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M. Marchetti - P. PillastriniNEUROFISIOLOGIA DEL MOVIMENTOAnatomia Biomeccanica Chinesiologia ClinicaPICCINPresentazione del Prof.

f. Domenico De GrandisHo accolto con immenso piacere e gratitudine l'invito del dott. Maurizio Marchetti a presentare questa opera, "Neurofisiologia del movimento", frutto di un notevole lavoro, com' testimoniato dal numero degli argomenti sviluppati, dalla ricca documentazione bibliografica e dalla profonda e completa esposizione di ogni capitolo.Questa mia disponibilit dovuta non solamente all'amicizia che mi lega all'autore ed alla stima che nutro per lui sul piano umano e professionale, ma soprattutto alla immensa considerazione sviluppata seguendo tappa per tappa il lavoro che ha portato a questa "impresa".Questo impegno diventa ancora pi rilevante e degno di essere sottolineato se si prende atto che tutto il lavoro stato eseguito in maniera del tutto autonoma, al di fuori di qualsiasi istituzione culturale o scientifica ed in assenza di obiettivi accademici od obblighi istituzionali.Volano dell'opera stato quindi esclusivamente un profondo interesse culturale verso la fisiologia del movimento, la patologia ed i possibili approcci terapeutici basati ovviamente su presupposti teorici seri e dotati di razionalit, anche se ancora non completamente acquisiti od ipotetici.In altre parole, un vivo interesse per l'attivit medica che l'autore chiamato quotidianamente a svolgere.In questa cornice tutto l'elaborato acquista una sua peculiare originalit negli argomenti trattati ed una sua completezza, per cui non va a sovrapporsi ai numerosi e validi testi di fisiologia del sistema nervoso o di chinesiologia attualmente circolanti.L'obiettivo del volume stato quello di fornire agli allievi (in particolare ai terapisti della riabilitazione) uno strumento didattico per una neurofisiologia del movimento meno astratta possibile e tale da essere continuamente utile e presente durante i trattamenti dei pazienti nella valutazione del recupero e dell'efficacia del trattamento.Per ottenere questo, i concetti e le nozioni di fisiologia sono integrate da numerose altre informazioni anatomiche, biochimiche, semeiologiche, patologiche ed in particolare biomeccaniche, grazie al preciso e puntuale lavoro del co-autore Pillastrini, e questo costituisce la caratteristica pi peculiare dell'opera.Tale impostazione da un lato rende il trattato pi piacevole e certi concetti funzionali meno astratti, dall'altro valorizza la neurofisiologia, che viene posta al centro in posizione rilevante con una serie di diramazioni a stella verso alcune discipline complementari come la chinesiologia, la neurofisiopatologia, la biomeccanica.Alcuni argomenti tradizionalmente visti in maniera diversa tra clinico e fisiologo, come il tono muscolare o le parestesie dolorose, risultano meno teorici e pi facilmente "digeribili" ed applicabili.Questo senza togliere una completezza rilevante dei singoli argomenti trattati, in una stringatezza piana e lineare.L'organizzazione inoltre dei capitoli in diversi livelli rende infatti la maggior parte dell'opera utile anche ai medici che desiderano rivedere alcuni elementi fisiopatologici, con la concretezza e praticit richiesta da chi quotidianamente a contatto con i problemi clinici. La parte biomeccanica e chinesiologica, elaborata da Pillastrini, estremamente dettagliata, utilissima per chi necessita a livello clinico di un preciso riferimento sull'anatomia topografica e sull'azione, principale sinergica e differenziata, di ogni muscolo, compresi i relativi punti di inserzione e le innervazioni.Credo nel successo di quest'opera e spero che l'impegno dell'amico Marchetti non termini qui, ma questo sia solo la prima tappa di un lungo viaggio culturale e professionale.Domenico De GrandisPresentazione del Dott. Mauro AliantiNon v' dubbio che per tutti coloro che si interessano del movimento umano, la Neurofisiologia e la Chinesiologia rappresentino aree fondamentali di conoscenza e di riflessione. D'altronde, qualunque sia l'intendimento di questo interesse, non possiamo non concordare con Silvano Boccardi quando ci ricorda che: "...in ogni caso ci sono sinapsi da recuperare e leve da

far muovere..."; raccomandazione quanto mai attuale di fronte al moltiplicarsi delle proposte tecnologiche in Riabilitazione ed al pi variegato panorama dei presupposti teorici. con grandissimo piacere, quindi, che accolgo l'invito di presentare l'opera che gli amici e colleghi Maurizio Marchetti e Paolo Pillastrini hanno portato a termine con tanto impegno e passione. Entrambi lavorano ormai da molti anni all'interno del Servizio di Medicina Fisica e Riabilitazione dell'Ospedale Policlinico S. Orsola-Malpighi di Bologna, l'uno come apprezzato consulente neurofisiologo e l'altro come Terapista della Riabilitazione. Ritengo altres importante sottolineare che essi condividono, da tempo, anche un rilevante impegno didattico e formativo nella Scuola per Terapisti che trova sede nel medesimo Servizio: sono convinto che da questo particolare aspetto, non disgiunto dalla loro non trascurabile esperienza professionale, sia nata l'idea di coniugare e dare spessore a quanto di pi aggiornato e approfondito ci viene dalle conoscenze di neurofisiologia, chinesiologia e biomeccanica. Non temo smentite affermando che il tentativo molto ben riuscito, in un'opera che trover sicuramente una vasta eco in tutti coloro che, dell'attivit motoria dell'uomo, fanno oggetto del proprio lavoro: come elemento di scienza di base, come interpretazione del segno clinico, come fonte di metodologie terapeutiche di precipuo interesse riabilitativo. Il volume si presenta ponderoso e ricco di giuste ambizioni e costituisce una lettura invitante per i temi trattati, per la competenza e la chiarezza con cui vengono esposti, per la ricca e brillante iconografia, quanto mai accurata ed appropriata. In buona sostanza pu essere suddiviso in due parti: la prima che definirei "generale" di chinesiologia e neurofisiologia, la seconda invece, dedicata alle grandi sindromi della patologia neurologica che vengono affrontate secondo un impegno ed una visione di largo respiro. La dimensione stessa dell'opera lascia chiaramente intendere quale sia stato l'impegno e lo sforzo di coniugare i reciproci interessi e conoscenze da parte dei due autori. Credo che siano oggi ampiamente ripagati nel momento in cui il frutto del loro impegno e della loro cultura vede la luce, ma ancor pi, mi auguro, lo saranno in futuro, nel constatare l'interesse ed il plauso che susciteranno in tanti colleghi. Pur non presentandosi esplicitamente come un trattato di neuroriabilitazione in quest'ambito, ma non solo, che trover molti dei suoi estimatori. Certamente non frutto del caso se nato all'interno dell'ambiente riabilitativo, ove gli aspetti legati all'osservazione, alla valutazione e all'interpretazione dei fenomeni neurologici nel normale e nel patologico sono un momento fondamentale per predisporre progetti di recupero e strategie di intervento. Si tratta, in realt, di un approccio ben noto ad ogni serio riabilitatore: l'originalit di questo lavoro sta nel tentativo, ben riuscito, di dare luogo ad un "corpo dottrinale" unico in cui i portati del neurofisiologo e del chinesiologo si confrontano e si compenetrano, completandosi vicendevolmente. Un bel lavoro "a quattro mani" dunque, ricco di spunti speculativi ma nel contempo molto pragmatico, cui non posso che augurare, ancora una volta, di incontrare favore e successo in tutti gli appassionati e cultori della materia, che non mancheranno di apprezzarne la chiarezza dell'impronta didattica e la dovizia delle ricadute pratiche e terapeutiche.Mauro AliantiRINGRAZIAMENTIAl termine di questa lunga ed estenuante fatica, non possiamo non ricordare chi ha contribuito a far s che il lavoro potesse nascere, e per questo rivolgiamo sentiti ringraziamenti:Al Prof. Pietro Faglioni, direttore della Clinica Neurologica dell'Universit di Modena, che per primo mi fece nascere il sospetto che la neurologia avesse una logica.Al Prof. Robin G. Willison, gi direttore del Neurophysiology Dept. of the National Hospital for Nervous Diseases, Queens Square, Londra, che su questo sospetto lavor molto, e molto ebbe a lavorare, affinch apprendessi una professione e non un'arte divinatoria.Al Prof. Carlo Menarini, gi primario del

Servizio Riabilitazione del Policlinico S.Orsola di Bologna, che mi insegn come a volte, nei labirinti della clinica medica, sia necessario osare ed anche navigare a vista, alla ricerca di risultati che non possono essere codificati in nessuna pregressa esperienza.Al Dott. Stefano Tibaldi, primario del Servizio di Riabilitazione dell'Ospedale di Faenza, al Dott. Mauro Alianti, primario del Servizo Riabilitazione del Policlinico S. Orsola di Bologna, al Dott. Giorgio Sanguinetti, aiuto del Servizio di Riabilitazione dell'Ospedale Maggiore di Bologna, amici e profondi conoscitori della neuroriabilitazione e della biomeccanica; il confronto con loro stato essenziale per l'ottica riabilitativa con cui sviluppata la neurofisiologia in questo testo.Al Dott. Nick M. Murray, direttore del Neurophysiology Dept. of National Hospital for Neurology and Neurosurgery Queens Square, Londra, caro amico, per la grande disponibilit con cui ha sempre seguito il mio lavoro, permettendomi il costante accesso alla istituzione della quale fa parte.All'amico Dott. Domenico De Grandis, primario della divisione di Neurologia dell'Arcispedale S.Anna, Ferrara, per i consigli e le idee che hanno decisamente migliorato l'organizzazione del testo e per il suo continuo impegno per la crescita degli studi e del dibattito nell'ambito della Neurologia italiana.Al Dott. Brian L. Day ed al Dott. John C. Rothwell del British medical Council dell'Universit di Londra, per le discussioni ed i consigli datimi a pi riprese durante la elaborazione del libro.Al Dott. Jacopo Bonavita, specializzando, che con pazienza e fatica ha collaborato, alleggerendomi numerosi impegni e ponendo alcuni mattoni essenziali alla costruzione del testo.Alla Prof.ssa Maria Luigia Segnana (mia moglie) senza la quale questo testo non sarebbe mai stato possibile, sia per il sostanziale dibattito logico e metodologico sull'argomento sistema nervoso/intelligenza, sia per l'importante contributo organizzativo nella stesura del libro.Agli studenti della Scuola per Terapisti della Riabilitazione dell'Ospedale S. Orsola di Bologna, che negli oltre 15 anni della mia docenza hanno pazientemente sopportato le oltre 100 ore annue del corso di Neurofisiologia del movimento, stimolando la mia curiosit verso la materia ed affinando le mie capacit didattiche poi tradotte, spero, in questo libro. Li ringrazio inoltre per aver accompagnato, con la loro costante allegria, il lento dissolversi della mia giovinezza.Maurizio MarchettiAi pazienti che ho incontrato nella mia esperienza professionale, per tutti gli insegnamenti che ho ricevuto osservandoli, comunicando con loro e cercando di guidarli nel processo di recupero del movimento e dell'autonomia;Al Prof. Carlo Menarini, che per primo mi ha insegnato le basi della Riabilitazione e che con la sua umanit mi ha trasmesso il concetto fondamentale di "centralit del malato";Al Dott. Mauro Alianti, amico e collega con cui in tante occasioni abbiamo avuto modo di discutere ed approfondire (a volte anche animatamente) tanti argomenti, tra cui che cos' un fisiatra e cos' un fisioterapista;Alle colleghe con cui ho condiviso l'esperienza didattica presso la scuola per Terapisti della Riabilitazione di Bologna, per i consigli e (perch no?) i rimproveri con cui mi hanno stimolato;A tutti i colleghi Fisioterapisti che (e sono stati tanti) hanno avuto la pazienza di ascoltare le mie "chiacchiere" (a volte strampalate) sulle leve ed i vettori, probabilmente chiedendosi se poi tutto ci potesse avere un senso;All'amico Roberto Balboni, Fisico dell'Universit degli studi di Bologna, per i preziosissimi consigli di Biomeccanica, Meccanica, Cinematica, Statica e Dinamica, senza di cui credo che non sarei potuto andare molto avanti;Alla collega e amica Giorgia Brunetti, per essersi resa disponibile come soggetto preso a modello nelle immagini del volume;Alla mia famiglia, che mi ha permesso di dedicare tanto tempo a questo lavoro e che ne ha sopportato le conseguenze conservando sempre quel clima di serenit necessario per condurre in porto un progetto tanto ambizioso.Paolo PilastriniUn ringraziamento infine per le disegnatrici, i redattori, le segretarie e lo stesso Dott. Piccin, in quanto abbiamo

compreso, in questi quasi tre anni di collaborazione, quanto complessa e laboriosa sia la stesura di un testo di quasi 1000 pagine con pi di 400 illustrazioni e quanto delicato sia il loro lavoro, senza il quale non sarebbe possibile materializzare in un libro il pensiero degli autori.INDICE GENERALEIntroduzione Pag. 171 - PRINCIPI DI ANATOMIA E FISIOLOGIA DELLE FIBRE MUSCOLARI 21Definizione 21Classificazione 21Anatomia microscopica 21La fibra muscolare come cellula 21- Le miofibrille 22- I mio filamenti 23- Il reticolo sarcoplasmatico e i tubuli trasversi T 24La contrazione muscolare 25- Il complesso actina-miosina 25- L'ATP, energia per la contrazione 26- Accoppiamento elettro-meccanico e azione degli ioni calcio. 26- Fenomeni elettrici nelle fibre muscolari 27Organizzazione delle fibre muscolari nella costituzione del muscolo 27- Innervazione dei muscoli - concetto di unit motoria 28- Distribuzione e dimensioni delle unit motorie 29- Classificazione istochimica delle unit motorie 29- Correlazione tra caratteristiche istochimiche e fisiologiche delle unit motorie 30- Finalit della differenziazione fra diverse unit motorie 30- Differenziazione durante lo sviluppo delle unit motorie 31- Gradazione della forza contrattile muscolare 31Bibliografia 322 - PRINCIPI DI ANATOMIA E FISIOLOGIA DELLE CELLULE NERVOSE 33La cellula 33Analisi dello spike 38Bibliografa 463 - BIOMECCANICA 47Premessa 47Il muscolo 48I piani del movimento 49La posizione anatomica 51II muscolo come forza vettoriale 51Analisi vettoriale 55Scomposizione delle forze 56Il rettangolo biomeccanico 58La leva 59Il braccio della leva..................................................................... ..61Momento della forza.................................................................... .62Unit di misura................................................................... ..........63Selezione dei movimenti da analizzare.......................................63Muscoli poliarticolari........................................................... .........64Selezione del verso del vettore....................................................64Muscoli non collegati ad un vincolo...........................................64Due forze applicate su un punto................................................65Bibliografia...... ......................................................................... ......67Sezione IL'IMPORTANZA DELLE FUNZIONI SENSITIVE NEL CONTROLLO DEL MOVIMENTO4 - SENSIBILIT E MOVIMENTO: NEUROFISIOLOGIA E NEUROFISIOLOGIA CLINICA 71Introduzione........................................................... ........................ " 71Neurofisiologia clinica della sensibilit...................................... " 72- Recupero neurosensoriale dopo deafferentazione sensitiva " 72- Importanza della sensibilit nel controllo del movimento .. " 73 Il Concetto fisiologico

di sensibilit cosciente.......................... " 79- Il concetto..................................,.............................. ............ " 79- Neurofisiologia della sensibilit: inquadramento storico .. " 82 Anatomia e fisiologia della percezione cutanea........................ " 84- I recettori cutanei ed il loro ruolo nella percezione sensitiva ......................................................................... .............. " 84- Anatomia dei recettori cutanei............................................ " 85- Meccanocettori cutanei non collegati al follicolo pilifero .... " 85- Meccanocettori cutanei collegati al follicolo pilifero........ " 89Termocettori............................................................. ............. " 89Nocicettori.............................................................. ............... " 90- Le vie sensitive centrali ed il loro ruolo nella percezione ... " 91- La radice mediale: considerazioni anatomiche.................. " 91- La radice mediale, le vie della sensibilit tattile discriminativa (vie posteriori) ed il loro ruolo nella percezione sensitiva cosciente................................................................ . " 92- La radice laterale, le vie della sensibilit termodolorifica ed il loro ruolo nella percezione sensitiva cosciente................................................................ ................ " 94- Ruolo sensitivo del fascio piramidale................................. " 98Bibliografia........................................................... .......................... " 985 - LA SENSIBILIT COME GUIDA PER IL MOVIMENTO ............................................................... ......................... " 101Premessa................................................................. ............... " 101- Storia della rieducazione sensitiva...................................... " 101- Fisiologia della sensibilit.................................................... " 103Considerazioni riabilitative................................................... " 103Bibliografia.......................................................... ........................... " 105Sezione IICENNI DI ANATOMIA E FISIOLOGIA DEL SISTEMA NERVOSO PERIFERICO6 - SISTEMA NERVOSO PERIFERICO SOMATICO.......... Pag. 109Introduzione.......................................................... ......................... " 109Plesso brachiale................................................................ ............. " 110Plesso lombo-sacrale e nervi relativi........................................... " 112Struttura microscopica del sistema nervoso periferico............. " 113Tabelle............................................................... ............................. " 114Tavole................................................................ ............................. " 117Bibliografia.......................................................... ........................... " 1217 - SISTEMA NERVOSO PERIFERICO VEGETATIVO .... " 122Introduzione.......................................................... ......................... " 122Anatomia e fisiologia............................................................... ..... " 123Meccanismi vegetativi di controllo della circolazione e dellapressione arteriosa................................................................ ......... " 128Meccanismi neurovegetativi di controllo della funzione urinaria "

129Bibliografia.......................................................... ........................... " 131Sezione III MIDOLLO SPINALE E SINDROMI MIDOLLARI8 - IL MIDOLLO SPINALE E IL MOVIMENTO: CLINICA E NEUROFISIOLOGIA .................................................. " 135Introduzione.......................................................... ......................... " 135Elettrofisiologia dell'oc motoneurone.......................................... " 136Metodi di stimolazione dei riflessi spinali................................. " 139Studi clinici sui riflessi................................................................. " 141- Aspetti clinici del riflesso miotatico.......................................... " 141- Inibizione reciproca la e sua modulazione da parte del controllo volontario del movimento ................................................ " 146- Aspetti clinici dell'inibizione reciproca Ib e del riflesso miotatico inverso. Sua modulazione da parte del controllo volontario del movimento................................................................ ............. " 147- Interneurone inibitore di Renshaw e inibizione presinaptica " 148- Riflesso tonico da vibrazione..................................................... " 149Riflessi cutanei.................................................................. ........... " 149- Riflesso cutaneo allo stimolo doloroso.................................. " 150- Riflesso cutaneo allo stimolo tattile....................................... " 151I riflessi cutanei nel paziente spinale......................................... " 152Effetti clinici collegabili alle caratteristiche biomeccaniche del muscolo ................................................................. .......................... " 153- Rapporto lunghezza/tensione e stiffness muscolare................ " 153- Il rapporto lunghezza/tensione e la teoria del punto di equilibrio ......................................................................... .................... " 155- Rapporto forza/velocit........................................................... ... " 156Bibliografia.......................................................... ........................... " 1569 - MOTONEURONI, FIBRE MUSCOLARI E BIOMECCANICA DEL MOVIMENTO .............................................. Pag. 159Introduzione.......................................................... ......................... " 159Le unit motorie e la attivit meccanica del muscolo............. " 161- Le unit FF....................................................................... .......... " 162- Le unit FR....................................................................... .......... " 162- Le unit S........................................................................ ............ " 162- Il twich test..................................................................... ............ " 163- Il sag test..................................................................... ................ " 163- Il test dell'affaticamento....................................................... ...... " 163Attivit meccanica del muscolo ed affaticamento muscolare ......................................................................... .......................... " 169- Rapporto lunghezza/tensione..................................................... " 170- Rapporto forza/velocit........................................................... ... " 174- Attivazione muscolare durante la

contrazione......................... " 175Bibliografia.......................................................... ........................... " 17610 - NEUROFISIOLOGIA ORIZZONTALE DEL MIDOLLO SPINALE ......................................................................... ..... " 178Introduzione.......................................................... ......................... " 178Anatomia e fisiologia dei propriocettori.................................... " 179- Recettori muscolari................................................................ ..... " 179- Anatomia e fisiologia del fuso neuromuscolare.................... " 179- Anatomia e fisiologia dell'organo tendineo di Golgi........... " 190- Altri recettori muscolari.......................................................... " 192- Corpuscoli di Pacini............................................................. " 192- Terminazioni libere............................................................... " 193- Rapporto fra i recettori muscolari e la propriocettivit cosciente ..............................................,.......................... .............. " 193- Recettori articolari............................................................... ....... " 197- Meccanocettori cutanei............................................................... " 197Circuiti midollari ed afferenze propriocettive............................ " 197- A) Il circuito del riflesso miotatico (monosinaptico eccitato-rio) ......................................................................... .......................... " 198- La funzione passiva del fusoneuromuscolare ed il riflesso miotatico................................................................ ................... " 198- La funzione attiva del fusoneuromuscolare ed il fenomeno della coattivazione a-y ............................................................. " 200Significato clinico del riflesso miotatico................................ " 203- B) Il circuito di inibizione disinaptica (reciproca) delle fibre la..... " 204- Fisiologia del riflesso............................................................... " 204- Significato clinico dell'inibizione reciproca........................... " 205- C) I riflessi crociati e le afferenze di tipo II muscolari......... " 207- D) Il circuito di inibizione disinaptica delle fibre Ib............. " 209- Fisiologia del riflesso............................................................... " 209- Aspetti clinici legati al circuito di inibizione Ib.................. " 211- E) Altri circuiti delle fibre di tipo II....................................... " 213- F) L'interneurone inibitore di Renshaw................................... " 214- G) Il meccanismo dell'inibizione presinaptica......................... " 21511 - NEUROFISIOLOGIA VERTICALE DEL MIDOLLO SPINALE ......................................................................... ............. " 219Introduzione.......................................................... ......................... " 219Fasci discendenti del midollo spinale......................................... " 219Fasci ascendenti del midollo spinale .......................................... Pag. 228Bibliografa.......................................................... ........................... " 23212- ANATOMIA DEL MIDOLLO SPINALE......................... " 234Collocazione ed anatomia topografica........................................ " 234Aspetto

macroscopico del midollo spinale................................. " 239Aspetto esterno.................................................................. ......... " 239- Aspetto interno.................................................................. ......... " 239Anatomia microscopica............................................................. .... " 241- Corna posteriori............................................................... ........... " 241- Corna anteriori................................................................ ............ " 24413 - IL PAZIENTE MIELOLESO: CHINESIOLOGIA E BIOMECCANICA ............................................................ .......... " 247Premessa................................................................. ..................... " 247Flaccidit............................................................... ....................... " 249Spasticit............................................................... ....................... " 250- Classificazione in funzione della disabilit............................... " 257- Lesioni complete ed incomplete............................................... " 258- Lesioni complete................................................................. ..... " 259- Lesioni incomplete............................................................... .... " 263- I disturbi della sensibilit.......................................................... " 264- La sensibilit come strumento diagnostico.............................. " 267Paraosteopatie........................................................... ............... " 268- I disturbi associati................................................................ ... " 270- Piaghe da decubito................................................................. . " 271Respirazione............................................................. ................. " 272- Fase inspiratoria............................................................. .......... " 273- Fase espiratoria.............................................................. .......... " 280- La respirazione nel mieloleso.................................................... " 282Bibliografa.......................................................... ........................... " 284Sezione IV CERVELLETTO E SINDROMI CEREBELLARI14 - IL CERVELLETTO E IL MOVIMENTO: CLINICA E NEUROFISIOLOGIA ......................................................... " 287Introduzione.......................................................... ......................... " 287PARTE PRIMA.................................................................... ........ " 288Il movimento e l'atassia............................................................... " 288- Aspetti clinici e ruolo del cervelletto nell'origine del movimento, dell'atassia e del tremore..................................................... " 288Movimenti balistici................................................................ .. " 291- Movimenti volontari propriamente detti............................... " 294- Movimenti lenti.................................................................... .... " 295Conferme sperimentali dei disturbi clinici del movimentoper

danno cerebellare.............................................................. ...... " 297PARTE SECONDA.................................................................. .... " 300La postura, il tono muscolare ed i disturbi dell'equilibrio...... " 300Meccanismi neurofisiologici di controllo della postura............ Pag. 300- Ruolo del cervelletto nel controllo della postura................. " 300- Reazioni statiche locali......................................................... " 301Reazioni statiche segmentane.............................................. " 302- Reazioni statiche globali....................................................... " 305- Riflessi del collo.................................................................... " 305- Riflessi labirinticovestibolari............................................... " 306Aspetti clinici della postura......................................................... " 310Controllo posturale nella stazione eretta............................... " 310- Controllo posturale quando al corpo vengano applicate forze meccaniche in grado di provocare una perdita di equilibrio............................................................... .................... " 314- Controllo posturale durante il movimento volontario (Reazioni di anticipazione)........................................................... .. " 320PARTE TERZA.................................................................... ........ " 323Il cervelletto come strumento di apprendimento motorio....... " 323PARTE QUARTA................................................................... ..... " 327D) H tremore cerebellare.......................................................... " 327Bibliografia.......................................................... .............................. " 32715 - CIRCUITI CEREBELLARI: NEUROFISIOLOGIA ESIGNIFICATO CLINICO....................................................... " 330Introduzione.......................................................... ......................... " 330Vie archicerebellari......................................................... ............... " 330Vie paleocerebellari......................................................... .............. " 330Vie neocerebellari........................................................... ............... " 33216 - ANATOMIA E FISIOLOGIA DEL CERVELLETTO . " 335Introduzione.......................................................... ......................... " 335Anatomia macroscopica............................................................. .. " 336Archicerebello........................................................... ................... " 338Paleocerebello........................................................... ................... " 339Neocerebello............................................................. ................... " 339- Rappresentazione somatotopica................................................. " 340Anatomia microscopica............................................................. .... " 341- Corteccia cerebellare.............................................................. .... " 341A) strato

molecolare............................................................... .... " 342B) strato delle cellule di Purkinje............................................. " 346C) strato granulare................................................................ ...... " 349- Nuclei cerebellari.............................................................. .......... " 350A) nucleo fastigiale............................................................... ...... " 351B) nucleo interposito.............................................................. .... " 351C) nucleo dentato.................................................................. ..... " 352- Vie afferenti al cervelletto.......................................................... " 352A) Fibre rampicanti e oliva bulbare......................................... " 352B) Fibre muscose.................................................................. ...... " 354C) Fibre aminergiche.............................................................. .... " 358- Vie efferenti dal cervelletto....................................................... " 359A) Efferenze fastigiali............................................................... .. " 360B) Efferenze interposite............................................................. " 361C) Efferenze dentate.................................................................. " 361D) Efferenze cerebellotalamiche.............................................. " 361Elettrofisiologia funzionale del cervelletto................................. " 363Bibliografia.......................................................... ........................... " 36617 - LA SINDROME MASSICA: CHINESIOLOGIA EBIOMECCANICA............................................................ .......... Pag. 369Premessa................................................................. ..................... " 369- Tono muscolare................................................................ ........... " 370- Disordine del tono.................................................................. " 373- Aspetti chinesiologici dell'ipotonia........................................ " 373- Fenomeno del rimbalzo.......................................................... " 375Equilibrio............................................................... ...................... " 377Capo..................................................................... ..................... " 378Tronco................................................................... .................... " 381Bacino................................................................... .................... " 386- Arti inferiori................................................................ ............. " 388Dismetria................................................................ ...................... " 389- Prova indice naso.................................................................... " 392- Prova tallone ginocchio........................................................... " 394- Prova pollice mignolo............................................................. "

395- Il cammino.................................................................. ................ " 395- Allargamento della base di appoggio.................................... " 396- Abduzione di spalle................................................................. " 397- Retropulsione del tronco......................................................... " 398Dismetria degli arti inferiori durante il cammino................ " 398Talloneggiamento......................................................... ............ " 399- Sequenze di raddrizzamento...................................................... " 400- Postura supina................................................................... ....... " 400- Posizione quadrupedica........................................................... " 401- Posizione in ginocchio............................................................. " 404- Stazione eretta................................................................... ....... " 407Bibliografa.......................................................... ........................... " 409Sezione VNUCLEI DELLA BASE E SINDROMI EXTRAPIRAMIDALI18 - I NUCLEI DELLA BASE E IL MOVIMENTO: CLINICA E NEUROFISIOLOGIA.................................................. " 413Introduzione.......................................................... ......................... " 413PARTE PRIMA.................................................................... ........ " 414A) Semeiotica clinica dei disturbi collegati ad un danno deinuclei della base..................................................................... . " 414- Disturbi del movimento caratterizzati da una diminuzionedella attivit motoria.................................................................. . " 414Acinesia................................................................. .................... " 414Ipocinesia............................................................... ................... " 414Bradicinesia............................................................. .................. " 414- Disturbi del movimento caratterizzati da un aumento della attivita motoria.................................................................. ............... " 415Emiballismo.............................................................. ................ " 415Corea.................................................................... ..................... " 415Atetosi.................................................................. ..................... " 416Tremore.................................................................. .................. Pag. 417Tic...................................................................... ....................... " 418- Disturbi del tono muscolare...................................................... " 420Diminuzione del tono............................................................. " 420Aumento del tono................................................................... " 420Distonie.................................................................

.................... " 421- Valutazioni neurofisiologiche sul morbo di Parkinson e sui parkinsonismi............................................................ ................... " 424Ipertono................................................................. ................... " 424Tremore.................................................................. .................. " 426Ipocinesie............................................................... ................... " 427- Alterazione dei riflessi posturali............................................. " 429- Valutazioni neurofisiologiche sulla corea, sull'emiballismo,sulla atetosi.................................................................. ................ " 429- Corea e Emiballismo.............................................................. . " 429Atetosi.................................................................. ..................... " 431- Valutazioni neurofisiologiche sulle distonie............................. " 431- Disturbi neuropsicologici......................................................... .. " 432- Considerazioni neurofisiologiche sui nuclei della base........... " 433PARTE SECONDA.................................................................. .... " 435- Rapporti fra le manifestazioni cliniche ed il danno dellesingole strutture componenti i nuclei della base..................... " 435- Disturbi neuropsicologici........................................................ " 435- Disturbi motori................................................................... ..... " 435- Considerazioni neurofisiologiche postmicrocoagulazione deinuclei della base..................................................................... ..... " 437Bibliografa.......................................................... ........................... " 43819 - ANATOMIA E FISIOLOGIA DEI NUCLEI DELLABASE...................................................:............ ............................. " 441Introduzione.......................................................... ......................... " 441Anatomia macroscopica............................................................. ... " 442Anatomia microscopica............................................................. .... " 447- I neuroni dei nuclei della base................................................. " 447- Ruolo della Dopamina nella fisiologia dei nuclei della base . " 448- Attivit neuronale ed implicazioni per il movimento............. " 449- I sistemi di circuiti dei nuclei della base................................. " 453Sistema dei circuiti motori...................................................... " 453Sistema dei circuiti oculomotori............................................ " 457- Sistema di circuiti prefrontali................................................. " 460- Sistema limbico.................................................................. ...... " 460- Sistema corticale diffuso......................................................... " 461Bibliografia.......................................................... ........................... " 46220 - IL PAZIENTE PARKINSONIANO: CHINESIOLOGIAE BIOMECCANICA.............................................................

.... " 464Premessa................................................................. ..................... " 464- Disturbo della motricit automatica......................................... " 464- Rigidit extra-piramidale......................................................... " 465Bradicinesia............................................................. .................. " 466Tremore.................................................................. .................. " 467- Osservazioni chinesiologiche...................................................... " 467- Passaggio da supino a seduto ................................................ " 468- Passaggio dalla posizione seduta alla stazione eretta......... " 469- Antepulsione del capo............................................................. Pag. 474- Ipercifosi dorsale.................................................................. .... " 476- Antepulsione ed intrarotazione delle spalle.......................... " 477- Avambracci semiflessi............................................................ " 479Anche e ginocchia flesse......................................................... " 481Tendenza a cadere all'indietro............................................... " 481- Facies amimica.................................................................. ....... " 483- Mani pseudoreumatiche......................................................... " 485- La deambulazione............................................................ ........ " 486- Passi pi brevi del normale.................................................... " 486Festinazione............................................................. ................. " 488- Coordinazione del tronco....................................................... " 490Coordinazione degli arti superiori......................................... " 490Bibliografia.......................................................... ........................... " 492Sezione VICENNI DI ANATOMIADELLE PRINCIPALI FORMAZIONIDEL TRONCO CEREBRALEE DEL DIENCEFALO21- SOSTANZA RETICOLARE................................................... " 495Introduzione.......................................................... ......................... " 495Anatomia.............................................................. .......................... " 495Fisiologia............................................................ ............................ " 497- Controllo motorio.................................................................. ..... " 497- Controllo sensitivo................................................................ ...... " 497- Controllo dei ritmi sonno veglia............................................... " 498- Controllo viscerale................................................................ ...... " 498Bibliografia.......................................................... ........................... " 49822- NERVI CRANICI.................................................................. .... " 499Bibliografia.......................................................... ........................... " 51223TALAMO...................................................................

.................. " 513Bibliografia.......................................................... ........................... " 517Sezione VIILA CORTECCIA CEREBRALE E LE SINDROMI CORTICALI24 - CORTECCIA CEREBRALE E MOVIMENTO: CLINICA ENEUROFISIOLOGIA......................................................... ......... " 521Introduzione.......................................................... ......................... " 521Neuropsicologia del movimento.................................................. Pag. 522Creazione del modello, o idea dei movimenti......................... " 524- Elaborazione e controllo del progetto motorio....................... " 528Aprassia................................................................. ....................... " 530Neurofisiologia clinica: controllo corticale del movimento...... " 534- Ictus cerebrale ed emiplegia...................................................... " 534- La capsula interna.................................................................. . " 536- Ipertono spastico e ipereflessia osteotendinea nell'emiplegia).......................................................... ............................. " 537- Riflesso miotatico inverso (a serramanico) nell'emiplegico....................................................................... ........................ " 541- Danno isolato del fascio piramidale......................................... " 541- Aspetti clinici legati alla stimolazione delle cortecce motorie " 545- La stimolazione magnetica della corteccia cerebrale.............. " 545Aspetti clinici legati alle registrazioni dalle cortecce motorie " 547 Bibliografa............................................................. ........................ " 54925- IL MOVIMENTO E LA CORTECCIA CEREBRALE. " 551Introduzione.......................................................... ......................... " 551Il movimento e l'azione della corteccia cerebrale direttamenteconnessa con le funzioni motorie............................................... " 553- Premessa indispensabile........................................................... .. " 553- Struttura e funzionamento delle zone di corteccia cerebrale direttamente connesse con la funzione motoria......................... " 554- Aree sensoriali retrorolandiche del lobo parietale collegatealla funzione motoria.................................................................. " 555- collegamenti con l'area motoria primaria............................. " 556- collegamenti con il midollo spinale....................................... " 557- Fisiologia motoria delle aree sensitive parietali secondarie .......................................................'................. ......................... " 557- Fisiologia motoria delle aree del lobo frontale....................... " 560- I neuroni eventocorrelati.......................................................... " 568- Le aree motorie del lobo limbico............................................. " 572Bibliografia.......................................................... ........................... " 57226 - IL MOVIMENTO, LA CORTECCIA MOTORIA PRIMARIA E IL FASCIO PIRAMIDALE.............................. " 576Introduzione.......................................................... ......................... " 576Prime analisi funzionali sulla corteccia motoria primaria........ " 576- Terminazioni anatomiche reciproche motoneurone corticale-motoneurone spinale.................................................................. . " 584- Efficacia funzionale di un motoneurone corticale sul motoneurone

spinale.................................................................. ............... " 586- Plasticit delle mappe corticali motorie................................... " 587Fisiologia del fascio piramidale................................................... " 589- 1 Relazione temporale e quantitativa fra neuroni motoricorticali e movimento meccanico.............................................. " 5892 Relazione esistente fra l'attivit dei motoneuroni piramidalie le specifiche biomeccaniche di un movimento..................... " 591- 3 Che relazione esiste fra l'attivit dei motoneuroni piramidali ed il contesto (interno ed esterno) in cui il movimento viene effettuato?.............................................................. " 596Bibliografia.......................................................... ........................... " 60027 - LA CORTECCIA CEREBRALE NON DIRETTAMEN-TE COINVOLTA NEL CONTROLLO DEL MOVIMENTO: ANATOMIA E PRINCIPI DI NEUROFISIOLOGIA.......................................................... ......................... Pag. 602Anatomia macroscopica............................................................. ... " 602Anatomia microscopica............................................................. .... " 605Neurofisiologia corticale............................................................... " 611- Le aree cerebrali: fisiologia e principi neuropsicologici......... " 613- Suddivisione funzionale della corteccia cerebrale................... " 614Bibliografa.......................................................... ........................... " 61928 - IL PAZIENTE EMIPLEGICO: CHINESIOLOGIA EBIOMECCANICA............................................................ .......... " 620- La fase acuta.................................................................... ........... " 620- Posizione seduta................................................................... .... " 621- Caduta della spalla.................................................................. " 622- Piede equino e supinato......................................................... " 623Passaggio sul fianco sano........................................................ " 625Raggiungere la posizione seduta............................................ " 626- In posizione eretta................................................................... " 626- La riorganizzazione del tono muscolare................................... " 627Irradiazione............................................................. .................. " 627- Ipertono spastico................................................................. .... " 628- La reazione allo stiramento.................................................... " 629Innervazione reciproca............................................................ " 630- Rilassamento con contrazione degli antagonisti................... " 631Analisi biomeccanica e chinesiologica........................................ " 633Spalla ............................................................... .............................. " 634Articolazione glenoomerale......................................................... " 635Piano sagittale................................................................

............. " 635Flessione................................................................ ....................... " 635- Deltoide anteriore................................................................ .... " 635- Bicipite brachiale................................................................ ..... " 636- Gran pettorale................................................................ .......... " 638Estensione............................................................... ..................... " 640- Tricipite brachiale................................................................ .... " 640- Deltoide posteriore............................................................... ... " 642- Gran dorsale.................................................................. ........... " 643Conclusioni........................................................... .......................... " 645- Piano frontale................................................................. ............. " 645Abduzione................................................................ .................... " 646Sovraspinoso............................................................. ................ " 646- Deltoide medio.................................................................... .... " 648Adduzione................................................................ .................... " 650Sottoscapolare........................................................... ............... " 650- Gran rotondo.................................................................. ......... " 651- Sottospinoso (e Piccolo rotondo)........................................... " 651- Gran pettorale................................................................ .......... " 654- Gran dorsale.................................................................. ........... " 654Conclusioni........................................................... .......................... " 657- Piano orizzontale.............................................................. ........... " 657- Rotazione interna.................................................................. ...... " 657- Gran pettorale................................................................ .......... " 658- Gran dorsale.................................................................. ........... " 658- Gran rotondo.................................................................. ......... Pag. 661Sottoscapolare........................................................... ................ " 661- Rotazione esterna.................................................................. ...... " 664- Sottospinoso (e Piccolo rotondo).............................................. " 664Conclusioni........................................................... .......................... " 666Articolazione scapolotoracica...................................................... " 667Piano frontale................................................................. ............... " 667- Movimenti

verticali................................................................ ..... " 667Elevazione............................................................... ..................... " 667- Trapezio superiore................................................................ ... " 667Depressione.............................................................. ................... " 669- Trapezio inferiore................................................................ .... " 669- Movimenti orizzontali.............................................................. ... " 671Adduzione................................................................ .................... " 671- Trapezio intermedio............................................................... . " 671- Angolare della scapola e Romboidei..................................... " 673- Sinergia tra Trapezio inferiore ed insieme di Angolare dellascapola e Romboidei............................................................... " 674Abduzione................................................................ .................... " 674- Gran dentato.................................................................. .......... " 675Conclusioni........................................................... .......................... " 677ARTICOLAZIONE DEL GOMITO................................................. " 678- Piano sagittale................................................................ ............. " 678Flessione................................................................ ....................... " 679- Bicipite brachiale................................................................ ..... " 679- Brachiale anteriore................................................................ ... " 681Estensione............................................................... ..................... " 681- Tricipite brachiale................................................................ .... " 683Conclusioni........................................................... .......................... " 684- Piano orizzontale.............................................................. ........... " 685Pronazione............................................................... .................... " 686- Pronatore quadrato................................................................. . " 686- Pronatore rotondo.................................................................. . " 687Supinazione.............................................................. .................... " 689. - Bicipite brachiale................................................................ ..... " 689- Supinatore breve.................................................................... .. " 691Conclusioni........................................................... .......................... " 692Articolazione radiocarpica........................................................... " 693Piano sagittale................................................................

............. " 693Flessione................................................................ ....................... " 694- Grande palmare.................................................................. ..... " 694- Flessore ulnare del carpo........................................................ " 696Flessore comune superficiale delle dita................................. " 696- Flessore comune profondo delle dita.................................... " 699Estensione............................................................... ..................... " 699- Estensore radiale lungo del carpo......................................... " 701- Estensore ulnare del carpo..................................................... " 702Estensore comune delle dita.................................................. " 704Conclusioni........................................................... .......................... " 705- Piano frontale................................................................. ............. " 706- Inclinazione radiale.................................................................. ... Pag. 707- Grande palmare.................................................................. ..... " 707- Estensore lungo radiale del carpo......................................... " 709- Abduttore lungo del pollice................................................... " 709Inclinazione ulnare................................................................... ... " 712- Flessore ulnare del carpo........................................................ " 712Estensore ulnare del carpo..................................................... " 714Conclusioni........................................................... .......................... " 716MANO ................................................................. .................................. " 717Articolazione metacarpofalangea................................................ " 718- Piano sagittale................................................................ ............. " 718Flessione................................................................ ....................... " 718- Flessore comune superficiale delle dita................................. " 719- Flessore comune profondo delle dita.................................... " 719- Interassei palmari.................................................................. ... " 722Lombricali............................................................... .................. " 722Estensione............................................................... ..................... " 724- Estensore comune delle dita.................................................. " 726- Estensore proprio dell'indice ed Estensore proprio del mignolo ......................................................................... ................ " 727- Interassei dorsali.................................................................. .... " 727Conclusioni........................................................... .......................... " 732- Piano frontale................................................................. ............. " 732- Abduttore proprio del mignolo............................................. " 733Interassei...............................................................

.................... " 733Conclusioni........................................................... .......................... " 736Articolazione interfalangea.......................................................... " 738Piano sagittale................................................................ ............. " 738Flessione................................................................ ....................... " 739- Flessore comune superficiale delle dita................................. " 739- Flessore comune profondo delle dita.................................... " 739Estensione............................................................... ..................... " 743- Estensore Comune delle dita.............................................. " 743Conclusioni........................................................... .......................... " 746POLLICE .............................................................. ............................... " 747Articolazione trapeziometacarpica.............................................. " 748- Piano sagittale................................................................ ............. " 748Flessione................................................................ ....................... " 748- Flessore lungo del pollice....................................................... " 748Flessore breve del pollice....................................................... " 750Opponente del pollice............................................................. " 750Estensione............................................................... ..................... " 753- Estensore lungo del pollice.................................................... " 754Estensore breve del pollice..................................................... " 755Conclusioni........................................................... .......................... " 755- Piano frontale................................................................. ............. " 757Abduzione................................................................ .................... " 757- Abduttore lungo del pollice................................................... " 758Abduttore breve del pollice................................................... " 758Adduzione................................................................ .................... " 761- Adduttore del pollice.............................................................. Pag. 761- Opponente del pollice............................................................. " 763Conclusioni........................................................... .......................... " 763- Piano orizzontale.............................................................. ........... " 765- Opponente del pollice............................................................. " 765Conclusioni........................................................... .......................... " 767Articolazione metacarpofalangea................................................ " 768- Piano sagittale................................................................ ............. " 768Flessione................................................................ ....................... " 769- Flessore lungo del

pollice....................................................... " 769Flessore breve del pollice....................................................... " 771Estensione............................................................... ..................... " 771- Estensore lungo del pollice.................................................... " 773Estensore breve del pollice..................................................... " 773Conclusioni........................................................... .......................... " 776- Piano frontale................................................................. ............. " 776Abduzione................................................................ .................... " 777- Abduttore breve del pollice.................................................... " 777Adduzione................................................................ ................... " 779- Adduttore breve del pollice....................................................... " 779Conclusioni........................................................... .....................

..... " 780Articolazione interfalangea.......................................................... " 782Piano sagittale................................................................ ............. " 782Flessione................................................................ ....................... " 782- Flessore lungo del pollice....................................................... " 782Estensione............................................................... ..................... " 784- Estensore lungo del pollice.................................................... " 784Conclusioni........................................................... .......................... " 784Articolazione dell'anca................................................................ .. " 786- Piano sagittale................................................................ ............. " 787Flessione................................................................ ....................... " 787- IleoPsoas.................................................................... .............. " 787Sartorio................................................................. .................... " 789Quadricipite............................................................. ................. " 790Estensione............................................................... ..................... " 792- Grande gluteo................................................................... ....... " 794- Ischiotibiali.................................................................. ............ " 795Conclusioni........................................................... .......................... " 797- Piano frontale................................................................. ............. " 799Abduzione................................................................ .................... " 799- Medio gluteo................................................................... ......... " 800- Tensore della fascia lata.......................................................... " 800Adduzione................................................................ .................... " 802- Adduttori dell'anca................................................................ .. " 803Conclusioni........................................................... .......................... " 804- Piano orizzontale.............................................................. ........... " 806Intrarotazione........................................................... ................... " 806- Piccolo gluteo................................................................... ........ " 807Extrarotazione........................................................... .................. " 808- Pelvitrocanterici............................................................. ............ " 808Conclusioni........................................................... .......................... " 810Articolazione del ginocchio.......................................................... " 811- Piano

sagittale................................................................ ............. Pag. 812Flessione................................................................ ....................... " 812- Ischiotibiali.................................................................. ............ " 813Gastrocnemio............................................................. .............. " 817Estensione............................................................... ..................... " 820Quadricipite............................................................. ................. " 820Conclusioni........................................................... .......................... " 823- Piano orizzontale.............................................................. ........... " 824Intrarotazione........................................................... ................... " 824- Semitendinoso, Semimembranoso e Gracile......................... " 824Extrarotazione........................................................... .................. " 825- Bicipite femorale................................................................. ..... " 827Conclusioni........................................................... .......................... " 828PIEDE ................................................................ ................................... " 829Articolazione tibioastragalica...................................................... " 830Piano sagittale................................................................ ............. " 830- Flessione (flessione dorsale)....................................................... " 831Tibiale anteriore................................................................ ....... " 831- Estensore comune delle dita.................................................. " 833- Estensore proprio dell'alluce.................................................. " 835- Estensione (flessione plantare) .................................................. " 835Tricipite surale................................................................... ......... " 837Conclusioni........................................................... .......................... " 839Articolazione sottoastragalica...................................................... " 841Piano frontale................................................................. ............. " 841Supinazione.............................................................. .................... " 842- Tibiale anteriore................................................................ ....... " 842Pronazione............................................................... .................... " 844- Peroneo breve.................................................................... ...... " 844Conclusioni........................................................... .......................... " 846Articolazioni metatarso-falangee ed inter-falangee.................... " 848- Piano sagittale................................................................

............. " 848Flessione................................................................ ....................... " 848- Flessore comune delle dita..................................................... " 849- Flessore proprio dell'alluce..................................................... " 849Estensione............................................................... ..................... " 852- Estensore comune delle dita.................................................. " 852- Estensore proprio dell'alluce.................................................. " 855Conclusioni........................................................... .......................... " 855Bibliografia.......................................................... ........................... " 856Sezione Vili IL TREMORE29-IL TREMORE: CLINICA E NEUROFISIOLOGIA...... " 861Introduzione.......................................................... ......................... " 861Il tremore: aspetti clinici.............................................................. " 862Il tremore fisiologico.............................................................. ...... Pag. 864Basi neurofsiologiche dei principali tipi di tremore (patologico) ............................................................ .................................... " 866- tremore essenziale............................................................... ..... " 866- tremore cerebellare.............................................................. .... " 867- tremore cosiddetto extrapiramidale....................................... " 868- Tremore legato a patologie del sistema nervoso periferico ... " 870Bibliografa.......................................................... ........................... " 871Sezione IXPRINCIPALI TECNICHEDIAGNOSTICO-STRUMENTALIUTILIZZATE DALLA NEUROFISIOLOGIADEL MOVIMENTO30 - POTENZIALI EVOCATI E STIMOLAZIONE MAGNETICA.................................................................. .................. " 875Dati tecnici necessari per la registrazine di un PE.................. " 876- 1) I siti di registrazione............................................................ . " 876- 2) Organizzazione tridimensionale dei campi elettrici............ " 877- 3) Tecniche di averaging............................................................ " 877Potenziali a latenza breve............................................................ " 878Potenziali evocati acustici.......................................................... " 878Bibliografa..........................................,............... ........................... " 88431 ELETTROMIOGRAFIA......................................................... " 885Bibliografa.......................................................... ........................... " 89032 - ALTRE TECNICHE DI DIAGNOSTICA CLINICAUTILIZZATE NELLO STUDIO DEL MOVIMENTO... " 891P.E.T................................................................. .............................. " 891S.P.E.C.T............................................................. ........................... " 892T.A.C................................................................. .............................. " 893Risonanza magnetica................................................................ ..... " 895Biofeedback...........................................................

......................... " 896EEG (elettroencefalografa).................................................. ....... " 897Bibliografa.......................................................... ........................... " 898Indice Analitico................................................................ ...................... " 000Bibliografa generale................................................................. ............. " 899\p17INTRODUZIONE Il movimento una funzione che accomuna tutti gli esseri viventi senza alcuna distinzione. Anche i vegetali si muovono, solitamente in direzione del sole, con un movimento mirato a sviluppare sia le loro funzioni biologiche sia un accrescimento funzionale: si pensi ai girasoli, che ruotano alla ricerca della luce, o allo sviluppo volumetrico delle piante, che rappresenta un adattamento variabile alla situazione circostante. Il movimento nei vegetali molto lontano dal movimento animale, esso avviene per scopi differenti,secondo principi diversi e particolari, con una tale lentezza da non essere percepibile dall'uomo. Occorrono osservazioni ripetute nel corso degli anni per rilevare i movimenti di una pianta e solamente raffrontandoli al ricordo della posizione precedente possibile percepirne il cambiamento, poich la pianta appare sempre comunque immobile alla nostra osservazione. Anche alcune patologie umane provocano movimenti rallentati al punto da non apparire tali: il progetto motorio eseguito con una lentezza esasperata, tanto che l'individuo appare come una pianta, congelato in una posizione fissa, eppure si sta muovendo. Nel regno animale solitamente il movimento caratterizzato da un grande dinamismo: la velocit, la forza, la potenza, la tenuta l'accelerazione ne costituiscono i parametri pi importanti. In tutti i vertebrati l'attivit motoria il risultato dell'azione dell'apparato locomotore che a sua volta costituito da muscoli, ossa ed articolazioni. Il movimento prende inizio da una contrazione muscolare, questa provoca uno spostamento di leve (le ossa), attorno a fulcri (le articolazioni). L'attivit motoria cosi ottenuta produce energia meccanica con cui l'individuo in grado di modificare gli equilibri alla base del proprio rapporto con il mondo esterno. Dunque il movimento , in ultima analisi, un tentativo di ottenere un vantaggio dalla situazione circostante attraverso una produzione di energia meccanica finalizzata ad un cambiamento. Quest'energia acquista cos un significato importantissimo: attraverso il movimento che gli esseri viventi mettono in atto le loro intenzioni, il movimento che consente loro di sopravvivere, di procacciarsi il cibo e di riprodursi. Nell'uomo, oltre a tutto ci, il movimento assume alcune specializzazioni particolari. Utilizzando il movimento come gesto propositivo l'individuo cerca di modificare la realt influenzandola a proprio vantaggio; l'immissione di energie nell'ambiente non obbedisce pi a scopi primari (cibo, sopravvivenza, riproduzione) ma mira ad influenzare in senso strategico la realt circostante, attraverso un'esecuzione motoria che risponde pi ad un'esigenza comportamentale che ad una reazione. Le energie meccaniche generate dall'apparato locomotore possono infine essere utilizzate a scopo comunicativo: in questo caso il movimento deputato alla trasmissione di un messaggio, del quale in grado di formulare i codici. Per esempio i muscoli mimici si contraggono e si rilassano non per generare energie ma per dare un particolare aspetto esteriore al viso, che esprime uno stato d'animo. I muscoli fonatori (le corde vocali) si tendono e si distendono esattamente come le corde di uno strumento: entrando in vibrazione emettono i suoni che consentono la comunicazione attraverso il linguaggio parlato. L'apparato locomotore dell'uomo pressoch identico a quello delle scimmie, eppure l'uomo l'unico essere vivente ad esprimere il proprio pensiero attraverso il movimento. L'uomo l'unico animale in grado di utilizzare la scrittura o di produrre

melodie attraverso uno strumento musicale; una scimmia, pur avendone tutte le possibilit biomeccaniche, non ne capace. Nell'uomo la superiorit motoria rispetto agli altri animali risiede nella importante evoluzione del controllo nervoso del movimento; questa evoluzione consente di utilizzare la vastissima gamma di potenzialit cinetiche dell'apparato locomotore in maniera complessa, articolata e variabile. Il corpo costituito da oltre duecento muscoli, ciascuno con diverse possibili azioni biomeccaniche e tutti i muscoli partecipano solitamente ad ogni movimento messo in atto dall'individuo. Per compiere un singolo gesto esistono mille diverse possibilit: la scelta, l'organizzazione e la successione di queste dipende dal funzionamento del sistema nervoso. Molti movimenti appresi nell'infanzia vengono quotidianamente eseguiti in maniera automatica (senza cio la necessit di un controllo volontario); dell'esistenza di numerosi muscoli non abbiamo addirittura alcuna consapevolezza, eppure essi agiscono in ogni momento con assoluta precisione e sincronia, con un ruolo specifico, costantemente differenziato in ogni movimento. Queste sincronie ad assetto variabile costituiscono una delle principali espressioni funzionali del Sistema nervoso centrale (SNC). L'analisi del movimento umano dal punto di vista delle strutture nervose che lo governano, armonizzandolo, finalizzandolo ed apportando le dovute correzioni in caso di necessit, costituisce il campo di studio della neurofisiologia del movimento. La neurofisiologia del movimento svolge questo compito analizzando le funzioni, gli apparati ed i circuiti che nel sistema nervoso centrale e periferico garantiscono il fedele collegamento fra la volont di movimento e la corretta esecuzione motoria. In senso lato si potrebbe dire che la neurofisiologia del movimento studia i meccanismi intercorrenti fra il pensiero e l'azione. Questo testo si occupa dell'analisi clinica e funzionale delle strutture attraverso le quali il SNC controlla gli atti motori, di come sia possibile migliorarne l'efficienza e di quali siano le manifestazioni collegate ai loro deficit. La materia complessa e affascinante, anche se il movimento una componente talmente naturale della vita di ogni giorno che raramente ci si sofferma a valutarne l'importanza e la raffinata architettura spazio-temporale. La complessit del controllo neuromotorio evidente quando si consideri come una sua perdita, anche minima e temporanea, sia in grado di modificare in maniera importante la vita di ciascuno di noi e come questi cambiamenti possano permanere ben pi a lungo della durata dell'impedimento motorio, fino a caratterizzare vere e proprie modificazioni comportamentali anche di tipo permanente. Una sintesi dei principali argomenti trattati nella neurofisiologia del movimento riportata nel disegno e nella tabella delle pagine precedenti. Tabella e disegno introducono gli argomenti che verranno sviluppati nei capitoli successivi.\p21CAPITOLO 1 PRINCIPI DI ANATOMIA E FISIOLOGIA DELLE FIBRE MUSCOLARI DefinizioneIl muscolo una complessa macchina biologica che converte energia chimica (derivante dalla reazione tra sostanze nutritizie e ossigeno) in energia meccanica (lavoro) e calore.Il lavoro meccanico fornito dai muscoli necessario agli organismi viventi per realizzare i movimenti dei segmenti corporei, e quindi anche i movimenti di tutto il soma rispetto all'ambiente: in ultima analisi i muscoli sono le strutture, sotto il controllo del SN (Sistema Nervoso), deputate alla interazione attiva dell'organismo con l'ambiente.ClassificazioneIl tessuto muscolare, ha come caratteristica peculiare e comune la contrattilit, sulla base di caratteristiche fisiche ultrastrutturali, istologiche e fisiologiche pu essere distinto in tessuto muscolare striato e tessuto muscolare liscio.Il tessuto muscolare striato cos detto per la presenza di bande chiare e scure all'osservazione microscopica (vedi in seguito), ed di due tipi: scheletrico e cardiaco: tale distinzione trova fondamento su differenti caratteristiche anatomiche e soprattutto fisiologiche. Infatti il tessuto muscolare

scheletrico volontario, cio condizionato e regolato da impulsi a partenza dal sistema nervoso centrale; il tessuto muscolare cardiaco strutturalmente simile al precedente, ma completamente indipendente dalla volont: le sue fibre infatti sono dotate di contrazione ritmica automatica, indipendente dall'arrivo dell'impulso nervoso.Il tessuto muscolare liscio costituito da fibrocellule muscolari liscie, prive di striature trasversali. Si differenzia inoltre per la ridotta organizzazione strutturale del tessuto stesso, involontario, sotto il controllo del sistema nervoso vegetativo.Il presente capitolo tratter esclusivamente il tessuto muscolare striato scheletrico.Anatomia microscopicaLa fibra muscolare come cellulaIl muscolo scheletrico (o meglio il tessuto muscolare striato scheletrico) costituito da un insieme di cellule altamente specializzate, le cellule muscolari, o fibre muscolari, e da tessuto connettivo fibro-elastico che forma sepimenti di varia entit tra fibre e gruppi di fibre muscolari.La fibra muscolare una cellula di forma cilindrica o poliedrica, con estremit \p22 fusiformi, di dimensioni estremamente variabili: lunghezza da qualche millimetro ad alcuni centimetri, e larghezza da 10 a 100 u.m. delimitata da una membrana plasmatica, il sarcolemma, che contiene il citoplasma, o sarcoplasma.La cellula muscolare polinucleata (fino a parecchie centinaia di nuclei per ogni fibra), e nel muscolo striato scheletrico tali nuclei sono caratteristicamente dislocati alla periferia della cellula, nelle vicinanze del sarcolemma, talvolta ai due poli della cellula.Altra caratteristica peculiare la presenza di numerosissimi mitocondri, deputati come noto alla produzione di energia, voluminosi e disposti in file parallele tra gli elementi contrattili.Da segnalare inoltre nel sarcoplasma la presenza di glicogeno, in forma di granuli sparsi, e di mioglobina, una cromoproteina simile all'emoglobina, deputata al trasporto dell'ossigeno e che, a seconda della quantit, conferisce una caratteristica colorazione rossa alle fibre muscolari.Come si pu notare, l'organizzazione strutturale di una fibra muscolare chiaramente indirizzata ad una elevata produzione di energia, tale da garantire una notevole attivit metabolica necessaria per il lavoro muscolare.Le miofibrilleAll'osservazione microscopica (in particolare con luce polarizzata) si nota che la maggior parte dell'interno di una fibra muscolare occupato da formazioni con una caratteristica striatura lungo l'asse maggiore: le miofibrille. Questa striatura \p23 legata all'alternanza di bande chiare e scure: ci dovuto alla presenza di elementi fibrillari allungati all'interno delle miofibrille. Esse sono strutture altamente differenziate, dotate di contrattilit; ciascuna ha forma cilindrica, con diametro di 1-2 micron, disposte longitudinalmente nella cellula, parallelamente fra loro. Si calcola che superino i 100 milioni per centimetro quadrato in un muscolo.Come detto, ciascuna miofibrilla, osservata con il microscopio a contrasto di fase, presenta una successione di bande chiare e scure che si susseguono regolarmente. Le bande scure, birifrangenti o anisotrope alla luce polarizzata, sono dette bande o dischi A; le bande chiare, isotrope, sono dette bande I. Ciascuna banda I risulta divisa in due da una linea, Z. A loro volta le bande A nella loro parte centrale presentano una stria, detta H.Il tratto di miofibrilla compreso fra due linee Z (cio met banda I, una intera banda A, un'altra met banda I) prende il nome di sarcomero, ed l'unit strutturale e funzionale della miofibrilla: quindi la pi piccola parte di un muscolo ancora in grado di contrarsi.In pratica possiamo paragonare ciascuna miofibrilla ad una alta pila di cilindri, uno sopra l'altro: ciascun cilindro corrisponde ad un sarcomero.All'interno di un muscolo le miofibrille sono disposte parallelamente fra loro, e allineate allo stesso livello, per cui vicino ad una linea Z di una miofibrilla c' una linea Z di un'altra miofibrilla: in altre parole le miofibrille sono disposte in fase , in modo tale che tutta la fibra muscolare appare striata trasversalmente.I miofilamentiIl sarcomero l'unit morfo-

funzionale della miofibrilla: esso costituito da una banda A centrale e da due mezze bande I alle due estremit, ed delimitato da due linee Z.L'osservazione al microscopio elettronico ha permesso di chiarire tale struttura cos complessa, e nel contempo ha permesso fondamentali passi avanti nella conoscenza del meccanismo della contrazione muscolare.Infatti ciascun sarcomero risulta costituito da un fascio di filamenti, disposti longitudinalmente e paralleli fra loro, i miofilamenti: questi sono di due tipi: al centro di ciascun sarcomero si trovano dei filamenti spessi (circa un migliaio), costituiti da una proteina, la miosina ai loro due estremi tali filamenti sono embricati con altri, filamenti pi sottili, denominati actina, che si dirigono ai poli del sarcomero, fissandosi al disco Z come le setole di una spazzola.Il fascio dei filamenti spessi di miosina quindi si trova al centro del sarcomero, lungo circa 1,6 micron, e costituisce la banda A; alle due estremit i filamenti di actina, pi sottili costituiscono le due mezze bande I, che arrivano fino ai dischi Z, Le estremit dei filamenti di actina e miosina si intrecciano al confine fra banda A e I, mentre al centro della banda A sono presenti solo filamenti di miosina (la stria H). Come vedremo meglio in seguito tale complessa struttura deputata al meccanismo della contrazione, grazie allo scorrimento dei filamenti sottili su quelli spessi, determinando un accorciamento del sarcomero.Dal punto di vista della biologia molecolare, la miosina (peso molecolare 500.000) una proteina che pu essere scissa in due parti: la meromiosina pesante, che ha forma globulare e nella quale contenuto un enzima capace di scindere l'ATP liberando energia (ATPasi), e la meromiosina leggera, di forma allungata e sottile: la intera miosina sarebbe quindi formata da un lungo filamento con ad una estremit la parte globosa (proprio come una mazza da golf ). Pi molecole di miosina si riuniscono a formare dei fasci (i filamenti spessi appunto), con al centro le parti allungate e le parti globose che sporgono all'esterno.La actina invece una proteina di forma globosa (peso molecolare 60.000), che ha la tendenza a combinarsi facilmente con la miosina. Pi molecole di actina si \p24 uniscono a formare una catena di granuli: due catene di granuli di actina avvolte fra loro ad elica formano il filamento sottile come stato descritto in precedenza.A completamento di tale sezione necessario segnalare la presenza di altre due proteine, la tropomiosina e la troponina: la prima, sottile e allungata, avvolta a spirale lungo i filamenti sottili di actina; la troponina, invece, di forma globosa ed disposta ad intervalli regolari lungo il filamento di actina. Queste due proteine insieme hanno una funzione di regolazione sulla interazione fra actina e miosina, come vedremo meglio in seguito.Il reticolo sarcoplasmatico e i tubuli trasversi TIl reticolo endoplasmatico liscio della fibra muscolare prende il nome di reticolo sarcoplasmatico, ed ha caratteristiche e funzioni estremamente particolari: esso infatti si presenta come una struttura canalicolare a rete che circonda ogni miofibrilla: i canalicoli si dispongono longitudinalmente lungo l'asse della fibra, e, anastomizzandosi fra loro, confluiscono in strutture tubulari pi ampie, le cisterne terminali, localizzate trasversalmente in corrispondenza del passaggio fra banda A ed I. Il reticolo sarcoplasmatico e le cisterne terminali hanno una importante funzione nell'accumulo e liberazione degli ioni calcio, fondamentali per la contrazione muscolare.\p25 Le cisterne terminali del reticolo sareoplasmatico si associano con un altro elemento tubulare, anch'esso trasversale rispetto al sarcomero e disposto nella zona di passaggio fra banda A ed I: il tubulo trasverso; questo fa parte di un sistema tubulare diverso dal precedente, con il quale non entra in comunicazione ma solo in contatto, e che considerato una complessa invaginazione della membrana plasmatica (sarcolemma) all'interno della fibra muscolare: all'interno di tale sistema tubulare trasversale, o sistema T, circola fluido extracellulare. Il sistema ha la funzione di trasmettere

velocemente all'interno di tutta la fibra l'impulso elettrico insorto in corrispondenza della placca motrice.Quindi a livello del passaggio della banda A con la banda I presente una complessa struttura, formata da due cisterne terminali (facenti parte del reticolo sarcoplasmatico) e da un tubulo trasversale T (invaginazione del sarcolemma): tale struttura prende il nome di triade sarcoplasmatica. Come intuibile quindi, in un singolo sarcomero sono presenti due triadi, a livello dei passaggi fra banda A e bande I.La contrazione muscolareIl complesso actina-miosinaLa conoscenza delle caratteristiche ultrastrutturali dell'unit morfofunzionale del tessuto muscolare, il sarcomero, permette ora di comprendere appieno il meccanismo della contrazione muscolare.Le osservazioni eseguite prima della introduzione del microscopio elettronico misero in evidenza che la contrazione muscolare consisteva in un accorciamento dei sarcomeri (cio in un avvicinamento dei due dischi Z), per una riduzione della lunghezza della banda I, con la banda A di dimensioni invariate.In seguito si avuta la prova che alla base della contrazione muscolare sta la interazione fra i filamenti di actina e quelli di miosina, con formazione di un complesso, la Actomiosina.In pratica i filamenti di actina scorrono su quelli di miosina in senso centripeto al sarcomero, grazie alla azione di traino esercitata dai ponti trasversali della miosina stessa.La testa miosinica ha una grande affinit chimica con le molecole di actina: quando tale legame si viene a creare, si ha la formazione di un ponte trasversale che perpendicolare all'asse del filamento di actina; la testa miosinica allora esercita un movimento di flessione , con inclinazione del ponte trasversale di 45 gradi, trascinando il filamento di actina e determinando perci il lavoro meccanico che alla base della contrazione muscolare. Naturalmente un unico movimento di flessione dei ponti trasversali determina un accorciamento del sarcomero di molto poco (circa l'l% della sua lunghezza, pochi nanometri) che si accorciano cio simultaneamente, e malgrado in una fibra muscolare possano essere molte migliaia i sarcomeri in serie, ci risulterebbe chiaramente insufficiente per produrre qualunque movimento meccanicamente significativo. Perci i ponti trasversali devono eseguire il movimento di flessione pi volte, con un ciclico ripetersi di trazione, rilascio della miosina e attacco in un nuovo punto. In questo senso il meccanismo pu essere paragonato a quello di un gruppo di persone che tirano una fune, con ripetute prese. Pare che in un muscolo i ponti trasversali esercitino tale meccanismo per almeno 50 volte in un decimo di secondo.Come detto, essendo i sarcomeri disposti in serie, i ripetuti movimenti dei ponti trasversali di ogni sarcomero si tramutano in un movimento macroscopicamente apprezzabile del muscolo.Poich la actina e la miosina hanno una alta affinit, necessario che esista un meccanismo che impedisca loro di legarsi quando non sia richiesta una contrazione \p26 muscolare; in caso contrario i muscoli sarebbero sempre in uno stato di contrazione. Tale interruttore della contrazione costituito dalla particolare posizione in cui sono disposte le proteine troponina e tropomiosina: esse infatti impediscono la formazione dei ponti trasversali interponendosi fra i filamenti sottili a cui sono legate, e le teste miosiniche.Nel corso del rilasciamento muscolare le teste miosiniche si staccano dal filamento di actina, determinando una scarsa resistenza all'allungamento: a questo punto basta una scarsa energia (come ad esempio quella di un piccolo peso, o di un muscolo antagonista, o anche solo della gravit) per riportare il muscolo alla sua lunghezza di riposo: nella fase di allungamento durante il rilasciamento quindi, il muscolo passivo.L'ATP, energia per la contrazioneL'ATP (o adenosintrifosfato, nucleoside costituito da adenina, ribosio e tre radicali fosforici) l'unica fonte immediata e diretta di energia necessaria per la contrazione muscolare. L'ATP viene scisso ad opera della miosina, che funge da enzima ATPasi, liberando l'energia necessaria alla contrazione muscolare. In

particolare, pare che la molecola di ATP si leghi al complesso actinamiosina: la scissione dell'ATP in ADP e fosfato fornirebbe l'energia per il movimento di trazione delle teste miosiniche; in seguito una nuova molecola di ATP si lega alla miosina, causando il distacco del ponte trasversale, premessa ad un nuovo attacco in una altro punto del filamento di actina con la ripetizione del ciclo. Sembra inoltre che la ATPasi contenuta nella testa miosinica possa funzionare solo in presenza di actina, che esercita un meccanismo di attivazione, e in presenza di ioni magnesio.Accoppiamento elettro-meccanico e azione degli ioni calcioIn precedenza stata sommariamente descritta la funzione di interruttore delle proteine troponina e tropomiosina. Bisogna qui chiarire che la troponina situata ad intervalli regolari lungo il filamento sottile di actina, mentre la tropomiosina, proteina filamentosa, decorre lungo la scanalatura formata dall'at-torcigliarsi delle due catene di actina, impedendo in tale modo l'unione dei ponti trasversali di miosina con i filamenti di actina.L'effetto fondamentale degli ioni calcio consiste nell'interagire con la molecola di troponina, la cui forma molecolare viene cos modificata: tale variazione determina uno sprofondimento del filamento di tropomiosina nella scanalatura della actina, liberandone i siti per i ponti trasversali. per tale motivo che la troponina e la tropomiosina sono state definite come un interruttore che viene innescato dalla presenza di ioni calcio: in ultima analisi proprio la presenza del calcio nell'ambiente intracellulare della fibra muscolare a determinare l'inizio dei complessi fenomeni chemo-meccanici che portano alla contrazione muscolare.Dopo tale descrizione si pu facilmente comprendere come sia fondamentale per una fibra muscolare possedere un efficiente meccanismo di stoccaggio e distribuzione capillare degli ioni calcio, che permetta un innesco del meccanismo di contrazione solo quando richiesto: tali funzioni sono deputate al reticolo sarcoplasmatico liscio, o sistema longitudinale, che contiene una alta concentrazione di ioni calcio.Oltre al sistema tubulare trasversale, invaginazione del sarcolemma, e comunicante con lo spazio extracellulare; la fibra muscolare possiede anche un sistema longitudinale (reticolo sarcoplasmatico liscio), che con le sue strutture (dette \p27 cisterne terminali) aderisce intimamente al sistema trasversale, formando le cosiddette triadi. Il sistema longitudinale non in comunicazione con lo spazio extracellulare.Il sistema trasversale T pu essere definito come un sistema di conduzione rapida e omogenea del'impulso elettrico formatosi nella placca motrice sulla membrana cellulare della fibra: l'impulso eccitatorio infatti penetra rapidamente all'interno della cellula tramite le invaginazioni del sarcolemma con i tubuli T. Tale eccitazione si propaga alle vicine cisterne terminali del sistema longitudinale, causando la liberazione di ioni calcio ivi accumulati: gli ioni si diffondono nel liquido intracellulare, innescando il meccanismo della contrazione.Il fenomeno per il quale da un impulso elettrico si genera una azione meccanica viene definito accoppiamento elettro-meccanico.Alla fine della contrazione muscolare gli ioni calcio vengono riassunti rapidamente dal reticolo sarcoplasmatico, mediante un trasporto attivo (con consumo di energia) ad opera di una pompa del calcio: quando la concentrazione degli ioni calcio viene sufficientemente ridotta, si ha una inibizione del meccanismo di contrazione (viene disattivato l'interruttore ).Possiamo ricapitolare schematicamente la sequenza di fenomeni che avvengono nella contrazione muscolare:1 stimolazione della fibra muscolare2 - formazione di un potenziale d'azione (impulso elettrico eccitatorio)3 - accoppiamento elettromeccanico:a - conduzione dell'impulso nel sistema Tb - trasmissione dell'impulso al sistema longitudinalec - liberazione degli ioni calciod azione del calcio sul sistema troponina-tropomiosina4 - formazione del complesso actina-miosina5 - contrazione delle miofibrilleFenomeni elettrici nelle fibre muscolariAppare chiaro ora che le fibre muscolari

sono cellule eccitabili e conduttive: esse cio sono in grado di generare sulla loro membrana plasmatica un potenziale d'azione, e di propagarlo rapidamente lungo vie definite a tutto il corpo cellulare. Il punto nel quale si genera il potenziale definito placca motrice, o placca neuromuscolare, ed il punto nel quale la fibra muscolare prende rapporti con Passone di una cellula nervosa (sinapsi): in questa sede che viene generato il primo impulso elettrico che indurr la contrazione muscolare. La velocit di propagazione del potenziale d'azione all'interno della fibra muscolare striata scheletrica di mammifero di circa 10-12 metri al secondo, valore questo sensibilmente inferiore alla velocit di conduzione delle fibre nervose (20-60 m/s).Organizzazione delle fibre muscolari nella costituzione del muscoloAll'interno di un muscolo le fibre sono disposte parallelamente fra loro: tale ordinamento, dai chiari significati funzionali, mantenuto da una struttura connettivale: in particolare ogni muscolo avvolto esternamente da una guaina resistente di tessuto connettivo fibro-elastico, detta epimisio. Da questa si dipartono verso l'interno spessi sepimenti connettivali, che isolano i fasci di fibre \p28 muscolari gli uni dagli altri: tali sepimenti prendono il nome di perimisio; ciascuna fibra muscolare poi circondata da un sottile setto connettivale, che prende origine dal perimisio, l'endomisio.L'estremit di un muscolo quasi sempre si continua con strutture connettivali allungate, i tendini, o appiattite, le aponeurosi, mentre pi raramente il muscolo si inserisce sull'osso direttamente con la sua parte carnosa. Il passaggio muscolo-tendineo riveste una particolare importanza: le fibre muscolari terminano con estremit fusiformi, che si inseriscono nel connettivo del tendine contraendo con esso solide connessioni, tanto che appare molto raro in patologia un distacco in questa zona, essendo molto pi frequente che un tendine stacchi un frammento di osso a livello del suo punto di inserzione.La componente connettivale del muscolo non ha solo funzioni di apporto sanguigno alle fibre muscolari, ma anche protettivo e di modellamento della forma di tutto il muscolo nel suo insieme.Inoltre con il tessuto connettivo giungono ad ogni fibra muscolare le terminazioni nervose per la conduzione degli impulsi provenienti dai neuroni.Dal punto di vista biomeccanico il tessuto connettivo all'interno del muscolo conferisce caratteristiche di elasticit al tutto.L'orientamento delle fibre all'interno di un muscolo fondamentale per definirne la forza e l'ampiezza di contrazione: le fibre possono disporsi parallelamente o in modo obliquo rispetto all'asse longitudinale del muscolo. La disposizione parallela delle fibre permette al muscolo un maggiore accorciamento, con movimento quindi pi ampio e pi veloce; invece la disposizione obliqua delle fibre, come ad esempio nei muscoli pennati, permette al muscolo un minore accorciamento (il vettore contrazione non coincide con quello di movimento, per cui solo una componente dell'accorciamento delle fibre viene utilizzata), ma in esso sono contenute pi fibre muscolari, quindi in grado di esercitare una maggiore forza.Nel corpo umano sono presenti entrambi i tipi di disposizione appena citati, ma sono prevalenti di gran lunga i muscoli con disposizione obliqua delle fibre (muscoli unipennati, bipennati o multipennati), a conferma che ai muscoli viene richiesta pi forza che lunghezza di accorciamento. Ci giustificato dal fatto che nel corpo umano i muscoli hanno spesso inserzioni molto ravvicinate ai fulcri articolari, quindi in posizioni svantaggiose (piccolo braccio di leva).Innervazione dei muscoli - concetto di unit motoriaCome stato definito all'inizio del capitolo, il sistema nervoso centrale interagisce sul mondo esterno attraverso i muscoli.Le fibre muscolari striate scheletriche sono innervate dalle terminazioni degli assoni dei motoneuroni a, il cui corpo cellulare (pirenoforo) situato nel corno ventrale della sostanza grigia del midollo spinale. Ciascun motoneurone provvede ad un numero variabile di fibre muscolari, grazie ad una serie di biforcazioni successive del proprio assone. La ramificazione dei

cilindrassi dei motoneuroni inizia solo poco prima che il nervo penetri nel muscolo, e la maggior parte di esse avviene all'interno della massa del muscolo stesso. Le diramazioni degli assoni terminano sulla superficie sarcolemmatica formando una sinapsi colinergica definita placca neuromuscolare.Nel mammifero adulto ogni fibra muscolare scheletrica innervata da un solo motoneurone; ogni motoneurone, come detto, innerva pi di una fibra muscolare.Nel 1925 Sherrington introdusse il concetto di unit motoria per indicare il complesso costituito dal motoneurone spinale e dal gruppo di fibre muscolari che esso innerva. L'unit motoria quindi formata da 4 elementi: il corpo cellulare \p29 del motoneurone, situato nel corno ventrale del midollo spinale, il suo assone che decorre in un nervo periferico, la giunzione neuromuscolare, e infine le fibre muscolari innervate dal neurone stesso (vedi fig. 9.1).Il concetto di unit motoria, rivelatosi di enorme utilit sia in fisiologia sia in patologia, essenzialmente di natura fisiologica, sebbene in s essa sia anche una entit morfologica. Dal punto di vista fisiologico l'unit motoria pu essere considerata come un gruppo di fibre muscolari che funzionano inscindibilmente, secondo la legge del tutto o nulla: l'unit motoria la pi piccola unit funzionale del muscolo che pu venire controllata dal sistema nervoso. Tale concetto strettamente correlato a quello, sempre enunciato da Sherrington, di via finale comune per indicare il sistema dei motoneuroni a come unica via di connessione finale che tutte le efferenze dal sistema nervoso centrale devono percorrere per agire sul sistema muscolare e quindi, in ultima analisi, sull'ambiente.Distribuzione e dimensioni delle unit motorieNegli animali da esperimento possibile studiare le caratteristiche di singole unit motorie attraverso metodiche di stimolazione elettrica di singoli motoneuroni a livello del pirenoforo nel midollo spinale.La distribuzione delle fibre muscolari appartenenti ad una singola unit motoria pu essere visualizzata in modo molto diretto tramite il metodo della deplezione del glicogeno: stimolando ripetutamente ad alta frequenza una singola unit motoria, le fibre muscolari ad essa appartenenti, contraendosi, andranno incontro ad affaticamento, con deplezione delle riserve di glicogeno; eseguendo poi un esame istologico del muscolo con il metodo PAS, selettivo per il glicogeno, si individueranno le fibre dell'unit in esame. stato cos possibile vedere che le fibre muscolari appartenenti ad una singola unit motoria non sono raggruppate insieme anatomicamente nell'ambito del muscolo, ma sono sparpagliate in una vasta area (fino al 30% della sua sezione trasversa), frammiste alle fibre di altre unit. Perci, inversamente, all'interno di un singolo fascicolo di fibre muscolari, unite da un manicotto di connettivo, sono presenti fibre di diverse unit motorie.Lo stesso metodo ha permesso di contare le fibre muscolari per ogni unit motoria. Tale numero estremamente variabile: si va dalle 10-20 fibre muscolari per unit dei piccoli muscoli estrinseci dell'occhio e per i muscoli della mano, alle 1500-2000 fibre per unit motoria per i grandi muscoli degli arti (Bicipite brachiale, Gastrocnemio). In generale si pu affermare che i muscoli pi piccoli, deputati ai movimenti fini, posseggono unit pi piccole, per dosare meglio il movimento; d'altro canto i grandi muscoli, deputati all'esecuzione di movimenti potenti, sono dotati di unit motorie pi ampie.Questo principio espresso dal rapporto di innervazione: minore il numero di fibre muscolari per unit motoria, pi vicino all'uno il rapporto: un muscolo che presenti un rapporto di innervazione di questo tipo ha un numero di motoneuroni che lo innervano relativamente elevato rispetto al numero delle sue fibre muscolari.Classificazione istochimica delle unit motorieDal punto di vista istochimico le fibre muscolari non sono tutte uguali: gi da molti anni noto che alcune fibre posseggono molti pi mitocondri di altre, facendo supporre differenze dal punto di vista metabolico. Con gli ultimi anni sono state acquisite inoltre molte informazioni sul contenuto enzimatico, suisubstrati metabolici e sulle

proteine strutturali dei vari tipi di fibre muscolari.Si dimostrato intanto che le fibre appartenenti ad unit motorie lente S posseggono una riserva pi copiosa di capillari, e quindi di sangue ossigenato, facendo supporre un metabolismo prevalentemente aerobio, o ossidativo: sono quelle che in passato sono state definite le fibre muscolari rosse .Al contrario la vecchia definizione di fibre bianche stata applicata a fibre muscolari veloci, caratterizzate prevalentemente da un metabolismo anaerobio (metabolismo del glicogeno).Negli ultimi anni, essendo stati individuati diversi enzimi e substrati in quantit differenti nelle fibre muscolari, sono state svilippate due classificazioni.Le fibre muscolari vengono distinte in classe I, HA e II B, oppure in SO (Slow Oxidative), FOG (Fast Oxidative Glycolytic) e FG (Fast Glycolytic).Le fibre di tipo I, o SO, ricche di enzimi ossidativi, hanno un metabolismo di tipo aerobio, le fibre di tipo HA, o FOG possiedono un alto livello sia di enzimi ossidativi che glicolitici, le fibre di tipo IIB o FG sono ricche solo di enzimi glicolitici, per un metabolismo anaerobio.Una considerazione di fondamentale importanza che, grazie al test di deplezione del glicogeno, stato possibile vedere che tutte le fibre muscolari di una unit motoria hanno le stesse caratteristiche istochimiche.Correlazione tra caratteristiche istochimiche e fisiologiche delle unit motorieEsiste una stretta correlazione fra caratteristiche funzionali e istochimiche delle unit motorie. Le unit S, capaci di contrarsi lentamente, ma molto resistenti alla fatica, possiedono un corredo di fibre muscolari con metabolismo aerobio (SO, I); le unit FR hanno fibre muscolari di tipo FOG o HA, quindi a metabolismo intermedio, e infine le unit FF, veloci e potenti, ma velocemente faticabili, hanno fibre di tipo FG o IIB.A completamento di questo paragrafo riassumiamo le principali caratteristiche dei diversi tipi di unit motoria nella seguente tabella.Tab. 1.1 - Correlazione fra tipo di unit motoria, tipo di fibra muscolare e caratteristiche istochimicheTIPO UNIT MOTORIA: S FR - FF Caratteristiche funzionalivelocit di contrazione. bassa - medioalta - altaSAG testresistenza alla fatica: alta - medio-alta bassatensione prodotta: bassa - intermedia - altaTIPO UNIT MOTORIA: S FR - FF Caratteristiche del motoneuronedimensioni corpo cellulare e assone: piccolo - medio-piccolo - grandevelocit di conduzione: bassa medio-bassa - elevatafrequenza di scarica: bassa - medio-bassa elevataTIPO UNIT MOTORIA: I-SO - HA-FOG - HB-FG Caratteristiche istochimichemetabolismo: AEROBIO - MISTO - ANAEROBIOcontenuto in glicogeno: basso - alto - altoquantit di mitocondri: elevata intermedia - bassaapporto capillari: elevato - intermedio - bassoFinalit della differenziazione fra diverse unit motorieIl vantaggio di queste differenze fra le varie unit motorie risiede nella specificit funzionale che ogni muscolo ha all'interno di un organismo.\p31 Bisogna qui specificare che i singoli muscoli possiedono questi tipi di unit motoria in proporzioni differenti, a seconda della funzione svolta dal muscolo in generale: il numero relativo di ogni tipo di unit conferisce al muscolo caratteristiche funzionali diverse, per il tipo di movimento che il muscolo stesso deve compiere.Paradigmatico l'esempio dei muscoli della gamba soleo e gastrocnemio. Il muscolo soleo ha una alta percentuale di unit motorie di tipo S, ha un tempo di contrazione quindi lento, ma una alta resistenza alla fatica. Al contrario, il gastrocnemio possiede molte unit di tipo F (FF e FR) e pu esercitare una forza maggiore ma per tempi pi brevi. In correlazione con queste propriet il ruolo esercitato dai due muscoli presi in esame: il soleo usato per tempi prolungati durante la stazione eretta, il cammino, le posture in generale, mentre il gastrocnemio viene usato efficacemente per il salto e la corsa.Differenziazione durante lo sviluppo delle unit motorieGi da molti anni noto che in alcuni animali da esperimento neonati, come ad esempio il gatto, sono presenti solo unit motorie di tipo lento. Nell'arco di alcune settimane avviene la differenziazione delle unit in

rapide e lente.Eccles e Buller negli anni '60 compirono una serie di eleganti esperimenti che chiarirono parzialmente questo fenomeno: incrociarono chirurgicamente in animali adulti il nervo di un muscolo rapido con quello destinato ad un muscolo lento, e viceversa: fu cos dimostrato che i motoneuroni mantenevano le loro caratteristiche fisiologiche originali, mentre erano le fibre muscolari che modificavano le loro propriet a seconda della innervazione: in altre parole, un muscolo rapido diventava lento quando veniva innervato da motoneuroni lenti e viceversa.Da ci possibile desumere che il sistema nervoso che, tramite l'innervazione, controlla la differenziazione fra fibre muscolari lente e veloci: si pensa che in qualche modo il tipo di attivit contrattile che il nervo impone alla fibra determini una espressione genica differente, indirizzata verso una maggiore o minore velocit di contrazione. Un'altra considerazione importante che la differenziazione fra muscoli rapidi e lenti non un processo solamente genetico e quindi immodificabile, ma una caratteristica che pu mutare nell'arco della vita. Le implicazioni cliniche riguardanti quest'ultima osservazione, non ancora definite, saranno probabilmente oggetto di ricerca nei prossimi anni.Gradazione della forza contrattile muscolareCome stato detto in precedenza, una unit motoria funziona secondo il principio del tutto o nulla: quando un motoneurone genera un potenziale d'azione, questo determina la contrazione sincrona e massimale di tutte le fibre muscolari afferenti a quell'assone.Ma allora in quale modo il sistema nervoso centrale pu graduare la forza sviluppata dai muscoli?Due sono le modalit: il reclutamento (cio l'aumento di unit motorie attivate, e di conseguenza l'aumento della forza di contrazione), e la variazione della frequenza di scarica delle singole unit motorie.Il Reclutamento: i motoneuroni afferenti ad un dato muscolo vengono reclutati secondo un ordine preciso, dato dalle dimensioni del corpo cellulare. I neuroni con corpo cellulare piccolo hanno soglia di attivazione pi bassa, e quindi possono essere attivati da stimoli (volontari o riflessi) pi deboli; aumentando l'intensit di stimolazione, vengono reclutati progressivamente i motoneuroni pi grandi. Poich in precedenza stato detto che i piccoli motoneuroni fanno parte di unit motorie di tipo lento, mentre i grandi motoneuroni appartengono a unit \p32 motorie veloci, si deve concludere che quando un muscolo inizia a contrarsi, le prime unit coinvolte sono quelle lente S, e seguono in un secondo tempo le unit F. Questo ordine di reclutamento stereotipato, detto Principio delle Dimensioni del Motoneurone, valido sia per l'attivazione riflessa che volontaria di un muscolo ma non assoluto, esistono situazioni in cui le fibre rapide si attivano per prime (vedi capitolo 9).La Frequenza di Scarica: il secondo modo con il quale possibile aumentare la forza sviluppata da un muscolo consiste nell'aumentare la frequenza di impulsi che il motoneurone invia alle sue fibre muscolari: dimostrato infatti che se un muscolo viene attivato da una successione di potenziali d'azione ad una frequenza tale da non concedere al muscolo di rilasciarsi completamente tra una scossa e l'altra, le forze generate da ciascun impulso si sommano fino a raggiugere un plateau nella tensione generata: questo stato di contrazione viene definito tetano completo. Se le frequenze di stimolazione sono pi basse, si permette al muscolo di rilasciarsi parzialmente tra un impulso e l'altro, e la tensione registrata mostra cos una certa fluttuazione: tale stato detto tetano incompleto.Solitamente per i movimenti eseguiti a contrazioni submassimali, registrati globalmente in un muscolo, non mostrano oscillazioni nella tensione, e ci dovuto al fatto che le unit motorie vengono sempre attivate in modo asincrono: mentre alcune sono contratte, altre sono rilasciate.I due meccanismi del reclutamento e della frequenza di scarica non si escludono a vicenda, ma sono strategie che il sistema nervoso integra e modula a seconda del tipo di movimento

richiesto.BibliografiaBasmajian J.V., L'esercizio Terapeutico, Piccin, Padova, 1990.Kandel E.R., Schwartz J.H., Principi di Neuroscienze, Casa editrice Ambrosiana,Milano, 1988. Rosati P., 1982, Istologia, EdiErmes.Rothwell J., Control of Human Voluntary movement, Chapman & Hall. Schmidt R.F., Tews G., 1985, Fisiologia umana, Vol. I Neurofisiologia, Idelson, 1994.\p33CAPITOLO 2 PRINCIPI DI ANATOMIA E FISIOLOGIA DELLE CELLULE NERVOSELa cellulaSi definisce come unit base del SN (Sistema Nervoso) la cellula nervosa o neurone.Altamente specializzata, tanto da aver perso ogni possibilit di riprodursi, questa cellula si presenta in varie morfologie, tutte atte a facilitare al massimo il suo unico compito: la trasmissione di un segnale.Rimandando ai testi di neuroanatomia per ci che riguarda le varie possibili forme e dimensioni della cellula nervosa, ricorderemo qui solamente che essa composta da:1) un corpo centrale: il pirenoforo, all'interno del quale si trova il nucleo e si svolgono tutti i processi metabolici;2) da numerose propaggini che costituiscono una arborizzazione attorno al pirenoforo: i dendriti;3) da un lungo processo del diametro di pochi millimicron che pu raggiungere un metro e pi di lunghezza. Tale processo si chiama assone o cilindrasse. L'assone di una cellula nervosa non necessariamente unico, il caso dell'unicit del cilindrasse solamente quello di gran lunga pi frequente, esistono anche neuroni con due o pi assoni. La parte di assone che si collega al pirenoforo (colletto o cono assonale) la zona del neurone pi sensibile agli spikes.1 millimicron: = 1/1000 di mm.\p34La morfologia neuronale appena descritta consente alla cellula di ricevere e trasmettere impulsi con la massima rapidit e precisione.L'impulso viene normalmente ricevuto attraverso i dendriti o il soma, trasmesso al corpo ed infine all'assone dal quale passer poi ai dendriti o al soma della \p35 cellula nervosa succcessiva e cos via. possibile tuttavia che la cellula nervosa riceva il segnale direttamente sull'assone, ed il segnale pu viaggiare anche in direzione inversa, dagli assoni al pireneforo, si parla allora di conduzione antidromica non sembra invece a tutt'oggi possibile che venga trasmesso ad altra cellula se non tramite l'assone che, data la lunghezza e l'unicit d'azione, senz'altro la componente pi importante di tutta la struttura.Il punto in cui l'assone di una cellula nervosa viene a contatto con i dendriti o un'altra parte del neurone successivo, definito sinapsi.Fig. 2.2 Disegno schematico di una sinapsi colinergica. Due strutture cellulari, la terminazione nervosa colinergica (a sinistra) e la cellula postgiunzionale (a destra), sono separate dalla fessura giunzionale (sinaptica). Il trasporto della colina nella terminazione nervosa mediata da un portatore che trasporta anche ioni Na+ usando come energia il gradiente del sodio. Tale trasporto inibito dall'emicolinium. All'interno della terminazione la colina si combina con l'acetato attivato (AcCoA) in una reazione catalizzata dall'Acetil-transferasi, per formare acetilcolina (ACh). La formazione di vescicole di deposito inizia con la deposizione di molecole di clatrin sulla faccia interna della membrana terminale (indicata come una struttura a palizzata sulla nuova vescicola). Con il distacco della vescicola neoformata, dalla superficie verso l'interno, si ha la formazione di una vescicola complessa, da cui deriver alla fine la vescicola di deposito. L'ACh trasportata nella vescicola di deposito per azione di un portatore (2) che utilizza come sorgente di energia il flusso verso l'esterno di proton. Nelle vescicole sono immagazzinati anche ATP e glicoproteine (GP). La liberazione di un mediatore avviene quando un potenziale di azione convogliato lungo l'assone, per l'azione dei canali del sodio sensibili alle variazioni di potenziale, arriva alla terminazione nervosa. I canali del calcio, sensibili alle variazioni di potenziale, nella membrana terminale, si aprono permettendo un afflusso di calcio. L'aumento del calcio intracellulare provoca la fusione delle vescicole con la membrana di superficie e quindi, con il meccanismo della esocitosi, l'espulsione di

ACh, ATP e GP nella fessura giunzionale. Questa fase pu essere bloccata dalla tossina botulinica. L'ACh raggiungendo i recettori pregiunzionali (e possibilmente quelle postgiunzionali) modifica la funzione della corrispondente cellula (da notare: alcune giunzioni colinergiche sembrano essere prive di recettori pregiunzionali). L'ACh viene a contatto anche con l'acetilcolinesterasi (AChE), un enzima polimerico che scinde l'ACh in colina ed acetato. In alcune giunzioni colinergiche un mediatore polipeptidico, il polipeptide intestinale vasoattivo (VIP), viene liberato nella fessura giunzionale, insieme all'ACh. (Riproduzione autorizzata da Katzung B. G. a cura di: Farmacologia generale e clinica, Piccin).\p36Si visto come tutto nella cellula nervosa sia predisposto a facilitare la trasmissione di un segnale; esaminiamo ora cosa si intende esattamente con il termine segnale e come avvenga la sua propagazione fisiologica all'interno del SN.Il segnale, spike come verr definito d'ora in avanti, una corrente elettrica che si propaga solitamente dal pirenoforo lungo l'assone.Questo tipo di corrente, a differenza di ci che si intende comunemente come corrente elettrica (e cio un movimento di elettroni in una data direzione), data dal propagarsi lungo l'assone dell'inversione di una differenza di potenziale (ddp), normalmente presente allo stato di riposo fra l'interno e l'esterno della membrana cellulare.L'inversione dovuta ad un improvviso flusso di ioni attraverso la membrana, originato da una variazione di permeabilit della stessa.In condizioni normali, allo stato di riposo, la membrana pu essere pensata come un rivestimento attivo in grado di salvaguardare l'integrit della cellula nervosa, regolando l'afflusso ed il deflusso delle macromolecole e degli atomi responsabili dello stato funzionale del neurone.Se questa azione pare essere relativamente semplice nei confronti delle molecole organiche, troppo voluminose per passare attraverso le porosit della membrana, certamente non lo rispetto agli ioni, elementi di dimensione suffi-centemente ridotta per poter filtrare nei due sensi e la cui diversa concentrazione nei liquidi intra ed extracellulare dipende da vari fattori che possono essere riassunti come segue:1) dalla concentrazione chimica per ogni singolo ione ai due lati della membrana;2) dal risultato finale della somma delle cariche elettriche intra ed extracellulari (essendo chiaro che uno ione carico positivamente verr attirato nella zona a carica opposta);3 ) da meccanismi attivi di membrana atti a muovere questi ioni nelle direzioni pi confacenti alla ideale situazione di riposo della cellula.Da quanto esposto risulta chiaro che le probabilit di uno ione di muoversi attraverso la membrana situandosi da un lato specifico sono date da:a) la tendenza a raggiungere l'equilibrio chimico, cio quella concentrazione identica dalle due parti che il singolo ione raggiungerebbe se non entrassero in gioco i punti 2 e 3 dell'esposizione precedente;b) la tendenza a raggiungere una situazione elettrica neutra, di equilibrio cio delle cariche elettriche portate sia da tutti gli elettroliti, sia da tutte quelle molecole organiche costrette invece, per la loro dimensione, da uno dei due lati e la cui carica elettrica deve quindi considerarsi fissa;c) la probabilit che ha uno ione di essere arpionato dai meccanismi attivi e trasportato di conseguenza, nella totale mancanza di considerazione per i punti precedenti, all'interno o all'esterno.Dei punti esposti, la tendenza a raggiungere l'equilibrio chimico sicuramente la pi forte; per validamente contrastata dalla resistenza attiva della membrana che, restringendo al massimo le proprie porosit e ripescando ioni che sono illegalmente passati dal lato opposto, in grado di mantenere quella concentrazione elettrolitica intracellulare (e di conseguenza anche extracellulare) ideale per una situazione di riposo.All'arrivo dello spike scompaiono sia la capacit della membrana di costituire una barriera al transito di ioni sia la capacit attiva che le consente di trasportarli da un lato all'altro e gli ioni possono liberamente diffondere a seconda del gradiente chimico ed elettrico, provocando

quell'inversione della ddp che responsabile della propagazione dell'impulso; questa inversione viene comunemente definita depolarizzazione.\p37Una volta terminata la depolarizzazione la membrana, tornata attiva, lavora al massimo delle possibilit per restaurare l'equilibrio di riposo.L'impulso si genera a livello delle sinapsi a causa del contatto della parete cellulare con una sostanza chimica liberata dall'assone del neurone precedente e si propaga lungo la cellula nervosa per l'inibizione che esso in grado di provocare, per una piccolissima frazione di tempo, delle capacit attive della membrana.La differenza potenziale che si viene a creare a riposo ai due lati della membrana a causa dei meccanismi esposti ben indicata dalla EQUAZIONE DI NERST.E = RT/F Lg C2/C1conE = ddp di equilibrio a cavallo della membranaR = costante dei gasT = temperatura assolutaF = Faraday (carica elettrica per ogni milliequivalente di ione monovalente)C1 e C2 = concentrazione ionica all'interno ed all'esterno della membrana.Considerando con buona approssimazione la frazione RT/F come costante, questa equazione spiega chiaramente come la ddp a cavallo della membrana sia proporzionale (in maniera logaritmica) alle concentrazioni, dentro e fuori, di ogni singolo ione.Naturalmente non esiste un solo tipo di ione e la ddp (E) totale (quella che si misura effettivamente) il risultato della somma algebrica delle varie E dei singoli elettroliti e delle cariche non filtrabili, che agiscono interferendo reciprocamente complicando la situazione.L'equazione di Nerst quindi risolvibile solo attraverso calcoli complicatissimi e la differenza di potenziale attraverso la membrana non logicamente intuibile una volta data l'equazione.La ddp (E) che si misura a cavallo della membrana (con l'elettrodo attivo posto intracellularmente e quello indifferente all'esterno) in un assone a riposo di circa 70mV. Ci significa che la carica interna della cellula rispetto a quella esterna (posta a 0) di 70mV negativa. Questi 70mV negativi oltre che essere dati dalla distribuzione di tutte le cariche che non possono filtrare da un lato o dall'altro, sono dati anche da una particolare situazione di disequilibrio dei gradienti chimici di alcuni ioni (mantenuta, lo abbiamo visto, da meccanismi attivi) i quali, nel momento in cui l'attivit di membrana viene meno, filtrano liberamente nei due sensi (per equilibrare la concentrazione chimica) generando cosi' la ddp elettrica. Questi ioni sono essenzialmente lo ione Na+ (sodio) e lo ione K+ (potassio) e, in misura molto minore, lo ione Cl(cloro). Le concentrazioni intra ed extracellulari normali di questi ioni sono esposte nella tabella sottostante:(mM/L=millimoli/litro)INT. - EST.Na+ 9.2 mM/L - 120 mM/LK+ - 140 mM/L - 2.5 mM/LCl- - 3.4 mM/L - 120 mM/LNon tutti i neuroni hanno un potenziale di riposo di -70mV, alcuni lo hanno lievemente superiore, altri lievemente inferiore. Tutti comunque a segno negativo.Negli ultimi anni sono stati individuati altri ioni in grado di generare uno spike; fra questi particolarmente importante lo ione Ca++, in grado di generare \p38 spikes differenti, per ampiezza e durata dagli spikes al Na+. Questi spikes svolgono funzioni particolari, a livello del talamo e del cervelletto, ai cui capitoli si rimanda per una spiegazione dettagliata.Analisi dello spikeLo spike dunque una variazione delle normali condizioni di riposo che si genera fisiologicamente quando la membrana viene a contatto con il mediatore chimico liberato da un assone a livello sinaptico. A causa di questo contatto la membrana perde la capacit attiva di mantenere quei disequilibri di concentrazione elettrolitica ideali per lo stato di riposo cellulare. Lo spike si genera in un punto ben preciso della cellula e si propaga poi lungo i dendriti, il pirenoforo e Passone, perpetrando questo meccanismo di inibizione dell'attivit di membrana.Esso non conquista per un area sempre pi estesa di superficie cellulare, ma si trasferisce, lasciandosi alle spalle una membrana tornata al normale stato elettrico di riposo e che torner in breve tempo anche al suo normale equilibrio chimico.La variazione delle condizioni di riposo provocata dallo spike definita

depolarizzazione, una inversione cio del potenziale registrata all'interno della cellula che, dalla normale condizione di -70mV passa ai +45mV, con una escursione totale di circa 115mV. Il potenziale, una volta generato, in grado di inibire l'attivit della membrana limitrofa provocando cos una propagazione della depolarizzazione che non si trasferisce perci per le propriet di cavo dell'assone (che sono anzi piuttosto scadenti) ma per questa possibilit di inibire, in punti successivi, l'attivit della parete cellulare.Non tutti gli stimoli (goccioline di mediatore chimico o altro) sono sufficientemente forti da provocare uno spike.Se lo stimolo provoca una depolarizzazione inferiore alla linea dei -50mV (definita livello soglia nella figura 2.3) la variazione elettrica si registra solamente ad una distanza assai ridotta dal punto in cui lo stimolo stato applicato, esaurendosi assai rapidamente. Questa modificazione del livello di riposo della membrana detta ipopolarizzazione e corrisponde all'EPSP (Excitatory Post Synaptic Potential) degli autori anglosassoni.Se al contrario lo stimolo sufficiente per portare la ddp ad un livello superiore ai -50mV si ha la depolarizzazione totale, uno spike cio che raggiunge i +45mV ed ha sempre una ampiezza ed una forma costante, non influenzata in alcun modo dalla intensit e dalla durata dello stimolo.Ci configura una caratteristica fondamentale dello spike che normalmente riferita come legge del tutto o nulla: o lo stimolo non sufficientemente forte da propagarsi lu

ngo il nervo o, se in grado di farlo, si propaga con la forma e l'ampiezza fisse caratteristiche dello spike; n la forma n l'ampiezza dello spike sono in alcun modo influenzate dallo stimolo generatore una volta raggiunto il livello soglia.Il passaggio del potenziale d'azione non sconvolge solamente la polarit della membrana, ma implica anche una insensibilit della fibra ad ogni forma di stimolo eventualmente inviatole nell'arco di alcuni millisecondi dall'inizio del potenziale di azione. Questo tipo di insensibilit viene definito refrattariet.La refrattariet si divide funzionalmente in due forme ben distinte:la refrattariet assoluta e la refrattariet relativa.Si definisce come refrattariet assoluta un periodo durante il quale nessuno stimolo, per quanto intenso, pu generare un potenziale d'azione.Si definisce come refrattariet relativa un periodo durante il quale la cellula \p39 non risponde normalmente alle stimolazioni, ma in grado di generare uno spike se lo stimolo raggiunge livelli di intensit pi elevata della norma.La refrattariet assoluta corrisponde, con buona approssimazione, al periodo di depolarizzazione, quella relativa alla parte finale del periodo del potenziale postumo positivo (vedi oltre).Un'immagine visiva della reattivit della cellula nervosa allo stimolo data dalla figura 2.3.Come il potenziale di membrana a riposo e lo spike, anche i due periodi di refrattariet ora esaminati sono determinati da movimenti elettrolitici e da diversi gradienti di concentrazione chimica. Non quindi possibile comprendere a fondo il meccanismo di propagazione del segnale all'interno del SN se, accanto ad una esposizione dei fenomeni elettrici che ne sono i diretti responsabili, non si pone una chiara spiegazione dei fenomeni chimici, che ne costituiscono invece il primum movens.Vediamo quindi cosa avviene a livello chimico a cavallo della membrana al generarsi dello spike.Ci che finora si definito perdita delle capacit attive di membrana, pi correttamente espresso con la terminologia elettrostatica di aumento dell'induttanza della membrana cellulare cio letteralmente come una diminuzione della sua resistenza al passaggio degli ioni; l'aumento di induttanza della membrana cellulare viene misurata in milliohm.All'arrivo dello stimolo depolarizzatore questa induttanza non si modifica uniformemente ma, come si vede nella figura 2.4, ha un andamento differenziato per lo ione Na+ e lo ione K+.Pi precisamente, vi un aumento rapido e massimo dell'induttanza al sodio (che, come si vede dal grafico, colore verde, passa rapidamente dall'esterno all'interno della membrana) e successivamente un aumento, pi moderato e prolungato, dell'induttanza al potassio (che si trasferisce all'esterno in una fase successiva all'ingresso del sodio, colore giallo).\p40L'aumentata induttanza al sodio, con il passaggio verso l'interno dello ione, deve essere considerata l'evento determinante la fase di ascesa dello spike, mentre l'aumentata induttanza al potassio della fase successiva interpretabile come la maggiore responsabile del ritorno della differenza di potenziale a livelli di riposo.L'induttanza al sodio diminuisce, raggiungendo i valori normali prima del termine della depolarizzazione, l'induttanza al potassio si riduce invece assai pi \p41 lentamente, raggiungendo i valori normali prima del termine del potenziale postumo positivo (vedi oltre).Questa variazione differenziata delle induttanze agli ioni Na e K apre alcune interessanti considerazioni sulla variazione delle concentrazioni elettrolitiche durante e subito dopo lo spike. La prima, gi abbozzata, che il sodio il maggiore responsabile della fase di depolarizzazione, mentre il potassio fortemente interessato nel ritorno e nel mantenimento della normalit elettrica a cavallo della membrana. La seconda, ancor pi interessante, che una volta filtrati liberamente gli elettroliti nelle due direzioni, l'induttanza di membrana torna rapidamente ai valori normali.Al termine del potenziale d'azione si avr quindi una situazione elettrica di riposo normale (-70mV) data per da una situazione chimica completamente abnorme, diametralmente opposta a quella fisiologica: grandi quantit di

potassio all'esterno e di sodio all'interno. Questa la ragione principale per cui un nuovo stimolo depolarizzatore a questo punto non sortisce alcun effetto e la cellula si trova in una situazione definita di refrattariet assoluta. a questo punto che la membrana cellulare, tornata attiva, compie il massimo sforzo per ridare alla cellula nervosa quelle concentrazioni elettrolitiche che le sono congeniali.La capacit di modificare le concentrazioni elettrolitiche del citoplasma cellulare, quella definita all'inizio la capacit di arpionare gli elettroliti per poi trasferirli da un lato all'altro, dovuta ad un meccanismo presente nella membrana, un enzima pi precisamente che, assumendo conformazioni steriche differenti, in grado di arpionare, a seconda della propria forma, il sodio o il potassio presenti dal lato sbagliato della membrana per poi ruotare, consumando un radicale fosforico verso l'interno o l'esterno della cellula e scaricare gli ioni dal lato corretto .Questo meccanismo viene comunemente definito pompa del sodio.Esistono a tutt'oggi diversi punti oscuri sul suo intimo funzionamento, che quello indicato nella figura che segue.Fig. 2.6 - Pompa del sodio\p42Nella figura (nel punto contrassegnato dalla freccia) l'enzima responsabile della pompa del sodio si trova prima rivolto verso l'interno, legato con una molecola di ATP e con il sito per gli ioni sodio normalmente vuoto. In alcuni casi (tipo ad esempio l'eccesso Na+), il sito viene occupato da uno ione che provoca, con il consumo di un radicale fosforico ad alta energia, la rotazione verso l'esterno. Cos ruotato l'enzima assume una nuova forma, liberando contemporaneamente lo ione sodio ed il radicale fosforico usato per la rotazione. Ci rende possibile all'enzima agganciare un atomo di potassio che modificandone nuovamente la conformazione sterica provoca, senza consumo di energia, una rotazione verso l'interno. Avvenuta questa rotazione il potassio si distacca ed il sito diviene nuovamente disponibile per il sodio reiniziando il ciclo.Questo meccanismo permette alla membrana di riconquistare, in un periodo assai breve, le concentrazioni elettrolitiche di riposo ritrovando cos lo stato elettrochimico posseduto prima della depolarizzazione e con esso la normale eccitabilit.La pompa del sodio funziona naturalmente anche in fase di riposo, il ritmo per molto meno intenso, essendo il suo scopo ripescare gli ioni illecitamente filtrati nei due sensi.Come evidente dai grafici precedentemente esposti, il potenziale di azione, una volta raggiunto il suo plateau, non si limita a tornare alla posizione di riposo, ma la supera raggiungendo per un breve periodo un potenziale inferiore ai -70mV.Il periodo immediatamente seguente ad un potenziale d'azione, in cui la ddp di membrana inferiore ai -70mV, viene comunemente definito potenziale postumo positivo. Durante il p.p.p. la membrana pi difficilmente eccitabile che di norma.Nel caso in cui lo stimolo sinaptico sia isolato e non sufficiente per raggiungere il livello soglia, si genera una lieve depolarizzarione che non d origine ad alcun potenziale propagato, ma ad un fenomeno locale che si esaurisce assai rapidamente.In determinate circostanze per questi piccoli impulsi agiscono a lungo e con il giusto ritmo, abbassando per un certo periodo di tempo il potenziale di riposo a valori intermedi fra i -70 e -50mV.Questo porta ad una conseguenza immediata assai evidente: qualunque stimolo che giunga ad un neurone con un siffatto livello di riposo, per raggiungere il livello soglia deve possedere una forza di gran lunga inferiore, sufficiente a provocare un'escursione di pochi mV e non di 20 come nei casi precedentemente esaminati. chiaro che un neurone con un potenziale di riposo di questo tipo generer uno spike per tutti gli impulsi normalmente condotti dai neuroni, pi gli impulsi appena citati, che in una cellula a normale stato di riposo generano solamente delle ipopolarizzazioni locali (EPSP).Questo fenomeno definito ipopolarizzazione o depolarizzazione parziale ed costantemente presente nelle cellule del SN.Un esempio caratteristico rappresentato dai motoneuroni di un velocista in attesa del segnale di partenza. Questi

neuroni sono pronti a recepire un minimo segnale, sono cio ad un livello di polarizzazione subito inferiore al livello soglia, pronti a scaricare (provocando la contrazione muscolare e l'inizio del movimento) per un segnale di intensit minima.Si pu verificare anche la situazione opposta o iperpolarizzazione: il raggiungimento di un potenziale di riposo compreso fra i -100 e -120mV.In questo caso solamente pochi stimoli, quelli pi intensi, sono in grado di portare la membrana ad un livello soglia. Questo fenomeno normalmente presente in molte cellule nervose quando l'individuo dorme o comunque a riposo ed legato soprattutto all'ingresso del CI nel citoplasma neuronale.La fisiologia del neurone fin qui affrontata non chiarisce un punto fondamentale: \p44 il contrasto logico fra cellula nervosa che risponde ad uno stimolo in maniera categorica, con uno spike sempre uguale oppure non risponde (legge del tutto o nulla) ed il sistema nervoso, che invece in grado di dosare perfettamente la quantit del proprio intervento senza alcuna soluzione di continuo.Una spiegazione di ci legata al fatto che il singolo spike una unit estremamente piccola, totalmente incapace da sola di generare qualunque fenomeno evidente clinicamente. Le funzioni del SN sono il risultato di migliaia di spike che si sommano e si sottraggono secondo la regola fondamentale della sommazione spaziale e temporale.Come si vede nella figura 2.7 le scariche di diversi neuroni si possono sommare, dando luogo a fenomeni denominati sommazione spaziale e sommazione temporale.Se questa sommazione viene in qualche modo influenzata dal fattore tempo, si parla di sommazione temporale se invece la sommazione avviene per moltiplicazione delle cellule che scaricano allo stesso tempo si parla di sommazione spaziale.Attraverso questi meccanismi ed altri meno diffusi di cui si parler in seguito, il SN riesce a quantificare assai bene il proprio intervento, superando lo scoglio della legge del tutto o nulla, che rimane pur sempre valida a livello del singolo neurone.Come si gi visto, esiste lungo l'assone una forma elementare di propagazione, definita propagazione punto a punto, che un tipo di propagazione per cui lo spike guadagna progressivamente punti successivi della membrana cellulare. Questo tipo di propagazione molto efficace, ma ha il difetto di essere molto lenta (pochi metri al secondo) e non adatta ai normali tempi di relazione del SN.Per accelerare al massimo la propria conduzione e rispondere cos agli stimoli in tempo utile, gli assoni sono dotati di un rivestimento isolante, la guaina mielinica, che consente la cosiddetta conduzione saltatoria.Anatomicamente la guaina mielinica costituita da una serie di cellule, le cellule di Schwann, strettamente arrotolate intorno all'assone come una bandiera intorno all'asta. Queste cellule si succedono una dopo l'altra lungo l'assone.I punti di congiunzione fra le varie cellule di Schwann, l dove l'assone rimane per un tratto brevissimo privo di rivestimento, sono definiti nodi di Ranvier.Negli assoni rivestiti di guaina mielinica la conduzione non pi punto per punto ma da un nodo di Ranvier all'altro: viene perci definita conduzione saltatoria.Le fibre nervose si dividono a seconda della ricchezza di mielina in alcune classi fondamentali, delle quali si tratter in dettaglio nel capitolo 6.Un altro momento importante nella trasmissione dell'impulso quella della trasmissione transinaptica.Come si vede chiaramente nella figura 2.2, nella sua parte terminale l'assone si allarga in un bottone sinaptico ricco di vescicole di mediatore chimico.Sul neurone che deve ricevere il segnale sono presenti vari siti recettivi specifici per il mediatore chimico di quella data sinapsi.All'arrivo dello spike dal bottone sinaptico si libera una grossa quantit di mediatore che, ricevuto all'altro capo, genera nuovamente uno spike.Anche quando la cellula a riposo, dal bottone sinaptico trasudano alcune piccolissime goccioline di mediatore chimico che generano, nel neurone che le riceve, piccoli potenziali post-sinaptici eccitatori (EPSP) o inibitori (IPSP).I potenziali post-sinaptici eccitatori sono generati dalla grande maggioranza dei neuroni, i potenziali post-

sinaptici inibitori sono invece generati da alcuni neuroni, definiti inibitori, il cui mediatore chimico a livello sinaptico ha la \p46 propriet di rendere la membrana permeabile al CI- e al K+, ma non al Na+. In queste condizioni sar ancora la differente concentrazione chimica a provocare la variazione del potenziale di membrana.Le sinapsi sono il momento di gran lunga pi lento della trasmissione all'interno di un sistema neuronale.Un circuito in cui sia necessario trasmettere a grande velocit avr quindi forzatamente poche sinapsi (circuito paucisinaptico) ed un circuito con molte sinapsi non sar, per forza di cose, un circuito veloce, ma potr dare una grande diffusione al segnale.BibliografaBloom e Fawcett, Trattato di Istologia, Piccin, Padova, 1968. Eccles J., The physiology of nerve cell J.Hopkins Univ. Press Baltimore, 1957. Kandel E.R., Schwarz J.R., Principi di neuroscienze Ambrosiana Milano, 1985. Katz E., Nerve Muscles and synapses Mc Gray-Hill book company, 1966. Ruch T.C., Patton, H.D., Fisiologia del sistema nervoso di Fulton-Howell Universo, Roma, 1987.\p47CAPITOLO 3 BIOMECCANICAPremessaIl movimento umano l'insieme dell'azione di diversi sistemi integrati, perfettamente coordinati tra loro, ognuno dei quali fornisce il suo insostituibile contributo al fine di renderlo armonico, efficace e preciso.Il Sistema Nervoso Centrale elabora l'atto motorio attraverso l'attivazione di circuiti neuronali che, al termine di numerosi interventi in successione, finisce per produrre una serie di spikes dei motoneuroni collegati alle fibre neuromuscolari.Questa che chiamiamo elaborazione, in realt un processo estremamente complesso, solo parzialmente conosciuto, di grande rilevanza in fisiologia ed in riabilitazione, che coinvolge tutto ci che accade nelle strutture encefaliche e midollari e che costituisce la base di qualsiasi azione volontaria, automatica o riflessa che l'organismo in grado di esprimere.Il prodotto finale del lavoro eseguito dai neuroni viene incanalato nelle terminazioni assonali periferiche, la cui totale integrit assolutamente necessaria affinch non vi siano alterazioni quali-quantitative del movimento.I nervi periferici sono spesso raccolti in plessi che si intrecciano a pi livelli per garantire una distribuzione certamente pi complessa, ma evidentemente anche pi efficace sul piano della qualit dell'atto motorio.Sono veri e propri collettori, costituiti da fibre che hanno una specifica fisiologia dipendente dalla sezione assonica e dalle caratteristiche funzionali delle giunzioni neuro-muscolari cui vanno a trasmettere l'impulso nervoso, precedentemente elaborato dal sistema centrale.Continuando nell'analisi e nello studio dell'atto motorio, possiamo quindi dire che tutto il movimento che stato ideato, elaborato e trasmesso in sede di Sistema Nervoso Centrale e Periferico, ha il suo sbocco naturale ed obbligato sulla superficie del tessuto muscolare, le cui unit anatomofunzionali vengono attivate per dar vita alla contrazione.Il nostro studio parte dalla neurofisiologia, ed ha nella neurofisiologia il suo denominatore comune, nel corso di tutte le argomentazioni che saranno trattate.Abbiamo tuttavia deciso di approfondire dettagliatamente, in modo assolutamente inedito, la dimensione periferica del movimento, la chinesiologia e la biomeccanica, in quanto traduzione concreta di tutta l'attivit che il Sistema Nervoso Centrale provvede a costruire.L'integrazione tra queste due dimensioni essenziale per conoscere a fondo le leggi ed il funzionamento di qualsiasi atto motorio.Partiamo quindi dal neurone, ma passiamo anche dal muscolo e dall'articolazione, per ritornare poi nuovamente al neurone e cercare di capire come i diversi apparati partecipano alla costruzione del movimento, ognuno nella sua peculiarit.\p48Il muscoloIl muscolo un organo che appartiene all'apparato osteo-muscolo-scheletrico e che possiede diverse funzioni, alcune delle quali solo recentemente oggetto di studi e ricerche.La sua funzione pi nota, e probabilmente la pi importante, la contrattilit.L'insieme delle cellule muscolari ha la

capacit, attraverso la sovrapposizione di specifiche microstrutture, di ridurre la propria lunghezza realizzando uno spostamento delle estremit (i tendini) dalla periferia al centro.Questo spostamento ha tutte le caratteristiche della forza vettoriale, in quanto contraddistinto da una direzione, un verso, un modulo ed un punto di applicazione.Pertanto la contrazione muscolare pu a tutti gli effetti essere studiata ed analizzata come una forza vettoriale, di cui possibile calcolarne ciascuna componente e costruire le scomposizioni utili a comprenderne la fisiologia che, trattandosi di movimento, prende il nome di chinesiologia (Fig. 3.1).Lo scheletro umano costituito di numerose ossa collegate tra loro da articolazioni che permettono uno, due a tre gradi di libert di movimento.Convenzionalmente, il movimento studiato su tre degli infiniti piani che attraversano lo spazio, ed su questi tre piani che viene ricondotto per analizzarne la dimensione di base (Fig. 3.2).L'associazione di componenti eseguite su due o tre piani convenzionali determina una posizione d'arrivo del segmento osseo mobile che, rispetto al punto di partenza, giace su un piano obliquo.L'organismo perfettamente in grado di eseguire questa traslazione non spostandosi solo su pochi piani in sequenza temporale successiva (a m di robot), bens reclutando unit motorie in modo da permettere al distretto in questione di spostarsi direttamente secondo traiettorie oblique.Lo spostamento fisiologico si compie dunque quasi sempre utilizzando tali traiettorie, il cui studio analitico diviene per difficile da realizzare, soprattutto per la differente azione delle forze interne ed esterne.Queste vengono ad assumere direzioni e, una volta scomposte, moduli, di importanza diversa a seconda del loro rapporto con l'asse di rotazione articolare, dell'angolo che formano con il braccio della leva (costituita dal segmento che unisce il punto di applicazione del vettore muscolare e l'asse di rotazione stesso), e dalla distanza dal fulcro su cui si ruota il segmento osseo mobile.Ad esempio, la forza di gravit pu essere raffigurata come un vettore a direzione verticale, applicato su un punto medio dell'osso, con il verso rivolto in basso; la sua direzione rimane sempre verticale, tuttavia, se l'osso in posizione anatomica, l'influenza di questa forza sar valutabile in una certa misura, mentre se la posizione diversa verranno modificati tutti i rapporti angolari e lineari (Fig. 3.3).Per mantenere la posizione cos ottenuta occorre pertanto attivare un'azione \p49 muscolare diversa che si contrapponga al vettore gravitano che ora ha caratteristiche diverse da prima.Pertanto nel corso del movimento i rapporti di cui sopra sono in continua modificazione, ed un calcolo preciso richiederebbe la successione di infinite operazioni basate su dati che via via riportano le posizioni raggiunte.Per queste ragioni, i piani su cui abbiamo deciso di concentrare l'attenzione sono quelli che convenzionalmente tutto il mondo studia da quando esiste la chinesiologia, e cio il piano sagittale, il piano frontale ed il piano orizzontale.I piani del movimentoIl piano sagittale attraversa il corpo umano passando per il suo baricentro e dividendolo in due parti uguali e simmetriche, una destra e una sinistra.\p50Ha una direzione quindi che lo porta dall'avanti all'indietro (Fig. 3.4).Su questo piano sono possibili tutti i movimenti del tronco e degli arti, che si realizzano dall'avanti all'indietro e dall'indietro all'avanti e che prendono il nome di flessione ed estensione.I muscoli flessori ed estensori hanno sempre una direzione che evidenzia uno spostamento di un distretto corporeo in avanti o indietro, e la loro funzione in tal senso dipender dal verso del vettore una volta scomposto.Il piano frontale suddivide il corpo in una parte anteriore ed una posteriore, attraversandone il baricentro.Ha pertanto una direzione che procede in senso latero-laterale (Fig. 3.5). su questo piano che sono possibili tutti i movimenti che allontanano ed avvicinano gli arti al tronco, oppure che permettono al tronco stesso ed al capo di inclinarsi lateralmente.I movimenti degli arti vengono definiti con i

termini di abduzione (nel senso dell'allontanamento) e di adduzione (come ritorno dall'abduzione o come movimento puro se associato a una flessione o una estensione).La direzione del vettore costruito sull'azione del muscolo ci indicher se questi realizza uno spostamento dall'interno all'esterno oppure dall'esterno all'interno, e quindi se si tratta di un abduttore o di un adduttore.\p51Il piano orizzontale separa la parte superiore del corpo da quella inferiore passando sempre attraverso il suo baricentro (Fig. 3.6).Su questo piano sono possibili tutte le rotazioni del tronco, del capo e degli arti, laddove il sistema articolare consenta questi movimenti.Quando la rotazione porta la superficie anteriore dell'arto verso l'interno avremo l'intrarotazione, quando invece lo spostamento di questa superficie avviene verso l'esterno avremo l'extrarotazione.Nel caso del capo e del tronco, i movimenti saranno chiamati di rotazione destra e sinistra a seconda del lato verso cui vengono rivolti.La posizione anatomicaLe analisi e tutte le considerazioni fondamentali che verranno affrontate in questo testo partiranno da una posizione standard, a cui si far sempre riferimento.Non escluso che, di volta in volta, vengano considerate anche altre posizioni significative per lo studio chinesiologico di un certo muscolo su un determinato piano, a proposito di uno specifico fulcro articolare, tuttavia si tratter solo di una specificazione che servir a chiarire il concetto emerso nella posizione anatomica di partenza.Tale posizione prevede il soggetto in piedi, con la base d'appoggio leggermente allargata, il capo eretto con lo sguardo rivolto in avanti, le spalle addotte lungo i fianchi in leggera extrarotazione, gli avambracci estesi e supinati in modo che i palmi delle mani siano rivolti in avanti.La posizione del polso, delle articolazioni metacarpofalangee ed inter-falangee indifferente rispetto alla flessione ed all'estensione, e le dita sono leggermente abdotte, compreso il pollice.Il muscolo come forza vettorialeVediamo in questo paragrafo come possiamo costruire un vettore partendo dalle caratteristiche anatomiche specifiche di un determinato muscolo.Anzitutto dobbiamo determinare il punto di applicazione, cio l'inizio del segmento frecciato, e questo si trova esattamente sul punto in cui il muscolo si inserisce sul segmento osseo mobile.\p52 Questo ci fa immediatamente comprendere che, per ciascun muscolo, si possono costruire almeno due vettori. Nel caso in cui le inserzioni muscolari siano pi di due, i vettori possono essere anche di pi.Esiste poi il caso in cui una o tutte e due le inserzioni ossee non sono riconducibili ad un punto, in quanto si trovano distribuite su un segmento osseo pi lungo.In questo caso, il punto di applicazione vettoriale verr determinato dal punto medio di questo segmento, in quanto espressione di uno spostamento che parte dal centro dell'insieme dei punti in cui il tendine ha la sua applicazione sullo scheletro osseo.Un discorso un po' pi complesso, ma chinesiologicamente pi significativo, relativo all'analisi della direzione vettoriale.Inizialmente si era portati a ritenere che la direzione del vettore che esprime la forza di un certo muscolo fosse ricavabile congiungendo i suoi punti di origine ed inserzione.Questo metodo per certamente sbagliato, in quanto ci sono casi in cui vero esattamente il contrario: ad esempio, l'azione del Quadricipite femorale quando il ginocchio flesso a 90 gradi (Fig. 3.7). evidente che congiungendo l'origine e l'inserzione di questo muscolo in questa posizione, se ne ricaver un vettore che rivela un'ipotetica azione flessoria del Quadricipite, cosa che assolutamente falsa.Si passati allora ad elaborare un ragionamento basato sull'analisi del decorso \p53 del tendine in prossimit del punto di inserzione muscolare posto sul segmento osseo mobile.La direzione del vettore sarebbe la retta sovrapponibile al tendine del muscolo inserito sul segmento mobile, ed ogni analisi in relazione ad un certo fulcro articolare andrebbe descritta secondo ciascuna singola caratteristica vettoriale (Fig.

