METODI PER LA RICERCA ETNOGRAFICA, Mariano Pavanello
PARTE I LA QUESTIONE DEL METODO DA MORGAN A RADCLIFFE-BROWN
CAP. 1 METODO COMPARATIVO E STORIA NATURALE
COMPARAZIONE, SOMIGLIANZE, METAFORE E METODO SCIENTIFICO La comparazione, in antropologia, la chiave di produzione della conoscenza: losservazione delle pratiche altrui e la registrazione dei loro discorsi impongono continuamente la comparazione tra ci che viene osservato e registrato attraverso lapparato concettuale dellantropologo, e i diversi oggetti osservati in questo modo si ricavano classificazioni e si impone loro un ordine. Questo il metodo utilizzato da Tylor o dalla Benedict, la quale conia nuove categorie interpretative per poter rappresentare i caratteri specifici di alcune popolazioni (cultura dionisiaca per i dobuani della Melanesia, dediti al cannibalismo, e cultura apollinea per gli zui del New Mexico, sereni ed equilibrati). Eppure, quella stessa comparazione che si crede possa produrre conoscenza, presuppone generalmente la legittimit delle percezioni e delle osservazioni: siamo cio convinti che ci che percepiamo corrisponda ad una realt che esattamente come la percepiamo (attitudine detta oggettivante). Tuttavia, tale attitudine tende a sottovalutare quanto losservatore sia in realt{ responsabile della costruzione del suo oggetto, e questo un problema fortemente sentito dallantropologia contemporanea nella pratica etnografica.
LA QUESTIONE DEL METODO TRA XIX E XX SECOLO Il lento affermarsi dellantropologia come scienza, si accompagnato dunque ad un affinamento dei problemi metodologici. Fino ai primi decenni del 900, non era considerata cos importante la relazione fra osservatore e realt{ osservata. Bisognava innanzitutto individuare gli elementi da studiare e isolarli per ricostruirli oggettivamente. E ci che era veramente importante erano le concordanze e le correlazioni di elementi in popolazioni e in culture diverse e lontane, per verificare che si trovassero, o meno, al medesimo stadio di evoluzione. Lindagine doveva prendere in considerazione questi aspetti: struttura sociale ciclo della vita individuale organizzazione politica economia organizzazione rituale e credenze magico religiose saperi e tradizioni linguaggio.
A queste stesse prescrizioni metodologiche, si ispir anche Mauss nel suo Manuale delletnografia (1947), che forniva le linee-guida delletnografia: il compito era losservazione completa della societ{, lobiettivo la conoscenza dei fatti sociali, non illudersi di sapere subito n formulare giudizi morali, separare losservazione (cio il dato, che deve rimanere puro) dallinferenza (cio la spiegazione dei fenomeni) (principio molto caro a Malinowski). Per Mauss, losservazione devessere intensiva, il pi possibile completa ed esaustiva.
Ci troviamo di fronte, in questo momento storico, ad un paradigma di tipo olistico: unepistemologia oggettivista che contrappone le totalit{ culturali semplici e le totalit{ culturali complesse del mondo occidentale, in base alla quale solo losservatore pu conoscere totalmente le popolazioni osservate e in base alla quale era possibile ricostruire gli scenari evolutivi dellumanit{. Lobiettivo era la fondazione di una scienza comparativa di carattere naturalista (scelta di un caso e analisi di questo come fa uno scienziato in laboratorio).
Tra gli anni 70 e 80 del 900, la scena del dibattito antropologico muta sostanzialmente. Non sono pi cos interessanti le questioni legate alla comparazione tra fenomeni simili, ma si afferma piuttosto lesigenza di uninterpretazione delle ricorrenze di fenomeni diversi e della comprensione del senso. Le diversit{ prendono, in un certo senso, il posto delle similarit{. Inoltre, lincontro tra antropologo e nativo fomenta il problema della reciproca comprensione e dellelaborazione di significati: non c pi il primitivo spiegato dal moderno, ma le societ del Terzo Mondo con le loro dinamiche di modernizzazione e globalizzazione che producono condizioni di intercomprensione.
