Mircea Eliade LA PROVA DEL LABIRINTO Intervista con Claude-Henri Rocquet I Jaca
Book Titolo originale L'preuve du labyrinthe Traduzione Massimo Giacometti (I) 19
78 Pierre Belfond, Paris Cooperativa Edizioni Jaca Book, Milano prima edizione i taliana gennaio 1980 copertina e grafica Ufficio grafico Jaca Book per inforMaaz ioni sulle opere pubblicate e in programMa e per proposte di nuove pubblicazioni ci si pu rivolgere a Direzione Editoriale Cooperativa Edizioni Jaca Book Via Saf fi 19, 20123 Milano, telefono 805.70.55 - 805.70.88 INDICE Prefazione IL SENSO D ELLE ORIGINI Il nome e l'origine Drago e paradiso Come ho scoperto la pietra fil osofale La mansarda Il Rinascimento e l'India INTERMEZZO L'apprendistato del sans crito Yogi sull'Himalaya Una verit poetica dell'India Le tre lezioni dell'India L 'India eterna L'INDIA ESSENZIALE INTERMEZZO EUROPA Ritorno a Bucarest La gloria attraversata Universit, Criterion e Zalmoxis Londra, Lisbona La forza dello spiri to Incontri Essere rumeno La patria, il mondo Vivere a Chicago Professore o guru ? I giovani americani L'aVVenire degli dei INTERMEZZO CHICAGO STORIA E ERMENEUTICA Vertigine e conoscenza Il terrore della s toria~ Ermeneutica Demistificare la demistificazione IL LAVORO DELLO STORICO Met odo: cominciare dall'origine L'inspiegato L'Arca di No FIGURE DELL'IMMAGINARIO La religione, il sacro Mito, rito, iniziazione... Uomini sacri Sogno e religione I L MITO E LA SCRITTURA Mito, letteratura, saggezza Animus e anima Scrivere la pro pria vita Biografia Bibliografia IL SENSO DEL LABIRINTO Allegati e documenti BRA NCUSI E LE MITOLOGIE pREFAZIONE Il titolo di questo libro, La prova del Labirint o, ne rivela chiaramente la natura. La consuetudine vuole che il confidente pres enti il dialogo suscitato dal gioco delle domande. Io posso dire, almeno, LE rag ioni che mi spinsero al bordo di questo mondo un po' leggendario, Eliade. Il fat to che avevo vent'anni quando lessi, nella biblioteca dell'Institut d'tudes polit iques dove, a dire il vero, non avevo niente da fare, un primo libro di Eliade ( si trattava, credo, di Immagini e simboli): gli archetipi, la magia dei legami, i miti della perla e della conchiglia, i battesimi e i diluvi, tutto ci mi tocc mo lto pi a fondo che non la scienZa dei miei professori di economia politica: si tr attava del sapere e del senso deLLe cose. i~ il fatto che, ad anni di distanza, dovendo far afferrare a dei futuri architetti l'idea che lo spazio dell'uomo non si misura daVVero se non orientandosi sui punti cardinali del cuore, non trovai alleati migliori del Bachelard di La Potique de l'espace e l'Eliade del Sacro e iL profano. ~, infine, che leggendo e rileggendo, come si passeggia dentro Siena e Venezia, i Fragments d'un Journal, dispiegarsi di un mondo, presenza di un uo mo, cammino di vita, vidi brillare, e d'un tratto vicina, attraverso l'edificio dei libri, la fiamma di una persona. Credo proprio che il mio desiderio si sia r ealizzato: ho incontrato l'antenato mitico, posso dire che abbiamo stretto amici zia e, con la mia insistenza, ho fatto emergere al centro del territorio di scrittura e di pensieri--l'opera di Eliade--questo microcosmo e questo snodo che sono le Conversazioni qui raccolte. La prova del labirinto Pe r addentrarsi nei meandri e scoprire l'unit di un'opera e di una vita, qualsiasi approccio va bene. L'apprendistato dell'India a vent'anni e la frequentazione di Jung a Eranos vent'anni dopo; le profonde radici rumene riconosciute fino in que sto modo di avere come patria il mondo; l'inventario dei miti corroborato dal lo ro intendimento; il lavoro dello storico e la primitiva passione d'inventare la favola; Nicola Cusano e l'Himalaya: ben si vede perch in Eliade il tema della coi ncidentia oppositorum risuona cos1 spesso e cos forte. Ma necessario dire che tut to converge alla fine? Piuttosto: tutto scaturito dall'anima originale, e quest' anima, come fa la semente, come fa l'albero, ha tirato a s le facce diverse del m ondo per rispondergli interrogandolo, per arricchirlo deLLA sua presenza. ALLA f ine l'origine si manifesta attraverso tutto ci che divenuto e che si riunito. And avo ad incontrare un uomo la cui opera aveva illuminato la mia adolescenza ed ho incontrato un pensatore attuale. Eliade non ha mai commesso l'errore di pretend ere che le scienze deLL'uomo prendano a modeLLO le scienze naturali; non ha mai dimenticato che, dove si tratta delle cose umane, per capire bisogna gi avere cap ito che chi interroga mai potrebbe ritenersi estraneo alle cose su cui indaga. M ai ha subito la seduzione del freudismo, del marxismo, dello strutturalismo o, p iuttosto, di quel miscuglio di dogma e di moda che questi termini designano. Ins omma non ha mai scordato lo spazio irriducibile deLL'interpretazione, il desider io inestinguibile di senso, la parola filosofica. Ma, necessario precisare, ques ta aTtualit di Eliade non quella delle riviste. Nessuno ha mai pensato di vedere in lui il precursore dei giovani californiani in peLLegrinaggio a Katmandu, ness uno penserebbe di scoprire in lui un inatteso nuovo filosofo >~. La modernit di E liade sta nel fatto di aver capito gi da mezzo secolo che la crisi deLL'uomo era i n verit una crisi dell.uomo occidentale e che c'era la necessit di capirla o di so praVVivere ad essa riconoscendo le radici--arcaiche, selvagge, familiari--dell'u mana condizione. Mircea Eliade, storico delle religioni ... Questo modo molto uff iciale di definirlo comporta il rischio di misconoscerlo. Per storia intendiamo almeno memoria e ricordiamoci che memoria sempre un presente. Ricordiamoci anche che per Eliade la cartina di tornasole del religioso il sacro, ovvero l'incontr o o il presentimento del reale. L'arte al pari della religione calamitata da que sto reale. Ma su cosa fondiamo la differenza tra l'una e l'altra? Credo che si c oglier a pieno il pensiero di Eliade se si vede in che modo risponde a quello di Malraux. Laddove Malraux vede nell'arte la moneta dell'assoluto, ovvero una form a dello spirito religioso, Eliade considera i riti e i miti dell'uomo arcaico--l a sua religione--altrettante opere d'arte e dei capolavori. Tuttavia questi due spiriti hanno in comune l'aver riconosciuto il valore inestirpabile dell'immagin ario e di aver visto che non c' altro modo di conoscere gli immaginari disertati o estranei se non ricreandoli e proponendoli agli uomini imprevisibili. N il desi derio di scienza n l'attenzione del filosofo mi sembrano essere la dimora essenzi ale di Eliade: essa piuttosto la fonte del poema in virt del quale a volte la vit a mortale si trasfigura e ci riempie di speranza. Claude-Henri Rocquet IL SENSO DELLE ORIGINI IL NOME E L'ORIGINE... Mircea Eliade, il suo un nome molt o bello... Perch Eliade: helios; e Mircea: mir, la radice slava che vuol dire pac e?... ...e mondo~7 E anche mondo, si, cosmo. Io non pensavo subito al significat o bens alla musicalit. La parola Eliade d'origine greca e rimanda indubbiamente a hlios. All'inizio lo si scriveva Hliade, giocando su hlios e hellade: sole e greco. .. Solo che non il nome di mio padre. Mio nonno si chiamava Ieremia. Ora, in Rom ania, quando qualcuno un po' pigro, oppure molto lento o esitante, gli si ricord a il proverbio: Oh! tu sei come Ieremia che non riusciva a tirar fuori la carrett a~. E a scuola a mio padre ripetevano questo. Ha deciso di cambiar nome non appe na raggiunta la maggiore et. Ha scelto il nome di Eliade perch era quello di uno s crittore molto noto del XIX secolo: Eliade Radulescu. ~ diventato quindi Eliade )~. Gli sono riconoscente perch preferisco Eliade a Ieremia. Mi piace ,il mio nom e. Quelli che hanno letto i Frammenti di un diario sanno gi un po' chi lei sia co me persona e conoscono le grandi linee della sua vita. Tuttavia quel Diario comi ncia nel 1945 a Parigi: lei allora aveva quasi quarant'anni. In precedenza lei a veva vissuto in Romania, in India, a Lisbona, a Londra. Lei era uno scrittore ce lebre in Romania e un orientalista~. A tutto questo il Diario fa allusione, ma no n sappiamo quasi nulla degli anni precedenti al suo arrivo a Parigi e, per comin ciare, dei primi anni della sua vita. Beh, sono nato il 9 marzo 1907, un mese te rribile nella storia della Romania: era la rivolta dei contadini, in tutte le pr ovince. Al liceo mi dicevano sempre: Ah! lei nato nel bel mezzo della rivolta dei contadini...~ Mio padre era militare, come mio zio. Era capitano. A Bucarest so no andato alle elementari, in via Mantuleasa, nella scuola che ho evocato in Str ada Mantuleasa--in italiano Il vecchio e il funzionario. Poi, al liceo Spiru-Har et. Era un liceo abbastanza buono, gli era stato dato il nome del Jules Ferry ru meno. Suo padre era ufficiale... Ma oltre a questo com'era la sua famiglia? Io m i considero una sintesi: mio padre era moldavo e mia madre olteniana. Nella cult ura rumena, la Moldavia rappresenta il lato sentimentale, la malinconia, l'inter esse per la filosofia, per la poesia e una certa passivit di fronte alla vita: pi che alla politica l'interesse va ai programmi politici e alle rivoluzioni sulla carta. Ho ereditato questa tradizione moldava da mio padre e da mio nonno che er a contadino. Sono molto fiero di dire che sono la terza generazione ad aver port ato scarpe. Mio bisnonno infatti andava scalzo o portava gli opinci che sono una specie di sandali. Per l'inverno c'erano degli enormi stivali. Si diceva, un'espressione rumena: Seconda, terza o quarta generazione... di scarpe>~ . Io sono la terza... E da questo retaggio moldavo deriva in me la propensione p er la melanconia, la poesia, la metafisica-diciamo, per la notte. Mia madre, invec e, proviene da una famiglia dell'Oltenia, ovvero la provincia a ovest, vicina al la Yugoslavia. Gli olteni sono gente ambiziosa, energica, appassionata di cavall i, non sono soltanto dei contadini, ma degli haiduks: fanno del commercio, vendo no dei cavalli (qualche volta li rubano!...). E la provincia pi attiva, la pi entu siasta, e anche la pi brutale; del tutto opposta alla Moldavia... I miei genitori si sono incontrati a Bucarest; e quando ho preso Il senso delle origini coscien za del mio retaggio ne sono stato molto felice. Come tutti, come tutti gli adole scenti, avevo delle crisi di disperazione, di malinconia, a volte ai limiti dell a depressione nervosa: l'eredit moldava. Al tempo stesso sentivo in me un'enorme riserva di energia. Mi dicevo: mi viene da mia madre. Devo loro molto, a entramb i. A tredici anni ero boyscout e avevo il permesso di trascorrere le vacanze sul le montagne, nei Carpazi, oppure in barca sul Danubio, nel delta, sul mar Nero. La mia famiglia accettava tutto. Soprattutto mia madre. A ventun anni le ho dett o: parto, vado in India. La nostra era una famiglia della piccola borghesia, epp ure, i miei genitori lo hanno trovato normale. Eravamo nel 1928 e certi grandi s anscritisti non conoscevano ancora l'India. Louis Renou ha fatto il suo primo vi aggio solo a trentacinque anni, credo. E io, a vent'anni... La mia famiglia mi h a lasciato fare tutto: andare in Italia, comprare ogni sorta di libri, studiare l'ebraico, il persiano. Avevo una grande libert. Lei dice, famiglia della piccola borghesia, che per mostra un certo gusto per le cose dello spirito. Famiglia di g ente colta, magari? S, senza pretesa di grande cultura, ma al tempo stesso, senza l'opacit di una famiglia, diciamo, piccolo-borghese. Lei figlio unico? Siamo in t re: mio fratello nato due anni prima di me e mia sorella quattro anni dopo. E un a grande fortuna essere arrivato tra l'uno e l'altro. Perch, beninteso, la prefer ita, per anni, fu mia sorella: la piccola. Non posso dire che non mi sentivo ama to, ma non ero soffocato da un eccesso di amore materno o paterno. :~ una gran f ortuna. Assieme a quella di aver avuto un amico e, in seguito, un'amica: mia sor ella e mio fratello. L'immagine che si viene delineando quella di un uomo felice della sua nascita e della sua origine... E vero. Non mi ricordo di aver recrimi nato o protestato quando ero adolescente. Eppure non ero ricco, non avevo molti soldi per comperare dei libri. Mia madre me ne dava dai suoi risparmi, o quando si vendeva qualcosa; in seguito abbiamo perfino affittato una parte della casa. Non ero ricco ma non protestavo mai. Ero in pace con la mia condizione umana e s ociale, familiare. DRAGO E PARADISO Della sua prima infanzia quali immagini le vengono allo spirito7 La prima immagi ne... Avevo due anni, due anni e mezzo. Ero in una foresta. Ero l\, guardavo. Mi a madre mi aveva perso di vista. Facevamo un pic-nic. DOPO qualche metro mi sono perso. E, all'improvviso, scopro davanti a me un'enorme e splendida lucertola b lu. Ne sono rimasto stupefatto... non avevo paura, ma ero talmente affascinato d alla bellezza, quell'animale enorme e blu... sentivo il cuore che mi batteva, di entusiasmo e di paura, ma, al tempo stesso, vedevo anche la paura negli occhi d ella lucertola. Vedevo il suo cuore che batteva. Mi sono ricordato per anni ques ta immagine. Un'altra volta, all'incirca alla stessa et, dal momento che mi rived o ancora camminare a quattro zampe, ero a casa nostra. C'era un salone, non avev o il permesso di entrarci. Credo del resto che la porta fosse sempre chiusa. Un giorno, un pomeriggio d'estate, verso le quattro, la famiglia era assente--mio p adre in caserma, mia madre in visita da una vicina... Mi avvicino, faccio un ten tativo e la porta aperta. Entro, penetro... Allora stata per me un'esperienza st raordinaria: le finestre avevano delle tende verdi e, poich eravamo d'estate, tut ta la camera aveva un colore verde, strano, mi sentivo all'interno di un chicco d'uva. Ero affascinato dalla luce verde, un verde dorato, mi guardavo attorno, e ra davvero uno spazio ancora mai conosciuto, un mondo del tutto diverso. Fu l'un ica volta. L'indomani cercai di aprire la porta, ma era gi chiusa. Sa perch il sal one le era vietato~ C'erano molti scaffali pieni di ninnoli. E poi mia madre, co n altre signore della citt, organizzava delle feste infantili con lotteria. In at tesa della festa, i lotti venivano deposti nel salone. Mia madre, giustamente, n on voleva che i bambini vedessero quell'enorme quantit di giocattoli. Entrando le i li ha visti quei giocattoli~ SI, ma li conoscevo, avevo visto la mamma che li portava a casa. Non questo che mi ha colpito. ~ il colore. Era proprio come in u n chicco d'uva. Faceva molto caldo, una luce straordinaria che per entrava attrav erso i tendaggi. La luce era verde... Davvero, ho avuto l'impressione di trovarm i improvvisamente in un chicco d'uva. Lei ha letto la Fore~t interdite? In quest o romanzo, Stphane si ricorda una camera misteriosa di quando era bambino, la cam era ~Sambo~. Si chiede cosa volesse dire... Era la nostalgia di uno spazio che a veva conosciuto, uno spazio che non assomigliava a nessun'altra camera. Evocando questa camera Sambo, pensavo, evidentemente, alla mia esperienza personale: all'e sperienza straordinaria di penetrare in uno spazio completamente diverso. Era un po' spaventato della sua audacia o semplicemente meravigliato;~ Meravigliato. N on aveva nessun timore,~ Non aveva il sentimento di commettere un delizioso pecc ato~ No... Ci che mi ha attirato il colore, la calma e poi la bellezza: era il sa lone, con dei quadri, delle mensole, ma nel verde! Immerso in una luce verde. Mi rivolgo qui al conoscitore dei miti, all'ermeneuta e all'amico di Jung. Cosa ne pensa di questi due racconti ~ Beh, curioso, non ho mai pensato ad interpreta rli! Erano per me semplici ricordi. Per vero che l'incontro con quel mostro, con quel rettile che era di una bellezza straordinaria, ammirevole... Quel drago... SI, il Drago. Per il drago femmina, il drago androgino, perch era veramente di una tale bellezza! Ero colpito dalla sua bellezza, da quel blu straordinario... Nel la sua paura, lei era comunque abbastanza presente per sentire la paura dell'alt ro. La vedevo! Vedevo la paura nei suoi occhi, vedevo che aveva paura del bambin o. Quell'enorme e bellissimo sauriano aveva dunque paura del bambino. Ne ero stu pefatto. Lei dice che il Drago era di una grande bellezza in quanto femmina, and rogino . Forse per lei la bellezza legata essenzialmente all'elemento femminile ? No, vedo anche una bellezza androgina e una bellezza maschile. Non posso ridurr e la bellezza, nemmeno quella del corpo umano, alla bellezza femminile. Perch, a proposito della lucertola, parlava di bellezza androgina ? Perch era perfetta. Era tutto: grazia e terrore, ferocia e sorriso, c'era tutto. Pronunciata da lei la p arola ~< androgino non senza importanza. Sul tema dell'Androgino lei ha parlato a lungo... Insistendo sempre per su questo punto: androgino e ermafrodita non son o una stessa cosa. Nell'ermafrodita i due sessi coesistono. Abbiamo delle statue di uomini con i seni... mentre l'androgino rappresenta l'ideale di perfezione: i due sessi si fondono. in un'altra specie umana, una specie diversa... E questa , io penso, importante. Evidentemente entrambi, l'ermafrodita al pari dell'andro gino, esistono nella cultura, non solo europea, ma universale. Io sono attratto dal tipo di androgino in cui vedo una perfezione che difficilmente, o forse mai, realizzabile nei due sessi distinti. Penso a una certa opposizione che l'analis i strutturale scopre tra il bestiale e il divino nella Grecia antica: lei direbbe che l'ermafrodita dalla parte del mostro e l'androgino dalla parte del dio? No, in quanto non credo che l'ermafrodita rappresenti una forma mostruosa. in uno sf orzo disperato per effettuare la totalizzazione. Non per la fusione, non l'unit. I l senso delle origini E che significato attribuisce alla camera-chicco d'uva? Sa perch quel ricordo rim asto cos vivo? Quel che mi ha colpito l'atmosfera paradisiaca, quel verde, quel v erde dorato. E poi, la calma, la calma assoluta. E io penetro in quella zona, in quello spazio sacro. Dico sacro~, in quanto quello spazio era di qualit del tutto diversa; non era profano, quotidiano. Non era il mio universo di tutti i giorni , con mio padre, mia madre, mio fratello, il cortile, la casa... No, era qualcos a di completamente diverso. Una cosa paradisiaca. Un luogo proibito, prima, e ch e torn ad esserlo poi... Nella mia memoria una cosa davvero eccezionale. L'ho chi amata paradisiaca in seguito, quando ho imparato la parola. Non era un'esperienza religiosa, per ho capito che mi trovavo in uno spazio totalmente diverso e che vi vevo qualcosa di completamente diverso. Prova ne che questo ricordo mi ha ossess ionato. Uno spazio del tutto altro di verdura o di verdore e d'oro; un luogo sacro , vietato (ma si tratta di un divieto senza trasgressione, vero?), sono davvero immagini di paradiso: il verde, originale, l'oro, la sfericit del luogo, quella l uce: s, come se nella sua prima infanzia lei avesse vissuto un momento di paradis o--diciamo di Eden, il Paradiso originario. Ma, attraverso il suo del tutto altro, intendo e~:ettivamente il ganz andere tramite cui Otto definisce il sacro. E ve do bene che questa immagine della sua infanzia di quelle che, nei miti, hanno af fascinato e occupato in seguito Mircea Eliade. Chi ha letto i suoi libri, se sen tisse questo ricordo senza sapere che le appartiene, indubbiamente penserebbe a lei... Chiss se queste grandi esperienze del Drago e della camera chiusa e lumino sa, paradisiaca, non hanno orientato in profondit la sua vita? Chi lo sa?... scen za, quali e i miti. Non dell'infanzia Coscientemente so quali letture, nel corso dell'adolescoperte hanno risvegliato il mio interesse per le religioni posso tu ttavia sapere in che misura queste esperienze hanno determinato la mia vita. Nel Giardino delle delizie di Ieronimo Bosch, si vedono degli esseri che abitano dentro frutti... Non avevo la sensazione di trovarmi davvero in un frutto enorm e. Tuttavia non potevo paragonare la luce verde, dorata, se non a quella che si ha se si rinchiusi in un chicco d'uva. Non c'era quindi l'idea del frutto, di ab itare in un frutto ma quella di trovarsi in uno spazio --paradisiaco. i~ l'esper ienza di una certa luce. kkkkk COME HO SCOPERTO La PIETRa FILOSOFALE La sua prima scuola quella della via Mdntuleasa... Che ricordo ne ha conservato? La scoperta della lettura, soprattutto. Verso i dieci anni ho cominciato a leggere dei roman zi, dei romanzi gialli, dei racconti, insomma tutto quel che si legge a dieci ar mi e un po' di pi. Alexandre Dumas, tradotto in rumeno, ad esempio. Ho cominciato a scrivere sul serio in prima liceo. So che a quel tempo lei era appassionato di scienza. Di scienze naturali, non di matematica. Mi paragonavo a Goethe che non poteva soffrire le matematiche. Come lui, inoltre avevo la passione per le scienze della natura. Ho cominciato con l a zoologia, ma stata soprattutto l'entomologia che mi ha interessato. Ho scritto e pu~ blicato degli articoli sugli insetti, su una rivista, il Giornale delle s cienze popolari. Un giovane autore dodicenne! Sl, ho pubblicato il mio primo art icolo a tredici anni. Una sorta di racconto scientifico che ho presentato a un c oncorso aperto a tutti i liceali di Romania organizzato dal Giornale delle scien ze popolari. Il mio breve testo si intitolava Come ho scoperto la pietra filosofa le~. Ho avuto il primo premio. Il senso delle origini Nel suo Diario lei parla d i questo testo, mi pare, e dice: I'ho perso, non lo trover pi e quanto mi piacereb be poterlo rileggere... Non I'ba ritrovato? S~, invece! A Bucarest, un lettore d el Diario andato alla biblioteca dell'Accademia, l'ha trovato, lo ha ricopiato e , gentilmente, me l'ha spedito. Mi ricordavo il tema e la chiusura, mentre non r icordavo per nulla n la trama n il tono. Sono rimasto sorpreso nel vedere che era abbastanza ben raccontato. Per nuna pedante, non scientifico. i~ davvero un raccon to... Il protagonista uno studente di quattordici anni --di fatto io--il quale h a un laboratorio e che tenta l'esperimento, in quanto ossessionato, come tutti, dal desiderio di trovare qualcosa che trasformer la materia. Fa un sogno e in que l sogno ha una rivelazione: qualcuno gli mostra come fare per preparare la pietr a. Si sveglia e nel suo crogiolo trova una pepita d'oro. Crede nella realt della trasformazione. In seguito si rende conto che si tratta di pirite, di un solil s ogno cbe porta alla pietra hlosofale? ~ nel sogno che un essere che aveva l'aria di un animale e al tempo stesso di un uomo, un essere trasformato, mi aveva dat o la ricetta. Ed io ho seguito il suo consiglio. Perch un bambino scriva un racco nto lel genere bisogna cbe si interessi non soltanto agli insetti ma anche alla cbimica e all'alcbimia? Ero appassionato di zoologia, specialit ainsetti~P, di fi sica in generale, ma soprattutto di chimica, in particolare di chimica minerale, prima di interessarmi alla chimica organica; curioso. n sogno, I'alcbimia, I'in iziatore chimerico: sono, fin dal primo scritto, lelle hgUre e dei temi di Eliad e. Vuol forse dire che, ~n dall'infanzia sappiamo confusamente chi siamo e dove andiamo? Non so... Per me l'importanza di quel racconto sta nel fatto che fin da ll'et di dodici, tredici anni, mi vedevo lavorare in maniera seria, scientifica, con la memoria; e al tempo stesso ero attratto dall'immagin ~ n~ lptt~raria. La prova del labirinto ,~ a questo che lei fa allusione quando parla del lato di urno dello spirito. . . Del regime diurno e del regime notturno de,lo spirito. L a scien~a dalla parte del giorno, la poesia dalla parte della notte. S. L'immagin azione letteraria che anche l'immaginazione mitica e che scopre le grandi strutt ure de,la metafisica. Notturno, diurno: tutti e due... La coincidentia oppositor um. Il grande insieme. Lo Yin e lo Yang... In lei c' da un lato l'uomo di scienza e dall'altro lo scrittore. I due si incontrano tuttavia sulla terra del rnito.. . Proprio cos. L'interesse per le mitologie e per la struttura dei miti anche il desiderio di decifrare il messaggio di questa vita notturna, di questa creativit notturna. LA MANSARDA Insomma, ancor prima di aver ~nito il liceo, lei era diven tato scrittore! In un certo senso, s,', dal momento che avevo pubblicato non sol tanto un centinaio di articoli brevi sul Giornale delle scienze popolari, ma anc he qualche racconto, delle impressioni di viaggio nei Carpazi, il resoconto di u n periplo sul Danubio e nel mar Nero e, infine, dei frammenti di un romanzo, Il romanzo di un adolescente miope... Romanzo del tutto autobiografico: come il mio personaggio, quando soffrivo di una crisi di malinconia--la mia eredit moldava.. .--lottavo contro di lei tramite ogni sorta di <~tecniche spirituali. Avevo letto il ,ibro di Payot, L'Education de la volont, e lo mettevo in pratica. Al liceo a vevo gi cominciato quel che pi tardi avrei chiamato la lotta contro il sonno. Volevo guadagnar tempo. In effetti non mi interessavo solo alle scienze, ma anche a mo lte altre cose: avevo progressivamente scoperto l'orientalismo, l'alchimia, la s toria delle religioni. Ho letto per caso Frazer e Max Muller e. p,oich avevo impa rato l'ita,'iano (Per Il senso delle origini leggere Papini) ho scoperto gli ori entalisti e gli storici delle religioni italiani: Pettazzoni, Buonaiuti, Tucci, altri ancora... E scrivevo deg,'i articoli sui loro libri o sui problemi che li occupavano. Evidentemente per tutto ci avevo una grande fortuna: abitavo in una m ansarda a Bucarest, ne,la casa di mia madre, per la mansarda era del tutto indipe ndente. Quindi all'et di quindici anni ricevevo gli amici, potevo restarci per tu tta la sera, la notte, lass a bere caff, a discutere. La mansarda era isolata, il rumore non disturbava nessuno. A,l'inizio l'ho occupata assieme a mio fratello m a lui entrato al liceo militare e io sono rimasto unico padrone di que,la mansar da, due stanzette ammirevo,i. Potevo leggere impunemente per tutta la notte... S a, quando si hanno diciassette anni e si scopre la poesia moderna e tante altre cose, si ha piacere di avere una camera per s, da poter sistemare, trasformare e che non sia semplicemente la cosa prestata dai genitori. Quindi era dawero il mi o luogo. Abitavo 1,~, avevo i, mio letto, di un dato colore. Ai muri avevo attaccato delle stampe ritagliate. Avevo soprattutto i mie i libri. Era pi di un gabinetto di lavoro, era un luogo in cui vivere. Mi sembra che gli dei, o le fate, abbiano favorito i suoi primi passi... Credo di s,', in quanto ho davvero avuto tutte le fortune possibi,i fino a quando sono andato via da casa. Nel momento in cui lei entra all'universit, qual' l'atmosfera intellettu ale, l'atmosfera culturale della Romania di quell'epoca, ovvero dal 1920 al 1925 ? Eravamo la prima generazione che si affacciava alla cultura in quella che veni va chiamata allora la grande Romania, que,la dopo la guerra del 1914-1918. Prima g enerazione senza programma ben stabilito, senza un ideale da rea,izzare. La gene razione di mio padre e quella di mio nonno avevano un ideale, che era que,lo di riunificare tutte le province rumene. Quell'ideale era realizzato. Ed io ho avut o la fortuna di far parte de,la prima generazione rumena che fosse libera, che n on avesse un programma. Eravamo liberi di scoprire, non soltanto le fonti tradiz iona,i, owero la cultura classica e la letteratura francese, ma anche tutto il r esto. Io avevo scoperto la letteratura italiana, la storia de,'le religioni e po i l'Oriente. Uno dei miei amici aveva scoperLa prova del labirinto to la lettera tura americana; un altro la cultma scandinava. Si scopriva Milarepa, nella tradu zione di Jacques Bacot. Tutto era possibile, vede. Ci si preparava infine ad una vera apertura. Un'apertura verso l'universale, I'India presente negli spiriti, Milarepa che verr letto da Brancusi... S e contemporaneamente, neg,1i anni 1922-19 28, in Romania stavamo scoprendo Proust, Valery e, si intende, il surrealismo. M a come si accorlava questo desiderio di universale con, forse, un desiderio di r adici rumene~ Sentivamo che mna creazione puramente rumena si sarebbe di'lfici.m ente realizzata nel clima e nelle forme della cultura occidentale che avevano am ato i nostri padri: Anatole France, ad esempio, o anche Barrs. Sentivamo che quel che avevamo da dire esigeva un linguaggio diverso da que,~lo dei grandi autori, dei grandi pensatori che avevano esaltato i nostri padri e i nostri nonni. Noi eravamo attirati dalle Upanisad, da Milarepa, o anche da Tagore e Gandhi, dall'O riente antico. E pensavamo che assimilando il messaggio di queste cultme arcaich e, extraemopee, avremmo allora trovato i mezzi di esprimere il nostro retaggio s pirituale specifico: traco-slavo-romano e, al tempo stesso, protostorico e orien tale. Avevamo netta coscienza di essere co,llocati tra l'Oriente e l'Occidente. Lei lo sa, la cultura rumena costituisce una sorta di ~<ponte tra l'Occidente e B isanzio, da una parte, e d'altra parte, il mondo slavo, il mondo orientale e il mondo mediterraneo. A dire il vero solo pi tardi mi sono reso conto di tutte ques te virtualit. Lei ha accennato al surrealismo, ma non ha detto nulla di Dada, n di Tzara, suo compatriota... Li conoscevamo"li avevamo letti nelle riviste d'avanguardia che erano la nostra passione. Personaknente, tuttavia, non sono stato infiuen;~ato dal Dada, n dal sm realismo. Ero stupito e ammiravo, diciamo, il loro coraggio... Ma ero ancora sot to lo choc del futurismo che avevamo appena scoperto. A me interessava molto, le i lo sa, Papini, il primo Papini, quello di prima della conversione, il grande p olemista, l'autoIl senso delle origini re di Maschilit, di Uomo ~nito, la sua aut obiografia... Rappresentava, per noi, l'avanguardia. Avevo anche scoperto Lautram ont attraverso, cosa curiosa, Lon Bloy. Avevo letto una raccolta di articoli, di pamphlet, Belluaires et Porcbers, forse... In quel libro c'era un articolo strao rdinario sui Canti di Maldoror, con lunghe citazioni. E cos che ho scoperto Lautra mont, prima di scoprire Mallarm o anche Rimbaud. Mallarm e Rimbaud li ho letti sol o pi tardi, all'universit. Nel suo Diario, a pi riprese, lei parla di un clima ~esi stenzialista in Romania, che sarebbe stato addirittura precedente all'esistenzial ismo in Francia. ~ vero, ma questo succede un po' pi avanti, negli anni 19331936. Comunque gi all'universit avevo ktto due o tre operette di Kierkegaard, in traduz ione italiana; in seguito ho scoperto la traduzione tedesca, che quasi completa. E mi ricordo di aver scritto, in un giornale, Cuvantul, un articolo intitolato P olemista, fidanzato e eremita. Penso sia il primo articolo su Kierkegaard pubblic ato in Romania; era nel 1925 o 1926. Kierkegaard ha contato moltissimo per me, m a soprattutto come esempio. Non soltanto per la sua vita, ma anche per quel che annunciava, per quel che ha anticipato. Sfortunatamente di una prolissit esaspera nte; per questo credo che il volume di Jean Wahl, Etudes kierkegaardiennes, fors e... il miglior libro di Kierkegaard, in quanto contiene molte citazioni, molto ben scelte--l'essenziale. AlI'universit lei condivide un certo numero di attrazio ni con i giovani della sua generazione, ma cos' che la tocca pi da vicino? In prim o luogo l'orientalismo: aveva cercato di imparare da solo l'ebraico, poi il pers iano. Ho comperato delle grammatiche, ho fatto degli esercizi... L'orientalismo, ma anche la storia delle religioni, le mitologie. Al tempo stesso continuavo a pubblicare articoli sulla storia dell'alchimia. Ed questo che mi definiva in sen o alla mia generazione: ero il solo ad essere appassionato sia dall'Oriente che dalla storia de,le religioni. Dall'Oriente antico come dall'Oriente moderno, da Ghandi quanto da Tagore e Ramakrishna--in quegli anni non avevo ancora sentito p arlare di Aurobindo Ghos. Avevo letto, come tutti coloro che si interessano alla storia delle religioni, Il ramo d'oro di Fra22 La prova del labirinto 23 zer, e in seguito Max Muner. D'altronde r,er le~ere le ooere c~mnlete di Frazer che avevo cominciato a imparare l'inglese. Si trattava del semplice desiderio di orizzonti culturali nuovi? Oppure, e forse inconsciamente, di una ricerca--sott o la diversit--del- I'uomo essenziale, dell'uomo che si potrebbe definire paradigmatico ? Il senso de lle origini Sentivo la necessit di certe fonti trascurate fino al mio tempo, che erano 1,', nelle biblioteche, le si poteva trovare, ma non avevano alcuna attual it spirituale e nemmeno culturale. Mi dicevo che l'uomo, e anche l'uomo europeo, non unicamente quello di Kant, di Hegel o di Nietzsche. Che nella tradizione eur opea, e nella tradizione mmena, c'erano altre fonti, pi profonde. Che la Grecia n on unicamente la Grecia dei poeti e dei fi,osofi ammirevoli, c' la Grecia di Eleu si e dell'orfismo e che questa Grecia aveva radici nel Mediterraneo e nel Vicino ~riente antichi. Ora, alcune di queste radici, altrettanto profonde in quanto a ffondavano nella protostoria, le trovavo nelle tradizioni popolari rumene. Era i l retaggio immemoriale dei Dieci e, prima di loro, delle popolazioni neolitiche che avevano popolato i, nostro territorio attuale. Forse non avevo coscienza di ricercare l'uomo esemplare, tuttavia sentivo tutta l'importanza di certe fonti d imenticate della cultura europea. i~ questo il motivo per cui, nel mio ultimo an no di universit, ho cominciato a studiare le correnti ermetiche e occulte>~ (la Ka bbala, l'alchimia) nella filosofia del Rinascimento italiano. Era l'argomento de lla mia tesi. Prima di giungere alla sua tesi, vorrei chiederle quali furono le ragioni personali che la portavano verso lo studio delle religioni. Quello di cu i ha parlato ora sono di ordine intellettuale, ma il suo rapporto interiore con la religione ~ Conoscevo male la mia tradizione, quella del cristianesimo orient ale. La mia famiglia era religiosa, ma sa, nel cristianesimo orientale, la religio ne soprattutto una cosa che si impara per tradizione, la si insegna poco, non si fa catechismo. Contano soprattutto la liturgia, la vita liturgica, i riti, i co ri, i sacramenti. Io vi partecipavo come tutti, tuttavia non era niente d'essenz iale. Il mio interesse era altrove. Ero adesso studente di filosofia e, studiand o i filosofi, i grandi filosofi, sentivo che mancava qualcosa. Sentivo che non p ossibi,e capire i, destino dell'uomo e la modalit specifica dell'essere umano nel l'universo senza conoscere le fasi arcaiche de,l'esperienza religiosa. Al tempo stesso sentivo che mi era dif~cile scoprire queste radici attraverso la mia prop ria tradizione religiosa, ovvero attraverso la realt attuale di una certa chiesa che, a,. pari di tutte le a,tre, era condizionata da una lunga storia e da istituz ioni di cui ignoravo il senso e le forme successive. Sentivo che mi sarebbe stat o dif~cile scoprire il vero senso e il messaggio del cristianesimo attraverso la mia tradizione soltanto. Per questo volevo andare pi a fondo. Il Vecchio Testame nto per cominciare, poi la Mesopotamia, l'Egitto, il mondo mediterraneo e l'Indi a. Ma, in tutto ci, nessuna inquietudine metafisica, nessuna crisi mistica, nessu n passaggio attraverso il dubbio o attraverso una fede molto viva? Quel che cono scono tanti adolescenti, il tormento religioso o metahsico, sembra essere assent e in lei. S,', non ho conosciuto questa grande crisi religiosa. ~ curioso... Non ero soddisfatto, ma non avevo dubbi, perch non credevo molto. Sentivo che la cos a essenziale che dovevo veramente trovare e comprendere, dovevo cercarla altrove , non unicamente nella mia tradizione. Per capire me stesso, per capire... Si po trebbe allora dire che la sua via quella della gnosi e del jnana yoga? Forse, si. Gnosi, jnana yoga... E la stessa parola, credo~ ~ esattam ente la stessa parola... Avevo al tempo stesso bisogno di una tecnica, di una di sciplina, di qualcosa che non trovavo nella mia tradizione religiosa. Non l'ho c ercata qui del resto. Avrei potuto benissimo diventare monaco, ritirarmi sul mon te Athos e scoprire tutte le tecniche dello yoga, vero, ad esempio il pranayama. .. L'esicasmo ~ Sl. Per a que,l'epoca lo ignoravo. Sentivo dunque il bisogno dell a gnosi ma anche di una sorta di tecnica, di meditazione pratica. Ancora non cap ivo il valore religioso del culto domenicale. L'ho scoperto dopo il mio ritorno dall'India. 24 La prova del labirinto 1 I 25 Il senso delle origini Abbiamo lasciato in sospeso la sua tesi. Qual era esattamente l'argomento 7 Era la filosofia italiana di Marsilio Ficino fino a Giordano Bruno. Ma soprattutto F icino che mi interessava, Ficino e Pico della Mirandola. Ero affascinato non sol tanto dal fatto che attraverso questa filosofia del Rinascimento era stata risco perta la filosofia greca, ma anche dal fatto che Ficino aveva tradotto in latino i manoscritti ermetici, il Corpus hermeticum, acquistati da Cosimo de' Medici. Mi appassionava anche il fatto che Pico conosceva questa tradizione ermetica e c he aveva imparato tutto per capire la Kabbala. Vedevo quindi che non si trattava unicamente di una riscoperta del neoplatonismo, ~,ens di un ampliamento dena fil osofia greca classica. La scoperta dell'ermetismo implicava un'apertura verso l' Oriente, verso l'Egitto e la Persia. Lei era quindi sensibile, nel Rinascimento, a tutto quel che questo periodo comporta come apertura a quanto non specificame nte greco o classico? Avevo l'impressione che questo ampliamento mi rivelasse un o spirito molto pi ampio, molto pi interessante e pi creativo di quanto avevo appre so nel platonismo classico riscoperto a Firenze. C'era una certa analogia tra qu esto rinascimento--il rinascimento dei kabbadisti, si potrebbe dire--e quel che succedeva in Romania, che consisteva nel voler superare le frontiere dell'uomo m editerraneo, partecipare a una creazione culturale che si nutrisse di tradizioni non europee. Di una tradizione... non diciamo non europea ma non dassica~, cio pi pr ofonda dell'eredit classica ricevuta dai nostri antenati traci, dai greci e dai r omani. In seguito ho capito che si tratta del fondo neolitico che la matrice di tutte le culture urbane del Vicino Oriente antico e del Mediterraneo. In seguito: ovvero attraverso la sua conoscenza dell'India... Ma mi stupisco che tra Pico e Bruno, lei non mi abbia letto nulla di Ni~ la ~usanO. Avevo fatto parecchi viaggi in Italia, vi avevo fatto un soggiorno di tre mesi. ~ l che ho scoperto De docta ignorantia e la famosa formula relativa alla coinci dentia oppositorum che per il mio pensiero fu rivelatrice. Non l'ho per studiato per la mia tesi, non ho approfondito... In compenso, quando ho cominciato i miei corsi nel 1934 a Bucarest, ho consacrato un seminario alla Docta ignorantia. Ni cola Cusano continua ad appassionarmi. IL RINASCIMENrO E L'INDI~ Mircea Eliade, il 10 febbraio 1949, lei riceue una lettera dal suo vecchio maestro Pettaxzoni~. Saluta calorosamente il suo Trattato di storia delle religioni, appena uscito. E lei scrive: Mi ricordo di quei mattini del 1925, quando avevo scoperto I misteri e mi lanciavo nel la storia delle religioni con la passione e la sicurezza di u n ragazzo di diciotto anni. Mi ricordo dell'estate 1926, quando, dopo aver inizi ato la mia corrispondenza con Pettazzoni, ho ricevuto in regalo Dio che leggevo sottolineando quasi ogni riga. Mi ricordo... Si, mi ricordo... Sono andato parec chie volte in Italia quando ero studente a Bucarest. La prima volta ci sono rima sto cinque o sei settimane. Ho incontrato Papini a Firenze. A Roma ho incontrato Buonaiuti, il celebre storico del cristianesimo, direttore di R~cerche religios e. E a Napoli, Vittorio Macchioro, a quel tempo direttore del Museo naziona,e e che era un gran classicista e grande specialista de,11'orfismo. Pettazzoni non l 'ho incontrato nel corso di quel viaggio. L'ho conosciuto molto pi tardi. Ero per in corrispondenza con lui. Non molto comune che un ragazzo giovanissimo vada cos a trovare i maestri e venga da loro ricevuto. Immagino per che la spingeva la pas sione di conoscere e quindi la necessit di andare direttamente alla fonte. Di qui l'accoglienza che le veniva fatta... Da Macchioro, ad esempio, che cosa lei si aspettava7 Quel che mi interessava innanzitutto era la sua tesi. Credeva aver sc operto le tappe di un'iniziazione orfica nei dipinti de,la villa dei Misteri~ a P ompei. Credeva anche che la filosofia di Eraclito si spiegasse trqmitP l~nrficmn rrPflP~q in~lt~P ~ P Cqn Pq~lo non era solo un rapLa prova del labirinto I Il s enso de,le origini presentante del giudaismo tradizionale, ma che era anche stat o iniziato ai misteri orfici e che, di conseguenza, la cristologia di San Paolo aveva introdotto l'orfismo nel cristianesimo. Questa ipotesi era stata male asco ltata, ma io avevo vent'anni e mi sembrava avvincente. Ho quindi incontrato Macc hioro. Preparavo la mia tesi un po' a Bucarest, un po' a Roma. Di fatto soprattu tto a Roma, per a Bucarest avevo la maggior parte dei documenti, delle note. E me ntre continuavo a lavorare alla tesi di laurea sulla ,filosofia del Rinascimento , nutrivo il mio pensiero agli storici delle religioni e gli orientalisti italia ni: scoprivo l'orfismo con Macchioro, scoprivo Gioacchino da Fiore con Buonaiuti . E leggevo Dante, che Papini (e altri) metteva in rapporto con <~I fedeli d'amo re. In fondo lo studio dei filosofi del Rinascimento e quello delle religioni era la stessa cosa. Immagino cbe in Papini non la interessava solo il lettore di Da nte, ma l'uomo, I'impetuoso scrittore. Avevo pubblicato svariati articoli su Papini, gli avevo scritto e lui mi aveva mandato una lunga lettera di risposta che comin ciava cos,': Caro amico sconosciuto... Mi compiangeva per i miei studi di filosofi a, la scienza pi vana inventata dall'uomo... Gli avevo annunciato la mia visita e m i ha ricevuto in uno studiolo ingombro di libri. Mi aspettavo di vedere un mostro di bruttezza, come si era lui stesso descritto in Un uomo finito. Tuttavia, malg rado il suo pallore e i suoi denti da cannibale, Papini mi parve maestoso e quasi bello. Fumava una sigaretta dopo l'altra, interrogandomi sui miei autori preferi ti e mostrandomi i libri di certi italiani contemporanei che non conoscevo. A mi a volta gli ho fatto molte domande sul suo cattolicesimo intransigente, intoller ante, quasi fanatico (ammirava enormemente Lon Bloy); sul Dizionario dell'uomo se lvatico, abbandonato dopo la pubblicazione del primo tomo, e sui suoi progetti l etterari: in primo luogo, sul libro da lui annunciato a pi riprese, Rapporto sugl i uomini. La sera stessa ho steso un'intervista che ho pubblicato su una rivista di Bucarest. L'ho rivisto esattamente un quarto di secolo dopo, nel maggio 1953 . Era quasi cieco e aveva appena interrotto Giudizio universale, il suo opus mag num, per scrivere Il diavolo. Anche questa volta ho pubblicato una lunga convers azione su Les Nouvelles Littraires--e questo l'ha reso felice, perch sentiva che i n Francia aveva preso la sua popolarit di un tempo. Ma, poco tempo dopo, la cecit e la paralisi lo hanno ridotto allo stato di sepolto vivo. ~ sopravvissuto un po ' pi di un anno, accanendosi a dettare, in condizioni che hanno del miracoloso, l e famose Schegge, che venivano pubb,icate due volte al mese sul Corriere della s era. Lei incontra Papini a Firenze, per a Roma che si decider il suo destino.. S, a Roma, ne,la biblioteca del seminario del professor Giuseppe Tucci, che a quell' epoca si trovava in India, ho scoperto un giorno il primo volume della Storia de lla filosofia indiana del celebre Surendranath Dasgupta. Nella prefazione ho let to il debito di riconoscenza che Dasgupta tributava al suo protettore, il mahara ja Manindra Chandra Nandy di Kassimbazar. Diceva: Quest'uomo mi ha aiutato a lavo rare per cinque anni all'universit di Cambridge. E un vero mecenate: protegge e i ncoraggia la ricerca scientifica e fi,osofica e la sua generosit celebre in Benga la... Allora ho avuto una sorta di intuizione. Ho scritto tambur battente due let tere--una a Dasgupta presso l'universit di Calcutta e l'altra a Kassimbazar, per il maharaja--dicendo: In questo momento sto preparando la tesi di laurea, la sost err in ottobre e voglio studiare la fi,osofia comparata. Vorrei quindi apprendere seriamente il sanscrito e la filosofia indiana e soprattutto lo yoga... Dasgupta , in effetti, era il grande specialista dello yoga classico, aveva scritto due l ibri su Patanjali. Ebbene, due o tre mesi dopo, tornato in Romania, ricevo due l ettere. Una era di Dasgupta e diceva: S, un'ottima idea. Se lei vuole davvero stud iare la fi,osofia comparata, la miglior cosa da fare studiare il sanscrito e la fi,osofia indiana qui, in India, piuttosto che nei grandi centri di indianistica europei. E, dal momento che lei non disporr di una borsa di studio consistente, interverr presso il maharaja... E, effettivamente, il maharaja mi rispose: S, ottima idea. Venga, le dar una borsa, ma non per due anni (...per discrezione avevo chi esto due anni). In due anni lei non pu imparare il sanscrito e la filosofia india na come si deve. Le dar una borsa per cinque anni. E cos che subito dopo aver sostenuto la tesi, nel novembre 1928, laureato in lett ere, specialit fi,osofia, ho ricevuto un po' di denaro dai miei genitori e la prome ssa di una borsa dall'universit di Bucarest e sono partito da Costanza su una nav e rumena fino a Porto Said e da Porto Said su una nave giapponese fino a Colombo e da l, con la ferrovia, a Calcutta. Sono rimasto due settimane a Madras: qui ho incontrato Dasgupta. La prova del labirinto Ecco una storia molto bella, che co stituirebbe una bellissima hne li capitolo. Ma, perch tutto sia detto: su quella nave, o alla vigilia della partenza, quali sono i suoi sentimenti? Sentivo che p artivo e avevo ventun'anni. Ero forse il primo rumeno a decidere non di viaggiar e in India, bens,' di soggiornare e lavorare in quel paese. Sentivo che era un'a vventura, che sarebbe stato difficile, per mi appassionava. Tanto pi che non ero a ncora formato, e lo sapevo. Avevo imparato molto dai miei professori a Bucarest e dai miei maestri italiani, storici delle re,igioni, orienta,isti, ma avevo bis ogno di una nuova struttura. Questo lo sentivo. Non ero ancora adulto. In Egitto sono rimasto dieci giorni. Le mie prime esperienze egiziane... Ma l'importante fu la traversata... Non avevo molti soldi, avevo aspettato la nave meno cara, un a nave giapponese su cui avevo trovato una cuccetta di terza classe. Qui per la prima volta, ho cominciato a parlare inglese. Impiegammo due settimane da Porto Said a Colombo. Ma gi, sull'oceano Indiano, avevo incontrato l'Asia! E la scopert a delI'isola di Ceylon stata straordinaria. Ventiquattr'ore prima di arrivare, s i sentivano i profumi degli alberi, dei ,~ori, profumi ignoti... i~: cosl che so no arrivato a Colombo. INTERMEZZO Un attimo