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MASTER POST-LAUREA IN
“COMUNICAZIONE PUBBLICA E POLITICA”
A.A. 2007/2008
Candidato
Federico Melosi
Tutor Università
Edoardo Datteri
Tutor Ente
Federico Neri
7 ottobre 2008
Indice
0 | Prologo
0.1 | Alcune considerazioni iniziali: lo stato delle cose
0.2 | Abbiamo un problema comunicativo...
0.3 | ... ma possiamo risolverlo: gestione intelligente
dell'informazione e organizzazione della conoscenza
Riferimenti bibliografici
0 | Prologo
era dell'informazione
qualità della comunicazione
economia della conoscenza
1 Fra i tanti testi dedicati all'argomento, si veda ad esempio Alberts D. S., Papp D. S. (eds.)
(1997-2001), The Information Age: An Anthology on Its Impact and Consequences, vol. I-III,
Command and Control Research Program Publications.
2 Wikipedia definisce una dot-com come «un'azienda di servizi che fa la maggior parte del
suo business tramite un sito internet» (<http://it.wikipedia.org/wiki/Dot-com>).
3 <http://www.ikea.com/>
4 <http://www.ica.se/>
costituisce spesso un'insospettabile causa di problemi, fra cui l'incapacità di
prendere decisioni e la scarsa possibilità di fissare mnemonicamente
l'informazione rilevante in un oceano di dati illogici e destrutturati.
In tempi non sospetti, il poeta americano Wystan Hugh Auden scriveva:
Tuttavia, il nostro compito non è tanto quello di insegnare ad ignorare ciò che
non è rilevante, ma al contrario quello di apprendere in che modo e con quali
strumenti rendere l'informazione rilevante, comunque e per tutti.
Sapere come migliorare l'informazione – rendendola reperibile, fruibile e
pertinente (cognitivamente parlando) – attraverso metodi e tecniche dedicati
è pertanto l'unico modo per raggiungere e favorire una comunicazione di
qualità.
Fino a poco tempo fa, chi intendeva pubblicare un sito web per rappresentare
la propria organizzazione o il proprio servizio, si rivolgeva a quelle figure
professionali che sembravano essere meglio equipaggiate per operare nel
campo: normalmente esperti di tecnologia dell'informazione e grafici. Ma
molto spesso affidare ad ingegneri dell'informazione o ad artisti un lavoro che
prevede l'organizzazione e la gestione di contenuti oltre ad un'attenta
progettazione dell'interfaccia utente è «come pensare che gli esperti di
stampa quotidiana siano solo i tipografi o gli impaginatori... essi hanno
certamente un ruolo importantissimo nella pubblicazione di un giornale, ma
non unico, né primario: anzitutto avrò bisogno di giornalisti5.»
D'altronde, la navigazione sul Web ci ha fin troppo abituati ad esempi
“comunicativi” del genere:
5 Cantoni L., Di Blas N., Bolchini D. (2003), Comunicazione, qualità, usabilità, Milano,
Apogeo, p. 3.
[fonte: <http://havenworks.com/>]
[fonte: <http://www.ownyourc.com/>]
Nota a ragion veduta Thea van der Geest6 che «il semplice fatto di essere
presenti sul Web non garantisce più che il sito di un'organizzazione attragga
visitatori. L'effetto ipnotizzante della nuova tecnologia e dei nuovi trucchi si
sta riducendo. Le organizzazioni stanno diventando consapevoli che devono
dare ai loro visitatori buoni motivi per visitare il loro sito, e buoni motivi per
ritornarvi. Il semplice mezzo non è più un messaggio sufficiente. In modo
crescente, le organizzazioni trovano che la creazione di siti web non è
semplicemente l'hobby dei loro tecnici informatici, ma una parte essenziale
6 van der Geest T. M. (2001), Web Site Design is Communication Design, Amsterdam-
Philadelphia, John Benjamins, p. 1.
della loro comunicazione interna ed esterna.»
