Varie indicazioni storiche e dossografiche concorrono a riproporre, nel caso di Anassimandro
1 , una figura estremamente complessa, per molti versi saldandone anche da un punto di vista biografico - impegno e interessi a quelli del concittadino Talete di cui, come ricorda Simplicio (appoggiandosi a Teofrasto), fu successore e discepolo ( ), probabilmente anche come punto di riferimento politico per la citt:
. , . , . , ( , ). , , . , . ,
( ) Anassimandro, figlio di Prassiade, milesio. Egli afferm che l'apeiron principio ed elemento, non determinandolo per come aria o acqua o qualcos'altro; e che, mentre le parti mutano, il tutto rimane invece immutabile; che in mezzo giace la Terra, che occupa la posizione di centro, e che sferica. Afferm poi che la Luna luminosa solo in apparenza ed illuminata dal Sole, ma anche che il Sole non inferiore alla Terra quanto a dimensioni ed fuoco purissimo. Inoltre escogit per primo lo gnomone e lo pose presso le meridiane a Sparta, secondo quanto afferma Favorino nella Storia varia, a indicare solstizi ed equinozi. Costru anche strumenti per determinare l'ora [orologi]. Tracci pure per primo il perimetro di terra e mare, e ancora costru una sfera [celeste]. Delle sue opinioni ha prodotto una relazione sommaria, in cui si imbattuto anche Apollodoro l'Ateniese. E nella Cronologia <Apollodoro 2 > afferma che Anassimandro, nel secondo anno della sessantottesima olimpiade, aveva 64 anni, e mor poco dopo. [...] (Diogene Laerzio; DK 12 A1)
. Anassimandro, poi, fu guida della migrazione da Mileto ad Apollonia. (Eliano; DK 12 A3)
., , .
Allievo di Talete Anassimandro, figlio di Prassiade, milesio a sua volta. Egli fu il primo a produrre gnomoni per la determinazione dei solstizi solari e i tempi e le ore e gli equinozi. (Eusebio; DK 12 A4)
ab Anaximandro physico moniti Lacedaemonii sunt, ut urbem et tecta linquerent armatique in agro excubarent, quod terrae motus instaret, tum cum et urbs tota corruit et monte Taygeto extrema montis quasi puppis avolsa est Gli Spartani furono avvisati da Anassimandro il fisico di abbandonare la citt e le case e di trascorrere la notte armati nei campi, dal momento che era imminente un terremoto: proprio allora croll tutta la citt e dal monte Taigeto come fosse poppa [di una nave] si stacc la vetta (Cicerone; DK 12 A5a)
obliquitatem eius [sc. zodiaci] intellexisse, hoc est rerum foris aperuisse, A. Milesius traditur primus olympiade quinquagesima octava [...]
1 Per quanto riguarda la cronologia relativa di Anassimandro, l'indicazione delle Cronologie di Apollodoro, secondo cui il Milesio sarebbe stato sessantaquattrenne nel 547/6 a.C. (egli sarebbe dunque nato intorno al 611/610 a.C.), e sarebbe morto pochi anni dopo (Anassimandro, in pratica, sarebbe stato contemporaneo di Talete), in genere accolta, ma sempre come approsimazione. L'incrocio con il riferimento alla tirannia di Policrate (535-524 a.C.), infatti, rivela una sfasatura temporale di circa un decennio. 2 Accolgo l'indicazione di Colli (G. COLLI, La sapienza greca, Volume II, Milano, Adelphi, 1978, pp. 311-312), secondo cui il primo Apollodoro citato sarebbe l'ateniese o l'epicureo, diverso dall'autore delle Cronologie (Apollodoro il cronografo). 1 Si tramanda che Anassimandro milesio fosse il primo nella cinquantottesima olimpiade - a comprendere l'obliquit dello zodiaco, cos aprendo la strada alla conoscenza della natura (Plinio; DK 12 A5)
,
Diodoro di Efeso, scrivendo su Anassimandro, afferma che <Empedocle> pretendesse imitarlo, assumendo un atteggiamento teatrale e adottando un abbigliamento solenne. (Diogene Laerzio; DK 12 A8)
<Anassimandro>, primo dei Greci di cui abbiamo conoscenza, os pubblicare uno scritto sulla natura (Temistio; DK 12 A7)
. , . . ,
Anassimandro, figlio di Prassiade, milesio, filosofo, parente, allievo e successore di Talete. Fu il primo a scoprire gli equinozi, i solstizi e gli orologi, e ancora che la Terra giace proprio al centro. Introdusse anche lo gnomone e produsse una sintesi d'insieme della geometria. Scrisse Intorno alla natura, Il giro della Terra, Sulle stelle fisse, La sfera e qualche altra opera (Suidas; DK 12 A2)
, , ... ...
, Alcuni sostengono tra questi Eforo nel secondo libro - che scopritore delle lettere dell'alfabeto fu Cadmo, altri invece sostengono che non fu scopritore, ma divulgatore presso di noi della scoperta dei Fenici ... Pitodoro poi ... afferma che le port con s Danao: a sostegno di costoro testimoniano gli scrittori di Mileto Anassimandro, Dioniso ed Ecateo, che gi Apollodoro propone nel Catalogo delle navi (Scoli a Dioniso Trace; DK 12 B6).
La tradizione pi antica attesta una comunanza di ricerca con Talete in ambito astronomico e nella produzione di strumenti di osservazione e misura, solo all'interno della quale avrebbe trovato posto anche la speculazione sull'origine di tutte le cose: pi che un saggio, secondo il modello proposto da Diogene Laerzio con i Sette Sapienti, pi che un filosofo, secondo la lezione aristotelica, Anassimandro vi appare inventore e geografo 3 . significativo che le testimonianze sottolineino come fossero state le osservazioni celesti di Anassimandro a costituire la chiave di accesso alla comprensione della natura (rerum foris aperuisse). Insieme all'attenzione per la misurazione (dello spazio, soprattutto, e del tempo) e per la configurazione dello spazio celeste, risulta rilevante la notizia dell'ideazione e costruzione di una sfera celeste (): possibile che, sviluppando le implicazioni delle scansioni astronomiche e del relativo riassetto dei dati temporali (giorni, mesi, stagioni, anno) presumibilmente operati da Talete, Anassimandro si sia avventurato a ripensare l'intera struttura cosmica, con un tentativo, addirittura, di definizione delle dimensioni lineari delle sue componenti fondamentali (Terra, Luna, Sole, stelle) 4 . Ci fa supporre che anche Anassimandro ricorresse all'uso consapevole di strumenti di rilevamento della posizione solare (gnomone, orologi, che altri avevano inventato prima di lui 5 ), e che la conseguente determinazione di solstizi ed equinozi si ricollegasse a precise convinzioni circa la struttura del cosmo (ci nel suo caso appare molto probabile). La tradizione babilonese - che molti richiamano come fonte diretta dei contributi astronomici milesi - aveva infatti elaborato un'immagine
3 I presocratici. Frammenti e testimonianze, introduzione, traduzione e note di A. PASQUINELLI, Torino, Einaudi, 1958, p. 306. 4 S.A. WHITE, Milesian Measures: Time, Space, and Matter, in The Oxford Handbook of Presocratic Philosophy, Oxford, Oxford University Press, 2008, p. 103. 5 ANAXIMANDRE, Fragments et Tmoignages, texte grec, traduction, introduction et commentaire par M. CONCHE, Paris, Presses Universitaires de France, 1991, pp. 35-36. 2 emisferica della copertura celeste (la stessa che alcuni attribuiscono a Talete): il presunto passaggio di Anassimandro (che potrebbe tuttavia essere stato anticipato da intuizioni di Talete) al modello della avrebbe poi imposto come avremo modo di constatare - il problema del posizionamento e del sostegno della Terra al centro 6 . interessante che Cicerone attribuisca alle conoscenze del fisico Anassimandro la predizione di un terremoto distruttivo, che avrebbe salvato la popolazione di Sparta: lettura razionalista di un tratto tradizionale (la divinazione) del profilo sapienziale del pensatore di Mileto, che forse possiamo accostare a quanto riferisce Diogene circa il suo presunto atteggiamento ieratico e ricercato. L'indicazione di Cicerone sembra attestare comunque il prestigio continentale del Milesio, la sua presenza in Grecia e forse un'attivit pubblica, confermata anche dalle notizie sulle sue installazioni tecnico-scientifiche a Sparta (escogit per primo lo gnomone e lo pose presso le meridiane a Sparta, ). Sebbene poi la figura di Anassimandro non dovesse godere della stessa fama popolare di quella di Talete: prima di Aristotele, infatti, non abbiamo testimonianze indirette sulla sua attivit e sul suo pensiero, a dispetto della quasi certa produzione scritta 7 . In questo senso come giustamente osserv Gigon 8 - Anassimandro (come Anassimene) fu una scoperta di Aristotele 9 . La dossografia ci informa, in effetti, che delle proprie convinzioni scientifiche Anassimandro avrebbe prodotto almeno una sintesi (esposizione sommaria, ) 10 , ancora disponibile in et ellenistica 11 : un testo , forse di accompagnamento 12 e introduzione a una mappa della terra, che, nell'antichit, almeno tra gli specialisti (Eratostene), gli garant notoriet:
. , . , ,
6 Conche in ANAXIMANDRE, Fragments et Tmoignages, cit., pp. 37-38. 7 Sulla scorta di un frammento da Diels giudicato sospetto:
, , ... ...
, . Alcuni, tra cui Eforo nel secondo libro, dichiarano che Cadmo fu l'inventore delle lettere dell'alfabeto; altri che egli non fu inventore, ma colui che diffuse presso di noi l'invenzione dei Fenici... Pitodoro e altri ritengono invece che a introdurre tra noi le lettere dell'alfabeto fu Danao: lo attestano gli scrittori di Mileto, Anassimandro, Dionigi ed Ecateo, i quali Apollodoro cita nel Catalogo delle navi. (Scolio a Dioniso Trace; DK 12 C),
si ipotizzato (si veda D.L. COUPRIE, Heaven and Earth in Ancient Cosmology. From Thales to Heraclides Ponticus, New York-Dordrecht-Heidelberg-London, Springer, 2011, p. 89) che Anassimandro abbia addirittura condotto indagini sull'origine dell'alfabeto. 8 O. GIGON, Der Ursprung der griechischen Philosophie, Basel, Schwebe, 1945, p. 44. 9 R. LAURENTI, Introduzione a Talete, Anassimandro, Anassimene, Roma-Bari, Laterza, 1971, p. 87. 10 West (M.L. WEST, Early Greek Philosophy and the Orient (1971), trad. it. La filosofia greca e l'Oriente, Bologna, Il Mulino, 1993, p. 116), accogliendo un'ipotesi di Kirk-Raven, sottolinea la possibilit che Diogene abbia confuso l'analisi di un dossografo con l'originale. 11 Oltre che nel riferimento di Diogene ad Apollodoro ateniese, troviamo conferma della presenza dell'opera nel II secolo a.C. da un'iscrizione conservata nel liceo di Taormina (riprodotta come testimonianza 3C da Gemelli Marciano in Die Vorsokratiker, Auswahl dei Fragmente und Zeugnisse, bersetzung und Erluterungen von M.L. GEMELLI MARCIANO, Band I, Dsseldorf, Artemis & Winkler Verlag (Sammlung Tusculum), 2007, p. 34). 12 tesi della Gemelli Marciano (Die Vorsokratiker, cit., p. 62). Dubbi in proposito da parte di C. JACOB, Inscrivere la terra abitata su una tavoletta. Riflessioni sulla funzione delle carte geografiche nell'antica Grecia, in Sapere e scrittura in Grecia, a cura di M. DETIENNE, Roma-Bari, Laterza, 1989, p. 158 (nota). 3 Anassimandro milesio, allievo di Talete, per primo os disegnare su una tavoletta la terra abitata. Dopo di lui, il milesio Ecateo, gran viaggiatore, precis <il disegno>, cos che l'opera suscit ammirazione. (Agatemero, da Eratostene) Eratostene sostiene che i primi <geografi> dopo Omero furono due: Anassimandro, allievo e concittadino di Talete, ed Ecateo il Milesio. Anassimandro fu poi il primo a produrre una tavola geografica, mentre Ecateo lasci un disegno confidando che fosse di quello [Anassimandro], in base all'altra sua produzione. (Strabone I, 1, 11; DK 12 A6)
, , , Coloro invero che per primi si avventurarono a trattare la geografia ebbero una natura filosofica - Omero e Anassimandro di Mileto ed Ecateo suo concittadino - secondo quel che ha gi detto Eratostene. (Strabone I, 1, 1; Colli 11 [B5]; traduzione di G. Colli).
Per quanto possibile ricostruirne i contorni dalle testimonianze, l'opera di Anassimandro doveva contenere una cosmogonia, una cosmologia, sezioni di biologia (relative all'originario sviluppo degli organismi viventi), insieme alla spiegazione di comuni fenomeni astronomici e meteorologici, e all'esposizione geografica vera e propria: si trattava effettivamente di un testo ardito, di una sfida aperta al deposito di sapienza della tradizione poetica. E forse proprio il suo contenuto doveva farne il prototipo del contributo : una ricerca su origine, sviluppo e assetto del cosmo e delle sue componenti essenziali 13 , intesa a tracciarne la storia dall'emersione dall'infinito primordiale all'epoca dell'autore 14 . Quanto Suidas documenta come prodotto dell'attivit intellettuale di Anassimandro:
, Scrisse Intorno alla natura, Il giro della Terra, Sulle stelle fisse, La sfera e qualche altra opera (DK 12 A2),
potrebbe riferirsi non a opere diverse, non a diverse titolazioni della stessa opera, ma a diverse sezioni dello stesso scritto 15 . D'altra parte le testimonianze di coloro che, per noi, potrebbero essere stati gli ultimi fruitori diretti dello scritto di Anassimandro Aristotele e Teofrasto ne offrono, pur in una cornice concettuale omogenea (quella del Peripato), rilievi diversi: il primo, per esempio, insiste soprattutto (con valutazioni oscillanti) sul tema della natura dell'infinito (sostrato o predicato? o ?) e sul suo rapporto con gli elementi, riferendosi per lo pi implicitamente e indirettamente al Milesio; il secondo, invece, marcando decisamente la funzione di come , assegna esplicitamente ad Anassimandro la concezione dell'infinito come . Il fatto che Teofrasto potesse citare Anassimandro, fa supporre che anche Aristotele disponesse del testo; certe incongruenze nei riferimenti (come verificheremo) possono suggerire che: (i) il testo fosse accessibile solo in forma antologica, e per tale motivo presentasse ambiguit o oscurit; (ii) esso fosse effettivamente una traccia destinata all'insegnamento o comunque a una mediazione orale e dunque necessariamente ellittico; (iii) la comunicazione di Anassimandro si prestasse a letture non univoche ovvero fosse proposta in una concettualit di difficile traduzione per lo Stagirita 16 . Commentando il contesto dell'unica citazione anassimandrea (conservataci attraverso Teofrasto), torneremo sull'osservazione (probabilmente dello stesso Teofrasto) circa lo stile piuttosto poetico dell'autore ( ), che possiamo ricollegare alle notizie circa la presunta composizione in versi degli scritti da alcuni attribuiti a Talete: possibile, allora, che l'opera di Anassimandro non si presentasse come un vero e proprio trattato, piuttosto come un tentativo sperimentale di prosa di idee 17 , in cui ancora si ricorreva al supporto della tradizionale matrice
13 G. NADDAF, The Greek Concept of Nature, New York, SUNY Press, 2005, p. 64. 14 W.A. HEIDEL, Anaximander's Book: The Earliest Known Geografical Treatise, "Proceedings of the American Academy of the Arts and Sciences", 45,1921, p. 287. 15 R. LAURENTI, Introduzione a Talete, Anassimandro, Anassimene, cit., p. 90. 16 Di oggettiva mancanza di chiarezza nelle espressioni di Anassimandro, contro cui avrebbero cozzato i tentativi peripatetici di traduzione concettuale, parla J. BARNES, The Presocratic Philosophers, London-New York, Routledge & Kegan Paul, 1982, p. 37. 17 E.A. HAVELOCK, Alle origini della filosofia greca. Una revisione storica, Roma-Bari, Laterza, 1996, p. 35. 4 orale, nella forma di sentenze in s conchiuse 18 . La struttura della citazione, in effetti, evoca l'enunciazione formulare, la formula (ancorch non in versi) da memorizzare, secondo la prassi aedica: una soluzione di compromesso per esprimere contenuti nuovi, come sarebbe poi stata l'aforistica eraclitea. In questo senso, Havelock ha potuto parlare, a proposito delle opere dei pensatori arcaici, di programmi o riassunti (come confermerebbe lo stesso Diogene) di ci che l'autore intendeva dire quando insegnava 19 .
L'audacia di Anassimandro nell'avventurarsi nella scrittura, nel professare pubblicamente il proprio insegnamento, va commisurata all'impresa, altrettanto ardita (come sottolinea Agatemero), di inscrivere la terra abitata su una tavoletta ( ): lo strumento grafico e il supporto si prestavano effettivamente alla funzione riassuntiva (rispetto ai tradizionali cataloghi toponimici) di promemoria (analogamente alla scrittura) 20 , denotando luoghi specifici attraverso il ricorso a forme visive. Era cos istituito un oggetto nuovo, a met tra testo e immagine, capace di evidenziare l'insieme della superficie terrestre e le sue articolazioni spaziali, espressione di una volont di padronanza intellettuale 21 che si affermava come pensiero astratto, superando gli schemi mitico- religiosi di spiegazione del mondo 22 . Anche in questa prospettiva, dunque, si registra una continuit di interessi con Talete: la scrittura e la rappresentazione grafica manifestano una forma di razionalit in cui la pratica della geometria doveva risultare essenziale, caratterizzando cos la cartografia con le sue regolarit e simmetrie, irrise in un passo di Erodoto:
, , ,
Rido vedendo come molti abbiano gi tracciato certi circuiti della terra e che nessuno esponga dimostrando intelligenza: disegnano l'Oceano che corre intorno alla terra rotonda, come fosse uscita dal compasso, e fanno l'Asia delle stesse dimensioni dell'Europa. (Storie IV, 36).
Evidentemente Anassimandro, riprendendo l'idea omerica di Oceano, aveva fissato un modello circolare della mappa terrestre ( ) che, precisato da Ecateo (e altri), si era conservato fino a Erodoto 23 : presumibilmente il successo era legato all'efficacia (e credibilit) nella resa grafica e nella rappresentazione almeno dei territori dellarea mediterranea. Si pu forse ulteriormente ipotizzare che tali riduzioni in scala avessero contribuito a individuare un'unit di misura utilizzabile anche per effettuare le prime stime intorno alle distanze cosmiche 24 . indicativo che nelle testimonianze sulla creativit di Anassimandro si ritrovino a un tempo una e un : la geometrizzazione dello spazio celeste e di quello terrestre dovevano procedere di pari passo. Una possibile estensione del metodo di lavoro di Talete, che ricorreva all'applicazione di forme geometriche per la soluzione di problemi concreti (distanza delle navi dalla riva, misurazione altezza delle piramidi) e quindi verosimilmente faceva grande uso di raffigurazioni grafiche: ad Anassimandro riconosciuta una trasposizione analogica di calcoli dalle figure alla realt, che avrebbe consentito di determinare, a partire da rapporti matematici ricavati dalla misura del diametro terrestre, le distanze tra la Terra, il Sole, la Luna e le stelle 25 . Anassimandro e il principio
18 Ibidem. 19 Ivi, p. 30. 20 C. JACOB, Inscrivere la terra abitata..., cit., p. 154. 21 Ivi, p. 157. 22 Ivi, p. 154. 23 Su questo punto l'analisi di L. ROSSETTI, Lideazione del pinax, mediale Innovation di Anassimandro, un articolo di prossima pubblicazione dall'autore gentilmente concesso in lettura. 24 Ibidem. 25 Ivi, pp. 156-157. 5 Solo a partire dalle testimonianze su Anassimandro la tradizione - sostanzialmente appoggiandosi alle
26 di Teofrasto 27 - ha conservato elementi sufficienti per una ricostruzione meno incerta (rispetto al precedente di Talete) del modello d'indagine :
. , . , ,
[B 1], .
