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DISCESA NEGLI ABISSI parte III Lindomani, come stabilito, salutammo fiduciosi la lancia e il suo piccolo equipaggio mentre

e scomparivano tra le nebbie che ci avvolgevano. Il clima non era negativo dopo tutto, cera solo da aspettare che venissero a prenderci, questione di un paio di giorni al massimo, nel frattempo il nemico peggiore sembrava dovesse essere costituito dalla noia. La luce era quasi crepuscolare a causa della pesante cappa temporalesca, ma quel poco che filtrava dalle nubi fu sufficiente a migliorare il mio umore: mi impegnai nelle pulizie e diedi una mano a cucinare le poche scorte rimaste, insufficienti anche per arrivare al giorno dopo, cos consigliai al capitano di predisporre turni di pesca. Mi preoccupavo meno dellacqua invece, anche senza gli impianti di depurazione funzionanti, i serbatoi che avevamo potevano darci acqua potabile per una settimana se ben razionata, anzi al riguardo ci scambiavamo battute con gli altri, ridendo del fatto che non potendo fare la doccia ci avrebbero ritrovati profumati come delle cozze lasciate al sole. Ridevo anchio, ma per nulla convinto, avevo sempre limpressione di vedere al margine del mio campo visivo la figura del marinaio iraniano continuavamo a definirlo cos, anche se ormai era evidente che era iraniano quanto lo ero io, cos a !ietro e a Ratto venne in mente di chiamarlo "lo #curo$, per via del suo carattere ombroso, poco incline a socializzare, e del colore della sua pelle, che in verit% condivideva con molti altri marinai. &uei due erano dei poco di buono e tendevano a essere prepotenti con chiunque si mostrasse remissivo, quindi non avevo legato molto con loro. Il primo lo conoscevo solo come !ietro, non ho mai saputo il suo cognome era un tipo molto carismatico, non solo per la presenza fisica, ma sapeva anche parlare bene e conquistare le persone per i suoi scopi, la fronte spaziosa gli dava un'aria intelligente e i basettoni un'aria decisa non so se la cosa fosse studiata. L'altro invece si chiamava (laudio #ardelli, ed era l'opposto del suo degno compare sotto molti punti di vista: veniva chiamato Ratto perch) era piccolo e contorto, con il naso grande, le orecchie a sventola, la fronte bassa e mento sfuggente, insomma, la faccia era quella di un sorcio, per di pi* aveva la pessima abitudine di muoversi in maniera furtiva e di sussurrare appena quando parlava con la sua voce stridula. (on lo #curo non si permisero di ingaggiare contrasti diretti, probabilmente erano impressionati dalla sua stazza, ma non perdevano occasione ogni qualvolta passava vicino al nostro gruppo, di prenderlo in giro ad alta voce e fare battute poco decenti sul suo conto. (omunque, bench) loro non mi stessero affatto simpatici e non condividessi il loro atteggiamento sprezzante e volgare, anche io cercai di evitarlo quanto pi* possibile, non perch) lo ritenessi causa del mio malessere o della situazione, ma perch) dalla sera prima avevo la forte sensazione, quasi la certezza, che lui sapesse cosa ci stava accadendo realmente, e io non volevo saperlo+ ,vevo la nausea al solo pensiero delle conoscenze che si celavano oltre la nebbia. ,rrivai a pensare che la nebbia forse neanche esisteva, si trattava solo della follia che era calata pietosamente sulle nostre coscienze per preservarci dalla realt%. (ome accade ogni volta che il destino impietoso ci si para davanti, aspettai che fosse lui a venirmi a cercare, mi immaginavo che da un momento allaltro la sagoma enorme dello #curo adombrasse la poca luce residua e mi schiacciasse col peso delle sue rivelazioni: poteva dirmi che ero pazzo, che era tutto normale o che invece eravamo tutti spacciati e che avremmo condiviso la sorte dellequipaggio della nave iraniana, anche se lui era l come testimone che dallinferno e dalla pazzia ci si pu- salvare. !i* il giorno andava avanti e pi* era chiaro che le attese di tutti sarebbero state disattese: le mie di un incontro rivelatore e in generale quelle dellequipaggio, sia di veder ritornare la lancia con al seguito i soccorritori, sia di riuscire a far ripartire i generatori, sia di pescare qualcosa. .ravamo un oggetto immobile in un mare cristallizzato nel tempo, solo il variare ella debole luminosit% ambientale ci dava il senso del trascorrere delle ore, ma era un attesa straziante. /n po per rompere lattesa, un po per evitare di lavorare col buio, si decise di cenare prima