fa, quando sono entrato, lei mi ha p arlato lell'idea li titolo che le venuta per queste nostre conversazioni. Sl, pe nsavo a quel titolo in seguito alla mia esperienza, non del dialogo, ma della re gistrazione, del fatto che tra noi ci sia sempre la presenza della macchina~,: qu esta per me una prova, una aprova iniziatica ~ dal momento che non ci sono abitu ato. Il titolo : La prova del labirinto. Da un lato perch per me i, fatto di trova rmi costretto a ricordare cose che ho quasi dimenticato, costituisce una prova. E poi il fatto che andiamo e torniamo e torniamo a ripartire, mi ricorda un perc orso all'interno di un labirinto. Bene, a mio awiso il labirinto per eccellenza l'immagine di un'iniziazione... D'a,tra parte considero che ogni esperienza uman a costituita da una serie di prove iniziatiche; l'uomo si forma grazie a una ser ie di iniziazioni incoscienti o coscienti. Sl, ritengo che il titolo esprima ben issimo quel che mi succede davanti a,~'apparecchio; ma mi piace anche in quanto un'espressione abbastanza esatta, mi pare, della condizione umana. Questo titolo lo trovo eccellente... Mentre risalivo la rue l'Orsel anch'io pensavo al titolo di queste Conversazioni. Avevo riletto qualche pagina del suo Diario, pensavo a Ulisse, al labirinto. Ulisse nel labirinto? Era un po' sovraccarico di mitologi a. Suono alla sua porta e lei mi accoglie dicendo... La prova del labirinto Ho pensato a un titolo , s... E solo un caso?... Comunque sia, preferisco il suo t itolo, mi sembra definitivo. Quanto alla prova del registratore, so bene che lei prova una forte ripugnanza da superare. Mi chiedo perch. Forse il fatto che quel che dico, che la spontaneit vicne immediatamente registrata... O piuttosto il fa tto che tra noi c' un contro,lo e, per meglio dire, un oggetto? Un oggetto che mo lto importante nel dialogo. Si tratta indubbiamente di questo, questo oggetto ch e si immischia nel dialogo e mi paralizza un po'. Quel cbe la disturba non forse il desiderio di perfezione e il dispiacere di trasmettere una parola incompiuta , imperfetta, ma che la macchina hsser in una sorta di falsa perfezione? No. E mi a impressione che a causa della presenza della macchina>~ l'espressione diventi imperfetta. Altrimenti l'espressione come pu... So bene che in una conversazione non ci si pu esprimere con la stessa precisione che si ha in un articolo, in un l ibro... No, quel che mi d fastidio l'apparecchio, questa presenza fisica disumana . Ci sforzeremo di dimenticarla... Comunque sul nastro vengono registrate cose c he il lettore non potr cogliere: il chiacchierio degli uccelli tra il fogliame de lla piazzetta che si scorge dalla sua ~nestra, il volo dei colombi che la attrav ersano per andarsi a posare vicino a un mascherone inghirlandato, su un frontone greco... S, il Thatre de l'Atelier. Come diventato l'abitante di questo appartame nto, di questa piazza? E una scelta precisa? No, un caso, un caso fortunato. Cer cavo un pied--terre a Parigi, per i, periodo delle vacanze. Ma immediatamente mi sono piaciuti questa piazza e il quartiere. Lei ama questo quartiere soltanto pe r l'atmosfera che qui regna? Oppure il fatto che Charles Dullin... Intermezzo ~ vero, la mitologia del quartiere... La conoscevo prima di conoscere questa casa. Trovo tuttavia che la piazza bellissima e che i, quartiere davvero be,lo. Non m i riferisco soltanto ai luoghi celebri di Montmartre, ma anche a certe strade, n on lontane da qui, che amo molto. Ci troviamo tra il mercato Saint-Pierre e il S acr-Coeur... Il Sacr-Coeur e la place des Abbesses, anche lei bellissima. Il Sacr-C oeur un'opera architettonica molto screditata... Lo so e, persona,mente, non mi piacciono n i, suo stile n il colore dei suoi muri. La sua posizione, per, ammirevo le--la prospettiva, lo spazio... E una montagna, non vero... E poi non si pu igno - rare la storia de,la collina di Montmartre, ,3; e la vita qui non cambiata molto , fortunatamente. In questi giorni rileggevo gli ultimi volumi del Diario di Jul ien Green e sono rimasto colpito dall'insistenza con cui Green osservava l'abbru ttimento di Parigi. Si tagliano degli alberi, si demoliscono certi magnifici edi fici del XVIII o del XIX secolo, si costmiscono palazzi moderni, indubbiamente d otati di maggiori comodit, per del tutto privi di grazia. :~ vero, una certa belle zza che caratterizzava Parigi sta scomparendo. Ma questo un argomento tristement e banale, non parliamone pi. Quando ci sar dato leggere il libro di cui lei parla nel suo Diario in data 14 luglio 1967 e in cui lei tratta della struttura degli spazi sacri, del simbolismo lelle abitazioni, delle citt e dei villaggi, dei temp li e dei palazzi? E un libretto scritto a seguito di sei lezioni tenute a Prince ton sulle radici sacre dell'architettura e dell'urbanistica. In esso riprendo, m a irl maniera speci,'ica, ci che si riferisce al centro del mondo e allo spazio s acro nel Trattato di storia delle religioni e altrove. Il lavoro che resta da fa re la scelta delle i,lustrazioni. Sono tuttavia incoraggiato a portare a termine quest'opera da,l'attesa che mi stata manifestata dagli architetti. Alcuni di lo ro mi hanno scritto che i miei libri avevano gettato luce sul significato del lo ro mestiere. La prova del labirinto Da qualche parte lei dice che il sacro marca to dal senso-orientamento e significato... Per la geometria, alto e basso sono i dentici; tuttavia, da, punto di vista esistenziale, sappiamo benissimo che scend ere o sa,ire una scala non per nulla la stessa cosa. Sappiamo benissimo che la s inisua non la destra. In quest'opera metto l'accento sul simbolismo e slii riti che sono in rapporto con l'esperienza delle diverse qualit de,lo spazio: la sinis tra e la destra, il centro, lo zenit e il nadir... Ma l'architettura non legata anche alla temporalit7 Il simbolismo temporale iscritto nel simbolismo architetto nico, o nell'abitazione. In Africa, in certe trib, la capanna orientata diversame nte a seconda delle stagioni; e non soltanto la capanna, ma anche gli oggetti ch e si trovano al suo interno: certi utensi,i, certe armi. Tutta la casa cambia co n le stagioni. Abbiamo qui un caso esemplare dell'interrelazione di simbolismo t emporale e simbolismo spaziale. Tuttavia la tradizione arcaica ricca di esempi a na,.oghi. Lei indubbiamente si ricorda quel che Marcel Granet dice dello spazio o rientato~ nell'antica Cina. S, <sacri~ non sono soltanto la casa o il tempio, ben s il territorio, la terra della patria, la terra natale... Ogni paese natale cost ituisce una geografia sacra. Per coloro che l'hanno abbandonata, la citt de,ll'in fanzia e dell'adolescenza diventa sempre una citt mitica. Per me Bucarest i, cent ro di una mitologia inesauribile. E attraverso questa mitologia che sono giunto a conoscerne la vera storia. E la mia storia, forse. L'INDIA ESSENZIALE L'APPRENJ'`JISTATO DEL SANSCRITo Il 18 novembre 1948, lei scrive nel suo Diario: Vent'anni or sono, verso le quinlici e trenta (credo.r), partivo dalla stazione Nord (di Bucarest) alla volta dell'India. Mi rivedo ancora all'istante della par tenza; vedo Ionel Janu con il libro di Jacques Rivire e la scatola di sigarette, i suoi regali d'addio. Avevo due valigette. L'inplusso di quel viaggio prima di aver compiuto ventidue anni. Quale sarebbe stata la mia vita senza l'esperienza dell'India all'inizio della mia giovinezza~ E la sicurezza che da allora ho avut o~he, qualunque cosa succeda, esiste sempre una grotta nell'Himalaya che mi aspe tta... ~ A questa domanda da lei posta~'importanza dell'India nella sua vita e n ella sua opera--pu adesso rispondere7 In che cosa l'ha formata l'India~ Sar, se le i d'accordo, il tema essenziale del nostro incontro di oggi. Quindi, a Madras, l a aspettava Dasgupta7 S, era 1~ a lavorare su certi testi sanscriti a,la bibliote ca della Societ teosofica, celebre per la sua raccolta di manoscritti. ~ 1~ che l 'ho incontrato e subito abbiamo organizzato il mio soggiorno a Calcutta. Nel 192 8 era un uomo che poteva avere quarantacinque anni. Era basso di statura, grosso , con gli occhi un po' gonfi, che si potrebbero chiamare occhi di rospo e una voce che trovavo, al pari di quella di tutta la gente del Bengala in genere, molto m elodiosa. E poi, mi sono affezionato a quest'uomo per cui nutrivo un'enorme ammi razione. La prova del labirinto ~ L'India essenzia,e I suoi rapporti con Dasgupt a sono stati rapporti da allievo a professore o da discepolo a maestro, a guru? Una cosa e l'altra. A,l'inizio io ero lo studente e lui i, professore di tipo un iversitario occidentale. ~ stato lui a elaborare il mio programma di studi all'u niversit di Calcutta, lui che mi aveva indicato le grammatiche, i manua,i, i dizi onari indispensabili. i~ lui che mi aveva trovato una pensione nel quartiere ang lo-indiano. Riteneva giustamente che sarebbe risultato per me molto diffici,e vi vere immediatamente la vita di un indiano. Lavoravo assieme a lui non soltanto a ,l'universit, ma a casa sua, nel quartiere Bhowanipore, i, quartiere indigeno, mo lto pittoresco. La casa in cui abitava era ammirevole. E, dopo un anno, mi ha su ggerito di lavorare con un pandit (fu lui a sceg,!ierlo) per iniziarmi alla conv ersazione in sanscrito. Mi diceva che, in seguito, avrei avuto bisogno di parlar e i, sanscrito, anche in maniera elementare, per poter conversare con i pandit, i veri yogi, i religiosi ind. Quali erano, secondo Dasgupta, le di~icolt che lei a vrebbe incontrato volendo vivere immediatamente all'indiana? Diceva che all'iniz io anche l'alimentazione puramente indiana era poco raccomandabile. Forse pensav a anche che mi sarebbe stato diffici- ' le vivere nel quartiere indigeno di Bhow anipore con il vestito che in- dossavo, a,quanto modesto, ma di foggia europea. Sapeva bene che non potevo passare direttamente nel giro di qualche settimana e nemmeno di qualche mese, dagli abiti europei al dhothi del Bengala. E, per quel che la riguarda, lei provava questo desiderio di vivere la vita quotidiana dei b engalesi, di adottare il loro cibo, il loro modo di vestire? Sl, ma non all'inizio, dal momento che non la conoscevo. Andavo alme no due volte a,lla settimana da Dasgupta, per lavorare; allora, un po' alla volt a, la grazia, i misteri di quelle case enormi con delle terrazze, circondate di palme e con dei giardini, quel fascino ha certamente fatto il suo effetto. Prima ho visto una bella fotografia di lei che verr riprodotta sulla co~ertina dei Cah iers de l'Herne. B l'abito che lei Dortava a Calcutta? No, ero vestito cos nell'a shram dell'Himalaya. Era una tunica giallo ocra. Quello che vestivo era l'abito di uno swami o di uno yogi. A Calcutta portavo il dhoti, che una sorta di lunga camicia bianca. Lei ritiene che l'esperienza che si ha di un paese quale l'India pu essere diversa se ci si veste come la gente del posto? Penso che sia molto im portante. Per cominciare in un clima tropicale molto pi comodo andare in dhoti, a piedi scalzi o con i sandali. E poi non si attira pi l'attenzione. Vivevo al sol e, ero scuro come gli altri. Passavo quindi inosservato, o quasi. I bambini non mi gridavano dietro: White monkey!... Era anche una sorta di so,idariet con la al ltura a cui volevo iniziarmi. Il mio ideale era di parlare benissimo bengalese. Non sono mai riuscito a parlarlo in maniera perfetta, per lo leggevo. Ho tradotto delle poesie di Tagore e mi sono sforzato di leggere ed anche di tradurre i poe ti mistici del Medioevo. Quel che mi interessava non era soltanto l'aspetto emdi to e filosofico, lo yoga e il sanscrito, ma anche la cultura viva de,l'India. ,~ La sua pratica dell'India non era solo una pratica da intellettuale, ma dell'uo mo intero? Dell'uomo intero. Devo tuttavia ben precisare che non avevo abbandona to la coscienza e diciamo la Weltanschaaung de,l'occidentale. Volevo apprendere seriamente il sanscrito alla maniera indiana ma anche con il metodo filosofico p roprio allo spirito occidentale. Compiere gli studi contemporaneamente con i mez zi dell'emdito europeo e da,l'interno. Non ho mai rinunciato al mio stmmento di conoscenza specificamente occidentale. Avevo fatto un po' di greco, un po' di la tino, avevo ~, studiato la fi,osofia occidentale: tutte cose che conservavo. Una volta in dboti, o nel mio kutiar nell'Himalaya, non ho respinto la mia tradizio ne occidenta,e. Lei pu vedere che il mio sogno di tota,izzare i contrari si ritro va anche sul piano dell'apprendimento. Come non era il tormento metafisico che l a indirizzava verso le religioni cos non il gusto dell'esotico o il desiderio di perdere la sua identit cbe la portano a rivestire l'abito giallo degli asceti. Le i conserva la sua identit, la sua formazione occidentale e attraverso ci lei vuole avvicinarsi all'India. Per confondere hnalmente due punti di vish o meglio per organizzarli, congiungerli. La prova del labirinto ~ L'India essenziale ~ esatta mente questo. E ho studiato profondamente, ~<esistenzialmente~>, la cultura indi ana. All'inizio del secondo anno Dasgupta mi ha detto: Adesso s,', il momento, le i pu venire. A casa mia. Da lui ho vissuto un anno. Il suo obiettivo non si limitava a voler studare la lingua e la cultura indiana, lei voleva ancbe praticare lo yoga. Cio sapere nel suo corpo e per esperienza per sonale quello di cui si parlava nei libri. Esattamente. Parleremo tra un po' del la pratica che ho provato nel mio kutiar, nell'Himalaya. Ma gi, a Calcutta, da Da sgupta, gli avevo detto a pi riprese: Professore! ors mi dia un po' di pi che i soli testi. Ma mi rispondeva: Aspetta un po', bisogna dawero ben conoscere tutto ci dal punto di vista filologico e filosofico... Badi bene che lui stesso era uno stori co della filosofia formato a Cambridge, un fi,o- sofo, un poeta. Proveniva, per, da una famiglia di pandit, di un vi,laggio del Bengala, e di conseguenza padrone ggiava tutta la cultura tradizionale di un villaggio indiano. Mi diceva: Per voi europei la pratica dello yoga ancor pi dif~icile che per noi hind)>. Forse aveva p aura delle conseguenze. Calcutta una grande citt e, in effetti, imprudente pratic are il pranayama, il ritmo de,la respirazione, in una citt, dove l'aria sempre un po' malsana. i~ quanto ho appreso in seguito, a Hard~var, sulle pendici dell'Hi malaya e in un'aria favorevole... Come ha lavorato assieme a Dasgupta? Come ha i mparato il sanscrito, con lui, poi con il pandit? Ebbene, per quel che riguarda l'apprendimento del sanscrito, ho app,icato il metodo dell'indianista italiano A ngelo de Gubernatis, cos come lo racconta in Fibra, la sua autobiografia. Esso co nsiste nel lavorare dodici ore al giorno con una grammatica, un dizionario e un testo. ~ quel che ha fatto lui a Ber,ino. Weber, il suo professore, gli aveva de tto: ~<Gubernatis (era l'inizio dell'estate), ecco, in autunno comincio il mio c orso di sanscrito. Per il corso del secondo anno e non si pu ricominciare tutto da capo per lei. Bisogna quindi che recuperi... Gubernatis si chiuso in una capanna , nei pressi di Berlino, con la sua grammatica e il suo dizionario di sanscrito. Due volte alla settimana qualcuno gli portava del pane, del caff e del latte. Av eva ragione ed io ho seguito il suo esempio. Del resto avevo gi fatto delle esper ien| ze, non cos~ radicali, ma insomma... Quando imparavo l'inglese, ad |~ esemp iO, lavoravo varie ore di seguito. Ma questa volta, all'inizio, ho lavorato per dodici ore al giorno, consacrandomi unicamente al sanscrito. L'unica differenza era che facevo qualche passeggiata e approfittavo de~l'ora del t e dei pasti per perfezionare il mio inglese: lo leggevo benissimo, ma lo parlavo male. E Dasgupt a, a casa sua, mi faceva ~* delle domande, mi dava dei testi da tradurre e, a qu esto modo, poteva seguire i miei progressi. Sono stati abbastanza rapidi e credo che sono dovuti a questo sforzo di non studiare niente altro a,l'infuori del sa nscrito. Per parecchi mesi non ho nemmeno toccato un giornale, un libro giallo, niente. Questa concentrazione esclusiva su un unico argomento, il sanscrito, ha dato risultati sorprendenti. ~` Eppure con questo metodo non si rischia forse di perlere la finezza e l'elasticit della lingua parlata? ~,- Certamente. Ma si tra ttava, per cominciare, di avere delle basi solide, di acquistare le stmtture, la concezione grammaticale, i, vocabolario fondamenta,e... In seguito, beninteso, mi sono interessato alla storia e all'estetica indiana, a,la poesia, alle arti. Ma a,l'inizio bisogna mi- rare all'acquisizione metodica ed esclusiva dei mdimenti. Mi pare di ricordarmi che Daumal vedeva nel sanscrito l'occasione di un lavoro hlosofico, come se la g rammatica del sanscrito predispones~, se a una certa metafisica, portasse alla c onoscenza di s e dell'essere. E questa la sua idea? Che beneficio ha tratto dalla conoscenza deb sanscrito? Dauma, ha senz'altro ragione. Solo che, nel mio caso, ci che, a,~; l'inizio, mi interessava non era tanto i,. valore o la virt filosofi ca della lingua in s... Ci che volevo innanzitutto era dominare questo stmmento di lavoro per poter leggere dei testi che non erano tutti di grande valore filosof ico. In quel momento non mi interessavano il Vedanta o le Upanisad, ma soprattut to i commentari alle Yoga-Sutra, i testi tantrici, owero delle espressioni della cultura indiana meno note in Occidente, e proprio perch la loro fi,osofia non al l'altezza de]le Upanisad e del Vedanta. A me per interessava innanzitutto quello, dal omentO che volevo conoscere le tecniche della meditazione e la fisiologia m istica, owero lo Yoga e il Tantra. La Prova del labirinto Lei ha imparato l'ital iano per leggere Papini, I'inglese per leggere Frazer, il sanscrito per leggere i testi tantrici. Si tratta sempre, sembra, di accedere a qualcosa che la intere ssa. La lingua la via, mai il hne. Questo non le pone forse un problema? Lei sar ebbe potuto divenire non gi uno storico delle religioni, dei miti, dell'immaginar io, bens uno specialista del sanscrito, un linguista. Del tutto diversa, un'altra opera di Eliade, un altro Eliade, era possibile. Lei sarebbe stato della famigl ia dei Jacobson, dei Benveniste, portando in questo campo la sua forma specihca. Questa opera immaginaria d da sognare!... B stato tentato da questa via? Ho semp re cercato di imparare una nuova lingua per possedere un nuovo strumento di lavo ro. Una ,'ingua era per me la possibilit di comunicare: leggere, parlare se possi bile, ma, soprattutto, leggere. Ma, a un dato momento, in India, a Calcutta, qua ndo vedevo le prove di un comparativismo molto pi ampio--ad esempio le culture in do-europee con le culture pre-indiane, le culture oceaniche, le culture dell'Asi a centrale...--quando vedevo quegli studiosi straordinari, come Pau, Pelliot, Pr zylusky, Sylvain Lvy, che sapevano non soltanto il sanscrito e il pali, ma il cin ese, i,! tibetano, il giapponese e ancora quelle lingue che venivano chiamate au stro-ungariche, ero affascinato da questo enorme universo che si apriva alla ric erca: non era soltanto l'India ariana, ma l'India aborigena e l'apertura verso i l Sud-est asiatico e l'Oceania. Io stesso ho cercato di cominciare. Ne sono stat o dissuaso da Dasgupta. Aveva ragione. Aveva indovinato. Tuttavia mi sono messo a studiare i,' tibetano con una grammatica elementare. E ho notato che non era q ualcosa che avessi veramente desiderato come avevo desiderato i, sanscrito o l'i nglese, o pi tardi il russo o il portoghese, non funzionava granch bene. A,'lora m i sono infuriato e ho abbandonato. Mi sono detto che non avrei mai avuto la comp etenza di un Pelliot, di un Sylvian Lvy; che non sarei mai stato un linguista, ne mmeno un sanscritista. La lingua in s, le sue strutture, la sua evoluzione, la su a storia, i suoi misteri, non mi attirava come... Come l'immagine, come i simbol i? Esattamente. La lingua, per me, non era che uno strumento di comunicazione, di e spressione. In seguito sono stato molto contento di essermi fermato 1~. Perch, in somma, un oceano. Non se ne esce pi: L'India essenziale bisogna imparare l'arabo e dopo l'arabo il siamese, dopo il siamese l'indonesiano, dopo l'indonesiano il polinesiano e via di seguito... Ho preferito leggere dei miti, dei riti che appa rtengono a queste cu,ture; cercare di capirli. YOGI SULL'HIMALAYA Nel settembre 1930 lei lascia Calcz~tta alla volta dell'Himalaya. Lei lascia Dasgupta... Sl, p er uno screzio, di cui mi dispiace molto. Anche a lui dispiaciuto. Ma in quel mo mento non mi interessava pi di restare in quella citt dove, senza Dasgupta, non av evo motivo di essere... Sono partito a,'la volta dell'Himalaya. Mi sono fermato in svariate citt, tuttavia a Hardwar e a Rishikesh che ho deciso di restare, in q uanto l che cominciano i veri eremitaggi. Ho avuto la fortuna di incontrare Swami Shivanananda. Ha parlato al mahant, il superiore, e ha ottenuto per me una picc ola capanna ne,11a foresta... Le condizioni erano molto semp,ici: essere vegetar iano e non vestire abiti europei--vi veniva data una tun,ca bianca. E ogni matti na, si mendicava il latte, il miele, il formaggio. Sono rimasto 1,~, a Rishikesh, sei o sette mesi, fino in aprile all'incirca. Rishikesh l'Himalaya, per non il Ti bet. Per andare in Tibet ci voleva un passaporto... Per, nel 1929, ho trascorso t re o quattro settimane a Darjeeling, nel Sikkim, che confinante con il Tibet. L s pira un'atmosfera tibetana. Si vedono benissimo le montagne del Tibet. Com'era i l paesaggio intorno alla sua capanna? Mentre Darjeeling a non so quante migliaia di metri di altezza --un paesaggio alpino quindi--Rishikesh in riva al Gange; m a qui il Gange piuttosto piccolo: a volte cinquanta metri, e poi duecento, di co lpo; a volte strettissimo: venti metri, dieci metri. Era la giungla, la foresta. Ai miei tempi non c'era nulla, solo de,lle capanne e un piccolo tempio ind. Non si vedeva mai nessuno. Nella foresta le caLa prova del labirinto ~ L'India essen Ziale panne erano sparse su due o tre chilometri, a duecento metri una dall'altr a, a volte centocinquanta metri o cinquanta. Da 11 si saliva verso Lakshmanjula, la prima tappa del mio pe,11egrinaggio, per cos dire. Lass la montagna abbastanza alta. C'era una serie di grotte e in quelle grotte venivano dei re,igiosi, dei contemplativi, degli asceti, deg]i yogi. E lei come aveva scelto il suo guru? Er a Swami Shivanananda, ma a quell'epoca era sconosciuto, non aveva pubblicato nul la (in seguito ha pubblicato circa trecento volumi...). Prima di diventare Swami Shivanananda era stato medico, aveva una famiglia, cono sceva benissimo la medicina europea avendola praticata, credo, a Rangoon. E poi un bel giorno aveva abbandonato tutto. Ha abbandonato gli abiti europei ed venut o, a piedi, da Madras a Rishikesh. Ha impiegato quasi un anno a percorrere i, tr agitto. E un uomo che mi interessava perch, dal canto suo, aveva una formazione o ccidentale. Come Dasgupta. Era un uomo che conosceva bene la cultura indiana e c he poteva comunicarla a un occidentale. Non era un erudito, tuttavia aveva un'es perienza hima,ayana piuttosto lunga: conosceva gli esercizi dello yoga, le tecni che della meditazione. Ed era medico: di conseguenza capiva bene i nostri proble mi. ~ quindi lui che mi ha fatto un po' da guida ne,le pratiche di respirazione, di meditazione, di contemplazione. Tutte cose che sapevo a memoria, in quanto n on solo avevo ben studiato i testi e i commentari, ma anche sentito altri saddhu e contemplativi a Calcutta, nella casa di Dasgupta e a Santiniketan, dove avevo incontrato Tagore: si aveva sempre occasione di incontrare qua,cuno che aveva g i praticato un certo metodo di meditazione. Conoscevo quindi un po' pi a fondo que l che c' nei libri, ma non avevo mai provato. Un attimo fa lei parlava di giungla . Dobbiamo immaginarcela con tigri e serpenti7 Non ricordo di aver sentito parla re di tigri da quelle parti, ma c'erano un sacco di serpenti e delle scimmie, de ,11e scimmie straordinarie. Credo di aver intravisto un serpente i,! terzo giorn o in cui mi sono sistemato nella mia capanna. Ho avuto un po' paura, avevo l'imp ressione che fosse un cobra, allora gli ho tirato un sassolino, per farlo andar via Un monaco mi ha visto e mi ha detto (parlava abbastanza ~ene inglese, era un ex magistrato): Perch? Anche se un cobra non c' nu,11a da temere. Non si ricorda u n solo morso di serpente in questo eremo. Ne dubitavo, per ho chiesto: E pi in basso , ne,11a pianura?--L sl, vero, ma qui no! Coincidenza oppure no... In ogni caso, d a a,110ra, quando vedevo dei serpenti, li lasciavo passare, tutto qui. Non ho ma i pi cercato di a,'lontanare un serpente con un sasso. Quasi cinquant'anni sono t rascorsi dall'epoca del novizio yogi e i nostri giorni, in cui lei l'autore, fam oso, di tre opere sullo yoga. Una di esse porta come sottotitolo: <Immortalit e l ibert. Un'altra si intitola Tecnica dello yoga... Cos' lo yoga? Una via mistica, un a dottrina filoso,~ca"un'arte di vivere? Mira a dare la salvezza o la salute? A dire il vero continuare a parlare dello yoga da qualche tempo mi interessa poco. Ho detto tutto quel che ritenevo importante da dire. Ho cominciato con la mia t esi, nel 1936, che si intitolava Yoga, saggio sulle origini della mistica indian a. Mi stato rimproverato, a ragione, l'uso della parola mistica. Lei aveva lavorat o sotto la direzione di Dasgupta, il quale le aveva addirittura dettato, credo, il suo commento a Patanjali? S,', ma in precedenza ero stato interessato dal lat o tecnico della pedagogia spirituale indiana. Conoscevo, evidentemente, la tradi zione speculativa, dalle Upanisad fino a Shankara. Owero la fi,osofia, la gnosi che aveva appassionato i primi indianisti occidentali. D'altra parte, avevo lett o dei libri sui ritua,'i. Ma sapevo che oltre a questo esisteva una tecnica spir ituale, una tecnica psicofisiologica, la quale non era pura ,filosofia o sistema di rituali. Avevo letto, in effetti, delle opere su Pa- tanjali e i libri di John Woodro,~ (sotto il nome di Arthur Avallon) sul tantriS mO. E pensavo che con questo metodo tantrico, owero con questa serie di esercizi psicofisiologici (l'ho chiamata fisiologia mistica in quantO una fisiologia piutt osto immaginaria), avevamo la possibilit di scoprire una dimensione trascurata de ,11a spiritualit indiana. Dasgupta aveva gi presentato il lato filosofico di quest o metodo. Ed io trovavO importante descrivere le tecniche in s e presentare lo yo ga neJ1l~ambito di un orizzonte comparato: a fianco de,110 yoga classico, descri tto da Patanjali nelle Yoga-Sutra, i diversi yoga barocchi~" marLa prova del labi rinto ~ L'India essenziale ginali, oltre allo yoga praticato dal Budda e il budd ismo in India, poi in Tibet, in Giappone, in Cina. ~ per questo motivo che ho vo luto avere un'esperienza personale di queste pratiche, di queste tecniche. Ma tr a questo suo desiderio e la lotta contro il sonno di quando era adolescente non es iste alcun rapporto? Nella mia adolescenza avevo un sacco di cose da leggere e s entivo che non si combina granch se si dorme sette ore, sette ore e mezzo. Allora ho cominciato un esercizio di cui penso di essere l'inventore. Ogni mattina, fa cevo suonare la sveglia due minuti prima. In una settimana ho quindi guadagnato un quarto d'ora. A sei ore e mezzo di sonno ogni notte, ho smesso per tre mesi d i mettere avanti la sveglia, per ben abituarmi a questa durata. Poi ho ricominci ato, sempre di due minuti alla volta. Sono arrivato a quattro ore e mezzo. E poi un gior no ho avuto delle vertigini e ho smesso. Con la magniloquenza tipica de gli adolescenti, la chiamavo la lotta contro il sonno... In seguito ho letto L'Edu cazione della volont del dottor Payot. Mi ricordo una pagina in cui diceva: Perch m ai grazie al semplice intervento della volont, non ci dovrebbe esser possibile ma ngiare cose che solo le no stre abitudini culturali ci rendono immangiabili? Del le farfalle ad esem pio oppure delle api, dei vermi, dei maggiolini. O addirittu ra un pezzo di sapone. Io mi chiedevo: Sl, per qual motivo? E ho cominciato ad educa re la mia volont>~... Temo tuttavia di aver capito male il li bro. In ogni caso, volevo dominare certi disgusti e certe tendenze naturali in un europeo... Lo yog a, effettivamente, si accosta a questo sforzo. Il corpo desidera il movimento: a llora voi lo immobilizzate in un'unica posizione-un asana; vi comportate non pi c ome un corpo umano, bens come una pietra o una pianta. La respirazione naturalmen te aritmica: ebbene, il pranayama vi costringe a ritmarla. La nostra vita psicom entale sempre agitata--da Pantanjali essa definita cittavritti, turbini di coscie nza--ebbene, la concentrazione vi permette di dominare questo flusso... Lo yoga in qualche sorta un'opposizione all'istinto, alla vita. Tuttavia lo yoga non mi ha attirato solo per queste ragioni. No, se mi sono interessato a queste tecniche d i yoga perch mi era impossibile capire l'India unicamente in base a quanto avevo appreso leggendo i grandi indianisti e i loro libri sulla filosofia vedanta, per la ~ quale il mondo illusione--maya--o ancora attraverso il monumenta.~ le sist ema dei rituali. Non potevo capire il fatto che l'India aveva avuto grandi poeti e un'arte ammirevole. Sapevo che esisteva da qualche parte una terza via, non m eno importante e che essa implicava la pratica dello yoga. In seguito, a Calcutt a, ho sentito dire, effettivamente, 33 che un certo professore di matematica lavorava in posizione asana e ritmando la respirazione: con profitti. E lei sa che Nehru, quando era stanco, assumeva p er qualche minuto la posizione dell'albero. Si tratta di esempi in apparenza anedd otici, ma sta di fatto che questa scienza ~= e quest'arte del dominio del corpo e dei pensieri sono importantissime per la storia della cultura e della filosofi a indiana--della creativit indiana, insomma. Non le chieder altro sugli aspetti te orici dello yoga: poche parole non potrebbero sostituire in questa sede i libri che lei ha scritto. Preferisco chiederle quale tu la sua esperienza personale e che cosa le ha portato in seguito nella sua vita. Se sono stato alquanto discret o sul mio apprendistato a Rishikesh, 1~ era per ragioni che lei indovina. Di cer te cose, tuttavia, si pu parlare. Ad esempio dei primi esercizi del pranayama che facevo, sotto la sorveglianza del mio guru. A volte, quando riuscivo a ritmare la respirazione, mi fermava. Io non capivo perch, mi sentivo benissimo, non ero p er nulla stanco... Mi diceva: Lei stanco. Come vede, era importante essere giudica to da qualcuno che era medico e che per esperienza conosceva la pratica dello yo ga. E mi sono convinto dell'efficacia di quelle tecniche. Credo anzi di essere r iuscito a capire meglio certi problemi... Ma, come le dicevo, non voglio insiste re. Perch, insomma, se si abborda la questione, bisogna dire tutto e quindi entra re in dettagli che implicano lunghe analisi. Comunque, le posso chiedere quel ch e ha potuto veri~care in merito alle meraviglie o ai prodigi che si dice accompa gnino la pratica dello yoga~ In uno dei suoi libri lei parla della giovinezza co nservata dallo yogi: la meditazione di un tempo diverso, allargato, che produce nello stesso corpo una straordinaria longevit... Uno dei rniei vicini, un monaco completamente nudo, un naga, aveva superato la cinquantina e aveva un corpo da t rentenne. Non faceLa prova del labirinto ~ L'India essenzia,e va che meditare tu tto il giorno e mangiava pochissimo. Persona,!mente non sono arrivato a questo s tadio in cui sono possibili cose del genere. Comunque qualsiasi medico le dir che i, regime e la vita sana che si svolgono in un eremo prolungano la giovinezza. E le storie che si raccontano di lenzuole bagnate e gelide che vengono messe sul melitante e che si asciugano, a pi riprese, nel corso della notte~ Svariati test imoni occidentali l'hanno visto. Alexandra David-Neel, ad esempio. ~ ci che in ti betano viene chiamato gtumo. E un calore straordinario prodotto da, corpo e che pu, in effetti, far asciugare le lenzuola. A proposito di questo calore mistico o, pi esattamente, generato da quel che viene chiamata la fisiologia sotti,e esistono documenti molto seri. L'esperienza de,le lenzuola gelide e che asciugano rapidam ente sul corpo di uno yogi , certamente, una cosa rea,e. UNA VERJ'TA POETICA DELL INrJIA La sua esperienza dell'India non la si ritrova soltanto nei suoi saggi, ma nei s uoi romanzi: Mezzanotte a Serampore, La notte bengalese... E in Isabe,'la e le a cque del diavolo, che lei mi ha detto di aver scritto, per non scoppiare, nel pe riodo di studio intenso per imparare il sanscrito. Sl, dopo sei o sette mesi di grammatica sanscrita e di ~losofia indiana, mi sono fermato: ero affamato di sog no. Mi trovavo a Darjeeling e ho cominciato a scrivere quel romanzo, un po' auto biografico, un po' fantastico. Volevo penetrare e conoscere quel mondo immaginar io che mi ossessionava. Ho scritto il romanzo nel giro di qualche settimana. E h o ritrovato la salute e l'equi,ibrio. In questa storia, un giovane rumeno attrav ersa Ceylon, Madras, si ferma a Cakutta e incontra il diavolo... Arriva a Calcut ta, a,lloggia in una pensione anglo-indiana, come quella in cui abitavo io. E ,~ ci sono de,'le ragazze, dei giovanotti, affascinati da problemi di ogni sorta. E poi la presenza del diavolo e tutuna serie di cose che si verificano in quanto i , personaggio principale ossessionato da, diavolo... In Mezzanotte a Serampore, co me pure nel Segreto del dottor Honigberger, anche presente il fantastico... s~ S ono due nove,lle scritte dieci anni dopo. Tra Isabella e queste due novelle c' un romanzo pi o meno autobiografico, La notte bengalese. Mi piacerebbe che ci so~er massimo un po' su Mezzanotte a Serampore... Che credibilit attribuisce ai fatti c he racconta? Quella gente . cbe rivive un tempo che trascorso pure fantastica? O ppure lei ci crede un po'? Perch, si sentono delle storie ben bizzarre a volte e da gente degna di fede... Io credo alla rea,t delle esperienze che ci fanno uscire da, tempo~ e auscire da,lo spazio. In questi ultimi anni ho scritto alcune nove, lle in cui si parla di questa possibilit di uscire dal proprio momento storico, o ppure di trovarsi in un a,tro spazio, come Zerlendi. Descrivendo gli esercizi di yoga di Zerlendi, nel Segreto del dottor Honigberger, lx, fornito certe indicaz ioni, fondate su,le mie esperienze personali e che ho passato sotto si,enzio nei miei libri sullo yoga. Ma, a, tempo stesso, ho aggiunto de]le inesattezze, prop rio per camuffare i dati rea,i. Ad esempio, si parla di una foresta a Serampore, mentre l non esiste. Quindi se qualcuno volesse verificare in concreto la trama de,la nove,lla, vedrebbe che l'autore non fa un reportage, dal momento che i, pa esaggio inventato. Sarebbe in tal caso portato a concludere che tutto i, resto i nventato, il ch non vero. Ci che succede ai personaggi di Mezzanotte a Serampore, lei pensa che possa davvero prodursi? Sl, nel senso che si pu avere un'esperienza talmente convincente che si costretti a considerarla reale... Alla fine del Segre to del dottor Honigberger--uno studioso che del resto esistito e lei lo cita all 'inizio del suo libro Patanja,i e lo Yoga --il kttore pu esitare tra varie chiavi dell'enigma. La sua quale sa~' rebbe? La prova del labirinto ~ L'India essenziale Per taluni lettori essa pu risultare evidente. Dal momento che il personaggio che racconta la storia dichiara essere Mircea Eliade, un uomo che ha trascorso alcu ni anni in India, ha scritto un libro sullo yoga... E il narratore, per non si ch iama Eliade? No. Per la signora Zerlendi gli scrive: Lei che ha trascorso vari ann i in India... Orbene, a quell'epoca, quale altro rumeno era andato in India, avev a scritto sullo yoga?... Il narratore dunque Eliade. E Zerlendi, dotato di chiar oveggenza, si rendeva conto che, per disgrazia, il documento straordinario che a veva nascosto, nella speranza che un giorno qualcuno lo decifri e rimanga di con seguenza convinto della realt di determinati fatti yogici, ebbene, quel documento era stato decifrato da qualcuno che, oltre a conoscere il sanscrito e lo yoga, un romanziere che sar tentato--ed quel che ho fatto io, si intende--di raccontare questa storia straordinaria. Allora, per sopprimere ogni rischio che si vada a verificare l'autenticit del racconto--perch si potrebbe facilmente identificare la casa e trovarvi la biblioteca e i manoscritti-insomma, per dimostrare che si tr atta soltanto di una fantasia letteraria, Zerlendi trasforma la sua casa, fa spa rire la biblioteca e la sua famiglia pretende di non riconoscere il narratore. T utto questo perch il documento che avrei riassunto nella mia novella non venga co nsiderato un documento autentico. Non sono sicuro che quel che diciamo risulter m olto chiaro a coloro che non hanno letto il libro. Comunque tanto meglio, questa oscurit li porter, spero, a scoprirlo... Per quel che mi riguarda, non so pi cosa pensare. Mi sento nella situazione dei personaggi che ascoltano il vecchio, nel su o ultimo libro. Lei possiede un dono quasi diabolico per seminare il lettore att raverso delle storie in cui non si listinguono pi il vero lal talso, n la lestra l alla sinistra. Questo vero. Credo anzi che sia la caratteristica specifica di un a parte almeno della mia prosa. C' una punta di malizia nel piacere che lei prova a mettere un po' fuori strada il suo interlocutore, non vero? Questo fa parte, forse, di una certa pedagogia; non bisogna dare al lettore una storia perfettament e trasparente. La pedagogia e il piacere del labirinto? E, al tempo stesso, una prova iniziatica. '~ Lasceremo lunque i suoi lettori sulla soglia del labirinto lella fo~; resta li Serampore e della biblioteca indiana di Zerlendi. In compens o non c' niente di fantastico nella Notte bengalese. E quel che mi tocca di pi, qu ando ripenso a questo libro-- un libro a cui bisogna ripenare, poich si rivela men o alla lettura che al ricorlo della lettura--, quel che nel racconto mi tocca pi la vicino, l'immagine e l'evocazione lella giovane donna, la presenza del deside rio stesso. La storia semplicissima, ma irradia e brucia bellezza lesilerabile come gli a~reschi li Aj anta e come la poesia erotica lell'India... Questo libro, a listanza, lei come l o vede? Beh, un romanzo semiautobiografico. A]lora, lei capisce... Capisco che l ei vuol mantenere uno stesso silenzio sui segreti lella gnosi e sui segreti dell 'amore... Ma, dal momento che evocavamo l'arte di Ajanta: qualcuno ha gi fatto l' accostamento tra la pittura molto sensuale di Maitreyi (La notte bengalese) e gl i af~reschi di Ajanta? E lei cosa ne ha pensato~ S, stato detto questo. In una le ttera deliziosa che mi ha scritto dopo aver letto il romanzo, Gaston Bachelard p arlava di mitologia della volutt. Credo che avesse ragione perch, in un certo senso, la sensualit trasfigurata... Quel che mi dice concorda esattamente con una nota del suo Diario, in data 5 aprile 1947, in cui lei dice a proposito degli a~:resc hi di Ajanta: La sensualit di queste immagini da favola, I'inaspettata importanza dell'elemento femminile! Come poteva un monaco buddista <~liberarsi~ dalle tenta zioni della carne, attorniato da tante nudit superbe e iionfanti nella loro pienez za e nella loro beatituline~ Solo una versione tantrica lel bullismo poteva acco gliere un tale elogio lella lonna e della sensualit. Un giorno si capir il ruolo i mportante del tantrismo il quale ha rivelato e imposto alla coscienza indiana il valore delle "fore~ e dei "volumi" (il trionf o del pi languido antropomorfismo sulaniConismo originario)~>La prova del labirinto L'India essenziale S, ho cominc iato ad amare l'arte figurativa indiana quando ho visto gli affreschi di Ajanta. Devo dire che, al principio, la scultura indiana mi aveva sconcertato. i~ stata un'opera di Coomarasv~ami che mi ha permesso di cogliere il significato di quel l'affastellamento di particolari: non ci si accontenta di rappresentare il dio, c' una profusione di segni di ogni sorta, di figure umane, mitologiche. Nessuno s pazio vuoto!... Questo non mi piaceva. E poi ho capito che l'artista wole ad ogn i costo popolare quell'universo, quello spazio che egli crea attorno all'immagin e. Che vuole, insomma, dargli la vita. E ho amato quella scultura. Pi esattamente , ho amato molto l'arte indiana in quanto arte di significati simbolici, arte tr adizionale. Lo scopo dell'artista non era di esprimere qualcosa di personale~. Av eva in comune con tutti l'universo unitario di valori spirituali propri del geni o indiano. Era un'arte simbolica e tradizionale, ma spontanea, per cos dire. Il f atto di attingere alla fonte comune non ha mai ostacolato il fiorire di forme di stinte, non ne ha mai limitato la verit. E questo vale per tutte le arti. In Indi a, la musica del Bengala la sola che io abbia avuto occasione di conoscere un po '. Ci che mi interessava erano soprattutto le arti plastiche, la pittura, i monum enti, i templi. E mi interessavano non soltanto nella loro qualit di creazioni art istiche. Il tempio, ad esempio, un'opera architettonica il cui simbolismo del tut to coerente e la cui funzione religiosa, quindi i riti e le processioni, si inte gra molto bene all'architettura stessa. Del resto, in India come in tutti i Vill aggi dell'Europa orientale forse trenta o quarant'anni or sono, l'oggetto d'arte non era qualcosa che si appendeva al muro o si metteva in una bac heca, vero. Era un oggetto di cui ci si serviva: un tavolo, una sedia, un vaso, un'icona. In questo senso mi interessava l'arte indiana, sia quena popolare che quella dei templi, le sculture, le pitture. Per la sua integrazione alla vita di ogni giorno. E la letteratura indiana? Beh, ho amato molto Kalidasa. ~ forse il mio preferito. i~ l'unico poeta che ho dominato a pieno, bench il suo sanscrito sia alquanto dif- a ficile. Il suo genio poetico impareggiabile. Tra i moderni h o letto qualche scrittore d'avanguardia, Acinthya, ad esempio, un giovane romanz iere del Bengala (nel 1930) molto influenzato da Joyce; e, naturalmente, Rabindr anath Tagore. Fu Dasgupta, credo, che la present a Tagore, non vero? Sl. Ho avuto la grande fortuna di essere ricevuto parecchie volte da Tagore a Santiniketan. Dopo le nostre conversazioni pigliavo molte note e registravo tutto quel che si diceva su di lui, sull'uomo, sul poeta, 8 Santiniketan. Era enormemente ammirato , ma certuni lo criticavano e io annotavo tutto ci. Spero che questo quaderno Tago re esista an~ cora a Bucarest, nena mia biblioteca traslocata parecchie volte. Am miL ravo Tagore per il suo sforzo di riunire in s le qualit, le virt, le possibi,it dell'essere umano. Non soltanto era un ecce,llente poeta, un ~ eccellente compos itore--ha scritto all'incirca tremi,a canzoni, centii~ naia delle quali sono ogg i in Bengala, ne sono certo, delle canzoni popolari--un gran musicista, un buon ro manziere, un maestro di conversazione... La sua stessa vita aveva una certa qua, it specifica. E non si trattava di una vita d'artista come quella di un d'Annunzio, di uno S~vinburne, di un Oscar Wi,de. Era una vita ricca e completa, aperta sul l'India e su, mondo. E Tagore si interessava a cose a cui non si immaginerebbe s i possa interessare un grande poeta. Si occupava degli affari comuni, era appass ionato da,lla scuola che aveva fon' dato a Santiniketan. Non si era mai staccato da,lla cultura popolare del ~Bengala. Ne,lla sua opera si avverte benissimo l'i mportanza de,~la tradi.zione contadina, anche se evidente che si ispirava anche a Maeter~linck. Ed ~ra un don ~t8 che si ~Nn corpo, era be,llissimo. Aveva un su ccesso enorme, si sussurrava che Giovanni... Ma, al tempo stesso, sprigionava un a spiritua,iesprimeva attraverso il corpo, attraverso i gesti, ne,lla voce. una figura di patriarca. Lei traccia qui un bel ritratto cbe fa pensare a un Leonardo da Vin~n, a un Tols toi del Bengala. Eppure nel suo romanzo La notte benga~kse, lei evocava la figur a di Tagore in un'ottica... ... critica, s. Esprimevo l'atteggiamento della nuova generazione in ~Bengala. Avevo degli amici, all'uniVersit, dei giovani poeti, de i giova~i professori: ebbene, per reazione contro i padri, loro vedevano nel~l'o pera di Tagore qua,cosa di dannunziano, la consideravano paccotti- ~glia... Oggi in India forse un po' lasciato in disparte, a causa di uo~imiIu de lla levatura di Aurobindo o di Radhakrishnan, che un grande ~omo di scienza. Io sono comunque sicuro che verr riscoperto. La prova del labirinto L'India essenzia le E dilJicile evocare Tagore e non evocare Ghandi... Ho visto Ghandi, l'ho asco ltato, per da lontano e abbastanza male: l'altoparlante non funzionava, ammesso c he ce ne fosse stato uno quel giorno. Era a Calcutta, in un parco, nel corso di una manifestazione non violenta... Tuttavia l'ammiravo--come tutti. Ero preoccup ato per altri problemi, tuttavia il successo della sua campagna di non violenza mi interessava enormemente. Beninteso ero anti-british al cento per cento. La repr essione inglese contro i militanti del swaraj mi esasperava, mi disgustava. Inso mma lei provava i sentimenti del personaggio del suo romanzo La notte bengalese: detestava il colonizzatore e addirittura l'europeo? Si, a volte provavo dawero vergogna ad essere riconosciuto come un bianco, avevo vergogna della mia razza. Non ero inglese, fortunatamente, ed ero cittadino di un paese che non ha mai avu to colonie ma che, al contrario, stato per secoli trattato come una colonia. Non avevo quindi nessun motivo di aver un complesso di inferiorit. Per, nella mia qua lit di europeo, ho provato vergogna. La politica--per dirla molto semplicemente~a p reoccupava in giovent? In Romania no, assolutamente. Sono divenuto sensibile alla politica in India, perch l ho visto la repressione. E mi dicevo: Come hanno ragion e gli indiani!... Era il loro paese, non chiedevano che una sorta di autonomia e le loro manifestazioni erano del tutto pacifiche, non provocavano nessuno, chied evano i loro diritti. E la repressione poliziesca fu inutilmente violenta. ~ dun que a Calcutta che ho preso coscienza dell'ingiustizia politica e che ho scopert o al tempo stesso le possibilit spirituali dell'attivit politica di Ghandi: que]la disciplina spirituale che consentiva di resistere ai colpi e di non rispondere. Era come Cristo, era il sogno di Tolstoi... Lei era quindi acquisito di cuore e di spirito alla causa non violenta... E anche violenta! Ad esempio un giorno av evo sentito un estremista e gli avevo dato ragione. Capivo molto bene che ci dev ono esserc snche dei violenti. Ma insomma la campagna di non violenza mi aveva m olto impressionato. E poi non era soltanto una tattica straordina~ia, era un'amm irevole educazione delle masse, un'ammirevole pedagogia popolare, la quale mirav a al dominio