Você está na página 1de 9

ANATOMIA FUNZIONALE DELLA SPALLA

I movimenti della spalla umana rappresentano un complesso di relazioni dinamiche


tra forze muscolari, tensioni legamentose, e articolazioni ossee. Gli stabilizz
atori statici e dinamici permettono alla spalla il maggior range of movement (RO
M) tra tutte quante le articolazioni del corpo e determinano anche la posizione
della mano e del gomito nello spazio. Questo grande ROM non è tuttavia privo di
rischi. L’architettura ossea dell’articolazione glenomerale, con una grande supe
rficie articolare delle testa omerale e una superficie articolare glenoidea rela
tivamente piccola, dipende in maniera fondamentale dalla stabilizzazione legamen
tosa e muscolare durante tutto il suo arco di movimento. Se uno solo degli stabi
lizzatori statici o dinamici subisce un danno da trauma o da uso eccessivo, la s
palla stessa è a serio rischio di infortunio.
Esaminiamo il cingolo scapolare dal punto di vista delle strutture che lo compon
gono, cioè [1] la struttura ossea (omero, clavicola, scapola), [2] le articolazi
oni (glenomerale, acromioclavicolare, sternoclavicolare, scapolotoracica), [3] g
li stabilizzatori statici (cercine glenoideo, capsula, legamenti), e [4] muscoli
o stabilizzatori dinamici (cuffia dei rotatori, deltoide, stabilizzatori della
scapola). Anche se queste strutture verranno descritte separatamente, esse lavor
ano in modo da produrre il movimento della spalla come un’unica unità dinamica.

ANATOMIA OSSEA
Omero
L’omero è l’osso più largo e lungo dell’estremità superiore del corpo, con la su
a porzione prossimale costituita dalla superficie articolare emisferica della te
sta omerale (più comunemente 1/3 di sfera), dalla grande tuberosità, dal solco b
icipitale, dalla piccola tuberosità e dall’epifisi prossimale dell’omero (Figura
1).
La testa è inclinata relativamente alla diafisi omerale con un angolo di 130°-1
50° ed è ruotata posteriormente di 26°-31° rispetto al piano degli epicondili me
diale e laterale (Figura 2) [1]. La retroversione e l’inclinazione posteriore de
lla testa dell’omero e della glenoide sono importanti per la stabilità articolar
e. La retroversione della testa dell’omero corrisponde all’inclinazione in avant
i della scapola, cosicché i movimenti oscillatori liberi del braccio non avvengo
no in un piano sagittale in linea retta, ma ad un angolo di 30° attraverso il co
rpo. Ciò corrisponde alla naturale oscillazione del braccio evidente nella deamb
ulazione.
La grande tuberosità ha 3 facette su cui si vanno ad inserire i tendini dei musc
oli sovraspinato, sottospinato e piccolo rotondo. La piccola tuberosità è invece
il punto di inserzione del sottoscapolare, muscolo che con i tre precedenti va
a completare la cuffia dei rotatori. Le faccette formano una zona di inserzione
circolare continua da parte dei muscoli della cuffia dei rotatori sul collo dell
’omero da una zona postero-inferiore a una antero-inferiore. Questa zona inserzi
onale è interrotta soltanto dal solco bicipitale, attraverso il quale il capo lu
ngo del bicipite brachiale passa lateralmente e distalmente a partire dalla sua
origine a livello del tubercolo sovraglenoideo della scapola in direzione della
tuberosità del radio. Le forze applicate alla spalla spesso risultano in una dis
locazione glenomerale, associata o meno ad una frattura prossimale dell’omero.

Figura 1. Le 3 ossa della spalla sono l omero, la clavicola e la scapola.


