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LA POTENZA DEL PENSIERO THE POTENCY OF THOUGHT

Traduo de Carolina Pizzolo Torquato1

Giorgio Agamben

ABSTRACT
The concept of potency has, in the occidental philosophy, a long history and, at least from Aristotle, it occupies a central place of it. In this article, Giorgio Agamben shows us how Aristotle looked for exhaustingly to collate with the ambiguities and the aporias of his theory of the potency. The figure of the potency that he extracts of this reading compels us to not only rethink the relation between the potency and the act, between possible and real, but the understanding of the alive being is all that must be revoked in question, if is truth that the life must be thought as a potency that incessantly exceeds its forms and its accomplishments. Keywords: Potency. Act. Aristotle.

A POTNCIA DO PENSAMENTO
RESUMO
O conceito de potncia tem, na filosofia ocidental, uma longa histria e, pelo menos a partir de Aristteles, ocupa um lugar central dentro dela. Neste artigo, Giorgio Agamben mostra-nos como Aristteles procurou confrontar-se exaustivamente com as ambigidades e as aporias da sua teoria da potncia. A figura da potncia que ele extrai dessa leitura obriga-nos a repensar no apenas a relao entre a potncia e o ato, entre o possvel e o real, mas toda a compreenso do ser vivo que deve ser revogada em questo, se verdade que a vida deve ser pensada como uma potncia que excede incessantemente as suas formas e as suas realizaes. Palavras-chave: Potncia. Ato. Aristteles.2
Revista do Departamento de Psicologia - UFF, v. 18 - n. 1, p. 11-28, Jan./Jun. 2006

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Giorgio Agamben

CHE

COSA SIGNIFICA:

IO

POSSO

O QUE SIGNIFICA: EU POSSO?


O conceito de potncia tem, na filosofia ocidental, uma longa histria e, pelo menos a partir de Aristteles, ocupa um lugar central dentro dela. Aristteles ope e, ao mesmo tempo, vincula a potncia (dynamis) ao ato (energeia) e essa oposio, que atravessa tanto a sua metafsica quanto a sua fsica, foi transmitida por ele como hereditariedade primeiro filosofia e depois cincia medieval e moderna. Se decidi falar-lhes do conceito de potncia, porque o meu objetivo no simplesmente historiogrfico. No se trata, para mim, de dar novamente atualidade a categorias filosficas h muito cadas no esquecimento; estou convicto, ao contrrio, de que esse conceito nunca parou de operar na vida e na histria, no pensamento e na prxis daquela parte da humanidade que ampliou e desenvolveu de tal forma a sua potncia, a ponto de impor o seu poder a todo o planeta. Antes, seguindo o conselho de Wittgenstein, segundo o qual os problemas filosficos tornam-se mais claros se os reformulamos como perguntas sobre o significado das palavras, eu poderia enunciar o tema da minha pesquisa como uma tentativa de compreender o significado do sintagma eu posso. O que pretendemos dizer quando dizemos: eu posso, eu no posso? Na breve introduo coletnea Requiem, Anna Achmatova conta como aquelas poesias nasceram. Eram os anos da Ezovschina e havia meses a poetisa fazia fila em frente priso de Leningrado com a esperana de ter notcias do seu filho, preso por delitos polticos. Junto dela, estavam na fila dezenas de outras mulheres que se reencontravam todos os dias no mesmo lugar. Numa

Il concetto di potenza ha, nella filosofia occidentale, una lunga storia e, almeno a partire da Aristotele, occupa in essa un posto centrale. Aristotele oppone e, insieme, lega la potenza (dynamis) allatto (energeia) e questa opposizione, che traversa tanto la sua metafisica che la sua fisica, stata da lui trasmessa in eredit prima alla filosofia e poi alla scienza medievale e moderna. Se ho scelto di parlarvi del concetto di potenza, ci perch il mio scopo non semplicemente storiografico. Non si tratta, per me, di ridare attualit a categorie filosofiche da tempo cadute in oblio; sono convinto, al contrario, che questo concetto non abbia mai cessato di operare nella vita e nella storia, nel pensiero e nella prassi di quella parte dellumanit, che ha accresciuto e sviluppato a tal punto la sua potenza, da imporre su tutto il pianeta il suo potere. Piuttosto, seguendo il consiglio di Wittgenstein, secondo il quale i problemi filosofici diventano pi chiari se li riformuliamo come domande sul significato delle parole, potrei enunciare il tema della mia ricerca come un tentativo di comprendere il significato del sintagma io posso. Che cosa intendiamo dire quando diciamo: io posso, io non posso? Nella breve introduzione premessa alla raccolta Requiem, Anna Achmatova racconta come queste poesie sono nate. Erano gli anni della Ezovschina e da mesi la poetessa faceva la fila davanti alla prigione di Leningrado, sperando di aver notizie di suo figlio, arrestato per delitti politici. Con lei, stavano in fila decine di altre donne, che si ritrovavano ogni giorno nello stesso luogo. Una mattina, una di queste donne
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la riconobbe e le rivolse quest unica domanda: pu lei dire questo? Achmatova tacque per un istante e poi, senza sapere perch, si trov sulle labbra la risposta: s, io posso. Mi sono chiesto molte volte che cosa Achmatova intendesse dire. Forse che aveva un cos grande talento poetico, che sapeva maneggiare con tanta abilit il linguaggio, da poter descrivere quellesperienza cos atroce, cos difficile da dire? Non lo credo, non era questo che voleva dire. Viene per ciascun uomo il momento in cui egli deve pronunciare questo io posso, che non si riferisce ad alcuna certezza n ad alcuna capacit specifica, e che tuttavia lo impegna e mette in gioco interamente. Questo io posso al di l di ogni facolt e di ogni saper fare, quest affermazione che non significa nulla pone immediatamente il soggetto di fronte all esperienza forse pi esigente e, tuttavia, ineludibile con cui gli sia dato di misurarsi: lesperienza della potenza.

manh, uma dessas mulheres a reconheceu e lhe fez esta nica pergunta: a senhora pode dizer isto? Achmatova ficou muda por um instante e depois, sem saber por que, deparou-se com a resposta nos lbios: sim, eu posso. Perguntei-me muitas vezes o que Achmatova pretendia dizer. Talvez que tivesse um talento potico to grande, que soubesse manejar com tanta habilidade a linguagem, a ponto de poder descrever aquela experincia to atroz, to difcil de dizer? No acredito, no era isso que ela queria dizer. Chega para todo homem o momento em que ele deve pronunciar este eu posso, que no se refere a uma certeza nem a uma capacidade especfica, e que, no entanto, o compromete e o coloca inteiramente em jogo. Este eu posso alm de qualquer faculdade e de qualquer savoir-faire, essa afirmao que no significa nada, coloca o sujeito imediatamente diante da experincia talvez, mais exigente e, no entanto, ineludvel com a qual lhe seja dado medir-se: a experincia da potncia.