, , . . , , , , . (DK 12 A9) Tra coloro che sostengono che <il principio> uno, in movimento e illimitato, Anassimandro - figlio di Prassiade, milesio, divenuto seguace e successore di Talete - dichiar lapeiron principio e elemento delle cose che sono, adottando per primo questo nome del principio. Egli sostiene, in vero, che esso non sia n acqua n alcun altro di quelli che sono detti elementi, ma che sia una certa altra natura infinita, da cui originano tutti i cieli e i mondi in essi: secondo necessi t che verso l e st esse cose, da cui l e cose che sono hanno ori gi ne, avvenga anche l a l oro di st ruzi one; esse, i nfat t i , pagano l e une al l e al t re pena e r i scat t o del l a col pa, secondo l ordi nament o del t empo [B1], parlando di queste cose cos, in termini piuttosto poetici. evidente allora che, avendo considerato la reciproca trasformazione dei quattro elementi, non ritenne adeguato porre alcuno di essi come sostrato, ma qualcosa di diverso, al di l di essi. Egli poi non fa discendere la generazione dall'alterazione dellelemento, ma dalla separazione dei contrari, a causa del movimento eterno. Per questo motivo Aristotele lo ha collocato accanto ai seguaci di Anassagora. [...] Contrari sono caldo e freddo, secco e umido e cos via.
La testimonianza, oltre a marcare il legame di Anassimandro con Talete, fissa uno schema esplicativo fondamentale: (a) la necessit di un principio che superi la finitezza delle vicende degli elementi
26 possibile che con questa titolazione presente (sia come in 16 libri, sia come in un libro) negli elenchi delle opere teofrastee riprodotti da Diogene Laerzio (V, 48) - ci si riferisse a una , da tenere distinta da una , opera di fisica vera e propria, ma contenente inserti dossografici: in Diogene Laerzio (V, 46) essa comparirebbe come in 18 libri, accanto a un in 8 libri. Le due ricerche erano ancora ben distinte dal neoplatonico Prisciano (compagno di studi di Simplicio). Sulla questione H. SCHMITZ, Anaximander und die Anfnge dei griechischen Philosophie, Bonn, Bouvier, 1988, pp. 3 ss.: in particolare, secondo lo studioso, Simplicio avrebbe ricavato le proprie informazioni sulla dottrina dei principi dei pensatori arcaici per lo pi dalle digressioni di natura dossografica del primo libro (sui principi appunto) dei teofrastei e non dal repertorio dossografico della . In ogni caso, le citazioni di Simplicio nel suo commento alla Fisica aristotelica rivelano come egli avesse ben presente la doppia ricerca di Teofrasto: egli si riferisce esplicitamente (115, 12) alla attraverso il commento di Alessandro, mentre cita direttamente (per esempio 20, 20) dal primo libro dei . Dal momento che abbiamo notizia, attraverso Diogene Laerzio, della presenza di varie versioni delle stesse ricerche, non chiaro da quale fonte attingessero i propri materiali Alessandro e Simplicio: se da quella pi analitica o dall'epitome. Nel recente contributo di St.A. WHITE, Milesian Measures..., cit., p. 111, l'autore sottolinea il contributo della dell'altro allievo di Aristotele, Eudemo, da cui, in particolare, deriverebbero, via Teofrasto, i rilievi astronomici attribuiti ad Anassimandro. 27 Nel suo commento alla Fisica aristotelica, Simplicio si riferisce esplicitamente a Teofrasto ( ) per introdurre l'excursus sull' (a partire da Talete), nella pagina che precede (23, 31) e, a proposito di Diogene di Apollonia ( ), in quella successiva (25, 6). Il confronto con la tradizione dossografica ha consentito a Diels (Doxographi Graeci) di concludere che anche nel caso di Anassimandro la fonte diretta sia costitutita dall'opera del peripatetico. Una vigorosa contestazione dell'attribuzione dielsiana stata proposta da Hlscher (U. HLSCHER, Anaximander und die Anfnge der Philosophie, cit., pp. 96 ss.), che ha invece rivendicato una matrice aristotelica. 6 (nella tradizione peripatetica); (b) la centralit del ruolo dei contrari nella formazione del cosmo 28 . Essa, insomma, fa intravedere nel Milesio un'intenzione argomentativa in cui si incrociano evidenza empirica e inferenza logica, e, soprattutto, conserva la scheggia pi antica della sapienza "filosofica" occidentale, fornendo, nel contempo, alcune precisazioni interessanti. (i) Anassimandro avrebbe contribuito al lessico tecnico della ricerca introducendo come per lo pi si intende 29 - il termine (per altro comune nell'epica nel suo valore fondamentale di inizio) per designare il principio, l'origine, la natura originaria (); ovvero riferendo l'espressione greca a (come appare pi naturale) egli sarebbe stato il primo a indicare l'infinito/illimitato come principio/inizio di tutte le cose ( ) 30 . Nel contesto l'uso di appare indizio di origine ( ) - ci che viene per primo, come suggerisce West 31 - sia nel senso di indefinita condizione primordiale, qualitativamente altra ( ) rispetto agli enti della nostra esperienza, sia in quello di sorgente di ogni ulteriore divenire: il principio denotato come e associato a una . (ii) L'individuazione dell' rappresenterebbe, dunque, un'opzione dettata - secondo il commentatore che riflette gli schemi peripatetici - da una chiara consapevolezza della funzione dell' come fondamento originario () della : questa, evidentemente, intesa come incessante, cos da richiedere una sorgente inesauribile. In questo senso, viene connotato come , secondo la fondamentale indicazione aristotelica:
Natura si dice, in un senso, la generazione delle cose che crescono. (Metafisica V, 4 1014 b16).
Simplicio, sulla scorta di Teofrasto, fa intendere come tale scelta fosse dettata dall'esigenza di riconoscere all' una stabilit non garantita dalle incessanti trasformazioni degli elementi (acqua, aria, fuoco, terra) della (posteriore) tradizione. In questo senso, da un lato, la sottolineatura dell'equivalenza specifica tra e (termine che allude alla composizione materiale 32 ), dall'altro la sua irriducibilit a quegli elementi, espressa nella formula qualcosa di diverso, al di l di essi( ). Ad analoga esigenza di stabilit sarebbe riconducibile la stessa determinazione dell'origine-elemento come , secondo quanto esplicitato in una testimonianza (basata sulla stessa trasmissione teofrastea) di Atius: ci che doveva fungere da non poteva che essere illimitatamente fecondo e produttivo:
. . ,
28 R. LAURENTI, Introduzione a Talete, Anassimandro, Anassimene, cit., p. 99. 29 Anche per il riscontro di un altro passo (150, 22) dello stesso commento simpliciano:
, , , Anassimandro, il primo a definire principio il sostrato, sostiene in effetti che i contrari - immanenti al sostrato, che un corpo infinito - si distaccano.
30 Laurenti ipotizza che entrambi i termini risalgano allo scritto di Anassimandro (R. LAURENTI, Introduzione a Talete, Anassimandro, Anassimene, cit., p. 110). 31 M.L. WEST, La filosofia greca arcaica..., cit., p. 117. 32 Questa la definizione aristotelica (Metafisica V, 3 1014 a26-27):
elemento detto ci dalla cui originaria immanenza <un oggetto> risulta composto e che indivisibile specificamente in ulteriore specie.
7 . , . , . , Anassimandro, figlio di Prassiade, milesio, sostiene che principio delle cose che sono l'apeiron: da esso, infatti, si generano tutte le cose e in esso tutte si corrompono. Per questo motivo si formano infiniti mondi e di nuovo si corrompono in ci da cui si generano. Afferma anche perch <esso> illimitato: affinch la generazione che ne deriva non cessi mai. Egli sbaglia, tuttavia, non dicendo che cosa sia l'apeiron, se aria o acqua o terra o qualche altro corpo. Sbaglia ancora manifestando la materia ma trascurando la causa efficiente. L'apeiron, infatti, non altro che materia, e la materia non pu essere atto, qualora sia assente l'efficiente (DK 12 A14).
Il passo consente di rilevare chiaramente - nella caratteristica formula aristotelica: - la funzione di principio dalla tradizione teofrastea riconosciuta a , ma autorizza la supposizione che nello specifico della natura dell'infinito lo scritto di Anassimandro dovesse risultare piuttosto vago (almeno rispetto al quadro concettuale peripatetico): con la conseguente propensione degli interpreti a forzarlo nello schema degli elementi e delle quattro cause. Si pu comunque osservare che, a differenza di Teofrasto che aveva rintracciato e distinto nella proposta del Milesio sia il principio materiale ( come ) sia il principio efficiente ( ), Atius individua espressamente l'infinito solo come materia ( ). (iii) La generazione () dal principio sarebbe stata concepita non come alterazione dello stesso ( ), ma come separazione dei contrari ( ), effetto appunto del movimento eterno ( ): la precisazione significativa, in quanto interviene a precisare il quadro complessivo delle origini offerto da Aristotele. Non a caso Teofrasto collocava Anassimandro accanto ad Anassagora:
[...] ,
[...] Riguardo a queste cose Teofrasto afferma anche che Anassagora si esprime in modo simile ad Anassimandro [...] se si assume che la mescolanza di tutte le cose sia un'unica natura indeterminata, e per forma e per grandezza, si costretti a dire che i principi sono due: la natura dell'infinito e l'intelligenza. Sembra dunque che egli ponga gli elementi materiali in modo simile ad Anassimandro [...] (DK 59 A41).
Dall'accostamento si evince che per Teofrasto la natura infinita ( ) che il Milesio aveva posto come inizio equivaleva a un'unica natura indeterminata ( ), una massa indistinta in cui l'intrinseco moto perenne avrebbe prodotto l'isolamento dei contrari, evidentemente contenutivi (ancorch indiscernibili). In modo analogo si era espresso Aristotele, senza esplicitare tuttavia la funzione discriminatrice della :
, ,
Alcuni credono che dall'uno si distacchino le contrariet in esso immanenti, come sostengono Anassimandro e quanti affermano che esistano l'uno e i molti, come Empedocle e Anassagora: anche questi, infatti, fanno distaccare <il resto> dal miscuglio originario (Fisica I, 4 187 a20; DK 12 A9). Che cos' ? A che cosa si riferiva esattamente l'espressione con cui Anassimandro avrebbe designato l'? Da un punto di vista etimologico, che la si metta in relazione con (limite) o con , (attraversare), il risultato sostanzialmente non cambia: l'illimitato, l'indefinito, l'indeterminato, l'infinito e (di conseguenza) ci che non pu essere attraversato, l'inesauribile. Forse, per conservarne le sfumature, potremmo tradurre come l'immenso: in tal caso, nel quadro della cultura arcaica e in relazione al tema dell'origine, tale etimologia potrebbe essere evocativa 8 dell'immagine esiodea di un (normalmente reso come abisso immenso) 33 . Qualcuno 34
in modo un po' azzardato - ha voluto invece insistere sulla radice in (anche esperire), per attribuire a il significato di ci che non pu essere esperito. Simplicio (Commento alla Fisica, 23, 21-24, 16), sulla scorta del testo aristotelico e di Teofrasto (richiamato esplicitamente), ne introduce la trattazione all'interno di uno schema espositivo dicotomico molto chiaro:
, , , , , [...]
, , [...] . ,
[...] . , , , , ,
Tra coloro che sostengono che il principio uno solo e in movimento, i quali <Aristotele> chiama propriamente fisici, alcuni affermano che esso limitato: Talete, per esempio, <figlio> di Essamio, milesio, e Ippone (che pare sia stato anche ateo) dicevano che il principio l'acqua, spinti a ci dalle cose che appaiono secondo la sensazione. [...] Anche Ippaso metapontino e Eraclito efesio affermavano a loro volta che <il principio> uno, in movimento e limitato, ma ponevano il fuoco come principio e dal fuoco fanno derivare le cose che sono per condensazione e rarefazione, e di nuovo le risolvono nel fuoco, come si trattasse dell'unica natura che funga da sostrato. [...] Tra coloro che sostengono che <il principio> uno, in movimento e illimitato, Anassimandro - figlio di Prassiade, milesio, divenuto seguace e successore di Talete - dichiar lapeiron principio e elemento delle cose che sono, adottando per primo questo nome del principio. [...] Anassimene, figlio di Euristrato, milesio, discepolo di Anassimandro, afferma, come quello, che unica e illimitata la natura soggiacente, non indefinita, tuttavia - come sosteneva quello - ma determinata, chiamandola aria.
In quelli che Diels considerava i frr. 1 e 2 delle teofrastee, l'autore contrapponeva, nell'ambito dei sostenitori di una , coloro che la ritenevano e quelli che, invece, la concepivano . Nel primo caso, dal contesto evidente che la connotazione si riferisce essenzialmente alla determinatezza del principio, anche se il termine impiegato () allude implicitamente anche alla sua finitezza. Nel secondo caso, al contrario, Simplicio costretto a operare un'ulteriore distinzione tra i due Milesi: per Anassimene, infatti, l'unica natura soggiacente ( ) era ma (non [qualitativamente] indeterminata), bens (determinata da un punto di vista qualitativo). In questo modo il principio di Anassimandro risultava delineato come , in altri termini come ci che intrinsecamente illimitato e indeterminato, ovvero come (espressione che vari studiosi tendono a riconoscere come originale 35 ):
33 Su questo punto R. LAURENTI, Introduzione a Talete, Anassimandro, Anassimene, cit., pp. 107-108. 34 Si veda D.L. COUPRIE, Heaven and Earth in Ancient Cosmology..., cit., p. 90. 35 Havelock e De Vogel, citati da D.L. COUPRIE, Heaven and Earth in Ancient Cosmology..., cit., pp. 94-95, che ne condivide la tesi. 9
, , Egli sostiene, in vero, che esso non sia n acqua n alcun altro di quelli che sono detti elementi, ma che sia una certa altra natura infinita, da cui originano tutti i cieli e i mondi in essi.
Nello sforzo di comprensione di Teofrasto, evidentemente, doveva costituire per il pensatore milesio la realt () primordiale ( ...), illimitata e indeterminata, diversa dagli elementi () cui altri (Talete, Anassimene, Senofane, Eraclito, Empedocle, Diogene di Apollonia) si erano e si sarebbero riferiti. In considerazione del ruolo che il peripatetico riscontrava e/o riconosceva ai contrari (e dunque, in ultima analisi, agli elementi) nella cosmogonia e nella cosmologia anassimandree, questa sua precisazione significativa almeno di un aspetto del problema: per garantire il proprio modello esplicativo, Anassimandro avrebbe introdotto una natura originaria alternativa, sostanzialmente amorfa e proteiforme, tale cio da potersi facilmente trasformare nelle masse elementari coinvolte nei processi di formazione e strutturazione dell'universo. Teofrasto altro non aggiunge, a differenza di Aristotele, che a pi riprese aveva tentato di precisare ulteriormente i contorni essenziali di (confermando la specifica vaghezza dello scritto di Anassimandro o della documentazione relativa):
[] , ... , Gli uni, posto come l'essere uno il corpo che funge da sostrato, che o uno dei tre <elementi> o altro pi denso del fuoco ma pi rarefatto dell'aria, tutto il resto fanno generare per condensazione e rarefazione, producendo molte cose [...] Gli altri, invece, <affermano> che dall'uno i contrari presenti si separino, come sostiene Anassimandro (Aristotele, Fisica I, 4 187 12; DK 12 A16)
, [...] , , , . " " , " , " Poich due sono i modi di essere, tutto muta dallessere in potenza allessere in atto [...] Pertanto, non solo possibile che, accidentalmente, qualcosa derivi dal non-essere, ma, anche, che tutto derivi dallessere: ovviamente, dallessere in potenza e dal non essere in atto. Questo luno di Anassagora: meglio del tutto insieme, in effetti, della mescolanza di Empedocle e di Anassimandro e di quanto sostiene Democrito sarebbe: tutte le cose erano in potenza, ma non in atto (Aristotele, Metafisica XII, 2 1069 b15-23).
Per lo Stagirita l'essere del soggetto materiale ( [] ) doveva presentarsi in Anassimandro come unit originaria () da cui si distaccano immanenti qualit contrarie ( ): notiamo, di passaggio, come in tale interpretazione si pongano in realt le basi per una lettura "dualistica" (e non "monistica") del contributo del Milesio 36 . I due testi propongono chiaramente in funzione di sostanza/sostrato, analoga a una mescolanza () in cui Aristotele intravede un'anticipazione della propria nozione di . Per cercare di dar ragione della natura dell'infinito, dunque, Aristotele costretto a concedere che esso sia a un tempo uno e mescolanza (pluralit) 37 , determinazioni che indubbiamente sollevavano
36 Insiste particolarmente su questo punto Maddalena (Ionici, Testimonianze e frammenti, a cura di A. MADDALENA, Firenze, La Nuova Italia, 1963, p. 89). 37 A intendere decisamente l' in questo senso Maddalena (Ionici, Testimonianze e frammenti, cit., p. 85). 10 difficolt nell'impianto teorico della sua ricerca. Si tratta di un'interpretazione cui lo stesso Teofrasto come sopra abbiamo segnalato accenna rilevando la prossimit del Milesio ad Anassagora 38 . In altri passi in cui Aristotele potrebbe riferirsi 39 ad Anassimandro, tuttavia, il quadro si complica:
, , , . , , , , , , , Neppure possibile per che il corpo infinito sia uno e semplice; n, come sostengono alcuni, <che sia> ci che oltre gli elementi, da cui essi si generano, n <che sia> semplicemente. Vi sono alcuni, in effetti, che pongono l'infinito in questo modo, ma non come aria o acqua, affinch le altre cose non siano distrutte dall'infinito di quelle. Essi [gli elementi] sono infatti reciprocamente contrari: l'aria, per esempio, fredda, l'acqua umida, il fuoco caldo. Se uno di essi fosse infinito, gli altri sarebbero subito distrutti. Affermano allora che <il corpo infinito> sia diverso <dagli elementi>, e da esso questi derivino (Fisica III, 5 204 b22-29; DK 12 A16)
, , , , , , . , , ,
Alcuni infatti pongono un solo <elemento>: e questo gli uni sostengono sia acqua, altri aria, altri fuoco, altri ancora qualcosa pi sottile dell'acqua e pi denso dell'aria, che, dicono, abbracci <in s> tutti i cieli, essendo infinito. Quanti identificano questo <elemento> unico come acqua o aria o qualcosa pi sottile dell'acqua e pi denso dell'aria, e ne fanno poi originare tutte le altre cose per rarefazione e condensazione, costoro, senza rendersene conto, pongono qualcosa di diverso e di anteriore rispetto all'elemento <originario> (De caelo III, 5 303 b10-17).
In questo caso, il corpo infinito ( 40 ) inteso non come miscuglio in cui siano presenti i componenti materiali che nel processo saranno discriminati, bens come qualcosa al di l degli elementi ( ), qualcosa di distinto dalle connotazioni qualitative degli elementi: l'eventuale coincidenza del corpo infinito con uno degli elementi avrebbe, infatti, comportato la distruzione degli elementi contrari (essenziali per dar conto di molteplicit e differenza delle cose), come ben rileva anche Simplicio nel suo commento:
, , . , , , Se, infatti, [l'apeiron] fosse qualcosa di semplice, sar allora o uno dei quattro elementi o qualcos'altro oltre questi, come sostengono i seguaci di Anassimandro ci che oltre gli elementi, da cui si generano gli elementi. E che l'apeiron non possa essere alcuno degli elementi, evidente anche da ci che Anassimandro, intendendo che l'elemento <primo> fosse infinito, non scelse [non pose] aria o fuoco o altro dei quattro elementi, poich questi sono reciprocamente contrari e se uno di loro fosse infinito, i contrari sarebbero da esso distrutti. (In Aristotelis physicorum libros commentaria 479 30 ss.).
