La grammatica senza segreti
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La grammatica senza segreti - Raffaella Riboni
Riboni
CAPITOLO I: DEFINIZIONE E RAMI
DELLA GRAMMATICA
Grammatica: è l’insieme delle norme che regolano le strutture di una lingua e ne disciplinano il funzionamento. La grammatica italiana è quindi la scienza che studia in modo organico la lingua italiana nella sua complessità.
Tradizionalmente la grammatica italiana si suddivide nei seguenti rami
:
Fonologia: è il ramo della grammatica che studia i fonemi
cioè i suoni della lingua sotto il profilo della loro funzione specifica e della loro organizzazione in parole. La fonologia si avvale della fonetica che, invece, studia i suoni della lingua dal punto di vista fisiologico. Analizza quindi tutti i suoni che la voce umana è in grado di produrre.
Morfologia: è il ramo della grammatica che studia la forma delle parole e ne determina l’appartenenza a determinate categorie (articoli, nomi, aggettivi, verbi, avverbi…).
Sintassi: è il ramo della grammatica che studia il modo in cui le parole si combinano fra di loro fino a comporre le frasi (sintassi della frase semplice) e il modo in cui le frasi si combinano fra loro per formare i periodi (sintassi della frase complessa).
Lessicologia: è la scienza che studia il lessico di una lingua soprattutto dal punto di vista storico.
Semantica: è la scienza che studia il significato delle parole.
Ortografia: è l’insieme delle norme che regolano la corretta scrittura delle parole. Non fa parte della grammatica vera e propria ma sarà ugualmente trattata in questo testo.
CAPITOLO II: LA FONOLOGIA
L’ALFABETO ITALIANO
L’alfabeto italiano è l’insieme ordinato dei simboli grafici (lettere) che hanno la funzione di trascrivere i suoni (i fonemi). In realtà, come vedremo, non sempre le lettere corrispondono esattamente ai suoni.
Le lettere dell’alfabeto italiano sono ventuno: cinque vocali e quindici consonanti. A queste ultime si deve aggiungere la lettera h
(acca) che è muta non avendo un fonema (suono) proprio. Di seguito le ventuno lettere in ordine alfabetico:
A,B,C,D,E,F,G,H,I,L,M,N,O,P,Q,R,S,T,U,V,Z
Alle ventuno lettere sopraelencate se ne aggiungono altre cinque che, pur non appartenendo all’alfabeto italiano in senso proprio, ricorrono sempre più spesso in molte parole utilizzate nel nostro Paese.
Esse sono: J,K,W,X,Y.
Si tratta di cinque consonanti delle quali solo la w
è totalmente straniera. In italiano è solitamente indicata come doppia vu
o vu doppia
. La j
(i lunga) e la x
(ics) derivano dal latino, mentre la k
(cappa) e la y
(ipsilon) derivano dal greco.
Di seguito la disposizione in ordine alfabetico delle ventisei lettere:
A,B,C,D,E,F,G,H,I,J,K,L,M,N,O,P,Q,R,S,T,U,V,W,X,Y,Z.
L’ORDINE ALFABETICO
Mettere una serie di parole in ordine alfabetico è un’esperienza piuttosto intuitiva. E’ sufficiente conoscere a memoria l’ordine di successione delle lettere del nostro alfabeto e il gioco è fatto.
Perché è importante saper ordinare in modo corretto una serie di parole? La risposta è semplice: è essenziale per compilare o consultare una rubrica telefonica, l’indice analitico di un libro o semplicemente per consultare il dizionario.
Prendiamo questo elenco di parole: lumaca, ala, calza, palla, zaino, daino, cabina. L’ordine alfabetico corretto è: ala, cabina, calza, daino, lumaca, palla, zaino.
Qual è la regola?
Tenendo presente l’ordine alfabetico, osserviamo la prima lettera di ogni parola. La a
di ala precede la c
di cabina che, a sua volta, precede la d
di daino. Seguono la l
di lumaca, la p
di palla e z
di zaino.
E se dobbiamo mettere in ordine alfabetico parole che hanno la stessa lettera iniziale?
Esempio: parola, pianta, pera, puzza, pozzo.
In questo caso si presterà attenzione alla seconda lettera della parola e così ordineremo: parola, pera, pianta, pozzo, puzza.
Seguendo questo metodo, si possono ordinare vocaboli che presentano le medesime tre, quattro, cinque o più lettere iniziali.
Esempio: parente, parentale, parabola, parabolica, vacanza, vacanziere, via, viale.