➔ architettura dell'informazione
➔ linguaggi di marcatura
➔ accessibilità e usabilità delle interfacce
8 Ivi, p. 4.
9 <http://www.synthema.it/>
analizzata senza ulteriori mediazioni (ad esempio, filtri o parametri avanzati
di ricerca). Permette inoltre di accedere all'informazione su base tematica,
dando la possibilità di cogliere correlazioni spesso inaspettate fra i diversi
argomenti.
Tuttavia, il vero sistema di metadati che permette di classificare e
organizzare i dati sulla base del loro contenuto informativo è il Synthema
Knowledge Center (SKC), una base di conoscenza progettata per definire
ontologie linguistiche allo scopo di accedere non più a semplice informazione,
ma a conoscenza. Attraverso SKC è possibile trattare direttamente i dati
linguistici assegnando categorie grammaticali, funzioni logiche e relazioni
semantiche fra i lemmi; il sistema di concetti e relazioni derivante sarà quindi
interrogabile in linguaggio naturale attraverso un motore di ricerca dedicato.
10 Cfr. Shannon C., Weaver W. (1949), The mathematical theory of communication, Urbana
(IL), University of Illinois Press.
sul rendimento informazionale e sull’ottimale processo di trasmissione dei
messaggi.
Il “sistema generale di comunicazione” proposto da Shannon e Weaver è
schematizzabile come segue:
11 Cfr. Wolf M. (2001), Teorie delle comunicazioni di massa, Milano, Bompiani, p. 117.
12 Cimatti F., “Fondamenti naturali della comunicazione”, in Gensini S., Cimatti F. (a cura di)
(1999), Manuale della comunicazione. Modelli semiotici, linguaggi, pratiche testuali,
Roma, Carocci, p. 54-59.
sufficiente invertire la direzione delle operazioni che si devono
compiere:
• codificazione: dal messaggio al segnale
• decodificazione: dal segnale al messaggio
sono ammessi soltanto errori o disturbi tecnici che colpiscono il
segnale, non il messaggio (ad esempio, una linea telefonica gracchiante
o l’inceppamento di una macchina telefax)
13 Nonostante si sia riflettuto molto, in filosofia, sulla necessità e sull’utilità di una nozione
di implicatura pragmatica, l’argomento è stato studiato solamente a partire dalla metà
degli anni Sessanta.
14 Cfr. Grice H. P. (1975), “Logica e conversazione”, trad. it., in Sbisà M. (a cura di) (1978),
Gli atti linguistici. Aspetti e problemi di filosofia del linguaggio, Milano, Feltrinelli, p.
204.
tuo contributo alla conversazione sia tale quale è richiesto, allo stadio in
cui avviene, dallo scopo o orientamento accettato dallo scambio
linguistico in cui sei impegnato. Lo si potrebbe chiamare principio di
cooperazione.
massima di relazione:
• “fornite contributi pertinenti
massima di modo:
• “siate perspicui” e in particolare
o “evitate oscurità di espressione”
o “evitate le ambiguità”
o “siate brevi”
o “procedete in modo ordinato”
15 Cfr. Sperber D., Wilson D. (1986), Relevance: Communication and Cognition, Oxford, Basil
Blackwell, 19952.
Secondo la teoria della pertinenza, ogni enunciato solleva aspettative di
rilevanza non perché l'ascoltatore debba davvero “obbedire” ad un principio
di cooperazione, a delle massime conversazionali o a qualche altra specifica
convenzione comunicativa, ma perché la ricerca di pertinenza è una
caratteristica fondamentale della cognizione umana che ogni comunicatore
può e deve sfruttare.
In termini generici, un input (cioè uno stimolo verbale, grafico, sensoriale et
c.) è rilevante per un individuo quando quest'ultimo riesce a connettere
informazioni pregresse al fine di trarre conclusioni di una certa importanza. In
termini teorici, un input è rilevante quando il suo processo di elaborazione in
un contesto di supposizioni disponibili produce un effetto cognitivo positivo
(ad esempio, una conclusione vera).
Il tipo più importante di effetto cognitivo è l'implicazione contestuale, una
conclusione deducibile dall'input e dal contesto allo stesso tempo, ma non da
uno dei due singolarmente. Altri tipi di effetto cognitivo prevedono il
rafforzamento, la revisione o l'abbandono delle supposizioni disponibili.
