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ANATOMIA OSSEA
Omero
L’omero è l’osso più largo e lungo dell’estremità superiore del corpo, con la su
a porzione prossimale costituita dalla superficie articolare emisferica della te
sta omerale (più comunemente 1/3 di sfera), dalla grande tuberosità, dal solco b
icipitale, dalla piccola tuberosità e dall’epifisi prossimale dell’omero (Figura
1).
La testa è inclinata relativamente alla diafisi omerale con un angolo di 130°-1
50° ed è ruotata posteriormente di 26°-31° rispetto al piano degli epicondili me
diale e laterale (Figura 2) [1]. La retroversione e l’inclinazione posteriore de
lla testa dell’omero e della glenoide sono importanti per la stabilità articolar
e. La retroversione della testa dell’omero corrisponde all’inclinazione in avant
i della scapola, cosicché i movimenti oscillatori liberi del braccio non avvengo
no in un piano sagittale in linea retta, ma ad un angolo di 30° attraverso il co
rpo. Ciò corrisponde alla naturale oscillazione del braccio evidente nella deamb
ulazione.
La grande tuberosità ha 3 facette su cui si vanno ad inserire i tendini dei musc
oli sovraspinato, sottospinato e piccolo rotondo. La piccola tuberosità è invece
il punto di inserzione del sottoscapolare, muscolo che con i tre precedenti va
a completare la cuffia dei rotatori. Le faccette formano una zona di inserzione
circolare continua da parte dei muscoli della cuffia dei rotatori sul collo dell
’omero da una zona postero-inferiore a una antero-inferiore. Questa zona inserzi
onale è interrotta soltanto dal solco bicipitale, attraverso il quale il capo lu
ngo del bicipite brachiale passa lateralmente e distalmente a partire dalla sua
origine a livello del tubercolo sovraglenoideo della scapola in direzione della
tuberosità del radio. Le forze applicate alla spalla spesso risultano in una dis
locazione glenomerale, associata o meno ad una frattura prossimale dell’omero.
Clavicola
La clavicola è l’unica struttura ossea che connette il tronco con il cingolo sca
polare attraverso 2 articolazioni: medialmente con l’articolazione sternoclavico
lare, lateralmente con la acromioclavicolare.
La clavicola è un osso piatto, con forma a “S” e due estremità articolari distin
te. La clavicola presenta una doppia curvatura lungo il suo asse ed è un osso so
ttocutaneo per tutta la sua estensione. Il terzo laterale, più piatto, funge da
punto di ancoraggio per muscoli e legamenti, mentre il terzo mediale, di forma p
iù tubulare, accetta il carico assiale. Il terzo medio è una zona di transizione
ed è la porzione più sottile della clavicola; è quindi un’area molto debole dal
punto di vista meccanico, il che può essere una ragione della preponderanza del
la fratture in questa zona [7].
La clavicola svolge funzione di inserzione per i muscoli, di barriera di protezi
one per le strutture neurovascolari sottostanti, ed è una struttura che stabiliz
za il complesso della spalla e previene una sua dislocazione mediale durante l’a
ttività di contrazione dei pettorali. Inoltre la clavicola previene lo spostamen
to inferiore del cingolo scapolare attraverso l’azione del forte legamento corac
oclavicolare.
ARTICOLAZIONI
Glenomerale
La maggior parte del movimento dell’omero avviene a livello della articolazione
glenomerale. Essa è un’enartrosi in cui la congruenza e la stabilità sono state
sacrificate per ottenere la massima mobilità. È capace di un’estrema mobilità p
er la notevole differenza che abbiamo tra la grande superficie della testa omera
le e la piccola superficie articolare della fossa glenoidea. In ogni momento, so
lamente il 25 - 30% della testa omerale è in contatto con la fossa glenoidea [8]
. A dispetto di questa mancanza di copertura da parte della superficie articolar
e, in una spalla normale la testa è mantenuta tra 1 mm e 2 mm di distanza dal ce
ntro della cavità glenoidea per la maggior parte dell’arco di movimento [9]. Il
mantenimento costante del centro di rotazione in un arco di movimento notevole c
ome quello della spalla è il risultato di un insieme di forze statiche (ovvero s
enza richiesta di energia; per esempio la capsula, il cercine glenoideo, i legam
enti) e di forze dinamiche (muscoli). L’effetto stabilizzante tra superfici arti
colari, complesso glenoideo e legamenti, è amplificato dalle forze muscolari, ch
e con la loro azione vanno a creare una forza compressiva verso il centro gleno
ideo [10]. Una disfunzione biomeccanica dovuta a un danno dell’anatomia ossea, d
elle strutture statiche capsulo-legamentose, o delle strutture muscolari, in seg
uito a un singolo evento traumatico o a una serie di microtraumi ripetuti risult
a in una perdita di questo preciso rapporto del centro di rotazione, ovvero in u
na instabilità della spalla. In base alla strutture coinvolte, la direzione dell
’instabilità potrà essere principalmente anteriore, inferiore, o posteriore, opp
ure una combinazione di queste. Il grado di instabilità potrà variare da una sub
lussazione fino ad una perdita totale dei rapporti fra le due superfici articola
ri (lussazione completa), con associate lesioni a carico delle strutture ossee,
legamentose, o muscolari.