3.8).Questa metodologia biomeccanica ha risolto quasi tutti i problemi relativi alla costruzione del vettore muscolare ma, in seguito, si potuto osservare che c'erano casi in cui questo sistema non era esaurientemente esplicativo dell'azione di tutti i muscoli dell'apparato osteo-muscolo-scheletrico.In particolare, non lo era in merito all'azione dei muscoli poliarticolari, quando tra il fulcro articolare analizzato ed il punto di applicazione del vettore era interposta un'altra o pi articolazioni.Ad esempio, se consideriamo i muscoli delle dita della mano o del piede, vediamo che prima di inserirsi a livello distale, esse attraversano diverse articolazioni periferiche e, pertanto, questo non rende possibile trasferire sempre il modello biomeccanico descritto.L'analisi corretta solo se tiene in considerazione anche le articolazioni interposte tra il fulcro articolare che stiamo studiando ed il punto di applicazione vettoriale.Se proviamo ad analizzare l'articolazione del polso e l'azione svolta dal muscolo Flessore comune profondo della dita quando l'articolazione metacarpo-falangea flessa a 90 gradi, la direzione vettoriale ricavata inviando la retta sovrapponibile al tendine in prossimit della sua inserzione falangea rivelerebbe \p54 un'azione di questo muscolo nel senso dello spostamento della mano dall'avanti all'indietro, cio di estensione, cosa che non vera (Fig. 3.9). vero invece che la direzione del vettore pu essere ricavata attraverso la costruzione della retta che si sovrappone alle fibre tendinee in prossimit del fulcro articolare vicino a quello che stiamo analizzando, procedendo verso il punto in cui si trova l'inserzione mobile su cui applicato il vettore.Questo significa che possibile costruire una rappresentazione vettoriale di un determinato muscolo solo se consideriamo anche il fulcro articolare su cui stiamo eseguendo l'analisi.Nel caso di un muscolo poliarticolare, il punto di applicazione del vettore sar trasferito al centro del fulcro dell'articolazione, e la direzione diventer quella delle fibre del muscolo o del tendine in prossimit di questo stesso fulcro.In pratica, la direzione vettoriale la retta che si pu costruire sull'asse longitudinale di un muscolo nei pressi del suo attraversamento dell'articolazione vicina a quella che stiamo analizzando (Fig. 3.10).Nell'analisi dettagliata che faremo in seguito, quando valuteremo un fulcro \p55 articolare ed un punto di applicazione tra i quali non interposta nessun'altra articolazione, li considereremo come un muscolo monoarticolare; se invece ci sono una o pi articolazioni interposte fra di essi, il vettore sar costruito con il punto di applicazione posto sul punto corrispondente al fulcro articolare pi vicino a quello che stiamo analizzando, e la sua direzione sar la retta sovrapposta al tendine o al muscolo che si trova tra questo punto ed il fulcro articolare di riferimento.Sul verso non c' molto da dire, se non che si trova dalla parte opposta al punto di applicazione e che viene contraddistinto graficamente dalla punta frecciata del vettore.Ci indica il verso della forza, cio l'obiettivo verso cui un osso tende ad essere spostato da un muscolo. utile soprattutto una volta effettuata la scomposizione delle forze (di cui parleremo in seguito), perch ci permette di determinare biomeccanicamente se un muscolo realizza un certo spostamento oppure il suo contrario, valutando se il verso della quota efficace ricavata dalla costruzione del rettangolo biomeccanico rivolto in avanti o indietro, in dentro o in fuori, e cos via.Il modulo del vettore, cio la forza che esercita un certo muscolo sul punto di applicazione in una certa direzione, viene rappresentato dalla lunghezza della freccia, ed relativo ad una certa unit di misura di cui parleremo in seguito.Nella nostra analisi i moduli vettoriali saranno descritti secondo un criterio proporzionale, in base alla forza media che abbiamo registrato in anni di valutazioni muscolari manuali eseguite presso i servizi di riabilitazione.Analisi vettorialeUno studio biomeccanico significativo deve necessariamente prevedere alcune caratteristiche del sistema

articolare, in modo tale da poterlo rappresentare come una leva sulla quale si inserisce una forza vettoriale.La forza vettoriale viene poi scomposta in due quote, una delle quali viene forzatamente indirizzata al fulcro della leva, che si trova quindi al centro dell'articolazione attraversata dai muscoli agonisti, mentre l'altra sar la risultante che dipende dalla direzione e dal verso del vettore costruito in base alla chinesiologia muscolare (Fig. 3.11). proprio questa quota che pone in evidenza con assoluta chiarezza qual l'azione svolta da un certo muscolo quando prende un certo punto fisso.A questo punto, proviamo ad analizzare le fasi della costruzione biomeccanica muscolare cercando di sviluppare un metodo trasferibile a ciascun muscolo, a partire dalla sua conformazione anatomica e dalle caratteristiche del sistema articolare di riferimento.Anzitutto necessario conoscere le inserzioni muscolari, l'orientamento delle fibre tendinee in prossimit dei punti su cui i tendini si inseriscono nel tessuto osseo e le possibilit di movimento che hanno la o le articolazioni attraversate da quel muscolo.La conoscenza dei movimenti possibili a una determinata articolazione essenziale per poter concentrare l'attenzione e l'analisi rispetto unicamente a quegli stessi movimenti; sarebbe inutile e dispendioso ampliare lo studio a tutti i piani dello spazio facendo riferimento a tutti gli assi, quando sappiamo in partenza che solo alcuni movimenti sono realizzabili da quel fulcro articolare.Anche la scelta dei piani da analizzare sar pertanto forzata.L'ultimo vincolo che inseriamo nella nostra impostazione riferito alla scelta del punto fisso e del punto mobile.Anche qui, teoricamente, si dovrebbe procedere ad un'analisi che contempli sempre lo studio di entrambe le possibilit, ma chinesiologicamente sarebbe una \p56 perdita di tempo andare a valutare situazioni che sappiamo essere praticamente prive di qualsiasi significato rispetto al movimento.Scomposizione delle forzeAd ogni costruzione vettoriale corrisponde una scomposizione mirata, in modo che una delle due componenti venga a trovarsi direttamente sul fulcro articolare di riferimento.Se per ipotesi stiamo cercando di valutare il muscolo Deltoide medio sul piano frontale, invieremo la congiungente tra il punto di applicazione (inserzione \p57 omerale del Deltoide anteriore) ed il centro dell'articolazione gleno-omerale, ricavando una semiretta che parte dall'inserzione del muscolo e che procede verso il fulcro articolare stesso (Fig. 3.12).La fase successiva (quella cio che identifica la quota della scomposizione che rivela l'azione efficace del vettore e quindi del muscolo analizzato) si ricava mandando, sempre a partire dal punto di applicazione, la perpendicolare alla retta congiungente che abbiamo ora descritto (Fig. 3.13).\p58Avremo cos due semirette ed un segmento (vettore originario).Ci rimane solo da determinare il modulo delle due quote scomposte, che si ottiene inviando alle due semirette le perpendicolari a partire dal punto in cui si trova la punta frecciata del vettore (Fig. 3.14).Il rettangolo biomeccanicoIl disegno raffigura a questo punto un quadrilatero rettangolare con una diagonale: la diagonale il vettore originario, i lati del rettangolo sono la quota della scomposizione che descrive l'azione della forza del muscolo che si trasferisce a livello del fulcro dell'articolazione (stabilizzatrice) e la quota chinesiologicamente significativa (efficace) (Fig. 3.15).\p59Ci sono alcuni casi in cui, congiungendo il punto di applicazione con il fulcro articolare, si ricava un angolo ottuso e diviene pertanto impossibile costruire il rettangolo da cui ricavare la quota efficace della scomposizione.In queste situazioni, per la verit piuttosto rare, la procedura corretta consiste nel congiungere comunque il punto di applicazione vettoriale con il fulcro dell'articolazione, trasformando per la semiretta in una retta che attraversa il punto di inserzione.Si invia poi la perpendicolare al punto di applicazione come abbiamo gi descritto, ma la costruzione del rettangolo biomeccanico avviene dalla parte opposta rispetto al fulcro articolare (Fig. 3.16).Se

ne ricaveranno due quote scomposte: una rivela l'azione che tende ad allontanare l'osso su cui applicato il vettore dal fulcro articolare (distraente), l'altra evidenzia la quota efficace esercitata da quel muscolo.La levaIl concetto di leva in fisica molto noto e molto studiato, per cui in questa introduzione ci limiteremo ad analizzare ci che della leva ci occorre sapere per comprendere meglio quale ruolo intercorre tra la potenza (i muscoli), la \p60 resistenza (la gravit e le forze esterne) ed il fulcro della leva (articolazione o articolazioni).Anzitutto, ci che determina l'efficacia della potenza in relazione alla resistenza il modulo del vettore applicato in quel punto, moltiplicato per la distanza che lo separa dal fulcro stesso (Fig. 3.17).Se ne deduce che, per capire se un muscolo esercita una potenza effettivamente valida o no, necessario conoscerne il modulo vettoriale ed il braccio della potenza che, appunto, la distanza che separa il suo punto di inserzione (applicazione) dall'articolazione su cui si svolge quel movimento (fulcro).Vedremo nel successivo paragrafo che importante anche l'angolo con cui la forza viene applicata, in quanto molto diverso il caso in cui la forza agisce perpendicolarmente al braccio di leva rispetto alla possibilit in cui essa sia inclinata con questo, fino a diventarne quasi parallela.La leva pu essere di tre tipi: il primo prevede il fulcro interposto tra potenza e resistenza, e la sua vantaggiosit dipende dal modulo vettoriale (e dall'angolo di applicazione della forza) (Fig. 3.18); il secondo tipo comprende la resistenza interposta tra potenza e fulcro della leva, ed sempre vantaggiosa per la potenza, che pu contare su un braccio maggiore di quello della resistenza (Fig. 3.19); il terzo ed ultimo tipo prevede la potenza in mezzo al fulcro e alla resistenza, ed in questo caso il braccio della leva sempre a favore della resistenza, per cui occorrer un modulo vettoriale consistente per vincere la forza che si oppone in senso gravitano, o comunque esterno (Fig. 3.20).\p61L'apparato muscoloscheletrico presenta quasi sempre situazioni che possiamo ascrivere ad una leva di quest'ultimo tipo, in cui il punto su cui applicata la resistenza (cio il punto medio del segmento corporeo da sollevare contro gravit, pi le eventuali aggiunte) ed il fulcro articolare comprendono al loro interno l'inserzione del muscolo sul segmento osseo mobile, che rappresenta il punto di applicazione della potenza.Sono proprio la postura ed il contesto biomeccanico in cui inserito il soggetto analizzato a condizionare le diverse componenti della leva, in quanto anche la stessa articolazione e le stesse caratteristiche muscolari possono permettere al muscolo di esercitare una certa forza (potenza), cos come la gravit pu essere massima, oppure agire attraverso direzioni inclinate, e quindi in modo meno efficace.Il braccio della levaPer comprendere bene a quale grado dell'inclinazione tra il vettore e l'asse del segmento osseo che si deve spostare si esercita la maggiore potenza muscolare, necessario introdurre un altro concetto relativo al braccio della leva.Il braccio della leva il segmento che separa il fulcro articolare ed il punto di applicazione della forza: se la forza indicata come potenza, questo segmento sar chiamato braccio della potenza, se la resistenza, sar il braccio della resistenza.Come abbiamo gi detto, la potenza reale del vettore determinata dal prodotto del modulo con il braccio della potenza della leva.A queste due entit ne va aggiunta una terza, di estrema importanza, e che anch'essa direttamente proporzionale alla potenza muscolare effettiva.Si tratta dell'angolo compreso tra la direzione del vettore e la congiungente tra il punto di applicazione vettoriale ed il fulcro articolare, cio il braccio della potenza della leva.Questo angolo determinante per calcolare la forza muscolare.Considerando un tronco d'albero appoggiato a terra su cui viene legata una corda per poterlo trascinare, se la direzione della corda quasi parallela all'asse del tronco stesso far molta fatica a spostarlo mentre, al contrario, ne far molta di meno se

mi posizioner in modo che tale direzione si avvicini alla perpendicolare con il medesimo asse (Fig. 3.21).In pratica, pi l'inclinazione del vettore (corda) vicina ai 90 gradi, maggiore sar l'efficacia della forza espressa.\p62Momento della forzaLa conclusione del precedente esempio una semplice formula, gi nota in trigonometria, che permette appunto di poter quantificare la potenza di ogni muscolo o di gruppi di muscoli. il momento della forza, che viene determinato dalla seguente equazione:Potenza muscolare = modulo vettoriale x lunghezza del braccio di leva x seno dell'angolo compreso tra la direzione del vettore ed il braccio di leva stesso.Il seno di un angolo di 90 gradi uguale a 1 per cui, in questo caso, il momento della forza si pu ottenere dal prodotto tra modulo del vettore e braccio di leva; pi l'angolo si avvicina a 0 gradi, pi diminuisce il seno dell'angolo, divenendo comunque inferiore a 1 non appena si diversifica, in difetto o in eccesso, dai 90 indicati.L'analisi del braccio della potenza e del momento della forza viene meglio compresa se si mette a confronto la lunghezza effettiva del braccio di leva con quella di un braccio di leva virtuale ricavato inviando la perpendicolare al braccio partendo dal punto di applicazione vettoriale (Fig. 3.22).In questo caso come se, rispetto allo stesso fulcro articolare, l'asse dell'osso mobile fosse in una posizione tale da permettere alla direzione del vettore di essere inclinata a 90 gradi con il braccio di leva.La differenza tra la lunghezza reale del braccio di leva, cio della distanza che intercorre tra il punto di applicazione vettoriale ed il fulcro muscolare, e questa perpendicolare appositamente costruita, ci d la dimensione del grado di potenza effettiva che esercita il muscolo analizzato su quel piano e valutando quel determinato punto fisso.Pi questi due segmenti sono vicini in quanto a lunghezza, pi efficace sar l'azione muscolare, poich maggiore sar il seno dell'angolo costruito sulle due semirette citate.Questo ragionamento ha per un valore puramente teorico in quanto, al variare dell'angolo in cui si considera un determinato fulcro articolare, si modificano anche le caratteristiche del vettore, e particolarmente la sua direzione.Ciascun muscolo si modificher in modo diverso rispetto a tutti gli altri, per cui occorrerebbe analizzarli tutti a partire da differenti posizioni dell'articolazione attraversata.\p63 Questo, evidentemente, non possibile.Descriveremo quindi di volta in volta come sia deducibile l'inclinazione su cui quello specifico muscolo in grado di esercitare la sua massima potenza, in virt dell'angolo compreso tra la direzione vettoriale ed il braccio della leva, ma anche considerando come il modulo dello stesso vettore non sia immutabile durante il movimento, avendo un suo massimo ad un certo grado di lunghezza, che diminuisce progressivamente sia quando questi si allunga che quando si contrae.Unit di misuraLe unit di misura del modulo vettoriale e del braccio della potenza non sono state calcolate attraverso un valore assoluto, ma sono il risultato di una comparazione oggettiva della forza muscolare e della distanza che separa l'origine del vettore dal centro dell'articolazione che stiamo analizzando, in un soggetto adulto di corporatura media.Se ne ricava un dato empirico, suscettibile di variazioni individuali anche importanti, che tuttavia utile a descrivere una corretta metodologia di studio e di ricerca del movimento umano.I valori che esprimono la forza del muscolo sono stati ricavati sulla base dell'esperienza pluriennale di valutazioni muscolari manuali, finalizzate all'individuazione di un deficit periferico, mentre la lunghezza del braccio della potenza stata misurata in proporzione al dato relativo al modulo vettoriale.I due numeri sono pertanto proporzionalmente collegati tra loro, ed quindi corretta la conclusione che indica un muscolo potenzialmente pi forte di un altro o viceversa (su un determinato piano, relativamente ad uno specifico fulcro articolare).Il seno dell'angolo compreso tra la direzione vettoriale ed il braccio della potenza invece un valore assoluto, che ci viene fornito dalla trigonometria.Quasi tutte le analisi

biomeccaniche sono state eseguite con il soggetto in posizione anatomica.Selezione dei movimenti da analizzareLa scelta di non valutare sempre tutte le possibilit consentite alla contrazione muscolare viene determinata da un'analisi predditiva che ci porta intuitivamente a concludere che il rapporto in base a cui possibile calcolare il momento della forza muscolare non significativo.Ad esempio, pu essere il caso in cui una delle tre entit in questione uguale a 0 gradi, per cui annulla il valore delle altre due, a prescindere dalla loro consistenza.Oppure vi possono essere valori talmente ridotti che non riescono a vincere neppure parzialmente la forza che la gravit esercita sul distretto corporeo in cui inserito il vettore. Anche in questo caso quindi non vale la pena procedere nell'analisi.Nel nostro studio, la potenza relativa al modulo vettoriale costituita dalla forza esercitata dal tono muscolare, mentre la resistenza l'azione gravitaria applicata su un certo distretto del corpo, con l'aggiunta di un eventuale inserimento di forze esterne che si possono sovrapporre, modificando le esigenze antigravitarie e richiamando un differente reclutamento di unit motorie.Ci sono casi in cui le caratteristiche anatomiche e funzionali della struttura muscolo-scheletrica sono eccessivamente sbilanciate a scapito della forza \p64 muscolare, e questo accade quando ci troviamo in presenza di un braccio della potenza molto inferiore al braccio della resistenza, oppure quando il rapporto modulare tra potenza e resistenza sproporzionato a vantaggio della resistenza, oppure se l'inclinazione delle fibre tendinee talmente ridotta da diventare quasi parallela alla diafisi ossea su cui applicata l'inserzione mobile.Sono queste le ragioni pi frequenti che giustificano l'esclusione di uno studio standardizzato e riferito a tutte le innumerevoli possibilit teoriche.Muscoli poliarticolariQuando un muscolo attraversa pi di un'articolazione, lo studio sar ancora una volta condotto in termini analitici, valutando di volta in volta le opzioni che emergeranno e le risultanti che verranno evidenziate, assumendo un ruolo in cui il movimento attivo diviene importante in termini biomeccanici e chinesiologici.In sostanza, considereremo una articolazione come fissa, l'altra come mobile, eventualmente prendendo in considerazione diverse posizioni di riferimento della prima, ed osservando se la direzione vettoriale si modifica, e quali quote motorie si liberano quando viene scomposto il vettore.Valgono poi tutte le considerazioni in merito alla costruzione vettoriale di un determinato muscolo, facendo riferimento di volta in volta al fulcro articolare su cui stiamo eseguendo l'analisi.Uno stesso muscolo avr pertanto caratteristiche differenti a seconda della sua azione sull'articolazione che stiamo studiando.Selezione del verso del vettoreUn'altra precisazione deve essere formulata in riferimento al verso del vettore.Un muscolo possiede almeno due punti di inserzione, perci sar possibile studiare la sua rappresentazione biomeccanica quanto meno attraverso due vettori, applicati ciascuno su una delle inserzioni stesse.Anche in questo caso, uno studio a tappeto di tutti i muscoli su tutti i piani, calcolando per ognuno di essi l'azione svolta nel caso in cui prenda punto fisso su un segmento osseo o su un altro non significativa in chinesiologia, e si valuter pertanto di volta in volta se considerare uno, due o pi punti fissi.Avendo impostato il nostro lavoro considerando le articolazioni, i piani ed infine i muscoli, rappresenteremo i vettori sempre in riferimento ad un'unica articolazione, ed il punto fisso e quello di applicazione vettoriale (e di conseguenza il verso) saranno sempre inseriti sull'osso che realizza lo spostamento relativo al movimento studiato sul piano prescelto.Muscoli non collegati ad un vincoloCi sono casi in cui le due superfici articolari non sono tra loro collegate come uno snodo in cui un segmento osseo si pu muovere in rapporto all'altro, mantenendosi ad esso connesso attraverso le strutture legamentose e muscolari che impediscono la fuoriuscita della superficie convessa dalla cavit concava. la

situazione in cui due superfici possono scorrere una sull'altra in tutte le direzioni, senza specifici impedimenti che limiterebbero le loro possibilit di movimento solo verso alcuni piani dello spazio.Si tratta, ad esempio, dell'articolazione scapolo-toracica, in cui la scapola si \p65 pu muovere verso qualsiasi direzione rispetto alla gabbia toracica, nell'ambito comunque delle possibilit consentite dalle strutture satelliti periarticolari.Nel caso di un'articolazione con vincoli, necessario procedere attraverso la scomposizione delle forze e la costruzione del rettangolo biomeccanico di riferimento, con le quote che evidenziano l'azione coartante, distraente ed efficace del vettore.Quando invece non siamo in presenza di un vincolo articolare rigido, l'analisi dello spostamento del punto di applicazione e quindi dell'osso a cui questo collegato, si ricava direttamente dalla direzione vettoriale, che indica tale spostamento senza bisogno di eseguire alcuna scomposizione (Fig. 3.23).Di volta in volta verr segnalata quest'ultima condizione, passando invece direttamente alla scomposizione delle forze se ci troviamo nel caso pi frequente, quello in cui l'azione si svolge in presenza di un vincolo.Due forze applicate su un puntoEsistono frequentemente in biomeccanica situazioni in cui due muscoli sono applicati allo stesso segmento osseo, in punti vicini, cosicch la loro azione relativamente ad un determinato movimento viene sommata, per dar origine ad un nuovo vettore con specifiche caratteristiche.\p66 La costruzione di questo nuovo vettore segue regole precise a partire dai due vettori iniziali, e considera il punto di applicazione come il punto medio segnato in prossimit dei due punti di applicazione originari.Per quanto riguarda la direzione, come prima cosa si inviano due linee: la prima parallela alla direzione del primo vettore, la seconda parallela alla direzione del secondo, passanti ognuna dalla punta frecciata del vettore opposto.Queste due linee parallele si incrociano in un punto descrivendo un parallelogramma con i due lati sovrapposti ai due vettori di partenza.La direzione effettiva che si ricava da questa analisi la diagonale del parallelogramma passante per il punto di applicazione medio che abbiamo gi individuato.La lunghezza della diagonale il modulo risultante dall'azione dei due vettori, ed il verso , come sempre, opposto al punto di applicazione (Fig. 3.24).Vedremo spesso in chinesiologia situazioni in cui questo si verifica e cercheremo in qualche caso di approfondirne l'analisi, ricordando che uno studio dettagliato complessivo sarebbe estremamente ampio e complesso, per cui non possibile esaurirlo all'interno di un unico testo.BibliografaAA.VV., Encyclopedie Medico-Chirurgicale. Edizioni Mediche Cappa.Benichou A., I Segreti del Sacro. Ed. Marrapese, Roma, 1989.Bienfait M., Le Fasce. Ed. Marrapese, Roma, 1982.Bienfait M., Il Trattamento delle Fasce - Les Pompages . Quaderni A.I.T.R., Roma, 1987. Bienfait M., Fisiologia della Terapia Manuale. Ed. Marrapese, Roma, 1990. Bienfait M., Scoliosi e Terapia Manuale. Ed. Marrapese, Roma, 1990. Boccardi S., Lissoni A., Cinesiologia (1), (2), (3). Societ Editrice Universo, Roma, 1977-78-84. Boccardi S., Ruggeri A., Guizzardi S., Sandrini G., I Muscoli - Arto Inferiore. Ed. Masson, Milano, 1991. Bossy J., Basi Neurobiologiche delle Riflessoterapie. Ed. Masson, Milano, 1975. Clarkson H.M., Gilewich G.B., Valutazione Cinesiologica - Esame della Mobilit Articolare (1), (2). Edi Ermes, Milano, 1991. Fraietta N., Uomo e Movimento- Meccanica e Organizzazione Sistemica degli Apparati di Moto. Ed. Marrapese, Roma, 1991. Guyton C, Elementi Di Fisiologia Umana, Ed. Piccin, Padova, 1980.Hoppenfeld S., L'esame Obbiettivo dell'Apparato Locomotore. Ed. Aulo Gaggi, Bologna, 1985. Kapandji LA., Fisiologia Articolare (1), (2), (3). Societ Editrice Demi, Roma, 1974. Kendall H.O., Kendall F.P., Wadsworth G.E., I Muscoli. Ed. Piccin, Padova, 1985. Lacote M., Chevalier A.M., Miranda A., Bleton J.P., Stevenin Ph., Valutazione Clinica della Funzione Muscolare. Ed. Marrapese, Roma, 1984.Lapierre A., Cinesiologia et Cinesitherapie Generale (Vol. 3); J. B.

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del SNC. Queste reti di circuiti convergono su di un unico sistema oppure si aprono a ventaglio, contattando diverse strutture nervose contemporaneamente (la corteccia cerebrale il cervelletto o altre).I sistemi su cui convergono le informazioni sensitive hanno compiti differenti: la corteccia cerebrale per esempio ha come scopo una elaborazione propriocettiva cosciente, il midollo spinale una risposta riflessa, il cervelletto il controllo degli automatismi motori.La sensibilit pu essere di tipo cosciente o incosciente.La sensibilit cosciente, cos come viene comunemente intesa, il prodotto di un insieme di strutture differenti, costituite dai recettori, dalle vie sensitive e dalle diverse stazioni nervose finali. l'insieme di queste strutture che capta, interpreta, analizza e seleziona i flussi esterni di energia, estrapolandone una rappresentazione del mondo che raggiunge il livello di consapevolezza. in gran parte sulla base delle informazioni sensitive coscienti, (confrontate con la memoria) e l'esperienza che si elaborano importanti strategie motorie. Queste strategie sono in grado di innescare precise volont comportamentali, atte ad influenzare la realt esterna, possibilmente per trarne un vantaggio.La sensibilit non cosciente governa i meccanismi motori di tipo riflesso ed automatico.La sensibilit nel suo insieme dunque fondamentale per il controllo motorio. Il movimento nella sua globalit infatti il risultato di un continuo alternarsi, intrecciarsi ed integrarsi di funzioni motorie e sensitive.Solamente da questi complessi intrecci scaturisce il movimento cos come comunemente inteso. Il solo controllo motorio, privato della guida sensitiva porterebbe, come si vedr nei paragrafi successivi, ad un movimento non solo inutile, ma disarticolato e completamente privo di significato.Neurofisiologia clinica della sensibilitLa neurofisiologia clinica della sensibilit, nella sua componente dedicata al controllo del movimento, pu essere suddivisa in due importanti capitoli: il recupero neurosensoriale dopo deafferentazione sensitiva l'importanza della sensibilit nel controllo del movimentoRecupero neurosensoriale dopo deafferentazione sensitivaSe il recettore perde completamente il contatto con il SNC, per un danno del sistema nervoso periferico o per un qualsiasi altro disturbo lungo la via di collegamento, si verifica una situazione definita deafferentazione .In una deafferentazione conseguente ad un danno completo di un nervo sensitivo (neurotmesi) si osserva, nella zona di distribuzione nervosa, un'area di completa anestesia cutanea, circondata da una zona di ottundimento sensitivo (ipoestesia), dove la sensazione risulta alterata, ma non completamente perduta.La zona di ottundimento sensitivo corrisponde alla sovrapposizione cutanea \p73 del territorio del nervo danneggiato con il territorio di numerosi altri nervi contigui intatti.Dopo alcune settimane, necessarie per la rigenerazione nervosa o per lo sprouting (ricolonizzazione) da parte delle fibre nervose rimaste integre, se il danno non molto esteso la sensibilit ritorna anche nella zona di completa anestesia. Anche nel caso di pressoch completo recupero funzionale tuttavia, la soglia sensitiva rimane pi alta dopo il danno, le capacit discriminative e la precisione localizzatoria inoltre risultano pi grossolane.Alcuni lavori di Burgess ed Horch (1973) hanno dimostrato che la rigenerazione di fibre mielinizzate dopo neurotmesi si dirige effettivamente [1] verso i recettori originali; questi normalmente vengono per raggiunti e reinnervati in maniera parziale e pi approssimativa rispetto alla situazione fisiologica e non sono pi in grado di inviare codici sensitivi precisi come in precedenza.[1] Obbedendo ad un meccanismo per ora completamente sconosciutoI recettori di Merkel per esempio, dove la reinnervazione non si differenzia pi fra le diverse cellule epiteliali di Merkel (vedi oltre), non recuperano la caratteristica, raffinatissima sensibilit dinamica per la pressione cutanea, n la loro prolungata scarica irregolare dopo il termine dello stimolo che li caratterizza come recettori rapidi, mentre recuperano totalmente la risposta fasica alla

stimolazione (divengono, in altre parole, recettori lenti).La stessa difficolt stata riscontrata anche per i recettori di Pacini.Quando ci avviene, stimolazioni che sono solamente fastidiose, come la leggera puntura di uno spillo, divengono decisamente dolorose ed il fenomeno prende il nome di disestesia (vedi oltre) (Zotterman 1976).Il fenomeno disestesico ritenuto conseguente ad una rigenerazione nervosa delle fibre amieliniche di tipo C, legate alla sensibilit dolorifica, lungo le vie precedentemente occupate dai grandi assoni di tipo A, collegati invece alla sensibilit tattile discriminativa.Il fenomeno caratterizzato anche da una componente centrale, nelle corna posteriori, a livello del cancello (vedi oltre): la mancanza di afferenze di tipo A non consentirebbe pi di limitare (chiudendo il cancello) il bombardamento doloroso proveniente dalle fibre C.Pu darsi che a livello di sistema nervoso centrale avvenga una parziale compensazione per questi fenomeni e che quindi il deficit di reinnervazione sia di fatto pi grande della effettiva perdita di capacit di discriminazione, ma su questo aspetto mancano ricerche probatorie.Importanza della sensibilit nel controllo del movimentoOgni progetto motorio viene messo in atto sotto un costante controllo sensoriale, che verifica l'aderenza del movimento in corso ai parametri di progettazione.Si pu sicuramente affermare che il movimento un costante, intrecciarsi e susseguirsi di attivazioni muscolari biomeccaniche concatenate e delle informazioni sensitive (propriocettive ed esterocettive) innescate dall'attivit biomeccanica del muscolo. Questo costante intrecciarsi e susseguirsi tanto pi rapido e complesso, quanto maggiore la richiesta di precisione e raffinatezza motoria.Per l'arto superiore in particolare, dove la quantit di muscoli e di gradi di libert articolare consentono numerosissime scelte motorie differenziate anche da lievissime sfumature, il raffinato controllo sensitivo determinante per la qualit e la rapidit dell'eventuale movimento.Questo controllo viene effettuato essenzialmente attraverso gli esterocettori epidermici [2] della cute, le cui informazioni sono in grado di modificare un intero progetto motorio lungo tutto il suo svolgimento anche se si sviluppano durante un brevissimo lasso temporale di poche decine di millisecondi.[2] Corpuscoli di Meissner: FA I e corpuscoli di Merkel SA I, vedi oltre.\p74 I tempi d'azione dei recettori cutanei che influenzano il progetto motorio sono dunque di gran lunga inferiori ai tempi necessari per l'intervento di qualunque sistema che influenzi coscientemente il movimento; i loro codici quindi consentono la correzione del progetto motorio attraverso sistemi di controllo che esulano dal sistema motorio cosciente.Data la necessit di agire in un tempo reale di questa entit, le informazioni sensitive di verifica del movimento sono massimamente indirizzate verso le strutture nervose di controllo automatico del progetto motorio (cervelletto), le strutture nervose di controllo consapevole del movimento (corteccia cerebrale) impiegherebbero un tempo troppo lungo (dell'ordine di centinaia di millisecondi) per essere efficaci.Una serie di interessantissime informazioni a proposito vengono dagli studi da Johansson e Westling (1984, 1987, 1991).Questi autori hanno studiato l'influenza del controllo sensitivo legato ai propriocettori della cute su di un progetto motorio complesso dell'arto superiore.Il progetto motorio studiato consisteva nell'afferrare, in una pinza fra pollice ed indice, un oggetto di peso e scivolosit variabile e successivamente sollevarlo.Johansson e Westling registrarono una serie di dati importantissimi.Fig. 4.1 - Rapporto fra la forza di sollevamento (in alto), la forza di presa (al centro) ed il movimento dell'oggetto (in basso) in vari momenti, a: fase di presollevamento (in questa fase l'oggetto afferrato con forza dopo un contatto iniziale); b: fase di sollevamento (in questa fase vi un aumento isometrico dell'attivit sia di presa che di sollevamento ma l'oggetto rimane ancora al suo posto); c: fase di transizione (l'oggetto sollevato dal tavolo); d: fase di

stazionamento (l'oggetto mantenuto sollevato in aria) e: fase di ritorno; f: fase speculare (ma di ritorno) della fase di sollevamento; g: fase di scarico. La quarta riga dall'alto mostra il comportamento dell'indice di scivolamento. Nella figura a destra indicato come calcolare l'indice di scivolamento: (vedi testo) si chiede al paziente di allentare progressivamente la forza di presa (l'inizio della manovra indicato nella figura dalla linea tratteggiata). Nel momento in cui l'oggetto scivola effettivamente si calcola l'indice in questione. L'oggetto inizia a scivolare circa 2 secondi dopo l'inizio della operazione (da Westling e Johansson 1987, modificata).\p75Innanzitutto verificarono che la forza di presa, con la quale veniva afferrato l'oggetto, era proporzionale a due distinti parametri, la sua scivolosit ed il suo peso. La qualit della superficie determinava la forza di presa prima dell'inizio del sollevamento, con una forza minore per superfici ruvide (carta vetrata), maggiore per superfici lisce (seta). Il peso determinava invece la forza di presa al momento del distacco dal piano di appoggio.La forza di presa dunque, come pu essere osservato nella figura, si sviluppa in due momenti:- prima del sollevamento- all'inizio del sollevamento.Questa forza gioca un ruolo determinante per raggiungere lo scopo, se troppo tenue potrebbe far scivolare la presa, se troppo forte l'oggetto si potrebbe danneggiare.La forza di sollevamento entra in azione successivamente alla forza di presa, (zona b della figura). Una volta entrate in azione, entrambe variano in sincronia (in maniera direttamente proporzionale) fino a raggiungere la fase di contrazione isometrica (zona c); in questa fase l'oggetto viene mantenuto fermo ed i due tipi di forza sono costanti.Il rapporto fra forza di presa e di sollevamento rimane costante qualunque sia il peso dell'oggetto, poich se aumenta il peso aumenta la forza di presa ma, proporzionalmente, anche la forza necessaria per sollevarlo.Il rapporto presa/sollevamento, per il peso dell'oggetto, di poco superiore all'indice di scivolamento. Si intende come indice di scivolamento la minima forza di presa alla quale l'oggetto pu essere mantenuto sollevato; subito sotto questo valore l'oggetto scivola e cade.Il rapporto forza di presa/forza di sollevamento varia marcatamente al variare del tipo di superficie dell'oggetto.Quanto pi liscia la superficie tanto pi elevato il rapporto, visto che in questo caso aumenta la forza di presa necessaria per evitare lo scivolamen o

ma non la forza necessaria (nella fase successiva) per sollevarlo.Il differente comportamento della forza di presa durante questo tipo di movimento ha un significato logico molto importante: esso suggerisce che gli stessi muscoli possono mettere in atto differenti progetti motori a seconda delle informazioni sensitivamente in arrivo; questi differenti progetti possono essere attivati indifferentemente dal sistema nervoso, e sono tutti equivalenti riguardo la strategia ed il risultato finale del movimento progettato.L'arco afferente che modifica la strategia di presa e di sollevamento legato alle afferenze dei corpuscoli sensitivi di Meissner e di Merkel, i cui codici di scarica sono marcatamente modificati dalla superficie dell'oggetto e dal suo peso (pi liscia la superficie e pi elevato il peso, pi rapida risulta la frequenza di scarica). L'aggiustamento del progetto motorio avviene entro 0.2-0.3 secondi dal contatto con la superficie e questo gi indica l'importanza delle caratteristiche neurofisiologiche dei recettori periferici.Molto interessante osservare ci che avviene nell'eventualit in cui la forza di presa iniziale non sia adeguata e l'oggetto scivoli fra le dita prima ancora di sollevarsi dal piano di appoggio.In questo caso, nonostante il soggetto non si renda conto di alcuna variazione, vi un aggiustamento della forza di presa legato ai due tipi di recettori citati ed ai corpuscoli di Pacini (FA-II); questi diversi sensori ricalibrano al giusto livello il rapporto forza di presa/sollevamento entro un tempo di 75 millisecondi (con inizio della variazione elettromiografica a 65 millisecondi).Un tempo di questo tipo pu caratterizzare solamente una azione riflessa od automatica, poich una reazione motoria volontaria, in queste situazioni, non si verifica mai prima di 150 millisecondi.\p76 I tempi di questo riflesso sono straordinariamente simili ai tempi della risposta ritardata del riflesso miotatico (si veda clinica del midollo spinale), il che farebbe supporre un percorso corticale del riflesso (pi precisamente ad un corto circuito corteccia primaria sensitiva-corteccia primaria motoria), l'argomento per non mai stato approfondito e non vi sono ulteriori dati a proposito.Se il peso utilizzato viene cambiato durante l'esecuzione del movimento, la risposta correttiva si ha solamente dopo 80-110 millisecondi dal distacco dell'oggetto dal piano di appoggio (sia che il peso aumenti, sia che diminuisca); in questo caso la forza di presa modificata solamente nella sua seconda componente, quella relativa al sollevamento dell'oggetto.Gli studi di Johansson e Westling portano a due importanti considerazioni sul controllo sensitivo cutaneo del movimento.La prima che, nonostante queste afferenze modifichino i loro codici di scarica per periodi brevissimi (10-20 millisecondi, come si visto), questo sufficiente a modificare globalmente un progetto motorio della durata di diversi secondi; la risposta che si ottiene a 65-75 millisecondi probabilmente il primo dei meccanismi di reazione alle differenze percepite a livello sensitivo, la modifica dell'intero progetto motorio indica che le stesse informazioni sono conservate per molto tempo e utilizzate a livelli differenti, in tempi anche molto ritardati rispetto alla loro trasmissione. Queste informazioni sensitive devono quindi dar luogo ad una sorta di memoria sensitiva utilizzabile per governare le sincronie e le sinergie muscolari lungo tutto l'arco del movimento, per centinaia di millisecondi dopo il loro esaurimento e non solamente nel momento in cui l'afferenza sensitiva in azione. Vi , in altri termini, una registrazione dell'afferenza sensitiva a disposizione per tutto il tempo in cui si sviluppa il progetto.La seconda osservazione proposta dagli studi di Johansson e Westling che, per quanto le informazioni sensitive riguardino solamente la propriocezione di alcuni muscoli ben precisi, esse si diffondono e servono a graduare l'attivit muscolare dell'intero arto.Se l'oggetto scivola durante il sollevamento, non solamente si ha una ricalibrazione della forza di presa, ma si ha un cambiamento anche nella forza di sollevamento, che rallenta, codificando il rapporto fra agonisti e

antagonisti della flessione del gomito e della estensione della spalla secondo parametri pi appropriati.Un ultimo dato importantissimo: se una identica attivazione dei meccano-cettori cutanei provocata da una corrente elettrica non dolorosa anzich da uno stimolo fisiologico, il quadro motorio cambia completamente (Macefield Johansson 1996).Si ha, inizialmente, una risposta molto simile a quella osservata in situazioni reali ma, al perdurare della corrente, vi un precoce fenomeno di abitudine ed il progetto motorio non cambia pi rispetto allo stimolo.Il dato molto importante poich indica che la stimolazione delle singole afferenze sensitive cutanee solamente un momento del meccanismo funzionale del controllo sensitivo del progetto motorio, meccanismo che evidentemente riconosce anche altri tipi di informazioni (articolari? muscolari?) oggi completamente sconosciute.In condizioni cliniche reali gli esperimenti di Johansson e Westling sono perfettamente confermati: senza l'ausilio della vista pazienti deafferentati (da gravi polineuropatie sensitive per esempio), non possono compiere nemmeno i pi semplici movimenti di manipolazione se non con grande difficolt ed approssimazione, non riescono ad allacciarsi i bottoni o a raccogliere monete dal tavolo; nell'afferrare oggetti questi pazienti, hanno sempre una presa molto stretta, particolarmente pericolosa se prendono in pugno piccoli animali o oggetti preziosi.Fig. 4.2 - Distribuzione approssimativa dei gravi disturbi sensitivi (polineuropatie avanzate): in rosso disturbi della sensibilit vibratoria, in blu la perdita della sensibilit termica, nelle diverse sfumature di rosso la ridotta sensibilit dolorifica (rosso pi scuro sensibilit ridotta, rosso pi chiaro sensibilit assente).\p78Diverso il comportamento di questi soggetti quando debbano mettere in atto movimenti la cui origine legata per intero ad una progettualit interna, tipo per esempio, toccarsi ripetutamente tutte le dita della mano con il pollice, disegnare lettere nell'aria o eseguire gesti che abbiano un significato simbolico (saluto militare, gesto delle forbici, eccetera).La deafferentazione sensitiva non compromette affatto l'esecuzione del progetto motorio, anche molto complesso, che viene portato a termine in maniera precisa nei normali tempi di esecuzione.L'unica differenza risiede nella ripetizione del movimento, che il normale pu compiere all'infinito, mentre nel paziente con problemi sensitivi imperfetta e approssimativa, rendendo gi completamente inadeguato il gesto dopo due, tre ripetizioni. come se, nell'esecuzione ripetitiva di un progetto motorio, si inserissero costantemente, nella quotidianit del gesto, piccole perturbazioni esterne. Nel normale queste perturbazioni vengono corrette completamente a livello non cosciente dal sistema sensitivo mentre nel paziente con turbe sensitive si sommerebbero ad ogni ripetizione, fino a deteriorare completamente la significativit dell'atto motorio.Se cos se ne deve concludere che le ordinarie perturbazioni di un progetto motorio sono davvero numerose ed importanti.Ancora diverso il caso di un movimento che debba essere effettuato, in questi pazienti, sotto l'esclusivo controllo visivo.In un esperimento Ghez et al. (1990) chiedevano ad un paziente con perdita completa della sensibilit, di eseguire un movimento nel quale si doveva spostare un cursore su di uno schermo, fra due punti definiti pasti a distanza di pochi centimetri (12 cm) senza poterne controllare il percorso. Il paziente, durante il movimento, non vedeva n il proprio braccio n il cursore da spostare, ma solamente i punti di arrivo e di partenza.Come possibile osservare nella figura 4.3, il movimento fortemente impreciso nel paziente deafferentato (dato questo prevedibile fin dall'inizio) la performance motoria migliora notevolmente se la vista del cursore (partenza a bersaglio ocra) pu essere mantenuta per tutto l'arco del movimento (fenomeno, anche questo, ipotizzabile), la performance migliora anche per, e questo dato assolutamente inaspettato, se il paziente pu osservare la posizione (o cos'altro?) del proprio arto prima dell'inizio del movimento (partenza a bersaglio

verde). chiaro che in questo caso, come negli esperimenti di Johansson e Westling vi un'informazione sensitiva che dura un tempo molto pi breve del periodo nel quale viene utilizzata per lo sviluppo del progetto motorio.Rispetto ai lavori di Johansson e Westling, nel lavoro di Ghez il canale differente, visivo anzich propriocettivo, ma il risultato identico: l'esistenza di una memoria sensitiva incosciente dalla quale pu attingere la struttura nervosa di coordinazione o correzione del progetto motorio.Posto in termini pi usuali, visto che la coordinazione e la correzione motoria sono funzioni tipicamente cerebellari, il problema riguarda la capacit di detta struttura di memorizzare, nel tempo, le informazioni sensitive per utilizzarle nell'esecuzione di successivi progetti motori.Il problema della memoria motoria del cervelletto, o di qualsiasi altra struttura deputata all'elaborazione dei progetti di movimento, un problema attorno al quale molto si dibattuto e ancora si dibatte in neurofisiologia.L'utilizzo delle informazioni afferenti da parte delle strutture motorie impone tuttavia di considerare il controllo sensitivo come una determinante fondamentale dell'esecuzione motoria.Le afferenze sensitive sono in grado, e questi esperimenti lo hanno definitivamente accertato, di controllare l'esecuzione motoria non solamente a livello \p79 di riflessi spinali per la difesa dell'integrit fisica o, a livello cosciente, nella definizione del progetto motorio. Esiste un terzo livello di controllo sensitivo sul movimento, in cui le afferenze sensitive sono in grado di agire, una volta acquisite, per lunghi periodi nella determinazione e/o correzione automatico/riflessa dell'esecuzione dei progetti motori.Per poter definire e comprendere tuttavia il ruolo motorio della sensibilit, indispensabile conoscere la struttura e l'organizzazione del sistema nervoso sensitivo ma, ancor prima, inquadrare correttamente il concetto di sensibilit. L'inquadramento indispensabile per avere una base logica, psicologica e neurofisiologica chiara sulla quale impostare lo studio dei fenomeni clinici appena esposti.Fig.4.3 - Errori nella precisione del movimento in un paziente con gravi disturbi esclusivamente sensitivi. I soggetti sono seduti di fronte ad un monitor e devono muovere il cursore sullo schermo con uno stilo che hanno in mano per raggiungere il cerchio superiore partendo dal cerchio inferiore. La prima prova da sinistra effettuata da un soggetto normale, le altre tre da un soggetto con gravi disturbi sensitivi. Notare come (prova tre da sinistra) il paziente riesce a compiere un movimento decisamente migliore se solamente gli consentito di osservare la sua mano prima dell'inizio della prova (ma non durante). Nel grafico in basso sono indicati i risultati statistici: NoVis senza visione della mano; PreVis con visione della mano prima del movimento ma non durante; con FB quando la mano pu essere controllata con la vista durante tutto il movimento. Ulteriori spiegazioni nel testo (da Ghez et al. 1990, modificata).Il concetto fisiologico di sensibilit coscienteIl concettoLa sensibilit costituita di due importanti componenti, una componente conscia, che caratterizza ci che comunemente si definisce la consapevolezza di \p80 una sensazione (il senso del tatto o del dolore ne sono gli esempi pi caratteristici) e da una componente inconscia, importante soprattutto per i movimenti automatici e riflessi. I pressocettori della pianta dei piedi (per i movimenti automatici posturali), o il riflesso cutaneo da evitamento (per i riflessi spinali) sono gli esempi pi conosciuti di questo secondo tipo di sensibilit.Nella componente conscia della sensibilit si possono differenziare alcune grandi categorie: la sensibilit tattile manipolativa, il tatto passivo, il dolore, il caldo e il freddo, il senso di posizione, solo per citare le categorie principali.Questi differenti tipi di sensibilit, per quanto importanti e differenziati, non riconoscono vie e strutture nervose selettive, responsabili o prioritarie per la loro origine, contrariamente a ci che a lungo si pensato in passato.I differenti tipi di sensibilit

cosciente, pur originando da recettori specifici, sono il frutto di una serie di successive integrazioni neuronali, che avvengono lungo il percorso di diverse vie, il cui intreccio in una rete vasta e complessa contribuisce assieme ai codici trasmessi dai recettori periferici, alla formazione della sensibilit esterocettiva nel suo insieme, cos come questa viene comunemente intesa.Ci significa che, per quanto alla periferia siano presenti recettori specifici per il calore, per l'indentazione della cute o per il dolore, i codici di questi recettori non trasmettono affatto la sensibilit dolorosa, tattile o calorica cos come concepita a livello cosciente, ma solamente dei segnali: questi segnali sono alla base ma non caratterizzano alcun tipo di sensibilit cosciente.Non esistono, in altre parole, recettori periferici specifici per le sensibilit, cos come vengono intese le sensibilit di tipo cosciente (sarebbe come sostenere che le note sono le uniche responsabili di una sinfonia musicale, togliendo ogni significato al musicista e agli strumenti), ma recettori che operano all'interno di un determinato intervallo di energie frequentemente, ma non assolutamente, tipo specifiche.Attivati da queste energie, i recettori inviano codici (che corrispondono a treni di spikes) verso il sistema nervoso centrale. I codici vengono a loro volta elaborati in tutte le stazioni all'interno della rete di circuiti sensitivi. Attraverso successive elaborazioni (integrazioni) essi giungono alla corteccia cerebrale, dove avviene il pi importante ed impegnativo lavoro di integrazione: la coscientizzazione. Nella coscientizzazione il risultato delle integrazioni sottocorticali gi avvenute viene ulteriormente raffinato.Si comprende dunque quale sia il vero ruolo del recettore periferico nella acquisizione consapevole di una sensazione. Esso assolutamente indispensabile, poich l'unica struttura in grado di leggere le energie esterne e tradurle in un linguaggio comprensibile dal sistema nervoso centrale, contemporaneamente per di scarso peso riguardo alla elaborazione finale del concetto sensitivo (dolore, calore o altro). Il concetto sensitivo cosciente nasce dalla calibrata integrazione polimodale messa in atto nelle diverse stazioni della rete neuronale (corteccia, talamo, cervelletto ed altro).Su ciascuna di queste stazioni di rete le numerose vie sensitive (e frequentemente anche le vie motorie) convergono ad imbuto, mentre le informazioni in uscita divergono a ventaglio verso altre stazioni del sistema. Questi flussi di codici si diffondono e si modificano cos ampiamente da mutare in modo sostanziale i codici contenuti nei recettori periferici.Il tipo di informazione (codice) prodotto da un recettore periferico potrebbe essere paragonato alle singole parole di un discorso o di un libro. Le parole costituiscono sicuramente la struttura portante del discorso, il cui significato per dettato dalla logica con cui le parole vengono combinate. Parole identiche possono essere utilizzate per discorsi molto differenti, anche \p81 in contrasto fra loro. Allo stesso modo, informazioni provenienti dai recettori cutanei ed articolari possono essere combinate in sintassi diverse dalla rete neuronale sensitiva, anche se solitamente esiste una data preferenza ad utilizzare i codici recettoriali sempre negli stessi fenomeni di coscientizzazione oppure nelle medesime risposte riflesse.Non esistono quindi, contrariamente ad una credenza comune, canali specifici per il dolore o per la discriminazione tattile, (se non, forse, nel sistema nervoso periferico). Esistono solamente canali preferenziali per la trasmissione di codici di un determinato tipo e verso sistemi preferiti rispetto ad altri. Non possibile mettere in ogni caso in correlazione il sistema recettoriale con la sensazione cosciente.Nel sistema nervoso sensitivo vi sono dunque vie dirette prevalentemente verso la corteccia cerebrale, vie dirette verso il cervelletto e vie dirette verso il midollo spinale, ma ciascuna di queste vie porta ogni tipo di informazioni della rete neuronale e non solamente informazioni specifiche, di tipo tattile, dolorifico o

propriocettivo.L'inquadramento logico del concetto di sensibilit importantissimo poich chiarisce che quando si esamina selettivamente un tipo di sensibilit non si valuta il suo percorso anatomico specifico, dato che essa non percorre una via come un fiume il suo letto. Quando si esamina una sensibilit si studia piuttosto una rete di connessioni, dove l'informazione sensitiva possiede estrema libert di movimento e pu percorrere circuiti differenti all'interno di una rete neuronale.La rete sensitiva costituisce un sistema di comunicazione multimodale che, attraverso vie differenti, trasmette codici recettoriali diversi. I codici che arriveranno alla sede finale verranno qui accorpati secondo sintassi specifiche, caratteristiche pi della stazione di arrivo che non del codice di trasmissione, per organizzare risposte motorie differenti, modulate sulla scorta di molte variabili, oltre che sulle afferenze sensitive.Come disse W.B. Mountcastle ...la sensazione cosciente un racconto astratto, non una riproduzione del mondo reale.Il sistema sensitivo potrebbe essere paragonato ad una societ d'affari che ha necessit di tenere in contatto tutte le sue filiali periferiche con la sede centrale.Le differenti sedi periferiche potrebbero essere paragonate ai recettori, la sede centrale alla corteccia cerebrale, al cervelletto o al midollo spinale, gli strumenti di comunicazione alla rete di circuiti sensitivi.Le sedi periferiche hanno molti modi di comunicare con la centrale, il telefono, il fax, i computers ed i video (le vie nervose); normalmente inviano il messaggio attraverso il circuito della rete pi utile ad interpretare il messaggio medesimo, ma, in condizioni di necessit, possono usare anche pi canali, o canali differenti per un unico messaggio. Il risultato varia in precisione, ma lo scopo sar comunque raggiunto; a chi riceve interessa solo marginalmente la qualit del messaggio, l'interesse nel suo contenuto informativo, che condiziona le operazioni organizzate centralmente (il movimento) alle informazioni periferiche locali raccolte dalla filiale (le informazioni sensitive).Questo concetto di rete di circuiti neuronali sensitivi il frutto delle ricerche neurofisiologiche, ma anche degli studi sulle intelligenze artificiali e sulla automazione robotica.Nello sviluppo storico della medicina la sensibilit non sempre stata considerata in questo modo. La sensibilit stata anzi a lungo valutata in modo diverso, come il risultato di interazioni molto differenti, delle quali bene avere una qualche conoscenza poich esse hanno determinato il concetto di sensibilit ed ancora oggi in alcuni casi lo influenzano.Neurofisiologia della sensibilit: inquadramento storicoIl primo ad affrontare in maniera dottrinale un discorso sulle sensibilit l'Inglese Mller nel 1842. Nella sua monumentale opera Elements of Physiology Mller afferma testualmente: ...la sensazione una propriet comune a tutti i sensi, ma il tipo di sensazione diverso per ciascuno di essi: ecco allora che abbiamo la sensazione della luce, del suono, del gusto dell'odorato e del tatto, che la sensazione che ci deriva dai nervi cranici e spinali; le sensazioni di grattamento, di piacere o di dolore, di caldo o di freddo e quelle stimolate dall'atto del toccare nel suo senso pi ristretto, sono variet del senso del tatto [3].[3] Mller (1842), citazione tratta da on the nature of cutaneous mechanisms Melzack e Wall vedi riferimento bibliograficoMller afferma che dette informazioni viaggiano dall'organo recettore al cervello attraverso i nervi ed il cervello ad interpretare in maniera distinta le varie sensazioni, conferendogli rilevanza cognitiva.Per quanto oggi possano sembrare elementari, le teorie di Mller sulla sensibilit costituiscono un passo importantissimo per la medicina, poich per la prima volta focalizzano la necessit di codificare le conoscenze ed aprire una discussione scientifica sugli aspetti della trasmissione e della percezione sensitiva, ponendo, in maniera embrionale, anche il problema del rapporto fra sensibilit e coscienza, che tanto appassioner i neurofisiologi del nostro secolo.La teoria di Mller soddisfa

evidentemente le esigenze culturali e pratiche del momento; infatti, per pi di cinquanta anni, nessuno d sostanziali apporti o mette in discussione il suo contributo.Nel 1895 Von Frey [4] formula una teoria che la naturale evoluzione del pensiero di Mller. Egli ipotizza che vi siano, fin dal livello cutaneo, quattro diversi tipi di sensibilit e che ciascuno di questi viaggi lungo vie separate del sistema nervoso senza commistione alcuna, fino a livello della consapevolezza, cio a livello encefalico.[4] von Frey M.( 1895),Sachs Ges., Wiss. Math-phys.,ClinVon Frey identifica quindi quattro tipi fondamentali di recettori cutanei: 1) i corpuscoli di Meissner (pi i recettori piliferi, che aggiunger successivamente) per la sensazione tattile, 2) i recettori terminali di Ruffini per il caldo e 3) i bulbi terminali di Krause per il freddo, 4) le terminazioni cutanee libere per il dolore [5].[5] Vedi paragrafo successivo per la definizione fisiologica attuale dei recettori, che hanno mantenuto il loro nome originale ma non la funzione.Von Frey d un apporto fondamentale alle moderne conoscenze sulla neurofisiologia sensitiva: la sua assunzione sulla specializzazione dei recettori cutanei infatti ancora valida e la sua teoria stata ampiamente suffragata dalle successive indagini sperimentali.La teoria di Von Frey tuttavia, oggi ormai superata, ancora causa di notevole confusione: mentre il primo assunto (1) specializzazione dei recettori, come si appena visto, stato successivamente convalidato dalle indagini di laboratorio ed quindi ancora oggi riconosciuto, gli altri due si sono, sperimentalmente, dimostrati non veri e sono, di conseguenza stati accantonati. I due assunti ormai abbandonati affermavano che (2) ad ogni recettore corrispondesse una sola specifica sensibilit ed un solo tipo di terminazioni nervose e che quindi le informazioni sensitive giungessero gi selezionate al sistema nervoso centrale e (3) esiste un rapporto rigidamente somatotopico fra il tipo e la collocazione topografica del recettore da un lato e l'encefalo [6] e, quindi, la coscienza dall'altro. [6] ma oggi dovremmo interpretare il termine come la corteccia cerebrale.La confusione ancora oggi esistente sulle vie sensitve ha origine dalla teoria di Von Frey e deriva dal considerarla valida nel suo insieme: dalla specificit recettoriale (assunto 1, ancora valido) alla specificit delle vie, diverse per ogni \p83 tipo di sensibilit (assunto 2, non pi valido) ed alla presa di coscienza (assunto 3, non pi valido), che sarebbe quindi fortemente facilitata, e limitata allo stesso tempo, dal pervenire all'encefalo, in maniera separata, dei vari tipi di sensibilit. Se la discussione dell'assunto 2 presuppone un importante passo avanti, con lo smantellamento della classica ed ormai obsoleta teoria anatomica per cui esistono alcune vie solamente per la sensibilit tattile, altre solamente per la sensibilit termodolorifica e cos via per ogni tipo di sensibilit[7], la discussione dell'assunto 3 presuppone una riconsiderazione assai pi complessa, che analizzi in termini moderni l'essenza del concetto di consapevolezza/coscienza[8].[7] Anche se la specificit delle vie rimane vera nella maggior parte delle situazioni elementari, non pu essere considerata valida in termini assoluti, le sensibilit pi complesse sfruttano pi percorsi anatomici.[8] vedi nota 7La teoria di Von Frey accettata globalmente, come una soddisfacente interpretazione dei fenomeni sensitivi per quasi 40 anni, fino agli anni venti di questo secolo.Nel 1924 Erlanger, Gasser e Bishop dimostrano che la velocit di conduzione delle fibre nervose proporzionale alla quantit di guaina mielinica che le avvolge (sono questi autori a classificare, data la loro scoperta, le fibre nervose in A, B, C, a seconda delle velocit con cui conducono l'impulso).Fa seguito all'individuazione delle diverse fibre nervose una loro teoria, secondo la quale la qualit dello stimolo sensitivo legata, con rapporto biunivoco, al diametro delle fibre sensitive: esistono pertanto fibre per il dolore (fibre C) che sono prive o quasi di guaina mielinica, fibre per la sensibilit tattile (fibre A) con molta mielina e fra queste un

ventaglio di fibre, ottenute suddividendo i gruppi A, B e C in vari sottogruppi, ciascuna con un tipo specifico di sensibilit.La teoria, a dire il vero, non varia di molto rispetto alla ipotesi di Von Frey (che gi aveva supposto percorsi separati per i vari tipi di sensibilit), se non nelle posizioni del suo massimo esponente, Sinclair.Negli anni cinquanta Sinclair nega l'esistenza della specificit dei recettori, affermando che la qualit del messaggio sensitivo cutaneo codificata dalla differente successione di treni di impulsi sensitivi e, in base a questa successione di impulsi, decodificata a livello encefalico, per divenire cosciente.Sinclair inoltre riprende esattamente l'assunto 3 della teoria di Von Frey, secondo il quale vi un rapporto rigidamente somatotopico fra le fibre recettrici e le zone di coscientizzazione della sensibilit (punto che oggi sappiamo non essere pi valido) [9].All'inizio degli anni sessanta gli stessi Bishop, Gasser ed Erlanger rivedono parzialmente la loro teoria, che viene comunque definitivamente smentita dai lavori di Hunt e Mclntyre che dimostrano che la specificit delle fibre sensitive di differente calibro rispetto ai diversi tipi di sensibilit non assoluta [10].[9] vedi nota 7[10] Hunt&Mcintyre J.Physiol. 153,88 (1960a);153,99 (1960b)Questo assunto, provato sperimentalmente, importantissimo ed ancor oggi, purtroppo, ignorato da molti.La differenziazione delle fibre in fibre della sensibilit tattile e discriminativa se di tipo A o fibre del dolore se fibre C, che pure solitamente sensata e veritiera se la si assume come tendenza, diviene un errore quando la si assume come legge della neurofisiologia e genera un elevato numero di incongruenze sia con i dati sperimentali che nell'esperienza clinica quotidiana.L'evoluzione successiva della neurofisiologia delle vie sensitive raggiunge i nostri giorni con la teoria del cancello elaborata dell'inglese Wall e dall'australiano Melzack, che vedono la sensibilit cutanea come una successione di integrazioni \p84 nervose, fin dai primi livelli del sistema nervoso centrale (corna posteriori del midollo spinale). Ma questa teoria non ancora storia: essa la base delle attuali argomentazioni di neurofisiologia sensitiva (per la descrizione della teoria del cancello si rimanda alla parte sulle corna posteriori del presente capitolo).Anatomia e fisiologia della percezione cutaneaI recettori cutanei ed il loro ruolo nella percezione sensitivaLa diversit della sensibilit cutanea, sia come tipo di sensazione che come capacita di discriminazione quantitativa, un dato da sempre evidente.Clinicamente questo significa che si possono disegnare mappe differenti per la sensibilit cutanea al tatto, al calore, al freddo e al dolore e che in queste mappe possibile riscontrare punti, specifici per ciascun tipo di sensibilit, in cui la percezione di situazioni quantitativamente differenti migliore rispetto ad altre zone. Si hanno cos punti particolarmente sensibili al calore, al freddo, al dolore o ad altri tipi di stimolo.All'aumentare dell'intensit dello stimolo la differenziazione fra i diversi tipi di mappe sensitive perde di significato ed uno stimolo intenso pu sollecitare sensazioni di caldo e di dolore contemporaneamente, oppure un insieme di sensazioni (solitamente spiacevoli) non pi facilmente classificabili.Ancora oggi, ad oltre novanta anni dal suo esempio, chi meglio riusc a descrivere cosa accada alla cute colpita da uno stimolo esterno, fu Sherrington: (....) la superficie cutanea una sorta di mosaico di aree sensitive (.....)ciascun pezzo del mosaico, indubbiamente, coincide con il sito di localizzazione di un recettore o con un piccolo gruppo di essi (.....) (.....) piuttosto che ad un mosaico tuttavia io paragonerei la cute ad unospecchio d'acqua, nel quale crescono numerose piante (acquatiche), alcune immerse ed alcune galleggianti. Se si getta un sasso nell'acqua, le piante si muoveranno in rapporto alla violenza dell'impatto, alle loro dimensioni ed alla vicinanza del luogo in cui il sasso stato gettato.Dove le piante sono maggiormente concentrate nessun sasso, per

quanto piccolo, colpir la superficie dell'acqua; esso colpir per forza una pianta, ma oltre quella, o quelle se pi di una, un vasto numero di piante sar mosso dalle onde generate nell'acqua dal movimento delle piante colpite. Il moto delle piante durer ben oltre la caduta del sasso, fino a che le acque non si saranno definitivamente calmate[11 12.] [11 Sherrington: Cutaneous sensation in Schafer textbook of Physiology Vol.2 London 1900 pp. 920-1000 [12 Il movimento cutaneo riferito da due fattori meccanici l'indentazione della cute e la pressione su di essa.Il ruolo dei singoli recettori, pur essendo determinante per leggere lo stimolo esterno, non caratterizza il tipo di sensibilit, che pare piuttosto formarsi in conseguenza ad una serie di integrazioni successive a livello centrale, all'interno di una rete di collegamenti di cui fanno parte diversi circuiti afferenti.Qualunque stimolo colpisca la cute, proprio come il sasso nello stagno, attiva in maniera differenziata una serie di recettori appartenenti ad almeno quattro categorie funzionali, ciascuno dei quali invia al sistema nervoso centrale un complesso codice spazio-temporale che riguarda la sua singolare e limitata percezione dell'evento. all'interno del sistema nervoso centrale che avviene l'integrazione dei vari codici e si arriva ad una informazione sensitiva operativa ed utile per impostare una reazione od un progetto motorio.\p85 I recettori quindi hanno una loro specificit, che determina la sensibilit del sistema nervoso centrale allo stimolo, ma non legata ad una via specifica per quella sensibilit e tantomeno alla consapevolezza di quella data sensazione.La teoria di Von Frey: un recettore - una via una sensibilit, un concetto ormai definitivamente superato.Essendo i recettori e la loro specificit il punto di partenza di ogni evento sensitivo, necessario conoscerne le caratteristiche e la loro distribuzione a livello cutaneo, poich chiaro, dall'esempio di Sherrington, che la qualit dell'informazione strettamente correlata alla quantit di recettori e al tipo di specificit recettoriali rappresentate per ogni centimetro quadrato di cute.Anatomia dei recettori cutaneiA livello di significativit sensoriale la cute si pu dividere in cute glabra (cio priva di peli) e cute con peli. Le prime ricerche anatomiche sui recettori sensitivi vennero effettuate sulla cute provvista di peli ed evidenziarono recettori che poi si sono individuati, con differenze non sostanziali, anche a livello della cute glabra.Le uniche differenze fra le due sono date dalla presenza, nella prima, di recettori legati al pelo che ovviamente sono assenti nella seconda e dalla densit dei recettori, molto pi concentrati sulla cute glabra.I recettori cutanei possono essere suddivisi in tre categorie fondamentaliMeccanocettoriTermocettoriNocicettoriI meccanocettori ed i termocettori sono poi ulteriormente divisi inRecettori rapidi (FA: dall'inglese fast adapting) Recettori lenti (SA: dall'inglese slow adapting)I nocicettori non sono classificati in quanto, fino a non molto tempo addietro, si riteneva fossero terminazioni cutanee libere di fibre C o A. Oggi si ritiene invece che questi recettori abbiano una struttura recettiva diversa dalla terminazione nervosa (McIntyre 1989), che per nessuno ancora stato in grado di individuare.Meccanocettori cutanei non collegati al follicolo piliferoA livello cutaneo si trovano quattro tipi di meccanocettoriA) i corpuscoli di MerkelB) i corpuscoli di Meissner (con i loro omologhi per le mucose: i corpuscoli di Krause)C) i corpuscoli di RuffiniD) i corpuscoli di PaciniI corpuscoli di Merkel e di Meissner sono pi superficiali, trovandosi al confine fra derma ed epidermide, sono pi concentrati nei polpastrelli delle mani, dove hanno campi recettivi molto piccoli, con una superficie all'incirca di 13 millimicron quadrati e deputati prevalentemente a percepire le variazioni rapide di movimento cutaneo.Sono entrambi innervati da fibre sensitive di tipo veloce, hanno piccolissimi campi recettivi dentro i quali si possono ritrovare alcuni punti in cui la sensibilit sviluppata maggiormente.I recettori di Merkel sono strutture concave (a coppa), situati sulla parte

\p86 inferiore delle papille dermiche dove, con la loro forma, abbracciano il fondo della papilla.I recettori di Merkel sono costituiti da una fibra sensitiva di tipo veloce (I) che, a livello della giunzione dermo-epidermica si dipana in alcuni filamenti terminali. Ciascuno di questi filamenti si dirige ad una cellula cutanea, la cellula sensitiva di Merkel . All'interno della quale le fibre nervose prendono contatto con granuli sferici gelatinosi che costituiscono il vero e proprio trasduttore dell'energia meccanica in potenziali d'azione.Non si sa se vi siano vere sinapsi o di che tipo siano i contatti, ma la cellula sensitiva di Merkel determinante riguardo al caratteristico lento adattamento di questi recettori. (SAI: slow adapting I fibres).Ciascuna terminazione nervosa prende contatto con 6-7 cellule epiteliali di Merkel ed il campo recettivo di un recettore visibile sulla cute come un lieve sollevamento.Si ritiene che sia questo contatto fra un solo terminale nervoso e numerose cellule epiteliali di Merkel, nonch le caratteristiche fisiche dei loro granuli endocellulari ad attribuire al recettore la caratteristica scarica irregolare di risposta alla stimolazione meccanica della cute.I corpuscoli di Merkel sono in grado di rispondere solamente all'aumento perpendicolare della pressione, particolarmente a livello dei polpastrelli delle dita (dove sono massimamente concentrati).\p87 La loro sensibilit estrema, sono sufficienti movimenti di 50 millimicron per attivarli.La risposta ha due componenti:una prima componente dinamica, che dura circa 0.5 secondi ed caratterizzata da scariche ad alta frequenza;una seconda componente statica, caratterizzata da una risposta che rimane costante anche dopo la rimozione dello stimolo, di frequenza minore, ma di durata molto lunga.Un singolo recettore pu scaricare con la stessa frequenza anche per molti minuti (8-10), continuando cos a segnalare la pregressa variazione di pressione applicata alla cute.I recettori di Meissner si trovano all'apice delle papille del derma. Sono quindi i recettori meccanici pi esterni del corpo.La loro forma allungata, tipo dirigibile, ha l'asse maggiore diretto perpendicolarmente alla superficie della cute ed innervato da un numero variabile di assoni sensitivi (da due a sei) del tipo I ad adattamento rapido (FAI: fast adapting I fibres).L'aspetto anatomico caratterizzato da una lamellatura connettiva parallela alla superficie cutanea (perpendicolare cio al suo asse maggiore), all'interno della quale si sfioccano le terminazioni mieliniche.Il recettore di Meissner inserito all'epidermide soprastante da una decina di lamelle di collagene, mentre il lato inferiore libero di muoversi nello spessore del derma.Questa caratteristica e la rapida adattabilit (vedi oltre), fecero sostenere ad Iggo (1977) l'ipotesi che i recettori di Meissner corrispondessero ai meccanocet-tori piliferi, costituendo funzionalmente una vera sorta di pelo all'interno della pelle glabra.Il recettore di Meissner percepisce il cambiamento di forza meccanica applicata al derma e la sua direzione, particolarmente a livello delle microplicature che formano le impronte digitali. un organo a rapidissimo adattamento e di grande precisione, percepisce movimenti oscillatori della cute con una rapidit (del movimento) fino a 100 Hertz [13] ed una estensione del movimento di un minimo di 10 millimicron.[13] Percepisce fino a cento variazioni direzionali al secondo applicate da una forza esterna alla cute.Si adatta rapidissimamente, interrompendo la scarica in pochi decimi di secondo se non avvengono variazioni nella forza meccanica applicata alla cute.I recettori di Ruffini sono terminazioni meccanocettive situate nel derma. Sono caratterizzate da una sola fibra sensitiva di tipo II ad adattamento lento (SAII: slow adapting II fibres), che si avviluppa ad una fibra collagene del tutto simile alle normali fibre collagene del derma. Il tutto avvolto da una capsula che contiene una sostanza liquida.I corpuscoli di Ruffini hanno un campo recettivo relativamente ampio, di circa 25 millimicron quadrati, e rispondono a deformazioni meccaniche tangenti alla cute con una risposta

lenta ad instaurarsi ma duratura e regolare nel tempo, mentre se la deformazione avviene in senso perpendicolare rispondono solamente se sono esattamente al di sotto del punto di stimolazione.Hanno una soglia recettiva relativamente elevata, non sono infatti attivati se l'indentazione cutanea non raggiunge almeno i 250 millimicron.Si ritiene che l'importanza del recettore di Ruffini sia soprattutto legata alla percezione delle indentazioni cutanee conseguenti ad un movimento articolare o ad una contrazione muscolare e che questi organi di fatto siano prevalentemente propriocettivi (vedi tabella).I recettori di Pacini si trovano nel derma. Sono costituiti da un singolo assone \p88 sensitivo, di tipo II, sono a rapido adattamento (FAII: fast adapting II fbres), Passone termina in una struttura lamellare, a forma di bulbo di cipolla, all'interno di una capsula dentro la quale contenuta una sostanza liquida.Questi sensori sono i pi voluminosi fra i meccanocettori, raggiungendo una dimensione anche di 4 millimetri.I corpuscoli di Pacini hanno un'area di recezione piuttosto ampia (circa 25 millimicron quadrati), sono sensibili a movimenti molto piccoli (fino ad un minimo di 10 millimicron) ed a cambiamenti di movimento rapidissimi, fino a 400 hertz.Nella mano, la distribuzione relativa dei meccanocettori sopra riportati la seguente:Merkel 25% ;Meissner 43%Ruffini 19%Pacini 13%Complessa e poco conosciuta la definizione del loro ruolo a livello sia di controllo motorio automatico che di propriocettivit cosciente.Il controllo degli automatismi motori, come si visto, un problema assai intricato e ancora in gran parte sconosciuto.A livello di percezione cosciente invece sono stati effettuati studi (Gandevia e Burke 1992) nei quali si stimolata artificialmente la afferenza da ciascuno dei meccanocettori cutanei citati, che hanno dato risposte differenti.Il tipo di sensazione cosciente ottenuto stimolando artificialmente (corrente elettrica) un recettore sensitivo pu essere letto nella tabella successiva:Tab 4.1 - sensazioni causate dalla stimolazione elettrica di una singola fibra nervosa afferente proveniente dai diversi recettori specifici della manoClasse di recettori: cutanei a) FAI (Meissner) casi nei quali viene suscitata la sensazione (%): 90percezione della singola stimolazione: +carattere della sensazione: colpetto localizzato, tremore o vibrazione dipendente dalla frequenza e durata dello stimolob) FAII (Pacini)casi nei quali viene suscitata la sensazione (%): 85percezione della singola stimolazione: ?+carattere della sensazione: vibrazione diffusac) SAI (Merkel) casi nei quali viene suscitata la sensazione (%): 80percezione della singola stimolazione: + carattere della sensazione: pressione locale o rientranzad) SAII (Ruffini)casi nei quali viene suscitata la sensazione (%): 10percezione della singola stimolazione: carattere della sensazione: (raramente) movimento articolare quando il campo recettivo sopra la art. interfalangea distale Classe di recettori: muscolaria) fusicasi nei quali viene suscitata la sensazione (%): <10percezione della singola stimolazione: -carattere della sensazione: nulla per una singola afferenza. Quando stimolata una popolazione di fibre, una sensazione di movimentob) organi tendineicasi nei quali viene suscitata la sensazione (%):1 afferenza di sole 3 campionatepercezione della singola stimolazione: -carattere della sensazione: 1 afferenza su 3 produce una sensazione di allungamento muscolareClasse di recettori: articolaricasi nei quali viene suscitata la sensazione (%): 70percezione della singola stimolazione: -carattere della sensazione: pressione profonda focalizzata, movimento o sollecitazione articolareTabella adattata da Gandevia e Burke (1992)La stimolazione delle fibre provenienti dai corpuscoli di Merkel d la sensazione di pressione cutanea o indentazione della cute.La stimolazione delle fibre provenienti dai corpuscoli di Meissner d la sensazione di vibrazione localizzata, strettamente aderente alla durata e alla frequenza dello stimolo.\p89La stimolazione delle fibre provenienti dai corpuscoli di Ruffini d la sensazione, occasionale, di movimento articolare.La

stimolazione delle fibre provenienti dai corpuscoli di Pacini d la sensazione di una vibrazione diffusa.Meccanocettori cutanei collegati al follicolo piliferoVi sono due tipi di recettori, i recettori di tipo D, connessi con la radice del pelo ed i recettori di tipo G, connessi con la parte alta del pelo (ma sempre all'interno del follicolo pilifero). Tutti questi recettori sono a rapido adattamento. Oltre che durante la flessione essi rispondono, con una scarica differenziata, al termine della flessione. Hanno cio un segnale di piegamento in corso ed un segnale di fine piegamento .I recettori di tipo D rispondono alla flessione di un gruppetto di peli, scaricando ripetutamente all'aumentare della flessione e variando codice al momento in cui la deflessione termina.Essi coprono un'area molto variabile da zona a zona e da animale ad animale (da 1 a 600 millimicron quadrati). Ciascun pelo riceve ramificazioni terminali di numerosi assoni e ciascun assone si dirige a numerosi follicoli, per cui la rete sensitiva risulta assai diffusa e poco specifica. Questa rete particolarmente adatta a recepire i movimenti del pelo provocati da situazioni quali il vento od il soffio d'aria. L'innervazione data da fibre A delta.I recettori di tipo G percepiscono la velocit di deflessione del pelo, sono connessi alla parte alta del follicolo pilifero e sono innervati da fibre A. Ve ne sono di due tipi e sono particolarmente adatti a recepire i movimenti del pelo conseguenti a forze meccaniche (piccoli animali tipo pulci, solletico o altro).TermocettoriIl termorecettore deve possedere tre diverse caratteristiche:- avere una risposta dinamica a piccolissime variazioni di temperatura- avere una scarica postuma la cui intensit dipende dal livello della temperatura cutanea- avere una insensibilit quasi totale alle deformazioni meccaniche della cuteOgni termorecettore ha un campo recettivo puntiforme (1-2 millimicron quadrati) ed una sensibilit variabile, sempre nell'ordine dei decimi di grado C centigrado. I termorecettori si dividono in termorecettori al caldo e termorecettori al freddo.I termorecettori al caldo hanno una scarica costante (come i termocettori al freddo) per le normali temperature corporee (34-36 gradi). Se la temperatura si innalza la scarica aumenta di frequenza, fino a divenire massima fra i 41 ed i 46 gradi. Se le temperature si abbassano sotto i 36 gradi questi termocettori smettono di scaricare.Comportamento analogo per le basse temperature hanno i termocettori al freddo, la scarica aumenta al calare della temperatura cutanea fino ad un minimo di 26 gradi, rimane poi costante fino ai 10-15 gradi, dopo di che cessa totalmente, cos come cessa totalmente se la temperatura cutanea supera i 37 gradi.L'esposizione improvvisa a temperature elevate (50 gradi) li pu momentaneamente attivare, dando la caratteristica incapacit, all'istante, di catalogare la sensazione termica come calda o fredda.Tutti i termocettori sono innervati da fibre di tipo C. Fanno eccezione i termocettori della pelle glabra le cui fibre sono A delta.\p90Il sistema nervoso centrale in grado di percepire variazioni di temperature cutanee su di una superficie di 1 cm quadrato, dell'ordine di 0.05 C centigrado in condizioni ideali (24 gradi C). Questa sensibilit di gran lunga superiore alla sensibilit di qualunque termocettore ed chiaramente legata ad una integrazione centrale delle informazioni provenienti dai 16-25 recettori che sottendono quell'area di superficie cutanea.NocicettoriI nocicettori sono recettori ad alta soglia in grado di rispondere esclusivamente ad intensit di stimolo tali da arrecare danno alla cute. Si dividono in tre categoriemeccanicitermicipolivalentiI nocicettori meccanici rispondono comunemente a stimoli meccanici la cui intensit provoca, sulla cute, tagli, penetrazioni, schiacciamento o pressioni esagerate. Poich possiedono una doppia innervazione, di tipo C ed A delta, stata proposta una spiegazione del doppio dolore legata alla velocit di conduzione di questi due tipi di fibre [14].[14] La sensazione cosciente sarebbe: dolore immediato, pausa, dolore urente. Il primo fenomeno

legato alle fibre A delta, il secondo alle fibre C. La teoria sotenuta da Collins (1960).I nocicettori termici sono suddivisi, come i normali termocettori in nocicettori per il caldo, che rispondono a temperature al di sopra dei 50 C e nocicettori per il freddo, che rispondono a temperature al di sotto dei 10 C.Questi recettori rispondono per anche a sollecitazioni di temperatura inverse (i recettori al caldo rispondono in qualche modo anche al freddo e viceversa). I nocicettori termici sono in modo blando anche sensibili alla nocicezione meccanica.I nocicettori polivalenti, oltre ad avere una ovvia risposta sia al danno meccanico sia termico, hanno una intensa risposta anche alle concentrazioni di sostanze chimiche, normalmente prodotte dai tessuti danneggiati o la cui iniezione pu risultare dolorosa.La caratteristica fondamentale ed importante di questo tipo di nocicettori tuttavia la sensitizzazione. Si definisce con questo termine un cambiamento sostanziale della risposta a situazioni dolorose croniche.I nocicettori polivalenti, in conseguenza ad un dolore cronico, abbassano il livello soglia e rispondono a stimoli non dolorosi con scariche caratteristicamente irregolari, che il sistema nervoso centrale percepisce come codici apparentati con il dolore.Si ritiene che la sensitizzazione sia uno dei meccanismi alla base delle iperalgesie e delle disestesie (ma non il solo, contribuiscono sicuramente anche meccanismi centrali, vedi oltre). L'origine del fenomeno ancora ignota, ma potrebbe essere legata alla abnorme liberazione da parte dei tessuti danneggiati di sostanze chimiche in grado di attivare questo tipo di recettori.Definiti i differenti recettori periferici bene elencare la terminologia con cui ci si riferisce alle variazioni patologiche di sensibilit.Si definisce parestesia una sensazione abnorme in assenza di qualsiasi stimolazione sensitiva (il classico formicolio ).Si definisce iperestesia la sensazione aumentata rispetto alla norma provocata da uno stimolo non doloroso (sul genere di quelle a volte provate indossando abiti stretti).\p91Si definisce disestesia una sensazione dolorosa provocata da uno stimolo normalmente non doloroso.Si definisce iperalgesia una sensazione aumentata, rispetto alla norma, di uno stimolo doloroso.Si definisce ipoestesia la diminuzione di capacit percettive dei normali stimoli sensitivi.Si definisce anestesia la perdita totale della sensibilit.Con il termine pallestesia ci si riferisce alla (normale) sensibilit vibratoria testata col diapason.Le vie sensitive centrali ed il loro ruolo nella percezioneLe afferenze periferiche entrano nel sistema nervoso centrale per la maggior parte attraverso le radici posteriori del midollo, costituite dagli assoni centrali delle cellule T dei gangli paravertebrali. Una volta penetrate nel sistema nervoso centrale, queste radici si dividono in due tronchi ben distinti:un ramo mediale che, senza venire a contatto con la sostanza grigia, piega in direzione verticale per raggiungere strutture nervose pi alte.un ramo laterale che si suddivider ulteriormente all'interno della sostanza grigia del corno posteriore.Questi rami costituiscono il punto di partenza dei due grandi sistemi sensitivi coscienti nell'uomo: il sistema cordonale posteriore, che trae origine dalla radice mediale, ed il sistema antero-laterale che parte dalla radice laterale.Altri sistemi sensitivi non coscienti sono presenti e funzionanti nel sistema nervoso centrale. Essi sono trattati nelle parti del testo dedicate specificamente al midollo spinale e al cervelletto.Radice mediale: considerazioni anatomicheI fasci di assoni contenuti nella parte mediale della radice dorsale sono tutti costituiti da fibre mielinizzate (I e IIa) che, una volta entrate nel midollo spinale, si staccano dalla restante radice, indirizzata verso le corna posteriori e formano un angolo di 90 gradi diretto verso l'alto. Queste fibre giungono, senza l'interposizione di alcuna sinapsi, a livello dei nuclei grigi del bulbo.Partendo dall'ultimo metamero midollare, le fibre provenienti da ogni successiva radice spinale si dispongono lateralmente alle fibre provenienti dai metemeri pi bassi; si viene cos formando un grosso

fascio in cui gli ingressi sensitivi pi bassi si trovano medialmente rispetto alle radici sensitive situate via via pi in alto.Anatomicamente si distinguono due fasci, uno per il treno inferiore, che origina a livello degli ultimi metameri lombari ed uno per il treno superiore, che prende origine a livello della VI-VII radice toracica. Questi due fasci, detti comunemente colonne dorsali o cordoni posteriori perch occupano per intero la porzione posteriore del midollo, assumono pi tecnicamente il nome di fascio gracile (il pi mediale) e fascio cuneato (il pi laterale).La prima sinapsi del sistema si ha a livello della giunzione bulbo-midollare, pi precisamente nei nuclei delle colonne posteriori (nuclei gracile e cuneato). Nei nuclei gracile e cuneato il neurone a T termina ed ha inizio il secondo neurone della via che costituisce il lemnisco mediale (Glees e Soler).Non tutte le fibre contenute nei cordoni posteriori terminano nei nuclei gracile e cutaneo, anzi, la maggior parte ( circa il 75%), per lo pi fibre provenienti dai fusi neuromuscolari e dagli organi tendinei, entrano a vari livelli nelle corna posteriori per terminare sul nucleo di Clarke o sul nucleo cuneato accessorio.\p92Nei cordoni posteriori distinguiamo anche due piccolissimi fasci discendenti costituiti da alcune ramificazioni della radice che ha dato luogo ai fasci gracile e cuneato. Le conoscenze fisiologiche su questi fasci sono ancora molto limitate, si pensa che chiudano alcuni archi riflessi ai livelli sottostanti a quello di entrata.Al di sopra dei nuclei gracile e cuneato esiste anche un piccolo nucleo, detto nucleo Z, stazione di arrivo delle informazioni sensitive di tipo propriocettivo (per maggiori chiarimenti si veda la fisiologia verticale del midollo spinale).Dalla zona dorsale della giunzione bulbo-midollare (sede dei nuclei) le fibre, raggruppate nel lemnisco mediale, si dirigono prima avanti e medialmente assumendo il nome di fibre arcuate (poich formano una specie di arco intorno ai nuclei della sostanza reticolare bulbare) poi, giunte nella zona anteriore e mediale del bulbo (sotto i fasci piramidali) si incrociano piegando contemporaneamente verso l'alto. Per tutto il tronco e fino al talamo (stazione d'arrivo) questi neuroni manterranno una posizione immediatamente retropiramidale.Il terzo neurone della via si trova nel nucleo ventro-postero-laterale del talamo (VPL); le sue fibre compongono la parte intermedio-posteriore del braccio posteriore della capsula interna (vedere anatomia del talamo) entrando poi per la maggior parte nella corteccia motoria e sensitiva primaria (aree 4, e aree 1, 2, 3 di Brodmann), diffondendosi in parte esigua alla restante corteccia.La radice mediale, le vie della sensibilit tattile discriminativa (vie posteriori) ed il loro ruolo nella percezione sensitiva coscienteL'aspetto preminente del sistema appena descritto, che d'ora in avanti sar denominato sistema lemniscale, consiste nel fatto che le informazioni che riguardano la localizzazione, la forma, la qualit e la sequenza temporale degli stimoli che investono il corpo vengono trasmesse, in ogni stazione sinaptica, con grande precisione.Fino allo stadio della prima attivazione corticale, viene conservata una precisa riproduzione degli attributi dello stimolo, attributi convertiti in schemi di attivit nervosa distribuiti nel tempo e nello spazio.Alcune delle caratteristiche spaziali di un evento, particolarmente quelle topografiche e quelle temporali, non variano lungo le stazioni nervose del sistema.Questa invariabilit deriva da due speciali propriet:1) la rete periferica dei meccanismi di ricezione proiettata centralmente in maniera precisa e dettagliata attraverso i successivi stadi del sistema;2) il sistema include in questo unico schema topografico le diverse modalit della meccanocezione, ciascuna separata dalle altre.Questi meccanismi meritano alcune considerazioni:1) Mantenimento della rappresentazione periferica fino a livello corticaleSi detto che la rappresentazione periferica viene mantenuta con rigida somatotopia fino a livello corticale. Ci non significa una rappresentazione di ogni singolo punto periferico in uno specifico punto del sistema, cosa che non

sarebbe possibile dato il rapporto dimensionale degli organi di percezione periferici e delle vie in questione, ma piuttosto rappresentazione nervosa proporzionale alla densit di recettori alla periferia.Di conseguenza, la rappresentazione del corpo contenuta entro questo sistema informativo, pur rispettando i principi citati all'inizio, non rispetter, nella rappresentazione somatotopica, le dimensioni presenti nel corpo. Vi saranno organi percettivi quali mani, lingua e labbra che sono ricche di recettori sensitivi, \p93 che possiedono un'ampia rappresentazione nervosa mentre altre strutture, quali il tronco o gli arti inferiori, povere di recettori, occupano nel sistema nervoso uno spazio notevolmente minore.La modificazione dei rapporti spaziali fra i vari organi di senso non comunque l'unico fenomeno che altera la precisa rappresentazione periferica del sistema. Per quanto si parli costantemente di rappresentazione punto a punto fra corteccia e periferia, gi alla prima stazione sinaptica questo meccanismo viene, seppure in maniera impercettibile, alterato dalla struttura anatomofisiologica della stazione stessa.I nuclei delle colonne dorsali (gracile e cutaneo) sono una complessa regione di trasferimento, nella quale si pu verificare una influenza reciproca fra gli ingressi primari di differente origine spaziale, nonch fra questi ed altri sistemi discendenti della corteccia cerebrale (vedi oltre).I neuroni della parte dorso-caudale di questi nuclei sono provvisti di un albero dendritico ad arborizzazione concentrica tipico dei neuroni di relais delle vie sensoriali (Kuypers e Tuerk 1964). Questi neuroni sono raggruppati in stretti addensamenti che sembrano ricevere i loro ingressi presinaptici da fibre di una singola radice dorsale, vengono da questa attivati monosinapticamente, sottendono un campo recettivo periferico molto piccolo e sono in grado di rispondere anche a stimolazioni ad alta fraquenza.Quasi immancabilmente, questi neuroni proiettano le loro fibre nel lemnisco mediale. Essi sono gli equivalenti (se possiamo fare un paragone) dei neuroni ad alta soglia della lamina V di Rexed delle vie sensitive antero-laterali (vedi oltre).Nella regione antero-ventrale dei nuclei gracile e cutaneo le cellule predominanti sono di forma fusata e triangolare, assai meno dense che nella parte dorso-caudale. Essi hanno una arborizzazione dendritica pi sviluppata e ricevono di conseguenza una afferenza molto meno ristretta dal punto di vista spaziale, rispondendo alla stimolazione in entrata con un leggero ritardo, che fa pensare alla presenza di neuroni intermedi. Questi neuroni fusati seguono la stimolazione periferica solo a basse frequenze e sono fortemente modulati dai neuroni discendenti. Ancora una volta il paragone d'obbligo quello con il sistema antero-laterale, pi precisamente con i neuroni ad ampio spettro della lamina V di Rexed.Questo secondo tipo di neuroni ha il compito fondamentale di modulare il funzionamento dei neuroni della zona dorso-caudale a seconda delle informazioni ricevute in entrata, riducendo od amplificando le informazioni di passaggio.II complessivo sistema sinaptico sopra descritto aumenta il campo recettivo di ogni neurone dei nuclei dorsali rispetto a quello dei recettori periferici di circa dieci volte (Winter 1965).Questa perdita quantitativa comunque compensata da un notevole arricchimento qualitativo. L'informazione spoglia giunta fino ai nuclei gracile e cuneato viene infatti a questo punto accentuata o smorzata, sommata o sottratta ( in altre parole integrata) in relazione ad altre afferenze sensitive vicine o lontane, nonch alle informazioni provenienti dai sistemi discendenti (fascio piramidale).A questi meccanismi confluenti, si somma un diverso meccanismo atto a potenziare le capacit selettivo-discriminatorie del sistema: l'inibizione afferente (Andersen, Eccles 1964, Eccles 1966).Dato uno stimolo meccanico in una determinata zona, tale meccanismo, (la cui fisiologia non ancora completamente sicura e la cui presenza stata esclusivamente accertata nei mammiferi e non nell'uomo), genera una risposta eccitatoria della zona stessa, ed una inibitoria in tutti i

meccanocettori delle zone circostanti. La stimolazione dei recettori circostanti (legata sempre alla stessa deformazione meccanica che ha provocato la risposta dei recettori immediatamente sottostanti allo stimolo), se avvenisse genererebbe infatti un messaggio caotico. presumibile che un siffatto meccanismo serva a ridurre in qualche modo \p94 il fenomeno di apertura che uno stimolo subisce una volta arrivata nei nuclei gracile e cuneato.Gi a livello della prima stazione quindi l'afferenza tattile e manipolativa subisce importanti modificazioni.2) Conservazione delle propriet caratteristiche dello stimolo meccanicoGli studi sui recettori periferici, informando sulla specifica sensibilit modale di ciascuno di questi, spiegano come anche le colonne dorsali siano, all'interno della meccanocezione, organizzate per forme di sensibilit.Il neurone che con la sua fibra periferica giunge a contatto con il meccanorecettore infatti il medesimo che, dirigendosi centralmente, entra a far parte dei cordoni posteriori, a livello dei quali distinguiamo quindi gli stessi modelli di meccanocezione che ritroviamo nei recettori cutanei o articolari, e cio:1) tattopressione2) propriocezione- cinestesia3) tremore e vibrazione [che pur essendo una variazione temporale di 1) e 2) viene considerata un tipo di meccanocezione a s stante].La cosa pi interessante di tutto ci comunque come una identica specificit venga mantenuta anche a livello dei nuclei gracile e cuneato dove, procedendo in senso caudale-rostrale, si passa dalle cellule che rispondono solamente alla tatto-pressione, a cellule eccitate dalla stimolazione meccanica del periostio (cio dalla componente profonda della tatto-pressione) ed infine, nella parte pi rostrale, a cellule eccitate solamente dai meccanocettori articolari (Glees et al 1951, Kuhu 1949, Winter 1965).Nei cordoni posteriori la sistemazione sarebbe analoga, con la sensibilit propriocettiva a livello superficiale e la tattile profondamente (Rothwell 1994).La differenziazione meccanocettiva conservata anche nei lemnischi mediali, nel talamo e nella corteccia cerebrale, differenziando cos anche a livello cosciente le informazioni provenienti da una singola parte del corpo in informazioni conoscitive della realt esterna e informazioni conoscitive del proprio corpo (per quel che riguarda il senso di posizione e la attivit muscolare).Le prime sono mirate ad esplorare la realt, per darne un'immagine in grado di essere elaborata il pi fedelmente possibile.La seconda mirata a dare un'immagine corretta del proprio corpo.A livello corticale la sensibilit cutanea riferita alle zone 3b ed 1, situate in posizione intermedia. La sensibilit propriocettiva riferita invece alle zone 3 a e 2, situate rispettivamente nella estremit inferiore della scissura di Rolando e nella parte pi prossima alla corteccia associativa parietale della corteccia somatosensitiva primaria (vedi figura 25.2).La radice laterale, le vie della sensibilit termo-dolorifica ed il loro ruolo nella percezione sensitiva coscienteIl secondo grande sistema afferente sensitivo costituito dalle vie antero-laterali, che prendono origine dalle fibre mielinizzate e non di questa seconda componente radicolare.Diverso come anatomia e deputato alla trasmissione di informazioni strutturalmente differenti, il sistema antero-laterale ha la sua prima grande stazione sinaptica a livello delle corna posteriori, livello in cui la radice laterale si suddivide ulteriormente in:1) un ramo mediale\p952) un ramo laterale, i cui assoni si verticalizzano nel corno posteriore.3) un terzo ramo a terminazione diretta sulle cellule della lamina V di Rexed (origine del fascio spino-talamico). I neuroni di questo terzo contingente sono stati solamente supposti, in quanto un mediatore chimico prodotto nei gangli paravertebrali (sostanza P) presente ad alta concentrazione in questa lamina (Von Heuler 1981).La parte mediale della radice laterale costituita da fibre mieliniche a terminazione pressoch totale sulla lamina IV di Rexed.La parte laterale della radice laterale costituita da fibre che entrano per la quasi

totalit nella zona di Lissauer.La lamina IV di Rexed (vedi anatomia del midollo) consta di grossi neuroni, la cui fisiologia a tutt'oggi pressoch sconosciuta ed i cui assoni, dopo aver percorso alcuni tratti nei cordoni posteriori, si perdono nella sostanza grigia midollare.Tutto ci che si pu dire del loro funzionamento che probabilmente hanno una importanza a livello propriocettivo o tattile discriminativo, mentre si esclude possano partecipare alle vie antero-laterali, non essendo mai coinvolti nelle afferenze termo-dolorifiche periferiche dirette.La componente laterale della radice laterale una volta entrata nella zona di Lissauer (di cui costituisce circa il 25%) e verticalizzatasi, la percorre per un breve tratto (Ralston S.,W., 1913, Ralston H.J., 1965). Dopo questo breve percorso verticale le fibre entrano in maniera progressiva (alcune fibre pi in basso, altre pi in alto, scalarmente) nella sostanza gelatinosa di Rolando (s.g.), dove le fibre radicolari terminano su un nuovo neurone della via.Dalla s.g. le informazioni vengono diffuse a vari livelli del sistema midollare; i neuroni di questa sostanza possono infatti:1) dar luogo a fibre che tornano nel fascio di Lissauer (costituendone il rimanente 75%) e dopo averlo percorso per alcuni tratti rientrano nella s.g., per formare nuove sinapsi;2) decorrere in senso orizzontale e stabilire contatti con i grossi neuroni della lamina IV, i cui dendriti si approfondano nella s.g.;3) originare assoni che, attraverso i fasci propri del midollo, terminano nei metameri immediatamente superiori ed inferiori;4) proiettarsi alla s.g. controlaterale.Se a ci si aggiunge che la s.g. riceve afferenze non solamente radicolari, ma anche reticolo-spinali dal tronco [15], si comprende la grande importanza che questa struttura midollare possiede nel controllo delle informazioni termodolorifiche.[15] Pi precisamente dal nucleo del rafe magno e dal nucleo reticolare gigantocellulare, due importanti stazioni bulbari per il controllo della sensibilit di tipo termo-dolorifico (vedi oltre).Attraverso l'integrazione di tutti i tipi di afferenze elencati, il neurone della s.g. modula, con una azione inibitoria di tipo presinaptico, le afferenze sensitive non nocicettive (non dolorose) e nocicettive che dalle radici delle corna posteriori passano direttamente ai neuroni d'origine delle vie spino-talamiche (cio la terza componente della radice laterale), controllando di conseguenza anche la sua attivazi

one.Questo meccanismo eccito-inibitorio in parte verificato e in parte solamente teorico, la struttura anatomica sulla quale si fonda la teoria sulla modulazione della sensibilit al dolore proposta da Melzack e Wall negli anni '60 con il nome di teoria del cancello.Secondo questi autori, i neuroni della s.g. hanno la possibilit, esattamente come un cancello che venga aperto o chiuso, di favorire o bloccare un determinato flusso a seconda del loro livello di eccitazione ( bene puntualizzare di nuovo che \p96 una identica sorgente di spikes a generare sia le informazioni di entrata diretta sulla lamina V, sia le informazioni che attraverso la s.g. modulano quelle stesse informazioni in entrata).In altre parole, il cancello un sistema di autocontrollo attraverso il quale si evita che una sensazione dolorosa troppo intensa possa inattivare il funzionamento della rete neuronale sensitiva. Questo meccanismo funziona (vedi figura 4.5) attraverso una inibizione presinaptica, a livello della s.g., per stimoli nocicettivi troppo forti.La stimolazione nocicettiva troppo intensa attiva i neuroni della s.g. che finiscono per inibire le afferenze dolorifiche dirette indirizzate ai neuroni della lamina V, escludendo cos il circuito.Importantissima la stazione della via che si trova nella lamina V di Rexed, zona di origine dei neuroni che costituiscono il fascio spino-talamico. Questi neuroni sono di due tipi distinti, entrambi situati nel corno posteriore:1) neuroni ad ampio spettro (Wall 1960, Wall Crouly-Dillon 1960): sono cellule che rispondono a stimoli meccanici leggeri, che scaricano con maggior frequenza se questi stimoli divengono pi intensi, che scaricano per variazioni termiche ed applicazione di sostanze irritative sulla cute.Queste cellule, oltre ad eccitarsi per un ampio spettro di stimoli differenti, hanno anche un campo recettivo molto vasto.2) neuroni ad alta soglia (Armett et al. 1962, Gray Lal 1965):Sono neuroni che rispondono a stimoli meccanici solamente con scariche a rapido esaurimento, definendo quindi la variazione di una data sensibilit e non la sua presenza. Perch ci avvenga, la sensibilit deve essere sufficientemente intensa, non semplicemente presente.Questi neuroni hanno un campo recettivo solo di poco superiore al campo recettivo dei neuroni periferici e rispondono per lo pi ad un solo tipo di stimolo nocicettivo.I neuroni ad alta soglia hanno dunque prerogative inverse ai neuroni ad \p97 ampio spettro: scaricano per un solo tipo di stimolo, unicamente quando questo sufficientemente intenso. Essi riferiscono con una certa precisione il luogo in cui lo stimolo avvenuto e quindi tornano in condizioni di riposo.Dalla descrizione si intuisce come i neuroni ad ampio spettro ed i neuroni ad alta soglia presentino fra loro una certa complementariet: i primi rispondono ai vari stimoli dolorosi e potenzialmente dolorosi (anche se di bassa entit), allertando genericamente il sistema nervoso senza localizzare o classificare lo stimolo. I secondi entrano in funzione solo per stimoli dolorosi intensi ed hanno lo scopo di localizzare la posizione e la qualit di uno stimolo gi percepito.Dai neuroni citati prendono origine i due grossi fasci spino-talamici (anteriore e laterale) che, incrociandosi controlateralmente a livello dello stesso metamero di origine, si dirigono verso il tronco cerebrale ed il talamo, dove si trovano le successive stazioni della via.Il sistema spino-talamico (fascio spino-talamico anteriore + fascio spino-talamico laterale) composto da tre grossi sottosistemi, che sono (Mountcastle 1973):1) Il fascio spino-bulbare il principale ingresso afferente della formazione reticolare bulbare; tale formazione riconosce, all'interno del suo reticolo estremamente diffuso, alcuni nuclei fondamentali. A livello bulbare sono presenti:il nucleo reticolare gigantocellulare,il nucleo reticolare magnicellularei nuclei del rafe bulbare (magno, obscurus e pallido, vedi sostanza reticolare).Questi ultimi (nuclei del rafe) con ramificazioni enormi, contattano con i loro assoni milioni di cellule nervose. I nuclei del rafe hanno inoltre stretti rapporti con le

strutture del rinencefalo (cervello viscerale), strutture di grande importanza per le reazioni istintive ed il loro significato emozionale.I nuclei del rafe giungono al rinencefalo senza passare per il talamo. Un'altra importante proiezione della sostanza reticolare bulbare (gi citata) sui neuroni della sostanza gelatinosa: tale proiezione di tipo eccitatorio (ricordiamo che i neuroni della s.g. sono di tipo prevalentemente inibitorio e che quindi una loro eccitazione riduce le informazioni in ingresso nel sistema). Si veda per un'immagine la figura 11.3.Il fascio spino-bulbare termina soprattutto sul nucleo reticolare gigantocellulare, che diffonder poi le informazioni raccolte. Questo sistema il pi antico sistema di attivazione antero-laterale ed l'unico presente negli animali fino ai mammiferi. I mammiferi presentano uno sviluppo progressivamente pi evoluto dei restanti fasci spinotalamici, in dipendenza del posto occupato nella scala biologica. Questo sviluppo caratterizzato dalla presenza di due ulteriori fasci spinotalamici: il fascio paleo-spino-talamico ed il fascio-neo-spinotalamico.2) Il fascio paleo-spino-talamico:proietta ai nuclei di sostenta reticolare intratalamici in maniera diretta, un sistema analogo al precedente, ma filogeneticamente pi evoluto.3) Il fascio neo-spinotalamico:entra, come il lemnisco mediale, nei nuclei ventro-posterolaterali del talamo.Molto si discusso sul significato di questa convergenza nell'ultima stazione prima della corteccia di due sistemi preposti a funzioni cos differenti. Molti hanno pensato di attribuire una certa somatotopia al fascio neospinotalamico, altri hanno individuato in questo fascio un carattere quasi lemniscale.Altri ancora hanno espresso la convinzione che il sistema sia, di fatto, un sistema di coscientizzazione delle informazioni dolorose.Il fascio neospinotalamico ed i cordoni posteriori rappresenterebbero cos due sistemi sensitivi estremamente evoluti e fra loro complementari per la sensibilit cosciente: diffuso ed estremamente duttile il sistema antero-laterale, porterebbe \p98 ad una coscientizzazione delle informazioni dolorose rapido e selettivo; il sistema cordonale posteriore darebbe la sensibilit discriminativa e esplorativa.I due sistemi fondono insieme le loro caratteristiche per dare al sistema nervoso centrale le possibilit pi raffinate di cogliere il mondo esterno e poterlo analizzare. L'analisi del mondo esterno indispensabile per l'impostazione di qualsiasi strategia motoria o, in senso pi lato, di qualsiasi relazione con esso.Ruolo sensitivo del fascio piramidaleIl fascio piramidale, per un 40% (per quasi met cio), origina dalla corteccia somatosensoriale primaria (aree 3, 2, 1 di Brodmann) per terminare in diverse stazioni, lungo il decorso delle vie sensitive.La terminazione principale del fascio piramidale sensitivo a livello delle corna posteriori dove, con meccanismi ancora sconosciuti, pare anch'esso regolare il cancello del dolore.Il fascio piramidale ha anche terminazioni a livello dei nuclei gracile, cuneato e Z, sui quali modula le afferenze sensitive indirizzate alle sue stesse zone di origine (aree 3, 2, 1,) con un meccanismo a feed back.Il ruolo sensitivo del fascio piramidale oggi pressoch completamente sconosciuto. Per chi volesse approfondire gli studi a riguardo consigliata la lettura del libro di Phillips e Porter Corticospinal neurones . Per maggiori dettagli ed una spiegazione neurofisiologica e funzionale del fascio piramidale invece si rimanda al capitolo 26 di questo testo.BibliografaAndersen P., Eccles J.C., Oshima T., Schmidt R.P., Mechanism of synaptic trasmission in cuneate nucleus J, Neurophysiol 27: 1096, 1964. Andersen P., Eccles J.C., Schmidt R.F., Yqkota T., Identification of relay cells and interneurons, in the cuneate nuclei J, Neurophysiol 27: 1080, 1964.Andersen P., Eccles J.C., Schmidt R.F., Yokota T., Depolarization of presinaptic fibres in the cuneate nucleus J, Neurophysiol 27: 92, 1964. Andersen P., Eccles J.C., Sears T.A., Cortically evoked depolarization of primary afferent fibres in the spinal cord. J. Neurophysiol 27: 63, 1964. Armett C.J., Gray I.A.B.,

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da una sola dimensione, avevano posto le basi per la configurazione di un sistema sensitivo a pi vie, con lo scopo di trasferire al sistema nervoso encefalico una serie di informazioni gi parzialmente elaborate dall'azione dei recettori cutanei.\p102Sulla base dell'analisi condotta da questi ricercatori, durante il ventesimo secolo molti altri hanno cercato di individuare i canali che trasmettessero la modalit sensitiva specifica.Sono cos nate la Teoria dei diametri (Erlanger, Gasser e Bishop), la Teoria dei cordoni spinali ed altre ipotesi in cui la neurofisiologia sensitiva era descritta come una sequenza di modalit parallele: il caldo, il freddo, il dolore, la vibrazione e le deformazioni meccaniche.Se Von Frey aveva individuato una specificit recettoriale, altri in seguito hanno trovato che un certo tipo di sensibilit passava solo attraverso fibre di un determinato diametro, ed altri ancora hanno pensato di immaginare che queste modalit avessero una precisa localizzazione all'interno dei cordoni spinali.L'ipotesi di fondo che si affermata prevedeva tanti aspetti paralleli della sensibilit, ognuno dei quali procedeva con regole proprie e seguendo strutture autonome, come se non avesse nulla in comune con gli altri.La riabilitazione, che si posta il problema della somestesi solo a partire dagli anni 70, ha recepito queste indicazioni neurofisiologiche ed ha elaborato proposte conseguenti in termini di valutazione e di trattamento rieducativo.I primi tentativi furono, come spesso accade, condizionati dal carattere sperimentale dell'iniziativa, ma solo in pochi hanno poi cercato di verificarli criticamente con efficacia in base ai nuovi dati che la neurofisiologia ha messo a disposizione della medicina.Ancora una volta la neurofisiologia e la riabilitazione non hanno coordinato il proprio lavoro.Ritornando al nostro problema, essendo le modalit sensitive e non la sensibilit intesa come unit funzionale, a costituire l'oggetto degli studi, ognuna di esse andava valutata singolarmente, per poter comprendere se la patologia avesse colpito pi un aspetto oppure un altro.Tutti i test elaborati erano pertanto basati sul riconoscimento, ad esempio, delle caratteristiche termiche di un determinato oggetto, una provetta riempita di ghiaccio o di acqua calda.Il dolore si valutava attraverso il riconoscimento della puntura di un ago, mentre la capacit di discriminare una vibrazione scaturiva attraverso una prova effettuata con il diapason.Grande importanza veniva poi data all'abilit dimostrata nell'eseguire il TPD, Two Point Discrimination Test, che si pensava desse indicazioni precise sulle facolt di discriminazione delle dita della mano rispetto ad un impulso tattile, dovuto al contatto con superfici diverse per ruvidit e levigatezza.Questo test, che ha rappresentato in passato l'unica prova valutativa della sensibilit, e che anche oggi viene utilizzato da molti come il solo sistema utile a misurare le capacit discriminative dell'individuo, consiste nel richiedere al soggetto di indicare se avverte il contatto di una o due punte, che l'esaminatore applica sulla cute attraverso un compasso in cui le estremit hanno le superfici leggermente arrotondate.Si tratta quindi di una valutazione della capacit dell'individuo di distinguere le deformazioni meccaniche della cute, eseguita in modo passivo (dall'esaminatore), in cui sono trascurati tutti gli altri aspetti sensitivi.Numerosi strumenti di valutazione che vengono abitualmente utilizzati come guida per selezionare le strategie terapeutiche da utilizzare in riabilitazione, sono ancora oggi impostati secondo un criterio di selezione di alcuni tipi standard di sensibilit.Si tratta in particolare della sensibilit tattile, della propriocettiva (attraverso il riconoscimento di una certa posizione occupata da un arto nello spazio), cinestesica (attraverso il riconoscimento di un movimento eseguito passivamente dal terapista in una direzione), termica (attraverso provette riempite di ghiaccio o di acqua calda), nocicettiva (attraverso una punta metallica) e vibratoria (con un diapason).\p103Le schede utilizzate per riassumere i dati ricavati da queste valutazioni

seguono una mappa corporea suddivisa in dermatomeri, corrispondenti ai meta-meri vertebrali, cosicch sia possibile individuare non solo le diverse modalit sensitive alterate, ma anche quali distretti corporei non inviano pi correttamente le afferenze, e quindi quali probabili livelli midollari mantengono una certa integrit e quali no.La costruzione di questo protocollo valutativo perfettamente coerente con le teorie di Von Frey, ampliate e completate dagli studiosi che abbiamo citato, secondo cui esistono differenti recettori in grado di essere eccitati solo da un certo tipo di sensibilit, diverse fibre specializzate nel trasporto di una sola modalit sensitiva, cordoni spinali specifici nel raccogliere le fibre omogenee, ed anche il Talamo e tutto l'Encefalo frazionati in modo da poter analizzare separatamente le informazioni provenienti dalla periferia.Non solo la valutazione ha seguito l'impostazione teorica descritta, ma anche la ricerca delle tecniche rieducative, che sono state finalizzate all'esecuzione di un compito parcellare, in cui viene richiesto al paziente di riconoscere le caratteristiche di un oggetto o di una superficie, secondo una visione analitica della sensibilit.Fisiologia della sensibilitI recenti studi sulla fisiologia del sistema sensitivo hanno modificato i presupposti su cui erano basate le metodologie riabilitative riguardanti la sensibilit, confutando le superate teorie di Von Frey e dei suoi successori che avevano costruito un modello secondo cui le diverse sensazioni venivano interpretate in base a schemi rigidi e senza alcuna interazione.La ricerca condotta principalmente da Melzack e Wall ha infatti dimostrato che i recettori, gli assoni, i cordoni midollari e le strutture del Sistema Nervoso Centrale non trasmettono la sensibilit secondo specifiche caratteristiche (termiche, pressorie, nocicettive, ecc.); al contrario esse ricevono tutti i tipi di sensibilit, pur mantenendo una preferenzialit diversa da struttura a struttura. evidente a questo punto come la suddivisione ideata da Von Frey delle diverse modalit sensitive fosse incompleta perch basata su una logica induttiva, non sempre suffragata da dati scientifici.Ad esempio, egli indicava i corpuscoli di Ruffini come i recettori per il caldo, mentre si potuto dimostrare che essi vengono eccitati anche in seguito a deformazioni meccaniche, quindi alla pressione, seppur ad un differente grado di soglia e con un diverso tempo di adattamento.Lo stesso vale per tutti gli altri recettori.Le fibre assoniche hanno una diversa velocit di conduzione a seconda della loro sezione, ma tutte trasportano tutti i tipi di sensibilit, e lo stesso vero anche per i cordoni del midollo spinale ed in una certa misura anche per i nuclei del Talamo e le aree della corteccia cerebrale.Il rapporto tra le unit funzionali sensitive ed i diversi stimoli periferici va quindi interpretato secondo un criterio polimodale e non rigido.Questa scoperta, propria della neurofisiologia, ha una grossa importanza anche per il progetto rieducativo da proporre al paziente, sia per ci che riguarda la valutazione del danno, sia per la scelta delle strategie terapeutiche da adottare.Considerazioni riabilitativeI test di valutazione attualmente in uso si basano tutti sulla ricerca delle capacit dell'individuo di riconoscere uno specifico tipo di sensibilit, sottoponendogli provette piene di acqua calda o ghiaccio, facendogli sentire una punta metallica o il diapason per la vibrazione.\p104Alla luce degli studi descritti, questi test non devono pi essere considerati corretti e vanno sostituiti con prove in cui si richiede al soggetto di riconoscere oggetti con differenti caratteristiche sensitive.Ad esempio, un cubetto di legno (caldo) con i vertici appuntiti, oppure una sfera metallica (fredda), o ancora un oggetto ricoperto di materiale ruvido che pu dare una sensazione dolorosa se viene manipolato con forza.Credo che non sarebbe difficile ideare un nuovo metodo valutativo fondato su questi principi.Lo stesso ragionamento si ripropone a proposito delle tecniche riabilitative, che vanno impostate attraverso esercizi in cui si richiede

al soggetto di riconoscere oggetti di difficolt crescente, caratterizzati sempre da pi di una caratteristica sensitiva.Un'altra considerazione importante il superamento del TPD, il Two Point Discrimination test, che non ha pi alcun valore rieducativo, poich fa riferimento esclusivamente alla sensibilit tattile, attraverso un grossolano compito unimodale che ha lo scopo di valutare solo la capacit discriminativa dell'individuo.Il principio che vogliamo affermare, nel rispetto dei risultati emersi dai recenti studi della neurofisiologia, quello per cui le prove a cui sottoporre ogni paziente che presenti un disturbo del movimento devono sempre prevedere anche una valutazione della sensibilit, e questa valutazione deve essere eseguita attraverso tests in cui si debbono comprendere il maggior numero possibile di modalit sensitive associate. dunque inutile frazionare appositamente la sensibilit ma, al contrario, necessario raggruppare il pi possibile in una sola prova tutte le diverse caratteristiche afferenziali, in modo da richiedere al soggetto di riconoscere l'insieme dei messaggi ricevuti, dopo averli elaborati dal Sistema Sensitivo nella sua globalit.Un altro aspetto della valutazione sensitiva, presentato per la prima volta da Wynn Parry, uno dei pi noti studiosi della mano, la distinzione tra tatto attivo e tatto passivo .Il tatto attivo quello eseguito dal soggetto con un movimento in cui egli va alla ricerca delle afferenze utili a riconoscere l'oggetto da discriminare.Per poter essere utilizzato prevede ovviamente la conservazione di una certa quota motoria residua.Il tatto passivo invece quello in cui l'esaminatore applica lo stimolo afferenziale sulla cute dell'individuo, che deve quindi riconoscerlo senza la possibilit di poter esplorare autonomamente le caratteristiche possedute dall'oggetto.La differenza tra i due contesti sostanziale, poich le strutture neurologiche centrali sembra si dispongano in modi diversi a seconda dei due casi.In fisiologia diviene significativa solo l'esplorazione attraverso il tatto attivo, mentre il tatto passivo non ha praticamente nessun riscontro obiettivo con la dimensione ordinaria della sensibilit.Il processo di recupero successivo ad una lesione neurologica che ha provocato un disturbo del movimento, pu permettere al soggetto di eseguire alcune prove nella prima modalit, mentre altre andranno forzatamente eseguite nell'unico modo possibile, cio con l'esaminatore che si sostituisce al movimento attivo del paziente.Tutti i dati emersi saranno importanti da valutare, nella prospettiva di selezionare gli esercizi finalizzati al recupero del movimento, in considerazione anche delle potenzialit residue della sensibilit.Nelle schede di valutazione in cui sono rappresentati i dermatomeri devono \p105 essere accuratamente descritte, all'interno dell'area compresa tra due linee, il livello qualitativo e quantitativo della sensibilit percepita dal soggetto.Queste schede sono gi in uso presso diversi servizi riabilitativi ma, a differenza di quanto esposto in questa sede, i tests vengono somministrati secondo le singole modalit sensitive individuate sulla base della teoria di Von Frey.La rieducazione della sensibilit ha un ruolo prioritario nel trattamento dei pazienti con neurolesioni periferiche della mano, in particolare nelle lesioni del nervo mediano, associate o no alle lesioni del nervo ulnare.Anche alcune patologie a carico del Sistema Nervoso Centrale si presentano con disturbi della sensibilit, che condiziona a volte anche pesantemente la funzionalit motoria del paziente. quindi necessario considerare sempre la dimensione afferenziale che accompagna ogni atto motorio, poich il movimento in grado di guidare la ricerca degli impulsi afferenziali a riconoscere le caratteristiche dell'oggetto, mentre la sensibilit guida le variabili del movimento armonizzandone i toni, la velocit, l'ampiezza e la forza con cui esso viene eseguito.Come abbiamo gi ricordato, lo studio del sistema sensitivo rappresenta uno degli esempi pi eclatanti della dicotomia esistente ancora oggi tra la neurofisiologia e la riabilitazione, con una netta separazione tra la ricerca sperimentale e

l'applicazione clinica.Con grande discrezione, ma con altrettanta fermezza, riteniamo incomprensibile una cos ampia distanza tra due discipline che dovrebbero fare del confronto costante la propria metodologia lavorativa di base, per l'intreccio di competenze in numerose patologie di interesse comune e soprattutto per il reciproco contributo che potrebbe scaturirne.BibliografiaMorphology of cutaneous receptors (da: Handboof of Sensory Physiology , 1972), Andres-Von During.Cutaneous mechanoreceptors and nociceptors (da: Handboof of Sensory Physiology , 1973), Burgess-Perl.Peripheral Nerve Injuries, Haymaker-Woodhall, Ed. Aulo Gaggi.Cutaneous receptors (da: The Physiology of peripheral nerve disease , 1980), McIntyre.The puzzle of Pain, Melzack, Ed. Zanichelli.On the nature of cutaneous sensory mechanism (da: Brain , 1962), MelzackWallPatterns of organisation of peripheral sensory receptors (da: Handbook of Sensory Physiology , 1971), Munger.Le neuropatie periferiche, Prencipe, Ed. Lombardo.Rehabilitation of the Hand, Wynn Party, Butterworths Medicai Publications.Sensory re-education after median nerve lesions (da: The Hand , Vol. 8, No. 3, 1976), Wynn Parry.\p109Sezione II Cenni di anatomia e fisiologia del sistema nervoso perifericoCAPITOLO 6 SISTEMA NERVOSO PERIFERICO SOMATICOIntroduzioneIl sistema nervoso periferico somatico (SNP) la parte di sistema nervoso deputata al collegamento fra il SNC ed il corpo.Il SNP formato di assoni, motori e sensitivi, appartenenti a neuroni i cui pirenofori sono situati all'interno del SNC: nel midollo spinale, nel tronco o nel diencefalo.Dal midollo spinale escono (o entrano) le radici spinali (o radici midollari), che costituiscono la parte iniziale del SNP (si veda a proposito la figura 12.1b). Procedendo verso la periferia si avranno i tronchi nervosi (che di solito costituiscono i plessi) e, pi perifericamente i nervi.Quando i neuroni d'origine sono situati nel tronco cerebrale o nel diencefalo le componenti del SNP prendono il nome di nervi cranici (per i quali si rimanda al capitolo relativo).A livello midollare le due componenti del SNP, quella sensitiva e quella somatica, hanno origine differente.La componente motoria origina dalle corna anteriori del midollo (vedi sempre figura 12.1b) ed costituita dagli assoni degli alfa motoneuroni e dei gamma motoneuroni che si dirigono alla periferia per innervare, rispettivamente, il muscolo striato e il fuso neuromuscolare.La componente sensitiva origina da un ganglio, il ganglio paravertebrale (o ganglio spinale) posto all'interno del canale vertebrale, lateralmente al midollo [1]. I neuroni sensitivi somatici situati in questo ganglio hanno una forma particolare, a causa della quale sono definiti neuroni a T. Essi sono composti di due assoni, uno periferico, che entra a far parte della radice spinale e del nervo misto [2] e si dirige ai recettori periferici ed uno che, prendendo la direzione opposta, entra nel SNC formando la radice spinale posteriore e poi i fasci cordonali spinali.[1] Tale ganglio non va confuso con il ganglio prevertebrale, del sistema nervoso vegetativo, situato al di fuori del canale vertebrale.[2] Con la definizione di nervo misto si intende il nervo periferico nel suo insieme, formato da una componente sensitiva ed una motoria, sia per il sistema nervoso periferico somatico che per il sistema nervoso periferico vegetativo.I neuroni a T hanno una lunghezza complessiva che, in persone di altezza elevata, pu raggiungere anche i due metri, una dimensione enorme se si pensa al loro diametro (di solito inferiore ai 100 millimicron). Va tenuto inoltre in considerazione che tutti i processi metabolici si svolgono nel pirenoforo ed i prodotti del metabolismo devono poi essere trasportati, all'interno dell'assone, lungo tutta questa incredibile distanza.Le due componenti del SNP, motoria e sensitiva, si fondono a livello del forame vertebrale, (il foro di passaggio che consente l'uscita del SNP dal canale vertebrale), dando luogo alla radice spinale.\p110La radice spinale di un singolo metaniero (una per ogni lato naturalmente) occupa circa un quinto del forame vertebrale da cui esce. In condizioni fisiologiche quindi il passaggio

largo e comodo. Per fenomeni patologici riguardanti la colonna vertebrale (di solito ad origine meccanica), le strutture molli che formano le pareti del forame tendono ad infiammarsi, aumentando di volume ed ostruendone il lume. In questo modo le strutture osteo-ligamentose limitano il gioco della radice nel passaggio foraminale, particolarmente durante i movimenti della colonna. La radice, costretta ad un passaggio ristretto e limitrofa a tessuto infiammato, pu infiammarsi a sua volta, o essere compressa dal tessuto flogistico, dando luogo a patologie oggi molto comuni, dolorose e recidivanti, definite radicolopatie (Si veda a proposito la figura 12.2).Al di fuori del canale vertebrale la radice ha due possibilit: pu continuarsi nel nervo misto e seguire il suo percorso verso la periferia in solitudine, fino ad innervare i muscoli o gli organi sensitivi che le competono ( questo il caso delle radici toraciche o dei nervi cranici) oppure, come accade per le radici cervicali, lombari e sacrali, fondersi con altre radici, dando origine ad un vero e proprio labirinto periferico: i plessi nervosi.Plesso brachialeIl plesso nervoso brachiale (plesso brachiale) formato da tutte le radici cervicali da C5 a C8 pi la radice toracica T1.Come si vede dalla figura 6.1, le radici C5 e C6 si fondono in un unico tronco, il tronco primario superiore, mentre le radici C8 e T1 si fondono in un tronco primario inferiore. La radice C7 da sola costituisce il tronco primario intermedio.Gi a questo livello, dal plesso, si staccano alcuni nervi periferici la cui destinazione verr ripresa fra breve, in quanto molto importante nella diagnosi differenziale delle patologie del plesso brachiale.La zona situata dopo la fusione delle radici e prima della biforcazione dei tronchi detta zona dei tronchi primari, passa al di sotto della clavicola per giungere fino al margine superiore della cavit ascellare.A livello della cavit ascellare il plesso brachiale, finora orizzontale, ruota verso il basso, assumendo la stessa direzione dell'arto superiore; in questa posizione cambia ancora aspetto, dando luogo ai tronchi secondari: tutti i tronchi primari si dividono in due branche che, data la rotazione verso il basso del plesso, prendono il nome di anteriori e posteriori.Le due branche anteriori del tronco primario superiore e del tronco primario intermedio costituiscono il tronco secondario laterale, la branca anteriore del tronco primario inferiore costituisce il tronco secondario mediale, le tre branche posteriori dei tre tronchi primari si fondono assieme per costituire il tronco secondario posteriore.Dai tre tronchi secondari nascono i tre principali nervi periferici dell'arto superiore: il nervo Mediano da una fusione dei tronchi secondari laterale e mediale, il nervo Ulnare dal Tronco secondario mediale ed il nervo Radiale dal Tronco secondario posteriore.Lungo tutto il percorso del Plesso brachiale possibile osservare la continua insorgenza di nervi periferici, prevalentemente di tipo motorio, che si dirigono ad innervare la complessa e variegata muscolatura scheletrica del cingolo scapolare.Il punto di insorgenza di questi nervi ed i muscoli da essi innervati, hanno una particolare importanza semeiologica in quanto, a fronte di una paralisi di plesso, la valutazione combinata del loro coinvolgimento consente di stabilire che zona del plesso stata danneggiata, permettendo cos di porre una prognosi e di impostare una terapia (riabilitativa o chirurgica) adeguata.\p112I nervi pi importanti in questo senso sono il nervo dorsale della Scapola, per i muscoli Romboidei ed il nervo Toracico lungo per il muscolo Gran dentato, che nascono a livello della radice C5 e C6. Se la paralisi di plesso comprende anche detti muscoli, allora il danno coinvolge anche le radici; quindi estremamente prossimale (a monte dei tronchi primari) e molto grave, poich la gravit del danno aumenta aumentando la vicinanza al forame vertebrale della lesione. In questo caso il danno coinvolge la parte superiore del plesso. Il deficit si caratterizza clinicamente per una paralisi dei muscoli prossimali dell'arto e del cingolo scapolare, mentre la muscolatura della mano

intatta.Il nervo Sovrascapolare, per i muscoli Sovraspinato e Sottospinato, origina a livello del tronco primario superiore ed un suo danno deve riportare topograficamente in questa zona.Il nervo Circonflesso o Ascellare, origina dal tronco secondario posteriore, al cui livello risale una paralisi che lasci indenni i muscoli della scapola prima elencati.La localizzazione dei danni di plesso molto importante come si detto ed oggi la loro importanza notevolmente accresciuta dal fatto che queste patologie sono assai pi frequenti, a causa della traumatologia stradale.Tutti i nervi periferici del plesso brachiale sono dettagliatamente descritti nelle osservazioni di biomeccanica e chinesiologia per la loro parte motoria. La componente sensitiva invece riassunta nelle tavole in appendice a questo capitolo, dove anche riportata una tavola sinoptica globale di tutti i nervi motori.Plesso lombo-sacrale nervi relativiA livello lombare e sacrale si forma un altro importantissimo plesso: il plesso Lombo-sacrale, che comprende le radici da T12 ad S5, con una importante componente vegetativa, soprattutto a livello sacrale. La radice S5 in particolare, esclusivamente vegetativa.\p113Dal plesso lombo-sacrale prendono origine due grossi tronchi nervosi: il nervo Sciatico, responsabile dell'innervazione di tutta la gamba ed il nervo Femorale, responsabile dell'innervazione della coscia anteriore. Altri tronchi nervosi minori (vedi figura) sono deputati all'innervazione dei muscoli del cingolo pelvico. Ricordiamo fra tutti, per importanza, il nervo Otturatore, che innerva i muscoli adduttori ed i due nervi Glutei (grande e piccolo) che innervano la maggior parte dei muscoli del cingolo pelvico, mentre un grande muscolo: l'Ileo-psoas innervato direttamente dalle radici spinali (L1 - L4).I rami terminali del nervo Sciatico, che il pi lungo ed il pi voluminoso nervo periferico del corpo, si dividono a livello del cavo popliteo: sono il nervo Peroneo o S.P.E (sciatico popliteo esterno) ed il nervo Tibiale posteriore o S.P.I (sciatico popliteo interno)Lo S.P.E. innerva i muscoli della loggia anteriore ed antero-laterale della gamba, lo S.P.I. quelli della loggia posteriore.Sarebbe estremamente dispersivo esaminare nervo per nervo il decorso di tutto il sistema nervoso periferico ed anche, francamente, privo di significato, poich la memorizzazione del sistema ed i punti nevralgici per le patologie si apprendono solamente negli anni e se lo studio del SNP importante per la propria professione. In tutti gli altri casi si fa comunemente riferimento ad apposite tabelle (Tabella 9.2) sia per l'innervazione motoria sia per l'innervazione sensitiva dei tronchi nervosi pi importanti.Struttura microscopica del sistema nervoso perifericoCome si visto nel capitolo dedicato alla struttura del neurone, gli assoni sono rivestiti da una guaina, detta guaina mielinica, che ne favorisce la velocit di conduzione. Non tutti i neuroni sono rivestiti di guaina mielinica ed anche quando presente, questa pu essere pi o meno spessa (e la velocit di conduzione, conseguentemente, pi o meno elevata).Storicamente la guaina mielinica e la velocit di conduzione nervosa sono state studiate in due fasi separate, per due tipi di nervi differenti, da due gruppi di studio diversi. Per questa ragione si ha a che fare con due diverse classificazioni della velocit di conduzione dei nervi periferici e questo genera una certa confusione. Poich si tratta di un falso problema, di seguito si propone una tabella riassuntiva delle due diverse classificazioni, con una loro sovrapposizione esplicativa.La prima classificazione della velocit (ed indirettamente del diametro) dei nervi periferici venne effettuata da Erlanger, Gasser e Bishop nel 1924 che suddivisero, a seconda della diversa velocit di conduzione, le fibre nervose in fibre A, B e C con velocit di conduzione decrescente.Negli anni successivi studi pi approfonditi suddivisero ulteriormente le fibre a in A alfa, A beta, A gamma e A delta, in ordine di conduzione decrescente. Le fibre A beta e A gamma vennero poi ricondotte ad artefatti di registrazione e di conseguenza tolte dalla classificazione,

che attualmente rimane costituita da fibre A alfa, A delta, B e C in ordine di conduzione decrescente.Le fibre A alfa sono legate alla sensibilit discriminativa ed alla motricit somatica, le fibre A gamma e le fibre B al sistema nervoso vegetativo, le fibre C alla sensibilit dolorosa.Nel 1943 Lloyd, studiando le afferenze sensitive propriocettive dai fusi neuromuscolari, propose una classificazione delle fibre nervose sulla base del loro diametro, che egli suddivise in quattro categorie, le fibre I (uno) con diametro 12-21 millimicron e le fibre II (due) con diametro di 6-12 millimicron, che corrispondono approssimativamente alle fibre Aa di Erlanger, le fibre III (tre), di diametro fra 1-6 millimicron, che corrispondono approssimativamente alle fibre A delta e B dello stesso autore e le fibre IV (quattro) non mielinizzate, che corrispondono alle fibre C.\p114Tab. 6.1 - Rapporto fra la classificazione delle fibre periferiche secondo Lloyd e secondo Erlanger BishopA Classificazione di Lloyd: I (Ia e Ib) Diametro (in millimicron): 12-24 Classificazione di Erlanger e Bishop: A alfa Velocit di conduzione (m/s): 60-40 Innervazione: Sensibilit tattile, propriocettiva, motoneuroni Sistema vegetativo (in parte)B Classificazione di Lloyd: II Diametro (in millimicron): 6-12 Classificazione di Erlanger e Bishop: A alfa Velocit di conduzione (m/s): 60-40 Innervazione:Sensibilit tattile, propriocettiva, motoneuroni Sistema vegetativo (in parte)C Classificazione di Lloyd: IIIDiametro (in millimicron): 16Classificazione di Erlanger e Bishop: A delta-BVelocit di conduzione (m/s): 20Innervazione: VegetativoD Classificazione di Lloyd: IV Diametro (in millimicron): Amieliniche Classificazione di Erlanger e Bishop: C Velocit di conduzione (m/s): 5-10 Innervazione: Termo-dolorificheTab. 6.2 - Innervazione, origine, riferimento radicolare ed azione dei muscoli dell'arto superiore (tabella elaborata dal dottor J. Bonavita)muscolo: Flessori del collo; rad.: C1-C6; nervo: Cervicali; azione: flessione del capomuscolo: Estensori del collo; rad.: C1-T1; nervo: Cervicali; azione: estensione del capomuscolo: Scaleni; rad.: C3-C8; nervo: Cervicali; azione: flessione-inclinazione omolaterale rotazione controlaterale del capomuscolo: Sternocleidomastoideo; rad.: C2-C3; nervo: Accessorio (XI); azione: flessione-inclinazione omolaterale rotazione controlaterale del capomuscolo: Diaframma; rad.: C3-C5; nervo: Frenico; azione: inspirazionemuscolo: Trapezio Superiore; rad.: C2-C3; nervo: Accessorio (XI) e Cervicali; azione: elevazione-adduzione-extrarotaz. scapolamuscolo: Trapezio Medio; rad.: C2-C3; nervo: Accessorio (XI) e Cervicali; azione: adduzione scapolamuscolo: Trapezio Inferiore; rad.: C3-C4; nervo: Accessorio (XI) e Cervicali; azione: depressione-adduzioneextrarotaz. scapolamuscolo: Romboidei; rad.: C4-C5; nervo: Dorsale della scapola; azione: elevazione-adduzione-intrarotaz. scapolamuscolo: Elevatore della Scapola; rad.: C3-C5; nervo: Dorsale della scapola; azione: elevazione scapolamuscolo: Gran Dentato; rad.: C5-C7; nervo: Toracico Lungo; azione: adduzione-extrarotazione scapolamuscolo: Piccolo Pettorale; rad.: C7-C8; nervo: Pettorale Mediale; azione: anteposizione spallamuscolo: Gran Pettorale; rad.: C5-T1; nervo: Pettorale Laterale; azione: adduzione-intrarotazione omeromuscolo: Gran Dorsale; rad.: C6-C8; nervo: Toracodorsale; azione: estensione-adduzione-intrarotazione omeromuscolo: Sopraspinato; rad.: C5; nervo: Soprascapolare; azione: abduzione omeromuscolo: Sottospinato; rad.: C5-C6; nervo: Soprascapolare; azione: extrarotazione omeromuscolo: Piccolo Rotondo; rad.: C5-C6; nervo: Ascellare; azione: extrarotazione omeromuscolo: Deltoide Anteriore; rad.: C5-C6; nervo: Ascellare; azione: flessione-abduzione-intrarotazione omeromuscolo: Deltoide Medio; rad.: C5-C6; nervo: Ascellare; azione: abduzione omeromuscolo: Deltoide Posteriore; rad.: C5-C6; nervo: Ascellare; azione: estensione-abduzione-extrarotazione omeromuscolo: Sottoscapolare; rad.: C5-C6; nervo: Sottoscapolare; azione: intrarotazione-adduzione-estensione omeromuscolo: Gran Rotondo; rad.: C5C6; nervo: Sottoscapolare; azione: intrarotazione-adduzione-estensione

omeromuscolo: Coracobrachiale; rad.: C6-C7; nervo: Muscolocutaneo; azione: flessione-adduzione omeromuscolo: Bicipite Brachiale; rad.: C5C6; nervo: Muscolocutaneo; azione: flessione in supinazione avambracciomuscolo: Brachiale; rad.: C5-C6; nervo: Muscolocutaneo; azione: flessione in supinazione avambracciomuscolo: Tricipite Brachiale; rad.: C7-C8; nervo: Radiale; azione: estensione avambracciomuscolo: Anconeo; rad.: C7-C8; nervo: Radiale; azione: estensione avambracciomuscolo: Brachioradiale; rad.: C5-C6; nervo: Radiale; azione: flessione avambracciomuscolo: Estensore Radiale del Carpo; rad.: C6-C7; nervo: Radiale; azione: estensione-inclinazione radiale manomuscolo: Estensore Ulnare del Carpo; rad.: C6-C7; nervo: Radiale; azione: estensione-inclinazione ulnare manomuscolo: Estens. Comune delle Dita; rad.: C6-C8; nervo: Radiale; azione: estensione 1 falangemuscolo: Supinatore; rad.: C5-C6; nervo: Radiale; azione: supinazione avambracciomuscolo: Estens. Proprio Mignolo; rad.: C7; nervo: Radiale; azione: estensione 5 ditomuscolo: Abdutt. Lungo del Pollice; rad.: C7; nervo: Radiale; azione: abduzione-estensione 1 metacarpomuscolo: Estens. Breve del Pollice; rad.: C7; nervo: Radiale; azione: estensione 1 falange 1 ditomuscolo: Estens. Lungo del Pollice; rad.: C7; nervo: Radiale; azione: estensione 1 e 2 falange 1 ditomuscolo: Estens. Proprio dell'Indice; rad.: C7; nervo: Radiale ; azione: estensione 2 ditomuscolo: Pronatore Rotondo; rad.: C6; nervo: Mediano; azione: flessione-pronazione avambracciomuscolo: Pronatore Ouadrato; rad.: C7-C8; nervo: Mediano; azione: pronazione avambracciomuscolo: Flessore Radiale del Carpo; rad.: C6-C7; nervo: Mediano; azione: flessione-inclinazione radiale manomuscolo: Palmare Lungo; rad.: C7-C8; nervo: Mediano; azione: flessione polso-incavamento palmomuscolo: Flessore Superf. delle Dita; rad.: C7-T1; nervo: Mediano; azione: flessione 2 falangemuscolo: Fless. Prof. Dita (2-3); rad.: C8-T1; nervo: Mediano; azione: flessione 3 falange 2 e 3 ditomuscolo: Flessore Lungo del Pollice; rad.: C8-T1; nervo: Mediano; azione: flessione 1 e 2 falange 1 ditomuscolo: Abduttore Breve del Pollice; rad.: C6-C7; nervo: Mediano; azione: abduzione 1 metacarpo-1 falangemuscolo: Opponente del Pollice; rad.: C6T1; nervo: Mediano; azione: opposizione 1 metacarpomuscolo: Fless. Breve Pollice (Sup); rad.: C8-T1; nervo: Mediano; azione: flessione 1 falange 1 ditomuscolo: Lombricali 1 e 2 dito; rad.: C7-T1; nervo: Mediano; azione: flessione 1 falange-estensione 2-3 fal.muscolo: Flessore Ulnare del Carpo; rad.: C8; nervo: Ulnare; azione: flessione-inclinazione ulnare manomuscolo: Fless. Prof. Dita (4-5); rad.: C8-T1; nervo: Ulnare; azione: flessione 3 falange 4 e 5 ditomuscolo: Palmare Breve; rad.: C8-T1; nervo: Ulnare; azione: flessione mano-incavamento palmomuscolo: Abduttore del Mignolo; rad.: C8-T1; nervo: Ulnare; azione: abduzione-flessione 1 falange 5 ditomuscolo: Opponente del Mignolo; rad.: C8-T1; nervo: Ulnare; azione: opposizione 5 metacarpomuscolo: Flessore del Mignolo; rad.: C8-T1; nervo: Ulnare; azione: flessione 1 falange 5 ditomuscolo: Interossei Palmari 1; rad.: C8-T1; nervo: Ulnare; azione: adduzione 1 dito (2 dito fissato)muscolo: Interossei Palmari 2; rad.: C8-T1; nervo: Ulnare; azione: adduzione 2dito (3 dito fissato)muscolo: Interossei Palmari 3; rad.: C8-T1; nervo: Ulnare; azione: adduzione 4dito (3 dito fissato)muscolo: Interossei Palmari 4; rad.: C8-T1; nervo: Ulnare; azione: adduzione 5dito (4 dito fissato)muscolo: Interossei Dorsali 1; rad.: C8-T1; nervo: Ulnare; azione: abduzione 2dito (1 dito fisso in abduz.)muscolo: Interossei Dorsali 2; rad.: C8-T1; nervo: Ulnare; azione: abduzione 3 dito (2 dito fissato)muscolo: Interossei Dorsali 3; rad.: C8-T1; nervo: Ulnare; azione: adduzione 3 dito (4 dito fissato)muscolo: Interossei Dorsali 4; rad.: C8-T1; nervo: Ulnare; azione: abduzione 4 dito (5 dito fissato)muscolo: Lombricali 3 e 4 dito; rad.: C8-T1; nervo: Ulnare; azione: flessione 1 falange-estensione 2-3 fal.muscolo: Adduttore del Pollice; rad.: C8-T1; nervo: Ulnare; azione: adduzione 1 metacarpo -1