In accordo con la teoria della pertinenza, uno stimolo è dunque pertinente
per un individuo quando – e solo quando – la sua elaborazione produce un
effetto cognitivo positivo.
Quello di pertinenza è un concetto graduale e uno stimolo può essere in
competizione con altri per catturare l'attenzione dell'individuo. A tal
proposito, scrivono recentemente Wilson e Sperber16:
«What makes an input worth picking out from the mass of competing
stimuli is not just the cognitive effects it achieves. In different
circumstances, the same stimulus may be more or less salient, the
same contextual assumptions more or less accessible, and the same
cognitive effects easier or harder to derive. Intuitively, the greater the
effort of perception, memory and inference required, the less
rewarding the input will be to process, and hence the less deserving of
our attention. In relevance-theoretic terms, other things being equal,
the greater the processing effort required, the less relevant the input
will be. Thus, relevance may be assessed in terms of cognitive effects
16 Cfr. Wilson D., Sperber D. (2004), “Relevance Theory”, in Horn L., Ward G. (eds.),
Handbook of Pragmatics, Oxford, Basil Blackwell, p. 252.
and processing efforts.»
La teoria della pertinenza mostra che l'essere umano ha una tendenza innata
e automatica a massimizzare la rilevanza, per effetto del modo in cui l'intero
sistema cognitivo si è sviluppato ed evoluto:
17 Ivi, p. 254.
qualcosa);
intenzione comunicativa (l'intenzione di informare l'ascoltatore della
propria intenzione informativa).
Per quanto attiene al nostro scopo, possiamo fermarci qui. La teoria della
pertinenza è un modello cognitivo-comunicativo estremamente complesso ed
articolato, non sondabile a fondo in poco spazio. Tanto però ci basta per
dimostrare l'importanza e l'imprescindibilità del concetto di rilevanza
comunicativa in relazione al nostro precipuo argomento di discussione: la
qualità della comunicazione e la gestione della conoscenza in contesto
digitale. Proprio in virtù del fatto che la massimizzazione della pertinenza è il
fine principale cui tende la cognizione umana nei processi di elaborazione
dell'informazione, averne la consapevolezza significherà – per chi
professionalmente si occupa di comunicazione – sfruttare con intelligenza e
sensibilità gli stimoli ostensivo-inferenziali (per continuare ad usare la
terminologia di Sperber e Wilson) attraverso un sito web e i contenuti per esso
veicolati.
18 Ivi, p. 259.
2 | Progettare una comunicazione di qualità:
architettura dell'informazione, usabilità e
accessibilità dei siti web
19 Cantoni L., Di Blas N., Bolchini D. (2003), Comunicazione, qualità, usabilità, Milano,
Apogeo.
Inoltre, la realtà di un bar – e così quella di un sito web – dipende anche in
modo significativo da un ulteriore elemento: il mondo esterno, il mercato di
riferimento. Ciò richiede di considerare il Web alla stregua di un sistema
ecologico20 dinamico e non come un sistema irrelato di siti. Solo considerando
e integrando tutti questi elementi avremo un modello univoco e comprensivo
di un sito web, che non sia visto come semplice artefatto tecnologico ma
come un ecosistema comunicativo.
Uno dei primi settori a porsi il problema della qualità della comunicazione sul
Web – con particolare attenzione ai contenuti – è stato quello delle
biblioteche, da tempo abituate (per ragioni economiche e logistiche) a
confrontarsi con un rapporto problematico tra offerta dell'informazione (libri,
riviste e ogni altro tipo di pubblicazione “fisica”) e necessità di selezionare
solo i titoli migliori, maggiormente pertinenti per il pubblico di riferimento.
Il mondo delle biblioteche è stato soprattutto il primo a strutturare,
organizzare e classificare sistematicamente le informazioni: nel 660 a.C. un re
assiro organizzò le sue tavolette d'argilla in base all'argomento, nel 330 a.C. la
celebre biblioteca di Alessandria ospitava più di cento rotoli di pergamena e,
nel 1873, Melvil Dewey sviluppò un particolare sistema classificatorio – la
cosiddetta Classificazione decimale Dewey – per fornire un accesso
organizzato all'informazione libraria.