CHE COS UNA FACOLT?


Vi , per, unaporia: perch non vi sensazione dei sensi stessi (ton aistheseon aisthesis)? Perch, in assenza di oggetti esterni, essi non procurano sensazione, pur avendo in s il fuoco, l acqua e gli altri elementi di cui vi sensazione? Ci avviene perch la facolt sensitiva (to aisthetikon) non in atto, ma solo in potenza (dynamei monon). Per questo essa non prova sensazione, cos come il combustibile non brucia da s, senza un principio di combustione; altrimenti consumerebbe se stesso e non avrebbe bisogno di fuoco esistente in atto (entelecheiai ontos).

O QUE UMA FACULDADE?


H, porm, uma aporia: por que no h sensao dos prprios sentidos (ton aistheseon aisthesis)? Por que, na ausncia de objetos externos, eles no provocam sensao, mesmo tendo em si o fogo, a gua e os outros elementos dos quais h sensao? Isso ocorre porque a faculdade sensitiva (to aisthetikon) no em ato, mas apenas em potncia (dynamei monon). Por isso ela no sente sensao, assim como o combustvel no queima por si s, sem um princpio de combusto; do contrrio consumiria a si mesmo e no precisaria de fogo existente em ato (entelecheiai ontos).
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Noi siamo cos abituati a rappresentarci la sensibilit come una facolt dell anima, che questo passo del De anima (417a 2-9) non sembra porci problemi. Il vocabolario della potenza penetrato cos profondamente in noi, che non ci accorgiamo che, in queste righe, appare per la prima volta un problema fondamentale, che, come tale, emerge alla luce nella storia del pensiero occidentale solo in alcuni momenti decisivi (nel pensiero moderno, uno di questi momenti lopera di Kant). Questo problema che il problema originale della potenza- si enuncia nella domanda: che significa avere una facolt? In che modo qualcosa come una facolt esiste? La grecia arcaica non concepiva la sensibilit, lintelligenza (o, ancor meno, la volont) come delle facolt di un soggetto. La stessa parola aisthesis , nella sua forma, un nome di azione in -sis , che esprime un attivit reale. Come pu, allora, una sensazione esistere in assenza di sensazione, una aisthesis esistere allo stato di anestesia? Queste domande ci introducono immediatamente nel problema di quel che Aristotele chiama dynamis, potenza (un termine rispetto al quale sar bene ricordare che esso significa tanto potenza che possibilit e che i due significati non andrebbero mai disgiunti, come purtroppo avviene nelle tradizioni moderne). Quando diciamo che un uomo ha la facolt di vedere, la facolt di parlare (o, come Hegel scrive e Heidegger ripeter a suo modo, la facolt della morte), quando affermiamo semplicemente questo non nelle mie facolt, ci muoviamo gi nella sfera della potenza. Il termine facolt esprime, cio, il modo in cui una certa attivit separata da se stessa
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Ns estamos to acostumados a representar a sensibilidade como uma faculdade da alma, que esse fragmento do De anima (417a 2-9) no nos parece colocar problemas. O vocabulrio da potncia penetrou to profundamente em ns que no nos damos conta de que, naquelas linhas, aparece pela primeira vez um problema fundamental que, como tal, vem luz, na histria do pensamento ocidental, apenas em alguns momentos decisivos (um desses momentos, no pensamento moderno, a obra de Kant). Esse problema que o problema original da potncia enuncia-se na pergunta: o que significa possuir uma faculdade? De que forma algo como uma faculdade existe? A Grcia arcaica no concebia a sensibilidade, a inteligncia (ou, menos ainda, a vontade) como faculdades de um sujeito. A prpria palavra aisthesis , na sua forma, um nome de ao em sis, que expressa uma atividade real. Como pode existir, portanto, uma sensao na ausncia de sensao, uma aisthesis no estado de anestesia? Essas perguntas nos introduzem imediatamente no problema daquilo que Aristteles chama dynamis, potncia (um termo ser bom lembrar cujo significado tanto o de potncia quanto o de possibilidade, sendo que esses dois significados no deveriam jamais ser dissociados, como infelizmente acontece nas tradies modernas). Quando dizemos que um homem tem a faculdade de ver, a faculdade de falar (ou, como Hegel escreve e Heidegger repetir a seu modo, a faculdade da morte), quando afirmamos simplesmente isso no est dentro das minhas faculdades, j nos movemos na esfera da potncia. Ou seja, o termo faculdade exprime o modo em que uma certa atividade separada

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e assegnata a un soggetto, il modo in cui un vivente ha la sua prassi vitale. Qualcosa come una facolt di sentire viene distinta dal sentire in atto affinch questo possa essere riferito in proprio a un soggetto. In questo senso, la dottrina aristotelica della potenza contiene un archeologia della soggettivit, il modo in cui il problema del soggetto si annuncia a un pensiero che non ha ancora questa nozione. Exis (da echo, avere), abito, facolt il nome che Aristotele d a questa in-esistenza della sensazione (e delle altre facolt) in un vivente. Ci che cos avuto non una semplice assenza, ma ha, piuttosto, la forma di una privazione (nel vocabolario di Aristotele, steresis, privazione, in relazione strategica con exis), cio di qualcosa che attesta la presenza di ci che manca allatto. Avere una potenza, avere una facolt significa: avere una privazione. Per questo la sensazione non sente se stessa, come il combustibile non brucia se stesso. La potenza , pertanto, l exis di una steresis: a volte si legge in Met. 1019 b, 5-8 il potente tale perch ha qualcosa, a volte perch ne manca. Se la privazione in qualche modo una exis, il potente tale, o perch ha una certa exis, o perch ha la steresis di essa.

de si mesma e destinada a um sujeito, o modo em que um ser vivo tem a sua prxis vital. Algo como uma faculdade de sentir distinta do sentir em ato, a fim de que isso possa ser referido propriamente a um sujeito. Nesse sentido, a doutrina aristotlica da potncia contm uma arqueologia da subjetividade, a forma com a qual o problema do sujeito se anuncia a um pensamento que ainda no tem essa noo. Exis (de echo, ter), hbito, faculdade o nome que Aristteles d a essa in-existncia da sensao (e das outras faculdades) em um ser vivo. Aquilo que assim tido no uma simples ausncia, mas tem na realidade a forma de uma privao (no vocabulrio de Aristteles, steresis, privao, est estrategicamente relacionada com exis), ou seja, de algo que atesta a presena daquilo que falta no ato. Ter uma potncia, ter uma faculdade significa: ter uma privao. Por isso a sensao no sente a si mesma, como o combustvel no queima a si mesmo. A potncia , portanto, a exis de uma steresis: s vezes, l-se em Met. 1019 b, 5-8, o potente tal porque tem algo, s vezes porque lhe falta algo. Se a privao de uma certa forma uma exis, o potente tal ou porque tem uma certa exis, ou porque tem a steresis dela.

