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Teologia

del pluralismo
religioso
Jos Maria Vigil
Teologia del
pluralismo religioso
Verso una rilettura pluralista
del cristianesimo
Boria
Titolo or i gi nal e
Teologia del pluralismo religioso. Curso sistemtico de
Teologia Popular
2008, Edi zi oni Bor i a s.r.l.
vi a delle For naci , 50 - 00165 Ro ma
Edi zi one i t al i ana e t r aduzi one a cur a
di Fer di nando Sudat i e Ci nzi a Thomar ei zi s
Col l abor azi one di Jos Ant oni o Padova
e Ni col et t a Rot undo
I SBN 978-88-263-1684-0
Prefazione
La pluralit delle religioni, in un mondo al centro di una
unificazione tanto accelerata come mai la storia ha cono-
sciuto, pone tutti noi, credenti e non credenti, davanti a uno
dei compiti pi urgenti e decisivi. Non c' pi spazio n per
la reciproca ignoranza n per la neutrale distanza. Il con-
tatto risulta continuo e il contrasto inevitabile. Questo non
possiamo cambiarlo, come Karl Jaspers diceva delle situa-
zioni-limite: ci che sta nelle nostre mani la possibilit di
modificare e di configurare il proprio atteggiamento. Il fu-
turo dipender, in effetti, dal modo in cui riusciremo ad af-
frontare la sua sfida. E la sua opportunit.
In realt, basta uno sguardo sul nostro mondo per rendersi
conto di ci che in gioco. Niente meno che la compren-
sione del religioso come tale, in pri mo luogo. Non solo pa-
re messa in discussione la verit specifica della propria reli-
gione, che ha cessato di essere l'unica ed stata notevol-
mente corretta da ogni esclusivismo, etnocentrismo o pre-
tesa di privilegio; ma anche la verit della religione in se stes-
sa, minacciata dalla sua stessa pluralit, disparit e con-
traddizione. In gioco sta la stessa convivenza, perch sareb-
be disumano vivere solo a lato di persone che, per quant o
diverse siano le loro idee, speranze o pratiche religiose, si ri-
mettono in definitiva allo stesso Mistero che a tutti fa da fon-
damento e tutti avvolge. Si deve persino, alla fine, temere
per la stessa sopravvivenza, in un mondo dove il religioso,
chiamato a essere pace e concordia, diventa troppe volte pol-
vere e spada: lo mostra ogni giorno l'orrore dei conflitti ar-
mati e lo ricorda il motto di Hans Kung, che afferma non
esserci pace tra le nazioni, se non c' tra le religioni.
Questa lunga e un po' solenne considerazione tenta di es-
sere un ingresso di sensibilizzazione per un libro che ha
preso con seriet la sfida. Lo fa con intelligenza e cuore:
con quell' amabile intelligenza che appartiene alla genuina
riflessione teologica.
L' amabilit salta all' occhio i mmedi at ament e, come gene-
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rosa apert ura all' altro e a ci che dell' altro, rifuggendo
da ogni indizio di privilegio e con chiara ripugnanza di-
nanzi a qual unque segno d' imposizione. Di qui la decisa
simpatia e la chiara opzione per la prospettiva pluralista.
Decisamente ispirato alle proposte di John Hick, ma sen-
za sottomettersi pi di t ant o a esse, Jos Maria Vigil pro-
pone una visione religiosa che riallaccia i mmedi at ament e
a Dio ogni persona e ogni cultura, senza elezioni di fa-
vore o privilegi arbitrari. Con un realismo storico che cer-
ca di vedere ogni religione ment re nasce per se stessa dal-
la comune radice divina; bench, nat ural ment e, questo non
neghi l'influsso e l'interinflusso, l' aiuto e la critica, la co-
muni one e la collaborazione tra le diverse tradizioni.
Il cristianesimo cos confessato con gioia e vissuto con
dedizione, senza che per questo sia necessario appellarsi a
proclami di unicit n a pretese di esclusivit. Tutto ci
che in esso - grazie soprattutto alla parola, alla vita, alla
mort e e resurrezione di Ges di Nazareth - scoperto co-
me speranza e liberazione o vissuto come profondit, de-
finitivit e grandezza, non viene considerato possesso esclu-
sivo, bens dono da condividere, che non nega n met t e in
discussione le ricchezze degli altri; n, ovviamente, rifiuta
di lasciarsi fecondare da esse. La generosa accoglienza del-
la inreligionazione serve da categoria mediatrice, che fa-
cilita una comuni one senza rinuncia al proprio e senza ne-
gazione dell'altrui.
chiaro che questo atteggiamento cordiale obbliga l'au-
tore a essere profondamente consapevole della rivoluzio-
ne teorica che presuppone l' assumere con tutte le sue con-
seguenze questo limpido atteggiamento del cuore. Vera-
ment e la nuova situazione convoca la teologia affinch ri-
pensi molto a fondo tutti i suoi temi basilari, con l'avven-
t ura e il rischio che sempre comport a l' addentrarsi, come
il mari nai o portoghese, per mari mai pri ma navigati.
Non basta, bench sia necessario e cos lo fa l' autore, rive-
dere la storia del probl ema e la stessa storia del cristiane-
simo, con le sue magnifiche luci e le sue terribili ombre.
S' impone di ripensare, sul fondamento di una ermeneutica
aggiornata e prestando attenzione alla plurale chi amat a del-
le diverse religioni, concetti tanto gravi e decisivi come quel-
lo di rivelazione e di verit religiosa. necessario reimpo-
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stare alla radice - con l' ampia ristrutturazione di mentalit
e di pratiche che questo implica - il probl ema della mis-
sione. La stessa figura di Cristo, t ant o decisivamente cen-
trale per la specificit cristiana, chiede di essere inquadra-
ta in un fondamentale teocentrismo, che faccia giustizia
della presenza salvifica di Dio nelle altre religioni. Un sem-
plice sguardo all'indice mostrer subito al lettore o alla let-
trice la ricchezza e l' ampiezza della trattazione.
Una cosa eccellente della stessa - forse il maggiore merito
del libro - che, mal grado t ant o ampi a complessit, l'au-
tore abbia raggiunto un' esposizione chiara, graduale e pie-
na di sfumature, che escludono ogni genere di affrettata
semplificazione. A ogni passo della riflessione sa regolare
l' informazione, cercando di dare parola intelligibile e ri-
sonanza cordiale a questioni talvolta molto sottili. Cosa
che, del resto, poteva aspettarsi chi unque conosca qualche
suo libro precedente. La qualit pedagogica di Jos Maria
apre qui l' intero ventaglio delle sue possibilit.
Non si tratta, pert ant o, di mera retorica quando il libro si
presenta come corso sistematico di teologia popolare.
Popolare, devo chiarire i mmedi at ament e, per questa chia-
rezza e per il suo senso pratico e realistico, non per ca-
renza di profondit o di sufficiente informazione. La sua
conoscenza della bibliografia sul t ema sorprender pi di
una volta perfino gli specialisti (dalla Spagna, ma con l'ag-
giunta di chi prest a un' at t enzi one maggiore di quant o sia
abituale tra noi alle pubblicazioni di lingua inglese, cos
ricca su questo probl ema). Se, infine, si tiene conto che al
passo con le lezioni offre un' aut ent i ca antologia di testi e
piste per il lavoro di gruppo, il risultato quello di un ve-
ro st rument o di formazione autentica, critica e riflessiva.
Vale a dire, un libro che, senza venir meno al rigore, ri-
sulta accessibile non solo al teologo, ma anche al letto-
re comune non specializzato, e perci stesso pu essere
utilizzato come manual e di studio per gruppi di forma-
zione nella past oral e ordinaria.
Non estranea a quest o deciso atteggiamento pedagogico
la parresa evangelica, cio quella libert di parol a che in
un' epoca di pesant e silenzio della teologia risulta t ant o
necessaria per r ender e credibile la fede e al i ment are una
speranza verament e i ncarnat a. In tal senso, questo l i bro
ha una speciale freschezza, come tanti altri richiami che
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ci giungono dall' America Latina. Continua a spirare di l
quell'aria liberatrice che arriva alla vecchia Europa carica
della libert, dell' impegno e dell' energia che nascono dal
vivo contatto con le necessit elementari, con il grido del-
la povert e dell' oppressione. La realt in carne viva non
tollera parole vuote n paure ufficiali: esige il ricorso alla
libert evangelica, nella sequela di colui che non nascose
la luce sotto il moggio n rivest di ambiguit il suo mes-
saggio alla citt degli uomi ni .
Chiara, dunque, e coraggiosa l' esposizione, non ignara del-
la rivoluzione teologica che comport a l' addentrarsi per sen-
tieri cos scarsament e o, a volte, addirittura per nulla per-
corsi. Ma, proprio per questo, apert a e in cammi no. Non
siamo davanti a un' opera che cerchi di presentarsi come
conclusa e finita. Appare, piuttosto, come ricerca aperta,
disposta al dialogo e cosciente della provvisoriet delle sue
proposte. Baster la lettura a dimostrarlo con sufficiente
chiarezza. Inoltre, ho avuto personal ment e il privilegio di
assistere in dialogo fraterno alla sua lotta, decisa e onesta,
con alcune difficolt che prendono d' assalto tutti noi quan-
do ci affacciamo a quell' abisso insondabile che il pro-
cesso della salvezza di Dio nella storia umana; soprattut-
to, quando ci avviciniamo, stupiti e grati, alla sua decisiva
manifestazione in Cristo, senza per questo ignorare la sua
straripante presenza in altre figure che hanno elevato ed
elevano la coscienza e la vita religiosa dell' umanit. In ma-
niera significativa, mi scriveva in una lettera: Credo che
siamo tutti profondamente coscienti del "movimento di
prospettive" in cui si amo i mmersi . come quando uno
viaggia e vede che il paesaggio si allunga, si curva, si re-
stringe... e continua a dispiegare davanti ai nostri occhi
stupiti viste nuove e sconosciute... L' umilt di sapere che
non possiamo bloccarci su posizioni chiuse, gi fatte, in-
discutibili... essenziale. Per me lo , sinceramente.
So bene che una prefazione si prest a sempre alla retorica
e all'esaltazione amichevole. Ma credo di non esagerare
quando affermo che non facile trovare un libro che, co-
me questo che dalla sua America di adozione ci consegna
Jos Maria Vigil, apr a tante prospettive teoriche e incida
tanto profondamente sui compiti della vita reale.
ANDRS TORRES QUEIRUGA
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Presentazione
Questo un libro di teologia delle religioni, r amo gio-
vane della teologia che oggi si soliti definire teologia del
pluralismo religioso. Vuol essere per un libro di teolo-
gia popolare, pensata cio anche per il lettore comune,
non solo per gli specialisti o gli accademici. Oltre a questi
ultimi, pot ranno leggerlo con uguale profitto le comuni t ,
i giovani (di et o di spirito), gli operatori di pastorale, gli
educatori popolari... e tutti coloro che vorranno sceglierlo
come manual e di base per organizzare at t orno ad esso un
corso di teologia popolare, anche con l' aiuto di qualche
ani mat ore o animatrice.
Logicamente, pot r essere utilizzato anche per la lettura
individuale, sia dal cristiano comune che dall' accademico
o teologo. In questo caso, il lettore pot r saltare alcune par-
ti minori chi arament e pensate per la pedagogia di gruppo,
bench la lettura completa l' aiuterebbe probabi l ment e a
capt arne e assimilarne meglio il contenuto. Per il resto, le
lezioni o i capitoli cercano di essere completi in se stessi,
anche a rischio di ripetere qualche dato.
Il fatto che si presenti come corso sistematico indica so-
lo la finalit pedagogica con cui stato concepito, ma non
certo che si tratti di una materia che oggi possi amo dar e
per acquisita e conclusa, solida e definitiva... La teologia
del pluralismo religioso, soprat t ut t o quella che si inscrive
nel paradi gma pluralistico, ancora un' avventura che ini-
zia a compiere i suoi pri mi passi... Come ogni teologia, avr
bisogno di t empo e dialogo per crescere e mat urare anco-
ra di pi. Si amo appena agli inizi del cammi no, ma sono
gi molte le persone che con sana inquietudine i nt ui scono
le sfide che appai ono all' orizzonte, e che desiderano af-
frontarle... Questo libro per loro, per le persone i nqui e-
te e in ricerca. Non per coloro che preferiscono la si cu-
rezza al rischio, il possesso alla ricerca, ci che not o a
ci che ancora da conoscere.
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L' autore il pri mo a essere consapevole della provvisoriet
di queste impostazioni, della necessit di una ricerca per-
manente... ed pi che disposto a rivedere, correggere, mi-
gliorare... In ogni caso, ritiene che la cosa pi sicura sia...
cont i nuare a cercare.
JOS MARIA VIGIL
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Impostazione del corso
Questo capitolo costituisce una traccia per impostare e ini-
ziare il corso; rivolto a un gruppo di studio condotto da un
animatore o un facilitatore.
Chi voglia compiere questo percorso attraverso la lettura per-
sonale individuale pu passare direttamente alla prima le-
zione, capitolo primo.
I. Motivazione e obiettivi
Teologia del pluralismo religioso (TPR) il nuovo nome
che sta adot t ando ai nostri giorni la Teologia delle reli-
gioni (TR), che, a sua volta, un nuovo r amo teologico,
il cui sviluppo ebbe inizio a partire dagli anni '60 del se-
colo scorso. cos recente che la maggior part e degli ope-
ratori di pastorale e dei teologi non l' hanno studiata nella
loro formazione nei seminari o nelle universit.
La TPR o TR teologia, riflessione, alla luce della fe-
de, sul t ema del pluralismo religioso, cio sulla pluralit
delle religioni, sul fatto che la religione non una ma
molte: cosa significa ci nel pi ano di Dio? Dio lo ha effet-
tivamente voluto? O piuttosto qualcosa di naturale?
forse un errore umano? O magari una, la religione vo-
luta da Dio? La nostra quella vera e le altre sono false?
O tutte le religioni sono uguali?
C' di pi. Questa teologia, negli ultimi 20 anni, non solo
si sviluppata, ma ha fatto nuovi passi che suppongono
un salto qualitativo rispetto a posizioni teologiche che era-
no state conservate per secoli e persino millenni. Alcuni
aspetti che la TPR sta affermando sono nuovi a tal punt o
che mai i nostri predecessori avrebbero pot ut o i mmagi -
narli, e nemmeno molte persone intorno a noi. Infatti que-
sta teologia oggi sta suscitando un vivace dibattito, e non
mancano critici o detrattori scandalizzati.
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Studiare la TPR significa allora aprirsi ad un t ema real-
ment e nuovo, che ancora si sta formando e di cui molte
persone ignorano l' importanza del significato. La TPR ha
cos l' incanto della novit, dell' apertura verso orizzonti sco-
nosciuti, dove siamo provocati da valutazioni che a volte
t urbano le nostre convinzioni pi profonde, convinzioni
possedute pacificamente da sempre...
Per noi credenti, lo studio della TPR non lo studio di
qualcosa di esterno, di separato da noi, di una teoria che
non ci riguarda... piuttosto qualcosa che ci tocca inti-
mament e, che pu mettere in crisi la nostra fede, il senso
stesso della nostra vita... E ci pu portare, senza dubbio,
a reintrepretare, a ricomprendere, a esprimere in un altro
modo molte di quelle formule che abbi amo ripetuto dalla
pi tenera infanzia, che abbi amo sempre pensat o fossero
cos... perch s, e che mai avremmo i mmagi nat o che sa-
rebbe arrivato il giorno in cui avremmo osato esaminarle
criticamente e persino modificarle...
Ci che lo studio della TPR pu offrire non quindi l'ac-
quisizione di nuove conoscenze, su un pi ano purament e
teorico, ma una discussione e una rifondazione delle no-
stre conoscenze religiose gi acquisite, un ri nnovament o
delle convinzioni religiose di base che ci port er ad una
nuova forma di vivere la religione, ad una pratica nuova.
Si dice che ci che alcune scuole di TPR propongono sia un
nuovo paradigma, cio una nuova forma globale di arti-
colare e combinare gli elementi della fede, a partire da al-
cune nuove basi e da alcuni presupposti globalmente diffe-
renti. Il nostro corso vuole aprirsi a questa mutazione di pa-
radigma che in avvicinamento e che permarr. Per questo
non si rivolge a persone che per principio sono chiuse a tut-
te le possibilit di cambiamento, n a chi, anche con la mi-
gliore buona volont, non si sente capace di cambiare...
Quasi sempre la TPR posta in relazione con il dialogo
interreligioso, perch, effettivamente, non si pu preten-
dere di dialogare con persone di un' altra religione senza
pri ma aver posto le basi di questo dialogo, cosa che evi-
dent ement e il significato della religione e del pluralismo
delle religioni. Tuttavia non sufficiente avere esperienza
di dialogo tra le religioni per studiare la TPR, n la TPR
sar utile solo per chi ha la missione o la possibilit di dia-
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logare con persone di altre religioni. Tutte le persone che
compi ono un cammi no religioso hanno bisogno di affron-
tare il t ema del significato della pluralit delle religioni,
perch si trovano a vivere in un uni co mondo che di-
ventato piccolo come un fazzoletto, grazie ai mezzi di
comunicazione. In ogni caso, lo studio della TPR serve per-
ch possi amo dialogare tra di noi sulla nost ra stessa reli-
gione, per realizzare cio un intra-dialogo, come di remo
pi avanti.
II. Metodologia latino-americana
Il corso segue la metodologia latino-americana, quella
che si muove secondo il not o schema vedere, giudicare
e agire.
Parte dalla realt, non da principi teorici e astratti. Si pro-
pone di vedere la realt, non t ant o quella storica, quan-
to quella attuale, dal punt o di vista , ovviamente, del plu-
ralismo religioso.
In seguito cerca di giudicare questa realt e, per farlo,
deve illuminarla. qui che ricorre alla teoria: si dot a di
st rument i logici, met t e mano ai principi e li rivede criti-
camente.
Tutto ci riconduce infine alla realt, avendo acquisito un
nuovo modo di vederla; ci si traduce in un agire diver-
so, in una nuova pratica.
Ci sono persone che vivono in mani era conflittuale il r ap-
porto tra teoria e pratica: alcune hanno in avversione la
teoria (anti-intellettualismo), altri si rifugiano in una teo-
ria che non fa riferimento alla pratica (idealismo, specu-
lazione pura). . . Il rapport o corretto di unione e mut uo
servizio tra teoria e pratica. La pratica ha bisogno della
teoria per essere lucida e la teoria ha ragione d' essere in
rapport o alla pratica (cos' altro, se no?). Noi affermiamo
che non c' niente di pi pratico che una buona teoria e
che la migliore prat i ca quella che comprende la cono-
scenza della propri a teoria. Il nostro corso vuole inserir-
si in questa linea di unione tra teoria e orizzonte prat i co,
tipica della prassi latino-americana.
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III. Il corso come studio personale individuale
Bench il corso presenti una metodologia pensata per il la-
voro di gruppo, stato anche concepito per essere affron-
tato come studio personale individuale. Il percorso di idee
di un corso collettivo lo stesso che deve essere compiu-
to anche nella lettura personale. Il singolo lettore seguir
l' itinerario accompagnat o dalle spiegazioni dell' autore co-
me fosse una riflessione collettiva.
Anche se capitoli sono aut onomi e possono essere letti
singolarmente, l' ordine in cui sono posti non casuale, per-
ci si raccomanda una lettura che segua la sequenza dell'iti-
nerario logico del corso sistematico. L' insieme dei temi se-
gue un pensiero ed una costruzione organici. Vengono in
pri mo luogo avvicinati i temi fondamentali, che sono ba-
se e filtro per i successivi; senza la loro revisione e ap-
profondimento critico non sarebbe possibile avanzare en-
tro gli altri temi da essi, in qualche maniera, dipendenti.
Il singolo lettore pot r saltare alcune delle part i riferite al-
la metodologia di gruppo (preparativi del corso, indica-
zioni per l' animatore...), per gli sar utile leggere le do-
mande suggerite per le riunioni di gruppo; per esempio,
dovr riflettere e cercare di rispondere, con la certezza che
ci gli permetter di calarsi pi approfonditamente nella
comprensione del t ema.
IV. Metodologia specifica per il lavoro di gruppo
Il corso pensato per essere realizzato da gruppi di gio-
vani o adulti di medi o livello culturale. Non un corso per
esperti o per teologi - e nemmeno per censori!
Raccomandi amo la metodologia utilizzata dalla cosiddet-
ta Teologia popolare: sessioni di lavoro o riunioni di stu-
dio con frequenza settimanale, possibilmente con l'ac-
compagnament o di un ani mat ore o un' animatrice.
Con 24 sessioni a frequenza settimanale il corso viene svol-
to in 8 o 9 mesi, t enendo conto delle settimane di festa,
delle vacanze e di difficolt impreviste. Se 24 incontri so-
no troppi per il gruppo, si pu decidere di sopprimere qual-
che sessione o di uni rne alcune. Se, al contrario, si valuta
che gli incontri siano pochi, il gruppo pot r sdoppiare le
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i uni t pi complesse, o potr i nt rodurre altro materiale ori-
ginale che ri sponda alle caratteristiche del gruppo.
La durat a abituale di ogni sessione di lavoro o di studio
dipender dalla disponibilit di t empo di ogni gruppo. Ge-
neral ment e sufficiente un' ora e mezzo. Eventuali letture
di preparazi one o successive all' incontro e attivit com-
plementari possono aiutare ad approfondire il t ema.
Le uni t didattiche che present i amo per ogni sessione of-
frono di nor ma i seguenti elementi:
sviluppo del t ema
testi antologici di comment o
domande per la discussione e l' approfondimento
di gruppo
suggerimenti di attivit complementari
bibliografia.
L' animatore del corso preparer in anticipo la sessione, con
la libert di selezionare ci che valuter pi adeguato, di
arricchire il materiale con altri elementi che creder op-
port uni e di adat t are la sessione al livello e al tipo di vita
dei membri del gruppo.
Probabilmente in ogni sessione dovr fare una selezione
ent ro l' ampio numer o di suggerimenti, di testi antologici
e domande che le uni t didattiche offrono.
Le riunioni dovranno svolgersi in un clima di fiducia, di
totale libert di opinione, di democrazia religiosa, dove
ognuno possa esprimere ci che sente e crede, quello che
non gli chiaro, ci in cui non crede, l'evoluzione di ci
che sente e crede durant e lo svolgimento del corso. Perch
il corso, con molta probabilit, porr delle sfide, colpir,
obbligher ad assumere posizioni anche nuove, inaspetta-
te, persino sconcertanti...
Da una part e il gruppo realizzer collettivamente un per-
corso di conoscenza, con un metodologia partecipativa.
Dall'altra, si costituir come una comunit di persone
che condividono la ricerca nella fede, ricerca che i ncl ude
la revisione di sicurezze antiche, la condivisione di crisi,
sfide, perplessit, dubbi, timori, decisioni... Per quest o
cos i mport ant e e imprescindibile creare un clima di fidu-
cia e di rispetto.
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V. Domande per dialogare/riflettere
A) Se non stato ancora fatto, si pu iniziare con una pri-
ma presentazione personale da part e di ciascuno: nome,
provenienza, lavoro o studio, situazione personale e qua-
lunque altro aspetto di se stessi che pensi amo possa inte-
ressare gli altri (Fare un giro, uno dopo l' altro, parlando
fino a un massi mo di tre mi nut i ciascuno, o pi, secondo
l' opinione dell' animatore).
B) Per approfondire la presentazione, si pu fare un se-
condo giro ri spondendo a queste domande:
Come ho saput o di questo corso?
Perch mi sono deciso a farlo? Perch mi interessa?
Che cosa mi aspetto?
Ho qualche timore? Qualche speranza?
Che cosa ho senti to dire finora della teologia delle reli-
gioni e del pluralismo religioso?
C) Se t ra i membri del gruppo c' una certa confidenza, sa-
r bene condividere il significato rel i gi oso che ha per lo-
ro frequentare questo corso. L' animatore vedr come far-
lo. La seguente pu essere una traccia per condividere:
Che significa per me, dal punt o di vista religioso, la de-
cisione di fare questo corso?
Sento il tema del pluralismo religioso come qualcosa di
teorico, o come qualcosa che pone una sfida alla mia fe-
de? E in che senso?
Ho dei dubbi (che forse non riesco a formulare con chia-
rezza, ma ci sono) che vorrei affrontare e risolvere?
Ci sono temi del pluralismo religioso che ho paur a di af-
frontare perch mi sembra che pot rebbero farmi dubitare
di alcuni principi fondamentali della fede ? Per esempio...
Sono disposto a rifondare la mi a fede, se ce ne fosse bi-
sogno? In che senso?
Posso considerare questo corso come un cammi no di di-
scernimento per la mi a fede? Sono disposto a modificare
i miei atteggiamenti di fede se qualcosa si di most ra sba-
gliato o se scopro qual che nuova prospettiva?
Posso rimanere chiuso a tutti i cambi ament i , o devo es-
sere aperto alla possibilit di conversione?
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Invitiamo a comment are questo testo di Rai mon Panikkar:
Perch sia reale, il dialogo interreligioso deve essere ac-
compagnat o da un dialogo intra-religioso, cio deve co-
mi nci are col met t ere in questione me stesso e col traccia-
re la relativit delle mie credenze (che non la stessa co-
sa del relativismo), accettando il rischio di un cambia-
ment o, di una conversione, di un rivolgimento dei miei mo-
delli tradizionali. Quaestio mi hi factus sum, io stesso so-
no diventato domanda, diceva il grande africano Agostino.
Non si pu ent rare nel campo del dialogo interreligioso
senza questo atteggiamento autocritico (Il dialogo intra-
religioso, Assisi 2001, p. 115).
D) Termi nare la sessione prendendo deci si oni concrete
sui seguenti punt i :
Quant o t empo possono durare le nostre sessioni?
Possiamo preparare pri ma i temi attraverso al cune let-
ture?
Possiamo completarli successivamente con qualche atti-
vit compl ementare raccomandata?
Che cal endari o di sessioni di lavoro possi amo stabilire?
Dove e quando t erremo le nostre riunioni?
Chi sar l'animatore del gruppo (sia pure supponendo
una metodologia partecipativa?)
Chi parteciper?
Ci sono altre persone che possono partecipare e che pos-
siamo invitare?
Ci sono altre domande da porre?
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Capitolo primo
A partire dalla nostra esperienza
Obiettivo
Nella presentazione abbi amo detto che questo libro si ispi-
ra alla metodologia latino-americana del vedere, giudica-
re, agire. Inizia dunque part endo dalla realt.
L'obiettivo di questa pri ma sessione di lavoro propri o
partire dalla realt della nostra esperienza ri guardo al
tema. Inizieremo col mettere in comune questa esperien-
za perch ognuno si arricchisca conoscendo quella degli
altri, ed anche per arricchire gli altri espri mendo loro le
reazioni che queste esperienze suscitano in noi.
Non si t rat t a dunque, in questa sessione, di risolvere pro-
blemi, quant o di impostarli nella mani era pi ampi a e
dettagliata.
Nello stesso t empo ci conosceremo e stringeremo legami,
che faranno del nostro gruppo di studio qualcosa che as-
somiglia ad una comuni t di amici.
Il seguente schema ci pu aiutare a condividere questa no-
stra esperienza per gradi o livelli progressivi, in modo ordi-
nato. Se avremo tempo, potremo dialogare in maniera infor-
male a partire dalle domande e dalle frasi del punt o 4, sen-
za pretendere di svilupparle tutte n di giungere a tutti i co-
sti ad un accordo comune.
Schema di domande per condividere
la nostra esperienza
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1. Cosa ci hanno insegnato
- Cosa mi hanno insegnato durant e la mi a infanzia (scuo-
1
L'animatore pu adattare questo schema di domande secondo il
proprio criterio.
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la, collegio, catechismo, congregazione, famiglia...) riguar-
do alle altre religioni?
2. La nostra esperienza riguardo al pluralismo religioso
- In che ambiente religioso si sviluppata pri ma d' ora la
mia vita? Descrivere com' era, che problemi (o vantaggi)
aveva, cosa si pensava al riguardo, nel mi o ambi ent e fa-
miliare, sociale o ecclesiale...
- Com' oggi l' ambiente in cui mi trovo dal punt o di vista
della pluralit delle religioni?
- I miei familiari appart engono a una o a varie religioni?
Spiegare.
- Qualcuno di noi ha letto libri riguardanti altre religioni?
Qualcuno ha letto i libri sacri di altre religioni (indigene,
afro, islam, induismo, buddhi smo...)?
- Posso presentare al gruppo qualche esperienza signifi-
cativa riguardo al nost ro tema, che ritengo interessante da
condividere?
3. Cosa pensiamo adesso
- Quali opinioni abbi amo sentito quando eravamo bambi-
ni rispetto alle altre religioni (pri mo punto), che non ci ser-
vono adesso? In quali cose, in cui allora credevamo, oggi
non crediamo pi?
- In conclusione, come spiegare in poche parole ci che
penso riguardo alle altre religioni?
4. Se c' tempo parliamo di...
- C' salvezza al di fuori della nost ra religione?
- necessario convertire al cristianesimo le persone di al-
tre religioni, per far piacere a Dio?
- Come pu essere che dopo 2000 anni i 2/3 del mondo
non siano ancora cristiani? Chi ha sbagliato: - Dio, la Chie-
sa, i missionari, i cosiddetti infedeli?
- Cosa si potrebbe fare per accelerare la conversione del
mondo alla religione cristiana? O basta che si converta a
Ges Cristo? O non necessario nemmeno questo?
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Esercizio raccomandato: Vero o falso?
In primo luogo si scelga una delle affermazioni della lista se-
guente e, a turno nel gruppo, ognuno la definisca vera- o
falsa, senza commentare.
Poi, in un secondo giro, ognuno dica le motivazioni del pro-
prio giudizio, ascoltando quelle degli altri, senza discuterne.
Infine apriamo il dialogo tra le differenti opinioni dei parte-
cipanti, senza necessariamente cercare di giungere ad una
conclusione, ma semplicemente condividendo i diversi pun-
ti di vista.
Se c' tempo si scelga un'altra frase e si ripeta il procedi-
mento.
- Solo Cristo salva.
- San Francesco Saverio che, quando and in India e Giap-
pone come missionario, credeva che tutti gli asiatici che
non conoscevano Cristo fossero destinati alla condanna, si
sbagliava.
- Dio voleva una sola religione e in questa cre Adamo ed
Eva, ma il peccato originale e la dispersione del genere
umano, dopo l' episodio della torre di Babele, furono ci
che consent l' apparire delle false religioni.
- La pluralit delle religioni procede dal male, non da
Dio.
- Se non ci fosse stato il peccato originale, non avrebbe
dovuto aver luogo la Redenzione; la storia avrebbe segui-
to il Progetto originale di Dio e il Piano di Salvezza ini-
ziato nella Creazione.
- Nel cristianesimo Dio che cerca l' uomo; nelle altre re-
ligioni sono gli uomi ni che cercano Dio.
- Fede solo quella dei cristiani; nelle altre religioni non
c' fede, ma "credenze".
- Solo la Chiesa cattolica ha diritto di chi amarsi "Chie-
sa".
La famosa barzelletta di Mingote (umorista spagnolo):
Una pia vecchietta comment a con un' amica: in cielo ci ri -
troveremo... sempre noi.
- La fede cristiana vera? verit? la verit? una ve-
rit tra molte? "verit per qualcuno"? "la verit per t ut -
ti"?
21
Capitolo secondo
La nuova situazione
del pluralismo religioso
Una volta condivisa la nostra esperienza personale sul tema,
apriremo gli occhi sulla realt estema pi ampia. Come si
colloca il pluralismo religioso nel mondo di oggi?
Secondo il nostro metodo teologico, siamo ancora nella fa-
se del VEDERE: partiamo dai diversi livelli di osservazione
della realt.
I. Sviluppo del tema
Il t ema del PR non un tema teorico, che sorge come ri-
flessione speculativa o come pensiero di qualche intellet-
tuale che lo vuole trasmettere alla societ. Il PR, la sua sfi-
da, la sua istanza, i suoi interrogativi, provengono dalla
realt del mondo di oggi, dalla realt dell' attuale societ.
E in questo corso noi vogliamo partire dalla realt at-
tuale.
Nel bene e nel male, il mondo cambi at o sia nell' ambito
religioso che in quello culturale. Siamo un mondo in cui
attualmente le carte si sono mescolate, completamente
mescolate.
Dagli albori dell' umanit, da t empi immemorabili, le so-
ciet umane sono esistite come in compartimenti stagni:
ogni societ nel suo piccolo mondo, nel suo habitat, chiu-
sa in se stessa e isolata dalle altre, senza conoscere quasi
nessun' altra cosa t ranne la propri a esistenza. certo che
le migrazioni umane e gli scambi commerciali sono anti-
chi. Ma tutto ci niente a confronto con ci che succede
oggi. Grazie al progresso e al miglioramento dei mezzi di
comunicazione (trasporti, viaggi, comunicazioni, teleco-
municazioni...) le societ si sono miscelate in una intera-
zione e conoscenza reciproca, in un processo che sta ac-
celerando esponenzialmente, t ant o che negli ultimi decen-
ni il maggiore fenomeno sociologico la mondializzazio-
22
ne (che distinguiamo da globalizzazione, t ermi ne che
divenuto propri o dell' aspetto finanziario e neoliberale).
Mondializzazione significa che il mondo sta diventando
uno, che tutti gli elementi e le dimensioni delle societ del
nostro pianeta si st anno inter-relazionando e diventando
reci procament e dipendenti. Ogni societ non pi un
mondo a parte, ma diventa membr o di un insieme socia-
le pi grande, integrata in un uni co mondo che le ab-
braccia tutte come sub-societ.
I viaggi, le migrazioni (principalmente per ragioni econo-
miche), il turismo, i legami familiari fanno s che non esi-
stano quasi pi luoghi vergini del pianeta, in cui vivono
solo gli aborigeni, senza relazione con le altre societ. Allo
stesso modo, ci sono sempre meno zone isolate dal contat-
to e dalle influenze mondiali. Noi tutti siamo sempre pi
coinvolti reciprocamente, con maggiore intensit e maggio-
re immediatezza in reti sempre pi ampie e numerose
1
.
Questo fenomeno, cresciuto esponenzialmente nel XX se-
colo grazie allo sviluppo dei mezzi di comuni cazi one do-
vuto alle nuove tecnologie, sta t rasformando il mondo in
una unica grande societ (mondializzazione), in un vil-
laggio globale in cui le culture e le religioni di ogni so-
ciet, che finora hanno vissuto isolate e senza conoscersi
t ra loro, si sono fatte vicine e si vedono obbligate a convi-
vere. Oggi, praticamente tutte le religioni sono ent rat e in
contatto
2
e tutte sono presenti l' una all' altra, inevitabil-
ment e.
Anticamente, da che mondo mondo, la vita abituale del-
le societ trascorreva incentrata uni cament e nella propri a
cultura e nella propri a religione. Certo si sapeva che esi-
stevano societ con altre culture e altre religioni, per la
distanza faceva s che la loro esistenza non fosse un dat o
di cui far conto e non era nemmeno pensabile dialogare
con le loro religioni; rimanevano confinate piuttosto nella
1
Le trasformazioni tecnologiche attuali s'intrecciano con altre tra-
sformazioni, la mondializzazione, e insieme stanno creando un nuo-
vo paradigma: l'era delle reti (PNUD, Informe sobre desarrollo hu-
mano 2001, Mundi-Prensa, Mexico 2001, p. 12).
2
Torres Queiruga, Andrs, El dialogo de las religiones, Sai Terrae 1992,
p. 38. ID., La revelacin de Dios en la realizacin del hombre, Cri-
stiandad, Madrid 1987, pp. 390-391.
23
sfera dell' immaginazione o della classica letteratura fanta-
stica di viaggio verso luoghi esotici.
Nel mondo attuale un dat o di fatto che le religioni e le
culture si vedano obbligate a convivere. Molte societ so-
no pluriculturali, vi si integrano gruppi che provengono da
altri paesi, ci sono quartieri abitati prevalentemente da di-
verse etnie o specifiche culture. Le diverse religioni non so-
no pi lontane, ma si trovano nella stessa societ e persi-
no nella stessa citt. Con una semplice passeggiata in una
grande citt possiamo avvicinarci a templi e cappelle di
differenti confessioni cristiane, alla sinagoga, alla pagoda,
alla moschea, al t empi o ind o al tempio Bahai... I cre-
denti delle altre religioni non sono pi separati da oceani,
ma vivono vicino, nella stessa strada o persino nello stes-
so palazzo. Non pi necessario viaggiare o uscire dal pro-
prio ambiente per incontrare altri credenti, perch ormai
molte famiglie - soprat t ut t o tra i pi giovani - hanno mem-
bri, consanguinei o acquisiti, di un' altra religione rispetto
a quella tradizionale della famiglia. Il PR non una teo-
ria, un fatto che si avvicina sempre di pi a noi in tutti
gli ambiti: nella societ, nella citt, nel lavoro, nella co-
municazione, anche nella famiglia... e nessuno pu sot-
trarsi a questo nuovo paesaggio umano.
La pluralit delle culture nel mondo considerata in ma-
niera crescente come un fattore di conflittualit. Dopo la
cadut a del mur o di Berlino, gli analisti politici del pri mo
mondo, i quali pensano che si amo ormai alla fine della
storia e che il probl ema ideologico risolto, hanno lan-
ciato la tesi che il conflitto principale del mondo attuale
non pi ascrivibile al pi ano economico, ma a quello cul-
turale: sono le grandi civilt che creano i blocchi in con-
flitto. Il libro di Samuel P. Huntington, Lo scontro delle ci-
vilt
3
, sarebbe il pi qualificato sostenitore di questa tesi.
Gli atti di t errori smo dell'I 1 settembre 2001 hanno ancor
pi accentuato la visione del primo mondo, secondo cui
il conflitto sarebbe di nat ura culturale, t ra civilt. Ovvia-
ment e, l dove si fronteggiano blocchi culturali, il plurali-
smo religioso in pri ma linea, poich in buona part e i bloc-
chi culturali si mascherano da blocchi religiosi.
3
Garzanti, Milano 2001.
24
Oltre a questa convivenza fisica - pacifica o conflittuale -
t ra persone di diverse religioni, c' anche una convivenza
nella conoscenza. Oggi conosci amo gi o possiamo cono-
scere le religioni con un livello di profondit che non era
possibile ai nostri antenati.
In qual unque societ sviluppata oggi si trovano buoni li-
bri, seri, document at i , profondi e accessibili, che offrono
alla port at a di tutti una conoscenza valida e sufficiente di
molte religioni del mondo. I migliori antropologi cultura-
li vendono t ant o quant o i teologi, e i libri sacri orientali
sono venduti quant o la Bibbia. In Occidente almeno, ter-
mi nat o quel t empo in cui in ogni societ c' erano solo a di-
sposizione libri che difendevano apologeticamente la reli-
gione ufficiale contro le altre.
Basta scorrere i numerosi canali televisivi disponibili in
molti paesi
4
per dimostrare che in qual unque moment o del
giorno e della notte qualche canale sta t rasmet t endo un re-
portage su una religione indigena ameri cana o sui mona-
ci di una religione orientale del sud est asiatico, o un' in-
tervista seria e coscienziosa con un filosofo che difende po-
sizioni agnostiche o atee...
Le tecnologie dell' informazione e della comuni cazi one
(TICs) di ambi t o mondiale, che hanno creato la possibilit
di un incontro umano ininterrotto che sta per giungere ad
una dimensione universale, hanno anche creato la possi-
bilit di un incontro interreligioso mondiale. Lo stru-
ment o unificante dei sistemi elettronici di comuni cazi one
di ambi t o mondiale crea un forum per l' incontro mondi a-
le delle diversit religiose. Non possiamo pi evitare l'in-
cont ro interreligioso. Le altre religioni si sono fatte pros-
sime nell' incontro con i nostri vicini. Non possono pi es-
sere trattate come sistemi di credenza astratti rappresen-
tati da culture straniere, o pratiche religiose at t uat e a di-
stanza di sicurezza in terre lontane. Hanno un volto uma-
no: i volti dei nostri vicini
5
.
Oggi pot remmo quasi dire che, se non dialoghiamo inter-
4
Le previsioni dicono che ci stiamo avvicinando al momento in cui
da qualunque parte del globo ci potremo sintonizzare con circa cin-
quecento canali della televisione.
5
Schwbel, Christoph, Encontro inter-religioso e experincia frag-
mentra de Deus, in Concilium 289 (2001/1), p. 114.
25
religiosamente con qual unque grande religione, perch
non abbi amo preso l'iniziativa, ma i nostri possibili inter-
locutori sono qui, a nostra portata.
Novit storica
Siamo la prima generazione in tutta la storia dell'umanit che
si trova in questa situazione. la prima volta che una gran
parte dell' Umanit vive in un ambiente religioso veramente
plurale. la pri ma volta che la parte di umanit, che ha pas-
sato la vita senza alcuna relazione con persone e istituzioni
di altre religioni, ha tra le mani questa possibilit: se non
pratichiamo il dialogo interreligioso per mancanza di abi-
tudine e di immaginazione, non di possibilit.
La coscienza delle nuove generazioni, dal cant o suo, deve
misurarsi con una offerta di senso, culturale e religioso,
enormement e plurale e, nat ural ment e, n convergente n
armonico, con un pluralismo semplicemente giustapposto,
senza un ordi nament o n un dialogo interno, almeno fi-
nora. una trasformazione che suppone una vera rivo-
luzione nella coscienza religiosa dell' Umanit; st i amo vi-
vendo in un moment o della storia in cui 1' accesso alle di-
verse religioni ha un' ampi ezza e una profondit senza pre-
cedenti
6
.
L'evoluzione del mondo e della sua cultura, cos come il
contatto vivo tra le diverse religioni ci hanno reso coscienti
che l'esperienza vitale religiosa si trova in una situazione
nuova e, riguardo ad alcuni aspetti i mport ant i , radical-
mente nuova-
1
.
Le religioni, per, non sono teorie; sono i credenti, sono
persone in carne ed ossa. Noi possiamo vedere la trasfor-
mazione e l'influsso che la religione compie sulla loro vi-
ta, persino sulla loro santit. Questo ci d una conoscen-
za viva delle religioni, molto pi rilevante della conoscenza
teorica che troviamo nei libri di dottrina e teologia.
6
Arthur, Chris, Religious Pluralism. A Metaphorical Approach, The
Davies Group, Aurora, Colorado 2000, p. l .
7
Torres Queiruga, A., El dialogo de las religiones en el mundo actual,
in El Vaticano IH, Herder-El Ciervo, Barcelona 2001, p. 69. I corsivi
sono nostri.
26
In alcuni ambi ent i questo gi una realt: per esempio nel
mondo dei giovani universitari. Figli, liberi e inquieti, di
una generazione abi t uat a a risposte pront e ricevute in ere-
dit, e allo stesso t empo figli dei mezzi di comunicazione
(davanti ai quali hanno passato pi ore che coi loro pro-
fessori), non accettano pi spont aneament e impostazioni
monoreligiose perch cos; di fronte a qual unque in-
terrogativo ultimo etico o filosofico chiedono qual la ri-
sposta delle altre religioni; vogliono metterle a confronto,
forse scegliere la migliore. Non si sentono pi vincolati
spont aneament e a una religione che dovrebbe essere per
loro la religione. Si considerano persone libere, senza
vincoli ufficiali verso una certa religione, cittadini di un
mondo plurireligioso, dove pot ranno discernere e sceglie-
re la propri a religione. La prospettiva del pluralismo reli-
gioso entrata, senza dubbio, nella coscienza della gene-
razione pi giovane
8
.
Cause
Sono quat t ro i grandi fattori che, secondo Jean Claude Bas-
set, originano l' attuale situazione del pluralismo religioso:
L' interreligiosit , allo stesso t empo, un fenomeno so-
ciale e culturale. In senso sociale si t rat t a dell' interazione
di minoranze religiose i mport ant i e attive ( una situazione
che caratterizza il subcontinente indiano da molto t empo,
ed anche l' attuale Europa occidentale, con la presenza di
milioni di musul mani e di comuni t buddhiste, ind o sik,
insieme a cristiani ed ebrei), lavoratori emigrati, rifugiati
politici, studenti, dirigenti che per il loro lavoro conduco-
no una vita cosmopolita che li rende cittadini i nt ernazi o-
nali, cittadini del mondo; si moltiplicano anche i matri-
moni misti in senso religioso e la conseguente formazi one
religiosa dei bambi ni ; assistiamo anche alla diffusione di
informazioni e opinioni religiose diverse attraverso i mez-
zi di comunicazione
9
.
8
Davis, Charles, Christ and the World Religion, Herder & Herder, New
York 1971, p. 25.
9
Basset Jean Claude, El dilogo interreligioso, Descle, Bilbao 1999,
p. 7.
27
Sfide
Questa situazione presenta profonde sfide, soprattutto per
la generazione nata in societ che conoscevano una sola re-
ligione: la visione di un mondo coerente e certo viene tur-
bata dal contatto con altre prospettive, la scala di valori sta-
biliti entra in concorrenza con altri valori e altre norme. Non
solo si ingrandito il campo delle conoscenze, viene anche
sottoposta a giudizio la nozione stessa di verit. La filosofia
occidentale diventa una corrente di pensiero tra le altre, co-
me la musulmana, l'indiana, la cinese, ecc.
10
.
Questa interpenetrazione delle societ con le loro culture
e religioni, che si fanno presenti l' una all' altra, penetran-
do l' una nell' altra, riempiendosi di PR, un fenomeno nuo-
vo (la novit nella sua dimensione mondiale), e in que-
sto senso appena iniziato. Non sappi amo come si svi-
lupper. Non sappi amo che uomi ni e che donne divente-
r anno i bambi ni che oggi crescono entro questo plurali-
smo religioso, che in atto e permarr. Non possiamo og-
gi esprimere le riflessioni che ascolteremo fra trent' anni,
quando questa nuova generazione, nata e cresciuta in un
ambiente pluralista, prender la parola e ci dir come per-
cepisce il mondo secondo la propria esperienza che noi,
nat i e formati in un ambiente di singolarit culturale e re-
ligiosa, non possiamo i mmagi nare.
L' Umanit, le 800 o pi generazioni che si dice abbi ano
percorso il nostro pianeta, hanno sempre vissuto con la
convinzione che la realt avesse UNA forma determinata,
la forma descritta e presentata dalla propria cultura e dal-
la propria religione. L' Umanit, nel corso dell' attuale ge-
nerazione, ha cominciato a vivere con la presenza vicina e
permanent e di t ut t e le religioni e culture chi amat e uni-
versali, che devono convivere in competizione t ra loro
nell' indicare un orizzonte di senso.
Un cambiamento sostanziale sta avvenendo nella storia
dell' Umanit. Noi ne siamo testimoni. Questo il pi ano di
realt da cui vogliamo partire, il contesto in cui vogliamo
innestare le nostre domande sul pluralismo religioso. Che
ripercussioni ci saranno o sono gi in atto di questo plu-
10
Ibid.
28
ralismo che gi parte della realt? Che trasformazioni im-
plica o esige nelle religioni stesse? Le religioni, che hanno
vissuto ognuna nel proprio mondo senza la presenza delle
altre, possono continuare a dire e a ripetere in questo con-
testo totalmente diverso, le stesse cose che hanno sempre
affermato? possibile prevedere una trasformazione
profonda delle religioni? Questi cambiamenti fanno paura?
Con uno sguardo di fede, si pu dire che questa situazione
costituisca, allo stesso tempo, una sfida di Dio alle religioni
e un grande opportunit, un kairs? E in che senso?
II. Testi antologici da leggere e commentare
Quasi 450 i mam in questo moment o presiedono le orazioni
in 500 moschee distribuite in t ut t a l'Olanda.
Secondo dati dei centri ufficiali di statistica, nell' anno 2015
quasi il 50% degli abitanti di 4 grandi citt - Amst erdam,
Rotterdam, L'Aia e Utrecht - proverr da mi noranze etni-
che. Di questi, l'80% sar musul mano (El Pais, Madrid, 5
ottobre 2002).
In Spagna, l'Islam non un credo estraneo agli spagnoli.
Le statistiche lo situano come il pi numeroso dopo la chie-
sa cattolica, dat a la sua crescita negli ultimi anni, soste-
nut a dall' ondata migratoria. Pi di mezzo milione di resi-
denti sono seguaci dell' Islam e la cifra in crescita (El Pais,
Madrid, 19 settembre 2001).
Secondo il Sunday Times dell' I 1 maggio del 1997, il nu-
mero di musul mani prat i cant i in Gran Bretagna super a
quello degli anglicani praticanti nell' anno 2002. Dati del
1995 indicavano 536 mila musul mani prat i cant i cont r o
854 anglicani praticanti; in pochi anni si prevede che la
cifra sar: 760 mila fedeli per l' islam e solo 756 mi l a per
la chiesa anglicana (Adista, n. 39, maggio 1997, pp. 10-11).
Gi ci sono pi di mille milioni di musul mani nel mondo.
L' islamismo ha sorpassato il cattolicesimo nel numer o di
fedeli nel 1986 ed ha cont i nuat o a crescere. A quest o rit-
mo, ci saranno 1100 milioni di credenti nell' anno 2000. Il
numer o di adepti aument a anche in aree t radi zi onal men-
te cristiane, come l'Europa, l'Africa occi dental e e gli Sta-
29
ti Uniti. E persino in Brasile: rivista Super interessante
(maggio 1997) p. 59*.
Si possono consultare i dati principali aggiornati riguar-
danti le religioni del mondo in Panorama delle religioni
del mondo e in America Latina di Franz Damen in Agen-
da Latinoamericana 2003, pp. 36-37.
Anche: <www.latinoamericana.org/2003/textos/Damen.htm>
Siamo sorpresi di scoprire che negli Stati Uniti ci sono pi
musulmani che episcopaliani, pi musulmani che membri
della chiesa presbiteriana e pi musul mani che ebrei, circa
6 milioni. Restiamo attoniti nel sapere che Los Angeles la
maggiore citt buddhista del mondo, con una popolazione
buddhista che copre tutte le categorie dei buddhismi asiati-
ci, dallo Sri Lanka alla Corea, insieme a un gran numero di
statunitensi buddhisti. In tutto il paese, il numero di perso-
ne di religione buddhista raggiunge circa i 4 milioni.
Gli Stati Uniti sono diventati il paese pi differenziato del
mondo, dal punt o di vista delle religioni.
La nuova era di emigrazione diversa dalle precedenti, non
solo nella sua ampiezza e complessit, ma anche per la sua
stessa dinamica. Molti degli emigranti che arrivano oggi
negli Stati Uniti, mant engono forti legami con i paesi d'ori-
gine, mediante viaggi e reti di comunicazione transnazio-
nali, posta elettronica o fax, linee telefoniche satellitari e
notiziari televisivi via cavo. Riescono a vivere qua e l, in
tutte le forme che le moderne comunicazioni e telecomu-
nicazioni hanno reso possibile (ECK, Diana L., A New Re-
ligious America, pp. 3-5).
III. Domande per riflettere e per dialogare
- davvero plurale la societ in cui viviamo, il nost ro pae-
se, l' ambiente in cui personal ment e ci muovi amo?
* Secondo il World Christian Database, solo recentemente (maggio
2007) i musulmani, con 1.322 milioni di aderenti, avrebbero supera-
to i cattolici, calcolati in 1.115 milioni. Bisogna per tener presente
che mentre il calcolo dei cattolici preciso, a motivo dei registri par-
rocchiali, quello degli islamici approssimativo, dal momento che
per convertirsi all'islam sufficiente recitare dinanzi a testimoni la
shaada, vale a dire dichiarare che non c' che Dio all'infuori di Al-
lah e che Maometto il suo profeta [N.d.T.].
30
- Quante persone ciascuno di noi conosce che non appar-
tengono alla nostra religione? Facciamo il conto: nella no-
stra famiglia, nelle nostre amicizie, nel lavoro, negli studi,
nel nost ro palazzo, nella nostra via...
- Quali libri, video o altre document azi oni conosciamo ri-
guardo al t ema delle religioni del mondo?
- Quali mezzi, motivi, possibilit ha una persona del no-
stro ambi ent e di conoscere altre religioni e di porsi in re-
lazione con loro?
- vero che i problemi che affliggono il mondo non sono
di natura economica, ma culturale e religiosa come sembra
affermare Samuel Huntington? Questa tesi sar fondata o
sar una forma per occultare il conflitto economico?
IV. Esercizi raccomandati
- Ent rare in vari motori di ricerca di Internet e trovare pa-
gine relative alle diverse religioni
- Fare un elenco delle religioni che sono presenti nel no-
stro quartiere o citt.
- Cercare in Internet il tema pluralismo religioso , teo-
logia delle religioni e altri termini relazionati (in inglese:
religious pluralism, theology of religions).
- Cercare di stabilire contatti con qual cuno di un' al t ra re-
ligione per mezzo di Internet (posta o chat). In seguito va-
lutare l' esperienza.
Bibliografia
ARTUR CHRIS, Religious Pluralism. A Metaphorical Approach, The
Davies Group Publishers, Aurora, Colorado, USA, 2000.
BEVERSLUIS JOEL, Sourcebook ofthe World's Religions, New World
Library, Novato, California 2000.
ECK DIANA L., A New Religious America. How a Christian Coun-
try has become the World's Most Religiously Diverse Nation,
Harper & Collins, New York 2001.
HUNTINGTON SAMUEL, El choque de civilizaciones y la reconfgura-
cin del orden mundial, Paids, Buenos Aires-Mxico-Barce-
lona 1997.
KNITTER PAUL, NO Other Name, Orbis Books, NY 1985, pp. 1-6. V.
a p. 69 l'ediz. ital.
31
KUNG HANS, En busca de nuestras huellas. La dimensin espiritual
de las religiones del mundo, Debate, Barcelona 2004.
SAMUEL ALBERT, AS religies hoje, Paulus, So Paulo 1997.
SCHWOBEL CHRISTOPH, Encontro inter-religioso e experincia frag-
mentria de Deus, in Concilium 289 (2001).
32
Capitolo terzo
A partire dalla storia.
Dalla prospettiva del pluralismo
Secondo il nostro proposito di partire dalla realt, esten-
deremo il nostro sguardo anche alla dimensione temporale:
come stato il pluralismo - o la mancanza di pluralismo -
nella storia? Noi, forse senza saperlo, ci portiamo dentro la
storia che ci ha preceduto. Per questo necessario tenerla
presente, perch non ci condizioni e non ci induca a ripe-
terla. Nessuno parte da zero, bench lo crediamo...
I. Per presentare il tema
Per studiare il t ema del pluralismo importante guardare
indietro, al t empo dal quale proveniamo, alla storia dell'Uma-
nit. Oggi abbi amo gi, pi o meno tutti, acquisito un sen-
so di pluralismo e di tolleranza, almeno superficialmente,
per la storia che abbi amo alle spalle fatta di secoli e per-
sino di millenni di atteggiamenti contrari al pluralismo.
Ne parl eremo a partire dall' esperienza dei cristiani, in par-
ticolare a part i re dalla tradizione cattolica (credi amo an-
che che, probabi l ment e, pot r emmo parl arne allo stesso mo-
do rispetto ad altre tradizioni cristiane, o persino rispetto
ad altre religioni).
Ci riferiremo a vari moment i simbolicamente i mpor t ant i
ent ro questa nost ra storia, attraverso i seguenti testi ant o-
logici.
II. Testi antologici
Nell'Antico Testamento
Tutti i testi che nell'AT si riferiscono alle divinit degli al-
tri popoli, i popoli vicini, qualificano di spregi at i vament e
tali divinit come idoli e le descrivono negat i vament e:
sono opere di mani umane, cose morte (Sap 13,10),
33
sono niente (Is 44,9), ci che vano (Ger 2,5; 16,19),
menzogna (Ger 10,14; 2,4; Bar 4,7). Solo Yahv il ve-
ro Dio (Ger 10,10).
D' altra part e il popolo giudeo dell'AT ha la convinzione di
essere un popolo diverso, il popolo di Dio, l'eletto che
deve vivere separat ament e dai gentili, non mescolarsi
con loro. Quando il Signore t uo Dio ti avr introdotto nel
paese che vai a prendere in possesso e ne avr scacciate
davanti a te molte nazioni: gli Hittiti, i Gergesei, gli Amor-
rei, i Periziti, gli Evei, i Cananei e i Gebusei, sette nazioni
pi grandi e pi potenti di te, quando il Signore t uo Dio le
avr messe in t uo potere e tu le avrai sconfitte, tu le vote-
rai allo sterminio (Dt 7,1-2). Israele dovr senza compas-
sione distruggere gli altari e le immagini di questi popoli
sconfitti e scacciati, e non fare alleanza n i mparent arsi
con loro. L'Israele del Deuteronomio ha la convinzione di
essere il popolo eletto, il santo, di fronte agli altri popoli
che adorano idoli vani (Dt 7,3-6).
Questa posizione cos aggressiva espressa nel Deuterono-
mio non pu essere considerata come qualcosa che attra-
versa tutta la Bibbia, ma solo come un punt o culminante,
simbolico, che ri chi ama l' attenzione.
Nel secolo XV
Nel secolo XV in Europa emerge un altro punt o culmi-
nante, simbolicamente molto importante. Il Concilio di Fi-
renze nell' anno 1452 dichiar di credere fermamente, di
professare e insegnare che nessuno di coloro che si trova-
no fuori dalla chiesa cattolica, non solo i pagani, ma an-
che i giudei, gli eretici e gli scismatici pot ranno parteci-
pare alla vita eterna. Andranno al fuoco eterno che sta-
t o preparato dal diavolo e dai suoi angeli (Mt 25,4), a me-
no che pri ma di mori re si incorporino alla Chiesa... nes-
suno, per quant o generose si ano le sue elemosine o persi-
no sparga il suo sangue a causa di Cristo, pot r salvarsi se
non rimane nel seno e nell' unit della Chiesa cattolica (DS
1351).
Extra Ecclesiam nulla salus (fuori della Chiesa non c'
salvezza), si diceva. Tutti coloro che muoi ono fuori della
Chiesa (in quel moment o non esisteva la Chiesa prote-
34
stante) non pot ranno ent rare nella vita eterna, ma finiranno
nel fuoco eterno. L' affermazione pu sembrare forte, ma
non propri a solo del Concilio di Firenze, bens un'af-
fermazione cristiana comune in t ut t o il Medio Evo.
Nel secolo XIX
Gregorio XVI , nell' enciclica Miravi Vos del 15 agosto 1832,
afferma:
Veniamo ora a un' al t ra sorgente trabocchevole dei mali
da cui compi angi amo afflitta al present e la chiesa. L'"in-
differentismo" vogliamo dire, ossia quella perversa opi-
nione che per fraudolenta opera degli increduli si dilat
in ogni part e, che cio in qual unque professione di fede si
possa conseguire l' eterna salvezza dell' anima, se i costu-
mi si conformano alla nor ma del retto e dell' onesto. [...]
Di questa i nqui nat i ssi ma sorgente dell' "indifferentismo"
scaturisce quell' assurda ed erronea sentenza, o pi ut t ost o
delirio, che si debba ammet t ere e garant i re per ci ascuno
la libert di coscienza: errore velenosissimo a cui appia-
na il sentiero quella piena e smodat a libert d' opi nare che
va sempre al i ment andosi a danno della chiesa e dello sta-
to, non mancando chi osa vant are con i mpudenza sfron-
t at a provenire da siffatta licenza alcun vantaggio alla re-
ligione. [...] ment re l' esperienza di tutti i secoli fin dalla
pi remot a antichit l umi nosament e di most ra che citt
per opulenza, per domi nazi one, per gloria le pi fiorenti,
per questo solo disordine, cio per una eccessiva libert
di opinioni, per la licenza delle conventicole, per la sma-
nia di novit, andavano infelicemente in rovina (nn. 36-
37, Enchiridion delle Encicliche, voi. 2, EDB, Bol ogna
2002).
Questo solo uno dei rifiuti che i Papi di quel t empo lan-
ciano solennemente contro gli errori dell' epoca: il pen-
siero moderno, le libert sociali, la democrazia, ci che noi
oggi riconosciamo come diritti umani . . . Nel testo i n que-
stione, che risale a non pi di due secoli fa, si negano fron-
t al ment e e con eccesso di disprezzo, la libert di coscien-
za, la libert religiosa e il pluralismo religioso, con t ut t a la
solennit del magistero pontificio.
35
Nel Concilio Vaticano II (1965)
Questo Concilio Vaticano dichiara che la persona umana
ha il diritto alla libert religiosa. Il cont enut o di una tale
libert che gli esseri umani devono essere i mmuni dalla
coercizione da parte dei singoli individui, di gruppi socia-
li e di qualsivoglia potere umano, cos che in mat eri a reli-
giosa nessuno sia forzato ad agire contro la sua coscienza
n sia impedito, entro debiti limiti, di agire in conformit
ad essa: privatamente o pubblicamente, in forma indivi-
duale o associata. Inoltre dichiara che il diritto alla libert
religiosa si fonda realmente sulla stessa dignit della per-
sona umana quale l' hanno fatta conoscere la parola di Dio
rivelata e la stessa ragione (Dignitatis Humanae, n. 2).
La Chiesa cattolica nulla rigetta di quant o vero e santo
in queste religioni. Essa considera con sincero rispetto quei
modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che,
quant unque in molti punti differiscano da quant o essa stes-
sa crede e propone, tuttavia non rarament e riflettono un
raggio di quella verit che illumina tutti gli uomini (No-
stra Aetate, n. 2).
La Dominus Iesus del Cardinale Ratzinger (2000)
contraria alla fede della Chiesa la tesi circa il carattere
limitato, incompleto e imperfetto della rivelazione di Ges
Cristo, che sarebbe complementare a quella presente nelle
altre religioni (6).
Deve essere, quindi, fermamente ritenuta la distinzione t ra
la fede teologale e la credenza nelle altre religioni [...], che
esperienza religiosa ancora alla ricerca della verit asso-
luta e priva ancora dell' assenso a Dio che si rivela. Questo
uno dei motivi per cui si t ende a ridurre, fino talvolta ad
annullarle, le differenze t ra il cristianesimo e le altre reli-
gioni (7).
I libri sacri di altre religioni, che di fatto alimentano e gui-
dano l'esistenza dei loro seguaci, ricevono dal mistero di Cri-
sto quegli elementi di bont e di grazia in essi presenti (8).
Quanto lo Spirito opera nel cuore degli uomi ni e nella sto-
ria dei popoli, nelle culture e religioni, assume un ruolo di
preparazione evangelica e non pu non avere riferimento
a Cristo (12).
36
Se non sono escluse mediazioni partecipate di vario tipo e
ordine, esse tuttavia attingono significato e valore unica-
mente da quella di Cristo e non possono essere intese co-
me parallele e compl ement ari . Risulterebbero, tuttavia,
contrarie alla fede cristiana e cattolica quelle proposte di
soluzione, che prospettassero un agire salvifico di Dio al
di fuori dell' unica mediazione di Cristo (14).
chiaro che sarebbe contrario alla fede cattolica conside-
rare la Chiesa come una via di salvezza accanto a quelle
costituite dalle altre religioni (21).
Se vero che i seguaci delle altre religioni possono rice-
vere la grazia divina, pure certo che oggettivamente si tro-
vano in una situazione gravemente deficitaria se parago-
nat a a quella di coloro che, nella Chiesa, hanno la pienez-
za dei mezzi salvifici (22).
III. Per sviluppare il tema
Abbiamo messo in evidenza alcuni moment i i mport ant i di
una storia segnata da gesti e azioni contrari all' accettazio-
ne del pluralismo religioso. Anche se non possi amo qui di-
mostrarlo, il bilancio globale di questa storia pot rebbe es-
sere sintetizzato cos:
Ci sono stati prat i cament e 20 secoli di esclusivismo: qua-
si 2000 anni nei quali il cristianesimo ha pensat o global-
mente, ufficialmente e in maggioranza che l' unica vera
religione, che tutte le altre religioni sono false, o sono in-
venzioni umane o una semplice preparazione per il van-
gelo, o, in ogni caso, una partecipazione alla religione
cristiana.
Nel mondo cattolico l'esclusivismo stato abbandonat o
da meno di 50 anni, con il cambi ament o suscitato dal Con-
cilio Vaticano II. Questo significa che tale mut ament o
iniziato solo nell' attuale generazione, cosa che spiega co-
me nell' immaginario popolare non abbia ancora avut o t em-
po n per diffondersi n per radicarsi; al cont rari o, la men-
talit popolare comune mant i ene ancora nel pr opr i o sub-
cosciente la certezza ancestrale che il cri st i anesi mo
l' unica vera religione.
La posizione pluralista - secondo la quale Dio si rivela
in tutte le religioni, senza discriminazioni da par t e di Dio
37
- una posizione teologica che suscita ancora sorpresa e
incomprensione.
il pensiero civile, filosofico, scientifico, profano. . . quel-
lo che ha port at o alle Chiese queste trasformazioni del
pensi ero. Sono stati la scienza, la filosofia, i movi ment i
sociali e politici in generale ci che ha spinto le Chiese
cristiane ad abbandonar e posizioni di monopol i o, di esclu-
sivismo, di cristianit, forzando la t rasformazi one del-
l' immaginario della societ.Deplorevolmente molte Chie-
se cristiane hanno assunt o nella storia posizioni contra-
rie a tutte le moderne libert, e sono anche ufficial-
ment e cont rari e al pluralismo religioso. Hanno soltan-
to preso l' iniziativa di prat i care il dialogo religioso l do-
ve ne hanno bisogno per il fatto di trovarsi in mi noran-
za... Le istituzioni religiose sono nor mal ment e molto in-
fluenzate dai loro interessi istituzionali, com' facilmen-
te dimostrabile.
In ogni caso bisogna segnalare che un altro volto del cri-
stianesimo sempre esistito: pensatori, filosofi, teologi che,
in modo eccezionale, intuirono che l' atteggiamento di chiu-
so esclusivismo non rispondeva alla verit, e si apri rono
ad atteggiamenti pi tolleranti e pluralisti (Erasmo da Rot-
terdam, Nicola Cusano, Rai mondo Lullo, Marsilio Fici-
no...), furono per l'eccezione che conferma la regola.
Il Concilio Vaticano II costitu per la Chiesa Cattolica
l' accettazione di buona part e delle critiche che la cultura
moderna aveva fatto agli atteggiamenti integralisti della
Chiesa negli ultimi secoli. Si trattato di un aggi ornament o
e di una riconciliazione col mondo moderno. Per fu su-
bito evidente che quel ri nnovament o non bastava, che si
doveva elaborare una nuova lettura del pluralismo religio-
so. Nonostante ci si produsse in seguito una involuzione
della Chiesa cattolica e la dottrina ufficiale ri mase indie-
tro rispetto all' evoluzione della teologia.
IV. Domande per condividere e approfondire
- Le religioni dei popoli che circondavano il popolo d' Israe-
le, di cui ci parla l'Antico Testamento, erano religioni buo-
ne, valide? Cosa pensa l'Antico Testamento di queste reli-
gioni e dei suoi dei?
38
- Cosa pensi amo ri guardo alle affermazioni del Concilio di
Firenze del 1452?
- Per Gregorio XVI, ormai nel sec. XIX, la libert d' espres-
sione e la libert di coscienza sono negative. C' oggi qual-
cuno che lo pensa ancora? Sappi amo se questo atteggia-
ment o negativo di fronte alle libert moderne fu solo di
Gregorio XVI o del Magistero della Chiesa Cattolica nel
suo insieme?
- Ci sono religioni che oggigiorno pensano che la libert
religiosa, diversa dalla propria, sia negativa. Per esempio?
- Cosa dice il Concilio Vaticano II sulla libert di coscien-
za e la libert religiosa? Si amo d' accordo con ci che af-
ferma?
- Un esercizio interessante pu essere studiare il caso del-
la storia del propri o paese: che ruolo vi ha giocato la reli-
gione, le religioni? C' stata qualche religione che ha cer-
cato di escludere le altre nell' identit nazionale? una con-
vivenza basat a su una coscienza convinta di pluralismo o
semplicemente rassegnata?
Bibliografia
AEBISCHER-CRETTOL MONIQUE, Vers un oecumnisme interreligeux;
jalons pour une thologe chrtienne du pluralisme religieux,
Cerf, Paris 2001.
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zione ecclesiale, San Paolo, Cinisello Balsamo 1994, pp. 72-100.
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Paulinas/CEHILAS, So Paulo 1992.
SULLIVAN FRANCIS A., Hay salvacin fuera de la Iglesia?, Descle,
Bilbao 1999, collezione Teoria, n. 2. L'autore ripassa tutta la
storia della Chiesa Cristiana cercando di ripercorrere l'evolu-
zione lungo i secoli del principio: fuori della Chiesa non c'
salvezza.
TEIXEIRA FAUSTINO, Teologia de las religiones. Una vision panora-
mica, collana Tempo Axial, Abya Yala, Quito 2005. L'unico
manuale di teologia delle religioni scritto fin'ora in America
Latina. Nella sua prima parte compie un excursus storico del-
le diverse valutazioni sulle religioni nel cristianesimo.
39
THION PAUL, Retour aux missions? Une lecture de l'Encyclique Re-
demptors Missio, in Nuovelle Revue Theologique 114/1 (1992)
p. 81.
40
Capitolo quart o
Il pluralismo religioso nella storia
dell'America Latina
Con lo sguardo rivolto ancora alla storia, dedichiamo speci-
ficamente un capitolo all'America Latina.
I. Per sviluppare il tema
Il continente latino-americano ha una storia con caratte-
ristiche proprie che lo rendono part i col arment e rilevante
per la prospettiva del pluralismo religioso.
In effetti, l' unico continente in cui la maggioranza della
popolazione attuale erede di una invasione proveniente
da un altro continente (altro gruppo umano, altra cultura,
altra religione). La popolazione originaria fu in gran par-
te decimata, ment re i suoi attuali superstiti sopravvivono
relegati in angoli lontani o dislocati in settori marginali
della societ. E questo il risultato di un processo che fu
compi ut o con la presenza di una religione che, di fatto, con
la sua evangelizzazione legittim una conquista. Il con-
tinente oggi, come noto, in maggi oranza cristiano (e la
met dei cattolici del mondo vive nelle Americhe)
1
.
Succede, per, che in America at t ual ment e non esiste un
solo monument o religioso rituale che abbia origini pre-
ispaniche. Tutti furono distrutti e in molti casi i loro ma-
teriali furono utilizzati per la costruzione di nuovi templi
o palazzi coloniali. Questo non accaduto, per esempio in
molti luoghi dell' Estremo Oriente (Giappone, Cina, Tai-
landia, Giava), dell' India o del Vicino Oriente e dell'Africa,
dove, nonost ant e l'arrivo di missionari dall' Europa, at-
1
Secondo i dati dell'Annuario Pontifcio 2004, Il 50% dei cattolici vi-
ve nel continente americano, il 26% in Europa, il 12,8% in Africa, il
10,3% in Asia e lo 0,8% in Oceania.
41
t ual ment e si pratica il culto in molti luoghi che sono mil-
lenari
2
.
La domanda : com' possibile che popoli cristiani abbia-
no compi ut o una invasione e una conquista in un Con-
tinente gi abitato? Com' possibile che l' invasione porta-
ta a t ermi ne dai cristiani abbia distrutto popoli e religio-
ni? Che atteggiamento verso le altre religioni ebbe la re-
ligione dei conquistatori? Nel domandare che atteggia-
ment o verso le altre religioni avevano i conquistatori, stia-
mo domandando - con parole moderne - che teologia del-
le religioni (che idea del valore o del significato delle al-
tre religioni) avevano i conquistatori, consciamente o in-
consciamente, a parole o realmente.
Elaboreremo i lineamenti di questo atteggiamento - la teo-
logia delle religioni dei conquistatori - prendendo in con-
siderazione le seguenti testimonianze storiche.
II. Testi antologici
Il pri mo catechismo che venne scritto in America (pro-
babilmente tra il 1510 e il 1521), quello di Pedro di Cor-
doba, comincia con la rivelazione di un gran segreto che
voi mai conosceste n udiste: Dio ha fatto il cielo e l'in-
ferno. In cielo st anno tutti quelli che si sono convertiti al-
la fede cristiana ed hanno vissuto bene; all' inferno st anno
tutti quelli che t ra di voi sono morti, tutti i vostri ante-
nati: padri, madri , nonni , parent i e quant i sono esistiti e
sono passati per questa vita: e l andrete anche voi se non
sarete amici di Dio e non vi battezzerete e diventerete cri-
stiani, perch tutti quelli che non sono cristiani, sono ne-
mici di Dio
3
.
Riscoperto nel 1924, abbi amo oggi un libro prezioso, do-
vuto all'ammirevole lavoro di ricerca di Fra Bernardi no di
Sahagn, intitolato I colloqui dei dodici apostoli. In esso
si raccoglie nella lingua nhuat l l'ultimo atto pubblico di
alcuni saggi e sacerdoti aztechi sopravvissuti, che difesero
2
Siller, Clodomiro, El monoteismo indigena, in Teologia India, tomo
II, Abya Yala, Quito 1994, p. 94.
3
Cf. Duran, J. Guillermo, Monumenta catechtica ispanoamericana,
voi. I, Buenos Aires, 1984.
42
le loro credenze religiose e la loro forma di vita davanti ai
missionari giunti in Messico. Questi predicavano loro che
ci che gli antenati aztechi avevano insegnato e lasciato co-
me eredit tutto menzogna, vanit, finzione; non con-
tiene nessuna verit
4
. Sappiate e siatene certi che nessu-
no degli dei che adorate Dio n datore di vita; tutti sono
diavoli infernali
5
.
I saggi ri spondono: Avete detto che non conosciamo il
Signore... che non erano veri i nostri dei. una nuova pa-
rola questa che voi dite. Da essa siamo sconvolti, da essa
si amo offesi. Poich i nostri progenitori... ci diedero le lo-
ro norme di vita, onoravano gli dei, ci insegnarono tutte le
loro forme di culto, tutti i modi di onorare gli dei. Era dot-
t ri na dei nostri avi che per gli dei che si vive. Noi sap-
pi amo a chi dobbi amo la vita... come si deve invocare, co-
me si deve pregare. Ed ora dovremo distruggere l' antica
regola di vita? E gi molto che siamo stati sconfitti, che ci
sia stato impedito un nostro governo. Lasciateci dunque
morire, lasciateci ormai perire, visto che i nostri dei sono
morti!
6
.
Fra Vincente Valverde, cappellano ufficiale che accom-
pagnava Francisco Pizarro in quella che di fatto fu l' inva-
sione dell' impero inca, intim ad Atahualpa di adorare Dio,
la croce e il Vangelo, perch tutto il resto una burla.
Atahualpa rispose che egli non adorava che il Sole che non
muore mai e gli dei che aveva anche nella sua legge
7
.
Il famoso missionario Antonio Vieira, a Bahia, in Brasi-
le, poteva dire agli schiavi negri: La vostra schiavit non
una disgrazia, ma un grande miracolo, perch i vostri pa-
dri sono all' inferno per t ut t a l' eternit. Voi, al contrario, vi
siete salvati, grazie alla schiavit
8
.
4
Cf. Los coloquios de los doce apstoles, in Monumenta..., cit., p. 215
5
Ibid. 187.
6
Leon Portilla, Miguel, El reverso de la conquista, Mortiz, Mexico,
1990, pp. 23-28. Il testo completo contenuto in Agenda Latino-ame-
ricana 1992, p. 51. Consultabile anche in <http://agenda.latino-a-
mericana.org/archivo>.
7
Leon Portilla, Miguel, El reverso de la conquista, cit., pp. 113-121,
dove si trova il racconto completo. Un riassunto sufficiente si pu
trovare in Agenda Latinoamericana 1992, pp. 74-75. Consultabile an-
che in <http://agenda.latinoamericana.org/archivo>.
8
Vieira, A., Sermone quattordicesimo (1633). Cf. Sermes, voi. 4, to
mo 11, n. 6, Lello & Irmao, Porto 1959, p. 301.
43
Si pu anche ricordare che non solo i missionari venuti
nelle Indie Occidentali, ma tutti i missionari cristiani,
per molti secoli, la pensarono come il famoso Francisco
Javier, che and nelle Indie Orientali convinto che chi
non ascoltava e accettava il vangelo era privato della sal-
vezza.
In occasione della visita di Giovanni Paolo II in Per nel
1985, Maximo Flores, del Movimento Indio di Kollasuyo
(aymara), Emmo Valeriano, del Partito Indio (aymara) e
Rami ro Reynaga, del Movimento Indio TupacKatari (ke-
shwa) consegnarono al Papa una lettera nella quale scri-
vevano: Noi, indios delle Ande e dell'America, decidiamo
di approfittare della visita di Giovanni Paolo II per resti-
tuirgli la sua Bibbia, perch in cinque secoli essa non ci ha
dat o n amore, n pace, n giustizia. Per favore, riprenda
la sua Bibbia e la restituisca ai nostri oppressori, poich
loro hanno bisogno dei suoi precetti morali pi di noi. Per-
ch dalla venuta di Cristoforo Colombo sono stati imposti
all'America con la forza, una cultura, una lingua, una reli-
gione e valori propri dell' Europa. La Bibbia arriv a noi co-
me part e del progetto coloniale imposto. stata l' arma ideo-
logica di questo assalto colonialista. La spada spagnola che
di giorno attaccava e assassinava il corpo degli indios, di
notte diventava una croce che legava l' anima india
9
.
III. Domande per riflettere e per dialogare
Una volta lette queste testimonianze storiche, i mpost i amo
le questioni teorico-pratiche che da esse emergono:
- Quali tratti consideriamo caratterizzanti l' atteggiamento
che il cristianesimo ebbe verso le religioni indigene che in-
contr al suo arrivo in America?
- Pensavano i cristiani che le religioni indigene avessero
qualche valore? Oppure avevano persino un valore negati-
vo, ai loro occhi? Come si spiega che non ebbero alcuna
riserva nello sradicarle e nel distruggerle?
Anticipando la tematica del nost ro corso, possi amo ora in-
terrogarci e conversare:
9
Agenda Latino-americana 1992, p. 57.
44
- Le religioni indigene precol ombi ane (e le religioni non
cristiane in generale) hanno un valore salvifico?
- Si pu dire che gli indigeni erano idolatri se non cono-
scevano il Dio di Ges Cristo e adoravano i loro Dei?
- accolta da Dio la preghiera che gli indigeni rivolgono
ai loro Dei?
- Le religioni indigene contengono qualche part e di verit
o t ut t a la verit?
- Se Cristo ci port la salvezza ed essi non conobbero Cri-
sto, pu giungere a loro la salvezza dello stesso Cristo?
- Perch essi non conobbero Cristo? Perch Dio si mani -
fest nel Continente eurasiatico e non in quel luogo che
chi ami amo americano? un' ingiustizia da part e di Dio
privarli di qualcosa di essenziale per la salvezza? Forse che
Dio per secoli limit il suo rapport o con gli essere umani
ai confini del mondo giudeo, di cui ci narra l'AT?
- Bisogna essere cristiani per salvarsi?
- E se non bisogna esserlo, a cosa serve il cristianesimo?
- Hanno senso le missioni, i missionari, l'evangelizzazio-
ne missionaria? Che senso hanno?
(Non si deve pret endere di rispondere a tutte le domande
n di giungere a un accordo fra t ut t o il gruppo in questo
dialogo, che servir solo ad attivare questa tematica nel
gruppo; ma pi avanti t orneremo su questi temi).
IV. Esercizi raccomandati
- Studiare le origini della presenza della religione attual-
ment e maggioritaria nel nost ro paese, che sia o non sia il
cristianesimo, in qual unque continente il gruppo si trovi.
Come giunse quella religione in questa terra? C'era una po-
polazione aut oct ona di un' altra religione? Qual stato l'at-
teggiamento (la teologia delle religioni) della religione
che giunse? Come avvenne l' incontro? Fare uno sforzo
per conoscere la storia dei rapporti tra le religioni che so-
no state presenti sulla nostra terra.
- Vari tra i libri indicati nella bibliografia seguente con-
tengono elementi molto i mport ant i sul compor t ament o del
cristianesimo al suo arrivo nel Continente ameri cano e il
suo rapport o con le religioni indigene. Dove sia possibile,
si pu distribuire una selezione di letture t ra i componen-
ti del gruppo; pri ma della sessione di lavoro e, dur ant e es-
45
sa, ciascuno espone non solo il cont enut o della lettura ma
anche il giudizio che l' atteggiamento del cristianesimo di
fronte alla religione indigena si meritato; t ut t o ci se-
guito da un dibattito generale.
Bibliografia
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t ura Econmica, Mexico (1948), 1985.
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46
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zo 1992) pp. 23-40, Managua. Estudios Ecumnicos 33 (enero
1993) pp. 23-29, Mexico.
Il
47
Capitolo quinto
L'ermeneutica del sospetto
Per completare il nostro partire dalla realt o vedere, ci
confronteremo con un atteggiamento o criterio interpretati-
vo che consideriamo necessario sia perch la nostra visione
della realt sia matura e critica, sia per suscitare in noi un
atteggiamento di vigilanza, perch le nostre elaborazioni teo-
logiche non siano inconsapevolmente influenzate da interessi
propri o altrui.
I. Per sviluppare il tema
Ciascuno di noi deve fare il bilancio di questo sguardo che
abbi amo dato alla storia nelle lezioni precedenti, con l'at-
tenzione posta al t ema del pluralismo religioso. Il bilancio
critico che noi pr oponi amo piuttosto preoccupante:
- la Scrittura e le tradizioni fondanti del cristianesimo di-
sconoscono di principio il pluralismo religioso;
- il cristianesimo, che era una religione marginale e per-
seguitata alla sua origine, pi tardi, quando fu accettata
dall' impero r omano, and a sostituire la religione di quel-
lo stesso impero, i mponendosi come unica, persegui t ando
le altre e legittimando in ul t i ma istanza l' impero...;
- la religione cristiana visse molti secoli uni t a al potere,
come religione di Stato (regime di cristianit), imposta ob-
bligatoriamente, intollerante, ritenendosi l' unica e assolu-
ta religione;
- la religione cristiana ha intrapreso guerre religiose con-
t ro altre religioni (le crociate innanzitutto) e ha convissu-
to tranquillamente con alcune delle maggiori violenze del-
la storia, legittimandole nella pratica (la schiavit, la con-
quista del Continente ameri cano, la globalizzazione del
capitalismo, l' usura dell' attuale debito estero...);
- il cristianesimo si lasci condurre per mano dai poteri
48
d' Europa nell' invasione dell' America e nella persecuzione
e distruzione delle religioni indigene; pi t ardi avrebbe ap-
profittato dell' espansione neocoloniale dell' Occidente la-
sciandosi condurre verso gli altri continenti;
- la teologia e la spiritualit cristiane, in ognuno dei loro
testi e dei loro gesti, lasciano trasparire la convinzione di
essere l' unica religione vera e assoluta, il destino religioso
finale per t ut t a l' umanit.
In queste convinzioni hanno vissuto i cristiani durant e qua-
si 20 secoli (fino ad appena 40 anni fa), cont i nuando tran-
quillamente e senza discussione a essere convinti che la lo-
ro fosse l' unica religione vera, l'eletta, la predestinata, quel-
la chi amat a a evangelizzare tutto il mondo con le sue mis-
sioni e i suoi missionari, quella a cui presto o t ardi t ut t a
l' umanit si sarebbe convertita. Senza dubbio, l'evoluzio-
ne del mondo, lo sviluppo delle comunicazioni e dei mo-
vimenti migratori, la crescita demografica dei paesi del Ter-
zo Mondo, l' espansionismo dell' islam, la nuova situazione
di convivenza plurireligiosa sorta come conseguenza di tut-
to ci, e lo sviluppo di una mentalit pi cosciente e criti-
ca, hanno favorito il sorgere di un atteggiamento di sospet-
to, che spinge molti cristiani e teologi a interrogarsi su que-
ste convinzioni fino ad ora intoccabili.
Sta apparendo sempre pi chi arament e ai cristiani, spe-
cialmente agli storici e ai teologi, la possibilit che tali con-
vinzioni che pretendevano di apparire come net t ament e
teologiche e purament e religiose, pot rebbero essere anche
frutto di motivazioni occulte e interessi nascosti, cosicch
pot rebbero in realt fungere da ideologie, vale a dire, da
costruzioni teoriche razionali destinate a giustificare i pro-
pri interessi corporativi
1
.
Tornando a guardare la storia del cristianesimo con un
cuore sensibile verso i poveri e le vittime, vedi amo che
una storia di molta sofferenza, di grande mancanza di li-
bert, di numerose religioni assoggettate, perseguitate, di-
st rut t e... una storia di conquiste e colonizzazioni di ter-
ritori, di sfruttamento economico internazionale dei pove-
1
Vi un altro significato positivo della parola ideologia; qui la con-
sideriamo in questo significato critico negativo.
49
ri da part e di un Nord ricco... e cristiano. evidente che
tutto questo non positivo n pu pret endere di giustifi-
carsi come volont di Dio...
La domanda : in tutta questa storia di violenza, di espan-
sione, di conquista, di dominazione... e con questo bilan-
cio, avr giocato qualche ruolo la dottrina dell' unicit e il
carattere assoluto del cristianesimo? La dottrina, la teolo-
gia, la spiritualit... saranno state aut onome, indipenden-
ti, neutre, purament e religiose, sorte di ret t ament e dalla
fonte divina stessa... o saranno state anche, in qualche mo-
do, frutto degli interessi umani dei loro protagonisti? Cio,
avranno avuto una component e ideologica?
Un buon met odo per adottare un atteggiamento coscien-
t ement e critico consiste nel farsi la vecchia domanda del
diritto romano: Cui bono?, ossia, per il bene di chi? A be-
neficio di chi, una determinata teologia o dottrina? pos-
sibile che certe dottrine si siano sviluppate teologicamen-
te per influsso dell' interesse di determinati gruppi, i quali,
beneficiandone, potevano giustificare la loro egemonia o
dominare su altri gruppi... possibile... perch molto
umano.
Alcuni autori chi amano questo atteggiamento critico di so-
spetto ermeneutica del sospetto: un atteggiamento in-
terpretativo (questo significa la parola ermeneutica) che
si occupa di scoprire le radici e i fattori inconsci o effetti-
vamente nascosti che sono intervenuti nella elaborazione
della teoria o della dottrina, in questo caso della teologia
cristiana.
Con questo atteggiamento necessario riesaminare nuova-
mente la storia e vedere in quanti casi alcune dottrine, teo-
logie o disposizione ecclesiastiche... malgrado si presentas-
sero apparentemente come affermazioni strettamente reli-
giose, abbiano svolto la funzione di giustificazione ideolo-
gica delle azioni di forza che il gruppo cristiano ha eserci-
tato contro altri gruppi che furono le vittime del nostro egoi-
smo corporativo, mascherato religiosamente.
Affermiamo questo principio: t ut t a la dot t ri na o teologia o
spiritualit che nel passato ha prodotto effetti deleteri di
oppressione, dominio, disprezzo, che stata causa di do-
lore o di distruzione... contro altri gruppi, popoli o reli-
50
gioni, deve essere sottoposta a critica in base a questa er-
meneutica del sospetto e deve, almeno, essere riconsidera-
ta, perch di principio sospettata di essere un'ideologia.
Questo principio apre la strada alla seconda parte del no-
stro corso, il giudicare. Andremo a riesaminare e rico-
struire la nost ra teologia da questa prospettiva della plu-
ralit delle religioni, molto attenti a che la nostra teologia
non sia un' ideologia, cercando di renderci consapevoli - e
liberi - degli interessi di ogni genere che s' intrecciano al
di sotto delle nostre affermazioni teologiche.
L' ermeneutica del sospetto non l' invenzione di nessun
genio filosofico e nemmeno un semplice frutto della criti-
ca moderna; in realt ha un fondamento anche evangelico,
poich pu riferirsi di ret t ament e alle parole di Ges: Non
pu un albero buono dare frutti cattivi (Mt 7,15-20; Le
6,43). Una dottrina che produce frutti dannosi o peccami-
nosi non pu essere considerata corretta o veritiera. Non
pu essere ortodossia (dottrina corretta) poich in se
stessa non neppure ortoprassi (pratica corretta).
Molte opinioni e dottrine che abbi amo pot ut o vedere nel-
la storia del cristianesimo non adempi ono al minimo eti-
co, questa regola d'oro che il Vangelo esprime: Non
fare agli altri quello che non vuoi che gli altri facciano a
te (Mt 7,13; Le 6,31). Ci sent i remmo molto offesi se le al-
tre religioni assumessero nei nostri confronti atteggiamenti
simili ad alcuni di quelli che noi abbi amo t enut o verso di
loro nelle nostre posizioni dottrinali. Dobbi amo sottopor-
re nuovament e al giudizio del Vangelo queste dot t ri ne che
per t ant o t empo abbi amo pot ut o i ngenuament e procla-
mare, sottoponendole all' ermeneutica del sospetto e ri-
considerandole
2
.
Due osservazioni
Adottando questa ermeneutica del sospetto, in realt
stiamo dando un orientamento non neutrale alla Teologia
2
Dobbiamo seguire la regola d'oro e concedere all'esperienza reli-
giosa delle altre grandi tradizioni la stessa presunzione di possibilit
di affidabilit cognitiva che reclamiamo per la nostra (Hick, God
has Many Nantes, The Westminster Press, Philadelphia 1982, p. 24).
51
delle religioni che stiamo elaborando. Deve essere una teo-
logia a part i re dall' opzione per i poveri, intendendo con
poveri t ut t o il forte e ampi o significato della parola: non
solo chi economi cament e povero, ma anche colui che
culturalmente povero (per essere altro), la persona emar-
ginata per ragioni di genere (per essere altra), la razza
considerata inferiore, la cultura disprezzata, la classe sfrut-
tata, la mi noranza emarginata... Dal punt o di vista dell'op-
zione per i poveri, povero la persona che subisce in-
giustizia
3
. Da questa prospettiva, da questa opzione, che
la prospettiva e l' opzione del Dio della Vita e della Giu-
stizia, vogliamo costruire dal pri mo moment o la nostra
teologia del pluralismo religioso.
Bisogna anche osservare che questa ermeneutica del so-
spetto non si applica solo al carattere ideologico delle
dottrine religiose nel campo degli interessi socio-econo-
mici-politici, ma in tutti i campi. Per esempio, nel carhpo
culturale. La religione , antropologicamente parlando,
part e della cultura ed , in buona misura, debitrice del con-
testo culturale in cui si storicamente sviluppata. La cul-
tura, che nel complesso una sorta di conoscenza inte-
ressata, si basa a sua volta su aspetti materiali che la con-
dizionano e la rendono possibile, favorendone sviluppi e
interpretazioni differenti in funzione delle necessit della
vita. Oggi gi molto studiato, da parte dell' antropologia
culturale, il legame della religione con questi condiziona-
ment i materiali e interessi sociali del gruppo umano, sen-
za che questo sia di ostacolo al suo carattere al cont empo
aut onomo. Tutto ci anche un aspetto dell' ermeneutica,
culturale in questo caso, che non affrontiamo ora, ma che
necessario tener in cont o. Mediante l' ermeneutica del
sospetto, dunque, si pu e si deve evidenziare il possibi-
le carattere ideologico e interessato di una dottrina,
rispetto a qual unque dimensione della realt: economica,
politica, culturale, di genere...
4
.
3
J.M. Vigil, La opcin por los pobres es opcin por la justicia y no es
preferencial, in Rivista Teologica Xaveriana, 49, gen.-mar. 2004, Bo-
got. In Enfoque, giugno 2004, Cochabamba.
4
Mary Aquin O' Neill dice, per es., che questa una delle costanti
nella metodologia della teologia fatta dalle donne. Noi donne ci av-
viciniamo ai testi del cristianesimo con un sospetto. Convinte che c'
un pregiudizio androcentrico, non possiamo pi accettare semplice-
52
II. Testimonianze antologiche
per esercizi didattici in gruppo
Il Requerimiento (intimazione - ingiunzione) il testo
che la Spagna conquistatrice del secolo XVI decise di leg-
gere ai capi indigeni per far loro conoscere i titoli che cre-
deva legittimassero il suo diritto a impossessarsi di Isole
e Terraferma. Se, avendo ascoltato queste ragioni, i capi
indigeni non si fossero sottomessi, sarebbero stati consi-
derati ribelli contro la Corona, il che avrebbe giustificato
la guerra contro di loro. Poich non poteva essere diver-
sament e, in quell' epoca e nel paese dei Re Cattolici, il Re-
querimiento un document o giuridico che rimanda ad
argoment i net t ament e teologici e religiosi. istruttivo esa-
mi nare la teologia soggiacente ed esplicita che utilizza, e
definire se ha real ment e un fondament o teorico o ideolo-
gico. Il Requerimiento il ragi onament o, l' argomenta-
zione che la Spagna del secolo XVI d a se stessa, per giu-
stificare il suo diritto a impossessarsi delle terre di cui
aveva appena conosciuto l' esistenza. E la Giunta di Valla-
dolid affida quest' argomentazione al teologo Palacio Ru-
bio, che fonda quella pretesa economica e politica sui prin-
cipi pi universali della sua teologia
5
.
Dopo la lettura, si dibatta in gruppo ci che in quella teolo-
gia strumentalizzata vero principio e ci che ha funzione
ideologica. Si applichi l'ermeneutica del sospetto.
All'epoca del famoso triangolo negriero tra Europa,
Africa e America, per tre secoli non solo si toller la schia-
vit negra, ma anche di fatto la si giustific utilizzando af-
fermazioni esplicitamente teologiche e religiose
6
.
mente come rivelato quello che ci stato detto di accettare... (La
naturaleza de la tnujery el mtodo de la teologia, in Selecciones de Teo-
logia 142 (1997) p. 99.
5
II testo cartaceo si pu trovare in Agenda Latinoamericana 1992, pp.
18-19; in internet si pu vedere nell'archivio dell'Agenda Latinoame-
ricana (<agenda.latinoamericana.org/archivio>), cercando nell'anno
1992. E in molti libri storici.
6
II testo una selezione (la seconda parte) dell'articolo La misin
proftica de la Vida Religiosa ante el neoliberalismo, in Diakonia 68
(die. 1993) pp. 16-25, Managua, di Jos Maria Vigil. Accessibile an-
che in <servicioskoinonia.org/relat/048.htm>.
53
Si discuta poi se le affermazioni teologiche che si facevano
erano realmente ortodosse o eterodosse, puramente religiose
o interessate e ideologiche.
Il r omano pontefice, vicario di Ges Cristo e successo-
re del padrone delle chiavi del cielo, esami na con atten-
zione pat erna tutti i luoghi del mondo e le qualit delle
genti che in essi vivono. E cercando la salvezza di tutti, or-
dina e dispone ci che crede sar gradito alla Divina Mae-
st e porter all' unico gregge del Signore le pecorelle che
gli sono state affidate, ottenendo per loro il perdono e il
premi o dell' eterna felicit [...]
Considerando con la debita attenzione tutto quant o abbia-
mo esposto, cos come, poco tempo fa in un altro docu-
mento, abbi amo concesso facolt e piena libert al citato
re Alfonso di invadere, conquistare, espugnare, ridurre e
soggiogare tutti i regni, ducati, principati, domini, posse-
dimenti e beni mobili e immobili dei saraceni, pagani e al-
tri nemici di Cristo, e di ridurli in perpetua schiavit, e di
appropriarsi per s e per i suoi successori... dei regni, du-
cati, principati, domini, possedimenti e beni, dichiariamo
ora che l'Infante ha acquisito e possiede legittimamente tut-
te le isole, terre, porti e mari di questo genere... e con la
presente Lettera glieli doniamo perpetuamente e ne diamo
la propriet al citato re Alfonso, all'Infante e ai loro suc-
cessori....
E a tutti i fedeli cristiani... proibiamo con questo decreto
di portare, direttamente o indirettamente, armi , ferro, o al-
tre cose proibite dalla legge, in tutti i luoghi... conquista-
ti o in possesso del re Alfonso e dei suoi successori, di na-
vigare o pescare nei suoi mari , di intromettersi... o tenta-
re di ostacolare, direttamente o indirettamente, il pacifico
possesso di questi luoghi da parte del re Alfonso o dei suoi
successori...
7
.
Ci sono solo poche premesse teologiche in questo testo, rife-
rite al ministero di Pietro, ma sono sufficienti per far deri-
vare da esse un'autorit apostolica come facolt di ripar-
tire il mondo e autorizzare la schiavit perpetua dei suoi abi-
tanti, a favore dei principi cristiani che si supponeva rice-
vessero queste ricompense per meglio continuare a combat-
7
Bullarum Romanum, V, pp. 111-114.
54
tere per la salvezza delle anime e la gloria della santa Fede
cattolica. Pu essere ortodossa una concezione del mini-
stero papale che, appellandosi al Vangelo (Mt 16,17-19), de-
duce da questo simili terrificanti diritti sui saraceni, paga-
ni e altri nemici di Cristo? Qualcuno pu pensare che le pa-
role di Ges rivolte a Pietro avrebbero potuto concedergli una
simile autorit imperiale, assoluta e totale su tutto il mon-
do? Ha un carattere ideologico questa teologia del primato
di Pietro? vera o falsa questa teologia?
L'affermazione fondamentale della teologia della cri-
stianit quella secondo cui "al di fuori della Chiesa non
c' salvezza". Per questa ragione gli indios e i negri devo-
no assumere i valori, gli usi e i costumi della civilizzazio-
ne occidentale
8
.
Nessun testo e nessuna ricerca (n nessuna teologia o
dottrina religiosa), per quant o oggettivi pret endano di es-
sere, possono evitare di essere guidati da un orizzonte d'in-
teresse. Conoscere sempre interpretare. La st rut t ura er-
meneut i ca di t ut t o il sapere e di tutta la scienza tale che
il soggetto sempre entra con i suoi modelli, paradi gmi e
categorie nella composizione dell' esperienza dell' oggetto
mediata dal linguaggio. Il soggetto non ragione pura:
inserito nella storia, nel contesto socio-politico e si muove
per interessi personali e collettivi. Per questo, non esiste
un sapere esente dall'ideologia e purament e disinteressa-
to
9
.
Commentare questo testo che esprime in sintesi una convin-
zione filosofica propria dell'epoca moderna: non esiste un te-
sto, una scienza, una tecnica... e neanche una dottrina reli-
giosa o una teologia che siano neutri, puramente oggetti-
vi, asettici, apolitici, senza ideologia, senza interessi consa-
pevoli e inconsapevoli...
Chi senza ideologia scagli la pri ma pietra, famoso in-
tervento di Mons. Smith, vescovo ausiliare di Lima, nella
IV Conferenza del CELAM a Sant o Domi ngo, 1992. Com-
mentare.
8
Ferraro, Benedito, Cristologia, Vozes, Petrpolis 2004, p. 23.
9
L. Boff, Pasin de Cristo, pasin del mundo, Indoamerican Press Ser-
vice, Bogot, 1978, p. 15; o anche in Jesucristoy la liberacin delhom-
bre, Cristianidad, Madrid 1981, p. 289.
55
La verit, Pilato, questa: porsi di fianco agli umili e a
quelli che soffrono (Van der Meersch)
10
. Commentare.
Questa frase disponibile in poster nei Servicios Koinonia
(<http://servicioskoinonia.org/posters>).
Esercizio raccomandato: Il Concilio di Lima (anno 1567)
proib le ordinazioni sacerdotali degli indios. Facciamo l'e-
sercizio collettivo di immaginare quali ragioni teologiche e
bibliche pot addurre per giustificare la sua decisione. Al
contempo sospettiamo quali ragioni economiche, politi-
che, culturali... furono anche la causa di quella proibizione
di aprire il ministero sacerdotale cristiano agli indigeni
11
.
III. Applicazioni alla vita
Tale ermeneutica del sospetto studiata in questa sessio-
ne un principio di massi ma applicabilit alla vita, t ant o
a livello collettivo, civile o ecclesiale, come a livello indivi-
duale o personale. Tutti dobbi amo sapere che non esisto-
no i principi neutri, n la scienza neut ra e neanche la tec-
nologia neutra... cos come nemmeno la teologia o la spi-
ritualit neut re... Tutto situato ent ro la correlazione di
forze sociali, ent ro il confronto d' interessi della societ e
della storia.
Anche la mia opinione, la mi a scienza, la mi a teologia e la
mi a spiritualit sono collocate in questo campo magneti-
co degli interessi propri e altrui, ai quali non posso sot-
t rarmi . Perci devo esami nare l'influsso che possono eser-
citare su di me, e fino a che punt o permet t o di lasciarmi
portare da essi...
A livello collettivo, ecclesiale o del cristianesimo nel suo in-
sieme, posso considerare di essere un cristiano adulto che
giudica la propria storia, per non giustificare n ripetere i
soprusi che noi cristiani abbiamo commesso nella storia,
con la Bibbia e la teologia in mano. Vogliamo chiedere per-
dono per i comport ament i ideologizzati espressi nel passa-
10
Alfonso Comin, in Misin Abierta 70 (marzo 1977), ultima pagina.
11
Vedere il documento del Concilio di Lima in Marzal, Manuel e al-
tri, O rostro indio de Deus, Vozes, Petrpolis 1988, pp. 202-203. An-
che Marzal,, M., La transformacin religiosa peruana, Pontificia Uni-
versidad Catlica, Lima 1983, p. 322.
56
to e trasformare la storia con un presente e un futuro di ve-
rit fedele al Vangelo e a coloro che, fino ad ora, sono stati
le vittime. Un altro cristianesimo possibile...
Fare queste analisi non ansia di criticismo, n sottigliezza
intellettuale, ma semplicemente mettere in opera con la
massi ma attenzione la parola di Ges: Non fare agli altri
ci che non vorresti gli altri facessero a te, o quelle sotti-
li percezioni tipicamente sue: Non chi dice "Signore, Si-
gnore", ma chi fa la volont del Padre mio.
IV. Domande per riflettere e per dialogare
- Qual il t uo personale bilancio della storia del cristia-
nesi mo rispetto al t ema del pluralismo religioso? altro
rispetto a quant o qui presentiamo? In quali aspetti? Con-
dividi e dialoga con i compagni/e.
- La parol a ideologia utilizzata a volte con significato
negativo e a volte con significato positivo. Sono due signi-
ficati diversi. Si possono distinguere? Spiega la differenza.
- Cosa si pu rispondere all' obiezione di coloro che han-
no una visione mol t o idealista e pensano che se lo Spirito
guida il Popolo di Dio, questo non pu lasciarsi trascina-
re da interessi meschini o addirittura peccaminosi?
- certo che i nostri interessi influenzano la nost ra ma-
niera di pensare? Comment a quel proverbio che dice: Vi-
vi come pensi, perch se no finirai per pensare come vivi.
- Si pu argoment are contro una dottrina o teologia, non
con assunti teorici ma appellandosi ai suoi effetti pratici e
sociali? Non una forma i nadeguat a di argoment azi one?
- Solo per cominciare a esplorare il tema: quali afferma-
zioni teologiche o bibliche hanno pot ut o fungere, di fatto,
come fondament o ideologico del machismo nella societ e
nella chiesa? Fare un elenco delle possibili basi bibliche e
teologiche del patriarcalismo.
Bibliografia
KNITTER PAUL, NO Other Name? A Criticai Survey of Christian At-
titudes Toward the World Religions, Orbis Book, Maryknoll
2000 (12 ristampa); alle pp. 163-165 parla espressamente del-
l'ermeneutica del sospetto.
57
PIXLEY JORGE, Es possible una evangelzacin no imperialista? Ri-
cerche bibliche in: <http://servicioskoinonia.org/relat/071.
htm>.
REZENDEE VALERIA, Historia de la Iglesia de Brasil. Periodo colo-
nial, nella biblioteca di Koinonia (<http://servicioskoinonia.
org/biblioteca>). Si tratta di una rilettura della storia della
Chiesa brasiliana coloniale con rermeneutica del sospetto
e dalla prospettiva dell'opzione per i poveri. Tratta molto be-
ne il tema afro-americano, piuttosto sconosciuto, in genera-
le.
VIGIL, JOS MARIA., La misin proftica de la vida religiosa ante el
neoliberalismo, RELaT n. 48, Diakonia 68 (dicembre 1993) pp.
16-25, Managua; Enfoque, Conferencia Boliviana de Religio-
sos, 87 (settembre 1994) pp. 5-14, La Paz; Nuevo Mundo, 165-
166 (1994) pp. 157-172, Caracas.
58
Capitolo sesto
Strumenti logici: nomi, concetti
e classificazioni
Abbiamo detto che il nostro metodo consiste nel vedere, giu-
dicare e agire. Per quanto riguarda il vedere, ci siamo ac-
costati a diversi aspetti della realt. il momento di passa-
re alla seconda parte: quella di giudicare la realt che ab-
biamo cercato di vedere. Per questo necessario, in pri-
mo luogo, dotarci di alcuni strumenti con i quali poter ri-
flettere sulla realt conosciuta. Concretamente abbiamo bi-
sogno di:
a) un chiarimento d linguaggio (concetti, nomi, definizio-
ni, distinzione dei termini...);
b) una classificazione delle possibili posizioni che l'esperienza
suggerisce di adottare rispetto al tema, per iniziare a orien-
tarci.
I. Per sviluppare il tema
1. Nomi e concetti
Teologia del l e religioni (TR): la teologia pu essere de-
finita in molti modi, ma nel suo significato pi ampi o un
concetto che, in ogni caso, appartiene al comune bagaglio
culturale. Teologia riflessione alla luce della fede. Teo-
logia significa studio su Dio. Per estensione, teologia
ogni riflessione che si fa a partire dalla fede su qualsiasi
oggetto o t ema adeguato.
La teologia che riflette su qualche oggetto o dimensione
concreta del mondo della fede un r amo della grande teo-
logia. Possiamo cos enumerare diversi rami : la teologia
dei sacrament i o sacramentaria, la teologia sulla Chiesa o
ecclesiologia, la teologia sulle realt ul t i me o escatologia,
ecc.
La teologia delle religioni dunque il r amo della teolo-
gia che fa delle religioni l'oggetto della pr opr i a riflessione.
59
Le religioni sono l'oggetto materiale della TR, come i sa-
crament i lo sono della teologia sacrament ari a o la Chiesa
10 della ecclesiologia. La TR vuole riflettere sul signifi-
cato delle religioni, il significato che hanno nel piano di
Dio, la loro validit salvifica, i rapport i fra di esse, ci che
hanno in comune e ci che le differenzia, ecc. Questo sa-
rebbe l'oggetto formale della TR.
Teol ogi a del pluralismo religioso (TPR): semplicemen-
te un nuovo nome della teologia delle religioni (TR). un
sinonimo, significa la stessa cosa
1
.
un nuovo nome che si sta i mponendo, perch i teologi
pare stiano scoprendo che il pluralismo religioso, cio
la pluralit delle religioni, il fatto che siano molte e non
una sola... il grande t ema oggi centrale in questa teolo-
gia. All'inizio, alcuni decenni fa, stato il t ema della sal-
vezza a costituire il cent ro della TR, la discussione prin-
cipale era: c' salvezza nelle altre religioni? Ora c' un
consenso comune ri guardo al t ema della salvezza nelle al-
tre religioni (tutti ritengono che ci sia salvezza nelle al-
tre religioni), ment re la grande questione at t ual ment e in
discussione oggi la pluralit stessa delle religioni, il plu-
ralismo religioso
2
. Oggi una teologia delle religioni non
pu non essere, in definitiva, una teologia del pluralismo
religioso
3
.
11 cristianesimo, lungo i suoi venti secoli, si interessato
al tema della presenza della salvezza nelle religioni non cri-
stiane
4
. In ogni epoca ci sono stati pensatori o teologi che,
1
Utilizzeremo indifferentemente i due nomi, soprattutto per evitare
- come diremo in seguito - il facile equivoco tra pluralismo (la plu-
ralit delle religioni) come contenuto della TPR e pluralismo come
schema di posizionamento (paradigma) all'interno della classifica-
zione delle diverse posizioni adottate dai teologi che hanno fatto TR.
2
Dupuis spiega le ragioni del cambiamento di nome che si sta im-
ponendo in questo ramo della teologia in Verso una teologia cristia-
na del pluralismo religioso, Queriniana, Brescia 1997, pp. 18-19.
3
J. Dupuis, ibid., p. 271.
4
Pu risultare interessante rivedere il libro di F.A. Sullivan, cHay sal-
vacin fuera de la Iglesia?, Descle, Bilbao 1999, che passa in rasse-
gna la storia dell'assioma extra Ecclesiam nulla salus, dall'inizio
del cristianesimo sino ai nostri giorni. L si pu vedere come questa
domanda sul significato delle altre religioni - soprattutto per la que-
stione della presenza o assenza in esse della salvezza - non ha mai
60
in modo diretto o indiretto, si sono interrogati e hanno da-
to le loro risposte, ma non mai esistito un corpo dottri-
nale che potesse essere considerato una riflessione siste-
matica sulle religioni, non c' stata una vera TR. Questa
appare come teologia nella seconda met del XX secolo.
Si ritiene infatti che il pri mo libro di TR sia stato quello
di Heinz Robert Schiette, intitolato Le religioni come tema
della teologia, pubblicato nel 1963
5
.
Il Concilio Vaticano II stato l' occasione, senza precedenti
n paragoni in t ut t a la storia, nella quale una Chiesa cri-
stiana ha parlato di pi e pi positivamente delle religioni
non cristiane
6
. Le affermazioni fatte significarono una por-
ta aperta per i teologi, che rapi dament e avanzarono su que-
sto t erreno non ancora dissodato. Tutti sentivano - e an-
cora sentono - che eravamo e che ci troviamo di fronte a
un t ema inedito, in una nuova t appa del rapport o tra le re-
ligioni, che anche ci che ci permet t e di fare questa nuo-
va riflessione. Ancora oggi alcuni dei pi famosi autori di
TR riflettono nei propri libri questo essere in costruzione:
Verso una teologia cristiana del pluralismo religioso il
titolo dell' opera pi rappresentativa di Jacques Dupuis. La
vivacit del dibattito, che il t ema ha port at o nella discus-
sione teologica, riflette la stessa cosa, cos come la reazio-
ne di vigilanza e censura che t ra i cattolici stata adotta-
ta dalla Congregazione per la dottrina della fede (ex Sant'Uf-
ficio).
L'aggettivo cristiana, nel titolo citato dell' opera di Dupuis,
ci offre l' opportunit di segnalare una distinzione. Teolo-
gia una parola e un concetto di origine greca, che in realt
esisteva pri ma del Cristianesimo. Tuttavia, attualmente teo-
logia considerata di fatto come un concetto che appar-
tiene alla religione cristiana, anche se in tutte le religioni
presente una teologia, spesso espressa con altri nomi. In ogni
religione, effettivamente, presente una riflessione a par-
tire dalla fede, una fede che cerca di comprendere e riflet-
cessato di accompagnare le chiese cristiane, anche se mai ne stato
fatto un trattato sistematico, un ramo teologico, come sarebbe avve-
nuto pi tardi con la teologia delle religioni.
5
H.R. Schiette, Die Religionen als Thema der Theologie, Verlag Her-
der K.G., Freiburg im Breisgau 1963.
6
Sullivan, ibid., p. 195.
61
tere pi o meno sistematicamente. Ci vuol dire che legitti-
mament e la TR non esiste solo tra i cristiani. Non solo c'
una TR cristiana, ma ci pu essere una TR musulmana, bud-
dhista, o induista... Forse in alcune religioni non si chia-
mer teologia - ad esempio nell'induismo, a cui alieno
il concetto stesso di Dio, Theos - ma, per intenderci, pos-
siamo parlare di teologie delle religioni elaborate da altre
posizioni religiose diverse dal cristianesimo, e dobbiamo sa-
pere che esistono o possono esistere ed bene che esistano.
Sorge allora una domanda: possibile costruire una TR
che non sia cristiana n musul mana n di qual unque altra
religione, ma che pret enda di essere inter-religiosa, aper-
ta a tutte le religioni? Ci sono posizioni a favore e contra-
rie. In questo moment o non c'interessa prendere posizio-
ne, ma semplicemente essere consapevoli che esiste una
teologia cristiana delle religioni - e che di principio ci
muoveremo nel suo ambito, finch non di remo altrimen-
ti, ma esiste anche una teologia non cristiana delle reli-
gioni e forse si potrebbe anche pensare a una teologia in-
ter-religiosa delle religioni.
Non necessario sottolineare, essendo ovvio, che dobbia-
mo distinguere chi arament e la TR dalla scienza delle reli-
gioni, dall' antropologia delle religioni, dalla storia compa-
rat a delle religioni, ecc. Sono anch' esse scienze mol t o gio-
vani, nate da poco pi di un secolo.
2. Classificazioni: mappa dei modelli della TR
Nonostante la sua giovane et, la TR ha gi fatto un buon
cammino e guardando indietro si pu osservare che con-
ta una marcata variet di posizioni, una molteplicit di ri-
sposte date dai teologi al probl ema centrale del significa-
to della pluralit delle religioni. Negli ultimi 25 anni sono
stati fatti vari tentativi di classificazione di queste posi-
zioni. Il farci un' idea, sia pure sommari a o schematica, di
come si possono raggruppare o classificare, ci dar una vi-
sione d'insieme della storia e della situazione attuale del-
la TR e comincer a fornirci elementi di giudizio per po-
ter prendere anche la nostra posizione all' interno di que-
sta mappa. Ci aiuter a captare quali sono in questo mo-
mento i punti decisivi o pi importanti dell'edificio in co-
struzione della TR.
62
Le classificazioni sono parecchie, ma ci riferiremo solo al-
le principali.
Metteremo in pri mo pi ano una classificazione tripartita,
che stata accettata universalmente per la sua chiarezza
e semplicit (forse perch - come si vedr - scaturisce in
mani era logica dalla stessa st rut t ura della realt). Alcuni
teologi la considerano insufficiente, ed logico, perch tut-
t o ci che semplice semplifica e deve successivamente es-
sere reso complesso con ulteriori ripartizioni che diano ra-
gione delle sfumature che esistono nella realt
7
.
La classificazione pi semplice
8
e, in qualche modo, uni-
versalmente riconosciuta dei modelli o delle posizioni en-
t ro la TR la seguente:
A. Esclusivismo. Si chi ama esclusivismo la posizione teo-
logica che sostiene l' esistenza di una sola religione vera,
che quella rivelata da Dio e che possiede in esclusiva la
verit, ment re le altre sono religioni false, o religioni sem-
plicemente umane, o naturali, che non salvano.
Nel Cristianesimo questa posizione stata quella domi-
nant e e ufficiale nei venti secoli della sua storia sino agli
anni '60 del secolo scorso
9
.
B. Inclusivismo. la posizione di chi sostiene che sebbe-
ne la Verit e la Salvezza siano in una det ermi nat a reli-
gione, esse si fanno presenti - in forme pi o meno defi-
citarie o imperfette - anche nelle altre religioni, ma come
una partecipazione della Verit e della Salvezza presenti
nell' unica vera religione.
Nel cristianesimo questa posizione viene espressa quando
si sostiene che solo la religione cristiana possiede la Verit
e la Salvezza e, sebbene anche in altre religioni ci siano
7
A volte questo significa solo che questi teologi si sentono a disagio
a essere classificati senza sfumature come pluralisti o inclusivisti.
8
Nella sua opera principale, Verso una teologia cristiana delle religio-
ni, e sebbene non condivida la classificazione, Dupuis scrive, di pas-
saggio: servendoci, per chiarezza, della classificazione di Schinel-
ler... {ibid., p. 252). Quella di Schineller di fatto la classificazione
tripartita, anche se c' una suddivisione nel terzo punto.
9
Il Corano afferma che le buone opere senza la fede [musulmana]
sono vane, una illusione (6,88; 18,103-105; 24,29...). Allo stesso mo-
do, la maggioranza dei teologi [musulmani] delle pi diverse scuole
non esita a destinare all'inferno ogni non musulmano, qualunque sia
il valore delle sue opere (R. Caspae, Para una vision cristiana del
Islam, Sai Terrae, Santander 1995, p. 181).
63
elementi di verit, Dio le ha depositate pi enament e solo
nella religione cristiana. La salvezza per l' Umanit sareb-
be stata conquistata concret ament e da Ges Cristo, che l'ha
depositata nella sua Chiesa. Partecipano alla Salvezza an-
che i non cristiani, non per una presunta validit delle lo-
ro religioni, ma per il potere di Cristo, che li raggiunge in
una mani era conosciuta solo da Dio
10
. In realt i non cri-
stiani non si salvano in quanto partecipano alla propria
religione, bens malgrado aderiscano ad essa.
Questa posizione quella che si fece strada nel mondo teo-
logico - a partire soprat t ut t o dalla Chiesa cattolica - in-
torno agli anni del Concilio Vaticano IL
C. Pluralismo
11
. la posizione teologica di chi afferma
che tutte le religioni part eci pano della salvezza di Dio,
ognuna a suo modo e aut onomament e. Vie a dire: non c'
una religione che stia al centro stesso dell' universo reli-
gioso... Al centro c' solo Dio. Le religioni ruot ano attor-
no a Dio, come i pianeti at t orno al sole. In tutte le religio-
ni Dio viene incontro all' uomo, senza che ci sia un' unica
religione vera, neppure una religione privilegiata inclu-
dente, a cui tutte le altre sarebbero debitrici o sussidiarie.
Nel cristianesimo questa posizione sostiene che lo stesso
cristianesimo non occupa il centro, ma ruot a come una
delle religioni at t orno al centro, che occupato solo da Dio.
Il pluralismo come posizione teologica esplicita ed elabo-
rat a una posizione nuova nel mondo teologico cristiano,
molto recente e implica un cambi ament o radicale.
Sebbene abbiamo esemplificato i tre casi riferendoci al cri-
stianesimo, le tre posizioni non sono proprie di questo n
di alcuna religione: in qual unque religione pu venire adot-
tata l'una o l'altra posizione. Ci sono posizioni inclusiviste
anche nell' Induismo e nell' Islam, cos come ci sono posi-
zioni pluraliste tra i mistici sufi, ecc.
Logicamente, questa classificazione pu essere arricchita
dando spazio ad altre suddivisioni, sfumature, variazioni...
ci che affronteremo nella lezione seguente.
10
GS 22.
" Si tenga conto di quanto detto prima: qui pluralismo non indi-
ca la pluralit delle religioni, ma un concreto modello di posizio-
ne dentro la TR. Non entriamo nella distinzione tra pluralismo e
pluralit: cf. l'articolo di Jayanth citato nella bibliografia.
64
In ambi t o cristiano, questa classificazione tripartita so-
lita utilizzare anche altre categorie e altri nomi , che corri-
spondono specul arment e ai tre citati, nel seguente modo:
A. Eccl esi ocentri smo. Di fatto, nel cristianesimo, la posi-
zione esclusivista non pu che porre al centro di t ut t o la
Chiesa cristiana (qualunque essa sia). La Chiesa cristiana
al centro del pi ano di salvezza di Dio. Solo la Chiesa
depositaria della salvezza e tutte le altre religioni sono de-
stinate a scompari re e ad essere incluse nella Chiesa. Tut-
to nel mondo e nella storia umana guarda alla Chiesa co-
me al suo centro e alla sua destinazione. Questa posizione
esemplificata nella not a sentenza: Fuori della Chiesa
non c' salvezza
12
.
B. Cristocentrismo. Sarebbe il nome cristiano dell'inclusi-
vismo. In questa posizione non si pensa pi che solo nella
Chiesa cristiana c' salvezza e che le religioni sono prive del-
la presenza salvifica di Dio... Si pensa piuttosto che anche
fuori del cristianesimo, anche nelle altre religioni non cri-
stiane, sono presenti la Verit di Dio e la sua Salvezza, per
si continua a ritenere che questa Verit e questa Salvezza
siano proprie del cristianesimo, quelle manifestate da Ges
Cristo, il Figlio di Dio venuto in questo mondo. Nessuno
dunque si salva se non per la mediazione di Cristo, anche
se appartiene a un' altra religione e non conosce Ges Cri-
sto. Per questo parliamo di cristocentrismo. Una frase esem-
plificatrice di questa posizione : Solo Cristo salva.
C. Teocentri smo. Nel cristianesimo
13
questa terza posi-
zione sostiene che al centro vi Dio e solo Dio. Int orno a
lui ci sono tutte le religioni, che si rapport ano di ret t ament e
a lui, senza la mediazione cristiana. Cristo e il cristianesi-
mo st anno a fianco delle altre religioni, senza che debba-
no essere considerati come medi azi oni assolute per esse.
La pri ma e la seconda classificazione che abbi amo visto
sono identiche, dal punt o di vista di una logica struttura-
le, solo che la seconda utilizza una t ermi nol ogi a cristiana.
12
Extra Ecclesiam nulla salus.
13
Non prendiamo ora in considerazione l'obiezione di coloro che di-
cono che questa posizione non cristiana, che non compatibile con
le principali credenze del cristianesimo; affronteremo la questione a
suo tempo.
65
Noi, in questo corso, preferiamo utilizzare la pri ma no-
mencl at ura, che pi universale e si pu applicare a qua-
l unque religione; anche se potremo adottare la seconda
quando ci riferiremo all' ambito cristiano.
Vediamo qualcun' altra delle classificazioni pi conosciute
in mat eri a di TR.
Knitter l' autore che ha proposto pi schemi di classifi-
cazione e nomenclature. Nel 1985, nella sua famosa ope-
ra Nessun altro nome?
14
dava questa classificazione:
a) il modello evangelico conservatore (esclusivismo ra-
dicale)
b) il modello protestante generale (esclusivismo mode-
rato)
e) il modello cattolico (inclusivismo)
d) il modello teocentrico (pluralismo).
Nel 1986, in un articolo d'antologia
15
, ne diede un' altra, pi
simbolica:
a) Cristo contro le religioni (esclusivismo)
b) Cristo dentro le religioni (inclusivismo)
e) Cristo sopra le religioni normativamente (pluralismo
normativo)
d) Cristo con le altre religioni (pluralismo).
Nel 2002, nell' ultimo libro in cui rielabora t ut t o il suo la-
voro teologico degli ultimi 30 anni, ci offre una nuova pro-
posta:
a) il modello della sostituzione, totale o parziale (esclu-
sivismo)
b) il modello del compi ment o (inclusivismo assolutista)
e) il modello della reciprocit (pluralismo)
d) il modello dell' accettazione (pluralismo post-moder-
no?)
16
.
14
Cf. la bibliografia a fine capitolo.
15
P. Knitter, La teologia de las religiones en el pensamiento catlico,
in Concilium 203, gen. 1986, pp. 123-134. Anche in <http://servicio-
skoinonia.org/relat/315.htm>.
16
I nomi nell'orignale inglese sono: the replacement model; the fulfl-
Iment model; the mutuality model; the acceptance model. Cf. P. Knit-
ter, Introducing Teologies ofReligions, Orbis Books, Maryknoll 2002.
66
Rai mon Panikkar presenta a sua volta due classificazioni
quadripartite:
a) esclusivismo
b) inclusivismo
e) parallelismo
d) interpenetrazione.
Oppure quest' altra:
a) modello geografico: cammi ni che conducono alla ci-
ma della mont agna
b) modello fisico: l' arcobaleno
e) modello geometrico: la variante topologica
d) modello antropologico: il linguaggio
17
.
Juan Jos Tamayo ha proposto ul t i mament e una tipologia
di sei atteggiamenti
18
ispirata, come quella di Knitter, a Nie-
buhr, per pi ampia:
a) Cristo contro le religioni e la cultura: cristologia ed ec-
clesiologia escludenti
b) Cristo al di sopra delle culture e i cristiani anoni mi
e) Armonia t ra Cristo e la cultura
d) Normativit di Cristo per la salvezza
e) Plurali manifestazioni di Dio e pluralit di mediatori
f) Salvezza attraverso la prassi storica di liberazione.
3. Difficolt
Questo t ema delle classificazioni e corrispondenti catalo-
gazioni, che implicitamente ci troviamo a fare, di teologi e
teologie, risulta tanto utile e necessario quant o difficile e
fastidioso. A nessuno piace essere catalogato rigidamente
in una classificazione che non ha stabilito o i cui presup-
posti categoriali nemmeno condivide: dobbi amo rispettare
questa ritrosia a lasciarsi catalogare. D' altra part e una ne-
cessit intellettuale il cercare di comprendere la realt nel-
17
R. Panikkar, Il dialogo intrareligioso, Cittadella Editrice, Assisi (1988)
2001
2
, pp. 27-58.
18
J.J. Tamayo Fundamentalismo y dialogo entre las religiones, Trotta,
Madrid 2004.
67
la sua molteplicit, scoprendo i punti comuni e gli elementi
che la differenziano: in questo consiste, t ra l'altro, l'attivit
intellettuale in generale e la teologia in particolare. Si trat-
ta quindi di trovare un equilibrio tra il rispetto - sempre
dovuto - alla rivendicazione da parte di ognuno d' interpre-
tare la propria posizione e la perentoria necessit profes-
sionale di conoscere e comprendere, e per questo di classi-
ficare e catalogare, fatto salvo il legittimo diritto di riven-
dicare la propria divergenza.
Un chiaro esempi o pu essere la difficolt che incontra-
no le teologie africane e i ndi ane dell' America Latina a ri-
trovarsi in queste classificazioni, a giudicare dal malesse-
re che avvertono alcuni dei suoi rappresent ant i di fronte
ad esse. Le categorie teologiche che sono alla base di al-
cune di queste classificazioni, pot r emmo dire che ap-
paiono loro come incommensurabili, impossibili da tra-
durre, non suscettibili di applicazione n di equivalenza
con le propri e categorie, cos che dicono di non poterle
accettare. In realt, nonost ant e questa difficolt - forse
semplicemente interculturale - il dialogo teologico e lo
sforzo di comprendere la realt, in un modo o nell' altro,
prima o poi andr avanti. Ci che non possi amo fare re-
stare paralizzati con la scusa della diversit culturale del-
le categorie utilizzate.
D'altra part e le classificazioni, come la teologia stessa, so-
no vive e si evolvono: con il t empo e il dialogo si vanno
creando nuove sezioni all' interno delle classificazioni, men-
t re alcune tra quelle antiche vengono abbandonat e o scom-
paiono... Possiamo riferirci al caso dell' inclusivismo aper-
to, terminologia oggi prat i cament e in disuso, che accolse
per alcuni anni teologi che si sentivano a disagio nell'in-
clusivismo - evidenziando cos cl amorosament e la neces-
sit di un superament o - ma che non potevano accettare
di essere catalogati come pluralisti a causa dell'associa-
zione allora inevitabile tra pl ural i smo e relativismo... Og-
gi i principali autori riuniti sotto l' ombrello dell'inclusi-
vismo aperto preferiscono parl are di pluralismo asim-
metrico, e con ci hanno dat o un apport o notevole al pa-
norama teologico delle religioni: hanno messo in evidenza
il carattere realistico del pluralismo, che solo quando
estremista pot r negare le differenze reali, concrete e ine-
68
vitabili
19
t ra le religioni, sebbene pluralisticamente le si con-
sideri t ut t e vie di salvezza...
Non si tratta di teologi transfughi, che mi grano da una po-
sizione all' altra, ma del fatto che ci troviamo in un r amo
della teologia molto giovane, che si sta sviluppando e, con
esso
{
tutti st i amo crescendo e i mparando quasi ogni gior-
no. un segno di vitalit.
Concludiamo ri cordando ed esplicitando una distinzione
a cui abbi amo accennat o solo di passaggio: la parola plu-
ralismo ha dunque, attualmente, due significati nell' am-
bito della TR. In pri mo luogo, ha il significato del dizio-
nario: pluralismo religioso la pluralit di religioni, il fat-
to che le religioni siano molte; un significato diretto e
semplice. Ma altro il significato della parol a pluralismo
quando ci si riferisce a uno dei tre (o pi) modelli in cui
si classificano le posizioni presenti nella TR (esclusivismo,
inclusivismo, pluralismo). Questo secondo significato - che
un significato tecnico - non quello i mmedi at o del di-
zionario, ma allude a una forma specifica di concepire i
rapport i t ra le religioni, in contrapposizione all'esclusivi-
smo e all' inclusivismo. Bisogna fare attenzione, poich mol-
te persone, quando sentono la parola pluralismo, la in-
t endono nel pri mo significato (quello del dizionario) an-
che se lo si sta utilizzando in senso tecnico; una confu-
sione molto comune, fonte di molti equivoci, perch i due
significati non sono comparabili.
Per spiegarci meglio: se parliamo della teologia del plura-
lismo religioso risaputo cosa l significhi la parola plu-
ralismo (pluralit di religioni); ma se parl i amo di una teo-
logia pluralista del pluralismo religioso, i nt endi amo dire
che l'aggettivo pluralista si riferisce a una teologia non
elaborata sul modello esclusivista n su quello inclusivista,
ma dalla posizione del pluralismo. La maggiore novit
nel campo della TR non il pluralismo religioso come plu-
ralit di religioni, ma il modello pluralista di concepire
le relazioni tra le religioni. Ma tutto questo lo vedremo pi
ampi ament e nella lezione seguente.
Non per volont di Dio, ma per gli stessi limiti umani .
69
II. Testi antologici
Pietro prese la parola e disse: In verit sto rendendomi
conto che Dio non fa preferenze di persone, ma chi lo te-
me e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga,
a lui accetto (At 10,34-35).
C' una mani era sicura di non arrivare a Dio, ed in-
stallarsi in una religione (Raimondo Lullo).
Non possiamo pretendere che una religione abbia la ve-
rit totale, n incasellare Dio in una di esse. Dobbiamo la-
sciare a Dio di essere Dio, al di sopra delle nostre catego-
rie e definizioni. Perch nella misura in cui ri nunceremo
a possederlo, lo incontreremo come il Dio vero. Il vero Dio
non mai a nostra misura, come dice Eloi Ledere.
Il futuro principale del dialogo la conversione a Dio. Non
si tratta pri ma di t ut t o di cambiare religione; che ognuno
segua quella che pi lo convince. Anche se si amo convin-
ti che la religione cristiana la migliore, dobbi amo ri-
spettare gli altri, che sono a loro volta convinti che la pro-
pria sia la migliore. Nessuno possiede la verit completa.
Solo Dio (Antonio Peteiro Freire, vescovo cattolico di Tan-
geri, in Vida Nueva 2308, dicembre 2001, p. 50).
Quando uno acquisisce una quantit infinitesimale di
Amore, si dimentica di essere musul mano, mago, cristia-
no o infedele (Ibn 'Arabi, 1165-1240).
Internet produce un numero incalcolabile d' immagini che
compaiono su milioni di schermi di comput er in tutto il
pianeta. In questa galassia d' immagini e suoni apparir il
volto di Cristo e si sentir la sua voce? Perch solo quan-
do si vedr il suo volto e si sentir la sua voce il mondo
conoscer la buona notizia della nostra redenzione. Que-
sto il fine dell' evangelizzazione. E questo ci che con-
vertir Internet in uno spazio aut ent i cament e umano, dal
momento che se non c' posto per Cristo, non c' neanche
posto per l' uomo. Pertanto, in questa giornata mondiale
delle comunicazioni, voglio esortare t ut t a la Chiesa a...
{Messaggio di Giovanni Paolo IIper la XXXVI Giornata mon-
diale delle comunicazioni sociali, 12 maggio 2002).
Quanto lo Spirito opera nel cuore degli uomi ni e nella
storia dei popoli, nelle culture e religioni, assume un ruo-
70
lo di preparazi one evangelica e non pu non avere riferi-
ment o a Cristo [...]. Gli uomi ni non possono ent rare in
comuni one con Dio se non per mezzo di Cristo, sotto l'azio-
ne dello Spirito (Dominus lesus, 12).
III. Esercizi pedagogici raccomandati
Catalogare all' interno delle varie classificazioni presentate
i testi antologici riportati, o altri delle lezioni precedenti.
Cercare testi di altri autori, di scrittori religiosi classici (cri-
stiani o no), o anche di preghiere o testi liturgici (cristia-
ni o no)... e catalogarli secondo alcune di queste classifi-
cazioni; analizzare poi nel gruppo se la catalogazione che
si fatta corretta.
IV. Domande per riflettere e per dialogare in gruppo
- Che cos' la teologia?
- Ogni cristiano o cristiana un teologo. Vero o falso?
- Spieghiamo con le nostre parole che cos' la teologia del-
le religioni.
- Il t ema centrale della teologia delle religioni adesso la
pluralit stessa delle religioni. Qual era pri ma? Perch c'
stato questo cambi ament o?
- Ogni teologia cristiana?
- Avevamo gi sentito qualche volta la classificazione di
queste posizioni in mat eri a di teologia delle religioni? Do-
ve?
- A quale posizione t ra quelle esposte (inclusivismo, esclu-
sivismo, pluralismo...) appart eneva il cristianesimo nel
quale sono cresciuto e divenuto cristiano?
- Qual la posizione della mi a chiesa locale?
- Qual la mia posizione personale?
- Ho speri ment at o nella mi a vita qualche evoluzione su
questo punt o, o sono nella stessa posizione di sempre? Pos-
so spiegare a che cosa dovut a questa evoluzione, se c'
stata?
- Nell' espressione: teologia pluralista del pluralismo re-
ligioso, spiegare la differenza di significato delle due pa-
role pluralista e pluralismo.
71
Bibliografia
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gioni, Roma 1996, nn. 10-12.
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zione anche sulle varie classificazioni.
JAYANTH MATHEW, De la pluralidad al pluralismo, in Selecciones de
Teologia 163, settembre 2002, pp. 163-176.
KNITTER PAUL, Nessun altro nome? Un esame critico degli atteg-
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scia 1991, l'originale del 1985.
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PANIKKAR RAIMON, Il dialogo intrareligioso, Cittadella Editrice, As-
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SCHINELLER J.P., Christ and the Church: a spectrum ofviews, in
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TEIXEIRA FAUSTINO, Teologia de las religiones. Una vision panor-
mica, Abya Yala, Quito 2005.
TORRES QUEIRUGA ANDRS, El dilogo de las religiones, Sai Terrae,
Santander 1992, p. 8ss.
72
Capi tol o setti mo
Visione generale: esclusivismo,
inclusivismo e pluralismo
Nella lezione precedente abbiamo elaborato i concetti fon-
damentali con cui muoverci nel campo che ci proponiamo
di percorrere, quello della teologia delle religioni. Ora ci oc-
cuperemo d'introdurci in una visione ampia delle diverse po-
sizioni teologiche, che lungo la storia si sono presentate nel
campo della teologia delle religioni. Le presenteremo attra-
verso un metodo storico-genetico, cercando di scoprire la lo-
gica interna che spiega l'evoluzione storica di queste posi-
zioni teologiche.
I. Per sviluppare il tema
1. Quasi venti secoli di esclusivismo cristiano...
Fino a buona part e del XX secolo, la posizione teologica
egemonica nel cristianesimo stata quella dell'esclusivi-
smo. certo che in una storia t ant o dilatata nel t empo e
t ant o estesa nello spazio, non difficile incontrare pensa-
tori e correnti ecclesiali nelle quali si affaccino elabora-
zioni di una concezione pi ampi a della salvezza
1
. Per,
nonost ant e queste eccezioni, l' accento esclusivista pu es-
sere segnalato chi arament e come quello che domi na in que-
sta storia con un peso, esplicito e ufficiale, schiacciante.
Le eccezioni, in questo caso, confermano solo la regola.
La massi ma espressione simbolica di questo esclusivismo
costituita dalla famosa affermazione extra ecclesiam nul-
la salus (fuori della Chiesa non c' salvezza). Attribuita da
alcuni al pensat ore cristiano Origene, e da altri a san Ci-
pri ano, la formulazione letterale pare essere di Fulgenzio,
vescovo di Ruspe nel secolo VI, formulazione che in se-
1
Meritano una distinzione speciale Erasmo (1467-1536), Raimondo
Lullo (1232-1316) e Nicol Cusano (1401-1464).