Figura 2. La testa dell omero: l angolo di inclinazione è da 130° a 150°; la tes
ta è retroversa da 26° a 31°.
Quando ci si trova di fronte ad una frattura, questa interessa comunemente una o
entrambe le tuberosità, che si trovano disposte in linea con la forza generata
dalla porzione della cuffia dei rotatori inserita su quella tuberosità. Ad esemp
io, in una frattura della grande tuberosità questa risulterà essere spostata su
periormente o posteriormente a seconda della trazione dei muscoli sovraspinato,
sottospinato e piccolo rotondo. La posizione finale della frattura è inoltre inf
luenzata dalla forza superiore del deltoide sull’omero e dalla forza mediale del
muscolo grande pettorale [2].
Il collo chirurgico dell’omero si trova distalmente alle tuberosità a livello me
tafisale ed è un tipico sito di frattura nella popolazione anziana [3]. L’incide
nza di fratture prossimali dell’omero aumenta sopra i 40 anni e sembra poter ess
ere dovuta all’osteoporosi [4].
Scapola
La scapola è un osso largo e piatto, di forma triangolare, situato posterolatera
lmente sul torace, a livello tra la 2° e la 7° costa; essa svolge principalmente
un ruolo di superficie per l’inserzione dei muscoli. Come risultato della prote
zione dei tessuti molli sovrapposti, le fratture avvengono attraverso traumi ind
iretti ai processi (processo coracoideo, spina della scapola, acromion, glenoide
).
La spina della scapola separa il muscolo sovraspinato dal muscolo sottospinato e
si estende superiormente e lateralmente a formare la base dell’acromion. Sulla
spina ha inserzione in parte il muscolo trapezio, così come ha origine il muscol
o deltoide posteriore.
L’acromion funge da braccio di leva per l’attività del deltoide e si articola co
n la porzione laterale della clavicola, andando così a formare l’articolazione a
cromioclavicolare.
Il processo coracoideo si proietta anteriormente e lateralmente dal bordo superi
ore della scapola. Dalla superficie superiore hanno origine i 2 legamenti coraco
clavicolari. L’estremità del proceso coracoideo è inoltre origine del muscolo co
racobrachiale e del capo breve del muscolo bicipite brachiale, così come è inser
zione del muscolo piccolo pettorale. Vi hanno inoltre origine anche il legamento
coracomerale e il legamento coracoacromiale.
La fossa o cavità glenoidea rappresenta la superficie articolare ossea che accog
lie l’omero. La superficie glenoidea è soltanto 1/3-1/4 rispetto alla superficie
della testa omerale (Figura 3), e quindi dà soltanto un piccolo contributo alla
stabilità articolare. È ruotata posteriormente in media da 4° a 12° rispetto al
piano scapolare [5]. Il piano scapolare si trova invece da 30° a 45° ruotato an
teriormente rispetto al piano coronale del corpo e, così, si articola con la tes
ta omerale che è invece ruotata posteriormente [6]. Questo orientamento della sc
apola rispetto al piano coronale e alla testa omerale sta alla base per il norma
le movimento della spalla.

Figura 3. Notare la grande testa omerale e la piccola superficie articolare glen


oidea. La cartilagine articolare glenoidea è più spessa alla periferia, e quella
della testa omerale è più spessa al centro.

Clavicola
La clavicola è l’unica struttura ossea che connette il tronco con il cingolo sca
polare attraverso 2 articolazioni: medialmente con l’articolazione sternoclavico
lare, lateralmente con la acromioclavicolare.
La clavicola è un osso piatto, con forma a “S” e due estremità articolari distin
te. La clavicola presenta una doppia curvatura lungo il suo asse ed è un osso so
ttocutaneo per tutta la sua estensione. Il terzo laterale, più piatto, funge da
punto di ancoraggio per muscoli e legamenti, mentre il terzo mediale, di forma p
iù tubulare, accetta il carico assiale. Il terzo medio è una zona di transizione
ed è la porzione più sottile della clavicola; è quindi un’area molto debole dal
punto di vista meccanico, il che può essere una ragione della preponderanza del
la fratture in questa zona [7].
La clavicola svolge funzione di inserzione per i muscoli, di barriera di protezi
one per le strutture neurovascolari sottostanti, ed è una struttura che stabiliz
za il complesso della spalla e previene una sua dislocazione mediale durante l’a
ttività di contrazione dei pettorali. Inoltre la clavicola previene lo spostamen
to inferiore del cingolo scapolare attraverso l’azione del forte legamento corac
oclavicolare.

