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un Bulgakov esordiente.
Questo periodo precede immediatamente il primo periodo di intensa
attivit del Bulgakov maggiore: difatti nel biennio 1924-1925 egli
scrive (o continua a scrivere), definisce, forma esteticamente La
guardia bianca e dello stesso periodo sono anche famosi racconti
quali Cuore di cane, Diavoleide, Le memorie di un giovane medico. La
stessa lettura degli scritti qui raccolti conferma queste
considerazioni. C' anzitutto una tendenziale unit di fondo, mentre
del resto difficile stabilire delle differenze di valore, oltre che
di genere, tra le pagine del Bulgakov autore di feuilletons e quelle
del Bulgakov autore di racconti. In tutte queste pagine, insomma,
egli mostra gi un sicuro mestiere, un giornalista e uno scrittore
con una sua fisionomia ben precisa.
Qui inoltre possiamo ritrovare i nuclei, gli spunti, gli elementi
iniziali che poi, sviluppati, contribuiranno alle opere maggiori,
come, per esempio, La guardia bianca. Ma non si tratta - va precisato
ancora - di abbozzi o di prove d'autore. Certo, La notte del tre
costituisce una redazione antica di certi episodi del romanzo La
guardia bianca. Ma anche questo pu essere benissimo letto come
racconto conchiuso, addirittura come reportage oggettivato
attraverso il protagonista, il dottor Bakalejnikov, di un momento
della guerra civile a Kiev (il momento in cui le truppe di Petljura,
sospinte dall'armata rossa, lasciano la citt, e avvengono episodi di
violenza sul ponte). (3) Possiamo dire che il dottor Bakalejnikov,
marito di Varvara Afanasevna e fratello di Kolja, la incarnazione
precedente di Aleksej Turbin, l'eroe della Guardia bianca. La sua
storia, come quella di Varvara Afanasevna (che sar, nel romanzo La
guardia bianca, sorella e non moglie di Aleksej Turbin, e moglie
invece di Talberg, il quale assumer per contro alcuni caratteri
della vilt di Bakalejnikov), come la storia e la figura di Kolja (il
futuro Nikolaj Turbin), riflettono momenti e terrori della vita
privata di Michail Bulgakov.
Molti fatti, molti documenti, sono stati analizzati, a proposito di
questo primo Bulgakov (insieme ad altri aspetti) da Marietta
`cudakova, nel saggio Archiv M'A" Bulgakova. Materialy dlja
tvor` ceskoj biografii pisatelja ?L'archivio di M'A" Bulgakov.
Materiali per una biografia di Bulgakov come scrittore*, che stato
pubblicato nelle Zapiski Otdela Rukopisej ?Memorie della sezione
manoscritti* della Biblioteca Lenin di Mosca (Mosca, 1976). Saggio
che mette a punto una quantit di informazioni, ne d di nuove e
getta luce su una moltitudine di problemi legati alla storia
creativa di Bulgakov: la cui biografia scientifica, completa, ,
dunque, ancora da scrivere. Scrive la `cudakova: La fine
dell'inverno e la primavera del 1922, quando la fame, la
disoccupazione, la crisi dei combustibili, complicavano
estremamente la situazione interna del paese, furono un momento
pesante anche per Bulgakov. Durante quell'anno avvennero alcuni fatti
importanti nella sua vita personale, che si trovarono in connessione
diretta con lo sviluppo dell'idea del romanzo ?La guardia bianca*. Il
16 gennaio 1922, suo fratello N'A" Bulgakov, sulla cui sorte la
famiglia da alcuni anni non
aveva notizie, scrive la prima lettera alla madre, da Zagabria. Di
questa lettera viene presto informato il fratello maggiore. Nel marzo
si conosce anche la sorte del pi piccolo dei fratelli, I" A"
Bulgakov. Cos, nei primi tre mesi del 1922, Michail Bulgakov ha
finalmente notizie dei fratelli, che la guerra e la guerra civile
avevano allontanato. E gli giunge anche, da Kiev, la notizia che sua
madre morta di tifo. Questa tensione psichica, l'ansia, la
liberazione dall'ansia dopo le notizie, e il dolore per la morte
della madre, avrebbero dunque costituito il nucleo del tema
della citt, che anche oggi non sembra difficile trovare proprio
quella panchina nel giardinetto ?...* sulla quale i due letterati
fecero conoscenza col misterioso consulente di maga ?...*. Non
strano, del resto, che egli conosca Mosca cos bene. Ma come mai egli
descrive in modo cos indiscutibilmente vero l'antica Gerusalemme, in
cui non era mai stato, con i ponti sospesi, la colonnata del Palazzo
d'Erode, la tenebrosa torre d'Antonio, le piazze, i templi, i
rumorosi bazar e le strette viuzze della Citt bassa?
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NON PREVISTO DALLA CONVERSIONE DEL FILE.
SI PREGA COMUNICARE ALLA BIBLIOTECA CIECHI
IL NOME DI QUESTO FILE.
GRAZIE PER LA COLLABORAZIONE.
(V" Lak` sin, in Novyj Mir, n" 6, 1968.)
(A" M" Fajko, nel discorso pronunciato ai funerali dello scrittore,
afferm che Bulgakov fu drammaturgo non solo perch scrisse opere
teatrali o perch am il palcoscenico, ma soprattutto perch concep
la vita come azione; per Bulgakov la vita era teatro, un ininterrotto
e sempre improvviso mutare, una continua scoperta. Il riflettersi
nei drammi di Bulgakov, di una realt tanto pi imprevedibile quanto
pi vera e provocatoria, l'evidenza tematica e l'attualit delle
situazioni che coinvolgevano lo spettatore sovietico in una
partecipazione non soltanto spettacolare ma anche e soprattutto
critica dei problemi della societ di quegli anni, tutto ci
condizion notevolmente il destino delle opere teatrali di Bulgakov,
che prima di realizzarsi compiutamente dovettero passare per tutta
una serie di vicissitudini a tal punto significanti da poter essere
prese a paradigma ideologico di un intero periodo.
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(C" Di Paola, S" Leone, premessa a M" Bulgakov, L'appartamento di
Zoja. Adamo ed Eva, De Donato 1971.)
?...* E" difficile sottrarsi all'impressione che ?le opere di
Bulgakov* siano anche semplici cartoni, studi sperimentali, che
preludono a un'opera di sintesi, nel senso almeno che si presenta qui
ancora disarticolato, e allo stato embrionale, il complesso intreccio
di motivi, idee, figure che s'intesse nel Maestro e Margherita. Il
romanzo bulgakoviano sul diavolo si rivela altres eccezionale ?...*
perch nei suoi moduli stilistici e nella sua tematica sono ben
identificabili gli agganci con le tradizioni della narrativa classica
russa, da Gogol
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(soprattutto) e Saltykov-`s` cedrin a Dostoevskij, e per tale via con la letteratura europea
occidentale, da Hoffmann a Goethe: si tratta di connessioni talora
dirette, ma filtrate pi spesso attraverso un'esperienza stilistica e
ideale come quella del simbolismo, da Belyi a Blok.
