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di Davide Bassi Ormai una decina danni fa, spulciando fra i dischi e le cassette dei miei genitori, ricordo

il mio stupore nel vedere come, in mezzo a decine di 45 giri degli anni 60, spuntasse una musicassetta del 1981, "La voce del padrone", di Franco Battiato. Perch mai i miei genitori, rimasti a Nico Fidenco e i Dik Dik, lavevano comprata? La risposta semplice, anche se ho impiegato qualche anno per scoprirlo: nei primi anni 80 Battiato era diventato qualcosa di imprescindibile, per chiunque ascoltasse un po di radio o vedesse un po di tv. Stupore doppio: come fu possibile che un disco di canzoni pop cos raffinate e dai testi cos cervellotici riuscisse a vendere oltre un milione di copie (primo nella storia della discografia italiana)? La risposta, in questo caso, ancora pi semplice: ci si trova di fronte a sette canzoni praticamente perfette e intelligenti e, cosa non da poco, orecchiabili e persino ballabili. Tutte le carte in regola (qualcuno pi colto direbbe "piani di lettura") per piacere a chiunque, insomma. In verit "La voce del padrone" il frutto di un percorso che Battiato aveva intrapreso fin dallinizio degli anni 70: dopo sette dischi elettronici e sperimentali, aveva virato verso il pop nel 1979 con "Lera del cinghiale bianco" e poi, lanno seguente con "Patriots". Seppur ottimi, questi due dischi non possiedono ancora quella compattezza, semplicit, limpidezza che consentiranno poi a Battiato di sfondare definitivamente. Musicalmente il disco si presenta come "pop", ma riaggiornato con spruzzate di quello che la scena musicale degli anni precedenti aveva prodotto, dal punk allelettronica, dalla new wave fino alle trovate "classicheggianti" dovute in gran parte alla collaborazione stretta con il maestro Giusto Pio, autore delle musiche insieme allo stesso Battiato. I testi sono un geniale pastiche di letteratura, musica, pubblicit, politica, filosofia, religione e non ci dato sapere fino a che punto si tratti di puro nonsense o di sapienti accostamenti. Certo che Battiato non ha paura a mischiare citazionismo alto e basso: dai "Minima moralia" di Adorno (che in "Bandiera bianca" diventano "Immoralia") ai "Figli delle stelle" di Alan Sorrenti, dal "Cantami o diva" a "Il mondo grigio/ il mondo blu", di Nicola di Bari. La critica sociale spietata e alcuni testi, letti oggi, anticipano lucidamente e clamorosamente gli anni 80, cosiddetti del "riflusso", con il rampantismo, la crisi delle ideologie e la rincorsa al denaro e al benessere ("Siamo figli delle stelle/ pronipoti di sua maest il denaro"): daltronde lo sventolio della bandiera bianca dellomonima canzone (anchessa una citazione, dall "Ode a Venezia" di Arnaldo Fusinato, del 1849) non altro che un segno di resa da parte del cantautore nei confronti della societ, qualcosa di simile alla metafora del ritorno del "cinghiale bianco" di un paio di album anteriore. Non mancano nemmeno la denuncia sociale, seppur velata dironia ("quei programmi demenziali/ con tribune elettorali", "Quante squallide figure che attraversano il paese/ Com misera la vita negli abusi di potere") e le punzecchiature, anche in questo caso pi sarcastiche che convinte, verso la musica ("A Beethoven e Sinatra preferisco linsalata/ A Vivaldi luva passa che mi d pi calorie", "e sommersi soprattutto da immondizie musicali", "Non sopporto i cori russi la musica finto-rock la new wave italiana il free jazz punk inglese/ neanche la nera africana"). E grazie a questo mix che Battiato scala le classifiche, ma convince anche la critica, sebbene nellalbum,

oltre ai tre brani pi celebri e tuttora indimenticati ("Bandiera bianca", "Cuccurucuc" e "Cerco un centro di gravit permanente"), siano presenti alcune canzoni pi raffinate e meno giocose, come "Gli uccelli", elegante e poetica descrizione del volo, "Segnali di vita", riflessione sul tempo e sullo spazio che anticipa molto del Battiato che verr, e "Sentimento nuevo", pezzo atipico del suo repertorio, praticamente un inno allamore fisico, seppur disseminato di citazioni classiche. Qualcuno potr storcere il naso vedendo questo disco inserito nelle pietre miliari, ed effettivamente una precisione va fatta: "La voce del padrone" un disco che forse non possieder alcuna importanza storica n sociale per il mondo, ma ne ha indiscutibilmente, e parecchia, per la storia musicale e sociale del nostro paese. Franco Battiato non riuscir pi a replicare un successo simile: gi lalbum successivo, "Larca di No", sembra una copia sbiadita. Meglio andr successivamente (ad esempio con "Caff de la paix" e "Limboscata"), con dischi per pi cervellotici, che piaceranno pi alla critica che al pubblico. "La voce del padrone" resta un esempio quasi unico, nella discografia italiana, di album che riuscito a mettere daccordo tutti. Ed sufficiente un ascolto, anche oggi, per capire immediatamente il perch. (31/07/2007)

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