TER UMA PRIVAO


Que interesse a Aristteles essa segunda forma da potncia (ter uma privao) evidente na passagem do De anima que segue aquela da qual pegamos a deixa. Aristteles distingue aqui (417 a 21 sq.) uma potncia genrica que aquela segundo a qual dizemos que uma criana tem a potncia da cincia, ou que um arquiteto ou chefe de Estado em potncia da potncia que compete a quem j tem a exis corres15

AVERE UNA PRIVAZIONE


Che a interessare Aristotele sia questa seconda forma della potenza (l avere una privazione), evidente nel passo del De anima che segue quello da cui abbiamo preso le mosse. Aristotele distingue qui (417 a 21 sq.) una potenza generica, che quella secondo cui diciamo che un bambino ha la potenza della scienza, o che in potenza architetto o capo di stato, dalla

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potenza che compete a chi ha gi la exis corrispondente a quel certo sapere o a quella certa abilit. E in questo secondo senso che si dice che larchitetto ha la potenza di costruire anche quando non sta costruendo, o che il suonatore di cetra ha la potenza di suonare anche quando non suona. La potenza che qui in questione differisce essenzialmente dalla potenza generica che compete al bambino. Il bambino, scrive Aristotele, potente nel senso che dovr subire unalterazione attraverso lapprendimento; colui che gi possiede una tecnica, invece, non deve subire unalterazione, ma potente a partire da una exis, che pu non mettere in atto oppure attuare, passando da un non essere in atto a un essere in atto (ek tou me energein eis to energein 417 b 1). La potenza , cio, definita essenzialmente dalla possibilit del suo non-esercizio, cos come exis significa: disponibilit di una privazione. L architetto , cio, potente, in quanto pu non-costruire e il suonatore di cetra tale perch, a differenza di colui che detto potente solo in senso generico e che semplicemente non pu suonare la cetra, pu non-suonare la cetra. in questo modo che Aristotele risponde, nella Metafisica, alla tesi dei Megarici, che affermavano, peraltro non senza buone ragioni, che la potenza esiste solo nellatto (energei mono dynastai, otan me energei ou dynastai 1046b, 29-30). Se ci fosse vero, obietta Aristotele, noi non potremmo considerare architetto l architetto anche quando non costruisce, n chiamare medico il medico nel momento in cui non sta esercitando la sua arte. In questione , cio, il modo di essere della potenza, che esiste nella forma della exis, della signoria su una
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pondente quele certo saber ou quela certa habilidade. nesse segundo sentido que se diz que o arquiteto tem a potncia de construir mesmo quando no est construindo, ou que o tocador de ctara tem a potncia de tocar mesmo quando no toca. A potncia que est em questo aqui difere essencialmente da potncia genrica que compete criana. A criana, escreve Aristteles, potente no sentido de que dever sofrer uma alterao por meio do aprendizado; aquele que j possui uma tcnica, ao contrrio, no deve sofrer uma alterao, mas potente a partir de uma exis, que pode no colocar em ato ou atuar, passando de um no ser em ato a um ser em ato (ek tou me energein eis to energein 417b, 1). Quer dizer, a potncia definida essencialmente pela possibilidade do seu no-exerccio, assim como exis significa: disponibilidade de uma privao. Ou seja, o arquiteto potente enquanto pode no-construir, e o tocador de ctara tal porque, diferentemente daquele que se diz potente apenas em sentido genrico e que simplesmente no pode tocar a ctara, ele pode no-tocar a ctara. desse modo que Aristteles responde, na Metafsica, tese dos Megricos, que afirmavam, alis, no sem boas razes, que a potncia existe apenas no ato (energei mono dynastai, otan me energei ou dynastai 1046b, 29-30). Se isso fosse verdade, objeta Aristteles, ns no poderamos considerar arquiteto o arquiteto mesmo quando no constri, nem chamar o mdico de mdico no momento em que ele no est exercitando a sua arte. Isto , est em questo o modo de ser da potncia, que existe na forma da exis, da soberania sobre uma privao. H uma forma, uma presena daquilo que no em ato,

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privazione. Vi una forma, una presenza di ci che non in atto, e questa presenza privativa la potenza. Come Aristotele afferma senza riserve in un passo straordinario della sua Fisica: la steresis, la privazione, come una forma (eidos ti, una specie di viso: eidos da eidenai, vedere) (193b 19-20).

e essa presena privativa a potncia. Como Aristteles afirma sem reservas numa passagem extraordinria da sua Fsica: a steresis, a privao, como uma forma (eidos ti, uma espcie de rosto: eidos de edenai, ver) (193b 19-20).

DO ESCURO
Uma das figuras mais significativas dessa presena privativa da potncia , no De anima, o escuro (skotos). Aristteles trata aqui da sensao e, particularmente, da viso (418a, 26 418b, 31). Objeto da vista, ele escreve, a cor e mais alguma outra coisa para a qual no temos um nome, mas que ele sugere chamar de o difano (diaphanes). O termo aqui no se refere simplesmente aos corpos transparentes, como o ar ou a gua, mas a uma certa natureza (physis) presente neles e que constitui aquilo que propriamente visvel em todos os corpos. Aristteles no define essa natureza, mas se limita a postular sua existncia (esti ti diaphanes, h o difano); ele afirma, porm, que o ato dessa natureza como tal a luz e que as trevas so a sua potncia (418b, 9-10). E se a luz , como ele acrescenta logo depois, a cor do difano em ato (chroma... tou diaphanous otan ei entelecheiai diaphanes), ento no seria errado definir o escuro, que a steresis da luz, como a cor da potncia. De qualquer forma, apenas uma e a mesma natureza que se apresenta ora como as trevas e ora como luz (e gar aute physis ote men skotos ote de phos estin 418b, 31). (O lugar comum que sustenta que a metafsica antiga seja uma metafsica da luz no , portanto, correto. Tratase, na verdade, de uma metafsica do