73
guito fu assunta dal Concilio di Firenze nel 1442 nel suo
decreto per i Giacobiti, parole che per la loro fermezza e
ufficialit meri t ano di essere qui citate.
Il Concilio di Firenze afferm di credere fermamente, pro-
fessare e insegnare che nessuno di quelli che si trovano fuo-
ri della Chiesa cattolica, non solo i pagani, ma anche i giu-
dei, gli eretici e gli scismatici, potranno partecipare alla vita
eterna. Andranno nel fuoco eterno che stato preparato dal
diavolo e dai suoi angeli (Mt 25,4), a meno che prima della
fine della loro vita siano incorporati nella Chiesa... Nessu-
no, per grandi che siano le sue elemosine, o persino se spar-
ga il suo sangue a causa di Cristo, potr salvarsi se non per-
mane nel seno e nell'unit della Chiesa Cattolica^.
Nel cattolicesimo, la dottrina si mant enut a costantemente
affermata ai pi alti livelli. Ascoltiamolo dalle labbra del
Papa Pio IX (1846-1878) ormai alla fine del XIX secolo:
...quella parimenti empia e funesta opinione, che in ogni
religione, cio, possa trovarsi la via dell'eterna salute. [...]
Poich si deve tener per fede che nessuno pu salvarsi fuori
della Chiesa Apostolica Romana, questa l'unica arca di sal-
vezza; chiunque non sia entrato in essa perir nel diluvio.
Ma nel tempo stesso si deve pure tenere per certo che coloro
che ignorano la vera religione, quando la loro ignoranza sia
invincibile, non sono di ci colpevoli dinanzi agli occhi del
Signore
1
.
Per i cattolici, la dottrina era, in definitiva, molto chiara: in
questo mondo, solo la Chiesa cattolica stata istituita da
Dio, da Dio stesso in persona, per mezzo di suo Figlio, e so-
lo essa depositaria della rivelazione e della salvezza: ogni
altra religione o qualsiasi r amo che si separa dalla Chiesa
cattolica si trovano fuori dalla verit e dalla salvezza. Solo
le persone che accettano questo disegno salvifico e aderi-
scono alla Chiesa cattolica visibile raggiungeranno la sal-
vezza. Delle persone che non fanno parte di essa, solo co-
2
Sacrosanta Romana Ecclesia firmiter credit, profitetur et praedicat,
nullos intra Catholicam Ecclesiam non existentes, non solum paganos,
sed nec Judaeos, aut haereticos atque schismaticos aeternae vitae fieri
posse participes, sed in ignem aetemum ituros, qui paratus est diabo-
lo et Angelis eius... (Denzinger 1351).
3
Pio IX, Singulari Quadam, Acta Pii IX, III, p. 626 (<per il testo in
italiano: http://www.totustuus.biz/users/magistero>).
74
loro alle quali ci non pu essere colpevolmente i mput at o
pot ranno salvarsi. Da qui segue l' urgenza dell'azione mis-
sionaria, per far conoscere la volont salvifica di Dio e ren-
dere possibile che quelli che non la conoscono possano in-
corporarsi nella Chiesa, unica possibilit di salvezza. Per
questo, in campo cattolico, l'esclusivismo, come paradigma
della teologia delle religioni, equivalente all'ecclesiocen-
trismo: la Chiesa si converte in mediazione obbligata della
salvezza, diventa il centro, la porta.
In campo protestante l' esclusivismo acquisisce una for-
ma non ecclesiocentrica, ma centrata su l'unica Fede,
l' unica Grazia, l' unica Scrittura. Anche fuori da queste
non c' salvezza.
Figura tipica, simbolo i mport ant e della posizione prote-
stante quella di Karl Bart h (1886-1968). La sua posizio-
ne divenne celebre per il suo radicalismo teologico, ben-
ch non fosse del settore fondamentalista protestante.
Bart h concepisce la religione come lo sforzo che l' uma-
nit compie per cercare Dio, sforzo a cui egli contrappo-
ne radicalmente il fatto della rivelazione, attraverso la qua-
le Dio si fa grat ui t ament e incontro all' umanit. Nella ri-
velazione, Dio che cerca l' Umanit. Questa distinzione
sar la chiave per Barth: le religioni - t ut t e meno la bibli-
co-cristiana - sono in definitiva uno sforzo umano, un ten-
tativo per captare la benevolenza di Dio, e per t ant o, un
desiderio di manipolare Dio. La religione cos intesa
dunque mancanza di fede, mancanza di fiducia in Dio, un
voler domi nare Dio, in definitiva qualcosa di peccamino-
so. La salvezza viene uni cament e dall' affidamento dell'es-
sere umano - mediante la fede - alla grazia che Dio stes-
so le offre in Ges Cristo. Solo l' accettazione della grazia
di Dio venuta per mezzo di Ges Cristo pu salvare l'esse-
re umano
4
. Fuori dal cristianesimo, che la religione per-
fetta e l' unica vera, t ut t o t enebra e l ont ananza da Dio.
La visione protestante del mondo era anche profondament e
pessimista. Ancora nel 1969, al Congress on World Mission
a Chicago, si dichiarava: Negli anni che sono passati dal-
la guerra, pi di mille milioni di ani me sono passate all'eter-
nit, e pi della met di esse sono andat e al t orment o del
4
Barth, K., La revelacin corno abolicin de la religin, Madrid 1973.
75
fuoco infernale, senza nemmeno aver udi t o parlare di Ge-
s Cristo: chi fu e perch mor sulla croce del Calvario
5
.
Anche se espressa con parole differenti nel caso dei catto-
lici (lo zelo per la salvezza delle anime, l' apostolato per la
conversione dei peccatori, lo sforzo missionario per por-
tare gli infedeli alla sant a madr e Chiesa...), la medesima
visione esclusivista della salvezza stata domi nant e nel cri-
stianesimo fino alla met del secolo XX, sia nel campo cat-
tolico che in quello protestante.
Si tratta di una posizione teologica che al giorno d'oggi
stata praticamente abbandonat a dal cristianesimo nel suo
insieme. Solo gruppi fondamentalisti, alcuni nuovi movi-
ment i religiosi fanatici e sette religiose marginali so-
stengono oggi una posizione esclusivista. Il cristianesimo,
in maggioranza, ha abbandonat o questa posizione per pas-
sare all'inclusivismo che vedremo pi avanti.
RIFLESSIONI
opportuno che riflettiamo con attenzione su ci che ha
significato l' esclusivismo e qual la sua eredit per noi,
per varie ragioni:
a) Perch tutto il capitale simbolico cristiano che abbi amo
attualmente - eredit della storia giudeo-cristiana da pi
di tre millenni - stato sviluppato, compreso e assimilato
in un ambiente di mentalit esclusivista. Il linguaggio, i ri-
ferimenti, i simboli... t rasudano inevitabilmente esclusivi-
smo, sebbene d' altra part e noi ci riconosciamo oggi in una
posizione inclusivista. Questa una delle schizofrenie che
si fanno sentire con dolore e che richiederebbero una so-
luzione urgente.
b) Perch il cristianesimo non pu non dare i mport anza al
fatto notevole che, durant e quasi il 98%
6
della sua esisten-
5
J.O. Percy (ed.), Facing the Unfinished Task: Messages Delivered at
the Congress on World Mission, Chicago, 1960, p. 9, citato da John
Hick, God has many names, p. 30.
6
Ci significa un'eccezione di appena 40 anni rispetto a 2000 anni
di esistenza.
76
za, ha cont i nuat o a pensare e ad affermare, formalmente
e ufficialmente, in maniera consapevole, solenne, bellige-
rante e persino intollerante, che le altre religioni erano fuo-
ri dalla salvezza. Non stato un piccolo errore di calcolo,
n l'equivoco di un moment o, n l' opinione di un settore
minoritario, o un semplice errore in un campo di mi nor im-
portanza... Fu un enorme errore riguardo a se stesso e ri-
guardo a Dio stesso, che coinvolse la Chiesa nel suo insie-
me e i suoi organi direttivi pi alti, e in modo sostenuto; fu
un errore a causa del quale scomuni cammo molte persone
e disprezzammo popoli, culture e intere religioni. una ir-
responsabilit considerare ci una pagina della storia del-
la quale possiamo disinteressarci senza scrupoli n mag-
giori conseguenze
7
. Quasi venti secoli in cui stato affer-
mat o solennemente un errore t ant o grave non ci permette
di continuare a pontificare sopra la posizione teorica che
si debba mant enere oggigiorno in una materia - la teologia
delle religioni - nella quale, fino ad appena 50 anni fa, ab-
bi amo sostenuto ci che oggi pare una mostruosit
8
. La
considerazione e la ponderazione di questo fatto, come un
sano atteggiamento penitenziale, forse ci dar un po' di
umilt necessaria e ci eviter di inciampare per altri seco-
li sulla stessa pietra. In questa materia, la cosa migliore che
la Chiesa potrebbe fare non pontificare pi.
2. Mezzo secolo <f'inclusivismo
Abbiamo gi visto precedent ement e cosa significhi il con-
7
Fa precisamente cos la Commissione teologica internazionale del-
la Congregazione per la dottrina della fede del Vaticano - erede que-
st'ultima dell'Inquisizione e del Sant'Ufficio - nella sua dichiarazio-
ne Il cristianesimo e le religioni, del 1996, al n. 10. In solo sei ri-
ghe, entro le 70 pagine, liquida il tema, dicendo semplicemente che
stato frutto di un determinato sistema teologico o di una com-
prensione errata della frase extra ecclesiam nulla salus-. Con altre tre
righe al n. 70 la redime: non pi in contraddizione con la chia-
mata di tutti gli uomini alla salvezza.
8
La parola di Torres Queiruga, in El dialogo de las religiones, Sai
Terrae, Santander 1992, p. 4 e 7. Con altre parole lo dice il titolo me-
desimo del testo d Pedro Casaldliga nella sua collaborazione al li-
bro El Vaticano III, El Ciervo, Barcelona 2001, p. 95: Como hemos
podido ser tan brutos durante siglos? (Come abbiamo potuto essere
tanto brutali per secoli?).
77
cetto d' inclusivismo. Sorprendent ement e fu la Chiesa
cattolica che fece questo salto, al t empo del Concilio Vati-
cano II. Diciamo sorprendentemente
9
perch era proprio
la Chiesa cattolica, ent ro il cristianesimo, la Chiesa rima-
sta indietro nel campo dell' attualizzazione biblica e teolo-
gica, in confronto con il t remendo sforzo di rinnovamen-
to che il protestantesimo aveva gi in precedenza dispie-
gato.
Due furono nella Chiesa cattolica le posizioni che prepara-
rono il cammi no al Concilio Vaticano II: la teoria del com-
pimento e quella della presenza di Cristo nelle religioni.
A) TEORIA DEL COMPIMENTO
Si chiama cos perch sostiene che per le religioni il cri-
stianesimo viene ad essere il compimento, cio la loro
realizzazione e, in questo senso, il loro termine, la loro pie-
nezza e anche il loro superament o.
La teoria del compi ment o significa un certo avanzament o
rispetto all'esclusivismo. Propone di considerare che le re-
ligioni non cristiane non hanno capacit salvifiche per se
stesse, poich sono religioni naturali, opera dell'essere
umano che cerca Dio (pensiero somigliante a quello di K.
Barth). Tuttavia, la salvezza di Cristo giunge alle persone
che seguono queste religioni perch Dio risponde alle aspi-
razioni degli uomi ni e delle donne che lo cercano con le
mediazioni di cui dispongono. Le loro religioni non cri-
stiane non li salveranno, perch sono religioni semplice-
ment e naturali
10
, per avranno compi ut o la loro funzio-
ne di preparazione per il Vangelo nella vita di questi uo-
mini e donne. Essere preparazione evangelica (non cam-
mi no di salvezza) il massi mo valore che possi amo rico-
noscere alle religioni non cristiane, questo ci che affer-
ma la teoria del compi ment o.
9
Knitter, P., Introducing Theologies of Religions, Orbis, Maryknoll
2002, pp. 63-64.
10
Umane, non divine; elaborate dall'essere umano, non rivelate da
Dio.
78
In questa corrente si collocano, con differenti sfumature,
Jean Danielou, Henry de Lubac e Hans Urs von Balthasar,
teologi dell' ambiente preconciliare e conciliare
11
.
Danielou, forse il teologo che pi emerge di questa cor-
rente, distingue net t ament e tra il naturale e il sopranna-
turale. Per lui solo la religione cristiana soprannat ura-
le; le religioni non cristiane sono naturali, una sorta di an-
tico testamento o preistoria della salvezza per gli uo-
mi ni e le donne che si trovano in esse, chiamati pert ant o
a passare al Nuovo Test ament o della religione sopranna-
turale, che a noi stata dat a solamente in Cristo.
La teoria del compimento una elaborazione inclusivista
che da una parte non incentra pi tutto sull' appartenenza
alla Chiesa, come la posizione esclusivista classica, n d un
valore negativo alle religioni non cristiane, come faceva K.
Barth. A queste religioni viene riconosciuto ormai un certo
valore positivo: un valore naturale e un valore di prepa-
razione per la venuta del Vangelo, sebbene non si ricono-
sca loro un intrinseco e aut onomo valore di salvezza. I se-
guaci di queste religioni - dice la teoria del compimento -
non si salveranno attraverso di esse, ma nonostante esse; si
salveranno in definitiva a causa di Cristo. Alle religioni non
cristiane si riconosce dunque un valore salvifico, per si di-
ce che quel valore salvifico cristiano, di Cristo, ossia que-
ste religioni non sono indipendenti da Cristo, Cristo colui
che opera entro di esse. Con lui, abbiamo incluso le religio-
ni non cristiane dentro il cristianesimo.
Questa teoria del compi ment o, seppure superat a negli svi-
luppi successivi, avr eco nei document i di Paolo VI e per-
fino in quelli di Giovanni Paolo II.
B) I CRISTIANI ANONIMI
Questa teoria, elaborata da Karl Rahner (1904-1984), si-
gnific un grande passo in avanti, ed il pensi ero che pi
ha influenzato il Concilio Vaticano IL Rahner afferma che
le religioni non possono essere considerate semplicemen-
11
Si vedano le loro opere pi rappresentative nella bibliografia di
questo capitolo.
79
te come naturali, ma che hanno valori salvifici positivi,
giacch attraverso di esse, di fatto, la grazia di Dio giun-
ge ai loro membri . Sono anche religioni soprannat ural i .
Rahner part e da una visione ampi a della storia della sal-
vezza, che coesistente e coestesa alla storia dell' umanit.
Non ci sono due storie, ma l' azione salvifica di Dio nella
storia l' abbraccia tutta. A livello personale, l' autocomuni-
cazione di Dio trasforma l'essere umano situandolo in
un' atmosfera esistenziale di Grazia. Ogni uomo fa in qual-
che modo un' esperienza originaria di Dio, seppure in una
forma atematica e talvolta apparent ement e areligiosa. Tut-
ti coloro che accet t ano l i berament e l'offerta di autoco-
municazione di Dio medi ant e la fede, la speranza o l' amo-
re, ent rano per Rahner nella categoria dei cristiani ano-
nimi, categoria che si applica t ant o ai membr i delle al-
tre religioni quant o agli atei. L' aut ocomuni cazi one di Dio
in Cristo pu essere vissuta da queste persone - al di l
pert ant o dei limiti della Chiesa - in modo non t emat i co,
quello che d origine all' espressione cristiani anoni mi .
Si vede facilmente che questa impostazione ha presupposto
un notevole avanzamento. Era la pri ma volta che nel cri-
stianesimo si diceva in modo tanto esplicito e fondato che
la grazia e il mistero di Cristo oltrepassano completamente
la Chiesa. Era una visione piena di ottimismo, di fronte al
pessimismo della visione esclusivista, sempre avara al mo-
mento di definire il raggiungimento della Salvezza.
Quello di Rahner un inclusivismo cristocentrico: tutta
l' umanit resta inclusa nella salvezza di Cristo. La Chiesa,
le chiese cristiane, sono piccole e minoritarie in rapport o
all' umanit, ma Cristo colma non solo la Chiesa ma anche
le altre religioni. Il cristianesimo esplicito piccolo, ma il
cristianesimo implicito o anonimo t ant o esteso quan-
to tutta l'Umanit di buona volont, che nel suo cuore
disposta ad accogliere l' autodonazione di Dio.
Nel contesto di queste riflessioni si espresso quant o poi
divenne quasi uno slogan, che dice: il cammi no ordi nari o
di salvezza sono le religioni non cristiane, ment re la Chie-
sa sarebbe il cammi no straordinario di salvezza
12
. Le reli-
12
Sebbene normalmente l'espressione sia attribuita tanto a Rahner
80
gioni non cristiane sarebbero il cammi no ordinario, or-
dinario per il fatto di essere maggioritario. Si ponga que-
sta visione in rapport o con l' assioma esclusivista (fuori
della Chiesa non c' salvezza); ora quello che si dice che
fuori della Chiesa c' salvezza, e c' pi salvezza - quanti-
tativamente - che dentro di essa, sebbene qualitativamen-
te la mediazione pi completa della salvezza possa trovarsi
nella Chiesa cristiana.
Questa posizione di Rahner fu accettata dal Concilio Va-
ticano II, il che implic un salto qualitativo, un balzo in
avanti molto i mport ant e. D' altra part e, dat a la brevit del-
la sua durat a, il Concilio tralasci di dirimere aspetti dog-
matici i mport ant i che avrebbero meri t at o un discerni-
ment o pi preciso. Semplicemente sblocc la rigidit del
pensiero precedente e apr una port a attraverso la quale
s' incammin la nuova via della riflessione teologica.
Ma vediamo pi precisamente.
Il Concilio Vaticano II, in pri mo luogo, smise di identifi-
care la Chiesa cattolica come l' unica concretizzazione del-
la Chiesa di Cristo. Fino al Concilio si era sempre det-
to che la Chiesa di Cristo la Chiesa Cattolica, e cos
diceva lo schema, il testo base propost o ai padri conci-
liari, ma questi cambi arono espressament e il verbo e la-
sciarono scritto che la Chiesa di Cristo sussiste nella Chie-
sa cattolica
13
. L'aver evitato di espri mere quell' identifi-
cazione, cos come la seguente affermazione, che elementi
di grazia e di sant i t si trovano anche in altre comuni t
cristiane, fecero comprendere chi arament e che si voleva
dare per superat a quella identificazione esclusiva (la
Chiesa di Cristo la Chiesa Cattolica) passando ad una
identificazione pi sfumata, topica (nella Chiesa cattoli-
ca vi , sussiste la Chiesa di Cristo, senza negare che po-
teva essere identificata anche in altri luoghi)
14
. Questo sai-
come a Kting, sembra che in origine si debba a H.R. Schiette, Le re-
ligioni come tema della teologia, Morcelliana, Brescia 1968, pp. 85-86.
13
Lumen Gentium 8.
14
Sullivan, Francis A., In che senso la Chiesa di Cristo sussiste nel-
la Chiesa cattolica romana?, in Latourelle, Ren (ed.), Vaticano LI:
bilancio e prospettive; venticinque anni dopo (1962-1987), voi. 2, Cit-
tadella Editrice, Assisi 1988, p. 817.
81
to in avanti, per essere un passo fatto dal Concilio Vatica-
no II in pi ena consapevolezza, irreversibile
15
.
Il Concilio afferm di rispettare e valorizzare t ut t o ci che
di buono e sant o lo Spirito suscita nelle altre religioni
16
.
E ri conobbe che la salvezza degli uomi ni va molto pi in
l dei confini della Chiesa, e che molti sono quelli che si
salvano al di fuori di essa, non senza un legame con Cri-
sto
17
.
Come abbi amo detto, il Concilio Vaticano II ha parl at o del-
le religioni non cristiane in modo pi positivo di quant o
nessun altro document o ufficiale della Chiesa cattolica ab-
bia precedent ement e fatto
18
. Ha ammesso la presenza del-
la salvezza oltre la chiesa, ha procl amat o che Dio salva
l' umanit per strade solo da Lui conosciute
19
, e ha rico-
nosciuto gli elementi positivi di vita e santit presenti nel-
le religioni non cristiane. Il Concilio non ebbe t empo di an-
dare oltre: non si pose la questione se fosse possibile af-
fermare che le singole religioni non cristiane siano per i
loro membri cammi ni di salvezza di per se stesse, e non
per una loro partecipazione al mistero di Cristo.
L'inclusivismo at t ual ment e la posizione maggioritaria nel
cristianesimo, sia cattolico che protestante.
15
II primo compito del Vaticano III, secondo la mia opinione, con-
sisterebbe nel proteggere i chiari insegnamenti del Vaticano II con-
tro l'offuscamento e la ritrosia che li attanagliano. Sarebbe molto po-
sitivo riaffermare energicamente i principi capitali del decreto Uni-
tatis Redintegratio, in modo che non fosse pi possibile ignorarli o
interpretarli in astratto. Tra questi principi merita speciale attenzio-
ne il seguente: La Chiesa di Ges Cristo non s'identifica solo con la
Chiesa cattolica. Sussiste certamente nel cattolicesimo, ma anche
presente in modi diversi e in differenti gradi in altre comunit cri-
stiane nella misura in cui si mantengono fedeli a ci che Dio inizi
in Ges e obbediscono allo Spirito di Cristo [...] (Cardinale Avery
Dulles, Ecumenismo: problemas y perspectivas para el futuro, in Tracy-
Kung-Metz, Hacia el Vaticano HI, Cristianidad, Madrid 1978, p. 97).
16
Nostra Aitate 2; Unitatis Redintegratio 3; Lumen Gentium 13.
17
Gaudium et spes 22.
18
Sullivan, F., Hay salvacin fuera de la Iglesia?, Descle, Bilbao 1999,
p. 195.
19
GS 22.
82
C) BILANCIO DELL'INCLUSIVISMO
Guardando indietro ai 19 secoli di esclusivismo ecclesio-
centrico vissuti pensando che fuori dalla Chiesa non c'era
salvezza, in cui le altre religioni erano considerate prive di
valore salvifico o catalogate come semplici religioni natura-
li, le impostazioni inclusiviste della teoria del compimento
o del cristianesimo anoni mo o la posizione finale concilia-
re significarono, come abbiamo detto, un salto qualitativo
molto grande, realmente una nuova epoca. I settori inte-
gralisti e conservatori si risentirono molto, poich nella Chie-
sa si accantonavano posizioni teologiche che fino ad allora
erano state considerate dogmatiche e irrefutabili. Per l'ac-
coglienza generale del Popolo di Dio fu molto positiva ed
entusiasta. L' ecumenismo fece un salto da gigante e le rela-
zioni interreligiose cominciarono a essere prese in conside-
razione in molti settori dove, semplicemente, non erano sta-
te nemmeno programmate.
Il passare del t empo e la riflessione, ci nonost ant e, avreb-
bero dato subito luogo a nuovi ragi onament i e sfide. Gi
dal pri mo moment o la tesi dei cristiani anonimi fu cri-
ticata da alcuni autori, come per esempio Hans Kng, che
la considera un modo per conquistare mediante un ab-
braccio: si loda ed elogia il non cristiano, per andargli a
dire che in fondo cristiano. Paul Knitter, da parte sua,
afferm che l' inclusivismo introduce i non cristiani nella
Chiesa dalla port a di servizio
20
.
L' inclusivismo suppone, come abbi amo detto, un gran pas-
so in avanti rispetto all' esclusivismo, per forse ha ancora
in comune con esso non pochi elementi, per esempio:
- l' inclusivismo apre la port a ad una valutazione positiva
delle altre religioni, ma limitata: le altre religioni non han-
no valore per se stesse (ma grazie al cristianesimo), non
sono aut onome e il cristianesimo continua ad essere la fon-
te del valore salvifico a cui possono partecipare;
- nella visione inclusivista, il cristianesimo continua ad es-
sere il cent ro del pi ano universale della salvezza, la reli-
gione unica, l'eletta, la religione istituita sulla terra da Dio
20
Knitter, P., El cristianismo corno religin verdadera y absoluta?, in
Concilium 156, 1980, p. 27.
83
stesso... In qualche modo, l' inclusivismo un esclusivismo
stemperato, un esclusivismo che non disprezza le altre re-
ligioni, che riconosce loro qualche valore, ma che si riser-
va ancora in esclusiva la Verit, la pienezza della rivela-
zione e della salvezza;
- ent rambi cont i nuano a mant enere l'affermazione del ca-
rattere assoluto del cristianesimo
21
;
- facile vedere che le implicazioni perverse che l'esclusi-
vismo comportava, cont i nuano a essere possibili con l'in-
clusivismo: la cultura occidentale cristiana pu continua-
re a essere religiosamente legittimata come superiore, e la
superiorit dell' Occidente bianco e cristiano potrebbe in-
sinuarsi facilmente e condurre inconsapevolmente a qual-
che tipo di dominazione o imperialismo o neocoloniali-
smo...
22
- chiaro che, consciamente o inconsciamente, in qua-
lunque societ cristiana l'esclusivismo della nostra reli-
gione si converte nel nostro esclusivismo: appartenia-
mo a un gruppo umano esclusivo, perch privilegiato, per-
ch unico, perch superiore, perch preferito da Dio...
Ges stesso dovette correggere l'esclusivismo di gruppo
che i suoi discepoli cominciavano a sviluppare per propri o
conto...
23
21
I teologi cattolici sono soliti intendere il carattere assoluto del cri-
stianesimo nel senso che esso non solo di fatto la pi elevata delle
religioni esistenti, ma che costituisce anche la definitiva manifesta-
zione di Dio a tutti gli uomini di tutti i tempi, manifestazione che,
per essenza, insuperabile, esclusiva e universalmente valida. W. KA-
SPER, Carcter absoluto del cristianismo, in Sacramentum Mundi, II,
Herder, Barcelona 1976, p. 54. Anche in RELaT: <http.7/servicio-
skoinonia.org/relat/328.htm>.
22
Esperti in missiologia come Aloysius Pieris, Tissa Balasuriya e Igna-
ce Puthiadam hanno alluso all'imperialismo e criptocolonialismo na-
scosti dietro la facciata del modello inclusivista, che, secondo essi,
proclama la bellezza delle altre religioni per poi includerle e fagoci-
tarle. Knitter, Dialogo inter-religioso e aco missionria, So Paulo,
CNBB, Comina 1994, p. 9.
23
Cf. Me 7, 38-40: Abbiamo visto uno che non era dei nostri e che fa-
ceva uso del tuo nome per cacciare gli spiriti maligni, ma glielo abbia-
mo proibito, poich non dei nostri. Ges rispose: Non proibiteglie-
lo, poich nessuno pu fare un miracolo in mio nome e poi parlare ma-
le di me. Chi non contro di noi con noi. Per quei discepoli, il sup-
84
D) CRISI DELL'INCLUSIVISMO?
Questo bilancio, che abbi amo appena fatto, indica di per
se stesso che sarebbero subito sorte nuove domande e svi-
luppi.
- Dopo venti secoli di autointronizzazione assoluta del cri-
stianesimo mediante l'esclusivismo, possiamo tranquilliz-
zarci semplicemente rendendo pi flessibile questa posizio-
ne, passando cos alla autointronizzazione relativa che l'in-
clusivismo suppone?
- Se per venti secoli abbi amo sbagliato
24
, dove andi amo a
prendere una base solida per affermare la nuova posizio-
ne, l' inclusivismo? Non sar necessario cambi are drasti-
cament e tono, atteggiamento, sicurezza... nell' elaborare o
affermare la nuova posizione?
- Se l' inclusivismo non cessa di essere un esclusivismo
ammorbidito, non sar da esigere una reimpostazione pi
profonda, pi radicale, che cerchi di ascoltare ci che lo
Spirito ci fa sentire oggi nella coscienza dell' umanit e nei
segni dei tempi? Pot r essere l' ora di un cambi ament o di
paradi gma, di una rot t ura che ci porti fuori da ci che
l' esclusivismo e l' inclusivismo hanno in comune, paradig-
mi nei quali siamo ancora prigionieri dopo venti secoli?
- possibile pensare che l' inclusivismo, come l'esclusivi-
smo, sia stato un meccani smo culturale spontaneo, che si
esprime anche in altre religioni, che obbedisce alla strut-
t ura stessa della conoscenza umana. . . e che non dobbia-
mo aver paur a di abbandonare?
L' inclusivismo in crisi. Qualsiasi cristiano lucido e qual-
siasi teologo che sia sincero riconosce che sono gravi gli
interrogativi che pesano sopra questa posizione teologica.
In campo cattolico l'ufficialit preme per impedire qua-
lunque avanzament o teologico che vada pi in l dell'in-
clusivismo, e nel cont empo riconosce che la posizione plu-
ralista esercita una grande attrazione e una grande pres-
sione intellettuale sui teologi.
posto esclusivismo di Ges si trasformava in privilegio esclusivo di
tutti i membri del gruppo...
24
Con uno sbaglio che oggi tutti riconosciamo unanimemente e con-
sideriamo, come stato detto, una mostruosit.
85
Nonostante, per, questa pressione di contenimento che in
campo cattolico si sta esercitando per impedire l'espansio-
ne della posizione pluralista (che vedremo tra poco), altri
fattori premono fortemente in senso contrario, a favore del-
la posizione pluralista. Li pot remmo riunire in tre blocchi:
a) C' uno spirito nuovo, una nuova spiritualit del plu-
ralismo religioso che germoglia ovunque, che i mpone in
modo dolce ma forte, una valutazione nuova delle religio-
ni, una valutazione positiva del pluralismo religioso, un ri-
getto della teologia dell'elezione classica... una nuova im-
magine di Dio, in definitiva
25
. un argoment o che agisce
a priori.
b) A differenza del Medioevo, quando il cristianesimo pen-
s di abbracciare t ut t o e di essere stato predicato a t ut t o
il mondo conosciuto, oggi il cristianesimo esprime una for-
te immagine regionale, t ant o nello spazio geografico come
nel tempo storico, perfino nella dimensione demografica.
Come pu una religione cos regionale cont i nuare a recla-
mare pretese assolute e universali di unicit? un argo-
ment o a posteriori.
e) Influisce anche un argoment o profondament e sentito:
sono sempre di pi i credenti (inclusi i teologi) adulti, che
opt ano per un pensiero teologico adulto, non condiziona-
to, disinibito, senza paura
26
, che scoprono che molte volte
l' unica ragione
27
per mant enere posizioni tradizionali la
paura, l' attaccamento fideista a ci che sempre st at o co-
s, a ci che ha sempre detto la santa madr e Chiesa.
25
Vigil, J.M., Spiritualit del pluralismo religioso: un'esperienza spiri-
tuale emergente, in / volti del Dio Liberatore - Le sfide del pluralismo
religioso - I, a cura di M. Barros-L.E. Tomita-J.M. Vigil, EMI, Bolo-
gna 2004, pp. 119-134.
26
La paura colpisce tutti i teologi cristiani perch facilmente intui-
scono che la posizione pluralista esige una decostruzione e una ri-
costruzione di tutto l'edificio teologico cristiano.
27
Knitter insiste sul fatto che l'unica ragione che in fondo trattie-
ne molti teologi dal muovere il passo e attraversare il Rubicone
l'attaccamento alle posizioni tradizionali, la paura della rottura che
la posizione pluralista comporta, l'argomentazione riguardante l'au-
torit della Bibbia e della Chiesa in ci che si sempre detto e cre-
duto... non vere ragioni n argomentazioni. Hans Kilng's Theologi-
cal Rubicon, in Swidler, Lonard (ed.), Toward a Universa! Theology
ofReligion, Orbis Books, Maryknoll 1988, pp. 224-230.
86
Scoprendo una nuova percezione, sono sempre di pi i cri-
stiani e le cristiane che avvertono di potere e di volere at-
traversare il Rubicone...
Tutti questi fattori fanno s che stia crescendo la corrente
chi amat a pluralista, che si cont rappone cont emporanea-
ment e all' esclusivismo e all' inclusivismo. Affrontiamola fi-
nalmente.
3. Verso un nuovo paradigma: pluralismo
Nella precedente uni t didattica abbi amo spiegato cos' il
pluralismo religioso (che non la semplice pluralit di
religioni). Per presentarlo ora dal punt o di vista storico, ri-
mandi amo alla persona il cui nome abi t ual ment e il pi
evocato quando si parla di pluralismo: John Hick
28
, consi-
derat o l' autore emblematico di questa posizione teologica,
il suo pi rilevante rappresent ant e.
Inglese, che ha vissuto parecchi anni negli USA, conta tra
le sue opere la sua biografia teologica
29
. In un pri mo pe-
riodo della sua vita egli sentiva l'infinito tedio del cri-
stianesimo ufficiale d' Inghilterra. Una conversione spi-
rituale fece di lui un cristiano fortemente evangelico e
fondamentalista: Ges divenne per lui il suo amato Si-
gnore e Salvatore, il figlio di Dio incarnato, il salvatore uni-
co dell' umanit. Hick divent ministro della Chiesa Pre-
sbiteriana d' Inghilterra.
Quando cont i nu gli studi di filosofia e teologia, tuttavia,
non pot smettere di sentire i persistenti interrogativi che
assediavano le sue chiare convinzioni evangeliche. Il pun-
to che pi lo stimolava era la diversit delle rivelazioni. Il
fatto e la sfida del pluralismo religioso, specialmente co-
me Hick lo speriment nelle numerose comuni t musul-
mane, sik, induiste ed ebree da cui era attorniato a Bir-
mi ngham, lo port arono ad una nuova conversione, nel-
la quale mant enne il suo i mpegno personale con Ges Cri-
sto, per a partire da una teologia compl et ament e rimo-
28
John Hick ha una sua pagina ufficiale in rete: <http://www. johnhick.
org.uk>.
29
A spiritual journey, in God has Many Nantes, Westminster Press,
Philadelphia 1980, pp. 13-28.
87
dellata
30
. Speri ment ci che denomi n una rivoluzione
copernicana, che ci che d' allora inizi a proporre teo-
logicamente.
Nel 1973 - essendo forse questo l' atto pionieristico che dar
origine alla corrente pluralista come oggi noi la conoscia-
mo - Hick lancia il proclama
31
sulla necessit di accettare
una rivoluzione copernicana e tracciare una nuova map-
pa dell' universo delle fedi. La sua propost a si regge d'al-
lora e continua ad essere ascoltata dalle universit, dalle
Chiese, dagli studiosi credenti. L' immagine della rivolu-
zione copernicana cont i nua ad essere il suo embl ema ca-
ratteristico.
Oggi tutti sappi amo che la terra e gli altri pianeti girano
intorno al sole. La visione anteriore era quella tolemaica -
ossia di Tolomeo - secondo la quale si pensava che la ter-
ra si trovasse al centro dell' universo e che tutti gli altri cor-
pi celesti - incluso il sole - girassero i nt orno ad essa. Era
il geocentrismo.
Copernico fu colui che, a partire dalle sue osservazioni
astronomiche, tracci e propose di costruire un nuovo mo-
dello cosmologico, una nuova mappa non geocentrica
ma eliocentrica, con il sole al centro e gli altri corpi cele-
sti che giravano i nt orno a esso. Ci signific un cambia-
ment o totale della concezione del mondo, una rivoluzio-
ne copernicana, t ant o profonda, che non pot essere ac-
cettata n dalla societ n dalla Chiesa del t empo.
Quindi Hick ritiene che l'esclusivismo sia, teologicamente
parlando, una concezione tolemaica, geocentrica, ossia
un modello che pone la Chiesa o il cristianesimo al centro,
e che immagina t ut t e le altre religioni che girano i nt orno
a questo centro, ment re il pluralismo teologicamente co-
pernicano, eliocentrico, cio un modello con Dio al cen-
t ro e con il cristianesimo che gira i nt orno a Dio come un
pianeta in pi. Hick afferma con forza che necessario
adeguare il nost ro pensiero teologico alla realt teocentri-
ca mediante una rivoluzione copernicana. necessario, di-
30
Cos anche Knitter ci presenta la biografia di Hick, in No Other Na-
me?, p. 146.
31
Hick, J., God and the Universe of Faith. Essays in the Philosophy of
Religion, Macmillan, London 1973, p. 131.
88
ce, costruire una nuova mappa nel cui centro c' Dio, non
il cristianesimo; quest' ultimo girer, insieme alle altre re-
ligioni, intorno a Dio. Si t rat t a quindi di passare al teo-
centrismo, dall' ecclesiocentrismo o dal cristocentrismo.
Quando Copernico propose il nuovo paradigma, dopo aver
osservato anomalie nelle traiettorie dei pianeti che fino ad
allora si diceva che girassero intorno alla terra, i difensori
del geocentrismo si sforzarono di trovare formule di aggiu-
stamento che spiegassero queste anomalie; quelle formule,
chiamate epicicli, risultavano sempre parziali e non da-
vano mai una spiegazione completa. Con quegli epicicli -
dice Hick - cercavano di mantenere in piedi quella vecchia
teoria che crollava davanti alle osservazioni scientifiche.
Hick dice che, nella teologia delle religioni, le teorie dell' ap-
part enenza alla Chiesa attraverso il battesimo di desiderio
implicito, l' ignoranza invincibile, la presenza della salvez-
za cristiana in altre religioni, la teoria del compi ment o o
dei cristiani anoni mi , ecc., sono epicicli teologici, con i
quali vogliamo giustificare le incoerenze che gli schemi
esclusivista e inclusivista present ano e che sono insolubi-
li all' interno del loro vecchio schema. Perch - dice Hick
- oggi necessario creare una nuova mappa, nella qua-
le riconosciamo la realt cos com' , ossia l' eliocentrismo
teologico, il teocentrismo. Al centro non c' la Chiesa o il
cristianesimo, nemmeno Cristo, ma solo Dio. La Chiesa,
Cristo e le altre religioni girano at t orno a Dio.
Hick dice: dobbi amo smettere di cont i nuare a cercare nuo-
ve teorie che spieghino il vecchio modello, aggiustamenti
parziali e incompleti, vecchi epicicli teologici, che non
sono altro che un ponte che ci sta conducendo a poco a
poco verso il teocentrismo... necessario che attraversia-
mo decisamente il pont e e riconosciamo che l' universo del-
le fedi organizzato e disposto in modo diverso da quello
riflesso dalla vecchia mappa, fatta quando non si cono-
scevano gli altri pianeti, le altre religioni, cos come le co-
nosci amo oggi.
La rivoluzione copernicana che Hick espone realmente
una grande sfida. Forse la maggiore sfida teologica del-
la storia, poich presuppone una reimpostazione qualita-
tiva e totale: bisogna decostruire tutto per ricostruirlo se-
condo un altro paradi gma.
89
Come facilmente si pu vedere, il cambiamento fondamen-
tale, la rottura sta nel cambiamento del centro: si passa dal
geocentrismo all'eliocentrismo, dall'ecclesiocentrismo o dal
cristocentrismo al teocentrismo. Che la Chiesa non stia al
centro, oggi non pi un gran problema, dal moment o che
ormai da 50 anni l'esclusivismo stato abbandonat o in mag-
gioranza dai cristiani. Ma che Cristo non stia nel centro,
come pare stia proponendo Hick, senza dubbio l'elemen-
to pi difficile della posizione pluralista. Il carattere assolu-
t o del cristianesimo e l'unicit di Cristo come Salvatore
ci che non legittima adeguatamente il pluralismo, ragione
per cui i suoi critici lo considerano una posizione non cri-
stiana, fuori dall' attuale ortodossia
32
.
Hick continua da 30 anni a riflettere, a dialogare ed elabo-
rare il tema. Il suo libro del 1977, The Myth of God Incar-
nate, suscit un impatto tremendo nella societ inglese e fu
l'inizio di un dialogo teologico d'allora ininterrotto. Nel 1993
ha pubblicato una nuova versione della sua posizione, pi
mat ura ed elaborata
33
. Noi affronteremo dettagliatamente
questo punto nel capitolo corrispondente agli aspetti della
cristologia e del dogma.
Per completare questa presentazione succinta del para-
digma pluralista dobbi amo far riferimento ad al cune ac-
cuse che gli si fanno.
Se il pluralismo sta agli antipodi dell' esclusivismo, logi-
co che una concezione semplificata del pluralismo lo pos-
sa intendere come l'inverso simmetrico dell' esclusivismo,
cio: se l'esclusivismo dice che solo una religione vera
e che tutte le altre sono false, il pluralismo concepito co-
me posizione si mmet ri cament e in contraddizione sosterr
che tutte le religioni sono ugualmente vere ed equivalen-
ti, sia perch giudica che tutte sono uguali o t ut t e sono
la stessa, sia perch ritiene che, pur essendo differenti, so-
no tutte ugualmente vicine (o lontane) dalla verit.
32
Per esempio, Dhavamony, M., Teologia de las religiones, San Pablo,
Madrid 1998, p. 203; Dupuis, J., Jesucristo al encuentro de las religio-
nes, Paulinas, Madrid 1991, p. 152; Boff, C, Retorno a la arche de la
teologia, in Altemativas 18/19 (gen.-lugl. 2001) p. 122, Managua.
33
La metfora de Dios encamado, Abya Yala, Quito 2004 Due capi-
toli di questo libro sono pubblicati, in castigliano e in portoghese in
RELaT, <servicioskoinonia.org/relat negli articoli 305 e 305p.>.
90
Tale concezione del pluralismo agli antipodi dell'esclusivi-
smo pu essere un esercizio corretto di logica classica (con-
cetto di contraddizione), ma non corrisponde alla realt. Le
posizioni teologiche pluraliste che conosciamo sono molto
pi sensate e non sono elaborate per simmetria in opposi-
zione all'esclusivismo (non sono il contrario dell'esclusivi-
smo).
Di fronte ad alcuni critici bisogna ricordare che il plurali-
smo non definito dalla posizione di Hick, ma che, al con-
trario, la posizione di Hick pu essere segnalata nell'insie-
me delle posizioni pluraliste, essendo solo una t ra le mol-
te, seppure la pi emblematica; cio, il pluralismo pi
ampi o di Hick e indipendente da lui.
D' altra parte, Hick ha per molti anni riflettuto, scritto e svi-
luppato le sue posizioni teologiche. Non c' dubbi o che agli
inizi fu particolarmente radicale e polemico, ma non si de-
ve nemmeno dimenticare che nei suoi ultimi anni ha of-
ferto opere di sintesi, espressione della mat urazi one della
sua posizione arricchita da t ut t o il dibattito suscitato. Hick
si sforza di chiarire che non sostenitore del relativismo
n dell' indifferentismo, e che il suo pluralismo non egua-
litarista
34
. In ogni caso, da questo moment o tralasciamo
di far riferimento a Hick, per riferirci alla posizione co-
mune, rivendicata da molti altri autori.
Questa posizione pluralista rivendica una uguaglianza di
base delle religioni, non un egualitarismo che le voglia
praticamente rendere identiche. Cos' questa uguaglianza
di base? essenzialmente la negazione della possibilit
deU'inclusivismo. Cio, il paradigma teologico pluralista so-
stiene che le religioni sono basilarmente uguali nel senso
- e solo nel senso - che non c' una di esse che sia quel-
la vera o depositaria della salvezza, della quale tutte le altre
sarebbero debitrici o sussidiarie o partecipazioni, ma che
tutte possiedono uno statuto salvifico fondamentalmente.
34
Personalmente penso che Hick si limiti a parlare delle grandi reli-
gioni, precisamente perch suppone che nelle piccole (senza che
grandi o piccole sia una questione di numero) evidente che ci
siano anche religioni di seconda classe, che portano molto chiaramente
le impronte ideologiche della loro origine. Nemmeno per Hick tutte
le religioni sono uguali, sebbene i suoi critici lo affermino.
91
Dopo aver affermato la loro uguaglianza di base, il plu-
ralismo accetta e riconosce la disuguaglianza reale delle
concrete religioni, che hanno sviluppi differenti, sensibi-
lit e capacit diverse, itinerari ed evoluzioni pi o meno
avanzate o arretrate in ciascun caso. Il pluralismo non si
nasconde questa evidente disuguaglianza, realista. Non
tutte le religioni sono uguali, nemmeno per il pluralismo
35
.
Forse dobbi amo ai teologi che una decina d' anni fa prefe-
rivano essere chiamati teologi dell' inclusivismo aperto e
in seguito del pluralismo asimmetrico, la convinzione
che si apert o maggiormente un passaggio, che questa
asimmetria essenziale al pluralismo sensato. Un plu-
ralismo egualitarista sarebbe irreale, mancant e di reali-
smo
36
. Ogni pluralismo realista asimmetrico, finch non
si affermi altro.
E se asimmetrico perch realista, non pu nemmeno es-
sere indifferentista. Ci che non uguale non pu essere
indifferente di principio, poich differente. Che non ci
sia una religione sopra le altre (inclusivismo) non signifi-
ca che ormai tutte le religioni sono uguali e che, pert ant o,
siano per noi indifferenti. Il pluralismo riconosce e accet-
ta le differenze reali e valorizza le identit specifiche, mol-
te volte incomparabili, intraducibili, irriducibili.
Un tema che ha danneggiato l' immagine teologica del pa-
radigma pluralista anche il rapporto con la concezi o-
ne kantiana della conoscenza, che proviene - ancora una
volta - dall' associazione con il pensiero di Hick. L' autore
si avvale di questa concezione kant i ana nel suo i nt ent o di
creare questa nuova mappa teocentrica, in cui solo Dio
al centro e le altre religioni gli girano at t orno. Per Hick la
molteplicit delle religioni e il loro rapport o con Dio po-
trebbe essere esemplificata con la pluralit delle apparen-
ze fenomeniche corrispondenti a un noumeno che si
trova al di l di queste, secondo la concezione kant i ana del-
la conoscenza. Il probl ema che una concezione come que-
sta ipotecherebbe l'obiettivit della conoscenza religiosa.
Semplificando: di Dio, come del noumeno, non cono-
sceremmo altro che le nostre versioni fenomeniche, le
35
Lo sarebbero solo per un pluralismo estremista.
36
Un pluralismo egualitarista oggi esiste solo come concetto logico;
non c' nessuno che lo difenda.
92
quali, poich non giungono alla realt in s, risulterebbe-
ro equivalenti e rifletterebbero solo la diversit delle no-
stre posizioni...
Non il moment o di entrare in un dibattito di filosofia del-
la religione, ma solo di sottolineare che la filosofia kan-
tiana non appartiene n parte del paradi gma teologico
del pluralismo, per quant o a Hick sia stato utile (o meno)
il riferimento a essa per spiegare la sua particolare conce-
zione del pluralismo. Non fa parte del pluralismo teologi-
co l' affermazione che la variet formale delle religioni
purament e fenomenica e non contiene in alcun modo una
verit reale (noumenica) in ci che afferma di Dio. Insi-
stiamo: la teoria kant i ana della conoscenza non fa part e
del paradi gma pluralista, sebbene alcuni possano far rife-
ri ment o a essa per spiegare la propria posizione, forse pi
per analogia che per univocit. Si pu essere pluralisti e
affermare che le religioni veicolano, possiedono una co-
noscenza reale (bench sempre inadeguata, precaria e in
revisione). Per questo, la verit delle religioni anche rea-
le (non merament e fenomenica) e sono reali anche le lo-
ro differenze. Ogni differenza nella verit procl amat a dal-
le diverse religioni non indifferente.
Cade nel relativismo la posizione teologica pluralista? Co-
s sostengono alcuni suoi detrattori, creando intenzional-
ment e un nemico mentale da combattere, un nemi co che
prat i cament e non esiste nella realt. Il pluralismo afferma
la relativit delle forme religiose, non il relativismo di fron-
te alle religioni. Bisogna esprimersi con propri et e rico-
noscere che una cosa relativit e un' altra relativismo.
Il pluralismo riconosce la relativit di alcune cose che era-
no state indebitamente ritenute assolute, ma non cade per
questo nel relativismo. Riconosce come assoluto ci che
assoluto, e come relativo ci che relativo, compreso ci
che equivocamente fu ritenuto tale. E per evitare il relati-
vismo non cade nell' errore di assolutizzare il relativo.
Ossia, possibile una posizione pluralista serena, specifi-
ca, asimmetrica, non egualitarista, non indifferentista, n
scettica di fronte alla conoscenza reale che le religioni vei-
colano, non relativista, bens capace di riconoscere ^ u g u a -
glianza di base fondamentale delle religioni i nsi eme alla
loro disuguaglianza concreta, inevitabile ed evidente... Pos-
sono esserci nella realt anche le posizioni del pluralismo
93
estremista, che in teoria sono possibili, ma bene non com-
battere nemici inesistenti quando non si dimostri che ef-
fettivamente sono contro di noi.
Quanto detto sufficiente per una pri ma caratterizzazio-
ne del paradi gma pluralista. Ulteriori sviluppi sorgeranno
quando accosteremo i successivi aspetti dell'edificio che
stiamo costruendo.
Qual il futuro della posizione pluralista? Copernico era
tanto convinto che la societ e la Chiesa del suo tempo non
fossero preparat e ad affrontare la sfida della sua visione,
che si preoccup molto riguardo alla pubblicazione delle
sue teorie, in modo che vedessero la luce solo quando l'In-
quisizione non avrebbe pot ut o colpirlo, poich era gi sul
letto di morte. Anni pi tardi, il peso dell' Inquisizione e
della Curia r omana sarebbe ricaduto su Galileo, nel pi fa-
moso caso di conflitto tra la scienza e la chiesa. La Chie-
sa cattolica non accett l' eliocentrismo fino al 1822, quasi
tre secoli dopo che Copernico aveva invitato i cardinali a
osservarlo attraverso il suo telescopio
37
. Quant o tarder a
essere accettata - se un giorno giunger a esserlo - la po-
sizione pluralista?
II. Esercizi didattici raccomandati
- Entrare in un motore di ricerca di Internet e vedere ci che
si trova in queste ricerche: esclusivismo, inclusivismo,
pluralismo religioso. Farsi un' opinione su come stanno
questi temi in questo moment o nella rete.
- La celebrazione del Giubileo del 2000 abbond in espres-
sioni sul significato del cristianesimo. Ricordare frasi, gesti,
interpretazioni... che furono in voga allora. Per es. Cristo
centro della storia, solo Cristo salva... Qualificare teo-
logicamente queste affermazioni.
- Prendere da Internet esempi del discorso teologico o ec-
clesiastico, e identificare frammenti nei quali si possono sco-
37
Gonzles Faus parla di un tipico e consueto ritardo storico di due
secoli e mezzo, una cifra che pare indicare la media del ritardo che
ultimamente la Chiesa (cattolica) porta rispetto alla verit storica,
nell'accettazione delle scienze, la comprensione moderna della rive-
lazione biblica e della esegesi, ecc. Cf. La autoridad de la verdad, Her-
der, Barcelona 1996, p. 109.
94
prire posizioni inclusiviste (o anche esclusiviste o pluraliste,
se si trovano). Portarle al gruppo e verificare che siano ben
catalogate.
III. Domande per lavorare in gruppo
- Mi risultata chiara l' esposizione dell' evoluzione del pen-
siero teologico ent ro le posizioni teologiche presentate in
questa uni t didattica? espressa in modo genetico? In
che senso?
Con quale posizione io mi sento in sintonia, con quale di
esse mi identifico? Presentare nel gruppo le differenti po-
sizioni dei suoi component i e dialogare su di esse.
- A quale posizione teologica appart engono det ermi nat e
persone, entit, libri... che so che hanno una posizione su
questo t ema?
- Se il mi o caso, posso farmi la domanda che si fa John
Hick (God has many names, p. 26): quale trasformazione
ha speri ment at o la mi a fede quando ho accettato il carat-
tere salvifico delle altre religioni, quando ho accettato che
il cristianesimo giri, insieme alle altre religioni, come un
pianeta intorno a Dio...?
- Se questo non fosse il mi o caso, che paure provo davan-
ti alla possibilit di adot t are una posizione pluralista nel-
la mi a fede cristiana?
Bibliografia
Nella precedente lezione abbiamo gi citato la bibliografia che
si fa carico delle classificazioni delle posizioni teologiche in ma-
teria di teologia delle religioni. In questa lezione segnaliamo so-
lamente alcune opere che sono considerate come le pi rap-
presentative o le pi opportune per studiare ciascuna delle cor-
renti.
Esclusivismo
KERN W., Ausserhalb der Kirche kein heil? Freiburg in Br. 1979.
KNITTER P., Introducing Theologies ofreligions, Orbis, New York
2002, pp. 19-62.
KUNG HANS, La Iglesia, Herder, Barcellona 1969, pp. 373-380.
SULLIVAN FRANCIS A., Hay salvacin fuera de la Iglesia?, Descle,
Bilbao 1999, collana Teoria n. 2. Molto utile per studiare la
95
storia dell'esclusivismo cattolico fino ai nostri giorni (l'auto-
re si colloca nella posizione inclusivista).
Inclusivismo
CONCILIO VATICANO II, LG {Lumen Gentium), GS (Gaudium et
Spes), NA (Nostra Aetate), UR (Unitatis Redintegratio).
DANIELOU J., Le mystre du salut des nations, Paris 1946.
DE LUBAC HENRY, Paradoxe et mystre de l'Eglise, Paris 1967.
DHAVAMONY MARIASUSAI, Teologia de las religiones. Reflexin si-
stemtica para una comprensin cristiana de las religiones. San
Pablo, Madrid 1997.
DUPUIS J., Verso una teologia del pluralismo religioso, Queriniana,
Brescia 1997.
RAHNER K., Los cristianos annimos, in Escritos de Teologia 6,
Taurus, Madrid, 1969, pp. 535-544; El cristianismo y las reli-
giones no cristianas, in Escritos de Teologia 5, Taurus, Madrid
1964, pp. 135-156; Curso fundamental de la f, Herder, Bar-
celona 1976.
VON BALTHASAR H.U., Dare we hope that ali men be saved?, San
Francisco 1988.
Pluralismo
GOMIS JOAQUIM (coordinador), El Concilio Vaticano IH. Como lo
imaginan 17 cristianos,
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QUEIRUGA e P. CASALDALIGA.
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Westminster Press, Philadelphia 1982.
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trad. sp., La metfora de Dios encamado, Abya Yala, Quito 2004.
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KNITTER P.F., No Other Name? A Criticai Survey of Christian Att-
tudes Toward the World Religions, Orbis Books, Maryknoll
(1985) 2000
12
.
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Global Responsability, Orbis Books, Maryknoll 2001
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96
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TORRES QUEIRUGA A., Cristianismo y religiones: inreligionacin
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3-19; RELaT n. 241: <http://servicioskoinonia.org/relat/
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TORRES QUEIRUGA A., Dilogo de las religiones y autocomprensin
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ligiones nella biblioteca di Koinonia: <http://servicioskoino-
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ricana, in Altemativas 27 (junio 2004) pp. 109-126, Managua.
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nos de Dios - IL Hacia una teologia cristiana y latinoamerica-
na del pluralismo religioso, Abya Yala, Quito 2004.
97
Capitolo ottavo
Una nuova comprensione della Rivelazione
Siamo nella seconda parte del corso, che corrisponde al giu-
dicare. Nella lezione precedente abbiamo ripercorso le prin-
cipali posizioni teologiche che di fatto si esprimono, o sono
state espresse, in materia di teologia delle religioni. Proba-
bilmente avremo gi sperimentato intuizioni, sintonie... ri-
guardo al nostro modo di guardare teologicamente alle reli-
gioni. Ma non cercheremo di discemere le nostre opzioni:
non abbiamo ancora la capacit di farlo. Arrivati a questo
punto, in cui abbiamo gi dispiegato tutto il panorama del-
la teologia delle religioni, dobbiamo passare ad un altro pia-
no ed approfondire altri elementi.
Dobbiamo avvicinare e rivedere in modo sistematico gli ele-
menti fondamentali che ci daranno la possibilit di costrui-
re ordinatamente l'edificio della teologa delle religioni. Il pri-
mo elemento la Rivelazione. In effetti una sbagliata com-
prensione della Rivelazione distorce tutta la nostra visione
teologica. Nella presente unit cercheremo di assumere, in
sintesi, la trasformazione che si prodotta nella compren-
sione della rivelazione entro il moderno cristianesimo, per
essere lberi da influenze negative dovute all'utilizzo di me-
diazioni improprie.
I. Per sviluppare il tema
Esclusivismo e fondamentalismo
Oggi, chi pensa in modo esclusivista viene detto fonda-
mentalista
1
. Fondament al i smo un concetto che ha avu-
t o origine in ambi t o cristiano protestante statunitense al-
1
Quando diciamo fondamentalismo potremmo dire integralismo,
conservatorismo, tradizionalismo, immobilismo, pensiero reaziona-
rio... Noi ci atteniamo al termine pi diffuso, proveniente dal prote-
stantesimo statunitense.
98
l'inizio del XX secolo. Oggi, pi ampi ament e, chi ami amo
fondamentalista la posizione di chi mant i ene un pensiero
chiuso in se stesso, senza dialogo con il mondo moderno,
poggiato su una interpretazione letterale della Bibbia (o,
in generale, delle sacre Scritture della propri a religione),
considerata l' unica fonte religiosa di verit, nella quale non
ci sarebbe alcun errore...
Quello che noi oggi chiamiamo fondamentalismo o, sem-
plicemente, mentalit conservatrice, stata la posizione do-
minante nel cristianesimo per secoli, per millecinquecento
anni. Il protestantesimo stato il pri mo ad aprirsi a un mo-
do di pensare moderno, critico, lungo un processo labo-
rioso e persino doloroso
2
, che cominci gi nel XVIII seco-
lo. Il cristianesimo sarebbe rimasto chiuso al rinnovamen-
to teologico e biblico del mondo protestante, almeno fino
agli anni '40 del XX secolo
3
. Cio i cristiani, nel loro insie-
me, provengono da una teologia e da una spiritualit simi-
li a quelle che oggi chiamiamo fondamentaliste. Appena 60
anni fa per i cattolici, 100 o 200 per alcuni settori dei pro-
testanti, i padri della fede erano fondamentalisti. L'edu-
cazione religiosa delle persone che si sono formate pri ma di
quegli anni stata chiaramente somigliante agli atteggia-
menti che oggi chi ameremmo fondamentalisti. In un certo
senso pot remmo dire che, per la maggior parte, noi cristia-
ni proveniamo tutti dal fondamentalismo...
Possiamo forse dire che questo fondamentalismo ormai
scomparso dal cristianesimo e che ce ne siamo liberati?
Senza dubbi o no. Per esempio: bench l'esclusivismo sia
stato felicemente superato nel complesso del cristiane-
simo, molti degli elementi principali del fondamentalismo
che lo sostenevano cont i nuano a permanere nell'inclusivi-
smo da cui stato sostituito
4
. Si vedano, per esempio, al-
2
Diceva Tillich che il cristianesimo protestante stata l'unica reli-
gione che ha fatto uno sforzo serio per dialogare con la modernit.
Segnalava che, allora, n il cattolicesimo, n l'ebraismo, n l'Islam lo
avevano ancora fatto.
3
L'enciclica Divino Afflante Spirita, di Pio XII nel 1943, signific
l'apertura, l'ammissione entro il cattolicesimo dei metodi scientifici
o critici di accesso alla Scrittura. Il consolidamento di questa aper-
tura non ci sarebbe stato fino al Concilio Vaticano II, nel 1962-1965.
4
Non dimentichiamo che, come abbiamo detto nella lezione prece-
dente, l'inclusivismo non cessa di essere un esclusivismo modera-
99
cune affermazioni che ancora permangono nella maggior
parte dell' ambito del cristianesimo attuale, e che conti-
nuano a risuonare come esclusiviste:
- solo la Bibbia Parola di Dio; i libri sacri delle altre
religioni sono letteratura religiosa; li possiamo leggere
con rispetto e ammi razi one, ma non come rivelazioni,
n possiamo utilizzarli nell' ambito liturgico;
- solamente a noi Dio venuto incontro ed ha donat o la
sua Parola nella sua rivelazione; le altre religioni tentano
di incontrare Dio, lo cercano a tentoni...;
- la nostra religione la vera religione, perch l' unica
che Dio ha stabilito in questo mondo;
- per questo dobbi amo predicare la nostra religione, come
una missione, a coloro che ignorano il messaggio di sal-
vezza, che Dio ha confidato a noi perch lo port i amo fino
ai confini del mondo. . .
Bench il cristianesimo nel suo insieme e la teologia in par-
ticolare siano avanzati significativamente nella revisione
del proprio pensiero, si verifica un conflitto - a volte ma-
nifesto - tra la cul t ura moderna e la cultura religiosa di
molti cristiani di oggi. La loro visione religiosa continua a
essere fondamentalista, conservatrice, ancorat a a posizio-
ni incompatibili con la mentalit moderna. In questo mo-
do non possibile procedere nel ri nnovament o del pen-
siero teologico e nemmeno, concretamente, nel campo del-
la teologia delle religioni, di cui ci st i amo occupando.
Senza una revisione dei presupposti teologici fondamen-
tali, la persona non pu distaccarsi dagli schemi classici
conservatori e non pu avanzare verso posizioni pi aper-
te e realiste.
Allora dunque, il concetto principale che alla base della
visione conservatrice del cristianesimo - e nel concreto
dell'esclusivismo - il concetto di rivelazione. Quando
domandiamo ad una persona con mentalit esclusivista
quali sono le ragioni ultime della sua posizione, inva-
to: nell'inclusivismo continuano a esserci molti elementi detenuti
in esclusiva dalla religione inclusivista. Ormai non pi quest'ul-
tima ad avere e a mantenere la salvezza in esclusiva; ora la salvezza
presente anche al di fuori di essa, per continua ad appartenerle,
a essere sua...
100
riabilmente invocher la Bibbia, la rivelazione: Dio che
ci ha detto la verit e noi dobbi amo accettarla con religiosa
sottomissione. Quando alcuni cristiani di oggi si oppon-
gono alla posizione pluralista (come quando gli inquisito-
ri del XVI secolo si opponevano all' eliocentrismo), la loro
ragione ultima era e continua ad essere la Bibbia, la rive-
lazione cristiana: Dio stesso - dicevano e cont i nuano a
dire - che ci ha rivelato la verit, che ci ha detto quello in
cui dobbi amo credere, e questa rivelazione letteralmen-
te certa e lo in mani era immutabile.
Per questo molto i mport ant e ri esami nare questo t ema
della rivelazione, che part e dei fondamenti stessi di qua-
lunque posizione si possa adottare, non solo nel campo del-
la teologia delle religioni, ma anche in t ut t a la teologia e
nell' insieme della fede cristiana.
// vecchio concetto di rivelazione
Ci stiamo muovendo nel campo della rivelazione cristiana
che, com' noto, ha nella Bibbia la sua massi ma espres-
sione e il suo punt o di riferimento.
Pot remmo segnalare vari punt i come elementi chiave del-
la rivelazione biblica - nella visione classica - che in se-
guito sono stati superati. Cercheremo di descriverli.
Il pri mo di questi elementi lo pot r emmo definire: Dio
l' autore, inteso in modo est remo e unilaterale. La Bibbia
parola di Dio, intendendo con ci che non opera de-
gli uomi ni , ma un libro i nt erament e divino e per niente
umano. In questa visione, sebbene non sia un libro lette-
ral ment e caduto dal cielo, per qualcosa di equivalen-
te: un libro che stato ispirato da Dio agli uomi ni che lo
hanno scritto. Questi erano st rument i in mano di Dio
5
. Al
livello pi est remo di questa interpretazione si arrivati a
dire che stato dettato da Dio
6
. Nella mentalit popola-
re la Bibbia si riveste di un alone magico, a volte feticista:
5
Molte riflessioni teologiche sono state compiute riguardo al tipo di
causa strumentale che gli scrittori sacri rappresentavano nelle mani
(o nella bocca) di Dio. Le elaborazioni che alla fine hanno indicato
le linee sono state quelle di sant'Agostino.
6
Nel caso della Bibbia ci fu un caso estremo, quello di J. Gerhard,
101
vedere e toccare la parola di Dio in un libro nelle proprie
mani , contenente parole con le quali Dio parla personal-
mente a noi ... port a con s la tentazione di ricorrere ad es-
se per trovare risposte immediate a qual unque dei nostri
problemi.
Un altro elemento chiave la verbalizzazione esagerata
che s' impossess della concezione stessa della rivelazione
biblica. Nonostante il Concilio Vaticano II abbia recupe-
rato la presenza delle opere nello sviluppo della rivela-
zione
7
, la concezione che di questa si avuto durant e pi
di millecinquecento anni, e che al fondo perdura nel sub-
cosciente collettivo cristiano, che la rivelazione so-
prattutto parola, con tutto ci che questo comport a di ver-
balismo e concettualismo; una rivelazione intesa fonda-
mentalmente come dottrina, verit rivelate, deposito di
verit che bisogna osservare e preservare intatte...
Un altro elemento il biblicismo letterale che si speri-
mentato: il porre la Bibbia, come testo materiale, sopra la
realt, fuori dalla storia, pi in l dell' umano, adornat a di
qualit uniche come l' inerranza, l' impossibilit a conte-
nere errori, l'infallibit... Per chi ha questa visione della
Bibbia possibile prendere qualunque testo, estrarlo dal
contesto, non domandarsi nemmeno quando stato scrit-
to, n da chi, n che cosa voleva dire l' autore... e leggerlo
direttamente, con ingenuit acritica, e applicarlo nel suo
pi semplice significato letterale a qual unque situazione
umana...
Un altro elemento che non siamo soliti affrontare e di cui
non siamo coscienti, ma che presente in questa conce-
zione fondamentalista della Bibbia, la sua unicit: so-
lo la Bibbia ci che . Non c' niente di uguale o di si-
mile al mondo. Solo la Bibbia parol a di Dio, e perci me-
rita la nostra fede e la nostra cieca obbedienza. Non pu
esserci un' altra parola di Dio. Ogni altra che pret enda di
essere Parola di Dio, falsa.
che giunse ad affermare che la Bibbia era stata dettata persino nei
suoi segni vocalici, quelle vocali che , precisamente, l'ebreo non scri-
ve. Cf. A. Bea, Inspiration, IV. Die Lehre bei Protestanten, in LThK 5
(1960) col. 709; cf. coli. 708-711.
7
Questa economia della rivelazione avviene con eventi e parole in-
timamente connessi {Dei Verbum 2).
102
Questa unicit, evidentemente, basata in definitiva pro-
priamente sulla parola della Bibbia, come un criterio in-
terno a priori, o come un ragionamento circolare: la Bibbia
la parola di Dio, e solo essa lo perch vi scritto... Quan-
do si sollecitano i cristiani restii a passare dall'inclusivismo
al pluralismo a esprimere qual la ragione ultima della lo-
ro resistenza, appare come ultimo termine l' argomento
dell' autorit della Bibbia e della tradizione: la Bibbia lo di-
ce, abbiamo sempre pensato cos, cos ci dissero i nostri pa-
dri, cos la Chiesa c' impone di pensare. Si tratta, come ab-
biamo detto, di un ragionamento circolare
8
, della mancan-
za di pensiero adulto e critico.
La crisi
Questo vecchio concetto di rivelazione (vecchio e contem-
poraneament e ancora attuale) andat o poco a poco sgre-
tolandosi nell' impatto col pensiero moderno. Non descri-
veremo questa crisi, che presente in molti manual i d'in-
troduzione alla Bibbia, e che raccomandi amo a tutti di stu-
diare o di ricordare, se gi li conoscono.
Ci che i mport ant e dire che questa evoluzione fu real-
ment e una crisi; da una part e ci furono i teologi e i bibli-
sti a studiare, scoprire, proporre... e dall' altra le chiese isti-
tuzionali, che rifiutavano le scoperte comprovate e le ipo-
tesi proposte come plausibili. Il conservatorismo legge
per le istituzioni religiose. Nel campo religioso, le resistenze
intellettuali sanno rivestirsi di argomentazioni infallibi-
li, in difesa della fede e dell' onore di Dio. A volte, una
nuova mentalit pu farsi strada solo col passare del tem-
po, quando si fa avanti una nuova generazione umana gi
cresciuta con una nuova comprensi one della fede, compa-
tibile con le nuove impostazioni culturali.
A questo proposito, interessante ricordare il caso che si ve-
rific quando Lessing pubblic nel 1778 l'opera di Reima-
rus, la pri ma ricerca scientifica di linea critica riguardo
alla vita di Ges. L' immagine prefabbricata che si aveva si-
no ad allora della vita di Ges, che non aveva sostegno cri-
tico nella Scrittura, fu scartata. Molti seminaristi abbando-
8
Nella logica classica, questo errore logico si definisce petizione di
principio.
103
narono il seminario in cerca di un' altra occupazione per la
loro vita
9
... un segno chiaro ed eloquente: le teorie teolo-
giche non sono teorie inutili n superficiali, che ci possano
essere indifferenti, ma elementi simbolici essenziali nei qua-
li in gioco il senso della vita dell' uomo. molto e molto
profondo ci che in gioco in questi temi e problemi...
Questa opposizione dell' istituzione alla trasformazione del
pensiero che sta dirigendo e armoni zzando il rapport o del-
la fede con gli avanzamenti culturali, sembra essere legge
della vita e legge della storia. Ciononostante, le idee muo-
vono il mondo, spingono in avanti la storia e spingono in
avanti anche le religioni.
dunque la trasformazione del concetto di rivelazione ci
che sta alla base dell'emergere del pluralismo di fronte all'in-
clusivismo, come paradigmi in successione nello sviluppo
della teologia delle religioni. Cos come la fine della cri-
stianit fu confusa dai teologi conservatori come la fine
del cristianesimo, allo stesso modo la posizione pluralista
confusa con la negazione del cristianesimo. Cos come
l'eliocentrismo fu considerato in contrasto con la Bibbia, co-
s anche oggi il teocentrismo pluralista - in una rivoluzione
teologica copernicana simile a quella astronomica - con-
siderato da alcuni teologi anch' esso in contrasto con la Bib-
bia. La concezione classica della rivelazione in ogni caso
il punto centrale delle resistenze dell' avanzamento della men-
talit pluralista. Ed per questo che necessario ap-
profondire questo t ema della trasformazione del concetto di
rivelazione.
Visione attuale della rivelazione
Dove ci ha port at o questa trasformazione del concetto di
rivelazione? Nemmeno qui faremo una presentazione este-
sa, ma una rapida sintesi degli elementi principali di que-
sta nuova visione che rende possibile, t ra le altre trasfor-
mazioni teologiche, uno slittamento di ment al i t dall'in-
clusivismo verso il pluralismo.
9
Cos testimoniato da Semmler nel prologo della sua confutazione
di Reimarus. Cf. A. Schweitzer, Gesichte der Leben-Jesu-Forschung,
Munich/Hamburg 1976, p. 67 (trad. sp. Investigaciones sobre la vida
de Jesus, Edicep, Valencia 1990, p. 76).
104
La rivelazione si esprime in un processo umano dentro
la storia. La rivelazione non cade dal cielo gi fatta. La
rivelazione - sia quello che sia, nella sua intima essenza -
non apparsa come parola compiuta, come oracolo di una
divinit ascoltato da un veggente o da un indovino, ma co-
me esperienza umana viva, come un "rendersi conto" a par-
tire dai suggerimenti e dalle necessit dell' ambiente e so-
stenuto nel contatto misterioso con il sacro
10
.
La rivelazione non in realt alcune parole o alcuni testi,
bens il processo vitale di un popolo che ha fatto una
esperienza religiosa, che alla fine si materializzcita in una
espressione scritta. La rivelazione non il testo, non sono
le parole, non un libro. piuttosto il processo, l'espe-
rienza religiosa stessa per la quale questo popolo, come
tutti gli altri popoli, ha cercato di dare un senso alla pro-
pria vita a partire dai miti del mondo religioso e culturale
in cui viveva, ma caratterizzato e ricostituito attraverso
l' esperienza di Dio che ha vissuto nella propri a storia
11
.
Non esiste rivelazione allo stato puro. . . La rivelazione si
esprime solamente nella ricchezza dell' umano, nel labo-
rioso processo delle tradizioni, nella capacit culturale
dell' ambiente e nelle possibilit del linguaggio, nello sfor-
zo per rispondere alle domande e alle necessit concrete
delle diverse comunit, nella riflessione teologica di figu-
re individuali e di determinate comunit. Si d in tutto
questo; non diciamo che si riduce a questo
12
. La rivela-
zione la manifestazione della profondit dell'essere at-
traverso la conoscenza umana
13
.
La rivelazione un processo universale, che si manifesta
in tutti i popoli. Tutti i popoli sono umani ed parte dell'es-
sere umano la necessit di dotarsi di un senso religioso,
sia individuale che comunitario. I paleontologi pensano di
trovarsi di fronte a un ritrovamento archeologico di resti
umani e non di semplici ominidi quando vi osservano
la presenza di segni religiosi, per esempio nelle sepolture...
Pot remmo dire che l'homo sapiens dal principio equipa-
rabile all'homo religiosus.
10
Torres Queiruga, Andrs, La revelacin de Dios en la realizacin del
hombre, Cristianidad, Madrid 1987, pp. 66-67.
11
Ibid.
12
Ibid.
13
Tillich, Paul, Teologia sistemtica, I, Barcelona 1972, p. 128.
105
Nel cosiddetto periodo assiale (800-200 a.C.) un buon nu-
mero di popoli del mondo antico sperimentarono uno stes-
so tipo di trasformazione religiosa, che dette origine alle
grandi religioni mondiali, le grandi religioni o religioni
universali che ancora oggi permangono. Gli scienziati del-
la religione, cos come gli antropologi, gli archeologi, i teo-
logi, i biblisti... sono d' accordo riguardo al fatto che il pro-
cesso interno vissuto dal popolo di Dio che si riflette nella
Bibbia un processo strutturalmente simile ai processi re-
ligiosi degli altri popoli, sviluppati al margine e pri ma del
processo del popolo di Israele
14
.
Tutte le religioni sono rivelate: ci fu un t empo nel quale
gli storici delle religioni hanno distinto tra religioni na-
turali e religioni rivelate; per uno studio pi attento
ha dimostrato che questa antitesi risulta mol t o difficile da
mantenere
15
. Da part e nostra noi cristiani t endi amo logi-
camente a considerare la Bibbia come un mondo a parte,
senza neppure contatti con la realt circostante, come na-
ta interamente da se stessa, senza influssi n cont ami na-
zioni... In realt oggi nessun teologo serio avr la pretesa
che le scritture ebree e cristiane possano essere conside-
rate a parte rispetto alle altre opere nelle quali sono con-
segnate le credenze e le esperienze religiose delle altre re-
ligioni
16
. La rivelazione appartiene all' autocomprensione
di ogni la religione, che sempre considera se stessa come
creazione divina e non merament e umana
17
. Tutte sono
religioni della rivelazione
18
.
Nel linguaggio classico pot r emmo dire che Dio si vuole
14
Norbert Lohfink parla del caso di Mari, dove, mezzo secolo prima
di Mos, prima che Israele esistesse come popolo, un intero millen-
nio prima del culmine della profezia in Israele, esistevano gi uomi-
ni che, nonostante tutte le differenze concrete, si presentavano in mo-
do simile a quello dei profeti successivi del popolo giudeo. Los pro-
fetas, ayer y hoy, in Gonzalz - Lohfink - Von Rad, Profetas verdade-
ros, profetas falsos, Sigueme, Salamanca 1976, p. 107. Cf. Torres Quei-
ruga, ibid., p. 69.
15
E.O. James, Introduccin a la historia comparada de las religiones,
Cristiandad, Madrid 1973, p.16.
16
Torres Queiruga, ibid., p. 29.
17
C.M Edsmann, Offenbarung I. Citato da Torres Queiruga, ibid., p.
28.
18
Torres Queiruga, ibid., p. 32.
106
rivelare a tutti gli esseri umani e a tutti i popoli, e vuole ri-
velarsi nella sua massi ma espressione, sempre, in tutti i
moment i . Dobbi amo pensare che il limite di questa rive-
lazione sia un limite nel recepirla e sia un limite nostro
19
,
di ogni popolo, di alcuni pi che di altri...
Questa nuova comprensi one della rivelazione comport a
una presa di coscienza dell' ampliamento del campo rive-
latorio. da scoprire tutta la realt come manifestazio-
ne di Dio. Essa il luogo della forza rivelatrice del Signo-
re sullo spirito dell'essere umano. In modo che, anche nel-
la radicale e costitutiva oscurit, c' evidenza della rivela-
zione in t ut t o il reale. Nella mi sura in cui qualcosa , c'
manifestazione di Dio
20
.
Le religioni sono, in definitiva, i punt i dove si conden-
sa questa ' evidenza' generale, i luoghi dove la forza rivela-
trice riesce a rompere espressamente l' opacit dello spiri-
to finito. La religione biblica non risulta in questo senso
diversa. Perci, l ont ano dagli esclusivismi caduchi, si de-
ve partire dall' assioma fondamentale: ' Tutte le religioni so-
no vere', nel senso che in esse si capta realmente, anche se
non adeguat ament e, la presenza di Dio. I limiti st anno nel
modo e nella definitivit
21
.
Pot remmo dire che, in un certo senso, la parola rivela-
zione ci pu sembrare inadeguata. Perch si riferisce a un
mistero, a una profonda dimensione dell'essere umano, che
viene espressa mediante un' immagine proveniente da un
pensiero magico: ri-velazione, ossia dis-velamento, spo-
stamento del velo che ci impediva di vedere qualcosa, spo-
stamento che evidentemente viene attribuito a qualcosa di
esterno a noi... per quant o attualizziamo la comprensione
di questo mistero - come abbiamo appena cercato breve-
mente di fare - succede che la stessa parola rivelazione,
per associazione spontanea di idee, ci tradisce inconsape-
volmente nell'evocare, in maniera surrettizia, la vecchia com-
prensione che precisamente volevamo superare. Le parole
non sono innocenti. Siamo persuasi che sia meglio non uti-
19
Queste sono conclusioni sintetiche del trattato sulla Rivelazione di
Torres Queiruga, ibid., p. 459, epilogo.
20
Ibid., p. 466.
21
Ibid., pp. 467 e 471.
107
lizzare la parola, o almeno, renderla con altri sinonimi che
non siano caricati di alcun pensiero magico nella letteralit
dell' immagine che veicolano. Quella che abbi amo chiamato
classicamente rivelazione potrebbe essere, con vantaggio,
definita processo umano di acquisizione di coscienza,
processo di riflessione religiosa...
Con queste conclusioni di Andrs Torres Queiruga, termi-
ni amo anche noi questa presentazione concisa della tra-
sformazione del concetto di rivelazione che, come abbia-
mo pot ut o vedere, ci lascia con una predisposizione mol-
to diversa di fronte al panor ama dei paradi gmi o delle di-
verse posizioni teologiche della teologia delle religioni.
Evidentemente la sintesi qui presentata non ci dispensa
dall' utilit di un avvicinamento personale pi ampi o alla
questione. Esort i amo vivamente il lettore a farlo. Per que-
sto segnaliamo alcune opere nella bibliografia.
II. Testi antologici
Si veda il capitolo 2 di Enigmas de la Biblia, 2, di ARIEL
LVAREZ VALDS. Raccomandi amo vivamente la lettura
dell'opera completa.
GONZALEZ FAUS J.I., Avanzadillas de la critica biblica, in
La autoridadde la verdad, Herder, Barcelona 1996, pp. 108-
109, 162-163.
La parola di Dio parola di uomi ni che parl ano di Dio.
Dire sic et simpliciter che la Bibbia parola di Dio non
corrisponde' alla verit. solo i ndi ret t ament e parola di Dio.
Gli scritti biblici sono testimonianze di uomi ni di Dio che
hanno vissuto una storia e hanno manifestato Dio. Quan-
do la Bibbia dice: Dio ha detto. Cristo ha detto... non
Dio che lo ha detto, non Cristo in senso propri o che lo
ha detto, ma gli uomi ni che hanno raccont at o la loro espe-
rienza di rapport o con Dio. La loro esperienza viene dallo
Spirito e, in questo senso, si pu corret t ament e affermare
che la Bibbia ispirata.
Allo stesso t empo per necessario tener presente la me-
diazione umana, storica, contingente. Non si d mai un in-
contro diretto, a tu per tu, di Dio con l' uomo, ma sempre at-
traverso mediazioni. Sono gli uomini che parlano di Dio.
Per la ricerca teologica e per intendere l'evoluzione dei dog-
mi, questo molto importante. Non si pu comprendere la
108
nuova teologia senza questo concetto di rivelazione mediata
dalla storia, dall'esperienza interpretativa degli uomini.
Quando non si accetta la mediazione, si cade necessaria-
mente nel fondamentalismo (cf. E. SCHILLEBEECKX, Soy un
telogo feliz, Sociedad de Educacin Atenas, Madrid 1994,
pp. 72-73)
22
.
Succede non solo nella coscienza comune, ma anche nel-
la predicazione ordinaria, nei libri di divulgazione e per-
sino in non pochi teologi. La concezione che si soliti da-
re come ovvia e presupposta, si pu contraddistinguere coi
seguenti tratti: a) Dio si rivelato per mezzo di apparizio-
ni, visioni e parole ascoltate o dettate, perch fossero scrit-
te, a determinate persone come i profeti o gli apostoli; b)
queste persone le t rasmet t ono agli altri oral ment e o per
iscritto, a volte confermandole con segni e miracoli; e) gli
altri si fidano di loro e, appoggiati alla loro testimonianza,
credono che Dio ha detto o ha rivelato ci che loro dico-
no. In definitiva, credere nella rivelazione sarebbe accet-
tare qualcosa come parola di Dio, perch qual cuno dice
che Dio glielo ha detto perch lui lo dicesse agli altri (A.
TORRES QUEIRUGA, voce Revelacin, in Diez Palabras cla-
ve en Religin, Verbo Divino, Estella 1992, pp. 179-180).
III. Domande per riflettere e per dialogare
- A che et ho conosciuto per la pri ma volta la Bibbia? Per-
ch la Bibbia non era quasi conosciuta nel popolo cattoli-
co pri ma del Concilio Vaticano II? Ricordare le cause sto-
riche.
- Com' era l' immagine della Bibbia che mi hanno dat o quan-
do ero bambi no?
- Ho avuto l' opportunit di rinnovare la mi a formazione
biblica?
- Che rapport o vedo t ra questo t ema e le famose posizio-
ni teologiche in materia di teologia delle religioni (esclu-
sivismo, inclusivismo e pluralismo)?
- La Bibbia afferma che solo essa parola di Dio? Do-
ve? E se lo dice, questa parola di Dio o una forma se-
22
Edizione originale italiana. Sono un teologo felice, EDB, Bologna
1993.
109
c ondo cui noi l a pe r c e pi a mo? Apr i r e u n di al ogo riguardo
a ci nel gr uppo.
- Che i ni zi at i ve, che possi bi l i t , l i bri , cor si , risorse... co-
nos c i a mo pe r il r i nnova me nt o del l e nost r e cogni zi oni bi -
bl i che?
- Abbi a mo vi st o qual che al t r o l i bro sacr o di al t r e rel i -
gi oni ? Si pos s ono acqui st ar e nel nos t r o paese e dove? Qua-
li al t r e r el i gi oni i mpor t a nt i ( mondi al i o l ocal i ) s ono pr e-
sent i nel l a soci et i n cui vi vi amo? Che l i br i sacr i do-
vr e mmo conoscer e pe r a ppr e z z a r e l a qual i t del l a rel i -
gi one dei nost r i fratelli e sor el l e di al t r e r el i gi oni ?
- Qual i al t r i libri sacr i a b b i a mo l et t o? Co mme n t a r e
l ' esper i enza di ognuno.
- possi bi l e da r e u n o spazi o a de gua t o al l a l et t ur a del l a
Parol a di Dio del l e al t r e r el i gi oni nel l a mi a pr e ghi e r a per -
sonal e, nei nost r i mo me n t i di pr e ghi e r a c omuni t a r i a , nel -
le nost r e cel ebr azi oni par al i t ur gi che, nel l ' eucar i st i a. . . ? Per -
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I l i
Capitolo nono
Due principi fondamentali:
il pluralismo positivo e voluto da Dio.
Non ci sono eletti
Ricapitoliamo l'itinerario che abbiamo seguito fino ad ora.
Dopo aver osservato la realt attuale e la storia dal punto di
vista del pluralismo religioso, dopo esserci messi in allerta
ricorrendo all'ermeneutica del sospetto e dotati di alcuni stru-
menti e classificazioni, nell'unit precedente ci siamo ad-
dentrati in un tema che si pone alla base ed previo alla teo-
logia delle religioni, un tema che filtra e precondiziona tutti
gli altri: il concetto di rivelazione.
Abbiamo dunque la capacit di entrare in pieno nel cuore
stesso della teologia delle religioni. E ci addentriamo in que-
sto nucleo centrale dichiarando quello che consideriamo pos-
sa essere un principio- nuovo fondamentale: l'affermazio-
ne del carattere positivo del pluralismo religioso, che per ci
stesso non solo un pluralismo di fatto, ma anche di di-
ritto, per principio...
Subito dopo stabiliremo un altro grande criterio che lo com-
pleta e lo definisce, che ci porter a rinunciare alla categoria
dell'elezione...
I. Per sviluppare il tema
A) Primo principio: Il pluralismo religioso positivo
e voluto da Dio
VISIONE CLASSICA DEL PLURALISMO RELIGIOSO
Com'era visto classicamente il pluralismo religioso (la plu-
ralit delle religioni)? Com' era considerato?
Possiamo domandarl o in pri mo l uogo a noi stessi: cosa ci
stato detto nella nost ra formazione religiosa sul fatto che
esistessero altre religioni, persino mol t e religioni? Proba-
112
bilmente la maggior part e di noi ricorda che non ci sta-
to detto prat i cament e nulla, al meno in modo esplicito. Il
t ema non figurava t ra i temi di formazione, non faceva par-
te delle preoccupazioni teologiche di allora.
Per, affondando nei nostri ricordi, forse pot remo scopri-
re che qualcosa ci stato detto, al meno implicitamente. In
qualche mani era tutti noi abbi amo captato, di conseguen-
za, che le altre religioni non erano molto i mport ant i . Si po-
trebbe procedere nella vita senza conoscere granch di es-
se.
Pot remmo dire che non avevano un gran significato reli-
gioso, nonost ant e fossero delle religioni, alcune delle qua-
li persino grandi religioni.
Certamente, non si disconosceva il fatto stesso dell' esisten-
za di altre religioni, ma si pu dire che questo fosse un
dat o esterno alla religione cristiana. Non era i ncorporat o
nella visione cristiana della vita. Addirittura era un dat o,
un fatto deplorevole, negativo... Se l' accesso a Dio da par-
te dell' uomo si offriva attraverso la religione che Dio stes-
so aveva rivelato all' Umanit per mezzo del propri o figlio
Ges, che senso avevano quelle altre religioni estranee?
Come si spiegava che a Dio fossero ri mast e fuori dal suo
(unico) piano di salvezza quelle masse umane l ont ane,
che non part eci pavano all' unica religione, la religione of-
ferta all' Umanit da Dio stesso, la religione cristiana?
Il pluralismo religioso, la pluralit delle religioni era con-
siderata negativamente. Era un misterioso sbaglio del
pi ano di Dio. Oppure uno sbaglio tollerato da Dio forse per
metterci alla prova, poich Dio raccomandava a noi cri-
stiani di port are la salvezza cristiana a quei popoli. Che ci
fosse una pluralit di religioni era, dunque, una situazio-
ne temporale, destinata a sparire di fronte all' espansione
del cristianesimo grazie all' azione missionaria, che aveva
t ardat o t roppo (venti secoli!).
Riassumendo, il pluralismo religioso era dunque un fatto,
considerato per negativo, deplorevole, non voluto da Dio,
forse semplicemente tollerato, transitorio e pert ant o de-
stinato a sparire, il pri ma possibile... Se non era ancora
scomparso, ci era dovuto alla mancanza del nostro spiri-
to missionario.
113
(Non ci addentriamo adesso a riferire come la tradizione
giudeo-cristiana abbia valutato lungo la sua storia queste re-
ligioni che compongono il blocco del pluralismo religioso.
In certi tempi, primitivi, si pens che le religioni fossero pro-
prie di ogni luogo, come gli dei stessi, vincolati alla terra e
con una giurisdizione localizzata geograficamente
1
... In al-
tri tempi, gli dei delle altre religioni furono considerati dia-
bolici, idoli, falsi dei, vanit, causa di tutti i mali
2
...).
UNA NUOVA VALUTAZIONE DEL PLURALISMO RELIGIOSO
SI FA STRADA
Abbiamo gi parlato in vari punt i dell' unit precedente del-
la novit di una nuova t appa dei rapport i t ra le religio-
ni, di un nuovo spirito nella valutazione cristiana delle re-
ligioni... Ebbene, giungiamo al centro di questo scenario.
Una chiara novit emerge nel centro della teologia delle re-
ligioni e nel centro del nuovo spirito
3
che si percepisce in
questo ambito: sorge e si avverte ovunque una nuova va-
lutazione positiva del pluralismo religioso.
Esprimiamolo cos: quel pluralismo religioso che, come ab-
biamo appena detto, stato da sempre considerato come
un pluralismo di fatto, negativo, senza significato, t empo-
rale, passato:
- da essere considerato negativo - a essere considerato
positivo
- da pluralismo di fatto -> a pluralismo di diritto, di prin-
cipio
1
Mezenes, Rui De, Pluralismo religioso en el Antiguo Testamento, in
Selecciones de Teologia 163 (sett. 2002), pp. 178-179
2
Teixeira, F., Teologia das religies. Urna viso panoramica, Paulinas,
So Paulo 1995, pp. 15-16, presenta una sintesi di questa valutazio-
ne negativa tanto frequente.
3
Vigil, J.M., Espiritualidad del pluralismo religioso, in Comisin Teolo-
gica della ASETT, Por lo muchos caminos de Dios. Desafios del plu-
ralismo religioso a la teologia de la liberacin - I, Verbo Divino, Qui-
to 2003. ID., Macroecumenismo: teologia de las religiones latinoame-
ricana, in ASETT, Por los muchos caminos de Dios - IL Hacia una
teologia pluralista de la liberacin, Abya Yala, Quito 2004, collana
Tiempo Axial n. 3.
114
- da pluralismo deplorevole > a pluralismo con una fun
zione
4
nel pi ano di Dio
- da pluralismo che deve essere ridotto all' unit - a plu-
ralismo che dev' essere accettato
- da pluralismo temporale, provvisorio - a pluralismo for-
se per sempre...
Quella vecchia visione (tante volte semplicemente incon-
sapevole, mai espressa) del pluralismo religioso come di
un pluralismo di fatto, negativo, senza senso, destinato a
scompari re... in crisi. Si estende nel popolo cristiano la
sensazione che il pluralismo religioso non sia negativo, ben-
s positivo, ossia, voluto da Dio... Che una religione s'im-
ponga infine su tutte le altre sostituendole, non pi visto
come l' ideale...
Che ragioni fondano questa nuova valutazione positiva?
Possiamo raggrupparle in quat t ro aspetti:
a) una nuova immagine di Dio: non accettabile pensare
che Dio abbia pot ut o lasciare un' i mmensa part e dell' Uma-
nit senza attenzione, abbandonat a alla propri a iniziativa
semplicemente umana, senza andarle incontro, nell'at-
tesa che arrivasse l' azione missionaria della Chiesa cri-
stiana...
b) una nuova immagine della rivelazione
5
: questa non
un' azione positiva di Dio limitata al suo rapport o con un
solo popolo, bens un processo legato all' esistenza di ogni
essere umano e di ogni popolo, in cui t ut t a la realt stori-
ca si converte in rivelazione
6
;
e) una nuova immagine dell'uomo: adesso comprendi amo
molto meglio la nat ura culturale dell'essere umano, e co-
me perci Dio deve necessariamente relazionarsi con lui
tramite una forma di ecclesialit che, entro la propri a
cultura, pu essere veicolata solamente attraverso la pro-
4
Un pluralismo che ha una esplicita raison d'tre, dir C. Gefr {La
singolarit del cristianesimo nell'et del pluralismo religioso, in Filo-
sofia e teologia 6/1, 1992, pp. 38-58, citato da Dupuis, Verso una teo-
logia. .., p. 19). Una pluralit che ha un suo posto nel disegno di Dio
per la salvezza dell'umanit, dir da parte sua Dupuis, ibid. p. 271.
5
Abbiamo trattato questo punto nella lezione precedente
6
Torres Queiruga, A., La revelacin de Dios en la realizacin del hom-
bre, Cristiandad, Madrid 1987, p. 466.
115
pria religione; ogni essere umano, ogni popolo si trova nel-
la condizione di ricevere l' azione rivelatrice di Dio, perch
tutti gli uomi ni sono elevati all' ordine della salvezza
7
...
d) una nuova immagine del cristianesimo, che, in questa nuo-
va epoca della storia, si vede messo a confronto, come mai
prima d'ora
8
, con le proprie limitazioni di fronte alla sua
pretesa di universalit
9
. Dopo aver attraversato epoche sto-
riche nelle quali aveva creduto di aver predicato il messag-
gio cristiano a tutto il mondo abitato
10
, ed epoche come l'ini-
zio del XX secolo, in cui riteneva che in pochi decenni avreb-
be convertito religiosamente il resto del mondo, sembra ora
riscoprire che il suo limite numerico insuperabile
11
, e che
l'azione missionaria destinata alla conversione del mondo,
in questo senso, ha fallito
12
...
Bench non sia necessario, dobbi amo chiederci: com' sta-
ta possibile una valutazione negativa del pluralismo religio-
so per due millenni da part e del cristianesimo e per quasi
tremila e cinquecento anni da part e del giudaismo?
7
Casaldliga - Vigil, Espiritualidad de la liberacin, Envio, Managua
1992, pp. 33ss.; Sai Terrae 1992, pp. 34ss.
8
Una tale situazione non era mai esistita prima nella storia; P. Ber-
ger, The ereticai imperative, New York 1979, p. 35.
9
Torres Queiruga, A., ibid., p. 335.
10
S giunse di fatto a pensare ci gi dal tempo di sant'Agostino:
Si dice che sono ormai pochissime e molto remote le persone alle
quali (il Vangelo) non stato ancora predicato (Agostino, De Natu-
ra et Gratia, II, 2; PL 44, 905).
11
Di fatto, bench le statistiche dell'Annuario Pontificio del 2002 re-
gistrino un aumento quantitativo della popolazione dei cattolici nel
mondo, che sono passati da 757 milioni nel 1978 a 1070 milioni nel
2002, in percentuale rispetto alla popolazione mondiale continuano
a diminuire, passando dal 17,99% del 1978 al 17,20 % del 2002. Cf.
ulteriori dati in REB 255 (luglio 2004) p. 723, Petrpolis.
12
Dupuis parler del fallimento della missione cristiana: Verso una
teologia cristiana del pluralismo religioso, Queriniana, Brescia 1997,
p. 518. Dal punto di vista umano necessario riconoscere che sto-
ricamente viviamo l'esperienza di un pluralismo religioso apparen-
temente insuperabile. Questo coincide con la coscienza di un certo
fallimento della missione della chiesa, soprattutto quando si pensa
al piccolo numero di cristiani del continente asiatico (Geffr, C, O
lugar das religies no plano da salvaco, in Texeira, org., O dialogo in-
ter-religioso corno afrmaco da vida, Paulinas, So Paulo 1997, p.
112).
116
Suggeriamo - in questo moment o non pret endi amo nien-
te pi che suggerire - tre risposte:
a) In pri mo luogo, il pensiero moder no ha infranto l'im-
postazione classica della questione della verit, una impo-
stazione greca, fondament al ment e aristotelica, che si ba-
sava sulla visione della metafisica e della ontologia classi-
ca, in cui la Verit {Verum) sempre Una (Unum), e non
pu entrare in contraddizione con un' altra verit. Ci che
non pu non essere, ed impossibile che, per il mede-
si mo rispetto, la stessa cosa allo stesso t empo sia e non
sia [Aristotele, Metafisica, Rusconi, Milano 1994. p. 145,
N.d.T.]... Il pensiero moderno percepisce una verit che
compatibile con la pluralit, che sorge persino dalla coin-
cidenza degli opposti, dal caos
13
...
b) In secondo luogo si tratta del tributo di alcune limita-
zioni della conoscenza, dovute alle leggi stesse della evo-
luzione dell' Umanit. Perch tutti i popoli originari hanno
pensat o di essere il centro della realt? Perch hanno pen-
sato che la loro religione fosse la vera religione? Perch
hanno valutato negativamente la pluralit delle altre reli-
gioni? successo per una legge che pot remmo definire na-
turale: l'essere umano, l'essere in evoluzione, comincia a
conoscere a partire da se stesso, e percepisce la realt, dal
pri mo moment o, in rapport o a se stesso che occupa il cen-
t ro di tutte le percezioni. A partire da questo centro, am-
plier poco a poco il campo della conoscenza, e solo con
questo ampl i ament o otterr nuove prospettive... Ognuno
riceve secondo le proprie capacit, dice l'adagio classico
tomista scolastico
14
. L'esclusivismo religioso che, come ab-
bi amo detto nelle lezioni precedenti, stato il modello strut-
turale spontaneo di (praticamente) tutte le religioni, obbe-
disce a questa legge (non un peccato peculiare di nes-
suna religione, ma un difetto naturale, forse inevitabile).
Cos, la valutazione negativa dell'insieme della pluralit re-
ligiosa che ci circonda, stata un meccani smo spontaneo,
naturale, dovuto st rut t ural ment e alla condizione evolutiva
e processuale dell'essere umano, considerato sia indivi-
dual ment e che collettivamente.
13
Affronteremo il tema della verit nel capitolo 14.
14
Summa Teologica, I q. 79, a. 6 in corp.
117
e) Perch allora a questo punt o della storia dell' umanit ir-
rompe la coscienza del pluralismo? Si pu anche dire che
questa irruzione sia l'effetto delle nuove condizioni dei tem-
pi. Ci troviamo in un' ora di mondializzazione (globalizza-
zione). Con la rivoluzione delle comunicazioni, la facilita-
zione dei viaggi e l' intensificazione delle migrazioni
15
, le
religioni hanno ormai preso contatto tra loro. termina-
to il t empo del loro isolamento, ognuna confinata nel suo
piccolo mondo, inteso come l'unico mondo esistente.
In questa situazione non si pu non porre a t ema una ri-
flessione religiosa e teologica riguardo a questa pluralit
di religioni pri ma ignorata. Nell' osservare le altre religio-
ni, lo sguardo di ognuna di esse non pu cessare di vol-
gersi di riflesso su se stessa. Ogni religione comincia a con-
siderare e a sperimentare se stessa come una religione.
Inevitabilmente tutte devono rivedere la propri a teologia
delle religioni: cosa significa questa pluralit delle reli-
gioni.
La percezione che emerge come evidente che la propria
religione una in pi, una tra le altre, anche se que-
sta visione si scontra con l' eredit esclusivista originale di
ogni religione. In un pri mo moment o la soluzione di com-
promesso
16
un inclusivismo pi o meno moderat o. A lun-
go termine tutto fa pensare che ci troviamo di fronte a un
lungo cammi no verso un paradi gma pluralista
17
. Per, a
parte le apparenze dell'evoluzione del pensiero, il plurali-
smo religioso dev' essere fondato teologicamente.
FONDAMENTO TEOLOGICO
DEL PLURALISMO RELIGIOSO DI PRINCIPIO
Quali possono essere i fondamenti teologici del pluralismo
religioso di principio? In realt, se riflettiamo un poco, pos-
siamo tutti trovare i princpi di base che sostengono que-
sta valutazione positiva del pluralismo. Sarebbero:
15
Cf. il capitolo 2.
16
Si tratter di un nuovo epiciclo, come dice John Hick?
17
II fatto pu essere comparato con il fenomeno della detradizio-
nalizzazione, di cui parla Giddens, Anthony, Consecuencias de la mo-
demidad, Alianza, Madrid, 1993; Cf. anche Mardones, Jos M., A dn-
de va la religini, Sai Terrae, Santander 1996, pp. 108ss.
118
- l' universale volont salvifica di Dio;
- la sovrabbondant e ricchezza e variet delle automanife-
stazioni di Dio all' Umanit
18
.
Ent rambe le affermazioni teologiche sono di tale calibro e
di tale profondit che risultano indiscutibili. Sono pratica-
mente assiomi o postulati che, posti in collegamento, susci-
tano l'evidente affermazione - a partire dalla nostra odier-
na sensibilit - del pluralismo di principio.
Possiamo aggiungere con Dupuis: Il fatto che Dio abbia par-
lato "molte volte e in diversi modi" prima di parlare attra-
verso suo Figlio (Eb 1,1), non casuale; nemmeno il carat-
tere plurale dell'automanifestazione di Dio una mera cosa
del passato. Il carattere decisivo della venuta del Figlio nella
carne di Ges Cristo non cancella la presenza e l'azione uni-
versale del Verbo e dello Spirito. Il pluralismo religioso di
principio si fonda sull'immensit di un Dio che Amore
19
.
CONSEGUENZE TEOLOGICHE DI QUESTA VALUTAZIONE POSITIVA
Ne enumereremo solo alcune.
Cambia l' immagine di Dio
L' immagine di Dio del Primo (Antico) Testamento era l'im-
magine di un Dio - cos al meno sembra adesso a noi, con
t ut t o rispetto - molto giudeo, molto circoscritto al suo
popolo, molto legato alla cultura di un' etnia. Anche il Dio
cristiano del t empo della cristianit era un dio parziale,
che pot rebbe sembrare ingiusto nella sua preferenza per
la sua Chiesa e la sua tolleranza di fronte alle malefatte dei
suoi figli verso gli altri popoli e religioni. Forse anche in
altre religioni, che hanno vissuto la loro religiosit ent ro
lo stesso paradi gma di esclusivismo, successo lo stesso:
il Dio dell' esclusivismo un Dio nostro, del nostro po-
polo, che, pot r emmo dire, la pensa come noi, parla la no-
stra lingua, si sente uno del nost ro popolo, ci difende cie-
cament e dai nostri nemici ed parziale a nostro favore al
di sopra dell' interesse universale della giustizia
20
...
18
Dupuis, ibid., p. 520.
19
Ibid.
20
Sono innumerevoli questi casi, come quello di Santiago Mata-
119
Il pluralismo di principio, il sapere che il pluralismo vo-
luto da Dio, cambia la nostra immagine di Dio, la purifica
da questo sciovinismo e da questa chiusura etnocentrica di
cui ha sofferto nelle religioni eclusiviste. Dio non nostro.
Dio non della nostra razza n della nostra cultura, sebbe-
ne noi lo pensiamo e ne facciamo esperienza attraverso di
essa. Dio non parziale nei nostri confronti come gli dei na-
zionali, o i demiurghi intercessori, o gli dei della trib o
del clan dei popoli primitivi. Dio oltre tutto ci e non
manipolabile. Dio pluralista, universale, di tutti i popoli...
Ci comport a molte conseguenze, come possi amo i mma-
ginare...
Cambia la concezione di Popolo di Dio
Il tema Popolo di Dio conta molti precedenti nella Chie-
sa e nella Bibbia stessa, ed un tema di grande impor-
tanza. Dimenticato per alcuni secoli, il Concilio Vaticano
II ebbe il merito di riscattarlo e di rimetterlo in pri mo pia-
no. Durante alcuni anni il t ema e le parole Popolo di Dio
furono il leitmotiv principale della teologia e della spiri-
tualit postconciliare. Il Sinodo del 1985 sembr avere co-
me obiettivo, tra gli altri, quello di spostare in secondo pia-
no questo concetto
21
. Di fatto, negli ultimi anni, stato pra-
ticamente spogliato di ogni protagonismo.
Lasciando da part e questa variazione congiunturale dell'ul-
tima ora e t ornando all' impostazione del Concilio Vatica-
no II stesso, che cont i nua ad essere la massi ma autorit,
occorre dire che la sua impostazione non era un punt o di
arrivo, quant o di partenza
22
. Le posizioni teologiche attuali
moros in Spagna, o di molti luoghi dell'America Latina, dove la tra-
dizione fa sfoggio della protezione divina o mariana ricevuta in di-
fesa contro gli indigeni, per esempio.
21
Si veda un'esaustiva informazione e argomentazione a riguardo in
J. Comblin, O povo de Deus, Paulinas, So Paulo 2002, pp. 115-132.
22
necessario riconoscere che oggi, passati ben pochi anni, il testo
conciliare ci risulta stranamente timido e restrittivo (cf. Torres Quei-
ruga, El dilogo de las religiones, Sai Terrae 1992, p. 3. Altrove Tor-
res Queiruga dice che il seme di ci che il Concilio Vaticano II af-
ferm in materia di dialogo delle religioni cresciuto come un seme
piantato... (cf. El dilogo de las religiones en el mundo actual, in Joa-
120
sono andat e avanti. Oggi l' attuale teologia cristiana delle
religioni non pi capace di parlare del Popolo di Dio
al singolare, identificandolo globalmente nella storia con
il popolo della tradizione religiosa giudeo-cristiana, o iden-
tificandolo at t ual ment e con il cristianesimo o con una de-
t ermi nat a Chiesa. Come mi ni mo dobbi amo considerare il
concetto come polisemico, e non univoco o unico.
Ci sono molti popoli di Dio, ognuno dei quali lo invoca
con un propri o nome. Il popolo di Dio trascende le fron-
tiere non solo di una razza, ma anche di una religione. Dio
non solo non fa preferenze di persone, ma nemmeno di re-
ligioni. Dio non fa preferenze di persone, ma chi lo teme
e pratica la giustizia, a qual unque popolo appart enga a
lui accetto (At 10,34-35). Esiste un popolo di Dio trasver-
sale a tutti i popoli, costituito da una moltitudine di figli
e figlie di Dio di ogni trib, lingua, popolo e nazione
23
(Ap
5,9-10), un popolo gradito e accetto a Dio. Non possi amo
dunque cont i nuare a identificare in mani era univoca, esclu-
siva e costante il concetto di Popolo di Dio con quello di
cristianesimo o di una det ermi nat a Chiesa cristiana.
Popolo di Dio stata un' espressione che oggi, nel nost ro
t empo, necessita di una reinterpretazione. Non possi amo
pi utilizzarla come sempre, con ingenuit acritica. Non
possiamo pi ritenere che il popolo di Dio sia il popolo di
una razza, come tanti popoli pensarono di se stessi, e nem-
meno possi amo pensare che il Popolo di Dio sia uno solo,
o che s'identifichi con una cultura o con una religione... o
che quell' unico Popolo di Dio si amo precisamente noi e in
esclusiva...
Fine della sindrome degli eletti e della
sindrome dell' unigenito
La classica valutazione negativa del pluralismo religioso
all' origine di tutti gli imperialismi, le invasioni, le conqui-
ste, i colonialismi, i neocolonialismi, le campagne di pro-
quim Gomis, ed., El Concilio Vaticano IH, Herder-El Ciervo, Barce-
lona 2001, p. 71).
23
Nel libro dell'Apocalisse, e in tutto il mondo antico, fino al mondo
medievale incluso, nel concetto di nazione contenuto quello di
religione propria di quella nazione.
121
selitismo missionario (religioso, culturale, politico
24
)... che
sono stati e sono intrapresi dalle religioni esclusiviste.
Bisogna ricordare che l'esclusivismo e la valutazione ne-
gativa del pluralismo religioso sono realt correlate: se c'
una, c' anche l'altra. E quando si manifestano ent rambe,
si crea una coscienza personale e comunitaria - una sin-
drome - che ci predispone a giustificare tutti quegli er-
rori: se noi si amo gli unici, coloro che godono del favore
di Dio, gli unici a conoscere la rivelazione, e siamo cir-
condati da popoli abbandonat i dalla mano di Dio, che non
Lo conoscono, che possono salvarsi solamente se li ren-
diamo partecipi della nostra religione... chiaro che sia-
mo in una situazione di superiorit che giustifica l' assun-
zione paternalistica della loro protezione. la sindro-
me degli eletti. Abbiamo gi visto nella terza e nella quar-
ta lezione abbondant i testimonianze di questa sindrome
nella storia della Chiesa.
Questa si ndrome pu anche manifestarsi, logicamente,
all' interno di una stessa societ. il caso dei settori fon-
damentalisti, che ragionano cos: se la Parola di Dio - co-
s come noi la conosci amo - la Verit, essa deve regna-
re ovunque sia possibile
25
, anche se per questo sia neces-
sario conquistare e i mporre questa possibilit. La Verit
religiosa percepita da noi (a volte non solo nella sua di-
mensione st ret t ament e religiosa, ma anche culturale e so-
ciale) pu essere imposta all' insieme della societ: noi di-
ventiamo allora fautori della societ confessionale, della
societ di cristianit nel caso cristiano, i mponendo a tut-
ti di sottomettersi a questa fede che la Verit. Nessuno
ha il diritto di violare questo regime confessionale nella so-
ciet, perch la nost ra religione quella vera, e perch l'er-
rore non ha diritti; non ha altro diritto se non di conver-
tirsi e sottomettersi alla Verit che , fortunatamente, no-
stra. Non solo il pluralismo religioso, ma anche quello sem-
plicemente sociale, ideologico, culturale... restano irrea-
lizzabili con quest a visione fondamentalista della valuta-
zione negativa del pluralismo religioso; diventano anche
impossibili la democrazi a, la tolleranza, il rispetto delle
24
II missionario - si diceva - fa la Chiesa e fa la Patria.
25
Acat, Fundamentalismos. Integrismos. Urna Ameaga aos direitos hu-
manos. Paulinas, So Paulo 2001, p. 35.
122
moderne libert di espressione, di pensiero, di religione
(!)... cos come il rispetto dei diritti umani . Hanno diritti
umani solo coloro che sono nella verit (nostra), non co-
loro che pot rebbero utilizzarli a servizio dell' errore...
Merita una menzione speciale quella che vorremmo chia-
mare la sindrome dell'unigenito, riferendoci - con questo
simbolo - alla coscienza psicologica di chi si considera er-
roneamente figlio unico. Immaginiamo una famiglia nu-
merosa che vive nella stessa casa, nella quale uno dei fra-
telli o delle sorelle, molto affettuoso con suo padre, avesse
l' abitudine di rivolgersi a lui non tenendo mi ni mament e in
conto la presenza degli altri suoi fratelli nella stessa abita-
zione. Nel dialogo con suo padre, egli non fa mai riferimento
ai fratelli, n li guarda n rivolge loro la parola, n li ascol-
ta, n domanda, n risponde loro... Si relaziona solamente
con suo padre, come se fosse un figlio unico, l'unico figlio
a essere stato generato, come se gli altri non esistessero, no-
nostante essi, di fatto, siano l... questo l' atteggiamento
che vogliamo chiamare sindrome dell'unigenito.
Vediamo allora che questa sindrome si manifestata sto-
ri cament e e cont i nua a farlo at t ual ment e nel cristianesi-
mo, perch si abbi na anche alla coscienza dell'esclusivi-
smo. Se io sono l' unico che ha il privilegio di conoscere la
verit, se gli altri procedono a tentoni nell' oscurit, se Dio
ha manifestato t ant o chi arament e la sua predilezione per
me, in realt io non ho bisogno di nessuno se non di Dio.
Gli altri come se non esistessero. Si trovano al di fuori
della mia relazione con Dio, che considero unica. Cos, ba-
sta ripensare alla spiritualit ufficiale, per esempio, alla li-
turgia, ai messali, all'ufficio divino... per vedere che siamo
il fratello che si rivolge a suo Padre molto affettuosamen-
te, con grande amorevolezza, per disconoscendo total-
ment e i fratelli delle altre religioni, che assolutamente non
appaiono nell' orizzonte della nostra relazione con Dio (ec-
cetto se preghi amo per la evangelizzazione dei popoli o
nel giorno delle missioni, dove essi appai ono come og-
getti della nostra pietosa misericordia...)
26
. Tutta la litur-
26
Entro ogni tradizione, nella vita religiosa normale, procediamo di
fatto come se esistesse solo una religione: la nostra (J. Hick, God
Has Many Nantes, p. 40).
123
gi dev' essere riformulata, dalla pri ma all' ultima parola,
perch stata completamente concepita, pensata, redatta
e vissuta dal presupposto dell' esclusivismo e del plurali-
smo religioso considerato negativamente.
Il cambi ament o della valutazione del pluralismo religioso
fa s che la persona che ha questa nuova sensibilit scopra
presto di sentirsi a disagio, soffocata dall' aria di esclusivi-
smo che tutte le nostre classiche orazioni ufficiali respira-
no. E ci che abbi amo detto della liturgia, lo possiamo di-
re della teologia e delle altre realt e dimensioni della no-
stra fede.
Questa novit esige da noi un radicale ri nnovament o.
Nessuno versa vino nuovo in otri vecchi (Me 2,22)...
Rottura dei vecchi schemi
Osserviamo il punt o difficile, la difficolt teologica mag-
giore.
Bench stiamo parl ando della valutazione positiva del plu-
ralismo in generale, in cui ri ent rano molte sfumature,
chiaro che, per ipotesi, una valutazione positiva della plu-
ralit delle religioni si dirige al suo est remo verso una va-
lutazione massi ma di tutte le religioni. Poniamoci - come
ipotesi metodologica - in questa posizione: Dio ha voluto
tutte le religioni, tutte loro fanno part e del suo pi ano di
salvezza, tutte sono salvifiche... Una pluralit di religioni
intesa, inoltre, a part i re dal pluralismo come paradi gma
(in contrapposizione all' inclusivismo e all' esclusivismo)
una forte sfida a dimensioni ed elementi che classicamen-
te sono stati considerati come essenziali per il cristia-
nesimo, come imprescindibili; ci riferiamo per esempio al
carattere assoluto della religione cristiana, alla mediazio-
ne salvifica universale di Cristo, alla sua unicit, ecc. Per
alcuni teologi e , logicamente, per la teologia ufficiale, un
pluralismo religioso t ant o positivamente considerato e as-
sunto secondo il paradi gma pluralista, uscirebbe dalla cor-
nice di questi limiti cristiani essenziali, produrrebbe una
rottura, non sarebbe pi cristiano...
Per chi adotta una posizione esclusivista - o anche inclu-
sivista - la questione della verit, il quadro epistemologi-
co, i criteri massimi di giudizio... coincidono, sono coe-
124
stesi con la sua religione esclusivista (qualunque essa sia).
Se parl i amo di cristianesimo esclusivista, succede che fuo-
ri dalla chiesa non solo non c' salvezza, ma non c' nem-
meno Verit piena... Se dall' esclusivismo passi amo al plu-
ralismo estremo, questa cornice epistemologica coestesa
con la Chiesa va in mille pezzi, e la coscienza che dirime
la verit non pi rinchiusa nel quadro del cristianesimo
istituzionale, ma si manifesta una rottura epistemologi-
ca del quadro globale della Verit...
Senza anticipare temi che t rat t eremo pi avanti, ci che
dobbi amo dire adesso che effettivamente questo cam-
bi ament o di valutazione del pluralismo t roppo profondo
per non implicare un t urbament o dei vecchi criteri e del-
le tradizioni sacre e venerabili che, storicamente, sono sta-
te intronizzate come essenziali, vale a dire sine qua
non. Segnerebbero, cio, alcuni limiti oltre i quali non si
potrebbe pi parlare propri ament e di cristianesimo...
i mport ant e not are che non la pri ma, n la seconda, n
la terza volta che il cristianesimo si vede forzato a rivede-
re i suoi supposti limiti essenziali oltre i quali non c' cri-
stianesimo, per rendersi conto che, sebbene non cambi-
no le verit profonde, possono tuttavia cambi are molto
profondamente le forme e persino il quadro complessivo
in cui esse si espri mono.
Sembr a molti che ammet t ere i metodi storico-critici nel-
lo studio della Bibbia distruggesse il concetto di rivelazio-
ne che fino ad allora era considerato essenziale... e sulla
base di questo t i more si fece guerra ai metodi scientifici di
studio della Bibbia... inutilmente, fino a che furono final-
ment e ammessi e cosi cadde, s, quel vecchio concetto di
rivelazione, ma fu sostituito da una sua nuova compren-
sione. Ci che fu distrutta non stata la rivelazione, ben-
s la sua vecchia e inadeguata comprensi one. Certamente
questo processo non ebbe luogo senza tensioni, paure, pa-
zienza e impazienza. Ma non ci troveremo forse oggi in un
moment o storico di trasformazione, nel quale sembra che
siano sfidate e messe in pericolo formule classiche t enut e
semplicemente come essenziali, fuori dalle quali si pen-
sava di essere fuori dal cristianesimo? Non sar possibile
trovare nuove espressioni e una migliore formulazione dei
contenuti di sempre, che permet t ano l' avanzamento di que-
sta nuova valutazione del pluralismo religioso, una valu-
125
tazione positiva che ci s' impone e dalla quale non possia-
mo tirarci indietro?
Continueremo a ricomporre questa sfida da altri fronti nel-
le prossime lezioni.
B) Secondo principio: non ci sono eletti
L'ELEZIONE NELLA BIBBIA
N il pluralismo, n l'esclusivismo sono parole e con-
cetti che si trovano nella Bibbia o nella teologia classica.
Sono stati creati e coniati ul t i mament e. Quale sarebbe il
concetto biblico equivalente a essi (direttamente o indi-
rettamente)? Sebbene questo: l'elezione.
Secondo la visione classica gi citata, Dio avrebbe eletto
un popolo tra tutti i popoli. Quel popolo si trova ad esse-
re il popolo di Dio, il depositario delle promesse, il re-
ferente di Dio entro l' umanit. Io sar il t uo Dio e tu sa-
rai il mio popolo. Il Primo Testamento riflette nelle pagi-
ne gi citate la sua visione degli altri popoli e dei loro dei:
procedono disorientati, sottomessi ai loro idoli, che sono
cose morte (Sap 13,10), niente (Is 44,9), vuoto (Ger
2,5; 16,19), menzogna (Ger 10,14; Am 2,4; Bar 6,50), de-
moni (Dt 32,17; Bar 4,7); le belve sono migliori di loro
(Bar 6,67). Il culto degli idoli principio, causa e fine di
ogni male (Sap 14,27). Solo Yahv un Dio vero (Ger
10,10).
Perci il popolo di Dio deve essere un popolo separa-
to, che non si mescola con gli altri popoli. Quando il po-
polo eletto arriver alle terre promesse da Dio, le nazioni
che l vivono saranno sconfitte, espulse e sacrificate: quan-
do il Signore t uo Dio le avr messe in t uo pot ere e tu la
avrai sconfitte, tu le voterai allo sterminio... Ma voi vi com-
porterete con loro cos: demolirete i loro altari, spezzere-
te le loro stele, taglierete i loro pali sacri, bruceret e nel fuo-
co i loro idoli. Tu infatti sei un popolo consacrat o al Si-
gnore t uo Dio (Dt 7,2; 5-6).
Dt 7,7-25 il luogo classico dell'elezione nel Pri mo Te-
stamento. L si dice:
Tu sei benedetto pi di tutti i popoli. Il Signore allontaner
126
da te ogni infermit e non mander su di te alcuna di quel-
le funeste malattie d'Egitto, che bene conoscesti, ma le man-
der a quanti ti odiano. Sterminerai dunque tutti i popoli
che il Signore tuo Dio sta per consegnare a te; il tuo occhio
non li compianga; non servire i loro dei, perch ci una
trappola per te (7,15-16)
21
.
Si t rat t a di un concetto, quello dell' elezione, che presenta
due aspetti: da una part e nella Bibbia si insiste che non si
verifica per meri t o proprio, che non che il popolo se la
sia meritata, che si tratta di una elezione gratuita, un ca-
priccio di Dio che, in particolare, sembra eleggere chi me-
no se lo meri t a... Per d' altra part e present a virtualmente
t ut t o ci che consacra l'eletto come un privilegiato: quel-
lo scelto da Dio t ra tutti gli altri, colui che gode dell'in-
timit di Dio di fronte a tutti gli altri, il protetto, il favo-
rito, il figlio speciale e pi amat o degli altri.
Si tratta di un concetto centrale in t ut t a la Bibbia
28
. Essa
compl et ament e attraversata dalla consapevolezza che tut-
to ci che succede a questo popolo, t ut t o ci che a lui si
riferisce detto e celebrato alla luce della coscienza che si
tratta del popolo eletto. Anche quando ci non viene
espresso, un presupposto implicito che agisce in questo
scenario.
Gerhard Lohfink, che sottolinea l' importanza e la centra-
lit di questo concetto nella Bibbia, riconosce anche che
nella mentalit moderna viene sottaciuto
29
. Tuttavia, lun-
go tutta la storia del giudeo-cristianesimo fino a oggi, ha
regnato nella sua sfera libero da qual unque obiezione. Non
sono mancat e in t ut t o questo t empo le spiegazioni sia teo-
logiche che apologetiche: perch Dio sceglie? fa bene a sce-
27
opportuno leggere tutto il testo, sebbene in alcune Bibbie figuri
scritto in lettere pi piccole, come a indicare che d'importanza mi-
nore...
28
Lohfink, Gerhard, Necesita Dios la Iglesia?, San Pablo, Madrid 1998,
pp. 58-59.
29
Attualmente questo concetto trova pi detrattori che difensori. Per
alcuni uno scandalo insuperabile. Sembra che non sia democrati-
co, che contraddica il tanto difeso pensiero aperto e universale, ed
indizio di pericoloso fondamentalismo. Il termine elezione diven-
tato poco attraente (G. Lohfink, ibid., pp. 57-58).
127
gliere? e i non eletti? Lo stesso Lohfink fa un' esposizione
magistrale delle ragioni dell' elezione.
Lohfink segnala che per realizzare la salvezza Dio ha bi-
sogno di un luogo concreto, e che questo luogo Israele
30
.
Perch Israele? L' autore risponde appellandosi a una co-
stellazione. La costellazione fa riferimento alla coinci-
denza o alla combinazione di tre elementi: il luogo con-
veniente, il moment o propizio e le persone adeguate
31
. E
ragiona in modo ampi o e convinto del perch Israele era
il luogo opport uno e del perch fu realizzato t ut t o nel mo-
ment o propizio. In quant o al fatto che il pi ano di Dio si
realizz con le persone giuste, l' argomentazione di Lohfink
si appella agli stessi testi biblici, senza pot er evitare quel
carattere bifronte dell'elezione: da una part e si tratta di
un' elezione immeritata, un' elezione t ant o i mmeri t at a e gra-
tuita che quasi rasenta l' irrazionale, per d' altra parte si
sottolinea che Dio sceglie quella comuni t umana che pi
gli serve e che si most ra pi capace di rispondere. Due
aspetti piuttosto contraddittori. Ci nonost ant e, Lohfink
argomenta t ut t o in mani era cos ampi a e chiara, con un
tale dispendio di erudizione e convincimento, che alla fi-
ne si ha la sensazione di aver compreso la stessa strategia
di Dio, che il mistero si sia disvelato, t ant o che t orna alla
mente il detto: se lo comprendi , non Dio.
Non possiamo negare che la posizione di Lohfink ci cau-
sa una profonda insoddisfazione. Perch un concetto bibli-
co chiaramente superat o necessita di t ant a apologetica?
Perch tanta concordanza, che ci ricorda l' epoca del li-
bro La Bibbia aveva ragione? Nonost ant e tante parole e
lambiccati ragionamenti, qualcosa dent ro di noi dice che
non valida una cos complessa discussione, e che per di-
rimerla basta l' intuizione comune
32
. Nel nost ro t empo e
30
Purtroppo Lohfink costruisce tutta la sua argomentazione pren-
dendo come punto di partenza - a volte come semplice espediente
letterario - l'antitesi tra il modo di procedere di Dio e il modo di pro-
cedere delle rivoluzioni popolari anticapitaliste (!). Una deplorevole
impostazione {ibid., pp. 42-43, 46). Vogliamo per riferire la posi-
zione di questo autore perch si tratta di un notevole biblista attua-
le e di un testo molto recente, del 1998.
31
Ibid., p. 49.
32
Ibid., p. 322.
128
nel moment o attuale della teologia chiaro che il concet-
to biblico di elezione necessita di una decostruzione so-
stanziale.
Vogliamo completare questo avvicinamento al t ema del-
l'elezione facendo riferimento a un altro autore, Torres
Queiruga, la cui evoluzione, anche su questo punt o, c'illu-
mi na sulla situazione attuale del tema. Anni fa, egli ha spie-
gato plasticamente il t ema con la parabola del Tetra-
grammaton
33
, essere potente e felice che viveva nella quar-
ta dimensione e si proponeva di comuni care la propri a fe-
licit agli esseri che vivevano nella terza dimensione. Egli
si met t e in comunicazione con tutti, ma in questa comu-
nicazione incontra un gruppo di alcuni esseri che per di-
verse circostanze ri spondono con maggiore ricettivit; al-
lora egli coltiva di pi questo gruppo t ra quelli a cui si do-
na, per trasmettere meglio, a part i re dalla loro esperienza,
il messaggio destinato a tutti. Quello che poteva sembra-
re un privilegio per coloro che erano stati 'scelti', non al-
t ro che la strategia del suo amore: coltivarne intensamen-
te uno solo, il miglior mezzo per giungere pi rapi damen-
te a tutti
34
.
facile not are che questa interpretazione dell'elezione di-
sta molto dal concetto comune che si ha di essa. Torres
Queiruga non concepisce un' elezione realizzata diretta-
ment e da Dio, capricciosa e arbitraria, gratuita, che se-
para per sua volont un popolo per privilegiarlo, come tra-
dizionalmente fu interpretata l'elezione. Non crede in que-
sto tipo di elezione, che sarebbe un privilegio e un favori-
tismo. L'elezione real ment e esistente - se cos si pu chia-
mare, cosa che in seguito affronteremo - ha un' altra base,
che egli esemplifica con un altro paragone: quella del pro-
fessore, che avendo percepito che un al unno sta capt ando
la sua spiegazione pi chi arament e degli altri, lo segue un
po' di pi perch la capti pi enament e e cos possa stimo-
lare la comprensi one degli altri alunni. Si noti che qui non
si t rat t a propri ament e dell'elezione capricciosa, da par-
te del maest ro, di un alunno; qui si tratta pi propri ament e
dell' adozione di una strategia pedagogica da parte di un
33
Ibid., pp. 312ss. Anche in Dialogo delle religioni e autocomprensio-
ne cristiana, EDB, Bologna 2007, pp. 126-127.
34
Ibid., p. 313.
129
maest ro intelligente, che consiste nell' awalersi della mag-
giore capacit di riposta di un al unno per utilizzarla a fa-
vore degli altri. Non un' elezione arbitraria, ma effettua-
ta su una base reale. E non real ment e un' elezione, ben-
s una strategia pedagogica.
La base reale di questa elezione la maggiore capacit di
risposta di un al unno. Non un favoritismo arbitrario del
professore: l'utilizzo pedagogico a favore di tutti del van-
taggio di cui un al unno gode, per motivi indipendenti dal-
la volont del professore. Si fonda pert ant o sulla base rea-
le della inevitabile disuguaglianza reale, t enendo conto inol-
tre che la sensibilit per il divino non coincide necessa-
ri ament e con le doti "dei savi e dei prudent i " di questo
mondo (cf. Mt 11,25). Con ci Torres Queiruga vuol dire
che la cosiddetta elezione di Dio non pu essere intesa
come una elezione capricciosa che fa favoritismi, ma che
ha basi reali nella disuguaglianza reale.
In effetti, bench da part e sua Dio voglia comuni care il pi
possibile con tutti gli esseri umani e senza alcuna limita-
zione in tutti i modi possibili, di fatto, dat a la finitezza
umana, non possibile una risposta uguale n t ra gli uo-
mini n tra i popoli
35
. L' autore insiste sull' amore gratuito
e senza distinzioni di Dio verso tutti gli uomi ni e tutti i po-
poli, da sempre. Ma la capacit di ricevere questo amore
condizionata dalla finitezza umana, che crudel ment e ren-
de impossibile l' uguaglianza, in mani era strutturale
36
. Per
Dio lotta contro questa diseguaglianza, non precisamente
rinforzandola con il favoritismo dell' elezione, ma utiliz-
zando le differenze a favore di tutti. Non c' nella storia
un' altra universalit reale
37
.
Il popolo d' Israele sarebbe stato un popolo che, in mezzo
alla comunicazione di Dio a tutti i popoli, avrebbe svilup-
35
il generale e terribile problema della disuguaglianza a tutti i li-
velli, ed legato al problema del male. Se questo dipendesse da una
decisione arbitraria di Dio, da un favoritismo, sarebbe spaventoso.
Se non possibile che le cose siano diverse... occorre accettarlo e,
nella giusta misura, comprenderlo, sempre che, nonostante sia ine-
vitabile, Dio cerchi di utilizzare i fattivi vantaggi per il bene di tutti
(Torres Queiruga, pr manuscripto).
36
Torres Queiruga pr manuscripto, p. 323.
37
Ibid., p. 330.
130
pat o una speciale sensibilit per captare la pressione reli-
giosa di Dio sulla coscienza dell' umanit. In questo grup-
po Dio trova la possibilit di cont i nuare a potenziare un
cammi no verso la sua totale manifestazione
38
.
Questa interpretazione dell'elezione che Torres Queiruga ci
presenta molto lontana dalla concezione classica dell'ele-
zione. C' di pi: pot remmo dire che siamo di fronte all'uni-
ca forma accettabile d' intendere oggi l'elezione. In qua-
lunque altra forma, l'elezione come privilegio e favoritismo
non accettabile. Nasce con ci la domanda: possiamo con-
tinuare a chiamare elezione il contenuto di questa rein-
terpretazione? Continuando a utilizzare la parola elezione
non si continuer a indurre in errore e a dare per scontata
la vecchia interpretazione?
Da part e nost ra aderi amo di t ut t o cuore alla decisione pre-
sa ul t i mament e da Torres Queiruga di proporre l' abban-
dono questa categoria. Ci riferiamo al testo con il quale
egli immagina, per incarico dell' editore dell' opera col-
lettiva Joaqui m Gomis, quello che in un eventuale Conci-
lio Vaticano III sarebbe dichiarato rispetto al dialogo del-
le religioni nel mondo attuale. Accogliamo questa i mma-
ginata dichiarazione del Vaticano III che, con Torres Quei-
ruga, sottoscriviamo:
Per ci, consapevoli della novit teologica che esso sup-
pone e della necessaria at t ual i zzazi one dell' ermeneutica
che si i mpone nella l et t ura dei nostri testi sacri, quest o
Concilio ha deciso di ri nunci are alla categoria di "elezio-
ne". Dio "non fa preferenze di persone"; n, aggi ungi amo,
di religioni. Rispetto al suo amor e si amo t ut t i uguali, sen-
za la mi ni ma di scri mi nazi one, figli e figlie mol t o ama-
ti
39
.
BREVE EXCURSUS: GLI ELETTI SONO... I POVERI!
Dopo ci che abbi amo appena t ermi nat o di presentare e
affermare, pi di un lettore si star chiedendo: allora, Dio
38
Ibid., p. 327.
39
Torres Queiruga, El dialogo de las religiones eri el mundo actual, 1.
e, p. 70.
131
non ha scelto nessuno? Anche se oggi ci appare chiaro
che Dio non fa preferenze di persone n di religioni, Dio
non ha eletto il popolo d'Israele? Che base reale storica esi-
ste nella tradizione dell'elezione, che la Bibbia raccoglie in
tutte le sue pagine?
Come risposta daremo alcune brevi pennellate.
Ci sono tre ipotesi sull'origine di Israele. La pri ma quella
che la parola stessa della Bibbia ci narra: discendenza di
Abramo, spostamento in Egitto, esodo, traversata del de-
serto e conquista della terra di Canaan. Questo popolo sa-
rebbe anticamente disceso dai patriarchi e pi recentemen-
te sarebbe venuto con l'esodo dall'Egitto. Oggi tutti gli ese-
geti scientifici riconoscono che queste affermazioni sono teo-
logiche, e non hanno nessuna base storica probabile.
La seconda ipotesi quella secondo la quale la presenza
d'Israele nella terra di Canaan si deve alla migrazione di
gruppi seminomadi
40
. La popolazione che venne a costi-
tuire Israele sarebbe nata nella steppa e nel deserto, e sa-
rebbe emigrata in seguito verso terre coltivabili. Nemme-
no questa ipotesi della migrazione pacifica, che stata l'in-
terpretazione classica, resiste oggigiorno alle critiche degli
attuali esperti.
La terza ipotesi che Israele si form nella seconda met
del XIII sec. attraverso una rivoluzione agrario-contadina
nelle montagne d'Israele
41
.
Secondo questa ipotesi, nel sec. XIII Canaan popolata da
citt-stato indipendenti sotto l' egemonia politica e religio-
sa dell'Egitto, che sfrutta la regione esgendo tributi, il cui
peso ricade principalmente sui poveri. Nell' acuirsi di una
delle crisi sociali ed economiche della regione, gli hapi-
ru (gruppi di persone sfollate, senza terra, escluse, molto
numerose in tutto il vicino Oriente di quell' epoca) sono
protagonisti di una rivoluzione agrario-contadina fuggen-
do sulle montagne, dove si emanci pano dallo sfruttamen-
to economico dell' impero dell' Egitto e dei piccoli regni del-
40
Albrecht ALT, Die Landnahme der Israeliten in Palstina, in Ideine
Schriften, vol.l, 1968, pp. 89ss., 126ss.
41
Questa ipotesi stata presentata principalmente da Norman
Gottwald, The Tribes of Yahweh. A Sociology of religion of liberated
Israel- 125-1050 B.C.E., Orbis, New York 1979.
132
le citt-stato, e anche dalla loro domi nazi one religioso-ideo-
logica. Questa rivoluzione si compi e in nome del dio El
(che quello che figura nel nome teoforo di Isra-El), la cui
volont la costruzione di una societ diversa, senza sfrut-
tatori n sfruttati, senza re n esercito, basat a su un idea-
le di fraternit collettiva. ci che pi t ardi dar luogo al-
la confederazione delle trib d' Israele sulle mont agne di
Canaan.
L, in queste montagne, si fondono vari gruppi con tradi-
zioni religiose molto simili e danno origine al nascente Israe-
le. Uno dei gruppi quello mosaico (di Mos), che viene
dall' Egitto, la cui teologia quella che prevarr, assunta da
tutti, ed quella che verr raccolta nel libro dell' Esodo.
Israele un popolo giovane. Non nasce pri ma del gi ci-
tato XIII secolo. Chi fu il soggetto costitutivo dell' origine
di Israele, il gruppo umano che fece l' esperienza religiosa
profonda che rese possibile e veicol la rivelazione bibli-
ca? Questo gruppo furono gli hapiru: il gruppo sociale
dei pi poveri, gente esclusa dalla societ delle citt-stato,
persone dedicate a volte ad attivit umili per riuscire a so-
pravvivere. Possiamo dire che alla base storica reale dei
racconti biblici, dal punt o di vista sociologico e archeolo-
gico si trovano gli hapiru, che non sono un popolo n po-
liticamente n come etnia, non sono una razza n una na-
zione, ma sono i pi poveri. Oggi di r emmo gli esclusi.
Ci significa che, anche r i manendo nel contesto biblico, di
fatto Dio non ha scelto nessuna razza, nessun popolo, ma
ha scelto i poveri, gli hapiru. curioso ricordare che lo
stesso raccont o dell' esodo dice che dall' Egitto usc una
grande massa di gente promiscua (Es 12,38), non esatta-
ment e un popolo di razza perfettamente identificata. E af-
ferma varie volte: Il Dio degli "hapiru" si present at o a
noi (Es 3,18; 5,3). Un' esperienza religiosa rivelatoria
s' impose loro e condusse gli hapi ru, i poveri, a fuggire ver-
so una terra nuova, quella delle mont agne di Canaan, per
costruire un Nuovo Popolo, in alleanza con il suo Dio,
Yahv Eloim.