La citt di Kiev
Una digressione nella storia
In primavera cominciavano a coprirsi di fiori bianchi i giardini,
si rivestiva di verde il Parco imperiale, il sole irrompeva in tutte
le finestre e accendeva in esse dei bagliori. Che Dnepr! Che
tramonti! E il convento di Vydubeckij sulle colline! Un mare di verde
scendeva a terrazze verso il carezzevole e variopinto Dnepr. Le notti
erano di un fitto nero grigio sull'acqua, e la croce elettrica del
santo Vladimir incombeva dall'alto...
In una parola, la citt era bellissima, una citt felice, la madre
delle citt russe.
Ma questi erano ancora tempi leggendari, i tempi che nei giardini
della pi bella citt della nostra patria viveva una generazione
serena e giovane. Allora nei cuori di questa generazione nasceva la
convinzione che tutta la vita sarebbe passata in una luce bianca, in
serenit e tranquillit, le albe, i tramonti sul Dnepr, la via
Kre` s`catik, le strade inondate di sole d'estate, e d'inverno una
neve non fredda, soffice, a fiocchi grandi e carezzevoli...
... Ma le cose erano andate in modo completamente diverso.
I tempi leggendari si erano spezzati e improvvisamente e
minacciosamente vi era entrata la storia. Posso indicare con estrema
precisione il momento della sua comparsa: ci avvenne alle
ore dieci di mattina del giorno due di marzo del 1917, (1) quando a
Kiev giunse un telegramma firmato da due parole misteriose: Deputato
Bublikov.
Nemmeno una persona a Kiev, su questo potrei scommettere, conosceva
che cosa avrebbero dovuto significare quelle misteriose sedici
lettere, ma so
una cosa sola: con esse la storia consegn a Kiev il segnale del
proprio
inizio. Ed era iniziato, ed era continuato per quattro lunghi anni.
Ci che in quel periodo avvenne nella citt, non si presta a nessuna
descrizione.
Come se una bomba fosse scoppiata sulle tombe di Askold e Dir, (2)
e per mille giorni rimbombasse e ribollisse e divampasse di fuoco non
solo in Kiev, ma anche nella sua periferia, nei suoi dintorni di
villeggiatura per un raggio di venti verste.
Quando la folgore celeste (anche la pazienza del cielo ha un
limite) sterminer fino all'ultimo gli scrittori contemporanei, e
solo dopo cinquant'anni apparir il nuovo autentico Lev Tolstoj,
verr scritto un libro meraviglioso sulle grandi battaglie a Kiev. Si
troveranno in seguito anche dei produttori cinematografici per un
grandioso filmmemoriale sugli anni 1917-1920.
Intanto si pu dire una cosa sola: secondo il calcolo degli
abitanti di Kiev ci furono ben diciotto rovesciamenti. Alcuni
memorialisti ne contarono solo dodici; io posso dire che sono stati
quattordici, dieci dei quali da me vissuti personalmente.
ogni immaginazione.
Dir una volta per tutte: ho la massima stima per ogni lingua e
dialetto, ma nonostante tutto le insegne di Kiev sono proprio da
ricopiare.
Non si pu, infatti, togliere alla parola omeopatica la lettera
a (4) e pretendere che, in virt di ci, una farmacia si trasformi
da farmacia russa in farmacia ucraina. Bisogna, insomma, mettersi
d'accordo su come chiamare un posto dove si fanno barbe e capelli ai
cittadini: barbera, salone, parrucchera o semplicemente barbiere o
parrucchiere. (5)
Mi sembra, per esempio, che fra quattro parole come latticini,
cremeria, latte e burreria, la soluzione pi adatta sia la
semplice insegna di latteria. (6) E anche se nella fattispecie io
fossi in errore, sarei comunque nel giusto in una cosa fondamentale:
che possibile stabilire una uniformit. Se dev'esserci scritto in
ucraino, vada pure per l'ucraino: ma che sia scritto in modo corretto
e uniforme.
Che cosa significa ad esempio S" M'R'ichel? Ho pensato che si
trattasse di un nome. Per sullo sfondo azzurro sono perfettamente
evidenti i punti che contrassegnano le prime tre lettere. Ci
significa che queste lettere sono le iniziali di certe parole? E
quali?
Un kieviano di passaggio ha risposto alla mia domanda:
- Da che sono al mondo non l'ho mai saputo.
Che cosa voglia dire Kara` cik comprensibile: vuol dire
Sartoria Kara` cik; ma un'insegna come Al cantuccio dei bimbi
comprensibile solo in virt della traduzione che vi stata aggiunta
a beneficio delle minoranze etniche e che suona in russo come Asilo
d'infanzia. Tuttavia un S" M'R'ichel ancora pi incomprensibile
che un Koutu vserokompama e ancora pi stupefacente che ristoro e
banchetti.
La popolazione: usi e costumi
Quale enorme diversit c' fra kieviani e moscoviti! Questi ultimi
dispongono di dentature appariscenti, sono energici, dinamici,
indaffarati,
americanizzati. Quelli di Kiev sono placidi, lenti, senza la minima
ombra di americanismo. Ma amano il prossimo secondo il modo di vita
americano. E se qualcuno, vestito con una giacca orrenda, dal petto
di pollo e con calzoni stretti e ritirati fino alle ginocchia, sbarca
dal treno e passa immediatamente nella loro dimora, essi si
precipitano a servirgli il t e nei loro occhi brilla l'interesse pi
vivo. I kieviani adorano sentir raccontare di Mosca, ma non consiglio
a nessun moscovita di raccontare alcunch, per il semplice fatto che,
non appena se ne sar andato, tutti diranno in coro che un
bugiardo. E" la pura verit.
Non appena ho aperto bocca per iniziare la mia obiettiva
narrazione, negli occhi dei miei ascoltatori si sono accesi dei tali
fuochi d'ilarit che subito mi sono offeso e ho chiuso la bocca.
Provate a spiegargli che cos' un casino o a parlargli dell'Ermitage
con i cori tzigani o delle birrerie moscovite dove si tracannano
fiumi di birra e si cantano al suono delle fisarmoniche le canzoni
del brigante Kudejar:
... Il Signore Iddio preghiamo...
o a raccontargli del traffico a Mosca, di come Mejerchold mette in
scena i suoi drammi, del collegamento aereo MoscaKnigsberg o dei
prodi che dirigono i trust...