DEL BUIO
Una delle figure pi significative di questa presenza privativa della potenza , nel De anima, il buio (skotos). Aristotele sta trattando qui della sensazione e, in particolare, della visione (418a, 26 418b, 31 ). Oggetto della vista, egli scrive, il colore, pi qualcos altro per cui non abbiamo un nome, ma che egli suggerisce di chiamare il diafano (diaphanes). Il termine non si riferisce qui semplicemente ai corpi trasparenti, come laria o lacqua, ma a una certa natura (physis) presente in essi e che costituisce ci che propriamente visibile in ogni corpo. Aristotele non definisce questa natura, ma si limita a postularne lesistenza (esti ti diaphanes, vi il diafano); egli afferma, per, che latto di questa natura come tale la luce e che la tenebra ne la potenza (418b, 9-10). E se la luce , com egli aggiunge subito dopo, il colore del diafano in atto (chroma tou diaphanous otan ei entelecheiai diaphanes), non sarebbe allora errato definire il buio, che la steresis della luce, come il colore della potenza. In ogni caso, una sola e stessa natura che si presenta una volta come tenebra e una volta come luce (e gar aute physis ote men skotos ote de phos estin 418b, 31). (Il luogo comune che vuole che la metafisica antica sia una metafisica

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della luce non , dunque, esatto. Si tratta, piuttosto, di una metafisca del diafano, di questa physys anonima capace tanto della tenebra che della luce). Qualche pagina dopo, parlando del senso comune, Aristotele si chiede come avviene che, mentre vediamo, noi sentiamo di vedere (aisthanometha oti oromen) o, mentre udiamo, sentiamo di udire. Per quanto riguarda la vista, ci pu avvenire o perch noi sentiamo di vedere con un altro senso o con la vista stessa. La risposta di Aristotele che noi sentiamo di vedere con lo stesso senso con cui vediamo. Ci implica, per, unaporia: poich sentire con la vista significa vedere, e quel che si vede il colore pi ci che ha il colore, allora, se ci che vediamo qui il vedente stesso, necessario che il principio del vedere ( to oron proton ), sia a sua volta colorato. chiaro, dunque, che sentire con la vista ha pi di un significato, poich anche quando non vediamo, distinguiamo tuttavia con la vista la tenebra dalla luce. Dunque il principio della visione in qualche modo colorato (425b 17-25). In questo passo straordinario, in cui il problema della potenza mostra la sua relazione essenziale con quello dellautoaffezione, Aristotele riprende e sviluppa la domanda iniziale: perch, in assenza di oggetti esterni, non c sensazione dei sensi stessi?, a cui aveva risposto affermando che ci perch la sensazione in potenza, e non in atto. Le considerazioni successive permettono di comprendere meglio il significato di questa risposta. Quando non vediamo (cio: quando la nostra vista rimane in potenza), tuttavia noi distinguiamo il buio dalla luce, vediamo, per cos dire, le tenebre, come colore della visione in potenza. Il prin18

difano, dessa physis annima capaz tanto das trevas quanto da luz). Algumas pginas depois, falando do senso comum, Aristteles se pergunta como se d o fato de, enquanto vemos, sentimos que vemos (aisthanometha oti oromen) ou, enquanto ouvimos, sentimos que ouvimos. No que concerne vista, isso pode acontecer ou porque sentimos ver com um outro sentido ou com a prpria vista. A resposta de Aristteles a de que ns sentimos ver com o mesmo sentido com o qual vemos. Isso implica, porm, uma aporia: dado que sentir com a vista significa ver, e aquilo que se v a cor mais aquilo que a cor tem, ento, se aquilo que vemos aqui o prprio vidente, preciso que o princpio do ver (to oron proton) seja, por sua vez, colorido. claro, portanto, que sentir com a vista tem mais de um significado, j que mesmo quando no vemos, distinguimos com a vista as trevas da luz. Portanto, o princpio da viso de algum modo colorido (425b 17-25). Nessa passagem extraordinria, na qual o problema da potncia mostra a sua relao essencial com o da autoafeco, Aristteles retoma e desenvolve a pergunta inicial: por que, na ausncia de objetos externos, no h sensao dos prprios sentidos?, qual tinha respondido afirmando que isso ocorre porque a sensao em potncia, e no em ato. As consideraes seguintes permitem uma melhor compreenso do significado dessa resposta. Quando no vemos (quer dizer: quando a nossa vista permanece em potncia), ainda assim ns distinguimos o escuro da luz, vemos, por assim dizer, as trevas como cor da viso em potncia. O princpio da viso , de alguma forma, colorido, e as suas cores so o escuro

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cipio della visione , in qualche modo, colorato, e i suoi colori sono il buio e la luce, la potenza e l atto, la privazione e la presenza. Ci significa che sentire di vedere possibile perch il principio della visione esiste tanto come potenza di vedere che come potenza di nonvedere, e questultima non una semplice assenza, ma qualcosa di esistente, la exis di una privazione. La neurofisiologia moderna sembra, su questo punto, daccordo con Aristotele. Quando, per lassenza di sorgenti luminose o perch teniamo gli occhi chiusi, noi non vediamo oggetti esterni, questo non significa, per la retina, lassenza di ogni attivit. Quel che avviene, al contrario, che la mancanza di luce mette in funzione una serie di cellule periferiche dette off-cells , che producono quella particolare autoaffezione della retina che noi chiamiamo buio. Loscurit veramente il colore della potenza, e la potenza essenzialmente disponibilit di una steresis, potenza di non-vedere.

e a luz, a potncia e o ato, a privao e a presena. Isso significa que sentir ver possvel porque o princpio da viso existe tanto como potncia de ver quanto como potncia de no-ver, e esta ltima no uma simples ausncia, mas algo existente, a exis de uma privao. A neurofisiologia moderna parece, neste ponto, estar de acordo com Aristteles. Quando, pela ausncia de fontes luminosas ou porque estamos com os olhos fechados, no vemos objetos externos, isso no significa para a retina a ausncia de todas as atividades. O que acontece, ao contrrio, que a falta de luz coloca em funo uma srie de clulas perifricas chamadas off-cells, que produzem aquela auto-afeco particular da retina que ns chamamos de escuro. A escurido realmente a cor da potncia, e a potncia essencialmente a disponibilidade de uma steresis, potncia de no-ver.

POTNCIA PARA AS TREVAS


Em seu comentrio ao De anima, Temstio nota com singular perspiccia todas as implicaes dessa passagem. Se a sensao no tivesse uma potncia tanto para o ato como para o noser-em-ato, se ela fosse sempre e somente em ato, ela no poderia jamais distinguir o escuro (skotos) nem ouvir o silncio; da mesma forma, se o pensamento (nous) no fosse capaz tanto do pensamento quanto do no-pensamento (anoia), no poderia jamais conhecer o sem-forma (amorphon), o mal, o semfigura (aneideon) Se o pensamento no tivesse algo em comum com a potncia, no conheceria a privao (steresis). A grandeza mas tambm a misria da potncia humana est no fato

POTENZA PER LA TENEBRA


Nel suo commento al De anima, Temistio coglie con particolare acutezza tutte le implicazioni di questo passo. Se la sensazione non avesse una potenza tanto per l atto che per il non-esserein-atto, se essa fosse sempre e soltanto in atto, essa non potrebbe mai percepire il buio (skotos) n udire il silenzio; allo stesso modo, se il pensiero (nous) non fosse capace tanto del pensiero che del non-pensiero (anoia), non potrebbe mai conoscere il senza-forma (amorphon), il male, il senza-figura (aneideon) Se il pensiero non avesse comunit con la potenza, non conoscerebbe la privazione (steresis).