ARTICOLAZIONI
Glenomerale
La maggior parte del movimento dell’omero avviene a livello della articolazione
glenomerale. Essa è un’enartrosi in cui la congruenza e la stabilità sono state
sacrificate per ottenere la massima mobilità. È capace di un’estrema mobilità p
er la notevole differenza che abbiamo tra la grande superficie della testa omera
le e la piccola superficie articolare della fossa glenoidea. In ogni momento, so
lamente il 25 - 30% della testa omerale è in contatto con la fossa glenoidea [8]
. A dispetto di questa mancanza di copertura da parte della superficie articolar
e, in una spalla normale la testa è mantenuta tra 1 mm e 2 mm di distanza dal ce
ntro della cavità glenoidea per la maggior parte dell’arco di movimento [9]. Il
mantenimento costante del centro di rotazione in un arco di movimento notevole c
ome quello della spalla è il risultato di un insieme di forze statiche (ovvero s
enza richiesta di energia; per esempio la capsula, il cercine glenoideo, i legam
enti) e di forze dinamiche (muscoli). L’effetto stabilizzante tra superfici arti
colari, complesso glenoideo e legamenti, è amplificato dalle forze muscolari, ch
e con la loro azione vanno a creare una forza compressiva verso il centro gleno
ideo [10]. Una disfunzione biomeccanica dovuta a un danno dell’anatomia ossea, d
elle strutture statiche capsulo-legamentose, o delle strutture muscolari, in seg
uito a un singolo evento traumatico o a una serie di microtraumi ripetuti risult
a in una perdita di questo preciso rapporto del centro di rotazione, ovvero in u
na instabilità della spalla. In base alla strutture coinvolte, la direzione dell
’instabilità potrà essere principalmente anteriore, inferiore, o posteriore, opp
ure una combinazione di queste. Il grado di instabilità potrà variare da una sub
lussazione fino ad una perdita totale dei rapporti fra le due superfici articola
ri (lussazione completa), con associate lesioni a carico delle strutture ossee,
legamentose, o muscolari.
Meccanismi Passivi
Superfici Articolari. La testa omerale, assimilabile ad una porzione di sfera, a
lloggia nella cavità glenoidea della scapola, che è concava sui due piani, ma co
n un raggio di curvatura molto maggiore. Sia le superfici articolari dell’omero
che quella della glenoide sono rivestite di cartilagine articolare. La cartilagi
ne della glenoide è più spessa alla periferia, in modo da dare maggiore congruen
za fra le superfici articolari [11]. La risultante conformazione articolare è p
oi alla base per il crearsi di quell’effetto compressivo dato dai muscoli della
cuffia dei rotatori e dagli altri muscoli. L’articolazione glenomerale è totalme
nte sigillata dalla capsula articolare e normalmente contiene meno di 1 mL di li
quido sinoviale, sottoposto ad una leggera pressione negativa intra-articolare,
la quale crea un effetto ventosa che dà resistenza allo spostamento della testa,
e in tal modo aumenta anche la stabilità articolare. Inoltre, forze di adesione
e coesione si vengono a creare quando un fluido separa due superfici opposte mo
lto vicine tra loro e, in questo modo, le due superfici non possono essere allon
tanate facilmente l’una dall’altra [12]. Il contributo di questi fattori nel dar
e stabilità sono tuttavia minori e risultano funzionali solamente a bassi carich
i di tensione [13].
Cercine Glenoideo. Il cercine glenoideo è una struttura densa e fibrosa. Situato
sul margine glenoideo, il cercine ha il compito di estendere la superficie arti
colare, in modo tale da aumentare l’area di contatto con la testa omerale. Il ce
rcine migliora inoltre la stabilità articolare, andando a rendere più profonda l
a concavità della fossa glenoidea, di 9 mm e 5 mm in media rispettivamente sui p
iani superoinferiore e anteroposteriore [14]. La perdita dell’integrità di quest
a struttura (a causa di un qualsiasi danno) fa diminuire la resistenza allo spos
tamento del 20% [10]. Il cercine serve poi come punto di ancoraggio per le strut
ture capsulolegamentose [15].
Capsula Articolare. La capsula e i legamenti rinforzano l’articolazione glenomer
ale. La capsula si fissa attorno al margine glenoideo e forma un manicotto attor
no alla testa dell’omero, che si attacca al collo anatomico. L’area della superf
icie della capsula è approssimativamente il doppio di quella della testa omerale
. La capsula è rinforzata anteriormente e posteriormente dai legamenti e dai mus
coli. Non vi è nessun supporto inferiormente, il che causa debolezza di questa p
orzione capsulare; essa giace in pieghe quando il braccio è in adduzione. La cap
sula si tende invece in varie posizioni; per esempio, la porzione inferiore si t
ende durante l’estrema abduzione e rotazione esterna, in modo da stabilizzare l
’articolazione (Figura 4) [16].
Sebbene spesso la capsula e i legamenti glenomerali vengano descritti separatame
nte, essi sono strettamente correlati dal punto di vista anatomico. Le strutture
capsulolegamentose si tendono e si allentano reciprocamente durante la rotazion
e del braccio per limitarne lo spostamento.