falangemuscolo: Fless. Breve del Pollice (Prof); rad.: C8-T1; nervo: Ulnare; azione: flessione 1 falange 1 dito\p115Tab. 6.3 - Innervazione, origine, riferimento radicolare ed azione dei muscoli del tronco e dell'arto inferiore (tabella elaborata dal dottor J.Bonavita)muscolo: Retto dell'Addome; rad.: T5-T12;nervo: Toracici anteriori; azione: flessione troncomuscolo: Grande Obliquo (Esterno); rad.: T5-T12 ; nervo: Toracici anteriori -Ileoipogastrico; azione: flessione-rotazione controlaterale troncomuscolo: Piccolo Obliquo (Interno); rad.: T7-T12; nervo: Toracici anteriori -Ileoipogastrico; azione: flessione-rotazione omolaterale troncomuscolo: Trasverso; rad.: T7-T11; nervo: Toracici anteriori; azione: espirazione-depressione ventremuscolo: Estensori del Tronco; rad.: T1-S2; nervo: Toracici posteriori; azione: estensione troncomuscolo: Quadrato dei Lombi; rad.: T12-L2; nervo: Collaterali Plesso Lombare; azione: flessione omolaterale bacinomuscolo: Ileo-Psoas; rad.: L2-L3; nervo: Collaterali Plesso Lombare; azione: flessione ancamuscolo: Quadricipite; rad.: L2-L4; nervo: Femorale; azione: estensione gambamuscolo: Sartorio; rad.: L2-L3; nervo: Femorale; azione: flessione-abduzione-extrarotazione ancaADDUTTORI DELL'ANCAa) muscolo: Pettineo; rad.: L2-L3; nervo: Femorale; azione: adduzione ancab) muscolo: Add.Grande; rad.: L3-L4; nervo: Otturatore; azione: adduzione ancac) muscolo: Add. Breve ; rad.: L2-L4; nervo: Otturatore; azione: adduzione ancad) muscolo: Add. Lungo; rad.: L2-L3; nervo: Otturatore; azione: adduzione ancae) muscolo: Gracile; rad.: L2-L4; nervo: Otturatore; azione: adduzione ancaROTATORI ESTERNI DELL'ANCAa) muscolo: Otturat. est. ; rad.: L3-L4; nervo: Otturatore; azione: extrarotazione ancab) muscolo: Otturat. int. ; rad.: L5-S2; nervo: Collaterali Plesso Sacrale; azione: extrarotazione ancac) muscolo: Piriforme; rad.: S1-S2, nervo: Collaterali Plesso Sacrale; azione: extrarotazione ancad) muscolo: Gemello sup. ; rad.: L5-S2; nervo: Collaterali Plesso Sacrale; azione: extrarotazione ancae) muscolo: Gemello inf.; rad.: L4-S1; nervo: Collaterali Plesso Sacrale; azione: extrarotazione ancaf) muscolo: Quadrato fem; rad.: L4S1; nervo: Collaterali Plesso Sacrale; azione: extrarotazione ancamuscolo: Medio Gluteo; rad.: L4-S1; nervo: Gluteo superiore; azione: abduzione ancamuscolo: Piccolo Gluteo; rad.: L4-S1; nervo: Gluteo superiore; azione: abuzione - intrarotazione ancamuscolo: Tensore della Fascia Lata; rad.: L4-S1; nervo: Gluteo superiore; azione: flessioneabduzione-intrarotazione ancamuscolo: Grande Gluteo; rad.: L5-S2; nervo: Gluteo inferiore; azione: estensione ancamuscolo: Semitendinoso; rad.: L5-S2; nervo: Sciatico (ramo tibiale); azione: flessione - intrarotazione gambamuscolo: Semimembranoso; rad.: L5-S2; nervo: Sciatico (ramo tibiale); azione: flessione - intrarotazione gamba muscolo: Bicipite Femorale; rad.: L5-S2; nervo: Sciatico (ramo peroneo); azione: flessione - extrarotazione gambamuscolo: Tibiale Anteriore; rad.: L4-L5; nervo: Peroneo (SPE) ramo profondo; azione: flessione dorsale-supinazione piedemuscolo: Estensore Proprio dell'Alluce; rad.: L5-S1; nervo: Peroneo (SPE) ramo profondo; azione: flessione dorsale 1 ditomuscolo: Estensore Comune delle Dita; rad.: L4-S1; nervo: Peroneo (SPE) ramo profondo; azione: flessione dorsale 2 - 3 - 4 - 5 ditomuscolo: Pedidio; rad.: L5-S1; nervo: Peroneo (SPE) ramo profondo; azione: flessione dorsale 2 3 - 4 - 5 dito muscolo: Peroneo Anteriore; rad.: L4-S1; nervo: Peroneo (SPE) ramo profondo; azione: flessione dorsale - pronazione piedemuscolo: Peroneo Laterale (Lungo); rad.: L5-S1; nervo: Peroneo (SPE) ramo superficiale; azione: pronazione - flessione plantare piedemuscolo: Peroneo Laterale (Breve); rad.: L5-S1; nervo: Peroneo (SPE) ramo superficiale; azione: pronazione - flessione plantare piede muscolo: Tibiale Posteriore; rad.: L5-S1; nervo: Tibiale (SPI); azione: flessione plantare - supinazione piedemuscolo: Plantare; rad.: L5-S1; nervo: Tibiale (SPI); azione: flessione plantare piede a ginocchio estesomuscolo: Gastrocnemio; rad.: S1-S2; nervo: Tibiale (SPI); azione: flessione plantare piede a ginocchio esteso muscolo: Soleo; rad.: S1-S2;

nervo: Tibiale (SPI); azione: flessione plantare piede (ginocchio flesso)muscolo: Popliteo; rad.: L4-S1; nervo: Tibiale (SPI); azione: flessione - intrarotazione tibiamuscolo: Flessore Lungo dell'Alluce; rad.: L5-S2; nervo: Tibiale (SPI); azione: flessione 2 falange allucemuscolo: Flessore Lungo delle Dita; rad.: L5-S1; nervo: Tibiale (SPI); azione: flessione 3 falange 2-3-4-5 dito e flessione plantare piedemuscolo: Quadrato della pianta; rad.: S1-S2; nervo: Plantare Laterale (ramo SPI); azione: flessione 3 falange 2-3-4-5 dito e flessione plantare piede muscolo: Adduttore dell'Alluce; rad.: S1-S2; nervo: Plantare Laterale (ramo SPI); azione: adduzione allucemuscolo: Interossei Dorsali (n. 4); rad.: S1-S2; nervo: Plantare Laterale (ramo SPI); azione: flessione metatarsofalangea -estensione interfalangea 2 3 - 4 - 5 ditomuscolo: Interossei Plantari (n. 3), rad.: S1-S2; nervo: Plantare Laterale (ramo SPI); azione: flessione metatarsofalangea -estensione interfalangea 2 - 3 - 4 - 5 dito muscolo: 2 - 3 - 4 Lombricale; rad.: S1-S2; nervo: Plantare Laterale (ramo SPI); azione: flessione metatarsofalangea -estensione interfalangea 2 - 3 - 4 - 5 dito muscolo: 1 Lombricale; rad.: L5-S1; nervo: Plantare Mediale (ramo SPI); azione: flessione metatarsofalangea -estensione interfalangea 2 3 - 4 - 5 dito muscolo: Flessore Breve delle Dita; rad.: L5-S1; nervo: Plantare Mediale (ramo SPI); azione: flessione 2 falange 2- 3- 4- 5 ditomuscolo: Flessore Breve dell'Alluce; rad.: L5-S1; nervo: Plantare Mediale (ramo SPI); azione: flessione metatarsofalangea allucemuscolo: Abduttore dell'Alluce; rad.: L5-S1; nervo: Plantare Mediale (ramo SPI); azione: abduzione allucemuscolo: Elevatore dell'Ano; rad.: S2-S4; nervo: Pudendo; azione: elevazione pavimento perinealeLe tavole che seguono mostrano la distribuzione dei disturbi sensitivi nel caso di danno dei maggiori nervi periferici o delle principali radici nervose.\p117 Tavola 1 - Area di distribuzione approssimativa dei disturbi sensitivi in un danno completo del plesso brachiale.Tavola 2 - Area di distribuzione approssimativa dei disturbi sensitivi in un danno delle radici inferiori (C8T1 del plesso brachiale.Tavola 3 - Area di distribuzione della perdita di sensibilit in un danno del nervo Circonflesso. (Zona pi chiara tutti i tipi di sensibilit.Tavola 4 - Zona di perdita della sensibilit nelle lesioni del nervo Cutaneo laterale dell'avambraccio. (Ramo terminale, esclusivamente sensitivo, del nervo Muscolo-cutaneo).\p118Tavola 5 - Area approssimativa della distribuzione del disturbo sensitivo in un danno del nervo Radiale prossimale.Tavola 6 - Area approssimativa della distribuzione del disturbo sensitivo in un danno distale del nervo Radiale.Tavola 7 - Area approssimativa della distribuzione del disturbo sensitivo in un danno del nervo Cutaneo mediale dell'avambraccio. (Zona pi scura: perdita della sensibilit solamente tattile).Tavola 8 - Area approssimativa della distribuzione dei disturbi sensitivi in un danno del nervo Mediano. (Zona chiara tutte le sensibilit, zona scura solamente sensibilit tattile).Tavola 9 - Area approssimativa della distribuzione dei disturbi sensitivi in un danno del nervo Ulnare.\p119Tavola 10 - Area approssimativa della distribuzione dei disturbi sensitivi in un danno del nervo Cutaneo laterale della coscia.Tavola 11 - Area approssimativa della distribuzione dei disturbi sensitivi in un danno del nervo Cutaneo posteriore della coscia.Tavola 12 a - Area approssimativa della distribuzione dei disturbi sensitivi in un danno del tronco comune dello Sciatico.Tavola 12 b - Area approssimativa della distribuzione dei disturbi sensitivi in un danno del tronco comune dello Sciatico.Tavola 13 - Area approssimativa della distribuzione dei disturbi sensitivi in un danno dello S.P.E. (tronco comune).Tavola 14 - Area approssimativa della distribuzione dei disturbi sensitivi in un danno dello S.P.E. (ramo profondo).\p120Tavola 15 - Area approssimativa della distribuzione dei disturbi sensitivi in un danno del nervo Surale.Tavola 16 a - Area approssimativa della distribuzione dei disturbi sensitivi in un danno del nervo S.P.I.Tavola 16 b - Area approssimativa della distribuzione dei

disturbi sensitivi in un danno del nervo S.P.I.\p121BibliografaFarina A., Atlante di anatomia umana descrittiva Piccin Padova, 1986. Goodgold J., Complementi Anatomici in Elettromiografia Clinica - Verduci Editore. Playmaker W., Woodhall B., Lesioni dei Nervi Periferici Aulo Gaggi Editore,1978.Kendall H.O., Kendall F.P., Wadsworth G.E., I muscoli Piccin Padova, 1985. Seil J.F., Neural regeneration and transplantation A. Liss co., 1989. Spinner M., Injuries to the major branches of peripheral nerves of the forearm Saunders & co., 1978. Medical Research Counsil, Aids to the investigation of the peripheral nervous system. Her Majesty's stationery office London, 1982.\p122CAPITOLO 7 SISTEMA NERVOSO PERIFERICO VEGETATIVOIntroduzioneIl Sistema Nervoso Autonomo, Vegetativo o Simpatico[1], deputato al controllo ed al mantenimento dell'equilibrio metabolico ed omeostatico dell'organismo.[1] Autonomo,Vegetativo o Simpatico sono in questo caso usati indifferentemente, derivano dalla storia degli studi su questo sistema: vedi testo.Si visto nei capitoli precedenti come il Sistema nervoso somatico mantenga al meglio l'integrit fisica nel rapporto con l'ambiente esterno, percependolo attraverso i sistemi sensitivi e modificandolo attraverso l'apparato locomotore.Il Sistema Nervoso Autonomo (SNA) svolge un compito analogo, ma rispetto all'ambiente interno.Il SNA controlla i visceri, li percepisce attraverso un proprio sistema sensitivo, ne regola il funzionamento attraverso il controllo su di un apparato motore specifico costituito di tessuto muscolare liscio.L'azione del SNA sugli organi viscerali merita per un'attenzione particolare: essa avviene sia tramite il controllo sull'apparato motore, costituito da tutta la muscolatura liscia viscerale e dal muscolo cardiaco, sia attraverso un sistema filogeneticamente assai pi antico, la neurosecrezione endocrina. La neurosecrezione endocrina una funzione caratterizzata dall'immissione in circolo di sostanze che agiscono sul sistema delle ghiandole endocrine, che a loro volta emettono altre sostanze (gli ormoni) attive a livello delle singole cellule o dei tessuti degli organi bersaglio, che vengono stimolati od inibiti nelle proprie funzioni.La percezione ed il controllo degli organi viscerali consente al SNA, in maniera del tutto incosciente (vegetativa) ed autonoma, di regolare ci che si definisce l'omeostasi dell'organismo: il giusto equilibrio metabolico, che serve a produrre l'energia chimica necessaria al buon funzionamento del corpo intero.L'omeostasi si raggiunge attraverso una azione corretta, armonica e sincronizzata di tutte le funzioni viscerali (la simpatia fra i visceri di Galeno che ha dato il nome al sistema).Questa coordinazione e la prontezza con cui il SNA reagisce al mutare delle necessit, non caratterizza solamente il corretto livello metabolico dell'organismo (il sentirsi bene del linguaggio comune), ma anche la qualit globale e l'efficacia dell'azione del SN Somatico. Entrambe le strutture autonoma e somatica funzionano al meglio solamente se supportate da una buona omeostasi.Il modo in cui l'uomo esterna il proprio esistere ed il proprio pensiero nell'ambiente che lo circonda la funzione pi complessa ed elevata di tutto il SNC. Questa funzione si attua attraverso una raffinata coordinazione e \p123 sincronizzazione del sistema nervoso somatico e dell'apparato locomotore. La coordinazione possibile solamente in presenza di una buona omeostasi [2].[2] Si pensi a quante funzioni autonome sottendono una funzione somatica come, per esempio, la corsa.Respirazione, battito cardiaco, pressione, circolazione, sudorazione, metabolizzazione di grassi e zuccheri, riduzione della peristalsi intestinale sono solamente le funzioni autonome pi importanti che si devono adattare ad un movimento apparentemente solo somatico quale l'atto di correre.Come il SN Somatico, anche il SNA consta di una componente centrale (nota solo parzialmente) e di una componente periferica (molto pi studiata e conosciuta) che consente il collegamento con i recettori e gli organi effettori.Il SNA centrale costituito dall'ipotalamo, vera e propria cabina di regia delle funzioni viscerali,

da alcuni nuclei, conosciuti poco e solamente in modo parziale, situati nel tronco cerebrale fra i nuclei della sostanza reticolare e dai motoneuroni viscerali, situati in alcuni nervi cranici e nel midollo spinale. Questi ultimi neuroni costituiscono l'origine del SNA periferico.Il SNA periferico consente il contatto fra il SNA ed ogni singolo, microscopico recettore sensitivo o ogni singola fibra muscolare liscia effettrice, dai dotti delle ghiandole sudoripare alla muscolatura peristaltica dei grandi visceri addominali o ad un grande muscolo striato come il cuore.La componente periferica caratterizzata da un doppio sistema di innervazione vegetativa: l'innervazione Parasimpatica e l'innervazione Ortosimpatica (vedi oltre). Questo doppio sistema costituisce la regola, ma soggetto a numerose eccezioni, i ventricoli cardiaci per esempio, le arteriole cerebrali, o le vene sistemiche sono alcuni esempi di strutture prive di innervazione parasimpatica, le ghiandole lacrimali o la midollare della surrenale sono invece strutture prive di innervazione ortosimpatica.A definire per la prima volta il sistema Autonomo fu Langley, un medico inglese che, nel 1898, riprese testualmente una affermazione del notissimo studioso francese Claude Bernard, esattamente la seguente ...la natura ha pensato con saggezza a sottrarre questi fenomeni vitali dalla capricciosit di una volont spesso ignorante . La definizione di Simpatico molto pi antica, deriva da Galeno (Medico greco della scuola di Kos, diretto discepolo di Ippocrate) che voleva affermare con questa dizione la simpatia (intesa come complementariet, sinergia) con la quale tutti i visceri corporei si armonizzano fra di loro. Vegetativo una dizione moderna, che indica il controllo delle funzioni vitali non coscienti.Non compito di questo testo analizzare in dettaglio tipo e significato delle funzioni vegetative, si tuttavia ritenuto doverosa una citazione a grandi linee della anatomia, fisiologia e valutazione strumentale delle principali strutture e funzioni del sistema in quanto, come si visto, la base metabolica essenziale per un buon movimento. I disturbi del simpatico assai di frequente danno luogo a patologie importanti, tali da aggravare notevolmente la problematica motoria o da impedirne addirittura il recupero funzionale.Il controllo pressorio ed il controllo vescicale in pazienti con danni midollari sono probabilmente i due problemi pi frequenti ed importanti che si associano a patologie otorie e saranno gl

i unici a cui si far riferimento nel presente capitolo.Anatomia e fisiologiaIl Sistema Nervoso Autonomo consta di una parte centrale, sita all'interno del SNC, caratterizzata essenzialmente dall'ipotalamo, da una serie di nuclei reticolari nel tronco e da neuroni effettori (paragonabili ai motoneuroni spinali somatici); questi ultimi sono situati in alcuni nervi cranici e nel midollo. I neuroni \p124 effettori situati a livello del tronco cerebrale e del midollo sacrale danno origine alla parte del sistema autonomo definita parasimpatico; i neuroni effettori situati a livello del midollo dorsale e lombare danno origine alla parte del sistema autonomo definita ortosimpatico, oggi nota anche solamente come simpatico .Il sistema parasimpatico craniale percorre alcuni nervi cranici: il III (oculomotore comune) grazie al quale controlla gli sfinteri pupillari, il VII (facciale) attraverso il quale controlla lacrimazione e salivazione, il IX (glossofaringeo) ancora per la salivazione ed il X (nervo vago) che controlla tutta la funzione parasimpatica dei visceri addominali e della gabbia toracica. Nella gabbia toracica il controllo parasimpatico prevalente rispetto al controllo simpatico; al contrario, nella parte alta della cavit addominale invece prevalente il controllo simpatico.Il sistema parasimpatico sacrale deriva dai metameri sacrali secondo, terzo, \p125 quarto e quinto e controlla tutta la funzione parasimpatica dei visceri pelvici e della bassa cavit addominale. Le radici spinali S2, S3, S4 sono miste somatiche e viscerali, la radice S5 esclusivamente viscerale.Il sistema nervoso ortosimpatico (simpatico) origina dai neuroni dorsali e lombari ed esce dalla colonna vertebrale attraverso le omonime radici. Subito al davanti della colonna gli assoni ortosimpatici incontrano una catena di gangli simpatici collegati fra loro: i gangli prevertebrali.I neuroni vegetativi ortosimpatici entrano in questi gangli abbandonando la radice mista con la quale sono usciti dal canale vertebrale. Il tramite fra radice spinale mista e ganglio prevertebrale simpatico prende il nome di ramo comunicante bianco.Nei gangli prevertebrali avvengono fenomeni di integrazione neuronale dopo i quali le informazioni in uscita possono prendere due distinti percorsi: o ritornano nel nervo misto (attraverso il ramo comunicante grigio, vedi oltre) oppure si diffondono ai gangli immediatamente soprastanti e sottostanti della catena attraverso le comunicanti intergangliari. in quest'ultimo modo, per esempio, che la componente ortosimpatica toracica innerva i visceri del capo, uscendo dalle radici dorsali e verticalizzandosi attraverso le comunicanti intergangliari dei tre gangli cervicali, con cui le radici cervicali non hanno comunicazione diretta [3].[3] Non ci sono radici vegetative cervicali: il controllo ortosimpatico della zona cervicale (per esempio il Giorno carotideo, il pi importante recettore per la pressione arteriosa del corpo) e del cranio dato dalle radici dorsali alte che, entrate nei gangli dorsali alti, mandano informazioni ai tre gangli cervicali della catena del simpatico, che a loro volta danno l'innervazione ortosimpatica ai visceri della zona.Esiste una regola, a livello di SNA periferico:Nel sistema parasimpatico gli assoni ad origine centrale viaggiano a lungo, per terminare in gangli situati in prossimit degli organi di destinazione. In questi gangli si trovano i neuroni periferici, che agiscono direttamente sul tessuto degli organi bersaglio. Il mediatore caratteristico del parasimpatico l'acetilcolina.Nel sistema ortosimpatico i neuroni terminano subito, nella catena gangliare prevertebrale, dal ganglio prevertebrale si diparte il secondo neurone della via, che va direttamente all'organo bersaglio.I neuroni dorsali e lombari sono mielinizzati per cui, staccandosi dalla radice periferica mista per entrare nel ganglio prevertebrale, danno origine ad una comunicante (fra ganglio e radice) ricca di mielina che definita ramo comunicante bianco . Dal ganglio il neurone periferico ritorna nella radice mista, ma un neurone con assone scarsamente mielinizzato, il suo

rientro d luogo ad un ramo comunicante detto comunicante grigio.Vi sono casi in cui il neurone simpatico dorsale o lombare non fa stazione nel ganglio prevertebrale, vi transita solamente per dirigersi oltre, verso il proprio ganglio, situato altrove. il caso del ganglio celiaco, mesenterico inferiore e mesenterico superiore, situati pi vicino ai visceri addominali di innervazione (non cos vicino tuttavia come i gangli del parasimpatico, che spesso sono situati addirittura nello spessore dell'organo stesso: tipici in questo senso, sempre a livello intestinale, i plessi di Meissner e Auerbach).Il mediatore tipico delle sinapsi terminali del sistema simpatico l'adrenalina. Come si detto, gran parte della muscolatura liscia effettrice autonoma ha una innervazione mista, simpatica e parasimpatica, anche se alcuni organi possono avere un'unica innervazione. Questo porta di frequente a situazioni in cui il simpatico ed il parasimpatico hanno azione antagonista simultanea sullo stesso organo.Anche se generalmente vero, questo concetto non va assunto a regola, frequentemente i due sistemi hanno azione sinergica ed anche a livello di \p126 mediatori vi sono casi in cui il simpatico preferisce come mediatore l'Acetilcolina (controllo delle ghiandole sudoripare non sebacee) e situazioni in cui viene cambiato il mediatore durante il corso della vita per una identica sinapsi (Bannister 1980).Tab. 7.1 - Risposta degli organi effettori agli impulsi dei nervi vegetativi e alle catecolamine circolanti*Organi effettori1) Occhio - Muscolo radiale dell'iride - Recettore Tipo: alfaImpulsi noradrenergici Risposta: Contrazione (midriasi)Muscolo sfintere dell'iride Impulsi colinergici: Contrazione (miosi) Muscolo ciliare - Recettore Tipo: betaImpulsi colinergici: Contrazione per la visione da vicinoImpulsi noradrenergici: Decontrazione per la visione da lontano2) Cuore - a) Nodo seno atriale - Recettore Tipo: beta 1Impulsi colinergici: Rallentamento della frequenza cardiaca; arresto vagaleImpulsi noradrenergici: Aumento della frequenza cardiacab) Atri Recettore Tipo: beta 1Impulsi colinergici: Diminuzione della contrattilit e (di solito) aumento della velocit di conduzioneImpulsi noradrenergici: Aumento della contrattilit e della velocit di conduzionec) Nodo atrioventricolare e sistema di conduzione - Recettore Tipo: beta 1Impulsi colinergici: Diminuzione della velocit di conduzione; blocco atrioventricolareImpulsi noradrenergici: Aumento della velocit di conduzioned) Ventricoli - Recettore Tipo: beta 1Impulsi noradrenergici: Aumento della contrattilit, della velocit di conduzione, automaticit e frequenza dei pacemaker idiopatici3 1) Arteriole Coronarie, muscoli scheletrici, polmoni, visceri addominali, reni - Recettore Tipo: alfa, beta 2Impulsi colinergici: dilatazioneImpulsi noradrenergici: costrizione, dilatazione3 2) Cute e mucose, cervello, ghiandole salivari - Recettore Tipo: alfaImpulsi noradrenergici: costrizione 4) Vene sistemiche - Recettore Tipo: alfa, beta2Impulsi noradrenergici: Costrizione Dilatazione5) polmoni - Muscoli bronchiali - Recettore Tipo: beta2Impulsi colinergici: contrazioneImpulsi noradrenergici decontrazioneGhiandole bronchiali - Impulsi colinergici: stimolazioneImpulsi noradrenergici: inibizione (?)6) stomacoa) Motilit e tono - Recettore Tipo: alfa, beta2Impulsi colinergici: aumentoImpulsi noradrenergici: Diminuzione (solitamente)b) sfinteri - Recettore Tipo: alfaImpulsi colinergici: Decontrazione (solitamente)Impulsi noradrenergici: Contrazione (solitamente)c) secrezione - Impulsi colinergici: stimolazioneImpulsi noradrenergici: Inibizione (?)7) intestinoa) Motilit e tono - Recettore Tipo: alfa, beta 2Impulsi colinergici: aumentoImpulsi noradrenergici: diminuzioneb) Sfinteri Recettore Tipo: alfa Impulsi colinergici: Decontrazione (solitamente)Impulsi noradrenergici: Contrazione (solitamente)c) SecrezioneImpulsi colinergici: stimolazioneImpulsi noradrenergici: Inibizione (?)\p1278) Cistifellea e dottiImpulsi colinergici: Contrazione; Impulsi noradrenergici: Decontrazione9) Vescica urinaria a)

Detrusore - Recettore Tipo: beta Impulsi colinergici: Contrazione; Impulsi noradrenergici: Decontrazione (solitamente)b) Trigono e sfinteri - Recettore Tipo: alfa Impulsi colinergici: Decontrazione; Impulsi noradrenergici: Contrazione 10) uretere - Motilit e tono Impulsi colinergici: Aumento (?);Impulsi noradrenergici: Aumento (solitamente)11) utero - Recettore Tipo: alfa, beta2Impulsi colinergici: Variabile **; Impulsi noradrenergici: Variabile **12) Organi sessuali maschili Recettore Tipo: alfaImpulsi colinergici: erezione; Impulsi noradrenergici: eiaculazione13) pellea) Muscoli pilo motori - Recettore Tipo: alfaImpulsi noradrenergici: Contrazione b) Ghiandole sudoripare Recettore Tipo: alfaImpulsi colinergici: Secrezione generalizzata; Impulsi noradrenergici: Secrezione locale, lieve ***14) Capsula della milza - Recettore Tipo: alfa, beta 2Impulsi noradrenergici: Contrazione Decontrazione15) Midollare surrenale - Impulsi colinergici: Secrezione di adrenalina e noradrenalina16) Fegato - Recettore Tipo: alfa, beta 2Impulsi noradrenergici: Glicogenolisi17) Pancreasa) acini - Recettore Tipo: alfaImpulsi colinergici: Secrezione; Impulsi noradrenergici;:Diminuzione della secrezioneb) isole - Recettore Tipo: alfa, beta 2Impulsi colinergici: Secrezione di glucagone e insulinaImpulsi noradrenergici: Inibizione della secrezione di glucagone e insulina Secrezione di glucagone e insulina18) Ghiandole salivari Recettore Tipo: alfa, beta2Impulsi colinergici: Profusa secrezione acquosaImpulsi noradrenergici: Secrezione spessa, vischiosa Secrezione di amilasi19) Ghiandole lacrimali - Impulsi colinergici: Secrezione20) Ghiandole nasofaringee - Impulsi colinergici: Secrezione21) tessuto adiposo - Recettore Tipo: betaImpulsi noradrenergici: lipolisi22) Cellule juxtaglomerulari - Recettore Tipo: beta (beta1?) Impulsi noradrenergici: Secrezione di renina23) Ghiandola pineale - Recettore Tipo: betaImpulsi noradrenergici: Sintesi e secrezione di melatonina* Modificato da Gilman AG, Goodman e Gilman A: The pharmacological bass of therapeutics, 6 Ed. Macmillan, 1980. ** Dipende dallo stadio del ciclo mestruale, dalla quantit di estrogeni e di progesterone circolanti e da altri fattori. Le risposte dell'utero gravido sono differenti da quelle dell'utero non gravido.*** Alle palme delle mani e in alcuni altri luoghi (" sudorazione adrenergica ").\p128Tab. 7.2 - Alcuni farmaci che modificano l'attivit simpatica. Sono segnalate solo le principali azioni dei farmaci. Notare che la guanetidina ha 2 azioni principali''1a) Sede d'azione: ganglio simpatico 1b) Farmaci che aumentano l'attivit simpaticaStimola i neuroni postgangliari: Acetilcolina, Nicotina, DimetfenilpiperazinaInibitori della colinesterasi: DFP (disopropilfuorofosfato), Fisostigmina (eserina), Neostigmina (Prostigmina), Parathion1c) Farmaci che deprimono l'attivit simpaticaBlocco della conduzione Clorisondamina (Ecolid), Esametonio (Bistrium, C-6), Mecamilamina, Pentolinio (Ansolysen), Tetraetilammonio (Etamon, TEA), Trimetaphan (Arfonad), Alte concentrazioni di acetilcolina, farmaci anticolinesterasici2a) Sede d'azione: Terminazioni dei neuroni postgangliari2b) Farmaci che aumentano l'attivit simpatica: Liberazione di noradrenalina: Tiramina, Efedrina, Amfetamina2c) Farmaci che deprimono l'attivit simpatica: Blocco sintesi di noradrenalina: alfa-metil-p-tirosina; Interferiscono con l'accumulo di noraadrenalina: Reserpina, Guanetidina (Ismelin); Impediscono la liberazione di noradrenalina: Bretilio tosilato (Darenthin), Guanetidina (Ismelin), Formano falsi mediatori: alfa-metildopa (Aldomet)3a) Sede d'azione: recettori alfa 3b) Farmaci che aumentano l'attivit simpatica: Stimolano i recettori alfa1: Metoxamina (Vasoxil), Fenilefrina (Neosinefrina); Stimola i recettori alfa2: Clonidina3c) Farmaci che deprimono l'attivit simpatica: Bloccano i recettori beta: Fenossibenzamina (Dibenziline), Fentolamina (Regitin), Prazosin (blocca alfa1), Yoimbina (blocca alfa2)4a) Sede d'azione: recettori beta4b) Farmaci che aumentano l'attivit simpatica: Stimola i recettori beta: Isoproterenolo (Isuprel)4c) Farmaci che deprimono l'attivit simpatica: Bloccano i

recettori beta: Propanonolo (Inderal) ed altri (bloccano beta1 e beta2); Metoprololo ed altri (bloccano beta1); Butossamina (blocca beta2)* Da Ganong W. F.: Fisiologia medica, Piccin.Meccanismi vegetativi di controllo della circolazione e della pressione arteriosaIl sistema baropressorio dell'organismo sotto il prevalente controllo del SN ortosimpatico.Vi sono recettori pressori situati in varie zone all'interno della parete arteriosa, il pi noto di questi il recettore del Giorno carotideo, situato alla biforcazione della carotide comune.Questi recettori, assieme alla componente vagale (parasimpatica) delle affe-renze cardiopolmonari, inibiscono i centri pressori del sistema nervoso centrale (soprattutto l'ipotalamo e, nel tronco, il nucleo del fascicolo solitario), provocando un tendenziale abbassamento di pressione.Al contrario agiscono le afferenze cardiopolmonari di origine simpatica, che con le afferenze chemiocettrici ed ergocettrici muscolari [4] tendono a provocare un aumento di pressione.[4] Le afferenze dagli ergocettori muscolari sono afferenze che provocano dei subitanei aumenti pressori per compensare l'aumento di pressione sanguigna necessario a portare sangue in un muscolo che si contrae improvvisamente. Queste afferenze agiscono attivandosi dove le fibre muscolari, contraendosi, hanno subitaneamente aumentato la pressione necessaria per mantenere aperto un vaso.\p129Il sistema di controllo efferente della pressione sanguigna dominato dal simpatico e dalle sue terminazioni adrenergiche. Esse aumentano la gittata, la frequenza e tutte le funzioni pressorie positive del cuore, provocano la liberazione di renina ed angiotensina a livello renale e, a livello vascolare, una vasocostrizione arteriolare sia nei vasi di resistenza (quelli cio dove il sangue scorre per portare nutrimento ai vari organi) sia nei vasi di capacitanza (quelli cio che formano una sorta di letto sanguigno di riserva), dove il sangue viene accumulato per essere utilizzato in caso di bisogno: (emorragie od altro). I vasi di capacitanza sono soprattutto i vasi intestinali.Poich il sistema efferente baropressorio ha come neurone di origine il neurone autonomo spinale, frequentemente nei danni midollari che portano a paralisi si sovrappongono importanti disturbi pressori, legati alla deafferentazione della muscolatura liscia vasale. Questa muscolatura, non contraendosi pi a sufficienza, provoca un aumento del letto vascolare con perdita di pressione e sincope quando questi pazienti vengono inclinati verso la posizione eretta.Il problema ipotensivo dei pazienti spinali importante, spesso addirittura preminente, tanto da bloccare ogni tentativo di recupero neuromotorio in posizione eretta per periodi anche di molti mesi. Come sempre accade nelle patologie del SNA, dopo detto periodo subentrano accettabili meccanismi di compenso.I disturbi pressori associano di frequente anche problemi di abnorme dispersione di calore. Dato che l'aumento della superficie del letto vascolare cutaneo una delle risorse prime dell'organismo per questa dispersione, il paziente spinale presenta frequentemente associati disturbi pressori e di termoregolazione [5].Non esistono tecniche neurofisiologiche particolari per valutare clinicamente i disturbi pressori; rimane strumento diagnostico fondamentale la misurazione della pressione in ortostatismo, o a vari livelli di inclinazione dalla posizione orizzontale a quella eretta.[5] La termoregolazione ha comunque meccanismi di controllo suoi propri, che non si riferiscono esclusivamente al sistema vascolare.Meccanismi neurovegetativi di controllo della funzione urinariaLa minzione consente lo svuotamento della vescica attraverso il canale uretrale. Si tratta di una funzione complessa, dotata di un controllo parasimpatico, simpatico e somatico.Il controllo parasimpatico vescicale il maggior responsabile della attivazione del muscolo Detrusore liscio e del conseguente svuotamento della vescica.Il parasimpatico vescicale origina a livello sacrale (S2-S5) e raggiunge la vescica attraverso due percorsi differenti. Attraverso il nervo Pelvico (primo percorso) invia i propri

assoni al plesso Pelvico (o ipogastrico inferiore) che circonda i visceri pelvici. Il secondo percorso termina direttamente nei gangli parasimpatici dello spessore muscolare del Detrusore vescicale.Le cellule di questi gangli (mediatore Acetilcolina) eccitano la contrazione muscolare del Detrusore liscio e contemporaneamente favoriscono il rilassamento del muscolo Sfintere liscio uretrale. Il rilassamento del muscolo allarga il lume dell'Uretra (condotto che consente la comunicazione della vescica con l'esterno) e fa s che l'urina possa essere espulsa.Le afferenze parasimpatiche trasportano al midollo informazioni pressorie attraverso il nervo Pudendo. Esse terminano nella zona antero-laterale del midollo, dove risiedono i neuroni parasimpatici efferenti.\p130Il controllo vescicale ortosimpatico origina dal midollo dorso-lombare (T11-L2); attraversa, senza fermarsi, i gangli della catena prevertebrale e, via il nervo Splancnico inferiore, raggiunge il suo ganglio: il ganglio Mesenterico Inferiore. Il secondo neurone procede verso il Plesso Pelvico e la vescica.L'azione dell'ortosimpatico opposta a quella del parasimpatico: favorisce il rilassamento del Detrusore e la contrazione dello Sfintere uretrale liscio, consente e favorisce di conseguenza il riempimento vescicale.Le afferenze ortosimpatiche risalgono gli stessi nervi del sistema efferente, entrano nel midollo attraverso le radici posteriori (ultime toraciche e prime lombari) e si dirigono nella zona antero-laterale del midollo spinale, dove risiedono i neuroni efferenti ortosimpatici.Il controllo vescicale somatico si esercita su tre diversi muscoli: uno, lo Sfintere striato dell'Uretra, presente sia nei maschi che nelle femmine; gli altri due, il Bulbocavernoso e l'Ischiocavernoso, presenti solamente nei maschi, controllano la parte di Uretra presente nel pene. La contrazione di questi muscoli provoca un'interruzione della minzione per restringimento del lume uretrale.L'esecuzione volontaria della minzione un fenomeno complesso, non essendovi controllo volontario sui muscoli detrusori vescicali. Essa avviene grazie ad un abbassamento del piano perineale, ottenuto grazie ad un rilassamento dell'elevatore dell'ano.Questo abbassamento fa s che si riempia la parte posteriore dell'Uretra, il che provoca contrazioni riflesse del Detrusore vescicale. Cos inizia la minzione.Discreta importanza per la minzione volontaria ha anche il torchio addominale, soprattutto quando si voglia iniziare la minzione nonostante la ridotta \p131 pressione vescicale dell'urina. La contrazione della muscolatura addominale e del Diaframma, contemporanea alla chiusura della glottide, provocano un aumento di pressione addominale (manovra di Valsalva) che consente lo svuotamento della vescica anche quando il suo contenuto di urina sia minimo.Vi un controllo corticale della minzione volontaria, naturalmente. Esperimenti di stimolazione corticale paiono situarlo a livello della corteccia motoria del lobulo paracentrale.In un danno acuto delle vie discendenti (paralisi motorie capsulari o spinali) concomita assai di frequente una ritenzione urinaria, dovuta ad un aumento di tono degli sfinteri ed una ridotta attivazione del detrusore. L'urina si perde per (incontinenza) quando la pressione vescicale raggiunge un livello tale da provocare la contrazione del Detrusore per via solamente spinale. Questo fenomeno va sotto il nome di vescica neurogena riflessa.Dopo un periodo di tempo di alcune settimane si instaura un ritmo automatico (puramente spinale) di svuotamento della vescica legato alla pressione urinaria, detto ritmo pu essere assai migliorato attraverso una rieducazione funzionale.Fra la vescica neurogena riflessa e la normalit, esiste una vasta gamma di situazioni intermedie, legate a malattie o disturbi di vario genere (nevrotici, neurologici, urologici), tutti molto importanti poich anche se dal punto di vista tecnico si tratta spesso di problemi di lieve entit, dal punto di vista sociale l'alterato controllo della minzione situazione, sempre, di grande imbarazzo.Questi problemi sono solitamente assai sensibili alle tecniche riabilitative vescicali, che acquistano

quindi una grande importanza, cos come una grande importanza assumono in tutti i casi le tecniche di diagnostica neurofisiologica ed urodinamica che consentono di classificare il disturbo e di impostare quindi una riabilitazione efficace.Fra le tecniche neurofisiologiche di valutazione del simpatico, parasimpatico e sistema somatico sacrale, particolare importanza riveste lo studio elettromiografico del muscolo Bulbocavernoso e lo studio del riflesso bulbo-cavernoso, che consentono di quantificare oggettivamente, attraverso un'apparecchiatura (l'elettromiografo, vedi appendice), sia la situazione muscolare che i tempi di conduzione del riflesso, questo consente di valutare sia la situazione iniziale che i miglioramenti raggiunti attraverso la rieducazione.Data l'importanza dei muscoli perineali nell'inizio della minzione volontaria, grande rilevanza dal punto di vista diagnostico e riabilitativo risiede anche nella valutazione della muscolatura anale e del riflesso anale; anche questi test sono eseguibili in un laboratorio di Neurofisiologia attraverso l'uso di un elettromiografo. Questi studi consentono la valutazione dello stato dei muscoli perineali e del loro controllo segmentario midollare e quindi delle possibilit di miglioramento della situazione minzionale volontaria.Utili di volta in volta per diagnosticare differenti tipi di compromissione nervosa possono risultare il riflesso H dal muscolo Sfintere anale (S3S4), il riflesso vescico anale ed i Potenziali evocati somatosensoriali con stimolazione del Pene o del collo vescicale (via catetere).BibliografaBannister R., Autonomic Failure Oxford University Press., 1988.Chusid J.G., Neuroanatomia correlazionistica e neurologia funzionale. Piccin, 1990. Nolte J., Anatomia funzionale del sistema nervoso dell'uomo. Piccin Padova, 1991.\p135Sezione III Midollo spinale e sindromi midollariCAPITOLO 8 IL MIDOLLO SPINALE E IL MOVIMENTO: CLINICA E NEUROFISIOLOGIAIntroduzioneLa neurofisiologia clinica del midollo spinale caratterizzata da due importanti settori: la NF della sensibilit e la NF del movimento.La NF clinica della sensibilit stata trattata dettagliatamente nel capitolo dedicato alla importanza della NF sensitiva nel controllo del movimento (capitolo 4), al quale si rimanda per gli approfondimenti del caso.La NF clinica del movimento che verr affrontata di seguito riguarda principalmente l'influenza delle afferenze sensitive sul controllo motorio, l'integrazione cio dei riflessi spinali con le informazioni discendenti dall'encefalo.Tutte le strutture deputate al controllo del movimento agiscono infatti sul MS (midollo spinale) influenzandone gli alfa-motoneuroni. Gli alfa-motoneuroni integrano, con capacit assolutamente peculiari, le diverse informazioni in arrivo ed in base a questa integrazione modificano la propria frequenza di scarica. La frequenza di scarica del singolo motoneurone tuttavia non mai un elemento isolato, ma sinergico e sincronizzato con numerosi motoneuroni omologhi, all'interno di una strategia e di un finalismo motorio unico per ogni gesto.Gran parte dei criteri di integrazione (delle ragioni per le quali, cio, alcune informazioni a volte sono privilegiate, altre volte inibite) sono sconosciuti; vi sono tecniche di studio tuttavia che permettono di analizzare diversi aspetti della attivit degli amotoneuroni e che aiutano ed orientano, anche se solamente in modo indiretto, nell'analisi di questi circuiti sconosciuti.Le informazioni sull'attivit dell'alfa-motoneurone a proposito costituiranno il primo paragrafo del capitolo, poich esse devono essere conosciute per capire il ruolo clinico del MS.Per affrontare gli aspetti clinici della fisiologia midollare poi necessario esporre le principali tecniche di stimolazione dei riflessi spinali. Le tecniche sono indispensabili per riconoscere quali circuiti neurofisiologici vengano stimolati ed in che modo. La loro esposizione caratterizzer il secondo paragrafo del capitolo.Il terzo paragrafo sar infine dedicato ai riflessi in senso stretto, in quanto autentica manifestazione clinica della fisiologia midollare.A questo proposito, importante rilevare come determinati

riflessi, ritenuti da sempre puramente midollari, una volta indagati con tecniche strumentali appropriate, abbiano dimostrato una doppia componente: una rapida sicuramente spinale, una pi lenta, che oggi viene definita risposta ritardata e che , con grandissima probabilit, originata a livello corticale, grazie alle connessioni dirette fra area sensitiva ed area motoria primaria. Su questo dato non vi ancora dimostrazione sperimentale certa, ma solamente molti indizi convergenti (Rothwell 1994).Una seconda teoria, attualmente meno suffragata, sostiene al contrario che la componente ritardata dei riflessi non derivi da circuiti corticali, ma sia legata alle afferenze sensitive di calibro minore, e quindi pi lente (fibre II) (Matthews 1984, Meara e Cody 1992).\p136Ai riflessi con componente rapida e ritardata verr dedicato un paragrafo intero di questo capitolo.Nello studio della neurofisiologia clinica del MS i riflessi sono fondamentali perch, avendo una sicura origine spinale (almeno nella loro componente precoce), consentono di valutare, durante l'esecuzione del movimento biomeccanico, cosa cambi nell'arco riflesso, in conseguenza all'ordine di esecuzione motoria proveniente attraverso le vie discendenti dall'encefalo.Consentono cio di comprendere, anche se in maniera indiretta, gli effetti sull' alfa -motoneurone delle vie discendenti motorie.Elettrofisiologia dell'alfa -motoneuroneGli alfa -motoneuroni sono gli ultimi neuroni della catena, i neuroni traduttori , la cui attivit consente la coordinazione fra SNC e cellule muscolari; i loro codici sono la chiave attraverso la quale gli spikes vengono trasformati in una attivit meccanica efficace.Il loro lavoro, ordinato e sincronizzato, trasferisce la logica dei progetti motori all'apparato muscolare, le cui unit motorie e muscoli si attivano a seconda dei progetti elaborati dal SNC, mettendo in atto le dovute sinergie.Per svolgere questa funzione [1] l'alfa -motoneurone sfrutta le principali propriet elettriche della membrana cellulare che variano al variare della conformazione morfologica del neurone.Senza entrare in tutti i dettagli della elettrofisiologia neuronale, che non fa parte degli scopi di questo testo, ci si limiter ad esporre tre punti chiave. [1] la cui unit base sempre la variazione di carica elettrica a cavallo della membrana neuronalePUNTO 1Le sinapsi che terminano sui dendriti neuronali non sono in grado di generare spikes nell'alfamotoneurone. Per ragioni legate ad un aumento delle resistenze di membrana [2], le sinapsi dendritiche generano potenziali prolungati nel tempo, che non riescono a portare il pirenoforo a livello soglia (Eccles 1957), ma sono in grado solamente di ipopolarizzarlo.Il dato non di poco conto, poich questo neurone possiede un'arborizza-zione dendritica decisamente estesa (si dipana per circa un millimetro di distanza dal pirenoforo) e raccoglie molti bottoni e spine sinaptiche.[2] Queste ragioni sono legate ad un alterato rapporto della superficie della membrana rispetto alla quantit di citoplasma; per ulteriori informazioni si vedano i testi specializzati: Rall 1967.PUNTO 2L'assone, e in particolare il cono assonale [3], la parte della cellula in cui lo spike si genera pi facilmente. Studi elettrofisiologici hanno consentito di stabilire tuttavia che il neurone si attiva quasi sempre in conseguenza a sinapsi asso-somatiche.[3] Che la parte dell'assone che si congiunge al pirenoforo.PUNTO 3La sinapsi asso-somatica genera un potenziale che seguito da una onda di circa 4 millisecondi (ma la durata variabile) di iperpolarizzazione (post-iperpolarizzazione) (fig. 8.1).\p137Fig. 8.1 - Post-iperpolarizzazione e steady state del motoneurone spinale. Si osservi come (Riga superiore) la generazione dello spike porti ad un fenomeno di successiva iperpola-rizzazione che riduce di molto la possibilit di reazione della cellula ad altri stimoli afferenti. La postiperpolarizzazione ha una durata approssimativa di 4 millisecondi, dopo i quali il neurone ritorna al suo normale livello di riposo. Nella riga inferiore si osserva il fenomeno denominato steady state: il neurone a riposo risponde subitaneamente ad uno stimolo

afferente con una alta frequenza (i primi due stimoli ravvicinati) dopo di che sviluppa il fenomeno di iperpolarizzazione che lo stabilizza ad una frequenza di scarica inferiore e pi aderente ai tempi di contrazione delle fibrocellule muscolari. (da Granit 1963 modificata).Fig. 8.2 Doppio livello di scarica dei motoneuroni spinali: come si vede nel grafico a sinistra, fino ad una corrente di circa 20 nanoampere (nA) afferenti al soma neuronale la frequenza di scarica aumenta proporzionalmente; superando questa intensit di corrente il neurone entra nel secondo livello di scarica (seconda linea); aumentando ancora la corrente in questo secondo livello il neurone aumenta la propria frequenza di scarica in misura maggiore che non nel primo livello. Il grafico di destra mostra invece come la frequenza di scarica diminuisce progressivamente dopo il secondo spike e a 0.5, 1, 1.5 secondi dopo il secondo spike; il fenomeno dovuto alla iperpolarizzazione e stedy state (per ulteriori spiegazioni si veda il testo. Da Kernell 1965 modificata).Ci significa che dopo uno spike l'alfa-motoneurone stimolabile con maggiori difficolt.Tradotto in termini funzionali il dato significa che il neurone a riposo [4] facilmente stimolabile, ma una volta che inizia a scaricare si stabilizza ad una \p138 frequenza di scarica (direttamente proporzionale alla quantit di corrente elettrica sul suo soma) ed molto difficile fargli cambiare frequenza.[4] Il motoneurone non mai a riposo completo, per riposo si intende una fase di quiescenza relativa.Questa frequenza, per le cariche che normalmente si osservano a livello di sinapsi, fra i 20 ed i 40 Hertz, proprio la frequenza ottimale per poter ottenere la migliore attivit meccanica dalle fibre muscolari e dalla loro coordinazione contrattile (fusione, vedi capitolo 9).Lo stato di stabilit elettrica (steady state degli autori anglosassoni), significa, in sostanza, che l'alfa-motoneurone stato cooptato da quella determinata scarica afferente che ne ha per prima generato lo spike. Nell'esecuzione di questo codice motorio l'amotoneurone relativamente sordo alle altre altre afferenze nervose.Con questo meccanismo di post-iperpolarizzazione, il neurone privilegia gli ordini motori provenienti da una data via (riflesso spinale e salvaguarda dell'integrit muscolare, oppure fascio piramidale ed esecuzione di un ordine volontario, oppure ancora vie vestibolo-spinali e reticolo-spinali e mantenimento dell'equilibrio) non rispondendo invece alle vie arrivate in ritardo o pi deboli.La situazione non assoluta, ma per uscire dallo steady state necessaria molta corrente elettrica sul soma del neurone (cio un EPSP [5] molto elevato).[5] EPSP sta per potenziale postsinaptico eccitatorio, corrisponde alla ipopolarizzazione di membrana.Per ottenere una scarica di frequenza pi elevata delle unit motorie del muscolo cio necessario che tutti i sistemi convergenti sull'alfa-motoneurone si coalizzino per scaricare tutti nello stesso istante.Va ricordato che, anche se l' alfa-motoneurone pu scaricare con frequenze anche molto elevate, l'aumento della frequenza di scarica delle unit motorie al di sopra dei 40 Hertz non genera un aumento di forza muscolare, ma semplicemente una maggior probabilit di sincronizzazione.Questo fenomeno tipicamente osservato nell'affaticamento. In questa situazione la fatica, fenomeno intrinseco del muscolo, viene vanamente contrastata con un tentativo di aumento di frequenza di scarica.L'aumento di frequenza di scarica, che in un muscolo normale d effettivamente un aumento di forza, in un muscolo affaticato porta alla sincronizzazione senza generare una maggior potenza muscolare, poich la fatica insita nel meccanismo contrattile del muscolo e non pu essere superata con i meccanismi nervosi di reclutamento della forza di un muscolo in condizioni fisiologiche.Durante l'affaticamento si ha quindi una inutile sincronizzazione della scarica delle unit motorie, nel disperato tentativo di mantenere adeguati livelli di potenza del muscolo attraverso il maggior reclutamento, legato a sua volta ad una contemporanea attivit di scarica sul motoneurone di molti sistemi

motori. Il meccanismo inutile poich la fatica, come si vedr nel capitolo 9, un fenomeno intrinseco della fibra muscolare non modificabile in alcun modo.Il secondo caso in cui si pu avere sincronizzazione delle unit motorie, quindi una elevata scarica degli amotoneuroni, la fase iniziale di un movimento, quando al movimento si richieda una grande potenza (sotto forma di velocit o di forza).La improvvisa, elevata frequenza di scarica dell'alfa-motoneurone, in questo caso collegata al fatto che, prima dell'inizio della prima scarica, non esiste post-iperpolarizzazione ed i neuroni sono pi liberi di scaricare ad alta frequenza.Questa probabilmente la base neurofisiologica del fatto che, all'inizio di un movimento di velocit estrema, la frequenza di scarica dell'alfa-motoneurone raggiunge anche i 150 Hertz, mentre all'inizio di un movimento di grande potenza \p139 si ha una sincronizzazione (legata alla alta frequenza di scarica) di tutte le unit motorie muscolari.Un ultimo dato importante ed introduttivo del successivo argomento, riguarda la post-iperpolarizzazione.La postiperpolarizzazione non ha la stessa durata su tutti gli alfa-motoneuroni: pi lunga sui piccoli neuroni di moto, che controllano le unit motorie S (quelle che si reclutano per prime ed a lunga tenuta) rispetto ai grandi neuroni (FF ed FR)[6].[6] Vedi capitolo 9La tenuta delle unit motorie non dipende quindi solamente dalle caratteristiche contrattili delle loro fibre muscolari, ma anche dalla stabilit di membrana dei motoneuroni che le governano: un'iperpolarizzazione pi lunga degli alfa -motoneuroni li rende meno sensibili ad altre afferenze che potrebbero modificare l'attivit dell'unit motoria.Un motoneurone con postiperpolarizzazione lunga rimarr nel suo steady state con pi determinazione di un motoneurone con post-iperpolarizzazione corta.Riguardo alle dimensioni dell' alfa -motoneurone (e di conseguenza al tipo di unit motorie sotto il suo controllo) necessario aggiungere che il livello soglia varia con il variare delle dimensioni. Gli alfa -motoneuroni pi piccoli, sempre per propriet di tipo bioelettrico, hanno pi facilit ad essere attivati di quelli pi grandi; ne consegue che l'ordine di reclutamento delle unit motorie seguir la sequenza S FR - FF.Metodi di stimolazione dei riflessi spinaliI riflessi spinali possono essere stimolati in molte maniere, differenti fra loro.La tecnica di stimolazione pi utilizzata, in quanto pi prossima alla stimolazione fisiologica dei riflessi nella realt quotidiana la tecnica meccanica, all'interno della quale si riconoscono diverse metodiche.La pi comune stimolazione meccanica di un riflesso la rapida estensione del muscolo, che provoca una immediata risposta in accorciamento (riflesso miotatico).Questa la tecnica con cui si valutano i R.O.T. (riflessi osteo-tendinei). L'esaminatore, con il martelletto, percuote il tendine in un punto in cui esso si trova teso fra due capi ossei; la percussione provoca una piccola e rapidissima incurvatura del tendine. La distorsione meccanica sufficientemente rapida da provocare un riflesso da stiramento.Un riflesso da stiramento provocato anche da un movimento rapido di un'articolazione (pi di frequente si effettua sulla caviglia o sul polso). Tale tecnica utilizzata soprattutto alla ricerca del mioclono, che una variante patologica del riflesso da stiramento.Tecniche meno comuni di stiramento muscolare sono legate all'utilizzo di pedane mobili (pedane stabilometriche). Su queste pedane lo stiramento muscolare provocato da una perdita di equilibrio improvvisa, legata al movimento della base di appoggio. Questo tipo di stiramento non costituisce tuttavia un riflesso midollare puro, in quanto anche le altre afferenze posturali (vista ed informazioni vestibolari) giocano, nella reazione di equilibrio, un ruolo fondamentale (si veda a proposito la postura, nel capitolo di clinica del cervelletto).Un'altra tecnica meccanica in grado di provocare un riflesso spinale legata \p140 all'esercizio di una forza esterna di contrasto all'attivit muscolare. Detta forza deve essere superiore alla forza massima

esercitata dal muscolo: non essendo il muscolo in questione in grado di contrastare la forza esterna, si genera un rilassamento definito riflesso a serramanico (o miotatico inverso).Un'altro riflesso spinale meccanico generato dalla stimolazione esterocettiva; la stimolazione cutanea esterocettiva si basa sulla stimolazione dei recettori dolorifici, provoca fenomeni di evitamento, denominati di triplice flessione; in questo riflesso i muscoli tendono ad allontanare dallo stimolo la zona cutanea interessata.Un'ultima tecnica di stimolazione meccanica la vibrazione. Attraverso vibrazioni di frequenza specifica si possono generare particolari risposte riflesse, tipo il riflesso tonico di vibrazione (vedi oltre).Un riflesso si pu stimolare anche attraverso la corrente elettrica; queste tecniche sono tuttora utilizzate prevalentemente nei laboratori di ricerca. Attraverso la stimolazione elettrica si pu attivare la afferenza propriocettiva o direttamente gli interneuroni midollari.Alcuni esami basati sulla stimolazione elettrica del nervo, presentano anche una utilit clinica.Il pi importante di questi certamente il riflesso H.Descritto da Hoffmann, da cui prende il nome, il riflesso H legato ad una stimolazione elettrica del nervo periferico. Poich in detto nervo le fibre sensitive si eccitano a soglie pi basse delle fibre motorie, la prima risposta muscolare ottenibile sar legata alla attivazione degli alfa-motoneuroni per via riflessa, attraverso le afferenze la. Aumentando la soglia questa risposta scompare, poich le fibre motorie, eccitate direttamente dalla corrente elettrica, rendono il motoneu-rone refrattario alla stimolazione delle fibre Ia.Il riflesso H non si osserva clinicamente, per rilevarlo necessaria una registrazione elettromiografica.Un altro tipico riflesso stimolabile elettricamente il Blink reflex, equivalente strumentale del riflesso clinico di ammiccamento.Fig. 8.3 - Riflesso H la seconda onda verso destra. Le tracce successive dall'alto al basso indicano stimolazioni ad ampiezza di corrente sempre maggiore. Notare come al diminuire della seconda onda (riflesso H) aumenta la prima onda (onda M) (spiegazione nel testo).\p141Fig.8.4 - Blink reflex. La prima risposta nelle tracce 1 e 4 (La prima la superiore, la seconda e la pi bassa) si definisce R1. la seconda risposta nelle stesse tracce corrisponde alla risposta R2; l'unica risposta sulle tracce 2 e 3 corrisponde alla risposta R2'. Il blink reflex la risposta che si ottiene stimolando il nervo Trigemino (componente sensitiva) ed osservando la attivit del muscolo Orbicolare dell'occhio bilateralmente (componente motoria, nervo Facciale) (spiegazione nel testo).Stimolando la branca oftalmica del Trigemino (V nervo cranico) al forame orbitario, a livello del sopracciglio, si ottiene una risposta muscolare sul muscolo Orbicolare dell'occhio (VII nervo cranico, Facciale).La risposta consta di due riflessi distinti, uno esclusivamente omolaterale, precoce, che si pensa sia collegabile alle afferenze pontine del trigemino (definito R1); uno pi ritardato, presente bilateralmente, che si ritiene sia polisinaptico, legato alla radice discendente del trigemino (ed ai suoi successivi contatti con il VII nervo cranico). Questo secondo riflesso denominato R2 se omolaterale R2' se controlaterale.Studi clinici sui riflessiAspetti clinici del riflesso miotaticoComponente rapidaIl riflesso miotatico, o riflesso da stiramento, originato dallo stiramento passivo dei fusi neuromuscolari (vedi capitolo 4), sicuramente il pi noto e celebrato di tutti i meccanismi riflessi spinali e costituisce il riferimento immaginario comune per tutte le scienze neurologiche.Originato, clinicamente, dal rapido stiramento muscolare passivo, (esemplare \p142 fra tutte la classica manovra di percussione con il martelletto) il riflesso da stiramento sicuramente l'unico esempio dimostrato di circuito monosinaptico di tutto il SNC. Non per solamente un circuito monosinaptico.I primi a concentrare l'attenzione sulla reazione muscolare al martelletto furono Erb e Westphal, nel 1875. La risposta alla percussione fu da loro attribuita ad un meccanismo muscolare. I primi

esperimenti che indicano l'inequivocabile meccanismo nervoso della risposta, attribuendole lo status di riflesso, risalgono a Sherrington (1906), che dimostra come, distruggendo le radici midollari posteriori, scompare la risposta muscolare.Le diverse tappe successive della ricerca dimostreranno come, data la velocit di risposta, il ramo afferente del riflesso sia legato alle fibre pi mielinizzate, come il riflesso sia monosinaptico e come sia estremamente sensibile allo stiramento, attivandosi per allungamenti del fuso di soli 50 millimicron.Ricerche ancora pi recenti (Pierrot Deseilligny 1981) dimostrano per come il riflesso miotatico non sia solamente un riflesso monosinaptico. Il lavoro dei due studiosi si basa sul fatto che la risposta allo stiramento del tendine si sviluppa in un tempo molto lungo (neurofisiologicamente parlando), dai 20 ai 30 millisecondi, mentre il tempo necessario per attivare l'alfa-motoneurone di circa 5-6 millisecondi.Gli autori attribuiscono la causa di questa dispersione a tre fenomeni fondamentali:1) Le differenze, di tempi e di sensibilit, alle quali fusi differenti attivano le proprie fibre Ia (bisogna ricordare che sono necessari molti fusi e molte unit motorie per produrre un movimento meccanico del muscolo). Queste differenze sono legate, in maniera non secondaria, all'elasticit muscolare. I fusi di zone differenti non vanno in tensione se vi una elevata estensibilit passiva (compliance)[7] di quella zona muscolare. Se lo stiramento grande, la compliance muscolare ridotta e si pu avere una scarica dei fusi sincrona. Se lo stiramento piccolo gran parte del muscolo, restando a riposo, avr una compliance elevata e difficilmente i fusi andranno in tensione.[7] La compliance una misura della elasticit muscolare. Se la compliance alta significa che le strutture elastiche passive del muscolo possono ammortizzare completamente lo stiramento, impedendo cos che la tensione meccanica attivi i fusi. Viceversa se la compliance bassa.2) Alcuni recettori hanno un comportamento particolare: producono una doppia scarica in risposta ad un singolo stiramento.3) Non tutte le fibre Ia conducono alla stessa velocit. Nell'uomo esiste una variabilit che oscilla fra i 40 ed i 60 metri al secondo.Questi fenomeni, combinandosi in vario modo fra loro, influiscono sull'alfa-motoneurone per un lasso di tempo molto pi lungo del singolo EPSP generato sul neurone a riposo da una singola afferenza Ia [8].[8] nella fase iniziale, ascendente del EPSP che si genera lo spike nel motoneurone e questa fase ascendente dura appunto 5-6 millisecondi.A questo bisogna aggiungere che il neurone, come si visto nel paragrafo precedente, pu essere in differenti stati di eccitazione nel momento in cui viene colpito dalla afferenza (anzi dalle afferenze) Ia, alle quali pu quindi essere pi o meno recettivo.Queste osservazioni modificano ampiamente la valutazione clinica dell'ammalato.\p143Oggi non pi possibile valutare una variazione del riflesso miotatico come una patologia del solo arco riflesso monosinaptico; bisogna fare riferimento a tutte le considerazioni di cui sopra.Componente lentaNumerosissimi esperimenti (Marsden Rothwell e Day 1983, Matthews 1984, Rothwell et al. 1991) hanno contribuito a mettere in evidenza una seconda componente del riflesso miotatico. Una componente lenta, di ampiezza variabile, situata approssimativamente attorno ai 40 millisecondi per l'arto superiore, fra i 70 ed i 100 millisecondi per l'arto inferiore.Questa seconda risposta ben distinta dalla contrazione muscolare volontaria conseguente allo stiramento; anche la contrazione volontaria pi rapida a livello dell'arto superiore non si presenta prima di 90-100 millisecondi. molto interessante osservare che, come si vede dalla figura, qualsiasi tipo di azione muscolare volontaria non influenza il riflesso. La componente volontaria del movimento ben visibile nella fase finale del tracciato, mentre le due componenti del riflesso miotatico non cambiano, sia che il soggetto assecondi il movimento, sia che lo contrasti, sia che stia immobile.Fig. 8.5 - Le due componenti del riflesso da stiramento in due differenti muscoli: il Flessore lungo del pollice (colonna sinistra) ed

il bicipite. Sono presentate tre differenti situazioni: al paziente era richiesto di non fare nulla (riga di colore giallo) oppure di resistere allo stiramento (riga di colore rosso) o ancora di assecondare il movimento (riga di colore verde). S componente rapida, LL componente lenta, VOL indica la contrazione volontaria.\p144L'origine di questa seconda componente del riflesso miotatico ancora oggetto di discussione, anche se ormai numerose ricerche fanno pensare con decisione ad un circuito che dal midollo spinale sale nei cordoni posteriori fino alla corteccia sensitiva primaria, passa direttamente nella corteccia motoria primaria (si vedano a proposito le connessioni fra le due cortecce, capitolo 27) dalla quale, attraverso il fascio cortico-spinale, arriva ad influenzare gli alfa-motoneuroni.Questa ipotesi sostenuta particolarmente da Rothwell, mentre Matthews sostiene che la componente lenta sarebbe legata ai circuiti spinali: o alla dispersione temporale della attivazione dei fusi legata al lungo periodo di attivazione di un riflesso miotatico (si veda componente rapida), o alla volee afferente dalle fibre II dei fusi.La discussione non ha ancora trovato una soluzione definitiva, anche se molte ipotesi fanno propendere verso la teoria di Rothwell.Di seguito verranno esposti i punti salienti del dibattito, cosicch il lettore si possa fare un'idea personale dalla quale trarre le proprie conclusioni.L'ipotesi che il riflesso miotatico a latenza lunga sia originato completamente a livello midollare legata, per le fibre Ia, alla lunga durata della scarica del fuso. Le ultime fibre Ia ad essere temporalmente attivate darebbero luogo alla componente lunga del riflesso.Stiramenti effettuati appositamente in tempi brevissimi (10-20 millisecondi) mantengono comunque, anche se non costantemente, la componente lenta.Riguardo alla origine dalle afferenze II fusali della componente lenta del riflesso, lo studio di Matthews mostra come una contrazione muscolare della durata di 200 millisecondi (adatta ad attivare le fibre Ia e II) porti alla presenza di entrambe le componenti del riflesso miotatico, mentre una vibrazione di 200 Hertz sul tendine muscolare (che attiva solamente le fibre Ia) d un riflesso miotatico con solamente la componente rapida. Da ci Matthews conclude che la componente lenta anch'essa spinale, legata alle fibre II.Se tutto il riflesso ha solamente componenti spinali per, allora i muscoli pi prossimali (Sottospinato) dovrebbero avere una latenza inferiore del riflesso rispetto ai muscoli pi distali (Flessore proprio del pollice). Il dato fu dimostrato non vero da Marsden, Merton e Morton (1973) che nel loro lavoro, dimostrarono come il principio fosse valido per la componente rapida (22 millisecondi per il Flessore del pollice e 10 millisecondi per il Sottospinato), ma non per la componente lenta, che per entrambi i muscoli si assestava sui 40 millisecondi.Un altro dato molto importante che porta ad escludere come la componente lenta del riflesso sia legata alle fibre II, un esperimento dello stesso Matthews (1989). Il raffreddamento dell'arto porta ad un maggior rallentamento delle fibre di tipo II rispetto alle Ia, se la componente lenta fosse ad esse collegata, dovrebbe essere maggiormente rallentata rispetto alla componente veloce.Il dato non si verificato e le due componenti sono comparse ugualmente rallentate.A favore del circuito corticale prima indicato, stanno le numerose osservazioni cliniche. Si visto che, qualunque parte del circuito venga danneggiata, la componente lenta del riflesso miotatico scompare. Un autentico punto fermo a favore del circuito corticale tuttavia stato posto da un recente lavoro di Rothwell (1991).Questo autore riuscito a studiare il riflesso miotatico in tutte le sue componenti, in un paziente che, alla nascita, aveva subito un grave danno del midollo cervicale alto.In conseguenza a questo danno il paziente aveva sviluppato, con la crescita, un controllo di entrambi gli emisomi da parte dell'emisfero sinistro.Come possibile osservare dalla figura, la stimolazione magnetica effettuata sull'emisfero sinistro provoca la risposta di entrambi gli arti con la

stimolazione all'emisfero destro invece non si ha risposta alcuna.\p145In questo paziente il riflesso miotatico si comporta come possibile osservare dalla figura.Fig. 8.6 - Risposta al riflesso da stiramento in un paziente che, per cause perinatali, aveva sviluppato il controllo di entrambi gli emisomi da parte del solo emisfero sinistro, emisfero che nei normali controlla solamente i muscoli di destra. Nella colonna di sinistra si osserva la risposta del muscolo Flessore del pollice, sia di destra che di sinistra, ad uno stiramento di questo muscolo di destra. Nella colonna di destra si osserva la risposta dei due muscoli allo stiramento del muscolo di sinistra. Si osservi come lo stiramento del muscolo di destra porta ad una risposta rapida solamente a destra (freccia nella riga blu) ed una risposta lenta bilaterale, mentre lo stiramento del muscolo di sinistra non provoca alcuna risposta riflessa. Nella parte (b) si evidenzia la risposta dei muscoli alla stimolazione magnetica. Come si vede i muscoli rispondono solamente alla stimolazione magnetica dell'emisfero destro; nulla la risposta all'emisfero sinistro (ulteriore spiegazione nel testo, da Rothwell 1991 modificata).\p146Se lo stiramento avviene su di un muscolo del lato destro (normalmente controllato dell'emisfero che governa entrambi gli arti, cio il sinistro) si ha un riflesso da stiramento con componente rapida presente solamente a destra, mentre la componente lenta presente ed uguale sui muscoli flessori profondi delle dita di entrambi i lati.Questo ultimo lavoro veramente suggestivo per un circuito corticale.Se detto circuito venisse definitivamente confermato, allora lo studio delle due componenti del riflesso miotatico potrebbe apportare un deciso avanzamento dell'analisi della spasticit, manifestazione clinica molto frequente nelle patologie del SNC.Inibizione reciproca Ia e sua modulazione da parte del controllo volontario del movimentoGli interessanti esperimenti a proposito iniziano con Tanaka (1974) ma riconoscono importanti punti di riferimento in Day (1981) e Nielsen (1992).Si ricorda come il riflesso H sia l'equivalente elettromiografico del riflesso miotatico, ottenuto attraverso la stimolazione delle fibre afferenti Ia provenienti dai fusi muscolari e registrata attraverso la contrazione del muscolo corrispondente.Gli esperimenti citati consistono nell'ottenere un riflesso H da un dato muscolo e nell'osservare come questo cambi alla stimolazione elettrica del nervo appartenente al muscolo antagonista.I muscoli nei quali questo processo di inibizione (Ia) pi evidente sono i muscoli dell'avambraccio, dove possibile valutare con precisione che il fenomeno disinaptico: fibra Ia - interneurone inibitore Ia - alfamotoneurone dell'antagonista.Gli aspetti pi interessanti dal punto di vista clinico tuttavia sono all'arto inferiore, dove l'inibizione Ia variabile: in condizioni di riposo sicuramente pi debole che sotto carico.Durante la deambulazione, nella fase di stacco (flessione dorsale del piede) vi un marcato aumento dell'attivit inibitoria sul muscolo Soleo, antagonista del Tibiale anteriore che compie la dorsiflessione, mediata dall'interneurone inibitore Ia.Durante il movimento volontario quindi, con particolare evidenza agli arti inferiori durante il cammino, il fascio piramidale non attiva solamente gli alfa-motoneuroni agonisti, ma inibisce pure, attraverso una attivazione degli interneturoni inibitori Ia, la muscolatura antagonista. Questo il primo dei numerosi circuiti reciproci attraverso i quali si esercita l'azione sull'alfamotoneurone dei circuiti afferenti che influenzano l'attivit dell'apparato locomotore.Tutti questi assieme, come i singoli strumenti di un'orchestra, contribuiscono alla melodia finale, nel caso specifico il movimento.Importanti studi sono stati di recente effettuati (Nielsen, Pedersen e Crone 1995) sul significato della inibizione Ia nella spasticit.Questi autori hanno trovato come nelle patologie spastiche tutti i fenomeni di inibizione di tipo Ia sopra riportati abbiano una durata molto inferiore nel paziente rispetto al soggetto normale, sostenendo l'ipotesi che i meccanismi responsabili della spasticit siano

anche a livello midollare e siano presenti meccanismi fisiologici liberati dal loro sonno da una deafferentazione delle vie discendenti.Aspetti clinici dell'inibizione reciproca Ib e del riflesso miotatico inverso. Sua modulazione da parte del controllo volontario del movimentoIl riflesso H pu essere utilizzato con le stesse modalit anche per studiare i meccanismi della inibizione reciproca Ib. necessario ricordare che questi ultimi sono meccanismi di inibizione che si innescano su di un muscolo, in seguito alla sua contrazione attiva.I meccanismi legati agli interneuroni inibitori Ib hanno una diffusione molto ampia, irradiandosi di norma a tutto l'arto, qualunque sia il muscolo attivo.E cos regolare osservare, a fronte di una forza esterna maggiore alla massima possibilit di tensione del muscolo, l'attivarsi di un riflesso miotatico inverso, con inibizione generalizzata della muscolatura dell'arto.Durante l'esecuzione di un movimento volontario, quando cio non ci si trovi a fronte del caso limite di una possibile rottura muscolare, l'azione inibitoria riflessa Ib non solamente cambia, ma pu divenire addirittura inversa: il neurone inibitore Ib subisce a sua volta una inibizione.L'inibizione proviene, verosimilmente, dal fascio piramidale ed finalizzata ad evitare meccanismi riflessi di difesa che risulterebbero controproducenti per la buona riuscita di un progetto motorio volontario.Si prenda per esempio l'inibizione reciproca di tipo Ib che potrebbe essere innescata dall'attivit riflessa del muscolo Gastrocnemio mediale. Essa bloccherebbe il coordinato svolgimento motorio del progetto, sostenendo una situazione tonica muscolare di stato e contrastando l'esecuzione motoria (vedi capitolo 10).Contemporaneamente alla attivazione volontaria della flessione plantare del Gastrocnemio si assiste quindi, nel movimento volontario, all'inibizione degli inibitori Ib dei diversi muscoli dell'arto inferiore, che hanno azione sinergica al muscolo attivato volontariamente.Nel gioco di pesi e contrappesi agenti sull'alfa-motoneurone per indurlo a scaricare, il fascio piramidale in questo caso possiede una doppia azione. Un'azione primaria, con la quale facilita la attivazione dei motoneuroni del muscolo da attivare ed una secondaria con cui inibisce gli interneuroni inibitori Ib degli alfamotoneuroni dei muscoli sinergici. Le due azioni contemporanee differiscono in tutto, ma sono entrambe in linea con lo scopo strategico che caratterizza l'esecuzione del movimento.Il fenomeno sicuramente serve a facilitare le sincronie motorie poich, se il tono e la soglia di attivazione di tutti i muscoli dell'arto inferiore fossero lasciate al solo controllo spinale, attraverso le sole afferenze Ib si avrebbe, contemporaneamente alla contrazione del Gastrocnemio, una inibizione graduata della attivazione di tutta la muscolatura dell'arto inferiore e, viceversa, dall'attivazione della muscolatura dell'arto si avrebbe una inibizione del muscolo attivato.Il caso potrebbe essere paragonato all'utilizzo del freno in un'auto. Pur essendo il freno (l'inibizione attiva Ib spinale) uno strumento indispensabile per una guida sicura, esso non deve essere usato di continuo. Nel momento in cui si vuole partire, contemporaneamente all'attivazione dell'acceleratore (dei motoneuroni adatti, cio, a quel movimento) pure necessario togliere il freno. Il freno, a ben vedere, non indispensabile nemmeno per rallentare, potendosi utilizzare allo scopo il freno-motore (nel nostro esempio una riduzione della frequenza di scarica del fascio piramidale). Ci nonostante nessuna auto funziona senza freni, anche se in accelerazione non devono essere usati. Nessun apparato locomotore funziona senza riflesso miotatico inverso, anche se una sua inibizione pu essere funzionale durante il movimento volontario.\p148Un altro punto di estremo interesse dell'azione inibitoria di tipo Ib la sua risposta alle stimolazioni cutanee, modulabile attraverso la volont.Uno stimolo cutaneo della parte anteriore del piede, normalmente aumenta l'inibizione, via interneuroni Ib, del muscolo quadricipite. Il quadricipite, essendo un estensore del ginocchio, se inibito riduce il

movimento di anteropulsione (esplorativo) dell'arto inferiore.Se vi un'attivazione del tricipite surale in un movimento globale dell'arto inferiore, l'azione delle afferenze cutanee sugli interneuroni Ib del quadricipite diviene inversa: vi una riduzione dell'inibizione.Il fenomeno pu essere osservato nei movimenti comuni.Poniamo che si cammini al buio: ci si muove a tentoni, utilizzando i recettori cutanei del piede come sensori al posto della vista.Se in questo movimento volontario esplorativo la punta del piede incontra un oggetto accuminato fastidioso, la esplorazione, basata essenzialmente sull'estensione del ginocchio e dell'anca si interrompe, per evitare il danno potenziale che sarebbe arrecato dallo scontro con l'oggetto. Ci facilitato dall'aumento dell'inibizione cutanea sul muscolo estensore ( esploratore): il Quadricipite femorale.Se al contrario si sta giocando una partita di calcio e si vuole colpire con forza il pallone con la punta del piede, i movimenti attivi, non pi di tipo esplorativo ma fortemente volitivi, non sono impediti dai ripetuti contatti fra il piede e la palla, segno che i riflessi utilizzati per il sistema Ib si sono rassettati in tutt'altra organizzazione rispetto all'esempio precedente.Interneurone inibitore di Renshaw, e inibizione presinapticaNon si esporranno nel presente paragrafo le tecniche di studio di questi due tipi di inibizione, poich troppo macchinose e non necessarie agli scopi del testo. Chi desiderasse maggiori informazioni pu consultare:per il Renshaw: Hultborn, Pierrot e Deseilligny (1979); Katz, Pierrot e Deseilligny (1982, 1984).Per l'inibizione presinaptica Meunier, Pierrot e Deseilligny (1989) Edamura, Yang e Stein (1991).L'inibizione del neurone di Renshaw cambia in maniera dipendente dai movimenti volontari messi in atto: un movimento volontario debole aumenta la frequenza di scarica di detto neurone, mentre una contrazione forte e determinata ne provoca un calo di efficacia inibitoria.Queste variazioni di frequenza sono causate da sinapsi dirette del fascio piramidale sul neurone.L'inibizione presinaptica sembra giocare un ruolo di primaria importanza nell'attivazione isometrica selettiva di un muscolo, con riduzione di attivit in tutti i muscoli sinergici.Come ben dimostrato da Hultborn et al. (1987), l'attivazione volontaria selettiva di un muscolo diminuisce l'azione presinaptica sullo stesso, mentre favorisce l'inibizione presinaptica dei sinergici.Il meccanismo, che necessita tuttavia di ulteriori studi, se confermato diverrebbe centrale nei movimenti di precisione estrema, dove numerosi servomeccanismi devono entrare nella selezione delle forze per ottenere dei micromovimenti successivi assolutamente precisi, che consentano di dettagliare il movimento in maniera sufficiente agli scopi strategici per cui messo in atto.\p149Durante il cammino il meccanismo di inibizione presinaptica aiuterebbe a ridurre le afferenze fusali di tipo Ia che potrebbero, con il loro elevato rumore di fondo, disturbare la trasmissione delle vie discendenti.In questo caso, non essendovi pericoli gravi per la integrit del muscolo, i circuiti spinali possono essere relegati su di un piano di minor importanza nel controllo del movimento.I circuiti discendenti invece, data la volontariet del gesto che in corso, devono poter agire nella maniera pi fluida possibile.Riflesso tonico da vibrazioneUna vibrazione di 50-150 Hertz applicata al tendine di un muscolo per almeno 15-20 secondi d luogo ad una contrazione sostenuta, ad insorgenza lenta, presente per tutta la durata della vibrazione, al termine della quale scompare altrettanto lentamente.Si tratta di un riflesso spinale, mediato attraverso le fibre Ia e II provenienti dai fusi. Le fibre Ia sono responsabili del mantenimento della risposta in frequenza (il riflesso si ha solamente fra i 50 ed i 150 Hertz), le fibre II sono responsabili della lentezza della fase finale che consente al riflesso di durare oltre la fine dello stimolo.Il riflesso pu essere inibito volontariamente e ci dimostra la sua sensibilit alle informazioni in arrivo lungo le vie discendenti, dato confermato dalla assenza del riflesso in pazienti con lesioni

midollari.Anche la vibrazione portata solamente sui recettori cutanei pu evocare una risposta simile, ma di ampiezza molto inferiore.Il riflesso tonico da vibrazione in grado di inattivare le afferenze spinali lungo le vie Ia.Questa inibizione non legata alla invasione delle vie percorse all'arco afferente ed alla sua conseguente indisponibilit al transito delle informazioni per il riflesso miotatico, poich si e visto, con registrazione dalle radici posteriori, che il riflesso H ancora presente a livello di sistema afferente (Lance, Burke e Andrews 1973).L'inibizione avviene a livello midollare ed attualmente si ritiene sia basata sia sul meccanismo della inibizione presinaptica, sia sul meccanismo della depressione di postattivazione. Per il primo meccanismo si rimanda al paragrafo precedente. La depressione di postattivazione legata alla deplezione di mediatore chimico dalla sinapsi, dovuta all'utilizzo prolungato di quel circuito, come avviene appunto nel riflesso tonico da vibrazione.Il riflesso tonico da vibrazione, inibendo all'interno del midollo le afferenze dai fusi, pu essere considerato un buon meccanismo di controllo dell'ipertono muscolare, semplice e di facile utilizzazione. Il suo effetto variabile da paziente a paziente ed grandemente ridotto se questo pone attenzione volontaria sul fenomeno (aspettativa).Riflessi cutaneiUna stimolazione cutanea dolorosa, attraverso un arco riflesso nervoso, in grado di attivare la contrazione di un muscolo o di un gruppo muscolare, provocando movimenti di fuga dallo stimolo.Se, per esempio, si carica inavvertitamente il peso del corpo su di un oggetto puntuto (un chiodo) o su qualcosa di rovente, la sensazione dolorosa cutanea attiver immediatamente un riflesso di fuga (e scarico del peso corporeo) \p150 dall'oggetto, attraverso un meccanismo di flessione dorsale del piede, flessione del ginocchio e flessione dell'anca (triplice flessione).All'interno dello stesso riflesso l'arto opposto reagisce con una attivazione muscolare degli antagonisti, irrigidendosi in estensione.Il meccanismo di fondamentale importanza per le reazioni di equilibrio e di postura, bisogna pensare infatti che, in posizione eretta, se un arto inferiore fugge da uno stimolo doloroso, per non cadere a terra assolutamente indispensabile caricare l'arto opposto, che deve quindi irrigidirsi in estensione.Il riflesso noto come riflesso cutaneo da evitamento, o riflesso di triplice flessione.Viene anche definito riflesso cutaneo crociato, poich alcuni autori vedono in questo tipo di riflesso un abbozzo di schema spinale di deambulazione (dato l'alternarsi della flessione di un arto con l'estensi ne del contro

laterale).Vi sono numerosi altri esempi di riflessi cutanei, non necessariamente da evitamento e non necessariamente provocati da uno stimolo doloroso. Nel cane per esempio (come in tutti gli animali a pelo lungo) vi un caratteristico riflesso da grattamento . Se il pelo si muove lievemente in una piccolissima area, come accade quando vi si appoggia un insetto, improvvisamente si ha un riflesso cutaneo ed il cane, con la gamba controlaterale, gratta esattamente la zona stimolata.I riflessi cutanei sono tutti legati a circuiti multisinaptici, la cui risposta quindi variabile ed influenzabile da altri circuiti.Ci significa che i riflessi cutanei possono differire molto, variando a secondadel tipo di stimolo applicatodel punto del corpo in cui viene applicato lo stimolodelle informazioni provenienti attraverso le vie discendentiVi sono due tipi di riflessi che, nell'uomo, devono essere esaminati in dettaglio: il riflesso allo stimolo doloroso ed il riflesso allo stimolo tattile.Riflesso cutaneo allo stimolo dolorosoIl tipico esempio di questo riflesso la fuga in triplice flessione da uno stimolo doloroso. Clinicamente il riflesso viene valutato all'arto inferiore con il paziente supino, scorrendo con una punta smussa sulla parte laterale della pianta del piede.Non bisogna dimenticare che la stazione eretta e la valutazione da supino generano due riflessi differenti, poich il carico cambia sostanzialmente la influenza delle vie discendenti che, come si visto, sono a loro volta in grado di influenzare in maniera importante il riflesso.Normalmente si assiste ad una flessione plantare dell'alluce, con triplice flessione di caviglia, ginocchio ed anca, ad attuare un meccanismo di fuga.A livello dell'alluce, in condizioni fisiologiche, la flessione plantare, mentre il meccanismo di fuga dallo stimolo richiederebbe una flessione dorsale.La flessione dorsale si osserva, nell'uomo, solamente a livello patologico (segno di Babinsky), a fronte di un danno delle vie discendenti ( caratteristico nei danni cortico-piramidali: le emiplegie) o del midollo spinale.Non chiaro perch ci avvenga, ma si fa l'ipotesi che, nell'andatura bipede, la flessione plantare dell'alluce sia un meccanismo di supporto, utile per sollevare la pianta del piede stimolata dal dolore, mantenendo contemporaneamente una base di appoggio al suolo.A sostegno di ci va anche la dimostrazione che uno stimolo doloroso applicato al tallone provoca, nel soggetto normale, una flessione dorsale dell'alluce. chiaro che in questa situazione non sussiste pi la possibilit di mantenere \p151 una base di appoggio fuggendo dal dolore e quindi anche la reazione dell'alluce si allinea con quella delle altre articolazioni (Rothwell 1994).Il riflesso cutaneo da evitamento (da supino e con stimolo doloroso di tipo elettrico, della durata di 10-20 millisecondi) consta di due distinte risposte, una rapida, che compare dopo 30-50 millisecondi il cui ruolo clinico oscuro ed una lenta, attestata sui 100 millisecondi (o pi), che appare invece essere la responsabile del movimento di triplice flessione (Shahani eYoung 1971).Vi un fenomeno di abitudine allo stimolo, che significa che, se applicato troppo a lungo, il riflesso si abbassa di intensit fino a scomparire.Le due componenti (rapida e lenta) del riflesso possono comparire in maniera indipendente, facendo pensare a due percorsi separati, la componente rapida inoltre ha una soglia di eccitazione sensibilmente pi bassa della componente lenta, che diviene pi rapida man mano che aumenta l'intensit dello stimolo.Attualmente si ritiene che entrambe le componenti del riflesso siano spinali, quella lenta mediata dalle fibre IL Non vi sono dati importanti a sostegno di questa teoria e bisogna tenere presente che le componenti lente sia del riflesso miotatico che dei riflessi cutanei a bassa soglia (paragrafo successivo) hanno una assai verosimile origine corticale.I riflessi cutanei da evitamento non vanno intesi, infine, come riflessi di sola flessione. La reazione strettamente dipendente dal luogo nel quale viene portato lo stimolo. Se lo stimolo viene portato, per esempio, alla superficie anteriore della coscia, il riflesso conterr

un meccanismo prevalente di estensione dell'anca e del ginocchio e le reazioni posturali saranno completamente differenti, mimando una strategia d'anca (vedi capitolo 14, sezione sui meccanismi posturali).Riflesso cutaneo allo stimolo tattileNon facile costruire una situazione di laboratorio in cui misurare le risposte riflesse a stimoli tattili, per cui i lavori sono stati eseguiti applicando alla cute stimolazioni elettriche a bassa intensit, che possono essere considerate analoghe.Queste stimolazioni provocano risposte muscolari a stimoli molto deboli e di latenza breve. Non sono in genere risposte di attivazione muscolare, sono piuttosto variazioni dell'attivit di muscoli gi attivi.La tipica risposta muscolare riflessa a stimoli tattili, come pu essere vista nella figura 8.7 composta di 3 fasi distinte (Jenner e Stephens, 1982).La risposta E1 di tipo eccitatorio, ha una latenza di circa 35 millisecondi ed ritenuta una risposta tipicamente spinale.La risposta I1, di tipo inibitorio ed a latenza di circa 50 millisecondi, considerata una risposta spinale, facilmente influenzabile per dai circuiti discendenti.La risposta E2, di tipo eccitatorio ed a latenza di circa 60 millisecondi, invece considerata una risposta con circuito corticale.Due dati fondamentali suffragano questa ipotesi. Il primo dice che la risposta E2 assente sia che il danno coinvolga i cordoni posteriori, la corteccia o il fascio piramidale, indicando in questo circuito la sua origine pi probabile.Il secondo dato riguarda invece il suo periodo di comparsa, che avviene dopo il secondo anno di et, negli stessi tempi cio impiegati per la maturazione del fascio piramidale.Un danno delle vie afferenti ed efferenti alla corteccia provoca anche una riduzione di ampiezza, ma non una scomparsa della onda I1, ritenuta per questa ragione di origine spinale, ma profondamente influenzata dalle vie discendenti.Un dato importante a proposito delle stimolazioni tattili che queste attivano selettivamente le unit motorie a fibre rapide (vedi capitolo 6) determinando la \p152 comparsa di movimenti rapidi o di rapide variazioni dell'attivit di un muscolo, senza influenzare minimamente le fibre lente.Fig. 8.7 - Risposta muscolare ad uno stimolo cutaneo. Il muscolo interessato il primo interosseo di sinistra (traccia superiore) e di destra (traccia inferiore). La stimolazione portata fra il pollice e l'indice (nervo interdigitale dell'indice).Le due tracce si riferiscono ad un paziente con un angioma nella regione corticale motoria di destra (controllo del primo interosseo di sinistra). La stimolazione ad una frequenza di 3 Hertz per 512 volte.Notare come la traccia in basso (lato sano) presenta dopo lo stimolo (indicato dalla freccia) una prima fase di eccitazione muscolare E1 (deflessione verso l'alto), una seconda fase di inibizione motoria I1 (deflessione verso il basso) ed una terza fase eccitatoria di nuovo diretta verso l'alto (E2).La traccia superiore la registrazione dal lato controllato dall'angioma; si osservi la presenza della sola E1.E1 considerato un arco riflesso spinale, I1 un'inibizione spinale, E2 un riflesso corticale (ulteriori spiegazioni nel testo. Da Jenner e Stephens 1982, modificata).I riflessi cutanei nel paziente spinaleIl paziente con danno completo o incompleto del midollo spinale, che impedisce il corretto funzionamento delle influenze motorie e sensitive discendenti \p153 verr trattato dettagliatamente, per quanto riguarda gli aspetti motori, nel capitolo 13. Nel presente paragrafo sono riportati solamente alcuni aspetti caratteristici delle indagini neurofisiologiche e della situazione clinica di questo paziente, definito paraplegico.In tutti i mammiferi, la sezione trasversale del MS produce un periodo di completa flaccidit, areflessia ed anestesia della parte del corpo al di sotto del livello di lesione, cui si associano pressoch costantemente deficit vegetativi. Tale quadro prende il nome di shock spinale.La sezione trasversa del midollo spinale divenuta oggi, purtroppo, un evento relativamente frequente, soprattutto legato agli incidenti automobilistici.Nell'uomo il recupero dalla situazione sopra descritta

avviene nelle 2, 3 settimane successive l'evento; i primi segni di recupero sono dati dalla ripresa automatica dello svuotamento vescicale (vedi capitolo 7), seguito dal recupero dei riflessi cutanei, solamente per per alcuni muscoli e non per altri. Successivamente ricompaiono i riflessi spinali classici, tutti molto aumentati e, dopo qualche mese, un importante ipertono caratteristico, in flessione, degli arti inferiori.Gli arti superiori, nei pi rari casi di tetraplegia, hanno un andamento differente e variabile per il quale si rimanda ai testi specializzati.In questi pazienti sono stati studiati (Shahani e Young 1971, Roby-Bramy e Bussel 1987, 1992) i riflessi da stimolazione elettrica dolorosa e si potuto osservare come questi subiscano notevoli variazioni comportandosi come segue.Il riflesso rapido spesso scompare e, se presente, ha una soglia decisamente superiore alla componente ritardata (situazione invertita rispetto al normale).La componente ritardata non solamente ha una soglia inferiore alla norma, ma anche pi ritardata.La componente ritardata viene inibita, contrariamente al normale, se un riflesso di triplice flessione stato provocato immediatamente prima nell'arto controlaterale.Questi dati, al di l di un loro significato clinico strumentale per valutare la gravit della lesione, sono anche indicativi del fatto che il MS possiede una propria autonomia funzionale, che necessario conoscere e sulla quale si deve lavorare nei meccanismi di recupero funzionale del paziente paraplegico.Effetti clinici collegabili alle caratteristiche biomeccaniche del muscoloCome dettagliatamente spiegato nel capitolo 9, la biomeccanica muscolare si esprime in due fondamentali rapporti: il rapporto lunghezza/tensione ed il rapporto forza/velocit.Entrambi possiedono implicazioni cliniche interessanti.Rapporto lunghezza/tensione e stiffness muscolareSi definisce stiffness la risposta efficace data da un muscolo ad una perturbazione meccanica del suo stato di riposo: la forza e la velocit cio con cui un muscolo reagisce ad un movimento passivo improvviso ed inaspettato.A livello biomeccanico la stiffness dipende in parte dalla tensione ed in parte dalla lunghezza muscolare al momento della perturbazione. cio collegata al \p154 rapporto forza/lunghezza, rapporto dinamico, in costante cambiamento per ogni singolo muscolo.A livello neurofisiologico la stiffness dipende dagli archi riflessi Ia (sensibile alla lunghezza) ed Ib (sensibile alla forza muscolare).La stiffness quindi un insieme di archi riflessi e situazioni biomeccaniche che, in ogni istante, influenzano sia il tono muscolare sia il movimento.Della parte neurofisiologica e delle sue componenti cliniche si parler a lungo in questa sezione del testo (praticamente in tutti i capitoli dedicati al midollo spinale); della parte biomeccanica vale la pena ricordare alcune implicazioni cliniche interessanti.La stiffness di un muscolo rilassato pu essere molto bassa; in questo caso la resistenza ad un movimento passivo opposta dal muscolo lo altrettanto e questo pu facilitare distorsioni e fratture, o rotture articolari e muscolari, soprattutto quando la stiffness non pu essere rapidamente aumentata.Il rapido incremento della stiffness si ottiene con l'allenamento muscolare.La stiffness muscolare aumenta moltissimo nelle cocontrazioni di agonisti ed antagonisti, poich la lunghezza muscolare rimane invariata ed aumenta notevolmente la tensione. Non a caso, la cocontrazione una delle azioni pi solide per fissare un'articolazione in un meccanismo di postura e costituisce una sorta di ingessatura naturale in tutte le situazioni di danno dell'apparato scheletrico.Per immaginare la portata che pu avere un aumento della stiffness nelle fissazioni articolari si pensi alle frequenti slocature di spalla ed alla cocontrazione di tutti i muscoli periarticolari, la cui altissima stiffness provoca una vera e propria ingessatura della articolazione slocata.Un altro meccanismo degno di nota dove la stiffness muscolare molto elevata, ma per accorciamento muscolare e non per aumento della tensione, il sempre pi frequente accorciamento delle

catene muscolari posteriori.Questa situazione legata alle posture assunte dall'individuo durante la vita.La stiffness (elevatissima) delle catene muscolari posteriori porta, col tempo, a situazioni patologiche di grande rilevanza: basti pensare che gran parte delle patologie artrosiche e degenerative della colonna vertebrale hanno la loro origine in una alterata postura di base - accorciamento delle catene muscolari posteriori - aumento della stiffness - ulteriore peggioramento della postura di base e vizi patologici conseguenti sia nella posizione eretta che nel cammino.Queste ultime patologie sono oggi talmente diffuse da costituire un vero e proprio problema sociale e sono la maggior causa di spesa sanitaria e di perdita di ore lavorative del mondo industrializzato.Un altro dato interessante del rapporto lunghezza/tensione sono le sinergie attraverso le quali il progetto motorio crea le situazioni ideali perch i muscoli che debbono sviluppare una tensione elevata si trovino nella condizione (di lunghezza) ideale per farlo.Si pensi per esempio ad una presa con forza delle dita della mano. Questa presa viene automaticamente effettuata con un progetto motorio che prevede l'estensione del polso, poich in questa posizione che i flessori delle dita si trovano alla giusta lunghezza per esercitare il massimo di tensione.Al di la della praticit delle sinergie motorie per lo sviluppo della forza, questo fatto ha un significato logico molto importante: sta ad indicare che, nella costruzione del progetto motorio, il sistema nervoso tiene dettagliatamente conto dei rapporti lunghezza/tensione di ogni singolo muscolo e di molti muscoli nel loro insieme, rapporti sui quali possiede, evidentemente, informazioni accurate.Nulla si sa su questo argomento, sul quale tuttavia negli anni '80 stata impostata una interessante teoria.\p155Il rapporto lunghezza/tensione e la teoria del punto di equilibrioUna interessante applicazione del rapporto lunghezza/tensione stato proposta da Bizzi (1982) con la teoria, del punto di equilibrio.Secondo questa teoria i progetti motori si baserebbero sul raggiungimento di un punto di equilibrio fra le curve lunghezza/tensione dei molti muscoli, agonisti ed antagonisti, agenti su di una singola articolazione.Ogni muscolo cio possiede il proprio punto di equilibrio lunghezza/tensione ed i differenti muscoli agenti su di una articolazione hanno un punto di equilibrio globale, in cui i rapporti lunghezza/tensione di ciascuno provocano una situazione biomeccanica tale per cui l'articolazione non si muove. Ci avviene ad un determinato angolo articolare, definito l'angolo di equilibrio.Prendiamo un esempio teorico: una articolazione con due soli muscoli, agonista ed antagonista, agenti in maniera opposta.L'articolazione si trova ferma ad un livello di equilibrio. Se una forza viene esercitata passivamente sull'articolazione, ruotandola, pu accadere che il muscolo agonista si accorci, diminuendo il suo rapporto lunghezza/tensione e l'agonista si allunghi, aumentandolo. Come si vede dalla figura, cambia l'angolo articolare theta e si raggiunge un punto di equilibrio nuovo, su livelli di tensione diversi per agonista e antagonista (a destra o a sinistra di theta, dove le rette si incontrano).Fig. 8.8 - Ipotesi del controllo motorio secondo Bizzi: Tf indica il tono dei flessori Te il tono degli estensori; quando le due rette si incrociano si ha un equilibrio fra flessori e estensori, a quell'angolo articolare (theta) vi equilibrio muscolare ed il movimento ha termine; secondo l'ipotesi di Bizzi quest'angolo sarebbe gi calcolato a livello nervoso, (spiegazione nel testo. Da Bizzi 1982, modificata).Secondo la teoria di Bizzi il SNC, che come abbiamo visto ha precisa conoscenza del rapporto lunghezza tensione per ogni muscolo, imposterebbe i propri progetti motori prevalentemente sulla base dei punti di equilibrio di detta curva per ogni singola articolazione.Il movimento non sarebbe pi dettato da coordinate spaziali, ma dai possibili punti di equilibrio raggiungibili dall'articolazione.Tale teoria riduce a secondaria importanza le coordinate spaziali (velocit,

direzione, accelerazione) che caratterizzano un movimento, per cui sembra, oggi, una spiegazione affascinante ma improbabile delle dinamiche di movimento.La teoria contiene comunque in s alcuni punti importanti: potrebbe, per \p156 esempio, spiegare perch un progetto motorio viene portato a termine anche in completa assenza di riferimenti sensitivi (vedi capitolo 5) ed alcuni autori sono convinti che, almeno per alcune reazioni midollari riflesse, la teoria del punto di equilibrio spieghi bene l'evoluzione del movimento.Dal 1982, data della sua formulazione tuttavia, sono stati maggiori i punti contraddittori che le conferme nelle indagini sperimentali riguardo a questa teoria sul movimento.Rapporto forza/velocitIl rapporto forza velocit indica la potenza di un muscolo, cio il lavoro prodotto nell'unit di tempo.La potenza di un muscolo dipendente da questi due parametri e della loro concatenazione. Un muscolo cio ha la massima potenza quando svolge un lavoro (cio quando sposta un peso ad una data velocit).Un esempio tipico dell'utilizzo del rapporto forza/velocit nella pratica dato dal cambio della bicicletta. Il cambio viene utilizzato affinch i muscoli della gamba possano esprimere sempre la stessa potenza ideale: se la salita forte l'attivit muscolare viene scomposta: diminuisce la velocit ed aumenta molto la spinta (forza), poich per percorrere un metro in salita necessaria una forza maggiore che per percorrere un metro in pianura; se la bicicletta corre in pianura, la velocit aumenta e la spinta (forza) rimane costante.In entrambi i casi la potenza muscolare identica ma il rapporto forza-velocit si adattato per utilizzare al meglio la potenza per la richiesta ambientale.Le contrazioni eccentriche sono un altro rilevante esempio di come il sistema nervoso utilizzi il rapporto forza/velocit.Un salto volontariamente effettuato si esegue sempre attraverso una flessione iniziale delle ginocchia e della caviglia.Il Tricipite surale, responsabile della maggior parte del movimento denominato salto, con questo movimento si allunga (contrazione eccentrica) proprio mentre gli richiesto di sviluppare una tensione in accorciamento. Nel capitolo successivo, si vedr come la contrazione eccentrica sia in grado di sviluppare una forza maggiore di qualsiasi contrazione concentrica. proprio questa maggior tensione prodotta dall'allungamento iniziale che viene utilizzata dal progetto motorio per spiccare il salto.Se il salto viene effettuato per conservare l'equilibrio, o all'interno di un meccanismo automatico (il salto che si osserva, per esempio, se si sbilancia una persona in equilibrio su una sola gamba) il meccanismo di flessione del ginocchio non si innesca, quasi che il controllo nervoso non avesse il tempo per impostare la situazione ideale, ma dovesse semplicemente reagire con la massima sollecitudine.BibliografaBizzi E., Accornero N., Chappele W., et al., Arm Trajectory formulation in monkeys, Exp.Brain Res., 46,139-143, 1982. Day B.L., Marsden CD., Obeso J.A. and Rothwell J.C., Peripheral and central mechanisms of reciprocal inhibition in the human forearm, 1. Physiol., 317,39P, 1981. Day B.L., Marsden CD., Obeso J.A., et al., Reciprocal inhibition between the muscles of human forearm. 1. Physiol., 349, 549-554, 1984.\p157Eccles J.C, Eccles R.M, Lundberg A., Synaptic actions on motoneurones caused by impulses by golgi-tendon organ afferents, Physiol, 138,227-252, 1957. Edamura M., Yang J.F. and Stein R.B., Factors that determine the magnitude and time course of human H-reflexes in locomotion. Neurosci., 11, 420-427, 1991. Kandel E.R., Schwarz J.R., Principi di neuroscienze Ambrosiana Milano, 1985 Hultborn H. and Pierrot-Deseilligny E., Changes in recurrent inhibition during voluntary contractions in man studied by an H-reflex technique. 1. Physiol., 297,229-251, 1979. Hultborn H., Meunier S., Morin C. and Pierrot-Deseilligny E., Assessing changes in presynaptic inhibition of Ia fibres: a study in man and the cat. 1. Physiol., 389, 729-756, 1987a. Hultborn H., Meunier S., Pierrot-Deseilligny E. and Shindo M., Changes in presynaptic inhibition of la fibres at the onset of

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vie possono essere raggruppate in due sistemi distinti:il sistema orizzontale che agisce in forma riflessa, attraverso un meccanismo esclusivamente midollare.il sistema verticale, che trasporta le informazioni provenienti dall'encefalo.Il muscolo formato di cellule, le fibre muscolari, raccolte a gruppi ciascuno sotto il controllo di un unico alfa -motoneurone: i gruppi di fibre cos assemblati prendono il nome di unit motorie.Le singole fibre di una unit motoria sono distribuite casualmente all'interno di una piccola sezione trasversale [1] del muscolo. In questa sezione, di diametro variabile fra i 5 e i 10 millimetri, sono comprese fibre di diverse (15-30) unit motorie.[1] La sezione effettuata perpendicolarmente all'asse maggiore (lunghezza) del muscolo.Vi sono muscoli le cui unit motorie sono composte di numerosissime fibre muscolari (migliaia) e muscoli con unit motorie di poche fibre (decine). I primi sviluppano prevalentemente alti livelli di tensione (forza), i secondi movimenti molto rapidi ed alti livelli di precisione.Esistono, in uno stesso muscolo, unit motorie composte da fibre rapide (FF), da fibre intermedie (FR) e di fibre lente (S). Le prime si affaticano immediatamente ma sviluppano una grande forza e sono rapidissime nel determinare un movimento, le ultime sono lente e sviluppano poca forza, ma hanno una grande tenuta nel tempo. Le fibre intermedie (FR) hanno caratteristiche intermedie e possono cambiare di aspetto avvicinandosi ora al primo ora al terzo gruppo, cambiando in questo modo le caratteristiche biomeccaniche del muscolo (figura 9.2).Le fibre rapide corrispondono alle fibre bianche e le fibre lente alle fibre rosse della anatomia muscolare cui si rimanda (capitolo 1) per ulteriori spiegazioni.Il movimento il risultato finale della combinazione di questi elementi, neuronali e muscolari, in successioni assai diverse, variabili a seconda della velocit ed intensit del movimento.\p160A questi dati, per comprendere bene la meccanica del movimento, necessario aggiungere alcune caratteristiche funzionali passive del muscolo. Per studiare l'attivit dell'apparato locomotore infine necessario conoscere i pi importanti principi di misurazione fisica del movimento biomeccanico.Le caratteristiche passive che influenzano l'attivit di un muscolo che necessario conoscere per comprendere il suo ruolo motorio sono:- la lunghezza,- il rapporto lunghezza/forza specifico per ogni muscolo- il rapporto forza /velocit, dove la forza intesa come percentuale della forza massima- l'elasticit passiva delle diverse costituenti del muscoloPer studiare l'attivit dell'apparato locomotore infine necessario conoscere alcuni principi elementari di fisica meccanica.- La forza, misurata in Kg, la tensione che si sviluppa fra due capi (fissi) di un muscolo in tensione.- La forza di per s non sviluppa alcun lavoro, una energia potenziale, che diviene utile solamente quando si sprigiona, attraverso un movimento [2].[2] L'energia potenziale di un muscolo potrebbe essere paragonata all'energia potenziale dell'acqua in un bacino idroelettrico. Fino a che l'acqua rimane nel bacino, possiede un'energia solamente potenziale. L'energia potenziale diviene energia reale solamente quando l'acqua, cadendo, attiva le turbine.\p161- Il lavoro la forza prodotta nell'unit di spazio (cio una forza per uno spostamento).- La potenza il lavoro nell'unit di tempo (quanto lavoro si svolge in un secondo).- Si pu produrre la forza di un chilo ( solamente una forza, non vi un lavoro),- oppure si pu spostare un Kg per un metro e si esegue un lavoro (lavoro = forza per spostamento, si misura in chilogrammetri)- oppure si pu spostare un chilo di un metro ogni secondo e cos facendo si indica la potenza di un muscolo che lavora (Kg/metro/secondo = Watt = potenza).Vi poi una velocit con cui si esegue un movimento e la rapidit con cui cambia la velocit di un processo motorio: l'accelerazione.Tutte le componenti attive e passive del muscolo concorrono a determinare il suo movimento ed il movimento di un singolo muscolo concorre, assieme a molti altri, al finalismo cui il movimento preposto.Questo finalismo viene

portato a termine attraverso la messa in atto di una catena cinetica [3], che pu venire modificata in ogni momento durante la sua esecuzione da correzioni apportate dal SNC. Il SNC esegue queste correzioni quando, attraverso i propriocettori, verifica una incongruenza fra il progetto motorio ed il movimento realmente attuato.[3] La catena cinetica la successione temporale con cui la attivazione dei singoli muscoli genera un gesto complesso. , in altre parole, la realizzazione tecnica del progetto motorio.Nel capitolo che segue si analizzer come le differenti componenti attive e passive della attivit muscolare agiscano per procurare un movimento di tipo meccanico e come questo sia misurabile attraverso differenti parametri fisici.Le unit motorie e l'attivit meccanica del muscoloI muscoli sono composti da tutti i tipi di unit motorie FF, FR, S in quantit variabile.La quantit ed il tipo di unit motorie di cui composto il muscolo ne stabiliscono le caratteristiche meccaniche.Un muscolo con prevalenti unit di tipo FF sar per esempio un muscolo estremamente dinamico e potente, ma con affaticamento molto rapido ed assolutamente incapace di sviluppare lavoro o tensione muscolare per periodi prolungati.Un muscolo dove prevalgano le fibre S, al contrario, sar dotato di una buona tenuta, ma si attiver lentamente, sviluppando una debole tensione.La presenza in ogni muscolo di tutti i tipi di fibre consente, anche ai pi specializzati, di partecipare a qualunque tipo di movimento (con efficacia per variabile). La possibilit delle fibre FR di collocarsi fra le fibre S e le FF, in un continuo che copre tutte le soluzioni intermedie, consente ai muscoli di cambiare caratteristiche, trasformandosi in muscoli pi rapidi o muscoli pi potenti a seconda delle sollecitazioni meccaniche a cui sono sottoposti [4].Naturalmente queste trasformazioni sono lente ed avvengono nel corso degli anni, grazie al continuo esercizio muscolare di una determinata funzione.[4] La flottazione in un senso o nell'altro avviene in lunghi periodi in cui il muscolo viene sottoposto a movimenti che possiedono sempre le stesse caratteristiche: lenti e prolungati per le fibre S, rapidi e potenti per le FF. Se un muscolo compie tutti i tipi di movimento, le FR coprono tutte le situazioni intermedie fra i differenti tipi di fibra.\p162Le unit motorie, la loro composizione anatomica e la loro attivit meccanica, sono la prima caratteristica da analizzare per comprendere il rapporto esistente fra neurofisiologia e biomeccanica.Il motoneurone la prima componente dell'unit motoria. Si tratta di motoneuroni spinali di tipo a che presentano fra loro differenze notevoli, tali da influenzare sostanzialmente la dinamica del movimento.Gli alfa-motoneuroni differiscono a seconda del tipo di fibre muscolari che vanno ad innervare.Le fibre lente (S) sono innervate da motoneuroni pi piccoli e con guaina mielinica pi sottile [5], le fibre pi rapide da motoneuroni grandi con guaina mielinica pi spessa.In questa differente composizione delle unit motorie insita una importante differenza funzionale, poich i motoneuroni pi piccoli (che innervano le fibre S) sono eccitabili pi facilmente e quindi si attivano in maniera anticipata e pi frequentemente rispetto ai loro omologhi per le fibre FR o FF, neuroni progressivamente pi grandi e quindi eccitabili da quantit di corrente superiori [6]. Gli assoni dei neuroni pi piccoli hanno inoltre una conduzione pi lenta (circa 40 m/sec. nell'uomo, contro i 60 degli assoni per le FF).[5] Gli assoni degli alfa-motoneuroni hanno un diametro oscillante fra i 10 ed i 20 millimicron, ed una velocit fra i 40 ed i 60 m/s.[6] La diversa eccitabilit neuronale legata a meccanismi di induttanza e di flussi di corrente che diminuiscono all'aumentare della superficie neuronale. Per spiegazioni pi dettagliate si invia ai testi specializzati per i quali consultare la nota 8.Fig. 9.2 - Differenti caratteristiche neurofisiologiche, biomeccaniche e metaboliche dei diversi tipi di unit motorie (spiegazione nel testo).(da Rothwell 1994, modificata). F (int): fibre intermedie fra le FF e le FR.\p163Globalmente, la situazione si prospetta in questo modo.Le unit

motorie S sono formate da alfa-motoneuroni che si eccitano facilmente, conducono lentamente ed attivano fibre muscolari che sviluppano una ridotta potenza ed un movimento lento, a tenuta protratta nel tempo.Le unit motorie FF sono formate da alfa-motoneuroni che si eccitano difficilmente, conducono molto velocemente ed attivano fibre muscolari che sviluppano una grande potenza, o un movimento molto veloce, per tempi molto brevi.Le unit motorie FR sono formate dall'uno o dall'altro tipo di neuroni.In sostanza le fibre S sono attive per tutta la durata di una contrazione muscolare, le fibre FF entrano in gioco a tratti, per variare il ritmo (cio la forza o la velocit) della contrazione.Un tipico esempio di ci il Tricipite surale, muscolo formato da tre capi, il Soleo ed i due Gastrocnemi (o Gemelli).Il primo un muscolo a fibre lente (S); nella stazione eretta sviluppa una attivit costante nel tempo, che varia di pochissimo sia nel cammino, sia nella corsa, sia nel salto. I secondi sono muscoli a prevalenza assoluta di fibre FF: si attivano solamente durante il salto, nella fase di stacco e di atterraggio (vedi figura 9.3).Fig. 9.3 - Attivazione dei differenti tipi di unit motorie in un muscolo tricipite surale di gatto durante il cammino, la corsa e il salto: come si vede le unit S sono le uniche attive durante il cammino e gran parte della corsa. Le unit FR e FF si attivano solamente nella fase di salto.Un'unit motoria formata prevalentemente da fibre S, in generale, contiene un numero di fibre minore di una unit motoria FR o FF; le sue fibre inoltre hanno un diametro pi piccolo. Un'unit motoria formata di fibre S sviluppa un livello di tensione muscolare inferiore rispetto ad un'unit motoria FR o FF (vedi fig. 9.2).Questo dato non giustificabile attraverso i soli parametri morfologici (fibre pi piccole ed in numero minore); si ritiene attualmente che sia la bassa tensione a livello dei filamenti contrattili (actina e miosina) la causa maggiore del fenomeno.L'argomento non stato ancora chiarito ed attualmente affrontato attraverso alcune tecniche di studio che verranno di seguito esposte.Le unit motorie vengono distinte fra loro sia grazie alle differenti \p164 caratteristiche istochimiche (per le quali si rimanda al capitolo 1) sia attraverso la differente risposta che danno alla stimolazione elettrica del neurone.Si utilizzano, per differenziarle le caratteristiche meccaniche delle unit motorie, tre differenti tipi di test:il Twich testil Sag testil test dell'affaticamentoIl Twich test consiste nel dare una stimolazione sopramassimale di brevissima durata alla unit motoria ed osservare il tempo di contrazione e la forza sviluppata.Il Sag test consiste nel dare un treno di stimoli all'unit motoria, con frequenza 1.25 volte il tempo di contrazione delle fibre muscolari [7] (quindi circa 40 stimoli/secondo). Le fibre FF ed FR presentano una gobba dopo circa 0.5 secondi (sag: dall'inglese cedimento, abbassamento), le fibre S no.[7] Se per esempio il tempo oli contrazione ha un'entit di 4, la stimolazione viene data ogni 5.Il test dell' affaticamento consiste nel dare una serie di scariche tetanizzanti (120 al secondo) per un secondo, in due o tre serie. Le fibre FF mostrano un dimezzamento della tensione sviluppata gi al sessantesimo stimolo e la tensione si riduce a zero al centoventesimo. Le Fibre S ed FR, pur sviluppando una tensione decisamente minore al primo stimolo, la mantengono identica fino al termine del tetano.Fig. 9.4 - Diversa risposta delle unit motorie ai test: al sag test (prima colonna) tutte le fibre rispondono con una contrazione che sviluppa il massimo della forza. La forza maggiore per le fibre FF che presentano anche la tipica incisione del SAG test.Alla singola stimolazione (colonna centrale) le fibre S hanno una durata della contrazione pi lunga ma una forza molto minore delle FF. Le FR si situano in posizione intermedia.Al test dell'affaticamento (le 3 tracce in basso a destra riguardano l'attivit della stessa fibra muscolare: FF al 1 stimolo, traccia in alto al 60 stimolo, traccia media e 120 stimolo traccia in basso) le fibre FF dopo il 60 stimolo dimezzano la loro forza e dopo 120 non

sviluppano alcuna attivit. Le fibre FR ed S non risentono della stimolazione tetanizzante e sviluppano sempre la stessa forza (da Jami 1982 modificata).\p165Questi test consentono di studiare la meccanica della singola unit motoria e le caratteristiche globali di contrazione muscolare, permettendo di valutare come si colleghino fra di loro i due fenomeni.Attraverso questi test stato possibile osservare che il reclutamento delle unit motorie avviene, di regola, con una progressione di questo tipo S - FR - FF, con le FF attivate solamente in alcuni casi, solamente cio se si rendono necessari determinati livelli di forza, o alte velocit di movimento.Meccanicamente parlando la potenza che regola l'attivazione delle fibre FF. Il reclutamento secondo la forza e la velocit di spostamento sono, per queste unit motorie, variabili inversamente proporzionali fra loro.In altre parole, una attivazione muscolare possiede una potenza fissa ed un livello di reclutamento delle fibre FF costante e successivo al reclutamento delle fibre S ed FR.Questa regola rimane valida comunque sia composta la potenza dell'attivazione muscolare, che pu essere costituita da uno spostamento rapido per una forza ridotta oppure da uno spostamento lento, ma per una forza elevata.Ne consegue che, all'aumentare della forza richiesta per un movimento di velocit fissa, le fibre FF saranno attivate in numero sempre maggiore. Le stesse fibre FF saranno attivate invece sempre pi precocemente, a parit di forza, via via che il movimento richiesto si fa pi rapido.La disattivazione delle unit motorie del muscolo avviene secondo un percorso inverso, si inattivano prima le fibre rapide e per ultime le lente.Il fenomeno venne documentato con chiarezza per la prima volta da Henneman nel 1965 che lo denomin principio della dimensione (size principle), poich come si visto, le unit motorie lente hanno una dimensione minore di quelle rapide.Vi sono per alcune importanti eccezioni a questo principio, alcuni casi in cui le fibre rapide vengono attivate inizialmente e sono quindi le uniche a sostenere la contrazione meccanica.Una di queste situazioni comune per l'uomo e gli animali ed la contrazione muscolare conseguente a stimolazione cutanea: se viene stimolata la cute in maniera da provocare un riflesso cutaneo si attivano prima le unit motorie FF.Negli animali lo stesso fenomeno si ha anche per attivazione della via discendente rubro-spinale (di cui nell'uomo incerta l'esistenza).Nell'uomo l'attivazione delle sole fibre FF stata osservata anche nel muscolo Abduttore breve del Pollice: il muscolo svolge due diverse funzioni: una primaria, l'abduzione del pollice ed una sinergica, la flessione (sempre del pollice).Se detto muscolo svolge la sua funzione primaria, il reclutamento avviene in maniera canonica, se funziona come sinergico allora si attivano solamente le unit motorie FF (Datta e Stephens 1981, Desmedt 1981).Questo ultimo punto (l'attivazione invertita) possiede una grande importanza logica. Assunto che l'attivit elettrica sul corpo cellulare di tutti gli oc-motoneuroni, durante una loro attivazione, della stessa intensit [8] e ricordato che normalmente i piccoli oc-motoneuroni (che innervano le fibre S) scaricano pi facilmente dei grandi, bisogna assumere che, per ottenere un'attivazione anticipata delle fibre FF, devono essere presenti meccanismi spinali in grado di redistribuire il peso efficace delle singole afferenze sui diversi motoneuroni, sovraccaricando i grandi neuroni delle unit motorie FF e scaricando i piccoli motoneuroni delle unit S.[8] Il dato esposto senza ulteriori chiarimenti, poich non scopo di questo testo entrare nei dettagli della elettroneurofisiologia. Chi desiderasse approfondire l'argomento pu consultare Burke 1981, Henneman e Mendel 1981, Gustaffson e Pinter 1984 Zengel et al 1985 per un ulteriore approfondimento.Tali meccanismi, tuttora sconosciuti, sono evidentemente in grado di convogliare su di un unico motoneurone le informazioni provenienti da una data via fino a portarlo alla attivazione, distogliendo gli stessi stimoli da altri motoneuroni \p166 (i piccoli neuroni delle unit motorie S) che non vengono di conseguenza

pi attivati.Questo significa che l'importanza di una singola via eccitatoria dell'alfa-motoneurone non costante, ma dipende da situazioni contingenti in grado di convogliare i treni di informazioni verso determinati raggruppamenti neuronali distogliendoli da altri, proprio come avviene per i treni in una stazione ferroviaria. Il meccanismo che governa tutto ci oggi assolutamente sconosciuto.Sicuramente l'utilizzazione dell'inibizione presinaptica e degli interneuroni inibitori fanno parte di questo meccanismo, ma al momento non si pu dire altro. (Per un approfondimento si veda Datta e Stephens 1981, Desmedt 1981).La Frequenza di scarica delle unit motorie durante una normale contrazione volontaria, varia fra gli 8 ed i 35-40 Hertz.In questo range di frequenze si ha gi una fusione completa.Con il termine fusione si indica che le diverse unit motorie si contraggono in maniera alternata, ma con frequenza tale da mantenere una tensione continua del muscolo; per ottenere questo risultato la contrazione delle unit motorie deve essere asincrona. La fusione la situazione di massimo rendimento meccanico muscolare, quella in cui cio si arriva alla miglior efficienza muscolare.Vi sono casi in cui la frequenza aumenta fino a 150 Hertz per qualche frazione di secondo. Sono i casi in cui necessaria una maggior velocit.La forza non aumenta ulteriormente ma la maggior frequenza di contrazione in grado di accorciare i tempi del movimento.Tale frequenza non potrebbe essere mantenuta per tempi pi lunghi poich interferisce con la trasmissione a livello della placca neuromuscolare. Una frequenza di soli 50 Hertz mantenuta per 20 secondi esaurisce l'acetilcolina della placca, provocando una caduta di tensione meccanica.Interessante ed enigmatico come la frequenza di scarica fisiologica non si possa far scendere sotto gli 8 Hertz. Nemmeno strumentalmente addirittura possibile abbassare l'attivit dell'alfamotoneurone al di sotto dei 5 Hertz. molto probabile, ma non ancora dimostrato, che ad impedire l'ulteriore abbassamento di frequenza sia l'interneurone inibitore di Renshaw, la cui attivit in queste condizioni molto elevata, diminuendo progressivamente all'aumentare della frequenza.Un ulteriore punto di grande interesse riguardo alla frequenza di scarica il suo rapporto con il reclutamento ed il rapporto di queste due variabili con la forza esercitata dal muscolo.La situazione sembra cambiare dai piccoli muscoli di precisione, formati di piccole unit motorie (un muscolo della mano possiede unit motorie di non pi di 120 fibre) ai grandi muscoli di potenza, le cui unit motorie sono molto pi estese.In un piccolo muscolo della mano, per esempio, il reclutamento di tutte le unit motorie gi avvenuto quando la forza muscolare ha raggiunto solamente il 40% del livello massimo; il restante 60% della forza viene raggiunto con un aumento di frequenza di scarica delle unit motorie, che arriva fino ai 40 Hertz.In questo caso la forza generata in minor misura dal reclutamento numerico di unit motorie (il 40%) ed in misura maggiore (il 60%) dall'aumento di frequenza delle stesse (Kernell 1965, De Luca 1965).Completamente differente la situazione se prendiamo un grande muscolo di potenza, ad esempio il Deltoide. In questo muscolo l'iniziale livello di attivazione delle unit motorie 13 Hertz ed unit motorie sempre nuove vengono reclutate fino ad un livello di attivit pari all'80% della forza massima, senza che aumenti la frequenza di scarica. Per il restante 20% la forza massima si raggiunge aumentando la frequenza di scarica fino a circa 25 Hertz (De Luca 1982).\p167Il Deltoide quindi (come tutti i grandi muscoli dei quali preso a campione) residua, a forza massima sviluppata, un ampio margine di potenza muscolare non ancora sfruttata, non essendovi, a 25 Hertz, la fusione completa della attivit di molte unit motorie.I piccoli muscoli di precisione sviluppano invece effettivamente la loro forza meccanica massima quando attivati volontariamente, poich attraverso una contrazione volontaria raggiungono il limite massimo di frequenza di scarica.La forza enorme che pu essere mostrata in occasioni di intensa

carica emotiva (per esempio la trance agonistica degli atleti) o sviluppata durante un accesso epilettico, potrebbe proprio essere legata ad un aumento della frequenza di scarica delle fibre muscolari dei grandi muscoli di potenza oltre il limite volontario dei 25 Hz.Questo molto interessante per la preparazione atletica degli sportivi, poich indica ampi margini di miglioramento (potenziali) nello sviluppo di forza dei grandi muscoli. Al momento non si pu dire se questi margini siano utilizzabili a livello di movimento volontario.Il meccanismo della fusione sempre collegato ad una contrazione asincrona delle unit motorie.La mancanza di sincronizzazione un elemento fondamentale per mantenere la fusione muscolare, che garantisce il mantenimento di un livello di tensione (forza) costante nel tempo. La fusione muscolare corrisponde, meccanicamente, alla contrazione costante nel singolo istante di un determinato numero di unit motorie, mentre altre si rilassano per recuperare energia. Nel momento successivo i ruoli cambiano e cos via, fino a tornare alla situazione iniziale di contrazione.Che la contrazione asincrona sia pi efficace, a livello di tensione muscolare, della contrazione sincrona stato ben dimostrato con gli esperimenti di Rack e Westbury (1965) che, stimolando le singole unit motorie a bassa frequenza, videro come in una stimolazione simultanea (sincrona) di tutte le unit motorie si aveva, nel periodo fra due stimolazioni, un abbassamento della tensione muscolare.Detta tensione rimaneva invece costante se le singole unit motorie venivano stimolate asincronicamente (Fig. 9.5). Tutto questo per frequenze fino a 35-40 Hertz, dopo le quali la tetania dava comunque una tensione massima anche per scariche sincrone.Fig. 9.5 - Contrazione sincrona (diagramma sinusoidale) ed asincrona (diagramma continuo) di 5 fibre muscolari di gatto stimolate artificialmente. Come si vede la stimolazione sincrona sviluppa una forza minore, in quanto la tensione cala fra una stimolazione e l'altra, mentre nella stimolazione asincrona la forza rimane costante nell'intervallo fra le stimolazioni. (Da Rack e Westbury 1969).\p168La maggior efficacia della contrazione asincrona probabilmente legata al fatto che, in una contrazione massimale a bassa frequenza, vi un allungamento delle strutture elastiche passive poste in serie con le fibre muscolari. Queste strutture hanno il tempo di rilassarsi fra due stimoli successivi. L'allungamento passivo (che toglie potenza al muscolo) massimo se tutte le fibre si contraggono simultaneamente (in sincronia) mentre molto minore se la contrazione e sfasata (asincrona).Vi sono solamente due casi in cui la contrazione sincrona fisiologica: quando si debba compiere un movimento di potenza elevatissima e dopo l'affaticamento.In entrambi questi casi vi una contrazione sincrona di tutte le unit motorie ad una frequenza di circa 40 Hertz. interessente osservare come questo tipo di contrazione produca un caratteristico rumore muscolare, ben udibile con lo stetoscopio, ma anche semplicemente ascoltando se nella stanza vi silenzio.In queste condizioni allo sviluppo della forza si associa sempre un tremore d'azione.La sincronizzazione istantanea corrisponde evidentemente alla massima forza che pu essere reclutata attraverso una contrazione volontaria. Il meccanismo va pensato accanto alla stimolazione tetanica del muscolo, che si pu indurre artificialmente con la stimolazione del nervo motore.La stimolazione tetanica (vedi oltre) in grado di ottenere una forza molto pi elevata dal muscolo di quanto non si ottenga con la massima attivazione volontaria.La stimolazione tetanica una stimolazione ad alta frequenza, sincrona, di tutte le fibre muscolari che, non potendo pi rilassarsi fra uno stimolo e l'altro, sviluppano la massima potenza possibile nel muscolo.Verosimilmente, nella contrazione tetanica e dopo affaticamento, il sistema nervoso attiva, volendo ottenere la potenza massima dal muscolo, il sistema fisiologico pi vicino alla tetanizzazione: una contrazione sincrona di circa 40 Hertz.Ci significa ancora una volta che nel SNC esistono circuiti in grado di assumere un ruolo privilegiato su

tutte le vie convergenti sui motoneuroni.Nonostante l'attivazione muscolare sia-normalmente asincrona e nonostante, come si visto a proposito dell'inversione del reclutamento, vi siano meccanismi in grado di variare la risposta dell'alfa-motoneurone alle diverse stimolazioni che lo influenzano, esiste evidentemente un sistema in grado di governare tutti questi circuiti e, in casi particolari dettati dalla volont, di richiedere a tutti i motoneuroni di un determinato muscolo una contrazione sincrona, di frequenza vicina alla contrazione tetanica, tale da sviluppare la massima forza muscolare possibile.Il sistema pi adatto per svolgere questo compito il fascio cortico-spinale, come stato ampiamente dimostrato dagli esperimenti di correlazione crociata fra la scarica di due unit motorie (Datta e Stephens, 1990).La correlazione crociata la possibilt di due o pi alfa-motoneuroni di scaricare contemporaneamente.Poich la probabilit casuale che due cellule scarichino contemporaneamente vicina allo zero, se due motoneuroni scaricano simultaneamente bisogna ammettere che hanno una comune afferenza eccitatoria.Se la scarica contemporanea statisticamente significativa (cio non casuale), bisogna anche ammettere che non solo i due motoneuroni dividono una via comune che li attiva contemporaneamente, ma esistono anche meccanismi che consentono che allo stesso tempo entrambi i neuroni si trovino in condizione di eccitabilit (che le numerose altre afferenze su di loro cio non rendano uno dei due refrattario allo stimolo in arrivo sulla via comune).Tralasciando i particolari dell'esperimento, Datta e Stephens dimostrarono come il sistema responsabile della sincronizzazione fosse il fascio corticospinale e come la sincronizzazione, oltre che negli sforzi massimali e nelle condizioni di affaticamento, fosse presente anche all'inizio di un movimento.\p169Essi dimostrarono che esiste una buona correlazione crociata fra diverse unit motorie dello stesso muscolo e di muscoli sinergici vicini fra loro, particolarmente all'inizio del movimento volontario.Attraverso ulteriori osservazioni si poi assodato come questa correlazione di scarica sia maggiore negli arti superiori rispetto agli arti inferiori, come essa scompaia in emiplegia con perdita del fascio cortico-spinale e come in un muscolo respiratorio accessorio, lo Sternocleidomastoideo, la correlazione crociata sia sensibilmente maggiore quando la respirazione venga compiuta volontariamente, contro resistenza, rispetto alla normale respirazione automatica.Sono queste ultime osservazioni (Datta e Stephens 1990; Bremner Backer e Stephens 1991) a suffragare l'ipotesi che il fenomeno di sincronizzazione sia un fenomeno guidato essenzialmente dal fascio cortico-spinale.Secondo questi dati il controllo sul movimento volontario, particolarmente al suo inizio, (durante la richiesta di sforzo massimo) e quando la attivit muscolare venga richiesta in condizioni di affaticamento, governato prevalentemente a livello volontario. Solamente in misura molto minore, in queste fasi, il controllo esercitato da tutte le altre afferenze in grado di sensibilizzare il motoneurone.Ancora importante, nel fenomeno di sincronizzazione, risulta l'osservazione di come le vere fibre responsabili del fenomeno siano le fibre FF.Poich il fascio corticospinale e solamente le fibre FF, innervate dai motoneuroni pi grandi, sono in grado di mantenere alte frequenze di scarica (fino a 150 Hertz all'inizio di un movimento rapido), solamente queste strutture sono in grado di sostenere stimolazioni ad alta frequenza. Esse risultano perci essere le uniche responsabili dei movimenti rapidi, particolarmente delle accelerazioni iniziali.Attivit meccanica del muscolo ed affaticamento muscolareSi definisce affaticamento muscolare un abbassamento della forza massima sviluppata dal muscolo al di sotto del 50%.Sebbene a volte possa avere un'origine centrale difficilmente spiegabile in termini neurofisiologici, la fatica muscolare , di regola, legata ad un calo di efficienza del meccanismo contrattile del muscolo.La contrazione massimale inizia con una attivazione ad alta frequenza delle

unit motorie (150 Hertz, vedi sopra), dopo alcune frazioni di secondo (0.02 secondi circa secondo Granit) la frequenza si abbassa progressivamente fino ad un livello di 20 Hertz, senza un sensibile abbassamento di forza, poich le unit motorie si sono fuse e le fibre muscolari hanno allungato il loro periodo totale di contrazione. Si cio di fronte a contrazioni pi lente ma pi lunghe per ogni singola unit motoria, che consentono di superare il problema della caduta di tensione che avviene nelle normali contrazioni lente sincrone.Dopo 40 secondi circa tuttavia anche questo aggiustamento viene meno ed il muscolo si affatica, probabilmente per meccanismi energetici a livello dei filamenti di actina e miosina.E interessante notare come una diminuzione della forza si possa avere per danno anche del primo motoneurone. Evidentemente, ancorch inspiegabilmente, mancando il controllo discendente volontario, viene meno la sufficiente attivazione motoneuronale e le unit motorie sono meno propense a sviluppare tensione. Una dimostrazione di ci data dal fatto che necessaria una attivazione muscolare (elettromiografica) molto pi ampia per ottenere dal muscolo paretico (centrale) la stessa forza che il muscolo sviluppa in un soggetto sano (Tang e Rymer, 1981)Il calo di forza per un danno del secondo motoneurone pu essere comprensibile, visto che vengono danneggiate le stesse unit motorie.\p170 infine interessante osservare che, dopo la reinnervazione da danno nervoso periferico, la forza delle nuove unit motorie (molto ingrandite rispetto a quelle fisiologiche) non aumenta, contrariamente a ci che ci si potrebbe aspettare, visto che dette unit sono notevolmente pi ricche di fibre muscolari dopo la reinnervazione (Buchtal 1980).Occuparsi di neurofisiologia del movimento significa anche occuparsi delle propriet biomeccaniche del muscolo per prevedere quanta forza o quanto lavoro il muscolo pu produrre in determinate condizioni.Si gi visto, parlando di unit motorie, che lo stesso comando inviato dal sistema nervoso centrale produce differenti effetti biomeccanici a seconda delle caratteristiche del messaggio e delle unit motorie cui indirizzato.Anche a livello di meccanica muscolare possono verificarsi situazioni differenti che portano un identico ordine motorio a risultati diversi.I parametri che diversificano la risposta muscolare sono:- la lunghezza del muscolo- la velocit di accorciamento muscolare- lo stato di attivazione del muscolo al momento in cui riceve il comando.Il muscolo possiede anche una componente elastica passiva, come tutti i corpi fisici, ma quando il muscolo si contrae, o si distende, le forze delle strutture visco-elastiche che lo compongono giocano dei ruoli davvero marginali. Questo avviene in quanto il muscolo governato in ogni suo movimento dal SNC ed contemporaneamente inserito nei normali sinergismi dell'apparato locomotore, il che annulla, di fatto, le quote elastiche passive osservate nel preparato di muscolo isolato.Le componenti elastiche del muscolo sono caratterizzate dai tendini e dall'actina/miosina quando non attiva, entrambe queste strutture sono situate in serie lungo le fibre muscolari, dal sarcolemma e dal connettivo muscolare, situati invece in parallelo.Nella contrazione muscolare attiva i parametri meccanici sono fondamentali e la loro importanza riassunta e valutabile attraverso due rapporti importantissimi:il rapporto lunghezza/tensione il rapporto forza/velocit.Rapporto lunghezza/tensioneQuesto rapporto consente di comprendere come varia la forza (tensione) sia al variare della lunghezza, sia al variare delle tipo di attivazione: stimoli singoli, stimoli tetanizzanti, contrazione volontaria.La figura 9.6 indica il variare della tensione sviluppata dal muscolo al variare della lunghezza sia rispetto ad una stimolazione tetanica (linea rossa) che rispetto ad una singola stimolazione sovramassimale (linea verde), sia rispetto ad una serie di stimolazioni multiple asincrone portate a frequenze differenti (linee blu).La tensione, come si vede, inversamente proporzionale alla lunghezza muscolare ed molto pi elevata per