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La grandezza ma anche la miseria della potenza umana che essa , anche e innanzitutto, potenza di non passare allatto, potenza per la tenebra. Se si considera che skotos, nel greco omerico, innanzitutto la tenebra che invade luomo al momento della morte, possibile misurare tutte le conseguenze di questa vocazione anfibia della potenza. La dimensione che essa assegna all uomo la conoscenza della privazione, cio nulla di meno che la mistica come fondamento segreto di ogni suo sapere e di ogni suo agire (lidea medievale di un Aristoteles mysticus mostra qui la sua pertinenza). Se la potenza fosse, infatti, soltanto potenza di vedere o fare, se essa esistesse come tale solo nellatto che la realizza (e una tale potenza quella che Aristotele chiama naturale e assegna agli elementi e agli animali alogici), allora noi non potremmo mai fare esperienza delloscurit e dell anestesia, non potremmo mai conoscere e, quindi, dominare, la steresis. Luomo il signore della privazione, perch pi di ogni altro vivente egli , nel suo essere, assegnato alla potenza. Ma ci significa che egli , anche, consegnato e abbandonato ad essa, nel senso che ogni suo poter agire costitutivamente un poter non-agire, ogni suo conoscere un poter non conoscere.

de ela ser, tambm e sobretudo, potncia de no passar ao ato, potncia para as trevas. Se se considera que skotos, no grego homrico, antes de tudo as trevas que invadem o homem no momento da morte, possvel medir todas as conseqncias dessa vocao anfbia da potncia. A dimenso que ela destina ao homem o conhecimento da privao, ou seja, nada menos que a mstica como fundamento secreto de todo o seu saber e de todo o seu agir (a idia medieval de um Aristoteles mysticus mostra, aqui, a sua pertinncia). Se a potncia fosse, de fato, apenas potncia de ver ou fazer, se ela existisse como tal apenas no ato que a realiza (e uma potncia assim aquela que Aristteles chama de natural e destina aos elementos e aos animais algicos), ento nunca poderamos ter a experincia do escuro e da anestesia, nunca poderamos conhecer e, portanto, dominar a steresis. O homem o senhor da privao porque mais que qualquer outro ser vivo ele est, no seu ser, destinado potncia. Mas isso significa que ele est, tambm, destinado e abandonado a ela, no sentido de que todo o seu poder de agir constitutivamente um poder de noagir e todo o seu conhecer; um poder de no-conhecer.

TODA POTNCIA IMPOTNCIA


no livro theta da Metafsica que Aristteles procurou confrontar-se exaustivamente com as ambigidades e as aporias da sua teoria da potncia. O momento talvez decisivo desse confronto est nas passagens em que ele define o co-pertencer constitutivo da potncia e da impotncia. A impotncia (adynamia), ele escreve (1046a 29-32), uma privao contrria potncia (dynamis). Toda potncia impotncia

OGNI POTENZA IMPOTENZA


nel libro theta della Metafisica che Aristotele ha cercato di misurarsi nel modo pi esaustivo con le ambiguit e le aporie della sua teoria della potenza. Il momento forse decisivo di questo confronto nei passi in cui egli definisce la costitutiva coappartenenza di potenza e impotenza. Limpotenza (adynamia) egli scrive
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La potenza del pensiero/A potncia do pensamento

(1046a 29-32) una privazione contraria alla potenza (dynamis). Ogni potenza impotenza dello stesso e rispetto allo stesso (di cui potenza) (tou autou kai kata to auto pasa dynamis adynamia). Adynamia, impotenza non significa qui assenza di ogni potenza, ma potenza di non (-passare allatto), dynamis me energein. La tesi definisce, cio, lambivalenza specifica di ogni potenza umana, che, nella sua struttura originaria, si mantiene in rapporto con la propria privazione, sempre e rispetto alla stessa cosa potenza di essere e di non essere, di fare e di non fare. questa relazione che costituisce, per Aristotele, lessenza della potenza. Il vivente, che esiste nel modo della potenza, pu la propria impotenza, e solo in questo modo possiede la propria potenza. Egli pu essere e fare, perch si tiene in relazione col proprio non essere e non-fare. Nella potenza, la sensazione costitutivamente anestesia, il pensiero non-pensiero, lopera inoperosit. Poche righe dopo, Aristotele precisa ulteriormente questo statuto anfibolico della potenza umana: Ci che potente (dynatos) pu (endechetai) non essere in atto (me energein). Ci che potente di essere pu tanto essere che non essere. Lo stesso , infatti, potente e di essere e di non essere (to auto ara dynaton kai einai kai me einai) (1050 b 10- ). Dechomai significa accolgo, ricevo, ammetto. Potente ci che accoglie e lascia avvenire il non essere e questa accoglienza del non essere definisce la potenza come passivit e passione fondamentale. Ed in questo duplice carattere della potenza che, come evidente nel termine stesso con cui Aristotele esprime il contingente (to endechomenon), si radica il problema

do mesmo e em relao ao mesmo (do qual potncia) (tou autou kai kata to auto pasa dynamis adynamia). Adynamia, impotncia no significa aqui ausncia de toda potncia, mas potncia de no (-passar ao ato), dynamis me energein. A tese define, assim, a ambivalncia especfica de toda potncia humana, que, na sua estrutura originria, se mantm relacionada com a prpria privao, sempre e em relao mesma coisa potncia de ser e de no ser, de fazer e de no fazer. essa relao que constitui, para Aristteles, a essncia da potncia. O ser vivo, que existe no modo da potncia, pode a prpria impotncia, e apenas dessa forma possui a prpria potncia. Ele pode ser e fazer porque se mantm relacionado ao prprio no ser e no-fazer. Na potncia, a sensao constitutivamente anestesia, o pensamento no-pensamento, a obra inoperosidade. Poucas linhas depois, Aristteles precisa ainda mais esse estatuto anfiblico da potncia humana: Aquilo que potente (dynatos) pode (endechetai) no ser em ato (me energein). Aquilo que potente de ser pode tanto ser quanto no ser. O mesmo , de fato, potente de ser e de no ser (to auto ara dynaton kai einai kai me einai) (1050b 10-). Dechomai significa acolho, recebo, admito. Potente aquilo que acolhe e deixa acontecer o no ser e esse acolher do no ser define a potncia como passividade e paixo fundamental. E nesse dplice carter da potncia que, como evidente no prprio termo com o qual Aristteles expressa o contingente (to endechomenon), radica-se o problema da contingncia, da possibilidade de no ser.