38 Tra i contemporanei, Laurenti (R. LAURENTI, Introduzione a Talete, Anassimandro, Anassimene, cit., p. 126) tra quelli che considerano la concezione dell' di Anassimandro vicina a quella del di Anassagora, che potrebbe aver ripreso e dettagliato quanto dal Milesio lasciato indeciso. 39 Di diversa opinione Conche (ANAXIMANDRE, Fragments et Tmoignages, cit., pp. 90-94). 40 Qui, ancora, Aristotele, a dispetto della propria interpretazione dell'infinito nei fisici come predicato, insiste sulla sua natura sostanziale. 11 Dal momento che si presentano come , nessuno degli elementi poteva fungere da , se tale ruolo era da assegnare a una : nello specifico contesto anassimandreo, l'equilibrio dinamico e l'ordine cosmico che ai contrari si facevano risalire, sarebbero risultati distrutti. Aristotele sembra pensare a una realt "intermedia" ( , ) da cui gli stessi elementi sarebbero scaturiti, probabilmente (come risulta da De caelo) per condensazione e rarefazione 41 . In questa prospettiva, rispetto al quadro dell'esperienza, il principio sarebbe risultato effettivamente illimitato e indeterminato. I testi, nel loro insieme, manifestano le difficolt di traduzione della nozione anassimandrea di nella concettualit aristotelica (esso pi che materia, pi che ): d'altra parte improbabile che Anassimandro si fosse posto il problema della determinazione del principio rispetto a quelli che solo posteriormente si sarebbero definiti elementi. La scelta espressiva suggerisce l'opzione per una natura che potesse fungere da origine da cui far discendere (razionalmente) tutto il resto; indeterminata o informe, quindi, per essere condizione di ogni determinazione e forma 42 : donde il rilievo cosmogonico, riscontrato nelle testimonianze, dell'emergere (per separazione o distacco) dei contrari da . Dopo il confronto apparentemente tormentato di Aristotele, Teofrasto mostra di aver messo tra parentesi il problema, limitandosi a registrare il dato ineludibile: illimitatezza e indeterminatezza (rispetto al quadro elementare) del principio. Significativo, tuttavia, dell'imbarazzo peripatetico il fatto che Atius, che dipende da Teofrasto, in riferimento ad Anassimandro sottolinei (come gi segnalato in precedenza):
,
Egli sbaglia, tuttavia, non dicendo che cosa sia l'apeiron, se aria o acqua o terra o qualche altro corpo (DK 12 A14).
A meno che la vaghezza non dipenda da difetto di documentazione, possibile che Anassimandro fosse stato in merito evasivo, nella convinzione, forse, che la formula nominale fosse comunque in s sufficientemente illuminante (tutto quanto definito deve scaturire da una materia primordiale amorfa e perci proteiforme 43 ). Un aspetto dell' di Anassimandro che, invece, emerge limpidamente dalla tradizione testuale e dossografica la sua contrapposizione alla finitezza temporale degli enti coinvolti nella : sulla indefettibile, perenne stabilit di le testimonianze sono univoche. In qualche caso si tratta di indicazioni implicite:
.
Il concittadino di costui [Talete], Anassimandro, afferma che principio pi antico dell'umido il movimento eterno, e che da questo alcune cose sono generate, altre distrutte (Ermia; DK 12 A12)
[...] [...] ,
41 Che non fosse il solo Anassimene a ricorrere a tale meccanismo esplicativo sottolineato da Simplicio che corregge Teofrasto:
,
Teofrasto, nel suo Studio, parla di rarefazione e condensazione in riferimento solo a costui [Anassimene]: evidente, tuttavia, come anche gli altri ricorrevano a rarefazione e condensazione (DK 13 A5).
42 R. MONDOLFO, Nota sulla cosmologia e la metafisica di Anassimandro, in E. ZELLER R. MONDOLFO, La filosofia dei Greci..., cit., p. 191. 43 Tale, secondo alcuni interpreti, era il diffuso convincimento espresso nella riflessione ionica sulle origini: per questo si veda E. ZELLER R. MONDOLFO, La filosofia dei Greci..., cit., p. 191. 12 Anassimandro [...] sostiene che principio delle cose che sono l'illimitato [...] Sottolinea anche perch <esso> illimitato: affinch la generazione che ne deriva non cessi mai (Atius; DK 12 A14)
[...] , Anassimandro [...] per primo pose <il principio> come infinito [illimitato], per servirsene senza risparmio nei processi di generazione (Simplicio; Commento al de Caelo 615, 13)
, .
sostenne che nell'apeiron risiede l'intera causa della generazione e della dissoluzione dell'universo, e da quello, invero, afferma che si siano separati tutti i cieli e in generale tutti i mondi, che sono infiniti. Disse anche che la dissoluzione, e molto prima la generazione, hanno luogo da tempo infinito, ripetendosi tutte queste cose ciclicamente (Plutarco; DK 12 A10).
Il Milesio avrebbe impiegato l'espressione per l'origine dei processi generativi, intendendola come riserva di materiale e movimento (vita?) senza limiti di potenza e tempo (quindi inesauribile). In altri casi il rilievo dell'eternit esplicito:
, . [B2], egli disse che principio delle cose che sono una certa natura dell'apeiron, da cui si generano i cieli e l'ordine [il mondo] che in essi. Essa eterna e non invecchia, e inoltre circonda tutti i mondi (Ippolito, DK 12 A11).
La coppia (le formula appare originaria 44 ) ribadisce la continuit senza scadimento del principio, mentre segnala l'eccedenza spaziale rispetto al sistema dei cieli ovvero ai mondi, insieme, forse, a una funzione di sostegno e controllo. Questo aspetto emerge pi chiaramente in alcuni accenni aristotelici:
[] [...] un solo [elemento] [...] che, sostengono, abbraccia tutti i cieli essendo infinito (Aristotele, De Caelo III, 5 303 b10-13; A14 Colli)
, la dignit dell'apeiron: abbracciare tutte le cose e tutto tenere in s (Aristotele, Fisica III, 6 207 a19-20; fr. 9 Mansfeld),
ma, soprattutto, in un argomento proposto in Fisica III, 4, 203 b4 ss. - che alcuni 45 suggeriscono di considerare anassimandreo:
, , . , . , , , . [B3],
44 R. LAURENTI, Introduzione a Talete, Anassimandro, Anassimene, cit., pp. 118-119. 45 Tra gli altri M.C. STOKES, One and Many in Presocratic Philosophy, Washington, The Center for Hellenic Studies, 1971, pp. 29-30; G. COLLI, La sapienza greca, cit., p. 301; M. Conche (ANAXIMANDRE, Fragments et Tmoignages, cit., pp. 58-59). CH. H. KAHN, Anaximander and The Origins of Greek Cosmology, Indianapolis (IN), Hackett, 1994 2 , pp. 43-44; W.K.C. GUTHRIE, A History of Greek Philosophy. Vol. 1. The Earlier Presocratics and the Pythagoreans, Cambridge, Cambridge University Press, 1962, p. 88; G.S. KIRK, J.E. RAVEN, M. SCHOFIELD, The Presocratic Philosophers. A Critical History with a Selection of Texts, Cambridge University Press, Cambridge, 1983 2 , pp. 113-117 (tra gli altri) riconoscono la probabile genuinit anassimandrea di parte del lessico utilizzato da Aristotele. 13 Ben a ragione tutti lo [l'apeiron] considerano come principio. Non pu infatti esistere invano, n avere altra capacit che quella di principio. Ogni cosa, in effetti, o principio o [deriva] da principio; dell'apeiron per non v' principio, dal momento che vi sarebbe un limite di esso [apeiron]. E ancora, esso, in quanto un principio, ingenerato e incorruttibile: necessario, infatti, che ci che generato abbia una fine, e vi un termine finale di ogni corruzione. Proprio per questo motivo diciamo che di esso non vi sia principio, ma che sembra essere esso stesso principio di tutte le altre cose, e comprenderle [abbracciarle] tutte e tutte governarle, come affermano quanti non pongono oltre all'infinito altre cause, per esempio Intelligenza o Amore. E questo il divino: infatti senza morte e senza distruzione [B3], come sostengono Anassimandro e la maggioranza degli studiosi della natura (DK 12 A15)
In effetti, il ragionamento di Aristotele che muove da un dilemma fallace 46 e appare piuttosto giocare sull'associazione di parole che su un'argomentazione formale 47 presuppone una concezione di come che non appare aristotelica 48 : esso potrebbe dunque richiamare una fonte pi antica. L'illimitatezza materiale e qualitativa del principio certamente si coniugava con l'assenza di termini temporali: immortale () e indistruttibile () 49 , sottolinea Aristotele, caratteristiche che rendevano equivalente a il divino ( ); perenne () e senza vecchiezza (), nella tradizione teofrastea in associazione a un movimento eterno ( ). In questo senso, appare nella lezione peripatetica (l'unica per noi disponibile) senza linee estreme di spazio e tempo: in esso, al contrario, sono segnalati confini "interni" (con rilevanti implicazioni, come verificheremo). La natura-principio, infatti, sostiene e condiziona, avvolgendo tutto ( ) 50 : , abbracciando, fornisce sostegno, protegge, d vita 51 ; irriducibile a mero inizio dei processi cosmogonici, la sua funzione sembra cos, piuttosto, quella di fissarne i limiti ( ) e regolarne gli sviluppi, dunque, in senso lato, di governare ( ) 52 . Cosmogonia e cosmologia in Anassimandro Il principio suggerisce Atius - illimitato perch la incessante: in questo senso la natura originaria doveva rappresentare, come si evince dalle testimonianze, una riserva inesauribile e indeterminata per la generazione di tutte le cose. appunto la ad attirare l'attenzione della dossografia:
, . . , .
. , ,
46 Nella misura in cui esclude la possibilit di principi che derivino da altri principi, come segnala Conche (ANAXIMANDRE, Fragments et Tmoignages, cit., pp. 59-60). 47 D.L. COUPRIE, Heaven and Earth in Ancient Cosmology..., cit., p. 91. 48 Su questo punto M.C. STOKES, One and Many in Presocratic Philosophy, cit., pp. 29-30. 49 Anche in questo caso Laurenti (R. LAURENTI, Introduzione a Talete, Anassimandro, Anassimene, cit., p. 119) ritiene che i due aggettivi risalgano ad Anassimandro. 50 Schmitz suggerisce che anche possa considerarsi - con termine anassimandreo (H. SCHMITZ, Anaximander und die Anfnge..., cit., p. 29). 51 R. LAURENTI, Introduzione a Talete, Anassimandro, Anassimene, cit., pp. 120-121. 52 Come rileva Daniel Babut (D. BABUT, Le divin et les dieux dans la pense d'Anaximandre, in "Revue des Etudes grecques", LXXXV, n. 404-405, 1972, p. 8) la costruzione greca ( ) suggerisce la ripresa di una formula importante (nello stile degli inni) che potrebbe risalire al testo di Anassimandro. 14 ,
Dopo di lui [Talete], dicono che Anassimandro, divenuto seguace di Talete, sostenne che nell'apeiron risiede l'intera causa della generazione e della dissoluzione dell'universo, e da quello, invero, afferma che si siano separati tutti i cieli e in generale tutti i mondi, che sono infiniti. Disse anche che la dissoluzione, e molto prima la generazione, hanno luogo da tempo infinito, ripetendosi tutte queste cose ciclicamente 53 . Per quanto riguarda la figura, egli dice che la Terra di forma cilindrica, e ha un'altezza che sarebbe un terzo della sua larghezza. Sostiene anche che ci che, derivato dalleterno, produttivo di caldo e freddo fu separato alla generazione di questo mondo, e da esso una sfera di fiamma si svilupp intorno all'aria che circonda la Terra, come la scorza intorno all'albero. Essendosi questa <sfera> spezzata e <i suoi frammenti> racchiusi in certi cerchi, si formarono il Sole, la Luna e gli astri. (Pseudo-Plutarco; DK 12 A10).
. . , . [B 2], . . , . , . Anassimandro dunque fu studente di Talete. Anassimandro, figlio di Prassiade, milesio: egli disse che principio delle cose che sono una certa natura dell'apeiron, da cui si generano i cieli e l'ordine [il mondo] che in essi. Essa eterna e non invecchia, e inoltre circonda tutti i mondi. <Anassimandro> parla poi del tempo in quanto la generazione, l'esistenza e la dissoluzione risultato ben delimitate. Egli afferm che principio ed elemento delle cose che sono l'apeiron, impiegando per primo il nome di "principio". Oltre a ci <afferm> che eterno il movimento da cui sorgono i cieli. [...] (Ippolito; DK 12 A11).
Incrociando le testimonianze (la fonte comune di Atius, Ippolito, Pseudo-Plutarco e Simplicio rimane ricordiamolo ancora - in ultima analisi Teofrasto 54 ) possiamo ricavare un quadro sommario del modello elaborato da Anassimandro. Le tappe cosmogoniche (i) All'origine come sappiamo - posta una natura infinita ( ovvero ) di cui sottolineato soprattutto l'indefettibile durare ( ) 55 : una negazione dei limiti, dei di cui altri avevano parlato in ambito cosmogonico 56 (Esiodo, per esempio). Affinch la generazione non venga a mancare, la sua scaturigine deve essere inesauribile, la sua vitalit illimitata. Un punto confermato da un'osservazione aristotelica circa le ragioni che spingono ad ammettere un principio infinito:
, [...] , La convinzione che esista un infinito risulterebbe supportata in particolare da cinque ragioni: [...] e ancora dal fatto che solo cos generazione e corruzione non vengono a mancare, se vi sia un infinito da cui si distacchi ci che generato (Fisica III, 4 203 b15-20).
53 Il testo greco viene reso diversamente da Maddalena (Ionici, Testimonianze e frammenti, cit., p. 119): avvengono per il loro moto rotatorio dall'eternit infinit. Si sofferma a discutere il passo R. LAURENTI, Introduzione a Talete, Anassimandro, Anassimene, cit., pp. 131 ss., aderendo sostanzialmente alla lettura di Maddalena. In genere, tuttavia, i traduttori scelgono di rendere il testo come qui proposto. 54 CH. H. KAHN, Anaximander and The Origins of Greek Cosmology, cit., pp. 12-17. 55 Secondo Hlscher (U. HLSCHER, Anaximander und die Anfnge der Philosophie, cit., p. 107), nell'espressione - impiegata da Pseudo Plutarco - appare equivalente a . 56 M.L. WEST, La filosofia greca arcaica e l'Oriente, cit., p. 119. 15 Il riferimento a e e al distaccarsi () dall'infinito potrebbe effettivamente alludere a un paradigma cosmogonico cui Anassimandro sembra aver contribuito in modo decisivo: indicativo il fatto che Pseudo-Plutarco gli attribuisca esplicitamente la convinzione che sia causa totale di ogni generazione ( ). (ii) La da tale natura ( ) appare come effetto di un movimento eterno ( ), dunque di una intrinseca all' stesso, di un moto primordiale, che esprime la potenza attiva, produttiva del principio 57 :
[i seguaci di Anassimandro, Leucippo, Democrito e pi tardi di Epicuro] sostennero che il movimento eterno: poich senza movimento non c' generazione e corruzione (Simplicio; DK 12 A17).
Nell'ottica peripatetica della tradizione, al Milesio si contestava il fatto di non aver adeguatamente determinato la materia ( ) e la causa efficiente ( ): interessante, a ulteriore conferma della probabile indeterminatezza del resoconto di Anassimandro, che, come nel caso dell', anche in quello del moto Teofrasto non abbia garantito dettagli alla successiva dossografia. Aristotele, tuttavia, fornisce un'indicazione utile a comprendere a quale moto potesse riferirsi Anassimandro 58 :
,
. , Cos, se per costrizione ora la Terra rimane immobile, <per costrizione> fu anche riunita al centro, trasportata dal vortice. Questa , in effetti, la causa che tutti sostengono, a partire da quanto accade nei liquidi e nell'aria: in essi, infatti, le cose pi grandi e pi pesanti sempre sono portate verso il centro del vortice. Per questo, in verit, tutti quanti attribuiscono un'origine al cielo [all'universo] affermano che la Terra si riunita al centro (De caelo II, 13 295 a9-14).
Pur trattandosi di un rilievo generale, l'attribuzione di quella specifica modalit dinamica ( ) all'insieme degli autori di cosmogonie ribadita in poche righe, quasi a marcare l'esistenza di un vero e proprio modello comune. Una conferma in tal senso si potrebbe intravedere nella ricostruzione di Ippolito:
, <afferm> che eterno il movimento da cui sorgono i cieli,
che, in considerazione delle strutture cosmiche (in cui prevale la circolarit o sfericit), sembrerebbe implicare un moto di tipo rotatorio 59 . In alternativa, possiamo ricavare indizi dal Timeo platonico: prospettando, infatti, i caratteri dell'originaria matrice materiale (prima dell'intervento dispositivo del demiurgo), Platone associa all'intrinseco disordine un confuso moto agitatorio che, con i propri sussulti, contribuisce a distinguere gli elementi nel caos primordiale:
, i quattro elementi, scossi dal ricettacolo, a sua volta mosso come strumento che scuote (Timeo 53a).
In questo caso, a far riflettere l'interprete di Anassimandro lo schema adottato, che contempla, con un movimento analogo a quello del setaccio o del vaglio, una prima operazione di discriminazione dei successivi "mattoni" della costruzione cosmica dall'unit indistinta del principio.
57 Su questo punto insiste molto nella sua interpretazione Conche (ANAXIMANDRE, Fragments et Tmoignages, cit., pp. 146 ss.): egli rende di Pseudo Plutarco come a partir de la force vitale infinie (p. 138). 58 Sulla questione E. ZELLER R. MONDOLFO, La filosofia dei Greci..., cit., pp. 193 ss.. 59 R. LAURENTI, Introduzione a Talete, Anassimandro, Anassimene, cit., p. 135. 16 Ribadita l'assenza di esplicite testimonianze in merito, la tradizione cosmogonica antica - dalle teogonie orfiche a Lucrezio - potrebbe suggerire, riguardo alla , un'ipotesi interpretativa pi articolata, ispirata al quadro arcaico di un Chaos turbolento e tempestoso 60 . possibile che Anassimandro distinguesse tra un indefinito moto originario, precosmico, espressione della primordiale vitalit del principio, e il vero e proprio movimento cosmogonico, sostanzialmente coincidente con la cui accenna Aristotele 61 . (iii) Effetto di tale moto sarebbe stata appunto una separazione () ovvero un'espulsione (): di che cosa? Pseudo-Plutarco su questo punto fondamentale fornisce un'indicazione approssimativa:
Sostiene anche che ci che, derivato dalleterno, produttivo di caldo e freddo fu separato alla generazione di questo mondo,
introducendo il riferimento a una sorta di "embrione" cosmico 62 ( ), capace di generare la polarit fondamentale di caldo e freddo ( ), i contrari () 63 . Indicazione sostanzialmente confermata nella tradizione peripatetica:
, Alcuni credono che dall'uno si distacchino le contrariet in esso immanenti, come sostiene Anassimandro (Aristotele, Fisica I, 4 187 a20-21; DK 12 A9)
, ,
Anassimandro sostiene in effetti che i contrari - immanenti al sostrato, che un corpo infinito - si distaccano (Simplicio; DK 12 A9)
,
Egli poi non fa discendere la generazione dall'alterazione dellelemento, ma dalla separazione dei contrari, a causa del movimento eterno (Simplicio; DK 12 A9).
Da un punto di vista lessicale, nelle testimonianze e presuppongono concettualmente l'immanenza dei contrari in e dunque designano la mera eiezione di quanto gi presente nel sostrato ( ); , invece, soprattutto nell'attestazione pseudo-plutarchea, sembra piuttosto denotare l'isolarsi e il separarsi dal principio di quanto in grado di generare ( ) caldo e freddo. Il primo sviluppo all'interno dell'illimitata natura primordiale (a essa si riferisce probabilmente la formula pseudo-plutarchea ), attivato dalla sua immanente motilit, sarebbe stato dunque l'emergere di un'unit 64 ( ) capace di generare, cui sarebbe seguita la discriminazione ovvero secrezione dei veri e propri "attori" del processo cosmogonico (caldo e freddo, probabilmente isolati
60 E. ZELLER R. MONDOLFO, La filosofia dei Greci..., cit. pp. 195-196. 61 la tesi di W.A. HEIDEL, On Anaximander, in "Classical Philology", VII, 1912, pp. 212-234. 62 Si voluto vedere in questo motivo l'eco di una possibile influenza delle teo-cosmogonie orfiche: di recente, per esempio, A. BERNAB, Orphisme et Prsocratiques: bilan et prospectives d'un dialogue complexe, in A. LAKS, C. LOUGUET (eds), Quest-ce que la philosophie prsocratique? What is Presocratic Philosophy?, Villeneuve dAscq, Presses Universitaires du Septentrion, 2002, p. 215. Ma possibile anche ipotizzare un'influenza al contrario: in altre parole il modello di Anassimandro potrebbe aver inciso sull'elaborazione delle cosmogonie orfiche che ruotavano intorno all'idea di un originario uovo cosmico (e la cui circolazione nel V sec. a.C. in Atene attestata dagli Uccelli di Aristofane). 63 Hlscher (U. HLSCHER, Anaximander und die Anfnge der Philosophie, cit., p. 109) sottolinea come in Anassimandro la funzione di contrari dovesse essere ricoperta non dalle qualit caldo-freddo, piuttosto dai due elementi citati nel contesto: fuoco e aria. 64 M.L. WEST, La filosofia greca arcaica e l'Oriente, cit., p. 125. 17 all'interno di quel nucleo, ovvero da esso immediatamente prodotti), indicati, nel lessico peripatetico, come i contrari. Da notare come nelle testimonianze essi appaiano equiparati a sostanze materiali (fuoco, acqua), ma anche a forze originarie e qualit fisiche 65 . (iv) Dalla loro interna interazione (e forse dalla dinamica vorticosa da loro impressa) sarebbero derivate le prime fasi del vero e proprio processo cosmogonico: (a) il si sarebbe internamente scisso in un "nocciolo" freddo-umido, pi pesante e oscuro, e in una fascia avvolgente caldo-secca (), pi leggera e luminosa; (b) l'azione della fiamma sul nocciolo condensato (una massa in cui terra e acqua erano ancora confuse) avrebbe prodotto la formazione (probabilmente per evaporazione) di una fascia intermedia, di densa bruma ():
ci che, derivato dalleterno, produttivo di caldo e freddo fu separato alla generazione di questo mondo, e da esso una sfera di fiamma si svilupp intorno all'aria che circonda la Terra, come la scorza intorno all'albero (Pseudo-Plutarco; DK 12 A10).