stimolazioni tetanizzanti che non per stimolazioni singole.A livello di stimolazioni asincrone la tensione aumenta all'aumentare della frequenza di stimolazione, coincidendo, per frequenze elevate, con la stimolazione tetanica (la cui oscillazione espressa, per ogni singola frequenza, dalle barre verticali).\p171Come si vede dalla curva lunghezza/tensione in risposta ad uno stimolo tetanizzante (rossa nella figura) vi una lunghezza ideale alla quale il muscolo sviluppa il massimo di tensione; a tutte le rimanenti lunghezze la massima tensione sviluppabile sempre inferiore.Questa lunghezza, se il muscolo esercita una contrazione attiva, la lunghezza alla quale i filamenti di actina e miosina, scivolando gli uni sugli altri, giungono ad avere il massimo di sovrapposizione. A questa lunghezza, durante la contrazione, la banda H scompare completamente (per maggiori dettagli si rimanda al capitolo 1).Poich lo scorrimento e la sovrapposizione dei filamenti di actina e miosina all'origine della forza meccanica, chiaro che la lunghezza muscolare di massima tensione corrisponde alla lunghezza muscolare alla quale questo scorrimento massimo (vedi fig. 9.7).Se il muscolo pi lungo, lo scorrimento dei filamenti sar minore e si generer una forza inferiore, se il muscolo accorciato, al contrario, gi in condizioni di riposo vi sar una parziale sovrapposizione (passiva) dei filamenti, quella zona di sovrapposizione statica inutile per lo sviluppo di forza e quindi, ancora una volta, la tensione prodotta sar inferiore.Una singola stimolazione sovramassimale, come si vede dalla linea verde nella figura 9.6, genera una tensione di gran lunga inferiore alla tensione tetanica, anch'essa sensibile alla variazione di lunghezza muscolare.\p172Fig. 9.7 - Come si vede dalla figura, la forza massima si sviluppa quando si ha uno scorrimento completo, ma senza sovrapposizione dei filamenti di actina-miosina. I numeri sulle frecce del grafico corrispondono ai numeri delle rappresentazioni di sovrapposizione actinamiosina delle immagini nella parte alta della figura. (Da Gordon, Huxley e Julian 1966, modificata).Con la contrazione singola tuttavia, oltre alla massima forza sviluppata possibile studiare anche le modalit attraverso le quali questa viene raggiunta e le modalit di ritorno alla condizione di riposo. possibile in altri termini studiare le accelerazioni e le decelerazioni muscolari.Ci che si osserva che, alla lunghezza ideale, non solamente vi il massimo sviluppo di forza, ma anche la accelerazione (ripidit della fase ascendente della curva) e la decelerazione (ripidit della fase discendente della curva) sono massime.Accorciando il muscolo progressivamente, tutti questi parametri diminuiscono ed il tempo impiegato per la contrazione, pur essendo in assoluto pi corto, proporzionale al calo di tensione pi lungo.Il muscolo, se accorciato di un dato valore, sviluppa una tensione che , per esempio, la met della tensione sviluppata alla lunghezza ideale, ma questa \p173 tensione la sviluppa in un tempo decisamente superiore alla met del tempo impiegato per sviluppare la forza ideale (fig. 9.8).Fig. 9.8 - Diverse risposte, dipendenti dalle diverse lunghezze iniziali di una fibra isolata di soleo di gatto alla singola stimolazione. Come si pu osservare, ad un angolo di 30 della caviglia la risposta massima. Se il muscolo viene accorciato dei valori indicati sulle diverse curve non solamente la forza sviluppata minore, ma si sviluppa per un periodo proporzionalmente pi lungo, in quanto diminuisce la velocit con la quale la fibra raggiunge la forza massima sviluppata (tangente alla curva) (da Rack e Westbury, modificata).Il tempo di contrazione di un muscolo accorciato dunque in assoluto pi corto, ma proporzionalmente pi lungo del tempo di contrazione del muscolo a lunghezza ideale.Ci significa che un muscolo accorciato non solamente sviluppa minor tensione, ma ad un costo (energetico) superiore. Il muscolo accorciato, in altri termini, un muscolo che funziona meno e si affatica di pi.Quando si stimolano ripetitivamente, con stimolazioni asincrone, gli assoni di numerose unit motorie di un muscolo, come si vede dalla curva

blu della figura 9.7, vi una variabilit intrecciata fra lunghezza muscolare e frequenza di stimolazione. In questi casi una stessa tensione pu essere raggiunta a lunghezze differenti, variando la frequenza di stimolazione e viceversa.Questa curva indicativa del fatto che, per ottenere una buona tensione muscolare, necessario si verifichi una fusione, una contrazione asincrona cio, di numerose unit motorie.Se il muscolo troppo corto, o la frequenza di stimolazione troppo bassa, si avranno attivazioni di unit motorie isolate, con le altre unit che rimangono allo stato di riposo.Le unit a riposo sono elementi distensibili, che assorbono la tensione delle unit motorie attive. Esse diventano, in altre parole, elementi elastici passivi del muscolo.Se la frequenza di stimolazione aumenta, aumenta anche il numero di unit attive in un singolo istante.Se il muscolo si allunga, si allunga anche la durata di contrazione della singola unit motoria.Entrambi i fenomeni portano ad una situazione in cui numerose unit motorie sono attive, contemporaneamente, in maniera asincrona. Ci riduce di molto la quantit di elementi distensibili passivamente all'interno del muscolo e consente lo sviluppo di una tensione ai suoi capi tendinei. Questa la ragione per la quale il fenomeno della fusione muscolare meccanicamente ideale per ottenere la massima forza muscolare volontaria.\p174Rapporto forza/velocitLa curva di correlazione fra forza e velocit di accorciamento, come indicato nella figura 9.9, valuta la forza come frazione della forza massima sviluppabile dal muscolo.Al diminuire della forza necessaria a compiere una contrazione isotonica [9] aumenta la velocit con cui si compie il movimento.[9] Una contrazione si definisce isotonica se la forza necessaria al movimento costante, isometrica se non vi movimento, poich la forza necessaria allo spostamento eccede la forza massima del muscolo.Fig. 9.9 - Rapporto forza/velocit: la forza indicata come rapporto fra la forza realmente sviluppata (PO) e la forza muscolare massima (P). Notare l'andamento non lineare della forza eccentrica (spiegazione nel testo) (da Gordon 1982).Una parte interessante di detta curva la parte al di sotto dell'asse delle ascisse, che definisce una contrazione in allungamento del muscolo o contrazione eccentrica.Il muscolo, in questa situazione, si contrae per contrastare una forza superiore alla massima forza muscolare per

cui, nonostante la contrazione muscolare attiva, il muscolo si allunga.Sulla curva forza/velocit si possono fare alcune osservazioni interessanti.Innanzitutto da rilevare che all'inizio del movimento [10] sono le forze elastiche passive del muscolo a provocare l'accorciamento; dopo questa brevissima fase iniziale l'accorciamento provocato dalla contrazione attiva. [10] La curva forza/velocit si studia provocando prima una contrazione isometrica, poi abbassando il livello del peso utilizzato per ottenere la contrazione isometrica. E chiaro che in questo frangente la forza muscolare applicata, eccedendo il peso, sviluppa un movimento. Il momento di inizio di questo movimento attribuito alle forze elastiche stirate che tendono a tornare in posizione fisiologica; solamente in un secondo tempo entra in gioco la contrazione attiva.\p175Pi elevato il peso da spostare, pi lento e il movimento e viceversa. L'entit del peso da spostare espressa dal rapporto P0/P dove P la forza massima esercitabile dal muscolo e P0 la forza esercitata effettivamente.Nel caso di contrazione eccentrica, il grafico si sposta sotto la linea di zero (la velocit di accorciamento cio diviene negativa, il muscolo, infatti, si allunga).Nella contrazione eccentrica si osservano alcuni aspetti interessanti: il primo che la curva cambia aspetto, opponendo il muscolo una forza maggiore di quella aspettata all'allungamento. Il secondo, diretta conseguenza del primo, che un muscolo sviluppa la propria forza massimale durante la contrazione eccentrica; la contrazione normale, con accorciamento muscolare, sviluppa una forza minore.Per ci che riguarda il primo punto da aggiungere che il meccanismo che genera una tensione maggiore nella contrazione eccentrica cessa la sua azione quando la forza da contrastare raggiunge un valore pari a circa 1.5 volte la forza massima del muscolo. Dopo questo valore la curva riprende il proprio percorso originale.La ragione di questo maggior sviluppo di forza nella contrazione eccentrica (fino ad 1.5 volte la forza massima sviluppabile dal muscolo) sconosciuto. Huxley tuttavia (1957) ha esposto una teoria alla quale ancora oggi si fa riferimento.Secondo Huxley i ponti actina/miosina sono elastici e la miosina pu agganciarsi alla actina non necessariamente nel sito pi vicino disponibile, ma anche in siti pi lontani, ci non farebbe altro che aumentare la tensione nei ponti e generare maggior forza.Secondo questa teoria i tempi di aggancio sarebbero differenti dai tempi di distacco. In una normale contrazione isometrica i tempi di distacco dei ponti sarebbero pi brevi dei tempi di attacco; al contrario nelle contrazioni eccentriche.La situazione porterebbe, in una contrazione normale prolungata, ad avere tutti i ponti di una singola unit motoria agganciati in un breve tempo, situazione che, biomeccanicamente, corrisponde allo sforzo massimo.Nella contrazioni eccentriche invece il rapporto si invertirebbe, divenendo i tempi di distacco pi lunghi dei tempi di attacco, questo aumenterebbe la tensione elastica dei filamenti di actina/miosina ed il fenomeno, sommandosi alla contrazione attiva massimale, sarebbe alla base della maggior forza sviluppata nella contrazione eccentrica.La teoria, cos come enunciata (non per mai stata convalidata da esperimenti) porta ad una conclusione di una certa importanza per l'allenamento muscolare: l'esercizio in contrazione eccentrica non utile per aumentare la forza. Anche se di fatto si esercita una forza maggiore, questa sarebbe solamente una forza elastica passiva, dovuta ad un fenomeno biochimico locale; ad aumentare non la forza muscolare attiva, quella che serve nel gesto atletico.Attivazione muscolare durante la contrazioneSe il muscolo attivato non si trova in stato di riposo, ma si sta contraendo in risposta ad altro stimolo (elettrico), si possono sviluppare due situazioni che val la pena di considerare.La prima situazione riguarda la fusione degli stimoli successivi che d luogo al tetano.Uno stimolo elettrico si dice tetanizzante quando la frequenza con cui viene dato pi elevata del tempo necessario per il ciclo contrazione-rilassamento della fibra

muscolare.Il tetano cos ottenuto viene definito di fusione, poich tutte le fibre muscolari sono contemporaneamente contratte (vi cio una sincronizzazione) per un tempo prolungato, senza fasi di rilassamento.\p176Il tetano si ottiene, nell'uomo, per frequenze superiori ai 40 Hz, che corrisponde alla frequenza massima di contrazione prolungata delle fibre muscolari.Il tetano non pu essere mantenuto per pi di 20 secondi, dopo questo periodo infatti subentrano difficolt nella liberazione di acetilcolina a livello di placca neuromuscolare e l'unit motoria si rilassa.Un altro fenomeno interessante il prolungamento da extrastimolo. Questo fenomeno determina un aumento di tensione prolungato del muscolo quando si inserisce uno stimolo occasionale (extrastimolo) all'interno di una stimolazione ritmica di bassa frequenza (15-20/secondo).L'aumento di tensione provocato dall'extrastimolo viene mantenuto per diversi secondi all'interno della stimolazione ritmica; il muscolo cio si colloca stabilmente ad un livello di tensione minima di base decisamente pi elevato, nel quale rimane fino a che non si interrompa la bassa frequenza di fondo. Se questa si interrompe e poi riprende, la tensione ritorna ai livelli precedenti l'extrastimolo.Il fenomeno ha causa sconosciuta; si pensa tuttavia ad una alterazione del meccanismo di sequestro del Ca2+ che normalmente ha luogo dopo l'attivazione muscolare (vedi Capitolo 1).Fig. 9.10 - Prolungamento da extrastimolo (spiegazione nel testo) (Da Burke, Rudomin e Zajac 1970).BibliografaBremner F.D., Baker J.R., Stephens J.A., Coorelation between the discharges of motor units recorded from the same and different finger muscles in man.J. Physiol 432, 355-425, 1991. Burke R.E., Motor units anatomy, physiology and functional organization in In V.B.Brooks: Handbook of physiology. Sec.l, vol2, parti pp 345-411. William e Wilkins Baltimore, 1981.Datta A.K., Stephens J.A., Sinchronization of motor units activity during voluntary contraction in man J. Physiol. 422, 317-419, 1990. De Luca C.J., Lefever A.S., McCue M.P., et al., Behaviour of human motor units in different muscles during lineary varying contractions J. Physiol,329,113-128, 1982. Desmedt E., Godeaux E., Fast motor units are not preferentally activated in rapid voluntary contraction in man. Nature 267, 717-719, 1977.\p177Freund H.J., Motor units and muscles activity in voluntary motor control, Physiol. Rev. 63, 387-436, 1983. Granit R., The basis of motor control Accademic press, N.York, 1970. Gustaffson B., Pinter M.J., Relation about passive proprieties of lumbar a motorneurons of the cat. J. Physiol. 356, 560580, 1984.Henneman E. and Mendell L.M., Functional Functional organization of the motoneuron pool and its inputs. In V.B.Brooks: Handbook of physiology. Sec.l, vol2, parti pp 423-508. William e Wilkins Baltimore, 1981. Rack P.H.M., Wetbury D.R., The effect of the lenght and stimulus rate on the tension in the isometric cat soleus muscle J. Neurophysiol. 42, 187-194, 1969. Zengel J.E., Reid S.A., Sypert G.W., et al., Membrane electrical proprieties and prediction of motor units types of mediai gastrocnemius motor neurones in the cat. J. Neurophysiol, 53, 1323-1344, 1985.\p178CAPITOLO 10 NEUROFISIOLOGIA ORIZZONTALE DEL MIDOLLO SPINALEIntroduzioneNel midollo spinale le afferenze sensitive, propriocettive ed esterocettive, attivano i motoneuroni delle corna anteriori. L'attivazione pu essere diretta oppure avvenire attraverso gli interneuroni spinali. Gli interneuroni spinali, oltre ai motoneuroni delle corna anteriori, sono in grado di influenzare a loro volta gran parte delle afferenze sensitive che li hanno attivati.Questo condizionamento reciproco caratterizza una serie di eventi neurofisiologici specificamente midollari, cui si fa solitamente riferimento con il termine di fisiologia orizzontale del midollo spinale .Al di l del loro ruolo sulle afferenze orizzontali, gli interneuroni hanno anche una parte importante nel modulare la risposta dei motoneuroni alle attivazioni provenienti dall'encefalo lungo le vie discendenti.L'azione delle vie discendenti e delle afferenze sensitive

orizzontali sui motoneuroni pu essere sinergica o competitiva. Nel primo caso entrambe concorrono all'eccitazione (o all'inibizione); nel secondo si contendono invece la chiave d'accesso agli alfa e gamma-motoneuroni e la risposta motoria potr essere caratterizzata dalla integrazione dei due sistemi, dal prevalere dell'uno o dell'altro o, pi probabilmente, dalle numerosissime e sfumate situazioni intermedie.Con l'evoluzione delle specie le afferenze discendenti vengono ad acquistare un significato preminente sui neuroni di moto. I circuiti orizzontali, pur continuando ad avere un importantissimo significato (soprattutto sul tono), sono di norma silenti. Essi si attivano solamente in condizioni specifiche, in particolare quando sia necessario difendere o preservare l'integrit dell'organismo.Le afferenze sensitive propriocettive ed esterocettive tuttavia non sono utilizzate solamente a livello della reciproca relazione orizzontale con i motoneuroni. Esse sono anche dispensatrici di informazioni e codici determinanti per la corretta attivit del tronco e della corteccia cerebrale.I propriocettori, di cui di seguito si esporr l'anatomia e la fisiologia, vanno di conseguenza studiati con riferimento alle molteplici e diverse strutture che ne utilizzano le informazioni. Il ruolo dei loro messaggi pu essere importantissimo, contemporaneamente, a livelli differenti per molte strutture del SNC. Vi sono tre sistemi principali in cui vengono elaborati i codici provenienti dalle vie sensitive.Un primo sistema, incosciente, deputato al controllo ed alla reazione a situazioni pericolose. Questo sistema garantisce la salvaguardia immediata rispetto ad eventuali danni fisici ed controllato prevalentemente dal midollo spinale.Un secondo sistema, deputato al controllo della esecuzione dei progetti \p179 motori e degli automatismi. Questo secondo sistema garantisce in tutti i movimenti la massima precisione ed aderenza fra progetto motorio e movimento, allo scopo di ottenerne il maggior vantaggio possibile. Il sistema prevalentemente controllato dal cervelletto ed anch'esso completamente incosciente.Un terzo sistema che utilizza le informazioni sensitive provenienti dai recettori periferici a scopo cosciente. Attraverso questo sistema ciascuno di noi si forma e controlla la propria immagine corporea.Questo terzo sistema prevalentemente controllato dalla corteccia cerbrale che elabora, integrandole in vario modo, tutte le informazioni provenienti dalla periferia.Il capitolo che segue dedicato esclusivamente al primo di questi tre sistemi ed diviso in due parti: nella prima si tratter dell'anatomia e della fisiologia dei recettori periferici, nella seconda delle integrazioni che il midollo effettua su queste informazioni e del modo in cui queste influenzano i messaggi provenienti dalle vie discendenti. Questi ultimi messaggi verranno dettagliatamente affrontati, per settori, nelle successive parti del testo.Anatomia e fisiologia dei propriocettoriI propriocettori sono organi sensitivi specializzati che danno informazioni sia sulle posizioni assunte dal corpo in condizioni di quiete (propriocezione propriamente detta), sia sui parametri dinamici del movimento (cinestesia).Al pari di quanto si osservato per i propriocettori cutanei (capitolo 4), tutti i propriocettori rispondono solamente ad alcuni tipi di stimolazione meccanica (velocit, accelerazioni), alcuni per hanno specializzazioni molto particolari: i meccanocettori della pianta del piede, per esempio, danno informazioni riguardanti il peso, cio la pressione esercitata dal corpo sul piano di appoggio.Gli organi di senso propriocettivi possono essere suddivisi in tre gruppi principali.A I recettori muscolari, di cui fanno parte i fusi neuromuscolari, gli organi tendinei del Golgi, i recettori del Pacini a collocazione muscolare e le terminazioni muscolari libere del muscolo, del perimisio e dell'epimisio.B I recettori articolari.C I meccanocettori cutaneiRecettori muscolariFuso neuromuscolareIl tipico fuso neuromuscolare ha una lunghezza di circa 10 mm. Nella sua parte intermedia (circa 2 mm) rivestito da una spessa e rigida membrana

connettivale, che si incunea fra le fibre muscolari del fuso. Il tessuto connettivale rimane sempre separato dal tessuto muscolare fusale grazie alla presenza di liquido linfatico interposto. Per questa ragione l'organo pi voluminoso al centro ed assume quel caratteristico aspetto fusate da cui deriva il nome.\p180Fig. 10.1 - Esempio della localizzazione e della diversificazione dei propriocettori muscolari, muscolo-tendinei, articolari e cutanei. OTG: organo tendineo di Golgi.Le fibre muscolari intrafusali percorrono tutto il recettore da un capo all'altro, transitando attraverso la zona centrale connettivale rigida. Questa zona centrale ricca di recettori del tipo Ia (uno a).Il primo a descrivere il ruolo sensitivo del fuso neuromuscolare Sherrington nel 1894 mentre la prima, corretta descrizione anatomica e microscopica di Pacini (Universit di Pavia 1898). La descrizione di Pacini talmente precisa da essere ancora oggi utilizzata, ad essa infatti si far riferimento.AnatomiaIl fuso un insieme di fibre muscolari e nervose, le fibre nervose sono a loro volta suddivise in fibre motorie (gammamotoneuroni) e sensitive (fibre Ia e II). situato all'interno della massa muscolare in parallelo alle altre fibre del muscolo [1].[1] In parallelo significa situato a fianco ad altre fibre muscolari. Fibre muscolari e fusi dello stesso livello hanno un'inserzione comune, su di un'altra fibra muscolare o sul tendine. In serie significa invece che il fuso inserito con un capo sulla fibra muscolare, con l'altro sul tendine o ad una nuova fibra muscolare. Una fibra in parallelo rispetto ad un accorciamento muscolare si detende, accartocciandosi su se stessa, una fibra in serie invece si tende e viene attivata dalla tensione.\p181Fig. 10.2 - Collocazione del fuso all'interno del corpo muscolare; livello di scarico (A), di tensione (B) e di riposo (C).La sistemazione in parallelo alle fibre muscolari fa s che, in condizione di base, una contrazione attiva del muscolo accorci il fuso, lo detenda e riduca di conseguenza la frequenza delle scariche afferenti. Un suo allungamento passivo al contrario (stiramento muscolare, come nel riflesso miotatico), mettendolo in tensione, provoca un aumento delle scariche afferenti.Nel fuso neuromuscolare si distinguono fibre muscolari e fibre nervose, a loro volta suddivise in numerose categorie.1) Fibre muscolari del fusoAll'interno del fuso neuromuscolare, anatomicamente, si trovano due tipi di fibre: le fibre a borsa o a sacchetto e le fibre a catena [2].[2] Il loro nome deriva dalla collocazione dei nuclei della fibra muscolare. La fibra muscolare un sincizio, una cellula cio con molti nuclei.Le fibre a borsa o sacchetto si caratterizzano per la loro lunghezza maggiore, circa 10 millimetri. Queste fibre sono lunghe quanto l'intero fuso neuromuscolare ed hanno i nuclei situati al centro della fibra, approssimativamente nella zona equatoriale del fuso (la zona rigida della guaina connettiva, ricca di liquido). Le fibre a borsa sono la stazione di partenza delle afferenze Ia.Le fibre a catena sono fibre pi corte delle precedenti, situate nella parte centrale del fuso neuromuscolare, di cui non raggiungono l'estremit; hanno i nuclei disposti per tutta la lunghezza della fibra, come tutte le normali fibre muscolari.Le fibre a catena sono all'origine del maggior contingente di afferenze di tipo II (vedi oltre).Attualmente sia le fibre a catena (muscolari) che le loro afferenze di tipo II (nervose) sono assai poco studiate, per cui poco o nulla si conosce sul loro significato neurofisiologico.Le fibre a sacchetto sono, dal punto di vista fisiologico, suddivise in due gruppi, le fibre a sacchetto dinamiche (DB1 dall'inglese Dinamic Bag 1) e le fibre a sacchetto statiche (SB2 dall'inglese Static Bag 2).Le prime rispondono pi prontamente alle variazioni di lunghezza muscolari, sia attive che passive e sono innervate da fibre sensitive di tipo Ia, dette anulospirali, adatte a recepire principalmente i bruschi ed immediati cambiamenti di velocit (accelerazioni). Anche l'innervazione motoria di queste fibre particolarmente \p182 dinamica, data da gamma-motoneuroni molto rapidi,

detti appunto dinamici, in grado di imprimere alle fibre accelerazioni istantanee. Le fibre DB1 quindi sono in grado di leggere i cambiamenti di stato del muscolo con grande precisione, ma sono molto meno adatte a dare informazioni sulla durata e sull'entit della variazione di tensione protratta nel tempo.Fig. 10.3 - Disegno semplificato di un fuso neuromuscolare. Una sola fibra a sacchetto di nuclei ed una sola fibra a catena di nuclei sono rappresentate. Una sola fibra afferente (gruppo la) raggiunge tutte le fibre muscolari intrafusali con terminazioni primarie. Parecchie piccole fibre afferenti (gruppo II) formano terminazioni secondarie, prevalentemente sulle fibre a catene di nuclei. Piccoli assoni motori (motoneuroni gamma) di due differenti tipi innervano la parte contrattile delle fibre a sacco nucleare e a catena nucleare.Modificato da Warwich R. e Williams P.L (a cura di): Gray's anatomy, ed. ingl. 35, Philadelphia, 1975, W.B. Saunders Co.\p183Per questi ultimi parametri le fibre DB1 possiedono solamente una ridotta sensibilit, legata ad alcune terminazioni specifiche (di tipo II) su di uno spazio ridotto della fibra.Le fibre SB2 sono pi adatte a recepire i movimenti lenti e duraturi, anatomicamente sono identiche alle DB1 ma fisiologicamente possiedono una differente innervazione sensitiva, poich sono innervate maggiormente da fibre di tipo II e solamente in minor misura delle afferenze Ia.Anche a livello di innervazione motoria vi una differenza fisiologica sostanziale. L'inervazione delle SB2 di tipo gamma-statico, legata cio a gamma-motoneuroni lenti e quella delle DB1 data invece dai veloci gamma-dinamici. Questo, fisiologicamente, rende le fibre SB2 molto pi simili alle fibre a catena che non alle identiche (anatomicamente) fibre DB1.Le fibre a catena sono state studiate molto poco. Si sa che possiedono terminazioni sensitive del tipo II e (pochissime) del tipo Ia.2) Fibre nervose afferenti al fuso.Vi sono tre tipi di fibre afferenti al fuso: le fibre beta, le fibre gamma-dinamiche e le fibre gamma-statiche.Le fibre beta non sono mai state studiate. Sono collaterali di alfa-motoneuroni diretti alle fibre extrafusali e possono costituire anche il 20% dell'innervazione dell'organo.Oggi si ritiene che il sistema beta costituisca un primordiale sistema di controllo del fuso neuromuscolare, poich in alcune classi di anfibi caratterizza l'unico sistema motore afferente al recettore.I gamma-motoneuroni invece, sono motoneuroni specifici per il fuso neuromuscolare; hanno il pirenoforo situato nelle corna anteriori del midollo ed i loro assoni terminano in zona periferica rispetto all'equatore, sede delle terminazioni sensitive. Vi sono due tipi di gamma-motoneuroni: i gamma-motoneuroni dinamici ed i gamma-motoneuroni statici.I gamma-motoneuroni dinamici innervano esclusivamente le DB1, sono i pi mielinizzati (e quindi i pi veloci) e provocano contrazioni rapide e di breve durata.I gamma-motoneuroni statici sono pi lenti e si distribuiscono alle SB2 ed alle fibre a catena, non si sa se con contingenti differenziati o con un unico contingente ugualmente distribuito sui due tipi di fibre. Date le loro caratteristiche funzionali e quelle delle fibre muscolari a cui fanno riferimento, i gamma-motoneuroni statici provocano contrazioni pi lente e durature nel tempo.3) Fibre nervose efferenti dal fusoLe fibre sensitive provenienti dal fuso neuromuscolare sono di due tipi: le fibre Ia [3] e le fibre II[3] La suddivisione di Lloyd prevede due sottogruppi di fibre I: le Ia, provenienti dal fuso neuromuscolare e le Ib, provenienti dall'organo tendineo di Golgi.Le fibre Ia hanno terminazioni su tutti i tipi di fibra fusale, ma sono particolarmente concentrate sulle fibre DB1. Si avvolgono attorno alle fibre con un movimento a spirale, tanto da essere denominate anche fibre anulo-spirali, e sono localizzate solamente nella sua parte pi centrale (equatoriale). Pi distalmente (ma sempre nella zona centrale) si trovano le terminazioni delle fibre di tipo II, dette terminazioni a fiorame, poich si aprono sulla fibra muscolare come un mazzo di fiori.Le fibre II hanno terminazioni prevalentemente sulle fibre di tipo SB2 e sulle fibre a

catena. Su entrambe queste fibre assumono un aspetto a spirale, pressoch identico a quello delle fibre la, rispetto alle quali sono poste in una zona appena pi distante dall'equatore.\p184 Un fuso neuromuscolare contiene 2-3 fibre a sacchetto e dalle 3 alle 5 fibre a catena. La presenza di fuso neuromuscolare atipici comunque frequente. Si possono riscontrare per esempio fusi neuromuscolari privi di DB1, fusi in cui sia le fibre interne che la guaina connettiva sono in comune, fino ad assommare in un'unica struttura una decina di fusi neuromuscolari tipici.La variante pi caratteristica riguarda tutavia la densit di fusi neuromuscolari nel muscolo. Nei muscoli paravertebrali del collo, che hanno un ruolo importantissimo nel controllo dell'equilibrio, della postura e dei movimenti coordinati del capo e degli occhi, vi una densit fusale dieci volte superiore a quella dei normali muscoli scheletrici, che contengono un numero variabile da qualcuno ad una decina di fusi [4].[4] I riferimenti bibiliografici nella anatomia dei recettori sono numerosi ed esaurienti, non sono riportati nel testo in quanto si ritengono dati ormai acquisiti e riconosciuti universalmente. La bibliografia riporta numerosi riferimenti per chi volesse approfondire gli studi.FisiologiaLa fisiologia del fuso neuromuscolare stata studiata in maniera approfondita, ma da un unico punto di vista: attraverso l'attivit delle fibre sensitive di tipo Ia.Ci ha portato ad una conoscenza limitata delle funzioni propriocettive, all'interno di queste funzioni non possibile, per esempio, differenziare le fibre SB2 dalle fibre a catena, visto che entrambe hanno identiche terminazioni sensitive (tipo II), cos come non si comprende il ruolo delle afferenze di tipo II provenienti dalle fibre a borsa DB1.Oggi si conoscono solamente alcuni codici di trasmissione delle informazioni dal fuso neuromuscolare al SNC. Questi codici consentono di comprendere come il fuso trasmetta una molteplicit di informazioni complesse (cio molti dati diversi allo stesso tempo sullo stato dei muscoli), ma non come i messaggi possano viaggiare contemporaneamente senza confondersi.I codici conosciuti non consentono, in altre parole, di comprendere la sintassi delle informazioni, qualitative e quantitative, con cui il fuso neuromuscolare informa il SNC. attraverso questa sintassi informativa e non con i singoli messaggi recettoriali che il fuso informa il SNC, lo attiva e lo coordina, consentendogli di programmare, prima, durante e dopo il gesto desiderato, movimenti estremamente raffinati e complessi, grazie al completo controllo di numerosissimi parametri biomeccanici.Oggi l'analisi della attivit delle fibre sensitive provenienti dal fuso neuromuscolare consente di riconoscere codici di trasmissione fusali differenti solamente a fronte di uno stiramento muscolare passivo. Non per ora possibile comprendere come il fuso neuromuscolare informi il SNC, per esempio, durante una contrazione attiva volontaria (di tipo isotonico) del muscolo. In casi come questo, l'attivit neurofisiologica dell'insieme di fibre afferenti pare assolutamente identica e l'unica differenza registrabile riguarda la loro velocit di conduzione: le afferenze II sono riconoscibili poich conducono ad una velocit minore delle afferenze Ia.Anche nel caso in cui la tensione da stiramento passivo sia mantenuta costante (contrazione isometrica), le informazioni fusali risultano incomprensibili. come, in altri termini, se noi comprendessimo il significato delle singole parole ma non riuscissimo a collegarle nel significato del discorso compiuto.L'attivit del fuso neuromuscolare non tuttavia completamente sconosciuta: i dati importanti oggi noti verranno di seguito riportati tenendo presente che questo \p185 tipo di neurofisiogia cambia in due situazioni neurofisiologiche ben distinte. La prima si ha con il sistema y a riposo; la seconda con il sistema y attivo.Attivit del fuso neuromuscolare con il sistema y a riposo e nei movimenti macrometrici [5][5] Un movimento si definisce macrometrico quando biomeccanicamente riscontrabile attraverso la vista. Un movimento macrometrico , solitamente, di almeno

qualche millimetro.In queste condizioni vi una notevole differenza di risposta delle fibre Ia rispetto alle fibre II allo stiramento passivo.Le fibre Ia sono molto sensibili e rispondono ai cambiamenti minimi di tensione con una intensa frequenza di scarica.La scarica Ia si manifesta solamente finch si ha un incremento della velocit di allungamento (fino a che, cio, vi un'accelerazione); non appena la velocit si stabilizza su valori costanti, l'attivit Ia si riduce, avvicinandosi alla velocit di scarica delle fibre di tipo IILa velocit di scarica delle fibre II aumenta molto pi lentamente delle Ia ma una volta raggiunta una certa attivit, la mantiene a valori costanti per molto tempo, non essendo sensibile alle accelerazioni (o decelerazioni) meccaniche.In altre parole quando inizia lo stiramento passivo, la fibra Ia ha un rapido aumento di frequenza di scarica, un vero e proprio scatto , mentre la fibra II aumenta la sua attivit gradualmente. La fibra Ia sensibile alle accelerazioni, la fibra II esclusivamente ai valori assoluti delle tensioni muscolari ed al tempo per il quale sono mantenute.La fibra Ia sensibile anche alle variazioni di parametri meccanici, ma in una maniera non lineare [6]. [6] La non linearit significa che non esiste un rapporto diretto e nemmeno una correlazione sempre valida fra un singolo parametro della meccanica dello stiramento (velocit, forza, accelerazione) e la frequenza di scarica di queste fibre.La non linearit , probabilmente, legata alla capacit di trasmettere simultaneamente codici informativi riguardanti variazioni di parametri diversi rispetto a quel singolo movimento. Questi parametri sono almeno tre, per quel che oggi si conosce delle fibre Ia: la velocit, l'accelerazione e la tensione di allungamento.Si ritiene che il rapporto fra parametri meccanici e frequenza di scarica per le fibre Ia sia congegnato nel modo seguente (Edin Vallbo 1990).All'inizio dello stiramento, quando cio la accelerazione massima, si ha una salve di scariche ad alta frequenza, che dovrebbe trasmettere il codice meccanico riguardante la accelerazione di stiramento .Dopo questa salve iniziale la frequenza di scarica si abbassa, per poi aumentare in maniera meno rapida rispetto alla scarica iniziale, ma con un aumento presente per tutto il periodo in cui aumenta la velocit di stiramento.Questa seconda frequenza di scarica sembrerebbe essere il codice con cui si trasmettono informazioni riguardo alle variazioni di velocit di allungamento del muscolo. La velocit non intesa come parametro meccanico assoluto, ma come velocit relativa alla lunghezza iniziale del muscolo.La lunghezza del muscolo all'inizio del movimento influisce, come si visto nel capitolo di biomeccanica, su tutti i parametri dell'attivit muscolare. L'afferenza Ia ritenuta la base di questa influenza.Aumentando la velocit di allungamento del muscolo, aumenta anche la frequenza di scarica delle fibre fusali Ia. Quando lo stiramento termina, si osserva una diminuzione della frequenza di scarica, all'inarca nei primi 0.5 secondi dopo la fine dello stiramento passivo. Il rapporto fra la prima e la seconda frequenza di scarica (la frequenza di scarica verso la fine della fase di allungamento e la frequenza di \p186 scarica ad allungamento terminato) viene definito Indice dinamico . L'indice dinamico calcolabile esclusivamente per le fibre Ia, poich sono le uniche sensibili alla velocit di stiramento e, contemporaneamente alla tensione statica.Dopo i primi 0.5 secondi, in cui la frequenza di scarica della fibra Ia aumenta repentinamente, si ha un assestamento della tensione a livello del fuso, questo assestamento corrisponde ad una diminuzione della frequenza di scarica delle fibre Ia. Il parametro variabile e la frequenza di scarica, dopo la fase iniziale, diminuisce in maniera proporzionale alla lunghezza del muscolo, per cui l'indice dinamico potrebbe essere un buon parametro anche per valutare a quale lunghezza muscolare inizia il movimento.Le fibre di tipo II sono sensibili solamente alla tensione prolungata: se si raggiunge un determinato livello di tensione scaricano in maniera pressoch costante, al di sotto di quel livello non si attivano (vedi fig. 10.5).La base

anatomica della differenza di sensibilit delle fibre fusali pare essere legata ad una maggiore rigidit delle parti esterne delle fibre muscolari DB1.A fronte di un rapido ed intenso stiramento, la massima tensione nelle DBl (pi rigide delle SB2) si verificherebbe attorno alla zona centrale del fuso, dove sono massimamente concentrate le fibre anulospiraliIl fenomeno sarebbe responsabile della subitanea accelerazione e del continuo aumento della frequenza di scarica all'aumentare della velocit di stiramento.Una volta che si raggiunge la tensione costante, la parte pi distale della DBl inizierebbe a cedere, consentendo il ritorno verso il centro (ed un contemporaneo calo di tensione).Questo secondo aspetto sarebbe responsabile del calo di tensione nelle fibre a borsa e della contemporanea diminuzione della frequenza di scarica nelle fibre Ia e solamente in esse.Le fibre II, con una soglia ed un'inerzia di stiramento molto maggiore, non sarebbero sufficientemente pronte per rispondere a questi rapidi cambi di tensione mentre, per le loro caratteristiche, sono in grado di rispondere per periodi prolungati a tensioni muscolari costanti. necessario ricordare che tutto ci si verifica a fronte di un aumento della tensione isometrica di un muscolo. In altre condizioni (contrazione isotonica) le reazioni delle fibre sensitive fusali non sono state fino ad oggi studiate.Le risposte alla tensione delle fibre non sono univoche, esse si modificano radicalmente: per esempio, se vengono sezionate le radici anteriori (motorie) (Fig. 10.4). In questo caso vi un significativo cambiamento nei valori di frequenza di scarica in identiche condizioni biomeccaniche del muscolo; la frequenza di scarica si riduce grandemente sia per le fibre Ia che per le fibre II. Il fenomeno pare essere legato ad una assenza di attivit del circuito gamma. Con l'assenza di tale attivit scompare anche il tono muscolare delle fibre interne al fuso e con esso la tensione esercitata dalle fibre sulla zona equatoriale e di conseguenza la scarica di tutti i tipi di fibre afferenti sensitive (Tansen e Matthews 1962).Queste osservazioni hanno stimolato numerose ricerche a riguardo. Si visto in questo modo che le afferenze gamma vanno divise in almeno due gruppi distinti: gamma-dinamico (gammad) e gamma-statico (gammas). L'attivazione dei gammad provoca un marcato aumento dell'indice dinamico che, come si visto, sta ad indicare un aumento di attivit solamente delle fibre fusali DB1.L'attivazione del gammas agisce equamente su tutti i tipi di fibre muscolari fusali. Essa provoca prevalentemente un marcato incremento del livello di scarica delle fibre afferenti a riposo ed una riduzione dell'indice dinamico, mostrando cos un'azione prevalentemente tonica (cio lenta e prolungata nel tempo).Crowe e Matthews (1964) diedero la seguente spiegazione del fenomeno: le \p187 fibre gammad terminano solamente sulle DB1; come si visto a proposito della sezione delle radici anteriori, una loro ridotta attivit provoca una riduzione della rigidit delle fibre muscolari in questione ed una minor sensibilit allo stiramento delle fibre Ia. Differente invece il significato delle fibre gamma s: esse innervano tutti i tipi di fibra muscolare intrafusale ed una loro attivazione provocherebbe una entrata in tensione globale del fuso per lunghi periodi; poich in questo caso sono attivate anche le fibre a catena, che sono le uniche fibre del fuso in grado di dar luogo ad una contrazione generalizzata di tutta la fibra muscolare in conseguenza ad uno stimolo nervoso [7], il fuso si accorcia globalmente. L'accorciamento globale va di pari passo ad una tensione aumentata per periodi lunghi nelle fibre a catena e nelle SB2, pi ricche di fibre sensitive di tipo II[7] Le fibre a sacchetto generano una contrazione solamente locale attorno alla sinapsi quando raggiunte da uno spike.Da qui il forte aumento della frequenza di scarica a riposo ed il decremento della sensibilit dinamica (diminuzione dell'indice dinamico) provocato dall'attivazione dei circuiti gamma s. (Da Crowe e Matthews 1964)\p188Fig.10.4 - Frequenza di scarica delle fibre la (grafico di sinistra) e II alla estensione passiva

del muscolo rispettivamente con le radici motorie intatte e sezionate. da notare la diminuzione di frequenza in entrambi i tipi di fibra, (da Jansen e Matthews 1962, modificata)Fig. 10.5 - Risposta dei differenti tipi di fibre fusali a differenti tipi di stimolo meccanico in assenza di attivit dei gamma-motoneuroniFig.10.6 - Variazione della risposta di una fibra la ad uno stiramento passivo del muscolo in condizioni di riposo, di attivazione dei motoneuroni gamma-statici e gamma-dinamici (istogramma superiore). Nei grafici in basso si osserva il cambiamento della risposta della stessa fibra in termini di indice dinamico (vedi testo): l'aumento di frequenza dei neuroni gamma-dinamici incrementa l'indice dinamico; l'aumento di frequenza di scarica dei neuroni gamma-statici al contrario lo diminuisce. Ulteriori spiegazioni nel testo (Da Crowe e Matthews 1964, modificata).La risposta allo stiramento del fuso neuromuscolare possiede alcune caratteristiche peculiari e molto importanti per la neurofisiologia del movimento:1) l'estrema sensibilit: quest'organo in grado di leggere variazioni di lunghezza fino ad una risoluzione di 50 millimicron (limite di gran lunga superiore alla capacit di risoluzione visiva),2) la non linearit della risposta: la non uniforme sensibilit cio allo stimolo biomeccanico3) l'effetto postumo.I tre fenomeni sono intimamente interconnessi.\p189Anello gamma2) La seconda caratteristica (la non linearit della risposta) sta ad indicare che il fuso neuromuscolare non sensibile in maniera direttamente proporzionale alle forze che lo mettono in tensione, ma esistono gruppi di stimoli di intensit differente a cui esso risponde in maniera diversa.I lavori sull'argomento furono effettuati da Matthews e Stein (1969), che evidenziarono come la sensibilit del fuso fosse relativamente bassa per stiramenti ampi ed ampia, al contrario, per valori di stiramento molto bassi.Un allungamento di 1 millimetro di un muscolo provocato con un solo, repentino stiramento, non riesce ad innalzare la frequenza di scarica delle fibre Ia al di sopra dei 5 Hertz. Per valori di stiramento molto bassi invece, (anche di soli 50 millimicron) si possono ottenere aumenti di frequenza di scarica anche fino a 500 Hertz.In conclusione: se un muscolo viene allungato di 1 millimetro con un unico stiramento la frequenza delle fibre Ia aumenta di molto poco, se la stessa quantit di allungamento la si provoca con microallungamenti successivi, le fibre Ia inviano un numero enormemente maggiore di informazioni al SNC. questo fenomeno che caratterizza la non linearit della risposta delle fibre Ia.La non linearit gi evidente per stiramenti di velocit molto bassa (1,5 Hertz). Al di sotto di questi valori sia le fibre Ia che le fibre II hanno un rapporto frequenza di scarica/velocit di allungamento muscolare assolutamente lineare e, inoltre molto simile. Da quella velocit di allungamento (1.5 Herz) in poi invece le fibre iniziano a comportarsi in maniera diversa fra loro e ancora differente se il muscolo sottoposto ad uno stiramento normale o a un microstiramento.All'interno del range di risposta lineare ai microstiramenti (per velocit di allungamento al di sotto di 1.5 Hertz cio) esiste anche una sensibilit reciproca delle fibre: le fibre II sono, in queste condizioni, sensibili anche alla velocit, seppure in misura 10 volte inferiore alle fibre Ia, mentre le fibre Ia sono sensibili allo stiramento statico, anch'esse in misura 10 volte inferiore alle fibre di tipo II.3) Una terza caratteristica peculiare del fuso il cosiddetto effetto postumo della lunghezza muscolare.Se un muscolo viene mantenuto stirato a lungo, la risposta dei suoi fusi ad uno stiramento passivo portato quando il muscolo abbia recuperato al sua lunghezza originale, assai diminuita.Ugualmente, se un muscolo viene tenuto in accorciamento per un lungo periodo anche un minimo stiramento, nel tentativo di riportarlo alla lunghezza originale, provocher una risposta fusale esagerata.I due fenomeni persistono per molti minuti dopo la variazione di lunghezza muscolare e sono una delle basi di tutte le tecniche di stretching utilizzate nella preparazione atletica.La non linearit della risposta delle fibre fusali allo

stiramento, cos come l'effetto postumo dell'allungamento muscolare, sono ritenuti essere espressioni di un'alterata biologia della cellule muscolare quando venga posta in tensione.Nell'uno e nell'altro caso sarebbero i ponti actina/miosina, formatisi dopo che il muscolo si messo a riposo ad una determinata lunghezza a causare sia la risposta non lineare che l'effetto postumo.In caso di risposta lineare, la grande sensibilit ai microstiramenti sarebbe da attribuire all'esistenza dei ponti actina/miosina presenti nel muscolo a riposo. Questi ponti darebbero la variazione di tensione iniziale nel muscolo anche per microstiramenti, variazione percepita dalle fibre Ia e trasformata in un incremento della frequenza di scarica. All'allungarsi del muscolo al di l dei valori microscopici, i ponti si romperebbero e la tensione muscolare cadrebbe, dando cos ragione della minor risposta agli allungamenti estesi che, proprio per questa rottura dei ponti actina/miosina, sarebbero accompagnati da una minor tensione muscolare, le cui variazioni sono l'elemento fondamentale della scarica della fibra Ia.\p190Nel caso dell'effetto postumo il fenomeno sarebbe identico. I ponti actina/ miosina, come si visto, si riformano ad ogni lunghezza di riposo del muscolo. Logico di conseguenza che, se un muscolo viene allungato ripetutamente e poi riportato alla sua posizione di riposo, la tensione intrafusale, data la rottura dei ponti, sar molto minore della tensione generata dal muscolo in precedenza non stirato (e quindi con i ponti actina/miosina intatti).Ugualmente, se il muscolo tenuto in accorciamento per un lungo periodo (tipico di fasciature, ingessature o blocchi articolari), i ponti si formano ad una lunghezza molto ridotta e gli allungamenti muscolari terapeutici trovano una fortissima resistenza passiva (Gregory, Mark e Morgan 1990).Organo tendineo di Golgi (OTG)Fig. 10.7 - organo tendineo di Golgi a riposo (sinistra), in tensione (destra).L'organo tendineo di Golgi situato nella zona di passaggio muscolo tendinea, con un capo inserito al tendine e l'altro inserito alle fibre muscolari (in genere in numero di 10-20) del confine muscolotendineo.Di norma le fibre muscolari su cui si inserisce appartengono a pi di una unit motoria.Gli organi tendinei di Golgi inseriti ad una delle due giunzioni muscolo-tendinee, variano da qualcuno a qualche decina.La descrizione dell'aspetto anatomico microscopico dell'organo tendineo di Golgi ha una storia simile a quella del fuso neuromuscolare. Anch'esso infatti stato per la prima volta descritto da un anatomico italiano, Camillo Golgi, nel 1880 ed anche per l'organo tendineo la descrizione anatomica fu perfetta, tanto da essere ancora oggi utilizzata. Anche per questo recettore alla descrizione anatomica accurata non sono seguiti altrettanto accurati studi fisiologici. Come conseguenza di ci, per molti decenni l'organo tendinei di Golgi stato considerato il responsabile del rilassamento muscolare a seguito di una forte tensione attiva registrata a livello della giunzione muscolotendinea (effetto del coltello a serramanico). Esso veniva cio considerato un recettore sensibile solamente agli alti livelli di tensione muscolare: a questi livelli provocava infatti una repentina diminuzione della tensione muscolare isometrica.\p191 con i lavori di Houk e Henneman (1967) ma soprattutto con i recentissimi lavori di Jami (1992) che si compreso definitivamente che l'organo tendineo di Golgi:a) non un recettore della sola tensione attiva del muscolob) non un recettore ad alta soglia ma, al contrario, sensibilissimo a tensioni muscolari minime (0.1 grammi).Ci ha portato notevole confusione nella neurofisiologia perch si demolita la vecchia ipotesi di funzionamento (come, in parte, per il fuso neuromuscolare), ma non si riescono ancora a formulare ipotesi nuove convincenti sul ruolo ed il significato globale dell'organo tendineo di Golgi. Tutto ci genera numerosi problemi nello studio del movimento poich, data la sua collocazione e la sua attivit ad assetto variabile [8], quest'organo sicuramente della massima importanza nel controllo motorio

propriocettivo.[8] Ad assetto variabile significa che non sempre risponde con gli stessi codici ad un identico stimolo meccanico.Per ci che riguarda l'azione a serramanico , funzione classicamente (ed erroneamente) attribuita alla sola attivit dell'organo tendineo di Golgi, si ritiene oggi pi verosimile una sua origine da una pi articolata integrazione midollare delle afferenze propriocettive e delle vie discendenti sul midollo (Jami 1992).AnatomiaCome si detto, gli organi tendinei di Golgi si trovano situati alla giunzione muscolotendinea, sono strutture fusate, della lunghezza di qualche millimetro, formate da stringhe fibrose che si inseriscono con un capo al tendine e con l'altro capo al muscolo. Il tutto avvolto da una capsula di connettivo rigido.I terminali nervosi (gli assoni sensitivi) che si trovano all'interno di questa struttura sono del tipo Ib, cio altamente mielinizzati (il loro diamentro va da 8 a 12 millimicron). Le terminazioni nervose sono situate sulle stringhe fibrose, ma delle stringhe fibrose solamente alcune possiedono una terminazione nervosa.Lo stiramento provoca la attivazione delle fibre Ib, si pensa, attraverso un doppio meccanismo: le stringhe fibrose, dato l'aumento di tensione muscolare, si avvicinano l'un l'altra esercitando una pressione maggiore sulle stringhe provviste di fibra sensitiva, oppure la tensione della stringa medesima a provocarne l'attivazione. In ogni caso lo stiramento o la maggior pressione inducono la fibra Ib della scarica.Esistono organi tendinei di diversa rigidit: quelli meno rigidi vengono attivati da tensioni inferiori, tensioni superiori sono invece necessarie per attivare gli organi tendinei pi duri .FisiologiaHouk e Henneman, nel 1967, dimostrarono per primi, con un interessantissima metodica applicata al muscolo Soleo del gatto, che un organo tendineo pu essere attivato anche dalla contrazione di una singola fibra muscolare. L'organo tendineo, data la forza sviluppata dalla singola fibra muscolare (0.1 grammi), si dimostrava cos ben lungi dall'essere un recettore ad alta soglia e lontano contemporaneamente dall'essere il responsabile del riflesso a serramanico, che a questi livelli di tensione certamente non si attiva. Di conseguenza, il recettore deve avere altri compiti sensitivi di diverso genere.Le osservazioni di Houk e Henneman portarono alla luce anche due \p192 comportamenti assolutamente nuovi dell'organo tendineo, che furono definiti non lineari (come per il fuso neuromuscolare) [9].[9] La non linearit di rapporto significa che la frequenza di scarica del recettore non segue la variazione di tensione muscolare, anzi, vi sono situazioni in cui non si riesce a cogliere alcuna regola che possa collegare i due parametri.Essi sono di due tipi distinti:Il primo comportamento non lineare riguarda la frequenza di scarica del singolo recettore. Una data frequenza di scarica corrisponde ad una contrazione attiva di alcune fibrocellule muscolari. Aumentando il numero di fibre muscolari attive (e quindi la tensione) si pu avere come risultato una diminuzione della frequenza di scarica, anzich un suo ulteriore aumento come ipotizzabile a priori.Si ritiene che il fenomeno sia dovuto ad uno scaricamento delle stringhe fibrose portatrici di sensori Ib.Le fibre muscolari entrate in tensione attiva in un secondo tempo le ridistribuirebbero la tensione, aumentandola sulle stringhe prive di recettori e diminuendola di conseguenza su quelle che ne sono provviste.La tensione globale sarebbe sempre identica, ma distribuita su di un numero maggiore di recettori, con tensione diminuita di conseguenza su quelli provvisti di organi tendinei di Golgi, che vanno quindi incontro ad una riduzione della frequenza di scarica.Il comportamento non lineare del singolo organo tendineo di Golgi conferma ulteriormente la dubbia relazione fra il sensore ed il riflesso a serramanico, vista la possibile diminuzione di scarica, sperimentalmente dimostrata, all'aumentare della tensione nel muscolo.Il secondo fenomeno non lineare dato da una mancanza di rapporto fra tensione muscolare e frequenza di scarica globale di tutti gli organi di quel muscolo.Il dato stato

dimostrato da Jemi (1992), che ha registrato la attivit di tutte le afferenze Ib dagli organi tendinei del muscolo Soleo del gatto (circa dieci) provocata dalla stimolazione elettrica delle fibre muscolari dello stesso muscolo.Jemi ha contato il numero di fibre Ib e muscolari contemporaneamente attive. Dalla frequenza di scarica delle fibre Ib e dal variare del numero di unit motorie a contatto con l'organo tendineo, ne ha dedotto che non vi era correlazione fra i due parametri.Quali codici siano alla base del comportamento non lineare argomento oggi oggetto di studio; si pu certamente affermare che l'organo tendineo di Golgi non solamente un recettore di tensione.Si ritiene (Jami 1992) che la massima importanza del sensore risieda nel segnalare le variazioni di tensione durante una contrazione attiva. La teoria per per ora scarsamente suffragata da dimostrazioni sperimentali.Altri recettori muscolariCorpuscoli di PaciniIl fuso neuromuscolare e gli organi tendinei di Golgi non sono gli unici organi sensitivi muscolari. Nel muscolo, espressamente dedicati a funzioni propriocettive, si trovano anche corpuscoli di Pacini e forse terminazioni nervose libere.I corpuscoli di Pacini sono del tutto simili ai corpuscoli di Pacini del derma, solamente hanno dimensioni pi ridotte. Si trovano alla giunzione muscolo-tendinea, come gli organi tendinei di Golgi e sono proporzionalmente molto pi \p193 numerosi che nel derma, dove furono descritti per la prima volta e dove la loro funzione senz'altro meglio conosciuta.Nel muscolo possono raggiungere una densit pari circa a un terzo del numero totale dei fusi neuromuscolari. Questo fa pensare che il loro ruolo nella proprio-cezione sia sicuramente di primaria importanza, anche se oggi rimane praticamente sconosciuto.Le fibre nervose sensitive che li innervano sono del tipo II ed sconosciuta anche la loro destinazione midollare.Si ritiene che i corpuscoli di Pacini muscolari siano organi sensibili alle variazioni di tensione muscolare con un meccanismo di adattamento rapido.Sarebbero, in altri termini, organi adattissimi a trasmettere le accelerazioni muscolari.Terminazioni libereLe terminazioni libere sono numerosissime: la loro concentrazione circa doppia che nel tessuto cutaneo, sono innervate da fibre di due tipi, amieliniche, di tipo IV, con conduzione nervosa estremamente lenta e fibre lievemente mielinizzate, del gruppo III, a conduzione poco pi rapida. Si trovano in tutte le strutture componenti il muscolo, fibre muscolari, fuso neuromuscolari, organi tendinei, connettivo e grasso.Non paiono essere attivate dalle comuni tensioni meccaniche muscolari, ma piuttosto dallo schiacciamento o da tensioni muscolari di elevatissima soglia. Sono sicuramente stimolate da fenomeni chimici anomali, quali l'iniezione di concentrazioni saline nel muscolo o l'ischemia muscolare.Probabilmente le terminazioni libere sono autentici recettori del dolore a livello muscolare, senza importanza per la propriocezione.Rapporto fra i recettori muscolari e la propriocettivit coscienteLa propriocezione un meccanismo molto sofisticato, il cui scopo quello di fornire al SNC in tempo reale informazioni della massima precisione a proposito di:1) i parametri del movimento biomeccanico (velocit, forza, direzione, accelerazione)2) i parametri fisiologici sullo stato dell'apparato locomotore. Questi parametri riguardano i cambiamenti biologici che si verificano nei muscoli, nei tendini e nelle articolazioni in conseguenza al movimento effettuato.La maggior parte delle informazioni propriocettive non raggiungono mai il livello di coscienza, essendo deputate al controllo della elaborazione del progetto motorio ed alla sua esecuzione.Il controllo e l'esecuzione del progetto motorio avvengono sia nella fase di trasmissione, in cui il progetto motorio elaborato nell'encefalo viene trasmesso ai motoneuroni, sia nella fase di esecuzione, fase in cui i motoneuroni attivano l'apparato locomotore che esegue fedelmente gli ordini ricevuti.A questo livello la propriocezione importantissima sia per un meccanismo di controllo sulla corretta esecuzione del progetto, sia per un meccanismo di eventuale correzione, nel caso in cui

imprevedibili fenomeni esterni vengano a turbare i progetti motori strategicamente programmati.I propriocettori sono anche alla base dei riflessi midollari: reazioni di difesa deputate a mantenere l'integrit del corpo a fronte di situazioni potenzialmente dannose.\p194In questo loro compito i recettori attivano alcuni circuiti, esclusivamente midollari, in grado di provocare movimenti reattivi di difesa dell'organismo.Si pensi per esempio a quando, afferrando un oggetto che scotta, improvvisamente si lascia la presa: questo fenomeno assolutamente indipendente dalla volont e da qualunque progetto motorio: una pura reazione midollare di difesa, legata ad un riflesso orizzontale del midollo spinale.Al di l di questi numerosi compiti, il sistema propriocettivo nel suo insieme fornisce informazioni anche alle strutture nervose in grado di elaborare i processi di consapevolezza e di coscienza. Esso manda cio informazioni anche alla corteccia cerebrale.Nei loro diversi compiti, i codici dei propriocettori potrebbero essere paragonati alle singole parole di una lingua: possono essere utilizzate in diversi contesti (discorsi, poesie, libri) per ciascuno dei quali hanno un numero infinito di combinazioni possibili. I diversi contesti possono esprimere concetti differenti, pur mantenendo la singola parola sempre un identico significato.Le informazioni propriocettive, come le parole in un libro, al di l del loro valore intrinseco, assumono anche un significato contestuale , determinato dal sistema elaborativo in cui vengono utilizzate. Le loro combinazioni poco hanno a che fare con i codici dettati dai propriocettori, sono invece vere e proprie elaborazioni delle strutture nervose che li utilizzano.La percezione propriocettiva cosciente che noi tutti possediamo una costruzione elaborata dalla corteccia cerebrale, sulla base delle informazioni provenienti dai recettori propriocettivi periferici.In questo sistema la integrazione complessa delle afferenze periferiche dei differenti canali percettivi viene unita alle informazioni provenienti dalla memoria e dalla esperienza.La memoria porta un bagaglio informativo sulle esperienze passate, l'esperienza lo strumento attraverso il quale ciascuno di noi colora le sensazioni provenienti dal mondo esterno, facendole proprie attraverso l'attribuzione di valori personali.La sintesi dei tre tipi di informazioni sopra riportate d luogo a ci che comunemente viene definito l'immagine corporea, la consapevolezza cio dell'esistenza, della posizione e del movimento del nostro corpo. Ciascuno si forma questa consapevolezza a prescindere dai comuni canali sensoriali (vista, udito, tatto), attraverso le informazioni propriocettive.Come i singoli ingredienti di un cocktail si fondono nel bicchiere per dare luogo ad una sintesi completamente nuova, allo stesso modo le informazioni propriocettive periferiche si fondono fra loro, con la memoria e con la esperienza, per dar luogo alla propriocezione cosciente.Proprio come nel cocktail possibile riconoscere i singoli sapori di alcuni ingredienti, mentre altri perdono completamente le loro caratteristiche, ugualmente a livello di propriocettivit cosciente possibile, a volte, riconoscere informazioni provenienti da un singolo tipo di recettori, ma le informazioni provenienti dal singolo recettore non possono in alcun modo essere isolate.In particolare, fra le categorie di recettori, possibile isolare le sensazioni coscienti provenienti dai recettori cutanei ed articolari che, se selettivamente stimolati in maniera artificiale, possono dar luogo a sensazioni precise e ripetibili (vedi tabella 4.1). I recettori muscolari, al contrario, non possiedono questa individualit (Gandevia e Burke 1992).Ci fa oggi supporre che i fusi e gli organi tendinei di Golgi giochino un ruolo fondamentale sui versanti differenti da quello cosciente. Essi sono particolarmente utili nel definire i parametri per il sistema propriocettivo incosciente (facente capo al cervelletto) o per le risposte riflesse (midollo spinale), sembra inoltre che siano \p195 pi adatti ad informare sulle caratteristiche meccaniche del movimento che non sullo stato di riposo

dell'apparato locomotore.Il senso di movimento sarebbe il tipo di informazione da loro preferibilmente codificata, mentre i recettori articolari e cutanei si pensa giochino un ruolo pi importante nelle sensazioni statiche: il senso di posizione. Il senso di posizione ha sicuramente importanza prevalente per la propriocettivit cosciente, anche se il ruolo dei recettori cutanei ed articolari importante anche a livello di proprio-cezione incosciente (Gandevia e Burke 1992, Gandevia McCloskey e Burke 1992).Questa interpretazione della sensibilit propriocettiva non ha naturalmente un valore assoluto in quanto, a livello di cingoli ed articolazioni prossimali, gli unici recettori importanti sono i recettori muscolari, a cui deputata anche la informazione sul senso di posizione e per la propriocezione cosciente (Freund 1991).Va tenuto presente, inoltre, che le attuali conoscenze della materia sono solamente parziali, limitate alle afferenze Ia ed Ib, con informazioni parziali su recettori innervati da fibre sensitive di tipo II e III e per i recettori articolari. Il mosaico manca quindi ancora di pezzi fondamentali e l'interpretazione delle basi neurofisiologiche della propriocettivit cosciente , in pi di un punto, alquanto carente.Che i recettori muscolari giochino un ruolo differente dai recettori articolari e cutanei nella propriocezione diventato chiaro con i recenti lavori di Burke e Gandevia (1992). Questi due autori hanno cercato di associare alla stimolazione delle fibre provenienti da un singolo recettore la sensazione provata dal soggetto sottoposto all'esperimento.Una singola afferenza da un fuso neuromuscolare o da un organo tendineo di Golgi, se stimolata elettricamente, non provoca alcuna sensazione cosciente (al contrario delle afferenze meccanocettrici cutanee ed articolari, si veda ancora la tabella 4.1)Ci non significa, naturalmente, che gli organi in questione non contribuiscano alla propriocezione cosciente, ma che vi contribuiscono solamente in misura minima. Numerosi lavori di neurofisiologia hanno rafforzato questa ipotesi.Goodwin, McCloskey e Matthews, per esempio, gi nel 1972, dimostrarono come, in un soggetto normale, la propriocezione cosciente sia legata anche all'af-ferenza dai fusi neuromuscolari. Nel loro esperimento veniva flesso passivamente, in maniera graduata, l'avambraccio ad un soggetto normale. A richiesta il soggetto poteva, con grande precisione, imitarne gli spostamenti con l'arto controlaterale. Quando al Bicipite brachiale (che il principale flessore dell'avambraccio) dell'arto flesso passivamente veniva applicata una vibrazione (con un diapason) della frequenza di circa 100 Hertz, alla quale solamente i fusi neuromuscolari sono altamente sensibili, si verificava una grossolana perdita di precisione nei movimenti imitativi. Questi movimenti divenivano assai pi ampi e marcatamente ipermetrici. Il contrario accadeva se la vibrazione veniva applicata all'arto attivo, il movimento di imitazione diveniva meno ampio ed ipometrico e il soggetto aveva la sensazione di muovere l'arto attivo in misura decisamente superiore alla realt.Poich, come si detto, solamente i fusi sono altamente sensibili a questa frequenza di vibrazione, il fenomeno trova la sua spiegazione in una esagerata informazione afferente dai fusi (di un lato o dell'altro), la cui intensa stimolazione fornisce, evidentemente, l'idea di un movimento (cosciente) di gran lunga pi ampio rispetto al movimento realmente effettuato.Sulla scorta di questo primo esperimento si effettuarono numerose altre prove, soprattutto nel corso di interventi chirurgici su articolazioni delle dita della mano o dell'anca. In questi interventi, effettuati in anestesia locale, stato possibile, grazie alla lunghezza dei tendini, stirare determinati muscoli (il flessore comune delle dita per esempio) il cui ventre rimaneva al di fuori del campo operatorio.Lo scopo di questa indagine era analizzare il tipo di sensazione riferita dal \p196 soggetto in conseguenza ad uno stiramento che simulasse il normale stiramento in corso di movimento ma in assenza di moto reale.Lo stiramento muscolare cosi provocato generava

una sensazione indistinta di movimento, simile comunque alla sensazione provocata dal movimento reale.Da entrambi questi esperimenti Goodwind, McClosckey e Matthews (1972) dedussero che una quota della sensazione cosciente doveva per forza essere legata ai propriocettori muscolari, anche se questi, stimolati singolarmente, non davano alcuna sensazione di movimento.Altri esperimenti hanno ulteriormente confermato la compartecipazione dei propriocettori muscolari alla sensibilit cosciente. Per esempio negli interventi in anestesia locale sull'articolazione del ginocchio, nonostante la completa esclusione dei recettori articolari e dei meccanocettori cutanei legata all'anestesia, rimane una sensibilit posturale, anche se decisamente ridotta, che deve essere ricondotta ai propriocettori muscolari. interessante osservare come la sensibilit propriocettiva conservata in questi casi sia ulteriormente diminuita se il muscolo rilassato o se il movimento lento.Questo dato un altro punto a favore della teoria secondo la quale i recettori muscolari sono prevalentemente deputati al controllo dei parametri biomeccanici del movimento ed in misura minore allo stato dell'apparato locomotore. Il dato evidenzia infatti che un muscolo attivo, che ha cio una quantit elevata di parametri biomeccanici recepibili dai propriocettori muscolari, in grado, attraverso questi ultimi, di fornire informazioni propriocettive coscienti di gran lunga pi raffinate di un muscolo a riposo o soggetto ad un movimento lento. Un muscolo fermo, al contrario, dove i parametri biomeccanici sono sostanzialmente irrilevanti, deriva la propria propriocettivit cosciente prevalentemente dal senso di posizione riferibile ai recettori articolari e cutanei.All'interno di questa doppia categoria, muscolo statico-muscolo dinamico, possibile differenziare ulteriormente: i fusi neuromuscolari infatti sembrano decisamente pi adatti a rilevare i movimenti passivi del muscolo, mentre gli organi tendinei di Golgi sembrano pi pronti sui movimenti attivi (Hullinger North e Vallbo, 1982).Se osservato a livello chinesiologico il dato informa che, in un determinato movimento, gli organi tendinei di Golgi trasmettono preferenzialmente informazioni riguardanti gli agonisti, i fusi neuromuscolari quelle relative agli antagonisti.La scarsa risposta motoria dei fusi neuromuscolari in un muscolo rilassato riferibile anche ad alcune ragioni puramente biomeccaniche. ovvio infatti che in un muscolo rilassato occorrer una energia superiore per portare in tensione le normali fibre muscolari. Un identico discorso vale anche, naturalmente, per le fibre muscolari dei propriocettori che quindi, a muscolo rilassato saranno meno sensibili. Uno stiramento passivo ha dunque minori possibilit di attivare i recettori rispetto ad un identico fenomeno che si sviluppi in una situazione muscolare tonica . Su questo dato si torner fra breve a proposito della coattivazione alfa-gamma.In un movimento attivo, la coattivazione alfa-gamma in grado di mantenere in tensione le fibre del fuso durante il movimento e questo tipo di tensione permette ai fusi neuromuscolari di trasmettere al SNC importanti informazioni propriocettive, necessarie per il movimento ma che, evidentemente, cambiano anche il ruolo del recettore nella propriocezione cosciente.Un ultimo punto di grande importanza per la propriocettivit cosciente la diversa distribuzione dei fusi e degli organi tendinei di Golgi nei differenti muscoli. Se il loro numero si compara con il numero assoluto di unit motorie, questi recettori sono equamente distribuiti in tutti i muscoli; se invece il loro numero comparato alla quantit totale di fibre muscolari, essi sono sensibilmente pi concentrati nei piccoli muscoli distali dell'arto superiore, visto che questi possiedono unit motorie molto pi piccole (Freund 1991).I risultati portano ad un dato di fatto inspiegabile: nelle piccole articolazioni della mano la soglia di sensibilit al movimento angolare , contrariamente al pensiero comune, meno elevata che non nei grossi muscoli del cingolo scapolare [10] (Freund 1991). Il dato inspiegabile, ma possiede un significato

biomeccanico molto preciso: i grossi muscoli dei cingoli infatti controllano leve lunghe ed un movimento angolare di una loro articolazione, anche se solamente di pochi decimi di grado, porta a movimenti periferici molto ampi. Un movimento angolare di una piccola articolazione distale al contrario, anche se relativamente ampio, provoca movimenti angolari relativamente piccoli.[10] Un movimento di pochi gradi attorno ad una articolazione cio, viene percepito con sensibilit maggiore prima a livello della spalla che delle interfalangee.Dal punto di vista biomeccanico logico quindi attendersi un controllo del movimento angolare pi raffinato per la muscolatura prossimale rispetto a quella distale. Ci nonostante, dal punto di vista neurofisiologico un controsenso pensare che muscoli ricchissimi [11] di propriocettori di ogni genere siano meno sensibili a questo tipo di movimento di articolazioni relativamente povere di recettori.[11] In senso relativo alle fibre muscolari totali, ma non in senso assoluto.Al momento il fatto senza spiegazione, anche se resta comunque plausibile ipotizzare un intervento di integrazione centrale alla base del fenomeno.Riassumendo: i propriocettori muscolari, pur avendo un ruolo predominante nella determinazione quantitativa dei parametri fisico-biomeccanici del movimento, giocano un ruolo anche nella propriocezione cosciente.Il loro ruolo particolarmente importante nella dinamica motoria (Gandevia McCloskey 1992), con prevalenza dei fusi neuromuscolari nella dinamica passiva e degli organi tendinei di Golgi nella dinamica attiva.Il compito dei fusi e degli organi tendinei diviene invece minimo nelle situazioni statiche, dove le informazioni propriocettive sono prevalentemente legate ai meccanocettori cutanei ed articolari.Tutto ci valido per l'apparato locomotore distale, particolarmente a livello dell'arto superiore.A livello prossimale, o nei grandi muscoli, si fa l'ipotesi che tutta la propriocezione sia collegata ai recettori muscolari (Freund 1991), ma un'ipotesi ancora non suffragata da sufficienti dati sperimentali.Recettori articolari e meccanocettori cutaneiQuesti recettori sono stati dettagliatamente descritti nel capitolo dedicato alla neurofisiologia della sensibilit, al quale si rimanda per riferimenti anatomici e fisiologici.Circuiti midollari ed afferenze propriocettiveA livello midollare le afferenze propriocettive formano diversi tipi di circuiti orizzontali, sulla maggior parte dei quali si inseriscono, a livello di qualc

e stazione interneuronale, le afferenze provenienti dalle vie discendenti.Il midollo spinale l'ultima struttura di integrazione neuronale prima dell'attivazione dell'apparato muscolare. Qui si compongono i codici finali, che gli a e i y-motoneuroni provvederanno a dettare all'apparato locomotore.Proprio in quanto ultima stazione del controllo neuronale, il midollo spinale forse il punto pi duttile di tutto il SNC. Nel midollo interi progetti motori coscienti, automatismi e riflessi possono essere ora amplificati ora inibiti, possono fondersi fra loro, sfumarsi o dare al movimento ciascuno un'impronta determinante.\p198Questa differente efficacia delle afferenze a livello midollare legata alla rete sinaptica degli interneuroni spinali. Gli interneuroni midollari, come gli scambi in una stazione ferroviaria, regolano i flussi dei treni di informazioni in arrivo.I diversi treni di informazioni (e tutte le diverse afferenze) possiedono quindi un impatto midollare sempre differente, legato alle variabili combinazioni eccitoinibitorie che si concretizzano a questo livello.Poich le combinazioni sono infinite, si pu affermare che anche un'afferenza assolutamente identica non pu avere, se ripetuta, un identico effetto: il midollo non si trova infatti, nei due momenti differenti, nella medesima combinazione funzionale.Per conoscere l'efficacia delle afferenze midollari quindi determinante conoscere i circuiti presenti a livello spinale e le loro influenze eccitatone ed inibitorie sugli alfa e gamma-motoneuroni e sulle afferenze medesime.A livello di propriocezione i circuiti e le sinapsi pi importanti, attualmente conosciuti, che controllano questi meccanismi sono:A) Il 1 circuito del riflesso da stiramento, monosinaptico eccitatorio, o riflesso miotatico (monosinaptico: fibra Ia alfamotoneurone).B) Il 2 circuito del riflesso da stiramento, di inibizione disinaptica delle fibre Ia dell'antagonista (circuito di inibizione reciproca).C) Il 3 circuito del riflesso da stiramento, o riflesso da stiramento crociato di e trisinaptico; esso si associa ad altri riflessi crociati ad origine cutanea.Tutti i riflessi del punto C sono mediati dalle fibre IID) Il riflesso cutaneo di triplice evitamento (o di triplice flessione)E) Il circuito di inibizione disinaptica delle fibre IbF) I circuiti delle fibre IIG) Il circuito degli interneuroni inibitori di Renshaw H) L'inibizione presinaptica.A) Il circuito del riflesso miotatico (monosinaptico eccitatorio)La funzione passiva del fuso neuromuscolare ed il riflesso miotatico questo sicuramente il pi conosciuto di tutti i riflessi midollari. il riflesso per il quale, ad uno stiramento passivo e rapido del fuso neuromuscolare corrisponde una rapida contrazione del muscolo medesimo. il riflesso che viene elicitato dalla percussione del martelletto sul tendine muscolare, noto a tutti con il nome di riflesso osteotendineo (R.O.T.).L'eccitazione del fuso neuromuscolare, legata ad uno stiramento passivo del muscolo giunge, attraverso le fibre Ia, ad eccitare direttamente l'alfamotoneurone.Questa la descrizione del riflesso che per primo diede Renshaw, nel 1940, che con un esperimento assai ingegnoso riusc a dimostrare, con la strumentazione disponibile a quell'epoca, la monosinapticit del circuito [12].Dopo Renshaw gli studi vennero approfonditi da Lidstrom e Wigstrom (1979) e si arrivati alla attuale descrizione del riflesso miotatico.[12] L'esperimento di Renshaw talmente ingegnoso che vale la pena di essere descritto, almeno a grandi linee. Egli inser nel midollo spinale, nella zona grigia subito retrostante i nuclei motori del corno anteriore, un elettrodo di stimolazione. Attivando l'elettrodo con corrente a bassa intensit osserv che era possibile scatenare una scarica negli alfa-motoneuroni con un tempo di latenza di 1 millisecondo. Se l'intensit di corrente aumentava, la scarica del motoneurone avveniva dopo solamente 0.2 millisecondi.Renshaw interpret i dati all'interno di una logica rivelatasi poi esatta: la stimolazione a bassa intensit eccitava solamente le afferenze Ia (quelle a soglia di eccitazione inferiore) che

a loro volta eccitavano il motoneurone. Il millisecondo era quindi composto di un tempo di latenza sinaptica, circa 0.8 millisecondi e di un tempo di eccitazione motoneuronale, in cui lo spike si propagava all'interno del motoneurone. Entrambi i dati, con le successive tecniche di registrazione interna dai pirenofori dei motoneuroni, si rivelarono assolutamente esatti (Eccles 1957, 1960).\p199Il riflesso miotatico un riflesso estremamente diversificato, poich una singola afferenza Ia, una volta entrata nel midollo spinale, si apre in vari ramuscoli terminali che confluiscono, monosinapticamente, su diversi alfa motoneuroni a differenti livelli.Oltre che su tutti i motoneuroni del muscolo le cui fibre Ia sono state attivate dallo stiramento passivo, che vengono definite terminazioni omonime, il riflesso agisce anche su una serie di muscoli, quasi sempre sinergici ma a volte anche antagonisti, del muscolo in questione. Queste terminazioni sono dette terminazioni eteronime: La connessione eteronima indica un collegamento funzionale fra i vari muscoli legato all'attivazione di circuiti polisinaptici, non una connessione diretta, per cui tutti i muscoli, in linea teorica, possono essere attivati da connessioni eteronime.Nell'uomo per esempio, per la fondamentale importanza dinamica dell'articolazione del ginocchio che nelle fasi di impatto dell'arto inferiore al suolo deve reggere, senza cedimenti, pesi di diverse centinaia di chilogrammi, le connessioni eteronime fra Tricipite surale e Quadricipite femorale sono attivate molto di frequente, pur essendo i due muscoli, per il ginocchio, solitamente antagonisti (fig. 10.8).Fig. 10.8 - I muscoli Quadricipite femorale e Tricipite surale nella loro azione (solitamente antagonista) sull'articolazione del ginocchioIl fenomeno diviene particolarmente evidente quando, per lassit o rottura dei ligamenti articolari, la cocontrazione diviene l'unico elemento di solidit articolare. Come ben sanno ortopedici e fisiatri che operano su questo tipo di patologia, le contratture muscolari in fissazione , per il ginocchio in cui si sono rotte o danneggiate le strutture articolari, sono un problema molto frequente del \p200 recupero funzionale dell'articolazione e si attivano per proteggere un'articolazione danneggiata rispetto a movimenti incauti o dannosi.A livello neurofisiologico clinico il riflesso miotatico consta di due componenti:- una componente precoce, che si presenta a 30 millisecondi, i cui tempi configurano un riflesso strettamente spinale;una componente tardiva, che si presenta a 50 millisecondi per l'arto superiore (100 per l'arto inferiore), i cui tempi configurano un secondo circuito, probabilmente corticale, sull'origine del quale i neurofisiologi sono oggi in disaccordo (vedi figura 8.5).Secondo Meara e Cody (1992), la componente tardiva del riflesso collegata ad una seconda volee di eccitazione spinale che percorre le vie di tipo II provenienti dal fuso neuromuscolare.Secondo Marsden e Rothwell (1992) la componente tardiva legata ad un'onda che sale verso la corteccia sensitiva primaria, passa direttamente alla corteccia motoria primaria da cui ridiscende lungo il fascio piramidale. L'attivazione dell'alfamotoneurone e la conseguente contrazione muscolare sarebbero il risultato finale di tale percorso.Questa seconda teoria ha guadagnato di recente credibilit, poich la componente tardiva si modifica in tutte le patologie encefaliche che coinvolgono la corteccia cerebrale o il tono muscolare, segnatamente nel morbo di Parkinson e nella spasticit. Un grosso punto a favore stato segnato anche dallo studio del mioclono ad origine corticale.Per tutte queste patologie e per la loro influenza sulla componente tardiva del riflesso miotatico si rimanda ai relativi capitoli (12-24). Qui si fa osservare solamente come anche il riflesso miotatico, pur costituendo un emblematico esempio di risposta motoria monosinaptica, coinvolge numerosi altri circuiti (si sono visti circuiti eteronimi e tardivi) in grado di aggiungere risposte secondarie complesse allo stiramento passivo del fuso neuromuscolare.La funzione attiva del fuso neuromuscolare ed il fenomeno della coattivazione alfa-gammaLa

risposta allo stiramento passivo del fuso neuromuscolare strettamente dipendente dal suo stato di tensione. Lo stato di tensione dipende sia dalla velocit di accorciamento muscolare durante la contrazione attiva [13], sia dalla forza di stiramento applicata (passivamente) al muscolo. In parte la risposta del fuso dipende quindi anche dalle sue capacit di trovarsi costantemente alla giusta lunghezza, cio dalla sua potenziale prontezza ad adattarsi alle variazioni di lunghezza muscolare.[13] Le fibre del fuso devono accorciarsi con la stessa rapidit delle fibre muscolari extrafusali, in caso contrario il recettore perderebbe tensione e di conseguenza la capacit di rilevare gli stiramenti.Si ritiene oggi che il ruolo principale del circuito gamma sia, nel corso di un movimento, la contrazione o il rilassamento delle fibre intrafusali. Questa attivit provoca i microaccorciamenti (o allungamenti) necessari per tenere il fuso in tensione costante, qualunque sia l'accorciamento o l'allungamento del muscolo e la velocit a cui avviene. Il processo prende il nome di coattivazione alfa-gamma.Prima di introdurre l'argomento necessario comprendere come la teoria del servomeccanismo dell'anello y (Eldred, Granit e Merton 1953), per quanto suggestiva, apprezzabile ed ancora molto presente nel pensare comune, sia da ritenersi definitivamente superata.\p201La teoria affermava come il circuito gamma si attivasse prima dell'attivazione dell'alfa-motoneurone. La sua attivazione, provocando una contrazione isometrica del solo fuso neuromuscolare [14], generava la attivazione delle fibre Ia che, attivando a loro volta l'oc motoneurone, iniziavano il movimento.[14] Le fibre fusali, troppo piccole, non sono in grado, anche al massimo livello di tensione, di muovere la massa muscolare.La teoria del servomeccanismo fu definitivamente superata dagli esperimenti di Vallbo (1970) che dimostrarono come l'attivit dei gamma-motoneuroni, nell'animale come nell'uomo, inizia successivamente all'attivit degli alfa-motoneuroni, cos come la contrazione delle fibre del fuso inizia successivamente alla contrazione delle normali fibre muscolari.A fronte di questi nuovi dati sperimentali stato necessario riformulare le teorie sul funzionamento dell'anello gamma.Secondo la teoria oggi pi accreditata, il circuito gamma il meccanismo che consente di mantenere costantemente in tensione il fuso, qualunque sia la lunghezza muscolare.A fronte di uno stiramento passivo, una struttura che non sia in tensione prima dell'inizio dello stiramento perde, come si visto, la capacit di percepire la fase iniziale del fenomeno.Per fare un esempio ci si potrebbe riferire ad un sasso legato alla mano con una corda. Se si getta il sasso nel vuoto la corda non svolge alcun ruolo fino a che l'allontanamento del sasso dalla mano non raggiunge la lunghezza della corda medesima, mettendola in tensione. Solamente allora sasso e corda interagiscono.Identico discorso vale per la contrazione attiva (o lo stiramento passivo) del muscolo. Se il muscolo si accorcia, solamente se il fuso neuromuscolare rimane in tensione pu svolgere il proprio compito; se ci non avviene il suo ruolo nullo (come per la corda prima che vada in tensione) e le sue afferenze non scaricano pi.La coattivazione alfa-gamma un dato di fatto; la spiegazione dell'esistenza del fenomeno solamente una supposizione, poich numerosi passaggi non del tutto chiari sono presenti nelle affermazioni tratte dai dati sperimentali in nostro possesso.Esistono di conseguenza anche altre ipotesi sul significato dell'attivit dell'anello gamma.Secondo Marsden, Rothwell e Day (1983) la coattivazione alfa-gamma serve soprattutto per la correzione dei microerrori di direzione nell'esecuzione dei progetti motori.L'anello gamma, in altre parole, servirebbe per correggere gli errori che non sono leggibili a livello cosciente, in quanto troppo piccoli, ma che pure contribuiscono al disturbo motorio.Gli autori sottopongono a verifica sperimentale questa teoria disturbando un progetto motorio con interferenze cos piccole da non essere percepibili a livello consapevole.I piccoli movimenti erano corretti per intero da una attivazione muscolare a latenza 50

millisecondi, con un tempo che implica un riflesso, non certo una correzione volontaria, avvalorando cos la teoria.Il lavoro presenta per un dato che risulta di difficile interpretazione: le microcorrezioni avvengono solamente se i microerrori sono effettuati contemporaneamente a macroerrori, non avvengono se invece essi sono presenti da soli.Il dato non solo misterioso, ma rende fragile l'ipotesi: non si vede infatti la utilit di microcorrezioni che si presentino unicamente associate a macrocorrezioni e mai da sole; l'argomento necessita di studi ulteriori.Un'altra teoria, pi in embrione, afferma che l'attivit del circuito gamma durante tutto il movimento volontario necessaria per assistere l'azione degli alfa-motoneuroni. effettivamente un dato di fatto che, escluso il circuito gamma, la forza muscolare necessaria per raggiungere un determinato risultato biomeccanico sia maggiore \p202 che a sistema gamma efficiente (Barnes e Gladdes 1985). Questa teoria sicuramente convincente, anche se appena accennata. Bisogna tuttavia tenere presente che, come le precedenti, essa spiega uno dei meccanismi legati alla contrazione attiva del fuso neuromuscolare, mentre sensazione comune che il recettore attivi molti sistemi contemporaneamente e che i suoi codici recettivi siano utilizzati da diverse strutture.La scoperta della coattivazione alfa-gamma pone anche un altro quesito: il fenomeno rigido, sempre presente, o si possono verificare casi in cui i due circuiti agiscono separatamente?La comparsa, nella scala evolutiva, di circuiti separati (negli anfibi, come si detto esiste un solo neurone per la muscolatura scheletrica e per il fuso: il cosiddetto sistema beta) fa presumere la possibile indipendenza dei due sistemi.In una serie di interessanti esperimenti sull'argomento, Hullinger e Prochazka (1983) analizzarono la funzione gamma ed Ia nei movimenti attivi volontari dell'arto posteriore di un gatto (ovviamente sveglio). Successivamente i due ricercatori cercarono di riprodurre la stessa frequenza di scarica Ia ma con movimenti passivi, per ottenere un identico effetto sull'alfa-motoneurone di un gatto anestetizzato.Essi dimostrarono che la cosa non era possibile e che anzi il circuito gamma, nel gatto, pu attivarsi isolatamente, coattivandosi con il circuito alfa solo nei casi in cui la tensione del fuso nel movimento attivo differente da quella necessaria al funzionamento delle afferenze fusali.Essi dimostrarono, in altre parole, che la coattivazione alfagamma non un dato scontato ma anzi presente solamente in certi movimenti attivi.Nell'uomo l'attivazione isolata del circuito gamma non stata dimostrata, anche se vi sono dati che fanno ritenere possibile tale fenomeno.Nelle contrazioni isometriche, ripetitive, lente e volontarie ogni singolo fuso neuromuscolare aumenta la propria frequenza di scarica ad un livello di forza muscolare definito e differente da quello di tutti gli altri recettori analoghi ma, per se stesso, riproducibile in ogni situazione.La differente soglia di attivazione delle fibre afferenti dal fuso mostra di fatto che non tutti i gamma-motoneuroni scaricano allo stesso livello (mentre gli alfa-motoneuroni, in questo tipo di contrazione, lo fanno). Questo sbilanciamento fra alfa e gamma per forza di cose un segno della possibilit, anche nell'uomo, di una loro attivazione separata.Se cos , quali vie possono influenzare singolarmente il gamma-motoneurone? Anissis (1990) evidenzia due sistemi in grado di alzare la soglia di risposta del fuso senza interferire sull'alfa-motoneurone.Uno il sistema vestibolo-spinale: attraverso la stimolazione con acqua calda del labirinto vestibolare si riduce l'attivit del circuito gamma.Un secondo sistema consiste nella stimolazione vibratoria dei recettori cutanei.Questi due sistemi, inequivocabilmente, attivano in maniera differente il sistema gamma ed il sistema alfa.Anissis, a sostegno questa sua dimostrazione, esegue ulteriori esperimenti, dimostrando che la stimolazione elettrica del nervo surale (solamente sensitivo) dell'arto inferiore dell'uomo, se a bassa soglia, cambia la frequenza di scarica dei fusi neuromuscolari, ma

non modifica in alcun modo l'attivit delle fibre extrafusali, che per essere modificata necessita di una stimolazione di alta intensit.Il dato di gran lunga pi interessante del lavoro di Anissis comunque, anche perch totalmente inaspettato, che questa differenza di attivazione sull'arto inferiore si presenta solamente con il soggetto in posizione eretta, nessuna differenza a gamma si verifica a soggetto supino.Tutto questo genera una diffusa convinzione che ci che si osserva nel movimento passivo privo di carico sia, anche nell'uomo, una delle possibili combinazioni \p203 di eventi che si sviluppano attraverso il sistema midollare spinale facente capo ai circuiti a gamma. Ci che succede sotto carico costituirebbe un'altra combinazione dello stesso sistema, caratterizzata da una redistribuzione dell'efficacia dei circuiti.Ciascuna delle possibili afferenze midollari evidentemente in grado di rispondere a domande neurofisiologiche differenti, come possono essere quelle riferite ad una situazione di attivazione di muscoli posturalmente attivi (situazione eretta) o ad una situazione di attivazione di muscoli posturalmente inattivi (situazione supina). la differente situazione dell'apparato locomotore a determinare la diversa efficacia delle afferenze midollari ed il sistema alfa-gamma a modulare questa efficacia.Gli ultimi dati ricavati dal lavoro di Anissis, sarebbero un ulteriore punto a favore dell'ipotesi inizialmente esposta. Secondo questa ipotesi uno dei meccanismi di attivazione del circuito gamma dedicato al mantenimento di una tensione costante nei fusi neuromuscolari, anche durante gli accorciamenti attivi dei muscoli conseguenti a contrazioni volontarie.In questo modo i fusi neuromuscolari sarebbero in grado di informare costantemente i vari sistemi che lavorano sulle loro informazioni (spinale per i riflessi, automatico del tronco, volontario corticale) sullo stato del muscolo, a prescindere dalla sua lunghezza.Anissis va per molto oltre questa ipotesi. Egli teorizza infatti che il sistema alfa-gamma sia un sistema a cancello specificamente dedicato ai contatti fra SNC ed apparato locomotore. L'anello gamma costituirebbe il meccanismo di controllo dell'apertura (chiusura) del cancello che costituito invece dagli alfamotoneuroni.Quest'ultima ipotesi di lavoro ha risvolti pratici molto importanti: le tecniche di allenamento o gli esercizi riabilitativi devono tenere conto della diversit della situazione sotto carico dalla situazione supina e devono soprattutto tenere conto del fatto che le situazioni fisiologiche di allenamento e potenziamento muscolare non sono mai scomponibili in maniera soddisfacente, ma devono essere riprodotte per intero.Significato clinico del riflesso miotaticoPrimo significato: un meccanismo di servofreno.A livello clinico, il riflesso miotatico favorisce la attivazione della fibre muscolari del muscolo passivamente stirato dalla contrazione attiva dell'agonista del movimento biomeccanico in corso.Questa reazione caratterizza innanzitutto un servo-controllo del movimento di accorciamento attivo dell'agonista. Il servocontrollo dipende dall'antagonista stirato.Il movimento biomeccanico, in altre parole, non avviene semplicemente sotto il controllo della contrazione attiva del muscolo agonista, ma anche grazie ad un meccanismo di contrazione eccentrica, in allungamento, dell'antagonista.Il muscolo antagonista (che il muscolo in cui avviene il riflesso miotatico) si contrae ma, anzich accorciarsi, continua ad allungarsi, poich la sua forza di contrazione inferiore alla forza di contrazione dell'agonista, che domina il movimento articolare. Il muscolo stirato, seppure attivato, continua ad allungarsi e la sua attivazione esercita un'importantissima azione di servofreno .Per comprendere cosa sia un'azione di servofreno si pensi ad una persona che voglia guidare un carretto a mano lungo un ripido pendio. Nonostante la persona voglia far scendere il carretto, essa esercita una forza in senso contrario. Tale azione non significa che il guidatore voglia portare il carretto verso l'alto e non nemmeno sufficiente per fermarlo. Il guidatore vuole semplicemente che il

carretto scenda in modo controllato. Egli svolge un'azione di servofreno per evitare una discesa libera e quindi, forse, rovinosa.\p204Il servofreno frena il movimento del carretto non in maniera da impedirlo, ma per renderlo pi sicuro.Un identico meccanismo messo in atto dall'attivazione dell'antagonista al movimento grazie al riflesso miotatico.Stirato dalla contrazione attiva dell'agonista, l'antagonista si contrae a sua volta, ma in misura non sufficiente a interrompere il movimento. L'antagonista agisce con un meccanismo controllato che permette di pilotare meglio l'azione biomeccanica dell'agonista, rendendola pi precisa ed efficace.Secondo significato: prevenzione della rottura muscolare.Se lo stiramento muscolare assai rapido ed intenso, tale da portare ad una probabile rottura del muscolo medesimo, allora la attivazione del riflesso miotatico gioca un ruolo completamente differente: la sua contrazione (oltre alla contrazione dei muscoli eteronimi ed anche degli antagonisti, se necessario), blocca lo stiramento passivo del muscolo e spesso anche l'intera articolazione, con un meccanismo di cocontrazione (di contrazione simultanea di agonisti e antagonisti cio). La cocontrazione impedisce qualunque ulteriore allungamento (stiramento) muscolare, allontanando le possibilit di strappo o rottura del muscolo o di danno articolare.B) Il circuito di inibizione disinaptica (reciproca) delle fibre IaFisiologia del riflessoLe afferenze Ia non solamente attivano il muscolo omologo ed i sinergici monosinapticamente, ma attivano anche (come fu dimostrato gi nel 1940 da Lloyd) un interneurone inibitore che, con la sua azione inibitoria, iperpolarizza gli cx-motoneuroni dei muscoli antagonisti al muscolo stirato.Il lavoro di Lloyd, suffragato da successive sperimentazioni di Eccles e Ito (1960) con l'avvento della registrazione interna ai pirenofori [15], forniva un dato clinico di importanza fondamentale. Lo stiramento passivo di un muscolo, sempre conseguenza, in situazioni fisiologiche, di una contrazione attiva dei suoi antagonisti, se effettuato con una certa rapidit, provoca due reazioni contemporanee: il riflesso miotatico (punto A) ed una inibizione del muscolo agonista del movimento biomeccanico, antagonista cio del muscolo stirato. Detta inibizione venne definita reciproca.Questo ultimo un meccanismo di modulazione motoria esclusivamente di tipo neurofisiologico [16].[15] Il lavoro di Lloyd, come quello di Renshaw del precedente paragrafo, era invece tutto legato a stimolazioni e registrazioni extracellulari, molto pi indaginose e di infinita minor precisione.[16] Mentre il riflesso miotatico un meccanismo di modulazione motoria con una prima componente esclusivamente neurofisiologica: l'attivazione iniziale del riflesso, ed una seconda neurofisiologica e meccanica: l'attivazione da parte del riflesso di circuiti che riguardano il muscolo antagonista al movimento, questo muscolo esercita cos un'azione di contenimento meccanico del muscolo agonista.Entrambi i meccanismi hanno inizio dallo stiramento passivo dell'antagonista del movimento attivo.Mentre il riflesso da stiramento per sempre legato ad un fenomeno meccanico dell'apparato locomotore (allungamento muscolare), e si esaurisce nel riflesso spinale l'inibizione reciproca pu essere uno strumento di regolazione dell'intero progetto motorio, come risulta dalle numerose afferenze convergenti sull'interneurone inibitore Ia che verranno di seguito esposte.Il meccanismo di inibizione reciproca si esercita attraverso un interneurone situato nella lamina VII di Rexed e denominato interneurone inibitore Ia.\p205Questo interneurone stato studiato con grande attenzione, in quanto la chiave di una serie di meccanismi, orizzontali e verticali, di integrazione midollare.L'interneurone inibitore Ia raccoglie su di s un notevole numero di afferenze.1) dalle fibre Ia di un determinato gruppo muscolare (eccitatone)2) dagli interneuroni inibitori Ia (suoi omologhi) del gruppo muscolare antagonista di quello di cui al punto 1 (inibitorie)3) dalle fibre esterocettive, meccanocettive e cutanee (eccitatone)4) dal fascio piramidale

(eccitatorio)5) dagli interneuroni inibitori di Renshaw (inibitorie)Attraverso la integrazione di tutte queste afferenze, l'interneurone inibitore ia modula la attivit degli alfa-motoneuroni e dell'interneurone inibitore Ia corrispondente per il muscolo antagonista.Significato clinico dell'inibizione reciprocaL'estrema convergenza di informazioni riguardanti sia il progetto motorio (vie discendenti), sia lo stato dell'apparato locomotore, sia, infine, il livello di attivazione dell'alfa-motoneurone (tramite l'interneurone inibitore di Renshaw) fa dell'interneurone inibitore Ia un centro di primaria importanza dell'integrazione spinale.Un interneurone Ia in grado di modulare in senso inibitorio sia l'attivit dell'alfamotoneurone sul quale manda il proprio assone (che l'antagonista del muscolo da cui l'Ia riceve l'afferenza fusale), sia il proprio omologo: l'interneurone inibitore che manda il proprio assone verso l'alfamotoneurone del muscolo che possiede, il fuso stirato. L'interneurone Ia provoca in questo modo sul muscolo stirato, per una doppia inibizione, una facilitazione indiretta.Attualmente l'interneurone inibitore Ia, l'alfa-motoneurone ed il gamma-motoneurone sono considerate le tre componenti di una unit funzionale spinale per il movimento. Tale unit funzionale agirebbe come segue: le informazioni costituenti il progetto motorio, attraverso le vie discendenti, agirebbero sull'alfa-motoneurone provocando il movimento, sul gamma-motoneurone provocando l'accorciamento dei fusi che possono cos essere mantenuti attivi (coattivazione alfagamma) e la attivazione dell'interneurone inibitore Ia che svolge due distinte azioni:1) inibisce l'alfa-motoneurone dell'antagonista motorio2) inibisce l'interneurone inibitore le cui sinapsi terminano sull'amotoneurone agonista del movimento progettato. Questo secondo fenomeno determina una riduzione dell'inibizione disinaptica proveniente dallo stiramento dei fusi del muscolo antagonista del movimento e quindi una facilitazione indiretta del movimento stesso.L'unit funzionale, definita di alfa gamma-coattivazione ed inibizione reciproca (Hultborn, Illert e Santini 1976), associa su interneuroni inibitori Ia omologhi, ma riferentisi a gruppi muscolari fra loro antagonisti, una serie di informazioni di movimento e di inibizione motoria, frequentemente contrastanti. L'integrazione di queste informazioni da parte dell'interneurone inibitore Ia e l'integrazione da parte dell'alfamotoneurone delle informazioni provenienti dall'interneurone medesimo e da molte delle vie che hanno influenzato l'interneurone in questione, un tipico, semplicissimo esempio di integrazione neuronale (tanto semplice da poter essere ancora raccontato in maniera descrittiva). Quest'integrazione deputata al controllo del solo rapporto agonisti antagonisti all'interno di un progetto motorio.\p207Fig. 10.9 - I neuroni inibitori del circuito di tipo Ia (spiegazione nel testo).C) I riflessi crociati e le afferente di tipo II muscolariMoltissime delle afferenze spinali trattate svolgono anche un'azione contro-laterale di tipo reciproco, inibiscono cio l'omologo controlaterale di ci che eccitano omolateralmente e viceversa.Questo fenomeno porta ad una situazione in cui la stimolazione di molte fibre afferenti midollari (non ancora completamente classificate, ma sicuramente comprendenti Ia, Ib, II, e III) provoca un meccanismo in flessione di un arto e di estensione contemporanea dell'arto opposto.In questo meccanismo si sempre visto un rudimentale generatore del cammino, interamente situato a livello spinale. Esso viene definito riflesso da stiramento crociato .Ancora oggi la convinzione della maggior parte dei neurofisiologi questa; non si ancora chiarito sufficientemente tuttavia quale sia l'intreccio di fibre, eccitazioni ed inibizioni all'interno di questo generatore spinale del cammino.Oltre ai numerosi tipi di afferenze sensitive, sia propriocettive che esterocettive, che sono alla base del riflesso crociato, sicuramente un ruolo fondamentale giocato dalla qualit dello stimolo e dalla sua localizzazione.Uno stimolo doloroso (una ferita, una scottatura)

applicato alla pianta del piede, per esempio, provoca una dorsiflessione, con allontanamento dello stesso dallo stimolo, uno stimolo tattile piacevole porta invece ad un movimento di avvicinamento, con tentativo di avvolgere lo stimolo medesimo.Lo stesso fenomeno, ma con direzione ovviamente inversa, si ottiene se lo stimolo applicato al dorso del piede.Controlateralmente allo stimolo si hanno fenomeni opposti, attivazione di flessori ed estensori invertita rispetto al lato stimolato.A livello degli arti inferiori questo fenomeno consente un ritmo rudimentale di deambulazione. Il movimento definito cammino spinale.Un altro dato assai importante che il riflesso di flesso/estensione crociata non un riflesso midollare puro. La sua stimolazione porta infatti ad una massiccia attivazione delle vie ascendenti, particolarmente delle vie spino-cerebellari, sia da parte delle afferenze periferiche, che da parte degli interneuroni midollari.Questa duplice informazione consente ai centri superiori (del tronco e dell'encefalo) di avere informazioni dettagliatissime non solamente sullo stato dell'apparato locomotore, ma anche sul funzionamento e sulla produzione dei circuiti spinali (si veda capitolo 16).A questa informazione si associa una importante risposta discendente, particolarmente lungo il tratto reticolo-spinale.Il riflesso di flesso/estensione crociata quindi la somma di due distinti sistemi di controllo, uno midollare orizzontale ed uno ascendente/discendente.Ci confermato attraverso due differenti tipi di osservazioni.La prima osservazione riguarda il fatto che detto riflesso cambia al cambiare del livello di deconnessione del midollo dal restante SNC.Una deconnessione a livello della giunzione tronco spinale (spinalizzazione) esalta il meccanismo, una decerebrazione (deconnessione mesencefalica, fra i collicoli superiori ed i collicoli inferiori della lamina quadrigemina) lo deprime completamente.La seconda osservazione che conferma l'importanza della fisiologia verticale del midollo spinale sul riflesso crociato di flessione/estensione la registrazione dell'attivit elettrica di questo riflesso.Se si effettua una registrazione intracellulare da alcuni alfa-motoneuroni, si pu osservare che il riflesso possiede due componenti: una rapida che, nell'uomo, si \p209 presenta a latenza di circa 30-50 millisecondi ed una lenta, la cui latenza non mai inferiore ai 100 millisecondi (Lundberg, Malmgren e Schonberg 1987).Queste onde vengono marcatamente alterate dopo iniezione endovenosa di adrenalina od un suo precursore, sostanze chimiche che esaltano, nel midollo spinale, l'azione del fascio reticolo-spinale.In questo caso scompare la componente rapida del riflesso e si esalta la componente lenta. Sono necessarie circa due ore dall'iniezione perch la situazione torni alla normalit.Le due componenti del riflesso vengono attualmente interpretate all'interno del meccanismo generatore del cammino spinale come segue (Baldissera, Hultborn e Illert 1981, Lundberg Malmgreen e Schomberg 1987).La componente rapida (quella a circuito orizzontale spinale) darebbe il ritmo vero e proprio di flesso/estensione responsabile del meccanismo completamente spinale del cammino, la componente lenta (verticale) darebbe una inibizione dei riflessi in flessione controlaterali. Questa componente inibitoria garantirebbe che l'arto controlaterale, appena esteso, non vada incontro ad una flessione riflessa, non permettendo cos il naturale evolversi meccanico della funzione del cammino spinale. L'arto esteso, in altri termini, deve avere il tempo di svolgere una funzione di sostegno prima di flettersi a sua volta.Una volta esteso e caricato l'arto controlaterale, dopo cio almeno 100 millisecondi (un tempo minimo non inferiore al decimo di secondo e sufficiente per la funzione di supporto), l'effetto inibitorio svanisce ed il riflesso crociato ricomincia ma in senso reciproco, cio stimolato da afferenze controlaterali a quelle che lo hanno inizialmente generato, e cos di seguito in maniera ritmica alternata.Attualmente questa ipotesi, esposta e confermata rispettivamente sia da Baldissera Hultborn

e Illert sia da Lundberg, Malmgreen e Schomberg, l'ipotesi dominante riguardo alla funzione del riflesso crociato; va comunque tenuto presente che essa presenta pi di una incongruenza che sar necessario affrontare nel prossimo futuro, ma la cui discussione esula dai compiti di questo testo.Fig. 10.10 - I neuroni dei circuiti di tipo II (spiegazione nel testo).D) il circuito di inibizione disinaptica delle fibre IbAnatomia e fisiologia del riflessoLe fibre di tipo Ib sono le fibre provenienti dagli organi tendinei di Golgi: un consistente numero di fibre Ib proviene tuttavia anche dai meccanocettori cutanei (prevalentemente a rapido adattamento) e dai recettori articolari.Grazie agli esperimenti di La Porte e Lloyd (1952), poi confermati da Eccles e Lundberg (1957), si sa che le afferenze Ib svolgono un ruolo di inibizione disinaptica sui muscoli agonisti del movimento in corso ed una azione di facilitazione di o trisinaptica sui muscoli antagonisti.Fig. 10.11 - I neuroni del circuito di tipo Ib (spiegazione nel testo).Questa azione ha una soglia di attivazione maggiore rispetto a tutti i riflessi legati alle fibre di tipo Ia, si attiva cio per stimoli pi intensi. Essa svolge lo stesso ruolo midollare delle afferenze Ia (stimola gli antagonisti motori ed inibisce gli agonisti), ma con un meccanismo, se lo si guarda dal punto divista dei propriocettori muscolari, diametralmente opposto, tanto che La Porte e Lloyd lo definirono Riflesso miotatico inverso.Le afferenze muscolari che stimolano gli antagonisti ed inibiscono gli agonisti del movimento in atto (come nel riflesso miotatico) derivano dall'organo tendineo \p211 di Golgi del muscolo che effettua il movimento e non dai fusi dei muscoli antagonisti (ecco dove risiede l'inverso rispetto al riflesso miotatico), ma derivano anche (dato importantissimo per Fattuale teoria sul controllo midollare del movimento) dai meccanocettori cutanei a rapido adattamento e dai recettori articolari.Le afferenze Ib convergono su di un gruppo di interneuroni inibitori situati nella lamina V e VII di Rexed denominati interneuroni inibitori Ib. Questi interneuroni sono, evidentemente, diversi dagli interneuroni inibitori di tipo Ia.Aspetti clinici legati al circuito di inibizione IbDato la massiccia diramazione delle fibre Ib all'interno del midollo (vedi anatomia del midollo spinale) e la convergenza su interneuroni Ib di afferenze Ib di varie radici, tutte con la stessa importanza, impossibile, con le attuali conoscenze, definire circuiti specifici legati a questo tipo di interneuroni e corrispondenti a riflessi clinicamente evidenziabili.Si ritiene che questi circuiti entrino in gioco nei meccanismi di precisione nei quali sia necessario un reciproco gioco di attivazione-inibizione dei muscoli del movimento, dove cio debba essere costantemente integrato il controllo del senso di posizione (meccanocettori cutanei) e del senso di movimento (organi tendinei di Golgi).Potrebbe essere emblematico l'esempio di un uomo dalle mani callose che prende in mano una delicatissima statuina di porcellana. Fino a quando le dita non aderiscono all'oggetto, probabilmente il meccanismo di servofreno di tipo Ia a guidare la precisione del movimento. Nel momento in cui la mano tocca la statuina probabilmente il meccanismo di modulazione di tipo Ib a provenienza dai meccanocettori cutanei e dai propriocettori muscolari (organi tendinei di Golgi) che determina la forza con cui la statuina deve essere afferrata.Questo meccanismo di modulazione propriocettiva si giocherebbe ad un triplice livello:1) sugli interneuroni spinali Ib, determinando l'intensit dei meccanismi di presa riflessa come appena descritto2) sulle vie spino cerebellari, modificando il progetto motorio attraverso una serie di automatismi al di fuori del livello cosciente3) sulle afferenze spinocorticali, determinando una strategia di presa a livello cosciente.Di importanza rilevante, particolarmente nei gesti atletici, sono probabilmente le informazioni Ib provenienti dai recettori articolari.Le informazioni di questi recettori avvertono esclusivamente del raggiunto limite articolare, ma non segnalano i differenti gradi di escursione

angolare. chiaro che anche a questo livello (cio al limite dell'escursione articolare) un meccanismo di inibizione/eccitazione dei muscoli agonisti del movimento in corso gioca un ruolo pi efficace per esercitare una forza massimale che non un meccanismo di servofreno (che comunque blandamente innescato dall'eccitazione trisinaptica dell'antagonista). Al limite dell'escursione articolare il controllo motorio sarebbe quindi esercitato pi dai recettori articolari che non dai recettori muscolo-tendinei (al contrario di ci che accade per i movimenti angolari intermedi).Agli interneuroni Ib (come su molti altri tipi di interneuroni) giungono importanti afferenze discendenti dall'encefalo la cui azione oggi scarsamente conosciuta: anch'essa tuttavia va interpretata all'interno di una logica globale di modulazione del gesto motorio.\p213Fig. 10.12 - Influenza globale delle differenti afferenze sui motoneuroni: orizzontali (i colori rispettano il tipo di afferenze - Ia, Ib, II, dei disegni precedenti) e verticali (fibre discendenti).E) Altri circuiti delle fibre di tipo IIAttraverso questi circuiti entrano nel midollo spinale informazioni assai numerose e probabilmente di tipo molto differente, essendo le afferenze di tipo II molto diffuse in tutti i tipi di propriocettori.Le fibre II innervano, come si visto, la maggior parte delle fibre muscolari a catena ed alcune fibre a borsa del fuso neuromuscolare, i recettori articolari ed alcuni meccanocettori fra cui, segnatamente, i corpuscoli di Pacini articolari e cutanei.Le singole afferenze terminano nella lamina VII di Rexed, aprendosi in maniera diffusa fra vari metameri.Al momento non sono stati individuati interneuroni specifici per le terminazioni di queste fibre che, al di l del loro effetto sui riflessi midollari orizzontali, paiono avere una forte influenza anche sui sistemi sensitivi ascendenti, coscienti e non coscienti.Oggi non si conosce il significato midollare delle afferenze di tipo II e francamente anche le relative teorie a proposito sono in un'iniziale fase di elaborazione.Il loro effetto sulla fisiologia del midollo spinale sarebbe secondo alcuni autori quello di fornire informazioni fondamentali per la componente tardiva del riflesso da stiramento (vedi paragrafo C); ma anche questa solamente una teoria, ancora non suffragata da dati sperimentali, oggetto di diverse critiche da parte di altri ricercatori.La scarsa conoscenza delle reazioni motorie spinali generate dalle fibre II legata al fatto che non sono ancora state studiate sull'uomo.Nel gatto, unico animale in cui siano state osservate, la situazione cambia radicalmente a seconda dello stato del SNC. Sull'animale sano non vi sono studi, mentre marcate differenze si osservano se una sezione completa del SNC viene effettuata nell'animale a livello del midollo spinale, del ponte o fra i collicoli della lamina quadrigemina mesencefalica [17].[17] Questo ultimo tipo di sezione contraddistingue l'animale definito decerebrato , anche nell'uomo determinate sindormi definiscono uno stato di decerebrazione quando vengano interrotte le funzioni di collegamento passanti attraverso questo livello mesencefalico.Nell'animale con sezione a livello spinale la stimolazione delle fibre II genera sempre un potente riflesso di flessione bilaterale, con reciproca inibizione degli estensori. Questo avviene sia che si stimolino le fibre II dei flessori o le fibre II degli estensori. Il fenomeno eccitatorio prodotto da un collegamento disinaptico e quello inibitorio da un collegamento trisinaptico.Al momento non si sa se le fibre II utilizzino interneuroni inibitori Ia, Ib oppure altri interneuroni inibitori attualmente sconosciuti.Se la deconnessione (sul piano orizzontale) del SNC viene effettuata a livello della parte bassa del ponte, si assiste ad una inversione del riflesso e vengono inibite sempre le risposte in flessione e stimolate le risposte in estensione.Se la deconnessione sul piano orizzontale si alza ancora, portandola a livello mesencefalico medio, al di sopra dei nuclei vestibolari, fra i collicoli quadrigemini, la situazione cambia ancora e non si ha pi alcun tipo di riflesso stimolato dalle afferenze di tipo

III dati non sono per ora interpretabili clinicamente all'interno di alcuna teoria e non consentono di stabilire alcun ruolo alle afferenze di tipo II. Qualunque sia la loro azione, essa comunque profondamente influenzata dalla fisiologia verticale del midollo, date le osservazioni sperimentali riportate.\p214F) L'interneurone inibitore di RenshawSi tratta di un piccolo interneurone, la cui importanza tuttavia fondamentale nella fisiologia midollare per l'azione che in grado di svolgere sull'alfa-motoneurone.Questo neurone si trova nel corno anteriore, molto vicino al pirenoforo dell'alfa-motoneurone sul quale esercita l'azione inibitoria.Il neurone di Renshaw riceve tre ordini di afferenze:1) Facilitante, dall'oc motoneurone su cui esercita la propria azione inibitoria.2) Facilitante, proveniente dai sistemi discendenti (particolarmente dal fascio piramidale).3) Inibente, proveniente da non ancora identificate vie discendenti.Esso proietta su cinque distinti tipi di neuroni, inibendoli:1) Il motoneurone alfa da cui eccitato.2) I motoneuroni a eteronimi di quello che lo ha eccitato3) I gammamotoneuroni, corrispondenti ai due gruppi sopra indicati.4) L'interneurone inibitorio Ia.5) Altri interneuroni di RenshawL'azione dell'interneurone estremamente localizzata: tutti i contatti si svolgono in un raggio di distanza dal proprio pirenoforo mai superiore al millimetro. La sua azione fu definita di inibizione ricorrente dal suo scopritore, (Renshaw 1940) [18].[18] Il fenomeno dell'inibizione ricorrente fu dimostrato per la prima volta da Renshaw nel 1940. La esistenza dell'interneurone inibitore che da lui prende nome fu dimostrata da Eccles nel 1960.Il potenziale inibitorio da esso generato ha una durata molto lunga, 40-50 millisecondi (si pensi ai 15 millisecondi di una inibizione Ia per esempio) ed ritenuto svolgere una doppia funzione (Hultborn, Lindstrom e Wigstrom 1979; Baldissera, Hultborn e Illert 1981).La prima definita funzione di contrasto e serve per selezionare i muscoli la cui attivit pi efficace per l'esecuzione meccanica del riflesso o del progetto motorio. La funzione di contrasto si esplica nel modo seguente: una afferenza propriocettiva, che potrebbe essere, per esempio, un riflesso da stiramento, eccita numerosi muscoli oltre il proprio omonimo (quello cio da cui l'afferenza proviene): tutti i muscoli eteronimi e, in alcuni casi, gli antagonisti. chiaro che il muscolo omonimo riceve una stimolazione molto pi forte dei rimanenti muscoli eccitati ed una inibizione di Renshaw generata solo dal proprio interneurone. Tutti gli altri muscoli ricevono invece una stimolazione Ia molto pi debole e sono inibiti dall'interneurone di Renshaw del muscolo attivo.Questo porta (a seconda del livello di eccitazione dell'interneurone di Renshaw) ad una selezione della attivazione meccanica muscolare per contrasto : le stimolazioni Ia pi deboli vengono contrastate; questo contrasto avviene attraverso l'inibizione dell'Ia relativo.La funzione di contrasto per definita non solamente dall'attivit dell'alfa-motoneurone, ma anche dalla attivit dei fasci discendenti che portano i codici del progetto motorio sugli a e gammamotoneuroni. Questi fasci possono, anche attraverso il Renshaw, modulare l'attivit midollare per ottenere una esecuzione ottimale del progetto motorio.\p215Questa seconda funzione degli interneuroni di Renshaw, legata alla loro eccitazione da parte delle vie discendenti, definita di contrasto motorio ed in grado di variare sensibilmente l'output del motoneurone (sia alfa che gamma) a seconda del livello di eccitazione dell'inteneurone inibitore in questione.Sia la funzione di contrasto che la funzione di contrasto motorio dell'interneurone inibitore di Renshaw sono quindi meccanismi fondamentali per i riflessi, gli automatismi ed i progetti motori. Essi sono fondamentali per dosare la forza dell'esecuzione motoria e la sincronia dei differenti gruppi muscolari. L'interneurone di Renshaw non va pi considerato, come nella neurofisiologia classica, una valvola che stacca i motoneuroni per impedirne il sovraffaticamento funzionale e la conseguente sofferenza, ma

deve essere oggi considerato un vero e proprio strumento di integrazione midollare dei fenomeni motori, a qualunque livello di complessit essi si manifestino.Fig. 10.13 - Circuiti dell'interneurone inibitore di Renshaw e differenza nei livelli di scarica dell'a-motoneurone quando il Renshaw inibito e quando facilitato. (Da Hultborn, Ilert e Wingstrom 1979, modificata) (n = numero f = frequenza).G) Il meccanismo dell'inibizione presinapticaSi definisce inibizione presinaptica una inibizione esercitata sui terminali (presinaptici) delle afferenze periferiche di ogni ordine e tipo.Poco si conosce a proposito dei circuiti e della funzione fisiologica di questo meccanismo, la cui originalit comunque nel tipo di inibizione, totalmente nuova vista la sua localizzazione.L'inibizione di tipo asso-assonico, mediata dal GABA con un meccanismo \p216 che coinvolge i due sottotipi di GABA-recettori (GABA-A e GABA-B). Le sinapsi inibitorie si trovano sui ramuscoli terminali delle afferenze propriocettive.Mentre tutte le fibre afferenti propriocettive subiscono un'inibizione presinaptica, non tutti i tipi di fibre afferenti o discendenti sono in grado di generarla.Le fibre afferenti di tipo Ia generano un'inibizione presinaptica solamente se in arrivo dai muscoli flessori. Quest'azione si esplica su tutte le fibre Ia sia dei flessori che degli estensori.Le afferenze di tipo Ib provocano invece un'inibizione presinaptica diffusa su tutti i tipi di fibra Ib.Fra le vie discendenti, il fascio vestibolo-spinale in grado di dare una inibizione presinaptica a tutte le fibre afferenti.Vi un altro gruppo di sistemi rispetto alla inibizione presinaptica. Questi sistemi non sono in grado di dare inibizione, ma capaci di modulare l'inibizione esercitata dai sistemi precedentemente citati.Le afferenze cutanee per esempio non sono in grado di dare inibizione presinaptica, ma possono modulare, sulle fibre Ia, l'inibizione generata dalle fibre di tipo I dei muscoli flessori. Allo stesso modo le vie discendenti spinali differenti dal fascio vestibolo-spinale (rubro spinale, reticolo-spinale, piramidale cio) non sono in grado di generare inibizione presinaptica, ma possono modulare l'inibizione generata da quella via.Non possibile oggi definire il significato o la rilevanza clinica di questo tipo di azione fisiologica sul midollo spinale. Essa probabilmente solo l'ultimo dei tasselli conosciuti dei meccanismi di integrazione spinale orizzontale, il cui insieme definisce l'importanza globale del midollo nei meccanismi di controllo motorio.BibliografaAniss A.M., Diener H.C., Hore J., Burke D. and Gandevia S.C., Reflex activation of muscle spindles in human pretibial muscles during standing, 1. Neurophysiol., 64, 671-679, 661670, 1990. Baldissera F., Hultbom H. and Illert M., Integration in spinai neuronal systems, in V. B. Brooks (ed.), Handbook of Physiology, sect. 1, vol. 2, part 1, Williams and Wilkins, Baltimore, pp. 509-597, 1981. Banks R.W., Barker D., Bessou P., et al., Histological analysis of muscle spindles following direct observation of effects of stimulating dynamic and static motor axons, 1. Physiol, 283, 605-619, 1978. Barnes W.J.P. and Gladden M.H., Feed Back and motor control in vertebrates and invertebrates, Croom Helm, London, 1985. Boyd LA., The structure and innervation of the nuclear chain muscle fibre system in mammalian muscle spindles, Phil. Trans. Roy. Soc. B., 245,81-136, 1962. Brown M.C., Crowe A. and Matthews P.B.C., Observations on the fusimotor fibres of the tibialis posterior muscle of the cat, Physiol., 177,140-159, 1965. Clark FJ. and Burgess P.R., Slowly adapting receptors in cat knee joint: can they signal joint angle? 1. Neurophysiol, 38,1448-1463, 1975.Crago P.E., Houk J.C. and Rymer W.Z., Sampling of total muscle force by tendon organs, 1. Neurophysiol., 47,1069-1083, 1982. Crowe A. and Matthews P.B.C., The effects of simulation of static and dynamic fusimotor fibres on the response to stretching of the primary endings of muscle spindles, 1. Physiol., 174, 109-131; 175, 132-151, 1964.Eccles J.C, Eccles R.M, Lundberg A., Synaptic actions on motoneurones caused by impulses by golgi-tendon organ afferents, Physiol, 138,227-252, 1957. Edin B.B. and

