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Anna Frank

Annelies Marie "Anne" Frank, più diffusamente conosciuta sotto l'italianizzato Anna Frank(Francoforte sul
Meno, 12 giugno 1929 – Bergen-Belsen, 31 marzo 1945), era una ragazza ebrea, divenuta un simbolo
della Shoah per i suoi diari scritti nel periodo in cui la sua famiglia si nascondeva dai nazisti e per la sua
tragica morte nel campo di concentramento di Bergen-Belsen.

Visse parte della sua vita ad Amsterdam nei Paesi Bassi, dove la famiglia era riparata dopo l'ascesa al
potere dei nazisti in Germania. Fu privata della cittadinanza tedesca nel 1941, divenendo così apolide.

Biografia
Seconda figlia di Otto Heinrich Frank (12 maggio 1889 - 19 agosto 1980) e di sua moglie Edith Hollander (16
gennaio 1900 - 6 gennaio 1945), apparteneva ad una famiglia di patrioti tedeschi che prestarono servizio
durante la prima guerra mondiale. Aveva una sorella maggiore, Margot Betti Frank (16 febbraio 1926 - 9
marzo 1945). Lei e la famiglia dovettero spostarsi ad Amsterdam nel 1933, quando Adolf Hitler venne
nominato Führer, per sfuggire alla persecuzione dei Nazisti.

Il 6 luglio 1942, appena tredicenne, dovette nascondersi con la famiglia nell'Achterhuis, un piccolo spazio a
due piani posto sopra i locali della compagnia di Otto chiamata "Gies e co". (Questo Achterhuis era situato in
un vecchio - ed abbastanza tipico - edificio sul Canale Prinsengracht, nella parte ovest di Amsterdam, a
Westerkerk.) La porta dell'Achterhuis era nascosta dietro una libreria. Vissero lì dal 6
circa un isolato dalla
luglio 1942 al 4 agosto 1944, durante l'occupazione nazista. Essi venivano aiutati da persone
chiamate Miep Gies, Jan Gies, Johannes Kleiman, Victor Kugler, Bep Voskuilj, il signor Voskuilj e la moglie
di Kleiman, che portavano ai clandestini cibo, notizie e oggetti già da tempo nell'alloggio segreto.

Nel nascondiglio trovarono rifugio 8 persone: Otto e Edith Frank (i genitori di Anna); la sorella maggiore
Margot; il Signor Dussel, un dentista ebreo (30 aprile 1889-20 dicembre 1944) (vero nome, Fritz Pfeffer); e
Hermann (31 marzo 1890-6 settembre 1944) e Petronella (29 settembre 1900-9 aprile 1945) van Daan con il
loro figlio Peter (9 novembre 1926-5 maggio 1945) (vero cognome, van Pels).

Durante quegli anni Anna scrisse un diario, descrivendo con considerevole talento le paure causate dal
vivere in clandestinità, i sentimenti per Peter, i conflitti con i genitori, e la sua aspirazione di diventare
scrittrice.

Dopo più di due anni, una donna, di nome Lena Hartog Van Bladeren, il 4 agosto chiamò la Gestapodicendo
che al 263 di Prinsengracht erano nascosti degli ebrei. (In realtà l'identità della spia è sconosciuta. Tra i
sospettati ci sono la donna delle pulizie e Van Mareen, uno dei dipendenti dell'Opekta.) Vennero arrestati
dalla Grüne Polizei e trasferiti al campo di smistamento di Westerborkinsieme a Kleiman e Kugler,
nell'Olanda nord-orientale. Il 2 settembre 1944 Anna Frank e gli altri clandestini vennero caricati sull'ultimo
treno merci in partenza per Auschwitz, dove giunsero tre giorni dopo. Nel frattempo Miep Gies ed Elly
Vossen trovarono il diario e lo misero al sicuro.

Anna, Margot ed Edith Frank, i van Pels e Fritz Pfeffer non sopravvissero ai campi di concentramento
tedeschi (nel caso di Peter van Pels che morì tre giorni prima della liberazione del campo di Mauthausen,
alle marce della morte tra un campo e l'altro). Margot e Anna passarono un mese ad Auschwitz-Birkenau e
vennero poi spedite a Bergen-Belsen, dove morirono di tifo esantematico nel marzo 1945, un mese prima
della liberazione del campo. Solo il padre di Anna sopravvisse ai campi di concentramento, quando il 27
gennaio 1945 fu liberato il campo di Auschwitz dai Russi; il 3 giugno 1945 tornò ad Amsterdam dopo tre
mesi di viaggio. Miep gli diede il diario, quando Otto scoprì il destino dei clandestini ed egli lo aggiustò per la
pubblicazione con il titolo di Het Achterhuis. Da allora è stato pubblicato in 55 lingue diventando il libro più
letto al mondo dopo la Bibbia[senza fonte]. Otto Frank morì a Basilea, in Svizzera dove viveva sua sorella, il 19
agosto 1980.