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della contingenza, della possibilit di non essere. Se ricordiamo che, nella Metafisica, gli esempi della potenza-dinon sono quasi sempre tratti dallambito delle tecniche e dei saperi umani (la grammatica, la musica, larchitettura, la medicina ecc.), possiamo allora dire che luomo il vivente che esiste in modo eminente nella dimensione della potenza, del potere e del poter-non. Ogni potenza umana , cooriginariamente, impotenza; ogni poter-essere o -fare , per luomo, costitutivamente in rapporto alla propria privazione. E questa lorigine della smisuratezza della potenza umana, tanto pi violenta e efficace rispetto a quella degli altri esseri viventi. Gli altri viventi possono soltanto la loro potenza specifica, possono solo questo o quel comportamento iscritto nella loro vocazione biologica; luomo lanimale che pu la propria impotenza. La grandezza della sua potenza misurata dallabisso della sua impotenza.

Se lembramos que, na Metafsica, os exemplos da potncia-de-no so quase sempre retirados do mbito das tcnicas e dos saberes humanos (a gramtica, a msica, a arquitetura, a medicina etc.), podemos ento dizer que o homem o ser vivo que existe em modo eminente na dimenso da potncia, do poder e do poder-no. Toda potncia humana , cooriginariamente, impotncia; todo poder-ser ou -fazer est constitutivamente relacionado, para o homem, com a prpria privao. E essa a origem da incomensurabilidade da potncia humana, muito mais violenta e eficaz que aquela dos outros seres vivos. Os outros seres vivos podem apenas a potncia especfica deles, podem apenas este ou aquele comportamento inscrito na vocao biolgica deles; o homem o animal que pode a prpria impotncia. A grandeza da sua potncia medida pelo abismo da sua impotncia.

POTNCIA, NO LIBERDADE
Poder-se-ia sentir a tentao de reconhecer nessa doutrina da natureza anfiblica de toda potncia o lugar no qual o problema moderno da liberdade poderia encontrar o seu fundamento. Isso ocorre porque a liberdade como problema nasce justamente do fato de que todo poder tambm, imediatamente, um poder-no, toda potncia tambm uma impotncia. Autenticamente livre, nesse sentido, seria no quem pode simplesmente realizar esse ou aquele ato, nem simplesmente quem pode no realiz-lo, mas aquele que, mantendo-se relacionado com a privao, pode a prpria impotncia. Como, ento, Aristteles, alm de no mencionar nunca nesse contexto o

POTENZA, NON LIBERT


Si potrebbe essere tentati di scorgere in questa dottrina della natura anfibolica di ogni potenza il luogo in cui il problema moderno della libert potrebbe trovare il suo fondamento. Poich la libert come problema nasce proprio dal fatto che ogni potere , immediatamente, anche un poter-non, ogni potenza anche unimpotenza. Autenticamente libero, in questo senso, sarebbe non chi pu semplicemente compiere questo o quell atto n semplicemente colui che pu non compierlo, ma colui che, mantenendosi in relazione con la privazione, pu la propria impotenza.

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Come mai, allora, non soltanto Aristotele non menziona mai, in questo contesto, il termine libert, ma nemmeno evoca in alcun modo il problema della volont e della decisione? Certo, come Schlomo Pines ha mostrato con chiarezza, per un greco il concetto di libert definisce uno status e una condizione sociale e non, come per i moderni, qualcosa che possa essere riferito allesperienza e alla volont di un soggetto. Ma decisivo che, per Aristotele, la potenza, in quanto si determina come exis di una privazione, come potenza di non-fare e di nonessere, non pu essere assegnata a un soggetto come un diritto o una propriet. Nel dizionario filosofico contenuto nel libro delta della Metafisica (1022b, 710), si legge che se la exis una relazione fra colui che ha e ci che avuto, allora impossibile avere una exis (echein exin; exis, habitus il deverbale di avere), poich si andrebbe allinfinito, se fosse possibile avere labito di ci che si ha. Che la exis di una potenza non possa essere a sua volta posseduta, ci significa limpossibilit di un soggetto in senso moderno, cio di una coscienza autoriflessiva come centro di imputazione delle facolt e degli abiti. Ma ci significa, anche, che il problema della potenza non ha, per un greco e, probabilmente, a ragione nulla a che fare col problema della libert di un soggetto.

termo liberdade, tambm no evoca de nenhuma forma o problema da vontade e da deciso? evidente, como Schlomo Pines mostrou com clareza, que para um grego o conceito de liberdade define um status e uma condio social e no, como para os modernos, algo que possa se referir experincia e vontade de um sujeito. Mas decisivo o fato de que, para Aristteles, a potncia, enquanto se determina como exis de uma privao, como potncia de no-fazer e de no-ser, no pode ser destinada a um sujeito como um direito ou como uma propriedade. No dicionrio filosfico contido no livro delta da Metafsica (1022b, 7-10), l-se que se a exis uma relao entre aquele que tem e aquilo que tido, ento impossvel ter uma exis (echein exin; exis, habitus o deverbal de ter), j que se chegaria ao infinito, se fosse possvel ter o hbito daquilo que se tem. Que a exis de uma potncia no possa ser, por sua vez, possuda, isso significa a impossibilidade de um sujeito no sentido moderno, isto , de uma conscincia auto-reflexiva como centro de imputao das faculdades e dos hbitos. Mas isso significa tambm que o problema da potncia no tem, para um grego e provavelmente com razo , nada a ver com o problema da liberdade de um sujeito.

NADA HAVER DE IMPOTENTE


Chegou o momento de questionar mais de perto a relao entre potncia e impotncia, entre poder e poderno. Como pode, de fato, uma potncia passar ao ato, se toda potncia j sempre potncia de no passar ao ato? E como podemos pensar o ato da potncia-de-no? O ato da potncia de tocar

NULLA SAR DI IMPOTENTE


venuto il momento di interrogare pi da vicino la relazione fra potenza e impotenza, fra il potere e il poter-non. Come pu, infatti, una potenza passare allatto, se ogni potenza

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gi sempre potenza di non passare allatto? E come possiamo pensare latto della potenza-di-non? Poich latto della potenza di suonare il piano certamente, per il pianista, lesecuzione di un pezzo sul pianoforte; ma quale sar, per lui, latto della sua potenza di non suonare? E che cosa avviene di questa potenza di non suonare nel momento in cui egli comincia a suonare? Cos latto della potenza di pensare sar pensare questo o quel pensiero; ma come pensare latto della potenza di nonpensare? Forse le due potenze sono cos asimmetriche e eterogenee, che queste domande non hanno semplicemente senso? Eppure se, nelle parole di Aristotele, ogni potenza impotenza dello stesso e rispetto allo stesso, il problema del destino dellimpotenza nel passaggio allatto non pu essere semplicemente lasciato da parte. La risposta che Aristotele d a queste domande costituisce, pur nella sua drastica brevit, una delle prestazioni pi straordinarie del suo genio filosofico; e, tuttavia, essa rimasta senza ascolto nella tradizione della filosofia:
Esti de dynaton touto, hoi ean hyparxei he energeia hou legetai echein ten dynamin, ouden estai adynaton . (Met. 1047a, 24-25) potente ci per il quale, se avviene latto di cui detto avere la potenza, nulla sar di impotente.