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controllano (ma ancora una volta la definizione non va intesa in modo assoluto) il tono, la postura e la coordinazione muscolare.Questi fasci terminano generalmente sugli interneuroni delle lamine VII e VIII di Rexed, con ampia diramazione sinaptica diffusa.Verticalmente mandano collaterali a tutti i metameri midollari che incrociano e, se terminano a livello cervicale o toracico, attivano di frequente i circuiti interneuronali propri del midollo (vedi capitolo 10) che garantiscono una ulteriore diffusione del loro messaggio verso il basso.Il significato fisiologico delle diffuse, aspecifiche sinapsi attraverso cui agiscono questi fasci il controllo indiretto, attraverso interneuroni di relais, di moltissimi motoneuroni spinali. Questo controllo indiretto consente una profonda integrazione delle informazioni discendenti provenienti da fasci diversi dello stesso sistema, dalle vie ascendenti o dalla circuitazione orizzontale del MS.\p221Fanno parte di questo gruppo:1) I fasci vestibolo-spinali;2) I fasci reticolo-spinali tegmentali, sia bulbari che pontini;3) Il fascio tetto-spinale4) Il fascio interstiziospinale.Con la definizione di fasci del tipo B si intendono due fasci:1) Il fascio rubro-spinale2) Il fascio reticolo-spinale crociato (originato nel nucleo reticolare laterale).Questi fasci hanno importanti terminazioni monosinaptiche sugli alfa e gamma motoneuroni, in paricolare della muscolatura distale degli arti.Il fascio rubro-spinale e reticolospinale laterale paiono deputati al controllo di movimenti monoarticolari, veloci e di precisione. Svolgono praticamente un ruolo analogo al fascio piramidale, con il quale si trovano infatti, nella evoluzione delle specie animali, in rapporto inversamente proporzionale: all'aumentare di volume e di importanza del fascio piramidale i fasci del gruppo B perdono dimensione e significato. Essi hanno dunque una dimensione ed un significato neurofisiologico elevati soprattutto nei mammiferi inferiori (gatti). Il dato talmente evidente che nell'uomo addirittura si discute dell'esistenza del fascio rubro-spinale (vedi oltre) (Nathan e Smith 1982).Il fascio piramidale (o corticospinale) un fascio formato, per definizione, da neuroni situati a livello corticale e che entrano a far parte delle piramidi midollari , due ampi rigonfiamenti osservabili anteriormente a livello della giunzione bulbomidollare.Convenzionalmente si comprendono nel fascio piramidale anche le fibre cortico-pontine e cortico-bulbari per la muscolatura striata innervata dai nervi cranici (esclusi gli oculomotori).Pur essendo nella logica comune il fascio motore per antonomasia, il fascio piramidale formato in realt, per circa il 40%, da fibre che partono dalla corteccia sensitiva primaria (retrorolandica parietale: Aree 3-2-1 di Brodmann) e secondaria (area 5, 7, 39). Queste fibre hanno una funzione solo parzialmente conosciuta, di tipo sensitivo e terminano nei nuclei gracile e cuneato e nelle corna posteriori del midollo. Le vie non hanno nulla a che fare con il movimento. Pur non essendo state studiate a sufficienza, si suppone che influenzino la sensibilit dolorosa nel cancello (vedi capitolo 4) situato proprio a livello del corno posteriore.Il restante 60% delle fibre (globalmente circa un milione) origina, nell'uomo, interamente dall'area motoria primaria, pi precisamente da neuroni dello strato V della corteccia cerebrale (lo strato di origine delle vie efferenti dalla corteccia). Questi neuroni sono casualmente denominati piramidali, come il fascio, ma senza alcuna correlazione con l'origine del nome proprio (che deriva invece dalle piramidi bulbari).Non pi di 34.000 neuroni del fascio hanno un pirenoforo caratteristico, gigante ed assoni altamente mielinizzati, con velocit di conduzione di circa 50 metri al secondo: sono i neuroni piramidali giganti di Betz, che svolgono le funzioni pi caratteristiche e conosciute del fascio piramidale, la singolarizzazione e coordinazione muscolare dei piccoli movimenti di precisione, soprattutto a livello della mano e dell'avambraccio (Phillips e Porte, 1977).Questi neuroni costituiscono la componente definita veloce del fascio piramidale, circa il 2% dell'intero sistema.\p222Un altro 6%

del fascio amielinico ed il suo significato sconosciuto, cos come la sua origine.Il 90% delle fibre del fascio piramidale composto di assoni con diametro di 1-4 micron e velocit di conduzione di 14 metri al secondo circa.Lasciata la corteccia attraverso la corona radiata, il fascio piramidale, si immette nella capsula interna (vedi capitoli 24-26) di cui occupa il ginocchio con le fibre dedicate alla muscolatura mimica del viso (cio dirette verso il V e il VII nervo cranico: nervo facciale). Nel terzo anteriore del braccio posteriore della capsula vi sono le fibre per i nervi cranici, il bulbo ed il midollo spinale. Qui, come per tutto il restante percorso del fascio corticospinale, la rappresentazione topografica ben definita: le fibre per l'arto superiore si trovano pi anteriormente, quelle per l'arto inferiore pi posteriormente.Superata la capsula interna, il fascio occupa la parte pi mediale del peduncolo cerebrale e si sgrana in mille filamenti a livello dei nuclei pontini disseminati. I nuclei pontini disseminati occupano tutta la parte anteriore (o base) del ponte dove, fra l'altro, si ferma la quasi totalit delle fibre originate nella corteccia frontale. Queste fibre non fanno parte del fascio piramidale, ma lo raggiungono solamente nel peduncolo cerebrale. Nella capsula interna le fibre corticali che terminano a livello dei nuclei pontini disseminati scendono attraverso il braccio anteriore. Del significato motorio delle fibre cortico-pontine si dar ampia descrizione nei capitoli 14, 15 e 16.A livello del ponte si staccano le fibre motrici per il V e VII n.c, al di sotto del ponte il fascio piramidale ritrova la sua compattezza anatomica. A questo livello origina il contingente bulbare per i nervi cranici del midollo allungato, dopo di che il fascio si incrocia anteriormente, nelle piramidi. Il punto preciso dell'incrocio la giunzione bulbo-midollare.Non tutto il fascio piramidale si incrocia alla giunzione bulbo-midollare, una parte molto piccola procede omolateralmente, formando 'Afascio piramidale diretto, che corre nei cordoni anteriori del midollo. Detto fascio termina a livello toracico.Contrariamente al fascio principale, ciascun fascio piramidale diretto ha terminazioni sui motoneuroni di ambo i lati, innervando per solamente i motoneuroni dei muscoli assiali.Il suo significato funzionale oggi sconosciuto.Le fibre crociate del fascio piramidale scendono nel cordone laterale e terminano, per la maggior parte monosinapticamente, sugli alfa e gam a-

motoneuroni.Il fascio corticospinale matura fra i due e i quattro anni di vita. Ci significa che nel bambino al di sotto di questa et determinati movimenti raffinati (particolarmente la singolarizzazione delle dita) non sono ancora presenti.Il fascio piramidale oggi ritenuto il maggior responsabile dei movimenti sincronizzati e di singolarizzazione delle dita della mano.Le stimolazioni corticali hanno ampiamente dimostrato come la fase iniziale dei movimenti di singolarizzazione delle dita sia governata dai neuroni delle cellule giganti di Betz e come di questa funzione sia responsabile, in massima parte, il collegamento monosinaptico fra 1 e 2 motoneurone. Questo collegamento monosinaptico sarebbe anche il maggior responsabile dei movimenti coordinati delle dita e delle mani governati, pare, dal restante 90% del fascio piramidale (Phillips e Porter 1970).Non si deve ritenere che le funzioni esposte siano le sole del fascio piramidale. La sua struttura anatomica troppo complessa e articolata per svolgere la sola funzione di controllo motorio. Essa tuttavia la sola attualmente conosciuta. Altre competenze piramidali si possono oggi intuire attraverso alcuni dati sperimentali, ma non hanno ancora raggiunto alcun significato compiuto.Nell'uomo per esempio, e solamente nell'uomo, anche muscoli di cui manca completamente una informazione propriocettiva, come lo Sfintere anale od il \p223 Diaframma, hanno una innervazione monosinaptica da parte del fascio piramidale. Il significato di ci non ancora chiaro ma evidentemente non pu essere considerato nel novero delle funzioni precedentemente esposte.Per un approfondimento dell'argomento, nei limiti del possibile, si rimanda al capitolo 26.Il fascio rubro-spinale un fascio motore del gruppo B la cui esistenza ha nell'uomo acceso una discussione agguerrita, senza una risposta adeguata.Nel gatto, dove il fascio non solo presente ma anche di grande importanza, le fibre rubro-spinali originano nella parte inferiore del nucleo rosso (la cui anatomia descritta nel capitolo 16).Il nucleo rosso un grande nucleo situato nel tegmento del mesencefalo, con connessioni prevalenti con il cervelletto e la corteccia cerebrale.Dalla sua zona filogeneticamente pi antica, la parte inferiore o magnicellulare, origina il fascio rubro-spinale, che si incrocia a livello mesencefalico, per discendere controlateralmente lungo il tronco, in una posizione ventromediale.Il fascio rubro-spinale gi a livello del tronco invia collaterali al cervelletto (nucleo interposito e corteccia corrispondente) ed ai nuclei vestibolari.Nel midollo il fascio si dispone in posizione immediatamente latero-posteriore al fascio piramidale crociato, nei cordoni laterali (vedi fig. 12.6). I due fasci (nel gatto) mandano collaterali ad interneuroni delle lamine V, VI e VIII a tutti i livelli spinali. Molti di questi interneuroni ricevono terminazioni da entrambi i fasci (piramidale e rubro-spinale), tanto da far pensare ad una loro azione congiunta nella organizzazione dei movimenti, di precisione.Nel gatto non vi sono sinapsi dirette sugli alfa-motoneuroni, che invece compaiono nella scimmia (Lawrence e Quypers 1968).Le afferenze al nucleo rosso sono di due ordini, uno corticale ed uno cerebellare.Le afferenze corticali derivano dalla corteccia dei lobi frontali (soprattutto la corteccia motoria primaria) omolaterale. Sono molto numerose tanto da far pensare, ad una prima osservazione, ad una via cortico-rubro-spinale con le stesse funzioni del fascio piramidale ad azione parallela.A ben osservare tuttavia, le afferenze corticali contattano la parte distale dei dendriti dei neuroni del nucleo rosso, ed hanno quindi scarsa efficacia, soprattutto rispetto alle ben pi potenti afferenze cerebellari (nucleo interposito controlaterale), che sono invece in grado, da sole, di stimolare massivamente il fascio rubrospinale.Dal nucleo rosso, oltre al fascio rubro spinale, origina il fascio rubro-olivare, diretto verso l'oliva inferiore, (bulbo) che fa parte di una complessa via cerebello-rubro-olivo-cerebellare per la fisiologia della quale si rimanda al capitolo relativo al tremore.I due circuiti rubri paiono essere inversamente proporzionali nella scala

filogenetica. Il circuito rubro-olivare ha uno sviluppo crescente nei mammiferi pi evoluti, a scapito del fascio rubro-spinale.Nell'uomo questa dicotomia raggiunge il massimo, tanto che la componente magnicellulare del nucleo rosso, da cui origina la via rubro-spinale, talmente ridotta da non contenere pi di 150-200 neuroni. Ci fa fortemente dubitare dell'esistenza, nell'uomo, di un fascio rubro-spinale e di un suo qualsivoglia significato fisiologico (Nathan e Smith 1982).Nell'uomo, anatomicamente, il fascio rubro-spinale esilissimo e limitato al midollo cervicale.I nuclei vestibolari sono un ampio agglomerato nucleare situato nella parte centrale del tronco. Si estendono dal bulbo fino al mesencefalo e si differenziano in quattro nuclei diversi: due inferiori, il nucleo vestibolare discendente (o inferiore) ed il nucleo vestibolare mediale, uno intermedio, il nucleo vestibolare \p224 laterale o di Deiters ed uno superiore, il nucleo vestibolare superiore (Fig. 11.2). Per una spiegazione anatomica fisiologica dettagliata si rimanda al capitolo 16.Fig. 11.2 Collocazione nel tronco dei nuclei vestibolari. L'immagine vista da dietro con asportazione del cervelletto. Nella rappresentazione a sinistra vi la collocazione dei nuclei con le loro afferenze dal labirinto vestibolare, nella rappresentazione di destra vi sono le principali connessioni efferenti dei nuclei. Spiegazione nel testo.Le vie vestibolo-spinali originano, in massima parte, dal nucleo vestibolare mediale e inferiore, che danno origine a, tutto il fascio vestibolospinale mediale e dal nucleo vestibolare laterale che da origine al fascio vestibolare laterale.Il nucleo vestibolare superiore e la maggior parte del nucleo vestibolare laterale non sono coinvolti nei movimenti del corpo ma nella sincronizzazione dei movimenti oculari in risposta a stimoli visivi e labirintici ed alla interazione di movimenti coordinati fra collo, capo ed occhi [2].[2] Argomento che non trattato in questo testo.\p225Il fascio vestibolo spinale laterale origina, come si detto, dal nucleo vestibolare laterale (ponte), discende nei cordoni anteriori del midollo spinale ipsila-terale dove, terminando a livello delle lamine VII e VIII, produce una eccitazione disinaptica dei motoneuroni estensori ed una inibizione, ugualmente disinaptica di quelli flessori.Allo stesso modo si comporta il fascio vestibolo-spinale mediale, che indistinguibile dal fascicolo longitudinale mediale (fascio deputato alla coordinazione dei movimenti del capo e degli occhi) e che nel midollo termina a livello toracico.Significato funzionaleLe fibre vestibolo spinali rispondono a due grandi contingenti di informazione uno a provenienza labirintica ed uno a provenienza cerebellare.Il labirinto vestibolare stimola in maniera monosinaptica i neuroni vestibolari d'origine delle vie vestibolo-spinali e la stimolazione provoca potenti risposte estensorie nella direzione del movimento che ha attivato il labirinto medesimo.Queste reazioni sono definite reazioni paracadute e permettono di attutire le cadute conseguenti a perdite di equilibrio.Per esempio, se il capo (e il corpo) prepotentemente spinto in avanti la reazione paracadute consister nell'estensione di entrambe le braccia in avanti. Se il capo (e il corpo) sospinto lateralmente, la reazione paracadute consister nell'estensione del braccio dal lato in cui viene sospinto ed una flessione del controlaterale.Gli esempi di cui sopra (reazioni paracadute) corrispondono a situazioni estreme del controllo labirintico vestibolare sulla componente motoria del midollo, ma le vie vestibolo-spinali governano il movimento degli arti e del corpo continuamente. Il contributo delle afferenze labirintiche si integra sui nuclei vestibolari con quello degli altri sistemi motori (gi filtrati dal cervelletto) per dar luogo all'armonia motoria tipica di un movimento complesso dove il mantenimento dell'equilibrio gioca un ruolo importantissimo.L'influenza delle vie vestibolo-spinali sui motoneuroni costante. Alla perdita di equilibrio, semplicemente, la loro azione diviene clinicamente evidente, poich queste vie prendono il sopravvento

su tutti i rimanenti fasci discendenti per ci che riguarda il controllo motorio.Il secondo, grande contingente informativo che percorre le vie vestibolo-spinali proviene dal cervelletto e trasporta i pi complessi meccanismi di coordinazione motoria tipici della funzione cerebellare.Le informazioni provengono da tutto il cervelletto e da tutti i suoi nuclei, sono per prevalenti le informazioni provenienti da entrambi i nuclei fastigiali, deputate al controllo del tono e della postura.Un massiccio contingente di fibre cerebello-vestibolari legato al controllo dei movimenti coordinati di collo, capo e occhi.Per una pi dettagliata esposizione dei collegamenti cerebello-vestibolari si rimanda ai capitoli dedicati al cervelletto.Complesso e polimodale il ruolo delle vie reticolo-spinali nel controllo motorio. Esso si svolge attraverso tre fasci principali: il fascio reticolo-spinale mediale, il fascio reticolospinale laterale ed il fascio reticolo-spinale crociato.I fasci reticolo spinali sorgono dal complesso intrigo dei nuclei reticolari mediali del tegmento bulbare e pontino (fascio reticolo-spinale mediale e laterale) e dal tegmento laterale pontino (fascio reticolo-spinale crociato). I nuclei pi noti di questo sistema sono i nuclei paramediano ed interfascicolare nel bulbo ed i nuclei gigantocellulare, magnicellulare e reticolare nel ponte.\p226 Da questi nuclei partono le vie reticolospinali, che sono caratterizzate, come ogni via ad origine reticolare, da un diffuso meccanismo di trasmissione, senza alcuna rappresentazione somatotopica. La trasmissione reticolo-spinale a proiezione bilaterale diffusa, sia per i fasci di destra che per quelli di sinistra ed a terminazione altrettanto diffusa dal midollo cervicale a quello lombare.Fa eccezione il fascio reticolospinale crociato che, come dice il nome, esclusivamente crociato.I fasci reticolo-spinali laterale e mediale discendono nel cordone anteriore, il fascio reticolo-spinale crociato in quello laterale.Significato funzionaleLe vie reticolo-spinali svolgono molteplici compiti in maniera complessa.Il primo compito, il principale, anche il pi arcaico: la regolazione dei ritmi del sistema nervoso, fra cui il pi importante il ritmo sonno-veglia.Attraverso le vie reticolo-spinali vengono comunicati al midollo stati di allerta differenti, dipendenti dalle diverse situazioni ambientali: il cosiddetto tono spinale .Il tono spinale d il caratteristico funzionamento ritmico ciradiano del midollo, scandito fra fasi di grande reattivit e fasi di torpore. I margini di questo ritmo sono il sonno, come torpore estremo da un lato, una reattivit esagerata agli stimoli esterni dall'altro.Il secondo grande ruolo funzionale per le vie reticolo-spinali di tipo sensitivo. Soprattutto (ma non solo) la componente pontina delle vie esercita un potente controllo sulle corna posteriori. Dalle corna posteriori la sostanza reticolare pontina riceve a sua volta ampie informazioni attraverso la via paleospi-notalamica. Il ruolo sensitivo delle vie reticolo-spinali consente un meccanismo di controllo del dolore (Fig. 11.3), sia collegato a circuiti volontari che a meccanismi umorali, legati a sostanze chimiche denominate endorfine circolanti nel liquor. Queste sostanze sono riconoscibili da parte dei nuclei reticolari del bulbo e del ponte grazie a recettori specifici situati nel pavimento del IV ventricolo.Il controllo volontario ed umorale si esercita attraverso la sostanza reticolare chiudendo o aprendo il cancello situato nelle corna posteriori del midollo spinale (lamina V e VII di Rexed, vedi capitolo 4).Terzo ruolo funzionale delle vie reticolo-spinali il controllo sul movimento.Vi un'ampia proiezione bilaterale della corteccia premotoria (area 6 di Brodmann) per i nuclei reticolari di ciascun lato di bulbo e ponte.Nel capitolo sulla clinica della corteccia cerebrale si vedr come queste proiezioni siano responsabili del controllo volontario della muscolatura assiale e dei cingoli, che non , contrariamente all'opinione comune, esercitata dal fascio piramidale, fatto ampiamente dimostrato da Kuypers (1967,1973,1981).Le vie reticolospinali caratterizzano anche un importante collegamento fra il

cervelletto ed il midollo, sia per la componente di controllo della muscolatura assiale che per quella di controllo della muscolatura distale degli arti e delle mani. Quest'ultimo ruolo parrebbe essere svolto particolarmente dal fascio reticolo-spinale crociato e coinvolgere sia la postura che la sincronizzazione motoria.Il quarto ed ultimo ruolo funzionale delle vie reticolo-spinali risiede nel controllo vegetativo. Per quest'ultima funzione si rimanda ai capitoli 7 e 29 di questo testo.Il fascio tetto spinale origina dai collicoli superiori, situati nella lamina quadrigemina del mesencefalo.\p227Fig. 11.3- I circuiti del dolore: influenza reciproca delle lamine midollari delle corna posteriori (Lamina I, V, Il e III in rosso nella parte bassa della figura) e della struttura reticolare del tronco: nucleo reticolare gigantocellulare (NRGC), nucleo del rafe magno di destra (N RM colore verde) e di sinistra (N RM colore rosso). Sono rappresentate anche le influenze dei nuclei talamici (in alto a sinistra nella figura) ventrale mediale (VM), parafascicolare (PF) e ventro-postero-laterale (VPL). SGPA sostanza grigia periacqueduttale, SGPV sostanza grigia periventricolare, SC PB zona cribrosa peribranchiale (cervello viscerale). I punti interrogativi stanno ad indicare che non si sa cosa influenzi queste ultime strutture, (ulteriori spiegazioni nel testo).I collicoli (o tubercoli) superiori sono strutture con molte (ed enigmatiche) connessioni, nella scimmia e nell'uomo tuttavia vi una chiara prevalenza delle afferenze provenienti dal sistema visivo e delle efferenze verso i nuclei oculomotori.Le afferenze provengono da tutte le stazioni del sistema visivo, dal nervo ottico, dai corpi genicolati, dalla corteccia visiva e dalla corteccia visuomotoria (area 8), dai nuclei pretettali e dai nuclei del sistema ottico accessorio.I tubercoli quadrigemini superiori influenzano, con le loro efferenze, il meccanismo del controllo visuo-motorio. Il deficit di un collicolo porta ad un fenomeno di non riconoscimento degli stimoli nel campo visivo omolaterale al danno, cio ad un non appropriato movimento degli occhi in quella direzione.Dal punto di vista motorio-somatico, la via tetto-spinale si incrocia a livello mesencefalico e discende nella parte pi mediale del cordone anteriore, terminando a livello cervicale sugli interneuroni dello stesso lato (vedi fig. 11.1). Questa via d luogo a risposte di tipo visuomotorio automatiche, determina cio movimenti improvvisi di protezione rispetto a stimoli visivi che mostrino un improvviso pericolo: parare un pugno, uno schiaffo, o girare il capo per un improvviso bagliore sono movimenti caratteristici governati dal fascio tetto-spinale.Assai pi difficile invece riconoscere l'origine di un identico riflesso di difesa ad origine per da stimoli uditivi (startle reaction), classicamente rappresentato dal sobbalzo a fronte di un improvviso rumore (tipicamente uno scoppio), definito anche reazione di spavento (Brown 1981, Davis 1982).Il sobbalzo acustico una reazione che si esaurisce al secondo o terzo stimolo acustico; per questo non considerato parte della reazione il riflesso di ammiccamento, che il primo a presentarsi a fronte di uno scoppio, ma che non va esaurendosi con la ripetitivit del fenomeno.\p228Il primo muscolo a contrarsi in questa situazione lo Sternocleidomastoideo (XI nervo cranico), seguito, in ordine discendente, dai muscoli del braccio, del tronco e della gamba. In senso ascendente invece si succedono il muscolo mentoniero (VII nervo cranico) ed il Massetere (V nervo cranico).Non si sa dove sia la sede d'inizio del riflesso, ma questa progressione fa pensare che si trovi a livello del bulbo e che le vie siano ampiamente polisinaptiche, visto che una attivazione della muscolatura del corpo rispetto ad un riflesso da sobbalzo acustico 3-4 volte pi lenta della analoga attivazione muscolare attraverso il fascio piramidale. Si ritiene che le vie percorse siano le reticolo-spinali.Il fascio interstizio-spinale nasce dal nucleo di Cajal, nucleo situato nel tegmento mesencefalico che riceve numerose afferenze, fra le quali prevalgono decisamente quelle provenienti dal sistema labirintico vestibolare.Altre afferenze al nucleo di Cajal

derivano dai propriocettori del collo, dalla corteccia oculomotoria (area 8), da altre zone della corteccia frontale e dal tegmento mesencefalico posto subito anteriormente ai collicoli superiori.Le afferenze chiave paiono per essere le afferenze dal sistema vestibolare, che sono fra l'altro organizzate topograficamente: una zona del nucleo riceve informazioni dai canali semicircolari orizzontale e verticale controlaterali e proietta, attraverso una componente della via interstizio-spinale, solamente ai segmenti cervicali fra C1 e C4. Una seconda zona del nucleo riceve invece informazioni solamente dal canale semicircolare posteriore controlaterale e proietta al di sotto di C4. I canali semicircolari ipsilaterali hanno un effetto inibente (Ito 1984).Il fascio interstizio-spinale discende bilateralmente, terminando a livello del midollo cervicale, le sue pi importanti collaterali tuttavia si trovano nel tronco, dove sono abbondanti soprattutto per tutti i nervi oculomotori e per i nuclei vestibolari. Vi anche una ragguardevole componente interstizio-olivare che si distacca dalla componente di fibre diretta al midollo cervicale.Il significato funzionale del fascio interstizio spinale pare essere soprattutto il controllo nello sguardo, dei movimenti coordinati degli occhi, del capo e del collo rispetto ad afferenze vestibolari, visive e dai propriocettori della muscolatura vertebrale cervicale.Fasci ascendenti del midollo spinaleAnche fra i fasci ascendenti del MS si possono riconoscere tre differenti famiglie:fasci cordonali posteriori fasci spino-talamici fasci spinocerebellariAnche per i fasci ascendenti, la fisiologia dei sistemi di origine viene dettagliatamente trattata nei capitoli relativi alla funzione neurofisiologica: capitolo 4 per i fasci cordonali e spinotalamici, capitolo 16 per i fasci spinocerebellari.I fasci ascendenti, come i fasci discendenti, vengono qui trattati per darne una dettagliata descrizione anatomica ed una visione fisiologica verticale di insieme dove la stazione di partenza nel MS va considerata come stazione di organizzazione e smistamento per i diversi tipi di afferenza ai differenti sistemi, sensitivi e motori.Al contrario di quanto comunemente ritenuto, i fasci cordonali posteriori costituiscono un raggruppamento di fibre bianche alquanto eterogeneo.Gall e Burdach li descrissero per primi, verso la fine del secolo scorso, per \p229 cui la neurologia classica ha attribuito per decenni il loro nome a detti fasci. Oggi il nome di uso comune fascio gracile, per il pi mediale, proveniente dall'arto inferiore omolaterale e fascio cuneato per il pi laterale, proveniente dall'arto superiore omolaterale.I fasci originano a tutti i livelli del MS. Appena entrate, le fibre occupano i segmenti pi laterali, salendo di livello l'ingresso di nuove fibre confina quelle entrate inferiormente in posizione mediale. Questa distinzione d un'organizzazione somatotopica ben definita ai fasci, con la rappresentazione pi mediale che riguarda le estremit distali dell'arto inferiore, e tutto il corpo che, salendo, assume una disposizione medio laterale.La maggior parte delle fibre dei fasci cordonali posteriori, nasce dai neuroni a T dei gangli spinali.Appena entrati nel midollo gli assoni di questi neuroni si verticalizzano, omolateralmente al loro punto di ingresso (alla radice posteriore), raggiungono poi le loro stazioni terminali che sono per la maggior parte il nucleo gracile e cuneato (gracile, una volta di Gall e cuneato, una volta di Burdach). I nuclei gracile e cuneato si trovano a livello della giunzione bulbo-midollare, nella parte pi posteriore, medialmente.L'eterogeneit delle fibre risiede nel fatto che, sia come origine che come terminazioni, questo contingente affiancato da altri minori che, o non iniziano nei gangli spinali, o non terminano nei nuclei gracile e cuneato.Vi un contingente del fascio gracile e cuneato che origina da neuroni situati nel corno posteriore del MS (Lamina IV di Rexed). Questo secondo tipo di fibre, a partenza da un interneurone del corno posteriore, prende il nome di (contingente di) fibre di secondo ordine, in contrasto con le fibre di

primo ordine, che sono quelle direttamente provenienti da neuroni situati nei gangli spinali.I neuroni di origine delle fibre di secondo ordine sono attivate dagli stessi assoni delle fibre di primo ordine e terminano sempre nei nuclei gracile e cuneato, in questi ultimi hanno per contatti sinaptici differenti, a forma di reticolo e pi diffusi rispetto alle fibre di primo ordine, che hanno terminazioni a forma di grappolo e sono localizzate in spazi molto pi ristretti (vedi capitolo 4).Non si conosce il significato di questa differente anatomia sinaptica, che corrisponde anche ad una diversa topografia del sistema: le fibre di primo ordine, con terminazioni a grappolo, portano informazioni provenienti dalle strutture pi distali degli arti, dove prevalgono i recettori esterocettivi; le fibre di secondo ordine, con terminazioni a reticolo, portano informazioni invece dalle parti pi prossimali degli arti, pi ricche di terminazioni propriocettive (Freund 1991).Riguardo alle terminazioni, vi un contingente del fascio gracile e cuneato che non termina nei nuclei omonimi, ma in un nucleo subito soprastante: il nucleo Z.Da questo nucleo bulbare le fibre riprendono il percorso appaiate alle fibre dei nuclei gracile e cuneato, dai quali non si distaccheranno pi fino alla corteccia cerebrale. difficile comprendere il significato (se esiste) di questa differenziazione, ancora una volta per interessante notare come al nucleo Z afferiscano solamente un particolare tipo di fibre, quelle provenienti dagli arti inferiori, solamente propriocettive ed appartenenti solamente al gruppo dei recettori muscolari ed al gruppo ad adattamento lento dei recettori articolari (vedi capitolo 10).Si parla anche, attualmente, di collaterali del fascio spino-cerebellare posteriore al nucleo Z e di efferenze da questo nucleo verso il cervelletto. Sono tutti dati preliminari, che al momento necessitano di solide e numerose conferme ulteriori.Dai nuclei gracile, cuneato e Z parte il secondo tratto della via, il lemnisco mediale, che si porta prima anteriormente nel bulbo, sul piano orizzontale sempre \p230 in posizione mediale. Arrivato in regione immediatamente retrostante la decussazione dei fasci piramidali (siamo a livello della giunzione bulbomidollare), il lemnisco mediale si piega verso l'alto, incrociandosi. Mantiene questa posizione fino a raggiungere il talamo. A livello pontino si aggiungono, postero-lateralmente, i fasci provenienti dal nucleo pontino del trigemino (V nervo cranico), anch'essi crociati ed anch'essi deputati alle sensibilit tattile discriminativa e propriocettiva cosciente del viso. Nel talamo le fibre terminano sul terzo neurone della via, situato in un nucleo definito VPL (ventro-postero-laterale) per quel che riguarda le afferenze somatiche del corpo in un altro nucleo, immediatamente pi mediale, definito VPM (ventro-postero-mediale) le afferenze dal trigemino riguardanti il viso.Dal talamo il terzo neurone della via giunge alla corteccia cerebrale, prevalentemente alla corteccia somatosensoriale primaria (aree 3-2-1 di Brodmann) dove la via termina.Le sensibilit propriocettive terminano prevalentemente nella profondit dell'area sensitiva primaria (all'interno della scissura di Rolando, zone 3 a e 3 b di Brodmann) a livello superficiale (zona 2 di Brodmann) le tattili discriminative (vedi figura delle aree somatosensitive primarie n 26.1). Il percorso di queste fibre sensitive passa attraverso il braccio posteriore (terzo posteriore) della capsula interna.Sulla distribuzione delle afferenze all'interno dei cordoni non vi completa identit di vedute: c' chi situa le componenti propriocettive pi lateralmente, vicino alla zona di fasci spino-cerebellari posteriori. Personalmente ritengo pi attendibili le considerazioni di Chiappa (1990) che situa pi profondamente le componenti esterocettive e pi superficialmente, in maniera concentrica, le componenti propriocettive.Le vie descritte, al di sopra dei nuclei bulbari, non ricevono alcuna collaterale dal tronco o dall'encefalo. Le informazioni in esse contenute viaggiano, senza contaminazioni e senza influenzare alcun sistema, fino alla corteccia cerebrale.Le vie spino-talamiche sono caratterizzate da un insieme di

fibre intrecciate fra loro, spesso originate da afferenze differenti ed a destinazione pure differente.Il contingente principale del fascio spino talamico propriamente detto termina nel talamo, un altro importante contingente manda un congruo numero di collaterali alla sostanza reticolare del ponte e del bulbo. A volte questi ultimi contingenti sono definiti fascio paleospinotalamico, in contrasto con la componente principale per il talamo, definita invece fascio neospinotalamico.Vi sono importanti contingenti di fibre a terminazione reticolare, sia nel ponte che nel bulbo, che nulla hanno a che fare con la funzione sensitiva propria del fascio, ma che anatomicamente si intrecciano con le fibre deputate a questa funzione nel percorso midollare. Il fascio spinotalamico nasce da varie zone del corno posteriore e della zona intermedia della sostanza grigia del midollo spinale.Molto pi voluminoso nell'uomo rispetto ai mammiferi inferiori (il gatto per esempio), raggiunge dimensioni notevolmente superiori nella razza umana anche rispetto ai primati, in cui pure, comunque, gi notevolmente esteso.Nasce a livello cervicale, prevalentemente dalla lamina I e V di Rexed [3], mentre a livello lombare origina piuttosto dalle lamine VII e VIII. La differente origine corrisponde anche ad una differente suddivisione funzionale.[3] Forse anche, ma non certo, dalle lamine adiacenti IV e VI.A livello cervicale, dalla lamina I originano fibre che trasportano intense stimolazioni dolorose, meccaniche o caloriche (in arrivo dalla periferia attraverso le fibre A delta).\p231A livello cervicale, dalla lamina V originano fibre che trasportano informazioni ad ampio spettro. Nella lamina V convergono sia afferenze periferiche per le informazioni tattili discriminative sia informazioni nocicettive. I due tipi di informazioni agiscono sul cancello ed insieme danno origine alle sensazioni trasportate da questo contingente, ad ampio spettro, del fascio spinotalamico (vedi capitolo 4).A livello lombare, dalle lamine VII ed VIII originano fibre che trasportano invece informazioni di tipo propriocettivo cosciente (forse anche queste collegate ad intensi stimoli meccanici o dolorosi?). Gli stimoli analoghi per la proprioce-zione degli arti superiori originano nella lamina V.Il fascio spino-talamico incrocia al livello midollare da cui origina, sale attraverso due contingenti, uno situato nel cordone laterale (anteriormente) ed uno situato nel cordone anteriore. Nel tronco il fascio si colloca immediatamente al di dietro del lemnisco mediale, assottigliandosi progressivamente poich perde, ad ogni livello, contingenti specifici per la sostanza reticolare.Come si detto vi sono due contingenti principali, uno specifico per la sostanza reticolare del bulbo e del ponte (fascio paleospinotalamico) ed uno per il talamo (fascio neospinotalamico).Il fascio paleospinotalamico si sfrangia progressivamente nel tronco, dando origine a fibre che terminano bilateralmente, in massima parte nella sostanza reticolare mediale del ponte, (nucleo reticolare del ponte, pars oralis -cio parte pi alta-, nucleo reticolare del ponte pars caudalis -cio parte pi bassa- e nucleo reticolare gigantocellulare). Le fibre paleospinotalamiche terminano, in parte minore, nella sostanza reticolare del bulbo, con identico significato funzionale. Una parte esigua del fascio termina poi nella sostanza reticolare laterale del ponte. Il loro significato fisiologico pare collegato ai circuiti di controllo motorio (il dato tuttavia non ancora sufficientemente avvallato).Il fascio neospinotalamico si dirige al nucleo ventroposterolaterale del talamo ed al pulvinar (altro nucleo talamico: vedi talamo), quest'ultimo fascio invia un contingente esiguo di fibre alla sostanza reticolare.Pochissimo si conosce della fisiologia del fascio spino-talamico. Sicuramente la sua componente paleospinotalamica fondamentale per il meccanismo di controllo del dolore, come testimoniano le terminazioni negli appropriati nuclei reticolari bulbari e pontini che a loro volta riverberano (attraverso un contingente del fascio reticolospinale, vedi figura 13.1) sulle stesse lamine midollari di origine del fascio spinotalamico.Questa componente ha

probabilmente anche un ruolo importante nella funzione di arousal [4], attivando, in conseguenza a stimoli dolorosi, la sostanza reticolare ascendente del mesencefalo che, a sua volta, assieme alla corteccia limbica e frontale mediale ha la funzione di risvegliare ed attivare tutto il SNC rispetto a stimoli potenzialmente dannosi per l'organismo. [4] Arousal un termine inglese non traducibile in italiano: clinicamente si trova fra lo stato di sonno e di veglia (e non corrisponde a nessuna situazione tangibile). Neurofisiologicamente fra lo stato di riposo e la attivazione dell'EEG (activation in inglese) che avviene prima del risveglio clinico. A questo stato, nella nostra lingua, non corrisponde alcun termine appropriato, per cui si preferito utilizzare il termine inglese piuttosto che un neologismo.La componente per i nuclei reticolari laterali del ponte del fascio paleospinotalamico pare invece avere un ruolo di rilievo nel controllo dei fenomeni motori.Nulla si sa di certo a proposito, ma le sue connessioni con il cervelletto (nuclei e corteccia cerebellare) e la sua attivazione, che avviene soprattutto in conseguenza di un riflesso di triplice flessione, orientano in questo senso. Si ricorda, fra l'altro, che la componente laterale del fascio reticolospinale (fascio reticolospinale crociato) svolge probabilmente funzioni analoghe al fascio rubrospinale (Lawrence e Kuypers 1968).\p232Ancora pi sfuggente il significato fisiologico della componente neospino-talamica. A livello delle sue terminazioni nel nucleo ventroposterolaterale del talamo si fa l'ipotesi (puramente teorica), che possa giocare un ruolo nella localizzazione somatotopica degli eventi dolorosi, poich in questo nucleo finisce su neuroni somatotopicamente organizzati di una via ad alta specificit localizzatoria (la via cordonale posteriore).Sulle sue terminazioni nel talamo posteriore (il pulvinar) invece, attualmente non si nemmeno in grado di fare supposizioni, poich il pulvinar medesimo , per la moderna neurofisiologia, un nucleo assai poco conosciuto.Le numerosissime vie spinocerebellari ed i loro differenti significati neurofisiologici sono descritte in dettaglio nel capitolo 16 a cui si rimanda per una dettagliata classificazione.Per queste vie non possibile dare una definizione di massima come per i fasci precedenti, poich le componenti funzionali che le caratterizzano hanno sfumature fisiologiche assai variegate. Questa la ragione per la quale si rimanda al capitolo relativo alla neurofisiologia del cervelletto, ricordando qui solamente che la classica suddivisione anatomica in fascio spino cerebellare posteriore e fascio spinocerebellare anteriore, di grande utilizzo a scopo didattico, non corrisponde in realt che ad una delle tante suddivisioni funzionali dei fasci spino-cerebellari.Sicuramente questi due fasci corrispondono ad una realt anatomica, essa non esaurisce per tutto il contingente spinocerebellare, ne possiede uno specifico significano funzionale.I fasci spinocerebellari anteriore e posteriore, cos considerati, non escono dai confini di una pura osservazione al tavolo settorio di due contingenti di sostanza bianca dei cordoni laterali del midollo al cervelletto.Vi sono due ulteriori fasci a partenza dal midollo, di cui per si conosce poco o nulla. Il fascio spinovestibolare, che considerato un contingente separato dei fasci spinocerebellari, dedicato ai nuclei vestibolari che non hanno afferenze dirette dal sistema vestibolare dell'orecchio interno. Dovrebbe trattarsi di un fascio collegato, in qualche modo, al controllo dei programmi motori. Il fascio spino-tettale invece proietta al collicolo superiore, con un significato funzionale sconosciuto.BibliografaBrown A.G., Organisation in the Spinai Cord. Springer-Verlag, Berlin, 1981. Britton T.C., Day B.L., Brown P. et al., Postural electromyographic responses in the arm and leg following galvanic vestibular stimulation in man, Exp. Brain Res. 94, 1993. Brown P., Rothwell J.C., Thompson P.D., et al., New observations on the normal auditory startle reflex in man, Brain, 114, 1981-1902, 1991. Chiappa K.H., Evoked potential in clinical medicine

Raven press., 1990Davis M., Cendelman D.S., Tischler M.D. and Gendelman P.M., A primary acoustic startle circuit: lesion and stimulation studies, 1. Neurosci., 2,791-805,1982. Eyre J.A., Miller S. and Ramesh V., Constancy of centrai conduction delays during development in man: investigation of motor and somatosensory pathways, 1.Physiol, 434,441452, 1991. Freund H.G., Motor unit and muscle activity in voluntary motor control. Physiol.Rev. 63, 387,436, 1983.\p233Kuypers H.G.J.M., Anatomy of the descending pathways, in V. B. Brooks (ed.) Handbook of Physiology, sect. 1, vol. 2, part 1, Williams and Wilkins, Baltimore, pp. 597666.Lawrence, D. G. and Kuypers, H. G. J. M. (1968) The functional organisation of the motor system in the monkey, Parts I and II, Brain, 91, l-14;15-36, 1981.Ito M., Cerebellum and Neural control Raven press, 1984. Lund S. and Broberg C, Effects of different head positions on postural sway in man induced by a reproducible vestibular error signal, Acta Physiol. Scand.,117,307-309, 1983. Nathan P.W. and Smith M.C., Long descending tracts in man. 1. Review of present knowledge, Brain 78,248303, 1955. Nathan P.W. and Smith M.C., The rubro-spinal and centrai tegmental tracts in man, Brain, 105, 233-269, 1982. Nyberg-Hansen R., Sites and modes of termination of reticulospinal fibres in the cat. An experimental study with silver impregnation methods, J. Comp. Nettivi., 124, 71-100, 1965. Phillips C.G. e Porte R., Corticospinal neurones. Accademie Press London N.York S.Francisco, 1977.\p234CAPITOLO 12 ANATOMIA DEL MIDOLLO SPINALECollocazione ed anatomia topograficaCon il termine MS si indica la parte di SNC contenuta nel canale vertebrale.Il canale vertebrale costituito dal sovrapporsi dei fori vertebrali di 29 vertebre, che costituiscono la colonna vertebrale (fg. 12.1 a). Il foro vertebrale delimitato dall'arco vertebrale (fig. 12.1 b), struttura ossea ad anello le cui parti laterali, sia destra che sinistra (i peduncoli dell'arco) presentano, sulla faccia superiore ed inferiore, due piccole scanalature a semicerchio, che nella posizione fisiologica si completano con le analoghe scanalature delle vertebre sopra e sottostanti per costituire aperture laterali: i forami vertebrali (fig. 12.2). Il forame vertebrale disposto verticalmente sul piano sagittale ed il punto d'uscita dal canale vertebrale del nervo spinale misto.Le vertebre sono suddivise in 5 segmenti: vi sono 7 vertebre cervicali, 12 toraciche, 5 lombari, 5 sacrali che contribuiscono a formare il canale vertebrale, 3 vertebre coccigee che non vi partecipano e non hanno nemmeno la funzione di sostegno caratteristica delle ossa vertebrali, le tre vertebre coccigee costituiscono un residuo (osseo) della coda animale.Ciascuna vertebra ha un nome, definito dall'iniziale del segmento a cui appartiene e da un numero, che indica la posizione occupata nel segmento, dall'alto in basso. A livello cervicale, per esempio, la terza vertebra dal forame occipitale sar definita C3 l'ultima C7, a livello toracico vi sono 12 vertebre denominate T (o D= dorsale), a livello lombare sono denominate L a livello sacrale S.La denominazione si mantiene anche per tutte le strutture midollari del livello vertebrale corrispondente.Nell'adulto normale il MS si estende dal forame occipitale, punto di collegamento fra il canale vertebrale e la fossa cranica posteriore, fino al livello di L1 o L2.Al di sopra del forame vertebrale il midollo si continua con il tronco cerebrale, la cui struttura pi bassa, il bulbo, viene anche definita midollo allungato, poich conserva anatomicamente molte caratteristiche del midollo spinale.Nella parte bassa, il MS agganciato all'estremo inferiore del canale vertebrale da un filo di tessuto connettivo, detto filum terminale. Fra il termine del MS (L1) e l'estremo inferiore del canale vertebrale (S5) si trova la cauda equina (vedi oltre).Il MS suddiviso in segmenti e ad ogni vertebra corrisponde un segmento midollare. Questi segmenti, che alla nascita si trovano esattamente all'altezza del rispettivo corpo vertebrale, prendono il nome di metameri. Alle sette vertebre cervicali corrispondono per 8 metameri midollari, a livello toracico lombare e sacrale invece i metameri e le

vertebre sono in numero identico.Da ciascun lato del metamero, dal midollo escono due strutture filiformi: una anteriore ed una posteriore, le radici spinali.\p235Fig. 12.1 - Schema della colonna vertebrale sul piano sagittale e (A) di una singola vertebra vista sul piano orizzontale (B) con forame vertebrale, con il midollo e le radici nervose.Fig. 12.2 come si presenta il forame vertebrale sul piano sagittale.\p236A livello del forame vertebrale (lateralmente al canale cio) le radici spinali si fondono ed unite escono dal canale vertebrale, costituendo la radice spinale mista (vedi figura 12.2).La prima radice spinale esce dal forame situato fra C1 e l'occipite e prende il nome di radice C1, che il nome della vertebra sottostante.Essendovi 8 metameri cervicali e 7 vertebre, la 8^ radice cervicale esce al di sotto della vertebra C7 e prende il nome di C8, che non corrisponde a nessuna vertebra.Dal livello toracico in basso, di conseguenza, le radici spinali prendono il nome della vertebra soprastante.La radice posteriore sensitiva e presenta, fra il nervo misto ed il MS, un rigonfiamento definito ganglio vertebrale, la radice anteriore motoria, tranne che per un piccolo ramo sensitivo dedicato alle meningi che avvolgono il MS. Questo ramo sensitivo, il nervo di Lutchka, il responsabile della sensibilit dolorosa all'interno del canale vertebrale e clinicamente del dolore provocato da un'ernia discale.Le radici spinali sono 29, come i metameri e sono a coppie, una destra ed una sinistra, al di fuori della colonna vertebrale si presentano uniche (radice mista), mentre all'interno del canale si suddividono in una radice posteriore (sensitiva) ed una anteriore (motoria). Le radici sono parte del sistema nervoso periferico.Alla nascita i metameri sono esattamente a livello della vertebra dello stesso nome, poi, durante la crescita, il SNC (le cui cellule hanno perduto la capacit di riprodursi) si sviluppa (volumetricamente) in maniera assai inferiore al sistema scheletrico, le vertebre, in altre parole, aumentano di volume molto pi dei metameri.Il fenomeno di accrescimento vertebrale porta ad un progressivo slivellamento fra vertebre e metameri. Questi ultimi, che formano una struttura unica con la massa encefalica, vengono trascinati in alto dal progressivo allontanarsi del capo dalla parte pi bassa del canale vertebrale, questa la ragione per cui, pur essendovi tanti metameri quante sono le vertebre, i 29 metameri midollari sono tutti contenuti nello spazio vertebrale fra le vertebre da C1 ad L1.Un altro fatto di grande importanza nella crescita: le radici spinali miste sono agganciate al forame vertebrale di uscita, situato sul peduncolo laterale (destro e sinistro) di ogni vertebra. Alla nascita, il percorso dal metamero al forame orizzontale, essendo le due strutture situate allo stesso livello. Con la risalita del MS legata alla crescita per forame e metamero assumono una posizione differente [1] e la radice deve effettuare un percorso pi lungo per coprire il tragitto. Questo aspetto diviene pi evidente scendendo verso i metameri lombari e sacrali. Al di sotto di L1 non vi pi tessuto nervoso centrale, si hanno solamente le radici spinali che corrono verso il loro forame vertebrale.[1] Il metamero viene a trovarsi pi in alto rispetto alla vertebra.Queste radici, che vanno dalla L2 fino alla S5, costituiscono la cauda equina (fig. 12.3), struttura del sistema nervoso periferico contenuta all'interno del canale vertebrale.Lo slivellamento inizia a livello toracico non presente a livello cervicale, dove le radici continuano ad avere un decorso orizzontale.Le radici spinali sono l'inizio del sistema nervoso periferico, che controlla tutto l'apparato locomotore e tutto l'apparato sensitivo somatico, sia propriocettivo che esterocettivo. Il corpo intero pu quindi essere suddiviso in zone di competenza dei diversi metameri, come possibile vedere nella figura 12.4\p237Fig. 12.3 - Come si vede, la cauda equina caratterizzata da un insieme di nervi periferici misti all'interno del canale vertebrale (vedi spiegazione nel testo)La suddivisione in metanieri particolarmente utile a livello clinico, poich consente di differenziare un danno del

midollo spinale o della radice, dal deficit sensitivo e/o motorio, a patto che si conosca la suddivisione metamerale dell'intero corpo.Secondo una terminologia meno utilizzata, si tende a definire metameri solamente le innervazioni muscolari, motorie e sensitive propriocettive delle radici. Le sensitive cutanee vengono definite dermatomeri. La definizione stata progressivamente abbandonata, ma pu essere ancora riscontrata in alcuni testi.\p238Fig.12.4 - Suddivisione del corpo nei diversi metameri midollari Rosa Cervicale giallo toracico blu lombare fucsia sacraleIl sistema nervoso periferico costituito da sistema nervoso somatico e da sistema nervoso vegetativo (o viscerale). Nel midollo il sistema nervoso vegetativo si trova a livello toracico e lombare nelle sue componenti ortosimpatiche, a livello sacrale nelle sue componenti parasimpatiche. Le radici S3 e S4 sono parzialmente somatiche e parzialmente vegetative (vedi cap. 7). La radice S5 solamente vegetativa parasimpatica e non contiene strutture somatiche.\p239Aspetto macroscopico del midollo spinaleAspetto esternoIl MS ha forma cilindrica, la sua estremit inferiore si restringe a cono, da cui il nome: cono terminale. Presenta due rigonfiamenti, a livello cervicale ed a livello lombare, dovuti al considerevole aumento in queste zone dei motoneuroni per la muscolatura dei cingoli e degli arti.Sulla linea mediana, anteriormente, si osserva una ampia fessura detta scissura (o fessura) longitudinale mediana. Posteriormente, sempre sulla linea mediana, si osserva un incavo meno profondo: il solco longitudinale (mediano) posteriore.Lateralmente alla scissura longitudinale anteriore si osserva l'insorgenza delle radici anteriori, motorie; lateralmente al solco longitudinale posteriore si osservano le radici posteriori, sensitive, con il loro rigonfiamento: il ganglio spinale.Questi aspetti anatomici suddividono macroscopicamente il midollo in tre cordoni (o funicoli): uno anteriore fra la fessura e la radice anteriore, uno laterale fra radice anteriore e radice posteriore, uno posteriore fra radice posteriore e solco posteriore. I tre cordoni presentano ulteriori, minori solcature, di scarso interesse pratico.Il MS suddiviso, dal piano sagittale passante lungo la linea mediana, in due met assolutamente simmetriche.Aspetto internoAd un taglio orizzontale il midollo spinale appare costituito da una zona centrale di colorito pi scuro, a forma approssimativa di farfalla (Fig. 12.5). E la sostanza grigia del MS, la zona cio dove la concentrazione di pirenofori di gran lunga maggiore della concentrazione di fibre assonali.Questa zona ulteriormente suddivisa in un corno anteriore (motorio), in un corno posteriore (sensitivo), in una zona intermedia fra le due corna ed in una zona commissurale, che congiunge la sostanza grigia dei due lati.In gran parte del midollo, ma non ovunque, si osserva un piccolo corno laterale, a fianco del corno anteriore. costituito da neuroni motori del sistema vegetativo.Nella sostanza grigia i pirenofori sono raccolti in nuclei, che hanno un preciso significato funzionale.\p240La sostanza grigia varia per dimensioni da zona a zona midollare.La zona grigia centrale attorniata da sostanza bianca, costituita da fibre assonali raccolte in fasci i cui pirenofori si trovano nei nuclei della zona grigia.I fasci sono raccolti in cordoni (o funicoli) definiti dalla presenza di scissure e radici.Vi sono fasci discendenti, che trasportano le informazioni dal tronco e dall'encefalo verso il MS e fasci ascendenti, che trasportano informazioni sensitive dal MS (o direttamente dalla periferia) verso il tronco e/o l'encefalo.Per maggiori dettagli sui fasci midollari si rimanda al capitolo 11.Tab. 12.1 - Principali fasci ascendenti e discendenti del midolloFasci ascendentiColonna anterioreSpinotalamico ventrale Spino olivareColonna lateraleSpinocerebellare dorsale e ventrale Spinotalamico laterale SpinotettaleColonna posterioreFascicolo gracile e fascicolo cuneatoFasci ascendenti Cortico-spinale Vestibolospinale ettospinale Reticolospinale Corticospinale lateraleRubrospinale OlivospinaleFascicolo interfascicolare e fascicolo setto marginaleFig. 12.6 - Fasci ascendenti (blu) e discendenti (rossi) della sostanza

bianca.Le afferenze midollari sensitive provengono dalla periferia lungo gli assoni di neuroni sensitivi denominati cellule a T [2], per la loro forma particolare.[2] Descritte nel capitolo 4.Si tratta di neuroni con doppio assone, uno diretto verso la periferia, che viene percorso antidromicamente dallo stimolo sensitivo ed uno diretto verso il midollo \p241 spinale, che costituisce la radice midollare posteriore (o sensitiva). La cellula a T ha il suo pirenoforo nel ganglio spinale (o vertebrale) situato all'interno del canale vertebrale, ma esternamente al midollo spinale.La sostanza grigia del MS stata suddivisa, per comodit di studio, in una serie di lamine (dieci per l'esattezza) numerate con numeri romani. Tale suddivisione venne fatta da Rexed, di cui le lamine portano il nome; come si pu vedere nella figura 12.8 la numerazione delle lamine di Rexed inizia dall'estremit del corno posteriore, dove si trova la lamina I, e procede anteriormente. La lamina IX particolare poich non un sito topografico, ma sta ad indicare tutti i raggruppamenti di alfa-motoneuroni presenti nel corno anteriore del midollo. La lamina X di Rexed corrisponde al punto di giunzione dei due lati del midollo.Lo studio della sostanza grigia midollare individua un corno posteriore, sensitivo ed uno anteriore, motorio.Fig. 12.7 Immagine tridimensionale dell'ingresso delle radici nel midollo spinaleAnatomia microscopicaCorna posterioriLe corna posteriori constano, procedendo da dietro in avanti, di quattro zone distinte di sostanza grigia nelle quali localizzata la chiave per l'elaborazione midollare della sensibilit termo-dolorifica.\p242In senso postero-anteriore queste zone sono: 1) la zona incerta di Lissauer, 2) il nucleo posteromarginale, 3) la sostanza gelatinosa (di Rolando), 4) il nucleo proprio del corno posteriore.Le quattro zone ricevono le informazioni periferiche riguardanti la sensibilit dolorifica e termica attraverso le radici posteriori, nelle stesse zone terminano anche fasci discendenti provenienti dalla sostanza reticolare del tronco encefalico ed una componente rilevante del fascio piramidale (circa il 40%) che origina nelle aree corticali sensitive primarie.A livello delle quattro zone citate del corno posteriore vi una ampia integrazione di questi diversi tipi di afferenze [3] che, una volta elaborate, prendono la via del fascio spino-talamico per salire, dopo essersi incrociate verso la sostanza reticolare del tronco ed i nuclei (VPL) del talamo.[3] La teoria discussa dettagliatamente nel capitolo riguardante al neurofisiologia delle vie sensitive (capitolo 4).Il fascio spino-talamico origina dai neuroni del nucleo proprio del corno posteriore.Il corno posteriore la sede, secondo Melzack e Wall, di una sorta di sistema a cancello, regolato dalle afferenze periferiche e dalle vie discendenti reticolo e cortico spinali. Il cancello, chiudendosi, riduce la sensibilit al dolore, aprendosi la aumenta.Al confine fra corno posteriore e zona grigia intermedia si trova il nucleo di Clarke, origine delle vie spinocerebellari posteriori. Le vie spino-cerebellari anteriori e le vie spino-olivari (anch'esse a destinazione finale cervelletto) non hanno un vero e proprio nucleo di origine, sono generate da neuroni situati al margine laterale della zona grigia intermedia.Fig. 12.9 - Nuclei di sostanza grigia del midollo spinale.\p243Il nucleo di Clarke presente solamente a livello lombare e toracico, a livello cervicale viene sostituito dal nucleo cuneato accessorio, da cui prende origine la via cuneo-cerebellare, analoga della via spino-cerebellare per gli arti superiori.Il nucleo di Clarke e tutti gli agglomerati nucleari (ce ne sono molti nella parte laterale della zona intermedia) da cui originano le vie spino-cerebellari o le vie spino-olivo-cerebellari, ricevono informazioni dalle fibre Ia e II provenienti dai fusi neuromuscolari, dalle fibre Ib provenienti dagli organi tendinei di Golgi, dai recettori articolari e dai meccanocettori cutanei.Delle terminazioni dei meccanocettori cutanei e di recettori articolari si conosce molto poco, mentre delle fibre Ia, Ib e II si conosce dettagliatamente la

terminazione a livello del corno posteriore.Le fibre Ia, come si pu vedere dalla figura 12.10 e 12.11, hanno un'ampia arborizzazione, sia orizzontale che verticale. Sul piano orizzontale si diramano lateralmente per circa un millimetro nel corno posteriore, prevalentemente all'interno delle lamine VI e VII di Rexed. Queste fibre inviano collaterali contemporaneamente verso i nuclei dei fasci spino-cerebellari e verso gli interneuroni inibitori Ia, cardini delle risposte riflesse di tipo spinale. In senso orizzontale longitudinalmente le afferenze Ia arrivano fino alla lamina IX di Rexed dove formano contatti monosinaptici con gli alfa-motoneuroni (riflesso miotatico). Verticalmente le afferenze Ia sono molto diffuse, ramificandosi per circa 2.5 millimetri verso l'alto ed altrettanti verso il basso rispetto al loro punto di ingresso.Le fibre Ib hanno una terminazione pi diffusa delle Ia sia sul piano orizzontale, a livello del corno posteriore, dove contraggono sinapsi con diversi tipi di neuroni nelle lamine V, VI e VII (fra cui anche gli interneuroni inibitori Ib), sia sul piano verticale, irradiandosi per circa 3 5 millimetri verso l'alto ed altrettanti verso il basso dal loro punto di ingresso. Le fibre Ib non arrivano al corno anteriore.\p244La terminazione pi estesa nel corno posteriore a carico delle fibre II di origine fusale. Queste fibre terminano, orizzontalmente, in tutte le lamine fra la IV e la IX (compresa) di Rexed. Verticalmente si estendono per 5 millimetri complessivi, equamente divisi nelle due direzioni (verso l'alto e verso il basso) dal punto di entrata.Fig. 12.10 - Terminazioni midollari delle afferenze Ia, Ib e II nel midollo spinale (Da Brown, modificata).Corna anterioriIl corno anteriore la componente motrice della sostanza grigia del MS.Nel corno anteriore si trovano i nuclei che raggruppano i pirenofori degli alfa e dei gamma-motoneuroni, qui sono localizzati anche gli interneuroni inibitori di Renshaw.I secondi neuroni di moto [4] sono raggruppati in nuclei che si differenziano a seconda del tipo di muscolo innervato. L'insieme di questi nuclei costituisce la IX lamina di Rexed.[4] Il primo neurone di moto si trova nella corteccia cerebrale, area motoria primaria (4 di Brodmann). Gli assoni del I motoneurone costituiscono il fascio piramidale.Come si vede dalla figura 12.12, i nuclei di motoneuroni sono sette ed il loro nome dipende dalla posizione. I due nuclei mediali sono definiti anteromediale e posteromediale, i due intermedi anteriore e centrale, i tre laterali rispettivamente anterolaterale, posterolaterale, retroposterolaterale.\p245Fig. 12.11 - Distribuzione longitudinale orizzontale (colonna di sinistra) e verticale (colonna di destra) delle fibre Ia, Ib e II nel midollo spinale (da Fyffe 1984, modificata).Come si pu osservare, sul lato sinistro della figura questa suddivisione ha un carattere funzionale. I nuclei mediali innervano la muscolatura del tronco, i nuclei intermedi la muscolatura dei cingoli ed i nuclei laterali la muscolatura degli arti. I gruppi nucleari anteriori innervano gli estensori ed i posteriori i flessori.\p246Fig. 12.12 - Distribuzione degli alfa-motoneuroni nelle corna anteriori del midollo.BibliografiaLa bibliografia specifica per l'anatomia del midollo classica e invariata da oltre 50 anni. Per maggiori approfondimenti sono comunque utili testi didattici quali per esempio: Chusid J.G., Neuroanatomia correlazionistica e neurologia funzionale. Piccin 1990 Nolte J., Anatomia funzionale del sistema nervoso dell'uomo. Piccin Padova, 1991. Carpenter, Neuroanatomia Piccin editore, Padova, 1977.Anche i seguenti testi atlante possono risultare utili:Farina: Anatomia Piccin Padova Netter: Atlante di Anatomia Nieuwennhuys R., Voogd J., van Huijzen C, Sistema Nervoso Centrale: testo altlante Piccin Padova, 1980Per l'anatomia microscopica si rimanda a:Brown, A.G., Organisation in the Spinai Cord, SpringerVerlag, Berlin, 1981. Fyffe R.E.W., Afferent fibres, in R. A. Davidoff (ed.), Handbook of the Spinal Cord, vols 2 and 3, Marcel Dekker, New York, 1984.5\p247CAPITOLO 13 IL PAZIENTE MIELOLESO: CHINESIOLOGIA E BIOMECCANICAPremessaIl midollo spinale la porzione inferiore del

Sistema Nervoso Centrale, ed occupa uno spazio verticale tre volte superiore all'insieme di tutte le strutture neurologiche che si trovano all'interno dell'encefalo (Fig. 13.1). quindi una sede particolarmente esposta al rischio di lesioni da trauma e, anche se la disposizione delle vertebre e la presenza di forti legamenti protettivi svolgono un'efficace azione di difesa, i pazienti che subiscono un danno midollare inseriti nei servizi di riabilitazione sono sempre molto numerosi.Le cause pi frequenti che provocano queste lesioni sono gli incidenti sulla strada e sul lavoro, in cui il trauma particolarmente violento e pu superare il grado di resistenza opposto dalle barriere meccaniche preposte alla salvaguardia delle strutture neurologiche midollari.La neuroanatomia (vedi capitolo 12) articolata in due sezioni: una centrale (sostanza grigia) in cui sono concentrati i pirenofori, ed una periferica (sostanza bianca) con le fibre assoniche che trasmettono gli impulsi fino alla successiva sinapsi (Fig. 13.2).Le lesioni da trauma danneggiano direttamente una parte di queste strutture, coinvolgendo in alcuni casi anche la sostanza bianca e la sostanza grigia.Fig. 13.1 - Il Sistema Nervoso Centrale.Fig. 13.2 - Sezione orizzontale del midollo. All'interno la sostanza grigia, all'esterno la sostanza bianca.\p248A seconda dell'area neurologica danneggiata dalla lesione, il paziente presenter un certo tipo di disturbo motorio, con una differente alterazione del tono muscolare che, nei pazienti mielolesi, si pu presentare con caratteristiche riconducibili a due raggruppamenti fondamentali, di cui parleremo in seguito.A questo riguardo opportuno richiamare alcuni concetti di neurofisiologia del movimento che ci aiutano a comprendere il quadro clinico dei malati con lesione midollare.L'impulso nervoso viene trasmesso alla placca neuro-muscolare attraverso il nervo periferico, che ha il proprio corpo cellulare situato all'interno del midollo spinale (Fig. 13.3).Fig. 13.3 - Via finale comune di movimento. Si osservano il motoneurone, l'assone che termina sulla giunzione neuro-muscolare ed il muscolo.Una corretta conduzione nervosa dipende dall'integrit di questo semplice sistema.Una lesione del nervo periferico priva la placca neuromuscolare dell'impulso necessario a realizzare la contrazione della cellula, per cui il muscolo denervato si presenter flaccido, areflessico e progressivamente sempre pi ipotrofico.Lo stesso fenomeno si verifica se ad essere danneggiato il nucleo della cellula nervosa che si trova all'interno del canale midollare.Pertanto, quando ci troviamo in presenza di un danno midollare, i muscoli collegati a tutte le cellule nervose che sono andate distrutte saranno funzionalmente caratterizzati da questi tre elementi: flaccidit, areflessia ed ipotrofia.Molte delle cellule che occupano il centro del midollo spinale non svolgono un ruolo direttamente collegato al movimento, ma trasmettono le informazioni alle cellule sottostanti, inviando le proprie terminazioni nella sostanza bianca ai livelli inferiori, dove rientrano nella sostanza grigia e prendono sinapsi con un altro neurone.\p249Il trauma che provoca la morte di un certo numero di cellule nervose causa anche dell'interruzione di numerosi tra questi collegamenti, per cui il neurone integro del livello sottolesionale si ritrova privo del controllo soprastante (presieduto dai centri encefalici) e finisce per scaricare anarchicamente i propri impulsi, penalizzando in modo drammatico il prodotto finale di tutta l'attivit nervosa, il movimento.Nei paragrafi che seguiranno cercheremo di approfondire gli aspetti chine-siologici e biomeccanici del tono muscolare presente nei diversi livelli che vengono comunemente classificati in riabilitazione, trattando a parte i disturbi associati ed alcune funzioni vitali che vengono in alcuni casi danneggiate nel paziente mieloleso.FlacciditLa lesione midollare determina la morte di un certo numero di motoneuroni e l'interruzione dei messaggi informativi alle cellule nervose sottostanti.Questo avviene sia per la rottura degli assoni che si trovano esternamente al concentramento dei pirenofori (sostanza grigia), sia per il black out che si realizza da parte di quei

nuclei che ricevevano gli impulsi attraverso le sinapsi che si trovano all'interno della sostanza grigia stessa.Tutti i muscoli collegati al gruppo di motoneuroni distrutti saranno quindi privati della propria possibilit funzionale di contrarsi e di resistere allo stiramento e, ad una valutazione del tono, si presenteranno allo stesso modo di un muscolo denervato.Alla palpazione si percepisce chiaramente la ridotta consistenza del ventre muscolare, sempre pi in balia del ballottamento che esercita l'esaminatore.Vengono progressivamente a mancare le reazioni automatiche di difesa nel corso della mobilizzazione delle articolazioni attraversate dalla massa del muscolo e si osserva anche una lenta e progressiva riduzione della sezione perimetrica dell'arto in cui si trovano questi gruppi muscolari.La valutazione corretta alla ricerca di questi segni ci indica quali muscoli non sono pi in collegamento con strutture nervose integre, per cui possibile disegnare una mappa del territorio distrutto dall'evento patologico, individuandone i livelli ed i tratti in cui la lesione stata totale e quelli in cui una parte di neuroni possiede ancora una certa attivit.Non dobbiamo infatti immaginare la patologia come un'incisione che seziona il midollo con un preciso taglio orizzontale, ma piuttosto come una piccola esplosione che danneggia il canale vertebrale con il suo contenuto, nel quale possono penetrare frammenti ossei, dove certamente ci saranno emorragie devastanti e lesioni dirette dei nuclei cellulari (Fig. 13.4).Fig. 13.4 Immagine del canale midollare sul piano sagittale in cui la frattura di un corpo vertebrale ha determinato una lesione neurologica parziale.Se il trauma ha leso le fibre che costituiscono la cauda equina, i muscoli colpiti dalla flaccidit saranno quelli collegati al Sistema Nervoso Centrale \p250 attraverso i nervi periferici degli ultimi livelli midollari, cio i muscoli intrinseci del piede, il Soleo e l'Estensore proprio dell'alluce.In questo caso non avremo quei fenomeni che si scatenano quando, al di sotto della lesione, rimane una certa quota di neuroni attivi, ma un danno paragonabile sotto tutti gli aspetti ad una lesione del Sistema Nervoso Periferico.Al test muscolare, se l'esaminatore trova questi muscoli ipotonici ed iporeflessici, deve ipotizzare una interruzione parziale o completa a livello del plesso lombo-sacrale.Dal punto di vista riabilitativo, questi livelli di lesione sono stati raggruppati a seconda del danno motorio che determinano, in relazione ad un certo grado di disabilit.Avremo quindi un gruppo in cui sono annoverate tutte le lesioni che coinvolgono il rachide lombare, suddividendo il midollo spinale in due quote: una sovralesionale ed una sottolesionale.I muscoli che appariranno flaccidi saranno prevalentemente il Quadricipite, gli Adduttori dell'anca ed alcuni tra i muscoli che si trovano all'interno della pelvi, agonisti nel movimento di extrarotazione dell'anca.Al di sotto della lesione si troveranno i nuclei che controllano la motricit del Tibiale anteriore, dei Glutei, degli Ischiotibiali e del Gastrocnemio che, privi della adeguata modulazione di attivit efferente, scaricheranno in modo incontrollato i propri impulsi.La lesione midollare pu danneggiare anche il rachide dorsale, da cui originano i nervi che regolano i movimenti a carico della muscolatura del tronco (muscoli respiratori, addominali, dorsali).Anche questi appariranno flaccidi a seconda del livello in cui avvenuta l'interruzione, considerando che gli Intercostali sono innervati prevalentemente dal tratto dorsale alto, gli addominali dal tratto dorsale medio (D6-D7) ed i dorsali dal segmento toracico inferiore.Il midollo cervicale invia le proprie terminazioni periferiche a costituire il plesso brachiale, che controlla il movimento dei muscoli dell'arto superiore (vedi capitolo 6).I suoi livelli inferiori inviano le proprie fibre su alcuni muscoli intrinseci della mano, in particolare i muscoli propri del primo e del quinto dito, mentre i nervi midollari che originano dalle vertebre cervicali pi alte del plesso (C5 C6) raggiungono prevalentemente le cellule della muscolatura prossimale che

costituisce il cingolo scapolare.La valutazione deve sempre iniziare con l'esame muscolare analitico, per poter inquadrare con precisione il danno e quindi prevedere l'evoluzione clinica della patologia.Una volta superata la fase acuta, i muscoli che presenteranno una diminuzione del tono muscolare ed una ridotta reazione agli stimoli che inducono un'attivit motoria riflessa saranno quelli collegati al gruppo di neuroni che stato distrutto, e dovranno quindi essere rieducati con le tecniche specifiche del trattamento previsto in caso di neurolesioni periferiche.SpasticitIl tono dei muscoli collegati con il midollo spinale sottostante alla sede di lesione, subisce l'assenza del controllo esercitato dai centri nervosi che si trovano al di sopra di essa, ed il movimento fisiologico non pi possibile.I neuroni midollari sono anatomicamente e fisiologicamente integri, ma si ritrovano privati della quota di elaborazione proveniente dall'encefalo e dai nuclei sottocorticali che conferiscono al movimento il suo valore funzionale.La loro eccitazione pu essere provocata da diversi tipi di stimoli.\p251Nel corso delle sedute di riabilitazione possibile osservare un improvviso aumento del tono dei muscoli innervati dai livelli sottolesionali, provocato da un contatto manuale, da un rumore o da uno stiramento indotto con una mobilizzazione.La risposta espressa da questi muscoli assolutamente abnorme rispetto alle dimensioni dello stimolo, in quanto il controllo discendente (vedi capitoli 10 e 11) andato perduto.Il Sistema Nervoso svolge essenzialmente due funzioni a vantaggio dell'uomo: la difesa e la fruizione delle risorse utili dall'ambiente circostante.In questo caso non si realizza nessuna di queste due condizioni, poich i neuroni stimolati scaricano tutta la loro potenzialit senza nessun ordine temporale e senza considerare l'azione svolta dai muscoli ad essi collegati.Si contraggono cos agonisti ed antagonisti, fissatori, stabilizzatori e neutra-lizzatori, determinando una serie di conseguenze che impediscono al paziente di utilizzare correttamente gli arti inferiori, e quindi di camminare.Se la lesione coinvolge an h

e gli addominali, o addirittura i muscoli dell'arto superiore, saranno problematici anche il mantenimento della postura seduta ed il controllo del movimento delle braccia e delle mani.La caratteristica dominante del tono di questi muscoli la spasticit.Nel paziente emiplegico si osserva una forma di ipertono che cercheremo di studiare in termini di squilibrio, determinato in parte dal contesto biomeccanico su cui agiscono le forze in gioco ed in parte dal tipo di lesione encefalica, avvantaggiando cos un certo gruppo di muscoli rispetto ai loro antagonisti.Il paziente mieloleso viene invece letteralmente intrappolato in una morsa rappresentata dalla co-contrazione di tutti quei gruppi che sono ora stimolati dai nuclei midollari divenuti autonomi.Anche in questo caso, pi alta la sede della lesione e maggiore sar il numero dei muscoli spastici, essendo interessato un distretto pi ampio ed essendo quindi la patologia pi invalidante.Considerando le articolazioni principali degli arti inferiori, cerchiamo ora di considerare ci che accade biomeccanicamente quando aumenta il tono di tutti i muscoli che le attraversano.L'anca, sul piano sagittale, ha come agonisti principali l'Ileo-Psoas ed il Retto anteriore che determinano il movimento di flessione, il Grande Gluteo e gli Ischio-tibiali per quanto riguarda l'estensione (Fig. 13.5).L'aumento del tono muscolare provoca la perdita del controllo di tutte le posizioni intermedie comprese tra i due estremi consentiti dalle superfici articolari, ed impedisce al paziente di mantenere l'anca ad un certo grado di flessione od estensione che non sia al limite dell'escursione articolare consentita.Nel caso in cui le tre variabili che determinano il valore della forza complessiva ottenuto dall'analisi delle forze muscolari sia favorevole alla flessione, sar questo il movimento prevalente.Contrariamente, prevarr l'estensione.Dovremo quindi studiare la forza dei singoli muscoli agonisti di ciascun movimento (modulo vettoriale), la lunghezza del braccio della potenza (distanza che separa il punto medio di inserzione dei flessori e degli estensori dal centro dell'articolazione dell'anca) e l'angolo che viene descritto dalla direzione vettoriale e dal braccio di leva stesso (pi si avvicina a 90 gradi e pi efficace).Le variabili di ordine biomeccanico saranno dunque il rapporto tra la forza dei flessori e quella degli estensori, le distanze tra i punti di inserzione ed il centro dell'anca (diverse per ciascun individuo) e l'inclinazione che il tendine di ogni muscolo interessato ha rispetto all'asse longitudinale del femore.Un'altra componente che deve essere valutata nello studio del movimento l'analisi delle resistenze che limitano l'azione degli agonisti, impedendo che la loro contrazione massimale porti il femore ad un range estremo di flessione od estensione.\p252Fig. 13.5Rappresentazione biomeccanica dell'articolazione dell'anca sul piano sagittale. Nel disegno sono rappresentati l'Ileo-Psoas, il Retto anteriore, il Grande gluteo e gli Ischio-tibiali con i relativi vettori e rettangoli biomeccanici.Queste resistenze sono di due tipi: la contrazione degli antagonisti ed il peso della quota di arto inferiore da spostare.Si tratta di due forze molto importanti, che determinano una prevalenza relativa di un certo movimento sul suo opposto.Nella maggior parte dei casi abbiamo osservato un atteggiamento di leggera flessione dell'anca in pazienti mielolesi dopo lesione completa a partire dal livello L2, da cui si pu dedurre che i flessori agiscono in un contesto biomeccanico pi favorevole.\p253Credo che l'elemento determinante in questo senso sia costituito dal modulo vettoriale, rappresentato dalla forza complessiva che esercitano tutti i muscoli flessori rispetto a quella espressa dagli estensori.Esiste poi un altro aspetto importante: gli Ischio-tibiali, cio uno dei due gruppi principali di estensori, sono muscoli bi-articolari e si inseriscono distalmente sulla tibia, dopo aver attraversato il ginocchio.Ci significa che la loro efficacia si indirizzer innanzitutto su questa articolazione e solo successivamente, in modo meno incisivo, a livello dell'anca.Non comunque da escludere

che in alcuni casi la spasticit degli estensori prevalga su quella dei flessori, e l'atteggiamento globale dell'anca in questi pazienti sar quello dell'estensione.Sempre sul piano sagittale valutiamo ora i movimenti del ginocchio che, a partire dalla posizione anatomica, pu eseguire solamente un movimento di flessione, portando la tibia all'indietro.A volte le superfici articolari consentono anche qualche grado di iperesten-sione, che pu essere importante nell'analisi biomeccanica.In posizione di completa estensione, i vettori che rappresentano l'azione del Quadricipite e degli Ischio-tibiali sono quasi verticali: il primo leggermente inclinato anteriormente ed il secondo posteriormente.Se scomponiamo queste due forze tracciando le congiungenti con il centro dell'articolazione del ginocchio, osserviamo che quasi tutte le risultanti descrivono una potente azione stabilizzatrice nel senso dell'estensione, mentre solo una minima quota efficace (quella degli Ischio-tibiali) tende a spostare posteriormente la Tibia, e quindi a flettere il ginocchio (Fig. 13.6).Fig. 13.6 - Rappresentazione biomeccanica dell'articolazione del ginocchio sul piano sagittale. Nel disegno sono rappresentati il Retto anteriore e gli Ischio-tibiali con i relativi vettori e rettangoli biomeccanici.\p254Questo significa che, in caso di contrazione massimale di tutta la muscolatura satellite del ginocchio, quando questi in posizione di completa estensione l'atteggiamento prevalente sar quasi sempre quello di un rinforzo dell'estensione stessa. In realt, il paziente mieloleso si presenta spesso con il ginocchio flesso, e questo probabilmente accade per un motivo ben preciso, che deve essere collegato all'analisi del tono del fulcro prossimale (anca) che abbiamo gi osservato. Abbiamo detto che l'anca si atteggia spesso in leggera flessione, mettendo quindi in tensione la muscolatura posteriore, cio gli Ischio-tibiali.Il femore infatti si sposta in avanti, mentre il bacino rimane nella sua posizione naturale.Si crea quindi una tensione posteriore progressiva che si riflette sull'inserzione distale dei muscoli Ischio-tibiali, posta sulla superficie posteriore del piatto della tibia (Fig. 13.7).Questa tensione determina una facilitazione meccanica allo spostamento posteriore della tibia, cio una flessione del ginocchio.La flessione d'anca quindi favorisce la flessione del ginocchio.Questa prevalenza viene accentuata anche dalla progressiva esclusione del Quadricipite, che perde la sua efficacia sull'estensione del ginocchio man mano che l'anca si flette. Se invece l'anca tende ad essere estesa, il femore spostato posteriormente e l'inserzione prossimale degli Ischio-tibiali si avvicina a quella distale.La tensione dei flessori del ginocchio pertanto diminuisce.Biomeccanicamente si possono quindi osservare due atteggiamenti principali che uniscono l'anca e il ginocchio, e l'uno o l'altro prevalgono a seconda dei valori delle forze che entrano in gioco.Fig. 13.7- Soggetto in piedi, con un'anca flessa a 40 gradi. Si evidenzia la tensione dei muscoli Ischio-tibiali (posteriori) e l'azione efficace del Quadricipite femorale (anteriore).\p255La risultante conclusiva sar sempre o una doppia flessione o una doppia estensione.In passato, diverse teorie hanno descritto le sinergie flessone ed estensorie degli arti inferiori come se si trattasse della sola capacit motoria eseguibile dai centri midollari, svincolati dalla modulazione corticale.Una semplice analisi biomeccanica come quella descritta ci consente di interpretare il dato clinico anche in termini chinesiologici, per quanto riguarda l'atteggiamento degli arti inferiori del paziente mieloleso.Come sempre, la nostra riflessione integra le premesse neurofisiologiche con un ragionamento chinesiologico che ci consente di tenere nella giusta considerazione anche gli aspetti periferici legati alle patologie neurologiche, senza che ogni elemento vada forzatamente fatto risalire a meccanismi centrali di cui spesso non si riesce a provare l'autenticit.Sul piano sagittale, l'analisi dell'atteggiamento del piede forse la pi semplice, poich evidente lo squilibrio degli

elementi biomeccanicamente significativi a favore della flessione plantare, trattandosi di un movimento che nel cammino viene eseguito con un'intensit molto superiore alla flessione dorsale.L'azione viene svolta principalmente dal Tricipite surale e dal Tibiale posteriore, mentre i muscoli che esercitano un'azione efficace per il movimento di flessione dorsale sono il Tibiale anteriore, i Peronei, l'Estensore comune delle dita e l'Estensore proprio dell'alluce.Le rappresentazioni biomeccaniche relative a queste forze appartengono al gruppo delle leve del primo tipo, in cui il fulcro si interpone tra i punti su cui si applicano la potenza e la resistenza (Fig. 13.8).Il braccio della potenza maggiore per quanto riguarda l'azione dei flessori dorsali, ma il modulo vettoriale, cio la forza pura che realizza la contrazione del muscolo, nettamente favorevole al Tricipite surale. proprio questo dato che ci permette di vedere che, nel caso di un ipertono globale di tutti i muscoli satelliti delle articolazioni del piede, la risultante conclusiva sia una prevalenza del movimento di flessione plantare.Lo stesso ragionamento che abbiamo descritto per il ginocchio valido anche in questo caso.Abbiamo gi visto che, se l'anca flessa, il ginocchio tende anch'esso a flettersi, cio a portare la tibia all'indietro.Questo spostamento avvicina la superficie posteriore del femore alla superficie posteriore dal calcagno, cio detende i due punti su cui si inserisce la quota biarticolare del Tricipite surale (il Gastrocnemio).I due terzi della capacit di accorciamento di questo muscolo vengono quindi esclusi dalla flessione plantare (cos come accade al Quadricipite quando si flette l'anca), e rimane attivo solo il Soleo che, essendo mono-articolare, non condizionato dalla posizione di flessione o estensione del ginocchio.I flessori dorsali prevalgono sulla quota residua d'azione esercitata dal Tricipite surale, per cui questo movimento si combina alla flessione d'anca e di ginocchio che abbiamo gi descritto.Sul piano sagittale dunque molto interessante notare che si realizzano due atteggiamenti globali dell'arto inferiore a seconda di variabili anatomiche individuali e, soprattutto, in funzione dell'organizzazione neurofisiologica che il Sistema Nervoso Centrale elabora dopo l'evento che ha provocato la patologia.Il primo consiste nella estensione di anca e ginocchio, associata alla flessione plantare del piede; il secondo rappresentato dalla flessione dell'anca e del ginocchio, unitamente alla flessione dorsale del piede.Questo ragionamento, di natura prettamente biomeccanica, trova un preciso \p256 riscontro nella clinica che ogni giorno i pazienti mielolesi ci mostrano nel corso delle sedute riabilitative.Fig. 13.8 - Analisi biomeccanica del piede sul piano sagittale, visto dall'interno. Sono rappresentati il Tricipite surale ed il Tibiale anteriore con i relativi rettangoli biomeccaniciLa spasticit, che determina un aumento globale del lavoro di tutti quei muscoli che sono innervati al di sotto del livello lesionale, ha come effetto primario \p257 l'attivazione delle cosiddette sinergie patologiche dell'arto inferiore nel paraplegico: quella flessoria e quella estensoria.In questo paragrafo non abbiamo approfondito l'interessante studio dei muscoli addominali e del tronco, in particolare nell'analisi della postura seduta.Gli arti superiori difficilmente sono interessati dalla spasticit, poich questo presupporrebbe una lesione talmente alta da intaccare i centri nervosi integrati nel tronco dell'encefalo che, come sappiamo, sono sede di alcune funzioni vitali per l'organismo.Classificazione in funzione della disabilitLa riabilitazione ha come obiettivo principale il massimo recupero delle potenzialit motorie e funzionali dell'individuo, per cui vengono di solito utilizzati come riferimento quei livelli di autonomia che consentono al malato di vivere e di spostarsi senza l'aiuto di persone o di ausilii che vadano a colmare l'impossibilit di svolgere autonomamente determinati movimenti.Nel nostro caso, abbiamo individuato quattro livelli di lesione a cui corrispondono quattro gradi di autonomia relativa, e

conseguentemente quattro tipologie di progetto rieducativo differenti, che prevedono in alcuni casi anche ausilii specifici.Faremo sempre una descrizione di lesioni complete, mentre qualora ci si trovi in presenza di un danno midollare parziale, questo andr valutato singolarmente alla ricerca delle potenzialit motorie residue.A) La lesione meno grave quella che si colloca sul tratto lombare e da cui deriva un disturbo della motricit degli arti inferiori.Il paziente possiede integralmente la funzionalit degli arti superiori e della muscolatura del tronco, per cui non ha alcuna difficolt ad usare le mani e le braccia, cos come perfettamente in grado di controllare la postura seduta.Non riesce invece a muovere le gambe, ed per lui impossibile mantenere anche la stazione eretta, a meno che non vengano utilizzati ausilii che impediscano alle tre articolazioni principali degli arti inferiori (anca, ginocchio e caviglia) di flettersi.La caratteristica prevalente del tono muscolare sar in questo caso la flaccidit, poich ad essere distrutti saranno stati i motoneuroni direttamente collegati alle placche neuromuscolari.Il trofismo delle cosce e delle gambe diminuir progressivamente, ed il soggetto con una lesione a questo livello dovr esercitarsi a spostare gli arti inferiori con l'aiuto delle proprie braccia o di un accompagnatore, prevedendo eventualmente un'ortesi che impedisca alle gambe di piegarsi.B) Il secondo livello di lesione riguarda il rachide dorsale, nel tratto compreso tra D7 e D12.I muscoli flaccidi saranno quelli che si trovano nel tratto inferiore del tronco mentre, al di sotto della lesione, una certa quota di motoneuroni integri determiner lo scatenamento dell'ipertono verso i muscoli delle gambe e delle cosce.In questo caso ci troveremo in presenza di una paraplegia spastica con ipertono flessorio o estensorio.L'innervazione della muscolatura addominale si trova in prevalenza leggermente al di sopra di D6, per cui anche questi soggetti saranno in grado di mantenere autonomamente la posizione seduta ma, a differenza del gruppo inserito nel livello precedente, in questo caso l'ipertono condizioner negativamente gli spostamenti (e quindi l'autonomia generale), al punto da impedire a volte anche i trasferimenti pi semplici per via della comparsa di cloni.\p258C) Quando la lesione interessa i metanieri corrispondenti alle vertebre dorsali superiori a D6 iniziano i problemi anche a carico dell'equilibrio del tronco.Infatti, la distruzione dei motoneuroni collegati ai Retti dell'addome, agli Obliqui ed al Trasverso non consente al paraplegico di controllare il rachide, poich l'attivit di questi muscoli determina, in condizioni di normalit, la neutralizzazione delle forze che tendono a provocarne la caduta.Il tronco si viene cos a trovare in balia dell'azione gravitarla, che lo attira al suolo da qualsiasi direzione, senza avere la possibilit di opporre un'efficace contrazione muscolare riequilibratrice.Inoltre aumentano i distretti in cui presente la spasticit, ed anche questo un dato che limita l'autonomia dell'individuo.Iniziano a comparire disturbi di tipo respiratorio.D) La lesione midollare pi grave quella che interessa le vertebre cervicali, da cui deriva anche un disturbo della motricit degli arti superiori.In questo caso il mieloleso non sar pi classificato in termini di paraplegia, ma di tetraplegia, ed avr difficolt a realizzare correttamente i movimenti di tutti e quattro gli arti, nonch della muscolatura del tronco.Di solito i muscoli degli arti superiori si presentano ipotonici o addirittura flaccidi, poich sono proprio le cellule nervose ad essi collegate che sono state lese, mentre tutto il resto dell'apparato muscolare, dal tronco in gi, tendenzialmente ipertonico e scatena con facilit le proprie contrazioni in modo incontrollato e non funzionale.Possono anche essere presenti cloni che, oltre ad impedire la realizzazione del movimento finalizzato da parte dei distretti interessati, condizionano anche i movimenti di numerose altre articolazioni del corpo, ed a volte impediscono anche il mantenimento di una postura che altrimenti potrebbe essere ben controllata. raro che il

livello di lesione sia talmente alto da determinare un'interruzione del midollo che preservi l'integrit anatomica di alcune cellule nervose del tratto cervicale.Quindi difficile, anche se non impossibile, incontrare un tetraplegico che presenti ipertono agli arti superiori.La respirazione sar interamente a carico del Diaframma (innervato a livello C1-C2), mentre tutti i muscoli inspiratori ed espiratori accessori non potranno contribuire in alcun modo.Questi pazienti non possono modificare autonomamente la propria postura, e necessitano di apposite carrozzine su cui stare appoggiati senza poter contare su un lavoro attivo dei muscoli del tronco.Devono quindi essere carrozzine molto contenitive e realizzate perfettamente su misura.Gli spostamenti saranno possibili solo qualora sia rimasta una certa quota di movimento attivo alle mani o agli avambracci, da poter sfruttare per poter guidare la carrozzina, munita di un motore elettrico e predisposta allo scopo.Il riabilitatore dovr valutare attentamente l'entit ed il livello della lesione, per inquadrarne il grado di autonomia ed accompagnare il mieloleso nel suo processo di recupero funzionale, finalizzato al massimo reclutamento neuromuscolare ed al potenziamento della motricit residua per il suo miglior inserimento familiare, scolastico, lavorativo e sociale.Lesioni complete ed incompleteSui testi classici di riabilitazione, si legge spesso che le lesioni midollari complete determinano una riorganizzazione del tono muscolare nel senso dello \p259 schema flessorio, con una prevalenza dei muscoli agonisti nel movimento di flessione dell'anca, del ginocchio e della caviglia.Le lesioni incomplete sarebbero invece contraddistinte da una dominanza dello schema estensorio in cui anca, ginocchio e caviglia si atteggerebbero prevalentemente in una posizione di globale estensione.L'uso del condizionale appropriato, poich queste considerazioni, che effettivamente trovano la loro conferma nel corso del trattamento dei pazienti mielolesi, hanno dato l'occasione a molti ricercatori di studiare i motivi di ordine neurofisiologico che determinavano un simile effetto.Non tutti hanno tratto le medesime conclusioni.Gran parte del loro lavoro si orientato verso i meccanismi che stanno alla base della riorganizzazione del tono muscolare dopo una lesione, cercando di conoscere quali fossero le basi del recupero messe in atto dal Sistema Nervoso Centrale.Lo scopo era quello di individuare il modo migliore per inserire l'intervento riabilitativo, con un progetto che potesse essere d'aiuto ai malati facendone emergere tutte le risorse motorie e funzionali residue.Anche in questo caso, molti di essi hanno finito per trascurare gli aspetti chinesiologici del movimento in caso di esiti di patologie del Sistema Nervoso Centrale ed, a mio avviso, non sono stati adeguatamente considerati i numerosi aspetti che condizionano il movimento a seconda della dimensione quantitativa del danno.Le contraddizioni emerse nelle analisi diagnostiche, confrontate con la dominanza di uno schema flessorio o estensorio, ci dimostrano ancora una volta la necessit di completare lo studio con un'osservazione degli elementi biomeccanici che stanno alla base del sistema motorio complessivo.L'anatomia della sezione midollare stata a lungo studiata e classificata dai neurologi, che in molti casi hanno cercato di individuare un collegamento tra una certa superficie di sostanza grigia o di sostanza bianca ed una determinata funzione.Non staremo qui a ripetere questo tipo di analisi, anche perch non sempre c' stato accordo al riguardo, e proveremo invece a descrivere il paziente mieloleso in caso di lesione completa od incompleta a partire dall'osservazione della sua motricit e del suo livello di autonomia.Lesioni completeLa lesione completa quella che provoca la distruzione totale di una certa quota di midollo, per cui vengono interrotti anche i circuiti che collegano i livelli superiori a quelli inferiori.Dovremo dunque studiare gli effetti che ricadono sul tono nel caso in cui i muscoli siano collegati solo a quei motoneuroni che ora sono privi della necessaria modulazione proveniente dai centri sovralesionali.Questi motoneuroni scaricano

anarchicamente i propri impulsi sulle cellule muscolari, determinando una contrazione globale di agonisti ed antagonisti ogni volta che essi cercano di attivare un movimento.Quindi, a prescindere da ogni considerazione sul rapporto che pu esistere tra una specifica parte di sezione midollare ed un certo tipo di movimento (ad esempio flessione od estensione), il nostro riferimento biomeccanico sar costituito da un sistema di leve (le tre articolazioni degli arti inferiori) su cui agisce un certo numero di forze (i muscoli che le attraversano) atte a vincere le resistenze gravitazionali ed ambientali.Limiteremo l'analisi ad una lesione dorsale media, in cui tutti i gruppi muscolari degli arti inferiori sono spastici.\p260In posizione anatomica, cio ad anca e ginocchio estesi, con la caviglia flessa a 90 gradi, valutiamo l'azione dei principali muscoli sul piano sagittale.Si tratta del Grande Gluteo, del Quadricipite, dell'Ileo-Psoas, degli Ischio-tibiali, del Tricipite surale e dei flessori dorsali della caviglia (soprattutto il Tibiale anteriore).Ciascuno di questi gruppi pu essere sintetizzato da un vettore che ha caratteristiche proprie.Cerchiamo di mettere a confronto la rappresentazione vettoriale di questi muscoli in condizioni fisiologiche con quella che descrive l'azione degli stessi muscoli colpiti dalla patologia.Se il muscolo ipertonico, tre dei quattro elementi che distinguono un vettore dall'altro rimangono inalterati, mentre il modulo cambia, aumentando di conseguenza la dimensione lineare del segmento frecciato.Proponiamo di rappresentare questo aumento in proporzione alla lunghezza del vettore in un soggetto sano di corporatura media.A questo punto si possono ipotizzare diverse soluzioni, in funzione di alcune variabili individuali proprie di ogni individuo (le lunghezze dei bracci di leva e la forza muscolare precedente all'episodio lesionale).Un punto per comune in entrambi i casi: quando l'anca estesa, anche il ginocchio si porta pi facilmente in estensione, mentre quando essa flessa, chinesiologicamente facilitata anche la flessione del ginocchio.Il motivo principale per cui questo accade pu essere compreso sulla base dell'analisi biomeccanica dei muscoli flessori del ginocchio, gli Ischio-tibiali ed il Gastrocnemio, che abbiamo esposto nei paragrafi precedenti.Quando il ginocchio in posizione di completa estensione, la scomposizione delle forze relativa a questi due vettori rivela in entrambi i casi una quota coattante (che stabilizza l'articolazione) quasi uguale al modulo del vettore originario.Man mano che il ginocchio si flette, aumenta sempre pi la quota efficace che realizza uno spostamento posteriore della tibia (flessione), diminuendo la quota stabilizzatrice (Fig. 13.9).I muscoli Ischio-tibiali hanno la propria inserzione prossimale sul bacino, per cui attraversano anche l'articolazione dell'anca, essendo agonisti per il movimento di estensione.Questo significa che, in posizione di estensione dell'anca, la distanza che separa la loro origine prossimale dall'inserzione distale minore di quella che intercorre tra i due stessi punti in posizione di flessione.Pertanto, quando l'anca in estensione, la trazione esercitata dall'inserzione distale degli Ischio-tibiali minima mentre, man mano che l'anca si flette, essa aumenta progressivamente.Questo aumento porter il ginocchio a flettersi, aumentando il modulo della quota efficace nel senso della flessione, e determinando una facilitazione allo spostamento posteriore della tibia.Sul piano biomeccanico dunque, la flessione dell'anca favorisce la flessione del ginocchio.Lo spostamento posteriore della tibia determina un'altra importante conseguenza: l'avvicinamento dell'origine prossimale del Tricipite surale alla sua inserzione distale.Le fibre muscolari del Tricipite si detendono, modificando il rapporto tra agonisti ed antagonisti presente in posizione anatomica.Man mano che si flette il ginocchio, l'inserzione distale di questo muscolo si avvicina alla sua origine.Quando il soggetto in piedi, il tono di base dei flessori dorsali del piede, in equilibrio con i flessori plantari (di cui il principale il Tricipite), pertanto

avvantaggiato nel caso in cui il ginocchio sia flesso.\p261Fig. 13.9A Rappresentazione biomeccanica degli Ischio-tibiali e del Gastrocnemio sul piano sagittale relativamente all'articolazione del ginocchio.\p262Fig. 13.9 B - A movimento iniziato (40 gradi di flessione), si pu notare come si modifichino le lunghezze delle quote coattanti (stabilizzatrici) e delle quote efficaci (flessone) dei due gruppi muscolari.\p263Se c' un aumento globale del tono di base (tipico del paziente mieloleso), quindi evidente che sia proprio questo movimento a prevalere.La triplice flessione degli arti inferiori dunque uno schema motorio che si realizza per via di un sistema biomeccanico costituito da leve, forze e resistenze.Sempre in caso di lesione midollare completa, i termini del ragionamento si possono proporre anche per lo schema estensorio, poich un'estensione dell'anca porta il femore posteriormente, e questo finisce per ridurre in modo significativo la tensione degli Ischio-tibiali e del Gastrocnemio, che favorisce la flessione del ginocchio.Quando l'articolazione estesa, aumenta la quota stabilizzatrice dei muscoli suddetti, che rinforza l'azione gi di per s importante esercitata dal Quadricipite nel movimento di estensione.L'estensione del ginocchio comporta un allontanamento dell'origine prossimale del Gastrocnemio dalla sua inserzione distale, quindi un aumento della tensione a cui sono sottoposte le cellule del Tricipite surale.Questo favorisce il movimento di flessione plantare della caviglia, cosa che effettivamente accade nel caso in cui ci si trovi in presenza di una prevalenza dello schema estensorio.Lesioni incompleteSi intende per lesione incompleta un danno del midollo che non lede completamente la sezione midollare sul piano orizzontale, consentendo quindi una quota residua di flusso delle informazioni in uscita ed in entrata.L'interruzione pu essere relativa sia alla sostanza grigia che alla sostanza bianca, e le dimensioni del territorio neuronale ancora integro saranno proporzionali alla capacit del soggetto mieloleso di controllare autonomamente in modo corretto una certa quota di movimento volontario attivo.Maggiore l'estensione della superficie lesa e pi grave sar il danno a carico del movimento. quindi possibile disegnare una sezione di midollo sul piano orizzontale su cui rappresentare l'entit del danno, ed avere quindi un'idea indicativa sulla sua gravit e sul potenziale residuo che potremo osservare nel paziente.Esiste per anche un'altra dimensione delle lesioni midollari, che non meno importante di quella orizzontale, ed costituita dall'estensione verticale del tratto di rachide coinvolto.La lesione pu estendersi anche per diversi metameri, disturbando l'attivit afferente ed efferente di numerose radici, ed ovvio che pi ampio il territorio di neuroni colpito dalla malattia e pi grave sar il danno motorio a carico del paziente.L'immagine precisa del danno neurologico pu essere osservata su rappresentazioni nei piani sagittale e frontale.La valutazione del soggetto mieloleso, finalizzata a conoscere quali siano le sue quote motorie residue, va riferita alle principali funzioni che si collegano all'autonomia.Trattandosi quasi sempre di un disturbo dei muscoli degli arti inferiori, l'oggetto pi importante da valutare il cammino.In molti casi i pazienti, pur non riuscendo a camminare autonomamente, presentano alcuni movimenti attivi che possono eseguire sotto il controllo della volont. dunque importante, soprattutto nel periodo immediatamente successivo all'esordio della patologia, conoscere quali muscoli si trovano sotto questo controllo e quali invece subiscono un'alterazione del tono.\p264Il soggetto viene sdraiato e gli si chiede di compiere alcuni semplici movimenti segmentari: flettere dorsalmente la caviglia, piegare la gamba, alzare tutto l'arto mantenendolo esteso, abdurre l'anca e, dopo avergli flesso le ginocchia con la pianta dei piedi in appoggio sul lettino, aprire e chiudere le gambe con un movimento composto di abduzione ed extrarotazione, adduzione ed intrarotazione.In caso di lesione incompleta, emergeranno certamente alcune quote di movimento volontario attivo.Per capire se questi

movimenti possono essere effettivamente funzionali all'esecuzione di qualche attivit motoria utile ai fini dell'autonomia del paziente, occorrer valutare se questi in grado di ripeterli pi volte, anche in condizioni sfavorevoli rispetto alla gravit ed opponendo una minima quota di resistenza manuale.Si possono anche utilizzare le manovre classiche del test muscolare.Un altro elemento importante da osservare la qualit del movimento, cio la capacit di reclutare correttamente le unit motorie senza che vengano coinvolti in modo riflesso anche altri gruppi muscolari.L'impossibilit di contrarre isolatamente alcune fibre senza determinare la contrazione di altri muscoli collegati indica un disturbo pi grave, mentre molto positiva la facolt di selezionare singolarmente le contrazioni.C' poi la dimensione quantitativa del danno, cio il numero degli agonisti integri e quelli che invece hanno subito un'alterazione del tono.Abbiamo detto in precedenza che esiste un collegamento fra le lesioni incomplete e la prevalenza dello schema globale estensorio.A questo riguardo, ritengo che la motivazione principale possa consistere in una maggiore funzionalit dell'estensione rispetto alla flessione nelle attivit pi importanti relative all'autonomia.Un arto inferiore flesso non utile per camminare, e neppure per mantenere la stazione eretta, mentre invece la prevalenza di uno schema estensorio, per quanti problemi possa dare durante la fase oscillante del passo, non incompatibile con la deambulazione.Succede quindi che i pazienti in grado di eseguire qualche movimento volontario si eserciteranno spontaneamente con movimenti di estensione globale degli arti inferiori, mentre ricercheranno molto meno quelli che si collegano allo schema flessorio.Pu essere un'ipotesi empirica, che per costituisce una valida risposta agli interrogativi che emergono quando, in caso di lesioni diverse, osserviamo quasi sempre una riorganizzazione del movimento secondo il medesimo schema.In termini riabilitativi, non possibile comprendere cosa unisce una lesione incompleta della porzione anteriore del midollo ad una della porzione posteriore, un danno della sostanza bianca o della sostanza grigia che pu interessare i motoneuroni dei flessori o degli estensori, quasi sempre a vantaggio di una prevalenza dello schema estensorio.Sarebbe pi logico osservare ogni volta un quadro diverso, a seconda del tipo e dell'entit della lesione.L'esercizio che autonomamente e durante la seduta riabilitativa esegue ogni paziente senza dubbio un elemento importante che favorisce l'estensione globale degli arti inferiori, indiscutibilmente pi utile al soggetto mieloleso ai fini della stazione eretta e della deambulazione.I disturbi della sensibilitUno degli elementi che viene a giusta ragione considerato utile per capire precocemente l'entit della lesione la valutazione della sensibilit.\p265Non si tratta di un test risolutivo, ma importante per conoscere il livello somatico fino a cui il paziente riferisce di percepire correttamente le stimolazioni sensitive provenienti dall'ambiente.Non un dato assoluto, soprattutto nel caso di una lesione incompleta, poich pu accadere che il soggetto abbia un danno concentrato prevalentemente nella quota anteriore o posteriore della sezione midollare sul piano orizzontale.Non quindi possibile rilevare clinicamente una relazione diretta tra le quote residue motorie e sensitive: semplicemente un elemento indicativo.L'anatomia ci fornisce precise informazioni in merito al decorso dei nervi periferici sulla cute, ed quindi facile avvalersi degli atlanti anatomici per ricercare le aree in cui esiste ancora una sensibilit integra e quelle in cui iniziano a presentarsi i problemi di riconoscimento o di localizzazione. (Si veda a proposito il cap. 6).Presso quasi tutti i servizi riabilitativi vengono utilizzate schede di valutazione in cui disegnato il soggetto sul piano frontale visto anteriormente e posteriormente, con i dermatomeri (cio le superfici cutanee collegate ad una coppia di radici nervose che escono da un preciso metamero midollare) tracciati in entrambe le rappresentazioni (Fig. 13.10 e Fig. 13.11).Fig.

13.10- Immagine frontale anteriore delle aree cutanee collegate a specifiche radici nervoseFig. 13.11- Immagine frontale posteriore delle aree cutanee collegate a specifiche radici nervose\p266Le prove vengono quasi sempre eseguite dall'esaminatore attraverso la somministrazione di test di riconoscimento:a) del punto su cui viene effettuata una leggera compressione con un oggetto appuntito,b) ricercando la capacit del soggetto di distinguere una sorgente calda o fredda (utilizzando provette con acqua calda o ghiaccio),c) sottoponendolo ad alcune prove di riconoscimento della vibrazione provocata da un diapason e,d) a volte, richiedendogli di riconoscere ad occhi chiusi una certa posizione in cui viene posto l'arto inferiore nello spazio.La scheda prevede di solito uno spazio in cui viene specificato il tipo di sensibilit verso cui il paziente dimostra una migliore o peggiore capacit di percezione, ed a volte si presume di attribuire ad una certa modalit sensitiva un valore pi o meno significativo rispetto alle altre.Gli studi condotti sulla sensibilit da Melzack e Wall, di cui facciamo cenno anche nel capitolo n. 5, ci dimostrano che questa procedura non affatto logica, poich non vero che esista una specificit assoluta delle strutture preposte alla trasmissione afferente delle informazioni ambientali, di qualsiasi natura esse siano.Non sono specifici i recettori cutanei, non lo sono le fibre nervose collegate alle corna posteriori del midollo, e non lo sono neppure i cordoni midollari di sostanza bianca, cos come le strutture del Sistema Nervoso Centrale.Esiste invece una fisiologia differenziata di ciascuna struttura, in cui ogni suo elemento contraddistinto da una diversa soglia di eccitabilit, uno specifico tempo necessario per l'adattamento (quindi la cessazione nella trasmissione dell'impulso), ed una differente modalit nella trasmissione dell'impulso stesso in funzione della dimensione quali-quantitativa dello stimolo.Ciascun elemento solo preferenziale per una certa modalit sensitiva, ma non possibile associarlo rigidamente ad un certo tipo di sensibilit.Il tatto, il caldo, il freddo, la vibrazione, il dolore, sono modalit che rispondono all'esigenza di semplificare la neurofisiologia sensitiva.In realt, i recettori, le fibre, i cordoni del midollo ed anche i centri del Sistema Nervoso Centrale agiscono su ogni forma di sensibilit, avendo in rapporto a ciascuna di essa uno specifico livello di preferenzialit.Non dunque corretto somministrare prove di riconoscimento di singole tipologie sensitive, cos come non corretto impostare una strategia rieducativa basata su esercizi finalizzati al recupero della sensibilit in questo modo.Le ragioni di tutto questo sono indicate dettagliatamente nel capitolo 4.La proposta valutativa e rieducativa pi adeguata, nel rispetto della fisiologia del sistema sensitivo, deve dunque prevedere prove multimodali, in cui il riconoscimento deve essere rivolto ad oggetti o a superfici che possiedano il maggior numero possibile di caratteristiche sensitive che erroneamente vengono ancora oggi appositamente frazionate.Le indicazioni significative per la valutazione del paziente mieloleso saranno relative al territorio cutaneo su cui le informazioni vengono percepite correttamente, senza esaurirsi dopo pochi stimoli, potendo essere riconosciute anche variando una o pi caratteristiche, modificando la posizione o la pressione con cui l'oggetto viene posto a contatto della cute.Tutta l'area in cui il paziente presenta difficolt nell'eseguire alcune di queste prove indica che da quel livello in su la funzionalit del sistema sensitivo integra, mentre inferiormente ad esso si trovano alcuni ostacoli che impediscono una corretta trasmissione degli impulsi.L'indicazione analitica delle varie modalit sensitive e l'eventuale difficolt a carico del riconoscimento di uno o dell'altro tipo di sensibilit non sono pertanto utili ai fini dell'ipotesi riabilitativa da proporre al paziente mieloleso.\p267La sensibilit come strumento diagnosticoAlla luce di quanto affermato nel paragrafo precedente, la valutazione della sensibilit viene eseguita

principalmente attraverso le mani dell'esaminatore, che possono inviare messaggi afferenziali polimodali, essendo in grado di trasmettere stimoli meccanici, termici, dolorifici ed anche vibratori.L'esaminatore dovr toccare una certa parte del corpo del soggetto e chiedergli di descrivere il tipo di contatto nel modo pi preciso possibile.Ovviamente hanno una grossa importanza il riconoscimento del momento in cui inizia lo stimolo, la capacit di discriminare se questo stimolo ricopre una superficie pi o meno ampia di cute ed anche la sua intensit.Perch venga definita integra, la struttura sensitiva deve poter mantenere le stesse caratteristiche di adattamento presenti nel soggetto sano, cio lo stimolo deve poter essere riconosciuto anche dopo numerosi tentativi ripetuti.Il test va eseguito in senso disto-prossimale, cio a partire dai piedi e risalendo fino a che non possibile descrivere una superficie completa attorno al corpo del paziente in cui la sensibilit sia completamente conservata.L'eventuale difficolt nell'identificare uno specifico tipo di afferenze va semplicemente segnalata, senza per che si possa ricavarne un significato assoluto n in senso diagnostico n come indicazione terapeutica.Cerchiamo ora di descrivere sommariamente le superfici cutanee (i dermatomeri) corrispondenti alle radici nervose degli specifici metameri midollari.Partiamo dal piede.La pianta e tutta l'area posteriore del calcagno fino a circa met della gamba sono innervate dalle radici del livello S1, mentre le dita e la superficie dorsale dell'avampiede sono a carico di L5, cos come l'area anterolaterale della gamba.La porzione antero-mediale della gamba innervata dalle radici corrispondenti ad L4 e, risalendo in direzione prossimale, tutta la superficie posteriore della coscia si collega al midollo attraverso le radici di S2, mentre la sua quota anteriore divisa in due parti: una superiore innervata da L2 ed una inferiore da L3.In linea generale, anche l'area del bacino pu essere suddivisa in due parti: una anteriore collegata al midollo attraverso le radici di L1 ed una posteriore in cui i recettori della cute trasmettono gli impulsi afferenti ai livelli sacrali (S1-S4).Anche la sensibilit negli organi genitali sacrale (S3-S4).Il tronco forse l'unica parte del corpo in cui la distribuzione della sensibilit ha un rapporto diretto con il livello metamerico su cui si trovano le radici nervose. quindi possibile disegnare una mappa somatica su cui vengono tracciate tante linee orizzontali corrispondenti alle radici che si collegano alle superfici cutanee delimitate.Inferiormente si trovano i livelli D12, D11, D10, poi, risalendo, si arriva all'inizio dell'arto superiore in corrispondenza di superfici innervate dai metameri D3, D2 e D1.Le superfici palmare e dorsale della mano vengono innervate dalle radici di C6, C7 e C8 a partire dal primo verso il quinto dito, la porzione radiale dell'avambraccio a carico di C6 e quella ulnare collegata a D1.Anche il braccio diviso in due parti: quella mediale in rapporto con il midollo attraverso le radici di D2, quella laterale con G5.La zona superiore del cingolo scapolare, anteriormente a livello della clavicola e posteriormente al di sopra della spina della scapola, sono a carico di C4, mentre tutta l'area del collo innervata da C3 (Fig. 13.12 e Fig. 13.13).A questo punto non sar difficile collegare i dati emersi dalla valutazione della sensibilit ed i livelli corrispondenti alla fisiologia del sistema sensitivo somatico per cui, anche sul piano clinico, si potr ipotizzare con una certa precisione il \p268 livello dell'interruzione midollare, almeno per quanto riguarda la sua porzione posteriore.La comparazione del test sensitivo con i risultati dell'esame motorio, permetteranno di avere tutti gli elementi utili al fine della formulazione di un corretto ed adeguato piano riabilitativo, mirato al recupero della funzionalit e dell'autonomia del paziente mieloleso.Fig. 13.12 Immagine frontale anteriore delle aree cutanee collegate a specifiche radici nervose, con indicazione del livello dei dermatomeriFig. 13.13 Immagine frontale posteriore delle aree cutanee

collegate a specifiche radici nervose, con indicazione del livello dei dermatomeriParaosteopatieSi tratta di un problema molto frequente nei pazienti mielolesi che, pur non essendo direttamente collegato al danno neurologico, interferisce tuttavia in modo rilevante con l'esecuzione del movimento ed anche nel mantenimento delle posture, per cui merita di essere trattato in un paragrafo a parte.Le paraosteopatie (alcuni le chiamano paraosteoartropatie) sono formazioni di tessuto osseo o cartilagineo che si insinuano nei pressi delle articolazioni principali degli arti inferiori, condizionando l'escursione articolare possibile per il movimento dei fulcri interessati.\p269Sul piano biomeccanico si crea un attrito che comporta un aumento delle resistenze intra-articolari, determinando una limitazione dello scorrimento delle superfici ossee.Il pi importante tra i problemi provocati dalle paraosteopatie per il dolore.I pazienti mielolesi riferiscono quasi sempre dolore durante il movimento delle articolazioni in cui si sono formate queste calcificazioni, condizionando il percorso rieducativo e costringendo spesso il soggetto ad assumere farmaci analgesici.Le articolazioni pi colpite sono l'anca ed il ginocchio, anche se non rara la presenza delle paraosteopatie a livello delle articolazioni tibiotarsiche.L'analisi chinesiologica nello studio del movimento in caso di patologia del Sistema Nervoso Centrale sempre stata condotta su fulcri articolari normali, considerando le articolazioni nella loro totale integrit, e quindi non valutando mai eventuali resistenze a carico dello scorrimento delle superfici articolari, oppure dovute alla comparsa del dolore.Questo fenomeno cos importante da poter costringere il paziente all'interruzione degli esercizi riabilitativi e della rieducazione al cammino.Sono state fatte numerose ipotesi sull'origine delle paraosteopatie e, a quanto ci risulta, nessuna di esse ha per ora fornito ragguagli certi, utili a creare le condizioni per poterle prevenire.Sembra per che ci sia un elemento comune a molti pazienti in cui si sono formate le paraosteopatie, che si collega direttamente alla mobilizzazione passiva delle articolazioni degli arti inferiori.Abbiamo incontrato spesso una relazione diretta tra la comparsa delle paraosteopatie ed una storia riabilitativa basata su mobilizzazioni passive forzate delle articolazioni.Sembra cio esserci un collegamento tra la forzatura dei blocchi articolari, utilizzata in sostituzione dei movimenti volontari attivi, e la formazione di questi nuclei di tessuto osseo.Questo aspetto pu essere molto importante sia per il riabilitatore che per chi si occupa dell'assistenza del paziente. assolutamente necessario cercare di evitare la mobilizzazione passiva forzata, soprattutto durante gli spostamenti che autonomamente esegue il soggetto mieloleso.Una volta presenti, le paraosteopatie possono essere rimosse chirurgicamente, ma non sempre questa soluzione risolve il problema in modo radicale e definitivo, per cui la prevenzione rimane l'unica risposta efficace a questo delicato ed importante ostacolo presente nel percorso riabilitativo del paraplegico.Le manovre terapeutiche che espongono pi facilmente il paziente al rischio di paraosteopatie sono gli esercizi di triplice flessione, di abduzione ed adduzione da supino e di flessione del ginocchio ad anca estesa da prono.Quando il soggetto con mielolesione si trova ancora nella fase acuta della malattia, cio nei primissimi mesi dopo il suo esordio, il tono muscolare quasi totalmente assente, e si riorganizza progressivamente nel corso delle settimane, fino ad assumere le caratteristiche che abbiamo descritto nei primi paragrafi di questo capitolo.Durante questa prima fase necessario prestare le maggiori attenzioni agli esercizi rieducativi, che dovranno prevedere anche mobilizzazioni passive, e che quindi possono esporre il paziente al rischio di favorire la formazione delle paraosteopatie.L'esecuzione corretta degli esercizi senza forzare il normale range articolare si impone anche per non rischiare di provocare danni alle strutture periarticolari.Nel caso in cui le paraosteopatie

siano gi presenti, oltre all'ipotesi chirurgica, \p270 l'indicazione riabilitativa quella di selezionare gli esercizi nel rispetto del dolore e della limitazione articolare provocata dalle formazioni di tessuto osseo.Ogni tentativo di sbloccare le resistenze o di chiedere al paziente di resistere al dolore provocato, non trova un adeguato riscontro in termini di beneficio a vantaggio del malato.I disturbi associatiAccenniamo brevemente ad alcuni disturbi che accompagnano i pazienti con lesione midollare.Non si tratta di problemi direttamente collegati al movimento, tuttavia la loro presenza incide profondamente nella qualit della vita del paraplegico, e finiscono quindi inevitabilmente per influire su tutte le sue dimensioni sociali.Si tratta dei disturbi dell'apparato uro-genitale e dell'apparato digerente che, essendo costituiti da organi innervati dal midollo nei suoi livelli inferiori, vengono quasi sempre interessati in caso di mielolesione, qualunque sia la sede su cui si inserisce la patologia.I disturbi dell'apparato uro-genitale si possono presentare sotto due aspetti: ritenzione o incontinenza, mentre per quanto riguarda l'apparato digerente, i problemi collegati ad una lesione midollare si manifestano con una riduzione o uno spasmo della motilit gastrica ed intestinale, il cui effetto pi frequente pu essere costituito da un blocco organico.Vi sono poi i disturbi della sessualit, collegati al disturbo urogenitale.Nella relazione terapeutica che il riabilitatore instaura con i pazienti durante il lungo percorso rieducativo, si tratta di problemi che spiccano nelle conversazioni, rappresentando una delle difficolt che pi preoccupano la prospettiva dei malati in termini di qualit della vita.Per quanto riguarda l'incontinenza, c' da augurarsi che si tratti di un fenomeno collegato alla fase acuta, cio di una riduzione dell'attivit del muscolo Sfintere, ipotonico in conseguenza della lesione midollare.Quando sta per concludersi il periodo di flaccidit, il paziente dovrebbe iniziare a controllare attivamente in modo progressivo la fuoriuscita di urina.Se questo non accade, l'incontinenza pu anche essere destinata ad accompagnare la vita del mieloleso in modo definitivo, non essendo pi possibile un collegamento nervoso con la struttura muscolare preposta al controllo della minzione.Pi frequente il fenomeno della ritenzione, cio l'ipertono dello Sfintere, che non permette all'urina di uscire fisiologicamente dalla vescica, generando disturbi dovuti al sovraccarico di liquido, con possibilit di risalita dagli ureteri dell'urina stessa e probabili infezioni vescicali e renali.Questo problema si aggrava nel caso in cui la spasticit condizioni anche il secondo muscolo della minzione, il Detrusore, la cui contrazione determina una compressione di tutta la vescica, favorendone lo svuotamento.La simultanea contrazione spastica del Detrusore e dello Sfintere pu creare grossi problemi e disturbi al paziente.In questi casi per possibile insegnare tecnicamente al soggetto a rilassarsi in modo autonomo, con l'aiuto della respirazione, in modo da favorire una detensione muscolare generale.Anche la pressione manuale e leggere percussioni esercitate dallo stesso paziente su punti precisi posti in corrispondenza della superficie cutanea pi vicina alla vescica possono favorire la normalizzazione del tono dello Sfintere.I problemi a carico dell'apparato digerente sono prevalentemente collegati al blocco intestinale, per cui pu essere indicato consigliare al paziente di eseguire \p271 tecniche specifiche, finalizzate a favorire il flusso fecale, seguendo il decorso dell'intestino, in particolare nei tratti in cui si trovano il colon trasverso e discendente.Al riguardo, sono utili pressioni circolari mantenute, realizzate alternativamente da entrambe le mani in senso orario che aiutano meccanicamente le feci ad avanzare nella corretta direzione, premendo con il palmo della mano ed aiutandosi con il torchio addominale realizzato con una forte pressione espiratoria, bloccando l'uscita dell'aria (trasferendo quindi tale pressione a livello addominale) attraverso una contrazione statica dei Retti, degli Obliqui e

del Trasverso dell'addome (Fig. 13.14).Fig. 13.14 Direzione del massaggio per favorire il flusso fecale verso l'esternoI problemi di natura sessuale non interessano direttamente il riabilitatore, ma vanno comunque conosciuti per potersi accostare a questi pazienti seguendo una visione globale del percorso rieducativo.Una dimensione cos importante nella vita della persona non pu essere trascurata dal personale sanitario, anche perch spesso diviene l'oggetto del dialogo tra il malato e chi si occupa della riabilitazione del movimento.Piaghe da decubitoUn altro elemento che condiziona il movimento del paziente affetto da mielolesione l'eventuale presenza di piaghe o ulcere conseguenti al mantenimento prolungato di posture che comprimono i tessuti molli gi provati dalla patologia nelle loro normali funzioni e nel trofismo.L'ipotonia di alcuni gruppi muscolari, a seconda del livello della lesione e della sua entit, favorisce l'instaurarsi dei decubiti, poich il tessuto muscolare si lascia comprimere pi facilmente dal peso corporeo e conseguentemente vengono schiacciati tutti i capillari che garantiscono l'apporto nutritivo necessario alle strutture periferiche.\p272 per soprattutto laddove l'osso si trova a diretto contatto con la cute ed il sottocute che pi facilmente e pi precocemente assistiamo a questo ulteriore problema, che pu aggravare anche in modo rilevante le gi numerose difficolt provocate dalla malattia.Il decubito inizia a manifestarsi con un semplice arrossamento della cute, che assume sempre pi un colore violaceo simile ad un ematoma.Nella fase successiva si rompe il tessuto cutaneo, dopo che si sono formate piccole vescicole in corrispondenza dell'area compressa.La piaga tende poi ad allargarsi, fino a descrivere una superficie sempre pi ampia e profonda che, nei casi pi gravi, arriva perfino a scoprire il tessuto osseo.Le zone su cui pi frequente l'instaurarsi dei decubiti si trovano in corrispondenza dell'osso sacro, del gran trocantere femorale e dei talloni.A volte, nei pazienti con lesione cervicale o dorsale alta, si possono manifestare anche in corrispondenza della spina della scapola e dei processi spinosi dorsali.Ovviamente, la miglior terapia in questi casi la prevenzione basata sull'eliminazione delle cause, che si ottiene impedendo al soggetto di rimanere nella stessa posizione per un periodo troppo lungo, alternando le diverse posture cos che la compressione non gravi sempre sulla stessa superficie cutanea.In particolare occorre limitare il pi possibile la posizione supina, posturando opportunamente il paziente ora su un fianco ora sull'altro, cercando anche di isolare le aree su cui pi facile che si formino decubiti con protezioni circolari atte ad ampliare la superficie su cui si distribuisce il carico.Un'altra cosa importante quella di evitare che il paziente venga fatto strisciare sul lenzuolo durante gli spostamenti, poich l'attrito pu danneggiare la cute ed il sottocute. molto meglio cercare di modificarne la postura utilizzando il lenzuolo stesso e trazionandolo da un lato all'altro del letto, per aiutare il malato a portarsi in decubito laterale.Quando iniziano a presentarsi i primi arrossamenti, diviene necessario anche massaggiare l'area interessata, cercando di favorire un maggiore e migliore afflusso sanguigno che rallenti l'evoluzione del decubito, in attesa di un recupero dell'autonomia motoria del malato e della ripresa di un sufficiente tono muscolare.Questi problemi compaiono quasi sempre durante la fase acuta della patologia, in cui il paziente si muove autonomamente molto poco ed il tono di base dei muscoli praticamente nullo.Quando il malato inizia a mantenere la posizione seduta per un sufficiente periodo di tempo, essi si risolvono quasi sempre in modo definitivo, poich il carico non rappresenta pi un pericolo per le aree a rischio.A volte sar dunque necessario accelerare le tappe del percorso riabilitativo in modo da proporre al paziente il pi precocemente possibile questa postura che, tra l'altro, costituisce anche un buon esercizio per il miglioramento del controllo della muscolatura del tronco, e rappresenta una conquista importante nella relazione con le

attivit del proprio ambiente familiare, ed eventualmente scolastico o lavorativo.RespirazioneI problemi respiratori sono frequentissimi nei pazienti mielolesi e, a seconda del livello e della gravit della lesione, possono assumere un rilievo di importanza assoluta per la qualit della vita di questi malati.Per valutare correttamente l'entit del danno respiratorio e cercare quindi di individuare le proposte pi efficaci, necessario ancora una volta analizzare i \p273 meccanismi biomeccanici e chinesiologici che intervengono ad ogni atto respiratorio.L'obiettivo quello di studiare le alterazioni che sono intervenute dopo l'esordio della mielolesione, cercando di identificare le strategie terapeutiche pi adatte a ripristinare, per quanto possibile, una buona funzionalit ventilatoria.Abbiamo detto in precedenza che i pazienti mielolesi si ammalano quasi sempre attraverso un episodio traumatico, e questo accade prevalentemente a soggetti di et giovane o adulta.Le strutture dell'apparato respiratorio in queste persone sono nella maggior parte dei casi perfettamente integre, gli alveoli funzionano bene e gli scambi gassosi avvengono normalmente.Non faremo quindi riferimento alle indicazioni riabilitative da consigliare al paziente affetto da broncopneumopatia cronica ostruttiva o da sindrome restrittiva, limitando l'analisi alla dimensione biomeccanica della respirazione: i muscoli respiratori, il rachide, le coste, il bacino.La respirazione si articola in diversi momenti, che si possono riassumere in due gruppi: l'inspirazione e l'espirazione.L'espirazione un fenomeno che viene definito passivo , anche se il termine non del tutto corretto.L'inspirazione invece un'azione attiva della muscolatura in possesso delle caratteristiche chinesiologiche che favoriscono l'introduzione dell'ossigeno nelle cavit polmonari.L'entrata e l'uscita dell'aria nelle vie aeree si realizza con un'azione coordinata di apertura e chiusura della gabbia toracica che, sollevandosi, aumenta il proprio volume interno, mentre abbassandosi ritorna alle sue dimensioni normali, con un volume interno inferiore.Quando le coste si sollevano, si crea dunque una depressione alveolare che richiama aria dalle narici o dalla bocca, fino ad un certo momento in cui la pressione esercitata dall'aria stessa non raggiunge un punto in cui uguale a quella presente nell'ambiente esterno (punto di ugual pressione).Tutto questo appartiene alla fase inspiratoria che, come vedremo, pu a sua volta essere suddivisa in due parti.I recettori che registrano la percentuale di ossigeno e anidride carbonica nel sangue indicano in questo preciso punto al Sistema Nervoso Centrale che deve aver inizio la seconda fase, l'espirazione, consistente in un rilasciamento dei muscoli inspiratori e conseguente abbassamento delle coste e della gabbia toracica.La forza di gravit quindi l'elemento attivo che determina la fase espiratoria, mentre i muscoli inspiratori che agiscono come potenza sulle leve costituite dalle articolazioni costo-vertebrali e costo-trasversarie vanno analizzati nella loro sequenza temporale di intervento.Fase inspiratoria costituita da due momenti distinti: nel primo si contrae il principale tra tutti i muscoli respiratori, il Diaframma, abbassando il proprio centro frenico ed aumentando di conseguenza il volume verticale della cavit polmonare; nel secondo interviene lo stesso Diaframma, insieme agli altri muscoli inspiratori che si inseriscono a livello costale, determinando un sollevamento della gabbia toracica, con conseguente innalzamento delle coste ed aumento dei volumi anteroposteriore e latero-laterale del torace.II Diaframma un muscolo a forma di cupola che separa la cavit toracica da quella addominale (Fig. 13.15).Biomeccanicamente possiamo osservare che i suoi punti di inserzione sono \p274 da un lato il centro frenico (cio il suo punto pi alto, che si trova nei pressi dell'imbocco esofageo e tracheale) e dall'altro tutta la circonferenza costale su cui egli invia le proprie terminazioni tendinee.Il primo dei due momenti va analizzato considerando come punto fisso la sua inserzione costale, mentre il punto mobile

rappresentato dal centro frenico.Per comodit di rappresentazione scegliamo il piano frontale, anche se potremmo studiare questa azione su qualsiasi piano passante per l'asse verticale.Inseriamo un'immagine anche sul piano orizzontale ripresa dall'alto, poich altrimenti sarebbe difficile comprendere che i vettori efficaci in questa funzione biomeccanicamente complessa sono potenzialmente tantissimi, disseminati sui punti che costituiscono la circonferenza costale su cui si inserisce il Diaframma (Fig. 13.16).Sul piano frontale ne analizziamo solo due, nei punti della circonferenza di massima lateralit.Fig. 13.15 - Il torace ed il Diaframma\p275Fig. 13.16 A - Immagine del diaframma sul piano frontale visto anteriormente; nella seconda figura sono rappresentati anche due vettori.\p276Fig. 13.16 B - Immagine del Diaframma sul piano orizzontale visto dall'alto, con alcuni vettori rappresentanti le forze che ne descrivono l'azione.Questi vettori originano nel centro frenico, si dirigono esternamente e verso il basso, hanno un modulo importante ed il verso rivolto inferiormente (Fig. 13.17).In questa analisi non abbiamo un punto di riferimento articolare, poich lo spostamento verso il basso del centro frenico non modifica la posizione di alcun segmento osseo, per cui procediamo allo studio biomeccanico del vettore attraverso una scomposizione che ci aiuti a capire il movimento diaframmatico relativamente all'aumento del volume polmonare verticale.A partire dall'origine del vettore tracciamo pertanto una prima quota che ci indica la discesa della cupola muscolare, ed una seconda quota che conseguentemente ne risulta.Non dimentichiamo che questi due vettori sono solo la visualizzazione di ci che accade a 360 gradi per tutto l'arco della circonferenza costale, per cui dobbiamo \p277 immaginare la rappresentazione biomeccanica come una successione di segmenti verticali sovrapposti, ed una sequenza di raggi orizzontali che partono tutti dal punto di origine del vettore e si dirigono verso l'arcata costale (Fig. 13.18).Fig. 13.17- Analisi del Diaframma sul piano frontale con un vettore. La scomposizione delle forze viene in questo caso eseguita tracciando un segmento orizzontale ed uno verticale, cio senza inviare una congiungente verso il centro del fulcro articolare di riferimentoFig. 13.18 - Il Diaframma in un'immagine tridimensionale, su cui sono tracciate anche le quote orizzontali e verticali che risultano dopo la scomposizione di forze di un certo numero di vettoriLe leggi della fisica ci suggeriscono che pi forze applicate su un punto rivolte nella stessa direzione, determinano un vettore che si applica sullo stesso punto in cui sono applicate le forze, segue la loro stessa direzione, ha il medesimo verso ed un modulo uguale alla somma di tutti i moduli analizzati.Sul piano orizzontale che passa per il centro frenico, ogni quota che si allinea con quella opposta viene annullata, mentre sul piano verticale abbiamo una risultante estremamente significativa, che rivela uno spostamento del centro frenico verso il basso.\p278La conseguenza che ne deriva pertanto un aumento del volume verticale della cavit polmonare, con successiva depressione alveolare e quindi richiamo di aria dall'esterno.Le resistenze che limitano questa discesa del centro frenico sono essenzialmente costituite dal grado di comprimibilit delle strutture viscerali che stanno al di sotto del Diaframma e che, man mano che scende il centro frenico stesso, esercitano una forza crescente che pu essere rappresentata come un vettore verticale applicato sui visceri con il verso rivolto in alto (Fig. 13.19).Fig. 13.19 - Pressione ascendente esercitata dai visceri compressi dalla discesa del Diaframma. Il vettore indica la forza che essi realizzano nel corso dell'atto inspiratorioQuando il modulo dei due vettori descritti diviene uguale, questo primo momento della fase inspiratoria si conclude, ed inizia il movimento vero e proprio della gabbia toracica, caratterizzato da un aumento di tutti i volumi polmonari.Per analizzare correttamente lo spostamento provocato dalla progressiva contrazione del Diaframma, dobbiamo in questo caso considerare come punto \p279 fisso il centro

frenico, e come punto mobile le sedi su cui il Diaframma si inserisce a livello costale.E dunque su questi punti che vanno applicati gli infiniti vettori che andiamo ora a studiare.Prima di descriverne le caratteristiche, per necessario individuare il fulcro della leva su cui si realizza il movimento, in modo da poter eliminare le quote ininfluenti ai fini del movimento stesso.Le articolazioni che entrano in gioco quando si alzano e si abbassano le coste sono numerose, in pratica tutte quelle che collegano le coste alle vertebre dorsali, cio le articolazioni costo-vertebrali e costo-trasversarie.Per semplificare l'analisi individuiamo un punto medio lungo il tratto dorsale su cui invieremo la congiungente che va esclusa nella valutazione chinesiologica, tenendo presente che ogni articolazione andrebbe analizzata singolarmente in relazione a ciascuna forza che la attraversa. L'analisi viene eseguita sul piano sagittale.Consideriamo tre vettori applicati sulle coste: uno a met della rappresentazione, uno su un punto posteriore ed uno anteriore. Il vettore pi vicino al rachide dorsale (posteriore) segue una direzione che lo porta in alto ed in avanti, quello intermedio verticale, con il verso rivolto in alto, mentre quello anteriore inclinato leggermente all'indietro (Fig. 13.20).Inviamo tutte e tre le congiungenti che collegano le origini vettoriali al punto medio del rachide dorsale, che abbiamo individuato come fulcro della leva. Le quote che risultano tendono tutte a spostare la gabbia toracica in alto ed in avanti, sollevando le coste e lo sterno, ed aumentando quindi tutti i diametri del torace, per consentire una maggior depressione intratoracica e conseguentemente una pi efficace inspirazione (Fig. 13.21).Fig. 13.20 - Gabbia toracica rappresentata sul piano sagittale con tre vettori che indicano la forza agente su tre punti dell'arcata costale: uno anteriore, uno intermedio ed uno posteriore. Si possono notare le differenti direzioni vettoriali\p280L'inspirazione quindi chinesiologicamente e biomeccanicamente una fase costituita da due momenti distinti, con forze diverse che intervengono in successione temporale per consentire all'ossigeno di entrare nelle cavit polmonari (Fig. 13.22).Fig. 13.21 -Analisi biomeccanica del Diaframma, considerando i tre punti del disegno precedente nella loro azione rispetto all'articolazione costituita dai corpi vertebrali di D6 e D7. Le quote coattanti si dirigono verso l'articolazione, mentre quelle efficaci des

crivono un'elevazione dell'arcata costale.Fase espiratoriaL'espirazione chinesiologicamente una fase passiva solo perch non coinvolge alcun intervento diretto di gruppi muscolari, a meno che essa non avvenga in modo forzato.La forza che la determina la gravit, che tende a riportare la gabbia toracica \p281 verso il basso riducendo i diametri antero-posteriore e latero-laterale del torace.Si modifica quindi il volume polmonare, e l'aria entrata negli alveoli ricca di ossigeno pu uscire nuovamente all'esterno per essere sostituita nel successivo atto inspiratorio.In realt c' anche un'altra forza che interviene all'inizio della fase espiratoria, ed la spinta proveniente dai visceri, rappresentata da un vettore a direzione verticale con il verso rivolto in alto (Fig. 13.19).Nell'analisi della fase inspiratoria abbiamo considerato come inizio del secondo momento il punto in cui la discesa del nervo frenico viene perfettamente controbilanciata dalla forza ascendente costituita dalla pressione esercitata sui visceri.Nell'espirazione, quando la contrazione del Diaframma diminuisce progressivamente di intensit e quindi si riduce il modulo vettoriale della forza da esso rappresentata, prevale l'azione prodotta dalla pressione viscerale, cio una forza ascendente che riporta il nervo frenico nella sua posizione originaria.Fig. 13.22 - Gabbia toracica sul piano frontale con due vettori che descrivono le forze pi esterne del Diaframma sull'arcata costale. La scomposizione di forze si ottiene inviando una congiungente all'articolazione costituita dai corpi vertebrali di D6 e D7.\p282Sono dunque due le forze che determinano l'espirazione (che non pu quindi essere definita fase passiva ), anche se nessuna delle due ha un'origine muscolare. opportuno ricordare che la coordinazione di tutti i momenti che intervengono nella respirazione, in una corretta sequenza temporale, viene guidata dai recettori che rilevano la percentuale di ossigeno e di anidride carbonica nel sangue. il Sistema Nervoso Centrale che sovrintende tutte le funzioni in cui implicato il movimento umano, e quindi anche la respirazione, attraverso il lavoro di centri integrati a livello del tronco dell'encefalo.La respirazione nel mielolesoI malati che presentano una lesione midollare hanno spesso anche disturbi respiratori, soprattutto se la lesione si trova al di sopra del livello in cui sono innervati i muscoli intercostali che svolgono una funzione inspiratoria accessoria.Si tratta delle lesioni che determinano un'interruzione della trasmissione nervosa a livello cervicale o dorsale, mentre quelle lombari non provocano di solito questo tipo di disturbo.Chinesiologicamente l'inspirazione viene determinata dalla contrazione del Diaframma, ma partecipano ad essa anche numerosi altri muscoli che hanno un'inserzione sulle coste e l'origine su un'altra struttura dell'apparato muscolo-scheletrico che appartiene al cingolo scapolare.Nell'analisi biomeccanica abbiamo descritto la funzione del Diaframma, che da solo in grado di sollevare le coste in modo sufficiente a garantire una buona inspirazione ma, nella norma, le coste vengono sollevate anche attraverso un'azione sinergica di questi muscoli, che non vanno quindi trascurati.II Diaframma innervato dalle primissime radici cervicali, che hanno i loro motoneuroni nei pressi dei centri su cui si trovano i regolatori di alcune funzioni vitali per l'organismo, quali il cuore, i polmoni e l'intestino.Una lesione midollare a questo livello diviene pertanto incompatibile con la conservazione di queste funzioni vitali, per cui i pazienti mielolesi che riescono a superare la fase acuta della patologia presentano sempre un'interruzione che si trova almeno di qualche metaniero al di sotto di esso, a meno che non sia parzialmente danneggiato il nervo frenico, provocando una diminuzione funzionale del principale muscolo inspiratore.Anche il pi grave dei tetraplegici pu dunque contare su una sufficiente contrazione attiva del Diaframma.I muscoli accessori hanno invece diversi livelli di innervazione, in alcuni casi collegati al midollo attraverso le ultime radici cervicali, in altri attraverso le prime dorsali.Una lesione

midollare dorsale alta, o addirittura cervicale, impedir quindi a questi inspiratori di concorrere a sollevare la gabbia toracica in sinergia con il Diaframma.Questo comporta diverse conseguenze, prima fra tutte una precoce stancabilit del paziente mieloleso che, pi alto il livello della lesione, e pi potr contare solo sul Diaframma per inspirare.Si provoca quindi un'iperattivit diaframmatica, sia per quanto riguarda il lavoro che deve eseguire per ciascun atto inspiratorio (dovendo da solo sollevare le coste), sia perch non pu alternare la propria azione con quella di altri muscoli, essendo l'unico in grado di eseguire una funzione che va necessariamente esercitata ventiquattro ore su ventiquattro.Se la lesione distrugge i neuroni midollari corrispondenti alle prime vertebre dorsali, uno dei primi muscoli inspiratori accessori che subiscono un danno funzionale il Gran Pettorale.Se il danno relativo alle ultime vertebre cervicali vengono progressivamente interessati il Piccolo Pettorale, il Gran Dentato postero-superiore e poi, risalendo \p283 ancora, arriviamo agli Scaleni ed allo Sternocleidomastoideo, che viene innervato dalle radici pi vicine a quelle che si collegano al Diaframma (Fig. 13.23).Anche l'espirazione pu essere eseguita dall'azione di alcuni muscoli espiratori accessori, che sommano la loro azione a quella della gravit di cui abbiamo parlato in precedenza.Si tratta di quei gruppi muscolari che uniscono le porzioni inferiori delle ultime coste al bacino: i Retti dell'addome, gli Obliqui ed il Trasverso.La contrazione di questi muscoli abbassa la gabbia toracica provocando un'espirazione forzata in cui si abbassano le coste, ma favorisce anche l'inspirazione attraverso un'azione di schiacciamento dei visceri che mette il Diaframma nelle condizioni ideali per fissare precocemente il centro frenico ed anticipare l'inizio del sollevamento costale.Gli addominali sono quindi muscoli importanti per entrambe le fasi respiratorie, ed essendo innervati dalle radici dorsali medie, una loro riduzione funzionale comporter anche una maggior difficolt del paziente sia a svuotare completamente le cavit alveolari dei gas ormai privi di ossigeno, sia a costruire le condizioni ideali per favorire l'inspirazione.Fig. 13.23 -Alcuni muscoli inspiratori accessori. Si osservano il Gran pettorale, gli Scaleni, lo Sternocleidomastoideo, il Gran dentato postero-superiore\p284BibliografaAA.VV., Encyclopedie Medico-Chirurgicale. Edizioni Mediche Cappa.Ambrosino N., Valutazione e Trattamento Riabilitativo in Patologia Respiratoria. Ed. Marrapese, Roma, 1986. Anthony C.P., Kolthoff N.J., Fondamenti di Anatomia e Fisiologia dell'Uomo. Ed. Ambrosiana,Milano, 1971. Bourcier A., Jusserand J., Michelet J., Chinesiterapia nella Pratica Reumatologica. Ed. Marrapese, Roma, 1980. Brombley I., Tetraplegia e Paraplegia. Libreria Editrice Fiorentina, Firenze, 1979. Cailliet R., Il Dolore Lombo-Sacrale. Ed. Lombardo, Roma, 1984. Cambier J., Masson M., Dehen H., Neurologia. Ed. Masson, Milano, 1988. Carpenter M.B., Neuroanatomia. Ed. Piccin, Padova, 1977. Collana Photobook, L'assistenza Cardiologica. Ed. Piccin, Padova, 1987. Collana Photobook, L'assistenza Respiratoria. Ed. Piccin, Padova, 1987. Delmas A., Vie e Centri Nervosi. Ed. U.T.E.T. - Masson, Torino, 1971. Eisingbach T., Klumper A., Biedermann L., Fisioterapia e Riabilitazione Sportiva. Ed. Marrapese, Roma, 1989. Farneti P., Terapia Fisica e Riabilitazione (1), (2). Ed. Wassermann, Milano, 1972.Fattirolli F., Aggiornamenti in Riabilitazione del Cardiopatico. Ed. Marrapese, Roma, 1990. Fazio C. - Loeb C, Neurologia (1), (2). Societ Editrice Universo, Roma, 1977. Formica M. M. e coll.; Trattato di Neurologia Riabilitativa (1), (2), (3). Ed. Marrapese, Roma, 1985. Freddi A., De Grandis D., Neurofisiopatologia e Riabilitazione. Ed. Marrapese, Roma, 1991. Ganong W.F., Funzioni del Sistema Nervoso. Ed. Piccin, Padova, 1973.Gaskell D.V., Webber B.A., Guida Alla Fisioterapia Respiratoria. Ed. Raffaello Cortina, Milano, 1980. Grassino A., Fracchia C, Rampulla C, Zocchi L., Respiratory Muscles in Chronic Obstructive Pulmonary Disease. Ed. Springer Verlag, Montescano (PV), 1988. Grossiord A., Held J.P.,