LA NASCITA DEL METODO COMPARATIVO Uno dei primi esempi di questo metodo fu lopera del gesuita francese Lafitau del 1724 Abitudini dei selvaggi americani comparate alle abitudini dellantichit{, in cui paragona le popolazioni degli huroni e degli algonkini agli elleni e ai pelasgi (abitanti autoctoni delle terre intorno allEgeo prima dellarrivo dei greci). Gli huroni come gli elleni erano coltivatori sedentari, mentre gli altri erano cacciatori-raccoglitori nomadi. I primi sarebbero, in entrambi i casi, derivati dai secondi. Da questo studio, Lafitau sostenne limportanza di una comparazione e ricostruzione di stadi di progresso.
Grazie a Lafitau, prese avvio quellelaborazione di idee che sar{ alla base dellevoluzionismo di fine 800 e che a met{ 800 prende il nome di Teoria dei 4 stadi sullevoluzione dellumanit{: fase primordiale della caccia, allevamento di animali, agricoltura, e infine sviluppo dei commerci, delle arti e delle scienze (stadio caratteristico dellEuropa del XVIII secolo).
Ferguson, Turgot e Condorcet elaborarono poi diverse teorie sul progresso umano, seguiti da Comte con la sua Teoria dei 3 stati: teologico o fittizio, metafisico o astratto, scientifico o positivo, di cui la sociologia si fa scienza positiva.
IL PARADIGMA EVOLUZIONISTA E LINVENZIONE DELLE SOCIETA PRIMITIVE Lideologia del 700, propugnava dunque la tesi di un progresso lineare e costante, e con queste si scontr Darwin quando, nell800, inzi a parlare di trasformazione per selezione e adattamento. I due concetti di progresso ed evoluzione si combinarono, dando vita allidea di una evoluzione culturale e sociale teoria che ebbe grande successo tra XIX e XX secolo e a cui si ispirarono gli evoluzionisti. A cavallo fra 800 e 900 nasceva lantropologia che elaborava le prime nozioni di societ{ primitiva e la vecchia teoria dei 4 stadi lasciava il posto a teorie diverse, costruite perlopi su uno schema tripartito. Tylor fu il primo antropologo accademico e il primo ad elaborare una teoria dei 3 stadi dellevoluzione: stadio selvaggio, della barbarie e della civilt. A lui segu Morgan, che forn una sintesi dellevoluzione culturale delluomo, che attraverso gradini e grazie ad accumulazioni di conoscenza sperimentale si sarebbe mosso da selvatichezza a civilt, in una sequenza tanto naturale quanto necessaria. Nel quadro culturale dellantropologia evoluzionista, sono inoltre degni di menzione Frazer (Il ramo doro) e Van Gennep (I riti di passaggio 1909).
CAP. 2 LANTROPOLOGIA TRA REALISMO STORICO E SOCIOLOGIA COMPARATA
PREMESSA: POSITIVISMO, STORICISMO E SCIENZA SOCIALE Lantropolgia ha spesso rappresentato un ponte tra sociologia e storia, condividendo aspetti fondamentali di entrambe le discipline. La polemica tra Radcliffe-Brown e Boas, stata la battaglia cruciale per lo statuto dellantropologia, se fosse cio scienza sociale o disciplina storica. In Europa, lo scontro era lo storicista Weber e il positivista Durkheim. Weber e gli storicisti rifiutavano il positivismo di Comte. Durkheim invece, pi fedele a Comte, in Le regole del metodo sociologico (1895), fiss loggetto e il metodo della sociologia: il primo era il fatto sociale, il secondo il metodo comparativo.
FRANZ BOAS E IL RELATIVISMO STORICO Negli Stati Uniti, nel 1986, Boas tenne un intervento sui Limiti del metodo comparativo in antropologia, poi pubblicato. Lobiettivo di Boas era quello di proporre un nuovo metodo che dimostrasse che le varie sequenze evolutive non potevano essere dovute alle medesime cause e che ricostruisse i processi di diffusione dei tratti culturali, e quindi alcuni aspetti della storia culturale della societ osservata. Boas non contrappose dunque il suo metodo, pi vicino alla storiografia, a quello comparativo: anche il suo metodo era comparativo, ma puntava a ricostruire sequenze storiche di unarea limitata.