A quel punto, nel potenziale germe cosmico, si erano ormai definite, tra centro e periferia, tre regioni, sostanzialmente omogenee per densit decrescente: decisiva doveva risultare l'efficacia esplicativa dell'opposizione di base caldo-freddo, tradotta in pratica nella distribuzione di masse elementari; (c) la crescita () e la conseguente espansione delle fasce pi interne della struttura, forse con il contributo del moto vorticoso, avrebbero poi prodotto la frantumazione (esplosione) della corteccia di fuoco: ne sarebbero derivati cerchi infuocati - frammenti dell'involucro - avvolti in anelli d'aria: gli astri sarebbero solo la parte visibile (attraverso aperture negli anelli contenenti) di quel fuoco:
essendosi questa <sfera> spezzata e <i suoi frammenti> racchiusi in certi cerchi, si formarono il Sole, la Luna e gli astri (Pseudo-Plutarco; DK 12 A10)
. [sc. ] , ,
Per Anassimandro <gli astri> sono ispessimenti [compressioni] d'aria a forma di ruota, ripieni di fuoco, che da certe aperture in qualche punto soffiano fuori fiamme (Atius; DK 12 A18)
, , . ,
Gli astri hanno origine come cerchio infuocato, che si distaccato dal fuoco cosmico ed circondato dall'aria. Vi sono alcuni passaggi di sfogo per il soffio, a forma di canna, per i quali si mostrano gli astri. Per questo motivo, quando sono occlusi gli sfoghi, si verificano le eclissi (Ippolito; DK 12 A11);
(d) dalla costante azione del calore (del Sole) sul nocciolo condensato e del vortice sugli elementi sarebbe infine derivata la separazione di terraferma e mare:
, ,
Affermano che tutto lo spazio intorno alla Terra fosse umido, che fu poi prosciugato dal Sole e che l'evaporazione produsse i venti e le rivoluzioni di Sole e Luna, mentre quanto rimasto fu mare. Perci credono anche che <il mare>, prosciugandosi, diverr pi piccolo e che alla fine sar tutto secco (Aristotele, Meteorologica II, 1 353 b6; DK 12 A27)
65 K. von Fritz, Der Ursprung der Wissenschaft bei den Griechen (1971), trad. it. Le origini della scienza in Grecia, Bologna, Il Mulino, 1988, pp. 26-27. 18
, ,
, , Alcuni di loro dicono che il mare sia quel che resta dell'umidit originaria. Essendo infatti umido il luogo intorno alla Terra, una parte dell'umidit fu fatta evaporare dal Sole e ne derivarono i venti e le rivoluzioni di Sole e Luna, perch anche questi fanno le loro rivoluzioni a causa di tali evaporazioni e esalazioni, muovendosi in quei luoghi dove trovino grande abbondanza di umidit. La parte rimasta nelle cavit della terra, invece, affermano sia mare. Perci sostengono anche che il mare diventi pi piccolo, prosciugato sempre pi dal Sole, e che alla fine sar asciutto. Di questa opinione, come attesta Teofrasto, erano sia Anassimandro, sia Diogene (Alessandro di Afrodisia; DK 12 A27)
. , , Anassimandro afferma che il mare quanto rimasto dell'umidit originaria, di cui il pi stato prosciugato dal fuoco, la parte rimanente si trasformata per ebollizione (Atius; DK 12 A27).
In estrema sintesi, lo schema di fondo quello dello sviluppo () del cosmo, analogamente a un vivente, a partire dal germe ( o forse, come suggerisce West 66 , ) secreto dall'eterna forza vitale dell'apeiron. Nelle testimonianze possibile intravedere non solo la processualit del modello (non a caso indicato nella tradizione come ), ma anche la sua relativa complicazione: evidente, infatti, come Aristotele e la tradizione peripatetica in questo caso incrocino la vaporizzazione - effetto dell'azione del fuoco cosmico sul nucleo umido e freddo - e il moto vorticoso, che doveva dar conto delle rivoluzioni celesti, anche se non ne risultano chiaramente determinati i contorni e le modalit. Infiniti mondi? Al contesto di sviluppo del nucleo originariamente isolatosi dalla natura illimitata dobbiamo ricondurre anche le indicazioni sui mondi infiniti ( ):
,
sostenne che nell'apeiron risiede l'intera causa della generazione e della dissoluzione dell'universo, e da quello, invero, afferma che si siano separati tutti i cieli e in generale tutti i mondi, che sono infiniti (Pseudo-Plutarco; DK 12 A10)
,
egli disse che principio delle cose che sono una certa natura dell'apeiron, da cui si generano i cieli e l'ordine [il mondo] che in essi (Ippolito; DK 12 A11)
. [...] [...] [...],
Anassimandro [...] dichiar lapeiron principio [...] delle cose che sono [...], da cui originano tutti i cieli e i mondi in essi (Simplicio; DK 12 A9).
L'impressione che l'informazione relativa alla pluralit dei cieli, indubbiamente ricavata dalla comune risorsa teofrastea 67 , non dovesse risultare del tutto perspicua a distanza di secoli. Le
66 M.L. WEST, La filosofia greca arcaica e l'Oriente, cit., p. 126. 67 Si sostenuto che la peculiare espressione utilizzata nel commento di Simplicio - , insolita per il lessico peripatetico di Teofrasto, possa costituire citazione diretta dell'originale di Anassimandro (K. REINHARDT, Parmenides und die Geschichte der griechischen 19 indicazioni di Simplicio ( ), Pseudo-Plutarco ( ) e Ippolito ( ) con la loro oscillazione tra e e l'incrocio con - potrebbero risultare da un fraintendimento della fonte testuale, che alludeva forse alla struttura cosmica, alla produzione, cio, di anelli cosmici () costituiti dai residui della fiamma originariamente avvolgente, racchiusi, come in una intercapedine, da cerchi di - e al loro ordinamento interno (l'uso di in questa accezione troverebbe conferma nel trattato ippocratico De Hebdomadibus 68 , la cui parte cosmologica potrebbe risalire al VI secolo a.C.). In questo senso si attribuita 69 ad Anassimandro la distinzione tra universo ordinato - e le sue parti, che avrebbe poi prodotto il fraintendimento: il linguaggio arcaico (omerico, per esempio) effettivamente propone i due valori, addirittura associando a una delle regioni () in cui l'universo ( ) era suddiviso. un'evidenza che Aristotele, il primo a trattare del contributo di Anassimandro, anche laddove ne avrebbe avuto la possibilit, non riferisca palesemente al Milesio una teoria dei mondi infiniti: abbiamo gi citato due passi in cui le allusioni specifiche appaiono sfocate:
[] [...] un solo [elemento] [...] che, sostengono, abbraccia tutti i cieli essendo infinito (De Caelo III, 5 303 b10- 13; A14 Colli)
, la dignit dell'apeiron: abbracciare tutte le cose e tutto tenere in s (Fisica III, 6 207 a19-20; fr. 9 Mansfeld).
Ci che appare rilevante non tanto l'assenza di un esplicito cenno ad Anassimandro ( possibile invece che, tra gli altri, Aristotele si riferisse anche a lui), ma soprattutto il riscontro lessicale, che suggerisce la possibilit che sia da intendere come tutti i cieli 70 . Si voluto 71
addirittura cogliere un possibile argomento anassimandreo a favore dell'infinita pluralit dei mondi in un ulteriore passo della Fisica (III, 4 203 b23-38):
. , ; , perch, in effetti, l'attivit del pensiero non ha mai termine, che il numero appare infinito, cos come la grandezza matematica e ci che al di fuori del cielo. Essendo infinito ci che fuori del cielo, anche il corpo appare infinito, cos come i mondi: perch, in effetti, il vuoto dovrebbe essere qui piuttosto che l? Cos la massa, se di un solo genere, anche dappertutto.
In considerazione del contesto - in cui Aristotele ha modo, di volta in volta, di riferire direttamente i propri rilievi sulla natura dell'infinito (ai Pitagorici e a Platone prima, quindi ad Anassagora, Democrito, Anassimandro), ovvero di avanzare chiare allusioni (allo stesso Anassagora e a Empedocle, parlando di e come - DK 12 A15) l'espressione appare relativamente generica (riferibile ad Anassimandro, Pitagorici e atomisti) e la precoce applicazione del principio di ragion sufficiente per giustificare l'esistenza di , a causa soprattutto dell'uso di termini come , e , imputabile piuttosto agli atomisti che al Milesio (che pur, vedremo, di tale principio potrebbe essersi servito). Aristotele (cui sono attribuiti, negli elenchi di Diogene Laerzio, anche dei ) potrebbe, dunque, aver
Philosophie, Frankfurt a.M., Vittorio Klostermann, 1985 4 , p. 175; H. SCHMITZ, Anaximander und die Anfnge dei griechischen Philosophie, cit., pp. 20-21. Ricordiamo come St.A. WHITE, Milesian Measures: Time, Space, and Matter, cit., p. 111, insista sul contributo della di Eudemo, da cui dipenderebbero i rilievi astronomici su Anassimandro. 68 CH. H. KAHN, Anaximander and The Origins of Greek Cosmology, cit., p. 49. 69 A. PASQUINELLI, I presocratici. Frammenti e testimonianze, cit., p. 306. 70 W.K.C. GUTHRIE, A History of Greek Philosophy..., cit., p. 107. 71 Conche (ANAXIMANDRE, Fragments et Tmoignages, cit., pp. 121-123). 20 evocato un argomento documentato all'interno della tradizione atomistica, riconoscendogli valore generale: se avesse avuto a disposizione ulteriori elementi specifici in merito alla posizione di Anassimandro sui mondi infiniti, li avrebbe probabilmente utilizzati e segnalati puntualmente, come avviene in altri casi nello stesso capitolo. D'altra parte altrettanto indiscutibile che la tradizione dossografica - probabilmente condizionata dall'elaborazione atomistica 72 e dalla posteriore sua ripresa e diffusione negli scritti di Epicuro 73 - leggesse la fonte teofrastea decisamente in senso pluralistico e infinitistico, come documentano le testimonianze raccolte in DK 12 A17 (che contrassegniamo in ordine cronologico):
(i) Anaximandri autem opinio est nativos esse deos longis intervallis orientis occidentisque, eosque innumerabilis esse mundos. sed nos deum nisi sempiternum intellegere qui possumus? L'opinione di Anassimandro, invece, che gli dei abbiano origine, nascendo e perendo a lunghi intervalli, e che essi siano mondi innumerevoli. Noi, tuttavia, come possiamo concepire un dio se non sempiterno? (Cicerone)
(ii) . . Anassimandro sostenne che i cieli infiniti sono dei. (Atius)
(iii) ., , , , , , , sc. . . . . ... . Anassimandro, Anassimene, Archelao, Senofane, Diogene, Leucippo, Democrito, Epicuro sostengono che nell'infinito si generano e corrompono infiniti mondi a ogni rotazione [in ogni direzione 74 ]. Tra coloro che affermano i mondi infiniti, Anassimandro sostiene che essi hanno uguale distanza reciproca. Anassimandro sostiene che il mondo corruttibile. (Atius)
(iv) non enim ex una re sicut Thales ex umore, sed ex suis propriis principiis quasque res nasci putavit. quae rerum principia singularum esse credidit infinita, et innumerabiles mundos gignere et quaecumque in eis oriuntur; eosque mundos modo dissolvi modo iterum gigni existimavit, quanta quisque aetate sua manere potuerit, nec ipse aliquid divinae menti in his rerum operibus tribuens. [Anassimandro] ritenne che ogni cosa nasca non da un solo elemento, come Talete dall'acqua, ma da principi suoi propri. E questi principi delle cose egli credette fossero infiniti e generassero innumerevoli mondi e le cose che in essi nascono. Stimava che questi mondi a un certo punto si dissolvano e poi di nuovo si producano, per quanto tempo ciascuno possa resistere, n egli attribuiva alcuna parte alla mente divina in queste creazioni delle cose. (Agostino)
(v) . ... ,
Anassimandro, concittadino e compagno di Talete [...] pose per primo <come principio> l'infinito, per potersene servire senza risparmio nei processi di generazione; e, come sembra, sostenne che i mondi sono infiniti e che ciascuno dei mondi derivi da tale elemento infinito. (Simplicio)
(vi) , . , , . Coloro che infatti posero i mondi infiniti di numero, come i seguaci di Anassimandro, Leucippo, Democrito e pi tardi di Epicuro, ritennero che si generassero e corrompessero nell'infinito (alcuni
72 Proprio la consapevolezza di questo condizionamento suggerisce oggi grande prudenza nell'attribuzione, come ricorda M.L. Gemelli Marciano in Die Vorsokratiker, I, cit., p. 68. Propendono decisamente per un condizionamento atomistico della dossografia G.S. KIRK, J.E. RAVEN, M. SCHOFIELD, The Presocratic Philosophers, cit., p. 126. 73 Il rilievo in W.K.C. GUTHRIE, A History of Greek Philosophy..., cit., p. 108. 74 In effetti il codice di Pseudo-Plutarco riporta . 21 sempre generandosi, altri corrompendosi), e sostennero che il movimento eterno: poich senza movimento non c' generazione e corruzione. (Simplicio)
possibile si retroiettassero su Anassimandro teorie e argomentazioni successive, magari intravedendo nelle notizie teofrastee analogie o spunti per ricostruire una vera e propria tradizione infinitista 75 . Come stato osservato 76 , in effetti, pi le testimonianze si allontanano da Aristotele e Teofrasto, pi si palesa la tendenza (sospetta) a riferire le informazioni peripatetiche sostituendo con : in pratica interpretando le attestazioni pi ambigue della fonte teofrastea (in Ippolito e Simplicio) decisamente nel senso della pluralit dei mondi, con la confusione di valori, in origine distinti, tra i due termini 77 . Incrociando le indicazioni di (i) e (ii) gi plausibile il fraintendimento: la pluralit di astri ricondotta a un indefinito numero di (essendo le stelle, nella cosmologia di Anassimandro, collegate ad anelli celesti), identificati come divinit (un'associazione tradizionale), e senz'altro tradotta da Cicerone come pluralit di mondi. Accostando ulteriormente (ii) e (iii) il sospetto si rafforza 78 : gli astri (cieli, ) innumerevoli che si manifestano nello spazio celeste in tutte le direzioni potrebbero essere stati confusi con infiniti mondi ( ). Atius (iii) pone esplicitamente Anassimandro all'origine dell'infinitismo atomistico, insistendo particolarmente come gli altri testimoni sulla vicissitudine dei mondi nello spazio infinito (secondo lo schema epicureo), un aspetto rilevato anche altrove:
.
Anassimandro, figlio di Prassiade, milesio, sostiene che principio delle cose che sono l'apeiron: da esso, infatti, si generano tutte le cose e in esso tutte si corrompono. Per questo motivo si formano infiniti mondi e di nuovo si corrompono in ci da cui si generano (Atius; DK 12 A14).
L'infinit appare in questo caso strettamente legata alla vicissitudine, quasi fosse da intendere come successione piuttosto che coesistenza di mondi, come invece si potrebbe desumere da Agostino (iv) e Simplicio (vi): un'ulteriore incertezza sul senso della posizione di Anassimandro, per la quale le nostre informazioni non sono dirimenti. Se dunque il frequente accostamento, nelle testimonianze, di Anassimandro al posteriore atomismo (che potrebbe effettivamente, con Leucippo, aver tratto ispirazione dalla lezione ionica) induce a valutare con una certa prudenza le notizie relative al suo contributo alla teoria dell'infinita pluralit dei mondi, non del tutto assente la possibilit di riconoscerne la genuina paternit al Milesio. Soprattutto considerando l'impronta in larga misura "speculativa" della sua indagine: a partire dalla natura- principio illimitata e qualitativamente indefinita e dalla sua intrinseca motilit, i probabili meccanismi dinamici (vortici o movimenti sussultori) individuati (come documenta la dossografia) all'origine dei processi cosmogonici potevano essere immaginati in una replica infinita, tanto nella successione temporale quanto nella diffusione spaziale, a esprimere coerentemente la potenza dell' 79 . Forse Anassimandro si riferiva all' come al bacino germinale di un'immensa attivit di incubazione di mondi, come farebbe supporre Ippolito quando sottolinea della che essa eterna e non invecchia, e inoltre circonda tutti i mondi ( , ): il continuo movimento, la costante agitazione del principio, intesi come segni della sua inesausta vitalit, potrebbero averne giustificata l'illimitata produttivit, nel senso della disseminazione e vicissitudine dei mondi. In questo si rivelerebbe la peculiare concezione
75 Di questa opinione D.L. COUPRIE, Heaven and Earth in Ancient Cosmology..., cit., p. 96. 76 W.K.C. GUTHRIE, A History of Greek Philosophy..., cit., p. 110. 77 W.K.C. GUTHRIE, A History of Greek Philosophy..., cit., p. 111. 78 Soprattutto leggendo in vece di . 79 Su questo punto molto decisa la conclusione di Conche (ANAXIMANDRE, Fragments et Tmoignages, cit., pp. 125-126). 22 anassimandrea del nesso finito-infinito e il suo conseguente finitismo 80 : eternit e illimitatezza dell'apeiron non escluderebbero la finitezza spazio-temporale dei singoli mondi; generati, essi avrebbero limiti definiti, essendo destinati a una fine. Potremmo allora cogliere in Atius l'accenno alla distanza reciproca tra i ( ), in Cicerone la sottolineatura degli intervalli che intercorrono tra la loro generazione e corruzione (longis intervallis orientis occidentisque), in Simplicio il rilievo della fecondit dei processi cosmogonici ( ). Questa ipotesi, a dispetto del rilievo che assume in certe interpretazioni della cosmologia di Anassimandro 81 , al di l della teorica possibilit e coerenza con altre indicazioni dossografiche, manca tuttavia di elementi decisivi di conferma, mentre le ragioni per sospettarne sono, come abbiamo sottolineato, numerose. Il cosmo di Anassimandro Abbiamo introduttivamente ricordato quanto la dossografia celebrasse le osservazioni e le scoperte astronomiche di Anassimandro: non sorprende che poi riconosca al suo contributo un focus speciale sulla struttura cosmica, come evidente dalla testimonianza di Pseudo-Plutarco (DK 12 A10) e ulteriormente documentato in Ippolito:
, . , , : , . , , . , . , . *** , , *** *** La Terra sospesa, da nulla dominata: rimane nel suo luogo a causa dell'equidistanza da tutto [da tutti i punti della circonferenza celeste?]. La sua forma poi ricurva, rotonda, simile al tamburo di una colonna di pietra: noi camminiamo su una superficie, l'altra a questa opposta. Gli astri hanno origine come cerchio infuocato, che si distaccato dal fuoco cosmico ed circondato dall'aria. Vi sono alcuni passaggi di sfogo per il soffio, a forma di canna, per i quali si mostrano gli astri. Per questo motivo, quando sono occlusi gli sfoghi, si verificano le eclissi. La Luna appare talvolta piena, talvolta calante, a seconda che i passaggi siano aperti o occlusi. Il cerchio del Sole ventisette volte maggiore [di quello della Terra] quello della Luna [diciotto volte]; pi in alto di tutto si trova il Sole; pi in basso di tutto <si trovano> i cerchi delle stelle fisse (DK 12 A11).