Ecco l’ordine corretto: parabola, parabolica, parentale, parente, vacanza, vacanziere, via, viale.
I FONEMI DELLA LINGUA ITALIANA
I fonemi della lingua italiana si distinguono in due grandi gruppi:
le vocali;
le consonanti.
LE VOCALI
La lingua italiana possiede sette fonemi vocalici:
1) a
2) e aperta
3) e chiusa
4) i
5) o aperta
6) o chiusa
7) u
Sono però solo cinque i segni (grafemi) per rappresentare graficamente i fonemi perché le vocali e
e o
, aperte e chiuse, si scrivono allo stesso modo.
Possiamo quindi concludere che la lingua italiana possiede sette fonemi vocalici rappresentati però da cinque grafemi.
LE CONSONANTI
I fonemi consonantici (o semplicemente le consonanti) sono suoni che possono essere prodotti solo appoggiandosi
a una vocale. La lingua italiana ha quindici consonanti a cui va aggiunta la lettera h
(acca) che non ha un fonema proprio e che quindi è detta muta
.
Le consonanti b
, d
, f
, l
, m
, n
, p
, r
, t
, v
non presentano particolarità perché c’è identità fra grafema (lettera scritta) e fonema (suono).
Le consonanti c
, g
, q
, s
, z
possono dar luogo a qualche difficoltà di scrittura e di pronuncia. Vediamo insieme i vari casi.
LE CONSONANTI C e G
Le consonanti c
e g
possono avere ciascuna due suoni diversi.
I fonemi c
e g
hanno suono duro (velare) davanti:
alle vocali a
, o
, u
(cane, cotto, cuore, gara, gola, gusto);
a un’altra consonante (cranio, grotta, crepa, grinta);
alla lettera h
(chilo, ghiro, chiedere, ghirlanda).
Le consonanti c
e g
hanno suono duro anche quando sono collocate alla fine delle parole, soprattutto straniere (cognac, crac, smog, boomerang).
I fonemi c
e g
hanno suono dolce (palatale) davanti:
alle vocali e
, i
(cesto, gelo, celeste, girino, gestante, cileno).
LA LETTERA H
La lettera h
è detta muta poiché non ha alcun suono cioè non ha un suo fonema. Tale lettera, quindi, non si pronuncia, ma viene usata come grafema (segno grafico) nei seguenti casi:
per distinguere alcune voci del verbo avere (ho, hai, ha, hanno) dalle parole che si pronunciano allo stesso modo ma hanno significato completamente diverso (o, ai, a, anno);
per rendere duro (velare) il suono delle consonanti c
e g
quando sono seguite dalle vocali e
e i
(chiesa, ghianda, chiodo, ghisa, laghi, fianchi, ghepardo, lumache, lusinghe);
per scrivere alcune parole latine (homo, humus, habitat) o straniere (hotel, hall, handicap);
per scrivere le interiezioni (ah, oh, ahi, ahimè).
LE CONSONANTI S e Z
Le consonanti s
e z
possono rappresentare ciascuna due suoni diversi: uno sonoro (dolce) e uno sordo (aspro).
La consonante s
si pronuncia sonora:
quando è seguita dalle consonanti sonore b
, d
, g
, l
, m
, n
, v
(sbadigliare, sdoganare, sgarbo, slealtà, smania, snaturare, svelare);
nelle parole che terminano in –asi, -esi, -isi, -osi (estasi, tesi, osteoporosi);
nelle parole che terminano in –esimo, -esima (battesimo, quaresima);
quando la s
si trova fra due vocali (leso, peso, nasale). Numerose sono tuttavia le eccezioni: mese, casale.
La consonante s
si pronuncia sorda:
quando è seguita dalle consonanti sorde p
, t
, c
, q
, f
(crostata, cascata, sfatare, squadra);
all’interno di una parola se è preceduta da un’altra consonante (arso, borsetta, Marsala);
all’inizio di una parola se è seguita da una vocale (senape, sonoro, sedia, siluro);
all’interno di una parola quando la s
è doppia (sasso, massaia, assaggiare).
La consonante z
si pronuncia sonora:
quando la parola è scritta con una sola z
(zeta scempia, cioè non doppia) e si trova fra due vocali (ozono, azoto, azalea);
nei suffissi –izzare, -izzatore, -izzazione (civilizzare, civilizzazione, nazionalizzatore, nazionalizzare);
nelle parole di origine straniera (bazar, zoom);
all’inizio della parola (zingaro, zucchero). Eccezioni: zio, zia, zie, zappa.