LECOLE SOCIOLOGIQUE E IL METODO COMPARATIVO I fatti sociali di Durkheim possono essere osservati e classificati in base ad un procedimento rigoroso che altro non che il metodo comparativo. Non per lo stesso metodo utilizzato dai primi evoluzionisti, ma punta a stabilire rapporti di causalit utilizzando una sperimentazione indiretta (quella della comparazione circoscritta di fatti sociali documentati, e quella che dipende da variazioni concomitanti, in base alle quali un fenomeno pu effettivamente dipendere da un altro). In questo modo, accanto ai fatti storici, vengono ricostruite anche le strutture di lunga durata delle societ{.
Una serie di conferenze tenute a Cambridge da Mauss nel 1910, fu poi il tentativo di proporre le tesi dellEcole Sociologique anche ad un pubblico inglese. E a questo punto che entra in scena Radcliffe-Brown. Nel suo saggio Metodi delletnologia e dellantropologia sociale del 1923, Radcliffe-Brown entra in polemica con Boas: letnologia di Boas, dice, non potr{ mai eguagliare la storia, perch manca di veri e propri documenti scritti. Alle discipline idiografiche (etnologia e etnografia) va comunque riconosciuto un metodo di tipo storico, mentre alle discipline nomometiche (come lantropologia sociale, che mira ad ottenere proposizioni generali attraverso la comparazione e lo studio delle istituzioni sociali) va riconosciuto un metodo induttivo.
PARTE II LOSSERVAZIONE PARTECIPANTE E I FONDAMENTI DEL METODO ETNOGRAFICO
CAP. 1 IL METODO ETNOGRAFICO DA MALINOWSLKI ALLA SVOLTA RIFLESSIVA
LOSSERVAZIONE DEGLI ALTRI E IL NUOVO METODO DI MALINOWSKI Morgan fu il primo, a partire dal 1844, a sperimentare uninterazione continuata e prolungata allinterno della societ degli Irochesi da lui studiata, al punto addirittura da essere adottato da uno dei loro clan nel 1847. La pratica dellinterazione prolungata si afferm per solo tra 800 e 900, diventando metodo etnografico e ponendo fine alla tradizione dei cosiddetti antropologi da poltrona come Tylor e Frazer. I nuovi antropologi (Boas e Radcliffe-Brown fra i primi) si muovevano verso le comunit scelte per i loro studi per analizzarle dallinterno. Fu per Malinowski ad istituzionalizzare la ricerca sul campo dellantropologia attraverso la sua osservazione partecipante, indicando cos con chiarezza lobiettivo della ricerca etnografica: cogliere il punto di vista dellindigeno (metodo induttivo).
DALLOSSERVAZIONE PARTECIPANTE ALLOSSERVAZIONE DELLA PARTECIPAZIONE La critica degli ultimi decenni ha messo in evidenza come losservatore antropologo faccia parte integrante egli stesso del campo di osservazione, e questo ha prodotto un rovesciamento di prospettiva: uno spostamento da osservazione partecipante a osservazione della partecipazione. Losservazione diventa cio riflessiva, diventa auto-osservazione: losservatore osserva gli altri che osservano la sua partecipazione. Non pongono semplicemente domande agli indigeni, ma si dialoga con essi. Losservazione partecipante, evidentemente, non soddisfava pi le prospettive degli studiosi, non si era pi sicuri che rappresentasse una tecnica di ricerca veramente efficace e scientifica. Nellosservazione partecipante, lo studioso doveva allo stesso tempo partecipare emozionalmente alla vita della societ da una parte, e osservarla in maniera distaccata e fredda dallaltra: era quindi sempre pi difficile produrre una conoscenza oggettiva e sempre pi forte era sentito il dramma dellantropologo, che non riusciva pi a distinguere fra finzione (cio non spontaneit{ derivante dallestraneit{ metodologica) e realt{. Nel concetto di osservazione della partecipazione, diventa implicito il progetto stesso dellantropologo: la convivenza e la creazione di un setting etnografico attorno a tre piani fondamentali: etica (cio il controllo della propria condotta da parte dellosservatore), legittimazione reciproca (strettamente legata al risultato e alla restituzione della ricerca) politica.
