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di Enrico Castelnuovo
Storia dellarte Einaudi 1
Edizione di riferimento:
Enrico Castelnuovo, Vetrate medievali. Officine tecniche
maestri, Einaudi, Torino 1994
Storia dellarte Einaudi 2
Indice
Storia dellarte Einaudi 3
Premessa 8
I. Vetrate e arte medievale 13
La luce, il colore, la trasparenza 18
Una tecnica-pilota 20
Vetrate e tecniche suntuarie 24
In et gotica, le vetrate nellarchitettura... 26
... e nella decorazione parietale 30
Saint-Denis, trionfo della vetrata 32
II. Le tecniche 41
Il trattato di Theophilus 42
La fabbricazione del vetro 44
Il mercato 46
Le vetrerie 47
I colori 49
Vetri placcati 51
Progettazione e fabbricazione 53
La pittura del vetro 54
I tre toni della grisaille 56
Pittura per via di levare 58
Vetrate monocrome 60
Cottura della grisaille 61
Il giallo dargento 62
Come apporre gemme sul vetro dipinto 63
La messa in piombo 64
Larmatura 65
Deterioramento e restauro 66
III. Atelier e committenti 74
Officine monastiche e urbane 75
Il caso di Saint-Denis 77
Maestri itineranti: Pierre dArras
alla cattedrale di Losanna 78
Botteghe e maestri 79
La cappella di Santo Stefano a Westminster 81
Progetto ed esecuzione 82
Il caso italiano 83
Maestri vetrari e pittori 86
Costi e manutenzione 90
I committenti 91
Religiosi, guerrieri e artigiani a Chartres 95
IV. Problemi iconografici 109
Saint-Denis 109
I soggetti 114
Immagini politiche 117
Vetrate tipologiche 119
Lalbero di Jesse e il trono di Salomone 121
Figurazioni leggendarie 124
Programmi e programmatori 126
La rosa 128
V. Problemi formali 134
I colori 135
I precetti di Antonio da Pisa 137
Vetrate leggendarie e modi della narrazione 138
Gli sfondi e le scene 141
Mutamenti di impaginazione 142
Indice
Storia dellarte Einaudi 4
Indice
VI. Fortuna delle vetrate 148
Immagini 156
Il cinquecento 159
Iconoclastia 161
Ricerca della luce e distruzione della vetrata 162
Pierre Le Vieil e il suo trattato 164
Riscoperte e reimpieghi 166
Commercio e collezionismo 167
Lottocento 170
Indagini storiche, restauri,
vetrate archeologiche 173
Fin de sicle 179
Itinerario 191
VII. Le origini 193
Le fonti letterarie 194
Le fonti monumentali 198
Evoluzione e mutazioni 202
La vetrata orientale 202
VIII. Le vetrate del XII secolo 209
Saint-Denis 211
Chartres 216
La Francia occidentale 216
Il centro e il sud della Francia 221
Lest della Francia 222
LInghilterra 225
Vetrate romaniche in Germania 227
I profeti di Augusta 227
Storia dellarte Einaudi 5
Lopera di Gherlacus 228
La cattedrale di Strasburgo 230
LAlsazia e la Germania meridionale 232
Esempi romanici in Germania 234
Weitensfeld e Flums 235
IX. Il tempo delle cattedrali 241
Dallunico alla serie 241
Disegno e impaginazione 243
Forme della rappresentazione 245
Lo stile 12oo 246
La Francia 248
La Piccardia e il nord 248
Chartres 251
Centri francesi nel duecento: Bourges 254
Lovest, la Normandia e il centro 255
Borgogna e Champagne 257
Parigi 260
La Sainte-Chapelle 261
Dopo la met del secolo 264
LInghilterra 265
La Germania 268
Strasburgo 271
Friburgo 273
Germania centrale e orientale 274
Marburg 275
Naumburg e lo Zackenstil 276
LAustria 279
Vetrate ad Assisi 280
La Scandinavia 281
Tra occidente e oriente 282
Indice
Storia dellarte Einaudi 6
Indice
X. Espressionismo gotico 293
La Francia 295
Vetrate inglesi 301
Il mondo tedesco 302
Strasburgo 303
La Crocifissione di Mutzig 307
Wimpfen 307
Costanza 308
La cattedrale di Friburgo 310
Esslingen 312
Colonia 315
LAustria 316
Esperienze italiane 317
XI. La grande svolta 328
LItalia 332
La Francia 335
Strasburgo e la Germania 338
Da Knigsfelden a Strassengel 342
LInghilterra 343
Nota bibliografica 352
Storia dellarte Einaudi 7
Premessa
Le ultime pagine di questo libro venivano scritte nei
giorni in cui era viva la discussione sulle vetrate che Pier-
re Soulages aveva creato per la veneranda chiesa di Sain-
te-Foy di Conques, uno dei grandi monumenti del roma-
nico. Si trattava di opere di grande sottigliezza, ma che
tanto accattivavano e dirigevano lo sguardo nel loro
inseguirsi di linee e di tracciati da risultare addirittura
un poco svianti sul piano della percezione, in quanto il
modo di leggere larchitettura, lo spazio, linvolucro del-
ledificio poteva venirne modificato.
Minori problemi avevano sollevato le vetrate della
nuova stazione di Disneyland che Le Monde ripro-
duceva a colori. Queste non avevano pretese formali, ma
piuttosto illustrative. Si limitavano a evocare castelli
fatati, erano l come testimonianze luminose di una tec-
nica desueta e carica di implicazioni, dovevano precipi-
tare i visitatori in un passato fiabesco, un po come le
innumeri vetrate di cui disseminata la cattedrale di
Washington e che riconducono tutte a un glorioso pas-
sato.
Lottocento ha prodotto vetrate in numero tale da
gareggiare, quantitativamente, con il xiii secolo, ha ripo-
polato le nostre chiese di vetrate, strumento principe di
religiosit, di spiritualit, utilizzabili per tutti gli usi,
tranne forse che per la cronaca: la monarchia in redin-
gote non si addice alle vetrate, irrideva un contempo-
Storia dellarte Einaudi 8
raneo scorgendo lenbonpoint e gli abiti borghesi di Luigi
Filippo farsi largo dallalto di una vetrata di Saint-Denis.
E il nostro secolo ha continuato con la Renaissance de
lart sacr e con la scoperta delle potenzialit astraen-
ti delle vetrate, luogo di colori puri, smaterializzati.
di questi giorni una mostra dedicata alle vetrate di
Joseph Albers a riprova di una fortuna non banale anche
nelle pi sofisticate officine di arte contemporanea. Una
tecnica che due secoli fa sembrava smarrita (e se qual-
cuno la ritrovasse cosa ce ne faremmo? veniva rispo-
sto dallAcadmie des Beaux-Arts a un appassionato
zelatore che voleva resuscitarla) dunque in pieno ri-
goglio, magari con qualche malinteso e qualche equivo-
co. Le vetrate sono ancora tra noi.
Questo libro, tuttavia, si occupa del passato, di un
passato in cui le vetrate furono una realt estremamen-
te viva e necessaria alla vita religiosa, una delle massi-
me tecniche artistiche, e quella pi capace di co-
municare.
Ogni libro in qualche modo unautobiografia. Per
quel che mi riguarda dir solo che, come qualche volta
succede, tutto cominciato in anni molto lontani, con
una rivelazione. A me venuta da una bellissima mostra
che nel 1953 si tenne a Parigi al Muse des Arts Dco-
ratifs, con il titolo Les Vitraux de France du XI
e
au XVI
e
sicle. Vi erano esposte vetrate intere, grandi personag-
gi, scene singole che erano state per la massima parte
smontate allinizio della guerra e che si apprestavano a
ritornare nella loro collocazione dorigine. La scelta era
stata molto rigorosa. Le opere esposte erano in buone
condizioni di conservazione, esenti da quelle pesanti
integrazioni che finiscono per stingere sulle parti origi-
nali, talora con i piombi di origine. Soprattutto si pote-
vano vedere da vicino, si poteva seguire il modo di sten-
dere la pittura a grisaille, il modo di toglierla via per far
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 9
riemergere il colore del vetro, il modo di accostare super-
fici cromatiche di diverso colore. Si potevano distin-
guere mani diverse, si poteva seguire la storia della pit-
tura su vetro dalle origini fino al cinquecento, si rivela-
va insomma un aspetto in fondo non ben conosciuto,
anche se tanto esaltato, dellarte francese. Chi avrebbe
per esempio sospettato che le vetrate del cinquecento
fossero tanto pi belle delle tele della scuola di Fontai-
nebleau? Da allora linteresse, ma anche lammirazione
per le vetrate, non mi ha mai lasciato.
In questo tempo non breve ho avuto modo di scam-
biare qualche idea su quello che volevo fare o che stavo
facendo con alcuni di coloro che hanno rinnovato gli
studi sulle vetrate e che avevano reso possibile lesposi-
zione parigina, in particolare con Jean Lafond e con
Louis Grodecki. Averli conosciuti e frequentati stato
un privilegio, un arricchimento e una gioia.
Jean Lafond era un personaggio delizioso, un agiato e
tranquillo signore normanno di una certa et animato da
un entusiasmo e un ardore incontenibili per le vetrate.
Mi ricordo il suo appartamento borghese nei beaux quar-
tiers, mi pare nel xvi arrondissement, e lui che si affanna-
va a cercare schede, estratti, foto e materiali in quelle che
mi sembravano essere vecchie scatole da scarpe e che
contenevano i suoi preziosi schedari. Sapeva tutto delle
vetrate, aveva visto tutte le vetrate possibili, e per me
che cercavo tracce della penetrazione dei modi della pit-
tura italiana del trecento in Francia (stavo lavorando a
quella che sarebbe stata la mia tesi di perfezionamento
su Matteo Giovannetti e i pittori italiani in Avignone)
tirava fuori vecchie e nuove fotografie di vetrate di Au-
xerre, di Rouen e di Evreux che mostravano mensole ed
elementi architettonici tridimensionali che risentivano
chiaramente della lezione giottesca. Seppi poi che per
molti anni aveva diretto un giornale di Rouen succe-
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 10
dendo a suo padre, ma penso che lunica cosa che gli stes-
se veramente a cuore fossero le vetrate.
Se Jean Lafond era una sorta di figura paterna per
chi, apprendista inesperto, si avvicinava alle vetrate,
Louis Grodecki, straordinariamente brillante, spiritoso,
intelligentissimo, di una ventina danni pi giovane, era
tutto un altro tipo. Era stato allievo di Focillon e fu pro-
prio attraverso il ricordo di Focillon tenuto vivo dai suoi
antichi allievi, in un tempo in cui le sorti della storia del-
larte in Sorbona non sembravano n magnifiche n pro-
gressive, che lo incontrai per la prima volta nel salotto
di Jurgis Baltrusaitis dalle parti della Porte dOrleans,
dove un gruppo di anciens lves si ritrovava regolar-
mente e dove ero stato ammesso grazie ad Andr Cha-
stel. Durante la guerra era stato negli Stati Uniti con
Focillon; in Francia in quel momento aveva, mi sembra
di ricordare, qualche difficolt di inserimento nella tra-
fila accademica, pur essendo uno dei pi brillanti medie-
visti del suo tempo, forse a causa di un temperamento
che di accademico non aveva nulla e che lo tenne lon-
tano dal prodursi in una di quelle thses monumentali
che aprono la via alla carriera universitaria. A quelle-
poca aveva gi scritto una bella sintesi sugli avori medie-
vali e alcuni saggi fondamentali sulla storia delle vetra-
te. Stranamente il primo posto ufficiale che ebbe fu
quello di conservatore del Muse des Plans en Relief,
una splendida collezione di maquettes e di modelli di for-
tezze, citt di frontiera e porti della Francia, che ai
tempi di Luigi XIV era disposta nella Grande Galerie
del Louvre e che allora come oggi occupava un piano
poco frequentato del Muse de lArme agli Invalides.
Mi ricordo di esser stato accompagnato da lui per quel-
le sale deserte piene di meraviglie. Pi tardi sarebbe di-
venuto professore a Strasburgo e infine alla Sorbona e
avrebbe stimolato generazioni di medievisti e di studiosi
di vetrate sulle due rive dellOceano.
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 11
Vorrei ricordare anche Catherine Brisac che ci ha
lasciato troppo presto, e, naturalmente, Andr Chastel,
che mi ha spinto a scrivere di questo, e Roberto Lon-
ghi, che in anni lontani ha pubblicato su Paragone
qualche mio saggio e intervento su questi temi, a comin-
ciare dalla recensione di quella mostra fatale.
Per quale ragione poi questo libro, o meglio lidea di
questo libro e singole parti e capitoli di esso, mi abbia-
no accompagnato per tanto tempo senza prendere mai
una forma definitiva non saprei dire. Mia moglie e mio
figlio hanno sopportato con pazienza e spirito solidale la
tessitura sempre interrotta, disfatta e ripresa di questa
tela di Penelope; per ci sono loro molto grato. Ringra-
zio Paolo Fossati per avermi dato una mano a uscire
dalle more, e Valentina Castellani, Patrizia Guerra e
Maria Perosino per avermi incalzato e aiutato in ogni
modo. Per stimoli, segnalazioni, suggerimenti, aiuti
bibliografici e fotografici ringrazio Jrme Baschet,
Mariolina Bertini, Rdiger Becksmann, Olivier Bonfait,
Marco Collareta, Claudine Lautier, Costanza Segre Mon-
tel, Jacques Thuillier. Per finire vorrei dire la mia rico-
noscenza agli studenti di Losanna, di Torino e di Pisa cui
in pi di unoccasione ho parlato di questi temi: le loro
domande e le loro obbiezioni mi sono state molto utili.
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 12
Capitolo primo
Vetrate e arte medievale
Testimonianze radiose, fatte di luce e di colori sma-
terializzati, le vetrate, per secoli le manifestazioni pi
ricche di fascino, pi visibili, pi ammirate della pittu-
ra, strumenti tra i pi efficaci della comunicazione per
immagini, hanno conservato un prestigio altissimo, indi-
scusso, vagamente misterioso. Un loro privilegio pecu-
liare quello di essere pittura luminosa, di valersi delle
innumerevoli possibilit di un elemento continuamente
variabile per poter assumere aspetti diversissimi a se-
conda delle ore, dei giorni, delle stagioni. Limpressio-
ne profonda che suscitano dovuta al richiamo che la
luce continua a esercitare su di noi, al fatto che la mate-
ria di cui sono fatte ne traversata ma, a sua volta, la
modifica e, a seconda di quanta ne riceve, cambia da-
spetto e di intensit. Grazie alla luce il mosaico inerte
fatto di vetri e di piombi diventa splendente, simile alle
gemme, e muta di colorazione nel volgere di brevissimo
tempo.
Lo avvertir chi entri verso il tramonto in una gran-
de chiesa gotica del nord. In alto, contro le pareti scure
di cui non si distinguono pi le pietre, contro le finestre,
i cui limiti sono ormai invisibili, una teoria scandita e rit-
mata di profeti, di re, di apostoli rutilanti e translucidi
sembra sospesa nel cielo, illuminata e splendente per
lultima luce, mentre lombra scende e si infittisce sulla
navata e i colori si spengono nelle navi minori e nelle cap-
Storia dellarte Einaudi 13
pelle. Cos quando un grigiore opprimente grava sulla
citt, le nuvole si accavallano nel cielo e le strade sono
nere e lucide di pioggia, allinterno della chiesa una luce
lattiginosa, ma sicura, convogliata ed esaltata dal filtro
trasparente e colorato dei vetri, spiove dalle finestre alte,
come nella mitica chiesa di Combray le cui vetrate
non eran mai cos cangianti come nei giorni che il sole si
mostrava appena, di modo che, se fuori cera un tempo gri-
gio si poteva star certi che sarebbe stato bello in chiesa
1
.
Marcel Proust evoca questo richiamo e questo fasci-
no quando ricorda come nella sua mente di bambino la
chiesa del villaggio dove passava parte delle sue vacan-
ze si estendesse in quattro dimensioni, come di campa-
ta in campata, di cappella in cappella, la navata dalle
pareti umide, dalla volta scura e rocciosa dove ci si inol-
trava come in una valle visitata dalle fate, sembrasse tra-
versare e vincere non solo le distanze di qualche metro,
ma intere epoche storiche. Tra gli strumenti che face-
vano della chiesa di Combray una sorta di macchina del
tempo erano appunto le vetrate, tapis eblouissant et dor
de myosotis en verre
2
, che il raggio del sole faceva fiorire
in una primavera storica che trasportava chi le guardas-
se fino ai tempi di san Luigi e dei suoi successori. Una
vetrata della chiesa in cui dominava lazzurro, divisa in
un centinaio di compartimenti come un gran mazzo di
carte, cambiava aspetto tutto il tempo, volta a volta
spenta e riaccesa. Ora aveva il brillare della coda di un
pavone, ora tremava e ondulava in una pioggia fantastica
e fiammeggiante che gocciolava dallalto delle volte, ora
le sue piccole losanghe di vetro prendevano le traspa-
renze profonde, linfrangibile durezza degli zaffiri mon-
tati su qualche immenso pettorale dietro il quale si av-
vertiva, pi ancora che tutte queste ricchezze, il sorri-
so momentaneo del sole.
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 14
Colori e luce, trasparenze e riflessi, barbagli e scin-
tillii; il fascino delle vetrate ha dietro di s una lunga sto-
ria. Ma fino a che punto le vetrate medievali esistono
ancora? Possiamo cio considerarle degli originali, pur
tenendo conto del loro stato di conservazione pi o
meno buono, del loro maggiore o minore deterioramen-
to, o dobbiamo rassegnarci al fatto che la sostituzione
dei vetri e dei piombi, che gli spostamenti da una fine-
stra allaltra, i cambiamenti di collocazione, ci hanno tra-
mandato soltanto delle vaghe ombre, delle repliche,
delle ricostruzioni? Non sono domande da poco: diver-
samente da quanto avviene in un dipinto su tavola, su
tela, su muro, su pergamena, lintervento sulle vetrate
comporta non una sovrapposizione, sotto la quale sar
spesso possibile recuperare una parte almeno dellorigi-
nale, ma una radicale sostituzione. stato in fondo
questo dubbio pi o meno inespresso, sono state le gran-
di difficolt che si opponevano allesame e al confronto
diretto delle opere oltre alle consuete abitudini, ai pre-
giudizi non mai morti sulla gerarchia delle tecniche arti-
stiche, agli interrogativi sullautografia minacciata dalle
trasposizioni subite nel processo che dal progetto por-
tava alla realizzazione, che hanno fatto delle vetrate un
soggetto un po particolare.
Per molto tempo le studiarono e ne fecero la storia
coloro che ne avevano in qualche modo pratica diretta,
come Pierre Le Vieil, testimone, sul finire del settecen-
to, della pi profonda crisi traversata da questa tecnica,
e come coloro che furono coinvolti di persona nelle bat-
taglie ottocentesche per il rinnovamento delle vetrate
3
e dellarte cristiana: da Eustache Hyacinthe Langlois,
che per primo indag le vetrate di Rouen, a Ferdinand
de Lasteyrie, da Charles Winston a Nathaniel Westlake,
da Adolphe-Napolon Didron
4
a Louis Ottin
5
, a Olivier
Merson
6
, da Lewis Day a Lucien Bgule che studi le
vetrate di Lione
7
, da Fritz Geiges (1853-1935), autore
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 15
di radicali restauri nonch di importanti studi sulle
vetrate di Friburgo
8
, a Heinrich Oidtmann
9
(1861-
1912), figlio del fondatore di una celebre impresa di
vetrate, le Linnicher Werksttten, a Joseph Ludwig
Fischer
10
e a tanti e tanti altri i cui nomi troveremo qua
e l in questo libro
11
. Si indagarono particolarmente i
problemi tecnici, si impostarono le prime grandi inda-
gini iconografiche, si riunirono i frammenti documentari
sparsi nelle antiche cronache, si tent in tutta Europa,
e in condizioni fortunose, di individuare le opere pi
importanti, di stabilire i primi inventari del patrimonio
vitreo, di confrontare opere e maestri, di ricalcare,
copiare, disegnare, incidere i monumenti. Che ci venis-
se fatto per preparare le colossali campagne di restauro,
per proporre temi e soluzioni alle grandi imprese legate
alla costruzione di nuove chiese e allarricchimento delle
antiche
12
, non fece che aumentare limpegno e la parte-
cipazione degli autori, anche se pot dare una partico-
lare angolazione alle ricerche e ai risultati.
Uno studio storicamente attento e filologicamente
agguerrito delle vetrate condotto con i metodi rigorosi
che venivano utilizzati nella storia della pittura tard ad
affermarsi, ed Emile Mle nel 19o6 denunciava le ter-
ribili difficolt sul piano della documentazione, che lo
rendevano pressoch impraticabile, auspicando la crea-
zione di un corpus, unidea che trov realizzazione circa
mezzo secolo dopo:
Occorrerebbe avere continuamente sotto gli occhi, in
un corpus ben fatto, tutte le vetrate di Francia, ma que-
sto corpus non esiste. Speriamo che un giorno o laltro la
fotografia a colori renda pi facile lopera dello storico
13
.
In Germania, tuttavia, si cominciarono a studiare le
vetrate con i metodi e i criteri con cui veniva affronta-
ta la storia della pittura
14
, e alcune grandi personalit di
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 16
storici dellarte, come Paul Frankl (1878-1962), inter-
vennero in questo campo con buoni studi. Dalla fine
dellultima guerra mondiale, in seguito allo smontaggio
e alla ricollocazione di gran parte del vastissimo patri-
monio vetrario europeo che consentirono ricognizioni
ravvicinate, alla nascita, nel 1952, del Corpus Vitrearum
Medii Aevi
15
che di questo patrimonio si proposto la
pubblicazione integrale con una precisa documentazio-
ne sullo stato delle opere, grazie allattivit di alcuni stu-
diosi, autentici padri-fondatori dello studio moderno
delle vetrate quali Jean Lafond (1888-1975)
16
, Hans
Wentzel (1913-75)
17
, Louis Grodecki (1910-82)
18
, Eva
Frodl-Kraft, questi studi conobbero una grande ripresa.
Alcuni avvenimenti furono di fondamentale importan-
za per questa vicenda negli anni cinquanta, in particolare
una mostra e due pubblicazioni. La mostra fu quella,
memorabile, tenutasi al Muse des arts dcoratifs di
Parigi nel 1953
19
; i libri furono i Meisterwerke der Gla-
smalerei di Hans Wenuel
20
e il volume collettivo Le
Vitrail Franais che molto dovette allimpulso di Andr
Chastel
21
. Grazie soprattutto allopera e alla ricerca di
Lafond, Wentzel e Grodecki e agli studi da loro susci-
tati, da quelli di Rdiger Becksmann a quelli di Cathe-
rine Brisac (1935-91)
22
, di Franoise Perrot, della atti-
vissima cellule vitrail dellInventaire gnral du Patrimoi-
ne francese
23
e di studiosi americani come Margaret Har-
rison Caviness, Meredith Parsons Lillich, Virginia
Chieffo Raguin, la situazione radicalmente mutata. Lo
studio e la conoscenza delle vetrate ha enormemente
progredito, e oggi siamo in grado di conoscere e valuta-
re meglio lestensione di questo grande patrimonio del-
larte europea, il suo stato di conservazione, la sua
autenticit, i suoi caratteri, la sua storia, la sua impor-
tanza, la sua singolarit.
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 17
La luce, il colore, la trasparenza.
La sua singolarit, appunto. Facciamo un passo indie-
tro di qualche secolo e troveremo chi sulla vetrata riflet-
te con queste parole:
Ma poich questo tipo di pittura non pu essere tran-
slucido, mi sono da buon ricercatore affannato a scoprire
quelle tecniche ingegnose grazie alle quali linterno di un
edificio possa essere abbellito con gran variet di colori
senza perci impedire ai raggi e alla luce del sole di pene-
trarvi. E dato che io stesso mi sono applicato a questo
compito sono arrivato a comprendere la natura del vetro
e ho capito come sia possibile realizzare loggetto della mia
ricerca solo attraverso un corretto uso del vetro e delle sue
variet
24
.
Si apre con questa frase il pi antico testo dedicato
alle vetrate, parte di un trattato sulle tecniche artistiche,
scritto probabilmente agli inizi del xiii secolo in un
monastero tedesco da un sacerdote che si presenta al let-
tore sotto lo pseudonimo di Theophilus
25
.
Con quale meraviglia e ammirazione si dovevano
guardare le vetrate nel medioevo, quanto alto e irrag-
giungibile doveva apparire il prestigio di questa tecnica
a un chierico cui grandi maestri, da Ugo di San Vittore
a Tommaso dAquino, erano andati ripetendo che la
luce uno dei principali attributi del bello e che aveva
potuto leggere sui testi dei massimi rappresentanti della
scolastica, da san Bonaventura ad Alberto Magno, che
essa era lattributo stesso di Dio. Lamore della luce si
accompagna al timore delle tenebre, contro cui si hanno
nel medioevo poche difese; frequentemente nei testi
letterari le nozioni di bello, di chiaro e di nobile
26
sono
strettamente legate, se non addirittura sinonime. Le
vetrate significano al tempo stesso luce e colore; costrui-
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 18
scono unarchitettura colorata e luminosa, hanno dimen-
sione monumentale e conservano nel tempo stesso il
carattere prezioso delle gemme.
I Lapidaria medievali attribuivano alle gemme qualit
insigni e straordinarie, e quellarte maggiore e vera-
mente pilota che fu nel medioevo loreficeria impieg
profusamente pietre dai colori scintillanti, vibranti, inca-
stonate nei metalli pi preziosi. A ogni pietra erano
attribuite qualit peculiari, particolari significati; nel
De lapidibus di Marbodo di Rennes, per esempio, ogni
pietra impregnata di virt trasmesse dal potere divi-
no. Nel xii secolo Suger, abate di Saint-Denis la gran-
de abbazia prossima a Parigi intimamente legata alla
storia delle dinastie regnanti sulla Francia e commit-
tente di opere darte tra i pi attivi, creativi e impegnati
che il medioevo abbia conosciuto, racconta come una
volta che contemplava estaticamente la preziosissima
suppellettile del tesoro dellabbazia, che in gran parte
aveva riunito o commissionato egli stesso, gli salissero
alle labbra le parole di Ezechiele:
la tua copertura era fatta da tutte le pietre preziose: il sar-
dio, il topazio, il diaspro, la crisolite, lonice, il berillo, il
rubino, lo smeraldo
27
.
Nella Bibbia queste parole erano riferite al pettorale
di Aronne, ognuna delle cui pietre simboleggiava una
trib di Israele. Anche per Suger ogni pietra degli ogget-
ti del suo tesoro aveva, per chi ne intendesse le pro-
priet, un significato, ed egli sottolinea come nessuna
delle pietre citate dal testo biblico tranne il rubino
mancasse, e che tutte anzi fossero in gran copia.
Leffetto di questa contemplazione era duplice, si
manifestava a due livelli: poich ogni pietra era porta-
trice di un significato, la loro variet e profusione costi-
tuiva un messaggio per coloro che sapevano decifrarlo;
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 19
daltra parte la semplice contemplazione dei colori splen-
denti aveva per effetto di innalzare lo spirito dalle cose
materiali alle immateriali e di trasportare la mente da un
mondo inferiore a uno superiore, in una regione dellu-
niverso che non apparteneva interamente n alla bassa
terra n al puro cielo
28
.
Questo celebre passo fa comprendere la fascinazione
e il potere pressoch ipnotico esercitati dalle gemme su
un uomo del medioevo. Ora, tra lo scintillio cromatico
delle gemme e il fulgore colorato delle vetrate cera un
rapporto diretto che non poteva sfuggire allo spettato-
re, e uno stretto nesso correva tra i procedimenti appli-
cati per ottenere vetri colorati e quelli messi in opera per
la fabbricazione delle gemme artificiali. La particolare
lavorazione del vetro rosso doubl a microstrati alternati
chiari e scuri produce effetti analoghi a quelli di certe
gemme lavorate a cabochon con il loro brillare variabile
e imprevedibile, e spesso nei trattati tecnici medievali
la fabbricazione del vetro per le vetrate e quella delle
gemme artificiali vengono trattate in parallelo
29
. In seco-
li in cui i richiami delle dottrine estetiche e metafisiche
nelle quali la luce ha tanta importanza si esercitarono in
modo cos generale e pressante, lo sviluppo delle vetra-
te e quello delle arti suntuarie sono fenomeni conver-
genti che derivano da motivazioni analoghe.
Una tecnica-pilota.
