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popolo
di
insegnanti,
poeti
e
formatori
Basta
con
i
luoghi
comuni
sui
sistemi
educativi
e
la
formazione
professionale.
Per
favore!
Gilberto
Collinassi
Il
capro
espiatorio
In
un
recente
convegno
cui
partecipavano
esponenti
politici
regionali
e
provinciali,
funzionari
dell’amministrazione
regionale,
rappresentanti
delle
categorie
imprenditoriali
e
dei
lavoratori
-‐
mentre
venivano
introdotti,
illustrati
o
commentati
i
risultati
di
una
ricerca
sui
fabbisogni
formativi
delle
imprese
del
territorio-‐
ho
avuto
l’occasione
di
ascoltare
per
l’ennesima
volta
una
quantità
di
frasi
fatte
e
luoghi
comuni
sul
tema
della
formazione
professionale
e
del
sistema
scolastico.
Questo
profluvio
di
banalità,
costantemente
riproposto
in
ogni
incontro
in
cui
si
parli
di
sistemi
formativi
e
del
mondo
del
lavoro,
è
impressionante
per
la
quantità,
avvilente
per
la
povertà
del
contributo
fornito,
stupefacente
per
la
trasversalità
rispetto
agli
interlocutori
che
l’adottano,
privo
di
reale
riscontro
con
dati
oggettivi
se
ci
riferiamo
alla
nostra
regione.
Purtroppo
ci
troviamo
di
fronte
a
due
fenomeni
tipici:
-‐
non
so
se
sia
vero
che
nel
nostro
paese
tutti
sono
poeti,
di
sicuro
tutti
si
pensano
competenti
in
materia
di
insegnamento
e
in
grado
di
suggerire
soluzioni
per
risolvere
i
problemi
che
affliggono
il
nostro
sistema
educativo/formativo
(chi
non
è
mai
stato
a
scuola?
chi
non
ha
un
figlio
o
un
parente
che
la
frequenta?
chi
non
ha
mai
partecipato
ad
un
corso?
...
tutti
si
sentono
in
grado
di
dare
giudizi
in
merito);
-‐
la
storia
ci
insegna
che
nei
momenti
di
crisi
sociale,
culturale,
economica,
quando
le
situazioni
problematiche
sono
complesse
e
per
esse
non
sono
prospettabili
soluzioni
a
breve
o
medio
termine,
sempre
si
cerca
con
funzione
catarchica
un
capro
espiatorio.
Un
soggetto,
reale
o
immaginario,
su
cui
scaricare
la
responsabilità
dei
guai
o
dell’incapacità
di
trovare
soluzioni
per
risolverli.
Pare
che
i
politici
della
maggioranza
così
come
quelli
dell’opposizione,
i
rappresentanti
dei
lavoratori
e
quelli
delle
associazioni
di
categoria
–insomma
tutto
l’arco
della
rappresentanza
istituzionale
e
sociale-‐
siano
afflitti
da
entrambe
le
patologie.
E
pare
che,
per
quanto
attiene
al
capro
espiatorio,
ne
abbiano
–finalmente-‐
trovato
uno
adatto
alla
crisi
occupazionale
ed
economica
che
caratterizza
questo
momento
storico:
la
scuola
e
la
formazione
professionale.
Si
attribuiscono
infatti
ai
due
sistemi
responsabilità
pesanti
relativamente
all’effettivo
livello
di
“occupabilità”
offerto
dai
percorsi
formativi
che
realizzano
(intesa
-‐in
modo
riduttivo-‐
come
capacità
di
un
disoccupato
di
trovare
subito
un
nuovo
lavoro),
in
particolare
per
quelli
mirati
ad
affrontare
la
crisi
occupazionale
attuale.
Si
invocano
di
conseguenza
processi
di
rinnovamento
delle
strutture
scolastiche
e
della
formazione,
l’innovazione
delle
metodologie
e
tipologie
formative,
un
contatto
più
stretto
con
il
mondo
del
lavoro,
un
coinvolgimento
maggiore
e
diretto
delle
imprese
quali
soggetti
formativi.