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alla gestione specifica di alcun tipo di movimento, ma del movimento controlla l'organizzazione globale. Il cervelletto coordina, compone e facilita, armonizzandole, le prestazioni delle strutture nervose pi direttamente deputate al controllo dell'apparato locomotore.[2] Da questo punto di vista si leggano, nel capitolo 16, i risultati, mai soddisfacenti, degli esperimenti per evidenziare una rappresentazione somatotopica corticale nel cervelletto, oppure per qualificare l'attivit delle Cellule di Purkinje secondo vettori che indicassero il loro coinvolgimento nel determinare la direzione e la forza di un movimento meccanico (vettori di Georgopulos).Si potrebbe portare ad esempio un'orchestra musicale: qualunque osservatore volesse considerare l'orchestra come una sommatoria di strumenti si troverebbe in difficolt nell'assegnare un ruolo al direttore; dopo vari tentativi, sarebbe costretto ad ammettere che (il direttore), pur non suonando alcuno strumento, parte fondamentale dell'orchestra che dirige e governa con le proprie capacit.Questo esattamente ci che bisogna comprendere del cervelletto: partecipa in modo determinante alla globalit del movimento come coordinatore, senza essere legato alla cinetica di nessun momento motorio in particolare.\p288Con gli sviluppi recenti degli studi, anche la terminologia della semeiotica cerebellare divenuta insoddisfacente e termini come atassia o tremore d'intenzione assumono un significato troppo generico e francamente inadeguato per esprimere le sfumature semeiologiche della patologia cerebellare.Pur essendo ancora alla base della neurofisiologia clinica, la terminologia tradizionale ha generato, anche etimologicamente, una serie di definizioni pi dettagliate, che da essa traggono origine ma che ad essa aggiungono qualcosa in ogni nuovo termine, indicando le varie sfumature di significato necessarie ad esprimere le attuali conoscenze sulla complessit del danno cerebellare.Il presente capitolo cerca di classificare questa moderna terminologia secondo precise corrispondenze cliniche e semeiologiche.Il capitolo suddiviso in quattro parti: la prima riguarda il movimento ed i suoi disturbi atassico/dismetrici, la seconda riguarda i disturbi posturali e del tono muscolare, la terza il ruolo del cervelletto nell'apprendimento motorio correlato sia alla postura che al movimento. Una quarta parte, solamente accennata, riguarda il tremore. Pur essendo una manifestazione tipica e molto comune nelle patologie cerebellari, il tremore verr trattato separatamente in un capitolo apposito, poich manifestazione chiave in moltissimi danni cerebrali e sintomo di sofferenza di differenti strutture del SNC.PARTE PRIMA IL MOVIMENTO E L'ATASSIAAspetti clinici e ruolo del cervelletto nell'origine del movimento, dell'atassia e del tremoreAtassia una parola con significato generico, di utilizzo comune quando si voglia indicare la destrutturazione del gesto [3]. Un gesto si destruttura per due motivi: [3] Gesto: Movimento che sottolinea uno stato d'animo, un'intenzione, un proposito, oppure esegue una particolare azione . Devoto Oli, Vocabolario illustrato della Lingua italiana, Milano, 1980. Il gesto un movimento complesso, composto di un numero variabile di movimenti elementari armonicamente intrecciati fra loro. Un movimento elementare dato dalla contrazione di un gruppo di muscoli agonisti che muove, rispetto ad un fulcro (un'articolazione), due segmenti corporei (ossa). Vedere anche l'introduzione del libro.- quando non sono pi presenti i giusti rapporti armonici spaziali e temporali, fra l'attivit degli agonisti e degli antagonisti.- quando non esiste pi il corretto rapporto temporo-spaziale fra controllo posturale sensitivo (visivo, labirintico e propriocettivo) e attivit dell'apparato locomotore.La micrografia pu essere un esempio (fra i pi semplici) di atassia spaziale, i movimenti meccanici di un robot (industriale) sono un esempio di atassia temporale, i movimenti esplorativi di una persona bendata possono lontanamente ricordare un'atassia sensitiva.L'atassia ha una doppia origine:- centrale: se la programmazione del gesto ad essere deficitaria. Il problema in questo

caso quasi sempre cerebellare, assai di rado corticale. Se corticale legato ad un danno della corteccia frontale.- sensoriale: quando sono le afferenze sensitive a non fornire al progetto centrale di movimento le indispensabili informazioni spazio-temporali e propriocettive.\p289 necessario puntualizzare che solamente i disturbi con danno a livello dei fasci sensitivi del SNC possono essere definiti atassia nel senso inteso da Holmes. L'atassia presuppone infatti una integrit dei circuiti midollari orizzontali.Nelle importanti polineuropatie, in cui il danno a carico delle vie afferenti del sistema nervoso periferico, possibile osservare un evidente disturbo dismetrico, ma senza le caratteristiche di sussultoriet della atassia.Un esempio di dismetria la classica andatura zampettante (cos definita poich ricorda il razzolare delle galline), tipica della sindrome di Charcot-Marie-Tooth. In questo tipo di andatura, gli arti inferiori si muovono con movimenti esageratamente ampi, ma globalmente armonici.Questo disturbo caratteristico anche di patologie quali la neuropatia diabetica e non va classificato fra le atassie [4].[4] Vi tuttavia un gruppo di malattie familiari, degenerative del Sistema Nervoso Centrale: le eredoatassie, in cui i disturbi cordonali posteriori, causa di atassia, si associano a deficit del sistema nervoso periferico, causa di dismetria.Le manifestazioni cliniche dell'atassia centrale sono la dismetria e la sussultoriet del movimento.Le manifestazioni cliniche della atassia sensoriale variano a seconda dei canali sensoriali danneggiati.Se sono danneggiate le vie spinali proprio ed esterocettive, si avr un'andatura a base allargata, con slancio in avanti incoordinato degli arti inferiori durante il cammino (Tabe dorsale, sindrome di Freidrich).Se ad essere danneggiate sono le vie visive, si avranno movimenti sussultori di continuo ripuntamento della mira, diversi dal tremore, che un movimento armonico e non sussultorio.Se ad essere danneggiate sono le afferenze labirintiche, si avr la prevalenza di una base d'appoggio molto allargata ed una serie di problemi posturali che richiamano, esagerandola, l'andatura dell'ubriaco.In neurologia clinica gli esempi pi eclatanti di atassia sono dati: per l'atassia sensoriale proprio ed esterocettiva dalla Tabe dorsale [5] e dalle atassie spino-cerebellari, presenti soprattutto in una serie di patologie ereditarie con danno delle afferenze spino-cerebellari; per l'atassia centrale, gli esempi pi eclatanti sono dati dai disturbi cerebellari dinamici di coordinazione visuo-motoria [6].[5] l'atassia cordonale posteriore legata alla Sifilide midollare (Tabe dorsale), malattia ormai scomparsa, nel mondo occidentale ma molto comune e grave fino alla met del XX secolo.[6] Si intendono come disturbi cerebellari dinamici quelli riguardanti le alterazioni del movimento, come disturbi cerebellari statici quelli riguardanti le alterazioni del tono o della postura.I primi tentativi di quantificare il deficit che caratterizza il gesto atassico risalgono ad Holmes (1939) il quale, in un esperimento passato alla storia, chiese ad un paziente con danno del cervelletto sinistro di premere, con entrambi gli arti superiori, due molle di eguale forza poste orizzontalmente davanti alle sue braccia.L'insieme dell'atto motorio (cio dei vari movimenti che compongono un gesto) veniva registrato dall'incisione su due cilindri rotanti affumicati (uno per lato). L'incisione era eseguita da uno stilo fissato su ciascun polso del paziente. Il cilindro era nero e lo stilo, togliendo il nero del fumo, disegnava una linea corrispondente alla posizione dei polsi, sia durante la contrazione isotonica (ovvero la compressione delle molle che rappresentava il movimento vero e proprio) sia durante la contrazione isometrica (il mantenimento delle molle schiacciate) dove si possono osservare movimenti oscillatori di aggiustamento. Il risultato fu limpidissimo e, come possibile vedere nella figura, l'atassia era stata quantificata secondo una logica ancora oggi valida ed utilizzata.La figura mostra come il gesto effettuato dal braccio normale (quello destro, \p290 non legato all'emicervelletto

danneggiato) inizi prontamente il movimento, proceda velocemente e armonicamente fino al punto finale (molla schiacciata). In questo punto il braccio sano riesce a mantenere una contrazione isometrica corretta con ridottissimi micromovimenti di aggiustamento. Il braccio atassico al contrario (quello sinistro, legato all'emicervelletto danneggiato) inizia tardivamente il gesto, si muove con lentezza e sussultoriamente verso lo scopo, inserendo nel movimento malfatto anche alcune componenti di tremore (zona cerchiata in rosso nella figura). Se raggiunge la posizione finale (in cui mantenere una contrazione isometrica) riesce a svolgere questo compito con difficolt e con ampie oscillazioni (patologiche), di aggiustamento intorno alla posizione ideale.Fig. 14.1 - Registrazione di Holmes (1939), spiegazione nel testo. Notare, cerchiato in rosso sull'arto sinistro momento di tremore.L'esperimento di Holmes, nonostante sia stato il primo in assoluto e compia ormai sessanta anni, contiene tutti i concetti necessari a quantificare semeiologi-camente, anche ai nostri giorni, il problema dell'atassia. Questi concetti possono essere elencati come segue:1. inizio del gesto ritardato 2. esecuzione rallentata 3. esecuzione sussultoria (disarmonica)4. dismetria, ovvero difficolt a raggiungere con precisione il bersaglio 5. difficolt a mantenere una posizione ferma nello spazio (a mantenere cio una corretta contrazione isometrica di agonisti e antagonisti).Questi cinque punti, individuati rispetto ad un movimento volontario generico (ricordiamoci che l'esperimento di Holmes venne effettuato nel 1939) rimangono fermi nella descrizione dell'atassia anche oggi, che la descrizione biomeccanica del movimento volontario si fatta asssai pi raffinata, riconoscendo tre tipi fondamentali di movimento volontario:- Movimenti volontari rapidi: movimenti balistici .- Movimenti volontari propriamente detti.- Movimenti volontari lenti .Ciascuno di questi riconosce identici circuiti di programmazione e di esecuzione, ma i diversi tempi inseriscono differenti variabili neurofisiologiche, che incidono sostanzialmente sulla qualit del gesto.\p291Il movimento balistico, per esempio, probabilmente un movimento normale , reso automatico dal continuo allenamento che ne consente un'esecuzione molto rapida.In qualunque tipo di movimento volontario secondo la moderna classificazione, in presenza di un danno cerebellare, sono riscontrabili uno o pi dei cinque disturbi di moto alla base dell'atassia individuati da Holmes.Movimenti balistici un gesto volontario rapidissimo, che si completa in meno di 200 millisecondi: un tempo troppo breve per apportare modifiche o correzioni durante l'esecuzione motoria.Nel gesto balistico, progetto, inizio ed esecuzione costituiscono un pacchetto unico che, se si avvia, si sviluppa per intero (cos come stato progettato), senza possibilit di interferenze. I tempi minimi di una reazione volontaria sono superiori ai 200 millisecondi, quindi assolutamente ininfluenti su una esecuzione cos veloce. Questo movimento, il cui valore risiede evidentemente nella rapidit, provato e verificato dall'esercizio continuo e ripetitivo: non necessita di alcun correttivo; basta un segnale trigger ed esplode in tutta la sua collaudata rapidit e precisione.Il gesto balistico consta di tre fasi meccaniche fondamentali:1. L'attivazione dei muscoli agonisti (con correlata inibizione dei muscoli antagonisti se sono in attivit all'esplodere del gesto: inibizione reciproca). Questa fase ha una durata approssimativa di 100 millisecondi.2. L'attivazione dei muscoli antagonisti. Questa avviene subito dopo l'attivazione degli agonisti.L'attivazione degli antagonisti pi lunga, avviene pi lentamente e dura pi a lungo rispetto all'attivazione degli agonisti.Questa fase ha un effetto di servofreno o di volano sui movimenti attuati dagli agonisti, ne addolcisce gli aspetti bruschi e riduce le differenze cinetiche, favorendo l'armonia, la sincronia ed il ritmo del gesto nella sua globalit.3. Seconda attivazione dei muscoli agonisti: avviene negli ultimi istanti del gesto balistico. Al momento non se ne conosce il significato funzionale, ma

potrebbe essere un meccanismo ulteriore per ridurre le possibili oscillazioni legate all'attivazione sfasata di agonisti e antagonisti.L'organizzazione del gesto balistico pianificata, per forza di cose, prima dell'inizio del movimento (dato questo ben dimostrato da diverse ricerche di laboratorio).Hore, Wild e Diener (1991) hanno dimostrato che il pattern di un movimento balistico rimane immutato anche a fronte di una completa deafferentazione sensitiva (che pu verificarsi, per esempio, in gravi neuropatie).Il dato orienta verso una origine esclusivamente centrale del movimento balistico.L'azione del cervelletto in questo caso si esplica modellando la durata e la sensibilit dei riflessi spinali all'interno di una sequenza gestuale.Questo aspetto noto con la definizione di timing cerebellare.Il cervelletto svolge la sua azione di timing sui meccanismi riflessi spinali, attraverso le vie reticolospinali e vestibolospinali.Senza questa influenza, gli alfa e i gamma motoneuroni sarebbero assai pi sensibili alle sollecitazioni meccaniche dell'apparato locomotore e molto meno alle sollecitazioni delle vie discendenti, legate ai progetti motori che devono essere messi in atto.Il timing condiziona la reflessologia spinale, subordinandola il pi possibile ad una espressivit motoria complessa e finalizzata, quale quella legata al gesto volontario deciso a livello cerebrale.\p292Ci non significa che il sistema nervoso periferico ed il midollo spinale vengano completamente privati del loro ruolo.La regolazione midollare pura del gesto balistico si limita ad una modulazione del progetto motorio che si innesca solamente a fronte di una situazione potenzialmente dannosa. Tale regolazione non ha nulla a che fare con lo scopo finale del movimento: serve solamente a proteggere l'integrit fisica dell'organismo.Si pu affermare che il cervelletto agisce come un mixer con gli strumenti musicali durante un concerto: combina le varie possibilit di movimento (fra cui anche, ma non solo, i riflessi spinali) tenendo conto di una logica finalistica che sintetizza, in un unico risultato motorio, le necessit del movimento volontario, automatico e riflesso.Un danno del cervelletto indebolisce profondamente questa operazione di mixaggio e integrazione e probabilmente decollega il fine logico dal gesto stesso, lasciando solo il movimento, reso cos assai sensibile alle possibili modificazioni contingenti richieste dalla sola reflessologia midollare o dagli automatismi posturali del tronco.In un danno cerebellare, il movimento balistico si modifica come segue:1. La durata della prima attivazione dei muscoli agonisti pi lunga: ci probabilmente la causa della ipermetria del cerebellare (cio dell'andare oltre il bersaglio a cui mira il progetto motorio). interessante, ma senza spiegazione, osservare che il paziente non in grado di correggere l'ipermetria nemmeno variando il progetto motorio. Non serve che punti ad un bersaglio immaginario situato pi vicino del bersaglio reale; la sua mira continuer a rimanere ipermetrica.2. Vi un disordine della inibizione muscolare reciproca fra agonisti ed antagonisti. Nel normale, se un antagonista attivo all'inizio di un movimento, viene sempre inibito prima dell'attivazione dell'agonista che inizia il movimento balistico desiderato. Nel danno cerebellare l'attivit dell'antagonista, se presente, persiste durante e dopo l'attivazione dell'agonista, fenomeno questo che nei soggetti sani non si verifica mai.3. La attivazione della muscolatura antagonista ritardata, la durata della sua attivit globale pi breve e la loro disattivazione pi rapida. Il primo fenomeno non semplicemente la conseguenza del tempo di attivazione prolungato per gli agonisti. Il ritardo di attivazione degli antagonisti maggiore, anche in termini assoluti. Questi disordini contribuiscono alla ipermetria in maniera sostanziale.4. La latenza della seconda scarica degli agonisti anch'essa ritardata.5. La velocit con cui si innescano le sequenze motorie che fanno parte del gesto differente. Nel paziente cerebellare, l'inizio del movimento balistico pi lento ed il rallentamento della fase terminale del gesto pi rapido

rispetto al normale (Hore, Wild and Diener 1991). (Vedi figura 14.2).Il prolungato periodo di accelerazione (inizio pi lento del gesto balistico) verosimilmente legato alla prolungata fase di attivazione iniziale degli agonisti (punto 1), mentre la decelerazione finale pi rapida, probabilmente in rapporto alla pi breve (rispetto al normale) attivazione degli antagonisti o ad un ritardo nell'inizio della seconda scarica degli agonisti. Questo porta ad una inversione dei normali tempi di esecuzione motoria: il tempo per raggiungere la velocit massima pi lungo di quello per tornare in condizioni di riposo: questo fatto probabilmente alla base delle continue oscillazioni (frenage) e tremore osservati nel paziente cerebellare.I disturbi della base neurofisiologica del gesto balistico portano ai seguenti disturbi funzionali di tipo cinetico.1. I movimenti eseguiti in reazione ad uno stimolo (per ora studiati sperimentalmente solo a livello di stimoli visivi) hanno un tempo di reazione pi lungo: sono ritardati, in media, di 70 millisecondi.2. Vi ipermetria: i movimenti tendono cio ad andare oltre il bersaglio verso cui sono mirati.3. Vi , sovrapposto all'atassia, un tremore costante sia nel tragitto del movimento balistico (tremore cinetico), sia quando il gesto ha ormai raggiunto il bersaglio e si innesca la fase finale, di precisione, in cui il gioco di agonisti e antagonisti deve mantenere attivamente una posizione immobile (tremore di intenzione, frenage della semeiotica neurologica).Il tremore cinetico [7] legato ad un deficit nell'effetto di freno dinamico degli antagonisti durante l'esecuzione del movimento.[7] Si definisce tremore cinetico un fenomeno che si manifesta durante il movimento, tremore intenzionale quello evidente quando si mantiene una posizione di precisione (tipo indicare con il dito indice), tremore posturale quello che si manifesta al solo mantenere una posizione corporea. Naturalmente il tremore a riposo si ha in posizione di riposo con ampia base di appoggio.Il tremore di intenzione collegato ad un difetto di stabilizzazione articolare, conseguente alla errata attivazione di agonisti ed antagonisti.Nel soggetto normale, al raggiungimento del bersaglio, le articolazioni si stabilizzano dopo una o due microoscillazioni; nel paziente cerebellare le oscillazioni sono molto pi ampie e continuano per lungo tempo, causando il frenage ed il tremore di intenzione (Brown et al. 1991; Harlett et al 1991; Hore Wild and Diener 1991) (figg. 14.3 e 14.4).\p294Fig. 14.2 - Attivit di agonisti e antagonisti in un paziente cerebellare (Blu). Notare come la durata di attivazione dell'agonista sia maggiore nel paziente cerebellare (freccia verde), mentre la rapidit con cui il muscolo entra in azione (pendenza della prima riga blu) (indicata dalla retta ocra) nelle tracce in alto sia minore. L'antagonista inizia la sua azione in ritardo nel paziente cerebellare e si disattiva pi rapidamente (riga ocra) nelle tracce inferiori (frenage). Questa successione temporale alla base del tremore cerebellare. (Da Hore, Wild e Diener, modificata).Fig. 14.3 - Dall'alto verso il basso si osserva la posizione dell'arto superiore nello spazio: l'azione del Bicipite e del Tricipite rispettivamente allo stiramento del Tricipite (colonna di destra) e del Bicipite (colonna di sinistra). Si noti come la continua oscillazione dell'arto nello spazio sia legata all'alternarsi dell'attivit di Bicipite e Tricipite nel paziente cerebellare (riga blu) mentre nel paziente normale l'oscillazione si smorza immediatamente, cos come l'attivit dei due muscoli (riga rossa) (Da Vili e Hore 1980, modificata)Se si ritorna all'attivit biomeccanica ed elettromiografica, possibile osservare che il tremore di tipo cerebellare ha un origine proprio in questo alterato rapporto temporale agonisti/antagonisti. Osservati nel tempo, i due gruppi di muscoli non mostrano pi una logica di attivazione finalizzata: essi rispondono probabilmente solo ai riflessi da stiramento spinali, innescati dalla contrazione della muscolatura ad azione antagonista.Il tipico tremore cerebellare si presenta a tre cicli al secondo, ampio ed irregolare. Nella teoria sul

ruolo del cervelletto nel controllo del movimento (Ito 1984), questo tremore sarebbe (come l'atassia) il risultato di una capacit di timing autonoma del midollo spinale, molto pi elementare e primitiva di quella del cervelletto, ma che rimasta l'unica possibilit a disposizione del paziente cerebellare.Lo stesso tipo di tremore riscontrato negli esperimenti di laboratorio, quando i nuclei cerebellari, particolarmente il nucleo dentato, vengano inattivati attraverso raffreddamento.I movimenti volontari propriamente dettiViene eseguito in tempi superiori ai 200 millisecondi, necessari per portare a compimento un movimento balistico ed al contempo un movimento programmabile e con un preciso momento di inizio. Ci lo differenzia dai movimenti lenti che non hanno un inizio preciso non sono programmabili ed hanno tempi di esecuzione molto lunghi. Nel movimento volontario, fra lo stimolo al movimento e l'azione motoria si interpone un piccolissimo lasso di tempo necessario per la programmazione del gesto medesimo.Gli studi sul movimento volontario sono stati effettuati attraverso la seguente analisi del movimento complesso delle dita della mano (Ivry, Keele e Diener 1988; Inhoff et al. 1989).In una serie di prove a complessit crescente, viene richiesto al soggetto di premere un tasto con il dito indice come prima prova, di premere il tasto prima con l'indice poi con l'anulare come seconda prova, mentre come terza prova il tasto deve essere premuto in successione, col dito indice, anulare e medio.\p295Allungando la sequenza, nel soggetto sano si osservano due ordini di fenomeni differenti.Primo fenomeno: il tempo di reazione iniziale aumenta all'aumentare della lunghezza della sequenza. Si ritiene che ci sia la conseguenza del fatto che, aumentando la complessit e la lunghezza del gesto, necessario pi tempo per richiamare o organizzare la sequenza di ordini motori da inviare ai motoneuroni. Ci provoca un allungamento dei tempi fra il segnale di partenza e l'inizio del movimento biomeccanico. Il fenomeno noto con il nome di effetto sequenza.Secondo fenomeno: vi un intervallo fra fasi successive della stessa sequenza; questo intervallo inferiore al tempo di reazione iniziale. Il fenomeno, noto con il nome di effetto posizione, inversamente proporzionale al periodo di organizzazione iniziale (effetto sequenza).Secondo gli autori, il programma, una volta impostato, costituisce una pianificazione valida ed utilizzata lungo tutto il processo motorio. I tempi fra le varie fasi del movimento (effetto posizione) risultano cos sensibilmente accorciati.I pazienti con danno del cervelletto hanno un effetto sequenza molto particolare: lungo per una gestualit costituita da pochi e semplici movimenti (in questo caso l'effetto sequenza di un gesto semplice quindi pi lungo che nel soggetto normale), ma senza alcun incremento temporale all'aumentare della complessit del gesto (per cui, invertendo la situazione, per un programma motorio complesso l'effetto sequenza del cerebellare risulta pi breve che nel normale e l'armonia del gesto peggiore). Nel cerebellare inoltre assolutamente assente l'effetto posizione.Un'ipotesi a riguardo, quella per cui in questo tipo di pazienti viene comunque alterata la capacit di coordinare correttamente le varie fasi del singolo movimento elementare (effetto sequenza), ma in misura assai pi intensa, sia perduta la capacit di organizzare temporalmente i singoli gesti in una catena cinetica: la capacit cio di coordinare i vari movimenti fra di loro.Questi pazienti, in definitiva, hanno un movimento patologico per due ragioni: eseguono ogni gesto elementare in modo goffo ed impreciso a causa dell'alterato effetto sequenza ed in maniera robotica, disarticolata, a causa della mancanza dell'effetto posizione.Al di l dei tempi di inizio, Ivry, Keele at al. valutarono anche i corretti rapporti temporali durante l'esecuzione ripetuta dello stesso gesto. Essi giunsero alla conclusione che, nell'esecuzione ripetuta, ritmica, di un movimento automatico, esistono due generatori di ritmo differenti: il primo, che identificarono con il neocerebello ed il nucleo dentato, stabilisce preliminarmente gli

intervalli ed i rapporti temporali nella fase di preparazione dell'automatismo; il secondo, che Ivry e Keele collocarono nel verme e nel nucleo interposito, stabilisce gli stessi parametri durante l'esecuzione del movimento medesimo.I dati furono successivamente confermati ed approfonditi dai lavori di Stick (1978) sulle scimmie. Stick stabil che in un movimento ad inizio volontario, il nucleo dentato si attivasse prima dell'interposito; il contrario avveniva se, durante un movimento, venivano inserite perturbazioni esterne, imprevedibili, alle quali l'animale doveva rispondere mantenendo il proprio progetto motorio. In questo caso, il primo ad attivarsi era il nucleo interposito, seguito dal nucleo dentato.I movimenti lentiSono movimenti di risposta ad uno stimolo esterno; hanno due caratteristiche principali:- non sono programmabili in quanto, pur essendo movimenti volontari, sono causati da uno stimolo imprevedibile;\p296- non hanno un preciso momento di inizio, in quanto l'inizio della risposta allo stimolo sempre un movimento volontario che sfuma gradatamente nel movimento lento.Sono movimenti eseguiti ad una velocit tale per cui, per definizione, il soggetto pu apportare correzioni al movimento durante la sua esecuzione. Le correzioni sono basate su informazioni sensitive coscienti, visive o somestesiche.L'inseguimento visuo-motorio un tipico esempio di movimento lento.Si ha un inseguimento visuo-motorio quando il soggetto deve seguire con il dito un puntino luminoso. Questo puntino si muove sullo schermo in maniera del tutto imprevedibile. L'inizio del movimento del puntino l'unico dato dell'esperimento che non pu essere previsto. Una volta in moto, il segnale luminoso ha sempre la stessa direzione e velocit costante.Nel soggetto normale vi un breve intervallo di reazione di uno-due secondi, che potrebbe essere considerato un effetto sequenza, dopo il quale il puntino viene raggiunto dal dito attraverso un rapido movimento di tipo sacca-dico; il puntino viene raggiunto immediatamente e successivamente inseguito in modo armonico e lineare.In un soggetto cerebellare riconosciamo tre distinti errori nell'esecuzione del movimento lento:1. Vi un incremento dell'intervallo di reazione2. Il movimento saccadico con cui si raggiunge il puntino dismetrico (quasi sempre ipometrico).3. L'inseguimento del puntino non armonico, ma costituito da movimenti sussultori con continui aggiustamenti (non un tremore, un'atassia).Tutto questo riguarda solamente i movimenti di coordinazione visuo-motoria. Il paziente, assai di frequente, esegue i movimenti volontari in maniera ancora del tutto armonica [8], mentre quando sottoposto ad un esercizio di inseguimento visuo-motorio mostra il disturbo atassico.[8] Va detto infatti che a livello clinico il disturbo dell'inseguimento visuo-motorio uno dei segni clinici pi precoci di danno cerebellare.Se paragonato al movimento volontario a velocit normale, il disturbo del movimento lento presenta caratteristiche neurofisiologiche sostanzialmente diverse. Non vi nei movimenti lenti, un problema di timing del progetto motorio. Questo riguarda tempi molto pi brevi e viene eseguito con corretta coordinazione dei vari gruppi muscolari. Nell'inseguimento visuo-motorio, il problema quello di una coordinazione fra il controllo a feedback (visivo in questo caso) e le eventuali correzioni durante il movimento medesimo. Tale controllo apporta al progetto motorio le correzioni desiderate e correlate al riconoscimento di fenomeni esterni imprevedibili, ma individuabili attraverso la vista.Il disturbo cerebellare provoca l'atassia da inseguimento in un soggetto in cui l'armonia del progetto motorio solitamente ancora conservata.L'atassia dei movimenti lenti fatta di movimenti sussultori, con frequenza approssimativa attorno ai 3 cicli/secondo, identica a quella osservata in laboratorio per danni al cervelletto.Riguardo ai movimenti lenti importantissima la valutazione chinesiologica tridimensionale eseguita di recente da Becker (1990) sul lancio di una palla (da tennis) da parte di soggetti cerebellari con questo tipo di disturbi.Il progetto motorio

perfettamente coordinato: spalla, gomito e polso sviluppano il loro movimento in maniera assolutamente sincronizzata; anche l'apertura della mano con vero e proprio lancio della palla avviene correttamente.Il dato anomalo il risultato finale dei lanci: assai pi variabile che in un \p297 soggetto sano, con la palla che raggiunge ogni volta posizioni molto diverse.In questi pazienti probabilmente non vi sufficiente coordinazione fra le afferenze propriocettive e visive ed il progetto motorio nel momento dell'esecuzione [9].[9] Si vedano in particolare i rapporti fra le vie visive del tronco e il cervelletto, esaminati nel capitolo 16.Conferme sperimentali dei disturbi clinici del movimento per danno cerebellareLa clinica dei disturbi cerebellari dei movimenti volontari ampiamente suffragata da numerosi esperimenti di laboratorio, dove il raffreddamento reversibile di nuclei o di piccole zone della corteccia cerebellare riproduce i disturbi del movimento volontario riportati nei pazienti cerebellari.Gli studi di laboratorio, partendo dall'esclusione funzionale di una zona conosciuta del cervelletto, consentono uno studio dettagliato della zona medesima all'interno del complesso cerebellare.Negli esperimenti di laboratorio anche possibile registrare l'attivit dei neuroni del SNC direttamente e metterla in relazione agli eventi biomeccanici.Questi esperimenti mostrano che un raffreddamento del nucleo dentato e del nucleo interposito provoca:- un aumento del tempo di reazione- un ritardo dell'attivazione degli antagonisti con dismetria- un aumento del tempo impiegato a cambiare direzione di movimento- la comparsa di movimenti atassici a 3-5 cicli al secondo [10]- il deficit dell'inseguimento visuo-spaziale.[10] Su questo punto, gli esperimenti danno un'informazione qualitativamente nuova: i neuroni della corteccia motoria primaria (area 4) scaricano con frequenza di 3 cicli al secondo, in fase con l'atassia e con il tremore. Per ulteriori sviluppi si veda il capitolo sul tremore.Detti aspetti riassumono in tutte le loro componenti i disturbi dei movimenti (balistici, volontari e lenti) riscontrati in clinica nei pazienti cerebellari.Gli esperimenti di laboratorio danno anche un'altra informazione molto importante, che permette di comprendere meglio il ruolo globale del controllo cerebellare sul movimento.Questa informazione riguarda la reazione del SNC ad un impulso meccanico esterno imprevedibile: la reazione cambia con la durata dell'evento.Nel soggetto normale, se la perturbazione di breve durata (inferiore ai 0.5 secondi), sui muscoli stirati si evoca un riflesso miotatico, seguito a brevissima distanza (circa 100 millisecondi) da un'attivazione del muscolo antagonista. L'attivazione dell'antagonista non di tipo meccanico, poich avviene prima dell'accorciamento dell'agonista.Questa stessa attivazione determinante dal punto di vista biomeccanico, poich smorza l'attivit dell'agonista, stirato passivamente. Si pu affermare che l'attivazione dell'antagonista programmata prima dell'inizio del movimento ed ha un vero e proprio effetto di volano. Se l'attivit dell'agonista, stirato passivamente dall'esterno, viene smorzata da questa precoce attivazione dell'antagonista, si evita la contrazione da stiramento (miotatica) di quest'ultimo.Il fenomeno serve a prevenire un circolo vizioso inevitabile senza l'intervento del cervelletto. La risposta spinale pura allo stiramento di un muscolo ne provoca infatti l'accorciamento. L'accorciamento causa contemporaneamente uno \p298 stiramento passivo dell'antagonista, con successiva contrazione di questo (riflesso miotatico), stiramento dell'agonista e cos via, ritmicamente, all'infinito.Il circuito che regola questo meccanismo, chiamato riflesso set-dipendente , attivato dal primo fenomeno di stiramento, prima che la situazione meccanica dell'antagonista vari in alcun modo.Il circuito agisce attraverso l'attivazione, da parte del cervelletto, dei neuroni piramidali della corteccia motoria primaria (area 4) dell'antagonista. L'attivazione dell'antagonista cos ottenuta provoca da un lato il fenomeno di smorzamento e dall'altro evita il riflesso da stiramento

indotto dalla azione dell'agonista, grazie all'azione degli stessi neuroni piramidali sugli interneuroni spinali.Se il cervelletto viene raffreddato, la risposta set dipendente non si evoca pi e nemmeno l'attivazione precoce dei motoneuroni dell'area 4 degli antagonisti (Vilis e Hore 1980). Ci che si evoca invece, dal punto di vista clinico, una continua oscillazione a 3-3 cicli al secondo (armonica: un tremore non un'atassia), mentre la corteccia motoria, dal punto di vista neurofisiologico, scarica con salve dei motoneuroni a 3- 5 cicli al secondo, in fase con la contrazione dei muscoli (vedi figura 14.4).Fig. 14.4 - Come la figura precedente, la colonna di destra indica il succedersi dei fenomeni per uno stiramento del bicipite, quella di sinistra per uno stiramento del tricipite. Si noti come il movimento del paziente sano (riga rossa) si smorzi immediatamente, mentre il movimento del cerebellare (riga blu) oscilli con un tremore di 3cicli/secondo. Si noti che questa attivit oscillatoria all'EMG sincrona con l'attivazione dei neuroni piramidali dell'area 4 corrispondenti al muscolo stirato.Il dato fa supporre che il tremore del paziente cerebellare sia scatenato dall'arco afferente di un riflesso di tipo spinale, che riesce a coinvolgere nel proprio ritmo di \p299 scarica la corteccia cerebrale, senza che la frequenza dei recettori muscolari venga filtrata ed integrata dalla funzionalit cerebellare, non pi presente.Il fenomeno potrebbe avere aspetti in comune con il mioclono corticale.La reazione set dipendente conferma decisamente l'ipotesi del timing del cervelletto.Non ancora possibile comprendere la logica con la quale gli interventi cerebellari condizionano il restante SNC, ma il risultato integrato di questi interventi ben chiaro: il movimento armonico.Se l'impulso meccanico agisce per un tempo lungo (superiore ai 0.5 secondi), la risposta set dipendente non si verifica pi. Al contrario, al suo posto, con identica latenza, si ritrova una seconda attivazione dell'agonista. evidente che in questa circostanza non solo l'azione di smorzamento dell'agonista non necessaria, ma sarebbe addirittura controproducente; necessaria invece una attivazione protratta dell'agonista, che governi la prolungata richiesta di contrapposizione alla forza esterna.Gli studi appena citati danno un'idea importante, ma parziale, del ruolo del cervelletto nel controllo motorio. Essi riguardano movimenti monoarticolari, mentre il cervelletto svolge la sua pi importante funzione coordinando fra loro i diversi segmenti corporei nei movimenti complessi.I movimenti monoarticolari del paziente cerebellare, per quanto compromessi, non lo sono mai al punto da impedire completamente l'esecuzione del compito motorio. Nei movimenti monoarticolari infatti, l'armonizzazione necessaria fra un numero limitato di muscoli (massimo una decina), attorno ad un'articolazione che in genere possiede uno o due gradi di libert. Un'armonizzazione di questo genere pu essere svolta, con qualche allenamento, anche da altre strutture nervose (corteccia, gangli della base) che in questi compiti possono assumere le funzioni del cervelletto.Il terreno sul quale il cervelletto rivela le sue capacit di coordinazione pi complesse, che non possono in alcun modo essere sostituite, la coordinazione ritmica e veloce, dei differenti segmenti dell'apparato locomotore nel movimento globale.Thach, Goodin e Keating (1992) hanno studiato questi aspetti nel comportamento motorio di animali nei quali venivano successivamente raffreddati i differenti nuclei cerebellari.Gli esperimenti hanno dimostrato con chiarezza il ruolo di armonizzazione globale del cervelletto, non evidenziabile se si studia una sola articolazione.A questi livelli, contrariamente a ci che avviene nel controllo motorio monoarticolare, un danno del cervelletto assolutamente incompatibile con il movimento corretto e con il fine a cui esso preposto.Thach, Goodin e Keating hanno evidenziato come un raffreddamento del nucleo fastigiale renda impossibile il cammino a causa le frequenti cadute. L'esclusione del nucleo fastigiale causa di innumerevoli difficolt

anche nella stazione eretta ed in quella seduta.Il raffreddamento del nucleo interposto provoca invece un tremore a 3-5 Hertz (caratteristico del disturbo del controllo set dipendente).Un raffreddamento del nucleo dentato infine causa una marcata ipermetria nel raggiungimento del bersaglio ed una alterata capacit di coordinazione delle singole dita nella gestualit manuale (effetto sequenza ed effetto posizione).Questi esperimenti, pur non aggiungendo nulla di nuovo alle osservazioni cliniche gi esposte, danno un orientamento molto importante. L'orientamento indica con chiarezza la corrispondenza precisa fra le varie sindromi ed i differenti nuclei cerebellari.\p300Al di l dei meccanismi con cui governa la coordinazione motoria, il cervelletto controlla anche la coordinazione dei movimenti oculari rispetto alla percezione visiva, dei movimenti oculari rispetto al capo e rispetto al collo (riflesso oculocollico).Anche in questo caso, l'organo gioca un ruolo di armonizzazione globale, soprattutto fra gli input visivi e gli input labirintico-vestibolari e propriocettivi del collo.La coordinazione dei movimenti oculari non verr trattata, in quanto non strettamente inerente alla neurofisiologia del movimento biomeccanico (per chi fosse interessato, la bibliografia indica alcuni testi di riferimento).PARTE SECONDA LA POSTURA, IL TONO MUSCOLARE ED I DISTURBI DELL'EQUILIBRIOMeccanismi neurofisiologici di controllo della posturaRuolo del cervelletto nel controllo della posturaLa postura una funzione di stabilizzazione, consolidamento e mantenimento dell'equilibrio. L'equilibrio si raggiunge quando la perpendicolare passante per il baricentro del corpo, cade all'interno del piano di appoggio, delimitato dal margine esterno dei piedi.Questa condizione definibile, a livello di fisica meccanica, con il termine di pendolo invertito. Nel pendolo invertito il perno di oscillazione posto pi in basso della massa oscillante.Nel caso specifico, il perno si trova a livello delle articolazioni tibio-tarsiche e tutto il corpo funge da massa oscillante.Un pendolo invertito ha una posizione di equilibrio estremamente instabile: basta un nonnulla per portare il baricentro al di fuori della base di appoggio. Per l'uomo pu essere sufficiente il battito cardiaco, la respirazione, o minime forze esterne di cui non consapevole.Una corretta postura mantenuta attraverso una costante rielaborazione dei parametri dell'attivit muscolare. Questa rielaborazione costante indispensabile per mantenere il baricentro all'interno della base di appoggio.Fig. 14.5 - Pendolo invertito\p301Il baricentro in continuo movimento sia per l'azione (sul corpo) di forze esterne, che per gli spostamenti causati dal movimento volontario.Le forze esterne hanno un'azione destabilizzante costante, ma mutevole per intensit e direzione e quindi imprevedibile. La risposta a queste forze pu avvenire solamente nel brevissimo lasso temporale che segue la loro azione e precede la perdita di equilibrio; deve essere assolutamente immediata ed efficace, pena la caduta a terra. Non potendo essere programmata e dovendo essere immediata, questa reazione posturale deve avvenire contemporaneamente alla perdita di equilibrio.I movimenti volontari sono invece causa di altri tipi di reazioni posturali. Queste reazioni vengono programmate (assieme al movimento volontario stesso) prima dell'esecuzione motoria.Le reazioni posturali volontarie sono contemporanee al movimento ed iniziano una frazione di secondo prima della perdita di equilibrio; per questa ragione sono conosciute con il nome di reazioni anticipatorie.Il controllo posturale una funzione strettamente correlata al tono muscolare, da cui dipende e che influenza a sua volta.Il tono di ogni muscolo, continuamente variabile ed armonicamente concatenato al tono di tutto l'apparato locomotore, costituisce il substrato indispensabile per garantire le corrette reazioni posturali.La prima manifestazione delle reazioni posturali consiste in una variazione del tono muscolare di alcuni o di tutti i muscoli dell'apparato locomotore.Altri sistemi influenzano il tono

muscolare, ma le reazioni di equilibrio hanno sicuramente, sul tono, una funzione prevalente.Le reazioni posturali sono innescate da meccanismi sensitivi di vario genere:1. afferenze propriocettive;2. afferenze meccanocettive;3. afferenze esterocettive;4. afferenze labirintiche;5. afferenze visive.Esse sono messe in atto da meccanismi motori altrettanto vari:A Propriet meccaniche intrinseche del muscoloB Reazioni statiche locali.C Reazioni statiche segmentane.D Reazioni statiche globali, che coordinano tutto l'apparato locomotore.Di tutte le afferenze sensitive (punti 1, 2, 3) e del loro uso differente nei diversi sistemi di controllo del movimento, si trattato nel capitolo 4.Delle attivit meccaniche intrinseche del muscolo (punto A) si gi parlato nel capitolo 9.Nelle righe che seguono si tratter quindi delle reazioni posturali locali, seg-mentarie e globali e della loro attivazione da parte dei rimanenti tipi di afferenza.La postura, secondo la definizione di Magnus (1924) mantenuta da tre ordini di riflessi differenti:Le reazioni statiche locali, che agiscono sui singoli arti.Le reazioni statiche segmentane che legano gli arti fra loro.Le reazioni statiche globali, che coordinano tutto l'apparato locomotore.Le reazioni statiche localiComprendono il riflesso da stiramento ed il riflesso cutaneo da evitamento. Il riflesso da stiramento trattato sia nel capitolo di clinica del midollo spinale sia in quello riguardante la corteccia motoria primaria. In quei capitoli si parla di come un rapido stiramento muscolare dia luogo, oltre che alla risposta spinale \p302 pura dopo circa 20 millisecondi, ad una risposta pi lenta, sovraspinale, dopo circa 70 millisecondi.Alcuni importanti lavori hanno dimostrato come il cervelletto giochi un ruolo determinante sulla risposta e sulla efficacia del riflesso da stiramento, sia nella sua componente rapida che in quella lenta.Inizialmente Pompeiano, nel 1960, defin il riflesso da stiramento del gatto decerebrato (quindi con eliminazione dell'attivit cerebellare sul midollo) uno pseudoriflesso, in quanto lo riteneva legato esclusivamente alle propriet visco-elastiche del muscolo.Altri ricercatori (Hore, Wild e Diener 1992, Vilis e Hore 1980) hanno dimostrato come il cervelletto agisca aumentando la durata dell'arco riflesso spinale e come questo meccanismo serva ad evitare le ripetute oscillazioni legate al riflesso da stiramento provocato nell'antagonista dalla contrazione dell'agonista e cos via (vedi prima parte di questo capitolo).Nel 1976, Nashner ha dato un impulso fondamentale a questo tipo di studi, dimostrando come l'influenza soprasegmentaria si eserciti non solo sulla durata, ma anche sulla presenza o meno del riflesso, a seconda delle necessit posturali. Con questo lavoro, si visto come il riflesso miotatico spinale inserisce la sua azione sull'attivit di secondi neuroni di moto gi modulata dai sistemi sopraspinali (fra cui il cervelletto) e non viceversa, come era opinione comune fino ad allora. su questa modulazione, negli spazi che gli vengono consentiti, che si inserisce il riflesso miotatico spinale.Il riflesso da stiramento cambia la sua azione biomeccanica a seconda delle necessit posturali globali organizzate a livello sovraspinale, non agisce in maniera autonoma.Nashner, nel suo esperimento, mise un soggetto sopra una pedana mobile che fece velocemente scivolare all'indietro.Lo spostamento in avanti del baricentro rispetto alla base di appoggio provocava un riflesso da stiramento nei muscoli della catena posteriore che consentiva, grazie al loro accorciamento, di mantenere la stazione eretta nonostante l'improvviso disequilibrio (fig. 14.6).In un secondo esperimento, la parte anteriore della pedana, anzich scivolare all'indietro ruotava verso l'alto ad una velocit di 60 gradi/secondo (figura 14.7).Il movimento provocava un identico stiramento del Gastrocnemio, ma uno spostamento del baricentro in senso inverso, rispetto all'esperimento precedente.In questa seconda situazione un riflesso miotatico conseguente ad uno stiramento del Tricipite surale (situazione del primo esperimento) peggiorerebbe ulteriormente lo stato

di equilibrio.Nella situazione appena descritta, il riflesso da stiramento, nella sua componente lunga (sovraspinale, 70 millisecondi) mostra, dopo 3-5 ripetizioni, un progressivo ritardo, che riduce l'efficacia biomeccanica del riflesso nel suo insieme, impedendo di fatto un ulteriore peggioramento dell'equilibrio legato alla contrazione del Tricipite.Nei pazienti cerebellari, questo adattamento del riflesso assente ed il paziente cade immancabilmente all'indietro.Il cervelletto determina quindi non solamente la durata, ma anche la presenza o meno di un riflesso da stiramento ed in questo controllo la componente lenta (corticale?) del riflesso spinale pare avere un ruolo determinante.Le reazioni statiche segmentarieSincronizzano, coordinandoli, i riflessi e gli automatismi dei quattro arti. Sono molto pi evidenti negli animali quadrupedi, dove sono state accuratamente studiate, ma sono presenti ed utilizzate anche nell'uomo.\p303Fig. 14.6 - Strategia di caviglia: notare come la successione di attivazione muscolare sia polpacci-coscetronco.Fig. 14.7 - Risposta di un soggetto normale alla rotazione della pedana verso l'alto (colonna di sinistra) e verso il basso (colonna di destra) ad una velocit di 60 gradi/secondo.Notare il piccolo riflesso miotatico da stimolazione (SL) del Tricipite surale (TS) quando la pedana ruota verso l'alto. Il riflesso sarebbe ulteriormente destabilizzante ed seguito da una potente contrazione tardiva (a lunga latenza LL) del suo antagonista: il Tibiale anteriore (TA). Notare anche la piccola attivit di contrazione intermedia (ML) del muscolo stirato (Da Diener al 1984, modificata).Se la pedana ruota verso il basso, la situazione si inverte CFP = centro di pressione del piede (Baricentro).\p304Le reazioni segmentane si manifestano al distacco dal terreno di una delle basi di appoggio (gamba o zampa).Vi sono due tipi fondamentali di reazioni posturali segmentane.La prima conseguente all'applicazione di forze esterne, cui il soggetto oppone una reazione posturale, la seconda di risposta a movimenti volontari.Le due reazioni sono completamente diverse.Nel primo tipo di reazione segmentarla la spinta esterna fa assumere all'animale il cosiddetto assetto diagonale : un arto viene sollevato, caricando in diagonale sia il corrispondente omolaterale che l'omologo controlaterale (in pratica: se solleva l'arto posteriore destro caricher l'anteriore destro ed il posteriore sinistro), ottenendo in questo modo un posizionamento del baricentro all'interno dell'asse diagonale che corre fra le due zampe caricate.Nel secondo tipo di reazione segmentarla, l'unica presente nell'uomo poich bipede, se si solleva un arto l'equilibrio consentito dall'appoggio a terra dell'omologo controlaterale. In questa reazione la colonna vertebrale viene incurvata con convessit rivolta verso l'arto sollevato.Questo secondo assetto posturale, definito non diagonale , pare pi evoluto rispetto al precedente, in quanto il baricentro cade all'interno di un triangolo, formato dalle tre zampe ancora al suolo e non su di una retta (la diagonale) e presuppone una fase di apprendimento posturale, di cui responsabile il cervelletto.Fig. 14.8 - Assetto diagonale (A), non diagonale (B).Entrambe le reazioni si svolgono sotto il controllo del cervelletto, indispensabile per due ragioni.La prima data dal fatto che le afferenze propriocettive provenienti da recettori assai diversi fra loro (fusi neuromuscolari, organi tendinei di Golgi, recettori articolari e cutanei, recettori tonici del collo, vestibolari e visivi) per evitare un'insalata afferente necessitano di un centro sopramodale che le coordini in un'armonia globale, concatenando le informazioni in entrata di ogni singolo recettore. Le informazioni vengono registrate all'interno di una sintassi logica di insieme, analizzando la quale poi possibile impostare una adeguata e conseguente strategia motoria.La seconda ragione legata alla possibilit di passare grazie a questa sintassi cerebellare sensitivo-motoria dall'assetto diagonale all'assetto non diagonale. La possibilit, come si visto, implica un apprendimento motorio. Il passaggio fra l'assetto diagonale e quello non diagonale non pi

possibile se si inattiva il circuito cerebellare passante dalla corteccia vermiana e dal nucleo fastigiale.\p305Questa una delle ragioni per cui il cervelletto considerato un importante centro di coordinazione sopramodale delle afferenze posturali.L'azione del cervelletto sui riflessi posturali segmentari pare esercitarsi essenzialmente attraverso il fascio reticolospinale: il 40% dei neuroni del fascio scarica in conseguenza a variazioni posturali del tipo sopra descritto.Le reazioni statiche globaliCaratterizzano il terzo tipo di reazioni posturali. Sono reazioni di equilibrio che coinvolgono tutto il corpo e sono essenzialmente generate da afferenze di tre tipi, per cui distinguiamo reazioni statiche globali legate a:- i riflessi del collo,- i riflessi labirintico-vestibolari- i riflessi visivi.I riflessi visivi non verranno trattati in questo testo, poich caratterizzano un campo delle reazioni posturali vasto e dettagliato, accuratamente studiato in neuroftalmologia.Riflessi del colloIl collo una importante sorgente di reazioni statiche e dove tre distinti tipi di recettori raccolgono ed inviano informazioni al SNC: recettori cutanei, recettori muscolari e recettori articolari dalle articolazioni intervertebrali cervicali.Queste informazioni presiedono a tre distinti tipi di riflessi: i riflessi cervico-oculari (non trattati in questo testo), il riflesso cervicocollico ed il riflesso tonico del collo, che un'importante componente delle reazioni paracadute.Il riflesso cervicocollico coinvolge la muscolatura del collo in una reazione molto simile al riflesso da stiramento. I fusi dei grossi muscoli motori del collo, particolarmente l'Estensore dorsale del collo, lo Sternocleidomastoideo ed il Biventre, inviano, monosinapticamente, informazioni ai loro stessi motoneuroni. Una rotazione passiva del capo sul piano orizzontale, per esempio, provoca uno stiramento (e il successivo accorciamento attivo) dello Sternocleidomastoideo controlaterale (e antagonista) alla direzione della rotazione, esattamente come in qualsiasi riflesso da stiramento.Il riflesso cervicocollico riguardante lo Sternocleidomastoideo e quindi la rotazione orizzontale del collo, presente solamente nei metameri midollari alti dove, a livello delle vertebre corrispondenti, risiede il fulcro della rotazione orizzontale meccanica del collo medesimo.Il riflesso scompare se il centro di rotazione viene abbassato a C4-C5, dove risiede il fulcro biomeccanico della flesso-estensione sul piano sagittale. A questo livello sar massimo il riflesso cervicocollico pe

la flesso-estensione (muscolo Grande estensore del collo), che si comporta in maniera esattamente inversa rispetto al cervicocollico dello Sternocleidomastoideo: si riduce e scompare definitivamente al salire del fulcro verso C1-C2.Il riflesso cervicocollico, pur essendo un tipico riflesso spinale (infatti presente anche negli animali spinalizzati, dove il midollo stato separato dal resto del SNC), possiede una componente ascendente che raggiunge i neuroni del fascio vestibolospinale, in grado di influenzare i motoneuroni di tutti muscoli posturali in maniera paucisinaptica.Per ci che riguarda gli effetti della coordinazione posturale, i neuroni vestibolospinali sono anche sotto il controllo sia del sistema vestibolare labirintico (vedi oltre) che del paleocerebello.Il paleocerebello, attraverso la sua influenza sulla componente tardiva del \p306 riflesso miotatico, come per i riflessi da stiramento locali e segmentari, pu ridurre o aumentare la durata dei riflessi in toto, data la sua visione globale delle variazioni posturali conseguenti al movimento.Se ne pu concludere che anche il riflesso cervicocollico, seppure su di un piano secondario, gioca una parcellare influenza sul tono posturale globale, come stato detto dai lavori di Kenins, Kikillus e Schomburg (1979), che dimostrarono come la stimolazione dei recettori cutanei e muscolari del collo possedesse una certa importanza nella ipopolarizzazione dei motoneuroni degli arti inferiori, legata proprio alle necessarie reazioni posturali conseguenti ai movimenti del capo.Altri autori (Rothwell, 1994) pensano invece che il riflesso cervicocollico ed il riflesso tonico del collo giochino il loro ruolo solamente nelle risposte riflesse dei muscoli del collo, terminando il fascio vestibolare mediale a livello del midollo toracico. difficile prendere una posizione a riguardo, poich gli ultimi lavori sull'anatomia dei fasci vestibolari risalgono agli anni 70 (Pompeiano; Brodai; Orlowsky) e poich gli unici studi nel settore sono stati effettuati sugli animali quadrupedi, assai differenti dall'uomo.Resta il fatto che le uniche ricerche cliniche, eseguite sul gatto, dimostrano che una deafferentazione unilaterale delle afferenze C1-C3 provoca una ipotonia degli arti (entrambi) omolaterali ed una ipertonia dei controlaterali (Manzoni, Pompeiano, Stampicchia, 1979), con conseguente atassia degli arti posteriori associata a disturbi della marcia. Questa atassia, con frequenti cadute, si mostra identica anche se alla deafferentazione si associano lesioni del verme o dei nuclei fastigiali, evidenziando cos che il meccanismo della coordinazione legata ai recettori del collo prescinde, in condizioni fisiologiche, dal cervelletto. Un'atassia di questo tipo ha la durata di pochi giorni, dopo i quali il gatto recupera un cammino normale. Dopo una ventina di giorni l'animale riprende per intero i suoi normali movimenti: secondo Manzoni (1979) ci dovuto ad una compensazione mista, cerebellare e corticale frontale.Il riflesso tonico del collo una componente primaria delle reazioni paracadute: i suoi sono i recettori delle articolazioni intervertebrali (McCouch, Deering e Ling, 1951) e la sua azione, cos come l'influenza cerebellare su di essa, verr discussa unitamente ai riflessi generati dal labirinto.Riflessi labirintico-vestibolariIl sistema vestibolare una parte importante del labirinto, apparato dell'orecchio interno situato nella profondit della Rocca petrosa.Il Labirinto vestibolare consta di un complesso sistema, formato da cavit sacculari e canali semicircolari fra di loro comunicanti. Le pareti del complesso vestibolare sono costituite da tessuto membranoso, di tipo connettivale, contenuto all'interno di cavit ossee scavate nella profondit della Rocca petrosa (osso temporale). Le cavit ossee si modellano sul Labirinto membranoso, assumendone la forma e dando luogo al cosiddetto Labirinto osseo.Vi sono tre canali semicircolari, ciascuno dei quali risulta orientato, approssimativamente, secondo un piano dello spazio. Vi il canale semicircolare laterale (posto approssimativamente sul piano trasversale), il canale superiore (posto approssimativamente sul piano sagittale) il

canale posteriore (posto approssimativamente sul piano orizzontale).I tre canali semicircolari originano e terminano nella pi grande delle cavit sacciformi, denominata Utricolo. L'Utricolo collegato a sua volta, ad un'altra, pi piccola, cavit denominata Sacculo.Queste cinque strutture costituiscono il Labirinto vestibolare, organo che presiede alle reazioni di orientamento automatico del capo nello spazio e compartecipa in maniera sostanziale al mantenimento della posizione eretta.\p307Fig.14.9 - Una rappresentazione semidiagrammatica dell'innervazione del labirinto membranoso vista di lato. Si noti l'orientamento ortogonale dei canali semicircolari. (Riproduzione autorizzata da M. Hardy, Anat. Ree, 59: 412, 1934).\p308Il labirinto vestibolare gioca un ruolo chiave, anche se non esclusivo, nelle reazioni posturali necessarie per il mantenimento dello stato di equilibrio.Il Labirinto vestibolare in comunicazione con il Labirinto cocleare, organo recettore dell'udito, assieme al quale compone l'intero Labirinto, sia osseo che membranoso, dell'orecchio interno.Fig. 14.10 - Reazioni alla rotazione del soggetto normale (A), del paziente labirintico (B)e del paziente normale bendato (C) (da Rothwell 1994, modificata).I sensori del Labirinto vestibolare, definiti macule si trovano all'interno del Labirinto membranoso. Pi precisamente, i sensori dei tre canali semicircolari (uno per ciascun canale) sono situati in zone dilatate degli stessi, dette ampolle, site in prossimit dell'inserzione dei canali nell'Utricolo. I sensori dell'Utricolo sono situati sul piano orizzontale, quelli del Sacculo sul piano sagittale.L'unit base dell'organo sensitivo vestibolare la cellula ciliata. Il cilio, la struttura sensitiva vera e propria, ha un capo adeso alla cellula ciliata e l'altro libero di fluttuare nel liquido che riempie il labirinto membranoso: l'Endolinfa. Ogni cellula ciliata contiene circa 40 cilia ed un cilio pi grosso e pi alto: il Kinocilio, sito su uno dei margini della macula.Al muoversi del capo si avr un movimento identico delle cellule ciliate, adese al labirinto membranoso, che a sua volta adeso al processo mastoideo dell'osso temporale. Durante il movimento, il liquido (Endolinfa) del labirinto membranoso si muover pi lentamente, poich dotato di un'inerzia maggiore.\p309Il paragone pu essere fatto con l'acqua contenuta in un bicchiere che inizia a ruotare: l'acqua si muove con un'inerzia maggiore rispetto al bicchiere, ruota anch'essa, ma pi lentamente.Questo fenomeno meccanico provoca una flessione delle cilia, con il capo libero nell'endolinfa che rimane pi arretrato rispetto al capo fissato alla cellula, che invece si sposta in maniera solidale col cranio.Il fenomeno ulteriormente potenziato da alcuni pesi applicati lungo l'asse del cilio: gli otoliti. Gli otoliti, con il loro esterno gelatinoso e l'interno formato da cristalli di carbonato di calcio (che li rende molto pesanti), aumentano notevolmente la massa del cilio, esagerandone il piegamento per ogni movimento.Se le cilia vengono piegate verso il Kinocilio, il fenomeno favorisce l'apertura sulla cellula dei canali per lo ione Na+ e questi depolarizzano la membrana cellulare. La depolarizzazione d luogo ad un potenziale d'azione che viene recepito dal nervo vestibolare. Se le cilia si piegano in direzione opposta, il fenomeno sar il contrario: si avr una iperpolarizzazione ed una diminuzione della scarica del nervo.Il sistema legato all'inclinazione delle cilia consente di tradurre esattamente lo spostamento del capo nello spazio in coordinate direzionali su cui il SNC pu lavorare.I canali semicircolari danno, ciascuno, le coordinate motorie di un movimento di rotazione sul proprio piano e, coordinati con l'omonimo canale controlaterale, anche la direzione, oraria o antioraria, del movimento. L'Utricolo ed il Sacculo, con complessa coordinazione fra le loro macule, danno informazioni sui movimenti di traslazione nelle tre direzioni dello spazio.Per capire meglio possibile utilizzare un esempio.Si prenda un movimento di rotazione del capo nello spazio, sul piano orizzontale ed in senso antiorario guardando il soggetto dall'alto. I due canali semicircolari

posteriori, chiamati in azione dal movimento, hanno i loro Kinocigli pi vicini all'Utricolo delle altre cilia. Risulta chiaro che il canale di sinistra produce un aumento delle scariche del nervo vestibolare sinistro (poich le cilia si piegano verso il Kinocilio); l'opposto far il canale di destra, dove le cilia si allontanano dal Kinocilio. La differente frequenza di scarica dei due canali semicircolari orizzontali d una informazione precisa sulla direzione del movimento.L'esempio riportato comprensibile, ma un'eccessiva semplificazione dell'attivit dei labirinti vestibolari dei due lati per due ragioni.La prima risiede nel fatto che un movimento difficilmente viene compiuto in maniera pura su un solo piano. I movimenti naturali hanno componenti rotatorie su tutti i piani dello spazio e possiedono anche componenti traslatorie. Ogni movimento del capo coinvolge quindi tutti gli organi sensori vestibolari: canali semicircolari, Utricolo e Sacculo.La seconda ragione risiede nel fatto che i due labirinti vestibolari (destro e sinistro) non sono posizionati esattamente sullo stesso piano. Il canale semicircolare posteriore, ad esempio, non esattamente posto sul piano orizzontale, ma inclinato, con la parte posteriore pi mediale e pi bassa rispetto alla parte anteriore. I due labirinti inoltre non sono simmetrici, ma speculari fra loro.Questo porta ad una assai complessa attivit di integrazione del sistema vestibolare. Le informazioni provenienti da ogni singola macula vanno paragonate con le informazioni provenienti dalle altre macule dello stesso lato e contemporaneamente con le informazioni (diverse per lo stesso movimento) delle macule analoghe dell'organo vestibolare controlaterale.La funzione di integrazione, elaborazione ed utilizzo di queste informazioni sul movimento del capo spetta al sistema dei nuclei vestibolari ed in parte al cervelletto.I nuclei vestibolari sono quattro per ogni lato, situati lungo tutta la parte anteriore del tronco cerebrale, dal bulbo al mesencefalo. \p310 Assieme all'archicerebello, che considerato funzionalmente il quinto nucleo vestibolare, presiedono alla coordinazione fra i movimenti oculari ed il movimento del capo (soprattutto il nucleo vestibolare superiore e laterale) ed al mantenimento dell'equilibrio durante questi movimenti.Il mantenimento dell'equilibrio avviene attraverso variazioni posturali che possono essere collegate o a semplici cambiamenti del tono muscolare o a movimenti veri e propri. Le reazioni posturali sono gestite soprattutto dai nuclei vestibolari laterale, mediale ed inferiore, coordinati dall'intervento del cervelletto.Aspetti clinici della posturaClinicamente il controllo neurofisiologico della postura pu essere scandito in tre distinti momenti:1. Controllo posturale nella stazione eretta.2. Controllo posturale quando al corpo vengano applicate forze meccaniche esterne sufficientemente intense da dar luogo ad una perdita di equilibrio.3. Controllo posturale durante l'esecuzione di movimenti volontari. Ciascuno di questi momenti presenta aspetti meccanici particolari a cui l'apparato locomotore ed il SNC rispondono in maniera altrettanto particolare.Controllo posturale nella stazione erettaIl sistema posturale dell'uomo in grado di rispondere alle oscillazioni del baricentro date da forze minime, come il battito cardiaco o la respirazione, con una forza, adeguata e contraria, esercitata in maniera tempestiva, che consente il mantenimento della posizione eretta.Questa risposta posturale in parte legata alle propriet meccaniche intrinseche del muscolo, in particolare alla curva lunghezza-tensione muscolare, in parte ad un insieme di meccanismi riflessi di tipo nervoso che, traendo informazioni dai canali sensoriali differenti, attraverso l'azione di numerosi circuiti, sono in grado di modulare il tono muscolare in modo da consentire il mantenimento della posizione eretta.Non tutto il tono muscolare determinato con questo meccanismo, ma lo sicuramente la sua componente principale. Il tono muscolare conseguente alle reazioni posturali pu essere definito tono di reazione posturale .Se si immagina che la forza esterna applicata al corpo

eserciti su di esso un lavoro (lavoro = forza per movimento: il movimento compiuto dal corpo a causa della forza applicata esternamente), risulta allora evidente che il tono di reazione posturale altro non che il lavoro, identico ma opposto, compiuto dall'apparato locomotore per mantenere il baricentro nella sua posizione ideale e, comunque, all'interno della base d'appoggio.In questa situazione, il lavoro svolto dall'intero apparato locomotore. La scelta dei movimenti attraverso i quali effettuare il lavoro per una funzione pi complessa: non esiste un unico movimento di reazione ad una forza esterna, ma una serie di movimenti possibili equivalenti. Fra questi, quella parte di SNC che presiede al controllo della postura (il cervelletto, con forte probabilit), sceglie il movimento di reazione ideale.Questo porta a due importanti conseguenze pratiche: non necessariamente saranno i muscoli antagonisti alla direzione della forza esterna ad entrare in gioco nel mantenimento del tono posturale e non necessariamente si tratter di due forze identiche, ma applicate in momenti successivi, che determineranno la stessa reazione posturale.\p311Al di l delle forze esterne applicate, esistono inoltre altri parametri fisici che determinano il lavoro posturale. Essi sono: la massa (il peso) del corpo e l'altezza del baricentro rispetto al perno del pendolo invertito (essendo quest'ultimo fissato all'articolazione tibio-tarsica, risulta chiaro che l'altezza del baricentro dipende dall'altezza dell'individuo).Se si immagina di esprimere con una semplice equazione il tono di reazione posturale necessario in un momento x in cui il tempo stato fermato, essa potr essere:T = m g h Qdove T il tono di reazione posturale, Q lo spostamento (espresso in gradi angolari, poich una rotazione attorno alle tibio-tarsiche), m la massa (peso) h l'altezza del baricentro e g l'accelerazione di gravit (che sulla terra una costante: 9.8 metri al secondo ogni secondo).Numerosi sono i punti importanti sul ruolo del tono posturale di reazione nel mantenimento della stazione eretta. In letteratura questi punti sono stati considerati da due differenti angoli di osservazione.Il primo, che potrebbe essere definito effettore , ha studiato prevalentemente quali caratteristiche dell'apparato locomotore determinano il tono di reazione posturale. Il secondo, che potrebbe essere definito afferente , ha studiato soprattutto il ruolo delle diverse vie sensitive nel definire la qualit del tono di reazione.Una reazione posturale pu essere caratterizzata da un semplice incremento del tono, oppure da un'attivit motoria vera e propria, con contrazioni muscolari isotoniche o isometriche.I diversi tipi di reazioni posturali sono determinati da forze esterne con caratteristiche differenti.Se le forze esterne sono tanto piccole da non spostare il baricentro al di fuori della base di appoggio [11], la postura sar mantenuta con semplici cambiamenti del tono muscolare.[11] Queste forze, solitamente, non raggiungono nemmeno il livello di coscienza.Se le forze esterne sono invece in grado di spostare il baricentro in modo da provocare una perdita di equilibrio, la reazione posturale sar di tipo motorio: il baricentro verr inseguito dalla base di appoggio. La coordinazione necessaria per questo inseguimento data dal cervelletto.Le reazioni posturali motorie provocano sempre attivit muscolare elettromio-grafica, le variazioni di tono posturale mai.Oggi non si sa se il meccanismo di variazione del tono posturale e la reazione posturale motoria siano due aspetti diversi dello stesso meccanismo e siano quindi gestiti dagli stessi circuiti, oppure se appartengano a due reazioni qualitativamente differenti. Nelle reazioni posturali globali, tuttavia, la contiguit dei due fenomeni appare evidente.Numerosi esperimenti sono stati effettuati per valutare l'importanza relativa dei canali sensoriali nella determinazione del tono di reazione posturale. L'esito univoco di queste ricerche conferma che anche le minime variazioni di tono di reazione posturale (quelle relative al battito cardiaco e alla respirazione) portano a variazioni posturali controllate

da meccanismi riflessi di tipo neurofisiologico (Fitzpatrick, Taylor e McCloskey, 1992). L'affermazione non di poco conto, in quanto in un lavoro precedente (Gurfinkel et al, 1974) era stato affermato che la forza meccanica propria del muscolo (vischiosit ed elasticit, cio) era di per s sufficiente a mantenere il tono posturale e che quindi la stazione eretta non necessitava di riflessi nervosi.\p312In realt, che questa non fosse la situazione era deducibile anche da esperimenti precedenti (Bronstein et al, 1986). L'esclusione (con stratagemmi meccanici) dei vari canali sensitivi, portava inequivocabilmente ad un peggioramento dell'equilibrio, qualunque fosse il tipo di sbilanciamento posturale, provocando un aumento marcato delle oscillazioni.Gi evidente se si toglie un canale afferenziale, il peggioramento dell'equilibrio aumenta togliendone due e la stazione eretta definitivamente compromessa all'esclusione delle tre afferenze sensoriali: visiva, vestibolare e propriocettiva.Altri esperimenti confermano il controllo nervoso sul tono posturale.Se ad un paziente si chiede, per esempio, di mantenere la posizione eretta in maniera assolutamente immobile, si osserva un netto calo delle microoscillazioni fisiologiche senza la presenza di attivit elettromiografica, n alcun fenomeno di stabilizzazione attraverso la cocontrazione muscolare. Anche la volont dunque, oltre alle afferenze sensitive, pu influenzare il tono di reazione posturale.Il tono posturale pu cambiare radicalmente distribuzione se il soggetto cambia posizione.Da seduto il tono dei muscoli del dorso completamente diverso, sia in condizioni fisiologiche, sia quando venga esercitata una pressione sulla pianta dei piedi tale da eguagliare la pressione del corpo in posizione eretta.Tuttavia, l'esempio migliore del controllo riflesso della postura dato dagli esperimenti di Traub, Rothwell e Marsden (1980). Nel loro esperimento questi ricercatori provocavano la perdita di equilibrio attraverso una forza meccanica esterna applicata al braccio.Meccanicamente, il quadro del tutto particolare. In questa situazione la postura risente in maniera importante dell'effetto ammortizzatore esercitato dall'articolazione della spalla, che riduce la trasmissione dell'energia meccanica dal braccio al corpo.Traub, Rothwell e Marsden fecero alcune osservazioni importanti: prima di tutto essi constatarono che la reazione posturale assai differente se il corpo libero di muoversi o se viene bloccata (con un bendaggio) l'articolazione della spalla.Situazione in cui il corpo libero di muoversiOltre ai caratteristici riflessi da stiramento all'arto e al tronco [12] si assiste, in seguito ad un movimento provocato del braccio, ad un aumento del tono di reazione posturale ai muscoli dell'arto inferiore omolaterale.[12] Anche il tronco, che spostato contemporaneamente al braccio, d luogo a riflessi da stiramento dei propri muscoli.Questo aumento avviene dopo circa 80 millisecondi dallo stimolo meccanico e non pu in nessun modo corrispondere a qualsivoglia reazione motoria ad un movimento in loco. Nessun trasferimento di energia meccanica lungo il corpo avviene infatti in un tempo cos breve.Bisogna assumere che necessariamente ci si trova di fronte ad un riflesso posturale open loop . Si assiste cio allo sviluppo di una reazione anticipata per prevenire lo sbilanciamento, analogamente a quel che accade alla postura nei movimenti volontari (vedi oltre); questa reazione pu solamente essere correlata ad una attivazione di circuiti nervosi.Situazione in cui viene bloccata l'articolazione della spallaLa seconda osservazione riguarda le reazioni registrabili se si blocca l'articolazione di spalla (per esempio attraverso un bendaggio). In questo caso, il riflesso \p313 anticipato all'arto inferiore non si osserva pi ed aumenta l'intensit del riflesso da stiramento ai muscoli del braccio mobilizzato dalla forza esterna.Si sono tentate alcune spiegazioni di ci, ma poco convincenti. Il fenomeno neurofisiologico incomprensibile poich, venendo meno l'effetto ammortizzatore dell'articolazione di spalla, i riflessi

posturali dovrebbero accrescersi.Probabilmente la sua scomparsa ricade all'interno di un fenomeno di integrazione motoria posturale globale, governata dal SNC e non comprensibile attraverso l'osservazione di singoli gruppi muscolari.A questo punto interessante stabilire quali siano i rapporti reciproci fra i differenti canali sensitivi e quale sia il loro peso relativo nella determinazione della postura.I canali sensitivi sono fra loro molto differenti: mentre l'afferenza propriocettiva definisce una classica situazione riflessa del tipo closed loop , le afferenze labirintiche e visive definiscono una situazione riflessa del tipo open loop [13]. Ciononostante, le diverse afferenze sensitive sono assolutamente interscambiabili se si prescinde dagli intervalli di reazione.[13] Si definisce closed loop un circuito che ha il proprio organo sensitivo ed effettore nella stessa struttura: il circuito fra gli organi per la sensibilit propriocettiva del muscolo e la variazione di tono muscolare ne un tipico esempio. Open loop al contrario si definisce un circuito in cui l'organo recettore diverso dall'organo esecutore: i riflessi visuo-posturali o vestibolo-posturali, ne sono un tipico esempio.Ciascuno dei canali sensoriali pu regolare da solo, completamente ed in maniera efficace, il tono posturale. Il tempo gioca un ruolo determinante. ovvio che le reazioni posturali debbono assolutamente innescarsi in decimi di secondo (corrispondenti a tempi di trasmissione neurofisiologica di decimi di millisecondo).Il tempo probabilmente la ragione per la quale esistono tre sistemi sensitivi paralleli per innescare le reazioni posturali ed anche la base sulla quale si differenzia il peso relativo di ciascun canale afferente. indiscutibile (vedi oltre) che l'importanza del canale sensitivo propriocettivo sia maggiore rispetto agli altri: le sole informazioni sensitive propriocettive sono infatti in grado di riequilibrare il corpo in tempi pi rapidi che non le informazioni visive, vestibolari o entrambe. Le informazioni propriocettive inoltre hanno ulteriori suddivisioni: dalla pianta dei piedi esse giungono su movimenti con componenti di bassa frequenza (lenti), mentre dai polpacci giungono informazioni propriocettive sui movimenti ad alta frequenza (rapidi).Le informazioni ad alta frequenza non sono sostituibili dagli altri canali sensoriali per cui, mentre ad un deficit afferente che riguarda solamente i piedi si pu avere una completa compensazione posturale da parte di vista e labirinto, tale compensazione non pu pi avvenire se il deficit afferente arriva all'altezza delle ginocchia.In questo caso, la postura sar clinicamente deficitaria ed il paziente mostrer una instabilit costante, soprattutto nei movimenti rapidi (Rothwell, 1994). opinione ( Orlowsky 1972, Rothwell 1994) che la variazione del tono di reazione posturale sia conseguente all'azione delle vie discendenti sui y-motoneuroni e sugli interneuroni inibitori (Ia) dell'inibizione disinaptica. Tale azione varierebbe, senza tuttavia attivarlo mai, lo stato di riposo dell'alfa-motoneurone, rendendolo pi o meno sensibile ai diversi stimoli, discendenti automatici, discendenti volontari, ed orizzontali del midollo. Questa continua variazione di sensibilit costituirebbe di fatto la base del tono mucolare.Il tono muscolare provocato quindi dalla continua, asincrona attivazione di singole unit motorie, la cui disponibilit ad essere attivate assai variabile e dipendente dai meccanismi di cui sopra.L'attivazione della singola unit motoria non in grado di provocare alcun \p314 lavoro, n alcuna attivit registrabile all'elettromiografia, ma in grado di provocare una variazione di tensione meccanica momentanea all'interno delle strutture elastiche muscolari. Questa tensione elastica momentanea verr mantenuta nel tempo, poich il momento successivo si contrarr un'altra unit motoria e cos di seguito.Controllo posturale quando al corpo vengano applicate forze meccaniche esterne in grado di provocare una perdita di equilibrioDifferente il quadro delle reazioni posturali se le forze applicate al corpo sono in grado di spostare il baricentro al di fuori

della base di appoggio.In questo caso il tono posturale di reazione non pi, da solo, in grado di mantenere la posizione di equilibrio: necessaria l'introduzione di un lavoro muscolare vero e proprio. A questo lavoro corrisponde una attivit elettromiografica dei differenti gruppi muscolari tale da agire, modificandoli, sui fulcri meccanici (articolazioni) e sui bracci di leva (ossa), per ricostruire una nuova posizione di equilibrio che tenga conto della intensit della forza esterna applicata, della sua durata, della accelerazione gravitarla e dei parametri corporei (peso e altezza, per esempio).Questo lavoro necessario per dare un equilibrio al corpo, ma questi non necessariamente meccanico. Il baricentro cio non necessariamente deve cadere all'interno della base d'appoggio. L'equilibrio, se il baricentro cade al di fuori della base di appoggio, pu essere mantenuto dall'attivit di gruppi muscolari che contrastano l'attrazione gravitarla.L'equilibrio non deve nemmeno essere necessariamente statico: si vedr in questo paragrafo che pu essere caratterizzato da un continuo movimento di inseguimento, da parte del corpo, di un baricentro che cambia costantemente posizione.Dato il numero di fulcri e di bracci di leva del corpo, evidente che le possibilit di reazione allo sbilanciamento sono infinite. Queste possibilit devono essere di volta in volta selezionate, combinate ed eseguite secondo criteri che tengano conto delle forze meccaniche (esterne ed interne) [14], dello stato dell'apparato locomotore e del vantaggio/svantaggio motorio a cui costringe una scelta di movimento obbligata. La scelta obbligata pu essere conseguenza di uno sbilanciamento, oppure della volont di compiere movimenti che portino al di fuori dello stato di equilibrio.[14] Si ribadisce che le forze esterne sono la forza meccanica che provoca lo spostamento e l'attrazione gravitaria, le forze interne sono il peso del corpo e l'altezza del baricentro. altrettanto ovvio che la scelta deve essere effettuata da circuiti e strutture perfettamente informati su tutte queste situazioni.Che la coordinazione dei parametri dell'equilibrio sia compito del SNC evidente; quali circuiti agiscano per dare luogo alle reazioni posturali solamente oggetto di supposizioni.Da un punto di vista logico possibile teorizzare che un ruolo chiave in tutto ci deve essere giocato dal cervelletto, perch la sua esclusione funzionale porta disturbi posturali fortemente indicativi in questo senso: negli esperimenti di laboratorio, la esclusione del cervelletto provoca un disturbo delle reazioni di equilibrio che scompare alla sua riattivazione (vedi paragrafo precedente).I circuiti che presiedono alle reazioni posturali motorie sono, assai verosimilmente, gli stessi che controllano il tono di reazione posturale; essi si ricalibrano sulle nuove, sopraggiunte esigenze, dando luogo a reazioni motorie, anzich a variazioni del tono muscolare. E necessario allora vedere il sistema come continuo:- la posizione eretta immobile,- la normale posizione eretta,\p315- la posizione eretta ancora immobile nonostante l'applicazione di piccole forze esterne,- il movimento alla ricerca di un nuovo punto di equilibrio.Le prime tre situazioni prevedono una relazione fra il tono muscolare di reazione e l'equilibrio, l'ultima no.La quarta situazione stata studiata in maniera assai attenta e con risultati molto interessanti attraverso l'utilizzo delle pedane mobili, che hanno dato interessantissime informazioni chinesiologiche e neurofisiologiche, alcune delle quali sono da considerare con attenzione.Le pedane mobili possono effettuare due tipi di movimenti: di traslazione o di rotazione. Questi danno luogo a reazioni motorie posturali completamente diverse, cos come reazioni posturali completamente diverse si osservano al diminuire delle dimensioni della pedana rispetto alle dimensioni della normale base d'appoggio.Tutte le reazioni posturali di cui si parler in seguito riconoscono come via afferente preferenziale quella propriocettiva. Un ruolo importante, conosciuto per ora solamente nei movimenti di rotazione, a carico delle

afferenze labirintiche, che non solamente modulano, amplificandole, tutte le reazioni motorie posturali, ma sono anche determinanti per l'utilizzo di particolari strategie. La reazione motoria posturale basata sulla strategia d'anca , per esempio non applicabile in un deficit delle afferenze labirintiche.Le afferenze visive giocano un ruolo esclusivamente sull'ampiezza di risposte motorie generate da altre vie afferenti, poich le afferenze visive impiegano tempi pi lunghi per influenzare i movimenti del corpo.Se la pedana su cui posto il soggetto subisce un brusco movimento di traslazione all'indietro, sbilanciando quindi in avanti il baricentro rispetto alla base di appoggio, si avr una catena cinetica caratteristica che prende avvio dallo stiramento delle masse muscolari posteriori La risposta, definita strategia di caviglia , organizzata come segue: dopo circa 80-90 millisecondi si osserva una risposta in accorciamento del Tricipite surale seguita, dopo ulteriori 10-15 millisecondi, da una contrazione dei muscoli posteriori della coscia e del Bicipite femorale. Dopo ulteriori 25-30 millisecondi, si ha una risposta in accorciamento dei muscoli paraspinali.Questa strategia permette di fissare tutte le articolazioni poste al di sopra della caviglia, evitando movimenti disarticolati . In un movimento di inseguimento del baricentro delicato come questo, il corpo si snoda attorno ad un'unica articolazione, la tibio-tarsica, mentre tutte le altre sono fissate (vedi fig. 14.6).Se la pedana scivola in avanti, la risposta analoga per i muscoli anteriori: si avr una attivazione del Tibiale anteriore, del Quadricipite femorale e dei muscoli addominali (vedi fig. 14.11).Il Quadricipite femorale risponde dopo un lasso di tempo superiore rispetto alla risposta del bicipite femorale nella situazione inversa. I tempi di reazione del Quadricipite sono vicini ai tempi di reazione degli addominali. Non se ne conosce la ragione: evidentemente le due catene cinetiche non sono esattamente speculari. interessante riportare i risultati di ulteriori esperimenti effettuati sulla strategia di caviglia , che confermano come le risposte non siano governate a livello spinale ma a livello alto, nel SNC (cervelletto?).Se viene ridotta la forza di gravit del sistema (svolgendo l'esperimento in acqua), tutte le risposte elettromiografiche si riducono proporzionalmente. Le risposte in acqua aumentano se il corpo viene progressivamente appesantito rispetto al peso normale, ma non raggiungono mai l'ampiezza delle risposte elettromiografiche ottenute se l'esperimento viene eseguito in condizioni normali. Al di fuori dell'acqua, anche se vengono aggiunti pesi extra, l'ampiezza della risposta muscolare non varia.\p316Fig. 14.11 - Strategie di caviglia: basculamento in dietro.Fig. 14.12 a - Strategia d'anca: basculamento in avanti.\p317Fig.14.12 b - Strategia d'anca: basculamento in dietro. Per tutte queste figure si rimanda alla spiegazione nel testo (da Nashner 1986, modificate).Tutto questo indica come l'afferenza che genera la risposta motoria posturale non sia il peso valutato dai recettori plantari, ma una pi complessa integrazione di afferenze propriocettive.Le afferenze sono poi influenzate in misura ragguardevole dalle aspettative coscienti. Se le aspettative sono di una determinata forza esterna, allora la risposta sar pi ampia (elettromiograficamente), anche se la forza successivamente applicata risulta sottodimensionata rispetto alla stima [15].[15] L'argomento sviluppato pi dettagliatamente nel prossimo paragrafo, poich costituisce gi una risposta posturale anticipatoria, tipica della preparazione del movimento volontario.Un ultimo fenomeno da citare quello della assuefazione . Se lo stimolo ripetitivo, dopo alcune ripetizioni la risposta si attenua, fenomeno questo caratteristico di tutti i circuiti polisinaptici (che verr meglio affrontato nella parte dedicata all'apprendimento cerebellare). interessante rilevare che, se ci si aspetta l'arrivo di uno stimolo diverso, dopo una serie di stimoli tutti uguali, la risposta immancabilmente di ampiezza aumentata.

Quest'ampiezza di un'entit non correlabile allo stimolo somministrato, che pu essere pi forte o pi debole, provocando sempre un aumento della risposta riflessa.Nel caso in cui gli stessi esperimenti vengano effettuati con una pedana di appoggio notevolmente ristretta, fino al punto da lasciare il tallone completamente al di fuori dalla stessa, si registrano movimenti posturali completamente diversi, identici a quelli registrabili quando il soggetto abbia i piedi anestetizzati. In queste situazioni l'equilibrio mantenuto attraverso un meccanismo definito strategia d'anca .\p318Nel caso di cui sopra le caviglie non possono essere pi utilizzate come perno per muovere il corpo, poich non si possono fissare su una base d'appoggio e la strategia messa in atto caratterizzata da movimenti del bacino.Se la pedana fatta scivolare in avanti (vedi figura 14.12b), si avr una contrazione pressoch contemporanea (dopo circa 90 millisecondi) dei muscoli posteriori della coscia e dei paravertebrali (catena muscolare posteriore), tale da spostare in avanti il bacino nel tentativo di raggiungere un equilibrio; se la pedana scivola posteriormente, si avr una contrazione, anch'essa contemporanea, di Quadicipite ed Addominali (catena muscolare anteriore) (fig. 14.12a), tale da spostare il bacino all'indietro.Il soggetto non riesce tuttavia a fermarsi in una posizione di equilibrio, poich non pu fissare le articolazioni delle caviglie. Egli continuer a dondolare, coinvolgendo nel movimento anche il capo e gli arti superiori, sempre all'inseguimento del suo baricentro.L'equilibrio in qualche modo mantenuto dalla continua attivit muscolare, mentre la postura definitivamente perduta.Questo caso pu essere considerato particolare delle reazioni paracadute, caratterizzato dal fatto che i piedi non possono essere mossi.Altri esperimenti con il soggetto quadrupede hanno evidenziato che solamente il treno posteriore (inferiore) possiede reazioni di postura al movimento della pedana; il treno anteriore costituisce una base d'appoggio per parte del peso e nulla pi: esso fissato dalla cocontrazione di agonisti e antagonisti.La situazione quadrupede simile alla postura non diagonale del gatto, che l'animale assume per solamente come anticipatoria di movimenti volontari. La postura diagonale che un esperimento del genere provocherebbe nel gatto, non mai elicitabile nell'uomo.Completamente diversa la situazione se alla pedana corta viene applicato un movimento rotatorio intorno ad un perno disposto sul piano frontale. In questo caso i riflessi spinali orizzontali, che finora abbiamo visto aiutare il meccanismo dell'equilibrio posturale, divengono un impedimento.Si immagini una rotazione della pedana con la parte anteriore verso l'alto (come in figura 14.7): questo movimento provoca uno sbilanciamento all'indietro del corpo e contemporaneamente uno stiramento del Tricipite surale che, rispondendo con un accorciamento, finisce per sbilanciare ulteriormente il corpo all'indietro. Le reazioni motorie posturali non possono fare nulla in questo caso poich, come si visto, avvengono tutte attorno e dopo i 100 millisecondi (circa a 120, nel caso specifico), mentre i riflessi spinali hanno tempi di latenza di circa 50 millisecondi.Tutto ci si verifica effettivamente ogni qual volta un'imprevista rotazione del piano di appoggio tende a farci cadere all'indietro ( quasi impossibile in queste condizioni evitare la caduta). Quando la situazione si ripete, tuttavia, il SNC in grado di innescare efficaci contromisure.Alla seconda e terza rotazione, gi si osserva una minor ampiezza del riflesso da stiramento, mentre notevolmente amplificata, rispetto alla prima oscillazione, la reazione posturale del Tibiale anteriore (antagonista del Tricipite surale). Alla II o III ripetizione, la reazione tibiale supera in ampiezza quella del Tricipite e l'equilibrio diviene pi stabile. Il SNC, in altre parole, ha appreso come contrastare la perdita di equilibrio.Vi sono due variabili importanti della situazione.La prima che il meccanismo aumenta di efficienza all'aumentare dell'ampiezza della rotazione: questo accade

poich entrambi i riflessi sono sensibili all'ampiezza, ma il riflesso posturale del Tibiale lo maggiormante di quello da stiramento del Tricipite. Paradossalmente quindi, rotazioni di media portata sono maggiormente destabilizzanti di rotazioni di ampiezza maggiore.La seconda che il meccanismo dipende anche dalla posizione di partenza.\p319Se, per esempio, il corpo inclinato all'indietro, il riflesso tricipitale rallentato ed il riflesso tibiale pi rapido, per cui di fatto avvengono entrambi contemporaneamente, con indubbio effetto stabilizzante.Se il corpo inclinato in avanti, la risposta tricipitale alla stessa latenza, ma quella tibiale rallentata. Si noti nella figura come il Tricipite surale presenti una doppia risposta alla rotazione: la prima, a latenza circa 50 millisecondi, di tipo spinale, la seconda, oltre i 100 millisecondi, chiaramente posturale in quanto modulabile in ampiezza e latenza. Si noti anche come non vi mai la risposta da stiramento (come ovvio) nel Tibiale anteriore.Entrambe le risposte, come per i movimenti di traslazione, mostrano una assuefazione nel tempo.Le pedane possono anche essere utilizzate per evidenziare le risposte posturali solamente ad origine vestibolare. Se il soggetto, ad occhi chiusi, viene fatto ruotare in avanti e la sua pedana di appoggio ruota anch'essa nella stessa direzione con uguale velocit, allora l'angolo delle caviglie rimane invariato e quindi nessuna afferenza propriocettiva arriva al sistema di controllo posturale. In queste condizioni si ha comunque una risposta posturale, dovuta esclusivamente alle affe-renze vestibolari. Questa risposta identica a quella ottenuta con uno scivolamento della pedana, solamente con un intervallo di latenza maggiore: 200 milllisecondi contro i 100 circa della risposta propriocettiva allo scivolamento.Il risultato rafforza l'ipotesi che i meccanismi motori di controllo posturale, pur potendo essere teoricamente infiniti, siano un numero costante, preformato e vengano ordinati in pacchetti, richiamabili solo per intero, da qualunque canale afferente.Solitamente l'integrazione dei tre canali ad attivare un determinato pacchetto, ma in casi particolari pu essere anche un solo canale. In questo caso, sulla base dei tempi di latenza, si ha l'impressione che le afferenze pi indicate nel richiamare pacchetti motori posturali siano, in ordine di importanza: proprio-cettive > vestibolari > visive.Pazienti ad occhi chiusi (cio con equilibrio su base vestibolare e propriocettiva) hanno buone reazioni di equilibrio, cos come pazienti con deficit vestibolare, se compensati da vista e propriocettivit. I pazienti invece con importanti disturbi propriocettivi hanno, anche ad occhi aperti, marcate oscillazioni posturali, senza assuefazione allo stimolo.Un altro punto delle afferenze vestibolari estremamente interessante: le cadute da piccole altezze generano una risposta motoria posturale in tutti i muscoli della gamba con una latenza di circa 80 millisecondi. La dimensione di questa reazione posturale proporzionale alla velocita di caduta [16].Ancora interessante notare come la stimolazione elettrica attraverso il Mastoide del sistema vestibolare dia risposte posturali differenti a seconda della posizione del capo. Anche una risposta posturale rispetto ad un ingresso sensoriale puro quindi risente della posizione del corpo, informazione mediata attraverso le vie propriocettive, che definitivamente assumono un ruolo principe nelle reazioni motorie posturali.Anche le vie visive, sebbene in misura inferiore, hanno un ruolo nei movimenti posturali. Tutti sanno che uno scenario in movimento produce, anche nel soggetto immobile, una sensazione di movimento soggettivo [17]. [16] Ci vale solo per cadute estremamente brevi, tali da non portare al massimo di accelerazione (9.8 gr./sec./ sec. sulla terra). Tale proporzionalit fra accelerazione e ampiezza dell'attivit EMG si verifica solo fino ad 1 gr/sec/sec[17] Rispettivamente se lo scenario si muove verso gli occhi la sensazione di movimento in avanti con oscillazioni nella stessa direzione del movimento e viceversa.Il fatto non ha molta importanza per le basse

velocit, mentre ne ha invece per velocit elevate, alle \p320 quali le informazioni visive paiono acquistare una importanza progressivamente maggiore rispetto alle informazioni dei due rimanenti sistemi afferenti.Le afferenze visive rapide dunque provocano oscillazioni nella stessa direzione dell'illusione di movimento, che si interrompono all'interrompersi del movimento del campo visivo e non presentano fenomeni di assuefazione.Fig. 14.13 -Differenti tempi di attivazione di agonisti e antagonisti dell'arto inferiore alla rotazione della base di appoggio (pedana), verso l'alto (colonna sinistra) e verso il basso (colonna destra).Tre situazioni di partenza diverse, come indicato dall'arto al centro della figura: situazione di equilibrio normale nella prima serie di immagini orizzontali; situazione di sbilanciamento in dietro nella seconda serie; situazione di sbilanciamento in avanti nella terza serie.Le linee tratteggiate verticali indicano l'inizio della attivit elettromiografica nel Tibiale anteriore (TA) e nel Tricipite surale (TS) nelle 3 situazioni (Da Nashner, modificata).Controllo posturale durante il movimento volontario (reazioni di anticipazione)Le reazioni posturali provocate da movimenti volontari sono assai variabili e dipendono dal rapporto fra il tipo di movimento volontario e lo stato di equilibrio. Questo tipo di reazioni posturali sono definite anticipatone, poich intervengono prima del movimento volontario.Nell'esecuzione di un movimento volontario, il baricentro si sposta al di fuori \p321 della base di appoggio, esattamente come avviene per l'intervento di forze esterne all'organismo. In questo caso per, a differenza delle reazioni posturali a forze esterne, prima che il movimento si compia vengono messe in atto strategie posturali per evitare lo sbilanciamento e la caduta conseguente.Si possono riscontrare due distinte situazioni: un movimento volontario che non provoca la perdita di equilibrio ed un movimento volontario che la provoca.Se il movimento volontario non mette a repentaglio lo stato di equilibrio, le reazioni conseguenti hanno solamente un effetto di compensazione sullo spostamento del baricentro, sono molto deboli e non strettamente concatenate, in senso temporale, all'esecuzione del movimento volontario.Se il movimento volontario mette a repentaglio lo stato di equilibrio, allora si osservano le reazioni posturali anticipatorie.A movimenti veloci corrispondono reazioni posturali (elettromiograficamente) pi intense.Le reazioni posturali sono sempre pi intense anche aumentando progressivamente la forza del movimento volontario.Le reazioni posturali al movimento volontario risentono fortemente dei fenomeni di apprendimento motorio (vedi paragrafo successivo): se cambiano le condizioni di equilibrio sono sufficienti due o tre ripetizioni del gesto volontario per adattare la reazione posturale. interessante osservare come le reazioni anticipatorie abbiano tempi di attivazione differenti a seconda del tipo di movimento volontario. Se questo di reazione ad uno stimolo esterno, se si cio in una situazione definita di feed forward [18], la reazione anticipatoria inizia circa 50 millisecondi prima del movimento volontario. Se il movimento volontario effettuato senza l'intervento di stimoli esterni, le reazioni anticipatorie iniziano circa 100 millisecondi prima del movimento.[18] La situazione di feed forward quella in cui un riflesso si genera attraverso un open loop (letteralmente circuito aperto ). Situazione contrapposta al feed back ed al closed loop. Per esempio, il riflesso da stiramento un feed back in un closed loop. Il closed loop dato dal fatto che il sensore del riflesso si trova nello stesso organo che reagisce allo stimolo sensitivo e il feed back sta a significare l'obbligatoriet del riflesso in quel circuito, prima percettivo, poi effettore. Ogni qual volta si stimoli il sensore, si avr la risposta a feed back. Opposto il feed forward: un riflesso che avviene per necessit strategiche ed una reazione necessaria in una determinata situazione, ma non obbligatoria. Esso si sviluppa all'interno di un open loop, in un circuito cio in cui il

sensore e l'effettore sono in zone separate, unite solamente attraverso un circuito nervoso (per esempio vista e controllo posturale).Le reazioni posturali al movimento primario avvengono in maniera assai simile alle reazioni posturali al movimento di traslazione delle pedane visto nel paragrafo precedente: sono un insieme della strategia di caviglia e della strategia d'anca.Se il movimento implica una flessione anteriore del tronco, per esempio, si assister ad una attivazione distale-prossimale dei muscoli della catena posteriore (Tricipite surale, muscoli posteriori della Coscia, muscoli Paraspinali). Questa attivazione provoca un riaggiustamento posturale tipico della strategia di caviglia, come se esistesse solamente l'articolazione tibio-tarsica; contemporaneamente per si assister anche ad una attivazione di Quadricipite ed Addominali. Questa porta ad uno spostamento posteriore del bacino, come nelle caratteristiche strategie d'anca. Il risultato globale una integrazione dell'attivit dei singoli muscoli in una catena cinetica biomeccanica difficilmente comprensibile attraverso la sola sommatoria della loro singola azione. molto frequente, in situazioni come questa, che il movimento reale non corrisponda a ci che ci si aspetta dalla somma dell'attivit dei vari muscoli. Per esempio, l'attivit del Tibiale anteriore in un caso di strategia posturale anticipatoria molto intensa ed aumenta, del tutto inaspettatamente, durante il movimento volontario di anteroflessione del tronco; la non prevedibilit della risposta risiede nel fatto che il Tibiale anteriore non gioca alcun ruolo di contrapposizione \p322 nell'anteroflessione. Del tutto inatteso anche il comportamento diametralmente opposto del Tricipite surale, poich in una anteroflessione del tronco ci si aspetterebbe decisamente una maggiore attivit di quest'ultimo muscolo, che invece completamente assente (Dick 1986 e Horack 1984).Fig.14.14 - Esempio di attivazione anticipata della muscolatura posturale rispetto ad un movimento del Deltoide destro (DD). La freccia indica l'inizio della attivit del muscolo (momento 0). Come si vede dal grafico, i muscoli che impostano una reazione posturale agiscono anticipatamente rispetto al movimenfo. Il Bicipite Femorale (BFD) destro agisce circa 100 millisecondi in anticipo, il Paraspinale sinistro circa(PSS) 60 millisecondi e cos via. Notare che in un movimento di reazione ad uno stimolo esterno (grafico sottostante) i tempi di attivazione sono anticipati in misura minore. PSD = paraspinali destri. BFS = Bicipite femorale sinistro.La non corrispondenza fra movimento globale ed attivit biomeccanica muscolare un chiaro indice di come la parametrazione del movimento sia un problema complesso, che coinvolge numerose strutture all'interno del SNC [19]. Il movimento costituisce il prodotto finale delle sinergie fra strutture nervose ed apparato locomotore, non la semplice somma delle loro attivit funzionali.[19] In cui, ancora una volta, il cervelletto gioca sicuramente, per caratteristiche anatomiche e cliniche, un ruolo privilegiato.La differenza fondamentale fra la reazione posturale collegabile ad un movimento volontario e quella di reazione a forze esterne il periodo dell'evento.Le prime iniziano in anticipo rispetto all'evento volontario che accompagnano per tutta la sua durata. Queste reazioni posturali sono finalizzate a ridurre al minimo le successive possibili oscillazioni del baricentro.Le seconde sono invece di reazione: sono cio conseguenti ad un evento turbativo. Queste reazioni cercano di recuperare l'equilibrio a movimento del baricentro gi avvenuto.\p323PARTE TERZA IL CERVELLETTO COME STRUMENTO DI APPRENDIMENTO MOTORIO molto importante dare una definizione chiara di apprendimento motorio per poter fare ipotesi sui meccanismi neurofisiologici che ne stanno alla base e valutare all'interno di questi il ruolo del cervelletto.Con apprendimento motorio si indica un costante miglioramento dell'armonia, della sincronia e del ritmo motorio dell'individuo, acquisito attraverso la ripetizione abitudinaria e costruttiva (allenamento, riabilitazione) della gestualit necessaria al rapporto con

il mondo esterno.L'uomo moderno si muove per interagire con l'ambiente, per modificarlo a proprio vantaggio secondo un piano prestabilito; i singoli movimenti non rispondono ad esigenze primarie come per gli animali, ma fanno parte di un disegno pi complesso, strategico, in cui non l'effetto immediato del movimento ci che veramente conta, ma il risultato finale del muoversi.All'interno di questa logica non pi il movimento in s ad avere l'importanza maggiore, ma la coordinazione motoria .Non pi l'attivit del muscolo alla base dei movimenti, ma la scelta, la concatenazione ed il controllo dei diversi movimenti singoli, che vengono combinati fra loro in una successione armonica funzionale: la catena cinetica .Il movimento deve aderire il pi fedelmente possibile alla volont dell'individuo, che proprio attraverso questa corrispondenza ad altissimo livello fra pensiero e azione riesce a comunicare le proprie intenzioni al mondo esterno.L'aderenza fra pensiero ed azione non patrimonio naturale dell'individuo, si apprende con l'esercizio fisico.L'apprendimento motorio non si limita per alla sola capacit espressiva. Con essa, all'interno diogni catena cinetica, vanno apprese anche le reazioni di difesa fondamentali, necessarie affinch la motricit volontaria non danneggi l'integrit fisica del soggetto. Quindi si intendono comprese nell'apprendimento motorio, oltre alla gestualit volontaria, situazioni quali il riflesso da evitamento, le reazioni posturali e le reazioni paracadute che sono tutte risposte motorie importanti solamente per il mantenimento della integrit fisica.Quando si parla di apprendimento motorio, si intende il miglioramento dell'armonizzazione, della sincronizzazione e del ritmo fra le varie strutture dell'apparato locomotore che consentono un uso del proprio corpo calibrato sulle esigenze del rapporto con il mondo esterno. Queste caratteristiche consentono di eseguire movimenti sempre pi rapidi, pi precisi e con risultati sempre pi efficaci.Tutti noi, soprattutto nell'infanzia, apprendiamo come articolare singoli, semplici movimenti in catene sempre pi complesse e come innescare, con una sorta di riflesso condizionato, per ogni singola evenienza, quella corretta fra tutte le complesse catene cinetiche in nostro possesso; una volta appreso, tutto ci avviene ad un semplicissimo segnale di riferimento, che pu essere esterno o dettato dalla volont.Vi sono movimenti complessi che fanno parte della memoria di movimento di noi tutti: si pensi per esempio all'andare in bicicletta, insieme di movimenti e di posture assai articolato, che a tutti riesce automatico e naturale, tanto da poter essere attuato pensando ad altro . Si pensi anche che detto movimento non patrimonio genetico del nostro SNC: tutti noi faticosamente abbiamo imparato ad andare in bicicletta, impegnando la nostra volont ed attenzione, oltre al nostro apparato locomotore, probabilmente anche con qualche caduta, che altro non \p324 indicava che il fallimento, temporaneo, del corretto progetto motorio e del suo apprendimento.L'apprendimento motorio il responsabile, in un altro ambito, anche di movimenti estremamente specializzati. Questi sono talmente complessi da far parte del patrimonio motorio solo di alcuni.Un grande pianista, per esempio, ha un patrimonio di movimenti manuali sulla tastiera assolutamente peculiare: molto vasto ed altrettanto raffinato. Per costruirlo sono stati necessari anni ed anni ed necessario un allenamento quotidiano per mantenerlo. Il ventaglio delle catene cinetiche a sua disposizione, tutte perfettamente eseguibili (da lui) talmente ampio, complesso e variabile da rendere obbligatorio, per gestirle con estrema padronanza, un loro richiamo continuo attraverso l'esercizio. Il solo stare un giorno senza esercitarsi riduce in maniera riconoscibile la estrema fluidit della specializzazione motoria del pianista.In tutti questi casi, come in casi molto pi elementari, si pongono tre domande:1) dove risieda la memoria del movimento,2) a quale evento (o serie di eventi) sia correlata e3) quali siano le strutture nervose che il cervelletto va ad influenzare con questa sua nuova

capacitLa seconda domanda pu essere ulteriormente estesa: la memoria motoria :- un cambiamento di connessioni sinaptiche?- una variazione nella sommazione spaziale e temporale dei collegamenti neuronali?- un cambiamento biochimico dei neuroni?- oppure un insieme di queste cose e di altro, che non si riesce ancora ad individuare?Alla prima domanda si pu attualmente rispondere che vi sono chiare indicazioni di come la sede della memoria motoria sia il cervelletto.Numerosi esperimenti sull'argomento (Ito. 1989; Thach. Goodkin e Keating, 1992 ed altri ancora) hanno chiaramente dimostrato come danni apportati al cervelletto compromettano l'esecuzione di movimenti appresi ed automatizzati.Il riflesso vestibulo-oculare ne un chiaro esempio: si tratta di (VOR) una reazione motoria automatizzata che consente di mantenere lo sguardo fisso su di un oggetto anche quando il capo in movimento.Grazie ad un apprendimento che consente di integrare fra loro le informazioni vestibolari (sui movimenti del capo) e visive (movimenti degli oggetti nel campo visivo e movimenti dello sfondo, sia rispetto agli oggetti che rispetto al capo), questo riflesso in grado di armonizzare dette afferenze, inviando un unico ordine, congruo ed adeguato, ai muscoli oculomotori.Un danno dell'archicerebello (lobulo flocculo-nodulare) abolisce completamente il riflesso, indicando in questa zona del cervelletto una componente fondamentale dei circuiti oculomotori.Il VOR non presente fin dalla nascita, ma si sviluppa nei primi due mesi di vita, fra il decimo ed il 60 giorno (Ito. 1984), attraverso un apprendimento che porta ad un progressivo miglioramento delle reazioni oculari.Il VOR un chiaro esempio di come avvenga l'apprendimento attraverso un cambiamento dei circuiti cerebellari.\p325Thach, Goodkin e Keating (1992) hanno eseguito alcune importanti ricerche a proposito.Questi autori fecero indossare ad un soggetto sano, che volontariamente si sottoponeva all'esperimento, occhiali particolari, con lenti prismatiche, capaci di invertire la percezione nervosa della direzione del movimento. Questi occhiali proiettano verso destra un movimento che avviene nella realt verso sinistra, verso l'alto un movimento che di fatto avviene verso il basso.Il riflesso vestibolooculare a questo punto non pi congruo, poich informazioni vestibolari e visive entrano in contraddizione. La conseguenza una sua riduzione progressiva, fino alla scomparsa totale nell'arco di 4-5 giorni.Nei giorni successivi, se il soggetto continua ad indossare gli occhiali, il riflesso vestibolo-oculare ricompare, ma in maniera congrua con la distorsione delle lenti prismatiche. Il riflesso, in altre parole, si ricalibrato per essere utile con il nuovo tipo di afferenze, ritrovando la congruenza fra informazioni labirintiche (rimaste costantemente invariate) ed informazioni visive (invertite). Vi stato cio un apprendimento motorio, per i muscoli oculari, che ha tenuto conto di una nuova situazione di fatto.In soggetti con deficit del lobulo flocculonodulare non si osserva assolutamente alcun riadattamento del VOR con gli occhiali a lenti prismatiche ed anche la fase di abolizione del riflesso (se presente) mostra notevoli anomalie.Un altro esempio di come il cervelletto giochi un ruolo fondamentale nell'apprendimento e nella memorizzazione dei riflessi motori dato dall'apprendimento di un tipico riflesso condizionato: la chiusura della palpebra in conseguenza ad un getto d'aria sull'occhio associata ad un rumore.In un coniglio da laboratorio sottoposto a detto esperimento, dopo un certo periodo di allenamento si pu osservare la chiusura della palpebra al solo presentarsi del rumore (anche senza il getto d'aria).Il riflesso condizionato non scompare con l'ablazione della corteccia cerebrale, dell'ippocampo o di alcuna altra struttura encefalica sopratalamica, ma abolito da un danno della corteccia neocerebellare, oppure del nuclei dentato od inter-posito.L'ipotesi di lavoro iniziale cos confermata: il cervelletto determinante per l'apprendimento motorio.Interessanti sull'argomento sono anche i lavori di Miall Wier e Stein (1987) e Gilbert

eThach (1977) che hanno studiato, nella scimmia, il tipico movimento di inseguimento visuo-motorio.Un oggetto su di uno schermo deve essere seguito con una freccetta, che pu essere manovrata spostando, su di un tavolo, una sfera che la guida. La scala fra movimento della freccetta e della sfera regolata da un'apparecchiatura e pu essere liberamente cambiata dall'esaminatore.L'esperimento ha mostrato con chiarezza come, ogni qual volta venga cambiata la scala, l'animale necessita di 10-12 movimenti per ritornare alla precedente precisione, per ricalibrare cio il proprio progetto motorio su di un movimento diverso (visto il cambiamento di scala), al fine di ottenere un identico scorrimento della freccetta.Tutto questo non avviene se vi un danno del neocerebello. In questo caso, il ridimensionamento secondo la nuova scala non ha pi luogo. La scimmia ha ancora un movimento normale e anche l'inseguimento dell'oggetto con la freccetta continua ad essere eseguito correttamente. Al variare per della scala fra il pannello (manovrato dalla scimmia) e la freccetta, l'animale non pi in grado di ricalibrare il movimento, che continua ad essere effettuato secondo la scala precedente. il raccordo visuo/motorio ed il suo ruolo nella progettazione del movimento \p326 ad essere totalmente compromesso in un danno del neocerebello e/o del nucleo dentato. In questo caso, non pi possibile apprendere le nuove catene cinetiche necessarie per il rapporto con l'ambiente esterno.Gli esperimenti citati focalizzano con sufficiente chiarezza come il cervelletto possa essere considerato il cuore dell'apprendimento motorio. Assai pi complesso definire quale sia il substrato anatomico, biologico e neurofisiologico di questo apprendimento (seconda domanda di pagina 324).Gli stessi sperimentatori hanno studiato, contemporaneamente ai risultati clinici, anche il ruolo dei diversi sottosistemi neurofisiologici cerebellari, chiarendone alcuni aspetti, ma senza risolvere il problema.L'apprendimento, di qualunque genere sia, rimane ancora un concetto astratto, molto lontano, nella sua complessit clinica, dalle attuali conoscenze scientifiche neurobiologiche.I lavori di Gilbert e Thach tuttavia, di Miall, Wier e Stein, di Sasaki, Genba e Mizuno (1982) e di Ojakangas e Ebner (1992) hanno dato importanti contributi all'argomento che necessario conoscere.Durante l'apprendimento (anche se non tutti i dati sono in pieno accordo, comunque un'affermazione ormai sostenibile) vi un transitorio aumento di frequenza di scarica delle fibre rampicanti, in grado di provocare la comparsa di spikes complessi nelle cellule di Purkinje. Gli spikes complessi, a loro volta, modificano la sensibilit di queste cellule (riducendola) agli spikes semplici, normalmente provocati dalle fibre muscose. La scarica delle fibre rampicanti temporanea, ma sufficiente a provocare una modificazione citoplasmatica cellulare che consente a sua volta una riduzione permanente della sensibilit della cellula di Purkinje alle fibre muscose.Questa sarebbe la base neurofisiologica dell'apprendimento motorio a livello cerebellare. Non chiaramente la risoluzione del problema apprendimento. Non si sa, per esempio, quali modificazioni biologiche intervengano nella cellula di Purkinje in grado di memorizzare in maniera permanente le variazioni innescate dalla scarica temporanea delle fibre rampicanti. Oggi non si conosce nemmeno quale sia l'elemento determinante nell'innescare la scarica delle fibre rampicanti, anche se si ritiene che sia la discrepanza fra il progetto motorio ed il movimento reale.Le afferenze spino-olivari attivano le fibre rampicanti (vedi capitolo 16), che normalmente non sono attive, ma lo diventano in caso di incongruenza fra progetto motorio e movimento.La terza domanda di pp. 324 pone un punto importantissimo per l'apprendimento motorio cerebellare: una volta avvenuto, quali sono le strutture nervose che il cervelletto va ad influenzare con questa sua nuova abilit ed esperienza motoria?Soprattutto grazie ai lavori di Sasaki, Genba e Mizuno, si ritiene oggi che l'apprendimento motorio dal cervelletto influenzi, attraverso le vie cerebello-talamo-corticali, la

corteccia motoria primaria. A questo livello, durante l'apprendimento, compaiono potenziali elettrici indicatori di una facilitazione dei motoneuroni corticali. Tali potenziali sono fortemente influenzabili dalla attivit del cervelletto (scompaiono per una sua inattivazione, divengono assai pi ampi per una attivit elevata dei neuroni cerebellari) e corrispondono, dal punto di vista clinico, sia ad una esecuzione pi raffinata del movimento che si sta apprendendo, che ad una riduzione dei tempi di esecuzione.Nonostante il cervelletto abbia contatti altrettanto validi, qualitativamente e quantitativamente, con tutte le altre strutture motorie (particolarmente con il midollo spinale), le variazioni di attivit elettrica dei neuroni corticali durante l'apprendimento motorio non si evidenziano a nessun altro livello.\p327Molto resta tuttavia (vedi capitolo 16) ancora da indagare per comprendere anche solo la combinazione pi elementare con cui queste pietre fondamentali si compongono fra di loro nella neurofisiologia clinica del cervelletto.PARTE QUARTA IL TREMORE CEREBELLAREIl tremore una manifestazione molto frequente nel paziente cerebellare. In questo capitolo verr riportata solamente una classificazione clinica, mentre gli aspetti fisiopatologici ed i rapporti con altri tremori verranno esposti nel capitolo 29.Il tremore un movimento ritmico, oscillante di alcune parti o di tutto il corpo, in cui (di solito) armonicamente rispettata l'alternanza di agonisti ed antagonisti. Questo un elemento essenziale per differenziare un tremore da un movimento atassico, che si manifesta invece in maniera aritmica e disarmonica, con il caratteristico aspetto sussultorio.Il tremore cerebellare si presenta sotto tre distinte forme:Il tremore cinetico, il pi caratteristico con oscillazione di 3-5 Hertz, tipicamente presente solo durante l'esecuzione di un movimento;il tremore intenzionale, che si manifesta invece quando il movimento sta per concludersi in prossimit del bersaglio; lievemente pi frequente, ma ci che lo caratterizza l'ampiezza: molto maggiore rispetto sia al tremore cinetico sia a quello posturale;il tremore posturale il tremore cerebellare che si pu caratteristicamente osservare quando il paziente, in posizione eretta, tiene le braccia distese in avanti. Ha una frequenza ed una ampiezza intermedia fra gli altri due tipi di tremore.Poich il tremore non una manifestazione esclusivamente cerebellare, ma un tipo di movimento assai frequente nelle alterazioni del sistema nervoso e dell'apparato locomotore, ad esso verr dedicato un intero capitolo (capitolo 29) al termine della trattazione dei diversi apparati motori del SNC.BibliografaBecker W.J., Kunesch E. and Freund H.J., Coordination of a multi-joint m

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aree premotorie. Le vie olivo-cerebellari (vie rampicanti) normalmente sono inattive: si attivano solamente quando il progetto motorio ed il movimento realmente effettuato non siano perfettamente sovrapponibili. Le informazioni sul progetto motorio arrivano attraverso le vie corticoolivari, quelle sul movimento attraverso le vie spino-olivari.Se le vie si attivano, il cervelletto riceve una salve di afferenze rampicanti che caratterizzano il tentativo di correzione del movimento errato rispetto al progetto motorio. Queste afferenze rampicanti discontinue sono probabilmente anche le responsabili degli spikes complessi (o al Ca++), che modificano le caratteristiche biologiche della cellula di Purkinje, provocandone un apprendimento motorio (vedi capitolo precedente e successivo).L'apprendimento motorio probabilmente alla base dell'armonia e della sincronia posturale di cui il cervelletto garante nei movimenti complessi.Se la correzione cerebellare del movimento non stata sufficiente ed il circuito olivo-cerebellare viene ripetutamente attivato, ad ogni attivazione successiva la risposta cerebellare pi pronta e pi precisa, migliorando di attivazione in attivazione.\p332 da questo processo che origina l'apprendimento motorio attraverso l'esercizio fisico.Al di l dell'abilit motoria posturale, il paleocerebello gioca un ruolo anche nell'apprendimento motorio e nella progettazione stessa dei movimenti. Questo ruolo fortemente embricato con quello del neocerebello, assieme al quale il paleocerebello deve sempre essere preso in considerazione nella progettazione motoria. Per esigenze didattiche, questi due compiti del cervelletto verranno descritti come appartenenti solamente al neocerebello.Vie neocerebellariIl neocerebello suddiviso in due zone differenti.La zona intermedia (quella pi vicina alla linea mediana) svolge, sull'apprendimento dei movimenti raffinati di precisione, un ruolo analogo a quello del paleocerebello sulla postura, pi articolato data la complessit ed i numerosi gradi di libert di questa attivit. Al di l di questo meccanismo di apprendimento, la zona intermedia svolge anche un ruolo preparatorio tattico delle diverse stazioni attraverso le quali transiter il progetto motorio.Le informazioni sul progetto motorio arrivano alla zona intermedia del neocerebello attraverso i nuclei pontini disseminati, che forniscono un quadro dettagliato su tutti i possibili progetti (teorici) di movimento. Come tutte le afferenze muscose, questo tipo di informazioni sono deboli (non detto cio che attivino i neuroni cerebellari), ma sono estremamente diffuse e costanti nel tempo.Attraverso le vie muscose provenienti dal midollo spinale, questa stessa zona cerebellare riceve informazioni analoghe riguardo lo stato dell'apparato locomotore e del midollo spinale, in particolare degli a e y motoneuroni.Sulla scorta dei due tipi di informazioni convergenti e attraverso il nucleo interposito, la zona intermedia del neocerebello organizza i neuroni nelle stazioni delle diverse strutture attraverso le quali il progetto motore deve transitare, affinch il transito avvenga nel pi rapido e migliore dei modi.Queste stazioni sono due: l'area motoria primaria (area 4), sede del primo neurone di moto, a cui il progetto arriva dall'area motoria associativa (area 6) ed i motoneuroni midollari (secondi neuroni di moto) a cui il progetto arriva dall'area 4.Alla corteccia cerebrale (area 4) le informazioni arrivano attraverso la via cerebello-talamo (nucleo VPLo)-corticale, al midollo spinale attraverso la via cerebello-reticolo (nucleo reticolare laterale)-spinale. Dubbia, nell'uomo, l'efficacia del fascio rubro (magnicellulare)-spinale, consistente di un numero di fibre troppo esiguo per poter avere un significato clinico (si veda il capitolo 11). Questo invece determinante negli altri mammiferi, dove per il fascio corticospinale possiede un'importanza assai ridotta.Un esempio pu essere indicativo del lavoro di preparazione svolto dal neocerebello sulle stazioni motorie.L'area 4 potrebbe essere pensata come una porta di sicurezza, che si apre solamente attraverso una complessa combinazione

numerica. Il progetto motorio potrebbe invece essere pensato come gli individui che debbono transitare attraverso la porta.Ciascun individuo ha la sua programmazione numerica (combinazione) che viene impostata all'inizio; il rapporto combinazione individuo assolutamente biunivoco, per cui un soggetto (programma motorio) pu essere lasciato transitare o pu essere bloccato isolatamente senza impedire l'apertura o la chiusura della porta.\p333Fig. 15.1 - Rappresentazione tridimensionale dei nuclei cerebellari e delle vie efferenti.Il fatto che un individuo (il progetto motorio) possa transitare attraverso la porta (area 4) dipende dalle verifiche sulla sua combinazione. Queste verifiche, o l'impostazione della combinazione, altro non significano se non una verifica che l'apparato locomotore sia nelle condizioni adatte ad eseguire quel determinato progetto motorio; se non lo , il progetto verr ritardato per consentirne la preparazione, oppure verr definitivamente bloccato perch non eseguibile. Tutto questo lavoro di controllo e verifica viene effettuato dal cervelletto prima che il \p334 progetto motorio si presenti all'area 4, quando ancora in costruzione. Quando il progetto pronto, la sua combinazione inserita nell'area 4, per consentirgli di transitare liberamente. Questo sistema evita il transito attraverso l'area motoria di progetti indesiderati o che il progetto motorio desiderato debba istruire l'area 4 per il proprio transito (il che richiederebbe tempo prezioso). Se il progetto motorio viene messo in atto, l'area 4 possiede in anticipo la combinazione neuronale per consentirgli il transito e l'arricchimento informativo legato alla sua attivit che il progetto motorio acquisir in questa stazione. Un progetto motorio che non passato al vaglio del cervelletto (confronto con la situazione dell'apparato locomotore) non pu possedere la combinazione giusta per attivare l'area 4, dove verr bloccato.Il discorso analogo vale anche per i motoneuroni spinali, sui quali agiscono per numerose altre vie, oltre e contemporaneamente al cervelletto. Per questi secondi neuroni di moto quindi il discorso ancora pi complesso.La zona laterale del neocerebello svolge una esclusiva funzione di progettazione motoria, come indicato dai suoi collegamenti elettivi con la corteccia, legati a pi di una via cerebello-talamocorticale.Attraverso queste vie, il cervelletto influenza la costruzione del movimento. L'influenza cerebellare legata soprattutto alle informazioni sullo stato dell'apparato locomotore e dei diversi organi sensitivi (vista e labirinto, in particolare).Il cervelletto riceve queste informazioni direttamente dai sensori periferici e questo caratterizza la sua unicit nell'elaborazione del progetto motorio; la corteccia cerebrale ed i nuclei della base, le altre strutture impegnate nel compito, non hanno questo tipo di informazioni.La zona laterale del neocerebello anche l'origine di un circuito a feed-back di notevole importanza. Attraverso un collegamento con la parte parvicellulare del nucleo rosso, essa in grado di influenzare le afferenze olivocerebellari. Questo meccanismo si pensa giochi un ruolo fondamentale nel controllo della precisione motoria, tanto che nell'uomo (unico animale in cui il circuito sia ben sviluppato) il suo danno porta ad un tipico tremore intenzionale di tipo cerebellare.Al neocerebello laterale le afferenze giungono dalla corteccia motoria, primaria e secondaria, e dalla corteccia parietale sensitiva, pure primaria e secondaria.Le vie efferenti sono: la via cerebello-talamo-corticale del nucleo VPL, passante per la parte anteriore del nucleo VPL del talamo [2]: VPLo, dove questa efferenza si sovrappone alla via cerebello-talamo-corticale proveniente dalla zona intermedia del neocerebello e si dirige prevalentemente all'area 4la via cerebello-talamo-corticale del nucleo VA, passante per il nucleo VA del talamo, dove la via si integra e si sovrappone alle vie pallido-talamiche, provenienti dai nuclei della base. Il bersaglio di questa afferenza, che non si pu pi definire cerebellare data la integrazione, prevalentemente l'area 6, in minor misura l'area

4.[2] Questa parte del nucleo ventro-postero-laterale del talamo non occupata, come il restante nucleo, dalle afferenze sensitive coscienti. La zona definita VPLo: ventrale laterale pars oralis.\p335CAPITOLO 16 ANATOMIA E FISIOLOGIA DEL CERVELLETTOIntroduzioneIl cervelletto una ampia struttura di aspetto rotondeggiante, del diametro di alcuni centimetri, situata nella fossa cranica posteriore. unito al tronco da tre voluminose coppie di peduncoli: i peduncoli cerebellari.Oltre a sostenerne materialmente il peso, i peduncoli costituiscono il collegamento attraverso il quale transitano tutte le informazioni cerebellari, in arrivo e in partenza dalla struttura.Nonostante pi della met del numero di neuroni presente in tutto il SNC sia concentrata nel cervelletto, l'organo presenta alcune caratteristiche anatomiche e fisiologiche che per lungo tempo hanno portato a considerarlo come un sistema di secondaria importanza fra le strutture nervose; la sua totale eliminazione per esempio provoca, sorprendentemente, disturbi transitori e facilmente compensabili in un arco di tempo contenuto, in genere di alcune settimane [1].[1] Ma solamente per le manifestazioni pi grossolane.Il danno di numerosi circuiti cerebellari poi, come si vedr nel corso del capitolo, non provoca disturbi clinicamente apprezzabili; questi, se presenti, sono legati al danno di un unico sistema funzionale, definito delle fibre rampicanti . Il sistema fibre rampicanti normalmente silente: la sua attivit di fondo si manifesta solamente in situazioni particolari.Un secondo sistema cerebellare invece, definito delle fibre muscose/parallele , pur avendo un'attivit di fondo piuttosto sostenuta, non causa, in caso di alterato funzionamento, manifestazioni cliniche rilevanti.Tutti i disturbi cerebellari riguardano esclusivamente il controllo motorio del SNC, mentre nessuna turba sensitiva innescata da un cattivo funzionamento del cervelletto.Vi sono molte ragioni alla base di questa sfasatura patologico/clinica [2] che si cercher di affrontare, per quanto possibile, nel corso del presente capitolo.[2] Tutte comunque riconducibili alle scarse conoscenze rispetto alla funzione fisiologica del cervelletto. importantissimo innanzitutto sottolineare come oggi nel cervelletto non sia ancora chiaro il collegamento fra gli aspetti anatomico/istologici ed il versante clinico funzionale. A fronte di una struttura anatomica costante e ripetuta per tutta l'estensione dell'organo, infatti, normale rilevare importantissime diversificazioni funzionali, localizzate in aree dall'aspetto istologico assolutamente identico.Il fatto che il cervelletto provochi disturbi esclusivamente motori, che regrediscono nel corso di alcune settimane consentendo al paziente una vita accettabile, un'altra delle ragioni che hanno portato, nel tempo, ad un interesse relativo verso le patologie cerebellari.La regressione spontanea delle manifestazioni per non riguarda mai i movimenti pi complessi: essa copre solamente gli aspetti motori pi semplici e \p336 di breve durata. Il danno dei movimenti complessi e/o pi raffinati permane costante, mettendo a rischio tutti i tipi di prestazioni motorie del cerebellare, non appena il compito richieda una gestualit anche solo lievemente pi impegnativa.I progressi negli studi sul cervelletto sono resi difficoltosi anche dalle particolari caratteristiche funzionali dell'organo. La maggior parte delle funzioni cerebellari infatti sono esclusive della razza umana (postura e andatura bipede, per esempio) non valutabili attraverso lo studio di altre specie animali.Nonostante tutto questo, lo studio della fisiologia e della patologia del cervelletto, che ha la sua prima, solida impostazione con Holmes alla fine degli anni trenta, ha vissuto, soprattutto negli anni settanta e ottanta, un periodo di notevole vivacit culturale, che ha permesso consistenti progressi alla neurofisiologia del movimento.Fig. 16.1 - Visione posteriore del tronco encefalico dopo aver asportato il cervelletto. (Da Mittler: Neuroanatomy, 1948; per cortesia della C.V. Mosby Company).Anatomia macroscopicaIl cervelletto situato al di dietro del tronco cerebrale. Anteriormente

troviamo il ponte, la parte bassa del mesencefalo (superiormente) ed alta del bulbo (inferiormente). Fra il cervelletto ed il ponte racchiuso uno spazio vuoto a forma romboidale, con l'asse maggiore verticale. Lo spazio vuoto prende il nome di IV ventricolo.\p337Le tre coppie di peduncoli cerebellari che collegano il cervelletto al restante SNC hanno il nome di peduncoli cerebellari superiori, medi ed inferiori.I peduncoli cerebellari superiori (noti anche con il nome, ormai in disuso, di Brachium Conjunctivum) lo collegano al mesencefalo e al ponte. I peduncoli cerebellari medi (noti anche con il nome, ormai in disuso, di Brachium Pontis) lo collegano al solo ponte. I peduncoli cerebellari inferiori (noti anche con il nome, ormai in disuso, di Corpo restiforme) collegano il cervelletto con il bulbo (o midollo allungato) e direttamente con il midollo spinale.All'osservazione macroscopica il cervelletto si presenta di aspetto rotondeggiante, con una parte mediana a forma di ferro di cavallo posto verticalmente e aperto anteriormente. Detta struttura prende il nome di verme nella parte superiore, di piramide nella parte posteriore, di uvula sulla faccia inferiore posteriormente, di lobulo centrale sulla faccia inferiore anteriormente.Lateralmente si sviluppano due ampie masse rotondeggianti: gli emisferi cerebellari. Questi aumentano di dimensione nella scala animale fino a raggiungere il loro massimo sviluppo nell'uomo.Il cervelletto percorso da una solcatura trasversale (in direzione destra - sinistra) da un estremo all'altro. Assolutamente indipendenti dalla suddivisione in emisferi e parte mediana, questi solchi, particolarmente profondi, portarono in passato ad una suddivisione anatomica del cervelletto in pi lobi, che non corrispondono ad alcuna partizione fisiologica. Ricordiamo fra questi il lobo anteriore e posteriore, il lobo primario e la scissura primaria che li divide.Ad un ingrandimento progressivo delle pliche e dei solchi, si pu notare come questi diano alla sostanza bianca sottostante un aspetto ramificato, talmente simile alla chioma di un albero da essere definito arbor vitae .La plicatura macroscopica dell'arbor vitae si estende per tutta la superficie del cervelletto formata da solchi e circonvoluzioni. Solchi e circonvoluzioni sono rivestite per intero da un manto di sostanza grigia: la corteccia cerebellare. La corteccia cerebellare, dello spessore di 0.5 millimetri, costituisce lo strato pi esterno della massa cerebellare.Fig. 16.2 Taglio macroscopico del cervelletto sul piano sagittale: si noti l'arbor vitae e l'invaginazione della corteccia all'interno della struttura\p338Per poter comprendere la logica con cui furono storicamente definite le diverse zone cerebellari necessario rifarsi allo sviluppo embriogenetico dell'organo. Nell'embrione il cervelletto dapprima disteso. Durante lo sviluppo fetale, si piega sul piano orizzontale da dietro in avanti, proprio come un giornale quando lo si ripone. La parte intermedia diviene cos, dopo la fase fetale, la zona pi posteriore, mentre la zona posteriore della fase fetale si sposta anteroinferiormente e la parte anteriore rimane antero-superiore.Sul tavolo anatomico il cervelletto stato studiato prevalentemente aperto, come nella sua disposizione fetale e le varie zone (lobuli) in cui i solchi pi profondi lo suddividono, denominate antero-posteriormente con nomi di fantasia (che non pi il caso di ricordare) o con una numerazione romana, in senso antero-posteriore, dall' I al X.La suddivisione appena esposta corrisponde ad una pura differenziazione anatomica macroscopica senza alcun addentellato funzionale e con l'avvento degli studi fisiologici stata di fatto abbandonata.Pi comune, in quanto fisiologicamente pi utile, la suddivisione macroscopica a seconda della zona di arrivo delle vie afferenti. In questa classificazione si riconoscono tre differenti strutture l'archicerebello, il paleocerebello, il neocerebello.Fig. 16.3-1 differenti colori indicano le zone di archicerebello (verde) paleocerebello (rosso) neocerebello (ocra)ArchicerebelloL'archicerebello formato da una struttura mediana,

impari, anteriore: il nodulo e due strutture poste lateralmente al nodulo che prendono il nome di flocculo. L'archicerebello la struttura pi antica del cervelletto, in contatto privilegiato con il sistema labirintico-vestibolare e con l'apparato visivo. Assieme a queste strutture l'archicerebello costituisce un'unit funzionale che presiede alla coordinazione dei movimenti oculari con i movimenti del capo, del collo e del tronco.L'archicerebello partecipa a questi meccanismi sia come parte integrante del sistema vestibolare, sia con criteri assolutamente differenziati caratteristici del cervelletto (vedi oltre).\p339PaleocerebelloIl paleocerebello costituisce la struttura mediana del cervelletto. la struttura a ferro di cavallo citata in precedenza. Dall'estremo antero-superiore all'estremo antero-inferiore il paleocerebello prende successivamente i nomi di verme, piramide, uvula e lobulo centrale. Va aggiunta a questi una struttura paramediana in una zona antero-inferiore situata fra il nodulo e il flocculo che prende il nome di paraflocculo. Tutto il paleocerebello, d'ora in avanti, verr denominato semplicemente come verme.Il paleocerebello costituisce, con buona approssimazione, la zona di afferenza al cervelletto delle informazioni propriocettive e vestibolari necessarie per gli equilibri posturali. Nelle stesse zone paleocerebellari giungono le informazioni sui progetti motori provenienti dalle zone corticali a rappresentazione del tronco e della muscolatura assiale.NeocerebelloIl neocerebello costituito dagli emisferi cerebellari. Riceve informazioni dalle cortecce motorie e premotorie degli emisferi cerebrali. Queste informazioni transitano attraverso un'importante stazione pontina: i nuclei pontini disseminati.Una seconda, importante classificazione anatomica funzionale del cervelletto legata alle vie efferenti. A questa si far riferimento nella parte dedicata alla fisiologia microscopica.Un taglio del cervelletto (su qualunque dei tre piani dello spazio) evidenzia macroscopicamente una suddivisione della massa cerebellare in tre zone distinte:- La corteccia cerebellare- La sostanza bianca- I nuclei cerebellariLa corteccia cerebellare (sostanza grigia) costituisce la zona pi esterna dell'organo, invaginandosi in tutti i solchi longitudinali della sua superficie [3]. La corteccia riveste per circa 1 millimetro di profondit l'insieme di sostanza bianca (costituita da fibre afferenti, efferenti e riverberanti) che costituisce il volume vero e proprio della massa cerebellare. Immersi nella profondit di questa sostanza bianca si trovano tre coppie di nuclei cerebellari (vedi figura, 15.1).Le tre coppie di nuclei cerebellari prendono il nome, procedendo in senso mediolaterale, di nucleo fastigiale, nucleo interposto [4] e nucleo dentato. [3] Le invaginazioni dell'arbor vitae sono tali e tante che, se completamente stesa, la superfcie globale della corteccia raggiunge un'estensione di oltre un metro quadrato. A paragone si pu portare la corteccia cerebrale, la cui estensione pari a circa 1/4 di metro quadrato.4 Quest'ultimo nucleo nell'uomo dato dal sommarsi di due nuclei diversificati negli animali: il nucleo globoso, ed il nucleo emboliforme.Come si visto in precedenza, un'ulteriore classificazione anatomica funzionale del cervelletto basata sulle efferenze corticali verso i nuclei cerebellari e sulle efferenze da questi verso il restante sistema nervoso.Questa suddivisione, che ha un preciso riscontro funzionale, cos congegnata:\p340Il nodulo e flocculo proiettano direttamente all'esterno del cervelletto saltando i nuclei cerebellari. Nodulo e flocculo caratterizzano l'archicerebello e le loro efferenze si dirigono verso i nuclei vestibolari del tronco encefalico.Il verme (la zona mediale del cervelletto) costituisce il paleocerebello e proietta verso il nucleo fastigiale di entrambi i lati.Gli emisferi cerebellari (nella loro zona mediale costituita dalla zona pi prossima al verme) proiettano al nucleo interposito omolaterale.Gli emisferi cerebellari nella loro zona pi laterale proiettano verso il nucleo dentato omolaterale.Se si esclude la prima zona, le tre rimanenti sono

ulteriormente suddivisibili in sottozone longitudinali, che rispecchiano la topografia delle afferenze rampicanti olivari ed il cui significato fisiologico verr discusso nella parte dedicata all'oliva bulbare (o oliva inferiore).Il cervelletto necessita di un mare di informazioni per distillare il proprio, evidentemente raffinatissimo, prodotto finale, tanto che per quaranta vie afferenti, che gli portano informazioni da tutto il rimanente SNC, ne possiede solamente uno per trasmettere le proprie integrazioni neuronali [5].[5] I peduncoli cerebellari sono costituiti prevalentemente di fibre di sostanza bianca afferenti, con un rapporto di circa 40:1 rispetto alle efferenti. La ragione di ci non chiara, ma evidente che il dato non casuale ed , verosimilmente, un indice della grande capacit elaborativa del cervelletto.La principale via di ingresso al cervelletto costituita dal peduncolo cerebellare medio (vecchio nome Brachium Pontis), attraverso il quale passano circa 20.000.000 di fibre nervose, quasi tutte afferenti, quasi tutte provenienti dal ponte e, nel ponte, quasi tutte provenienti dai nuclei pontini disseminati [6] (Courville 1991, Gilmann, 1992).[6] Un contingente, assai inferiore per numero di fibre, dei peduncoli cerebellari medi costituito di afferenze provenienti direttamente dal labirinto, un altro dai nuclei reticolari, un altro ancora da afferenze provenienti dai tubercoli quadrigemini (vie visive) del mesenefalo.Il rimanente contingente afferente raggiunge il cervelletto attraverso il peduncolo cerebellare inferiore (vecchio nome: Corpo Restiforme): si tratta di circa 500.000 fibre provenienti in massima parte dal bulbo (oliva inferiore) o dal midollo. Solamente una quota minima di afferenze transita attraverso il peduncolo cerebellare superiore (vecchio nome Brachium conjunctivum), che invece la via di uscita elettiva dal cervelletto. Il peduncolo cerebellare superiore consta di circa 800.000 fibre, che proiettano il lavoro cerebellare verso gli emisferi cerebrali (talamo), il mesencefalo (nucleo rosso) ed il ponte (nuclei vestibolari, oculomotori, trigemino) (Gilmann, Bloedel e Lichtemberg 1981).Rappresentazione somatotopicaLa presenza di zone topograficamente orientate sulla corteccia cerebellare ha portato ad alcune indagini alla ricerca di una eventuale rappresentazione somatotopica. Individuata con sicurezza, la rappresentazione somatotopica consta di due rappresentazioni del corpo umano, intere e completamente separate. La prima trova il tronco disegnato sul verme, con la rappresentazione del viso (grossolana per la propriocettivit e molto accurata per la vista e l'udito) nella parte pi posteriore del lobo anteriore [7]. In questa rappresentazione le braccia si aprono di lato, perpendicolarmente al corpo, una su ogni emisfero cerebellare.[7] Il lobo anteriore corrisponde circa ai due terzi anteriori del cervelletto. Il lobo posteriore costituisce il rimanente terzo.La seconda rappresentazione si trova interamente nel lobo posteriore: formata da due emicorpi con il dorso affrontato sulla linea mediana ed il ventre e gli arti che guardano lateralmente.\p341 molto importante osservare che questa rappresentazione somatotopica, individuata tramite stimolazione elettrica di varie parti del corpo e registrazione dalla corteccia cerebellare durante l'anestesia, scompare nell'animale sveglio. L'importanza del fatto sta nella differenza fisiologica fondamentale che esiste fra l'individuo anestetizzato e sveglio. Nel primo solamente le vie pi dirette sono attive (e caratterizzano la somatotopia), nel secondo invece tutto il sistema operativo e si attivano circuiti puramente funzionali esclusi nell'animale anestetizzato. la funzionalit del circuito (il fatto cio che non conduce alcuno stimolo passivamente, ma agisce solo se tutto il sistema attivo) a far scomparire la somatotopia cerebellare.Fig. 16.4 - Rappresentazione somatotopica cerebellare. A sinistra: Omuncolo cerebellare. Gli stimoli tattili e propriocettivi sono proiettati come si vede in figura. L'area sbarrata rappresenta la regione da dove si registrano risposte evocate dopo stimoli uditivi e visivi.