Linteresse che Theophilus manifesta per la vetrata,
la sua tecnica, le sue funzioni e i suoi risultati fanno
intravedere il ruolo primario che le verr attribuito nella
decorazione degli edifici religiosi gotici, vale a dire il
ruolo di vera e propria tecnica-pilota della pittura monu-
mentale.
Secondo i tempi, secondo le attese dei pubblici, dei
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 20
committenti, degli artisti, tecniche artistiche diverse
hanno potuto svolgere volta per volta un ruolo privile-
giato: sono quelle che potremmo chiamare le tecni-
che-guida, quelle i cui prodotti furono particolarmente
apprezzati e ricercati, quelle in cui si manifestano in un
certo momento le innovazioni pi importanti che mag-
giormente rispondono alle attese del pubblico, quelle che
pi compiutamente di altre sembrano esprimere le gran-
di tendenze, le scelte, gli interessi di un momento. Cos
ne scrive Henri Focillon nella Vita delle forme:
ogni stile nella storia sotto limpero di una tecnica che
prende il sopravvento sulle altre e d a codesto stile la sua
tonalit
30
.
Le preferenze che, secondo i luoghi e i tempi, si sono
manifestate nel campo della pittura per il mosaico, laf-
fresco, la vetrata o larazzo possono essere considerate
volta per volta quali spie significative di certe situazioni.
Uninterpretazione veramente esauriente del significato
intrinseco o contenuto potrebbe addirittura scoprire che i
procedimenti tecnici caratteristici di un certo paese, perio-
do o artista [...] sono sintomi rivelatori dello stesso at-
teggiamento di fondo che si riscontra in tutte le altre qua-
lit specifiche del suo stile,
avvertiva Erwin Panofsky
31
. Certe scelte, certe propen-
sioni, sembrano rivelare i caratteri fondamentali di une-
poca, di una cultura. In questo senso il fulmineo trionfo
della vetrata appare come uno di quegli eventi per eccel-
lenza illuminanti.
Differenti epoche e culture hanno avuto infatti con-
cezioni diverse e molto contrastanti della decorazione da
quando nelle prime basiliche cristiane si venne attra-
verso di essa a privilegiare linterno pi che lesterno
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 21
degli edifici di culto. La soluzione che volta per volta
venne adottata fu scelta in funzione di diversi fattori,
dai modi di percepire lo spazio prevalenti a una certa
epoca alle preferenze cromatiche, dalle particolarit delle
diverse tradizioni alle esigenze climatiche, alla volont
di distinzione. Analogamente a quanto era avvenuto
per il mosaico, per la pittura parietale, per le vetrate,
larte degli anni attorno al 1400, quella che viene chia-
mata del gotico internazionale, ha, per esempio, pri-
vilegiato particolarmente larazzo. Questo equivalente
mobile dellaffresco si prestava a decorare rapidamente
ambienti diversi, dalla sala di un castello allinterno di
una chiesa al padiglione di un accampamento, rispon-
dendo quindi compiutamente alle esigenze di mobilit
della classe egemone dellepoca e, nello stesso tempo, a
quelle di lusso e di distinzione. Daltra parte, proprio
il suo carattere esteticamente ibrido [...] che partecipa
al tempo stesso alla decorazione di superficie e allil-
lusione di paesaggio
32
e che interpreta lambiguo modo
di rappresentare lo spazio proprio al gotico internazio-
nale a conferirgli il particolare valore che esso prese a
quel momento.
Ogni scelta invest direttamente la forma della costru-
zione e reciprocamente, in quanto la soluzione archi-
tettonica condizion il tipo di decorazione venendone a
sua volta influenzata. La decorazione infatti non qual-
cosa di aggiunto alle strutture che serve ad abbellirle,
parte integrante delle stesse strutture e pu intervenire
a modificarle. La scelta di una decorazione parietale
concentra lattenzione sulla superficie delle mura, men-
tre quella di una decorazione vitrea conferisce partico-
lare importanza alle finestre. Parete e finestra sono ele-
menti architettonici coesistenti ma di segno opposto: la
parete tende a imporre lopacit e la materialit delle sue
superfici su cui si sviluppa la decorazione pittorica e a
limitare lo sviluppo delle finestre, le finestre tendono a
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 22
vanificare lopacit della parete per sostituire a essa uno
schermo di vetri colorati variegato e luminoso su cui si
stende una pittura monocroma. Da semplice apertura,
rettangolare, cuspidata o circolare, nel tessuto continuo
della parete, la finestra giunge ad acquisire una impor-
tanza crescente e diviene una sorta di elemento auto-
sufficiente e autonomo rispetto alla parete.
Per restituire i modi con cui vennero guardati i pro-
dotti di questa tecnica ai tempi dei suoi massimi trion-
fi, le immagini che se ne fecero i contemporanei, occor-
rer prendere in esame, accanto alle testimonianze prime
offerte dalle vetrate superstiti, anche altri documenti:
trattati tecnici, scritti liturgici, cronache conventuali,
tutto quanto possa aiutare a conoscere dove, come e per-
ch si svilupp la vetrata medievale, in qual modo venne
vista e apprezzata dai contemporanei.
La storia del pensiero religioso e liturgico come quel-
le delle mentalit, degli atteggiamenti collettivi, del
gusto, della sensibilit, delle idee estetiche possono esse-
re di aiuto in tale ricerca. Accanto a queste, la storia del-
larchitettura e del costruire potr fornire informazioni
sulle possibilit di sviluppo delle vetrate negli edifici,
come far la storia della tecnologia per quanto riguarda
la produzione e la lavorazione dei materiali di cui esse
erano fatte; la storia economica potr indicare quali
siano stati il peso, la portata e le incidenze di unatti-
vit che, per volume di produzione, ebbe aspetti quasi
protoindustriali; la storia dellarte potr dire fino a che
punto i problemi formali, compositivi, iconografici
affrontati dai creatori di vetrate si siano situati in rap-
porto a quelli abbordati dagli artisti a loro contempora-
nei operosi in altre tecniche.
Di fatto, se la storia delle vetrate medievali presen-
ta tutta una serie di interferenze con le storie delle idee,
della teologia, delle mentalit, con quelle della tecnolo-
gia o delleconomia, essa deve essere integrata, come gi
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 23
ha osservato Paul Frankl
33
, nella pi vasta storia della
pittura medievale. Per certi paesi e per certe epoche ne
rappresenta anzi il campo pi ricco e importante. Nel xii
secolo il Maestro dellAscensione di Le Mans o Gherla-
cus, allinizio del xiii il Maestro delle Reliquie di Santo
Stefano di Bourges o il Maestro di Saint-Eustache di
Chartres, pi tardi il Maestro del Martirio di san Pro-
tasio a Le Mans (1255 circa) o Lampertus a Esslingen
(128o circa), sono tra i grandi pittori del medioevo, e
tuttavia il fior fiore delle vetrate medievali venne per lo
pi esposto nei musei di arte applicata, nelle raccolte
darte decorativa e industriale piuttosto che nelle gran-
di gallerie nazionali, perch la loro produzione implica
collaborazioni, passaggi, traduzioni da una tecnica al-
laltra, dal disegno del progetto alla realizzazione su
vetro, operazioni che complicano le cose per chi, come
spesso gli storici dellarte, sia tradizionalmente portato
a esaltare lautografia.
In qualche modo, questa tecnica in cui agli inizi del
xii secolo il presbyter Theophilus vedeva una delle pi
alte espressioni dellarte a lui contemporanea, restata
a lungo isolata, confinata, reclusa nella sua specificit.
Vetrate e tecniche suntuarie.
Una tecnica che si apparenta strettamente a quella
delle vetrate, e che ebbe con questa un fecondo e fre-
quente interscambio, quella dello smalto. Gi mate-
rialmente vi sono molti punti in comune. Nello smalto
champlev una pasta vitrea versata entro gli incavi sca-
vati in una lastra di metallo. Attorno a questa depres-
sione la linea sottile di metallo che la delimita appare in
superficie svolgendo un ruolo analogo a quello del piom-
bo in una vetrata, venendo cos a racchiudere e incor-
niciare unarea cromatica. Lo smalto in generale non
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 24
translucido, ma i suoi toni puri e profondi ricordano
quelli di certi vetri. Anche nel successo di questa tecni-
ca avvertiamo una preferenza per la pittura dalla mate-
ria dura e preziosa, la stessa preferenza che spinger
Suger, contro ogni tradizione locale, a voler ornato con
un mosaico il timpano di una delle porte di Saint-Denis.
Alla fine del xii secolo in smalto che viene creato il
massimo capolavoro pittorico del tempo, lAmbone di
Klosterneuburg di Nicolas de Verdun.
Per la sua stessa natura lo smalto ha proporzioni
ridotte, una microtecnica piuttosto che una tecnica
monumentale. Da esso la vetrata si distingue per la scala
oltre che per il carattere; non si tratta di un oggetto che
debba essere visto da vicino come lo smalto, ma da lon-
tano. Eppure questo aspetto di microtecnica preziosa
ripreso e imitato in certe vetrate tedesche del xii seco-
lo caratterizzate dalle piccole dimensioni e dalla esube-
ranza decorativa: rosette, perle, meandri, trifogli, pal-
mette, motivi geometrici e floreali di vari tipi ornavano
per esempio le scene gi a Berlino e distrutte durante
lultima guerra o i frammenti da Alpirsbach con San-
sone e le porte di Gaza, oggi a Stoccarda, o le vetrate di
Gherlacus create per labbazia premostratense di Arn-
stein sulla Lahn, oggi a Mnster in Westfalia. In Fran-
cia, la frammentaria vetrata della Crocifissione della
cattedrale di Chlons-sur-Marne mostra precisi rappor-
ti che sono stati messi in luce con lAltare di Stavelot
di Godefroy de Huy. Una cinquantina di anni dopo, e
siamo gi verso il 1200-10, una piccola stupenda vetra-
ta tipologica a Orbais, che reca la Crocifissione ed epi-
sodi dellAntico Testamento che a essa venivano asso-
ciati, sembra addirittura la trasposizione in vetro di una
croce di smalto.
Durante lintero xii secolo la vetrata ha conservato
rapporti molto stretti con le tecniche suntuarie, con
queste ha partecipato a quellarte dei tesori ecclesiasti-
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 25
ci
34
che conobbe il suo grande splendore tra lxi e il xii
secolo. Ai suoi inizi essa aveva profittato, al pari di
altre tecniche, di quella particolare sensibilit che si era
andata sviluppando nei confronti delle materie prezio-
se e luminose; la sua situazione non ne venne, tuttavia,
privilegiata: per certi aspetti, anzi, fu tributaria di solu-
zioni elaborate in altri campi, in quello dello smalto per
esempio.
In et gotica, le vetrate nellarchitettura...
Molto presto, a partire dal grande ciclo del deambu-
latorio di Saint-Denis, dalle vetrate della facciata occi-
dentale della cattedrale di Chartres, da quelle dellabsi-
de della cattedrale di Poitiers, la situazione tende a
mutare. Tuttavia il cambiamento non generale e con-
temporaneo. In certe aree Mosa, Renania, Alsazia i
rapporti con le microtecniche suntuarie saranno privi-
legiati, in altre la vetrata assumer sempre pi caratteri
monumentali. Nel corso del xii secolo, il mutarsi del
sistema architettonico e la nascita di quella che oggi
chiamiamo architettura gotica, con il variare degli ele-
menti portanti, dalle pareti ai pilastri, con il modificar-
si delle spinte esercitate dalle volte, non pi distribuite
in modo uniforme ma concentrate su punti focali, ha
avuto conseguenze determinanti sullo sviluppo delle
finestre e delle vetrate e sulla luminosit degli interni.
Larchitettura gotica basata infatti su una struttura a
scheletro portante e tende a concentrare le spinte su ele-
menti determinati in modo che la parete venga grada-
tamente a perdere alcune delle sue funzioni, abbando-
nando il carattere di struttura dappoggio per mantene-
re solo quello di schermo, di delimitazione. In una strut-
tura di questo tipo la funzione di separazione tra inter-
no ed esterno potr essere assunta dalla vetrata:
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 26
Attraverso la finestra della cattedrale non si vede n il
sole n quanto si trova al di fuori. La finestra non costi-
tuisce un legame con il mondo esterno ma, piuttosto, una
separazione
35
.
La funzione della finestra muta in conseguenza della
trasformazione della struttura architettonica e del ruolo
sempre maggiore svolto dalla vetrata. Alla base del
nuovo sistema sembra stare proprio la volont di sfrut-
tare al massimo il principio della parete translucida otte-
nendo vetrate di superficie sempre maggiore. Georges
Duby, nella sua prolusione al Collge de France, ha
messo in rilievo le implicazioni profonde della illumina-
zione della chiesa:
Anche il santuario gotico, liberandosi dalla penombra
dove a lungo aveva giaciuto prona una religione di pro-
sternazione, aprendosi alla luce del mondo, offrendo agli
sguardi limmagine di un Dio incarnato, presente nel cuore
stesso della vita, viene a significare in modo di pi in pi
cosciente e attraverso ogni suo simbolo che luomo chia-
mato a cooperare in modo decisivo con la sua azione per-
sonale a questo progresso ininterrotto in cui ormai si risol-
ve il mito della creazione.
Gi nel xii secolo nellarea di Reims e di Soissons
erano state sperimentate nuove soluzioni per il piano
delle finestre, introducendovi bifore e trifore occasio-
nalmente sormontate da un oculo
36
. Lanonimo archi-
tetto che ricostru la cattedrale di Chartres dopo lin-
cendio del 1196 aveva concepito le ampie superfici
vitree non tanto come elemento subordinato, quanto
come reali e determinanti elementi architettonici. La
riduzione da quattro a tre piani dellelevazione interna
della navata, ottenuta con leliminazione della zona
profonda e ombrosa delle tribune, sottoline lunit
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 27
della parete e la sua bidimensionalit. A sua volta que-
sta parete, grazie al sistema di appoggi esterni stabiliti
dagli archi rampanti, pot essere largamente intaccata
dalle finestre. Cos venne organizzato in modo nuovo e
rivoluzionario il clair-tage, il piano delle finestre, facen-
do sormontare da un grande rosone (oltre sei metri di
diametro) due ampie luci cuspidate e creando in tal
modo una nuova finestra a tre elementi. E tuttavia le
vetrate di Chartres restano solo unapertura entro un
muro massiccio. Questa soluzione verr ripresa e porta-
ta radicalmente avanti una quindicina danni dopo da
Jean dOrbais, larchitetto della cattedrale di Reims,
che elimina risolutamente i resti della parete occupan-
do lintero spazio della campata con una finestra a
traforo, dove solo un piccolo ruolo lasciato alla mura-
tura e si dissolve la solidit della parete. Hans Jantzen
ha definito cos questo passaggio:
Il maestro di Chartres aveva creato le sue finestre come
un susseguirsi di aperture quasi tagliate nel muro: nono-
stante le estesissime aperture in lui esiste sempre il rappor-
to con la parete. Anche nella cattedrale di Reims la finestra
della navata mediana occupa tutto lo spazio tra le colonnette
che sorreggono la volta, ma la finestra incastonata come
traforo nellapertura della parete per mezzo di stipiti e
listelli in muratura indipendenti, rendendo cos possibile la
completa eliminazione della superficie muraria entro i soste-
gni della volta. I singoli elementi della finestra della navata
mediana di Chartres (due luci e un rosone) si fondono ora
nella forma a traforo in una sorta di grata fatta di due archi
a sesto acuto e di un rosone a sei lobi che, come a Chartres,
viene interamente riempita dalla vetrata colorata
37
.
Un passo successivo compiuto da Robert de Luzar-
ches ad Amiens, dove le finestre vengono raddoppiate
e portate a quattro luci. Nella navata di Saint-Denis un
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 28
grande architetto arriva a soluzioni ancora pi avanza-
te unendo, come ad Amiens, due finestre a due luci, ma
facendo altres sormontare ciascun elemento a due luci
da un oculo a sei lobi, e i due oculi a loro volta da un
terzo che conclude lo sviluppo ascensionale della fine-
stra. Inoltre, fatto di importanza fondamentale, le aper-
ture del triforio, la galleria che corre sotto la claire-voie
erano state a loro volta invetriate, e una chiara artico-
lazione formale aveva stabilito una continuit tra il trifo-
rio e il piano superiore delle finestre
38
.
Nel passaggio tra due sistemi architettonici la fun-
zione della finestra cambia radicalmente:
Tra la finestra romanica e quella gotica la differenza non
solo nelle dimensioni o nella forma, soprattutto nelle
funzioni. Come lo Hypaetron antico, apertura zenitale a
cielo aperto, la finestra romanica una sorgente di luce e
una bocca daria e niente altro: se il clima lo permette pu
restare sguarnita, senza un elemento fisso di chiusura (tale
era il caso anche a Vzelay). La finestra gotica arrivata al
termine della sua evoluzione, cio allincirca verso il 1235,
nel coro di Saint-Denis, nel coro della cattedrale di Troyes,
non lapertura del muro, ma il muro stesso, o per meglio
dire lelemento di separazione. Il suo ruolo essenziale di
limitare lo spazio interno, di separare la chiesa dallesterno,
di arrestare il vento e la pioggia; una parete translucida
scandita e consolidata dagli umili elementi verticali che
sopportano la volta [...] La funzione di rischiarare diventa
secondaria nel senso che inadatta a giustificare la prodi-
giosa amplificazione della superficie vitrea
39
.
Il costante ampliarsi delle superfici invetriate and
infatti di pari passo, come ha notato Louis Grodecki,
con lincupirsi della gamma cromatica dei vetri, di modo
che la quantit di luce degli interni rimase pressoch
costante.
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 29
Nel corso dei primi decenni del xiii secolo il gradua-
le processo di ampliamento e la nuova strutturazione
della finestra nei confronti della parete avr conseguenze
importanti nellorganizzarsi della superficie vitrea. Il
passaggio da una finestra a due luci a una a quattro che
incorpora altres dei rosoni porr problemi nuovi ai mae-
stri vetrari. Una analoga evoluzione verso una articola-
zione sempre pi ricca e complessa delle superfici si
ritrova nelle spartizioni interne degli oculi e delle gran-
di rose delle facciate, come si vede passando dalla rosa
della facciata occidentale di Chartres, alla rosa meri-
dionale di Notre-Dame di Parigi, a quella occidentale
della cattedrale di Reims.
... e nella decorazione parietale.
Questa evoluzione non fu tuttavia globale e genera-
lizzata. In Italia per esempio, dove per secoli la pittura
murale aveva conosciuto una invariata importanza, la
vischiosit, ma anche la forza, della tradizione fecero s
che le due culture, quella della solida parete dipinta e
quella della vetrata, convivessero ponendo problemi
significativi. Qui spesso la vetrata accompagnata, sulle
mura che la attorniano e su cui essa si apre, da una deco-
razione a fresco: gli esempi non mancano, dalla chiesa
superiore di San Francesco ad Assisi a Santa Croce a
Firenze, al duomo di Orvieto. Si manifesta qui una resi-
stenza alle soluzioni pi radicali che porterebbero allo
svuotamento integrale della superficie esistente tra due
supporti: larchitetto della chiesa superiore di San Fran-
cesco ad Assisi riserver alle finestre invetriate apertu-
re limitate lasciando spazio ai grandi cicli di affreschi che
si distendono sulle pareti e nei sottarchi, e questa opzio-
ne dettata probabilmente altrettanto da abitudini per-
cettive che da ragioni statiche.
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 30
Laccordo delle vetrate con le pitture murali pone pi
di un problema nelle chiese gotiche dellItalia centrale.
A causa della profondit della finestra, i vetri sono situa-
ti in una posizione arretrata rispetto alla superficie del-
laffresco, tuttavia la ricerca di profondit condotta nella
pittura trecentesca italiana pu cambiare le condizioni
della percezione suggerendo lillusione che gli affreschi
sprofondino letteralmente entro le pareti, di modo che
il loro piano di fondo sembra porsi allo stesso livello
delle vetrate. Lillusione tuttavia non completa, la
luminosit del vetro esercita un richiamo talmente forte
che lattenzione si fissa prima di tutto sulle finestre e lo
spettatore avverte che le scene si svolgono su piani
diversi in un modo che rende impossibile la percezione
contemporanea dellaffresco e della vetrata.
Anche in Francia la decorazione murale accompa-
gnava spesso le vetrate, come ad esempio nella Sain-
te-Chapelle di Parigi (dove il restauro ottocentesco ha
per radicalmente alterato la decorazione dipinta), ma
qui il problema dellaccordo tra le due tecniche si basa
soprattutto su problemi di intensit cromatica. Come ha
osservato Viollet-le-Duc, le tonalit opache e trattenu-
te della pittura murale non possono accordarsi con il
dispiegarsi luminoso dei colori di una vetrata, e nasce di
qui la necessit di alzare risolutamente i toni della deco-
razione pittorica per poter reggere al confronto
40
.
Laspetto di una vetrata dipende da una quantit di
fattori, in primo luogo dalla funzione della finestra entro
la struttura architettonica e di conseguenza dal ruolo che
viene conferito alla luce, che pu essere uniforme o con-
trastata, bianca o colorata, scarsa o abbondante, utiliz-
zata per privilegiare una certa organizzazione e deter-
minati elementi allinterno dello spazio di un edificio o
per unificare questo spazio in modo uniforme senza
variazioni. La luce che illumina un ambiente passando
attraverso una vetrata proviene dallesterno ed modi-
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 31
ficata dallo schermo translucido
41
; un uso diverso della
luce quello del mosaico, che riceve la luce dallesterno
e la rifrange dando cos una nuova animazione alla pare-
te. Nel primo caso, la finestra il punto focale privile-
giato che si oppone alla superficie pi o meno uniforme
della parete; nel secondo, la parete luminescente che
diviene determinante mentre la finestra ha unimpor-
tanza molto minore. Nella celebre descrizione di Santa
Sofia di Costantinopoli scritta sotto Giustiniano da
Paolo Silenziario ben sottolineato il valore vibrante e
luminoso delle superfici decorate a mosaico:
La conca dellabside come un pavone con penne di
cento pupille. Dalloro immenso della volta si diffonde una
tale luce che abbaglia la vista. E un fasto barbaro e latino
insieme [...] Di sera una tale luce si diffonde dal tempio su
ci che lo attornia che lo si potrebbe chiamare un sole not-
turno [...] Il navigatore non ha bisogno daltro faro, gli
basta guardare la luce del tempio
42
.
Saint-Denis, trionfo della vetrata.
Tra vetrate e architettura si stabil una dialettica
serrata, e un momento importante, determinante addi-
rittura, di questa vicenda si svolse negli anni 1140-5o
attorno al cantiere di Saint-Denis, la grande chiesa
abbaziale che fu luogo di sepoltura dei re di Francia e
che fu intrinsecamente legata alla storia della dinastia.
Era qui abate attorno al 1140 Suger, uno dei grandi
personaggi della storia medievale, uno di quei monaci
costruttori che fu uomo di chiesa e uomo di stato,
amico, confidente e strettissimo collaboratore di re,
scrittore, committente, animatore e organizzatore di
uno straordinario cantiere dove confluirono orafi, mae-
stri vetrari, tagliapietre, scultori e muratori da ogni
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 32
parte dEuropa
43
. Il progetto di Suger fu quello di rico-
struire lantica abbazia carolingia, ed egli riusc a por-
tare a termine la ricostruzione della parte anteriore
della chiesa, il nartece, e di quella terminale, il coro con
la soggiacente cripta. Il deambulatorio della basilica,
con la sua corona di cappelle largamente invetriate,
generalmente considerato uno dei primi esempi com-
pleti e organici della nuova architettura gotica e di un
generoso e nuovo uso delle vetrate, ma dobbiamo pen-
sare che la massima parte delle vetrate fatte eseguire da
Suger sia andata distrutta e che quanto rimane in loco,
tremendamente interpolato da onnipresenti restauri,
non sia che una piccolissima parte di ci che esisteva.
Del coro di Suger infatti non conservato oggi che il
piano terreno, quello del deambulatorio; la cripta e i
due livelli superiori non sono stati conservati. Ora,
secondo le ricostruzioni che ne hanno dato Crosby e
Conant
44
, il coro, nei suoi quattro registri sovrapposti
(comprendendovi anche la cripta le cui finestre erano
invetriate), dovette avere rispettivamente cinquantot-
to o sessantotto finestre, cui si debbono aggiungere
quelle del nartece ed eventualmente anche quelle poste
nelle finestre dellantica navata carolingia, fino a un
totale di circa novanta vetrate
45
.
Per la consacrazione delledificio il committente, la-
bate Suger, dett questi versi:
Era lanno 1144 del Verbo quando fu consacrato. La
nuova parte absidale si congiunge ora con quella della fron-
te e la chiesa rifulge perch la parte centrale resa luminosa.
Risplende infatti ci che alla luce armoniosamente unito
e risplende ledificio pervaso di nuova luce
46
.
Fonte del chiaro lume che illumina la chiesa sono le
finestre del nuovo deambulatorio grazie al quale
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 33
lintera chiesa risplende per la luce mirabile e continua
delle chiarissime vetrate che pervade linterna bellezza
47
.
Questi passi mostrano come nellopera di Suger la
luce avesse una particolarissima importanza, e ci stato
sottolineato con particolare enfasi da Erwin Panofsky,
che ha posto in evidenza come uno stimolo in questo
senso potesse essergli venuto proprio da alcuni testi teo-
logici conservati nella biblioteca dellabbazia. Essi erano
stati inviati nell827 a Carlo il Calvo dallimperatore di
Bisanzio, Michele il Balbo, ed erano stati affidati a Hil-
duinus, arcicancelliere di Carlo il Calvo, abate di
Saint-Denis e buon conoscitore del greco.
Si trattava di un gruppo di testi scritti in greco
Gerarchia celeste, Gerarchia ecclesiastica, Nomi divini,
Teologia mistica e Lettere da un anonimo pensatore
neoplatonico vissuto in Siria tra la fine del v e gli inizi
del vi secolo, che si presentava al lettore come Dionigi
lAreopagita, lateniese che, convertito da san Paolo, era
stato vescovo della sua citt nel i secolo. Hilduinus,
nella sua Vita sancti Dyonisii scritta nell835, unific le
persone di Dionigi lAreopagita, di un altro Dionigi
vescovo di Corinto nel iii secolo e autore di epistole, e
del san Dionigi vescovo di Parigi, martirizzato intorno
al 27o e patrono dellabbazia, attribuendo al personag-
gio fittizio sorto da questa operazione gli scritti deller-
metico teologo che verr ai nostri giorni chiamato lo
Pseudo-Dionigi. Al tempo di Suger i testi dello Pseu-
do-Dionigi nella versione latina che nel ix secolo ne
aveva dato Giovanni Scoto Eriugena erano conservati
nellabbazia di Saint-Denis ed erano oggetto di grande
venerazione
48
.
Erwin Panofsky ha argomentato in modo estrema-
mente suggestivo come lappassionato interesse per la
luce che scorgeva negli scritti di Suger, e che si manife-
stava nelle vetrate da lui commissionate, fosse una con-
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 34
seguenza del rispetto per le tradizioni dellabbazia, del
rispetto cio per quei testi che labate riteneva esser stati
scritti dal venerato martire cui il monastero era dedica-
to. Questa ipotesi ha raccolto molti consensi, ma oggi
le tesi di Panofsky sono state messe in dubbio da pi
parti, e si discute se gli scritti dello Pseudo-Dionigi
siano realmente stati determinanti per la nascita del
grande programma vitreo; se, infine, e in quale misura,
labate sia stato responsabile come Panofsky suggeri-
va delle nuove soluzioni architettoniche e decorative
tentate a Saint-Denis. Alla prima domanda la risposta
non potr essere totalmente affermativa. chiaro che
Suger trov, nelle opere dello Pseudo-Dionigi, pi delle
conferme a certe preoccupazioni che si poneva che delle
rivelazioni inaspettate. Labate non fu certo il primo
nella storia del pensiero medievale ad attribuire alla luce
un ruolo tanto importante, e si colloca in una certa tra-
dizione pi di quanto non la crei. Spinto da una sorta
di pietas archeologica, egli in fondo partecipe degli
atteggiamenti mentali, delle attese e della sensibilit di
tanti pensatori del suo tempo. Daltra parte, se il ruolo
privilegiato della luce nel pensiero e nel sistema di valo-
ri di Suger ha avuto peso determinante nellimpulso a far
erigere a Saint-Denis una tale serie di vetrate, esso non
costituisce lunica spinta in questa direzione. La luce
non lunico elemento di una vetrata, il colore svolge
anchesso un ruolo molto importante. La predilezione
per le vetrate policrome una delle tante manifestazio-
ni dellinteresse che suscitavano gli oggetti vivamente
colorati, smalti, pietre preziose, vetri:
agli occhi di un autore medievale bellezza significava splen-
dore in quanto variet di colori, significava lo scintillio del-
loro e dei gioielli
49
.
