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"io credo che non si scriver pi, si continuer a scrivere, ma non leggeremo pi, lasciando la lettura ad

esclusivo appannaggio di una casta ristretta. Non vorrei trovarmi al posto di chi vivr dopo l'anno 2000,
visto che ci sono tutte le condizioni riunite insieme perch la noia sia vissuta in tutta la sua pienezza ..."
Parole di Marguerite Duras, e continuo - forzando un po' il testo - con una traduzione e interpretazione
"nel" senso:
io non vedo che questo, e non facile per chi ricorda il presente storico, comprendere che oggi (il 2000
cominciato da un pezzo) non c' nient'altro che questa produzione, e il consumo generalizzato
dell'ennui, accompagnato dalla vana ricerca di un evento...
che la quest (la ricerca) sia vana non cosa nuova, nuovo che ci che appare in interminabili
collegamenti, scrittura, e io scrivo e partecipo alla produzione di testi... che non mi devo dar pena di
leggere... non chiedo altro che una lichette di piacere (I like it), qui e ora
un viaggio che non deve essere letto, un gesto che immobilizza: tuo! goditelo o fuck it!
l'illusione di una generazione (il beat ad esempio non unico) era che nel variopinto caleidoscopio di
segni alla deriva (l'epidemia dell'immaginario) si potesse indirizzare il viaggio aldil della societ del
consumo, o almeno sottrarsi, praticare l'esodo
e scrivere ma prima ancora leggere, interessarsi, conoscere, viaggiare e rispettare gli altri, l'altro... da
qui direi grossolanamente: come se a guardar le vetrine della vita si potesse capirne qualcosa, infine.
non che "tutto il resto noia", anzi: nel mare dell'ennui si naviga (dolcemente o freneticamente a
seconda del pusher) senza tentare il viaggio, senza rischiare il naufragio. Non c' autentica pena, qui
non manca nulla. Altrimenti quel mostro con uno sbadiglio inghiottirebbe il mondo: "Tu lo conosci,
lettore, questo mostro delicato, ipocrita lettore! mio simile, mio fratello!"

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