Dalla parol a hapiru derivata la parola ebreo (ha le
stesse consonanti, poich la p e la b sono foneticamente
equivalenti). Gli hapi ru finirono per essere gli ebrei, or mai
costituiti in popolo, ma questo sarebbe accaduto mol t o pi
133
tardi. Alla base reale della storia biblica si trova l' esperienza
religiosa degli hapi ru (dei pi poveri) di diverse parti del
Medio Oriente, che si espresse in quella rivoluzione agra-
rio-contadina che conflu nelle mont agne di Israele, per
dirlo in mani era molto semplificata. Gli unici dei quali si
potrebbe dire che furono scelti da Dio.
II. Testi antologici ed esercizi raccomandati
TORRES QUEIRUGA. A., El dilogo de las religiones en el mun-
do actual, in GOMIS, JOAQUIM (org.), El Concilio Vaticano IH,
Descle, Bilbao 2001, pp. 67-84.
In <servicioskoinonia.org/relat/312.htm> si pu leggere una
versione riassunta. Organizzare un dibattito su questo testo.
III. Domande per riflettere e per dialogare
- Cosa ricordo che mi stato detto riguardo al pluralismo
religioso (la pluralit delle religioni non cristiane) nel pe-
riodo della mi a formazione religiosa? Era valutato positi-
vamente o negativamente?
- possibile che per molto t empo abbia avuto anch' io una
valutazione negativa delle religioni sconosciute?
- Che tratti, dettagli, affermazioni... scopro nel cristiane-
simo, che appai ono come sintomi di una valutazione ne-
gativa del pluralismo religioso?
- Si scorgono anche alcuni sintomi di cambi ament o, di
passaggio verso una valutazione positiva delle altre reli-
gioni?
- Cosa penso della sindrome dell' unigenito o dell'eletto?
presente nella nost ra religione? In che cosa lo vediamo
o non lo vediamo?
- Che ruolo ha giocato in me il pensiero di essere eletto,
chiamato personal ment e a una missione?
Bibliografia
DUPUIS JACQUES, Verso una teologia cristiana del pluralismo reli-
gioso, Queriniana, Brescia 2003
4
, pp. 19-20, 271, 518-520.
DUPUIS J., El pluralismo religioso en elplan divino de la salvacin,
in Selecciones de teologia 151/38 (1999) pp. 241-253.
134
LOHFINK, N.,
t
Necesita Dios la Iglesia?, San Pablo, Madrid 1999,
pp. 42-59.
LOHFINK, N., Option for the Poor. The Basic Principle of Liberation
Theology in the Light of the Bible, Bibal Press, Berkeley (Ca-
lifornia) 1987.
MENEZES RUI DE, Pluralismo religioso en el Antiguo Testamento,
in Selecciones de Teologia 163 (sept 2002) pp. 178-179.
ROMER THOMAS El tema de la eleccin en el Antiguo Testamento:
lo que est en juego, in Selecciones de Teologia 38/152 (1999)
pp. 323-330.
TORRES QUEIRUGA A., La revelacin de Dios en la realizacin del
hombre, Cristiandad, Madrid 1987.
135
Capitolo decimo
Aspetti biblici e gesuanici
Nella lezione precedente siamo entrati in pieno nel cuore del-
la nuova teologia delle religioni, affermando i due principi
fondamentali. Ora dobbiamo ripercorrere dettagliatamente i
diversi aspetti che si presentano in ogni costruzione teologi-
ca, per continuare a suggerire le reimpostazioni che questa
nuova visione comporta nell'edifcio globale della teologia
delle religioni.
Il primo di questi aspetti quello biblico. Daremo speciale
attenzione a ci che si riferisce a Ges. E, dato che il nostro
obiettivo specificamente teologico, accosteremo i temi bi-
blici in modo deliberatamente selettivo e funzionale.
I. Per sviluppare il tema
Abbiamo gj affermato in uni t precedenti che la nuova
comprensione della rivelazione costituiva un fondamen-
to per la costruzione della teologia delle religioni che stia-
mo elaborando. In effetti, senza questa nuova compren-
sione, ci avvicineremmo ora alla Bibbia con l' ingenua aspet-
tativa di vedere chiarite le nostre domande sul pluralismo
religioso semplicemente con una serie di citazioni bibli-
che, prese e accettate alla lettera. Lo fanno ancora molti
che non hanno assunt o quella nuova comprensi one bi-
blica; il risultato che finiscono col formare un amalga-
ma di citazioni bibliche, dove credono di trovare riassun-
ta la risposta di Dio alla domanda della loro ricerca teo-
logica. Per quant o ci riguarda, si amo in grado di affronta-
re il tema con una visione pi adulta e critica
1
.
1
Vogliamo dire che ci troviamo lontani dal biblicismo classico che
crede di poter trovare direttamente nella Bibbia la risposta alle do-
mande teologiche. Un'espressione sia pure pi critica di questa po-
sizione possiamo vederla nell'opera di G. Odasso, Bibbia e religioni.
136
Nell' itinerario logico del nost ro corso si amo gi passati una
pri ma volta per la rivelazione biblica (ottava unit), sia
per mettere corret t ament e a fuoco la mani era di affron-
tarla sia per dare fondamento alle nostre affermazioni cen-
trali, due principi che hanno gi posto alcune colonne
basilari del nostro edificio. Ora t orni amo alla Bibbia per
tentare di trovare alcune luci concrete nei confronti del
pluralismo religioso.
A. Aspetti biblici (Primo Testamento)
Nell' avvicinare la Bibbia dobbi amo renderci conto, in pri-
mo luogo, che non possi amo proi et t are su di essa le no-
stre propri e idee, nel senso che quando, per esempio, leg-
gi amo dio nel Pri mo Test ament o, dobbi amo sapere che
il concetto l present at o molto diverso da quello che noi
evochiamo nella nost ra ment e quando leggiamo quella pa-
rola. Testi scritti pi di due mila anni fa, o provenienti da
tradizioni orali ancora pi antiche, non possono essere
letti in modo diretto, i gnorando i ngenuament e le distan-
ze di ogni genere che ci separano dal loro cont enut o.
necessario i nnanzi t ut t o prendere coscienza di queste di-
stanze.
In secondo luogo necessario rendersi conto dell' enorme
diversit che si esprime all' interno della Bibbia. Questa non
un libro, ma, come indica il suo stesso nome, un in-
sieme di libri, una biblioteca, scritta - per maggior com-
plicazione - durant e un periodo di pi di millecinquecen-
to anni, se si include la redazione orale. Perci in un
mondo come quello della Bibbia cos diverso, possibi-
le trovare tutto: sostenere una certa posizione... e sostene-
re anche quella contraria; rispetto al cont enut o della Bib-
bia impossibile fare generalizzazioni assolute, perch tut-
to ha la sua eccezione e la sua attestazione contraria.
Cominciamo col riferirci ad alcune di queste distanze che
Prospettive bibliche per la teologia delle religioni, Urbaniana Univer-
sity Press, Roma 1998, 2000
2
. L'autore sostiene che la teologia delle
religioni stata elaborata fino ad ora a partire da istanze storico-cul-
turali e da considerazioni teologiche generali senza sufficiente ricor-
so alla Bibbia (pp. 21-22).
137
rendono impossibile t rasporre di ret t ament e per noi il pen-
siero della Bibbia riguardo al pluralismo religioso.
L' ambiente religioso primitivo riflesso dalla bibbia nell'An-
tico Testamento politeistico, e l'AT presenta molte trac-
ce testuali nelle quali si rispecchia questa situazione di po-
liteismo. Cos, nel vicino Oriente, in quei t empi biblici era
comune pensare che, dal moment o che ogni nazione ave-
va il suo dio, questo dio aveva giurisdizione su quel terri-
torio. Su ogni territorio aveva giurisdizione un dio, e a lui
bisognava dare culto quando si stava in quel territorio.
Astarte era la divinit dei sidoni, Kemosh quella dei moa-
biti, Milcom quella degli ammoni t i (IRe 11,33), Beelzebul
10 era nel territorio filisteo
2
.
Prima del tempo dell'esilio nessuno negava realt ontologi-
ca agli dei di altre nazioni. Davide lamenta che fuggendo da
Saul e uscendo dalla sua terra dovr adorare altri dei (cf.
2Sam 26,19). Rut abbandona Moab ed emigra a Betlemme,
e con ci potr condividere l' adorazione del dio di sua suo-
cera Noemi, gi fuori dalla terra del dio di Moab (Rut 1,16).
11 Deuteronomio predice che nell'esilio gli israeliti dovran-
no servire altri dei fatti da mani umane (cf. Dt 4,28). La di-
vinit era legata alla terra. Naaman il siro, curato dal pro-
feta, porter con s un po' di terra per potere adorare con
gratitudine, quando si trover nel proprio paese, il dio
d'Israele nel cui nome il profeta l'ha curato (cf. 2 Re 5,1-19).
I testi dell'AT anteriori all'esilio riflettono il pluralismo re-
ligioso dell'epoca con tutta la loro vivacit: il politeismo. Il
senso del monot ei smo appari r pi tardi, in un secondo
moment o dello sviluppo della storia biblica.
Abbiamo gi detto nella lezione precedente dell' atteggia-
mento molto negativo che, soprat t ut t o nel Deuteronomio
3
,
si sviluppa in Israele verso gli dei delle altre nazioni. Qui
il politeismo visto da una prospettiva esclusivista. Da l,
2
Cf. Rui de Menezes, Pluralismo religioso en el Antigua Testamento,
in Selecciones de Teologia 163 (settembre 2002) p. 179. Su questo pun-
to lo seguiamo da vicino.
3
II Deuteronomio non un libro di origine mosaica, bens posterio-
re, probabilmente del secolo Vili o VII a.C, scoperto nel regno di
Giosia circa nel 627 a.C. (cf. 2Re 22-23). Probabilmente facilit a
Giosia l'ideologia necessaria per abbattere l'odiato giogo assiro che
pesava su Israele (Menezes, ibid., p. 181).
138
la critica alle divinit degli altri popoli, la critica agli idoli
4
.
con alcuni profeti che l'AT comincia ad aprirsi verso una
visione pi universale: in futuro le nazioni del mondo con-
fluiranno verso il mont e di Sion per adorare il Signore (Is
2,1-5; Mi 4,1-3). La luce della salvezza di Yahv arriver fi-
no agli estremi del mondo (Is 49,6; 56,7; 66,23)... Si trat-
ta di un certo universalismo, come in quel t empo era pos-
sibile concepire, ma non real ment e pluralismo: sono gli
altri popoli che verranno ad adorare Yahv... (cf. Sof 2,11).
Michea forse colui che giunge pi lontano, fino ad esse-
re tollerante con il culto delle nazioni, alle quali viene ri-
conosciuto il diritto di adorare Dio e i suoi dei: Tutti i po-
poli marci ano ciascuno nel nome del suo dio; noi marcia-
mo nel nome del Signore, nostro Dio in eterno e sempre!
(Mi 4,5). Ma, come dicevamo all'inizio, questo testo qua-
si l'eccezione a t ut t o l' insieme dell'AT, giusto perch non
si possa dire che un pluralismo tollerante sia completa-
ment e assente dalla Bibbia.
In conclusione: difficilmente possi amo trovare rispecchia-
ta una realt di pluralismo religioso accettato nel Pri mo
Testamento. Ancor meno sar possibile trovare argomen-
tazioni o citazioni a suo favore.
Il Pri mo Testamento si colloca in un' altra sfera mentale,
in un' altra prospettiva (generalmente eclusivista), e non
possi amo pretendere di basare su di esso... ci che Dio
ha rivelato all' Umanit - o ci che questa arrivata a per-
cepire - molto pi tardi, ci che solo oggi noi ci stiamo
prospet t ando.
B. Aspetti gesuanici
Addentrandoci nel Nuovo Testamento, prenderemo in con-
siderazione da una part e ci che relativo a Ges di Na-
zareth, e dall' altra ci che relativo al resto del NT.
In questo paragrafo vogliamo vedere se in Ges di Naza-
reth, a differenza dell'AT, troviamo atteggiamenti e parole
che ci illuminino sul probl ema del pluralismo religioso. Di-
ciamo aspetti gesuanici, e non cristologici, riferendo-
ci alla not a distinzione tra il Ges storico e il Cristo del-
4
Cf. la lezione precedente, in L'elezione nella Bibbia.
139
la fede. Vogliamo guardare di ret t ament e Ges di Naza-
reth, questa persona storica concreta, non l' immagine che
su di lui stata costruita posteriormente in virt della fe-
de (l' aspetto esplicitamente cristologico dogmatico lo af-
fronteremo nella lezione 12
a
).
Nel tentativo di avvicinarsi a Ges, bisognerebbe interro-
garsi sulla sua capacit di dare una risposta e un orienta-
ment o riguardo al pluralismo religioso: possibile che un
campagnolo galileo, che prat i cament e non usc dai confi-
ni della propria terra, che non conosceva nulla delle gran-
di religioni, n delle diverse altre culture presenti nella sua
zona... possa aiutarci a illuminare il giudizio religioso e
teologico sul probl ema del pluralismo religioso come og-
gi, all'inizio del terzo millennio, ce lo stiamo prospettan-
do? Piuttosto che rispondere in anticipo, lasciamo sospe-
sa la questione, e chiediamo alla sua stessa vita e alla sua
parola se hanno qualche risposta illuminante.
Quali atteggiamenti di Ges ri chi amano la nostra atten-
zione dalla prospettiva del pluralismo religioso? Vediamo.
Ges stato...
TEO-REGNOCENTRICO
5
Questo indiscutibile: il sogno, la Causa, l' utopia, l'ideale,
il centro... della vita e della persona di Ges stato il Re-
gno di Dio
6
, e il Dio del Regno, come un' uni ca realt dua-
le
7
. Il Regno di Dio concret ament e la sua Causa, Yipsis-
sima verba Iesu
s
, e soprattutto 'ipsissima intendo Iesu
9
. Per
5
Ricordiamo che l'esclusivismo ecclesiocentrico, Finclusivismo
cristocentrico e il pluralismo teocentrico. I teologi pluralisti parla-
no anche del soteriocentrismo (tutto incentrato nella salvezza, in
ci che salva) e del regnocentrismo.
6
Boff, Leonardo, Ges Cristo liberatore, Cittadella Editrice, Assisi
1990
4
, cap. 3 In definitiva, che cosa pretese Ges Cristo.
7
Sobrino, J., Jesus in America Latina, Sai Terrae 1982, pp. 133-134.
8
Espressione latina con la quale tecnicamente si designano le stes-
sissime parole di Ges, quelle che esegeticamente, a livello scienti-
fico, non per motivi di fede, siamo praticamente sicuri che procedo-
no dal Ges storico.
9
In senso metaforico si usa la stessa espressione, ma per riferirsi non
a parole pronunciate da Ges, bens a quella che sarebbe - pure con
140
il Ges storico il Dio del Regno il centro, e non c' nes-
sun altra mediazione verso di Lui se non la promozione
del suo stesso Regno.
La missione di Ges non altro che l' annuncio e la pro-
mozione di questo Regno (Le 4,16ss). Che con parole e con
atti di liberazione si annunci ai poveri il Regno di Dio il
grande segno messianico, il segno che avalla Ges come il
Messia atteso (Le 7,18-23). Il Regno di Dio e la sua giu-
stizia (Mt 6,33) quello che deve essere cercato al di so-
pra di tutto
10
, perch t ut t o il resto verr in aggiunta... o
pu attendere.
facile vedere come questo atteggiamento di Ges - che
il suo atteggiamento centrale, ricordiamolo - pu essere
il migliore fondamento per un pluralismo religioso di prin-
cipio, positivo. Il paradi gma pluralista, a differenza di quel-
lo esclusivista e inclusivista, teocentrico. Nel linguaggio
del vangelo di Ges, Dio sempre il Dio del Regno, e il
Regno sempre il Regno di Dio, in modo che teocentri-
smo e regnocentrismo si implichino a vicenda. Per questo
abbi amo voluto chi amare Ges teo-regnocentrico, a mo-
tivo di questo atteggiamento.
MACROECUMENICO
Ges ha una comprensione macroecumeni ca
1
' del Regno
di Dio. Perch il Regno Vita, Verit, Giustizia, Pace, Gra-
zia, Amore
12
... Per questo, l dove c' presenza di tutte que-
ogni sicurezza scientifico-storica - la sua intenzione personale as-
solutamente cosciente.
10
Sentiamo qui l'eco di quella famosa espressione dell'enciclica Evan-
gelii Nuntiandi, di Paolo VI come frutto del Sinodo del 1974: Solo
il Regno assoluto. Tutto il resto relativo. Dovremmo tutti tene-
re questa frase impressa nel nostro cuore e su un bel cartello nella
nostra casa e nel luogo di lavoro.
11
Casaldliga -Vigil, Espiritualidad de la liberacin, capitulo sul Ma-
croecumenismo .
12
II Regno di Dio non pu senz'altro identificarsi con un regno ec-
clesiastico, cio, non consiste principalmente nel battezzare, cate-
chizzare, distribuire i sacramenti, costruire l'istituzione ecclesiasti-
ca... Tutto questo rilevante per il Regno di Dio, ma non certa-
mente equiparabile ad esso.
141
ste realt, c' presenza di Regno... Dove si d il bene, l c'
il Regno
13
. Ges ottimista: nonost ant e tutto, c' molto di
buono nel mondo. Suo Padre che fa sorgere il sole su giu-
sti e peccatori (Mt 7,7-11), opera e non cessa di operare
(Gv 5,17), ed per questo che il campo cresciuto e pron-
to per la mietitura. Ges, nonost ant e quello che la fanta-
sia apostolica dei suoi seguaci dir in seguito, non invia
mai nessuno a seminare, n si l ament a che sia necessario
inviare qualcuno a fare questo lavoro... Ges vede il mon-
do come un i mmenso campo nel quale ci che pi urge
precisamente mietere (non seminare), il t ant o di buono che
c' dappertutto, per questa presenza senza frontiere del Re-
gno...
Ges non sciovinista. Non pensa che solo noi, o so-
lo i nostri siano nel Regno... Dice al gentile: Non sei lon-
tano dal Regno di Dio, e dice del centurione, come della
donna cananea, ambedue pagani: Non ho trovato t ant a
fede in Israele (Mt 8,10; Me 7,24-30). Del resto, non vede
nemici e concorrenti ovunque, al contrario: Chi non con-
tro noi, con noi (Le 9,50).
Per Ges la salvezza ha un nome: il Regno, e di questa
salvezza si appropria l'essere umano - qual unque essere
umano - con la pratica dell' amore e della giustizia, che
l'atto pi universale e alla port at a di chiunque. Dove si co-
struisce l' amore e la giustizia, l c' il Regno di Dio e per-
tanto il Dio del Regno.
Lo sguardo universalista di Ges e il suo spirito pluralista
si riflettono manifestamente nella sua parabol a sul Giu-
dizio delle nazioni (Mt 25,31ss). Tutte le nazioni sono giu-
dicate per l' amore e la pratica della giustizia verso gli op-
pressi, con i quali Egli personal ment e s'identifica: l'avete
fatto a me (Mt 25,40). Non sar tenuta in conto la loro
identit religiosa, n saranno interrogati sul compi ment o
di nessun dovere religioso. Baster la pratica dell' amo-
re e della giustizia, la costruzione del Regno nei termini
del Vangelo. Da Oriente e da Occidente verranno molti a
sedersi a tavola nel Regno escatologico (Mt 8,10-11; 11,20-
24), mentre alcuni che ora si consi derano cittadini del Re-
gno, scopriranno che non appart enevano ad esso...
13
Ubi Bortum, ibi Regnum.
142
Questo un atteggiamento di Ges che si trasforma anche
in chiaro fondamento di un pluralismo di principio che
i suoi seguaci pot rebbero adottare oggi.
TEOPRASSICO
Ges di quelli che pensano che bisogna mettere in pra-
tica Dio
14
. O, detto con linguaggio biblico, che si deve co-
noscerLo, sapendo per che nella Bibbia, questo cono-
scere sempre pratico, prassico, etico, di comport amen-
to, d' intervento nella storia... Per Ges, Dio non una en-
telechia, una ragione suprema, una teoria, n una dottrina
o una ortodossia. In continuit con la migliore tradizione
profetica (Ger 22,16), Ges procl ama che Dio vuole la pra-
tica della giustizia e dell' amore. Fuori da questa pratica, la
religione, ridotta a confessione orale, a ortodossia dottri-
nale o a liturgie rituali
15
, diventa inutile: Non chiunque
mi dice: "Signore, Signore"... ma chi fa la volont del Pa-
dre mio (Mt 7,21-27); Beati piuttosto quelli che ascolta-
no la Parola di Dio e la met t ono in pratica (Le 11,27-28).
La religione teoprassi, messa in pratica della volont
di Dio. Questo sarebbe un criterio per mi surare la veridi-
cit di ogni religione, secondo Ges.
Ges pone nella prassi il criterio di verifica del nostro di-
scorso su Dio e con Dio: quale dei due fratelli ha fatto la
volont del Padre, quello che ha detto di s, ma in realt si
eclissato, o quello che ha detto che non sarebbe andat o
ma in realt vi andato? (Mt 21,28-32). Quello che an-
dato, dice Ges, non quello che ha detto che sarebbe an-
dato. Ossia: Ges giunge a dire che ment re ri mani amo
nel t erreno delle parole e dei propositi, non si pu defini-
re la verit decisiva; bisogna aspettare che arrivi l'ora del-
la pratica, e l ci che i mport a quello che si fa, non quel-
lo che si dice. propri o della Verit l'essere principalmente
praticata, e non semplicemente confessata, dichiarata, am-
messa ment al ment e, creduta o riconosciuta.
14
Gustavo Gutirrez, El Dios de la Vida, Centro de Estudios y Publi-
caciones, Lima 1982, p. 6.
15
Poich questo popolo si avvicina a me solo a parole e mi onora
solo con le labbra, ma il suo cuore lontano da me e il suo culto ver-
so di me non altro che comandamento di uomini, che stato loro
insegnato, dice Isaia (29,13) nella stessa linea teoprassica.
143
!
Non ha molta i mport anza ci che una religione dice, la bel-
lezza della sua teologia, l' elaborazione del suo credo o la
brillantezza dei suoi dogmi, bens la storia della sua pras-
si, il suo comport ament o storico, il bene o il male che ha
compi ut o o tralasciato di fare. Si ricordi il cont enut o dei
pri mi capitoli del nostro corso, come anche l' ermeneuti-
ca del sospetto nei riguardi della teoria delle religioni...
Ges deciso e afferma: Dai loro frutti li riconoscerete...
Non pu un albero buono dare frutti cattivi (Mt 7,16-18;
Le 6,43).
ANTICULTUALE
un altro aspetto, pi dettagliato, dello stesso carattere
teoprassico di Ges: la prassi dell' amore e della giustizia
si colloca al di sopra... perfino del culto e delle pratiche
religiose.
Si tratta di un carattere anticultuale gi conosciuto nella
tradizione dell'AT. I profeti sono stati in generale poco ami-
ci dei sacerdoti e dei templi. Il conflitto di Amos col sa-
cerdote del t empi o regale di Betel, Amasia, un caso esem-
plare. E Ges un altro caso esemplare, nel suo conflitto
col Tempio.
Le diatribe, le polemiche di Ges coi farisei (persone som-
mament e religiose) most rano che Ges non era un uomo
dell' istituzione religiosa, non era una persona ossessiona-
ta dal compi ment o delle prescrizioni, leggi, regole, proibi-
zioni e mandat i . . . Ges ha una visione e una pratica della
religione che rompe gli schemi della religione stabilita nel-
la sua societ...
Ges una persona religiosa, profondament e religiosa, ma
non bigotta. Non una persona di sacrestia, neanche un
uomo del Tempio. Nat ural ment e non sacerdote, n fre-
quenta i circoli che si muovono i nt orno al t empi o. un
laico. Alcune delle sue parabole sono cert ament e anticle-
ricali e non met t ono in buona luce il personale religioso
qualificato (la parabol a del buon samari t ano, per esempio.
Le 10,25-37).
La samari t ana gli fa una domanda di religione: dov' che
bisogna adorare Dio, a Gerusal emme o al Garitzim? (cf.
Gv 4,20). Cio: quale religione la vera, quella degli ebrei
144
1
o quella dei samaritani? Ges sorvola la domanda - come
per dirle che tale domanda mal posta - e le dichiara che
la Verit non rinchiusa nell' una o nell' altra religione, ma
al di l di ent rambe: viene un' ora in cui i veri adorat ori
adoreranno il Padre in spirito e verit (Gv 4,24). Ges non
pensa a una religione piuttosto che a un' altra, bens a una
religiosit che sta oltre le convenzioni di questa o di quel-
l'altra religione... Oggi sappi amo che non pens di fonda-
re una Chiesa o una nuova religione.
Sar che Ges oltre ogni religione? Sar che egli stava
invitando non a una nuova religione, bens al superamen-
to della religione stessa?
Thomas Sheehan
16
sostiene che la novit di Ges consiste
nell' abolizione di t ut t e le religioni, in modo che possi amo
riscoprire il nostro rapport o con Dio nel processo stesso
della creazione e della vita, nella storia. Forse Ges sta-
to frainteso
17
. Forse 2000 anni dopo possi amo scoprire che
il suo messaggio era sovrareligioso e che dev' essere anco-
ra compreso e messo in pratica. risaputo - e accettato
perfino dai cristiani - che Ges pi grande del cristia-
nesimo, che Ges non appart i ene alla Chiesa. La sua pa-
rola e il suo atteggiamento critico verso la religione, le sue
forti insinuazioni che mi rano a una religione al di l del-
la religione, non pot rebbero essere un messaggio molto
adeguato per l' attuale situazione religiosa pluralistica?
A questo si aggancia il punt o seguente: Ges fu...
16
The First Corning: How the Kingdom of God Became Christianity,
Random House 1986.
17
Lungo i secoli, molti milioni di persone hanno venerato il nome
di Ges; ma molto poche lo hanno compreso, e ancora minore sta-
to il numero di quelle che hanno cercato di mettere in pratica quel-
lo che egli voleva si facesse. Le sue parole sono state travisate fino al
punto da poter significare tutto, qualcosa o nulla. Si fatto uso ed
abuso del suo nome per giustificare crimini, per spaventare i bam-
bini e per ispirare eroiche pazzie a uomini e donne. Ges stato ono-
rato ed stato oggetto di culto pi per ci che non significava, che
per quello che realmente significava. Il colmo dell'ironia sta nel fat-
to che alcune delle cose alle quali pi energicamente si era opposto
nella sua vita sono state le pi predicate e diffuse in lungo e in lar-
go per il mondo... a suo nome! (A. Nolan, iQuin es este hombre?,
Sai Terrae, Santander 1981, p. 13).
145
NON ECCLESIOCENTRICO f
t
Anche a rischio di dire qualcosa di t roppo evidente, per il
suo anacronismo, riteniamo i mport ant e sottolineare
questo aspetto, senza limitarci a darlo per scontato.
In effetti, se abbi amo detto che Ges stato regnocentri-
co, che il Regno di Dio era per Lui il centro della sua
vita e il vero assoluto, gi con ci espresso - implicita-
ment e - che non stato ecclesiocentrico, perch le due
qualificazioni sono logicamente incompatibili. Ma c' di
pi: Ges non solo non fu ecclesiocentrico, ma non fu nean-
che ecclesiastico, non pens mai di fondare una Chiesa,
e si pu perfino dire che, in qualche modo, il suo messag-
gio centrale implicava il superament o di ci che una Chie-
sa istituzionale...
Che Ges non sia stato un ecclesiastico, un chierico, n
una persona dell' istituzione religiosa... chiaro e non c'
bisogno di sottolinearlo. Fu un laico, e nell' istituzione re-
ligiosa della sua societ occup una posizione non solo
marginale, ma emarginata e perseguitata. In questo senso,
Ges, che fu una persona profondamente religiosa, non
and per niente d' accordo con la religione come istituzio-
ne
18
.
Il fatto che Ges non volle mai fondare una Chiesa
19
un
dato tranquillamente acquisito da part e dell'esegesi e del-
la teologia gi da decenni, ma fatica ad arrivale alla co-
scienza delle masse cristiane. Per molti cristiani norma-
li, in effetti, Ges cont i nua ad essere il fondatore della
Chiesa nel pieno senso della parola, pi ancora, venut o
per fondare la Chiesa. Questa sarebbe la fondazione che
Dio stesso, attraverso Ges, ha fatto sulla nost ra t erra per
dare corpo alla religione (unica), che Dio voleva per l' Uma-
nit. La realt storica oggi unani mement e accettata da ese-
18
C. Bravo, Jesus, hombre en conflicto, Sai Terrae, Santander 1986.
19
Di fatto c' un solo testo nei vangeli nei quali si parli propriamen-
te della Chiesa: Mt 16,18. Cf. R. Velasco, La Iglesia de Jesus, Pro-
ceso histrico de la conciencia eclesial, Verbo Divino, Estella 1992, p.
18. Oggi la ricerca unanime nel riconoscere che il passo di Mat-
teo ha origine postpasquale e non del Ges storico: H. Haag, A
Igreja catlica ainda tem futuro?, Editorial Noticias, Lisboa 2001, p.
9.
146
1
geti biblisti e teologi che, come abbi amo detto, Ges non
fond la Chiesa, non fond una nuova religione - il cri-
stianesimo -, non pens mai di separarsi dal giudaismo, e
i suoi primi discepoli per molto t empo cont i nuarono a far
part e tranquillamente di esso, come di una delle tante cor-
renti che stavano al suo interno. Fu solo pi tardi che av-
venne la separazione.
Altra cosa che, bench Ges non abbia fondato la Chie-
sa, la Chiesa si fonda su Ges. Questo fondarsi su Ge-
s e attribuire a Lui la fondazione, un meccani smo nor-
male, oggi ormai ben conosciuto. Con ci vogliamo dire
che questa attribuzione a Dio delle origini di una concre-
ta istituzione religiosa un procedi ment o abituale nel mon-
do delle religioni, anche nel cristianesimo. Per durant e
quasi venti secoli
20
, la Chiesa stessa si confusa pensando
che si fosse t rat t at o di una fondazione storico-giuridica che
avrebbe avuto luogo in un moment o det ermi nat o della vi-
ta di Ges e della quale Ges ebbe piena coscienza e vo-
lont, e che, inoltre, Ges avrebbe lasciato ben specificata
la figura concreta che la sua Chiesa doveva rivestire: la sua
organizzazione, la sua struttura, i suoi ministeri principa-
li, i sacrament i ... t ut t o ci sarebbe stato stabilito da Ges
e, pert ant o, non solo costituirebbe la volont unica del Dio
unico, ma sarebbe anche i mmut abi l e e irriformabile
21
. E
sarebbe l' unica forma valida da adot t are per il rapport o
dell'essere umano con Dio.
Rimettendo a Ges stesso la fondazione della Chiesa, e con-
siderandolo - erroneament e - come un atto storico-giuri-
dico, per venti secoli Ges divenne l'avallo pi forte della
figura storica concreta della Chiesa stessa: t ut t o era a Lui
ricondotto, t ut t o era stato voluto da Lui e niente poteva es-
sere riformato perch sarebbe stato come offenderlo. Ge-
s ha agito in questa mani era nell' immaginario dei cri-
20
Ancora nella seconda met del secolo XX possiamo trovare ma-
nuali di teologia come quello di J. Salaverri, De Ecclesia Christi, in
Sacrae Theologiae Summa (BAC) Madrid 1958
4
, - un manuale certa-
mente molto accettato e influente alla sua epoca -, nei quali si pre-
senta tutta questa visione monolitica e senza il minor spiraglio per il
dubbio.
21
Non sarebbero di diritto ecclesiastico, ma di diritto divino; la
Chiesa non avrebbe pertanto diritto ad abolire, cambiare o riforma-
re queste disposizioni divine.
147
stiani, curiosamente, come il maggiore support o e il mag-
giore avallo dell' ecclesiocentrismo. E questo errore an-
cora invocato attualmente riguardo a molti elementi la cui
irriformabilit viene addotta rimettendosi a una supposta
volont di Ges da cui deriverebbero.
risaputo - la Chiesa cattolica diventata universalmen-
te famosa per questo - che il cristianesimo ha speciali dif-
ficolt nel dialogo interreligioso, perch non pu parteci-
parvi senza incominciare col dire: Io ho la piena Verit e
sono l' unica che ce l'ha, perch me l'ha consegnata Ges,
il Figlio unigenito, da parte di Dio stesso, e io non posso
modificare niente di quello che penso, perch la verit di
Dio, che lo stesso Figlio di Dio mi ha rivelato. Con un
principio simile impossibile qual unque dialogo interreli-
gioso. Ma alla luce di ci che oggi esegeticamente e teolo-
gicamente sappi amo di Ges, ci si deve seriamente do-
mandare se Ges non esautorerebbe questo appellarsi a
lui, se fosse presente in persona nel dialogo interreligioso.
OLTRE LA RELIGIONE?
Senza voler t roppo approfondire questo aspetto di Ges,
conviene almeno evocarlo.
Non manca in teologia l' opinione ricorrente che il mes-
saggio di Ges potrebbe significare il superament o della
religione. Come abbi amo detto, Ges si trova male con la
religione stabilita. Egli si oppone alle sue istituzioni, re-
gole, proibizioni, riti e altre mediazioni, ed afferma chia-
ramente che vuole liberare l'essere umano da questo tipo
di rapporto con Dio. Egli vuole una religione nella quale
si adori in spirito e verit, non legata n a tempi n a
spazi sacri, con una morale di libert: il sabato stato fat-
to per l' uomo e non l' uomo per il sabato (Me 2,27), poi-
ch Cristo ci ha liberati perch fossimo veramente liberi
(Gal 5,1). Per lui la cosa principale la vita stessa: Io so-
no venuto perch abbi ano la vita e l' abbiano in abbon-
danza (Gv 10,10).
Per, questa novit alla quale Ges chi ama, ri ent ra all'in-
terno di una religione? A cosa stava ri chi amando Ges?
A una purificazione della religione, a una nuova religio-
ne, o al superament o della religione stessa? Si pot rebbe
148
dire che la missione di Ges era anche quella di liberare
l'essere umano dal peso delle religioni antiche, a comin-
ciare dalla sua, che imponeva alla gente pesi che non po-
tevano sopportare? Sarebbe dunque un' eresia dire che
ci che Ges pretese era di far prendere coscienza alla
gente che la stessa religione, soprat t ut t o nei suoi aspetti
legislativi, culturali e rituali, finisce per essere una schia-
vit, ment re la vera fede, la vera spiritualit, dovrebbe es-
sere la grande liberazione da t ut t o ci che oppri me le co-
scienze? Egli voleva un altro tipo di rapport o dell' essere
umano con Dio...
22
.
Ges non ri chi am a una nuova religione, ma alla vita
dir Dietrich Bonhoeffer
23
. Ci siamo riferiti sopra all'opi-
nione di Sheehan, in questo stesso senso. Tutta la cosid-
detta teologia della secolarizzazione o della secolarit
che si dispieg nei decenni intorno al Concilio Vaticano II,
accentu molto questo aspetto sovrareligioso del mes-
saggio di Ges
24
. A questo messaggio di Ges bisognereb-
be aggiungere l'altro aspetto, quello della religione stessa,
la sua intrinseca tendenza a coprire, piuttosto che a ren-
dere t rasparent e, il rapport o dell'essere umano con Dio
25
.
Non c' bisogno di calcolare l' importanza che questi aspet-
ti del messaggio di Ges possono avere per un suo disce-
polo, quando cerca appunt o di dialogare con altre reli-
22
Juan Arias, Jesus, ese gran desconocido, Maeva, Madrid 2001, p.
136.
23
Citato da Juan Arias, ibid., p. 135. J.B. Cobb,
t
Es el cristianismo
una religin?, in Concilium 156 (1980). Cf. anche Ren Marie, Die-
trich Bonhoeffer, testigo de Jesucristo entre sus hermanos, Mensajero,
Bilbao 1968.
24
Harvey Cox, La ciudad secular, Peni'nsula, Barcelona (1968) 1973.
Gustave Thils, Christianisme sans rligion ?, Tournai, Casterman, 1968.
E l'enorme bibliografia moderna sulla distinzione tra fede e reli-
gione, come il frequente titolo: il cristianesimo non una religio-
ne.
25
Il proprio di ogni religione mettersi al posto di Dio, identifica-
re inconsciamente la causa di Dio con la propria, la legge di Dio con
le proprie leggi, pensando che con ci d culto a Dio, mentre quello
che fa in realt confondere l'onore di Dio con la propria volont di
potere: Moingt, J., El hombre que venia de Dios, II, Descle, Bilbao
1995, 188. Il Concilio Vaticano II (Gaudium et Spes 19) riconosce che,
a volte, i cristiani hanno velato pi che rivelato il genuino volto di
Dio e della religione.
149
gioni... Possiamo pensare che oggi, nella nostra situazio-
ne attuale, concretamente nel dialogo interreligioso, non
sarebbe particolarmente rilevante l'invito di Ges a supe-
rare la religione, al superament o di tutte le religioni? Il
messaggio sempre sorprendente di Ges ci metterebbe nel-
la situazione riflessa da quel not o adagio: Quando gi sta-
vamo trovando la risposta, ci hanno cambi at o la doman-
da, vale a dire, quando iniziavamo l' avventura del dialo-
go interreligioso come risposta alle nuove sfide sentite dal-
le religioni, abbi amo scoperto che in un certo senso devo-
no essere superate le religioni stesse...
Detto altrimenti: la domanda non pi qual la vera re-
ligione, bens cos' la vera religione...
Termi ni amo questa parte gesuanica con uno dei pensieri
con cui l' abbiamo iniziata: in questo uomo Ges, in que-
sto campagnolo galileo senza studi e senza viaggi all'este-
ro, che guardat o umanament e sembrerebbe poterci dire
ben poco per illuminare i problemi di un mondo globaliz-
zato di duemila anni dopo, in lui, noi che ci chi ami amo
cristiani, troviamo, s, risposta e luce riguardo a questa
realt del pluralismo religioso, visto con un atteggiamen-
to di pluralismo di principio
26
. I suoi atteggiamenti ci ri-
sultano, in effetti, molto illuminanti.
C. Aspetti neotestamentari
Ci riferiremo ora al Nuovo Testamento (NT), eccettuando
i vangeli. Ri marcheremo soltanto alcuni elementi che ci ri-
sultano pi illuminanti nei confronti del pluralismo reli-
gioso.
L'APERTURA AI RELIGIOSAMENTE ALTRI: AT 10,1 - 11,18
Il NT non ci d conto esplicitamente del processo di sepa-
razione del cristianesimo dal giudaismo. Contiene per
molte tracce che ri guardano il t empo in cui non si era an-
26
Per Roger Haight, l'argomento fondamentale a favore della verit
e dell'autenticit del potere salvifico delle altre religioni proviene
dall'attestazione di Ges: Jesus, Symbol of God, Orbis, Maryknoll
2000, p. 412.
150
cora realizzata la separazione. Quel processo fu occasione
per un' obbligata riflessione intorno alla religione voluta
da Dio. Soprat t ut t o perch la separazione dal giudaismo
avvenne si mul t aneament e all' apertura ai gentili. La vec-
chia mentalit deut eronomi st a, secondo la quale tutte le
religioni e le loro divinit sono vanit e realt negative, la-
scia il posto a una considerazione marcat a pi dall' espe-
rienza dei cristiani convertiti dalla condizione di gentili,
che da ci che sanno per propri a esperienza ri guardo alla
sincera ricerca di Dio.
Rivelatore, in questo senso, t ut t o l' episodio del centurio-
ne r omano Cornelio di Cesarea.
Il testo, che cerca di giustificare l' apertura del cristianesi-
mo verso i pagani, presenta t ut t o come opera diretta e
iniziativa dello Spirito, che assume un deciso protagoni-
smo. A Pietro e alla comuni t cristiana ri mane solo il com-
pito di rendersi cont o in pri mo luogo che Dio non fa pre-
ferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giu-
stizia, a qual unque popolo appartenga (At 10,34), e inol-
tre che lo Spirito di Dio stato effuso anche sopra pagani
(10,45; 11,17-18). Pietro e il cristianesimo sono passati dal
ritenere che non si poteva ent rare nella casa di un pagano
perch i mpuro secondo la legge, al riconoscere che Dio
ha dat o a loro lo stesso dono che a noi (11,17). Bisogna
not are che quella pri ma convinzione non era un' opinione
qual unque, ma probabi l ment e un elemento della rivela-
zione divina nella cornice del giudaismo.
Questo episodio registra teologicamente un' evoluzione nel-
la teologia delle religioni dei pri mi cristiani. Da una po-
sizione esclusivista per cui consideravano impuri i pa-
gani, sono passati ad un certo atteggiamento pluralista, ri-
conoscendo l' opera di Dio oltre e a fianco di quello che es-
si conoscevano sino ad allora. Si tratta di una flessibilit,
di una capacit di riflessione e cambi ament o che pu fun-
gere da modello per noi nell' attuale situazione della glo-
balizzazione, nella quale non si tratta ormai di entrare o
meno nella casa dell' altra religione, ma di convivere con
tutte le religioni nell' unica e comune casa abitata, la so-
ciet mondializzata, la sperata ecumene.
Si potrebbe completare questo elemento col t ema della cir-
concisione. Si insiste sempre pi sul comport ament o dei
primi cristiani su questo punt o perch per noi semplice-
151
ment e esemplare (At 15,1-35). Furono capaci di distingue-
re t ra l'essenziale e le sue mediazioni rituali, che seppero
desacralizzare e collocare al loro posto come mediazioni
non assolute, suscettibili di variazione e d' inculturazione.
Poich in Cristo Ges non la circoncisione che vale o la
non circoncisione, ma la fede che opera per mezzo della
carit (Gal 5,6).
Nell' attuale situazione di dialogo interreligioso, anche noi
dobbi amo discernere che cosa essenziale e che cosa so-
no semplici mediazioni
27
che non bisogna imporre ai pa-
gani (cf. At 15,19).
L'UNIVERSALIT DELLA COSCIENZA ETICA: RM 2,6-16
La Lettera ai Romani, nel suo tentativo di esprimere una
visione d' insieme, onnicomprensiva del panorama della sal-
vezza, non pu fare a meno di implicare anche qui, in qual-
che modo, la tematica della teologia delle religioni. Af-
ferma l' universalit della legge nat ural e o della coscienza
etica, oltre le frontiere che dividono religiosamente l' uma-
nit in ebrei e greci... perch Dio non fa preferenze di
persone (Rm 2,11). Conoscendo o non conoscendo la Leg-
ge, gli esseri umani saranno giudicati da essa, t enendo con-
to che coloro che st anno fuori dalla port at a della religio-
ne della Legge possono praticarla spontaneamente, men-
tre al contrario per coloro che si trovano ent ro quella por-
tata non basta ascoltare la Legge per essere giusti davan-
ti a Dio (Rm 2,13).
In definitiva, Paolo intuisce che la Legge non esclude chi
non la conosce, e che in realt non c' nessuno che non co-
nosca in qualche modo la legge, poich questa sta sponta-
neamente dentro ogni essere umano. Non si t rat t a di un
pluralismo religioso propri ament e detto, ma almeno di
un inclusivismo universalista: la Legge stessa di Dio di-
venta accessibile a tutti gli uomi ni e le donne oltre le fron-
tiere che separano le religioni... Perfino le creature ge-
mono e soffrono le doglie del parto (Rm 8,22), del part o
del piano di Dio, in questa visione inclusivista universale.
27
Si vedano le chiare riflessioni di Paolo a questo riguardo in Rm 2,
25-29.
152
APERTURA VERSO TUTTI I VALORI: FIL 4,8
Tutto ci che vero e nobile, che giusto e puro, che
amabile e onorat o. . . sia oggetto dei vostri pensieri.
un at t eggi ament o di sensibilit, di apert ura a t ut t o il
buono e il bello che ci pu essere nella vita, senza pensa-
re che fuori dal nost ro ambi t o vitale non possa esserci nul-
la di buono o di migliore del nost ro. Cio, senza pensare
che extra nos, nihil bonum, fuori di noi, non c' nien-
te di buono.
LA RELIGIONE UNIVERSALE DELL'AMORE: I GV
Le lettere dell' apostolo Giovanni, nella loro prospettiva pi
alta, procl amano l' amore come essenza e segno della vita
cristiana. L' amore da Dio: chi unque ama stato gene-
rat o da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciu-
to Dio, perch Dio amore (IGv 4,7-8). Chi non pratica
la giustizia, non da Dio, n lo chi non ama il suo fra-
tello (IGv 3,10).
Questa identificazione dell' amore con la conoscenza di
Dio un principio onnipresente in tutta la lettera. Cono-
scere Dio ed essere di Dio, massi me espressioni della re-
ligione, dipendono, o diventano intercambiabili con la pra-
tica dell' amore e della giustizia. Di remmo che Giovanni
inserito in una profondit che va oltre il cristianesimo co-
me religione osservata dall' esterno. Chiunque ami e prati-
chi la giustizia si trova nella migliore religione, la religio-
ne del conoscere Dio ed appart enere a Dio. Questa reli-
gione trascendente, che va oltre la semplice confessione
orale o appart enenza formale (quella di chi dice "amo
Dio" ma odia il propri o fratello, IGv 4,20), una religio-
ne qualificata per dialogare con tutte le religioni. Il che -
anche qui - non significa che Giovanni esprima una posi-
zione pluralista esplicita, ma al meno un universalismo in-
clusivista.
Non si tratta di un atteggiamento illuminato, come quello
di chi crede di avere una rivelazione particolare, una fonte
di Verit che gli altri non hanno; al contrario, un atteg-
giamento realistico e umile, che condivide con tutti l'oscu-
rit, illuminata dall' unico faro realistico, quello dell' amore:
153
Nessuno mai ha visto Dio; se ci ami amo gli uni gli altri,
Dio ri mane in noi e l' amore di lui perfetto in noi (IGv
4,12).
LA VERA RELIGIONE: GC 1,27
Una religione pur a e senza macchi a davanti a Dio nostro
Padre questa: soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro
afflizioni e conservarsi puri da questo mondo.
Comment a Jos Maria Diez Alegria: Questa pericope
enormement e espressiva, perch la parola "religione", che
nell' originale greco threskeia, la parol a che si usava
espressamente per designare la religiosit cultuale e, per-
fino pot r emmo dire la religiosit "cultualista". Pertanto,
nel testo di Giacomo, chiaro che la religiosit ontologi-
co-cultualista viene scartata e al suo posto si afferma con
la maggiore energia la religiosit etico-profetica
28
.
Diez Alegria distingue due tipi di religioni: quelle ontolo-
gico-cultualiste che corri spondono ad una concezione cir-
colare del t empo, pessimiste, che cercano la salvezza uscen-
do dalla storia attraverso l' identificazione con Dio per mez-
zo del culto, e la religione etico-profetica, che corri-
sponderebbe alla religione biblica dell' antico Israele e alla
religione di Ges e dei pri mi cristiani, la quale ha una con-
cezione lineare del t empo storico, aperta, ottimista, che
cerca la salvezza nella realizzazione storica della giustizia
e dell'amore
29
.
Che la religione cristiana, secondo Giacomo, sia una reli-
gione etico-profetica, significa che una religione soterio-
centrica che met t e al centro la realizzazione della salvez-
za e la liberazione dell'essere umano, da compiere qui e
adesso, nella storia. Per il dialogo interreligioso, questa col-
locazione della fede cristiana molto i mport ant e.
28
jYo creo en la esperanza!', Descle, Bilbao 1975, pp. 61-62.
29
Queste due posizioni, "ontologico-religiosa" ed "etico-profetica",
sono rimaste ben caratterizzate nell'opera di Jos Maria Diez Ale-
gria, dice Clodovis Boff, Teologia de lo politico, Sigueme, Salaman-
ca 1980, p. 198.
154
EFESINI E COLOSSESI
Bisognerebbe segnalare anche le visioni pancosmiche e pan-
storiche della redenzione compiuta da Cristo, secondo le
Lettere agli Efesini e ai Colossesi. Sono visioni universali,
ma di un universalismo inclusivista, se non esclusivista.
CONCLUSIONI
In questa lezione abbi amo dato un sguardo alla Bibbia e
alla persona di Ges, impegnati a trovare parole e gesti che
illuminassero il t ema del pluralismo religioso e la posizio-
ne pluralista che stiamo adot t ando nella costruzione di que-
sta teologia. Ci confermiamo nell' idea che la Bibbia, (spe-
cialmente l'AT) l ont ana dalle nostre preoccupazioni e dal-
le nostre impostazioni sul pluralismo e non pu dirci mol-
to al riguardo, bench sia necessario ascoltare tutti i suoi
eventuali insegnamenti. Siamo confermati anche nella cer-
tezza che Ges, nella sua persona e nel suo messaggio, il-
l umi na un possibile atteggiamento pluralista.
II. Domande per lavorare in gruppo
- Che impressione mi fa sapere che nella stessa Bibbia so-
no rimaste raccolte tradizioni religiose antichissime che
danno ancora per ovvio il politeismo...?
- Mettiamo in comune nel gruppo ci che sappi amo circa
la differenza tra il Ges storico e il Cristo della fede.
- Ci rendi amo conto che Ges per tutta la sua vita fu al
margi ne della problematica esplicita che oggi noi ci po-
ni amo riguardo al pluralismo religioso? Perch fu cos? E
com' tuttavia possibile che egli sia per noi una luce che
ci aiuti a impostarlo e a risolverlo adeguatamente?
- Comment are ognuno dei tratti della persona di Ges che
sono stati esposti in questa lezione, comment ando (am-
pliando o eventualmente correggendo) le applicazioni o i
riferimenti che si possono fare alla teologia delle religioni
o del pluralismo religioso.
- Ritornare alle lezioni 3
a
o 4
a
(quelle dei temi storici) e
passare in rivista le situazioni l descritte, giudicandole a
partire da qualche tratto della persona di Ges emerso in
questa lezione. Cosa avrebbe fatto Ges, secondo quel trat-
to, in quelle situazioni storiche?
155
- Il paradi gma del pluralismo (il terzo dei modelli possi-
bili nella teologia delle religioni) teocentrico e regno-
centrico, e anche Ges lo stato... Comment are.
- L'essere umano, in definitiva, ottiene la salvezza attra-
verso la pratica dell' amore e della giustizia. Che ruolo gio-
ca allora la religione nella salvezza dell'essere umano? Com-
ment are.
- Quant o stato affrontato in questa lezione non affat-
to t ut t o ci che si pu trovare nella Bibbia rispetto alla plu-
ralit religiosa. Mettiamo in comune altri testi, elementi,
passaggi biblici... che ognuno di noi ritiene si possano an-
cora apportare sul tema, t ant o in senso positivo che nega-
tivo.
- Facciamo una valutazione finale dai paradi gmi della teo-
loga delle religioni: la Bibbia esclusivista, inclusivista o
pluralista? Evidenziamo le necessarie sfumature.
- Un certo Ges, la serie radiofonica di Jos Ignacio e
Maria Lopez Vigil, ha un episodio, il 100, dedicato a Mt
25,3 lss, intitolato Il giudizio delle nazioni che si presta
ad essere elaborato in gruppo da questa prospettiva del plu-
ralismo interreligioso.
Bibliografia
CASALDALIGA-VIGIL, Espiritualidad de la liberacin, cap. Ili, para-
grafo Seguimiento de Jessv, Editorial Envio, Managua 1992,
p. 140ss. Anche in <servicioskoinonia.org/biblioteca>.
LOPEZ VIGIL, MARIA Y JOS IGNACIO, Un tal Jesus, cap. 100, Lguez
Ediciones, Salamanca 1984. Testo e audio disponibili in
<www.untaljesus.net>.
MENEZES RUI DE, Pluralismo religioso en el Antigua Testamento,
in Selecciones de Teologia 163 (settembre 2002) pp. 177-183.
NOLAN ALBERT, ^Quin es este hombre? Jesus antes del cristianismo.
Sai Terrae, Santander 1981. E in <servicioskoinonia.org/biblio-
teca>.
ODASSO GIOVANNI, Bibbia e religioni. Prospettive bibliche per la teo-
logia delle religioni, Urbaniana University Press, Vatican City,
Roma 1998, 2002
2
.
PELAEZ JESUS, El universalismo de Jesus en los evangelios. Infieles
y brbaros en el cristianismo de los dos primeros sglos, RELaT
238: <servicioskoinonia.org/relat/238.htm>.
TAMAYO JUAN JOS, Jesus en el dilogo interreligioso, in Imgenes
de Jesus, Trotta, Madrid, 1996, pp. 43-70.
156
Capitolo undicesimo
Aspetti ecclesiologici
del pluralismo religioso
In tutto ci che attiene al pluralismo religioso, la realt Chie-
sa svolge un ruolo importante. La concezione che una reli-
gione ha di se stessa come Chiesa o comunit, determi-
nante per il suo rapporto con le altre. Perch se questa reli-
gione o Chiesa pensa se stessa come colei che occupa in esclu-
siva tutto il campo della verit, rimane poco margine per un
dialogo che non sia un dialogo fra sordi. importante dun-
que affrontare il tema della Chiesa o, che lo stesso, gli aspet-
ti ecclesiologici del pluralismo religioso.
I. Per sviluppare il tema
La precomprensione classica riguardo alla Chiesa
Abbiamo gi accennat o nella lezione precedente al not o
fatto che Ges non pretese mai di fondare una Chiesa. Or-
mai sappi amo che ci che stato insegnato alla maggio-
ranza di noi nel catechismo dell'infanzia, che Ges fond
la Chiesa o, perfino, che venne a fondare la Chiesa e que-
sto fu lo scopo della sua missione sulla terra, un modo
di dire che necessita di sfumature, perch obbedisce alla
mancanza di prospettiva della teologia classica in vigore
per secoli.
Solo in epoca recente, nei due ultimi secoli, abbi amo re-
cuperat o la realt storica di Ges, il Ges storico. Oggi
sappi amo della storia concreta di Ges pi di ci che si co-
nobbe nei due millenni trascorsi dal suo passaggio t ra noi.
Oggi sappi amo che molte affermazioni che furono prese
alla lettera come se fossero affermazioni storiche diret-
t ament e e letteralmente descrittive della realt, non lo so-
no veramente, ma sono piuttosto affermazioni teologiche.
Qualcosa del genere succede col t ema della fondazione del-
157
la Chiesa, o della transizione da Ges alla Chiesa. Tradi-
zionalmente si giunti a dire che Ges avrebbe fondato la
Chiesa con un atto formale, giuridico, ben concreto... e,
con le sue istruzioni ai discepoli, l' avrebbe dotata perfino
di strutture, ministeri, sacramenti... L' insieme degli ele-
menti che formano la Chiesa sarebbero la religione che Dio
stesso vuole per l' Umanit, lo st rument o religioso che egli
vuole stabilire sulla terra affinch si diffonda, riempia il
pianeta e salvi tutta l' Umanit. Di modo che tutte queste
strutture, dimensioni ed elementi che formano la Chiesa
sarebbero qualcosa di voluto da Dio, di diritto divino,
dato e rivelato al mondo dallo stesso Figlio di Dio, qual-
cosa che noi non possiamo che accettare incondizionata-
mente e conservare con la massi ma fedelt. Cos ha pen-
sato la Chiesa durant e quasi due millenni. Cos a noi han-
no insegnato. Cos la pensano molti cristiani di oggi e la
quasi totalit dei dirigenti della Chiesa. Questa la dottri-
na ufficiale; per molti, indiscutibile.
Com' logico, avendo questa comprensi one di Chiesa nel-
la mente e nella fede, da subito molto problematico il
dialogo religioso, ed molto chi ara la valutazione che da
questa prospettiva verrebbe data alla pluralit religiosa (va-
lutazione che sfiorerebbe i limiti dell' esclusivismo o, al mas-
simo, dell' inclusivismo).
E se tutto quello che ci fu detto, per, non corrispondesse
alla realt?
Affrontiamo dunque una revisione di ci che oggi sappia-
mo di ecclesiologia rinnovata, per vedere se, effettivamen-
te, possiamo avvicinare il t ema del pluralismo religioso con
atteggiamenti migliori di quelli avuti fino ad ora, a causa
di quei blocchi ecclesiologici concettuali.
Cosa pretese Ges
Se Ges non fond la Chiesa, che cosa volle fondare? Vol-
le per caso fondare qualcosa? O in definitiva, cosa prete-
se Ges?
1
.
1
il titolo del gi citato capitolo 3 del libro di Leonardo Boff, Jesu-
cnsto elliberador, Sai Terrae 1980, pubblicato in molti paesi e lingue.
158
Non faremo qui un' esposizione dettagliata di questo fe-
condo capitolo della cristologia e dell'ecclesiologia, proba-
bilmente ben conosciuto dai nostri lettori. Lo ri corderemo
semplicemente in modo sintetico.
Il dato storico pi sicuro ri guardo alla vita di Ges che
la sua predicazione ruotava at t orno al Regno di Dio
2
.
Questo fu il t ema della sua predicazione, il suo assillo, il
suo sogno, la passione che lo muoveva, la Causa per la qua-
le visse e lott, ci che nella sua vita ebbe per lui un valo-
re assoluto. La figura di Ges non stata quella del fon-
datore di una religione o di una Chiesa, bens quella di un
profeta appassi onat o del Regno di Dio (RD), Causa ultima
per la quale visse e mor. Per questo, i mport ant e esami-
nare cos' era il RD che predicava. E perci, conviene chia-
rire in pri mo luogo cosa non era per lui il RD.
- Per Ges, la cosa pi i mport ant e, il t ermi ne ultimo
3
,
la sua Causa, non era egli stesso: Ges non predic se stes-
so. Egli non considerava se stesso come la cosa pi im-
port ant e. Egli considerava se stesso non assoluto, ma re-
lazionale: al servizio del RD.
- Per Ges, termine ultimo non era nemmeno e sempli-
cemente Dio. Ges non parla di ret t ament e solo di Dio...
Per Ges, Dio sempre il Dio del Regno, il Dio che ha
una volont, un progetto, una vicinanza, una volont, una
pat erni t salvatrice... Per Ges, Dio non un in s.
- Il RD per Ges non era una nuova Chiesa, alla quale non
pens mai . Non si pu lecitamente interpretare quello che
Ges dice del RD come se lo stesse dicendo della Chiesa.
Le parabol e che si riferiscono al RD si riferiscono al RD,
non alla Chiesa. La Chiesa non il RD.
- Il RD non la grazia, la vita dell' anima... Il RD co-
me il Regno di Dio nelle ani me attraverso la grazia, ot-
tenuta per la mort e espiatrice di Ges, depositata nella Chie-
sa e distribuita per mezzo dei sacramenti... qualcosa che
2
II RD appare 122 volte nei vangeli e, di esse, 90 sulle labbra di Ge-
s; cf L. Boff, ibid., p. 66.
3
L'ultimo, secondo Jon Sobrino, che pu chiamarsi anche il pri-
mo, l'obiettivo principale. Possiamo spiegarlo anche col gergo sco-
lastico classico: pritnus in intentione, ultmus in executione, ci ver-
so cui si vuole arrivare come ultimo termine, la prima cosa che si
persegue ed ha la massima priorit nell'ordine dell'intenzione.
159
Ges non avrebbe mai pot ut o pensar e nella sua vita.
- Il RD del quale parlava Ges non il cielo... per quant o
il vangelo di Matteo parli, invece che di RD, di Regno dei
cieli, perch si rivolgeva a cristiani di origine ebrea, che
tradizionalmente evitavano la parola Dio e la sostituiva-
no con la circonlocuzione dei cieli. Ges non era un pre-
dicatore che perseguiva la salvezza delle anime, per li-
berarle dall' inferno e far s che raggiungessero il regno
del cielo...
La cosa pi importante per Ges
Che cosa era dunque per Ges la cosa pi i mport ant e, ci
che egli chi am RD?
Ges non lo spiega mai sistematicamente. Tra l' altro per-
ch RD non un concetto creato da lui, ma un concetto
gi esistente, che proveniva dai t empi dei profeti. Tutti i
suoi cont emporanei parlavano del RD. Quello che Ges fa
dare alcune sfumature al concetto e prendere le distan-
ze dalla comprensi one che di esso avevano i farisei, gli ze-
loti, gli esseni...
Ges inizi ascoltando il suo popolo e unendosi alle sue
grandi speranze
4
. Il popolo era in attesa (Le 3,15). Si at-
tendeva un intervento di Dio che avrebbe trasformato la
realt. Il RD sarebbe stato una trasfigurazione e trasfor-
mazione radicale della realt, di questa realt, che sareb-
be stata finalmente introdotta nell' ordine della volont di
Dio. Il RD sarebbe stato non un altro mondo, ma questo,
per compl et ament e altro, totalmente rinnovato, sotto-
messo finalmente al disegno di Dio e perci guarito, puri-
ficato e i nt erament e trasformato. Il RD non si riduce a un
aspetto concreto: la totalit di questo mondo ad esserne
interessata e trasformata.
In ogni caso, il RD era sulla linea dell' attesa della fine del
mondo. Il messaggio di Ges, la sua predicazione, erano
profondamente escatologici: attesa verso il compi ment o fi-
nale di una promessa divina che i mmi nent e nella storia
5
.
4
Boff, L., ibidem, pp. 71ss.
5
In varie occasioni Ges d l'impressione di star aspettando un in-
160
Era dunque molto l ont ano dal pensare alla costruzione di
una iniziativa istituzionale di lungo termine, organizzata,
stabilita giuridicamente, pensata per restare nei secoli dei
secoli, e per estendendersi a t ut t a l' Umanit ri muovendo e
sostituendo le altre religioni... Ci che Ges promosse con
la sua vita e la sua predicazione fu in realt un movi-
mento, il movimento di Ges, la piccola e grande cer-
chia dei discepoli, senza organizzazione, senza distinzio-
ne nemmeno rispetto al giudaismo, o al massi mo come una
corrente in pi delle molte che si trovavano nel conglo-
merat o multiforme del giudaismo dell' epoca.
Quello che Ges pretese e riusc a liberare fu un movi-
ment o incoraggiato da un messaggio vitale, da una spe-
ranza basat a sul RD, come utopia che met t e in mot o mec-
canismi perch sia accolta, preparat a, costruita, e che im-
pegna a una lotta contro gli elementi di antiregno, quel-
li cio che si oppongono al RD. Una passione dunque, una
speranza, un senso per l'esistenza, una convocazione alla
vita e per la vita. Una religione? Ebbene... s, e no. S, sen-
za dubbio, come una religione profonda, in quant o per
la vita umana si t rat t a di un senso ultimo, che la mette in
relazione col fondamento assoluto dell'essere che chia-
mi amo Dio. E no, non perl omeno una religione sociolo-
gica, non una Chiesa stabilita e concreta, progettata fin
negli ultimi dettagli rituali e giuridici, concepita come la
concreta e unica figura istituzionale in cui la religione
profonda potesse prendere corpo.
Abbiamo detto gi nella lezione precedente che Ges non
il fondatore di una nuova religione, ma che forse richia-
ma semplicemente alla vita (Bonhoeffer) e al superamen-
to della religione formalista ed esteriorizzata (Sheehan).
Ges richiamava alla necessaria appart enenza a una
Chiesa? La predicazione stessa di Ges abbonda di passi
nei quali insiste che la salvezza supera interamente le fron-
tiere umane di qual unque istituzione religiosa. In ogni ca-
so, non necessario farsi domande artificiose di teologia,
perch, in realt, la Chiesa, in quant o concretizzazione
esterna di una organizzazione e di un' appartenenza, con-
tervento imminente di Dio. E questa imminenza costituir anche do-
po un errore di prospettiva nella prima generazione cristiana, ri-
spetto alla seconda venuta di Ges.
161
seguenza della nat ura sociale dell' essere umano. E sta l
dal principio. Ges non fond la Chiesa, ma la Chiesa si
fonda su Ges. All'inizio ci fu solo il movimento di Ge-
s. Poi si and trasfigurando ed evolvendo secondo mo-
delli certamente molto diversi
6
. Ancora, durant e i pri mi tre
secoli, l' impero r omano mant enne la Chiesa sotto la fre-
quente
7
purificazione della persecuzione. Il movimento di
Ges, configurato come Chiesa di diverse forme, si teneva
vivo come una religione marginale nell' impero, sostenuta
dalle sole proprie forze spirituali. Il sangue dei mart i ri era
seme di nuovi cristiani.
Nel secolo IV per sarebbero avvenuti alcuni cambi amen-
ti sostanziali che dobbi amo affrontare pi dettagliata-
mente.
La svolta copernicana del cristianesimo nel secolo IV
Nell'anno 311, con l' Editto di Nicomedia, Galerio concede
la tolleranza a favore del cristianesimo.
Nell'anno 313, nel cosiddetto Editto di Milano, Costantino
decreta la totale libert di culto, con la riparazione dei dan-
ni subiti dai cristiani.
Nell'anno 324 lo stesso i mperat ore manifesta il desiderio
che tutti diventino cristiani, anche se viene proibito che
siano i mport unat i coloro che non lo fanno. Si presenta
dunque una situazione di privilegio.
Nel 380, per l a part e orientale dell' impero, Teodosio il Gran-
de ordina nell' editto di Tessalonica che tutti i popoli
dell'impero abbracci no la fede che la chiesa r omana ha ri-
cevuto da san Pietro.
Nel 392 la legge dichiara cri mi ne di lesa maest i culti non
cristiani. Il cristianesimo passa ad essere l' unica ed esclu-
siva religione dell' Impero, sia in Oriente che in Occidente.
6
Roloff, Jurgen, La diversidad de imgenes de Iglesia en el cristiani-
smo primitivo, in Selecciones de Teologia 64 (dicembre 2002) pp. 244-
250.
' Dall' epoca di sant'Agostino si citano classicamente dieci persecu-
zioni - come dieci furono le piaghe d'Egitto - ma il numero sim-
bolico e storicamente arbitrario.
162
Ottant' anni dunque, dal 311 al 392, hanno segnato una svol-
ta storica radicale. Il cristianesimo pass dall' essere una
religione marginale e frequentemente perseguitata, ad es-
sere la religione tollerata da principio, preferita in segui-
to, ufficiale, imposta e obbligatoria pi tardi, e infine l'uni-
ca tollerata. Pass dalle cat acombe al palazzo imperiale. E
ci che pi grave: divent una religione che legittim la
persecuzione delle altre religioni e la censura e la perse-
cuzione anche all' interno di se stessa.
Qui avvenne qualcosa di mol t o grave. Il cristianesimo rag-
giunse la libert religiosa, cosa che fu molto i mport ant e e
giusta, e molto utile per l' estensione del cristianesimo. Ma
fu gravissimo che il cristianesimo accettasse di essere la
religione ufficiale dell' impero, cio, che accettasse di oc-
cupare il posto della religione ufficiale dent ro un i mpero
che aveva gi una religione pubblica ufficiale che da sem-
pre aveva configurato la societ imperiale. Fu cosciente il
cristianesimo di ci che significava questa accettazione?
Fu cosciente che quella societ pagana, imperiale, disu-
guale e ingiusta, schiavista
8
, politeista, d' imperatori spes-
so divinizzati... formava un' unit indissolubile con una re-
ligione di Stato a cui stava per subentrare? Fu cosciente
il cristianesimo della grandezza della ristrutturazione so-
ciale, culturale, religiosa, e perfino politico-economica che
sarebbe stato necessario portare a termine in quella societ
affinch potesse essere considerata realmente cristiana, e
10 stesso cristianesimo potesse essere considerato la sua re-
ligione ufficiale? Se la religione cristiana accettava alla fine
di occupare questo posto, sarebbe stata essa che avrebbe tra-
sformato la societ imperiale romana, o questa avrebbe fi-
nito per trasformare la religione cristiana? Si pu immagi-
nare che Ges avrebbe accettato di essere intronizzato co-
me un re i n un i mpero e in una societ cos ingiusta, senza
aver preteso pri ma che questa societ smettesse di essere in-
giusta e di essere impero, stabilendo l' amore come legge so-
ciale e i valori evangelici come norma sociale?
11 cristianesimo, in realt, accett con piacere di occupare
il posto della religione pubblica ufficiale romana. I templi
furono vuotati delle statue dei loro idoli e ornati ora con
8
A Roma, su un milione di abitanti, 900.000 erano schiavi. Alex Za-
notelli, in Adista n. 5 - 2002.
163
il crocifisso o con l' immagine del pantocrator. La prote-
zione sull' imperatore, che sempre veniva chiesta alla divi-
nit, veniva ora sollecitata al Dio cristiano, cos come la
difesa contro i nemici dell' impero. Costantino pass a con-
siderare il Dio cristiano come il suo dio protettore nelle
guerre e nelle battaglie. Ancora oggi, il turista pu vedere
nel Pant heon di Roma Cristo Re seduto sul t rono centrale
prima occupato da Giove. Vedendolo, bisogna domandar-
si sinceramente: chi ha convertito chi? Ges ha convertito
Giove, o Ges si convertito in Giove? Il Cristo Re, sedu-
to sul suo t rono imperiale, con il suo scettro e la sua mae-
st, pu essere realmente Ges di Nazareth, o in fondo
il Giove t onant e semplicemente mascherat o da Cristo? For-
se che Cristo potrebbe assumere il posto di Giove? Chi con-
vert chi?' L' impero romano si convert al cristianesimo, o
fu il cristianesimo che si adat t e si convert all' impero?
9
certo che in tutto questo non fu la Chiesa a prendere
l'iniziativa, ma l' autorit dell' impero
10
. Il fatto che la Chie-
sa venisse trasformata nella religione dello St at o", sacra-
lizzando cos l' ordine esistente, non si verificato perch
i dirigenti dell' impero o la maggior part e dei sudditi aves-
sero una personale fede in Ges, ma soprat t ut t o perch ne-
gli ambiti decisionali si intu con certezza che poteva es-
sere lo st rument o per sostenere in mani era pi efficace la
coesione e l' unit politica
12
. Poco importava il messaggio
cristiano in s. Si cercava, realmente, che svolgesse il ruo-
lo che gli veniva assegnato, anche a costo dell' autonomia
della Chiesa o del messaggio cristiano stesso
13
. Di Costan-
9
Le idee di Platone sono cristianizzate, o piuttosto stato il cri-
stianesimo ad essere platonizzato?, Panikkar, II dialogo intrareligio-
50, Cittadella Editrice, Assisi 2001, p. 142.
10
J.L. Segundo, El dogma que libera. F, revelacin y magisterio dogm-
tico, Sai Terrae, Santander 1989, pp. 222-225.
11
ci che nel linguaggio moderno si chiama nazionalcattolicesimo.
12
Le misure che l'impero prese al riguardo sorpassano il quadro del-
le convinzioni personali dell'imperatore. Non possono spiegarsi se
non per il desiderio di fare della Chiesa un organismo ufficiale, di as-
sociarla alla vita e al funzionamento dello Stato e di rinforzare que-
sto con l'influenza della gerarchia ecclesiastica sui fedeli. Il cristia-
nesimo cominciava a essere religione di Stato: Crouzet-Aymard - Au-
boyer, Histoire Generale des Civilisations, PUF, Paris 1956, II, pp. 499-
500.
13
Cf. A. Calvo-A. Ruiz, Para leer una eclesiologia elemental, Verbo Di
164
tino - bench nella Chiesa orientale sia venerato come san-
to - i gnori amo se fu un cristiano convinto. In realt, nella
sua vita ci furono epoche in cui corse molto sangue intor-
no a lui, generalmente dei suoi parenti, ed egli fu battez-
zato solo alla vigilia della mort e da un vescovo ariano. Pro-
babi l ment e fu il suo genio politico, e non un' apparizione
celeste come dice la leggenda, che gli fece vedere che in
hoc signo vinces, con questo segno (della Croce) vincerai,
sia nella battaglia del Ponte Milvio
14
sia nella battaglia per
tenere in piedi il barcollante Impero Romano.
Appena concessa la libert di culto, l' imperatore prende l'ini-
ziativa di convocare i vescovi ad un concilium per unifi-
care la dottrina. lui che convoca, che invita e paga. I ve-
scovi sono portati con la posta imperiale, in carrozze di lus-
so a carico dello Stato. Cominciano ad essere funzionari
dello Stato. Il Concilio si realizzer nel palazzo d' estate di
Costantino. L' imperatore invita i vescovi a un banchet t o re-
gale. Si fa fatica a mant enere la serenit quando si legge il
racconto di questo banchet t o imperiale celebrato al termi-
ne del Concilio di Nicea, che dice cos:
Alcuni distaccamenti della guardia e dell'esercito circon-
darono l' entrata del palazzo con le spade sguainate, e pas-
sando in mezzo a loro senza paura, gli uomini di Dio [i ve-
scovi] penetrarono nelle stanze private dell' imperatore, do-
ve si trovavano a tavola alcuni suoi amici, mentre altri gia-
cevano in letti situati all' uno e all'altro lato del soggiorno.
Chiunque avrebbe pensato che si trattasse di un quadro del
Regno di Cristo, di un sogno diventato realt
15
. L' autore di
questo racconto il vescovo Eusebio di Cesarea, il famoso
storiografo della Chiesa del IV secolo. Crossan, a sua volta,
commenta: Di nuovo appaiono mescolati il banchetto e il
Regno, ma gli invitati sono adesso i vescovi, tutti di sesso
maschile, che mangi ano reclinati su letti in compagnia del-
lo stesso imperatore e aspettano di essere serviti da altri.
Eusebio - che riflette nella sua storia il punt o di vista della
Chiesa del suo t empo - vede realizzato il Regno di Dio nel
banchetto dei vescovi serviti dall' Imperatore. Ges avrebbe
riconosciuto in tale scena il Regno da lui predicato?
vino, Estella 1986, p. 39, che seguiamo da vicino su questo punto.
14
Contro Massenzio, anno 312.
15
Eusebio, Vita Constantini, 3, 14.
165
Il banchet t o la concentrazione simbolica di un processo
generale di assimilazione all' Impero che avviene in tut-
ta la Chiesa, comi nci ando dai vescovi. Incomincia allora
quella che stata chi amat a la faraonizzazione del mini-
stero
16
che passa ad essere un potere che assimila lo sti-
le, la concezione, i titoli e perfino l' abbigliamento faraoni-
co regio dei potenti dell' impero (bastone, mitra, anello, pal-
lio, stola, titolo di pontefice... nascono in questo pro-
cesso).
Aggiunge Crossan: Forse il cristianesimo era un tradi-
ment o inevitabile e assolutamente necessario della figura
di Ges, poich, se non fosse stato cos, tutti i suoi segua-
ci sarebbero mort i sulle colline della Bassa Galilea. Era ne-
cessario, per, che questo t radi ment o si producesse in co-
s poco tempo?
17
. Effettivamente, ormai sappi amo che il
messaggio utopico del Vangelo di Ges chi amat o a scon-
trarsi con la di nami ca egoista e ingiusta dei sistemi eco-
nomici e politici umani , specialmente dei sistemi dittato-
riali, ingiusti, oppressivi
18
. Il suo posto sempre l'opposi-
zione al sistema, la difesa dei piccoli, la solidariet con gli
esclusi, l' opzione per i poveri, la causa comune con i so-
gnatori emarginati. Per questo, com' possibile che una
Chiesa che si riteneva fondata da Ges abbia pot ut o se-
dersi a tavola con l' imperatore e vedere in questo banchet t o
l' immagine viva del Regno di Dio?!
La svolta costantiniana del secolo IV non fu altro che l'ini-
zio. La caduta dell' impero romano (476 d.C), il vuoto di po-
tere politico che scatur da essa, le invasioni dei popoli bar-
bari, la loro successiva conversione in massa, la costruzio-
ne di un nuovo ordine sociale sulle rovine dell' impero... mi-
sero il cristianesimo di fronte a compiti e opportunit ine-
dite sino allora. La Chiesa era l' unica forza sociale che po-
tesse guidare la costruzione di una nuova societ.
16
R. Velasco, La Iglesia de Jesus, Verbo Divino, Estella 1992, p. 128.
17
Citato da Juan Arias, Jesus, ese gran desconocido, Maeva, Madrid
2001, pp. 132-133.
18
Quello di Costantino non fu precisamente un regime che brillasse
per spirito democratico e per giustizia sociale: impiant una monar-
chia assoluta e aument notevolmente gli oneri del fisco sui poveri
(Velasco, ibid., pp. 136-137), mentre gli schiavi non cambiarono in
nulla il loro statuto sociale.
166
Il processo di gestazione e crescita della cristianit ar-
riv al culmine nel secolo XI con la riforma gregoriana, di
Gregorio VII. A partire da lui i papi si considerano inve-
stiti di pieni poteri temporali e spirituali, e si ritengono su-
periori all' imperatore, ai re e ai principi. Tale superiorit
d loro il diritto sia d' investire che di deporre coloro che
detengono il potere politico. la lotta per l' egemonia tra
il potere religioso e quello politico.
In una pri ma tappa, il potere temporale si sottomette al
pot ere spirituale. La formulazione teologica e giuridica pi
nitida di tale impostazione appare nel Dictatus papae
19
, di
Gregorio VII. Questa teocrazia pontificia aument er con i
suoi successori e il papa passer a chiamarsi Vicario e Suc-
cessore di Pietro, a considerarsi Vicario di Cristo e Capo
della Chiesa (espressione, la pri ma, che i padri della Chie-
sa riservavano allo Spirito Santo o ai poveri, e a Cristo, la
seconda). Finalmente, bench il potere temporale della
Chiesa si andr a poco a poco sgretolando per l' emanci-
pazione degli stati europei - compresa la stessa Italia -, ta-
le visione, atteggiamento e teologia della cristianit ri-
mar r in vigore niente meno che fino alla seconda met
del secolo XX. N la Riforma protestante n i Concili di
Trento e del Vaticano I furono capaci di suscitare una reim-
postazione. Solo il Vaticano II, appena 40 anni fa, dopo
quasi 16 secoli, apr la porta (non di pi) al superamen-
to della mentalit di cristianit.
Bilancio teologico della svolta costantiniana
Per il nostro proposito sufficiente ci che abbi amo det-
to in riferimento alla storia. Facciamo semplicemente un
bilancio di ci che questa trasformazione costantiniana
della Chiesa ha significato in termini teologici:
Il messaggero ha soppiantato il messaggio
20
. Ges che
19
L si dice: Solo il vescovo di Roma deve essere chiamato univer-
sale... Solo lui possiede il diritto di utilizzare le insegne imperiali.
Solo lui presenta a tutti i principi il piede affinch lo bacino. Egli ha
il diritto di deporre l'imperatore, il suo verdetto inappellabile. Non
pu essere giudicato da nessuno. Tutte le questioni pi importanti
dovranno essere portate dinanzi alla Santa Sede.
20
nota la sentenza di R. Bultmann che Ges predic il Regno men-
tre la Chiesa predica Cristo. Ed assolutamente certo: "Egli, prima
167
mai predic se stesso, divent egli stesso l'oggetto centra-
le della predicazione della sua Chiesa. Ci che Ges pre-
dic pass in secondo pi ano e al suo posto venne predica-
to Ges stesso. Il RD, utopia, divent topica in Ges: si
consider Ges la realizzazione piena del RD
21
. Il centro
della Chiesa non pi il RD, quant o Cristo, il Pantocrator.
Il Messia si de-messi ani zz. Dopo la resurrezione, Cri-
sto, cio. Messia, divent il nome propri o di Ges di Na-
zareth. Cos appare programmat i cament e nella formula-
zione del kerygma: Dio ha costituito Signore e Messia/Cri-
sto quel Ges che voi avete crocifisso (At 2,36), e si man-
tiene in tutti gli strati del NT. Quel nome si trasform in
qualcosa che definisce a tal punt o Ges che fu usat o per
designare anche i credenti in Ges, infatti "i discepoli fu-
rono chiamati cristiani" (At 11,26). [Pi tardi], senza dub-
bio per i mport ant i ragioni, si arriv in definitiva al para-
dosso che, provocatoriamente, possi amo formulare come
la de-messianizzazione di Cristo, cio la de-messianizza-
zione del messia
22
.
Detto pi concretamente: la speranza di salvezza storica fu
sostituita da una speranza di salvezza solo trascendente, e
inoltre individuale e spirituale. Il cristianesimo cessa di
presentarsi come una speranza per i popoli oppressi, co-
me una buona notizia per i poveri, come un messaggio
liberatore, e si presenta semplicemente come un messag-
gio purament e religioso, morale, di perdono dei pecca-
ti, di grazia interiore, di salvezza dopo la morte... valori
spirituali t ant o eminenti che ben meri t avano il sacrificio
dei beni di questo mondo
23
. Il RD, in ci che ebbe di con-
portatore del messaggio, entra ora a fare parte dello messaggio stes-
so, nel suo contenuto essenziale; da annunciatore si convertito in an-
nunciato" [Bultmann, Teologia del nuevo testamento, Salamanca 1981,
p. 76] (Eduardo de la Sema, Teresa de Lisieux y la teologia de la Li-
beration, in Proyecto CSE 24, agosto 1996, p. 36).
21
Origene dir che Cristo l'autobasileia, il Regno stesso di Dio
(in Mt. Hom, 14, 7; PG 13, 1198 BC.
22
Sobrino, J., Mesias y mesianismos. Reflexiones desde El Salvador,
mConcilium 246 (apr. 1993) pp. 159-170. Anche in <servicioskoino-
nia.org/relat/069.htm>.
23
Si ricordi per esempio, come gi dicemmo, che agli schiavi era pre-
dicato che la perdita della loro libert valeva la pena, perch ottene-
va per loro la salvezza eterna che non avrebbero raggiunto se fosse-
ro stati liberi in Africa.
168
t enut o concreto della predicazione di Ges, si ecliss in-
t erament e nella Chiesa per un periodo lunghissimo, ben-
ch non smettesse di riapparire cost ant ement e nei movi-
ment i rinnovatori e sovversivi, cont i nuament e soffocati e
stigmatizzati dall' istituzione ecclesiastica come eterodossi
o eretici.
Il Regno di Dio perse cos il suo carattere storico-esca-
tologico
24
, cio non fu pi compreso come l'utopia che
Ges aveva predicato, cess di essere visto come il progetto
di Dio stesso per trasformare la realt storica e introdurla
nell' ordine della sua volont... e cominci a essere abbas-
sato a una visione pi topica (in un luogo pi concreto),
che trov la sua espressione pi plausibile nell'identifica-
zione con la Chiesa: il Regno di Dio la Chiesa
25
. Il RD si
realizza nella Chiesa, essa la sua rappresent ant e pleni-
potenziaria. Essa il Regno di Dio sulla terra
26
, la citt
di Dio, l' arca di No per la salvezza dell' Umanit. Alla fi-
ne t ut t o questo condurr all' intronizzazione della dottrina
del fuori della Chiesa non c' salvezza.
Questa perdita della coscienza del carattere escatologico
del messaggio di Ges perdurer nel campo della teologia
accademica fino al passaggio dal secolo XIX al XX
27
, e nel
campo della pratica ecclesiale (e della teologia viva) per-
mar r fino all' apparizione delle comuni t ecclesiali di ba-
se e della teologia della liberazione (nei diversi continen-
24
Mller-Goldkuhle, Desplazamiento del acento escatolgico en el de-
sarrollo histrico del pensamiento posbiblico, in Concilium 41 (1969)
pp. 24-42.
25
Sobrino, La f en Jesucristo. Ensayo desde las victimas, UCA Edi-
tores, San Salvador 1999, p. 433: La Chiesa rimpiazz il regno con
incredibile hybris, concependo se stessa per principio come potere.
Pot arrivare perfino ad essere antiregno e senza una realt - quella
del regno - che potesse giudicarla.
26
La progressiva identificazione della Chiesa, o dell'impero cristia-
no, col regno di Dio una caratteristica di questa epoca (cf. R. Ve-
lasco. La Iglesia de Jesus, 125).
27
Questa scoperta ecclesiologica che oggi evidente e pu leggersi
in qualunque manuale moderno di ecclesiologia, avvenne pi o me-
no col cambiamento di secolo [XIX-XX], quando si scopr che il mes-
saggio di Ges era un messaggio escatologico (Sobrino, J., Resur-
reccin de la verdadera Iglesia. Los pobres, lugar teolgico de la ecle-
siologia, Sai Terrae, Santander 1984, p. 217. ID., Jesucristo Liberador,
Uca Editores, San Salvador 1991, pp. 185ss).
169
ti), cos come dei movimenti cristiani ani mat i dalle cosid-
dette teologie contestuali.
La predilezione per i poveri cedette all' alleanza con le
classi dominanti, con lo stesso potere politico. A partire
dalla svolta costantiniana, essere cristiano non costituisce
pi qualcosa da perseguitare, ma da encomiare; non pi
un rischio, ma un vantaggio. La fede cristiana ora ben
vista nella societ, qualcosa che riceve appoggio dai gran-
di e dai potenti. I ricchi si sentono cristiani e vogliono ave-
re la Chiesa dalla loro parte. La not a tensione del vangelo
rispetto alle ricchezze, al potere e ai ricchi ammorbi di t a
e messa in penombra. Gli stessi vescovi passano ad essere
grandi signori, colmati di ricchezze dall' autorit civile, lon-
tani dai poveri, incapaci di mettersi in sintonia con i loro
interessi sovversivi. L' opzione sar per i potenti, bench
con la buona intenzione di incoraggiare i ricchi alla bene-
ficenza verso i poveri...
L'alleanza col potere politico port la Chiesa ad avvaler-
sene e a sostenersi con la violenza, per imporsi e i mporre
la fede nella societ, emarginare i dissidenti, estirpare le
eresie... Priscilliano, vescovo di Avila, il pri mo eretico
condannato a mort e e decapitato, con altri sei, nell' anno
385. Costantino ordina la distruzione degli scritti empi
di Porfirio, nemico della vera religione, costituendo for-
se il pri mo esempio di censura religiosa da part e del pote-
re civile in ambito cristiano. Le Crociate saranno il climax
della guerra religiosa nel cristianesimo. E l' Inquisizione
sar l' espressione pi sconvolgente di questo utilizzo del-
la violenza da parte del cristianesimo.
Il cristianesimo, che era originariamente un movimen-
to, erede del movimento di Ges, senza templi, senza ri-
ti, senza leggi, senza sacre aut ori t (ger-archia), senza
sacerdoti, senza clero, senza classi al propri o interno...
si trasform sociologicamente in una religione, come la
religione romana che aveva spodestato, e che venne a rim-
piazzare nel suo ruolo di religione di Stato
28
. Assunse
28
Non necessario sottolineare, data l'evidenza, che con ci il cri-
stianesimo si distanzi totalmente dal tipo di religione che era e che
gli corrispondeva di essere, religione etico-profetica, e si adatt
sempre di pi al tipo di religione romana e greca, pagana in genera-
170
/
molti dei suoi riti, delle sue feste, il suo stile, le sue fun-
zioni, i suoi ministeri
29
. Assunse il ruolo sacralizzante
che la religione come elemento sociale di coesione aveva
nelle societ pagane, concret ament e in quella romana; di
l la retrocessione che si manifest rispetto a t ut t o ci che
Ges significava riguardo al superamento delle religioni.
Adott le caratteristiche sociologiche delle religioni classi-
che, caratteristiche che il messaggio di Ges le aveva vie-
tato: luoghi e t empi sacri, templi, clero separato come ca-
sta o come classe sociale, coinvolgimento politico ufficia-
le, vescovi e clero con carattere di funzionari civili alta-
ment e gerarchizzati, emarginazione e riduzione alla pas-
sivit del popolo laico...
Ebbe luogo una profonda ellenizzazione
30
del cristiane-
simo, che andava a i naugurare una t appa della storia del
cristianesimo inculturato nella cultura greco-romana che
durer pi di millecinquecento anni. Detta configurazione
si manifest in questi pri mi quat t ro secoli, specialmente
nel IV
31
, e si mant i ene fino ai nostri giorni.
La Chiesa divenne erede dell'impero romano. In effet-
ti, gi da Costantino, la Chiesa si vide utilizzata dal pote-
re politico per prestare un servizio all' impero nel suo in-
sieme. Questo fece s che la Chiesa adottasse gli schemi di
organizzazione, le pratiche istituzionali, il diritto dell'im-
pero
32
. Quando questo si smantell, la Chiesa si vide nella
le, ontologico-cultualista. Cf. i due tipi di religioni presentati da
J.M. Diez-Alegria, citati nella lezione precedente.
29
L'uso della parola "pontefice", respinta dalla Chiesa primitiva -
come altri termini provenienti dal mondo del sacro e cultuale, qua-
li "sacerdote", "liturgia", ecc. - indica fino a che punto la conver-
sione del cristianesimo in "religione imperiale" dovette influire af-
finch si completasse la sua identificazione con una religione e nul-
la pi (J.L. Segundo, El dogma que libera, p. 225).
30
Di questo parleremo pi accuratamente nelle lezioni 12 e 14; ora
l'indichiamo soltanto.
31
Dei quattro primi secoli dell'era cristiana, l'ultimo stato forse il
decisivo [...] perch il pensiero cristiano rest fissato in una forma
definitiva fino ai nostri giorni: Ramon Teja, Emperadores, obispos,
monjes y mujeres. Protagonistas del cristianismo antiguo, Trotta, Ma-
drid 1999, p. 231.
32
In pura logica, non possibile negare che la nuova funzione [di re-
ligione ufficiale, religione di Stato] che dovette compiere ha richie-
sto una riformulazione delle sue stesse riunioni locali, strutture e au-
171
necessit di sostituire il ruolo dell' autorit con inevitabili
compiti di supplenza, arrivando a occupare il vertice del po-
tere sociale e politico nella societ medievale di cristianit.
Questo connubio col potere segner pesantemente la storia
del Chiesa per secoli. I tentativi di emancipazione della so-
ciet dalla tutela ecclesiastica saranno un continuo braccio
di ferro
33
sino all' indipendenza finale del potere civile nei ri-
guardi della Chiesa, con la continua opposizione di essa
34
.
Ebbene, l'identificazione piena della Chiesa con l' impero ro-
mano, che si dette e che perdur durante tanti secoli, per-
mettono realisticamente di considerare la Chiesa come ere-
de anche di questo impero. La Chiesa si fonda da un lato su
Ges, ma deve riconoscere, dall'altro, di fondarsi per una
quota molto elevata sul fondamento dell' Impero romano.
Lungi dall'essere stata superata, questa origine nell'attua-
lit che mostra pi chiaramente fino a che punt o tanti ele-
menti che credevamo ancora essere eredit di Ges sono
piuttosto eredit dell' impero romano e tradimento del Van-
gelo, nella dottrina, nel culto
35
, nel diritto, nell'organizza-
zione, nei ministeri, nella liturgia, ecc. Il carattere imperia-
le e imperialista romano ancora una componente attiva -
e molto attiva - nell'essenza del cristianesimo ecclesiastico,
soprattutto cattolico, e la sua purificazione ed estirpazione
un compito ancora in sospeso, tanto per la sua purezza e
fedelt evangelica, quanto per raggiungere una mi ni ma ca-
pacit di dialogo interreligioso.
La cosa pi importante di t ut t o ci che st i amo dicendo
che non si tratta di un passato remot o della storia della
torit. Pi ancora, ci che l'imperatore cristiano richiedeva da essa
non poteva quadrare con un altro tipo di regime che non fosse, in
qualche modo, copiato, per ovvie ragioni pragmatiche, dal modello
centralizzatore dell'Impero (Segundo, ibid., p. 226).
33
L risiedono tutte le teorie e le formulazioni dei rapporti tra il po-
tere temporale dei principi e il potere spirituale della Chiesa: teo-
crazia, ierocrazia, cesaropapismo, agostinismo politico, la teoria del-
le due spade, della luna e del sole, etc. Una seconda ondata sar quel-
la dell'Illuminismo, del secolarismo, del laicismo...
34
Per secoli la Chiesa ha confuso il fine della cristianit con il fine
del cristianesimo, quando in realt il fine della cristianit era la gran-
de opportunit di purificarsi dal suo inquinamento imperiale.
35
Dopo la caduta dell'Impero, il Papa erediter la tradizione del cul-
to imperiale: (H. Portelli, Gramsci e a questuo religiosa, So Paulo,
Paulinas 1982, p. 53).
172
Chiesa. Si t rat t a di un passat o recentissimo, poich, come
abbi amo detto, durat o fino a ieri, fino al secolo XX, fi-
no ad appena 40 anni fa
36
, nella vita della presente gene-
razione
37
; in questo senso dunque presente. C' di pi: in
realt non si pu dare per superat o neanche col Concilio
Vaticano IL certo che questo ha abbandonat o le princi-
pali posizioni teologiche della situazione di cristianit, e
ha aperto la port a a una riflessione che prescindesse da
quei condi zi onament i del cui bilancio abbi amo appena fat-
to un elenco. Ma ci non significa che questo abisso che
si apert o t ra la Chiesa di cristianit e il Ges storico sia
stato superat o con dei semplici decreti conciliari e un bre-
ve periodo di ricezione
38
del Concilio Vaticano II nella
Chiesa. In due sensi: in pri mo luogo, perch la configura-
zione stessa che la situazione di cristianit ha lasciato nel-
la Chiesa (ministeri, organizzazione, strutture, diritto, teo-
logia, liturgia, clericalismo...) ancora l
39
, e passer mol-
to pri ma che si discernano e si superi no tutti gli elementi
che sono accidentali e che pot rebbero e dovrebbero cam-
biare
40
; in secondo luogo, perch come si sa, la ricezio-
ne del Vaticano II risulta at t ual ment e bloccata.
36
La Chiesa dovr arrivare al Vaticano II per superare questa ec-
clesiologia di cristianit. N la Riforma Protestante n il Concilio Va-
ticano I saranno capaci di ritornare all'ecclesiologia patristica del pri-
mo millennio (V. Codina, Para comprender la Eclesiologia desde Ame-
rica Latina, Verbo Divino, Estella 1990, p. 63).
37
Tutti i cattolici che hanno pi di 50 anni sono stati formati nella
visione medievale di cristianit. Tutti gli attuali vescovi lo furono, e
la maggior parte di essi - salvo eccezioni molto degne - sono stati
nominati precisamente per non essersi segnalati come sostenitori di
un superamento della mentalit di cristianit.
38
La ricezione un concetto tecnico che si riferisce a che gli atti
magistrali, di un concilio per esempio, non acquisiscono certificato
completo di cittadinanza nella Chiesa fino a che il Popolo di Dio non
li ha confermati e consacrati con la sua attiva ricezione (Cf. Y.
CONGAR, La recepcin corno realidad eclesiolgica, in Concilium 77
(1972) pp. 57-85; publicato anche in <servicioskoinonia.org/relat>.
39
Le strutture della Chiesa di cristianit la rendono riconoscibile da
noi, perch sono in larga misura le strutture attuali, dopo il loro for-
te consolidamento nel Medioevo e anche in quella specie di medioe-
vo continuato che pretende di essere la Chiesa tridentina (J.L. Se-
gundo): R. Velasco, ibid., 148.
40
L'era costantiniana, un'era la cui fine non sembra essere giunta
completamente nemmeno col Vaticano II (J.L. Segundo, ibid., p.
221).
173
Recupero del regnocentrismo nell'attualit
Arrivati a questo punt o, e per non prol ungare la descri-
zione degli elementi storici del tema, cerchi amo di espor-
re molto brevemente come vediamo at t ual ment e i rappor-
ti Regno/Chiesa
41
, una volta realizzato il recupero che il
ri nnovament o degli studi biblici e teologici ci hanno pro-
curato. Lo sintetizzeremo in poche proposizioni.
Bisogna distinguere t ra il Regno e la Chiesa. Non posso-
no essere equiparati n identificati. Identifichiamo pre-
senza di Regno nella Chiesa, ma non identifichiamo il
Regno con la Chiesa. La Chiesa germe e principio
42
del Regno (LG 5).
Il Regno pi grande della Chiesa: anteriore, pi esteso
e intenso, con molte forme di precedenza sulla Chiesa... Il
Regno l'Assoluto
43
, l'ultimo, la Causa di Ges, la stes-
sissima intenzione di Ges
44
.
41
Bench qui stiamo utilizzando la parola Regno, per le caratteri-
stiche cristiane del contesto in cui ci stiamo muovendo, bisogna se-
gnalare che nella pratica storica e soprattutto nel dialogo interreli-
gioso non insisteremmo sulla parola, ma sul contenuto. Ci servono
anche i suoi sinonimi, come l'Utopia, la Causa, il Senso della vita,
ecc. La Causa di Ges, o dell'essere umano, o dei poveri... sono per
noi metafore intercambiabili.
42
Ci si renda conto che in latino l'articolo non esiste, e che pertanto
non si deve tradurre che la Chiesa il germe e il principio del Re-
gno, perch l'originale conciliare non dice che non ce ne siano altri.
Nel caso si voglia mettere un articolo, dovrebbe essere indetermina-
to: la Chiesa un germe e principio del Regno. Non entriamo ora
nella specificit di questo germe e principio che non senzaltro
uno tra gli altri, chiaro, ma non nemmeno l'unico germe e
principio.
43
Ricordiamo un'altra volta la fortunata espressione di Paolo VI
ndl'Evangelii Nuntiandi n. 8 che dovremmo sapere tutti a memoria:
Solo il Regno assoluto; tutto il resto relativo. Sottolineiamo il
carattere assoluto della frase: solo e tutto il resto.
44
La ipsissima intentio Iesu detto con parole tecniche. Le ipsissima
verba Iesu, le parole stesse di Ges, la maniera di riferirci alle paro-
le (verba) che siamo quasi sicuri (scientificamente, indipendentemen-
te dalla fede) provengano da Ges, che egli pronunci. Ipsissima in-
tentio Iesu un'ingegnosa denominazione per esprimere, oltre la let-
teralit di alcune parole e con assoluta certezza (anche qui in base a
criteri esegetici scientifici, indipendentemente dalla fede) che il RD fu
realmente ci che stava al centro dell'intenzione del Ges storico.
174
La Chiesa (dev'essere) i nt erament e a servizio del Re-
gno. Accoglierlo come dono, assumerlo come responsabi-
lit, costruirlo nella storia, annunci arl o, riconoscerlo dove
gi... la missione della Chiesa, missione che le viene
dalla sua sequela di Ges. In questo servizio deve spendersi
e prodigarsi, anche se le dovesse costare la vita. La Chie-
sa uno st rument o temporale per il Regno, una media-
zione dello stesso per questa economia attuale della storia
della Salvezza, non rappresent a una realizzazione escato-
logica definitiva.
Il Regno non legato alla Chiesa
45
. Dio presente, con-
duce, ispira, fermenta, provoca, spinge... nella Chiesa e pi
in l di essa. Pri ma e dopo di essa. In essa e - molto di pi
- fuori di essa. Con essa e senza di essa. E a volte, contro
di essa. Mediante essa e medi ant e i suoi nemici o le loro
opposizioni. Come Dio percepito, cercato e invocato con
molti nomi, cos pure il RD accolto e cercato sotto mol-
ti nomi . Il nome Regno di Dio uno tra i molti che pos-
sono designare il mistero a cui si riferisce
46
.
La differenza e la distanza t ra la Chiesa e il Regno fa s
che questi sia istanza critica di quella, ed ci che origi-
na la critica profetica all' interno della Chiesa stessa, come
anche il conflitto
47
. Ogni cristiano, seguace di Ges, chia-
45
Non possiamo accettare impostazioni che confessando teologica-
mente l'assoluto del Regno, nella pratica lo relativizzino riducendo-
lo e sottomettendolo alla Chiesa. Per esempio, quando si dice: La
grazia del Regno proviene dalla Chiesa e ad essa conduce. La grazia
che fa appartenere al Regno proviene dalla Chiesa che, nella sua pa-
rola e nei suoi sacramenti, germe e strumento del Regno. Allo stes-
so tempo la grazia conduce alla Chiesa, perch il Regno non una
realt puramente interiore, ma una realt che tende a unire tutti
nell'unit cattolica della Chiesa... La Chiesa la comunit che il Re-
gno si crea... La realt del Regno non completa se non indirizza-
ta al Regno di Cristo, presente nella Chiesa... Non si pu capire il Re-
gno al di fuori della mediazione della Chiesa... (J.A. Says, Cristia-
nismo y religiones, San Pablo, Madrid 2001, pp. 220-221). Il RD non
si pu separare n da Cristo n dalla Chiesa. Questa ordinata pre-
cisamente alla sua realizzazione ed il suo germe, il suo segno ed il
suo strumento. Bench sia distinta da Cristo, indissolubilmente uni-
ta a lui e al Regno (Dhavamony, Teologia de las religiones, San Pa-
blo, Madrid 1998, pp. 206-207).
46
Perez, Antonio, El Reino de Dios corno nombre de un deseo. Ensayo
de exgesis tica, in Sai Terrae 66(1978) pp. 391-408.
47
La scoperta del RD come assoluto ha tratto alla luce questa ele-
175
mat o a denunciare nella Chiesa ci che va contro il Regno.
La Salvezza la realizzazione del Regno, qui e l, in que-
sto mondo e nell' altro, dent ro e/o fuori la Chiesa. La no-
stra adesione al regno e ai suoi valori ci che fa presen-
te il RD in noi, ed ci che ci conferisce profonda iden-
tit di Chiesa
48
, partecipazione al suo mistero. per que-
sto che nella Chiesa la cosa principale non il suo ester-
no n la sua struttura, bens il suo mistero e la nostra par-
tecipazione ad esso. E per questo che possi amo dire che
in essa n ci sono tutti quelli che ci st anno, n ci st anno
tutti quelli che ci sono
49
.
Se in altra epoca si disse che fuori dalla Chiesa non c'era
Salvezza, oggi siamo coscienti che non solo c' Salvezza
(Regno) fuori della Chiesa, ma possi amo arrivare a dire:
Fuori della Salvezza non c' Chiesa. Vale a dire: fuori del
servizio al Regno, fuori della Buona Novella per i poveri...
non c' vera Chiesa di Ges.
La strada ordinaria - per la maggi oranza - di Salvezza
per il genere umano sono le religioni non cristiane
50
. Il
Regno presente oltre la Chiesa, in altre religioni... La ve-
ra religione di Dio la storia universale della sua Salvez-
za. Ci che abbi amo chi amat o Storia della salvezza, Ri-
velazione o Parola di Dio
51
, spesso non era altro che
mentare verit: la Chiesa, anche nella sua totalit, non assoluta, e
pertanto strutturalmente criticabile. In quanto il RD mette in cri-
si qualunque realt storica, la Chiesa dev'essere criticata (Sobrino,
J., Resurreccin..., p. 216).
48
Appartiene alla Mystici Corporis di Pio XII il merito di avere recu-
perato nei tempi moderni questo primato del misterico nella Chiesa.
49
Alcuni sembrano stare dentro [la Chiesa] quando in realt sono
fuori, mentre altri che sembrano stare fuori in realt sono dentro
(Sant'Agostino, De Bapt., V, 37, 38, PL XLIII, col. 196).
50
Come gi abbiamo detto nel capitolo 7, a H.R. Schiette che si at-
tribuisce di aver esposto per primo questa inversione del lessico teo-
logico: Se, di fronte alla storia universale della salvezza, la Chiesa
[...] sta, come per specialis disposino, da una parte speciale della sto-
ria, allora la via della salvezza delle religioni si pu definire come or-
dinaria e quella della Chiesa come straordinaria (Le religioni come
tema della teologia, Morcelliana, Brescia 1968, pp. 85-86).
51
La Bibbia Parola di Dio, ma non la Parola di Dio; Storia
della Salvezza, ma non neppure la Storia della Salvezza, piut-
tosto il registro scritto della sua manifestazione parziale nel concre-
to popolo di Dio giudeocristiano...
176
l' esperienza giudeocristiana della stessa. Salvezza, Regno,
Rivelazione, Parola di Dio... superano compl et ament e i li-
miti ecclesiastici e perfino i limiti cristiani, bench ab-
bi ano in essi una realizzazione specifica.
Tutti gli esseri umani sono elevati all' ordine della sal-
vezza, e nessuno in inferiorit di condizioni salvifiche o
di grazia per non essere nat o in una etnia o in una cultu-
ra det ermi nat a... Della Salvezza si appropri ano gli esseri
umani con la pratica dell' amore e della giustizia, e questo
alla port at a di tutti. Il cristianesimo non una realt
iscritta nell' ordine della salvezza, bens nell' ordine del-
la conoscenza della Salvezza. Non neanche la cono-
scenza della Salvezza, perch vi sono molte conoscenze del-
la Salvezza. In che rapport o stia la conoscenza cristiana
della Salvezza con altre conoscenze della salvezza t ema
di un altro moment o.
Dal Regnocentrismo il cristiano non pu pi guardare il
mondo ecclesiasticamente, ma dai paramet ri del Regno
e della Salvezza. Non classificher le persone n le realt
secondo il loro rapport o con la Chiesa, ma soprat t ut t o se-
condo il loro rapport o con il Regno. I non cristiani (atei
inclusi) non fanno part e della Chiesa, ma possono essere
mol t o addent ro nell' economia del Regno, pot endo occu-
pare nell' ordine della Salvezza, o del Regno, un posto mag-
giore di quello di molti cristiani. La cosa pi i mport ant e
per noi non battezzarli e incorporarli alla Chiesa, ben-
s convertirli al Regno, se non lo sono, e aiutarli ad avan-
zare sempre di pi verso di esso per la loro strada, cos co-
me approfittare del loro aiuto per convertirci anche noi
sempre di pi al Regno.
Conseguenze per il pluralismo e il dialogo interreligioso
La presentazione del recupero attuale del Regnocentrismo
ci ha gi introdotti nel t ema del pluralismo religioso e del
dialogo interreligioso, che dove vogliamo parare. Racco-
gliamo le conclusioni del nost ro percorso con queste tesi-
suggerimenti:
necessario distinguere bene ci che e ci che non
la religione di Ges. La Chiesa deve convertirsi al RD,
alla religione di Ges. Dobbi amo riconoscere e combat -
177
tere gli errori storici della Chiesa
52
, la di nami ca istituzio-
nale storica che la porta a guardare se stessa, ad autoin-
tronizzarsi, a considerarsi l'eletta, la depositaria unica del-
la Salvezza... Senza questo atteggiamento di conversione
non pu dialogare con le altre religioni, perch verrebbe a
tradire la propria essenza. Bisogna distinguere t ra la Chie-
sa storica e il Mistero della Chiesa, t ra la Chiesa istituzio-
nale e la comuni t di Ges. Senza voler pat roci nare un mi-
stero disincarnato, bisogna certo favorire un discernimen-
to chiaro.
Solo un cristianesimo regnocentrico il cristianesimo di
Ges, e solo esso dialoga con autenticit interreligiosa-
mente. Un cristianesimo ecclesiocentrico soppianterebbe
il posto della religione di Ges, perch non avrebbe dirit-
to a rappresent are la religione di Ges nel dialogo inter-
religioso, n sarebbe qualificato per capire il pluralismo
religioso come Ges vorrebbe che lo capissimo. C' anco-
ra molto ecclesiocentrismo, a tutti i livelli, dai pi alti fi-
no ai pi popolari.
La riscoperta del Regnocentrismo stata uno dei mag-
giori avvenimenti di trasformazione nella storia recente del
cristianesimo, avvenuto un cambiamento di paradigma
fondamentale che separa due tipi di cristianesimo essen-
zialmente diversi, bench possano teoricamente restare sot-
to lo stesso ombrello sociologico o istituzionale. Nominal-
mente si amo nello stesso cristianesimo, ma real ment e si
tratta di due cristianesimi che poco hanno in comune. So-
lo il regnocentrico gesuanico e autentico cristianesimo.
L'ecclesiocentrico una deformazione grave dello stesso,
una perversione cristallizzata a part i re dal secolo IV, che
ha domi nat o nei due primi millenni della Chiesa e che in-
fine stato squalificato a livello teologico; ci che ne-
cessario ora riuscire a superarlo e ad eliminarlo, nono-
stante la forte resistenza opposta (ovviamente) dall' istitu-
zione, attraverso un processo che, in definitiva, non al-
tro - con pi o meno ri t ardo - che la cronaca di una tra-
sformazione annunciata.
Regnocentrismo ed ecclesiocentrismo sono due paradig-
mi, due galassie teologiche e spirituali diverse. Non pos-
52
GS 43,6.
178
sibile il dialogo acritico t ra cristiani che sono nell' uno e
nell' altro paradigma: come succederebbe con giocatori che,
sullo stesso tavolo e con le stesse fiches, giocano, uno agli
scacchi e l' altro a dama; bench sembri che siano presi dal-
lo stesso gioco, ri mangono in mondi diversi; la loro inte-
razione non li fa comuni care realmente. Questo ci che
sta avvenendo nel cristianesimo attuale.
Il paradi gma del regnocentrismo squalifica da un lato
l' ecclesiocentrismo e, dall' altro, stabilisce, sotto l' assoluto
del Regno, una valutazione compl et ament e diversa da quel-
la dell' ecclesiocentrismo.
I cristiani regnocentrici si sentono pi uniti a coloro che
lottano per il Regno (per la Salvezza, per la Buona Noti-
zia, la Liberazione) anche fuori dalla Chiesa o senza rife-
ri ment o a essa, che a coloro che si oppongono alla Sal-
vezza, forse perfino in nome di Cristo e della sua Chiesa.
Il Regno unisce, / la Chiesa divide, / quando non coinci-
de con il Regno (P. Casaldliga). Il Regno unisce tutti gli
uomi ni e le donne con le quali condividiamo la Grande Uto-
pia (il RD nel nostro vocabolario), con i quali condividia-
mo la lotta per la Causa dei poveri (che coincide per i cri-
stiani in qualche modo con la Causa di Ges), per la Giu-
stizia, per la Vita in abbondanza (Gv 10,10), senza che
faccia da ostacolo la confessione di un' altra religione. La
stessa chiarezza del Regno ci distanzia e pu farci scon-
trare perfino con fratelli e sorelle che, pur essendo della no-
stra stessa istituzione ecclesiale, si contrappongono all'Uto-
pia del Regno che consideriamo come assoluto, alla Causa
di Ges che consideriamo vincolante, alla Causa dei pove-
ri sine qua non, alla Giustizia o alla Vita in abbondanza.
Si tratta dunque di un ecumenismo nuovo - un ecumeni-
smo del Regno - che riconfigura le frontiere tradizionali,
eliminandone alcune e innalzandone altre, riconfigurazio-
ne in ogni caso sul criterio assiologico del Regno.
Ci che i mport a non il dialogo religioso ma il RD. O
detto meglio: a noi i mport a il dialogo religioso perch
part e del regno di Dio. Il principale e vero ecumeni smo,
abbi amo detto, l' ecumenismo del RD. chiaro che Dio
non vuole religioni (o Chiese) che separano, che disuni-
scono, che rendono impossibile la collaborazione, che so-
no incapaci di dialogo perch pensano di essere le uniche
a possedere la verit. In quest' epoca della storia dell' Uma-
179
nit Dio vuole da noi che, rispettando la ricchezza del plu-
ralismo religioso (un pluralismo di principio, positivo,
voluto da Dio), prat i chi amo la religione universale della
vita e la verit, la giustizia, la pace e l' amore, il Regno! qua-
lunque sia il nome che gli di amo.
In ogni caso, un messaggio di gioia e di entusiasmo: af-
frontare il pluralismo religioso e il dialogo interreligioso
non un problema nuovo, una difficolt di questi tem-
pi moderni difficili e ostili
53
, bens, al contrario, un bel
compito che ci troviamo dinanzi, un magnifica opportu-
nit che non potevamo i mmagi nare anche solo alcuni an-
ni fa, un' occasione per rifare e riformulare ora t ut t o il no-
stro pat ri moni o simbolico cristiano tradizionale da un' al-
tra prospettiva, una nuova missione (realmente nuova),
un kairs.
L' ecumenismo o il dialogo interreligioso (toccheremo
questo a suo tempo, nelle lezioni finali) per ora dovr es-
sere pratico pi che teorico. Non possibile risolvere di
colpo, astrattamente, le questioni dogmatiche. Queste pos-
sono attendere. molto improbabile che ci uni amo su di-
scussioni teoriche senza garant i re maggi orment e la colla-
borazione nella vita. i mport ant e cominciare dall' inizio,
dal centro, dalla vita a cui Dio tutti chi ama, dalla vita in
abbondanza (Gv 10,10) di cui tutti abbi amo bisogno, che
il progetto di Ges e il progetto di Dio (che per noi cri-
stiani si chiama Regno). Solo cos, eviteremo di costruire
la casa dal tetto, troveremo il nost ro punt o di appoggio nel
centro stesso della nost ra esperienza religiosa, e il nost ro
sar un ecumenismo del Regno.
Nota sul soggetto del dialogo religioso
Chi deve dialogare, l' istituzione ecclesiastica, le autorit ec-
clesiastiche, le Commissioni interreligiose o interconfes-
sionali nomi nat e ad hoc, la Congregazione per la dottri-
na della fede (ex Sant'Ufficio, ex Sant a Inquisizione) o il
popolo di Dio? Normal ment e si pensa che il dialogo reli-
53
Cos lo vedeva Pio IX nella sua enciclica Singultiti Quaderni (1854)
e Quanto conficiamur moerore (1863) e, ovviamente, nel Syllabus
(1864).
180
gioso debbano farlo i rappresent ant i ufficiali della religio-
ne, i nt endendo con ci, spont aneament e, le gerarchie del-
le rispettive religioni o Chiese. Si amo sicuri?
La questione : se quelli che dialogano a nome del cri-
stianesimo sono membr i della st rut t ura di cristianit - co-
me molti della gerarchia, del clero e dei religiosi - lecito
diffidare molto. Non rappresent ano il cristianesimo di Ge-
s. Saranno sempre pi preoccupati di non uscire dall'or-
todossia istituzionale che di stare dentro l' ortoprassi del
Regno. Ci che present eranno come cristianesimo sar l'or-
todossia, cio il sistema istituzionale di cristianit. Nel dia-
logo non ci sarebbe la comunicazione di un ind, di un
musul mano o di un buddhi st a con un cristiano, ma con
un rappresent ant e del sistema di cristianit
54
.
Ri spondi amo provvisoriamente cos:
Primo: le aut ori t o gerarchie, per occupare il posto che
occupano, di principio, sono inevitabilmente condiziona-
te dagli interessi egoistici dell' istituzione che sempre ten-
de alla sua perpetuazione, alla sua sicurezza, al suo auto-
riferimento, alla sua egemonia sulle altre religioni, perfi-
no ai suoi interessi economici e a quelli dei suoi gruppi di
potere... Sociologicamente parl ando, sono nel luogo me-
no adat t o per port are a t ermi ne un dialogo interreligioso
profetico, come lo esige la nat ura di questo dialogo. In mol-
ti casi sono davvero in collocazioni non evangeliche, dalle
quali prat i cament e impossibile realizzare un lavoro mos-
so dalla purezza e dalla semplicit evangeliche.
Secondo: pi che probabile che molte delle gerarchie del-
le religioni (o Chiese) non siano adeguat ament e aggior-
nate per una teologia e una spiritualit in accordo con ci
che lo Spirito fa sentire oggi a ogni Popolo di Dio. Oggi
per esempio, voce tristemente comune nella societ e nel-
la Chiesa che la gerarchia cattolica sia incapace di un pen-
siero libero e di un discernimento sincero
55
. Le gerarchie
54
Comblin, J., Teologia da misso, appunti pr manoscritto.
55
Per esempio, in questo momento, la dichiarazione Dominus Iesus
- uno dei documenti del magistero pi rifiutati dal Popolo di Dio,
realmente non receptus - d la misura del modello di pensiero ge-
rarchico della Chiesa cattolica per ci che si riferisce al pluralismo
religioso e al dialogo interreligioso. Chi non sia disposto a passare
per questo varco non pu far progressi nella gerarchia della Chiesa,
181
sono teologicamente conservatrici, di nat ura. In questa
nuova epoca (dopo il cambiamento epocale), un dialogo
sviluppato con i presupposti teologici dei due millenni pre-
cedenti
56
condannat o in anticipo al fallimento
57
.
Terzo: il Popolo di Dio ha diritto a dialogare, forte delle sue
comuni t e di tutti i suoi carismi. Forse l' istituzione ec-
clesiastica ha difficolt insuperabili a dialogare, o ne in-
capace, ment re il popolo di Dio non ha difficolt... La ge-
rarchia sa che lo Spirito di Ges ci supera, agisce e soffia
dove vuole e come vuole. impossibile mettere porte al cam-
po o al Vento.
Quarto: se quelli che partecipano al dialogo interreligioso
lo fanno in quant o rappresentanti dei sistemi religiosi e
delle istituzioni, il risultato non religioso bens istitu-
zionale, non raccoglie gli interessi dello Spirito ma i ne-
goziati (dottrinali, di potere, d' influenze...) delle istituzio-
ni. Il probl ema istituzionale molto forte tra i cattolici, ma
non inesistente in altre religioni che hanno pure pro-
porzionalmente le medesime st rut t ure religiose istituzio-
nali classiche (un clero, un dogma, una tradizione con-
servatrice, degli interessi economici, alcune identificazio-
ne pu partecipare alle piattaforme teologiche ufficiali che si tra-
sformano cos in luoghi antievangelici, dove non possibile n la
verit n la libert, n, di conseguenza, il dialogo interreligioso sin-
cero.
56
Anche riguardo alla Chiesa cattolica possiamo dire, a nostro umi-
le parere, che, deplorevolmente, a dispetto di tante celebrazioni giu-
bilari in occasione dell'anno 2000, non entrata realmente nel terzo
millennio, ma che si sta facendo tutto lo sforzo possibile per mante-
nerla nel millennio passato. stato il concilio Vaticano II che ha cer-
cato di aprire la porta per abbandonare configurazioni accidentali e
zavorra che si erano formate storicamente col passare del tempo, a
lato e contro il mandato di Ges, ma l'apertura rimasta a met e
attende con urgenza una nuova opportunit. O arriver troppo tar-
di? Si veda Comblin, Um novo amanhecer da Igreja?, Vozes, Petr-
polis 2002.
57
l'opinione di alcuni analisti cattolici, che credono che in questo
momento un concilio ecumenico della Chiesa cattolica sarebbe con-
troproducente, perch l'insieme dei vescovi imposti dal centro du-
rante gli ultimi 25 anni con criteri conservatori, contrari nella mag-
gioranza dei casi alla fede del Popolo di Dio, non offrirebbe le con-
dizioni minime necessarie per un dialogo all'altezza del momento sto-
rico che stiamo attraversando.
182
ni culturali ed etniche, molti gruppi di potere...). Il dialo-
go interreligioso deve effettuarsi in un altro campo, in un
ambi t o di libert di spirito e di libert dello Spirito. Biso-
gna lasciar parlare il Popolo di Dio, i popoli di Dio, le lo-
ro comunit, i loro profeti, tutti i loro carismi... Come di-
ce Pedro Casaldliga: Dio ha diritto a dialogare con Dio.
Quinto: In ogni caso, t ant o di fronte all' ecumenismo come
al dialogo interreligioso, le Chiese e le religioni hanno un
compito da realizzare. La proposta che Congar ha fatto per
l' ecumenismo possi amo estrapolarla per il dialogo interre-
ligioso. Egli proponeva di portare a t ermi ne una ri-rice-
zione degli scritti simbolici, dei decreti conciliari o pon-
tifici, vale a dire, degli scritti normativi per la fede di ognu-
na delle chiese e di cui esse si sono nutriti lungo la loro
storia. Ogni chiesa o confessione dovrebbe ri-accogliere
i propri scritti normativi per ricollocarli nell' insieme e
nell' equilibrio della testimonianza della Scrittura. Si trat-
terebbe di un processo che dovrebbe aver luogo in ognu-
na delle chiese, ma che dovrebbe essere convergente, co-
me preparazi one per una possibile riconciliazione: sa-
rebbe come un' anticipazione frammentaria di un futuro
concilio in comune
58
.
II. Testi antologici
COMBLIN fa una propost a per avanzare sul cammi no del
dialogo interreligioso: Dobbiamo preparare non un nuo-
vo Concilio, ma un Incontro mondiale dei cristiani per se-
gnalare problemi e dare suggerimenti. L' ecumenismo non
si far discutendo problemi, bens cercando insieme la vi-
ta evangelica nel mondo attuale. L' Incontro non dovr pren-
dere decisioni che ri marrebbero in ogni caso sulla carta,
bens aprire orizzonti e favorire un lavoro d' insieme. chia-
ro che in questo Incontro ci sarebbe una gran maggioran-
za di laici, persone coinvolte nei problemi del mondo. Non
persone schiavizzate dal sistema, collaboratrici del siste-
ma, ma persone che ri mangono coscienti e lucide in mez-
zo alla pressione del sistema.
Un Incont ro simile dovrebbe essere promosso dalle stesse
Diversits et communion, Cerf, Paris 1982, pp. 244 e 250.
183
Chiese con l' appoggio delle gerarchie, affinch possano ave-
re peso davanti alle masse cristiane, e non rimanere nel
mut uo isolamento. Ma il lavoro sarebbe dei laici per la gran
parte (COMBLIN, Teologia da misso, pr manuscri pt o).
Venga il tuo Regno: non si tratta che Dio regni nella
creazione con il suo domi ni o assoluto. Cos regna quando
vuole, e sempre. Si tratta di un altro regno che, per la sua
provvidenza, ha lasciato dipendente dalla nost ra volont.
"Venga il t uo regno" significa che venga a noi il regno del-
la gloria eterna dopo la mort e. E, dat o che per questo pri-
ma l' uomo deve vivere in grazia, che venga nei nostri cuo-
ri il regno di Dio nell' anima per la grazia santificante. E,
dal moment o che la grazia non si d se non per mezzo del-
la Chiesa, che regni la Chiesa e si estenda ovunque; poich
essa il regno di Ges Cristo.
Il Regno di Dio la Chiesa, nella quale regna qui Dio per
la grazia, preparandol a affinch dopo, trasferita in cielo a
poco a poco, sia l il suo regno, nel quale gi regna per la
gloria con tutto il suo splendore e la sua magnificenza
(Remigio VILARINO sj, Vita de Jesus, Mensajero, Bilbao
4
1924, 410).
La bozza di una Costituzione sulla chiesa fu discussa dal
concilio per una set t i mana nel periodo di apert ura del 1962.
Il suo pri mo capitolo, Sulla Nat ura della Chiesa Militan-
te, ripeteva il t ema fondamentale della Mystici Corporis:
che la Chiesa Cattolica r omana il corpo mistico di Cri-
sto, ed esprimeva questa identificazione ancora con pi
forza dichiarando: Solo la Chiesa Cattolica Romana ha
diritto al nome di "chiesa" (Ada Synodalia Conditi Vati-
cani II, 114, 15) (SULLIVAN, Francis A., iHay salvadn fue-
ra de la Iglesia?, Descle, Bilbao 199, 169).
Il 30 giugno del 2000 il Card. Ratzinger invi ai presi-
denti delle conferenze episcopali una Nota sull' espressio-
ne 'Chiese sorelle' in cui dice che questo t ermi ne pu es-
sere utilizzato solo nel contesto di rapport i tra Chiese par-
ticolari locali. La Chiesa universale, una, santa, cattolica e
apostolica, non la sorella, bens la madr e di tutte le chie-
se particolari. La not a segreta e non stata pubblicata
negli AAS, ma Adista l' ha fatta conoscere (Vida Nueva
2248, 16 set t embre 2000, p. 16).
184
' III. Domande per riflettere e dialogare
- Cercare di ricostruire, fra tutte le eclesiologie implici-
te che ci sono state trasmesse nella nost ra formazione cri-
stiana con il catechismo infantile, nella scuola, nel colle-
gio...: chi ha fondato la Chiesa? Quando? Come? Per qua-
le motivo? Chi comanda nella Chiesa? Che ruolo ha in es-
sa un laico? Pu cambi are la Chiesa? Quali cose possono
cambiare? Perch (o perch non) possono cambiare? Qua-
li altre religioni possono salvare l' Umanit? Cosa deve fa-
re la Chiesa ri guardo alle altre religioni?
- Si potrebbe stabilire una distinzione tra il cristianesimo
come religione di Ges e la Chiesa come istituzione con-
creta e con la configurazione concreta che venuta assu-
mendo? Fare in gruppo un elenco di: a) aspetti o elementi
della Chiesa che sono attualmente cos, ma che potrebbero
essere altrimenti senza tradire il Vangelo; b) aspetti o ele-
menti che sono attualmente cos, ma che sarebbe meglio che
fossero altrimenti per essere pi fedeli al Vangelo; e) aspet-
ti o elementi attuali che sono contrari al Vangelo.
- Studiare concret ament e t ut t o ci che at t ual ment e nella
Chiesa eredit del regime di cristianit (e dell' impero ro-
mano) e non del Vangelo. Pronunciarsi rispetto alla possi-
bilit o convenienza del suo superament o.
- Cosa ci sembra della propost a di Congar per il cammi no
ecumenico? Come lo i mmagi ni amo, come pot rebbe esse-
re? Si amo realisti e pensi amo anche il peggio (non abbia-
mo garanzie che riuscir t ut t o bene n che percorreremo
la via migliore): che cosa pu accadere nella peggiore del-
le ipotesi?
- Abbiamo sentito parlare dell' utopia del popolo guarani,
che avverte di star cammi nando verso la terra senza ma-
li? Ascoltare la Messa della t erra senza mali
59
e com-
ment are i suoi testi. Questo popolo, conosceva/conosce il
Regno di Dio? Chiarire teologicamente la risposta. In
funzione di questa risposta, quale sarebbe l' atteggiamento
corretto per il dialogo religioso di una comuni t cristiana
(o di un missionario) con questo popolo?
- Paragonare queste tre definizioni di essere cristiano e
comment are le loro differenze: a) essere membr o della con-
59
Si pu prendere dalla Pagina di P. Casaldliga: <servicioskoino-
nia.org/pedro>.
185
gr egazi one dei fedeli cr i st i ani i st i t ui t i sot t o il pot e r e del Vi-
car i o di Cr i st o e pa r t e c i pa r e dei suoi s a c r a me nt i ; b) esse-
r e di scepol o di Cr i st o ed esser e bat t ezzat o; e) vi vere e lot-
t a r e pe r l a Causa di Ges.
- Ra c c o ma n d i a mo u n o st udi o pi a mp i o del t e ma del Re-
gnoc e nt r i smo. Nel l i br o di CASALDALIGA-VIGIL, Espirituali-
dad de la liberacin, c' u n i nt e r o capi t ol o de di c a t o al t e-
ma . Il l i br o si p u r eper i r e nel l a bi bl i ot eca di Koi noni a.
- Il t est o ant ol ogi co t r ascr i t t o pi sopr a, del gesui t a spa-
gnol o Ma nue l Vi l ar no i mpor t a nt e . Si t r a t t a di un' ope r a
che r aggi unse di ffusi one massi cci a nel popol o cr i st i ano del -
l a p r i ma me t del XX secol o. Come si p u veder e, d co-
me def i ni zi oni di ci che il Re gno di Di o, e s a t t a me nt e
quel l e che oggi r i f i ut i amo a par t i r e dal l ' esegesi pi sci en-
tifica e dal ricorso pi e l e me nt a r e al Ges st or i co. Cosa
pe nsa r e d u n q u e del l ' aut ent i ci t gesuani ca di quel cri -
st i anesi mo che fu, d' al t r a pa r t e , cos be ne de t t o dall' uffi-
ci al i t i st i t uzi onal e e cos di ffuso t r a l e ma s s e popol ar i ?
- Se c ondo il car d. Rat zi nger , alle Chi ese pr ot e st a nt i n o n si
pu da r e il n o me di Chi ese sorel l e (si veda il t est o a nt o-
l ogi co cor r i spondent e) . Co mme n t a r e .
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/
187
Capitolo dodicesimo
Aspetti dogmatici cristologie!
// capitolo che affrontiamo ora importante e difficile. Nel
percorso gi fatto, pi di un lettore avr sentito dentro di s
le obiezioni classiche che fino ad ora non abbiamo affron-
tato nel nostro corso. E non lo abbiamo fatto consapevol-
mente, in attesa di questo momento. Dopo esserci sensibi-
lizzati riguardo alla realt storica del pluralismo religioso
(capp. 3-5), avevamo dapprima bisogno di liberarci dall'osta-
colo di una inadeguata comprensione della rivelazione (cap.
8) e fare le prime affermazioni positive di una nuova posi-
zione dinanzi al pluralismo religioso (cap. 9), e poi di con-
frontarci con i principali punti di riferimento cristiani (capp.
10 e 11).
Ora, per, dobbiamo confrontarci con la principale difficolt,
che senz'altro il dogma cristologico.
Dobbiamo dire subito che ci muoviamo sul terreno delle ipo-
tesi e delle proposte di ripensamento, non in quello delle
tesi confermate o delle affermazioni provate. Negli stretti li-
miti di una lezione di questo corso non pretendiamo altro
che introdurre il lettore - individuale o collettivo - a questa
problematica e invitarlo ad approfondirla ulteriormente per
proprio conto. Del resto, come diremo, dovranno forse pas-
sare varie generazioni perch il cristianesimo giunga a nuo-
ve e soddisfacenti risposte per queste domande di sempre.
Nel frattempo, dobbiamo vivere, credere e agire per ci che
pi urgente, lasciando che maturi ci che s pu sperare.
Secondo la nota metodologia, partiremo (VEDERE) da una
impostazione sintetica del problema, seguita dall'evocazione
degli effetti storici negativi che Vermeneutica del sospetto
scopre dietro di essa. In seguito (GIUDICARE) cercheremo
di vedere da dove nasce il problema, che non deriva da Ge-
s, ma dalla costruzione ecclesiastica del dogma cristologi-
co. Studieremo poi lo stato attuale della questione e alcune
delle proposte in corso. Concluderemo con la deduzione dei
criteri di prassi e di azione che possiamo proporci (AGIRE).
188
I. Per sviluppare il tema
VEDERE
IL NOCCIOLO DEL PROBLEMA
Il cristianesimo afferma che il suo fondatore, Ges di Na-
zareth, Dio stesso, la seconda persona della santissima
Trinit, che si incarnato nell' Umanit per farle conosce-
re la verit e condurla alla salvezza. Se questo vero, la re-
ligione cristiana l'unica religione fondata da Dio in per-
sona, venuto espressamente sulla terra per stabilire la re-
ligione, e pert ant o il cristianesimo la religione assoluta,
indiscutibilmente superiore, l' unica e definitiva, a cui tutta
l' Umanit deve aderire. Questo l'effetto dell'affermazione
dogmatica secondo cui Ges la seconda persona della Tri-
nit, incarnata nell' Umanit. E quest' affermazione dogma-
tica su Ges il nucleo stesso del cristianesimo, che sta-
to conservato per i quasi duemila anni della sua storia con
una chiara coscienza esclusivista, che solo da 40 anni ap-
prodata all'inclusivismo e che ora oppone resistenza al pas-
saggio verso l' accettazione di un paradi gma pluralista
1
.
IL PROBLEMA NELLA STORIA
Come gi accennato nei pri mi capitoli del corso, gli effet-
ti di questo nucleo dogmatico non sono rimasti nella sfe-
ra purament e teorica o speculativa, ma hanno avuto lun-
go la storia notevoli risvolti sociali e politici, di certo non
indolori. Infatti le Chiese cristiane sono note nel mondo
per il loro classico orgoglio di essere l' unica vera religio-
ne, per la loro pretesa di universalit e di conquista del
mondo, e per un certo inveterato atteggiamento di di-
sprezzo verso le altre religioni. Questa proiezione storica
di effetti negativi derivanti da affermazzioni teoriche non
tipica del cristianesimo, ma di molte religioni; cos, seb-
bene molti avvenimenti o aspetti negativi fossero dovuti
piuttosto a ragioni prudenziali di persone investite di au-
1
Ci riferiamo qui, una volta ancora, al pluralismo come paradigma
che supera l'esclusivismo e l'inclusivismo, logicamente, non al sem-
plice pluralismo o pluralit di religioni.
189
torit nelle religioni, spesso sono stati convalidati e legit-
timati facendo appello agli insegnamenti ufficiali delle re-
ligioni. Gli insegnamenti vedici - per esempio - relativi al
sistema delle caste furono utilizzati nell' India induista per
giustificare il t rat t ament o di milioni di persone come fos-
sero paria senza dignit. In alcuni paesi islamici, forme di-
sumane di punizione furono giustificate utilizzando il Co-
rano. Alcune situazioni storiche chi arament e lamentabili
nell' ambito cristiano furono giustificate con il pretesto del
dogma cristologico dell' incarnazione. El enchi amone qual-
cuna delle pi evidenti:
a) l' antisemitismo,
b) lo sfruttamento del terzo mondo da part e del pri mo,
e) la subordinazione della donna,
d) la stessa superiorit del cristianesimo e il suo spirito di
espansione e di conquista,
e) l' assolutizzazione dell' autorit ecclesiastica e la ridu-
zione del corpo ecclesiale alla passivit.
L'ERMENEUTICA DEL SOSPETTO NEI RIGUARDI
DELLA FEDE CRISTOLOGIA
Il ricordo di tutte queste pagine storiche per molti os-
servatori motivo sufficiente per ri t ornare sul dogma cri-
stologico e riconsiderarne il reale fondament o e significa-
to, come per analizzare pi criticamente il ruolo che gli in-
teressi istituzionali, corporativi, economici, culturali... dei
cristiani hanno giocato nella costruzione di questa dog-
matica cristologica. Una fede cieca, fideista, indiscussa
e indiscutibile, estranea a ogni razionalit, chiusa a ogni
discussione del dogma cristologico, non una fede che pos-
sa dare ragione di s agli uomi ni e alle donne di oggi.
L' atteggiamento pi mat uro quello di accettare serena-
ment e un giudizio storico su questi effetti negativi che di
fatto si sono avuti nella nostra storia, e riconoscere one-
stamente ci che nella elaborazione della fede cristologica
- e, soprattutto, nel riferimento e utilizzo di essa lungo la
storia - c' stato di elemento ideologico
2
. Sappi amo be-
ne che molti dei protagonisti di questa storia sono stati uo-
2
Ricordiamo quanto detto al riguardo nella 5
a
lezione.
190
mini e donne di buona volont, ma questo non ci esime
dal riconoscere il fatto reale delle responsabilit umane,
sebbene non ri cadano su atti personali ma su st rut t ure so-
ciali, istituzionali o mentali.
Torni amo a ricordare le parole: Nella storia criminale del
cristianesimo - dice Reinhold Bernhard -, la responsabi-
lit ricade, precisamente, sul complesso degli elementi teo-
rici che hanno reso possibile tale prepotenza
3
. Nella sto-
ria criminale del cristianesimo, questa storia di guerre,
conquiste, crociate, persecuzioni, imposizioni, condanne,
asservimenti... la responsabilit ricade - egli dice - sugli
elementi teorici, sulla teologia in definitiva. Non sar
l' unica responsabile, ma forse ne la principale. Una cat-
tiva teologia pu essere responsabile dei peggiori crimini
della storia del cristianesimo. Anche di fronte al pur o so-
spetto, corre l'obbligo per ogni cristiano, e per ogni teolo-
go o teologa, di ri esami nare le dottrine teologiche.
Del resto, la stessa parola di Ges (Mt 7,17-20) che ce lo
conferma: una dottrina buona non pu produrre frutti cat-
tivi n provenire da cattiva semente. Se nella storia si ma-
nifestano segni di pratiche viziate dalla copertura legitti-
matrice di qualche giustificazione teologica, necessario
rivedere questa teologia e ri esami nare il processo della sua
elaborazione, onde scoprire eventuali pecche sia nella sua
costruzione sia nell' utilizzo delle sue conclusioni.
GIUDICARE
IL PROBLEMA NON DERIVA DA GES
La pri ma cosa che dobbi amo constatare che il probl ema
del dogma cristologico non deriva cert ament e da Ges, ma
dal Cristo della fede
4
costruito dalla dogmatica cristiana.