Lamore per una decorazione vivacemente cromatica
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 35
caratterizz larte romanica come quella carolingia, la
sobria monocromia dellarte romanica uninvenzione
recente che corrisponde a una sensibilit estetica pros-
sima a noi, ma anacronistica se rapportata ai tempi.
Gli scritti dello Pseudo-Dionigi devono essere letti
come un dichiarato inno alla luce, proprio come aveva
sostenuto Panofsky? Anche su questo punto si sono
oggi alzate voci divergenti, che hanno sottolineato un
altro aspetto del pensiero dello Pseudo-Dionigi che
Panofsky aveva tralasciato
50
: la sua teologia negativa,
la sua metafisica delloscurit, la sua definizione di
Dio come luce inaccessibile, divina oscurit. Non tanto
la luminosit delle vetrate di Saint-Denis a venire
sottolineata a questo punto, quanto la loro gamma
profonda, la cupezza dei loro azzurri, la nobile saphiro-
rum materia effettivamente celebrata da Suger
51
. In
breve, linfluenza degli scritti dellantico teologo si
sarebbe manifestata piuttosto nella predilezione, evi-
dentissima a Saint-Denis come a Chartres, per il cupo
splendore dei blu e dei rossi che nella chiarezza delle
vetrate. Si era poi realmente esercitata una tale influen-
za? Anche questo stato messo in dubbio
52
.
Molto stato dunque rimesso in causa della geniale
ipotesi di Panofsky, ma anche se lipotesi del primato del
committente sullarchitetto e della cultura teologico-filo-
sofica su quella tecnica, portata alle estreme conseguenze
nel libro sulla cattedrale gotica di Otto von Simson
53
,
aspramente discussa, anche se la sapienza tecnica e geo-
metrica dellignoto progettista del coro, vero responsa-
bile delle nuove soluzioni architettoniche
54
, appare par-
ticolarmente innovatrice e personale, anche se la gene-
si neoplatonica dellarchitettura gotica si avvia al
tramonto sotto lincalzare di una ondata di desimboliz-
zazione
55
, anche se i legami particolari della cultura e
della visione del mondo di Suger con gli scritti dello
Pseudo-Dionigi sono rimessi in causa
56
e gli stessi carat-
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 36
teri del messaggio estetico dionisiano possono venire
diversamente letti
57
, pure il ruolo dellabate e delle sue
scelte non sembra diminuire. Dai suoi scritti lOrdi-
natio, redatta nel 1140-41, il De Consecratione e il De
Administratione posteriori al 1144, data della consacra-
zione del nuovo coro della chiesa si trae limpressio-
ne che egli abbia avuto una determinante responsabilit
nella creazione di quelloriginale crogiuolo di culture
artistiche che fu il cantiere di Saint-Denis. In pi luo-
ghi e a pi riprese si sottolinea infatti il carattere cosmo-
polita del centro, si parla di molti maestri di diverse
nazioni attivi alle vetrate, di pittori de diversis partibus
e ancora di mercanti di gemme de diversis regnis et natio-
nibus. Il suscitare lincontro e la collaborazione di arte-
fici provenienti da (e portatori di) tradizioni diverse
ebbe effetti molto importanti; senza voler adottare la
soluzione estrema e romantica di leggere il gotico dioni-
giano come una creazione collettiva, chiaro che que-
sta collaborazione di artisti provenienti da culture dif-
ferenti deve essere stata particolarmente efficace nella
elaborazione di nuove soluzioni. Se la struttura aerea
delledificio era opera dellarchitetto restato anonimo,
lammirevole illuminazione ininterrotta delle vetrate
risplendenti nel deambulatorio del coro, e anche la
divina oscurit diffusa dalle finestre del nartece e
della cripta, costituiscono lapporto personale e vera-
mente originale di Suger allabbellimento della sua chie-
sa. Nella ricostruzione dellabbazia voluta e diretta da
Suger inscritto il trionfale destino della vetrata medie-
vale e della sua grandiosa espansione.
1
m. proust, A la recherche du temps perdu, edizione Pliade a cura
di J.-Y. Tadie, Paris 1987, vol. I, pp. 58-59: ne chatoyaient jamais
tant que le jours o le soleil se montrait peu, de sorte que, ft-il gris
dehors, on tait sr quil ferait beau dans lglise [trad. it. Torino
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 37
1963
6
, vol. I, p. 651. Sulle vetrate nellopera di Proust cfr. r. bales,
Proust and the Middle Ages, Genve 1975, pp. 34-52 e gli articoli Ver-
rire e Vitrail in l. fraisse, Luvre Cathdrale, Proust et larchitectu-
re mdivale, Paris 1990, pp. 492-528.
2
proust, A la recherche cit., p. 6o.
3
Cfr. m. harrison caviness, Stained Glass before 154o. An anno-
tated bibliography, Boston 1983, p. xiv; r. becksmann, Deutsche Gla-
smalerei des Mittelalters. Eine exemplarische Auswahl, Stuttgart 1988, pp.
18-2o.
4
c. brisac e j.-m. leniaud, Adolphe-Napolon Didron ou les mdias
au service de lart chrtien, in Revue de lArt, 77, 1987, pp. 33-42.
5
Le vitrail: son histoire, ses manifestations travers les ges et les peu-
ples, Paris 1896.
6
Les Vitraux, Paris 1895.
7
l. bgule, Les vitraux du Moyen Age et de la Renaissance dans
la rgion lyonnaise et spcialement dans lancienne diocse de Lyon,
Lyon 1911.
8
f. geiges, Der alte Fensterschmuck des Freiburger Mnsters, Freiburg
1910.
9
h. oidtmann, Die Glasmalerei, Kln 1892-98; id., Die rheinischen
Glasmalereien vom 12 bis zum 16 Jahrhundert, Dsseldorf 1912-29.
10
Autore di un fortunato Handbuch der Glasmalerei pubblicato a
Lipsia nel 1914 e in seconda edizione nel 1937.
11
Particolarmente nel sesto capitolo dedicato alla fortuna delle
vetrate.
12
j.-m. leniaud, Les Cathdrales au XIX
e
sicle, Paris 1993; c. bou-
chon, c. brisac, n.-j. chaline e j.-m. lemaud, Ces glises du XIX
e
si-
cle, Amiens 1993.
13
e. mle, La peinture sur verre en France, in Histoire de lart publie
sous la direction dAndr Michel, I (2), Paris 1905, pp. 782-95; II (1),
Paris 1906, pp. 372-96.
14
w. waetzoldt, Glasmalerei des Mittelalters. Ein Kapitel deutscher
Wissenschaftsgeschichte, in Vitrea dedicata, Berlin 1975, pp. 11-19.
15
r. becksmann, Zur Situation des deutschen Corpus Vitrearum Medii
Aevi, in Kunstchronik xxiv (1971), pp. 233-38; l. grodecki, Dix ans
dactivit du Corpus Vitrearum, in Revue de lArt, 51, 1981, pp.
23-30; id., Corpus Vitrearum. Histoire et tat actuel de lentreprise inter-
nationale, Wien 1982.
16
Se ne veda la bibliografia nella terza edizione, a cura di F. Per-
rot, di Le Vitrail, Lyon 1988, pp. 209-14.
17
Bibliografia in Beitrge zur Kunst des Mittelalters: Festschrift fr
Hans Wentzel zum 6o. Geburtstag, a cura di R. Becksmann, U.-D. Korn
e J. Zahlten, Berlin 1975, pp. 255-67.
18
La bibliografia, a cura di C. Lautier, apparsa nel primo volu-
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 38
me della raccolta dei suoi scritti, Le Moyen-Age retrouv, Paris 1986,
pp. 15-29.
19
Vitraux de France du XI
e
au XVI
e
sicle, Paris 1953.
20
h. wentzel, Meisterwerke der Glasmalerei, Berlin 1951.
21
m. aubert, a. chastel, l. grodecki, j.-j. gruber, j. lafond, f.
mathey, j. taralon e j. verrier, Le Vitrail Franais. Sous la haute
direction du Muse des Arts Dcoratifs, Paris 1958.
22
Se ne veda la bibliografia in aa.vv., Les Vitraux de Narbonne, Nar-
bonne 1992, pp. 15-18.
23
Si vedano tra laltro i contributi di Colette Manhes-Deremble,
Jean-Paul Deremble, Michel Herold, Guy Leproux, Claudine Lautier,
Franoise Gatouillat, Nicole Blondel, Anne Granboulan.
24
theophilus, The Various Arts - De Diversis Artibus, edizione a
cura di c. r. dodwell, London 1961. I passi citati sono presi dalla
seconda edizione dellopera, Oxford 1986, p. 37.
25
Su Theophilus si veda il capitolo seguente.
26
m. pastoureau, Les couleurs mdivales: systmes de valeurs et
modes de sensibilit, in Figures et Couleurs, Paris 1986, pp. 35-49.
27
sugerii, De Administratione, in e. panofsky, Abbot Suger on the
Abbey Church of St-Denis and Its Art Treasures, Princeton 1946 (2
a
ed.
1979), p. 62.
28
sugerii, De Administratione cit., pp. 62-64. Cfr. l. marin, Dans
la lumire du vitrail, in Des pouvoir de limage, Paris 1993, pp. 211-32.
29
j. r. johnson, Stained Glass and Imitations Gems, in Art Bulle-
tin, xxxix (195 7), pp. 221-24.
30
h. focillon, Vita delle forme, Torino 1987, p. 17 (ed. orig. Paris
1934).
31
e. panofsky, Il significato nelle arti visive, Torino 1962, p. 35 (ed.
orig. New York 1955).
32
o. pcht nel catalogo dellesposizione Europische Kunst um
1400, Wien 1962, p. 62.
33
p. frankl, Die Glasmalerei des 15 Jahrhunderts in Bayern und
Schwaben, Strassburg 1912; h. wentzel, Glasmaler und Maler im Mit-
telalter, in Zeitschrift fr Kunstgeschichte, iii (1949), p. 53.
34
h. swarzensky, Monuments of Romanesque Art. The Art of Chur-
ch-Treasures in NorthWestern Europe, London 1967
2
, p. 5.
35
e. frodl-kraft, Le Vitrail Mdival. Technique et esthtique, in
Cahiers de Civilisation mdivale, x (1967), p. 1.
36
r. branner, Saint-Louis and the Court Style in Gothic Architectu-
re, London 1965, p. 15.
37
h. jantzen, Kunst der Gotik, Hamburg 1957 [trad. it. Firenze
1961, pp. 63-65].
38
c. a. bruzelius, The 13th Century Church at Saint-Denis, New
Haven 1985.
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 39
39
l. grodecki, Le vitrail et larchitecture au XII
e
et au XIII
e
sicle, in
Gazette des Beaux-Arts, VI serie, xxxvi/ii (1949), pp. 5-24.
40
e.-e. viollet-le-duc, Fresque, in Dictionnaire raisonn de larchi-
tecture franaise du XI au XVI sicles, Paris 1861, vol. V, p. 93.
41
j. michler, ber die Farbfassung hochgotischer Sakralraume, in
Wallraf-Richartz Jahrbuch, xxxix (1977), pp. 29-64; e.
frodl-kraft, Die Farbsprache der gotischen Malerei. Ein Entwurf, in
Wiener Jahrbuch fr Kunstgeschichte, xxx-xxxi (1977-78), pp.
89-178.
42
a. veniero, Paolo Silenziario. Studio sulla letteratura bizantina del
VI secolo, Catania 1916.
43
Su Suger, oltre allo splendido testo di Panofsky che si spesso
citato, si veda m. bur, Suger, Abb de Saint-Denis, Rgent de France,
Paris 1991.
44
s. mc knight crosby, The Royal Abbey of Saint-Denis from Its
Beginnings to the Death of Suger 475-1151, New Haven 1987.
45
j. gage, Gothic Glass. Two Aspects of a Dionysian Aesthetic, in
Art History, v (1982), p. 39.
46
sugerii, De Administratione cit., p. 5o.
47
sugerii, Libellus alter de consecratione ecclesiae Sancti Dionysii, in
panofsky, Abbot Suger cit., p. 100.
48
a. m. romero, Saint-Denis. La monte des pouvoirs, Paris 1992;
h. f. dondaine o. p., Le corpus dyonisien de lUniversit de Paris au XII
e
sicle, Roma 1953.
49
f. p. chambers, The History of Taste, New York 1932, p. 8.
50
panofsky, Abbot Suger cit., p. 19.
51
gage, Gothic Glass cit., particolarmente pp. 39-46; m. parsons
lillich, Monastic Stained Glass: Patronage and Style, in T. Verdon (a
cura di), Monasticism and the Arts, Syracuse 1984, pp. 207-54.
52
p. kidson, Panofsky, Suger and Saint-Denis, in Journal of the War-
burg and Courtauld Institutes, l (1987), pp. 1-17.
53
o. von simson, The Gothic Cathedral, Princeton 1962 [trad. it.
Bologna 1988].
54
r. suckale, Neue Literatur ber die Abteikirche von Saint-Denis,
in Kunstchronik, xliii (1990), pp. 62 sgg.
55
w. sauerlnder, Gothic Art Reconsidered: New Aspects and Open
Questions, in The Cloisters, Studies in Honor of the Fiftieth Anniversary,
a cura di E. C. Parker, New York 1992.
56
kidson, Panofsky, Suger and Saint-Denis cit.
57
gage, Gothic Glass cit.
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 40
Capitolo secondo
Le tecniche
La vetrata una composizione di frammenti di vetro,
per lo pi diversamente colorati, posta a chiudere una
finestra. Sui vetri, riuniti secondo un disegno, diste-
sa una pittura monocroma che viene fissata stabilmen-
te al supporto da una cottura in forno. Essi sono tenu-
ti insieme da listelli di piombo e da unarmatura di ferro
grazie alla quale la vetrata viene assicurata stabilmente
alla struttura muraria
1
.
Composta da diversi frammenti di vetro colorato (o,
talora, incolore), la vetrata dunque una pittura fatta
con il vetro, in quanto composta essenzialmente da tale
materia (e pertanto simile per certi aspetti al mosaico o
allo smalto), e, nello stesso tempo, una pittura stesa
sopra il vetro. Ha una funzione decorativa e architetto-
nica, svolgendo contemporaneamente il ruolo di pittu-
ra luminosa e di schermo translucido che separa lester-
no dallinterno di un edificio.
Poich la luce che passa attraverso il vetro ha un
ruolo capitale (i maestri di vetrate dipingevano con la
luce stessa scrive il pittore Eustache Hyacinthe Lan-
glois, che fu un pioniere dello studio e del rinnovamento
ottocentesco delle vetrate)
2
, ne consegue che gli ele-
menti di cui questa tecnica si avvale sono essenzial-
mente i vetri, la luce che li attraversa e che viene dif-
fusa e modificata in diverso modo a seconda del loro
colore e della loro struttura, la pittura monocroma stesa
Storia dellarte Einaudi 41
sopra di essi, i piombi che li tengono insieme e ne sot-
tolineano i contorni, larmatura infine che raggruppa e
ripartisce in compartimenti le singole scene e contri-
buisce allimpaginazione della vetrata secondo disegni
pi o meno complessi.
Il trattato di Theophilus.
Grazie ai numerosi scritti a essa dedicati conosciamo
discretamente la tecnica delle vetrate che, daltra parte,
non ha conosciuto, nel corso del tempo, che scarsi muta-
menti
3
.
Si gi accennato al primo e pi esteso di questi trat-
tati, il cui autore si firmato con il nome di Theophi-
lus chiaramente uno pseudonimo ma fa intendere di
essersi chiamato Rugerus; infatti allinizio di quello che
forse il pi antico manoscritto conservato del suo
testo, oggi nella biblioteca di Vienna, troviamo scritto:
Comincia il prologo del primo libro di Theophilus chia-
mato anche Rugerus.
La discussione sulla datazione e la localizzazione di
questo testo, edito per la prima volta da Lessing, che ne
rinvenne un manoscritto nella biblioteca di Wolfenbt-
tel nella seconda met del settecento, e noto come Sche-
dula diversarum artium, o come De diversis artibus, anno-
sa e ha conosciuto pareri assai divergenti, con oscilla-
zioni notevoli sul piano spaziale come su quello tempo-
rale. Lessing, che riteneva il testo del ix secolo e crede-
va che il suo autore fosse il mitico Tuotilo, un monaco
eccezionalmente capace in ogni tecnica artistica di cui
parlano le cronache del monastero di San Gallo, si era
particolarmente entusiasmato per il manoscritto grazie
agli accenni alluso dellolio in pittura che vi aveva tro-
vato, e scrisse nel 1774 una sorta di violento pamphlet
antivasariano sulla precocit di questa tecnica (Vom
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 42
Alter der lmalerey aus dem Theophilus Presbyter), men-
tre la trascrizione del testo da lui scoperto usc solo
dopo la sua morte
4
. Oggi generalmente si ritiene che il
testo sia stato scritto allinizio del xii secolo in un mona-
stero della Germania settentrionale, forse in Renania o
in Westfalia
5
. Il suo autore dovette essere un monaco
appartenente a uno di quei grandi stabilimenti bene-
dettini in cui venivano praticate varie attivit artistiche,
nelle quali egli fu direttamente implicato. Si mostra
infatti tanto bene al corrente dei diversi procedimenti
impiegati che c chi ha tentato di identificarlo con un
grande personaggio della storia dellarte medievale, lo-
rafo Rogkerus, attivo nel monastero di Helmarshausen,
autore nel 1100, per il vescovo di Paderborn Heinrich
von Werl, di un ammirevole altare portatile la cui ese-
cuzione ben documentata e che oggi conservato nel
tesoro della cattedrale
6
.
Lo scritto di Theophilus si divide in tre libri, il primo
dedicato alla pittura e alla miniatura, il secondo alla
fabbricazione del vetro e delle vetrate, il terzo alle tec-
niche della lavorazione dei metalli e alloreficeria. Attra-
verso la descrizione dei procedimenti e dei materiali
usati, Theophilus volle caratterizzare le maggiori tecni-
che artistiche in auge al suo tempo, giustificandone le-
sercizio da parte di un monaco come un dovere e un
esercizio religioso
7
.
La ripartizione stessa dei soggetti indica limportan-
za che le arti del vetro ebbero nellattivit di un atelier
monastico del xii secolo nellEuropa del nord. Theophi-
lus dedica infatti molti capitoli a descrivere come venis-
se prodotto il vetro e come si progettasse e realizzasse
una vetrata, scendendo nei particolari di tutto il pro-
cesso di produzione, dalla costruzione dei forni alla sof-
fiatura dei vetri, alla formulazione di un modello, al
taglio dei vetri di diverso colore, al loro assemblaggio,
alla preparazione e allimpiego della pittura monocroma,
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 43
alla ricottura, alla messa in piombo, fino alle ultime fasi
della lavorazione. Egli definisce la vetrata come una
pittura translucida grazie alla quale linterno di un edi-
ficio poteva essere abbellito da una quantit di colori
senza con questo impedire ai raggi del sole di penetrar-
vi: ... quo artis ingenio et colorum varietas opus decoraret,
et lucem diei solisque radios non repelleret, e ne sottolinea
in questi termini i singolari caratteri: Se locchio
umano contempla labbondanza della luce che penetra
dalle finestre, ammira allora la bellezza inestimabile del
vetro e la variet dellopera preziosissima
8
.
La fabbricazione del vetro.
Per fabbricare una vetrata occorreva anzitutto la
materia prima, il vetro, la cui apparizione ha inizio
allet del bronzo, tra il v e il iv millennio prima di Cri-
sto, non esclusivamente in oriente come si a lungo cre-
duto, ma un po dovunque si praticasse la lavorazione
del rame, come risulta da gioielli trovati in tombe del-
let del bronzo e addirittura della fine dellet neoliti-
ca
9
. Ora, se i popoli delloriente mediterraneo e spe-
cialmente i romani lo avevano usato largamente, alme-
no a partire dalla fine del i secolo a. C., quando lintro-
duzione della tecnica della soffiatura aveva comportato
unautentica rivoluzione trasformando in produzione di
massa per coppe, anfore, vasi, bicchieri e varie suppellet-
tili ci che, anteriormente, era una manifattura di
lusso
10
, luso di questa materia si era andato molto ridu-
cendo nellEuropa occidentale nei primi secoli del
medioevo, mentre aveva al contrario attinto ecceziona-
li risultati a Costantinopoli e nellarea islamica.
probabile che la produzione di lastre di vetro
11
per
vetrate abbia costituito a un certo momento un impor-
tante stimolo allincremento della fabbricazione del
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 44
vetro almeno in certe zone dellEuropa medievale
12
. Nei
primi tre decenni del duecento la richiesta di vetri piani
per la sola cattedrale di Chartres dovette essere dellor-
dine di circa duemila metri quadri, pari a otto metri cubi
e a circa venti tonnellate
13
.
Generalmente il vetro non era prodotto dai medesi-
mi atelier che confezionavano le vetrate. Ci poteva
avvenire nel caso dei laboratori sorti allinterno di unab-
bazia
14
, fissi e non itineranti, situati fuori di una citt,
in prossimit di una foresta che forniva i materiali per
la fabbricazione. Questo fu il caso per esempio dellab-
bazia di Tegernsee in Baviera, nel medioevo uno dei
grandi centri culturali europei, dove nel primo decennio
dellxi secolo lavoravano maestri vetrari. Ci appare
dalla richiesta di vetri che il vescovo della citt di Frei-
sing, Godescalcus, tra il 1003 e il 1013, fa a Peringerus,
abate di Tegernsee, il quale si affretta a far lavorare per
lui i nostri vetrai e gli spedisce duecento lastre di
vetro
15
. Questo dovette essere anche il caso del mona-
stero dove Theophilus scrisse il suo trattato, nel quale
descrive attentamente sia la produzione del vetro e la
strumentazione a essa necessaria, sia la fattura delle
vetrate, mostrando una conoscenza dellintero processo
produttivo che doveva venirgli da una esperienza diret-
ta. Ma nella maggior parte dei casi, e particolarmente in
quello degli atelier attivi alla invetriatura delle finestre
delle grandi cattedrali, il vetro in lastre proveniva da
vetrerie situate spesso a non grande distanza dalla citt,
o talvolta poteva essere acquistato in pani, prodotti in
precedenza in officine vetrarie specializzate, che veni-
vano quindi rifusi e rilavorati sul posto. Il ritrovamen-
to, nel corso degli scavi della torre civica di Pavia, di
pani di vetro accanto a frammenti di vetrate riferibili
agli inizi del xiii secolo testimonia di questa pratica
16
,
sulla quale, tuttavia, non possediamo una documenta-
zione sufficientemente vasta.
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 45
Il mercato
Nel caso della cattedrale di Chartres, per esempio, le
notizie che abbiamo sulla provenienza dei vetri sono
piuttosto tardive. Ci rimasto un contratto stipulato il
30 settembre 1375 per lacquisto di vetri azzurri, verdi
e porpora dal vetraio Jean Hennequin, che aveva la sua
officina presso Senonches, da parte di un Guillemin,
maestro vetrario dellopera della cattedrale. Un altro
documento, del 24 novembre 1415, riguarda acquisti da
parte del maestro vetrario dellopera della cattedrale a
Jehan de Voirre, mercante di vetro abitante presso Lon-
gny
17
. Queste scarse notizie fanno intravedere lesisten-
za di un grosso mercato del vetro con produttori, mer-
canti e consumatori
18
.
Per quanto riguarda i produttori, era opportuno che
la vetreria sorgesse in luoghi dove fosse facile approv-
vigionarsi di legno per i forni e di foglie di felci, le cui
ceneri utilizzare nella produzione del vetro. Nei conti
del 1302 della vetreria normanna di Fontaine-du-Houx,
per esempio, si registrano minutamente i costi degli ope-
rai impiegati a raccogliere felci per fare i vetri, e quelli
relativi al trasporto delle foglie fino alla fornace (pro die-
tis minutorum operanorum qui collegerunt gencheriam ad
faciendum vitra)
19
.
In certi casi poteva anche avvenire che la massima
parte dei vetri fosse importata da lontano. Nel contrat-
to per la cappella funeraria di Richard Beauchamp nella
collegiata di St Marys a Warwick (1447) si specifica che
il vetro doveva venire doltremare e che non doveva
essere impiegato alcun vetro inglese. In questo caso si
tratta per di un esempio eccezionale, della vetrata pi
preziosa e costosa che un maestro vetrario inglese potes-
se produrre
20
. possibile daltra parte che il vetro pro-
dotto in Inghilterra non sia stato per molto tempo che
un vetro duso corrente, come il vetro verde prodotto a
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 46
Chiddington nel Surrey
21
, e che la massima parte dei
vetri per le grandi vetrate del duecento sia stata impor-
tata dalla Francia o dalla Germania. La notizia che
provenissero dallInghilterra certe splendide vetrate
donate allabbazia di Braine alla fine del xii secolo smen-
tirebbe questa ipotesi, ma si tratta di una informazione
tardiva ed estremamente dubbia, come altrettanto dub-
bia, ma meno inverosimile data la superiorit francese
in questo campo, quella che una delle clausole dei
trattati tra Luigi VII di Francia ed Enrico II dInghil-
terra avrebbe richiesto che uno dei migliori maestri
vetrari francesi del tempo fosse libero di recarsi in
Inghilterra
22
. Vetri di particolare pregio e con caratteri-
stiche peculiari potevano, in certi casi, essere chiesti
molto lontano, alle vetrerie veneziane per esempio.
Le vetrerie.
Lantica tradizione della lavorazione del vetro si era
mantenuta in Italia anche nellalto medioevo (ne un
esempio la vetreria di Torcello); molto attive furono poi
le vetrerie di Altare in Liguria, e numerose le fornaci nel-
lItalia settentrionale, in quella centrale
23
e in Sicilia, men-
tre fu probabilmente a Roma che venne compilato, a una
data che ancora molto discussa
24
, il trattato De Colori-
bus et Artibus Romanorum che porta il nome di Eraclio,
una cui parte, pi tarda del resto del testo, si occupa del
vetro. Tuttavia le vetrerie veneziane, dal 1297 a Mura-
no
25
, pur producendo i vetri pi ricercati dEuropa e gli
oggetti pi prestigiosi, non vennero particolarmente sol-
lecitate dai maestri di vetrate. Del resto Giorgio Vasari
sconsiglia luso dei vetri di Murano per questa tecnica, e
ci a causa della loro scarsa translucidit.
Le fornaci che produssero la massima parte dei vetri
per le vetrate si trovavano in Germania e in Francia,
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 47
spesso in aree gi celebri al tempo del tardo impero per
la loro produzione vetraria, come il basso Reno o la
valle della Senna.
Per secoli la produzione del vetro per finestre fu con-
siderata una specialit francese, e questa immagine tro-
viamo ribadita nella prima pagina del trattato di
Theophilus, laddove parla della preziosa variet delle
finestre francesi come di una delle peculiarit artistiche
di questo paese. Ma assai prima questa situazione illu-
minata dalla Historia Abbatum di Beda il Venerabile, che
narra come labate Benedict Biscop, fondatore dei pi
celebri monasteri del Northumberland, avesse inviato
nel 675 emissari in Francia per cercarvi maestri vetrari
che introducessero in Inghilterra questa tecnica scono-
sciuta, operazione poi ripetuta dallabate Cuthbert nel
758. Lattendibilit di queste notizie confermata dal
ritrovamento di frammenti di vetrate del vii e del ix
secolo negli scavi di Monkwearmouth e di Jarrow.
Nel medioevo il vetro veniva fabbricato a partire da
una mistura fatta di due terzi di ceneri vegetali, che con-
tenevano potassa e servivano come fondenti abbassan-
do la temperatura di fusione della sabbia, e di un terzo
di sabbia di fiume ricca di silicio, a cui venivano aggiun-
ti frammenti di vetro e di tessere di mosaico accurata-
mente ridotte in polvere. Raccolta in un recipiente, essa
veniva sottoposta a una cottura in forno a una tempe-
ratura elevata di circa 1500 gradi, ma che poteva essere
diminuita anche al di sotto di 1000 gradi se il tenore
della soda era molto alto.
In Francia si preferivano le ceneri di felce, che dava-
no il cosiddetto verre de fougre, in Germania quel-
le delle foglie del faggio, che entrano nella composizio-
ne del vetro chiamato Waldglas.