di s. Era davvero pi della politica. Voglio dire: pi della politica co ntemporanea. LE TRE LEZIONI DELL INDIA Quando sono arrivato in India non avevo a ncora ventidue anni: ~un'et molto giovane, vero? E i tre anni che seguirono furon o essenziali ~per me. L'India mi ha formato. Se oggi cerco di dire quale insegna men- ~o essenziale ne ho ricevuto, vedo innanzitutto che triplice. In primo luogo sta ta la scoperta de~l'esistenza di una filosofia, o piuttosto di una dimensione sp irituale, indiana, che non era n quella dell'India classica--diciamo quella delle Upanisad e del Vedanta, in Luna parola: la filosofia monista--n quena della devo zione religiosa: ~la bhakti. Lo yoga al pari della samkhya professa il dualismo: da una ~parte la materia e, dall'altra, lo spirito. Comunque non era il dualism o ~quel che mi interessava, bensi il fatto che, nena samkhya e nello yoga, ~l'uo mo, l'universo e la vita non sono illusori. La vita reale, il mondo |~ reale. Ed possibile conquistare il mondo, possibile dominare la vita. ~Ci che pi conta, nel tantrismo ad esempio, che la vita umana pu es~rere trasfigurata attraverso dei r ituali, effettuati a seguito di una lunga ~preparazione yoga. Si tratta di una m etamorfosi dell'attivit fisiologica, |~d esempio dell'attivit sessuale. Nell'union e rituale, l'amore non pi LUn atto erotico o un atto semplicemente sessuale, una sorta di sacra~mento; esattamente come bere del vino, nell'esperienza tantrica, non ~,~bere una bevanda alcolica, ma spartire un sacramento... Dunque, ho ~:tcop erto questa dimensione alquanto ignorata dagli orientalisti, ho sco~perto che l' India ha conosciuto determinate tecniche psicofisiologiche ,grazie a cui l'uomo pu al tempo stesso godere della vita e dominarla. ,!La vita pu essere trasfigurata attraverso un'esperienza sacramentale. |Questo il primo puntoLa vita trasfigurat a quello che lei chiama altrove I'esistenza Lsantificata,~? La prova del labirinto ~ T ~Tnrlil PCCl'n7i~ Sl, in fin dei conti, la stessa cosa. Si tratta di vedere che attraverso questa tecnica, ma anche attraverso altre vie e metodi, possibile risantificare la vita , risantificare la natura... La seconda scoperta, il secondo insegnamento, il se nso del simbolo. In Romania non ero affatto attirato dalla vita religiosa, le ch iese mi parevano ingombre di icone. E quelle icone non le consideravo degli idol i, ma insomma... Ebbene, in India mi capitato di vivere in un villaggio del Beng ala e ho visto delle donne e delle ragazze che accarezzavano e decoravano un lin gam, un simbolo fallico, pi precisamente un fallo di pietra anatomicamente molto preciso; e, beninteso, le donne sposate, almeno, non potevano ignorarne la natur a, la funzione fisiologica. Ho quindi capito la possibilit di vedere il simbolo nel lingam. Il lingam era il mistero della vita, della creativit, della iertilit che si manifesta a tutti i livelli del cosmo. Questa epifania di vita era (~iva, non era il membro virile che conosciamo noi. Allora questa possibilit di provare un' emozione religiosa in virt dell'immagine e del simbolo, mi ha rivelato tutto un m ondo di valori spirituali. Mi sono detto: certo che guardando un'icona il creden te non percepisce unicamente la figura di una donna che tiene in braccio un bamb ino, ma vede la Vergine Maria, quindi la Madre di Dio e la Sophia... Immaginate l'importanza di questa scoperta, dell'importanza del simbolismo religioso nelle culture tradizionali nella mia formazione di storico dene religioni. Quanto alla terza scoperta, si potrebbe chiamarla la scoperta del l'uomo neolitico. Ho avuto la fortuna di trascorrere, poco prima della mia partenza, alcune settimane in In dia centrale--fu in occasione... di una specie di caccia al coccodrillo--tra gli aborigeni, dei Santali, owe- ro dei pre-ariani. E sono rimasto molto colpito nel vedere che l'India affonda a ncora radici profondissime non soltanto nell'eredit ariana o dravidica, ma altres nell'humus asiatico, nella cultura aborigena. Era una civilt neolitica, fondata s ull'agricoltura, ovvero sulla religione e la cultura che accompagnarono la scope rta dell'agricoltura, in particolare la visione del mondo della natura in quanto ciclo ininterrotto di vita, morte, risurrezione: cido specifico alla vegetazion e, ma che governa altresl la vita umana e costituisce al tempo stesso un modello per la vita spirituale... Ho riconosciuto quindi l'importanza della cultura pop olare rumena e balcanica. Al pari di quena dell'India era una cultura foll~orica , fondata sul mistero dell'agricoltura. Evidentemente, in Europa orientale, le e spressioni di ci erano cristiane; si credeva, ad esempio, che il grano fosse nato dane gocce di sangue del Gisto. Ma tutti questi simboli hanno un fondo molto ar caico, neolitico. In effetti, ancora trenta anni fa, c'era, dana Cina al Portoga llo, un'unit di base, l'unit spirituale solidale all'agricoltura e assicurata da q uesta, e quindi dall'eredidel neolitico. Questa unit di cultura, per me, fu una r ivelazione. Scoprivo che qui, nell'ambito stesso dell'Europa, le radici sono ben pi profonde di quel che avremmo creduto, pi profonde del mondo greco o romano o a nche mediterraneo, pi profonde del Vicino Oriente del ~I'antichit. E queste radici ci rivelano l'unit fondamentale non soltanto dell'Europa, ma anche di tutto l'oe kumne che si stende dal Portogallo alla Cina e dana Scandinavia a Ceylon. Leggend o i primi capitoli del suo libro Storia delle credenze e del~le idee religiose, si intravede bene l'importanza cbe per il suo pensiero, per la sua opera, ba avu to questa rivelazione, la scoperta, I'incontro, ~d di l dell'uomo indiano, con l' uomo neolitico, con l'uomo primitiwJ~. Potrebbe, comunque, precisare meglio questa importanza? ',- In India ho scoperto quel che in seguito ho definito la religios it ~cosmica. Il che vuol dire la manifestazione del sacro attraverso ogpgetti o ri tmi cosmici: un albero, una sorgente, la primavera. Questa ~religione, sempre vi va in India, proprio quella che i profeti hanno ~oombattuto: a giusto titolo, da l momento che Israele era ricettacolo di 'altra rivelazione religiosa. Il monote ismo di Mos comporta la co~oscenza personale di un Dio che interviene nena Storia e non si limi~ta a manifestare la sua forza unicamente per il tramite dei ritmi della ~nstura, attraverso il cosmo, come gli dei dene religioni politeiste. Lei ~u che questo tipo di religione cosmica, che viene chiamata politeismo>~ ~o pagan esimo", era tenuta in ben poco conto, non soltanto dai teolo~gi, ma anche da tal uni storici delle religioni. Io, tuttavia, sono vissu~to tra i pagani, sono viss uto tra coloro che partecipavano al sacro in ~virt della mediazione dei loro dei. E i loro dei erano dene figure o ~delle espressioni del mistero dell'universo, di questa fonte inesauribile ~di creazione, di vita e di beatitudine... ~ a part ire da qui che ho capito loro interesse per la storia generale delle religioni. Insomma si tratta~va di scoprire l'importanza e il valore spirituale di quel che viene chia~mato paganesimo>>. Lei sa che l'epoca prelitica e il paleolitico sono ~durate forse due milioni di anni. Molto probabilmente la religione di ~questa umanit arcaica era analoga ana religione del cacciatore primitiLa prova del labir into vo. Dei rapporti al tempo stesso esistenziali e religiosi s'instauravano, d a una parte, tra il cacciatore e la selvaggina che doveva inseguire ed abbattere e, d'altra parte, con i Signori delle Fiere>~, divinit che pro- teggevano sia la selvaggina che il cacciatore. i~ indubbiamente per questa ragio ne che il cacciatore primitivo accordava grande importanza re ligiosa all'osso, allo scheletro e al sangue... E poi, forse dodici o quin-; dicimila anni fa, ci fu l'invenzione dell'agricoltura. Essa aumentava e garantiva le risorse alimenta ri dell'uomo e, a questo modo, rese possibile tutta l'evoluzione successiva: aum ento della popolazione, costruzione dei villaggi, poi delle citt--ovvero la civil t urbana e tutte le creazioni politiche del Vicino Oriente dell'antichit. L'invenz ione dell'agricoltura, e non questa una conseguenza di scarsa importanza, consen tl una certa esperienza religiosa. Ad esempio la messa in relazione della fecond it della terra e dena fecondit della donna. La Grande Dea la Terra Madre. E la don na assume allora un'importanza religiosa enorme; acquista importanza anche sul p iano economico, grazie alla solidariet mistica con la terra, garante di fertilit e quindi di vita. E poi, come dicevo un attimo fa, sempre grazie all'agricoltura che l'uomo ha afferrato l'idea del ciclo--nascita, vita, morte, rinascita--e che ha valorizzato la sua stessa esistenza integrandola in questo cido cosmico. La condizione umana, per la prima volta e ad opera dell'uomo del neolitico, stata p aragonata alla vita di un fiore, di una pianta. Il cacciatore primitivo si senti va magicamente collegato all'animale; adesso, l'uomo si solidarizza misticamente con la pianta. La condizione umana condivide il destino della pianta, quindi il destino di un ciclo infinito di nascite, di morti e di rinascite... Le co~ se s ono, beninteso, pi complesse, in quanto si tratta di un sistema religioso che int egra tutti i simbolismi della fecondit, dena morte e ' della rinascita--la Terra Madre, la Luna, la Vegetazione, la Donna, ecc. Sistema che, credo, conteneva emb rionalmente le forme essenziali di tutte le religioni successive. Quel che si pu vedere ancora che con l'agricoltura nasce il sacrificio di sangue. Per l'uomo pr imitivo l'animale l, nel mondo, dato. Mentre la pianta alimentare, la semente, no n data, lei, non esiste~a dall'inizio del tempo. i~ l'uomo che, grazie al suo la voro e ana sua magia, crea un raccolto. Rispetto al cacciatore una differenza en orme, in quanto l'uomo arcaico riteneva che senza un sacrificio di sangue nulla pu essere creato. Si tratta di una concezione antichissima e qua- , si universale , owero la credenza che ogni creazione implichi un trans- ~ L'India essenziale ~ , rt magico di vita. Attraverso un sacrificio di sangue si proietta l'energia, l a vita dena vittima nell'opera che si vuol creare. Ed abbastanza curioso quando ci si pensa: il cacciatore che massacrava la selvagginon parla mai di assassinio. Certe trib siberiane chiedono scusa al~` l'orso dicendogli: Non sono stato io ad u cciderti, stato il mio vicino, il Tunguso o il Russo. Altrove si dir: Non sono io, il Signore degli Animali che mi ha dato il permesso. I cacciatori non si riconosc ono responsabili della carneficina. Tra i paleo-agricoltori, invece, i miti dell 'origine dene piante alimentari evocano un essere soprannatu~rsle che ha accetta to di essere massacrato affinch dal suo corpo crescano le piante. Non si poteva q uindi immaginare una creazione senza ~crificio di sangue. E in effetti questi sa crifici e soprattutto quelli umapi, sono attestati unicamente tra gli agricoltor i. Non tra i cacciatori. In~sornma, ed quel che mi premeva capire, in seguito a questa scoperta ~dell'agricoltura si trova rivelato tutto un universo spirituale . Allo stes~so modo, con la metallurgia, divenne possibile tutto un altro univer so ~di valori spirituali. Io volevo capire il mondo religioso dell'uomo ar- ~ico. Ad esempio, all'epoca del paleolitico, per il cacciatore, il rap~porto uom o-pianta non era assolutamente evidente, come non lo era ~l'importanza religiosa della donna. Una volta inventata l'agricoltura, il jposto della donna nella ger archia religiosa diventa molto importante. Quel che colpisce, inoltre, il fatto cbe in entrambi i casi~a vi~ssone dell'uomo-pianta e l'instaurazione dell'assass inio sacro--il dato ~centrale il rapporto con la morte, un certo rapporto con la morte. Ed ~ ben cbiaro, altres~, cbe questi due grandi assi simbolici si possono rirovare nel mondo cristiano: seme cbe per rinascere deve morire, mes~sa a mort e dell'Agnello, pane e vino considerati corpo della vittima sa~cra. Lo sguardo c be lei rivolge sull'uomo neolitico d da ri~ettere a ~ngo... Eppure, e lei lo ba det to, questa scoperta non getta luce sol~tantO sull'homo religiosus: ha permesso a l ei, al termine di una lun~ga deviazione, di ritrovare quel cbe sta pi vicino, cbe pi familiare, esempio la tradizione popolare rumena. Senza di ci avrebbe forse ~c ritto quel testo cbe a me piace molto, su Brancusi? Brancusi, rume,~o, artista m oderno e padre di una certa modernit e, al tempo stesso, astore dei Carpazi. Avre bbe capito Brancusi allo stesso modo se, in India, lei non avesse avuto questo c ontatto con la civilt orig ~ale? La prova del labirinto L'India essenziale Effett ivamente, forse no. Lei ha riassunto benissimo quel che io penso su questo punto . Nel cogliere l'unit profonda che esiste tra la cultura aborigena indiana, la cu ltura dei Balcani e la cultura contadina dell'Europa occidentale, ebbene, mi sen tivo nel mio ambiente. Studiando certe tecniche e certi miti, mi trovavo in Euro pa oltre che in Asia. In nessun momento mi sentivo di fronte a cose esotiche. Dava nti alle ~ tradizioni popolari indiane vedevo apparire le stesse strutture che n elle 3 tradizioni popolari de,ll'Europa. Credo che questo mi abbia aiutato mol- i to a capire che Brancusi non ha copiato le creazioni dell'arte popolare rumena . Al contrario andato a,le fonti stesse di quei contadini rumeni o greci e ha ri scoperto la visione straordinaria di un uomo per i, qua,e la pietra esiste, la r occia esiste, in un modo, diciamo, ierofanico. Ha ritrovato, da,ll'interno, l'univ erso di valori de,l~'uomo arcaico. S,~, l'India mi ha aiutato molto a capire l'i mportanza, il carattere autoctono e, al tempo stesso, l'universalit de,la creazio ne di Brancusi. Se si scende dawero a,le fonti, a,le radici che affondano fino a l neolitico si a,lora molto rumeni, o molto francesi, e a, tempo stesso universa ,!i. Io sono sempre stato affascinato da questo problema: come ritrovare l'unit f ondamentale, se non del genere umano, a,meno di una certa ci-- I vi,t indivisa ne l passato de,l'Europa? Brancusi riuscito a ritrovarla... Ecco quindi che con que sta scoperta e questo problema si chiude il cerchio del~a mia formazione attrave rso l'India. L INDIA ETERNA Questo interesse sempre pi vivo, si direbbe, cbe gli occidentali nutrono per l'India, per lo yoga, non le pare spesso la moneta falsa delI'Assoluto? Anche se esistono abusi, esagerazioni, un eccesso di pubblicit, u n'esperienza importantissima. La concezione psicolo~Jica dello yoga ha I prefigu rato Freud e la nostra scoperta dell'inconscio. I saggi e g,!i asce- J ~ndiani s ono stati, in effetti, portati ad esplorare le zone oscure dello spirito: avevan o scoperto che i condizionamenti fisiologici, sociali, culturali, religiosi... e rano faci,i da delimitare, di conseguenza, da dorni- nare. I grandi ostacoli per la vita ascetica e contemplativa nascevano ~ invece dall'attivit dell'inconscio, dai samskara e dai vasana, impre- gnazioni, residui, late nze che costituiscono ci che la psicolo~ia dd profondo designa con i, nome di conte nuti, strutture e pu,!oni dell'inconscio. i~ abbastanza facile lottare contro le tent azioni ~mondane~ abbastanza faci,e rinunciare a,lla vita di famig,ia, alla sesa, it, a,lle comodit, alla societ. Ma nel momento stesso in cui rite~nete di essere ~n almente padrone di voi stesso, all'improvviso sa,tan ~fuori l vasana e voi torna te ad essere l'uomo condizionato che erava~te. ~ per questo motivo che la conoscen za dei sistemi di condiziona~mento de,ll'uomo non poteva, per lo yoga e per la spi ritualit india~na in generale, non poteva avere il suo fine in se stessa: l'impor tante non era conoscere i sistemi di condizionamento quanto dominarli. 3Si lavorav a sui contenuti dell'inconscio per bruciarli. Ch, a diffe~nza della psicana,isi, 1o yo~iene che possibile controllare le pul~`sioni de,ll'inconscio. ~a questo solt anto un aspetto. Ce ne sono altri. ~, in effetti, interessante conoscere la tecn ica de,lo yoga, in quanto non una mistica ~n una magia, un'igiene o una pedagogia , bens un sistema complessi~o, originale ed efficace. L'importante non la possibi lit di fermare, ~d esempio, il cuore per un attimo--lei sa che possibile--,non ,~ ospendere i, respiro per qualche minuto, no, ma quello che sempre ~interessante, la possibilit di fare un'esperienZa che permetta di collloscere i limiti del cor po umano. r Mi sembra dunque evidente che questo interesse per lo yoga ha ~olta importanza e che avr ripercussioni e conseguenze fe,ici. Naturalnente questa lett eratura deprimente, queste opere di volgarizzazione... sO cbe non si riterisCe q ui a un uomo come Allan Watts, cbe del ~esto lei ba conosciuto... S,' e anche pi uttosto bene. Aveva un genio di divinazione per quel ~e riguarda determinate tra dizioni orienta,i. E conosceva perfettamen~k, e di prima mano, la sua religione di appartenenza. Lei sa che era ,3~tato prete episcopaliano (Church of England). Conosceva bene i, cri~tianeSimo occidentale e poteva capire molte altre cose. L o ammiravo inolto. E poi aveva un dono alquanto raro: si esprimeva in un ,inguag ~io che non era pretenzioso, che non era que,lo di una volgarizzazione ~uperfici ale e che pure era accessibi,e. Io ritengo che Watts non ha vef~mente abbandonat o il suo ministero, ma che ha cercato un'altra via per comunicare an'uomo modern o quel che g,i uomini di a,tre epoche Ithiamavano Dio. ~ diventato un maestro, un vero guru per la geneLa prova del labirinto ~ L'India essenziale razione hippy. Io non ero suo amico intimo, ma sono certo che era onesto e poi ammiravo la sua forza di divinazione. A partire da qualche elemento, da qua,che buon libro, era capace di presentare l'essenza di una dottrina. E Watts cosa pensava dei libri d i Mircea Eliade? Mi leggeva, mi citava. Non mi ha mai rimproverato di non dare u n taglio pi personale ai miei libri. Vedeva benissimo, in effetti, che i, mio obiettivo soltanto di rendere inte,~igibile al mondo moderno --occidental e ed orientale, tanto in India che a Tokyo o a Parigi--delle creazioni religiose e ~losofiche poco note o mal commentate. Per me la~ com~ne d~i valori religiosi tradizionali i, primo passo per un ris~e~l~io ~e. Mentre un uomo come Watts, e altri come lui, credeva--e chiss, forse hanno ragione--che ci si pu rivolgere alle masse con qualcosa che assomiglia a un messaggio e risvegliarle. Io ritengo che n oi~he siamo il prodotto del mondo moderno--siamo condannati a ricevere qualsiasi r ivelazione per il tramite della cultura: attraverso le forme e le strutture cult urali che si possono ritrovare le fonti. ~c~pnati ad apprendere e a risvegliarci alla Yi~a dell~o spirito attraverso i libri. Nell'Europa moderna non esiste pi in segnamepto orale n creativit folklorica. ~ per questo, secondo me, che i, libro ha un'importanza enorme, non soltanto culturale, ma anche religiosa, spirituale. L ei non quindi uno di quei professori cbe bruciano i libri--o fanno finta di farl o. Certamente no! E tuttavia mescolato all'universitario, allo scrittore, veglia forse sempre in lei l'eremita di Risbikesb, il contemplativo... Riprenlo la cit azione a cui mi sono rifatto proprio all'inizio di questa lunga conversazione su ll'India. ... La certezza cbe bo da allora cbe, qualunque cosa succeda, esiste se mpre una grotta sull'Himalaya cbe mi aspetta...>~ Ci pensa sempre a questa grott a? Ah, s,! Sempre! i~ la grande speranza. E cosa ci farebbe? Sognare, leggere, s crivere o cosa ancora? Se la grotta esiste ancora, ed esiste di certo, se non a Rishikesh, a Lakshmanjula, altrimenti a Bhadrinath e posso sempre trovarla... Un a grotta dell'Himalaya la liber~e la so,itudine. Penso che questo basti: si libe ri e non si isolati; si isolati soltanto dal mondo che si abbandona, ammesso che lo si abbandoni... i~ soprattutto il sentimento di libert che ho provato e credo proverei ancora. Si conclude questa conversazione sull'India ed ecco cbe l'ulti ma parola che lei pronuncia la parola libert. Questo mi fa venire in mente un'ann otazione del suo Diario, in data 26 gennaio 1961, cbe mi aveva colpito: Credo cbe il mio interesse per la ~loso,~a e l'ascesi ind si spiegbi cos: I'India stata oss essionata dalla libert, I'autonomia assotuta. Non in modo ingenuo, velleitario, m a tenuto conto degli innumerevoli condizionamenti dell'uomo, studiandoli in modo oggettivo, sperimentale (Yoga) e sforzandosi di trovare lo strumento cbe consen ta di abolirli o di trascenderli. Ancor meglio che il cristianesimo, la spiritua lit ind ba il merito di introdurre la Libert nel Cosmo. Il modo di essere di un jiv anmutka non dato nel Cosmo, anzi, al contrario, in un Universo dominato dalle le ggi, la libert assoluta impensabile. L'India ba il merito di aver aggiunto una nu ova dimensione nell'Universo: quella di esistere libero. S,~. Ancor oggi direi le stesse cose. INTERMEZZO S,', ho fatto dei sogni che trovo molto importanti per me. Dei sogni iniziatici nel senso che ne ho capito il significato pi tardi e a quel punto ho imp arato molto e acquisito una certa sicurezza. Ho sentito che sono, non guidato, b ens aiutato: me stesso aiutato dal se stesso. Le capitato di annotare regolarment e i suoi sogni~ S,', durante un'estate ad Ascona. Lei sa che i famosi incontri d i Ascona, noti sotto i, nome di Eranos, furono organizzati da Olga Froebe-Kapteyn che era appassionata de,la psicologia di Jung. i~ stata lei a propormi questa es perienza. Per un mese, giorno dopo giorno, ho annotato ogni mattina. Ho potuto r endermi conto che dawero quei sogni avevano un certo ,~lo conduttore. Credo di a ver conservato quel quaderno, su cui annotavo anche la data di ciascun sogno. Mi capitato di raccontarne certi a degli psicologi e ta,volta ho sognato la loro i nterpretazione. R~tiene cbe qualcuno cbe voglia conoscersi e perfezionarsi debba annotare i propri sogni talvolta? Non sono in grado di dirlo. Ritengo annotare un sogno. Ricordo che dopo no del mio Diario in cui dieci anni beh, ho capito ch e quel sogno aveva 63 La prova del labirinto ~ tuttavia che sia sempre utile ave r riletto per caso un quaderprima avevo annotato un sogno, annunciato qualcosa d i preciso e TntPrm~77n che si era realizzato. Credo quindi che annotare i propri sogni sia una buona co sa, non solo per verificare certe cose, ma anche per conoscerSi meglio, indubbia mente. Nel suo caso, non si tratta di premonizioni, ma di una conoscenza pi profond a? Credo che in questi sogni, che a volte ricordo benissimo, si abbia l'autorive lazione del proprio destino. ~ il destino che si rivela, nel senso di un'esisten za che si dirige verso un obiettivo preciso, un'impresa, un'opera che si deve po rtare a termine... Si tratta del destino profondo, quindi anche deg,i ostacoli a cui dovete andare incontro; si tratta di decisioni gravi, irreversibi,i, che do vete prendere... Nei due sogni cbe lei ba scelto tra i frammenti pubblicati del suo Diario, si parla di memoria. In uno lei ba posato e dimenticato degl i ogget ti preziosi, si sente minacciato dalla perdita di memoria, si ingi- ` noccbia da vanti a sua moglie, la sola cbe pu salvarla... E citer l'altro sogno cbe lei racco nta: Due vecchi cbe muoiono, uno da una parte, una dall'altra, soli. Con loro spa riva per sempre, senza testimoni e senza lascare traccia, una storia ammirevole ( cbe io conoscevo). Tristezza terribile. Disperazione. Mi sono ritirato in una st anza a fianco e bo pregato. Mi dicevo: se Dio non esiste, tutto ,~nito, tutto as surdo. Ho conservato il ricordo di altri sogni, perlomeno di qualche episodio. Ad esempio quello in cui vedevo cadere de,le ste,le che diventavano delle brioches . Io le distribuivo dicendo: Mangiate! sono calde... Ma evidente che ho lasciato q uesti due sogni ne,lla scelta dei Frammenti in quanto mi sembrano importanti. La perdita de,la memoria in effetti una mia ossessione. Avevo una memoria straordi naria e sento che non pi la stessa. E ho sempre avuto l'ossessione de,lla perdita di memoria in quanto scomparsa di un passato, di una storia che ero il solo a conos cere. Il sogno dei due vecchi... Se Dio non esiste, tutto cenere. Se non esiste un assoluto che dia significato e va,ore a,la nostra esistenza, allora l'esisten za priva di senso. So che esistono dei filosofi che pensanO questo ma, per me, s arebbe non soltanto la pura disperazione, ma aluesl una sorta di tradimento. Per ch non vero e io so che non lo . Se si arriva a pensare che vero, una crisi ta,men te profonda che, ol ~ue a,la disperazione personale i1 mondo che ~rotto>~, come diceva Gabriel Marcel. In questi sogni si legge forse la mia paura, i,' mio terr ore per la ~scomparsa di un'eredit. Quel che succede ai due vecchi pu succedere dl 'Europa, con que,lla sua eredit multimillenaria, dal momento che le radici dell'E uropa affondano nel Vicino Oriente de,l'antichit. Questa eredit pu scomparire. Sare bbe una perdita, non soltanto per quel ~ e si chiama l'Europa, ma anche una perd ita per i, mondo. Per que,~sto motivo sono stato terrorizzato dalla disperazione di quei due vecchi ~che morivano assolutamente soli senza trasmettere nu,la. i~ ben possi~bile che la nostra eredit, invece di essere accolta e arricchita da al tre 1ture, sia disprezzata, ignorata e addirittura distmtta. Ben si vede che ~k bombe atomiche possono dawero distruggere le biblioteche, i mu|~fiei e anche de, 11e citt... Ma una certa ideologia o alcune ideologie pos~sono a loro volta abo,i rle. i~ forse questo i, grande de,itto contro lo spi|~dto, in quanto continuo a credere che la cultura, anche la cultura detta ~profana, una creazione de,110 sp irito. Quando lei evoca l'eredit europea perduta, disprezzata, insomma ~,~ki ci p orta a vedere la nostra cultura cbe diventa come una di quelle I cbe l'Europa ba saccbeggiato, spezzato e di cui, la parte sua, lei ha con|servato la memoria. E nel suo Diario ci sono pagine molto inquietanti ~su questo tema: lei vede i nos tri paesi occupati da popoli che non san~-o pi cos'erano le nostre culture, i nos tri libri. S,~, sarebbe una tragedia, spirituale e culturale. Noi abbiamo fatto ~man bassa su certe culture. Fortunatamente ci sono stati a,tri occiden~tali che hanno decifrato le ,ingue, conservato i miti, preservato certi ca~polavori arti stici. C' sempre stato qualche orientalista, qualche filosofo, qualche poeta, per sa,vare i, signi,~cato di certe tradizioni spirituali ~esotiche, extraeuropee. Tuttavia posso immaginarmi una possibi,it ter~ribi,e: l'indifferenza, i, disprezz o assoluto di questa classe di valori. ~Posso immaginarmi una societ in cui nessu no si interesser a un'Euro~pa distrutta, dimenticata, disprezzata. ~. un incubo, per tra le cose E~ possibi,i. EUROPA RITORNO A BUCAREST Tra il suo ritorno in Rom ania e il suo arrivo a Parigi trascorrono circa guindici anni: questo periodo co s ricco di eventi che oggi esamineremo. Ma, per cominciare: perch lei lascia l'Ind ia dopo soli tre anni ? 3 Da Calcutta avevo scritto de,le lettere un po' esaltate su,le mie ultime scope rte indiane; ed ecco che da sei mesi ormai vivevo nella solitudine di un ashram. Mio padre ha intuito che avevo intenzione di rimanere in India altri tre o quat tro anni e ha avuto paura che non tornaSSi pi: che scegliessi la solitudine e i, monastero, oppure che sposassi un'indiana. Penso che vedesse giusto... A,~lora, dal momento che si occupava lui del rinvio del mio servizio mi,itare, beh, quell 'anno, ne, gennaio 1931, non ha fatto nu,.la. In autunno mi ha scritto che dovev o tornare a casa. Mio padre era un ex ufficiale... Aggiungeva: Sarebbe ~ un'onta per me e una grande umiliazione per la famiglia se mio figlio I fosse renitente. Sono tornato. Era mia intenzione tornare in India in seguito per continuare le m ie ricerche... Nel frattempo ho discusso la ~ mia tesi, sul.lo yoga, e la commis sione universitaria mi ha chiesto di j prepararne la pubb,icazione in francese. La sorte la assegna all'artiglieria antiarea, ma, a causa della sua . miopia, le i lavorer in utficio come interprete d'inglese... La sua tesi La prova del labiri nto Europa viene pubblicata nel 1936 con il titolo LO Yoga, saggio sulle origini della mistica indiana... E nel giro di poco tempo lei diventer uno scrittore est remamente celebre e un brillante professore universitario. LA GLORIA ATTRAVERSAT A Da cosa cominciamo? Dalla gloria? S, dalla gloria>~ in quanto mi ha insegnato mo lte cose. Ho presentato Maitreyi (La notte bengalese) a un concorso per romanzi inediti. Ho avuto il primo premio. Si trattava al tempo stesso di un romanzo d'a more e di un romanzo esotico: il libro ha avuto un successo enorme, inatteso, ch e ha sorpreso l'editore e anche me. Ci sono state nu- i merose riedizioni. E a v entisei anni, sono quindi diventato celebre: i giornali parlavano di me, venivo ri conosciuto per la strada, ecc. un'esperienza che stata molto importante, perch ho conosciuto abbastanza giovane cosa vuol dire essere famoso, essere ammirato... piac evole, ma non niente di straordinario. Allora, per il resto della mia vita, ho s messo di essere tentato da ci. Ora, si tratta di una tentazione che ritengo natur ale per tutti gli artisti, tutti gli scrittori: ogni autore spera di avere un gi orno un gran successo, essere conosciuto e ammirato dalla massa dei lettori... I o, questo successo, l'ho avuto giovanissimo, ne sono stato felice e questo mi ha aiutato a scrivere dei romanzi che non erano fatti per il successo. Nel 1934 ho pubblicato Il ritorno dal Paradiso, primo volume di una trilogia che comprendev a anche I teppisti e Vita nova. Volevo rappresentare la mia generazione. Questo primo tomo ha avuto un certo successo. Consideravo che questi giovani erano degl i huligan nel vero senso del termine, della gente che preparava una rivoluzione spirituale, culturale e, se non politica, almeno reale, concreta. I personaggi era no quindi dei giovani, degli scrittori, dei professori, degli attori. E tutti pa rlavano molto. Insomma un quadro di intellettuali e di pseudo intellettuali e ch e assomiglia un po', credo, a Contropunto di Huxley. Era un libro piuttosto di~i cile. Alla critica piaciuto, ma non ho ritro- , vato il pubblico di Maitreyi. ' Lo stesso anno ho pubblicato un romanzo quasi joyciano, La luce che si spegne. L o stesso titolo di un romanzo di Kipling. Era voluto? b Sl, a causa di una certa similitudine tra i due personaggi centrali... ko cercato a pi riprese di rilegge re questo libro--impossibile, non ci b: capisco nulla! Ero rimasto molto colpito da un frammento di Finnegans Wake, Anna Livia Plurabelle e, per la prima volta in Romania, credo, ricorrevo al monologo interiore di Ulisse. Non ebbe alcun success o. I critici stessi non sapevano cosa dirne. Era assolutamente illeggibile. Ques to in/lusso di Joyce, e quel che esso presuppone come gusto per il verbo come ta le, mi stupisce un po', mi sembra cbe hno ad allora lei era portato piuttosto a prendere la lingua come mezzo. Forse che questa volta lei scriveva da poeta? In un certo senso, sl... Ma devo dire che quel che mi interessava principalmente er a di descrivere, grazie al monologo interiore, quel che succede nella coscienza di un uomo che per qualche mese perde la vista. Ed in questo monologo, in quel che p ensa, vede, immagina in quelle tenebre, l che ho davvero cercato di giocare con l a lingua, in piena libert. Per questo il libro pressoch incomprensibile. Eppure la storia semplicissima e abbastanza bella. Un bibliotecario lavora di notte nella biblioteca de,la citt per correggere le prove di un testo ~reco sull'astronomia, credo--insomma, un testo alquanto misterioso. A un certo punto sente odore di f umo, si preoccupa, vede dei topi che corrono e del fumo che penetra nella sala; apre la finestra, apre la porta e nella sala di lettura, vede una donna nuda e, vicino a lei, il professore di lingue slave, il quale aveva una reputazione di e ssere demoniaco, di mago. Alla vista del fuoco il professore scompare. Il biblio tecario raccoglie la giovane donna svenuta e la salva. Ma, mentre sta scendendo lo scalone di marmo, un ornamento si stacca dal soffitto e lt, rende cieco per s ei mesi. All'ospedale si sforzer di capire. Tutto ~li sembra assurdo. Verso mezza notte, ne,la biblioteca di una citt universitaria, un professore vestito e una do nna nuda, una donna che corioscev bene, del resto--era l'assistente del professor e di lingue slave... Il bibliotecario sente dire che questo professore stava com piendo un rito tantrico e che questo rito ha provocato l'incendio. E poi ritrova ~ la vista e nella gioia di vedere di nuovo--di vedere, non di leggere-E~ comin cia a viaggiare. Non mi ricordo esattamente la fne poich, come le ho detto, non so no mai riuscito a rileggere questo romanzo. So che a un dato momento i, bibliote cario si mette a parlare latino, ma a gente che non erudita come lui e non lo pu capire--un ricordo di Stephen Dedalus, forse? Tutto diventa misterioso, enigmati co... In ogni caso, D romanzo, illeggibile, non ebbe alcun successo. Dopo questo terzo libro,; ero libero. Il mio nome era stato dimenticato, ma ero noto come l 'autore de,la Notte bengalese. Ero dispensato dal dover piacere. Basta leggere i l suo Diario in data 21 aprile 1963 per capire a che punto questa storia la rigu ardasse personalmente. Non la interrogher su quella nota, per ragioni evidenti. C he il lettore curioso vada a vedersela e a intravedere di persona. Da parte mia sono felice di aver visto emergere quelle immagini fascinose. Forse potrebbero d ar luogo a una novella fantastica, tra quelle che lei sta scrivendo?... Ma ritor no alla sua traversata della glora: lei insensibile ancbe alla memoria degli uomini? Le indi~erente lasciare un'opera o meno? Di tanto in tanto mi dico che forse sar letto, in Romania, dai miei compatrioti, non per i miei meriti di scrittore, ma perch, insomma, ho insegnato a Chicago, ho pubblicato a Parigi e po chi rumeni hanno avuto questa opportunit. Ci sono il grande Ionesco e Cioran che certamente resteranno... Eppure lei un ~omo illustre... Come reagisce, ad esempi o, al desiderio che molti suoi lettori possono avere di incontrarla? Come vive l a celebrit o la sua notoriet? Fortunatamente le ignoro grazie al fatto che vivo ot to mesi a Chicago P qualche mese a Parigi. In genere non accetto g,i inviti ai c ongressi, alle conferenze e nemmeno a,le serate o ai cocktail. Di conseguenza ig noro il pesante fardello della celebrit o de,la notoriet. Ammiro coloro che sono s u,rficientemente forti da sopportare le conseguenze di questa gloria--television e, interviste, giornalisti. Mi risulterebbe molto di,~fici,e. Non tanto la perdi ta di tempo--parlare con un giorna,lista per un'ora o assistere a una vernice no n poi grave-- l'addestra- mento e i, concatenamento, l'ingranaggio. E poi, sarei obbligato a dire e ridire, alla radio, a,la televisione, cose che non ho la mini ma voglia di ripetere ancora. Non ho questa vocazione, ma ammiro coloro che sono davvero capaci di lottare anche su questo fronte. UN,~VERSITA, CRITERION E ZAEM OXIS Lei un giovane romanziere celebre e, al tempo stesso, lei un orientalista; e so che ai suoi corsi, all'inizio, si accalca la folla dei lettori della Notte bengalese; per lo meno fino a che l'austerit del lavoro non scoraggia i semplici curiosi... Lei l'assistente di Nae Ionesco... Era professore di logica, di metaf isica e di storia de,la metafisica. Al tempo stesso era direttore di un giornale . ~ un uomo che ha avuto una grande influenza in Romania. Beh, mi ha ceduto i, c orso di storia della metafisica e un seminario di storia della logica, ,nvitando mi a far precedere a,lla storia de,la metafisica un corso di storia delle religi oni. Ho quindi tenuto de,le lezioni sul problema del male e della sa,vezza ne,ll e religioni orientali, sul problema de,l'essere in India, su,l'orfismo, l'induis mo, i, buddismo. E, per il seminario di logica, ho debuttato con un argomento pr etenzioso: Su,la dissoluzione del concetto di causalita nella logica medievale bu ddista! Seminario piuttosto di,gicile, che venne seguito da un piccolo gruppo. In seguito ho scelto la Docta ignorantia di Nicola Cusano e il libro XI della Meta fisica di Aristotele. Lei insegna e fonda la rivista Zalmoxis. S,', credevo, e c redo tuttora, che non c' contraddizione tra la ricerca scientifica e l'attivit cul tura,e. Ho cominciato a preparare ZalmoxiS nel '36, per nel 1938 che uscito i, pr imo numero, che aveva quasi trecento pagine. Volevo incoraggiare lo studio scien tifico de,lle religioni in Romania. Negli ambienti accademici, questa discip,ina non esisteva ancora in maniera autonoma. Ad esempio, come le ho detto, insegnav o la storia de,lle religioni ne,ll'ambito della cattedra di storia de,la metafis ica. Uno dei miei co,lleghi parlava dei miti de,lle leggende nell'ambitO di una cattedra di etnologia e di fo,ldore. A,lora, per convincere gli ambienti univers itari che si trattava di una disciplina abbastanza importante e che era possibil e apportarvi dei contributi signifi- cativi e da, momento che in Romania c'era un certo numero di studiosi che si int eressavano di storia de,le religioni greche, ad esempio, ho deciso di pubblicare Zalmoxis. E mi sono rivolto a tutti gli studiosi, abbastanza numerosi, che cono scevo a,l'estero. Una rivista internaziona,e, quindi; pubblicata in francese, in inglese e in tedesco con la co,labora~ione di alcuni studiosi mmeni. Sono uscit i tre volumi. Era forse il priLa prova del labirinto mo contributo a livello, di ciamo, europeo, della Romania alla storia delle religioni. Immagino che i testi riuniti sotto il titolo Da Zalmoxis a Gengis Khan uscirono originalmente su ques ta rivista. No, salvo Il culto lella mandragora in Romania. Il resto stato pubbl icato altrove. Ad esempio il testo sul simbolismo acquatico, l'ho ripreso in Imm agini e simboli. Nel suo Diario lei parla di Criterion. Di che cosa si trattava es attamente? Abbiamo organizzato questo gruppo, Criterion, con gente che all'ester o non conosciuta, salvo Cioran; Eugenio Ionesco veniva anche lui, credo. Tenevam o delle conferenze: era una sorta di simposio a cui partecipavano cinque confere nzieri. Affrontavamo problemi molto importanti per quel tempo, nel 1933, 1934, 1 935, in Romania: non soltanto Ghandi, Gide, Chaplin, ma anche Lenin, Freud. Come vede degli argomenti alquanto controversi. E poi l'arte moderna, la musica cont emporanea e perfino il jazz... Si invitavano i rappresentanti di movimenti di og ni genere. Per Lenin>~ c'erano cinque conferenzieri, come al solito: il president e era un celebre professore universitario; uno dei conferenzieri era Lucretiu Pa trascanu, a quel tempo segretario generale del partito comunista; un altro era l 'ingegner Belu Silber, ideologo comunista, ma c'era anche un rappresentante dell a Guardia di Ferro, Poliproniade, e un rappresentante, diciamo, della politica c entro-liberale, che era conosciuto come economista, filosofo e teologo, Mircea V ul canescu. Si parlava in dibattito contraddittorio e credo che questo tipo di d ialogo fosse molto importante. Quando ho scritto Il ritorno dal Paradiso, mi son o detto che era un sorta di paradiso che stavamo perdendo, perch, negli anni 1933 -1934, si poteva ancora parlare. Pi tardi, non ci fu magari censura in senso prop rio, ma bisognava scegliere argomenti piuttosto culturali. Criterion ha avuto un 'enorme ripercussione a Bucarest. i~ qui che abbiamo parlato per la prima volta, nel 1933, dell'esistenzialismo, di Kierkegaard e di Heidegger. Ci sentivamo imp egnati in una campagna contro i fossili. Volevamo ricordare al nostro pubblico c he esistevano Picasso e Freud--Freud, beninteso, era conosciuto, ma di lui bisog nava parlare di pi, come di Picasso. Bisognava discutere Europa di Heidegger e di Jaspers. Parlare di Schonberg... Era nostro sentimento che la cultura dovesse e ssere integrata alla citt. Avevamo tutti la convinZione che non basta parlare all 'universit. Bisognava dawero scendere in campo. Pensavamo che, come in Spagna, gr azie a Unamuno e a Ortega, il giornale era diventato lo stmmento del lavoro inte l kttuale. Non avevamo pi il complesso di inferiorit che aveva la geeraZione dei n ostri professori: non pubblicare articoli su un quotidiano, unicamente su rivist e accademiche. Noi volevamo rivolgerci al pubblico pi vasto e animare la cultura rumena che, altrimenti, rischiava di sprof ondare nella provincializzazione. Non ero il capofila di que~o gruppo. Tutti noi avevamo sentito la necessit di ci ed eravamo i oli a poterlo fare, in quanto erav amo giovani e non avevamo paura di certe conseguenze incresciose (sulla carriera~ > universitaria ad esempio). LONDRA, LISBONA Nel 1940 lei lascia la Romania: sar destinato a diventare addetto culturale a Londra... L'ultimo governo del re Caro l prevedeva che la Romania si sarebbe trovata in difficolt. Decise di inviare in missione all'estero un cer~to numero di giovani universitari, in qualit di addett i e consiglieri ~culturali. Fui designato per andare in Inghilterra. Qui ho viss uto la ~BIitzkrieg. I ricordi di questa guerra, li ho utilizzato in Foresta proi bita. La mia prima immagine una citt piena di palloni enormi che dovevano protegg erla contro i bombardieri. E, la notte: il nero, l'oscuramen~t totale. Dopo il gr an bombardamento del 9 settembre, certi servizi ~della legazione sono stati evac uati a Oxford. Quella notte ho ricono~iuto certi incendi di Hieronymus Bosch: un a citt che brucia, il cielo ~in fiamme... Ho avuto un'ammirazione enorme per il c oraggio e la re~sistenza degli inglesi, per il gigantesco sforzo di armamento a partire ~d~ quasi niente. ~ questo il motivo per cui, a Londra o a Lisbona, ho ~ mpre creduto nella vittoria degli Alleati. Quando l'Inghilterra ha rotto i rappo rti diplomatici con la Romania ~a causa dell'ingresso delle truppe tedesche, nel 1941, sono stato spo~5tato a Lisbona. Vi sono rimasto quattro anni. Ho lavorato , ho appreso ~il portoghese e anche piuttosto bene. Ho cominciato la redazione i n meno del Trattato di storia delle religioni e una parte del Mito delLa prova d el labirinto Europa I'eterno ritorno. Volevo scrivere un libro su Camoens: non s olo perch amo molto questo poeta, ma perch era vissuto in India e Os Lusiadas ' ev ocano Ceylon, l'Africa, l'Oceano Atlantico. Amo Lisbona. Que,11a gran piazza, di fronte all'enorme estuario del Tago, una piazza superba, non la si pu scordare p i. E il colore pastello della citt, il bianco e il bl dappertutto... E la sera, del la melodia in ogni strada, tutti cantano. i~ una citt che era come un po' fuori d a,lla storia, comunque fuori da quella contemporanea e dall'infern o de,lla guer ra. Era una citt neutrale: da 1~ si poteva perci osservare la propaganda dei due c ampi, ma avevo da seguire soprattutto la stampa dei paesi neutrali. Per il resto mi occupavo degli scambi culturali: conferenzieri, musicisti, matematici, scrit tori e compagnie teatrali. Era una attivit apprezzata dal ministero, ma non se ne curava troppo. Vivevo; un po' al margine della Legazione--fortunatamente. La vi ta diplomatica piuttosto noiosa, soffocante, esasperante: ci si ritrova sempre in f amiglia, sempre tra membri del corpo diplomatico... Non avrei potuto viverla a lu ngo. LA FORZA DELLO SPIRITO Questo periodo in cui lei fuori dalla Romania, per in Europa, a Londra, poi a Lisbona e infine a Parigi, un periodo tragico per l'Eur opa e per la Romania, e per una grande parte del mondo: l'ascesa del fascismo, s ono gli anni neri della guerra, il crollo del nazismo e, in Romania, I'instaurazione di un regime comunista. Lei testimone, realmente o c on il pensiero, di questi avvenimenti. Come li ha vissuti~ Per me, la vittoria d egli Alleati era una cosa evidente. Al tempc stesso, quando la Russia entrata in guerra, ho saputo che tale vittoria sarebbe stata anche la vittoria della Russi a. Sapevo quel che ci voleva dire per i popoli dell'Europa orientale. Avevo lasci ato la Romania nella primavera del 1940, disponevo quindi solo di informazioni d i seconda mano su quel che succedeva laggi. Avevo per paura di un'occupazione sovi etica, anche se passeggera. Si ha sempre paura di un vicino gigantesco. I gigant i, li si ammira da lontano. Avevo paura. Bisognava, per, scegliere tra la dispera zione e la speranza e io sono sempre contrario alla disperazione di questa natur a, politica e storica. Al,lora ho scelto la speranza. Mi sono detto che era una nuova prova-le prove de~lla storia le conosciamo molto bene, in Romania come in Jugoslavia e in Bulgaria, in quanto siamo tra gli imperi. Ma inutile riassumere la storia universale, nota. Siamo come furono gli Ebrei, i quali si trovavano tr a i grandi imperi militari d'Assiria e d'Egitto, la Persia, l'impero romano. Si sempre schiacciati. Io, a,llora, ho scelto di prendere a modello i profeti. Poli ticamente, non c'era soluzione, per il momento: pi tardi. L'importante, per me e per tutti gli altri emigrati rumeni, era come salvare la nostra eredit culturale, come continuare a creare in questa crisi storica. Il popolo rumeno sopravviver, si intende, ma cosa si pu fare, a,ll'estero, per aiutarlo a sopravvivere? Ho semp re creduto che c' anche una possibilit di soprawivere attraverso la cultura. La cu ltura non una sovrastruttura, come pensano i marxisti: la condizione specifica del l'uomo. Non si pu essere uomo senza essere un essere di cultura. Mi sono detto: b isogna continuare, bisogna salvaguardare tutti quei valori rumeni che rischiano di essere soffocati nel paese--prima di tutto la libert di ricerca, ad esempio, l o studio scientifico de,lla religione, della storia, della cultura. Quando sono venuto a Parigi, nel 1945, era per continuare le mie ricerche, per mettere a pun to alcuni libri che amavo, soprattutto il Trattato e Il mito dell'eterno ritorno . Lei mi ha chiesto: come ha vissuto questo periodo tragico?.. mi sono detto che si trattava di una grande crisi, ma che il popolo rumeno ne aveva conosciuto al tre, nel corso della sua storia--quattro o cinque crisi ogni secolo. Coloro che si trovavano laggi avrebbero fatto quel che il destino permetterebbe loro di fare . Ma qui, a,ll'estero, non bisognava perdere tempo in nostalgie poltiche con la s peranza di un interVentO imminente de,ll'America e via di seguito. Eravamo nel 1 946, 1947, 1948: in quegli anni avevo la certezza che una resistenza pu essere da vvero importante solo se si fa qualcosa. Ora, I'unica cosa che si potesse fare, era la cultura. Io stesso, Cioran e molti altri, abbiamo quindi deciso di lavora re ciascuno secondo la sua vocazione. Questo non vuol dire che eravamo staccati dal paese, anzi, ma era l'unico modo di portare un aiuto. Naturalmente si pu semp re firmare un manifesto, protestare su,lla stampa. ,~ raramente la cosa essenzia le. Qui, a Parigi, abbiamo organizzato un circolo letterario e culturale, la Ste ,lla mattutina (Luceefzrul), riprendendo il titolo di una celebre poesia di ,~I. Eminescu e un Centro di ricerche rumene. Come vede abbiamo cercato di portare a vanti la cultura de,lla Romania libera e, soprattutto, La prova del labirinto ~ Europa di pubblicare dei testi diventati impubblicabili in Romania: in primo luo go testi letterari, ma anche studi storici e filosofici. Il venticinque agosto 1947 lei scriveva nel suo Diario: ~Mi dicono: bisogna esse re solidali con il proprio momento storico. Oggi siamo dominati dal problema soc iale, pi esattamente dal problema sociale co- I me l'banno posto i marxisti. Biso gna dunque rispondere, attraverso la 3 propria opera, in un modo o nell'altro, a l momento storico in cui si i vive. S, ma cercber di rispondere come hanno fatto B udda e Socrate: ' superando il loro momento storico e cercandone altri, o prepar andoli. 