Figura 4. A, Legamenti dell articolazione della spalla. B, La capsula si tende i


n abduzione e rotazione esterna, andando ad utilizzare la porzione inferiore cap
sulare.
Quando ci troviamo circa a metà dell’arco di movimento, queste strutture sono re
lativamente lasse, e la stabilità è data principalmente dall’azione della cuffia
dei rotatori e del bicipite tramite il loro effetto compressivo [10]. Quando si
amo invece a fine arco del movimento, i legamenti si tendono e assumono un ruolo
funzionale; essi sono particolarmente importanti nel provvedere alla stabilizza
zione quando tutti gli altri meccanismi stabilizzanti si trovano ad essere ineff
icaci [17].
Legamenti. Il legamento coracomerale è una spessa banda di tessuto capsulare che
origina lateralmente dalla base del processo coracoideo e si inserisce sulla pi
ccola e sulla grande tuberosità. Questo legamento viene teso con il braccio in p
osizione di adduzione e avvicina la testa omerale alla glenoide [18]. Inoltre, i
l legamento coracomerale e il legamento glenomerale superiore impediscono alla t
esta omerale lo spostamento inferiore durante l’abduzione e lo spostamento poste
riore durante la flessione, adduzione e rotazione interna [19].
I tre legamenti glenomerali (superiore, medio e inferiore) passano in senso trav
erso dalla porzione antero-inferiore del collo anatomico dell’omero e vanno medi
almente verso l’alto convergendo sul tubercolo sovraglenoideo, limitando la rota
zione esterna. Il legamento glenomerale superiore si estende dal margine antero
superiore della glenoide alla parte superiore della piccola tuberosità (Figura 5
). Esso va in parallelo al corso del legamento coracomerale, e queste due strutt
ure sono considerate simili nella loro funzione. Assieme delimitano la zona di p
assaggio dei muscoli rotatori, tra il margine anteriore del sovraspinato e il ma
rgine superiore del sottoscapolare [20] [21]. Il legamento glenomerale medio è i
l più variabile dei 3 legamenti glenomerali, essendo assente nei pazienti dall’8
% al 30% dei casi. Esso origina dal tubercolo sovraglenoideo, cercine glenoideo
superiore, o collo scapolare e si inserisce sul lato mediale della piccola tuber
osità. La sua funzione è di limitare lo spostamento anteriore della testa omeral
e durante l’abuzione (da 60° a 90°) e lo spostamento inferiore con il braccio ad
dotto al corpo [22]. Il legamento glenomerale inferiore è il più spesso e il più
consistente dei 3 legamenti glenomerali. È spesso descritto come una struttura
composta da un fascio anteriore, un corpo centrale, e un fascio posteriore. La f
ascia anteriore si estende dal cercine glenoideo anteroinferiore e si inserisce
sulla piccola tuberosità dell’omero ed è la porzione più spessa e il primo stabi
lizzatore contro lo spostamento anteriore della testa omerale nella posizione di
abduzione e rotazione esterna [16] [22]. In questa posizione, il complesso si m
uove anteriormente e contrasta lo spostamento anteriore. Un danno al legamento g
lenomerale inferiore a seguito di ripetuti microtraumi o di singoli episodi trau
matici gioca in molti casi un ruolo importante nella instabilità di spalla.

Figura 5. Visione in sezione trasversale dell articolazione glenomerale (con la


testa omerale rimossa); si osservano i legamenti glenomerali e le strutture as
sociate.
Stabilizzatori Dinamici
Muscoli della Cuffia dei Rotatori. La cuffia dei rotatori è un gruppo di muscoli
che contribuiscono alla stabilizzazione della scapolo-omerale Comprende il sott
oscapolare, il sovraspinato, il sottospinato e il piccolo rotondo (Figura 6).

Figura 6. Siti di origine dei muscoli della cuffia dei rotatori.