Tre aspetti colpiscono nella testimonianza: (i) l'attenzione per l'impianto cosmologico, per le approssimative dimensioni e la struttura geometrica del cosmo, oltre che, probabilmente, per le sue regolarit e proporzioni 82 ; (ii) l'evidente relazione tra l'elaborazione del modello cosmologico e la spiegazione di alcuni fenomeni celesti (eclissi, fasi lunari); (iii) la particolare giustificazione addotta per l'immobilit della Terra. L'intuizione che dinamica e regolare distanza degli astri dalla Terra si potessero spiegare ricorrendo a un sistema di vettori pensati come ruote (: il termine potrebbe essere stato utilizzato da Anassimandro 83 ) o cerchi/anelli () avrebbe condotto Anassimandro alla rivoluzionaria conclusione della sospensione della Terra 84 : essa giaceva - forse (ma si veda pi avanti) senza supporto - al centro di un universo che acquistava dimensione e profondit, evidenziate dalla presunta ratio individuata tra i di Sole e Luna e dall'ulteriore riferimento a cerchi delle stelle fisse ( ). La loro postulazione, infatti, offriva la possibilit di elaborare uno
80 K. von FRITZ, Le origini della scienza in Grecia, cit., p. 28. 81 Ne convinto Mondolfo (E. ZELLER R. MONDOLFO, La filosofia dei Greci..., parte I, vol. II, cit. p. 197). 82 St.A. WHITE, Milesian Measures: Time, Space, and Matter, cit., p. 102. 83 Cos DK. Anche D.L. COUPRIE, Heaven and Earth in Ancient Cosmology..., cit., p. 100. 84 tesi ben argomentata in D.L. COUPRIE, Heaven and Earth in Ancient Cosmology..., cit., cap. 8 (The Discovery of Space: Anaximander's Cosmology). 23 schema razionale (con relative commisurazioni) delle regolari distanze dei corpi celesti dalla Terra e al tempo stesso un modello meccanico per dar conto dei loro moti periodici intorno alla Te 85 rra .
In questo modo, dunque, il cosmo di Anassimandro, muovendo dal centro verso la periferia, appare caratterizzato da una serie di strutture rotanti, le quali, a partire dalle indicazioni cosmogoniche, possiamo rappresentarci simili a ruota di carro ( : l'espressione potrebbe essere originaria 86 ): cerchi di aria densa, internamente riempiti di fuoco, con i quali erano "materializzate" le orbite dei corpi celesti intorno alla Terra 87 . All'esterno, invece, il cosmo risulterebbe avvolto dalla natura dell'infinito, che, come ci ricorda Aristotele (DK 12 A15), [sembra] comprendere tutte quante le cose e tutte dirigere ( ). Il centro stabilmente occupato dalla Terra, di corpo simile al tamburo di una colonna ( , Ippolito), ovvero di forma cilindrica ( , Pseuso- Plutarco), in ogni caso concepita secondo profilo ancora arcaico 88 ; la ruota ovvero l'anello pi esterno quello del Sole, che proietta (come tutti gli altri corpi celesti) luce e calore attraverso un'apertura a canna (per lo spessore dell'aria contenente il fuoco). La tradizione dossografica fornisce ulteriori particolari:
, ., [n. ] . , , .
Alcuni, tra cui Anassimandro, sostengono che il Sole emetta luce e abbia la forma di ruota. Come infatti nella ruota il mozzo cavo e tende i raggi che da esso si dipartono verso l'esterno del cerchio, cos anche il Sole, emettendo luce da una cavit, distende intorno i suoi raggi, che all'esterno illuminano circolarmente. Altri [il riferimento dovrebbe essere ancora ad A.] sostengono che il Sole, come da una stretta cavit, emetta luce, analogamente a soffi, come da una tromba (Achille; DK 12 A21)
. [sc. ] , , , , . . . , , ,
Anassimandro sostiene che il cerchio del Sole ventotto volte quello della Terra ed simile a ruota di carro, il cui cerchio sia cavo e pieno di fuoco, e che in parte fa apparire il fuoco attraverso un'apertura, come da canna di mantice. Anassimandro sostiene che il cerchio del Sole [...] simile a ruota di carro, il cui cerchio sia cavo e pieno di fuoco, e che in parte fa apparire il fuoco attraverso un'apertura, come da canna di mantice (Atius; DK 12 A21).
L'anello ovvero l'insieme di anelli - pi interno quello delle stelle fisse; a livello mediano della struttura cosmica troviamo invece l'anello della Luna. Le testimonianze in Atius corroborano questo quadro:
[sc. ] , , . . , , . . , [sc. ] , [sc. ]. Per Anassimandro <gli astri> sono ispessimenti [compressioni] d'aria a forma di ruota, ripieni di fuoco, che da certe aperture in qualche punto soffiano fuori fiamme.
85 St.A. WHITE, Milesian Measures: Time, Space, and Matter, cit., pp. 103-4. 86 Con Burkert ne convinto Couprie (D.L. COUPRIE, Heaven and Earth in Ancient Cosmology..., cit., p. 100). 87 Ivi, p. 102. 88 Ivi, p. 106. 24 Anassimandro, Metrodoro di Chio e Cratete ritengono che il Sole sia pi in alto di tutti [astri, cerchi?]; dopo di esso la Luna e sotto di essi le stelle fisse e i pianeti. Per Anassimandro <gli astri> sono trasportati dai cerchi e dalle sfere su cui ciascun <astro> collocato (DK 12 A18).
Significativo che nella tradizione dossografica, a proposito della forma geometrica dei vettori dei corpi celesti (qui si allude in relazione ai cerchi pi interni, anche ai pianeti), si rimanesse indecisi tra e , mentre sulla composizione materiale aria compressa e ispessita che racchiude un'interno fiammante non emergono discordanze. I fenomeni comunemente connessi a quei corpi sono ricondotti alla struttura fisica dei cieli e a una spiegazione di tipo analogico: occlusione totale o parziale, ovvero liberazione dei passaggi ( ):
. [sc. ] Anassimandro sostiene che l'eclissi di Sole causata dalla chiusura del passaggio attraverso cui esce il fuoco (Atius; DK 12 A21).
L'attenzione dei critici stata in particolare attirata dall'apparente incoerenza nella posizione degli anelli astrali, i pi vicini alla Terra: come giustificare il fatto che le stelle non emettano calore e che la loro luce sia inferiore a quella del Sole o della Luna? Forse riscaldamento e luminosit non erano illustrati come azione diretta del fuoco attraverso l'involucro d'aria dei cerchi contenenti (in tal caso quelli astrali avrebbero dovuto comunque risultare pi efficaci in quanto notevolmente pi prossimi alla Terra), piuttosto con l'incandescenza prodotta dalla frizione (attrito) dei cerchi a causa della loro velocit lineare di rotazione, superiore nel caso dei pi grandi (massima quindi per il Sole) 89 . Come si evince dalle precedenti indicazioni, Anassimandro non si sarebbe limitato a determinare origini, forma e ordine dell'insieme cosmico, ma l'avrebbe anche, a grandi linee, dimensionato, come ci conferma anche Simplicio (sulla scorta di Eudemo):
Anassimandro per primo ha scoperto il rapporto tra dimensione e distanza (DK 12 A19).
Egli avrebbe fissato il rapporto tra la taglia del "tamburo" terrestre - la cui altezza sarebbe 1/3 della larghezza (come ricorda Pseudo-Plutarco: ) - e le misure e distanze dei tre (considerando forse unitariamente l'insieme dei cieli delle stelle fisse) cerchi celesti. Bench il testo greco di Ippolito sia mutilo, si pu intravedere la base di calcolo utilizzata la dimensione della circonferenza terrestre attribuendo al cerchio (astrale) interno un multiplo dimensionale pari a 9, a quello (lunare) mediano uno pari a 18, a quello (solare) esterno, infine, uno pari a 27 90 , anche se nelle testimonianze le misure variano 91 :
. [sc. ] Anassimandro sostiene che il cerchio del Sole ventotto volte quello della Terra (Atius; DK 12 A21)
. , , ,
Anassimandro sostiene che il Sole uguale alla Terra, ma il cerchio da cui spira e lungo il quale si muove intorno, ventisette volte quello della Terra (Atius; DK 12 A21)
89 St.A. WHITE, Milesian Measures: Time, Space, and Matter, cit., pp. 110-111. 90 Un'ampia analisi e una discussione delle varie proposte interpretative in G. NADDAF, The Greek Concept of Nature, cit., pp. 75-79. Si veda ora anche St.A. WHITE, Milesian Measures: Time, Space, and Matter, cit., pp. 105 ss.. 91 Sulla questione si veda ora D.L. COUPRIE, Heaven and Earth in Ancient Cosmology..., cit., cap. 9 (Anaximander's Numbers: The Dimensions of the Universe). 25 . [sc. ] , <> , , ,
Anassimandro sostiene che <la Luna> un cerchio grande diciannove volte la Terra, simile a ruota di carro, con il cerchio cavo e pieno di fuoco, come quello del Sole, e come quello ha una posizione obliqua e una sola apertura, come canna di mantice (Atius; DK 12 A22).
Insomma: stando alle testimonianze, Anassimandro proponeva un vero e proprio modello cosmologico, sostenuto da un impianto geometrico-matematico, che non poteva non suscitare discussioni tra gli interpreti. Quale l'origine di tali speculazioni? Secondo una tradizione che risale a Diels, essa sarebbe da ricercare nel misticismo dei numeri (in particolare del numero 3), presente in diverse culture antiche: si tratterebbe comunque solo di uno spunto, da Anassimandro profondamente rielaborato in un vero e proprio modello razionale. In alternativa si supposto che la sequenza matematica applicata alle dimensioni celesti potesse derivare da osservazioni astronomiche 92 , ma la proposta ha suscitato forti perplessit 93 . Di recente, valutando insieme alle indicazioni circa l'astronomia "geometrica" anche quelle sulla presunta propensione del Milesio a disegnare, congegnare e realizzare modelli come attesta Diogene Laerzio:
, , . , <Anassimandro> scopr per primo anche lo gnomone e lo pose presso le meridiane a Sparta, secondo quanto afferma Favorino nella sua Storia varia, a segnalare solstizi ed equinozi; costru anche orologi. Ancora, per primo disegn il perimetro della terra e del mare e realizz anche un globo (DK 12 A1)
stata avanzata l'ipotesi 94 che Anassimandro possa essere stato influenzato dalle tecniche e dai trattati (prime prove di una prosa scientifica che risentiva di probabili modelli egiziani) degli architetti suoi contemporanei. Una prospettiva che radica la riflessione cosmologica di Anassimandro nella vita e nelle attivit civili delle sviluppate poleis ioniche. Lo stesso ambiente su cui insiste un quarto filone interpretativo, tipicamente rappresentato dall'opera di Jean-Pierre Vernant 95 , secondo cui l'esperienza politico-sociale della polis sarebbe stata fondamentale sia per l'intuizione anassimandrea di un governo cosmico fondato sull'equilibrio delle potenze e sulla giustizia, sia per la geometrizzazione dell'universo fisico, in realt strettamente collegata alla ridefinizione dello spazio urbano, nel quadro di un pi generale sforzo per ordinare e razionalizzare il mondo umano 96 . La posizione della Terra All'interno di questa prospettiva possiamo considerare anche la tesi forse pi originale che le fonti riconoscono ad Anassimandro: la giustificazione della centralit della Terra:
. [...] ,
92 CH. H. KAHN, Anaximander and The Origins of Greek Cosmology, cit., pp. 96-97; di opinionne analoga Conche (ANAXIMANDRE, Fragments et Tmoignages, cit., p. 208) e White (Milesian Measures: Time, Space, and Matter, cit., p. 107-108). 93 Per le quali si veda G. NADDAF, The Greek Concept of Nature, cit., p. 80. 94 R. HAHN, Anaximander and the Architects, Albany NY, State University of New York Press, 2001. Ora anche R. HAHN, Proportions and Numbers in Anaximander and Early Greek Thought, in Anaximander in Context. New Studies in the Origins of Greek Philosophy, edited by D.L. COUPRIE, R. HAHN and G. NADDAF, Albany NY, State University of New York Press, 2003, pp. 71-163. 95 J.-P. VERNANT, Les origines de la pense grecque (1962), trad.it. Le origini del pensiero greco, Roma, editori Riuniti, 1984. La tesi di Vernant sviluppa motivi gi presenti in H. Gomperz e G. Vlastos. Di quest'ultimo, in particolare, G. VLASTOS, Equality and Justice in Early Greek Cosmologies (1947), e Isonomia (1953), in G. VLASTOS, Studies in Greek Philosophy, vol. I: The Presocratics, edited by D.W. GRAHAM, Princeton, Princeton University Press, 1995. 96 Per questo, in particolare, J.-P. VERNANT, Les origines de la pense grecque, cit., trad. it., cap. VIII "La nuova immagine del mondo". 26 Anassimandro, figlio di Prassiade, milesio. Egli afferm [...] che in mezzo giace la Terra, che occupa la posizione di centro, e che sferica (Diogene Laerzio; DK 12 A1)
, . , , La Terra sospesa, da nulla dominata: rimane nel suo luogo a causa dell'equidistanza da tutto [da tutti i punti della circonferenza celeste?]. La sua forma poi ricurva, rotonda, simile al tamburo di una colonna (Ippolito; DK 12 A11)
,
Vi sono alcuni, come Anassimandro tra gli antichi, che sostengono che essa [la Terra] rimanga in posizione a causa della equidistanza [simmetria]: una cosa stabilita al centro, infatti, ed equidistante rispetto agli estremi, non conviene si porti verso lalto piuttosto che verso il basso o orizzontalmente; ma poich impossibile muoversi contemporaneamente in direzioni opposte, necessariamente rimane in posizione (Aristotele, De Caelo II, 13 295 b11-16; DK 12 A26).
Il posizionamento della Terra nel complessivo ordinamento cosmico rispondeva a ragioni di equilibrio e struttura del cosmo stesso, che avrebbero reso superfluo rispetto agli altri autori milesi il rinvio a un supporto (acqua, aria 97 ) per "sostenerla". Se interpretiamo l'indicazione di Ippolito - come equidistanza () da tutti i punti della circonferenza (o sfera) celeste, ci troveremmo in presenza di una precoce affermazione del principio di indifferenza: lindifferenza - e quindi lassenza di ragione per il movimento in una direzione o nellaltra sarebbe espressa in relazione ai limiti celesti. Come effetto dello sviluppo cosmogonico, immobilit e centralit della Terra dipenderebbero dalla perfetta equidistanza del nucleo denso e freddo dell'originario rispetto ai formatisi in seguito alla sua (del ) espansione. Ma il testo aristotelico potrebbe alludere all'equilibrio ( = simmetria) dei cieli, alla loro struttura simmetrica, rispetto a cui si rileverebbe la centralit terrestre: con la conseguenza che si dovrebbe ammettere la sfericit degli stessi cieli 98 . probabilmente per questo motivo che Diogene Laerzio attribuisce, sulla scorta della tradizione ellenistica, forma sferica (l'unica coerente con il principio affermato) alla Terra, mentre pi credibile, alla luce delle testimonianze, che Anassimandro pensasse, pi rozzamente, a una forma a tamburo, cilindrica. Di recente stato suggerito 99 che il Milesio potrebbe aver sostenuto la propria tesi a partire dall'altra sua ipotesi sulla struttura a "ruota" dei cieli: dal quotidiano sorgere e tramontare dei corpi celesti, Anassimandro avrebbe razionalmente inferito che (i) essi - come o dovessero passare "sotto" la Terra, la quale, quindi, (ii) doveva sostenersi libera al centro dello spazio cosmico. Non va comunque dimenticata un'indicazione aristotelica, che potrebbe complicare il quadro:
,
. , Cos, se per costrizione ora la Terra rimane immobile, <per costrizione> fu anche riunita al centro, trasportata dal vortice. Questa , in effetti, la causa che tutti sostengono, a partire da quanto accade nei liquidi e nell'aria: in essi, infatti, le cose pi grandi e pi pesanti sempre sono portate verso il centro del vortice. Per questo, in verit, tutti quanti attribuiscono un'origine al cielo [all'universo] affermano che la Terra si riunita al centro (De caelo II, 13 295 a9-14).
Che Aristotele potesse riferire anche ad Anassimandro questo rilievo parzialmente confermato da un frammento del suo allievo Eudemo, conservato attraverso Teone di Smirne:
97 Sebbene all'aria faccia ancora riferimento Simplicio. 98 D.L. COUPRIE, Heaven and Earth in Ancient Cosmology..., cit., p. 110. 99 Da Couprie (D.L. COUPRIE, Heaven and Earth in Ancient Cosmology..., cit., p. 106). 27
. Anassimandro sostiene che la Terra sia sospesa nell'aria e che si muova intorno al centro del mondo (DK12 A26).
Anche in questo caso si potrebbe trattare della retroiezione sul Milesio di una tesi attestata presso Leucippo:
. la Terra si regge muovendosi in rotazione intorno al centro: la sua figura simile a quella di un tamburo (Diogene Laerzio; DK 67 A1).
Ma abbiamo anche l'indicazione di Simplicio (In Aristotelis quattuor libros de caelo commentaria 532, 14):
Sembrava ad Anassimandro che la Terra rimanesse stabile sia per l'aria che la sosteneva, sia per l'equilibrio e l'uguaglianza.
L'impressione che in considerazione dei probabili modelli dinamici impiegati da Anassimandro, le testimonianze peripatetiche possano suggerire anche una spiegazione alternativa del posizionamento terrestre. possibile, infatti, chiarire la centralit della Terra dinamicamente, con la pressione esercitata (verso il centro) sulla Terra, all'interno del vortice che dispone e muove gli anelli cosmici: in tal caso si potrebbe dar ragione sia dell'informazione relativa al moto rotatorio della Terra (in pratica intorno al proprio centro, secondo la tesi atomista), sia della sua presunta "indifferenza" rispetto al movimento (in una direzione o nell'altra). Il moto rotatorio risulterebbe, in effetti, dalla costante partecipazione dinamica della Terra al vortice (il quale, quindi, in tal modo continuerebbe a far sentire la propria azione sul centro), mentre la centralit (e dunque immobilit) rispetto alla periferia - secondo la formula aristotelica equidistante rispetto agli estremi ( ) sarebbe prodotta dall'uguaglianza, dall'uniformit (cos sarebbero da interpretare le espressioni di Aristotele e del suo commentatore) della spinta che, nel vortice, la Terra riceve da ogni lato 100 . Una soluzione che appare meno affascinante dell'alternativa (essendo basata in fondo su analogie meccaniche e non su una astratta considerazione logico- matematica), ma forse pi vicina allo stile speculativo documentato nelle testimonianze sul Milesio: esse, in effetti, puntano sostanzialmente a uno schema esplicativo "fisico", anche se si ritenuto 101 che il meccanismo rotatorio della sia anacronistico e pi plausibile il modello del "galleggiamento" sull'aria (analogamente a quanto registrato per Anassimene). I fenomeni meteorologici Nel suo sforzo di "razionalizzazione", Anassimandro, a quanto pare, ricondusse un insieme di fondamentali fenomeni meteorologici allo stesso contesto cosmogonico, facendo leva, in particolare, sull'azione del calore celeste sul nucleo terraqueo, con progressivo prosciugamento delle acque che originariamente circondavano e ricoprivano il nocciolo (tronco) terroso, come chiaramente documentato dalla testimonianza peripatetica e dalla dossografia che ne dipende:
, ,
Affermano che tutto lo spazio intorno alla Terra fosse umido, che fu poi prosciugato dal Sole e che l'evaporazione produsse i venti e le rivoluzioni di Sole e Luna, mentre quanto rimasto fu mare. Perci
100 la soluzione di Mondolfo (E. ZELLER R. MONDOLFO, La filosofia dei Greci..., cit. pp. 201-202). 101 D. FURLEY, The Greek Cosmologists. Volume 1: The formation of the atomic theory and its earliest critics, Cambridge, Cambridge University Press, 1987, p. 22. 28 credono anche che <il mare>, prosciugandosi, diverr pi piccolo e che alla fine sar tutto secco (Aristotele, Meteorologici II, 1 353 b6; DK 12 A27)
, ,
, , Alcuni di loro dicono che il mare sia quel che resta dell'umidit originaria. Essendo infatti umido il luogo intorno alla Terra, una parte dell'umidit fu fatta poi evaporare dal Sole e ne derivarono i venti e le rivoluzioni di Sole e Luna, perch anche questi fanno le loro rivoluzioni a causa di tali evaporazioni e esalazioni, muovendosi in quei luoghi dove trovino grande abbondanza di umidit. La parte rimasta nelle cavit della terra, invece, <affermano> sia mare. Perci sostengono anche che il mare diventi pi piccolo, prosciugato sempre pi dal Sole, e che alla fine sar asciutto. Di questa opinione, come attesta Teofrasto, erano sia Anassimandro, sia Diogene (Alessandro di Afrodisia; DK 12 A27)
. , , Anassimandro afferma che il mare quanto rimasto dell'umidit originaria, di cui il pi stato prosciugato dal fuoco, la parte rimanente si trasformata per ebollizione (Atius; DK 12 A27).
