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Non si può leggere Anne Sexton senza mettersi in discussione. Soprattutto se si è donna.
Si può leggere la più timida e timorosa Sylvia Plath, molto spesso paragonata a Sexton e
più famosa di lei. Plath più rassicurante. Non Sexton. Nata nei dintorni di Boston nel 1928
e morta suicida nel 1974 perfettamente truccata e con addosso la pelliccia di sua madre,
Anne Sexton è una poetessa americana pressoché sconosciuta in Italia, poco tradotta e
scarsamente studiata. Figlia di un industriale benestante e alcolista e di una casalinga che
mai riuscì a diventare scrittrice come desiderava, Sexton mostra sin da giovanissima "il
male di vivere". Si sposa come da tradizione e diventa madre di due figlie. Tutta questa
normalità le sta sempre più stretta e aggrava i suoi disagi mentali. "Stavo tentando
l'impossibile per condurre una vita tradizionale… ma non si possono costruire piccole
palizzate bianche per tenere lontani gli incubi. La superficie si spezzò quando avevo circa
28 anni. Ebbi un attacco di panico e tentai di uccidermi". Inizia così ad andare in analisi e
l'analista le suggerisce di liberarsi e capirsi tramite la poesia. Così nasce la poetessa Anne
Sexton, l'ex casalinga frustrata e rabbiosa che a colpi di parole distrugge e smaschera
l'American dream, scandalizza, fa riflettere e vince un Pulitzer.
Abbattere le facciate
La sua non è solo poesia, con stile impeccabile e altrettanta arte, la sua è stata ed è
tutt'ora una battaglia politica e sociale, un lungo urlo per dare una voce a tutte le donne
che non ne hanno. Per gli abusi, i soprusi, i desideri, le paure, i disagi mentali mai
raccontati. Si dice che Sexton abbia subìto violenze dai cortesi genitori, genitori con tante
facce come molti. Genitori dall'involucro esterno rispettabile. Lei rifiuta con prepotenza le
facciate, le falsità, i borghesi perbenismi e porta se stessa, i suoi gesti e le sue parole
all'estremo. Anne Sexton rientra nella schiera dei poeti confessional, che fanno dei loro
disagi il materiale per la propria arte, che “usano” le loro “differenze” psichiche, dandole
impietosamente in pasto alle masse. Soffriva di sindrome bipolare, tanto conosciuta ora
quanto misteriosa e incurabile fino a pochi decenni fa. Un altro tabù e un altro tabù infranto
da cui trae spunti geniali e autoironici, un altro ringraziamento dunque a un’artista che con
i suoi lavori non solo sostiene l’emancipazione femminile e il femminismo ma anche i tanti
malati psichici che a tutt’oggi si trovano ai margini con i loro disturbi.
Divino controsenso
Con Anne Sexton, molti dicono, si attua in poesia ciò che solo a Virginia Woolf riuscì con
la prosa, la creazione del linguaggio poetico femminile. "Ciascuno ha la capacità di
mascherare gli eventi di dolore. La persona creativa non deve usare questo meccanismo.
Scrivere è vita in capsule. Lo scrittore deve sentire ogni gonfiore graffiato fino al dolore in
modo da conoscere le vere componenti di queste capsule". Di sé poetessa diceva “Sono
un’attrice nel proprio dramma autobiografico”. Ed è proprio dal suo dramma che
scaturiscono tanti versi, arditissimi, dissacratori che insieme nutrono la sua malattia, la
arginano e la disinnescano. La Donna di Anne Sexton è, forse per la prima volta, sangue,
peli, viscere, feto, fluido umorale. È realtà allo stato puro. Le sue opere sembrano
veramente troppo per un uomo, che si trova messo con le spalle al muro o che raramente
è pronto a vedere una donna senza veli, senza gli orpelli a cui è stato abituato e a cui si
aggrappa come un bambino. Uno degli ultimi atti della vita della poetessa, probabilmente il
più dissacrante e “violento”, è quello di ribattezzarsi Ms. Dog. In America Ms. è la
soluzione femminista per superare lo stato civile imposto, un ibrido tra Mrs. (signora) e
Miss (signorina). Mentre Dog (cane) è il contrario di God (Dio). Anne Sexton si
autoproclama dunque Divino controsenso.