I movimenti nelle tre direzioni o le rotazioni della testa omerale sono il risul
tato dell’azione dinamica reciproca tra i muscoli della cuffia e gli stabilizzat
ori statici. L’attivazione della cuffia dei rotatori risulta nella rotazione del
la testa omerale e nella sua depressione in posizione di abduzione. Come gruppo,
i muscoli della cuffia dei rotatori hanno un’area e una dimensione inferiori in
sezione trasversale se comparati con i più larghi e più superficiali muscoli qu
ali il deltoide, il grande pettorale, il gran dorsale, e il trapezio. Inoltre, d
ato che essi si trovano molto più vicini al centro di rotazione sul quale agisco
no, il loro braccio di leva è minore, e dunque risultano minori anche le forze g
enerate. Data la localizzazione anatomica, la cuffia dei rotatori è tuttavia mol
to ben posizionata per dare stabilità a un fulcro dinamico durante l’abduzione d
ella glenomerale.
Il muscolo sovraspinato origina dalla fossa sovraspinata della scapola al di sop
ra della spina sulla sua superficie posteriore, passa lateralmente sotto il lega
mento coracoacromiale e si inserisce davanti e lateralmente sulla faccetta super
iore della grande tuberosità dell’omero. Ha un decorso quasi orizzontale e, nel
suo passaggio verso il punto di inserzione, passa superiormente all’asse di rota
zione del braccio. In questo modo il muscolo ha 3 funzioni: mantiene la testa de
ll’omero nella cavità glenoidea, abduce l’omero e lo ruota esternamente. La sua
innervazione deriva dal nervo sovrascapolare.
I tendini del sovraspinato, del sottospinato e del piccolo rotondo confluiscono
in un tendine congiunto prima dell’inserzione sulle tuberosità e lungo i due ter
zi superiori del collo anatomico dell’omero.
Il muscolo sottospinato origina dalla fossa sottospinata della scapola situata a
l di sotto della spina, e procede lateralmente verso la sua inserzione tendinea
sulla grande tuberosità dell’omero. Il sottospinato passa anch’esso superiorment
e ed anteriormente all’asse di rotazione, ma la sua linea di trazione è inclinat
a leggermente verso il basso. Il sottospinato, assieme al piccolo rotondo, forni
sce la componente di forza principale per il movimento di rotazione esterna; in
oltre stabilizza l’articolazione glenomerale contro la sublussazione posteriore.
La sua innervazione deriva dal nervo soprascapolare.
Il muscolo piccolo rotondo origina dalla sezione laterale del margine ascellare
della scapola e passa lateralmente e verso l’alto fino ad inserirsi sulla grande
tuberosità dell’omero, immediatamente sotto al sottospinato. Assieme al sottosp
inato, il piccolo rotondo è un extrarotatore e uno stabilizzatore della glenomer
ale. La sua innervazione deriva dal nervo ascellare.
Il muscolo sottoscapolare costituisce la porzione anteriore della cuffia dei rot
atori. Origina dalla fossa sottoscapolare e va lateralmente ad inserirsi sulla p
iccola tuberosità dell’omero, posta medialmente rispetto al solco bicipitale. Il
tendine del sottoscapolare è strettamente correlato con la capsula anteriore. I
l nervo ascellare passa lungo il bordo inferiore della scapola e può dunque esse
re soggetto a traumi a seguito di una lussazione anteriore della spalla. Il sott
oscapolare passa davanti all’articolazione della spalla e per questo ha una pote
nte azione di intrarotatore di spalla (in particolare agisce nel raggiungere la
massima rotazione interna), limitando la rotazione esterna passiva con il bracci
o in posizione neutra (addotto). Il muscolo sottoscapolare viene spesso trascura
to nella patologia della spalla. Esso possiede la massa muscolare più consistent
e dei 4 muscoli della cuffia dei rotatori. La sua innervazione deriva dai nervi
sottoscapolare superiore e inferiore.
Prendiamo ora in considerazione il capo lungo del bicipite, perché questo lavora
in maniera strettamente correlata con la cuffia dei rotatori come depressore de
lla testa omerale. In posizioni di leggera elevazione del braccio il capo lungo
del bicipite stabilizza l’articolazione anteriormente quando il braccio è ruotat
o internamente, mentre stabilizza l’articolazione posteriormente quando il bracc
io è ruotato esternamente [23].
Acromioclavicolare
L’acromioclavicolare è un’articolazione (diartrosi) tra il bordo laterale della
clavicola e il margine mediale dell’acromion. Le dimensioni medie nei soggetti a
dulti sono di 9x19 mm, e l’articolazione è ricoperta da una capsula. A causa dei
notevoli carichi assiali trasferiti attraverso questa piccola area, le pression
i sulle superfici articolari sono alte e possono causare grossi danni, come oste
olisi in soggetti che devono sollevare abitualmente carichi pesanti o osteoartri
ti. La stabilità dell’articolazione acromioclavicolare è data principalmente dag
li stabilizzatori statici, che sono la capsula, il disco intra-articolare e i le
gamenti.
La capsula, più spessa superiormente e anteriormente, circonda tutta quanta l’ar
ticolazione. È rinforzata dal legamento acromioclavicolare superiormente, inferi
ormente, posteriormente e anteriormente. Le fibre del legamento acromioclavicola
re superiore sono le più forti e si uniscono con le fibre del deltoide e del tra
pezio. Il disco intra-articolare fibrocartilagineo si può trovare in due condizi
oni: parziale e completo. Il disco varia sostanzialmente in forma e dimensione.
Esso va in contro a rapida degenerazione (forse come risultato delle alte tensio
ni dei carichi) ed è funzionalmente assente a partire dalla quarta decade [24].
Una stabilità addizionale dell’articolazione acromioclavicolare è data dai legam
enti coracoclavicolari, i quali rivestono il ruolo di legamenti sospensori prima
ri per gli arti superiori. Due distinti legamenti, il trapezoide e il conoide, r
icoprono la distanza fra la superficie superiore del processo coracoideo per ins
erirsi rispettivamente sulla linea trapezoidea e il tubercolo conoideo della cla
vicola. Questi robusti legamenti mantengono sospeso il cingolo scapolare dalla c
lavicola ad una distanza media di 13 mm. I legamenti acromioclavicolari sono i p
rincipali antagonisti allo spostamento posteriore dell’articolazione acromioclav
icolare, mentre i legamenti coracoclavicolare sono i principali antagonisti ad u
na dislocazione verticale.