3 Lei scriveva queste rigbe nel 1947. S. Perch, insomma, Budda e Socrate no n si possono considerare degli uomini che evadono. Sono partiti dal loro momento s torico e a tale momento storico hanno risposto. Ma solo su un piano diverso e co n un linguaggio diverso. E sono loro che hanno scatenato delle rivo- 3 luzioni s pirituali, sia in India che in Grecia. 3 Nel suo Diario si vede che lei non sopp orta di buon cuore che alI'intellettuale si chieda di consumare le sue energie n ell'agitazione politica. S,', nel momento in cui so in partenza che tale agitazi one non pu avere alcun risultato. Se mi si dicesse: manifesta per la strada ogni ` giorno, pubblica degli articoli per tre mesi, firma tutti i manifesti, dopo di che la Romania sar, non dico liberata, ma, almeno, gli scrittori rumeni saranno liberi di pubblicare le loro poesie o i loro romanzi, lo farei, farei tutto ci. M a so che, per il momento, una tale attivit non pu avere conseguenze immediate. Bis ogna quindi distribuire con giudizio le proprie energie e attaccare l dove si pu a ver speranza di ot- tenere una certa ripercussione almeno, una eco. ~ quel che h anno fatto certi esuli rumeni questa primavera, a proposito del movimento lancia - ~ to in Romania da Paul Goma. Hanno organizzato una campagna di, stampa che ha avuto risultati positivi. Immaginavo piuttosto in lei una certa indi~erenza all a cosa politica. Ma vedo bene che si tratta di una lucidit e di un rifiuto dell'i llu~sorio e della distruzione. Assolutamente non indifferenza. No, non si tratta di indifferenza. Credo del resto che in determinati ,~ momenti storici, una cer ta attivit culturale--e soprattutto la letteratura, I'arte--costituisce un'arma, uno strumento po,itico. Quando pen~- so all'azione dei poemi di Puskin... Per no n parlare di Dostoevskij! Ma E penso anche a certi racconti di Tolstoj. Credo ch e, a un certo momento, quel che facciamo ne,l'arte, ne,le scienze, in fi,osofia, tutto ci avr un effetto po,itico: cambiare la coscienza dell'uomo, infondergli un a certa speranza. Quindi non penso che continuando a lavorare e a crea~ re ci si a,lontani dal momento storico. j! A questo punto non si pu fare a meno di pensar e a un uomo come Solgenitsin. Ho per lui un'ammirazione enorme. Ammiro lo scritt ore, sl. Ma ammiro soprattutto il suo coraggio di testimone, il fatto che ha dav vero accettato il ruolo di testimone con tutti i rischi, come un martire. (Tra p arentesi, la parola latina martyr ha dato il rumeno martor che vuol dire testimon e.) Fortunatamente possedeva anche certi mezzi, i, suo nome che ha un certo peso e non soltanto il premio Nobel, ma grande succe sso popolare dei suoi romanzi e poi l'immensa espei rienza... Sul rapporto tra l 'intellettuale e la politica lei scriveva nel suo Diano, il 16 febbraio 1949, qu esta nota: Riunione nella mia camera d'albergo di una quindicina di intellettuali e di studenti rumeni. Li ho invitati per discutere il problema seguente: siamo d'accorlo o no che ~: oggi e soprattutto domani, I"intellettuale' in virt del fat to che ha accesso ai concetti, e sar considerato sempre pi l'avversario numero uno e che la storia gli a~da (come avvenuto tante volte in passato) na missione pol itica? Nella guerra di religioni in cui siamo impegnati, I'avversario si preoccu pato solo delle 'lites' che, per una polizia ben organizzata~ presentano il vanta ggio di poter essere facilmente soppresse. Di conseguenza, oggigiorno 'fare cult ura' la sola politica eJhcace a portata degli esuli: non sono pi i politici a tro varsi al centro concre~: to della storia, bens gli studiosi, le 'lites intellettua li'. (Lunga discusione che bisogner un giorno riprendere.). S, credo che questo bra no riassuma pienamente quel che ho volut~ dire. Penso in effetti che la presenza de,l'inte,11ettuale, nel vero senLa prova del labirinto Europa so della parola- -i grandi poeti, i grandi romanzieri, i grandi filosofi--, penso che la loro pre senza turbi enormemente un regime poliziesco o un regime dittatoriale, di destra o di sinistra. So, in quanto ho letto tutto quel che stato scritto su di lui, q uel che Thomas Mann rappresentava per la Gestapo, per la polizia tedesca. So que l che rappresenta uno scrittore come Solgenitsin, o quel che rappresentava un po eta mmeno; la loro stessa presenza fisica disturba i dittatori ed per questo che le dico: bisogna davvero proseguire la creazione culturale. Un grande matematic o affermava che se un giorno i cinque pi grandi matematici prendessero lo stesso aereo per recarsi ad un congresso e se l'aereo cadesse, beh, I'indomani nessuno potrebbe pi capire la teoria di Einstein... un po' esagerato, ma i cinque, o i ~<se i, sono molto importanti. INCONTRI Durante quegli anni, lei ha incontrato degli u omini eminenti: in particolare Ortega y Gasset e Eugenio d'Ors... Ho incontrato Ortega a Lisbona: effettivamente pur non considerandosi pi in esilio, non voleva ancora tornare a Madrid. Veniva abbastanza spesso a cena da noi e avevamo de]le lunghe discussioni. Lo ammiravo molto. Ammiravo la sua capacit di continuare il s uo lavoro malgrado tutti i problemi che aveva: problemi personali, problemi poli tici... A quel tempo stava preparando un libro su Leibniz. Era un uomo di un'ir onia mordente, lo si temeva un po' quando parlava. Un aristocratico. Parlava un francese eccellente e preferiva parlare francese, anche con i tedeschi. Anche e soprattutto con un certo giornalista tedesco, che del resto lo parlava anche lui alla perfezione, dal momento che aveva trascorso dieci anni a Parigi in qualit d i corrispondente di un grande giornale. Devo dire che quel tedesco non era na~ z ista: aveva partecipato al complotto contro Hitler e la sua famiglia era stata f ucilata... Ortega indubbiamente rimpiangeva di essere meno conosciuto in Francia di quanto lo fosse in Germania, dove tutti i suoi libri erano stati tradotti. In Francia, credo, erano stati tradotti, da Stock, s olo i Saggi spagnoli, i quali comprendevano La rivolta delle masse. ~ questo un saggio che si pu rileggere, del tutto attuale, in quanto le masse sono sempre pi m anipolate dalle ideologie. D'altronde tutto quel che diceva a proposito della st oria rimane molto interessante, come rimane interessante quel che ha scritto sul le culture marginali: ad esempio, la cultura spagnola, integrata alla cultura euro pea, ma non nel modo in cui l'avrebbe voluto lui. Il suo sforzo per risvegliare la coscienza spagnola a una certa forma di ispanismo e al contempo di europeismo, lo trovo importante. Ed un uomo che gi si poneva il problema della macchina: biso gna arrivare a un dialogo con ~18 civilt delle macchine. Sl, avevo una grande amm irazione per lui. Non era solo un professore di filosofia, un eccellente saggist a e il magnifico scrittore che conoscete, era anche un grande giornalista. Anche ~ lui, come il mio professore Nae Ionesco, credeva che il giornale oggi E la ve ra arena, non pi le riviste o i libri; che attraverso il giornale si [ uova il co ntatto con il pubblico, che lo si pu influenzare, educare. In Spagna Ortega sempre letto, ripubblicato, commentato. Non capisco perch in Francia sia cosl mal conosc iuto, cosi poco tradotto. E d'Ors? Andavo abbastanza spesso a Madrid a comperare dei libri ed li che ho incontrato due o tre volte Eugenio d'Ors, a lungo. Come per1 sona era pi amabile di Ortega, sorrideva sempre. Credo che la sua E grande a mbizione fosse di essere ben conosciuto in Francia. Ammiravo in lui il giornalis ta di genio, il dilettante geniale. Ammiravo la sua eleganza letteraria, la sua erudizione. Ortega e d'Ors si assomigliano molto da questo punto di vista. Disce ndono entrambi da Unamuno anche se a pi riprese si separano da lui... Ammiravo il suo Diario, il Nuevo ~GIossario, il diario delle sue scoperte intellettuali: og ni giorno scriveva una pagina in cui diceva esattamente quel che aveva scoperto o pensato il giorno stesso o, diciamo, il giorno prima; e lo pubblicava man mano . Si era ripromesso di non ripetersi mai. Ammiravo questo sforzo ~di restare sve glio, questa decisione di porsi ogni giorno delle questioni nuove e di sforzarsi di trovare una risposta. ~ un'opera interessante, ma del tutto sconosciuta. I c inque o sei volumi del Nuevo Glossario sono esauriti in Spagna e non sono mai st ati tradotti. Per il resto aveva tei punti di vista curiosi suno stile manuelino e il suo libro sul barocco celebre. Nello stesso ordine d'idee ha scritto una s orta di filosofia dello stile, Cupola e Monarcbia. ~ una filosofia delle forme, una filou)fia dena cultura, elaborata da un tradizionalista. Di questo libro esi 6te una traduzione francese. Se le capita di trovarlo su un banchetto di vecchi libri, lo legga, appassionante. L La prova del labirinto 78 ~ Europa 79 Quel che lei non mi dice che Eugenio d'Ors ammirava Mircea Eliade. E vero. Conosceva Zalmoxis e il Mito dell'eterno ritorno gli piace- ~ va molto. Questa ammirazione era stata preparata da uno scambio di lettere e da al cune conversaZioni prolungate. 1~ Il 3 ottobre 1949, lei annota: Eugenio d'Ors mi manda un nuo- . vo articolo sul Mito dell'eterno ritorno. Il titolo dell'artico lo: 'Se trata '. de un libro muy importante'. Pi di qualsiasi altro critico di cu i abbia letto la recensione, Eugenio d'Ors entusiasta in quanto bo messo in luce la struttura platonica delle ontologie arcaiche e tradizionali ('popolari'). ~ vero che aggiunge: 'Aspetto per che venga capito anche l'altro aspetto della mia interpretazione, quello relativo all'abolizione rituale del tempo e, di consegue nza, la necessit della 'ripetizione'. Le conversazioni che ho avuto ~n qui sull'a rgomento sono state deludenti... In seguito d'Ors amer anche il Trattato... S, l'ul tima tra le mie opere che lui abbia potuto leggere. E morto l'anno dopo, credo. A proposito di Ortega e di Eugenio d'Ors lei evocava Unamuno. Non l'ho conosciut o. E morto, credo, nel 1936 e io sono andato in i Spagna per la prima volta nel 1941. Tuttavia ho sempre avuto una . grandissima ammirazione per lui. La sua ope ra estremamente importante e un giorno verr scoperta ovunque. E un certo esistenzi alismo che mi piace molto. E amo anche il grande poeta che era diventato e che st ato scoperto venti anni dopo la sua morte, quando sono state pubblicate le sue u ltime poesie. S, un uomo ammirevole e la sua opera essenziale in quanto riuscito a mostrare le radici viscerali, della cultura. Al pari di Gabriel Marcel, Unamuno insisteva sull'importanza del corpo. Gabriel Marcel diceva che i filosofi ignora no il corpo, che essi ignorano che l'uomo un essere incarnato. Beh, Unamuno insi steva su~l'importanza spirituale della carne, del corpo, del sangue, di ci che eg li chiamava l'esperienza viscerale dello spirito>~. E questo molto origin31e, mol to nuovo. E poi aveva un immenso talento di scrittore, di poeta, di prosatore, d i saggista... Queste nostre Conversazioni saranno quindi, tra le altre cose, un invito a rileggere questi autori che vengono poco letti e che sono tre grandi sc rittori, Ortega, d'Ors e Unamuno? S, soprattutto Unamuno. A Londra lei incontr un rumeno che fu piuttosto conosciuto, poi un po' dimenticato e che oggi si torna a pubblicare: Matila Ghyka.... S, Matila Ghyka era consigliere culturale presso l' ambasciata di Romania. Prima di incontrarlo avevo letto, evidentemente, Il numer o aureo, per ignoravo il suo bel romanzo, La pioggia di stelle. Lo ammiravo molto e, malgrado la differenza d'et, abbiamo stretto amicizia. Aveva una cultura prod igiosa, tanto scientifica che letteraria e storica. Lei sa che era stato ufficia le di marina, poi addetto navale a Pietroburgo e a Londra. Dopo la seconda guerr a mondiale aveva tenuto la cattedra di estetica all'universit di Los Angeles. Al di fuori del suo lavoro personale, leggeva almeno un libro al giorno. Per questo era abbonato a cinque sale di lettura! A volte aveva delle opinioni singolari; credeva, ad esempio, che la guerra appena scoppiata costituiva lo scon- tro supremo tra due ordini cavallereschi: i Templari e i Cavalieri teutonici. Un giorno mi ha mostrato la foto di una famiglia alquanto numerosa riunita sul son tuoso scalone di una villa; si distingueva, a una finestra del secondo piano, il volto leggermente velato di una vecchia signora. Orbene, precis Matila Ghyka con la sua voce serena e profonda, quella vecchia signora era morta da alcuni mesi al momento della fotografia... A Parigi l'ho incontrato una sola volta, nel 1950 : aveva appena scritto un libro giallo, che aveva intenzione di pubblicare sotto uno pseudonimo. I suoi ultimi anni furono piuttosto difficili: traduceva qualsi asi libro per Payot, accettava qualsiasi tipo di lavoro, malgrado i suoi ottant' anni passati. PARIGI, 1945 PARIGI Nel 1945 lei sceglie di non far ritorno in Ror nania e di vivere a Pa~rigi. Perch gueste scelte~ 1945: la Romania entrava in un processo storico che risultava quar 5i evidente~ambiamento bmtale e imposto dall 'esterno, delle istitu~zioni politiche e sociali. D'altro canto, dopo quattro an ni trascorsi a Li~sbona, avevo bisogno di vivere in una citt dove potessi frequen tare ~telle biblioteche molto ricche. Avevo cominciato il Trattafo di storia ~de lle religioni a Londra, grazie al British Museum; l'avevo proseguito a ~Oxford, grazie alla magnifica biblioteca dell'universit; a Lisbona dav~vero non ero potut o andare avanti con il lavoro. Mi sono stabilito a ~Parigi per qualche tempo, fo rse qualche anno, per lavorare e finire que~to libro. E ho avuto la fortuna di e ssere subito invitato dal professor ~{~eorges Dumzil a tenere un corso libero all a ~cole des hautes tu~tes. E sempre Georges Dumzil mi ha presentato a Gallimard e ha scrit~to la prefazione al mio Trattato... ~[ Il professor Dumzil la accoglie. Tuttavia comincia allora, e il DiaEriO ne conserva traccia, una vita di grande m iseria, di grande incertez~za sul domani. ~ anche un periodo di intenso lavoro, tanto sul piano ienti~co che su quello letterario. Ci pu parlare di questa vita d a ~studente povero", come lice lei, e di lavoratore, d'uomo di scienza, di tSmtt nrf~ ~ La prova del labirinto ~ Parigi, 1945 Povero, perch vivevo in una camera d'albergo e mi preparavo da mangiare su un for nello. Dopo il nostro matrimonio, Christinel ed io andavamo a mangiare in un ris torantino nel quartiere. Quindi, in que. sto senso, la povert. Il gran problema e ra il lavoro e adesso bisognava scrivere in francese. Ben sapevo che il mio fran cese non sarebbe il francese perfetto di Ionesco o di Cioran, ma un francese ana logo al latino ' del Medioevo, oppure alla koin, il greco che si parlava e si scr iveva in epoca ellenistica in Egitto come in Italia, in Asia minore come in Irla nda. Non avevo la psicosi dello stile, come l'aveva Cioran, in quanto adorava la lingua francese in se stessa come puro capolavoro e non voleva, umiliare o feri re questa lingua meravigliosa. Io, sfortunatamente, non avevo di questi scrupoli , volevo scrivere un francese esatto e chiaro, tutto qui. Ho lavorato, ho scritt o svariati libri in francese i quali, si intende, sono stati rivisti da taluni d ei miei amici, soprattutto da Jean Gouillard. Quali sono le opere che lei scrive in quegli anni? Il Trattato era quasi finito. Ho scritto Il mito dell'eterno ritorno e ` i primi articoli che sono stati riuniti in Immagini e simboli. Anche un lungo articolo sullo sciamanismo su La Revue d'histoire des religions; e altri articoli usciti su Paru, nella Nouvelle Revue francaise e sulla nvista Critique, a cui mi aveva invitato Georges Bataille. So che Georges Dumzil l'ammirava molto per essere rius cito a fa- ' re un lavoro di una tale erudizione in condizioni cos poco favorevol i. ' S, si chiedeva come fosse possibile mettere a punto, o addirittura scrivere, un libro come il Trattato in una camera d'albergo. Beh, cosi stavano le cose! B eninteso io frequentavo le biblioteche, tuttavia re- ' stavo a lungo al mio tavo lo di lavoro, soprattutto di notte perch di giorno c'era il rumore dei vicini. Al suo lavoro scientifico si sovrapponeva un demone, il demone della lettura--quel la di Balzac--e della scrittura. S, Balzac mi era sempre piaciuto, ma di colpo, e ssendo a Parigi, sono stato davvero conquistato. Mi ci sono tuffato dentro. Ho a ddirittura cominciato a scrivere in rumeno una vita di Balzac che intendevo pubb licare in Romania in occasione del centenario della sua morte. In questa avventu ra ho perso molto tempo, tuttavia non ho rimpianti: come vede Balzac sempre l, su i miei scaffali. E comincia a scrivere Foresta proibita? Pi tardi, nel 1949. Prim a per ho scritto alcuni racconti. Di tanto in tanto avevo bisogno di ritrovare le mie fonti, la mia terra natale. In esilio la terra natale la lingua, il sogno. Allora scrivevo dei racconti. Ci che non traspare dalle sue parole di oggi il dol ore della miseria di allora. Percb insomma lei non viveva solo in condizioni estr emamente ingrate, viveva una rottura con il suo passato. Eppure, leggendo il suo Diario, sembra che in e~:etti questa rottura e questa perdita le appaiano dense di significato. Non si tratt forse per lei dell'esperienza, in qualche sorta, di una morte iniziatica e di una rinascita? Si, come le ho detto, credo che la mig lior espressione e la pi esatta definizione della condizione umana sia una serie di prove iniziatiche, ovvero di morti e di risurrezioni... D'altra parte, vero, era la rottura: sentivo bene che per il momento non potevo pubblicare o scrivere unicamente in rumeno. Per, al tempo stesso, vivevo l'esilio e questo esilio, per me, non era una rottura completa con il mio passato e con la cultura rumena. In esilio mi sentivo esattamente come un ebreo di Alessandria si sentiva nella dia spora. La diaspora di Alessandria e di Roma era in una sorta di rapporto dialett ico con la patria, la Pa,estina. Per me l'esi,io faceva parte del destino de,la Romania. Non pensavo soltanto all'esilio, ma alla perdita: ad esempio la perdita dei suoi manoscritti, quando lei cerca di ricostruire a memoria gli scritti per duti. La perdita, s, quella la sentivo. Ho saputo in seguito che una gran parte d e,la mia corrispondenza e dei manoscritti era andata persa. E poi ho accettato. Mi sono riconciliato con questa perdita. Ho ricomincito, ho con tinuato. Nella Parigi del 1945 lei non incontra gli esistenzialisti, ma Bataille , Breton, Vra Daumal Theilhard de Chardin e, beninteso, ~1i orientaliLa prova del labirinto ~ Parigi, 1945 sti e gli indianisti. Sul Diario non c' il minimo accenn o a Sartre, Camus, Simone de Beauvoir, Merleau-Ponty... Li leggevo e credo di av er annotato molte cose, ma quando ho pre- f parato questa scelta--un terzo, talv olta, un quinto del manoscritto originale--ho tralasciato i passi in cui, ad ese mpio, parlo della celebre conferenza di Sartre L'esistenzialismo un umanesimo; ero presente, per si tratta di cose note e che fanno talmente parte della nostra 3 a tmosfera culturale... Ho preferito altri frammenti. E poi, con Batail- i~ le, Ai m Patri, forse anche con Breton, con alcuni orientalisti, Filliozat, Paul Mus e R enou, i miei rapporti erano pi stretti che non con i filosofi esistenziali. Batai lle aveva voluto incontrarmi a tutti i costi in quanto amava molto il mio libro del 1936 sullo yoga. Ho scoperto in lui un uomo che si interessava molto alla st oria delle religioni. Cercava di costmire una storia dello spirito e quella dell e religioni faceva parte di questa opera enorme. Era affascinato, e a me interes sava molto capire perch, dal fenomeno erotico. Abbiamo discusso a lungo sul tantr ismo. Mi ha chiesto di scrivere un libro sul tantrismo da pubblicare nella colla na che dirigeva presso le Editions de Minuit. Non ho avu- to il tempo di scriver lo. Qual il suo giudizio in merito all'opera di Bataille? Non ho letto tutto ed esito a pronunciarmi. E per un pensiero che mi stimolava sempre, a volte mi irrit ava. C'erano cose che rifiutavo e al tempo stesso sapevo che se non le accettavo era per non aver colto ancora tutto. In ogni caso si tratta di uno spirito molt o originale e importante per la cultura francese contemporanea. Contemporaneamen te a Bataille lei ha forse conosciuto Caillois, Leiris? Leiris no. Invece conosc evo bene Caillois. Ho utilizzato e citato molto i suoi libri, i suoi articoli. Q uel che mi attirava in lui era il suo universalismo, le sue conoscenze enciclope diche. ~ un uomo del Rinascimento che si interessa tanto al romanticismo tedesco quanto ai miti dell'Amazzonia, al romanzo poliziesco come all'arte poetica. E B ret~ln ? Lo ammiravo come poeta, come uomo e anche fisicamente. Lo incontravo sp esso dal dottor Hunwald e da Aim Patri. Lo guardavo, ero affascinato dalla sua te sta leonina. E un uomo di cui ho avvertito la presenza quasi magica. Ero molto s tupito che avesse letto il mio libretto sulle tecniche dello yoga. Lui si stupiv a della coincidentia oppositorum realizzata dallo yoga e che si ricongiungeva al la situazione paradossale da lui descritta nella famosa formula: <~Un punto in c ui l'alto e il basso... cessano di essere percepiti in termini di contraddizione. Era sorpreso e felice scoprendo la coincidentia oppositorum di tipo yogico. ~; Si interessava allo yoga e al tantrismo come all'alchimia, di cui abbiamo dis cusso a lungo. Era incuriosito dal mondo immaginario che si rivela nei testi alc hemici. Tra i suoi incontri, nel Diario, si trova quello con Teilhard de Char, L 'ho visto due o tre volte, nella sua stanza in rue Monsieur, nella ,~ casa dei G esuiti. A quell'epoca era totalmente sconosciuto come filosofo. I suoi libri, le i lo sa, non potevano essere pubblicati. Pubblicava unicamente degli articoli sc ientifici. Abbiamo avuto delle lunghe discussioni, ero affascinato dalla sua teo ria dell'evoluzione e del punto ~ Omega, mi sembrava addirittura che fosse in co ntraddizione con la L teologia cattolica: trasportare il Cristo nell'ultima gala ssia ricorda pi il buddismo mahayana che il cristianesimo. Tuttavia era un uomo c he [ mi affascinava, mi interessava molto. E sono stato felice, in seguito, di 1 ~ leggere i suoi libri. Allora ho capito a che punto il suo pensiero fosse crist iano e quanto fosse originale, coraggioso. Teilhard reagisce contro talune tende nze manicheiste che si sono infiltrate nel cristianesimo occidentale. Mostra il valore religioso della Materia e della Vita e questo rni ricordava il <~cristian esimo cosmico~ dei contadini dell'Europa orientale, per i quali il mondo santo)>, in quanto fu santificato dall'incar` nazione, la morte e la risurrezione di Ges Cristo. Es SERE RUMENO Beninteso lei frequentava anche i rumeni di Parigi. E nel suo Diario lei parla della ~diaspora rumena. Ma mi sembra di vedere una e~ntra,1 ~i7i.qnP nf)~ n ~f~ntim.ont~ ~li e~ilio T ei 1~u~1e e~rere e_~iliato e La prova del labirinto ~ Parigi, 1945 non vuole esserlo. ~Vivere da studente povero, ma n on necessariamente da migr~, lei scrive. Decide di scrivere in francese. Dice: Non imitare Ovidio, bens Dante>~. Lei trova nell'emigrazione stessa qualcosa di speci ficamente rumeno: essa < il prolungamento della transumanza dei pastori r~meni. Di ce ancora: questo mito della diaspora rumena d un senso alla mia esistenza di esil iato. E, un attimo fa: Per me l'esilio faceva parte del destino rumeno. Ci pu chiari re d sentimento cbe provava allora~ ~ Nella tradizione popolare rumena esistono due correnti, due espres. ` sioni spir ituali complementari. Una, la corrente pastorale, l'espres- ~ sione lirica, e fi losofica, dei pastori. L'altra quella dei sedentari, della popolazione agricola. In Romania, fin verso il 1920, l'ottanta per cento della popolazione era costit uito dagli agricoltori, ma c'era una mino- ; ranza alquanto importante di pastor i. Questi pastori che conducevano i loro greggi dalla Cecoslovacchia al mare d'A zov, hanno aperto a 1 popolo rumeno un mondo molto pi vasto di quello del villagg io. I pastori e la poesia pastorale hanno portato il contributo pi importante all a poesia popolare rumena. Le pi belle ballate rumene, e soprattutto la pi bella di tutte, Mioritsa (L'Agnella veggente), sono nate tra i pastori. Il resto era la cultura dei contadini, dei sedentari. Anche loro hanno portato moltissimo, soprattutto nell'ambito del folklore religioso e della poesia popolare... Semplifico di proposito, le cose sono in realt pi comples se, ma si pu dire che la cultura mmena il risultato della tensione tra sedentarie t e transumanza, o, se preferisce, tra localismo, provincialismo e universalismo. Si ritrova la stessa tensione nella cultura scritta. Ci sono grandi scrittori r umeni che sono tradizionalisti, che rappresentano, o portano avanti, la spiritua lit dei villaggi, dei sedentari; ce ne sono altri che sono aperti al mondo, uni- ` ~ versalisti (sono stati addirittura accusati di cosmopolitismo). Si potrebbe dir e che i primi si interessano alla religione, attirati dalla scienza. Si tratta c omunque di una tensione creativa tra le due tendenze. Il pi grande poeta rumeno, Eminescu, il pi importante scrittore rumeno del XIX secolo, riuscito ad operare u na sintesi ammirevole tra queste due correnti. Quindi, per rispondere alla sua d omanda, vero che era una rot- ~ tura con la terra natale, ma questa rottura esis teva gi nel passato dei; rumeni, ed esisteva nella storia del popolo ebreo, il qu ale Costituisce in qualche sorta una storia esemplare e che io considero uno dei modelli del mondo cristino. Per noi, rumeni a Parigi, e, in generale, per tutti coloro che avevano deciso di restare in Occidente, dicevo che non eravamo dei ri fugiati, bensl della gente in esilio. Pensavo che uno scrittore esiliato deve im itare Dante e non Ovidio, in quanto Ovidio era un proscritto --e la sua opera un 'opera di lamentele e di rimpianti, dominata dalla nostalgia delle cose perdute- -mentre Dante accettava questa rottura e non solo la accettava, ma grazie a ques ta esperienza esemplare che egli riuscito a portare a termine la Divina Commelia . L'esilio per Dante, pi che uno stimolante, era la fonte stessa della sua ispira zione. Allora dicevo che non bisogna scrivere in modo nostalgico ma al contrario approfittare di quella crisi profonda, di quella rottura, come fece IDante a Ra venna. t Per riprendere l'espressione di Nietzsche, lei non mai l'uomo del risen timento? No, sentivo che questa esperienza aveva il valore di un'iniziazione. t E, appunto, la cosa che mi sembrava disastrosa era il risentimento. una cosa che paralizza la creativit e che annulla la qualit della vita. ~L'uomo del risentimen to, per me, un uomo infelice che non gode della vita. Ha una vita quasi da larva . ~ questo che cercavo di dire. Ho ~tenuto varie conferenze per il nostro gruppo e ho scritto molti articoli sulla stampa rumena di Parigi o dell'Europa occiden tale: bisogna ac~cettare la rottura e, soprattutto, creare. La creazione la risp osta che ~{ pu dare al destino, al terrore della storia. Attraverso il suo Diario, sembra che le due figure pi profonde del~la sua vita siano il Labirinto e disse: due figure doppie. In Ulisse, I'er~rare e la patria sono inseparabili; e il Labi rinto ha senso solo se fa smar~rire la strada, ma non caoticamente e per sempre. Lei cosa direbbe di ~UIisse oggi? Ulisse per me il prototipo dell'uomo, non sol o dell'uomo moderno, ma dell'uomo dell'avvenire, in quanto l'esempio dell'uomo ~ braccato. Il suo era un viaggio verso il centro, verso Itaca, cio verso E~e stess o. Era un buon navigatore, ma il destino--in altre parole le ~ove iniziatiche ch e bisognava superare--lo costringe a ritardare in- ~tefinitivamente il suo ritorno al focolare. Credo che per noi molto portante il mito di Ulisse. Saremo tutti un po' come Ulisse, cercanLa prova del labirinto ~ Parigi, 1945 doci, sperando di arrivare, e poi indubbiamente ritrovando la patr ia, il focolare, ritrovando noi stessi. Ma, come nel Labirinto, in ogni peregrin azione si rischia di perdersi. Se si riesce a uscire dal Labirinto, a ritrovare il proprio focolare, allora si diventa un altro essere. Lei paragona a Ulisse l' uomo moderno, ma anche lei si riconosce in Ulisse. S, mi riconosco. Credo che il suo mito costituisca un modello esemplare per un certo modo di esistere nel mond o. Potrebbe essere la sua figura emblematica? Lei frequentava guindi i suoi amic i rumeni. C' Ionesco, c' Cioran, ci sono anche Voronca, Lupasco. Conoscevo benissi mo Cioran. Eravamo amici gi in Romania, negli anni 1933-1938, e sono stato felice di ritrovarlo qui, a Parigi. Ammiravo Cioran fin dai suoi primi articoli pubbli cati nel 1932, quando aveva appena ventun anni. Per la sua et aveva una cultura f ilosoiica e let-, teraria eccezionale. Aveva gi letto Hegel e Nietzsche, mistici tedeschi . a A~vagosha. Inoltre fin da giovanissimo aveva una stupefacente padro nanza letteraria. Scriveva tanto dei saggi filosofici che degli articoli polemic i di una forza straordinaria; lo si poteva paragonare agli autori delle apocalis si e ai pi famosi polemisti politici. Il suo primo libro in rumeno, Sulle cime de lla disperazione, era avvincente come un romanzo, al tempo stesso malinconico e terribile, deprimente ed esaltante. Cioran scriveva talmente bene in rumeno che non si poteva immaginare che un giorno avrebbe dato prova in francese della stes sa perfezione letteraria. Credo che il suo esempio sia unico. ~ vero che da semp re aveva ammirato lo stile, la perfezione stilistica. Diceva, molto seriamente, che Flaubert aveva ragione quando lavorava una notte intera per evitare un congi untivo... A Parigi ho fatto amicizia con Eugne Ionesco. L'avevo conosciu- ` to a Bucarest, in passato, ma, come ho detto molte volte scherzando: c'era tra noi un a differenza di due anni. A ventisei anni, ero celebre~, di ritorno dall'India e professore; e lui, Eugne Ionesco, a ventiquattro anni stava preparando il suo pri mo libro. Quindi quei due anni~ costituivano una differenza molto importante! C'e ra tra noi una distanza. Essa per scomparsa fin dal nostro primo incontro a Parig i. Eugne Ionesco era noto in Romania come poeta e, soprattutto, come ktterato, o, meglio, come anti-critico, perch aveva cercato, in un libro che ebbe una grande ec o in Romania (il libro, molto polemico, si intitolava: No!) di mostrare che la c ritica letteraria non esiste in quanto disciplina autonoma... A Parigi ero curio so di sapere quale via avrebbe deciso di seguire: la ricerca filosofica? la pros a letteraria? il diario intimo? In ogni caso non avevo indovinato che stava scri vendo La cantatrice calva. La sera della prima ero gi un grande e sincero ammirat ore del suo teatro e non avevo pi dubbi sulla carriera letteraria in Francia. Que l che mi piace innanzitutto nel teatro di Eugne Ionesco la ricchezza poetica e la forza simbolica dell'immaginazione. Ognuna delle sue commedie svela un universo immaginario che partecipa al tempo stesso alle strutture del mondo onirico e al simbolismo delle mitologie. Sono se nsibile soprattutto alla poetica del sogno che informa il suo teatro. Eppure non si pu parlare semplicemente di onirismo. A volte ho l'impressione di assistere ai g randi sogni della Materia vivente, della Terra-Madre, dell'infanzia dei futuri er oi e dei futuri falliti-e certuni di questi grandi sogni sfociano nella mitologia. .. Sempre a Parigi ho conosciuto Stphane Lupasco, che ammiro enormemente come uom o e come pensatore. Voronca, sfortunatamente l'ho incontrato solo due o tre volt e: come lei sa, si suicidato molto presto. Ma quando l'ho incontrato, nel 1946, gli ho chiesto: Come riesce a scrivere delle poesie in francese?,>, mi ha rispost o: ~ una vera agonia. Lupasco mi fa pensare a Bachelard, di cui prima non abbiamo parlato, ma che lei ha conosciuto. L'ho incontrato pi volte e, per cominciare, da Lupasco, appunto. Aveva letto due dei miei libri. Le Tecniche dello yoga lo ave va interessato molto, soprattutto per il mondo immaginario che vedeva nelle medi tazioni tantriche. Aveva letto anche, con grande interesse, mi disse, il Trattat o di storia delle religioni e ne ha parlato molto nei suoi corsi, in quanto in e sso ci sono una quantit di immagini per anali~zare il simbolismo della terra, del l'acqua, del sole, della Terra-Madre... Sfortunatamente l'ho frequentato solo da l 1948 al 1950. In seguito l'ho persO di vista. Ma lo ammiravo molto. E poi amav o il suo modo di vi90 ~ La prova del labirinto ~ 91 Parigi, 1945 vere. Viveva esattamente come Brancusi. Quel gran filosofo e storico de,la scien za continuava la sua vita da contadino, come Brancusi nel suo studio. Lei ha app ena evocato Brancusi e prima parlava dell'unit contrad-, dittoria della cultura r umena. Possiamo spingerci pi in l? In fondo cos' essere rumeno? e cosa significa pe r lei? Mi sentivo il discendente e l'erede di una cultura interessante in, quant o situata tra due mondi: quello occidentale, puramente europeo, ~', e que,lo ori entale. Partecipavo a questi due universi. Occidenta,e in virt de,lla lingua, lat ina, e l'eredit di Roma, nei costumi. Ma parteci pavo anche a una cultura influen zata dall'oriente e radicata nel neo,itico. Questo vale per un mmeno, ma sono ce rto che la stessa cosa . per un bulgaro, un serbo-croato, insomma per i Balcani, l'Europa sudorientale e una parte della Russia. E questa tensione Oriente-Occid ente; tradizionalismo-modernismo; mistica, religione, contemplazione-spirito cri tico, razionalismo, desiderio di creare concretamente--questa polarit, la si ritr ova in tutte le culture. Tra Dante e Petrarca, ad esempio, oppure, come diceva P apini, tra la poesia di pietra e la poesia d i miele. Tra Pascal e Montaigne, Go ethe e Nietzsche. Tuttavia questa tensione creativa da noi forse un po' pi comple ssa, in quanto siamo; ai confini degli imperi morti, come ha detto uno scrittore francese. Per me essere mmeno era vivere ed esprimere, valorizzare, questo modo di essere nel mondo. Di questa eredit bisognava trarre prof~tto!... Imparare l'i taliano per noi una cosa da nu,la. E quando ho cominciato ad imparare il msso, i l lato slavo del vocabolario mmeno mi ha aiutato molto. Approfittavo di tutte queste cose che mi erano date per il sempli ce fatto di essere nato l. Questa ricchissima eredit senza, dubbio non ancora stat a messa in valore nella letteratura, la cultura colta, mentre lo nella creazione folklorica. Ed forse il momento di parlare di Da Zalmoxis a Gengis Khan? ~, ,~ un libro molto personale e al tempo stesso un'esperienza di me- 3 todo. Il probl ema era il seguente: avevamo a disposizione una tradizione fol,doristica e una t radizione storica, anch'essa importante, ma i cui documenti sono sparsi e vaghi; come fare, a partire da questo, per ricostruire le credenze dei Daci?... Al tem po stesso ero arfascinato ~da alcuni problemi. Nella leggenda di mastro Manole s i parla di sacri~ficio umano. Per completare il monastero, mastro Manole stato c ostretto a murare sua moglie. i~ una leggenda che circola in tutti i Ba,cani. Li nguisti, balcanologi, romanisti concordano nel preferire la versione rumena. Per ch mai proprio questa ba,lata un capolavoro de,la letteratura popolare mmena? E p erch la nostalgia del pastore, la Wel~t tanschauung di un mandriano si esprimono ne,l'Agnella veggente? Davanti a simili problemi lo storico de,le religioni ha c ertamente la ~pcssibilit di vedere cose che i, folklorista puro non vede. In Bran cusi lei vedrebbe una ,figura esemplare dell'essere-ru~: meno? S, nel senso che a P arigi Brancusi vissuto ne,l'atmosfera del~I'avanguardia artistica e, nonostante ci, non ha abbandonato i,. modo di vita dei contadini dei Carpazi. Ha espresso i, suo pensiero artistico se~uendo i mode,li che trovava nei Carpazi, ma non li ha ripresi con un folklorismo a buon mercato. Li ha ricercati, riuscito a inventar e k forme archetipe che hanno stupefatto il mondo in quanto andato ~ molto a fon do ne,la tradizione neolitica, ed qui che ha trovato le rai dici, le fonti... In vece di ispirarsi all'arte popolare mmena moderna, risalito alle fonti di quest' arte popolare. Diremo cbe ha ritrovato non le forme bensi le forze che nutrivano quelle forme? Esattamente. E se riuscito a ritrovarle perch si intestardito a vi vere la vita dei suoi parenti, dei suoi prossimi, nei Carpazi. Nel suo Diario le i rimpiange il fatto che la timidezza l'abbia tratE tenuto da~ll'incontrare Bran cusi. Dispiace anche a noi. Abbiamo comunque un incontro di scrittura, se cosi p osso dire, tra Brancusi e Mircea Eliale. In un testo ammirevole e troppo poco co nosciuto, lei coglie, come ha detto ora, le radici profonde dell'ispirazione di Brancusi, ma, per di pi, lei fa una lettura del tutto personale che si nutre di q uel cbe le ha insegnato la lenta decifrazione dei miti primordiali. Lei d una let tura delle immagini centrali d Brancusil'ascensione, I'albero, l'ucceuo--e la sua conclusione la seguente: Brancusi ba fatto volare la materia come l'alcbimista. E l'ba fatto con l'unione lei contrari, dal La prova del labirinto momento cbe ci cbe d l'immagine e il segno della lievit pi grande proprio ci che d'al tra parte il segno dell'opacit, della caduta, della pesantezzala pietra... Questo bellissimo testo occupa una posizione di eminenza nella sua opera. LA PATRIA, I L MONDC`J Mi dicevo: come fa un uomo come Mircea Eliade a vivere la sua diversit di lingue, di culture, di patrie, di case, di paesi? Ora lo intravedo, eppure mi piacerebbe domandarle come dialogano in lei la patria e il mondo. Per ogni esil iato, la patria la lingua materna che continua a parlare. Fortunatamente mia mog lie rumena e tiene, se vog,iamo, la parte della patria, dal momento che parliamo in mmeno. La patria, per me, quindi la lingua che parlo con lei e con i miei am ici, ma innanzitutto con lei; la lingua in cui sogno e in cui scrivo il mio Diar io. Non si tratta quindi di una patria esclusivamente interiore, onirica. Tuttav ia non c' contraddizione e nemmeno tensione tra il mondo e la patria. In qualsias i posto c' un Centro del mondo. Una volta in questo centro, siete a casa vostra, siete davvero nel vero s e al centro del cosmo. L'esilio vi aiuta a capire che il mondo non vi mai estraneo giacch avete un centro. Il simbolismo del centro~> non l'ho solamente capito, lo ViVO. Lei ha molto viaggiato, ma ho idea che lei non v iaggiatore di vocazione. ,~ possibile che per me i viaggi pi importanti siano que lli che ho fatto a piedi, tra i dodici e i diciannove anni, d'estate, per settim ane e settimane, vivendo nei villaggi o nei monasteri, spinto dal desiderio di l asciare la pianura di Bucarest e di conoscere i Carpazi, il Danubio, i villaggi di pescatori sul delta, il Mar Nero... Conosco molto bene il mio paese. L'ultima pagina dei Frammenti di un diario consacrata ai viaggi. Lei dice: Il fascino del viaggio non legato solo agli spazi, alle forme e ai colori--i luoghi in cui si va e che si percorrono--ma anche al nuParigi, 1945 mero di 'tempi' personali che si riattualizzano. Pi vado avanti negli anni, pi ho l'impressione che i viaggi ha nno luogo, in concomitanza, nel tempo e nello spazio~. S,', il fatto che visitan do Venezia, ad esempio, riviva il tempo dei ,t miei primi viaggi in quena citt... Si ritrova tutto il passato nello spazio: una strada, una chiesa, un albero... A,lora, di colpo il tempo ri~ uovato. E una delle cose che fanno del viaggio un tale arricchimento E di s, della propria esperienza. Ci si ritrova, si dialoga co n colui che si era, quindici o venti anni or sono. Lo si incontra, si torna ad i ncontrare se stessi, si incontra il proprio tempo, il proprio momento storico di vent'anni prima. Si pu dire che lei un uomo della nostalgia, ma di una nostalgia felice? Ah, s! E u na bellissima formu,a e lei ha ragione. Tramite la nostal~: gia ritrovo de,lle c ose preziose. Ho quindi il sentimento che non perdo niente, che niente va perdut o. Credo che qui tocchiamo delle cose importantissime per lei: nulla va perso e mai c' in lei il morso del risentimento. S, vero. INTERMEZZO Lei ha scritto poco p er il teatro--una commedia su Brancusi, La colonna senza finc- e un'Ifigenia mod erna... A giudicare da certi passi di Foresta proibita e del suo Diario (su Arta ud), lei ha tutta2~ia prestato un'attenzione tutta particolare alla rappresentaz ione del tempo nel teatro: rappresentazione di un tempo immaginario--mitico--nel la durata reale di uno spettacolo. S, come il tempo liturgico differisce dal temp o profano--que,lo della cronologia e dei nostri orari--,il tempo teatrale costit uisce una uscita>~ fuori dal tempo ordinario. Anche la musica, del resto--almeno certe musiche, penso soprattutto a Bach--,ci fa a volte uscire dal tempo quotidi ano. E un'esperienza che hanno tutti e, in virt di ci, pu aiutare lo spirito pi profa no a capire i, tempo sacro, il tempo liturgico.. Ma la condizione dell'attore mi affascina quanto questa qualit del tempo teatrale. L'attore conosce una sorta di t rasmigrazione. Incarnare un cos gran numero di personaggi, non forse come reincarn arsi altrettante volte? Alla fine della sua vita sono certo che l'attore ha un'e sperienza umana di qualit diversa dalla nostra. Credo che non sia possibile lanci arsi impunemente in questo gioco di incarnazioni, a meno di una certa ascesi. L' attore dunque una specie di sciamano~ In ogni caso, lo sciamano un attore nella misura in cui certune delle sue pratiche sono teatrali. In maniera pi generale, l o sciamani97 La prova del labirinto smo pu essere visto come una radice comune ta nto alla filosofia che alle arti della rappresentazione. I racconti dei viaggi s ciamanici in Cielo o agli Inferi sono all'origine di certi poemi epici o di cert i racconti. Lo sciamano, per essere la guida spirituale della comunit, per edific ar_ la, per rassicurarla, deve a,. tempo stesso rappresentare de,le cose ir visi bili e manifestare--non fosse che ricorrendo a dei trucchi--il suo potere. Lo sp ettacolo che lui d a questo scopo e le maschere che porta in questa occasione, tu tto questo costituisce una delle fonti del tea tro. Il modello sciamanico lo si pu ritrovare fin ne,la Divina Commedia: al pari di quello dello sciamano, il viag gio estatico di Dante ricor. da ad oonuno cosa c' di esemplare e di degno di fede . CHICAGO VIVERE A CHICAGO Sono quasi vent'anni che lei insegna all'universit di Chicago... Perch Chicago? Fui invitato per tenere le celebri Haske,l lectures, che avevano ~n uto Rudolf Otto e Massignon... Le sei conferenze furono pubblica~e con il titolo Nascita mistica. Quando Joachim Wach, che mi aveva ,~invitato, mor, il preside d i facolt insistette afEinch diventassi pro~fessore titolare a capo del dipartiment o di storia delle religioni. Ho ~pnolto esitato. Ho accettato per quattro anni. E poi sono rimasto, poi~ch quel che facevo era molto importante per me, per la no stra disci~plina e anche per la cultura americana. Nel 1957 c'erano tre cattedre ~di storia delle religioni negli Stati Uniti, oggi ce ne sono quasi trenta, ~me t delle quali sono occupate da ex a,lievi del nostro dipartimento. Ma quel che mi ha trattenuto non fu soltanto l'interesse del lavoro, l'atmosfera dell'universi t, la sua enorme libert, la sua tolleranza. ~Non sono l'unico a trovare quell'atmo sfera ammirevole, quasi paradiaca! Georges Dumzil, che stato invitato, Paul Ricoe ur che ora ~nostro collega, provano la stessa cosa. Questa immensa libert di inke gnamento, d'opinione e il dialogo con gli studenti che si ha tutto il ~tempO di conoscere, nei seminari o a casa loro, o a casa propria... Si ~ente che non si p erde il proprio tempo. La prova del labirinto ~ Chicago Lei sente di essere all' origine, attraverso gli Stati Uniti, di ung scuola>~ di storia delle religioni, d i una corrente interpretativa e di lavoro? Non c' dubbio che Chicago all'origine del successo della nostra disciplina. Questo successo, tuttavia, stato favorito dal momento sto. rico. Certi americani hanno capito che, per allacciare un dialo go con~ un africano o un indonesiano, delle conoscenze di economia politica o di sociologia non bastano, bisogna conoscere la sua cultura; e non si capisce una cultura esotica o arcaica se di essa non viene colta la sorgente, che sempre rel igiosa. D'altra parte lei sa che la costituzione proibiva l'insegnamento della r eligione in un'universit statale: nel secolo scorso si temeva che una cattedra di religione non fosse che una cattedra di teologia cristiana, o di storia della chi esa. Ebbene, quan-~ do le altre universit, dopo il successo delle prime dieci o d odici cattedre, hanno visto che si trattava di una storia generale delle religio ni, che si studiava l'induismo, l'Islam e i primitivi, hanno accettato questo in segnamento. All'inizio veniva camuffato come Religioni asiatiche, come Studi indian i, ad esempio; oggi queste sono cattedre di Storia e fenomenologia delle religioni. Lo storico delle religioni, che si sarebbe potuto pensare fosse piuttosto stacc ato dall'attualit, non si trova prima o poi nella situazione dei suoi colleghi fi sici o geografi, giacch, e lei lo sa meglio di chiunque altro, I'universit america na stata traversata da questa crisi di coscienza: possibile collaborare all'arma mento nucleare, al bombardamento delle dighe del Vietnam?... Perch insomma, si pu credere che in una guerra psicologica, la fabbricazione di bombe messianiche~> pu av ere una certa utilit. Pensiamo all'uso che del sapere psicanalitico fa la gente d ella pubblicit: si pu immaginare quello dei miti religiosi da parte degli uomini d i guerra. S... Ho scritto un articolo sul messianismo, prima dell'indipen. denza del Congo. Conosco bene i miti messianici bant e preannunciavo delle cose che, dopo l'indip endenza, si sono prodotte: hanno distrutto il loro bestiame poich stava per torna re l'antenato mitico- l Certi crimini, certi eccessi, certi libri sul messianism o dei popoli arcai-~ ci li annunciavano... Non credo quindi che i generali stian o per trovare delle armi nello studio delle reli~ioni ~7 ~ tlltt~ia lln ~ n~ione ~ociale in questa disciplina che si va sviluppando, anzi diventa popoha gettato le basi di un certo ecumenismo religioso, non soltanto ristiano; ha favorito deg li incontri tra i rappresentanti delle diverse religioni. Come la sua vita a Chi ca~o? L'universit si trova in un parco immenso, vicino al lago, a dieci ~lcilomet ri dal centro. Tutto concentrato l: l'enorme biblioteca e poi ~l'Istituto orienta le, con i suoi ammirevoli archivi, un museo, piccolo ~ma molto bello, e i grandi specialisti di orientalistica. Insomma... tut~to! E questo facilita non soltant o l'informazione, ma anche la verifica ~tell'informazione. Posso sempre consulta re un ittitologo, un assiriolo~go, o ancora qualcuno che arriva dall'India e ha fatto degli studi su un ~vi]laggio. Per un ricercatore ci meglio della dispersion e dei luoghi e dei professori in un'universit europea. Cambridge e Oxford hanno u n po' lo stampo delle universit americane. Il campus di Chicago mi pia~ce molto. E la citt? Chicago considerata la citt pi avanzata dal punto di vista dell'architet tura: stabili di centodieci piani. A me non piace perch nera. i~ la moda adesso d i costmire tutto in nero. Certo, questo vetro scuro permette a chi lavora all'in terno di vedere fuori senza essere visto. A me per piacerebbero dei colori integr ati a quelli del paesaggio. Com' la sua casa? Abitiamo al secondo piano di un vil lino, con giardino e terrazza di legno, in un viale molto grande fiancheggiato d a alberi, piuttosto bello. ~ a venti passi dall'ufEicio in cui tengo una parte d ella mia biblioteca, dove lavoro spesso durante il giorno e dove ricevo gli stud enti. La biblioteca a quattrocento metri da 11 e le aule a meno di un kilometrO. Tutti abitano nello stesso posto e questo mi piace. ~ bello e ~ siamo molto fel ici, perch ci sono sempre degli scoiattoli che vengono L a mendicare delle noci. D'inverno c' un cardinale, sa, quel bell'uccellino rosso che sfortunatamente non vive in Europa. ~ un uccello che po~: ne un problema e mi stupisco che i teologi non abbiano insistito su La prova del labirinto ~ Chicago questo esempio per sp iegare ricorrere a,la Provvidenza, sia riuscito a soprawivere? nemmeno tra le fo glie di un ma comunque un punto. la Provvidenza. Come fare a capire, sen che que sto uccello di un rosso fiammanb~ Non si pu mimetizzare da nessuna parte~ albero, lo si vede dappertutto... Scherzo,~ Il luogo in cui lei abita importante per lei? S, proprio non posso abitare in una casa o anche in una stanza che non mi piace. A Londra, a Oxford, ho sofferto di questo. Bisogna che 1 qualche c osa mi piaccia, mi attiri, che mi senta a casa mia. Ho cercato ' una casa in cui possa dawero abitare. Lo aspazio americano in s non mi piace. Mi piace i, campus e certe cose a Chicago, l'enorme potenza del centro. ,~i piacciono molto certe c itt come San Francisco, Boston, una parte di New York e di Washington. Mi piaccio no certi posti come Santa Barbara, la baia di San Francisco; ma non un paese com e l'Ita,ia, la Francia, in cui il paesaggio di un'immensa be,lezza, dove c' una s toria e de,lla verit. Chicago in una pianura che si stende per un migliaio di kil ometri: di tanto in tanto ci sono delle citt e quei quartieri di lontana periferi a che vengono chiamati paradisi artificiali, perch ci si ritira in belle case, in v i,le, ma effettivamente una cosa molto artificia,1e. E anche ` ne,le citt america ne belle, certi quartieri sono di una bruttezza esaspe- ,`b rante... Non ho un a tteggiamento negativo nei confronti di questo spazio americano che a me non piac e, o della vita americana, che ha certi aspetti che mi sembrano interessanti, tu ttavia rimango un europeo. QueI che mi piace in America, ad esempio, l'importanz a che viene accordata a,lla sposa, e non soltanto dal punto di vista sociale, ma anche da que,llo culturale e spirituale. Siete sempre assieme a vostra moglie. Quando hanno voluto che restassi neg,i Stati Uniti, mi hanno chie- ` sto per pri ma cosa se mia moglie ci si trovava bene. Questa attenzione .