Le indicazioni che si possono trarre - pur nette nel marcare la natura dell'interazione tra Sole e Terra non risolvono il problema del suo corso: l'effetto finale del processo come sembrerebbero attestare Teofrasto e Aristotele (se il suo riferimento implicito anche ad Anassimandro) il totale prosciugamento e inaridimento della superficie terrestre (con conseguente azzeramento della vita, che, come subito verificheremo, all'acqua connessa), ovvero, in considerazione dell'equilibrio complessivo che lo stesso frammento di Anassimandro riconosce come norma universale, tale effetto solo un momento di una progressione ciclica? In assenza di altri documenti, pu essere utile ricorrere alle opinioni in merito attribuite a un (giovane) contemporaneo, Senofane, originario della stessa area ionica, il quale potrebbe aver replicato lo stesso schema: a partire da terra e acqua, attraverso l'interazione dei contrari (caldo, freddo, secco, umido), molti altri fenomeni erano illustrati in termini naturali e razionali. Ci probabilmente contribuendo anche alla sua battaglia culturale nei confronti di una superficiale religiosit popolare, che proprio dei timori suscitati dalle manifestazioni della natura e soprattutto dai fenomeni celesti si nutriva. Ebbene, proprio Senofane potrebbe aver contribuito a esportare il modello milesio verso il mondo greco occidentale (Sicilia, Magna Grecia), quando, intorno al 546 a.C., fu costretto ad abbandonare la sua citt natale, la ionica Colofone, plausibilmente in relazione all'affermazione dei Persiani nella regione. Ippolito gli riconosce, in effetti, un'interessante teoria sulla generazione e distruzione della vita sulla Terra, che manifesta analogie con le testimonianze relative di Anassimandro e Anassimene:
, , , , , . (6) , , . , , , (5) Senofane ritiene che si produca una mescolanza di terra e mare e che con il tempo <la terra> sia sciolta dall'umido, portando come prove il fatto che sulla terraferma e sui monti si trovino conchiglie. Afferma che a Siracusa, nelle cave di pietra, si siano trovate impronte di pesce e altre di foche; a Paro, invece, un'impronta di sarda nella profondit della pietra; a Malta segni di pinne di ogni animale marino. (6) Sostiene che ci sia accaduto quando anticamente tutto era coperto di fango, e l'impronta si essicc nel fango. Sostiene che tutti gli uomini siano distrutti quando la terra, inabissata nel mare, divenga fango, e poi ancora riprenda la generazione e che questa trasformazione avvenga per tutti i mondi [in tutti gli ordinamenti?] (DK 21 A33). 29
Queste convinzioni, pur diverse da quelle dalla tradizione riferite ad Anassimandro, sembrano alludere a cicli di avanzamento del mare sulla superficie terrestre (fino alla copertura) e successivo ritiro (fino al completo inaridimento), associati a un'incidenza dell'azione solare prossima a quella proposta dal Milesio: il poeta di Colofone le assegna infatti una particolare funzione esplicativa per i fenomeni celesti e meteorologici:
. .
Senofane <sostiene> che i fenomeni meteorologici sono prodotti a causa del calore del Sole come causa iniziale. Levandosi, infatti, l'umidit dal mare, la parte dolce, disciolta per la sottigliezza delle sue parti, trasformandosi in nebbia forma le nubi, fa cadere la pioggia per condensazione e spirare i venti (Atius; DK 21 A46).
possibile allora che l'analogia dei processi funzionasse anche nella prospettiva ciclica 102 e che Anassimandro quindi recuperasse nella sua speculazione elementi delle credenze e dei miti diffusi nella cultura greca arcaica 103 . All'evaporazione della massa umida come sopra sottolineato nella testimonianza di Alessandro il Milesio riconduceva la formazione dei venti e probabilmente il rifornimento (nutrimento) del fuoco cosmico degli astri:
.
Anassimandro sostiene che il vento uno scorrimento d'aria, essendo le parti pi leggere e pi umide in essa mosse o consumate dal Sole (Atius; DK 12 A24)
, , Essendo infatti umido il luogo intorno alla Terra, una parte dell'umidit fu fatta poi evaporare dal Sole e ne derivarono i venti e le rivoluzioni di Sole e Luna, perch anche questi fanno le loro rivoluzioni a causa di tali evaporazioni e esalazioni, muovendosi in quei luoghi dove trovino grande abbondanza di umidit (DK 12 A27).
Lo stesso processo di esalazione era richiamato nell'illustrazione di altri fenomeni meteorologici:
(7) , ,
I venti si producono dal distacco dall'aria dei vapori pi sottili, i quali, una volta raccolti, si mettono in movimento. Le piogge, invece, si formano dal vapore che si leva dalla Terra sotto l'azione del Sole. I lampi hanno luogo quando il vento, investendo le nubi, le spezza (Ippolito; DK 12 A11).
Mettendo a confronto le testimonianze si ricava l'impressione che Anassimandro effettivamente proiettasse lo stesso principio di , all'opera nella ricostruzione cosmogonica, per dar conto dei processi meteorologici: l'azione del Sole sul nucleo terraqueo inizialmente produce l'evaporazione da cui origina l'atmosfera intorno alla superficie terrestre; quindi l'ulteriore discriminazione tra una massa pi densa e umida (nubi e pioggia) e una pi rara, leggera e mobile (venti) 104 . Proprio ai venti la dossografia assegna un primario valore esplicativo:
102 quanto ritengono probabile, per esempio, G.S. KIRK, J.E. RAVEN, M. SCHOFIELD, The Presocratic Philosophers..., cit., p. 140. 103 Oltre a quelle di Kirk, si vedano anche le osservazione di W.K.C. GUTHRIE, A History of Greek Philosophy..., cit., pp. 100-101. 104 W.K.C. GUTHRIE, A History of Greek Philosophy..., cit., p. 105. 30
. . , , Relativamente a tuoni, lampi, fulmini, turbini e tifoni, Anassimandro sostiene che sono tutti prodotti dal vento in questo modo: quando, in effetti, avvolto in una nube densa, ne esce per la leggerezza e sottigliezza <delle sue parti>, ecco che la rottura produce il fragore <del tuono> e lo squarcio, rispetto al nero della nube, il bagliore <del lampo> (Atius; DK 12 A23).
Anaximandrus omnia ad spiritum retulit. tonitrua, inquit, sunt nubis ictae sonus. quare inaequalia sunt? quia et ipse spiritus inaequalis est. quare et sereno tonat? quia tunc quoque per crassum et scissum ara spiritus prosilit. at quare aliquando non fulgurat et tonat? quia spiritus infirmior non valuit in flammam, in sonum valuit. quid est ergo ipsa fulguratio? aris diducentis se corruentisque iactatio languidum ignem nec exiturum aperiens. quid est fulmen? acrioris densiorisque spiritus cursus Anassimandro riconduce tutte <queste> cose al vento. I tuoni, sostiene, sono il fragore di una nube colpita. Perch sono diversi? Perch il vento stesso disuguale. Perch tuona anche con il sereno? Perch anche allora il vento si abbatte sull'aria densa, rompendola. E perch talvolta non ci sono fulmini ma tuoni? Perch il vento, pi debole, non ha forza per produrre la fiamma ma solo il suono. Che cosa dunque di per s il lampo? Uno spostamento d'aria che si separa e precipita, rivelando un fuoco languido, che non ha la forza di uscire fuori. Che cosa il fulmine? Una corrente d'aria pi intensa e densa (Seneca; DK 12 A23).
Il meccanismo alla base degli impressionanti fenomeni temporaleschi dunque ancora quello dello scontro tra masse pi dense e pi rare: la spinta delle seconde, ventose, imprigionate all'interno di un guscio pi denso e umido, provocherebbe in fine la sua frattura, con conseguente fragore e fiamma. Alla combinazione degli effetti (ciclici?) dell'interazione di fuoco e acqua (prosciugamento e allagamento) e di compressione dell'aria erano infine ridotti anche i terremoti:
Anaximander ait arescentem nimia aestuum siccitate aut post madores imbrium terram rimas pandere grandiores, quas penetrat supernus aer violentus et nimius, ac per eas vehementi spiritu quassatam cieri propriis sedibus. qua de causa tremores huius modi vaporatis temporibus aut nimia aquarum caelestium superfusione contingunt. ideoque Neptunum, umentis substantiae potestatem, Ennosigaeon et Sisicthona poetae veteres et theologi nuncuparunt Anassimandro dice che la Terra, asciugandosi per la estrema secchezza delle vampe, o dopo l'umidit delle piogge, apre grandi fessure, entro cui penetra dall'alto aria violenta e abbondante, cos che, scossa attraverso quelle aperture da soffio veemente, si muove nelle sue sedi. Si producono quindi terremoti nei periodi di evaporazione o per le eccessive acque dal cielo. Perci gli antichi poeti e teologi chiamarono Nettuno, il potere della sostanza umida, Ennosigeo o Sisicton (Ammiano; DK 12 A28). La vita Nella stessa prospettiva esplicativa, nel quadro del generale processo di formazione del cosmo, Anassimandro doveva affrontare il problema della vita, come ancora possiamo intravedere dalle testimonianze: una grande sintesi scientifica, a un tempo cosmogonica e zoogonica, che inseriva coerentemente la riflessione sulla vita animale e su quella umana nel contesto dello sviluppo di processi naturali di disseccamento/evaporazione dell'elemento umido e di emersione della terra dall'acqua:
. ,
Anassimandro sostiene che i primi animali si generarono nell'umido, avvolti da membrane spinose, ma dopo un po' di tempo uscirono nell'elemento pi asciutto e, spezzatasi la membrana, per poco tempo sopravvivevano (Atius; DK 12 A30)
< > . , , Gli animali, inoltre, si generano dall'umido, sottoposto a evaporazione dal Sole. L'uomo in principio nato simile ad altro animale, cio al pesce (Ippolito; DK 12 A11). 31
La vita animale rientrerebbe tra gli effetti dell'azione di prosciugamento del Sole (e del calore) sull'umidit che ricopriva la superficie terrestre: essa avrebbe avuto dunque la propria germinazione all'interno di un ambiente limaccioso (e forse ribollente), in ogni caso connesso all'umido ( ) e allo schema cosmogonico di base (interazione dei contrari compresi nel ). L'esistenza sulla Terra sarebbe da ascrivere a una fase ulteriore di questo processo: con la superficie ormai in gran parte libera dall'acqua, la vita poteva emanciparsi dalle forme primordiali, adatte alla sopravvivenza nell'umidit del limo originario. Se questa linea di ragionamento rintracciava le ascendenze della vita terrestre (anche di quella umana) nelle creature marine, un'altra specificamente giustificava la dipendenza e iniziale discendenza dell'uomo da altri animali: l'evidenza delle necessit di accudimento dell'uomo non poteva in effetti lasciare spazio ad altra soluzione che quella di un legame diretto tra le prime generazioni umane e precedenti forme di vita animale. Le due linee sono chiaramente incrociate nelle testimonianze:
A.Milesiusviderisibiexaquaterraquecalefactisexortosessesivepiscesseupiscibussimillimaanimalia; in his homines concrevisse fetusque ad pubertatem intus retentos; tunc demum ruptis illis viros mulieresquequiiamsealerepossentprocessisse Anassimandro di Mileto, riteneva che dall'acqua e dalla terra riscaldate fossero nati sia i pesci sia altri animali molto simili ai pesci, e che dentro questi si formassero gli uomini, e che i feti fossero trattenuti all'interno fino alla pubert; allora, una volta che quelli [gli animali incubatori] si furono spezzati, ne sarebbero usciti uomini e donne gi in grado di nutrirsi da s (Censorino; DK 12 A30)
, , ,
[...] questi [Anassimandro], infatti, non pensa che pesci e uomini siano nati negli stessi elementi, ma che gli uomini dapprima nascessero nei pesci e <vi> si nutrissero, come i pescecani, e divenuti capaci di badare a s stessi, ne uscissero e prendessero terra (Plutarco; DK 12 A30)
, , ,
Ancora dice che in principio l'uomo si gener da animali di altra specie, desumendolo da ci: mentre gli altri <animali> rapidamente possono prendersi cura di s stessi, solo l'uomo necessita di essere accudito [nutrito] per molto tempo. Perci non avrebbe potuto sopravvivere se fosse stato cos anche in principio (Pseudo-Plutarco; DK 12 A10).
Si intravede, nell'indicazione concorde delle attestazioni (indirettamente teofrastee), l'intuizione di un adattamento progressivo della vita alle trasformazioni dell'ambiente circostante: dalle prime forme acquatiche, protette da una vera e propria scorza, al difficile adattamento alla condizione terrestre - cui potrebbe alludere l'espressione di Atius spezzatasi la membrana, poco tempo sopravvivevano [ovvero: poco dopo mutavano il loro modo di vivere] ( ). La specie umana si sarebbe affermata cio avrebbe cominciato a riprodursi autonomamente - dopo una prima fase di gestazione all'interno di pesci: i primi esseri umani avrebbero dunque visto la luce maturi per la riproduzione e la conservazione della specie. Si tratta di spunti originali, in un approccio che appare per altro fortemente riduttivo: tutti i fenomeni sono spiegati, in ultima analisi, riconducendoli all'interazione di due soli fattori (caldo e freddo), separatisi all'inizio (nel ) dall'illimitata origine di tutte le cose. La genesi del cosmo illustrata in termini naturalistici, ricorrendo all'analogia con comuni processi attestati dalla quotidiana esperienza umana; i vari passaggi cosmogonici e zoogonici sono logicamente interconnessi 105 . Il frammento di Anassimandro
105 Su questo punto K. ALGRA, The beginnings of cosmology, in The Cambridge Companion to Early Greek Philosophy, edited by A.A. Long, Cambridge, Cambridge University Press, 1999, p. 48. 32 Come si inserisce nel modello che abbiamo delineato a partire dalle testimonianze la citazione del presunto frammento di Anassimandro? Intanto riconsideriamone il contesto immediato:
. [...] , . , ,
[B 1], .
, Anassimandro [...] dichiar lapeiron principio e elemento delle cose che sono, adottando per primo questo nome del principio. Egli sostiene, infatti, che esso non sia n acqua n alcun altro di quelli che sono detti elementi, ma che sia una certa altra natura infinita, da cui originano tutti i cieli e i mondi in essi: secondo necessi t che ver so l e st esse cose, da cui l e cose che sono hanno or i gi ne, avvenga anche l a l oro di st ruzi one; esse, i nf at t i , pagano l e une al l e al t r e pena e r i scat t o del l a col pa, secondo l ordi nament o del t empo [ B1], parlando di queste cose cos in termini piuttosto poetici. evidente allora che, avendo considerato la reciproca trasformazione dei quattro elementi, non ritenne adeguato porre alcuno di essi come sostrato, ma qualcosa di diverso, al di l di essi (DK 12 A9).
La porzione di testo che precede gli ipsissima verba testimonianza di Simplicio sulla relazione di Teofrasto (come si pu evidenziare incrociandola con quelle di Ippolito e Pseudo-Plutarco), che costituisce la sua fonte diretta 106 : il lessico evidenzia il filtro peripatetico 107 . Quella che segue immediatamente la citazione potrebbe, come argomentato da Kahn 108 , dipendere ancora dall'opera del peripatetico e dunque riferirsi direttamente al testo di Anassimandro. Nella sostanza il complesso delle informazioni tradisce l'interesse aristotelico, dipendendo dalla definizione di da cui siamo partiti:
, , , ,
ci da cui, infatti, tutte le cose derivano il loro essere, e ci da cui dapprima si generano e verso cui infine si corrompono, permanendo per un verso la sostanza, per altro invece mutando nelle affezioni, questo sostengono essere elemento e questo principio delle cose, e per questo credono che n si generi n si distrugga alcunch, dal momento che una tale natura si conserva sempre (Metafisica I, 3 983b8-13),
sebbene di recente si sia ipotizzato il contrario, cio che Aristotele abbia assunto come modello per la propria definizione il frammento di Anassimandro 109 . un fatto, comunque, che nei passi aristotelici utilizzati da Diels-Kranz come testimonianza A16, ribadito ma con parole diverse lo stesso ragionamento:
, , , . , , , , , , , Ma neppure possibile che il corpo infinito sia uno e semplice: n, come dicono alcuni, in quanto ci che oltre gli elementi, da cui essi si generano, n in quanto semplicemente tale. Vi sono in effetti alcuni che
106 Vi tuttavia il sospetto che Simplicio possa aver utilizzato anche il commento (per noi perduto) di Alessandro alla Fisica. 107 Su questo punto insiste in modo convincente H. SCHMITZ, Anaximander und die Anfnge dei griechischen Philosophie, cit., pp. 14 ss.. 108 CH. H. KAHN, Anaximander and The Origins of Greek Cosmology, cit., pp. 37-38. 109 D.W. GRAHAM, Explaining the Cosmos. The Ionian Tradition of Scientific Philosophy, Princeton University Press, Princeton, 2006, p. 39; D.L. COUPRIE, Heaven and Earth in Ancient Cosmology..., cit., pp. 93-94. 33 pongono l'infinito in questo modo: non invece come aria o acqua, affinch le altre cose non siano distrutte dall'infinito di quelle. Sono infatti reciprocamente contrari, per esempio l'aria fredda, l'acqua umida, il fuoco caldo. Se uno di questi fosse infinito, gli altri sarebbero subito distrutti. Affermano allora che <il corpo infinito> sia diverso <dagli elementi>, e da esso questi derivino (Aristotele, Fisica III, 5 204 b22- 29; DK 12 A16).