STERNOCLAVICOLARE
L’articolazione sternoclavicolare rappresenta l’unica vera articolazione tra gli
arti superiori e lo scheletro assile (Figura7). È un’articolazione a sella form
ata dall’estremità mediale della clavicola e dalla porzione superiore dello ster
no. Per la grande disparità di dimensioni tra le due superfici articolari (grand
e la quella della clavicola, più piccola invece quella dello sterno), la stabili
tà è data dalle strutture legamentose circostanti.
Il disco intra-articolare è una struttura densa e fibrosa, che prende origine da
lla giunzione della 1°costa,passa sotto l’articolazione sternoclavicolare e si i
nserisce superiormente e medialmente alla clavicola. La sua azione è quella di f
ornire resistenza allo spostamento mediale della clavicola.
Il legamento costoclavicolare origina dalla superficie superiore della 1° costa
per inserirsi sulla superficie inferiore della clavicola. Bearn [25] ha mostrato
sperimentalmente come le fibre anteriori resistano ad una eccessiva rotazione a
nteriore, mentre le fibre posteriori resistano ad una eccessiva rotazione poster
iore. Il legamento interclavicolare connette la zona superomediale della clavic
ola con i legamenti capsulari e la parte superiore dello sterno. Il legamento ag
isce da freno ad una eccessiva rotazione posteriore della clavicola. Il legament
o capsulare copre la superficie anterosuperiore e la superficie posteriore dell’
articolazione sternoclavicolare. La porzione anteriore è più forte e resistente
di quella posteriore ed è il primo stabilizzatore contro la dislocazione superio
re della clavicola che può essere provocata da una forza diretta verso il basso
che agisca distalmente sulla spalla [25]. Normalmente l’articolazione sternoclav
icolare ha una mobilità che varia tra i 30° e i 35° di elevazione, 35° di antero
pulsione e retropulsione combinati assieme, e 45-50° di rotazione attorno al suo
asse [26].
SCAPOLOTORACICA
Anche se non è un’articolazione vera e propria, la scapolotoracica rappresenta u
no spazio compreso tra la superficie convessa posteriore della gabbia toracica
e la superficie concava anteriore della scapola. È occupata da strutture neurova
scolari, strutture muscolari e da borse che permettono un movimento relativo del
la scapola sul torace. Dato che la scapola agisce da struttura ossea portante de
l cingolo scapolare, l’articolazione scapolatoracica permette un incremento del
ROM della spalla oltre i 120° offerti dalla sola glenomerale. Mediamente ci sono
2° di elevazione della glenomerale per ogni 1° di elevazione della scapolotora
cica, anche se questi valori possono variare a seconda dell’arco di movimento pr
eso in esame [27].
Diciassette muscoli si inseriscono o hanno origine dalla scapola, la loro funzio
ne è quella di stabilizzare la scapola e di provvedere al movimento. Tra questi,
i più importanti sono senza dubbio il dentato anteriore, che mantiene l’angolo
mediale della scapola contro la parete toracica, e il trapezio, che aiuta a ruot
are e elevare la scapola in sincronia con il movimento della glenomerale (Figura
7).