Kiev adesso una cos placida insenatura, il ritmo della sua vita
cos diverso da quello di Mosca, che i kieviani non ne capiscono
un'acca.
A Kiev verso mezzanotte regna il silenzio. Al mattino gli impiegati
francese a punta).
Ma il riccone non si offese. Al contrario, la mia domanda lo
lusing, chiss perch.
Fiss i suoi occhi nei miei per un attimo, e io, a mia volta, li
guardai, quegli occhi, e vidi che assomigliavano a due biglietti da
dieci (lavoro di Odessa).
- M... m... ma, come dire... Sciocchezze. Due, tre miliardi, rispose, inviandomi dal dito fasci di luce.
- E quanto avete speso per... - cominciai, gemendo dal dolore... Per il b...arbiere? - finii, fuori di me, invece di dire per il
brillante. (8)
- Venti limoni, - rispose stupito il nepman, e la padrona gli fece
segno con gli occhi: Non fategli attenzione. E" un idiota.
E mi tolsero immediatamente dal repertorio.
La padrona si mise a cinguettare, ma, grazie al mio felice inizio,
la conversazione si impantan nella palude dei limoni.
Per primo, il poeta batt le mani e gemette:
- Venti limoni! Ahi, ahi, ahii! (Si era rasato l'ultima volta in
giugno.)
Dopo, come seconda, la padrona spar qualcosa di assurdo a
proposito dei movimenti finanziari nel trust.
Il nepman cap di trovarsi di fronte a dei bambocci, in fatto di
soldi, e decise di metterci a posto.
- Viene da me al trust un tizio, - cominci, facendo scintillare
gli occhi neri - e dice: Vi compero della merce per duecento
miliardi. Pago con cambiali. Scusate, - rispondo io, - voi siete un
privato e che garanzia ho che le vostre rispettabili cambiali...
Oh, scusate, risponde lui. E tir fuori il suo libretto di
contocorrente. Quanto pensate (qui il nepman guard vittoriosamente
quelli che sedevano al tavolo), quanto pensate che avesse sul
contocorrente?
- 300 miliardi? - grid il poeta (questo maledetto sanculotto non
teneva in tasca pi di cinquanta limoni).
- 800, - disse la padrona.
- 940, - pigolai io, timidamente, sistemando i piedi sotto il
tavolo.
Il nepman fece qui una pausa artistica, e disse:
- Trentatr trilioni.
A questo punto svenni, e non so quel che successe poi.
Nota per gli stranieri: nei trust di Mosca trilione vuol dire mille
miliardi.
Trentatr trilioni si scrive cos:
33'000'000'000'000.
V
Un uomo in frac
L'opera di Zimin. (9) Gli ugonotti. Esattamente come Gli ugonotti
del 1893, Gli ugonotti del 1903, del 1913, e, infine, del 1923.
Era esattamente dal 1913 che non vedevo questi Ugonotti. La prima
sensazione che perdi la trebisonda. Due colonne verdi tortili e
un'infinita quantit di cosce in tricot. Poi il tenore comincia a
cantare e tu provi subito il tormentoso bisogno di essere al bar:
- Cittadino cameriere, della birra!
(Ormai i ragazzi non ci sono pi, a Mosca.)
Negli orecchi rintrona il pifpaf di Marcel, e nel cervello la
domanda:
Deve essere effettivamente magnifico, se negli ultimi anni
tempestosi non hanno buttato fuori questi ugonotti dal teatro,
dipinto con una tinta verderospo.
Ma dove buttarli fuori! In platea, nei palchi, in loggione non c'
un posto libero. Gli sguardi sono concentrati sugli stivali gialli di
Vii
Jaron
Mi ha salvato dall'angoscia biomeccanica un artista dell'operetta,
Jaron. E io gli dedico con ardente gratitudine queste righe.
Dopo la sua prima caduta in ginocchio davanti al conte di
Lussemburgo, che gli batteva sulla spalla, compresi che cosa volesse
dire questa parola maledetta, biomeccanica, e quando l'operetta con
il galop finale, galopp intorno a Jaron, come intorno a un perno,
capii che cosa volesse dire una vera buffonade.
Trucco! Gesti! In sala rimbombo e frastuono! E non si pu non
ridere. Impensabile.
La propaganda che faccio a Jaron disinteressata, credete alla
coscienza: un talento eccezionale.
Viii
Problemi di fumo
Dal caos, in qualche modo, nasce l'ordine.
Alcuni lo vengono a sapere con notevole ritardo, e altri per
l'amara esperienza sul posto e nel processo di formazione di questo
ordine.
Cos, per esempio, il nepman del quale parler conobbe il nuovo
ordine nel corridoio della carrozza di un treno (posto soffice, con
cuccetta). Stazione della ferrovia Nikolaevskaja.
Era, in genere, una persona buona e placida, e l'unica cosa che lo
faceva uscire di senno erano i bolscevichi. Dei bolscevichi non
poteva parlare tranquillamente. Invece, della valutaoro parlava
tranquillamente.
Ma i bolscevichi gli facevano schizzare saliva.
Penso che se anche un po'"di questa saliva spruzzasse un coniglio,
questo coniglio creperebbe in un batter d'occhio.
Due grammi sarebbero sufficienti per avvelenare uno squadrone di
Budjonnyj, uomini e cavalli insieme.
Di saliva il nepman ne aveva molta, perch fumava.
E quando sal in treno con la sua valigia dura, e si guard
intorno, un sorriso di disprezzo deform il suo volto espressivo.
- Hm... pensa un po', - si mise a dire... o, meglio, non disse ma
sibil, - hanno fatto i maiali per quattro anni, e adesso si son
messi in testa la pulizia! E allora perch, ci si chiede, distruggere
tutto? E voi pensate che io creda che da loro venga fuori qualcosa di
buono? Attento alle tasche. Il popolo russo un furfante.
E di nuovo sputa su tutto.
E pieno di angoscia e di disperazione getta il mozzicone per terra
e lo calpesta. E immediatamente (il diavolo sa da dove uscito) come
se fosse venuto fuori dal muro, appare un tizio con un libretto di
ricevute tra le mani, che raggiunge il record di laconicit:
- Trenta milioni.
Non descriver la faccia del nepman.
Temetti che gli venisse un colpo.
Ecco che storia, compagni berlinesi. E voi dite bolsheviki,
bolsheviki. Mi piace l'ordine.
Vado a teatro. Non c'ero stato da molto tempo.
Dappertutto manifesti: E" severamente vietato fumare. Penso che
sia un miracolo: nessuno fuma, sotto questi cartelli. Come si spiega
tutto questo? Molto semplice: come in treno. E" sufficiente che un
tale con la barbetta nera, dopo aver letto il manifesto, tiri
dolcemente due boccate, che compare subito un giovanotto simpatico ma
dall'aria inflessibile, che dice:
- Venti milioni.