CAP. 2 DALLA TEORIA DELLA PRATICA ALLA PRATICA DELLINTERPRETAZIONE
PREMESSA La svolta riflessiva in antropologia preannunciata dalle opere di Bourdieu e Geertz, che mettono in discussione il modello dello struttural-funzionalismo sociologico della prima met{ del 900: la societ{ pensata come una totalit ordinata e coerente. Conseguentemente, anche la cultura cessa di essere un insieme organico, ma si parla piuttosto di frammenti di cultura.
PIERRE BOURDIEU E LA TEORIA DELLA PRATICA Bourdieau (1930-2002) ha dato allantropologia il primo impulso riflessivo attraverso lelenco dei 3 modi della conoscenza: conoscenza fenomenologica, esperienza primaria e non riflessiva del mondo sociale che un soggetto sperimenta fin dalla nascita conoscenza oggettivista, livello secondario e pi consapevole, che fornisce una giustificazione e una classificazione meno immediata della conoscenza fenomenologica conoscenza prassiologica, che si colloca nelleffettuazione delle pratiche, allinterno del sociale. Attraverso queste premesse, possibile secondo Bourdieu ricavare quelle leggi sociali antropologiche responsabili degli habitus, ovvero sia le abitudini, le regolarit della struttura.
CLIFFORD GEERTZ E LANTROPOLOGIA INTERPRETATIVA Argomenti fondamentali della sua teoria: per capire lazione umana, necessario sviluppare categorie volte a comprendere ci che lagente, dal suo punto di vista, vuole significare. Il significato soggettivo delle azioni ha quindi per Geertz il primato sullesigenza scientifica della classificazione dei fenomeni. bisogna tener conto della differenza tra concetti vicini allesperienza (immediati, quotidiani, usati naturalmente) e concetti lontani (pi astratti, usati da specialisti per scopi specifici).
I due argomenti, servono a Geertz per definire quella che lui chiama descrizione densa: lunica che pu mettere in evidenza tutta la rete complessa dei significati che gli agenti ripongono nelle loro azioni. Per Geertz, infatti, la cultura deve essere continuamente compresa e interpretata. A questo proposito la paragona ad un manoscritto: fare etnografia come leggere un manoscritto straniero, sbiadito, non scritto nei convenzionali caratteri alfabetici.
CAP. 3 IL CONCETTO E LO STATUTO DEL TERRENO ANTROPOLOGICO
IL TERRENO COME LUOGO E COME METAFORA Il terreno un termine che denota a tutti gli effetti lattivit{ dellantropologo, la metafora che condensa 3 idee diverse: terreno come viaggio verso un altrove, terreno come luogo in cui si conduce la ricerca, terreno come elemento essenziale della ricerca etnografica stessa. Inoltre, il rapporto tra lantropologo e il terreno si fonda quasi sempre su un sentimento di appartenenza: ci si sente appartenere luno allaltro.
IL TERRENO DA OGGETTO A INCONTRO Fino agli anni 60 del 900, il terreno sempre stato visto come luogo-oggetto, contenitore di dati. Questo anche a causa dellidentificazione tra etnologia (studio di una comunit) ed etnografia (momento di trascrizione dello studio, prodotto finale). Dagli anni 60 in poi, la concezione di terreno venuta a coincidere pi con levento stesso che il terreno rende possibile: lincontro etnografico. Terreno come scenario della produzione del dialogo antropologico, terreno come contesto.
IL TERRENO RIVISITATO E LA RELATIVITA DELLO SGUARDO ANTROPOLOGICO Ci sono due tipi di rivisita del terreno: quella effettuata, molti anni dopo, dal medesimo antropologo che per primo aveva condotto la ricerca (studio diacronico) quella effettuata da altri studiosi (restudy). Lobiettivo di questi studi indagare sui processi di mutamento culturale negli anni. Il mutamento, ovviamente, non riguarda solo la realt osservata, ma anche gli stessi osservatori o i loro punti di vista > da qui, si parla di relativit dello sguardo antropologico (es. : polemica Freeman-Mead sulletnografia samoana).