Figura 7. A, I muscoli scapolotoracici, incluso B, il dentato anteriore.


Tre borse circondano la scapola: la prima all’angolo superomediale tra il dentat
o anteriore e il sottoscapolare, la seconda tra il dentato anteriore e la parete
toracica laterale, e la terza all’angolo inferiore della scapola. Tutte e tre s
ono associate a borsiti scapolotoraciche e alla scapola “a scatto” [28].
Muscoli Scapolotoracici
Il trapezio ha una origine molto estesa, che va dal terzo mediale della linea nu
cale superiore, dalla protuberanza occipitale, dal legamento nucale e dai proces
si spinosi di C7 e da tutte le vertebre toraciche; ha inserzione al terzo latera
le del margine posteriore della clavicola, al margine mediale dell acromion e al
la spina della scapola. Le sue funzioni sono quelle di elevazione e adduzione de
lla spalla, estensione e rotazione dal lato opposto della testa ed è uno dei gru
ppi muscolari più potenti del nostro corpo. In relazione alla scapola, il trapez
io lavora come adduttore della scapola ed elevatore dell’angolo laterale. Il mus
colo è innervato dal nervo accessorio (XI nervo cranico).
I romboidi, grande e piccolo, originano rispettivamente dai processi spinosi di
C7 e T1 e da T2 fino a T5. Vanno ad inserirsi sul margine mediale della scapola
e agiscono come adduttori (assieme al trapezio) e di elevatori della scapola. So
no innervati dal nervo dorsale della scapola.
L’elevatore della scapola origina dai processi traversi del rachide cervicale (C
1-C4) e si inserisce sul bordo superiore della scapola. Con la sua azione eleva
la scapola, e con ciò produce anche una rotazione antero-mediale della stessa. È
innervato dal 3° e 4° nervo cervicale.
Il dentato anteriore origina dalla superficie esterna delle prime 8-9 coste e si
inserisce sul margine vertebrale della scapola in 3 porzioni dall’angolo superi
ore a quello inferiore. Con la sua azione si ha protrazione scapolare e rotazion
e anteriore. L’innervazione è data dal nervo toracico lungo, e danni a suo caric
o spesso si manifestano ad un esame obiettivo con una “scapola alata” [28].
Il piccolo pettorale origina dalla superficie esterna della 2° fino alla 5° cost
a e si inserisce alla base del processo coracoideo. Protrae e ruota la scapola i
nferiormente. È innervato dai nervi toracici anteriori del plesso brachiale (C6-
C7).
Il muscolo deltoide è un muscolo multipennato resistente alla fatica. Ciò può sp
iegare il suo raro interessamento nella patologia della spalla. È costituito da
3 parti: anteriore, che origina lateralmente dalla clavicola; medio, che origina
dall’acromion; posteriore, che origina dalla spina della scapola. Tutte e 3 que
ste parti convergono distalmente per andarsi ad inserire sulla tuberosità deltoi
dea dell’omero. L’azione fondamentale della contrazione del deltoide è l’elevazi
one dell’omero lungo una linea parallela all’omero stesso, cosicché esso tende a
forzare la testa dell’omero verso l’alto contro il legamento coracoacromiale. Q
uando agisce in armonia con i muscoli della cuffia dei rotatori, le fibre median
e abducono, quelle anteriori flettono ed intraruotano leggermente, quelle poster
iori estendono ed extraruotano. Le fibre posteriori, che hanno un decorso quasi
orizzontale, sono considerate in genere la porzione del deltoide più importante
per impedire la dislocazione verso il basso della testa omerale. Il deltoide ant
eriore e medio consentono l’elevazione sul piano scapolare e assistono l’elevazi
one anteriore con l’aiuto del muscolo grande pettorale e del bicipite brachiale.
È innervato dal nervo ascellare.