L'indignazione della barbetta nera non ha limiti.
La barbetta non voleva pagare. Mi aspettavo uno scoppio, da parte
NOTE:
(1) Tradurre remont, come si dovrebbe, con lavori in corso
sarebbe un vero delitto. Chiunque abbia frequenza di Russia conosce
le infinite sfumature di questa parola magica che, invece di aprire
NOTE:
(1) Un pud: circa 16 kg
(n" d'c").
(2) Cio i socialrivoluzionari (n" d'c").
(3) Due segni ortografici aboliti dalla riforma del 1918 (n" d'c").
(4) Diamo queste sigle e le seguenti un po'"nell'originale un po''
tradotte per rendere l'idea della confusione dei cittadini e dei
giochi verbali di Bulgakov (n" d'c").
(5) Quartiere centrale di Mosca (n" d'c").
La citt d'oro
I
Il cibo degli dei
- C' un maiale enorme. Dallo spigolo del pianoforte arriva fino
alla porta, nella stanza di Anna Vasilevna.
- Ma tu racconti frottole, Vasja!
- Frottole? Andate a vedere voi stessa! Mi offendo proprio: tutto
quel che dico, insomma, son sempre frottole! E" un maiale che peser
due tonnellate!
- L'hai visto coi tuoi occhi?
- L'hanno visto tutti.
- No, voglio dire, l'hai visto proprio tu?
- Beh... me l'ha raccontato Petrov... Un maiale miracoloso!
- Il tuo Petrov miracoloso un bugiardo. Un maiale cos non
entrerebbe nemmeno in un vagone merci, e come hanno fatto a portarlo
a Mosca?
- E che ne so?! Forse su... come si chiama?... Su una piattaforma
scoperta. O magari con un camion.
- Ma dove l'hanno ingrassato un maiale del genere?
- Vattelapesca! In qualche sovchoz. Certo non un maiale di
contadini. I maiali dei contadini sono schifosi, piccoli come dei
' '
Ma poi!... Poi!...
Io ero un lupo in pelle d'agnello, un signore, un portavoce
dei borghesi... ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' '
' ' ' ' ' '
Non ero pi Zavlito. (9) N Zavteo. (10)
Sono un cane bastardo in soffitta. Me ne sto rincantucciato, con la
coda mozza. Se di notte suonano alla porta, sussulto... ' ' ' ' ' ' '
' ' ' '
ATTENZIONE: SI E" RISCONTRATO UN ERRORE
NON PREVISTO DALLA CONVERSIONE DEL FILE.
SI PREGA COMUNICARE ALLA BIBLIOTECA CIECHI
IL NOME DI QUESTO FILE.
GRAZIE PER LA COLLABORAZIONE.
' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' '
Oh, giorni polverosi. Oh, notti soffocanti.
Fu l'estate del 1920, anno domini. Da Tiflis apparve qualcuno. Un
giovanotto, tutto smorfioso e dinoccolato, col volto rugoso da
vecchietto, che si present: attaccabrighe in poesia. Port un
libretto, simile agli
opuscoli che riportano i prezzi dei vini. Il libretto conteneva i
suoi versi.
Mughetto. Rima: viperetto.
C'era da impazzire.
Il giovanotto mi odi subito, a prima vista.
Lui polemizza e litiga sulle pagine del giornale (quattro zone,
quattro colonne). Scrive su di me. E su Pu`skin. Nient'altro. Di Pu` skin pi che di me, lo odia a morte. Ma
che importa! Tanto, lui non c' pi.
E io, invece, andr alla malora, come un verme.
Vii
Il bavero di bronzo
Che maledetta citt Tiflis!
Ne arrivato un secondo! Con un bavero di bronzo. Di bronzo.
cos scrisse in una rivista di attualit. Non scherzo!
Di bronzo, capite? ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' '
' ' '
Il letterato Slzkin l'hanno mandato al diavolo.
Nonostante il fatto che avesse un nome pauroso (11) e una moglie
incinta. E quest'altro si seduto al suo posto. Eccoti qua l'Iso e
il Liso. Eccoteli qua i soldi dietro il tappeto... ' ' ' ' ' ' ' ' '
' ' ' ' ' ' '
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Viii
I ragazzini nella scatola
La luna inghirlandata: l'alone. Io e Jurij stiamo seduti sul
balcone e guardiamo la striscia delle stelle. Ma non proviamo alcun
sollievo. Fra qualche ora le stelle si spegneranno e si accender su
di noi il globo di fuoco. E di nuovo, come scarabei infilzati in
spilloni, creperemo.
Non sar mica tifo, per caso? Ma no. Non pu essere! Da dove
l'avrei preso? E se tifo? Quando volete, ma non adesso! Sarebbe
orribile...
Sciocchezze. Perch devo essere cos sospettoso! E" solo un
raffreddore, nient'altro. Un'influenza. Prender l'aspirina per la
notte, e domani mi alzer, come se non fosse stato nulla.
39 e 5.
- Dottore, non tifo, non vero? Non tifo? Penso che sia solo
un'influenza. Ah, questa nebbia...
- S, s, la nebbia... Respirate, colombino... Non a lungo. Potete?
- Siete impazzito!...
Lo scoglio, il mare e l'ottomana avvamparono di calore. Volta il
cuscino: basta appoggiarci la testa, che diventa bollente. Niente...
questa notte me ne sto a letto e domani mi alzer.
E se succede qualcosa, me ne andr, camminer: non bisogna
arrendersi. Una semplice influenza...
E" bello ammalarsi. Purch ci sia la febbre. Per dimenticare tutto.
Stare a letto, riposare, ma solo, Dio mi aiuti, non adesso!... In
questa confusione del diavolo non posso leggere, non posso...
E ora lo vorrei tanto... Ma che cosa vorrei? S. Boschi e montagne.
Ma non queste maledette montagne del Caucaso. Le nostre, lontane...
MelnikovPe` cerskij. (4) Un eremo immerso nella neve.
Un lumino risplende, e il bagno viene scaldato... Proprio i boschi
e le montagne. Darei oggi mezzo reame per avere un bagno caldo, a
vapore, col suo bravo tavolaccio... In un attimo mi sentirei
meglio... E poi, buttarsi tutto nudo in un cumulo di neve... I
boschi! Profondi, fitti, di pini... Di alberi alti, altissimi. Pietro
il Grande che in caffettano verde taglia gli alti alberi.
Conciossiacosach... Che bella parola, che parola solida, statale e
imperiale: conciossiacosach!
Boschi, burroni, aghi di pino intorno. E un coro di monache che
canta teneramente e armoniosamente:
Gloria all'eletta del signore!...