Meccanismi Passivi
Superfici Articolari. La testa omerale, assimilabile ad una porzione di sfera, a
lloggia nella cavità glenoidea della scapola, che è concava sui due piani, ma co
n un raggio di curvatura molto maggiore. Sia le superfici articolari dell’omero
che quella della glenoide sono rivestite di cartilagine articolare. La cartilagi
ne della glenoide è più spessa alla periferia, in modo da dare maggiore congruen
za fra le superfici articolari [11]. La risultante conformazione articolare è p
oi alla base per il crearsi di quell’effetto compressivo dato dai muscoli della
cuffia dei rotatori e dagli altri muscoli. L’articolazione glenomerale è totalme
nte sigillata dalla capsula articolare e normalmente contiene meno di 1 mL di li
quido sinoviale, sottoposto ad una leggera pressione negativa intra-articolare,
la quale crea un effetto ventosa che dà resistenza allo spostamento della testa,
e in tal modo aumenta anche la stabilità articolare. Inoltre, forze di adesione
e coesione si vengono a creare quando un fluido separa due superfici opposte mo
lto vicine tra loro e, in questo modo, le due superfici non possono essere allon
tanate facilmente l’una dall’altra [12]. Il contributo di questi fattori nel dar
e stabilità sono tuttavia minori e risultano funzionali solamente a bassi carich
i di tensione [13].
Cercine Glenoideo. Il cercine glenoideo è una struttura densa e fibrosa. Situato
sul margine glenoideo, il cercine ha il compito di estendere la superficie arti
colare, in modo tale da aumentare l’area di contatto con la testa omerale. Il ce
rcine migliora inoltre la stabilità articolare, andando a rendere più profonda l
a concavità della fossa glenoidea, di 9 mm e 5 mm in media rispettivamente sui p
iani superoinferiore e anteroposteriore [14]. La perdita dell’integrità di quest
a struttura (a causa di un qualsiasi danno) fa diminuire la resistenza allo spos
tamento del 20% [10]. Il cercine serve poi come punto di ancoraggio per le strut
ture capsulolegamentose [15].
Capsula Articolare. La capsula e i legamenti rinforzano l’articolazione glenomer
ale. La capsula si fissa attorno al margine glenoideo e forma un manicotto attor
no alla testa dell’omero, che si attacca al collo anatomico. L’area della superf
icie della capsula è approssimativamente il doppio di quella della testa omerale
. La capsula è rinforzata anteriormente e posteriormente dai legamenti e dai mus
coli. Non vi è nessun supporto inferiormente, il che causa debolezza di questa p
orzione capsulare; essa giace in pieghe quando il braccio è in adduzione. La cap
sula si tende invece in varie posizioni; per esempio, la porzione inferiore si t
ende durante l’estrema abduzione e rotazione esterna, in modo da stabilizzare l
’articolazione (Figura 4) [16].
Sebbene spesso la capsula e i legamenti glenomerali vengano descritti separatame
nte, essi sono strettamente correlati dal punto di vista anatomico. Le strutture
capsulolegamentose si tendono e si allentano reciprocamente durante la rotazion
e del braccio per limitarne lo spostamento.
STERNOCLAVICOLARE
L’articolazione sternoclavicolare rappresenta l’unica vera articolazione tra gli
arti superiori e lo scheletro assile (Figura7). È un’articolazione a sella form
ata dall’estremità mediale della clavicola e dalla porzione superiore dello ster
no. Per la grande disparità di dimensioni tra le due superfici articolari (grand
e la quella della clavicola, più piccola invece quella dello sterno), la stabili
tà è data dalle strutture legamentose circostanti.
Il disco intra-articolare è una struttura densa e fibrosa, che prende origine da
lla giunzione della 1°costa,passa sotto l’articolazione sternoclavicolare e si i
nserisce superiormente e medialmente alla clavicola. La sua azione è quella di f
ornire resistenza allo spostamento mediale della clavicola.
Il legamento costoclavicolare origina dalla superficie superiore della 1° costa
per inserirsi sulla superficie inferiore della clavicola. Bearn [25] ha mostrato
sperimentalmente come le fibre anteriori resistano ad una eccessiva rotazione a
nteriore, mentre le fibre posteriori resistano ad una eccessiva rotazione poster
iore. Il legamento interclavicolare connette la zona superomediale della clavic
ola con i legamenti capsulari e la parte superiore dello sterno. Il legamento ag
isce da freno ad una eccessiva rotazione posteriore della clavicola. Il legament
o capsulare copre la superficie anterosuperiore e la superficie posteriore dell’
articolazione sternoclavicolare. La porzione anteriore è più forte e resistente
di quella posteriore ed è il primo stabilizzatore contro la dislocazione superio
re della clavicola che può essere provocata da una forza diretta verso il basso
che agisca distalmente sulla spalla [25]. Normalmente l’articolazione sternoclav
icolare ha una mobilità che varia tra i 30° e i 35° di elevazione, 35° di antero
pulsione e retropulsione combinati assieme, e 45-50° di rotazione attorno al suo
asse [26].
SCAPOLOTORACICA
Anche se non è un’articolazione vera e propria, la scapolotoracica rappresenta u
no spazio compreso tra la superficie convessa posteriore della gabbia toracica
e la superficie concava anteriore della scapola. È occupata da strutture neurova
scolari, strutture muscolari e da borse che permettono un movimento relativo del
la scapola sul torace. Dato che la scapola agisce da struttura ossea portante de
l cingolo scapolare, l’articolazione scapolatoracica permette un incremento del
ROM della spalla oltre i 120° offerti dalla sola glenomerale. Mediamente ci sono
2° di elevazione della glenomerale per ogni 1° di elevazione della scapolotora
cica, anche se questi valori possono variare a seconda dell’arco di movimento pr
eso in esame [27].
Diciassette muscoli si inseriscono o hanno origine dalla scapola, la loro funzio
ne è quella di stabilizzare la scapola e di provvedere al movimento. Tra questi,
i più importanti sono senza dubbio il dentato anteriore, che mantiene l’angolo
mediale della scapola contro la parete toracica, e il trapezio, che aiuta a ruot
are e elevare la scapola in sincronia con il movimento della glenomerale (Figura
7).