Il diario di Anna Frank


Pubblicazione del diario

Inizia come una espressione privata dei propri pensieri intimi, manifestando l'intenzione di non permettere
mai che altri ne prendessero visione. Descrive candidamente la sua vita, la propria famiglia ed i propri amici,
nonché appunto la sua vocazione a diventare un giorno scrittrice affermata di racconti. Durante l'Inverno
del 1944, le capitò di ascoltare una trasmissione radio di Gerrit Bolkestein— membro del governo Olandese
in esilio — il quale diceva che, una volta terminato il conflitto, avrebbe creato un registro pubblico delle
oppressioni sofferte dalla popolazione del Paese sotto l'occupazione nazista. Menzionò la pubblicazione di
lettere e diari, cosa che spinse Anna a riscrivere sotto altra forma, e con diversa prospettiva, il proprio.

Esistono quindi tre versioni del diario:

-la versione A, l'originale di Anna, che va dal 12 giugno 1942 al 1 agosto 1944, della quale non è stato
ritrovato il quaderno che copriva il periodo 6 dicembre 1942 - 21 dicembre 1943;

-la versione B, la seconda redazione di Anna, su fogli volanti, in vista della pubblicazione, che copre il
periodo 20 giugno 1942 - 29 marzo 1944;

-la versione C, scritta da Otto Frank basandosi sulla versione B, apportando modifiche e cancellazioni.

Una recente edizione critica del diario compara queste tre versioni. La casa dove Anna e la famiglia si
nascondevano è ora un museo. Si trova al 263 di Prinsengracht, nel centro della città, raggiungibile a piedi
dalla stazione centrale, dal palazzo reale e dal Dam.

Nel 1956 il diario venne adattato in un'opera teatrale che vinse il Premio Pulitzer, nel 1959 ne venne tratto
un film, nel 1997 ne fu tratta un'opera di Broadway con materiale aggiunto dal diario originale.

I negatori dell'olocausto hanno tentato a più riprese di mettere in forse l'autenticità del diario, ma questa è
stata provata oltre ogni ragionevole dubbio da Simon Wiesenthal, il quale riuscì persino a ritrovare il
poliziotto che aveva eseguito l'arresto.

Nel 2004 nei Paesi Bassi è stato pubblicato un nuovo libro, intitolato Mooie zinnen-boek (libro delle belle
frasi). Seguendo il consiglio del padre, Anna copiava brani e brevi poemi che l'avevano colpita in modo
particolare, tratti dai molti libri che aveva letto durante la permanenza nell'Achterhuis.
Masherbrum
Il Masherbrum (conosciuto anche come K1) è una montagna del Karakorum. Con i suoi 7.821 metri risulta la
ventiduesima montagna più alta del globo e l'undicesima del Pakistan.

Caratteristiche
Si trova nella regione pakistana del Karakoram, a fianco del ghiacciaio Baltoro. È il picco più alto
delle Masherbrum Mountains, una suddivisione del Karakorum.

Pur essendo una montagna dall'aspetto impressionante, viene spesso trascurata dagli scalatori a causa
della sua vicinanza con quattro dei quattordici ottomila esistenti sul pianeta: il K2, ilGasherbrum I, il Broad
Peak ed il Gasherbrum II.

Il significato del nome non è chiaro. Può derivare da mashar (moschetto) e da brum (montagna), per la sua
somiglianza nella sua cima con un antico moschetto. Può altresì provenire da masha(regina o signorina)
prendendo il significato di "regina delle vette". Negli anni si sono avanzate anche altre teorie.[1]

Accesso
Il Masherbrum si trova sul lato sud del ghiacciaio Baltoro proprio nel cuore del Karakorum centrale.
Quest'ultimo è la pista più battuta anche per accedere agli ottomila del luogo. La montagna si trova
sull'estremo nord della Valle Hushe che si percorre per scalarlo dal versante meridionale.

Storia
Nel 1856, Thomas George Montgomerie, un ingegnere britannico, mentre realizzava lavori di carattere
topografico, esagerò nello stimare la sua pur enorme altezza e lo chiamo K1 (vetta 1 del Karakorum),
considerandolo appunto la vetta più elevata del complesso. L'errore fu riconosciuto pochi anni più tardi, ma i
nomi già assegnati rimasero. Gli abitanti del luogo già lo indicavano con il nome attuale.

Il Masherbrum fu avvicinato nel 1911 dall'intrepida coppia formata dal dottor William H. Workman e da sua
moglie Fanny.

Nel 1938 fu effettuato il primo vero tentativo alla vetta, dal versante sud. Il tentativo fallì a pochi metri dalla
cima.

Dopo due importanti tentativi senza successo avvenuti nel 1955 e 1957, il Masherbrum fu finalmente salito
nel 1960 da George Irving Bell e Willi Unsoeld, che facevano parte di una missione mista statunitense e
pakistana guidata da Nick Clinch. I tre alpinisti raggiunsero la vetta per il versante sud-est, una via che era
stata scartata dalle spedizioni precedenti.

La lista Himalayan Index include altre tre ascensioni più sei tentativi falliti. Le nuove ascensioni hanno
garantito l'apertura di due nuove vie: per la via nord-est e per lo spigolo nord-ovest della parete nord.

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