Ah, no! Quali monache! L non ce ne sono affatto!
Dov' che le vedi, scusa, le monache? Nere, bianche, sottili, come
quelle del pittore Vasnetzov?...
- Larissa Leontevna, dove sono le monache?
- Delira... delira, poveretto!...
- Niente affatto. Non ci penso neppure, a delirare.
Monachelle! Su, non ricordate? Avanti, datemi il libro. Eccolo,
eccolo l, sul terzo ripiano. Melnikov-Pe` cerskij...
- Mi` sunja, non si deve leggere!...
- Cosa? Perch non si deve? Ma io domani mi alzo! Vado da Petrov.
Voi non capite. Senn mi licenziano! Mi licenziano!
- S, va bene, vi alzerete, va bene. Ecco il libro.
Caro, caro libro. E il suo odore vecchio, noto.
Ma le righe saltellano, si spostano, si incurvano.
Ricordo. L nell'eremo facevano delle carte false, per i Romanov.
Che memoria, la mia! Non le monache, ma le carte.
Canaglie del mio cuor!...
- Larissa Leontevna... Laro` cka! Amate i boschi e le montagne? Io
andr in un monastero. Assolutamente! Nel pi profondo e deserto dei
boschi, in un eremo.
Il bosco come un muro, il chiacchierio degli uccelli; di gente,
nessuno...
Mi ha stancato questa stupida guerra! Corro a Parigi, l scriver
un romanzo, e poi, via verso l'eremo. Solo che Anna deve svegliarmi
domattina alle otto. Capite, gi da ieri devo recarmi da lui...
capite!
- Capisco, capisco, state zitto!
In russo, c' la rima: mona` ski, buma` ski. (5)
Nebbia. Nebbia calda, rossastra. Boschi, boschi... e sommessamente
stilla l'acqua da una fenditura, stilla su una pietra verde.
Uno zampillo d'acqua cos pura, come cristallo ritorto. Ma bisogna
arrivarci strisciando.
E l puoi saziarti d'acqua, la berrei dalle mani!
Ma difficile, tormentoso, strisciare sugli aghi di pino, sono
attaccaticci, pungenti. Apri gli occhi: niente aghi di pino, solo
lenzuola.
- Signore! Che lenzuolo ? Ci
avete sparso della sabbia, per caso?... Beere!
- Subito, subito!...
- Ah, calda, orrenda!
- ... Terribile. Di nuovo 40 e 5!
- ... Una borsa col ghiaccio...
- Dottore, voglio... mandatemi immediatamente a Parigi! Non voglio
pi restare in Russia... Se non mi mandate, favorite consegnarmi la mia brow... br
owning! Laro` cka!
Portatemela!
- Bene, bene. La porteremo. Non
agitatevi!...
Buio. Bagliori. Buio. Bagliori. Anche se mi uccidete, non
capisco...
La testa, la testa! Non ci sono monache, scelte dal voivoda, ma i
demoni suonano la tromba e con uncini incandescenti mi straziano il
teschio.
La testa!...
Bagliori... buio. Bagl... no, non pi! Niente pi terribile, e
tutto, tutto fa lo stesso.
La testa non fa male! Il buio e 41 e 1... ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' '
ATTENZIONE: SI E" RISCONTRATO UN ERRORE
NON PREVISTO DALLA CONVERSIONE DEL FILE.
SI PREGA COMUNICARE ALLA BIBLIOTECA CIECHI
IL NOME DI QUESTO FILE.
GRAZIE PER LA COLLABORAZIONE.
' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' '
Xii
Fuggire, fuggire!
- Centomila... Ne ho centomila!...
Li ho guadagnati? L'aiutoavvocato, un indigeno, mi d tutte le
istruzioni. E" venuto da me, mentre sedevo in silenzio, con la testa
appoggiata alle mani, e disse:
- Neppure io ho soldi. L'unica soluzione scrivere un dramma. Di
vita indigena. Rivoluzionaria. Lo venderemo...
Lo guardai attentamente e risposi:
- Non posso scrivere niente di vita locale, n rivoluzionaria, n
controrivoluzionaria. Io non conosco i costumi di qua. E, in genere,
non posso scrivere nulla. Sono stanco e, mi pare, non ho alcuna
attitudine per la letteratura.
Egli rispose:
- State dicendo delle sciocchezze. Deriva dalla fame. Siate uomo.
Il costume! Scemenze! Io il costume lo so a memoria, in lungo e in
largo. Scriveremo insieme. Divideremo a met i soldi.
Da quella sera ci mettemmo a scrivere. Lui aveva una stufa rotonda,
caldissima. Sua moglie appendeva la biancheria a una corda, nella
NOTE:
(1) Personaggio del Circolo Pick
scritto niente).
Lo storico deve anche sapere che: nel Lito (1) non c'erano n
seggiole, n tavoli, n inchiostro, n lampade, n libri, n lettori.
In breve: non c'era niente.
E io. S, io trassi dal nulla una scrivania da ufficio, di mogano,
vecchia. In essa trovai una cartella ingiallita, con delle lettere
incise in oro e le parole: ... le dame in abiti da ballo scollati. I
militari in giacche con le spalline; i civili in frac e onorificenze.
Gli studenti in divisa. Mosca, 1899.
E un tenero e dolce profumo. Un tempo, in un cassetto, c'era un
flacone di costosi profumi francesi. Dietro la scrivania comparve una
seggiola. Inchiostro, carta e, infine, un'impiegata, lenta, triste.
Per mio ordine essa dispose su un tavolo, in vari mucchi, tutto ci
che si trov in uno scaffale: opuscoli su certi insetti dannosi,
dodici numeri di una rivista di Pietroburgo, un pacchetto di
biglietti verdi e rossi, che invitavano a un congresso di
amministratori di governatorato. E subito il tutto divenne simile a
un vero ufficio. Il vecchio e il giovane ne furono entusiasti. Mi
batterono teneramente sulla spalla e sparirono da qualche parte.
Per ore e ore io e la triste signora stavamo l, seduti. Io dietro
la scrivania, lei dietro il tavolo. Io leggevo I tre moschettieri
dell'incomparabile Dumas, che avevo trovato in uno scaffale situato
nel gabinetto, la signora sedeva in silenzio e di tanto in tanto
sospirava profondamente e pesantemente.
Le chiesi:
- Perch piangete?
Per tutta risposta scoppi in singhiozzi e si torse le mani. Poi
profer:
- Ho saputo di aver sposato per errore un bandito.
Non so se esista qualcosa che, da tre anni a questa parte, mi possa
stupire. Ma qui... la guardai ottusamente...
- Non piangete. Succede.
E le chiesi di raccontarmi tutto.