Allo stesso modo in cui molti di noi, attraverso l'esperienza di libri e
biblioteche, hanno acquisito familiarità con i concetti di base
dell'organizzazione delle informazioni, i concetti portanti dell'architettura
dell'informazione (AI) – una disciplina di recente formazione ma già di grande
21 Una faccetta (dall'inglese facet) è un particolare aspetto sotto il quale un argomento viene
trattato. Con una classificazione a faccette, il contenuto di un documento può essere
descritto analiticamente nei suoi diversi aspetti; questi sono poi espressi tutti insieme,
secondo una sequenza determinata da regole di funzionalità; cfr. Gnoli C. (2004),
Classificazione a faccette, Roma, Associazione italiana biblioteche, passim.
22 Rosenfeld L., Morville P. (2002), Architettura dell'informazione per il World Wide Web, 2a
ed., trad. it., Milano, Tecniche Nuove, p. 17-18.
pieno controllo delle proprie azioni, ma anche trarne un senso di
soddisfazione, di piacere d'uso. Una certa diffusa difficoltà nell'utilizzo del
personal computer – dovuta principalmente ad una cattiva progettazione delle
interfacce – e una scarsa dimestichezza e naturalezza nell'uso degli ipertesti
sono le cause più frequenti di repulsione nei confronti della tecnologia
informatica. A risolvere questi problemi si è candidata negli ultimi anni una
disciplina derivata dall'ergonomia cognitiva23: l'usabilità.
L'usabilità ha presto trovato una fortunata applicazione nel campo dello
studio di interfacce software ed è stata recentemente definita dalla norma
ISO 9241, secondo cui l'usabilità è «il grado in cui un prodotto può essere
usato da classi di utenti per raggiungere specifici obiettivi con efficacia,
efficienza e soddisfazione in un contesto d'uso determinato24.» Questa
definizione mette in evidenza gli aspetti fondamentali che entrano in gioco
quando si parla di “uso di un prodotto”:
Non deve inoltre passare inosservato che la definizione dello standard ISO
parli di utenti e contesti d'uso; infatti – come giustamente scrive Maurizio
Boscarol - «sarebbe un errore credere, come fanno in molti, che l'usabilità sia
una proprietà del prodotto (nel nostro caso, del sito). Essa è piuttosto una
proprietà dell'interazione fra un utente e quel sito: perché ogni utente ha
conoscenze, esperienze, obiettivi, idiosincrasie, capacità sensoriali, motorie e
23 L'ergonomia cognitiva è una scienza dedicata allo studio di come l'uomo interagisce con
l'ambiente sulla base di quelli che sono i suoi vincoli fisici e cognitivi; cfr. Di Nocera F.
(2004), Che cos'è l'ergonomia cognitiva, Roma, Carocci, passim.
24 Cfr. ISO 9241 Ergonomic Requirements for Office Work with Visual Display Terminals, part
11, Guidance on specifying and measuring usability, 1995.
cognitive differenti25.»
Perciò, progettare un sito web usabile significa fondare il proprio lavoro su
alcuni princìpi fondamentali:
25 Cfr. Boscarol M. (2003), Ecologia dei siti web. Come e perché usabilità, accessibilit e fogli
di stile stanno cambiando il modo di realizzare i siti internet, Milano, Tecniche Nuove,
p.29-30.