La consonante z
si pronuncia sorda:
davanti ai gruppi vocalici ia
, ie
, io
(spaziale, Graziella);
dopo la consonante l
(calzare, balzare);
nelle parole che terminano in –anza, -enza, -ezza, -izia, -ozza, -ozzo, -ziare, -zione (pigrizia, gozzo, lenza, cozza, viziare, lezione).
DIGRAMMI E TRIGRAMMI
Digramma: è la sequenza di due grafemi che rappresentano un unico fonema. Si tratta quindi della sequenza di due lettere che esprimono un unico suono.
La lingua italiana ha sette digrammi:
CH + E oppure CH + I (chilometro, china, chela);
GH + E oppure GH + I (ghiro, ghirlanda, ghepardo, gheriglio);
CI + A oppure CI + O oppure CI + U (cianuro, ciotola, ciuffo);
GI + A oppure GI + O oppure GI + U (giallo, gioco, giugno);
GN + VOCALE (gnomo, montagna, castagne, cognitivo, ignudo);
SC + E oppure SC + I (sceneggiato, scimmia, scivolo, scempio);
GL + I (mogli, fogli, soglia, tagli).
ATTENZIONE: Fanno eccezione le parole glicerina, glicemia, anglicano, negligenza, negligente, ganglio, glifo, geroglifico, glissare e le parole che da esse derivano. Non si tratta di digrammi e le consonanti g
e l
formano due suoni distinti.
Trigramma: è la sequenza di tre grafemi che rappresentano un unico fonema. Si tratta quindi della sequenza di tre lettere che esprimono un unico suono.
La lingua italiana ha due trigrammi:
GLI + VOCALE (figlio, foglia);
SCI + VOCALE (sciame, sciatto, asciutto).
LE CONSONANTI DOPPIE
Ogni consonante può essere doppia purché si trovi nel corpo della parola e non all’inizio (caccia, affetto, allenatore, pozzo, pasticcio, farfalla, Raffaella, appunto, saggio, additivo, attore).
L’unica parola italiana con due q
è soqquadro.
Il raddoppiamento del suono qq
si scrive cq
(acqua, acquazzone, acquistare, nacque, acquerello).
Le consonanti doppie si scrivono ripetendo due lettere identiche. Non siamo però di fronte a due fonemi distinti, ma a una pronuncia doppia, cioè rafforzata, della consonante semplice (cavallo, pallone, massiccio).
A volte l’uso delle doppie consente di distinguere parole dal significato diverso: casa/cassa; pala/palla, capello/cappello, seno/senno).
I DITTONGHI
Il dittongo è formato da due vocali pronunciate con un’unica emissione di fiato. In particolare formano dittongo le vocali i
oppure u
precedute o seguite da altre vocali.
I dittonghi sono ascendenti quando l’accento tonico cade sulla seconda vocale (ruòtare) mentre sono discendenti quando l’accento tonico cade sulla prima vocale (pòi).
I dittonghi si definiscono atoni quando l’accento tonico non cade su nessuna delle due vocali (applaudirò).
La i
e la u
contenute in un dittongo si pronunciano emettendo un suono più breve del solito. Per questo motivo spesso le due vocali vengono chiamate semivocali
(termine spesso usato come sinonimo di semiconsonanti
).
La i
semivocalica viene spesso scritta j
mentre la u
semivocalica viene spesso indicata come w
.
DITTONGHI CON LA I SEMIVOCALICA (J):
ai (farai);
ei (penserei);
oi (poiché);
ui (suino);
ia (piazza);
ie (siepe);
io (Lione);
iu (fiume).
DITTONGHI CON LA U SEMIVOCALICA (W):
au (Laura);
eu (feudo);
ua (guarigione);
ui (Luisa);
uo (buono).
I TRITTONGHI
Il trittongo è formato da tre vocali pronunciate con una sola emissione di fiato.
Come nel dittongo anche nel trittongo le vocali o, meglio, le semivocali coinvolte sono la i
(j) e la u
(w). I trittonghi più comuni sono i seguenti:
iài (mangiai);
ièi (miei);
uòi (suoi);
uài (guai);
iuò (aiuola);
uià (proseguiamo);
uiè (quiete).
LO IATO
Lo iato è formato da due vocali che si pronunciano con due distinte emissioni di fiato. Se pronunciassimo le vocali con un’unica emissione di fiato avremmo un dittongo o un trittongo.
Lo iato si può avere anche fra una vocale e un dittongo o fra una vocale e un trittongo.