Altri Muscoli della Spalla


Il gran dorsale è un muscolo di forma triangolare che origina dalle ultime 6 ver
tebre toraciche e la fascia lombodorsale, attraverso la quale è unito alle verte
bre lombari e sacrali e ai legamenti sovraspinosi e la cresta iliaca posteriore.
I fasci muscolari si dirigono dalla loro larga origine in direzione laterale e
si inseriscono sul fondo del solco intertubercolare dell’omero (solco bicipitale
), dove si affiancano al muscolo grande rotondo. La sua azione è di adduzione, e
stensione e rotazione interna dell’omero. È innervato dal nervo toracodorsale (
C6-C8) che nasce dal tronco secondario posteriore del plesso brachiale.
Il grande rotondo ha origine dalla faccia posteriore e dal margine laterale dell
a scapola, alla sua estremità inferiore. Si porta in alto, verso l esterno e, pa
ssando davanti al tratto prossimale del tricipite, va ad inserirsi sulla faccia
anteriore dell’omero subito sotto al collo di questo ed in prossimità delle inse
rzioni dei muscoli grande dorsale e grande pettorale. È in primo luogo un rotato
re interno e adduttore della spalla e estensore del braccio. Il muscolo è innerv
ato dal nervo sottoscapolare inferiore, lo stesso che innerva anche la parte inf
eriore del muscolo sottoscapolare.
Il muscolo coracobrachiale è il più piccolo di tre muscoli che prendono origine
dal processo coracoideo della scapola (gli altri due muscoli sono il piccolo pet
torale e il bicipite brachiale). Si inserisce per mezzo di un tendine piatto in
un solco del terzo medio della faccia anteromediale dell omero, tra le origini d
el tricipite brachiale e brachiale. Assieme al capo breve del bicipite, il cora
cobrachiale flette e adduce l’articolazione glenomerale. È innervato dal nervo m
uscolocutaneo che origina dai rami di divisione anteriore dei tronchi superiori
(C5, C6) e medi (C7) del plesso brachiale.
Il grande pettorale origina dalla metà mediale del margine anteriore della clavi
cola, dalla faccia anteriore dello sterno e dalle cartilagini costali dalla seco
nda alla sesta, e dalla guaina dei muscoli anteriori dell addome nella sua parte
superiore (Figura 8). Il muscolo si estende lateralmente per poi inserirsi con
un unico tendine alla cresta della grande tuberosità dell omero. Le azioni prima
rie del muscolo sono quelle di addurre e ruotare internamente l’omero. L’innerva
zione è data dai nervi pettorali laterale e mediale.
Figura 8. Gli altri muscoli della spalla. A, Notare il grande pettorale e il de
ltoide, e B, il piccolo pettorale e i 2 capi del bicipite.
Il bicipite brachiale ha 2 capi. Il capo lungo origina dal tubercolo sopraglenoi
deo della scapola, decorre all interno della capsula articolare della spalla con
un lungo tendine che viene avvolto da una guaina formata dalla membrana sinovia
le che lo esclude dalla cavità articolare. Il tendine del capo lungo si porta su
lla testa dell omero e decorre poi nel solco bicipitale, la guaina sinoviale che
lo avvolge lo segue fino a questo livello e poi termina. Il capo breve origina
invece dall’apice del processo coracoideo, assieme al coracobrachiale e al picco
lo pettorale. Il bicipite si inserisce quindi distalmente sulla tuberosità del r
adio. Per quanto riguarda la sua azione a livello della glenomerale, il bicipite
brachiale assiste leggermente la flessione anteriore del braccio portando il br
accio in avanti e in alto; può inoltre contribuire all’abduzione quandoi l bracc
io è ruotato esternamente. Il capo breve del bicipite assiste inoltre l’adduzion
e sul piano orizzontale quando il braccio è ruotato internamente. L’innervazione
è data dal nervo muscolocutaneo (C5-C7).

Você também pode gostar