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Racconto Breve

Anima
Malata













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Incipit

Gentile Lettore,

se sta leggendo questa mia confessione, ci sono buone possibilit che io sia passato a miglior vita.
La prego fortemente, in caso lei stesso abbia scoperto le mie spoglie mortali, di avvertire le autorit
di pubblica sicurezza per le routine del caso.
Mi chiamo RM, e mentre sto scrivendo ho ben trentaquattro anni. Troppi, di questo sono sicuro,
poich sono sereno nel costatare che avrei dovuto perpetrare latto supremo verso me stesso molto
tempo fa. Ma bando alle mie quisquilie.
Confesso che una settimana fa ho deliberatamente assassinato il Cavaliere del Lavoro Agostino
Salmasi, nel suo domicilio. Di certo le pubbliche autorit avranno conoscenza del caso visto il
grande eco che esso ha avuto nella stampa quotidiana della nostra amorevole citt.
Non voglio, in questo pezzo di carta, esplicare le ragioni che mi hanno portato a compiere un tale
efferato gesto. E daltronde il Cavalier Salmasi ha avuto una parte quasi del tutto inconsistente nel
mio atto complessivo. Il suo unico errore stato cestinare un qualcosa che in realt sarebbe dovuto
essere valorizzato. Un mio magnifico romanzo che sintitolava Quattro Notti per Lucia.
Ma io sono perfettamente concorde con la visione, ugualmente valida, che potrebbe obbiettare del
fatto che egli ha dato solo un parere a una delle centinaia di proposte che giungono sulla sua
scrivania, egualmente speranzose di un suo giudizio positivo, di un suo cenno degli occhi,
impercettibile, mentre legge.
Entrambe le posizioni sono valevoli al mio misero avviso. E sebbene io abbia effettivamente fatto
prevalere solo la prima, vorrei che chi leggesse questa mia missiva al mondo, non creda neanche per
un istante, che io sia andato allinferno con qualche sentimento di colpa, o peggio rimorso, per
quello che ho fatto.
Credo fermamente che a un certo punto della sua vita ogni grande talento artistico abbia dovuto fare
i conti con una realt che lo deprecava. Una realt fatta dinedia, di malevolenza, di mezze misure,
di pallide e querule certezze e soprattutto dindifferenza. Una realt che pu durare tutta una vita ed
uccidere lanima.
Il talento, nella sua forma pi armoniosa, non ha che bisogno di un cenno. Inequivocabile, che
scoppi nel cielo come e pi di un fuoco dartificio in una festa destate. Lassassinio del mio
giudice, il Cavalier Salmasi, stato quel cenno.
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Che poi centri la fortuna questo ovvio. Poich il talento, senza di essa, come lo sposo lasciato da
solo sullaltare. Magari si pu concedere quella folle amante che la tenacia ma, comunque, non
la stessa cosa. E lui lo sa benissimo.
Da qui in poi il resoconto dettagliato di come sono andate le cose.