Ella, asciugandosi le lacrime col fazzolettino, raccont di aver
sposato uno studente: si fece fare l'ingrandimento di una sua
fotografia e l'appese in salotto. Arriv un agente, guard la
riproduzione e disse che non si trattava di Karasev, ma di Dolskij,
che lui non era Gluzman, ma Senka Moment.
- Moment, - disse la povera signora e sussult e si asciug le
lacrime.
- Lui riuscito a battersela? E allora sputateci su.
Per erano gi tre giorni. E niente. Non arrivava nessuno. Proprio
non succedeva niente. Io e la signora...
Oggi mi venuta un'idea. Il Lito non fa parte dell'organico, non
risulta. Sopra di noi si svolge una certa vita. Fanno rumore coi
piedi. Oltre la parete c' pure qualcosa. Ora si sentono delle
macchine per scrivere, che ticchettano sordamente; ora si sente
ridere. L vanno persone con la faccia ben rasata, Mejerchold
terribilmente popolare in questo edificio, ma lui, peraltro, di
persona non c'.
Da noi mai niente. Nessuna carta. Niente. E cos decisi di inserire
il Lito.
Saliva per la scala una donna con un pacco di giornali.
Sul pacco, in alto, era scritto, a caratteri rossi: per l'Izo.
- E per il Lito?
La donna mi guard spaventata e non rispose nulla. Salii al piano
di sopra. Mi avvicinai a una signorina che stava seduta sotto un
cartello con la scritta: Segretaria.
Lei mi ascolt, e guard spaventata la vicina.
- Ah s, si capisce, il Lito... - disse la prima.
stanza era vuota! Non solo non c'erano pi i tavoli, la triste donna
moglie del bandito, la macchina per scrivere, ma neppure i fili della
luce. Non c'era pi niente.
Allora un sogno: si capisce, che sciocco, un sogno...
Per un bel po'"mi parve che tutto, l intorno, fosse un miraggio.
Un miraggio incerto, fluttuante. L, dove ieri... Del resto, al
diavolo, perch ieri?! Cento anni fa... nell'eternit forse... non
c'era niente... forse ora non c' niente... Un gioco d'artificio, e
basta!
Vuol dire che il buon vecchio, il giovanotto, il triste `storn...
la macchina per scrivere... gli slogan... Niente di tutto questo, non
c' stato mai niente?
Ma no, non sono pazzo: c'era tutta quella roba, c'era, il diavolo
se la prenda...
Ma allora, dov' finito l'ufficio con tutto quello che c'era
dentro?
Camminando in modo traballante, cercando di nascondere lo sguardo
sotto le palpebre (in modo che non agguantassero e non portassero via
di colpo anche me), mi inoltrai lungo il corridoietto in penombra. E
qui mi convinsi definitivamente che mi era successo qualcosa di
brutto. Nell'ombra, sulla porta che dava nella stanza vicina, una
stanza illuminata, splendeva un'insegna come al cinema:
1836
Il 25 marzo accadde a Pietroburgo un avvenimento insolito, strano.
Il barbiere Ivan Jakovlevi` c... (2)
Non andai avanti a leggere e in preda al terrore scivolai via.
All'ingresso del palazzo mi fermai, nascosi ancor pi profondamente
gli occhi e chiesi con voce sorda:
- Ditemi, non sapete dove sia andato a finire il Lito?
Una donna cupa, rabbiosa, con un nastro scarlatto fra i neri
capelli mi rispose:
- Ma quale Lito? Non ne so nulla...
Chiusi gli occhi. Un'altra voce femminile, pi partecipe alle mie
sofferenze, disse:
- Scusate, non si trova qui. Avete sbagliato indirizzo. Dovete
andare in via Volchonka.
Sentii freddo. Uscii fuori. Mi asciugai il sudore della fronte.
Decisi di tornare indietro per tutta Mosca, fin da Razumichin.
Dimenticare tutto. Perch, se fossi riuscito a mantenermi
tranquillo, a tacere, nessuno avrebbe mai saputo niente di quel che
mi succedeva. Vivr con Razumichin, sul pavimento.
Egli non mi scaccer, non scaccer un malato di mente.
Ma un'ultima debolissima speranza mi si agitava ancora nel cuore.
cos mi misi ad andare. Ad andare nel palazzo di sei piani. Il
palazzo di sei piani era francamente spaventoso. Era tutto
intersecato da passaggi longitudinali, come nei formicai. In questo
modo si poteva attraversare il palazzo in lungo e in largo per vie
interne, senza uscire in strada. Camminavo per corridoi ricurvi e
tiepidi, di tanto in tanto andavo a finire in nicchie nascoste da
tramezze. Splendevano lampade rossastre, non economiche. Incontravo
gente preoccupata, assorta, che andava in fretta chiss dove. Decine
di donne, di ragazze, sedevano, battevano a macchina. Apparivano
iscrizioni. Fin` cast. Natzmen. Finivo in pianerottoli illuminati, ma
poi di nuovo rientravo nelle tenebre. Uscii finalmente in un
pianerottolo, mi guardai intorno, intontito. Sembrava un altro regno,
del tutto diverso... Che sciocchezza! pi andavo avanti, meno
probabilit avevo di trovare il Lito incantato. Non c'era pi
speranza. Scesi e uscii in strada. Guardai attentamente: era il primo
ingresso...
Un accesso rabbioso di vento. Il cielo ricominci ancora a
anche una ragazza meravigliosa, una giornalista. Con una gran voglia
di ridere,
una buona compagna. Segret'add'all'uff" feuilletons artistici.
Finalmente, dal sud arriv un giovanotto. E a lui affibbiarono
l'ultimo ass" (assunto). Poi non c'erano pi posti. Il Lito era
pieno. E il lavoro ferveva.
Soldi! Soldi!
Dodici pastiglie di saccarina e nient'altro...
... Lenzuolo o giacca?...
Dello stipendio non si fiatava.
... Oggi sono salito. Le signorine mi hanno accolto in modo freddo.
Non so perch, non potevano sopportare il Lito.
- Vi prego di verificare il nostro elenco degli stipendi.
- Di che avete bisogno?
- Voglio vedere se siamo inclusi tutti.
- Rivolgetevi a madame Kritzkaja.
Madame Kritzkaja si alzata, ha
agitato un ciuffo di capelli un po'"sul grigio, e ha detto,
impallidendo:
- Il registro dei loro stipendi andato perduto.
Pausa.
- E voi non avete detto niente?
Madame Kritzkaja, in tono piagnucoloso:
- Ah, la testa mi gira. Quello che si fa qui inaccessibile alla
mente. Ho riscritto l'elenco degli stipendi sette volte, e sette
volte me lo hanno mandato indietro. Non si fa cos. Tanto voi lo
stipendio non lo riceverete. Nell'elenco l'ordine di pagamento per
voi non c'.