Come gi abbi amo visto nella 10
a
lezione, l' atteggiamento
di Ges t ot al ment e diverso: non ha mai affermato di se
stesso ci che l' istituzione che fa capo a lui ha detto su di
3
R. Bernhardt, La pretensn de absolutez del cristianismo. Desde la
Ilustracin hasta la teologia pluralista de la religin, Descle, Bilbao
2000, pp. 315-316.
4
Ricordiamo necessariamente a questo proposito la distinzione tra
il Ges storico e il Cristo della fede, che diamo qui per scontata.
191
lui. E la quasi totalit di ci che la Chiesa ha detto di Ge-
s, era ci che essa stessa pensava che Ges sapesse e aves-
se testimoniato. La Chiesa ha vissuto prat i cament e t ut t a la
sua storia credendo che fossero storiche le parole che Gio-
vanni aveva messo sulle sue labbra, le quali affermavano
la sua identit con il Padre, la sua cosciente e proclamata
divinit, il suo essere la via, la verit e la vita, ecc. Oggi
siamo sicuri che Ges non ha mai pensato questo. Non
mai stato cristocentrico, bens teocentrico e regnocentri-
co
5
. Ges non ha mai predicato la dogmatica cristologica,
ma un altro messaggio...
Ma il Ges messaggero della Buona Notizia stato pre-
sto trasformato lui stesso in messaggio cristiano. Il Cri-
sto onnipotente, Pantocrator, sostituto di Giove nel Pan-
theon romano, divenne a poco a poco il messaggio della
Chiesa cristiana e spiazz pi an pi ano il messaggio sovver-
sivo di Ges, consent endo alla Chiesa di assumere il ruo-
lo di religione ufficiale di quell' impero che aveva condan-
nat o a mort e il suo fondatore.
Accadde ci che Diez-Alegria chiama Il grande tradimen-
to
6
. Si mise Ges sul pinnacolo del Tempio dell' Impero, be-
nedicendolo e legittimandolo, ed esigendo, per il suo carat-
tere di unicit, anche l'unicit religiosa di tutta l'Umanit.
Come sorge dunque il dogma cristologico?
LA COSTRUZIONE STESSA DEL DOGMA CRISTOLOGICO
L' esperienza dice che il comune cristiano, senza una par-
ticolare formazione critica, legge i vangeli sinottici pen-
sando che l vi sia gi chi arament e espresso il dogma cri-
stologico. Nella nost ra ment e poi, i testi evangelici sono
gi occupati da una det ermi nat a interpretazione. Ci so-
no stati letti, procl amat i e insegnati a partire da una de-
terminata interpretazione, senza che potessimo renderci
conto della distanza che corre t ra l' interpretazione con cui
li percepi amo e ci che dicono i testi in se stessi.
Se leggiamo, per esempio, at t ent ament e e con senso criti-
5
Cf. la lezione 10
a
.
6
J.M. Diez Alegria, La gran traicin, in Rebajas teolgicas de otono,
Descle, Bilbao 1980, cap. 7; anche in servicioskoinonia.org/relat/271.
htm.
192
co i vangeli sinottici - i pi vicini alla storia di Ges -, sco-
pri amo, in pri mo luogo, che non ci parl ano mai del Fi-
glio di Dio come seconda persona della santissima Tri-
nit; la dot t ri na della Trinit stata elaborata molto dopo.
Quando nei vangeli sinottici si parla di Figlio di Dio non
si sta parl ando di Dio Figlio (seconda persona della Tri-
nit
7
), come spont aneament e di amo per inteso, ma di un
concetto pre-trinitario di Figlio di Dio, dello stesso ge-
nere che si applica a tanti altri personaggi della storia. Fi-
glio di Dio, in realt un concetto, un' espressione non pro-
pri a del vangelo n dell' ebraismo, ma comune alle religio-
ni dell' antichit. In questo senso, Figlio di Dio si applica-
va a quelle persone che per la qualit della loro vita o del-
le loro opere rivestivano nella societ un significato reli-
gioso particolare o specialissimo, costituivano una traspa-
renza o un ri chi amo alla vicinanza del divino. Cos, gli eroi,
i santi... erano ritenuti Figli di Dio nel senso della lo-
ro reale eccellenza, senza un necessario riferimento a una
generazione divina; bench fossero abituali le leggende
che attribuivano filiazione divina in senso propri o a per-
sonaggi i mport ant i della societ, che arrivavano perfino ad
essere ritenuti figli di madre vergine. Tutto ci era un fe-
nomeno comune nel mondo religioso dell' antichit, oggi
ampi ament e conosciuto
8
.
Nel NT ci sono numerosi indizi che most rano come, in
molti luoghi ed epoche del suo processo di formazione, la
linea che prevalse rispetto al rapport o di Ges con Dio
stata l' adozionista: nella lettera ai Filippesi (2,6-11) Ge-
s sarebbe stato adottato come Figlio di Dio da part e di
Dio Padre. Ges sarebbe stato un essere umano comple-
t ament e normal e, secondo la carne, pri ma della risurre-
zione, ma costituito Figlio di Dio con potere dopo la ri-
surrezione (Rm 1,4). Questo chiaro negli strati inferiori
del processo di gestazione del NT.
7
Le persone della Trinit sono Dio Padre, Dio Figlio e Dio Spirito
Santo; in questo senso bisognerebbe distinguere tra Dio Figlio (se-
conda persona della Trinit) e Figlio di Dio, espressione che pre-
cede di molto l'elaborazione della dottrina della Trinit e che non si
riferisce a questa seconda persona della Trinit, ma ad uno specia-
le rapporto con Dio della persona a cui fa riferimento.
8
Riferito concretamente all'AT, si veda H. Haag, Hijo de Dios en el
mundo del Antigua Testamento, in Concilium 173 (1982) p. 341.
193
Negli strati successivi e finali di questo processo sorge l'idea
di una divinit di Ges, che sarebbe precedente, preesi-
stente alla sua esistenza umana. Di fatto, durant e la sua vi-
ta, n Ges n i discepoli intravidero questa prospettiva.
sorta in seguito gi nella comuni t post-pasquale, allorch
i cristiani cominciarono a riflettere su Ges, per esprime-
re a loro stessi l' esperienza religiosa che stavano vivendo.
I vangeli, come sappiamo, vennero scritti, in certo modo,
retrospettivamente. Dappri ma si scrisse il finale, la risur-
rezione, poi la sua mort e e pi tardi ancora la passione.
Pi tardivamente vennero recuperate la vita di Ges, la sua
predicazione e la sua prassi liberatrice. I vangeli dell'in-
fanzia furono i pi tardivi, redatti gi con un' altra preoc-
cupazione e un diverso genere letterario.
Ricordiamo la gradualit del processo, cos com' di fatto
rintracciabile negli scritti neotestamentari. Marco risali-
to fino agli inizi della vita pubblica di Ges, e per questo
il suo vangelo comincia con la fine del ministero di Gio-
vanni Battista; ci dice che quando Giovanni fu imprigio-
nato, Ges inizi a predicare (1,14). Matteo, che scrive pi
tardi, gi include una genealogia di Ges (evidentemen-
te teologica, non storica: 1,1-17), nella quale risale fino ad
Abramo. Luca - che scrive pi o meno cont emporanea-
mente a Matteo, ma scrive per i gentili - compone un' al-
tra genealogia (3,23-38) nella quale risalir ancora pi in-
dietro, fino allo stesso Adamo. Finalmente, l'evangelista
Giovanni, molto pi tardi, probabi l ment e at t orno all' anno
100, nel prologo del suo vangelo, che fa le veci di una ge-
nealogia, risale al principio dei t empi e l colloca la pree-
sistenza (eterna) del Verbo (Gv 1,1 ss). Negli scritti di Gio-
vanni e nel prologo delle lettere ai Colossesi e agli Efesini
questa preesistenza arriva ad essere eterna.
Vale a dire, come passa il tempo, le comuni t del NT pro-
seguono la loro riflessione e proiettano sempre pi indie-
tro nel tempo l'origine del Cristo della loro fede
9
. Cionono-
stante, questo processo cos ordinato ed esposto un no-
stro ordinamento; in realt si trattato di una non facile
convivenza tra cristologie ed ecclesiologie notevolmente di-
verse per tutto il t empo del NT, senza che si possa dire ci
9
L. Boff, Jesucristo el libertador, Sai Terrae, Santander 1980, p. 172ss.
194
sia stata in questa epoca - gi molto lontana dalla mort e di
Ges - una dottrina comune sulla trinit, sulla filiazione
divina di Ges e su molti altri temi importanti.
Lo spettacolare sviluppo di questi aspetti avviene molto tar-
di, concret ament e nei secoli IV e V. Gi abbi amo studiato
nella lezione precedente quale terribile sconvolgimento
stato per la Chiesa del secolo IV l' ingresso nell' epoca co-
stantiniana, con il cristianesimo che diviene la religione uf-
ficiale dell' impero romano. Con questo sfondo, possi amo
ora concentrarci in quello che accaduto nei cosiddetti
concili cristologici (soprattutto di Nicea e Calcedonia) e
nell' analisi del loro significato.
Come abbiamo detto, dopo quasi tre secoli di diffusione piut-
tosto discreta e a volte clandestina all' interno dell' impero ro-
mano, con alternanza di periodi di tolleranza e di periodi di
persecuzione, dopo l'ultima persecuzione - quella di Dio-
cleziano - la Chiesa cristiana avrebbe sperimentato una ver-
tiginosa trasformazione che neanche poteva immaginare.
Era appena uscita dalla clandestinit e veniva tollerata - gra-
zie all'editto di Milano, che all'inizio non che un editto di
libert religiosa - , che l' imperatore Costantino prende l'ini-
ziativa di convocare i vescovi per quello che sar il Conci-
lio di Nicea. I vescovi non si erano mai riuniti in Concilio
dagli inizi stessi della Chiesa; non c'era alcuna tradizione al
riguardo. Non c'era ancora un' autorit centrale ecclesia-
stica che potesse convocare un concilio. E di fatto non fu
un' autorit ecclesiastica che lo convoc. stato Costantino
a convocarlo, per i propri interessi e con i propri obiettivi,
impegnandosi fin dal primo moment o a fare in modo che i
vescovi intendessero chiaramente che stavano obbedendo
all' imperatore, come funzionari dello Stato. L' imperatore
convoca, l' imperatore paga, la posta imperiale (di lusso) rac-
coglie i vescovi e li trasporta a carico dello Stato. A Nicea i
vescovi sono ospiti dell' imperatore, che li invita, li ossequia,
li dirige... A Eusebio, come abbiamo gi ricordato nella le-
zione precedente, parve di vedere, nel banchetto offerto da
Costantino ai vescovi nel suo palazzo imperiale, protetti dal-
le spade sguainate dei soldati dell'esercito romano... un sim-
bolo del Regno di Dio che si stava realizzando sulla terra
10
...
Eusebio, Vita Constantini 3,14.
195
Oggi nessuno mette in dubbio il genio politico di Costanti-
no. In un' epoca di chiara decadenza dell'impero, intu che la
Chiesa cristiana avrebbe potuto fungere da efficacissimo fat-
tore di coesione di quella societ in buona parte frammen-
tata e disunita. Con tutto uno spiegamento di mezzi e di sfor-
zi, prese l'iniziativa perch la Chiesa divenisse effettivamen-
te uno strumento a servizio della sua politica di governo.
Non possi amo entrare nei dettagli di questa storia. Baster
che ci riferiamo agli elementi pi noti e significativi, rela-
tivi al t ema centrale che ci riguarda: la costruzione del dog-
ma cristologico nei Concili di Nicea e Costantinopoli. In
quello di Nicea, l' imperatore non soltanto colui che con-
voca e segnala i temi da studiare e da dibattere nell' aula
conciliare, ma anche colui che suggerisce e preme affin-
ch vengano approvate le decisioni che egli desidera. Il di-
battito a volte non teologico n biblico, e nemmeno pa-
storale, ma net t ament e politico: si t rat t a di una battaglia
tra coloro che obbediscono e si pongono dalla part e dell'im-
peratore e coloro che osano dissentire. Il dibattito finisce
per essere un braccio di ferro tra le fazioni favorevoli e
quelle contrarie all' autorit civile. Tra lo svolgersi dei di-
battiti, si sentono allo stesso modo sia le ragioni e gli ar-
gomenti teologici sia gli evviva all' imperatore
11
. Costanti-
no i mpone alla fine le sue opinioni dinanzi ad alcuni ve-
scovi senza una rappresent anza visibile, sconcertati, che
realizzano un concilio senza averlo convocato e senza
ben capire ci che fanno, senza il controllo della situazio-
ne, sentendosi e sapendosi funzionari dello Stato, t ant o
sorprendent ement e festeggiati come moral ment e condi-
zionati. Qui i mport ant e not are due cose: lo stesso impe-
ratore Costantino presiede, dirige, condiziona e sancisce
un Concilio che elabora un dogma cristologico, che a sua
volta uno st rument o politico di cui l' Impero ha bisogno; e,
d' altra parte, il presidente di questo Concilio, il sua vero
capo, non solo un i mperat ore ma addi ri t t ura uno che non
ancora cristiano
12
.
11
Non inconsueto in un'epoca e in concili in cui sembra si discu-
tano punti di alta teologia, sentire, a guisa di argomenti, evviva all'Im-
peratore... (J.L. Segundo, El dogma que libera, Sai Terrae, Santan-
der 1989, p. 224.
12
Si far battezzare solo al momento della sua morte nell'anno 337".
Segundo, ibid., p. 222.
196
La debolezza della Chiesa aument a quando a Costantino
succede Costanzo. Cresce t al ment e la pressione che si fan-
no sentire al cune voci critiche di vescovi che denunci ano
questa situazione
13
. Costanzo giunge a trasferire la sala
del dibattito dei vescovi nel propri o palazzo, e l sorpren-
de i vescovi in pi eno dialogo, facendo irruzione nella sa-
la da dietro le cortine, da cui spiava le loro delibere, e ram-
pognandoli con fare arrabbi at o: Ci che io voglio dev' es-
sere legge della Chiesa!
14
. soltanto un eloquente detta-
glio della situazione di pressione moral e vissuta dai ve-
scovi.
Oggi non possibile negare storicamente che i concili cri-
stologici furono in gran part e opera dell' imperatore, non
solo per la loro materiale convocazione, presidenza e di-
rezione, ma anche per gli obiettivi perseguiti ed effettiva-
ment e raggiunti
15
.
Quando Costantino si prefisse di cambi are la classica e uf-
ficiale religione pubblica dell' impero r omano con il cri-
stianesimo, sperava senz' altro che questo avrebbe assunt o
la funzione di legittimare l' impero, di sanzionare la mora-
le della sua politica e delle sue istituzioni d' autorit, com-
presa probabi l ment e la divinizzazione della sua persona.
Quest' ultima cosa non era di ret t ament e possibile da part e
del cristianesimo, ma senz' altro lo era indirettamente. Il
monot ei smo cristiano forniva uno straordinario support o
agli sforzi per mant enere l' unit dell' impero
16
, e l'afferma-
zione della divinit di Cristo innalzava i ndubbi ament e il
rango dell' autorit di chi deteneva il potere nell' impero
cristiano. Questo era visto come una copia del regno di
Dio. E come questo ha un solo Padre, cos l' impero ha un
solo sovrano, l' imperatore. E la missione dell' imperatore
realizzare il pi ano di Dio sulla terra, come "luogotente" di
Dio. Si consacra cos una forma di monot ei smo che com-
13
Cos un Ilario di Poitiers contro l'imperatore Costanzo (Contra
Constantium Imperatorem, 4-5: PG 10, 580-581); ma anche sant'Am-
brogio nei confronti di Teodosio.
14
R. Velasco, La Iglesia de Jesus, Verbo Divino, Estella 1992, p. 121.
15
J. Sobrino, Lafeen Jesucristo, UCA, San Salvador 1999, p. 538; J.
Moingt, El hombre que venia de Dios, Descle, Bilbao 1995, I, p. 146.
16
Severino Dianich, La Iglesia en misin, Sigueme, Salamanca 1988,
p. 208.
197
port a la monarchi a imperiale
17
. Le nuove affermazioni su
Cristo erano indirettamente affermazioni sull' autorit ci-
vile e religiosa. Il significato politico del concilio ha avuto
come esito che all' imperatore cristiano ora si attribuiva lo
status di vicer di Dio sulla terra
18
, strumento eletto da
Dio, vescovo di quelli che sono fuori, vescovo univer-
sale, tredicesimo apostolo
19
. E con ci, anche la stessa
Chiesa ne risulta beneficiata: eredita e condivide gli attri-
buti religiosi che ricadono sull' imperatore, e quando que-
sti scomparir, con la cadut a dell' impero romano, il papa
senza pi rivali erediter la tradizione del culto imperia-
le
20
. La cristologia verticale monofisita che venne elabora-
ta, apparentemente metteva in risalto la divinit di Ges,
ma in realt non faceva che proiettare su di lui le nostre
preoccupazioni, i desideri o le fantasie di potere e di pre-
potenza
21
.
D' altra part e, non mancano aspetti discutibili degli stessi
vescovi: rivalit teologiche (tra la cristologia di Alessan-
dria e quella di Antiochia), antagonismi politico-ecclesia-
stici (tra i pat ri archi di Alessandria e Costantinopoli) e, in
parecchi casi, iniziative personali di qualche ecclesiastico,
come la cl amorosa manipolazione del Concilio di Efeso nel
431 da part e di Cirillo d' Alessandria e la sua definizione
della mat erni t divina di Maria pri ma che arrivassero i pa-
dri conciliari antiocheni, che rappresent avano nel Conci-
lio la part e contraria
22
. Dopo la manipolazione di Ciril-
lo
23
, la nuova definizione conciliare sulla mat erni t divina
17
Velasco, ibd., p. 125. Cf. E. Peterson, Der monotesmus als politi-
sches problem, Hegner, Leipzig 1935.
18
J. Hick, La metfora de Dios Encarnado, Abya Yala, Quito 2004, p.
71, collana Tiempo axial n. 2.
19
Velasco, bid., p. 123.
20
Hugo Portelli, Gramsci e a questo religiosa, Paulinas, So Paulo
1982, p. 53.
21
A. Torres Queiruga, La revelacin de Dios en la realizacin del hom-
bre, Cristiandad, Madrid 1987, p. 86. Aggiunge Torres Queiruga: La
verit che questa concezione era profondamente infedele ai dati
della Scrittura.
22
H. Kng, Ser cristiano, Cristiandad, Madrid 1977, p. 584.
23
fuori dubbio e profusamente documentata non soltanto la grave
e massiccia manipolazione di Cirillo in questo Concilio, ma anche
che questo era il suo comportamento abituale e ampiamente noto
per i molti problemi della Chiesa nei quali poteva intervenire data la
sua posizione gerarchica di rilievo. Cf. Ramon Teja, Emperadores,
198
fu accolta con ent usi asmo dal popolo, nella citt dell' anti-
ca Gran Madre, l' originaria dea-vergine Artemisia, Dia-
na... ricorda Kng. Evidentemente, Cirillo conosceva per-
fettamente tale contesto di religiosit popolare pre-cri-
stiana. Per, la sua manipolazione a favore del nuovo dog-
ma avrebbe segnato un passo in avanti nel processo di ma-
turazione della fede del Popolo di Dio o piuttosto una mi-
stificazione e uno sviamento dalla fede stessa fondata su
Ges di Nazareth? Lo storico R. Teja conclude lapidaria-
mente: Per i vescovi alessandrini le questioni dogmatiche
erano solamente uno st rument o per imporsi su quelli di
Costantinopoli
24
.
In ogni caso, dopo molte vicissitudini, la formula finale del
Concilio di Calcedonia (anno 451), espressa con concetti
del t ut t o lontani dal NT e dalla fede cristiana tradizionale
neotestamentaria, corregge e completa per la part e uma-
na la formula della fede cristologica di Nicea. Ecco la for-
mul a finale:
Si deve riconoscere un solo e medesi mo Cristo Signore
unigenito, in due nat ure, senza confusione, immutabili, in-
divise, inseparabili, non essendo venuta meno la differen-
za delle nat ure a causa della loro unione, ma essendo sta-
ta, anzi, salvaguardata la propriet di ciascuna nat ura, e
concorrendo a formare una sola persona e ipostasi; egli
non diviso o separato in due persone, ma un unico e
medesi mo figlio, unigenito, Dio, Verbo e Signore Ges Cri-
sto, come un t empo hanno insegnato i profeti e poi lo stes-
so Ges Cristo, e infine come ci ha t rasmesso il simbolo
dei padri
25
.
I t empi erano cos polemici - e probabi l ment e la formula-
zione ot t enut a era pedagogicamente cos poco felice, non
soltanto per il popolo -, che venne presa la decisione di
congelarla, con la proibizione di alterare la sua redazio-
ne, modificare qual unque sua parola o - ancor meno - ren-
obispos, monjes y mujeres. Protagonistas del cristianismo antiguo, Trot-
ta, Madrid 1999, pp. 123-134. 173-194, con abbondante bibliografia.
L'ermeneutica del sospetto non ricade soltanto su Cirillo ma, in ge-
nerale, sul comportamento politico dei vescovi in questi concili.
24
Teja, ibid., p. 124.
25
Denz. 302.
199
derla con un' altra serie di concetti
26
. questo che alla fi-
ne dar un risultato durevole per secoli: una formula teo-
logica stereotipata e rigida, ritenuta intoccabile e sacra, al-
lontanandosi anche mi ni mament e dalla quale faceva in-
correre aut omat i cament e nell' accusa di eresia e - lungo
molti secoli della storia della Chiesa - nella condanna ed
esecuzione da parte dell' Inquisizione. Proprio per questo,
facile che l' odierno lettore trovi in essa parole addirittu-
ra familiari perch gli ricordano le definizioni del catechi-
smo imparate a memori a nella sua infanzia: Ges, Figlio
di Dio, seconda persona della santissima Trinit, con due
nat ure (divina e umana, senza confusione n divisione)
ma in una sola persona (quella divina). Di qui la formula
sintetica finale della fede cristologica elaborata dai conci-
li cristologici dei secoli IV e V.
Giunti a questo punt o bisogna not are che, per un curioso
fenomeno, forse dovuto alla particolare origine storica che
abbi amo appena riferito, questa formula distanzia di mol-
to, indubbiamente, qualsiasi altra, ed la pi sacralizzata
che abbia avuto il cristianesimo in t ut t a la sua storia (e per
molti pontinua ad esserlo). Nessun' altra formula stata
presa in modo cos di ret t ament e e rigidamente letterale,
con cos poco margine lasciato alla metafora, alla inter-
pretazione o alla rilettura.
Allo stato attuale della storia del cristianesimo, sono gi
due secoli che la teologia - nonost ant e la resistenza e le
paure dell' istituzione - ha cominciato ad assumere le sfi-
de della razionalit moderna storico-critica. I fondamen-
tali testi cristiani (soprattutto le Scritture) sono stati stu-
diati in tutti i loro strati redazionali, nei loro influssi e nel-
le loro debolezze, sono stati riconsiderati e reinterpretati,
senza raggiungere in molti casi una unani mi t di giudizi,
nemmeno una certa convergente armoni a tra le interpre-
tazioni, e senza che queste difficolt abbi ano creato trop-
pi problemi. Al contrario, le formule del dogma cristologi-
co sono l - nel dogma, nella teologia e nell' immaginario
26
Dice lo stesso Concilio: Dopo che abbiamo stabilito tutto ci con
ogni possibile diligenza, il santo concilio ecumenico ha deciso che
nessuno pu presentare, scrivere o comporre un formula di fede di-
versa, o credere e insegnare in altro modo. Cf. J. Moingt, El hom-
bre que venia de Bios I, Descle, Bilbao 1995, p. 146.
200
comune dei cristiani - intoccabili, rigide, inflessibili, sen-
za analisi n riconsiderazione n, ancor meno, reinterpre-
tazione possibile. Pot remmo dire che sono l come una en-
clave di fondamentalismo nel cuore del cristianesimo, an-
che del cristianesimo pi avanzato e progressista... In-
dubbi ament e questa situazione sta cambi ando da poco
t empo, e a questo faremo subito riferimento.
Oggi divenuto palese per gli storici e i teologi che non si
pu rimandare l' introduzione di un coefficiente di valuta-
zione per i concili cristologici, in funzione dei condizio-
nament i cos sostanziali di cui furono oggetto. Non pos-
si amo dare pieno e indiscusso diritto di cittadinanza dog-
mat i ca ad alcune formulazioni per il semplice fatto di pro-
cedere da qualcosa che abbi amo chi amat o - chiss se trop-
po facilmente - concilio ecumenico, e senza che lo deb-
ba impedire l' antica tradizione d' intoccabilit di queste for-
mul e. Sta nascendo t ra gli storici e i teologi un crescente
consenso sulla necessit di riconsiderare criticamente il
vero significato e perfino la stessa validit di questa co-
struzione cristologica
27
.
La domanda ha un duplice aspetto, quant omeno: uno sto-
rico e uno teologico o epistemologico.
Stori camente si tratta di chiarire fino a che punt o i con-
cili cristologici, con tutti questi aspetti problematici a cui
stiamo semplicemente accennando, hanno realizzato le
condizioni sociali mi ni me di legittimit, di pace e di sta-
bilit per poter prendere decisioni realmente ponderat e ed
ecclesiali; fino a che punt o si sono date le condizioni mi-
ni me di libert tali da rendere possibile una capacit di ri-
flessione politicamente libera, sia rispetto alle pressioni
dell' impero sia rispetto alle esigenze che la trasformazio-
ne del cristianesimo in religione ufficiale dell' impero e in
religione di Stato stavano proi et t ando sull' istituzione ec-
clesiale
28
.
27
Con ci - per non essere fraintesi - stiamo solo postulando l'eser-
cizio di una dimensione costante nella Chiesa: il suo permanente do-
vere di riconsiderare la validit del suo linguaggio come strumento
adeguato a trasmettere la fede ai propri contemporanei nelle muta-
te condizioni dei tempi e delle culture. Cf. Gaudium et Spes 44.
28
Jon Sobrino ritiene necessario riassumere il contesto storico del
Concilio di Calcedonia prima di affrontare lo studio del suo conte-
201
Teol ogi camente o epi stemol ogi camente la domanda
pi complessa: fino a che punt o la Chiesa aveva conoscenza
teologica e biblica sufficiente delle fonti document al i e del-
la tradizione della fede cristiana, non di remo come l'ab-
bi amo oggi, ma al meno da potersi qualificare come libe-
ra da malintesi fondamentali, da errori decisivi o da di-
ment i canze inammissibili? Da dove sapevano o credevano
di sapere ci che osarono affermare cos categoricamen-
te? Fino a che punt o i risultati di questi concili nella loro
forma e nel loro cont enut o non sono il riflesso dell'avve-
ni ment o storico che stava vivendo la Chiesa, cio la sua
trasformazione in religione di Stato dell' impero romano
29
?
Fino a che punt o non devono essere oggi riconsiderati e
riletti dalla prospettiva attuale della fede, a part i re da una
visione che dista abissalmente dalla situazione in cui si do-
vettero muovere gli improvvisati padri conciliari di quel
pri mo concilio?
L' epoca patristica - e questa l' altra faccia della monet a -
stata un' epoca di grande libert e creativit teologica, per
quant o condizionata dai limiti culturali del t empo; la do-
manda se oggi, cos distanti per conoscenze e risultati or-
mai assodati delle scienze storico-critiche, e in un mondo
realmente diverso, non abbi amo il diritto - e perfino l'ob-
bligo - di contribuire alla fede ecclesiale con il nost ro pro-
prio apport o di ri nnovament o permanent e del linguaggio
della fede in Cristo, spinti dalle esigenze e dalle possibilit
delle nuove condizioni dei tempi. Nella stessa linea si muo-
ve il punt o seguente.
nuto (pp. 534-537). Conclude dicendo: Nel bel mezzo di questa tur-
bolenza si proclam la definizione dogmatica conciliare pi impor-
tante su Cristo: cf. La f en Jesucristo, UCA, San Salvador 1999, p.
537. Teja, da parte sua, afferma: La permanenza dei vescovi a Efe-
so si protrasse in un contesto di pressioni, tumulti e rivolte perma-
nenti: ibid., p. 179.
29
Un avvenimento storico di tale portata non ha evitato d'introdur-
si nel documento elaborato da questo concilio; nella sua forma: par-
la in nome e con autorit della Chiesa universale, impone le sue de-
finizioni e decisioni a tutte le Chiese, conferisce loro un carattere sa-
cro lanciando l'anatema contro coloro che vi si oppongono; e ugual-
mente nel suo contenuto: conferisce i supremi onori della divinit al
fondatore del cristianesimo: Moingt, ibid., p. 114.
202
UNA RECENTE PROPOSTA DI REIMPOSTAZIONE
Come abbi amo detto, questo punt o del dogma cristologi-
co circondato da un particolare timore riverenziale da
parte dei teologi. Non c' settore dogmatico della fede cri-
stiana che non sia stato revisionato e riconsiderato da di-
verse angolature; invece, per quant o riguarda il dogma cri-
stologico la fecondit teologica chi arament e repressa
30
.
Ciononostante, present eremo a titolo di esempio una pro-
posta teologica di revisione cristologica, ormai famosa, ela-
borat a dal teologo leader nel paradi gma del pluralismo in
materia di teologia delle religioni, precisamente il gi ci-
tato John Hick.
Nel 1977, il volume di saggi intitolato // mito di Dio incar-
nato
31
, a carico di sette autori britannici, anglicani e di al-
tre confessioni, tutti di pri mo livello, scaten in Gran Bre-
tagna la maggior controversia teologica dalla pubblicazio-
ne di Honest to God [tr. it., J.A.T. Robinson, Dio non co-
s, Vallecchi, Firenze 1965], avvenuta tredici anni prima. Ci
fu un t umul t o nel Sinodo Generale della Chiesa d'Inghil-
terra; furono pubblicati articoli per diverse settimane sui
periodici britannici; tonanti sermoni e pronunci ament i da
parte del clero; invito agli anglicani che avevano parteci-
pato alla pubblicazione del libro a rinunciare alla loro or-
dinazione, ecc. Del libro si vendettero trentamila copie nei
primi otto mesi, ma ebbe una risposta a tre settimane dal-
la sua pubblicazione con La verit di Dio incarnato
32
, e non
cess d'allora un acceso dibattito teologico
33
. Il libro fu pub-
blicato anche negli U.S.A. ed ebbe l una significativa ri-
30
Questo non significa che nel corso degli ultimi due secoli tale set-
tore non sia stato affrontato dalla teologia e dall'esegesi scientifica
degli studiosi. Intendiamo dire che si sempre mantenuto - e si man-
tiene - nella Chiesa lontano dal grande pubblico, poich c' sempre
un abisso tra ci che gli esperti maneggiano nelle loro ricerche e ci
che i predicatori e i catechisti insegnano nelle loro comunit.
31
The Mith ofGod Incarnate, Westminster Press, Philadelphia 1977.
32
M. Green (ed.), The Truth of God Incarnate, Hodder & Stoughton,
London 1977.
33
Carey, God Incarnate, 1977; McDonald, The Myth/Truth of God In-
carnate, 1979; Goulder, Incamation and Myth: The Debate Continued,
1979; Harvey, God Incarnate: Story and Belief, 1981; Morris, The Lo-
gic ofGod Incarnate, 1986; Crawford, The Saga ofGod Incarnate, 1988,
ecc.
203
percussione. La tesi del libro del 1977 era del tutto sempli-
ce: Ges non ha insegnato che lui stesso era Dio incarna-
to; questa formidabile idea una creazione della Chiesa
34
.
Non era un' idea nuova in assoluto; da t empo gli esperti, da
una sponda all'altra dell'Atlantico, l'avevano considerata e
accettata; la novit consisteva nel fatto che stessero enun-
ciando pubblicamente quella tesi membri dell' istituzione
teologica i quali pensavano che la dottrina dell' incarnazio-
ne non dovesse continuare a essere ritenuta sacrosanta e
intoccabile, ma liberamente riconsiderata.
Diversamente dalla retorica emotiva con cui l' ordinamento
ecclesiastico anglicano aveva reagito alla pubblicazione del
pri mo libro, questo ebbe calorosa accoglienza da altre par-
ti, dentro e fuori le Chiese. Molti si felicitavano per il fatto
che c' erano stati teologi capaci di parlare apertamente del-
le ricerche sul Ges della storia e delle origini cristiane. An-
ch'essi erano indignati, ma indignati piuttosto dal fatto che
per decenni fossero stati incoraggiati a pensare ancora, per
esempio, che il Ges storico aveva detto: Io e il Padre sia-
mo una cosa sola (Gv 10,30) e chi vede me ha visto il Pa-
dre (Gv 14,9), invece di far loro conoscere il consenso de-
gli specialisti sul fatto che era stato uno scrittore di circa
sessant anni dopo che, esprimendo una teologia elaborata
nella sua comunit, aveva messo queste famose parole in
bocca a Ges. Erano indignati per essere stati trattati dal-
la Chiesa come persone incapaci di conoscere i risultati del-
le ricerche bibliche e teologiche e non come adulti intelli-
genti
35
.
Non necessario segnalare che nel dibattito le Chiese rea-
girono mettendosi in blocco all' opposizione, promovendo
una stretta riaffermazione, senza possibilit di discussio-
ne, del dogma tradizionale, ed evitando domande che po-
tessero t urbare.
Sedici anni dopo quel pri mo libro che scaten questo di-
battito, John Hick ne ha pubblicato un altro
36
, pi mat ur o
e sereno - secondo quant o lui stesso afferma -, arricchen-
do e sfumando la sua posizione con le critiche ricevute,
34
J. Hick, La Metafora..., p. 14.
35
Ibid., p. 15.
36
La metfora de Dos Encamado, Abya Yala, Quito 2004.
204
buona part e delle quali proveniente da critici che non han-
no cessato di essere suoi buoni amici. Qual dunque la
propost a finale di Hick in questo dibattito?
Hick affronta dalla prospettiva storica l'evoluzione del pen-
siero su Ges nella comuni t dei suoi seguaci. Esiste un
ampi o accordo tra gli esegeti sul fatto che Ges non ri-
vendic per s l' attributo della divinit, n ebbe in assolu-
to la pretesa di essere Dio i ncarnat o. Sino a 100 anni fa
(come ancora oggi, assai diffusamente nei settori senza
istruzione) si prendeva come sicuro che la credenza in Ge-
s come Dio i ncarnat o fosse basat a sul suo stesso esplici-
to insegnamento: Io e il Padre si amo una cosa sola, chi
vede me ha visto il Padre, ecc. Oggi difficilmente si tro-
verebbe uno studioso del NT disposto a sostenere che le
quat t ro occorrenze dell' uso assoluto di "Io sono" che ci so-
no in Giovanni, o la maggior part e degli altri usi, possano
attribuirsi storicamente a Ges
37
.
Vale la pena fare una pausa per riflettere sulle dimensioni
di questo cambi ament o. Per lo meno dal secolo V fino al
XIX i cristiani hanno creduto che Ges si sia autoprocla-
mat o Dio Figlio, la seconda persona della santissima Tri-
nit vivente un' esistenza umana. La fede di tutte queste ge-
nerazioni di cristiani includeva questa credenza come ar-
ticolo centrale della propri a fede. Ma l' esame storico scien-
tifico moderno ha dissolto questa credenza alla base. An-
cora in un' epoca cos t arda come il secolo XVI nei paesi
protestanti o il secolo XVII in quelli cattolici, chi avesse
proposto questa teoria avrebbe subito la pena capitale per
eresia. I risultati delle ricerche dei secoli XIX e XX sareb-
bero stati considerati demoniaci dai capi delle Chiese do-
po Nicea o Calcedonia, o da Tommaso d'Aquino e dai teo-
logi medievali, o da Lutero e dagli altri riformatori, come
da qualsiasi comune cristiano fino a poche generazioni fa,
o anche oggi da una moltitudine di cristiani e cristiane che
37
Adrian Thatcher, Trufy a Persoti. Truly God, SCPK, London 1990,
p. 77. Questi detti messi in bocca a Ges riflettono piuttosto la teo-
logia della comunit di fine primo secolo (J. Hick, God Has Many
Nantes, Westminster Press, Philadelphia 1982, p. 73). Dopo D.F.
Strauss e F.C. Bauer, il vangelo di Giovanni non pu pi essere pre-
so da nessuno come una fonte di autentiche parole di Ges (Hick,
ibid.).
205
non hanno familiarit con gli studi biblici moderni . Preci-
samente questa ignoranza - che non sembra preoccupare
i pastori - ci che rende difficile dialogare su tali que-
stioni in mani era aperta e serenamente riflessiva, dice Hick.
Hick studia Fuso dell'espressione Figlio di Dio nel mon-
do ebraico nel quale visse Ges e da cui sarebbe sbocciato
poi il NT. Questo linguaggio della filiazione divina godeva
di un uso ampi o e variegato in tutto il mondo antico ed era
familiare ai contemporanei di Ges. Di fatto, afferma Hick,
ci sarebbe stato da sorprendersi*se a Ges non fosse stata
applicata questa diffusa divinizzazione onorifica, riservata
alle figure religiose pi in vista, e che la metafora ebraica
di figlio di Dio non fosse stata applicata a Ges. Hick ri-
manda su questo punt o a Geza Vermes: L'espressione "Fi-
glio di Dio" fu sempre intesa metaforicamente nei circoli
ebraici. Nelle fonti ebraiche, la sua utilizzazione non im-
plica mai la partecipazione della persona cos designata al-
la natura divina. Si pu supporre del tutto sicuramente che,
se la teologia cristiana si fosse sviluppata nell' ambiente
ebraico e non in quello greco, non sarebbe stata elaborata
la dottrina dell' incarnazione come di fatto avvenne
38
.
Riguardo a Paolo, Hick pensa che i suoi testi possano es-
sere compresi in vari modi. Il suo linguaggio esortativo
e retorico, non preciso nei termini concettuali. Egli non
scrive una teologia sistematica, ma semplicemente predi-
ca alle comunit. Parla di Ges come del Signore Ges
Cristo e come del Figlio di Dio; nella sua ultima lettera, ai
Colossesi - se di Paolo, ci di cui molti specialisti dubi-
t ano -, il suo linguaggio si muove gi nella traiettoria del-
la divinizzazione. Indubbi ament e, la domanda verte su che
cosa ha significato questo linguaggio sia per lo scrittore sia
per i suoi lettori del pri mo secolo. L' immagine centrale uti-
lizzata da Paolo, di "padre e figlio", suggerisce enfatica-
ment e la subordinazione del figlio al padre. Negli scritti di
Paolo non possibile affermare che Dio e Figlio di Dio sia-
no co-eguali, come pi tardi si sarebbe dichiarato delle per-
sone della Trinit. La nozione di Ges come Figlio di Dio
in realt pre-trinitaria
39
.
38
Geza Vermes, Jesus and the world of Judaism, Fortress Press, Phi-
ladelphia 1983, p. 72.
39
Hick, La Metfora..., p. 69. Ovviamente il problema pi com-
206
In ogni caso, per Hick il punt o di curvatura di questo pro-
cesso marcat o dai concili cristologici di Nicea e Calcedo-
nia. All'uscita dalle catacombe e con la pretesa di occupa-
re lo spazio della religione ufficiale dell' impero, il cristia-
nesimo si vide spinto a dialogare urgentemente con la cul-
t ura del moment o. Doveva spiegare le proprie credenze in
termini filosofici accettabili sia per la cultura dominante,
di origine greca, sia per se stesso. Doveva anche raggiun-
gere un complesso unitario di espressioni della fede cri-
stiana, senza il quale non poteva tenere unito l' impero di
cui si costituiva religione di Stato. Costantino convoc nel
325 il concilio di Nicea con l' intento di riportare la con-
cordia nella Chiesa e nell'Impero
40
. Ed stato in questo
concilio che per la pri ma volta la Chiesa adott ufficial-
mente, dalla cultura greca, il concetto non biblico di ousia,
dichiarando che Ges, come Dio-figlio incarnato, era ho-
moousios toi patri, della stessa nat ura del Padre. Di qui in
poi, le metafore bibliche originali furono considerate - agli
effetti teologici - come appartenenti al livello dell'espres-
sione popolare che aveva bisogno d' interpretazione, men-
tre una definizione filosofica prendeva il loro posto per ra-
gioni ufficiali. Un figlio di Dio metaforico si trasform nel
Dio Figlio metafisico, seconda persona della Trinit
41
.
Si amo qui giunti al centro del pensiero di Hick: l' errore
di base - egli dice - consistito nel far passare una meta-
fora religiosa come un' espressione letteralmente metafisi-
ca
42
; nel trasformare una poesia in prosa e nell' interpre-
tare una metafora ebraica come se fosse metafisica greca.
Hick sottolineer che la formula trovata non st at a feli-
ce perch non era utilizzabile, cosa che, a suo giudizio,
provata dal fatto che tutti i tentativi fatti dai teologi per
interpretarla e spiegarla sono risultati filosoficamente im-
possibili e teologicamente eretici. Per questo propugna il
ri t orno all' intelligenza di Figlio di Dio come metafora bi-
blica che, allora s, recupera t ut t a la sua forza di senso e
d' espressione.
plesso, ma non possiamo ampliarlo maggiormente in questo punto.
40
J. Pelikan, Jesus Througt the Centuries, Yale University Press 1985,
p. 52.
41
Hick, ibid., p. 71.
v Ibid., pp. 149-150.
207
Strettamente legata alla dottrina dell' incarnazione c' la
dottrina della redenzione. La seconda persona della Tri-
nit s' incarna per assumere la missione di redimere il ge-
nere umano dalla situazione di peccato in cui si trova, do-
vuto alla cadut a della pri ma coppia umana nel peccato ori-
ginale... Per Hick l'idea della redenzione o riconciliazio-
ne un inganno se si prende in senso stretto, ma, eviden-
temente, presa in senso ampi o secondo il quale riconcilia-
zione significa semplicemente salvezza, riveste un' impor-
tanza vitale. Con il t empo, l'idea della redenzione in senso
stretto scomparir tra i cristiani abituati alla disciplina del-
la riflessione
43
.
Si and formando una visione secondo la quale la giustifi-
cazione centrale dell' incarnazione sarebbe stato il riscatto
dell'Umanit dal potere del demonio, sotto cui sarebbe ri-
masta dopo il peccato di Adamo. Il modo di parlare di mol-
ti autori antichi su questa cattivit del genere umano sotto
il potere del diavolo, e della lotta che dovette ingaggiare il
Cristo per liberarci, talmente vivace e particolareggiata che
oggi d l'impressione di star leggendo una favola
44
. Oggi, per
la maggior parte di noi, combattere questa idea come lot-
tare con un mostro gi scomparso
45
. D'altra parte, l'idea di
una reale caduta, da cui sarebbero derivate una caduta e una
colpa universali trasmesse ereditariamente qualcosa che,
almeno per i cristiani colti, risulta completamente impossi-
bile da credere. E, se oggi crediamo che non c' mai stata
quell' umana caduta da uno stato paradisiaco originale, per-
ch allora correre il rischio di confonderci e di confondere
gli altri continuando a parlarne come se fosse successo?
46
.
Questa teologia della redenzione si notevolmente purifi-
cata con la riformulazione di sant' Anselmo, che non parla
pi del riscatto dell' Umanit da parte di Dio per liberarla
dal potere del demonio, di cui sarebbe prigioniera, ma di
teologia della soddisfazione: il peccato originale sarebbe
stato un'offesa infinita (per la dignit dell'offeso), e la sua
riparazione necessitava di una soddisfazione ugualmente in-
finita, e questo sarebbe precisamente l'obiettivo della mis-
43
Ibid., p. 158.
44
Ibid., p. 160.
45
Ibid., p. 161.
46
Ibid., pp. 162-163.
208
sione di Cristo, una missione che, logicamente, soltanto lui,
nella sua qualit di Dio e di essere umano simultaneamen-
te, poteva condurre a termine. Ges Cristo sarebbe l'unico
Salvatore possibile dell' Umanit decaduta, tenendo conto
che in quella concezione l' Umanit era la protagonista cen-
trale e praticamente unica della realt: il cosmo e la sua im-
mensa ed estremamente complessa formazione evoluzioni-
stica non avevano alcun significato, apparendo come una
superfetazione non necessaria nel mondo dell'esistente.
L' Umanit stava al centro e occupava tutto lo scenario, la
sua caduta era il dr amma dello stesso cosmo, e per que-
sto l'unico possibile Salvatore, e di fatto unico, era il Salva-
tore del Mondo, il centro assoluto della Storia, del mondo e
della vita.
Se la teologia del riscatto - anteriore a sant' Anselmo - ave-
va ricavato il suo modello soteriologico dalle strutture vi-
genti nella societ dell'epoca - dal fatto sociologicamente si-
gnificativo della schiavit -, la successiva teologia della re-
denzione - di sant' Anselmo - viene a essere un modello fon-
damentalmente giuridico (una concezione penale sostitu-
tiva) in accordo con la nuova ricezione del diritto romano
nella societ dell'Alto Medioevo. Sfortunatamente, ancora
oggi, a terzo millennio iniziato, la maggior parte delle pre-
ghiere e dei rituali liturgici, del sacramentario, deU'ufficio
divino... di tutta la preghiera ufficiale della Chiesa roma-
na - per esempio - imbevuta di questa visione medievale,
dalla quale non si affrancata, di modo che il cristiano at-
tuale, quando prega con la liturgia, si trova sommerso in un
immaginario giuridico-teologico medievale feudale di ri-
scatto, di redenzione, di prezzo per il peccato... quindi ri-
portato di sette secoli indietro, il tutto espresso con catego-
rie di sostanza, natura, ipostasi... che lo retrocedono anco-
ra di pi nel passato. Il linguaggio ufficiale liturgico, teolo-
gico e spirituale della Chiesa non stato rivisto, a motivo
dello stesso tab fondamentalista che prova timore dinanzi
alle formule dogmatiche congelate. Il risultato che, pre-
supponendo un ordine sociale scomparso da molto tempo,
questo linguaggio diventa oggi ben poco significativo o ad-
dirittura incomprensibile per noi. A mio modo di vedere,
sarebbe meglio abbandonare completamente il suo uso nel-
le nostre teologie e liturgie attuali, conclude Hick
47
.
47
Ibid., p. 165.
209
Ovviamente, raccomandi amo al lettore un approccio pi
ampio e profondo a questa posizione teologica che invita
alla revisione del dogma cristologico, postulata dalla posi-
zione pluralista e di cui Hick semplicemente uno dei rap-
presentanti pi significativi
48
.
Conclusione: AGIRE
Da quant o detto ricaviamo alcune conseguenze
49
e dedu-
ciamo alcune prese di posizione operative:
DEFICIENZE GRAVI (INACCETTABILI?)
L' ortodossia del dogma cristologico come di fatto rest
formulato e soprattutto com' stato poi utilizzato come cri-
terio unificante di controllo, comport a gravi deficienze, di
cui le principali sono:
a) il Cristo dogmatico l contemplato un Cristo di cui
andat a perdut a la connessione con il Ges storico, con
la sua vita, la sua Causa e la sua predicazione
50
, un Cristo
senza Regno, senza ci che st at a la sua Causa centrale,
l' assoluto stesso di Ges di Nazareth.
b) nel Cristo dogmatico si operat a una riduzione per-
sonalistica del Regno di Dio; il Regno stato concentra-
to nella sua persona
51
, eludendo cos il Regno in quant o ta-
le e il messaggio di Ges, come pure la sua storia e la sto-
ria che in grado di liberare.
48
Il dogma dell'incarnazione discusso da un gran numero di teo-
logi tenuti in alta considerazione, afferma lo stesso Hick (ibid., p.
49
Che non si deve cessare di porre in rapporto di continuit con quan-
to detto nel capitolo precedente circa il bilancio teologico della svol-
ta costantiniana.
50
Cosa che si nota perfino nel Credo l elaborato: dall'incarnazio-
ne si passa alla morte e alla risurrezione; la stessa vita, la parola, il
messaggio, la Causa, la predicazione, la storia... di Ges di Nazaret
non hanno alcun rilievo in questo dogma cristologico.
51
J. Sobrino Cristologia desde America Latina, CRT, Messico 1977, p.
xiii; ID., La f en Jesucristo, UCA Editores, San Salvador 1999, p. 603.
Questa personalizzazione del Regno , con le parole di Sobrino,
una delle maniere per svalutare, annullare e anche stravolgere il re-
gno di Dio, ibid.
210
E UN ALTRO CRISTIANESIMO
Il cristianesimo del Cristo dogmatico un altro cristia-
nesimo
52
, ossia un cristianesimo diverso dal cristianesi-
mo del Vangelo del Regno di Dio e della sequela di Ges.
un cristianesimo che riduce Cristo a una teoria metafi-
sica capace di legittimare il sistema di cristianit
53
, con
prove evidenti di aver giocato un ruolo ideologico sia nel-
la religione di Stato in cui si convertito nell' impero ro-
mano, sia nella sua partecipazione alle mire imperialiste
delle diverse nazioni dell' Occidente cristiano verso il re-
sto del mondo. Una elaborazione cristologica prodot t a in
un t empo ecclesiale di eclissi totale del Regno
54
e di eclis-
si del suo carattere escatologico, non pu essere del t ut t o
corretta, per carenza assoluta delle condizioni di base
55
. Il
cristianesimo del Cristo dogmatico ha prodot t o nella sto-
ria troppi frutti cattivi, che non possono derivare da un al-
bero buono. Dobbiamo essere illuminati nell' analisi e co-
raggiosi nell' ammettere il fatto: si tratta di un cristianesi-
mo deficitario e fuorviato
56
e dobbi amo sottoporlo al giu-
dizio del Vangelo del Regno e della sequela di Ges.
CREDERE IN GES E CREDERE COME GES
Come lo stesso Vangelo sottolinea, molto pi impor-
tante seguire Ges, ossia vivere e lottare per la Causa
52
Non entro nel discorso se altro sostanzialmente, ontologica-
mente, storicamente o solo apparentemente... Questo andrebbe di-
scusso con il censore, pi accuratamente.
53
Per cristianit s'intende l'unione religioso-politica della Chiesa
con il sistema sociale di potere istituzionale.
54
L'espressione di Tefilo Cabestrero.
55
Del resto, osservatori del tempo riconoscono anche i limiti di
quell'epoca della Chiesa. Diceva san Gerolamo: Da quando la Chie-
sa sta sotto gli imperatori cristiani, ha accresciuto vero il suo po-
tere e la sua ricchezza, ma ha diminuito la sua forza morale {Vita
S. Malchi, 1, PL 23, 55B).
56
Che il cristianesimo abbia sofferto a quell'epoca una radicale tra-
sformazione che lo ha allontanato e sviato dal cammino seguito da
Ges un pensiero ricorrente nella maggior parte dei mistici e dei
riformatori dei tempi successivi. Oggi costituirebbe la scoperta pi
esaltante. Cf. O'Murchu, Reclaiming Spirituality, Crossroad, New York
1997, p. 30.
211
di Ges che accettare intellettualmente per fede le affer-
mazioni teorico-metafisiche in cui consiste il cosiddetto
dogma cristologico. Pi ancora: questa ortodossia, senza
quella prassi, non serve a nulla; quella prassi, anche sen-
za questa ortodossia, salva. L' importante non credere
in Ges, cosa facile, ma credere come Ges
57
: porsi di-
nanzi alla storia in modo simile o proporzi onat o a come
si posto Ges, il quale non incluse mai tra le sue esigen-
ze l' adesione intellettuale ad alcune affermazioni dogma-
tiche astratte.
Si PU PRESCINDERE DALL'ELLENISMO
Bisogna riconoscere in mani era pi conseguente il ca-
rattere marcat ament e ellenistico della cultura in cui si
costruito il dogma cristologico niceno-calcedonese. Insie-
me al riconoscimento e all' ammirazione per il coraggio di
quella Chiesa che tentava di operare la t raduzi one della fe-
de cristiana nella cultura domi nant e del t empo, bisogna
anche riconoscere i pesanti condizionamenti e gli errori in
cui incorsa, e ugual ment e bisogna riconoscere in qual-
che modo la caducit e la prescindibilit delle sue formu-
le in contesti culturali del tutto diversi. Le categorie uti-
lizzate, le preoccupazioni avvertite, le risposte formulate,
appartengono in buona mi sura alla cultura occidentale, og-
gi non indispensabile per coloro che non sono occidenta-
li
58
, o per coloro che si aprono quant omeno a una pro-
spettiva transculturale
59
. Allo stesso modo che quelle ge-
nerazioni cristiane furono creative nell' elaborare la propri a
riformulazione della fede in consonanza con la cultura lo-
cale estranea in cui si trovarono a vivere, cos la nost ra ge-
nerazione ha il dovere di non sentirsi oggi prigioniera di
alcuna formula per quant o venerabile, e deve esercitare la
57
J.M. Vigil, Creer corno Jesus: la espiritualdad del Reino, in RELaT
n. 191.
58
Noi non possiamo teologizzare impunemente seguendo il modo
di pensare metafisico (C. Geffr, El cristianismo ante el riesgo de la
interpretacin. Ensayos de hermenutica teolgica, Cristiandad, Ma-
drid 1984, p. 30).
59
Secondo F. Wilfred, la questione dell'unicit di Cristo traduce una
problematica occidentale. Cf. Dupuis, Verso una teologia cristiana
del pluralismo religioso, Queriniana, Brescia 1997, p. 268.
212
sua fedelt creativa, piuttosto che sentirsi obbligata a crea-
re equilibrismi ermeneutici per illudersi di prol ungare la
vita a formule che appart engono a un' altra epoca
60
.
NON VALE COME CRITERIO CENTRALE UNICO DI ORTODOSSIA
Per quant o quella formulazione del dogma abbia occu-
pat o una posizione di priorit assoluta durant e molti se-
coli nella definizione dell' ortodossia cristiana, oggi sembra
del t ut t o insufficiente per definirla, e addirittura contropro-
ducente per esprimerla compi ut ament e (poich senza una
profonda modifica, distoglie l' attenzione da ci che es-
senziale nel cristianesimo), cos come non necessaria per
tutti quei cristiani e cristiane la cui cultura non abbia una
mi ni ma affinit con la cultura greca, a cui appart engono
queste formulazioni dogmatiche: nel caso, per esempio, di
una filosofia incompatibile con quella greca o in una cul-
t ura post-metafisica.
REINTERPRETARE LA COMPRENSIONE DELL'INCARNAZIONE
Il teologumeno, metafora, mito, simbolo
61
... dell' Incar-
nazione della seconda persona della Trinit in Ges, si
rivelato un simbolo di straordinaria efficacia e di virtua-
lit onnipresente. Non si t rat t a di un punt o o di un ele-
ment o accanto ad altri, ma di una dimensione fondamen-
tale che nel cristianesimo tutto trasforma. Per tutti i sim-
boli religiosi nascondono dei pericoli, quando vengono in-
tesi in mani era eccessivamente concreta e rigida, ben ol-
tre la flessibilit propria di un simbolo religioso. Nel sim-
bolo dell' Incarnazione sono stati i nopi nat ament e introdotti
elementi che lo incanalano verso comprensioni deforma-
te. Una intelligenza del mistero dell' Incarnazione che in-
cluda l' attribuzione al cristianesimo di un grado di asso-
60
F. Mann-Sola, La evolucin homognea del dogma catlico, Ma-
drid-Valencia 1963
2
. forse il libro pi emblematico della posizione
conservatrice classica che cerca di mostrare (meglio, di credere) che
nell'evoluzione della fede cristiana non ci sono salti, n fratture, n
rinnegamento del passato, n cambi di paradigma, n abbandono
d'impostazioni insostenibili...
61
Non intendiamo pronunciarci sulla sua qualificazione concreta.
213
lutezza e di unicit nei confronti di tutte le altre religioni,
qualcosa che va al di l dei limiti del cont enut o stesso
del mistero veicolato da questo simbolo. Una elaborazio-
ne teorica della comprensi one dell' Incarnazione che incli-
ni consapevolmente o inconsapevolmente verso il conferi-
ment o di una premi nenza o privilegio di elezione una raz-
za, un popolo, una cultura o anche una religione, una co-
struzione teorica che urt a contro altri elementi del miste-
ro divino, e che in ogni caso va al di l di ci che la Rive-
lazione afferma quando letta con un' ermeneut i ca attua-
lizzata
62
. Oggi sappi amo che la Rivelazione non ha dato ri-
sposte a queste domande, per il semplice fatto che non se
le neanche poste. E tutto ci che stato detto in pi, lun-
go la nostra storia, dev' essere oggi relativizzato e, dove ne-
cessario, ri esami nat o e reinterpretato.
S' impone dunque l' accettazione di un periodo di deco-
struzione
63
di queste formule dogmatiche, con l' ammet-
tere che anch' esse sono partecipi della condizione comu-
ne del linguaggio religioso, sempre bisognoso di reinter-
pretazione ermeneutica, senza escludere la revisione del
dogma
64
. Ci sembra in ogni caso molto valida la propost a
che Y. Congar aveva fatto - di fronte al recupero dell'ecu-
meni smo - di aprire un periodo di ri-accettazione degli
scritti simbolici, dei decreti conciliari o pontifici, vale a
62
Il Magistero per non superiore alla parola di Dio, ma ad essa
serve, insegnando soltanto ci che stato trasmesso {Dei Verbum,
n. 10). un luogo comune nella teologia attuale che il contenuto
del dogma non possa dire di pi, non possa superare il contenuto
della realt di Cristo per come accessibile nella Scrittura (K. Rah-
ner, Escrtos de Teologia IV, Madrid, p. 383; J. Sobrino, Cristologia
desde America Latina, CRT, Mexico 1977
2
, p. 3.
63
L'idea di Joseph Moingt: la decostruzione di questa teologia del
Verbo incarnato (El hombre que venia de Dios, I, p. 10). Molto inte-
ressante ed eloquente l'avventura personale di questo autore, da lui
stesso spiegata, il quale dopo che da molti anni aveva gi elaborato
il suo trattato De Verbo Incarnato (come si chiamava e s'impostava
la cristologia prima del Vaticano II) dovette rinunciare a pubblicar-
lo per rifare, nel corso di decenni, tutta la sua visione cristologica,
quale ora si riflette nel libro citato.
64
Non da escludere la possibilit di una riformulazione del dog-
ma. Bisogna accettare un cambiamento nella formulazione per esse-
re fedeli al valore permanente di un'affermazione di fede (C. Geffr,
El cristianismo ante el riesgo de la interpretacin. Ensayos de her-
menutica teolgica, Cristiandad, Madrid 1984, p. 97.
214
dire degli scritti normativi per la fede di ciascuna chiesa,
quelli di cui ognuna si nut ri t a lungo la sua storia. Ogni
chiesa o confessione dovrebbe ri-accogliere i propri scrit-
ti normativi per ricollocarli nell' insieme e nell' armonia
della t est i moni anza biblica
65
. Il dogma cristologico nice-
no-calcedonese ri ent rerebbe pi enament e in questa ri-ac-
cettazione postulata da Congar.
Si devono evitare le posizioni estreme che consi derano
tutto negativo nelle formulazioni dogmatiche che hanno
avuto effettive ripercussioni storiche negative. Queste non
annul l ano l'uso, il senso e la prassi positiva che hanno pu-
re i mmesso nella storia. Il simbolo dell' incarnazione ha
ispirato atteggiamenti e pratiche di amet ral ment e opposte
a quelle gi riferite di dominio, conquista, prepotenza, pri-
vilegio e intolleranza... L' incarnazione di Dio risultata,
come abbi amo detto, un simbolo di straordinaria forza per
ispirare atteggiamenti di incarnazione, di abbassamen-
to, di umilt, di solidariet, di povert, di kenosis
66
...
I simboli, dunque, in se stessi, sono plurivalenti, in fun-
zione dell' uso che si fa di essi, o del quadro di referenza
pi ampi o in cui sono inseriti. Non possono essere cano-
nizzati n condannat i in astratto. Non possono essere ban-
diti semplicemente per il cattivo uso che di essi si potu-
to fare. Come un buon vino, che non dev' essere servito in
un bicchiere i nadat t o, anch' essi devono essere travasati, ri-
scattati da quei contesti (teologici, mentali, culturali) che
hanno permesso il loro uso perverso, per essere letti at-
traverso categorie o elementi (logicamente appart enent i al-
la cultura attuale, o compatibili con essa) che permet t ano
e assicurino il loro positivo uso. Forse in questo travaso si
pot ranno o dovranno perdere le forme, gli elementi cultu-
rali sorpassati o inservibili o addirittura pericolosi... Ci
65
Diversits et communion, Cerf, Paris 1982, p. 244.
66
Si veda il capitolo Incarnazione nel gi citato libro di Casaldli-
ga-Vigil, Espiritualidad de la liberacin. Da questa interpretazione,
dallo spirito che in essa si respira, non ci sarebbe mai stato il per-
vertimento di questo meraviglioso simbolo. Questo conferma quan-
to detto, e cio che i simboli religiosi sono capaci del peggio e del
meglio. Tutto dipende dal colore del vetro con cui si guarda. Ebbe-
ne, gli effetti buoni e cattivi di un simbolo ci devono costantemente
ricordare che si tratta di un simbolo, intepretabile e, pertanto, ma-
nipolabile, non di una realt fisico-metafisica immanipolabile...
215
che conta non il bicchiere, ma il vino. Ma se, per attac-
cament o alle vecchie forme, gi superate, insistiamo col
mant enere il vino nel bicchiere inadatto, probabilmente
molti nostri cont emporanei cont i nueranno a rifiutarlo per
l'avversione che il bicchiere suscita in quant o associato al-
la memori a storica collettiva ancora viva (se non alla realt
attuale, come succede con tanti simboli).
E i simboli non possono nemmeno essere sacralizzati so-
lo per il fatto che si sono rivelati positivi ed efficaci. Per
positivi che siano stati, non cessano di essere simboli, me-
tafore, che veicolano una verit che sta sempre oltre
l' espressione materiale di determinate parole, una verit
che si scopre e si t rasmet t e solo se si fedeli al codice sim-
bolico in cui stata espressa, e non si sacralizza o si cosi-
fica trasformandola in metafisica.
La metafora non metafisica. soltanto una metafora.
totalmente una metafora e niente di meno che una me-
tafora. la mani era di esprimere una verit spesso non co-
municabile per altre vie. Possono disprezzare le metafore
come se fossero pure metafore solo quelli che non col-
gono l'eccellenza espressiva del linguaggio poetico o la vee-
menza ontologica della strategia metaforica, a dire di Paul
Ricoeur
67
.
Non possibile oggi disporre di una piena rielaborazio-
ne cristologica, di una completa e soddisfacente rei mpo-
stazione di t ut t o il dogma cristologico. St i amo solo co-
mi nci ando a riflettere part endo da alcuni sospetti che han-
no trovato conferma e dalla perdi t a di alcune ant i che si-
curezze. Abbiamo bisogno di trovare risposte nuove al-
la sfida permanent e del e voi, chi dite che io sia?
68
. La
risposta che stata dat a a questa domanda, nella sua for-
mulazione concreta, si rivela ormai stretta e usurat a nel
suo significato. Dovranno forse passare varie generazioni
pri ma che si possa costruire o ammet t ere che si trovata
una nuova risposta. Infatti, la situazione suscita proble-
mi complessi e delicati, che conviene studiare alla luce
della Tradizione cristiana e del Magistero della Chiesa, al-
67
J. Hick, nel libro citato si sforza di mostrare la forza straordina-
ria della metafora dell'incarnazione; tolta la cornice metafisica, il va-
lore espressivo della metafora appare in tutta la sua bellezza e forza.
68
P. Knitter, Introducing Theologies of Religions, Orbis, Maryknoll
2002, p. 150.
216
lo scopo di offrire ai mi ssi onari di oggi e di domani nuo-
vi orizzonti per i loro cont at t i con le religioni non cristia-
ne
69
.
In ogni caso, ment re cont i nui ano a cammi nare, chia-
ro che possi amo prendere le distanze da tutti questi pre-
supposti teorici e da tutte le implicazioni ideologiche per-
verse che la vecchia comprensi one del dogma cristologi-
co ha negativamente port at o con s lungo la storia. Come
farebbe Ges, possi amo e dobbi amo dialogare con le altre
religioni, su un pi ano di fraterna parit, come figli e figlie
del Dio di tutte le religioni, abbandonando l' antica preoc-
cupazione di essere l'unica religione vera, offrendo con
t ut t o l' amore e t ut t a l' umilt ci di cui noi stessi viviamo,
desiderosi a nost ra volta di scoprire ci che lo Spirito di
Dio realizza in tutti i popoli e le religioni, per arricchirci
anche con quello.
II. Testi antologici
Capitoli 3 e 4 del libro di HICK, La metfora de Dios En-
camado, <servicioskoinonia.org/relat/305 .htm>
Il capitolo 4 del libro Jesus y Dios di Juan Jos Tamayo
(Trotta, Madrid 2000) che s' intitola "Hijo de Dios", metfo-
ra de la teologia cristiana, e affronta lo stesso t ema di que-
sta lezione 12 del nostro corso. pure disponibile in <ser-
vicioskoinonia.org/relat/319.htm>
III. Domande per riflettere e dialogare
- Come ci stato spiegato il mistero dell' incarnazione? Ri-
costruirlo fra tutti.
- Ricordiamo le domande e risposte del catechismo dell'in-
fanzia nel quale si spiegava il dogma cristologico? (Due na-
ture, una persona...).
- Per sant' Anselmo Dio dovette incarnarsi perch solo con
la soddisfazione di Ges - che essendo Dio era di valore
infinito - sarebbe stata perdonat a l' Umanit; nel frattem-
Evangelii Nuntiandi 53.
217
p, e r a no i nf r ant i i r a ppor t i di Di o con essa. I nna nz i t ut t o:
sa pe va mo che que st a vi si one del l a r e de nz i one u n a t eo-
l ogi a par t i col ar e di sant ' Ansel mo di Ca nt e r bur y ( secol o XI)?
Ci st at a pr e s e nt a t a c o me un' opi ni one t eol ogi ca o c o me
u n a i ndi scut i bi l e ver i t dogma t i c a ? Cosa ci sugger i sce
l ' i mmagi ne di Di o cos pr e se nt a t a ?
- Co mme n t a r e quest a frase di Paul KNI TTER: I cat t ol i ci ,
c ome i cr i st i ani i n gener al e, si s t a nno r e n d e n d o c ont o che
u n a cosa, pe r esser e ver a, n o n h a bi sogno di esser e asso-
l ut a ( KNI TTER, NO Other Name?, p. 219) . Fr ase di sponi bi -
le c ome post er , on- l i ne, da cui si p u pr e nde r e e s t a mpa -
r e.
- Ol t re l ' i dent i t i st i t uzi onal e del l a Chi esa, che ha gi 20 se-
coli, ci si p u i nt er r ogar e ci r ca l ' i dent i t st essa del cri st i a-
nesi mo: il cr i st i anesi mo u n o o sono vari ? Il cr i st i anesi mo
degli schi avi ri bel l i , er a l o st esso di quel l o dei l or o pa dr oni
e capor i oni cri st i ani ? ( di st i nguer e l ' i dent i t pr of onda o
t eol ogal e, dal l ' i dent i t gi ur i di ca o i st i t uzi onal e del l a Chi esa) .
Il cr i st i anesi mo del cappel l ano del l ' eserci t o ufficiale er a l o
st esso di quel l o del guer r i gl i er o i mpe gna t o nel l a guer r i gl i a?
Quel l o del cappel l ano consul ent e del consi gl i o di r et t i vo di
u n a cor por azi one bancar i a mul t i nazi onal e, l o st esso di
quel l o del mi l i t ant e cr i st i ano di u n par t i t o popol ar e? Quel -
l o del l at i f ondi st a cr i st i ano l o st esso di quel l o del cont adi -
no or gani zzat o nel Movi ment o dei Senza Ter r a br asi l i ano
che occupa u n a t e nut a i mpr odut t i va? Quel l o di Geor ge
Bush l o st esso di quel l o di Pedr o Casal dl i ga? Qual l' iden-
t i t di una r el i gi one? Qual l ' i dent i t del cr i st i anesi mo?
- St udi ar e il capi t ol o IV del l i br o di J.J. TAMAYO, Jesus y
Dios (cf. l a p a r t e dei Test i ant ol ogi ci ) , e c o mp a r a r e l a
sua posi zi one t eol ogi ca c on quel l a espr essa i n que st a 12
a
l ezi one.
- L' er r or e di base. s di ce Hi ck, st at o di pr ender e l a me -
t af or a c o me met af i si ca, e l a poesi a c o me pr osa. Com-
me nt a r e .
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VIGIL J.M., Cristologia de la liberacin y pluralismo religioso, en
VIGIL-TOMITA-BARROS, Por los muchos caminos de Dios - II,
Abya Yala, Quito 2004, pp. 163-172.
220
Excursus al capitolo dodicesimo
La costituzione del dogma cristologico
Se un'immagine vale pi di mille parole, chiss che un percorso -
descrtto il pi plasticamente possibile - attraverso il processo in
cui comparso e si inizialmente sviluppato il dogma cristologi-
co, conti pi di molte parole astratte sulla sua valutazione. Cer-
cheremo di fare una presentazione di questo sviluppo. La ricostru-
zione nostra, mentre i materiali con cui la realizziamo sono pre-
si da altri, soprattutto dall'opera di Roger Haight
x
.
Si tenga presente quanto stato detto nell'ottava lezione riguardo
alla nuova comprensione della rivelazione, come la premessa prin-
cipale con cui mettere in rapporto i dati che qui esporremo nella
prima parte, per far opportunamente discendere da tutto ci le ri-
flessioni e le questioni aperte che presenteremo nell'ultima parte di
questo excursus.
Come l'hanno saputo?
Nei cosiddetti concili cristologici dei secoli IV e V, vediamo i ve-
scovi dibattere con calore le pi sottili questioni relative ai pi
alti misteri teologici:
se Ges di Nazareth di nat ura veramente umana o se parteci-
pa anche a quella divina, se condivide le due nat ure e come que-
ste si rapport i no t ra loro, se aveva una o due volont, una o due
personalit, se stato dappri ma un semplice uomo, poi adotta-
to come Dio - come sembrano dare per scontato alcuni testi del
Nuovo Test ament o -, o se era Dio gi dal pri mo istante del suo
essere naturale, se in tal senso preesistito alla sua vita t errena,
se l'essere che preesistette e poi si fece in lui carne era Dio stes-
so o un essere divino intermedio, se - nel caso fosse egli stesso
Dio - era il Dio unico riconosciuto dal monot ei smo ebraico o era
un diverso Dio, se il cos chi amat o Logos era Dio stesso oppure
una estensione emanat a da Lui, se questo Logos era eterno co-
me Dio Padre, o procedeva da Lui nel t empo, se tale procedere
era avvenuto sotto forma di una creazione o di una generazione,
1
Haight, Roger, Jesus, Symbol of God, Orbis, Maryknoll 1999.
221
vale a dire se il Logos era stato generato o era piuttosto ingeni-
to, se era subordinato al Padre o di pari dignit...
2
Sorge inevitabile la domanda: come arrivarono a sapere tante co-
se, e cos intricate, quei padri conciliari, i teologi e gli scrittori
cristiani dell' epoca? Da dove prendevano alcuni di loro le infor-
mazioni per fare simili affermazioni, e da dove le prendevano al-
tri per affermare il contrario? Si gi detto che in alcuni conci-
li, oltre alle argomentazioni teologiche o sull' interpretazione del-
le Scritture, si udivano degli evviva all' imperatore, e che non
poche prese di posizione teologiche erano soltanto prese di po-
sizione politiche a favore o contro l' imperatore, e abbi amo par-
lato anche delle rivalit, paure, pressioni, corruzioni... tra i ve-
scovi partecipanti a quelle controversie teologiche, controversie
che agitavano sia l' aula conciliare che i conventi, le parrocchie,
perfino le strade e i mercati. Ma, lasciando da part e tutti questi
fattori non teologici, a quale base si appellavano le loro argo-
mentazioni teologiche, a che fondamento si riferivano?
Senza dubbio, bisogna rispondere: si rimettevano all' autorit del-
la Scrittura. Tutte le parti implicate nel dibattito citavano testi
biblici, presi qua e l, spesso versetti sciolti, a volte semplice pa-
role
3
, di cui ci si serviva come di armi per sparare contro l'av-
versario, sulla base di un' autorit divina riconosciuta in quel mo-
mento a quei testi. Per il metodo teologico di quell' epoca, la
Scrittura utilizzata come una fonte d' informazione diretta, qua-
si descrittiva, che informa con fatti o dati obiettivi sulla realt di-
vina trascendente...
Un grosso problema
Ebbene, qui siamo di fronte a un grosso problema: La dottrina
di Nicea ricorre alla Scrittura, ma la utilizza in una forma che
oggi non accettabile
4
. Oggigiorno, non solo non utilizziamo
cos la Scrittura, ma ci sembra anche ovvio che non sia corretto
2
Non includiamo qui le questioni che si riferiscono alla terza perso-
na della Santissima Trinit, lo Spirito Santo...
3
Non solo spogliate del loro contesto letterario (estrapolazione del
testo), ma anche della loro preistoria letteraria, del loro processo di
elaborazione, del contesto sociale, economico, culturale e religioso
in cui furono elaborate... prese semplicemente come mattoni inter-
cambiabili che possono essere utilizzate in qualunque altra costru-
zione, o come irrazionali proiettili, che prendevano consistenza solo
dall'argomento di autorit, il pi debole degli argomenti secondo Ari-
stotele...
4
Haight, Jesus, Symbol..., p. 279.
222
farlo. Oggi di sponi amo di numerose diverse forme di critica che
mobilitano l' epistemologia della conoscenza teorica, e rifiutano
questa metodologia ermeneutica come assol ut ament e insoddi-
sfacente. Se ammet t i amo l' assioma epistemologico che le con-
clusioni non sono migliori degli argomenti che le sostengono,
dovremo concludere che necessario fare una rivalutazione del-
le proposte teologiche sia di coloro che risultarono vincitori sia
di coloro che si trovarono perdenti nei dibattiti teologici conci-
liari ed extra conciliari che produssero il dogma cristologico.
Ma, allora, dobbi amo t ornare indietro e domandarci : come si pro-
dussero dunque questi testi scritturistici che, citati e branditi con
t ant o fervore e con cieca adesione dall' una e dall' altra part e dei
contendenti nelle discussioni, fornirono loro la base e l'informa-
zione necessaria per costruire il dogma cristologico che poi ri-
mast o come dogma di fede inamovibile per i secoli seguenti? Ri-
pet i amo cio la domanda che un moment o fa ci facevamo rispetto
ai padri conciliari dei secoli IV e V, ma ora applicata ai testi scrit-
turistici, ai quali questi padri conciliari si riferivano. La doman-
da : come giunsero gli stessi testi a sapere ci che affermano?
Da dove provenne questa informazione? Come sorse? Su che ba-
si? verit che questi testi scritturistici contengono una infor-
mazi one oggettiva sulla realt t rascendent e di Dio?
St i amo parl ando di alcuni testi generati appena due secoli pri ma
dell' epoca della costruzione del dogma cristologico, in un pro-
cesso di elaborazione oggi molto conosciuto. Come nacquero quei
testi che st anno alla base e sono il fondamento ultimo dell'ela-
borazione del dogma cristologico? Vediamo.
Come sorge la riflessione cristologica del Nuovo Testamento?
Oggi fuori discussione che l' ambiente vitale in cui sorgono le
tradizioni orali che pi avanti dar anno origine al Nuovo Testa-
ment o quello dell' esperienza pasquale delle comuni t , soprat-
t ut t o l' ambiente liturgico e concret ament e l' eucaristia, che pare
fosse praticata quasi i mmedi at ament e dopo la mort e di Ges.
Le comuni t non partivano da zero: avevano la loro cultura, con
le loro categorie, parole, influenze, necessit, tradizioni... Nella
loro liturgia entrava in gioco t ut t o questo. Le comuni t utilizza-
vano il linguaggio di cui disponevano. Dovevano formulare in
parole la loro esperienza di Ges risorto espri mendo le con-
vinzioni fondamentali della vita cultuale della comunit
5
. La
5
France, R.T, Development in New Testament Christology, in Theme-
lios 18 (1992) p. 7.
223
venerazione cultuale di Ges nei primitivi circoli cristiani il
principale contesto dell' uso dei "titoli" e concetti cristologici
6
. Il
linguaggio utilizzato e la logica adot t at a non sono dunque quel-
li normali, bens un linguaggio di amore
7
e una logica di ado-
razione.
Lo sviluppo del pensiero cristologico delle comuni t non par-
tito dall' insegnamento e dai detti di Ges, come uno sviluppo
logico e razionale del messaggio su Ges risorto, ma stato mol-
to diseguale, secondo le differenti comuni t e i loro diversi con-
testi.
Tenendo conto che il movi ment o di Ges, a pochi anni dalla sua
mort e, si stava diffondendo fra i popoli e che si formavano nuo-
ve comuni t , possi amo i mmagi nare come lo sviluppo della ri-
flessione cristologica acquisisse vita propri a in ogni comuni t .
Ognuna aveva la propri a cultura, ent ro la quale si appropriava di
Ges. Ognuna aveva specifici problemi che facevano sorgere do-
mande e interessi propri in relazione al suo contesto. Ognuna
possedeva una tradizione religiosa particolare che apportava un
diverso linguaggio per interpretare Ges. Comuni t diverse si con-
frontavano con diversi aspetti della persona o del messaggio di
Ges. In definitiva, Ges era interpretato secondo il contesto del-
la tradizione e del linguaggio specifici di ognuna delle diverse co-
muni t alle quali era annunci at o, dando origine in questo modo
necessariamente a diverse concezioni circa la sua persona e a di-
verse cristologie
8
.
Non si pu dimenticare che, bench parl i amo di comuni cazi one
di esperienze e idee tra le comunit, sia delle pri me comuni t sia
di quelle dei pri mi secoli, stiamo parl ando di un ambi ent e in cui
il livello di comuni cazi one era molto basso e ristretto, non come
l' attuale, n quello dell' epoca della st ampa, n quello che sareb-
be pensabile in una societ medi ament e alfabetizzata. Risulta
assai dubbi o che molte comuni t cristiane potessero avere tutti
i libri del Pri mo Testamento. E nemmeno quelli del Nuovo Te-
st ament o bisogna dare per scontato che fossero in loro posses-
so: Luca (come Papia e Giustino), non sembra conoscere le epi-
stole paoline; in cambio i romani confiscarono la t raduzi one la-
tina di quelle lettere nell' anno 180 nella comuni t africana di Sci-
6
Hurtado, Larry W., One God, One Lord: Early Christian Devotion
and Ancien Jewish Monotheism, Fortress Press, Philadelphia 1988, p.
13.
7
Language of lovers lo ha chiamato Kristner Stendahl, e con que-
sto nome stato recepito dagli autori. Cf. R. Bernhard, La pretensin
de absolutez del cristianismo, Descle, Bilbao 2000, p. 317.
8
Haigt, ibid., 182.
224
li, la quale, tuttavia, non sicuro che avesse i vangeli...
9
. Non
conviene perdere di vista l' ambiente reale in cui si sviluppa il pro-
cesso che descriviamo.
Le differenze che ne risultano sono i mmedi at ament e evidenti nei
testi neot est ament ari attuali, e stupisce che per tanti secoli gli
studiosi siano stati ciechi di fronte a questa diversit. Oggi si
soliti identificare cinque cristologie diverse ben marcat e: quella
di Ges come ul t i mo Adamo (i cui testi emblematici sono Rm
5,12-21 e ICor 15,21; 23.45-49); quella di Ges Cristo come Fi-
glio di Dio, in Marco (Me 1,1; 1,11; 9,7; 14,61; 15,39); quella di
Ges Cristo sostenuto dallo Spirito, in Luca (Le 4,18-19; 11,14-
23); quella di Ges Cristo come sapienza di Dio (Fil 2,6-11; Col
1,15-20; Mt 11,25-30, e quella di Ges Cristo come Logos o Ver-
bo di Dio (Gv 1,1-18) o cristologia giovannea, di Giovanni evan-
gelista
10
.
Per seguire la pista della costruzione del dogma cristologico, og-
gi in buona part e recuperata, la quart a e la quinta cristologia ci
risultano le pi rilevanti.
La cristologia di Ges Cristo interpretato come sapienza di Dio,
la quarta, si basa sui testi che present ano la Sapienza di Dio nel
Pri mo Test ament o come una figura personificata (Pr 8,22-31). La
possibilit dell' idea della preesistenza di Cristo fu creata dai sim-
bolismi o dalle speculazioni ebraiche su agenti divini che sareb-
bero in azione nel mondo
11
. Questa cristologia applica a Ges
Cristo espressioni prese dal linguaggio della Sapienza personifi-
cata. Egli sarebbe il Primogenito di ogni creatura (Il Signore
mi ha creato all' inizio della sua attivit, pri ma di ogni sua ope-
ra, Pr 8,22), Prima dei secoli, fin dal principio, egli mi cre
(Sir 24,9)... In lui tutte le cose sono state create ha la sua cor-
rispondenza in numerosi testi veterotestamentari che parlano di
come le cose furono create con/nella/dalla Sapienza (Pr 3,19; Sap
8,4; Sai 104,24, ecc.). Con tutto ci, in tale cristologia della sa-
pienza chiaro che erroneo interpretare questo linguaggio sa-
pienziale come se si trattasse di un linguaggio direttamente de-
scrittivo narrant e la storia di un essere divino disceso sulla t erra
per trasformarsi in Ges
12
.
per quella giovannea la cristologia che ha avuto pi influen-
za nello sviluppo del dogma cristologico. Ges Cristo rappre-
sentato in essa come il Logos o Dio Verbo, fatto carne. Il suo te-
9
M. Hengel, citato da Torres Queiruga, La revelacin..., p. 423.
10
Haigt, ibid., pp. 152ss.
11
Byrne, Brendan, Christ's Pre-Existence in Patitine Soteriology, in
l2
12
Haigt,, op. cit., p. 172.
225
sto emblematico il prologo del vangelo di Giovanni. In prin-
cipio era il Logos. Logos che sembra distinto da Dio, poich sta-
va vicino a Lui. Partecipava della nat ura di Dio, dunque era Dio,
ma non Dio Padre, e senza che per questo ci fossero due divinit.
Una visione compl ement are al processo di nascita della cristolo-
gia che si rifletter nel Nuovo Testamento, pu offrircela il se-
guire la pista con cui avvenne l' elaborazione degli stessi testi evan-
gelici. Oggi sappi amo bene che i vangeli, cos come sono arriva-
ti fino a noi, non furono scritti da testimoni oculari che si basa-
vano su una conoscenza di pri ma mano riguardo a Ges
13
. Do-
po la morte di Ges non esisteva niente di scritto su di lui. I di-
scepoli, rianimati dall' esperienza pasquale, testimoniavano la lo-
ro fede e la celebravano, raccont ando in questo contesto evange-
lizzatore e liturgico cose che Ges aveva detto e fatto. Nei primi
anni tutto fu trasmesso oralmente. Gli anni passavano e il Si-
gnore non ritornava. La vita della comuni t , la liturgia cristiana
e il ministero della predicazione sentirono presto la necessit di
contare su testi concreti, e apparvero le pri me uni t tematiche
scritte. Oggi il processo della loro formazione scritta conosciu-
to pi o meno nei suoi tratti fondamentali, in cui riusciamo a ben
distinguere ci che sappi amo da ci che non sappi amo, ed anche
da ci che congetturiamo o deduciamo
14
. Il pri mo materiale scrit-
to in unit tematiche minori, fu utilizzato, riutilizzato, cambi at o
di contesto... essendo normal ment e rielaborato in funzione di
nuovi scopi per varie generazioni di cristiani, che non solo tra-
smettevano e rivedevano questi materiali, ma creavano anche ma-
teriale nuovo. Sanders spiega molto bene questa invenzione di
materiali che potrebbe suonare oggi come frode o mancanza
di onest, ma che non altro che un modo rapi do di esprime-
re un procedimento che essi vedevano sotto un altro aspetto:
I cristiani credevano che Ges fosse asceso al cielo e che ora gli
si potessero rivolgere nella preghiera. Talvolta rispondeva e que-
ste risposte erano attribuite al "Signore". A questo punt o ci si
chiede quale Signore: il Ges di pri ma che fosse crocifisso o il
Signore risorto, che si trova in cielo? Per i cristiani si trattava
sempre dello stesso Signore. Nelle lettere di Paolo troviamo un
solo esempio chiaro del Signore che risponde alla preghiera, an-
che se ci dev'essere accadut o molte volte. "Il Signore - scrive
Paolo - mi disse: ti bast a la mia grazia, la mi a pot enza infatti si
manifesta pi enament e nella debolezza" (2Cor 12,7-9). Concre-
tamente questa frase non fin in nessun vangelo, ma avrebbe po-
13
Cf. Sanders, E.P., La figura histrica de Jesus, Verbo Divino, Estel-
la 2001, p. 87.
14
II citato libro di Sanders espone in modo eccellente questo pro-
cesso: capitolo 6, pp. 81 ss.
226
t ut o verificarsi, e - dice Sanders - dobbi amo presumere che in
molti casi simili, tali detti 'del Signore Ges' finirono nei vange-
li. Alcuni dei pri mi cristiani pensavano che il Signore glorioso, lo
Spirito del Risorto, che non cessava di essere Ges di Nazareth
risuscitato, comuni casse molto liberamente con loro, ed essi ri-
ferivano quelle parole ascoltate come parole del Signore, di Ge-
s, parole che nella rielaborazione dei testi potevano essere sen-
za dubbi o inserite in un altro contesto e attribuite indistintamente
allo Spirito del Risorto o a Ges di Nazareth. Ma dobbi amo an- i
che ammet t ere che part e delle notizie sia stata creata dai cristiani,
nel senso che le avevano ascoltate nella preghiera
15
.
Uno per dei quat t ro vangeli meri t a un' attenzione speciale, ve-
di amo.
La peculiarit del quarto vangelo
Oggi sappi amo che sebbene il Ges storico sia pi vicino ai si-
nottici che al vangelo di Giovanni, i sinottici non smettono di es-
sere scritti con una buona component e teologica. Nel caso di Gio-
vanni, tuttavia, questa component e diventa assolutamente domi -
nant e. Nei sinottici troviamo soprattutto detti brevi di Ges. Gli
unici discorsi che l appai ono consistono i n alcune serie di ta-
li detti. L' altra forma letteraria principale la parabola, il cui as-
se centrale l' espressione il Regno di Dio come: le parabole
sono similitudini.
In Giovanni, al contrario, ci sono lunghi e complicati discorsi me-
taforici nei quali risulta vistosa l' assenza della parola come.
Non ci sono similitudini. Ci sono piuttosto identificazioni: Io so-
no, dir tipicamente il Ges del quart o evangelista. Ges la
vite. Non come la vite, no. la vite vera, e le altre viti non
sono vere. Ges il Pane (Gv 6,35), cio l' unico pane reale: tut-
to il resto che si chi ama pane un surrogato. L' acqua vera, quel-
la che Ges d, toglie la sete per sempre, cosa che non fa l' acqua
fisica o reale, perch non acqua vera... (Gv 4,13).
Il quart o vangelo, cio, situato su un altro piano, o in un altro
mondo. In esso, il mondo reale un altro, quello di Ges, men-
tre il mondo reale visibile storico una spregevole fantasia che
pu essere ignorata. La logica e l' epistemologia di questo vange-
lo sono altre rispetto a quelle che abitualmente funzionano nel
nostro mondo. E Ges - lo dice gi l' autore - verr ai suoi di-
scepoli (14,23), cos come verr lo Spirito (14,25) ed insegner
loro tutto. L' autore del vangelo rivela di aver ascoltato lo Spiri-
15
Sanders, ibid., p. 86.
227
to di Verit che venuto a lui; questo Spirito pu anche essere
chiamato Ges. L'idea che Giovanni aveva di Ges era decisa-
mente meta-storica; i confini della storia ordinaria erano inade-
guati, e Ges - o lo Spirito (non chi arament e distinto) - conti-
nu a insegnare dopo la crocifissione
16
, senza dubbio anche nel-
la preghiera e nella liturgia, e a partire da t ut t a questo comples-
sa situazione viene elaborato il quart o vangelo.
, Vediamo la conclusione di Sanders; Tutti i cristiani, pi o me-
no, sarebbero stati d' accordo con questa impostazione. Il Signo-
re, come abbi amo visto, continuava a parlare loro nelle visioni e
durant e la preghiera. Dobbiamo pensare che alcuni di questi mes-
saggi siano finiti nei vangeli sinottici. Ma l' autore del vangelo di
Giovanni si spinse oltre; scrivendo un intero vangelo basat o su
questa premessa. Per dirla nei suoi stessi termini, la sua opera
contiene molti insegnamenti dello Spirito Santo, o di Ges, 've-
nuto' all' autore dopo la crocifissione e la risurrezione, che gli ha
comuni cat o verit che i discepoli non avevano udito
17
.
Il quart o vangelo rappresenta uno sviluppo teologico avanzato,
molto avanzato, le cui meditazioni sulla persona e l' opera di Ge-
s si presentano in pri ma persona, come se le dicesse lo stesso
Ges
1
*, e le cui fonti hanno concret ament e queste origini e spun-
tano non solo in questi contesti evangelizzatori e liturgici, ma an-
che dalla vita di orazione particolare dell' autore di questo van-
gelo (sia persona o comuni t o gruppo di comunit), senza par-
lare in questo moment o degli evidenti multeplici e intensi influssi
dei movimenti filosofici e religiosi dell' epoca.
oggi assolutamente chiaro che il quart o vangelo cert ament e
non ci trasmette il Ges storico, n il suo messaggio storico. Il
quart o vangelo un' opera maest ra di riflessione teologica, mol-
to avanzata e peculiare, di grande valore e cont emporaneamen-
te con molte limitazioni (concrezioni), che non pu essere valu-
tato correttamente se si ignorano tutti questi condizionamenti.
cert ament e mitico comprendere il quart o vangelo come una
rivelazione venuta dal cielo che ci port a informazioni dirette
quasi descrittive sulla divinit, come in realt fu considerato per
millecinquecento anni a partire da un dat o moment o
19
, per la
fissazione del canone (un processo non conciliare, non uffi-
ciale, quasi anonimo, quasi spontaneo, senza mezzi sufficienti n
16
Sanders, ibid., p. 95.
17
Sanders, ibid., p. 95.
18
Cf. Sanders, ibid., p. 94.
19
Non stato un momento, bens un lungo processo che inizi nel-
le Chiese locali, e che non cominci a unificarsi se non a partire dal
secolo IV...
228
elaborato discernimento...
20
sul quale ora non ci tocca riflettere).
Con la sua canonizzazione, questo testo fa un salto ermeneu-
tico assoluto e passa a essere considerato Parola di Dio, e a par-
tire da questo moment o - chi udendo gli occhi su t ut t o ci che
oggi sappi amo sul suo processo di formazione, che per tredici se-
coli stato ignorato - pensi amo che a Dio a cui crediamo, quan-
do accettiamo il testo come venuto di ret t ament e da Lui.
Ma passiamo al t ema dei contenuti di questo quart o vangelo.
in esso che pi si sottolinea la cristologia del Logos, uno degli ele-
menti pi influenti nella gestazione dell' immagine cristologica.
La cristologia del Logos
Esistendo dal principio, il Logos stato agente della creazione
divina. Come? Ci sono paralleli nella Scrittura ebraica: Dalla pa-
rola del Signore furono fatti i cieli (Sai 32,6). Dio... che t ut t o
hai creato con la t ua parola (Sap 9,1). E, ovviamente, esistono
stretti paralleli nella filosofia greca. Per esempio, nel comment o
di Filone sulla Creazione nella Genesi. Sembra che in Filone il
Logos non sia ancora un essere distinto o un essere reale che agi-
sce come intermediario di Dio, ma una semplice metafora per il-
lustrare l' estensione di Dio sul mondo
21
. Tuttavia, nel prologo di
Giovanni sembra che questa figura retorica della personificazio-
ne del Logos sia passata a individualizzarsi come essere reale, si
ipostatizzata. Che fenomeno questo? Seguiremo da vicino
Haight, in questa esposizione.
Il prologo del vangelo di Giovanni, che sembra essere l'afferma-
zione pi esplicita della divinit di Ges, dev' essere letto in ac-
cordo col suo genere, cio come linguaggio poetico e figurativo.
In un mondo greco-romano di politeismo, il monot ei smo degli
ebrei e dei pri mi cristiani era molto cont enut o, e la trascenden-
za di Dio era caut ament e protetta. Young suggerisce che Ges
non costitu un caso diverso dagli altri messaggeri di Dio nella
mappa cosmica od ontologica: servi, profeti, angeli, re... Ges non
20
Si ricordi la lamentela di W. Marxsen: se l'apostolicit stata cri-
terio fondamentale nella fissazione del canone, l'investigazione criti-
ca attuale dimostra che probabilmente non uno solo degli scritti
neotestamentari realmente di origine apostolica. Perfino Paolo in
questo senso pu essere apostolo solo mediatamente, poich non co-
nobbe il Ges terreno (Introduccin alNuevo Testamento, Salamanca
1983, 282. Citato da Torres Queiruga, La revelacin..., p. 410).
21
Dunn, Christology in the Making: A New Testament Inquiry into the
Origins of the Doctrine of the Incarnation, Westminster Press, Phila-
delphia 1980, pp. 220-230.
229
mai stato rivale del Dio unico di Abramo
22
. Ges non era Yahv;
Ges non era il Padre, l' unico Dio trascendente in grado emi-
nente. La questione del rapport o di Ges con Dio, pertanto, non
fu chiaramente delucidata dalla cristologia giovannea, cos che
continu a costituire probl ema fino al secolo IV.
Tuttavia, Ges era speri ment at o come divino. In qualche mo-
mento, nel corso del I secolo, probabi l ment e agli inizi della for-
mazione di una comuni t cristiana, Ges si trasform nel centro
e nell'oggetto del culto, e oggetto di adorazione. Nel vangelo di
Giovanni l' autore fa in modo che Tommaso dica a Ges: Mio
Signore e mio Dio! (Gv 20,28). Nel vangelo di Giovanni, una cri-
stologia del Figlio di Dio glorificato si accorda con una cristolo-
gia della sapienza e del Verbo, per esprimere la credenza in un
Ges che, in un certo senso, divino. Ma ci suscita la questio-
ne di come questo Ges divino si rapporti col Dio trascendente
della fede monoteistica. Come deve intendersi questo sviluppo?
Come si produsse?
Da una prospettiva storica, si pu capire la genesi del probl ema
del rapport o di Ges con Dio con l' ipostatizzazione del lin-
guaggio simbolico rispetto a Dio, in questo caso dei simboli sa-
pienza e Verbo. Ipostatizzazione, in generale, significa la
trasformazione di una idea o di un concetto in una cosa reale.
Nella sua accezione ampia, il t ermi ne ipostasi significa l'indi-
vidualit di una cosa: ipostasi una singolarit dentro una clas-
se o specie. Ipostatizzare interpretare un concetto come un es-
sere esistente; concretizzare o materializzare una idea. reifi-
care, e il processo di reificazione significa concepire l'oggetto di
una figura retorica come se fosse una realt.
D' altra parte, i simboli sapienza, Verbo e Spirito, che si trovano
nelle Scritture ebraiche e si riferiscono a Dio, non sono iposta-
tizzazioni, bens personificazioni. La personificazione una fi-
gura retorica nella quale si tratta o si parla in mani era cosciente
o deliberata di un simbolo come se fosse una persona. Proverbi
8 contiene una personificazione chi arament e deliberata dell'in-
telligenza o della saggezza di Dio, come persona e agente preesi-
stente a Dio. Come figura retorica, non pret ende di far capire che
la sapienza sia un' entit o un essere distinto o individuale.
Un passo i mport ant e di questo processo si produsse quando una
personificazione si trasform in ipostatizzazione, cio, quan-
do ci che era una figura retorica pass a significare un essere
reale. La saggezza non pi un simbolo linguistico che si rife-
risce indirettamente a un attributo di Dio, ma passa ad essere in-
22
Cf. Young, F., Creeds, p. 34.
230
tesa come un essere reale. Il Logos non pi una figura di reto-
rica, ma un essere specifico.
Nonost ant e il suo parallelismo con la cristologia della sapienza,
gli autori normal ment e riconoscono che l' autore del prologo di
Giovanni il pri mo a concepire chi arament e la pre-esistenza
personale del Logos-figlio e a presentarla come part e fondamen-
tale del suo messaggio
23
. Il prologo del quart o vangelo l'affer-
mazione pi piena e pi chiara della cristologia incarnazionista
del Nuovo Testamento. la prima cristologia incarnazionista in
tre stadi (preesistenza, esistenza umana ed esistenza gloriosa).
Come dicevamo pri ma, sono state le condizioni culturali concre-
te della comuni t di Giovanni quelle che permisero lo sviluppo
di questa teologia, in forma di speculazioni sugli esseri celesti
24
.
La logica di questa cristologia una immaginativa estrapola-
zione del linguaggio sapienziale
25
. Utilizza il linguaggio del mi-
to, della mitologia riflessiva (Elisabeth Shussler Fiorenza) o di
una immaginazione religiosa vitale che, in un atto di proiezione
immaginativa circa il principio, crea un racconto che esprime il
significato religioso di Ges. Le affermazioni a ri guardo dell'esi-
stenza e del comport ament o cosmico ed ext ramondano del Lo-
gos sono poetiche e immaginative nel senso pi profondo. Sono
mezzi per esprimere il significato e la posizione di Cristo nella
vita personale della comuni t cristiana
26
.
Un salto qualitativo
Qui si realizzato un salto qualitativo. Quando il Logos o la Sa-
pienza sono una personificazione (figura del linguaggio che si ri-
ferisce metaforicamente allo stesso Dio), ha un senso chiaro af-
fermare che la sapienza di Dio o il suo Logos si fanno presenti
in Ges. Ma quando diventano una ipostatizzazione, cio, un
essere reale, distinto da Dio Padre, allora l'affermazione che si
sta facendo ben diversa. Questo linguaggio della ipostatizza-
zione pericolosamente simile al pensiero della cultura politei-
stica. Ges sarebbe stato l' incarnazione di un secondo Dio?
Giustino mart i re si riferiva al Logos come a un secondo Dio
27
,
e anche Origene...
23
Dunn, ibid., p. 249.
24
Haight, ibid., p. 176.
25
Haight, ibid.
26
Kysar, John, p. 30.
27
Kelly, J.N.D, Early Christian Doctrines, Adam & Charles Black, Lon-
don 1977, p. 148.
231
Il salto qualitativo consistito, come dice John Hick, nel fatto
che ci che era poesia (la personificazione retorica di un attri-
but o di Dio) pass a essere intesa come prosa, come linguaggio
letterale (l' attributo di Dio cess di essere personificato retori-
camente per essere ipostatizzato, considerato come un essere
reale diverso da Dio stesso), ci che era una metafora ebraica
venne intesa come metafisica greca, in t ut t a la sua letteralit on-
tologica. Il Logos poetico divenne un Logos ontologico. Effetti-
vamente, un salto qualitativo e pi che qualitativo: sostanziale,
ontico...
Questo semplice cambi ament o di chiave letteraria (dalla poesia
alla prosa) introduceva di colpo, per la via dell' ipostatizzazione,
un nuovo personaggio divino, e creava il gran probl ema di met-
tere in relazione questo nuovo essere con l' unico Dio del mono-
teismo giudeo-cristiano. In qualche modo, si potrebbe dire che
tutto il dibattito teologico dei quat t ro primi secoli - fino al Con-
cilio di Calcedonia - non che il tentativo di conciliare l'affer-
mazione del carattere divino di Ges (identificato con questo nuo-
vo e misterioso essere del Logos) con il monot ei smo. La dottri-
na della Trinit sarebbe il risultato di questa faticosa concilia-
zione: la quasi impossibile affermazione del carattere divino di
Ges all' interno di una religione monoteistica, si sarebbe risolta
alla fine spostando il probl ema entro la vita interiore di Dio, in-
t roducendo in essa una differenziazione trinitaria.
Perch si ruppe la tradizione della dot t ri na pi ana e semplice del
monoteismo assoluto veterotestamentario, a favore di un com-
plicato compromesso con l' affermazione del carattere divino di
Ges? Per l'influsso di due forze, soprat t ut t o: in pri mo luogo per
l' ispirazione vigorosa e la bellezza affascinante del prologo di Gio-
vanni e, in secondo luogo, per la forza con cui la cristologia gio-
vannea si vide rivestita adot t ando lo st at ut o di Scrittura, con
la formazione del canone. Quella che era una riflessione teologi-
ca creata da una comuni t cristiana, divenne un testo ispirato e
rivelato, opera e Parola di Dio. A part i re da questo momento,
il testo ri mane sacralizzato e, in mani er a fondamentalista, in-
terpretato letteralmente come Parola di Dio, indiscutibile e inin-
terpretabile, assolutamente certo nel suo pri mo significato diret-
to, senza appello possibile al suo significato contestuale o alla sua
provenienza, senza concessione al cuna alla considerazione dei ri-
corsi retorici presenti in esso, un t est o i nt erpret at o come lin-
guaggio praticamente descrittivo che ci d una informazione di-
retta del mondo trascendente divino... Considerato in questo mo-
do, il testo diventa il principale riferimento di una cristologia del
Logos preesistente i ncarnat o in Ges, i gnorando il grave proble-
ma posto dal suo genere letterario originale, che una formula
cultuale, metaforica, punt o di confluenza t ra la cristologia della
sapienza e la cristologia del Figlio di Dio, che compi e un balzo
232
oltre se stessa, t rascendendo ancora di pi il suo carattere me-
taforico, fino alla ipostatizzazione.
In realt, con questa descrizione elementare o mi ni ma, abbi amo
gi, in sintesi, davanti agli occhi i tratti principali di quello che
stato il processo che spiega quali furono le condizioni che re-
sero possibile e che permi sero il risultato finale di ci che cono-
sciamo come il dogma cristologico, strettamente vincolato alla
correlativa dottrina trinitaria, nella cornice in cui esso si iscrive.
Sarebbero necessarie molte altre precisazioni e sfumature, ov-
viamente, ma a buon intenditor, per ragioni di spazio, baste-
ranno queste poche pennellate. Ci sia permesso ora di non trar-
re conclusioni - per le quali non ci sarebbe nemmeno un fonda-
ment o sufficiente - bens di fissare, semplicemente, alcuni sug-
gerimenti di reimpostazione, di revisione e di nuova visione.
Alcune riflessioni
Come leggere questa cristologia oggi?
Che cosa significa, come bisogna intendere at t ual ment e questa
cristologia? In se stessa, questa cristologia, non in realt un
problema: l, una realt positiva, una ricchezza inestimabi-
le del pat ri moni o spirituale simbolico cristiano. Il probl ema co-
me collocarci di fronte a essa, come appropriarcene. E la mag-
giore difficolt sopravviene quando interpretata e presa lette-
ral ment e. ri saput o che un testo lirico non pu essere interpre-
t at o alla lettera. Analogamente, la sublime poesia del Logos dev'es-
sere letta per quello che : un poema e un i nno di lode, un lin-
guaggio di amore e di fede. Quando letta cos, questa cristolo-
gia poetica innalza lo spirito umano, offre alla cristologia la for-
za della sacralit, riprende l' impressionante affermazione della
fede cristiana che Dio si trova in Ges, nella carne, in modo che
veramente Dio si rivela in lui.
Comprensione scorretta della Scrittura
Abbiamo detto che la base argomentativa principale di questi di-
battiti cristologici dei secoli II-V stata l' autorit della Scrittura.
Quella che era la riflessione liturgica di una comuni t cristiana,
riflessione cert ament e brillante e dot at a di una forza ecceziona-
le, la cristologia del Logos, si codific come Scrittura e cambi
status epistemologico Venne considerata come testo sacro, che
cess cos di essere umano per divenire divino, smise di espri-
mere la riflessione ispirata di una comuni t cristiana per diveni-
re parola pervenuta di ret t ament e da Dio, caduta dal cielo, paro-
233
la che informa direttamente su Dio, essendo Dio stesso che ci
informa riguardo a se stesso.
Nel caso della cristologia giovannea possiamo dire che acquis
questo statuto di rivelazione per un ulteriore motivo gi accen-
nato: la comunit di Giovanni metteva in bocca di Ges affer-
mazioni solenni sulla sua identit divina. In questo modo, una
cristologia sapienziale combinata con quella del Figlio di Dio, Lo-
gos preesistente, si trasform in materia di fede in Ges: egli stes-
so in persona avrebbe rivelato il mistero dell' incarnazione e del-
la sua identit divina e ce l'avrebbe confidata. Bisognava creder-
gli. Non si poteva dubitare. Non si potevano nemmeno inter-
pretare queste parole. Davanti a parole rivestite di tale autorit
assoluta e divina (e gesuanica), il ragi onament o umano non pu
far niente, se non rinunciare a se stesso e aderirvi ciecamente.
In questo errore di pensare che la preesistenza del Logos e la sua
incarnazione in Ges sarebbero state rivelate espressamente e di-
rettamente da Ges di Nazareth, sono rimaste tutte le Chiese cri-
stiane per pi di millecinquecento anni, fino a due secoli fa nel
caso dei protestanti e a cinquanta in quello dei cattolici, senza
dire che, ancora oggi, la stragrande maggioranza dei cristiani,
cattolici ed evangelici, ri mane in tale errore.
Il processo potrebbe essere stato questo: la comuni t cristiana ri-
flette liberamente sulla propria fede. Queste riflessioni vengono
ad essere canonizzate come Scrittura e da l si aut oi mpongono
come autorit divina. La Chiesa ri mane cos ostaggio della pro-
pria riflessione comunitaria, che ri mane pietrificata e impedisce
ogni revisione critica e ogni crescita
28
.
Pensiamo di credere a Dio per qualcosa che in realt Egli non
ci ha mai detto; siamo noi ad averlo detto, siamo noi che glielo
abbi amo attribuito, e siamo noi che adesso diciamo che dobbia-
mo credere a Lui, e che non possiamo pensare altrimenti perch
Dio stesso che ce l'ha rivelato
29
. Crediamo di fare un at t o di fe-
28
Questa situazione si presenta in molti altri campi della realt ec-
clesiale: ministeri, sacramenti, regole, abitudini... che la Chiesa ha
creato, ma che ha attribuito erroneamente col tempo a Ges, come
se lui personalmente li avesse stabiliti, e si considera ora non auto-
rizzata a modificarli, rimanendo ostaggio della sua propria opera. Cf.
Herbert Haag, Nur wer sich ndert, bleibt sich treu, Herder Verlag,
Friburg 2000. ID., iQuIglesia queria Jesus?, Herder, Barcelona 1998.
29
In definitiva, credere nella rivelazione sarebbe accettare qualcosa
come parola di Dio, perch qualcuno dice che Dio glielo ha detto af-
finch egli lo dicesse agli altri (Torres Queiruga, in AA.W., Diezpa-
lahras clave en religin, Verbo Divino, Estella 1992, p. 180).
234
de, di fede in Dio, ma si tratta di un atto di fede in noi stessi
30
:
stiamo credendo (a noi stessi) qualcosa che noi stessi abbi amo
detto, e non vogliamo indagare e analizzare l'origine della verit,
perch ci sembra meglio che le cose restino come sono e non si
destabilizzi l' istituzionalit religiosa che ci tiene al riparo e ci d
significato. Sarebbe molto laboriosa - forse t raumat i ca - una mi-
grazione di senso. Vogliamo cont i nuare a credere in ci che ab-
bi amo costruito perch ne abbi amo bisogno, perch a questo sco-
po stato costruito: per poter vivere sotto un sacro baldacchino
protettivo venuto dall' alto, accettato e vissuto senza obiezione dal-
la comuni t religiosa
31
.
chiaro: ci che qui in gioco, ancora una volta, la compren-
sione della rivelazione, t ema che abbi amo gi affrontato accura-
tamente
32
. Si amo in attesa che discenda pi ampi ament e nella
coscienza del popolo cristiano una concezione meno fondamen-
talista della rivelazione: che non ignori il processo di formazio-
ne degli elementi che la compongono e che valorizzi nella giusta
mi sura questi elementi, ma senza sacralizzarli e senza permette-
re che si trasformino in un peso schiacciante che ostacoli ogni
altra visione, o che tenga la comuni t cristiana prigioniera dei
propri elementi umani , da essa apportati, che costituiscono il so-
strato umano del processo della rivelazione. Finch questa com-
prensione non fondamentalista della rivelazione non si sar este-
sa e i mpadroni t a del cristianesimo, sussister il probl ema di al-
cune formule obsolete nel loro significato originale, che si nega-
no a ogni aggiornamento ermeneutico, davanti alle quali i teolo-
gi non troveranno altra uscita - inutile - che quella di fare equi-
librismi mentali interpretativi
33
per trovare spiragli di libert in
questo sequestro globale, nel quale rimangono ostaggi del loro
stesso fondamentalismo.
30
Qualcosa che oserei chiamare una petizione di principio fiducia-
ria: crediamo a noi stessi credendo di credere a un Altro.
31
Mariano Corbi, in Amando Robles, Repensando la religin, de la
creencia al conocimiento, Euna, San Jos de Costa Rica 2001, p. 17.
32
Cf. capitolo ottavo.
33
Con tutto il rispetto e l'ammirazione, a mio modesto avviso, sono
equilibrismi alcune interpretazioni del teologo DUPUIS che tenta
di trovare, con un vero spreco di ingegnosit, gli spiragli pi inim-
maginabili per costruire nuove interpretazioni che possano rendere
compatibili le opinioni pi classiche con le evidenze odierne che ci
s'impongono. Lo stesso Haight, che senza dubbio pi liberale e pi
liberato, non tralascia di fare mostra di una capacit acrobatica si-
mile nella sua interpretazione, per esempio, del Concilio di Nicea,
ibid., p. 460, per salvare, con lambiccate sottigliezze, quello che sem-
bra non salvabile. Se questi tentativi fossero corretti, direi che po-
trebbero salvare la loro fede solo persone intellettualmente geniali.
235
Bisogna insistere su questo punt o della rivelazione. Perch se
si sollecitano i teologi e le teologhe attuali, dopo un dialogo di
discernimento sulle ragioni che invocano la necessit di una reim-
postazione sia della teologia del pluralismo religioso (abbando-
no dell' inclusivismo), sia della cristologia, alla fine i teologi e le
teologhe, quando hanno dissipato tutti i loro dubbi... tirano fuo-
ri la ragione ultima, o l' unica ragione reale che non lascia loro
attraversare il Rubicone: il richiamo, a volte indiretto e acriti-
co, all' autorit della tradizione o della Bibbia
34
. la Scrittura
che lo afferma - si dice - senza assumere una impostazione cri-
tica su come si sviluppata questa affermazione biblica, consi-
derata, per il fatto di essere biblica, come una fonte aut onoma
d' indiscutibile credibilit. Alla fine, questa la ragione ultima, o
l'unica ragione reale di resistenza. E questo conferma ci che ab-
biamo gi detto: dato che il principio o fondamento della teolo-
gia la rivelazione, la chiave di vofta del rinnovamento della teo-
logia la reimpostazione della concezione della rivelazione. So-
lo una teologia della rivelazione depurat a dal fondamentalismo
permetter un avanzament o reale in tutti gli altri rami dell' uni-
verso teologico e religioso umano.
L'errore di una interpretazione letterale
e il compito della teologia
Gli specialisti lo dicono chi arament e e con franchezza: Riferir-
si al Logos o alla sapienza come a "un essere reale" nel contesto
cristiano , come mi ni mo, ambi guo ed equivoco. Che cosa signi-
fichi tale "ipostatizzazione" costituisce un grande problema. Tut-
tavia, la Chiesa intera durant e pi di millecinquecento anni, e an-
cora oggi l' immensa maggioranza del popolo cristiano, intende il
dogma i st ol ogi co e l' insieme della storia della salvezza in que-
sta forma mitica: creazione, peccato originale, scompiglio del pia-
no di Dio, ristrutturazione del piano, invio o missione del Ver-
bo, incarnazione in Ges, mort e redentrice come sacrifico espia-
torio... Sant' Ignazio immaginava, letteralmente, le tre divine per-
sone riunite per deliberare a quale di loro competesse di an-
dare nel mondo, incarnarsi, mori re e cos redimere gli esseri
umani, che dal II al X molti dei migliori teologi secolo riteneva-
no fossero fisicamente in potere del demonio come effetto del
presunto peccato originale che aveva cont ami nat o tutti gli uma-
ni per tutti i tempi... Questa comprensi one letterale della iposta-
tizzazione e del mito che oggi riteniamo essere un errore, sta-
34
Knitter, P., Hans Kung's Theological Rubicon, in Swidler, Lonard
(ed.), Toward a Universa! Theology of Religion, Orbis Books, Maryk-
noll 1988, p. 227.
236
ta la comprensione domi nant e e quasi l' unica nella storia della
Chiesa per secoli e secoli, ed ancora oggi assolutamente mag-
gioritaria. Le preghiere del messale r omano cattolico s' incarica-
no di ricordarcelo quasi ogni giorno, senza che l' autorit com-
petente si preoccupi mi ni mament e di questo fattore di fonda-
ment al i smo e di ritardo di uno dei centri generatori della co-
scienza e della spiritualit cristiane...
Si fa dunque imperiosa la necessit di reinterpretare e di aiuta-
re il popolo cristiano a superare le interpretazioni letterali, cos
come il ritorno al senso originale e alla rivendicazione della me-
tafora, che sempre si rivelata pregna di vigoroso potere e di fe-
condit. Questo il compito della teologia, ma della teologia ve-
ra, cio la teologia libera e gratuita, non quella dei funzionari che
fanno teologia guardando verso l'alto per chiedere che cosa si pu
o non si pu dire secondo gli interessi dell' istituzione. Bisogner
che i teologi ritornino bambi ni come quelli del Vangelo, e come
il bambi no della favola di Andersen, che riusc a dire che il re
nudo, come in realt lo vede la maggioranza di coloro che usa-
no la testa. L' istituzione non vuole vera teologia, ma solo ideolo-
gia giustificatrice... Per questo t ant o difficile portare a t ermi ne
il rinnovamento della mentalit teologica del popolo cristiano, in
un' epoca come questa nella quale tanti funzionari hanno sop-
pi ant at o il ministero della teologia.
La lezione della pluralit delle cristologie
nel Nuovo Testamento
molto i mport ant e constatare che nel NT si present ano una plu-
ralit di cristologie. Non sono uguali queste cristologie, non so-
no riducibili l' una all' altra, a volte divergono notevolmente e sem-
brano perfino contraddirsi in alcuni aspetti. E tuttavia sono sta-
te tutte conservate e nessuna squalifica le altre, e tutte possono
essere affermate si mul t aneament e. Perch? Precisamente perch
le cristologie sono affermazioni simboliche che concernono
aspetti trascendenti di Ges Cristo, concepite a partire da diver-
se prospettive, senza che nessuna di esse contenga adeguat ament e
il proprio oggetto.
Dalla sua riflessione sulla pluralit delle cristologie nel NT, Hai-
ght deduce che il criterio per l' idoneit di una cristologia non pu
essere un' altra cristologia. La nat ur a del pluralismo consiste nel
mant eni ment o delle differenze nell' unit, o dell' unit nelle diffe-
renze. In questa concezione di pluralismo che si riflette nel NT,
non si pu mettere mano a una cristologia ed erigerla a nor ma
per le altre. Il motivo che il pluralismo delle cristologie neote-
st ament ari e risiede propri ament e nella diversit, e non c' og-
gettiva ragione in dette cristologie per preferire l' una all' altra. In
237
base a che cosa, si sosterrebbe, per esempio, che la cristologia
giovannea quella normativa, cos che la cristologia di Luca, che
diverge da quella di Giovanni su punt i importanti, sarebbe ete-
rodossa? N Luca squalifica Giovanni. Quindi, il processo per
giudicare l' ortodossia di una cristologia non pu ridursi a un con-
fronto esteriore delle differenze, tale che la descrizione, il lin-
guaggio e la struttura di credenza oggettivamente sviluppate da
una cristologia possano essere la mi sura di un' altra cristologia.
Questo il significato del pluralismo delle cristologie neotesta-
mentarie, che non pu essere ignorato
35
.
Con tutte esse
36
sono sopravvissute la Chiesa e la fede in Ges, e
tutte hanno dato il loro apporto e si sono reciprocamente com-
pletate. Perch se ne dovrebbe imporre una, emarginando le altre?
Domande pi concrete per la teologia del pluralismo religioso
Tutta questa problematica at t orno alla costruzione del dogma cri-
stologico ha ripercussioni dirette su temi decisivi della teologia
del pluralismo religioso. Anche in questo caso, non vogliamo ri-
cavare conclusioni fisse o definitive, ma pi ut t ost o sospetti, sug-
gerimenti di reimpostazione, di revisioni e nuove visioni.
Sono validi i dibattiti conciliari di Nicea-Calcedonia dal punt o
di vista del loro processo st ret t ament e argomentativo
37
, una vol-
ta che abbi amo scoperto che furono realizzati su questo cumul o
di equivoci e di cattive interpretazioni, e sulla base argomentati-
va di un NT inteso come linguaggio descrittivo diretto, secon-
do una concezione mitica e verbalistica della rivelazione, e come
somma di versetti separabili ed estrapolati?
Se per il NT la critica ci ha resi capaci di un' interpretazione di-
versa da quella letterale, mai possibile che i credi niceno e con-
stantinopolitano siano pi sacri della stessa Scrittura cos da non
permettere che il dogma cristologico che essi espri mono sia sot-
toposto a un' analisi ermeneutica e venga recuperat o secondo una
reinterpretazione non letterale (che riscatti la metafora pospo-
35
Ibid.
36
Torres Queiruga sostiene che parlare della Scrittura, del Vangelo,
del kerigma un'astrazione, perch ci che abbiamo sono scritture,
vangeli e kerigmi (La revelacin..., p. 424). Lo sforzo coscienzioso e
storico della filologia mette in rilievo la pluralit come caratteristica
della primitiva predicazione cristiana (Rahner - Lehmann, Kerygma
y dogma, in Mysterium Salutis I, Madrid
3
1980, p. 741: in Torres Quei-
ruga, La Revelacin..., p. 425.
37
Cio, lasciando da parte le tremende questioni sulla loro legitti-
mit, la mancanza di libert, le influenze politiche patite, i discuti-
bili comportamenti di alcuni dei padri conciliari dirigenti...
238
nendo la metafisica)? necessario denunci are e combat t ere qual-
siasi enclave di fondamentalismo, bench esso sia incistato nel
cuore stesso del cristianesimo.
Cos come sembra che la teologia non abbia ancora tratto le con-
seguenze dai dati emersi dalla nuova ricerca sul Ges storico (R.
Aguirre), si pu dire che nemmeno la teologia della rivelazione e
la cristologia abbiano aggiornato le loro impostazioni, n abbia-
no ricavato nuove conclusioni da tutto ci che oggi siamo giunti
a sapere circa l'origine materiale stessa del Primo Testamento e
della pi vicina elaborazione del Secondo Testamento.
Ent rando in pieno, come siamo, nella rot t ura che il cambia-
ment o epocale attuale suppone, forse dobbi amo dare pi ascol-
to alle voci che chiedono un nuovo atteggiamento di fronte a Ge-
s. Le risposte date in epoche t ant o lontane dalla nost ra - sia co-
me distanza t emporal e che culturale - non servono pi, e la no-
stra generazione ha il diritto e il dovere di rispondere liberamente
e rispettosamente alla domanda di Ges: E voi, chi dite che io
sia?. Non si t rat t a di avvicinarsi a Ges a partire da una rispo-
sta cristiana ereditata, ma di avvicinarsi a Ges (e a qual unque
altra proposta religiosa) e a partire dalla sua conoscenza rispon-
dere alla sua domanda. Ossia, la strada contraria a quella a cui
istituzionalmente ci obblighiamo oggi nel cristianesimo.
Conoscendo il processo di formazione della Scrittura, e com-
prendendo teologicamente meglio il suo significato profondo, tan-
to l ont ano dalla comprensi one primitiva e mitica di ci che sta-
to inteso come una ri-velazione fisicamente tale e quasi stret-
t ament e divina, non sarebbe opport uno cambiare il nome di ci
che chi ami amo rivelazione
38
, dato che questa parola dipende da
una comprensione mitica e inevitabilmente, per associazione di
idee, continua a favorire il ritorno a questa nociva comprensio-
ne
39
? Non sarebbe ugualmente opport uno cambiare il nome del-
la virt della fede? In effetti, non pi convincente sostenere
38
Come abbiamo patrocinato il superamento del concetto di ele-
zione, ci permettiamo di suggerire la possibilit di abbandonare il
concetto di rivelazione per sostituirlo con un altro pi adeguato ed
eloquente.
39
In materia di simboli, nomi e metafore, non basta sfumare i loro
nomi nello status quaestionis, come facevano gli scolastici, ma ne-
cessario sostituire tali simboli, nomi o metafore, perch i simboli in
generale colpiscono le strutture profonde o inconsce delle persone, in-
dipendentemente dal fatto che a livello cosciente possono essere sfu-
mati o perfino respinti. Se non si sostituiscono, se si continuano a uti-
lizzare, la mente e la psiche tornano di nuovo, quando meno ce l'aspet-
tiamo, alle strutture e ai significati che sempre hanno veicolato.
;
239
che la fede umana interpersonale sia la struttura o l' esperienza
umana pi simile o parallela
40
al rapport o dell'essere umano con
ci che chiamiamo Dio, n sarebbe simile alla fede interperso-
nale ci che in gioco nella scommessa fondamentale dell'esse-
re umano di fronte all'esistenza e alla intuizione del senso.
Si pu per caso ritenere che il mandat o di congelamento della
formula di Costantinopoli continui a essere in vigore - come di
fatto, per altre ragioni, si d per scontato -, o si pu pensare, al
contrario, che ci che in vigore l' imperiosa necessit di rileg-
gere quella formula e di riformularla in modo che sia intelligibi-
le per chi non accetti la filosofia greca (che oggi quasi nessuno
accetta)
41
? Chi s'incarica di ricordare alle Chiese cristiane che so-
no infedeli al Vangelo se non fanno il possibile per rendere in-
telligibile la Buona Novella?
Che conseguenze avr per un cristianesimo rinnovato una im-
magine di Ges di Nazareth recuperata e teologicamente ricrea-
ta, spogliata della distanza metafisica in cui le categorie ontolo-
giche della cultura filosofica greca l' hanno t enut a sequestrata?
Sar un Ges che andr d' accordo con gli altri nomi , dai qua-
li pure gli esseri umani sono stati salvati in lungo e in largo del-
la storia? Sar un Ges capace di pregare sinceramente insieme
a uomini e donne di ogni razza, lingua e nazione (e religione)?
Sar un Ges che inviter noi, suoi discepoli, affinch riuniti con
i credenti di altre religioni rendi amo grazie al Dio di tutti i no-
mi per la sua multiforme manifestazione, invece di andare a
convertirli alla nostra religione?
Se, come dice Christian DUQUOC, le cristologie sono costru-
zioni transitorie che utilizzano st rument i concettuali contingen-
ti
43
, non si potrebbe applicare tutto questo, in qualche modo e
misura, alle cristologie che le pri me comuni t cristiane crearono
nella loro riflessione su Ges risorto? Il fatto che tali cristologie
40
Sebastin, F., Antropologia y teologia de la f cristiana, Sigueme, Sa-
lamanca, 1972.
41
Rahner, osservando che la verit di un enunciato della fede tra-
scende la sua formulazione, ha fatto questa dichiarazione nel 1954:
"In questo modo, abbiamo non solo il diritto bens il dovere di com-
prendere questa definizione, nello stesso tempo, come un punto di
arrivo e come un inizio" (J. Moingt, ibid., p. 181). La formula cal-
cedonense dev'essere presai pi come inizio che come fine (K. Rah-
ner, Problemas actuales de Cristologia, en Escritos de teologia I, Ma-
drid 1967
3
, pp. 167ss.
42
Knitter, P., Jesus and the Other Nantes, Orbis, New York 2001.
43
In Mesianismo de Jesus y discrecin de Dios. Ensayo sabre los limi-
tes de la cristologia, Madrid 1985, p. 11.
240
verranno poi accolte nella Scrittura cristiana, non toglie nulla al
loro essere propri ament e una riflessione umana cristologica co-
munitaria, che partecipa della limitazione e della contingenza ti-
piche di ogni cristologia.
Che conseguenze avr per la teologia delle religioni o teologia
del pluralismo religioso un tale recupero di Ges e una revisio-
ne della cristologia coerente con essa? Non si pot rebbe pensare
che sparirebbero la maggior part e delle difficolt teoriche che ha
at t ual ment e il cristianesimo a riconoscersi su un pi ano di fon-
dament al e parit con le altre religioni del mondo?
Come abbi amo detto in altre occasioni, forse avremo bisogno di
varie generazioni per rispondere a tutti questi interrogativi che
ci si pongono. Frat t ant o, la nost ra generazione - e soprat t ut t o i
teologi e le teologhe - ha l'obbligo di riflettere, a voce alta, con
responsabilit e altrettanta audacia, con sincerit e altrettanta li-
bert.
241
Capitolo tredicesimo
La regola d'oro.
La dimensione etica delle religioni
Dopo i due capitoli precedenti - l'uno ecclesiologico e l'altro
cristologico - che sono logicamente necessari per intavolare
il dialogo teorico con la tradizione teologico-dogmatica clas-
sica in vigore, i prossimi capitoli o lezioni presenteranno
aspetti di altro genere, maggiormente in dialogo con la mo-
dernit e con la vita pratica. Ma prima, e come nota finale
di questo dialogo con la dogmatica classica, dobbiamo ac-
costare anche questo tema centrale e per nulla dogmatico,
che riposizioner la polemica teologico-sistematica su altre
coordinate, molto pi accessibili, e ci restituir un po' di pa-
ce e serenit in mezzo ai possibili dubbi. Attenti, per: la re-
gola d'oro, cos semplice ed elementare, non cessa di esse-
re rivoluzionaria...
I. Per sviluppare il tema
VEDERE
Il pluralismo religioso contiene inevitabilmente una di-
mensione teorica o teologica. Se, come abbi amo visto, la
maggior parte delle religioni sono nat e nell' esclusivismo,
la percezione della pluralit religiosa - oggi inevitabile -
prospetta a ogni religione la necessit di comprendere teo-
ricamente il significato e la validit salvifica delle altre re-
ligioni. E, logicamente, le religioni non possono giungere
a questa comprensione se non dalla comprensi one teorica
che ognuna ha di se stessa. in questo senso che diciamo
che il dialogo interreligioso (o perfino la semplice com-
prensione della pluralit religiosa) present a questa inevi-
tabile dimensione teorica, non pot endosi ri durre a una que-
stione solo pratica, di semplici relazioni umane pratiche.
Questa dimensione teorica o teologica uno dei grandi
problemi del pluralismo religioso. Le religioni - qual cuna
242
di pi, altre meno, ma in definitiva tutte - hanno difficolt
che sembrano insuperabili sul t erreno della teoria. La teo-
ria, nell' ambito delle religioni, accresce incredibilmente le
loro difficolt, a confronto con ci che avviene in altri cam-
pi, come con le scienze o la politica. Nella religione la teo-
ria ha a che fare con difficolt aggiuntive, come i dogmi,
la verit rivelata, la fede, il magistero, il deposito
della fede, la fedelt alla tradizione, la irriformabilit
delle verit definite, il carattere assoluto della propri a
religione, il mandat o di estendere la propria verit e di
convertire gli altri, lo zelo apostolico per combattere l'er-
rore, il fondamentalismo, ecc.
1
L' aspetto teorico o teologico nel mondo delle religioni co-
me un campo seminato di ostacoli, sia per la normale
ragione religiosa sia per il dialogo interreligioso. Le reli-
gioni hanno di fronte un difficile cammi no da percorrere:
a un pri mo livello, interno, per comprendere loro stesse la
pluralit religiosa (quello che Panikkar chi ama l'intra-
dialogo) e a un secondo livello, esterno, per dialogare in-
terreligiosamente con le altre religioni.
In particolare, le religioni monoteistiche hanno difficolt
teoriche specialmente riguardo al dialogo interreligioso
2
.
Il cristianesimo ne ha
3
e, a sua volta, il cattolicesimo ne ha
di ulteriori, perch gi le trova nello stesso dibattito teo-
logico interno: l c' la storia dei dogmi e delle eresie, la
storia dei concili ecumenici
4
e dell' Inquisizione, i dissidenti,
i perseguitati, i condannat i e i giustiziati per motivi teolo-
1
Bench vari di questi concetti abbiano una denominazione che ti-
picamente cristiana, e anche cattolica, chiaro che si riferiscono a
realt che esistono anche in altre religioni, sia pure con altri nomi e
in altri gradi.
2
Si afferma in generale che le religioni monoteistiche come il cri-
stianesimo, l'islam e il giudaismo, con la loro esigenza di verit as-
soluta, troveranno estrema difficolt a trattare con la pluralit delle
religioni (Mathew Jayant, De la pluralidad al pluralismo, in Selec-
ciones de teologia 163 (settembre 2002) p. 175.
3
II cristianesimo, per il fatto dell'Incarnazione, e anche della Trinit,
una religione in cui la dottrina ha molta pi importanza che in al-
tre (cf. Meunier, Bernard, (Vor qu llegaron los dogmas?, in Seleccio-
nes de Teologia 164 (dicembre 2002) p. 311; anche in RELaT,
<http://servicioskoinonia.org/relat/320.htm>.
4
Tutti i concili della Chiesa cattolica, tranne il primo e l'ultimo, co-
me gi abbiamo detto, hanno pronunciato i loro anatemi.
243
gici, dal secolo IV
5
fino ad oggi
6
. Del resto, molte religioni
hanno dietro di loro una pesante storia d' intolleranza e di
dogmatismo, che non il migliore assetto per l'accetta-
zione sincera del pluralismo.
Ebbene, davanti a questo panor ama per niente allettante,
molto i mport ant e alzare lo sguardo dallo stretto campo
della teoria e rendersi conto che la teoria non tutto, e che
le religioni stesse hanno, ent ro il loro enorme pat ri moni o
simbolico, elementi di vita e di prassi capaci di sbloccare
queste difficolt e questi intoppi teorici. Ci riferiamo alla
dimensione etica, che pure universalmente presente in
tutte le religioni, perch non potrebbe essere altrimenti. Se
sul terreno teorico il dialogo t ra le religioni difficile e spi-
noso, sul t erreno etico il dialogo e perfino l' accordo e l'azio-
ne comune si present ano come molto pi accessibili.
Durante secoli, o millenni, il cristianesimo, dat a la sua pro-
pensione all' intellettualismo in quant o erede della cultura
greca, ha messo la teoria dinanzi alla pratica, il dogma al
di sopra dell'etica, la dottrina davanti alla vita, l' ortodos-
sia al posto dell' ortoprassi. i mport ant e riflettere su que-
sta maniera erronea di procedere che, come vedremo, va
contro ci che dicono le stesse tradizioni religiose origi-
nali. Per secoli abbiamo messo il carro davanti ai buoi,
ed ora che invertiamo questo ordine di precedenza.
Cerchiamo dunque d' illuminare questo grave probl ema re-
lativo alle difficolt intellettuali o teoriche del pluralismo
religioso con la luce che ci pu venire dalla dimensione eti-
ca delle religioni. Forse essa aprir vie di superament o, o
almeno di relativizzazione, delle suddette difficolt.
GIUDICARE
Per affrontare questa dimensione sceglieremo inizialmen-
te un elemento etico delle religioni che attira per lo spe-
ciale fascino che possiede. Ci riferiamo alla cosiddetta re-
gola d'oro.
5
stato probabilmente Priscilliano il primo eretico mandato a mor-
te dalla Chiesa cristiana, nell'anno 380.
6
Si afferma che siano pi di 500 i teologi e le teologhe perseguitati
durante il periodo di Giovanni Paolo IL
244
Chiunque di noi pu aprire un vangelo cristiano e render-
si conto che in esso figura questa regola, cos chi amat a nel-
le intestazioni con cui traduttori o comment at ori suddivi-
dono il testo biblico. Il nome regola d'oro sta a indicare
che, nonost ant e la sua semplicit, la regola raggiunge sen-
za dubbi o un livello etico molto profondo ed somma-
ment e preziosa fra tutte le regole, d'oro. Questa in-
fatti la Legge e i Profeti (Mt 7,12).
Ma in genere i cristiani ignorano che si tratti di una re-
gola in qualche modo sovracristiana, non specifica del cri-
stianesimo. Non solo perch una regola di buonsenso, di
etica mi ni ma, o che altri chi amerebbero di etica natura-
le, ma perch esplicitamente espressa in molte delle
grandi religioni con mi ni me varianti. Vediamolo.
- Nella felicit e nella sofferenza dovremo astenerci dall'in-
fliggere agli altri quello che non ci piacerebbe infliggesse-
ro a noi (Mahavira, Yogashastra, 2, 20, Giainismo).
- Non ferire gli altri con ci che fa soffrire te (Buddha, Sut-
ta Pitaka, Udanavagga 5, 18, Buddhi smo).
- Quello che non vuoi ti venga fatto, tu non farlo agli altri
(Confucio, Analecta 15, 23, Confucianesimo).
- Non fare agli altri ci che, se fosse fatto a te, ti cause-
rebbe pena (Mahabharata 5, 15,17, Indui smo).
- La buona nat ura quella che si repri me per non fare
all' altro ci che non sarebbe buono per se stessa (Dadistan-
i-Denik 49, 5, Zoroastrismo).
- Quello che per te detestabile, non farlo al t uo prossi-
mo. Questa tutta la legge. Il resto sono comment i (Hil-
lel, Talmud bah, Shabbat 31, Giudaismo).
- Ci che volete gli uomi ni facciano a voi, cos anche voi
fatelo a loro (Ges, Vangelo di Luca 6,31). Non fare a nes-
suno ci che non piace a te (Tobia 4,15, Cristianesimo).
- Non desiderate per gli altri, quello che non desiderate per
voi stessi (Baha' u' llah, Kitab-i-Aqdas 148, Bahi).
- Quello che vi irrita della condotta degli altri rispetto a voi,
non fatelo a loro (Isocrate, Nicocles 61, Filosofo greco).
- Veramente, Dio ordina la giustizia e di fare il bene {Co-
rano 16:92). Nessuno di voi un credente sino a che non
desidera per suo fratello ci che desidera per se stesso (Sun-
nah, Islam).
Questa regola d' oro dunque scritta nelle Sacre Scritture
delle principali religioni del mondo. Si t rat t a di una rego-
245
la rivelata, una rivelazione concepita ogni volta con spe-
cifiche modalit. Possiamo pensare, in ogni caso, che nes-
suna religione rivendicher di avere una propri a ed esclu-
siva rivelazione di questa regola d' oro. Tra l'altro perch
testimoniata anche da filosofi che si attengono alla sola ra-
gione umana. Cos, di Talete di Mileto (600 a. C), si rac-
conta che essendo stato interrogato sulla massi ma regola
del vivere bene, rispondesse: Non fare il male che vedi in
altri. In Pitagora (580 a.C.) troviamo una formula simile:
Non fare tu quello che aborrisci in altri. Isocrate (400
a.C.) formula la stessa cosa in modo positivo: Tratta gli
altri allo stesso modo in cui tu desideri essere trattato
7
.
L' imperativo categorico di Kant potrebbe essere inteso
come una modernizzazione, razionalizzata e secolarizza-
ta, di questa regola d' oro: Agisci in modo che questa mas-
sima della t ua volont possa valere in ogni moment o co-
me principio di una legislazione universale
8
. O anche:
Agisci in modo tale da usare l' umanit, t ant o nella t ua
persona quant o in qualsiasi altra, sempre come un obiet-
tivo e mai come un semplice mezzo
9
.
Possiamo ritenere, dunque, che questa regola universal-
ment e percepita con la sola ragione, sia confermata e con-
sacrata dalle religioni, che la considerano come d'oro,
cio valida, centrale, prima, imprescindibile, e riassuntiva
dell' insieme dei doveri umani e religiosi.