Temi
questi
tutti
sacrosanti,
sui
quali
il
mondo
dell’istruzione
e
della
formazione
professionale
di
questa
regione
sono
impegnati
e
stanno
intervenendo
da
anni,
pur
in
presenza
di
una
legislazione
vecchia
di
decenni
(come
la
legge
regionale
76/1982
sulla
formazione
professionale
regionale)
oppure
in
continuo
stato
di
cambiamento
(come
la
riforma
della
scuola,
che
procede
a
strattoni
dal
2001
con
l’intervento
scoordinato
di
ben
quattro
ministri
:
Berlinguer,
Moratti,
Fioroni
e
Gelmini),
di
reiterati
tagli
agli
investimenti,
della
scarsa
attenzione
delle
parti
sociali,
della
strumentalizzazione
che
sempre
la
politica
aggancia
a
queste
tematiche.
Le
prospettive
per
un
sistema
che
permetta
la
formazione
organica
e
integrata
per
l’intero
arco
della
vita
dei
cittadini
di
questo
paese
non
sono
quindi
molto
incoraggianti,
nonostante
la
buona
volontà
di
molti
soggetti.
Ma
il
capro
espiatorio
ce
l’abbiamo,
quindi
possiamo
stare
tranquilli.
1
Eco
Umberto,
2003,
“Dalla
periferia
dell'impero.
Cronache
da
un
nuovo
medioevo”
,
e
Umberto
Eco,
2010,
“Una
volta
qui
era
tutta
città”,
Espresso
on-‐line
trasmettere
informazioni
o
fornire
valore
aggiunto
rispetto
ad
un
tema
in
discussione.
Va
detto
inoltre
che
molto
spesso
queste
frasi
fatte
vengono
formulate
utilizzando
sinonimi,
oppure
presentando
i
medesimi
concetti
con
perifrasi
o
parafrasi.
In
questi
casi
occorre
tenere
presente
che
due
parole
o
frasi
possono
intendere
la
stessa
cosa
dicendola
tuttavia
in
modo
diverso,
adottando
diversi
punti
di
vista,
accenti,
culture
e
ideologie,
rappresentando
quindi
molteplici
e
differenziate
“verità”
di
solito
utili
in
termini
strumentali,
quando
non
demagogici,
a
chi
le
usa.
Ad
esempio,
anche
scuola
e
formazione
adducono
spesso
luoghi
comuni
quali
giustificazioni
per
l’inadeguatezza
di
servizi
da
loro
offerti,
inaccettabili
quanto
quelli
citati
in
precedenza
come
argomenti
di
confronto
per
un
reale
miglioramento.
Ne
riporto
anche
in
questo
caso
alcuni,
a
titolo
di
esempio:
I
fabbisogni
vengono
espressi
male
e
con
tempi
troppo
stretti
Le
imprese
non
sono
capaci
di
esprimere
i
propri
fabbisogni
I
dati
statistici
non
sono
aggiornati
e
forniscono
dati
fuorvianti
La
scuola
deve
lavorare
anche
per
il
futuro
non
solo
per
il
contingente
Insegnare
è
sempre
più
difficile
Manca
la
motivazione
allo
studio
da
parte
dei
giovani
I
genitori
non
collaborano
con
i
docenti
Le
famiglie
scaricano
sulla
scuola
tutta
la
responsabilità
educativa
E’
difficile
coinvolgere
le
imprese
in
attività
di
stage
veramente
formativi
Le
imprese
non
rispondono
alle
nostre
sollecitazioni
Contratti
e
regolamenti
non
ci
permettono
di
lavorare
bene
Gli
insegnanti
sono
sottopagati
e
in
crisi
di
identità/missione
I
contratti
impediscono
interventi
di
valutazione/motivazione
insegnanti
Dobbiamo
rispettare
il
programma,
non
c’è
spazio
per
altre
cose
Abbiamo
poco
tempo
a
disposizione
rispetto
agli
obiettivi
da
raggiungere
I
regolamenti
europei,
nazionali,
regionali,
provinciali
sono
complicati
Ciascuno
di
noi
quindi
ha
il
proprio
elenco
di
banalità,
più
o
meno
vere,
cui
fare
ricorso
per
difendere
lo
status-‐quo
o
argomentare
in
termini
polemici.