In particolare lo iato si ha con:
VOCALE + VOCALE (po-e-ta);
VOCALE + DITTONGO (a-iu-to);
VOCALE + TRITTONGO (a-iuo-la).
Lo iato si produce nei seguenti casi:
quando si incontrano fra loro le vocali a
, e
, o
: poeta (po-e-ta), aereo (a-e-re-o), maestra (ma-e-stra);
quando le vocali i
e u
sono accentate e si incontrano con altre vocali: paura (pa-ù-ra), liuto (li-ù-to);
nelle parole composte con il prefisso ri- e i prefissoidi bi- e tri-: riavere (ri-a-ve-re), triangolo (tri-an-go-lo), biennale (bi-en-na-le);
in parole come innocuo (in-no-cu-o), proficuo (pro-fi-cu-o).
LA SILLABA
La sillaba è un’unità fonica costituita da una vocale o da un gruppo di fonemi che comprende almeno una vocale o un dittongo. La sillaba si pronuncia con un’unica emissione di voce.
REGOLA: per costituire una sillaba è necessaria almeno una vocale. Una sillaba può essere costituita anche da una sola vocale. Fra l’altro tutte le vocali, a eccezione della u
, formano parole autonome: a (preposizione semplice), e (congiunzione), o (congiunzione), i (articolo determinativo).
La sillaba può contenere:
una sola vocale: ma (ma);
un dittongo: fiera (fie-ra);
un trittongo: aiuola (a-iuo-la);
una vocale preceduta o seguita da una consonante: sale (sa-le), alto (al-to);
una vocale preceduta o seguita da due o più consonanti: lastra (la-stra), trono (tro-no);
un dittongo con una o più consonanti: piatto (piat-to).
Le sillabe che terminano con una vocale sono dette aperte. Ad esempio la parola melone (me-lo-ne) è formata da tre sillabe (trisillaba) aperte.
Sono chiuse le sillabe che finiscono per consonante. Per esempio la parola sterzo (ster-zo) è formata da due sillabe (bisillaba), delle quali la prima (ster-) è chiusa e la seconda aperta (-zo). La parola cavalleria (ca-val-le-ria) è formata da quattro sillabe (quadrisillaba) delle quali la prima, la terza e la quarta sono aperte e la seconda è chiusa.
La sillaba che contiene la vocale su cui cade l’accento tonico della parola è detta tonica. La sillaba priva di accento è atona. Per esempio la parola insalàta (in-sa-là-ta) è composta da quattro sillabe (la prima chiusa e le altre tre aperte). Delle quattro sillabe la terza (là) è tonica perché sulla a
cade l’accento tonico della parola. Le altre tre sillabe sono atone.
CLASSIFICAZIONE DELLE PAROLE SULLA BASE DEL NUMERO DELLE SILLABE
PREMESSA GENERALE: ogni parola ha tante sillabe quante sono le vocali, i dittonghi o i trittonghi che contiene.
Sulla base del numero delle sillabe le parole di distinguono in:
monosillabe: parole composte da una sola sillaba: di, a, da, in, con, ai, ma, suoi;
bisillabe: parole composte da due sillabe: cibo (ci-bo), corsa (cor-sa), triduo (tri-duo), fitto (fit-to), piede (pie-de);
trisillabe: parole composte da tre sillabe: melone (me-lo-ne), felice (fe-li-ce), sardina (sar-di-na);
quadrisillabe: parole composte da quattro sillabe: velodromo (ve-lo-dro-mo), certosino (cer-to-si-no).
Più semplicemente le parole che contengono più di una sillaba si dicono polisillabe.
LA DIVISIONE DELLE PAROLE IN SILLABE
La divisione delle parole in sillabe deve essere fatta seguendo regole ben precise che consentono di andare a capo
quando la riga è finita ed è quindi necessario spezzare
la parola.
Oggi i programmi di scrittura al PC risolvono automaticamente il problema non dividendo mai le parole. Tuttavia chi scrive a mano, sostiene un esame scritto o deve insegnare ad altri come dividere una parola in sillabe deve obbligatoriamente osservare le regole che seguono.
REGOLA FONDAMENTALE: ogni parola ha tante sillabe quante sono le vocali, i dittonghi o i trittonghi che contiene. Facciamo qualche esempio per semplificare la questione.
Mare (ma-re): due vocali e quindi due sillabe.
Felicità (fe-li-ci-tà): quattro vocali e quindi quattro sillabe.
Strada (stra-da): due vocali e quindi due sillabe.
Fiore (fio-re): un