TERRENO COME IPERLUOGO Iperluogo = contesto che contiene altri luoghi e in cui possibile vivere varie dimensioni dellesistenza quotidiana. Possiamo indicare il terreno come iperluogo secondo 3 sensi: lantropologo vive unesistenza doppia su due dimensioni che difficilmente riescono ad intrecciarsi fra loro: quella del suo terreno di ricerca, nel quale si situato, e quella pi domestica che riesce a crearsi terreno come iperluogo perch insieme di convenzioni che strutturano le pratiche sociali (religiose, commerciali, comunicative) terreno come iperluogo perch insieme dei diversi ambiti di interesse in cui lantropologo si trova coinvolto
CAP. 4 LOSSERVAZIONE ETNOGRAFICA COME RICERCA
NATURA E LIMITI DELLOSSERVAZIONE COME RICERCA Innanzitutto, le modalit dellosservazione etnografica si riassumono brevemente in due tipi di strategie: strategie della visione: riguardano la conoscenza strategica delletichetta sociale, che si apprende osservando i comportamenti, le posture, le gestualit strategie dellascolto: ascolto delle risposte date allantropologo, ma anche delle conversazioni tra terzi.
I LIMITI EMPIRICI DELLOSSERVAZIONE I limiti empirici sono imposti dal contesto dellinterazione e dalla natura indeterminata dellosservazione stessa. Ovvero sia: - osservando un fenomeno, possibile cogliere davvero ci che ne fa scaturire il senso profondo? - com possibile fissare questo senso profondo? Questi quesiti assumono tanta pi importanza se si pensa che losservatore costruisce sempre i prodotti della propria osservazione basandosi su un procedimento che riproduce la sua propria visione del mondo.
I 4 LIMITI EPISTEMOLOGICI DELLA RICERCA ANTROPOLOGICA In che maniera il quadro concettuale del ricercatore pu influire sulla costruzione dei dati? limite dellautoreferenzialit{: gli enunciati dellosservatore costituiscono una rappresentazione scientificamente autoreferenziale limite della non riproducibilit{ dei fenomeni osservati: perch si tratta di fatti sociali, non naturali limite dello scarto rappresentativo: scarto tra documenti prodotti e realt indagata limite dellarbitrariet{ della generalizzazione: fino a che punto lantropologo legittimato a ritenere che un certo elemento generalizzabile allintera societ{, visto che ha avuto contatto solo con certi membri della societ e non con tutti?
Nel tentativo di annullare questi 4 limiti, sono stati proposti due suggerimenti: densit dei dati e multivocalit etnografica. PARADIGMA OLISTICO E PARADIGMA INDIZIARIO Paradigma = insieme di idee, principi, modelli che guidano le scelte di una comunit scientifica. Fino agli anni 60 del 900, il paradigma antropologico era di tipo olistico: lidea era quindi quella di poter cogliere, nel suo complesso, una determinata realt culturale percepita come unit compatta e coerente.
La svolta riflessiva post anni 60, ha per dissolto anche il paradigma olistico, sostituendolo con altri, in particolare con uno, detto modello indiziario, secondo la definizione Ginzburg. Ginzburg avanza lipotesi di unanalogia tra metodo di Sherlock Holmes, Freud e Morelli (personaggio di Freud, esperto darte in grado di distinguere le imitazioni dagli originali): in tutti e 3 i casi, tracce insignificanti consentono ai personaggi di cogliere realt assolutamente profonde. Con questo nuovo modello, viene esclusa la possibilit di spiegare immediatamente i fenomeni sociali dando loro una causalit lineare, e si ammette al contrario una pluralit di ipotesi e una relazioni causali multiple. Si procede attraverso lesame di tutti gli elementi capaci di fornire indizi, connettendo elementi che non per forza hanno qualcosa in comune ma che sono legati da cosiddette connessioni invisibili perch rivelate da particolari che si considerano il pi delle volte trascurabili. Il punto di vista indigeno, il senso interno delle pratiche e dei discorsi sociali, pu essere indagato soltanto seguendo queste tracce, i singoli elementi e le loro interrelazioni, producendo continuamente nuove ipotesi.