(Modificato e riprodotto, su autorizzazione, da Snider: The Cerebellum. Scientific American 1958; 84: 199). A destra: proiezione del corpo sul cervelletto. Le aree I e II (sopra e sotto la linea tratteggiata sono le due aree dove si proiettano gli stimoli visivi e uditivi. (Riproduzione autorizzata e modificata da Hampson et al.: Cerebro-cerebellar projections and the somatotopic localization of motor function in the cerebellum. Res. Publ. A Nerv. Med. Dis. 1950; 30: 299).Anatomia microscopicaCorteccia cerebellareAl microscopio ottico la corteccia cerebellare appare suddivisa in tre strati diversi. Essa composta di numerosissimi neuroni con differenti caratteristiche.L'accesso alla corteccia cerebellare avviene attraverso due soli sistemi: le fibre muscose, che ne costituiscono di gran lunga l'afferenza pi comune e le fibre rampicanti, di numero estremamente inferiore, provenienti esclusivamente dall'oliva bulbare. Le fibre rampicanti possiedono un'importantissima rilevanza funzionale nella fisiologia del cervelletto.L'unico sistema corticale efferente costituito dalle cellule di Purkinje, assoni inibitori diretti pressoch esclusivamente verso i nuclei cerebellari. Solo in parte minima (nell'uomo), alcuni di questi assoni si recano direttamente ai nuclei vestibolari (nucleo vestibolare laterale, o di Deiters).\p342La corteccia cerebellare costituita di tre strati che procedendo dall'esterno all'interno sono:A) strato molecolareB) strato delle cellule di PurkinjeC) strato granulare.A) Strato molecolare il pi esterno, e si caratterizza per la presenza dell'arborizzazione dendritica delle cellule del Purkinje e delle cellule del II tipo di Golgi, oltre che per la presenza di numerosi interneuroni inibitori.L'arborizzazione dendritica delle cellule di Purkinje ne costituisce, anatomicamente, l'aspetto pi caratteristico: molto estesa e copre tutto lo spessore dello strato molecolare (circa 400 micron).La lunghezza globale dei dentriti di una cellula di Purkinje, se si potesse teoricamente percorrere tutta questa arborizzazione, assommerebbe a circa 4 millimetri (circa 40 volte il diamentro cellulare). Si tratta di un'estensione decisamente enorme per una ramificazione dendritica [8].[8] Va ricordato che le cellule di Purkinje sono i neuroni pi voluminosi di tutto il sistema nervoso centrale e che a questo volume contribuisce, in maniera determinante, la loro arborizzazione dendritica.La caratteristica peculiare di questa arborizzazione quella di svilupparsi esclusivamente su un piano dello spazio. Come gli alberi da frutta nei frutteti, le arborizzazioni dendritiche delle cellule del Purkinje sono tirate in filari: si estendono cio (oltre che dal basso all'alto per i 400 micron citati) solamente lungo il piano sagittale del corpo, perpendicolarmente all'asse principale della plicatura cerebellare. Sul piano frontale (rispetto al corpo umano), dette cellule assumono l'aspetto di una lama di taglio e non hanno estensione alcuna.Come gli alberi di uno stesso filare in un frutteto, le cellule di Purkinje si succedono l'un l'altra sul piano sagittale, mentre filari differenti si succedono lungo il piano frontale.L'arborizzazione dendritica delle cellule di Purkinje raccoglie due tipi di informazioni: a provenienza extracerebellare ed a provenienza da altri neuroni dello strato molecolare. Le informazioni provenienti dagli altri neuroni dello strato molecolare hanno tutte un carattere inibitorio, derivano da due tipi di cellule: le cellule stellate e le cellule a canestro.Le cellule stellateCostituiscono una famiglia di neuroni situati per intero nello strato molecolare. Vengono attivate da afferenze eccitatone in arrivo allo strato molecolare attraverso le fibre parallele (vedi oltre) e trasmettono il loro segnale (inibitorio: Taurina) in senso perpendicolare alla direzione di stimolazione delle fibre di cui sopra. Le fibre parallele si sviluppano lungo il piano frontale del corpo, attraversando ed eccitando le cellule di Purkinje con la stessa posizione topografica in moltissimi filari (e con esse anche ogni altra cellula dello strato molecolare). L'inibizione data dalle

cellule stellate si sviluppa sul piano sagittale, collegando fra loro, in comune inibizione, le diverse cellule di Purkinje di un identico filareNella figura 16.4 si vede bene come la singola fibra parallela attivi tutte le cellule del Purkinje n 1 di ogni singolo filare e come la cellula stellata ne inibisca le cellule n 2, n 3, n 4, eccetera.Le cellule stellate dirigono la loro inibizione sulla porzione medio-distale \p343 dell'arborizzazione dendritica delle cellule del Purkinje e questo dato assume un significato fisiologico sia rispetto al tipo di spike generato (dalle cellule del Purkinje), sia riguardo alla forza d'inibizione (delle cellule stellate): debole poich esercitata sui dendriti distali.Fig.16.5 - Aspetto microscopico della corteccia cerebellare. Rappresentazione schematica della corteccia cerebellare nel piano sagittale e trasversale per dimostrare i rapporti fra cellule e fibre. Le cellule di Purkinje e i loro processi (cio, assoni e dentriti) sono colorati in blu. Le fibre muscose sono colorate in giallo; le fibre rampicanti sono colorate in rosso. Le cellule di Golgi, le cellule dei canestri e le cellule stellate esterne sono in nero, mentre l'arborizzazione dentritica delle cellule di Purkinje orientata in un piano sagittale, i dendriti delle cellule del Golgi dimostrano una diversa disposizione. Sono indicati anche gli strati della corteccia cerebellare. (Da Truex e Carpenter: Human Neuroanatomy, 1969; per concessione di The Williams and Wilkins Co.).Le cellule a canestroUna funzione esattamente identica, ma con una inibizione assai pi intensa, in quanto effettuata direttamente sul soma della cellula del Purkinje, esercitata dal secondo tipo di neurone inibitore dello strato molecolare: le cellule a canestro.Questi neuroni sono in tutto e per tutto paragonabili alle cellule stellate, ma ne differiscono in quanto i loro assoni scendono dallo strato molecolare al secondo strato della corteccia cerebellare (lo strato delle cellule del Purkinje), formando, attorno ai pirenofori delle stesse, lungo un identico filare, una sorta di cesto contenitivo caratterizzato in realt da una fitta rete di sinapsi, attraverso la quale \p344 le cellule a canestro sviluppano la loro azione inibitoria (mediatore GABA) sul neurone di Purkinje. Le sinapsi sono di tipo assosomatico ed asso-assonale.L'inibizione a canestro (asso-somatica) assai pi efficace dell'inibizione stellata (asso-dendritica) e, soprattutto, valida per qualunque tipo di eccitazione possa colpire la cellula del Purkinje, muscosa o rampicante, mentre l'inibizione stellata attiva solamente le afferenze muscose.La maggior efficacia inibitoria delle cellule a canestro sicuramente l'aspetto di una maggior raffinatezza nei circuiti cerebellari. Le cellule a canestro infatti compaiono, nella scala evolutiva, solamente negli uccelli e nei mammiferi; tutti gli altri animali dotati di cervelletto presentano, nella funzione inibitoria specificata, solamente le cellule stellate (Ito 1984).Una cellula a canestro svolge la propria attivit inbitoria sui pirenofori di circa 2030 cellule di Purkinje.Fibre dello strato molecolareNello strato molecolare sono evidenziabili, oltre alle cellule gi citate, una serie di fibre assonali appartenenti a neuroni il cui pirenoforo ubicato altrove. Queste fibre sono essenziali per la fisiologia della corteccia cerebellare e di tutto il cervelletto e questa la ragione per la quale verranno di seguito descritte, limitatamente agli aspetti anatomici necessari per comprendere con quali rapporti funzionali esse svolgano la loro azione sulla corteccia cerebellare.Per una pi dettagliata comprensione dei loro aspetti anatomo-fisiologici si rimanda ai paragrafi relativi alla collocazione dei neuroni di origine di dette fibre.Nello strato molecolare del cervelletto si trovano tre tipi di differenti fibre assonali: fibre rampicanti, fibre parallele, fibre aminergicbe. Assieme a queste verr anche descritta la arborizzazione dendritica di un ulteriore neurone inibitore, genericamente definito neurone del II tipo di Golgi, anch'essa situata nello strato molecolare.Le fibre rampicanti costituiscono una serie di afferenze alla corteccia cerebellare

provenienti esclusivamente dalla oliva inferiore (oliva bulbare). Sono afferenze assai importanti e particolari. La loro attivit correlata ai meccanismi di: a) apprendimento motorio del cervelletto, b) ai raffinati aspetti di correzione, se e quando necessari, dei meccanismi di attuazione dei progetti motori, e c) una modulazione delle capacit motorie per l'analisi efficace del campo visivo, sempre ai fini del progetto motorio. Quest'ultima capacit legata all'attivazione dei riflessi oculari ed oculo-vestibolari. (Tutti gli aspetti di cui sopra sono considerati anche nella parte clinica, capitolo 14; qui sono semplicemente elencati per attestare dell'importanza funzionale delle fibre rampicanti).Le fibre rampicanti, arrivate nello strato molecolare [9] (pi precisamente nei due terzi pi profondi dello strato), stabiliscono sinapsi asso-dendritiche con spine sinaptiche situate sui due terzi prossimali dell'arborizzazione dendritica delle cellule di Purkinje (eccitatone, mediatore Aspartato).[9] Secondo Palay e Chan e Palay (1974) queste fibre stabilirebbero anche complessi rapporti sinaptici nello strato granulare della corteccia a livello dei glomeruli e con i neuroni del II tipo di Golgi: le cosiddette sinapsi en Marron . Tale ipotesi stata per messa in discussione da Desclin (1976) e Colin (1980) ed attualmente non vi nulla di certo a proposito, per cui nel presente testo l'ipotesi non viene presa in considerazione.Queste sinapsi sono molto numerose (una singola fibra rampicante forma, su una cellula di Purkinje, circa 150-200 contatti sinaptici) e molto potenti: la attivazione di una fibra rampicante provoca sempre lo spike delle corrispondenti cellule di Purkinje.Una singola fibra rampicante converge su 7-15 cellule di Purkinje, situate tutte \p345 lungo un identico filare. La fibra rampicante cio diffonde, sul piano sagittale, in direzione perpendicolare alle fibre parallele (Ito, Sakurai e Tangroach 1981).Una singola cellula di Purkinje contattata da un'unica fibra rampicante.Il risultato fisiologico immediato di questi rapporti quantitativi che, allo scaricare della singola fibra rampicante, entrano in azione, con modalit che si vedranno nella parte fisiologica, 7-15 cellule di Purkinje, ma non tutte in maniera identica: la fibra rampicante infatti provocher l'attivazione anche delle cellule stellate e delle cellule a canestro che, con una inibizione secondaria, esercitano una complessiva azione modulatoria sulle cellule di Purkinje di ogni singolo filare.Le fibre rampicanti sono le dirette responsabili di un particolare tipo di spike che si registra nelle cellule di Purkinje, definito spike al Ca++.Le fibre parallele sono gli assoni delle cellule dei granuli, neuroni che si trovano fittamente addensati nello strato pi profondo della corteccia: lo strato granulare.Queste fibre, una volta raggiunto lo strato molecolare, si orizzontalizzano assumendo un percorso trasversale (da destra a sinistra) rispetto al corpo: lungo l'asse maggiore della plicatura cerebellare e perpendicolare alla disposizione dei filari delle cellule di Purkinje. La distribuzione, sia a destra che a sinistra sul piano frontale (ed orizzontalmente) di ogni singola fibra parallela, fa assumere a questi assoni la caratteristica forma di T .Le fibre parallele si estendono per un tratto lunghissimo all'interno del cervelletto. Nella scimmia, dove sono stati condotti studi anatomici appropriati (Mugnaini, 1983), una singola fibra parallela si estende per circa 6 millimetri, che corrispondono ad un sesto del diametro trasversale dell'intero cervelletto. Nel suo lunghissimo percorso, la fibra parallela attraversa diverse di migliaia di cellule di purkinje, ma, al contrario delle fibre rampicanti, forma, con ciascuna di esse, non pi di uno o due contatti sinaptici (eccitatori, mediatore glutammato), a volte addirittura nessuno, per cui l'informazione portata dalla fibra parallela assai diffusa, ma il suo messaggio molto debole e non localizzato topograficamente.Questo fatto appare confermato anche se l'osservazione anatomica viene effettuata dal punto di vista di una singola cellula di Purkinje. La loro arboriz-zazione dendritica

attraversata, approssimativamente, da 400.000 fibre parallele, ma solo 1 su 5 di queste forma un contatto sinaptico, per cui su di una singola cellula, arrivano informazioni da solamente 80.000 fibre parallele (e, come si visto, da una sola fibra rampicante).La diffusione cerebellare delle fibre muscose ancora pi evidente se si considera che, come verr descritto nell'anatomia dello strato granulare, le afferenze muscose, che attivano i neuroni d'origine delle fibre parallele, riconoscono una identica diffusione in quello strato.Le informazioni afferenti che provengono attraverso questa via, sono dunque diffuse su tutto il corpo cerebellare, prive di un significato topografico e caratterizzano un messaggio debole (appena sussurrato) che attiva i dendriti distali delle cellule di purkinje sul piano frontale (da destra a sinistra o viceversa).Il messaggio che arriva lungo le fibre rampicanti, al contrario, potente, sui dendriti prossimali delle cellule di Purkinje, con forte localizzazione topografica in un'area di pochi micron della corteccia. Si tratta di un messaggio orientato sul piano sagittale, in senso antero-posteriore.Per quanto oggi dato conoscere, la frequenza di scarica delle cellule di Purkinje regolata pressoch esclusivamente dalle fibre parallele/muscose, mentre i principali disturbi clinici della funzione cerebellare possono essere simulati, in laboratorio, solo da una distruzione delle fibre rampicanti. evidentemente dalla integrazione ed elaborazione di questi due tipi di \p346 informazioni che scaturisce il significato clinico del cervelletto. In che termini avvenga questa integrazione oggi per un punto ancora non chiarito.Nella sezione pi strettamente fisiologica (vedi oltre) verranno esposte le ipotesi pi importanti sull'argomento.L'arborizzazione dendritica delle cellule del II tipo di Golgi verr descritta, assieme alla cellula stessa, nella parte dedicata allo strato granulare.B) Strato delle cellule di Purkinje il secondo strato della corteccia cerebellare: in esso troviamo i pirenofori di queste grandi cellule, avvolti dagli assoni delle cellule a canestro e delle afferenze aminergiche. Qui transitano, senza sostare, le fibre rampicanti e parallele afferenti ed i dendriti delle cellule del II tipo di Golgi, il cui pirenoforo si trova nel sottostante strato granulare e l'arborizzazione dendritica nello strato molecolare soprastante.In questo strato non si svolgono integrazioni sinaptiche, se non l'inibizione asso-somatica da parte delle cellule a canestro sulle cellule di Purkinje e la neuromodulazione da parte dei neuroni aminergici (mediatore noradrenalina) provenienti dal locus ceruleus.La cellula di Purkinje, il cui soma occupa per intero questo strato, una componente assai importante della fisiologia corticale ed attorno ad essa si modula tutta l'attivit cerebellare.Le uniche informazioni in uscita dalla corteccia cerebellare infatti, (inibitorie, mediatore GABA) passano attraverso gli assoni delle cellule di Purkinje e si dirigono, a seconda della collocazione topografica delle medesime, verso i diversi nuclei cerebellari (sui quali esercitano una funzione inibitoria). I rapporti topografici sono i seguenti:Paleocerebello-nucleo fastigialeNeocerebello (zona intermedia) [10] -nucleo interpositoNeocerebello (zona laterale) -nucleo dentato.[10] Si intende come zona intermedia del neocerebello una superficie immediatamente laterale al verme (la zona pi mediale degli emisferi cerebellari).Vi sono inoltre assoni che non fanno stazione nei nuclei cerebellari, ma si dirigono direttamente al di fuori del cervelletto: ai nuclei vestibolari. Questi assoni appartengono alle cellule di Purkinje situate nell'archicerebello (nodulo e flocculo) e sono particolarmente importanti per i riflessi oculo-vestibolari, nelle reazioni di equilibrio e nella sincronizzazione dei movimenti degli occhi, del capo e del collo.La fisiologia della cellula di Purkinje, per quanto accuratamente studiata, presenta ancora notevoli punti irrisolti. Nonostante molto si sia appreso negli ultimi decenni e molti suoi aspetti morfologici ed elettrofisiologici siano stati chiariti, aprendo nuove idee sia sulla neurofisiologia del cervelletto sia sulla

elettrofisiologia della cellula nervosa, altri aspetti della cellula di Purkinje rimangono ancora oscuri (non si sa, per esempio, quando e come rispondano alle sollecitazioni delle fibre parallele o come le modificazioni permanenti determinate dalle fibre rampicanti si coordinino all'interno di un determinato filare). Tutto questo non consente di cogliere appieno il suo significato funzionale e quindi, di conseguenza, il ruolo globale del cervelletto nel funzionamento del SNC.Normalmente la cellula di Purkinje si comporta come ogni altro neurone del SNC, rispettando la legge del tutto o nulla e scaricando spikes dipendenti dalla concentrazione del Na+ extracellulare. Molto pi complesso ed assolutamente innovativo a livello di fisiologia neuronale ci che succede quando la cellula di \p347 Purkinje venga investita da un forte flusso di corrente (ogni volta cio che si attiva una fibra rampicante). Il fenomeno, attualmente compreso solo in parte (Llinas, 1980a, 1980b 1981), si sviluppa con un iniziale spike di normale morfologia, seguito da un'onda di depolarizzazione lenta, della durata di 10-15 millisecondi (la durata di uno spike normale di poco inferiore a 2 millisecondi), sulla quale si inseriscono un numero assai variabile di spikes tradizionali; tutto questo viene seguito da un periodo di refrattariet assoluta di durata variabile (a seconda del livello iniziale di riposo della membrana della cellula di Purkinje) in cui non si generano spikes. Il fenomeno ha una durata variabile, sia nella sua fase attiva (la salve di potenziali d'azione normali su di un potenziale d'azione pi lungo), sia nella sua fase passiva (la durata della fase di refrattariet assoluta).Fig. 16.6 - Spikes complessi. Figura a sinistra: treni di spikes semplici su di uno spike complesso ( il sollevamento del livello soglia che torna a zero alla freccia. Figura a destra: gli spikes semplici sono evidenziabili uno a uno (da Ito 1984, modificata).In questa descrizione esistono molti elementi disorientanti rispetto alla canonica elettrofisiologia cellulare. Il primo sicuramente la presenza di due diversi tipi di potenziale d'azione. Gi contrario ad uno degli assiomi fondamentali della neurofisiologa classica (il potenziale d'azione ha una sola morfologia, sempre identica), il fatto disorienta ulteriormente in quanto i due potenziali si presentano contemporaneamente nella stessa cellula. Questo nuovo tipo di attivit neuronale, descritto attualmente solamente a livello delle cellule di Purkinje, ma probabilmente presente in altre strutture del SNC, prende il nome di Spike complesso . La sua caratteristica fondamentale quella di presentare un innalzamento del potenziale elettrico della membrana neuronale al di sopra del livello soglia e di durata molto lunga ( 10-15 millisecondi, contro i normali 2 millisecondi); gi in questo lo spike complesso evidentemente molto diverso dagli spikes normali, ma la diversit diviene ancor pi grande quando si considera che, durante questi 10-15 millisecondi, si innestano sullo spike complesso una serie variabile di spikes tradizionali.Lo spike di durata lunga e viene poi seguito da una lunga fase di refrattariet assoluta, nella quale non si generano nemmeno spikes tradizionali. Questo lungo periodo di inibizione porta ad una alterazione del ritmo di scarica della cellula di Purkinje, che non pi continuo come sarebbe in conseguenza agli spikes tradizionali, ma a salve ritmiche, dettate dall'attivit degli spikes lunghi e dalla successiva refrattariet assoluta.Si sostiene (Ito, 1984) che gli spikes complessi (e con essi le fibre rampicanti) abbiano una triplice funzione:- modificare il ritmo e la frequenza di scarica delle cellule di Purkinje agli spike semplici ,interagire nella trasmissione fra le fibre parallele e la cellula di Purkinje,\p348- agire in maniera remota direttamente sui (nuclei) terminali, bersaglio delle cellule di Purkinje.Gli spikes complessi si sono dimostrati espressione del flusso di ioni calcio (Ca2+) dall'esterno all'interno della membrana cellulare dei dendriti delle cellule di Purkinje, ragion per cui sono stati anche definiti spikes al Ca2+, gli spikes tradizionali vengono oggi definiti spikes al Na+ [11].[11] Il

potassio invece (K+) pare giocare un ruolo su entrambi i tipi di spikes: ci rende ancora pi complicati gli studi di elettrofisiologia neuronale a proposito.Il lungo periodo di depolarizzazione che segue gli spikes Ca2+ legato all'inattivazione, da parte degli spikes stessi, dei canali del K+ (che normalmente gestiscono il ritorno alla fase di refrattariet relativa); questo impedisce ovviamente la generazione di nuovi spikes (di qualunque tipo, al Ca2+ come al Na+), dando luogo alla pausa che genera la scarica ritmica a salve tipica dello spike complesso.E interessante analizzare quali equilibri vengano modificati in una cellula di Purkinje dalla attivazione di uno spike complesso. necessario ricordare, prima di tutto, che uno spike complesso generato solamente dal flusso di una elevata quantit di corrente attraverso i dendriti della cellula di Purkinje: le fibre rampicanti lo innescano sempre, le fibre parallele forse solamente in condizioni eccezionali: o quando la cellula di Purkinje assai ipopolarizzata o per eccezionali meccanismi di sincronizzazione di scarica delle fibre parallele stesse oppure, pi probabilmente, mai [12].[12] Qui va per tenuto presente un ulteriore meccanismo contrario, legato alla inibizione dendritica delle cellule di Purkinje da parte delle cellule stellate, a loro volta attivate dalle fibre parallele. fondamentale comprendere che la generazione di uno spike complesso altera completamente il tipo di informazione gestito dalla cellula di Purkinje, poich ne modifica il ritmo di scarica, che una delle componenti fondamentali per il significato del messaggio stesso. importantissimo inoltre capire che lo spike complesso non altera la frequenza di scarica per il periodo in cui presente, ma definitivamente, in quanto provoca modificazioni morfologiche all'interno della cellula di Purkinje, nel materiale biologico di cui composto il suo citoplasma.Il fenomeno stato dimostrato clinicamente da una interessantissima serie di esperimenti eseguiti da Ito, Sakurai e Tangroach nel 1982.In questi esperimenti si registr la attivit di una cellula di Purkinje conseguente a tre differenti tipi di stimolazione: i) da una fibra muscosa del nervo vestibolare di sinistra, ii) da una fibra muscosa del nervo vestibolare di destra, iii) da una fibra rampicante. La stimolazione delle fibre muscose di destra o di sinistra provocava un'identica frequenza di scarica sulla cellula di Purkinje. Se la fibra muscosa di destra (ma non quella di sinistra) veniva stimolata insieme alla fibra rampicante, la frequenza di scarica della cellula di Purkinje si riduceva e da quel momento in avanti qualunque attivazione della cellula da parte della fibra muscosa di destra dava luogo ad una frequenza di scarica ridotta.La frequenza di scarica generata, sulla stessa cellula, dalla fibra muscosa di sinistra rimaneva identica per tutto l'esperimento.Sulla base di questi dati (ma non solamente su di essi, ovviamente) si oggi portati a pensare che la fibra rampicante possa insegnare alle cellule di Purkinje con cui si trova in contatto, come reagire alle varie informazioni provenienti dal sistema fibre parallele/muscose e che questa possa apprendere e memorizzare questo insegnamento.La base biologica del fenomeno potrebbe essere legata ad un enzima intracellulare della cellula di Purkinje, una proteinchinasi che verrebbe attivata da elevate concentrazioni intracellulari di Ca2+ (evento che si viene a verificare ogni qualvolta si generi uno spike complesso). Questa proteinchinasi in grado di ridurre la sensibilit della cellula al Glutammato, mediatore chimico delle fibre parallele.\p349Attraverso questa proteinchinasi la cellula del Purkinje farebbe propria, a livello biologico, l'informazione elettrica trasmessale dalla fibra rampicante: avrebbe cio appreso come tenere conto solamente di alcune delle informazioni in transito lungo il sistema delle fibre parallele, scartando tutte le informazioni non importanti secondo le modalit dell'istruzione ricevuta.Molto ancora da capire su questo processo, sulla elettrofisiologia dello spike complesso e delle cellule di Purkinje per la quale, fra l'altro, oltre il GABA, sono stati

ipotizzati ulteriori mediatori chimici (Motilina ed altri peptidi, - Chan e Palay, 1982), ma lo studio elettrofisiologico e biomorfologico della cellula di Purkinje sicuramente, grazie ai lavori iniziati da Eccles negli anni '50, una delle punte avanzate della Neurofisiologia moderna.La cellula di Purkinje possiede un livello di scarica di base ad elevata frequenza, anche a riposo, in assenza cio di qualsivoglia tipo di attivit motoria. Questa attivit, legata alla presenza di spikes al Na+, caratterizzata da una frequenza media di scarica compresa fra i 40 e gli 80 Hertz. Si tratta di una frequenza molto alta per un neurone che non svolga la propria attivit a pieno regime. Probabilmente anche senza stimoli esterni la cellula di Purkinje fornisce qualche modulazione tonica ai nuclei cerebellari e, con essi, alle strutture motorie extracerebellari.L'aumento della frequenza di scarica rispetto a stimoli esterni, sia per i neuroni di Purkinje che per i nuclei cerebellari (sempre riferito a spikes semplici, naturalmente), guidato pressoch interamente dall'attivit del sistema delle fibre muscose/parallele, che possono portare le cellule citate ad una frequenza di scarica fino a 400/secondo. Le fibre rampicanti non giocano alcun ruolo in questo senso e la loro scarica, irregolare, compresa fra i 10 e i 20 Hertz, rimane costante a qualunque livello di attivit della corteccia cerebellare. Ci conferma ulteriormente l'ipotesi espressa nel presente paragrafo: che queste fibre portino prevalentemente modificazioni biologiche stabili nelle cellule di Purkinje, a cui probabilmente da collegare all'apprendimento neuronale (Tach, 1992)C) Strato granulareIl terzo e pi profondo degli strati della corteccia cerebellare caratterizzato dalla presenza fittissima di un particolare tipo di neuroni: i neuroni granulari.Si tratta di cellule piuttosto minuscole (5-8 micron di diametro al pirenoforo) con citoplasma rado, nucleo rotondeggiante, ma soprattutto concentratissime: vi sono circa 10 elevato alla 10, 10 elevato alla 11 neuroni granulari nell'omonimo strato, concentrati ad una densit elevatissima: circa 16 milioni di cellule al millimetro cubo (Lange, 1975).Le cellule dei granuli sono l'origine delle fibre parallele, che ne sono gli assoni (sottilissimi: 0.1-0.2 micron). Questi, una volta raggiunto lo strato molecolare, si orizzontalizzano.Le cellule dei granuli hanno nella loro arborizzazione dendritica (che si sviluppa per intero nello strato granulare) alcuni dendriti particolari, che si allargano a forma di clava. Questi dendriti, definiti Rosette , si assemblano (assieme a dendriti analoghi di altri granuli) agli assoni delle cellule di Golgi ed alle fibre muscose. Le diverse componenti elencate formano, assemblate le une con le altre, una struttura fisiologica caratteristica: il Glomerulo cerebellare , vera e propria stazione di controllo delle afferenze muscose.Esemplificando a scopo didattico (ma erroneamente, rispetto alla realt) si potrebbe supporre che in un glomerulo si trovi una unit per ciascuna delle sue componenti fondamentali: sarebbe cos possibile individuare con facilit la \p350 funzione glomerulare: la fibra muscosa eccita [13] il neurone granulare, che a sua volta trasmette l'eccitazione allo strato molecolare tramite le fibre parallele.[13] Non ancora sicuro quale sia il mediatore chimico delle fibre muscose e se ve ne sia uno solo o pi d'uno; per lungo tempo stata considerata l'acetilcolina, oggi come oggi pi quotata la sostanza P ed in misura minore la Somatostatina. Uno dei problemi fondamentali nell'individuare il, o i, mediatori sta nella difficolt di riconoscere l'origine anatomica delle fibre muscose all'interno del sistema dei nuclei pontini disseminati e nel fatto che fibre muscose (anche se in quantit esigua) provengono anche da altri sistemi nucleari.Se l'attivit dello strato molecolare diviene troppo elevata, eccita il neurone di Golgi (i cui dendriti si trovano nello strato molecolare), portando ad una sua azione inibitoria sul glomerulo. In altri termini, quando alta l'attivit neuronale nello strato molecolare vi un sistema che riduce gli stimoli afferenti tramite la via delle

fibre muscose/rampicanti; questo sistema funziona grazie al glomerulo cerebellare, dove le cellule di Golgi (che tramite i loro dendriti hanno il polso della situazione dello strato molecolare) possono esercitare un'influenza inibitrice sulle fibre muscose, il cui influsso sulle cellule di Purkinje pu essere quindi graduato a seconda delle necessit. Le fibre rampicanti, al contrario, non sono dotate di alcun sistema di filtro [14].[14] Ragionamento questo che verr ripreso a livello della loro fisiologia, in quanto a livello di frequenza di scarica (di spikes semplici, al Na+ ) le uniche fibre in grado di provocare un cambiamento di frequenza sulle cellule di Purkinje sono le fibre parallele; le fibre rampicanti non agiscono sul tono elettrico dello strato molecolare.Il funzionamento dello strato granulare in realt assai pi complesso, essendo dato dall'integrazione funzionale di milioni di glomeruli cerebellari. Ad ogni glomerulo partecipano molte fibre muscose, rosette e assoni delle cellule del Golgi e ciascuna di queste entit, se presa unitariamente, partecipa a sua volta all'attivit di molti glomeruli. da tenere presente che una singola fibra muscosa prende contatto approssimativamente con 400 cellule granulari; se si considera che ogni cellula d luogo ad una fibra parallela, che diffonde a sua volta il messaggio (vedi strato molecolare) a un numero di cellule di Purkinje valutabile approssimativamente fra 100.000 e 1.000.000, si ha l'esatta idea della diffusione del messaggio afferente al cervelletto tramite le fibre muscose.Nuclei cerebellariI nuclei cerebellari si trovano immersi nella profondit della massa di sostanza bianca cerebellare.(Per un'immagine visiva dei nuclei cerebellari si faccia riferimento alla figura 15.1)Nell'evoluzione della specie, la presenza dei nuclei cerebellari approssimativamente indice di una evoluzione delle potenzialit motorie, con acquisizione di esperienza e raffinatezza. In molti pesci non c' traccia dei nuclei cerebellari (ma tutta la struttura cerebellare si riduce al solo archicerebello), mentre altri animali, come la foca muschiata, hanno, oltre ai nuclei cerebellari, un fitto addensamento cellulare subito sottostante la corteccia, talmente denso ed evidente da meritarsi il nome di stratum griseum quartum (quarto strato corticale) da parte di chi per primo lo descrisse (Ogawa, 1935).In tutti gli animali i nuclei cerebellari sono scarsamente voluminosi e contengono relativamente pochi neuroni: nella scimmia, che l'animale con il cervelletto pi simile a quello dell'uomo, vi sono circa 230.000 neur n

i complessivi in tutti i nuclei cerebellari.Nell'uomo, come in molti mammiferi, si riconoscono tre nuclei cerebellari fondamentali:\p351Nucleo fastigialeNucleo interposito (formato, nell'uomo, dall'unione di due nuclei separati in altre specie animali: globoso ed emboliforme)Nucleo dentato (o laterale o oliva cerebellare).Nell'uomo e nei primati esistono anche numerosi neuroni sparsi nella massa bianca cerebellare: non tanti comunque quanti ne esistono nella foca muschiata. I nuclei cerebellari ricevono due tipi di afferenze:- collaterali dalle fibre muscose e rampicanti, lungo il loro percorso verso la corteccia,- assoni dalle cellule del Purkinje.Le prime sono afferenze eccitatone, le seconde sono a carattere inibitorio.Le efferenze dai nuclei cerebellari sono, in massima parte, le efferenze dall'intero cervelletto, poich solamente le fibre archicerebellari non fanno stazione nei nuclei. Della loro fisiologia e del loro significato si parler dunque a proposito delle fibre cerebellari efferenti. comunque qui il caso di dettagliare, nucleo per nucleo, l'elenco delle efferenze anatomiche sulle quali si impostano i circuiti fisiologici.Tutti i nuclei cerebellari possiedono innanzitutto un certo numero di fibre riverberanti , fibre cio che ritornano nella zona corticale da cui i nuclei ricevono gli assoni delle cellule del Purkinje. Queste fibre, solitamente, reciprocano le afferenze corticali: tornano cio sulle stesse cellule di Purkinje da cui nuclei vengono influenzati.A) Nucleo fastigialeManda fibre, attraverso diversi fasci, in parte diretti, in parte crociati, soprattutto ai nuclei vestibolari. Possiede fasci specifici per ogni singolo nucleo vestibolare, che costituiscono sicuramente il bersaglio della maggior parte delle efferenze del nucleo fastigiale (il cui significato clinico deve quindi essere affiancato alle reazioni posturali ed alla coordinazione dei movimenti oculari).Altre afferenze, di importanza minore, si dirigono alla sostanza reticolare mediale, del bulbo e del ponte, al nucleo reticolare laterale e direttamente ai motoneuroni spinali del midollo cervicale alto (C1 e C2). La stimolazione del nucleo fastigiale provoca eccitazione dei motoneuroni spinali ipsilaterali.Una stimolazione del nucleo fastigiale provoca anche la liberazione di dopamina nel nucleo caudato ipsilaterale ed un effetto contrario sulla sostanza nera, senza influenzare in alcun modo le omologhe strutture controlaterali. Secondo gli autori di queste ricerche (Nieoullon, Cheramy e Glowinsky, 1978, 1979) il nucleo fastigiale sarebbe il tramite di un collegamento diretto fra il cervelletto e i gangli della base. Occorrono tuttavia numerose conferme prima di poter ragionevolmente accettare questa ipotesi.B) Nucleo interpositoHa la sua maggiore stazione bersaglio nella parte inferiore (magnicellulare) del nucleo rosso, che per, come si visto nel capitolo 11, nell'uomo pressoch inesistente. Anche negli animali studiati tuttavia (il gatto), solamente una piccola parte della regione magnicellulare mostra sinapsi in arrivo dal nucleo interposito; la maggior parte della zona priva di contatti sinaptici.Numerosi sono i bersagli minori dell'interposito (nucleo di Cajal, di Edinger e Westphal), ma un particolare interesse rivestono, per il movimento, la zona laterale del nucleo talamico ventrale laterale (VL) e ventrale laterale posteriore (VPL), meta anche del nucleo dentato e, il primo, di afferenze dai gangli della base.\p352C) Nucleo dentatoProietta primariamente alla parte superiore del nucleo rosso (parvicellulare), che l'origine del circuito rubro-olivare.Una parte altrettanto importante delle sue terminazioni finiscono nei nuclei talamici VPL (pars oralis) e ventrale laterale (pars caudalis), zone di talamo attigue in cui si sono viste terminare, in misura molto pi esigua, anche le afferenze dal nucleo interposito. Questo tipo di efferenza si dirige poi verso la corteccia premotoria e motoria del lobo frontale (area 6 e 4 di Brodmann).Il nucleo dentato l'unico dei nuclei cerebellari a non avere proiezioni dirette o indirette (cio tramite i nuclei vestibolari) sul sistema dei nuclei oculomotori (Graybiel 1977, Gacek 1977).Vie afferenti

al cervellettoLe fibre afferenti al cervelletto sono di tre tipi distinti:A) Fibre rampicantiB) Fibre muscoseC) Fibre aminergicheA) Fibre rampicanti e Oliva bulbareTutte le afferenze rampicanti del cervelletto traggono origine dall'oliva bulbare (o oliva inferiore). Diversi studiosi, a pi riprese, hanno ipotizzato l'esistenza di fibre rampicanti non olivari, ma esse non sono mai state dimostrate sperimentalmente, per cui a tutt'oggi rimane valida l'osservazione di un'origine esclusivamente olivare di dette fibre.L'oliva bulbare un complesso di nuclei situati nel bulbo (nella sua parte pi anteriore e medialmente). I sottogruppi nucleari di cui composta l'oliva bulbare hanno, per la maggior parte, un interesse esclusivamente tecnico e di ricerca. Dal punto di vista clinico sono importanti solamente tre dei sottogruppi nucleari: il nucleo olivare accessorio mediale (NOAM), l'oliva principale (OP), il nucleo olivare accessorio dorsale (NOAD). Il NOAM proietta fibre rampicanti verso il nucleo fastigiale e verso il paleocerebello (le cui cellule di Purkinje chiudono successivamente il circuito con messaggi inibitori sullo stesso nucleo fastigiale), il NOAD proietta principalmente verso il nucleo interposito e l'area intermedia del neocerebello (analoga chiusura sul nucleo interposito delle cellule di Purkinje di questa zona) e TOP proietta alla parte laterale della corteccia neocerebellare ed al nucleo dentato.Le afferenze alla oliva bulbare provengono da almeno 24 strutture nervose, molte delle quali sono conosciute solamente dal punto di vista anatomico e non possiedono, per ora, alcun significato fisiologico comprensibile.Le afferenze all'oliva bulbare possono essere catalogate in cinque gruppi differenti:1. midollari2. bulbari3. visive4. mesodiencefaliche5. corticali\p3531 Le afferenze spino-olivari fanno capo alla NOAM e alla NOAD, attraverso 4 sottosistemi denominati rispettivamente fasci spino-olivari a) ventrale, b) dorsale, c) dorsolaterale, d) laterale. Questi fasci portano afferenze prevalentemente di tipo propriocettivo, pi che altro legate al riflesso di stiramento nella sua componente che riguarda le fibre II, le fibre cio che trasportano le informazioni pi lente e durature dal fuso. Queste vie portano informazioni provenienti dai fusi neuromuscolari degli arti anteriori (superiori) controlaterali e dei muscoli del collo. Fa eccezione il sottosistema dorsolaterale, che attivato pressoch esclusivamente dalle afferenze cutanee provenienti dall'arto anteriore.La via spino-olivocerebellare origina dal nucleo proprio del corno posteriore e dai nuclei di Goll e Burdach (i nuclei dei fasci dei cordoni posteriori, situati alla giunzione bulbo-midollare). Ogni sottosistema converge su sottonuclei omologhi, omolaterali ed organizzati somatotopicamente sia all'interno del NOAM che del NOAD.A livello funzionale questa via in grado di rilevare quattro differenti parametri su micromovimenti passivi del muscolo, fino ad un limite di risoluzione di 50 micron. I parametri sono:1) direzione,2) velocit,3) accelerazione4) ampiezza.Su ciascuno di questi, per movimenti anche di soli 50 micron (1 micron = un millesimo di millimetro) si svolge l'attivit di modulazione del cervelletto. Detta attivit influenza sia il movimento volontario che le reazioni di equilibrio posturale (e quindi il tono muscolare), ma come sempre accade per il cervelletto, in maniera indiretta, agendo cio su differenti strutture nervose, che a loro volta modulano i motoneuroni midollari.L'azione cerebellare sui motoneuroni midollari si esplica preferenzialmente modulando gli interneuroni spinali e solo saltuariamente attraverso un'azione in grado di attivare motoneuroni.Secondo studi condotti da Gellman, Gibson ed Houk (1983), l'attivazione cerebellare guidata dalle afferenze spino-olivocerebellari, non avverrebbe su tutti i movimenti, ma solamente nel caso in cui un evento esterno inaspettato modifichi i parametri del progetto motorio. I movimenti attesi, prodotti dalla esecuzione di schemi motori programmati all'interno del SNC non attiverebbero, se eseguiti nella maniera prevista a livello progettuale, le afferenze spino-olivo-

cerebellari.Queste vie, in pratica, non svolgono un ruolo di monitoraggio propriocettivo del movimento muscolare meccanico, ma entrano in funzione, al contrario, solamente a fronte di un errore dello schema motorio indotto da una forza esterna.2 Le afferenze bulbari provengono essenzialmente da due vie: A) dalla radice discendente del trigemino e B) dai nuclei vestibolari mediale ed inferiore.A) Le afferenze bulbari trigeminali portano informazioni propriocettive inerenti i movimenti passivi della muscolatura del viso, sono bilaterali e possono essere considerate le corrispettive delle afferenze spino-olivo-cerebellari per il capo.B) Le afferenze bulbari vestibolari, portano informazioni dal nucleo vestibolare mediale ed inferiore, all'uvola (paleocerebello), tramite l'oliva bulbare. Queste informazioni sono essezialmente inerenti la attivit dei canali semicircolari e costituiscono una via parallela alle afferenze dirette dai canali semicircolari all'archicerebello.\p3543 Le afferenze visive costituiscono un capitolo piuttosto importante delle afferenze olivari.Nel mesencefalo vi sono tre distinti sistemi deputati alle informazioni visive, ciascuno dei quali proietta afferenze all'oliva bulbare; i tre sistemi sono:A) i collicoli superiori, con le afferenze tetto-olivari,B) il sistema dei nuclei pretettali, con le afferenze pretetto-olivari,C) il sistema del tratto ottico accessorio, con le analoghe afferenze preottico-olivari.A) Del significato delle proiezioni tetto-olivari si sa poco o nulla.B) Le proiezioni pretettali derivano da tre dei sette nuclei pretettali, pi precisamente dal nucleo anteriore, nucleo posteriore e dal nucleo del tratto ottico e formano un fascio del tutto indipendente rispetto alle rimanenti vie visive del fascio preottico-talamico, (che proietta ai nuclei talamici latero dorsali), che costituiscono il principale sistema in uscita dai nuclei pretettali.L'insieme di questi nuclei, oltre che dalla retina bilateralmente, riceve informazioni dalla corteccia visiva, dalle cortecce somatosensitive e dai nuclei di Goll e Burdach. Tutto ci orienta verso una ipotesi di coinvolgimento delle fibre rampicanti olivari guidate da questa afferenza, in un sistema di orientamento motorio visuo-dipendente (movimenti di inseguimento lenti).I neuroni del sistema ottico accessorio (4 nuclei, rispettivamente: dorsale, laterale, mediale e terminale) ricevono, al contrario dei due sistemi precedenti, informazioni solamente dalla retina controlaterale e si attivano per pattern di movimento (percepito solamente attraverso la vista) specifici per direzione e velocit.Tutti questi nuclei rispondono a stimolazioni visuo-motorie lente (la loro risposta ottimale fra 1 /secondo e 0.1 /secondo, ma possono essere attivi anche per movimenti di 0.01/ secondo). Il dato molto importante, poich si visto nel capitolo 14 come un danno cerebellare possa portare ad un deficit isolato dell'inseguimento visuo-motorio lento .Pi dettagliatamente, il nucleo dorsale risponde a stimoli direzionali antero-posteriori sul piano orizzontale, il nucleo mediale a movimenti diretti posteriormente e verso l'alto, il terminale a movimenti posteriori e verso il basso. Questi nuclei, probabilmente (per analogia con gli uccelli dove sono maggiormente sviluppati) servono a coordinare i movimenti oculari con le informazioni visive. Le afferenze visive dirette all'archicerebello invece, mediano fra informazioni retiniche ed informazioni labirintiche, per dare origine ai movimenti oculari del riflesso ottico visivo (VOR).4 Le vie mesencefalo-olivari provengono dal nucleo di Darkschewitch, dal nucleo di Cajal e dai Campi del Forel: 1 e 2 (questi ultimi costituiscono il collegamenti fra il lobo prefrontale e la testa del nucleo caudato, strutture a significato eminentemente neuropsicologico - vedere i capitoli 18 e 19). Nulla si sa sul significato fisiologico di queste vie.Le vie rubro-olivari verranno discusse nella sezione sulle vie efferenti dal cervelletto, nel paragrafo dedicato al nucleo rosso.5 Le vie cortico-olivari provengono dalla sola area corticale motoria primaria, sono omolaterali, protettano al NOAD ed al NOAM e paiono essere implicate unicamente nel controllo

dell'equilibrio e della postura da parte dei muscoli assiali.Si ricorda che un'afferenza indiretta all'oliva bulbare dalla corteccia motoria si ha anche attraverso il nucleo rosso.B) Fibre muscoseLe afferenze muscose al cervelletto derivano da tre contingenti: 1) Spinale e trigeminale\p3552) Vestibolare ed acustico3) Pontino (dai nuclei pontini disseminati)1) Le afferenze spinali sono le pi studiate ed arrivano al cervelletto attraverso quattro fasci conosciuti, che fanno parte di almeno una dozzina di vie oggi riconosciute, ma delle quali poco o nulla si sa dal punto di vista fisiologico. Il dato merita comunque di essere ricordato, poich la quantit di collegamenti afferenti al cervelletto dal sistema propriocettivo e somato-sensoriale indice di quanto la perfetta conoscenza dello stato dell'apparato locomotore e degli organi esterocettivi cutanei sia importante per l'attivit integrativa motoria del cervelletto.I fasci (conosciuti) afferenti al cervelletto dal midollo spinale sono:A) fascio spino-cerebellare posteriore,B) fascio spinicerebellare anteriore,C) fascio cuneo-cerebellare,D) tratto spinocerebellare rostrale,E) fascio proveniente dal nucleo centro cervicale. Vi sono poi:F) vie dai nervi cranici oculomotoriG) vie trigeminocerebellariA) Il fascio spino-cerebellare posteriore, gi descritto da Flechsig nel secolo scorso, viene ad assumere un significato fisiologico clinico solamente negli anni '60 di questo secolo con i lavori di Lundberg e Oscarsson, (i due ricercatori che definirono per la prima volta con chiarezza l'esistenza delle fibre muscose).Si tratta di un fascio diretto, che entra nel cervelletto attraverso i peduncoli cerebellari inferiori. Trae origine dalle cellule del nucleo di Clarke, situate a livello lombare nel midollo, nella lamina VIII, al confine mediale fra corno anteriore e corno posteriore. Il nucleo riceve afferenze provenienti dal cordone laterale, da quello posteriore e da grossi neuroni situati alla base del corno posteriore.Queste afferenze raccolgono informazioni dalla periferia, prevalentemente di tipo propriocettivo, dalle fibre la dei fusi o Ib degli organi tendinei, ma anche di tipo esterocettivo, provenienti, pare in maniera monosinaptica (sempre Lundberg e Oscarsson) dai meccanorecettori cutanei.Il fascio trasporta esclusivamente informazioni ad origine nell'arto inferiore, trasmette notizie sui movimenti in corso nei muscoli e nelle articolazioni in maniera costante, al contrario del fascio spino-olivocerebellare (che trasporta informazioni analoghe e dalle stesse zone, ma attraverso un sistema di fibre rampicanti), che si visto entrare in azione solamente quando compaiono incongruenze fra il progetto motorio ed il movimento reale.B) Il fascio spino-cerebellare anteriore, gi noto sotto il nome di fascio di Gower, doppiamente crociato, si incrocia una prima volta a livello del segmento midollare dal quale trae origine, per salire, controlateralmente, fino al peduncolo cerebellare superiore. Qui entra nel cervelletto e si incrocia di nuovo, per poi diffondersi ampiamente nella corteccia cerebellare.Origina da neuroni situati lateralmente (spinai border cells) nella parte pi posteriore del corno anteriore. Non esiste un nucleo vero e proprio: sono neuroni sparsi, morfologicamente identici agli alfa-motoneuroni.Le informazioni provengono in misura minima dalle fibre Ia e Ib di vari muscoli dell'arto inferiore; la quota maggiore di informazioni fra le sinapsi della sostanza grigia midollare e con minor precisione dai fasci discendenti del midollo spinale. Il suo compito informare il cervelletto su come il progetto motorio venga trasmesso a livello di sinapsi midollari.C) Il fascio cuneo-cerebellare origina, a livello del midollo cervicale, dal nucleo \p356 del fascio cuneato accessorio, che non la continuazione verso l'alto del nucleo di Clarke, ma si trova approssimativamente nella stessa zona. un fascio diretto che porta informazioni propriocettive ed esterocettive, provenienti dall'arto superiore.Fisiologicamente pu essere considerato l'analogo, per l'arto superiore, del fascio spinocerebellare posteriore (riceve anche informazioni dall'VIII, XI e X nervi

cranici).D) Il tratto spino-cerebellare rostrale un fascio di cui si conosce pochissimo. Gli studi dell'inizio secolo lo definivano originato da neuroni situati nella prosecuzione verso l'alto della colonna del nucleo di Clarke, ma il dato si ritenuto non pi attendibile dopo ricerche pi recenti.Attualmente non se ne conoscono le origini, n le funzioni, che in passato sono state ritenute analoghe, per l'arto superiore, alle funzioni del fascio spino-cerebellare anteriore.E) Il fascio del nucleo centrocervicale situato nella lamina VII di Rexed del midollo cervicale, fra Ci e C4. Questo fascio proietta al cervelletto in maniera crociata ed attraverso il peduncolo cerebellare inferiore. Trasporta informazioni provenienti essenzialmente dai fusi e dagli organi del Golgi dei muscoli del collo. I muscoli del collo, come si visto, hanno una densit di propriocettori circa dieci volte superiore ai normali muscoli dell'apparato locomotore. Questa elevata densit gioca un ruolo fondamentale per la sensibilit del sistema deputato alla coordinazione dei movimenti del capo e degli occhi nonch, di conseguenza, sull'efficienza del sistema deputato al controllo dei meccanismi della postura e dell'equilibrio.Attraverso il fascicolo longitudinale mediale ed i nuclei vestibolari, il nucleo centrocervicale riceve informazioni pure dall'VIII nervo cranico (labirinto vestibolare); anche queste, con tutta probabilit, sono collegate al ruolo del nucleo nella fisiologia dei movimenti coordinati del capo e degli occhi e nelle reazioni di equilibrio ad essi correlate.Recentemente (Somana e Walberg 1980, Wilson et al 1975), stato individuato un piccolo agglomerato cellulare pontino, appartenente anatomicamente al gruppo dei nuclei vestibolari, ma senza alcuna afferenza dal sistema labirintico. Questo assemblamento cellulare stato denominato nucleo X.Il nucleo X proietta al cervelletto ipsilaterale informazioni provenienti dalle radici dorsali di C2. Nulla si conosce del suo significato fisiologico.F) Vie dai nervi cranici e oculomotori.Vari lavori (Chan e Palay 1977, Kohctabhakti e Walberg 1977) hanno dimostrato numerose afferenze dai nuclei dei nervi cranici dotati di una componente motoria somatica.Nella scimmia, attraverso iniezioni di rafano-perossidasi [15] si vista una afferenza al nucleo dentato, a tutte le componenti del nucleo interposito ed anche alla corteccia cerebellare (paleocerebello) da parte dell'Ipoglosso (XII nervo cranico), del Facciale (VII nervo cranico), della componente motoria del trigemino (V nervo cranico), dall'Abducente oculare (VI nervo cranico ed anche da alcune componenti viscerali del tronco nucleo ambiguo).[15] La perossidasi del rafano una sostanza chimica che risale antidromicamente l'assone tracciandone il percorso ed indicandone il perenoforo di origine. Con questa metodica possibile risalire, dopo circa 12 ore dall'iniezione, alla localizzazione del neurone, i cui bottoni sinaptici terminali si trovano nella struttura che si sta studiando.\p357Nel gatto le afferenze si sono trovate solamente nel nucleo fastigiale e nell'archicerebello (nodulo e nel flocculo); provengono essenzialmente dai tre nuclei oculomotori: oculomotore comune (III nervo cranico), trocleare (IV nervo cranico) ed abducente (VI nervo cronico).Non si conosce la ragione funzionale di queste afferenze. Si ipotizza che, come il fascio spino-cerebellare anteriore, possano portare informazioni riguardo la precisione della trasmissione dei codici motori a livello delle sinapsi sui secondi motoneuroni.G) Le vie trigeminocerebellari provengono essenzialmente dal nucleo mesencefalico del trigemino; non se ne conosce il significato e non tutti gli autori sono d'accordo sulla loro presenza nell'uomo (mentre certamente dimostrata negli uccelli ed in alcuni mammiferi).2) Le afferenze vestibolari ed acustiche provengono dal labirinto attraverso una stazione nei nuclei vestibolari (oppure acustici).Si dirigono al paleo e neocerebello e sono altra cosa dalle afferenze dirette, dal labirinto, aU'archicerebello. Nulla si conosce sul significato fisiologico di queste afferenze: si ritiene che abbiano un ruolo nell'origine del riflesso acustico motorio

(Startle reaction, capitolo 14: reazioni posturali).3) Le afferenze pontine costituiscono la parte di gran lunga maggiore delle afferenze muscose al cervelletto. Si calcolano circa 23 milioni di fibre, che costituiscono la massa del peduncolo cerebellare medio.Poco o nulla si sa sugli aspetti fisiologici di tali afferenze. Al momento ci si limita ad elencare le afferenze ai nuclei pontini, con qualche considerazione aggiuntiva.L'afferenza principale ai nuclei pontini disseminati deriva dalla: A) corteccia cerebrale. tutta la corteccia dell'emisfero omolaterale a proiettare verso questi nuclei, con neuroni piramidali di piccolo diametro che costituiscono un fascio completamente separato dal fascio piramidale. Questo fascio scende al ponte passando per il braccio anteriore della capsula interna. Sono in quatit enorme: circa 21 milioni di fibre. Provengono per ordine di importanza:1) dalla corteccia motoria primaria (area 4)2) dalla corteccia somato sensoriale primaria (aree 3, 2, 1),3) corteccia associativa parietale (aree 5 e 7)4) corteccia visiva (aree 17, 18, 19).Le informazioni provenienti dalle varie aree corticali, subiscono una forte integrazione reciproca a livello dei nuclei pontini disseminati, poich ciascun neurone pontino riceve, di norma, afferenze da tutte le aree citate.Le afferenze non corticali ai nuclei pontini disseminati sono conosciute solamente a livello anatomico e derivano:B) dai collicoli superioriC) dal corpo genicolato lateraleD) dal nucleo vestibolare lateraleE) alcune anche dal midollo spinale.Vi sono altre afferenze al cervelletto di tipo muscoso che al momento possono solamente essere citate come vie esistenti, ma sulla cui funzione le informazioni sono quantomeno confuse.Sono afferenze provenienti:Dal Nucleo reticolare laterale, situato nella parte bassa del bulbo, lateralmente all'oliva inferiore. Il nucleo reticolare laterale l'origine del fascio reticolospinale crociato, che pare avere una grande importanza nel controllo del movimento volontario della muscolatura assiale e prossimale dei cingoli. Questo nucleo riceve anche un contingente, di cui nulla si sa dal punto di vista fisiologico, dal midollo \p358 spinale ed a sua volta influenzato dal cervelletto (paleo). Oggi il suo significato fisiologico di fatto sconosciuto.Dal Nucleo reticolare del tegmento pontino, situato subito dorsalmente ai nuclei pontini disseminati.Dal Nucleo reticolare paramediano, situato anch'esso nel bulbo, dietro l'oliva bulbare.Vi sono poi una serie di afferenze viscerali, anch'esse dal significato oscuro, ma da citare. Provengono:Dal Nucleo del fascicolo solitario, gustativo.Dal Nucleo motore dorsale del vago.Dal Nucleo parabrachiale (cos nominato perche si trova attorno al peduncolo cerebellare superiore (Brachium Conjunctivum), anch'esso coinvolto nel sistema gustativo ed olfattorio.C) Fibre aminergicheLe fibre aminergiche che afferiscono al cervelletto, pur essendo una quota non irrilevante delle afferenze cerebellari, son state scarsamente studiate e possiedono, a tutt'oggi, un significato fisiologico incerto, mentre anatomicamente sono sufficientemente definite:Vi sono tre tipi di afferenze aminergiche che si distribuiscono diffusamente a tutto il cervelletto.A) noradrenergiche,B) dopaminergiche,C) serotoninergiche.A) Le afferenze noradrenergiche originano nel locus ceruleus ed arrivano alla corteccia cerebellare attraverso il peduncolo cerebellare superiore.Il locus ceruleus un nucleo di sostanza reticolare situato nella parte alta del ponte, posteriormente e medialmente.Oltre alle afferenze provenienti dagli altri nuclei di sostanza reticolare, fra cui particolarmente ricche sono le afferenze dai nuclei del rafe, il locus ceruleus riceve proiezioni specifiche dall'ipotalamo, dal giro cingolato, dall'amigdala, dalla sostanza nera (Brodai, 1981).Le sue connessioni efferenti sono con l'intera corteccia cerebrale, di nuovo con l'ipotalamo, naturalmente con il cervelletto e pare anche con l'oliva bulbare (Sladek e Hoffman 1980).Il significato delle afferenze noradrenergiche a provenienza dal locus ceruleus alquanto incerto, non solamente per il cervelletto, ma in generale per tutte le zone che le ricevono. Le informazioni che

giungono attraverso queste vie non sono di carattere motorio, ma pare che abbiano un ruolo fondamentale nella giusta manutenzione dei collegamenti sinaptici di qualsiasi sistema (Ito 1984).A livello cerebellare gli assoni noradrenergici avvolgono il soma della cellula di Purkinje ed agiscono in modo da prolungarne gli effetti: per questo si sono avanzate ipotesi su di una loro azione modulatoria.Un'altra ipotesi, pi recente ed attualmente pi accreditata, che tutte le fibre noradrenergiche ad origine nel locus ceruleus abbiano un significato importante nella fase di sviluppo del sistema nervoso centrale ed in particolare nella fase di sviluppo della sua circuitazione. Tale sviluppo massimo subito dopo la nascita, ma il mantenimento ottimale dei circuiti nervosi una impotante mansione che deve essere espletata per tutta la vita del SNC stesso.B) Le afferenze dopaminergiche sono state evidenziate in un unico lavoro (Simon, Moal e Calas 1979); proverrebbero da una zona di cellule definita A10, \p359 situata nel tegmento mesencefalico ventrale (subito dietro la sostanza nera). Il loro significato fisiologico sconosciuto.C) Le afferenze serotoninergiche provengono da diversi nuclei di sostanza reticolare situata nel ponte e nel bulbo; i principali di questi fanno capo ad un complesso denominato nuclei del raphe.Il complesso dei nuclei del raphe costituito da otto nuclei principali: Dorsale, Magno, Oscuro, Pallido, Pontino, Centrale, Superiore, Lineare intermedio e Lineare rostrale. Questi nuclei ricevono informazioni da una vasta zona di encefalo di cui fanno parte la corteccia sensitivo-motoria, il midollo spinale, il nucleo fastigiale, il nucleo caudato, la parte pi anteriore e basale della corteccia prefrontale, l'ipotalamo e l'abenula.Le informazioni vengono ritrasmesse a diverse strutture, fra cui il cervelletto, sul quale hanno un significato sconosciuto, anche se si sa che deprimono la frequenza di scarica delle cellule del Purkinje. Importante e studiato invece il loro effetto sull'oliva bulbare.Sjoklund e Bjorklund (1977) osservarono che la sezione delle fibre serotoninergiche dal raphe all'oliva bulbare riduce sostanzialmente il tremore indotto dall'iniezione endovenosa di armalina.L'armalina una sostanza chimica in grado di generare un tremore intenzionale che si accompagna ad un aumento di scarica, ritmico, delle fibre rampicanti (in fase con il tremore). Il tremore da armalina validamente antagonizzato dall'uso di alcool e si riduce, cos come le scariche ritmiche delle fibre rampicanti, per sezione delle fibre serotoninergiche afferenti all'oliva, riprendendo non appena le fibre rigenerano.E attualmente opinione (Senba et. al. 1981, Carlton et. al 1982) che possa esservi un circuito fra raphe, oliva e cervelletto importante per la ritmicit dei movimenti, la cui alterazione eccitatoria provocherebbe tremore (che da altri autori stato definito tremore olivare) [16].[16] Al tremore dedicato l'intero capitolo 29.Pi in generale, il significato delle afferenze serotoninergiche pu essere, nel cervelletto come nel restante encefalo, il mantenimento ed il consolidamento, nel lungo periodo, della trasmissione sinaptica lungo circuiti di importanza primaria.Le connessioni serotoninergiche, secondo alcuni autori (vedi capitolo sul tremore) darebbero una sorta di ritmo. Con questo ritmo la sostanza reticolare manterrebbe l'attivit di tutti i neuroni del SNC entro determinati range di frequenza, in maniera analoga a come, in una scuola di piano, il cronotropo mantiene all'interno di un determinato intervallo il ritmo musicale di tutti gli studenti.Vie efferenti dal cervellettoLe cellule di Purkinje si dirigono verso i nuclei cerebellari, con una organizzazione topografica precisa che vale la pena di ricordare:Zona laterale del neocerebello - Nucleo dentatoZona intermedia del neocerebello - Nucleo interposito Zona vermiana (paleocerebello) - Nucleo fastigialeL'unica eccezione data dall'archicerebello, la cui corteccia proietta direttamente al di fuori del cervelletto, verso i nuclei vestibolari.Tutti i nuclei cerebellari ricevono anche (e in prevalenza) stimolazioni \p360 eccitatone dalle fibre muscose e rampicanti, prima che

esse raggiungano la corteccia cerebellare.Nei nuclei cerebellari l'eccitazione muscosa e rampicante viene modulata dalle informazioni elaborate nella corteccia; l'informazione (inibitoria) li raggiunge tramite le cellule di Purkinje. Dai nuclei partono le efferenze cerebellari, che si dirigono sia verso la corteccia cerebrale, attraverso i nuclei talamici, sia verso le diverse formazioni del tronco. Le efferenze cerebellari modulano i diversi parametri dell'attivit di movimento.A) Efferenze fastigiali. Sono una esigua minoranza delle efferenze cerebellari, il cui corpo costituito dalle efferenze ad origine dal nucleo interposito e dal nucleo dentato. Le efferenze fastigiali superiori lasciano il cervelletto attraverso il peduncolo cerebellare superiore ipsilaterale, si incrociano nel mesencefalo e subito dopo si dividono in un gruppo discendente, che va a terminare in numerosi nuclei pontini e bulbari ed uno ascendente, che si dirige sia al nucleo rosso che al talamo, con contingenti separati. Entrambi i gruppi contengono tutte le informazioni provenienti da tutti e due i nuclei fastigiali, poich non esiste nel fascio efferente un contingente di fibre per il gruppo ascendente ed uno per il gruppo distendente. Ciascuna fibra fastigiale si divide, dopo l'incrocio, per partecipare sia al fascio discendente che a quello ascendente.Un piccolo contingente fastigiale, di cui non si conosce il significato fisiologico, si dirige direttamente verso il midollo [17].[17] Numerosi autori (Fukushima 1977, Wilson 1977, Matsushita e Hosoya 1978, Asanuma Tach, Jones 1980) attraverso metodi anatomici traccianti, che evidenziano cio il percorso degli assoni, hanno individuato una tenue connessione diretta fra i nuclei fastigiale ed interposito ed il midollo spinale cervicale. Oggi non si conosce il significato di tali connessioni.1) Le efferenze discendenti si dirigono principalmente alla sostanza reticolare: sia del ponte, dove terminano nel nucleo reticolare del tegmento pontino, che del bulbo, dove terminano diffusamente in tutta la sostanza ed in particolare nei nuclei del raphe [18].[18] Si ricorda che le vie reticolo-spinali consistono di tre contingenti fondamentali: oltre quello citato vi un importante contingente di regolazione delle afferenze sensitive alle corna posteriori che modula il cancello della omonima teoria ed un contingente deputato alla regolazione del ritmo di eccitabilit circadiana dei neuroni midollari.2) Le efferenze ascendenti rubre si dirigono nel nucleo rosso e sono destinate alla parte magnicellulare di questa struttura.Il nucleo rosso un voluminoso agglomerato cellulare situato nel tegmento del mesencefalo. Deve il nome all'abbondante concentrazione di ferro nei suoi neuroni, che gli conferisce il caratteristico color ruggine.Il nucleo rosso consta di una parte superiore (o rostrale) detta parvicellulare, formata di piccoli neuroni e di una parte caudale, detta magnicellulare, formata da neuroni pi voluminosi. La componente parvicellulare del nucleo rosso compare pi tardi nella evoluzione della specie e aumenta di volume man mano che si progredisce nella scala biologica, tanto che nell'uomo pressoch l'unica componente del nucleo. La parte magnicellulare pi antica filogeneticamente e nell'uomo pressoch inesistente (Nathan e Smith 1982). Dal nucleo rosso prende origine il fascio rubro-spinale che, incrociandosi a livello mesencefalico, scende controlateralmente fino al midollo. L'esistenza di questo fascio nell'uomo per dubbia.Dalla parte parvicellulare prende origine il fascio rubro-olivare, che scende omolateralmente verso l'oliva inferiore per poi rientrare nel cervelletto. Questo fascio fa parte del circuito cerebello-rubro-olivocerebellare, che verr ampiamente trattato nel capitolo dedicato al tremore.Il nucleo rosso sotto l'influenza modulatrice dalla corteccia cerebrale, \p361 segnatamente delle aree parietali secondarie (Oka e Jinnai, 1978) sia per quanto riguarda la componente, parvi- che magnicellulare.Attualmente non noto che tipo di correlazione fisiologica esista fra le due parti del nucleo rosso; l'unico dato sperimentale

conosciuto a proposito dice che, nel gatto, il contingente d'origine del fascio rubro-spinale situato nella zona magnicellulare (Carpenter, 1965).B) Efferenze interposte.Sono di due tipi: le efferenze al nucleo rosso e le efferenze talamiche.Le efferenze al nucleo rosso si dirigono alla sua parte magnicellulare. Sono assolutamente prevalenti quelle provenienti dalla parte anteriore del nucleo interposito (nucleo globoso), ma un contingente arriva anche dalla parte posteriore (nucleo emboliforme). Queste ultime efferenze si dirigono nella parte magnicellulare pi mediale, dove arriva anche un piccolo contingente dal nucleo dentato.Il nucleo dentato l'unico a mandare efferenze verso la parte parvicellulare laterale del nucleo rosso.La maggior parte delle efferenze del nucleo interposito collegata ai nuclei vestibolari ed al sistema dei nuclei oculomotori; controlla le sinergie motorie dei movimenti oculari che non verranno trattate in questo testo e per le quali si rimanda alla letteratura specializzata.C) Efferenze dentate.Si dirigono alla parte parvicerebellare del nucleo rosso, costituiscono la parte cerebello-rubra della via cerebello-rubro-olivo-cerebellare di cui si parler in seguito.D) Efferenze cerebello-talamiche.Come si visto, provengono da tutti i tre nuclei cerebellari.Queste efferenze cerebellari si dirigono in varie zone del talamo ventro-laterale. Le zone sono lievemente differenti da specie a specie e non esiste uniformit di denominazione dei nuclei talamici nell'uomo e negli animali (e nemmeno nella stessa specie fra i vari ricercatori). quindi importante fissare alcuni punti cardine, certi per ogni situazione.Si pu affermare con certezza che le efferenze cerebellari al talamo si dirigono al nucleo ventrale laterale, nella sua parte caudale (VLc) e postrema (VLps) ed al nucleo X. riconosciuta anche una afferenza anatomica al nucleo ventropostero-laterale (lo stesso delle afferenze tattili discriminative) nella sua parte pi anteriore: pars oralis (VPLo) che necessita per di studi ulteriormente approfonditi dal punto di vista fisiologico, poich oggi non se ne conosce il significato funzionale [19].[19] E nemmeno si sa dove sia precisamente il confine fra la parte caudale del VLc e orale del VPLo, zone adiacenti e sfumate l'una nell'altra.Le afferenze ai tre nuclei del gruppo ventraie-laterale del talamo provengono, per ciascun nucleo talamico, da ciascuno dei tre nuclei cerebellari. Da questi le informazioni si dirigono alla corteccia motoria primaria (area 4).Il nucleo X al contrario riceve informazioni dalla parte superiore ed inferiore del solo nucleo dentato (ma recentemente, Orioli e Stick hanno evidenziato un piccolissimo contingente dall'interposito posteriore); questo nucleo trasmette informazioni solamente all'area premotoria arcuata (parte laterale dell'area 6).Attraverso le zone talamiche citate, ciascuna area di rappresentazione somatotopica sulla corteccia motoria primaria riceve informazioni da ciascuno dei tre nuclei cerebellari (Thach 1992).Grazie alle connessioni di cui sopra, il cervelletto verosimilmente in grado di influenzare il progetto motorio volontario contemporaneamente in tutte le sue componenti. I diversi parametri del movimento (direzione, velocit, accelerazione, potenza e coordinazione) vengono influenzati rispetto alle informazioni che il \p362 cervelletto riceve direttamente, sullo stato, la disponibilit e le potenzialit dell'apparato locomotore rispetto al progetto.Oltre alle proiezioni verso altri apparati, ciascun nucleo cerebellare ha proiezioni di ritorno verso quella stessa corteccia cerebellare che lo influenza direttamente. Queste proiezioni sono di tipo muscoso.A proposito di quest'ultimo dato anatomico si possono fare due osservazioni di un certo interesse.La prima l'ampia convergenza/divergenza che costantemente e ripetutamente si osserva nell'anatomia dei circuiti cerebellari. Una singola cellula nucleare influenzabile da pi di 800 cellule di Purkinje. Secondariamente, poich la sua afferenza principale data dalle fibre afferenti cerebellari che, dopo aver influenzato la cellula nucleare di cui si sta trattando, diverranno fibre muscose e rampicanti in grado di

influenzare la cellula di Purkinje. La singola cellula del Purkinje a sua volta influenza 800 cellule nucleari in un circolo senza fine. Queste stesse fibre poi, riverberando verso la corteccia cerebellare come fibre muscose, finiranno per influenzare, sempre in maniera blanda ma costante, centinaia di migliaia di cellule di Purkinje.Da questi circuiti riverberanti, pare che la somatotopia e la corrispondenza punto a punto, elemento chiave del sistema piramidale, non siano elementi rilevanti a livello cerebellare dove, il continuo convergere e diffondere delle informazioni toglie qualunque possibile orientamento topografico. Nel cervelletto ricordiamolo che le rappresentazioni somatotopiche sono infatti evidenti solo a soggetto anestetizzato e scompaiono a soggetto sveglio.Questa enorme diffusione delle informazioni confermata anche dagli studi sui vettori direzionali delle cellule di Purkinje (vedi vettori di Georgopulos, cap. 24). Detti vettori non sono in grado di segnalare un'attivit neuronale comune quando questa sia riferita ad un singolo movimento, mentre assumono un significato importantissimo se riferiti ad una catena cinetica, cio ad una gestualit complessa nella quale necessario che i singoli gesti siano perfettamente armonizzati fra loro.I neuroni cerebellari, in altre parole, sono i responsabili delle sincronie fra le singole componenti del progetto motorio in una catena cinetica ben riuscita, non del movimento in quanto tale.Le convergenze/divergenze multiple parrebbero adattarsi meglio della rappresentazione somatotopica alle necessit di queste armonie, attribuendo al cervelletto un ruolo da direttore d'orchestra all'interno del movimento.Una seconda osservazione a proposito del rapporto neurofisiologia/clinica a livello cerebellare riguarda i sistemi di controllo motorio a feed-back.Nel cervelletto pare che questi sistemi siano ripetuti pi volte in maniera concentrica.Il primo di questi sistemi passa attraverso l'apparato locomotore e porta il cervelletto ad un controllo a feed-back del movimento attraverso il sistema propriocettivo dell'apparato locomotore.Un secondo sistema di controllo a feed-back il circuito dentato-rubro-olivo-cerebellare, in cui le informazioni in uscita possono essere riverificate a livello del cervelletto attraverso un circuito passante per il nucleo rosso (stazione di arrivo anche di un cospicuo contingente dalla corteccia cerebrale motoria) e l'oliva bulbare. Anche sull'oliva bulbare, come si visto, convergono importanti informazioni corticali.Un terzo sistema infine sembra essere il circuito intracerebellare: il circuito nucleocorticale citato al punto precedente.Evidentemente, una buona coordinazione motoria necessita di molti sistemi di controllo simili e di controlli di qualit ripetuti su un ambito progressivamente pi vasto. Ad ogni controllo il cervelletto entra in possesso di un numero di \p363 informazioni progressivamente maggiore e pu di conseguenza garantire le sincronie a livelli sempre pi complessi.Elettrofisiologia funzionale del cervellettoGli studi clinici sulla fisiologia del cervelletto consistono essenzialmente nell'osservazione dell'effetto, motorio e comportamentale, dopo inibizione o stimolazione dei nuclei o della corteccia cerebellare.Le prime osservazioni sulla neurofisiologia del cervelletto risalgono agli anni '50 ed ai lavori di Eccles all'istituto di Bethesda (Washington), che ancora oggi costituiscono una pietra miliare.Questi primi lavori dimostrano innanzitutto due aspetti: il primo l'incidenza delle fibre rampicanti sulla clinica cerebellare, il secondo il comportamento in fase delle cellule di Purkinje e dei neuroni cerebellari corrispondenti.Le fibre rampicanti hanno sempre una bassa frequenza di scarica (circa I/secondo), che cambia raramente durante i movimenti pi comuni. Esse possiedono per un ruolo fondamentale nella neurofisiologia clinica del cervelletto. Un congelamento delle sole fibre rampicanti produce infatti tutti i disturbi classici del danno o dell'ablazione cerebellare completa.Si suppone che ci sia legato ai cambiamenti biologici di lungo periodo causati dalle fibre rampicanti nelle cellule

di Purkinje. Questi cambiamenti ne modificano sostanzialmente la risposta agli stimoli provenienti dalle fibre parallele, dettando cos l'ordine di importanza delle varie afferenze eccitatone. L'ordine di importanza viene modificato tramite cambiamenti chimico/biologici a livello citoplasmatico nei neuroni e non attraverso la variazione della frequenza di scarica delle diverse fibre afferenti, come avviene pi comunemente nel SNC (attraverso fenomeni di sommazione spaziale e temporale).Il secondo aspetto riguarda il comportamento in fase delle cellule di Purkinje e dei neuroni nucleari corrispondenti. Questo come si gi accennato, riguarda solamente popolazioni di neuroni, non neuroni singoli. In altre parole, non vi relazione fra la scarica di una isolata cellula di Purkinje e la scarica di un neurone nucleare cerebellare, ma l'aumento di scarica di un intero gruppo delle cellule di Purkinje sempre in fase con l'aumento di scarica di un intero gruppo (il corrispondente) di neuroni nucleari.Questo secondo aspetto va osservato dinamicamente: logico l'aumento di scarica di entrambi i gruppi cellulari, poich sono stimolati dalle stesse afferenze. Dopo una iniziale fase di eccitazione su entrambi i versanti tuttavia, accade che le cellule di Purkinje, inibitorie, attenuino modellandola la frequenza dei neuroni nucleari, che insieme a loro hanno inizialmente aumentato la frequenza di scarica, poich colpiti dalle stesse afferenze eccitatone.In altre parole, le afferenze, sia muscose che rampicanti, eccitano cellule nucleari e cellule di Purkinje omologhe. Ad un aumento di attivit di queste ultime tuttavia corrisponde una attenuazione della attivit dei nuclei, il cui globale funzionamento sar di conseguenza l'integrazione delle informazioni afferenti eccitatone e delle inibizioni dalle cellule di Purkinje. Inibizioni innescate dalle medesime afferenze che hanno eccitato i nuclei.Poich la frequenza di scarica dei nuclei cerebellari costituisce il messaggio in uscita dal cervelletto, le cellule di Purkinje (e di conseguenza la corteccia cerebellare) modellandolo , hanno un significato fondamentale nella formulazione di questo messaggio.Si dice (ma una teoria, non un fatto sperimentale), che esse modellino il messaggio nello spazio e nel tempo. Nello spazio in quanto deciderebbero, fra \p364 le fibre muscose [20], quali debbano dar luogo ad una eccitazione dei nuclei cerebellari tale da generare informazioni in uscita e quali no. In senso temporale, in quanto modellerebbero il ritmo e la frequenza delle informazioni in uscita iperpolarizzando, con la loro afferenza eccitatoria e le modificazioni chimiche e biologiche del citoplasma, i neuroni nucleari.[20] Che, val la pena di ricordarlo, solcano il cervelletto sul piano frontale, in direzione perpendicolare all'espansione cerebellare delle fibre rampicanti.A sostegno di questa teoria sta il fatto che di frequente l'attivit cerebellare caratterizzata da una iniziale eccitazione dei sistemi bersaglio nel tronco o nel diencefalo, seguita da una fase di prolungata inibizione.La prima fase sarebbe legata ad una bouffee iniziale, originata nei nuclei e seguita da una lunga inibizione quando le cellule di Purkinje, organizzatesi, iniziano ad inviare messaggi inibitori ai nuclei di riferimento.Numerosi studi sono stati effettuati sul rapporto fra l'attivit dei nuclei cerebellari e le caratteristiche dell'atto motorio. I pi interessanti riguardano il rapporto fra gli atti motori e l'attivazione dei singoli nuclei.Il nucleo dentato il primo ad attivarsi nel movimento volontario, approssimativamente negli stessi tempi dei motoneuroni corticali, cio prima che il movimento avvenga meccanicamente, ma solo quando si tratti di movimenti semplici (di una sola articolazione). Se il movimento complesso e, come avviene nella realt, coinvolge moltissimi muscoli ed articolazioni, il primo ad attivarsi il nucleo interposito.Ci ha portato alla convinzione che il nucleo dentato (e, naturalmente, i suoi contatti anatomici, come sopradescritti), giochi un ruolo fondamentale nell'inizia-re il movimento volontario, mentre il nucleo interposito (con tutti i suoi contatti

anatomici) giochi il suo ruolo nel coordinare le tensioni muscolari ed i giochi articolari nel loro insieme, soprattutto nei movimenti automatici (Strick, 1978).Una conferma di ci a livello sperimentale data sia da lavori clinici che da studi neurofisiologici.A livello di laboratorio sono stati eseguiti alcuni esperimenti in cui un animale cammina su un nastro scorrevole. In questo animale l'attivit del nucleo interposito assolutamente correlata all'attivit muscqlare (registrata con la elettromiografia), mentre non lo l'attivit del nucleo dentato. Questo fino a che l'animale cammina con ritmo automatico; se si varia la velocit del nastro (e quindi del cammino), durante la variazione la situazione si inverte ed il ritmo dell'attivit muscolare correlato con l'attivit del nucleo dentato e non con quella del nucleo interposito.L'esperimento appena illustrato sta a significare che quando un movimento appreso ed usuale viene compiuto automaticamente il nucleo interposito il responsabile del controllo cerebellare della coordinazione motoria. Quando il movimento invece estremamente variabile e necessita di coordinazione cosciente, il nucleo dentato il sistema efferente del controllo cerebellare della coordinazione motoria.A livello neurofisiologico clinico altri lavori hanno dimostrato che il nucleo dentato , almeno in alcuni casi, direttamente coinvolto nell'inizio del movimento volontario.Il congelamento del nucleo dentato ritarda la risposta motoria a determinati stimoli visivi. Questo ritardo non attribuibile n ad un diretto coinvolgimento della corteccia motoria o del talamo, poich il loro congelamento porta ad una riduzione della ampiezza dei movimenti senza interferire sui tempi di reazione, n ad un effetto indiretto del nucleo dentato sul movimento, n ad una modificazione delle sue influenze sulla corteccia cerebrale motoria, poich un raffreddamento del nucleo dentato non cambia sostanzialmente il livello ed il ritmo di risposta delle aree corticali motorie.\p365Se ne deduce che il nucleo dentato abbia una responsabilit diretta nell'organizzazione temporale del movimento. I suoi codici si dirigono, tramite strutture del tronco, direttamente al midollo spinale, forse attraverso le vie reticolo-spinali.Due ulteriori aspetti della neurofisiologia del cervelletto vanno tenuti nella dovuta considerazione:Il primo riguarda l'attivit combinata dei nuclei cerebellari durante meccanismi di coattivazione muscolare, il secondo il ruolo del cervelletto nei movimenti lenti. Questi due aspetti sono strettamente correlati fra loro.Si definisce coattivazione una contrazione isometrica in cui agonisti ed antagonisti sono attivati simultaneamente. Durante una coattivazione muscolare, il cervelletto porta ai massimi livelli l'attivit dei propri neuroni nucleari.Il dato rafforza notevolmente l'idea che questa struttura sia impegnata nella coordinazione motoria. Evidentemente, ancora una volta, non la attivazione di un gruppo muscolare rispetto ad un altro, o l'esecuzione di un movimento preferenziale che innesca i neuroni cerebellari eventocorrelati, quanto piuttosto la necessit di armonia, di un equilibrio controllato, fra gruppi muscolari diversi impegnati nello stesso movimento.L'attivit del cervelletto indispensabile per ottenere la massima aderenza del movimento reale al progetto motorio, particolarmente quando molti gruppi muscolari siano chiamati a giocare un ruolo coordinato. La necessit di coordinazione massima in una cocontrazione quando agonisti e antagonisti sono chiamati alla contrazione simultanea.Tutto ci gi stato accennato in precedenza riguardo ai vettori direzionali di Georgopulos. Questi vettori hanno significato nel cervelletto solamente se applicati ad intere popolazioni neuronali [21], mentre il loro significato nullo se applicati ai singoli neuroni.[21] Il vettore direzionale qui indice solamente della direzione del movimento, come succede per le aree motorie supplementari della corteccia. Nelle aree motorie primarie della corteccia cerebrale invece il vettore anche indice, oltre che della direzione di un movimento

semplice, della forza con cui questa si sviluppa. Nella corteccia cerebrale motoria primaria quindi il singolo neurone ha un collegamento strutturato con il movimento semplice. Questo tipo di collegamento assente nel cervelletto.Il ruolo della coordinazione motoria del cervelletto ancor pi evidente se si analizza l'attivit dei nuclei cerebellari nei movimenti lenti.In questi, per definizione, impossibile definire un esatto momento di inizio dell'attivit motoria, per cui molto difficile stabilire se esistono relazioni temporali fra il movimento e l'attivit cerebellare.La difficolt nello stabilire il momento di inizio di un movimento lento risiede nel fatto che, in questo caso, l'esecuzione motoria preceduta da un sottile e prolungato gioco di agonisti ed antagonisti su molte articolazioni, la cui insorgenza temporale collocata in un arco di tempo variabile prima dell'inizio del movimento stesso. In alcuni momenti antagonisti e antagonisti si alternano, altre volte vi cocontrazione.Nei movimenti lenti quasi tutti i neuroni dei nuclei cerebellari scaricano in contemporanea. Questi neuroni sono gli stessi che si sono visti attivi nei normali movimenti di estensione e quindi sono stati definiti evento-correlati all'estensione, oppure nella flessione e definiti di conseguenza evento-correlati alla flessione.In un primo tempo furono definiti con il termine di eventocorrelati bidirezionali. L'incongruenza del termine per confondeva notevolmente le idee ed era a sua volta indice di una mancanza di chiarezza sull'argomento.Come si successivamente visto con lo studio dei vettori di Geogopulos, i neuroni cerebellari non possono essere correlati alla direzione di un gruppo \p366 muscolare di per s, ma solamente alla direzione globale del movimento. Verso questa molte articolazioni si muovono contemporaneamente, per dare un senso compiuto (finalizzato) alla gestualit ed sull'armonia dei movimenti delle differenti articolazioni che si esercita l'attivit dei neuroni cerebellari.Questi neuroni potrebbero essere denominati, eventualmente, evento-correlati all'armonia e/o al ritmo degli eventi motori complessi.Un'ipotesi su come si estrinsechi l'azione del cervelletto sui motoneuroni durante i movimenti complessi potrebbe essere che il cervelletto entri in gioco provocando, indirettamente, una dissociazione alfa-gamma a livello delle corna anteriori del midollo spinale. La maggiore attivit dei y motoneuroni di agonisti e antagonisti durante i movimenti lenti un dato di fatto e persiste anche quando si riduce la tensione muscolare meccanica; quindi un fenomeno centrale, non correlato con un riflesso orizzontale del midollo e potrebbe essere alla base dei fenomeni di armonizzazione motoria (Anissis, 1990).Letture fondamentaliIto, M (1984) Cerebellum and neural control Raven press N.York Rothwell, J.C.(1994) Control of human voluntary movement Chapman and Hall LondonBibliografiaBlodel J.R. e Coureville J., cerebellar afferent system, in V.B.Brooks (ed) Handbook of physiology Sec.l vol.2 part 2, Williams e Wilkins Baltimore pp.735-830, 1981. Brodai P., The projections from the nucleus reticularis tegmen ti pontis to the cerebellum in the rhesus monkey, Exp. Brain res., 38, 29-36, 1980. Carlton S.M., Leichnetz G.R., Mayer DJ., Projections from the nucleus parafascicularis prerubralis to medullary raphe nuclei and inferior olive in the rat: a horseradish peroxidase and autoradiography study, Neurosci. letters,30,191-197, 1982. Chan-Palay V., Ito M., Tongroach P., Sakurai M. e Palay S., Inhibitory effects of motilin, somatostatin, leucoenkefalin, enkefalin and taurine on neurons of the lateral vestibular nucleus, interaction with gamma amminobutirric acid, Proc. Nat. acad. Sci. USA 79, 3355-3359, 1982.Desclin J.C., Colin F., The olivo-cerebellar system II Some ultrastructural correlates of inferior olive destruction in the rat. Brain Res. 187,29-46, 1980. Eccles J.C., Vie e centri nervosi Masson, 1980. Fortier P.A., Kalaska J.F. and Smith A.M., Cerebellar neuronal activity related to whole-arm reaching movements in the monkey. Neurophysiol., 62,198-211, 1989. Fukushima K., Peterson B.W., et al,

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ed il tono muscolare, e molti autori hanno riportato come dato ricorrente un fenomeno di riduzione del tono, alternato a fasi in cui il movimento era condizionato da alcune alterazioni non assimilabili a quelle osservate nelle altre lesioni del Sistema Nervoso Centrale.Studi successivi hanno evidenziato la presenza di difficolt motorie riconducibili ad uno schema non collegato semplicemente ad un aumento o a una riduzione del tono dei muscoli, ma piuttosto ad un mancato controllo dei fulcri prossimali che permettono l'esecuzione di un atto motorio finalizzato e preciso.In sostanza, il movimento rimane possibile, ma perde alcune caratteristiche di stabilit e di precisione direzionale che lo rendono funzionale ed efficace (per maggiori dettagli si veda il capitolo sulla neurofisiologia del cervelletto).Ci che tuttavia contraddistingue in modo del tutto particolare la sindrome atassica il disturbo dell'equilibrio, che in questa sede cercheremo di approfondire particolarmente sotto il profilo chinesiologico e biomeccanico.L'equilibrio una condizione di quiete in cui un corpo non sottoposto ad alcuna forza, oppure si trova inserito in un sistema di forze che si neutralizzano reciprocamente.Il corpo umano agisce sotto l'influenza di diverse spinte, che possiamo riassumere in due gruppi: le forze statiche e le forze dinamiche.Appartengono alle forze statiche le diverse espressioni della forza peso in \p370 ambito gravitazionale quando il soggetto fermo, mentre le forze dinamiche sono rappresentate dall'inerzia con cui il movimento tende a spostare una parte del corpo in una posizione diversa da quella di riposo.Lo spostamento del corpo nello spazio attraverso un alternarsi di posizioni e di movimenti espone l'individuo ad un continuo pericolo di cadute. quindi necessaria la presenza di un elaboratore centrale in grado di coordinare ed armonizzare l'intervento delle forze interne (muscolari) per neutralizzare le spinte verso la destabilizzazione.La regola fondamentale che sovrintende l'equilibrio quella per cui un sistema si trova nello stato di quiete quando il suo baricentro cade all'interno del poligono di appoggio.Nel caso del corpo umano, sono numerosi i sistemi ed i sottosistemi che si sovrappongono.L'equilibrio diviene quindi la sommatoria di una serie di condizioni: ciascuna articolazione soggetta al carico accoglie la proiezione del baricentro all'interno del perimetro di base che circonda le proprie superfici articolari.Se ci non accade, tutto l'

organismo tender alla ricerca di un nuovo equilibrio, portandosi verso la direzione in cui il baricentro uscito dalla base su cui appoggia.A volte questo nuovo equilibrio potr essere raggiunto solamente dopo una pericolosa caduta al suolo.L'intervento coordinato dell'azione muscolare , tra le altre cose, finalizzato anche al ripristino dello stato di quiete di ciascuna articolazione che partecipa alla funzione statica.Quando questo non possibile, l'intervento riequilibratore pu avvenire attraverso un meccanismo che coinvolge anche pi articolazioni.Ad esempio, se il baricentro del tronco tende a spostarsi anteriormente rispetto al bacino (in un movimento di flessione anteriore), fino ad un certo punto i muscoli posteriori del dorso riescono a controbilanciare la tendenza alla caduta.Oltre un certo grado di spostamento, questa forza per non pi sufficiente (Fig. 17.1).Per impedire la caduta si pu, da un certo grado del movimento in poi, attivare un reclutamento di muscoli che agiscono su altri due fulcri articolari, ad esempio l'anca e il ginocchio.Se le due articolazioni dell'arto inferiore si flettono di alcuni gradi, automaticamente si modificano i rapporti tra il rachide ed il sacro, cos che il baricentro del tronco venga riportato all'interno della base di appoggio del bacino (Fig. 17.2).La riequilibrazione quindi un procedimento estremamente complesso che richiede, come si detto, la guida di un elaboratore che sia in collegamento con tutte le altre strutture del Sistema Nervoso Centrale, con il compito di attivare i gruppi muscolari (prevalentemente prossimali), finalizzato a garantire l'esecuzione dell'atto motorio volontario in modo corretto.Tono muscolareIl tono muscolare di base il grado di contrazione che il muscolo possiede nel suo stato di quiete, non sottoposto ad alcuna forza esterna (eccetto la forza di gravit), garantito da alcune strutture del Sistema Nervoso Centrale integrate prevalentemente a livello midollare. tuttavia sotto l'influenza anche di numerosi altri centri nervosi che si trovano all'interno della scatola cranica, ed uno di questi sicuramente il Cervelletto.\p371Fig. 17.1 Soggetto in piedi con il tronco flesso anteriormente. Il vettore verticale rappresenta la forza peso dell'emisoma superiore che tende a cadere in avanti, il vettore rivolto posteriormente indica la quota efficace dei muscoli estensori dorsali che impedisce, fino ad un certo punto, la caduta anteriore del soggetto.I pazienti con disturbi dell'equilibrio inseriti nei servizi di Rieducazione Funzionale che seguono un programma di terapia riabilitativa, ci dimostrano che i loro apparati muscolari non sono nelle condizioni fisiologiche, per quanto riguarda la contrazione di base.Non sono pertanto in grado di corrispondere adeguatamente alle richieste provenienti dall'ambiente esterno.L'analisi approfondita delle caratteristiche peculiari del tono in questi pazienti difficile ma interessante, e si presta ad alcune riflessioni che trovano un preciso riscontro nella clinica riabilitativa.Sui testi di neurologia classica si legge che il tono muscolare del paziente con lesione cerebellare o delle vie cerebellari diminuito.Questi pazienti dovrebbero dunque presentare uno stato generale di ipotonia ed ipostenia.Probabilmente il concetto esatto, ma necessario aggiungere alcune specificazioni.I pazienti che abbiamo osservato nelle palestre di riabilitazione con diagnosi \p372 di sindrome atassica (associata spesso ad altre patologie neurologiche) presentavano spesso alcuni muscoli dei fulcri prossimali con un tono di base diminuito, in particolare alcuni tra i muscoli antigravitari.Questa diminuzione non era per uguale a quella che comunemente si osserva nei pazienti con neurolesioni periferiche, in cui la consistenza del ventre muscolare diminuita e la reattivit agli stimoli di stiramento abbassata, parallelamente ad un significativo ed importante calo di forza.I pazienti con sindrome atassica conservavano sempre un rilevante tono di base, che permetteva loro di eseguire quasi sempre contrazioni sufficientemente efficaci.Ci che invece non si manteneva erano altre

caratteristiche proprie del muscolo sano: la velocit della contrazione, la coordinazione, la precisione, ecc.Inoltre, insieme a questi muscoli leggermente ipotonici, se ne osservavano altri praticamente senza alcuna modificazione di tono, ed altri ancora in cui probabilmente il tono era aumentato, se pur di poco.Non quindi corretto parlare del paziente atassico in termini di ipotonia in senso generale, poich esso fa riferimento ad una situazione che, nella sindrome atassica, non si ritrova praticamente mai.Fig. 17.2 - Soggetto in posizione eretta con anche e ginocchia flesse di alcuni gradi. Si pu notare che la flessione delle ginocchia permette al baricentro di ricadere all'interno della base di appoggio costituita dal perimetro delle piante dei piedi, impedendo la caduta anteriore.\p373Disordine del tonoRisentono di alcuni disturbi del tono anche i muscoli che attraversano le articolazioni distali degli arti.Non si tratta per di ipotonia, e non raro incontrare a questo livello casi in cui la contrazione muscolare di base diviene addirittura aumentata rispetto alla norma.Questo fenomeno molto irregolare, e non corretto parlarne solo a proposito dei muscoli distali, poich si pu osservare frequentemente in alcuni grossi muscoli tonici, a volte antigravitari.Anche in questo caso possibile solo parlare di prevalenza.Questa analisi, cos complessa e diffcile da riassumere in uno schema logico, conduce ad una conclusione che ci pare essere la pi adatta a chiarire gli interrogativi che ci poniamo in questo testo.Non dunque corretto affermare che la sindrome atassica sia caratterizzata da una riduzione del tono muscolare di base, mentre molto pi appropriato parlare di un disordine del tono.A seconda della gravit della lesione, e conseguentemente del suo quadro clinico, questo disordine avr un effetto pi o meno rilevante ai fini del movimento, per cui andr valutato di volta in volta per farne emergere le caratteristiche e prevederlo eventualmente nelle indagini valutative da eseguire nel percorso riabilitativo da consigliare al malato.Aspetti chinesiologici dell'ipotoniaA livello della spalla e dell'anca, cio dei fulcri prossimali degli arti, i muscoli in cui l'ipotonia appare essere particolarmente marcata sono quelli che svolgono un ruolo antigravitario.All'arto superiore infatti, i tre fasci del Deltoide ed il Sovraspinoso, ma anche il Trapezio superiore e, talvolta, il Bicipite ed il Tricipite brachiale presentano spesso alterazioni del tono (Fig. 17.3).Come vedremo, l'ipotonia comporta quasi sempre anche ipostenia, cio un calo di forza.In questo caso, essendo la fisiologia principale dei muscoli antigravitari della spalla quella di permettere alla mano un suo corretto orientamento nello spazio, cos da consentire ai sottili muscoli distali di poter realizzare efficacemente la prensione in tutte le direzioni possibili, lo sforzo necessario a sollevare il peso del braccio finisce per impedire alle dita di potersi adattare perfettamente alla superficie dell'oggetto da manipolare.In riabilitazione questo aspetto emerge solo nel caso in cui si tratti di un fenomeno molto evidente, al punto da alterare almeno uno dei parametri che determinano la qualit del movimento.Se ci non accade, cio se l'ipotonia non limita in modo significativo la dimensione motoria dell'individuo, ed solo un segno che possiamo rilevare alla palpazione o con alcune manovre di mobilizzazione a differenti velocit, di solito non viene considerato nella stesura dei programmi di rieducazione funzionale mirati al recupero motorio.I muscoli dell'anca in cui abbiamo osservato pi spesso questa diminuzione di tono sono l'Ileo-Psoas, il Grande ed il Medio Gluteo (Fig. 17.4).Si tratta in questo caso di muscoli a prevalente carattere tonico, la cui azione stabilizzatrice prevale su quella dinamica relativa al movimento puro.\p374Fig. 17.3 -Articolazione gleno-omerale analizzata sul piano sagittale con i tre fasci del Deltoide, il Sovraspinoso, il Trapezio superiore, il Bicipite brachiale ed il Tricipite brachiale.\p375Fig. 17.4- Articolazione coxo-femorale analizzata sul piano sagittale con l'Ileo-Psoas (a destra), il Grande gluteo (a

sinistra) ed il Medio gluteo (al centro).Chinesiologicamente costituiscono la risposta biomeccanica alle forze gravitazionali che tendono a destabilizzare l'equilibrio statico e dinamico del soggetto in piedi, e la loro diminuita funzionalit, che si osserva anche attraverso l'abbassamento della quota di contrazione di base, rappresenta un elemento importante nella valutazione dei disturbi presenti nel paziente atassico, in particolare nella deambulazione.Fenomeno del rimbalzoUna delle caratteristiche presenti nel tono muscolare fisiologico la facolt, una volta esaurita la contrazione, di riportarsi immediatamente in modo automatico nella condizione tonica di riposo.\p376Nel paziente affetto da sindrome atassica, ci troviamo spesso di fronte ad alterazioni del tono muscolare che sembrano modeste, o che comunque non si evidenziano in modo significativo alla palpazione o attraverso le manovre classiche di stiramento passivo.Se per proviamo a contrastare il movimento richiedendo al paziente di attivare una contrazione muscolare massimale, per poi lasciare bruscamente la presa, vediamo che l'estremit distale dell'arto continua a muoversi in modo scoordinato verso tutte le direzioni, impiegando un tempo esageratamente lungo per riportarsi nella posizione iniziale. il cosiddetto fenomeno del rimbalzo , che non si collega direttamente ai disturbi del tono muscolare, e che dovuto soprattutto ai problemi che scaturiscono da un altro dei disturbi tipici del paziente affetto da sindrome atassica: la dismetria. tuttavia anche un problema del tono muscolare che determina la lunghezza del tempo necessario a ritrovare la condizione di base e, logicamente, pi esso elevato e maggiori sono i disturbi dell'attivit muscolare a riposo.Questa prova pu essere eseguita in riferimento al gruppo dei muscoli flessori della spalla, appoggiando una mano sulla superficie anteriore dell'avambraccio, a gomito esteso, e chiedendo al soggetto di alzare il braccio.All'improvviso il terapista lascia la presa, in modo che il braccio si sposti anteriormente grazie all'inerzia prodotta dalla contrazione muscolare massimale (Fig. 17.5).Fig. 17.5- Il terapista sottopone il paziente alla prova del fenomeno del rimbalzo. Il movimento richiesto quello di flettere anteriormente la spalla, lasciando all'improvviso la presa anteriore su braccio ed avambraccio del paziente.\p377A questo punto si osserva il tempo necessario a ritrovare il giusto equilibrio fra le diverse forze in gioco (muscoli agonisti, muscoli antagonisti e forze gravitazionali), e si registrano i dati che ci indicano la positivit o meno del test, e quindi l'eventuale presenza di un disordine del tono muscolare e di dismetria.Con la resistenza applicata nello stesso punto, si pu anche richiedere al paziente di flettere il gomito, evocando quindi una contrazione del Bicipite brachiale.Se spostiamo lateralmente la mano, indichiamo al paziente di abdurre l'articolazione gleno-omerale a gomito esteso, con l'obiettivo di valutare i gruppi di muscoli abduttori della spalla, principalmente il Sovraspinoso ed il Deltoide medio (Fig. 17.6).All'arto inferiore, questa prova viene eseguita con il soggetto in posizione seduta su un lettino, senza appoggio dei piedi al suolo.Il terapista si pone lateralmente a lui, appoggiando una mano sulla superficie anteriore della coscia (in modo da stabilizzare l'anca) e l'altra che oppone la resistenza sulla porzione anteriore della gamba (Fig. 17.7).Anche in questo caso si lascia improvvisamente la presa anteriore sulla gamba, cos che il piede abbia un repentino movimento verso l'alto determinato dall'inerzia della contrazione.Essendo il peso della gamba maggiore di quello dell'avambraccio, se ne deduce che la forza gravitarla (che in questo caso svolge un ruolo a favore del ritrovamento dell'equilibrio) intervenga con maggiore efficacia nell'inibizione degli eventuali disturbi dismetrici, che portano il soggetto ad esagerare il movimento distale senza bloccarlo in via automatica.Infatti, nei pazienti in cui questa prova positiva, quasi sempre lo sia agli arti superiori che inferiori, anche se in modo pi marcato nei primi.L'ultima modalit con

cui si pu eseguire questo test (non sempre) riferita ancora agli arti inferiori, con le ginocchia estese, ed il terapista che oppone la resistenza al movimento di flessione dell'anca, mettendo una mano sulla coscia anteriormente vicino alla rotula.La richiesta quella di sollevare l'intero arto inferiore esteso, per osservarne il comportamento una volta lasciata la presa.Fig. 17.6- La stessa prova precedente pu essere applicata anche al movimento di abduzione di spalla. Il terapista controlla lateralmente il braccio del paziente lasciando all'improvviso la presa.EquilibrioIl concetto di equilibrio in riabilitazione va al di l delle considerazioni fisiche e biomeccaniche che lo definiscono come un valore calcolabile in base all'entit delle forze in gioco ed alle caratteristiche dei fulcri attraversati.\p378Occorre infatti valutare l'equilibrio ed il movimento nella loro dimensione dinamica, e tutti gli aggiustamenti che il Sistema Nervoso Centrale in grado di realizzare in modo automatico o volontario. importante conoscere le regole ed i meccanismi che consentono di misurare la quantit di forza muscolare che occorre per neutralizzare una determinata azione gravitarla, cos come cercare di conoscere le caratteristiche delle forze destabilizzanti che tendono a far cadere il soggetto. Nelle patologie di interesse riabilitativo, l'attenzione deve per essere rivolta anche ai compensi che, automaticamente o volontariamente, il soggetto mette in atto per conservare la facolt di muoversi nel modo pi funzionale possibile. Questi compensi sono attivati dalle strutture nervose centrali collegate all'apparato muscolo-scheletrico che, come vedremo, contribuisce alla realizzazione dell'equilibrio attraverso una serie di aggiustamenti posturali. Nell'introduzione abbiamo gi accennato alla presenza di sistemi e sottosistemi, costituiti ciascuno da diversi muscoli ed articolazioni, che rappresentano il riferimento riabilitativo principale per ci che riguarda l'equilibrio.Si tratta del capo, del tronco, del bacino e degli arti inferiori.Fig. 17.7 - Prova del fenomeno del rimbalzo ponendo la mano sulla superficie anteriore della coscia. Il movimento richiesto quello di flessione dell'anca.CapoDal punto di vista chinesiologico, il capo si articola con il rachide attraverso il tratto cervicale, ed il cranio appoggia sulla base superiore della prima vertebra.La distanza che separa le superfici articolari dell'Atlante occupa uno spazio inferiore rispetto a quella del diametro orizzontale del cranio, per cui il sistema biomeccanico che stiamo analizzando risulta fortemente instabile, essendo esposto al rischio di caduta verso tutte le direzioni (Fig. 17.8). quindi necessaria la presenza di numerose forze che si oppongano all'azione gravitazionale, attraverso un lavoro di trazione verso il basso che impedisca al capo di portarsi sul lato opposto.Sul piano sagittale, l'asse verticale passante per il fulcro occipito-atlantoideo suddivide il capo in due parti diverse, il cui peso complessivo non distribuito equamente sulle superfici articolari vertebrali, ma la sua quota anteriore maggiore di quella posteriore.Il capo tende quindi ad essere sbilanciato anteriormente (Fig. 17.9).\p379Fig. 17.8- Rappresentazioni del cranio e del rachide cervicale sui tre piani convenzionali dello spazio. I vettori indicano la tendenza del capo a cadere verso tutte le direzioni, soggetto all'azione gravitazionale.Per riportare il sistema in un contesto biomeccanico stabile, sono possibili due tipi di soluzioni: una articolare ed una muscolare.La prima ipotesi coinvolge il rachide cervicale che, modificando il suo grado di lordosi, pu orientare le superfici articolari superiori dell'Adante in modo da spostare il cranio pi anteriormente o posteriormente.\p380Fig. 17.9 - Analisi biomeccanica della forza di gravit relativa al peso del capo, che appoggia sull'articolazione occipito-atlantoidea. La risultante efficace del movimento tende a spostare il capo anteriormente in basso.Sempre sul piano sagittale, un aumento del grado di lordosi cervicale porta il capo posteriormente (Fig. 17.10), mentre una sua diminuzione tende a spostarlo

ancor pi anteriormente.La seconda ipotesi passa attraverso un'azione mantenuta dei muscoli posteriori del collo e del capo uguale alla forza peso della quota anteriore della testa (Fig. 17.11).Questa soluzione per meno efficace della precedente, poich costringe le strutture capsulo-legamentose che uniscono il cranio al rachide ad uno stress che pu essere fonte di irritazioni molto fastidiose a carico di tutta la zona cervicale, ed anche del braccio.I muscoli estensori del capo sono il Trapezio superiore, i Retti e gli Obliqui posteriori del collo e del capo, e le porzioni superiori di alcuni muscoli lunghi del dorso, le cui fibre attraversano anche le vertebre cervicali inferiori.I muscoli anteriori del collo svolgono una funzione importante nel controllo dell'equilibrio del capo, impedendone la caduta posteriore, che si pu realizzare, ad esempio, dopo una brusca contrazione degli estensori, oppure dopo un rapido spostamento all'indietro del capo.\p381Fig. 17.10 Con un atteggiamento in iperlordosi del rachide cervicale, la proiezione verticale del baricentro del capo passa sull'articolazione occipitoatlantoidea, eliminando la tendenza a cadere anteriormente.Sono muscoli meno efficaci, rappresentabili con un vettore a modulo inferiore rispetto agli antagonisti, che solo modificando la postura di partenza assumono un ruolo pi attivo nell'esecuzione del movimento (ad esempio da supino).C' poi un importante muscolo bilaterale e simmetrico, lo Sternocleidomastoideo, che si occupa principalmente del movimento di rotazione del capo ma che, se contrae contemporaneamente le fibre di entrambi i lati, determina un movimento di flessione.In posizione eretta o seduta, la sua azione si aggiunge a quella di controllo esercitata dai muscoli anteriori, mentre da supino assume un ruolo estremamente importante all'inizio del movimento di flessione, che consente al soggetto di sollevare il capo per portarsi successivamente in postura seduta.TroncoIl tronco costituito dal rachide lombare, dal tratto dorsale e dalla gabbia toracica, collegati con il cingolo scapolare e gli arti superiori.Dal punto di vista articolare, tutto il carico dell'emisoma superiore (che rappresenta circa il 50% del peso corporeo complessivo) confluisce sulla \p382superficie superiore dell'osso sacro, che si trova a stretto contatto con l'ultimo disco vertebrale, quello compreso tra la quinta lombare ed il sacro.Fig. 17.11 - In condizioni fisiologiche, la tendenza del capo verso la caduta anteriore viene neutralizzata dall'azione opposta dei muscoli estensori del capo. Si tratta di due forze parallele e concordi che agiscono creando una leva del primo tipo, in cui il fulcro l'articolazione occipitoatlantoidea.Sul piano statico la giunzione che unisce L5 ad S1 quindi un punto estremamente delicato, poich le linee di forza verticali che si concentrano laddove le quote discendenti sono maggiori, trovano a questo livello il punto di massima tensione (Fig. 17.12).Le porzioni laterali ed antero-posteriori del tronco sono ricoperte da muscoli importanti: il Quadrato dei lombi, i Retti dell'addome, gli Obliqui ed il Trasverso, che assicurano un collegamento tra il tronco ed il bacino.Il rachide dorsale non possiede la possibilit di eseguire movimenti ampi in nessuna direzione, essendo la sua fisiologia principalmente legata alla respirazione.L'equilibrio del tronco dunque una prerogativa in gran parte svolta dalle sue strutture inferiori, attraverso un lavoro in contrazione concentrica che si oppone alla caduta dal lato opposto.La caduta anteriore viene neutralizzata da una contrazione bilaterale e simmetrica di tutti i muscoli lunghi del dorso: il Quadrato dei lombi, il Gran \p383 Dorsale, il Sacro-lombare, il Lungo dorsale ed i piccoli muscoli Trasversari Spinali che collegano le apofisi trasverse ai processi spinosi vertebrali (Fig 17.13).Fig. 17.12- Tronco e bacino visti anteriormente sul piano frontale.Una caduta laterale viene invece evitata attraverso un lavoro attivo della muscolatura del lato opposto: il Quadrato dei lombi, il Retto, il Grande Obliquo, il Piccolo Obliquo e la quota del muscolo Trasverso di quel lato (Fig. 17.14).L'equilibrio del

tronco richiede l'integrit dei centri nervosi che regolano automaticamente la contrazione di tutti questi muscoli, in un'azione coordinata e sinergica che ruota sul fulcro lombo-sacrale e che ha nei muscoli citati i protagonisti attivi.Il tono muscolare del paziente affetto da sindrome atassica, non essendo caratterizzato da una semplice diminuzione, pu presentare elementi di natura mista che ne complicano lo studio e rendono complessa l'elaborazione delle proposte terapeutiche.\p384Fig. 17.13 - Soggetto in posizione eretta sul piano sagittale. Il vettore verticale rappresenta la tendenza verso la caduta anteriore, mentre sul lato posteriore viene rappresentato l'insieme di alcuni muscoli: il Quadrato dei lombi, il Gran dorsale, il Sacro-lombare, il Lungo dorsale ed i Trasversari spinali, la cui azione sintetizzata da alcuni vettori. Si crea una leva del primo tipo in cui il fulcro la giunzione lombo-sacrale.\p385Fig. 17.14 - Emisoma superiore visto anteriormente sul piano frontale. Il vettore verticale rappresenta la tendenza del tronco verso la caduta laterale a sinistra, neutralizzata dal vettore obliquo che rappresenta l'azione muscolare di Grande obliquo, Piccolo obliquo e Trasverso di quel lato.Nel caso del tronco, non raro che le note di ipertono siano riferite al gruppo dei muscoli estensori del dorso, per cui possibile che l'analisi delle forze riequilibratrici debba considerare anche una quota muscolare, che si aggiunge all'azione gravitaria.Ci significa che, in caso di aumento del tono estensorio, il soggetto sar particolarmente esposto al rischio di cadere all'indietro (senza la possibilit di ripararsi con le mani), e potr controbilanciare questo atteggiamento solo attraverso una contrazione globale dei muscoli anteriori (Retti, Obliqui) (Fig. 17.15).Questo compenso non per privo di aspetti negativi, poich costringe l'individuo ad essere imprigionato tra due forze attive, che limitano il movimento e la coordinazione automatica.\p386Fig. 17.15 - Sul piano sagittale, il tronco pu tendere verso la caduta posteriore. Il vettore di destra rappresenta l'azione dei muscoli Retti e Obliqui addominali che neutralizzano questo pericolo.Il soggetto con questo genere di iper-tono, si presenter quindi alla nostra attenzione con una rigidit globale che non consentir di eseguire i movimenti con le consuete caratteristiche di velocit, scioltezza e forza.Il paziente atassico tende frequentemente alla caduta posteriore, mentre pi raro che cada lateralmente o anteriormente.La soluzione ottimale del problema in questi termini sarebbe la normalizzazione del tono, con il ripristino del naturale equilibrio fra la contrazione di agonisti ed antagonisti, a tutela della funzionalit motoria complessiva.Un ultimo aspetto relativo all'equilibrio del tronco riguarda l'importanza della dimensione statico-articolare del sistema su cui appoggia l'emicorpo superiore.Le continue e ripetute sollecitazioni che gravano su S1, dovute agli aggiustamenti posturali realizzati dalla muscolatura del tronco, possono facilmente esporre questo tratto ad un'usura che ha delle ripercussioni negative a carico del disco e delle radici nervose di questo tratto.Il problema non assume quasi mai un rilievo eccessivo, perch il paziente atassico, alla comparsa dei primi sintomi, riduce drasticamente in modo spontaneo la deambulazione, e le sollecitazioni a cui viene esposto non sono quindi tali da provocare disturbi all'apparato osteo-articolare.BacinoLe ossa del bacino si appoggiano sulle teste femorali in modo tale per cui l'equilibrio, in posizione eretta, viene staticamente mantenuto dalla messa in tensione delle strutture legamentose dell'anca in posizione di leggera estensione.Si tratta per di un equilibrio fortemente instabile, poich sufficiente un modesto movimento di flessione delle anche per far uscire il baricentro del corpo dalla sua base di appoggio, costituita in questo caso dalla superficie superiore delle teste femorali, \p387 e determinare una caduta anteriore del tronco.Il bacino pu anche muoversi lateralmente, ad esempio con uno spostamento del carico su un solo arto, ed quindi importante che siano presenti forze neutralizzatrici ad

impedire che lo spostamento diventi eccessivo, in particolare durante il cammino, finendo per squilibrare il carico con uno slittamento omolaterale del tronco.I gruppi muscolari che controllano l'attivit statica delle ossa del bacino sono gli estensori dell'anca, in particolare il Grande Gluteo, e gli Ischio-tibiali che, pur essendo biarticolari, svolgono un ruolo significativo nel mantenimento del femore in estensione (Fig. 17.16).Anche la muscolatura addominale, i Retti dell'addome, gli Obliqui e la porzione anteriore del Trasverso, agiscono in senso stabilizzatore del bacino, poich impediscono la discesa del pube, contribuendo cos a mantenere l'equilibrio sagittale del bacino stesso (Fig. 17.17).II controllo volontario di questi gruppi muscolari consente al soggetto di mantenere ferme le ossa iliache, gli ischi ed il pube senza che l'azione della gravit riesca ad attrarre verso il suolo le strutture sovrastanti.Durante il cammino essenziale che questo controllo avvenga dinamicamente, per evitare che ad ogni sollevamento di un piede dal suolo corrisponda uno spostamento laterale del bacino verso il lato dell'arto in sospensione.Nel paziente affetto da sindrome atassica questo problema si presenta in modo molto particolare, come un continuo tentativo motorio di raggiungere con precisione un certo obiettivo, che descriveremo a proposito della dismetria.\p388Fig. 17.16 La posizione anatomica del bacino viene assicurata da un'azione sinergica di Grande gluteo ed Ischio-tibiali, che ne impediscono lo spostamento anteriore (antepulsione).Fig. 17.17- L'equilibrio sagittale del bacino viene garantito anche dai muscoli addominali (Retti e Obliqui dell'addome), che impediscono al pube di scendere (antiversione).Il soggetto opera una serie di aggiustamenti che difficilmente gli permettono di portare il distretto corporeo interessato nella posizione voluta, poich egli non in grado di dosare il reclutamento di unit motorie necessario a raggiungere un certo scopo.Questa peculiarit, specifica delle sindromi atassiche, si pu osservare anche a livello del tronco e del bacino, pur essendo pi frequente a livello dei segmenti distali degli arti.Arti inferioriIl bacino distribuisce equamente il carico sulle anche, e ciascuno dei due arti inferiori diventa il tramite che trasferisce al terreno una parte del peso corporeo.Si passa cos da una concentrazione di forze (che abbiamo osservato a livello L5 - S1) ad una sua distribuzione su una superficie piana che corrisponde all'area ricoperta dalle piante dei piedi.Durante il cammino, quando il soggetto si trova in fase di appoggio monopodalico, il peso deve essere proiettato sulla pianta di quel piede, ed essendo la fase di oscillazione caratterizzata da uno spostamento anteriore del tronco e da una leggera rotazione del bacino in antiversione, la proiezione del baricentro del corpo dovr essere in linea con il piede per tutta la durata di questa traslazione (Fig. 17.18). quindi un equilibrio dinamico, la cui importanza notevole per l'autonomia del paziente, e che nei soggetti con sindromi atassiche viene messo in crisi a causa della lesione del Sistema Nervoso Centrale, il cui alterato funzionamento penalizza la realizzazione di queste specifiche funzioni motorie.Le articolazioni principali degli arti inferiori consentono all'uomo di poter camminare in molti modi, a differenti velocit, con i passi di diversa lunghezza, ma rappresentano anche il punto \p389 debole della stabilit, qualora ci troviamo in presenza di patologie che colpiscano l'equilibrio.Quando la persona in piedi, in assenza di intervento muscolare, la forza di gravit porterebbe la massa corporea a trovare un nuovo equilibrio secondo un'ordinata sequenza di fasi.Le anche si portano in flessione, il tronco slitta anteriormente e viene attratto verso il basso, coinvolgendo il bacino in una rotazione anteriore che mette in tensione tutte le strutture posteriori molli.Successivamente, si flettono le ginocchia, portando le ossa femorali ad essere orientate in alto e indietro (Fig. 17.19).Questo spostamento si realizza per due motivi: il primo semplicemente per un'azione che la gravit esercita nel senso

dell'attrazione verso il basso, il secondo per attenuare la tensione dei muscoli e dei legamenti posteriori che sono stati stirati dalla traslazione anteriore del tronco e dalla rotazione del bacino.Fig. 17.18Soggetto che cammina, in fase di appoggio monopodalico. La proiezione del vettore che si applica sul baricentro del corpo cade all'interno del perimetro del piede.DismetriaQuando si pensa all'equilibrio, automaticamente si fa riferimento ad un problema: quello di mantenersi in piedi senza aggrapparsi a qualche appiglio. In realt non si tratta solo di questo, ed necessario allargare il concetto per \p390 poterlo comprendere in un'ottica riabilitativa.Fig. 17.19 - Immagine sul piano sagittale con anche, ginocchia e caviglie flesse. I vettori rappresentano la tendenza del tronco e delle tibie a spostarsi anteriormente e in basso, mentre i femori ed il bacino tendono a portarsi posteriormente.L'equilibrio infatti l'armonia con cui agonisti ed antagonisti si contraggono sinergicamente per dosare il movimento nella maniera ottimale, finalizzandolo ad un certo obiettivo spazio-temporale, che viene correttamente raggiunto solo grazie all'integrit dei Centri Nervosi che si occupano di questa funzione (vedi capitolo 14).L'assenza di coordinazione tra i gruppi muscolari si traduce motoriamente in una difficolt nel raggiungere l'obiettivo, ed anche in un'alterazione del ritmo e della velocit con cui lo spostamento si realizza.Quanto pi l'obiettivo vicino, tanto pi aumentano queste difficolt, poich necessario intensificare la precisione con cui si esegue il movimento.Il paziente che presenta disturbi di tipo atassico condizionato da questo problema, che appare con evidenza proprio in prossimit del punto di arrivo di ogni movimento, sia degli arti inferiori che superiori.La mano o il piede iniziano ad eseguire bruschi cambi di velocit in direzioni non corrette, cercando di aggiustare il movimento attraverso un intervento modificatere, che per risulta quasi sempre essere a sua volta imperfetto.In neurofisiologia ed in riabilitazione questo segno prende il nome di dismetria, e rientra all'interno del grande capitolo che concerne l'equilibrio.Impropriamente si legge talvolta che il paziente affetto da sindrome atassica presenta sul piano clinico un tremore intenzionale.In realt, il disturbo dismetrico non ha nulla a che fare con il tremore classico (quello del parkinsoniano per intenderci), anche se esteriormente pu essere notata una vaga rassomiglianza con esso (vedi capitolo sul tremore).Agli arti inferiori la dismetria determina molta incertezza nella deambulazione, poich viene a mancare la stabilit con cui i potenti gruppi muscolari della gamba e della coscia assicurano la tenuta dell'appoggio.\p391 durante la fase di oscillazione del passo che possiamo pi facilmente osservare l'alterazione nel controllo del movimento, che non segue una traiettoria rettilinea e non viene eseguito con disinvoltura e a velocit costante.Finch il piede mantiene il suo appoggio al suolo il disturbo non appare chiaramente (anche se in realt gi ben presente), ma quando la punta conclude la sua fase di spinta che iniziano anche visivamente a fare la loro comparsa i primi problemi.Nella fase di appoggio, l'equilibrio viene assicurato da una contrazione continua e regolare dei muscoli che si oppongono alla caduta: il Tricipite surale controlla la caduta anteriore (Fig. 17.20), il Tibiale anteriore, l'Estensore comune delle dita e l'Estensore proprio dell'alluce impediscono la caduta posteriore (Fig. 17.21), i Pe-ronei evitano il pericolo di inclinazione interna della gamba (Fig. 17.22) ed ancora il Tibiale anteriore si oppone al suo movimento verso l'esterno (Fig. 17.23).La dismetria influisce anche sulla contrazione di questi gruppi muscolari nella fase di sostegno, per cui il piede non si adatta sempre perfettamente al suolo, ma soggetto anch'esso agli aggiustamenti di cui si parlato in precedenza. comunque all'arto superiore (ed in particolare alla mano) che la dismetria pi evidente, ed qui che provoca i danni maggiori, per via della funzione motoria svolta dalle sue articolazioni e dai suoi muscoli, collegati direttamente ad un meccanismo

fine e preciso come la prensione.Fig. 17.20 - Analisi biomeccanica del Tricipite surale sul piano sagittale. La quota efficace che risulta dalla scomposizione rivela un'azione neutralizzatrice delle forze che provocherebbero la caduta anteriore (vettore a destra).L'azione in catena cinetica aperta che la mano esegue nel suo orientamento spaziale verso l'oggetto da manipolare, espone il movimento delle dita ad un maggior rischio di errore dovuto al disturbo dismetrico, poich l'azione sinergica dei sottili muscoli \p392 distali richiede un controllo perfettamente integro della contrazione, cos da poter funzionare correttamente.Fig. 17.21 -Analisi biomeccanica di Tibiale anteriore, Estensore comune delle dita ed Estensore proprio dell'alluce sul piano sagittale, le cui quote efficaci rivelano uno spostamento anteriore della tibia, per cui una neutralizzazione delle forze che tendono a spostare il corpo posteriormente (vettore a sinistra).Prova indice-nasoUno dei test pi utilizzati per valutare la dismetria, consiste nel chiedere al paziente di portare l'indice verso il naso, andando esattamente a toccarne la punta.Il test viene eseguito in un primo tempo ad occhi aperti, con il soggetto che ha la possibilit di aiutarsi attraverso l'afferenza visiva nel controllo del movimento della mano.Poi, in seconda battuta, viene richiesto ad occhi chiusi (Fig. 17.24).Ovviamente, la seconda richiesta viene proposta solo nel caso in cui ad occhi aperti il compito sia stato eseguito correttamente.Una persona che non presenti alcun disturbo di tipo atassico in grado di realizzare questo movimento senza esitazione, rallentamenti o cambi di direzione, anche ad occhi chiusi.Il paziente atassico invece pu compiere diversi tipi di errore.Anzitutto pu mancare il bersaglio, finendo in una zona diversa da quella indicata e, se questo si ripete senza che il soggetto riesca in qualche modo a correggersi, si tratta di un disturbo abbastanza importante.Gli esordi della malattia si manifestano anche con segni meno evidenti, ad esempio un frenage in prossimit dell'avvicinamento della punta dell'indice al naso, con successiva ripresa del movimento fino a raggiungere l'obiettivo finale.Di solito questo uno dei primi sintomi che rivelano la presenza della dismetria: l'indice oscilla in tutte le direzioni, aggiustando il tiro soprattutto quando giunge in prossimit della punta del naso.Il peso relativamente leggero della mano e dell'avambraccio attribuiscono a questa prova una notevole importanza, poich la richiesta non deve far fronte ad un compito in cui sia necessario utilizzare un certo grado di forza ma, al contrario, il soggetto pu concentrarsi unicamente sull'obiettivo, senza fare alcuno sforzo quantitativo.\p393Fig. 17.22 - Analisi biomeccanica del Peroneo lungo sul piano frontale, la cui quota efficace impedisce alla tibia di portarsi internamente (le forze che tendono a spostarla all'interno sono rappresentate dal vettore a destra).Fig. 17.23 - Analisi biomeccanica del Tibiale anteriore sul piano frontale, la cui quota efficace rivela un'azione di controllo rispetto allo spostamento all'interno della tibia (rappresentato dal vettore di sinistra).Quando la sindrome atassica ha assunto una gravit maggiore, il malato non riesce pi a mantenere ferma la mano neppure in posizione di partenza, ed sufficiente richiedergli di iniziare l'avvicinamento per poter osservare la perdita \p394 completa di controllo del movimento.Tutti questi segni compaiono in un primo tempo ad occhi chiusi e, successivamente, anche ad occhi aperti (per una analisi neurofisiologica del frenage si rimanda al cap. 14).Fig. 17.24 Prova indice-naso.Prova tallone-ginocchioSi tratta di una ripetizione della prova che abbiamo appena descritto, eseguita questa volta dagli arti inferiori.Valgono tutte le considerazioni gi formulate, anche se in questo caso il peso della gamba e del piede costituisce una difficolt in pi per il paziente atassico.Il soggetto supino, con le gambe estese e le braccia lungo i fianchi.Il terapista gli chiede di sollevare una gamba, far scivolare il tallone sulla tibia, fino a portarlo esattamente sul punto centrale della rotula, e ritornare subito dopo nella posizione

di partenza (Fig. 17.25).Fig. 17.25 - Prova tallone-ginocchio.Anche in questo caso gli errori pi frequenti consistono in un mancato raggiungimento dell'obiettivo finale e nella comparsa di oscillazioni che interferiscono con l'esecuzione del compito, e quindi con la sua efficacia.Solo nei casi pi gravi possibile che il paziente non riesca neppure a dare inizio alla prova, per via dell'azione sfavorevole che assume la leva in posizione supina, con il peso dell'arto inferiore che pu superare l'efficacia della potenza costituita dalla forza dei flessori dell'anca (Ileo-Psoas, Retto femorale e Sartorio).Prova pollicemignoloQuesto test pi fine e non direttamente collegato al disturbo dismetrico, ma comunque importante per valutare la coordinazione muscolare.Si chiede al soggetto di portare la punta del mignolo verso quella del pollice, realizzando contemporaneamente due movimenti (Fig. 17.26).Se siamo in presenza di qualche modesto disturbo atassico, possibile che il soggetto non riesca ad attivare nello stesso tempo questi due movimenti, ma ne inizi uno soltanto (quasi sempre l'opposizione del mignolo), per poi finire la prova con il movimento rimanente. necessario osservare con attenzione la modalit seguita dalla persona che esegue la prova, poich spesso il disturbo presente, ma si pu rilevare solo nel corso dello spostamento richiesto, e non al suo atto conclusivo (la prova cio viene correttamente completata).La prova pollice mignolo viene da molti associata al test classico che valuta l'adiado-cocinesia, in cui si richiede al soggetto di eseguire rapidamente una doppia prono-supi-nazione invertita degli avambracci (cio mentre uno pronato l'altro supinato e viceversa).In effetti, il paziente che presenta una sindrome atassica non riesce pi ad eseguire contemporaneamente pi di un movimento, ed portato a spezzare il gesto in una serie di operazioni motorie successive.Se a questo aggiungiamo il disturbo dismetrico, possiamo concludere che il movimento nei pazienti affetti da sindrome atassica caratterizzato da un'estrema frammentariet, con una notevole presenza di errori ed una costante ricerca di aggiustamento che crea una grossa insicurezza motoria, oltre che un certo grado di affaticamento. Tutte queste turbe biomeccaniche riconoscono cause neurofisiologiche note, come descritto nel capitolo 14.Fig. 17.26 - Prova pollice-mignolo.Il camminoI primi segni che compaiono nei malati con disturbi dell'equilibrio si osservano nel cammino.Cerchiamo in questo paragrafo di descrivere sinteticamente alcune caratteristiche che abbiamo osservato nella deambulazione dei pazienti atassici, valutandone gli aspetti chinesiologici e mettendoli in collegamento con il danno che ha subito il Sistema Nervoso Centrale.Gli elementi fondamentali che sono quasi sempre presenti in questi casi sono diversi, e saranno trattati singolarmente visto l'importanza che riveste ciascuno di essi.\p396Allargamento della base di appoggioIl primo segno la tendenza ad allargare la base di appoggio costituita dalle piante dei piedi (Fig. 17.27).Fig. 17.27 - Soggetto in stazione eretta con allargamento della base di appoggio.Il disturbo di equilibrio determina, come si detto, un'alterazione dei parametri che permettono ad un sistema di rimanere nella sua condizione di stabilit.L'insieme delle forze che neutralizzano l'azione gravitaria determina infatti un baricentro che ha la sua proiezione verticale all'interno del perimetro descritto dall'appoggio delle piante dei piedi al suolo.Se il controllo attivo di queste forze non pi in grado di essere attuato correttamente, o per lo meno non lo pi sempre in modo efficace, il baricentro tender ad oscillare verso tutte le direzioni realizzando una serie di spostamenti tali da mettere pericolosamente in crisi tutto il sistema.La prima reazione automatica diviene pertanto quella di difendere l'equilibrio e la stabilit, allargando la superficie su cui il baricentro pu proiettarsi sull'asse verticale, cos da avere un certo margine che, sia nella stazione eretta che durante il cammino, garantiscano all'individuo di non essere in pericolo di

caduta.\p397Abduzione di spalleTutto ci che abbiamo appena descritto accade simultaneamente ad un'altra reazione automatica, che riguarda questa volta gli arti superiori, ma che si collega direttamente al cammino.Le braccia tendono ad allargarsi, ad abdursi, e questo per due semplici ma importanti motivi (Fig. 17.28).Fig. 17.28 - Parziale compenso al disturbo dell'equilibrio attraverso un'abduzione bilaterale di spalleIl primo strettamente biomeccanico: l'aumento dello spazio occupato dalla massa corporea che si trova al di sopra del baricentro, permette di limitare gli spostamenti che il baricentro stesso realizza grazie al mancato controllo delle forze che neutralizzano la gravit.Pensiamo al funambolo che cammina su una corda (cio con una ridottissima base di appoggio), ed all'aiuto di cui usufruisce quando tiene in mano un bastone che facilita il controllo della stabilit.Le spalle abdotte si comportano allo stesso modo del bastone, e consentono ai pazienti in fase iniziale di compensare totalmente le difficolt che si presentano nel mantenere controllato l'equilibrio.\p398Il secondo motivo di natura prettamente difensiva: la paura di cadere porta automaticamente l'individuo a predisporre tutte le possibili strategie che quanto meno limitino i danni dell'impatto.Le spalle leggermente abdotte consentono alle mani di essere gi nella opportuna posizione per riparare il corpo da un urto troppo violento che potrebbe provocare lesioni anche gravi.Il paziente atassico, in posizione eretta e durante il cammino, assume pertanto il tipico atteggiamento in abduzione globale degli arti inferiori e superiori.Retropulsione del troncoLa lesione neurologica provoca una serie di effetti che hanno la loro ricaduta diretta sul movimento.Un dato che registriamo spesso nell'osservazione dei pazienti che presentano un disturbo dell'equilibrio la tendenza a proiettare all'indietro il tronco con un'azione estensoria globale della muscolatura posteriore del rachide (Fig. 17.29).La forza che la provoca diviene un pericolo potenziale importante per un soggetto che ha perduto la facolt di riequilibrarsi automaticamente in tempi rapidi poich, nella stazione eretta, la struttura osteo-articolare non favorisce certo questo genere di controllo.Il piede infatti ha un suo preciso punto di appoggio al suolo rappresentato dal calcagno, ma la sua lunghezza si sviluppa anteriormente con le ossa del tarso, i metatarsi e le falangi delle dita.Questo significa che la forza peso pu contare su una superficie in cui distribuirsi che si trova anteriormente rispetto alla sede in cui il carico appoggia a livello del calcagno.La presenza di un'ipotetica forza destabilizzante in senso anteriore ha quindi una sua naturale neutralizzazione sulla superficie plantare del piede.Posteriormente invece non abbiamo nulla, per cui sufficiente una modesta quota di forza che tenda a spostare il corpo all'indietro perch tutto l'equilibrio generale divenga precario.La complessit del danno neurologico, che si manifesta con un irrigidimento della muscolatura estensoria del rachide ed una predisposizione chinesiologica e biomeccanica verso la caduta posteriore, costringono il paziente atassico ad assumere un particolare atteggiamento in antepulsione del capo e delle spalle, unito ad un certo grado di flessione delle ginocchia e delle anche, a parziale compenso di quanto descritto.Fig. 17.29 - Soggetto in piedi sul piano sagittale. rappresentato un vettore che descrive l'azione di alcuni muscoli estensori dorsali, la cui quota efficace rivela uno spostamento del tronco all'indietro, che pu determinare una perdita dell'equilibrio.Dismetria degli arti inferiori durante il camminoAbbiamo gi precedentemente accennato a questo fenomeno, che accompagna la fase oscillante del passo.Lo spostamento anteriore della gamba e della coscia \p399 risente spesso in modo evidente del disturbo dismetrico, e non raro osservare che la direzione, la velocit ed il ritmo del movimento non siano fisiologici.In particolare, la direzione subisce frequenti cambiamenti ed aggiustamenti, la velocit non costante, ma viene condizionata da accelerazioni e correzioni brusche, ed

anche il ritmo non possiede pi la cadenza mantenuta che consentivano una deambulazione disinvolta e sicura.All'incertezza dell'appoggio si aggiunge quindi anche un'incertezza nell'oscillazione, determinando le condizioni perch il paziente sia costretto precocemente ad abbandonare la stazione eretta. questo un esito da scongiurare, perch la posizione seduta e sdraiata non mettono il Sistema Nervoso Centrale nelle condizioni di potersi esercitare per recuperare una funzionalit sufficiente, utile a controllare con efficacia le forze destabilizzanti dell'ambiente.Non d'altronde possibile esporre il paziente al rischio di caduta che, oltre alla possibilit di provocare fratture, determinerebbe una paura non facile da superare. dunque solo grazie all'esercizio intensivo e costante (ma questo vero per tutte le patologie di interesse riabilitativo) che si pu riuscire a ripristinare la funzione perduta a causa di una lesione neurologica.TalloneggiamentoIl talloneggiamento un altro dei fenomeni che osserviamo spesso nei pazienti atassici.Consiste in un ritardo nell'appoggio della pianta del piede al suolo dopo che il carico stato trasferito al calcagno all'inizio della fase di sostegno del cammino (Fig. 17.30). il contrario dell'atteggiamento in equinismo e supinazione del piede, che vedremo essere prevalente nell'emiplegico, in cui l'appoggio anteriore e laterale.Colpisce in particolare la contraddizione presente tra la necessit di avere il carico trasferito sulla superficie pi ampia possibile (che sarebbe consentito grazie ad una sua distribuzione su tutta la pianta del piede) e questa latenza nel trasferire l'avampiede al suolo, che rende ulteriormente precario l'equilibrio gi di per s instabile.Non vi sono pertanto ragioni biomeccaniche che giustifichino la comparsa di questo segno, ma solo la presenza di un elemento di disagio in pi rispetto ai disturbi del movimento che abbiamo gi indicato.Non neppure possibile parlare di compenso a qualche funzione perduta per via della lesione neurologica, poich il talloneggiamento non rappresenta una risposta utile al paziente nello svolgimento di nessun movimento significativo collegato al cammino.Fig. 17.30 - Atteggiamento in talo del piede, osservato sul piano sagittale. In caso di talloneggiamento, il piede assume questa posizione all'inizio della fase di appoggio del passo, e la mantiene per un tempo superiore alla norma, appoggiando successivamente tutta la pianta del piede al suolo.\p400Sul piano strettamente chinesiologico, si tratta di un perdurare della contrazione concentrica dei muscoli anteriori della gamba, che svolgono un ruolo attivo nella flessione dorsale dell'articolazione tibioastragalica.Alcuni di questi muscoli sono contemporaneamente flessori e supinatori, altri flessori e pronatori.Appartengono al primo di questi due gruppi il Tibiale anteriore e, parzialmente, l'Estensore proprio dell'alluce, mentre del secondo fanno parte l'Estensore comune delle dita e l'insieme dei Peronei, di cui il Peroneo lungo il principale.In questo caso, la difficolt nell'armonizzare il lavoro dei muscoli flessori ed estensori trova la sua espressione motoria finale nel perdurare della contrazione flessoria.Questa viene poi neutralizzata grazie all'azione combinata degli estensori e della forza di gravit e l'avmpiede si appoggia al suolo, anche se solo in un secondo tempo.Questo dato aggiuntivo di instabilit pu rappresentare un problema che determina la perdita di autonomia del paziente per quanto riguarda il mantenimento della stazione eretta e la deambulazione.Sequenze di raddrizzamentoI disturbi dell'equilibrio possono essere di maggiore o minore gravit e, per valutare correttamente il grado di perdita di autonomia che provocano queste lesioni, il metodo pi confacente allo scopo l'analisi del mantenimento della postura.Si tratta anche del sistema che fornisce le migliori indicazioni sul piano riabilitativo.Il paziente deve essere in grado di controllare il suo corpo staticamente e dinamicamente a partire da una certa postura, eseguendo compiti che gli vengono richiesti dall'esaminatore.Questi compiti riguardano

essenzialmente il mantenere ferma l'estremit dell'arto che stiamo analizzando, oppure l'eseguire un certo movimento seguendo una traiettoria precisa e controllando correttamente tutto il resto del corpo, per evitare i compensi.Cerchiamo ora di sintetizzare le posture principali da cui ricavare uno schema valutativo generale, che deve comunque essere adattato alle specifiche esigenze di ciascun paziente, che si presenter con problemi diversi da quelli di tutti gli altri.La descrizione verter come sempre sui requisiti chinesiologici e biomeccanici necessari per poter considerare una determinata postura come possibile per quel paziente.Postura supinaSi tratta della postura di massimo equilibrio che il corpo pu assumere nello spazio, poich i punti su cui si trova a contatto del piano di appoggio descrivono un'area molto ampia, che inizia dall'occipite, attraversa tutto il dorso e la superficie posteriore degli arti superiori, passa per i glutei e le aree posteriori degli arti inferiori, fino a raggiungere i calcagni.Inoltre importante anche la ridotta altezza del baricentro del corpo che, trovandosi mediamente a livello della terza vertebra lombare, dista in questa posizione solo pochi centimetri dal piano di appoggio (Fig. 17.31).\p401L'apparato osteo-muscolare e le strutture che garantiscono la stabilit delle articolazioni trovano nella postura supina un equilibrio naturale che porta tutti i sottosistemi descritti verso una neutralizzazione reciproca delle forze in gioco.L'annullamento totale dell'azione gravitarla si ha quando il corpo si trova sdraiato, riprendendo esattamente gli stessi rapporti articolari presenti in posizione anatomica, cio il capo allineato con il tronco, gli arti superiori leggermente abdotti ed extraruotati, i gomiti ed i polsi estesi, le anche e le ginocchia estese, con le articolazioni tibiotarsiche in posizione intermedia tra flessione dorsale e flessione plantare.Il mantenimento di questo equilibrio non richiede alcun intervento muscolare attivo, per cui l'eventuale presenza di disturbi o di lesioni ai centri che regolano il controllo dell'attivit muscolare non creano a questo proposito alcuna difficolt al paziente.Fig. 17.31 Soggetto in posizione supina visto sui piani sagittale ed orizzontale (dall'alto). Si pu notare la ridottissima distanza che separa il baricentro del corpo dal piano di appoggio, e quindi l'estrema stabilit di questa postura.Posizione quadrupedicaAttraverso un rotolamento eseguito passando per la posizione in decubito laterale si raggiunge la postura prona, che riprende in larga misura le considerazioni sull'equilibrio descritte a proposito di quella supina.Da qui, flettendo le anche, le ginocchia, le spalle ed i polsi a 90 gradi, il soggetto raggiunge la postura quadrupedica, in appoggio al suolo con i palmi delle mani, le ginocchia ed il dorso dei piedi.Il tronco si mantiene orizzontale, mentre il capo rimane allineato con esso e lo sguardo rivolto verso il basso.Le cosce sono orientate verticalmente e le gambe sono orizzontali.Rispetto alla posizione supina, la base di appoggio globale della persona \p402 ridotta di circa un terzo (in pratica la lunghezza della coscia), ed il baricentro viene sollevato per un tratto corrispondente alla nuova distanza esistente tra l'addome ed il terreno (Fig. 17.32).Fig. 17.32 - Soggetto in posizione quadrupedica visto sui piani sagittale ed orizzontale (dall'alto). Il baricentro del corpo dista dal piano di appoggio quanto l'articolazione dell'anca dista dal ginocchio, cio circa quanto la lunghezza del femore.Ci significa che l'azione gravitazionale potenzialmente in grado di modificare questa postura, qualora riuscisse a portare il baricentro all'esterno della base di appoggio, neutralizzando le forze muscolari riequilibratrici che tentano di ricondurlo nella sua posizione di partenza.Non siamo pi, quindi, in uno stato di equilibrio passivo, ma attivo, ed necessario l'intervento della contrazione muscolare per opporsi alla naturale tendenza che il corpo assume verso la ricerca di un nuovo equilibrio.I fulcri su cui si possono realizzare gli spostamenti del tronco (su cui

giace il baricentro) sono le quattro articolazioni prossimali degli arti che, essendo enartrosi, consentono qualsiasi tipo di spostamento.Il tronco pu oscillare anteriormente, posteriormente, lateralmente ed anche in diagonale, a qualunque grado di inclinazione rispetto al proprio asse longitudinale.La caduta anteriore la pi pericolosa, poich espone l'individuo al rischio di trauma facciale, mentre posteriormente non vi sono problemi, per via dell'ammortizzamento dovuto alla messa in tensione del Quadricipite ed al contatto delle superfici posteriori di coscia e gamba, che attenuano l'impatto riportando il baricentro allo stato di equilibrio.Anche lo squilibrio laterale ha una certa quota di pericolosit, non essendoci alcuna struttura in grado di diminuire l'effetto traumatico del fianco sul terreno.Il paziente con un disturbo dell'equilibrio che presenta difficolt a mantenere questa postura si attegger spontaneamente con il bacino in posizione leggermente posteriore, per evitare i pericoli maggiori.\p403Chinesiologicamente questo si traduce in una flessione ulteriore delle anche e delle spalle, attivando ad effetto antigravitario alcuni gruppi muscolari che impediscono a queste articolazioni di flettersi completamente schiacciando il tronco verso il suolo.Si tratta dei muscoli che in chinesiologia vengono considerati come estensori: il Deltoide posteriore, il Tricipite brachiale, il Gran Dorsale e gli extrarotatori di spalla (Sottospinoso e Piccolo rotondo) per quanto riguarda l'arto superiore ed i Glutei a livello dell'anca (gli Ischio-tibiali non intervengono in questo caso poich non sufficientemente stabile il loro punto di inserzione distale, posto sulla superficie posteriore della tibia).I disturbi dell'equilibrio vanno come sempre considerati in termini di mancato controllo dell'azione coordinata di agonisti ed antagonisti, per cui i pazienti affetti da sindrome atassica avranno difficolt a mantenere questa posizione, e saranno impegnati in una costante ricerca del punto di stabilit, ostacolati dalla dismetria che li costringe a ripetuti tentativi di aggiustamento.Quando il danno particolarmente marcato, possiamo assistere a forti contrazioni di gruppi muscolari impegnati in questo senso, che determinano una fuoriuscita del baricentro dalla base di appoggio, a cui non si riesce ad opporre una forza muscolare riequilibratrice. quindi necessario un intervento esterno che impedisca la caduta del soggetto.La base di appoggio pu essere ulteriormente ridotta sollevando un arto (Fig. 17.33).Fig. 17.33 - Dalla posizione quadrupedica, il soggetto estende un'anca ed un ginocchio, riducendo in modo significativo la superficie della base di appoggio. La proiezione verticale del baricentro si viene a trovare al limite del perimetro che circonda i punti di contatto con il terreno, per cui si tratta di un contesto estremamente instabile.\p404Si crea cos una superficie pseudo-triangolare, la cui ampiezza circa la met di quella relativa alla superficie precedente.In questo caso la difficolt ulteriormente aumentata, poich il baricentro viene a cadere al limite della sua diagonale centrale, quindi in una zona molto vicina alla delimitazione esterna dell'area stessa.Essere in grado di controllare stabilmente l'equilibrio in questa difficile posizione estremamente positivo nella valutazione dei disturbi dei pazienti con sospetto di sindrome atassica.Posizione in ginocchioLa sequenza di raddrizzamento naturale del corpo verso la stazione eretta prosegue con la verticalizzazione del tronco, l'estensione delle anche ed il distacco delle mani dal suolo.L'appoggio rimane quindi solamente a livello delle ginocchia e del dorso dei piedi, e la superficie su cui deve cadere il baricentro per poter permettere al sistema di mantenersi in equilibrio si riduce ad un rettangolo in cui i lati lunghi sono costituiti dalle diafisi tibiali, ed i lati brevi sono le distanze che separano le ginocchia ed i dorsi dei piedi tra loro (Fig. 17.34).Maggiore questa distanza (lati brevi) e maggiore sar anche la stabilit del sistema, poich pi facile sar far cadere il baricentro all'interno di una

superficie pi ampia.Fig. 17.34 - Soggetto in ginocchio visto sui piani sagittale ed orizzontale (dall'alto). Il baricentro decisamente pi in alto del piano di appoggio. La sua proiezione cade al limite della porzione anteriore del perimetro di base che delimita i punti di contatto con il terreno.\p405Quando il soggetto si trova in ginocchio, la proiezione del punto su cui abbiamo indicato essere mediamente il baricentro del peso corporeo ricade in una zona anteriore rispetto all'incrocio delle diagonali costruite sulla superficie del rettangolo di base.Questo molto importante nella valutazione dell'equilibrio, e ci indica due cose: anzitutto la tendenza del soggetto verso una caduta anteriore, soprattutto se ci troviamo in presenza di un disturbo patologico dell'equilibrio, poi il naturale compenso che l'individuo realizza automaticamente portando il proprio baricentro all'indietro, con uno spostamento posteriore del bacino ed un movimento di leggera flessione delle anche e delle ginocchia.C' poi un altro elemento che, sul piano chinesiologico, rappresenta una difficolt: la flessione a 90 delle ginocchia determina uno stiramento del Qua-dricipite attraverso un allontanamento della sua inserzione distale, che mette in tensione tutta la muscolatura anteriore della coscia e fissa in antepulsione ed antiversione il bacino (l'origine prossimale del Retto femorale si trova infatti sulla spina iliaca antero-superiore).Alle forze destabilizzatrici gravitazionali si aggiunge quindi anche questa energia potenziale, che tender a portare in avanti il baricentro del corpo, proprio nella direzione in cui questa postura rischia pi facilmente di mettere in crisi la stabilit del sistema.Le considerazioni esposte ci chiariscono la complessit del mantenimento dell'equilibrio in questa posizione in caso di disturbi atassici dell'equilibrio, e non sono molti i pazienti in grado di rimanere in ginocchio senza compensi e per un periodo di tempo significativamente lungo.Il controllo muscolare avviene attivando tutti i gruppi che possono trazionare posteriormente il tronco ed il bacino.Si crea cos una grossa leva, che si pu osservare sul piano sagittale, in cui il fulcro rappresentato dal punto di appoggio delle ginocchia al suolo, la forza destabilizzante gravitarla un vettore che tende a spostare anteriormente il tronco, e la forza riequilibratrice muscolare un altro vettore che si applica pi o meno sullo stesso punto, ma rivolto dal lato opposto rispetto all'asse verticale su cui si trova il fulcro della leva (Fig. 17.35).Fig. 17.35 - Analisi biomeccanica di alcuni muscoli dorsali sul piano sagittale, unita ad una rappresentazione vettoriale della forza di gravit (vettore a destra). La quota efficace dell'azione muscolare neutralizza la forza gravitazionale destabilizzante che tenderebbe a far cadere anteriormente il soggetto.L'analisi e la ricerca degli elementi muscolari sono rivolte alle forze chinesiologicamente in grado di eseguire il controllo della flessione del ginocchio (quando questi si trova gi flesso a 90 gradi), una stabilizzazione delle anche in estensione, una fissazione del bacino in \p406 retropulsione ed una globale estensione del rachide e del capo.A partire dai distretti distali quindi necessario un corretto reclutamento delle cellule muscolari che compongono il Tricipite surale, gli Ischio-tibiali, i Glutei, gli Extrarotarori dell'anca (Pelvitrocanterici) e tutta la muscolatura esten-soria del dorso, del collo e del capo, disposta nei suoi vari piani.Anche nel caso in cui il paziente riesca, dopo un adeguato allenamento, a mantenere correttamente questa postura senza flettere le anche e le ginocchia, si osserva spesso un secondo livello di compenso che gli consente di spostare posteriormente il proprio baricentro.Il paziente pu infatti inclinare all'indietro l'insieme costituito da cosce, tronco e capo, mantenendoli allineati, semplificando in questo modo il compito di neutralizzazione delle forze muscolari e gravitazionali (Fig. 17.36).Fig. 17.36 - Se il ginocchio flesso a circa 110 gradi, la proiezione del baricentro cade all'interno del poligono delimitato dai punti di appoggio con il suolo, per cui non

necessario intervenire attivamente con la contrazione dei muscoli dorsali per mantenere una condizione di equilibrio stabile.In analogia a quanto proposto per la postura quadrupedica (quando si parlato del sollevamento di un arto dal suolo), la stessa operazione pu essere ripetuta a partire da questa posizione.Il soggetto deve sollevare un ginocchio andando ad appoggiare a terra un piede, in modo che la coscia si porti sul piano orizzontale e la gamba su quello verticale, attraverso un trasferimento dell'arto inferiore in avanti con un movimento di flessione a 90 gradi dell'anca, mantenendo la flessione del ginocchio presente in posizione di partenza.La base di appoggio si modifica, diventando simile ad un triangolo che ha i vertici sul tallone del piede anteriore, sul ginocchio e sul dorso del piede che sono rimasti in appoggio (Fig. 17.37).Un primo elemento che dimostra l'incremento della difficolt quindi la riduzione della base su cui ricade il baricentro, mentre non si modifica l'altezza del centro di gravit del corpo dal suolo.Il problema maggiore tuttavia un altro, ed in effetti quasi sempre per questo motivo che i pazienti con disturbi dell'equilibrio non sono in grado di eseguire correttamente questa prova.Per raggiungere la posizione descritta si deve infatti passare per una fase in cui tutto il carico grava su una gamba sola e, per evitare che tutto il sistema perda le necessarie condizioni di stabilit, il centro gravitazionale deve ricadere su un poligono di strettissime dimensioni.Nel corso dello spostamento, si realizza anche una traslazione del baricentro, per cui la ricaduta all'interno della base di appoggio ancor pi difficoltosa.Il paziente con un disturbo di tipo atassico lieve presenter dunque le prime difficolt proprio nell'esecuzione del trasferimento anteriore della gamba, mentre una volta raggiunta la posizione finale, il compito diviene pi semplice.\p407Fig. 17.37 - Dalla posizione in ginocchio, il soggetto solleva un piede appoggiandolo anteriormente. La superficie circoscritta dai punti di contatto con il suolo assume una forma allungata, in cui pi difficile far ricadere la proiezione del baricentro. pertanto una posizione fortemente instabile.Stazione erettaQuando il soggetto in piedi, si trova nella condizione statica di massima instabilit, poich la base d'appoggio ridotta alla superficie ricoperta dalle piante dei piedi, mentre il baricentro nel suo punto di massima altezza (Fig. 17.38).L'equilibrio in questa postura risente dell'azione gravitaria che tende a portare il corpo verso tutte le direzioni, ed quindi necessario neutralizzare completamente le forze che agi

scono sulle numerose articolazioni soggette a carico, cercando di portare il corpo verso il basso.La gravit, in assenza di controllo muscolare, tenderebbe a spostare anteriormente il capo, il dorso e tutto il tronco, contemporaneamente ad una flessione delle anche, delle ginocchia e delle caviglie.La contrazione dei muscoli che consente di mantenere in equilibrio il sistema osteo-articolare, interessa dunque principalmente gli estensori del capo e del tronco, insieme agli estensori delle anche, delle ginocchia e delle caviglie, cio all'intero blocco dei muscoli definiti classicamente antigravitari.Uno dei punti su cui pi importante che l'azione muscolare sia coordinata, al fine di controllare adeguatamente le forze esterne, l'articolazione tibio-tarsica.Si tratta infatti del fulcro su cui il peso del corpo esercita la sua massima forza, e le sue caratteristiche chinesiologiche, trattandosi dell'insieme di due articolazioni, consente uno spostamento a 360 gradi delle tibie, e quindi di tutto il corpo sovrastante.Fig. 17.38 - Soggetto in piedi visto sui piani frontale ed orizzontale (dall'alto). Il baricentro si trova nel suo punto di massima distanza dal suolo, per un segmento costituito dalla somma di tutto l'arto inferiore pi circa met del tronco.I muscoli satelliti di queste articolazioni sono anteriormente l'Estensore comune delle dita e l'Estensore proprio dell'alluce, medialmente il Tibiale anteriore, posteriormente il Tricipite surale e lateralmente i Peronei.Il controllo statico e dinamico dell'equilibrio viene garantito in prima battuta da un'azione modulata ed integrata dei centri che regolano le contrazioni di tutti questi gruppi muscolari.Una tendenza alla caduta anteriore (direzione verso la quale il corpo si trova naturalmente sbilanciato) viene neutralizzata da una contrazione del muscolo posteriore (Tricipite surale); se invece il baricentro si sposta all'indietro, intervengono gli estensori delle dita del piede, mentre lo squilibrio laterale viene bloccato dalla contrazione del Tibiale anteriore, che limita lo spostamento verso l'esterno, e dai Peronei, che impediscono alla tibia di portarsi internamente.Il ginocchio si mantiene in condizioni di stabilit grazie ad una forza muscolare che impedisce la sua tendenza alla flessione imposta dalla gravit.A questo riguardo sufficiente un buon controllo del Quadricipite, che porta \p409 i condili femorali nella loro sede anatomica costituita dai piatti tibiali e dai menischi.L'anca viene bloccata in estensione attraverso una contrazione dell'insieme dei muscoli Glutei (in particolare il Grande Gluteo).Il rachide ed il capo richiedono una contrazione attiva degli estensori del dorso e del capo, cio il Quadrato dei lombi, i Trasversari spinali, il Lungo dorsale, il Sacro-lombare, il Grande dorsale, i Retti e gli Obliqui del capo, i Semispinali e gli Spleni, ed anche tutti i piccoli muscoli che congiungono tra loro le apofisi spinose e trasverse.La sequenza di raddrizzamento trova nella stazione eretta il suo massimo grado di complessit sul piano statico, per cui un soggetto che riesca a controllare perfettamente questa posizione, di solito non presenta disturbi di tipo atassico.Per completare la valutazione dei disturbi dell'equilibrio occorre per procedere anche con un esame dinamico, chiedendo all'individuo di camminare verso l'avanti, all'indietro e lateralmente, anche superando ostacoli di piccola altezza che devono essere interposti nel percorso da seguire.Il passaggio in carico monopodalico durante il cammino riduce al minimo la base di appoggio, per cui chi presenta difficolt nel coordinare la contrazione muscolare non pu essere in grado di svolgere correttamente questo compito.BibliografiaAA.VV., Encyclopedie Medico-Chirurgicale. Edizioni Mediche Cappa. Anthony C.P., Kolthoff N.J., Fondamenti di Anatomia e Fisiologia dell'Uomo. Ed.Ambrosiana, Milano, 1971. Anthony C.P., Thibodeau G.A., Fondamenti di Anatomia e Fisiologia dell'Uomo.Ed. Ambrosiana, Milano, 1986. Cambier J., Masson M., Dehen H., Neurologia. Ed. Masson, Milano, 1988. Carpenter M.B., Neuroanatomia. Ed. Piccin, Padova, 1977. Delmas A., Vie e Centri Nervosi. Ed. U.T.E.T. - Masson,