Che vada tutto al diavolo! Nekrasov e gli alcolizzati resuscitati.
Mi son buttato io stesso, per risolvere la cosa. Di nuovo i
corridoi. Tenebra. Luce. Luce. Tenebra. Mejerchold. Ufficio del
personale.
Di giorno lampade accese. Cappotto grigio. Una donna con gli
stivaletti bagnati. Tavoli.
- Chi di noi non ha avuto il mandato?
Risposta:
- Nessuno l'ha avuto.
Ma c' di meglio: neppure il vecchio, il fondatore del Lito.
Neppure io l'ho ottenuto? Ma cosa sta succedendo?
- Certo, voi non avete compilato il modulo, riempito l'anketa. (4)
- Come, non l'ho scritta? Ho scritto ben quattro ankety. Ve le ho
date personalmente in mano. Con quelle che ho scritto prima, vengono
fuori 113 ankety.
- Vuol dire che sono andate perse. Scrivetele di nuovo.
cos passarono tre giorni. Dopo tre giorni il diritto di tutti
venne giustamente restaurato. Compilammo nuovi elenchi.
Io sono contrario alla pena di morte. Ma se madame Kritzkaja sar
condotta alla fucilazione, io andr ad assistere. Lo stesso per la
signorina col cappellino di pelo di gatto. E per Lido` cka, l'aiutante
dell'addetto al protocollo.
... Fuori!
Madame Kritzkaja rimase con l'elenco degli stipendi tra le mani, e
io dichiaro trionfalmente: non li perder pi. Non posso capire,
perch questo diabolico ciuffo sia finito qui. Chi le ha affidato il
lavoro? E proprio qui, si capisce. Il destino.
E" passata una settimana. Sono stato al quinto piano, quarto
Ora diverso. Oh, proprio diverso. Sono stato poco tempo fa da due
miei conoscenti, agli Stagni Patriar` sie. Salii splendidamente fino
al sesto piano con le mie gambe: cento piedi sul livello del mare. A
met tra il quarto e il quinto piano, nella tromba delle scale
avvolta da una impalcatura di rete metallica, vidi l'ascensore: era
l, tutto illuminato e immobile. Dalla cabina veniva un pianto di
donna e una voce maschile borbottante:
- Fucilarli bisognerebbe, quei banditi!
Sulla scala c'era un uomo dall'aspetto di portiere. Accanto a lui
c'era un altro tipo con i pantaloni unti: un meccanico. Inoltre
c'erano delle donne curiose, dell'appartamento numero 16.
- Che razza di caso, - diceva il meccanico, e sorrideva,
stupefatto.
Quando poi tornai dalla mia visita, l'ascensore era sempre l,
sospeso, ma buio, e non si sentiva pi alcuna voce. Probabilmente i
due infelici, che erano stati l appesi per due settimane, erano
morti di fame.
Sa Dio se esista ancora questo Centro Glavchim. Forse l c' adesso
un non so che Chimtred e magari qualcosa d'altro. E" probabile che da
tempo non ci sia pi alcun Chim, n il tipo rossiccio e calvo, le
stanze le hanno gi sgombrate e l, dove prima c'era il tavolo con il
calamaio, adesso c' un pianoforte o un divano e, al posto dell'uomo
chimico sta seduta un'affascinante signorina con i capelli ossigenati
che legge Tarzan. Tutto possibile. Una sola cosa, per, bella:
che l non ci andr pi, n a piedi, n con l'ascensore.
S, molte cose sono cambiate, si pu dire sotto i miei occhi.
Dove non sono stato! Centinaia di volte nella Mjasnitskaja, nella
Varvarka, al Delovoj Dvor, nella piazza Vecchia - al Centrosojuz; e
poi a Sokolniki, e quindi sono stato sbalestrato sul Devi` ce Pole. Un
solo,
unico desiderio mi spingeva per l'inafferrabile e vastissima
capitale: procurarmi di che mangiare. E io me lo trovai il cibo, a
dire il vero scarso, insicuro, vacillante. Lo trovai negli impieghi
pi fantastici e fugaci, in
espedienti, lo ottenni con mezzi strani, molti dei quali, quando me
ne ricordo, mi sembrano ridicoli. Ho tenuto la cronaca
commercialeindustriale nel giornale, e di notte scrivevo dei pezzi
divertenti, che a me sembravano, del resto, non pi divertenti del
mal di denti; ho fatto la domanda al Chimtrest, e una notte,
esasperato per l'olio cattivo, per le patate, per i buchi nelle
scarpe, escogitai un meraviglioso progetto di rclame luminosa. Che
tale progetto fosse ottimo lo testimonia il giudizio di un mio amico
ingegnere al quale lo presentai: egli mi baci e mi disse: Peccato
che non hai fatto ingegneria. Difatti con la mia intelligenza ero
arrivato proprio a quel marchingegno di rclame luminosa che brillava
gi sulla piazza del Teatro. Che cosa dimostra questo? L'uomo che
lotta per la propria esistenza, capace dei risultati pi brillanti.
Ma basta. Al lettore, si capisce, non interessa il modo con cui mi
tuffavo nella citt, e ho raccontato tutto questo perch lui, il
lettore, si convincesse che io la Mosca degli anni venti la conoscevo
fino in fondo. Difatti l'ho girata in lungo e in largo. Sono disposto
a descriverla. Ma se la descrivo, desidero che mi credano. Se dico
che cosi, vuol dire che proprio cos. Nel futuro, quando a Mosca
cominceranno ad arrivare rispettabili stranieri, ho in riserva, per
me, la professione di guida turistica.
Ii
Mettiamoci d'accordo una volta per sempre: la casa la pietra
angolare della vita di casa. Prendiamo questo assioma: senza casa
l'uomo non pu esistere. Come corollario a questo comunico a tutti
tractacactacdac!
Poi buttarono gi dal ponte il futuro libero docente e specialista
qualificato dottor Bakalejnikov. I cosacchi si agitarono come un
gregge impazzito, i loro mantelli, che sembravano vestaglie da
ospedale, stavano su di loro come un muro nero, il parapetto marcio
gracchi, si spacc e il dottor Bakalejnikov, con uno strido, cadde,
come un sacco di segale.
S, la neve fredda. Ma se si cade dall'altezza di oltre sei
metri, da un ponte, e si va a finire in un mucchio senza fondo,
allora calda come l'acqua bollente.