Se esiste questo consenso umano, e al cont empo filosofi-
co e religioso, cos universale, bisogna chiedersi: non sa-
rebbe possibile e conveniente fare di questa regola d' oro il
fondamento certo del dialogo interreligioso? Le religioni
non trovano forse qui un terreno comune accettato da tut-
te, per costruire, a partire da esso, consensi pi ampi e
profondi?
FONDAMENTI BIBLICI
Vorremmo ora cercare i precedenti, i fondamenti e le proie-
7
Cf. L. Boff, Jesucristo el Liberador, Sai Terrae, Santander 1980, p. 98.
8
1. Kant, Krtik derpraktischen Vernunft, A 54, in Werke, voi. IV, Frank-
furt/Darmstad 1956, 140.
9
I. Kant, Grundlegung tur Metaphysik der Sitten, BA 66s, in Werke,
voi. IV, 67.
246
zioni pi rilevanti di questa regola d' oro all' interno della
nost ra concreta tradizione cristiana. Cosa pu significare
per noi questa preziosa regola?
a) Conoscere Yahv prat i care la giustizia
l' espressione sintetica di un pensiero e un ri chi amo ca-
ratteristico dei profeti biblici. Lo ripetono all'infinito. Ve-
di amo un testo tipico:
Guai a chi costruisce la casa senza giustizia e il piano di so-
pra senza equit, che fa lavorare il suo prossimo per nulla,
senza dargli la paga, e dice: Mi costruir una casa grande
con spazioso piano di sopra- e vi apre finestre e la riveste di
tavolati di cedro e la dipinge di rosso. Forse tu agisci da re
perch ostenti passione per il cedro? Forse tuo padre non
mangiava e beveva? Ma egli praticava il diritto e la giustizia
e tutto andava bene. Egli tutelava la causa del povero e del
misero e tutto andava bene; questo non significa infatti co-
noscermi? (Ger 22,13-16).
Conoscermi consiste nel praticare la giustizia, dice il te-
sto
10
, in sintesi. Per noi che si amo occidentali eredi della
cultura greca, la grande tentazione quella di ri durre que-
sto pensiero profetico semita alle nostre categorie elleni-
che, i nt roducendo perci le categorie di causa ed effet-
to: la pratica della giustizia effetto del conoscere
Yahv, che sarebbe la causa. Con ci, conoscere Yahv
cont i nua a essere conoscere Yahv, e praticare la giustizia
cont i nua a essere praticare la giustizia; l' unica cosa che
facciamo i nt rodurre t ra i due elementi un vincolo cau-
sale. Ma anche la Bibbia conosceva la categoria causa,
per non la applica. Per i profeti - e un po' per t ut t a la Bib-
bia -, il conoscere non un atto intellettuale che ha con-
seguenze etiche, ma un atto che si realizza nella stessa pra-
tica etica dell' amore e della giustizia. colui che pratica
10
Si possono citare molti altri testi: Gd 2,16-19; 3,10; 4,10; 10,2-3.
ISam 8,7-22; 9,17; 13,14. Os 8,13; 6,6; 4,lb-2; 2, 21-22; 10,12; 12,17.
Ger 6,18-21; 7,4-7.11-5.21-22; 21,12; 9,23. Is 1,11-17; 1, 23; 3,14-15;
10,1-2; 11,1-9; 32,17-18; 58, 2.6-10. Sai 82,2-4; 9,10-13; 10,14-15; 33,5;
37,21; 40,18; 62,11; 72,4; 76,10; 89,11. Am 5,21-25; 5,7-17. Mie 6,6-
8.9-12.
247
l' amore e la giustizia che real ment e conosce Yahv, e lo
conosce nell' atto stesso di questa pratica. Bench non co-
nosca Dio alla mani era greca, ossia, bench non lo sappia
definire, n sappia esprimere qual la sua nat ura, n sap-
pia formulare una dottrina al ri guardo con concetti chia-
ri e distinti.
Nella mentalit biblica, dunque, la regola d' oro la pra-
tica della giustizia e dell' amore ed , per ci stesso, co-
noscenza di Dio. Ovviamente, questo principio cos uni-
versale i ndubbi ament e una base fondata e sicura per la
costruzione di una teologia del pluralismo religioso, come
anche per mettere in mot o un dialogo interreligioso senza
frontiere.
b) La giustizia come il vero culto
Nell'A.T. questo un t ema legato al precedente. Poich i
profeti ritengono che conoscere Yahv praticare la giu-
stizia, propri o per questo hanno un atteggiamento molto
sospettoso di fronte al culto. Si parl at o dell' anticulto
dei profeti. Il loro di l emma : culto o amore-giustizia? I lo-
ro testi sono lapidari e perfino sconcertanti. Vediamo que-
sto di Amos:
Io detesto, respingo le vostre feste
non gradisco le vostre riunioni;
anche se voi mi offrite olocausti,
io non gradisco i vostri doni
e le vittime grasse come pacificazione
io non le guardo.
Lontano da me il frastuono dei tuoi canti:
il suono delle tue arpe non posso sentirlo!
Piuttosto scorra come acqua il diritto
e la giustizia come un torrente perenne.
Mi avete forse offerto vittime
e oblazioni nel deserto
per quarant' anni, o Israeliti? (Am 5,21-25).
Anche qui facile dire che i profeti non sono contro il
culto in quant o tale, bens solo cont ro un culto celebra-
t o in condizioni d' ingiustizia. Con ci, il pensiero dei pro-
feti si adat t erebbe facilmente alla nost ra ment al i t e il cul-
t o potrebbe cont i nuare a occupare il post o centrale della
248
nost ra cosmovisione religiosa. Ma i profeti non sono preoc-
cupat i per il culto in quant o tale, perch non sono gre-
ci. Ci che loro manifestano che l' accesso privilegiato a
Dio non solo non avviene per la via intellettuale, dottri-
nale e dogmat i ca dell' ortodossia, come accennavamo nel
paragrafo precedent e, ma consiste nella prat i ca del culto,
nella prat i ca dell' amore e della giustizia. Per i profeti, per
cos dire, la regola d' oro ci avvicina a Dio pi che il culto
stesso.
Se cos, l' alleanza delle religioni nella lotta per la giusti-
zia si trasforma nel cont empo in esperienza di Dio, che
pu essere esplicitata come esperienza interreligiosa, e que-
sta sar senza dubbi o la piattaforma che riunir le migliori
condizioni per realizzare un dialogo interreligioso.
e) Ges conferma questi ori ent ament i profetici
Poich abbi amo gi t rat t at o questo lato concreto di Ges
nella lezione 10, adesso ri corderemo semplicemente quan-
to detto e ne ampl i eremo solo qualche aspetto. L diceva-
mo che Ges si manifesta chi arament e come teo-regno-
centrico, macroecumeni co, teoprassico, anticultuale, non
ecclesiocentrico, oltre il religioso... Con questo atteggia-
ment o Ges procl ama la regola d' oro: Mt 7,12 e Le 6,31.
Vi sono molti altri passi evangelici, del genere pi diverso,
che coincidono e rafforzano la stessa visione:
- Mt 25,3 lss: hanno conosciuto Dio e sono stati di fatto in
rapport o con Lui, coloro che hanno servito misericordio-
sament e i bisognosi. Hanno conosciuto Dio perch hanno
praticato la giustizia, bench non sapessero di essere in
rapport o con Dio. La loro positiva relazione con Dio era
pratica, non intellettuale o teorica. La parabola degli atei,
come chi amat a questa parola di Ges, un' altra manie-
ra di presentare la regola d' oro. Questa parabol a riassume
anche la Legge e i profeti. La sua esigenza etica suppli-
sce ogni esigenza di culto e di ortodossia (Mt 25,37.38.44).
- Le 10,25 espone la stessa idea attraverso un caso pi
estremo, con una presentazione che pot r emmo chi amare
ancora pi anticlericale, anticultuale, antistituzionale. Il
soggetto proposto come esempio non precisamente un
membr o del Popolo di Dio, non conosce la Legge e, pi an-
249
cora, eretico scismatico, eterodosso, samaritano. ri-
saputo che per gli ebrei dell' epoca, il samari t ano era il pro-
totipo della persona eterodossa. Ebbene, questa persona
viene prima, nella parabol a di Ges, del levita e dello stes-
so sacerdote. Di dove gli viene tale precedenza? Non dalla
sua conoscenza intellettuale, teologica, teorica, dogmati-
ca. .. in cui era chi arament e inferiore, bens dall'avere pra-
ticato la misericordia nei confronti del suo prossimo. Que-
sta e molte altre pagine del vangelo che met t ono stranieri
davanti al popolo eletto, sono chi arament e altrettante
versioni della regola d' oro evangelica.
- Nella conversazione con la donna samari t ana (che, per
la mentalit giudaica del moment o, doveva essere doppia-
mente evitata, perch donna e perch eterodossa), Ges si
pone al di sopra della discussione religioso-teologica non
conciliabile che contrapponeva i due popoli, l' ebreo e il sa-
mari t ano. Si consideravano reci procament e eretici, etero-
dossi, scismatici, lontani da Dio, persone e popoli che do-
vevano essere evitati. Ma Ges non evita la samari t ana; al
contrario, si avvicina a lei, intavola una conversazione ami-
chevole e le annunci a che gi arrivata l'ora i n cui i ve-
ri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verit, n a
Gerusalemme n sul Garitzim. Di nuovo Ges assume le
posizioni dei profeti, cio della conoscenza di Yahv come
pratica della giustizia e del pri mat o dell' amore concreto
sul culto.
Per brevit non comment eremo molti altri testi evangeli-
ci, per esempio Mt 5,23-24: lascia l'offerta e riconciliati in
pri mo luogo. Mt 9,11-13: misericordia voglio, non sacrifi-
ci. Mt 23,23-24: di ment i cano la cosa pi grave, la giustizia
e l' amore.
E. STAUFFER arriva a dire: L'epifania dell' umanit di Dio
culmina nella professione, da part e di Ges di Nazareth,
della regola d'oro della carit umana
11
. L' umanit di Dio
arriva a manifestarsi pienamente in Ges quando egli assu-
me questa percezione universale della centralit dell' amore
e della giustizia come via di accesso a Dio (e pertanto - pos-
siamo aggiungere - di dialogo tra tutti coloro che cercano
Dio, di dialogo interreligioso).
11
Die Botschaft Jesu damals und heute, Bern-Miinchen 1959, p. 59.
250
d) Il resto del Nuovo Test ament o
insiste sullo stesso concetto
In pri mo luogo bisogna riconoscere che la regola d' oro com-
pare, senza questo nome ma in mani era pi enament e equi-
valente, in altri punt i del NT, come Gal 5,14: t ut t a la Leg-
ge compi ut a con un solo comandament o, amerai il pros-
simo come te stesso. (Il come te stesso, riconduce il co-
mandament o dell' amore alla regola d' oro).
La lettera di Giacomo il testo pi conosciuto del NT per
la sua insistenza sulla necessit delle opere al di sopra del-
la necessit della fede: Gc 2,14-18.
Per, chi pi elabora il rapport o tra la conoscenza di Dio
e l' amore, Giovanni nella sua pri ma lettera. Giovanni in-
siste sulla negazione di un accesso diretto a Dio; solo
medi ant e l' amore ai fratelli che accediamo a Dio. Nessu-
no mai ha visto Dio; se ci ami amo gli uni gli altri, Dio ri-
mane in noi e l' amore di lui perfetto in noi (l Gv 4,12).
Se uno dicesse: Io amo Dio, e odiasse il suo fratello, un
mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede,
non pu amar e Dio che non vede (l Gv 4,20).
Per il resto, parallelamente a come abbi amo visto affer-
mare dai profeti che conoscere Yahv praticare la giu-
stizia, Giovanni dir che l' amore i nt erumano equiva-
lente alla conoscenza di Dio: Carissimi, ami amoci gli uni
gli altri, perch l' amore da Dio: chiunque ama genera-
to da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto
Dio, perch Dio amore (lGv 4,7-8).
INTERPRETAZIONE TEOLOGICA
Diamo ora un' interpretazione teologica a questi elementi bi-
blici che abbi amo incontrato riguardo alla regola d'oro.
Cosa significa, cosa implica questa regola d'oro della sag-
gezza umana, sancita religiosamente da tutte le grandi reli-
gioni?
Chiaro pri mat o dell' ortoprassi sull' ortodossia
[orto = retto, corretto; prassi = pratica; dossia = opinione,
dot t ri na].
251
E molto pi i mport ant e avere una buona prassi che avere
una buona dottrina, bench, ovviamente, la cosa migliore
l'insieme dei due elementi; i due elementi, per, non so-
no assiologicamente uguali.
Nonostante la crescita smi surat a delle disquisizioni teori-
che e delle complicazioni legaliste che si avuta in quasi
tutte le religioni, la regola d' oro in esse presente testimo-
nia la prevalenza dell' ortoprassi sull' ortodossia. Questa pre-
valenza si manifesta soprattutto, pi che negli apparat i isti-
tuzionali - giuridici o dottrinali - delle religioni, nei santi
e nei mistici. Non per nulla molti santi e mistici si sono vi-
sti accusare dalle stesse istituzioni religiose.
stata la teologia della liberazione - cristiana e non cri-
stiana - che modernament e tornata a mettere in rilievo la
preminenza dell' ortoprassi, ed stata accolta con diffiden-
za e rifiuto dai poteri stabiliti delle religioni. Con ci, que-
sta teologia si mostra capace di dialogare sia col pensiero
moderno (cos marcat ament e influenzato dalla filosofia del-
la prassi), sia con le religioni liberatrici, aprendo una nuo-
va t appa di ecumenismo, un ecumenismo liberatore.
Come abbi amo detto pri ma, molte volte nella storia, le re-
ligioni - e molto concret ament e il cristianesimo - hanno
messo l' accento e la principale attenzione sull' ortodossia,
dedicando a ci energie molto preziose e, a volte, perfino
inusitate violenze. Nel dialogo interreligioso successo al-
trettanto: il pri mo avvicinamento stato spont aneament e
dottrinale, teorico, di confronto dogmatico, ment re oggi
pensiamo che il dialogo in pri mo luogo debba consistere
nella comuni one pratica, nel dialogo della vita, nella col-
laborazione alla difesa della vita, nella pratica dell' amore
e nella promozione della giustizia. Non che si disprezzi-
no gli elementi teorici o dottrinali, semplicemente si chie-
de di ricollocarli nel luogo che loro corrisponde.
L' amore pi i mport ant e della fede e della religione. La
vera religione l' amore.
La regola d' oro la rivelazione
(naturale e soprannat ural e)
di una nuova via di accesso al divino
La comuni one, che t radi zi onal ment e stata considerata
252
privilegiata - per esempio t ra i cristiani - per l' accesso a
Dio, in pri mo luogo quel culto-sacramentale, e anche giu-
ridico-dottrinale (essere nella vera fede, nella fede della
Chiesa, nella fede ortodossa, nella pratica del culto e dei
sacramenti). Con questo, si aveva prat i cament e il t ut t o del-
la comuni one con Dio. Se in seguito succedeva che la per-
sona apparisse ingiusta o sfruttatrice, si riconosceva che
era una persona incoerente, ma non cessava di restare nel-
la verit e nella comuni one col Dio che salva. Al contrario,
se qual cuno non accettava un dogma era considerato un
eretico, restava fuori dalla religione, escluso dalla comu-
nione con Dio e, pert ant o, fuori dalla possibilit di salvez-
za, senza che nemmeno fosse presa in considerazione la
sua vita, per vedere se in essa si manifestassero l' amore e
la giustizia. Ci che assicurava la comuni one con Dio era
l' ortodossia. L' ortoprassi si riconosceva semplicemente co-
me una conseguenza derivata, confacente con l' ortodossia,
ma di nat ura secondaria.
Restituendo all' ortoprassi il suo posto privilegiato (e non
considerandola come assiologicamente simmetrica all'or-
todossia e al culto) st i amo dando credito alla regola d' oro
manifestata da Ges, non solo quando la procl am lette-
ralmente, ma nella proclamazione che ne fece in tante pa-
gine della sua vita (come sopra abbi amo esplicitato). La
regola d' oro, che ha occupato classicamente tra i cristiani
un posto oscuro e irrilevante, debi t ament e intesa e con-
siderata, un principio teologico rivoluzionario:
La grande rivoluzione religiosa compi ut a da Ges consi-
ste nell' avere aperto agli uomi ni un' altra via di accesso a
Dio, diversa da quella del sacro, la via profana del rapport o
con il prossimo, il rapport o etico vissuto come servizio al
prossi mo e port at o fino al sacrificio di s. [...] Egli l'apr
attraverso la sua stessa persona, accettando di pagare con
la sua vita la best emmi a di avere tolto al culto il monopo-
lio della salvezza
12
.
Bisogna riconoscere che il cristianesimo storico ha di-
ment i cat o questo atteggiamento religiosamente rivoluzio-
nario di Ges ed ritornato alle categorie e alle pratiche
classiche delle religioni giuridiche, ontologiche e cultuali:
12
J. Moingt, El hombre que venia de Dios II, Descle, Bilbao 1995, p.
154.
253
la dottrina, l' ortodossia, il culto, la pratica istituzionale...
Equivalenza t ra la regola d' oro
e l'opzione per i poveri
Che cos' optare per i poveri se non opt are per gli oppres-
si?
13
E che cos' optare per gli oppressi se non fare agli al-
tri quello che vorremmo fosse fatto a noi, se ci trovassimo
nella stessa situazione? La regola d' oro un fondament o
sufficiente per l' opzione per i poveri; non mancano bril-
lanti o ricercati argomenti per fondarla.
Per questo possiamo comprovare che anche l' opzione per
i poveri si esprime - con pi o meno chiarezza di perce-
zione - in tutte le religioni. Tutte parl ano dell' amore, del-
la misericordia, dell' attenzione ai poveri. In tutte, i poveri
occupano un posto centrale. In qualche moment o della sto-
ria questa centralit dei poveri pu restare offuscata, di-
menticata, o semplicemente trasformata in pat ernal i smo
o in beneficenza assistenzialista.
Pi in l o pi in qua del religioso
Se la regola d'oro una regola minima e, nello stesso
tempo, la massima regola comune che le religioni cap-
tano di Dio, resta chiaro che in essa non presa in consi-
derazione la religione in quant o tale. Dio non geloso in
materia di religioni. Nella regola d' oro, che bisogna salva-
guardare come mi ni ma e massima, non ent ra in conside-
razione l' appartenenza o la fedelt alla propria religione
come pri ma mediazione di salvezza. La cosa pi impor-
tante non la religione stessa, bens l' amore, la giustizia,
il comport ament o etico rispetto a questi valori. La religio-
ne un mezzo al servizio di qualcosa di pi grande di se
stessa. Non dev'essere assolutizzata. L' importanza della re-
ligione concerne un secondo livello, derivato e susseguen-
13
Vigil, J.M., La opcin por los pobres es opcin por la justicia, y no
es preferencial. Para un reencuadramiento teolgico-sistemtico de la
opcin por los pobres, in Theologica Xaveriana 149 (gennaio-marzo
2004) pp. 151-166, Universidad Javeriana, Bogot.
254
te. La regola d' oro di tutte le religioni evidenzia che le re-
ligioni stesse non devono litigare t ra loro, n devono ten-
tare di conquistare il mondo, n d' imporre la loro dottri-
na o la loro identit a t ut t o il pianeta... (Non fare agli al-
tri...). Al contrario, la regola d' oro esige dalle religioni
un' etica mi ni ma e massi ma anche nel loro rapport o con le
altre religioni (Non trattare i credenti di un' altra fede...
Non t rat t are le altre religioni...). Ma questo gi ci condu-
ce alla terza parte, quella dell' azione.
AGIRE
Gli elementi chiarificatori di pri ma ci hanno gi messo sul-
la strada di diverse conseguenze operative. Dividiamo in
due queste conseguenze. Una si riferisce all'etica come dia-
logo interreligioso e l'altra all'etica del dialogo interreli-
gioso.
A. L'ETICA COME DIALOGO INTERRELIGIOSO
Se tutte le religioni accettano la regola d' oro, possibile
un accordo in campo etico, una pratica comune, un dia-
logo pratico. E sar inoltre un dialogo salvifico per l'es-
sere umano, perch si tratter di una collaborazione che
porr al centro la salvezza degli esseri umani pi deboli,
pi esposti alle disgrazie della vita. Il compito urgente di
questo dialogo interreligioso sulla base della regola d' oro
consiste nell' elaborare un pr ogr amma concreto di realiz-
zazione dell'etica mi ni ma che la regola d' oro postula.
Se la regola d' oro chiede di t rat t are gli altri come vorrem-
mo essere trattati noi stessi, le religioni che considerano
rivelata la regola d' oro, devono metterla in pratica non so-
lo all' interno delle loro comuni t e nel rapport o t ra queste,
ma anche al di fuori di esse e all' interno delle comuni t in
cui sono presenti varie religioni e, non meno i mport ant e,
in rapport o al mondo intero, che la comuni t interreli-
giosa pi significativa. Se le religioni sono al servizio
dell' Umanit e credono in questa regola d' oro, devono se-
dersi a dialogare per unire i loro sforzi di fronte al trat-
tare tutti i fratelli e le sorelle che soffrono, come tutti vor-
r emmo essere trattati. Le religioni devono dialogare, ma
255
non, in pri mo luogo, di teologia e di dottrine religiose, ma
dell'essere umano, della situazione di dolore in cui si sen-
te sommerso il mondo, per compiere quant o pri ma l'etica
mi ni ma della regola d' oro.
L'etica stessa, l' impegno a beneficio dei pi svantaggiati
dev'essere il pri mo dialogo interreligioso, il pri mo accordo
tra le religioni. Non sar un dialogo che comprenda tutto,
poich ri marranno sempre da discutere gli aspetti teorici
e il superament o dei problemi e delle differenze dottrina-
li e dogmatiche. Sar un dialogo parziale, ma costituir la
miglior parte del dialogo (quella dell' ortoprassi) e, certa-
mente, la pi urgente.
L'altra parte, la parte teorica o dottrinale pu aspettare.
Le religioni stanno vivendo separate e isolate da 3000 o
4000 anni, ognuna chiusa nel propri o mondo; solo dalla
seconda met del secolo XX che si sono intensificati i con-
tatti e la conoscenza reciproca t ra le religioni, in un pro-
cesso che in realt appena cominciato. Come possi amo
pretendere di superare le distanze e le naturali incompati-
bilit tra sistemi simbolici da sempre isolati, t ra i quali bi-
sogna costruire ancora i pri mi ponti? Come gi abbi amo
detto a proposito degli aspetti cristologici, possibile che
si debbano attendere varie generazioni pri ma di avere ri-
sposte nuove e soddisfacenti alle domande teologiche che
il pluralismo religioso pone.
La convivenza e il dialogo delle religioni, per mettere co-
muni t ari ament e in pratica la regola d' oro che t ut t e pro-
fessano e procl amano, sono per un pri mo e urgent e im-
perativo, in linea di principio possibile. Si t rat t a del dia-
logo della vita che molti procl amano come la pri ma cosa
che si deve portare a t ermi ne tra le comuni t delle diver-
se religioni. Non si t rat t a di una idea nuova o di una pro-
posta teorica; il dialogo della vita gi una realt per mol-
te comuni t interreligiose in t ut t o il mondo: comuni t re-
ligiose che si uniscono per risolvere problemi comuni di
acqua, di approvvigionamento, di abitazione, di acco-
glienza di emigranti... Persone e comuni t di diverse cre-
denze che most rano che possibile lottare insieme per la
giustizia, perch credono nel Dio della Vita e nella regola
d' oro, che propone al di sopra di t ut t o l' amore per il pros-
simo, specialmente per i pi oppressi o bisognosi. I verti-
256
ci delle istituzioni religiose most rano spesso diffidenza da-
vanti a questo dialogo della vita e pongono restrizioni (proi-
biscono che si preghi insieme o che si celebrino liturgie co-
muni , che si procl ami no liturgicamente testi di Sacre Scrit-
ture diverse dalla propria, esigono che si aspetti che i teo-
logi esperti discutano gli aspetti dogmatici...), ma l'espe-
rienza del dialogo della vita una realt ed un' espe-
rienza che cresce di giorno in giorno.
Nel capitolo 24 ri prenderemo questo t ema del dialogo del-
la vita.
B. L'ETICA APPLICATA ALLO STESSO DIALOGO INTERRELIGIOSO
Lo stesso dialogo religioso dev' essere introdotto nello spi-
rito della regola d' oro. C' un' etica minima che si deve
applicare anche al dialogo stesso. Ogni persona religiosa e
ognuna delle istituzioni religiose deve fare propri a la re-
gola d' oro nel campo del suo stesso rapport o con le altre
religioni: Non trattare le altre religioni come non vorre-
sti che trattassero te e la t ua religione.
Ci piacerebbe che un' altra religione parlasse della nostra
come di una religione in stato di salvezza gravemente de-
ficitario? O che ci considerasse inutile tentativo umano
per captare Dio, di fronte a quella che sarebbe la mani -
festazione di Dio che va incontro all' uomo? Ci piacereb-
be ascoltare la zelante predica di un' altra religione che cer-
casse la nostra conversione per evitarci la perdizione eter-
na? Come ci sent i remmo davanti a una religione che pro-
clamasse pubbl i cament e la sua convinzione che solo essa
la vera, e che tutte le altre - con tutte le loro mediazio-
ni, mediatori, Scritture... - sono false, inutili, deficitarie o
destinate a scomparire?
Dice John Hick: Uno deve seguire la regola d'oro e conce-
dere all'esperienza religiosa di altre tradizioni la stessa pre-
sunzione di veridicit cognitiva che giustamente reclama per
la propria religione
14
. Concedere alle altre religioni la stes-
sa presunzione di veridicit e di validit che reclamiamo per
la nostra... Non poteva essere detto meglio.
14
J. Hick, God has many names, The Westminster Press, Philadelphia
1982, p. 24.
257
Parlando del cristianesimo, ricordiamo che nella storia
venuto notevolmente meno alla regola d' oro. Come abbia-
mo fatto not are nel capitolo 11, la chiesa cristiana che era
stata perseguitata sotto l' impero romano, si trasform qua-
si inconsciamente in una Chiesa persecutrice delle altre re-
ligioni. Pi avanti, la convinzione di essere la vera religio-
ne la port a i mporre anche la persecuzione al propri o in-
terno, con l' inquisizione, la caccia alle streghe, il rogo de-
gli eretici, il rifiuto della democrazia e delle moderne li-
bert, la censura, il magistero escludente... Una mi ni ma
attenzione a questa regola d' oro l' avrebbe liberata dall' ac-
cettazione di questi metodi di violenza e di persecuzione
sia verso le altre religioni sia verso i propri membri .
Il principio della regola d' oro esige che le religioni sospen-
dano i tradizionali atteggiamenti di esclusivismo, intolle-
ranza e disprezzo verso gli altri. Anche se le convinzioni
dottrinali di una religione insistessero nel farne l' unica ve-
ra, la regola d' oro continuerebbe a insistere sull' imperati-
vo di non trattare gli altri come nessun essere umano vor-
rebbe essere trattato. Perfino la persona che fosse in er-
rore religioso dev' essere trattata con ogni rispetto, aiuta-
ta in tutte le sue necessit materiali, ascoltata e favorita af-
finch possa seguire la propria coscienza e praticare la sua
religione.
( bene ricordare in questo moment o la crisi prodot t a nel-
la Chiesa cattolica dal Concilio Vaticano II, quando accett
il principio della libert religiosa con la dichiarazione Di-
gnitats Humanae; famosi teologi conservatori brandi rono
il not o argoment o che solo la verit ha diritti, l' errore non
li ha. il pensiero fondamentalista: se solo noi siamo nel-
la verit e gli altri sono in errore, il diritto t ut t o dalla no-
stra parte e il mondo dev' essere come noi lo vediamo; ab-
bi amo il diritto che la nostra religione s' imponga e che la
societ adotti gli usi e le leggi della nostra religione (e del-
la nostra cultura), ment re gli altri e le altre religioni (e cul-
ture) non hanno diritti, perch sono nell' errore... E questa
preci sament e una grave violazione - ancora frequente -
dell'etica mi ni ma della regola d' oro).
La prevalenza dell'etica, del rispetto, dell' ascolto dell' altro,
della tolleranza della diversit culturale e religiosa, delle
mi noranze religiose, della pluralit, dei diritti umani cul-
turali e religiosi... sono un' etica mi ni ma che dobbi amo
258
conquistare, sia a partire dalla coscienza etica secolare
umana, sia dalla coscienza religiosa delle grandi religioni
che, come abbi amo visto, assecondano con la loro rego-
la d'oro questa stessa etica mi ni ma.
In questa lezione abbi amo parlato dell'etica minima. Nel-
la lezione 22
a
ci occuperemo di sviluppare questo solido
fondamento etico verso la sua massi ma proiezione, verso
l' ambito mondiale.
II. Testi antologici
Quando uno acquisisce una quantit infinitesimale di
Amore, si dimentica di essere musul mano, mago, cristia-
no o infedele (Ibn 'Arabi).
Trovai l'Amore al di sopra dell' idolatria e della religione.
Trovai l'Amore oltre il dubbi o e la realt (Ibn 'Arabi).
Se senti nel pi profondo di te stesso che ci che ti inci-
ta al bene il t uo amore per Dio e il t uo amore per gli es-
seri umani che Dio ama; se pensi che il male consiste nell'al-
lontanarsi dalle persone, perch Dio le ama come ama te,
e che perderai il t uo amore per Dio se fai del male a colo-
ro che egli ama, vale a dire, tutti gli esseri umani . . . Allo-
ra, tu sei discepolo di Ges, qual unque sia la religione che
professi (Kamill Husayn).
L' importante non ci che una persona dice della pro-
pria fede, ma ci che questa fede fa di quella persona (Ibn
Hazm, Cordova, 994-1064).
III. Domande per riflettere e lavorare in gruppo
- Le religioni giungeranno a un accordo teologico o dot-
trinale? E possibile? Perch?
- Nella nostra formazione cristiana, che i mport anza sta-
ta data alla regola d'oro? Raccontare la propria espe-
rienza.
- Perch chi ami amo questa regola d' oro la regola dell'eti-
ca minima?
- Mi sembra verosimile che Dio si sia rivelato solo a un
popolo, il nostro, e che abbia lasciato che gli altri evolves-
sero cul t ural ment e - lungo t ut t a la storia umana - con re-
259
ligioni che non trovano davvero Dio, e che ci chieda di con-
vincerli ad abbandonare la loro religione per convertirsi al-
la nostra? verosimile? Posso crederlo? bene-simile?
Mi sembrerebbe un atteggiamento degno di Dio?
- L' errore ha diritti? Le persone che sono nell' errore, han-
no diritti? Ha diritto una persona a praticare qualsiasi re-
ligione, perfino una religione che non quella vera? Una
persona ha il diritto di sbagliarsi? Perch?
- Che conseguenze ha per il dialogo interreligioso dei cri-
stiani ognuno dei quat t ro punt i presentati nella part e dei
Fondamenti biblici di questa lezione?
Bibliografia
JEREMIAS J., Goldene Regel, en RGG (1958) 1688SS.STAUFFER E.,
Die Botschaft Jesu damals und Heute, Bern/Mtmchen 1959, pp.
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KUNG H., KUSCHEL K.J., Hacia una tica mundial. Declaracn del
Parlamento de las religiones del mundo, Trotta, Madrid 1993.
KUNG H., Projeto de tica Mundial. Urna mora! Ecumnica em vi-
sta da sobrevivncia fiumana, Paulinas, So Paulo 2001
3
.
PHILIPPIDIS L.J., Die goldene Regel, religionsgeschichtlich untersu-
cht, Leipzig 1929.
RAHNER K., Sobre la unidad del amor a Dios y el amor al prjimo,
in Escritos de Teologia VI, Madrid 1969, pp. 271-292.
VIGIL J.M., La opcin por los pobres, lugar privilegiado para el di-
logo entre las religiones. IN ASETT, Por los muchos caminos de
Dios - II, Abya Yala, Quito 2004, pp. 17-32.
VIGIL J.M., La opcin por los pobres es opcin por la justicia y no
es preferencial. Para un reencuadramiento teolgico-sistemdti-
co de la opcin por los pobres, in Theologica Xaveriana 49 (ene-
ro-marzo 2004) Bogot.
260
Capitolo quattordicesimo
Un altro modello di verit
Nel cammino che stiamo facendo in questa seconda parte
del nostro corso (Giudicare), abbiamo affrontato il tema
dai rami principali della teologia classica (rivelazione, cri-
stologia, ecclesiologia...), e nella lezione precedente abbiamo
aperto una nuova uscita: quella verso l'etica. necessario
ora affrontare un tema che sta su un piano diverso: quello
del problema della verit, un tema non propriamente teo-
logico, non religioso, bens piuttosto filosofico; ossia, qual
Vepistemologia (teoria della scienza) o la gnoseologia
(trattato della conoscenza) che utilizziamo, consapevolmen-
te o meno, in tutte le nostre affermazioni teologiche...
I. Per sviluppare il tema
Per affrontare in profondit il t ema del pluralismo religioso
non basta elaborare riflessioni a partire dalla propri a tra-
dizione religiosa, nemmeno sufficiente confrontarle con
le tradizioni di un' al t ra o di altre religioni. Ci sono pro-
bl emat i che che st anno al di l degli argoment i che posso-
no fornire le tradizioni religiose stesse, perch di pendono
da altri strati della conoscenza umana. come quando
proi et t i amo un film o un video: a part e il t rat t ament o
dell' immagine e del colore nella ripresa e nella produzi o-
ne, c' un altro probl ema, che non sta nella pellicola stes-
sa e nemmeno nel suo copione, ma che influir inevita-
bi l ment e sulla sua visualizzazione: lo schermo sul qua-
le proi et t i amo, che dev' essere bi anco e piano, e anche pu-
lito. Se non si danno queste condizioni - del t ut t o estra-
nee alla pellicola stessa - la sua visualizzazione risulter
distorta.
Il dibattito teologico sul pluralismo religioso si effettua ne-
cessariamente su uno schermo: quello del modello di ve-
rit con il quale pensi amo ed elaboriamo la nostra cono-
261
scenza. Sono quelli che in filosofa si chi amano gli aspet-
ti epistemologici, criteriologici, gnoseologici... cio: le con-
dizioni implicite in cui si produce la verit, le regole con
cui produci amo le nostre inferenze argomentative, i crite-
ri di verit con cui arriviamo a elaborare la conoscenza,
criteri spesso inconsci, che solo una riflessione filosofica
o antropologico-culturale pu port are alla luce. Facendo
questa riflessione pot remo scoprire se il nost ro schermo
non piano, o dipinto di un colore che tinge artificial-
ment e anche il nostro pensiero, o se ha macchie che pos-
sano deteriorare o perfino falsificare questa verit che a
noi sembra di percepire chi arament e.
Facendo questa riflessione pot remo forse scoprire che la
nostra religione e la nostra stessa concezione di verit del-
la religione influenzata da condizionamenti previ, epi-
stemologici, filosofici... che possono distorcere la nostra
prospettiva, o possono privarla di una visione pi all'al-
tezza dei tempi che viviamo, cosa che tornerebbe ultima-
ment e a danno della nostra stessa esperienza religiosa.
VEDERE
Molti di noi hanno l' esperienza di essere stati formati re-
ligiosamente fin dall' infanzia con la convinzione che la no-
stra religione era quella vera e che le altre erano false.
E non che ci venisse detto espressamente e che si fosse
insistito su ci, come si insisteva - e cos pesant ement e -
su tanti altri insegnamenti; no, era una impostazione che
quasi non si affrontava esplicitamente, e non era necessa-
rio farlo, perch era nell' ambiente. Era un presupposto
naturale, evidente per tutti. Una volta ammessa la verit
della t ua religione, non era necessario dire di pi: gi si ca-
piva che avresti respinto le altre in quanto, logicamente,
false.
Logicamente, abbi amo detto. In nome di quale logica
si riteneva evidente che le altre religioni diverse dalla ve-
ra fossero false? In ragione del modello di verit che
c'era nella cultura dell' ambiente. In realt tale modello po-
stulava, come se si trattasse di un assioma, che se una re-
ligione era vera, le altre dovevano essere false, necessa-
riamente. E nessuno metteva in discussione questo, perch,
262
effettivamente, si trattava di una specie di presupposto cul-
turale, era nello schermo comune sul quale tutti proiet-
tavamo i nostri pensieri, bench non fossimo coscienti che
stavamo tutti utilizzando un schermo a noi esterno, co-
mune al nostro collettivo culturale...
Per part i re dunque dalla realt (VEDERE), ma dalla realt
pi profonda, i mport ant e analizzare questo modello di
verit che stato in vigore, non durant e la nost ra infan-
zia, ma da molto pi tempo... Vediamo.
IL VECCHIO MODELLO DI VERIT
Il modello di verit vigente in Occidente non di ieri. Vie-
ne dai tempi dell' antica Grecia. Pot remmo dire che il suo
padre riconosciuto Aristotele
1
(IV secolo pri ma di Cri-
sto). A lui risalgono i primi principi, assiomatici
2
, sui
quali si regge la conoscenza in Occidente, che si possono
trovare in qual unque libro di filosofia. Aristotele credette
di trovare nel pri mo di questi principi, che sembra mo-
strarsi evidente per se stesso e che se lo neghi amo c' impe-
di amo di dare qualsiasi altro passo per costruire l'edificio
della nostra conoscenza, il principio di non contraddi-
zione, che cos recita: una cosa non pu essere e non es-
sere nello stesso t empo e sotto lo stesso aspetto
3
. Detto pla-
sticamente: di due affermazioni, una che afferma qualco-
sa e un' altra che lo nega, una delle due vera e l'altra fal-
sa; non possono essere vere ent rambe
4
. La verit una,
non possono essere due (contrarie); o l' una o l'altra
5
.
Questo questo perch non quello. Io sono io perch non
1
Lo diciamo in forma simbolica, perch egli fu quello che trasmise
una teoria della conoscenza pi elaborata, ma non potremmo igno-
rare l'enorme influenza del modello di verit platonico... Alla filoso-
fia greca in generale si dovrebbe la paternit di questo modello.
2
Per assiomi, in filosofia, s'intendono quei principi fondamentali,
che risultano evidenti e perci indimostrabili, che stanno alla base di
tutto il pensiero.
3
Aristotele, Metafisica, 1005b, pp. 35ss.
4
Bench potrebbero essere entrambe false..., ma non entriamo in
questo.
5
Cf. P. Knitter, No Other Name?, 217, che qui seguo particolamente
da vicino.
263
sono te. E tu sei tu perch non sei me. La verit delle co-
se separata, delimitata come le stesse cose, che sono ester-
ne le une alle altre, e la conoscenza della verit consiste
nel conoscere queste frontiere, nel delimitare, nel separa-
re, nel distinguere una verit dall' altra, nel de-finire, se-
gnare la separazione tra ci che e quello che non , ci
che una cosa e non l'altra. Perch t ut t o regolato da
questo criterio di non contraddizione: o l' uno o l' altro, ma
non i due. La verit unica, esclusiva, escludente al-
tre verit; ben definita, con alcuni limiti ben precisi. Per
questo si cercher la verit chiara e distinta
6
, una verit
che balzi alla vista e sia indubitabile.
Questa concezione della verit che procede per definizio-
ni, con il dissolvimento dell' ambiguit, con l' esclusione di
ci che non ... d alla verit un marcat o carattere di uni-
cit e assolutezza. La verit una, solo una. unica. E
pert ant o assoluta. La verit piena e vera non relativa,
non dipende da. assoluta, autosufficiente, fortemen-
te certa, incontrovertibile. Ci che verit, - nel suo am-
bito - verit unica e verit assoluta.
Modernament e, all' esclusione si aggiunta l' inclusione.
Una verit pu essere verit, non solo perch esclude ogni
altra alternativa, bens perch necessariamente la include.
In fondo, questa inclusione cont i nua a essere una esclu-
sione... Ossia: questa verit certa ed assoluta, perch le
sue alternative in realt non sono vere alternative, non esi-
stono separate da essa, ma sono comprese in essa. Non so-
no real ment e un' altra verit, bens la stessa verit. L'in-
clusione non lascia posto all' alterit, ma l' assorbe: fuori
della verit A, non c' realmente un' altra verit B; poich
scopri amo che la verit B dent ro la verit A, la verit B
nient' altro che una forma apparent ement e distinta della
stessa verit A. Con l' inclusione, la verit B di fatto ne-
gata (esclusa), bench lo sia per assorbimento invece che
per pura negazione distruttiva.
Questo modello di verit che abbi amo tentato di caratte-
rizzare semplicemente a partire dall' assioma aristotelico di
6
L'espressione molto posteriore, di Cartesio (1596-1650), padre del
razionalismo moderno che tent d'iniziare interamente di nuovo la
costruzione di una filosofa razionale, senza incrinature.
264
non contraddizione, un modello che ha fatto un gran ser-
vizio in Occidente. Ha dat o origine a scuole di logica in-
credibilmente precise, sistemi metafisici rigorosi, e ha fa-
cilitato una metodologia scientifica impeccabile e una tec-
nologia poderosa, che hanno arricchito l' Umanit, senza
dubbi o. Buona parte dell' egemonia - e dell' imperialismo
dell' Occidente sul resto del mondo - pu forse essere spie-
gato a partire da questo modello di verit o di conoscenza
che ha segnato l' Occidente t ant o profondamente.
Queste caratteristiche del modello di verit dell' Occidente
si sono espresse, per quant o possibile, ancor pi acuta-
ment e nel campo religioso: la verit religiosa, soprat t ut t o
questa, pret ende di essere uni ca e assoluta, e per principio
esclude ogni altra verit religiosa. indubitabile ed eter-
na, immutabile. Pot remo conoscere altri aspetti nuovi di
essa, ma non pot remo scoprire che non ci che era o che
non stata quello che : non c' alcuna storicit n evolu-
zione nella verit, ma una immutabilit metafisica propri a
di ci che gode di unicit e di assolutezza perfette.
Il cristianesimo ampi ament e conosciuto per il suo ca-
rattere occidentale. Malgrado la sua origine sia semita e
non greca, e in questo senso sarebbe pi orientale che oc-
cidentale, assai presto si inculturato in Occidente, nella
cultura greca, e nell' amalgama che si prodotto, stato il
pensiero occidentale ad avere l' egemonia e a costituirsi in
uno dei fondamenti della costruzione dell' Europa e in una
delle component i essenziali dell'essere dell' Occidente.
Il cristianesimo s'identific pi enament e con questo modello
di verit greco, come di un elemento in pi della sua iden-
tificazione con la cultura - e la filosofia - greca. Malgrado
il detto classico ecclesiastico che vuole la filosofia ancil-
la theologiae (schiava o serva della teologia), bisogna chie-
dersi se la filosofia greca non fin per essere in fondo, die-
tro le quinte, la signora e la dominatrice della teologia cri-
stiana, quella che teneva il coltello dalla parte del mani -
co, perch stabiliva il criterio o modello di verit. Non so-
lo nella ricezione che si fece di essa nei pri mi secoli, ma
anche nella ricezione dei secoli XII e XIII, la Chiesa cri-
stiana assunse la filosofia aristotelica, s'identific con es-
sa, la procl am philosophia perennis, e fino ai secoli XIX
e XX registr movimenti di restaurazione scolastica e
neoscolastica. Ancora oggi, gi nel secolo XXI, non si pu
265
dire che la Chiesa cristiana, pri nci pal ment e il cattolicesi-
mo, si sia formalmente staccata dalla sua matrice cultura-
le aristotelico-tomista...
Questo modello di verit assoluto e di esclusione, non
stato solo lo sfondo filosofico inconscio nel quale si mos-
so il cristianesimo (lo schermo su cui si proiettava il film),
ma stato tematizzato teologicamente e ha finito per con-
figurare lo stesso cristianesimo. Il cattolicesimo in parti-
colare , per antonomasia, la religione dei dogmi di fede,
degli anatemi, delle definizioni, dell' Inquisizione che ve-
glia sulla purezza della fede per mantenere intatto il
deposito della fede... La concezione fissista della dottri-
na e della sua interpretazione stata procl amat a e sottoli-
neata fino alla saziet. Il cristianesimo una religione fa-
mosa nel mondo per le sue illimitate pretese circa la verit
universale, immutabile, eterna, assoluta...
Possiamo osservare ci in un teologo della categoria di Karl
Rahner (fi984). Egli afferma che la libert umana, con-
frontata con la molteplicit di opzioni e di verit, si sente
spinta a prendere decisioni in funzione di valori definitivi
e assoluti. Gli esseri umani vogliono assumere un i mpegno
assoluto nelle loro vite, e questo ha bisogno della cono-
scenza di una verit anche chi arament e definita e assolu-
ta. A questo desiderio e a questa necessit viene incontro
il cristianesimo che l'unica tra le religioni che ha seria-
mente la capacit di esigere assolutamente l' adesione ad
esso; il cristianesimo attribuisce a se stesso dall' inizio
una missione universale; non ritiene se stesso come una
forma esterna, relativa e particolare del religioso, bens co-
me l'unico rapport o giustificato dell' essere umano con Dio,
per essere stato stabilito da Dio stesso per tutti gli umani;
considera ogni essere umano, di qual unque razza o cul-
tura, come soggetto chi amat o a ricevere il suo messaggio;
pass a essere religione universale nel cammi no di quel-
la storia europea grazie alla quale si raggiunta, nell' et
moderna, l' unit planetaria dell' umanit in un' uni ca sto-
ria; di conseguenza possi amo dire che il cristianesimo
l'unica religione che real ment e ha convertito se stessa in
religione universale di fatto. Possiede universalit t empo-
rale e spaziale
7
.
7
Karl Rahner, Esencia del cristianismo, in Sacramentum Mundi, voi.
266
GIUDICARE
Negli ultimi secoli il modello classico di verit che soggia-
ce alla tradizione occidentale stato sottoposto a una for-
te critica. L' Illuminismo e l'avvento della moderni t sup-
pongono una rot t ura di quell' ordine medievale scolastico
nel quale il cristianesimo si era piacevolmente adagiato.
L' Illuminismo, pot remmo dire, fu la scoperta e l' entrata nel
mondo della libert e della storia, uscendo dall' ambito del-
la necessit e della nat ura. L'essere umano scopre se stes-
so come appart enent e al mondo della libert e della crea-
tivit, non all' ordine della semplice nat ura che ubbidisce a
leggi immutabili. L' ordine del mondo umano non un or-
dine naturale, gi dato, al quale bisogna sottomettersi,
ma un ordine storico, appart enent e pert ant o all' ordine
della libert, che non l gi dato, che non esiste, e che bi-
sogna creare.
Il pensiero illuminista mand in pezzi anche la sicurezza
che aveva sempre circondato il mondo della conoscenza
umana. Kant (1724-1804), dietro la sua analisi della cono-
scenza, fa vedere la complessit e la relativit della stessa,
che fino ad allora avevamo ritenuto che corrispondesse di-
ret t ament e e infallibilmente alla realt (adaequatio rei et
intellectus). La distanza t ra il noumeno e il fenomeno,
l' analisi delle categorie a priori della conoscenza, la fine
del sonno dogmatico, la perdita definitiva dell' ingenuit
epistemologica e gnoseologica... saranno in qualche modo
un passo avanti che risulter irreversibile per l' Umanit.
Il pensiero moderno storicista scopre che t ut t o storico,
evolutivo, e che t ut t o in movimento, che niente chiuso
nella propri a definizione, che t ut t o ci che esiste un no-
do di rapporti, e che t ut t o relazionato con tutto. La bio-
logia e la storia dell' evoluzione rafforzano la convinzione
che la nat ura, che era stata ant i cament e captata come un
mondo di generi e specie fissati per l' eternit dal Creato-
re, piuttosto un mondo evolutivo senza legge e senza fron-
tiere. E spesso, o per molti aspetti, pi un caos che un
cosmo. Le scienze moderne, come la nuova fisica, col suo
pri nci pi o d' indeterminazione della materia, hanno messo
2, coli. 35-36. Disponibile in <servicioskoinonia.org/relat/329.htm>.
267
chiaramente in rilievo i limiti e la relativit di ogni cono-
scenza. Oggi la scienza non avanza t ant o per la conoscen-
za certa delle cause, quant o mediante le ipotesi pi pro-
babili...
Nel campo religioso la crisi del modello classico di verit
stata ugual ment e profonda. Il conflitto delle Chiese con
il pensiero moderno stato - cont i nua ad essere - pluri-
secolare. La critica dell' illuminismo alla fede premoderna,
il conflitto fede-ragione, la diserzione degli intellettuali e
della scienza... sono fin t roppo conosciuti. Non sono cosa
del passato, bens realt ancora presente.
Una delle principali cause della crisi della Chiesa cattoli-
ca, per esempio, il disagio che sentono tanti suoi mem-
bri di fronte allo stile dogmatico e quasi infallibile con
cui si sono comportate le sue gerarchie (sacerdoti, vesco-
vi, papa), che hanno dettato precetti di coscienza in tutti i
campi della condotta umana, basati su una teologia e una
concezione della verit pretesamente autoritaria, fissista,
dogmatica, indiscutibile, ispirata o assistita di ret t ament e
dallo Spirito Santo nella sua elaborazione da part e del ma-
gistero ecclesiastico, un magistero per niente participativo
n democratico. Si tratta di un modello di verit decadu-
to, che gi molti uomi ni e donne di oggi - che sono giun-
ti alla mat uri t critica dell' epoca moderna - sentono di non
poter accettare. Si produce allora un esodo silenzioso di
persone che abbandonano le chiese per la porta di servizio;
i pi di essi, non discutono, non vogliono scontrarsi; sem-
plicemente vanno via; perch a volte non hanno nemmeno
chiari gli argomenti in contrario... Hanno piuttosto la sen-
sazione o la percezione profonda di trovarsi in un altro
mondo, in un altro paradigma, a leghe di distanza cul-
turale e filosofica rispetto a coloro che cont i nuano a ma-
neggiare la verit come se appartenesse a scienze esatte,
chiare e distinte, perfettamente manipolabili e utilizza-
bili contro chiunque non la pensi allo stesso modo o che
semplicemente dubiti... Questo scompiglio dei modelli di
verit - un vero cambiamento di paradigma - non fa-
cilmente identificabile con i conflitti che si danno nelle Chie-
se, ma, molto pi frequentemente di quant o possa appari-
re, quello che sta al fondo di tali conflitti.
268
UN ALTRO MODELLO DI VERIT
Facendo un gran balzo e senza t ent are di giustificare co-
me nasce concretamente, pot r emmo dire che la verit del
nuovo modello che si espande nell' Occidente e nel mondo
negli ultimi tempi non una verit che si basa sull'esclu-
sione o l' inclusione di altre, ma che si caratterizza per la
sua capacit di rapport arsi ad altre verit, e che cresce e
si arricchisce in questa multirelazionalit. Una verit non
basat a sull' esclusione, n sull' inclusione, bens sulla rela-
zione
8
.
Nessuna verit pu stare sola, isolata, completa e perfetta
in se stessa... n pu percepirsi come intoccabile e intro-
nizzata nella cupola dell' assolutizzazione. La verit, per
propri a nat ura, ha bisogno di un' altra verit, si completa
e si arricchisce nel suo rapport o con le altre. Se una verit
non pu mettersi in rapport o con le altre, dev' essere mes-
sa in discussione e dubitare della sua qualit. Ri t ornando
all' esempio personale: io sono io, non perch non sono tu,
bens perch sono t uo correlato; io sono io perch esisto
davanti a te e sono part e di te, e viceversa. Io non posso
arrivare a essere me e a costituire la mia unicit persona-
le se non in rapport o a un tu. Una verit che non tollera
di essere messa in rapport o con le altre, una verit che
non pu veri-ficarsi. Una verit si consolida e prova se
stessa, non trionfando sulle altre, perch escludendole le
distrugge o includendole le sostituisce, ma perch si con-
segna e si arricchisce in rappport o con altre; interagendo
con esse most ra il suo posto proprio nella multi-rete uni-
versale. W.C. Smi t h esprime questo dicendo che, in ultima
istanza, la verit non questione di o questo o quello,
bens di tutti e due
9
.
Nel vecchio modello, il soggetto esigeva una sicurezza as-
soluta, esclusiva, escludente (o includente) gli altri, per fa-
re la propri a opzione religiosa. Oggigiorno, i cattolici, co-
me i cristiani in generale, si st anno rendendo conto che
qualcosa per essere verit non ha bisogno di essere asso-
luta
10
. Questo avanzament o sembra impossibile ad alcu-
8
Kniltter, ibid.
9
Faith ofOther Men, Mentor, New York 1965, p. 27.
10
Kniltter, ibid., 219.
269
ni spiriti pi conservatori, ma una realt che si estende
e avanza.
Molti credenti di spirito moderno preferiscono accetta-
re che la verit pi umile e relazionale, che oggi non
si pu pretendere di avere la sicurezza e la certezza asso-
lute, il punt o indiscutibile e indubitabile appoggiandoci al
quale pot remmo sfidare vittoriosamente gli altri, ma che
meglio - e pi vero - accettare la condizione limitata dell'es-
sere umano e la sua capacit pure limitata di captazione
del mistero, che pi bello condividere con tutti gli uo-
mini e le donne di buona volont il rischio e l' avventura di
questo meraviglioso pellegrinaggio di ricerca che la vita
umana, invece d' immaginarci una falsa sicurezza...
11
VARIE INTERPRETAZIONI
Non nostra intenzione risolvere qui un problema di epi-
stemologia o di gnoseologia, perch continuiamo a trovarci
in un corso di teologia. Per, senza pretendere di risolvere
il tema, dobbiamo considerare alcune delle principali piste
attraverso le quali il pensiero teologico moderno, in colla-
borazione interdisciplinare con le scienze, soprattutto la
filosofia, cerca di orientare i suoi tentativi di risposta.
Interpretazione nella linea kantiana:
gnoseologia filosofica
Una delle linee d' interpretazione della pluralit delle reli-
gioni si avvale dell' apporto di Emmanuel Kant alla critica
della conoscenza
12
. Gli autori che si muovono in questa li-
nea distinguono t ra Dio o il Mistero in se stesso, e il Mi-
stero nel suo rapport o con l' Umanit, come percepito
dall' interno di diverse situazioni umane culturali concre-
te. Il Mistero divino percepito in queste diverse situazio-
" Non manca una certa dose di verit al moderno adagio che dice:
La sicurezza non esiste, semplicemente uno stato della mente...
12
John Hick uno di coloro che pi si distinto in questa linea di
orientamento kantiano. Cf. God has Many Names, The Westminster
Press, Philadelphia 1980, pp. 53-54. Si vedano anche gli altri suoi li-
bri citati nella bibliografia.
270
ni culturali con diverse raffigurazioni o rappresentazioni,
formate dall' interazione t ra la presenza del Mistero e i con-
dizionamenti umani .
In termini kantiani pot r emmo distinguere, da un lato, tra
il noumenon divino singolare, il Mistero in se stesso, tra-
scendente il pensiero e il linguaggio umano, e, dall' altro,
la pluralit dei fenomena, le rappresentazioni teiste e
non teiste che di esso si fanno le diverse religioni. La reli-
gione , cos, una complessa totalit di forme di esperien-
za religiosa, con i propri simboli e miti
13
, i suoi sistemi teo-
logici, liturgia, arte, etica e stili di vita, scritture e tradi-
zioni, tutti elementi che interagiscono fra loro e si raffor-
zano mut uament e facendo part e di un tutto. Queste diffe-
renti totalit costituiscono risposte umane varie, date
dall' essere umano all' interno di diverse culture e forme di
vita, a questa realt infinita e trascendente che chi ami amo
Mistero, o Dio, o...
Il Mistero divino al quale si ri port ano le diverse religioni
lo stesso, e sta oltre i nostri concetti e le nostre stesse ca-
pacit di concettualizzazione. Orbene, l' esperienza del mi-
stero del divino la facciamo ognuno nei condi zi onament i
culturali propri del nostro collettivo religioso e della no-
stra stessa persona. Per questo necessario distinguere ac-
curat ament e tra il Mistero in se stesso, da una part e, e le
rappresentazioni che noi uomi ni ci facciamo dello stesso
e che, spesso, t endi amo a identificare e a confondere con
quello.
La dimensione culturale dell' esperienza religiosa
A questi livelli della storia, sono gi da noi conosciuti - dal-
la filosofia, dall' antropologia culturale e da molte altre di-
scipline - i processi con cui ogni esperienza umana ela-
borata, processi nei quali intervengono le st rut t ure con-
cettuali e linguistiche al cui interno si d questa esperien-
za umana. Non esiste un' esperienza spirituale pura, ester-
na al mondo umano, i ncont ami nat a, ma sempre incarna-
ta, che port a nella sua carne e nelle sue ossa le i mpront e
13
Utilizziamo qui la parola nel senso positivo che ha nell'antropolo-
gia culturale.
271
della cultura e delle st rut t ure linguistiche della matrice in
cui si realizza. La nostra ment e costantemente attiva, e
niente che in noi succeda a livello cosciente cessa di esse-
re elaborato dalle nostre proprie risorse e dai nostri parti-
colari procedimenti concettuali. Questo stato ben stu-
diato dalla filosofia del linguaggio, dalla psicologia cogni-
tiva e dalla sociologia della conoscenza. Pu essere ora ap-
plicato all' esperienza religiosa.
Nessuno di noi compie un' esperienza religiosa a partire
da zero, ma dal pat ri moni o religioso della tradizione nel-
la quale nat o e si formato, e nella cui comunit di si-
gnificato vive. Questa tradizione, la sua storia, il suo pa-
trimonio dottrinale e spirituale, le sue sacre Scritture, le
sue pratiche devozionali e liturgiche... costituiscono una
specie di filtro o di lente che si stabilisce in ognuno di noi
e ci fa percepire l' esperienza religiosa dent ro un modello
comune, ampi o e capace di diversificazioni, ma contem-
poraneament e specifico e det ermi nant e. Ogni elemento di
questa esperienza religiosa, per quant o personale e intra-
sferibile a noi sembri, ha un' elevata proporzi one di ele-
menti che sono del pat ri moni o religioso comune, che por-
tano tutte le tracce della cultura ambientale (filosofica, so-
ciale, linguistica, simbolica...) nella quale si iscrive il col-
lettivo umano a cui appartiene l' individuo che ne fa l'espe-
rienza.
Qui si pu ricordare quel principio aristotelico-tomistico:
quidquid recipitur, ad modum recipientis recipitur, ci che
si riceve, ricevuto nella forma propri a di chi lo riceve.
L' esperienza e la conoscenza religiosa, in ci che hanno di
ricevuto, sono ricevute dall' essere umano concreto nel-
la propri a forma e capacit di ricevere, vale dire: nelle sue
categorie concettuali e culturali, prodot t e e inserite nel suo
quadro di valori, sempre circoscritte dalle limitazioni pro-
prie della cul t ura e della persona.
Le religioni non st anno per aria, in una stratosfera intel-
lettuale o nel pur o spirito, ma hanno una grande compo-
nente umana culturale, specifica in ogni religione.
Tutti si amo spont aneament e esclusivisti
L' abbiamo gi accennat o in un altro punt o, e conviene af-
272
frontarlo anche qui per quant o si riferisce al modello di ve-
rit.
Pot remmo dire che l' esclusivismo un peccato originale
umano. Tutti nasci amo in esso. Centrato in se stesso, l'es-
sere umano che viene a questo mondo - come diceva Ari-
stotele - tamquam tabula rasa, come una tavoletta sulla
quale niente stato scritto, pu cominciare solo facendo
esperienza di se stesso. Non c' un altro punt o di parten-
za. Per questo, egli il centro di se stesso e della sua per-
cezione dell' universo. E t ut t o ci che gli capita, incorpo-
rat o al suo pat ri moni o d' esperienza in rapport o a questo
centro universale che egli stesso. Non per egoismo, ma
per un egocentrismo naturale: viene cos dalla fabbri-
ca, cos stato fatto e concepito, con questo limite e que-
sta necessit.
Saranno necessari processi lunghi e complessi - i proces-
si educativi - perch sorga una visione che gli faccia sco-
prire che esistono altri centri, e che egli non l' unico
centro, n t ant o meno il centro. Anche in quel momen-
to t ender a domi nare gli altri centri e a subordinarli a s.
Mat urando, pot r ent rare forse in un altro stadio di com-
prensione, nel quale sar capace di accettare l' esistenza in-
dipendente di altri centri, fino al punt o di decentrarsi vo-
lontariamente da se stesso per passare a centrarsi fuori da
s, at t orno agli altri centri scoperti...
Tutto questo - diciamolo senza specificare l' espressione
- legge naturale, meccani smo spontaneo.
E lo anche, parallelamente, nei processi di coscientizza-
zione religiosa. La maggior part e di noi nat a in una re-
ligione, ha percepito originalmente che essa era la reli-
gione, l' unica esistente, l' unica vera, o per lo meno l' unica
significativa per noi. Solo pi tardi abbi amo scoperto nel-
la pratica che esistevano altre religioni. E la reazione spon-
t anea stata quella di escluderle in un pri mo moment o, o
d' includerle
14
, in un moment o successivo. Ora ci troviamo
14
Paul Knitter dice che tutti siamo inclusivisti..., Introducing Theo-
logies ofReligions, Orbis, New York 2002, p. 216. Crediamo che que-
sto sia vero a questo punto della storia, ma che non sia altro che la
forma avanzata del nostro esclusivismo spontaneo, religiosamente
quasi genetico...
273
I
a una t appa nuova del mondo, nella quale le altre reli-
gioni si sono fatte obbligatoriamente vicine e convivono
costantemente con la nostra. La reazione spontanea in mol-
ti di noi stata quella dell'inclusivismo
15
. Abbiamo parla-
to di reazioni spontanee: non diciamo peccaminose, e
nemmeno malintenzionate. Diciamo che forse non avreb-
be potuto essere altrimenti. Sono forse ci che ci si pote-
va aspettare, date le limitate condizioni di conoscenza e di
esperienza della pluralit religiosa del mondo reale.
Siamo fortunati a poter parlare cos: siamo la pri ma ge-
nerazione della storia dell' Umanit che arrivata a questo
livello, dal quale ci possibile osservare gli atteggiamenti
religiosi con una distanza e una oggettivit pi grandi
che mai.
Tutto questo dice rapport o diretto con la questione della
verit che c' interessa. A parte l'influsso gi indicato del mo-
dello di verit greco, questa tendenza spont anea all' auto-
centramento e all'esclusione di ogni verit religiosa che non
sia subordinata al nostro centro, getta molta luce sulla no-
stra capacit di discernere la verit religiosa altrui. Non
dobbi amo spaventarci scoprendo in noi le tendenze al-
l'esclusione e all'inclusione della nostra religione... Non so-
no caratteristiche particolari nostre, neanche della nostra
religione, ma meccanismi inerenti alla maggioranza delle
religioni. Sono il frutto di un modello di verit di cui, for-
t unat ament e, ci stiamo liberando. Un atteggiamento di
umilt e di tolleranza, di accoglienza, di non esclusione e
di non condanna, dev'essere una lezione imparata dall'os-
servazione attenta e penitente della nostra storia.
Teologia delle religioni in un t empo post moderno
Conviene segnalare che i concetti fondamentali che stiamo
maneggiando nel nostro corso (esclusivismo, inclusivismo,
pluralismo) sono recenti, poich la stessa teologia delle re-
ligioni ben giovane, essendo iniziata dopo il 1960, ma non
lo sono al punt o di appartenere alla tappa del postmoder-
nismo. Questo ancora molto pi recente. I libri e gli ar-
15
Abbiamo gi detto che l'inclusione in un certo senso una forma
di esclusione. Una conquista mediante un abbraccio, secondo Hans
Kilng.
274
ticoli sulla teologia delle religioni normal ment e non fanno
nemmeno allusione a questo movi ment o culturale. Solo
nell' ultimo libro di Paul KNITTER troviamo la presentazio-
ne di un quart o modello o paradi gma di teologia delle re-
ligioni, che egli chi ama The Acceptance Model
16
e che
egli presenta come in rapport o alla cultura post moderna.
Dice che il modello pi giovane, e che nat o nella cul-
t ura post moderna, che fa propria. I modelli precedenti cer-
cavano di eliminare, di assorbire o superare le differenze
t ra le religioni; il modello dell' accettazione (postmoder-
na), al contrario, cerca di sottolineare e valorizzare le dif-
ferenze: tutte hanno diritto a esistere, e dissolverle sareb-
be come distruggere una i mmensa ricchezza che appar-
tiene all' Umanit, sarebbe un atto d' imperialismo omoge-
neizzante.
Alla base di t ut t o ci vi la critica che il post moderni smo
fa alla modernit: l' accusa di avere un' eccessiva fiducia nel-
la ragione, di sopravvalutare alcuni valori ipoteticamente
universali, di pretendere di avere la spiegazione totale, di
fidarsi t emerari ament e della capacit umana d' intervenire
nella storia per raggiungere i propri ideali e utopie. Il po-
st moderni smo fonda questa critica sul rifiuto dei mega-
racconti, quelle grandi spiegazioni che pret endono di da-
re una ragione o un senso universalmente validi per la vi-
ta umana. Questi megaracconti sono nocivi - pensa il po-
st moderni smo - siano essi storici (per esempio, la libera-
zione), siano essi economici (come il capitalismo), o di or-
dine politico (la democrazia). E sono pericolosi, perch
pret endendo di avere una validit universale, ci che fan-
no mettere una cultura su un' altra. Per il postmoderni-
smo non dovrebbero esserci verit universali; al contrario:
le verit, come i fiori, devono crescere in mille mani ere di-
verse, ognuna nel propri o terreno.
Autori rappresent at i vi di quest o modello, come George
Lindbeck, sot t ol i neano la mut ua i ncomparabi l i t delle re-
ligioni; ognuna se stessa, e non si possono comparare,
n si possono tradurre, n si possono stabilire pont i fra
di esse...; ci che si deve fare rispettare le loro diffe-
16
Introducing Theologies of Religions, Orbis Books, New York 2002
pp. 171ss.
275
renze e lasciarle vivere e crescere t ut t e in libert, come i
fiori...
Riteniamo sia la pri ma volta che si presenta questo mo-
dello, e ci sembra troppo presto per stabilire se effettiva-
mente sia un nuovo modello o non sia altro che l' aspetto
estremizzato in cui potrebbe t radursi qualche forma del
paradigma pluralista, che consisterebbe in una specie d'in-
differentismo o forse di relativismo, e in un venir meno an-
ticipato di ogni tentativo di dialogo unitivo... In ogni ca-
so c', e probabi l ment e pi esteso di quant o possi amo
credere.
AGIRE
La preoccupazione finale della teologia della liberazione
sempre: cosa dobbi amo fare? Ed ora anche la nostra
preoccupazione. Veniamo al concreto, ricavando da tutto
ci che abbi amo detto alcune conclusioni operative.
ABBANDONO DEL VECCHIO MODELLO DI VERIT
Una pri ma conclusione operativa dev' essere la squalifi-
ca di questo modo di essere religioso che si basa sul mo-
dello di verit greco scolastico fissista dogmat i co. Bisogna
aprire la mente, aprirla alla realt storica ed evolutiva,
multirelazionata e olistica. E bisogna convertirsi dai resi-
dui di esclusivismo e inclusivismo che ancora permango-
no nell' intimo della nost ra coscienza. Bisogna ri nunci are
all' immobilismo di coloro che credono che possediamo
la verit e ce l' abbiamo scritta, descritta, codificata e ca-
nonizzata, come su pietra, i mmut abi l e e infallibile per
l' eternit. Bisogna spogliarsi di t ut t e queste pretese e, sen-
za passare cert ament e all' estremo del relativismo o dell'in-
differentismo, aprirsi alla bellezza dell' avventura della ri-
cerca della verit, e sentirsi fratelli e sorelle di tutti gli uo-
mini, le donne e i popoli che condividono con noi l'esal-
t ant e interesse di questa mai finita peregrinazione del-
l' Umanit verso la Verit sempre maggiore. In questo sta-
re gomito a gomito, mano nella mano, con tutti quelli che
cercano la verit, ci rapport i amo a loro non dalla catte-
dra, n dal pulpito, n con i dogmi in mano, bens come
276
fratelli che hanno qualcosa da condividere e anche da im-
parare
17
.
Il cambi ament o del modello di verit una vera conver-
sione, e un vero cambi ament o di paradigma. Abbiamo
voluto intitolare questo capitolo Un altro modello di ve-
rit e non, ad esempio, La questione della verit, per
indicare che proponi amo un mut ament o del modello di ve-
rit
18
, una conversione epistemologica.
ACCETTAZIONE SINCERA E SERENA DELLA RELATIVIT
Tutto questo implica una conversione, come abbi amo det-
to. necessario accettare la relazionalit e la relativit
19
della verit, quella verit che oggi percepiamo rilevante pre-
cisamente in forza della sua capacit di relazione, e non
per la sua presunt a capacit di esclusione delle altre verit.
Non vogliamo una verit che sia nostra e unica cos
che elimini le altre squalificandole o assorbendole. Vo-
gliamo piuttosto scoprire come la nostra verit si rappor-
ta positivamente con ogni altra verit, e come la verit de-
gli altri non ci estranea, n era gi precedent ement e no-
stra (per assorbimento o inclusione).
L' abbandono di quella sicurezza nella quale - soprat t ut t o
i cristiani e specificamente i cattolici - siamo stati educa-
ti, pu sconcertare pi di un cristiano, e non cessa di es-
sere un punt o molto sensibile della nostra fede. Perci, que-
sto t ema dev' essere presentato sempre con pedagogia, con
tatto e con molta delicatezza.
Elementi sacri della nostra fede, che sono stati le colonne
che credevamo di valore assoluto per tutta l' Umanit, so-
no riletti ora da part e di molti teologi da un' altra prospet-
tiva. Non si tratta di sminuire il carattere assoluto dell'im-
pegno che esigono da noi, bens, semplicemente, di sco-
17
Questo ha forti conseguenze per la missione cristiana e per la
azione missionaria specificamente. Nella lezione 21
a
le affrontere-
mo.
18
Fa parte di questo cambiamento del modello di verit ci che vie-
ne indicato con la famosa de-ellenizzazione del cristianesimo.
19
Attenzione a non confondere relativit con relativismo.
277
prire che non dobbiamo dedurre da essi una verit esclu-
siva o inclusiva rispetto a ogni altra verit religiosa
20
.
Abbiamo gi accennato prima alla reimpostazione critica
della conoscenza propiziata dalla filosofia moderna
dell' epoca illuminista, spesso con l' opposizione del cristia-
nesimo. Ci nonostante, col tempo, un processo di sana se-
colarizzazione ha finito per imporsi e per essere accolto
anche dalle Chiese cristiane. Vivere in un mondo sacraliz-
zato dove tutto ci parlava di una presenza provvidente di
Dio, poteva essere molto confortante e ci dava molta sicu-
rezza, ma oggi riconosciamo che Dio ci vuole adulti re-
sponsabili, e rispetta l' autonomia delle realt terrene, in
modo che le cose accadono etsi Deus non daretur, come
se Dio non esistesse, e oggi accettiamo che dobbi amo abi-
tuarci a vivere con questo presupposto secolarizzato.
Parallelamente, oggi pot remmo dire che - come una tap-
pa in pi o una conseguenza in pi di quello stesso pro-
cesso - scopriamo di dover vivere etsi religiones absolu-
tae non darentur, come se le religioni non fossero asso-
lute, prendendo questa parola nel senso dell' assolutezza
classica. Forse Dio stesso che non vuole darci questa si-
curezza che pot remmo sospirare: Dio non vuole che vivia-
mo in possesso di una verit assoluta e totale, unica, esclu-
dente/includente di tutte le altre verit religiose del mon-
do, ma vuole che viviamo accettando una verit che, es-
sendo degna di richiedere il nostro i mpegno assoluto, non
cessa di essere una verit sorella della verit delle altri re-
ligioni
21
. Quella religione le cui tradizioni e simboli erano
considerati da noi letteralmente storici, i cui dogmi erano
considerati espressione addirittura letterale della verit
eterna ed i mmut abi l e... ormai fuori t empo. Con la fine
del sonno dogmatico che Kant auspicava, oggi dobbia-
mo accettare che arrivata anche la fine del sonno reli-
20
La coscienza di un pluralismo religioso insuperabile c'invita a ri-
scoprire la singolarit propria della verit cristiana e a meglio com-
prendere che pu esigere un impegno assoluto dal credente, senza
trasformarsi per questo in una verit esclusiva o inclusiva rispetto a
ogni altra verit nell'ordine religioso o culturale (Gerfr, prefazione
al libro di Jean Claude Basset, El dilogo interreligioso, Descle, Bil-
bao 1999, p. 12.
21
Senza nemmeno pretendere un egualitarismo senza sfumature, co-
me se a priori ammettessimo che tutte le religioni sono uguali.
278
gioso dogmatico
22
. Oggi si amo cos coscienti della plura-
lit, della relativit
23
, delle molteplici forme di significati
figurati coi quali la verit religiosa si esprime, della legit-
tima pluralit delle interpretazioni, della necessaria com-
plementarit delle verit, della cont i nua evoluzione dell'es-
sere umano e delle sue culture, del carattere sempre in-
compi ut o della ricerca religiosa... che dobbi amo ricono-
scere che, anche su questo tema, non si amo pi in un' epo-
ca di cambi ament i , ma nel cambi ament o di un' epoca. Di
pi: non si amo ancora nel cambi ament o di epoca; il cam-
bi ament o si gi prodotto; si amo gi nell' epoca nuova e
diversa.
un orizzonte che pu sconcertare chi ancora sia an-
corato alla cosmologia del cristianesimo conservatore, ma
che pu ent usi asmare le persone con spirito giovane che
scopri ranno in questa situazione nuove chi amat e del Dio
che sempre ci sorprende affinch assumi amo la nost ra li-
bert e la nost ra responsabilit.
Questo urt a con la dottrina ufficiale, che ha l' ossessione
del relativismo. Quindici anni fa il tab era il marxismo,
accusa che si formulava contro chiunque si preoccupasse
della liberazione e dell' opzione per i poveri. Oggi il nuovo
tab il relativismo, e ovunque appaia un nuovo mo-
dello di verit, una nuova interpretazione del cristianesi-
mo l ont ana dalle pretese di superiorit assoluta e indiscu-
tibile su tutte le altre religioni del mondo, che ci sono sta-
te e ci saranno, gli inquisitori di t urno lanciano l' accusa di
relativismo. L'ossessivo t i more del relativismo fa s che
lo vedano anche dove non c', dove semplicemente si trat-
22
E questo, riferendoci al cristianesimo, non di adesso, ma degli
ultimi secoli, se pensiamo alla rilettura che si portata a termine ri-
guardo soprattutto alla comprensione della Bibbia e della maggior
parte della teologia. Ora arrivato il momento di realizzare questa
rilettura nell'ambito della teologia delle religioni, e di intraprendere
una nuova rilettura di tutto l'insieme religioso partendo da quello che
abbiamo chiamato frequentemente il paradigma pluralistico della
religione.
23
Gli interventi del magistero non possono essere pi cos chiari e
irrevocabili come hanno preteso di essere... E necessario confessare
la relativit di ogni formulazione in rapporto all'assoluto del miste-
ro di Dio (R. Coffy, arcivescovo di Albi, Orientierung, Ziirich, 40
(1976) pp. 63-66.
279
ta di un superament o di quelle pretese di superiorit as-
soluta. certo che si deve rifuggire dagli estremismi del
relativismo, ma anche certo che non si deve farlo con
l' assolutizzazione di ci che relativo. Su questo punt o bi-
sogna avere le idee chiare, e non lasciarsi travolgere dalla
mancanza di distinzione t ra il riconoscimento della relati-
vit di ci che relativo, da una parte, e la caduta nel re-
lativismo estremo, dall' altra, e dimenticare che, in ogni ca-
so, l' assolutismo non pi vicino alla verit del relativi-
smo, bench cos sembri o lo si i mmagi ni .
LIBERARSI DA SE STESSA
Il vecchio modello di verit fissista e i mmut abi l e tocca la
Chiesa cattolica molto pi di quello che sembra. La tradi-
zione cristiana debitrice di un procedi ment o che stato
classico per molte religioni: si elabora una dottrina, o si
stabilisce un costume, e dopo, per convalidarli e dar loro
pi autorit, vengono attribuiti a Dio e considerati sacri o
divini, e pert ant o immodificabili e intoccabili... In questa
mani era la Chiesa finisce per ri manere prigioniera di se
stessa, delle proprie elaborazioni, delle quali dice che non
osa cambiarle, perch le considera di diritto divino, o
provenienti dallo stesso Ges, quando in realt si tratta di
dottrine, decisioni, gesti sacramentali, costumi... creati dal-
la stessa Chiesa e soggetti pert ant o alla sua autorit e vo-
lont.
Questo ci che succede specialmente con la dottrina con-
siderata dogmatica. Se fu dichiarata tale, coloro che so-
no debitori del modello classico di verit ritengono che con
questo si trasformata in una verit di tipo assoluto, cio
trascendentale, metafisica, eterna, e che pert ant o dev'es-
sere compresa in modo letterale, senza possibilit di rein-
terpretazione e ancor meno di riformulazione. un atteg-
gi ament o fondamentalista.
Curiosamente, questo at t eggi ament o si dirige molto di pi
verso i dogmi ecclesiastici che verso la stessa Bibbia. A
questo punto della storia, la Bibbia con tutte le sue pagi-
ne passata attraverso una rilettura critica, ma molti dog-
mi ecclesiastici, vale a dire elementi di categoria molto
inferiore alla Bibbia, sono ritenuti intoccabili, essendo in
280
realt proibita la loro analisi critica e pi ancora la loro
reinterpretazione.
Herbert HAAG, teologo cattolico svizzero mort o nel 2001,
si sforzato negli ultimi anni di most rare questa situazio-
ne paradossale, nella quale la Chiesa resta prigioniera di
se stessa, soprat t ut t o per questo modello di verit fissi-
sta che attribuisce a Dio o a Ges - e che considera intoc-
cabile ed irriformabile - ci che in realt pu cambi are con
una sua decisione
24
.
Il modello di verit non ha ripercussioni solo per il dialo-
go interreligioso, ma anche per la vita interna di ogni re-
ligione, nat ural ment e.
TEOLOGIA IN DIALOGO: PER VARIE GENERAZIONI
La teologia delle religioni non solo una teologia per il
dialogo, ma dev' essere anche una teologia del dialogo, e
perfino una teologia in dialogo.
per il dialogo, perch ci permet t e di compiere dentro noi
stessi un intradialogo, che riordini la nost ra casa pri-
ma che venga a visitarla la nostra religione interlocutrice
sorella. L' intradialogo ci consente di riconvertire molti ele-
ment i che risulterebbero insopportabili e inaccettabili per
il nost ro compagno di dialogo, elementi che cadono da so-
li per una semplice revisione interna. L' intradialogo non
solo ci purifica da questi elementi che causerebbero soffe-
renza non necessaria al nostro interlocutore, ma riconver-
te la st rut t ura stessa della nostra cosmovisione religiosa,
sbloccando gli elementi rigidi che mai erano stati messi a
confronto nel dialogo, e disponendoci allo stesso.
teologia del dialogo, perch, in una seconda fase, il dia-
logo concreto interreligioso, bilaterale e perfino multilate-
rale, apport er senz' altro nuove visioni, nuovi elementi,
nuove prospettive critiche costruttive. Vedere i nostri ele-
ment i religiosi letti da occhi altrui ci permet t er di sco-
prire prospettive per le quali i nostri stessi occhi sono ri-
24
Cf. Haag, H., Nur wer sich ndert, bleibt sich treu, Herder, Freiburg;
traduzione portoghese: A Igreja catlica ainda tem futuro?, Noticias
Editorial, Lisboa 2001.
281
masti sempre ciechi... Questi apporti del dialogo e l'espe-
rienza stessa del discutere la propri a religione, sono senza
dubbio mat eri a adat t a per essere teologizzata come teolo-
gia del dialogo.
Ma sar anche teologia in dialogo
25
, in cammi no, che non
pretende ancora di avere soluzioni, n risposte pi enamen-
te soddisfacenti, ma che si dispone al lavoro paziente per
ricostruire tutto, cont ando sul dialogo pi ampi o possibi-
le. Una teologia umile e paziente che sa che sarebbe pre-
tenzioso voler vedere gi ora la fine della strada, e sa che
il suo compito non opera di una persona o di una gene-
razione... Questo dialogo dev' essere fondato, evidente-
mente, su un nuovo modello di verit...
Conclusione
Questo cambi ament o di modello, questa conversione ver-
so un altro modello di verit ci most ra che un' altra for-
ma di essere cristiano possibile. Di fronte ai pessimisti
o ai disfattisti e paurosi, vogliamo most rare che possibi-
le abbandonare l' assolutismo e il fissismo senza cadere nel
relativismo, e che l' accettazione di questo altro modello
non fa s che il nost ro impegno sia meno assoluto, quant o
piuttosto pi umano e dialogante. Non abbandoni amo nul-
la, non diventiamo scettici n relativisti. Semplicemente ri-
nunci amo all' assolutismo e all' esclusivismo/inclusivismo.
II. Testi antologici
- La verit unica; i saggi la chi amano in modi diversi
(Adagio ind. Rigveda 1. 164.46).
- L' Eterno uno, ma ha molti nomi {Rigveda, Divisa di
Ramarkrishna. Indui smo).
25
S'incomincia a parlare non solo di una teologia del dialogo, ma di
una teologia in dialogo: entrare in un ambito d'incontro che ci porti
verso una Pienezza che ancora ignoriamo (Melloni, Xavier, La glo-
balitzaci in un dileg multdisciplinar, Cristianisme i Justicia, Bar-
celona 2001, p. 42.
282
- Il Dio di tutti i nomi (CASALDALIGA, in Missa dos Qui-
lombos).
- God has many names, Dio ha molti nomi (titolo del fa-
moso libro di John HICK).
- Cognita sunt in cognoscente secundum modum cogno-
scentis, Le cose conosciute sono in colui che conosce se-
condo il suo modo propri o di conoscere (San Tommaso,
Summa Theologica II-II, q. I, a.2).
- Verum (verit) non pu identificarsi con unum (unit)
(Raimon PANIKKAR).
- Non procl amare che tutte le religioni sono vane, perch
in tutte c' un profumo di verit senza il quale non in-
fiammerebbero la fede dei credenti (RUMI).
- Nessuno pu vantarsi di essere arrivato alla Verit se
non stato t rat t at o da eretico da mille persone oneste
(YUNAYD).
Si pu ugual ment e lavorare al testo di Rahner in Sacra-
mentum Mundi sotto la voce Cristianesimo, disponibile
anche in http://servicioskoinonia.org/relat/329.htm
III. Domande per riflettere e per dialogare
- A cosa ci riferiamo quando parl i amo di modello di ve-
rit?
- Il modello di verit come lo schermo sul quale proiet-
t i amo i nostri pensieri e le nostre i mmagi ni . Comment ar e
questa immagine che compare nel testo.
- Un r amo della filosofia si chi ama epistemologia, o trat-
tato della scienza. Un altro si chi ama gnoseologia, trat-
t at o della conoscenza. C' qual cuno t ra noi che possa spie-
garci pi dettagliatamente questi termini e il loro signifi-
cato?
- Come pot r emmo descrivere, apport ando ognuno di noi
qualche elemento, il modello di verit present e nel no-
stro ambi ent e culturale quando, ancora bambi ni , si amo
stati formati nella nostra fede? Portare esempi concreti.
- La storia delle religioni - anche del cristianesimo - pie-
na di casi d' intransigenza, di uccisioni perfino di eretici
o, meglio, di accusati di eresia. Ovviamente, dietro mol t e
283
di queste violenze c' erano interessi di altro tipo. Si potrebbe
per dire che le persone che esercitavano la violenza (cen-
sori, inquisitori, boia...) erano anch' essi vittime di un mo-
dello che portava a quegli atteggiamenti? In che senso?
- Fornire dati concreti sulla rigidit nella concezione del-
la verit che troviamo nella nost ra religione, ancora at-
tualmente.
- Cercare esempi concreti di situazioni da noi stessi os-
servate, in cui si possa notare la di pendenza culturale del-
le espressioni della religiosit...
- Comment are i testi antologici del paragrafo precedente.
- Stabilire la differenza tra assolutismo, relativit e relati-
vismo.
- St ampare e comment are in gruppo i poster indicati.
IV. Poster (<http://servicioskoinonia.org/posters>)
Servicios Koinonia ha on-line vari poster (suscettibili di es-
sere stampati in formato grande, in plotter) che possono es-
sere utilizzati pedagogicamente in rapport o a questo tema:
- I cattolici, come i cristiani in generale, si st anno ren-
dendo conto che qualcosa pu essere verit senza che sia
assoluta (Paul KNITTER).
- Una verit superficiale un enunci at o il cui opposto
falso; una verit profonda un enunci at o il cui opposto
pure una verit profonda (Niels BOHR) .
- Se chi udono la port a a tutti gli errori, la chi uderanno
anche alla verit (Rabindranat TAGORE).
- Dio pi grande di ci che le religioni dicono su di Lui.
- La religione una mappa del territorio, non il territo-
rio stesso (Paul KNITTER).
- La Verit, Pilato, mettersi dalla part e degli umili e di
quelli che soffrono (Van der MEERSCH).
- Tutte le religioni sono vere. Il proselitismo peccato
(Koinonia - TORRES QUEIRUGA).
Bibliografia
COMISIN TEOLGICA INTERNACIONAL, El cristianismo y las religio-
nes, EDIM Ediciones, Valencia, Espana, 1996; pp. 13ss; 54ss.
284
FORNET-BETANCOURT RAUL, Transformacin intercultural de la fi-
losofia, Descle, Bilbao 2001.
HICK J., An interpretation ofReligion. Human responses to the Tran-
scendent, Yale University Press, New Haven, USA, 1989.
HICK JOHN, La metfora de Dios encarnado, Abya Yala, Quito 2004.
KNITTER P., NO OtherName?, Orbis Book, Maryknoll (1985) 2000,
pp. 217ss (A New Model ofTruth).
285
Capitolo quindicesimo
Tutte le religioni sono vere
Con questa lezione e la seguente stiamo giungendo al cul-
mine del nostro percorso, al vertice del nostro corso. Ci che
diremo in questa lezione la conseguenza maggiore e che pi
congloba tutto quello che abbiamo esposto nei capitoli pre-
cedenti; il suo titolo potrebbe essere lo slogan che meglio rias-
sume il corso (e il poster che vi segnaliamo, lo ritrae grafi-
camente).
I. Per sviluppare il tema
VEDERE
TUTTE LE RELIGIONI SONO STATE ESCLUSIVISTE
Prima di formulare l' affermazione globale di questa lezio-
ne, vogliamo aprire gli occhi sul contesto in cui l' andiamo
a collocare. Dobbi amo renderci conto che si tratta, per la
precisione, di un contesto ostile a detta affermazione. La
storia universale testimonia che le religioni, prat i cament e
tutte, affermano il cont rari o di ci che noi pret endi amo di
affermare.
un fatto evidente che ogni religione conosciuta conside-
ri se stessa come la religione, come la religione vera,
di fronte a tutte le altre, che considera religioni false, o
forse come religioni che non sono nemmeno religioni, ben-
s surrogati di religione: credenze
1
, superstizioni, pen-
sieri magici, tradizioni culturali religiose...
1
Tali considera la stessa Dominus Iesus, datata 16 giugno 2000, le
religioni non cristiane: "Deve essere fermamente ritenuta la distin-
zione tra la fede teologale e la credenza nelle altre religioni. Se la fe-
de l'accoglienza nella grazia della verit rivelata, "che permette di
entrare all'interno del mistero, favorendone la coerente intelligenza",
la credenza nelle altre religioni quell'insieme di esperienza e di pen-
siero che costituiscono i tesori umani d saggezza e di religiosit, che
286
Le religioni considerano se stesse - ognuna di esse da par-
te sua - come opera diretta di Dio, e come opera unica di
Dio. Questo avere la propria origine in Dio stesso, ed esse-
re l'unica religione esistente, l'unica voluta da Dio, l'unica
stabilita da Dio nel mondo per la salvezza del mondo, d
a ognuna di esse un statuto di verit assoluta, divina, insu-
perabile, capace di portare l'essere umano a vivere e mori-
re per la religione, per la sua difesa, per la sua espansione,
o per l' adempimento delle sue leggi. Praticamente solo le re-
ligioni sono capaci di portare l'essere umano a offrire la sua
vita come martire. E si pu offrire la vita solo quando si ha
la sicurezza assoluta di darla per la massima verit, e con
la massima sicurezza (la massima sicurezza della salvezza).
Per la convinzione, che tutte le religioni possiedono, di es-
sere la vera religione - alcune pi delle altre - , si sono
i mbarcat e nell' avventura storica di salvare il resto dell' Uma-
nit che giaceva nell' ombra della morte, realizzando cam-
pagne missionarie per convertire i popoli e salvare le
loro anime. Si sono portate a termine anche crociate
contro altre religioni, considerate come nemi che di Dio,
sono state sradicate religioni indigene bruci andone i libri
sacri, perseguitando i loro seguaci, t ent ando di cancellare
queste religioni con ogni mezzo.
Altre volte, soprat t ut t o modernament e, una religione ritie-
ne che le altre siano solo partecipazioni della propri a ve-
rit. Questa religione tenta d' includere le altre. Queste
non sono altro che partecipazioni, estensioni dell' unica ve-
ra religione. il caso dell'inclusivismo, di cui gi ab-
bi amo detto che non cessa di essere una forma at t enuat a
di esclusivismo. Le altre religioni in realt non esistono au-
t onomament e, poich semplicemente part eci pano del va-
lore salvifico e della verit dell' unica vera religione...
NON SOLAMENTE LA CRISTIANA
Noi cristiani possi amo pensare di essere i soli a speri-
ment are queste situazioni, ma non cos:
Nella religione di Krishna si pensa che il loro di o sia lo
l'uomo nella sua ricerca della verit ha ideato e messo in atto nel suo
riferimento al Divino e all'Assoluto (n 7).
287
stesso che adorano i cristiani, i buddhi st i e i musul mani .
Avviene per che i credenti di queste religioni non cono-
scono il nome del vero Dio, che Krishna
2
.
Come dice il Corano, l'Islam l'unica religione vera, com-
pleta, definitiva e universale
3
. Tra i musul mani si sta pre-
sentando il fenomeno dell'inclusivismo, per il quale le altre
religioni sono considerate in fondo come una partecipazio-
ne della realt salvifica musulmana
4
. Il musul mano ere-
de di una tradizione che, dal Corano, fa dell'islam la "reli-
gione della natura umana", nel senso dell'affermazione di
una tradizione del Profeta: "Ogni neonat o nasce per natura
musulmano; sono i suoi genitori che lo trasformano in ebreo
o cristiano". Questa una profonda convinzione di tutti i
musulmani di tutti i tempi, rafforzata pi ancora dalle ten-
denze razionaliste dell'islam moderno: "L'islam, religione
della ragione"; affermazione che allude alla semplicit del
suo dogma e alla sobriet del suo culto
5
.
La Nuova Era pensa che il Cristo dei cristiani sia solo una
delle molte personalit in cui si i ncarnat a l'energia.
Buddha, Krishna, Maometto... sono altre incarnazioni di
questa energia
6
.
In Giappone si dice che tutte le strade port ano al Fuji,
come in molti luoghi cristiani si dice che tutte le strade
port ano a Roma.
Il sut ra del fiore del Loto forse il pi i mport ant e del Bud-
dismo Mahayana. Insegna che il Buddi smo l' unica stra-
da - bench si presenti in forme diverse - attraverso la qua-
le tutti gli esseri possono arrivare alla salvezza. Il sutra del
Loto Sublime insegna che tutti gli esseri hanno in s la na-
t ura del Buddha, e tutto ci che esiste e accade miste-
riosamente relazionato
7
.
2
Beltrn, Amparo, En A.L. ipor qu ganan terreno las sectas?, in Mi-
siones Extranjeras 182-183 (marzo-junio 2001) p. 177.
3
Corano: 3, 19.110; 5,3; 9,33; 61.9; 48,28...). Cf. R. Caspar, Para una
vision cristiana del Islam, Sai Terrae 1995, p. 25.
4
Cf. Jean Lue Blanpain, La f cristiana al encuentro del Islam, in Se-
leccones de Teologia 160 (2001) p. 313.
5
R. Caspar, Le, 35.
6
Ibid.
7
AA. W. , Religies, voi. 1, Editora Mundo e Misso, So Paulo 1999,
p . 2 1 .
288
Se conoscessimo meglio le religioni, probabi l ment e po-
t r emmo trovare molti pi dati per avallare queste affer-
mazioni. Ogni religione crede dunque di essere il centro
del mondo
8
, il centro unico, opera di Dio (non opera uma-
na)
9
, opera unica di Dio (non una religione in pi fra mol-
te altre), comuni t eletta (la privilegiata fra tutte le altre)
10
,
caricata dell' onore e della responsabilit di essere chi amat a
a salvare il mondo. . . e per questo storicamente le religio-
ni hanno preferito vivere isolate e i ncont ami nat e, chiu-
dendosi all' influenza altrui, rifiutando t ut t o ci che estra-
neo, o credendo di pot er fare propri o solo quant o non po-
tevano rifiutare. Esse sono le uniche, per esclusione o per
inclusione delle altre.
Perch succede questo? Perch stata cos la storia di tut-
te le religioni? Che cosa pensare di questa pretesa delle re-
ligioni?
GIUDICARE
In primo luogo, bisogna pensare che se tutte le religioni pre-
tendono di essere la vera religione, questo dato scredita
da principio questa pretesa comune a tutte. Perch se tutte
dicono di essere l'unica vera logico pensare che tutte si
stiano sbagliando (o tutte meno una, quella che sarebbe
effettivamente la vera religione). Vale a dire che, da subi-
to, sentiamo un forte sospetto
11
verso questa pretesa delle
religioni. Ascoltando una sola religione pot remmo forse ac-
cogliere la sua aspirazione di essere la vera; ascoltando
molte religioni che hanno la stessa aspirazione, comincia-
mo subito a sospettare fortemente della sua veracit.
8
Ogni religione ha l'impressione di essere al centro del mondo del
senso, con tutte le altre fedi distribuite alla sua periferia: Hick, God
has many names, p. 119.
9
La rivelazione appartiene all'autocomprensione di ogni religione,
che sempre considera se stessa creazione divina, e non puramente
umana: C.M. Edsmann, Offenbarung, I, in Die Religion in Geschich-
te und Gegenwart 4 (1960) p. 1597, Tbingen.
10
Tutte le religioni si considerano in qualche modo elette: Torres
Queiruga El dilogo de las religiones, Sai Terrae, Madrid 1992, p. 19.
11
Anche questa un'ermeneutica del sospetto, bench diversa da
quella soprattutto socio-economico-politica a cui ci siamo riferiti nel-
la quinta lezione.
289
Una pri ma risposta a questo sospetto : questa pretesa di
superiorit e di esclusivit sar un meccanismo sponta-
neo e naturale della religione? L' abbiamo gi detto: l'esclu-
sivismo un meccani smo naturale e spont aneo, perch,
tra le altre ragioni, risponde alla st rut t ura stessa della co-
noscenza umana che obbligata a partire da se stessa co-
me centro della propri a esperienza della realt. Quello che
succede su scala personale e individuale succede anche,
parallelamente, su scala umana collettiva e sociale, cultu-
rale e religiosa. Se cos, questa pretesa di unicit delle
religioni deve essere guardat a con una certa dose di bene-
volenza e comprensione, senza attribuire necessariamente
un valore oggettivo alla pretesa di ognuna, considerando-
la piuttosto come un meccani smo naturale, come una di-
storsione ottica spiegabile che deve essere intesa come un
linguaggio di autoaffermazione, e non come un' afferma-
zione di carattere realmente assoluto.
Un' altra risposta che va nella stessa direzione ha a che ve-
dere con il modello di verit, studiato nella lezione pre-
cedente. La maggior part e delle religioni, a causa senza
dubbio dello stesso meccanismo spont aneo per il quale si
considerano uniche e insostituibili, adot t ano lo schema bi-
polare di vero/falso, buono/cattivo. Una religione dev'es-
sere vera o falsa, buona o cattiva, e soltanto una pu es-
sere vera e buona; le altre devono essere false e cattive. Ta-
le modello di verit tiene le religioni prigioniere di questo
schema bipolare est remo (vero/falso), per valutare se stes-
se e valutare le altre. E la presa di coscienza di questa cau-
sa relativizza anche ai nostri occhi la rigidit con cui le re-
ligioni si valutano t ra loro e ci lascia aperta la strada per
procedere alla nostra affermazione fondamentale.
Eliminati dunque questi ostacoli, e avendo come premes-
se preparatorie tutti gli elementi che abbi amo sviluppato
sino ad ora in questo corso, si amo in condizioni di fare
l'affermazione centrale che d il titolo a questa lezione: tut-
te le religioni sono vere.
Il fondamento di questa affermazione bisogna cercarlo in
un nuovo concetto di rivelazione, nella linea in cui stato
trattato nella lezione ottava di questo corso, a cui ci rifac-
ciamo. Tutte le religioni sono ricerca di Dio da parte dell'es-
sere umano. E d' altra parte, Dio alla ricerca di tutti gli
290
esseri umani , di tutti i popoli, ai quali cerca di comuni -
carsi il pi possibile, con la maggiore intensit possibile.
Per questo, in tutte le religioni c' presenza di rivelazio-
ne
12
. La storia religiosa di ogni popolo un processo di ri-
velazione in cui si esprime necessariamente una presenza
di verit e di santit. E se c' verit e santit nelle reli-
gioni, ci significa di ret t ament e e i mmedi at ament e che gli
uomi ni e le donne che le prat i cano si salvano in esse e per
esse; non a semplice titolo individuale, n - ancor meno -,
ai margini o nonost ant e esse. Dio si sta rivelando e sta eser-
citando la sua salvezza in tutte e ognuna delle religioni, sen-
za che mai alcun uomo o donna siano stati privati dell'of-
ferta della sua amorosa presenza
13
. Se Dio si rivela a tut-
ti, allora tutte le religioni sono rivelate e, pertanto, in questa
stessa misura, vere
14
.
Questa verit presente in ogni religione possi amo qualifi-
carla come assoluta
15
, una verit in se stessa, non par-
tecipata per una via metafisica a partire dalla verit di un' al-
t ra religione. Le religioni hanno valore in se stesse.
Possiamo completare questi dati teologici con quell' altro
principio: Non ci sono eletti, che abbi amo presentato e
spiegato nella nona lezione. Non risulta pi accettabile pen-
sare che Dio abbia pot ut o port are avanti la sua salvezza
con una religione, e che per questo ne abbia suscitata
una, lasciando il resto dell' Umanit, lungo t ut t a la sua sto-
ria (quanti milioni di anni?) abbandonat o alla sua sorte,
nelle tenebre dell' ignoranza, preda di religioni inventate o
di superstizioni religiose. Oggi sappi amo che questa ma-
niera di parlare dell'elezione, che ritenevamo certa e che
sentivamo nostra, esiste anche in tutte le religioni ed
quel meccani smo spont aneo del quale abbi amo gi parla-
to, e che appartiene a una forma di linguaggio confessio-
12
Torres Queiruga, Andrs, La revelacin de Dios en la realizacin del
hombre, Cristiandad, Madrid 1987, p. 32.
13
Torres Queiruga, Del terror de Isaac al Abb de Jesus. Hacia una
nueva imagen de Dios, Verbo Divino, Estella 2000, p. 295. Dio real-
mente presente in tutti gli uomini, e si rivela realmente a essi nono-
stante tutte le deformazioni: si rivela ad essi soprattutto nelle espe-
rienze mediate dalle loro tradizioni religiose (ID., A revelacao de Deus
na realizapo humana, Paulus, So Paulo 1995, p. 150).
14
Ibtd. pp. 296.
15
Torres Queiruga, El dilogo de las religiones, Sai Terrae 1992, p. 30.
291
naie e autoreferenziale, che oggi possi amo reinterpretare.
Per ci, se nessuna religione eletta, e se c' rivelazio-
ne, verit e santit in tutte le religioni umane, tutte le re-
ligioni sono vere.
Questa affermazione, che ad alcuni pu sembrare provo-
catoria
16
e ad altri pu produrre sconcerto
17
e perfino ri-
fiuto
18
, , in realt, una semplice conseguenza di uno dei
principi basilari di ogni religione: l'universalit dell' amore di
Dio. Dio ama, Dio ama infinitamente, senza limitazioni da
parte sua, e con universalit, tutti gli uomini e le donne, tut-
ti i popoli, tutte le culture... e tutte le religioni. Senza pre-
ferenza di persone, di popoli, di culture o di religioni
19
.
D'altra parte, questa impostazione si sposa meglio con la
mentalit attuale, alla quale s' impone, come un imperati-
vo incontestabile, il rifiuto di ogni etnocentrismo, che
una dimensione che non cessa di essere latente sotto le pre-
tese di esclusivit e assolutezza delle religioni.
Si noti tuttavia che non st i amo dicendo che le religioni so-
no perfette, costituite purament e di verit senza alcun er-
rore. .. Di ci parl eremo ampi ament e nella lezione seguente.
Per concretizzare o esplicitare meglio questo principio che
tutte le religioni sono vere, sar bene trarre una conclu-
sione che espri meremo con parole altrui:
- Con le parole di SCHILLEBEECKX, c' pi verit religiosa
in tutte le religioni nel loro insieme che in un' uni ca reli-
gione, e questo vale anche per il cristianesimo. Esistono
aspetti veri, buoni , belli - sorprendenti - nelle molteplici
forme (presenti nell' umanit) di alleanza e intesa con Dio,
forme che non trovano posto nell' esperienza specifica del
cristianesimo
20
.
16
Ibid., p. 29.
17
Affermare che tutte sono vere equivale a dichiarare che tutte so-
no false: Commissione Teologica Internazionale, // cristianesimo e
le religioni, Libreria Vaticana 1996, n. 13.
18
Delterror..., p. 296.
19
Cf. At 10, 34ss.
20
Schillebeeckx, Histria humana, revelaco de Deus, Paulus, So Pau-
lo 1994, p. 215, citato da Teixeira in O dialogo inter-religioso conto
afrmaco da Vida, Paulinas, So Paulo 1997, p. 144.
292
- Con le parole di DUPUIS Ci sono pi verit e grazia
nell' ampia di nami ca della storia dei rapporti di Dio con
l' Umanit che nel capitale disponibile della tradizione cri-
stiana
21
.
- Con le parole di GEFFR: Se le diverse tradizioni reli-
giose hanno il loro posto all' interno del progetto salvifico
di Dio, ci vuole dire che c' pi verit "religiosa" nella
somma di tutte le religioni che in una singola religione, in-
cluso lo stesso cristianesimo
22
.
Non necessario che sottolineiamo che questa mani era di
pensare e di accogliere la pluralit religiosa molto diver-
sa - forse in alcuni aspetti, di amet ral ment e opposta - a
quella che stata comune nel cristianesimo fino ad appe-
na 40 anni fa, o a quella che comune in molte altre reli-
gioni e ancora in non pochi settori del cristianesimo.
Tutte queste reimpostazioni ci pongono nuove domande.
logico, perch scuotono sicurezze e presuppost i che por-
t i amo dentro, il cui fondamento oppone resistenza anche
in noi stessi al riconsiderare queste verit fondamentali.
In effetti, sarebbe interessante approfondire ora:
a) Che cos' dunque la religione da un punt o di vista an-
tropologico, o se vogliamo antropologico-teologico. Perch
quando pensavamo che c'era solo una religione vera, por-
tata da Dio stesso sulla terra... non era necessario farsi
domande sull' identit antropologica della religione. Ma da
quando sappi amo che tutte le religioni, di t ut t i i popoli, so-
no ricerca di Dio e partecipano della verit, la questione si
ripropone: come pensare antropologicamente quello che
il processo vitale storico di una religione, e come inter-
pretarlo teologicamente, ma da una prospettiva non esclu-
sivista n inclusivista.
b) Che rapport o c' allora tra le religioni e la Verit? Sono
le varie religioni, semplicemente, manifestazioni differen-
ti di una stessa Verit? Solo una o alcune sono vere? Tut-
te sono uguali? Sono diverse ma compl ement ari ? Conver-
gono, le religioni, verso una stessa meta?
21
Dupuis, Verso una teologia..., p. 521.
22
Geffe, O lugar das religies no plano da Salvaco, in Teixeira, O
dilogo inter-religioso corno afrmaco da vida, Paulinas, So Paulo
1997, p. 121.
293
Ci sono state e ci sono posizioni teoriche diverse al riguar-
do. Rispetto al secondo punt o, concretamente, lo si pu
esporre pedagogicamente a part i re della leggenda ind
dell'elefante e dei ciechi, che trascriviamo nella sezione di
testi antologici nella versione del sufi Rumi . C' anche un
poster su questo t ema nella serie dei posters sul plurali-
smo religioso dei Servizi Koinonia. Pu servire ugualmen-
te il testo Bah' i dalla sezione di testi antologici (La stes-
sa luce in diverse lampade).
AGIRE
Una pri ma conseguenza teorico-pratica quella della re-
visione del concetto dell' assolutezza e dell' unicit pretesa
dalle religioni. Questa esigenza di assolutezza stata un' esi-
genza di sicurezza che lo spirito umano ha richiesto sem-
pre alla religione e a cui questa ha risposto non senza im-
maginazione e buona volont. Dall' antichit, l'essere uma-
no ha avuto bisogno di un punt o assoluto di riferimento
per la composizione della sua coscienza umana, un punt o
che gli desse totale sicurezza, e questo punt o quello che
le religioni hanno denomi nat o con la sacra parola Dio.
La conoscenza umana non aveva la capacit di percepire
in modo tematico il fatto fondamentale che essere vero non
implica essere unico n essere perfetto o assoluto,
soprattutto in Occidente
23
. Esponendo il pensiero teologi-
co moderno al riguardo, la Commissione Teologica Inter-
nazionale presenta le spiegazioni che si danno oggi alle po-
sizioni classiche di esclusivit:
a) il contesto storico-culturale: cul t ura classica (solo una
verit certa e immutabile)
b) mentalit escatologico-apocalittica (profeta finale, rive-
lazione definitiva)
e) atteggiamento di una mi noranza (linguaggio di soprav-
vivenza, uni co salvatore)
24
.
23
Come gi abbiamo detto, secondo F. Wilfred, teologo indio, la que-
stione dell'assolutezza traduce una problematica tipicamente occi-
dentale. Cf. Dupuis, J., Verso una teologia cristiana del pluralismo re-
ligioso, p. 268.
24
II cristianesimo e le religioni, Libreria Vaticana 1996, n. 20.
294
Oggi si amo in grado di rivedere il nostro concetto di as-
solutezza e di moderare le nostre esigenze al riguardo. Co-
me dice Paul Knitter, nella citazione che facevamo di lui
nella scorsa lezione, i cattolici, come i cristiani in gene-
rale, si st anno rendendo conto che affinch qualcosa sia
verit, non c' bisogno che sia assoluta
25
. St anno dunque
evolvendo, st anno per essere rivisti i concetti di assolutez-
za e unicit
26
.
Una seconda conseguenza quella della complementa-
rit delle religioni. Dicevamo che le religioni, classicamente
- e ancora oggi la maggior part e di esse -, hanno adottato
uno schema bipolare estremo di valutazione reciproca: le
religioni potevano essere solo o quella vera o una delle fal-
se. E chiaro che se tutte le religioni sono vere, questo vec-
chio schema risulta inadeguato. Lo schema corrisponden-
te alla nuova mani era di vedere non pi vero/falso, o buo-
no/cattivo, bens vero/pi vero, o buono/migliore. La verit
e la rivelazione sono in tutte le religioni; allora, in tutte
possiamo trovare qualcosa di positivo, e da tutte pot remo
i mparare.
Di qui discende un' ovvia conseguenza: le verit non si op-
pongono n si sottraggono, ma si sommano, convergono,
si compl et ano. Le religioni si completano, devono com-
pletarsi. Non sono n devono essere guardat e come verit
disgiuntive (o l' una o l'altra), bens come verit comple-
ment ari (l' una e le altre, tutte chi amat e a completarsi).
Facci amo un passo in pi: la compl ement ari t si d non
solo perch t ut t e le religioni sono vere, ma anche perch
nessuna religione perfetta e non perfezionabile, come se
avesse captato t ut t o e non avesse niente da i mparare. Non
possi amo pret endere che una religione abbia la verit tut-
ta intera, n incasellare Dio in una det ermi nat a religione.
Dobbi amo lasciare che "Dio sia Dio", al di sopra delle no-
stre categorie e definizioni. Perch nella mi sura in cui ri-
nunci amo a possederlo, lo troveremo come Dio vero. Il ve-
25
P. Knitter, No Other Name?, p. 219.
26
Ogni religione unica, e attraverso questa unicit, le religioni si
arricchiscono mutuamente: Dichiarazione della XIII Riunione an-
nuale dell'Associazione Teologica India (31 die. 1989). In Dupuis, Ver-
so una teologia..., pp. 268-269.
295
ro Dio non mai a nostra mi sura... Nessuno possiede la
verit completa. Solamente Dio
27
.
Questo difficile da accettare per coloro che ancora han-
no della propri a religione un' idea assolutizzata, come l'ave-
vamo tutti sino a pochi anni fa. Ci veniva detto che la ve-
rit ci era stata rivelata interamente, sebbene potesse suc-
cedere che non fossimo coscienti di essa e che dovessimo
pian pi ano chiarirla, per a partire da noi, perch noi ave-
vamo t ut t a la verit e non avevamo bisogno di nessuna ve-
rit venuta dell' esterno. Era - non c' dubbio - un'affer-
mazi one gratuita, e oggi, con pi fondamento, osiamo di-
re che Dio ha - che Dio - t ut t a la Verit, ma che una re-
ligione non pu averla t ut t a in esclusiva
28
.
La parola del saila kuna Iguanabiginia illumina questo pen-
siero: Dio non ha creato un solo popolo su questa terra.
Per questo, quando un popolo dice 'quello che io so di Dio
migliore e pi esatto' , questo popolo non conosce Dio;
sta credendo che Dio poca cosa. Quando allora arrivia-
mo a conoscere meglio Dio? Mai nell'odio o nel rifiuto.
Quando tutti ci incontreremo a partire dalla diversit dei
nostri popoli, allora, a poco a poco, conosceremo Dio (cf.
il testo completo nella sezione II dei testi antologici).
Pi concretamente: la dottrina cristiana della Trinit ha
bisogno dell'insistenza islamica sul monoteismo; il vuoto
impersonale del Buddismo ha bisogno dell'esperienza cri-
stiana del Tu divino; l' insegnamento cristiano sulla distin-
zione tra l'assoluto e il finito ha bisogno della visione ind
sulla non dualit tra Brahman e at man; il contenuto pro-
fetico-pratico della tradizione giudeocristiana ha bisogno
dell' accentuazione orientale della contemplazione e dell'agi-
re senza perseguire l'efficienza. Queste contrastanti pola-
rit non si cancellano l' un l'altra, come il giorno non sop-
pri me la notte, o viceversa. per questo che le religioni
devono darsi testimonianza l' un l'altra, nella loro diversit,
27
Peteiro Freire, A., in Vida Nueva, Madrid, 2308 (dicembre 2001) p.
50.
28
Dupuis fa equilibrismi per distinguere tra una possibile pienezza
quantitativa diversa di una pienezza qualitativa della verit, esclusi-
va quest'ultima del cristianesimo. Cf. Verso una teologia cristiana del
pluralismo religioso, Queriniana, Brescia 1997, pp. 336ss.
296
in modo che possano arrivare alla loro pienezza
29
. Am-
mettere sinceramente questa compl ement ari t significa,
evidentemente, una conversione profonda rispetto a quel
modo di guardarsi, fra religioni, da posizioni di esclusivi-
smo, inclusivismo, o dalla squalificazione o mut ua igno-
ranza.
Questa compl ement ari t in realt non una dottrina nuo-
va, non una novit. testimoniata dalla storia delle re-
ligioni e, concret ament e nel cristianesimo, presente nel-
la sua stessa radice.
Alle origini stesse della Bibbia, il ruolo giocato da Mos
at t ual ment e interpretato come un ruolo di fusione e di ri-
lettura di tradizioni. Il Dio che Mos invoca il Dio dei
Padri, che rappresent a una delle tradizioni religiose di-
sperse dei patriarchi. La Bibbia sottolinea l'influenza dei
madianiti nella nuova esperienza formulata da Mos. Ca-
zelles e Van der Born suggeriscono che Mos sembra non
fare alcuna distinzione tra il suo Dio e quello dei madi a-
niti. Ma, ancor pi, Mos inserito nel mondo religioso-
culturale dell'Antico Oriente. Senza cedere alle esagera-
zioni della Scuola storica delle religioni, che pretendeva di
fare dello yhavismo una semplice derivazione di questo
mondo orientale, non sembra neanche accettabile il clich,
t ant o diffuso, del carattere i nt erament e secondari o delle
tradizioni intorno al t ema della creazione nella Bibbia
30
.
Questa evoluzione della religione d' Israele che va cre-
scendo come risultato di una fecondazione e mat urazi one
di tradizioni precedentemente disperse e scollegate, ci fa
constatare qualcosa che successo anche nelle altre reli-
gioni: tutte si sono forgiate a partire da elementi disugua-
li ed eclettici. In realt tutte le religioni sono il risultato di
una lenta congiunzione di tradizioni diverse che hanno
cont i nuat o a forgiarsi intorno a un Nucleo Originario che
ha dat o loro la propri a identit. Col passare del t empo,
l' orizzonte si va ampl i ando e approfondendo, propi zi ando
una sintesi che riunisce alcuni elementi che originaria-
ment e erano dispersi. A questo modo le t radi zi oni prece-
denti non si perdono n si diluiscono, ma si integrano in
P. Knitter, No Other Name?, p. 221.
Torres Queiruga, La revelacin..., pp. 65-66.
297
un tutto pi ampi o e sono portatrici delle sottolineature
che hanno al i ment at o a suo t empo l' esperienza religiosa di
varie persone e generazioni
31
.
Un'infinit di cose dell'Antico Testamento che oggi qua-
lifichiamo (senza troppe sfumature) come "parola di Dio",
Israele le ha i mparat e dai popoli e dalle religioni vicine,
che furono, pertanto, la strada eletta da Dio per rivelarle
a Israele. Le ha i mparat e molte volte arricchendole e sot-
tolineandole, o perfino migliorandole. Ma le ha ricevute
dalle altre religioni. E solo attraverso di esse le ha ricevu-
te da Dio
32
.
Ci significa che lo stesso processo di gestazione e appa-
rizione della Parola di Dio nella storia umana, concreta-
mente dentro il cristianesimo, si realizza integrando, in-
corporando, riformulando... elementi e verit che sono gi
stati ricevuti dentro altre tradizioni religiose. La tradi-
zione biblica da sempre, molto pi di quello che normal -
mente ammet t i amo, un esercizio di sincretismo e di com-
plementariet, poich assume la verit religiosa che altre
tradizioni religiose sono riuscite a creare/ricevere nel pro-
prio seno. certo che si t rat t a di un' accoglienza attiva
33
,
ma che non cessa di essere sincretismo e complementa-
rit.
Da un punt o di vista sociologico il cristianesimo certa-
mente una religione, ma in realt l' antico paganesimo o,
per essere pi precisi, la complessa religione ebraica, gre-
ca, latina, celtica, visigota e moderna, convertita a Cristo
con maggiore o mi nore successo
34
L'obelisco di piazza San
Pietro a Roma, pi ant at o l in mezzo, essendo stato un mo-
nument o religioso egiziano, t ut t o un simbolo di sincre-
31
J. Melloni, El Uno en lo mltiple, Sai Terrae, Santander 2003, p. 62.
32
Gonzlez Faus, J.I, Agenda lahnoamericana 2003.
33
Negli scritti dell'AT si trova molto di quello che si sta dicendo:
questo un mito di Canaan, quest'altro sapienza egiziana, quell'al-
tro filosofia ellenistica. Sempre, per, chiarito, ritoccato, collocato
in un contesto nuovo e quindi modificato secondo la fede biblica
Lohfink, Gerhard, cNecesita Dios la Iglesia?, San Pablo, Madrid, 1999,
p. 52.
34
R. Panikkar, The Relation of Christian to Their Non-Christian Sur-
roundings, en Christian Revelation and World Religions, Joseph Neu-
ner (ed.), Bum & Oates, Londres 1967, p. 168. Citato da P. Knitter,
No Other Name?, p. 222.
298
tismo. L' esperienza storica most ra che le tradizioni uma-
ne e religiose del mondo sono sorte in generale da reci-
proche interferenze, influenze e fecondazioni, e la maggior
part e delle religioni oggi conosciute sono il risultato di ta-
li mut ue fecondazioni (induismo, buddi smo, islam, ecc.).
I grandi maestri religiosi non sono partiti mai da zero, ben-
s dall' interno di qualche corrente religiosa, purificandola
e fecondandola con i propri doni profetici
35
. E nella storia
recente il cristianesimo stesso deve riconoscere di essere
riuscito a port are a galla e a recuperare alcuni dei suoi
grandi valori attuali grazie ad altre religioni. Pot remmo fa-
re l' esempio dell'influsso innegabile che la religione indui-
sta sta esercitando negli ultimi decenni sul cristianesimo
occidentale
36
. O pot r emmo anche riconoscere con Gonz-
lez Faus: La passione per la giustizia e l' opzione per i po-
veri che oggi danno forse identit al cristianesimo attuale,
sono profondament e cristiane. Ma sar difficile negare che
- storicamente parl ando - il cristianesimo di oggi le abbi a
i mparat e e recuperate da quella "religione" che fu il marxi-
smo, per passato e screditato che oggi lo si ritenga. co-
s che Dio ha condotto (e cont i nua a condurre oggi), la sto-
ria del suo popolo
37
.
Se oltre ad avere la base teologica pri ma presentata, questa
complementarit si ritrova anche storicamente alla base stes-
sa della religione giudeo-cristiana e delle grandi religioni del-
la storia, come non cercare di superare la tradizione ultima
di allontanamento e distanziamento per cui molte religioni
- anche la nostra - stavano pensando che non avevano nul-
la da imparare dalle altre? La complementariet delle reli-
gioni e un atteggiamento positivo verso di esse, che ci fac-
cia essere aperti a riconoscere i loro valori e ad arricchirci
con essi, una nuova esigenza della nostra conversione in-
tegrale e della pratica del dialogo interreligioso.
INRELIGIONAZIONE E INTERRELIGIOSIT
Andrs Torres Queiruga ha suggerito questo t ermi ne nuo-
35
Panikkar, Il dialogo intrareligioso, pp. 33, 46, 158.
36
Le opere riprodotte in moltissime edizioni del P. Anthony de Mel-
lo sono l'esempio pi notorio.
37
Gonzlez Faus, J.I, ibidem.
299
vo che si sta diffondendo, ricevendo un' accoglienza genera-
le che mostra la riuscita con cui esprime una realt. Ci ri-
sulta strano, e all'inizio suona perfino come poco estetico,
ma quando si spiega riscuote accettazione generale.
Andrs lo propone come parallelo al t ermi ne incultura-
zione. Questo un concetto proveniente dall' antropolo-
gia culturale che si riferisce a una dimensione della quale
la Chiesa diventata sempre di pi cosciente negli ultimi
decenni
38
. Si pu dire che gi pat ri moni o comune nel cri-
stianesimo la distinzione t ra fede e cultura, e la chiara af-
fermazione che il Vangelo e la fede sono sovraculturali e
non sono legati a nessuna cultura, per cui venendo accol-
ti in societ o comuni t umane "di un' altra cultura, il Van-
gelo e la fede devono essere inculturati, tradotti, letti dal-
la nuova cultura.
Qualcosa di parallelo o di analogo pu e deve succedere
con la fede. La religione, come la cultura, sempre un vis-
suto e un' esperienza interpretata. Non che da un lato
il soggetto vive l' esperienza religiosa e, dall' altro, l' esprime
poi in parole e concetti (che appart engono a una cultura),
no. La realt che lo stesso vissuto dell' esperienza in se
stesso interpretazione, e non pu aver luogo se non per la
mediazione di categorie e concetti religiosi che il soggetto
vive. Non esiste l' esperienza religiosa pura, antecedente o
a fianco di una religione o cultura. La cultura e la religio-
ne dell' individuo fanno necessariamente part e della sua
esperienza religiosa.
Ci significa che quando un nuovo annunci o religioso giun-
ge a una persona, sar da questa ricevuto nella e attraver-
so la sua sensibilit religiosa. Dovr essere t radot t o e in-
terpretato dalle categorie religiose della persona (o comu-
nit) che riceve. Sar inreligionato.
Questo non un probl ema teorico, bens molto reale, at-
tuale, continuamente in corso. A questi livelli di planetiz-
zazione del mondo, tutte le religioni sono entrate in con-
tatto e non possono pi evitare di vivere in contatto per-
manent e. L' isolamento in cui sono vissute per millenni
38
Per la Chiesa cattolica latino-americana stata la IV Conferenza
Generale del Celam, nel 1992 in Santo Domingo il momento di mas-
sima accoglienza ufficiale del tema dell'inculturazione.
300
stato i nt erament e superat o in molte parti del pianeta. La
mut ua presenza, la permanent e esposizione reciproca, la
convivenza continua, offrono e perfino obbligano a uno
scambio inevitabile. Si sta verificando un incrociarsi e un
mut uo fecondarsi permanent e. Da qualche decennio i cri-
stiani occidentali sono influenzati dalle religioni orientali,
dall' induismo soprattutto. La stessa cosa si pot rebbe dire,
all'inverso, delle altre grandi religioni del mondo. Tutto
questo un fenomeno di mut ua inreligionazione a livello
mondiale.
Quando un cristiano crede di trovare nell' induismo ele-
ment i religiosi che l' aiutano e arricchiscono nel vissuto del
suo rapport o con Dio, non ha bisogno di lasciare il cri-
stianesimo, ma di incorporare quegli elementi, captati dal-
la propria sensibilit cristiana, al suo integrale vissuto cri-
stiano. Molto probabilmente, nel captarli e riceverli, li mo-
difica e adatta, nel t empo stesso che questi influiscono ine-
vitabilmente sull' insieme della sua fede cristiana. Se un
ind, nel suo contatto col cristianesimo, percepisce in Cri-
sto una pienezza di rivelazione capace di port are il suo vis-
suto religioso a una certa crescita, pu accettare Cristo
(captato senza dubbi o dalla sua sensibilit orientale t ant o
diversa da quella europea), ma non dovr abbandonare tut-
ti gli elementi di verit che costituiscono la sua esperien-
za religiosa ind; la sua accettazione di Cristo ri marr in-
culturata nella sua religione ind.
Non si tratta dunque di abbandonare una religione per
convertirsi a un' altra: la persona ri marr di principio nel-
la sua religione, ma assumer elementi e dimensioni che
arri cchi ranno il suo vissuto religioso. Ci pot r anno essere
elementi incompatibili che esigono una decisione, ma ci
non costituir la regola generale, bens l' eccezione.
Si amo coscienti che si tratta di una i mpost azi one nuova,
di fronte a un' esperienza la cui ampi ezza pure un feno-
meno nuovo, e per questo un mi ni mo di realismo esige,
per t empi non ancora prevedibili, di stare at t ent i allo svi-
luppo dell' esperienza stessa, per i mparare da essa senza
imporle rischi aprioristici
39
. Il t empo ci permet t er di ca-
pire. Nel frattempo, dobbi amo osservare e t ent are d' inter-
Torres Queiruga, El dilogo..., p. 35.
301
pretare, con ment e aperta e disponibilit di cuore, senza
pregiudizi n condanne.
In ogni caso, s' impone sempre di pi la coscienza che og-
gi non sia possibile vivere la propria religione isolati, co-
me sotto una campana di vetro che ci liberi da qual unque
influenza delle altre religioni. Al contrario, come dichiara
la Societ Indiana di Teologia, in una societ pluralista
la religione autentica implica necessariamente un rappor-
to con le altre religioni. Detto in poche parole: essere reli-
giosi significa essere interreligiosi
40
. O anche: essere
profondamente religiosi al giorno d'oggi vuol dire essere
ampi ament e religiosi
41
, cio aperti a ricevere gli apporti
e le esperienze che ci possono derivare da altre religioni. E
pi ancora: viene il sospetto che vivere e conoscere una re-
ligione senza conoscere altre religioni non pu che tradur-
si in una esperienza incompleta della propria religione. So-
lo conoscendo altre religioni si arriva a comprendere me-
glio la propria
42
, anche pri ma di arricchirla. Come ha detto
F. M. Mller con una frase che divenuta uno slogan chi
non ne conosce che una, non ne conosce nessuna
43
.
ECUMENISMO IN MARCIA
L' ecumenismo
44
in cammi no, vivo, sta agendo, giorno
40
Pathil, K. (ed.), Religious Pluralism. An Indian Peerspective, ISPCK,
Delhi 1991, p. 348.
41
P. Knitter, Religiones, misticismo y liberacin. Dilogo entre la teo-
logia de la liberacin y la teologia de las religiones, in Vigil - Tornita -
Barros (orgs.), Por los muchos caminos de Dios - II, Abya Yala, Quito
2004, p. 92.
42
Nessuno pu conoscere bene la sua lingua senza conoscere al-
meno i rudimenti di un'altra. Allo stesso modo, difficilmente una per-
sona - l'eccezione costituita dai veri mistici - potr captare vera-
mente la propria religione senza avere un'idea dell'esistenza e della
legittimit di altri universi religiosi. Se le realt ultime hanno per noi
solo un'unica espressione, tenderemo a pensare che le nostre conce-
zioni definiscano la realt con validit universale (Panikkar, R., //
dialogo intrareligioso, Assisi 2001, p. 10).
43
They who know one, know none: Introduction to the Science of
Religioni, Londra 1873, p. 16. La frase sembra provenire da Goethe
che l'applicava allo studio delle lingue.
44
Usiamo la parola nel suo senso etimologico universale, non ridot-
to all'ecumenismo tra cristiani.
302
e notte, costantemente, esplicitamente e implicitamente,
non solo dov' accettato con il suo nome, ma perfino l do-
ve non conosciuto o dove si crede di esserne esenti. in
cammi no e non c' chi lo possa fermare. Il mondo si uni-
fica, si relaziona, dialoga, conosce, percepisce, sperimen-
ta, s' informa, interscambia... e le religioni si avvicinano,
intuiscono, indovinano, presentono, dialogano e conver-
gono. E, come sempre, Dio non estraneo alla loro opera.
Concluderemo con le parole di Torres Queiruga, che ci dan-
no conferma:
Se si guarda ai processi reali, si capisce senza grande dif-
ficolt che nel movi ment o profondo della storia sta acca-
dendo gi un ecumenismo reale di port at a incalcolabile.
Oggi, prat i cament e tutte le religioni sono entrate in con-
tatto; ed chiaro che questo non succede senza profonde
modificazioni. Le intuizioni cristiane sono real ment e e ve-
rament e presenti nelle altre religioni, come le loro sono
presenti nel cristianesimo. Sarebbe concepibile lo stato at-
tuale del cristianesimo senza il suo contatto con l' indui-
smo e il buddi smo o senza la sua secolare convivenza con
l'Islam? Si pu pensare - ricordiamoci di Gandhi - che la
sacralizzazione delle caste non sia stata profondament e
erosa dall' affermazione cristiana dell' uguaglianza di tutti
davanti a Dio? ipotizzabile che - nonost ant e le attuali
restrizioni - la lettura del Corano possa proseguire col suo
letteralismo fondamentalista dopo che i teologi islamici
hanno iniziato a entrare in cont at t o con la critica cristia-
na della Bibbia?
45
Le domande potrebbero cont i nuare. Quello che cercano di
suggerire ovvio: in realt si sta producendo un' espansio-
ne reale delle valenze universaliste presenti in ogni rivela-
zione concreta
46
, senza che ci sia un male n sia evita-
bile, perch "tutte le religioni sono vere" e perch si amo
nell' era della mondializzazione.
45
Aggiungiamo di nostro un altro esempio: pu qualcuno pensare
che la teologia della liberazione e l'opzione per i poveri delle Chiese
cristiane latino-americane sia rimasta una particolarit di queste
Chiese e non sia divenuta, gi da tempo, un'esperienza religiosa che
ha trasceso i limiti del cristianesimo, influenzando e venendo accol-
ta dalle pi diverse religioni mondiali?
46
Torres Queiruga, El dilogo..., p. 37
303
il. Testi antologici
Testimonianza di Raimondo Lullo (Llull, 1233-1315)
C' una mani era sicura di non arrivare a Dio, ed quella
d' installarsi in una religione.
Rai mondo LULLO
Testimonianza di Gandhi (1917-1984)
10 dico agli ind che la loro vita sar imperfetta se non stu-
diano con rispetto la vita di Ges.
Mahat ma GANDHI, Freiheit onhe Gewalt, K. Klostermeier
(hrsg.), Colonia 1968, p. 118.
Testimonianza di Ibn Arabi (1165-1240)
11 mi o cuore si trasformato in ricettacolo di tutte le for-
me religiose: prat eri a di gazzelle e chiostro di monaci cri-
stiani, tempio di idoli e Kaaba di pellegrini, Tavole della
Legge Ebrea e Fogli del Corano.
Ibn Arabi
Testimonianza dei mistici sufi
I mistici sufi e il pluralismo religioso, in Agenda Lati-
noamericana 2004, pp. 154-155. Anche in <latinoamerica-
na.org/2003/textos/castellano/SufiesCompleto.htm.
L'elefante e i ciechi
L'elefante si trovava dent ro una casa buia; alcune persone
dell' India lo avevano port at o l per esibirlo. Per vederlo, va-
rie persone ent rarono, una alla volta, nell' oscurit. Dato
che nessuno poteva vederlo con gli occhi, ognuno tentava
di tastarlo nel buio con le pal me delle mani . La mano di
uno si pos sulla sua proboscide e disse: questa creatura
come un tubo dove passa l' acqua. La mano di un altro
tocc il suo orecchio: gli sembr simile a un ventaglio. Un
altro, avendo afferrato la sua zampa, dichiar: Penso che
la forma dell'elefante sia quella di un pilastro. Un altro
pos la mano sul suo dorso e disse: Questo elefante dav-
vero come un trono. Cos, ognuno dava la propri a ver-
304
sione dell'elefante secondo la part e che egli stesso aveva
toccato. Secondo la part e toccata e interpretata, le sue af-
fermazioni differivano: un uomo lo chiamava A, un altro
Z... Se ognuno di loro avesse port at o una lucerna per il-
l umi nare la stanza, la differenza delle loro parole sarebbe
scomparsa. L' occhio della percezione sensoriale sola-
ment e come il pal mo della mano: esso manca della capa-
cit di abbracciare la totalit di ci che tocca.
RUMI
La stessa luce in lampade diverse
Da tutte le parti del mondo, i popoli hanno onorato l'uno o
l'altro dei Portavoci di Dio e hanno adottato i loro insegna-
menti. Venerano Cristo, Buddha, Zoroastro, Krishna ed al-
tri alti Profeti come le loro pi grandi guide. Ma non li han-
no mai contemplati in rapporto gli uni con gli altri. Li pen-
sano come rivali, in competizione per guadagnare la rive-
renza del mondo. Immagi nano che accettando la rivelazio-
ne di uno, debbano negare la rivelazione degli altri... (p. 14).
Le grandi religioni non sono rivali, ma si compl et ano co-
me le not e di una Divina Sinfonia, ognuna rappresentan-
do un compito i mport ant e nel gran dr amma dell'evoluzio-
ne umana e della sua marci a verso un destino comune,
l' unit mondiale, l' armonia, la pace universale e lo svilup-
po spirituale (ibid. 17).
Tutti i Messaggeri sono stati i Portavoce e i canali della Di-
vinit invisibile. Tutti riflettono la stessa luce di Dio. Essi
non sono in lotta, rivaleggiando gli uni con gli altri, ma so-
no venuti con una missione comune: far avanzare sempre
di pi, in mani era progressiva, la civilt del genere umano
e la spiritualizzazione dell' anima, e condurre t ut t a l' uma-
nit verso un glorioso comune destino che sar il rag-
gi ungi ment o dell' unit mondiale, della concordia e della
pace universale. Sono come l ampade diverse nelle quali
brilla la stessa Luce Divina. In altre parole: essendo Dio
uno, la sua religione una e tutti i Messaggeri l' hanno in-
segnata in diverse t appe evolutive (ibid. 107).
(George TOWNSHEND, The Promise ofAllAges, p. 69, in WOOL-
SON, Gayle, Divina Sinfonia, Editorial Bah' i, Buenos Aires
1992, pp. 14, 17, 107)
30S
Questo popolo non conosce Dio
Bab ha creato questa terra, Dio ha creato questa terra, que-
ste montagne. Dio molto grande, immenso. Non si la-
scia afferrare da un solo popolo; un solo popolo non pu
conoscere tutte le sue strade, non pu comprenderlo total-
mente. Per questo, Dio ha creato su questa terra molti po-
poli. Bab non ha creato un solo popolo. Nana non ha crea-
to un solo popolo su questa terra. Proprio per questo, quan-
do un popolo dice ci che io so di Dio meglio e pi giu-
sto, questo popolo non conosce Dio; lontano dal cono-
scere il suo messaggio; sta credendo che Dio poca cosa.
Noi kuna diciamo che Dio in alto. Ed vero, una ve-
rit. E non so cosa dicono i nostri amici neri, ma dicono
la verit. E cos gli altri popoli che Bab ha lasciato su que-
sta terra. Non possiamo dire esattamente ci che Dio,
non lo capiremo mai tutto.
Quando allora conosceremo meglio Dio? Mai nell' odio o
nel rifiuto. Quando tutti c' incontreremo a partire dalla di-
versit dei nostri popoli, allora, a poco a poco, conoscere-
mo Dio.
(Saila kuna IGUANABIGINIA, Horacio Mndez)
III. Domande per riflettere e per dialogare
- Che impressione ci fa nell' insieme questa lezione? Qual-
cuno di noi ri mast o sconcertato, ha provato sensazione
d' insicurezza, come se si scuotessero certezze che aveva
considerato da sempre solide? Quali certezze? Perch sen-
te t ut t o ci? Cosa pensare?
- Sapevamo che anche altre religioni sono inclusiviste? Pos-
siamo fornire dati di religioni (o di persone di altre reli-
gioni) che conosciamo?
- Se avessimo un dialogo con qualche comuni t di altra
religione e dovessimo dare testimonianza della nost ra fe-
de, come faremmo? Cosa diremmo? Pot remmo dire ora
quali sarebbero le idee principali? Commentarle insieme.
- Saremmo capaci di dir loro che la nostra religione ve-
ra e la loro no? Cosa di remmo circa la verit del cristia-
nesi mo e circa la verit dell'altra religione?
- Conoscevamo il dat o che nella stessa Bibbia e nel cri-
306
stianesimo ci sono molti elementi presi da altre religioni?
Sviluppare questo punt o, e chi ne ha porti elementi.
- Ci sono cose che dovrebbero cambiare nella nost ra vita
se credessimo coerent ement e che tutte le religioni sono ve-
re? E cosa dovrebbe cambi are in noi? E nella missione,
nell' attivit missionaria?
- Tutte le religioni sono vere... Tutte? Anche quella che
pu fondare un giorno qualsiasi un leader religioso di un
sobborgo della mi a citt? Anche una setta satanica istitui-
ta con cattiva volont? Cosa vogliamo dire con: tutte le
religioni sono vere?
- Sono tutte ugual ment e vere? Cosa significa pluralismo
asimmetrico?