` per la sposa, per la famiglia, una cosa che mi piace. E poi gli americani sono accusati, giustame nte, di un sacco di cose, altre per sono ammirevo,i e di esse si parla pochissimo : ad esempio la loro grandissima to,leranza re,igiosa e spirituale. PROFES SORE O GURU? Per l'essenziale l'America il suo luogo di lavoro. Vorrei sapere che ~pr ofessore lei... Non sono mai stato un professore sistematico. A Bucarest, gi, ~supp oneVo che g~i studenti avessero letto una vita di Budda, a,cune Upanisad, qualco sa sul problema del ma,e. Non cominciavo in modo didattico e, del resto, non pre paravo, non scrivevo, le mie lezioni. Avevo qualche nota, seguivo le reazioni de gli studenti. Oggi faccio lo stesso. Faccio un piano, medito per qualche ora pri ma de,la lezione, scelgo delle citazioni, ma non scrivo nulla. Il rischio non gr ande: se mi ripeto, non grave e se dimentico qua,che cosa, ne parlo l'indomani o a,la fine de,la lezione. Il sistema americano ecce,lente: c' sempre, dopo cinqua nta minuti di lezione, una decina di minuti di discussione, ,rer le domande. ~ u na cosa del tutto diversa rispetto ai miei tempi: i, professore arrivava, parlav a e ripartiva; per una settimana non lo si vedeva pi. Forse le cose sono cambiate dappertutto... In ogni caso, forse nei dieci minuti di dialogo che in seguito a una domanda mi rendo conto di aver trascurato un dettag,io importante. Paul Ric oeur meravig,iato da, rapporto che abbiamo qui con gli studenti: a Nanterre arri vava ad avere mi,le studenti, non poteva conoscerli, insegnava la fi,oso,~a a un a massa. Qui il rapporto personale. Fin da,la prima lezione, dite ag,i studenti: Scrivete il vostro nome su questo foglio e venite a trovarmi. A,l'inizio de,~l'an no riservo due lunghi pomeriggi alla settimana per incontrarli tutti, una mezz'o ra per ciascuno, anche que,li de,l'anno precedente, per rinfrescarmi la memoria: cosa ha fatto durante l'estate, cosa vuol fare?... E dopo un mese di corso li v edo tutti di nuovo per un'ora. A dire il vero, mi piace sempre meno fare lezione a un centinaio di persone. In passato, soprattutto in Romania, quando parlavo di cose quasi sconosciute, l'insegnamento mi entusiasmava. Parlav o ne,11a mia ,ingua, mi rivolgevo a,la giovent ed ero giovane anch'io, avevo tant e cose da dire e da scoprire che ora ho pubblicato... Alla fine di questa attivi t che dura da quarant'anni, evidentemente, mi sento meno cose da dire in forma di conferenza. Ma quel che continua a piacermi molto sono i seminari, in cui si la vora insieme. Il mio u,timo seminario, nel 1976, verteva su,l'alchimia e l'ermet ismo del Rinascimento: era appassionante. Questo quel che mi piace: scavare cert i dettag,i con un piccolo gmppo ben preparato, approLa prova del labirinto ~ Chi ca~o fondire certi problemi che mi sono cari. Ed qui che lo studente impa_ ra a lavorare, qui che impara il metodo. Prepara una tesina, lo si ascolta, invito i suoi colleghi a commentare quel che viene esposto, in . tervengo, e il dialogo d ura a volte per ore e ore. Ma sento che non perdo il mio tempo, perch quel che do loro in quel contesto non po. trebbero trovarlo unicamente nei libri. Allo stes so modo, gli incontri personali all'inizio dell'anno sono insostituibili. Lei ri esce comunque a preservare la sua vita personale, la sua vita di scrittore e la sua vita li ricercatore? S, in quanto il sistema prevede l'interruzione del corso e un periodo di lettura per lo studente. E nel secondo trimestre invernale tengo soltanto un seminario. Mi posso quindi occupare dei miei lavori. Ma, sa, quando sento che posso aiutare qualcuno, rinuncio volentieri ~ al mio lavoro, oppure la voro un po' di pi di notte o di mattina. Faccio =; uno sforzo. Perch sento che imp ortante. Se c' qualcuno che ascolta, ma che non si interessa pi di tanto, allora g li propongo dei libri ~. Insomma, lei un professore o un guru? C' sempre un risch io, in America, soprattutto sulla costa del Pa ~ cifico e per lo meno per certun i, di essere preso per un guru. Un anno tenevo un corso all'universit di Santa Ba rbara sulle religioni indiane, dal Rig-Veda alla Bhagavad-G~ta. Gli studenti ven ivano dopo il corso ~e mi consideravano un guru che avrebbe dato loro la soluzio ne per la loro vita interiore. Ho detto loro: Non fate confusione. Qui sono profe ssore, non guru. Posso ben aiutarvi, ma in qualit di professore. Qui voglio prese ntarvi le cose come penso stiano. I GIOVANI AMERICANI Questa giovent americana che lei conosce cos da vicino e per cui, a volte, la religione non pura materia di s tudio, come la vede e qual la sua situazione attuale? Quello che ho visto a Chic ago e Santa Barbara appassionante. 3 In America la storia delle religioni una di sciplina di moda, non solo per gli studenti i quali, come diceva Maritain, sono degli analfabeti dal punto di vista religioso, ma altresl per coloro che sono curi osi della religione degli altri: l'induismo, il buddismo, le religioni arcaiche e primitive. C' una vera infatuazione per lo sciamanismo. Ad esso si intereSsano pittori, gente di teatro e molti giovani: pensano che le loro droghe li preparin o a capire l'esperienza sciamanica. Tra questi studenti, alcuni hanno trovato l' assoluto in una setta e,~limera come Meher Baba, Har Krishna, Jesus Freaks, certe sette zen... Da parte mia non li incoraggio, per non critico la loro scelta, poich mi dico- no: Prima ero un drogato, una larva, ho tentato di suicidarmi due volte, ho risch iato di essere ucciso un giorno che ero completamente drogato, e adesso, ho trov ato l'assoluto! Non dico loro che quell'assoluto non della migliore qualit, dal mome nto che, per l'istante, quel ovane che si trovava nel caos, nel puro nichilismo, e nutriva un'aggressivit pericolosa per la comunit, beh, ha trovato qualcosa. E a partire da quell'assoluto, che a volte uno pseudo assoluto, egli ritrova se stess o e in seguito potr leggere le Upanisad, mastro Eckart o la Kabbala e ricercare u na verit personale. Raramente ho trovato uno studente che dal vuoto religioso e d a un disequilibrio quasi nevrotico, passi a una posizione religiosa ben articola ta: cristianesimo, giudaismo, buddismo, Islam. No, sempre tramite una pseudo-mor fosi, attraverso qualche cosa di facile, di poco autentico, almeno per gli altri , dal momento che per loro, l'assoluto, la salvezza. La seconda tappa li porta a una forma pi equilibrata, pi ricca di significato. L'altro giorno mi diceva cbe l a rottura con il monoteismo e l'ateismo (cbe ne costituisce il rovescio), per qu esta giovent seguiva due strade: una, la religione naturale, la religione cosmica; I' altra, quella delle religioni orientali. S,'... all'inizio una reazione quasi isti ntiva contro l'establishment e quindi contro i loro genitori. I genitori frequenta no la sinagoga, la cattedrale o la chiesa battista; quindi loro rifiutano totalm ente quella religione, quella tradizione religiosa. Non se ne interessano. Impos sibile convincerli a leggere la bench minima cosa. Un giorno, uno studente ebreo rni viene a trovare: il giudaismo non ha a,cun senso, mi dice, del tutto fossili zzato, la rivelazione, invece, l'ha trovata in un guru, uno yogi che era in citt da qualche settimana. Gli ho chiesto: Lei cosa coLa prova del labirinto Chicago n osce del giudaismo? Non sapeva nulla, non aveva letto nemmenO un salmo, non un pr ofeta, niente. Non parlo della Kabbala... Allora ho cercato di convincerlo a leg gere: Legga un po' i testi de,la sua propria tradizione. In seguito potr superarla o trascurarla. No, non vo- ~. Ieva, non aveva senso per lui. Come vede proprio l 'atteggiamento di ' una giovane generazione che rifiuta in blocco tutto quanto: sistema, ~, comportamenti e va,ori dei genitori, tradizione religiosa. Beh, per una i parte di questa giovent contestatrice, la gnosi de,ll'Estremo Oriente, ~j s oprattutto lo yoga~, lo zen possiedono una forza e un fascino stra- i ordinari. Son o certo che ci loro di aiuto. Quando arriva una missio-, ne Ramakrishna, c' sempre qualche swami che li aiuta a leggere cer- ' ti libri. E a volte non si acconten tano di leggere dei saggi su,llo sciamanismo americano, vanno a trascorrere una parte delle loro vacanze presso certe trib. Qual' la situazione attuale della giov ent americana? Non sono in grado di dirlo. Nei college tutti dicono che la droga ha perso buona parte del suo fascino. Ci si rivolge alla meditazione, meditazioni di ogni sorta--quella che riscuote maggior successo la meditazione trascendentale. Penso che siano degli strumenti che possono aiutarli, all'inizio; in seguito tr overanno dei maestri e i mezzi per realizzarsi in termini pi articolati. Ed anche se abbandonano la loro esperienza californiana e diventano impiegati statali, cam ionisti, maestri di scuola, sono certo che grazie a lei saranno arricchiti. L'AV VENIRE DEGLI DEI La stampa parla volentieri delle sette e degli scismi. Ieri Manson e Moon. Oggi, in Francia, la disputa degli Integristi. Vorrei sapere co- ` sa pensa di questa attualit religiosa e anche del <~movimento hippy~, , che lei ha conosciuto da vici no. Per quel che riguarda la chiesa catto,lica, si vede benissimo che non ' si t ratta solo di una crisi dell'autorit, bens~ di crisi delle antiche strut- i ture, ,liturgiche e teologiche. Non credo si tratti della fine della chiesa, ma forse quella di una certa chiesa cristiana. Mi pare debba trattarsi di una crisi crea tiva e che dopo prove e controversie, certe cose, pi interessanti, pi vive, pi sign ificative, potranno venire alla luce. Non per possibi,e fare anticipazioni. Quant o alle sette: come sempre questi movimenti hanno una grossa opportunit di rivelar e qualche cosa di nuovo, di positivo. Ma quello che mi sembra avere maggiore imp ortanza il fenomeno hippy, poich tramite esso abbiamo avuto la prova che una giov ane generazione, che discende da dieci generazioni cristiane, protestanti o catt oliche, ha riscoperto la dimensione religiosa de,la vita cosmica, della nudit e d ella sessualit. E qui mi elevo contro coloro che ritengono che la tendenza alla s essua,it e all'orgia degli hippy faccia parte del movimento di liberazione sessua le nel mondo intero. Nel loro caso si tratta soprattutto di quel che si potrebbe definire la nudit paradisiaca e l'unione sessua,e in quanto ritua,e. Hanno riscope rto il senso profondo, re,igioso, della vita. Dopo questa esperienza, si sono sc rollati di dosso ogni sorta di superstizioni re,igiose, filosofiche, sociologich e. Sono liberi. Hanno riscoperto la dimensione della sacra,it cosmica, esperienza da lungo tempo abolita fin dall'epoca del Vecchio Testamento. Lei si ricorda ch e i profeti si ergevano con indignazione e dolore contro il culto di Baal e di Bl it, mentre si trattava di una religione a struttura cosmica di grandezza immensa . Era la manifestazione della sacralit del mondo, attraverso una dea, attraverso la ierogamia o attraverso l'orgia. Queste esperienze religiose furono svalutate dal monoteismo mosaico e soprattutto dai profeti. Dopo Mos e i profeti non aveva pi alcun senso far ritorno a una re,igiosit di tipo cosmico. Beh, in America si as sistito a,la riscoperta di un'esperienza religiosa che si riteneva completamente scaduta nel suo aspetto co,lettivo; religiosa anche se gli hippy non ne parlavano assolutamente in questi termini. Hanno tentato, con la forza della disperazione , di ritrovare la sacralit della vita totale. ~ una reazione contro la mancanza d i significato della vita urbana, contro la desacralizzazione del mondo che inves te le citt americane. Non potevano capire i, valore religioso di una chiesa costi tuita: per loro era l'establishment; in compenso hanno scoperto quello e si sono s alvati. Hanno riscoperto le fonti sacre della vita, l'importanza religiosa della vita. Quali sono i suoi presentimenti circa l'avvenire per quel che riguarda la questione religiosa? Lei si accosta forse a Malraux, che diceva, in sostanza: Il XXI secolo sar religioso, oppure non sar ? Non si pu predire nulla. La ,ibert de,lo spirito ta,e che non si possono fare anticipazioni in merito. Ho parlato del mov imento hippy anche perch un esempio della nostra creativit inestinguibi,e e imprev edibile. Questo movimento destinato a scomparire, o gi parso; forse diverr complet amente politicizzato o, al contrario, perd~ r del tutto di importanza. Una cosa c erta, tuttavia: di tanto in ta~ to si presentano delle esperienze inaspettate. ~ tanto pi difficile fare previsioni in questo campo che talu~ forme religiose possono benissimo non essere riconosciute come tali Una creazione pu essere nuova a tal punto che all'inizio, o anche p~ secoli interi, non viene c onsiderata una creazione religiosa. Ad esemp possibile che certi movimenti in ap parenza politici, preparino o gi esprimano il desiderio di una certa libert profo nda; movimenti d~ genere sarebbero transpolitici, o potrebbero diventarlo; ci, pe r, causa del loro linguaggio del tutto nuovo, non verrebbe visto. Pensal al crist ianesimo. A Roma si accusavano i cristiani di ateismo poich i fiutavano di entrar e nel tempio e di rendere omaggio agli dei, attravq so il sacrificio. Non rispet tavano l'establishment~>! I romani accett vano il culto di qualsiasi divinit: Sera pis al pari di Geova, Atys pari di Juppiter. Ma queste divinit bisognava venerarl e. I cristiani n~ le veneravano e, di conseguenza, erano considerati atei. Era l 'ateisr~i cristiano! Poich non veniva riconosciuto il valore religioso del lor co mportamento. Non si pu predire nulla. Io non credo, comunque, che possa~ scompari re certe rivelazioni primordiali. Anche nella civilt pi tecni logica c' qualcosa ch e non pu mutare: ch c' il giorno e la not~ I'inverno e l'estate. Anche in una citt s enza alberi, c' il cielo con 1 astri ed sempre possibile vedere le stelle e la lu na. Fintanto che sar il giorno e la notte, l'inverno e l'estate, credo che l'uomo non p~ tr essere cambiato. Senza volerlo, siamo integrati in questo ritrn. cosmi co. I valori possono cambiare--i valori religiosi degli agricol# ri, come l'esta te, la notte, la semente... non pi i nostri--ma c' sen pre questo ritmo: luci-tene bre, notte-giorno. L'uomo pi areligioso v ve in questo ritmo cosmico; del resto l o ritrova nella sua stessa a stenza: la vita diurna e il sonno con i sogni--ci s ono sempre dei sogll Siamo condizionati, ben s'intende, dalle strutture economic he e socid e le espressioni dell'esperienza religiosa sono sempre condizionate d i linguaggio e dalla societ, e dagli interessi, tuttavia questa condizio~l umana noi la assumiamo qui, in questo cosmo in cui i ritmi e i cicli sono dati. La nos tra condizione umana noi la assumiamo a partire questa condizione fondamentale F . qllectn ~ mn f~ndamentale~. si pu definire religioso, quali che siano le am~arenze . noich si ~ Chicago L del significato della vita. Di una cosa sono certo: le for me future ~II'esperienza religiosa saranno del tutto diverse da quelle che conoL iarno nel cristianesimo, nel giudaismo, nell'Islam e che sono fossiliz~te, in di suso, svuotate di senso. Sono certo che vi saranno altre ~pressioni. Quali? Non so dirlo. La grande sorpresa sempre la liberp dello spirito, la sua creativit. ST ORIA E ERMENEUTICA VERTIGINE E CONOSCENZA ... Questi trenta e passa anni che ho t rascorso tra gli dei e le dee esotiche, barbare, irriducibili; nutrito di mito, ossessionato dai simboli, cullato e ammalato da un cos gran numero di immagini gi unte fino a me da questi mondi inghiottiti, mi paiono oggi le tappe di una lunga iniziazione. A ciascuna di queste figure divine, di questi miti, si ricollega u n pericolo a,~rontato e superato. Quante volte sono stato sul punto di 'perdermi ', di smarrirmi in quel labirinto in cui rischiavo di essere ucciso, sterilizzat o, 'evirato', (per mano di quelle terribili dee-madri, ad esempio). Una serie in finita di avventure intellettuali--intendo la parola 'avventura' nel suo senso p rimario di rischio esistenziale. Non furono soltanto delle 'conoscenze' acquisite lentamente e con comodo nei libri, ma tanti incontri, scontri e tentazioni. Mi rendo perfettamente conto ora di tut ti i pericoli che ho sfiorato nel corso di questa lunga 'ricerca' e, in primissi mo luogo, del rischio di dimenticare che avevo un obiettivo, che mi dirigevo ver so qualcosa, che volevo giungere a un 'centro'. Lei fa questa confidenza in data 10 novembre 1959 nel suo Diario. In modo un po' velato, enigmatico... Le possibi le, oggi, parlare con un po' pi di chiarezza? Lo spirito in pericolo quando cerca di penetrare il significato profondo di una di queste creazioni mitologiche o r eligiose che costituiscoLa prova del labirinto ~ Storia e ermeneutica no ciascun a l'espressione esistenziale dell'uomo nel mondo. Dell'uomo ~ di un cacciatore p rimitivo, di un contadino dell'Asia orientale, di un pescatore dell'Oceania. Nel lo sforzo ermeneutico dello storico delle religioni e del fenomenologo per capir e dall'interno la situazione di quest'uomo, insito un rischio: non solo quello d i disperdersi, ma anche 3 di essere affascinato dalla magia di uno sciamano, dai poteri di uno yogi, dall'esaltazione di un membro di una societ orgiastica. Non dic o che si sia tentati di diventare yogi, o sciamano, o guerriero, o esaltato Ci si sente, per, in situazioni esistenziali estranee all'occidentale e che per l ui sono pericolose. Questo confronto con forme esotiche, che possono ossessionar vi, costituire una tentazione, un pericolo di ordine psichico. Per questo ho par agonato questa ricerca a un lungo viaggio nel labirinto; ed una sorta di prova i niziatica. Lo sforzo necessario per capire il cannibalismo, ad esempio: l'uomo n on diventato cannibale per istinto, ma in seguito a una teologia e a una mitolog ia. Questo, e l'infinita serie di posizioni dell'uomo nel mondo, lo storico dell e religioni, se vuol capirle, deve riviverle. Quando l'uomo ha avuto coscienza d el suo modo di essere nel mondo, e delle responsabilit collegate a questo modo di essere, stata presa una decisione che tra~2ica., Penso alla scoperta dell'agric oltura, non quella dei cereali nel Vicino Oriente, bens la cultura dei tuberi nel la zona tropicale. La conceZione di quei popoli che la pianta alimentare il risu ltato di un assassinio primordiale. Un essere divino stato ucciso, fatto a pezzi e i frammenti del suo corpo divino hanno fatto na- ,~ scere delle piante ~no ad allora sconosciute, soprattutto dei tuberi che, da allora, costituiscono il cib o principale degli uomini. Ma, per garantire il prossimo raccolto, necessaria un a ripetizione rituals del primo omicidio. Di qui il sacrificio umano, il canniba lismo e altri riti, a volte crudeli. L'uomo ha appreso che la sua condizione ric hiede che egli de~ ba uccidere per vivere, ed inoltre si assunto la responsabili t della vegetazione, della sua perennit e per questo si incaricato del sacrificio umano e del cannibalismo. Questa concezione tragica che per migliaia di anni fu quella di tutta una parte dell'umanit e secondo cui la vita assicurata dall'uccis ione, ebbene, quando non ci si vuol limitare a descriverla da antropologo, ma ca pirla dal punto di vista esistenziale, ci si lancia in un'esperienza tragica a s ua volta. Lo storico e il fenome-; nologo delle religioni di fronte a questi mit i e a questi riti non sono di fronte ad oggeLti e:,ter;ori--un'iscrizione da dec ifrare, un'istituzione da analizzare. Per capire dall'interno questo mondo, deve viverlo. i~ come un attore che entra nei suoi ruoli, li assume. C' a volte una t ale differenza tra il nostro mondo ordinario e questo mondo arcaico che la vo- stra stessa personalit pu trovarsi in gioco. Si tratta al tempo stesso della propr ia ilentit e della salvaguardia della propria identit contro le forze terribili de ll'irrazionale? La sua formulazione esatta. ~ ben noto, ad esempio--e lo dicono anche i freudiani--,che lo psichiatra mette in pericolo la sua ragione nella fre quentazione della malattia mentale. Lo stesso awiene per lo storico delle religi oni. Ci che studia lo tocca profondamente. I fenomeni ~_e~ io~lell~aziDni esisten ziali. Partecipa-te al len~omeno che vi sforzate di decifrare: come se si tratta sse di un palinsesto, della vostra genealogia personale e della storia di voi st essi. ~ la vostra storia. E la forza dell'irrazionale , in effetti, presente. Lo storico delle religioni ha Pambizione di cnscere e quindi ~e radici della, sua cul tura, del suo essere: a prezzo di un lungo sforzo di anamnesi, deve fnire per ric ordarsi la sua stessa storia, owero la storia de,lo spirito umano. Attraverso l' anamnesi, lo storico de,le religioni ripercorre in qualche sorta la Fenomenologi a dello spirito. Ma mentre Hegel si occupava soltanto di due o tre culture, lo s torico de,le religioni obbligato a studiare e a ~e~e la ~ de,lo spirito nel~a su a totalit, a partire dal paleolitico. Si tratta quindi di una storia davvero univ ersale de,lo spirito. Ritengo che lo storico delle re,igioni veda meglio di altr i ricercatori la continuit delle diverse tappe de,lo spirito umano e, in fin dei conti, l'unit profonda, fondamentale, de,lo spirito. Si rivela a questo modo la c ondizione stessa dell'uomo. Ecco in che senso i, contributo dello storico delle re,igioni mi sembra decisivo. Egli scopre l'unit della condizione umana--e questo nel mondo moderno, che si pianetarizza. Lei parlava di tentazioni... Ma se si pen sa alle atentaZiOni di Sant'Antonio nei quadri li Boscb, ad esempio, sono tentazio ni~ strane, giacch gli oggetti lella tentazione non ci tentano~; certi sono, al co ntrario, delle apparizioni spaventose... In che senso lei dice di essere stato te ntato~ nel corso della sua anamnesi di storico delle religioni? Quando si capisc e la coerenza e perfino la nobilt, la be,~ezza de,la rnitologia~ e diciamo della teo,ogia, che stann alla base del cannibali~ c, La prova del labirinto ~ Storia e ermeneutica smo... Quando si capisce che non si tratta di un comportamento ani- ` male, bensl di un atto umano, che l'uomo, nella sua qualit di esse re libero d i prendere una decisione nel mondo, che ha deciso di uccide_ re e di mangiare il suo prossimo, beh, inconsciamente, lo spirito tentato dall'enorme libert che sco pre: si pu dunque uccidere, essere can. niba~e, senza perdere la dignit umana... Lo stesso, quando si studiano i riti orgiastici e se ne coglie la straordinaria coe renza: l'orgia comincia e sono soppresse tutte le norme, l'incesto e l'aggressiv it sono leciti e tutti i va,ori sono rovesciati... E il significato di questo rit o sta nel fatto che rigenera il mondo. Ne, fare questa scoperta si pu, al 3 pari di Nietzsche qua~n~o scopre il suo Eterno Ritorno, piangere di gioia! Perch anche in questo caso un invito alla libert totale. Ci si dice: che straordinaria creat ivit in seguito a queste libert!... Esatta- ~ mente come la trib indonesiana, dopo la grande orgia di fine d'armo, che ricrea un mondo rigenerato, pieno di forza. E per me, uomo occi- 1, dentale di oggi, ci significa che posso sempre ricomincia re la mia vita e, di conseguenza, garantire la mia creativit... i~ in questo sens o che si pu parlare di tentazioni. Ci sono per anche i perico,i di ordine ~. luciferino. Quando capisci che l'uomo crede di essere in grado, in se- 3~ guito a una meditazione e di determinati riti, di cambiare il mondo, e . quando cerchi di capire perch tanto sicuro che dopo quel rito diventer veramente signore del mo ndo, o almeno del suo villaggio... Beh, anche qui, sempre la tentazione de,la ,! ibert assoluta, owero la soppressione della condizione umana. L'uomo un essere li mitato, condizionato--mentre la libert di un dio o di un antenato mitico, o di un o spirito che non ha pi un corpo morta,e!... Sono de,le tentazio- ` ni, indubbiam ente. Non vog,!io per dare l'impressione che uno storico delle religioni tentato dal cannibalismo, o da,l'orgia oppure dall'incesto! Lei ha parlato del cannibali smo e dell'incesto.- Si per soD~ermat maggiormente sul cannibalismo. i~ per lei l a chiave tragica dell'uomo7 L'incesto, l'abolizione temporanea di ogni legge, un fenomeno che si incontra in molte culture che ignorano il cannibalismo. Il cann ibalismo la decisione di garantire tramite il sacrificio umano la feco~ dit o add irittura la vita del mondo: penso che in esso si possa vedere una situazione est rema. Ascoltandola, pensavo a Pasolini, all'ossessione del banchetto cannibalist ico nella sua opera. Banchetto che, in Porcile, sta a significare la Cena... Pas o,ini era affascinato dal problema di una regressione, non a,lo ~` stato selvagg io degli animali, ma ad un altro live,lo culturale. Il can~ nibalismo ha veramen te importanza solo se rituale, se integrato alla i societ. i~ peraltro naturale c he un cristiano che riflette sul senso dei sacramenti giunga a dirsi: anch'io so no cannibale... Un altro italiano, Papini, nel suo Diario, credo, notava che la messa non la commemo~ razione, bens la ritualizzazione di un sacrificio umano, di un omicidio, l~ seguito dal cannibalismo: gli uomini uccidono nuovamente l'uomo j Dio e in seguito lo mangiano e ne bevono il sangue. La discesa agli Inferi del religioso non provoca mai nello storico lelle religioni una tentazione contrari a: I'odio di tutti gli dei, I'odio della religione? Penso a Lucrezio, penso a Ep icuro che scopre la menzogna degli dei e l'orrore del divino che pesa sull'uomo. .. E capitato, effettivamente, che taluni storici che avevano de,l'ammirazione p er i fatti religiosi reagissero in modo terribile. Ma lei par~lava di Lucrezio: lui si trovava di fronte le forme decadenti, fossilizzate, di un universo religi oso. G,i dei avevano perso la loro forza sacra. ~Quel politeismo ammirevole si e ra svuotato di significato. Gli dei veni~vano presi per allegorie o per il ricor do trasfigurato di antichi re. Era epoca di scetticismo in cui degli dei non si vedeva pi che l'aspetto ~orribile Quando le cose vengono colte nel loro insieme e si cercano le j~radici di questa decisione di uccidere, si rivela una verit dive rsa: la ~condizione tragica de,l'uomo. Situate nel loro insieme, queste cose ter ~ribili, grottesche, disgustose, ritrovano il loro significato origina,e che nsi steva nel dare un significato alla vita a partire da un dato di fatto ~3evidente : qualsiasi vita implica la morte degli altri e per vivere neces,~aario uccidere . E la condizione dello spirito nella sua storia, tragica, j~per talmente creativ a! Il confrontarsi con i, vuoto, il demoniaco, l'inu~manO, la tentazione di regr edire nel mondo animale, tutte queste espe~tienze estreme e drammatiche costitui scono la fonte delle grandi crea~ioni dello spirito. Poich, in queste condizioni terrificanti, l'uomo ha ~aputo dire s a,la vita ed ha trovato un senso alla sua esistenza. La prova del l abirinto ~ Storia e ermeneutica Nel suo Diario lei parla delle <terribili dee-mad ri. Ci non ci molto familiare. Pensavo soprattutto a Durga, ad esempio, una sangui naria dea in- s diana, oppure a Ka,i: dee madri che, tra l'altro esprimono l'eni gma del la vita e de,l'universo, ovvero il fatto che nessuna vita pu perpetuarsi senza rischiare la morte. Queste dee terribili esigono il sangue, o la virilit, o la volont dei loro fedeli. Tuttavia comprendere queste dee, '~ ricevere a, tempo stesso una rivelazione di ordine fi,osofico. Si capi- . sce che questa unione d i virt e di peccati, di crimini e di generosit, ~ di creativit e di distruzione, il grande enigma de,la vita. Se si trat- ~s ta di vivere un'esistenza d'uomo e non di automa o di animale e neppure quella di un angelo, ci si trova a confronto c on questa realt. In un mondo che ci pi familiare, in Iahv Geova, noi vediamo i, Dio creatore e ` buono, ma a,tres il Dio terribile, geloso, distruttivo; e questo as petto negativo de,la divinit ci rivela che Dio tutto. Analogamente, per ~ tutti i popoli che accettano la Gran Madre, il culto di que,le dee terribi- . Ii un',nt roduzione a,l'enigma de,l'esistenza e della vita. La vita in se ` questa <~Gran Madre terribile che taglia le teste e che partorisce; che garantisce al tempo ste sso la ferti,it e il delitto, e ancora: l'ispirazione, la generosit, la ricchezza. Questa totalizzazione dei contrari si rivela nei miti della Grande Dea come si rivela ne,l'Antico Testamento, con la co,lera di Iahv Geova. E ci si chiede come sia possibi,e che un Dio si comporti cosl. Tuttavia la lezione impartita da ques ti miti ' e questi riti di dee terribili, o del Dio terribile, che la realt, la v ita, i, cosmo, cos. Crimine e generosit, crimine e fertilit. La deamadre al contem, ~o colei che mette al mondo e colei che ucclde No i non viviamo in un mondo di a ,igeii o di spiriti e nemmeno in un mondo unicamente animale. Ci troviamo nel mez zo. E io credo che i, confronto con la rivelazione di questo mistero sia sempre s eguita da un atto di creazione. Io credo che lo spirito crei soprattutto q~ando s i scontra con grandi pFove. Dai pericoli di cui lei parlava, come si protegge lo spirito? Com~ si va avanti per il cammino senza perdersi? Si pu solo sopravviv ere, se si stati attenti a studiare non solo i, cannibalismo, ma anche l'esperie nza mistica: ci si rende a,110ra conto che il significato di tutto questo orrore di rivelare It tntalit div,;na,. ~J~ tQ.talit en~matica, owero la coincidenza deg ,i opposti, dei contra~i, ne,11a vita. Si capisce i, significato di questo compo rtamento religioso e si sa al tempo stesso che questa solo una de,le espressioni de,lo spidto umano. L'uomo, nel corso de,la sua storia lunga e drammatica, ha , deciso di fare anche questo. Ma si conoscono benissimo anche a,tre decisioni: l a mistica, lo yoga, la contemplazione... Ci che protegge lo spirito de,lo storico de,le religioni, i, quale si trova in qualche sorta condannato a lavorare su qu esti documenti, la convinzione che queste cose terribili non costituiscono i, ma ssimo o l'espressione perfetta de,11'esperienza religiosa, ma soltanto un lato, il lato negativo. IL TERRORE DELLA STORIA~> Parliamo di crudelt profonde dell'uomo e delle religioni tradizio- nali. Ma che dire di quelle dei movimenti storici moderni, i quali co~ stituisco no ciascuno un trionfo sulla morte? Come vede uno storico j delle religioni qual e lei i miti terribili dell'umanit moderna? i Lo storico delle re,igioni si trova a doversi confrontare con i, terribi,e fenomeno dell~desa~alizzazione d, ~n rit o o di un mistero, oppure di un mito in coi l'assa~Lnio~aveva un significato re, igioso. ~ una regreSSiOne a una tappa superata da migliaia di anni, tuttavia que sta regressione~ non ritrova nemmeno il significato spirituale che aveva prima: n on esistono pi valori trascendenta,i. L'orrore moltiplicato e l'omicidio co,lttivo per di pi inutile da, momento che non ha pi senso. Perci questo inferno davvero l'in ferno: la crudelt pura, assurda. Quando i miti o i riti sanguinari o demoniaci so no desacraliz~ti, i, loro significato demoniaco risulta aumentato in modo vertig inoso e non vi pi che demonismo, crudelt e crimine assoluto. Sono imbarazzato, com unque, e voglio fare l'avvocato del diavolo, ~ per capire. Non si pu dire che il sacri~cio che fa il sacro e che d E: un significato? Non troviamo giustificazione alcuna all'assassinio hitle~ riano, alla follia del nazismo. E le ecatombi patr iottiche, a qualche anJ 0 di distanza, possono sembrare il triste prodotto di un 'illusione. Eppure dei combattenti sono morti e hanno ucciso con fede, forse con entusiaSmO. I kamikaze erano alleati dei nazisti e il loro nome signi~` fica ~ven to divino. Come fare a stabilire che gli Aztechi vivevano una La prova del labiri nto ~ Storia e ermeneutica illusione giustihcata e le ss no? Dove sta la di~eren za tra l'assassinio comune e l'assassinio sacro? , Per gli Aztechi, il sacrificio umano aveva un senso preciso: il s~n=gue de,le vi ttime umane alimentava e fortificava il dio-sole e gli dei in genere. Per le ss, l'annientamento di mi,ioni di uomini nei campi di sterm,nio aveva anche un sens o, anzi un senso escatologico. Credevano di rappresent~are il Bene contro il Ma, e. Stessa cosa il pilota giap- ' ponese. Per i, nazismo,`` il Bene si sa cos'era : l'uomo biondo, l'uomo = nordico, i,. puro ariano... E il resto era incarnazion e del Ma,e, del diavolo. E quasi un manicheismo: la lotta del Bene contro il Mal e. Nel dualismo iraniano, ogni fedele che uccide un rospo, un serpente, una best ia demoniaca, contribuisce alla purificazione del mondo e a, trionfo del Bene. S i pu immaginare che questi malati, o questi appassionati, questi fanatici, questi manichei moderni vedessero il Male incarnato ,n certe razze, gli ebrei, gli zin gari. Sacrificare milioni di ta,i individui non era un delitto, dal momento che essi incarnavano il Male, il demonio. i~ la stessa identica cosa per quel che ri guarda il Gulag e l'escatologia comunista: essa si trova davanti dei nemici che rappresentano i, Male e costituiscono un ostacolo per il trionfo del Bene, i, tr ionfo de,la libert, il trionfo dell'uomo, ecc. Sono tutte cose che si possono par agonare agli Aztechi: sia gli uni che gli altri chiedevano di avere del le giust ificazioni. Gli Aztechi erano convinti di aiutare il dio del sole, nazisti e rus si credevano di rea,izzare la storia. Lei ba parlato spesso del terrore della sto ria... Per me i, terrore della storia l'esperienza di un uomo che non ~ r~eligi~so, che non ha quindi pi alcuna speranza di trovare un signi- ficato ultimo al ~ra~mma storico e che deve subire i crimini della storia senza capirne i,. senso. Un israelita prigioniero a Babilonia soffriva enormemente, ma questa sofferenza aveva un senso: Iahv Geova voleva ; punire il suo popolo. Sape va quindi che alla fine Iahv, quindi il Bene, avrebbe trionfato... Per Hegel, anc ora, ogni evento, ogni prova era una manifestazione dello Spirito universale, e quindi aveva un senso. Era possibile, se non giustificare, almeno spiegare razio nalmente il male storico. Ma se gli eventi storici sono svuotau di qualunque sig nificato trans-storico e se non sono pi quel che erano per il mondo tradizionale- -delle prove per un popolo o per un individuo--,ci troviamo di f`ronte a ci che h o chiamato il terrore della storia~>. ERMENEUTICA La questione dei pericoli in cu i incorre lo storico delle religioni ci ha condotti alla questione del significa to: senso della religione per il credente e senso che l'esperienza religiosa pu a vere agli occhi dello storico. Uno dei punti essenziali del suo pensiero che lo storico delle religioni non potrebbe fare a meno di essere un ermeneuta. Lei dic e ancbe cbe questa ermeneutica deve essere creativa... L'ermeneutica la ricerca del senso, del significato, o dei significati, che na data idea o un dato fenomen o religioso hanno rivestito nel corso del tempo. Si pu fare la storia delle diver se espressioni religiose. L'ermeneutica per la scoperta del senso pi profondo di q ueste espressioni. La chiamo creativa per due motivi. Essa creativa innanzitutto per lo stesso ermeneuta. Lo sforzo per decifrare la rivelazione presente in una creazione religiosa--rito, simbolo, mito, figura divina... --,per capirne il si gnificato, la funzione, l'obiettivo, questo sforzo arricchisce in modo singolare la coscienza e la vita del ricercatore. ~ una esperienza che lo storico delle l etterature, ad esempio, non conosce. Cogliere il significato della poesia sanscr ita, leggere Kalidasa, per il ricercatore di formazione occidentale una grande s coperta: gli appare un altro orizzonte di valori estetici. Ma questo non profond o, esistenzialmente profondo, quanto il decifrare e il comprendere un comportame nto religioso orientale o arcaico. C' un secondo senso in cui l'ermeneutica creat iva: essa rivela certi valori che non erano evidenti sul piano dell'esperienza i mmediata. Prenda l'esempio dell'albero cosmico, in Indonesia, in Siberia o in Me sopotamia: taluni tratti sono comuni ai tre simbolismi, ma evidentemente, l'uomo della Mesopotamia, l'Indonesiano, il Siberiano non avvertivano questa parentela . Il lavoro ermeneutico rivela i significati latenti e il divenire dei simboli. Guardi i valori che i teologi cristiani ~ianno sovrapposto ai valori precristian i dell'albero cosmico, o dell'axis mundi, o della croce; o ancora, il simbolismo del battesimo. L'acqua, ovunque e sempre, ha avuto un significato di purificazio ne battesimale. Con il cristianesimo, a questo simbolismo venuto d aggiungerLa pro va del labirinto ~ ~ Storia e ermeneutica si un altro valore, senza distruggere la struttura--l'ha, al contrario, completata, arricchita. In effetti il battesim o, per il cristiano, un sacramento in quanto stato istituito dal Cristo. L'ermen eutica creativa ancora in un altro senso. Il lettore che capisce, ad esempio, il simbolismo dell'albero cosmico--e io so che questo si verifica anche per gente che di solito non si interessa alla storia de lle religioni--,questo lettore non si limita a provare una gioia intellettuale. Fa una scoperta importante per l~ sua vita. Da quel momento ogni volta che guard er determinati alberi, vedr in essi l'espressione del mistero del ritmo cosmico. V edr il mistero della vita che si ~icostituisce e continua: l'inverno--la perdita delle foglie; la primavera... Ha un'importanza incomparabile rispetto al decifra mento di una iscrizione greca o romana. Una scoperta di ordine storico non certo mai trascurabile. Ma, qui, si scopre una certa posizione dello spirito nel mond o. Ed anche se non la vostra, vi tocca. Ed precisamente a causa di tali incontri che lo spirito creativo. Si ricordi l'incontro del XIX secolo con la pittura gi apponese o del xx secolo con la scultura e le maschere africane. Non sono sempli ci scoperte culturali, sono incontri creativi. Il lavoro ermeneutico un lavoro d i conoscenza, ma qual il suo criterio di verit? Ascoltandola mi sembra che l'erme neutica, pur se preparata da un lavoro di scienza oggettiva, non vuole pi dei crite ri obiettivi, il cbe ci porterebbe a ritenere il soggetto assente da ci che conside ra, bens dei criteri, insomma, di verit poetica. Ci che noi conosciamo, attraverso l' atto di conoscenza, lo modifichiamo; e dalla nostra conoscenza siamo noi stessi modificati. Ermeneutica infinita, dal momento che, leggendo Eliade, lo interpret iamo, come lui stesso interpreta tale o tal altro simbolo iranico... Indubbiamen te... Per quando si tratta dei grandi simboli che mettono in rapporto la vita cos mica e l'esistenza umana, nel loro ciclo di morte e rinascita--l'albero cosmico, ad esempio--,c' qualcosa di fon- i damentale e che si ritrover nelle diverse cult ure: un segreto dell'universo che anche il segreto della condizione umana. E non soltanto verr in luce la solidariet tra la condizione umana e la condizione cosmi ca, ma inoltre il fatto che per ciascuno si tratta del proprio destino. Questa r ivelazione pu infiuire sulla mia propria vita. ~' Un senso fondamentale, dunque; ed a questo senso fondamenta~- le che si ricollegheranno altri significati. Quan do l'albero cosrnico riceve il significato della Croce, ci non risulta evidente p er un Indonesiano; se per gli spiegate che questo simbolo, per i cristiani, signi fica una rigenerazione, una nuova vita, l'Indonesiano non sar affatto sorpreso, r itrover qualcosa di familiare. Albero o Croce, si tratta dell'identiCo mistero: m orte e risurrezione Il simbolo sempre aperto. E la E stessa mia interpretazione, non devo dimenticare che quella di un cercatore di oggi. L'interpretazione non mai conclusa. Lei ci invita a cogliere l'universalit del simbolo al di l della dii ' versit dei simboleggiamenti. Lei mostra l'apertura indefinita del simbo~1 lo e dell'interpretazione. Eppure lei rifiuta la via che porterebbe a una sorta di re lativismo, di soggettivismo e, nel giro di poco, di nichilismo; la via che consi sterebbe nel dire: S, le cose hanno senso, ma il senso non riposa su nulla, se non su ci che vi di pi fortuito e fuggitivo in me... La mia domanda ora questa: I'espe rienza religiosa raggiunge--e in che modo--una verit trans-storica? Che trascenden za riconosce lei? Per lei la verit sta dalla parte di un Claudel e del suo atteggi amento esegetico, o da quella degli esistenzialisti, di un Sartre, che dice: L'uo mo non pu fare a meno di significato, ma questo si- gnificato lo inventa in un cielo deserto? Certo contro quest'ultima interpretazio ne: ~<nel cielo deserto! Mi pare che i messaggi emessi dai simboli fondamentali r ivelino un mondo di significati che non si riduce unicamente alla nostra esperie nza storica e immanente. Il cielo deserto... ~ una metafora ammirevole per un uomo moderno i cui antenati credevano che il cielo fosse popolato di esseri antropom orfi, gli dei; e, si intende, di quegli esseri il cielo deserto. Da parte mia cr edo che ci che rivelato dalle religioni e dalle filosofie che esse ispirano--pens o alle Upanisad e al buddismo, a Dante, al taoismo...