La precisazione - che potrebbe risalire allo stesso Teofrasto 110 , pu essere interpretata in due modi diversi, a seconda del valore attribuito al comparativo : se lo si intende come comparativo assoluto 111 , il senso dell'inciso sarebbe il seguente: parlando di queste cose cos, in termini piuttosto poetici. Esso, in altre parole, ci segnalerebbe che quel che precede immediatamente almeno in parte - testuale citazione, che autorizza un rilievo sullo stile di Anassimandro. Se invece si intende come un normale comparativo, avremmo: parlando di queste cose cos in termini pi poetici. Una chiara allusione al fatto che quel che precede solo parafrasi 112 : addirittura versione in prosa di un originale in versi, andato perduto 113 . La discussione su che cosa discernere come originale nel frammento e quanto invece attribuire a parafrasi ancora aperta. Alla posizione estrema di Havelock, che ritiene parafrasi l'intero frammento, possiamo contrapporre quella di Kahn, che pur credendo plausibile, da parte di Teofrasto, qualche intervento di aggiustamento del testo per la citazione - sostanzialmente ne accetta la genuinit. Nel mezzo troviamo soluzioni di compromesso 114 : prevalente quella di riconoscere autentica citazione ; in questo caso prima parte ( ) e conclusione ( ) sarebbero parafrasi teofrastee 115 . Le osservazioni lessicali di Kahn e i recenti riscontri di Sassi 116 sull'eco di formule di testi legislativi nel frammento suggeriscono, tuttavia, di considerare anassimandreo tutto il testo dopo (conclusione compresa). Se, infatti, come subito chiariremo, l'esordio del frammento ha certamente una risonanza peripatetica (ma il suo brusco attacco, con che non appare riferirsi a nulla di quel che precede, potrebbe suggerire che proprio dal complemento al relativo abbia inizio la citazione 117 ), l'espressione rinvia a una lunga teoria di antiche attestazioni epigrafiche relative al destino dei defunti (contribuendo, dunque, all'aura "esistenziale" del testo), mentre la formula (secondo l'ordinamento/la disposizione del tempo ovvero secondo il tempo assegnato) evoca il riferimento al fattore temporale ossessivamente presente nei testi legislativi arcaici 118 . Da questi plausibilmente Anassimandro ricava anche la coppia significativa -, elaborando la forma astratta (da /, e soprattutto /, ben attestati dal VII-VI secolo a.C.): che lo scenario cosmico del discorso del Milesio sia filtrato attraverso il lessico giuridico e come trasposto in tribunale tesi classica, ampiamente suffragata dalle ricerche sin dal secolo scorso 119 . Gli specifici rilievi testuali su frammenti di legislazioni arcaiche, quindi, consentono oggi di confermare l'attendibilit della citazione, introducendo un ulteriore elemento accanto ai tradizionali
110 Nel suo complesso la formula stata riconosciuta da Schmitz (H. SCHMITZ, Anaximander und die Anfnge der griechischen Philosophie, cit., p. 22) di matrice peripatetica. 111 Come si fa per lo pi. 112 M.L. GEMELLI MARCIANO, Die Vorsokratiker, cit., p. 65. 113 E.A. HAVELOCK, Alle origini della filosofia greca..., cit., pp. 90 ss.. 114 Si veda la discussione in proposito proposta da Conche (ANAXIMANDRE, Fragments et Tmoignages, cit., pp. 161-164). 115 In particolare sarebbe parafrasi teofrastea della formula originale anassimandrea . Per questo si veda M.L. GEMELLI MARCIANO in Die Vorsokratiker, cit., Band I, p. 65. Di diverso avviso H. SCHMITZ, Anaximander und die Anfnge der griechischen Philosophie, cit., pp. 24-25, per il quale le due formule si corrisponderebbero simmetricamente proprio come apertura e chiusura della citazione. 116 M.M. SASSI, Anassimandro e la scrittura della "legge" cosmica, in La costruzione del discorso filosofico nell'et dei Presocratici, cit., pp. 3-26. 117 R. LAURENTI, Introduzione a Talete, Anassimandro, Anassimene, cit., p. 155. 118 M.M. SASSI, Anassimandro e la scrittura della "legge" cosmica, cit., p. 13. 119 G. VLASTOS, Equality and Justice in Early Greek Cosmologies, cit., pp. 57-88; W. JAEGER, Die Theologie der frhen griechischen Denker (1953), trad. it. La teologia dei primi pensatori greci, Firenze, La Nuova Italia, 1961, pp. 29-65. 34 riscontri incrociati con la letteratura omerica o esiodea. In questo modo si ridimensiona il tentativo di leggere nella scelta di termini come , , , i segni di un'impronta religiosa: Necessit, Tempo e Giustizia come fondamentali divinit orfiche; - reso come decreto - analogo all'orfico (documentato in Platone - Fedro 248c - e nella letteratura neoplatonica - Proclo) 120 . Anche se rimane aperto il problema pi generale di una possibile interazione tra cosmogonia ionica e teogonie orfiche 121 , la cui direzione non , tuttavia, chiara 122 . Il cotesto La contestualizzazione ci consente di determinare il valore dei riferimenti presenti complessivamente nella testimonianza e nel frammento. La relazione che introduce la citazione apertamente parla di : le parole di Anassimandro parafrasate o riprese alla lettera nella prima parte del frammento - potrebbero direttamente alludere a essi, con le due espressioni pronominali al plurale [...] (letteralmente le cose da cui [...] verso le stesse cose), che sembrano escludere che il riferimento sia a . Anzi, esse potrebbero richiamare, oltre alla nozione di (come si visto), una formula quasi identica impiegata da Aristotele per definire elemento:
,
Elemento si dice ci da cui, come da componente primo immanente, <una cosa> costituita, indivisibile per specie in specie diversa: per esempio gli elementi della voce sono le cose da cui la voce costituita e le cose ultime verso cui essa si divide (Aristotele, Metafisica V, 3 1014 a26-29),
e dunque suggerire un intervento di parafrasi (e sintesi) da parte di Teofrasto per introdurre la citazione vera e propria. D'altra parte, anche la ripresa, con il rilievo del carattere piuttosto poetico delle espressioni anassimandree, ricorre a un neutro plurale ( ) che pare naturalmente puntare nella stessa direzione () 123 . Il commentatore, infatti, introduce la citazione come evidenza () del fatto che, dalla reciproca mutabilit degli elementi ( , espressione che indubbiamente ricalca e parafrasa la seconda parte del frammento), Anassimandro sarebbe stato convinto della loro inadeguatezza al ruolo di sostrato originario ( ) e, dunque, spinto a introdurre qualcosa di diverso, al di l di essi ( ). Il commento chiaramente accosta e , i contrari (specificati come caldo e freddo, secco e umido e cos via) all'origine del processo cosmogonico, come riscontriamo anche nella tradizione dossografica pi attendibile (Ippolito, Pseudo-Plutarco). Contro questa lettura si potrebbe far valere l'osservazione che la supposta citazione pare utilizzata a conferma del passo immediatamente precedente 124 :
da cui originano tutti i cieli e i mondi in essi,
per altro anche formalmente evocativo ( / ) nella sua costruzione. In questo senso si potrebbe cogliere un'allusione a (sebbene rimanga il problema del plurale [...] ) e alla produzione (e vicissitudine) di mondi 125 . L'originalit del contenuto - con l'insolita (per un
120 Una ricostruzione in questo senso, coerente e sostenuta da osservazioni acute, quella di G. COLLI, La sapienza greca, Volume II, cit., pp. 27 ss.; pp. 297-299. 121 Di recente A. BERNABE', Orphisme et Prsocratiques: bilan et prospectives d'un dialogue complexe, cit., pp. 211 ss.. 122 Sono state le teogonie orfiche a incidere sulla cosmogonia ionica o, viceversa, questa le ha influenzate? Il problema stato opportunamente sollevato in W.K.C. GUTHRIE, A History of Greek Philosophy. Vol. 1, cit., p. 39. 123 Di diverso avviso Schmitz (H. SCHMITZ, Anaximander und die Anfnge dei griechischen Philosophie, cit., pp. 21-22), secondo cui il senso dell'affermazione sarebbe: mit eher poetischen Namen eben diese Gedanken ausdrckend. Si tratterebbe di una normale formula peripatetica. 124 In questo senso H. SCHMITZ, Anaximander und die Anfnge dei griechischen Philosophie, cit., p. 31. 125 In questo senso Hlscher (U. HLSCHER, Anaximander und die Anfnge der Philosophie, cit., p. 114). 35 peripatetico) congiunzione dei plurali e - ha, in effetti, fatto supporre a Reinhardt 126
che in questo caso Teofrasto seguisse dappresso il testo di Anassimandro. La ricostruzione della cosmogonia attraverso le testimonianze consente, tuttavia, di sovrapporre le due prospettive di lettura: la prima (che seguiamo) si limita a specificare quanto la seconda delinea pi sommariamente. Il processo di generazione indicato nel passo origina dall', ma centrale risulta il ruolo dei contrari ( ), cui alluderebbe, appunto, la citazione teofrastea. La prima parte del frammento La scheggia di testo pervenutaci sostanzialmente costituita da due sentenze, tra loro connesse da : la seconda, dunque, dovrebbe logicamente sostenere i rilievi della prima. Riguardo alla genuinit dell'attacco - -, stato fatto osservare 127 che la particella non sembra aver valore esplicativo ma copulativo, come se Teofrasto non intendesse chiarire con parole proprie quanto appena affermato, ma aggiungere citando - una conferma alla precedente. Abbiamo sottolineato come almeno la parte centrale possa essere considerata citazione letterale. Entrambe si chiudono con formule - (secondo necessit/secondo quanto dovuto) e (secondo l'ordinamento/la disposizione del tempo) che si corrispondono, anche concettualmente 128 . La prima sentenza:
le cose dalle quali invero l'origine per le cose che sono, verso quelle stesse cose avviene anche la <loro> distruzione secondo necessit [ secondo necessit che verso le stesse cose, da cui le cose che sono hanno origine, avvenga anche la loro distruzione],
opera una distinzione tra le realt indicate dai pronomi / , fondamentali in quanto ulteriori rispetto ai termini rappresentati da e che identificano invece (le cose che sono), ma anche in quanto la costruzione greca chiaramente allude al fatto che si generano da e si corrompono in quelle realt. Secondo Teofrasto (che cita o forse parafrasa), Anassimandro avrebbe proposto in questo modo lo stesso schema che ritroviamo nel contemporaneo Senofane:
dalla terra in effetti tutto <deriva> e nella terra tutto finisce (DK 21 B27),
e cui allude Platone per designare la :
, , ,
Cebete, tu non poni una questione da poco disse. Essa richiede in effetti di trattare accuratamente e complessivamente la causa [la ragione] della generazione e della distruzione [corruzione] (Fedone 95e- 96a),
probabilmente richiamando un modello ormai definito e riconoscibile 129 . A partire dal cotesto della citazione abbiamo ipotizzato che il referente ultimo dei complementi pronominali sia costituito dagli elementi ovvero dai contrari (che li costituiscono), cui Teofrasto/Simplicio alludono 130 . A che cosa propriamente si riferisce, invece, il greco ? Il
126 K. REINHARDT, Parmenides und die Geschichte die griechischen Philosophie, cit., p. 175. 127 R. LAURENTI, Introduzione a Talete, Anassimandro, Anassimene, cit., pp. 155-156. 128 La seconda, come credono alcuni, potrebbe essere illustrazione teofrastea della prima, anche se, come abbiamo ricordato, i riscontri su testi legislativi arcaici ne confermerebbero l'attendibilit anassimandrea. 129 Ma potrebbe essere stato Teofrasto, a posteriori, a forzare la posizione del Milesio nella semplificazione platonica, recuperandone il lessico nella propria parafrasi. 130 Appare a nostro avviso forzata l'interpretazione di Laurenti (R. LAURENTI, Introduzione a Talete, Anassimandro, Anassimene, cit., pp. 160-161), che pur correttamente insiste sul rilievo delle formule 36 termine come d'altra parte presente nella letteratura omerica ed indubbiamente di uso arcaico 131 ; esso impiegato per indicare ci che esiste realmente, i fatti che realmente accadono: quanto, per esempio, l'indovino Calcante, in forza dei doni divini, in grado di comunicare come verit:
Egli [Calcante] conosceva le cose presenti, le cose passate e le cose a venire (Iliade I, 70),
e ritorna in formule simili anche nelle testimonianze su Anassimene:
. , , , ,
Anassimene, anche lui milesio, figlio di Euristrato, disse che il principio aria infinita, da cui si generano le cose che nascono e le cose che sono nate e quelle che nasceranno e gli dei e le cose divine, mentre le altre cose derivano da quanto da essa prodotto (DK 13 A7).
In questo senso, sembra naturale intenderlo nel suo significato generale di cose, cose che sono, enti. vero, tuttavia, che le indicazioni relative alla cosmogonia di Anassimandro insistono sul ruolo decisivo assegnato al conflitto dei contrari (caldo-freddo), vera e propria matrice delle masse (fuoco, acqua, aria, terra) da cui tutto il resto deriverebbe (e che nella tradizione successiva sarebbero state designate come elementi). Sarebbe dunque possibile, come pensano alcuni 132 , intendere nel senso ristretto di costitutivi elementari, come attestato in Diogene di Apollonia (V sec. a.C.):
,
se infatti le cose che sono ora in questo cosmo: terra, acqua, aria, fuoco e tutte le altre cose che appaiono esistenti in questo cosmo 133 .
Se attribuiamo all'espressione il suo valore generale, la successiva formula rileverebbe l'intrinseca finitezza, limitatezza delle cose, la necessit della distruzione () che segue la loro generazione (), e il loro dissolversi nei costitutivi elementari donde originarono ( / , da cui .... verso gli stessi). Assumendo , invece, nel valore pi ristretto, il rilievo sarebbe rivolto alla costante trasformazione delle masse elementari, al loro equilibrio, e alla loro riduzione ai contrari originariamente distaccatasi dall'. La seconda parte del frammento L'impressione che possiamo ricavare dalle testimonianze antiche che, comunque, la conclusione del frammento autorizzi la prima lettura:
esse, infatti, pagano le une alle altre pena e riscatto della colpa, secondo lordinamento del tempo.
A dispetto del lessico sorprendente (in ambito cosmogonico e cosmologico) della citazione, evidentemente per Ippolito in genere all'insuperabile limite di durata degli enti che si allude in Anassimandro:
pronominali plurali, secondo cui esse si riferirebbero ai , ai germi di contrariet di cui ci informa Pseudo- Plutarco. 131 CH. H. KAHN, Anaximander and The Origins of Greek Cosmology, cit., pp. 174 ss.. 132 Per esempio Kahn (op. cit., pp. 178 ss.) e Graham (D.W. GRAHAM, Explaining the Cosmos, cit., pp. 34-35). 133 Che l'espressione assuma questo valore in determinati contesti, sottolineato anche da J. PALMER, Parmenides & Presocratic Philosophy, Oxford, Oxford University Press, 2009, pp. 35-36: egli si riferisce, in particolare all'uso gorgiano richiamato in (Aristotele) Su Melisso, Senofane e Gorgia 979 a13-18, e in Aristotele, Fisica 1, 2 184 b15-25. 37
<Anassimandro> parla poi del tempo in quanto la generazione, l'esistenza e la dissoluzione risultato ben delimitate (DK 12 A11).
Al pronome - che nella citazione sembra richiamare il precedente - chiaramente collegato , la forma duale che sottolinea la mutua offesa/riparazione (//) scandita dalla successione temporale: essa punta decisamente a una conflittualit che, nel contesto della testimonianza di Teofrasto/Simplicio, evoca i contrari. In questo senso appare dunque fondata la conclusione di Kahn che, all'interno del suo commento, Simplicio intenda (soggetto della formula ) riferito piuttosto a . Per cercare di determinare il significato del frammento dobbiamo recuperare lo schema cosmogonico individuato nelle testimonianze, marcando alcuni passaggi:
Sostiene anche che ci che, derivato dalleterno, produttivo di caldo e freddo fu separato alla generazione di questo mondo, e da esso una sfera di fiamma si svilupp intorno all'aria che circonda la terra, come la scorza intorno all'albero. Essendosi questa <sfera> spezzata e <i suoi frammenti> racchiusi in certi cerchi, si formarono il Sole, la Luna e gli astri (DK 12 A10)
, , [...] < > . , , . , , Gli astri hanno origine come cerchio infuocato, che si distaccato dal fuoco cosmico ed circondato dall'aria. [...] Gli animali, inoltre, si generano dall'umido, sottoposto a evaporazione dal Sole. L'uomo in principio nato simile ad altro animale, cio al pesce. (7) I venti si producono dal distacco dall'aria dei vapori pi sottili, i quali, una volta raccolti, si mettono in movimento. Le piogge, invece, si formano dal vapore che si leva dalla Terra sotto l'azione del Sole. I lampi hanno luogo quando il vento, investendo le nubi, le spezza (DK 12 A11)
, ,
Affermano che tutto lo spazio intorno alla terra fosse umido, che fu poi prosciugato dal Sole e che l'evaporazione produsse i venti e le rivoluzioni di Sole e Luna, mentre quanto rimasto fu mare. Perci credono anche che <il mare>, prosciugandosi, diverr pi piccolo e che alla fine sar tutto secco (DK12 A27)
Il discorso verte su masse elementari (aria, terra, fuoco, acqua) e su costitutivi cosmici (astri, Sole, Terra, Luna), di cui si valorizza proprio l'interazione, in tutti i casi condizionata dalla presenza dei contrari (caldo, freddo, secco, umido). plausibile, allora, che, quando nella sua parafrasi ricorre a le cose che sono ( ), Teofrasto intenda questi aspetti e che dunque il pronome introduca la spiegazione del ciclo di quelle componenti attraverso l'idea di una compensazione globale nella reciproca offensivit dei contrari che le connotano. Come confermerebbe, appunto, l'insistenza della relazione sugli (avendo considerato la reciproca trasformazione dei quattro elementi ... ) 134 . Lo schema che emerge complessivamente dalla testimonianza teofrastea e dal frammento di Anassimandro potrebbe allora confermare l'intuizione di forze elementari alla base della tradizionale
134 H. SCHMITZ, Anaximander und die Anfnge dei griechischen Philosophie, cit., pp. 31 ss. propende per una lettura diversa, in cui a essere coinvolti nel processo di reciproca compensazione sarebbero i cieli e i mondi in essi [contenuti]. 38 concezione del mondo omerica ed esiodea (e delle stesse teogonie), nella distinzione anassimandrea tra: (i) il principio - , pensato eterno e stabile, in contrapposizione all'instabilit degli elementi (); (ii) i contrari ( : di base caldo e freddo) che scaturiscono per separazione ( ), a causa del movimento eterno ( ), e che producono con il proprio conflitto il processo cosmogonico (ovvero, pi correttamente, la cosmo- gono-phthoria 135 ); (iii) le cose ( ), da identificare con le componenti cosmiche elementari, sottoposte alla vicissitudine di generazione e corruzione per azione dei contrari che le costituiscono. Dalle indicazioni che giungono dalla dossografia, ci si pu spingere a ipotizzare che la conflittualit immanente al processo cosmogonico fosse interpretata da Anassimandro nel senso di una successione di stadi di equilibrio precario ma crescente 136 : dalla reciproca discriminazione di masse cosmiche alle costanti alternanze atmosferiche e stagionali, a tutti i livelli, in forme diverse, si esprimerebbe stabilmente la lotta dei contrari 137 . Il carattere sentenzioso della citazione teofrastea ripresa da Simplicio e il suo possibile tenore "normativo" (intendendo l'infinito come imperativo 138 : devono pagare le une alle altre pena e riscatto della colpa) autorizzano l'ipotesi che il testo fosse collocato all'esordio dello scritto di Anassimandro 139 . In questo senso, i probabili ipsissima verba del Milesio (la seconda parte del frammento) dovevano offrire una chiave generale per la cosmogonia e la cosmologia proposte: le letture 140 che, opportunamente, marcano l'eguaglianza e l'equilibrio dei contrari nella giustizia cosmica non devono far perdere di vista il fatto che, nelle relazioni di Pseudo-Plutarco e Ippolito, all'interazione dei contrari riconosciuta una funzione pi complessa. Essi intervengono costantemente a rompere e ricomporre i processi nei diversi stadi di formazione dell'ordine cosmico, forse fino alla sua dissoluzione, secondo le testimonianze sopra riprodotte di Cicerone, Agostino e Simplicio (DK 12 A17):
nativos esse deos longis intervallis orientis occidentisque, eosque innumerabilis esse mundos [L'opinione di Anassimandro, invece, che] gli dei abbiano origine, nascendo e perendo a lunghi intervalli, e che essi siano mondi innumerevoli [...]
et innumerabiles mundos gignere et quaecumque in eis oriuntur; eosque mundos modo dissolvi modo iterum gigni existimavit [questi principi delle cose Anassimandro credette fossero infiniti e] generassero innumerevoli mondi e le cose che in essi nascono. Stimava che questi mondi a un certo punto si dissolvano e poi di nuovo si producano [...]
, . , ,
Coloro che infatti posero i mondi infiniti di numero, come i seguaci di Anassimandro, Leucippo, Democrito e pi tardi di Epicuro, ritennero che si generassero e corrompessero nell'infinito (alcuni sempre generandosi, altri corrompendosi), e sostennero che il movimento eterno: poich senza movimento non c' generazione e corruzione.