piano certamente, para o pianista, a execuo de um trecho no piano; mas qual ser, para ele, o ato da sua potncia de no tocar? E o que acontece com essa potncia de no tocar no momento em que ele comea a tocar? Assim, o ato da potncia de pensar ser pensar este ou aquele pensamento; mas como pensar o ato da potncia de no-pensar? Ser que as duas potncias so to assimtricas e heterogneas que essas perguntas simplesmente no tm sentido? E, no entanto, se nas palavras de Aristteles, toda potncia impotncia do mesmo e em relao ao mesmo, o problema do destino da impotncia na passagem ao ato no pode simplesmente ser deixado de lado. A resposta que Aristteles d a essas perguntas constitui, mesmo na sua drstica brevidade, um dos resultados mais extraordinrios do seu gnio filosfico; e, todavia, no foi ouvida na tradio da filosofia:
Esti de dynaton touto, hoi ean yparxei he energeia hou legetai echein ten dynamin, ouden estai adynaton. (Met. 1047a, p. 24-25). potente aquilo para o qual, se ocorre o ato do qual dito haver a potncia, nada haver de impotente.

La lettura comune intende questa frase come se Aristotele volesse dire: possibile, ci rispetto a cui non vi nulla di impossibile. Gi Heidegger, nel suo corso sul libro theta della Metafisica, aveva ironizzato sulla vacua sotti24

A leitura comum entende essa frase como se Aristteles quisesse dizer: possvel, isto em relao a que no h nada de impossvel. J Heidegger, no seu curso sobre o livro theta da Metafsica, tinha ironizado sobre a vcua sutileza dos intrpretes que, com um sentimento de triunfo mal dissimulado, atribuem a Aristteles uma semelhante tautologia. A impotncia, da qual se diz que no momento do

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gliezza degli interpreti che, con un malcelato sentimento di trionfo attribuiscono ad Aristotele una simile tautologia. Limpotenza, di cui si dice che al momento dellatto, non sar nulla, non pu essere, invece, che quelladynamia che, secondo Aristotele, appartiene a ogni dynamis: la potenza di non (essere o fare). La traduzione corretta sar, pertanto: potente ci per il quale, se avviene latto di cui detto avere la potenza, nulla sar di potente non (essere o fare). Ma come intendere, allora: nulla sar di potente non? Come pu la potenza neutralizzare limpotenza che le coappartiene? Un passo del De Interpretatione fornisce delle indicazioni preziose. A proposito delle negazioni degli enunciati modali, Aristote distingue e, insieme mette in relazione, il problema della potenza e quello dell enunciazione modale. Mentre la negazione di un enunciato modale deve negare il modo e non il dictum (per cui la negazione di possibile che sia non possibile che sia e la negazione di possibile che non sia non possibibile che non sia), sul piano della potenza le cose stanno diversamente e negazione e affermazione non si escludono. Poich ci che potente non sempre in atto scrive Aristotele anche la negazione gli appartiene: infatti, pu anche non camminare ci che capace di camminare e pu non vedere ci che pu vedere (21b, 14-16). Per questo, nel libro theta e nel De anima, la negazione della potenza (o, meglio, la sua privazione) ha, come abbiamo visto, sempre la forma: pu non (e mai quella: non pu). Sembra perci che le espressioni possibile che sia e possibile che non sia conseguano luna all altra, poich la stessa cosa pu

ato no ser nada, no pode ser, na verdade, seno aquela adynamia que, segundo Aristteles, pertence a toda dynamis: a potncia de no (ser ou fazer). A traduo correta , portanto: potente aquilo para o qual, se ocorre o ato do qual dito haver a potncia, nada haver de potente no (ser ou fazer). Mas como entender, ento: nada haver de potente no ? Como a potncia pode neutralizar a impotncia que lhe co-pertence? Uma passagem do De Interpretatione fornece algumas indicaes preciosas. Em relao s negaes dos enunciados modais, Aristteles distingue, e ao mesmo tempo relaciona, o problema da potncia e o da enunciao modal. Enquanto a negao de um enunciado modal deve negar o modo e no o dictum (por isso a negao de possvel que seja no possvel que seja e a negao de possvel que no seja no possvel que no seja), no plano da potncia as coisas no so diferentes e negao e afirmao no se excluem. J que aquilo que potente no sempre em ato, escreve Aristteles, a negao tambm lhe pertence: de fato, pode at no caminhar aquilo que capaz de caminhar, e pode no ver aquilo que pode ver (21b, 14-16). Por isso, no livro theta e no De anima, a negao da potncia (ou melhor, a sua privao) tem, como vimos, sempre a forma: pode no (e nunca a forma: no pode). Por isso parece que as expresses possvel que seja e possvel que no seja sucedem uma outra, j que a mesma coisa pode ser e no ser. As enunciaes desse gnero no so, portanto, contraditrias. Por outro lado, possvel que seja e no possvel que seja nunca esto juntas (21b, 3522a, 2).
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essere e non essere. Le enunciazioni di questo genere non sono dunque contraddittorie. Invece possibile che sia e non possibile che sia non stanno mai insieme (21b, 35-22a, 2). Se chiamiamo privazione lo statuto della negazione nella potenza, come intendere in modo privativo la doppia negazione contenuta nella frase: nulla sar di potente non (essere o fare)? In quanto non contraddittoria rispetto alla potenza di essere, la potenza di non essere non deve qui semplicemente annullarsi, ma, rivolgendosi a se stessa, dovr assumere la forma di un poter non-non essere. La negazione privativa di potente non essere , cio, potente non-non essere (e non non potente di non essere). Ci che Aristotele dice nel passo in questione , allora, qualcosa di assai diverso e pi interessante di quel che gli fa dire la lettura tautologica dei commentatori moderni. Se una potenza di non essere appartiene originalmente a ogni potenza, sar veramente potente solo chi, al momento del passaggio allatto, non annuller semplicemente la propria potenza di non, n la lascer indietro rispetto allatto, ma la far passare integralmente in esso come tale, potr, cio, non-non passare allatto.