- Cosa i nt endi amo per proselitismo? Che cosa differenzia
essenzialmente il proselitismo dall' apostolato? Il proseliti-
smo peccato? L' apostolato non lo ? A quali condizioni?
- Se a contatto con l' induismo, un cristiano lo scopre buo-
no e valido per la sua persona e compatibile con la sua fe-
de cristiana, cosa deve fare? Deve ri nunci are al cristiane-
simo? Deve rinunciare all' induismo? Pu avere una dop-
pia appartenenza? Diverr un cristiano ind o un ind
cristiano? In che consister qui l' inreligionazione?
- La teologia della liberazione ha infranto tutte le frontiere
delle religioni. Oggi c' una TL islamica, ind... Molte vol-
te senza questo nome, ma non senza il suo dichiarato in-
flusso. Perch si verifica questo fenomeno? La TL era qual-
cosa di cattolico o protestante, o piuttosto cristiano, o
- semplicemente - profondamente umano? In che senso?
Potrebbe esserci una religione insensibile all' opzione per i
poveri? Perch? Cosa ci dice t ut t o questo sul tema che tut-
te le religioni sono vere?
- Lavorare collettivamente su qual cuno dei posters indi-
cati nel prossi mo paragrafo.
IV. Poster
Servicios Koinona (<servicioskoinonia.org/posters>), offre
una serie di poster sul pluralismo religioso. Due della se-
rie hanno molto a che vedere con questo tema:
- Tutte le religioni sono vere. Il proselitismo peccato.
- L'elefante e i ciechi (concretamente, il poster di Koi-
nona vuole rappresentare di proposi t o un' elefantessa).
307
Bibliografia
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vacin, in Selecciones de teologia 151/38 (1999) pp. 241-253.
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RA (org.), O dilogo interreligioso corno afirmaco da vida, Pau-
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TORRES QUEIRUGA, A., El dilogo de las religiones en el mundo ac-
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TORRES QUEIRUGA A., Cristianismo y religiones: inreligionacin
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3-19; RELaTn. 241.
TORRES QUEIRUGA A., El dilogo de las religiones, Sai Terrae, San-
tander 1992, pp. 40; O dilogo das religies, Paulus, So Pau-
lo 1997.
TORRES QUEIRUGA A., La revelacin de Dios en la realizacin del
hombre, Cristiandad, Madrid 1987.
308
Capitolo sedicesimo
Tutte le religioni sono vere... e false
Ci che abbiamo affermato nella lezione precedente, ovvero
che tutte le religioni sono vere, potr apparire molto otti-
mista a confronto con l'inveterata convinzione che vi sareb-
be una sola religione vera (la nostra). Poich per l'ottimi-
smo deve essere realista, questa lezione completa quella svol-
ta precedentemente: tutte le religioni sono vere... e allo stes-
so tempo false. Con essa chiudiamo il punto pi elevato del
corso. I capitoli che seguono ne saranno in certo modo con-
seguenza e applicazione, la discesa dalla cima del monte.
I. Per sviluppare il tema
VEDERE
LE RELIGIONI NON SONO STATE SANTE
Cont rari ament e a quello che con generosit abbi amo af-
fermato sulle religioni nella precedente lezione, si potreb-
bero avanzare molte obiezioni appellandosi agli eventi sto-
rici. La storia molto benevola con le religioni. Al contra-
rio, la storia delle religioni gi met t e in atto la critica al-
le religioni
1
. Non vi miglior elemento capace di smor-
zare l' ingenuo ottimismo ri guardo alle religioni che la lo-
ro stessa storia. A essa vogliamo volgere lo sguardo anco-
ra una volta per partire dalla realt, secondo la nostra
metodologia del vedere, giudicare e agire.
Invitiamo il lettore a rivedere le pri me lezioni di questo
1
Pannenberg, W., Erwgungen zu einer Theologie der Religionsge-
schichte [Riflessioni per una teologia della storia delle religioni], p. 288.
Allude alla famosa frase di Schiller, ripresa da Hegel: La storia del
mondo il giudizio del mondo.
309
corso, nelle quali facevamo una revisione sommari a dei da-
ti storici riguardo al comport ament o intollerante e niente
affatto dialogante delle religioni. Questa mancanza di dia-
logo fra le religioni non stata il loro uni co n principale
peccato. Possiamo dire che, in generale, la storia delle re-
ligioni intessuta sia di bene che di male, t ant o di grazia
quanto di peccato.
Se volgiamo lo sguardo ai mali pi eclatanti dell' Umanit,
le guerre, osserviamo che non vi stata una guerra che col-
pisse una nazione cristiana che non sia stata appoggiata e
benedetta dalle religioni
2
. Queste hanno appoggialo la guer-
ra e lo hanno fatto molto spesso, come un elemento ulte-
riore dell' autoaffermazione egoista (culturale, razziale, eco-
nomica, politica...) dei popoli che vi erano coinvolti; han-
no rivestito di teologia le loro ragioni e le hanno avallate
ponendo la rivelazione dalla propri a parte, ma si tratta-
to di un abito con il quale si nascondevano ideologicamente
gli interessi egoisti o di potere di ogni popolo; le religioni,
ponendosi al di sopra della sfera umana, cercavano di da-
re a esse una convalida divina.
Invasioni, conquiste, crociate, colonizzazioni e neo co-
lonizzazioni, imperialismi... sono stati compiuti nella sto-
ria non da popoli miscredenti e senza religione (ma sono
poi esistiti simili popoli?), bens da popoli religiosi, le cui
religioni hanno fornito le armi pi potenti: legittimit e mi-
stica, mandat o divino, missione trascendente, promessa di
gloria eterna post mortem, obblighi di coscienza, minacce
di colpevolezza o di scomunica e condanna. . . Chi, se non
la religione, ha posseduto finora le armi pi potenti che
muovono realmente l' Umanit?
La storia umana, per qual unque verso la si osservi, una
storia religiosa. La religione stata protagonista della sto-
ria ed corresponsabile t ant o dei suoi successi come dei
suoi errori, che non sono stati piccoli. Le religioni non sem-
pre si sono schierate a favore della giustizia e in difesa dei
poveri, ma hanno benedetto molto spesso la guerra contro
i poveri e sancito ideologicamente i meccanismi che li han-
no impoveriti. Fino ai nostri giorni le religioni sono state
contro movimenti di liberazione, contro i movimenti po-
2
Hick, John, God Has Many Names, pp. 54ss.
310
polari, contro le rivoluzioni, contro l' indipendenza dei po-
poli, contro le libert moderne, contro l' emancipazione
della ragione, cont ro il progresso della scienza, cont ro la
democrazia...
vero - soprat t ut t o recent ement e - che vi sempre stata
anche una presenza della religione sull' altro lato: con i po-
veri, con le mi noranze oppresse, con i popoli sopraffatti,
con le rivoluzioni, con i movimenti popolari, a favore
dell' indipendenza dei popoli, della libert, della democra-
zia... Tuttavia questo - che non cessa di costituire l'altra
faccia delle religioni, la loro dimensione profetica, che pu-
re come un iceberg di cui si vede soltanto una piccola
part e - sempre stato un' eccezione, rispetto alla religione
istituzionale. Sotto l' aspetto sociologico storicamente evi-
dente che la religione istituzionale per sua nat ura un fat-
tore di conservazione, di opposizione al progresso, di di-
fesa dell'establishment, uno st rument o che il potere utiliz-
za ai suoi propri fini...
Il giudizio della storia si trova qui, nella condanna di tut-
ti questi aspetti peccaminosi delle religioni. In questo le re-
ligioni non sono state port at ri ci di verit, ma false, mol t o
false.
LE RELIGIONI NON SONO STATE INFALLIBILI...
Per essere obiettivi dobbi amo dire che non t ut t o il negati-
vo che c' stato nella storia delle religioni stato veramente
peccato delle religioni stesse. Molti elementi negativi so-
no stati semplicemente limiti delle religioni o delle societ,
i limiti dell' essere umano in ogni moment o della sua evo-
luzione e del suo progresso.
La religione, come gli esseri umani che la praticano, sog-
getta alla cultura e all' incultura di ogni epoca, alle illu-
sioni umane, agli errori, al rischio di confondere la fanta-
sia con la realt, alla di nami ca degli interessi istituziona-
li, ai pregiudizi che si oppongono all' avanzamento del-
l' umanit...
Tutto questo - che potrebbe essere elencato nei dettagli in
una lista quasi infinita - ha fatto commet t ere alle religio-
ni errori nei quali sono cadut e in pieno, situazioni nelle
quali hanno punt at o per errore - involontariamente o in-
coscientemente - con tutte le loro forze, proclamandole tal-
311
volta come verit assoluta in nome di Dio, capaci di con-
dannare e perfino di muovere guerra o di uccidere. Per te-
stimoniarlo basta pronunci are una parola: Inquisizione.
Le religioni hanno commesso errori senza fine, materiali
e scientifici, e si potrebbe tentare di farne l' interminabile
elenco, dai pi solenni e appariscenti fino ai pi curiosi,
ivi inclusi quelli ridicoli.
Tutto questo frutto - come dicevamo - della collocazio-
ne delle religioni nelle loro societ, in questo mondo limi-
tato e in un moment o critico di progresso; frutto della
storicit della societ umana, pi che il riflesso di ispira-
zioni divine dimezzate. Le espressioni apodittiche (Dio
guida il suo popolo, lo Spirito Santo guida la sua Chiesa,
Dio non permet t er che i suoi rappresent ant i si sbagli-
no...) servono a poco. L' autonomia delle realt terrene
e del cammi no della storia - aut onomi a della quale oggi
non possiamo dubitare - fa s che anche qui le cose av-
vengano etsi Deus non daretur, come se Dio non esistes-
se, o come se mantenesse un assoluto silenzio. Se le reli-
gioni hanno commesso errori nella storia, se in tante oc-
casioni non hanno corrisposto alla verit, se si sono poste
ufficialmente e formalmente dalla part e dell' errore e della
falsit... Dio non accorso per porvi rimedio. La storia lo
dimostra.
In concreto, per quant o si riferisce alla teologia delle re-
ligioni, cio all'idea che le religioni hanno avuto di loro
stesse e delle relazioni fra loro, dobbi amo dire che il tra-
dizionale atteggiamento esclusivista si formato in un pe-
riodo di sostanziale ignoranza ri guardo alla vita religiosa
dell' umanit e che recent ement e si visto sospinto a una
reimpostazione radicale, causata dal sorgere di una cono-
scenza molto pi profonda e vasta
3
. Noi cristiani di fatto
abbi amo trascorso quasi due millenni nell' errore esclusi-
vista, senza che Dio vi abbia posto rimedio (e altri popoli
l' hanno pagata cara)...
Ancora nel moment o metodologico del vedere e per sol-
levare il velo verso il giudicare, possi amo una volta di
pi richiamare l' ermeneutica del sospetto: pu essere un
buon albero questo che ha dato simili frutti di sofferenza
3
Hi ck, J., ibid.,p. 29.
312
e di dolore nella storia? Possono essere verament e assolu-
te - o assolutamente vere - le religioni che hanno difeso
infallibilmente errori e si sono poste dalla part e dell'egoi-
smo, del potere e dell' errore, i mpegnando solennemente
t ut t a la loro autorit?
In realt, dal punt o di vista logico, si tratta di un sospetto
semplicemente metodologico, poich non un sospetto,
bens un' evidenza confermata. Vi sono troppe prove, testi-
moni anze, vittime... per poter cont i nuare a parlare sem-
plicemente di sospetto
4
. Per questo, pi che sospetta-
re di una non verit gi comprovata, vogliamo interro-
garci circa il suo significato. Per fare ci ci addent reremo
nella seconda parte.
GIUDICARE
RELATIVIT
Possiamo affermare che le religioni sono relative e non as-
solute. Non possibile cio pensare che vi sia una religio-
ne assoluta nel senso che possieda tutta la verit, solo la
verit, che mai abbia commesso istituzionalmente gravis-
simi peccati, n abbia present at o come dottrina sicura
o persino come rivelazione errori che oggi sono eviden-
ti. E possi amo affermare non soltanto che una religione
siffatta non esiste, ma che non pu esserci. Perch? Per
molte ragioni.
In pri mo luogo perch le religioni sono opere sia umane
che divine. In questo nostro mondo umano non esiste nul-
la di esclusivamente divino. E tutto ci che umano
limitato, fallibile, perfettibile, ambi guo. Gli elementi divi-
ni e di verit che danno valore alle religioni quando si rea-
lizzano ent ro i limiti di una comuni t storica, non posso-
4
Riferendosi alla Chiesa e alla Bibbia Renan diceva: Un solo erro-
re prova che la Chiesa non infallibile; un solo punto debole prova
che un libro non rivelato... in un libro divino tutto vero e non ci
dev'essere, pertanto, alcuna contraddizione... Un libro ispirato un
miracolo e dovrebbe, come minimo, presentarsi in condizioni uni-
che, diverse da quelle di qualsiasi altro libro (E. Renan. Souvenirs
d'enfance et de jeunesse, p. 160, citato da Torres Queiruga, La revela-
cin..., p. 83).
313
no essere mai presi in senso assoluto, e ci cui si deve ri-
volgere l' attenzione il saldo complessivo di ogni reli-
gione, risultato che non deve nascondere l'evidenza che
ogni progresso umano port a in s un' ombra di regresso,
che ogni visione chiara si paga con qualche genere di ce-
cit parziale, che a ogni guadagno si accompagna una qual-
che perdita
5
. Come realt umane quali sono, come me-
diazioni umane che implicano limitazioni e debolezze, non
v' alcuna religione che sia perfetta.
Ogni religione, in effetti, significa una prospettiva unica,
una forma particolare di avvicinamento al mistero e di rea-
zione di fronte ad esso, cosicch sempre in ogni religione
vi sono ricchezze e sensibilit che le altre non hanno, e tut-
te senza eccezioni devono riconoscere qualche inevitabile
cecit causata dai limiti della propri a situazione
6
.
AMBIGUIT
Le religioni sono dunque realt ambi gue, hanno una dop-
pia faccia. Sono il meglio e il peggio dell' umanit, come
lo stesso essere umano, che a un t empo sapiente e de-
mente. La religione - dice Rai mon Panikkar - non ha ne-
cessariamente un valore positivo... La religione rappre-
senta il meglio e il peggio dell' essere umano, e questo pre-
cisamente perch tocca i problemi ultimi
7
. Oppure, detto
con pi forza e con parole autorevoli: La religione al
tempo stesso divina e demoniaca
8
.
Non c' una religione nella quale t ut t o puro, una reli-
gione che sia compl et ament e solo pur a religione... In con-
creto, ogni religione una mescolanza di fede, supersti-
zione e incredulit
9
. Albert Samuel ha di most rat o fino a
5
Torres Queiruga, A., La revelacin..., p. 386.
6
Torres Queiruga, A., El dilogo de las religiones en el mundo actual,
in J. Gomis (org.), El Vaticano IH, Herder-El Ciervo, Barcelona 2001,
p. 74.
7
Panikkar, R., // dialogo intrareligioso, Cittadella, Assisi 2001, p. 11.
8
ID., El escndalo de las religiones, in Torradeflot, Francese (org.),
Dilogo entre religiones. Textos fundamentales, Trotta, Madrid 2002,
p. 175.
9
Kiing, Hans, Ser cristiano, Cristiandad, Madrid 1977, p. 108 [ed. it.,
Essere cristiani, Mondadori, Milano 1976].
314
che punt o nelle religioni pi formali non cessino di essere
presenti forme considerate inferiori, come l' animismo
10
.
Chi si occupa di pastorale sa perfettamente come nella re-
ligiosit - non soltanto nella cosiddetta religiosit popola-
re, ma anche in quella di tutti gli strati sociali - agiscono
in modo intrecciato la fede e l' amore, insieme al timore,
all' interesse, al pensiero magico, alla superstizione... Ed
risaputo che perfino in settori sviluppati colti e cittadini,
la pratica degli oroscopi, la lettura delle carte, la consul-
tazione di indovini, la magia, ecc., sono molto pi diffuse
di quant o si creda.
Chi ri mane sereno e sincero accetta che le frontiere fra il
vero e il falso, il bene e il male, l' innocenza e il peccato...
passino anche attraverso la propria religione.
PLURALISMO ASIMMETRICO
Affermando che tutte le religioni sono vere, e che, specu-
larmente, tutte contengono di volta in volta qualcosa di fal-
so, non vogliamo esprimere asserzioni assolute n livella-
re tutte le religioni su uno stesso pi ano di uguaglianza. Tut-
te sono vere e nello stesso t empo false, ma non lo sono nel-
la stessa mi sura n nella medesi ma forma. Non vi una
simmetria che le rende tutte uguali. E neppure una tale
simmetria presente all' interno di ogni religione. Una re-
ligione - come gi abbi amo detto - possiede una chiaro-
veggenza e una sensibilit speciali per determinate pro-
spettive, ment re altre religioni ne hanno per altre. Alcune
hanno debolezze e qualche punto cieco di fronte a de-
terminati aspetti, altre per altri. ci che s' intende per
pluralismo asimmetrico .
Il fatto che le religioni non siano perfette, e non lo siano
allo stesso modo, un altro dei fondamenti della necessa-
ria complementariet delle religioni, che gi si esamina-
to nelle lezioni precedenti. Non essendo perfetta, nessuna
pu dire io so tutto di Dio; essendo il pluralismo asim-
10
Les religions aujourd'hui, ditions Ouvrires, Paris 1992. Perfino le
date delle grandi feste ebraiche, cristiane e islamiche coincidono fon-
damentalmente con i cambi di stagione, i solstizi, gli equinozi e con
il ciclo lunare. I riti che si realizzano in queste religioni sono presenti
anche nell'animismo.
315
metrico, nessuna di esse pu nemmeno dire: Io lo so me-
glio delle altre
11
. Per questo tutte possono i mparare. Fra
due religioni quale possiede la verit? Ent rambe. Chi deve
insegnare a chi? Ent rambe possono i mparare l' una dall'al-
tra: Non vi possono essere accaparrament i che escludo-
no n autoproclamazioni aprioristiche della propri a eccel-
lenza. Ha senso soltanto la convivenza fraterna e, in ogni
caso, una conclusione a posteriori, part endo dall' esame e
dal confronto, dalla discussione e dal dialogo con le altre.
D' altronde quello che succede quando qual cuno abbrac-
cia una certa religione e non un' altra
12
.
La realt dimostra che nei diversi elementi e dimensioni
delle religioni non si raggiunge un identico grado di avan-
zament o verso Dio. Molte volte le differenze fra ci che si
consegue in una religione e quello che si raggiunge in un' al-
t ra di pendono semplicemente dal contesto culturale, e que-
sto deve indurre tutti noi alla cautela e al rispetto di un
pluralismo ampio e legittimo. Tuttavia vi sono casi nei qua-
li le differenze hanno forte port at a religiosa. Da qui la con-
sapevolezza che il pluralismo dev' essere concepito asim-
met ri cament e, non tale da livellare in modo egualitario.
Abbiamo gi parlato dell' origine dell'aggettivo asimme-
trico. Appena 10 o 15 anni fa, alcuni teologi non accetta-
vano la posizione pluralista, perch l' immagine che aveva-
no del pluralismo era sinonimo di parificazione radicale
di tutte le religioni, di indifferentismo, di relativismo... a
quel t empo non sembrava possibile un pluralismo sereno,
mat uro, rispettoso delle diversit... per questo essi si con-
sideravano inclusivisti, anche se, approfondendo, ammet -
tevano di far parte di un inclusivismo aperto. Come sap-
pi amo, la teologia delle religioni molto giovane ed in
fase di forte crescita. Il trascorrere degli anni ha fatto pro-
gredire questi teologi
13
e li ha fatti sentire chi arament e a
11
Si allude qui alle parole del saila kuna Horacio Mndez, citate per
esteso nella lezione precedente. Cf. Agenda Latinoamericana 2003, ul-
tima di copertina.
12
Torres Queiruga, A., Del Terror de Isaac al Abbd de Jesus, Verbo Di-
vino, Estella 2000, p. 297.
13
La teologia attuale, da tempo impegnata con tali questioni... C'
ancora molta strada da fare... Bisogner elaborare nuove categorie
che permettano di raggiungere maggiore chiarezza... Nemmeno so-
steniamo pi, bench ci sia stato un grande avanzamento da parte di
316
disagio nell' inclusivismo, per quant o aperto lo si possa con-
siderare. Hanno fatto il salto e sono passati ad accettare il
pluralismo, pur specificando quella sfumatura di asim-
metrico per fugare la vecchia accusa di relativismo e in-
differentismo.
Oggi senza dubbio, sempre pi, la sfumatura diventa su-
perflua, perch ormai quasi per nessuno il pluralismo sen-
za ulteriori specificazioni sinonimo di radicalismo egua-
litario e indifferentista. Come abbi amo detto prima, un
pluralismo egualitario sarebbe irreale, mancant e di reali-
smo. Ogni pluralismo realista asimmetrico, finch non si
dimostri il contrario
14
.
AGIRE
Arriviamo qui al punt o delle conclusioni operative.
RINUNCIARE AGLI ASSOLUTISMI
E questa una conclusione che gi abbi amo tratto in varie
occasioni precedenti nel nost ro corso, e a questo punt o non
facciamo altro che rafforzarla part endo da altre fonda-
ment a.
Per coloro che hanno gi fatto un certo percorso di rinno-
vament o della loro mentalit teologica, questa rinuncia
all' assolutismo non presenta al cuna difficolt. Tuttavia la
posizione maggioritaria quella contraria: i cristiani - per
parlare ora del campo che maggi orment e conosciamo -
quando sono iniziati a questo tema, frequentemente sof-
frono di un pri mo moment o di t urbament o. Da sempre
hanno vissuto nel sent i ment o inconsapevole di essere nel-
la Verit, in una verit assoluta di fronte alla quale le ve-
alcuni dei nostri teologi, di parlare di inclusivismo... In mancanza di
una categoria migliore, alla cui ricerca comune tutti sono invitati,
preferiamo quella di pluralismo asimmetrico, poich ci sembra che,
mentre rispetta - pi dell'inclusivismo - la pluralit, evita il pericolo
- pluralista - del relativismo, come se tutte le strade fossero uguali e
non fosse necessario restare sempre in esodo verso una maggiore
profondit e purezza nella confessione e nella pratica del mistero
(A. Torres Queiruga, El dialogo de las religiones en el mundo actual...,
p. 73).
14
Cf. il capitolo settimo, in cui abbiamo parlato del pluralismo.
317
rit degli altri erano false o fatue... cosicch quando la ri-
flessione teologica most ra loro che la realt non cos as-
soluta come presupponevano (a motivo, senza dubbi o, di
ci che fu loro insegnato quando erano piccoli), sentono
una pri ma sensazione come di angustia, come se si sen-
tissero sospesi nel vuoto.
Questo succede a noi cristiani e specialmente ai cattolici.
Jos Maria Diez Alegria, con il suo stile spigliato e umori -
stico, racconta che al Concilio Vaticano I, rispetto alla
questione dell'infallibilit vi erano tre partiti. Uno, quello
degli infallibilisti estremisti, che volevano una definizione
di questo tenore: "il Papa infallibile" e basta. Uno di que-
sti tipi, il giornalista W.G. Ward, diceva che il suo ideale
sarebbe stato trovarsi davanti ogni giorno, con la pri ma
colazione, una definizione dogmatica. In prospettiva sto-
rica e spassionata si pu dire che erano animali...
15
.
Questa non una semplice battuta. Sebbene sia passato
quasi un secolo e mezzo da quel concilio nel quale gli in-
fallibilisti trionfarono su un settore minoritario di vescovi
pi versati in teologia, che discutevano e si opponevano
con veemenza a quella definizione, il risultato fu una de-
finizione sfumata nella sua espressione letterale
16
, ment re
nel volgo cristiano ci che si diffuse fu un concetto di in-
fallibilit senza sfumature n visione critica. Il popolo cri-
stiano cattolico vissuto con una coscienza di sicurezza,
di verit assoluta, di cieca fiducia nelle sue autorit eccle-
siastiche... inconciliabile con la mentalit moderna. In tal
modo, quando modernizziamo la nostra mentalit, en-
t ri amo realmente in un altro paradi gma e questo non pu
essere fatto senza esserne scossi. Ma ci non accade per-
ch si torni indietro, bens perch assumi amo questa sen-
sazione interiore come nuovo stimolo allo studio persona-
le e alla riflessione fatta propria dal soggetto stesso.
OGNI RELIGIONE E UNA MAPPA, NON IL TERRITORIO
Questa indovinata frase di Paul Knitter pu ri assumere per
noi un atteggiamento operativo: riconoscere che le religioni
15
Rebajas teolgicas de otono, Descle, Bilbao 1980, p. 53.
16
Cf. il capitolo in proposito del libro precedentemente citato.
318
sono mappe del territorio del mistero, non il territorio
in quant o tale
17
.
Lo abbi amo gi affermato: ogni religione, con le sue di-
verse forme di esperienza religiosa, i suoi miti e simboli, i
suoi sistemi teologici, i suoi influssi culturali, le sue tra-
sformazioni politiche nella storia, le sue liturgie e la sua
arte, le sue etiche e i suoi stili di vita, le sue sacre scrittu-
re e le sue tradizioni, costituisce una diversa risposta uma-
na al medesi mo Mistero, nel contesto delle diverse cultu-
re o modi di vivere, alla medesi ma realt divina, infinita e
trascendente. Dal moment o che a tutti questi tentativi uma-
ni di ricerca e di risposta Dio d accoglienza e in essi si
manifesta, tutte le religioni sono vere, hanno la Verit in
loro stesse, godono della presenza del Mistero. E dal mo-
ment o che tutti questi intenti sono umani , tutte le religio-
ni sono anche, nella loro misura, false, cio carenti, con-
niventi con l' errore e il peccato, con gli abbagli e le fanta-
sie, le proprie peculiarit e idiosincrasie.
Simili elaborazioni di risposte, le religioni, sono perci, in
certo qual modo, una mappa, la carta che ogni popo-
lo religioso ha faticosamente elaborato lungo la sua storia
in i nt i mo rapport o con il suo Dio. comprensibile che ogni
popolo, rinserrato nella sua relazione unica con Dio, iso-
lato da altre influenze, segnato dalle inimmaginabili limi-
tazioni del pensiero primitivo e dalla mancanza di stru-
ment i critici, abbia confuso le proprie rappresentazioni re-
ligiose con il mistero religioso che queste rappresent ano.
comprensibile che si sia posta t ant a passione e t ant a in-
tolleranza nella difesa di ci che sembrava essere non una
mappa ma il territorio stesso della Verit e del Mistero.
L' immagine di Knitter
18
ci sembra molto espressiva, e in
quant o immagine vale pi di mille parole.
LA TRAVE NEL PROPRIO OCCHIO
Un' altra conclusione operativa che si deduce da t ut t o que-
"Each religion s a map of'the territory, but not the territory itself (P.
Knitter, No Other Name?, p. 220).
18
Anche Hick la riporta: God Has Many Nantes, pp. 53-54.
319
sto quella della comprensi one e dell' umilt. Con eccessi-
va facilit t ranci amo giudizi sulle altre religioni senza la
dovuta comprensione: le loro sacre scritture ci sembrano
strane, o favolose, o incredibili; i loro riti ci pai ono essere
superstizioni; le loro pratiche religiose, t roppo volgari;
la posizione della donna in qualche altra religione ci sem-
bra intollerabile; imperdonabile la connivenza con certe
forme d' ingiustizia... e a qual cuno parrebbe perfino che
questi tratti sarebbero indizi del fatto che esse non sono
la vera religione.
A questo livello del nostro corso t ut t o ci non deve succe-
dere a nessuno di noi. Piuttosto, la conclusione che ne de-
duci amo che dobbi amo essere est remament e compren-
sivi, e pensare che l' interpretazione di una religione, so-
prat t ut t o se negativa, non valida se non suffragata da
coloro che la vivono. Non sono valide le interpretazioni di
una religione fatte da persone che non la conoscono dal
suo interno. Molte di queste interpretazioni negative con-
tengono molta incomprensione e perfino calunnia, anche
se formulate senza cattiva intenzione. La regola d' oro di
ogni ermeneutica che la cosa interpretata possa ricono-
scersi nell' interpretazione. In altre parole: ogni interpreta-
zione esterna a una tradizione deve coincidere, per lo me-
no sotto l' aspetto fenomenologico, con una interpretazio-
ne fatta dall' interno, ovvero secondo il punt o di vista del
credente
19
. L' interpretazione di una religione, formulata
dall' esterno, deve essere convalidata con l' accettazione di
coloro che sono interpretati, di coloro che vivono quella
religione dal suo interno.
Se non abbi amo questa convalida, che pot remo ricevere da
part e di chi pratica quella religione, non dobbi amo rite-
nere pi enament e valide le nostre interpretazioni elaborate
dall' esterno e dovremmo in tal caso sospendere il nostro
giudizio. Dobbiamo volgere lo sguardo verso noi stessi, per
scoprire se nel nostro occhio abbi amo una trave...
In questo senso un buon esercizio quello di ascoltare le
opinioni che altre religioni, o la societ stessa, da un pun-
t o di vista non religioso ma semplicemente secolare, han-
no della nostra. Sebbene queste opinioni probabi l ment e
19
Panikkar, // dialogo intrareligioso, p. 101.
320
non hanno valore per il dialogo religioso, per il fatto che
non sono state poste a confronto con l' opinione di chi co-
me noi la vive dall' interno, ne hanno invece per la nost ra
revisione, per la nost ra conversione e purificazione.
Non sarebbe st rano che confessassimo di essere scanda-
lizzati per la posizione in cui t enut a la donna in alcune
religioni e non fossimo consapevoli dello scandalo che a
tante donne e uomi ni causa la disuguaglianza e la discri-
minazione con cui trattata la donna nella maggior part e
delle Chiese cristiane. Pot remmo essere scandalizzati per
l' apparente giustificazione delle caste nella religione ind
e non renderci cont o che il cristianesimo per molti secoli
ha tollerato la schiavit e che la stessa Gerarchia ecclesia-
stica stata proprietaria di schiavi...
Umilt e comprensi one non soltanto ai ut eranno il dialogo,
ma ai ut eranno noi stessi a vivere nella verit.
II. Testi antologici
Io sostengo che t ut t e le religioni sono vere ma sono im-
perfette, nella mi sura in cui sono presentate da esseri uma-
ni e port ano l' impronta delle imperfezioni e debolezze de-
gli esseri umani (Gandhi).
Tutte le religioni sono vere. Il proselitismo peccato.
Torres Queiruga fu il primo che espresse formalmente e con
acutezza la prima parte della frase. Le due frasi insieme co-
stituiscono il testo di un poster fornito dai Servizi Koinonia
(<servicioskoinonia.org/posters>).
Una persona real ment e di Dio, pi avanti della reli-
gione (Rumi, 1207-1273).
MI. Domande per riflettere e per dialogare
Come ci parso il t ema? Che obiezioni faremmo? Quali
sono gli elementi che sot t ol i neeremmo come pi impor-
tanti?
Abbiamo provato disagio, angust i a o insicurezza in qual-
che fase di avanzament o del corso? Si descrivano le pro-
321
prie esperienze. Si descrivano anche le esperienze altrui.
Commentare.
Se tutte le religioni sono vere e false... ha senso la missio-
ne evangelizzatrice? E che genere di senso ha?
Bibliografia
DOMNGUEZ MORANO CARLOS, La ambivalencia de la religin, in
Frontera l'i (settembre 2002); anche in <www.atrio.org/FRON-
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gin, Verbo Divino, Estella 1997.
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PADEN WILLIAM, Interpretando o sagrado. Modos de conceber a re-
ligo, Paulinas, So Paulo 2001. L'originale statunitense del
1992.
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storia de las religiones, in M. GARCA BAR-C. DOMINGUEZ MO-
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2001 e 1 agosto 2005.
TAMAYO JUAN JOS, Fundamentalismos y dilogo entre religiones,
Trotta, Madrid 2004.
322
Capitolo diciassettesimo
Limiti concreti del cristianesimo
Questa lezione un'applicazione concreta del principio teo-
rico che abbiamo acquisito e che afferma che le religioni non
sono perfette. Logicamente, poich le religioni hanno pensa-
to storicamente il contrario, questo un tema che non ab-
biamo mai avvicinato in modo esplicito e diretto. Di qui la
sua novit.
Dato che i destinatari di questo corso sono principalmente
persone dell'ambito cristiano, ci concentreremo entro i limi-
ti di questa religione concreta, che la nostra, il cristianesi-
mo, e per motivi di spazio, ci occuperemo soltanto di due di
questi limiti, accennandone alcuni altri, che il lettore invi-
tato a ripensare e approfondire.
I. Per sviluppare il tema
Abbiamo sempre sentito parl are del carattere assoluto del
cristianesimo e della pienezza della verit che vi abita,
del deposito di verit che custodisce... Abbiamo gi ac-
cennat o al complesso di aut ost i ma e di superiorit che sto-
ri cament e ci ha creato nel cristianesimo. Abbiamo anche
sottoposto a giudizio critico questa pretesa assolutezza. Ab-
bi amo ormai accettato che le religioni non sono soltanto
vere, ma anche false. Tuttavia non sufficiente che ci li-
mi t i amo a questi principi teorici: necessario concretiz-
zarli applicandoli alle religioni concrete, ognuno alla sua.
Ne va della nostra veracit. Possiamo essere veri se cono-
sciamo i limiti della nost ra verit. E i limiti sono assenze,
mancanze, carenze... e anche errori e persino peccati. Una
persona che non conosce i propri errori e peccati - a vol-
te ben evidenti agli occhi degli altri - continua in qualche
modo ad attuarli e si condanna a ripeterli e a far soffrire
il suo prossimo. Una religione che non conoscesse n ri-
conoscesse i suoi limiti e deficienze non sarebbe nell' inte-
323
ra verit n sarebbe pront a per un dialogo interreligioso
mat uro e sincero. Se si vuole dialogare necessario puri-
ficarsi, riconoscendo per lo meno i propri limiti, non sol-
t ant o con una conversione sincera, ma con una apertu-
ra alla complementariet che queste limitazioni esigono
di fronte alle altre religioni, la complementariet della qua-
le parlavamo nel capitolo 15. Infatti ci troviamo in un te-
ma di conversione penitenziale o, semplicemente, di au-
tocritica.
La regola d'oro delle religioni potrebbe leggersi pure co-
s: Applica a te stesso le critiche che sai fare agli altri.
Guarda la trave nel t uo occhio, oltre a vedere la pagliuzza
nell' occhio dell' altro. Tutta la riflessione sull' ermeneuti-
ca del sospetto ri guardo alle religioni in generale ci ha
preparat o il terreno. Trai amo ora alcune conclusioni ge-
nerali sulle limitazioni specifiche del cristianesimo.
1. La dimensione ecologica
Tutti noi possi amo ricordarci come nella nost ra forma-
zione cristiana, nella catechesi, nella teologia e perfino nel-
la morale, l'ecologia ha brillato per la sua assenza. Il ter-
mi ne stesso non apparso nei libri su queste materie e
neppure nei dizionari teologici, n nelle omelie, fino a po-
chi anni fa. Nella nostra vita il t ema dell'ecologia entra-
to molto di recente e per influsso della societ, non per l'in-
fluenza della religione. Ancora oggi chi si preoccupa della
dimensione ecologica non sono i gruppi religiosi, ma quel-
li civili, dei cittadini, della societ e, con non poca fre-
quenza, quelli dei non credenti. Il cristianesimo sta dando
il pri mo saluto e il pri mo abbraccio all'ecologia. Durante
t ut t a la sua storia, in pratica, esso si most rat o cieco ri-
spetto all'ecologia.
Quando si affronta questo problema, un inevitabile punt o
di riferimento il famoso articolo di Lynn White Jr, del
1967, intitolato Le radici storiche della crisi ecologica
1
. L'au-
tore lanciava agli ambientalisti della comuni t internazio-
1
The historical roots of'our ecologica! crisis, in Science 155 (1967), pp.
1203-1207.
324
naie un breve e intenso appello a rompere con l' eredit giu-
daico-cristiana, che egli considerava come colpevole della
grande distruzione storica della nat ura. Inoltre proponeva
la necessit di una nuova religione che s' ispirasse alle
credenze religiose antiche, del genere animista o anche
panteista, o agli elementi delle religioni asiatiche (o delle
religioni indigene americane, pot r emmo aggiungere noi).
L' accusa di White fu dura e nella coscienza teologica mon-
diale ri suon come un severo avvertimento. Diede origine
a un coinvolgimento del pensiero teologico e d' allora in poi
molti studiosi si sono aperti a un riconoscimento pi di-
sinvolto dei limiti del pensiero cristiano nei confronti del-
la dimensione ecologica. Fort unat ament e l' accusa venne
accolta e non fu minimizzata
2
.
Di che cosa accusato concret ament e il cristianesimo? Di
avere una concezione della nat ura come semplice oggetto
assoggettato all'essere umano utilitarista e domi nat ore, che
ha port at o alla distruzione della t erra e, indirettamente,
dell' essere umano stesso.
Se dobbi amo identificare le radici di questa accusa in una
parola, questa antropocentrismo. Il cristianesimo sa-
rebbe vittima di un ant ropocent ri smo esagerato ed esa-
cerbato, a causa del quale l'essere umano si pone su un tro-
no come centro della creazione, come fine assoluto, al cui
servizio e completo assoggettamento ordinato t ut t o il re-
sto della terra e della realt cosmica
3
. L'essere umano sa-
rebbe l' uomo imperiale o, come direbbe Descartes, si-
gnore e padrone della nat ura. Dobbiamo trattare la na-
t ur a - dice ancora Descartes nel suo Discorso sul Metodo
- come se fosse nost ra schiava, decifrare il suo linguaggio,
appropriarci della sua energia e sottometterla ai nostri pie-
di come una schiava al nost ro servizio. E Francesco Ba-
2
L'opinione di White - delineata e ampliata verso lo spirito occi-
dentale pi che nei confronti del solo cristianesimo -si fatta stra-
da e ricorre in varie opere, cf. Turner e Drewermann nella biblio-
grafia della presente lezione.
3
Si potrebbe fare un parallelismo fra il concetto di antropocentrismo
e quello di esclusivismo o di inclusivismo. L'antropocentrismo non
cessa di essere una concezione esclusivista o, come minimo, inclusi-
vista.
325
cone, inventore del met odo sperimentale della scienza mo-
derna, paragonava la nat ura a una donna (!) che si do-
vrebbe perseguitare, schiavizzare, reprimere con la forza,
t ort urare fino a strapparle i suoi segreti
4
. Egli affermava:
Ogni sapere potere, e potere domi ni o della nat ura, del-
le forze della nat ura, delle acque, dei fiumi, delle tempe-
ste... Dobbiamo domi nare la nat ura, aggiogarla ai nostri
desideri...
5
In questo ambi t o, il testo biblico emblematico Gen 1,28:
Dio li benedisse, dicendo loro: siate fecondi e moltiplica-
tevi. Riempite la terra e sottomettetela. Comandate ai pe-
sci del mare, agli uccelli del cielo e ad ogni animale che vi-
va sulla terra. la conclusione del sesto giorno, l' ultimo
giorno della creazione propri ament e detta; questa conclu-
sione pert ant o ha valore di obiettivo finale della creazione
stessa. Tutto fu creato per essere posto ai piedi dell' essere
umano, perch questi dominasse, sottomettesse, utilizzas-
se e sfruttasse t ut t o il creato, come padrone e signore, de-
legato plenipotenziario di Dio stesso.
Una visione volgarizzata della Bibbia presenta l'essere uma-
no come l' unico che avrebbe diritto a reclamare la somi-
glianza con Dio, come se gli altri esseri viventi non fosse-
ro anch' essi a i mmagi ne di Dio (Gen 1,26)
6
.
Come si comprende facilmente, tuttavia, il probl ema non
sono alcune citazioni bibliche, bens t ut t o l' immaginario re-
ligioso della Bibbia, che pone le fondamenta dell' antropo-
centrismo e ha reso possibile il suo sviluppo ulteriore nel-
la cultura occidentale. L'elezione, l'alleanza, la redenzione,
la salvezza, la vita eterna... sono temi biblici strettamente
umani, nei quali la nat ura e il cosmo semplicemente non
esistono, oppure sono ridotti a mero scenario in cui si svol-
ge il dr amma che ha come protagonista esclusivo l'essere
umano.
4
Capra, Fritjof, Et punto cruciai, Editorial Estaciones, Argentina 1992,
p. 58.
5
Citato in B. Forcano, Leonardo Boff, Nueva Utopia, Madrid 1997, p.
154.
6
Si veda il Catechismo di Giovanni Paolo II (nn. 1701-1706): si esal-
ta la dignit dell'essere umano contrapponendolo alla natura, assi-
curandosi il carattere di essere creato a immagine e somiglianza di
Dio.
326
E non si tratta soltanto di Bibbia e teologia, ma anche di spi-
ritualit. Nella cornice cristiana l'avventura ascetica e misti-
ca della santificazione avviene strettamente nell' ambito del
rapporto dell'essere umano con Dio. Le creature non entra-
no in questo rapporto se non per competere, come perico-
li, come tentazioni che possono allontanarci da Dio
7
. Le
creature sono semplici mezzi per procurarci meriti davanti
a Dio mediante il loro corretto utilizzo
8
, oppure occasione
di peccato. Vivere solo con Dio, lontano dal mondo
9
,
l'ideale del santo asceta classico del cristianesimo. Il mondo
(del resto, un mondo molto piccolo e localizzato, non gi il
Pianeta n il cosmo) non nulla pi della materialit di uno
scenario che Dio ha costruito provvisoriamente affinch in
esso si realizzi il grande teatro del mondo
10
; tuttavia, quan-
do questo dr amma sar giunto alla sua completezza, l'es-
sere umano abbandoner la scena e andr a di morare con
Dio (o con Satana); il mondo scompari r o sar destina-
to al fuoco, facendo posto a cieli nuovi e a terre nuove
11
.
La nat ura, il pianeta, il cosmo quindi non hanno dimen-
sioni di salvezza eterna per il cristianesimo. Il cristianesi-
mo per venti secoli ri mast o cieco a questa dimensione.
bene ricordare che vi furono gloriose eccezioni, come
quella di un san Francesco d'Assisi, eletto pi tardi pat ro-
no dell'ecologia, che si sent fratello di tutte le creature e
non il loro domi nat ore e sfruttatore. Tuttavia sono ecce-
zioni che confermano la regola contraria, che quasi in-
flessibile.
7
Per Sant'Agostino il peccato precisamente preferire la creatura
al Creatore.
8
La spiritualit ascetica tipica di Sant'Ignazio di Loyola, resa tanto
famosa dalla pratica degli esercizi spirituali, si incentra nella san-
ta indifferenza verso le creature, e usa di queste soltanto in quan-
to servano a maggior gloria di Dio e alla salvezza dell'anima. Di per
s stesse le creature non hanno alcun valore.
9
1 due significati negativi principali di mondo sono quello del van-
gelo di San Giovanni e quello dell'ascetica, che considera il mondo
come uno dei tre nemici dell'anima (insieme al demonio e alla car-
ne).
10
Come si esprime il teatro teologico del secolo d'oro spagnolo,
nell'opera omonima di Pedro Caldern de la Barca.
1
' Si veda la bellissima lettera che, nel pensiero di Teilhard de Char-
din, un direttore spirituale scrive al suo discepolo spiegandogli qua-
le deve essere il suo rapporto col mondo: El medio divino, Taurus.
Madrid 1967
6
, pp. 39-41.
327
La t est i moni anza della storia del cristianesimo dimostra
con una chiarezza abbagliante che i popoli della cultura
occidentale cristiana hanno giocato una carta enorme-
ment e distruttiva per la vita del pianeta. Nessun' altra cul-
t ura ha fatto tanti danni alla nat ura.
Non necessario riportare dati e numeri che al giorno d'og-
gi, per fortuna, sono a disposizione dovunque. Sar suffi-
ciente ricordare i concetti principali.
In pri mo luogo c' la deforestazione massiccia del pianeta.
Intere regioni, che in altri tempi furono boschi e selve, og-
gi sono brulle, pascoli o terre minacciate da una desertifi-
cazione che avanza, minacciosa e inarrestabile. Lo sfrutta-
mento esaustivo di legname da esportare nei Paesi del pri-
mo mondo lascia i boschi privi della capacit di autorige-
nerarsi spont aneament e e causa la cont i nua scomparsa del-
le specie. Lo sfruttamento di gigantesche miniere a cielo
aperto per l' estrazione di metalli preziosi presenti in pro-
porzioni mi ni me diventa redditizio a costo di eseguire su
ingenti volumi di terra i procedi ment i di estrazione pi ra-
pidi e velenosi (cianuro), causando distruzione e inquina-
mento irreversibili su superfici enormi . di most rat o che
la costruzione di un gran numer o di dighe di dimensioni
faraoniche altera l' equilibrio ecologico dei fiumi, dei ri-
spettivi bacini e del sottosuolo. L' installazione di un siste-
ma di produzione industriale e di trasporti basat o sull' uti-
lizzo di combustibili fossili, che i mmet t ono nell' atmosfera
ingenti quantit di ossido di carbonio e gas tossici, ne alte-
rano la composizione, aument ano in modo irreversibile il
buco dell'ozono e provocano le piogge acide, che a loro vol-
ta uccidono la vegetazione e pregiudicano la vita animale.
A t ut t o questo si somma l' immenso numer o di industrie
contaminanti che producono residui tossici che non pos-
sibile eliminare. Le risorse non rinnovabili gi rivelano un
termine prossimo di esaurimento, ment re quelle di princi-
pio rinnovabili non hanno t empo sufficiente per ricosti-
tuirsi, dato il ritmo accelerato di sfruttamento a cui sono
sottoposte. Il cambiamento climatico che gi incomincia-
mo ad avvertire, il riscaldamento su base mondiale per l'ef-
fetto serra... non sono altro che alcuni dei molti sintomi di
una minaccia globale di un danno ecologico irreversibile.
Tutto questo non stato effettuato indiscriminatamente da
tutti i popoli della terra. Non lo hanno fatto i popoli indi-
328
geni americani
12
, che sempre sono vissuti in un rapporto
sommament e rispettoso con la terra, gli animali e le pian-
te
13
. Con saggezza orientale, che vede nelle piante e negli
animali la presenza e la manifestazione multiforme di Dio,
le culture asiatiche e africane non hanno distrutto il loro
ambiente e hanno in comune elementi e dimensioni ecolo-
giche che le loro religioni includono nella loro visione co-
smica. Le religioni non sono state estranee alla conserva-
zione della nat ura che queste culture hanno favorito.
Al contrario, il cristianesimo non ha saputo ispirare un at-
teggiamento ecologico, n stato in grado di impedire che
l'Occidente inventasse e diffondesse in tutto il pianeta un
modo di vivere predatorio, fondato sulla pretesa di accu-
mulare il pi possibile nel mi nor tempo possibile e con il
mi nor costo di produzione possibile (e, pertanto, con mini-
mi investimenti per proteggere la natura). Sugli altari dello
sviluppo occidentale, nat ura e terra sono state ridotte a mer-
ce, a materia pri ma da sfruttare, comperare e vendere. La
tendenza degli ultimi vent' anni stata la privatizzazione as-
soluta di tutto, inclusi i beni comuni patrimonio dell' uma-
nit, come l'acqua dolce
14
o l' Amazzonia...
Diversi Stati, che ben rappresent ano l' Occidente cristiano
per quello che , figurano fra i principali oppositori dei
Protocolli di Kyoto e di tutti gli accordi mondiali per il con-
t eni ment o della mi nacci a ecologica che sovrasta pericolo-
sament e l' intera umani t .
12
Non tralasciamo di citare il caso emblematico del capo Seattle, me-
ravigliato e quasi scandalizzato dalla pretesa dell'uomo bianco (cer-
tamente cristiano e occidentale) di voler comperare la terra. Co-
me pu [il presidente degli Stati Uniti] propormi una cosa tanto as-
surda come comperarmi della terra? Chi il padrone del vento? Chi
della pioggia? Chi il padrone dell'essenza delle piante? Chi pu com-
perare o vendere il profumo delle piante, i colori delle foglie? Che po-
polo quello che vuole comprare tutto questo? (cf. la sua famosa
lettera in Agenda Latinoamercana 1993, p. 146, oppure in: www.eu-
rosur.org/somosmundo/informacion/varios/caciqueseattle.html).
13
Agli occidentali solitamente pare strano che il contadino indigeno
dell'altopiano boliviano, con un rito religioso, chieda permesso alla
terra di ararla prima di seminare...
14
Petrella, Riccardo, O manifesto da agua. Argumentos para um con-
trato mundial, Vozes, Petropolis 2002.
329
CHE DIRE, SOTTO L'ASPETTO TEOLOGICO, DI QUESTI LIMITI?
- Che si t rat t a di un punto cieco del cristianesimo, sen-
za dubbio
15
.
- Che l' esagerato ant ropocent ri smo del cristianesimo un
errore che dipende da questa cecit.
- Che il cristianesimo deve riconoscere la sua limitatezza,
deve chiedere perdono per i danni causati alla nat ura, de-
ve assumere un nuovo atteggiamento profetico di conver-
sione in se stesso, e di denunci a contro chi causa la de-
predazione ambientale attuale.
- Che deve effettuare una rilettura del suo capitale simbo-
lico (sia teologico che biblico), iniziando con una critica
che porti alla luce e ponga in rilievo le dimensioni antie-
cologiche del suo pat ri moni o e che sviluppi teologicamen-
te gli elementi che possono apport are una correzione si-
gnificativa in questa direzione.
- Che deve considerare questo fatto dell'ecologia come una
cura di umilt e una prova concreta dei suoi propri limiti
e rifiutare una volta per tutte la teologia della pienezza
quantitativa della rivelazione
16
, come se nella cosiddetta
rivelazione cristiana fosse cont enut a tutta la verit e si
trattasse soltanto di approfondirla, come se il cristianesi-
mo non potesse essere in difetto di nulla e non fosse te-
nut o a imparare, n da altre religioni n dalla semplice sag-
gezza umana.
- Che, con umilt, dobbi amo i ncrement are il nuovo in-
gresso, nel campo dell'ecologia, dei cristiani, dei teologi
17
15
Vedi l'articolo di Hugo Assmann citato nella bibliografia. Anche,
Torres Queiruga: Per determinati aspetti - come la tolleranza verso
gli altri e la trasparenza cosmica dell'Assoluto nelle religioni dell'In-
dia, o la saggezza della vita nella religione cinese - la tradizione bi-
blica non si dimostra particolarmente ricettiva (El dilogo de las re-
hgiones, Sai Terrae, Santander 1992, p. 20).
"Alludiamo alla distinzione elaborata da J. Dupuis nel suo sforzo per
salvare a ogni costo una qualche pienezza della rivelazione all'inter-
no del cristianesimo: dal momento che non gli pare possibile affer-
mare una pienezza quantitativa della rivelazione, pretende salvare al-
meno una pienezza qualitativa (cf. Verso una teologia cristiana del
pluralismo religioso, Queriniana, Brescia 1997, p. 336).
17
Ci si permetta ricordare la notevole produzione teologico-ecologi-
330
e di chi si occupa di spiritualit, per ri parare i danni cau-
sati e recuperare il t empo perdut o, unendoci con spirito di
collaborazione a tutti gli esseri umani gi pervasi dal nuo-
vo spirito di rispetto per la nat ura.
2. Il patriarcato e la svalutazione della donna
Il t ema del rapport o t ra cristianesimo e donna provoca,
all' apparenza, le affermazioni pi contraddittorie: da una
parte si pu dire che la situazione delle donne nel cristia-
nesi mo cl amorosament e deplorevole e, dall' altra, che mai
come oggi la coscienza della donna nell' ambito cristiano
stata t ant o alta e solida, da presentare una critica t ant o se-
ria alla sua situazione sociale ed ecclesiale. Sono vere en-
t rambe le cose, ma iniziamo dal passato.
Per quant o riguarda la tradizione giudaico-cristiana, il con-
cetto patriarcale, la visione della societ basat a sul princi-
pio maschile appare gi nella pri ma pagina della Bibbia:
in pri mo luogo Dio cre l'essere umano come persona di
sesso maschile e soltanto in seguito cre la donna da una
costola dell' uomo, perch ella gli fosse di adeguato aiuto
(Gen 2,18). La posizione di inferiorit della donna pale-
se in questo raccont o mitologico originale. Non vale l'ar-
gomentazione che oggi ormai sappi amo che si tratta di un
raccont o culturalmente condizionato, che non ha grande
influenza sulla mentalit dei nostri contemporanei. La ve-
rit sta invece nel fatto che durant e pi di due millenni
questo racconto ha segnato molto profondamente la men-
talit dei milioni di uomi ni e donne appart enut i alla cor-
rente religiosa e culturale giudaico-cristiana, nei quali ha
inculcato con la forza culturale pi potente (quella reli-
giosa) l'inferiorit della donna. Che ci abbia o non abbia
aspetti di colpevolezza un' altra questione. Che sia un fat-
to reale indiscutibile. Comprendere come una religione
che si dice rivelata possa sbagliare in una materia t ant o
ca di Leonardo Boff a partire dagli anni '90. La sua opera emblema-
tica, con carattere di manifesto e di connessione fra la teologia del-
la liberazione e la prospettiva ecologica : Ecologia: grto de la tier-
ra, grito de los pobres, Trotta, Madrid 1996. Originale brasiliano: Eco-
logia: grito da terra, grito dos pobres, Atica, So Paulo 1995.
331
grave, t ant o profonda, che attraversa t ant o profondamen-
te t ut t a l' esistenza religiosa personale, collettiva e istitu-
zionale, con conseguenze cos gravi e funeste, un vero e
propri o mistero d' iniquit degno della pi grande e ap-
profondita riflessione teologica.
Concretamente, nel cristianesimo, al quale ci riferiamo in
questa lezione, oggi chiaro che nella prassi di Ges ci fu
un comport ament o femminista, che ruppe modelli e
schemi della cultura del suo ambiente in rapport o alla don-
na. Molto meno chiara la partecipazione della donna al-
la vita e ai ministeri della Chiesa primitiva
18
, a partire dal-
la vita e dalla mort e di Ges stesso
19
. Subito s' impose l'esclu-
sione della donna dalla vita pubblica ministeriale della
Chiesa, la cui storia divenne i nt erament e maschile. La don-
na fu resa invisibile e t ut t o ci che vi fu di i mport ant e e
degno di figurare nella storia della Chiesa risult alla fine
fatto da uomi ni . Cos loro - e quasi soltanto loro - scris-
sero la storia e la scrissero dal loro punt o di vista maschi-
le, facendo diventare ancor pi invisibili le donne e legit-
t i mando la loro emarginazione. Abbiamo detto: legitti-
mando questa emarginazione ed esclusione. Vale a dire
che non si tratta soltanto di un' esclusione dal potere, ma
del concetto d' inferiorit e negativit del quale stata og-
getto la donna.
Ovviamente anche questa storia ha le sue eccezioni, ma so-
no eccezioni che confermano una regola oppressivamente
onnipresente.
Non si devono neppure ignorare i condizionamenti stori-
ci
20
, per esempio: l' esistenza dell'ovulo femminile fu pro-
vata scientificamente soltanto nel 1827. Ci vuol dire che
fino a quel moment o, durant e t ut t a la storia umana, era
possibile pensare - come di fatto si pens - che nella ge-
18
Vedi il libro di Torjesen citato nella bibliografia.
19
Uno dei casi oggi pi clamorosi quello di Maria Maddalena, al
suo tempo riconosciuta come apostolo degli apostoli e in seguito
confusa intenzionalmente con la prostituta che lava e bacia i piedi
di Ges, finch dalla sua memoria si cancell ogni ricordo di mini-
stero apostolico.
20
Che, bench spieghino il contesto nel quale fu possibile avvenisse-
ro quegli errori, tuttavia non li giustificano.
332
nerazione della vita tutto dipendesse fondament al ment e
dal seme maschile; la donna forniva soltanto il ricettacolo
imprescindibile perch la vita potesse riprodursi, ma sen-
za apport are essenzialmente nulla di propri o; la vita era
posseduta come propriet nat ural e dall' uomo. Si rifletta
sulle innumerevoli conseguenze culturali per l' inferiorit
della donna che questo abbaglio biologico ha pot ut o cau-
sare anche in tutti gli altri aspetti della vita, della societ
e della religione.
(Si pensi anche che questi condi zi onament i e limiti cultu-
rali delle societ prescientifiche non pot erono non influi-
re sulla formulazione della rivelazione stessa delle religio-
ni, e in concreto del cristianesimo del quale ci occupi amo
ora. Sotto questa luce si comprende meglio come, per esem-
pio, l' affermazione della verginit fisica della madr e di Ge-
s, che occup un ruolo t ant o rilevante nella visione del
mondo del cristianesimo antico e medievale, in quel con-
testo biologico prescientifico non era fondament al ment e
un' affermazione su Maria, quant o su suo figlio Ges: se
chi fu concepito nel suo seno non proveniva da cono-
scenza di uomo alcuno, allora questi non poteva prove-
nire altro che da Dio; in questo modo, la verginit fisica di
Maria fungeva da prova della filiazione divina di Ges.
In definitiva, allora, l'inferiorit biologica della donna co-
me innestata nei presupposti stessi sui quali fu costruita
la visione cristiana
21
del mondo. Questo indica la grandezza
del compito di decostruzione e di rilettura che deve
essere compi ut o per restituire il cristianesimo a una for-
mulazione che non emargini n svaluti la donna).
Non necessario citare i testi antifemministi della Bib-
bia (Gen 2-3; l Tm 2,13-14; ICor 14; U m 2; Ef 5,2lss.) e
neppure le perle di certi teologi di grandissima fama, che
hanno parlato della donna come di un maschio che non
ha t ermi nat o la sua formazione o che non giunto alla
pienezza. Il fatto che tutto l' universo cristiano retto in
realt da un Dio ri t enut o pi enament e maschile, in Chiese
cristiane dalla cui gerarchia sono state assolutamente ban-
dite tutte le donne
22
, discriminate senza eccezioni anche
21
E di qualsiasi altra religione, in linea di principio.
22
Soltanto negli ultimi anni in qualche Chiesa cristiana questa pra-
tica comincia a sfaldarsi.
333
nella partecipazione ai sacrament i (come dice il proverbio
popolare: I sacramenti sono sette... per gli uomi ni , sei per
le donne). L' emarginazione della donna non riguarda sol-
t ant o il magistero sacerdotale - questo il pretesto che si
utilizza solitamente -, bens tutto quant o sia potere nella
Chiesa: le donne sono escluse da tutti gli incarichi che im-
plicano una compartecipazione del potere, dalla carica pi
bassa di presidenza di una comuni t cristiana
23
fino alla
massi ma autorit ecclesiale e al modo di assegnarla
24
.
Nel caso concreto della Chiesa cattolica attuale, durant e il
papat o di Giovanni Paolo II, questo t ema stato port at o al
parossismo. Forse mai vi stato nella storia un distacco
maggiore fra la dottrina pr ocl amat al a Roma - con una te-
nacia degna di miglior causa - e l' opinione maggioritaria,
crescente e irreversibile dei cattolici, soprattutto delle don-
ne, che non volendo accettare la dichiarazione quasi defi-
nitiva della discriminazione femminile nella Chiesa, la
stanno abbandonando a milioni. Dice Comblin che nella
Chiesa si sta producendo la diserzione delle donne, co-
me nel secolo XIX avvenne la diserzione della classe ope-
raia; e con questo - precisa Comblin - la Chiesa sta ne-
gando a se stessa nel modo pi reale il suo stesso futuro,
perch sono - erano - le donne che trasmettevano pi po-
tentemente la fede ai loro figli e figlie nell' educazione fa-
miliare. Se durante venti secoli le donne hanno sopportato
la loro emarginazione ed esclusione con pazienza e rasse-
gnazione, la donna di oggi - quella pienamente donna e
veramente di oggi - ha detto basta e in grande mag-
gioranza sta allontanandosi dalla Chiesa. Con la sua insi-
stenza
25
la Chiesa gioca, in buona parte, al proprio suicidio.
23
Soltanto negli anni pi recenti si stanno introducendo anche alcu-
ne eccezioni, solo come eccezioni e dove non possibile trovare un
uomo che ricopra l'incarico (ci riferiamo qui ai posti di governo nel-
la comunit ecclesiale in quanto tale e non nelle comunit femmini-
li monastiche).
24
Ci riferiamo al Conclave per l'elezione del Papa, realizzato esclusi-
vamente da uomini, soltanto da chierici, soltanto da persone scelte
dal predecessore per la carica a cui sar eletto, e in pratica soltanto
da anziani.
25
Insistenza questa che per non pochi teologi costituisce una fedelt
malintesa: cf. H. Haag, A Igreja Catolica, ainda tem futuro?, Editorial
Noticias, Lisboa 2000.
334
Le Chiese protestanti ed evangeliche hanno condiviso ne-
gli ultimi secoli le stesse pratiche misogine della storia del
cristianesimo nel suo complesso. Per at t ual ment e - non
senza che vi influisca la loro st rut t ura pi libera - molte
di esse, gi da t empo, si st anno aprendo all' inclusione del-
la donna in tutti i ministeri e alla sua partecipazione alla
ripartizione del potere in tutte le sue forme, non senza tro-
vare frequenti e notevoli resistenze fra i propri membri .
CHE DIRE DI QUESTA LIMITAZIONE
DAL PUNTO DI VISTA TEOLOGICO?
Pi di una volta abbi amo ricordato che nel mondo reli-
gioso esiste una gerarchia di verit
26
. Non t ut t o di ugua-
le importanza, non t ut t o ha il medesi mo livello di connes-
sione col centro profondo della fede, n t ut t o si manifesta
nella coscienza del credente con la medesi ma forza di evi-
denza e convinzione. Vi sono elementi che il credente pu
non avere chiari, che gli possono suscitare dubbi impor-
tanti, ma ri guardo ai quali rinuncia alla sua percezione per-
sonale per accettare la propost a cont rari a che proviene dal-
le autorit della sua religione.
Tuttavia vi sono altri elementi o dimensioni che si impon-
gono nella coscienza del credente per la loro schiacciante
evidenza intrinseca, per l' ineludibile esigenza di impegno,
per i valori non negoziabili di dignit umana che port ano
in s e met t ono in gioco. Con l'evoluzione del pensiero e
della religiosit dell' uomo alcune percezioni, evidenti in al-
tre epoche, si estinguono l ent ament e, ment re altri elementi,
che erano assenti dal coro delle verit vigenti, si integrano
e assumono un prot agoni smo che li fa brillare di luce pro-
pria, totalmente indipendente dall'avallo che l' autorit re-
ligiosa ritenga bene consentire o negare.
Tutto questo pu illuminare ci che accade con la perce-
zione odierna della dignit della donna sul pi ano di ugua-
glianza
27
con l' uomo. Se in altri t empi la donna pot esse-
re svalutata, emargi nat a e perfino esclusa e questo cont
Vaticano II, Unitatis Redintegratio 11.
Non stiamo parlando di un egualitarismo che neghi le differenze.
335
non soltanto sul consenso sociale ma anche sulla conse-
guente legittimazione ideologico-religiosa, l'evoluzione del-
la coscienza umana, del pensiero e della religiosit stessa
registrano oggigiorno un tale aument o della consapevo-
lezza della pari dignit della donna e una tale crescita del-
la sua evidenza interiore, che la priorit di questo ele-
ment o si pone al di sopra di un possibile avallo del magi-
stero di t urno. Brilla di luce propria e chi cerca di eclis-
sare questa luce vi si brucia. Non questione di indipen-
denza di giudizio dei credenti contemporanei, n di ra-
zionalismo o di secolarizzazione da part e della societ mo-
derna; si tratta invece di un cambi ament o profondo della
percezione, che si pone allo stesso livello dei cambi amen-
ti di paradigma, che non dipendono dalla volont delle per-
sone, ma che si i mpongono con t ant a evidenza e un tale
imperativo religioso ed etico che il soggetto, in ossequio
alla sua stessa fede, sarebbe capace di dare la vita per di-
fendere tale evidenza e pot rebbe negarla soltanto traden-
do se stesso e negando la pi elementare onest della pro-
pri a coscienza.
L' uguaglianza della donna (al di fuori di qualsiasi eguali-
t ari smo o estremismo) un' evidenza che diventata di-
mensione manifesta e ineludibile della comprensi one uma-
na e dell' esperienza religiosa. Un Dio maschile non un
Dio degno della fede degli esseri umani . Un Dio che di-
scrimini la donna non credibile n per le donne n per
gli uomini di oggi. Una religione o una Chiesa che discri-
mi ni la donna perch donna, non credibile n accettabi-
le. In generale si pu dire che le donne cont emporanee -
come abbiamo detto: quelle che si sentono pi enament e don-
ne e sono realmente di oggi - giudicano di non poter ac-
cettare un cristianesimo che in qualsiasi modo porti in s
o legittimi la disuguaglianza della donna, e questo bench
la suprema autorit religiosa ecclesiastica pret enda di le-
gittimare questa disparit come voluta da Dio o accet-
t at a da Ges; un' evidenza interiore si i mpone loro ed esi-
ge una pi grande fedelt.
La domanda - anche qui : come possibile che il cri-
stianesimo sia stato tanto cieco durant e quasi due millen-
ni di fronte a questa uguagl i anza fra donna e uomo? Da-
vanti a questo dato di fatto, che cosa significa che il cri-
stianesimo una religione rivelata? Di pi: come possi-
336
bile che, come istituzione, dia ancora le spalle alla donna?
Davanti a questo fatto molti si domandano: che assisten-
za si pu pensare dia lo Spirito Santo alla religione perch
non commet t a gravi errori?
Non si t rat t a qui di domande reali che ci st i amo ponendo
per la pri ma volta. In quello che abbi amo esposto in que-
sto corso
28
credi amo di aver fissato una base nella quale
i nquadrare queste domande e dare loro una risposta al-
meno iniziale. Ci che qui st i amo facendo semplicemente
sottolineare che questi limiti del cristianesimo met t ono in
dubbio, anche part endo dai fatti, le concezioni magiche e
assolutiste delle verit del cristianesimo reale o di qualsiasi
religione in generale.
Su questo punt o e su molti altri simili necessario esami-
narsi a fondo riguardo all' amore sincero per la verit La
verit vi render liberi, ha detto Ges. E anche il contrario
sicuro: La libert vi permetter di giungere alla Verit.
Molte volte non arriviamo alla verit perch siamo incate-
nati da pregiudizi, o timori, o interessi corporativi... Molti
non possono riconoscere tutto ci che stiamo dicendo sul
cattivo rapporto del cristianesimo con la donna perch de-
bitori del pregiudizio - affettivo pi che teorico - che per
principio, a priori, il cristianesimo ha fatto tutto bene, im-
mune da errore... In altri casi per paura, una paura che
ha a che vedere con la psicologia del profondo: se la don-
na ricopre una posizione di eguaglianza col maschio e que-
sti detronizzato dalla sua posizione di privilegio, i fonda-
menti stessi della loro convivenza sessuale sarebbero scon-
volti. .. per cui meglio lasciare le cose come stanno. In al-
tri casi si tratta di interessi corporativi, ecclesiastici: non
posso accettare una critica alla mia religione o Chiesa, non
posso nemmeno pensare quello che essa nega... Molti cri-
stiani sono capaci di scandalizzarsi per l'esistenza del siste-
ma di caste in India e si scandalizzano ancora pi quando
vengono a sapere che l' induismo sancisce religiosamente
questo sistema, mediante il quale discrimina vastissimi set-
tori della popolazione indiana che considerata come in-
toccabile. Per non si rendono conto, per esempio, che la
28
Soprattutto nella lezione ottava su Una nuova comprensione del-
la rivelazione.
337
discriminazione della donna relativamente al ministero sa-
cerdotale, confermata con argomentazioni religiose e teolo-
giche, un fatto di proporzioni equivalenti. Sono capaci di
vedere il peccato nella religione estranea, non nella propria.
Quindi necessario spogliarsi di paure, pregiudizi, interes-
si corporativi. Soltanto con questa libert possiamo am-
mettere la Verit. Soltanto la libert ci far veri.
In definitiva, quello che teologicamente c' da dire in que-
sta mat eri a lo vanno dicendo gi, e da t empo, propri o le
donne e noi ci ri met t i amo a esse e alla loro teologia. La
partecipazione della donna al servizio teologico della co-
muni t cristiana e la comparsa - da t empo - di un forte
movi ment o di teologia femminista o teologia dal punt o di
vista della donna, sono i migliori sintomi del fatto che que-
sta situazione, il cui superament o e sradi cament o saranno
lunghi, ha nonost ant e tutto i giorni contati riguardo a un
suo fondamentale rovesciamento. In realt la sorte gi
segnata ed inutile sbattere la testa contro il mur o.
3. Altri limiti
In questa lezione non svilupperemo tutti i limiti che po-
trebbero essere segnalati nel cristianesimo. Accenneremo
semplicemente, e in breve, ad alcuni che meri t erebbero
uno studio altrettanto elaborato.
L'AMORE PER IL POTERE
Di fatto la Chiesa cattolica l'istituzione occidentale pi an-
tica. Ha compiuto il suo secondo millennio e continua a mo-
strarsi forte nella sua struttura, come ai suoi tempi miglio-
ri. Maestra di diplomazia politica, decana nei Corpi diplo-
matici di molti Paesi attraverso i suoi Nunzi, la Chiesa cat-
tolica possiede un record ineguagliabile di esperienza nelle
relazioni con i poteri politici e civili del mondo intero. Ere-
de dell' Impero romano, che sostitu nelle sue funzioni so-
ciali dopo la sua caduta, la Chiesa fece sua anche l'eredit
del diritto romano e l' amore per il potere assoluto e verti-
cale
29
. Tuttavia oggi, malgrado le denunce profetiche contro
29
Vedi il Dictatus Papae con il quale Gregorio VII (secolo XI) si au-
toeresse di fatto a imperatore del mondo: al Papa permesso desti-
338
il potere fatte da Ges, che essa pretende di avere come suo
fondatore, la Chiesa cattolica ritenuta l'ultima monarchia
assoluta dell'Occidente, mentre lo Stato del Vaticano non
ha ancora realizzato la separazione dei tre poteri, essenzia-
le per la democrazia
30
. Per un mondo che da molti secoli ha
accettato la democrazia come la meno cattiva delle forme
di governo, l'istituzione ecclesiastica cattolica si mostra in-
capace di democratizzarsi.
Questo amore per il potere e questa impenetrabilit di fron-
te allo spirito della democrazia rendono la Chiesa cattoli-
ca, e il cristianesimo in generale, sommament e inclini ad
allearsi con le forze sociali pi conservatrici: concordati
con i governi, alleanze tacite o esplicite con la destra e con
il potere del denaro, una rete i mmensa di rappresent ant i
diplomatici, un' opposizione viscerale a t ut t o ci che sia rin-
novament o sociale (e non semplicemente tecnologico) o
nuove correnti di pensiero. Questa tendenza percorre tut-
ta la storia della Chiesa cattolica. A che cosa si deve e che
cosa significa questo grave limite?
LA LEGITTIMAZIONE DELLA DOMINAZIONE OCCIDENTALE
L' Occidente Cristiano riconosciuto come il centro dal
quale sono partiti verso il resto del mondo i pi grandi
sconvolgimenti sociali: crociate, invasioni, conquiste,
espansione commerciale e industriale, colonizzazioni, neo-
colonialismi, rivoluzioni... domi ni o e sfruttamento di altri
popoli, i nsomma. Si tratta dell' Occidente cristiano e ben-
ch non tutti questi fatti siano stati ecclesiastici n di-
ret t ament e imputabili alla religione, ma anche ai poteri ci-
vili, molti di essi sono stati legittimati e perfino ispirati, in
un modo o nell' altro, dallo spirito del cristianesimo
31
. Sot-
t o questo aspetto si pone in evidenza un limite molto se-
rio del cristianesimo.
tuire gli imperatori (12); egli soltanto pu utilizzare le insegne im-
periali (8); l'unico al quale tutti i principi baciano i piedi (9); pu
sciogliere i sudditi dal giuramento di fedelt (27)...
30
Ci riferiamo non soltanto alla pratica ma anche alla lettera stessa
della sua Costituzione.
31
Vedi le commoventi testimonianze portate dai tesi antologici del
capitolo sull'ermeneutica del sospetto.
339
FRA I RICCHI E I POVERI
I suddetti limiti spiegano quest' altro: t roppo spesso il cri-
stianesimo nella storia ha cercato di servire due padro-
ni. Da una part e ha amat o e servito con straordinaria ca-
rit i poveri, realizzando una i mmane opera di assistenza
a loro beneficio, in tutti i tempi
32
. E nello stesso t empo ha
avuto ottimi rapport i con coloro che hanno sfruttato i po-
veri, coloro che producevano la povert e la miseria. Alla
Chiesa cristiana mancat o il valore profetico di non adat-
tarsi alla schiavit (e non arrivare essa stessa ad essere pro-
prietaria di schiavi), e al feudalesimo, alle monarchi e e al-
le dittature (delle quali ha assimilato t ant o profondamen-
te le strutture), al capitalismo (nato in seno alla societ cri-
stiana e, per cinque secoli, mai contestato da essa, nem-
meno con una mi ni ma part e dell' impegno che avrebbe po-
sto, in seguito, nella lotta contro il socialismo nascente).
Essa ha confidato sempre nelle classi oligarchiche, bor-
ghesi e danarose come destinate a dirigere la societ, e si
comport at a male con i movimenti rivoluzionari, con le
sollevazioni dei poveri (fossero schiavi, contadini, indige-
ni, movimenti popolari, la teologia della liberazione...). Ha
opt at o chi arament e per i ricchi e non per i poveri. Per que-
sto ha combat t ut o risolutamente contro l' opzione per i
poveri, operando per ridurla a una semplice priorit del-
la beneficenza
33
. Questo record storico di infedelt alla Cau-
sa dei poveri forse la sua pi intrinseca contraddizione,
per quant o l' opzione (o predilezione) per i poveri sia,
senza alcun dubbio, la caratteristica centrale del Dio giu-
deo-cristiano
34
.
32
E mantiene questa caratteristica: per esempio, l'istituzione che a
livello mondiale pi si occupa di malati di AIDS (per il 25%). Fu una
delle osservazioni diffuse al vertice delle Nazioni Unite del 17-25 lu-
glio 2001 a New York.
33
Vigil, J.M., Opcin por los pobres, ipreferencial y no excluyente?, in
Vigil (coord.), La opcin por los pobres, Sai Terrae 1991, pp. 57-68.
Vigil, J.M., La opcin para los pobres es opcin por la justicia y no es
preferencial. Para un reencuadramiento teolgico-sistemtico de la op-
cin por los pobres, in Theologica Xaveriana 49 (gen.-mar. 2004) pp.
151-166, Bogot.
34
Vigil, J.M., La opcin por los pobres, lugar privilegiado para el di-
logo entre las religiones. In ASETT, Por los muchos caminos de Dios
- II, Abya Yala, Quito 2004, coleccin Tiempo Axial.
340
COMPLESSO DI SUPERIORIT
Il Cristianesimo - e la Chiesa cattolica in particolare -
conosciuto e riconosciuto per la sua consapevolezza di es-
sere superiore, di possedere la rivelazione suprema, di es-
sere la religione assoluta, la massi ma realizzazione della
presenza di Dio nel mondo, di fronte alla quale le altre re-
ligioni sono soltanto preparatorie
35
o lontane somiglianze...
Nell' ultimo secolo questa dimensione del cristianesimo
giunta al suo culmine con la pretesa dell'infallibilit, la vo-
lont di non riconciliarsi col mondo moderno
36
, la con-
danna di tutti i progressi della razionalit illuminata, il ri-
fiuto delle moderne libert...
Il Concilio Vaticano II ha voluto iniziare una nuova fase e
aprire il cammi no all' abbandono di questi atteggiamenti
da part e della Chiesa cattolica.
4. Riflessione teologica su questi limiti
1. Ogni religione, oltre ad essere il vissuto del rapport o con
Dio, un' opera umana e come tale limitata e fallibile, per
lo meno nella part e che corrisponde all'essere umano. Che
ogni religione abbia alcuni limiti peculiari qualcosa che
sarebbe dovuto essere ovvio da sempre. Soltanto l' autodi-
vinizzazione propri a delle istituzioni religiose ha pot ut o
oscurare questa evidenza.
2. Ci si amo riferiti a limiti delle religioni in quant o tali, a
mancanze in un certo senso strutturali, inerenti al modo
di essere propri o di ogni religione, e non gi a difetti o fal-
li o peccati dei suoi membri in quant o individui
37
.
3. Questi limiti globali e strutturali delle religioni sono, in
una certa misura, la prova della loro non assolutezza.
4. Il fatto che le religioni si dichiarino depositarie della
35
Praeparatio Evangelii.
36
Syllabus (1864), enunciato 80.
37
Segno caratteristico delle richieste di perdono del papa Giovanni
Paolo II stato il fatto che queste si riferivano a peccati commessi
da qualche figlio della Chiesa e mai peccati della Chiesa in quan-
to tale.
341
pienezza della rivelazione o della pienezza della verit,
o che si proclamino esenti da qualsiasi genere di difetto
non null' altro che un gesto in contraddizione con il con-
t enut o stesso di ci che pretende affermare e che non ha
fondamenti nella Parola di Dio alla quale si riferisce. In un
rinnovato concetto (n magico n cosificato) della rivela-
zione
38
non possibile pensare in termini di pienezza del-
la rivelazione, n quantitativa n qualitativa
39
; si tratte-
rebbe di un concetto che risulterebbe inadeguato
40
gi in
partenza. Dio non ha rivelato ad alcuna religione di aver-
vi depositato in esclusiva la totalit della rivelazione; que-
sta pretesa molto umana e molto comprensibile, tuttavia
si deve porre in evidenza come sia sprovvista del fonda-
ment o di rivelazione del quale pretende gloriarsi.
5. Rinunciare a questa assolutezza non significa rinuncia-
re ad alcunch di essenziale, ma soltanto a un miraggio
classico del quale hanno sofferto prat i cament e tutte le re-
ligioni.
6. La comprensione di questi limiti e la loro sincera accet-
tazione avr effetto purificatore sulla vita religiosa delle per-
sone e sul patrimonio simbolico stesso di ogni religione. Sol-
tanto chi conosce i limiti della sua religione la pu accetta-
re in modo mat uro, non fanatico n fondamentalista, e con
un sano senso di autocritica. La conoscenza di questi limi-
ti porter chi la pratica a essere aperto all' arricchimento re-
ciproco con il quale le religioni possono completarsi e por-
si insieme al servizio dell' umanit (che ci che Dio chiede
loro).
7. I limiti delle religioni sono strutturali (non semplice-
ment e causati dalle mancanze personali dei loro pratican-
ti), ma non insuperabili. Sono segni della costante marci a
dell' Umanit verso il proprio superament o, attratta dal mi-
stero stesso di Dio. Quello che il cristianesimo ha pensat o
38
Cf. la lezione ottava di questo corso.
39
Dupuis, J., Verso una teologia cristiana del pluralismo religioso, Que-
riniana, Brescia 1997, p. 336s.
40
Con un'elaborazione adeguata del concetto di rivelazione i pro-
blemi che occupano lunghe pagine nei trattati, compresi quelli aper-
ti e avanzati, non sarebbero neppure stati posti (Torres Queiruga,
A., Dios y las religiones, in ID., Del terror de Isaac al Abb de Jesus,
Verbo Divino, Estella 1999, p. 294).
342
delle altre religioni (che in esse gran part e del loro patri-
moni o debba essere sanato, elevato e completato
41
) de-
ve pensarlo anche di se stesso.
8. Molti dei limiti obbediscono a una sbagliata percezione
di Dio da parte di una religione, cosa che in qualche modo
pu essere evitata, in un processo sempre aperto verso li-
velli migliori. La purificazione dell' immagine di Dio, la ri-
cerca di migliori modelli di Dio imperativa e presuppo-
ne il superamento definitivo della concezione fissista sia del
modello di Dio sia dell'idea di religione.
9. i mport ant e estendere la consapevolezza di questi li-
miti fra i cristiani e metterla in pratica coerent ement e con
spirito di compunzi one. Non sufficiente chiedere perdo-
no per i peccati collettivi t roppo antichi, evitando di chie-
dere perdono per i peccati pi recenti o perfino per quelli
attuali... Non serve a nulla chiedere perdono per peccati
che si cont i nua a commet t ere... (prima di raccogliere l'ac-
qua sparsa al suolo occorre chiudere il rubi net t o che con-
tinua a disperderla).
10.1 limiti di ogni religione devono essere corretti non sol-
t ant o da altre religioni - e perfino dall' ateismo, che non
cessa di essere in certo senso una religione -, ma anche
da molte altre istanze umane di ricerca di significato: i mo-
vimenti per i diritti umani , democratici, femminili, ecolo-
gici, alternativi... La religione riceve un aiuto prezioso da
part e di tutti, inclusi i suoi critici
42
.
In definitiva da queste considerazioni sui limiti del cri-
stianesimo dobbi amo t rarre la conclusione che:
- di fatto, sotto l' aspetto quantitativo e rispetto a noi stes-
si (quoad nos), la nostra rivelazione cristiana stata limi-
tata (come corrisponde alla part e umana che ci ri guarda e
come lo sono tutte le altre);
- abbi amo avuto molto da i mparare dalla storia altrui;
- molte grandi iniziative e progressi che sono sorti nel mon-
do, compreso il nost ro contesto sociale e culturale, sono
emersi al di fuori dell' ambito della religione cristiana e fre-
quent ement e hanno sofferto l' incomprensione e perfino
l' opposizione delle istituzioni e delle chiese cristiane.
41
Ad Gentes 9; Lumen Gentium 17.
A2
Gaudium et Spes 44.
343
Una volta relativizzata questa pretesa di rendere assoluta
la rivelazione cristiana, dobbi amo anche valorizzare la va-
lidit e la sufficienza della rivelazione delle religioni non
cristiane, finora disprezzate da part e nostra: dobbi amo af-
fermare che tutte le religioni hanno a modo loro una pie-
nezza di rivelazione, perch Dio non nega ad alcuno la sua
grazia, soprat t ut t o ai popoli.
i mport ant e concludere ri cordando che la conoscenza e
il riconoscimento dei limiti della nostra propri a religione
non un atteggiamento negativo o di samorat o, ma sono
frutto di un amore adulto e mat ur o e per ci stesso criti-
co. Non ami amo n prat i chi amo di pi una religione quan-
do ci lasciamo port are da essa senza coscienza critica n
soggettivit adulta; questo accade invece quando, propri o
perch l' amiamo, ci arri schi amo ad amarl a nella sua nuda
verit e quando, pur riconoscendone i limiti, r i mani amo
fedeli alla nostra identit religiosa e ne cerchiamo la cre-
scita.
II. Testi antologici
Il Libro della Genesi ha dat o a molti, in Occidente, una
sorta di licenza, di legittimazione a fare del mondo quello
che volevano. Tuttavia il fatto che Dio ci abbia dat o do-
mi ni o sulla t erra non significa che ci abbia dato il per-
messo di tiranneggiarla. Si amo creat ure compagne: deve
esistere un sent i ment o cosmico; la buona ammi ni st razi o-
ne implica una responsabilit (accountability) riguardo al-
le risorse della nat ura (Donald GOERGEN, La espirituali-
dad: retos para un futuro milenio, in Alternativas 14 (2000)
p. 120, Managua).
Qual il posto dell' essere umano nel complesso degli
esseri? Prima di tutto, egli parte e particella dell'univer-
so in evoluzione, un anello della catena della vita. Quando
il 99,98% della Terra gi era costituito, fece la sua com-
parsa. La Terra non dipese da lui per elaborare la sua in-
tricata complessit e la sua ricca biodiversit. Egli frut-
to, non causa di questo processo. L' antropocentrismo con-
venzionale che afferma come tutte le cose della Terra e
dell'Universo hanno senso soltanto quando le si rapport a
all'essere umano, fuori luogo. Ci supporrebbe che si di-
344
sconosca l' autonomia relativa di ogni cosa e i vincoli di re-
lazione di t ut t o con tutti, che fanno s che tutti si ordini-
no rispetto a tutti (L. BOFF, tica & eco-espiritualidade,
Verus, Campi nas 2003, p. 47).
Soltanto abbandonando il propri o atteggiamento auto-
centrato le religioni pot ranno prendersi per mano per sal-
vare il mondo dall' autodistruzione. Di fatto tutte le reli-
gioni, tutti i gruppi t endono ad autocentrarsi. Per Toynbee
quelle che pi hanno offeso l' umanit sono le tre religioni
occidentali: ebraica, islamica e cristiana. Delle tre, a Toyn-
bee sembra che il cristianesimo abbia la peggiore intensit
di intolleranza e arroganza. Le sue parole sono state dure,
le sue pretese non sono state accompagnat e da un impe-
gno. "Dovremmo cercare di purgare il cristianesimo dalla
tradizionale credenza cristiana che il cristianesimo sia uni-
co". Toynbee ammet t e che la "mentalit esclusivista" con-
genita al cristianesimo, ereditata dalla sua religione-ma-
dre, quella giudaica, e che diventata un elemento intrin-
seco della fede cristiana. Tuttavia egli era convinto che que-
sto non fosse un elemento essenziale del cristianesimo, e
che potesse essere eliminato senza mutilare l' essenza del
vangelo (Paul KNITTER, NO Other Name?, Orbis, Maryk-
noll 1985, p. 41).
In realt non si mai vista la Chiesa prendere posizio-
ne contro un governo legale per il solo motivo che com-
mettesse ingiustizie, o mant enere una posizione favorevo-
le a una rivoluzione per il solo fatto che fosse giusta. Al
cont rari o la si vista favorire i ribelli perch proteggeva-
no i suoi beni, i suoi templi, i suoi ministri.
Dio verr sulla terra soltanto quando la Chiesa compren-
der di non avere maggiori doveri verso i suoi ministri e
verso i suoi templi di quelli che ha nei confronti delle al-
tre persone e della lezione di Guernica. Vi s una ribel-
lione cristiana, ma sempre localizzata: compare soltanto
quando la Chiesa minacciata (MERLEAU-PONTY, Sens et
non sens, Paris, 1968, p. 363).
III. Domande e suggerimenti per lavorare in gruppo
- Posso dire che vi fu qualcuno o qualcosa che, durante la
mia formazione cristiana iniziale, mi diede notizia del fatto
345
che il cr i st i anesi mo pot r ebbe aver e, c ome rel i gi one, qual che
l i mi t e, oppur e mi venne pr esent at o c ome l a r el i gi one asso-
l ut ament e veri t i era, c ompe ndi o infallibile di t ut t a l a veri t
ri vel at a, t r ascr i zi one fedele del l a ver i t di vi na che Dio?
- Qu a n d o ho r i l evat o pe r l a p r i ma vol t a, c ons a pe vol me nt e
o i nconsapevol ment e, che il cr i st i anesi mo nel s uo i nsi eme,
c o me r el i gi one, h a anch' esso i suoi l i mi t i ? Come acca-
dut o? Ri feri re l ' esper i enza. Mi st at o faci l e accet t ar l o o mi
pa r s o u n pensi er o bl asf emo?
- Se si amo st at i educat i i n u n cr i st i anesi mo che pensava di
non avere l i mi t i ( con il c o mme n t o di t ut t a u n a t eol ogi a che
l o gi ust i fi cava) e adesso pe ns i a mo che i nvece ne abbi a, con
qual e t eol ogi a l o me t t i a mo i n r el azi one? Come r ei nt er pr e-
t i a mo quest a nuova opi ni one? Espr i me r e u n br eve com-
me n t o t eol ogi co su quest a novi t , ci o che a nc he il cri-
st i anesi mo pr esent a dei l i mi t i .
- Bench c onosc i a mo poc o le al t r e r el i gi oni pos s i a mo avan-
zar e il sospet t o che anch' esse a bbi a no qual che l i mi t azi one?
Speci fi care nel gr uppo di l avor o, fra i t ant i , al cuni casi .
- possi bi l e che ogni r el i gi one, i nsi eme ai suoi l i mi t i o
punt i debol i , a bbi a a nc he i suoi punt i fort i , il suo ca-
r i s ma par t i col ar e, il suo a ppor t o pi gr a nde o pi chi ar o
al l a comuni t r el i gi osa mondi al e. P o t r e mmo speci f i car e
qual i pe ns i a mo si a no i cont r i but i di ogni gr a nde r el i gi one
al l ' umani t ?
- E se le cose st a nno cos , non forse gi ust i fi cat a l a neces-
si t di un' aper t ur a, u n di al ogo di mu t u o ar r i cchi ment o e u n a
compl ement ar i et fra l e rel i gi oni del mondo?
- Come compi t o di gr uppo el abor ar e l a pr esent azi one a m-
pl i at a dei limiti che i n quest a l ezi one sono st at i sempl i ce-
me nt e accennat i o n o n svi l uppat i pi e na me nt e .
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347
Capitolo diciottesimo
Macroecumenismo latino-americano
In un corso di teologia del pluralismo religioso elaborato
in America Latina non pu mancare un accenno al ma-
croecumenismo latino-americano, poich costituisce la for-
ma che la teologia del pluralismo religioso latino-ameri-
cana ha assunto ante litteram, prima di svilupparsi nel
mondo e in America Latina. Vedremo cosa stato il ma-
croecumenismo, ne faremo un aggiornamento e una proie-
zione riguardo al suo futuro.
I. Per sviluppare il tema
A. Precedenti
Come gi abbi amo detto, la Teologia della Liberazione,
avendo solo 30 anni, una teologia molto giovane rispet-
to ad altre teologie che cont ano la propria et in secoli. Tre
decenni sono poca cosa per sviluppare una teologia che
non concreta (un r amo dell' albero teologico), ma un
nuovo modo di ripensare t ut t a la teologia. La TL ha svi-
luppato molti dei suoi rami , soprat t ut t o quelli principali;
ma, per mancanza di t empo, non ne ha sviluppati altri. La
Teologia delle Religioni, TR, uno di quei rami per il qua-
le non ci sono stati n il t empo n le condizioni perch si
sviluppasse, e che ancora attende di essere affrontato si-
stematicamente.
Evidentemente, non si pu dire che non sia possibile in-
dividuare, in ci che stato finora realizzato, una posi-
zione della TL riguardo alla TR. La nat ur a della teologia
tale che tutte le sue parti e i suoi trattati sono reciproca-
mente implicati, condividono una stessa i mmagi ne di Dio
e interagiscono tra loro. In certo modo, in ogni elabora-
zione teologica settoriale sono presenti tutte le altre, e que-
sta presenza sintetica o in nuce pu dare ragione, in ognu-
348
na di esse, di tutte le altre. Per soltanto in sintesi o in
nuce, come abbi amo detto. Uno sviluppo che pot r emmo
definire sufficiente dovrebbe venire affrontato in ma-
niera esplicita e con rigore. Questo avvicinamento esplici-
to e rigoroso ci che abbi amo detto che, di fatto, non
stato realizzato dalla TL rispetto alla TR, bench in molte
elaborazioni e realizzazioni della TL siano presenti, in ger-
me o in sintesi, affermazioni chiare e di grande valore del-
la TR.
TEOLOGIE INDIGENE, INDIE E AFRO-AMERICANE
Per esemplificare ci, pot r emmo riandare, in pri mo luogo,
alle opere che hanno a che vedere col dialogo fra religio-
ni. Possiamo riferirci al libro collettivo che, nell' ambito del-
la collezione Teologia e Liberazione
1
, si accosta al tema
delle religioni autoctone: Manuel M. Marzal, J. Ricardo Ro-
bles, Eugenio Maurer, Xavier Albo e Bartolomeu Meli, in-
titolato El rostro indio de Dios [Il volto indio di Dio].
Il libro passa in rivista la religione dei Rarmuri -Pagt ua-
me (Robles), il cri st i anesi mo Tseltal (Maurer), la religio-
ne Quechua delle Ande meridionali (Marzal), l'esperienza
religiosa Aimara (Albo), e quella Guarani (Meli). In tutti
questi casi, si presenta il pat ri moni o simbolico di queste re-
ligioni, si racconta la storia dei loro rapporti col cristiane-
simo, e si fa una valutazione delle attuali possibilit di que-
sto rapport o per il futuro, nei diversi aspetti ed elementi.
Tuttavia in nessun caso si affronta uno studio sistematico
della valorizzazione di queste religioni per se stesse, della
necessit o meno della mediazione salvifica di Cristo, n
uno studio dettagliato del valore della rivelazione propri a
di queste religioni indigene e dei loro libri sacri... Il libro
stato scritto nel 1988 e non possiamo pretendere che ri-
sponda a domande che ancora non erano nell'aria, n a im-
postazioni che la TL, su cui si basa il libro, non si poneva.
Altrettanto si pu dire dei volumi collettivi che la Teologia
1
Collana diretta da un comitato editoriale ecumenico, con il patro-
cinio del CESEP, in 50 volumi, che si proponeva di coprire sistema-
ticamente tutti i rami vivi dell'albero della teologia classica secondo
la prospettiva della TL.
349
India ha prodot t o nel Continente
2
. Se ne faccia una revi-
sione e si veda come, per esempio, le questioni che con-
cretamente abbi amo finora present at o in questo corso -
per non andare oltre - non vi siano presenti. Si tratta di
una teologia con una propri a particolare metodologia, che
non deve essere paragonat a al concetto classico occiden-
tale di teologia, dal moment o che il suo oggetto e le do-
mande a cui ri sponde sono altre.
Discorsi analoghi si possono fare ri guardo alle teologie
afro-americane.
Come segnala Antonio Aparecido da Silva, il dialogo fra la
razionalit delle teologie di eredit africana e quella della
teologia della liberazione non si ancora realizzato; i pre-
supposti della conoscenza nell' una e nell' altra riflessione
teologica non seguono le medesi me strade, persino si
ignorano reciprocamente
3
. Non possibile cercare le do-
mande e le risposte della teologia delle religioni o della teo-
logia del pluralismo nelle teologie liberatrici afro-ameri-
cane, bench non si neghi che uno studio pi approfondi-
to potrebbe t radurre in un linguaggio sistematico di
st ampo occidentale le risposte implicite e perfino inconsce
che quelle teologie hanno dato alle domande - l percepi-
te a modo loro - che la teologia delle religioni si pone.
Questo studio sta per essere realizzato e non questo il
luogo per supplirlo. Cosicch di amo per scontata l'affer-
mazione che, di fatto, propri o perch vogliamo rispettare
l' identit propri a e peculiare delle teologie indigene e afroa-
mericane, non possi amo pret endere di trovare in esse espli-
citamente ci che convenzionalmente si intende per teo-
logia delle religioni.
Nella Teologia della Liberazione non vi alcuna altra pre-
senza, per quant o implicita, di Teologia delle Religioni?
Noi crediamo di s.
2
Vedi la bibliografia alla fine del capitolo.
3
Da Silva, Antonio Aparecido, Pluralismo religioso y tradiciones reli-
giosas afncanas, in ASETT, Por los muchos caminos de Dios, I, Ver-
bo Divino, Quito 2003.
350
MACROECUMENISMO LATINO-AMERICANO
Nel settembre 1992 a Quito, Ecuador, ebbe luogo l' Assem-
blea del Popolo di Dio, un' assemblea di rappresent ant i
delle religioni del Continente Latino-americano. Vi parte-
cip Pedro Casaldliga, il quale nella sua allocuzione all'As-
semblea present il t ema del Macroecumenismo, neolo-
gismo che fu l propost o sulla base del capitolo cos inti-
tolato del libro che, in quell' occasione, venne present at o e
lanciato: Spiritualit della Liberazione
4
.1 teologi latino-ame-
ricani riferiscono in modo unani me che l'Assemblea del
Popolo di Dio fu il moment o nel quale questo termine, ma-
croecumenismo, fu presentato alla societ e fu assun-
to con valenza latinoamericana. Da allora, al di fuori del-
le nostre latitudini, riconosciuto come un modo di dire
propri o dei latinoamericani.
Il libro citato, come abbi amo detto, contiene un capitolo
intitolato precisamente cos, Macroecumenismo. Si trat-
ta di un libro nel quale gli autori manifestavano il propo-
sito non gi di presentare una nuova spiritualit, ma sem-
plicemente di dare forma alla spiritualit che veniva vis-
suta nel Continente (il libro usciva nel famoso 1992). Il ma-
croecumeni smo presentato l non voleva essere una novit
(anche se lo era la sua nuova denominazione), ma il ri-
flesso di ci che di fatto si viveva nella pratica e su cui si
rifletteva nella teologia latinoamericana.
Il t empo passat o e l' esperienza macroecumeni ca lati-
noameri cana cresciuta e mat urat a. Cercheremo di at-
tualizzare quella sintesi
5
insistendo sul fatto che neppure
qui vogliamo esprimere una teoria particolare, quant o piut-
tosto esporre ci che il Popolo l at moameri cano sente nel-
la sua spiritualit macroecumeni ca attuale.
Adotteremo un linguaggio che vuole ri manere a met stra-
da fra la teologia e la spiritualit. E ricordiamo che non
stiamo scrivendo da un punt o di vista universale, ma cer-
cando di riflettere il punt o di vista latinoamericano, che
4
Pedro Casaldliga e Jos Maria Vigil, Espiritualidad de la liberacin,
nella biblioteca di Koinonia.
5
Questa attualizzazione realizzata sulla base di quel testo.
351
pu essere mol t o diverso da quello occidentale, o europeo
in generale (o r omano in particolare).
B. Il macroecumenismo di Dio
Ogni teologia e ogni spiritualit di pendono e provengono,
in ultima analisi, non da una geniale idea originale di qual-
che teologo, ma dall' esperienza di Dio che la comuni t com-
pie in un det ermi nat o t empo e luogo. Anche il fondamen-
to pi profondo del macroecumeni smo latino-americano
l' esperienza di Dio che i cristiani del Continente vivono. Il
macroecumeni smo latinoamericano si basa sul macroecu-
meni smo di Dio stesso. Ci che in gioco, quindi, sono
un' i mmagi ne e un' esperienza di Dio.
Pot remmo iniziare dicendo che nella nostra esperienza re-
ligiosa abbi amo percepito il macroecumenismo di Dio.
Dio macroecumeni co. Non razzista, non legato ad al-
cuna etnia n cultura. Dio non si d in esclusiva n come
privilegio a nessuno.
MACROECUMENICO NELLA SUA PRESENZA NEI POPOLI
E NELLE PERSONE
Oggi abbi amo una consapevolezza incontrovertibile della
presenza dello Spirito di Dio lungo t ut t a la storia, in tutti
i popoli, in tutte le culture e religioni... Oggi sent i amo con
maggiore facilit che Egli presente in tutti i popoli, da
sempre, ancor pri ma dell' arrivo fisico dei missionari di qua-
lunque religione
6
, e lo anche se costoro non giungono.
Egli presente e agisce nel cuore di ogni cultura, che sem-
pre una scintilla della sua luce. E presente e vivo nel cuo-
re di ogni essere umano, compresi quelli che - molte vol-
te senza colpa e anche con buona volont - lo ignorano o
addirittura lo negano
7
. Realizza la sua azione salvifica per
vie che solo lui conosce
8
, molto pi in l degli stretti limi-
ti del cristianesimo istituzionale
9
e delle religioni presta-
6
Puebla 201.
7
Puebla 208.
8
GS 22. Le vostre vie non sono le mie vie (Is 55,8).
9
Ricordiamo ancora una volta l'affermazione di H.R. Schiette:
352
bilite, e noi ci rallegriamo e non guardi amo di malocchio
la generosit del Padre-Signore verso gli operai di tutte le
vigne e delle ore pi diverse
10
.
Dio non elegge un popolo in esclusiva per comunicare, at-
traverso questo, con tutti gli altri; Egli ama ed elegge tutti i
popoli e comunica con tutti mediante ognuna delle loro re-
ligioni. Non va incontro agli uni mentre si fa cercare dagli
altri. Non fa eccezione di persone o popoli n manifesta op-
zioni preferenziali per alcun popolo, bench molti popoli, ai
livelli nascenti della propria maturazione religiosa, abbiano
creduto di essere loro stessi oggetto di un tale privilegio di-
scriminante. N tanto meno emargina o dimentica alcun po-
polo n lascia alcuno in una situazione salvifica gravemen-
te deficitaria. Noi crediamo nella uguale dignit della rela-
zione di tutti i popoli con Dio, senza considerare fede quel-
la degli uni e credenze religiose o semplice religiosit quel-
la degli altri, o virt sovrannaturali quelle degli uni e sem-
plici valori morali quelli degli altri.
Per il fatto che nella nostra storia abbi amo vissuto con l'or-
goglio e la coscienza di popolo eletto e privilegiato, che di-
sprezza gli altri popoli e religioni e si crede chi amat o a sal-
varli, noi chiediamo perdono.
MACROECUMENICO NEL SUO STESSO MISTERO
In seguito a molte vicende storiche nelle quali i cristiani,
nell' ambito della civilizzazione occidentale, avevano vin-
colato in mi sura eccessiva l' immagine di Dio a una cultu-
ra - confluenza di varie culture egemoniche: greca, latina,
germani ca -, la riflessione e il discernimento cristiano de-
gli ultimi tempi
11
ci hanno restituito una visione pi chia-
ra del volto macroecumeni co di Dio. Dio non legato ad
alcuna razza, n ad alcuna cultura n sesso. Non ha pa-
La via ordinaria di salvezza, la pi universale, sono le religioni non
cristiane {Le religioni come tema della teologia, Morcelliana, Brescia
1968, pp. 85-86).
10
Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei in-
vidioso perch io sono buono? (Mt 20,15).
11
Per i cattolici, su questo punto il Concilio Vaticano II ha avuto im-
portanza cruciale. Vedi soprattutto i suoi decreti LG, GS, UR, DH,
NAe, AG...
353
drone, n un rappresentante, n un luogotenente. Non
bianco, occidentale, maschio, come - occorre riconoscer-
lo con spirito di pentimento - noi cristiani lo abbi amo pro-
fessato e procl amat o. Neppure un Dio cristiano come fos-
se contraddistinto dal Dio ind, ebreo, musul mano. . . Non
ha neppure un nome, perch il Dio di tutti i nomi.
Tutte le qualifiche e le determinazioni di Dio sono fatte da
parte nostra
12
, sono nostra responsabilit ed espri mono il
nostro limite. Dio si trova molto al di l di ci che di Lui
noi diciamo, professiamo e predi chi amo. un Mistero in-
comprensibile, inafferrabile, inesprimibile. Nessuna for-
mula, nessun credo, nessun complesso di dogmi, nessun
libro sacro... lo espri mono e molto meno lo inglobano in
una formulazione adeguata, completa, perfetta. N t ant o
meno alcuna formulazione definitiva, insuperabile o
non suscettibile di rilettura; l' Umanit cont i nua cercando
il Dio Maggiore e Dio continua a darsi e donarsi in forma
imprevedibile e molte volte sorprendente.
Questo ci fa sorridere davanti alle dispute teologiche del-
la storia, colme di condanne e anat emi , davanti allo zelo
missionario di coloro che hanno disprezzato, perseguitato
e perfino vietato le religioni degli altri popoli, o hanno fat-
to sforzi immensi - t ant o generosi quant o sbagliati - per
sostituire la religione degli altri popoli. Dalla contempla-
zione del mistero ineffabile di Dio riconosciamo il no-
stro abbaglio, chiediamo perdono a tutti i popoli le cui re-
ligioni noi cristiani abbi amo perseguitato e soggiogato, e
con umilt chiediamo di essere accolti in una nuova co-
muni t mondiale dei popoli umani . Siamo disposti ad
aprirci alla luce, ai bagliori di Dio che brillano nell' espe-
rienza religiosa delle religioni del mondo, ment re offriamo
anche la nostra ricchezza spirituale.
Noi MACROECUMENICI A SUA IMMAGINE E SOMIGLIANZA
Questa esperienza di Dio, di un Dio che non si assoggetta
a essere ghettizzato in esclusivit o in privilegio e che agi-
sce e salva in t ut t o l' universo e in t ut t a la storia, amplia la
12
In gergo scolastico si direbbe quoad nos.
354
nostra visuale e rende meno individuale il nost ro compor-
t ament o. Non possi amo guardare al mondo n met t ere a
fuoco la nost ra vita part endo dalla visione esclusiva di una
razza, una cultura, un popolo o una Chiesa. Ci sent i amo
cittadini del mondo, pellegrini della storia nel suo insieme,
responsabili dell' universalit del cosmo, fratelli e sorelle di
tutte le creature.
L' ecumenismo di Dio ci impedisce di assolutizzare forme di
mediazione quali la nostra Chiesa o la nostra religione. La
nostra appartenenza a una Chiesa non esaurisce n espri-
me adeguatamente la nostra appartenenza fondamentale, il
nostro luogo sociale-religioso
13
, che non pi il piccolo
mondo di una confessione particolare, bens - a i mmagi ne
e somiglianza di Dio - il vasto spazio macroecumenico, l'uni-
verso delle religioni, l' Umanit alla ricerca di Dio. Oggi, ogni
volta di pi, per essere religioso lo si deve essere in modo
interreligioso
14
e macroecumenico.
C. Il macroecumenismo della missione cristiana
La nuova esperienza di Dio che abbi amo fatto nel nost ro
Continente attraverso la riscoperta di Ges, ci fa sentire
anche il macroecumeni smo della missione del cristiano. Ci
riferiamo alla missione fondamentale di ogni cristiano, al
di l di qualsiasi vocazione o carisma particolare.
13
Lo diciamo qui per analogia col concetto di luogo sociale: quel
luogo per il quale si optato, dal quale e per il quale si fanno le in-
terpretazioni teoriche e i progetti pratici, il luogo che configura la
prassi che si effettua e al quale si piega o subordina la propria pras-
si (Ellacuria, I., El autntico lugar social de la Iglesia, in AA.W., De-
safios cristianos, Misin Abietta, Madrid 1988, p. 78; <servicioskoi-
nonia.org/relat/124.htm>). Cos possiamo parlare di un luogo reli-
gioso: quel livello religioso per il quale ognuno ha optato, al quale
in ultima istanza sente di appartenere, partendo dal quale compie va-
lutazioni e progetti...
14
Dichiarazione dell'Associazione Teologica Indiana, n. 36; cf. Pathil,
K., (ed.), Religious Pluralism. An Indian Perspective, ISPCK, Delhi
1991, p. 348. [ anche il titolo del libro del teologo statunitense, di
origine vietnamita, Peter Phan, Being Religious Interreligiously, Or-
bis, New York 2004, caduto sotto la censura della Congregazione per
la dottrina della fede nel 2007, n.d.t.].
355
Questa missione consiste nel vivere e lottare per la Cau-
sa di Ges, per il Regno e quella , evidentemente, una
missione sommament e macroecumeni ca. Perch il Regno
vita, verit, giustizia, pace, grazia, amore. . . fra tutti gli
uomi ni e le donne, fra tutti i popoli, ed comuni one con
la nat ura e con Dio. La missione della quale ci sentiamo
investiti noi cristiani vivere e lottare per questa Utopia.
Ebbene, questa missione non altro che quella di ogni per-
sona umana
15
. Il nostro compito come cristiani non al-
tro che quello che ci riguarda come persone. In linea di
principio noi cristiani non abbi amo una missione partico-
lare, specifica, distinta, riservata, percorribile soltanto da-
gli iniziati. La nostra vocazione coincide con la vocazione
umana, perch il nostro sogno coincide con il sogno di Dio.
Essendo quello che siamo, persone cristiane, non ci sen-
tiamo di appart enere a una fazione, a un particolarismo fi-
losofico o teologico, a una setta che ci sottrae alle grandi
preoccupazioni e alle grandi prospettive. Le nostre Cause
sono le Grandi Cause dell' Umanit, Cause e Sogni di tutti
i popoli, Cause e Sogni anche di Dio.
Per questo gli uomi ni e le donne, quando in qualsiasi cir-
costanza o situazione, sotto qual unque bandi era, lavorano
costantemente per i Grandi ideali del Regno (amore, giu-
stizia, fratellanza, libert, vita...), st anno port ando a com-
pimento il senso della loro vita, st anno facendo la volont
di Dio, st anno lottando per la Causa di Ges. Al contrario,
non sempre le persone che si di chi arano cristiane e lotta-
no per le loro Chiese st anno facendo la volont di Dio. Non
altro sar il criterio escatologico col quale Dio giudicher
gli esseri umani (Mt 25,31ss.): un criterio totalmente ma-
croecumenico, non confessionale, non ecclesiastico, e nep-
pure religioso.
15
Perch il Regno stesso non altro che il destino della razza uma-
na, con una bella espressione di Albert Nolan. Regno per noi il
suo nome, tuttavia sappiamo che non altro che l'Utopia migliore
dell'Umanit, il sogno di Dio, come dice la gi citata Assemblea del
Popolo di Dio.
356
COMUNE A TUTTI GLI ESSERI UMANI
Noi non cessiamo di vivere questa grande missione cri-
stiana, che credi amo sia comune a quella di ogni essere
umano, alla luce della nostra fede cristiana, con la nost ra
tradizione cristiana. Abbiamo sempre attribuito molto va-
lore alla nostra tradizione religiosa, come hanno fatto tut-
te le religioni. E come loro, anche noi abbi amo enfatizza-
to il suo valore quando abbi amo assolutizzato molti ele-
ment i che i n realt erano relativi e quando abbi amo con-
siderato noi stessi come il vero e proprio centro dell' uni-
verso delle religioni... Oggi consideriamo la luce della no-
stra fede una luce superiore, perch viene dall' alto, ma
non una luce superiore alle altre per principio, piutto-
sto una luce in pi fra le molte luci di Dio che illuminano
l' Umanit, e la cui superiorit dovr essere analizzata a po-
steriori in raffronto alle altre luci, con molto realismo e
obiettivit. Sul pi ano macroecumeni co riconosciamo il va-
lore di tutte le luci che illuminano tutti gli esseri umani
che vengono a questo mondo.
IN RAPPORTO CON GLI ALTRI
A causa di questa coincidenza fra la missione cristiana e
la missione umana, ci sentiamo a nostro agio in qualsiasi
societ umana aperta. Non ci necessario vivere in societ
a part e e neppure in societ cristiane, o in regime di cri-
stianit, perch ci che i mport a non il dire Signore, Si-
gnore, ma essere a favore del progetto di Dio. Ci sentia-
mo chi amat i a collaborare con tutti coloro che cercano la
verit e l' amore, quant unque non siano cristiani e neppu-
re credenti. Ci rallegriamo per t ut t o il bene che lievita nel
mondo e non consi deri amo al cuna persona estranea a noi
o irrilevante ad uno sguardo attento alla presenza della sal-
vezza. Il mondo, la societ, la storia sono il nostro am-
biente di vita, come cittadini del mondo e responsabili del-
la societ, del suo progetto, della sua stessa esperienza...
Quel mondo il campo nel quale ci sentiamo chiamati a
realizzarci pi enament e. Possiamo e dobbi amo collaborare
con tutti, senza visioni scioviniste n secondo un' ottica mo-
nocromat i ca.
Non tralasciamo la nost ra identit cristiana specifica, ma
357
questa costituisce una differenza accidentale aggiunta che
non ci separa dal mondo, ma che ci rinvia ad esso. Il no-
stro grande riferimento non questa identit cristiana n
alcun altro riferimento confessionale discriminante, ma la
grande missione umana, la comune vocazione di co-
struttori dell'Utopia, di persone che lottano per le Grandi
Cause. Davanti a Dio ci che i mport a non sar essere cri-
stiano, ebreo, musul mano, ind o scintoista... ma l'aver
speso la vita a favore delle Grandi Cause.
A differenza dei tempi in cui noi cristiani abbi amo misu-
rat o tutti gli altri con il met ro dei nostri valori, oggi valu-
tiamo ci che non cristiano riconoscendo il suo valore
intrinseco, in se stesso. Non chi ami amo nessuno cristia-
no anonimo, n alcun valore seme del Verbo o semi
del Vangelo o preparazione evangelica. Non i mport a
che le persone siano cristiane o no, ma che siano cittadi-
ne del Regno. E i loro valori non valgono perch parteci-
pano dei nostri valori, ma perch part eci pano ai valori di
Dio stesso, fonte di ogni bene.
IL CONFLITTO NELLA MISSIONE CRISTIANA
Tuttavia ci i mbat t i amo nella opposizione e nel conflitto.
C' chi si oppone agli interessi comuni della collettivit
umana a favore dei propri interessi, egoisti e oppressivi.
Talvolta siamo combat t ut i , talaltra dobbi amo lottare e op-
porci. A volte siamo perseguitati per la nostra fede, e altre
volte siamo noi stessi che sentiamo la necessit di critica-
re gli atteggiamenti della nostra Chiesa o religione. Il con-
flitto fa parte della storia e della nost ra vita.
Qui il nostro atteggiamento macroecumeni co ci fa oltre-
passare frontiere scioviniste fra i nostri e gli altri, fa-
cendoci misurare le nostre concordanze e opposizioni in
funzione dell' utopia del Regno. Anche qui il regnocentri-
smo la misura di t ut t o. Ci sent i amo uniti pi a coloro
che, anche senza far part e della nost ra religione, senza ri-
ferirsi a Cristo o senza fede esplicita in Dio, l ot t ano per la
loro Utopia (che noi chi ami amo Regno nel linguaggio bi-
blico cristiano) e quindi si pongono a favore della giusti-
zia, dei poveri e della liberazione integrale, che a quelli che,
talvolta col nome di Cristo Re sulle labbra, si met t ono dal-
358
la part e dell' ingiustizia e dell' oppressione e si oppongono
ai poveri.
Se la nost ra vera passione la venut a del Regno e misu-
ri amo t ut t o ecumeni cament e con questo met ro - come di-
cevamo -, ci sentiremo pi uniti a colui che realizza la Cau-
sa di Ges anche senza conoscerlo, che a coloro che - for-
se perfino in Suo nome - si oppongono ad essa.
Questo straordinario, ma reale. Ed evangelico. Ges
stesso sentiva questa maggior vicinanza. Egli si identifi-
cato pi col samari t ano che col sacerdote e il levita, pi
con la liberazione dei poveri che col culto del tempio (Le
10,25ss.), pi con gli umili peccatori che con i farisei sod-
disfatti di s (Le 15,11-32; Mt 21,31-32), pi con colui che
fa la volont di Dio che con chi dice Sig nore, Signore
(Mt 7,2lss.), pi con coloro che danno da mangi are all'af-
famato, anche senza conoscere Ges, che con quelli che
fecero miracoli in suo nome, pi con quello che diceva di
no per faceva la volont del Padre che con colui che di-
ceva di s per non la faceva (Mt 21,28-32).
Nella storia ci sono noti molti casi nei quali la verit del Re-
gno stata maggiormente a lato di chi fu perseguitato dai
cristiani e perfino dalla stessa Chiesa, che a fianco di que-
sti ultimi. Quando gli indigeni di Abya Yala* furono invasi,
espulsi e massacrati o resi schiavi, la ragione di Dio stava
dalla loro parte e non da quella di chi impugnava la Croce
o il mandat o del Papa nel Requerimiento**. Nella Guer-
ra civile spagnola***, che dalla Chiesa fu considerata una
Crociata, molti morirono col nome di Cristo Re sulle lab-
* il nome dato al continente americano dalle etnie Kuna di Pana-
ma e Colombia prima dell'arrivo di Colombo e degli europei [n.d.t.].
** Si tratta di una istituzione creata con le leggi di Burgos che per-
metteva la conquista violenta ai danni di quegli indigeni che rifiuta-
vano di essere evangelizzati. La si applicava con la lettura di un ma-
nifesto, redatto dal famoso giurista Juan Lopez de Palacios Rubio,
nel quale si diceva che San Pietro aveva lasciato il Papa a Roma co-
me capo della Chiesa e che uno di essi, Alessandro VI, aveva incari-
cato la Corona di Castiglia dell'evangelizzazione delle Indie (Ameri-
ca). Se non avessero accettato sarebbero stati oggetto di una Guerra
Giusta. La prima applicazione del Requerimiento avvenuta a Pa-
nama nel 1513 ad opera di Pedrarias Davila [n.d.t.].
*** 1936-1939, con seguito di massacri, esecuzioni sommarie e pro-
cessi-farsa da parte del Franchismo [n.d.t.].
359
bra e nel cuore, ma in complicit con l'esercito che com-
batteva chi di fatto difendeva la Causa della sovranit po-
polare, l'ordine costituzionale, la democrazia e il supera-
ment o del capitalismo. Cause che allora davano corpo all'uto-
pia del Regno proclamato da Ges. Le rivoluzioni per i mo-
derni diritti umani dovettero essere anticlericali e persecu-
trici delle Chiese, perch queste assumevano posizione a fa-
vore delle monarchie e oligarchie, a favore dell'ordine del
privilegio e dell''Ancien Regime. Nella lunga marcia di asce-
sa del socialismo mondiale, la Chiesa si schierata invaria-
bilmente col capitalismo, mettendo la libert economica dei
potenti al di sopra della giustizia e della dignit dei poveri.
Infine, nelle rivoluzioni popolari latino-americane, la Chie-
sa cattolica istituzionale stata uno dei grandi ostacoli che
i movimenti liberatori dei poveri non hanno potuto supera-
re. In questa e in molte altre gravi congiunture storiche, co-
me anche nei conflitti quotidiani, la prospettiva macroecu-
menica ci rende solidali soprattutto con l' amore e la giusti-
zia, la libert e il bene dei poveri, e ci pone in contrasto con
chi vi si oppone, quantunque sia della nostra religione o del-
la nostra Chiesa. Il macroecumenismo si muove su altre coor-
dinate, senza il fanatismo di chi vuole difendere, per spirito
di corpo, la nostra religione o la nostra chiesa, a qualsiasi
prezzo, al di sopra delle Cause a cui la stessa Chiesa debi-
trice.
D. Atteggiamenti macroecumenici
Questo macroecumeni smo tipicamente latino-americano
produce in noi una serie di atteggiamenti spirituali che lo
concretizzano e lo rendono vero, e che nell' insieme lo ca-
ratterizzano. I principali sono questi:
contempl azi one, come fondamento ul t i mo di questo ma-
croecumenismo: una capacit pot enzi at a per la contem-
plazione di Dio nella Storia, nella Vita, in tutti i popoli,
compresi quelli che non conoscono Cristo
16
, nelle lotte dei
16
Il missionario o contemplativo e mistico o non sar un missio-
nario autentico. Il vero evangelizzatore pervaso di fede nella pre-
senza concreta della Trinit in ogni piega del tessuto della storia, no-
nostante l'offuscamento causato dalla degenerazione umana. Nelle
360
poveri, negli sforzi di tanti generosi militanti, anche se si
rivelano lontani da un Dio professato o da una Chiesa o
religione conosciute. Qui il nost ro macroecumeni smo ci d
la capacit di captare la segreta presenza del Regno di Dio,
della sua Salvezza, sempre in azione.
otti mi smo soteriologico, con il credere effettivamente che
Dio vuole che tutti gli esseri umani si salvino bench non
giungano alla conoscenza di tutta la Verit (cf. Tim 2,4) e
che questa Sua volont una volont efficace. Il macroecu-
meni smo ci rende ottimisti perch crediamo che tutti i no-
stri umani atteggiamenti insensati e i nostri stessi conflitti
religiosi sono come giochi di bambini davanti a Dio, no-
stro Padre e Madre comprensivo e amoroso, sempre aperto
al perdono e all'accoglienza. Crediamo che Dio dia a ogni
essere umano, compreso chi apparentemente pi chiuso
alla sua grazia, e quant unque attraverso vie soltanto a Lui
note
17
, una generosa opportunit di salvezza. Per molti la
morte sar il Sacramento della propria salvezza
18
.
di al ogo con il mondo, contatto permanent e con esso.
Nulla di ci che umano ci estraneo. Le gioie e le spe-
ranze, le sofferenze e i dolori degli umani , specialmente
dei poveri, sono anche i nostri. E questo ci port a a scru-
tare in permanenza i segni dei tempi
19
.
apertura positiva: per principio ci sent i amo disponibili
ad accogliere e valorizzare il lavoro e lo sforzo dei fratelli,
dei militanti, dei popoli... pi che a riceverlo con preven-
zione o a respingerlo
20
. E sappi amo che il nostro messag-
forme altamente socializzate della vita degli aztechi, nei lavori co-
munitari degli indios brasiliani, nel sentimento profondamente egua-
litario che diffuso nella maggioranza delle trib indigene del Bra-
sile discerne sacramenti della comunione trinitaria e impronte della
presenza del Padre, del Figlio e dello Spirito nel mondo (L. Boff,
Nova Evangelizago. Perspectiva dos oprimidos, Vozes, Petrpolis
1990, pp. 80-81).
17
GS 22; LG 16; AG 7.
18
L. Boros, El hombre y su ltima opcin, Paulinas/Verbo Divino, Ma-
drid 1972.
19
GS 4, 44, 62; AG 11; ChD 16, 30.
20
Del dialogo col mondo e dell'apertura positiva al mondo stata mo-
dello la spiritualit del Vaticano II, che si sforz di applicare la me-
dicina della misericordia. L'antica storia del samaritano stata il
361
gio in accordo con i desideri pi profondi del cuore uma-
no
21
e che una sola la vocazione ultima dell'essere uma-
no, quella divina
22
.
collaborazione con tutti coloro che lottano in qualsiasi
forma per questa Causa universale che l' Utopia del Re-
gno. Tutto ci che non contro il regno con noi. Tutti
quelli che lottano per una buona causa part eci pano alla
lotta per il regno e meri t ano che li si appoggi
23
. Non cer-
cheremo di impedire il bene che qualsiasi gruppo faccia
per il semplice fatto che non dei nostri (Me 9,38-40).
disinteresse istituzionale: il nost ro assoluto il Regno,
non le sue mediazioni e neppure le nostre istituzioni. Non
siamo ecclesiocentrici, n funzionari interessati, n cer-
chiamo il nostro interesse, n poni amo al centro alcuna al-
t ra istituzione o mediazione. Soltanto vogliamo che il be-
ne trionfi, anche se ci costasse la vita.
Per ampliare il tema, una valutazione critica di questo ma-
croecumeni smo latino-americano, uno studio dei suoi li-
miti e una prospettiva verso il futuro si pu trovare nell'ar-
ticolo di J.M. Vigil, Macroecumenismo: teologia latino-ame-
ricana de las religiones, citato nella bibliografia finale. Non
aggiungiamo questa tematica per motivi di spazio.
II. Testi antologici
La Causa di Ges la Causa del Regno. Giustizia, li-
bert, fraternit, amore, misericordia, riconciliazione, pa-
ce, perdono, contatto diretto con Dio... costituiscono la
Causa per la quale lott Ges, per la quale fu perseguita-
to, fatto prigioniero, t orment at o e condannat o a mort e.
Al fine che una tale Causa cont i nuasse ad andar e avanti,
risuscitato dai mort i e sar sempre al fianco di coloro
che lottano per lo stesso scopo. Legalismo invece di giu-
stizia, divisione discriminatoria invece di fraternit, leggi
modello della spiritualit del Concilio, ha affermato Paolo VI (Con-
cilio Vaticano II, BAC, Madrid 1965, p. 816).
21
GS 21.
22
GS 22.
23
GS 43, 93, 16, 92, 57, 90, 77, 78; UR 12; AG 12; AA 14.
362
invece di libert, odio per i nemici invece di amore, du-
rezza di cuore invece di misericordia e compassi one, pa-
cificazione in luogo di pace, sottomissione invece di ri-
conciliazione, vendetta in luogo di perdono, allontana-
ment o da Dio invece di vicinanza, costituiscono il con-
t rari o dell' Ideale di Ges. Chi sta con questi contro-idea-
li sta contro Ges.
Per questa ragione gli esseri umani , di qual unque emisfe-
ro e qual unque sia la loro bandiera, che lavorino decisa-
ment e per il trionfo di questa causa, st anno por t ando avan-
ti la Causa di Ges Cristo. Al contrario, non sempre dove
c' cristianesimo esplicito ci sono ipso facto la bont , la li-
berazione, la giustizia, la fratellanza. In cambi o, dove vi
sono liberazione, giustizia, fratellanza e bont, qui il cri-
stianesimo si i ncarna veramente e si vive il Vangelo, tal-
volta anche sotto l' anonimato o qualunque altra bandi era.
Essere cristiano vivere e lottare per la Causa di Ges
(Leonardo BOFF, Testigos de Dios en el corazn del mundo,
ITVR, Madrid 1977).
Il Popolo di Dio sono molti Popoli. Tutte quelle persone,
comuni t e Popoli che fanno proprio questo sogno-pro-
getto di Dio, sono il Popolo di Dio. Nessuna religione, nes-
suna chiesa pu arrogarsi di essere esclusivamente questo
Popolo. Si escludono, questo s, dal popolo di Dio tutti co-
loro che si rifiutano di accettare questo sogno di Dio e del
suo Popolo e si met t ono al servizio degli dei del capitale,
dell' imperialismo, della corruzione e della violenza istitu-
zionalizzata. A causa di questo culto idolatrico, nella no-
stra America e in t ut t o il Terzo Mondo i poveri sono sem-
pre di pi e sempre pi impoveriti. Nel nostro Continente,
dopo t ant e condanne e prepotenze religiose, vogliamo pro-
cl amare questa realt maggioritaria che si esprime so-
prat t ut t o nelle religioni indigene, in quelle afroamericane
e nelle diverse confessioni cristiane. Noi cristiani e cristiane
presenti in questi incontri ci sentiamo profondament e chia-
mati alla conversione. Pubblicamente, in nome di milioni
di fratelli e sorelle che hanno i nostri stessi sent i ment i e
per rimediare, forse, all' omissione ufficiale delle nost re
chiese, chiediamo perdono ai Popoli indigeni e ai Popoli
Neri che abitano la nostra stessa casa, tante volte condan-
nati come idolatri e sottoposti da secoli a genocidi e domi-
nazioni (Dio ha un sogno. Dichiarazione dell'Assemblea del
363
Popolo di Dio, Quito, settembre 1992. Il testo completo si
trova in Agenda Latinoamericana, 2003, p. 192, e in: <lati-
noamericana.org/2003/textos/castellano/APD.htm>).
III. Domande per lavorare in gruppo
- Ricordare il significato etimologico di ecumenismo.
- Che cosa abbi amo sentito sul macroecumenismo lati-
no-americano?
- Che diversit stabiliremmo fra ecumenismo e ma-
croecumeni smo ?
- Riferendoci all' ecumenismo fra cristiani che impres-
sione abbi amo della sua situazione attuale? Sta avanzan-
do, regredendo, fermo? Perch? Comment are.
- E quali informazioni abbi amo circa il dialogo fra le reli-
gioni: si sta effettuando, avanza, retrocede...?
- Prendere il testo Dios tiene un sueno, de la APD de
1992 ( in Internet, cf. la bibliografia) e comment arl o in
gruppo.
- Dio macroecumenico? corretto usare questa defi-
nizione riguardo a Dio? In che senso?
- La grande missione cristiana, ovvero la missione fon-
dament al e dei cristiani, essenzialmente la stessa di ogni
altro essere umano: comment are. Il cristianesimo non ha
una specifica diversit? Essere cristiano non qualcosa
di pi o qualcosa di diverso? Questa differenza, posto
che ci sia, essenziale, sostanziale, ontologica, di cono-
scenza...? Che cosa in gioco al fondo di questo dibatti-
to?
- Completare l' esposizione di questa lezione con due nuo-
vi capitoli: il Macroecumeni smo di Ges e il Macroe-
cumeni smo della Chiesa; per elaborarli o semplicemente
comment are il t ema, ci si pu riferire alle lezioni 10 e 11
di questo stesso corso.
- In altri tempi ai cattolici, per esempio, era proibito col-
l aborare con i comunisti, parlare con i protestanti, par-
tecipare all' Eucaristia durante il culto evangelico o parte-
cipare a un culto di altra religione... Le cose sono cam-
biate? Qual il nost ro criterio? Presentare casi attuali di
questa problematica.
- Commentare gli atteggiamenti spirituali che derivano dal
macroecumeni smo latino-americano (paragrafo I,D). Ag-
364
giungerne alcuni dei tanti che si pot rebbero prendere in
esame...
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mericana, in VIGIL-TOMITA-BARROS, op. cit., pp. 46-90.
365
Capitolo diciannovesimo
Un nuovo tempo assiale.
Ampliamo gli orizzonti
In questa lezione ci proponiamo di ampliare gli orizzonti. Fi-
no a questo punto abbiamo svolto la nostra riflessione
nell'ambito delle religioni, soprattutto entro il cristianesimo.
Ora necessario estendere lo sguardo e renderci conto che,
in realt, l'orizzonte molto pi ampio, tale che ci offrir
una migliore prospettiva per percepire la piccolezza e la re-
lativit delle nostre stesse riflessioni.
I. Per sviluppare il tema
La credibilit di una persona o di un' istituzione non pro-
viene soltanto dalla forza intrinseca delle sue ragioni teo-
riche prese isolatamente, ma dalla sua vita e dalla sua realt
sociale e storica. Per questo noi prendi amo in considera-
zione con particolare precauzione le promesse di caratte-
re economico di una persona in fallimento per debiti op-
pure i giuramenti di fedelt di una persona conosciuta co-
me infedele... Finora nel nostro corso abbi amo utilizzato
argoment i teorici offerti dalle religioni. Al di l di queste
ragioni teoriche, i nt endi amo ora interrogarci sulla situa-
zione reale e sulla storia delle religioni, per cogliere possi-
bili argomentazioni di altro tipo, al di l di quelle teoriche.
Come sta at t ual ment e la religione, secondo una prospetti-
va ampi a della storia?
La crisi delle religioni
La crisi della religione nei Paesi occidentali di tradizione
cristiana un fatto unani mement e riconosciuto. A questa
situazione obiettiva corrisponde una condizione di evidente
malessere nei soggetti che intendono cont i nuare a vivere
religiosamente nell' attuale moment o socioculturale
1
.
1
Martin Velasco, Juan de Dios, Metamorfosis de lo sagrado y futuro
366
\
Le religioni, e nel concreto il cristianesimo, sono in crisi,
in una grave crisi che affonda le sue radici in un processo
che gi conta vari secoli. Oggi la crisi sempl i cement e
esplosa e si fatta pi manifesta ed evidente che mai .
Non soltanto le sue istituzioni sono in crisi: anche i sog-
getti che si i mpegnano a vivere questa fede con la miglio-
re buona volont sentono un malessere, un disagio, la sen-
sazione che qualcosa di i mport ant e non funziona. Juan
Bautista Metz ha parlato di crisi di Dio (Gotteskrise) per
indicare che la crisi colpisce la radice stessa della religio-
sit. Martin Buber parla della eclissi di Dio. Kiing la con-
sidera una crisi epocale
2
. Non si tratta quindi della cri-
si di un punt o isolato, di qualche elemento separat o o di
qualche dimensione concreta; sono il complesso, la strut-
t ura e l' ambiente
3
ci che entrato in una crisi inedita.
Un pri mo aspetto della crisi pu essere concet t ual ment e
identificato con quello che definiamo il processo di seco-
larizzazione, che riguarda la perdita di vitalit e rilevan-
za del fattore religioso nella societ e nella cultura. La re-
ligione, che si trovava al culmine della scala dei valori so-
ciali accettati, stata gradualmente sostituita dalla scien-
za, da un' altra razionalit. Lo spazio sociale per la religio-
ne si riduce in modo tale da ri manere at t ual ment e ristret-
to all' ambito del culto e dei gruppi religiosi particolari. La
religione resta condizionata all' opzione personale degli in-
dividui e reclusa nel campo della coscienza, con la conse-
guente riduzione della sua influenza su tutte le sfere so-
ciali.
Tuttavia non soltanto nell' ambito sociale che questa cri-
si, effetto della secolarizzazione, si manifesta, essa si in-
stallata all' interno stesso dell' istituzione. Effettivamente,
una part e crescente dei suoi aderenti si distanzia sia dalla
ortodossia ufficialmente vigente nella Chiesa, alla quale ap-
del cristianismo, Sai Terrae, Santander 1999. Vedi anche in RELaT
256: <servicioskoinonia.org/relat/256.htm>. Raccomandiamo la let-
tura completa di questo testo, che in questo momento seguiremo da
vicino.
2
Pagola, Jos Antonio, Testigos del misterio de Dios en la noche, in
Sai Terrae (gen. 2000), pp. 27-42.
3
La crisi attuale del cristianesimo inedita (Jean Delumeau, Une
crise inedite, in Le Monde, 5 giugno 1979, Paris).
367
partengono, sia dalle pratiche religiose considerate ufficia-
li. D'altra parte la morale ufficiale delle istituzioni religio-
se non soltanto non praticata dai suoi membri , ma non
nemmeno accettata da loro come criterio. Vi una mag-
gioranza sempre pi grande di persone che, bench dicano
di credere, non ritengono n di appartenere n di farsi re-
golamentare da questa o quella religione. Si va formando
un processo crescente di deregolazione istituzionale del
credere, per il quale l'imposizione del sistema di norme
etiche viene sostituito da una regolamentazione individua-
le del suddetto con elementi tratti da diverse tradizioni re-
ligiose, dando cos luogo a una religione la carte*.
Vi inoltre la presenza di due fenomeni contrari. Da una
part e la miscredenza, fenomeno relativamente moderno
ma crescente nella storia; si suole definirlo come incredu-
lit postcristiana, volendo significare che il Dio rifiutato
precisamente il Dio dei cristiani. D' altra part e il fenomeno
molto vivace del sorgere dei cosiddetti nuovi movimenti
religiosi, st raordi nari ament e svariati e fiorenti. Si uni-
scono quindi l' apparente venir meno e perfino la scompar-
sa della religiosit e la pratica di una religiosit selvag-
gia e irreprimibile.
Come si vede la crisi complessa e questi dati contraddi-
tori rendono possibili le diagnosi pi disparate: ment re per
alcuni la religione sta scomparendo e l'essere umano sta
cadendo nell' ateismo e nel nichilismo, per altri ci trovia-
mo in un ritorno del sacro, in un moment o di indubita-
bile effervescenza religiosa. In queste circostanze ha mol-
ta i mport anza il luogo dal quale si osserva la realt. Le isti-
tuzioni religiose ufficiali non sono cert ament e nella posi-
zione che offre la prospettiva migliore; forse per questo le
loro diagnosi sono sistematicamente negative e perfino ag-
gressive.
Diagnosi
Gli studiosi della religione nei suoi diversi aspetti (antro-
pologi, sociologi, teologi...) sembra che si stiano awi ci -
4
Martin Velasco, ibid.
368
nando, rragli ultimi tempi, ad un giudizio pi comunement e
accettato,! che pot r emmo ri durre ai seguenti punt i :
- La crisi dell' ambito religioso non terminale; non si trat-
ta di una scomparsa della religiosit, come affrettatamen-
te vaticinarono alcuni t empo fa
5
; la religiosit, in una for-
ma o nell' altra, permarr.
- Si t rat t a di una crisi mol t o forte per le religioni storiche
tradizionali, che da t empo si trovano disorientate, hanno
perso in buona part e il contatto con la realt, non riesco-
no a comuni care in modo adeguat o con la coscienza mo-
derna dei loro seguaci e si trovano in una permanent e si-
tuazione di rot t ura e det eri orament o, senza che si possa
prevedere quale sar il risultato della loro crisi.
- Si registra un formidabile emergere di nuove forme reli-
giose, che met t ono in evidenza come la potenzialit spiri-
tuale dell' umanit continui a essere vitale e in buona for-
ma e, di fronte all' incapacit delle forme religiose tradi-
zionali forse superate, si sforzi per esprimersi con creati-
vit in risposte ancora inadeguate rispetto alla fame spiri-
tuale di questa umani t che pu perfino dirsi nello stesso
t empo atea o non credente.