A parte le impurit e altri elementi variabili, la for-
mula differiva da quella del vetro antico, ove invece di
potassa (vale a dire carbonato di potassio) veniva pi
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 48
generalmente impiegata soda, cio carbonato di sodio,
il che dava luogo a un prodotto pi soddisfacente, pi
fine, malleabile e facile da lavorare e meno esposto a
deterioramenti. Il ricorso alla soda, ottenuta dalle cene-
ri di certe alghe, piante marine o dei deserti, o dal sale
dei laghi salati, che permetteva di ottenere un vetro di
migliore qualit, sar di nuovo pi generalmente prati-
cato, dopo un lungo periodo di parziale abbandono
(nelle vetrerie situate nelle aree costiere mediterranee la
soda per continu a essere utilizzata)
26
, solo a partire
dal xvi secolo, grazie allintensificarsi delle comunica-
zioni e degli scambi. Gi nel xii secolo per certi vetri
azzurri particolarmente apprezzati, utilizzati nelle vetra-
te della facciata occidentale della cattedrale di Chartres,
in certe vetrate di Saint-Denis o della cattedrale di
York, contenevano alte percentuali di sali di sodio, e
questo fenomeno si estende nel xiii secolo
27
.
Altro elemento importante era la percentuale di sili-
cio contenuta nella sabbia che si trovava nel vetro. Pi
essa era alta, pi resistente e durevole era il prodotto;
per contro una forte presenza di sali di potassio poteva
rivelarsi alla lunga estremamente nociva: vetri che
contengono meno del 14 per cento di sali di potassio si
sono rivelati inattaccabili dalla corrosione, mentre
aumentando la percentuale aumentano considerevol-
mente i rischi si hanno crateri causati dalla corrosio-
ne confinati a certe zone quando la percentuale dei sali
di potassio oscilla tra il 15 e il 18 per cento, crateri gene-
ralizzati quando la percentuale di questi sali va dal 18
al 27 per cento.
I colori.
La colorazione dei vetri
28
era dovuta allimpiego di
ossidi metallici che venivano aggiunti agli altri compo-
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 49
nenti del vetro e, in certa misura, anche ai tempi di cot-
tura che potevano influenzare il grado di ossidazione. Si
usavano il protossido di rame per ottenere il rosso, ossi-
di di rame o di ferro per il verde, di cobalto o di rame
per lazzurro (in particolare il prezioso ossido di cobal-
to proveniente dalla Boemia permetteva di ottenere
azzurri profondi e luminosi)
29
, di ferro per il giallo, di
manganese per il color porpora. Solo moderne analisi
microscopiche, chimiche e spettroscopiche
30
hanno for-
nito informazioni precise sugli ossidi utilizzati, come,
del resto, sui componenti del vetro, punti sui quali gli
antichi trattati rimanevano abbastanza vaghi. Alla colo-
razione dei vetri erano dedicati alcuni capitoli andati
perduti del testo di Theophilus
31
.
La pasta vitrea ottenuta grazie alla fusione della
mistura di ceneri vegetali, sabbia, polvere di vetro e ossi-
di metallici era soffiata in cilindri, che venivano quindi
tagliati allestremit e nel senso della lunghezza onde
permettere di distenderne la superficie, oppure in dischi
piatti ottenuti per forza centrifuga dalla lavorazione di
una bolla di vetro soffiato, raccolta su una punta di
ferro e fatta girare rapidamente di fronte a un fuoco. In
Germania si preferiva il metodo di lavorazione in cilin-
dri, in Francia quello in dischi. Secondo che venisse
impiegata luna o laltra lavorazione, potevano notevol-
mente variare la struttura del vetro, la disposizione delle
bolle daria allinterno della massa, luniformit dello
spessore, elementi tutti che producevano differenze di
intensit nei colori, variazioni nella rifrazione della luce
e influivano, quindi, sulle qualit del vetro prodotto.
Theophilus d unefficace descrizione della fabbrica-
zione di un cilindro di vetro soffiato:
Se vuoi fare tavole di vetro, allora, alle prime ore del mat-
tino, prendi una canna di ferro e ficca la sua estremit in un
vaso pieno di vetro fuso. Quando il vetro aderisce alla canna
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 50
comincia a girarla con la mano fino a quando non avrai rac-
colto attorno a essa quanto vetro avrai voluto. A questo
punto tirala fuori, mettila in bocca e soffia leggermente.
Leva immediatamente la canna dalla bocca e tienla vicina
alla mascella per non rischiare di bruciarti con la fiamma
quando aspiri. Abbi una pietra levigata e batti leggermente
su questa con il vetro incandescente per eguagliarlo in ogni
sua parte e torna a soffiare immediatamente e ripetutamen-
te, sempre ricordandoti di togliere la canna dalla bocca.
Quando vedi che il vetro pende dalla canna come una lunga
vescica, esponi la sua estremit alla fiamma e subito questa
si liquefar e apparir un buco. A questo punto prendi un
legno adatto e allarga il buco fino a ottenere un diametro
analogo a quello che al centro della vescica []
32
.
Vetri placcati.
Il testo di Theophilus non accenna al fatto che molto
frequentemente i vetri erano placcati, formati cio da
due o pi strati di diverso colore; ci si otteneva immer-
gendo successivamente la canna in vasi contenenti dif-
ferenti paste vitree. Questo avveniva regolarmente nel
caso dei vetri rossi, perch i sali di rame danno ai vetri
una colorazione talmente forte e una tonalit cos cupa
da renderlo, quando abbia un certo spessore, completa-
mente opaco. Se il vetro era soffiato in cilindri si veniva
cos a ottenere un foglio rosso da una parte e bianco dal-
laltra (in realt generalmente vi erano numerosi strati),
se invece era lavorato in dischi si aveva un vetro marez-
zato, in quanto la spinta centrifuga cui era sottoposto
faceva s che gli strati rossi e bianchi si disponessero ir-
regolarmente. Nacquero cos i bei vetri rossi marmoriz-
zati del xii e del xiii secolo
33
.
Analisi microfotografiche hanno permesso di accer-
tare che, molto sovente, la struttura dei vetri rossi del
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 51
xii secolo era estremamente complessa. Non soltanto lo
strato pi spesso del vetro era incolore e il pi esiguo era
rosso, ma questultimo, lungi dallessere omogeneo, era
formato da sottilissime lamine di vetro rosso alternate
ad altre di vetro incolore, una struttura che non man-
cava di avere conseguenze sui modi della penetrazione
della luce, che traversava il vetro in modo non omoge-
neo e irregolare, dando origine a vibrazioni cromatiche
e a una sorta di scintillio tale da produrre effetti simili
a quelli delle gemme.
34
Non solo il vetro rosso, ma anche altri vetri del xii
secolo, come hanno mostrato gli esami cui sono stati sot-
toposti frammenti di vetrate trovati negli scavi della
cattedrale di Spira, rivelano, allesame microscopico, di
essere stati trattati in maniera analoga; in certi casi si
sono trovati vetri composti di finissime pellicole sovrap-
poste. Si tratta di vetri placcati due o tre volte con stra-
ti di colore (verde-giallo, verde-rosso, violaceo) alterna-
ti a strati incolori, vagamente verdastri. Ove si tratti di
un vetro a pi strati, quello di colore pi forte si trova,
generalmente, al centro. Nel caso di questi vetri strati-
ficati il cilindro di vetro immerso pi volte (non una
sola come nel vetro placcato) in una fusione colorata o
bianca
35
.
Giorgio Vasari, che era stato allievo in giovinezza di
un grande maestro vetrario, il francese Guillaume de
Marcillat, nella Introduzione alle tre arti del disegno che
precede le Vite, discute con grande competenza anche
di pittura su vetro, indicando bene gli svantaggi di un
vetro troppo scuro:
la trasparenza consiste nel saper fare elezione di vetri, che
siano lucidi per se stessi. Et in ci meglio sono i franzesi,
fiaminghi et inghilesi che i veniziani: perch i fiaminghi
sono molto chiari, et i veniziani molto carichi di colore, e
quegli che son chiari, adombrandoli di scuro, non perdono
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 52
il lume del tutto tale che e non traspaino nellombre loro;
ma i veniziani, essendo di loro natura scuri et oscurandoli
di pi con lombre, perdono in tutto la trasparenza. Et
ancora che molti si dilettino davergli carichi di colori, arti-
fiziatamente soprapostivi, che sbattuti dallaria e dal sole
mostrano non so che di bello pi che non fanno i colori
naturali, meglio nondimeno aver i vetri di loro natura
chiari che scuri, a ci che da la grossezza del colore non
rimanghino offuscati
36
.
Progettazione e fabbricazione.
I vetri cos preparati venivano quindi trasportati alla-
telier. Qui il capomaestro preparava il modello della
vetrata. Secondo un passo del testo di Theophilus dedi-
cato alla composizione delle finestre vitree, egli si ser-
viva di una tavola di legno liscia, spalmata da un fine
impasto di gesso. Nel museo di Gerona in Catalogna
sono conservati due frammenti di una tavola usata da un
maestro vetrario del trecento per progettare il corona-
mento pseudo-architettonico di una delle vetrate della
cattedrale; il fatto poi che la vetrata sia stata conserva-
ta rende possibile in questo caso un preciso confronto
tra progetto ed esecuzione
37
. Sulla parte posteriore di un
altare dipinto della fine del trecento nel duomo di Bran-
denburg sono daltronde visibili resti di disegni per una
vetrata, e questo mostra tra laltro come nello stesso ate-
lier si lavorasse sia alla preparazione di vetrate sia alla
confezione di un polittico dipinto
38
. Vennero anche
impiegati materiali pi maneggevoli del legno, come
stoffa, pergamena, carta e, a partire dalla fine del tre-
cento, si diffuse luso del cartone di origine italiana.
Sopra la tavola coperta di gesso, con una punta di
metallo, e con laiuto della riga e del compasso, veniva-
no disegnate le dimensioni e la forma della finestra, il
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 53
bordo e cos via. Quindi, prima con la punta di stagno
o di piombo, poi con il colore rosso o nero, venivano
tracciate le linee, le ombre, le luci e i tratti delle imma-
gini, in modo sufficientemente accurato da poterli tra-
sporre sul vetro. I vari colori da utilizzare per le vesti
venivano indicati sulla tavola con lettere differenti.
I singoli pezzi di vetro venivano poi posti nei luoghi
loro destinati sulla tavola e su di essi venivano riporta-
ti con il gesso i tratti e le linee quali si vedevano per tra-
sparenza sulla tavola sottostante. Seguiva il taglio del
vetro secondo le forme stabilite nel progetto. Esso veni-
va eseguito con un ferro rovente, i bordi venivano poi
livellati con uno strumento chiamato, secondo il Vasa-
ri, grisatoio ovvero topo.
La pittura del vetro
A questo punto i vetri venivano dipinti con una tinta
monocroma. Secondo Theophilus, nel capitolo che dedi-
ca al colore con cui si dipinge il vetro
39
, essa era com-
posta in parti eguali da rame bruciato e ridotto in pol-
vere, da frammenti di vetro verde e di zaffiro greco
(verisimilmente un vetro azzurro di fabbricazione bizan-
tina o veneziana o un carbonato di rame come lazzur-
rite) che servivano da fondenti, schiacciati tra lastre di
porfido e stemperati con estrema cura in vino o in uri-
na. Due testi trecenteschi ci forniscono qualche infor-
mazione: uno il celebre trattato di Cennino Cennini,
pittore fiorentino direttamente legato alla tradizione
giottesca in quanto allievo, come egli stesso precisa, di
Agnolo Gaddi, e poi operoso a Verona. Questi, nel capi-
tolo che nel suo testo dedica alla pittura del vetro,
abbastanza vago e accenna solo alla polvere di rame che
entra nella preparazione: un colore el quale si fa di
limatura di rame ben macinato
40
. Assai pi preciso lal-
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 54
tro testo, la Memmoria del magisterio de fare fenestre de
vetro, opera questa volta di un uomo strettamente del
mestiere, di un maestro vetrario, Antonio da Pisa
41
. Su
questo punto la ricetta di Antonio da Pisa differisce da
quella di Theophilus soprattutto nelle proporzioni che
sono qui di due parti di vetro e una di rame:
pilglia de quellj paternostrj piccolini de vetro giallo, cio de
quelli venentianj finj che sono a modo de ambre alle, e
pistalj bene: in polvere reducti e sutilmente macinatj, pil-
glia uno scudellino de scalcaglia de ramo che sia necta e pu-
ra, e duoj scudellini de questa polvere decta di sopra, e
mescola insieme e macina insieme sotilmente sopre de um
porfido: e questo el colore negro.
Di zaffiro greco non si parla. Subito dopo per
Antonio da Pisa aggiunge:
Et quando non podessi avere dellj decti paternostri pil-
glia de lo smalto giallo, e fa come tu saj e metegli un pocho
de (rosso?)
42
.
Con questa mistura i vetri venivano accuratamente
dipinti secondo il progetto.
Dopo quello della progettazione, il momento della
pittura la fase pi importante nella creazione di una
vetrata. La tinta monocroma
43
poteva essere di vari colo-
ri, nera se nel composto entravano sali di ferro, bruna
ove ci fosse dellossido di rame, rossastra o verdastra.
Essa poteva essere usata per modificare, almeno par-
zialmente, la tonalit di alcuni vetri. I vetri colorati
infatti assorbono la luce in diversa misura e spetta al pit-
tore di armonizzarli se vuole ottenere un risultato
omogeneo. Cos i vetri azzurri potevano, in certi casi,
ricevere una velatura dipinta per diminuirne lintensit
(assai pi forte di quella dei vetri rossi) in favore del-
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 55
leffetto di insieme. Daltra parte la pittura veniva anche
impiegata attorno al piombo che divide due vetri di
colore differente per attenuare il contrasto dovuto allac-
costamento di due superfici cromatiche diverse.
I tre toni della grisaille.
Infine la pittura monocroma, ed era questo il suo pre-
cipuo e pi importante impiego, veniva utilizzata per
delineare i contorni, i lineamenti di un volto, le pieghe
di un panneggio e per creare effetti di modellato. Ser-
vendosi di essa il maestro dipingeva il vetro stendendo-
vi successivamente strati di grisaille pi o meno leggeri,
tracciava pieghe e lineamenti, accentuava le ombre, face-
va trasparire le luci. Loperazione cos descritta da
Theophilus in un capitolo dedicato ai tre modi da usare
per fare le luci sul vetro:
Se sarai applicato in questo lavoro potrai fare le ombre
e le luci delle vesti allo stesso modo nel quale vengono fatte
nella pittura che usa i colori. Quando, con la tinta che si
detto, avrai dato dei tocchi sulle vesti, distribuisci il colo-
re con il pennello in modo che il vetro resti trasparente nelle
parti in cui in pittura faresti le luci; e questo tocco in una
parte sia denso, in altra leggero, in altra ancora leggerissi-
mo, e distinto con tanta cura che paia quasi che tu abbia
usato tre colori. E questo modo lo devi osservare anche
sotto le sopracciglia, e intorno agli occhi, alle narici, al
mento, e intorno al volto dei giovani, intorno ai piedi nudi
e alle mani e attorno alle altre membra del corpo nudo. E
la tua pittura sembrer fatta con una variet di colori
44
.
In uno splendido frammento di vetrata della met del
xii secolo che forse proviene da Lione o Saint-Denis, la
cosiddetta Tte Grente (dal nome del maestro vetrario
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 56
ottocentesco che lebbe nella sua collezione) o nella pi
tarda testa di san Paolo proveniente dal castello di
Rouen, il procedimento illustrato da Theophilus per-
fettamente visibile.
Se egli mostra come simulare, con una sola tinta,
limpiego di colori diversi, possiamo constatare come, a
partire da un certo momento almeno, la pittura mono-
croma non fosse pi di un solo tipo. In molte vetrate
infatti si osserva luso di due tinte differenti, luna nera,
laltra bruna, di composizione chimica diversa. In certe
vetrate austriache del trecento si altres rilevato luso
di una pittura verde
45
.
Giorgio Vasari, nella Vita di Guglielmo da Marcilla
nota:
Adoprava Guglielmo solamente di due sorti colori per
ombrare que vetri che voleva reggessino al fuoco: luno fu
scaglia di ferro, e laltro scaglia di rame: quella di ferro nera
glombrava i panni, i capelli et i casamenti, e laltra, cio
quella di rame, che fa tan le carnagioni
46
.
Per molti aspetti la pratica della tinta monocroma
estremamente simile a quella di altri tipi di pittura ed
stato ben mostrato
47
come i procedimenti della pittura
su vetro fossero vicini a quelli della pittura murale, nel
definire le forme, nel degradare le ombre, nel caratteriz-
zare, con tratti pi spessi e sottolineati, i contorni e i
lineamenti. Occorrer considerare ancora un punto, il
fatto cio che questa pittura non era distesa sulla sola
faccia interna del vetro, ma spesso anche sulla faccia
esterna. Era il lato interno del vetro che la riceveva
prevalentemente, ma per accentuare gli effetti delle
ombre sui panneggi, per ottenere certi aspetti di sfumato
nei volti e nei corpi si dipingeva la parte esterna dei
vetri; cos pure per ottenere certi aspetti di stoffe dama-
scate il disegno del damasco veniva dipinto sullesterno.
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 57
Su tale lato, tuttavia, maggiormente esposto agli agenti
atmosferici, questi ultimi, nonch le abrasioni prodotte
da puliture troppo energiche, hanno spesso asportato la
pittura. A Chartres, per esempio, essa visibile sulle ve-
trate delle finestre esposte a sud, mentre quasi scom-
parsa da quelle poste a settentrione
48
.
Pittura per via di levare.
Nel caso del vetro, diversamente da quanto avviene
per la pittura murale, il momento della asportazione
della tinta era altrettanto importante di quello della ste-
sura della medesima, perch il pittore su vetro non
dipingeva solo con la grisaille e con laccostamento dei
vetri colorati, ma anche con la luce che traversa il vetro.
Cos il bordo di una vetrata, e talora il fondo, poteva
essere ricoperto da uno spesso strato di pittura mono-
croma, da cui, per abrasione, venivano ricavate lettere,
perle, greche, virgulti, foglie, rametti e altri elementi
decorativi che si stagliavano chiari sul fondo scuro.
Anche su questo punto il testo di Theophilus elo-
quente:
Si faccia anche qualche ornato nel vetro, e in particola-
re nelle vesti, nei troni e nei fondi, nel vetro azzurro, in
quello verde e in quello chiaro di colore bianco e purpureo.
Quando avrai fatto le prime ombre nei panneggi di questo
tipo, ed esse saranno secche, ricopri ci che resta del vetro
con un colore lieve, che non sia tanto denso come la secon-
da ombra n tanto chiaro come la terza, ma medio tra que-
ste due. Quando questo colore sia secco traccia con il mani-
co del pennello intorno alle prime ombre che hai fatto dei
tratti sottili da tutte e due le parti in modo che tocchi sot-
tili di questo colore leggero rimangano tra queste linee e le
ombre precedenti. Nel fondo poi fa circoli e rametti con
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 58
fiori e foglie, allo stesso modo che si usa nelle lettere minia-
te, ma i fondi che nelle lettere miniate si riempiono con il
colore, nel vetro devi dipingerli con sottilissimi ramoscelli.
Puoi anche inserire qua e l in questi circoli bestiole, uccel-
lini, insetti e figure nude
49
.
E altrove:
Se vuoi tracciare delle lettere sul vetro, copri completa-
mente con la grisaglia le parti sulle quali vuoi farle, e scri-
vile con il manico del pennello
50
.
Pi tardi Giorgio Vasari:
volendoli dare lumi fieri, si ha un pennello di setole corto
e sottile e con quello si graffiano i vetri in su il lume, e leva-
si di quel panno che aveva dato per tutto il primo colore, e
con lasticciuola del pennello si va lumeggiando i capegli, le
barbe, i panni, i casamenti e paesi come tu vuoi
51
.
La pittura su vetro appare cos caratterizzata come
una tecnica ove loperazione di levare ha unimpor-
tanza pari a quella di porre. E se si potevano ottene-
re effetti straordinari grattando via con il manico del
pennello la pittura distesa sul vetro, altri effetti ancor
pi spettacolari si potevano ottenere scalfendo lo strato
superficiale di un vetro doubl in modo da far apparire
il secondo, di diverso colore. Di tale operazione parla-
no Antonio da Pisa e il Vasari: in un caso si procede con
un acido, una sorta di acqua regia, nellaltro con uno
strumento che scalfisce il vetro.
Scrive, infatti, Antonio da Pisa:
Se tu volissi fare uno leone o altro animale o altra cosa
sopra um vetro rosso, talglia el vetro alla forma del leone o
de quella cosa che tu vuoi fare e abbi della cera disfacta,
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 59
come quando se fanno le candele, e mectegli dentro questo
peco di vetro e tiralo fore e quando quello refreddata que-
sta cera che apiccata ad questo vetro, valgli desengnando
suso in questa cera, quelle parte del leone o daltri anima-
le che tu volissi fare, che tu vuoi che remangna biancha e
cava via quella cera che tu i desegnata; e quando larai
cavata fa davere lacqua da partire loro da largento, la
quale acqua vendono li auriffici e da questa acqua mectine
dentro alla cavatura che i fatta nella cera cavata via, e las-
savila stare questa acqua doi ore o tre e deventar bianco;
e poi, levata via quella cera con un coltello, fa davere dello
smirilglio pesto con l piombo, un pocho de... e sfregalo
suso, e verr lustro e chiaro e bello. Ma nota che quando
tu farai questo, guarda di farlo dal lato del colore cio dove
el vetro el colore rosso, perch si tu lacqua el metissi da
lato dove non el colore, non faristi niente
52
.
Quanto a Vasari avverte:
segnando su un colore rosso un fogliame o cosa minuta,
volendo che a fuoco venga colorito di altro colore, si pu
squamare quel vetro quanto tiene il fogliame con la punta
di ferro che levi la prima scaglia del vetro, cio il primo
suolo e non la passi
52
.
Vetrate monocrome.
In certi casi la pittura venne applicata non su vetri
colorati nella massa, ma su vetri incolori. questo il
caso, per esempio, delle vetrate che si trovano in molte
chiese cistercensi, in cui la decorazione basata su ele-
menti geometrici e vegetali, escludendo scene e perso-
naggi. I motivi geometrici o vegetali della decorazione
delle vetrate cistercensi talora derivano dal disegno delle
transenne di marmo, dai claustra tardoromani o dagli ele-
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 60
menti in stucco che costituivano lossatura della vetrata
islamica
54
.
Questo tipo di vetrata da mettere in rapporto con
le idee di san Bernardo sulla decorazione delledificio
religioso. Desiderando che dallinterno della chiesa
venisse bandito ogni elemento che potesse distogliere il
monaco dalla preghiera, san Bernardo fu portato a pre-
diligere unarte povera, esclusivamente ornamentale,
priva di suggestioni figurative, che si ponesse chiara-
mente in contrapposizione allo sfarzo sontuoso, carico
di colore, dellarte contemporanea, quale era ad esem-
pio praticata nelle abbazie benedettine.
Luso del vetro monocromo dipinto a grisaille, o
addirittura non dipinto, ma animato solo dal disegno
dei piombi, come per esempio avviene nelle vetrate
monocrome della chiesa di Orbais, fu praticato per lo
pi, ma non certo esclusivamente, nelle chiese cister-
censi; frequente fin dal xiii secolo accanto a vetrate
intensamente colorate per permettere una maggiore
luminosit. Sar poi dalla met del duecento che as-
sumer una nuova importanza. Larghi fondi incolori
dipinti a pittura monocroma incorniceranno allora
scene e personaggi trattati cromaticamente. Si fa stra-
da un gusto del camaieu, degli effetti sottili che con-
trasta con i violenti cromatismi del momento prece-
dente
55
.
Cottura della grisaille.
Una volta dipinti, i vetri erano cotti in forno per sta-
bilizzarne la pittura, operazione che descritta da
Theophilus, da Antonio da Pisa e da Vasari
56
. La gri-
saille, il cui punto di fusione (circa 6oo gradi) era infe-
riore a quello del vetro su cui era posta, si fondeva ade-
rendo perfettamente alla superficie vitrea e penetrando
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 61
nei suoi pori. questo un elemento fondamentale per
la durata e la conservazione delle vetrate.
Quando la pittura di una vetrata o di una sua parte
mostra di non avere ben resistito agli agenti atmosferi-
ci, la ragione ne per lo pi una cottura non regolare,
o una inadeguata composizione della tinta, o, in certi
casi, la composizione del vetro di supporto. Quando la
cottura riusciva, il vetro dipinto poteva affrontare i
rischi dellesposizione agli agenti atmosferici pi sfavo-
revoli e alle ingiurie del tempo.
La pittura monocroma non poteva tuttavia giungere
a modificare il colore, per cui, quando nella vetrata era
necessario un mutamento cromatico, era giocoforza inse-
rire un nuovo pezzo di vetro e un listello di piombo che
lo reggesse. Gli stacchi cromatici sono di conseguenza
bruschi, le uniche modulazioni di tono sono quelle con-
sentite dalla pittura monocroma, altrimenti si passa bru-
scamente da un colore a un altro.
Il giallo dargento.
La possibilit di avere su un unico pezzo due distin-
ti colori si ha solo con lintroduzione del cosiddetto
giallo dargento, un composto di sali metallici (nitra-
ti, solfuri o cloruri dargento) o, pi semplicemente, una
limatura dargento che, steso sul vetro, generalmente
sulla sua parte esterna, ed esposto alla cottura, assume
un colore dorato. Questa tecnica, che era conosciuta in
oriente gi nellalto medioevo (in Egitto era utilizzata
fin dal vi secolo per decorare i vasi), arriv in occiden-
te forse tramite il Lapidario di Alfonso il Savio, re di
Castiglia, redatto tra il 1276 e il 1279, e venne adotta-
ta e diffusa in Francia fin dagli inizi del trecento (se ne
conserva un esempio datato 1312)
57
. Essa permette di
modificare il colore su una singola parte della superficie
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 62
di un vetro. Per fare un esempio, su uno stesso fram-
mento di vetro possono coesistere una parte bianca e
una dorata. Mentre prima dellintroduzione del giallo
dargento, per rappresentare il volto chiaro e i capelli
biondi di un personaggio occorreva cambiare vetro e
inserire tra i due frammenti un listello di piombo, con
il ricorso al nuovo ritrovato loperazione poteva essere
eseguita sullo stesso frammento di vetro senza intro-
durre un piombo supplementare. Oltre che sul vetro
incolore, il giallo dargento stato utilizzato sul vetro
colorato, dando luogo a differenti effetti cromatici: si
ottiene per esempio il verde ponendolo su un vetro
azzurro, o larancio ponendolo su un vetro rosso.
Come apporre gemme sul vetro dipinto.
Anche prima dellintroduzione del giallo dargento fu
possibile, in qualche caso molto particolare e circoscrit-
to, nellornamento di un bordo, di una corona, di una
croce, di una veste, inserire un frammento di vetro entro
un vetro di colore diverso senza luso del piombo:
quanto illustra Theophilus nel ventottesimo capitolo del
suo secondo libro, intitolato Come apporre gemme sul
vetro dipinto. Si indica qui come si potessero disporre su
un vetro dipinto, non ancora passato alla ricottura neces-
saria per rendere solida e aderente la tinta monocroma,
frammenti di vetro colorato, azzurro o verde, in modo
da simulare delle gemme, come si dovessero circondare
con il pennello questi frammenti con un denso strato di
pittura monocroma, e come tutto dovesse essere quindi
disposto nel forno per la ricottura del vetro. In questo
modo le false gemme venivano ad aderire al vetro come
la tinta monocroma. Su una vetrata del xii secolo a Che-
mill-sur-Indrois in Turenna stato identificato questo
procedimento
58
, che appare praticato anche sui bordi
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 63
della vetrata dellalbero di Jesse della cattedrale di Rati-
sbona (circa 1225-30). Questo tipo di lavorazione non ha
tuttavia trovato applicazione che in casi molto partico-
lari, o, pi verisimilmente, data la fragilit del prodotto,
non ne sono stati conservati che pochissimi esempi, alcu-
ni dei quali si trovano anche in vetrate pi tarde a Klo-
sterneuburg e a York, databili tra il 1375 e il 1430
59
.
La messa in piombo.