26 Cfr. Norman D. A. (1988), La caffettiera del masochista. Psicopatologia degli oggetti
quotidiani, trad. it., Firenze, Giunti.
rendere visibile lo stato del sistema attraverso un feedback: il
feedback rappresenta l'informazione di ritorno, la reazione del sistema
in risposta all'azione che l'utente ha eseguito sulla interfaccia; il
feedback serve a segnalare all'utente lo stato corrente del sistema e
l'esito della propria azione;
prevenire e limitare gli errori di interazione: commettere errori
nell'interazione con un prodotto è naturale. Ogni azione dell'utente va
concepita come un tentativo verso una giusta direzione. Si tratta di una
componente naturale del dialogo utente-sistema che va tollerata,
garantendo la giusta flessibilità di utilizzo che consente agli utenti di
navigare liberamente senza entrare in vicoli ciechi o in situazioni
critiche;
essere coerenti: la coerenza permette all'utente di trasferire
agevolmente la conoscenza da un'applicazione all'altra, aumenta la
predicibilità delle azioni e dei comportamenti del sistema favorendone
l'apprendibilità;
facilitare la flessibilità d'utilizzo e l'efficienza dell'utente: le esigenze
degli utenti variano in relazione al loro livello di esperienza rispetto al
compito e alle tecnologie informatiche. Ne consegue che, in relazione a
questi due aspetti, il livello di supporto richiesto, gli strumenti
utilizzati e le strategie di interazione messe in atto dagli utenti possono
essere diverse. Gli utenti non esperti, ad esempio, amano essere
guidati passo per passo, mentre gli utenti più esperti preferiscono
utilizzare scorciatoie, delle quali anche utenti non esperti, man mano
che aumenta il loro livello di esperienza, possono usufruire.
27 <http://www.w3.org/>.
di lucro che ha come scopo istituzionale quello di standardizzare linguaggi e
tecnologie per il Web – ha una specifica sezione che si occupa di accessibilità –
la Web Accessibility Initiative28 (o WAI) – che, a partire dal 1999, ha rilasciato
una serie di documenti contenenti linee-guida vòlte a sistemare e chiarire
l'oggetto e i limiti dell'accessibilità su Web: le Web Content Accessibility
Guidelines29 (o WCAG); le Authoring Tool Accessibility Guidelines30 (o ATAG),
destinate principalmente agli sviluppatori di strumenti software per la
progettazione di siti web (i cosiddetti web authoring tools i cui esempi più
noti sono Microsoft® FrontPage e Adobe® Dreamweaver); le User Agent
Accessibility Guidelines31 (o UAAG), indirizzate ai produttori di browser e
tecnologie assistive. In particolare, il documento contenente le WCAG si
suddivide in 14 punti fondamentali:
28 <http://www.w3.org/WAI/>.
29 <http://www.w3.org/TR/WCAG10/>. Attualmente la sezione WAI del W3C sta lavorando ad
una seconda edizione del documento (WCAG 2.0) che dovrebbe sostituire il precedente.
30 <http://www.w3.org/TR/ATAG10/>.
31 <http://www.w3.org/TR/UAAG10/>.
Un'ultima necessaria considerazione riguarda come l'Italia ha finora affrontato
il tema dell'accessibilità. Il 9 gennaio del 2004 è stata approvata e promulgata
la legge 4/2004, intitolata Disposizioni per favorire l'accesso dei soggetti
disabili agli strumenti informatici, nota anche come “legge Stanca”, dal
nome dell'allora ministro per l'innovazione e le tecnologie Lucio Stanca.
L'Italia si è così dotata fin dal 2004, ponendosi all'avanguardia rispetto alla
maggior parte delle altre nazioni, di uno strumento legislativo pensato per
tutelare il diritto degli utenti con disabilità a fruire degli strumenti
informatici, e in particolare di Internet, senza subire discriminazioni rispetto
ai cosiddetti “normodotati”. Per dare un riferimento alto ai diritti che intende
tutelare, la legge 4/2004 si richiama esplicitamente all'art. 3 della
Costituzione italiana, che stabilisce:
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla
legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di
opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
33 Zeldman J. (2007), Progettare siti web standard. Tecniche per il design con XHTML e CSS,
trad. it., Milano, Paravia-Bruno Mondadori, p. 41.
3 | Il Synthema Knowledge Center
Nata nel 1994 per iniziativa di alcuni specialisti del Centro di Ricerca IBM,
Synthema si occupa da quasi quindici anni di consulenza, ricerca applicata e
sviluppo di soluzioni informatiche nel trattamento del linguaggio naturale.