Cordialmente Vostro


rm

























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Inizio

Mi dispiace. Ma lei non pu pi vivere.
Quando pronuncio questa frase, il Cavalier Salmasi rimane come interdetto. Un poco balbettante
cerca di rispondere.
Che cosa sta dicendo. Questo non sar mica uno scherzo di cattivo gusto?.
Lo dice come per scusarsi, come lui fosse veramente colpevole di qualcosa. Gli occhiali tondi,
portati con classe accademica, lasciano trasparire gli occhi. Gli occhi di un azzurro chiaro,
splendente anche nella penombra della notte, che fanno trasparire qualsiasi cosa, anche il pi
piccolo sentimento, il pi piccolo rimestio di coscienza.
Riesco a vedere bene negli occhi del Cavaliere del Lavoro Agostino Salmasi, classe trentatr,
filologo, poeta, narratore di fama internazionale, autore di best sellers osannato dalla critica e dal
pubblico. Sono occhi che stanno cercando la mia faccia, bramano insistentemente di ricordarsela, di
trovare qualche connessione con un volto conosciuto, di trovare qualche dato di memoria in grado
di fornire una rappresentazione adatta alla situazione, un abito mentale che lo faccia smettere di
provare questa continuata sensazione dansia. La stessa ansia di cui io mi sto, inaspettatamente lo
devo ammettere, nutrendo.
Quello che cerca il Cavalier Salmasi una faccia da presentatore televisivo, una faccia conosciuta
per le sue burle, per il suo ruolo attoriale riconosciuto. Una faccia da schiaffi forse, magari da clown
inconsueto, che deve far ridere pur essendo triste. Magari con dentro unindicibile malinconia.
Ma non la trover. Non in questo mondo.
La mia mano sinistra gi impugna una semiautomatica sette e sessantacinque, piccola, magari di un
calibro modesto ma con un meccanismo veloce nella scarica dei colpi Compatta, precisa e pratica,
agli occhi altrui invisibile perch lho infilata nella tasca del cappotto lungo e nero che ho indossato
apposta in questa notte dottobre un poco squallida e sicuramente umida.
Insomma mi vuole dire dove sta lo scherzo. Non le hanno insegnato a scuola che bello solo
quando dura poco?.
Ride nervosamente, le sue pupille guizzano fuori dal mio campo visivo. Si accende un poco la pipa
ma senza troppa convinzione. Io rimango impassibile a sorseggiare il mio liquore, che sembra
allentare la tensione tanto dolce, tanto mi fa deglutire via i pochi rimorsi per la mia azione, tanto
premeditata nei minimi dettagli quanto non meritevole di senso, poich di esso potr vantarmi solo
alla fine.
Non uno scherzo. Vorrei che lei capisse che le persone del mio tipo scherzano raramente,
probabilmente quasi mai. Talvolta ho impressione che individui come me non abbiano posto in
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questo mondo. Per questo poi diventiamo cattivi e facciamo azioni che altri, come lei in questo
caso, considerano malvage. In pratica veniamo prima mal tollerati e poi, quando ci accingiamo a
contrastarvi, magari su un vostro stesso piano, considerati peggio della peggior feccia. E' un
giudizio che otteniamo solo per il fatto di reagire alla vostra mancanza dinteresse, al vostro
distacco totale, per la nostra esistenza.
Parlo in maniera serena. Non mi aspetto atti di eroismo da parte del Cavaliere, nonostante egli si sia
avvicinato al terrorismo negli anni settanta, sempre per solo da fomentatore, mai da portatore di
esplosivo. Restano famose le sue poesie dedicate ai prigionieri politici, gli scontri acerbi e privi di
scrupoli letterari con i suoi superiori alluniversit. Ma questo accadeva trentanni fa. Quello che ho
davanti adesso un borghese che si lamenta se alla sua poltrona preferita stato tolto il cuscino che
ha il ruolo di cingergli le natiche.
Non pi il tempo di essere eroi dico io, mestamente.
Il Cavaliere sembra capire. Anche solo per un momento. Comincia a sudare dalla fronte
inizialmente piatta e, subito dopo, piena di rughe; gli occhi esitanti, che cercano intorno qualcun
altro oltre a me. Ma assume uno sguardo scoraggiato quando la realt, sadica e immatura come solo
una bambina piccola pi essere, gli risponde che non c nessuno. I domestici, infatti, sono tutti in