Alloperazione della ricottura del vetro segue quella,
delicatissima, della messa in piombo. I doppi righelli di
piombo a profonde gole che, visti in sezione, formano
una H maiuscola, servivano a tenere insieme i diversi
pezzi di vetro e nel tempo stesso a sottolineare il dise-
gno delle immagini. Venivano in questo modo a svolge-
re il ruolo fondamentale di scheletro portante e di sche-
ma lineare, unendo una funzione statica a una compo-
sitiva. Questi piombi erano fusi in forme di ferro, di
legno e di altro materiale
60
e rifiniti in un secondo tempo
a mano. I vetri erano poi introdotti entro le gole del
righello di piombo tra le due ali che venivano ribattute
per assicurare una buona tenuta. Nei differenti punti di
giunzione si procedeva alla saldatura dei piombi. Assai
poche sono le vetrate del xiii o del xiv secolo giunte fino
a oggi conservando i loro piombi originali; nella massi-
ma parte dei casi i piombi antichi sono stati sostituiti
durante i restauri causando danni spesso assai gravi. La
raffinata sottigliezza delle antiche montature non per
la maggior parte dei casi pi recuperabile, e la sostitu-
zione dei piombi sovente ha potuto alterare profonda-
mente il disegno di una vetrata rendendone piatte e
inerti le linee di contorno
61
. Un passo della Vita di
Guglielmo da Marcilla del Vasari
62
illumina limportanza
del trattamento dei piombi; vi leggiamo infatti:
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 64
Disegn costui le sue pitture per le finestre con tanto
buon modo et ordine, che le commettiture de piombi e de
ferri che attraversano in certi luoghi, laccomod di manie-
ra nelle congiunture delle figure e nelle pieghe de panni che
non si conoscano, anzi davano tanta grazia che pi non
arebbe fatto il pennello: e cos seppe fare della necessit
virt.
Larmatura.
Il peso dei vetri e dei piombi era molto grande, e una
vetrata avrebbe rischiato di deformarsi completamente
se non fosse stata inquadrata e contenuta da unarma-
tura. I montanti di questa erano, in origine, fissati a un
telaio di legno che incorniciava la vetrata (ne abbiamo
qualche residuo frammento del xiii secolo a Noyon,
Reims, Canterbury, York), il quale era, a sua volta, assi-
curato alla finestra. Luso del telaio di legno venne tut-
tavia abbandonato, perch troppo poco resistente, nel
corso del xiii secolo e le sbarre dellarmatura in ferro
vennero direttamente fissate ai bordi e ai montanti della
finestra
63
.
In origine il disegno dellarmatura era assai semplice.
Le sbarre di ferro erano sistemate sia verticalmente sia
orizzontalmente formando dei quadrati di 6o-8o centi-
metri di lato, tendenzialmente simili. Il disegno dellar-
matura non influiva in questi casi nella soluzione com-
positiva della vetrata. Quando si trattava di finestre a
pi episodi il maestro vetrario adottava una soluzione a
medaglioni sovrapposti e contigui.
Un mutamento importantissimo si verific nella
impaginazione delle vetrate: da un tipo di vetrata a
medaglioni rigidamente sovrastanti si pass a combina-
re pi medaglioni insieme in forme svariate. I primi
esempi si trovano in vetrate dellabbazia di Saint-Denis,
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 65
delle cattedrali di Chlons-sur-Marne
64
e di Angers, poi
il medaglione composito conobbe a Chartres come a
Bourges un rapido sviluppo. Migliorie tecnologiche con-
sentirono quindi di sostituire alle intelaiature tradizio-
nali a barre perpendicolari una intelaiatura pi flessibi-
le, con elementi curvilinei in ferro battuto che seguiva-
no la forma dei medaglioni. In questo modo larmatura,
da elemento puramente funzionale, assunse un ruolo
importante nella composizione della finestra. Tuttavia
il ruolo compositivo dellarmatura in ferro non fu che un
breve intermezzo: verso la met del xiii secolo si rinun-
ci definitivamente alle forme complicate dellarmatura
per ritornare alle tradizionali barre diritte
65
.
Deterioramento e restauro.
Restauri sono stati largamente praticati sulle vetrate
nei secoli passati. Talora si tratt di sostituzioni pres-
soch complete di volti, personaggi, animali, architet-
ture con nuovi vetri dipinti, talaltra si improvvis una
sorta di patchwork utilizzando come tappabuchi fram-
menti di altre vetrate.
La fragilit dei materiali, la loro esposizione prolun-
gata per secoli alle intemperie, e particolarmente al cre-
scente inquinamento atmosferico, ha fatto s che inter-
venti durgenza di restauro, consolidamento, pulitura si
siano moltiplicati negli ultimi trentanni sulle vetrate
medievali. Gli elementi pi esposti alle minacce della
polluzione sono il vetro stesso e la pittura monocroma
che lo copre. Lungi dallessere messi in pericolo soltan-
to dalla loro intrinseca fragilit, e quindi minacciati nel
tempo da grandinate, sassi, esplosioni, uccelli, i vetri
sono infatti, pi o meno, a seconda della loro composi-
zione chimica (pi vulnerabili, come si detto, quelli ric-
chi in sali di potassio), minacciati di degradazioni, ero-
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 66
sioni, sfaldamenti, incrostazioni che ne modificano le
tonalit ne riducono o addirittura ne annullano la tra-
sparenza attraverso processi di devitrificazione. Caden-
do su vetri potassici, lacqua contribuisce a scioglierne
i costituenti alcalini, e disgrega di conseguenza il tessu-
to siliceo che costituisce il vetro. Daltra parte lazione
dellanidride carbonica causa della formazione di car-
bonati, specie sulle facce esterne dei vetri, e quella del-
lanidride solforosa contribuisce al depositarsi sulle facce
esterne di gesso (solfato di calcio) o di solfati di calcio e
potassio che erodono il vetro in profondit, ne modifi-
cano i colori, lo rendono opaco e danneggiano anche la
pittura monocroma che vi sovrapposta. A sua volta
questa pittura, la cui aderenza stata ottenuta con una
successiva cottura che lha vetrificata, pu, a causa del
differente coefficiente di dilatazione che ha rispetto al
vetro, sfaldarsi e cadere. La incomparabile differenza di
conservazione che pu essere verificata nelle residue
vetrate di Saint-Denis, di cui alcuni frammenti, entrati
in collezioni e musei gi sul finire del settecento, sono
stati ospitati da allora in ambienti protetti, mentre altri
sono stati rimontati in loco ed esposti alla polluzione
degli ultimi due secoli, mostra ad abundantiam gli effet-
ti tragici dellinquinamento atmosferico sulle vetrate. Si
trattato dunque di correre ai ripari fermando i processi
di degradazione, restituendo la trasparenza, consoli-
dando la pittura, cambiando i piombi ed eventualmente
le armature. Interventi particolarmente importanti
hanno avuto luogo a Friburgo, Norimberga, Augusta,
Canterbury sulle vetrate occidentali del xiii secolo, alla
cattedrale di Chartres nel 1977
66
, e successivamente su
una serie di vetrate duecentesche delle cattedrali di
Chartres, di Bourges, di Troyes, di Le Mans, su quelle
trecentesche di Saint-Pre di Chartres, di Evreux o di
Saint-Ouen a Rouen, e hanno dato luogo a numerosi
scritti e dibattiti
67
.
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 67
1
Si veda la definizione di Vitrail in n. blondel, Le Vitrail, Voca-
bulaire typologique et technique, Paris 1993, pp. 6o sgg., e si noti che
litaliano non ha la distinzione esistente in francese tra verrire e vitrail,
dove il primo termine pi generale e il secondo ne rappresenta una
forma e una tipologia particolari.
2
e. h. langlois, Essai Historique et Descriptif sur la Peinture sur Verre
ancienne et moderne, Rouen 1832, p. 64.
3
Sulla tecnica delle vetrate si vedano particolarmente j. j. gruber,
Technique, in aa.vv., Le Vitrail Franais, Paris 1958, pp. 55-70; e.
frodl-kraft, Die Glasmalerei, Wien 1970, pp. 29-64; j. lafond, Le
Vitrail, 3
a
ed. a cura di F. Perrot, Lyon 1988, pp. 37-70; c. lautier,
La technique du vitrail la Renaissance, in aa.vv., Vitraux parisiens de
la Renaissance, Paris 1993, pp. 163-70. Sulla letteratura tecnica medie-
vale cfr. b. bischoff, Die berlieferung der technischen Literatur, in Arte
e tecnica nella societ dellalto medioevo, Settimane del Centro di Studi
sullAlto Medioevo, 18, 1971, pp. 267-96.
4
g. e. lessing (a cura di), Theophili Presbyteri Diversarum Artium
Schedula, edito postumo da c. leiste in Zur Geschichte und Literatur
aus den Schtzen der herzoglichen Bibliothek zu Wolfenbttel, Braun-
schweig 1781. Sui manoscritti e le edizioni del testo di Theophilus cfr.
d. v. thompson jr, The Schedula of Theophilus Presbyter, in Specu-
lum, vii (1932), pp. 199-220; r. parker johnson, The Manuscripts of
the Schedula of Theophilus Presbyter, in Speculum, xiii (1938), pp.
86-103; b. bischoff, Die berlieferung des Theophilus = Rugerus nach
der ltesten Handschriften, in Mnchner Jahrbuch d. bildende Kunst,
iii-iv (1952-53), pp. 145-49. Sul vocabolario di Theophilus, l.
thorndyke, Words in Theophilus, in Technology and Culture, vi
(1965), pp. 442-43; d. v. thompson jr, Theophilus Presbyter Words and
Meaning in Technical Translations, in Speculum, lxii (1967), pp.
313-39. Tra le edizioni del testo varr la pena di ricordare almeno la
fondamentale edizione che ne diede a. ilg (Wien 1874); quella ricca-
mente annotata, specie dal punto di vista della tecnologia, dellingegner
w. theobald (Technik des Kunsthandwerks im Zehnten Jahrhundert. Das
Theophilus Presbyter Diversarum Artium Schedula, Berlin 1933); quella
gi citata del Dodwell e la traduzione inglese, particolarmente attenta
agli aspetti tecnici, del filologo j. g. hawthorne e dello storico delle
tecniche c. s. smith, On Divers Arts. The Treatise of Theophilus tran-
slated from the medieval latin with introduction and notes, Chicago 1963.
5
l. white jr, Theophilus Redivivus, in Technology and Culture,
v (1964), pp. 224-33, ripubblicato nella raccolta di saggi dello stesso
autore con il titolo Medieval Religion and Technology. Collected Essays,
Berkeley 1978, pp. 93-103; j. van engen, Theophilus Presbyter and
Rupert of Deutz: The Manual Arts and Benedictine Theology in the Early
Twelfth Century, in Viator, xi (198o), pp. 147-63.
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 68
6
e. freise, Roger von Helmarshausen, ein maaslndischer Knstler
und Mnch in Westfalen, in G. Jaszai (a cura di), Monastisches West-
falen, Klster und Stifte 800-1000, Mnster 1982, pp. 287 sgg.; K.
Weidemann (a cura di), Das Reich der Salier, Sigmaringen 1992, pp.
388 sgg.
7
j. van engen, Theophilus Presbyter and Rupert of Deutz cit.
8
theophilus, The Various Arts - De Diversis Artibus, edizione a cura
di c. r. dodwell, London 1961, cap. i, p. 63.
9
Cfr. il capitolo Historical development of glass in r. newton e S.
davison, Conservation of Glass, London 1989, e si veda la voce Verre
in blondel, Le Vitrail cit., pp. 152 sgg.
10
d. b. harden, nel catalogo della mostra Vetri dei Cesari, Milano
1988.
11
Cfr. Le verre plat et ses mises en uvre, in blondel, Le Vitrail cit.,
pp. 177 sgg.
12
f. rademacher, Die deutsche Glser des Mittelalters, Berlin 1933;
j. barrelet, La verrerie en France de lpoque gallo-romaine nos jours,
Paris 1953; p. piganiol, Le Verre, son histoire et sa technique, Paris
1965; d. foy, Le verre mdival et son artisanat en France mditer-
ranenne, Paris 1988.
13
barrelet, La verrerie en France cit.
14
d. b. harden, Medieval Glass in the West, in Proceedings of the
8th International Congress on Glass, Sheffield 1969, pp. 91-99, affer-
ma che la presenza di fornaci per il vetro era corrente nelle abbazie
benedettine.
15
o. lehmann-brockhaus, Schriftquellen zur Kunstgeschichte des 11
und 12 Jahrhunderts fr Deutschland, Lothringen und Italien, Berlin 1938,
p. 722, nn. 3042-43.
16
r. j. charleston, Glass cakes as raw material and articles of com-
merce, in Journal of Glass Studies, v (1963), pp. 54-68. Per i ritro-
vamenti pavesi cfr. b. ward perkins, I frammenti di vetrate, in aa.vv.,
Scavi nella torre civica di Pavia, in Archeologia Medievale, v (1978),
pp. 101-7.
17
Cfr. y. delaporte, Les Vitraux de la Cathdrale de Chartres, Char-
tres 1926, vol. I, pp. 22 e 25.
18
Per una esemplare analisi del mercato del vetro nella Francia
meridionale cfr. foy, Le verre mdival cit.
19
a. millet, Histoire dun four verre de lancienne Normandie,
Paris-Rouen 1871, p. 10-12; j. lafond, La prtendue invention du plat
de verre au XIV
e
sicle et les familles de grosse verrerie en Normandie,
in Revue des Socits Savantes de Haute Normandie, l (1968).
20
j. d. le couteur, Ancient Glass in Winchester, Winchester 1920,
p. 104; c. woodforde, English Stained and Painted Glass, Oxford 1954,
p. 22.
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 69
21
h. arnold, intervento sulla relazione di c. heaton, The founda-
tion of stained glass work, in Journal of the Royal Society of the Arts,
18 marzo 1910, p. 467. e. s. godfrey, The Development of English Glass
Making 1560-1640, Oxford 1975, nota che prima del 1567 la produ-
zione vetraria inglese insignificante.
22
n. h. j. westlake, A History of Design in Painted Glass, London
1881, vol. I, p. 38; m. harrison caviness, Sumptuous Arts at the Royal
Abbeys in Reims and Braine, Princeton 1990, p. 123, nota 109.
23
m. mendera, La produzione di vetro nella Toscana bassomedieva-
le, Firenze 1989, con buona bibliografia.
24
m. merrifield, Original Treatises dating from the Twelfth Century
to the Eighteenth Century on the Arts of Painting, London 1849, vol. I,
pp. 166-257. Su Heraclius cfr. a. giry, Mlanges publis par lEcole des
Hautes Etudes, Paris 1878, pp. 109-227.
25
Sulle vetrerie veneziane e pi in generale sui problemi della storia
e della tecnica del vetro si vedano i fondamentali saggi di l. zecchin, Vetro
e vetrai di Murano. Studi sulla storia del vetro, Venezia 1987-90.
26
foy, Le verre mdival cit., pp. 31 sgg.
27
j.-m. bettembourg, La dgradation des vitraux, in Revue du
Palais de la Dcouverte, vi (1977), p. 43.
28
Cfr. blondel, Le Vitrail cit., pp. 159 sgg.
29
Sulla difficile commercializzazione di questi sali minerali cfr.
m.-m. gauthier, Emaux du Moyen-Age Occidental, Fribourg 1972
2
, pp.
22 sgg.
30
c. d. vassas, Etude colorimtrique de verre de vitraux au Moyen
Age, in IX Congrs International du Verre, Communications artisti-
ques et historiques (Versailles 1971), Paris 1972, pp. 267-93.
31
Cfr. On Divers Arts. The Treatise of Theophilus cit., p. 58, nota 1;
j. lafond, Le Vitrail, Lyon 1988, p. 43.
32
theophilus, De Diversis Artibus cit., pp. 40-41.
33
j. r. johnson, Modern and Mediaeval Stained Glass, in Art Bul-
letin, xxxviii (1956), pp. 185 sgg.; lafond, Le Vitrail, cit. p. 43.
34
j. r. johnson, Stained Glass and Imitation Gems, in Art Bulle-
tin, xxxix (1957), p. 221 sgg.
35
e. frodl-kraft, Le Vitrail Mdival. Technique et esthtique, in
Cahiers de Civilisation Mdivale, x (1967), p. 3.
36
g. vasari, Le Vite..., edizione a cura di r. bettarini e p. baroc-
chi, Firenze 1966, vol. I, p. 16o.
37
j. vila-grau, La table du peintre-verrier de Grone, in La Revue
de lArt, 72, 1986, pp. 32-34; id. in j. ainaud de lasarte, Els vitral-
ls de la catedral de Girona, Barcelona 1987, pp. 49-52.
38
Cfr. k. joachim maercker, berlegungen zu drei Scheibenrissen auf
den bmischen Altar in Dom zu Brandenburg, in sterreichische
Zeitschrift fr Kunst und Denkmalpflege, xl (1986), pp. 183 sgg.
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 70
39
theophilus, De Diversis Artibus cit., cap. xviii, De colore cum quo
vitrum pingitur, p. 49.
40
c. cennini, Il Libro dellArte o Trattato della Pittura, a cura di F.
Tempesti, Milano 1975, p. 135.
41
Il testo di Antonio da Pisa, conservato nel manoscritto 692 della
Biblioteca del Sacro Convento di Assisi, stato ripetutamente pub-
blicato tra la fine dellottocento e il primo novecento. Si veda la sto-
ria della sua vicenda critica nelledizione curata da s. pezzella, Il trat-
tato di Antonio da Pisa sulla fabbricazione delle vetrate artistiche, Peru-
gia 1976, con una prefazione di G. Marchini, e in quella di p. monac-
chia in Vetrate. Arte e Restauro, Milano 1992, pp. 51-69.
42
antonio da pisa, Memmoria del magisterio de fare fenestre de vetro,
trascrizione di p. monacchia, in Vetrate cit., pp. 56-57.
43
Cfr. voce Grisaille sur verre in blondel, Le Vitrail cit., pp. 258
sgg.
44
theophilus, De Diversis Artibus cit., p. 50. Sulla Tte Grente cfr.
c. brisac in Revue de lArt, 47, 1980, pp. 72-75.
45
e. frodl-kraft, Beobachtungen zur Technik und Conservierung mit-
telalterlichen Glasmalereien, in sterreichische Zeitschrift fr Kunst
und Denkmalpflege, xiv (196o), pp. 69 sgg.
46
vasari, Le Vite cit., vol. IV, p. 221.
47
frodl-kraft, Le Vitrail cit.
48
g. frenzel, Schwarzloterhaitung und Schwarzlotrestaurierung beim
mittelalterlichen Glasmalereien, in Zeitschrift fr Kunstgeschichte,
xxiii (1960), pp. 1 sgg.; l. grodecki, La quatrime runion internationale
du Corpus Vtrearum Medii Aevi et ses enseignements, in Bulletin Monu-
mental, cxxi (1963), pp. 73-82, particolarmente pp. 77-8o; c. lautier,
Les peintres-verriers des bas-cts de la nef de Chartres au dbut du XIII
e
si-
cle, in Bulletin Monumental, cxlviii (1990), p. 43, nota 43.
49
theophilus, De Diversis Artibus cit., cap. xxi, De ornatu picturae
in vitro, pp. 5o-51.
50
Ibid., p. 49.
51
vasari, Le Vite cit., vol. I, p. 162.
52
antonio da pisa, Memmoria cit., pp. 62-64.
53
vasari, Le Vite cit., vol. I, p. 162.
54
e. frodl-kraft, Die Glasmalerei: Entwicklung, Technik, Eigenart,
Wien 1970, p. 16 sgg.
55
m. parsons lillich, The Band Window: A Theory of Origin and
Development, in Gesta, ix (1970), pp. 26 sgg.; id., A Redating of the
Thirteenth Century Grisaille Windows of Chartres Cathedral, in Gesta,
xi (1972), pp. 11 sgg.; id., Three Essays on French Thirteenth Century
Grisaille Glass, in Journal of Glass Studies, xv (1973), pp. 69 sgg.:
id., The Stained Glass of St. Pre de Chartres, Middletown 1978 (cfr. v.
chieffo raguin in Speculum, 1980, n. 1).
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 71
56
theophilus, De Diversis Artibus cit., libro II, cap. xxiii, Quomodo
coquatur vitrum, p. 52; antonio da pisa, Memmoria cit., p. 57; vasa-
ri, Le Vite cit., vol. I, p. 163.
57
j. lafond, Pratique de la peinture sur verre lusage des curieux suivi
dun essai historique sur le jaune dargent et dune note sur les plus anciens
verres graves, Rouen 1943; id., Un vitrail de Mesnil Villemain et les ori-
gines du jaune dargent, in Bulletin de la Socit Nationale des Anti-
quaires de France, 1954, pp. 93 sgg.; id., Le Vitrail cit., pp. 55 sgg.;
m. parsons lillich, European stained glass around thirteenth hundred: the
introduction of silver stain, in Europische Kunst um 1300, Atti del
XXV Congrs International dHistoire de lArt (VI sezione), Wien
1986, pp. 45-6o; blondel, Le Vitrail cit., pp. 278 sgg.
58
a. granboulan, Chemill-sur-Indrois, un exemple mconnu dun
procd de fabrication du vitrail, in Bulletin Monumental, cxlviii
(1990), pp. 90-91.
59
l. grodecki, Le chapitre XXVIII de la Schedula du Moine Thophi-
le: technique et esthtique du vitrail roman, in Comptes rendus des san-
ces de lAcadmie des Inscriptions et Belles Lettres, 1976, pp. 345-57;
s. brown e d. oconnor, Glass Painters, London 1991, pp. 62-63;
blondel, Le Vitrail cit., pp. 316 sgg.
60
Sulla fusione e la preparazione dei piombi cfr. theophilus, De
Diversis Artibus cit., pp. 53 sgg.; vasari, Le Vite cit., vol. I, p. 163.
Sulla tipologia e la terminologia cfr. blondel, Le Vitrail cit., pp. 134
sgg.
61
Sul ruolo dei piombi nel disegno della vetrata e sui problemi della
loro sostituzione ha richiamato lattenzione l. grodecki nel catalogo
dellesposizione Vitraux de France, Paris 1953, pp. 26 sgg., 53. Cfr.
anche il suo intervento La quatrime runion internationale cit. parti-
colarmente pp. 80-81; gruber, Technique cit., pp. 6o sgg.; e.
frodl-kraft in sterreichische Zeitung fr Kunst und Denkmalp-
flege, xviii (1963), pp. 38 sgg.; d. rentsch, Wohin mit den mittelal-
terlichen Bleifeldern der Klner Hochverglasung?, in Zeitschrift fr
Kunstgeschichte, lvi (1992), pp. 227-85.
62
vasari, Le Vite cit., vol. IV p. 221.
63
lafond, Le Vitrail, cit., pp. 69-70; blondel, Le Vitrail cit. pp.
32 sgg.
64
j. hayward, Stained Glass Window, in The Year 1200. A Back-
ground Survey, New York 1970, p. 69.
65
frodl-kraft, Le Vitrail, cit., p. 7.
66
Cfr. il numero i del 1977 della rivista Les Monuments Histori-
ques de la France.
67
Una bibliografia critica sui problemi della conservazione stata
raccolta da r. newton, The Deterioration and Conservation of Painted
Glass. A Critical Bibliography, London 1974. Una seconda edizione, pi
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 72
estesa e completamente rimaneggiata, di questopera stata pubblica-
ta nel 1982. Successivamente si veda la bibliografia raccolta nella
seconda sezione di m. harrison caviness, Stained Glass before 154o.
A Critical Bibliography, Boston 1983; g. frenzel, Il restauro delle vetra-
te medioevali, in Le Scienze-Scientific American, luglio 1985, pp.
98-105; gli articoli di c. di matteo, Les verrires de Chartres, e di g.
nicod, La sauvegarde des vitraux de Chartres, nel n. 153 (Les Cathdra-
les) di Monuments Historiques, 1987, pp. 75-84; il volume 7, 1991,
della rivista Vitrea; Vetrate. Arte e Restauro cit.; e m. harrison
caviness, The Politics of Conservation and the Role of the Corpus Vitrea-
rum in the Preservation of Stained Glass Windows, in Knstlerische
Austausch, Atti del XXVIII Congrs International dHistoire de lArt,
vol. III, Berlin 1993, pp. 381-86. Si veda anche il manuale di r. new-
ton e s. davison, Conservation of Glass, London 1989, e la parte IV,
Les altrations, remaniements, et restaurations, pp. 350-401, del volume
di blondel, Le Vitrail, gi pi volte citato.
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 73
Capitolo terzo
Atelier e committenti
Se conosciamo discretamente la tecnica con cui ven-
nero eseguite le vetrate medievali, meno sappiamo di
coloro che vi lavorarono; se siamo in grado di intendere
i modi e i tempi della loro esecuzione, non molto sap-
piamo dellorganizzazione su cui si basava lattivit
della bottega di un maestro vetrario. In molti casi i
documenti ci mostrano che una bottega di maestro
vetrario nel trecento consisteva di non pi di due o tre
persone, il maestro stesso e uno o due apprendisti o
aiuti
1
; tuttavia diversi maestri potevano essere chiamati
temporaneamente a collaborare alla medesima impre-
sa, tanto che non sarebbe corretto parlare di una bot-
tega o di un atelier come di qualcosa che rimane immo-
bile nel variare delle et e delle situazioni. Dovremmo
sempre distinguere tra le singole botteghe gestite e
portate avanti da un maestro e quelle aggregazioni
temporanee, ma talora di lunga vita, che risultano dal
convergere in unimpresa o in una serie di imprese di
maestri vetrari di differente origine. Possiamo esser
certi, e i documenti ce lo confermano, che, almeno a
partire da quando le imprese di invetriatura comincia-
rono a crescere di numero e di dimensioni, lartista che
ideava, progettava ed eventualmente dipingeva le
vetrate non lavorava solo, ma faceva parte di una vera
e propria squadra, di un gruppo, magari assai ristret-
to, che conosceva per al suo interno, specie quando
Storia dellarte Einaudi 74
si trattava di iniziative su larga scala, una divisione dei
ruoli e del lavoro.
Officine monastiche e urbane.
Questi gruppi potevano essere formati da religiosi o
da laici, legati a uno stabilimento abbaziale, a una corte
oppure a un cantiere urbano. In base ai documenti che
ci sono rimasti si direbbe che per secoli la produzione
delle vetrate sia stata prevalentemente, ma non
esclusivamente, legata ad abbazie e a monasteri, in modo
del resto analogo a quanto avveniva per la maggior parte
della contemporanea produzione artistica. Esistevano
anche maestri vetrari che lavoravano per le corti, come
quel Baldricus o quel Ragerulfus che nellanno 862 erano
presenti alla corte di Carlo il Calvo con mogli e figli. Per
un certo tempo, tuttavia, i nomi di maestri vetrari che
conosciamo sono in prevalenza legati a quelli di una
chiesa o di un monastero, il che non significa che colo-
ro che lavoravano attorno a un edificio religioso fosse-
ro monaci o membri del clero secolare: in molti casi si
trattava di conversi.
Dalle cronache e dai documenti emergono non pochi
nomi che, anche se non trovano riferimento in alcuna
opera conservata, testimoniano di come ben prima del
xii secolo fosse diffusa la pratica di questa tecnica (se ne
parler pi specificatamente in un prossimo capitolo), e
di come essa si diffondesse e si allargasse particolar-
mente a partire da questo momento. Uno Stracholfus
lavorava vetrate a San Gallo ai tempi di Ludovico il Pio
2
;
successivamente, nellxi secolo, un Fulco pittore ver-
sato nellarte, legato al monastero di Saint-Aubin ad
Angers, aveva avuto il compito di occuparsi della deco-
razione pittorica del monastero e delle sue vetrate,
secondo i temi che gli sarebbero stati indicati. A queste
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 75
condizioni sarebbe diventato converso e uomo libero
dellabate, e avrebbe ricevuto in feudo una vigna e una
casa. Un vetrario Wernherus famiglio del monastero
menzionato a proposito del monastero di Petershausen
presso Costanza
3
. Ma un pittore di vetrate poteva anche
diventare canonico: fu questo per esempio il caso, nel-
lxi secolo, di un maestro vetrario nominato canonico
onorario dal vescovo di Auxerre, Geoffroy de Cham-
pallement (1051-76), condividendo questa promozione
con un orafo e con un pittore (aurifabrum mirabilem, pic-
torem doctum, vitrearium sagacem)
4
o di Guillelmus vitrea-
rius canonico a Le Mans allinizio del xii secolo. Pi
tardi, intorno alla met del xii secolo, conosciamo il
nome di un Daniel, povero lavorante del vetro e quasi
laico che, con laiuto del re dInghilterra Stefano, sosti-
tu labate in carica di Saint-Benet-at-Holme e a cui
manc poco per divenire, sempre con lappoggio del
sovrano, arcivescovo di Canterbury
5
.