LA MEDIAZIONE CULTURALE = processo in cui sono coinvolti osservatore e suoi interlocutori nella continua ricerca di comprendersi vicendevolmente, a condizione che il ricercatore conosca la lingua locale, smontando continuamente i propri concetti scientifici e di senso comune attraverso il confronto con quelli locali. E un processo definito di de- oggettivazione, nato grazie al lavoro di Geertz, De Martino (La fine del mondo) e Kilani. La mediazione avviene allinterno di un setting in cui osservatore e osservati sono presenti entrambi, e in cui tuttavia losservatore deve effettuare un estraniamento metodologico (nei confronti della realt{ osservata, nei confronti della propria cultura di appartenenza e nei confronti dei documenti prodotti durante la ricerca. Importante poi che losservatore, dopo aver osservato, rifletta sulle proprie modalit concettuali. Fondamentale la sospensione del giudizio e la comparazione dei modelli scientifici con le idee locali, sul piano linguistico in particolare.
COME SI FA MEDIAZIONE CULTURALE Una volta che un determinato fenomeno stato osservato e registrato, deve essere scomposto nelle sue articolazioni spaziali e temporali. Dopodich, si pu procedere seguendo 3 tipi di analisi: decostruzione del segno linguistico: come nella linguistica, il significante (parola usata per definire lelemento) viene distinto dal significato (significato locale dellelemento) in due grappoli/assi di termini e concetti del ricercatore e degli indigeni disposizione sul grafo ad albero: ordine che evidenzia la maggiore o minore generalit o specificit dei vari elementi disposizione sulla tavola delle somiglianze di famiglia: gli elementi vengono messi in sequenza secondo ci che hanno in comune fra loro.
Seguendo questi metodi, possibile valutare le differenze che caratterizzano lapparato concettuale dellosservatore e quello locale. PARTE III LA RICERCA SUL TERRENO E LE SUE FONTI
CAP. 1 LORGANIZZAZIONE DELLA RICERCA
PREMESSA: RICERCA FONDAMENTALE E RICERCA APPLICATA Ricerca fondamentale = ricerca scientifica, che risponde agli obiettivi della comunit scientifica, motivata dallesigenza dellavanzamento della conoscenza teorica, libera da condizionamenti esterni, molto costosa e in genere finanziata dallo stato o da grandi fondazioni private. Il meccanismo di valutazione finale detto peer evaluation, valutazione di pari, in quanto i ricercatori che propongono il progetto vengono poi valutati da loro pari. Pretende una lunga consuetudine con il terreno.
Ricerca applicata = serve per il conseguimento di fini pratici che, nel caso dellantropologia, si riferiscono a problematiche sociali, sanitarie, educative, cooperative, interculturali. Finalizzata allapplicazione di conoscenze gi esistenti per la soluzione di problemi pratici, finanziata generalmente da ONG, non libera ma controllata dal committente. Necessita di brevi permanenze sul terreno e rapide indagini.
LA PROGETTAZIONE DELLA RICERCA La preparazione del programma scientifico della ricerca di importanza cruciale, ma non semplice. Bisogna seguire alcune prescrizioni fondamentali che corrispondono al logical framework (quadro logico), noto anche come Goal Oriented Project Planning (GOPP): definizione chiara del problema scientifico (soprattutto se in presenza di ricerca fondamentale) definizione degli obiettivi di indagine principali definizione degli obiettivi secondari che il pi delle volte scaturiscono da quelli primari. Ogni obiettivo devo poi corrispondere ad una mirata azione di ricerca necessaria per il suo conseguimento. preparazione dello stato dellarte, cio definizione delle conoscenze disponibili relativamente al problema esplititare infine: opzioni teoriche, epistemologiche, metodologiche fonti, risultati, prodotti, eventuale applicabilit{ dei risultati definizione del monitoraggio, cio degli indicatori da utilizzare per controllare il processo di conseguimento degli obiettivi proposti definizione del terreno di ricerca (reale per localit{ geografiche, o virtuale per rete internet)
CAP. 2 LE FONTI DELLA RICERCA ANTROPOLOGICA
NATURA DELLE FONTI Fonte = qualsiasi entit utile a fornire conoscenza e dati empirici a chi faccia ricerca. La concezione tradizionale delle fonti, soprattutto nel campo della storiografia, lasciava allo studioso il compito di scoprire e trovare la fonte, che dunque era preesinstente al ricercatore, per farne poi unanalisi critica e una finale interpretazione. Le scienze sociali hanno invece rivoluzionato il rapporto con le fonti, in quanto, diversamente che nella storiografia classica, nellantropologia una buona parte delle fonti prodotta dal ricercatore stesso in itinere.