--tocca qualcosa di essenzi ale e che noi possiamo assimilare. Si intende che non sono cose che si imparano a memoria, come l'ultima scoperta scientifica o archeologica. Ci che dico qui, lo dico in prima persona, non la conseguenza filosofica di un ~t lavoro di storico delle religioni. Ma insomma la risposta di Sartre e degli esistenzialisti non m i va bene, quel cielo vuoto. Mi sento pi portato verso la gnosi di Princeton, ad esem pio. Colpisce il vedere i pi grandi matematici e astronomi di oggi, tutte persone cresciute in una societ del tutto desacralizzata, giungere a conclusioni scienti fiche, La prova del labirinto ~ Storia e ermeneutica o filosofiche, molto vicine a talune filosofie religiose. Colpisce il vedere dei fisici, soprattutto degli astrofisici, e degli specialisti di fisica teorica ricostruire un universo in cu i Dio ha il suo posto e anche l'idea di cosmogonia, di Creazione. Assomiglia al monoteismo mosaico, per senza antropomorfismo; fa anche pensare a certe filosofie indiane, che essi ignoravano. :~ qualcosa di molto importante. E la gnosi di Pri nceton)> mi sembra significativa anche in virt del grande successo e della risona nza del libro di Ruyer. Vorrei precisare la mia domanda di prima. Come conciliar e un at- 3 teggiamento scientifico e un atteggiamento religioso? Da una parte si amo portati a credere che, al di l del sensibile, ci sia, se non Dio o degli dei, il divino, un mondo spirituale. E l'ermeneutica ci porterebbe a incorporarci qu esto divino. Sappiamo d'altra parte che il passaggio dal Paleolitico al Neolitic o edifica tutto un insieme di credenze, di miti, di riti: come si pu credere, ist ruiti da questa scienza storica, materialistica~>, che queste credenze, legate ai cambiamenti tecnici, economici, sociali, possano racchiudere un significato tra ns-storico, una trascendenza? Da molto tempo ho deciso di conservare una sorta d i discrezione su ci che credo e ci che non credo. Tuttavia il mio sforzo sempre st ato quello di capire coloro che credono in qualcosa: lo sciamano o lo yogi, o l' aborigeno australiano, al pari di un grande santo, un mastro Eckart, un Francesc o d'Assisi. Qui le risponder quindi in veste di storico delle religioni. Dato che l'uomo quello che , ovvero non uno spirito n un angelo, evidente che l'esperienza del sacro per lui ha luogo attraverso un certo corpo, una certa mentalit, un cer to ambiente sociale. ~ cacciatore primitivo non poteva awertire la santit e il mi stero della fecndit della terra come far in seguito il coltivatore. Tra questi due universi di valori religiosi, c' un taglio manifesto. Prima, le ossa della selvag gina rivestivano un significato sacro; dopo i valori religiosi si riallacceranno soprattutto all'uomo e alla donna, la cui unione ha come modello la ierogamia c osmica. Ma quel che importante per lo storico delle religioni il fatto che l'inv enzione dell'agricoltura permetter all'uomo di approfondire il carattere ciclico della vita. Il cacciatore sapeva, beninteso, che le bestie a primavera fanno i p iccoli. ~ per l'agricoltore che coglier il rapporto causale tra seme e raccolto, e l'analogia tra semc vegetale e seme dell'uomo. Al tempo stesso si andr afferman do l'importanza economica, sociale e religiosa della don122 ~. na. Come vede, qu indi, tramite una scoperta tecnica, l'~ricoltura, si : rivelato alla coscienza d ell'uomo un ~<mistero ancor pi profondo di quello contro cui si scontrava il cacaa tore:~ si scopriva che il cosmo un organismo vivo, retto da un ritmo, da un cicl o in cui la vita strettamente e necessariamente legata alla morte, in quanto il seme non '~ pu rinascere che attraverso la sua morte. E questa scoperta tecnica g li ha rivelato il suo specifico modo di esistere. Le metafore nascono nel Neolit ico e si prolungano fino all'Antico Testamento e fino a noi: L'uomo come l'erba d ei campi e via di seguito. Tema che non bi~ sogna intendere come un lamento sul c arattere effimero della pianta, E bensl come un messaggio ottimista: la comprens ione del circuito eterno della vegetazione e della vita... Insomma, e per precis are la mia risposta: cosa certa che, in seguito a un cambiamento radicale di tec nologia, gli antichi valori religiosi sono, se non aboliti, almeno affievoliti, e che i nuovi valori si fondano su altre condizioni economiche, ma questa nuova economia sveler un significato reli~oso~ ~..~eativg. L'importanza dell'agricoltur a altrettanto grande per i storia dello spirito e per la storia della civilt mater iale. L'unit della vita e della morte non era evidente nell'esperienza del caccia tore: lo diventata a partire dal lavoro agricolo. ~ Ho l'impressione che il suo pensiero sia hegeliano~. ~ come se la t produzione dei fatti materiali, le trasfo rmazioni nella materia, nelle infrastrutture, avessero come significato quello di portare ad un approfondimento del significato. Bisognerebbe considerare gli avve nimenti della materia, gli avvenimenti della storia, come le condizioni successi ve della rivelazione di un significato spirituale. Del resto una nota del suo Di ario--il 2 marzo 1967--lo dice chiaramente: La storia delle religioni, cOS come io l'intendo, una disciplina 'liberatoria' saving discipline. L'ermeneutica potreb be diventare l'unica giustificazione valida della storia. Un evento storico gius tificher la sua apparizione quando verr compreso. Questo potrebbe voler dire che l e cose succedono, che la storia esiste unicamente per costringere gli uomini a c apirli. S, ritengo che tutte queste scoperte tecniche abbiano creato delle occasio ni affinch lo spirito umano cogliesse determinate strutture del l'essere che prim a di lei era difficile cogliere. Il cacciatore era cosciente, si intende, del ri tmo delle stagioni. Questo ritmo, per, non era il centro delle costruzioni teoric he che davanJo ~significato alla vita umana. 123 La prova del labirinto ~ Storia e ermeneutica L'agricoltura ha fornito l'occasione per un'enorme sintesi. Si affascinati quand o si scopre la causa di questa nuova visione del mondo: il lavoro della terra. Q uesta visione del mondo, ovvero: l'identit, l'omo~ia tra donna, terra, luna; feco ndit, vegetazione; ancora: notte,~e- ~' condit, morte, iniziazione, risurrezione. Tutto questo sistema stato ;, reso possibile dal~'agricoltura. Allo stesso modo, pensi all'enorme e ~, ammirev ole costruzione dell'imago mundi che venuta ad aggiungersi alla rappresentazione del tempo ciclico e che stata possibile solo con la creazione delle citt. Benint eso l'uomo aveva sempre vissuto in uno spazio orientato, con il centro e le quat tro direzioni cardinali: sono que- ; sti dei dati della sua esperienza immediata del mondo. La citt ha tutta- ~i via arricchito questo senso dello spazio fino a proporsi come immagine del mondo. Tutte le culture urbane sono fondate sull'ered it del neolitico. E i valori anteriori--l? fecondit del~a terra, l'importanza dell a donna, il valore sacramentale dell'unione sessuale--,tutti questi valori sono statl mtegrati nell'edificio della nostra cultura urbana. Oggi questa cultura in via non di sparizione, ma di trasformazione, nella sua struttura. Non credo, pe r, che le rivelazioni primordiali possano scomparire, dal momento che non smettia mo di vivere all'interno del ritmo cosmico fondamentale: giorno e notte, inverno e estate, vita diurna e vita dei sogni, luci e tenebre. Conosceremo altre forme religiose che forse non saranno riconosciute come tali e che saranno a loro vol ta condizionate dal nuovo linguaggio e dalla societ del futuro. ~ vero che, fino ad ora--e non parlo soltanto di religione--l'uomo non stato ancora arricchito spir itualmente dalle ultime scoperte tecniche come lo fu dalla scoperte della metall urgia o dell'alchimia. DEMISTIFICARE LA DEMISTIFICAZIONE Ci appare ora ben chiar o quel che lei intende per atteggiamento ermeneutico e, allo stesso tempo, intendi amo l'atteggiamento opposto, che vuol essere di demistificazione e in cui si ritro vano Marx e i marxisti, Freud, Lvi Strauss e gli strutturalisti. Lei deve indubbiam ente qualcosa a ciascuno di loro; per si trova sul versante opposto. Pu precisare la sua posizione7 Ero effettivamente partito dalle tre correnti che lei ha ora e vocato. Prima parlavo dell'importanza radicale dell'agricoltura e quindi di un c ambiamento nelle strutture economiche: Marx ci ha aiutati a capire questo. Freud , da parte sua, ci ha rivelato l'embriologia dello spirito; una cosa molto importa nte--per l'embriologia non che un momento nella conoscenza di un essere. E lo stmt turalismo anche lui utile. Eppure io credo che un atteggiamento di demistificazion e sia un atteggiamento di facilit. Tutti gli uomini arcaici o primitivi sono convi nti che il loro villaggio sia il centro del mondo. Considerare illusione una tale cr edenza non difficile e non porta da nessuna parte. Al tempo stesso si distrugge il fenomeno, non sapendolo osservare sul piano che il suo. L'importante, invece, ~e~rsl,p~/c/~ uomini sono convinti di vivere al centro del mondo. Se voglio capi re una data trib, non per demistificare la sua mitologia, la sua teologia, i suoi c ostumi, la sua rappresentazione del mondo. Voglio capire la sua cultura; capire, quindi, perch quegli uomini credono ci che credono. E se capisco perch credono che il loro villaggio sia il centro del mondo, comincio a capire la loro mitologia, la loro teologia, quindi il loro modo di esistere nel mondo. Del resto tanto di ~cile da capire.7 Mi ricordo di una pagina di Merleau-Ponty, in cui, dopo aver p arlato dell'accampamento primitivo, aggiunge: Arrivo in un villaggio di vacanZa, felice di abbandonare i miei lavori e il mio ambiente consueto. Mi sistemo nel v illaggio, c~e diventa il centro della mia vita ( .) Il nostro corpo e la nostra percezione ci spingono sempre a prendere il paesaggio c~e ci presentano per il centro d~el mondo. Si, l'esperienza che viene chiamata sacra, o religiosa, esi stenziale. Lo stesso uomo, a causa del suo corpo nello spaZio, si orienta nei qu attro punti dell'orizzonte e si tiene tra l'alto e il basso. i~ naturalmente il centro. Una cultura si costruisce sempre su un'esperienza esistenziale. Quando l ei parla delle religioni, delle culture, delle pi primitive e arcaiche come quell e dell'Australia, lo fa con infinito rispetto. Per lei non si tratta di document i etnologici, bens di opere. Le religioni, per lei, sono opere ammirevoli, piene di senso e di valore: sullo stesso piano dell'Odissea o della Divina Commedia o delle opere di Shakespeare. Mi sento del tutto contemporaneo alle grandi riforme , alle grandi rivoluzioni politiche e sociali. Tutte le Costituzioni parlano del l'eguaL La prova del labirinto ~ 124 ~ Storia e ermeneutica 125 glianza tra gli uomini: qualsiasi essere umano ha esattamente lo stesso valore d i un genio di Parigi, di Boston o di Mosca. Ma, di fatto, questa una cosa che no n si vede. Io colgo la portata di questo principio quan- I do mi accosto a un au straliano; e non mi accosto nemmeno come fan- ~, no tanti antropologi la cui uni ca curiosit quella di conoscere dene istituzioni e dei fenomeni economici: conosc ere ci indubbiamente molto interessante, ma fermarsi 1~ non il miglior metodo per afferrare il contributo di quegli uomini alla storia dello spirito. Quel che da vvero mi interessa imparare come reagisce un essere umano quando costretto ad es istere in un deserto australiano o nella zona ~rtica. Come ha fatto, non solo a sopravvivere come specie zoologica, come i piccioni o le foche, ma a sopravviver e come essere umano, creando una cultura, una religione, un'estetica? Sono vissu ti in quelle regioni in quanto es~seri umani, ovvero hanno creato. Non hanno acc ettato di comportarsi come le foche o come i canguri. Per questo motivo sono mol to fiero di essere un umano: non perch sono discendente dalla prodigiosa cultura mediterranea, ma perch mi riconosco, in quanto essere umano, ~ nell'esistenza ass unta da un australiano. Per questo la sua cultura mi interessa, e cos~ la sua re ligione, la sua mitologia. Questo spiega il mio atteggiamento di simpatia; non u na sorta di passeismo che mi porte- :~ rebbe a voler tornare al mondo degli abor igeni australiani o degli Eschimesi. Voglio riconoscermi--nel senso filosofico d el termine--nel mio fratello: nella mia qualit di rumeno, sono stato come lui mig liaia di . anni fa. E, grazie a questa idea, mi sento del tutto della mia epoca: in effetti se esiste una scoperta originale e importante in grado di caratteriz zare il nostro secolo, ben questa: l'unit della storia e dello spirito umano. Ecc o perch io non demistifico. Un giorno, ia nostra` demistificazione>~ ci verr rinfacci ata dai discendenti degli ex-coloniz- ~ zati. Ci diranno: Esaltate la creativit de l vostro Dante e del vostro ` Virgilio, mentre demistificate la nostra mitologia e la nostra religione. I vostri antropologi continuano ad insistere sui presupp osti socio-eco- ~ nomici della nostra religione o dei nostri movimenti messianic i e mil- ~, lenaristici, e sottointendono che le nostre creazioni spirituali, co ntrariamente alle vostre, non si elevano mai al di sopra delle determinazioni ma teriali o politiche. In altri termini noi, i primitivi, saremmo incapaci di ragg iungere la libert creatrice di un Dante o di un Virgilio... Sull'atteggiamento di d emistificazione, pu a sua volta gravare il sospetto di etnocentrismo, di provincial ismo occidentale e, in fin dei conti, tale atteE~iament ~ ve essere demistificat~_ Quel che ha appena detto ci permette anche di capire dehnitivamente perch la stor ia delle religioni tende all'ermeneutica. Se le religioni e i capolavori della n ostra cultura sono cose apparentate, di tutta evidenza l'atteggiamento ermeneuti co si impone. Infatti chiaro a tutti cbe l'analisi linguistica non esaurisce il nostro rapporto con Rilke o con du Bellay. Tutti sappiamo che una poesia non si riduce alla sua t meccanica n alle condizioni storiche che l'hanno resa possibile . E se a ci lo riducessimo, peggio per noi!... Se questo lo capiamo per quel che riguarda la poesia, come non capirlo di pi quando si tratta di una religione? Per fettamente d'accordo! Per questo io accosto sempre l'universo immaginario della poesia all'universo immaginario della religione. In virt di questo paragone, chi conosce poco l'ambito delle religioni pu accedervi facilmente. Lei direbbe che la sfera della religione una provincia dell'immaginario e del simbolico? Certament e. Ma bisogna dire anche che all'inizio ogni universo immaginario era, per usare questo termine poco felice, un universo religioso. Dico termine poco felice, perc h usandolo abbiamo davanti a]lo spirito di solito soltanto il giudeo-cristianesim o oppure il politeismo pa~, gano. L'autonomia della danza, della poesia, delle a rti plastiche, una ~scoperta recente. In origine, tutti questi mondi immaginari avevano un ~valore e una funzione religiosa. In un certo senso, non li hanno for se conservati? Le capitato di parlare di demisti~cazione alla rovescia e dice che bisogna ritrovare ; nelle opere profane, le opere letterarie, a volte, lo scenar io dell'iniziazione, ad esempio. Lei sa che da una generazione la critica letter aria americana, negli Stati Uniti soprattutto, ha ricercato nei romanzi contempo ranei i temi dell'iniziazione, del sacrificio, gli archetipi mitici. Credo che i l sacro sia carnuffato nel profano come, per Freud o Marx, il profano era camuff ato nel sacro. Io ritengo sia legittimo ritrovare i patterns e i riti iniziatici in certi romanzi. Vi qui per tutto un problema e spero che qualcuno lo affronter: decifrare il camuffamento del sacro nel mondo ~desacralizzato. IL LAVORO DELLO STORICO METODO: COMINCIARE DALL ORIGINE Non le chieder certo di ripercorrere le t appe della storia delle religioni, nemmeno dall'inizio del secolo: lo ha fatto n el suo libro La nostalgia delle origini; vorrei tuttavia sapere che cosa lei dev e di essenziale ai suoi predecessori, agli studiosi pi anziani. Mi piacerebbe che lei mi parlasse di Georges Dumzil, il quale nel 1~45 la accoglie a Parigi. Conos cevo e ammiravo l'opera di Georges Dumzil molto prima di conoscerlo di persona, n el settembre del 1945, a pochi giorni dal mio arrivo a Parigi. Da allora la mia ammirazione per il suo genio non ha fatto che aumentare, via via che sviluppava e precisava le sue idee sul- le religioni e le mitologie indoeuropee. Non penso esista nel mondo intero uno s tudioso con un'erudizione linguistica altrettanto prodigiosa (conosce pi di trent a lingue e dialetti!), un sapere di storico delle religioni cos~ immenso e che s ia al tempo stesso dotato di un tale talento letterario. ~ a Georges Dumzil che s i deve il rinnovamento degli studi religiosi e delle mitologie indoeuropee. Egli ha messo in luce limportanza della concezione tripartita della societ propria ag li indoeuropei, ovvero r~sua suddivisione in tr zone sovrapposte, in corrispondenz a con tre funzioni: sovran~" forza e fecondit. L'esempio di Dumzil capitale per la storia~ ref~gioni in qu~anto disciplina autonoma~ dal momento che ha portato bri llantemente a termine la minuziosa analisi filologica e storica dei testi grazie a conoscenze tratte dalla sociologia e dalla filosofia. La prova del labirinto ~ Il lavoro dello storico Per quel che riguarda la mia carriera~ scientifica in F rancia, devo quasi tutto a Georges Dumzil. E stato lui ad invitarmi a tenere dei corsi presso l'Ecole des hautes tudes (nei quali ho esposto alcuni capitoli del T rattato di storia delle religioni e del Mito dell'eterno ritorno) ed ancora lui che ha presentato a Brice Parain il manoscritto del mio primo libro pubblicato d a Gallimard. Lei accetta senza di~colt lo strutturalismo~ di Dumzil, mentre rifiuta quello di Lvi-Strauss? S, accetto lo strutturalismo di Dumzil, di Propp--e di Goethe . Lei sa che Goethe, quando studiava la morfologia delle piante, aveva pensato c he tutte le forme vegetali potevano essere ricondotte a ci che egli chiamava la pi anta originaria e che fin per identificare questa Urplanze con la foglia. Propp er a rimasto segnato da questa idea, al 3 punto che, nell'edizione russa di Morfolo gia del racconto popolare, ogni capitolo porta in epigrafe un lungo brano del li bro di Goethe. Quanto ~ a me, ai miei inizi almeno, pensavo che per vederci chia ro in questo oceano di fatti, di figure, di riti, lo storico delle religioni dov eva, nel suo ambito, ricercare la pianta originaria, l'immaginle primor~iak~ ovver o ci che risulta dall'incontro tra l'uomo e il sac~..Insomma, lo stmtturalismo ch e mi pare fecondo~-q;eIl ch consiste nell'interrogarsi sull'essenza di un insieme d i fenomeni, sull'ordine primordiale che ne fonda il significato. In Lvi-Strauss a mmiro molto lo scrittore, ~ lo considero uno spirito notevole, non posso per mett ere a frutto D . suo metodo, nella misura in cui esclude l'ermeneutica. Uno stor ico del le religioni, qualunque siano le sue opinioni--che possono andare dal ma rxismo allo psicologismo--pensa in effetti che il suo primo dovere sia quello di cogliere il si.g~ificato originariQ di un fenomeno sacro e di interpretarne la storia. Non vedo quindi come uno storico delle religioni pu utilizzare lo struttur alismo alla Lvi-Strauss. Quali sono i maggiori ostacoli che ha incontrato sul suo cammino~ E le s3~e incertezze, i suoi dubbi pi grandi? Una gran difficolt fu quell a di essere al tempo stesso romanziere e impegnato nel lavoro scientifico. Agli inizi, in Romania, i miei maestri o i miei colleghi mi guardavano con una certa diffidenza. Si dicevano: Uno che scrive romanzi di successo non pu essere contempo raneamente uno spirito oggettivo. Solo dopo che Yoga fu pubblicato in francese e che alcuni grandi indianisti lo recensirono in termini favorevoli, dovettero ric onoscere che almeno quel che facevo era serio... In seguito ho spesso ritardato la traduzione dei miei romanzi per non nuot cere al mio credito di storico delle religioni e di orientalista. i~ vero che oggi, para dossalmente, la traduzione di Foresta proibita verr pubblicata in America da un'e ditrice universitaria. Un'altra difficolt era di forzarmi a portare avanti un lav oro scientifico quando ero preso dall'argomento di un romanzo o di una novella. : Continuavo a fare lezione, evidentemente, ma non ero pi l... Lei mi parla delle sue di/Jicolt, ma non ha mai provato dubbi in merito alla validit delle sue a~erma zioni.? Non ho mai avuto dubbi veri e propri, per ho sofferto di una sorta di perfez ionismo. Per spiegare una parte della mia carriera, bisogna ben tenere conto del fatto che appartengo a una cultura minore provinciale. Avevo paura di non essere i nformato a sufficienza. Allora scrivevo ai miei maestri, ai miei colleghi e, d'e state, mi recavo all'estero, nelle biblioteche. Se mi capitava di trovare un'int erpretazione diversa dalla mia, ero felice di vedere che si poteva capire un dat o fenomeno da punti di vista diversi. A volte correggevo un dettaglio della mia opera. Non ho comunque mai provato un dubbio radicale e che mi abbia costretto a d abbandonare la mia ipotesi o il mio metodo. Quel che scrivevo era fondato sull a mia esperienza personale dell'India, su quell'esperienza di tre anni. Lei dice il mio metodo~... Qual ? ~- Il primo punto andare alle fonti migliori--alle migli ori traduziorli, ai migliori commenti. Per questo io stesso interrogo i miei col leghi e degli specialisti. Questo mi risparmia la lettura di migliaia di pagine di scarso interesse. La preoccupazione di conoscere a fondo le fonti , del resto, uno dei motivi per cui ho consacrato sette o otto anni allo studio dell'Austral ia: sentivo di poter leggere da solo tutti i documenti neceSSari, cosa impossibi le per l'Africa o per le trib americane. t Il secondo punto, quando ci si accosta a una religione arcaica o tradizionale~ di cominciare dall'inizio, ovvero dal m ito cosmogonico. In ~e modo venuto in essere il m~ ndo? Chi lo ha crato~ Dio~ un La prova del labirinto 1 Il lavoro dello storico demiurgo, un antenato mitico? O ppure il mondo c'era gi? Una figu ~ ra divina ha cominciato a trasformarlo? Vengo no poi i miti dell'origine dell'uomo e di tutte le istituzioni. Direbbe, per par afrasare una battuta ben nota sul fantasma, che il mito dell'origine l'origine d ei miti? Tutti i miti sono delle varianti del mito dell'origine in quanto la cre azione del mondo il modello di qua.siasi creazione. L'origine de.' mondo i. mode llo di que.la dell'uomo, de.le piante ed anche della sessualit e dena morte, o, a ncora, dene istituZioni... Ogni mitologia ha un inizio e una fine; all'inizio la cosmogonia e, alla ~ne, l'escatologia: ritorno degli antenati mitici o venuta d el messia. Lo storico delle re.igioni, quindi, non vedr la mitologia come un insi eme incoerente di miti, bens come un corpo dotato di un significato--insomma, com e una storia santa. La domanda a cui risponde il mito dell'origine , in forma diversa, la domanda di Leibniz che ben sappiamo quale posto occupa in Heidegger: Perch c' qualcosa invece di niente? S, la domanda la stessa. Perch i. reale, ovvero il mondo, esiste? Come s i rea.izzato i. reale? .~ proprio per questo che a proposito dei miti dell'uomo primitivo, ho parlato spesso di una ontologia arcaica. Per il primitivo, come per l'uomo delle societ tradiziona.'i, g.'i oggetti del mondo esterno non hanno un va lore intrinseco autonomo. Un oggetto o un'azione acquistano un valore e, cos face ndo, diventano rea.i, in quanto partecipano, in un modo o nell'altro, a una real t che li trascende. Si potrebbe dire quindi, come suggerivo nel Mito dell'eterno ritorno, che l'ontologia arcaica ha una struttura platonica... L IN 5 PIEGATO La di~Jicolt d'informazio~e spiega quindi una certa assenza dell'Arri- . ca nella s ua opera? Una quindicina di anni fa ho progettato una storia dene religiorii pri mitive. Ho pubblicato soltanto il .ibretto consacrato ane religiorii ~llctr~iane L~immensit della dncllmenta~inne mi ha fatto esitare di fronte a.l'Africa. A par tire da Griaule e dai suoi alIievi, l'africanismo francese ha a tal punto rinnov ato la nostra comprensione delle religioni africane... Lei ha conosciuto Marcel Griaule? S, piuttosto bene, e ho avuto l'impressione che le sue scoperte e le sue interpretazioni confermassero il mio modo di procedere. Con lui, con il suo Die u d'eau, f.nita una volta per tutte la stupida immagine che ci si faceva dei selv aggi. i~ finita con la menta.'it prelogica>~, tema che lo stesso Lvy-Bruhl aveva, de l resto, abbandonato. Quando si visto che Griaule era venuto a conoscenza della straordinaria e rigorosa teologia dei Dogon solo dopo lunghi e svariati soggiorn i presso di loro, risu.'t chiaro che una tale conoscenza faceva difetto ai viaggi atori comuni. A partire da quel che si sa in merito ai Dogon, si in diritto di s upporre in a.tre popolazioni, e in tutto i. pensiero arcaico~, l'esistenza di una teologia al tempo stesso ben costruita e sotti.e. Per questo l'opera di Griaule di estrema importanza, non solo per gli etnologi, ma anche per g.'i storici del le religioni i qua.i, fino ad allora, avevano un'eccessiva tendenza a ripetere F razer. Ho sentito raccontare che dopo la morte di Griaule, un giorno un certo nu mero di amici suoi, Dogon ed europei, in territorio dogon, si sono riuniti per c elebrare la sua memoria. Nel corso del pranzo, hanno visto Griaule tra di loro.. . Quando lei sente racconti del genere, li ritiene possibili? Queste cose sono p ossibi.i quando gli uomini a cui accadono appartengono ad un determinato univers o spirituale. Se i Dogon hanno visto Griaule dopo la sua morte, ci sta ad indicar e che effettivamente e.~a uno dei loro spiritualmente. In questo ambito dei feno meni cbe la nostra ragione abituale e la nostra scienza non conoscono~e apparizi oni dopo la morte, ad esempi~certe cose sarebbero possibili o impossibili in /un zione della no- stra qualit spirituale? i~ quanto affermava un emologo e storico delle religioni italiano, Ernesto de Martino, i. qua.e nel suo libro Il mondo magico, studiava u n certo numero di fenomeni parapsicologici, spiritistici>~, nei primitiLa prova del labirinto ~ Il lavoro dello storico vi. Egli riconosceva la realt di quei fenomeni nelle culture primitive, ma non nella nostra. Egli credeva nell'autenticit delle apparizioni provocate da uno sciamano ma negava quella di apparizioni analoghe nel corso delle nostre sedute spiritiche. Il fatto che per lui, la natura stessa culturalmente condizionata. Certe leggi naturali variano in funzione dell'idea che le diverse culture si fanno de,11a natura~. Da noi la natura obbedisce, per f are un esempio, alla legge di gravit; questa per non una legge nelle societ arcaiche: di qui la possibilit di fenomeni parapsicologici>~... ,~ una teoria molto controv ersa, evidente- ~ mente, ma io la trovo interessante. Quanto a me, non mi sento di pro- 'nunciarmi in materia di parapsicologia. ,~' comunque consentito spe- ; ra re che ne sapremo di pi in merito tra una generazione. Ho sentito dire che un geo grafo marxista, stimato e specialista delI'Africa, a,~erma, in privato, che gli dei locali sono delle forze reali... Delle forze reali>~ era cosa nota... Tuttavi a credere nella manifestazione coerente e, per cos dire, incarnata di queste forze, una altra cosa. Quando un australiano, ad esempio, ci parla di certe forze ` co smiche o anche psicosomatiche incarnate in un essere sovrumano, ben difficile sa pere se ce lo rappresentiamo nello stesso modo in cui se lo rappresentano gli ab origeni... Comunque quel che mi dice di quel geografo marxista molto interessant e. Ci dimostra che si tratta di uno spirito del tutto scientifico: accetta l'evid enza. E come non essere turbati dal fatto che spiriti come Nietzsche e ` Heidegg er parlino degli dei, pensino gli dei? A meno di credere che si tratti solo di una f unzione poetica... Nietzsche, Heidegger e anche Walter Otto, il grande specialis ta della mitologia e della religione greca, il quale, nel suo ,!ibro sugli dei o merici, affermava la realt di quegli dei. Ma cosa intendevano esattamente quegli studiosi e quei filosofi per realt degli dei? Pensavano forse la realt degli dei all a stregua di un greco antico?... Ci che in effetti molto conturbante, il fatto ch e non si tratta di affermazioni puerili o superstiziose, bens di a~ermazioni nate da un pensiero maturo e profondo. A proposito di storie che danno da pensare, r ileggevo ieri nel suo Diario qualche riga in cui una delle sue amiche racconta c be ba vist al posto del muro di un granaio un giardino pieno di luce e poi, in s eguito, pi niente del genere... Lei lo racconta e prosegue. S, a che pro' fare com menti? Ci sono delle esperienze transumane che siamo ben costretti a constatare. Ma con quali mezzi conoscerne la natura? Ma a lei sono successe cose simili? Es ito a rispondere... L'ARCA DI NOE La storia delle religioni, per lei, non solo trasforma interiormen te, spiritualmente, colui che ad essa si consacra, essa rinnova altres oggi il sa cro. Tra le note pi illuminanti del suo Diario, trovo la seguente, in data 5 dice mbre 1959: Se vero che Marx ba analizzato e 'smascherato' I'inconscio sociale e c he Freud ha fatto lo stesso per l'inconscio personale, se quindi vero cbe psican alisi e marxismo ci insegnano il modo di passare al di l delle 'sovrastrutture' p er arrivare alle cause e alle motivazioni vere, in tal caso la storia delle reli gioni, come io la intendo, avrebbe lo stesso fine: identificare la presenza del trascendente nell'esperienza um~ana, isolare all'interno della massa enorme dell 'inconscio, ci cbe transconscio (...) 'smascberare' la presenza del trascendente e del sovrastorico nella vita di ogni giorno. Altrove lei scrive cbe il fenomeno c apitale dal xx secolo, non la rivoluzione del proletariato bens la scoperta dell'uo mo non europeo e del suo universo spirituale. E aggiunge che l'inconscio, al pari del mondo non occidentale, si lascer decifrare dall'ermeneutica della storia delle religioni. Si deve quindi intendere che la grande rivoluzione intellettuale, e capa ce forse di cambiare la storia, non sarebbe n il marxismo n il freudismo, n il mate rialismo storico n l'analisi dell'inconscio, bens la storia delle religioni... ,i~ effettivamente ci che penso e la ragione di ci semplice: la storia de,tle religio ni investe ci che per eccellenza umano: il rapporto dell'uomo con il sacro. La st oria delle religioni pu avere un ruolo di estrema importanza nella crisi che cono sciamo. Le crisi dell'uomo moderno sono in gran parte religiose nella misura in cui sono la presa La prova del labirinto ~ Il lavoro dello storico di coscienza di un'assenza di significato. Quando si sente di aver perso la chiave de,~la pro pria esistenza, quando non si sa pi qual i, senso della vita, si tratta di fatto di un problema religioso dal momento che la religione appunto una risposta alla questione fondamentale: qual il senso dell'esistenza?... In questa crisi, in que sto smarrimento, la storia de,11e religioni come un'arca di No de,11e tradizioni mitiche e religiose. Per questo penso che questa disciplina totale pu avere una fun zione maestra. Le pubblicazioni scientifiche costituiranno forse una riserva in cu i si camufferanno tutti i valori e i modelli religiosi tradizionali. Da qui il mio sforzo costante di mettere in evidenza il significato dei fatti religiosi. Lei parla di tradizione, di trasmissione. Scriverebbe forse la parola tradizione con la T maiuscola? Su questo punto si sente vicino a un Gunon, a un Abellio? Ho let to Ren Gunon piuttosto tardi e alcuni dei suoi libri mi hanno interessato molto, i n particolare L'Homme et son Devenir selon le Vedanta, che ho trovato molto be,1 10, inte,11igente e profondo. In Gunon, tuttavia, c'era tutto un lato che mi irri tava; il suo lato polemico ad oltranza e il suo rifiuto brutale di tutta la cult ura occidentale moderna; come se bastasse insegnare alla Sorbona per non aver pi la minima possibiJit di capire qua,cosa. Un'altra cosa che non mi piaceva era il disprezzo opaco per certe opere d'arte e della letteratura moderna. E neppure il complesso di superiorit che lo spingeva a credere, ad esempio, che Dante non pu e ssere capito che nella prospettiva della tradizione, pi esattamente la tradizione s econdo Ren Gunon. Ora Dante un grandissimo poeta, evidentemente, e, per capirlo, bisogna ama re la poesia e, soprattutto, conoscere a fondo il suo immenso universo poetico. Per quel che riguarda la tradizione, o la Tradizione, l'argomento complesso e de licato a un tempo; non oso affrontarlo in una conversazione tranquilla e generic a come la nostra in questi incontri. Ne,11a lingua comune, il termine tradizione u sato in contesti multipli ed eterogenei; si riferisce a de,11e strutture sociali e a dei sistemi economici, a dei comportamenti umani e a delle concezioni moral i, a delle opzioni teologiche, de,11e posizioni filosofiche, degli orientamenti scientifici e via di seguito. Oggettivamente, cio tenendo conto dei documenti di cu i dispone lo storico delle religioni, tutte le culture arcaiche e orientali, com e tutte le societ, urbane o rurali, strutturate da una de,lle religioni rivelate- -giudaismo, cristianesimo, islam--sono tradizionali. In effetti esse si consideran o custodi di una traditio, di una storia santa che costituisce una spiegazione tot ale del mondo e la giustificazione della condizione umana attuale, e che, d'altr a parte, si presenta come summa dei modelli esemplari dei comportamenti e delle attivit umane. Tutti questi modelli sono ritenuti di origine transumana o di ispi razione divina. Nella grande maggioranza delle societ tradizionali, certi insegna menti sono esoterici e, in quanto tali, trasmessi tramite un'iniziaZione. Ora, a i nostri giorni, il termine Tradizione designa molto spesso l'esoterismo, l'insegnam ento segreto. Di conseguenza, chi si dichiara adepto de,lla Tradizione lascia inte ndere che iniziato, che il detentore di un insegnamento segreto. E questo, nel migli ore dei casi, un'illusione. Uno dei sensi della storia delle religioni, per lei di salvare ci che merita di essere salvato, di salvare dei valori ritenuti essenz iali. Ma se lo storico delle religioni deve fare lo sforzo di tutto comprendere, non pu tutto giusti]S~care. Non pu voler perpetuare o restaurare tutte le credenz e, tutti i riti. Al pari di ognuno di noi deve scegliere tra dei valori e stabil ire delle gerarchie. Lei come concilia il rispetto per tutto ci che umano e l'ine vitabile scelta morale? Ad esempio: certi movimenti umanitari di recente si sono sollevati all'Unesco contro le pratiche di excisione. Se l'Unesco la consultass e a questo riguardo, quale sarebbe la sua risposta? Consig,!ierei senza esitare a,11'Unesco di condannare l'excisione. Questo rito non ha grande importanza, non per nu,11a primitivo, anzi si presentato piuttosto tardivamente. Non costituisc e affatto un centro de,lle concezioni religiose o delle iniziazioni per i popoli che lo praticano e non riveste un valore fondamentale per il loro comportamento religioso o morale. Insomma, non che il risultato di una crescita che definirei cancerosa: a un tempo pericolosa e mostruosa. L'abbandono di un tale costume si i mpone assolutamente. Il terzo tom~o della sua Storia delle credenze e de,~le ide e religiose deve abbracciare il periodo che va dalla nascita dell'Islam alle teol ogie atee contemporanee. Per lei, quindi, I'ateismo fa parte della storia delle r eligioni. Leggendo il suo Diario, si sa, d'altra parte, che lei ha conosciuto ne gli Stati Uniti Tillich e certi teolo~.i della morte di Dio. La prova del labirint o Questo tema della morte di Dio non forse il concetto limite della storia delle r eligioni? Per cominciare far questa osservazione: il tema della morte di Dio non un a novit radicale; rinnova, insomma, quello del deus otio- ~ sus, del dio che si allontanato dal mondo dopo averlo fabbricato ed 3 questo un tema che si ritrova in molte re,igioni arcaiche. ~ vero per che la teologia della morte di Dio di estrema importanza in quanto l'unica creazione religiosa del mond o occidentale moderno. Qui abbiamo a che fare con lo stadio ultimo della desacra lizzazione. Per lo storico delle religioni ci ha un interesse considerevole poich questa tappa ultima illustra il camuffamento perfetto del sacro, ovvero, per megli o dire, la sua identificazione con il profano. ~ ancora troppo presto, indubbiamen te, per cogliere i, senso di questa desacralizzazione e delle teologie della morte di Dio che sono a lui contemporanee; troppo presto per prevederne l'awenire. Ma l a questione che essa pone la seguente: in che misura il profano 3 pu diventare sacro; in che misura un'esistenZa radicalmente secolarizzata, senza Dio e senza dei, s uscettibile di costmire il punto di ~`~ partenza di un nuovo tipo di religione? In travedo tre grandi tipi di risposte a questa questione. Quella dei teologi della morte di Dio, innanzitutto: al di l del crollo di tutti i simbo,i, i riti e i conc etti delle chiese cristiane, essi comunque sperano che, grazie a una paradossale e misteriosa coincidentia oppositorum, questa presa di coscienza del carattere radicalmente profano del mondo e dell'esistenza umana, possa fondare una nuova m odalit di esperienza religiosa, da, momento che per loro la morte della religione non la morte de,lla fede, anzi... Un'altra risposta consiste nel ritenere secondarie le forme storiche della contrapposizione sacro/profano: la scomparsa dene religio ni non implicherebbe affatto quena della religiosit, e la regolare trasformazione de i va,ori sacri in valori profani conterebbe meno dell'incontro permanente che l'uomo fa di se stesso, meno dell'esperienza della sua stessa condizione... Infine, te rza risposta: si pu pensare che la contrapposizione del sacro e del profano ha senso solo per le religioni e che il cristianesimo non una religione. Il cristiano non dovrebbe pi vivere, come l'uomo arcaico, in un cosmo,; bens, nella storia. Ma co s' la storia? E che valore ha la tentazione o il tentativo di sacralizzarla? Quale mondo si vorrebbe, a questo modo, che essa salvi? FIGURE DELL'IMMAGINARIO LA REL IGIONE, IL SACRO Lei ha senza dubbio presente il paragrafo di apertura del Totem ismo oggi di Lvi-Strauss: Con il totemismo succede come con l'isteria. Quando si p ensato di dubitare che fosse possibile isolare in modo arbitrario determinati fe nomeni e raggrupparli in modo da farne i segni diagnostici di una malattia o di un'istituzione oggettiva, i sintomi stessi sono scomparsi, oppure si sono rivela ti ribelli alle interpretazioni unificanti...~ Per la religione non forse la stess a cosa? O ancora se la storia o la scienza delle religioni ha un oggetto, qual ? Il suo oggetto il sacro. Ma come delimitare il sacro? E molto di,rficile. Una co sa che, comunque, mi sembra del tutto impossibile, immaginare in che modo potreb be funzionare lo spirito umano senza la convinzione che nel mondo vi qualcosa di irriducibilmente reale. ~ impossibile immaginare come potrebbe far la sua compa rsa la coscienza senza conferire un signi~cato agli impulsi e alle esperienze de ll'uomo. La coscienza di un mondo reale e significativo intimamente legata alla scoperta del sacro. Tramite l'esperienza del sacro, lo spirito ha colto la diffe renza tra ci che si rivela come reale, forte, ricco e significativo, e ci che sprovvisto di queste qualit, ovvero il flusso caotico e periglioso delle cose, il loro apparire e il loro scomparire fortuito e privo di senso... Tuttavi a bisogna ancora insistere su questo punto: il sacro non uno stadio nella storia della coscienza, un elemento nelLa prova del labirinto ~ Figure de,11'immaginar io la struttura di tale coscienza. Ai gradi di cultura pi arcaici, vivere in quan to essere umano , in s, un atto religioso in quanto l'alimentazione, la vita sessu ale e il lavoro hanno valore di sacramento. L'esperienza del sacro inerente al m odo di essere de,ll'uomo nel mondo Senza l'esperienza del reale--e di ci che non lo --l'essere umano non potrebbe costruire se stesso. Ed a partire da questa evid enza che lo storico delle religioni comincia a studiare le diverse forme re,igio se. Il sacro dunque la pietra angolare dell'esperienza religiosa. Per diverso da un fenomeno ,~sico o da un fatto storico: lo si scopre solo attraverso una fenome nologia? Proprio cos. E per cominciare, quando si pensa al sacro, non bisogna limi tarlo a delle figure divine. Il sacro non implica il credere in Dio, in molti de i o in determinati spiriti. Si tratta, ripeto, de,ll'espe- ~3 rienza di una real t ed la fonte della coscienza di esistere nel mondo. Cos' questa coscienza che ci fa uomini? ~ il risultato di questa esperienza del sacro, della divisione che si opera tra il reale e l'irreale. Se l'esperienza del sacro essenzialmente dell'o rdine della coscienza, evidente che il sacro non si riconoscer dal di fuori. Ciascu no lo potr riconoscere negli atti religiosi di un cristiano o di un primitivo gra zie all'esperienza interiore. Il sacro si contrappone al profano ed lui stesso ambiv alente, non solo in quanto i suoi due poli sono la vita e la morte, ma inoltre i n quanto attrae e fa orrore: sono queste le grandi linee del suo libro Il sacro e il profano e del Trattato di storia delle religioni in cui lei cita una ri~ess ione molto vicina alla sua, quella di Roger Caillois in L'Homme et le Sacr. Sono cose ben note. Tuttavia in un'introduzione del 1~64 al suo saggio Il sacro e il profano, lei scriveva: ~<Rimane un problema al quale abbiamo solo accennato: in che misura il 'profano' pu diventare, in s, 'sacro'; in che misura un'esistenza ra dicalmente secolarizzata, senza Dio e senza dei, suscettibile di costituire il p #nto di partenza di un nuovo tipo di 'religione'?... Facciamo un esempio semplice : sacro il mausoleo di Lenin? Per lo storico de,le religioni, il problema in effet ti quello di riconoscere la sopravvivenza, camufEata o sfigurata, del sacro, de, lle sue espressioni, de,lle sue strutture, in un mondo che si Pone come mondo ri solutamente profano. ,~ cos che si possono ritrovare in Marx e nel marxismo alcun i grandi miti biblici: il ruolo redentore del Giusto, la lotta f,nale, escatolog ica, tra il Bene (il proletariato) e il Male (la borghesia), a cui segue l'insta urarsi dell'Et dell'oro... Non direi, per, che il mausoleo di Lenin sia di ordine religioso, anche se questo simbolo rivoluzionario ha la funzione di un simbolo r eligioso. Ma la divinizzazione dell'imperatore romano? A Roma abbiamo a cbe fare con la sopravvivenza profana e laica di un sacro oppure siamo ancora nel sacro arcaico? Siamo in pieno nel sacro: arcaico e moderno. L'apoteosi dell'im- peratore procede in linea diretta da,ll'ideologia reale dell'oriente. Al sovrano , al capo, a,ll'Imperator incombe la responsabilit per l'ordine e la fecondit nell 'impero. Egli assicura il ciclo cosmico, I'ordine de,lle stagioni e il successo- -la fortuna. Egli incarna il genio protettore de,ll'impero, come facevano prima di lui i re della Mesopotamia e i faraoni divini. Mi pare di ricordarmi che a un certo punto nelle sue Antimemorie Malraux chiede a Mao-Tzedong se sa di essere I 'ultimo imperatore; e I'imperatore di bronzo gli d ragione... Nell'imperatore romano lei vede un uomo sacro al pari dell'antico imperatore cinese: legame tra la ter ra e il cielo, e responsabile dell'ordine del mondo. In Lenin lei vede soltanto la sopravvivenza del sacro. Di Mao-Tzedong cosa dice? Mao poteva a giusto titolo dirsi l'ultimo imperatore. Egli era il custode e l'interprete della buona dottrin a e, ne,lla vita di ogni giorno, il responsabile de,la pace e del benessere del suo popolo. Era effettivamente un imperatore, quasi mitologico, archetipico. Era il prolungamento de,lla tradizione cinese. Solo il vocabolario era mutato, la f unzione restava. Ma cosa ci consentir di fare una distinzione tra l'ultimo impera tore Mao e l'ultimo zar Lenin? Mi sembra che lei faccia una distinzione implicit a tra un sacro vero, il quale si riferirebbe al trascendente, e un sacro falso... E certo che nelle ideologie politiche contemporanee manca il rapL 141 La prova del labirinto 140 i ~ ,Figure de,~l'immaginario porto con il trascendente. Tuttavia del sentimento sacro permangono i] senso del la fondamentale responsabi,it del capo e l'esperienza messianica. Non so che idea si facesse Stalin di se stesso. Ma legga i poeti: veniva visto come un sole, co me l'Uomo unico. Si tratta di immagini, indubbiamente non trascendenta,li, ma a,1m eno transumane, sovm mane. Il mito di Stalin traduce una nostalgia per l'archetipo . Non esiste degradazione che non ricordi un grado pi elevato, perso o desiderato i n maniera confusa. MITO, RITO, INIZIAZIONE... Il sacro dunque l'essenza del reli gioso. Indubbiamente, per, non c' religione senza riti, senza miti, senza simboli e, per prima cosa forse, senza iniziazione: il rito attraverso cui l'essere nasc e ai miti e ai simboli della comunit religiosa... ~ti, miti, simboli: in che modo queste cose sono legate tra di loro? Lei ha appena riassunto la storia de,le re ligioni e ci vorrebbero volumi interi per risponderle!... Il mito racconta una s toria sacra, ovvero un evento primordiale che si prodotto all'inizio dei tempi e i cui personaggi sono degli dei o degli eroi civilizzatori. Per questo motivo i ,1 l~ mito fonda la verit assoluta. Per questo, rivelando in che modo una realt ve nuta in esistenza, i,l mito costituisce i, mode,~lo esemplare non solo dei riti, ma anche di qua,lsiasi attivit umana significativa: alimentazione, sessualit, lav oro, educazione... Da quel momento, nei suoi gesti quotidiani, l'uomo imita gli dei, ripete le loro azioni. Ho spesso fat- to l'esempio di una trib de,11a Nuova Guinea: ivi un solo mito serve di modello p er tutte le attivit che riguardano la navigazione, da,11a co- ; struzione della b arca e i tab sessuali che essa implica ai gesti della pesca e agli itinerari dei navigatori. Il pescatore, facendo un ta,1e gesto rituale non implora il soccorso di dio: lo imita, si identifica al dio... Quel che bisogna anche vedere, quel c he bisogna capire, i,1 valore esistenziale del mito. Il mito placa l'angoscia, m ette l'uomo al sicuro. Il polinesiano che si arrischia sull'oceano lo fa senza t imore dal momen- 'I to che ha la sicurezza che, a condizione di ripetere esattam ente i gesti de,11'Antenato o del dio, la buona riuscita del viaggio nell'ordine delle cose. Questa fiducia una de,le forze che hanno permesso all'uomo di sopra wivere, veramente. S, come il simbolo d da pensare, il rito aiuta a vivere e il mito talora il sostegno del nostro destino. Mi ricordo un'indicazione del suo Diario in cui lei dice che vorrebbe mostrare in che modo la storia delle religioni pu a iutare a scoprire il trascendente nella vita quotidiana. E d'altronde, il suo Di ario la ra,~igura spesso in una situazione mitica: lei l'esule, lontano dalla su a patria, I'uomo che cerca la sua strada, ma non semplicemente questo uomo perso e nato nel marzo 1907, lei Ulisse e questa immagine, questo pensiero, la sostie ne. Su un altro piano: a volte lei ha accostato l'ontologia di Platone e I'ontolo gia arcaica. Fa anche l'accostamento tra l'Idea e il modello mitico? In entrambi i casi, effettivamente, si tratta di anamnesi. Secondo Platone, per l'anima la con oscenza consiste nel ricordarsi de,~le Idee che ha contemplato in Cielo. Tra gli Australiani, i,1 neofita viene messo a,1la presenza di un oggetto di pietra, il churunga, il quale raffigura il suo antenato mitico. Non ci si limita ad insegn arli la storia sacra de,11a trib e a raccontargli le azioni fondatrici degli ante nati, ma gli viene altres,~ rivelato che quell'antenato era lui in persona. ~ l' anamnesi platonica in pieno! Di solito l'iniziazione viene pensata quale accesso al sacro. Non pu trattarsi di una demistificazione del tipo: Quando eri bambino c redevi... Adesso sappi che...