Se chamamos de privao o estatuto da negao na potncia, como entender em modo privativo a dupla negao contida na frase: nada haver de potente no (ser ou fazer)? Enquanto no contraditria em relao potncia de ser, a potncia de no ser no deve aqui se anular simplesmente, mas, voltando-se para si mesma, dever assumir a forma de um poder no-no ser. A negao privativa de potente no ser potente no-no ser (e no no potente de no ser). Aquilo que Aristteles diz na passagem em questo , portanto, algo muito diferente e mais interessante do que aquilo que a leitura tautolgica dos comentadores modernos lhe faz dizer. Se uma potncia de no ser pertence originalmente a toda potncia, ser verdadeiramente potente apenas quem, no momento da passagem ao ato, no anular simplesmente a prpria potncia de no, nem a deixar para trs em relao ao ato, mas far com que ela passe integralmente nele como tal, isto , poder no-no passar ao ato.

DOAO E SALVAO
Podemos agora responder s perguntas que tnhamos feito: o que acontece com a potncia de no, no momento em que o ato se realiza? Como pensar o ato de uma potncia de no ? A interpretao que propomos obriga-nos a pensar, de uma forma nova e no banal, a relao entre potncia e ato. A passagem ao ato no anula nem exaure a potncia, mas esta se conserva no ato como tal e marcadamente na sua forma eminente de potncia de no (ser ou fazer). o que Aristteles diz com clareza numa passagem do De anima (417b, 2-16), da qual podemos agora compreender todas as implicaes decisivas.

DONO E SALVEZZA
Possiamo ora rispondere alla domande che ci eravamo posti: che ne della potenza di non, al momento in cui latto si realizza? Come pensare latto di una potenza di non ? L interpretazione che proponiamo ci obbliga a pensare in modo nuovo e non banale la relazione fra potenza e atto. Il passaggio all atto non annulla
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n esaurisce la potenza, ma questa si conserva nellatto come tale e, segnatamente, nella sua forma eminente di potenza di non (essere o fare). Aristotele lo dice con chiarezza in un passo del De anima (417b, 2-16), di cui possiamo ora comprendere tutte le decisive implicazioni: Patire (paschein) non un termine semplice, ma, in un certo senso, significa una certa distruzione ad opera del contrario, in un altro significa piuttosto la conservazione (soteria) di ci che in potenza in ci che in atto ed simile ad esso, allo stesso modo che la potenza (si conserva) rispetto allatto. Infatti colui che possiede la scienza diventa contemplante in atto (theoroun), e questo non un alterazione (alloiusthai, diventar altro), poich vi dono a se stesso (epidosis eis eauto) e allatto La potenza (la sola potenza che interessa Aristotele, quella a partire da una exis) non passa all atto subendo una distruzione o una alterazione; il suo paschein, la sua passivit consiste piuttosto in una conservazione e in un perfezionamento di s (epidosis, letteralmente dono aggiuntivo, significa anche accrescimento: Guglielmo di Moerbeke traduce in ipsum id additio, e Temistio glossa teleiosis, compimento). Noi dobbiamo ancora misurare tutte le conseguenze di questa figura della potenza che, donandosi a se stessa, si salva e accresce nellatto. Essa ci obbliga a ripensare da capo non soltanto la relazione fra la potenza e latto, fra il possibile e il reale, ma anche a considerare in modo nuovo, nellestetica, lo statuto dellatto di creazione e dellopera e, in politica,

Padecer (paschein) no um termo simples, mas, em um certo sentido, significa uma certa destruio por obra do contrrio, em um outro, significa na verdade a conservao (soteria) daquilo que em potncia naquilo que em ato e se parece com ele, da mesma forma que a potncia (se conserva) em relao ao ato. De fato, aquele que possui a cincia torna-se contemplante em ato (theoroun) e isso no uma alterao (alloiusthai, tornar-se outro), visto que h doao para si mesmo (epidosis eis eauto) e para o ato. A potncia (a nica potncia que interessa a Aristteles, aquela que parte de uma exis) no passa ao ato sofrendo uma destruio ou uma alterao; o seu paschein, a sua passividade consiste, na verdade, em uma conservao e em um aperfeioamento de si (epidosis, literalmente doao acrescida, significa tambm acrscimo: Willem van Moerbeke traduz in ipsum id additio, e Temstio glosa teleiosis, cumprimento). Ns devemos ainda medir todas as conseqncias dessa figura da potncia que, doando-se a si mesma, se salva e cresce no ato. Ela obriga-nos a repensar do zero no apenas a relao entre a potncia e o ato, entre o possvel e o real, mas tambm a considerar de uma forma nova, na esttica, o estatuto do ato de criao e da obra, e na poltica, o problema da conservao do poder constituinte no poder constitudo. Mas toda a compreenso do ser vivo que deve ser revogada em questo, se verdade que a vida deve ser pensada como uma potncia que excede incessantemente as suas formas e as suas realizaes. Talvez apenas sob essa perspectiva podemos enfim entender a natureza do pensamento, se verdade, como Aristteles no se cansa de repetir, que
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il problema della conservazione del potere costituente nel potere costituito. Ma tutta la comprensione del vivente che dev essere revocata in questione, se vero che la vita dev essere pensata come una potenza che incessantemente eccede le sue forme e le sue realizzazioni. E forse solo in questa prospettiva potremo infine capire la natura del pensiero, se vero, come Aristotele non si stanca di ripetere, che la potenza a definirne lessenza. Come egli scrive in un passo sommativo del De anima (429b, 6-10):
Quando (il pensiero) divenuto ciascuna cosa, nel senso in cui colui che sa detto tale in atto (e questo avviene quando pu passare allatto da s), esso resta anche allora in qualche modo in potenza e pu allora pensare se stesso

a potncia que define a sua essncia. Como ele escreve numa passagem ampliada do De anima (429b, 6-10):
Quando (o pensamento) tornou-se cada coisa, no sentido em que aquele que sabe dito tal em ato (e isso acontece quando pode passar ao ato por si), ento de alguma forma ele permanece tambm em potncia e pode portanto pensar a si mesmo.

Aquilo que a tradio filosfica habituou-nos a considerar como o vrtice do pensamento e, ao mesmo tempo, como o prprio cnone da energeia e do ato puro o pensamento do pensamento , na verdade, a doao extrema da potncia a si mesma, a figura completa da potncia do pensamento.

Ci che la tradizione filosofica ci ha abituato a considerare come il vertice del pensiero e, insieme, come il canone stesso dell energeia e dellatto puro il pensiero del pensiero , in verit, il dono estremo della potenza a se stessa, la figura compiuta della potenza del pensiero.

NOTAS
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Com agradecimentos a Cludio Oliveira e Susana Scramim pela reviso da traduo. Resumos e palavras-chave, em ingls e portugus, feitos pela Editoria da Revista.

Recebido em novembro/2005 Aceito em maro/2006

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