Nellorganizzazione della ricerca, bisogna innanzitutto distinguere fra: fonti che preesistono allosservazione: bibliografiche, statistiche, cartografiche, documentali, fonti di informazione (persone o giornali) che si trovano in loco fonti prodotte dal ricercatore: - prodotte dal solo ricercatore: sono le cosiddette note di terreno osservative, riflessive, immaginative, oppure le fotografie e le riprese video generiche - prodotte dallescussione di testimonianze o dalla registrazione di eventi comunicativi: appunti, storie di vita sotto forma di interviste, e fonti orali.
Le fonti dellantropologia sono molte e di natura diversa. Se ne distinguono generalmente 3 categorie: fonti scritte, fonti materiali e fonti orali.
FONTI SCRITTE Possono essere: 1) documentali (primarie): documenti scritti originali prodotti direttamente da una fonte umana, tipo atti ufficiali di natura pubblica amministrativa giudiziaria politica o religiosa, documenti di fonti private come giornali o atti contrattuali, materiali destinati alla diffusione. 2) scritte secondarie: documenti che risultano essere copie o rielaborazioni degli originali o componimenti scritti
FONTI MATERIALI Essenziali per lantropologo, perch si tratta del componenti dellambiente in cui conduce la sua ricerca. Possono essere: 1) biotiche: si riferiscono alla caratteristiche antropometriche e biologiche della popolazione, alle piante, agli animali 2) abiotiche: oggetti, abitazioni, strade, forme dello spazio architettonico, abbigliamento, arredamento
FONTI ORALI Non sono da identificarsi strettamente solo con racconti, proverbi o narrazioni. Ma si identificano con: 1) persone viventi: definite nel gergo antropologico informatori, che possono essere collaboratori fissi, testimoni privilegiati o informatori generici 2) messaggi: si suddividono in performance verbali (discorso quotidiano, formalizzato, provocato) e non verbali 3) testi: testi delle registrazioni o videoregistrazioni sonore.
PARTE IV METODI E TECNICHE DI RICERCA
CAP. 1 METODO QUALITATIVO E METODO QUANTITATIVO
OPPOSIZIONE QUALITATIVO/QUANTITATIVO Qualitativo = si dice di metodo basato essenzialmente sullosservazione di eventi e comportamenti e sulla loro interpretazione. Mette a fuoco soprattutto gli aspetti di qualit delle azioni sociali, cio il loro significato, come quando e perch accadono, a quali regole rispondono e cos via.
Quantitativo= si dice di modalit di ricerca sociale orientata al trattamento statistico di variabili, ovvero sia di quelle dimensione e propriet degli oggetti che possono variare. Le variabili possono essere statistiche (immediatamente operativizzabili) o culturali.
Si pensa generalmente - sbagliando - che lopposizione qualitativo/quantitativo sia molto significativa in antropologia in quanto disciplina fondata principalmente sullosservazione, e quindi sulla soggettivit{, contrariamente alle scienze sociali fondate invece sulla formalizzazione di dati, su metodologie statistiche e quindi oggettive. Da vari decenni in realt{ gran parte dellantropologia ha iniziato a fare uso di modelli di rilevazione e analisi di dati quantitivi. A volte, infatti, si rivelano necessari questionari, campionamenti (quando bisogna pervenire a generalizzazioni di portata cruciale o bisogna indagare pratiche di gruppi sociali da comparare), anche se letnografia preferisce avvalersi di approcci face-to-face come lintervista (libera, orientata, non orientata, guidata, strutturata).