~ s,~, questo tipo d'iniziazione lo si ritrova sopra ttutto ai ,1ive,11i cultura,1i elementari. Si trattava indubbiamente della forma pi antica dei riti di pubert ne,11'Australia sud orientale. Il bambino viene sepa rato da,11a madre, ovvero da,11a natura, viene terrorizzato con i bull-roarer-i rombi--e circonciso. Dopodich gli viene mostrato come si produce quella voce terr ificante deg,1i spiriti e lo si invita a produrla lui stesso facendo roteare i r ombi. Vi quindi demistificazione ma, al tem,~, stesso, passaggio a un grado d'in telligenza superiore. Non si dice che l'Essere soprannatura,1e non esiste, ci si limita a mostrare che una de,11e sue pretese manifestazioni destinata a spavent are solo il non iniziato L'iniziato, da parte sua, una volta liberato dalla sua credenza puerile, viene invitato a scoprire la sua identit con il churunga, corpo pietrificato dell'Antenato il quale, dopo aver fatto su,11a terra tutto quel La prova del labirinto ~ Figure dell'immaginario che doveva fare, si ritirato in c ielo... Per completezza, voglio aggiungere che agli stregoni, agli sciamani, ris ervata un'altra iniziazione. Lei si interrogato sul crollo dell'iniziazione tradizionale e su ci che, nella no stra societ, ne tiene luogo. Io le far semplicemente la seguente domanda: come far e a dire ai bambini che sono degli esseri sessuati e mortali? Al giorno d'oggi n on solo la sessualit desacralizzata, demistificata, ma lo stesso avviene per quel che riguarda la morte: essa viene ignorata, la sua immagine, il suo pensiero, v engono rimossi. In una societ profana risulta di,~icile iniziare i bambini a ques ti due grandi misteri. Io non ho la risposta. Un bambino forse in grado di capir e la morte, la sessualit? Non so che cosa sia meglio fare e dire. Il successo dei libri di Castaneda si spiega in parte, proprio per la nostalgia dell'iniziazion e tradizionale. In che considerazione tiene i suoi libri? Certi antropologi accett ano questa testimonianza, altri ne negano l'autenticit. Ora la sua tesi, Gli inse gnamenti di uno stregone yaqui, stata discussa presso l'universit di Los Angeles. Me ne aveva fatto pervenire le bozze amnch gli dessi il mio parere, a causa dell o sciama- nismo. Avevo appena tenuto una serie di lezioni a,l'universit di Santa Barbara e mi ero fermato per qualche giorno a Los Angeles. Sfortunatamente non h o avuto tempo di leggere subito la tesi di Castaneda. ~ Solo pi tardi ho letto il libro. Castaneda era gi celebre... Una cosa ' mi ha interessato: la sua descrizi one della seduta in cui si fuma. Mostra che l'importante non fumare una determinat a droga, ma farlo in uno spazio consacrato, orientato, qualificato e in un certo stato d'animo, in presenza del maestro. Adottando una certa posizione il fumato re avr una visione, in un'altra, no... Castaneda ha quindi messo in evidenza l'im portanza del rituale, del contesto rituale--e perfino fi- ~` losofico--de,lla dr oga. Ci valeva la pena di essere detto ai giovani che pensano che il semplice fum o porti alla beatitudine. UOMINI SACRI Lei ha consacrato una particolare attenzi one allo yogi, allo sciamano, all'alchimista... Che cosa si pu ~edere di comune i n queste tre figure? si tratti di un'iniziaZione ordinaria o di una straordinari a, lo scenario sempre lo stesso: morte simbolica a cui fa seguito una rinascita, una risurrezione. Pensi allo yogi: muore agli occhi del mondo profano, abbandon a la famiglia, cambia nome e a volte lingua... Nel mio libro sullo yoga ho mostr ato l'abbondanza di termini di morte e rinascita nel vocabolario degli yogi. Que sto tema, tuttavia, si ritrova anche nell'insegnamento di Budda il quale aveva p ur tuttavia rotto con un gran numero di tradizioni. Socrate parla di maieutica. An che Filone fa uso abbondante della metafora del parto per designare l'accesso al la vita dello spirito. E S. Paolo parla della generazione attraverso la fede. Ne l suo libro Fabbri e Alchimisti, lei dice che l'alchimista proietta questa morte iniziatica sulla materia. L'elemento iniziatico de,ll'alchimia la tortura e la messa a morte dei metalli al fine di perfezionarli, di trasformarli in oro. Il con seguimento de,lla pietra filosofale, o dell'oro, coincide con la nuova personali t dell'alchimista. L'alchimia sarebbe dunque la via di mezzo tra l'iniziazione arcaica e l'iniziazi one filosofica? In qualche sorta. Tuttavia questo elemento iniziatico non l'elem ento costitutivo dell'a,lchimia. Per me l'alchimia l'ultima tappa del avoro che iniziato con la meta,llurgia. Il fonditore trasforma il minerale in metallo, e l'a lchimista si sostituisce alla natura e al tempo per ottenere la pietra filosofal e e l'oro--equivalente de,ll'immortalit. Lei non ha accordato al prete, e nemmeno al profeta, un'attenzione pari a quella che ha ri~olto allo yogi, allo sciamano , all'alchimista... C'erano gi molti studi, e di ottimo livello, sul prete e sul sacerdote. Ho preferito volgermi verso argomenti meno noti o addirittura diLa pr ova del labirinto de,~l lmmagmarlo sprezzati: lo sciamano, ad esempio, che veniv a ritenuto un malato o un semplice mago. Inoltre mi sembrava necessario, per cap ire il feno_ meno profetico, cominciare da,110 sciamanismo. Comunque lei non for se attirato pi dall'esoterico~> che dal_ I'exoterico~, pi dal mistico che dall'istit uzione, dall'arcaico pi cbc dal moderno? Indubbiamente... Mi sono interessato a c i che viene chiamato il lato esoterico di certe cose--ai riti iniziatici de,lo sc iamanismo, del tantrismo e dei primitivi in genere--poich vi era qualcosa che riu sciva difficile cogliere e che nei libri difficilmente si trovava... Per quel ch e riguarda l'arcaico, vedevo che le societ tradizionali, i primitivi era. no in via di scomparsa, ne,110 spazio della vita di un uomo, e che gli etnologi e gli ant ropologici che li studiavano, non si preoccupavano affatto di cogliere la coeren za, la nobilt e la be,llezza dei loro sistemi mitologici e de,11e loro teologie. Al di l di questi motivi, al di l del professore di storia delle religioni e dell' autore di svariate opere scienti~che, mi domando se non ci sia una sorta di Rimb aud rumeno: Sbarcano i bianchi... Il cannone... Bisogna piegarsi al battesimo, ve stirsi... Il sangue pagano ritorna...~ In lei non ho trovato la minima traccia d i risentimento. E di rivolta, per, mai? Mi chiedo se il suo amore per i selvaggi non abbia un risvolto di collera, che lei avrebbe taciuto, contro i potenti e i troppo ragione- voli, tutti coloro che della comprensione meccanica sono i ponte fici, i banchieri, gli strateghi, tutti quei mercenari e quei volontari... Cerco di immaginare lei a vent'anni a Bucarest. Immagino alla base di quelI'interesse ragionevole per lo sciamano, per tutti gli strateghi del mondo e per tutti queg li uomini della privazione e della visione, un fratello rumeno di Rimbaud. Nel p rofondo del mio essere c' forse questa rivolta contro certe forme aggressive del possesso, del dominio e del potere ottenuto in vi~ meccanica. Tuttavia sentivo s oprattutto, nei mistici, negli ispirati, negli estatici, la presenza de,11e font i primordiali de,11a religione, de,11'a,~ te, de,la metafisica. Ho sempre sentit o che comprendere una di queste dimensioni ignorate, o disprezzate, de,11a stori a dello spirito, non sis~nificava soltanto arricchire la scienza, ma conuibuire a,la generazionC -~ F lgure e a,110 sviluppo de,lla creativit de,lo spirito, nel nostro mondo e nella nostra epoca. SOGNO E RELIGIONE Tra sogno e religione, quali rapporti? Il sogno ha indu bbiamente de,11e stmtture mitologiche, ma di esso si ha esperienza nella solitud ine e l'uomo non vi presente tutto intero; l'esperienza religiosa diurna e il ra pporto con il sacro impegna l'essere ne,la sua totalit. Tra i, sogno e il mito, l e somiglianze sono evidenti; per essenziale la differenza tra di loro: tra l'uno e l'a,tro intercorre la stessa distanza che c' tra un'adultera e Madame Bovary, o vvero tra una semplice esperienza e una creazione de,llo spirito. Il sogno non f orse la materia prima del religioso? Il sogno: in cui i morti tornano a vivere, in cui le chimere sono vere, in cui appare un altro mondo... E questa di,~erenza tra sonno e veglia non ha proprio rapporto alcuno con quella tra il sacro e il profano? Per me il sacro sempre la rivelazione del reale, l'incontrare ci che ci sa,!va dando un senso a,lla nostra esistenza. Se questo incontro e questa rivela zione hanno luogo nel sogno, non ne abbiamo coscienza... Quanto a sapere se il s ogno a,la base della religione... i~ stato detto, in effetti, che l'animismo era la prima forma della religione e che l'esperienza del sogno alimentava questa c redenza. Per non lo si dice pi. E, da parte mia, sono convinto che il considerare l'immensit del cielo ci che rivela all'uomo il trascendente, il sacro. La nascita del divino non sarebbe dalla parte dell'uomo addormentato, bens da quella dell'uo mo stupito, desto? L'uomo addormentato porta molte cose, tuttavia penso che l'es perienza fondamentale sia que,lla de,ll'uomo sveglio. E evidente che, nel farle delle domande sul sogno e il mito, pensavo a Jung e mi piacerebbe sapere quali s ono i debiti reciproci tra le vostre opere. La prova del labirinto Flgure dell', tmmag,narlo Non nello stesso senso, per... Ho avuto torto nel dare al Mito delI'e terno ritorno il sottotitolo Archetipi e ripetizione. Voleva dire rischiare la con fusione con la terminologia di Jung. Per lui, gli archetipi sono de,11e struttur e dell'inconscio collettivo. Io usavo il termine con riferimento a Platone e a S ant'Agostino: gli attribuivo il significato di mode,110 esemplare>~--rivelato nel mito e riattualizzato nel rito. Avrei dovuto dire Paradigmi e ripetizione>~. Nut ro una grande ammirazione per Jung, per il pensatore e per l'uo_ mo che era. L'h o incontrato ne,ll'agosto 1950, a,11e Conferenze Eranos>~ di Ascona. Dopo mezz'or a di conversazione avevo l'impressione di sentir parlare un vecchio contadino de ll'Europa orientale, con le radici che affondano ancora ne,11a Terra madre, eppu re vicinissimo al Cielo. Ero affascinato da,11'ammirevole semplicit de,~la sua pr esenza, da,11a spontaneit, l'erudizione e l'arguzia della sua conversazione. A qu el tempo aveva settantacinque anni. In seguito l'ho rivisto quasi tutti gli anni , a Ascona o a Zurigo; l'ultima volta, un anno prima che morisse, nel 1960. E ad ogni incontro ero profondamente colpito dalla pienezza e vorrei d ire la saggezza, della sua vita. E per me di,~icile dare un giudizio su,lla sua op era. Non l'ho letta tutta e non ho l'esperienza della psicanalisi, freudiana o j unghiana. Jung si interessava a,110 yoga e allo sciamanismo. L'interesse per l'a lchimia un'altra cosa che avevamo in comune. Lei sa che ero ancora al liceo quan do ho cominciato ad interessarmi all'a,1chimia e credo proprio di aver scritto i l mio primo libro sull'alchimia indiana prima che Jung abbia pubblicato qualcosa in questo campo. Quando l'ho incontrato, per, aveva gi scritto Psicologia e Alchi mia. Le nostre strade, insomma, corrono parallele. Per Jung, l'alchimia un'immag ine, o un model lo, dell'individuazione>~. Per me quel che le dicevo prima a prop osito di Fabbri e Alchimisti. Non so esattamente qual il mio debito nei confront i di Jung. Ho letto una buona parte dei suoi libri, in particolare Psicologia de l transfert; ho avuto dei lunghi co]loqui con lui, a Eranos. Lui credeva in una so rta di fondamentale unit de,11'inconscio co,11ettivo e anche io ritengo che ci si a un'unit fondamentale delle esperienze religiose. A leggere il suo Diario, ho av uto l'impressione che Jung dovesse a il fatto di aver accordato un posto essen%i ale all'immagine del cen,~ possibile. Ho tenuto una conferenza su questo tema a Er anos nel 1950. Ma forse tramite uno dei suoi a,11ievi, Neumann, che Jung ha visto l'interesse che si poteva ricavare dal centro>~ nel trattamento psicanalitico. E ntrambi avete parlato molto di archetipi... IL MITO E LA SCRITTURA MITO, LETTE~T URA, S,~GF,EZZA Su richiesta di Queneau lei ha scritto per l'Encyclopdie de la Pli ade un capitolo consacrato alle letterature orali. Era giusto, in e~etti, rivolg ersi in questo campo ad uno specialista dei miti e del folklore. E lei a,~ronta la letteratura orale e l'universo dei miti nello stesso spirito. Il 21 agosto 19 64 lei dice: <~Ogni volta che cercher di parlare lelle letterature orali, dovr inn anzitutto far presente che queste creazioni non ri~ettono n le realt esterne (geog rafia, costumi, istituzioni, ecc.) n gli eventi storici, bens i drammi, le tension i e le speranze dell'uomo, i suoi valori e i suoi signifi~cati, in una parola la vita spirituale concreta, come essa si realizza nella cultura>~. Penso effettiv amente che se si vuol capire la letteratura orale, bisogna ritrovare innanzitutt o l'universo di signi,~cati da cui essa scaturisce. Mito, letteratura: lei accos ta questi due termini non soltanto dal punto di vista della storia. Pensando al lavoro di storico delle religioni, il 15 dicembre 1960 lei scrive: In fondo quel che faccio da pi di quindici anni non totalmente estraneo alla letteratura. E pos sibile che un giorno le mie ricerche vengano considerate un tentativo di ritrova re le sorgenti dimenticate dell'ispirazione letteraria. La prova del labirinto ~ Il mito e la scrittura E ben noto che la letteratura, orale o scritta, figlia della mitologia e che ne eredita le funzioni: raccontare delle avventure, raccontare cos' successo di sign ificativo nel mondo. Ma perch mai tanto importante sapere quel che succede, saper e cosa accade alla marchesa che prende il th alle cinque? Credo che ogni narrazio ne, anche quella di un fatto banalissimo, prolunghi le grandi storie raccontate dai miti che spiegano in che modo questo mondo nato e come mai la nostra J condi zione quella che noi oggi conosciamo. Penso che l'interesse per la narrazione fa parte del nostro modo di essere al mondo. Essa corrisponde al bisogno che abbia mo di comprendere quel che successo, quel che hanno fatto gli uomini, ci che poss ono fare: i rischi, le avventure, le prove di ogni sorta. Non siamo qui come pie tre, immobili, oppure come fiori o degli insetti, la cui vita perfettamente trac ciata: siamo esseri di avventura. E mai l'uomo far a meno di ascoltare storie. Le capitato di accostare i miti australiani e l'Ulisse di Joyce. Il 7 marzo 1963 l ei scrive: Siamo meravigliati e pieni di ammirazione, esattamente come gli austra liani, dal fatto che Lopold Bloom si fermi in un bar e ordini una birra. Ci non sig nifica forse che per prendere coscienza di s l'uomo ha bisogno di uno specchio, d i una traccia, di una parola e che insomma il mondo per lui diventa reale solo a ttraverso l'immaginario? S~... Si diventa se stessi quando si impara la propria storia. La letteratura assume le funzioni del mito. Si pu dire che con l'invenzio ne della scrittura muore l'uno e nasce l'altra? Diciamo innanzitutto che prima d i questa nascita della letteratura appaiono le religioni del Libro. Ma, per risp ondere alla sua domanda: forse, con la scrittura, scompare l'universo manifesto del mito. Pensi ai romanzi del Medioevo, ad esempio, alla ricerca del Graal: non vi dubbio che il mito prosegue nella scrittura. La scrittura non distmgge J la creativit mitica. Prima lei parlava dell'importanza del racconto e, nel suo Diari o, lei estremamente severo nei confronti di una parte della letteratura e dell'a rte moderna. Lei mette nella stessa categoria il nichilismo filosofico, I'anarch ia politica o morale e l'arte insignificante. L'insignificante mi sembra l'antiu mano per eccellenza. Essere uomo cercare il significato, il valore, inventarli, proiettarli, reinventarli. Quindi il trionfo dell'insignificante, in certi setto ri dell'arte moderna, mi sembra una rivolta contro l'uomo. ~i un'aridit, una ster ilizzazione --e una grande noia! Accetto la sterilit, la noia, la monotonia, ma s olo in quanto esercizio spirituale: preparazione per una contemplazione mistica. In questo caso ci ha un senso. Ma offrire l'insignificante come oggetto di contem plazione e di godimento estetico, non l'accetto, mi rivolto contro questo fatto. Capisco bene che a volte si tratta di un grido di allarme gettato da certi artis ti contro l'assenza di significato della vita moderna. Non vedo per l'interesse d i ripetere all'infinito questo messaggio e di aumentare l'assenza di significato . Allo stesso modo, in arte, lei respinge la bruttezza. Penso a quel che lei dic e di Francis Bacon, ad esempio. Capisco benissimo perch ha cercato il brutto come oggetto della sua creazione pla stica. Al tempo stesso, tuttavia, resisto a questa bruttezza proprio perch la si vede ovunque intorno a noi, adesso pi di prima... Perch aggiungere dell'altro brut to al brutto universale in cui ci troviamo sempre pi immersi? Se la letteratura, allontanandosi dal racconto, ha talora perso quel che a lei sembra essenziale pe r l'uomo, il cinema, al contrario, non stato per l'uomo moderno uno dei luoghi p rivilegiati del mito? Credo in effetti che il cinema ha ancora questa enorme pos sibilit di raccontare un mito e di camuffarlo in modo meraviglioso, non solo nel profano ma fin nelle cose quasi degradate o degradanti. L'arte del cinema lavora talmente bene col simbolo che non lo si vede nemmeno pi, ma lo si sente, in segu ito. A quali film e a quali registi lei pensa in particolare? Da qualche anno va do troppo poco al cinema per risponderle in modo adeguato. Diciamo, tuttavia: Il circo di Fellini. ~ in film di queLa prova del labirinto ~ Il mito e la scrittu ra sto genere che vedo le immense possibilit di cui il cinema dispone di riattual izzare i grandi temi mitici e di utilizzare determinati simboli d grande rilievo in forme insolite. Si indovina facilmente che libri lei non porterebbe con s sul l'isola deserta, ma diciamo invece quali vorrebbe avere. Qualche romanzo di Balz ac, qualche romanzo di Dostoevskij... Il secondo Faust e l'autobiografia di Goet he... La biografia di Milarepa e le sue poesie: pi che poesia, magia, fascino... Shakespeare, indubbiamente... Novalis e certi romantici tedeschi. E Dante, sopra ttutto... Le dico quel che mi viene immediatamente in mente: ce ne sarebbero alt ri, evidentemente. Lei non cita la Bibbia. La legge solo in veste di storico del le religioni? Amo enormemente l'Ecclesiaste. E, come tutti, ho i miei salmi pref eriti. Mi piace tutto il Nuovo Testamento. I nostri contemporanei preferiscono d i solito il vangelo di san Giovanni, ma da parte mia amo tutti e quattro i vange li e alcune epistole di san Paolo. L'Apocalisse mi interessa come documento, ma non uno dei miei libri preferiti, poich, insomma, ne conosco altre--apocalissi ir aniche, ebraiche, greche... Beninteso, ci sono svariate letture della Bibbia. C' quella del cristiano, del credente, o meglio di colui che si ricorda che deve es sere credente, cristiano: ogni giorno lo si dimentica. C' la lettura che fa lo st orico. E ancora un'altra: quella che in essa riconosce un bellissimo modello di scrittura. Una annotazione del suo Diario la mostra intento a leggere e rilegger e la Bhagavad-Gtta. E uno dei grandi libri a cui devo la mia formazione. In esso trovo sempre significati nuovi, profondi. E un libro molto consolatorio in quan to, come lei sa, in esso Krishna rivela a Arjuna tutte le possibilit di salvarsi, owero di trovare un senso per la propria esistenza... E io ritengo che sia la chiave di volta dell'induismo, la sintesi dello spirito india no e di tutte le sue vie, di tutte le sue filosofie, di tutte le sue tecniche di salvezza. Il gran problema era il seguente: per salvarsi-nel senso indiano--,per liberarsi da questo mondo del male, bisogna abbandonare la vita, la societ, ritir arsi nelle foreste come i Rishi del la Upanisad, come gli yogi? Bisogna dedicars i esclusivamente alla devozione mistica? Ebbene, Krishna rivela che, a partire d a qualsiasi professione, ognuno pu giungere a lui, trovare il senso dell'esistenz a, salvarsi da questo nulla di illusioni e di prove... Tutte le vocazioni posson o condurre alla salvezza. Non sono soltanto i mistici, i filosofi o gli yogi a c onoscere la liberazione, ma anche l'uomo d'azione, colui che rimane nel mondo: a condizione di agire in esso secondo il modello rivelato da Krishna. Dicevo che si tratta di un libro consolatorio, ma al tempo stesso la giustificazione data a ll'esistenza nella storia. Si va ripetendo che lo spirito indiano si distacca da lla storia. E vero, ma non nella Bhagavad-Gita. Arjuna era pronto, la grande bat taglia stava per incominciare e Arjuna aveva dei dubbi, perch sapeva che avrebbe ucciso e quindi commesso un peccato mortale. E Krishna a,lora gli rivela che tut to pu essere diverso se non si insegue un obiettivo personale: uccidere per senti mento di odio, per desiderio di profitto o per sentirsi un eroe... Tutto pu esser e diverso se si accetta la lotta come una cosa impersonale, come qualcosa che si fa nel nome del dio, nel nome di Krishna e--in base a una formula straordinaria --se egli rinuncia al frutto dei suoi atti>~. In guerra, rinunciare a, fmtto dei p ropri atti, vuol dire rinunciare a, fmtto del sacrifi~cio che fate, uccidendo o v enendo ucciso, come si fa un'offerta, quasi rituale, a, dio. A questo modo si pu essere salvati dal ciclo infernale del Karma; i nostri atti non sono pi i, seme d i altri atti. Lei conosce, infatti, la dottrina del Karma riguardo alla causa,it universa,e: tutto ci che si fa avr pi tardi un effetto, ogni gesto prepara un a,tro gesto... Beh, se nel pieno dell'attivit, anche di guerriero, non si pensa a se s tessi, si ab,bandona il fmtto del proprio atto, viene abolito questo ciclo inferna le di causa ed effetto. Rinunciare al frutto dell'azione. una norma che lei ha fat to Credo di s, poich sono stato formato, mi sono abituato a questo comportamento c he trovo umano e molto arricchente. Io credo che si debba fare, che si debba seg uire la propria vocazione, senza per pensare a,~a ricompensa. La prova del labiri nto Il mito e la scrittura Rileggendo il suo Diario mi ha colpito una pagina in cui lei parla di un gatto che la sveglia miagolando in un modo del tutto sgradev ole; e lei dice che la via quella di... Di amare. S, certo. Ed quello che diceva il Cristo. E forse la regola fondamentale di tutte le ascesi del mondo, ma innan zitutto la via che mostra il Cristo. ~ solo attraverso questo comportamento che si riesce davvero a sopportare il male--ma insomma, povero gatto, non era que,lo il male!... Ma ecco: rispondere con amore a qualche cosa che vi esaspera e vi t errorizza. E questo, lo si pu verificare... Lei dice che all'improvviso lei riesc e a immaginare quel gatto odioso come un gatto miserabile ed allora (ma era la p rima volta che le succedeva) lei si sente completamente cambiato; e che stata qu esta la lezione dei maestri spirituali. Esattamente. E poi sono stato felice che un gatto mi abbia ricordato que,la gran de lezione che mi avevano impartito i maestri spirituali, e Ges, il Cristo. Un gatt o, a sua volta, mi aveva costretto a comprendere ci. Quando vedo degli uomini mol to pi realizzati di me, una cosa ~3 che mi fa sempre riflettere, mi dico: ~ in vir t della 'grazia' o del la- ;~ voro che si riesce a superare le reazioni di odio, le avversioni, i risentimenti? ~ difficile dare una risposta. So che ci si pu otten ere con i, lavoro, un lavoro, diciamo, di ordine spirituale; attraverso un metod o, nel senso ascetico del termine. La grazia tuttavia svolge senz'altro un ruolo m olto importante. Lei aveva un dono per questi sentimenti oppure ha dovuto lottar e per giungere a una serenit davanti alle aggressioni? Credo di aver lottato--mol to! Insomma, per me era molto! Per altri, per un santo, ci non sarebbe stato nu,l a, forse... Ma la cosa importante il fatto che questo lavoro d dei risultati. Vi arricchisce e le conseguenze lo dimostrano: siete trasformato. Ma qual' la ragion e che le ha fatto decidere di lottare contro la tendenza naturale che consiste n el restituire colpo per colpo? La prima, forse, il fatto che mi sentivo--come di cono molto bene gli ind--uno schiavo, seguendo l'istinto. Mi sentivo l'effetto di una causa fisiologica, psicologica, sociale... Da qui la rivolta, forse natural e, contro il condizionamento. Essere condizionato, nel momento in cui se ne ha c oscienza, vi esaspera. Allora per decondizionarmi, bisognava fare esattamente il c ontrario di quel che impone il Karma. Bisognava infrangere il ciclo dei concaten amenti. ANIMUS E ANIMA Lei un uomo di scienza e la sua scienza sono i miti; lei scrittore, ovvero inventore di storie, creatore di mondi immaginari. A pi riprese il suo Diario evoca il con~itto di questi due uomini dentro di lei. Certe di,~i colt sono di ordine esterno: all'inizio, in Romania, la sua fama di scrittore nuo ceva alla sua attivit scientifica. Altre di~colt sono interiori... Nessuno riesce a vedere contemporaneamente in questi due universi spirituali: que,lo diurno e q uello onirico. Non appena scrivo un romanzo, entro in un mondo che ha la sua str uttura temporale precisa e in cui i miei rapporti con i personaggi sono di ordin e immaginario e non pi critico. Spesso, quando volevo finire ad ogni costo un'ope ra per cui avevo trascorso molto tempo nelle biblioteche, mi capitato di essere ossessionato da,la trama di un racconto, di un romanzo. Per mantenermi ne,~l'uni verso diurno ero costretto a lottare. Volendo testimoniare per una certa concezi one del mondo--que,la de,l'uomo religioso--,volendo aiutare i nostri contemporan ei a ritrovarne il senso e i, valore, mi sono consacrato al lavoro di storico e di ermeneuta a scapito del mio lavoro di scrittore. Ma quando si conoscono a mem oria i miti, il loro gioco e il senso che viene dato loro, possibile abbandonare di colpo tutto ci per abbandonarsi all'ignoranza creatrice? A questo proposito le racconter un'esperien Za molto rivelatrice. Eravamo nel 1937, vivevo ancora in Romania e avevo bisogno di soldi. 157 La prova del labirinto Ho deciso di scrivere un romanzo breve. Il mio editore mi ha dato un anticipo e mi impegnai a consegnare il manoscritto ne ,lo spazio di quindici giorni. Per tutta la giornata ero occupato all~universit d a diversi lavori. Di notte, per due o tre ore, scrivevo Il Serpente. Come sempre , ne,le mie storie fantastiche, tutto cominciava in un universo quotidano, banale . Un personaggio, un gesto e un po' a,lla volta questo universo si trasforma. Qu esta volta un serpente che faceva la sua apparizione in una casa di campagna dov e vivevano non so quante persone... Mi mettevo a scrivere, ogni notte, senza sap er nu,la in anticipo. Vedevo l'inizio e poi, via via, scoprivo il seguito. Evide ntemente sapevo molte cose sul simbolismo del serpente. Avevo anche scritto un a rticolo sul suo ruolo rituale e sull'argomento avevo tutta una biblioteca a port ata di mano--non ho avuto per la minima tentazione di andare a cercare in essa de i dettagli. Quindici giorni dopo i, romanzo era pronto. A,lla lettura delle prov e sono rimasto stupito da,la continuit e dalla coerenza del racconto. Eppure, ogn i giorno, alle tre del mattino, ho deposto davanti alla mia porta il fascio di p agine che avevo scritto perch un fattorino le portasse in tipogra,ha. Ma quel che mi stupiva ancor di pi era di non scoprire nel mio serpente nessuno dei grandi sim boli che conoscevo cos bene. Neanche una briciola del mio sapere era passata in q uesta opera d'immaginazione. Ragion per cui il suo simbolismo, che non ricalca n ulla di noto, alquanto oscuro, e --sembra--abbastanza riuscito dal punto di vist a de,la ,~nzione. Quando si posseduti da un soggetto, la visione interiore si nu tre indubbiamente di tutto ci che si porta in s, ma questa visione non ha a,!cun r apporto con il sapere inte,11ettuale dei miti, dei riti e dei simboli. Scrivendo , ci si dimentica tutto quel che si sa. Quando ho riletto Il Vecchio e il Funzio nario, ho visto che alcuni episodi corrispondono a determinati archetipi. Scrive ndoli non ci pensavo. Lei ka la scrittura facile? Quando sono ispirato--come si su ol dire--o meglio posseduto, lavoro veloce, quasi senza cance,11are e correggo p ochissimo. A volte scrivo per dodici o tredici ore al giorno. Venticinque pagine di fila o addirittura trenta o quaranta. E poi, bruscamente la cosa si ferma. A ,lora lascio trascorrere qualche settimana e, delle volte, un tempo molto pi lung o. Mi comunque successo di non avere una faci,it altrettanto grande. Certi capito li de,la Foresta proibita mi hanno fatto penare molto. Lei uno scrittore della n otte? Lo sono stato ,~ino a,l'et di circa quarant'anni. ,~qi mettevo a, lavoro ve rso le nove e mi fermavo solo verso le quattro del mattino. Ora cambiato. Ernst Junger mi aveva fatto la stessa domanda. Lui poteva concepire solo il lavoro mat tutino e i, lavoro notturno. Credo di averlo molto stupito dicendogli che neg,i ultimi dieci o quindici anni scrivevo di pomeriggio. Di notte lavoro ma non scri vo. Sa,vo, beninte- so, quando sono posseduto. In quei casi giorno e notte... In linea generale, lei s i preoccupa di un impiego del tempo~ In giovent mi sono ben disciplinato. Ogni matt ina mi concentravo, fissavo i, mio programma: tante ore per imparare una nuova l ingua, tante ore per ,~nire un libro... Oggi un po' diverso. Quando sta per scri vere un romanzo, come cominciano le cose? Sono incapace di fare un piano di lavo ro. L'opera sboccia sempre a partire da una visione, da un paesaggio o da un dia logo. E vedo benissimo l'inizio, talvolta la fine e, un po' a,la volta, lavorand o, scopro g,'i awenimenti e la trama del romanzo o de,la novella. Per Foresta pr oibita, la prima immagine fu il personaggio principale. Passeggiava in una fores ta nei pressi di Bucarest, un'ora prima de,la mezzanotte del giorno di San Giova nni. In que,la foresta incrocia una macchina, poi una ragazza senza macchina. Qu e,110 era per me un enigma. Chi era quella ragazza? E perch il personaggio cercav a una macchina vicino a,'la ragazza? Un po' a,la volta sono venuto a sapere chi era la ragazza e tutta la sua storia. Ma tutto era cominciato da una sorta di vi sione. L'ho visto come quando si sogna. Ma come ba saputo che quella visione ave va un'avvenire? Non potevo far a,tro che pensarci e cercare di vedere i, seguito . A quel tempo lavoravo a, mio libro su,lo sciamanismo: ho dovuto abbandonarlo e mi sono messo a scrivere, giorno e notte. Altre immaLa prova del labirinto ~ Il mito e la scrittura gini hanno fatto la loro apparizione. La ragazza. La storia che i, giovanotto portava dentro di s, che non conoscevo e che mi affascinava. L a sua camera segreta, in un albergo. E la notte di San Giovanni. La notte di San G iovanni... Il 5 luglio 1949, lei scrive: Mi ricordo bruscamente che esattamente v ent'anni fa, nel calore soDocante li Calcutta, scrivevo il capitolo 'Il sogno di una notte d'estate' di Isabe,la. Lo stesso sogno solstiziale, str#tturato diver samente e sviluppantesi ad altri livelli si trova anche al centro di La notte di San Giovanni. Si tratta forse di una pura coincidenza? Il mito e il simbolo del solstizio mi ossessionano da anni. Avevo dimenticato, tuttavia, che mi persegui tano ~n da Isabe,la~. Non ero interessato solamente dal simbolismo religioso del solstizio, ma dalle immagini e dai temi del folklore rumeno ed europeo. In que, la notte i, cielo si socchiude, si pu vedere l'aldil, si pu anche scomparire... Se qua,cuno ha questa visione miracolosa, esce da, tempo, esce da,lo spazio. Vive u n istante che dura un'eternit... Eppure quel che mi tormentava non era il signifi cato di quel simbolismo, bens proprio que,la notte, che era l. La notte di San Gio vanni la cerniera che divide l'anno: i giorni cessano di crescere e cominciano a diminuire. E un mezzo. E, alla ,fine del libro, tornano i primi versi della Div ina Commedia: Nel mezzo del cammin di nostra vita--Mi ritrovai per una selva osc ura... Che rapporto stabilisce tra il solstizio, la met della vita e questa fores ta iniziale? E che rapporto tra il tema della met e quello del doppio: i due pers onaggi gemelli e le due donne tra cui oscilla l'eroe? La foresta in cui si perde Stphane ben que,la in cui si perse Dante: vi si perde o, meg,io, entra in un altro mondo di significato, pur restando nella storia. ~ la met del tempo: del tempo de,l'anno, del tempo de,~a sua vita. La linea di divi sione tra il mondo storico e l'a,tro. Quanto al tema del doppio... Stphane ossess ionato dal problema: possibile amare, di uno stesso amore, due donne contemporan eamente? Sente benissimo che per l'uomo, come noi lo conosciamo, ci possibile. Da un altro lato, per, ossessionato dall'esistenza di un mondo in cui i nostri limi ti sarebbero superati. Sa bene di non essere un santo, nemmeno un uomo religioso , tuttavia pensa spesso a,la santit: sono capaci di amare tutti contemporaneament e. Questo spiega la presenza de,lle due donne. Mi trovo ne,l'imbarazzo, invece, nel risponderle in merito ai due personaggi maschi,i. Uno psicana,ista, il dotto r Laforgue, individua nella morte del doppio~, di cui Stphane indirettamente respo nsabile, un significato importante. Posso soltanto dire che ho inventato il doppi o per comp,icare la trama epica. Bisognava che Stphane esistesse nel pensiero di s ua moglie prima di incontrarla. Questo problema-- possibile amare due o pi persone contemporaneamente-- un problema importan~e per lei? Non personalmente. La cosa che mi interessava era il superamento dei limiti ordinari. Se questa esperienza possibile ci vuol dire che possibile trascendere la condizione umana. Ora, nel no stro mondo, moderno, profano, chiunque pu sognare di amare due donne. Ho dunque s celto questa situazione dal momento che concepibile per chiunque. E il sogno di una parte della giovent americana: abbandonare la monogamia... Si tratta, al live llo pi basso, di una certa nosta,gia del paradiso. Il desiderio di abolire le leg gi e le strutture inerenti a qualsiasi societ; di abolirle per vivere uno stato p aradisiaco. :~ vero tuttavia che anche gli hippies, al pari di Stphane, hanno vol uto superare le condizioni dell'esistenza ordinaria. La via che porta al paradis o, o alla felicit, l'amore plurimo, oppure l'amore unico, I'amore folle? Piuttosto il folle amore, l'amore unico. La passione che arricchisce, patetica, l'amore un ico. Lei che ha percorso tanti continenti dello spirito e osservato tanti costum i, ha l'impressione che l'uomo e la donna trovino la loro via nella monogamia? S i possono amare svariate persone successivamente, ma non contemporaneamente. Si pu fare l'amore: un'a,tra cosa... La prova del labirinto ~ Il mito e la scrittura Amare lue persone, amarle contemporaneamente si tratta quindi al contempo di tr asformare l'amore e di trasformare il tempo. Il suo romanzo termina con questa f rase: Aveva saputo che questo ultimo istante, di una durata infinita, gli sarebb e bastato; e questo ricorda l'istante miracoloso della notte di San Giovanni. E, al di l del tempo storico, i l suo romanzo rimanda a un tempo cosmico, un tempo che le tradizioni chiamano la Grande Annata. In effetti, i dodicimi,!a anni che sono qui dodici anni: dal 1936 al 1948. Avevo l'ambizione di scrivere un piccolo Guerra e Pace. Volevo, per, sit uare in questo tempo storico un uomo comune--un impiegato stata,e, sposato, padr e di un bambino--che per perseguitato da una strana nostalgia: poter amare due do nne contemporaneamente, avere una camera segreta... Volevo conciliare un certo re a,ismo storico e, in un personaggio che non fu n un ~losofo n un poeta e nemmeno un uomo religioso, questa aspirazione a un modo di essere ~uori dal comune, e ci mi creava dei problemi molto di~ici,i. Ma era proprio questo che mi appassionava. Per cui al meno degli senso e di sassero su di sotto della storia banale, profan a, di un giovane ruanni '30, ci troviamo a dover decifrare un destino pieno di f igure. Come se, al di l delle apparenze, le nostre vite ripoun ordine segreto... Ne,le mie nove,le mi sforzo sempre di camuffare i, fantastico nel quotidiano. In questo romanzo, che rispetta tutte le regole del romanzo romanzesco, quello del X IX secolo, insomma, ho voluto camuffare un certo significato simbolico de,la con dizione umana. Il camu,~amento riuscito, penso, dal momento che questo simbolism o non nuoce affatto alla trama epica del racconto. Penso che sempre il trans-sto rico camuffato nello storico, lo straordinario ne,l'ordinario. A,dous Hux,tey pa rlava de,11a visione che d 1~LSD come di una visio beati,~ca: in que,la situazione egli vedeva le forme e i colori come Van Gogh vedeva la sua celebre sedia. i~ ce rto che questo reale grigiastro, questo quotidiano dissimula qua,cosa d'altro. D i questo sono profondamente convinto. Bisogna cercare di trasmettere ci nel romanz o-romanzo~> e non soltano nel romanzo o nel racconto fantastico. So che lei non ama molto la fantascienza. Non ritiene che faccia parte del fantastico? Nel suo Di ario lei vede un avvenire per la letteratura dalla parte del fantastico, in quan to pu ridare all'uomo moderno il gusto del significato. Qual esattamente il suo r apporto con il <~f antastico ? In tutti i miei racconti la narrazione si svi,!upp a su svariati piani, a,lo scopo di svelare progressivamente il fantastico dissimul ato sotto la bana,'it quotidiana. Cos,~ come un nuovo assioma rivela una struttur a del reale ~no a quel momento sconosciuta--in a,!tri termini, fonda un nuovo mo ndo--,la letteratura fantastica rivela, o meglio crea deg,!i universi para,leli. Non si tratta di un'evasione, come ritengono taluni ,lilosofi storicisti; poich la creazione--su tutti i piani e in tutti i sensi del termine-- il tratto specifi co de,la condizione umana. SCRIVERE LA PROPRIA VITA Nel suo Diario vediamo che l ei ha una profonda attrazione per i diari intimi, quello di Green, ad esempio, o ppure di Charles du Bos... Amo molto i diari intimi. Mi piace sorprendere certi momenti vissuti dai loro autori. Questa passione di salvare i, tempo, anche i,! motivo per cui io stesso tengo un Diario. Salvare tramite brevi notazioni, o notazioni pi lunghe, dei momenti ei~imeri... Ci vuole comunque il genio del Diar io, come lo hanno Jules Renard, Gide, Junger, Green. Dei semp,!ici quaderni di ap punti non costituiscono un Diario. Cosa l'ha spinta a pubblicare dei frammenti d el suo Diario? Ho voluto salvare una parte di questo Diario che costituito da qu aderni che mi porto dietro e che mi capitato di perdere. E poi contenevano delle osservazioni uti,i, dei piani, dei progetti. Sentivo che non avrei nemmeno avut o i,! tempo di scrivere un saggio su quegli argomenti. Pubblicare il Diario era il modo per comunicare quelle osservazioni, quelle annotazioni e di tracciare i, dia,ogo. Lei una persona molto riservata, molto discreta, per non dire segreta. Non ha avuto alcun problema a mostrarsi cos? Non era una sorta di prova come que lla che San Francesco d'Assisi imponeva ai suoi discepoli facendo loro attravers are la citt nudi? Questa pubblicazione non La prova del labirinto ~ ~ Il mlto e l a scrlttura aveva un certo carattere sacrificale? E non era forse la preparazione a un'altra nascita? Si tratt effettivamente di un'azione sacrificale. Misuravo il r ischio e anche il pericolo. Avevo per bisogno di non camuffare pi i, mio lato onir ico, artistico. E volevo oppormi alla superstizione accademica, sempre viva nei paesi anglosassoni e per,fino in America, che tende a deprezzare l'atto d'immagi nazione letteraria. Come se una creazione spontanea, libera, non avesse a,cun va lore se paragonata a un approccio puramente scientifico. ~ una superstizione mol to nociva. Mi ricordo a,cune righe di uno dei pi grandi filosofi de,le scienze am ericane, Brono~s,si, il quale diceva che l'approccio grazie a cui si scopre un n uovo assioma non pu essere meccanizzato. Si tratta di un ,ibero gioco de,110 spiri to, di un'invenzione al di l dei processi logici. E questo l'atto centra,e de,ll' immaginazione nella scienza; da ogni punto di vista analogo a qualsiasi atto del genere in letteratura. Bronowski scriveva questo nella primavera del 1966 in un articolo pubblicato su The American Scientist, The Logic of the Mind. La scienza m oderna, dunque, ha scoperto da molto tempo i, valore conoscitivo dell'atto immag inario. E io mi ribe,llo a quel positivismo che si pretende scientifico deg,i er uditi secondo cui la creazione letteraria sarebbe soltanto un gioco privo di rap porti con l'atto di conoscere. Io sono convinto del contrario. Il suo Diario ha avuto un'accoglienza calorosa... Effettivamente. Ho ricevuto un numero considere vole di lettere di professori di letteratura inglese o di letteratura comparata. ,~Ii si diceva: Fino ad ora i suoi libri sul simbolismo mi avevano aiutato nel m io lavoro di ermeneutica letteraria. Ho letto il suo Diario e sono rimasto stupe fatto ne,llo scoprire l'uomo che ha prodotto questi strumenti di cui mi servo. H o scoperto che quest'uomo anche uno scrittore che si interessa dei fatti lettera ri... Questa pubb,icazione mi ha consentito un rapporto nuovo con i miei kttori e questo mi ha fatto piacere. Non me lo aspettavo. Nel suo Diario, da qualche par te, lei dice che quel che bisognerebbe scrivere ad ogni costo, trascurando qualsi asi altro lavoro, sarebbe ora l'autobio~ra,fia. Questa bioRrafia rimasta incompiuta~ S,', si ferma al momen to della guerra. La prima parte stata pubb,!icata in rumeno, ma non in Romania. La seconda parte inedita, tranne a,cuni frammenti Ho scritto questa autobiografi a per testimoniare. Io ho vissuto l'epoca che in Romania viene ora chiamata preri voluzionaria, borghese e leggendo certi articoli o anche certi libri, mi sono accor to che veniva sfigurata rappresentando di essa soltanto gli aspetti negativi. Ho voluto quindi raccontare la mia storia personale: la mia esperienza della scuol a, del liceo. Nel modo pi oggettivo possibi,!e. E poi si tratta di un tempo trasc orso e di personaggi che sono scomparsi: Dasgupta, Tagore, Ortega... Ho quindi s critto questa autobiografia per dovere personale, insomma. Per i miei amici del futuro. Nel suo Diario lei dice che Il Vecchio e il Funzionario l'opera pi libera che abbia mai scritto. S,', perch andavo a,ll'avventura, come nel caso del Serpen te, ma questa volta senza una scadenza da dover rispettare. Ho scritto quasi tutt o in due o tre settimane, e poi, in dodici anni, ho tentato invano di scrivere l e ultime venticinque pagine. Ci sono riuscito in un periodo in cui ero comunque molto impegnato dalle lezioni all'Universit di Chicago e da vari ospiti di passag gio. In quattro o cinque notti. un'opera alla quale lei molto attaccato. Tutti s ono d'accordo nel dire che la pi completa. Mi stato osservato che vi ho impiegato un rumeno pi sotti,e che neg,i altri miei romanzi. E tuttavia ho scritto queste pagine dopo vent'anni d'esilio durante i qua,i ho parlato rumeno solo con mia mo glie e i miei amici... Ma sono attaccato a quest'opera anche per a,tre ragioni. Se parlassimo della trama, per cominciare? Lo faccia lei per me, ha appena ri,et to il libro. Allora siamo in Romania, cio sotto un regime poliziesco. Un vecchioj ex direttore di una scuola, desidera rivedere uno dei suoi allievi di trent'ann i prima. Tuttavia l'uomo che egli incontra solo un omonimo del suo scolaro di un tempo. L'equivoco lo rende sospetto e la polizia arresta il vecchio per saperne di pi. Docilmente, gentilmente il La prova del labirinto ~ Il mito e la scrittur a vecchio racconta. Racconta le sue storie, che sono favolose e molto lunghe, la birintiche. ~ una lunga storia--dice ad ogni pi sospinto--ma perch si possa capire, occorre prima che racconti... La cosa stupefacente che lo si ascolta. Gli verr pe rfino chiesto di scrivere con comodo i suoi racconti. Via via il manoscritto let to e analizzato. E il vecchio incontra gente sempre pi importante fino al compagn o ministro degli interni. ~ stato detto: si potrebbe parlare di questo romanzo c ome delle Mille e una notte del mondo staliniano. E, mentre il racconto meraviglio so prolifera, I'inchiesta provoca delle rivoluzioni di palazzo. Questo l'abbozzo della trama. Ma occorre dire che il lettore, come la polizia, viene sedotto, a~ ascinato. C' questa cantina allagata nella quale sparisce il figlio del rabbino: si prosciuga la cantina, non lo si ritrova pi. E poi quella giovane gigantessa, b ella come una statua e condannata ad amori straordinari, quella gigantessa, che mi ha fatto pensare al personaggio di una delle sue novelle, Le Macranthrope, quest'uomo che aumenta, aumenta di statura fino a diventare un gigante; ma non c ambia solamente di dimensioni, cambia di natura: sente gli dei. Che cosa dicono? Noi, dal basso, non riusciamo pi ad a~errare il suono che gli esce dalla bocca.. . C' dunque la gigantessa, ci sono i prestigiatori che rinchiudono in un cofano u n'intera fanfara e perhno un intero villaggio. Ci troviamo nell'universo inesaur ibile dei vecchi racconti che sempre ci incanta. Ma tutto questo che cosa signif ica? Al di l del fascino siamo invitati a trovarvi un senso. Sentiamo di trovarci di fronte ad una parabola nell'accezione in cui Claudel vedeva in Kafka il grande inventore di parabole del nostro tempo. Ho voluto contrapporre due mitologie. L a mitologia popolare, la mitologia del folklore, che viva e zampillante nel vecc hio; e la mitologia del mondo moderno; della tecnocrazia--e questo va ben oltre la polizia di uno Stato totalitario--,la mitologia delle persone armate di logic a e di ogni sorta di strumenti. Le due mitologie si affrontano. La polizia vuole decifrare il senso segreto di tutte queste storie. In un certo senso ha torto, se non fosse che si limita a cercare un segreto politico. Queste persone voglion o decifrare l'altro universo, l'altra mitologia alla luce della mitologia che ha nno in mano loro. Sono incapaci di immaginare che possa esserci un significato a l di fuori del campo politico. Il romanzo inoltre una parabola dell'uomo fragile . Farama, il nome del vecchio, in rumeno vuole dire briciola~>, frammento. Ora, lui sopravvive, i potenti cadono. Questo vuol dire almeno che chi sa raccontare pu, in determinate circostanze difficili, salvarsi. D'altronde lo si visto nei campi di concentramento russi. Queni che nelle loro baracche avevano la fortuna di av ere un narratore di storie, sono riusciti a sopravvivere in numero maggiore risp etto agli altri. Ascoltare delle storie li ha aiutati ad attraversare l'inferno del campo. Mi sembra che questo personaggio significhi anche qualche cosa d'altr o. Dice, quasi letteralmente: Io sono l'infanzia. In alchimia, non vero, il vecchi o e il fanciullo solare signi]Scano allo stesso modo la perfezione. Il pi anziano non colui che si ricorda l'origine? E Dio ad un tempo l'Antico dei giorni e il Fanciullo divino. Il suo vecchio mi appare come la ~gurazione del tempo, o piutt osto, della memoria. S, egli il puer-senex: bambino e vecchio nello stesso tempo. Puersenex e puer-aeternus: l'etemo bambino, l'eterno rinascente, l'eterno 'rina to'. Trovo molto giusta la sua decifrazione, la sua esegesi. Sl: la memoria. R~co rdatevi>~, dice Farama. E gli uomini ricordano, da soli. Per strade di favola, d 'infanzia, ritrovano la loro verit. Il vecchio ricorda un tempo che esistito, il tempo della scuola elementare, trent'anni prima, ma su~iciente ricordare questo tempo perch, pi profondo, sorga il tempo leggendario. Insomma: sotto la storia, il