135 A. LAKS, Introduction la philosophie prsocratique, Paris, Presses Universitaires de France, 2006, p. 10. 136 M.M. SASSI, Anassimandro e la scrittura della "legge" cosmica, cit., p. 16. 137 Contro la classica prospettiva di Vlastos di una giustizia cosmica attraverso l'equilibrio dei contrari si decisamente schierato M. GAGARIN, Greek Law and the Presocratics, in Presocratic Philosophy, cit., pp. 19-23, valorizzando in alternativa l'immaginario legale del cosmo come conflitto o competizione, che proprio in Anassimandro ed Eraclito troverebbe le sue espressioni primarie. 138 Si tratta di un interessante suggerimento della Sassi. 139 M.M. SASSI, Anassimandro e la scrittura della "legge" cosmica, cit., p. 17. 140 Come quella di Vlastos (G. VLASTOS, Equality and Justice in Early Greek Cosmologies, cit., p. 58). 39 N si deve trascurare l'importante indicazione aristotelica - in precedenza analizzata - circa il ruolo dell':
, . , . , , , . [B 3],
Ogni cosa, in effetti, o principio o [deriva] da principio; dell'apeiron per non v' principio, dal momento che vi sarebbe un limite di esso [apeiron]. E ancora, esso, in quanto un principio, ingenerato e incorruttibile: necessario, infatti, che ci che generato abbia una fine, e vi un termine finale di ogni corruzione. Proprio per questo motivo diciamo che di esso [principio] non vi sia principio, ma che sembra essere esso stesso principio delle altre cose, e comprendere [abbracciare] tutte le cose e tutte le cose governare [dirigere], come affermano quanti non pongono oltre all'infinito altre cause, per esempio Intelligenza o Amore. E questo il divino: infatti senza mor t e e senza di st ruzi one [B3], come sostengono Anassimandro e la maggioranza degli studiosi della natura (Aristotele, Fisica III, 4 203 b6; DK 12 A15).
Come gi rilevato, dal momento che nel contesto il contributo di Anassimandro viene puntualmente citato per associare due caratteri del principio ( e ) al divino ( ), da pi parti 141 si ipotizzato che Aristotele si appoggiasse a un argomento del Milesio. Dell' si osserva che (i) abbraccia tutte le cose ( ) e (ii) tutte le cose governa [dirige] ( ): sottolineature difficilmente compatibili (come d'altra parte quelle relative al moto primordiale nell') con la riduzione del principio a mera base materiale del divenire cosmico. Secondo questa lezione dossografica, dunque, l' per Anassimandro doveva rappresentare anche l'elemento divino che guida e regge i processi di generazione e corruzione 142 . West ha in proposito osservato come il Milesio non fosse un rigoroso razionalista, riconoscendo alla divinit un ruolo importante nel suo universo 143 . Richiamare la possibile funzione direttiva dell' comporta il ridimensionamento della tesi (Vlastos) di un equilibrio degli opposti puramente immanente: a dispetto dell'impegno esegetico di Vlastos, i connotati dell' anassimandreo anticiperebbero quelli del Nous anassagoreo. Rispetto al contenuto del frammento di Anassimandro, opportunamente la Sassi ricorda come l' sia sufficiente come garanzia del "decreto" cosmico, e il suo accostamento al divino potrebbe solo accentuare il ruolo di regolatore forte, che impone limiti temporali all'ingiustizia, secondo il modello della legge greca, implementata con l'avallo religioso del tempio 144 . Alla luce di questa linea di riflessione possibile riconsiderare la presunta conclusione - del frammento, attribuendo valore soggettivo al genitivo: Anassimandro avrebbe alluso al tempo come potenza ordinatrice. Tutto avviene secondo il tempo, esecutore di giustizia, dell'ordine: il tempo regola l'equilibrio dei contrari, inducendone la successione ed evitandone l'assolutizzazione: in questo senso, esso sarebbe legge del cosmo 145 . Come in precedenza segnalato, questa suggestione ha spinto in passato a intendere il testo greco come secondo la sentenza del tempo (Jaeger), riferendolo cio a un Tempo giudice (di cui si ha eco in Solone), che impone la norma universale (la reciproca compensazione) come legge divina 146 ; ovvero, traducendo secondo la disposizione di
141 Colli, Kahn, Stokes, Conche, tra gli altri. 142 A. PASQUINELLI, I presocratici. Frammenti e testimonianze, cit., p. 321. In generale pi scettica di fronte a questa testimonianza aristotelica appare la posizione della Gemelli Marciano (Die Vorsokratiker, cit., Band I, pp. 63-64), la quale intende il riferimento aristotelico rivolto genericamente ai pensatori precedenti e non specificamente ad Anassimandro, e ritiene la sostanza del ragionamento probabile ripresa di un argomento di Melisso (DK 30 A10). 143 M.L. WEST, La filosofia greca arcaica e l'Oriente, cit., p. 116. 144 M.M. SASSI, Anassimandro e la scrittura della "legge" cosmica, cit., pp. 13-14. 145 R. LAURENTI, Introduzione a Talete, Anassimandro, Anassimene, cit., p. 164. 146 W. JAEGER, La teologia dei primi pensatori greci, cit., pp. 50-51. 40 Tempo, a cogliervi un richiamo alla divinit orfica che, in associazione con Necessit (), personifica la regola nell'ordinamento del mondo 147 . Ma il tempo potrebbe intendersi pi semplicemente come l'ordine esperibile del dominio del divino , che tutto circonda e governa, immortale, secondo l'indicazione aristotelica: modalit in cui arcaicamente si esercita la funzione nelle righe che precedono immediatamente le considerazioni su Anassimandro, infatti, leggiamo:
smo, secondo una certa infallibile ecessit (Simplicio, Commento alla Fisica, 24, 1-6; DK 22 A5). tato considerato, da Diels, Teofrasto, che richiamerebbe direttamente due evidenze testuali eraclitee: oco scambio con tutte le cose, come i beni sono scambio con ro e loro scambio con beni (DK 22 B90)
ar un fuoco emprevivente, che viene ravvivato secondo misura e estinto secondo misura (DK 22 B30). ), intende sottolineare come le trasformazioni e i processi : un'idea che Simplicio riprende in un rilievo contenuto nel Commento alle Categorie (356, 27-30) 150 : , ,
(politica) di 148 . Per valutare correttamente tuttavia necessario considerare il contesto generale della notizia di Simplicio:
, , . . Anche Ippaso metapontino e Eraclito efesio affermavano a loro volta che <il principio> uno, in movimento e limitato, ma ponevano il fuoco come principio e dal fuoco fanno derivare le cose che sono per condensazione e rarefazione, e di nuovo le risolvono nel fuoco, come si trattasse dell'unica natura che funga da sostrato. Eraclito afferma, infatti, che tutte le cose sono scambio del fuoco. Egli pone anche un certo ordine e un tempo determinato nella trasformazione del co n
Anche in questo caso fonte di Simplicio s
tutte le cose sono scambio con fuoco e il fu o
il mondo ordinato, lo stesso per tutti, nessun dio o uomo fece, ma fu sempre, e s s
Teofrasto evidenzierebbe a un tempo la funzione di sostrato originario del fuoco (), da cui ( ) scaturiscono e a cui ( ) sono ricondotte le cose che sono ( ), in una sorta di scambio () scandito in modo regolare: l'espressione conclusiva - che certamente pu evocare il frammento anassimandreo, e probabilmente interpreta liberamente il testo di Eraclito ( cosmici siano ordinati periodicamente 149 . In questo senso, l'ulteriore passo teofrasteo pu essere impiegato a sostegno dell'ipotesi che la formula costituisca effettivamente soluzione peripatetica per restituire l'idea di necessit presente nelle parole ( ) di Anassimandro
, ,
147 Da ultimo A. BERNAB, El Orfismo y los dems filsofos presocrticos, in A. BERNAB y F. CASADES (coords.), Orfeo y la tradicon rfica. Un reencuentro, II, Madrid, Akal, 2008, p. 1145. 148 In questa direzione H. SCHMITZ, Anaximander und die Anfnge dei griechischen Philosophie, cit., pp. 26 ss.. 149 F. DIRLMEIER, Der Satz des Anaximanders von Milet (1938), in Um die Begriffswelt der Vorsokratiker, cit., p. 91. 150 La segnalazione di Dirlmeier (op. cit., p. 92). 41 Come, infatti, l'essere raccolto in unit attraverso l'eternit, cos il divenire suddiviso ordinatamente attraverso il tempo: se non ci fosse il tempo, vi sarebbe confusione di generazioni e azioni; per esempio si confonderebbero gli eventi della guerra di Troia e quelli contemporanei.
Appare dunque prudente valorizzare, nel confronto tra i due passi, soprattutto la nozione di necessit, che comporta l'attribuzione di limiti determinati agli enti, imposti dall'inesauribile vitalit della natura originaria, attraverso il successivo prevalere di elementi o qualit contrarie che da essa si sono distaccati, interagendo reciprocamente; ovvero nel caso di Eraclito da successive variazioni di opposta intensione (accensione-spegnimento). Conclusione: la polymathia di Anassimandro In apertura dei suoi Geographica, Strabone (vissuto a cavallo tra I secolo a.C. e I secolo d.C.) sottolinea la pertinenza filosofica dell'indagine geografica insistendo sia sul dato storico, sia sul profilo di competenze richiesto nella disciplina:
, , , . , , , , , . , , , . , , , , La geografia [<scienza> geografica], che ora propongo di indagare, , credo, come ogni altra scienza, materia del filosofo. Che non giudico in vano, evidente da molti elementi. In primo luogo, coloro che per primi si avventurarono a trattarla ebbero una natura filosofica Omero, Anassimandro di Mileto ed Ecateo suo concittadino - come ha gi sostenuto Eratostene; filosofi [uomini filosofi] furono pure Democrito e Eudosso, Dicearco e Eforo e con loro molti altri, e ancora i loro successori, Eratostene, Polibio e Posidonio. In secondo luogo, il sapere enciclopedico [polymathia], attraverso il quale solamente possibile intraprendere questa indagine, non altro che quello di colui che ha investigato le cose divine e quelle umane, la cui conoscenza si dice essere la filosofia. E cos pure l'utilit della geografia che molteplice, sia rispetto alle cose politiche e alle attivit militari [di comdando], sia per la conoscenza delle cose celesti e di quelle terrestri e marine, di animali, piante, frutti e di tutto quel che vi da vedere nelle varie regioni presuppone lo stesso uomo, che sia impegnato nell'arte del vivere, cio della felicit. (Strabone I, 1, 1),
con l'obiettivo di rivendicare le nobili ascendenze dell'indagine, valorizzando in particolare (contro Eratostene, una delle sue fonti) il contributo geografico di Omero, e quello di Anassimandro ed Ecateo (come sopra abbiamo gi registrato):
, , [...] [...] , , [...] Per ora, quanto detto sufficiente, spero, per mostrare che Omero fu l'iniziatore della geografia. noto come anche coloro che lo seguirono fossero uomini di valore e versati nella filosofia: di costoro Eratostene sostiene che i primi dopo Omero furono due: Anassimandro, allievo e concittadino di Talete, ed Ecateo il Milesio. Anassimandro fu poi il primo a produrre una tavola geografica, mentre Ecateo lasci un disegno confidando che fosse di quello [Anassimandro], in base all'altra sua produzione. Molti sostengono, comunque, che in queste cose sia necessario un sapere enciclopedico [polymathia]; e anche Ipparco, nel suo trattato Contro Eratostene, insegna in vero che impossibile per un uomo, comune o specialista, conseguire conoscenza adeguata nella ricerca geografica senza la determinazione dei cieli e delle eclissi osservate. [...] Tutti coloro che si impegnano a descrivere le peculiarit dei luoghi, si applicano particolarmente alle cose celesti e alla geometria, illustrando figure e grandezze, distanze e climi, temperature [caldo e freddo] e in generale la natura dell'atmosfera [di ci che circonda]. [...] Inoltre, colui che cos ha sollevato una volta il pensiero alle cose celesti, non trascurer la terra nel suo insieme: appare ridicolo, infatti, se colui che vuol dar conto chiaramente del mondo abitato si spinto a studiare le cose celesti e a usarle per l'insegnamento, che non presti poi attenzione alla terra intera, di cui la regione abitata parte [...]. Aggiungiamo dunque a questo sapere enciclopedico la storia terrestre cio degli animali, delle piante e di quanto di giovevole o pericoloso producono la terra e il mare. (Strabone I, 1, 11-15).
Il quadro di conoscenze secondo l'autore coinvolte nella ricerca e le articolazioni enciclopediche previste per la disciplina possono essere indicativi almeno di come Strabone plausibilmente si rappresentasse l'attivit intellettuale di Anassimandro cui riconosciuta una posizione di rilievo, alle origini di quella tradizione di studi - e offrire forse qualche indizio sulla struttura del primo scritto di cui si abbia attestazione. Nella stessa direzione potrebbe risultare molto utile anche un passo della Biblioteca storica di Diodoro Siculo (I secolo a.C.):
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, , , . Ora, per quanto riguarda l'origine prima degli uomini, si sono levate due opinioni tra gli specialisti di filosofia della natura e tra quelli di storia. Un gruppo, che assume che il cosmo sia ingenerato e incorruttibile, ha sostenuto che anche la specie degli uomini sia esistita dall'eternit, non essendoci mai 43 stato un tempo in cui avvenisse la loro generazione. L'altro gruppo, invece, ritenendo che il cosmo sia generato e corruttibile, ha affermato che anche per gli uomini, come per il cosmo, vi stata un'origine prima in tempi determinati. Secondo la loro ricostruzione, quando in principio l'universo fu formato, cielo e terra avevano un'unica apparenza, essendo mescolata la loro natura. Poi, quando i corpi si separarono gli uni dagli altri, il cosmo assunse in tutte le sue parti l'ordinamento che oggi si pu vedere: l'aria manifest un moto continuo, e in essa l'elemento igneo si raccolse nelle regioni superiori, dal momento che quanto di tale natura si muove verso l'alto a causa della propria leggerezza. Per questo motivo il Sole e la moltitudine degli altri astri furono coinvolti nel vortice universale. Ci che era melmoso e fangoso per la composizione umida affond nello stesso luogo a causa del suo peso; volgendosi continuamente su se stesso ed essendo compresso, dall'umido form il mare, da ci che pi solido la terra, simile all'argilla e completamente soffice. Non appena il Sole illumin la terra, tutto si solidific, e dal momento che la sua superficie fermentava a causa del calore, parti di umido si sollevarono e concentrarono in molti luoghi, e qui rigonfiamenti coperti da delicate mebrane si manifestarono. Un fenomeno analogo pu ancora registrarsi in luoghi paludosi o acquitrinosi, quando il terreno, divenuto freddo, investito dall'aria fattasi improvvisamente e rapidamente molto calda. Mentre l'umido era cos impregnato di vita dal calore, di notte le creature viventi ricevevano nutrimento dalla nebbia che discendeva dall'aria circostante, di giorno invece si solidificavano per l'intenso calore: alla fine, quando gli embrioni si erano pienamente sviluppati, e le membrane adeguatamente riscaldate si erano aperte, fu prodotto ogni genere di vita animale. (I, 6-7).
I testi rivelano come i due autori potessero richiamare un modello consolidato risalente ai : mentre Strabone si richiama a Mileto, Diodoro citer . In ogni caso, se guardiamo al dettaglio della cosmogonia riassunta dallo storico siciliano, ritroviamo impressionanti analogie con la ricostruzione della dottrina di Anassimandro che ci propone la dossografia, come se, nel passaggio da Anassimandro ad Anassimene (come vedremo), si fosse fissato uno schema esplicativo di fondo, poi ribadito e riarticolato. Rispetto all'interpretazione tradizionale, la ricerca dell' in Anassimandro sarebbe stata allora proposta come un complessivo racconto delle origini e degli sviluppi dell'universo fisico e umano, di cui il geografo e lo storico riconoscono esplicitamente l'approccio multidisciplinare 151 () che riserva particolare rilievo alle conoscenze in senso lato geografiche, geologiche e astronomiche, e alla ricostruzione dell'affermazione degli esseri viventi, con specifico riferimento alle comunit umane (donde l'utilit "politica" della geografia, secondo Strabone). Una forma di sapere, quella del Milesio, la cui intenzione - gi in passato identificata, in polemica con le distorsioni peripatetiche, come to sketch the life-history of the cosmos from the moment of its emergence from infinitude to the author's own time (Heidel), ovvero to give a description of the inhabited earth, geographical, ethnological and cultural, and the way in which it had come to be what it is (Cherniss) 152 - appare effettivamente traduzione laica del disegno della Teogonia esiodea 153 . L'attribuzione ad Anassimandro di opere sulla natura in generale ( ), ovvero di astronomia ( ) e di geografia ( , ), e le notizie relative alla sua cosmogonia, consentono di riconoscerne la geniale originalit (e anche l'indipendenza intellettuale rispetto a Talete), espressione della grande capacit astrattiva e immaginativa e, a nostro avviso, della non comune capacit di sintesi: capacit di pensare la totalit dello spazio (e forse per la prima volta "vedere" la forma della terra) e dei corpi che lo occupano; capacit di pensare le tappe dellevoluzione della terra e la connessa comparsa e affermazione della vita vegetale, animale e infine umana 154 . In altre parole, al di l della raccolta di notizie di viaggiatori e navigatori e della diretta esperienza dei luoghi, l'applicazione specifica alla mappatura della terra ( , D.L.) attesta una potenza di visione ed elaborazione - per organizzare i dati in termini razionalmente coerenti e accettabili e soprattutto rappresentarli in modo intuitivo e schematico -, che possiamo considerare analoga a quella coinvolta nella ricostruzione cosmogonica che ci giunge attraverso Pseudo-Plutarco e Ippolito.
151 A insistere sulla polymathia come tratto ideoneo a caratterizzare la comunit di physiologoi L. ROSSETTI (ed.), Greek Philosophy in the New Millenium, Sankt Augustin, Academia Verlag, 2004, p. 136. 152 G. NADDAF, The Greek Concept of Nature, cit., p. 108. 153 Ibidem. 154 Su questo punto l'analisi di L. ROSSETTI, Lideazione del pinax, mediale Innovation di Anassimandro, cit.. 44 Rossetti ha ritrovato in questa forma di sapere - opinabile e precario, ma comunque informativo e di valore - l'espressione di una cultura dellattendibilit, che mantiene distinto ci che determinato per approssimazione ed costantemente passibile di revisione da ci che propriamente conosciuto con certezza (una sorta di anticipazione della doxa parmenidea). L'accostamento, nelle testimonianze, di Anassimandro alla figura del conterraneo e (giovane) contemporaneo Ecateo 155 autore di una (Sinossi della terra) e di una (Esplorazione), di (Genealogie) e di (Storie) - ulteriormente significativa, nella misura in cui vi ritroviamo attestata la come osservazione e ricerca che coinvolge speculazione cosmica:
Eraclito e Ecateo <sostengono> che il Sole un ammasso incandescente, che si pu pensare sia nutrito dal mare [dalle esalazioni del mare]. (Atius; Doxographi Graeci 351),
ma soprattutto esperienza del mondo umano:
, , , Ecateo milesio parla in questo modo: scrivo le cose come a me sembrano essere vere; i discorsi degli Elleni, infatti, sono, come a me appaiono, molti e pure ridicoli (Ecateo, frammento 1a; Fragmenta ediz. Jacoby).
Nella tradizione, in effetti, stato propriamente Ecateo (e non Anassimandro) a essere riconosciuto come il primo che dalla fisica in generale passasse ad applicare la "esplorazione" specialmente alla terra abitata 156 , ma Naddaf ha di recente avanzato 157 l'ipotesi della dipendenza della polymathia di Ecateo 158 dallo schema della del pi anziano milesio e forse anche dai suoi contenuti. Analogamente, lo studioso suggerisce 159 la possibilit che pure Senofane - i cui frammenti richiamano (tra l'altro) sia il tema dell'origine, sia quello della ciclica interazione tra acqua e terra nello sviluppo delle forme di vita, sia infine la questione del progresso delle comunit umane e delle loro relative posizioni di valore abbia attinto alla stessa fonte.
Dario Zucchello
Revisione: Como, agosto-settembre 2012
155 von Fritz (K. von FRITZ, Le origini della scienza in Grecia, cit., p. 32 nota) esclude che Ecateo possa essere stato discepolo di Anassimandro, ma si dice certo che egli si riferisca all'insegnamento di costui. 156 W. JAEGER, Paideia. Die Formung des griechischen Menschen (1944), trad. it. Paideia. La formazione dell'uomo greco, vol. 1: L'et arcaica. Apogeo e crisi dello spirito attico, Firenze, La Nuova Italia, 1978, p. 641. 157 G. NADDAF, The Greek Concept of Nature, cit., pp. 99 ss.; G. NADDAF, Anthropogony and Politogony in Anaximander of Miletus, in Anaximander in Context. New Studies in the Origins of Greek Philosophy, cit., pp. 9- 69. 158 Stigmatizzata in un famoso frammento eracliteo:
l'apprendimento di molte cose non insegna la sapienza, altrimenti l'avrebbe insegnata a Esiodo e Pitagora e ancora a Senofane e Ecateo (DK 22 B40)
159 G. NADDAF, The Greek Concept of Nature, cit., pp. 98-99. 45