CAP. 2 LA RICERCA QUANTITATIVA
UNA PANORAMICA La ricerca quantitativa rappresenta in etnografia non tanto una alternativa allosservazione, quanto un completamento. Lantropologia ha dovuto combattere per affermare il proprio statuto scientifico, anche relativamente allanalisi quantitativa. Anzi, in contrapposizione a pratiche etnografiche additate per il loro orientamento fortemente umanistico-letterario (tipo Mead e Benedict), si sono sviluppati filoni antropologici caratterizzati da approcci quantitavi: si tratta dellorientamento ecologico degli studi neoevoluzionisti, neofunzionalisti e materialisti culturali, e dellorientamento economico.
ORIENTAMENTO ECOLOGICO Lantropologia ecologica nasce negli Stati Uniti negli anni 30 e 40 con una ripresa di interesse verso levoluzionismo di cui furono fautori Julian H. Steward e Leslie A. White.
Nel 49 viene pubblicato The science of culture: a study of man and civilization di White e diventa subito il manifesto del neoevoluzionismo, che si differenzia per dallevoluzionismo dall800 perch rifiuta la pretesa di scandire le diverse forme sociali in sequenze temporali e riduce la classificazione comparativa delle culture ai soliti ambiti geografici e storici. Insieme al suo allievo Carneiro cerca di chiarire il problema delle condizioni in cui si realizzano i cambiamenti culturali. A questo proposito sostiene che il grado di sviluppo culturale cambi a seconda dellefficienza degli arnesi e della capacit tecnologica utilizzata, per questo il funzionamento di ogni particolare cultura dipende dalle condizioni ambientali locali. Addirittura sembra esserci un rapporto diretto tra aumento della produttivit (quindi miglioramento delle condizioni tecnologiche) e aumento demografico.
Nel 55 esce invece Theory of culture change. The methodology of multilinear evolution di Steward, in cui si afferma la sua ecologia culturale per lidea in base alla quale i fatti culturali possono essere spiegati anche attraverso lanalisi delle relazioni tecnoeconomiche con lambiente. Le realt{ culturali devono essere legate secondo Steward al livello tecnologico, e in questo sta il carattere materialista del suo approccio.
Il neofunzionalismo ha rappresentato un approccio allo studio delle organizzazione sociale e culturale di specifiche popolazioni in termini di processi di adattamento funzionale che consentono alle societ di sfruttare con successo lambiente senza innescare processi di degrado ambientale (approccio cosiddetto ecologico sistemico). A tal proposito, uno dei lavori pi noti ispirati proprio a questo approccio Maiali per gli antenati di Roy Rappaport (1968). Lautore analizza la societ{ tsembaga della Nuova Guinea, e in particolare le variazioni cicliche della popolazione suina in corrispondenza a un certo rituale, e scopre questo rituale rappresenta proprio quel meccanismo che permette alla societ{ di ripristinare periodicamente lequilibrio ecologico quando questo turbato da qualche fattore di ordine culturale (tipo aumento della popolazione suina). Sulla stessa scia, Andrew Vayda (1969) afferma che lo stato di guerra semipermanente tra i maori della Nuova Zelanda soddisfaceva lesigenza di mantenere limitata lespansione demografica, mantenendo quindi il sistema complessivo uomo-ambiente in equilibrio.
ORIENTAMENTO ECONOMICO Lantropologia economica nasce negli anni 30 del 900 con la pubblicazione di Primitive polynesian economy di Firth (1939) e The economic life of primitive people di Herskovits (1940). Un altro studio rimasto classico From stone to steel di Salisbury (1962) sui siane, popolazione orticola della Nuova Guinea. Attraverso lanalisi del processo di trasformazione economica e culturale di queste societ{ e utilizzando la variabile tempo-lavoro, Salisbury scopre che nel sistema primordiale i siane spendevano l80% del loro tempo nelle attivit{ di sussistenza, mentre con luso di attrezzi moderni in acciaio solo il 50%. Tra questi indigeni esiste poi un sistema di scambio dei beni (conchiglie, asce ornamentali) tra gruppi legati da vincoli di affinit{, detto gima, che implica la partecipazione pubblica e avviene sotto forma di feste e fiere. Durante il gima, fra i vari gruppi vengono scambiate anche donne e i vari big men competono per ottenere pi prestigio. Allaumento del tempo libero, not Salisbury, corrispose un incremento attivit belliche, ma anche dello scambio gima, a cui i siane si dedicarono sempre di pi.