mito; e sotto il mito, la memoria dell'origine? Sono molto d'accordo con la sua interpretazione. Lei ha toccato il cuore del problema. In Aspetti del mito nel capitolo Mitologia della memoria e delI'oblio, lei dice che la vera anamnesi storiog rafica sbocca anch'essa su un Tempo primordiale, il tempo in cui gli uomini fondavano i loro comportamen ti culturali, nella convinzione che questi comportamenti fossero stati loro rive lati dagli Esseri soprannaturali. Io vedo nel suo romanzo una allegoria dello sto rico delle religioni che rende la memoLa prova del labirinto ria agl uomini dimen tichi e che, attraverso questa memoria, li salva. Ogni memoria sar cos memoria del l'origine, e ogni memoria dell'origine, luce e salvezza. Poich niente perduto; po ich grazie al tempo, al tempo inestricabilmente distruttore e creatore, I'origine ha preso signi~cato. Si vedrebbe bene allora perch la storia si compie in ermene utica, e l'ermeneutica in creazione, in poesia. Mi sembra che Zaharia Fardma sia il gemello mitico e il doppio fraterno di Mircea Eliade. ~ molto bello. Non occ orre aYYiungere nulla. IL SENSO DEL LABIRINTO Lei ha spesso paragonato la vita, la sua vita, a un labirinto. Cosa direbbe oggi del senso di questo labirinto? Un labirinto la difesa a volte magica di un centro, di una ricchezza, di un signif icato. Penetrare in esso pu essere un rituale iniziatico, come si vede grazie al mito di Teseo. Questo simbolismo costituisce il modello di qualsiasi esistenza l a quale, attraverso una quantit di prove, avanza verso il proprio centro, verso s e stessa, l'Atman, per usare il termine indiano... A pi riprese ho avuto coscienz a di uscire da un labirinto, o di trovare il filo. Mi ero sentito disperato, opp resso, smarrito... Non mi ero detto, naturalmente: Sono perso nel labirinto, ma, a lls fine ho ben avuto l'impressione di essere uscito vittorioso da un labirinto. i~ questa un'esperienza che tutti hanno conosciuto. Ma bisogna anche dire che l a vita non fatta di un solo labirinto: la prova si ripropone. Ha raggiunto il su o centro? Pi volte ho avuto la certezza di toccarlo e, toccandolo, ho imparato mo lto, mi sono riconosciuto. E poi, di nuovo, mi sono perso. ~ la nostra condizion e: non siamo n angeli n puri eroi. Una volta raggiunto il centro si arricchiti~ la coscienza pi vasta e profonda, tutto diventato chiaro, significativo; ma la vita continua: altro labirinto, altri incontri, altri generi di prove, a un livello diverso... Le nostre conversazioni, ad esempio, mi hanno proiettato in una sorta di labirinto. La prova del labirinto 1 Il senso del labirinto Lei parla di ques ti momenti in cui si riconosciuto~>. Penso a ci che dice la tradizione sufi~ca, op pure lo zen: I'uomo invitato a contemplare il volto che aveva prima della nascit a o I'angelo che egli in segreto... Che volto aveva lei quando si riconosciuto? Lei tace su questo? Nel suo Diario lei evoca l'impressione cbe ha avuto un giorn o, improvvisamente, della durata della sua vita, nella continuit e nella sua prof ondit. E un'esperienza che ho fatto pi volte e che molto importante per ritrovarsi e trovare il senso della propria esistenza. In generale si vive la propria vita a segmenti. Un giorno, a Chicago, passando davanti all'Isti tuto orientale, ho sentito la continuit del tempo che comincia con la mia adolesc enza e prosegue con l'India, Londra e il resto. E un'esperienza rincuorante: si sente che non si perso il proprio tempo, che non si dissipata la propria vita. C ' tutto e perfino i periodi che si ritenevano senza importanza, ad esempio il ser vizio militare, e che si sono dimenticati, c' tutto e si vede che un obiettivo ci ha guidati--una orientatio. Nulla, dunque, stato male? Vedo bene il numero cons iderevole di errori, di insufficienze, anche di fallimenti forse... Ma il male? A dire il vero, no. E tuttavia possibile che io mi vieti di vederlo. Oggi come v ede la sua opera? Mi illudo di essere ancora in pieno lavoro. Mi rimangono molte cose da completare. Ma, se si vuol giudicare quel che ho scritto bisogna prende re in considerazione i miei libri nella loro totalit. Se c' in essi qualche valore , qualche significato essi risulteranno dalla totalit. Vede: Balzac non il Pre Gor iot e neppure il Cousin Pons, per quanto ammirevoli siano queste opere, bensl La commedia umana; e il significato di Goethe ci dato dall'insieme della sua opera , non dal solo Faust. Allo stesso modo, se oso paragonarmi un istante a questi g iganti, effettivamente l'insieme dei miei scritti che pu rivelare il significato del mio lavoro. Invidio gli scrittori che si realizzano in un unico grande poema o in un grande romanzo. Non invidio soltanto il genio di un Rimbaud o di un Mal larm, ma, ad esempio, Flaubert: nell'Educazione sentimentale c' tutto lui. Io, sfo rtunatamente, non ho scritto alcun libro che mi rappresenti per intero. Certuni dei miei libri sono indubbiamente scritti meglio, pi densi, pi chiari degli altri; e certi altri soffrono indubbiamente di ripetizioni e sono forse dei mezzi fall imenti... Ma, una volta di pi, non si potr cogliere il senso della mia vita e di c i che ho fatto se non nell'insieme. Orbene, una cosa alquanto difEcoltosa: una pa rte dei miei libri scritta in rumeno e quindi inaccessibile in Occidente; I'altr a scritta in francese, rimane inaccessibile in Romania. Lei pensa che queste Con versazioni possano essere di aiuto per la visione di questa totalit? Nel corso di queste conversazioni ho incontrato degli ostacoli non solo di lingua, ma di ord ine interiore. Ho rivissuto, all'improvviso, certi momenti importanti della mia vita, della mia giovent. Le sue domande mi hanno obbligato talvolta a ripensare d eterminati problemi. In qualche sorta lei mi ha costretto a ricordarmi una grand e parte della mia vita. Troppo grande, forse?... E il rischio... Non possibile a pprofondire tutto ci che si dice. In ogni caso, sono curioso di leggere il testo di queste registrazioni. Mi riconosco a priori in tutto ci che ho detto--tralasci amo i problemi di forma--a condizione per di insistere su un punto: non ho l'impr essione di averle risposto in modo perfettamente chiaro e definitivo. Bisogna pr endere le mie parole per quello che sono: di circostanza, prowisorie. Tutto rima ne aperto. Sarebbe tutto da riprendere. Le risposte date sono giuste, per parzial i. Si potrebbe ancora sottolineare una cosa, aggiungerne un'altra. E nella natur a dei dialoghi di questo tipo. Ionesco, credo, provava la stessa cosa al termine di conversazioni analoghe. S, tutto rimane aper- to... E, come dopo ogni esperienza inattesa, mi trovo davanti a una prospettiva pi ampia rispetto a quella che mi era familiare. Adesso mi trovo a pensare a cose molto interessanti e che non immaginavo qualche settimana fa. Cominciando quest e conversazioni, sapevo bene che avevo delle cose da dire, ma non erano quelle c he mi vengono in mente ora. Questa apertura sul futuro l'immagine che adesso si impossessata di me. La prova del labirinto L'opera che lei ha realizzato ba indu bbiamente ricbiesto da lei una grande forza. Da dove le proviene? In fondo lei s a cbe cosa l'ba spinta ad edificare tutto ci? Non so cosa rispondere... Diciamo: il destino. Ho sempre rimandato di interrogarla sul divino, indovinando in antic ipo la sua riserva... Certe domande effettivamente sono di un'importanZa tale, p er la mia stessa esistenza, e per il lettore che preoccupato da esse, che non po trei affrontarle in modo appropriato nel corso di una conversazione. La question e del divino per me centrale e voglio evitare di parlarne a,lla leggera. Ma sper o proprio di trattarla un giorno, in modo del tutto personale e coerente, scrive ndo. Il suo silenzio non si spiega anche con il rifiuto del ruolo di maestro spi rituale? E certo che non mi vedo nella veste di maestro spirituale o di guru. No n mi sento neppure una guida, bens,'. un compagno--un compagno un po' pi avanti-- ,un compagno degli altri. Ed questa un'altra delle ragioni per cui esito a tocca re in modo improvvisato certi problemi essenziali. So benissimo ci a cui credo, m a ci non si pu dire in qualche frase. Lei ba parlato spesso del reale. Sl. Cos' il reale per lei? Cos' reale? E possibile definirlo cos,' su due piedi? Io non posso definirlo. Mi sembra che sia evidente e se non lo ci vuole indubbiamente una lu nga dimostrazione... Qui non ci viene ,~orse in aiuto Sant'Agostino? Se mi si chi ede cos' l'essere, non lo so; se non me lo si chiede... Lo so... S, dawero la mi~lior e risposta. ALLEGATI E DOCUMENTI BRANCUSI E LE MITOLOGIE~ Di recente ho ripreso in mano i materiali dell'appassionante dibattito intorno alla figura di Brancusi : vero che rimasto un contadino dei Carpazi pur essendo vissuto mezzo secolo a Par igi, proprio al centro di tutte le innovazioni e le rivoluzioni artistiche moder ne? O viceversa, come ritiene il critico americano Sidney Geist, Brancusi diventato quello che grazie agli influssi della Scuola di Parigi e alla scoperta delle arti esotiche, in particolare delle maschere e delle sculture africane? M entre leggevo i diversi documenti del dossier, guardavo le fotografie che Ionel Jianou riporta nella sua monografia (Arted, Paris 1963): Brancusi nel suo studio di vicolo Ronsin, il suo letto, la sua stufa. E dif~cile non riconoscere lo stil e di una dimora contadina, eppure si tratta di qualcosa di pi; la dimora di Brancu si, il suo mondo specifico, che si era forgiato da solo, con le sue mani, si potre bbe dire. Non la replica di un modello preesistente, casa di contadino rumeno~ op pure atelier di artista parigino d'avanguardia. E poi basta guardare con attenzion e la stufa. Non solo perch la necessit di avere una stufa contadina la dice lunga sullo stile di vita che Brancusi aveva scelto di mantenere a Parigi, ma, inoltre , perch il simbolismo della stufa o del focolare suscettibile di illuminare un de terminato segreto del genio di Brancusi. C', effettivamente, un fatto che per mol ti critici risulta paradosTmoignages st~r Brancusi, testirnonianze di Petru Corrn arnesco, Mircea Eliade, Ionel Jianou, Ed. Arted-Editions d'Art, Paris 1967. La p rova del labirinto I Brancusi e le mitologie sale: Brancusi sembra aver ritrovat o la sua fonte di ispirazione rumena dopo l'incontro con certe creazioni artistich e primitive e arcaiche. Orbene, questo paradosso costituisce uno dei temi preferiti della saggezza popolare. Ne ricorder qui un unico esempio: la storia del rabbino Eisik di Cracovia, che l'indianista Heinrich Zimmer aveva tratto dai Kassidische n Bucher di Martin Buber. Quel pio rabbino, Eisik di Cracovia, fece un sogno in cui gli veniva ordinato di andare a Praga: l, sotto un ponte che porta al castell o reale, avrebbe scoperto un tesoro nascosto. Il sogno si ripresent tre volte e i l rabbino si decise a partire. Giunto a Praga trov il ponte, ma, essendo sorvegli ato giorno e notte dalle sentinelle, Eisik non os fare ricerche. Continuando ad a ggirarsi nei dintorni, fin per attirare l'attenzione del capitano delle guardie; costui gli chiese amabilmente se aveva perso qualcosa. Con semplicit, il rabbino gli raccont il suo sogno. L'ufficiale scoppi a ridere: Dici davvero, pover'uomo!, g li disse, hai consumato le scarpe per fare un tal tragitto solo a causa di un so gno? Dimmi tu se una persona ragionevole presterebbe fede a un sogno?. Anche l'uf ficiale aveva udito in sogno una voce: Mi parlava di Cracovia, ordinandomi di and are laggi alla ricerca di un gran tesoro nella casa di un rabbino di nome Eisik, Eisik figlio di Jekel. Il tesoro si doveva scoprire in un angolo polveroso: era sepolto dietro la stufa. L'ufficiale, per, non prestava assolutamente fede alle vo ci udite in sogno: l'uificiale era una persona ragionevole. Il rabbino si inchin profondamente, lo ringrazi e rientr in tutta fretta a Cracovia. Scav nell'angolo ab bandonato di casa sua e scopr il tesoro che mise fine alla sua miseria. E quindi, commenta Heinrich Zimmer, e quindi il vero tesoro, quello che mette fine alla no stra miseria e alle nostre prove, non mai molto lontano, non bisogna cercarlo in un paese lontano, esso giace sepolto negli scomparti pi intimi della nostra casa , cio del nostro stesso essere. Si trova dietro alla stufa, il centro da cui eman a vita e calore che comanda la nostra esistenza, il cuore del nostro cuore, se soltanto siamo capaci di scavare. Ma allora c' il fatto strano e costante che solo dopo u n pio viaggio in una regione lontana, in un paese straniero, su una terra novell a, il significato di questa voce interiore, che guida la nostra ricerca, si potr rivelare a noi. E a questo fatto strano e costante se ne aggiunge un altro; colu i che ci rivela il senso del nostro misterioso viaggio interiore deve a sua volt a essere uno straniero, una persona di fede e di razza diversa. Per tornare a noi , anche se si accetta il punto di vista di Sidney Geist, e in particolare se si ritiene che l'influsso esercitato dall'Ecole de Paris nella formazione di Brancu si stato decisivo, mentre l'influenza dell'arte popolare rumena inesistente, ci non toglie che i capolavori di Brancusi sono solidali con l'universo delle forme pl astiche e con la mitologia popolare rumena e a volte portano addirittura nomi ru meni (la Maiastra ad esempio). In altre parole, le influenze avrebbero provocato u na sorta di anamnesi, portando necessariamente ad un'autoscoperta. L'incontro co n le creazioni dell'avanguardia parigina o del mondo arcaico (l'Africa) avrebbe avviato un movimento di ~<interiorizzazione~>, di ritorno verso un mondo segreto e indimenticabile, essendo al contempo mondo dell'infanzia e mondo dell'immagin ario. E forse dopo aver capito l'importanza di certe creazioni moderne che Branc usi pu aver intuito, insomma, le possibilit creative di tale tradizione. Ci non vuo le comunque dire che, dopo questa scoperta, Brancusi si sia messo a fare dell'art e popolare rumena. Non ha imitato le forme gi esistenti, non ha copiato il folklore. Ha capito al contrario che la fonte di tutte quelle forme arcaiche~uelle dell'a rte popolare del suo paese come quelle della protostoria balcanica e mediterrane a, dell'arte primitiva africana o oceanica--era profondamente sepolta nel passato; ed ha anche capito che tale fonte primordiale non aveva nulla a che vedere con la storia classica della scultura, in cui si era trovato collocato, come del resto tutti i suoi contemporanei, durante la sua giovent a Bucarest, a Monaco o a Pari gi. La genialit di Brancusi dovuta al fatto che egli ha saputo dove cercare la ve ra fonte delle forme che si sentiva in grado di creare. Invece di riprodurre gli u niversi plastici dell'arte popolare rumena o africana, si sforzato, per cos dire, di interiorizzare la sua stessa esperienza vitale. E quindi riuscito a ritrovare la presenza al mondo specifica dell'uomo arcaico, che si tratti di un cacciatore d el paleolitico inferiore o di un agricoltore del neolitico mediterraneo, carpato -danubiano, oppure africano. Se si potuto leggere nell'opera di Brancusi non sol o una solidariet strutturale e morfologica con l'arte popolare rumena, ma anche d elle analogie con l'arte negra oppure la statuaria della preistoria mediterranea e balcanica perch tutti questi universi plastici sono culturalmente omologhi: tr ovano le loro fonti nel paleolitico inferiore e nel neolitico. In altri termini, g razie al processo di interiorizzazione a cui abbiamo accennato e all'anamnesi che lo ha seguito, Brancusi riuscito a vedere il mondo come gli autori 176 ,,, La prov a del labirinto ~ I 177 Brancusi e le mitologie dei capolavori preistorici, emologici o folklorici. Ha ritrovato, in qualche sor ta, la presenza-al-mondo~ chc sembra consentire a questi artisti sconosciuti di c reare il loro personale universo plastico in uno spa- zio che non aveva nulla a che vedere, ad esempio con lo spazio de]l'arte greca f fclassica1~. Tutto questo non spiega, certo, la genialit di Brancusi, come non spie ga la sua opera. Non basta, infatti, riuovare la presenza-almondo, di un contadino nel neolitico per poter creare come un artista dello stesso pcriodo. Attirare, per, l'attenzione sul processo di intcriorizzazione ci aiuta a capire, da un lato, la straordinaria novit di Brancusi e, dall'altro, perch certune delle sue opere se mbrano strutturalmente solidali con le creazioni artistiche preistoriche, contad ine o etnografiche. L'atteggiamento di Brancusi nei confronti dei materiali e so prattutto davanti alla pietra ci aiuter forse un giomo a capire qualcosa della me ntalit degli uomini della preistoria. Brancusi, infatti, si accostava a certe pie tre con la riverenza esaltata c al contempo ansiosa di una persona per cui un ta le elemento era manifestazione di una potenza sacra, costituiva una ierofania. N on sapremo mai in quale universo immaginario viaggiasse Brancusi durante il suo lungo lavoro di levigatura. Ma quella intimit prolungata con la pietra stimolava di certo i sogni ad occhi aperti della materia, briUantemente analizzati da Bachel ard. Era una sorta di immersione in un mondo abissale in cui la pietra, la materi a per eccellenza, si rivelava misteriosa, dal momento che incorporava la sacralit, la forza, la fortuna. Scoprendo la materia in quanto fonte e luogo di ~epifanie)~ e di significati religiosi, Brancusi ha potuto ritrovare, o intuire, le emozion i e l'ispirazione di un artista dei tempi arcaici. L'interiorizzazione e l'immersio ne~ negli abissi facevano dcl resto parte del Zeitgeist dell'inizio del secolo. Freud aveva appena messo a punto la tecnica di esplorazione delle profondit dcll' inconscio; Jung crcdeva di poter scendere ancor pi a fondo di quel che chiamava l 'inconscio collettivo; lo speleologo Emile Racovitza stava identificando, nella fauna delle caverne, dei fossili viventi~, tanto pi interessanti in quanto tali fo rme organiche non erano susccttibili di fossilizzazione; Lvy-Bruhl individuava ne lla mentalit primitiva una fase arcaica, prelogica, del pensiero umano. Tutte quest e ricerche e scoperte avevano un punto comune: rivelavano dei valori, degli stat i, dei comportamenti fino ad allora ignorati dalla scienza, vuoi pcrch erano rima sti inaccessibili alla ricerca, vuoi, soprattutto, perch erano privi di interesse pcr la mcntalit razionalista della seconda met del XIX secolo. Tutte questc ricer che implicavano in qualche sorta un descensus ad inferos e, di conseguenza, la s coperta di stadi di vita, di esperienza e di pensiero precedenti alla formazione dei sistemi di significati conosciuti e studiati fino ad allora, sistemi che si potrebbero chiamare classici, dal momento che, in un modo o nell'altro, erano sol idali all'istaurazione della ragione quale unico principio suscettibile di cogli ere la realt. Brancusi era contemporaneo per eccellenza di questa tendenza all'int eriorizzazione e alla ricerca dei profondi, contemporaneo dell'interesse appassiona to per gli studi primitivi, preistorici o prerazionali della creativit umana. Dop o aver capito il segreto~ centrale-in particolare il fatto che suscettibili di ar ricchire l'arte moderna non sono le creazioni fo]kloriche o etnografiche, bens la scoperta delle loro fonti~, Brancusi si tuffato in ricerche senza fine, che si s ono arrestate solo con la sua morte. ~ tornato instancabilmente su certi temi, come se fosse ossessionato dal loro mistero o dalle loro possibilit artistiche che non riusciva a realizzare a pieno. Ha lavorato, ad esempio, per diciannove anni all a Colonna senza fine e per vcntotto al ciclo degli Uccelli. Nel suo Catalogo rag ionato, Ionel Jianou registra cinque versioni in rovere della Colonna senza fine , pi una in gesso e acciaio, eseguite tra il 1918 e il 1937. Quanto al ciclo degl i Uccelli dal 1912 al 1940, Brancusi ha portato a termine ventinove versioni, in bronzo levigato, in marmo di diversi colori e in gesso. Certo il riprendere cos tantemente un determinato motivo centrale si ritrova anche in altri artisti, ant ichi o moderni. Un tale metodo caratteristico, per, delle arti popolari e etnogra fiche, dove i modelli esemplari richiedono di essere ripresi e limitati all'infini to, pcr ragioni che nulla hanno a che vedere con la mancanza di imrnaginazione o d i pcrsonalit dell'artista. ~ significativo che Brancusi abbia ritrovato nella Colon na senza fine un motivo del folklore rumeno, la ~tColonna del cielo~ (columna ce rului), che il prolungamento di un tema mitologico attestato gi nel la preistoria e che, per di pi, molto diffuso in tutto il mondo. La Colonna del cielo~ sostiene la volta celeste; in altri termini, un axis mundi, di cui sono note le numerose varianti: la colonna Irminsul, degli antichi Germani, i pilastri cosmici delle popolazioni nordasiatiche, la montagna centrale, I'albero cosmico. Il sirabolism o dell'axis 178 La prova del labirinto 1l I 179 ~Brancusi e le mitologie mundi complesso e garantisce, al tempo stesso, la comunicazione tra terra e ciel o. Nei pressi di un axis mundi, che si ritiene si trovi nel centro del mondo, l' uomo pu comunicare con le forze celesti. La concezione dell'axis mundi in quanto colonna di pietra che sostiene il mondo riflette con ogni probabilit le credenze caratteris~iche delle culture megalitiche (IV-III millennio a.C.). Ma il simboli smo e la mitologia della colonna celeste si sono diffusi oltre le frontiere dell a cultura megalitica. Nel folklore rumeno, comunque, la Colonna del cielo rapprese nta una credenza arcaica, precristiana, che stata tuttavia cristianizzata abbast anza presto, dal momento che si ritrova nelle canzoni rituali di Natale (colinde ). Brancusi avr indubbiamente sentito parlare della ~<Colonna del cielo nel suo vi llaggio natale oppure nell'ovile sui Carpazi dove ha fatto il suo apprendistato di pastore. E certo che l'immagine l'ha perseguitato poich, come vedremo ora, ess a si integrava nel simbolismo dell'ascensione, del volo, della trascendenza. ~ d egno di nota che Brancusi non abbia scelto la forma pura~> della colonna-la quale poteva significare soltanto il <~supporto~>, la staffa del cielo --bens una forma romboidale, ripetuta all'infinito che la accosta a un albero o a un pilastro pri vo di tacche. In altri termini, Brancusi ha messo in rilievo il simbolismo dell' ascensione, dal momento che, nell'immaginazione, si ha voglia di arrampicarsi su questo albero celeste. Ionel Jianou ricorda che le forme romboidali rappresentano un motivo decorativo mutuato dai pilastri dell'architettura contadina. Ora, il si mbolismo del pilastro delle case dei contadini dipende anche lui dal campo simbol ico dell'axis mundi. In un gran numero di abitazioni arcaiche il pilastro central e serve, di fatto, da mezzo di comunicazione con il cielo. Quel che perseguita B rancusi non pi l'ascensione verso il cielo delle cosmologie arcaiche e primitive, bens il prendere il volo in uno spazio inf inito. Definisce la sua colonna senza fine non solo perch una tale colonna non potr ebbe mai essere portata a termine, ma soprattutto perch si slancia in uno spazio che non pu avere limiti, dal momento che fondato sull'esperienza estatica della l ibert assoluta. i~ lo stesso spazio in cui volano gli Uccelli. Dell'antico simbol ismo della Colonna del cielo Brancusi ha conservato solo l'elemento centrale: l'as censione in quanto trascendenza dalla condizione umana. E riuscito tuttavia a ri velare ai suoi contemporanei che si tratta di un'asCensione estatica, priva di q ualsiasi carattere <~mistico. Basta lasciarsi portare dalla forza dell'opera per ri trovare la dimenticata beatitudine di un'esistenza libera da qualsiasi sistema d i condizionamento. Il tema degli Uccelli, inaugurato nel 1912 con la prima versi one della Maiastra, ancor pi rivelatore. Brancusi, in effetti, partito da un cekb re motivo folklorico rumeno per approdare, tramite un lungo processo di interiori zzazione, a un tema esemplare, al tempo stesso arcaico ed universale. La Maiastra , pi precisamente Paserea maiastra (lett.: I'Uccello meraviglioso) un uccello di fa vola dei racconti popolari rumeni, il quale assiste il Principe Azzurro (Fat-Fru mos) nei suoi combattimenti e nelle sue prove. In un altro ciclo narrativo, la M aiastra riesce a rubare le tre mele d'oro che un albero meraviglioso produce ogn i anno. Solo un figlio di re riesce a ferirla o a catturarla. In certe varianti, l'Uccello meraviglioso, quando viene ferito o catturato, si rivela essere una fat a. Si direbbe che Brancusi abbia voluto suggerire questo mistero della doppia na tura sottolineando, nelle prime varianti (1912-1917), la femminilit della Maiastr a. Ben presto, per, il suo interesse si concentrato sul mistero del volo. Ionel p anou ha raccolto le seguenti dichiarazioni di Brancusi: Ho voluto che Maiastra so llevi la testa senza esprimere con questo movimento la fierezza, I'orgoglio o la sfida. Fu il problema pi difficile e solo dopo un lungo sforzo sono riuscito a r endere questo movimento integrato allo slancio del volo. La Maiastra che, nel fol klore, quasi invulnerabile (soltanto il Principe riesce a ferirla), diventa l'Uc cello nello spazio; in altri termini ci che ora deve essere espresso nella pietra il volo magico. La prima versione della Maiastra in quanto Uccello nello spazio d ata del 1919 e l'ultima del 1940. Finalmente, come scrive Jianou, Brancusi riusc a trasformare il materiale amorfo in un'ellisse dalle superfici translucide, di u na purezza abbagliante, che irradia la luce e incarna, con il suo slancio irresi stibile, l'essenza del volo. Brancusi, del resto, diceva: Per tutta una vita io no n ho cercato altro che l'essenza del volo... Il volo, che felicit! Non avevo bisog no di leggere libri per sapere che il volo un equivalente della felicit dal momen to che simboleggia l'ascensione, la trascendenza, il superamento dena condizione umana. Il volo proclama che la grat/it abolita, che si prodotta una mutazione on tologica all'interno dello stesso essere umano. I miti, racconti e leggende rela tivi agli eroi o ai maghi che circolano liberamente tra la terra e il cielo sono universalmente diffusi. Tutto un insieme di simboli che si rapportano ana vita spirituale e soprattutto alle esperienze estatiche e ai poteri dell'intelligenza , solidale alle immagini dell'uccello, delle ali e del volo. Il simLa prova del labirinto bolismo del volo traduce una rottura effettuata nell'universo dell'esp erienza quotidiana. La duplice intenzionalit di questa rottura evidente: tramite il volo si ottiene al tempo stesso la trascendenza e la libert. Non questo il luogo di riprendere le analisi che abbiamo presentato altrove, ma si potuto dimostrare che sui piani diversi, ma solidali del sogno, dell'immagina zione attiva, dena creazione mitologica e folklorica, dei riti, dena speculazion e metafisica e dell'esperienza estatica, il simbolismo dell'ascensione significa sempre il frantumarsi di una situazione pietrificata, bloccata, la rottura di livel lo che rende possibile il passaggio verso un altro modo d'essere; in fin dei con ti la libert di ~Kmuoversi, owero di cambiare di situaZione, di abolire un sistema di condizionamenti. E significativo che Brancusi per tutta la sua vita sia stat o ossessionato da ci che chia nava l'essenza del volo. ~ tuttavia straordinario che sia riuscito ad esprimere lo slancio ascensiona,e, util-~zando proprio l'archet ipo della gravit, la materia per eccellenza, la pietra. Si potrebbe quasi dire che ha operato una transmutazione de,la materia, pi precisarnente che ha effettuato una coincilentia oppositorum, poich nello stesso oggetto coincidono la materia" e il v olo, la gravit e la sua negazione. Mircea Eliade giugno 1967 Universit di Chicago B IOGRAFIA 1907 1913 1925 1926 9 marzo: nasce a Bucarest Mircea E,iade, secondo fi glio del capitano Gheorghe Eliade e di Joana Stoenesco. Ottobre: entra alla scuo la elementare, 10 Strada Mantuleasa. 1917-1925 Studi secondari al liceo Spiru-Ha ret. 1921 Gennaio: pubblica i, suo primo articolo: Come ho scoperto la pietra fil osofale su Ziarul Stiintelor Populare. 1921-1923 Collabora a numerose riviste (Zi arul Stiintelor Populare, Orizonful, Foaia Tinerimii, Lumea, Universul Literar, Adevarul L~terar, ecc.): articoli di volgarizzazione scientifica (entomologia, s toria dell'alchimia, orienta,ismo, storia delle religioni); impressioni di viagg io nei Carpazi e sul Danubio; racconti; saggi di critica letteraria. 1923-192S I mpara l'ita,iano per leggere Papini e Vittorio Macchioro e l'inglese per leggere Max Muner e Frazer. Comincia lo studio dell'ebraico con il manua,e di Miha,cesc u e del persiano con la grammatica d'Italo Pizzi. 1924-192S Scrive i, romanzo au tobiografico, rimasto inedito, Romanul adolescentului miop. Ottobre: ottiene la licenza ,icea,e e si iscrive alla facolt di lettere e di filosofia dell'Universit di Bucarest. Gennaio: fonda la Revista Universitara, soppressa dopo i, terzo numero in ragion e di una recensione eccessivamente severa del libro di N. Iorga, Essai d'histoir e universelle. 182 ~1 La prova del labirinto 183 1927 928 1929 Novembre: comincia a collaborare regolarmente al quotidiano Cuvantul (La parola); per parecchi anni Eliade pubblica almeno due pezzi alla settimana (ritratti di s crittori e di uomini di scienza, recensioni di opere di orientalistica, di filos ofia e di storia delle religioni, impressioni di viaggio, ecc.). Marzo-aprile: p rimo viaggio in Italia dove incontra Papini a Firenze, E. Buonaiuti, A. Panzini, G. Gentile a Roma e V. Macchioro a Napoli. Luglio-agosto: viaggio in Austria e in Svizzera. Gennaio: scrive Gaudeamus, il seguito del suo primo romanzo che rim ane a sua volta inedito. Aprile-giugno: soggiorno a Roma durante il quale lavora alla sua tesi di laurea (La filosofia italiana da Marsilio Ficino a Giordano Br uno). Dopo aver letto A History of Indian Philosophy, Eliade scrive al professor Surendranath Dasgupta per comunicargli il suo desiderio di lavorare presso di l ui all'universit di Calcutta. Scrive al tempo stesso al maharaja Manindra Chandra Nandy di Kassimbazar, il quale aveva patrocinato gli inizi della carriera scien tifica di Dasgupta. Giugno: Ritorno a Bucarest via Napoli, Atene e Costantinopol i. ~LLt~ ur~: rl~UiL~ ur~giante di Dasgupta e del maharaja; quest'ultimo gli pro mette una borsa di studio per la durata del suo soggiorno in India. Ottobre: con segue la laurea in filosofia. 20 novembre: partenza per l'India. 25 novembre-5 d icembre: viaggio in Egitto. 17-20 dicembre: sbarca a Colombo e visita Ceylon. 21 dicembre: arriva a Madras dove incontra il nrofessor Dasgupta. 26 dicembre: arr iva a Calcutta e si sistema in una pensione anglo-indiana, 82, Ripon Street. Gen naio-giugno: Eliade segue il corso di Dasgupta e studia assiduamente il sanscrit o. Marzo: viaggio a Benares, Allahabad, Agra, Jaipur. Luglio: soggiorno a Darjee ling e viaggio nel Sikkim. Agosto: porta a termine un romanzo, Isabel si Apele D ia184 Biografia volului, che verr pubblicato a Bucarest l'anno dopo. Settembre-di cembre: Dasgupta gli suggerisce di lavorare con un pandit per abituarsi a conver sare in sanscrito con i religiosi ind. Gennaio-settembre: abita a casa del profes sore Dasgupta, 120, Bakulbagan Street, nel quartiere Bhowanipore. Ogni 1930 1931 1933 mattina sotto controllo di Dasgupta fa un'ora di analisi testuale (il commentari o di Patanjali, il grammatico). Febbraio: stabilisce l'argomento della sua tesi di dottorato, La storia comparata delle tecniche dello yoga~. Giugno-luglio: Dasg upta gli detta il suo libro sulla filosofia delle Upanisad. Pubblicazione dei pr imi studi sulle filosofie e le religioni indiane sulla Revista de Filozofie (Buc arest) e su Ricerche religiose (Roma). Settembre: rottura dei rapporti con Dasgu pta. Lascia Bhowanipore e parte per Hardwar, nell'Himalaya occidentale. Ottobre: Eliade prende dimora in un kutiar a Rishikesh dove, per sei mesi, pratica lo yo ga sotto la direzione di swami Shivanananda. Dicembre: visita un certo numero di yogi a Lakshmanjula e conversa con i pellegrini che tornano da Badrinath. Genna io-marzo: meditazione e pratica dello yoga. Aprile: fa ritorno a Calcutta. April e-novembre: lavora nella biblioteca dell'Asiatic Society of Bengal e stringe ami cizia con il bibliotecario, il tibetanista Johan Van Manen. Eliade comincia la s tesura della sua tesi. Dicembre: partenza per Bucarest, dove viene richiamato pe r fare il servizio militare. Gennaio-novembre: servizio militare nel 1 reggimento di artiglieria antiaerea, a Bucarest. Comincia a tradurre in rumeno il testo in glese della sua tesi, suUo yoga. Gennaio: Eliade presenta il manoscritto di Mait reyi al con corso per il miglior romanzo inedito. Marzo: il romanzo vince il pre mio; pubblicato in maggio, Maitreyi conoscer un grande successo di critica e di p ubblico. I Biografia 185 La prova del labirinto 1934 1935 1936 1937 1938 Giugno: Eliade consegue il dottorato in f,losofia. La commissione universitaria gli consiglia di pubblicare la sua tesi in francese ed egli si mette a,11a ricer ca di un traduttore che conosca sia l'inglese che il rumeno e un po' di sanscrit o. Novembre: nominato assistente di Nae Ionesco, professore di logica e di metaf isica; Eliade inizia il suo corso su Il problema del male nella filosofia indiana ~,. Gennaio: Eliade sposa Nina Mares e a,~fitta un appartamento, in boulevard Di nicu-Gelescu. Per far fronte a,11e di,~icolt finanziarie collabora a svariate riv iste e pubblica quattro volumi: due romanzi (Intoarcerea din Rai; Lumi- na ce se stinge), una raccolta di articoli (Ocanographie) e un volume di ricordi di viaggio (India). Agosto: soggiorno a Berlino per mettere a punto la tesi. Nov embre: inaugura il corso su La salvezza nelle religioni orientali. Inverno: semina rio sulla Docta ignorantia di Nicola Cusano. Primavera: pubblicazione di Alchimi a asiatica e di Santier (frammenti romanzati del suo Diario indiano). Agosto: a Berlino per mettere a punto un'opera sulla cosmologia e l'alchimia babilonesi. N ovembre: inaugura il corso su Le Upanisad e il buddismo. Inverno: seminario sul li bro x della Metafisica di Aristotele. Giugno: prepara un'edizione critica delle opere scelte di B. P. Hasdeu. Pubblicazione di Yoga, essai sur les origines le l a m~stique indienne (Paris-Bucarest, Paul Geuthner e Fundatia Regala Carol I). L uglio-agosto: viaggio a Londra, Oxford e Berlino. Corso sul Simbolismo religioso. Pubblicazione di Scrieri... di B.P. Hasdeu, in due volumi, e di Cosmologie si al chimie babiloniana. Estate: viaggio in Svizzera e in Italia. Corso: Storia del bu ddismo. Prepara il primo tomo di Zalmoxis, revue des tudes religieuses con la coll aborazione di R. Pettazzoni, J. Przylus,~i, Ananda Coomaraswamy, Carl Clemen, C. Hentze, B. Rowland, ecc. 1947 1948 1939 1940 1941 1943 1944 Novembre: pubblicaz ione del romanzo Nunta an Cer. Primavera: uscita di Zalmoxis I (la diffusione ve rr fatta da,11a libreria orientalista Paul Geuthner). Estate: prepara il secondo tomo di Zalmoxis (che uscir nel 1940). Autunno: Fragmentarium (saggi). Marzo: nom inato addetto culturale presso la legazione reale di Romania a Londra. Aprile-se ttembre: Londra. Settembre: sfollato a Oxford. Gennaio: nominato consigliere culturale presso la legazione reale di Romania a L isbona. 10 febbraio: arriva a Lisbona dove rimarr fino in settembre 1945. 1942-19 44 Pubblicazione a Bucarest di quattro opere in rumeno e del terzo tomo di Zalmo xis. Pubblica Os Romenos, Latinos do Oriente (Lisbona). Novembre: morte de,11a s ua sposa, Nina. Dicembre: va ad abitare a Cascais, vi,11aggio di pescatori vicin o a Lisbona. 1945 Redige in rumeno i Prolegomnes l'histoire des religions, opera iniziata ad Oxford nel 1940-1941 e che uscir nel 1949 con il titolo Trait d'histoi re des religions. Settembre: arriva a Parigi, con la figlia di Nina, Adalgiza. N ovembre: su invito del professor Dumzil, tiene un corso libero presso l'cole des H autes tudes (i primi tre capitoli del Trait). Dicembre: eletto membro della Socit as iatique. 1946-1949 Abita all'Hotel de Sude, rue Vaneau. Ritrova i suoi amici di B ucarest, E.M. Cioran, Eugne Ionesco, Nicolas Herescu. Collabora alle riviste Crit ique, Revue de l'histoire des religions, Comprendre, Paru, ecc. Primavera: corso libero presso l'Ecole des Hautes Etudes (Il mito dell'Eterno ritorno). Primaver a: Ga,11imard pubblica Techniques du Yoga. Giugno: partecipa al Congresso intern azionale degli orientalisti a Parigi. Autunno: fonda Luceafarul, rivista degli s crittori rumeni in es,lio. La prova del labirinto 1949 1950 Inverno: Trait d'hist oire des religions. Primavera: Il mito dell'eterno ritorno. 9 gennaio: sposa Chr istinel Cottesco. Primavera: viaggio in Italia in compagnia di sua moglie. Marzo : conferenze all'universit di Roma, su invito dei professori R. Pettazzoni e G. T ucci. Agosto: prima conferenza Eranos>~ di Ascona, dove Eliade incontra C.G. Jung , G. Van der Leeuw, Louis Massignon, ecc. Settembre: partecipa al Congresso inte rnazionale di storia delle religioni ad Amsterdam. Ottiene una borsa di ricerca dalla fondazione Bollingen di New York (ducento dollari al mese). Il dottore Ren L aforgue e Dlia Laforgue e il dottor Roger Godel e Alice Godel, invitano gli Eliad e ad occupare i loro appartamenti di Parigi e del Val-d'Or. Stringe amicizia con Henry Corbin, il padre Jean Danilou, il R.P. Jean Bruno, Jean Gouillard, Luc Bad esco, Christian e Marie-Louise Dehollain, Jacqueline Desjardin, Sibylle Cottesco , il direttore d'orchestra Ionel Perlea e sua moglie Lisette. Conferenze presso le universit di Roma, Padova, Strasburgo, Munich, Friburgo, Lund, Uppsala. Princi pali pubblicazioni: Le chamanisme, Images et symboles, Le Yoga, Forgerons et alc himistes, Foret interdite (romanzo tradotto da Alain Guillermou dal manoscritto 1951-1955 1956 1957 rumeno). Partecipa al Congresso di storia delle religioni a Roma. Settembre: par tenza per gli Stati Uniti. Ottobre-novembre: tiene presso l'universit di Chicago le Haskell Lectures: Pattern of Initiation)> (pubblicato nel 1958 con il titolo Bir th and Rebirth da Harper and Row). Ottobre-giugno 1957: <~Visiting professor di s toria delle religioni presso l'universit di Chicago. Marzo: Eliade accetta l'inca rico di professore titolare e direttore del dipartimento di storia delle religio ni e di professore presso il Committee of Social Thought presso la Universit di C hicago. 1958 1959 1960 1961 1963 1964 1965 1966 1968 1969 Gennaio: Eliade inaugura il su o corso presso l'universit di Chicago. Giugno: ritorno a Parigi. Agosto-settembre : partecipa assieme a sua moglie al Congresso internazionale di storia delle rel igioni a Tokio e visita il Giappone in compagnia del suo collega ed amico, il pr ofessor Joseph Kitagawa e sua moglie. Ottobre: ritorna a Chicago via le Hawaii e San Francisco. Escono quattro sue opere in traduzione inglese (Patterns in comp arative Religion; Yoga; Birth and Rebirth; The Sacred and the Profane). Da quest o momento in poi Eliade insegna due trimestri all'anno all'universit di Chicago, dirige delle tesi di dottorato per il terzo trimestre e trascorre le vacanze est ive in Europa. Partecipa al Congresso di storia delle religioni a Marburgo. Fond a, assieme a Ernst Junger, la rivista Antaios (Stuttgart, Klett Verlag, 1961-197 2). Il professor Thomas J. Altizer pubblica Mircea Eliade and the Dialectics of the Sacred (Philadelphia, The Westminster Press). L'universit di Chicago gli conf erisce il titolo di Sewell L. Avery Distinguished Service Professor~>. Febbraio-marzo: viaggio in Messico: tiene un corso sulle religioni indiane al Collegio de Mexico. Maggio: Eliade ele tto membro della American Academy of Arts and Sciences. Giugno: dottore honoris causa in Humane Letters~, Yale University. Christian Culture Award Gold Medal for 1968~, Universit di Windsor (Canada). Pubblicazione di Myths and Symbols, Studies in Honor of Mircea Eliade (University of Chicago Press). Aprile-maggio: viaggio in Argentina, conferenze all'Universit di La Plata. 22 aprile: Dottore Honoris C ausa in filosofia de las religiones, Universidad de la Plata. 7 maggio: Professo r Extraordinario de la Escuela de Estudios Orientales, Universidad de San Salvad or. La prova del labirinto 1970 1971 1972 1973 1974 1975 1976 18 maggio: Doctor Honoris Causa in Sacred Theology, Ripon College. 7 gennaio: Doctor Honoris Causa of Humane Letters, Loyola University (Chicago). 8 lug]io: nominato Corresponding Fellow~ della British Academy. Agosto-settembre: viaggio in Svezia e in Norvegi a; partecipa al Congresso internazionale di storia delle religioni a Stoccolma. Giugno: Doctor Honoris Causa in Science of Religion, Boston College. 17 maggio: Doctor Honoris Causa of Law, La Salle College (Philadelphia). 21 maggio: Doctor of Humane Letters, Oberlin College. 22 maggio: Eliade eletto membro corrispondente dell'Accademia delle scienze aust riaca (Philosophisch-historischen Nasse). Agosto: viaggio in Finlandia; partecip a al Colloquio di storia delle religioni a Turku. Autunno: Gallimard pubblica Fr agments d'un Journal (tradotto dal rumeno da Luc Badesco). Porta a termine il pr imo tomo di Histoire des croyances et des ides religieuses: de l'age de la pierre aux mystres d'Eleusis (pubblicato da Payot nel 1976). 16 agosto: Doctor Honoris Causa of Letters, University of Lancaster. Settembre: eletto membro dell'Acadmie royale de Belgique. 14 febbraio: Docteur Honoris Causa de l'Universit c1e Paris-S orbonne. 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Essai sur les origines de la mysti que indienne, Librairie orientaliste Paul Geuthner, Paris 1936, 346 pp. Sarpele (Il serpente), romanzo, Editura Nationala-Ciomei, Bucuresti 1937, 240 pp. In ord ine cronologico. 190 La prova del labirinto ~ 191 Scrieri literare, morale si politice de B. P. Hasdeu (Scritti di B. P. Hasdeu), Edizione critica, commento e bibliografia, Editura Fundatia Regala pentru Arta s i Literatura, Bucuresti 1937, 2 voll., 473 e 420 pp. Cosmologie si Alchimie Babi loniana (Cosmologia e alchimia babilonese), Editura Vremea, Bucuresti 1937, 136 pp. Nunta in Cer (Matrimonio in cielo), romanzo, Editura Cugetarea, Bucuresti 19 38, 280 pp. Metallurgy, Magic and Alchemy, Cahiers de Zalmoxis 1, Librairie orie ntaliste Paul Geuthner, Paris 1938, 48 pp. Fragmentarium (Saggi), Editura Vremea , Bucuresti 1939, 160 pp. Secretul Doctorului Honigberger (Il segreto del dottor Honigberger), Editura Socec, Bucuresti 1940, 190 pp. Mitul Reintegrarii (Il mit o della reintegrazione), Editura Vremea, Bucuresti 1942, 110 pp. Sdazar si revol utia in Portugalia (Salazar e la rivoluzione in Portogallo), Editura Gorjan, Buc uresti 1942, 274 pp. Comentarii la legenda Mesterului Manole (Commenti sulla leg genda di mastro Manole), Editura Publicom, Bucuresti, 1943, 144 pp. Insula lui E uthanasius (L'isola di Euthanasius), saggi, Editura Fundatia Regala pentru Arta si Literatura, Bucuresti 1943, 382 pp. Techniques du yoga, Gallimard, Paris 1948 , 266 pp. Nuova edizione riveduta e aumentata, Gallimard, Paris 1975, 313 pp. (t r. it., Tecniche dello yoga, Boringhieri, Torino 1972). Trait d'histoire des reli gions, prefazione di Georges Dumzil, Payot, Paris 1949, 405 pp. Ottava edizione 1 975, 394 pp. (tr. it. Trattato di storia delle religioni, Boringhieri, Torino 19 72). Le mythe de l'ternel Retour, Gallimard, Paris 1949 (ristampa 1975), 254 pp. (tr. it. Il mito den'eterno ritorno, Rusconi, Milano 1975). La nuit bengali, tr. fr. A. Guillermou, Gallimard, Paris 1950, 260 pp. Pubblicat o anche da La Guilde du Livre, Lausanne 1966, 207 pp. Le chamanisme et les techn iques archaiques de l'extase, Payot, Paris 1951, 450 pp., Terza edizione corrett a e aumentata, 1974 (tr. it. Lo sciamanismo e le tecniche dell'estasi, Ed. Medit erranee, Napoli 1975). I~genia, dramma in tre atti, Editura Cartea Pribegiei, Va lle Hermoso 1951, 172 pp. Images et symboles. Essais sur le symbolisme magico-re ligieux, Gallimard, Paris 1952, 240 pp. (ristampato 1965, 1970). Le Yoga. Immort dit et Libert, Payot, Paris 1954, 428 pp. (quinta edizione corretta e aumentata, 1 975) (tr. it. Lo Yoga, Rizzoli, Milano). Foret Interdite, tr. fr. A. Guillermou, Gallimard, Paris 1955, 640 pp. Forgerons et Alchimistes, Flammarion, Paris 1956 , 212 pp. Nuova edizione aumentata, 1977. Le Sacr et le Profane, Gallimard, Paris 1956, 188 pp. (Ristampato, 1975) (tr. it. Il sacro e il profano, Boringhieri, T orino 1973). Minuit a Serampore, tr. fr. dal tedesco di Albert-Marie Schmidt, St ock, Paris 1956, 244 pp. Mythes, Reves et Mystres, Gallimard, Paris 1957, 312 pp. (ristampato, 1970). Bibliogra~a Naissances mystiques Essai sur quelques types d 'initiation, Gallimard, Paris 1959, 276 pp. Ripubblicato con il titolo Initiatio n, Rites, Socits secrtes, Paris 1976 (tr. it. La nascita mistica, Morcelliana, Bres cia 1974). Mphistophls et l'Androgyne, Gallimard, Paris 1962, 280 pp (ristampato 19 70) (tr. it. Mehstofele e l'androgino, Ed. Mediterranee, Napoli). Patanjali et l e Yoga, Seuil, Paris 1962, 190 pp. Nuova edizione corretta, 1976. Nuvele (Novell e), Editura Destin, Madrid 1963, 152 pp. Aspects du mythe, Ga]~imard, Paris 1963 , 250 pp. Nuova edizione, 1973. Amintiri: I. Mansarda (Autobiografia: I. La mans arda), Editura Destin, Madrid 1966, 176 pp. From Primitives to Zen. A Tbematic S ourcebook on the History of Religions, Collins, London; Harper and Row, New York 1967, 670 pp. Nuova edizione tascabile in quattro volumi: God, Goddesses and My ths of Creation, 162 pp.; Man and the Sacred, 174 pp.; Death, Afterlife and Esca thology, 109 pp.; From Medicine Man to Muhammad, 217 pp., 1974. Pe Strada Mantul easa (Sulla via Mantuleasa), racconto, Caietele Inorogului, Il, Paris 1968, 129 pp. (tr. it. Il vecchio e il funzionario, Jaca Book, Milano 1979). La Tiganci si alte povestiri (Tra gli Zingari...), introduzione di Sorin Alexand rescu, Editura pentm Literatura, Bucuresti 1969, 525 pp. De Zalmoxis Gengis Khan . }~tudes comparatives sur les religions et le folklore de la Dacie et de l'Euro pe orientale, Payot, Paris 1970, 176 pp. Noaptea de Sanziene (Foresta proibita), romanzo, Ed. Ion Cusa, Paris 1971, 2 voll., 428 e 319 pp. La nostalgie des orig ines. Mcthodologie et histoire des religions, Gallimard, Paris 1971, 337 pp. (tr . it. La nostalgia delle origini, Morcelliana, Brescia). Australian religions, C ornell University Press, Ithaca, New York 1973 (tr. it. La creativit dello spirit o. Un'introduzione alle religioni australiane, Jaca Book, Milano 1979). Fragment s d'un Journal, tr. fr. Luc Badesco, Gallimard, Paris 1973. Le Vieil Homme et l' O~aicier, tr. fr. A. Guillermou, Gallimard, Paris 1977. In curte la Dionis (Alla corte di Dionisio), racconti, Caietele Inorogului, IV, Paris 1977, 280 pp. Made moiselle Christina, tr. fr. 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