che calassero le tenebre totali. .rano state trovate durante le ricerche giornaliere delle lampade a gas e un po di petrolio con cui fabbricare delle torce era chiaro che sarebbero durate poco, cos vennero lasciate accese solo in numero sufficiente a segnalare la nostra posizione a eventuali navigatori notturni che potessero trarci in salvo. , parte questo dovemmo accontentarci di restare al buio, sia i pochi che restarono svegli a chiacchierare, sia quelli che, come me, decisero che era meglio andare a dormire, non fosse altro per affogare lattesa nelloblio dei sensi. ,nche il sonno fu caratterizzato dal buio, non un semplice ottundimento che al risveglio priva della memoria del sogno, ma anzi, il ricordo vivo di un spazio fisico, estremamente reale anche nel sonno, un ambiente denso, pressante e freddo, ma sopra ogni cosa buio, come se le tenebre assolute prendessero consistenza sul fondo delloceano. La stessa sensazione, addirittura lo stesso sogno fatto da me, mi fu riportato anche dagli altri marinai a cui chiesi, forse eravamo stati tutti impressionati dal freddo e dallumidit% che erano penetrate nei nostri alloggi durante la notte. Latmosfera era cambiata in maniera radicale: eravamo andati a dormire in una fresca sera di fine estate e ci svegliavamo in una fredda mattina dautunno, che ci costringeva a indossare la giacca di servizio per i lavori sul ponte. ,nche il sole, per quel poco che traspariva oltre la cortina di nubi, seguiva ritmi rispondenti ad altre stagioni e altre latitudini: attendevamo che la fonte dellunica luce di cui disponevamo si levasse sopra le nostre testa, e ancora una volta la nostra attesa fu frustrata, perch) non si alzdalla linea dellorizzonte se non di pochi gradi, come avviene in prossimit% dei poli. In questa situazione difficile, il nervosismo e il malumore serpeggiava quasi palpabile nellequipaggio, gi% era sparito del tutto il clima cameratesco, di forzata allegria del giorno prima, i marinai cominciavano a essere scorbutici gli uni con gli altri. .ra praticamente inevitabile che si generassero degli alterchi e cos accadde. 0erso sera, !ietro e Ratto si erano azzuffati con due fratelli calabresi, una storia di sigarette rubate o una sciocchezza del genere, nessuno era interessato a indagare pi* a fondo, anche perch) dovemmo metterci in sei per fermarli, altrimenti le cose sarebbero di sicuro degenerate. Il capitano pens- che metterli al lavoro e tenerli occupati con qualcosa di utile avrebbe calmato gli animi, cos dispose che le operazioni di manutenzione ordinaria della nave si spostassero sul ponte e mise i due fratelli a selezionare la legna asciutta trovata a bordo per fare una sorta di fal- in un bidone, sempre per segnalare la nostra presenza. ,gli altri due, visto che la pesca risultava ancora del tutto infruttuosa, vennero date le lanterne a gas e gli fu ordinato di cercare cibo ancora commestibile nel magazzino un lavoro che si prospettava inutile e schifoso, data la puzza indecente che emanava quel posto. !ensavamo cos di essercene liberati per qualche tempo, invece risalirono dopo neanche mezzora portando con loro una cassa il cui aspetto risult- subito strano. , essere strano in realt% era il malsano alone luminescente che permeava dal legno riconobbi subito che quella era la cassa dove avevamo chiuso la testa dellidolo che aveva portato il sottufficiale iraniano alla pazzia. 1irandomi vidi che anche il capitano e lo #curo avevano riconosciuto quello che portavano i due marinai e condividevano la mia ansia. Il primo ricambi- il mio sguardo preoccupato e fece un cenno di assenso con la testa. Il secondo si stava muovendo con circospezione per guadagnare un posto avanti tra la folla che si stava radunando: tutto lequipaggio aveva lasciato ci- che stava facendo e si era disposto a cerchio attorno alla cassa e ai suoi portatori. !er un attimo vi fu solo il silenzio, lultimo rumore che si ud fu quello della cassa che veniva posata a terra, nessuno osava parlare o muoversi, finch) il capitano non entrnel cerchio vuoto e si port- davanti ai due uomini. !rima che potesse parlare, per-, !ietro lo incalz- con un discorso nervoso e quasi esaltato, aveva gli occhi spalancati, la bocca aperta in una sorta di sorriso isterico e le mani non la smettevano di agitarsi come dotate di vita propria. 2(apitano 3 disse 3 siamo scesi come ci avete ordinato per un po abbiamo rovistato tra i