Con la crescita e il ruolo sempre maggiore delle citt
nel xii e nel xiii secolo si assiste a una progressiva urba-
nizzazione degli atelier. Mentre la vetrata uscita da
unofficina abbaziale mostrava stretti rapporti con la
miniatura e lo smalto, la vetrata della cattedrale
mostrer sovente maggiori rapporti con la grande scul-
tura praticata nei cantieri delle cattedrali cittadine.
Diverse microtecniche venivano infatti praticate nei
laboratori e negli scyiptoria dei conventi, e le consuetu-
dini cluniacensi dette di Farfa (prima del 1049) indica-
no come a Cluny nella prima met dellxi secolo, per il
lavoro di orafi, smaltisti e maestri di vetrate fosse espli-
citamente prevista una cella comune nel complesso
abbaziale:
vicino a questa cella ne sia predisposta unaltra in cui si
incontrino orafi, maestri vetrari e smaltisti per praticare la
loro arte
6
.
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 76
Se le officine abbaziali furono numerose nel xii seco-
lo, il loro numero dovette in seguito essere di gran lunga
superato da quello degli atelier laici; sar bene tuttavia
non immaginare divisioni troppo marcate tra le due
categorie, che conobbero, con il passare del tempo, sen-
sibili modificazioni e interscambi. Occorrer anche evi-
tare di farsi unidea troppo rigida di ci che chiamiamo
atelier, un termine che qualche volta viene usato per
indicare la bottega, numericamente assai ridotta, di un
maestro, talaltra per indicare un gruppo di maestri ope-
rosi a unimpresa comune. Esso infatti appare sempre
pi spesso non tanto come unistituzione stabile, ma,
piuttosto, come unaggregazione temporanea di artefici
che poteva conoscere un frequente e vasto avvicenda-
mento. Il fatto che, in assenza di documenti contem-
poranei sul loro funzionamento nel xii o nel xiii secolo,
dobbiamo costruire le nostre ipotesi sulla base di pro-
babili analogie con situazioni descritte da testi o docu-
menti pi tardivi e su quanto si pu evincere dalle vetra-
te medesime.
Il caso di Saint-Denis.
Poco prima della met del xii secolo, labate Suger di
Saint-Denis parla dei maestri provenienti da differen-
ti nazioni
7
che aveva chiamato a lavorare alle vetrate
della sua chiesa.
La sua testimonianza riveste un grande interesse per
il problema dei maestri itineranti e per quanto riguarda
la molteplicit e la diversit degli artefici che poterono
trovarsi nel medesimo tempo a lavorare in uno stesso
cantiere, anche perch apparir chiaro come pi tardi,
in grandi cattedrali quali quelle di Chartres o di Bour-
ges, si siano trovati contemporaneamente allopera arti-
sti di diversa provenienza, formazione e inclinazioni. Il
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 77
testo di Suger attesta infatti che i maestri operosi a
Saint-Denis vi erano stati chiamati da diversi luoghi, e
ci induce a pensare che avessero portato con s tradi-
zioni e abitudini diverse. Nelle vetrate di Saint-Denis,
che sono state conservate frammentariamente, la trac-
cia di modi stilistici diversi evidentissima
8
. La pratica
di chiamare da lontano maestri particolarmente celebri
per fare eseguire vetrate non era del resto certo nata a
Saint-Denis. Nella seconda met delxi secolo un Roge-
rus, pittore di Reims, fu chiamato proprio con questo
compito a lavorare nellabbazia di Saint-Hubert dAr-
denne nel Lussemburgo, sotto labate Theodericus
(1065-74), ricordato tra laltro proprio perch
illumin anche gli oratori che aveva costruito con splendi-
de finestre eseguite da un certo Rogerus, fatto venire da
Reims, uomo assai valente, capacissimo in questarte e peri-
tissimo
9
.
Maestri itineranti: Pierre dArras alla cattedrale di
Losanna.
Possiamo immaginare che attorno al cantiere di una
cattedrale siano state operose botteghe stabili, o alme-
no stabili per lungo tempo, e maestri itineranti: di qui
la presenza di vetrate stilisticamente e tecnicamente
assai simili in localit diverse.
Una notizia del 1235, riportata nel Cartolario della
cattedrale di Losanna di Conon dEstavayer
10
, conce-
de licenza allo scrivano Petrus Eliot di impiantare
provvisoriamente il proprio banco ante monasterium,
in loco ubi Petrus de Arraz habuerat fabricam ad
faciendas ad opus monasterii vitreas fenestras, din-
nanzi alla chiesa, nel luogo dove Pierre dArras aveva
la sua officina per fare le finestre vitree della cat-
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 78
tedrale. Apprendiamo cos che un maestro vetrario
piccardo, Pierre dArras, era attivo sui primi del due-
cento a Losanna, assai lontano dalla sua patria. Un
altro documento ce lo mostrava qui gi nel 1217
11
; pos-
siamo dunque pensare che vi abbia diretto per anni
unatelier di pittura su vetro, che spetti a lui la gran-
de rosa del transetto sud della chiesa, realizzata men-
tre un suo conterraneo, anchegli piccardo, Jean Cote-
reel, sopraintendeva ai lavori della cattedrale, e che
una volta terminati i compiti che gli erano stati affi-
dati, si sia spostato in qualche altro cantiere.
Botteghe e maestri.
Un esame delle vetrate delle cattedrali di Chartres o
di Bourges permette di identificare senza esitazioni la
presenza di maestri di tradizioni e abitudini tecniche e
stilistiche differenti, anche allinterno di una medesima
finestra. Recenti esami ravvicinati delle vetrate delle
navate laterali della cattedrale di Chartres, resi possibi-
li dal loro smontaggio e trasporto in laboratorio per
pulitura e restauro, hanno permesso di accertare che
maestri assai diversi nel segno pittorico e addirittura
nella scelta dei vetri poterono talvolta lavorare contem-
poraneamente alla stessa opera
12
. Ci suggerisce che
anche se botteghe diverse cui erano state affidate sin-
gole vetrate furono attive nel medesimo tempo, le di-
visioni non dovettero essere tanto rigide da impedire che
il maestro responsabile di una vetrata potesse interve-
nire in unaltra in cui pure era preminente la presenza
di una diversa personalit.
Spesso questi atelier, che sono stati definiti come
gruppi di artigiani che utilizzano gli stessi modelli
13
,
non ebbero vita lunga, ma si costituirono e si disperse-
ro a seconda delle circostanze, rimanendo attivi e uniti
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 79
fino a che lopera fosse compiuta, il che faceva s che
attorno a un grande edificio potessero lavorare nello
stesso tempo pi maestri di diversa origine e differen-
temente caratterizzati. Questa presenza nello stesso
tempo di maestri di diversa formazione e cultura ma di
analoghe capacit e di pari posizione gerarchica sar pi
tardi ben illustrata per la cappella di Santo Stefano a
Westminster.
Talora, invece, nel caso di imprese di ampia porta-
ta e di vasta durata, proprio lutilizzazione continuata
degli stessi modelli prolunga di fatto per decenni la vita
di un atelier, come accade per il cosiddetto atelier
rmois, la cui attivit stata seguita per circa mezzo
secol o (1160-1210) da Madel i ne Cavi ness, a
Saint-Remi a Reims e alla cattedrale di Canterbury. Si
tratt di un gruppo che, secondo la Caviness, si sareb-
be formato a Reims e che ebbe modo di conservare al
suo interno schemi e modelli per un periodo abba-
stanza lungo. Evidentemente, dato il lasso di tempo
trascorso, latelier ebbe modo di rinnovarsi completa-
mente, s che coloro che avevano partecipato alle sue
prime imprese non furono certo presenti nelle ultime,
ma ci dovette essere una trasmissione di saperi, di abi-
tudini, la costituzione di un patrimonio comune costi-
tuito da disegni, modelli e progetti cui si pot conti-
nuare ad attingere. A partire dallinizio del xiii secolo
luso di uno stesso modello per differenti figure evi-
dente nelle finestre alte della cattedrale di Chartres;
nel trecento questo modo di operare si diffonde larga-
mente. Due vetrate con Madonna e Bambino vivace-
mente espressive esistenti in due diverse localit del
Worchestershire lo mostrano chiaramente, mentre
luso di un medesimo modello per rappresentare due
diversi donatori riconoscibile in alcune vetrate
austriache
14
.
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 80
La cappella di Santo Stefano a Westminster.
Il costituirsi e il dissolversi di un atelier di maestri
vetrari pu essere bene esemplificato dalla vicenda della
invetriatura della cappella di Santo Stefano dellabbazia
di Westminster intorno al 1350
15
. In un primo tempo un
maestro, John di Lincoln, fu incaricato di reclutare la
mano dopera, compito che lo porter a viaggiare per
ventisette contee. Successivamente venne costituito un
gruppo in cui, sotto la direzione di un altro maestro,
John di Chester, lavorarono, per la paga di uno scellino
al giorno, sei o sette maestri ivi compreso lo stesso
John di Lincoln incaricati di preparare i disegni per le
finestre e di dipingere i modelli sulle tavole di legno. Per
un salario giornaliero di sette pence, una decina di altri
artefici (non menzionati nei documenti come magistri)
lavor a dipingere le finestre e quindi collabor con il
primo gruppo, mentre una quindicina circa di persone,
pagate sei pence al giorno, vale a dire la met di uno scel-
lino, erano attive nel tagliare e assemblare i vetri sulle
tavole di legno dove era disegnato e dipinto il progetto.
Due o tre altre infine, probabilmente apprendisti, paga-
te quattro pence e mezzo al giorno, aiutavano a prepa-
rare i pigmenti per la pittura.
I lavori continuarono dal giugno al novembre del
1351, ma in questultimo mese John di Chester aveva
con s solo tre maestri: a questo punto gran parte delle
vetrate doveva essere gi stata terminata. Una volta
esauriti i rispettivi compiti, vari membri del gruppo
vennero via via licenziati, e le finestre furono compiu-
te entro il febbraio del 1352. Nel loro costo di 240 ster-
line i singoli fattori avevano avuto questa incidenza: 195
sterline di salari, 34 di vetro, 1 sterlina e 10 scellini di
pittura e utensili, 9 sterline e 10 scellini di ferro per le
armature e varie.
Non si pu generalizzare una situazione di questo
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 81
genere, che ha, a monte, una committenza ricca e deter-
minata a portare avanti limpresa in un tempo assai
breve; tuttavia si tratta di un caso esemplare per illu-
strare il costituirsi e lo sciogliersi di un atelier e il con-
fluire in esso di diversi maestri.
Progetto ed esecuzione.
Pu essere avvenuto, e anzi in certi momenti ci
deve essere stato estremamente frequente, che proget-
ti per vetrate fossero opera di personaggi esterni alla-
telier, in certi casi dei committenti, in altri del capo-
cantiere. Lesistenza di somiglianze formali tra alcune
sculture e certe vetrate della cattedrale di Chartres ha
per esempio sollevato il problema dei rapporti tra il
capo del cantiere e i differenti atelier di maestri vetra-
ri
16
. possibile che la stessa persona abbia fornito
schemi e disegni per vetrate e sculture, e che questa per-
sona sia stata il capomaestro che sovrintendeva al can-
tiere della cattedrale. Una lastra tombale trecentesca
nella chiesa di Saint-Ouen a Rouen mostra un archi-
tetto con in mano un compasso e lo schizzo di una fine-
stra, ed da pensare che la progettazione di una fine-
stra non si limitasse solo alla parte di disegno architet-
tonico
17
. Due documenti, uno del 1303 che riguarda la
cattedrale di Valencia, un altro del 1316 che concerne
la chiesa agostiniana di Tolosa, indicano con chiarezza
come il capomaestro dovesse sopraintendere a ogni
impresa che riguardasse la decorazione della chiesa e
specificamente dovesse occuparsi anche delle vetrate
18
.
Purtroppo, mentre conosciamo un buon numero di dise-
gni per vetrate del xv e del xvi secolo
19
, che in alcuni
casi ci permettono di seguire le modificazioni interve-
nute dal progetto allesecuzione, ben poco ci noto per
il periodo precedente
20
. Un disegno che risale agli inizi
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 82
del xiv secolo, ora negli archivi di Dresda, mostra lin-
tervento di pi mani, una delle quali doveva essere
quella del committente, o dellimpresario responsabile
dei lavori, non di qualcuno del mestiere
21
. un esem-
pio che non aiuta a risolvere il problema di Chartres,
proprio perch certi elementi comuni che a Chartres si
ritrovano in sculture e vetrate testimoniano della pre-
senza di una fortissima personalit dartista capace di
influenzare stilisticamente opere eseguite in tecniche
differenti, caso che certo non si presenta nel disegno in
questione. Tuttavia anche questo esiguo spiraglio per-
mette di scorgere la complessa interazione che sta die-
tro la nascita di una vetrata.
Il caso italiano.
Ora, mentre in Francia e in Germania sembra piut-
tosto eccezionale il fatto che latelier abbia lavorato
sulla base di un progetto formulato da un pittore solo
occasionalmente coinvolto in tale genere di operazioni,
in pratica da qualcuno dellesterno, in Toscana questa
la regola. Duccio, Giotto, Simone Martini, Taddeo
Gaddi diedero disegni per vetrate. Pi tardi, alla catte-
drale di Firenze per esempio, chi d il disegno di una
vetrata non , quasi mai, un maestro vetrario. Sono pit-
tori, orafi, scultori come Agnolo Gaddi, Lorenzo Ghi-
berti, Paolo Uccello, Andrea del Castagno e Donatello
che creano i primi progetti. Poi il compito passa alla bot-
tega del maestro vetrario, dove il disegno primitivo
ripreso e trasportato in grandezza desecuzione. Un capi-
tolo del Libro dellArte di Cennino Cennini intitolato
Come si lavorano in vetro finestre testimonia appunto di
come il maestro vetrario usasse rivolgersi al pittore per
il disegno della vetrata, e quale fosse la collaborazione
che si instaurava tra i due:
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 83
Mo diremo prima del modo delle finestre: vero che
questa tale arte poco si pratica per larte nostra, e pratica-
si pi per quelli che lavorano di ci; e comunemente quel-
li maestri che lavorano, hanno pi pratica che disegno, e per
mezza forza e per la guida del disegno pervengono a chi ha
larte compiuta, cio che sia, universale e buona pratica. E
per tanto quando i detti verranno a te tu piglierai questo
modo. ti verr con la misura della sua finestra, larghezza
e lunghezza; tu torrai tanti fogli di carta incollati insieme
quanto ti far per bisogno alla tua finestra; e disegnerai la
tua figura prima con carbone, poi fermerai con inchiostro,
aombrata la tua figura compiutamente si come disegni in
tavola. Poi il tuo maestro de vetri toglie questo disegno e
spianalo in sul desco o tavola, grande e piano; e secondo che
colorire vuole i vestimenti della figura, cos di parte in
parte va tagliando i vetri, e datti un colore il quale si fa di
limatura di rame ben macinato; e con questo colore tu con
pennelletto di vaio, di punta vai ritrovando pezzo a pezzo
le tue ombre, concordando landare delle pieghe e dellal-
tre cose della figura, di pezzo in pezzo di vetro, si come el
maestro ha tagliato e commesso; e di questo cotal colore tu
puoi universalmente aombrare ogni vetro. Poi il maestro
innanzi che leghi insieme lun pezzo collaltro secondo loro
usanza, il cuoce temperatamente in casse di ferro con suo
cendere, e poi li lega insieme
22
.
In questo caso il pittore interviene sia nel disegno sia
nella stesura della grisaille, ma sovente questo non suc-
cede e lintervento del pittore si limita al primo dise-
gno. Cos avviene, per esempio, nel tondo con lAssun-
zione della Vergine in Santa Maria del Fiore a Firenze,
il cui progetto, affidato a Lorenzo Ghiberti, sar ripre-
so a scala maggiore e pagato al maestro vetrario Niccol
di Pietro tedesco per il disegno che esegu per loculo
anteriore della chiesa di Santa Reparata. Questa mar-
cata divisione del lavoro deve essere intervenuta parti-
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 84
colarmente a Firenze nel corso del xiv secolo. Nella
prima met di questo secolo ci sono maestri vetrari che
sono anche grandi pittori, e ce lo mostra il caso di Gio-
vanni di Bonino, cui si devono alcune delle pi splen-
dide vetrate del secolo e in cui si pensato di ricono-
scere il drammatico e misterioso Maestro di Figline
23
,
ma la situazione cambia in seguito e varr qui la pena
di leggere quanto ne ha detto molto lucidamente Pie-
tro Toesca:
Quando nella prima met del Quattrocento i maestri di
vetri ebbero a decorare in Santa Maria del Fiore le finestre
della tribuna o gli otto occhi della cupola dovettero
riprodurre cartoni disegnati e colorati da artisti grandissi-
mi inconsapevoli di quelle vecchie tradizioni, o piuttosto
intenti soltanto a novit, nel preparare modelli simili alle
proprie pitture, senza punto riguardare alla loro tradizione
vetraria: e non abili abbastanza per adattare subito la loro
tecnica ai nuovi propositi o per mettere questi in schietta
evidenza, composero vetrate assai inferiori per bellezza
decorativa a quelle del Trecento, e incertissime nelleffet-
to pittorico, perch la forma vi cos sfigurata dal retico-
lato dei piombi che lo sguardo difficilmente lafferra
24
.
In linea generale a Firenze un artista estraneo alla
bottega dei maestri vetrari d i disegni delle vetrate che
verranno poi tradotti in questa tecnica dagli specialisti
25
.
Tuttavia limmagine che si ha di tale stato di cose varia
se si passa dal testo di Cennino che abbiamo citato a
quello di Antonio da Pisa, vale a dire a quello di un vero
e proprio maestro vetrario, che presenta la situazione in
unaltra luce e non parla di interventi di pittori estranei;
evidentemente volta a volta la situazione poteva pre-
sentarsi diversamente
26
. In Francia, in Germania e in
generale nel nord sar per lo pi lo stesso maestro a capo
dellatelier dei pittori vetrari che d il disegno e segue
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 85
attentamente fino alla fine, talora intervenendo anche
nelloperazione di pittura, la lavorazione della vetrata.
Del resto in Francia e in Germania, come anche nellI-
talia del nord, esistettero pittori che padroneggiavano
perfettamente i problemi tecnici delle vetrate. In casi di
questo genere il risultato ovviamente pi unitario.
Da quanto si detto emerge un problema chiave:
quello delle conseguenze della divisione del lavoro e del
rapporto tra progetto e realizzazione.
Maestri vetrari e pittori.
La collaborazione di molte mani a unopera e, dal-
tra parte, il rapporto intercorso tra lautore del model-
lo e il maestro che lo traduce in vetro, personaggi che
non sempre coincidono, possono essere prese a pretesto,
e in realt lo sono state, per respingere la vetrata nella
categoria delle tecniche subalterne e di traduzione inve-
ce che in quella delle arti maggiori e libere; si metter
in dubbio, in altre parole, che in una vetrata si possa
chiaramente discernere il segno e lautografia dellarti-
sta che lha progettata. In realt, formulazioni di que-
sto tipo applicano al medioevo criteri di giudizio di epo-
che posteriori, mentre una diversit di ruoli, che si tra-
duce in una diversit di trattamento economico, emer-
ge chiaramente da documenti come quelli che riguarda-
no le vetrate della cappella di Santo Stefano a West-
minster.
La lettura che facciamo di certi testi pu essere fonte
di equivoci; spesso occorre fare una distinzione tra il pit-
tore su vetro e il maestro vetrario. Chi produce i vetri,
chi li taglia e chi monta le finestre pu non essere iden-
tificabile, e in generale non lo , con chi le dipinge e chi
le progetta. Ma molto spesso, quando in testi medieva-
li si parla di vitrearii, pu trattarsi volta a volta di per-
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 86
sone che avevano la pratica di fare il vetro, di tagliarlo,
di dipingerlo, di fare finestre
27
. Con la crescente dif-
fusione della vetrata figurata nel xii secolo si preciser
una distinzione pi netta tra le attivit. A questo punto
troviamo il maestro, che si considera e si rappresenta
come un autentico pittore, e il vetraio, addetto a unat-
tivit di carattere pi tecnico e subordinato.
Suger chiama magistri gli artisti di diverse nazioni da
lui chiamati a lavorare alle vetrate di Saint-Denis e,
nota Hans Wentzel, il titolo di magister attribuito nel
medioevo allartista, o in ogni modo a chi dirige lese-
cuzione di unopera, pi che al semplice artigiano
28
. Una
vetrata tedesca della met del secolo, di poco posterio-
re quindi alle imprese di Suger a Saint-Denis, ci mostra
limmagine di uno di questi pittori su vetro: lautori-
tratto di un Gherlacus che si rappresenta nella parte
inferiore della vetrata da lui eseguita (quella dove in
genere si trovavano le rappresentazioni dei committen-
ti), in uno dei pi straordinari autoritratti del medioe-
vo, con in mano il pennello e il vasetto contenente il
colore, mentre intorno corre uniscrizione (Rex regum
clare Gherlaco propiciare) che prega il Signore di essere
propizio al pittore. Il fatto di rappresentarsi nellatto di
esercitare la propria attivit e di porre il proprio nome
nelliscrizione dedicatoria implorando la protezione cele-
ste segno di unalta coscienza di s e del proprio lavo-
ro, e si anche pensato che Gherlacus abbia donato egli
stesso la vetrata allabbazia premostratense di Arnstein
sulla Lahn
29
, un fatto che tra laltro starebbe a indicare
lelevata situazione economica a cui un pittore di vetra-
te poteva arrivare nel xii secolo, lo stesso tempo in cui
lorafo Godefroy de Huy dona allabbazia di Neufmou-
stier un prezioso reliquiario del Battista. possibile che
sia un ritratto anche quello di un Lampertus rap-
presentato inginocchiato ai piedi di san Dionigi in una
vetrata fatta intorno al 128o per la chiesa di Sankt
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 87
Dionys a Esslingen. Questa volont di autorappresen-
tarsi fa intendere che la posizione sociale del pittore su
vetro non pi quella del vitrearius Stracholfus, servo
del monastero di San Gallo, cui Ludovico il Pio aveva
fatto dono dei propri abiti e che una cronaca diceva
appartenente a un infimo grado sociale
30
.
In un periodo successivo e in una tecnica come quel-
la dellarazzo la situazione relativamente chiara; il pro-
getto dellopera spetta al pittore, il tapissier si limiter a
tradurre questo progetto in tessuto; al massimo se la
sbrigher da solo quando si tratti di eseguire arazzi ver-
dures, a motivi vegetali, ma ogni volta che ci siano figu-
re e scene il compito di progettarle del pittore, che in
questo caso anche protetto dalla propria corporazione.
Diverso il caso delle vetrate: a Parigi nel cinquecento il
matre verrier, la cui corporazione aveva ricevuto gli sta-
tuti nel 1467, si occupava di ogni situazione che le
riguardasse, dal taglio dei vetri alla loro pittura e gene-
ralmente anche alla loro progettazione. Di converso non
si occupava della produzione del vetro n della com-
mercializzazione di altri articoli in vetro e poteva eser-
citare la pittura in altri campi e in altre tecniche solo se
avesse praticato un secondo apprendistato
31
. Possiamo
congetturare che mentre in Toscana alla fine del tre-
cento ( questa la situazione descritta da Cennino, ma
si veda in contrario quanto afferma Antonio da Pisa) i
maestri vetrari si rivolgevano a pittori che generalmen-
te lavoravano in altri campi e che solo occasionalmente
si occupavano di vetrate, nel settentrione, dove la pro-
duzione di vetrate dipinte era assai pi estesa, siano esi-
stiti pittori che lavoravano prevalentemente nel campo
della vetrata. Prevalentemente, ma, almeno fino al
momento della codificazione corporativa che interviene
abbastanza tardi, non esclusivamente. Spesso stato
avvertito che i rapporti tra pittori di vetrate e miniato-
ri sono cos stretti da credere che si tratti delle medesi-
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 88
me persone, e Louis Grodecki ha ritenuto del medesi-
mo maestro un gruppo di vetrate proveniente da Troyes
del xii secolo e un certo numero di illustrazioni di mano-
scritti, mentre Christopher Woodforde
32
presume uno
stretto rapporto tra maestri vetrari e miniatori attivi a
Oxford nella seconda met del duecento.
La sola firma (qualche nome come quello del gi cita-
to Pierre di Arras e di un maestro vetrario attivo a
Bourges li conosciamo da documenti, ma non da firme)
che sia sopravvissuta su una vetrata del duecento (quel-
la di Lupuldus frater in una grisaille della chiesa cister-
cense di Haina
33
forse gi degli inizi del secolo suc-
cessivo) la troviamo su una vetrata del deambulatorio
della cattedrale di Rouen, a sinistra della cappella assia-
le con le storie di Giuseppe, ed quella di Clemens
vitrearius carnotensis, cio di Clemente vetrario di Char-
tres
34
. significativo che il pittore della vetrata, ch tale
deve essere stato chi ha apposto una firma come questa,
sapientemente disposta su un cartiglio in lettere ela-
borate, parli di s come di vitrearius, cos come inte-
ressante constatare che Clemens vitrearius venga da Char-
tres, la citt che, grazie al numero dei maestri e degli ate-
lier che avevano lavorato allimmenso compito della
invetriatura della cattedrale, portata avanti in un lasso
di tempo di una trentina danni, deve essere stata nei
primi decenni del duecento il centro dove giungevano,
operavano e da cui partivano maestri vetrari di tutta la
Francia settentrionale. Mentre nellxi secolo labate di
Saint-Aubin di Angers chiedeva al pittore Fulco di occu-
parsi di affreschi e di vetrate per il suo monastero
35
, e
mentre nel secolo successivo un Bertoldus magister pic-
tor decorava con vetrate e pitture, nel 1109, il mona-
stero di Zwiefalten
36
, e, sempre nello stesso secolo, si
poteva ritrovare la stessa mano in vetrate e miniature
fatte a Troyes, lo sviluppo della vetrata ha portato in
seguito a una specializzazione dei suoi artefici.
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 89
Costi e manutenzione.
Poco sappiamo sui costi delle vetrate medievali e
sulle remunerazioni degli esecutori. Suger di Saint-Denis
accenna che linvetriatura del coro della sua abbazia era
costata circa 700 lire
37
, una cifra assai considerevole poi-
ch in genere il costo di una vetrata sembra oscillare tra
le 2o e le 40 lire. Una nota in un manoscritto liturgico
proveniente da Saint-Martial di Limoges (Parigi,
Bibliothque Nationale, ms lat. 1139, fol. 1), riportata
dal canonico Delaporte
38
, d notizia di una somma di 23
lire pagata (e il prezzo comprendeva larmatura) nel xiii
secolo per una vetrata consacrata allo Spirito Santo; per
una vetrata della cattedrale di Soissons Filippo Augusto
don 30 lire parigine per eseguire la grande vetrata
posta nellabside della nostra chiesa, ricorda lobitua-
rio della cattedrale per la data dell11 luglio del 1223
39
; altri dati, riguardanti questa volta vetrate trecente-
sche, sono quelli relativi alla cappella di Santo Stefano
a Westminster di cui si discusso
40
.
Accanto al compito di progettare e confezionare una
vetrata, unaltra funzione che svolgeva il maestro vetra-
rio riguardava la manutenzione e il restauro delle vetra-
te esistenti. Nellabbazia di Saint-Trond, sotto labate
Rudolph (1108-38), un tale Arnoult incaricato del
restauro delle vetrate e vi provvede con nuovi vetri,
piombi e cera: ripara le finestre vitree del monastero,
del chiostro, della cella dellabate, avendo ricevuto dal
padre guardiano vetro, piombo, cera e denaro. Suger
dichiara a proposito delle vetrate di Saint-Denis che,
considerato il grande valore dovuto alla loro pittura e al
prezioso vetro azzurro (saphirorum materia), nomin un
maestro con lincarico ufficiale della conservazione e
del restauro tuitioni et refectioni
41
delle vetrate. Con la
messa in opera dei colossali cicli duecenteschi questo
ruolo si amplia e si moltiplica. Circa un secolo dopo un
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 90
altro grande committente, san Luigi, prende unanalo-
ga decisione per le vetrate della Sainte-Chapelle, e nel
1240 John the Glazier (Giovanni il Vetraio) e i suoi
eredi ricevettero lincarico di vegliare sulle vetrate della
cattedrale di Chichester e di conservare le antiche fine-
stre invetriate e lavare e pulire ci che doveva essere
lavato e pulito, e riparato ci che doveva essere ripara-
to, e aggiunto ci che doveva essere aggiunto, il tutto a
spese della chiesa
42
. Questo altres il compito di
Nicholas Fayerchild a Norfolk
43
, mentre a Chartres tale
incombenza affidata a uno Geoffroy, ricordato in un
documento del 1317, in cui egli si impegna a riparare e
a rimettere in buono stato, nello spazio di un anno e a
sue spese, tutte le vetrate della cattedrale, essendo paga-
to a forfait con 30 lire di Chartres, e continuando a eser-
citare questa funzione, dopo questo primo restauro
generale, per la somma di 6 lire di Chartres allanno
44
(a
Chichester il compenso era fissato a un rifornimento
quotidiano di pane e un marco cio 13 scelllini e 4
pence allanno); ad Angers nel 1364 20 franchi doro
vengono pagati a un Petrus vetrario de reparando vitras
ecclesiae
45
.