serata libera, mentre lunica figlia del Cavaliere, Susanna, lavora in Germania come Latinista.
Viene a trovarlo solo ogni due Natali, con suo grande dispiacere.
Gli unici che frequentano ancora il vecchio appartamento, situato in una delle zone pi belle ed
antiche della citt, sono alcuni suoi ex studenti, che lui si premura con interesse a ospitare due o tre
volte al mese per parlare delle novit in libreria. Egli di solito d molta importanza a questi incontri,
ma avendo avuto recentemente un principio di polmonite, essa lha costretto a protrarre gli incontri
in avanti. Ora nellincontro pi importante per lui, proprio nel seno di una vecchiaia serena, mi
rendo conto che solo un vero miracolo potrebbe salvare il Cavaliere. Ma i miracoli non accadono
mai. O almeno io non ne ho mai visto uno.
Il Cavaliere tracima improvvisamente di rabbia, mentre deglutisce alla maniera del topo in un
vicolo cieco, sentendosi tutto dun tratto braccato dal gatto.
La smetta con questa farsa. Ne ho abbastanza del suo atteggiamento. Mi ascolti bene: se ne vada
adesso ed eviter di chiamare la Polizia.
Oh, non si deve preoccupare per questi dettagli. Sono solo orpelli inutili che appesantiscono la
nostra discussione, se cos si pu chiamare.
Non ho pi bisogno di tenere nascosta la pistola. Con un po di affanno la estraggo dalla tasca del
cappotto e la poso tranquilla sulla scrivania, dove ci siamo accomiatati non meno di mezzora fa.
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Lui sussulta ma rimane sostanzialmente impietrito sulla sua sedia, come se saspettasse che
magicamente la pistola si alzi dal tavolo guidata da una mano invisibile e lo minacci se non si
quieta.
Quasi come se essa stessa gli parlasse, egli risponde con una preghiera che per lui sa di via duscita.
I soldi sono in cassaforte. I gioielli anche. Saranno diecimila euro pi o meno. Li prenda tutti. Non
lasci niente. La combinazione 771477
Il Cavaliere nato nella bambagia e posso ben capire come possa disfarsi facilmente del denaro
avendolo sempre avuto, daltra parte lo avevo previsto, che mavrebbe cercato di circuire con quel
vile metodo. E la mia voce suona stranamente afona quando gli rispondo.
Non mi interessano i suoi soldi. Non sono venuto per quelli, anche se non posso che ringraziarla
della precisa informazione. A buon rendere
Stavolta il Cavaliere, appena sentita la mia ultima sillaba, fa per lanciarsi verso la pesante porta in
mogano che fa da entrata al suo studio, credo arredato in un solido quanto funereo stile
squisitamente vittoriano. Abbozza anche una sorta di grido, strozzato per dalla paura, da un
qualcosa che mai avrebbe potuto immaginare e invece sta accadendo. Adesso. E, cosa pi
importante, nel luogo da egli deputato a pi sicuro rifugio nei confronti del mondo esterno e di tutta
la cattiveria che esso contiene.
Ma il Cavaliere vecchio. I suoi settantanove anni lo colpiscono come dimprovviso a solo qualche
metro dal traguardo. Cade a terra, un tonfo secco, una sconfitta bruciante.
Io non mi sono mosso dalla mia sedia. Non ho nemmeno levato lo sguardo su di lui, ho
semplicemente continuato a bere il mio liquore zuccherino. Semplicemente buono. Mi accendo una
sigaretta, una Luckys Nera. Mentre aspiro il dolce aroma di tabacco, esso si mescola, in una sorta di
danza nellaria, con quello della pipa ancora accesa.
Lo sento cercare di alzarsi sulle braccia. Sta facendo a mio avviso uno sforzo enorme e del tutto
inutile. Solo che lui non lo sa.
La smetta di preoccuparsi. Adesso laiuto io
Poso il bicchiere, mi alzo e mi giro. Lo vedo trascinarsi per il pavimento alla veneziana bianco e
nero, con riflessi qua e l di azzurrino. Lo prendo di peso e solo allora mi accorgo che piccole
lacrime stanno sgorgando dai suoi occhi azzurri. Nel tentativo di fuggire e nella successiva caduta
ha perso gli occhiali tondi in argento, che per fortuna hanno battuto sul pavimento dalla parte della
staffa sinistra, storpiandola solo un po e fortunatamente lasciando intatte le lenti. Nemmeno un
sottile o minuscolo graffio le ha scalfite.
Dopo averlo riportato alla sua poltrona scura in simil pelle, mi accingo a raccoglierle. Lui non la
smette di piangere e fa con la gola qualche rumorio sconnesso, come se si trovasse