pacchi di provviste, senza trovare nulla di buono, a parte qualche scatola di candele, poi abbiamo sentito degli strani rumori, come se ci fosse qualcun altro nel magazzino oltre noi due. !ensando che qualche marinaio si fosse imboscato per non fare i lavori abbiamo dato una voce, ma nessuno ha risposto in modo chiaro. I rumori continuavano, ma in effetti non erano rumori di movimenti o passi, era pi* un brusio, una sorta di cantilena confusa che veniva proprio da questa cassa quando ci siamo avvicinati era calda e+ lo vedete, brilla. 4obbiamo aprirla.5 Il capitano si oppose in maniera ferrea, ordin- che la cassa fosse riportata nel magazzino e chiusa dentro una delle celle frigo, ma !ietro e (laudio insistettero. 2(6 una luce, si sentono dei rumori, forse dentro c6 una radio o un altro apparecchio funzionante con cui potremmo contattare la costa.5 , questa ipotesi i marinai cominciarono a parlottare tra di loro con eccitazione e strinsero il cerchio attorno alla cassa, tanto che il capitano fatic- non poco a mantenere la disciplina e a riportare il silenzio. #i trovava nellarena come un domatore di leoni !ietro lo guardava in cagnesco in evidente atteggiamento di sfida alla sua autorit%, lui era fermo sugli ultimi ordini dati, ma la situazione di stallo non dur- molto: Ratto nel frattempo si era procurato un piede di porco e quando il suo compagno annu con la testa, senza staccare i suoi occhi da quelli del capitano, ficc- la punta sotto il coperchio della cassa. ,llora il povero 1racchi non pot) far altro che ordinare pi* volte in tono nervoso: 2!osa quel piede di porco75 Ma inutilmente. /n angolo del coperchio era gi% stato alzato a dallinterno proveniva un chiaro bagliore, ancora pi* evidente nellapprossimarsi delloscurit%, e tuttintorno si diffusero un tepore e un odore indistinguibile, ma poco piacevole. La puzza era tutto sommato sopportabile e il calore una piacevole novit% dopo una giornata passata al freddo degli elementi. .ra facile in quella condizione cadere vittima delle lusinghe della curiosit% e prendere tutto quello che lidolo aveva da dare senza preoccuparsi di quello che chiedeva in cambio, cos i marinai passarono oltre il capitano e si avvicinarono quanto poterono alla cassa. Mentre questo avveniva solo in tre rimanemmo fermi: io, che avevo gi% sperimentato il contenuto della cassa e ne temevo linfluenza il capitano, che guardava fisso davanti a s), con gli occhi e lespressione di chi 6 confuso e sconfitto e !ietro, che guardava il capitano sorridendo in maniera malvagia. Mi ci volle solo un attimo per chiarire nella mia mente la situazione, ma quando cercai tra i marinai la sagoma torreggiante dello #curo, vidi che era passato dalla riflessione allazione e questo riusc a scuotere anche il mio torpore rassegnato. #i trovava dallaltra parte della cassa ancora chiusa e stringeva nella sua mano lestremit% del piede di porco. Ratto, di fronte a lui, con il volto distorto dalla rabbia, lanciava urla e insulti mentre con entrambe le mani provava a riprendere possesso dellarnese. (on un rapido movimento del braccio, che in apparenza non gli cost- alcuno sforzo, lo #curo strapp- la spranga di ferro dalla presa dellaltro e lo gett- alle sue spalle abbastanza lontano da non colpire nessuno dei marinai riuniti l attorno, ma abbastanza vicino affinch) risuonassero chiaramente i rumori che fece rimbalzando a terra. &uegli echi metallici risuonarono per lunghi istanti nellaria riportando i presenti al silenzio e alla realt%. .ra come se tutti si fossero svegliati da un sogno agitato: !ietro non sorrideva pi* e si guardando attorno con sguardo malevolo, quasi a chiedersi perch) ci fosse tutta quella gente attorno a lui Ratto ansimava e si teneva le mani doloranti, la faccia mostrava ancora rabbia verso lo #curo, ma non sembrava avere la chiara consapevolezza di cosa fosse successo. ,nche il capitano riprese vigore e per sbloccare la situazione dichiar- che la cassa sarebbe rimasta sul ponte, appena fuori dal cassero, affinch) la sua luminosit% "naturale$ consentisse di risparmiare le poche fonti di illuminazione che ancora rimanevano loro per segnalare la presenza in mare della Monfalcone, ma proib di aprirla fino a che non avesse riflettuto adeguatamente sulla faccenda e nessuno si oppose. !er quanto riguardava i due dissidenti, non prese provvedimenti disciplinari, ma cambi- la loro mansione assegnandoli ai lunghi, noiosi e inutili turni di pesca.