Distinzione fra spiritualit e religione
Di fronte a questa situazione d' obbligo
6
ristabilire con-
cettualmente una chiara distinzione tra religione e spiri-
tualit. Non sono la stessa cosa. La spiritualit mol t o pi
ampi a della religione. La spiritualit non , come tradizio-
5
Durante gli ultimi decenni del secolo XIX e nei primi del XX fu-
rono innumerevoli le previsioni di una fine del cristianesimo a data
fissa da parte dei razionalisti, positivisti e marxisti. Eppure sono pro-
prio costoro che hanno perso vigore o sono scomparsi dalla storia,
mentre il cristianesimo, per quanto pieno di problemi, continua a da-
re speranza a molti e da pensare a tutti (Martin Velasco, ibid.). Cf.
anche D. Bosch, La trasformazione della missione, Queriniana, Bre-
scia 2000, pp. 657-658.
6
Una delle questioni pi urgenti del nostro tempo stabilire una
differenza chiara fra religione e spiritualit (O'Murchu, Diarmuid,
Rehacer la vida religiosa, Publicaciones Claretianas, Madrid 2001, p.
48). Anche in www.servicioskoinonia.org/biblioteca.
369
nalmente si era pensato, un sottoprodotto della religione,
un modo di essere che la religione produrrebbe nei suoi
adepti; al contrario, la religione a essere semplicemente
una forma tra le molte in cui si pu esprimere questa realt
onnicomprensiva ed estremamente profonda che la spi-
ritualit, che si trova in ogni essere umano, pri ma e alla
base della sua adesione a una religione.
David Hay afferma che due adulti su tre hanno una spi-
ritualit personale, mentre meno di uno su dieci si preoc-
cupa di andare regolarmente in Chiesa
7
. Quello che at-
t ual ment e in crisi non la spiritualit - che, al contra-
rio, most ra con esuberanza la sua vitalit, recl amando spa-
zi e nuove forme l dove le sue vecchie espressioni entra-
no in crisi - ma semplicemente alcune forme della reli-
giosit, specialmente le religioni istituzionali tradizionali.
Per l' umanit, pi importante della religione ed sem-
pre stata la spiritualit, una dimensione germogliata nel
crescente pat ri moni o di conoscenze ed esperienze cultu-
rali, antropologiche e religiose acquisite dalla nostra spe-
cie nel corso della sua lunga e travagliata storia.
Ipotesi: metamorfosi della religione
Dopo aver utilizzato in passato categorie come scristia-
nizzazione, desacralizzazione... gli esperti ri corrono og-
gi a tipologie di altro genere, come cambi ament o, trasfor-
mazi one, mutazione, metamorfosi
8
... Innanzi tutto, chia-
ro non si tratta di una distruzione, di una scomparsa o di
una mort e del religioso o del sacro, i quali al contrario si
mant engono vivi. Tuttavia non neppure una crisi super-
ficiale o parziale, come se fossero in crisi gli elementi pi
visibili o soltanto alcuni determinati aspetti. No. La crisi
delle religioni proprio globale, complessiva, riguarda la
sua struttura e il suo significato. t ut t a la religione o la
religiosit che sfidata a trasformarsi.
Alcuni anni fa si resa celebre l'espressione: non siamo in
7
Relgion Lacking Spirti, in The Tablet, 2 Marzo 1996, pp. 292-293.
8
Questa categoria in concreto quella utilizzata da Martin Velasco
nell'articolo citato, dal quale riprendiamo la proposta di ipotesi.
370
un' epoca di cambiamenti, bens in un cambiamento d'epo-
ca, che si riferirebbe a quella vecchia teoria secondo la qua-
le la somma di cambiamenti quantitativi in un determinato
moment o produce un cambi ament o qualitativo. Molti cam-
biamenti connessi avallerebbero la percezione di un cam-
biamento epocale. Cosa sarebbe, per il religioso, il cambia-
ment o epocale o cambiamento qualitativo? Si tratta di
quello che si suole definire con categorie quali mutamen-
to o perfino metamorfosi. Una mutazione genetica in
un essere vivente un cambiamento non precisamente su-
perficiale, ma una modificazione che colpisce la sua essen-
za, il suo essere geneticamente modificato. Un bruco - per
parlare di metamorfosi - nel suo itinerario vitale pu pati-
re molte vicissitudini: pu crescere, ammalarsi, subire am-
putazioni... per tutti questi cambiamenti sono di minore
importanza rispetto a quel processo che conosciuto come
metamorfosi, per il quale finisce per trasformarsi in una far-
falla; sempre lo stesso essere vivente, ma in un certo sen-
so un altro essere: ha subito una ristrutturazione integra-
le, una riconversione biologica totale, una riconfigurazione
fin dal pi profondo del proprio essere. Questa immagine
della metamorfosi quella che utilizza Juan Martin Velasco
per esprimere ci che gli scienziati delle religioni pensano
oggi della crisi che le religioni o il religioso in generale sta
sperimentando.
Una religione un sistema di mediazioni, che contiene cre-
denze, pratiche, costellazioni di simboli, norme e com-
port ament i etici, sentimenti, strutture istituzionali, che
adotta una configurazione definita entro popoli o culture
concreti. Le diverse religioni sono configurazioni differen-
ti di questi sistemi di mediazioni fra l'essere umano e il sa-
cro, di cui i popoli si sono dotati nel corso di una storia
ancestrale, come una fioritura spontanea e inevitabile del-
la loro dimensione spirituale.
Ebbene, questi sistemi di mediazioni - e non soltanto le
mediazioni isolate - sono ci che negli ultimi secoli en-
trato in una crisi progressiva. La maggior parte delle me-
diazioni, e il loro insieme o sistema, incontra un rifiuto
crescente in settori sempre pi grandi della popolazione.
Non un probl ema di molte o poche mediazioni, bens dei
sistemi stessi di tali mediazioni, che sembrano essersi esau-
riti nella loro attuale configurazione storica e che sembrano
371
esigere un cambi ament o nell' orientamento del loro signi-
ficato, una trasposizione verso altri orizzonti di senso, una
metamorfosi in seguito alla quale sembrano talvolta na-
scere a una nuova esistenza. Quando questo accade non
cambi ano soltanto alcune mediazioni religiose; cambi a
l' orizzonte stesso nel quale esse si iscrivono, dando origi-
ne a una trasformazione del senso che l' insieme di tutte lo-
ro hanno per il genere umano
9
.
Le nuove religiosit che sembra stiano facendo la loro com-
parsa possiedono un proprio sistema di mediazioni, che
vanno dai modelli ripresi dall' esoterismo, dal teosofismo o
dalla mistica a metodi spirituali tratti da contesti diversi:
esercizi fisici e mentali, tecniche di concentrazione e rilas-
samento, diete alimentari e medicina alternativa. Nelle sue
versioni pi laiche, la nuova religiosit include una preoc-
cupazione etica centrata, molto al di l del dovere, su for-
me basate nell' amore e nella solidariet con l'altro. Ma la
cosa importante non sono i cambi ament i delle mediazioni,
quant o invece la trasformazione del loro significato e della
loro collocazione all' interno del sacro. Infatti simili media-
zioni non sono considerate prescrizioni di un antecedente
intervento divino, estraneo ed esterno al soggetto. Sono
espressioni della necessit di trascendenza che si trova nel
soggetto e che gli permette di realizzarla storicamente, ma-
nifestarla culturalmente, esprimerla socialmente
10
.
Per il resto, soltanto di recente gli scienziati esperti in re-
ligioni st anno giungendo a questa nuova ipotesi interpre-
tativa del fenomeno che le religioni st anno attraversando,
e in nessuna occasione si pensa che vi sia stata una dia-
gnosi certa su un fenomeno epocale che non sappi amo be-
ne in che consista, n quant o possa durare, e che forse
solo all' inizio...
Non la prima volta
La storia delle religioni non altro che un aspetto dell'evo-
luzione pi ampi a delle forme storiche che ha rivestito
9
Ibid.
10
Ibid.
372
l' esperienza vitale della dimensione spirituale dell' essere
umano nel suo incontro con il sacro. Questa stata, sen-
za dubbio, un' evoluzione costante, tuttavia soltanto alcu-
ne delle molte t appe di trasformazione osservate potreb-
bero essere definite come vere e proprie metamorfosi del
religioso nella storia dell'essere umano. Una di esse quel-
la che ha preso il nome, da Karl Jaspers in poi, di tempo
asse o tempo assiale
11
, una fase della storia dell' uma-
nit verso la quale oggi si volge con insistenza lo sguardo.
Che cosa stato il t empo assiale?
Nel mondo della pietas o della teologia cristiana si det-
to abi t ual ment e che Cristo il centro del t empo, che tut-
ta la storia si mossa verso di lui e proviene da lui. Egli
sarebbe l'asse del tempo, che segna un pri ma e un do-
po
12
. Per si tratta di un' affermazione di fede, valida
nell' ambito della fede cristiana e non in quello della scien-
za. La filosofia della storia si preoccupat a di trovare, par-
t endo da ragionamenti empirici, scientificamente validi e
al di l di una fede particolare, quale sarebbe il tempo as-
se, se esiste. Questo asse sarebbe situato in quel punt o
della storia che avrebbe dato origine a t ut t o ci che dopo
di esso la persona umana stata in grado di essere, il pun-
to che avrebbe esercitato l'influsso pi decisivo nel mo-
dellare l' essenza dell' umanit
13
. Jaspers lo situa nel pe-
riodo i nt orno all' anno 500 a. C, nel processo spirituale che
avvenne fra l'800 e il 200 a.C. Qui si trova la linea che di-
vide pi profondament e la storia. L'essere umano, quale lo
conosciamo oggi, giunse ad essere quello che . Possiamo
chiamarlo sinteticamente tempo assiale.
Si tratta di un periodo nel quale si sviluppa, simultanea-
ment e e in modo indipendente, in tre zone del pianeta se-
parat e e senza connessioni reciproche (Occidente, India e
Cina) un processo di mat urazi one spirituale che rappre-
senta un progresso gigantesco nella gestazione del genere
umano quale lo conosciamo oggi. In questa epoca Confu-
11
The Orign and Goal ofHistory, Yale University Press, New Haven,
USA, 1953.
12
Cos hanno detto tutti i grandi pensatori cristiani, da Agostino fi-
no a Hegel.
13
Ibid.,p. 1.
14
Ibid.
373
ci e Laot-se vivono in Cina, dove vengono alla luce un' in-
finit di scuole di filosofia. In India sorgono in questo pe-
riodo gli Upanhishad e Budda e t ut t a la gamma di possi-
bilit filosofiche. In Iran, Zaratustra insegna una visione
del mondo come sfida, lotta fra bene e male. In Palestina
fanno la loro apparizione i profeti: da Elia al Deuteroisaia,
passando per il pri mo Isaia e Geremia. In Grecia appaio-
no Omero, i filosofi (Parmenide, Eraclito e Platone), gli au-
tori delle tragedie, Tucidide e Archimede. Tutto ci che
coinvolge questa serie di nomi avvenne durant e pochi se-
coli, e quasi simultaneamente in Cina, in India e in Occi-
dente, senza che in alcuna di queste regioni si sapesse di
quant o stava accadendo nelle altre.
l' epoca nella quale compare la riflessione. La coscienza
si fa cosciente e il pensiero diventa oggetto di se stesso.
Sorgono i conflitti spirituali, i propositi di convincere gli
altri attraverso la comunicazione di ragionamenti, argo-
mentazioni ed esperienze. In quest' epoca nascono le cate-
gorie fondamentali mediante le quali ancora oggi pensia-
mo, e sono poste le fondamenta delle religioni mondiali,
secondo le quali gli esseri umani ancora vivono.
In questo periodo giunge alla fine l'et dei miti. I filosofi
greci, indiani e cinesi, cos come i profeti, furono decisivi
nella demitizzazione. La razionalit e le esperienze inter-
pretate razionalmente si levarono cont ro l' irrazionalit del
mito (il logos contro il mito). La t rascendenza del Dio uni-
co si innalz al disopra degli inesistenti demoni e contro
la visione mitica degli dei. La religione si fece etica. Il mi-
to si convert in parabola, qualcosa di molto diverso da ci
che era stato originariamente.
Per la pri ma volta fecero la loro comparsa i filosofi. Quel-
lo che in seguito venne chi amat o ragione e personalit fu
rivelato per la pri ma volta durant e il t empo assiale. Que-
sto coincidente mut ament o dell' umanit pu essere pro-
pri ament e denomi nat o spiritualizzazione. Il movimento as-
sume coscienza. L' esistenza umana diventa oggetto di me-
ditazione, come storia
15
.
Questa ipotesi del tempo asse o tempo assiale, che ap-
pena qualche anno fa quasi nessuno prendeva in esame,
5
Ibid., pp. 3-5.
374
oggi ampi ament e assunt a come una categoria di riferi-
ment o obbligata nella storia religiosa dell' umanit
16
.
La metamorfosi della religione nel tempo assiale
Riferendoci alle religioni nel concreto, in questo t empo
che si originano le grandi religioni che ancora oggi sussi-
stono. Il tempo-asse segna uno spartiacque per le religio-
ni
17
, quando avviene il passaggio dalle religioni preassiali
a quelle postassiali.
Le preassiali sono religioni cosmiche, fuse con la nat ura e
la razza. Sono le religioni dell' etnia, della trib o anche del
clan. Il loro obiettivo conservatore: preservare l' ordine,
incrementare l' unit della trib nel quadro di una visione
comune e pret endere fedelt dai suoi membri , mant enere
l' armonia t ra uomo e nat ura di fonte alla minaccia del caos,
richiamare la bont degli dei sulla trib, garantire il buon
ordine delle stagioni e allontanare i disastri e l'ira degli dei.
Sostanzialmente pret endono di conservare la vita, non di
trasformarla.
Le religioni che sorgono in questo t empo assiale sono re-
ligioni di salvezza o liberazione, con st rut t ura chi aramen-
te soteriologica. Tutte le religioni postassiali riconoscono
che l' esistenza umana ordinaria imperfetta, limitata, in-
soddisfacente. Ogni religione i mput a questa insoddisfazio-
ne a una cadut a primordiale, a una tendenza verso il ma-
le o il peccato o a qualche altra concezione particolare, e
non accetta questo limite dell' esistenza umana presente, e
la pone in contrasto con qualcosa di molto diverso che si
trova nel futuro: il regno di Dio nell' ebraismo, la salvezza
eterna ot t enut a medi ant e la redenzione nel cristianesimo,
16
Del periodo assiale parlarono per primi - secondo quanto afferma
Jaspers-Lasaulx (1856) e Viktor von Strauss (1870). In epoca moder-
na il tema stato discusso da A.C. Bouquet (1941), G.F. Moore(1948);
E. Voegelin (1954), L. Mumford (1957), J.B. Cobb (1968), G. Fohrer
(1972), B.I. Schwartz (1975), S.N. Eisenstadt (1982) e John Hick
(1989), tra gli altri.
17
HICK, John, An Interpretation ofReligion. Human Responses to the
Transcendent, Yale University, New Haven 1989, p. 22, che su questo
punto seguo da vicino.
375
il paradiso dei musul mani , ecc. Ogni fede postassiale
orientata soteriologicamente
18
.
Nella religione preassiale il soggetto non esiste come per-
sona individuale, con una propri a dignit e capacit di vi-
vere una relazione personale con la divinit. Nella religio-
ne postassiale il valore dell' individuo non si radica pi nel-
la sua identificazione col gruppo, ma prende forma un' aper-
t ura personale alla trascendenza. L'essere umano diventa
un essere personal ment e capace di salvezza.
Nelle religioni preassiali non si manifesta la speranza di
un' esistenza radicalmente nuova, diversa e migliore, sia in
questo mondo sia in una vita di l da venire. Il Grande Dio
Creatore, ma non salvatore o liberatore. Il sistema reli-
gioso preassiale cerca di conservare l' equilibrio fra il bene
e il male e prevenire ogni possibile minaccia, ma non pren-
de in considerazione la trasformazione della condizione
umana. In esso non esiste il senso di una realt superiore
in rapport o alla quale sia possibile un futuro illimitata-
ment e migliore. Le religioni postassiali, al contrario, sono
sempre liberatrici, port ano salvezza, trasformano.
Cos il tempo assiale un periodo di significato unico. Pur
con diverse sfumature, possiamo dire che in questo perio-
do tutte le grandi opzioni religiose, che costituiscono le vie
principali per concepire la realt ultima, furono identifica-
te e stabilite definitivamente, e da allora nella vita religiosa
dell' umanit non avvenuto pi nulla di paragonabile
19
.
Evidentemente non stiamo parl ando di un fenomeno che
avviene punt ual ment e in un dat o moment o, ma di un pro-
cesso su larga scala che si condensat o in un arco di tem-
po di diversi secoli, con i suoi sintomi premonitori, ritar-
di e vortici di contraddizioni. Tuttavia la visione d' insieme
quella che stiamo present ando.
Ci troviamo in un nuovo tempo assiale?
Questa la grande domanda che possi amo porci, che da
qualche t empo si fanno molti studiosi della religione. Non
18
Ibd., p. 33.
19
Ibid.,
V
- 31.
376
sar che la crisi epocale che la religione sta vivendo in Oc-
cidente si nt omo di un' esperienza storica simile a quella
che fu il mut ament o, o metamorfosi, cui fu sottoposta la
religione nel cosiddetto t empo assiale? Con forza sempre
maggiore si fa st rada fra gli studiosi della religione e i teo-
logi e le teologhe l'ipotesi che st i amo ent rando in un nuo-
vo t empo assiale, dal quale la religione uscir t ant o tra-
sformata da risultare forse poco riconoscibile. Forse per
questo che molti considerano che la religione tradizionale
stia scomparendo, ment re tutti const at ano che, in ogni ca-
so, le istituzioni religiose storiche, nel loro adat t ament o ai
t empi attuali e futuri, affrontano difficolt che sembrano
insuperabili. La figura storica tradizionale delle religio-
ni sembrerebbe essere logorata in modo irrecuperabile
20
.
Ma d' altra parte, in mezzo alla crisi della religione alla qua-
le ci riferiamo, esiste tutta un' effervescenza religiosa che
potrebbe essere la manifestazione, l'inizio o l' approfondi-
ment o di questo nuovo t empo assiale
21
.
Juan Martin Vel asco sostiene
22
che il t empo asse un
moment o prototipico di metamorfosi del sacro. [...] Il mu-
t ament o religioso prodot t o dal t empo asse illustra ci che
significa per noi "metamorfosi del sacro"; e l'ipotesi che
avanziamo per interpretare i cambi ament i religiosi ai qua-
li stiamo assistendo consiste nell' attribuire alle trasforma-
zioni che si st anno at t uando nella religione a partire dalla
moderni t e che hanno il loro culmine, nelle societ occi-
dentali, nella seconda met del XX secolo, una port at a si-
mile a quella del t empo assiale, destinata, per il futuro del
cristianesimo e dell' umanit, ad avere ripercussioni para-
gonabili a quelle che esso ha scatenato.
20
Gi diversi decenni fa Michel De Certeaux si chiedeva: Pu esse-
re che le forme presenti del cristianesimo non annuncino la sua scom-
parsa, ma la fine di una delle sue forme e il principio di un'altra?
Cf. Le chrstianisme eclat, Paris, Seuil 1974, citato da Luneau, R.,
Nem todos os caminhos levam a Roma, Vozes, Petrpolis 1999, p. 25.
21
Sono molti gli autori che si dimostrano inclini a interpretare la cri-
si attuale come nuovo tempo assiale. Raccoglieremo qui la testimo-
nianza di soltanto tre di loro. Cf. anche Panikkar, Raimon, El mun-
danal silencio, Ediciones Martinez Roca, Barcellona 1999, pag. 24;
Ramon M. Nogus, El futuro del cristianismo, in Selecciones de Teo-
logia, 162 (giugno 2002), p. 126.
22
Martin Velasco, J., ibtd.
377
La concisione con la quale questo aut ore - uno dei pi no-
ti studiosi di fenomenologia della religione nell' ambiente
di lingua spagnola - si esprime non deve farci perdere di
vista le t remende implicazioni in gioco. Se le trasforma-
zioni che si st anno attualmente operando nella religione
sono in qualche modo paragonabili a quelle che il t empo
assiale ha implicato nella loro rilevanza e profondit, al-
lora pot r emmo dire che tutte le nostre argomentazioni (an-
che quelle che abbi amo avanzato lungo questo corso di teo-
logia delle religioni) devono essere poste in un certo qual
modo fra parentesi, perch sarebbero come castelli di car-
te su un t erreno sismico. Le nostre categorie classiche, i
nostri presupposti, la cosmovisione, le mediazioni costi-
tuite a nost ro avviso dal complesso dei sistemi religiosi e
l'orizzonte stesso nel quale si inscrivono queste media-
zioni... sono in fase di cambi ament o, mutazione, meta-
morfosi... Quindi si i mpone una ulteriore cautela, un' estre-
ma prudenza, un' umi l t contemplativa... pi che un at-
teggiamento dogmatico arrogante di chi pretende essere il
conquistatore della verit.
In questo moment o epocale di vortice o di voragine che,
al rallentatore ma senza interruzioni, starebbe trasfor-
mando l' esperienza e il pensiero religioso in questo nuovo
tempo assiale nel quale st aremmo ent rando, che dire del-
le nostre argomentazioni a favore dell' esclusivismo oppu-
re deH'inclusivismo? La consapevolezza di trovarsi in un
nuovo t empo assiale non sarebbe forse il migliore argo-
ment o per un pluralismo, non solamente a favore delle co-
siddette religioni mondiali (postassiali), quant o piutto-
sto a favore del riconoscimento della validit fondamenta-
le di ogni umano comport ament o religioso onesto e sin-
ceramente alla ricerca della verit? In ogni caso si ren-
derebbe evidente la ristrettezza di vedute di chi, trincera-
to nella propria tradizione religiosa, vorrebbe pontificare
su soluzioni e dogmi di port at a universale.
Carlos Palacio sostiene
23
che vi una sorprendente ras-
23
Palacio, Carlos, Novos paradigmas ou firn de urna era teolgica?, in
Teologia aberta ao futuro, Soter, So Paulo 1997, pp. 77-98. Anche (in
portoghese e spagnolo) in ID., ^Nuevos paradigmas o fin de una era
teolgica? servicioskoinonia.org/relat/227.htm
378
somiglianza fra i tratti caratteristici di quella fantastica
mut azi one epocale e ci che sembra costituisca il cardine
dell' attuale crisi, crisi di senso, che colpisce non solamen-
te l' individuo ma anche la societ nella sua interezza. An-
che oggi in gioco il modo stesso di intendere l' esistenza
umana, personale e sociale. L'essere umano moderno non
sa pi come porsi rispetto al cosmo e alla trascendenza
24
.
Un pri mo tentativo d' interpretare la crisi della religione nel
mondo occidentale moderno fu realizzato dalla teologia
della secolarizzazione, e risult essere molto ottimista. A
un pri mo sguardo non sembrava essere nulla pi della ri-
vendicazione della giusta aut onomi a delle realt terrene.
Tuttavia l'evoluzione vertiginosa delle societ nei due ulti-
mi decenni, come pure il ritorno del sacro e una confu-
sa religiosit selvaggia misero in evidenza l'insufficien-
za della spiegazione. Una seconda interpretazione stata
questa: staremmo ent rando in una nuova fase della sto-
ria religiosa dell' umanit. Le grandi religioni, soprat t ut t o
nelle loro forme tradizionali e istituzionali, cederebbero
spazio ad altre forme religiose pi adeguate alla cultura
della moderni t . Trasformazione del sacro ma non scom-
parsa della religione, e ancor meno negazione della tra-
scendenza
25
.
Se l'ipotesi di un nuovo t empo assiale fosse verificata, ci
ispirerebbe un sentimento o coscienza d ot t i mi smo e di
speranza nel sapere che la crisi, nonostante i suoi appa-
renti segni contradditori, non cessa di essere una crisi di
crescita, un salto qualitativo in avanti. Ci farebbe rispet-
t are - senza condividerlo - il nervosismo e il pessi mi smo
di coloro - soprattutto nelle organizzazioni religiose isti-
tuzionali - che vedono soltanto il deterioramento e la ca-
duta della religione o lo smarri ment o di un mondo che non
riconosce la verit assoluta della quale la loro t radi zi one
depositaria esclusiva.
I cambi ament i radicali che hanno luogo in t ut t o il mon-
do ci st anno spingendo con forza a entrare in ci che si
potrebbe definire il "secondo t empo assiale". Come gi il
primo, questo secondo sta fondando una cultura di port a-
24
Ibid.,p. 82.
25
Ibid.,p. 88.
379
ta universale, dice Wayne Teasdale
26
, monaco cristiano,
qualificato membr o del Parl ament o delle Religioni del
mondo.
Secondo Teasdale nella seconda met del secolo XX si so-
no verificati eventi che eserciteranno il loro impatto sulla vi-
ta e la cultura per secoli e che avranno effetti su questo nuo-
vo periodo assiale. Per Teasdale il Concilio Vaticano II uno
di questi, e la celebrazione del Parlamento delle Religioni
nel 1993 un evento che, pur non avendo un significato co-
s radicale, sar pur sempre un catalizzatore verso una nuo-
va era. Si sta formando una nuova comunit sacra a livello
mondiale, fatto che esige che noi coltiviamo le capacit ne-
cessarie, come quella del dialogo, una vita economicamen-
te e socialmente sostenibile, capacit di risoluzione dei con-
flitti, un' etica mondiale, una spiritualit universale, volont
di condividere, mut ua apertura, fiducia, rispetto e capacit
di ascoltare nel profondo gli altri, noi stessi e la Terra tut-
ta. Il secondo periodo assiale comporta anche il cambia-
ment o di una cultura esclusivamente antropocentrica in
un' altra, geocentrica e cosmocentrica.
Questa radicale e i mport ant i ssi ma evoluzione (o meta-
morfosi) verso una civilt riconciliata con la Terra richie-
de la partecipazione attiva delle religioni. Infatti cos co-
me non vi sar pace nel mondo ment re non c' fra le reli-
gioni, non giungeremo a una nuova visione della vita, del-
la cultura e delle relazioni della famiglia umana con la na-
tura, se le religioni non dar anno il loro appoggio e non as-
sumeranno coscienza di questa sua critica necessit
27
.
Come gi il primo, anche questo secondo t empo assiale
non riguarder soltanto l' ambito religioso, ma l' intera uma-
nit nel pi profondo della sua consapevolezza e delle sue
relazioni integrali, sia fra gli uomi ni sia con la nat ura, la
Terra e il Cosmo. Alla luce di queste macrodi mensi oni , la
problematica di un nuovo rapport o di tolleranza e com-
prensione fra le religioni - questo in definitiva ci che si-
gnifica adottare una posizione pluralista in materia di
26
Sacred Community at the Dawn of the Second Axial Age, in Bever-
sluis, Joel (ed.), Sourcebook of the World's Religions, New World Li-
brary, California 2000, p. 239.
21
Ibid.,p. 240.
380
teologia delle religioni - ci si presenta come un' evidenza
che si deduce da se stessa alla luce della trasformazione in
corso. Solamente coloro che persistono nel restare rinser-
rati nel loro piccolo mondo, prigionieri delle categorie
uni che della loro sola tradizione religiosa, possono oggi pe-
rorare posizioni esclusiviste o inclusiviste. Quando apria-
mo gli occhi sulla realt senza limiti che ci travalica, ci ren-
di amo conto che al margi ne delle nostre resistenze o in-
comprensioni, si amo di fatto tutti assorbiti in un vortice
evolutivo ascendente che, al suo t ermi ne ci collocher in
un mondo nuovo, dove la pluralit e il pluralismo saran-
no la st rut t ura stessa dell' essere. Di fronte a questa espe-
rienza le piccole argoment azi oni teoriche contrarie ap-
pai ono come miraggi evitabili.
E prima? Recuperiamo la storia spirituale dell'uomo
La nostra specie umana ha calcato questa terra per circa
quat t ro milioni e mezzo di anni
28
, due milioni dei quali co-
me creat ura eretta su due piedi
29
. Trecentomila anni or so-
no scopri mmo il fuoco
30
, il che fu senza dubbi o un mo-
ment o di significato molto grande per la dinamizzazione
della nost ra coscienza spirituale. Gli antropologi e gli ar-
cheologi ci i nformano che da 70.000 anni stiamo dimo-
st rando un comport ament o e alcuni valori net t ament e spi-
rituali, bench vi siano vestigia di pratiche religiose gi a
partire dall' ultimo mezzo milione di anni
31
.
28
Riporto qui i dati presentati da Diarmuid O'Murchu in Reclaiming
Spirituality. A new spiritual framework for today's world, Crossroad,
New York 1997, p. 31. I dati variano continuamente, riportandosi a
date ogni volta pi antiche: il 10 luglio 2002 i grandi media diffon-
dono la notizia che in Chad stato scoperto un cranio di 7 milioni
di anni, quello dell'ominide pi antico che si conosca...
29
il tempo attribuito comunemente all'homo erectus.
30
Le date sono tuttora poco certe: alcuni fanno risalire la scoperta
del fuoco all'anno 600.000; Swimme & Berry la retrodatano fino a
circa un milione e mezzo di anni...
31
Gli archeologi informano che uno dei loro principali criteri per
l'identificazione di ritrovamenti indubbiamente umani la scoperta
di simboli religiosi nelle tombe. Hick, J., God has many names, The
Westminster Press, London 1982, p. 24.
381
Antropologi come Joaqui m Wach, Bronislaw Malinowski,
Joseph Cambell e Mircea Eliade... non svolgono le loro ri-
cerche sulla nat ura della spiritualit umana nel mondo del-
le credenze religiose, bens esplorano i resti della tradizio-
ne pi antica, che ritengono si conservi t ut t ora nei rituali
e usi dei secoli e dei decenni recenti
32
.
In se stessa la creazione essenzialmente spirituale e lo
stata sin dalle sue origini, con la forza divina co-creatrice
che si dispiega in modi molteplici. Gli uomini, dai pri mi
moment i della loro evoluzione, sono entrati in un rappor-
to di impegno con questo universo spirituale, cos com' era-
no. Noi umani abbi amo pregato e ci siamo dedicati al cul-
to in forma consapevole ed elaborata per al meno 70.000
anni, molto pri ma che si fosse sentito parlare di religioni
formali. Durante la maggior parte dell'era paleolitica (fra
40.000 e 10.000 anni a.C.) siamo stati impegnati in una for-
ma sofisticata e altamente creativa di evoluzione spiritua-
le incentrata sulla Grande Dea Madre
33
.
Quanto pi gli specialisti approfondiscono la (pre)istoria
della nostra umani t , ci che trovano non analfabetismo,
incultura, cannibalismo selvaggio (come ci ha fatto sup-
porre la proiezione non integrata della nostra propri a om-
bra)... ma una creatura spiritualmente e socialmente inte-
grata col mondo del suo t empo in evoluzione
34
. Il nucleo di
questa cultura spirituale stata la capacit di crescere e svi-
lupparsi in armoni a con l'evoluzione della natura, in una
comunit tellurica e cosmica di interrelazione e interdi-
pendenza fra essere umano e natura. Durante la maggior
parte del nostro tempo vissuto sulla terra, la nostra specie
stata di genti del pianeta piuttosto che di genti apparte-
nenti a una nazione. Abbiamo vissuto in unione intima col
pianeta Terra come nostro focolare cosmico, e sempre pi
emerge l'evidenza che ci siamo sentiti molto di casa sul
pianeta. La spiritualit anti-mondo e anti-natura dei mil-
lenni recenti stata ignota per la maggior parte della no-
stra storia evolutiva
35
. Per decine di millenni siamo vissuti
in armoni a con la Terra, formando con essa un' unica realt
32
O'Murchu, Ibid., p. 36.
33
Ibid., p. 53.
34
Ibid., p. 67.
35
Ibid., p. 58
382
inseparabile. La Terra era percepita da quegli esseri uma-
ni primitivi come un focolare, una casa cosmica alla
quale tutti appartenevano e che nessun sottogruppo pre-
tendeva di controllare o domi nare in esclusiva. Gli umani
non avvertirono l' urgenza di domi nare il mondo. La Terra
fu intesa come un organismo vivente, come l' incarnazione
della Grande Dea Madre, che alimentava e sostentava le sue
creature con prodigiosa fertilit e inesauribile abbondanza;
sarebbe stato inconcepibile che qualcuno avesse voluto ri-
voltarsi contro il seno che lo alimentava.
Forse il lato pi appariscente di t ut t o questo sarebbe l'ar-
te altamente elaborata e la creativit spirituale incentrate
nella grande dea della Madre Terra, che stata al centro
della coscienza umana come una consapevolezza univer-
sale per circa 35.000 anni (dal 40.000 al 5.000 a. C). A que-
sto proposito la maggior parte delle prove provengono dal-
l'arte
36
dell' epoca glaciale, il cui inizio si soliti porre in-
t orno al 25.000 a.C. e il cui declino all'avvio della Rivolu-
zione Agricola (intorno all' 8.000 a. C). Vi sono abbondan-
ti prove che confermano l' adorazione della dea nei primi
t empi del Paleolitico (fra il 40.000 e il 10.000 a. C). Il si-
gnificato religioso-spirituale di questo culto, anche se per
lungo t empo oggetto di dibattiti, oggi comunement e ac-
cettato. La maggioranza degli specialisti odierni manife-
stano un atteggiamento ricettivo e aperto, e riconosce ta-
citamente o esplicitamente la sua complessit e profondit.
Uno degli specialisti pi noti, Leroi-Gourhan, segnala che
un maggior apprezzament o della mitologia antica es-
senziale per un' interpretazione adeguata, che potrebbe
quindi dar luogo a qualcosa di affine a una sintesi cosmo-
logica nel mettere in luce un sent i ment o olistico, intuitivo
e spirituale, altamente sviluppato in quei popoli
37
. Molti
dei valori, che oggi i gruppi pi inquieti e profeticamente
all' avanguardia cercano di riscattare, i ncarnano i valori ar-
chetipici che l' umanit ha vissuto in dimensioni pi o me-
no esplicite in quei tempi ancestrali, durant e i quali la di-
vinit oggetto di culto stata femminile
38
.
36
Questa arte nota da appena 150 anni; Lascaux (Francia) il sito
con i reperti pi famosi.
37
O'Murchu, D., Rehacer la vida religiosa, p. 81.
38
O'Murchu sviluppa approfonditamente questi valori, ibid.
383
Nella maggior parte degli ambienti cristiani, riferirsi alla
divinit femminile adorata dall' umanit durant e tanti mil-
lenni suona come un ritorno al paganesimo e a supersti-
zioni primitive del mondo precivilizzato... Questo frutto
della mancanza d' informazione o di atteggiamenti reazio-
nari. Perfino i cristiani che cercano di essere aperti a que-
ste prospettive hanno un orizzonte limitato t ant o spiritual-
mente quant o intellettualmente, perch n nella loro edu-
cazione primaria n nella loro formazione universitaria si
tenuto conto di questa prospettiva
39
. A tutt' oggi la nostra
cultura religiosa e spirituale fortemente mascolina.
Domanda: perch la teologia e la spiritualit non parl ano
per nulla di questo n si riferiscono ad alcuna di queste
realt? Perch la nost ra letteratura sacra (biblica o teolo-
gica) ignora art at ament e tutte queste dimensioni della no-
stra lunga e travagliata storia? Perch molti libri di spiri-
tualit cristiana si riferiscono soltanto alle nostre espe-
rienze ecclesiastiche cristiane come se Dio non, fosse esi-
stito pri ma del cristianesimo od oltre il piccolo mondo bi-
blico giudaico-cristiano? Ri prenderemo questa domanda
in seguito, per ora la formuliamo soltanto.
Comunque, non st aremo forse idealizzando il passato, un
passato t ant o remot o quant o sommerso nella foschia del-
la lontananza? Certamente difficile parlare di quel pas-
sato ed esprimere ci che molti studi recenti iniziano a
mettere in evidenza e cercano di divulgare. Invitiamo il let-
tore ad aprirsi a questi temi, non soltanto finora general-
ment e sconosciuti, ma tuttora capaci di suscitare in quasi
tutti noi una reazione di diffidenza, per via della novit che
racchi udono e per i pregiudizi con i quali siamo stati edu-
cati senza esserne consapevoli. Tuttavia in ogni caso, per
maggiore obiettivit, conviene sottolineare che non t ut t o
in quel passat o fu cos positivo.
Effettivamente verso l' anno 8.000 a.C. - per t ant o solamente
10.000 anni fa, poco t empo fa relativamente - nella sto-
ria dei nostri avi avviene un i mport ant e cambi ament o con
l'inizio della Rivoluzione Agricola, che avvia un' epoca che
durer fino al 1600 d. C, quando inizier la Rivoluzione In-
39
Ibid., p. 79.
384
dustriale. L'era paleolitica sembra aver conservato buone
condizioni climatiche, che produssero grande vegetazione
e abbondanza alimentare. La consapevolezza spirituale, in-
centrata sulla Grande Madre Terra prodigiosamente ferti-
le, port l' umanit a scoprire la possibilit di ottenere ri-
sorse per la propria sussistenza pi convenienti della rac-
colta, medi ant e l' agricoltura. Una suddivisione elementare
del lavoro port a una certa ripartizione della terra, cosa
che suscit sentimenti di possesso e di emulazione. Inizi
la rivalit fra trib e la terra divent la mi sura di status so-
ciale e di potere. Nacque il prototipo della Citt-Stato, con-
cetto e realt sociale di sfruttamento fino ad allora asso-
l ut ament e ignoto alla storia dell' umanit.
Comincia il periodo oscuro nel quale si rompe l' unione tra
l' essere umano e la nat ura, poich ent ra in crisi t ut t a quel-
la costellazione di valori articolati intorno alla figura fem-
minile della Grande Dea Madre Terra, ment re prende av-
vio la volont di potere, di dominio, di sfruttamento della
t erra stessa e degli esseri umani fratelli.
Invenzione del Patriarcato
Da questo periodo in avanti la convivenza - o coesistenza
- si basa su valori di controllo e conquista, i supremi va-
lori maschili che al moment o non sono ancora superati. E
per convalidare questa etica discutibile, il pat ri arca ma-
schio inventa la religione, proi et t ando l' immagine di un su-
pr emo Dio maschile che ben si combi na col maschi o su-
pr emo conquistatore della Terra. Potrebbe essere pi insi-
diosa o spuria la nascita delle religioni formali? Il subco-
sciente - se pure non fu cosciente - tent di conquistare
perfino lo stesso potere divino! La religione la rivelazio-
ne gratuita di un Dio d' amore oppure l' arma definitiva
della domi nazi one patriarcale?
40
.
Le riflessioni di O' Murchu che sto delineando sono ardite
fino ad appari re irriverenti, tuttavia espri mono in modo
plastico il meglio delle riflessioni antropologiche attuali di
critica alla religione, che noi, part endo dalla ermeneuti-
40
Ibid. p. 72.
385
ca del sospetto con la quale simpatizziamo, non possia-
mo fare a meno di impostare, anche se sol ament e sotto for-
ma di domande.
In effetti, come abbi amo detto ed risaputo, la maggior
parte della nostra storia stata domi nat a da un influsso
del polo femminile come articolazione delle esperienze di
unione e scambio fra l'essere umano e la nat ura, e la Gran-
de Dea Madre stata colei che ha retto questa armoni a co-
smica t ant o a lungo mant enut a. Soltanto alla fine della sto-
ria (solamente negli ultimi 10.000 anni!) scomparsa que-
sta prevalenza femminile e nella societ umana si inse-
diato il pat ri arcat o come costruzione sociale.
Costruzione sociale e religiosa
Con l'arrivo della rivoluzione agricola l' umanit ha inizia-
to a concepire Dio - a propria i mmagi ne e somiglianza
- come il Supremo Padre Patriarca, modellato secondo le
necessit e la visione patriarcale e sfruttatrice della societ
agricola. L'essere umano cominci a voler essere come Dio.
Si era inventata un' ideologia religiosa che permetteva di
domi nare gli altri - come si supponeva che Dio stesso fa-
cesse -: cos si chiudeva il circolo vizioso che ripiegava l'es-
sere umano su se stesso coinvolgendovi anche Dio.
In pratica t ut t o questo si materializz pi i nt ensament e
con i movimenti migratori delle bande nomadi che si re-
gistrano a partire dal 4.500 a. C, dai Kurgan dell' Europa
orientale agli Arian in India o agli Achei in Grecia, e non
molto dopo agli Ebrei nella t erra di Canaan (Palestina), di
cui la stessa Bibbia conserva le testimonianze documenta-
li. Guidati da guerrieri e da potenti sacerdoti, questi inva-
sori vogliono conquistare e domi nare in nome di un Dio
maschio conquistatore che cercano di rappresent are e ser-
vire. L' immagine di un capo conquistatore a cavallo di-
venter il segno adot t at o sia dalla religione che dalla poli-
tica per molti secoli a venire.
La comparsa delle religioni formali
Fu soltanto verso la fine di questa epoca di rivoluzione
agraria che apparvero le religioni in senso formale, quelle
386
che oggi conosci amo come religioni mondiali. L' induismo,
le cui origini si possono far risalire fino alla met del ter-
zo millennio a. C, considerata la pi antica delle religio-
ni formali, con circa 4.500 anni d'et. Prima di allora il cul-
to e i sistemi di valori religiosi erano stati adottati dall' uma-
nit in modo estensivo, ma religioni formali, cos come og-
gi le conosciamo, non esistevano.
Abbiamo gi fatto riferimento al t empo assiale come il con-
testo nel quale esse prendono forma, e quindi non lo ripe-
t eremo. Diciamo semplicemente che queste religioni sono
caratterizzate da un' identit molto forte, fondata sullo stes-
so concetto di Dio che esse gestiscono. A quel t empo l' uma-
nit gi arrivata alla scoperta della scrittura, che servir
come solida base per la formalizzazione del pat ri moni o
simbolico di queste religioni. Tutte usano testi
41
delle ri-
spettive Scritture per giustificare e rendere sacra la pro-
pria visione. Si suppone e si convinti che i testi siano sta-
ti ispirati da Dio e cont engano le sue reali parole, come
Dio le ha pronunci at e. Il probl ema della formalizzazione
delle religioni che sono costruite sulla supposizione che
Dio parli come noi parl i amo, ragioni come ragi oni amo noi
e altrettanto come noi agisca, in modo che possi amo ri-
durlo a un sistema per noi comprensibile e controllabile.
Non deve sorprendere che, durant e secoli e millenni, ab-
bi amo invocato Dio per giustificare cose come la schiavit,
la sottomissione della donna
42
, l' apartheid, la conquista di
terre altrui, lo sfruttamento della persona umana, le guer-
re di aggressione, eccetera
43
.
Istituzionalizzate, con una gerarchia che controlla, depo-
sitarie della parola di Dio, padrone dell' ortodossia... per
quant o cerchino di identificarsi col divino, le religioni non
possono evitare la propri a cupidigia umana, i propri inte-
ressi istituzionali e il loro inevitabile lato oscuro, fatto di
paura, fuga dai problemi della realt, moralismo, domi-
41
Per alcuni casi nelle prime fasi si tratta di testi orali.
42
L'avvento delle religioni formali, sommandosi a quello del pa-
triarcato, in generale stato molto negativo per la donna. Da tutte
le grandi religioni la donna esce molto malconcia. Attualmente la re-
ligione nella quale la donna ha maggiori difficolt ad essere accetta-
ta sembrerebbe essere l'islam.
43
O'Murchu, ibid., p. 76 che riporto molto fedelmente.
387
nazione, servizio ideologico a favore del sistema di op-
pressione e idolatria. Nel corso della storia le vittime del-
le religioni non sono state poche, tuttavia la maggior par-
te di esse sono state costrette a sottomettersi al loro pote-
re assoluto. Soltanto nell' epoca della modernit, quando la
societ ha raggiunto l'et adulta, con la ribellione delle vit-
time e la presa di coscienza dei problemi della religione,
resi acuti dal secondo t empo assiale in corso, le religio-
ni sono entrate nella situazione di crisi di cui si detto,
che at t ual ment e sembra essere insuperabile.
E con questo abbi amo chiuso il cerchio, ri t ornando nuo-
vamente alla situazione delle religioni formali, dopo aver
dat o una scorsa a quell' orizzonte grande della (pre)istoria
umana, alla quale noi mai ci affacciamo... Adesso chia-
ro l'obiettivo di questo capitolo?
Religioni e spiritualit
In pri mo luogo dobbi amo riprendere la distinzione che ab-
bi amo fatto addietro fra religione e spiritualit. La spiri-
tualit precedente, pi ampi a e pi fondamentale delle
religioni. Precedente, quindi, come abbi amo detto: le reli-
gioni sono nate ieri, ment re la spiritualit ha accompa-
gnato l'essere umano da sempre. Pi ampia, perch la re-
ligione soltanto una forma della spiritualit, una forma
che si esprime in un dat o periodo della storia e come ri-
sposta ad alcune determinate necessit dello stadio del pro-
cesso evolutivo dell' umanit. Pi fondamentale: infatti le
religioni sono un sistema di mediazioni, ment re la spi-
ritualit la dimensione umana stessa che pu assumere
espressione o divenire alveo di queste mediazioni.
Dopo t ut t o quant o si detto possi amo trarre una conclu-
sione: l' ambito delle religioni un ambi t o molto limitato.
Non , come ci sembrava, l' ambito della realt pi profon-
da e ampia, quando confondevamo la religione col mon-
do dello spirito, la mappa con il territorio
44
.
44
Alludiamo al poster con la frase di Knitter: Le religioni sono map-
pe, non sono il territorio. Cf. http://servicioskoinonia.org/posters
388
Applicando pi a fondo questi concetti al nost ro t ema di-
ci amo: la teologia classica delle religioni, la teologia del
pl ural i smo religioso, il dialogo interreligioso... sono qual-
cosa di mol t o i mport ant e, ma anche di mol t o limitato. Si
t rat t a di un mondo piccino, dalla testa ai piedi. Se non
si amo critici, t ut t o pu ri manere fra religioni, in una di-
scussione fra medi azi oni che possono pret endere di con-
fondere se stesse con l' assoluto che ambi scono di media-
re.
Da una prospettiva che comprenda t ut t a la storia della spe-
cie umana, un dialogo fra religioni o, meglio ancora, una
teologia delle religioni copre necessari ament e un picco-
lo t rat t o. Il pluralismo integrale non dovrebbe intendersi
soltanto in riferimento alle religioni (formali, universa-
li), ma come un atteggiamento pluralista di fronte alle ri-
sposte alla trascendenza che l' umanit ha dato durant e i
millenni che hanno precedut o le religioni formali, e da-
vanti alle risposte che in futuro la religione dar ben al di
l delle religioni formali. Oggi una posizione pluralista in-
tegrale ci deve condurre a un dialogo e a un' accettazione
non solamente delle religioni assiali, ma anche di quelle
preassiali e di ci che pot rebbero essere le deuteroassia-
i, ricerche e risposte religiose o spirituali che gli esseri
umani hanno dato, st anno dando oggi e senza dubbi o da-
ranno in futuro con totale creativit.
Con questa visione macrostorica, il quadro di riferimento
della teologia delle religioni si ingrandisce; ormai non ci
pu bastare una risposta dat a sulla base di categorie teo-
logiche prese dalle religioni, all' interno delle loro ipotesi e
dei loro limiti; da questa visione pi vasta sorgono in noi
domande pi ampi e, ment re nello stesso t empo altre do-
mande precedenti risultano essere oziose o, semplicemen-
te, scompaiono.
Spiritualit versus religione
Possiamo ora riprendere l' altra questione che avevamo la-
sciata in sospeso in precedenza, ovvero perch la teologia
e la spiritualit classiche mant engono il silenzio davanti
t ut t a questa macrostoria e preistoria religiosa dell' uma-
nit? Perch il loro mondo di riferimento ri mane rinser-
389
rat o nel faro ebraico-cristiano, come se Dio fosse anche
Lui rinchiuso in questo piccolo mondo e, al di fuori della
saga da Abramo a Ges, non avessero saput o dire una pa-
rola n agire, come se nella storia dell' umanit non vi fos-
sero altri riferimenti spirituali, n categorie teologiche uti-
li, n segni della presenza di Dio?
Rispondiamo cos: quel rinserrarsi in se stessa della nostra
teologia corrisponde semplicemente alla stessa chiusura
della quale tutti abbi amo sofferto dentro il faro autodivi-
nizzato delle religioni. Queste si sono autoelette riserva
privilegiata e unica dell' azione di Dio, come se fossero aval-
late da una sorta di preesistenza eterna che le costituisse
come suprema incarnazione della sapienza, una forma au-
tentica e diretta di rivelazione divina, uni co t rami t e che ci
rende accessibile la rivelazione di Dio, la dimensione es-
senziale di qualsiasi altra forma di vita spirituale o di espe-
rienza della trascendenza.
Questa chi usura in se stesse e questa mancanza di visio-
ne ci che causa le cattive relazioni fra le religioni for-
mali e l'effervescenza spirituale del mondo attuale. L' uma-
nit pi sincera affamata di spiritualit (non di religio-
ne o di religioni) e la cerca in mille modi . Il probl ema pi
triste che molti di coloro che ri cercano la spiritualit
non sono compresi e vengono respinti dai rappresent ant i
ufficiali della religione, che prat i cament e sono incapaci di
comprendere ci che real ment e sta accadendo. In molti
casi, per ci, la religione si t rasforma in vero e propri o
ostacolo alla crescita spirituale delle persone e delle so-
ciet.
Tuttavia, in seguito a questa apert ura di orizzonti che ab-
bi amo cercato di compiere in questa lezione, credi amo che
ci sia possibile apri re anche l' orizzonte della nostra posi-
zione pluralista, perch Dio - la Grande Dea Madre? - ef-
fettivamente non attese per far s che le religioni formali
entrassero in scena, ormai durante l' ultimo atto della sto-
ria. Egli/Ella ha lavorato nel cosmo da sempre, elargendo
co-creativit da migliaia di milioni di anni, e ricevendo da-
gli umani - soprat t ut t o negli ultimi 70.000 anni, da molto
pri ma che le religioni formali facessero la loro comparsa
- una risposta di partecipazione ugual ment e co-creativa.
L'evidenza che al giorno d'oggi st i amo scoprendo met t e
in chiaro che, in t ermi ni comparativi, la risposta dei no-
390
stri predecessori ancestrali stata t ant o autentica nel loro
t empo come lo la nost ra risposta nel nostro
45
.
Dobbi amo quindi realizzare uno spost ament o dal campo
della religione verso il campo della spiritualit. Ci che
real ment e i mport ant e per l' umanit non la religione, ma
la spiritualit. L' atteggiamento pluralista principale che
dobbi amo accettare non volto soltanto alle grandi reli-
gioni, ma verso le grandi e le piccole, cos come verso tut-
te le manifestazioni della risposta umana alla co-creativit
di Dio, che sempre in azione. Contrariamente a quello
che pensano i religionisti, la spiritualit e non la religio-
ne la fonte primordiale della nostra ricerca di significato,
che ci offre anche un cammi no molto pi coerente verso
un' esperienza comprensiva della rivelazione divina. Di con-
seguenza uno dei maggiori compiti profetici per la spiri-
tualit in questa nost ra epoca, come in qualsiasi altra,
quello di confrontare la religione con la sua ombra. La re-
ligione non , n mai stata, la fonte pri mari a della spiri-
tualit. La religione non , n mai ha cercato di essere,
l' unico o il principale mezzo per la rivelazione di Dio al-
l' umanit. La religione un' invenzione molto pi umana
che divina. Sotto l' aspetto storico e antropologico, la reli-
gione cos strettamente vincolata e integrata alla br ama
patriarcale di dividere e conquistare, che al di fuori di que-
sto specifico ambiente non trova quasi ascolto. La religio-
ne appartiene a una percezione esagerata della realt, e
quindi t endi amo ad attribuirle un significato primordiale,
eterno, ment re di fatto si tratta di un fenomeno che non
oltrepassa i 4.500 anni. necessario smont are o al meno
ri durre questa immagine gonfiata della religione, in modo
che ci sia possibile concentrarci sul recupero di ci che
real ment e appartiene al nostro itinerario evolutivo come
specie umana planetaria, ovvero, alla nostra interazione e
relazione con Dio co-creatore, che nel cuore della spiri-
tualit, ma non necessariamente in quello della religione
46
.
45
O'Murchu, ibicj., 78.
46
Ibid.
391
Ges in questo nuovo tempo assiale
Personalmente vorremmo concludere tutti questi sperico-
lati ragi onament i e ipotesi riferendoli di ret t ament e a Ge-
s di Nazareth. Non per cercare una risposta cristiana
(la risposta del cristianesimo), ma per fare nost ra la ri-
sposta che forse Ges darebbe oggi (la risposta di un pos-
sibile gesuanesimo), visto che di amo per scontata una ine-
sistente identit fra Ges e il cristianesimo. Abbiamo as-
sorbito t ant o fortemente i presupposti che il cristianesimo
- come le altre religioni formali - ha elaborato su se stes-
so, nel senso di autoavallarsi part endo dalla figura di Ge-
s, che anche per noi, in generale, le affermazioni che si
fanno sul o dal cristianesimo le consideriamo come fatte
su o da Ges. Dobbi amo per scuotere la nost ra sonno-
lenza e il nostro timore e dire a noi stessi la verit: non
cos. Il significato di Ges va molto oltre quello che sono
la Chiesa e la religione formale
47
.
Si amo soliti dare per scontato che Ges venne a fon-
dare una religione e chi udi amo gli occhi davanti all'indi-
scutibile realt storica che egli non pens mai a una Chie-
sa n a una nuova religione, ma che furono altri - altre
persone, forze sociali e circostanze - che crearono il cri-
stianesimo in suo nome, una religione che, seppure come
tale abbia avuto una sua funzione, ha pagat o l'alto prezzo
di avere camuffato la verit di Ges, la sua utopia pi uni-
versale, sovra-ecclesiastica e perfino sovra-religiosa, ci che
egli chiamava malkuta Yahw, che dev' essere messa in
rapport o con le utopie pi grandi della storia, con gli oriz-
zonti pi vasti che ci parl ano di pienezza di vita persona-
le, interpersonale, planetaria e cosmica...
Per gran parte dell' umanit chiaro che Ges ha fatto emer-
gere un' ispirazione profonda, che va molto al di l della vi-
sione limitata e circoscritta della religione che dice di ri-
ferirsi a lui. Ges si trova da ben altra parte, tra le fila di
tutti gli uomini e le donne della storia che hanno lottato
per quella plenitudine radicale dell' essere umano e del co-
47
Ricordiamo le distinzioni che abbiamo fatto nelle lezioni prece-
denti (10 e 12), fra il Ges di Nazareth storico, che non risulta aves-
se alcun problema col pluralismo, e il Cristo della fede, invece in-
conciliabile con esso.
392
smo che vanno verso l' incontro con se stessi e Dio. Ges
non ha detto di volere una nuova religione, e nemmeno
una religione rinnovata, bens qualcosa - il Regno - che
sta "dentro" ma anche "molto al di l tutte le Religioni".
Questo, che gi sapevamo in principio propri o da Ges,
questo che ri mase come sepolto sotto la costruzione della
religione cristiana che per t ant o t empo seppell anche lo
stesso Ges, si riveste oggi di rinnovata attualit e inte-
resse, davanti alla prospettiva di trovarci in un nuovo tem-
po assiale, nel quale le religioni si approssi mano forse al-
la fine del loro t empo storico e all' orizzonte emerge la pos-
sibilit di una trasformazione epocale, di una metamorfo-
si globale, con cui il messaggio di Ges ci pare che gi fos-
se in una sorta di prestabilita sintonia. Sono il mondo in-
tero, la creazione e l' umanit che invocano una nuova epo-
ca, il superament o dei limiti propri delle religioni, nella ri-
cerca di un macropluralismo sovrareligioso.
Epilogo pedagogico
Tutto questo ampliamento di orizzonti o visione d'in-
sieme ri ent ra nella trasformazione epistemologica genera-
le che avviene nel processo conoscitivo umano e anche
nell' esperienza religiosa. Oggi l' umanit riflette su se stes-
sa, sulla possibilit della propri a conoscenza, sulla nat ura
e i condizionamenti della sua esperienza religiosa, sul ca-
rattere di costruzione umana che ha il propri o senso
dell' esistenza... Tutta questa epistemologia c' introduce in
una conoscenza di secondo grado, che perde la sua in-
nocenza acritica.
Tutto questo pu incutere t i more e generare insicurezza
a pi di un lettore. A non pochi pu sembrare esagerato.
logico che non possano reggere la presenza di simili ipo-
tesi se finora non se l' erano mai prospettate, neppure co-
me dubbi. Non i mport a. Non sono tenuti ad accettarle. Pi
ragionevole sospendere il giudizio, dare a se stessi un
t empo di riflessione critica e permettere a esse di svolgere
il loro lavoro nel subconscio, che diffondano i loro dubbi
e le loro domande e che facciano fermentare la massa del-
le conoscenze che erano considerate del t ut t o stabili. Sen-
za dubbio, con l'evoluzione accelerata delle prospettive epi-
393
stemologiche nel mondo attuale, arriver un t empo nel qua-
le queste ipotesi saranno riprese e appari ranno pi vero-
simili. Lo stesso accade anche a livello sociale: la societ
ha bisogno di t empo per digerire la profonda trasforma-
zione del pensiero che sta avvenendo. C' bisogno di pi
tempo. Forse occorreranno pi generazioni...
Come esseri umani di pendi amo dalla nostra epoca... sol-
tanto alcuni geni sono originali o hanno rivelazioni (rie-
scono a captare ci che probabi l ment e gi a disposizio-
ne di tutti...). Tutti noi altri, per quant o ci sent i amo o cre-
diamo di essere molto originali e indipendenti, ri mani amo
dentro ai condizionamenti e all' evoluzione di t ut t a un' epo-
ca. .. I movimenti storici globali passano sopra di noi e su-
perano i nostri limiti. Per questo buona cosa conoscerli
o per lo meno tentare d' interpretarli.
Resta chiaro che il t ema della teologia delle religioni e il
dialogo interreligioso sono part e di un processo pi vasto
e molto pi profondo di un semplice cambi ament o di pa-
radi gma (nonostante il cambio di paradi gma non sia qual-
cosa di semplice). Ed molto pi di una semplice pro-
gressione teorico-teologica, e pi di una t appa di rinnova-
ment o teologico e religioso come tanti altri.
Tutti i nostri ragi onament i teologici, per quant o adottia-
mo un approccio grave e serio, e siamo dogmat i cament e
sicuri e perfino condanni amo coloro che non credono a
noi, non cessano di essere ragionamenti mol t o localizzati,
inscritti in condizionamenti che ci superano. Sono un gio-
co da ragazzi.
II. Esercizi raccomandati
Fare in gruppo uno studio teorico e un accost ament o
prat i co agli attuali nuovi movi ment i religiosi. Cercare
di st udi are pri ma le loro caratteristiche con l' ausilio di
qual che scritto sul t ema, e poi di avvicinare qual cuno di
questi movi ment i per dialogare. Ricavarne conclusioni e
conseguenze.
Esporre fra varie persone del gruppo, che possano stu-
diarle al meglio, le caratteristiche della religiosit dell' uma-
nit primitiva. Cercare d' identificare gruppi che coltivano
la religiosit ancestrale del Paese in cui viviamo.
394
Leggere qualche libro classico dei migliori storici delle
religioni, come Mircea Eliade.
Discutere l' audace tesi della posizione di Ges al di l
delle religioni. Se effettivamente fossimo in un nuovo tem-
po assiale e stessimo andando verso una nuova configura-
zione religiosa dell' umanit, quale sarebbe l' atteggiamen-
to corretto oggi in t ema di dibattito sulla teologia delle re-
ligioni?
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La larga marcha de la evolucin humana, Temas de hoy, Ma-
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VIGIL JOS MARIA, Crisis de la vida religiosa en Europa, in Christus
746 (gennaio 2005) pp. 39-45, Mexico.
395
Capitolo ventesimo
Spiritualit del pluralismo religioso
Se, come sappiamo, dietro a ogni teologia c' una spiritua-
lit, dev'esserci anche dietro a questo nuovo ramo che la
teologia pluralista delle religioni. Cerchiamo ora semplice-
mente di organizzare ed esporre in termini di spiritualit i
movimenti spirituali che soggiacciono alla teoria e alla pra-
tica del pluralismo religioso. Ci limiteremo ad alcuni elementi
principali di questa nuova spiritualit del pluralismo reli-
gioso. Con questo entriamo nella parte riferita all'agire,
nel tentativo di scoprire lo spirito che sospinge questa nuo-
va pratica...
I. Per sviluppare il tema
Pluralismo religioso, dialogo inter-religioso, teologia plu-
ralista delle religioni... sono ormai temi di moda. Da un
certo t empo a questa part e incalcolabile il numer o di pub-
blicazioni e discussioni che si realizzano at t orno a questi
temi. Non ci si pu pi rendere conto dell' attuale situa-
zione religiosa dell' umanit senza sottolineare questa nuo-
va coscienza che si diffusa rapi dament e in t ut t o il mon-
do. E come dice John Hick, una coscienza molto recen-
te, emersa compl et ament e durante l' attuale generazione
1
.
nat a ieri, ma gi ri empi e il mondo. E t ut t o sembra in-
dicare che sia venut a per restare...
Cos' che produce questi nuovi stati di coscienza che sor-
gono e si diffondono i naspet t at ament e per l' umanit? Si
tratta, senza dubbio, di una nuova esperienza spirituale.
Le grandi correnti teologiche, i grandi movimenti o tra-
1
Nel cristianesimo occidentale questa coscienza pluralista sorta
precisamente all'epoca dell'attuale generazione (God has Many Na-
ntes, Westminster Press, Philadelphia 1980, p. 7).
396
sformazioni culturali non si producono normal ment e in ri-
sposta a un' idea che viene in ment e a qualche pensatore
geniale, ma obbediscono a nuovi vissuti spirituali a cui
l' Umanit - o qualche settore significativo di essa - si ve-
de chiamata. Dietro questi fenomeni c' lo Spirito, che in-
coraggia, conduce, sospinge. E gli spiriti pi desti dell' Uma-
nit avvertono questa presenza del Vento e dispiegano le
loro vele lasciandosi port are...
Oggi stiamo vivendo questa nuova esperienza spirituale.
C' uno spirito nuovo, che ci avvolge, ci sfida, quasi ogni
giorno, con molti gesti, riflessioni, nuove pratiche... Siamo
in un moment o di trasformazione. Storicamente, stiamo
passando dal cristocentrismo al pluralismo. C' paura, c'
resistenza e nello stesso t empo attrattiva e luminosit, e
perfino un' evidenza che si sta i mponendo l ent ament e ma
irresistibilmente... un kairs, un punt o di variazione
i mport ant e, che sta i nt roducendo cambi ament i molto
profondi: una nuova epoca che succeder a 19 secoli di
esclusivismo e solo uno di cristocentrismo...
molto i mport ant e, dunque, stare attenti a questo kairs.
C' da rintracciare lo spirito che lo anima, per discernerlo
e assecondarlo. Ed ci che si propone questo breve testo.
Vuol essere un semplice tentativo di captare e ordinare que-
sto Spirito o Spiritualit del Pluralismo Religioso che
sta crescendo fra di noi. Quali saranno i suoi tratti pi im-
portanti? Descriviamo i principali.
1. Davanti al vecchio pluralismo di fatto,
un pluralismo di diritto
Da sempre, nella vita del semplice credente, le altre reli-
gioni non esistevano: in pri mo luogo perch restavano fuo-
ri dalla port at a della sua percezione, e in secondo luogo
perch, se arrivavano a essere percepite, erano considera-
te come una realt negativa. Dio aveva manifestato agli es-
seri umani la sua volont, la sua offerta di salvezza, addi-
tandoci un cammi no verso di Lui, che era la nostra reli-
gione, ma accadeva che altri popoli avanzassero confusi da
superstizioni religiose che prendevano per loro il posto del-
la vera e unica religione, la nostra.
Questa visione si manifestava, a suo modo, in tutte le re-
397
ligioni. Tutte si consideravano la religione, l'unica, la ve-
ra, davanti alle altre che diventavano le false religioni, crea-
zioni umane, credenze, superstizioni o persino qualche
volta culti diabolici. Il fatto che fossero varie, e persino mol-
te, era quindi un fatto spiacevole, un fatto negativo; era un
pluralismo di fatto, deplorevolmente, ma non era volont
di Dio, non era un pluralismo di diritto.
Orbene, questo ci che cambiato. Un nuovo spirito si
diffonde per l' Umanit. Gli esseri umani hanno ora un' altra
percezione. Percepiscono le religioni con un' altra sensibilit
religiosa. Come per le culture, si pensa che anche le reli-
gioni facciano parte del capitale pi prezioso dell' Umanit.
Costituiscono in un certo modo l'identit dei popoli, per cui
non pu essere un male che ci siano molte religioni.
Oggi non sembra pi accettabile pensare che ci sia una re-
ligione buona e vera e tutte le altre siano cattive e false.
No: tutte le religioni sono vere. Perch Dio ama tutti i
popoli. Dio li ha creati e ciascuno, con la sua identit, la
sua religione, la sua cultura, opera delle sue mani , scin-
tillio irripetibile della sua luce multicolore.
I credenti recepiscono oggi il pluralismo religioso non co-
me un fatto deplorevole, ma come una volont positiva di
Dio. Non gi come un pluralismo semplicemente di fat-
to, come un fatto negativo, ma come un pluralismo volu-
to da Dio, di diritto, di diritto divino.
Questo significa un cambi ament o radicale di atteggia-
ment o di fronte alla pluralit delle religioni: oggi un at-
teggiamento positivo, di deferenza e rispetto, che vede in
esse un' opera di Dio. E significa anche un cambio d'im-
magi ne di Dio stesso: pri ma credevamo in un Dio che ave-
va scelto un popolo e si era disinteressato degli altri...; og-
gi percepiamo l' immagine di un Dio pi universale, meno
particolare, che non si riduce n si lega a un popolo, ma
che in rapport o con t ut t i i popoli.
- Vi pare che i cristiani ringrazino Dio per le altre religioni?
E questo un sentimento comune tra i cristiani?
- Il pluralismo stato pensato dalla chiesa classicamente co-
me qualcosa di provvisorio, che finir col tempo... Cosa s'in-
tende dire con questo?
- Se prima si pensava male del fatto che ci fossero molte re-
398
ligioni e oggi non lo interpretiamo pi come negativo, che
conseguenze operative ne conseguono? Rispetto alla valuta-
zione della nostra religione, rispetto alla valutazione delle al-
tre religioni, rispetto alla missione...
2. Una grande sfiducia verso gli atteggiamenti
di privilegio o di esclusivit
C' la percezione crescente nella coscienza attuale del-
l' Umanit che gli atteggiamenti di esclusivismo religio-
so siano oggi inaccettabili e ingiustificati. Ogni volta di pi,
sempre pi fedeli religiosi moderni , di qualsiasi religione,
avvertono, come per un sesto senso, anche senza sapere
spiegare razi onal ment e il perch, che la propri a religione
non pu essere l'unica vera. Ossia: oggi non si accetta il
vecchio esclusivismo che diceva che fuori dalla nostra re-
ligione non c' salvezza.
Questo cambi ament o significa anche una trasformazione
t ant o dell' immagine che abbi amo della nostra religione,
quant o dell' immagine stessa di Dio. Della nostra religione
non pensi amo che sia l' unica vera, e Dio non lo sentiamo
come nostro, ma di tutti i popoli e di tutte le religioni.
Il rifiuto comune che a met del secolo scorso si ebbe ver-
so l' esclusivismo, oggi si sta estendendo nel campo teolo-
gico anche verso l' inclusivismo. Sempre pi credenti av-
vertono che l' inclusivismo non cessa di essere una forma
di esclusivismo, una forma moderat a e meno prepotente,
ma di esclusivismo alla fin fine. Come diceva Hans Kng
sulla teoria inclusivista di Rahner dei cristiani anonimi,
una mani era molto educat a di conquistare e sottomette-
re l'altro con un abbraccio. L' inclusivismo, che ancora la
posizione ufficiale nel cattolicesimo per esempio, ha i gior-
ni contati davanti all' irruzione di questa spiritualit del plu-
ralismo religioso.
In questo stesso senso, un' altra categoria che comincia ad
essere rifiutata quella della elezione. Si tratta di una
categoria perfino biblica, radi cat a nel Primo (Antico) Te-
st ament o e fatta propri a anche dal Nuovo Testamento.
L'elezione di Abramo, il popolo eletto... Ancora pochi
anni fa il not o biblista Gerhard Lohfink dava una brillan-
399
te giustificazione delle ragioni del perch Dio ha bisogno
di un propri o popolo e dimostrava teologicamente che
questo popolo concreto Israele
2
. Tutta una costella-
zione di cose rilevanti: luogo adatto, moment o propizio e
persone adeguate most ravano la profonda convenienza
dell'elezione d' Israele da part e di Dio, elezione che co-
me un anticipo del mistero dell' incarnazione del figlio di
Dio in questo popolo
3
.
In Torres Queiruga, uno dei teologi che si maggiormen-
te distinto nell' applicarsi al t ema del pluralismo religioso,
ci sembra di osservare una evoluzione significativa: dieci
anni fa tentava ancora di giustificare teologicamente il con-
cetto di elezione; nel suo ultimo testo che conosciamo, pro-
pone l' abbandono semplice e pi ano della categoria di ele-
zione
4
. Ma non sono i teologi che ci most rano l' inadegua-
tezza di questo concetto; piuttosto la nuova spiritualit
emergente del pluralismo religioso quella che ci fa avver-
tire tale inadeguatezza, e i teologi sono coloro che espri-
mono adeguat ament e ci che tutti, in qualche modo, per-
cepiamo nel nostro spirito.
- Anche senza aver studiato teologia, oggi moltissimi cri-
stiani non credono, n accettano qualcosa che stata dot-
trina ufficiale unanimemente creduta nel cristianesimo, che
fuori della chiesa non c' salvezza. Da dove traggono que-
sta convinzione le persone che pensano cos?
- Il credente comune non accetterebbe pi di pensare che la
sua religione l'unica vera. Perch, dal momento che, di-
remmo, qualcosa che lo favorisce?
- La categoria dell'elezione stata centrale nella spiritua-
lit ebraica e cristiana. Eravamo il popolo eletto, il privi-
legiato, di fronte a tutti gli altri... Come descrivere il sospet-
to, il rifiuto dell'uomo e della donna di oggi ad accettare di
essere persone favorite in questo modo di fronte a tutti gli
altri? Che ragioni o esperienze misteriose spingono l'essere
2
iNecesita Dios la Iglesia?, San Pablo, Madrid 1999, p. 48ss.
3
Ibidem, p. 56. Per John HICK l'incarnazione, precisamente, il pun-
to chiave che spiega la coscienza di superiorit del cristianesimo (cf.,
La metfora de Dios encamado, Abya Yala, Quito 2003).
4
El dilogo de las religiones, in Vaticano III, Herder, Barcelona 2001
[soprattutto ora in Dialogo delle religioni e aucomprensione cristiana,
EDB, Bologna 2007, N.d.T.].
400
umano moderno a vivere tutto ci con questa nuova spiri-
tualit?
3. Apertura alla complementarit e alla inter-religiosit
Ci sono ancora legalmente in vigore molte proibizioni ri-
guardo alla partecipazione dei cristiani, per esempio, alle
celebrazioni di altre confessioni cristiane, e molte di pi
ri guardo a religioni non cristiane. Le norme ufficiali della
chiesa cattolica proibiscono ancora di entrare in comu-
nione con culti estranei o di dare ascolto, nei propri, a
libri sacri che non siano la Bibbia. Questo per riguar-
da il mondo dei rapport i istituzionali; il mondo delle reci-
proche influenze religiose molto pi vario e incontrolla-
bile; non possibile recintare l' aperta campagna. Chi -
cristiano o no - seriamente preoccupat o per l' aspetto reli-
gioso e la sua ripercussione sull' Umanit, non ha sentito
qualche volta l' urgenza di arricchire il vissuto della sua tra-
dizione con l' apporto delle altre? E pi ancora, non siamo
molti a speri ment are che il nost ro attuale vissuto gi, di
fatto, mol t o pi ricco di quant o ordi nari ament e si pensi
per il contatto con altre tradizioni? Si pensi, semplice-
ment e, all'influsso crescente della spiritualit orientale sul
nost ro modo di pregare o di accogliere la presenza di Dio
nella vita. Personalmente non ringrazier mai abbast anza
il contatto con il gesuita indio - gesuita ind? - Antony de
Mello. E l' accoglienza delle sue opere - e di t ut t a la lette-
rat ura spirituale simile - most ra che si t rat t a di un feno-
meno che va oltre l' individuale
5
.
Le religioni s' incontrano l' un l' altra non pi solo nei libri
religiosi che at t raversano le frontiere, bens nella strada,
nei mezzi di comuni cazi one, sulle scale dei palazzi, nelle
uni oni mat ri moni al i , nelle migrazioni, da ogni part e. Og-
gi, nella societ attuale, plurale e interreligiosa come non
mai , la religione aut ent i ca implica necessari ament e un
r appor t o con le altre religioni, e per la persona concreta
essere religioso vuol dire essere interreligioso
6
.
5
Torres Queiruga, A., El dilogo de las religiones, Sai Terrae 1992, p. 30.
6
Dupuis, J., Verso una teologia cristiana del Pluralismo Religioso, Que-
riniana, Brescia 1997, pp. 19-20.
401
E tutti avvertiamo che la luce di Dio non si chiude in nes-
suna religione. Qualsiasi religione, per il fatto di essere an-
che umana e culturale, incapace di contenere in s t ut t a
la ricchezza di Dio, pot endo trovare fuori di s, in altre re-
ligioni, altri bagliori della luce di Dio che nella propri a non
ha captato nella stessa forma e con la stessa intensit. Co-
s, da una prospettiva pi specializzata teologicamente, si
pu dire che la dottrina cristiana della Trinit ha bisogno
di un po' dell' insistenza islamica sull' unicit di Do; che il
vuoto impersonale del buddhi smo necessita dell' esperien-
za cristiana del Tu divino, che i contenuti profetico-prati-
ci del giudeocristianesimo si vedrebbero sanament e inte-
grati dall' accentuazione orientale della contemplazione e
della gratuit dell' azione...
7
Non si tratta di perorare un ecletticismo confuso o la per-
dita delle identit. Si tratta, questo s, di non sentirsi pri-
gionieri delle rigide frontiere della disinformazione e del-
le mut ue scomuni che. Oggi le persone religiose lo sono,
sempre di pi, in mani era inter-religiosa
8
.
- / nostri nonni, o chiss anche i nostri genitori, forse non
conobbero nessuna persona di altre religioni... Oggi la plu-
ralit di religioni ovunque. Cosa pu comportare questa
diversa situazione rispetto alla complementarit delle reli-
gioni?
- Prima si era prevenuti e si aveva perfino timore dei libri
sacri delle altre religioni e si consideravano negativamente.
Oggi c' un altro spirito. Proviamo a descriverlo.
- Oggi essere religioso essere interreligioso (Dupuis). Com-
mentare.
- Come mantenere la nostra identit mentre ci arricchiamo
con l'azione di Dio nelle altre religioni?
- La dottrina cristiana della Trinit necessita un po' dell'in-
sistenza islamica sull'unicit di Dio (P. Knitter). Commen-
tare.
- Il vuoto impersonale del buddismo necessita dell'espe-
rienza cristiana del Tu divino (Knitter). Commentare.
7
Cf., Knitter, P., No Other Nume?, Orbis Books, Maryknoll 2000 p.
221.
8
Cf. Knitter, P., Introducing Theologies of Religions, Orbis Books,
Maryknoll 2002, p. XI.
402
- I contenuti prof etico-pratici del giudeocristianesimo si ve-
drebbero sanamente integrati con l'accentuazione orientale
della contemplazione e della gratuit dell'azione (Knitter).
Commentare.
- Che libro sacro ho letto a parte quello della mia tradizione
religiosa? Presentarlo sinteticamente agli altri e dare il pro-
prio giudizio su di esso.
4. Un nuovo spirito missionario
Uno dei punti sensibili del cristianesimo che risulta pi
scosso dall' irruzione di questo nuovo spirito pluralista
quello della missione o dell' opera missionaria. logico.
Nel cristianesimo per esempio, durant e 19 secoli la mis-
sione stata fondata sull' impostazione esclusivista: Fuo-
ri della chiesa non c' salvezza. Durante lunghi periodi
della storia della chiesa si pensato che nessuno di quel-
li che sono fuori della chiesa cattolica, non solo i pagani,
ma anche i giudei o gli eretici e gli scismatici, pot ranno
raggiungere la vita eterna, ma andranno al fuoco eterno
preparat o per il diavolo e per i suoi angeli
9
. San France-
sco Saverio and nelle Indie Orientali posseduto da uno
zelo missionario fondato sulla convinzione che tutti colo-
ro che morivano senza conoscere Ges Cristo non avreb-
bero raggiunto la salvezza... Solo cinquant' anni fa anche
Pio XII parlava di un miliardo di esseri umani che giac-
ciono nelle tenebre e nell' ombra della morte come dice il
salmo 107, che le encicliche missionarie
10
applicavano di-
ret t ament e ai pagani
11
. Ci sono ancora autori che conti-
9
DS 870 (Unam Sanctam); DS 1351 (Concilio di Firenze). Pio IX lo
ritiene chiaramente un dogma, affermato e confermato (cf., Sullivan,
F.A., cfiay salvacin fuera de la Iglesia?, Descle, Bilbao 1999, p. 136ss).
10
Evangeli! Praecones, 1951 (cf., Enchiridion delle Encicliche, EDB,
Bologna 2002, voi. 6, n. 767); trent' anni prima, Benedetto XV, nella
Maximum Illud, 1919 (cf., Enchiridion delle Encicliche, cit., 1999, voi.
4, n. 870).
11
Nel mondo protestante, ancora 40 anni fa il Congress on World
Mission di Chicago dichiarava: Dall'ultima guerra, pi di un mi-
liardo di persone sono passate all'eternit e pi della met sono an-
date all'inferno senza conoscere Ges Cristo (cf. gli atti pubblicati
da J.O. Percy, Facing the Unfinished Task: Messages Delivered at the
Congress on World Mission, Eerdmans Publishing Co., Chicago, 111.,
1960, p. 9).
403
nuano a parlare con t ut t a naturalezza dei pagani di oggi,
senza nessuna metafora
12
.
Quando una religione supera l' esclusivismo - come at-
tualmente il caso del cristianesimo -, tutte quelle moti-
vazioni della missione fondate sull' esclusivismo, cadono
con esso. E quando anche l' esclusivismo ent ra in crisi, en-
tra in crisi la nuova missione che si fondava su di esso. Og-
gi continua ad avere senso la missione, per solo una mis-
sione basat a su una prospettiva pluralista.
La missione non va a portare la salvezza in un luogo che
sarebbe una specie di vuoto soteriologico, del tutto di-
giuno di salvezza, perch un tale luogo non esiste. Come
ha detto con una celebre frase la teologia della liberazio-
ne il pri mo missionario arriva sempre tardi: il Dio Trinit
sempre arrivato prima. Il missionario non va a port are
la salvezza come se, senza la sua presenza, la salvezza non
potesse arrivare o non fosse gi l da sempre. La missione
oggi non pu essere orientata - come lo stata pratica-
mente sempre - a i mpi ant are la chiesa come suo princi-
pale obiettivo... Del resto, Ges stesso non ebbe l'obietti-
vo di fondare una chiesa, n di diffonderla in modo mis-
sionario
13
. La Causa di Ges stata un' altra.
La missione ha senso, per un altro senso. In un contesto
di teologia e di spiritualit pluralista, la missione incen-
trata in Dio (teocentrismo), nel Dio del Regno e nel Regno
di Dio. La missione un impulso verso gli altri popoli e
religioni, per condividere con essi - in ent rambe le direzio-
ni - la ricerca religiosa. Per insegnare e per i mparare. Per
annunzi are la nost ra buona novella e per ascoltare le buo-
ne novelle che si curament e anche gli altri hanno da of-
frirci. Senza pensare a priori che gli altri dovranno ab-
bandonare la loro religione e adot t are la nostra per poter
approfondire il loro incontro con Dio.
12
J.A. Says per esempio, in Cristianismo y religiones, San Pablo, Ma-
drid 2001.
13
Oggi, per esempio, c' accordo generale tra gli esegeti sulla con-
clusione canonica di Marco (16,9-20) in quanto non facente parte del
vangelo scritto dall'evangelista (cf. Barbaglio, Giuseppe-Fabris, Ri-
naldo, Os Evangelhos, I, Loyola, So Paulo 1990, pp. 620-621).
404
Oggi avvertiamo meglio che la conversione - come cam-
bi ament o di religione - non necessaria: gli altri devono
pri ma incontrarsi con Dio sul cammi no nel quale Dio li ha
posti. La conversione che deve aver luogo un' altra: la con-
versione a Dio, al Dio del Regno e al Regno di Dio, la stes-
sa che imperativa anche per noi. Non vogliamo che l'al-
t ro cessi di essere buddhista, musul mano o ind, ma che
sia meglio buddhista, meglio musul mano o meglio ind.
Non si esclude, nat ural ment e, la conversione con il cam-
bi ament o di religione, sempre che una qualsiasi delle due
parti senta che per l' altra strada pu avanzare di pi ver-
so la sua pienezza religiosa, ma non sar questa la strada
normale, n la nor ma della missione. certo che la mis-
sione - come dialogo - non sar completa fino a che da
parte nostra non annunci amo Ges Cristo, come pure non
lo sar fino a che non siano annunzi at e le buone novelle
religiose che l' altra part e ha da darci.
Questo nuovo vissuto della missione richiederebbe molte
pi sfumature, per quant o detto sufficiente per com-
prendere che questo nuovo spirito del pluralismo religio-
so comport a, effettivamente, per la missione, un autentico
scossone, una trasformazione dalla quale risulter raffor-
zata e rinnovata.
- Ci pu servire la letteratura missionaria che fu scritta pri-
ma del Concilio Vaticano II, in un'epoca nella quale si pen-
sava che fuori della Chiesa non c' salvezza? Perch?
- Ci pu servire la letteratura religiosa missionaria impostata
sull'esclusivismo? Perch?
- Come suonano oggi le parole di Pio XII quando parlava
del miliardo di esseri umani che giacciono nelle tenebre e
nell'ombra della morte (Salmo 107)? Osiamo parlare cos
degli uomini e delle donne che appartengono ad altre reli-
gioni? Perch? Quale nuova sensibilit o spiritualit vi sog-
giace?
- Oggi la missione continua ad avere senso, ma solo una
missione basata su una prospettiva pluralista Commenta-
re e discutere.
- La missione ha senso, s, ma un altro senso. Commen-
tare.
- La missione per convertire gli infedeli. Commentare
questa frase e questo linguaggio.
- Al giorno d'oggi molti accettano che il dialogo nterreli-
405
gioso faccia parte della missione. Quello che non chiaro
se, in fondo, s'interpreta il dialogo come una strategia per
la missione conquistatrice. Oggi non si pu partire atta con-
quista, allora dialoghiamo, ma l'obiettivo che perseguiamo
lo stesso, convertire l'altro. Tutto ci riflette una situazione
reale?
- Se non c' pi da convertire, a che serve la missione?
- Una missione senza conversioni, avrebbe significato? Qua-
le significato?
5. Rilettura della cristologia
Sono gi anni che la problematica fondamentale della so-
teriologia non l'ecclesiologia ma la cristologia. Qual la
parte di Cristo nella salvezza? Evidentemente si tratta di
un punt o ipersensibile, dovuto al ruolo assolutamente cen-
trale e assolutamente assolutizzato che ha caratterizza-
to la costruzione teologico-dogmatica at t orno alla figura
di Cristo.
Il nuovo spirito del pluralismo religioso sta producendo,
su vari fronti, un disgelo della posizione rigida alla quale
eravamo abituati. In pri mo luogo st anno per essere sotto-
posti a un nuovo studio gli stessi testi che nel Secondo
(Nuovo) Testamento costituiscono la base esegetica della
dogmatica cristologica. Si tratta - detto molto brevemen-
te - di testi in un linguaggio dossologico, confessionale, e
persino liturgico e devozionale, con i quali gli autori non
volevano fare teologia n filosofia, e - molto meno - dog-
mi. Hick lo dice simbolicamente: la poesia venne presa
come prosa, e la metafora come metafisica
14
.
D' altra part e il t ema della storia: che part e hanno gio-
cato nella storia del cristianesimo questi dogmi, che at-
teggiamenti hanno legittimato?
15
Il giudizio attuale verso
la storia del cristianesimo pi ut t ost o severo: le sue inva-
14
hoc. cit., specialmente il capitolo 10, pp. 136ss.
15
Ibid., cap. 8, pp. 11 lss. Le dottrine ortodosse che non danno frut-
ti etici sono, perlomeno, molto sospette (P. Knitter, Toward a Libe-
ration Theology ofRehgions, in J. Hick-P. Knitter, The Myth ofChri-
stian Uniqueness. Toward a Pluralstic Theology of Religions, Orbis
Books, Maryknoll 1998, p. 182).
406
sioni, le sue guerre, crociate, conquiste, colonizzazioni,
neocolonizzazioni, imperialismi... quasi sempre accom-
pagnat i da una presenza di Chiesa che globalmente li ha
legittimati, e di una evangelizzazione e azione missiona-
ria che fu di compl ement o in campo spirituale a ci che
si faceva in campo politico ed economi co... sono esami-
nat i oggi da una nuova prospettiva critica storico-ideolo-
gica. Per riferirci a un solo caso embl emat i co: nella stes-
sa lettera di Requerimiento, quell' ingiunzione o atto giu-
diziale che i conqui st at ori spagnoli leggevano e procla-
mavano agli indigeni all' arrivo in America, per avvisarli
che t ut t e quelle terre erano loro perch il Papa le aveva
donat e al loro re cattolico, includeva come punt o chiave
dell' argomento teologico la medi azi one di Cristo, Dio In-
carnat o, padrone di t ut t a la terra, di cui il Papa era il luo-
gotenente.
Altri modi di affrontare questa problematica sono la stes-
sa genesi della elaborazione dogmatica durant e i pri mi se-
coli fino ai decisivi concili di Nicea e Calcedonia; o lo stu-
dio della plausibilit delle categorie ontologiche stesse im-
plicate nella dogmat i ca (nat ura, persona, ipostasi...); sen-
za tralasciare approcci pi recenti come quelli delle teolo-
gie politiche europee del secolo XX, che evidenziano il ruo-
lo sessista e razzista che pu ricoprire e che di fatto ha ri-
coperto una cristologia nella quale si predica che la perfe-
zione dell' umanit stata raggiunta da un essere umano
maschi o e bianco...
16
Tutto fa pensare che la cristologia abbi a davanti a s nuo-
ve sfide da affrontare, che sono di tale ampiezza da non
lasciare oggi prevedere lo sviluppo che questa evoluzione
prender. Forse sar un lavoro di varie generazioni
17
. In
ogni caso, in questo moment o non ha fondament o fare af-
fermazioni gratuite in un senso o nell' altro ma, semplice-
mente, essere aperti alla riflessione e al di scerni ment o e
avere pazienza storica. Tutti affermiamo il carattere uni-
co e universale di Cristo; ci che bisogna discernere il ca-
16
Tom Driver, Christ in a Changing World. Toward an Ethical Chri-
stology, Crossroad, New York 1981, p. 22; Rosemary Ruether, To Chan-
ge the World and Cultural Criticism, Crossroad, New York 1981, p. 4;
P. Knitter, No Other Name?, cit., p. 163.
17
John, Hick, God Has Many Names, cit., p. 125.
407
rattere rigido che presero le affermazioni classiche che si
sono fatte a proposito della sua assolutezza
18
.
- Si accusato il cristianesimo occidentale (in contrapposi-
zione al cristianesimo orientale) di essere stato eccessiva-
mente cristocentrico. Il cristianesimo era quasi un cristo-
monismo (Cristo era il principio fondamentale e dominan-
te, a cui tutto veniva ricondotto). Si pu percepire uno spi-
rito diverso nel cristianesimo attuale? In quale? Come?
- Indica alcuni testi del Nuovo Testamento che ritieni siano
stati interpretati rigidamente, letteralmente, come se fossero
la formulazione di un dogma letterale e inamovibile, quan-
do la sua origine e il suo significato potrebbero essere mol-
to pi flessibili e suscettibili d'interpretazione pi ampia.
- E da tempo che la festa di Cristo Re dell'Universo non
riscuote gradimento fra i cristiani. Fu creata al tempo del fa-
scismo, nel momento in cui si voleva sostenere una deter-
minata concezione dei rapporti della societ con la Chiesa.
Che critiche faremmo oggi alla cristologia di questa festa?
Qual la spiritualit che si trova a disagio dinanzi a questa
festa? un male sentirsi a disagio dinanzi a questa festa?
Perch?
- Il dogma crstologico di Nicea e Calcedonia ha avuto mol-
te interpretazioni - assai diffuse nel popolo di Dio - che so-
no teologicamente inaccettabili. Possiamo riferirne alcune?
- La concezione che per molto tempo si ebbe di Cristo sta-
ta di un uomo-Dio, nel quale l'umano era solo un corpo, per-
ch la coscienza, l'intelligenza, il sapere, la volont... erano
letteralmente occupati dalla divinit. La spiritualit attuale
dei cristiani d molto pi valore al recupero dell'umanit di
Cristo. Commentare.
6. Un nuovo spirito critico e penitenziale
Il cristianesimo stato la pri ma grande religione che ha
fatto una rilettura del suo pat ri moni o simbolico confron-
tandolo con la scienza. Ai nostri giorni si generalizzato
18
Sulla problematica cristologica nella nuova prospettiva del plura-
lismo religioso, si vedano i lavori di Marcelo Barros e Jos Maria VI-
GIL, in Vigil-Tomita-Barros, Por los muchos caminos de Dios - II,
Abya Yala, Quito 2004).
408
nella maggi oranza del popolo cristiano medi ament e colto
un atteggiamento di critica storica sulla propri a tradizio-
ne cristiana sia istituzionale che popolare.
I maestri del sospetto e il loro senso critico fanno gi
parte, lo si voglia o no, della cultura moderna occidenta-
le, e il cristianesimo non pu sottrarsi a questo. Oggi nes-
sun credente si scandalizza sentendo che spesso la reli-
gione qualcosa di diverso da quello che dice di essere. Un
nuovo spirito circola nell' ambiente e ci rende tutti sospet-
tosi di fronte alla facilit con cui una dottrina diventa ideo-
logia, vale a dire, una giustificazione dei propri interessi
contro quelli altrui. O quant o frequentemente possa risul-
tare che una dottrina che proponi amo come volont di
Dio, o come rivelata, sia in realt una mani era incon-
scia di raggiungere o di mant enere uno statuto di privile-
gio, un controllo della situazione oppure una superiorit
culturale o economica. Oggi vediamo con chiarezza che la
storia ricca di simili esempi.
Questa ermeneutica del sospetto ci port a a discutere le
affermazioni teologiche e dottrinali che st anno dietro que-
sti atteggiamenti storici chi arament e ideologici. Lo dice gi
il Vangelo: Dai loro frutti li conoscerete. Le dottrine or-
todosse che danno frutti cattivi sono - quant omeno - mol-
to sospette
19
.
Tutto questo si applica pure, concretamente, alla nost ra
teologia delle religioni, alla mappa che ci facciamo del-
la posizione della nostra religione nell' insieme delle reli-
gioni. possibile che Dio abbia fatto le cose propri o per
metterci al centro di t ut t o e in una posizione cos privile-
giata? Non avranno influito, nel tracciare questa mappa,
i nostri interessi e la nostra ideologia? Pu essere teolo-
gicamente vera l' autocomprensione delle Chiese che han-
no legittimato l' oppressione sessista, razzista, classista e
religiosa?, domandano dall'Asia
20
. Qualcosa di profondo
non va bene nell' esclusivismo e nell' inclusivismo, quando
19
Knitter, Toward a Liberation Theology of Religions, in Hick, Knit-
ter, The Myth of Christian Uniqueness. Toward a Pluralistic Theology
of Religions, Orbis Books, Maryknoll 1998, cap. 11, p. 178.
20
Tissa Balasuriya, A Third World Perspective, en Doing Theology in a
Divided World, Virginia Fabella e Sergio Torres (eds), Orbis, New York
1985, p. 202.
409
li vediamo generare questi atteggiamenti storici di prepo-
tenza e di mancanza di rispetto nei confronti delle altre re-
ligioni e culture, quando c' impediscono di dialogare come
fratelli, in parit (par cum pari).
Uno spirito onesto non accetta di occultare la verit con
l'ingiustizia. Uno spirito di umilt non pu accettare i pro-
pri atteggiamenti di prepot enza avuti in passat o e che sia-
mo ancora portati a mant enere in virt di queste teologie
sospette. Uno spirito penitenziale chiede perdono per la
nostra storia di crociata, di conquista, di colonizzazione
culturale e religiosa. Un nuovo stile i mpri me nei cristiani
e nei teologi questo nuovo spirito di pluralismo religioso.
- Si pu dire che, in generale, si perso lo stile prepotente,
orgoglioso, presuntuoso, dominatore, sprezzante degli altri,
per cui il cristianesimo si reso universalmente famoso di
fronte alle altre religioni? Non si deve per questo ringraziare
Dio?
- Nonostante la resistenza della destra politica, nelle cele-
brazioni che ci sono state in America Latina e nel mondo
a proposito dei 500 anni dell'incontro tra l'America e l'Eu-
ropa, la coscienza latinoamericana si svilupp enormemen-
te in tale congiuntura. Moltissime persone riuscirono a fare
una nuova lettura della storia del Continente, sotto un nuo-
vo spirito. Descrivere questo spirito.
- Nonostante l'avversione che le istituzioni ecclesiastiche han-
no mostrato negli ultimi 25 anni nei confronti della teologia
della liberazione, essa conosciuta a livello mondiale ed sta-
ta accolta la sua visione critica della storia della Chiesa e la
sua denuncia della connivenza del cristianesimo ufficiale con
gli oppressori dei poveri. Possiamo dire che questo spirito
un elemento della spiritualit della liberazione, che moltis-
simi cristiani e cristiane condividono?
- A volte si espongono o si scrivono posizioni dottrinali con-
servatrici, che ancora oscillano tra posizioni inclusiviste ed
esclusiviste, e si registra un rifiuto manifesto di esse nel po-
polo di Dio. Possiamo scoprire questo come un segno di ma-
turit del popolo di Dio e come una prova della diffusione,
al suo interno, di questa nuova spiritualit del pluralismo
religioso?
410
7. Un nuovo tipo di verit
La Verit ci far liberi, disse Ges. Pilato gli domand:
E che cos' la Verit?. Oggi la domanda ritorna d' attua-
lit. Il modello di verit che il cristianesimo ha coltivato
fin dall' inizio della sua storia stato il modello greco. Le
fondamenta di questo modello st anno nei principi logici e
metafisici aristotelici: il principio d' identit e il principio
di non contraddizione. Una cosa ci che , e non pu es-
sere un' altra. Una cosa non pu essere e insieme non es-
sere sotto lo stesso aspetto. O una cosa o un' altra, non
pu essere cont emporaneament e le due. il modello di ve-
rit per esclusione: io sono io perch non sono te. Il mo-
dello occidentale di verit, col t remendo sviluppo che ha
acquisito la logica aristotelico-scolastica, stato molto uti-
le per la costruzione di sistemi teorici impeccabili in quan-
to alla precisione dei loro enunciati, la correzione delle lo-
ro argomentazioni e la legittimit delle loro conclusioni,
fondandosi su questo modello di verit per esclusione, l'uni-
co che produca la sicurezza delle affermazioni assolute.
L' Occidente e all' interno di esso il cristianesimo si sono fat-
ti un vanto della sicurezza delle proprie conclusioni, delle
proprie affermazioni assolute, della propri a sicurezza e
convinzione di fronte ai sistemi di verit - scientifica, cul-
turale o religiosa - non occidentali.
Questo modello di verit occidentale greco-aristotelico
entrato da t empo in crisi. E il nuovo spirito di pluralismo
religioso in rapport o propri o con l' emergere di un mo-
dello diverso di verit. Oggi t empo di de-ellenizzazio-
ne, di de-occidentalizzazione, di apert ura ad altri ac-
costamenti alla verit. I cattolici, come i cristiani in ge-
nerale, si st anno rendendo conto che affinch qualcosa sia
vero non necessario che sia assoluto
21
.
Oggi si riconosce in mani era crescente che la verit ha un
carattere pi inclusivo che escludente, pi pratico che teo-
rico, pi evolutivo che fissista, storico pi che fisico o na-
turale. La Verit come la Vita: in crescita, in sviluppo,
in evoluzione. Non l' abbiamo mai compl et ament e, ma l'an-
di amo percependo progressivamente. L' avanzamento del-
21
Knitter, No Other Name?, cit., p. 219.
411
la storia permette di accedere a nuovi punt i di osservazio-
ne che danno nuove prospettive, nuove visioni, una nuova
configurazione della verit, sempre in movimento. Oggi ri-
conosciamo il carattere multi-relazionale di ogni cosa: tut-
to relazionato con tutto, t ut t o ci che esiste co-esiste ed
intrecciato a sua volta con t ut t o quello che lo circonda.
Al livello delle verit assolute non si pu giocare all'esclu-
sione come si farebbe con verit chiare e distinte. Nella
profondit di quel mistero per il quale crediamo di avere
bisogno di espressioni assolute, le nostre affermazioni non
possono inscatolare il mistero in affermazioni mat emat i -
che maneggevoli, perfettamente delimitate, reciprocamen-
te escludenti. Le verit profonde non possono essere ma-
neggiate come oggetti controllabili: una verit profonda
si esprime con un enunciato il cui opposto pure una ve-
rit profonda; una verit superficiale si esprime con un
enunciato il cui opposto falso, dice Niels Bohr
22
.
In questo nuovo modello di verit, molte delle costruzioni
teologico-dogmatiche, che hanno preteso distillare in la-
boratorio una verit perfettamente delimitata in formule
definite e controllabili, cadono davanti all' evidenza che la
Verit che ci fa liberi , essa stessa, libera e inafferrabile.
Le affermazioni esclusiviste e inclusiviste, che hanno la
pretesa di assolutezza escludente, di fronte alla ricerca re-
ligiosa ancestrale di i mmensi settori dell' Umanit, susci-
t ano oggi semplicemente un benevolo sorriso, pi che un
rifiuto adirato. Lo spirito del pluralismo religioso opta per
un altro modello di verit e per altri atteggiamenti davan-
ti alla Verit: atteggiamenti di ascolto instancabile, di oli-
smo integrale, di tolleranza, di visione complessa e di in-
terrelazione... di umilt infine. Per questo difficile il dia-
logo con chi bloccato nel vecchio modello di verit.
- Ci sono ancora persone che credono nel senso unico ed
univoco delle affermazioni religiose, nella loro intoccabile let-
teralt, nella loro irriformabilit, nella sicurezza quasi ma-
tematica che ci offrono. Ma forse sono poche queste perso-
ne. Guadagna terreno un altro spirito davanti alla verit. Pos-
siamo descriverlo?
Atomtheorie und Naturbeschreibung, Berlin 1931, p. 143.
412
- / cattolici, come i cristiani in generale, si stanno renden-
do conto che affinch qualcosa sia vero non necessario che
sia assoluto. Commentare.
- Una verit profonda si esprime con un enunciato il cui
opposto pure una verit profonda; una verit superficiale
si esprime con un enunciato il cui opposto falso (Niels
Bohr). Fare qualche esempio.
- Che differenze principali ci sono tra la coscienza che noi
abbiamo della verit e quella che si aveva nel secolo XIX,
quando si arriv a proclamare l'infallibilit papale? Sottoli-
neare le differenze in base a questa nuova spiritualit e mo-
do di vedere dei cristiani di oggi.
8. La liberazione dei poveri come criterio ermeneutico
In vari tratti di questo spirito che abbi amo gi descritto
cont enut o ci su cui vogliamo riflettere ora: la dimensio-
ne liberatrice. La buona notizia per i poveri cont i nua a es-
sere, per i cristiani che si sentono attratti dallo spirito del
pluralismo religioso come lo stato per Ges, la pietra di
volta: un criterio centrale che fa riconsiderare t ut t o quel-
lo che precede e lo assoggetta al realismo della verit
dell' amore.
Ci che abbiamo detto dell' ermeneutica etica e dell'atteg-
giamento critico ha a che vedere con questa dimensione li-
beratrice: non possibile che una verit religiosa sia real-
mente verit se non liberatrice o - ancor meno - se entra
in connivenza con un sistema di oppressione, di qualunque
tipo sia. La Verit vi far liberi, e vi far liberi per liberare.
Se la verit della religione non libera, se non buona noti-
zia per i poveri, allora non appartiene alla vera religione.
Possiamo darci un criterio generale: Una religione vera
e buona nella mi sura in cui non oppri me n distrugge
l' Umanit, bens la protegge e la incoraggia
23
. Siamo qui
a un pri mo livello in cui il povero da liberare l' Umanit
stessa. A un secondo livello di maggiore concretezza, il po-
23
H. King, Teologia para la posmodemidad. Fundamentacin ecum-
nica, Alianza, Madrid 1989, p. 187. Cf. anche Lonard Swindler, The
Dialogue Decalogue, in Journal of Ecumenical Studies 20/1 (1983) p. 10.
413
vero da liberare il prossi mo in generale, riguardo al qua-
le l'etica minima racchiusa nella regola d' oro: non
fare agli altri ci che non vuoi che facciano a te. Oggi sap-
pi amo che questa regola d' oro presente, con parole mol-
to simili, in quasi tutte le religioni. A un terzo livello, que-
sta regola d' oro si concretizza nell' opzione per i poveri e
ne il fondamento.
Tutto ci non fondato su nuove teorie, ma su quello spi-
rito a cui ci siamo riferiti, che crea una sensibilit e una
predisposizione di coscienza che s' impongono previamen-
te al soggetto, anche se non conosce le argomentazioni teo-
logiche che le giustificherebbero. pi un' intuizione che
una teologia, uno spirito pi che una norma morale.
All'insegna di questo aspetto della liberazione dei poveri co-
me criterio ermeneutico, pot remmo avviare qui un mag-
giore approfondimento. Che cos' in definitiva la religione?
Come, dove, realizza l'essere umano l' incontro pi profon-
do con Dio, che la religione dice di facilitare? Le origini del
giudeo-cristianesimo sono chiare su questo punt o. Una fra-
se di Van der Meersch che segn Alfonso Carlos Comin po-
trebbe esprimere plasticamente questo spirito che unisce la
Verit religiosa e la liberazione: La Verit, Pilato, que-
sta: mettersi dalla part e degli umili e di quelli che soffro-
no. Sentenza che possiamo mettere in parallelo con la pa-
rola di San Giacomo (1,27): Una religione pura e senza
macchia davanti a Dio nostro Padre questa: soccorrere gli
orfani e le vedove nelle loro afflizioni e conservarsi puri da
questo mondo. Si potrebbero citare qui innumerevoli pas-
si biblici che contemplano la stessa cosa
24
. Per il giudeo-cri-
stianesimo la vera religione sono l' amore e la giustizia, l'im-
pegno per la costruzione di un Regno di Dio che sia vita,
verit, giustizia, pace, grazia e amore, per tutti, ma in pri-
mo luogo per i poveri, per tutti coloro che vivono nell'in-
giustizia e sono privati dei loro diritti.
Altre religioni hanno trovato l' accesso a Dio attraverso la
natura; altre lo hanno trovato nell' esperienza interna sog-
24
Ci sia consentito citare solo questo: Uomo, ti stato insegnato ci
che buono e ci che richiede il Signore da te: praticare la giustizia,
amare la piet, camminare umilmente con il tuo Dio (Mi 6,8).
414
gettiva o intersoggettiva. Il giudeo-cristianesimo l' ha tro-
vato in forma privilegiata nell' incontro liberatore con il po-
vero (Mt 25,31 ss). Pensiamo che nel dialogo interreligioso
mondiale, che oggi si sta diffondendo, potrebbe essere que-
sto il suo principale apport o.
- L'opzione per i poveri il maggiore avvenimento della sto-
ria del cristianesimo dalla Riforma Protestante (L. Boff).
Commentare.
- Nonostante tutta la resistenza e l'aggressivit contro l'Op-
zione per i poveri, nemmeno i suoi stessi nemici possono
sottrarsi nella Chiesa alla forza della sua evidenza e alla con-
cretezza del suo linguaggio. L'Opzione per i poveri un pez-
zo chiave della nuova spiritualit, e un apporto al cristiane-
simo universale che ha oltrepassato perfino le frontiere del-
le altre religioni. In qualche modo, uno stile, uno spirito
che riempie il mondo.
- La liberazione dei poveri criterio ermeneutico. Com-
mentare.
- La liberazione dei poveri pu essere la piattaforma in cui
le religioni si possono unire nella pratica, lasciando a pi
tardi le discussioni teoriche teologiche. Commentare.
- L'opinione pubblica (secolare, dei mezzi di comunicazio-
ne, di ci che rivelano sondaggi...) esprime una enorme
simpatia verso l'opzione per i poveri e la Chiesa liberatrice,
mentre manifesta un chiaro rifiuto per i segmenti ecclesiali
o ecclesiastici che l'avversano. Questo atteggiamento ha che
vedere con la nuova spiritualit?
II. Testo antologico
Messa dei Quilombos
Testo di Pedro Casaldliga e Pedro Tierra. Musica di Mil-
ton Nascimento. Si veda specialmente il cant o d' ingresso,
in http://servicioskoinonia.org/pedro/poesia
III. Esercizi raccomandati
Si prenda il messale liturgico, o l' orazionale ufficiale del-
la propri a comuni t o congregazione cristiana e si cerchi
in quant i testi, orazioni, preghiere... si menzi ona o si tie-
415
ne conto, in qualsiasi modo, dell' esistenza di altre religio-
ni, e si cerchi di rispecchiare l' immagine che deriva da que-
ste orazioni e testi, delle religioni e il loro significato...
Si componga una orazione da usare come preghiera nel-
la comuni t con questi temi:
- azione di grazie per le religioni del mondo
- richiesta a Dio affinch abbi amo un atteggiamento cor-
retto davanti alle altre religioni
- per i missionari in terre non cristiane.
Bibliografia
BOFF LEONARDO, tica e eco-espiritualidade, Verus, Campinas SP,
Brasil, 2003.
VIGIL JOS MARIA, Espiritualidad del pluralismo religioso, in ASETT,
Por los muchos caminos de Dios - 1 , Verbo Divino, Quito 2003.
CASALDALIGA - VIGIL, Espiritualidad de la liberacin, in Koinona.
CASALDLIGA PEDRO - TIERRA PEDRO, Missa dos Quilombos. Testo
in: servicioskoinonia. org/pedro/poesia/quilombos.htm
416
Capitolo ventunesimo
Morte e resurrezione della missione
E giungiamo a un tema chiave, a uno dei punti pi sensi-
bili per le Chiese Cristiane quanto alle conseguenze che pos-
sa avere la nuova teologia delle religioni o teologia del plu-
ralismo religioso: la missione. Che la missione non soffra,
che non perda nulla del suo valore, della sua urgenza, dei
suoi motivi... sarebbe la prima esigenza che le istituzioni cri-
stiane porrebbero a questa nuova teologia...
Presupponendo quanto abbiamo detto nei precedenti capi-
toli, siamo nelle condizioni di poterci addentrare in questo
tema delicato, che viene a cadere gi nel campo delle con-
clusioni operative (attuare) del nostro corso.
I. Per sviluppare il tema
A. Distinguere la grande missione
e la missione missionaria
La parola missione ha, t ra gli altri, due grandi signifi-
cati. Uno quello di compito, dovere, incarico. L' altro
il significato di invio, andata, trasferimento per realizza-
re in un altro luogo un compi t o che stato affidato.
Negli ultimi secoli la parola missione si riferita all'in-
vio di missionari alle frontiere della Chiesa per predica-
re il Vangelo ai non credenti per ottenere la loro conver-
sione e la loro incorporazione nella Chiesa. In senso tec-
nico, la parola appare soprat t ut t o a partire dall' espansio-
ne europea
1
. Con questo significato abbi amo davanti la
missione missionaria, che si realizza nelle missioni del-
le Chiese, a carico dei missionari.
1
Suess, P., Evangelizar a partir dos projetos historicos dos outros, Pau-
lus, So Paulo, 1995, p. 103.
417
Negli ultimi decenni, oltre a questo significato, si recu-
perat o il significato della missione come riferita alla Chie-
sa nel suo insieme: la missione della Chiesa, cio, il suo
compito, il suo dovere, l'obiettivo verso il quale deve pun-
tare il suo essere e il suo agire. Questa missione non quel-
la missionaria, ma la grande missione della Chiesa, la
missione globale, la missione cristiana in se stessa, che
la Chiesa deve portare a termine t ant o nelle missioni co-
me nel corpo stesso della Chiesa, in ogni parte, con tutti i
cristiani e le cristiane.
In questo capitolo parliamo della missione nel significato
concreto della missione missionaria, chi amat a tecnica-
ment e anche missione adgentes (ossia verso i gentili, ver-
so i non cristiani). Ciononostante, questa missione mis-
sionaria non separabile dalla mani era in cui la Chiesa
concepisce la missione globale. Per questo dobbi amo in
pri mo luogo riferirci ai modi in cui viene concepita la mis-
sione globale della Chiesa.
B. La Grande Missione della Chiesa: diverse letture
Cosa sia una religione, lo possiamo dedurre da come essa
intende la sua missione, il suo dovere, il suo obiettivo. Po-
t r emmo dire alla religione: Dimmi cosa vuoi e ti dir chi
sei. Il cuore di una religione la consapevolezza e l'intel-
ligenza che ha della propri a missione. In questo senso,
chiaro che sotto la stessa istituzione, sotto il nome della
medesima religione ci sono religioni diverse. Il cristiane-
simo uno in teoria, per ci sono molti cristianesimi. Sot-
to lo stesso nome trovano riparo realizzazioni del cristia-
nesimo molto differenti, talvolta perfino contraddittorie
2
.
C' un cristianesimo dottrinale-teorico. In esso Dio per-
cepito come la Verit che venuta a rivelarsi, e la nostra
risposta di fede implica soprat t ut t o l' accettazione intellet-
tuale delle verit rivelate e depositate nella Chiesa: l'es-
senziale della missione cristiana vivere nella fede della
Chiesa; non separarsi da essa con l'eresia o l' eterodossia
la preoccupazione principale. Per questo tipo di cristia-
2
Fierro, Alfredo, Teoria de los cristianismos, Verbo Divino, Estella
1982.
418
nesi mo (molto frequente nella storia) la missione missio-
nari a consiste nel trasmettere ad altri le verit rivelate, la
verit della fede. E la cosa pi i mport ant e predicare il
vangelo e portare a tutti gli esseri umani la conoscenza
della Verit.
C' un cristianesimo moralista, che concepisce la vita
dell' essere umano sulla t erra come una prova moral e a cui
Dio ci ha sottoposto, che si gioca t ra il peccato e il perdo-
no, e che ci porta a un finale di premi o o di castigo in fun-
zione dei meriti o dei peccati accumulati. In questo tipo di
cristianesimo la missione consiste nel superare la prova
morale e guadagnare la salvezza eterna. Non c' un dove-
re storico propri ament e tale. Questo mondo semplice-
ment e un' occasione per meritare la salvezza. In questo
tipo di cristianesimo (molto frequente nella storia) la mis-
sione missionaria consiste nel rendere consapevoli i cri-
stiani del pericolo della propri a condanna, e predicar loro
la Legge di Dio per facilitare la salvezza.
C' un cristianesimo spiritualista, che pone la salvezza su
un pi ano superiore separato (metafisico), medi at o attra-
verso i sacramenti. La salvezza soprannat ural e e si gio-
ca nella vita della grazia; part eci pi amo a essa mediante
il culto e la vita spirituale (preghiere, sacrament i della
Chiesa), che diventano cos il centro della missione cri-
stiana globale. In questo cristianesimo la missione mis-
sionaria consiste nell' andare dai non cristiani per render-
li partecipi della vita della grazia per mezzo della loro in-
corporazione alla Chiesa, nella quale pot r anno ricevere i
sacramenti, canali della grazia.
C' un cristianesimo ecclesiocentrico, per il quale la Chie-
sa cristiana il mezzo principale istituito da Dio per co-
muni care la salvezza, di modo che la missione principale
dei suoi membri quella di edificarla e darle vitalit. Da
part e sua, la missione missionaria consiste nell' impianta-
re la Chiesa tra i popoli non cristiani e, logicamente, otte-
nere la conversione dei non cristiani, per incorporarli alla
Chiesa, unica loro possibilit di salvezza.
C' un altro tipo di cristianesimo che comprende se stes-
so da una interpretazione o lettura storica della realt. Que-
sta concepita come storia della salvezza e, al contem-
po, come salvezza della storia. Dio ha un progetto di fra-
419
ternit sulla storia, un sogno utopico (il Regno!), e lo ha
proposto agli uomini come Utopia, affidandola a loro co-
me compi t o nella Storia. Questa la grande missione cri-
stiana e, dent ro di essa, la missione missionaria consi-
ste nell' andare verso gli altri popoli per collaborare nella
costruzione del grande progetto di Dio, che anch' essi stan-
no cost ruendo - con altri nomi e altre mediazioni, senza
dubbi o - e che sempre la cosa pi i mport ant e, cos che
insieme partecipino a questa costruzione congiunta del
progetto di Dio nella storia.
Si pot rebbero ulteriormente sfumare e suddividere i tipi e
i modelli di cristianesimo t ant o brevemente qui esposti
3
. E
chiarire che nella storia reale un cristianesimo concreto
pu partecipare di vari modelli simultaneamente; la sepa-
razione solo un procedi ment o metodologico per facilita-
re la comprensione.
In ciascuno di questi tipi di cristianesimo abbi amo segna-
lato com' intesa la grande missione cristiana e anche co-
me s' intende la missione missionaria. Come si vede, la se-
conda sempre in rapport o di dipendenza con la prima,
ed come una part e di quella.
Cos dunque, non c' un unico modello di cristianesimo,
n un modello di missione. Ci sono stati nella storia e ci
sono oggi molti e diversi modelli t ant o di cristianesimo co-
me di missione missionaria cristiana.
E come ci sono modelli di cristianesimo (tra quelli che ab-
bi amo elencato) che oggi appai ono come carenti di fon-
dament o e che devono essere superati, allo stesso modo la
missione missionaria che da essi deriva deve considerarsi
anch' essa superata e suscettibile di essere abbandonat a.
Lasciando quella che abbi amo chi amat o grande missio-
ne della Chiesa, ora ci riferiremo specificamente alla mis-
sione missionaria, all'attivit di missione che individui o
comuni t realizzano t ra i non cristiani.
3
Vi qualcosa di pi sviluppato in Vigil, J.M., Cambio de paradigma
en la teologia de la liberacin?, in Altemativas 8 (giugno 1997) pp. 27-
46, Managua. E in RELaT 177.
420
C. Revisione crtica della missione missionaria:
sua pratica storica e suoi fondamenti teorici
A) REVISIONE DELLA SUA PRATICA STORICA
La missione ha una storia che, analizzata criticamente, for-
nisce un bilancio di molte ombre e dubbi. Pri ma di fare
un discernimento sulla validit della missione oggi, con-
viene capire ci che stata la missione nel passato.
Il dat o globale pi evidente che possiamo osservare quan-
do guardi amo la storia della missione la violenza legata
al processo di evangelizzazione.
Effettivamente il cristianesimo oggi la religione mondia-
le quantitativamente pi consistente: 1800 milioni di per-
sone, approssimativamente un 30% dell' umanit. A questa
cifra e a questa percentuale non si pot ut o giungere se
non con uno sforzo di espansione e di evangelizzazione
molto grande, in diverse ondat e o cicli nel corso della sto-
ria.
Ci che, tuttavia, a uno sguardo critico ri chi ama l'atten-
zione, l' enorme quant i t di violenza legata a questa evan-
gelizzazione, fin dai suoi inizi. In pri mo luogo, gi nel mo-
ment o in cui il cristianesimo divenne un fatto di massa nel-
la societ. Ci accade nel IV secolo. Il cristianesimo ri-
conosciuto socialmente dappri ma come religione tollerata
(313), poi imposto come religione obbligatoria (380), re-
ligione di Stato, di uno Stato che perseguiter tutte le al-
tre religioni (390). La societ dell' Impero romano, che ave-
va una sua propria religione, si fece cristiana, non per una
evangelizzazione libera, paziente e gratuita, ma per la for-
za coercitiva dell' impero
4
, con il consenso del cristianesi-
mo, convertito nella sua religione ufficiale.
Non cessa di sconcert are il pensi ero che una religione
persegui t at a per i quasi suoi pri mi t re secoli, sia passat a
in pochi anni a essere persecut ri ce, e ci non avvenne so-
lo nell' anno 390 con l' editto di Teodosio - che proscrive
4
A parte i vantaggi sociali che in quel momento aveva il convertirsi
al cristianesimo come nuova religione di Stato. Cf. R. Velasco, La igle-
sia de Jesus, Verbo Divino, Estella, 1992, pp. 118ss.
421
nell' impero, come delitti di lesa maest , t ut t i i culti non
cristiani, di qual unque religione si ano - ma mol t o pri-
ma, pochi decenni dopo il 313, concret ament e cont ro gli
ebrei
5
.
Facendo un grande salto nella storia possi amo ricordare i
tempi in cui era in vigore il principio cuius regio, eius re-
ligio, in base al quale il popolo si vedeva obbligato a se-
guire il suo monarca nella fede che questi avrebbe adotta-
to, al t empo delle interminabili guerre di religione, che
devastarono l' Europa a causa dell' identificazione tra ideo-
logia religiosa e questione pubblica, in modo che il dissi-
dente religioso (talvolta semplicemente non credente) era
aut omat i cament e considerato dissidente politico e nemi-
co. L' intoppo soffocante di questa organizzazione sociale
della cristianit venne superato dalla riflessione giusnatu-
ralista di una societ che cercava la liberazione dal giogo
della potente influenza delle istituzioni religiose. Questa li-
berazione dovette realizzarla la societ di sua iniziativa e
contro la Chiesa, non venendo da essa capita, perch
questa preferiva il suo potere sociale alla libert e purez-
za di una fede gratuita. La mancanza di lucidit degli evan-
gelizzatori (missionari ad intra) li port a essere i porta-
bandiera della lotta cont ro le libert, contro la scienza, con-
tro l' Istruzione, contro i diritti umani . . .
Non facciamo menzi one dei secoli in cui si difesa la pu-
rezza della fede di fronte alle eresie o ad altre confessio-
ni cristiane con l' enorme violenza dell' inquisizione e le sue
innumerevoli vittime.
Capitolo storico part i col arment e rilevante della storia del-
la missione stato quello del connubi o tra conquista ed
evangelizzazione dei secoli XV-XVIII, al t empo della pri-
ma espansione europea verso l'Africa, l'Asia (iniziata dal
Portogallo) e l'America (iniziata dalla Spagna). La gloria
immarcescibile e profetica di missionari eccezionali, non
pu compensare l' obbrobriosa pagi na storica della giusti-
5
Sotto l'imperatore Teodosio II divennero cos tanto frequenti gli
incendi delle sinagoghe, che la maggioranza degli editti di questo im-
peratore hanno come contenuto la difesa delle sinagoghe e le case
degli ebrei (Lohfink, Gerhard, iNecesita Dios la Iglesia?, San Pablo,
Madrid 1999, p. 321.
422
ficazione che la missione in particolare e la Chiesa in ge-
nerale diedero alla conquista asservitrice
6
, raccomandan-
do e poi sot t omet t endo la stessa Chiesa nascente al Patro-
nat o degli Stati conquistatori
7
. La commemorazi one del
passato Quinto Centenario (1992) ci ha reso fortemente
consapevoli di un rinnovato discernimento della prassi mis-
sionaria del cristianesimo in quest' epoca.
Altro grande capitolo storico missionario ha preso avvio
con il nuovo impulso del colonialismo europeo verso l'Afri-
ca
8
e l'Asia a partire dal secolo XIX
9
. I missionari hanno
seguito le strade e utilizzato gli appoggi delle metropoli co-
lonizzatrici, e queste hanno appoggiato i missionari come
loro forza di legittimazione morale e di estensione cultu-
rale
10
; i missionari hanno fatto un t ut t ' uno di Chiesa e Pa-
tria... Da allora, la parola missione screditata nei pae-
si in cui l' evangelizzazione coincisa con la colonizzazio-
ne. Secondo Rutti
11
, t ut t a l' opera missionaria moderna
avvelenata dal fatto di aver avuto origine con il vincolo del
colonialismo occidentale, che risulta irredimibile; oggi
necessario trovare un' i mmagi ne del t ut t o nuova. Parl ando
i n un convegno svoltosi a Kuala Lumpur nel febbraio del
6
M. Leon Portilla, El reverso de la conquista, Editorial Joaquin Mor-
tiz, Mexico 1964, 1990, pp. 21ss.
7
Globalmente, per molti aspetti, evangelizzazione e conquista fece-
ro parte di un medesimo progetto storico (Cf. Azzi, Ri dando, Mto-
do Missionrio e Prtica de Converso na Colonizaco, in Suess, P.,
org., Queimada e semeadura, Vozes, Sao Paulo 1988, pp. 89-105.
8
II re Leopoldo del Belgio diceva nel 1861: Il mare bagna le nostre
coste, il mondo giace ai nostri piedi. Il vapore e l'elettricit hanno
colmato le distanze. Tutte le terre senza proprietario sulla superficie
del globo, principalmente in Africa, devono diventare campo delle
nostre operazioni e del nostro successo (Verapaz, 59, giugno 2003,
p. 49).
9
Nel Congresso di Berlino del 1885 le potenze europee (Francia, In-
ghilterra, Belgio, Portogallo, Germania) si divisero l'Africa in zone
d'influenza. L'articolo 6 riconosce la libert di predicazione sotto la
protezione delle potenze coloniali. Il colonizzatore desidera che i mis-
sionari appartengano alla sua stessa nazione. Quando il territorio
passa di mano, i vecchi missionari sono sostituiti da quelli del nuo-
vo possessore (Cf. Comby, Jean, La historia de la Iglesia, Verbo Divi-
no, Estella 1995, p. 152).
10
Si veda il testo antologico di questa lezione, riferentesi alla Came-
ra di Commercio di Le Havre.
11
Zur Theologie der Mission, Kaiser Verlag, Mnchen, 1972.
423
1971, Emeri t o Nacpill
12
ha descritto la missione come un
simbolo dell' universalit dell' imperialismo occidentale t ra
le generazioni emergenti del Terzo Mondo. L' attuale strut-
t ura della missione moderna mort a. E la pri ma cosa da
fare recitarle il de profundis e seppellirla. Nel sistema at-
tuale, il servizio pi missionario che oggi un missionario
pu fare all'Asia t ornarsene a casa sua. Sempre nel 1971
anche il keniano John Gatu ha proposto davanti alla chie-
sa riformata ameri cana a Milwaukee una morat ori a dell'im-
pegno missionario occidentale in Africa
13
.
Questi pochi riferimenti alle contraddizioni che racchiude
la storia della missione missionaria attivano una volta di
pi in noi l' ermeneutica del sospetto
14
. Pu un albero
buono dare frutti cattivi? Come ha pot ut o lo spirito mis-
sionario, lo zelo per l' evangelizzazione, produrre questa
storia di violenza e di errori? A cosa si deve questa costante
storica nello sviluppo di due millenni di missione? Si de-
ve all'infedelt personale o collettiva dei missionari, cio a
un peccato di alcuni figli della Chiesa (casi personali e
individuali), o a un peccato della Chiesa stessa (nella sua
dottrina, nelle sue strutture, nella sua prassi storica...)?
Guidati dalla nost ra ermeneutica del sospetto, cercheremo
di trovare elementi teorici che possano essere la causa di
questi mali, che possano essere radici malefiche dell'albe-
ro della missione evangelizzatrice.
B) REVISIONE DEI SUOI FONDAMENTI TEOLOGICI
Nella storia umana teoria e prassi non si possono separare.
I fatti non sono mai ciechi, n la pratica pu tralasciare di
avere elementi teorici. Da una parte, ogni idea, ogni teoria,
anche le pi manifestamente idealiste, hanno un' incidenza
pratica, per azione diretta, per implicazione o per omissio-
ne. Le idee muovono il mondo: lo mettono in marcia o lo
12
Whom does the missionary serve and whot does he do? (in Missio-
nary service in Asia today, Chinese Christian Literature Council, Hong
Kong, 1971, pp. 76-80).
13
Vedere queste e altre testimonianze in D. Bosch, La trasformazio-
ne della missione, Queriniana, Brescia 2000, p. 715.
14
Si veda la lezione 5
a
del nostro corso.
424
trattengono, lo bloccano e paralizzano per secoli, o lo fan-
no cambiare e lo rivoluzionano... Come si dice, non c'
niente di pi pratico di una buona teoria, perch rende
possibile la prassi, la genera, la illumina, la potenzia in scam-
bio fecondo con essa. D'altro canto, ogni pratica, anche la
pi cieca, contiene elementi teorici, sia direttamente che
indirettamente, per implicazione o per omissione.
Dietro questi 20 secoli di evangelizzazione c' anche una
storia delle idee missionarie, sebbene, curi osament e, la
missiologia si sviluppata in forma scientifica solo nel
XX secolo. Per, in forma reale quant o spontanea, non
mai mancat a dietro a ciascun atteggiamento missionario
una teologia che lo causasse o giustificasse.
Vogliamo cominciare a segnalare criticamente alcune del-
le grandi idee teologiche - che sarebbero un po' come i fon-
dament i teologico-dogmatici della missione - che sono sta-
te le ideologie motrici, le giustificazioni e legittimazioni
principali, a sostegno di questa pratica missionaria stori-
ca che abbi amo analizzato nel paragrafo precedente.
La volont salvifica universale di Dio
Evidentemente, la volont salvifica universale di Dio non
un errore teologico, ma una verit fondamentale; pu es-
sere, per, un errore la forma concreta nella quale di fat-
to stata intesa. Perch quella massi ma neotestamentaria
Dio vuole che tutti gli uomi ni si salvino e giungano alla
conoscenza della verit ( l Tm 2,4 )
15
, era intesa di fatto
cos: Dio vuole che tutti gli uomi ni si salvino e giungano
alla conoscenza della nost ra verit. Perch la verit la no-
stra. E pert ant o Dio vuole che la nostra verit sia predica-
ta, annunci at a, diffusa e accettata da tutti. E chi non l'ac-
cetta si sta opponendo alla volont di Dio, nemico di Dio.
L' universalit della volont salvifica di Dio stata intesa
quasi sempre come un' universalit a part i re dalla peculia-
rit occidentale e cristiana.
Ancora oggi non abbiamo chiara la distinzione tra la Verit
15
Si veda il testo antologico di questa stessa lezione, che si riferisce
alla Messa per l'evangelizzazione dei popoli.
425
salvifica e il suo rivestimento culturale giudeo-cristiano oc-
cidentale in cui tale verit viene espressa
16
. Molto meno lo
stato nella storia. Per questo, la convizione che Dio vuole
che tutti gli uomini giungano alla conoscenza della Verit
(nostra) stata un' arma sommament e pericolosa nelle ma-
ni dell'Occidente in questi 20 secoli di storia. Una com-
prensione non corretta di quest'affermazione sulla volont
salvifica universale di Dio, intesa come supporto indiscuti-
bile alla nostra Verit, ha causato - e continua a causare -
grandi danni all' Umanit. Ha occidentalizzato il mondo. Ha
assoggettato culture e popoli al preteso compimento di que-
sta volont divina missionaria. Ha omogeneizzato il mondo
mediante molte attivit - economiche, commerciali, cultu-
rali... - sotto l'egemonia occidentale-cristiana.
Siamo il nuovo popolo eletto
Non ci riferiamo a quant o questa affermazione possa ave-
re di cont enut o metaforico come teologia biblica, ma al-
la sua interpretazione come affermazione diretta, non sim-
bolica n metaforica, bens letterale e assoluta, che co-
me di fatto stata predicata, sentita e intesa storicamente
dai cristiani
17
.
Questa una delle convinzioni teoriche che sta dietro alla
prassi storica di missione piena di violenza a cui abbi amo
appena fatto riferimento. probabi l ment e uno degli ele-
menti teorici che ha fatto pi danno al cristianesimo co-
me tale, nel gettare le fondamenta - soprattutto incon-
sciamente - di quell' atteggiamento di superbia e di prepo-
tenza, di disprezzo verso tutte le altre religioni, che at-
tribuito quasi all' unanimit in t ut t o il mondo al cristiane-
simo.
Pur accettando per s gli stessi rimproveri che l'AT fa al
popolo ebreo di non credersi l'eletto per i suoi meriti..., la
consapevolezza di essere gli eletti di fronte a tutti gli al-
tri non pu non creare una profonda destabilizzazione del
rapport o di uguaglianza tra eletti e non eletti. Il popolo
16
E a volte manca ancora da percorrere molto cammino: Nella Con-
ferenza di Santo Domingo ( 1992) si evidenzi che l'accettazione del-
la sfida dell'inculturazione continua a essere un lungo processo (P.
Suess Evangelizar a partir..., p. 111.
17
Gi abbiamo fatto riferimento a questo tema nella lezione 9
a
.
426
eletto quello che stato preferito da Dio, il pi vicino
a Dio, l' unico depositario della verit rivelata, il popolo te-
stimone di Dio per gli altri, quello che ha il compito di sal-
vare t ut t a l' Umanit e che, pertanto, investito di una mis-
sione messianica, salvifica, pr mundi beneficio...
Questo aspetto ha un legame diretto con l' aspetto cristolo-
gico: le altre religioni sono state fondate dagli uomini; quel-
la cristiana stata fondata da Dio stesso, nella persona di
suo Figlio... e questo filo diretto di connessione con Dio
stesso attraverso Ges ha prodotto con t roppa frequenza
nella storia il cortocircuito esplosivo dell' appropriazione
dell' autorit del Dio Onnipotente da parte dell' autorit
ecclesiastica, che ha portato alle aberrazioni pi vistose del-
la storia della Chiesa
18
. Non solo l' autorit ecclesiastica; an-
che il popolo cristiano ha utilizzato questa convinzione per
invocare Dio (o le sue mediazioni protettrici: la Vergine del
Rosario contro i turchi, la Vergine delle Vittorie contro gli
indios, san Giacomo matamoros [uccisore dei Mori]...) e
chiedere il suo intervento contro i nemici.
Evidentemente questo errore bimillenario si diffuso nel
popolo cristiano e di fatto lo ancora. Fort unat ament e,
per, oggi in crisi. Ora ci sono teologi che hanno ab-
bandonat o la giustificazione apologetica classica di questo
principio e cominciano a chiedere semplicemente che sia
abbandonato
19
.
Il mandat o missionario di Ges
A livello degli specialisti sono gi pi di due secoli che i
vangeli hanno cominciato a essere sottoposti a studi criti-
ci e a essere visti in altra mani era. Per, di fatto, a livello
popolare, fino ad appena alcuni decenni fa - e in buona
part e ancora oggi in molti ambi ent i non colti -, il popolo
cristiano nel suo insieme interpreta i vangeli letteralmen-
te. Tutto ci che nel vangelo appariva detto da Ges era
creduto come detto storicamente da lui, da un Ges che,
18
Si vedano come esempi i testi antologici del capitolo 5 su Ales-
sandro VI e Nicola V.
19
Cf. Torres Queiruga, A., in El dialogo de religiones en el mundo ac-
tual (in GOMIS. org., El Concilio Vaticano III, Herder-El Ciervo, Bar-
celona 2001, p. 70.
427
per di pi, sarebbe stato consapevole di essere il Figlio eter-
no di Dio.
Ci permetteva uno schema d' interpretazione della fede
molto lineare, semplice e diretto: Dio ci ha rivelato la sua
volont in Ges, Ges ce la comuni ca e noi gli crediamo e
obbediamo. Da noi si passa di ret t ament e a Dio, che sta in
Ges. Dio stesso che ci dice t ut t o quello che il vangelo
dice che Ges ha detto.
La missione rientrava in questo stesso schema: la missio-
ne missionaria avrebbe il suo fondament o di ret t ament e in
Dio che, in Ges, l' avrebbe trasmessa a noi con il suo man-
dato missionario, inteso letteralmente come una verit
storica. Sarebbe Ges (e Dio in lui) che originerebbe e por-
rebbe le fondamenta della missione. Dio stesso le tra-
smetterebbe t ut t a la sua autorit, convertendola in un pro-
l ungament o della sua azione salvatrice. Per il mandato
missionario di Ges, la missione godrebbe del maggior
supporto possibile, senza aver dat o luogo a nessun dubbio
o restrizione.
Questo schema tanto semplice e tanto direttamente connes-
so con il divino servito come fondamento della missione
per generazioni, trasmettendo una sicurezza e un' assolutez-
za incomparabili, con i problemi concomitanti a cui abbia-
mo appena accennato nei due punti teologici precedenti.
Questa impostazione in crisi gi da tempo
20
, e questa cri-
si sta giungendo alla base del popolo di Dio. Oggi non
pi possibile leggere il vangelo con quella ingenuit acri-
tica di chi lo considera come una cronaca storica o gior-
nalistica. Oggi non pi possibile andare in missione pen-
sando di stare adempi endo un mandat o storico letterale di
Ges. Oggi c' un consenso generale t ra gli esegeti sul fi-
nale del vangelo di Marco, che risente delle preoccupazio-
ni e domande delle pr i me comuni t cristiane
21
. E c' an-
20
Oggi difficilmente ci sar uno studioso competente del Nuovo Te-
stamento che sia disposto a sostenere che le quattro occorrenze
dell'uso assoluto dell'/o sono nel vangelo di Giovanni, o la maggior
parte degli altri usi, possano essere storicamente attribuiti a Ges
(cf. Thatcher, Adrian, Truly a versori, Truly a God, SPCK, Londra 1990
P- 77).
21
Teiceira, F., Teologia de las religiones, Abya Yala, Quito 2005, p.
19ss.
428
che comune consenso sulla teologia (e la spiritualit ), che
ancora non hanno assunt o veramente la sfida dei risultati
delle varie ondat e di studi storico-critici su Ges
22
.
Pensare semplicemente che Dio port la sua rivelazione al
mondo attraverso Ges e che per mezzo di lui affida ai cri-
stiani come compi t o sino alla fine della storia di converti-
re il mondo al cristianesimo, ha tutte le caratteristiche di
un classico bel racconto, capace di ent usi asmare le ani-
me generose e di liberare gesta eroiche, che oggi per non
pu pi essere accettato da un cristiano di fede adulta e
critica, come si suppone debba essere un missionario
23
. In-
terpretato letteralmente, cos com' stato letto per tanti se-
coli, non pi e non pu pi essere assunt o consapevol-
ment e come un fondamento teologico della missione.
La necessit dell' appartenenza alla Chiesa (esclusivismo)
Il t ema della necessit dell' appartenenza alla Chiesa per
la salvezza , nel linguaggio tecnico della teologia delle re-
ligioni, il t ema dell' esclusivismo
24
, e il l emma che me-
glio lo espri me YExtra ecclesiam nulla salus. Ha do-
mi nat o il pensiero ecclesiastico fino ad appena 50 anni fa,
con pi rigore in alcuni moment i della storia e meno in
altri: a volte stato inteso letteralmente e senza eccezio-
ne
25
; in altri, nel secolo XX soprat t ut t o, era conservato for-
22
Secondo la mia opinione, la riflessione cristologica ed ecclesiolo-
gica non si ancora confrontata con i risultati di queste nuove ri-
cerche bibliche (R. Aguirre, El Jesus histrico a la luz de la exgesis
redente (in RELaT 306).