Il dottor Bakalejnikov si conficc nella neve come un temperino,
spacc la crosta sottile e, sollevando una nube bianca alta due
metri, affond fino alla gola. Gli manc il respiro, si rovesci su
un fianco, ancor pi a fondo, sollev con uno sforzo disumano una
seconda nube, sent l'acqua bollente sulle guance, sul collo, e per
un qualche miracolo riusc a strisciar fuori. All'inizio fino al
petto, poi alle ginocchia, alle caviglie (sent l'acqua bollente nei
pantaloni) e, finalmente, la scarpata solida, ghiacciata.
Su questa il dottore fece, contro
ogni sua volont, una gran piroetta, si scortic a sangue la mano
sinistra contro un filo spinato e si sedette sul ghiaccio.
Dal ponte la mauser abbai due volte, poi ci fu un gran rumore e
calpestio. E, un piano pi su, la notte divina, di velluto, con i
suoi sfavillii di diamante.
Il dottore rivolse alle stelle tremolanti il suo volto, con le
ciglia folte, bianche di neve, e alle stelle incominci il suo
discorso, sputando neve dalla bocca:
- Sono un imbecille. Un animale meschino e cretino.
Gli vennero le lacrime agli occhi, al dottore, e continu a parlare
alle stelle e alle luci baluginanti di Slobodka:
- Agli imbecilli bisogna insegnare la lezione. E cos a me.
Con la mano intirizzita cerc il fazzoletto nella tasca dei
pantaloni, lo tir fuori e se lo avvolse intorno alle dita. Sul
fazzoletto si form una striscia nera. E il dottore continu, rivolto
al cielo incantato:
- Dio mio, se esisti, fa che i bolscevichi compaiano a Slobodka.
Subito, adesso.
Guardando avidamente le luci gialle amichevoli delle case
sprofondate nella neve lontana, il dottore fece un profondo sospiro:
- Io, per le mie convinzioni, sono un monarchico. Ma in questo
momento sono necessari i bolscevichi. Al diavolo! Mi sono scorticato
bene! Farabutti! Dio mio, fa che i bolscevichi, uscendo da quella
nera notte si buttino sul ponte verso Slobodka!
Il dottore sospir di piacere, immaginandosi i marinai nelle loro
giubbe nere. Eccoli che volano come un uragano e le vestaglie da
ospedale si sparpagliano correndo impazzite. Rimangono il pan
kurennoj e quella scimmia schifosa, il colonnello Ma` s`cenko. Tutti e
due cadono in ginocchio.
- Fate la grazia! - guaiscono.
Ma il dottor Bakalejnikov si fa avanti e dice:
- No, compagni, no! Io sono monar... Ma che c'entra... Io sono
contro la pena di morte, ecco. Contro, proprio contro. Karl Marx,
devo confessarlo, non l'ho mai letto, e del resto non lo capirei,
inoltre egli il responsabile di questo casino, ma questi due
bisogna ucciderli, come cani rabbiosi. Sono dei farabutti. Degli
ignobili massacratori e sciacalli.
- Ah, cos, - rispondono con durezza i marinai.
E il dottor Bakalejnikov continua:
- Ss, ccompagni, io stesso li fuciler!
Il dottore si trova tra le mani una rivoltella da marinaio. Mira.
sentire il battito del suo cuore, e con le gambe che stranamente non
si piegavano pi, si avvi direttamente verso la chiesa. Le colonne
erano vicine. Ancora pi vicine. Gli pareva che migliaia di sguardi
gli bruciassero la schiena. Dio mio, la chiesa era chiusa, l'uscio
inchiodato. Neanche un'anima. Dove scappare? Dove? Ed ecco che dietro
le spalle, una voce terribile:
- Fermo!
La colonna pi vicina. Non sente il cuore che batte.
- Fermo! Fermo!
Qui il dottor Bakalejnikov si scosse e si mise a correre, a rotta
di collo, cos velocemente che il vento gli fischiava in faccia.
- Prendilo! Prendilo!
Una volta. Uno sparo. Un'altra volta. Uno sparo. Un colpo. Un
colpo. La terza colonna. Un attimo. La quarta colonna. La quinta. Qui
il dottore mise a repentaglio la vita, e si butt nel vicolo.
Altrimenti in un attimo gli hajdamaki a cavallo l'avrebbero preso in
via Aleksandrovskaja, illuminata, diritta, e sbarrata. Ma pi in l
c'era la rete di viuzze e vicoli storti e bui. Tanti saluti!
Il dottor Bakalejnikov si ficc in una breccia del muro. Attese per
un minuto la morte per infarto e inghiott aria rovente. Stracci e
disperse al vento l'attestato dal quale risultava che era stato
mobilitato in qualit di medico del primo reggimento della divisione
azzurra. Nel caso avesse incontrato, nella citt vuota, la prima
pattuglia rossa.
Sono circa le tre di notte. Nell'appartamento del dottor
Bakalejnikov suona a lungo, in modo assordante, il campanello.
- Non te l'avevo detto? - url Kolka. - Smettila di frignare,
smettila!
- Varvara Afanasevna! E" lui. Basta.
Kolka corse di scatto ad aprire.
- Dio mio!
Varvara Afanasevna si gett verso il marito e barcoll.
- Sei tu, sei tu. Ma sei tutto bianco, sei diventato bianco di
capelli... Bakalejnikov guard ottusamente lo specchio e sorrise
storto, tirandosi la guancia. Poi, storcendo la faccia, con l'aiuto
di Kolka si tolse il cappotto e, senza dire una parola, and in sala
da pranzo, si lasci cadere su una seggiola e si accartocci tutto,
come un sacco. Varvara Afanasevna lo guard, e le lacrime le scesero
di nuovo dagli occhi. Jurij Leonidovi` c e Kolka, a bocca aperta,
guardarono il ciuffo bianco sulla nuca di Bakalejnikov e le loro
sigarette si spensero.
Bakalejnikov abbracci con gli occhi la tranquilla sala da pranzo,
ferm il suo sguardo stanco sul samovar, osserv per qualche secondo
la propria immagine deformata sul metallo scintillante.
- S, - gli venne fuori a fatica, finalmente.
Kolka, sentendo questa prima parola, decise di fargli delle
domande.
- Ascolta... Sei scappato, naturalmente? D che cosa hai fatto, l
da loro.
- Sapete, - rispose lentamente Bakalejnikov, - immaginateveli, in
vestaglie da ospedale, proprio loro, i petljuriani azzurri. In
nere...
Bakalejnikov voleva dire ancora qualcosa, ma invece delle parole
gli
usc fuori una cosa inaspettata. Emise un singhiozzo, un colpo di
pianto, e poi scoppi a piangere a dirotto, come una donna, ficcando
tra le mani la testa col suo ciuffo bianco. Varvara Afanasevna, non
sapendo ancora di che si trattasse, si mise subito a piangere anche
lei. Jurij Leonidovi` c e Kolka si smarrirono al punto che