Quel
che
è
certo,
è
che
non
è
possibile
dare
corso
a
un
confronto
costruttivo
-e
ancor
meno
innovativo-
ragionando
per,
e
a
partire
da,
frasi
fatte.
Anzi:
la
cosa
è
assai
pericolosa
in
quanto
porta
quasi
sempre
a
conclusioni
e
scelte
errate
perché,
sempre
parafrasando
Eco,
non
basta
essere
ignoranti
per
essere
innocui,
soprattutto
se
si
ricoprono
ruoli
decisionali!
Se
desideriamo
realmente
far
evolvere
i
sistemi
educativi
e
formativi
in
termini
strategici,
dobbiamo
abbandonare
una
volta
per
tutte
la
demagogia
ed
essere
capaci
di
accollarci
la
pena
della
separazione
da
facili
e
comode
identità.
Che
fare?
Semplicità
e
assunzione
di
responsabilità
Come
ci
insegna
De
Bono4,
in
termini
generali
bisogna
tendere
alla
semplicità
dell'estrema
elaborazione;
una
semplicità
cioè
in
cui
l'efficacia
pratica
e
l'essenzialità
della
forma
siano
presenti
in
grado
elevato.
Non
la
semplicità
del
vuoto
ma
quella
della
compiutezza.
Solo
le
soluzioni
semplici
si
dimostrano
nel
lungo
periodo
efficaci
(danno
dei
risultati
tangibili
da
subito
e
li
mantengono
nel
tempo)
ed
efficienti
(costano
poco
e
quindi
sono
più
sostenibili
socialmente).
Inoltre
è
auspicabile
un
maggior
livello
di
assunzione
di
responsabilità
politica
e
amministrativa
nella
scelta
e
promozione
delle
soluzioni
che
si
dimostrano
oggettivamente
migliori
di
altre,
superando
interessi
corporativi
o
di
parte,
valorizzando
ciò
che
di
buono
si
fa
ed
è
stato
fatto.
Purtroppo
sappiamo
bene
che
l'accettazione
delle
responsabilità
non
è
un
compito
facile
per
nessuno:
non
solo
perché
introduce
il
tormento
della
scelta
(che
comporta
sempre
una
perdita
e
un
guadagno),
ma
anche
perché
preannuncia
la
perenne
preoccupazione
di
aver
compiuto
un
errore5.
Ciò
non
deve
scoraggiarci
nel
sollecitare
e
promuovere
la
definizione
di
una
strategia
di
sviluppo
del
sistema
di
medio
lungo
termine
sorretta
innanzitutto:
-‐
“dal
credere”
nel
valore
di
ciò
che
si
sta
facendo,
in
quanto
consapevoli
di
operare
per
il
bene
per
la
collettività
e
non
per
il
proprio;
-‐
“dall’essere
coerenti”
in
ciò
che
si
dichiara
e
ciò
che
si
fa,
rinunciando
a
logiche
spartitorie
e
alla
difesa
del
particolare;
-‐
“dall’essere
concreti”
dando
seguito
ad
azioni
che
offrano
reale
valore
aggiunto
per
il
sistema
(efficienza,
efficacia,
coerenza,
equilibrio).
7
Campione-‐Ferratini-‐Ribolzi,
2005,
“Tutta
un’altra
scuola”,
Il
Mulino
8
Gelmini-‐Sacconi,
2009,
“Italia
2020
-‐
Piano
di
azione
per
l’occupabilità
dei
giovani
attraverso
l’integrazione
tra
apprendimento
e
lavoro”,
Priorità:
Facilitare
la
transizione
dalla
scuola
al
lavoro