23
Inquieta vedere come ancora di recente si scrivano manuali di mis-
siologia facendo un uso diretto del mandato missionario e di tutti
i riferimenti biblici presi in senso nettamente letterale e storico, ba-
sandosi con tutta sicurezza su parole pronunciate da Ges storica-
mente, o su citazioni bibliche avulse dal loro contesto, prese come
affermazioni di una verit assoluta oltre il tempo e lo spazio e fuori
da ogni condizionamento storico-critico. Si veda per esempio DE COP-
PI, Paulo, Por urna Igreja toda missionria. Breve curso de missiolo-
gia, Paulus, So Paulo 1994, p. 189.
24
Lo abbiamo gi trattato nelle precedenti lezioni (6
a
e 7
a
) e non ab-
biamo bisogno di ripeterlo qui.
25
II momento culminante della sua inflessibilit senza dubbio il
Concilio di Firenze, citato nella lezione 3
a
.
429
malmente
26
ma vi s' introducevano interpretazioni che lo
ammorbidivano
27
.
Non si deve assolutamente pensare che questo t remendo
errore fosse una semplice tradizione o l' opinione di una
corrente particolare... ma una dottrina chiara, consapevo-
le, custodita, cos da essere ritenuta un ben conosciuto
dogma cattolico
28
e una dottrina infallibile
29
. La Chie-
sa ha impegnato ufficialmente la sua autorit su questo
punt o e possiamo dire che questa dottrina della necessit
della Chiesa per la salvezza degli esseri umani sta dietro
alla maggior part e dell'attivit missionaria dei due millen-
ni di esistenza del cristianesimo. La maggior part e dei mis-
sionari della storia si sono sentiti chiamati alla missione e
sono stati sostenuti nei loro sforzi spesso eroici dalla con-
vinzione che stavano port ando la salvezza ai missionan-
di, e che senza l' appartenenza alla Chiesa non era possi-
bile la salvezza.
Ci si renda conto che questo errore non verte su un pun-
to secondario, accidentale, periferico, ma assolutamente
centrale: l'affare della salvezza dell' umanit, la sua sal-
vezza eterna. Immagi ni amo ci che questo avrebbe si-
gnificato in termini di zelo missionario per la salvezza
delle anime, per i cristiani infiammati dalla carit mis-
sionaria.
Il panorama, del resto, continuava a essere desolante. A
part i re dalle scoperte geografiche, la Chiesa, che pochi de-
cenni pri ma pensava di aver predicato il vangelo a tutto il
26
Un caso esplicito quello della lettera del papa all'arcivescovo Cu-
shing di Boston, del 1949, in rapporto alla rigidit d'interpretazione
di P. Feeney, che fin tragicamente scomunicato, fuori dalla Chiesa,
precisamente per aver difeso che fuori della Chiesa non c' salvez-
za.
27
Si parlava di coloro che appartenevano alla Chiesa con il battesi-
mo di desiderio, riconoscendo pure che si potrebbe trattare di un
desiderio non esplicito e neppure consapevole...
28
Cos lo indica Pio IX, Quomodo conficamur moerore, nel 1863. In
termini simili fanno riferimento a lui vari altri papi.
29
...quell'enunciato infallibile che ci insegna che fuori della Chiesa
non c' salvezza (cf. il citato documento del Sant'Ufficio all'arcive-
scovo di Boston, in American Ecclesiastica! Review 127 (1952) pp. 208-
315. L'originale latino si pu vedere in DS 3866-3872).
430
mondo conosciuto, si scopre come una piccola part e del-
l' umanit, nella quale la maggior part e degli esseri umani
giacciono nelle tenebre e nell' ombra della morte (Sai
106,10) e sono i ncammi nat i verso la loro perdizione eter-
na
30
. .. Questo argoment o - l' immagine di masse umane che
st anno cadendo nell' inferno - fu per secoli l' alimento del-
lo zelo missionario
31
.
Il fattore salvezza eterna o il suo correlato evitare la
condanna, i ndubbi ament e non corri spondono a un ad-
dendo normal e che possiamo mescolare con le nostre
realt umane. Si t rat t a di una realt cos eterogenea che,
quando l ' ammet t i amo e la poni amo in rapport o con le
realt storiche, produce chi arament e uno squilibrio. Lo evi-
denzia concret ament e il caso del padre Antonio Vieira, che
predica ai neri del Brasile: La vostra schiavit non una
disgrazia; piuttosto un gran miracolo, perch i vostri pa-
dri sono nell' inferno per t ut t a l' eternit, ment re voi vi sal-
verete grazie alla schiavit
32
.
Liberare dall' inferno un non cristiano qualcosa di cos
grande valore - senza dubbi o di valore infinito come
eterno l'inferno - che spiazza tutti i ragi onament i uma-
ni: si poteva ben considerare positiva e miracolosa la schia-
vit dei neri - pensava Vieira - se li salva dall' inferno. Si-
milmente: si possono ben conquistare terre abitate da al-
tri popoli e condurli alla fede cattolica, se con questo si
concede loro il bene infinitamente maggiore della loro sal-
vezza eterna
33
. Per questo si possono anche battezzare a
30
Non cade neppure una goccia di grazia sui pagani affermava il
giansenista Saint-Cyran, in una sorta di entusiasmo e di sacro orro-
re (cf. Santos, Angel, Teologia sistemtica de la misin, Verbo Divino,
Estella 1991, p. 255).
31
Lo era anche dello zelo apostolico per la missione ad intra.
32
Vieira, Antonio, Sermo decimo quarto (1633), in Sermes, voi. 4,
tomo 11, n. 6, ed. Elio & Irmo, Porto 1959, p. 301.
33
...questi popoli abitanti le suddette isole e terre credono in un Dio-
Creatore in Cielo; essi vengono giudicati atti a ricevere la fede catto-
lica ed i buoni principii [...] E nelle isole e terre scoperte si trovano
oro spezie e altre cose preziose di vario genere e qualit. [...] voi ave-
te deciso [si rivolge ai re di Spagna] di sottomettere le dette terre e
isole, e i loro abitanti e indigeni, col favore della divina clemenza, e
di condurli alla fede cattolica. [...] per l'autorit dell'Onnipotente Id-
dio conferitaci nella persona di san Pietro, e per il Vicariato di Ges
431
migliaia i pagani, prat i cament e senza preparazi one n suf-
ficiente consapevolezza
34
. Se la Chiesa il mezzo privile-
giato e unico per la salvezza eterna, s' introduce la possi-
bilit d' immaginare qualsiasi stravagante argoment o.
Ogni volta che nella storia della riflessione teologica si
dubitato che la Chiesa fosse necessaria per la salvezza,
entrata in crisi l' identit della missione. Se si possono sal-
vare senza la missione, a cosa serve la missione?, stato
un ritornello ricorrente nella storia fino ai giorni stessi del
Concilio Vaticano II, fino a non pi di 40 anni fa. Ci si
deve al fatto che la maggior part e dell' attivit missionaria
del cristianesimo era fondata sull' errore dell' esclusivismo.
Fort unat ament e questo errore stato ormai smantellato
nel cristianesimo, sia cattolico che protestante.
La visione negativa del pluralismo religioso
Un altro grave errore stato alla base della missione mis-
sionaria classica: la concezione negativa del pluralismo re-
ligioso. Di nor ma i cristiani hanno pensat o che il plurali-
smo religioso fosse cattivo e cont rari o alla volont di Dio.
Non proveniva da Dio stesso, ma dal suo nemico, che se-
mi n di notte la zizzania, e che perci stesso doveva es-
sere combat t ut o medi ant e lo sforzo missionario per con-
Cristo che noi assolviamo in terra [...] noi le concediamo in perpe-
tuo con tutti i loro dominii, citt, castelli, siti o villaggi e con tutti i
privilegi, le giurisdizioni e dipendenze, a voi e ai vostri eredi e suc-
cessori, re di Castiglia e Leon, e noi eleggiamo, investiamo e nomi-
niamo voi, i vostri eredi e i vostri successori, signori di queste terre
con pieni, liberi e completi poteri, autorit e giurisdizione (Ales-
sandro VI ai Re Cattolici di Spagna, nella Bolla Inter Coetera del 4
maggio 1493; Bullarium Romanum V, pp. 361ss.).
J4
Francesco Saverio, pieno di zelo per la salvezza degli asiatici che
non conoscevano Cristo e che - secondo la sua teologia - andavano
alla condanna eterna, intraprende un lavoro missionario pieno di ze-
lo e urgenza: In un mese battezzai pi di diecimila persone... {Car-
tas y escritos, Editorial Catlica, Madrid 1953, p. 172, dove racconta
in cosa consisteva la sommaria cerimonia del battesimo). Pare che
in un secondo momento cambi il suo stile missionario. In un' altra
parte del mondo, il francescano Toribio Motolinia informa che fino
al 1536 i religiosi della Nuova Spagna (Messico) avevano battezzato
cinque milioni di indigeni...
432
vertire i seguaci delle altre religioni (ed era qualcosa di co-
s i mport ant e che pressoch qualsiasi met odo risultava va-
lido). Il compito della missione si completava con il man-
tenere al sicuro le pecore gi riunite nell'ovile, attraverso
la vigilanza e la violenza (la censura e l' Inquisizione).
Il pluralismo religioso era qualcosa che si concedeva pura-
ment e di fatto, non di diritto, non per volont di Dio.
Era cattivo, e pert ant o doveva essere combat t ut o. Il com-
battere questo indesiderato pluralismo, il desiderio di otte-
nere che da dove sorge il sole fino al t ramont o si offra in
tutto il mondo un medesimo sacrificio alla t ua divina Mae-
st
35
, era uno dei fondamenti teologici della missione.
Oggi, fortunatamente, questo errore teologico in fase di
superament o e, in concomitanza, lo anche questo tipo
classico di missione, nemica del pluralismo religioso.
Abbiamo affrontato 5 elementi teorici che stavano alla ba-
se di questa pratica missionaria che il discernimento sto-
rico valuta negativamente. Per motivi di brevit, non ne af-
fronteremo altri, quali pot rebbero essere:
- il desiderio di port are a t ut t o il mondo la redenzione ope-
rat a dalla mort e di Ges;
- la consapevolezza del cosiddetto carattere assoluto del
cristianesimo;
- la convinzione che solo Cristo salva;
- una concezione sbagliata di ci che la Gloria di Dio...
Come si vede, sono fondamenti in crisi, nonost ant e alcuni
procl ami no con t roppo zelo e ciecamente la validit asso-
luta della missione, come sempre, come se nulla fosse
cambi at o. Quando alcuni fondamenti s' incrinano o scom-
pai ono, pu scomparire anche ci che essi sostenevano.
Questo ci che oggi sta succedendo: non la missione, ma
si curament e un tipo di missione cessa di aver fondamen-
to e significato, e pu e deve sparire.
Vogl i amo concl udere quest a par t e con le parol e di
Reinholdt BERNHARDT, che condividiamo: In questa storia
criminale del cristianesimo, la responsabilit ricade, pre-
35
Cf. la Messa per l'evangelizzazione dei popoli riportata nella se-
zione dei testi antologici.
433
cisamente, sull' insieme degli elementi teorici che hanno re-
so possibile tale prepotenza
36
. Le idee, la teologia della
missione, consciamente o inconsciamente, sono state la
causa di quelle pratiche che oggi riteniamo sbagliate, so-
no state la radice malefica che ha fatto produrre frutti cat-
tivi all' albero della missione. E se stata la teologia, anche
oggi dev'essere la teologia a sanare quelle radici, perch
l' albero produca buoni frutti.
Fatta questa revisione della storia della missione, t ant o nel-
la sua prassi come nella sua teoria, si amo nelle condizio-
ni di farci le domande decisive:
- necessaria la missione?
- che missione valida oggi?
D. necessaria la missione missionaria?
Si pu dare una risposta a tre diversi livelli.
NON NECESSARIA PER LA SALVEZZA DEI DESTINATARI
Ancora nel 1949, il Sant'Ufficio della Chiesa Cattolica ri-
teneva ufficialmente infallibile l' enunciato che fuori del-
la Chiesa non c' salvezza
37
, per cont emporaneament e
gli applicava le gi accennate interpretazioni che rendeva-
no alquanto possibile la salvezza fuori della Chiesa. Ebbe-
ne, questa salvezza che avveniva fuori della Chiesa era con-
siderata come eccezione, come anormal i t dent ro il pi ano
di Dio. Oggi, quando invece ri conosci amo che questa sal-
vezza extraecclesiale il cammi no ordi nari o della salvez-
za, dobbi amo riaffermare rot ondament e che non n mai
stato certo che fuori della Chiesa non ci fosse salvezza,
e non verit n lo mai stata che la missione missiona-
ria fosse necessaria per la salvezza dei non cristiani.
Valorizzando e al t ament e ammi r ando la fede e l' eroismo
missionario di tanti uomi ni e donne che, mossi da questa
opinione teologica, hanno dedicato il meglio della loro vi-
36
H. Bernhardt, La pretensin de absolutez del cristianismo, Descle,
Bilbao 2000, pp. 315-316.
37
Nella citata lettera del Sant'Ufficio all'arcivescovo Cushing, di Bo-
ston.
434
t a all' evangelizzazione, dobbi amo riconoscere che questa
non era corretta n stata storicamente benefica. La mis-
sione missionaria che crede che la salvezza altrui dipenda
da essa dev' essere abbandonat a, perch si colloca in una
posizione teologica che distorce gravemente il messaggio
cristiano.
NON NECESSARIA PER LA PIENA
SALVEZZA DEI DESTINATARI
Questa negativa si riferisce alle posizioni che accettano teo-
ricamente che ci sia salvezza fuori della Chiesa, ma nella
pratica la ri ducono a mi ni mi inaccettabili, con l'afferma-
re che la religione dei non cristiani sol una prepara-
zione evangelica, una religione naturale, qualcosa che
chi amat o ad essere port at o a pienezza dal cristianesimo,
poich in realt la sua situazione salvifica gravemente
deficitaria. Teoricamente, ammet t ono che non sarebbe
necessaria la missione per il s o il no della salvezza, ma
certamente lo sarebbe per una salvezza degna o piena.
All'attuale livello dobbi amo affermare che, salvificamente
parlando, Dio non ha e non ha mai avuto preferenza di
persone e di popoli, che Dio accetta e accoglie chiunque
ama e pratica la giustizia a qual unque nazione apparten-
ga, che in mat eri a di salvezza non ci sono popoli eletti
per essere salvatori di altri popoli scelti per essere la-
sciati in situazioni gravemente deficitarie di salvezza. Nes-
suno si trova in una condizione di sostanziale inferiorit
per la salvezza.
Anche in questo caso dobbi amo dire che la missione mis-
sionaria che crede di port are la pienezza della salvezza a
destinatari che soffrono di un grave deficit di possibilit di
salvezza, si trova anch' essa in una posizione teologica che
distorce gravemente il messaggio cristiano.
S, NECESSARIA PERCH TUTTE LE RELIGIONI -
ANCHE QUELLA CRISTIANA - GIUNGANO ALLA PIENA
SALVEZZA E ALLA PIENA SUA CONOSCENZA
Il motivo nella di mensi one infinita del Mistero di Dio e
della sua inesauribile ricchezza, e nella sovrabbondanza
435
delle sue manifestazioni. Sebbene Dio, da part e sua, si ri-
veli e consegni completamente, da parte nost ra nessuna re-
ligione capace di accoglierlo e riceverlo debitamente. D'al-
t ro canto, Dio si manifestato in modi cos vari e mul-
tiformi a cos tanti popoli che impensabile che una reli-
gione possa accumul are in se stessa t ut t o ci che l' insieme
delle religioni hanno pot ut o captare di Lui. impensabi-
le di principio che una religione stia includendo t ut t o il mi-
stero di Dio e non abbia niente da i mparare dalle altre
38
.
Secondo questi principi teorici, la missione missionaria,
(ogni missione missionaria, anche quella che pot r emmo ri-
cevere noi da part e di altre religioni), ha senso ed ne-
cessaria per la pienezza salvifica t ant o dei missionari che
dei missionandi, t ant o di una religione come di un' altra.
Questa argomentazione non solo avvalla la missione clas-
sica (l'invio di alcuni missionari di una religione ad alcu-
ne comuni t di un' altra) ma vale anche per il dialogo in-
terreligioso, che pu costituire un vero scambio delle di-
verse pienezze di salvezza di ogni religione, senza mis-
sionari e missionandi, bens medi ant e rappresent ant i del-
le diverse religioni per lo scambi o del dialogo religioso.
Forse si amo giunti a un' epoca in cui piuttosto che inviare
missionari a un' altra religione meglio far in modo che si
stabilisca un dialogo interreligioso t ra le due religioni, uno
scambio di doni ed esperienze religiose. Perch ormai non
si tratta di andare a salvare n a migliorare i deficit salvi-
fici di nessuno, ma di offrire e ricevere, di condividere e
mut uament e arricchirci con le esperienze religiose di cia-
scuna parte.
Con questo stiamo dicendo che la missione continua ad ave-
re un significato e ad essere valida e perfino necessaria, se-
gnalando per al cont empo che stiamo parlando di una nuo-
va forma di missione
39
. C' una missione che non ha pi
senso e che deve morire, per resuscitare in un nuovo tipo di
missione. Forse per alcuni la vecchia missione risulter ir-
riconoscibile nel volto della nuova. Altri discuteranno se
38
Bench sia logico che, nel caso concreto di una determinata reli-
gione, potrebbe essere vero.
39
Poi, pi in l, concretizzeremo questa nuova forma con pi detta-
gli-
436
realmente la stessa e se tra di esse c' vera continuit. A noi
ci che pare decisamente importante che la nuova sia real-
mente l'unico volto che la missione deve rivestire oggi e
nell' immediato futuro.
E. Quale missione, dunque, oggi?
Una missione che accetti sinceramente e conseguente-
ment e che fuori della Chiesa c' Salvezza, che fuori di es-
sa c' molta Salvezza, e che si tratta di una Salvezza auto-
noma e indipendente dalla Chiesa, nelle mani di Dio sol-
t ant o.
Una missione che si aut ocomprenda su fondamenti teo-
logici nuovi. Che porti un messaggio religioso interamen-
te ricostruito su un nuovo paradi gma. Che superi l'esclu-
sivismo e l' inclusivismo che sono serviti da fondament a su
cui stato costruito t ut t o l'edificio della vecchia com-
prensione del cristianesimo. Oggi si pu fare una missio-
ne accettabile solo da una teologia pluralista.
Una missione che non creda di andare in un luogo di mis-
sione che sia un vuoto soteriologico, un luogo abban-
donat o dalla mano di Dio, un popolo emarginato dall'af-
fetto di Dio, non eletto, messo in secondo pi ano di fronte
ad altri popoli, o, semplicemente, lasciato alle sue cre-
denze, in un grave deficit salvifico. Che sia convinta che
la Storia della salvezza oltrepassa i limiti della sua religio-
ne e non lascia alcun luogo umano sguarnito della sua Gra-
zia. Che riesce a contemplare la presenza della Storia del-
la salvezza in quel popolo, da sempre, e in pienezza.
Una missione che non creda di doversi realizzare in un
vuoto evangelico, senza una Buona Novella che Dio ha
dato, in molti modi, anche al popolo missionando, in altri
tempi
40
e anche adesso. Una missione che cerchi di ascol-
tare la Buona Novella di questo popolo, che chieda ^ a n -
nuncio della Buona Novella che questo popolo pu co-
municarle, e che l'accolga in modo reverente e fruttuoso.
Che valorizzi la rivelazione di Dio alle altre religioni e con-
40
Eb 1,1.
437
cretamente al popolo al quale inviata. Che non guardi le
Sacre Scritture di questo popolo come letteratura reli-
giosa molto venerabile, ma come vera Parola di Dio, di
Colui che parla e soffia dove vuole e come vuole.
Una missione che abbia un' est rema attenzione per di-
stinguere ci che sono la fede, la religione e la cultura, per
non confonderle n aggredirle neppure involontariamen-
te. Che cerchi di conoscere, il meglio possibile, la cultura
del suo popolo, per assumerla e farla propria, inculturan-
dosi e i ncul t urando la religione e la fede che desidera con-
dividere. Che non imponga cultura straniera come Van-
gelo n come religione.
Una missione che non pret enda di convertire gli altri: n
come obiettivo fondamentale e neppure come obiettivo
41
.
Che st ando cos impostate le cose, la conversione sia un' ec-
cezione, e che, in ogni caso, sia possibile una conversione
in ciascuna delle due direzioni. Che, di norma, non si aspet-
ti maggiori conversioni al cristianesimo di quant e se ne po-
trebbero verificare anche in senso contrario. Che l' unica
conversione che si pret enda e si cerchi sia, realmente, la
conversione di tutti a Dio e alla sua volont, andando ver-
so di Lui tutti per i molti cammi ni di Dio
42
-
Una missione che sia mossa anche da un sincero deside-
41
Nell'era delle missioni, che coincise con l'era della conquista del
mondo da parte dell'Occidente, la vocazione missionaria della Chie-
sa si polarizz sulla conversione dei non cristiani. Nell'era dell'ecu-
menismo interreligioso, invece, questa stessa vocazione dovr cen-
trarsi sulla testimonianza del Regno, che sempre pi in l delle fron-
tiere visibili della Chiesa... (Geffr, Claude, Para un cristianismo mun-
dial, in Selecciones de teologia 151/38 (1999) p. 213); ID, La mission
comme dialogue de salut, citato da F. Teixeira, Teologia das religies,
Paulinas, So Paulo 1995, p. 226; anche Teixeira, ibidem, p. 227, no-
ta 442).
42
Potremmo prendere l'esempio di Swami Vivekananda mentre si ri-
volgeva al Parlamento mondiale delle religioni: Voglio forse che i
cristiani si facciano ind? Dio me ne liberi. Desidero forse che gli
ind o i buddisti si facciano cristiani? Dio non voglia. Il cristiano non
deve farsi ind o buddista, n l'ind o il buddista devono farsi cri-
stiani. Ognuno di loro deve assimilare gli altri e contemporaneamente
preservare la propria individualit e crescere (Barrows J.H., The
World's Partiament of Religions, voi. I, Publishing Co., Chicago 1983,
p. 170).
438
rio d' incontrare, conoscere e accogliere la religione dell'al-
t ro e d' irreligionarsi
43
in essa: accettare e scoprire con
gioia la capacit dell' altra religione di medi are il propri o
rapport o col mistero di Dio. Che l'obiettivo della missione
sia il reciproco arri cchi ment o e la comuni one nello spi-
rito con i membri di altre fedi
44
.
Una missione che non sia verticale, dall' alto al basso (pa-
ternalista, da forte a debole, da colonizzatore a colonizza-
to, da persone colte a popolo incolto, da istituzioni che pos-
sono sprecare mezzi a comuni t povere, da chi ha la sal-
vezza a chi non la possiede...), ma che sia orizzontale e bi-
direzionale: tra eguali, tra religioni di uguale dignit, non
solo per dare ma anche per ricevere, dove nessuna delle
parti abbia quei grossi pregiudizi di autosufficienza che
rendono impossibile il dialogo
45
...
Una missione che non pret enda di servire pri ma di tut-
to la religione e le sue istituzioni o Chiese, ma la Vita (che
include la religione ma la supera). Che non voglia t ant o fa-
re chiesa... quant o costruire il Regno nel Mondo e nella
Storia. La principale forma di missione missionaria conti-
nua a essere l'esercizio della grande missione delle reli-
gioni: l' utopia del Regno, che inizia con la cura e il poten-
ziamento della Vita. Cos la missione missionaria s'iscri-
ver dentro e in rapport o diretto con la grande missione
delle religioni.
Una missione nella quale l' annuncio di Ges Cristo sia
solo la met del processo, essendo l'altra met la ricezio-
43
Torres Queiruga, A., Cristianismo y religiones: Inreligionacin y
cristianismo asimtrico, in Sai Terrae 997 (gen. 1997) pp. 3-19; e in
RELaT241.
44
J. Dupuis, Dilogo inter-religioso, in Dicionrio de Teologia Funda-
mental, Vozes/Santurio, 1994, pp. 232-234.
45
Quando uno degli interlocutori nel dialogo insiste - per quanto
cortesemente e delicatamente lo faccia -, sul fatto che lui che pos-
siede la normativa e l'ultima parola, questo dialogo pu solo andare
a finire come la faccenda del gatto col topo (Knitter, P., La teologia
de las religiones en el pensamiento catlico, in Concilium 203 (gen.
1986) p. 128. Se il cristianesimo la verit definitiva, la rivelazione
assoluta di Dio all'umanit, non resta che una strada per le altre re-
ligioni: convertirsi al cristianesimo. Di fatto, siamo di fronte al dia-
logo tra l'elefante e il topo (Henri Maurier, Thologie des religions
non chrtiennes, in Lumen Vitae 31 (1976) p. 89.
439
ne dell' annuncio che l' altra religione deve fare a noi cri-
stiani per condividere la sua ricchezza.
Una missione decisa a inculturarsi e a irreligionarsi.
Stiamo sognando troppo? Non pi di ci che il Vangelo so-
gna. Alcuni di ranno che questo utopico e impossibile. Ri-
spondi amo: non pi del Vangelo stesso. Sent i amo questo
modello di missione come quello che ci chiede oggi il Van-
gelo, all'altezza della prospettiva storica e teologica che ab-
bi amo raggiunto.
E certo che muoversi verso questo tipo di missione pu si-
gnificare una conversione con rischio: abbandonare ogni
proselitismo, smettere di credere nella forza, ri nunci are al-
lo spiegamento dei mezzi nella missione... Pu implicare
l' opzione per la qualit e il rischio di perdita sul pi ano nu-
merico
46
. Forse, al meno per qualche t empo, l' atteggiamento
da assumere dovr essere quello che suggeriva Bonhoef-
fer: La Nostra Chiesa, che in questi anni ha lottato solo
per la propria sopravvivenza, come se essa fosse il suo fi-
ne, incapace di essere portatrice, per gli esseri umani e
per il mondo, della parol a che riconcilia e redi me. Per que-
sto le parole di altri t empi devono tacere, e il nost ro esse-
re cristiano consister solo in due cose: pregare e pratica-
re la giustizia
47
.
F. LA MISSIONE IN ASIA: UN FALLIMENTO ISTRUTTIVO
Dopo quat t ro secoli di sforzi missionari, la presenza del
cristianesimo in Asia quant i t at i vament e e qualitativa-
46
La grandezza quantitativa delle chiese cristiane esistenti oggi si de-
ve, in buona parte, al fatto che nei secoli in cui si form storicamente
la cristianit, si ebbe una negazione sistematica dei diritti fonda-
mentali di libert di coscienza e di religione. A mantenere una si-
tuazione di inflazione del numero statistico dei cattolici contribuisce
il costume (rinforzato dal codice di diritto canonico) di battezzare i
bambini nella prima infanzia. Pertanto, la diminuzione numerica dei
cristiani non un problema fondamentale. Il problema migliorare
la qualit (XIX Congresso di Teologia di Madrid, 9-12 sett. 1999, El
cristianismo ante el siglo XXI).
47
Letters and Papers from the Prison (The Enlarged Edition), SCM
Press, London 1971, p. 300.
440
ment e minoritaria: uno scarso 2% delle masse del Conti-
nente, t enendo cont o che una buona met di quest a po-
polazione cristiana si trova nelle Filippine, paese che nel
suo processo di cristianizzazione si visto obbligato a per-
dere le sue radici asiatiche. L'Asia nel suo insieme ha ri-
fiutato il cristianesimo, per secoli. del t ut t o normal e par-
lare del fallimento storico del cristianesimo in Asia
48
. Le
Chiese che sono in Asia sono Chiesa in Asia, non
dell'Asia; si t rat t a molte volte di rami asiatici di Chiese
locali di Roma, Inghilterra...
49
.
Il cristianesimo stato rifiutato in Asia, non solo perch
non si inculturato, ma anche perch non si irreligio-
nato. Non si inculturato, come invece ha fatto in Euro-
pa, dove ha assunt o la cultura r omana e la filosofia greca.
Non si irreligionato, come ha fatto per esempio in Asia
il buddi smo, che una volta fuori dal suo ambi ent e origi-
nario, si trasformato assumendo la religiosit dei luoghi
dov' stato port at o.
In America il cristianesimo n si inculturato n si irre-
ligionato: semplicemente ha invaso, si i mpi ant at o e ha
completato con la conquista spirituale la conquista ma-
teriale port at a a t ermi ne dagli imperi cristiani. Ha preso il
posto delle religioni aborigene, le ha perseguitate e sradi-
cate
50
.
In Africa accadut a la stessa cosa, anche se, essendo av-
venuta pi tardi, la materialit dell' espansione non si rea-
lizzata con una conquista pur a e dura, ma con st rut t ure
colonialiste. Come mai la penetrazione cristiana che si
verificata in Africa non si verificata in Asia? Perch in
Asia il cristianesimo ha affrontato non religioni cosmiche,
48
Voci autorizzate annunciano che tale fallimento continuer: L'Asia,
come indicano chiaramente le circostanze, sar sempre un continente
non-cristiano (Aloysius Pieris, El rostro asiatico de Cristo, Sigueme,
Salamanca 1988, p. 52). Non pensava lo stesso Giovanni Paolo II che,
nella Ecclesia in America, auspicava che il terzo millennio fosse quel-
lo della grande raccolta cristiana in questo vasto continente (n. 1).
Nella Commissione vaticana per l'America Latina pensano inoltre che
L'America Latina chiamata a rievangelizzare l'Europa e ad evan-
gelizzare l'Asia (Cf. Bollettino ufficiale della Diocesi di Coln-Kuna
Yala, 36 (die. 2000) p. 11).
49
Ibid., p. 74.
441
ma metacosmiche
51
. Da una parte giunto t roppo tardi
52
;
dall' altra si presentato inestricabilmente uni t o con la cul-
tura greco-latina e radicalmente contrario a ogni irreli-
gionazione. I teologi asiatici confermano che questo ci
che sta alla base del secolare fallimento storico del cri-
stianesimo in Asia. Quali potrebbero essere le cause di que-
sti atteggiamenti?
a) Prima di t ut t o, la mancanza di chiarezza storica per di-
stinguere tra fede, cultura e religione. Non possi amo ne-
gare che la chiara distinzione che oggi stiamo acquisendo
tra questi concetti un risultato delle scienze ermeneuti-
che, che stiamo appena iniziando a comprendere.
b) D'altra parte, ha giocato i ndubbi ament e un ruolo pre-
ponderant e l' esacerbata consapevolezza dell'esclusivi-
smo che ha caratterizzato il cristianesimo. Come abbia-
mo detto nelle lezioni precedenti, tutte le religioni consi-
derano se stesse la vera religione, come frutto di un mec-
canismo spont aneo delle condizioni stesse della conoscen-
za religiosa storica dell' umanit. Succede per che il cri-
stianesimo abbia avuto motivi maggiori per considerar-
si la religione esclusiva, come, per esempio, l'essersi con-
siderato l'unica religione fondata da Dio in persona
53
.
Ci ha fatto s che si sia considerato sacro in tutti e cia-
scuno dei suoi elementi, intoccabile nelle sue formule dog-
matiche (sebbene appart enent i chi arament e alla cultura
grecolatina), impossibile ad essere contaminato da ele-
ment i pagani di altre religioni.
e) Per, senza dubbio, possiamo anche identificare come
una delle cause, forse inconscia, il suo interesse sociologi-
co come istituzione. La religione, soprattutto quando pren-
de forma di Chiesa, si costituisce di fatto come istitu-
50
Siller, Clodomiro, El monoteismo indigena, in Teologia India, to-
mo II, Abya Yala, Quito 1994, p. 94.
51
Post-assiali diremmo nel linguaggio della lezione 19
a
.
52
Pieris riflette lungamente sull'impossibilit che una religione me-
tacosmica ne rimpiazzi un' altra gi penetrata in un gruppo umano
(Hay sitio para Cristo en Asia?, in Concilium 240, apr. 1993, pp. 55-
74).
53
Cf. John Hick, La metfora de Dios encarnado, Abya Yala - Agen-
da Latino-americana, Quito 2004.
442
zione sociologica, con la sua propri a hybris e concupi-
scenza, la sua preoccupazi one di domi ni o e sopravviven-
za, il suo aut ocent rament o, la lotta per il potere, per il pre-
stigio, per la sua propria coesione e forza... Questo fatto-
re si verificato soprattutto nel cristianesimo cattolico,
che, come si sa, la religione del mondo che ha acquisito
una maggiore dimensione e dinamica istituzionale socio-
logica centralizzata. Per secoli la Chiesa cattolica non ha
consentito il pi piccolo adat t ament o, inculturazione o
reinterpretazione, mant enendo la sua uni t dottrinale, teo-
logica e liturgica come un valore non negoziabile. Con ci,
consciamente o inconsciamente, assicurava la sua uni t
mondiale, la sottomissione asiatica al centro r omano e la
coesione e forza dell' istituzione. O questo pretendeva.
Non ci che pretese Costantino per il suo i mpero nel con-
vocare i vescovi al concilio di Nicea e dare origine al pro-
cesso della costruzione del dogma cristologico unico? Per
evitare la rovina dell' Impero Romano, Costantino non si
convert, ma utilizz il cristianesimo per sostituire la reli-
gione romana, che era in evidente decadenza, e assicura-
re con esso la mi nacci at a uni t dell' impero. Il finale del
processo gi lo conosciamo: Costantino riusc a rinforza-
re l' impero, ottenne che il cristianesimo si convertisse nel-
la sua religione di stato e risult legittimato come luo-
gotenente terreno dell' autorit dell' unico Dio e di suo Fi-
glio Ges Cristo. Non fu Costantino che si convert, ma il
cristianesimo che si convert di fatto in una religione im-
periale, non solo mat eri al ment e, ma anche formalmente,
in quant o assunse le caratteristiche imperiali e imperiali-
ste (impositivo, intollerante di ogni alterit, persecutore di
altre religioni, rivendicatore della propria esclusiva, espan-
sionista, conquistatore, livellatore di culture, sprezzante
con le religioni...).
Questo taglio imperiale del cristianesimo proviene dalla
sua stessa nascita (che avvenne real ment e nei secoli IV e
V, non pri ma) ed compl et ament e est raneo allo stile di
Ges di Nazareth. Questo stile, che lo ha accompagnat o
per 17 secoli, non forse un atteggiamento da cui deve an-
cora convertirsi? Non per questo atteggiamento impe-
rialista (derivante dalla sua configurazione definitiva, nel
IV secolo), che stato rifiutato nei luoghi in cui non riu-
scito a imporsi con la forza, per esempio in Asia?
443
Non sar dunque questo fallimento storico del cristianesi-
mo in Asia, debitamente analizzato, a rivelarci la necessit
di un cambi ament o? E cio:
- una conversione radicale del cristianesimo, che signifi-
chi un abbandono sincero di questo stile imperialista;
- una conversione sincera al pluralismo religioso, cio, una
convinta accettazione del valore delle altre religioni, della
presenza piena di Dio in esse e pert ant o del loro carattere
di mediazioni dell' incontro con Dio;
- una cessazione della missione imperialista, cessazione
di ogni atteggiamento missionario che non rinunci a im-
porre cultura, che non sia rivestito di uno zelante rispetto
per la religione dell' altro, che non rinunci al sogno di con-
quistare il mondo;
- un ri nnovament o totale della missione missionaria cri-
stiana, conforme al nuovo paradi gma che abbi amo pi so-
pra descritto.
Il futuro ormai non la missione classica, la conquista
spirituale, il domi ni o del mondo da part e di una istitu-
zione ecclesiastica, il sottomettere tutte le ani me a Cristo
e il trionfo della religione cristiana su tutte le religioni del-
la terra. Questo cammi no si rivelato teoricamente im-
praticabile, e concret ament e da t empo in un vicolo cie-
co, non solo in Asia.
Il futuro il dialogo religioso. Non come mezzo n come
strategia, ma come valore in se stesso. Dialogo come aper-
t ura del cuore della nost ra religione e come accoglienza
della religione dell' altro. Lasciando allo Spirito la respon-
sabilit di portarci dove vuole Lui, dove per il moment o
non sappi amo.
II. Testi antologici
Non cristiani: in una situazione gravemente deficitaria
Con la venuta di Ges Cristo salvatore, Dio ha voluto che
la Chiesa da Lui fondata fosse lo strumento per la salvezza
di tutta l' umanit (cf. At 17,30-31 ). Questa verit di fede nien-
te toglie al fatto che la Chiesa consideri le religioni del mon-
do con sincero rispetto, ma nel contempo esclude radical-
mente quella mentalit indifferentista ' improntata a un re-
444
lativismo religioso che porta a ritenere che una religione va-
le l'altra'. Se vero che i seguaci delle altre religioni posso-
no ricevere la grazia divina, pure certo che oggettivamen-
te si trovano in una situazione gravemente deficitaria se pa-
ragonata a quella di coloro che, nella Chiesa, hanno la pie-
nezza dei mezzi salvifici. [...] La missione ad gentes anche
nel dialogo interreligioso "conserva in pieno, oggi come sem-
pre, la sua validit e necessit". La Chiesa infatti, guidata
dalla carit e dal rispetto della libert, dev'essere impegna-
ta pri mari ament e ad annunciare a tutti gli uomini la verit,
definitivamente rivelata dal Signore, ed a proclamare la ne-
cessit della conversione a Ges Cristo e dell'adesione alla
Chiesa attraverso il Battesimo e gli altri sacramenti, per par-
tecipare in modo pieno alla comunione con Dio Padre, Fi-
glio e Spirito Santo (Dominus Jesus, 2000, n. 22).
Alessandro VI autorizza e raccomanda
contemporaneamente la conquista e la missione
Per quant o i vostri summenzi onat i inviati pot erono giu-
dicare, questi popoli abitanti le suddette isole e terre cre-
dono in un Dio-Creatore in Cielo; essi vengono giudicati
atti a ricevere la fede cattolica ed i buoni principii [...] E
nelle isole e terre scoperte si trovano oro spezie e altre co-
se preziose di vario genere e qualit. [...] voi avete deciso
di sottomettere le dette terre ed isole, e i loro abitanti e in-
digeni, col favore della divina clemenza, e di condurli alla
fede cattolica. [...] esclusivamente per la nostra liberalit,
sicura conoscenza e pienezza del potere Apostolico, per
l' autorit dell' Onnipotente Iddio conferitaci nella persona
di san Pietro, e per il Vicariato di Ges Cristo che noi as-
solviamo in t erra [...] noi le concedi amo in perpet uo con
tutti i loro domini, citt, castelli, siti o villaggi e con tutti
i privilegi, le giurisdizioni e dipendenze, a voi e ai vostri
eredi e successori, re di Castiglia e Leon, e noi eleggiamo,
investiamo e nomi ni amo voi, i vostri eredi e i vostri suc-
cessori, signori di queste terre con pieni, liberi e completi
poteri, autorit e giurisdizione (Alessandro VI ai Re Cat-
tolici di Spagna, nella Bolla Inter Coetera del 4 maggio 1493 ;
Bullarium Romanum V, pp. 361 ss.).
445
Nicola V e i pagani
I regni, contadi, ducati, principati e altri domini, terre e
campi in possesso dei [...] saraceni, pagani e infedeli e ne-
mici di Cristo [...] per l' autorit apostolica vi conferiamo
la piena e libera facolt d' invaderli, conquistarli, soggiogar-
li e ridurli in perpetua servit, cos come coloro che in es-
si abitano (Breve Divino amore communiti, di Nicola V
ad Alfonso re del Portogallo, del 16 giugno 1452)
La schiavit non una disgrazia
La vostra schiavit non una disgrazia; piuttosto un
gran miracolo, perch i vostri padri sono nell' inferno per
t ut t a l' eternit, ment re voi vi salverete grazie alla schia-
vit (VIEIRA, Antonio, Sermo dcimo quarto (1633), in
Sermes, voi. 4, t omo 11, n. 6, Elio & Irmo, Porto 1959,
p. 301).
La Camera di commercio di Le Havre e i missionari (1904)
La Camera di Commercio di Le Havre...
Considerando che, se si deplora la poca fretta dei francesi
di stabilirsi in quei paesi lontani per stabilire l il com-
mercio e l' industria, i nostri missionari al contrario non
vacillano a espatriare perfino verso i paesi meno civilizza-
ti, dove fanno apprezzare le loro dottrine morali, qualun-
que sia la loro religione di appart enenza...
Considerando che questi missionari sono allo stesso tem-
po veri agenti di propaganda dell' idea francese in questi
paesi, dove in aggiunta port ano un prezioso aiuto ai nostri
agenti commerciali e diplomatici, senza che si possa ne-
gare che questi rappresent ant i della nostra civilt hanno
fatto conoscere e amare la Francia da secoli...
Considerando che nel moment o attuale ci sono ancora re-
ligiosi e religiose francesi che educano le classi elevate di
Giappone, China e Siam, dove sono quasi gli unici rap-
present ant i della nost ra lingua, ment re l' insegnamento del-
la lingua inglese domi na e finir per sostituire completa-
ment e il francese...
Considerando che con alcuni di questi missionari, essen-
do state sciolte le loro congregazioni, scompari r questo
el ement o di influenza francese in questi paesi...
446
Considerando [...] che il fine che cercano dette associa-
zioni port are l'idea francese propri o alle colonie, propri o
ai paesi stranieri, dove la loro azione morale collabora con
l' azione civilizzatrice dei governi...
Espri me il seguente voto:
Che il governo permet t a alle congregazioni di tutti gli or-
dini e di tutte le religioni il recl ut ament o in Francia di no-
vizi destinati alla colonizzazione francese o straniera, che
diverranno nel mondo propagatori dell'idea e dell'influen-
za morale e commerciale francese (COMBY, Jean, La Hi-
storia de la Iglesia, Verbo Divino, Estella 1992, p. 152).
Messa per l'evangelizzazione dei popoli
Messa approvata nel 1787 per t ut t e le missioni.
Orazione colletta: O Dio, che vuoi che tutti gli uomi ni si sal-
vino e giungano alla conoscenza della verit. Invia, te lo
chiediamo, operai per la t ua messe e concedi loro di pre-
dicare con completa fiducia la t ua parola, perch si esten-
da e sia accettata, e tutti i popoli conoscano te come uni-
co vero Dio, e colui che ci hai inviato, t uo Figlio Ges Cri-
sto nost ro Signore.
Orazione sulle offerte: Guarda, Signore, il volto del t uo Cri-
sto, che si consegn alla mort e per redimere tutti noi; e fa'
che attraverso la sua mediazione sia glorificato il tuo no-
me nelle nazioni da dove sorge il sole fino al t ramont o, e
si offra in tutto il mondo uno stesso sacrificio alla t ua di-
vina Maest. Per Ges Cristo nost ro Signore.
Orazione dopo la comunione: Fortificati, Signore, dal ban-
chetto della nostra redenzione, ti chiediamo che, per que-
sto aiuto di eterna salvezza, cresca senza sosta nel mondo
la vera fede. Per Ges Cristo nost ro Signore.
III. Attivit raccomandate
Mettersi in contatto con qualche missionario o comuni t
missionaria e interrogarli sulle loro motivazioni...
Fare un discoforum sulla Missa da t erra sem males.
Leggere at t ent ament e il testo delle preghiere della mes-
sa per l' evangelizzazione dei popoli e fare un comment o
teologico:
447
- Escl usi vi st a, i ncl usi vi st a o pl ur al i st a?
- Cont i ene qua l c he gi udi zi o di val or e ( posi t i vo o negat i vo,
espl i ci t o o i mpl i ci t o) sul l e al t r e r el i gi oni ?
- Co mme n t a r e quest e sue espr essi oni : t ua messe, la ve-
r a fede, t ut t i i popol i t i c onos c a no c ome uni c o ver o Di o,
col ui che ci hai i nvi at o, t uo Fi gl i o, che si c onse gn al -
l a mor t e pe r r e di me r e t ut t i noi , si offra i n t ut t o il mo n -
do u n o st esso sacri fi ci o al l a t ua di vi na Maest , il ba n-
chet t o del l a nost r a r edenzi one.
- Pr e nde r e l a frase del poster Tut t e l e r el i gi oni sono ver e.
Il pr osel i t i smo peccat o e c o mme n t a r e l a se c onda pa r t e .
Segnal ar e le di f f er enze e le somi gl i anze t r a mi ssi one e pr o-
sel i t i smo.
Bibliografia
- O renascer do Povo Tapirap. Diario das Irmzinhas de Jesus de
Charles de Foucauld 1952-1954, Editer Salesiana, So Paulo
2002.
AMALADOSS MICHAEL, Le Royaume, but de la mission, in Spirtus
36/140 (1995) p. 302, Paris.
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of Mission, Orbis, Maryknoll (1991), 1997
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BUENO ELOY, La Iglesia en la encrcijada de la misin, Verbo Di-
vino, Estella 1999.
DE COPPI PAULO, Por urna Igreja toda missionria. Breve curso de
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2
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GORSKY JUAN, Bibliografia general, temtica y anotada sabre misio-
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PIERIS ALOYSIUS, Uberacin, inculturacin, dilogo religioso. Un
nuevo paradigma desde Asia, Verbo Divino, Estella 2001.
PIERIS ALOYSIUS, El rostro asiatico de Cristo, Sigueme, Sal amanca
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RELAMI, corso di missiologia in internet: www.missiologia.org.br
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Estella 1991, con bibliografia esaustiva.
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VIGIL J.M., Vademecum para el ecumenismo, in Alternativas (gen-
naio-giugno 2004) pp. 203-208, Managua.
VIGIL J.M. (coord.), La declaracin Dominus lesus a los cinco
anos, Libros Digitales Koinonia (in <http://www.servicio-
skoinonia.org/LibrosDigitales/LDK/LDKl.pdf>).
449
Capitolo ventiduesimo
Mondializzazione e religioni
La nuova situazione del mondo, mondializzata, stata pre-
sente in tutte le nostre precedenti riflessioni, ma data l'im-
portanza attuale di questa prospettiva conviene metterla
espressamente a tema. Questa mondializzazione in corso, do-
ve porter le religioni? Quali saranno le nuove tappe del cam-
mino? E in esso, quale ruolo corrisponde alle religioni? In
questa lezione vogliamo confrontare il tema delle religioni
con quello della mondializzazione.
I. Per sviluppare il tema
// fenomeno vecchio e nuovo della mondializzazione
La parola di moda globalizzazione , come si sa, equi-
voca. Sebbene molti la utilizzino nel senso onni compren-
sivo di mondializzazione, meglio che ri cordi amo il suo
significato originale, che non altro che il nome che il neo-
liberismo attuale ha dat o al propri o processo di espansio-
ne dei capitali dopo la fine della guerra fredda. Questa glo-
balizzazione un eufemismo per designare qualcosa di
meno degno se lo chi ami amo con il propri o nome: il pro-
cesso di conquista dei mercati, di domi nazi one delle eco-
nomi e periferiche, di accumul o e concentrazione della ric-
chezza, dell' americanizzazione
1
e imposizione culturale
statunitense e del pri mo mondo in generale. La mondia-
lizzazione, da part e sua, un fenomeno molto pi ampi o
e antico, che si riferisce al processo di unificazione e con-
centrazione del mondo in sistemi sociali ogni volta pi am-
pi, che si avvicinano ogni volta di pi alle dimensioni stes-
se del pianeta.
1
John Galtung, La llaman globalizacin... pero es norteamericaniza-
cin, Agenda Latinoamericana 2002, p. 169.
450
Pot remmo dire che questo processo d' intensificazione dei
rapport i sociali e dell' ampliamento delle loro capacit,
sempre avvenuto lungo il corso della storia umana, anche
se negli ultimi secoli ha cominciato a raggiungere, poco a
poco, la totalit del globo. Il pri mo grande impulso verso
una effettiva mondializzazione planetaria, avviene nel se-
colo XV e XVI quando - grazie alla creazione di nuovi e
potenti mezzi di trasporto (la caravella) - si creano le con-
dizioni che permet t ono l' espansione del capitalismo euro-
peo verso l'Africa, l'Asia e l'America tramite la navigazio-
ne oceanica. Nel secolo XIX c' un nuovo impulso con il
ciclo del colonialismo europeo verso l'Africa e l'Asia.
Ma nel secolo XX che, grazie alle nuove tecnologie dell'in-
dustria, dei trasporti e soprattutto con la rivoluzione delle
comunicazioni, l' unificazione del mondo si accelera in mo-
do esponenziale. In questo lungo e ininterrotto processo,
solo negli ultimi 15 anni possi amo localizzare ci che i neo-
liberali chi amano globalizzazione, che non altro che
un aspetto parziale, riferito fondamentalmente alla unifi-
cazione planetaria dei capitali finanziari, che viaggiano da
un capo all' altro del mondo grazie alla facilit delle co-
municazioni telematiche libere da ostacoli per il movi-
ment o dei capitali, con tutte le conseguenze che si verifi-
cano i nt orno a questo fenomeno centrale.
Sociologicamente parl ando, la mondializzazione consiste
quindi nella trasformazione della sociabilit umana: grup-
pi umani che da sempre sono vissuti in societ separate e
sconosciute l' una all' altra, sono travolti da questo proces-
so che li pone in relazione e li fa reciprocamente conta-
mi nare, con la comparsa di connessioni sociali nuove,
ogni volta pi forti e ampie. L' articolazione di tutte queste
connessioni sta generando poco per volta una societ mon-
diale unificata. Una volta di pi abbi amo l' impressione di
star tutti vivendo non solo nel medesi mo pianeta ma real-
ment e in uno stesso mondo, in una stessa societ mon-
diale e mondializzata.
Gli aspetti economici di questo processo - visto soprattut-
to dalla prospettiva della globalizzazione neoliberale -
sono i pi conosciuti. Ci sono, per, altri aspetti all'inter-
no della mondializzazione? E concretamente: che effetto
ha questo processo di mondializzazione sulla religione e
sulle religioni? ci che st udi eremo in questo capitolo.
451
/ . La mondializzazione obbliga le religioni a convivere
Nel XX secolo, soprattutto nella seconda met, il mondo
si trasformato radicalmente e ha collocato le religioni in
uno scenario totalmente diverso. Possiamo vedere dati si-
gnificativi comparando gli USA del 1983, quando si cele-
br il Parl ament o Mondiale delle Religioni del Mondo, al-
la sua pri ma edizione, a Chicago, con gli USA di oggi.
Al Parl ament o delle Religioni del 1983 non era presente al-
cun praticante dello zoroastrismo, ma oggi negli Stati Uni-
ti ci sono 10.000 seguaci di Zaratustra. In quel Parlamen-
to i musul mani pot erono essere rappresent at i solo da un
unico delegato - convertito dall' anglicanesimo - ment re og-
gigiorno solo in Chicago ci sono 250.000 musul mani e in
tutto il paese sono pi degli episcopaliani, dei presbiteria-
ni e degli ebrei. Inoltre, un solo delegato del giainismo riu-
sc a partecipare al Parl ament o del 1983, ment re oggi il
giainismo ha 70.000 seguaci negli Stati Uniti. Se la dele-
gazione ind risult allora essere un' attrazione esotica, che
ri chi am fortemente l' attenzione della st ampa, oggi gli ind
sono negli Stati Uniti pi di 1 milione, di cui 100.000
nell' area della grande Chicago. Se un buddhi st a come Ana-
garika Dharmapal a provoc ancora stupore, come una fi-
gura di richiamo per la sua religione, oggi negli Stati Uni-
ti si cont ano pi di 4 milioni di buddhisti, di cui 155.000
in Chicago, esistono 28 organizzazioni buddhi st e diverse
che abbracciano t ut t i i rami del buddhi smo, e la maggior
citt buddi st a del mondo non in Asia, ma negli Stati Uni-
ti: Los Angeles
2
. Gli Stati Uniti si sono trasformati nel pae-
se religiosamente pi differenziato del pianeta
3
. Negli
Stati Uniti vi sono tutte le religioni conosciute dell' uma-
nit: pi di 200
4
.
Negli Stati Uniti, propri o per la loro condizione di cen-
2
Dati del rapporto del Chicago Tribune Magatine del 29 agosto del
1993.
3
Eck, Diana L., A New Religious America. How a Christian Country
has become the Worlds' most Relgiously Diverse Nation, Harper Col-
lins, New York 2001, p. 4.
4
Teasdale, Wayne, The Mystic Heart, New World Library, Novato, Ca-
lifornia, 1999, p. 16.
452
tro dell' attuale societ mondiale, si riflettono i movimen-
ti della periferia. Ci che l avviene ci che avverr poi
in tutte le parti del mondo. L' unificazione di tutte le so-
ciet del mondo, per effetto della mondializzazione, fa s
che, come negli Stati Uniti, le religioni del mondo siano
entrate definitivamente in contatto, un contatto massiccio,
intenso e inevitabile
5
. Non possono ignorarsi. Non posso-
no non vedersi tutti i giorni. E, volenti o no, sono obbli-
gate a vivere in societ, a convivere, a paragonarsi, a con-
frontarsi e a cont ami narsi reci procament e.
2. La mondializzazione provoca un intradialogo
nelle religioni
Questo confronto delle religioni non avviene per aria, n tra
le autorit istituzionali delle religioni, quant o piuttosto nel
cuore degli aderenti a ogni religione, che si vedono messi
a confronto dalla presenza delle altre religioni. Da sempre,
e fino a ieri, ogni religione si presentata ai suoi seguaci
come l'unica verit e a volte come l' unica esistente. Nel-
l' ambito dell' isolamento delle religioni, questa pretesa era
accolta con sottomissione dai propri fedeli, che non co-
noscevano praticamente nessun' altra religione. Ora, in que-
sta obbligata convivenza che la mondializzazione impone,
i credenti scoprono che la propria religione non l'unica,
conoscono persone di altre religioni, le vedono piene di amo-
re e di fede come quelle della propria religione, e comincia
a suonare loro strano che la propria debba essere l'unica
vera religione. Vale a dire: la massiccia convivenza delle
religioni - fenomeno nuovo nella storia - scatena un pro-
cesso di revisione e reinterpretazione del senso stesso del-
le religioni, della loro unicit e del loro rapport o, processo
che avviene pri ma di tutto nel cuore dei loro seguaci e che
chi amat o comunement e intradialogo
6
.
5
Torres Queiruga A., El dilogo de las religiones, Sai Terrae.Santan-
der 1992, p. 37; ID., La revelacin de Dios en la realizacin del hom-
bre, Cristiandad, Madrid 1987, p. 390.
6
Non ancora un dialogo tra religioni, inter-religioso, ma un dialo-
go del credente individuale o della comunit credente con se stessi,
all'interno della propria religione: un intra-dialogo. Questo dialo-
go o revisione o indagine interiore la migliore preparazione per il
dialogo interreligioso propriamente detto.
453
Prima del dialogo t ra le religioni, il dialogo avviene dent ro
le religioni. Prima del dialogo intrareligioso si fa l'intra-
dialogo
7
, questo dialogo con se stessi grazie al quale il cre-
dente pone in questione e in crisi la propria convinzione,
accettando la possibilit di una nuova comprensione, di
una nuova reinterpretazione e perfino un cambi ament o o
una conversione. Colpite dalla nuova forma di prossimit,
le religioni si st anno trasformando permanent ement e e si-
lenziosamente nel cuore dei loro fedeli, pri ma ancora che
le loro autorit decidano il cambi ament o, la reinterpreta-
zione o arrivino a intavolare dialogo inter-religioso. In che
cosa consiste questo cambi ament o delle religioni nel cuo-
re stesso dei propri fedeli?
Rispetto alle religioni, diventato celebre il gi citato det-
to di Max Miiller: Chi ne conosce una, non ne conosce
nessuna
8
. Pare che Miiller abbia preso l'idea da Goethe,
che si riferiva allo studio dell' idioma: solo chi conosce al-
tri idiomi, oltre la propri a lingua madre, conosce veramente
ci che un idioma; conoscendone solo uno, quello ma-
terno, non si conosce veramente ci che un idioma, per-
ch non si capisce ci che sono le sue strutture, le sue pe-
culiarit, le sue possibilit, le sue arbitrariet... Ugual-
mente, solo chi conosce un' altra religione si rende conto
di ci che la religione in se stessa, la sua dipendenza cul-
turale, la sua particolare idiosincrasia, compresi i suoi li-
miti... Non lo stesso appart enere a una religione pri ma e
dopo averne conosciuta un' altra o delle altre. Quando se
ne conoscono diverse come se si arrivasse a conoscere
quello che c' dietro le quinte, ci che non si vede fintan-
to che non si usciti dall' interno di ognuna.
Non solo i viaggi e la convivenza fisica con altre religioni
favoriscono oggi il contatto t ra le religioni; gli stessi mez-
zi di comunicazione sociale, in modo virtuale, ci obbli-
gano a convivere con le altre religioni, poich gli studi in-
terculturali, i reportages sulle religioni vicine e lontane, co-
nosciute o esotiche, sono un t ema della televisione educa-
tiva molto diffuso, spesso elaborato con buone analisi an-
7
R. Panikkar // dialogo intrareligioso, Cittadella Editrice, Assisi 1998,
p. 115.
8
F. M. Miiller, Introduction to the Science of Religions, London 1873,
p. 16.
454
tropologiche, culturali, sociologiche... La religione oggi
un t ema di studio molto popolare, che rende ora quasi im-
possibile l' ingenuit religiosa, ci che chi amavamo la
fede del carbonaio... Dobbi amo supporre che tutte le per-
sone oggi, medi ament e informate, abbi ano sviluppato con
maggiore o mi nor intensit dent ro se stesse il dialogo in-
trareligioso che , senza dubbio, un elemento che sta tra-
sformando lentamente, ma profondamente, la coscienza
delle religioni.
3. La de-tradizionalizzazione delle societ
Gli analisti odierni parl ano di questo concetto, che spiega
secondo loro ci che sta avvenendo in quest' ora di mon-
dializzazione. Cos ce lo riferisce Jos Maria Mardones:
Tutti siamo un po' diventati antropologi, cio conoscitori e
osservatori delle usanze e tradizioni diverse degli altri. Pren-
diamo coscienza che esistono altre forme di dare senso alla
vita, di comportarsi, di valutare le cose..., che esistono altre
culture (e religioni). Questa presa di coscienza dell'esistenza
del diverso rimbalza e diventa sguardo riflesso sulla mia stes-
sa cultura (e religione): e la vedo come una in pi fra le al-
tre, con alcune tradizioni, una visione del mondo, dell'esse-
re umano, del bene e del male. Incomincio a riflettere rispetto
alle tradizioni: so che le tradizioni sono tradizioni, cosa che
non tutti sapevano fino a poco tempo fa. Le conseguenze so-
no enormi e lo sperimentano sulla propria pelle i genitori, i
maestri e i catechisti: non si possono pi presentare le tra-
dizioni come scontate, con la garanzia di ci che stato ac-
colto; bisogna ragionare o giustificare le tradizioni confron-
tandole; bisogna persuadere e convincere, non solo presen-
tare "verit". Entriamo cos in un ordine sociale post-tradi-
zionale, dove si sa che viviamo in un insieme di significati
ereditati, chiamati tradizioni
9
.
Dove gli analisti dicono tradizioni i nt endi amo pure an-
che religioni, ci che in effetti sono le religioni, tradi-
zioni t ramandat e.
9
Mardones, J. M. Neoliberalismo y re/igtw, Verbo Divino, Estella 1998,
pp. 61-62.
455
come dire che durant e t ut t a la storia dell' umanit, fino
ad ora, la societ ha trasmesso verit, dai genitori ai fi-
gli, dai maest ri agli alunni, dagli adulti ai bambi ni ; verit
indiscutibili delle quali nessuno dubitava, verit che sta-
bilivano il senso della vita, del mondo e della societ, come
il grande quadro di riferimento per la vita umana e l'iden-
tit degli esseri umani , che veniva dato e trasmesso di ge-
nerazione in generazione tramite la religione. Oggi, a cau-
sa di questo fenomeno che stiamo chi amando de-tradi-
zionalizzazione, dovuto a tante e molteplici cause, la con-
tinuit che viene dai nostri antenati si sta spezzando. La ge-
nerazione attuale sta diventando testimone di questa stori-
ca rottura. L'ottica dell' umanit cambiata, e dove pri ma
vedevamo verit metafisiche, capaci di garantire e dare fon-
dament o assoluto al senso della vita, oggi vediamo sempli-
cemente tradizioni, significati per la vita umana di cui
siamo coscienti che sono costruzioni umane. E il tragico
di questo diverso atteggiamento che, quando un signifi-
cato viene scoperto come costruzione umana, cessa di
esserlo, o quant omeno lo diventa in un altro modo.
Le nuove generazioni e un po' tutta la societ, st anno per-
dendo, o stiamo perdendo, l' ingenuit metafisica e onto-
logica. Non viviamo pi spont aneament e all' interno di un
senso, con quella naturalezza e ingenuit con cui tutti gli
esseri umani dei secoli scorsi hanno vissuto definiti da un
senso per la loro vita. La nuova generazione comincia a
non dare per scontato che c' un senso ontologicamente
indiscutibile, ma inizia a essere in buona part e cosciente
che i significati li abbi amo creati noi stessi, e li abbi amo
trasmessi di generazione in generazione come se fossero
la realt stessa, indiscutibile. Oggi ci siamo resi conto che
questa realt in buona parte nell' immaginario sociale ed
costituita da tradizioni. La realt si de-tradizionalizza
si de-ontologizza...
Le nuove generazioni ormai crescono in questo ambi ent e
nel quale non si t rasmet t ono verit indiscutibili, n loro
stessi si sentono capaci di ammet t erl e: la st rut t ura cultu-
rale in cui si st anno formando esige loro di chiedere giu-
stificazioni per le tradizioni (religione inclusa), che perce-
piscono con tutta evidenza come una costruzione umana;
e la generazione adulta, che ha ricevuto le tradizioni come
verit assoluta, vive gi in un nuovo ethos intellettuale nel
456
quale si esige una riflessione critica su tali verit pri ma ri-
t enut e come assolute.
Questo il mut ament o epistemologico pi forte prodot t o
a livello profondo dalla mondializzazione nei confronti del-
la religione. Le conseguenze sono talmente gravi che, ef-
fettivamente, spiegabile la diagnosi che si fa e cio che
si amo in un nuovo t empo assiale. E questa diagnosi spie-
ga anche i fondamentalismi violenti che rivendicano cie-
cament e le antiche tradizioni, proprio perch la crisi at-
tuale di senso pone in crisi le identit (personali, di grup-
po, sociali, religiose) e genera un' incertezza difficilmente
sopportabile per chi non raggiunge un' interpretazione
all' altezza della gravit del moment o.
Le religioni, come dicevamo, sono anche tradizioni che,
per effetto della mondializzazione, si st anno de-tradizio-
nalizzando in un processo inarrestabile di coscientizza-
zione sociale, di nuova coscienza pubblica
10
che sta sor-
gendo ed estendendosi incontenibilmente a livello mon-
diale.
4. Sincretismo, interpenetrazione, interspiritualit
Inevitabilmente in questi tempi di mondializzazione e dia-
logo interreligioso, comune ascoltare un facile consiglio:
Dobbiamo praticare il dialogo, mant enendo per intatta
la nost ra identit religiosa. E facile dirlo, o sognarlo, ma
pi difficile realizzarlo, e non sembra che la storia sia
andat a per queste strade in cui vorremmo incanalare il fu-
turo. Si dice: il dialogo non deve mettere in crisi l' identit
di ciascuna religione, n dobbi amo pret endere che ci sia
un' uni ca religione mondiale... Sar possibile, per, man-
tenere intatte le identit? Verso che cosa andi amo?
In pri mo luogo dovremmo dare retta a un argoment o sto-
rico: la storia stata una cont i nua interazione di sincreti-
smi. solamente la brevit dei nostri periodi di osserva-
zione che ci fa pensare il contrario. Tutte le religioni sono
10
Hick, John, The Metaphor of God incarnate, SCM Press, London
1993, p. 8 e 9: this new global consciousness, this new public awa-
reness.
457
sincretiche
11
. Anche il cristianesimo
12
. Anche la Bibbia
13
.
Se il sincretismo stato la nor ma lungo t ut t a la storia, per-
fino nelle epoche remote in cui le religioni vivevano di-
stanti e non comuni cant i fra loro, chi ci autorizza a pen-
sare che non sar cos, propri o oggi, nell' epoca della mon-
dializzazione, quando le religioni devono convivere quoti-
di anament e e strettamente a contatto? comprensibile la
preoccupazione delle istituzioni religiose per mant enere in-
tatta la propria identit religiosa attuale, ma una preoc-
cupazione contraddittoria con la propri a storia, poich
ognuna porta in se stessa gli strati sedimentati di innu-
merevoli influenze religiose altrui.
All' argomento storico pot r emmo aggiungere quello teolo-
gico: per noi gi qualcosa di accettato che, se tutte le re-
ligioni sono rivelate, tutte devono ri manere aperte alla pos-
sibilit di essere completate e fecondate dalla rivelazione
di Dio ricevuta attraverso le religioni di altri popoli. Sono
molte le ragioni che avallano questa nat ural e complemen-
tariet delle religioni quando si cont empl ano da un pa-
radi gma pluralista.
Bench si tratti di un cammi no t emut o dalla maggior par-
te delle religioni in quant o istituzioni, l'idea di trovare una
11
L'esperienza storica mostra che le tradizioni umane e religiose so-
no nate in generale da influenza, interazione e fecondit reciproche
In realta, la maggior parte delle religioni oggi costituite sono il ri-
sultato di tali mutue fecondazioni (induismo, buddismo, islam ecc )
Dopo tutto, 1 grandi geni religiosi hanno creato o fondato nuove for-
me di religione non partendo da zero, ma unendo varie correnti e
rinnovandole con 1 propri doni profetici (R Pamkkar, // dialogo in-
terreligioso, Cittadella, Assisi 2001, pp 33, 46 e 158)
12
Sociologicamente parlando il cristianesimo una religione, e l'an-
tico paganesimo, o per essere pi precisi, il complesso religioso ebrai-
co, greco, latino, celtico, gotico e moderno convertito a Cristo con
maggior o minor risultato (P Kmtter, No other name?, Orbis, New
York 1985, p 222)
13
Infinite cose dell'Antico Testamento che oggi qualifichiamo (sen-
za tioppe sfumature) come "parola di Dio", Israele le ha apprese dai
popoli e dalle religioni vicine, che furono, pertanto, il cammino scel-
to da Dio per rivelare tutto ci a Israele Le ha apprese spesso arric-
chendole e delincandole, o perfino migliorandole Ma le ha ricevute
dalle altre religioni E solo attraverso di esse le ha ricevute da Dio
(Gonzalez Faus, Jose Ignacio, Agenda Latinoamencana 2003).
458
religione generale, comune a tutti, una specie di massi-
mo comune denomi nat ore, o una interspiritualit
14
o
spiritualit essenziale
15
, esprime una ricerca all' ordine
del giorno in quest' epoca di mondializzazione. Infinite pub-
blicazioni appai ono at t ual ment e per soddisfare l' appetito
spirituale di molti che sentono il ri chi amo di questa inter-
spiritualit, ma che lo avvertono come proveniente da ol-
tre ci che sono oggi le religioni formali, molte delle qua-
li in crisi.
Riferendosi al cristianesimo, Panikkar afferma che la tra-
dizione cristiana occidentale sembra essere esaurita, esau-
sta, quando vuole esprimere il suo messaggio in una for-
ma significativa per i nostri tempi. Solo una fertilizzazio-
ne incrociata o una fecondazione reciproca, permet t er di
superare l' attuale situazione; solo superando i suoi limiti
culturali e filosofici il cristianesimo potr t ornare a essere
creativo e dinamico
16
. Ed un luogo comune parlare del-
la enorme influenza sofferta at t ual ment e dal cristianesimo
e dalle altre religioni occidentali da part e dell' induismo,
soprat t ut t o in mat eri a di preghiera e interiorit.
La mondializzazione sta sfidando le religioni, mettendole
in una situazione adat t a al sincretismo e alla interpene-
trazione, met t endo in pencol o l' integrit della loro iden-
tit particolare e, nello stesso t empo, offrendo a esse nuo-
ve possibilit di fecondazione e di rivitalizzazione. Non
manca chi afferma che l' interspiritualit la religione del
terzo millennio?
17
14
Interspiritualit un termine che e stato coniato per designare il
fenomeno crescente della condivisione inter-religiosa delle risorse in-
teriori, dei tesori di ogni tradizione (Teasdale, Wayne, The mystic
Heart Discovenng a Universal Spirituahty in the World's rehgions, pro-
logo del Dalai Lama, New World Library, Novato, California 1999, p
10 L'opera vuole essere un manuale di questa interspiritualit
15
Si veda una breve esposizione degli elementi principali di una Spi-
ritualit universale in Teasdale, Sacred community at the dawn of
the second axial age, in J Berversluis (ed ), Sourcebook of the world's
rehgwns, New World Library, Novato, California 2000, pp. 241-243.
16
Citato da P Kmtter, No other name?, p. 223
17
Teasdale, W , ibid , p 10 e 26
459
5. Verso una teologia interreligiosa?
La mondializzazione presenta anche effetti e sfide specifi-
che per la teologia.
Com' logico, la teologia stata elaborata sempre all'in-
terno di ogni comuni t di fede e ha utilizzato le risorse ar-
gomentative di cui ognuna di esse disponeva. La teologia
veniva elaborata all' interno della comuni t e pensando ai
propri fruitori. Fuori di essa, la teologia non aveva niente
da dire.
Nell'epoca della mondializzazione ogni comuni t di fede,
ogni religione non si comport a come una comuni t chiu-
sa, ma, al contrario, come part e di una comuni t portatri-
ce di significati e di vita sociale pi ampi. Quando il teo-
logo tratta o affronta argomenti interni, propri della sua
tradizione particolare, e si sta rivolgendo pert ant o agli in-
teressati alla sua religione, logico che utilizzi quelle ri-
sorse argomentative proprie della sua tradizione. Ma quan-
do vuole rivolgersi alla societ civile, alla societ in quan-
to tale, in cui sono presenti e part eci pano molte persone
che aderiscono ad altre religioni, la sua teologia non do-
vr pi essere elaborata solamente dent ro i confini della
sua confessione religiosa. Il teologo pot r appart enere ad
una det ermi nat a confessione, ma una teologia che parli al-
la societ e al mondo dovr essere una teologia significa-
tiva per un destinatario che multireligioso. In caso con-
trario, il teologo non starebbe real ment e facendo teologia
nel mondo plurireligioso attuale, ma in un mondo mono-
religioso che non esiste pi.
I teologi anglosassoni della teologia del pluralismo reli-
gioso sostengono ci che si chi ama World Theology, teo-
logia mondiale, che pot remmo chi amare anche teologia
mondializzata. I due port abandi era di questa teologia in-
terreligiosa sono Wilfried Cantwell SMITH
18
e Lonard SWID-
LER
19
.
18
Towards a World Theology. Faith and comparative history or reli-
gion, Westminster Press, Philadelphia 1981; Orbis Books, New York
1989, 206 pp.
" Toward a universa! theology ofreligion, New York 1987.
460
Il t ema, tuttavia, ancora in discussione, finch non sar
raggiunta una conclusione definitiva. Queste sarebbero le
posizioni principali:
- da una part e ci sono quelli che affermano che la teolo-
gia delle religioni pu essere solo confessionale
20
;
- altri suggeriscono che, oltre alla teologia confessionale,
bisogna pensare a una teologia sovraconfessionale, un ten-
tativo di comprendere il fenomeno delle religioni median-
te un avvicinamento che faccia astrazione - nella misura
in cui possibile - del propri o a priori confessionale
21
;
- i teologi che scoprono la posizione pluralista percepi-
scono i mmedi at ament e che si t rat t a di un nuovo paradig-
ma che richiederebbe di riscrivere tutti i trattati di teo-
logia, perch questo nuovo paradi gma non un oggetto
teologico, un settore, una branchi a, una part e materiale
dell' oggetto della teologia, ma una nuova luce, una sfida
trasversale che riguarda t ut t o l' universo della teologia. In
questo senso, come all' interno di ogni teologia confessio-
nale diventa necessario riscrivere tutti i trattati, bisogna
anche pensare alla possibilit di creare una teologia plu-
ralista interreligiosa, che cerchi di costruire una teologia
accettabile dalle diverse religioni, non facendo necessaria-
ment e una mescolanza di tradizioni, ma mant enendosi in
un tipo di riflessione a un livello pi profondo, meno par-
ticolare e da una prospettiva plurireligiosa.
Deve essere chiaro in tutti i casi che non si t rat t a di una
teologia unificata, che pret enda di soppi ant are tutte le al-
tre, cos come viene scartato sia l'ideale di una religione
unificata sostitutiva di tutte le altre
22
, sia una teologia
mondiale, intesa in questo stesso senso
23
.
20
Per esempio F. Teixeira, Teologia de las religiones, cit., pp. 12-13.
Anche M. Dhavamony, Teologia de las religiones, pp. 8-9.
21
Geffr, nel prologo a Basset, El dilogo interreligioso, Descle, Bil-
bao 1999, p. 10.
22
Una religione unica non probabile, e non nemmeno un futu-
ro che potremmo desiderare (John Hick, God has many names, cit.,
pp. 21, 77).
23
Torres Queiruga, El dialogo de las religiones, cit., p. 37; R. Panikkar,
L'incontro indispensabile: Dialogo delle religioni, Jaca Book, Milano
2001, p. 31.
461
6. Ruolo delle religioni nella ricerca di un'etica mondiale
Alla fine, la sfida pi grande e forse anche la pi not a che
la mondializzazione pone alle religioni, quella dell'ur-
genza di un' etica mondiale. Un' etica mondiale - diciamo-
lo una volta di pi - non una religione unificata elabo-
rata come un miscuglio di religioni. Semplicemente,
un' etica mondiale vuole potenziare t ut t o ci che comu-
ne a tutte le religioni del mondo al di l di tutte le diffe-
renze
24
.
Un mondo che si sente unificato grazie alla crescita di
un' economia mondiale di una tecnologia mondiale e delle
comunicazioni mondiali, non pu convivere coerentemen-
te se non ha un'etica* comune, vale a dire un' etica mon-
diale. Se qual cuno si sente sfidato da questa speciale ne-
cessit del mondo moderno, sono proprio le religioni, che
per loro nat ura hanno un rapport o diretto con l'etica. E gli
ultimi anni che abbi amo vissuto hanno posto in maggior
rilievo, se possibile, questa urgenza, perch il mondo si
andat o manifestando come scontro di civilt, che coin-
cide in part e con uno scontro di religioni: nell' incredibile
divisione del mondo in impoveriti e arricchiti, si somma
ora (senza sostituirla) la divisione culturale, polarizzata
principalmente in questo moment o dal cristianesimo e
dall' islam. Tanto la guerra del terrorismo che la guerra
dell' oppressione economica hanno una sfumatura religio-
sa nel loro retroterra. Un mondo i mmerso in una guerra
in qualche modo di religione, una vergogna per le reli-
gioni, perch evidenzia il loro fallimento.
E stato Gandhi il pri mo a dire: Non ci sar pace nel mon-
do senza pace tra le religioni, e non ci sar pace t ra le re-
ligioni se non c' dialogo tra le religioni
25
. Il dialogo in-
terreligioso dunque un' urgenza, ma non per teorizzare
teologicamente, quant o soprattutto e pri ma di tutto per
rendere possibile la pace e l' unione dell' umanit. E per ar-
rivare qui, la pri ma cosa necessaria trovare la base co-
mune: un' etica comune accettata da t ut t o il mondo.
24
Kng, Hans, Hacia una tica mundial, Trotta, Madrid 1993, p. 10.
25
Teasdale, Sacred Community..., cit., p. 238, sebbene sia stato Hans
Kiing a rendere popolare questo pensiero.
462
Tutte le religioni hanno, di loro nat ura, una dimensione
etica che da esse deriva. Il dialogo delle religioni deve in-
cludere dunque il dialogo all' interno di queste proiezioni
etiche delle religioni, alla ricerca di una base comune. Gi
abbi amo affrontato nella lezione 13
a
il t ema della regola
d' oro, questa etica mi ni ma che ormai sembra abbi ano in
comune tutte le religioni, concordando perfino quasi alla
lettera nell' esprimerla. necessario e urgente, realmente
improrogabile, che le religioni si siedano alla tavola del
dialogo per sviluppare questa etica.
Nessuno pu farlo meglio delle religioni
26
, poich nessuno
ha un accesso cos profondo al cuore umano, e nessuno
altrettanto capace di mobilitare le energie profonde delle
masse umane catalizzate dalla dimensione religiosa. Sen-
za dubbio uno dei compiti pi nobili ed efficaci per la pa-
ce del mondo che c' impegnamo, ognuno nella propri a re-
ligione, a stimolare l'idea e la pratica di un dialogo delle
religioni circa l'etica mondiale.
II. Testo antologico
Dichiarazione sul ruolo della religione nella promo-
zi one di una cultura di pace (UNESCO di Catalogna, di-
cembre 1994, stralci).
Le nostre comuni t di credenti hanno la responsabilit di
promuovere una condotta ispirata alla saggezza, alla com-
passione e alla condivisione, alla carit, alla solidariet e
all' amore, che guidi tutti nel cammi no della libert e del-
la responsabilit. Le religioni devono essere una fonte di
energia liberatrice.
Dobbi amo sempre tenere presente che le nostre religioni
non devono identificarsi con i poteri pubblici, economici
o sociali, ma devono mant enersi libere per lavorare per la
giustizia e la pace. Non dobbi amo dimenticare che i regi-
mi politici confessionali possono provocare gravi danni ai
valori religiosi e alla societ. Dobbiamo distinguere tra il
fanatismo e il fervore religioso.
26
Kiing, H., Projeto de tica mundial, Sao Paulo
3
2001, p. 91
463
Dobbi amo favorire la pace combat t endo le tendenze, sia
individuali che comunitarie, ad assumere e perfino a in-
segnare che qualcuno di sua nat ura superiore agli altri.
Riconosciamo e incoraggiamo tutti coloro che cercano la
pace con mezzi non violenti. Ri pudi amo gli assassini com-
messi in nome della religione.
Promuoveremo il dialogo e l' armonia tra le religioni e all'in-
t erno di ognuna di esse, riconoscendo e rispettando la ri-
cerca della verit e della saggezza nelle religioni che non
siano la propria. Dialogheremo con tutti, stabilendo una
sincera e amichevole collaborazione con chi condivide que-
sto pellegrinaggio che la vita.
(ASOCIACIN UNESCO PARA EL DILOGO INTERRELIGIOSO, Di-
logo entre religiones. Textos fundamentales, Trotta, Madrid
2002, pp. 48-49).
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464
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TORTOSA JOS MARIA, Sociologia del sistema mundial, Tecnos, Ma-
drid 1992.
465
Capitolo ventitreesimo
Molti poveri, molte religioni:
Liberazione mondiale e religioni
In questa lezione vogliamo coniugare il tema della pluralit
delle religioni con quello della liberazione, o in altre parole, il
pluralismo religioso con la teologia della liberazione. Quan-
do parliamo di Teologia della liberazione (TL), in realt non
stiamo parlando semplicemente di una teologia, ma di una
disposizione, uno spirito, una spiritualit, un modo d'es-
sere. E stiamo parlando soprattutto delle persone, dei gruppi,
delle comunit, dei movimenti sociali... che si sentono ani-
mati da questo spirito, che a volte si riconoscono interpreti
di questa teologia, e che, in ogni caso, si trovano impegnati
nel processo storico della liberazione. Nell'ultimo quarto del
secolo XX, in America Latina soprattutto, i cristiani hanno
notevolmente partecipato a queste lotte, si sono lasciati con-
durre fortemente da questo spirito ed hanno reso possibile il
sorgere della riflessione teologica conseguente la TL.
In questa lezione cercheremo di capire la continuit che quel-
la TL e quei movimenti di liberazione in generale possono e
devono trovare nell'attuale situazione del pluralismo religio-
so, cosi come quello spirito liberatore, che anima molti di
noi, in continuit con i vari cambiamenti che da allora so-
no avvenuti nel nostro mondo ora globalizzato.
La teologia del pluralismo religioso rappresenta un nuovo
paradigma, nuovo rispetto al paradigma della teologia clas-
sica della liberazione, ma non un paradigma alternativo o
sostitutivo, bens sommatorio, addizionale.
I. Per sviluppare il tema
Liberazione e mondializzazione
La pri ma forte crisi che la TL e i movimenti di liberazio-
ne speri ment arono, dopo i loro t empi di massi mo splen-
dore e di mart i ri o degli anni '70 e '80, avvenne con il col-
lasso del blocco socialista dell' Europa dell'Est, che signifi-
466
cava il trionfo del neoliberismo e la sua globalizzazione
economica a livello mondiale. Che cosa comport questa
crisi per la TL e per i movimenti di liberazione latinoa-
mericani in generale?
Per la pri ma volta si trovarono a confronto con le realt
mondiali nel loro insieme. Fino ad allora, i movimenti di li-
berazione e la stessa TL avevano un carattere locale o re-
gionale, le cui prospettive si rivolgevano al livello naziona-
le e continentale, ma non oltre. La strategia idealizzata con-
templava, certamente, una visione di liberazione mondiale,
che si basava su ci che fu definita la teoria del domino:
emancipazione individuale di diversi paesi di fronte al po-
tere capitalista, per passare a incorporarsi al blocco socia-
lista e poi da l aiutare l' emancipazione degli altri paesi; per
questa strada si sarebbe giunti un giorno al superamento
del sistema capitalistico. Questo ci che il noto slogan la-
tinoamericano degli anni '80 esemplificava: Se il Nicara-
gua ha vinto, El Salvador vincer. Guatemala lo seguir,
Honduras.... Queste erano le prospettive mondiali dei mo-
vimenti di liberazione latinoamericani: mondiali diacroni-
camente (lungo lo svolgersi del tempo, sebbene fosse un
tempo quasi transtorico), ma non sincronicamente (os-
sia, che contempla simultaneamente tutta la mondialit).
La crisi degli anni '90 comport il fallimento di quella vi-
sione strategica. In Nicaragua la rivoluzione fece un pas-
so indietro, cos pure in El Salvador; Guatemala non fece
il passo avanti sperato... e la cadut a delle tessere del do-
mino si invert.
In realt i militanti capirono in fretta che il ciclo delle
emancipazioni nazionali (una ad una, in quella geopoli-
tica del confronto tra capitalismo e socialismo della guer-
ra fredda), era t ermi nat o. Stava i ncomi nci ando un altro
ciclo storico, un ciclo che si definiva ancora confusa-
ment e i nt orno alla novit della mondializzazione. L'indi-
vidualit dei paesi, la loro indipendenza e sovranit, la lo-
ro dose di aut archi a possibile, stava sfumando. Al di l dei
sentimenti patriottici, la sovranit geoeconomica-politi-
ca delle nazioni stava sparendo. Ent ravamo in un mondo
diverso: non pi un mondo di paesi n di blocchi, ma un
sistema mondiale in cui nessun paese realmente indi-
pendente n completamente sovrano. Le frontiere e i pas-
saporti continuavano a esistere, per buona part e del loro
467
effettivo significato stava sparendo. I movimenti di libera-
zione, e anche la loro teologia, dovevano ricreare sia la pro-
pria strategia che la propri a interpretazione di se stessi e
della liberazione. La nuova realt con la quale dovevano
confrontarsi era la mondializzazione.
Molti si spaventarono. Ci fu crisi, sconcerto. Fu impegna-
tivo adattare la vista alla nuova accecante realt. Non po-
chi gettarono la spugna e abbandonarono. Alcuni rinun-
ciarono ai loro principi e cambiarono di paradigma per
stare al passo con i tempi; i poveri erano stati sconfitti, ed
essi si rivolgevano ora al carro dei vincitori. Tutti provam-
mo in qualche modo questa tentazione. E molti si man-
tennero fermi nelle loro convinzioni: a ben vedere, nessu-
na delle trasformazioni strutturali che stavano avvenendo
nel mondo, per quant o sconcertante apparisse, poteva de-
legittimare le utopie. Ancora di pi, la crisi ci aiutava a met-
tere a nudo queste utopie, a spogliarle di ci che era un abi-
to proprio di una congiuntura superata, e cos si scopr che
la loro nuda bellezza era ancora pi bella e urgente in un
mondo unificato dalla mondializzazione, e umiliato dalla
globalizzazione neoliberale.
La liberazione doveva aprirsi alla prospettiva mondiale. La
liberazione di sempre non era pi pensabile n desiderabi-
le per un paese, e poi per un altro, e per un altro ancora...
ma era per un mondo unificato, per un sistema mondia-
le o un sistema mondo come alcuni sociologi lo chia-
mano. Perch non ci trovavamo pi in vari paesi, ma in un
solo e unico solo mondo.
In America Latina eravamo stati t roppo rinchiusi nella no-
stra liberazione latino-americana - per quanto, certo, entu-
siasmante -. Ora dovevamo passare dalla Grande Patria al-
la Patria Mondiale
1
. Bisognava iniziare a guardare pi se-
riamente all'Africa e all'Asia... e a renderci conto delle loro
dimensioni (la popolazione dell'India pi del doppio di
quella di t ut t a l'America Latina), e delle diversit religiose
(i poveri del mondo non sono per gran parte cristiani; so-
lamente in America Latina costituiscono la maggioranza).
Liberazione e mondializzazione. Il mat ri moni o fra questi
due valori si sta ancora celebrando. Non una realt gi
1
Motto e tema dell'Agenda Latinoamericana 2000.
468
in atto, ma un cammi no da percorrere, e gi abbi amo chia-
ro da t empo che questa uni one non comport a alcun pro-
blema. La prospettiva della mondializzazione non squali-
fica come obsoleta, in assoluto, la mistica e la militanza
della liberazione, ma, al contrario, la pone in un mondo
molto pi ampi o e ambizioso, comprendendo anche l'uto-
pia stessa della liberazione. La mondializzazione non crea
nessun probl ema alla prospettiva della liberazione, al con-
trario, come una sua espansione naturale. La liberazio-
ne, per suo propri o di nami smo, deve essere mondiale (in-
ternazionale si diceva una volta), e riscopre se stessa co-
me connat ural ment e universale. Tutte le ragioni, gli argo-
ment i e le proiezioni che ci ani mavano nella lotta storica
della liberazione nella fase precedente, si mant engono in-
tatti e persino accresciuti, sia dalla prospettiva etico-filo-
sofica che da quella religiosa.
Non ci t rat t erremo su questo punt o che not o e, come ab-
bi amo detto, ancora in corso. Facciamo un passo avanti.
Liberazione e pluralit religiosa
Sebbene meno clamorosa e pi mite nella sua irruzione,
una seconda crisi sopravvenuta alla TL e ai movimenti
di liberazione cristiani: stato l' incontro con la pluralit
delle religioni. Nonost ant e molte religioni siano presenti
nel mondo da cinquemila anni, tutti sappi amo che la visi-
bilit del pluralismo religioso una novit, ed un dato
rilevante solo da pochi anni, pot r emmo dire dalla pri ma
decade del 2000.
Fattori come 1*11 settembre 2001 e la crisi provocata dal
terrorismo internazionale hanno contribuito a far assur-
gere le religioni al pri mo pi ano dell' attualit mondiale. Gi
il libro di Hunt i ngt on aveva cat t urat o l' attenzione di mol-
ti pensatori sulla diversit culturale del mondo; 1*11 set-
t embre l'ha fatto anche rispetto alle religioni, specialmen-
te riguardo all' Islam. Da part e sua, la teologia pluralista
anglosassone, aveva aument at o notevolmente il suo udito-
rio
2
. In definitiva si pu dire che stato nel contesto di
2
II Cardinale Ratzinger sostiene che si era gi sviluppata dagli anni
'50, per adesso si situata al centro della coscienza cristiana e
469
questa pri ma decade del millennio che la TL latinoameri-
cana e molti di noi abbi amo iniziato ad avere notizia e a
prendere coscienza dell' importanza del t ema del plurali-
smo religioso. E solo ora stiamo iniziando a reagire.
Questo stato dunque un secondo grande shock per la TL
e per i movimenti di liberazione cristiani dopo la loro epo-
ca dorata. E in quant o shock ha significato anche una cri-
si. In che senso?
La TL e i movimenti di liberazione cristiani si sono trova-
ti una volta di pi in un mondo nuovo. Fino ad ora il mon-
do nel suo insieme era percepito come opaco rispetto alle
religioni. Queste erano invisibili in esso. Inconsciamente
pensavamo il mondo come se non ci fossero differenze re-
ligiose, come se queste fossero irrilevanti per la liberazio-
ne. Nella nostra considerazione del mondo non figurava la
variabile religione, e quando figurava era come se fosse
di seconda o terza categoria. Oggi ci valutato come una
grande ingenuit, da cui stiamo uscendo.
Ci siamo scoperti molto provinciali: i mmagi navamo il mon-
do a nost ra i mmagi ne e somiglianza, non coscienti della
grande difficolt che la pluralit religiosa concret ament e
rappresent a per la cittadinanza mondiale e per i poveri del
mondo. Ci siamo riconosciuti provinciali perch abbi amo
scoperto che tutta la nost ra interpretazione riflessiva ela-
borat a in base a categorie che non sono universali - come
avevamo inconsciamente supposto -, ma appart enent i ad
una, ad una det ermi nat a cultura e religione, quella cri-
stiana occidentale. Nell' uscire dal nost ro piccolo mondo ed
entrare nell' ampio mondo dei poveri, ci rendi amo conto
che non parl i amo la stessa lingua, che non abbi amo la stes-
sa cultura e che di fatto le religioni ci separano. Tutto ci
che in America Latina sembrava una realt grandiosa, la
teologia e la spiritualit della liberazione, di fronte al va-
sto mondo risulta un lusso di un' elite cristiana, cio qual-
cosa che la maggior part e del mondo non capisce, perch
occupa oggi il luogo che nel decennio precedente corrispondeva al-
la teologia della liberazione. Inoltre, si unisce ad essa in molti modi
e cerca di darle una forma nuova e attuale (cf. Ratzinger e altri, F
y teologia en America Latina, CELAM, Bogot 1997, p.17).
470
stata elaborata in un linguaggio e secondo categorie che
solo una lite del mondo, la popolazione cristiana e po-
vera - come dire una piccola part e del mondo dei poveri -
pu comprendere. Ricordiamo le parole di Aloysius Pieris,
di cui ri port i amo questo ammoni ment o:
L'irruzione del Terzo Mondo che reclama la liberazione nel-
lo stesso tempo l'irruzione del mondo non cristiano. La mag-
gior parte dei poveri di Do percepisce come sua preoccupa-
zione fondamentale e simbolizza la sua lotta per la libera-
zione nell'idioma delle religioni e culture non cristiane. Per-
tanto, una teologia che non si dirige verso (o non parla per
mezzo di) questa moltitudine non cristiana (e delle sue reli-
gioni) un lusso di una minoranza cristiana
3
.
Cos come la liberazione ha dovuto aprirsi - come frutto
della pri ma crisi - alle dimensioni della mondializzazione,
cos la liberazione sente ora la sfida di aprirsi e ridimen-
sionarsi secondo la pluralit delle religioni. Deve smettere
di essere pensata secondo l' unicit di una religione e di un
idioma culturale o religioso che sia comprensibile solo da
una religione. Deve rinascere e ricollocarsi nel nuovo mon-
do appena scoperto della pluralit religiosa
4
.
Ma c' di pi: la pluralit delle religioni non deve essere
affrontata dalla liberazione solo per ragioni o con fini stra-
tegici, ma perch ha a che vedere di ret t ament e con la li-
berazione stessa. Altrimenti dobbi amo domandarci : le re-
ligioni liberano o oppri mono? Sono capaci di mobilitare
forze per la liberazione? La liberazione ha qualcosa a che
fare con le religioni?
Proviamo a riflettere su ci.
3
Aloysius Pieris, The place of Non-Christian Religions and Cultures in
the Evolution ofThird World Theology, in Irruption ofthe Third World:
Challenge to Theology, Virginia Fabela-Sergio Torres (edd.), Orbis,
Maryknoll 1983, p.113.
4
Abbiamo gi detto nelle lezioni precedenti che la sfida non consiste
tanto nella pluralit stessa, ma nell'accettazione sincera (non inclu-
sivista) di tale pluralit, cio nell'accettazione del paradigma plura-
lista.
471
Molti poveri, molte religioni, un solo mondo
Questo slogan esprimer l' incontro tra il movi ment o di li-
berazione mondiale e le religioni.
Lo slogan esprime in pri mo luogo che le molte religio-
ni per la pri ma volta hanno visibilit nel campo della li-
berazione.
Inizialmente l' inquietudine per la liberazione fu pri ma di
tutto economica: non che si professasse un economicismo
grossolano; si trattava, semplicemente, secondo la legge ine-
vitabile di ogni inizio, di cominciare dalle carenze materia-
li, dalla povert. In seguito lo spettro della visione si ampli
grazie alla comparsa dei soggetti emergenti - l'indio, il ne-
ro, la donna... - che obbligarono ad ampliare la liberazio-
ne alle dimensioni culturali, etniche, di genere...; non che
prima si disprezzassero queste dimensioni, ma non si ave-
vano occhi per vederle; solo il tempo e la maturazione li re-
sero visibili. Ebbene, l'ultima dimensione ad essere incor-
porata e presa in considerazione nel movimento di libera-
zione stata quella della pluralit religiosa
5
. Per la libera-
zione, perci, oggi non solo rilevante che ci siano molti
poveri, ma che ci siano molte religioni.
In secondo luogo, le religioni adesso non sono semplice-
mente rilevanti per la liberazione mondiale, sono piuttosto
della massima rilevanza, della massi ma importanza. Da
quando il postmodernismo ha messo in crisi le energie del-
la speranza e del progresso, e l'indebolimento utopico
6
del-
la crisi degli anni '90 ha invaso l'occidente, ancora pi chia-
ra la forza del carattere unico che la religione rappresenta
attualmente per le masse del mondo. Le persone si muovo-
no in definitiva per convinzioni e valori che non derivano
5
Come sappiamo, nessuna di queste dimensioni si riduce ad essere
un campo da aggiungere alla liberazione, ma - in misura diversa -
sono prospettive nuove da cui rivedere tutta la visione della libera-
zione, da cui rileggere tutta la TL.
6
J. Beckford, parla di indebolimento utopico della postmodernit
{Ecologie et religion dans les socits industrielles avances, in D. Her-
vieu-Lger, ed., Religion et ecologie, Cerf, Parigi 1993, pp. 242ss; ci-
tato da Mardones, Jos M., A dnde va la religion?, Sai Terrae, San-
tander 1996, p. 96).
472
loro dalle ideologie n dalle teorie, ma dalle religioni. Que-
ste forniscono alle persone il criterio pi comprensivo del-
l'esistenza e della storia, la casa di appartenenza pi profon-
da, la forza per dedicarsi e lottare in favore delle cause e del-
le utopie per le quali sarebbero capaci persino di dare la vi-
ta, la speranza nonostante tutti i massimi fallimenti. La re-
ligione, dice Huntington, in questa ora del mondo la
maggior forza sociale
7
. E lo se entra con maggior forza
nelle societ povere del mondo. La forza maggiore che i po-
veri hanno per sopravvivere la religione.
Si osservi poi che nella storia dei movimenti di liberazio-
ne, siamo passati da un' epoca nella quale alcuni settori di-
sprezzavano la religione come qualcosa di non necessario,
nocivo, arretrato, da combat t ere o da abbandonare alla sua
estinzione... a una valutazione attuale ben differente.
Ma questa rilevanza che hanno le religioni, questa in-
fluenza decisiva nella vita dell' umanit, ambigua. Non
solo positiva, a volte anche negativa. Le religioni posso-
no unire i gruppi umani , ma di fatto anche li dividono, li
isolano o li met t ono l' uno contro l' altro. Possono svegliare
le masse, ma possono anche alienarle. Possono essere per
loro luce e chiaroveggenza, ma possono cadere anche
nell' accecamento del fondamentalismo irrazionale. Posso-
no coinvolgerle nella costruzione di un mondo nuovo, o
possono farle sprofondare nella passivit e addorment arl e
con l'oppio dei popoli come denunciava Marx. Cio, so-
no capaci delle cose migliori e delle peggiori, possono sca-
tenare le migliori e le peggiori forze dell' Umanit.
Se sono una forza, si pu anche dire che sono un freno, e
che in questo moment o storico, in cui ent rano in contatto
l' una con l'altra, sono ancora sconcertate, ancora non han-
no reagito adeguat ament e n hanno riscoperto la loro mis-
sione attuale. Se vero che le religioni pot rebbero unire i
poveri, la verit che oggi, nella maggior parte, ancora li
dividono. Per questo, le religioni diventano, per i movi-
ment i di liberazione, una preoccupazione, un nuovo obiet-
tivo, un compito, una responsabilit.
7
Citato da Leonardo Boff, Choque o dilogo, articolo del 9 maggio
2003 nella pagina di Leonardo Boff in Servicios Koinonfa (<servi-
cioskoinonia.org/boff>).
473
Concretamente, t ra i poveri che le religioni sono mag-
giormente ascoltate e vissute. E quasi tutte le religioni, in
una mani era o in un' altra, hanno una speciale preferen-
za verso i poveri. Molti poveri, molta religione. Ma sem-
pre implicata la presenza di un Dio liberatore, o di una re-
ligione emancipatrice? Ci non accade di frequente.
Troppo spesso le religioni guardano ai poveri come og-
getti: oggetto del loro amore, della loro benevolenza, del-
la loro beneficenza, dalla loro carit... ma non li riescono
a scoprire come soggetti, o persino si oppongono a che
siano soggetti. Preferiscono i poveri come persone sotto-
messe, poco coraggiose, senza prot agoni smo storico, sen-
za una voce propria, obbedienti, maneggiabili...
In questo senso, non sar che molte religioni debbano an-
cora riscoprire i poveri come soggetto storico? Non sar
che molte religioni debbano ancora opt are per i poveri non
come oggetti di assistenza, ma soggetti della storia, che
debbano optare perch i poveri siano protagonisti, abbia-
no voce e posto nella storia? Non sar che molte religioni
debbano ancora scoprire che il propri o culto pu essere
solo verso un Dio degli uomini, la cui gloria che i pove-
ri vivano?
8
Non sar che molte religioni debbano ancora
scoprire la loro missione di liberazione e la loro missione
profetica di questi tempi? Non sar che dovranno farlo aiu-
tandosi reciprocamente, dat o che la liberazione dei pove-
ri non pot r pi essere questione di una sola religione, nem-
meno nella propri a terra?
A questo punt o vediamo quindi che fa part e del compi-
to della liberazione del mondo (la liberazione dei poveri
la liberazione del mondo) aiutare le religioni a mat urare e
a porsi anch' esse all' altezza dei t empi : riscoprendo la pro-
pria essenza e la propri a missione di fronte alla liberazio-
ne del mondo come il compito pi i mport ant e con il qua-
le si devono confrontare, e aiutandole a porsi in azione.
Il compito della liberazione include quindi la liberazione
delle religioni, il liberarle da t ut t o ci che le ostacola per
essere esse stesse liberatrici.
8
Gloria Dei, homo vivens, diceva Sant'Ilario di Poitiers. Gloria Dei,
vivens pauper, sottoline Mons. Romero.
474
Questo compi t o di liberazione delle religioni include in pri-
mo luogo il cosiddetto intradialogo, di cui abbi amo par-
lato nelle lezioni precedenti; questa revisione, reinterpre-
tazione e riformulazione di t ut t o il pat ri moni o simbolico
di ogni religione dalla nuova prospettiva del paradi gma
pluralista, poich ogni esclusivismo o inclusivismo condu-
ce a rivalit e a dipendenza.
Il compito della liberazione delle religioni include anche il
dialogo interreligioso. Non il dialogo interreligioso che si
riduce a essere un surrogato della preparazione della mis-
sione per la conversione, ma un dialogo di vita, di azio-
ne, di prassi, di trasformazione della Storia, di uni one dei
poveri, di difesa della vita
9
...
In questo dialogo interreligioso avr il suo ruolo anche il
dialogo ufficiale delle religioni, ossia il dialogo t ra i rap-
presentanti delle istituzioni religiose, le quali sono solo un
aspetto delle religioni stesse... Il dialogo principale verr
condotto dalle comuni t stesse, con la loro pratica, con la
riflessione teologica che all' interno di esse si produrr e la
prassi interreligiosa che i movimenti di liberazione mette-
ranno concret ament e in moto... Il dialogo istituzionale
avanzer in quant o spinto dalla Storia, poich non biso-
gna dimenticare che la dimensione istituzionale delle reli-
gioni sar quella che pi si opporr al dialogo e alla coo-
perazione interreligiosa.
Le religioni devono scoprire che, in linea con la meta-
morfosi della religione
10
che in atto e in questo conte-
sto umano necessariamente mondializzato che si eviden-
zia sempre pi come significato centrale della dimensione
religiosa, c' l' umanizzazione delle persone e delle struttu-
re sociali. Tutto sembra che stia conducendo le religioni a
centrarsi sul loro ruolo umani zzat ore. Non c' compito pi
i mport ant e per le religioni in quest' ora della Storia, che il
riscoprire con nuova luce e nuova profondit la loro mis-
sione umanizzatrice.
E se questo non esclusivo e peculiare di qualche religio-
ne, ma una sfida universale che le attraversa, non dovreb-
9
Approfondiremo questa forma di dialogo nella lezione seguente.
10
Abbiamo utilizzato questo concetto nella lezione 19
a
.
475
bero percorrere questo cammi no in solitudine, ma nel dia-
logo, come compito condiviso di rinnovamento.
Il dialogo migliore quello che si realizza nella pratica
viva del dialogo per la liberazione dei poveri. Il miglior me-
t odo pratico per dialogare consiste nel migliorare il mon-
do, nel lottare per la liberazione dei poveri, unendosi per
questa Causa. Il resto, il teorico e il dottrinale, possono
aspettare, devono aspettare.
Osiamo dire che il miglior servizio che le religioni pos-
sono render al mondo e ai poveri UNIRSI. Religioni del
mondo, UNITEVI!
Non si tratta, logicamente, di fondersi, n t ant o meno di
formare una super-religione mondiale
11
. Per s neces-
saria un' altra forma di unione interreligiosa: si devono crea-
re organismi di contatto e di comunicazione e organizza-
zioni mondiali t ra le religioni, e potenziare eventualmen-
te quelli che gi esistono. Questo processo di organizza-
zione mondiale delle religioni parte del processo della li-
berazione mondi al e dei poveri e del mondo. Tutto ci che
si fa per questa organizzazione mondiale, lo si sta facen-
do per la liberazione dei poveri.
Sottolineiamo il ruolo particolarmente rilevante della teo-
logia e, allo stesso t empo, la necessit di trovare nuovi me-
todi e nuovi percorsi per essa. La nuova teologia delle re-
ligioni o teologia del pluralismo non una nuova specula-
zione per l' intrattenimento o la soddisfazione di ment i in-
quiete. Non nemmeno solamente un risultato inevitabi-
le dell' incontro delle religioni t ra loro. anche una part e,
una dimensione dello stesso processo di mat urazi one del-
le religioni e delle societ. La teologia delle religioni, o del
pluralismo religioso, che stata elaborata in questi anni,
pu essere interpretata come un moment o ideologico di
questa lotta storica per la liberazione dell' umanit. Non
facciamo teologia delle religioni per un interesse specula-
tivo, ma per un interesse pratico e mosso da uno spirito li-
11
Un'unica religione non - mi piacerebbe pensare - n probabile
n desiderabile (John Hick, God Has Many Names,The Westminster
Press, Philadelphia 1982, p. 78).
476
beratore, non per interpretare il mondo, ma per trasfor-
marlo
12
. Non c' niente di pi pratico che una buona teo-
ria; una teoria mat ur a e coerente libera la prassi storica.
Le pratiche senza component e teorica (pratica cieca) non
giungono a modificare integralmente la storia. Le idee muo-
vono il mondo, le reinterpretazioni cambi ano in pri mo luo-
go le ment i e i cuori, e trasformano infine mani e piedi...
Fare teologia delle religioni, favorire il dialogo interreli-
gioso, difendere il pluralismo... sono pratiche di una mili-
tanza per il cambi ament o delle ment i e dei cuori, per fare
avanzare la storia. Sono una forma di militanza per la li-
berazione e possono essere vissute secondo questa spiri-
tualit della liberazione.
La TL ha oggi nella teologia delle religioni o teologia del
pluralismo un capitolo nuovo da sviluppare. Cos come
dall' ambito economico e strutturale si estesa a quello cul-
turale, etnico e alla prospettiva di genere, allo stesso mo-
do oggi deve ampliare il suo i mpegno nei confronti del plu-
ralismo religioso.
La TL che conosciamo in occidente fondamentalmente
una TL cristiana. Non cattolica, n protestante, ma ecu-
menica, cristiana; in ci non c' stato probl ema fin dal pri-
mo moment o e, fortunatamente, ci si amo mant enut i saldi
in questo ecumeni smo fraterno. Ma nel mondo globaliz-
zato, questo ecumeni smo stretto. Come abbi amo detto
nelle lezioni precedenti, la TL ha anticipato il superamen-
to dell' ecumenismo cristiano creando una propri a visione
di macroecumenismo. Pu essere che oggi questo ma-
croecumeni smo debba assumere anche la dimensione in-
terreligiosa, quella del pluralismo delle grandi religioni,
delle religioni del mondo.
Sta per nascere una TL interreligiosa, comune ai poveri
della terra e per tutti i loro alleati della speranza, al di l
delle religioni che professano, qual unque esse siano.
Il Dio di tutti i nomi, liberatore di tutti i popoli, deve
parlare un linguaggio accessibile a tutti i poveri, qualun-
que sia la loro religione. La Buona Novella dell' amore di
Dio per i poveri deve arrivare a tutti loro senza discrimi-
12
Ricordando la vecchia tesi 11 contro Feuerbach...
477
nazione di religione e deve convocarli tutti allo stesso com-
pito di liberazione, ora unificato nella mondializzazione,
al di l delle differenze religiose: Poveri del mondo, unite-
vi! Religioni del mondo, unitevi!
II. Testi antologici
Le religioni ora dividono l' umanit. In futuro dovranno
unirla (Donald GOERGEN, La espiritualidad. Retos para
un futuro milenio, Alternativas 14(2000)112).
Nel mondo moderno, la religione una forza centrale,
talvolta "la" forza centrale che mobilita le persone... Ci
che in ultima analisi conta non l'ideologia politica n gli
interessi economici, ma le convinzioni di fede, la famiglia,
il sangue e la dottrina. per queste cose che le persone
combat t ono e sono disposte a dare la loro vita (Samuel
Huntington, cf. not a 7).
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478
Capitolo ventiquattresimo
La pratica del dialogo
Quest'ultima lezione del nostro corso logicamente inserita
nella terza parte della nostra metodologia latinoamericana,
quella che corrisponde all'agire. Di fronte al pluralismo re-
ligioso cosa possiamo/dobbiamo fare? Passeremo in rasse-
gna le diverse possibilit di azione, cos come gli atteggia-
menti che devono accompagnare questa azione.
I. Per sviluppare il tema
// primo passo Vinti-adialogo
Il pri mo passo, il passo previo a ogni dialogo, quello
che abbi amo ri pet ut ament e chi amat o l' intradialogo. Pri-
ma di dialogare con qualsiasi religione, necessario dia-
logare con se stessi: esami nare il nostro atteggiamento ri-
spetto al dialogo, la sua possibilit, la sua necessit, il suo
fondament o... e ri esami nare di conseguenza la nost ra fe-
de religiosa, ricollocarla, cambi are di paradi gma (esclusi-
vismo, inclusivismo, pluralismo) se necessario, aprirsi a
questa riformulazione totale del cristianesimo e della sua
teologia che la sfida assunt a dal pluralismo rappresenta.
Solo un intradialogo previo rimuover gli ostacoli al dia-
logo che portiamo dentro noi stessi (la coscienza di esclusi-
vismo, la tipica arroganza di chi crede di non avere nulla da
imparare, la convinzione che le altre religioni non abbiano
una validit simile alla nostra, l' arroccamento autosoddi-
sfatto nella propria religione, i pregiudizi teologici...) e ci
disporr ad assumere con maturit un dialogo concreto.
Questo intradialogo non solo una necessit personale in-
dividuale, anche una necessit a livello di comunit: una
eccellente pratica pastorale che at t ual ment e le comuni t
(cristiane e non cristiane) dovrebbero programmare quel-
la di realizzare questo intradialogo, in forma di corsi o bre-
vi corsi intensivi, laboratori, incontri, ecc. D' altra parte, gli
479
agenti di pastorale farebbero bene a dare priorit a questi
temi nell' educazione della comuni t cristiana: nella predi-
cazione, nel dialogo personale, nella formazione iniziale e
nella formazione permanent e, nella catechesi formale e nel-
la piccola catechesi che accompagna la realizzazione di tut-
ta l' azione di culto o sacrament o... non dovrebbero perde-
re l' occasione per parlare opport unament e e perfino inop-
port unament e dei temi che questo necessario intradialo-
go comprende.
Il t ema del pluralismo e del dialogo presente nell' ambien-
te, nei mezzi di comunicazione, per la strada... e persino
nell' inconscio collettivo. Quello di cui si ha bisogno che
gli agenti di pastorale vadano incontro a questa opportu-
nit (questo Kairs) in un modo cosciente, pi deciso, siste-
matico, e aiutino le comuni t cristiane e la stessa societ
ad assimilare questo cambiamento di paradigma che se-
gna una nuova t appa storica
Che atteggiamento richiede questo intradialogo?
Atteggiamenti da prendere in considerazione
Ci riferiamo innanzi t ut t o all' atteggiamento di coloro che
affrontano il t ema del pluralismo come un probl ema per
la propria fede (non come una semplice curiosit intellet-
tuale) e di coloro che ent rano nel dialogo non per una for-
ma di carit (per aiutare gli altri) ma di ricerca di fede (en-
t rano nel dialogo sia per aiutare che per aiutarsi, e vi en-
t rano disposti ad essere aiutati).
Il dialogo religioso deve essere veramente dialogo, non una
finzione, non un protocollo. Il dialogo vero solo quando
chi vi partecipa si pone in un atteggiamento di ricerca, aper-
to alla verit che nel corso del dialogo potr scaturire e sor-
prenderlo. Quando una persona si mette in dialogo, con del-
le precomprensioni, con delle verit affermate a priori,
inamovibili, considerate come superiori a tutto ci che il
dialogo potr apportare, non sta dialogando veramente.
Quando entri in un dialogo intrareligioso, non pensare in
anticipo ci che devi credere dice R. Panikkar
1
. Devi es-
1
// dialogo intrareligioso, Cittadella Editrice, Assisi 2001, p. 12.
480
ser aperto a modificare la t ua fede alla luce della verit che
ti si manifester nel corso del dialogo. Il dialogo fa parte
del t uo itinerario personale di ricerca nella t ua fede e que-
sta ricerca sempre, per sua propri a nat ura, sincera, di-
sposta ad abbracciare la verit, ovunque sia. E lo stesso si
deve dire del dialogo quando si esprime a livello comuni-
tario.
Perch sia reale, il dialogo interreligioso deve essere ac-
compagnat o da un dialogo intra-religioso , ossia, devo co-
minciare a mettere in questione me stesso e a individuare
la relativit delle mie credenze (che non lo stesso del re-
lativismo) accettando il rischio di un cambi ament o, di una
conversione, di uno sconvolgimento dei miei modelli tra-
dizionali. Quaestio mihi factus sum, io stesso sono diven-
tato domanda, diceva il grande africano Agostino. Non si
pu entrare nel campo di un dialogo interreligioso senza
tale atteggiamento autocritico
2
.
Qualcuno ha paura del dialogo interreligioso (e intrareli-
gioso), pone delle condizioni ed evidenzia le verit che de-
vono essere mant enut e in ogni eventualit. Per esempio, il
document o Dialogo e annuncio del Pontificio Consiglio
per il dialogo interreligioso, uno dei document i pi pro-
gressisti della Chiesa Cattolica su questo t ema, non trala-
scia di manifestare i suoi timori e di porli come condizio-
ne previa per il dialogo: nel dialogo - dice - deve sempre
mant enersi salva la fede in Ges Cristo come l' unico me-
diatore fra Dio e l'essere umano (cf Tm 2,4-6) e che in lui
ci stata dat a la pienezza della rivelazione (n. 48). Natu-
ral ment e l' identit cristiana di chi partecipa al dialogo de-
ve essere mant enut a intatta (n. 49). E si tratta, in ogni ca-
so, di un dialogo che costituisce la pri ma part e della mis-
sione, di cui la seconda l' annuncio, frutto del dovere che
incombe sulla Chiesa per mandat o del Signore Ges, per-
ch gli esseri umani possano credere (in lui) ed essere sal-
vati, poich questo messaggio necessario, uni co e in-
sostituibile (n. 66).
E evidente che un dialogo cos condizionato ha poco a che
vedere col dialogo reale e mol t o col protocollo missiona-
rio, con la finzione interessata. Apparenza di dialogo co-
2
Panikkar, R., ibid., p. 115.
481
me strategia per entrare, senza parere, nell' annuncio uni-
laterale.
La ricerca della verit deve stare al di sopra della propria
appart enenza a una tradizione religiosa piuttosto che a
un' altra (compresa quella cristiana). Se il dialogo vera-
ment e ricerca della verit, una persona deve essere dispo-
sta ad abbracciarla l dove la incontra, anche se dovesse
abbandonare le sue precedenti convinzioni
3
e accorgersi
che i fondamenti della sua fede si smuovono e che ha bi-
sogno di ricostruire tutto l'edificio della sua fede religio-
sa
4
. Anche a costo di attraversare un periodo gramo.
E tutto questo cos perch il credente una persona, e
perch la sfida del pluralismo religioso, per chi la sappia
cogliere, colpisce la propria fede. Non un t ema sempli-
cemente teologico, una sfida esistenziale che rimette
la persona in una fase decisiva della sua ricerca di fede,
come quando inizi la sua avventura personale di fede, nel
moment o della conversione o del passaggio ad una fede
personale adulta. Molti credenti, soprattutto i professio-
nisti della fede (sacerdoti, religiosi, religiose, operatori di
pastorale) spesso si irrigidiscono nel loro itinerario di ri-
cerca della fede: non cercano pi, non si sentono provo-
cati dal pluralismo, non hanno pi dubbi di fede, hanno
i mparat o tutte le risposte e le distribuiscono agli altri co-
me funzionari intangibili da crisi di fede. Per queste per-
sone il t ema del pluralismo religioso solo una nuova teo-
logia, una nuova teoria di cui parlare, non una sfida alla
fede n alla religione. Noi non ci rivolgiamo a loro.
A sua volta, i dialoghi interreligiosi ufficiali fra istituzio-
ni religiose non sono veramente dialoghi nel significato
forte della parola, sono un' altra cosa: sono formalit, trat-
tative, protocolli, mut ue investigazioni, patti politici. Il ve-
ro dialogo esiste solo fra persone, non fra istituzioni. Per
3
Nel dialogo i cristiani devono passare decisamente da un atteggia-
mento confessionale ad un atteggiamento innanzitutto di ricerca del-
la verit (John Hick, God Has Many Names, The Westminster Press,
Philadelphia 1982, p. 126).
4
Ricordiamo ancora una volta l'intuizione di Paul Tillich, gi alla fi-
ne della sua vita, sulla necessit di ricostruire tutta la teologia dal
dialogo con le altre religioni.
482
i dialoghi ufficiali valgono tutte quelle cautele che sono lo-
giche nelle istituzioni. Per questo, quant unque le istituzioni
religiose debbano dialogare - magari lo facessero quan-
to pri ma -, per il credente comune questo dialogo ufficia-
le non l' unico
5
n il pi i mport ant e. pi urgente il dia-
logo che deve fare lo stesso credente o la comuni t cri-
stiana al suo interno (intradialogo), pi i mport ant e il dia-
logo che le comuni t di differenti tradizioni religiose pos-
sono realizzare fra loro ed pi i mport ant e il dialogo che
i teologi devono realizzare per avviare percorsi di com-
prensione e nuove impostazioni e paradigmi. Il dialogo in-
terreligioso che aiuter le religioni non quello che viene
realizzato dalle istituzioni e dai loro rappresent ant i (seb-
bene sia necessario e persino conveniente): soprattutto il
Popolo o i Popoli di Dio che devono dialogare fra di loro,
Dio ha il diritto di dialogare con Dio... attraverso i suoi
Popoli (Pedro Casaldliga).
Per altri, infine, per molti ricercatori di spiritualit atten-
ti alle trasformazioni profonde del nostro t empo, il dialo-
go interreligioso sembra troppo poco e t roppo in ritar-
do
6
perch non cessa di rinchiudere la spiritualit nelle
categorie inadeguate e nella visione limitata delle religio-,
ni formali... Se ci troviamo effettivamente in un secondo
t empo assiale
7
, un dialogo religioso che non si faccia ca-
rico del fatto che le religioni stesse sono sfidate dalla pos-
sibilit che sia gi iniziata la loro scomparsa, arriva tar-
di e si ferma poco
8
...
Che diremo a questi ricercatori inquieti? Che condividia-
mo la loro inquietudine. Effettivamente il dialogo interre-
ligioso non sar la soluzione della problematica che og-
5
Dovrebbe essere evidente che il dialogo delle religioni non con-
finato nel recinto delle istituzioni religiose. N un' area speciale di
competenza riservata ai cosiddetti teologi o autorit religiose, e an-
cora meno agli esperti o agli accademici. Escludere la religione dal
foro pubblico tanto letale come concedere il potere politico al cle-
ro (R. Panikkar, L'incontro indispensabile: Dialogo delle religioni, Ja-
ca Book , Milano 2001, p. 50).
6
0' Murchu, Reclaimng Spirituality, Crossroad, Nuova York 1997, p.
30.
7
Cf. la lezione 19.
8
Too little, too Late (O'Murchu, ibid.).
483
gi affonda le religioni. Certamente tale dialogo le aiuter
a ri durre il ritardo secolare del loro servizio all' uomo con-
t emporaneo e questo positivo, per la sfida che il muta-
ment o o la metamorfosi attuale della coscienza umana rap-
presentano per le religioni un altro tema, si colloca ad un
altro livello e non sar evitato con il dialogo interreligioso.
In buona misura certo che quello che fa avanzare il mon-
do non solamente il dialogo religioso, ma il superamento
della religione a favore della spiritualit. In ogni caso,
importante avere presenti i due fronti, sapendo che sono in-
dipendenti e che uno non risolver i problemi dell'altro.
Forme di dialogo interreligioso
divenuta classica la suddivisione delle forme di dialogo
che il citato document o Dialogo e Missione del 1984 pre-
senta nei suoi numeri 28-35
9
.
Sono queste le forme di dialogo che vi appaiono:
a) il dialogo della vita, nel quale le persone di differenti re-
ligioni si sforzano di vivere con uno spirito di apert ura e
di buon vicinato, condividendo gioie e dolori, i problemi e
le preoccupazioni umane;
b) il dialogo delle opere, nel quale le comuni t religiose di
differenti tradizioni collaborano in vista dello sviluppo in-
tegrale e della liberazione del popolo;
e) il dialogo degli interscambi teologici, attraverso il quale i
teologi cercano di approfondire le rispettive credenze reli-
giose e apprezzare i valori spirituali gli uni degli altri;
d) il dialogo dell'esperienza religiosa, con il quale le perso-
ne, radicate nelle propri e tradizioni religiose, condividono
le loro ricchezze spirituali, per esempio, per quant o ri-
guarda la preghiera e la contemplazione, la fede e i cam-
mi ni di ricerca di Dio o dell'Assoluto.
9
Furono ripresi dal documento Dialogo e Annuncio (n. 42) del Pon-
tificio Consiglio per il dialogo interreligioso della Congregazione per
la Evangelizzazione dei popoli (1991).
484
Alcuni autori fanno una classificazione simile, con altra
nomencl at ura; il dialogo potrebbe essere catalogato in
quat t ro livelli
10
:
a) il livello esistenziale: presenza e testimonianza;
b) il livello mistico: preghiera e contemplazione;
e) il livello etico: liberazione e promozi one dell' essere uma-
no;
d) il livello teologico: arri cchi ment o e applicazione dei pa-
t ri moni religiosi.
In ent rambe le classificazioni si t rat t a di quat t ro modalit,
non di quat t ro t appe di uno stesso itinerario. In ogni luo-
go o situazione sar possibile o conveniente una forma di
dialogo piuttosto che un' altra, e qualche volta sar pruden-
te non realizzare nessuna di quelle forme di dialogo, rin-
viandolo ad un moment o successivo. evidente che il dia-
logo teologico non sar in molti casi il pri mo passo. In cia-
scun caso si pu fare ci che le possibilit concrete sug-
geriscono.
A questi quat t ro tipi o modalit di dialogo noi aggiunge-
r emmo il gi citato intradialogo o preparazione del dia-
logo, cos come il dialogo ufficiale delle istituzioni di
ogni religione, che non deve sostituire n condizionare nes-
suna delle altre forme di dialogo interreligioso.
Non bisogna dimenticare che in questo campo, come in
molti altri, l'iniziativa di ogni credente libera di avvia-
re qualsiasi attivit, contatto, relazione, progetto... e che
quanti pi saranno i credenti attivi e impegnati in questo
dialogo, quant o pi e pri ma questo mondo si orienter ver-
so atteggiamenti di pace e di riconciliazione. Si amo tutti
invitati a partecipare.
II. Suggerimenti concreti per la pratica
11
a) Per un atteggiamento di pluralismo religioso
- Vivere il dialogo religioso, in pri mo luogo, personal ment e
, 0
Roberlei Panasiewicz, Dilogo e revelago. Rumo ao encontro inter-
religioso, editrice C/Arte, Belo Horizonte 1999, p. 54.
11
Agenda Latinoamericana 2003, pp. 224-225.
485
dentro me stesso e dentro la mia stessa comunit, come
un atteggiamento di ascolto per i mparare dalle altre reli-
gioni, essere aperto a conoscerle, deporre ogni atteggia-
ment o di dogmat i smo a priori, accogliere criticamente le
lamentele contro la nostra religione, riconoscerne i suoi li-
miti e i suoi peccati e accettare la possibilit di una revi-
sione dei miei schemi tradizionali. Praticare quindi un
dialogo religioso con me stesso, entro la mi a comunit, un
intra-dialogo (Panikkar).
- Studiare nella mia comunit (comunit di base, circolo
di studio, parrocchia, congregazione...) il t ema del plurali-
smo religioso. Organizzare un breve corso, laboratorio, ci-
clo di riunioni di studio... anche una serie di incontri pub-
blici. Studiare il macroecumeni smo e il dialogo religioso.
Riesaminare la bibliografia sul dialogo e il pluralismo reli-
gioso e vedere quali libri possiamo leggere/studiare.
- Essere capaci di pregare in un tempio di altra confes-
sione, di pregare con una orazione di altra religione.
- Scegliere una religione (grande o piccola) che mi sco-
nosciuta e dedicare, per un certo t empo, la mia lettura per-
sonale a conoscerla intellettualmente e con disponibilit.
Contattare persone di questa religione, avviare u rappor-
to di dialogo o di lavoro (qualche attivit congiunta) e col-
tivare la loro amicizia.
- Coltivare un atteggiamento di rispetto e venerazione ver-
so le altre religioni. Non pensarle mai come spazi vuoti
di salvezza. Eliminare dal nostro dizionario parole e con-
cetti come paganesimo, religioni naturali... Fare uno
sforzo per sradicare da noi (anche nella nostra preghiera
personale e nella preghiera liturgica) ogni modo di dire che
ignori l' esistenza di altre religioni, altre forme di vedere
Dio, altre espressioni del senso dell' esistenza umana. . . Sen-
tirsi decisamente membr o di una comuni t umana uni-
versale, aperta, che tiene in considerazione il pluralismo
religioso e lo valorizza positivamente, che cerca la comu-
ni one di tutti gli esseri umani con Dio senza distruggere
t ut t e quelle vie per le quali Dio e gli uomi ni hanno comu-
nicato nel corso dei millenni.
- Contemplare Dio, sempre pi come il Dio di tutti i no-
mi, il Dio che andat o incontro a tutti i popoli e che si
486
incontra con tutti gli esseri umani attraverso le religioni
dei popoli.
- Convertirmi all'Amore e al Dio Padre/Madre universale,
assumendo la mi a identit di figlio/a di Dio e fratello/so-
rella di tutti i miei fratelli e sorelle, pri ma e al di sopra
dell' identit che deriva dalla mia appart enenza a una reli-
gione concreta.
- Intendere la mia Missione (cristiana o di qual unque al-
tra religione) come servizio all' Utopia del progetto di Dio,
che noi cristiani definiamo Regno di Dio.
- Valutare positivamente tutte le religioni. Accettare sin-
cerament e la loro molteplicit, non come un deplorevole
pluralismo di fatto bens come un pluralismo positiva-
ment e voluto da Dio, pluralismo di diritto, di diritto di-
vino.
- Essere convinto che tutte le religioni sono vere, hanno
la loro Verit, sono vie attraverso le quali Dio si fa incon-
tro; e che sono anche tutte umane, e per questo limitate e
relative, incomplete e condizionate da peccati storici.
- Rinunciare a ogni ansia di proselitismo. Desiderare che
gli ind siano buoni ind, i musul mani buoni musul mani ,
i cristiani buoni cristiani e che tutti gli uomi ni e le donne
siano santi nel cammi no religioso attraverso cui Dio an-
dato loro incontro. Rispettare profondamente coloro che,
con sincerit, affermano di non trovare Dio.
b) Per una pratica del dialogo religioso
- Fare un elenco delle presenze di altre comuni t religio-
se che si trovano all' interno del nostro quartiere, nella citt,
nelle citt vicine.
- Fare in modo che la mia comuni t prenda l'iniziativa di
farsi incontro e visitare qualche comuni t o istituzione
di altra religione.
- Ent rare ogni t ant o in qualche tempio di un' altra religio-
ne, e partecipare ad alcune delle loro celebrazioni.
487
- Riconoscere nella prat i ca che ci sono altri Libri Sacri,
conoscerli, leggerli, accoglierli, meditarli, utilizzarli anche
nelle nostre celebrazioni...
- Nei pri mi giorni di gennaio visitare gli altri rami della
famiglia cristiana e accordarsi per celebrare congiunta-
mente la settimana dell' unit dei cristiani.
- Stabilire relazioni (personali, di gruppo, comunitarie) con
persone, gruppi, comunit, enti... di altre religioni. Sfor-
zarsi perch queste relazioni si stabilizzino e siano positi-
ve negli ambienti dove mi muovo.
- Organizzare con la mia comuni t religiosa una campa-
gna di dialogo inter-religioso: proporlo pri ma alle istitu-
zioni e gruppi competenti, programmare fra questi visite,
dialoghi, tavole rotonde, attivit sociali di appoggio a si-
tuazioni di bisogno... Tentare di organizzare qualche vol-
ta una celebrazione inter-religiosa, che nel futuro possa es-
sere periodica.
- Prendere il t ema del PR come t ema di studio nella mi a
comuni t religiosa.
- Far part e di commissioni, organismi o iniziative ecume-
niche, multireligiose ed essere al loro interno un deciso so-
stenitore del dialogo e dell' accettazione del pluralismo.
Mettersi in contatto con le iniziative internazionali di dia-
logo e cooperazione interreligiosa .
- Fare s che il t ema venga assunt o nel gruppo lider della
comuni t nella quale mi trovo (quartiere, centro di studio,
associazione o movimento, comuni t cristiana, parrocchia,
congregazione evangelica, comuni t educativa, circolo di
amici...) e incentivare iniziative al ri guardo.
- Essere abbonat o individualmente o collettivamente a
qualche rivista che affronti il t ema del dialogo e del plu-
ralismo, al livello e impostazione pi adeguati.
- Praticare la inreligionazione: avvicinarsi seriamente
all' esperienza religiosa di altre religioni, cercando di favo-
rire in noi stessi una conoscenza esperienziale profonda di
un' altea religione, principalmente quella che pi vicina
all' ambiente nel quale ci troviamo, come anche delle gran-
di religioni asiatiche.
- Intavolare quello che si definisce un dialogo di vita fra
488
comuni t di diverse religioni: dialogo che consiste nella
realizzazione congiunta di azioni in difesa della vita, di mi-
glioramento della qualit della vita nel quartiere, di atten-
zione ai pi bisognosi della nost ra comunit, senza di-
stinzione di appart enenza religiosa...
e) Per una pratica di impegno per la Pace
- Fare abi t ual ment e nella propria comuni t o gruppo l'ana-
lisi della congi unt ura riguardo alla situazione mondiale,
continentale e nazionale.
- Riflettere sulla nuova congi unt ura mondiale nella quale,
alle acuite ingiustizie tradizionali, si aggiunge ora una nuo-
va coscienza delle tensioni culturali e religiose.
- Essere in contatto con associazioni pacifiste nella nost ra
citt o regione.
- Partecipare a campagne e associarsi a istituzioni contro
la tortura, per la difesa dei diritti umani , per la salvaguar-
dia della nat ura, per l' istituzione del Tribunale Penale In-
ternazionale, per la firma e il rispetto del protocollo di Kio-
to.
- Organizzare nella propria comunit, gruppo, quartiere...
una settimana di riflessione/azione per la Pace.
- Essere decisamente ed esplicitamente antimperialista, e
impegnarsi a favore della democratizzazione del mondo
con un atteggiamento sempre di difesa degli esclusi, emar-
ginati o vittime di qualsiasi forma di ingiustizia.
- Non separare il t ema del dialogo religioso dal tema del-
la pace e della giustizia, e porre l' opzione per il Dio dei po-
veri come la bussola della posizione che assumeremo nel
dialogo.
Aggiungere qui i propri suggerimenti.
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- Si faccia l'esercizio di trovarne altre in internet tramite i mo-
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asterisco), compreso qualche articolo di rivista e le opere citate nel-
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496
Indice
Prefazione Pag. 5
Presentazi one 9
Impostazi one del corso 11
I. Motivazione e obiettivi 11
II. Metodologia latino-americana 13
III. Il corso come studio personale individuale 14
IV. Metodologia specifica per il lavoro di gruppo 14
V. Domande per dialogare/riflettere 16
Capitolo primo
A partire dalla nostra esperi enza 19
Obiettivo 19
Schema di domande per condividere la nost ra
esperienza 19
Esercizio raccomandat o: Vero o falso? 21
Capitolo secondo
La nuova situazione del pluralismo religioso 22
I. Sviluppo del t ema 22
II. Testi antologici da leggere e comment are 29
III. Domande per riflettere e per dialogare 30
IV. Esercizi raccomandat i 31
Bibliografia 31
Captolo terzo
A partire dalla storia. Dalla prospettiva
del pl ural i smo 33
I. Per presentare il t ema 33
II. Testi antologici 33
III. Per sviluppare il t ema 37
IV. Domande per condividere e approfondire 38
Bibliografia 39
497
Capitolo quarto
Il pluralismo religioso nella storia
dell'America Latina pag. 41
I. Per sviluppare il tema 41
II. Testi antologici 42
III. Domande per riflettere e per dialogare 44
IV. Esercizi raccomandat i 45
Bibliografia 46
Capitolo quinto
L'ermeneutica del sospetto 48
I. Per sviluppare il tema 48
IL Testimonianze antologiche per esercizi
didattici in gruppo 53
III. Applicazioni alla vita 56
IV. Domande per riflettere e per dialogare 57
Bibliografia 57
Capitolo sesto
Strumenti logici: nomi , concetti
e classificazioni 59
I. Per sviluppare il t ema 59
IL Testi antologici 70
III. Esercizi pedagogici raccomandat i 71
IV. Domande per riflettere e per dialogare
in gruppo 71
Bibliografia 72
Capitolo settimo
Visione generale: escl usi vi smo, i ncl usi vi smo
e pluralismo 73
I. Per sviluppare il t ema 73
IL Esercizi didattici raccomandat i 94
III. Domande per lavorare in gruppo 95
Bibliografia 95
Capitolo ottavo
Una nuova comprensi one della Rivelazione 98
I. Per sviluppare il t ema 98
ILTesti antologici 108
498
III. Domande per riflettere e per dialogare pag. 109
Bibliografia 110
Capitolo nono
Due principi fondamentali: il pl ural i smo
positivo e vol uto da Dio. Non ci sono eletti 112
I. Per sviluppare il t ema 112
IL Testi antologici ed esercizi raccomandat i 134
III. Domande per riflettere e per dialogare 134
Bibliografia 134
Capitolo decimo
Aspetti biblici e gesuani ci 136
I. Per sviluppare il t ema 136
IL Domande per lavorare in gruppo 155
Bibliografia 156
Capitolo undicesimo
Aspetti ecclesiologici del pluralismo religioso 157
I. Per sviluppare il t ema 157
IL Testi antologici 183
III. Domande per riflettere e dialogare 185
Bibliografia 186
Capitolo dodicesimo
Aspetti dogmati ci cristologici 188
I. Per sviluppare il tema 189
IL Testi antologici 217
III. Domande per riflettere e dialogare 217
Bibliografia 218
Excursus al capitolo dodicesimo
La costi tuzi one del dogma cristologico 221
Come l' hanno saputo? 221
Alcune riflessioni 233
Capitolo tredicesimo
La regola d'oro. La di mensi one etica
del l e religioni 242
I. Per sviluppare il t ema 242
499
II. Testi antologici pag. 259
III. Domande per riflettere e lavorare in gruppo 259
Bibliografia 260
Capitolo quattordicesimo
Un altro model l o di verit 261
I. Per sviluppare il t ema 261
II. Testi antologici 282
III. Domande per riflettere e per dialogare 283
TV. Poster (<htpp://servicioskoinonia.org/posters>) 284
Bibliografia 284
Capitolo quindicesimo
Tutte l e religioni sono vere 286
I. Per sviluppare il t ema 286
II. Testi antologici 304
III. Domande per riflettere e per dialogare 306
IV. Poster 307
Bibliografia 308
Capitolo sedicesimo
Tutte le religioni sono vere... e false 309
I. Per sviluppare il t ema 309
II. Testi antologici 321
III. Domande per rifletterre e per dialogare 321
Bibliografia 322
Capitolo diciassettesimo
Limiti concreti del cristianesimo 323
I. Per sviluppare il t ema 323
II. Testi antologici 344
III. Domande e suggerimenti per lavorare
in gruppo 345
Bibliografia 346
Capitolo diciottesimo
Macroecumeni smo latino-americano 348
I. Per sviluppare il t ema 348
IL Testi antologici 362
500
pag-










364
365
366
366
394
395
396
396
415
415
416
III. Domande per lavorare in gruppo
Bibliografia
Capitolo diciannovesimo
Un nuovo t empo assiale. Ampl i amo
gli orizzonti
I. Per sviluppare il t ema
II. Esercizi raccomandat i
Bibliografia
Capitolo ventesimo
Spiritualit del pl ural i smo rel i gi oso
I. Per sviluppare il t ema
II. Testo antologico
III. Esercizi raccomandat i
Bibliografia
Capitolo ventunesimo
Morte e resurrezione della mi ssi one 417
I. Per sviluppare il t ema 417
II. Testi antologici 444
III. Attivit raccomandat e 447
Bibliografia 448
Capitolo ventiduesimo
Mondializzazione e religioni 450
I. Per sviluppare il t ema 450
II. Testo antologico 463
Bibliografia 464
Capitolo ventitreesimo
Molti poveri, mol te religioni: Liberazione
mondi al e e religioni 466
I. Per sviluppare il t ema 466
IL Testi antologici 478
Bibliografia 478
Capitolo ventiquattresimo
La pratica del di al ogo 479
I. Per sviluppare il t ema 479
501
II. Suggerimenti concreti per la pratica
Bibliografa
Pagine in rete
pag. 485
489
490
Appunti :
Bibliografa complementare in italiano
491
502

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