I prodotti realizzati da Synthema spaziano in un nutrito numero di aree
dell'ingegneria dell'informazione:
This search-centric view [il punto di vista che vede il data mining come
un semplice strumento per “rendere le cose più facili da trovare sul
Web”] misses the point that we might actually want to treat the
information in the Web as a large knowledge base from which we can
extract new, never-before encountered information.
36 Hearst M. A. (2003), “Text Data Mining”, in Mitkov R. (ed.), The Oxford Handbook of
Computational Linguistics, Oxford, Oxford University Press, p. 620.
37 Cfr. Swanson D. (1987), “Two Medical Literatures that are Logically but not
Bibliographically Connected”, in Journal of the American Society for Information Science
(JASIS), vol. 38, n. 4, p. 228-233; Swanson D. (1991), “Complementary Structures in
Disjoint Science Literatures”, in Proceedings of the 14th Annual International ACM/SIGIR
in che modo una catena casuale di implicazioni nell'àmbito della letteratura
medica possa condurre ad alcune ipotesi sulla causa di malattie rare, alcune
delle quali hanno ricevuto il supporto di prove sperimentali. In pratica,
investigando sulle cause dell'emicrania, Swanson ha estratto frammenti di
prove da semplici titoli di articoli della letteratura biomedica; alcune di
queste prove possono essere parafrasate come segue:
Per quanto a prima vista oscura, questa definizione sottolinea due concetti di
estrema importanza. Anzitutto, un'ontologia fa riferimento a una
concettualizzazione: ciò significa che in un'ontologia saranno definiti i
concetti rilevanti alla descrizione del dominio in esame. Una
concettualizzazione, infatti, è una vista astratta e semplificata del mondo o
di quella parte della realtà che ci proponiamo di rappresentare; ogni sistema
40 Cfr. Vossen P. (2003), “Ontologies”, in Mitkov R. (ed.), The Oxford Handbook of
Computational Linguistics, Oxford, Oxford University Press, p. 464-465: «Whenever we
store information to make [...] common-sense-like inferences, we tend to speak of an
ontology or knowledge base.»
41 Gruber T. (1993), What is an Ontology? <http://www-ksl.stanford.edu/kst/what-is-an-
ontology.html>.
di rappresentazione o di gestione della conoscenza, pertanto, avrà sempre
una qualche concettualizzazione, esplicita o implicita del suo dominio. Il
secondo fondamentale concetto fornito da Gruber nella sua definizione di
'ontologia' è che quest'ultima consiste in una specificazione: ciò significa che
tale concettualizzazione è espressa attraverso un'appropriata definizione,
un'indicazione particolareggiata dei concetti e delle relazioni che fra essi
sussistono.
Cascini G., Neri F. (2004), “Natural Language Processing for Patents Analysis
and Classification”, in Proceedings of ETRIA World Conference – TRIZ
Future, Firenze, 3-5/11/2004, p. 199-212.
42 <http://www.dodccrp.org/files/Alberts_Anthology_I.pdf>,
<http://www.dodccrp.org/files/Alberts_Anthology_II.pdf>,
<http://www.dodccrp.org/files/Alberts_Anthology_III.pdf>.
Davenport T. H., Prusak L. (1997), Information Ecology. Mastering the
Information and Knowledge Environment, Oxford, Oxford University
Press.
Della Valle E., Celino I., Cerizza D. (2008), Semantic Web. Modellare e
condividere per innovare, Milano, Pearson-Paravia-Bruno Mondadori.
Neri F., Pettoni M. (2008), “A Multilingual Text Mining Search Engine for Open
Source Intelligence”, in Proceedings of 12th International Conference
on Information Visualization, IV08: OSINT-WM – Open Source
Intelligence and Web Mining, London, 8-11/07/2008, p. 314-320.
Sbisà M. (a cura di) (1978), Gli atti linguistici. Aspetti e problemi di filosofia
del linguaggio, Milano, Feltrinelli.
Zeldman J. (2007), Progettare siti web standard. Tecniche per il design con
XHTML e CSS, trad. it., Milano, Paravia-Bruno Mondadori.