4opo che lequipaggio si fu disperso, cercai con lo sguardo lo #curo. (on calma era andato a raccogliere il piede di porco che aveva lanciato poco prima e con la stessa lentezza si volt- nella mia direzione. .ra impossibile dire se stesse guardando me, gli occhi erano perennemente coperti dai capelli, ma ebbi comunque quella sensazione e venne meno il coraggio per andare da lui a parlargli. 8rmai sentivo la necessit% di farlo, se non altro per attingere a un briciolo della sua sicurezza, cos mi riproposi di farlo di sicuro il giorno dopo. ,iutai a distribuire le coperte di lana e mi infilai subito nella mia branda: il freddo e gli ultimi minuti di tensioni avevano prosciugato le mie energie, gi% minate da un giorno di digiuno, cos caddi subito in un sonno profondo in preda dei sogni e degli incubi. #ognai di essere su una scogliera antica, un altopiano roccioso a strapiombo sul mare. 4ecine di metri sotto di me, lacqua ruggiva e si schiantava sugli scogli con una violenza tale da assordarmi con il rumore della schiuma che ribolliva sotto di me, sembrava che le stesse onde cercassero di fuggire da qualcosa, una massa vaga che riuscivo a distinguere a grande distanza oltre la foschia, forse uno di quei cetacei enormi dei mari del nord, forse unisola. Ma non poteva essere unisola quella che vedevo, perch) si stava muovendo nella mia direzione. 4a quella cosa il mare fuggiva urlando. 9on so per quanto tempo aspettai poco a poco nello schiamazzo delle onde infrante cominciai a udire un canto indistinto, prima solo un brusio, poi dei suoni disarticolati provenienti senza dubbio da esseri viventi, voci e strilla che componevano una strana cantilena. La nenia che veniva portata dal vento proveniva da un luogo incredibilmente lontano o dal profondo delle grotte che costellavano il versante della scogliera e col tempo si faceva pi* vicina finch) quei suoni, che poco o nulla avevano di umano, non mi circondarono. 4improvviso pareva di trovarsi dentro un mattatoio: i versi agonizzanti, lodore di carne morta e di sangue rappreso. .ro stretto da ogni lato da corpi umanoidi, cos vicini a me e tra loro da non riuscire a distinguerne la fisionomia. #opra di me cera ancora il cielo velato e questo mi diede la certezza di essere ancora sulla scogliera. &uando le invocazioni si alzarono di volume e i corpi ammassati gli uni agli altri si mossero in una grottesca coreografia, urlai anchio, di paura, chiusi gli occhi e urlai cos forte che la mia voce copr ogni altro rumore. !oi una mano, gentile e lievemente tremante, mi accarezz- la fronte. #tavo sognando o solo ricordando, di essere un bambino nel letto della piccola casa dei suoi genitori. 4avanti a me, appena rischiarata dal lume che teneva in mano, cera mia nonna, la madre di mia madre. Mi sorrideva con affetto e mentre continuava ad accarezzarmi mi parlava dei mostri. 29on urlare piccolo mio 3 diceva 3 I mostri si nutrono della tua paura, se non hai paura non possono farti niente5. #misi di urlare e mi calmai in un attimo tornai adulto e sentii nel profondo che in quelle parole si celava un insidioso inganno involontario, unindegna bugia di portata cosmica.

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