I committenti.
Sin qui si cercato di vedere quale era lo stato, la
condizione del maestro vetrario, quale limmagine che
se ne facevano i contemporanei; ma qual era la contro-
parte dellartista, chi erano e come apparivano i clienti,
i committenti dei maestri vetrari?
Qualche risposta ci verr dalle vetrate medesime.
Nella mitica chiesa di Combray una delle vetrate era
occupata in tutta la sua grandezza da una sola figura,
simile al re duna carta da gioco, che viveva l in alto,
sotto un baldacchino architettonico, fra cielo e terra
46
.
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 91
Un gran numero di uomini e di donne, di re e di abati,
di nobildonne e di canonici, di vescovi, di principi e di
baroni guarda i fedeli dallalto delle finestre di catte-
drali, di chiese abbaziali o di cappelle. Sul finire del sei-
cento, un grande e infaticabile genealogista come Roger
de Gaignires, avendo riconosciuto nelle immagini delle
vetrate un terreno di indagine molto promettente per i
propri studi, mand disegnatori a riprodurre le fattez-
ze, i blasoni, i costumi di tanti di questi personaggi
47
. Il
fatto che, almeno nei paesi a nord delle Alpi, le vetra-
te furono per molti secoli, come si detto, la pi pre-
stigiosa tra le tecniche pittoriche, il pi efficace tra i
mezzi di comunicazione visiva.
I nomi che conosciamo sono prevalentemente, in un
primo tempo, quelli di grandi personaggi del mondo
ecclesiastico: vescovi gli obituari delle cattedrali o le
gesta dei vescovi delle pi insigni sedi sono piene di
menzioni in questo senso, dai vescovi di Auxerre come
Geoffroy de Champallement (1051-76), Humbaudus
(1087-1114), Hugues de Noyers (1183-1206), a quelli di
Le Mans, quali Hoel (1085-96) o Hildebert de Lavardin
(1096-1125), a quelli di Angers come Raoul (1178-98) o
Guillaume de Beaumont. Al posto donore, nelle posi-
zioni pi visibili e prestigiose delle cattedrali di Reims
e di Le Mans, troneggiano, in modo che la loro vista si
imponga a tutti, le figure dei prelati costruttori: a Reims
Henri de Braines accompagnato dai vescovi delle dio-
cesi suffraganee e dalle immagini delle loro chiese, a Le
Mans la presenza di Geoffroy de Loudun sottolinea-
ta da quella, ripetuta otto volte, del suo blasone. Nelle
vetrate di Le Mans tuttavia compaiono nelle finestre
molte altre immagini di donatori, mentre tale non il
caso a Reims, dove le figure dellarcivescovo e dei suoi
suffraganei sono le uniche presenze contemporanee.
Vi sono poi canonici, come Hugues de Chamblanc,
morto intorno al 1177, ricordato nellobituario della
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 92
cattedrale di Angers per aver fatto fare in vetro tutte le
finestre, tranne tre, della navata della cattedrale, pre-
cedentemente chiuse da sporti lignei
48
, o come i vari
canonici rappresentati a Chartres (tra cui Henri Noblet
si fa addirittura rappresentare due volte ai piedi di Cri-
sto benedicente e della Vergine con il Bambino), o come
i presbiteri Lochenses, i canonici di Loches che riem-
piono con le loro alte figure una vetrata della cattedra-
le di Tours; abati come Suger di Saint-Denis, la cui
celeberrima immagine in proskynesis ai piedi dellAn-
nunciazione, in una delle vetrate della sua chiesa, con-
trasta per la sua umilt con la deliberata, ripetuta onni-
presenza sottolineata dalla profusione dei versiculi appo-
sti per ogni dove e che spesso ripetono il suo nome.
Tutti costoro furono attivi talora di persona e con pro-
pri fondi, talaltra curando che le imprese venissero
finanziate da loro clienti o da persone che orbitavano
attorno a loro. In questo senso illuminante un testo che
ricorda come Geoffroy de Champallement, figlio di Ugo
visconte di Nevers, vescovo di Auxerre, quello stesso
che, come si visto, aveva nominato canonico onorario
un pittore di vetrate, abbia fatto invetriare cinque fine-
stre dellabside della sua chiesa, affidandone la realiz-
zazione a cinque clienti della sua famiglia affinch cia-
scuno ne realizzasse una e facendo fare la sesta, mag-
giore, che illuminava laltare di SantAlessandro, dal
suo cappellano.
Accanto agli ecclesiastici sono i grandi signori laici:
imperatori come Federico Barbarossa che volle ricorda-
to il suo nome e la fausta circostanza la sconfitta che
aveva inflitto ai milanesi nelle vetrate oggi scom-
parse di cui aveva fatto dono alla chiesa di Slestat in
Alsazia. Esse portavano liscrizione, che conosciamo
grazie alla trascrizione che ne ha fatto lumanista di
Strasburgo Beatus Rhenanus, e che venne pubblicata nel
1531 nel terzo volume delle sue Rerum Germanicarum:
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 93
Tempore quo rediit superatis Mediolanis | Nos rex roma-
nus fieri iussit Fridericus; re come Enrico II Plantage-
neto che, unitamente alla regina Alinor di Aquitaine e
ai figli, si fece rappresentare in atto di offerente sotto
il medaglione con la crocifissione di san Pietro situato
nella parte inferiore della colossale vetrata con la Croci-
fissione che aveva donato alla cattedrale di Poitiers
49
, o
come Filippo Augusto di Francia, ricordato nellobitua-
rio della cattedrale di Soissons per aver donato una ve-
trata alla cattedrale; nobili come il conte cui indiriz-
zato alla fine del x secolo il ringraziamento dellabate di
Tegernsee per aver donato alla chiesa quelle che veni-
vano considerate delle straordinarie novit, delle vetra-
te appunto.
Il numero dei personaggi contemporanei che si fece
rappresentare in una vetrata nel corso del xii secolo assai
limitato e probabilmente ci dovuto al numero ristret-
to di vetrate conservate appartenenti a questo periodo e
alla loro frammentariet ; la situazione si modifica radi-
calmente nel secolo successivo, durante il quale non solo
aumentano le rappresentazioni di aristocratici e di eccle-
siastici, ma si diffonde un nuovo genere di rappresenta-
zione, una nuova iconografia: quella di gruppi di artigia-
ni o commercianti rappresentati al lavoro, mentre gli
ecclesiastici erano per lo pi effigiati in preghiera e i
nobili spesso in assetto guerriero, come nelle finestre alte
del coro di Chartres. Relativamente rara in un primo
tempo limmagine dellofferta vera e propria della vetra-
ta (tra le tante vetrate artigiane di Chartres solo due,
ambedue donate dai calzolai, la mostrano), che diventer,
poco pi tardi, estremamente diffusa.
La crescente rappresentazione dei laboratores rende
palese laumentare dellimportanza di questi gruppi
sociali, e in qualche modo di una certa qual loro agia-
tezza, ma certo anche la volont di rappresentare al-
linterno della chiesa, immagine della Gerusalemme cele-
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 94
ste, un messaggio di concordia sociale proprio nel
momento in cui pi acuti erano gli scontri tra i differenti
gruppi e i diversi e talora opposti interessi.
Religiosi, guerrieri e artigiani a Chartres.
Se entriamo nella cattedrale di Chartres, che ha con-
servato quasi per intero la sua decorazione vitrea due-
centesca, questa variet di personaggi e di ruoli ci verr
testimoniata dalle vetrate. Nelle finestre basse, dove le
vite dei santi e le pie leggende si svolgono lungo tutto
linvolucro delledificio, troviamo le rappresentazioni
di lavoratori, artigiani e commercianti intenti alle loro
attivit. Le immagini dei panettieri e dei mercanti di
stoffe ritornano in ben cinque vetrate, quelle dei cam-
biavalute in quattro; sono poi rappresentati conciatori,
muratori, acquaioli, mercanti di generi alimentari, cal-
zolai, armaioli, macellai, pescivendoli, pellicciai, tessi-
tori, tagliapietre e scultori, carpentieri, falegnami, bot-
tai, vignaioli, mercanti di vino, speziali, carradori,
maniscalchi, merciai, farmacisti, pellai. Anche un sin-
golo commerciante, un tale Gaufridus, appare con i
membri della sua famiglia come donatore di due finestre
alte, e inalbera le insegne dei mercanti di calze come gli
aristocratici fanno con i blasoni
50
. I componenti dei vari
mestieri e delle varie professioni, organizzati in corpo-
razioni
51
e confraternite, avrebbero commissionato
molte delle splendide finestre della cattedrale, il gran-
dioso edificio al centro della citt. La ripartizione nume-
rica delle quarantaquattro vetrate che furono offerte a
Notre-Dame con le immagini di artigiani e commer-
cianti al lavoro indica daltra parte il carattere poco evo-
luto delleconomia della citt
52
: si tratta prevalentemen-
te di rappresentazioni di piccoli mestieri, di attivit arti-
gianali o commerciali di ambito ristretto.
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 95
Undici vetrate portano immagini relative a mestieri
dellalimentazione: panettieri (cinque casi), macellai (tre
casi), tavernieri (due casi), portatori dacqua (un caso);
otto rappresentano gli addetti ai lavori del cuoio, sei
quelli del legno e, via via, tre gli artigiani dellabbiglia-
mento, due gli addetti alla costruzione e altre due i lavo-
ratori del ferro, mentre nelle altre sono riprodotte le
effigi di commercianti (in cinque casi venditori di stof-
fe e di pelli, in altri cinque orafi e cambiatori di mone-
ta, in una merciai).
Se non proprio tutti gli abitanti, come vorrebbero le
leggende romantiche, si a lungo ritenuto che almeno
tutti i gruppi di un qualche peso sociale, tutte le orga-
nizzazioni in cui erano riunite le forze attive della citt
abbiano contribuito a loro spese a decorare il tempio,
che non apparteneva solo al vescovo e al capitolo dei
canonici, ma che, dopo la ricostruzione seguita allin-
cendio del 1194, e grazie allimpegno economico richie-
sto ai cittadini, doveva essere percepito come un auten-
tico monumento municipale
53
, dove si pregava, ci si
incontrava, si commerciava, si stendevano atti di com-
pravendita, si visitavano le sacre reliquie.
Custodite nel gigantesco scrigno della cattedrale, que-
ste erano loggetto dei frequenti pellegrinaggi che ren-
devano noto, anche molto lontano, il nome della citt,
e aiutavano sostanzialmente lo sviluppo delle fiere che
si tenevano quattro volte lanno nei giorni delle feste
della Vergine
54
. I corpi di mestiere avrebbero ornato la
cattedrale non solo perch spinti da piet religiosa, non
solo per mettere le loro attivit sotto la diretta prote-
zione di un santo patrono di cui la vetrata raccontava le
gesta, ma perch la cattedrale era per eccellenza, e non
solo simbolicamente, ledificio pubblico della citt. Ci
sarebbe stato in tutto questo un desiderio di autoaffer-
mazione e di visibilit, lo stesso desiderio che faceva par-
tecipare allo sforzo il clero, la nobilt, la corte.
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 96
Ma esistevano a Chartres corpi di mestiere organiz-
zati allinizio del duecento? Ed verisimile che essi
abbiano avuto la forza economica e lautorit sociale per
intervenire in una misura tanto grande alla decorazione
della cattedrale? E che volontariamente abbiano parte-
cipato accanto ai nobili e agli ecclesiastici a questa
impresa? Sono queste le domande poste da una recente
ricerca
55
che ha messo in rilievo i forti contrasti sociali
esistenti a Chartres nel primo duecento. Erano avvenuti
scontri anche cruenti, e lassenza di precise notizie sul-
lesistenza in quel tempo nella citt di corporazioni arti-
giane e di confraternite a esse legate ha spinto a con-
cludere che la rappresentazione dei gruppi artigiani al
lavoro poteva eventualmente riguardare solo coloro che
svolgevano unattivit allinterno del recinto del clotre
Notre-Dame ed erano sotto la diretta dipendenza dei
canonici. Gli ispiratori e anche i finanziatori di queste
vetrate dovettero quindi essere con molta probabilit gli
stessi canonici interessati a diffondere unimmagine di
concordia sociale.
Il problema non risolvibile con certezza in un senso
o in un altro, anche se la soluzione proposta nella ricer-
ca di Jane W. Williams sembra molto sofisticata e poco
documentabile, tanto pi che a Chartres le vetrate con
rappresentazioni di artigiani al lavoro sono situate in
diverse zone della cattedrale e a diverse altezze (finestre
basse delle vetrate laterali, finestre alte della navata e
dellabside), sono state eseguite in tempi diversi e pos-
sono dunque avere avuto origini e committenze diverse.
Daltra parte gli urti tra gruppi popolari e gerarchie
ecclesiastiche erano allordine del giorno nelle citt tra
xii e xiii secolo, e questo non ha certo impedito la par-
tecipazione dei cittadini alle grandi imprese costruttive.
Il fatto invece che in precedenza rappresentazioni di
artigiani al lavoro fossero state utilizzate nella catte-
drale di Piacenza per marcare le colonne e i pilastri
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 97
offerti dalle corporazioni di mestiere, e che nel corso del
xiii secolo analoghe rappresentazioni si presentino in
altre cattedrali francesi, da Bourges a Le Mans, ad
Amiens, a Tours, a Rouen, e che infine questi esempi
siano stati seguiti nel primo trecento fuori di Francia,
nella nuova e grande collegiata di una citt dalle molte
attivit manifatturiere e commerciali come Friburgo, o
in Inghilterra a York, fa pensare che queste rappresen-
tazioni attestino veramente lentrata di nuovi gruppi
sociali nellorizzonte della committenza.
Nelle vetrate offerte dai grandi del regno mancano
quelle scene di vita quotidiana che fanno delle vetrate
borghesi delle navate laterali e del coro una vera
summa delle attivit artigiane e mercantili del duecento
e un repertorio unico di notazioni e di rappresentazio-
ni concrete
56
; troviamo per contro rappresentati, ma
anche in questo caso in modo del tutto innovatore, i
grandi protagonisti di un periodo assai movimentato
della storia di Francia, quello che vide gli ultimi anni di
Filippo Augusto, il breve regno di Luigi VIII (1223-28),
la reggenza di Bianca di Castiglia, la giovinezza di san
Luigi.
Come nel caso delle figurazioni delle attivit artigia-
nali nelle finestre delle navate laterali, le rappresenta-
zioni dei donatori danno luogo a straordinarie novit
iconografiche. Per la prima volta in una cattedrale i bla-
soni dei donatori sono presenti con tanta frequenza,
combinati con episodi e personaggi della storia sacra; per
la prima volta un gruppo di donatori si fa rappresenta-
re dentro una chiesa a cavallo e in armi
57
. Le rose che
sovrastano le finestre a doppie luci del coro ospitano una
parata di sette cavalieri attorno allimmagine del futuro
Luigi VIII, rappresentato sopra una finestra della pare-
te nord ancora senza corona, quindi prima della sua
accessione al trono (1223). Si tratta di un membro della
famiglia di Montfort (Simon o il figlio Amauri), di un
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 98
conte di Beaumont, di Robert de Courtenay, di re Fer-
dinando III di Castiglia, di Philippe de Boulogne detto
Hurepel, figlio naturale di Filippo Augusto e quindi fra-
tellastro del principe Luigi, e di Pierre de Dreux detto
Mauclerc, ed possibile che questa parata di guerrieri
voglia commemorare la crociata del 1217 contro gli albi-
gesi alla quale il principe e i suoi compagni darme ave-
vano partecipato.
Nelle parti circolari in forma di rosa che sormontano le
vetrate della parte superiore della chiesa sono rappresenta-
ti re, duchi, conti, baroni, armati dalla testa ai piedi, e mon-
tati su cavalli riccamente agghindati,
ne scrive stupito Eustache Langlois
58
. Unaltra aristo-
cratica schiera di donatori si incontra nelle vetrate alte
del transetto, e anche qui i motivi dellautoesaltazione
e della legittimazione attraverso le immagini sono pre-
senti. Ancora una volta appaiono i grandi ufficiali del
regno come Jean Clment maresciallo di Francia, i mas-
simi feudatari come Thibault VI di Champagne, Phi-
lippe de Boulogne, Pierre Mauclerc. La loro storia si
interseca, si sovrappone, si unisce e si differenzia con
quella del re Luigi VIII e della regina Bianca di Casti-
glia, mentre le loro scelte, le loro posizioni mutano e si
trasformano
59
.
Prendiamo il caso di Pierre de Dreux, che, discen-
dente da Luigi VI e quindi legato da vincoli di stretta
parentela con la famiglia reale, era diventato duca di
Bretagna nel 1212, grazie al matrimonio con Alix de
Thouars. I due sposi avevano dato prova di una straor-
dinaria munificenza verso la cattedrale, e forse erano
stati committenti della decorazione plastica del grande
portale del transetto sud, ove se ne erano volute rico-
noscere le immagini sotto la statua di Cristo del trumeau
(ma pi probabilmente si tratta del conte Luigi di
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 99
Blois-Chartres); di certo avevano donato la grande rosa
meridionale la rosa dellApocalisse e le cinque gran-
di finestre della claire-voie sottostante, ove troneggia la
Vergine col Bambino tra i quattro profeti maggiori che
reggono sulle spalle gli evangelisti, e appaiono, con i loro
stemmi, quattro membri della famiglia di Dreux-Breta-
gna. La datazione di questo insieme pu essere fissata
tra il 1219 e il 1220 allincirca Alix de Thouars che
appare come donatrice della vetrata muore nel 1221, i
suoi figli Jean e Jolande nascono rispettivamente nel
1217 e nel 1218 e sono rappresentati come bambini pic-
coli, mentre non vi appare lultimogenito Artus nato nel
1220
60
. Di fronte a questa, a chiudere lalta parete del
transetto nord sta la rosa nord, dedicata alla Vergine,
che, con le relative finestre della claire-voie, una dona-
zione reale segnata dai gigli di Francia e dai castelli di
Castiglia, la patria della regina Bianca.
Le vicende di tutti i donatori sono strettamente
intrecciate dalle comuni imprese militari, specie contro
gli albigesi, fino a che, dopo la prematura morte di Luigi
VIII (1226), giungono a una svolta conflittuale. Duran-
te la reggenza di Bianca di Castiglia, Mauclerc sar
infatti uno dei capi della coalizione di feudatari che
cerca di opporsi al potere della reggente. Accanto a lui
stavano Thibault de Champagne e Philippe de Boulo-
gne, altri munifici mecenati della cattedrale. La coali-
zione fu spezzata proprio da Jean Clment, maresciallo
di Francia, che in unaltra vetrata rappresentato men-
tre riceve da san Dionigi lorifiamma.
Non abbiamo elementi certi per datare ad annum
queste vetrate, e tutto porta a credere che esse siano
state eseguite prima della morte del re e della rivolta dei
baroni, quando la loro lealt alla dinastia era ancora in-
discussa. Certo la rosa nord, con lesaltazione dellisti-
tuto monarchico attraverso la presenza dei dodici re di
Giuda antenati della Vergine, e delle alte figure dei re
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 100
e dei sacerdoti di Israele (Melchisedec, Davide, Salo-
mone, Aronne) che accompagnano la figura di santAn-
na nella claire-voie e incombono sulle immagini dei re
sconfitti e idolatri rappresentati sotto di loro, ha avuto
un significato politico preciso. Sia che, eseguita quando
era vivo Luigi VIII, volesse costituire il primo manifesto
dellideologia regia dei capetingi
61
e ricordare ancora
una volta le vittorie sugli eretici, sia che realizzata al
tempo della reggenza di Bianca di Castiglia abbia volu-
to suggellare la sconfitta dei baroni e contrapporsi alla
rosa Dreux di fronte.
Osservando come la vetrata del vittorioso Jean Cl-
ment sia stata posta deliberatamente nel transetto sud,
non lontana da quella dello sconfitto Mauclerc, Paul
Frankl ha rilevato: dietro le pacifiche mura la cat-
tedrale celava le ostilit troppo umane tra alcuni di colo-
ro che avevano contribuito alla sua perfezione
62
. Anco-
ra una volta essa si presenta come un autentico punto
di incontro delle varie attivit, ambizioni, imprese
umane.
Non mancano le donazioni dei canonici membri del
capitolo, rappresentati in ginocchio davanti alla Vergi-
ne patrona di Chartres, come il canonico Henri Noblet,
e di vescovi come Regnault de Mouon, ma sono assai
meno numerose di quelle della borghesia e della nobilt:
un calcolo condotto sulle vetrate che portano chiara-
mente traccia dellidentit dei donatori fa ammontare a
sedici le donazioni ecclesiastiche, a quarantaquattro
quelle dei re e dei signori (accanto ai grandi del regno
molti altri aristocratici sono presenti come donatori delle
finestre alte: Bouchard de Marly, Robert de Berou, i
Montfort, i Courtenay, i Beaumont), a quarantadue
quelle degli artigiani e mercanti.
Quanto alla disposizione e alla ripartizione delle
vetrate, essa ubbidisce alle gerarchie sociali: general-
mente in basso, nelle finestre delle navate laterali e del
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 101
deambulatorio, le vetrate degli artigiani, in alto quelle
degli ecclesiastici e dei nobili, in posizioni privilegiate,
come le facciate del transetto o le campate del coro che
sovrastavano gli stalli dei canonici, queste ultime. Il
tutto con parecchie eccezioni. Nelle finestre alte si tro-
vano in gran numero anche vetrate donate dalle corpo-
razioni pi ricche, come quelle dei panettieri o dei cam-
biavalute, mentre vetrate di donatori ecclesiastici pos-
sono situarsi in basso, a un posto donore per, al cen-
tro della cappella absidale.
Una partecipazione sociale tanto diffusa e intensa
alla decorazione della cattedrale pot essere facilitata a
Chartres dalle solidariet di interessi tra il vescovo, i
canonici e le forze borghesi che si appoggiavano al capi-
tolo per sottrarsi alla tutela del conte, e si trova anche
a Bourges, a Le Mans o a Rouen, ma manca in altre
occasioni, a Lione o a Reims, dove forti erano i contra-
sti o totale era la supremazia del vescovo
63
.
Abbiamo altri casi dove liniziativa pi particolare
e privata. La volont di un potente, religioso o laico, pu
essere allorigine della decorazione di un intero edificio,
di una chiesa abbaziale come di una cappella palatina.
il caso celebre delle vetrate di Suger a Saint-Denis.
Anche qui, come e prima che a Chartres, la volont di
autorappresentazione e di autoperpetuazione costituisce
una motivazione potente. Labate si fa ritrarre nelle
vetrate della chiesa cos come iscrive il suo nome sugli
altari, sui portali, nelle formule di consacrazione. Abbia-
mo cercato di comprendere quali ragioni profonde
abbiano spinto Suger a dare una spiccata preferenza alla
vetrata. Una volta che il prestigio dei prodotti di que-
sta tecnica si fu affermato nelle coscienze e nellimma-
ginario degli uomini del xii e del xiiii secolo, la vetrata
divenne una forma artistica particolarmente ricercata e
i vari detentori del potere e della ricchezza gareggiaro-
no nel commetterne. Il prestigio dellopera si riflette sui
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 102
committenti, le loro rappresentazioni aumentano in
modo impressionante nel corso del tempo per giungere,
nel trecento, a forme palesi di esibizione della propria
figura, delle proprie armi, del proprio ruolo, del proprio
nome.
Nelle Visions of Piers the Ploughman, scritte in tre
diverse versioni tra il 136o e il 139o dal misterioso Wil-
liam Langland, un frate invita Lady Mede, la dama che
ha usurpato il posto della Chiesa e che rappresenta il
potere mondano del denaro, a pagare una vetrata a
Westminster dove si potr leggere il suo nome, assicu-
randola che questo atto garantir laccesso al cielo della
sua anima:
Abbiamo in fattura una finestra
che ci coster molto cara.
Vorresti invetriarla tu questa finestra
e incidervi il tuo nome?
Nelle messe e nei mattutini
per Mede canteremo
solennemente e dolcemente
come fosse una sorella del nostro ordine.
Ma Dio alle buone genti
proibisce tali incisioni
e di scrivere sulle finestre
delle proprie buone azioni.
Atto di avventuroso orgoglio lesservi dipinto e
pompa mondana...
64
.
Cos, al tramontare del medioevo, le immagini dei
donatori, dei loro blasoni, dei loro nomi che incombe-
vano dalle alte vetrate delle chiese erano avvertite da
alcuni fedeli come preoccupanti presenze della pompa
mondana.
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 103
1
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3
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4
Historia Episcopum Autissiodorensium in ph. labbe, Novae
Bibliothecae Manoscriptorum librorum tomus primus, Paris 1657, p. 453.
5
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Rheinischen Glasmalereien vom 12 bis zum 16 Jahrhunderts, Dsseldorf
1912, vol. I, pp. 51 sgg.: lteste Berichte ber das Vorkommen von Gla-
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6
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1911, p. 139; e. sackur, Die Cluniazenser... bis zur Mitte des II Jahrhun-
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7
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8
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romande, III serie, iii (1948); e. j. beer, Les vitraux du Moyen Age de
la Cathdrale, in aa.vv., La Cathdrale de Lausanne, Bern 1975, pp.
245-46.
11
m. grandjean, A propos de la construction de la cathdrale de Lau-
sanne, in Genava, xi (1963), p. 274, nota 57.
12
c. lautier, Les peintres-vertiers des bas-cts de la nef de Chartres
au dbut du XIII
e
sicle, in Bulletin Monumental, cxlviii (1990), pp.
7 sgg.
13
m. harrison caviness, Sumptous Arts at the Royal Abbeys in
Reims and Braine. Ornatus elegantiae, varietate stupendes, Princeton
1990, p. 10.
14
e. frodl-kraft in Studies in Medieval Stained Glass, CVMA, Uni-
ted States, Occasional Papers, I, New York 1985.
15
l. f. salzman, The Glazing of St Stephens Chapel Westminster
1351-52, in Journal of the British Society of Master Glass-Painters,
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 104
i (1926-27), pp. 14-16, 31-35, 38-41; id., Building in England to 154o.
A Documentary History, Oxford 1952, pp. 182 sgg.
16
l. grodecki, Les problmes de lorigine de la peinture gothique et
le Matre de Saint-Chron de la cathdrale de Chartres, in Revue de
lArt, 40-41, 1978, pp. 43-64, in particolare 57 sgg.
17
Se ne veda la riproduzione in j. lafond, Le Vitrail, Lyon 1988,
p. 178.
18
m. durliat, Les attributions de larchitecte Toulouse au dbut du
XIV
e
sicle, in Pallas, xi (1962), pp. 205-12; marks, Stained Glass in
England cit., pp. 53-54.
19
h. wentzel, recensione a p. frankl, Peter Hemmel Glasmaler von
Andlau, in Kunstchronik, xi (1958), p. 106.
20
h. wentzel, Eine deutsche Glasmalerei-Zeichnung des 14 Jahrhun-
derts, in Zeitschrift fr Kunstwissenschaft, xii (1958), pp. 131 sgg.;
e. frodl-kraft, Ein Scheibenriss aus der Mitte des 14 Jahrhunderts, in
Festschrift Hans R. Hahnloser, Basel 1961, pp. 307 sgg.
21
h. wentzel, Un projet de vitrail au XIV
e
sicle, in Revue de
lArt, 10, 1970, pp. 7-14.
22
c. cennini, Il Libro dellArte, a cura di F. Tempesti, Milano
1975, pp. 134-35.
23
g. marchini, Il giottesco Giovanni di Bonino, in Giotto e il suo
tempo, Atti del Congresso Internazionale per la celebrazione del VII
Centenario della nascita di Giotto, Roma 1971, pp. 67-77.
24
p. toesca, Vetrate dipinte fiorentine, in Bollettino dArte, xiv
(1920), pp. 3-6.
25
e. castelnuovo, Vetrate Italiane, in Paragone, 103, 1958, p.