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improvvisamente di fronte a Sorella Morte, che io vedo brillare sopra di lui, insolente e laida come
solo lei sa essere in queste occasioni.
Perch fa questo? Che cosa le ho fatto di male? Me lo dica per carit di Dio. Me lo dica far tutto
ci che posso per rimediare. La prego mi ascolti. Mi dica che cosa vuole veramente dal povero
vecchio che sono.
Non mi mai piaciuta lautocommiserazione. Ma posso ben capire come in un momento importante
come quello del trapasso, la gente si possa comportare in questa maniera. Daltra parte mi sto
stupendo anche del fatto che non stia avendo ulteriori inconsulte reazioni, tipo offendermi o cercare
qualche mio punto debole per potermi influenzare subdolamente.
Lei uno scrittore al quale ho dedicato una brutta recensione. Non cos? Uno dei miei vecchi
studenti cui ho dato un brutto voto? Mi dica in che cosa le ho mancato di rispetto. Me lo dica per
carit di Dio
Le lacrime del Cavalier Salmasi. Sar questo il dettaglio pi vivo che conserver gelosamente nella
mia anima in questa notte ove gli angeli stanno a guardare ma lo stesso fa la controparte. Prendo
bene il respiro e carico la pistola, facendola scarrellare. un suono netto, semplice, distinto, come
quello di un vecchio orologio da polso, magari caricato a mano, ma sempre in orario, che non perde
un colpo.
Lui oramai del tutto terrorizzato. Mi fissa con occhi pieni di rabbia. Se avesse tutto il potere del
mondo, egli me lo sbatterebbe addosso alla maniera di un tir lanciato a tutta velocit che sfonda un
Guard rial autostradale. Un urto spaventoso anche come concetto.
Non c niente che non vada. Io non c lho con lei per nessuna ragione al mondo. E solo che mi
sono posto un obiettivo. Un unico, a mio avviso, obiettivo possibile. E lei di ostacolo a questo
obiettivo. Mi capisce? Perch io voglio che sia bene consapevole che lei nei miei riguardi non ha
niente da rimproverarsi. Niente, mi ha capito bene? Lei, se di colpa si pu parlare, si solo trovato
nel posto e momento sbagliati.
Lui annuisce catatonico e mi sorprendo quando non riesco a capire se per paura o per reale
comprensione di quello che gli ho detto. Daltra parte credo che sarebbe anche per me difficile
anche solo capire una situazione del genere.
Le sparer al cuore. Non sentir pi dolore di quanto ne ha sofferto in vita dopo la morte di sua
moglie. Io, in cuor mio, la sto aiutando, anche se adesso non in grado di rendersene conto.
Il colore del suo viso. Da rosso di rabbia diventato bianco come un cencio appena lavato. Rimane
immobile. Stavolta sembra capire.
Mi alzo, abbasso il cane, tolgo la sicura, punto larma.
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Le sparer fra tre secondi. Le ripeto, non sentir pi dolore di quanto non ne ha sofferto in vita.
Abbia laccortezza di trapassare con questa convinzione.
Aspetto due secondi poi premo il grilletto. Tre volte, una dritta al cuore, una al cervello e una alla
femorale. Larma che oscilla solo un poco, il rosso che invade la poltrona scura, la faccia del
Cavaliere incapace di trattenere la paura e la materia cerebrale. In questo, devo ammettere, ho
fallito.
Pulisco larma con una salvietta che mi son portato da casa, anche se rimasta sostanzialmente
pulita. Nessuno schizzo di sangue mi ha colpito. Alzo il cane, metto la sicura, tolgo il silenziatore,
la rimetto dentro la tasca del cappotto che ho tenuto per tutto il tempo.
Prima di andare via prelevo i soldi nella cassaforte. Ne avevo bisogno e non provo alcun sentimento
particolare quando introduco il tutto nella ventiquattrore marrone del fu Cavaliere. Una
ventiquattrore che, appena viene chiusa, mi sembra assumere un altro colore, meno classicheggiante
e pi torbido.
Poi spengo prima la sigaretta e la pipa, poi la luce grande dello studio, chiudendo con dovizia tutto a
chiave, anche la porta di casa. I guanti di pelle nera impediscono alle mie dita di lasciare impronte.
Esco dal portone. Getto le chiavi in un tombino. Me ne vado a casa senza rimorsi. La luna sembra
darmi la sua fiducia ma in fondo soltanto lennesima illusione.


Fine

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