17.
26
r. g. burnam, Medieval Stained Glass Practice in Florence, Italy:
the Case of Orsanmickele, in Journal of Glass Studies, xxx (1988),
pp. 77 sgg.
27
w. theobald, Technik des Kunsthandwerks im zehnten Jahrhun-
derts, Des Theophilus Presbyter Diversarium Artium Schedula, Berlin
1933, p. 241, nota 1, ricorda come documenti di Colonia (citati da j.
j. merlo in Die Meister der altklner Malerschule, Kln 1852, p. 190)
definiscano volta a volta coloro che lavoravano alle vetrate come fene-
strator (1056), glaseator (1314), vitriator (1327), factor vitrorum (1341);
g. m. leproux, Recherches sur les peintres verriers parisiens de la Renais-
sance (154o-162o), Genve 1988, pp. 1-10.
28
h. wentzel, Glasmaler und Maler im Mittelalter, in Zeitschrift
fr Kunstwissenschaft, iii (1949), pp. 53 sgg.
29
r. becksmann, in aa.vv., Vitrea Dedicata, Berlin 1975, p. 66. Suc-
cessivamente lo stesso becksmann (in Deutsche Glasmalerei des Mitte-
lalters, Stuttgart 1988, p. 95) ha ritenuto che Gherlacus non dovesse
essere il donatore, ma solo il creatore della vetrata.
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 105
30
Quae eius liberalitas usque ad infimos etiam pervenit, adeo ut
Stracholfo vitreario, servo Sancti Galli, totam vestituram suam tunc
sibi servienti praeciperet dari, in Monumenta Germaniae Historica,
Scriptores II cit. (cfr. nota 3).
31
leproux, Recherches cit., p. 8.
32
l. grodecki, Problmes de la peinture en Champagne pendant la
seconde moiti du XII
e
sicle, in Studies in Western Art, Atti del XX Con-
grs International dHistoire de lArt, Princeton 1963, vol. I, pp. 129
sgg; woodforde, English Stained cit., p. 7. Sui rapporti tra maestri
vetrari e miniatori in Inghilterra cfr. marks, Stained Glass in England
cit., pp. 56-58.
33
h. wentzel, Die Glasmalerei der Zisterzienzer in Deutschland, in
Die Klosterbaukunst, Arbeitsbericht der Deutsch-Franzsischen Kun-
sthistoriker Tagung, Mainz 1951.
34
La firma di Clemente di Chartres stata scoperta da e. h. langlois
che cos ne scrive in Mmoire sur la peinture sur verre et sur quelques vitraux
remarquables des glises de Rouen, Rouen 1823, p. 9: Le nom du vieux
peintre-verrier auquel on doit attribuer celles dont nous occupons en cet
instant est, par un heureux hazard, chapp la proscription, mais
mutil et recouvert en partie par les plombs dune restauration; ce nest
pas sans peine quon peut le dchiffrer sur un philactre o il se trouve
inscrit. Sulle firme dei maestri vetrari cfr. f. perrot, La signature des
peintres verriers, in Revue de lArt, 26, 1974, pp. 40-45; m. parsons
lillich, Gothic Glaziers: monks, Jews, taxpayers, Bretons, women, in Jour-
nal of Glass Studies, xxvii (1985), pp. 72-92.
35
mortet, Recueil cit., pp. 264-65.
36
o. lehmann-brockhaus, Schriftquellen zur Kunstgeschichte des 11
und 12 Jahrhunderts fr Deutschland Lothringen und Italien, Berlin 1938,
n. 1602, p. 316.
37
sugerii, De Administratione cit., pp. 52-53.
38
e. delaporte, Les vitraux de la cathdrale de Chartres, Chartres
1926, p. 6, nota 1.
39
l. grodecki, Un vitrail dmembr de la Cathdrale de Soissons, in
Gazette des Beaux Arts, 42, 1953, p. 175. La notizia riportata nel
1660 da e. baluze, Ex martyrologis Ecclesiae Sancti Gervasii Suessio-
nensis, Parigi, B. N., coll. Baluze 46, f0l. 463 r, traendola dal necrolo-
gio, ora scomparso, del capitolo della cattedrale.
40
salzman, The Glazing cit., passim.
41
sugerii, De Administratione cit., cap. 34, p. 76; brisac e gruber,
Le mtier cit., p. 29.
42
salzman, Building in England cit., p. 175.
43
woodforde, English Stained cit., p. 8.
44
delaporte, Les Vitraux de la Cathdrale de Chartres cit., pp. 19
sgg.; c. lautier, Les vitraux de la cathdrale de Chartres la lumire des
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 106
restaurations anciennes, in Knstlerische Austausch, Atti del XXVIII
Congrs International dHistoire de lArt, Berlin 1993, pp. 413-24.
45
Sulle spese sostenute ad Angers per la riparazione e la manuten-
zione delle vetrate della cattedrale cfr. l. de farcy, Monographie de la
Cathdrale dAngers, I. Les Immeubles, Angers 1910, pp. 172-81.
46
m. proust, A la recherche du temps perdu, edizione Pliade a cura
di J.-Y. Tadie, Paris 1987, vol. I, p. 59 [trad. it. Torino 1963
6
, vol. I,
p. 65].
47
j. guibert, Les dessins darchologie de Roger de Gaignires, srie II:
Vitraux, Paris s. d. Sono i personaggi e i blasoni delle vetrate di Char-
tres a essere particolarmente indagati dal Gaignires e tra i molti dise-
gni che fece eseguire si trovano anche piante e schemi del 1699 per la
localizzazione delle vetrate con la specifica indicazione: Disposition des
vitres de lglise Notre-Dame de Chartres selon lordre quelle sont placs.
48
... universas fenestras navis ecclesie cum lignae essent fecit vitras,
tribus exceptis.
49
La rappresentazione schematica della vetrata offerta dai due
donatori frutto del restauro dello Steinheil (1882). possibile che
originariamente la coppia coronata fosse rappresentata nellatto di
offrire una tiara a san Pietro, di cui nello scomparto superiore era rap-
presentato il martirio; questo almeno ci che appare dalla litografia,
tratta da un disegno di un artista locale, H. Hivonnait, pubblicata nella
Histoire de la Cathdrale de Poitiers di ch. a. auber, Poitiers 1848, ma
niente permette di affermare che, a sua volta, la tiara fosse originale,
cosa che anzi viene messa in dubbio dallAuber.
50
h. kraus, The Living Theatre of Medieval Art, Bloomington-Lon-
don 1967, p. 82; w. kemp, Sermo Corporeus, Mnchen 1987.
51
g. aclocque, Les Corporations, lindustrie et le commerce Char-
tres du XI
e
sicle la Rvolution, Paris 1917.
52
a. chedeville, Chartres et ses campagnes (XI-XIII
e
sicles), Paris
1973.
53
delaporte, Les Vitraux cit., p. 2, nota come sulle diciotto vetra-
te citate nei necrologi di Chartres come esistenti nella cattedrale prima
del grande incendio del 1194, diciassette risultassero donate da eccle-
siastici. Nel xiii secolo questa proporzione si altera radicalmente.
54
a. lecocq, Histoire du Clotre Notre-Dame, in Mmoires de la
Socit Archologique dEure et Loir, i (1858).
55
j. welch williams, The Windows of the Trades at Chartres Cathe-
dral, tesi della University of California, Los Angeles 1987, sostiene che
le corporazioni artigiane non offrirono n diressero le vetrate nelle quali
vennero rappresentate, ipotesi contro la quale reagisce w. kemp, Les
cris de Chartres. Rezeptionsthetische und andere berlegungen zu zwei
Fenstern der Kathedrale von Chartres, in Kunstgeschichte aber wie?, a
cura di C. Fruh, R. Rosenberg e H. P. Rosinski, Berlin 1989, pp.
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 107
190-220. La tesi della Williams stata pubblicata in volume sotto il
titolo Bread, Wine and Money. The Windows of the Trades at Chartres
Cathedral, Chicago 1993.
56
j. welch williams, nel suo libro sulle vetrate di Chartres, mette
in discussione anche il rapporto con la realt di queste scene, identifi-
cando un certo numero di schemi rappresentativi ripetutamente usati,
stabilendo un repertorio delle differenti posture e mettendole in rap-
porto con rappresentazioni di attivit artigianali in monumenti tardo
antichi provinciali. Lindiscutibile utilizzazione di topoi non toglie
niente tuttavia allimportanza e al significato di questa improvvisa
esplosione di raffigurazioni di attivit quotidiane.
57
b. brenk, Bildprogrammatik und Geschichtsvertndnis der Kapetin-
ger im Querhaus der Kathedrale von Chartres, in Arte Medievale, II
serie, v (1991), pp. 71-95.
58
e. h. langlois, Essai Historique et Descriptif sur la Peinture sur
Verre ancienne et moderne, Rouen 1832, p. 121.
59
f. perrot, Le Vitrail, la Croisade et la Champagne: rflexions sur
les fentres hautes du chur de la cathdrale de Chartres, in y. bellenger
e d. quruel, Les Champenois et la Croisade, Paris 1989; harrison
caviness, Sumptous Arts cit.
60
perrot, Le Vitrail, La Croisade cit., pp. 118-119. brenk, Bild-
programmatik cit., p. 87, ritiene che linvetriatura del transetto sud con-
cepita ai tempi di Filippo Augusto, il quale aveva progettato linve-
triatura del transetto della cattedrale daccordo con Pierre Mauclerc e
gli altri aristocratici donatori, possa essere datata qualche anno pi
tardi, al tempo del regno di Luigi VIII, e che quindi limmagine di Alix
de Thouars, realizzata dopo la sua morte, possa essere letta nella pro-
spettiva di una sorta di Memorienstiftung.
61
Cfr. brenk, Bildprogrammatik cit., pp. 83 sgg.
62
p. frankl, The Chronology of Chartres Cathedral, in The Art Bul-
letin, xliii (1961), pp. 51 sgg.
63
kraus, The Living cit., pp. 71 sg. Come si detto, la tesi della
Williams invece che a Chartres i contrasti tra canonici e gruppi della
nascente borghesia fossero molto forti, come rivela tra laltro la som-
mossa del 1210, e che di conseguenza le immagini degli artigiani rive-
lino un wishful thinking dei canonici piuttosto che una realt.
64
Piers Plowman by William Langland. An edition of the C Text by
d. pearsall, Berkeley 1979, pp. 67-68: We han a wyndowe a wor-
chinge | Wolde ze stande vs ful heye | Woldestow glaze that gable | and
grave ther zour name? | In messe and in matynes | for Mede we shal
synge | Solempneliche and softlyche | as for a suster of cure ordre | Ac
God to afle god folk | Suche grauynge defendeth | to writen on wyn-
dowes | of eny wel dedes | An auntur pruyde be paynted there and |
pomp of the world....
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 108
Capitolo quarto
Problemi iconografici
Saint-Denis.
Nel trentaquattresimo capitolo della relazione di
quanto era stato fatto a Saint-Denis sotto la sua
amministrazione, Suger prende cos a illustrare il pro-
gramma che aveva elaborato per le vetrate della sua
chiesa:
Abbiamo altres fatte dipingere dalle mani eccelse di
molti maestri di diverse nazioni la splendida variet delle
nuove vetrate, sia in basso che in alto, dalla prima alle-
stremit del coro che ne inizia la sequenza dove
rappresentata la stirpe di Jesse fino a quella che sovrasta
la principale porta dentrata alla chiesa. Una di queste, sti-
molando il passaggio dalle cose materiali a quelle im-
materiali, rappresenta lapostolo Paolo che fa girare un
mulino e i profeti che vi portano sacchi. Ed ecco i versi che
riguardano questo soggetto:
Scevera con il mulino, o Paolo, la farina dalla crusca
E rendi noto lintimo senso della legge di Mos.
Il vero pane sia fatto di tutti i grani senza crusca,
E sia per sempre cibo nostro e degli angeli.
E nella stessa vetrata, l dove viene tolto il velo dal volto
di Mos:
Storia dellarte Einaudi 109
Ci che Mos vela, la dottrina di Cristo rivela.
Coloro che spogliano Mos mettono a nudo la Legge.
Nella medesima vetrata sopra lArca dellAlleanza:
Sullarca dellAlleanza sta laltare con la croce di Cristo;
A causa di un patto pi alto qui vuol morire la vita.
Sempre nella stessa vetrata, dove il leone e lagnello dis-
suggellano il libro:
Egli il grande Iddio, e il leone e lagnello ne aprono il
libro.
E lagnello o il leone divengono carne congiunta a
Dio.
In unaltra vetrata, dove la figlia del Faraone trova Mos
nella cesta:
Mos nella cesta il Bambino, e la Fanciulla
Regale, la Chiesa, si prende cura di lui con mente pia.
Nella stessa vetrata, dove il Signore appare a Mos in
mezzo a un roveto ardente:
Come si vede il roveto che arde, ma non si consuma,
Cos chi pieno del Signore arde di questo fuoco, ma
non brucia.
Sempre nella medesima vetrata, dove si vede il Faraone
sommerso dal mare con la sua cavalleria:
Ci che il Battesimo per i buoni, lacqua per leser-
cito del Faraone La forma ne simile, ma dissimile la
causa.
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 110
E nella stessa, dove Mos innalza il serpente di bronzo:
Come il serpente di bronzo uccide tutti i serpenti,
Cos Cristo innalzato sulla croce uccide i nemici.
Nella medesima vetrata, dove Mos riceve la legge sulla
montagna:
Data la legge a Mos, a essa giova la grazia del Cristo.
La Grazia vivifica, la lettera mortifica
1
.
I tituli approntati per le scene, quelle brevi didasca-
lie di cui Suger era autore fertilissimo giungendo a dis-
seminarne ogni opera da lui commissionata, ne chiari-
scono linterpretazione mettendo in rapporto gli episo-
di dellAntico con quelli del Nuovo Testamento e illu-
minando senso e intenzione delle scelte
2
.
Le vetrate donate da Suger sono state conservate
solo assai parzialmente e hanno subito radicali restauri
3
,
ma il testo redatto dal loro committente, che fu anche
colui che ne stabil il programma, ci parla dei soggetti
di alcune di esse e del loro significato. In queste pagine
Suger chiarisce la funzione e il senso che attribuiva alle
vetrate della sua chiesa e, in particolare, a quelle la cui
lettura poteva essere pi difficile. Per usare le sue paro-
le, la loro funzione doveva essere quella di spingere
dalle cose materiali alle immateriali secondo il pro-
cesso anagogico precisato proprio in quegli anni a
Parigi da Ugo di San Vittore
4
. Per cose materiali non
si deve intendere solo la materia della vetrata, ma anche
il soggetto (Ugo di San Vittore avrebbe detto la histo-
ria), tal quale si rivela da una lettura di primo grado.
Prendiamo per esempio la vetrata di Mos. In essa
troviamo come primo episodio il ritrovamento di Mos;
la scena, in questo caso appunto la historia, illustra un
celebre episodio biblico, ma il suo significato va oltre.
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 111
Mos bambino nella sua cesta il Cristo, luomo-Dio,
la principessa che si prende cura di lui la Chiesa.
questo il senso fondamentale dellepisodio (lallegoria
avrebbe detto Ugo di San Vittore). Un fatto narrato dal-
lAntico Testamento accenna cos e si invera in una
allusione al Nuovo.
Particolarmente significativo per il soggetto e per la
illustrazione che ne viene data, dove si specifica lin-
tento, il modus operandi di questo programma, che con-
siste nello spingere dalle cose materiali alle immateriali,
il primo episodio con i profeti che portano il grano
macinato, separato dalla crusca e trasformato in farina,
grazie al mulino mosso da san Paolo. Attraverso il filtro
e lazione del Nuovo Testamento, la materia dellAnti-
co, separata dalle scorie, pu diventare pane, ostia euca-
ristica. Dal significato materiale, la scena che si svolge
intorno al mulino con i profeti e san Paolo, si passa a
quello immateriale, la continuit dei due Testamenti,
linverarsi dellAntico nel Nuovo. Il passaggio dal ma-
teriale allimmateriale, che in questa prima vetrata
messo in evidenza anche dai soggetti insoliti, complessi
e allusivi, continua nella vetrata dedicata alle storie di
Mos, dove, come si visto, un episodio storico rap-
presentato nel suo aspetto narrativo illustrato dal titu-
lus nel suo significato ultimo e trascendente. Come
Mos infante prefigurazione di Cristo e la principes-
sa della Chiesa, le acque del battesimo sono messe in
rapporto con quelle che sommergono larmata del farao-
ne, il serpente di bronzo che, innalzato su una colonna,
uccide ogni serpente come il Cristo che dalla croce
vince i suoi nemici. Per finire con Mos, che sul monte
riceve le tavole della legge, dove il commento spiega che
la grazia di Cristo rinvigorisce la legge mosaica e con-
clude con laffermazione che la lettera uccide e lo spiri-
to vivifica, parafrasando un concetto di san Paolo nel-
lEpistola ai Corinzi: Nam littera occidit et spititus vivifi-
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 112
cat. Questo problema della lettura parallela, del passag-
gio da un significato palese a uno riposto e pi profon-
do, tipico di Suger, ma anche del modo di operare di
un intellettuale del suo tempo. Si tratta di spingere la
lettura a diversi livelli. Dietro ogni avvenimento, epi-
sodio, personaggio vi un significato fondamentale e
nascosto che occorre mettere in luce. Suger insiste su
questo fatto e fa largo uso di espressioni come far noto
il significato intimo, rivelare, per concludere la
descrizione delle sue vetrate con quellallusione al pas-
saggio di san Paolo nellEpistola ai Corinzi che un chia-
ro accenno ai pericoli di una lettura che si arresti al
primo livello.
Le pagine di Suger offrono una chiave preziosa per
comprendere che cosa potesse essere il programma ico-
nografico di un ciclo di vetrate, ma non si deve pensa-
re che propongano un modello che potesse essere gene-
ralizzato, n che dietro ogni vetrata medievale si sia cela-
to un gioco di rinvii tanto complesso e raffinato.
sempre necessario identificare e distinguere il pub-
blico cui unopera si indirizza, e ci tanto pi in una
societ dove la differenza tra coloro che sapevano leg-
gere e detenevano la cultura e la stragrande mag-
gioranza, che era analfabeta, era molto profonda. A
seconda del pubblico cui si rivolgevano, le immagini
potevano avere funzioni diverse
5
. Il messaggio dellaba-
te di Saint-Denis si rivolgeva ai chierici litterati, a mona-
ci colti, capaci di leggere, il cui bagaglio culturale pote-
va fornire, con lausilio dei tituli, gli strumenti di una
decifrazione.
Le sue vetrate anagogiche dovettero tuttavia appa-
rire enigmatiche e di difficile comprensione anche ai
contemporanei colti, come si pu dedurre dal fatto che
il loro programma estremamente sofisticato non abbia
funzionato come un modello e non sia stato imitato,
mentre altre vetrate di Saint-Denis, come quella del-
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 113
lalbero di Jesse, o quella dellinfanzia di Cristo
6
, eser-
citarono una precisa influenza a Chartres e altrove. Ci
permette di rivedere almeno parzialmente la tesi di
Emile Mle
7
, che in tutte le vetrate del xii secolo vede-
va al lavoro pittori provenienti da Saint-Denis e attri-
buiva alle vetrate di Suger uninfluenza pi vasta e
onnipresente di quanto in realt esse non abbiano avuto.
I soggetti.
Le vetrate dovevano infatti essere comprese non solo
dal loro programmatore, ma anche dal pubblico che
entrava nella chiesa. Questo era assai differenziato, com-
posto comera di religiosi e di laici, di diversa cultura e
di differenti esperienze, attese e abitudini, e abbiamo
pi di una testimonianza di come una tale differenzia-
zione fosse percepita. Nella Apologia ad Guillelmum
indirizzata intorno al 1124 allabate Guillaume de
Saint-Thierry, san Bernardo, che di Suger era contempo-
raneo e per certi aspetti avversario, attacca violente-
mente luso delle immagini negli stabilimenti monasti-
ci, perch esse, sostiene, potevano distrarre i monaci
dalla meditazione religiosa, ma le ammette nelle chiese
dove aveva accesso un pubblico pi vasto, composto
anche di laici, cui, ai suoi occhi, le immagini erano desti-
nate. Pi tardi, ma questa volta per chiari motivi apo-
logetici, sar il cardinale Eudes de Chateauroux a ricor-
dare come, nella sua giovinezza, la vetrata del Buon
Samaritano nella cattedrale di Bourges gli fosse difficil-
mente comprensibile
8
.
Il fatto che anche gli strati pi colti del pubblico del
xii secolo difficilmente fossero in grado di identificare
e comprendere allusioni cos complicate come quelle
contenute in alcune delle vetrate di Suger fu tanto pi
rilevante in quanto ci si attendeva che le vetrate aves-
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 114
sero un valore didattico immediato e pi generalmente
comprensibile. Quando Honorius Augustodunensis, un
ecclesiastico vissuto in Germania tra xi e xii secolo,
paragona la societ a una chiesa, i vescovi ne sono le
colonne, i principi le volte, il popolo il pavimento, e le
vetrate, proprio in quanto portatrici di un insegnamen-
to, i maestri
9
.
Quali temi erano trattati nelle vetrate delle chiese
medievali? Molti e diversi, legati alla liturgia, al pensiero
teologico, allidea della salvezza, ma anche allimmagi-
ne del mondo, ai poteri che lo reggevano, alla crociata.
Una prima distinzione dipendeva dalla collocazione
delle finestre, a seconda che si trattasse delle finestre
alte della claire-voie, per solito dedicate a personaggi iso-
lati, santi, apostoli, profeti, patriarchi
10
, re, o delle fine-
stre basse, dove di preferenza prendevano posto vetra-
te leggendarie dedicate alla vita di un santo, a episodi
cristologici o altotestamentari, allillustrazione di para-
bole, oppure invece si trattasse di rose o rosoni con
spartizioni e programmi complessi.
Potevano essere affrontati i momenti e gli episodi pi
importanti della storia di Cristo: della giovinezza, o
della vita pubblica, spesso attraverso episodi tratti dai
vangeli apocrifi, linsegnamento delle parabole (il Buon
Samaritano, il Figliuol prodigo eccetera), la Passione,
lAscensione, le apparizioni dopo la morte.
Un tema onnipresente quello della Vergine: la sua
immagine, le storie della sua vita, della morte e dellin-
coronazione, dei miracoli da lei compiuti come quel-
lo celebre della leggenda del sacerdote Theophilus che,
avendo venduto lanima al diavolo, si pente e viene
riscattato dalla condanna grazie alle preghiere fatte
davanti alla sua statua sono frequentissime
11
. Emile
Mle ha indicato come questa leggenda sia stata a pi
riprese trattata in vetrate del xiii secolo (a Chartres, a
Gercy, a Beauvais, a Troyes, a Laon, a Le Mans), men-
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 115
tre altre leggende della Vergine non hanno fornito sog-
getto a vetrate. Solo la cattedrale di Le Mans possiede
un gruppo particolarmente nutrito di vetrate duecente-
sche dedicate ai miracoli della Vergine quali li aveva nar-
rati Gregorio di Tours nel De Gloria Martyrum, e quali
vennero ripresi nei lezionari in relazione alla festa del-
lAssunzione
12
.
Altri soggetti potevano riguardare personaggi, epi-
sodi e immagini dellAntico Testamento visti in diret-
to rapporto con il Nuovo. In pi di un caso (a Ch-
lons-sur-Marne, a Bourges, a Chartres ad esempio) la
rappresentazione della Passione al centro di elabo-
rati programmi tipologici in cui la Crocifissione
attorniata da episodi e personaggi biblici. Di questi
programmi Charles Cahier e Arthur Martin diedero
nella monumentale monografia sulle vetrate della cat-
tedrale di Bourges una prima estesa lettura. Il discor-
so tipologico si pu svolgere attraverso immagini di
profeti, di storie bibliche tratte dalla Genesi, in par-
ticolare la Creazione e le storie di No e di Giuseppe,
dallEsodo, e anche, ma pi raramente, dagli altri libri
(il ciclo biblico pi ricco quello della Sainte-Chapelle
di Parigi); o ancora dellalbero di Jesse, inteso come
lalbero dellascendenza terrena di Cristo o del trono
di Salomone, interpretato come figura della Vergine.
Frequenti i temi escatologici come il Giudizio finale,
i ventiquattro vegliardi dellApocalisse, e frequentis-
sime le rappresentazioni e le leggende dei santi e degli
apostoli.
Potevano comparire, in specie nelle rose, che nella
loro elaborata struttura circolare erano particolarmente
adatte a ospitare soggetti enciclopedici, anche temi appa-
rentemente profani come i segni dello zodiaco, i mesi,
le arti liberali, le diverse razze, i venti. Questi ultimi
soggetti non possono essere considerati come qualcosa
di diverso da quelli specificamente religiosi: il tempo, il
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 116
cosmo e i loro simboli, come daltronde tutte le attivit
umane, rientrano in un discorso generale sul mondo,
luomo e il suo destino.
Immagini politiche.
Il presente, la storia pi recente, ma anche soggetti
di origine classica divenuti leggendari, attinti per esem-
pio dal Romanzo di Alessandro, potevano fornire temi,
spunti, immagini, ed essere alla base dellorganizzazio-
ne di complessi cicli. La crociata, le lotte contro gli ere-
tici, lappropriazione di venerate reliquie, la polemica
antisemita, il primato di una sede arcivescovile, lauto-
rit dellimperatore, lesaltazione dellistituto monar-
chico, il primato della Chiesa forniscono volta a volta
soggetti per singole vetrate o interi cicli.
Situazioni particolari, legate alla funzione e alla sto-
ria di un edificio o della citt dove sorge, ebbero un peso
sulla genesi e sulla formulazione di determinate soluzioni
iconografiche. Ci evidente per i culti locali, ma esem-
pi di tal tipo, assai comuni, non sono i pi rappresenta-
tivi, poich in questi casi possono variare i singoli ele-
menti del racconto i personaggi, le vicende pur rima-
nendo invariata la sua struttura; la cosa cambia quando
la mutazione non porta su singoli episodi e personaggi
ma, per cos dire, sullaccento stesso del racconto tema-
tico. Quando per esempio, nota Hans Reinhardt
13
, le
finestre alte della cattedrale di Reims, la chiesa dove il
re di Francia veniva tradizionalmente consacrato, non
sono dedicate, come nelle altre cattedrali, a santi raffi-
gurati in posizione eretta, bens, con qualche eccezione,
unicamente a personaggi seduti: la Madonna con il
Bambino, gli apostoli, larcivescovo di Reims e i suoi suf-
fraganei nel coro, gli arcivescovi di Reims e i re di Fran-
cia nella navata, allora si pone veramente un problema.
Enrico Castelnuovo - Vetrate medievali
Storia dellarte Einaudi 117
La sostituzione di personaggi eretti con personaggi sedu-
ti (la posa della maest), linsistenza sul clero locale e sul-
lalternanza tra arcivescovi di Reims e re di Francia
hanno un notevole valore sintomatico: affermano [...]
la superiorit della sede metropolitana di Reims su tutta
la Seconda Gallia Belgica e il diritto dei suoi arcivesco-
vi a consacrare i re di Francia
14
. Un discorso analogo
si pu fare per la serie dei vescovi di Reims sovrastati
da profeti e apostoli a Saint-Remi. Nella cattedrale di
Strasburgo, dove lesaltazione dellistituto monarchico
gi traspare nelle vetrate dedicate a re Salomone, la
straordinaria serie di imperatori che ornava un tempo la
cattedrale romanica e che oggi, dopo molti rifacimenti
subiti nel periodo gotico e nellottocento, si snoda nelle
finestre della navata, ha le proprie origini nelle relazio-
ni privilegiate tra la citt alsaziana e limpero, e una con-
ferma di questi legami privilegiati viene dalliscrizione
che si trovava su una delle vetrate, oggi perdute, della
chiesa alsaziana di Slestat, forse rappresentante lalbe-
ro di Jesse, che ricordava come esse fossero state ordi-
nate da Federico imperatore di ritorno dopo aver vinto
i milanesi.
Particolarmente significativi per questo rapporto con
il presente i temi relativi al conflitto tra regnum e sacer-
dotium, quali il martirio di san Thomas Becket
15
, che
illumina lopposizione della Chiesa al cattivo monarca,
al tiranno, la storia di Costantino, primo imperatore
cristiano, e quella di san Remigio, che aveva battezzato
Clodoveo facendo della nazione franca il baluardo della
Chiesa e del suo sovrano il buon re per eccellenza
16
. Dal-
tro canto i temi relativi alla lotta contro gli infedeli
17