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motoria sono definiti con i termini:acinesia significa etimologicamente mancanza di movimento,ipocinesia riduzione del movimento,bradicinesia movimento lento.Al di l del loro significato etimologico, questi termini implicano in realt problematiche motorie diverse clinicamente (ma sempre deficitarie), non tutte con la stessa origine neurofisiologica.Semeiologicamente questi disturbi sono riconoscibili nel modo seguente:1) mancanza di movimenti spontanei: l'acinesia propriamente detta, particolarmente evidente al viso dove determina una tipica amimia.2) mancanza di movimenti associati: si definiscono movimenti associati i movimenti che accompagnano normalmente un movimento primario (per esempio oscillare le braccia nel cammino).3) rallentamento dei movimenti: bradicinesia propriamente detta.4) riduzione di ampiezza dei movimenti: come nell'andatura festinante o nella micrografia.5) rallentamento delle risposte riflesse.6) faticabilit al movimento: per esempio nel caso dell'adiadococinesia: difficolt ad effettuare movimenti sincroni e simmetrici simultaneamente. Battere alternativamente dorso e palmo delle mani sulle coscie mantenendo la contemporaneit del gesto in entrambe le mani; questo un movimento che non si riesce pi a compiere quando si affetti da adiadoco-cinesia.7) Difficolt ad armonizzare movimenti composti di pi segmenti corporei fra di loro.Data la variet di manifestazioni e la diversa importanza che ciascuna pu assumere in ciascuna sindrome, i disturbi del movimento caratterizzati da una diminuzione della attivit motoria si presentano in maniera assai variabile nelle diverse sindromi extrapiramidali, mutando aspetto anche nella stessa sindrome da paziente a paziente. quindi molto importante riconoscere in ogni deficit motorio quali delle componenti sopraelencate siano presenti ed a quale livello di compromissione. Questo aiuter molto nella corretta impostazione diagnostica, prognostica e terapeutica (soprattutto riabilitativa) dal paziente extrapiramidale.\p415Disturbi del movimento caratterizzati da un aumento della attivit motoriaVi sono cinque differenti aspetti patologici del movimento legati ad un aumento dell'attivit motoria:l'emiballismo la corea l'atetosi il tremore i ticEmiballismo caratterizzato dallo scatenarsi improvviso di un progetto motorio esplosivo e rapidissimo.Si gi visto, nel capitolo 14, cosa si intenda per movimento balistico: un movimento rapido, interamente programmato prima del suo inizio, che si completa in un tempo inferiore ai 200 millisecondi.Nell'emiballismo i movimenti (balistici) si scatenano senza una necessit o causa apparente.Il progetto motorio ben articolato, sia nella strategia che nella esecuzione; si manifesta per al di fuori di un contesto logico e temporale adeguato.L'emiballismo legato ad un danno isolato (quasi sempre ad origine vascolare) del NST, come si vedr nel capitolo 19.Riguardo alle cause neurofisiologiche, l'emiballismo stato associato alla corea, con cui ha una notevole affinit etiopatogenetica.Il termine emiballismo definisce anche una vera e propria sindrome clinica, di cui l'emiballismo stesso l'unica manifestazione.Corea una manifestazione ipercinetica molto grave ed intensa, caratterizzata da movimenti rapidi, involontari, subcontinui o continui, aritmici, con carattere vermicolare, che possono colpire con uguale probabilit tutte le articolazioni del corpo.In questi movimenti non possibile riconoscere nemmeno in maniera approssimativa un progetto od uno scopo. Essi sono pi lenti e meno esplosivi, almeno in una fase iniziale [1], dei movimenti balistici, ma pi rapidi dei movimenti atetosici.[1] Nelle fasi avanzate, in casi particolarmente gravi, diviene difficile individuare il confine fra corea ed emiballismo che riconoscono un'identica patogenesi.I movimenti coreici si instaurano su una base muscolare ipotonica e, come tutti i fenomeni motori da disturbo dei NB, sono accentuati dalla tensione emotiva e scompaiono con il sonno.Soprattutto nelle fasi iniziali, quando i movimenti coreici si inseriscono come parassiti su di una gestualit normale, la corea fa assumere al malato un atteggiamento motorio danzante (da cui il nome, dal

greco danza) tipicamente ridicolo, da clown. Come tale la malattia fu descritta per la prima volta da Schenk e Grafenberg (1609) che racontano nelle loro Observationes, la grande epidemia di Corea che attravers l'Europa nel 1374 (nota con il nome di Ballo di San Vito). Il primo a darne una descrizione da osservazioni reali Sydenham, che nel 1686 descrive un'epidemia circoscritta che colpisce i bambini [2].[2] Furono invece See (1850) e Roger (1866) quasi due secoli pi tardi a scoprire la relazione fra la corea descritta da Sydenham e la malattia reumatica.\p416I disturbi coreici pi frequenti si riscontrano in due sindromi: la Corea di Sydenham (o corea reumatica) e la Corea di Hungtington.La Corea di Sydenham, (o Corea reumatica) una forma coreica benigna, coglie nell'et infantile bambini affetti da reumatismo cardiaco e si risolve solitamente con la guarigione in qualche settimana.I tipici movimenti coreici su base ipotonica si sviluppano in conseguenza ad un reumatismo con endocardite. La malattia benigna.La Corea di Hungtington una sindrome degenerativa molto grave, a carattere genetico che si associa ad un coinvolgimento di numerosi altri centri nervosi (soprattutto la corteccia cerebrale); clinicamente, sempre associata a demenza.La Corea di Hungtigton malattia molto grave e porta a morte entro una decina di anni dalla comparsa della prima sintomatologia (che avviene di solito fra 30 e 40 anni).Semeiologicamente anche questa sindrome presenta i caratteristici movimenti coreici associati ad ipotono; i movimenti coreici tuttavia costituiscono solamente uno fra i molti disturbi neurologici della Corea di Hungtington.Vi un terzo tipo di manifestazioni coreiche, che sono per comunemente classificate come manifestazioni semplicemente discinetiche: sono le ipercinesie (coree) legate all'abuso di un tipo particolare di farmaci usati per la cura della depressione: gli antidepressivi triciclici. Questi farmaci costituiscono la categoria pi comune dei farmaci antidepressivi utilizzati in psichiatria. Meno comune la corea da utilizzo di Ldopa.La corea da farmaci molto grave e di difficile approccio terapeutico, tanto che necessario sospendere la terapia ed eliminare dall'organismo tutto il farmaco responsabile della situazione.Pressoch eccezionali sono altre manifestazioni coreiche; alcune di queste sono ereditarie: corea benigna ereditaria, corea parossistica o la corea che si pu manifestare nella acantocitosi; altre sono invece acquisite: corea gravidica o corea indotta da contraccettivi.Atetosi un movimento vermicolare, lento, limitato alle dita della mano o alla lingua ed alle labbra. Il quadro discinetico ricorda la corea, ma se ne differenzia in quanto pi lento, sinuoso, limitato a quelle zone del corpo ed soprattutto sotteso da un ipertono di base. caratteristico l'aspetto che assume l'arto superiore atetosico: addotto alla spalla, parzialmente flesso al gomito e al polso, con le articolazioni metacarpo-falangee ed interfalangee iperestese.Le dita della mano sono coinvolte da movimenti vermicolari caratteristici decisi ma lenti, non finalizzati. La stessa cosa accade, con minor frequenza, alla lingua ed alla bocca.Si ritiene che l'atetosi sia legata ad un danno (solitamente da parto) del putamen. Si osserva nei bambini, ma a volte persiste per tutta la vita, che viene quindi irrimediabilmente segnata dai caratteristici movimenti vermicolari ipertonia.A livello di fisiopatologia clinica, le alterazioni dell'attivit muscolare dell'atetosi sono sovrapponibili alle alterazioni delle distonie cinetiche (vedi oltre).Per ci che riguarda l'atetosi, va ricordato che nel 1987 un comitato ad hoc per la classificazione delle distonie (Fahn, 1987) ha incluso molti movimenti lenti con base ipertonica nel capitolo delle distonie, classificandoli come distonie cinetiche e non pi come movimenti atetosici. Secondo questi autori la principale differenziazione fra una distonia cinetica ed un movimento atetosico risiederebbe:\p417a) nella destrutturazione del movimento insita nell'atetosi, mentre al contrario una distonia cinetica riproduce un movimento di solito strutturato (il cui finalismo comunque in

qualche modo riconoscibile)b) nella localizzazione dell'atetosi che predilige alcune zone corporee (viso e mano), mentre la distonia cinetica assai estesa, colpendo spesso un intero emisoma o anche un movimento complesso di tutto il corpo.Il comitato ad hoc del 1987 tuttavia, pur spostando una serie di disturbi del movimento da una classificazione ad un'altra, non riesce a creare un sufficiente livello di chiarezza all'interno dei disturbi del movimento di origine neurologica; molti quadri clinici si trovano ancora oggi a cavallo fra corea ed atetosi (coreo-atetosi), fra atetosi e distonie cinetiche, nonch fra tremori, tic, reazioni di soprassalto ed altri disturbi motori occasionali, segno questo che la fisiopatologia clinica dei nuclei della base nasconde ancora molti aspetti ignoti.TremoreIl tremore una manifestazione indicativa di disturbi neurofisiologici spesso diversi e variabili, frequentemente legati ad un difetto di coordinazione fra i vari sottosistemi deputati al controllo motorio. Per queste ragioni al tremore stato dedicato un capitolo a se stante, al termine della trattazione di tutti i sistemi neurofisiologici deputati al movimento.Nel presente paragrafo sono riportate solamente alcune informazioni chiave per la classificazione dei pi importanti tremori da danno extrapiramidale.I disturbi dei NB provocano due distinti tipi di tremore:Il tremore a riposo: inizia all'arto superiore, frequentemente alla mano. inizialmente un tremore fine, a 4-5 Hz, che viene caratteristicamente etichettato come il contar monete . Nel procedere della malattia, il tremore si estende alle labbra, alla lingua, ai piedi ed infine a tutto il corpo.Il tremore di intenzione: compare successivamente al tremore a riposo, sempre all'arto superiore ed ha una frequenza differente; durante il movimento infatti il tremore passa a 6-8 Hz.Un fenomeno singolare a cui compartecipa il tremore intenzionale la caratteristica ruota dentata del parkinsoniano: nel tentativo di muovere gli arti del paziente si avverte una resistenza a tratti, come se l'arto fosse governato da un ingranaggio: il fenomeno legato al sommarsi del tremore con l'ipertono extrapiramidale.Sia a livello clinico che a livello neurofisiologico, il tremore a riposo differisce in modo sostanziale dal tremore d'intenzione.Tremore a riposo quasi sempre il risultato dell'attivit alternata, senza termine, di gruppi muscolari agonisti e antagonisti. I gruppi muscolari sono attivati nella corretta sequenza temporale ed il ritmo meccanico agonisti antagonisti perfettamente rispettato. Sono i fenomeni neurofisiologici che sottendono tale ritmo ad essere alterati.Anzich un'attivazione dell'antagonista che conduca al progressivo smorzamento dell'evento una volta compiuto il movimento desiderato, si ha una sua contrazione massiva, che provoca un nuovo stiramento dell'agonista che, contraendosi, stira di nuovo l'antagonista, reiterando cos la situazione iniziale senza fine.Gi alla prima contrazione, analizzando il tremore attraverso la scarica delle fibre afferenti Ia provenienti dai fusi neuromuscolari, possibile comprendere come esso sia un fenomeno centrale, determinato da alterati codici di controllo delle sequenze motorie, non da una esagerazione o da un'alterata lettura (patologica) delle afferenze propriocettive periferiche.In qualsiasi tipo di tremore (ma non in quello da danno dei NB) la afferenza \p418 Ia, proveniente dal fuso neuromuscolare, si attiva una volta soltanto, quando il fuso viene stirato, dando cos inizio ad un normale riflesso miotatico.Nel tremore legato a patologie dei NB invece il fuso neuromuscolare si attiva due volte.La prima attivazione conseguente allo stiramento passivo legato alla contrazione dell'agonista, del tutto fisiologica, corrispondente (come si visto) al comune riflesso miotatico da stiramento.La seconda attivazione, patologica, presente solamente nelle sofferenze dei NB, si ha durante la fase di contrazione (e quindi di accorciamento) del muscolo, come risposta al precedente stiramento passivo.Se la contrazione del muscolo conseguente al riflesso miotatico, la seconda attivazione delle fibre Ia

(che corrisponde ad una seconda attivazione dell'anello y) non dovrebbe essere presente, cos come non si osserva mai in un soggetto normale.L'attivazione dell'anello y durante l'accorciamento muscolare si ha solamente per un fenomeno di coattivazione alfa -gamma. La coattivazione alfa-gamma si ha, nel soggetto normale, esclusivamente durante la contrazione volontaria (vedi capitolo 10).La doppia scarica muscolare rispetto allo stiramento passivo comunque un effetto, non la causa del tremore e sarebbe semplificare l'argomento attribuire a questo fenomeno la responsabilit del tremore a riposo, cos come lo sarebbe confinarlo ad un problema di sofferenza dei soli NB.Il tremore un problema di sistema, che coinvolge l'armonica sinergia di molti degli apparati del SNC. Va considerato come un sintomo di alterate sincronie globali, non come il segno della disfunzione di questo o quel circuito o organo.Nell'animale da laboratorio per esempio, per ottenere un sicuro tremore a riposo di tipo extrapiramidale necessario danneggiare ben quattro vie:la via nigro-striatalela via cerebello-rubrala via cerebellotalamo-corticalela via rubro(parvi)-olivareIl tremore a riposo quindi, anche se nell'uomo pu scaturire dal danno isolato della via nigrostriata, un sintomo che coinvolge la funzionalit di molti sistemi e, probabilmente, le loro sinergie funzionali.Il tremore d'intenzione legato a danno dei NB, come si visto, ha frequenza pi rapida (6-8 Hz) di quello a riposo. Compare di solito nei pazienti parkinsoniani in una fase avanzata della malattia ed molto simile al tremore senile. Entrambi i tremori hanno origine sconosciuta.Per una analisi delle teorie e delle ipotesi a riguardo si invia al capitolo sul tremore.TicI tic sono movimenti improvvisi, involontari, spesso complessi, che da sempre hanno attirato l'attenzione dei medici. A tutt'oggi non ancora chiaro se essi siano originati da patologie organiche del sistema nervoso o da stati di eccitazione psichica; l'una e l'altra ipotesi, come si vedr, hanno oggi solide teorie alla propria base.Con la parola tique si indicavono nel XVII secolo alcuni vizi di comportamento dei cavalli. Trasformato etimologicamente nella parola tic, il disturbo viene ad indicare, nel XIX secolo taluni atti sgradevoli, talora ricorrenti nelle persone eccentriche (Lees, 1885). Bouteille, un medico francese dell'epoca, dice che i movimenti assomigliano alla corea, ma solamente dal punto di vista semeiologico, in quanto quelle persone non paiono avere la malattia, ma solamente una bizzaria \p419 comportamentale di tipo psichico. La definizione pi dettagliata comunque data da Gilles de la Tourette, di cui la sindrome con tic pi conosciuta porta il nome: ...nonostante la fenomenologia del movimento possa variare da un paziente all'altro, esistono alcune caratteristiche generali costanti. Una di queste consiste nella repentinit con cui il movimento compare e l'altra nella sua rapidit. Si tratta di smorfie o contorsioni che compaiono una, due o pi volte improvvisamente e senza segni premonitori. Poi tutto tace fino alla comparsa di nuove contrazioni, che in genere non si fanno attendere a lungo. importante ricordare che questi movimenti sono generalmente limitati al viso, ad una estremit o alla combinazione di questi territori. In quest'ultimo caso i movimenti sono in genere pi frequenti ed intensi .Oggi i tic vengono classificati in tic vocali (che consistono in una emissione vocale appunto) e tic gestuali (caratterizzati invece da un movimento). Sulla base della loro complessit sono poi suddivisi in tic semplici e tic complessi. I tic semplici sono caratterizzati da ammiccamenti, smorfie, scatti della testa se gestuali, sibili, fischi, grugniti o altro ancora se vocali. I tic complessi sono caratterizzati da una gestualit finalizzata: saltelli, toccamenti, scalciate oppure produzione verbale di varia natura (di solito caratterizzata da singole parole o brevissime espressioni). I tic gestuali sono comunque sempre costituiti da movimenti involontari e discontinui, intermittenti e irregolari, che si inseriscono improvvisamente sul movimento volontario.I tic possono in alcune situazioni durare particolarmente a lungo e

provocare una vera e propria postura da tic ; questi casi furono etichettati (senza seguito) da Meige e Fendel (1902) come tic tonici , in contrasto con i normali, brevissimi tic, definiti, al contrario, clonici . Nel caso dei tic tonici importante riconoscere le caratteristiche che li differenziano da una distonia posturale, per non incorrere in errori diagnostici. Queste sono:1. Il fatto che il tic pu essere controllato volontariamente dal paziente [3], non cos la distonia.[3] singolare osservare (Albanese, 1991) che, una volta eliminato il controllo volontario, i tic compaiano a cascata uno dopo l'altro, come se il flusso fosse stato solamente interrotto. I tic, in altre parole, non vengono eliminati dalla volont, ma solamente sospesi nella loro esecuzione. 2. Le manifestazioni ticcose, al contrario di quelle distoniche, sono presenti anche durante il sonno.3. Il tic tonico si accompagna a tic rapidi, normalmente assenti nelle manifestazioni distoniche.Questi tre punti, ed il fatto che i movimenti ticcosi hanno una durata comparabile con i movimenti volontari, oltre che la diagnosi differenziale con le distonie costituiscono il riferimento per chi vede nel tic un fenomeno ad origine psichica. Oggi prevale tuttavia la teoria che i tic (o almeno alcuni di essi) abbiano una origine organica, questa teoria basata su alcuni punti di forza:1. i tic migliorano dopo l'assunzione di farmaci antidopaminergici (reserpina, fenotiazione, alfa -metil-dopa) e peggiorano con l'assunzione di L-dopamina o dopaminergici;2. la stimolazione della corteccia cingolata anteriore (vedi capitolo 25) e del grigio periacqueduttale produce movimenti analoghi ai tic;3. le anomalie ticcose tipiche della sindrome di Gilles de la Tourette compaiono anche in alcune patologie organiche con coinvolgimento dei nuclei della base; queste manifestazioni cliniche vengono definite tourettismo secondario . \p420Nonostante i differenti punti a sostegno dell'una o delle altre ipotesi tuttavia, nessuna delle due teorie oggi talmente convincente da collocare i tic definitivamente nella fascia organica o nella fascia psichica; l'impressione che il disturbo motorio definito tic sia in realt un insieme di differenti turbe del movimento con diversa etiopatogenesi; alcune hanno probabilmente un'origine psichica, altre un'origine neurologica che, quando presente, da riportare ad un disturbo dei nuclei della base. ancora da ricordare come in letteratura siano riportati alcuni articoli su patologie neurologiche secondarie conseguenti a manifestazioni ticcose. Goetz e Klawans (1980) hanno riportato i casi di numerose radicolopatie e neuriti compressive conseguenti alla ripetitivit ed alla violenza dei tic, mentre Jankovic (1987) addirittura riporta il caso di una mielopatia cervicale con tetraparesi conseguente ad un tic del capo particolarmente violento.Il tic comunque un disturbo che va tenuto presente nella diagnosi differenziale delle ipercinesie da danno dei NB.Disturbi del tono muscolareNei danni dei NB si possono osservare tre differenti alterazioni del tono muscolare:- una diminuzione di tono- un aumento di tono (che viene definito ipertono plastico, ipertono extrapiramidale o pi comunemente rigidit)- un aumento di tono assai pi intenso, duraturo nel tempo, che viene storicamente e comunemente definito con il termine etimologicamente inesatto di distonia.Diminuzione del tonoL'ipotonia piuttosto rara nei disturbi dei NB ed frequentemente associata alla corea. Non ha caratteristiche differenti da altri tipi di ipotonia, ma le origini neurofisiologiche dell'ipotono dell'extrapiramidale sono sconosciute.Aumento del tonoL'aumento di tono (rigidit) il pi caratteristico dei disturbi del tono presenti in un danno dei NB. Esso particolarmente evidente nei Parkinsonismi, ma caratteristico anche di altre forme patologiche (atetosi) e la stessa distonia pu essere considerata una sua evoluzione peggiorativa.La rigidit caratterizzata da un contemporaneo aumento di tono di agonisti e antagonisti in entrambi i gruppi muscolari.Nell'ipertono extrapiramidale non esistono prevalenze di gruppi muscolari rispetto ad

altri, come accade nell'ipertono spastico: l'ipertono ha la stessa intensit su agonisti e antagonisti.Vi una patologica resistenza al movimento di un'articolazione (come se fosse costantemente innescato un meccanismo frenante) ed una volta eseguito il movimento il paziente si fissa di nuovo, come congelato, nella posizione raggiunta.\p421Il paziente ricorda vagamente un soldatino di stagno a cui si possono far assumere tutte le posizioni desiderate, proprio in quanto lo stagno, per quanto malleabile, possiede una certa rigidit.La base neurofsiologica dell'ipertono extrapiramidale da riferirsi, secondo Minch e Thach (1991) alla perdita della funzione regolatoria sul tono posturale legata al danno dei NB (vedi capitolo 19).Secondo questa teoria, una delle funzioni principali del sistema extrapiramidale sarebbe la momentanea eliminazione dell'attivit posturale di base del SNC. Questa limitazione dell'attivit posturale sarebbe finalizzata all'esecuzione di un movimento volontario, sempre e comunque destabilizzante rispetto allo stato di equilibrio precedentemente raggiunto e conservato.L'ipertono plastico, o rigidit, altro non sarebbe dunque se non la persistenza del normale tono posturale per tutta l'esecuzione motoria. Il movimento verrebbe iniziato con difficolt, data la presenza di un tono normale per il mantenimento della postura, ma esagerato per l'esecuzione motoria, ed eseguito pi lentamente per la stessa ragione.Al termine del movimento il soggetto rimarrebbe nuovamente congelato nella postura di arrivo.Distonie una ipertonia extrapiramidale molto intensa. Il quadro coinvolge di solito alcuni distretti muscolari e prende il nome di crampo (crampo dello scrivano, crampo del violinista, della dattilografa), oppure di torcicollo se localizzato ai muscoli del capo.Se la distonia estesa a tutto il corpo, prende il nome di distonia generalizzata; sotto questa forma che il quadro fu per la prima volta descritto accuratamente da Hoppenheim [4] nel 1911 con la presentazione di sei casi di ...spasmi muscolari su base ipertonica indotti da movimenti volontari . Hoppenheim defin questa malattia prima con il nome di Dysbasia lordotica progressiva poi con il nome di Distonia muscolorum deformans, termine ancora oggi utilizzato in alcuni casi di distonia globale.[4] Prima di Hoppenheim due autori avevano descritto quadri distonici: Destarac, nel 1901 descrive il quadro di una giovane donna di 17 anni con spasmi in torsione generalizzati e Schwalbe, nel 1908 descrive tre fratelli con una sindrome crampiforme cronica. Entrambi questi autori descrivono i loro casi come funzionali ad origine psichica; Hoppenheim il primo che parla di una origine organica coniando il termine distonia.La distonia d luogo a caratteristiche posizioni coatte, da cui a volte impossibile muovere il paziente.Questi quadri vanno da situazioni cliniche distoniche permanenti (la distonia in torsione dei muscoli del collo, per esempio) a situazioni cliniche distoniche che si scatenano solamente in situazioni particolari: i crampi dello scrivano o del pianista.Il comitato ad hoc per la valutazione delle distonie (Fahn, 1987) ha notevolmente cambiato l'approccio clinico al problema. Fino a questo comitato, le classiche manifestazioni distoniche erano caratterizzate da un quadro prevalentemente statico di rigidit prolungata in cui non siano presenti segni di ipertono piramidale (DennyBrown, 1966). Il comitato inserisce oltre a questa idea tradizionale il concetto di movimento distonico, in gran parte sovrapponibile all'atetosi, ma con caratteristiche pi strutturate (i movimenti distonici sono cio pi simili a movimenti finalizzati complessi, mentre i movimenti atetosici sono classicamente destrutturati e privi di significato finalistico).\p422I movimenti distonici sono caratterizzati, a livello neurofisiologico, per alcuni aspetti peculiari:1. Se il movimento volontario di precisione (riguarda cio i piccoli muscoli), si assiste ad un quadro di contrazione simultanea di agonisti/antagonisti che caratterizza l'impedimento distonico al movimento.2. Se il movimento volontario invece di potenza (riguarda cio i grandi muscoli di tenuta)

si ha un quadro distonico, ma con attivazione reciproca conservata.Questa differenza fisiologica sostanziale sta chiaramente ad indicare come l'origine del disturbo motorio risieda nella scelta e nella elaborazione delle ipotesi motorie e non nella programmazione dei loro codici di trasmissione. Essa indica in sostanza come il disturbo debba collocarsi in una fase antecedente l'attivazione della corteccia motoria primaria, verosimilmente nel momento in cui si integrano le informazioni per questa attivazione, quando cio si forma il progetto motorio.Clinicamente il movimento distonico si caratterizza quindi come l'attivazione contemporanea (e fasica) di uno o alcuni muscoli antagonisti ai muscoli predisposti al movimento corretto; lo sforzo volontario non solamente non riduce questa coattivazione degli antagonisti, ma la diffonde ai territori limitrofi, aumentando l'ampiezza e la errata complessit del gesto.Rothwell (1983) sostiene che la attivit muscolare elettromiografica durante un movimento distonico pu essere suddivisa in tre quadri differenti:1. una attivit muscolare continua di agonisti/antagonisti che dura dai 2 ai 30 secondi e che pu essere interrotta da brevi periodi di silenzio elettrico;2. una attivit della durata di 2 secondi, ripetitiva e ritmica, anch'essa con intervalli di silenzio elettrico;3. una attivit brevissima, della durata approssimativa di 100 millisecondi (comunque mai superiore ai 500 millisecondi), molto simile all'attivit elettromiografica osservata nelle mioclonie. Questa attivit pu coesistere con l'attivit di cui al punto 1.La causa neurofisiologica dell'ipertono extrapiramidale alla base anche della distonia e le teorie esplicative del fenomeno sono identiche in moltissimi quadri distonici; tuttavia, gioca un ruolo chiave una importante componente emotiva [5].[5] Presente in tutte le forme di ipertono extrapiramidale, ma non in forma cos accentuata.Tutto ci avvalora il seguito dell'ipotesi di Alexander: il sistema dei NB sarebbe un insieme di circuiti paralleli che si arricchiscono (o si condizionano negativamente) a livello della rete di circuiti che si sviluppa all'interno dei NB.In particolare, secondo questa teoria, i circuiti emotivi influenzerebbero i circuiti motori attraverso la testa del C ed un circuito C - nigro(SNpc) - P. Sarebbe questa influenza emotiva a caratterizzare molte delle distonie extrapiramidali.Le pi comuni manifestazioni distoniche caratterizzano i seguenti quadri clinici:1) morbo di Wilson una patologia ad origine genetica, legata ad un alterato metabolismo del rame che si accumula in vari organi, fra cui il P, la cui sofferenza causa della sintomatologia neurologica distonica.Il morbo di Wilson caratterizzato dall'assunzione di posizioni coatte a causa di distonie segmentarle o generalizzate del corpo (posizioni ginniche).Solitamente compare nell'infanzia, evolvendosi. Il quadro pu comparire nell'adulto, dove meno grave e frequente. In questo caso ha, come primo sintomo, un tremore intenzionale.\p4232) crampo dello scrivano (o della dattilografa, o del pianista) una caratteristica distonia dell'avambraccio/mano che colpisce professionisti nell'esercizio delle loro attivit (che deve essere complessa, raffinata ed eseguita per molte ore giornaliere), scompare all'interrompersi della stessa.Il crampo dello scrivano caratterizzato da una distonia crampiforme dei muscoli dell'avambraccio e/o della mano.3) torcicollo spastico [6] caratterizzato dalla tipica prevalenza dei muscoli del collo di un lato. Fissa il collo lateralmente e verso l'alto (pi raramente il basso).[6] Anche se comunemente definito spastico, questo tipo di disturbo sottende un danno dei nuclei della base non ha nulla a che fare con i disturbi della reale spasticit4) distonie postencefaliticheSono caratterizzate da imponenti quadri distonici generalizzati, in cui la distonia solamente uno degli aspetti [7].[7] Per una valutazione pi dettagliata di queste distonie vedi il libro Risvegli , di O.Sacks.Queste distonie appartengono ormai alla storia della neurologia. Comparvero, dopo decenni dall'infezione, in conseguenza ad una encefalite legata all'epidemia

influenzale denominata Spagnola , che flagell l'Europa ed il Nordamerica negli anni '20, provocando un numero elevatissimo di morti.Molte delle persone tornate ad un apparente benessere, dopo svariati anni (anche una decina o pi), iniziarono a manifestare distonie gravissime; da qui il nome di distonia postencefalitica.Oggi queste sindromi distoniche sono praticamente scomparse con la progressiva estinzione della generazione che si ammal di Spagnola.Al di l delle sindromi cliniche gi citate (caratterizzate da una sola manifestazione semeiologica di danno dei NB) esiste, ed assai frequente, una sindrome extrapiramidale che raccoglie in s gran parte di queste manifestazioni di aumentato tono muscolare. Tale sindrome prende il nome di Morbo di Parkinson; le sindromi similari di parkinsonismi.Fig. 18.1 - Circuiti motori (blu) e circuiti comportamentali (rosso) dei NB (spiegazione nel testo).\p424VaIutazioni neurofisiologiche sul morbo di Parkinson e sui parkinsonismiIl morbo di Parkinson una malattia frequente in senso assoluto, sicuramente la pi frequente delle sindromi cliniche da disturbo extrapiramidale. collegato solitamente ad un danno della SNpc, con deficit Dopaminergico (la Dopamina il mediatore chimico) della via a partenza dalla SNpc. La via termina nel P.La sofferenza della SNpc non per l'unica causa di Parkinson: vi infatti una certa percentuale di parkinsoniani che presenta un deficit del P o del GPi (vedi metanalisi nei paragrafi successivi).Il morbo di Parkinson una malattia degenerativa dell'et avanzata ma, nel corso di questo secolo, sono state individuate altre situazioni patologiche le cui manifestazioni cliniche imitano, spesso portandole all'esasperazione, alcune sue tipiche caratteristiche.Queste patologie, identiche al Parkinson ma con una diversa origine, sono state definite parkinsonismi o sindromi parkinsoniane.Le intossicazioni da abuso di MPTP (N-metil-4-fenil-l, 2, 3, 6,-tetraidropi-ridina), una sostanza presente in determinate droghe, sono un esempio di sindromi parkinsoniane. Questa sostanza distrugge selettivamente le cellule della SNpc, dimostrando ridotta specificit per le altre cellule dopaminergiche del SNC.Un altro esempio eclatante di parkinsonismo dato dalle conseguenze tardive dell'epidemia di Spagnola , della quale si gi riferito a proposito delle distonie postencefalitiche.Il morbo di Parkinson una malattia che si manifesta con tre sintomi caratteristici:- Ipertono- Tremore- IpocinesieIpertonoI possibili meccanismi di coattivazione alfa/gamma responsabili delle variazioni di tono sono stati gi discussi nel capitolo relativo alla fisiologia orizzontale del midollo spinale, mentre la base neurofisiologica dell'ipertono extrapiramidale stata descritta parlando di ipertono extrapiramidale senza riferimento a sindromi specifiche.Clinicamente si pu dire che la rigidit parkinsoniana si mostra attraverso due fenomeni fondamentali:- la difficolt del paziente a rilasciare volontariamente la propria muscolatura.- l'abnorme attivazione del riflesso da stiramento muscolare.I due fenomeni sono strettamente interdipendenti. La incapacit del parkinso-niano a rilasciare la propria muscolatura, che si traduce in una difficolt al movimento passivo (da attrazione gravitarla o effettuato dal terapista), legata ad una abnorme attivit dell'anello y, innescata proprio dal movimento passivo.Nel capitolo relativo ai riflessi spinali stato esposto come il riflesso da stiramento consti di due distinti fenomeni neurofisiologici: un arco orizzontale classico, che dalle afferenze fusali attiva, con interposta una sola sinapsi, l'alfamotoneurone. L'arco orizzontale d luogo alla componente precoce del riflesso. Il riflesso miotatico caratterizzato anche da una seconda risposta, pi \p425 lenta, che all'arto superiore compare circa dopo 70 millisecondi. Questa seconda risposta definita componente tardiva del riflesso da stiramento.Poich la componente precoce non viene alterata nel parkinsoniano, mentre la componente tardiva fortementemente aumentata di ampiezza e ritardata, si ritiene che sia quest'ultima a caratterizzare il substrato neuropatologico della rigidit, anche se non

esiste un rapporto diretto fra variazione (patologica) dell'ampiezza del riflesso ed importanza dell'ipertono.Fig. 18.2 - Risposte muscolari derivate dal Flessore lungo del pollice in un soggetto normale (colonna destra) ed in un paziente parkinsoniano (colonna sinistra). I diversi colori e numeri stanno ad indicare lo stiramento maggiore del muscolo come indicato dalla parte alta della figura che riporta l'aumentare dello stiramento muscolare come maggior flessione articolare della metacarpo falangee. Come si vede nel parkinsoniano scompare la componente rapida del riflesso (indicata con la freccia nel normale) mentre la componente lenta pi ampia (da Rothwell 1983, modificata).\p426L'interpretazione neurofisiologica della componente ritardata del riflesso da stiramento non univoca, ma esistono due punti di vista sostanzialmente differenti.Secondo il primo essa esegue un percorso transcorticale. Lungo i cordoni del midollo ed il talamo sale alla corteccia sensitiva primaria, passando direttamente alla corteccia motoria primaria, da cui ridiscende verso il midollo spinale (Rothwell, 1983).Il secondo punto di vista afferma, al contrario, che la componente ritardata del riflesso da stiramento mediata a livello di fisiologia orizzontale del midollo dalle fibre fusali del gruppo II ( Matthews 1984, Meara e Cody 1992).Questa seconda teoria ha subito di recente alcune severe critiche, conseguenti al risultato di indagini sperimentali (Rothwell 1994, dati riferiti nel capitolo 8).Secondo Rothwell, la patologia dei NB provocherebbe uno squilibrio di tutto il controllo sul movimento, con una incapacit da parte della corteccia motoria associativa (area 6 di Brodmann) e del talamo motore di modulare correttamente l'attivit della corteccia motoria primaria (area 4 di Brodmann).La perdita di questa modulazione (inibitoria), conseguente alla alterata influenza dei NB sul talamo e (di conseguenza) sulla corteccia associativa, provocherebbe l'aumento di ampiezza della componente tardiva del riflesso, legato ad un rinforzo nel transito di quest'ultima attraverso la corteccia motoria primaria disinibita.Pi dettagliatamente il deficit di Dopamina provoca una marcata iperattivit del GPi (inibitoria sui nuclei motori del talamo) (vedi capitolo 19).La conseguenza diretta una riduzione dell'attivazione talamica della SMA (area 6). L'ipoattivit della SMA porterebbe ad un difetto di modulazione della corteccia motoria primaria, che si eccita non subendo pi i fisiologici processi di integrazione (inibizione) legati all'attivit della SMA; la componente tardiva del riflesso da stiramento comparirebbe di conseguenza aumentata alla periferia.Nell'ottica del punto di vista di Matthews invece i NB influenzerebbero il riflesso agendo sulle vie extrapiramidali, e tramite queste, sui riflessi orizzontali midollari. Di conseguenza l'influenza sui long loop porterebbe con s la variazione del tono muscolare [8].[8] Per ci che riguarda la neurofisiologia della componente tardiva del riflesso miotatico si veda capitolo relativo alla neurofisiologia clinica del midollo per maggiori ragguagli.TremoreDel tremore si gi detto. Qui si ricorda solamente la presenza, in fase tardiva, di un tremore di movimento anche nel morbo di Parkinson ed il fatto che si tratti di un fenomeno complesso, legato al difetto di coordinazione di molte strutture nervose di controllo del movimento e non solamente al deficit dei NB.La discussione a proposito del tremore nel morbo di Parkinson, se esso sia il risultato della pura lesione della via nigro-striatale o se si debbano associare altri aspetti patologici, ancora aperta. Oggi tuttavia certo che fra i tre sintomi fondamentali del Parkinson esiste una sostanziale differenza: l'ipertono e l'acine-sia, che sono interamente rapportabili ad un disturbo della via nigro-striata, reagiscono bene alla somministrazione di Dopamina, non cos il tremore.Il tremore non risente, se non minimamente, della terapia a base di Dopamina, n pu essere alleviato dalla stimolazione dell'azione (inibitoria) del GPi sui neuroni talamici. Tutto ci avvalora l'ipotesi di una origine pi complessa (vedi capitolo 29).\p427IpocinesieLe molte, possibili variazioni del movimento

che si riscontrano nel parkin-soniano sottendono disturbi qualitativamente diversi, con diverse origini neurofisiologiche.I disturbi della cinesia del Parkinsoniano possono essere cosi elencati.Acinesia in senso stretto: mancanza dei movimenti primari e riduzione dei movimenti associati. Questo disturbo, per quanto assai poco studiato, tende ad assere classificato in un insieme di problemi pi ampio rispetto alla sola manifestazione motoria, in quanto si presenta di frequente in eventi patologici che non coinvolgono i NB o il movimento.L'acinesia spesso presente nei danni del lobo frontale e nelle patologie psichiatriche.Oggi, in linea del tutto ipotetica, si ritiene che sia legata ad un deficit dei sistemi dei NB che partecipano all'elaborazione delle attivit mentali superiori (sistema prefrontale e V sistema di circuiti dei NB, vedi capitoli 19, 25 e 27). Si ritiene cio che l'acinesia non rappresenti un deficit motorio in senso stretto, ma piuttosto un deficit di elaborazione delle strategie comportamentali. L'acinesia rappresenterebbe il deficit di una attivit mentale superiore, a cui partecipano anche (ma non solo) i NB e dalla quale scaturisce anche (ma non solo) l'attivit motoria.L'acinesia un disturbo complesso e assai difficoltoso da quantificare. Attualmente il metodo pi utilizzato la quantificazione numerica dei movimenti effettuati in un tempo definito, in cui il paziente viene osservato, possibilmente riducendo al minimo la componente emotiva, per esempio attraverso uno specchio a due vie o con l'uso di una telecamera. Un metodo pi pratico, anche se meno preciso, la quantificazione nel tempo degli ammiccamenti palpebrali.Bradicinesia: aumento dei tempi di reazione a stimoli esterni. Questo disturbo caratterizzato da un rallentamento nella reazione a stimoli che prevedono una risposta sempre costante, appresa in precedenza (scelta singola), oppure una serie di reazioni di questo stesso tipo che hanno in pi un secondo grado di variabilit (scelta multipla) [9].[9] Un meccanismo di scelta semplice potrebbe essere quello di alzarsi dalla sedia all'ascolto di un suono sul quale ci si accordati in precedenza. Un meccanismo di scelta multipla potrebbe essere quello di due differenti suoni: con il primo il paziente si alza e cammina verso la finestra, con il secondo il paziente si alza e cammina verso la porta.La bradicinesia solitamente non un disturbo clamoroso, n costante; quando si manifesta coinvolge soprattutto il meccanismo di scelta singola, assai meno quello di scelta multipla. come se il bradicinetico, pur avendo appreso la successione temporale degli eventi da ripetersi pi e pi volte, non utilizzasse questo apprendimento, comportandosi, a fronte di ogni singola ripetizione motoria, come nella prima esecuzione.La raffinatezza gestuale e l'armonia (legata alla sempre pi accurata successione temporale dei singoli movimenti) dettate dall'esperienza motoria non sembrano essere patrimonio del parkinsoniano, che ad ogni ripetizione ricompie lo stesso gesto motorio come se fosse la prima volta.In termini neuronali come se il sistema di circuiti prefrontali dei NB non avesse pi influenza sul sistema di circuiti motori.Neurofisiologicamente il fatto ha una grande rilevanza, poich il circuito dopaminico striato-nigro-striato parte proprio dalla testa del C, sede del sistema prefrontale (e limbico) dei NB, per finire sul sistema motore. Le terminazioni di questo circuito sono caratterizzate da bottoni sinaptici alla base dell'arborizzazio-ne dendritica dei neuroni del P motore, cio in una posizione che ha carattere prevalente (e modulante) sulla trasmissione del sistema motore stesso.\p428Il fatto che l'aumento dei tempi di reazione del bradicinetico sia legato ad una incapacit alla preparazione del movimento, deve essere collegato anche ad un dato sperimentale molto importante: la marcata riduzione in ampiezza della risposta NSl nel potenziale corticale premo torio [10]. L'onda NSl di tale potenziale generata in entrambi gli emisferi prima del movimento. ragionevole pensare che la sua diminuzione sia da collegarsi ad una alterata attivit della SMA e, poich questa uno dei maggiori terminali del sistema

motorio dei NB, ragionevole anche pensare che il deficit dei NB sia una delie cause della riduzione di questa NSl e che questo aspetto neurofisiologico sia da collegarsi all'aspetto clinico di deficit dell'apprendimento motorio dei parkinsoniani.[10] Il Bereitshaftspotential o potenziale premotorio (vedi cap. 24) un potenziale EEG lento che si registra dallo scalpo prima dell'inizio di un movimento volontario. Consta di tre onde separate: NSl che dura da 1.5 a 0.6 secondi prima dell'inizio del movimento, NS2 che dura da 0.6 secondi prima all'inizio del movimento ed MP, un piccolissimo potenziale che compare immediatamente prima del movimento.Tendenza ad eseguire movimenti pi piccoli, tendenza a scomporre i movimenti complessi nelle loro componenti elementari. I movimenti di una singola articolazione sono governati dal gioco armonico di agonisti e antagonisti: l'agonista agisce dirigendo, alla velocit voluta, il movimento desiderato; l'antagonista, come un servomeccanismo direzionale e di potenza, modula la propria attivit per governare nel modo pi accurato possibile la precisione del movimento esercitato dall'agonista.L'attivit elettromiografica di agonisti e antagonisti e la successione temporale della loro attivit per un dato movimento sono parametri costanti da individuo a individuo e da catena cinetica a catena cinetica.Poich questa costanza non viene alterata dalla totale deafferentazione sensitiva, si ritiene che il sinergismo fra agonisti e antagonisti faccia parte di un progetto originato a livello centrale, definito schema balistico di movimento .Nei pazienti ipocinetici alterata l'attivit elettromiografica del singolo muscolo, ma conservata la successione temporale (sinergie) e la durata globale delle singole attivit muscolari (cio lo schema balistico di movimento).L'attivit elettromiografica del singolo muscolo alterata in due modi differenti: essa ridotta sia come ampiezza (potenza) e velocit sia come armonia (figura 18.3). Fig 18.3 - Come si pu osservare dal grafico, la durata globale del movimento rapido molto prolungata nel paziente con Parkinson, ma la durata della prima salve di attivazione degli agonisti del movimento sovrapponibile a quella dei normali. Ci significa che il progetto motorio ben impostato ma eseguito male (spiegazione nel testo. Da Berardelli, Rothwell e Dick, modificata).Una singola attivazione biomeccanica muscolare composta di pi \p429 scariche di piccola ampiezza: la contrazione cio diviene una successione di piccole contrazioni isolate, che possono giungere ugualmente allo scopo, pur senza l'armonia della contrazione fisiologica.Il dato diviene clamoroso se si complica il movimento coinvolgendo un maggior numero di articolazioni. L'armonia e la precisione motoria si deteriorano in maniera assai pi che proporzionale all'aumento di complessit del programma motorio (Bennett, Marchetti et al. 1995).Il peggioramento dell'ampiezza e dell'armonia del singolo muscolo diviene clamoroso anche nel caso in cui si escluda il controllo visivo, che aiuta evidentemente in maniera sostanziale il deficit legato al danno dei NB.Alterazione dei riflessi posturaliI riflessi posturali consentono di mantenere il corpo in equilibrio sia rispetto a sollecitazioni meccaniche inaspettate (riflessi posturali propriamente detti) sia durante il movimento volontario. In questo secondo caso, sollecitazioni meccaniche desiderate modificano la posizione del baricentro corporeo, richiedendo cos continui aggiustamenti posturali che consentono, all'interno della dinamica motoria, di mantenere l'equilibrio. Questi aggiustamenti sono definiti riflessi posturali anticipatori. Un riflesso posturale anticipatorio, per esempio, porta a estendere le braccia in avanti quando il dorso viene volutamente flesso all'indietro [11].[11] I riflessi posturali sono stati trattati nel capitolo 14.I parkinsoniani hanno tutti i tipi di riflessi poturali alterati: i riflessi posturali veri e propri e i riflessi posturali anticipatori. Ovviamente, a maggior ragione, sono alterate anche le reazioni paracadute.Nel parkinsoniano i riflessi posturali sarebbero alterati proprio per un disturbo globale delle

sincronie di regolazione motoria.Secondo la teoria di Munk e Thach, uno dei compiti fondamentali dei NB sarebbe quello di regolare il rapporto fra tono posturale e movimento volontario nel momento di passaggio da una situazione posturale alla componente cinetica del movimento e viceversa. quindi logico aspettarsi una alterazione del tono posturale nel caso di un loro deficit.Valutazioni neurofsiologiche sulla Corea, sull'emiballismo e sulla atetosiCorea ed EmiballismoLa corea e l'emiballismo hanno un'origine differente ma patogeneticamente assai vicina. L'emiballismo causato di solito da un disturbo vascolare [12] che distrugge il NST controlaterale alla manifestazione clinica. La corea causata da un danno alla parte del P che proietta sul GPe (proiezioni inibitorie: GABA e enkefaline), lasciando intatto, almeno inizialmente, il P che proietta al GPi (vedi figura 18.4). La corea pu essere provocata anche sperimentalmente, ledendo la via putamen - GPe.[12] Ricordiamo che il NST irrorato dalle arterie talamo perforanti, che si dirigono sulla parte anteriore dei nuclei della profondit encefalica: talamo e NB da destra e da sinistra.La situazione patogenetica delle due manifestazioni cliniche assai simile, in quanto nell'emiballismo viene distrutto il NST, che nella corea viene invece \p430 massimamente inibito dalle terminazioni provenienti dal GPe (GABA). Queste terminazioni sono liberate nella loro capacit inibitoria, poich ci che le inibiva (le afferenze GABA dal P) danneggiato nelle sindromi coreiche. Il risultato finale delle due situazioni sar quindi identico: una riduzione (o scomparsa) delle afferenze eccitatone dell'NST (glutammato) verso il GPi e di conseguenza una riduzione della azione inibitoria dello stesso sui nuclei del talamo motore (VA e VL). La scomparsa dell'azione del NST sul GPi permette l'esecuzione di movimenti parassiti (corea) o fuori tempo (emiballismo). possibile osservare peraltro che l'attivit fondamentale di questo circuito connessa con due eventi importanti:- il giusto scorrimento delle sequenze motorie di routine- l'avvio di nuove macro-catene cinetiche, anch'esse perfettamente note ma, fino a quel punto, non utilizzate.Evidentemente su entrambe queste attivit il circuito motore dei NB gioca un ruolo fondamentale sia di contenimento degli eventuali eccessi motori, sia di eliminazione dei movimenti parassiti.La corea ci porta ancora oltre nelle possibilit di analisi della NF dei NB: osservando attentamente i residui movimenti volontari consentiti al coreico (che sono assai contaminati dagli eccessi motori involontari), si pu notare che anche il residuo movimento volontario, nelle coree, patologico. Il movimento volontario del coreico assai pi lento di un movimento normale: assomiglia molto al movimento bradicinetico del parkinsoniano.Non esistono attualmente spiegazioni certe a riguardo. ipotesi comune che il circuito motore indiretto (quello passante per il NST) agisca ad un livello qualitativamente diverso rispetto al circuito motore diretto (quello a terminazione diretta P - GPi).Il primo inibirebbe le potenzialit motorie non desiderate, o non necessarie, all'interno del progetto motorio in esecuzione. Sarebbe questo un circuito \p431 prevalentemente deputato alla eliminazione del tono posturale di riposo, necessaria per iniziare la fase cinetica del movimento.Il secondo circuito favorirebbe, nello stesso progetto, la corretta manifestazione delle potenzialit motorie: garantirebbe, in altri termini, la corretta fase cinetica del movimento (ipotesi funzionale di Alexander e Crutcher, vedi capitolo 19).Un danno del putamen, come avviene nella corea, danneggiando prima il circuito indiretto, favorirebbe la comparsa dei movimenti indesiderati (ipercinesie). Estendendosi in un secondo tempo a tutto il P, il disturbo provocherebbe un danno anche del circuito diretto, e con esso del residuo movimento volontario del paziente (da cui la bradicinesia). Questa ipotesi ulteriormente avvalorata dalle teorie neurofisiologiche sull'origine della distonia, che verranno di seguito esposte.Atetosi una manifestazione clinica le cui origini fisiopatogenetiche sono

sconosciute.Valutazioni neurofsiologiche sulle distoniePoco si sa sull'origine neurofisiologica della distonia. Le incertezze derivano soprattutto dal fatto che, frequentemente, pazienti distonici non mostrano alterazioni anatomiche o biochimiche, del sistema nervoso.Con altrettanta frequenza per pazienti che mostrano l'improvvisa comparsa di una distonia unilaterale evidenziano, alle indagini neuroradiologiche, un danno del P controlaterale.La distonia una delle pi frequenti manifestazioni cliniche associate a danno del P (vedi metanalisi, terza parte del capitolo), anche se, paradossalmente, assai difficoltoso in laboratorio provocare manifestazioni distoniche nei primati da esperimento attraverso una distruzione di detto nucleo. oggi opinione comune che la distonia sia provocata da un'alterazione massiva delle stazioni di partenza di entrambi i circuiti del sistema motore dei NB e da un loro effetto, oggi sconosciuto, sul nucleo peduncolo-pontino, che probabilmente costituisce una via di collegamento diretta fra i NB ed il midollo.L'importanza dell'aumentata azione inibitoria dei NB sul circuito peduncolo-pontino (di cui si conosce poco o nulla), ritenuta basilare per due ragioni fondamentali.La prima ragione che la cura della distonia non ottiene risultati soddisfacenti dalle demolizioni chirurgiche dei nuclei del talamo motore (al contrario dell'iper-tono, del tremore e della corea).La seconda che il progetto balistico motorio del distonico completamente disarticolato.Tutte le situazioni cliniche da danno dei NB esaminate finora presentano varie manifestazioni motorie patologiche che si sovrappongono ad una sinergia agonisti antagonisti sostanzialmente corretta.Nel paziente distonico questo non avviene pi. Il rispetto della sinergia agonisti antagonisti perduto, dando luogo a movimenti non pi solo lenti e parziali rispetto al movimento corretto, ma anche con i caratteristici aspetti di cocontrazione che ne rendono sostanzialmente inutile la esecuzione.\p432Fig. 18.5 - Movimenti di estensione rapida del gomito in pazienti con distonia. Nero, distonia lieve del braccio e della spalla. Ocra, distonia del braccio, della spalla e del collo. Verde, distonia generalizzata. Mentre nel primo caso rispettato il rapporto agonisti antagonisti, nel secondo e nel terzo caso il marasma del progetto motorio evidente: agonisti e antagonisti agiscono simultaneamente e continuano indefinitamente la loro azione. (Da Rothwell, modificata).Disturbi neuropsicologiciMolto stato scritto e supposto a proposito delle alterazioni neuropsicologiche conseguenti a danni dei NB. Recentemente, attraverso una attenta analisi sintomatologica statistica, si potuto constatare che queste manifestazioni possono essere tutte ricondotte all'interno della tipica sindrome prefrontale (Luria 1969, Fuster 1980).Le manifestazioni neuropsicologiche da danno dei NB si caratterizzano sempre all'interno di quella parte di sindrome prefrontale che comunemente si definisce apatico-abulico-acinetica [13].[13] Con apatia si intende una incapacit alla partecipazione o all'interesse alle cose circostanti dal punto di vista intellettivo od affettivo; con il termine abulia si intende una inerzia totale, per mancanza di ogni tipo di volont.L'apatia, sia da danno dei NB che della corteccia del lobo frontale, pu manifestarsi con diverse sfumature di intensit ed una certa variabilit di manifestazioni cliniche.L'apatico in primo luogo si caratterizza come un malato che presenta un difetto della programmazione efficace e della esecuzione materiale di diversi compiti.I pazienti non sono in grado (meglio sarebbe dire non sentono la necessit) di generare ipotesi e strategie, non sentono la necessit di mantenere le strategie \p433 che vengono loro imposte per un periodo sufficientemente lungo, n di variare la strategia a seconda del cambiare della situazione contingente.Non che non possano farlo, come se una mancanza di volont o di energia congelasse il loro comportamento di programmazione degli eventi .Questa specifica situazione correlata ad un danno della corteccia dorso-laterale del polo frontale (Cummings, 1993) e corrisponde alla sindrome acinetica (Luria 1966).Gli

apatici, in secondo luogo, mostrano un profondo cambiamento del loro comportamento emotivo. Vi una mancanza di coinvolgimento affettivo nelle situazioni in cui si trovano, tanto che vengono definiti classicamente come maggiordomi inglesi , assolutamente imperturbabili di fronte a qualsivoglia avvenimento esterno. Possono arrivare fino ad una totale mancanza di reazione emotiva anche nelle situazioni pi drammatiche mentre, al contrario, possono esplodere in crisi di ira pantoclastica14 del tutto ingiustificata e priva di qualunque fondamento affettivo o logico.Secondo Cummings (1993) questo tipo di manifestazioni correlato ad un danno della corteccia cingolata anteriore mentre secondo altri (Luria, 1966) il danno sarebbe della corteccia orbitaria del lobo frontale.Nel paziente apatico-abulico-acinetico da danno dei NB sono rarissimi sia gli accessi d'ira pantoclastica sia altri aspetti della sindrome frontale caratteristica, per esempio le regressioni, la disinibizione sessuale ed alimentare, la giocosit stolida e l'atteggiamento puerile che sono, come l'acinesia e l'apatia, parte integrante della sindrome frontale apatico-abulico-acinetico propriamente detta.Questa importante diversit esprime evidentemente una differenza fisiologica e neuropsicologica sostanziale fra polo frontale e NB. La differenziazione attualmente sconosciuta, ma potrebbe divenire la chiave di volta dei futuri studi su rapporti neuropsicologici fra la corteccia prefrontale e il sistema extrapiramidale.Attualmente ci consentito solamente ripercorrere le connessioni anatomiche fra le due strutture, assai intense e numerose:La corteccia prefrontale dorsolaterale proietta verso la parte dorso-laterale della testa del nucleo caudato.La corteccia orbito-frontale proietta verso tutto il caudato ventro-mediale.La corteccia cingolata anteriore proietta allo striato ventrale (nucleo accumbens: la parte inferiore che congiunge caudato e putamen).Considerazioni neurofsiologiche sui nuclei della baseA seguito delle osservazioni sopra riportate, pu essere delineato il ruolo complessivo dei NB nel controllo del movimento, che si articola in due punti fondamentali (Brotchie, Ianseck e Home 1991).1) Controllo automatico (cio senza l'intervento della coscienza) del regolare svolgimento dei compiti di routine, che significa controllo della corretta attivazione e sincronia dei singoli movimenti all'interno d

ella catena cinetica.2) Inizio delle sequenze motorie di uno schema complesso di movimento.I NB non hanno lo scopo di elaborare le strategie motorie (balistiche).Se il sistema dei circuiti motori viene meno, si avranno movimenti corretti come impostazione, ma sfasati fra loro, con potenza ed ampiezza diminuite (Bennett, Marchetti et. al. 1995).\p434Distruggono cio tutto ci che giunge alla loro portata in un raptus di ira furibonda, priva di significato.L'azione svolta dai NB sul movimento, prevalentemente coordinativa, pu essere parzialmente vicariata dalla vista, che gioca un ruolo importantissimo nel restituire un ritmo (cio la corretta sincronia) a tutte le catene cinetiche. Questo avviene (Sacks, 1987) in quanto attraverso la vista possibile carpire un ritmo esterno.La teoria spiegherebbe la ragione per cui un parkinsoniano pu non iniziare volontariamente un movimento (per esempio il cammino) ma poi, se gli si crea un ritmo visivo, il movimento ha correttamente inizio.Un classico ritmo visivo pu essere dato da un ostacolo davanti ai piedi che crea il ritmo pavimento-ostacolopavimento.Tutte queste osservazioni aprono un interessante capitolo della NF dei NB riassunto nei punti seguenti; dal punto di vista dell'analisi del movimento, la corea una manifestazione ipercinetica (con movimenti involontari) legata ad un danno del P che coinvolge pressoch esclusivamente il circuito indiretto del sistema motore. Il danno del P, proprio per la sua localizzazione, deve tuttavia coinvolgere (ancorch marginalmente) anche il circuito diretto.Infatti i movimenti volontari del coreico sono bradicinetici come nel Parkinson (dove il danno nella SNpc), ma la localizzazione del deficit a livello del P.I movimenti sono bradicinetici anche nel distonico, dove il danno globale di tutto il P. Nell'emiballismo invece, dove il danno nel NST (ed il P integro) vi ipercinesia, ma non bradicinesia.L'atetosi, che legata ad un danno del P (assai raro e poco studiato) provoca ipercinesia, ma non chiaro se mai in letteratura sia stata analizzata la qualit dei movimenti volontari del paziente atetosico.A parere dello scrivente i movimenti volontari di questi pazienti sono fortemente bradicinetici (Marchetti, filmati non pubblicati).Dal punto di vista del movimento si pu clinicamente concludere che, con buonissima approssimazione, un danno del circuito indiretto del sistema motore (vedi capitolo seguente) dei NB responsabile di fenomeni ipercinetici, mentre un danno del circuito diretto maggiormente indicato come causa dei fenomeni acinetico/bradicinetici.Dal punto di vista delle variazioni di tono si pu dire che la corea caratterizzata da un ipotono, l'emiballismo da un normotono, l'atetosi e la distonia da un ipertono di intensit crescente.Ancora una volta si pu effettuare una distinzione abbastanza chiara fra i due circuiti motori: quello indiretto agisce poco sul tono, eventualmente caratterizzandone una diminuzione; forte invece l'azione tonica (aumento) per un disturbo del circuito diretto, con diverse, possibili gradazioni di intensit (Parkinson, atetosi, distonie).Sulla scorta di queste osservazioni possibile concludere che, in base all'analisi delle manifestazioni cliniche, il corretto funzionamento (motore) dei NB legato ad un sottile equilibrio fra il circuito indiretto ed il circuito diretto (fatta salva l'importanza che pu assumere il terzo circuito, vedi capitolo 19).L'equilibrio di questi due circuiti porta all'esecuzione armonica di movimenti di routine ed all'inserimento atraumatico nel ritmo, di variazioni di movimento. Il danno del sistema porter di conseguenza ad una alterazione dell'equilibrio spazio/temporale nelle diverse componenti della catena cinetica.Se viene danneggiato il circuito indiretto, l'equilibrio si perder nella direzione di manifestazioni ipercinetiche ed ipotoniche; se viene danneggiato il circuito diretto, l'equilibrio si perder nella direzione di ipertono e bradicinesia; un danno massivo di entrambi alla fonte (tutto il putamen) porter infine ad una ipertonia bradicinetica molto intensa, caratterizzata da una disorganizzazione totale delle

sequenze motorie (Parkinson o distonia).Questa l'ipotesi globale corrente sulla fisiologia motoria dei NB. Essa presenta tuttavia ancora numerose incongruenze e punti oscuri, che ne potrebbero essere il punto di partenza di sostanziali variazioni nel prossimo futuro.\p435vie del sistema di circuiti motori dei nuclei della base: Circuito direttofunzioni: Controllo dei movimenti volontari (facilitazione)movimenti residui dopo inattivazione: Prevalenza di movimenti posturali ed automaticisemeiotica: Ipertono (rigidit) Ipocinesiesindromi: Parkinsonvie del sistema di circuiti motori dei nuclei della base: Circuito indirettofunzioni: Controllo dei movimenti posturali ed automatici (inibizione)movimenti residui dopo inattivazione: Prevalenza di movimenti volontari (scarso controllo di tono ed automatismi)semeiotica: Ipotono Ipercinesiesindromi: Corea Emiballismovie del sistema di circuiti motori dei nuclei della base: Tutti i circuitifunzioni: Tutti i movimentimovimenti residui dopo inattivazione: Assenza di movimenti di tutti i tipisemeiotica: Distonia (ipertono eccezionale)sindromi: DistoniaPARTE SECONDA RAPPORTI FRA LE MANIFESTAZIONI CLINICHE ED IL DANNO DELLE SINGOLE STRUTTURE COMPONENTI I NUCLEI DELLA BASENon possibile, attualmente, collegare in maniera soddisfacente danni ana-tomopatologici e manifestazioni cliniche nelle sofferenze dei NB: il danno di determinate strutture non provoca sempre le manifestazioni cliniche supposte e queste, a loro volta, sono associate con danni localizzati ora in una zona, ora in un'altra del sistema.I dati indicano, in altre parole, come le correlazioni anatomocliniche, anche quelle pi elementari (come nel morbo di Parkinson per esempio) siano oggi solamente teorie o meglio ipotesi di lavoro, che spiegano le situazioni solo di un numero limitato di casi. Molti fenomeni non calzano con le teorie e mostrano una divergenza per ora assolutamente enigmatica.Dopo questa constatazione non resta che osservare le correlazioni statistiche fra anatomia e clinica, nella speranza che aiutino ad individuare la strada da percorrere, ma soprattutto nella certezza che una loro conoscenza impedir di compiere salti logici del tutto soggettivi, trasformando le attuali ipotesi di lavoro in certezze scientifiche.Una metanalisi della letteratura a riguardo stata di recente proposta da Bathia e Marsden (1994) [15]. In questo paragrafo non ci si addentrer nelle problematiche inerenti l'interpretazione di una metanalisi, che pure esistono e bisogna conoscere per poter utilizzare questo tipo di indagine, ma si riporteranno solamente i dati statistici e le correlazioni significative. Per eventuali approfondimenti sulla metanalisi si rimanda alla letteratura specifica.I disordini clinici che caratterizzano un danno dei NB sono catalogabili in due categorie:Disturbi neuropsicologici- Disturbi motoriAll'interno di queste due categorie si compongono tutte le sindromi cliniche extrapiramidali.\p436Per metanalisi si intende uno studio comparato di tutti i casi pubblicati in letteratura.Disturbi neuropsicologiciVi sono alcuni disturbi neuropsicologici che sono evidenziabili solamente con danno massivo dei nuclei della base: lo stato confusionale e i disturbi del linguaggio.Proprio a causa della loro comparsa solo in un coinvolgimento allargato del sistema, questi disturbi, ancorch frequenti, non possono essere considerati manifestazioni tipiche delle patologie di questo o quel settore extrapiramidale. La loro presenza probabilmente legata ad un disturbo del sistema funzionale unico costituito dai NB, dalla corteccia del polo frontale e dal talamo mediale. Tale sistema deputato alle strategie comportamentali.Molto frequente e caratteristica di un danno dei NB invece l'apatia (abulia). La disinibizione fenomeno raro ma possibile, sempre comunque piuttosto blando che non raggiunge mai i livelli della disinibizione frontale.L'apatia presente nel 28% dei casi di lesione del nucleo caudato, anche unilaterale e nel 22% delle lesioni bilaterali del globo pallido (ma mai nelle sue lesioni unilaterali). L'apatia non mai

presente per lesioni di altri nuclei.La disinibizione presente nell'11% delle lesioni del solo nucleo caudato, dove si alterna all'apatia. Non mai presente nelle lesioni di altri nuclei.Non vi sono altre turbe neuropsicologiche correlabili con danni dei NB.Disturbi motoriPossono, a livello statistico, essere catalogati in tre gruppi fondamentali: le ipercinesie (corea ed emiballismo, mentre l'atetosi, per origine neurofisiologica, pi vicina alle distonie pur essendo, per certi versi, una ipercinesia) le distonie ed il parkinsonismo.Le ipercinesie caratterizzano il 6% delle lesioni del caudato, il 4% delle lesioni del P+GP ed il 10% delle lesioni combinate dei tre nuclei, non compaiono per danno di altre strutture.La distonia il disturbo motorio di gran lunga pi comune: presente globalmente nel 36% dei danni dei NB, con un massimo (41%) nei danni associati di caudato, P e GP, subito seguito da un 33% per danno di P+GP.Se si restringe ancora il campo alle due singole componenti del nucleo lentiforme essa presente nel 63% dei danni del putamen e nel 36% dei danni del GP.Lesioni unilaterali producono distonia controlaterale, mentre lesioni parcellari possono provocare distonie localizzate.Il parkinsonismo, contrariamente a quanto ci si poteva aspettare, manifestazione piuttosto rara nel danno dei NB, presente solamente nel 9% dei casi.In un terzo di questi si associa a distonia. Esso praticamente sempre legato ad un danno bilaterale del P o del GP. Il danno ripartito in egual numero di casi fra danni del putamen, danni del GP o di entrambi.Rimane naturalmente il fatto che una degenerazione della SNpc superiore all'80% provoca il morbo di Parkinson.Volendo osservare la situazione da un punto di vista anatomico, si pu affermare che un danno del:nucleo caudato pu causare, con una certa frequenza, disturbi neuropsicologici: apatia o, pi raramente, disinibizione comportamentale. Quasi mai provoca disturbi motori: quando accade essi sono riconducibili alla corea o alle distonie, solo eccezionalmente al parkinsonismo.Nucleo lentiforme (putamen e globo pallido), di solito provoca disturbi motori: pi spesso distonia, molto raramente corea. La distonia molto frequente per un danno del P, il parkinsonismo presente in un ristretto numero di danni del \p437 lentiforme, ma questi devono essere bilaterali. I disturbi neuropsicologici sono molto rari: se si manifestano di solito coinvolto il GP.Nucleo subtalamico d luogo all'emiballismo controlaterale.Considerazioni neurofsiologiche postmicrocoagulazio-ne dei nuclei della baseI principali interventi chirurgici atti ad alleviare le manifestazioni cliniche delle patologie dei NB sono costituiti da interventi di coagulazione o della parte interna del globo pallido: GPi o del nucleo ventrale laterale del talamo nella sua parte anteriore: VLa. Il VLa pu essere coagulato sia nel settore pi anteriore (denominato specificamente Voa dalla scuola tedesca: Ventrale orale anteriore) che nel settore posteriore (dalla scuola tedesca denominato Vop).Il GPi ed il VLa sono bersaglio della coagulazione, poich costituiscono l'unica via di uscita delle diverse elaborazioni motorie dei NB verso la corteccia cerebrale [16].[16] Si ritiene, per questa ragione, di eliminare gli effetti della patologia dei NB sul movimento, interrompendo il flusso delle loro informazioni verso la corteccia premotoria. La corteccia premotoria in questione la stessa dove si elabora un progetto globale dinamico del movimento cui compartecipano, oltre i NB, tutti gli apparati motori del SNC.Nella storia della neurochirurgia sono state effettuate diverse migliaia di interventi di questo tipo, quasi esclusivamente per problemi riguardanti il morbo di Parkinson: il risultato dell'intervento infatti altamente significativo per la riduzione del tremore e dell'ipertono (non per per l'acinesia, che rimane sostanzialmente invariata). I neurofisiologi hanno quindi avuto a disposizione un larghissimo numero di casi in cui i circuiti in uscita dai NB sono stati deliberatamente e selettivamente distrutti a scopo terapeutico; questo ha contribuito ad orientare diversi aspetti del dibattito scientifico sulla fisiologia dei NB.L'approccio

terapeutico di tipo chirurgico al morbo di Parkinson ha posto due importanti problemi neurofisiologici.Primo problema: perch una distruzione delle vie di uscita dai NB [17], ha solo un'azione parziale, eliminando tremore e ipertono senza influenzare l'acinesia?[17] Mirata ad eliminare la possibilit che i disturbi originati da una loro patologia possano contaminare gli altri apparati motori del SNC e quindi alterare il progetto motorio fisiologico.Secondo problema: che ruolo giocano, nella fisiologia del movimento, i NB visto che una distruzione totale dei loro collegamenti motori con il resto del SNC non provoca, come ci si aspetterebbe, una diminuzione e/o una perdita del potenziale motorio residuo del parkinsoniano che di fatto continua a muoversi, dopo la stereotassi pallidale o talamica, come, se non meglio di prima dell'intervento [18]?[18] dimostrabile che il miglioramento non deriva solamente dalla riduzione dell'ipertono e del tremore, ma un miglioramento qualitativo del movimento (Obeso e Marsden, 1994).Questi due problemi impongono, per poter essere affrontati, un deciso salto di qualit nell'analisi dei nuclei della base. Non si tratta pi infatti di capire quale sia il correlato anatomo-fisiologico di un determinato nucleo (o circuito) con un sintomo clinico; si tratta invece di comprendere che ruolo giochi globalmente l'apparato nervoso denominato NB sulla volont e la capacit di movimento dell'individuo.Molto stato scritto e teorizzato a proposito negli ultimi anni [19]. [19] In particolare dagli anni '90 in avanti, con i numerosi lavori chirurgici e le sperimentazioni su animali da laboratorio, molto si appreso sulle connessioni ed i circuiti fra i vari NB.Il lavoro di Marsden e Obeso (1994), attraverso una profonda metanalisi di tutti i risultati ottenuti e pubblicati nella letteratura mondiale sulle stereotassi per patologie dei \p438 NB, costituisce probabilmente un riferimento molto importante delle teorie sull'argomento.Per ci che riguarda il primo problema, l'ipotesi di Marsden e Obeso che tutto ci che riguarda la funzione movimento (come altre funzioni del SNC) sia organizzato attraverso una serie di circuiti paralleli.Ciascuno di questi circuiti (alcuni passanti per i NB, altri per il cervelletto, per esempio) d un contributo peculiare al movimento nel suo complesso, che pu anche essere eliminato, senza eliminare le capacit motorie, ma sicuramente riducendone l'efficacia e la significativit.Per questo, secondo i due autori, un danno dei NB rende pi difficoltoso il movimento, ma non lo impedisce. Questo spiega anche perch una distruzione delle vie d'uscita dai NB possa provocare un miglioramento del movimento nel suo complesso.L'errato messaggio in uscita dai NB (che quasi sempre di aumentata inibizione sui nuclei del talamo motore) inibisce la corretta integrazione talamica dei segnali provenienti dagli altri apparati motori, alterando l'armonia del progetto motorio ed impedendo alla corteccia l'assunzione della miglior informazione possibile su come effettuare il movimento corretto.Attraverso la distruzione delle vie d'uscita dai NB si limita l'inibizione (patologica) sul talamo dei NB e si migliora la qualit (pur sempre deficitaria) del segnale in arrivo alla corteccia dagli altri sistemi, migliorando di conseguenza il movimento.Per ci che riguarda il secondo problema: perch alcune funzioni traggano giovamento dalla stereotassi (tremore e ipertono) ed altre no o in misura minore (acinesia), Marsden e Obeso fanno l'ipotesi che il flusso di uscita dai NB sia un insieme complesso di segnali diversi, ciascuno dei quali modulato secondo logiche e quantit differenti [20]. Se l'armonia che lega questi segnali viene danneggiata, si avr una quantit infinita di possibili interferenze disturbatrici sulla residua capacit motoria del soggetto (quella costruita senza l'ausilio dei NB).[20] Basti considerare la quantit di differenti cellule contesto-dipendenti e la gradazione con cui ciascuna di esse pu essere alterata, per intuire la variet, praticamente infinita, di disarmonie che un danno dei NB pu apportare al movimento.L'eliminazione di queste interferenze disturbatrici

migliorerebbe le funzioni motorie dell'individuo, poich i residui apparati motori del sistema nervoso centrale non sarebbero pi disturbati dalle interferenze patologiche dei NB.Le funzioni motorie trarrebbero quindi diverso beneficio dalla stereotassi. Maggior giovamento avrebbero quelle che dipendono in misura minore da un corretto apporto dei NB, minor giovamento quelle che ne risentono di pi.Secondo questa ipotesi, i disturbi del ritmo del movimento (acinesia, ipoci-nesia, bradicinesia) sarebbero quelli su cui maggiormente si gioca il ruolo dei NB.BibliografiaAbels M., Prut Y., Bergan H., et al., Integration, sinchronicity and periodicity of the Basal Ganglia, in Brain Theory: soatio-temporal aspects of brain function, Arsden A. Elsevier science, Amsterdam, 1993. Bennett K.M.B., Marchetti M., Iovine R., Castiello U., The drinking action of Parkinson's disease subjects, Brain 118, 959-970, 1995. Brain W.R., Some reflections on genius Lancet, 1 pp 661-665, 1948. Ciba Foundation, Functions of the basai ganglia, Ciba Foundation Symposium, 107, Pitman, London, 1984. Marsden, C. D., The mysterious motor function of the basalganglia, Neurology, 32,514-539, 1982. Trends in Neuroscience, volume 13, no. 10. Special edition on the basal ganglia, 1990. \p439Brotchie P., Ianseck R. and Home M.K., Motor function of the monkey globus pallidus, Papers 1 and 2, Brain, 114,1667-1702, 1991. Chevalier G. and Deniau J.M., Disinhibition as a basic process in the expression of striatal function, Trends Neurosci. 13,277-280, 1990.Day B.L., Dick J.P.R. and Marsden CD., Patients with Parkinson's disease can employ a predictive motor strategy, 1. Neurol, Neurosurg. Psychiatr., 47,1299-1306, 1984. DeLong M.R. and Georgopoulos A.P., Motor function of basal ganglia as revealed by studies of single cell activity in the behaving primate, Adv. Neurol., 24,131-140, 1979. DeLong M.R. and Georgopoulos A.P., Motor functions of the basal ganglia, in V. B. Brooks (ed.), Handbook of Physiology, sect. 1, vol. 2, part 2, Williams and Wilkins, Baltimore, pp. 1017-1061, 1981.DeLong M.R., Crutcher M.D. and Georgopoulos A.P., Primate globus pallidus and subthalamic nucleus: functional organisation, Neurophysiol, 53,530-543, 1985. Fahan S., Marsden CD., Calne D.B., Classification and investigation of Dystonia. In Movement Disorders 2, CD. Marsden, F.Fahn (eds) London pp 332358,1987.Flowers K.A., Lack of prediction in the motor behaviour of parkinsonism, Brain, 101, 35-52, 1978. Goetz C.G., Klawans H.L., Gilles de la Touretts syndrome and compressive neuropathies. Ann. Neurol. 8, 453, 1980. Jankovic J., The neurology of tic, Movement disorders 2, CD.Marsden, S.Fahn (eds) Buttereworths london pp. 383-405, 1987. Luria Come lavora il cervello Mulino 1977. Matthews P.B.C., Evidence from the use of vibration that the human long-latency stretch reflex depends upon spindle secondary afferents. 1. Physiol, 348, 383-416, 1984. Matthews P.B.C., Long-latency stretch reflexes of two instrinsic muscles of the human hand analysed by cooling the arm. 1. Physiol., 419,519-538, 1989. Marsden CD., Neurophysiology, in G. Stern (ed.) Parkinson's Disease, Chapman & Hall, London, pp. 57-98, 1990.Martin J.P., The Basai Ganglia and Posture, Lippincott, Philadelphia, 1967. Meara RJ. and Cody F.W.J., Relationship between electromyographic activity and clinically assessed rigidity studied at the wristjoint in Parkinson's disease, Brain, 115, 1167-1180, 1992. Mink J.W. and Thach W.T., Basai ganglia motor control, Parts 1, 2, and 3, 1. Neurophysiol, 65,273-351, 1991. Pechadre J.C., Larochelle L. and Poirier L.J., Parkinsonian akinesia, rigidity and tremor in the monkey, 1. Neurol. Sci., 28,147-157, 1976. Romo R. and Schultz W., Dopamine neurones of the monkey midbrain: contingences of responses to active touch to self-initiated arm movement, 1. Neurophysiol, 63,592-606; 607-624, 1990. Rothwell J.C, Obeso J.A., Day B.L., et al., Pathophysiology of dystonias, In Motor control mechanisms in health and disease, J.E. Desmedt (ed) Adv. Neurol, 39, 851-863, 1983 a. Rothwell J.C, Obeso J.A., Traub M.M., et al., The behaviour of the long-latency stretch reflex in patients with Parkinson's disease, 1.

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sistema.Per una descrizione funzionale e per ipotesi neurofisiologiche di sistema sul funzionamento dei NB per necessario arrivare ai nostri giorni ed agli studi di Alexander e Parent (anni '80), che per primi pongono una ipotesi funzionale di sistema per i NB.Anatomia macroscopicaL'insieme dei NB comprende tre nuclei diencefalici e due mesencefalici, collegati fra loro. Si tratta:nucleo caudato (diencefalico)putamen (diencefalico)globo pallido (diencefalico)nucleo subtalamico (di Luys) (mesencefalico)sostanza nera (di Sommering) (mesencefalica)La mancanza di conoscenze sulla fisiologia dei NB quando vennero stilate le precise classificazioni anatomiche dell'encefalo (nella seconda met dal XIX secolo) ha portato ad una tassonomia del sistema extrapiramidale basata esclusivamente sull'aspetto anatomico macroscopico. Tale tassonomia genera una notevole confusione negli odierni studi fisiologici ed stata di fatto abbandonata anche se alcune denominazioni di quell'epoca sono ancora presenti nella pratica quotidiana. Ci si pu ancora oggi imbattere in termini come:striato (che definisce l'insieme di C, P e GP)neostriato (che definisce l'insieme di C e P)nucleo lenticolare (che definisce l'insieme di P e GP)Queste denominazioni non hanno corrispondenza fisiologica e sono ormai superate.Dei NB, secondo la moderna classificazione, il C il pi voluminoso.Il nucleo caudato assume un aspetto approssimativamente a ferro di cavallo sul piano sagittale, con la parte pi anteriore (testa) situata pi medialmente. La parte intermedia (corpo) si dirige verso l'alto, posteriormente e lateralmente (vedi figura 19.1), per poi riabbassarsi nella zona posteriore del diencefalo e dirigersi di nuovo anteriormente con la sua parte inferiore laterale: la coda.Con il suo aspetto, arcuato verso il basso e in avanti, il C circoscrive una zona dove, oltre al talamo, sono contenuti i rimanenti NB diencefalici: il putamen, situato lateralmente al pallido e a diretto contatto con la testa del C ed il globo pallido, a sua volta suddiviso da un sottile fascetto di sostanza bianca in globo pallido interno e globo pallido esterno.\p443Fig. 19.1 - (da Albanese e Netter) Immagine tridimensionale dei nuclei della base (in basso) e loro collocazione in due tagli orizzontali dell'encefalo fatti a diverse altezze. Il taglio orizzontale a sinistra effettuato a livello A della figura in basso, quello di destra a livello B.I nuclei mesencefalici del sistema sono il nucleo subtalamico (di Luys), il cui nome legato alla sua collocazione topografica al di sotto del talamo e la sostanza nera (di Sommering), ampio nucleo a collocazione mesencefalica, nella parte anteriore del mesencefalo (peduncolo cerebrale), immediatamente posteriore al fascio piramidale (vedi figure 19.2, 19.3, 19.4).La SN suddivisa in due zone con diverso significato funzionale: la SNpc situata posteriormente e la SNpr situata anteriormente.\p444Fig. 19.2 - Nuclei della base: visione tridimensionale dall'albo con asportazione dei nuclei diencefalici di destra.1 nucleo caudato2 nucleo ventro-laterale3 fascicolo talamico4 fibre striato-nigrali5 putamen6 globus pallidus, segmento laterale7 globus pallidus, segmento mediale8 fascicolo lenticolare9 nucleo reticolare del talamo10 zona incerta11 nucleo rosso12 nucleo subtalmico13 ansa lenticolare14 sostanza nera15 peduncolo cerebrale16 ponte\p445Fig. 19.3 - Nuclei della base: visione tridimensionale anteriore.1 corona raggiata2 corpo del nucleo caudato3 putamen4 fibre striato-nigrali5 capsula interna, braccio posteriore6 nucleo reticolare del talamo7 nucleo centromediano8 fascicolo talamico9 zona incerta10 fascicolo lenticolare11 nucleo subtalamico12 sostanza nera13 nucleo parafascicolare14 ansa lenticolare15 nucleo rosso16 tratto ottico17 capsula interna, segmento sottolenticolare18 coda del nucleo caudato19 peduncolo cerebrale20 ponte\p446Fig. 19.4 (Fig. 19.2 - Fig. 19.3) - I nuclei della base visti da diverse angolature tridimensionali.1 circonvoluzione cingolata2 corpo calloso3 nucleo caudato4 nucleo ventro-laterale5 nucleo ventro-anteriore6 nucleo laterale dell'abenula7 nucleo mediale del talamo8 nuclei

intralaminari del talamo9 putamen10 globus pallidus, segmento laterale11 globus pallidus, segmento mediale12 collicolo superiore13 nucleo subtalamico14 nucleo rosso15 sostanza nera, parte reticolare16 sostanza nera, parte compatta17 formazione reticolare del mesencefalo18 formazione reticolare del ponte19 fascio reticolo-spinale20 fascio rubro-spinale21 fascio tetto-spinale22 motoneuroni del corno anteriore\p447La parte pi bassa (ventrale) del collegamento fra testa del C e P, prende il nome di nucleo accumbens o striato ventrale. Si tratta di una zona dei NB a diretto contatto con l'amigdala ed il cervello viscerale, da cui riceve la maggior parte delle informazioni, che trasmette a sua volta alla parte ventrale del GP. in questa zona che si colloca il circuito limbico dei NB.I NB ricevono le informazioni in massima parte dalla corteccia cerebrale, in parte minore dall'amigdala.Le efferenze sono dirette di nuovo verso la corteccia cerebrale (attraverso il talamo, nuclei VLa, VA) e costituiscono la quasi totalit delle vie in uscita dai NB.Altre efferenze, il cui significato incerto, sono verso il collicolo superiore della lamina quadrigemina (mesencefalo, vie visive), la sostanza reticolare, l'abenula (cervello viscerale), il nucleo talamico centromediano (ancora sostanza reticolare) ed il nucleo peduncolopontino. Quest'ultimo nucleo in particolare ha un significato incerto: sicuramente riceve afferenze dirette dalla corteccia cerebrale e nel gatto, ad esempio, dove assai pi voluminoso che nell'uomo, stato collegato al controllo del cammino. Probabilmente il suo significato risiede nell'organizzazione di macrosequenze temporali complesse [1] a livello sottocorticale, in particolare del tronco (Princheron, 1991). L'ipotesi necessita tuttavia di ulteriori verifiche.[1] Si intende come macrosequenza una successione temporale prestabilita dell'azione di numerosi circuiti, secondo un ritmo ed una strategia gi elaborata in precedenza.Anatomia microscopicaI neuroni dei nuclei della baseI neuroni dei NB possiedono un'arborizzazione dendritica costituita da numerose spine sinaptiche, cio da zone dendritiche specializzate dove si formano sinapsi particolari. Il significato funzionale di queste specializzazioni ancora sconosciuto.Le spine sinaptiche sono responsabili del classico aspetto spinoso dei neuroni.Le cellule sono simili nei diversi nuclei, anche se vi sono nel sistema extrapiramidale ben 8 tipi differenti di neuroni (spinosi e non).Oltre alla differenziazione delle singole cellule, nei NB presente anche una differenziazione a livello tissutale: le singole cellule cio si possono collegare fra loro in maniera differente. Di questa differenziazione non si conosce il significato funzionale, anche se recentemente si sono formulate alcune ipotesi di massima (vedi oltre) molto interessanti.Questa differenziazione riconosce due zone diverse, presenti in tutto il sistema: una diffusa ovunque, con neuroni meno densamente raggruppati, denominata Matrice, ed una costituita da isole di tessuto, immerse nella Matrice, dove i neuroni sono pi densamente raggruppati. Le isole di tessuto pi denso sono denominate Striosomi.Gli Striosomi possiedono circuiti separati e caratteristiche biochimiche diverse rispetto ai neuroni della Matrice in cui sono immersi. Contrariamente alla Matrice, i neuroni degli striosomi sono, per esempio, ricchi di recettori oppiacei e scarsamente colorabili con i metodi di evidenziazione dell'acetilcolinesterasi (non formano quindi sinapsi colinergiche).Matrice e Striosomi, come si detto, sono inseriti in circuiti differenti il cui significato funzionale per ora sconosciuto.\p448Le afferenze del Sistema motore (vedi oltre) sono rigidamente limitate alla Matrice (ed infatti il P, dove queste terminazioni arrivano, tutto costituito da Matrice). Le afferenze provenienti dal cervello viscerale invece terminano sugli Striosomi.Gli striosomi sono localizzati prevalentemente nella testa del nucleo C e paiono essere le uniche strutture del C che proiettano verso la SNpc, che riproietta a sua volta verso gli Striosomi dello stesso nucleo, ma

soprattutto verso la Matrice del P.Questo insieme di circuiti fra Striosomi e Matrice ha dato luogo ad una interpretazione funzionale del ruolo dei NB decisamente affascinante: il cervello viscerale, che in stretto contatto con il nucleo accumbens (parte inferiore della testa del C) ed il sistema prefrontale, di cui la parte laterale della testa del C struttura integrante, influenzerebbe in maniera sostanziale i circuiti motori dei NB (Hazrati e Parent, 1993).L'influenza avverrebbe attraverso il C. Le informazioni provenienti dal cervello viscerale attraverso il nucleo accumbens modulerebbero la SNpc, che a sua volta in grado di influenzare il circuito motore in maniera determinante, date le sue afferenze alla base delle spine dell'arborizzazione dendritica del P [2]. [2] Mentre va invece ricordato che le afferenze corticali giungono all'apice dell'arborizzazione dendritica dei neuroni del putamen.La modulazione dei circuiti motori da parte dei circuiti affettivi e comportamentali sarebbe la logica conseguenza di questo insieme di connessioni.I fattori emotivi, in altre parole, influenzerebbero in maniera determinante le capacit motorie del soggetto, proprio attraverso i contatti dei diversi circuiti situati in parallelo all'interno dei NB.L'influenza reale ed importante dell'emotivit sulle abilit motorie del resto un dato funzionale facilmente verificabile a livello clinico nell'esperienza quotidiana [3].[3] Per ulteriori informazioni sulla Matrice, gli Striosomi ed il loro ruolo funzionale si faccia riferimento all'articolo di Graybel (1990).Ruolo della Dopamina nella fisiologia dei nuclei della baseIl significato chiave della SNpc nelle funzioni appena esposte impone di dedicare alcune brevi osservazioni al ruolo della Dopamina, il mediatore chimico di questa struttura.Le osservazioni si rendono necessarie in quanto l'influenza degli Striosomi sulla Matrice, e quindi del cervello viscerale ed affettivo sui progetti motori, sono legate proprio a quei circuiti dopaminergici che dalla SNpc terminano nel P.Il ruolo della Dopamina va inoltre esposto con chiarezza, in quanto non univoco. Il mediatore chimico esercita sul P due effetti differenti ed opposti fra loro. Sulle cellule del circuito motore indiretto (vedi oltre) la Dopamina esercita un ruolo eccitatorio. Sulle cellule del circuito motore diretto l'effetto inibitorio.La dopamina anche il mediatore chimico deficitario in una sindrome molto comune: il morbo di Parkinson; una somministrazione quotidiana di dopamina allevia notevolmente i problemi di questa sindrome.L'azione inibitoria della Dopamina sulle cellule del circuito motore diretto si traduce in una riduzione della inibizione del circuito sul GPi ed in una liberazione di quest'ultimo nucleo. L'eccitazione sul circuito indiretto si traduce in una esaltazione della inibizione del GPe, inibitore del SNT, che a sua volta eccita il GPi. Il risultato finale quindi di nuovo una esaltazione del GPi.\p449L'azione della dopamina, per quanto sia opposta sui singoli circuiti, si traduce comunque in un aumento della attivit funzionale del GPi che, va ricordato, esercita un'azione inibitoria sui neuroni talamici che stimolano la corteccia cerebrale e che modulano pertanto l'esecuzione dei progetti motori.Secondo le teorie di Alexander, la modulazione del GPi consente, attraverso il circuito motore indiretto, l'eliminazione dei movimenti (e delle posture) non in linea con il progetto ed attraverso la modulazione del circuito motore diretto l'innesco e la corretta ed armonica esecuzione delle catene cinetiche apprese ed automatizzate in precedenza. La conseguenza dell'eliminazione della Dopamina e del suo effetto di modulazione su questi circuiti, come avviene nel Morbo di Parkinson, provoca la comparsa di due fenomeni indesiderati: i movimenti non voluti (tremore) ed i movimenti desiderati ma scorretti (acinesia, ipocinesia, bradicinesia).Attivit neuronale ed implicazioni per il movimentoNei differenti NB vi sono neuroni con frequenza di scarica diversa, sia a riposo che durante l'attivazione del sistema.I neuroni del GP per esempio presentano una elevata attivit di scarica anche a riposo (quando cio il sistema nel suo insieme inattivo

dal punto di vista funzionale). Allo stesso modo si comportano gli analoghi (funzionalmente) neuroni della SNpr; questi scaricano, in condizioni di inattivit del sistema, con una frequenza di 60-100 Hertz.I neuroni degli altri nuclei extrapiramidali non hanno attivit di scarica a riposo, eccezion fatta per il NST che possiede una attivit continua, ma a frequenza molto bassa.All'interno dei neuroni pallidali, pur scaricando tutti ad alta frequenza in stato di riposo, si osservano differenze funzionali: i neuroni del GPi hanno una frequenza di scarica costante nel tempo, i neuroni del GPe scaricano invece a salve, intervallate da periodi di silenzio. Vi sono due tipi di salve all'interno del GPe, di durata lunga o breve (De Long e Georgopulos 1979). qui interessante sottolineare come quasi tutti i sistemi afferenti al GP siano di tipo inibitore: riducano cio questa attivit di scarica di base che evidentemente esercita un effetto costante, inibitorio, sui nuclei talamici bersaglio (i nuclei VA e VL).Vi sono alcuni aspetti che correlano le variazioni di scarica dei neuroni basali con il movimento che devono assolutamente essere presi in considerazione.Il primo aspetto importante che le variazioni di scarica pi importanti, correlate al movimento, avvengono sempre a movimento meccanico gi iniziato.Questo dato ha portato numerosi ricercatori ad ipotizzare che i NB svolgano il loro ruolo durante o alla fine del movimento, piuttosto che nella sua preparazione o all'inizio. Tale ipotesi viene suffragata pure dall'osservazione clinica: negli esercizi di reazione semplice i tempi di reazione dei pazienti extrapiramidali non sono rallentati e si trovano quindi vicini ai tempi di reazione del normale. La situazione cambia radicalmente nelle reazioni complesse che sono marcatamente rallentate, cosi' come marcatamente rallentata l'esecuzione di qualunque programma motorio (vedi figura 19.5).Il secondo aspetto importante delle frequenze di scarica dei neuroni dei NB riguarda gli aspetti evento-correlati. Le variazioni di scarica non sono correlate ai parametri meccanici del movimento, se non alla sua direzione (ma anche in questo caso in maniera non assoluta); altri parametri quantitativi quali la forza o la velocit non ne influenzano minimamente l'attivit.Esperimenti in cui un dato movimento veniva fatto eseguire sia con una \p450 facilitazione che con un contrasto meccanico [4] (Crutcher e De Long, 1984) hanno ampiamente dimostrato che, mentre l'attivit elettromiografica cambia attivando agonisti o antagonisti a seconda che il movimento sia assistito o contrastato, l'attivit dei neuroni dei NB rimane sempre identica se il movimento avviene nella identica direzione, mutando solamente quando la direzione cambia.[4] L'esperimento consiste nella registrazione dell'attivit di alcuni neuroni del putamen quando l'animale flette o stende il gomito. Durante il movimento una leva meccanica assiste o contrasta il movimento stesso con una forza di 150 grammi. Gli esperimenti hanno ampiamente dimostrato come questa forza non influenza la scarica dei neuroni del putamen, che lo sono invece in maniera determinante dalla direzione (flessione o estensione) del movimento.Le due diverse osservazioni riguardo ai tempi ed ai parametri spaziali che modificano la frequenza di scarica dei neuroni dei NB hanno portato, negli anni novanta, alla formulazione di ipotesi diverse, anche se in qualche modo tutte correlate, relative al significato clinico dell'attivit dei NB nel controllo del movimento.La prima la cosiddetta ipotesi disinibitoria (Hikosaka e Wurtz, 1983; Chevalier e Deniau, 1990). Essa sostiene che il sistema extrapiramidale libera la attivit della corteccia cerebrale, permettendole di mettere in atto i progetti motori precedentemente elaborati. L'ipotesi si basa sull'inibizione costante da parte del GPi sul talamo, esaltata dall'attivazione del sistema extrapiramidale. L'attivazione del sistema innescata dalla corteccia motoria e premotoria. Il dato sostenuto dal fatto che iniezioni di Glutammato (lo stesso mediatore eccitatorio utilizzato dalla corteccia per attivare i NB) sono in grado di liberare numerose attivit motorie

corticali, provocando i movimenti involontari tipici delle patologie dei NB (vedi parte clinica). per in contrasto con il fatto che questa azione disinibitoria dovrebbe essere precedente al movimento mentre, come si visto, i NB hanno la loro attivit pi consistente a movimento iniziato.La seconda ipotesi (Mink e Thach, 1991) sostiene che il sistema extrapiramidale interviene eliminando i movimenti indesiderati ed in particolar modo le reazioni posturali di vario genere che possono interferire con l'esecuzione cinetica del programma motorio volontario.Mink e Thach partono dall'ipotesi che non solamente la forza, ma nemmeno la direzione del gesto sia un evento correlato all'attivit dei neuroni basali [5]. [5] Dato elaborato da numerosi loro lavori sperimentali, in cui essi hanno confutato questa ipotesi.Data la scarsa significativit della direzione del movimento nell'attivazione dei neuroni del P, questi autori hanno cercato di identificare, con una serie di esperimenti, quale fosse il compito primario del sistema. Attraverso numerosi lavori eseguiti selettivamente sui neuroni pallidali, attivandoli o disattivandoli, Mink e Thach hanno osservato che la loro disattivazione provocava nell'animale fenomeni molto simili al morbo di Parkinson ovvero : a) una cocontrazione di agonisti e antagonisti, b) una rigidit degli arti, che si bloccavano in posizione fissa (solitamente flessa), a causa di un marcato ipertono (che si definisce extrapiramidale - capitolo 24) c) era molto difficoltoso inattivare i muscoli.Da questi dati i due ricercatori hanno dedotto che i NB intervengono in una fase tardiva del progetto motorio per inibire i movimenti non voluti (o il tono posturale indesiderato) e per questa ragione non possibile correlare l'attivit dei neuroni pallidali ad alcun parametro del movimento effettuato.Questa seconda teoria si adatta meglio alla successione temporale degli eventi: fisiologicamente infatti l'azione normale dei NB si manifesta con un aumento della inibizione del GPi sul talamo.La terza ipotesi (Alexander e Crutcher, 1990) deriva da esperimenti effettuati da questi ricercatori, che hanno osservato come vi fosse una discreta attivit neuronale nei NB anche in fase preparatoria al movimento, non solamente nella fase di esecuzione.\p451Attraverso un esperimento nel quale una scimmia veniva addestrata a rincorrere un bersaglio con una luce su uno schermo, essi rilevarono che nei NB erano attive almeno tre diverse categorie di neuroni. La prima si attivava solamente in fase preparatoria (prima dell'inizio del movimento) e coincideva con il riconoscimento della direzione del bersaglio da inseguire sullo schermo; l'attivit di questi neuroni non era minimamente influenzata dai progetti motori, ma era in grado di influenzarli in modo importante [6].[6] Gli esperimenti di Alexander e Crutcher sono molto interessanti, ma piuttosto complessi e laboriosi da descrivere; per chi fosse interessato si rimanda alla bibliografa relativa.La seconda era invece correlata alla traiettoria del movimento da effettuare ed alle variabili cinematiche: essa si innescava con l'inizio del movimento e solamente se il movimento era conosciuto, ovvero se l'animale da esperimento poteva dedurre dal segnale visivo la macrosequenza da attivare per un progetto motorio elaborato in precedenza. La terza era correlata ad alcune variabili dinamiche (velocit, accelerazione) del muscolo.Da questa osservazione, Alexander e Crutcher dedussero che i NB sono un insieme di circuiti che lavorano in parallelo, influenzandosi a vicenda e modificando la loro attivit di conseguenza. Il pi importante di questi quello motore, ma gli altri quattro (descritti nella parte neurofisiologica del capitolo) possono influenzarlo sostanzialmente.L'ipotesi di Alexander e Crutcher risente marcatamente delle teorie computazionali sul funzionamento del SNC elaborate in numerosi istituti di ricerca statunitensi (prevalentemente di fisica elettronica). Essa vede i NB come un insieme di sistemi autonomi e paralleli, ma in grado di interagire. Oggi la teoria prevalente fra le quattro esposte per spiegare il funzionamento dei NB.La quarta teoria

(Brotchie, Janseck e Home, 1991) sostiene che l'attivit neuronale dei NB correlata a due fenomeni principali: il controllo e l'esecuzione di movimenti automatici ed appresi in precedenza e l'innesco di sequenze motorie diverse, anche esse gi apprese, prevedibili nel loro svolgimento da parte del soggetto.Anche gli esperimenti di questi ricercatori partono dall'osservazione che la attivit dei neuroni basali non correlabile fedelmente a nessun parametro motorio, nemmeno alla direzione del movimento [7].[7] Per quanto una correlazione del genere si verifichi di frequente, certo che non sia assoluta.Nei loro lavori, Brotchie, Janseck e Home osservarono che la scarica dei neuroni basali era debole quando il movimento non seguiva linee gi percorse. Per esempio, nel primo movimento di una catena cinetica, che secondo Brotchie il segnale di riconoscimento della catena medesima, l'apporto dei neuroni basali minimo, aumentando sostanzialmente nel movimento successivo, dove gli stessi neuroni, riconosciuta la catena cinetica dal primo movimento, fungono da garanti dell'esecuzione canonica automatizzata nella macrosequenza del progetto motorio conosciuto in dettaglio.L'attivit del sistema extrapiramidale era massima quando il movimento era eseguibile dalla scimmia con il minimo di incertezze o di errori, mentre era minima quando la scimmia era incerta sulla successione muscolare nella catena cinetica. come (dicono gli autori citati) se un movimento, una volta appreso, cambiasse sede: i movimenti incerti, che necessitano di apprendimento, vengono comandati a livello corticale e la consapevolezza del fenomeno ne costituisce un carattere costante. Una volta appresa la sequenza motoria, il controllo della catena cinetica viene preso a carico dai NB, che si limitano ad una sorta di controllo di qualit rispetto ad un movimento gi studiato nei minimi dettagli ed in grado di essere messo in atto automaticamente, senza il controllo volontario.\p452Le quattro ipotesi funzionali sopra esposte non sono separate, n tantomeno si escludono l'un l'altra. A chi avr la curiosit di esaminarle nei dettagli (si consiglia per questo la lettura degli articoli originali), apparir evidente come esse focalizzino aspetti differenti di uno scenario comune che potrebbe essere definito genericamente come l'equilibrio fra i movimenti volontari ed i movimenti automatici.Senza ombra di dubbio, di tutte le teorie la pi approfondita quella di Alexander e Crutcher.Approfondita in numerosi lavori di ricerca e riportata in alcune importanti pubblicazioni dal '90 al '94, questa teoria rappresenta oggi la struttura portante del pensiero neurofisiologico sul significato clinico dei NB, ragion per cui la NF dei NB che verr di seguito esposta fa riferimento soprattutto ad essa.Fig. 19.5 - Lavoro di Alexander e Crutcher: nella colonna di sinistra: la scimmia riceve una preistruzione: il bersaglio sta per muoversi (ma l'animale non sa in che direzione) (rettangolo in alto); nel secondo rettangolo la scimmia compie il movimento di inseguimento del bersaglio; nel terzo rettangolo vi una post-istruzione: la scimmia cio viene informata che dovr ricatturare il bersaglio che sa gi muoversi nella direzione precedente; quarto rettangolo: movimento di ricattura. Nella colonna di destra, per afferrare il bersaglio la scimmia deve muovere il braccio nella direzione in cui situato nella parte alta, in direzione opposta nella parte bassa (da Alexander e Crutcher, 1990b). A seconda della direzione consensuale di bersaglio e movimento e della informazione sulla direzione del movimento si attivano differenti gruppi neuronali (spiegazioni nel testo).\p453I sistemi di circuiti dei nuclei della baseGli studi di Alexander a cui si fa riferimento vengono integrati dai lavori di Hazrati e Parent (1993), di Rothwell (1994), di Bhatia-Marsden (1994) e Marsden-Obeso (1994), che trattano pi in dettaglio aspetti specifici dell'argomento.In una serie di pubblicazioni fra il 1986 e il 1993, Alexander espone con chiarezza la propria valutazione sulla fisiologia e sul significato clinico dei NB. Tale valutazione pu essere ricondotta a cinque sistemi di circuiti fondamentali:- sistema dei

circuiti motori;- sistema dei circuiti oculomotori;- sistema dei circuiti dorsolaterale (NB)-prefrontale (Corteccia);- sistema dei circuiti laterali (NB)-orbitofrontali (Corteccia);- sistema dei circuiti limbici.I primi due sono i sistemi sui quali si focalizzata maggiormente la ricerca, sono i pi conosciuti e quelli dai quali ci si attende di poter ottenere la chiave interpretativa logica di tutto il sistema.Il terzo e quarto sistema sono conosciuti solo approssimativamente: il loro grande interesse risiede nella recente ipotesi dei NB come punto di incontro e integrazione delle numerose informazioni provenienti da strutture encefaliche con scopi differenti (controllo della affettivit degli istinti e della razionalit), tutte in grado di influenzare i progetti motori (sistema dei circuiti paralleli).Entrambi i versanti di questi ultimi due sistemi sono profondamente interconnessi con gli analoghi settori della corteccia frontale, alla quale si rimanda per eventuali chiarimenti sul significato neuropsicologico dei sistemi stessi.Del quinto sistema si conosce, a tutt'oggi, molto poco; si ritiene che esso intrecci gli aspetti istintivi del SNC (lobo limbico della corteccia cerebrale) con la progettualit e le strategie motorie in transito nei primi due sistemi.Sistema dei circuiti motori un sistema di circuiti che si suppone partecipi direttamente al controllo ed all'esecuzione del progetto motorio. L'ipotesi legata sia alle connessioni di questo sistema di circuiti con altre strutture non appartenenti ai NB, sia agli eventi patologici collegati ad un suo deficit.Le informazioni afferenti arrivano dalle cortecce motorie (area 4 di Brodmann) e premotorie (area 6 di Brodmann) del lobo frontale e, in parte minore, dalle cortecce sensitive parietali (3-2-1 di Brodmann) e secondarie (area 5 e 7 di Brodmann). Non vi sono collegamenti con le aree terziarie del polo frontale, n direttamente con altre strutture del SNC.Entrambe le componenti delle aree premotorie (6 di Brodmann) del lobo frontale trasmettono ai NB: la APA [8], situata sulla superficie laterale del lobo frontale e la SMA, situata invece sulla superficie mediale dello stesso lobo.[8] APA deriva dall'inglese Arcuate Premotor Area e corrisponde alla zona di area 6 che si trova attorno al solco arcuato, sulla superficie laterale del lobo frontale. SMA deriva dall'inglese Supplementary Motor Area e copre la zona di area 6 situata sulla superficie mediale del lobo frontale. Le due aree presentano alcune differenze funzionali e fisiologiche importanti, per le quali si rimanda al capitolo sul movimento e la corteccia cerebrale ma sono entrambe raccolte sotto la dizione di area premotoria (6 di Brodmann).\p454Fig. 19.6 - Circuiti motori dei nuclei della base. SMA area supplementare motoria (6 di Brodmann); PMC=APA area premotoria (6 di Brodmann); MC corteccia motoria primaria; CM sta per nucleo centromediano del talamo. Le altre dizioni come da leggenda. Cerchi pieni: neuroni inibitori, cerchi vuoti: neuroni facilitatori.Le aree sensitive parietali trasmettono ai NB sia con la loro componente primaria (3-2-1 di Brodmann) che secondaria (area 5 e 7 di Brodmann). Queste aree trasmettono ai NB informazioni provenienti esclusivamente dai propriocettori muscolari e articolari.Tranne una quota ridotta che si dirige direttamente al NST (vedi oltre), tutte le informazioni corticali afferenti a questo sistema di circuiti convergono solamente sul P, dove i neuroni riceventi possiedono un'organizzazione approssimativamente somatotopica, con l'arto inferiore in posizione dorsale, il viso posto ventralmente e l'arto superiore situato fra i due.Le informazioni provenienti dai differenti tipi di corteccia si sovrappongono in maniera indistricabile e non sono pi riconoscibili all'interno delle zone di proiezione.I neuroni del P (ma pi in generale i neuroni di tutto il corpo striato) sono caratterizzati per il 98% da un'ampia arborizzazione dendritica con numerose spine sinaptiche. Le terminazioni eccitatone (che usano il Glutammato come mediatore chimico) provenienti dalla corteccia (da tutte le cortecce citate, senza distinzione), formano le loro sinapsi all'apice dell'arborizzazione

dendritica dei neuroni del P (lontano dal soma cellulare).Si tratta, come aspetto morfologico ultrastrutturale, di tipiche sinapsi eccitatone che mostrano al microscopio elettronico il caratteristico, asimmetrico ispessimento della membrana presinaptica.\p455Le terminazioni provenienti dalla SNpc, inibitorie (che usano la Dopamina come mediatore), terminano invece alla base dell'arborizzazione dendritica, sulle apposite spine sinaptiche (vedi anatomia microscopica).Il restante 2% dei neuroni del P sono interneuroni eccitatori (che usano come mediatore Acetilcolina e sostanza P). Anche gli interneuroni eccitatori mandano le loro terminazioni sulle spine sinaptiche.I vantaggi di un collegamento a livello della spina sinaptica [9] non sono ancora chiari. Le terminazioni che cadono su queste spine, essendo situate in prossimit del soma, paiono avere un'azione prevalente e modulatrice ripetto alle sinapsi che cadono in altri punti della arborizzazione dendritica.[9] Essa rappresenta una specializzazione sinaptica del neurone postsinapticoDal P partono due circuiti che terminano entrambi sul GPi, ma attraverso percorsi differenti.Il primo, o circuito diretto, inibitorio ed ha come mediatori il GABA e la sostanza P; ha inizio nel P e termina, senza stazioni intermedie, sul GPi.Nel GPi gli assoni del circuito entrano dalla parte anteriore (rostrale), si dirigono posteriormente (caudalmente) contraendo sinapsi sempre pi numerose man mano che si avvicinano alla coda del pallido (Hazrati-Parent, 1993).Il GPi la vera e propria porta di uscita dai NB ed i suoi neuroni inibiscono (GABA) i nuclei talamici su cui proiettano: il ventrale anteriore (VA) ed il ventrale laterale (VL).Il nucleo talamico VL oltre che stazione di arrivo di alcune vie pallidali, riceve anche le informazioni cerebellari indirizzate alla corteccia motoria. In questo nucleo dunque avviene un'importantissima integrazione fra le informazioni elaborate nei due principali sistemi motori sottocorticali, il cervelletto ed i nuclei della base.Le informazioni, una volta elaborate, ritornano alla corteccia cerebrale, a quelle stesse aree motorie primaria (area 4) e secondaria (area 6) da cui erano partiti gli stimoli iniziali per questo circuito.Le sinapsi del circuito diretto sono asso-dendritiche e rivestono la parte pi lontana dell'arborizzazione dei neuroni del GPi con una struttura inglobante a nido d'ape.Il circuito inibisce in maniera diretta i neuroni efferenti dal GPi, ma l'inibizione debole, in quanto molto periferica rispetto al soma.Il risultato finale dell'azione del primo circuito, se operasse in splendida solitudine, sarebbe una disinibizione dei nuclei VA e VL del talamo (il circuito inibisce l'inibizione del GPi su detti nuclei).Una disinibizione dei nuclei talamici, particolarmente del VL, darebbe libert d'azione alle afferenze cerebellari (eccitatone), con un quadro clinico di eccesso di movimento (ipercinesia).La perdita dell'inibizione pallido-talamica e la conseguente scarica ritmica dei neuroni talamici oggi considerata una delle situazioni patologiche alla base del tremore.Il secondo circuito, o circuito indiretto, pi complesso ed ha origine (il P) e terminazione (il GPi) identica al primo, ma pi lungo e transita attraverso due stazioni intermedie.In questo secondo circuito la efferenza dal P si dirige verso il GPe ed una via inibitoria (mediatore il GABA e le Enkefaline), che riduce l'azione, pure inibitoria (ed ancora con il GABA come mediatore), che il GPe esercita sul NST, terza stazione della via.Il NST, parallelamente a questa afferenza pallidale, riceve informazioni lungo un circuito proveniente direttamente dalla corteccia cerebrale (la stessa che \p456 trasmette al P). Il collegamento fra la corteccia cerebrale ed il NST ha come mediatore il Glutammato e costituisce un circuito eccitatorio.L'afferenza corticale ai NB si articola quindi in due distinti circuiti, ciascuno dei quali svolge una azione positiva sul NST. Questo nucleo viene eccitato direttamente attraverso le vie cortico-subtalamiche, mentre indirettamente (attraverso le vie cortico-putaminali), viene privato di una inibizione esercitata dal globo pallido esterno. La doppia azione

facilitatoria sul NST consente una sua decisa attivit stimolante sui neuroni del GPi, la cui azione inibitoria sul talamo cos esaltata.Anatomicamente le terminazioni del secondo circuito entrano nel GPi in senso caudo-dorsale, cio in direzione inversa rispetto alle afferenze del primo circuito.A livello sinaptico le terminazioni del circuito indiretto giungono in prevalenza sul soma neuronale con un tipico bottone asso-somatico, al contrario delle terminazioni del primo circuito che giungono invece alla periferia dell'arborizza-zione dendritica dei neuroni del GPi.Le terminazioni del secondo circuito sono dunque anatomicamente prevalenti rispetto a quelle del primo. Ci che succede fisiologicamente, data la presenza di entrambi i circuiti (se questi due circuiti fossero gli unici circuiti del sistema) pu essere riassunto come segue:a) Una iniziale afferenza eccitatoria dalla corteccia cerebrale attiva indistintamente i neuroni del putamen e del NST.b) I neuroni del P attivano due circuiti (entrambi inibitori): il primo inibisce i neuroni del GPi entrando rostralmente al nucleo e mandando i suoi assoni alla periferia delle arborizzazioni dendritiche; il secondo eccita questi stessi neuroni attraverso sinapsi forti , di tipo assosomatico.Il risultato finale sul talamo dell'azione dei due circuiti una modulazione di tipo inibitorio dei neuroni di proiezione alle cortecce motorie, che a sua volta viene cadenzata all'interno del GPi, in quanto stimolata prepotentemente dal NST ed inibita con minor vigore dal P.Questa modulazione talamica gioca un ruolo fondamentale nella regolazione armonica del movimento poich, all'interno di una catena cinetica, il circuito diretto sembrerebbe favorire i movimenti volontari e quello indiretto limitare i movimenti posturali automatici o/e quelli indesiderati. Se privati di questa modulazione, i neuroni talamici iniziano ad attivare la corteccia cerebrale in maniera sincrona, con un ritmo di scarica di circa tre cicli al secondo. Questa attivit assolutamente in fase con il tremore clinicamente rilevabile a livello dell'apparato locomotore nelle malattie extrapiramidali ed probabilmente ritmata dai neuroni reticolari del talamo (si veda il capitolo 29).I due circuiti finora esaminati operano quindi in modo sinergico sul GPi. Recentemente Parent e Hazrati (1990) hanno dimostrato, anatomicamente ma non ancora fisiologicamente [10], l'esistenza di un terzo circuito. Si tratta di un circuito che dal GPe proietta direttamente sul GPi, con mediatore inibitorio (GABA), con lo stesso tipo di sinapsi e sugli stessi neuroni del NST (che su questi neuroni aveva per un effetto eccitatorio).[10] Quando si definisce una connessione anatomica non dimostrata fisiologicamente , significa che con i metodi di colorazione del citoplasma assonale (famoso fra tutti il metodo dell'impregnazione argentica, che valse a Camillo Golgi dell'Universit di Pavia, il Premio Nobel) si individua anatomicamente un circuito: gli assoni si dirigono cio effettivamente verso i neuroni bersaglio, ma lungo quel circuito non si in grado di vedere transitare mai alcuno spike.La presenza di questo terzo circuito, le ripetute aperture a ventaglio, le convergenze ad imbuto dei circuiti diretto ed indiretto e l'esistenza all'interno dei NB di almeno 5 sistemi paralleli di elaborazione delle informazioni provenienti dalla corteccia cerebrale, pongono inevitabilmente problemi chiave nello studio e nella comprensione della neurofisiologia dei NB.\p457Ci che oggi ci si domanda in particolare quanto segue:- quale sia il significato clinico dei NB- se sia possibile, attraverso lo studio dei circuiti conosciuti, ottenere risposte al riguardo.Queste domande non trovano ancora una risposta compiuta. Lo studio dei circuiti ci fornisce la possibilit di esaminare (e ridurre) il gap [11] fra neurofisiologia e clinica, ma non di colmarlo: lo studio della importanza clinica dei circuiti dei NB quindi ancora legato alle teorie generali precedentemente esposte.[11] Costituito dall'incapacit di comprendere come i singoli fenomeni e circuiti neurofisiologici siano organizzati in un'architettura

globale.Fig. 19.7 - Circuiti oculomotori; FEF area corticale oculomotoria frontale (8 di Brodmann); SEF area oculomotoria supplementare parietale; SOP.COLL collicoli superiori; PPRF formazione reticolare paramediana del ponte; MDmf nucleo mediale dorsale del talamo, parte multiforme; VAmc Ventrale anteriore; parte magnicellulare.Il sistema dei circuiti oculomotori coadiuva i sistemi di controllo motorio dei muscoli oculari agendo, su questa muscolatura, in un modo che ricorda l'azione dell'insieme dei circuiti motori rispetto alla muscolatura scheletrica.Questo sistema partecipa in maniera attiva al meccanismo di fissazione maculare della mira oculare [12].[12] La visione maculare quella che consente di analizzare e comprendere il significato di ci che si vede; la mira tutto ci che cade nel campo visivo in senso generale.Se uno stimolo potenzialmente interessante colpisce la zona non maculare della retina, il sistema visivo oculomotore [13] si attiva per portare lo stimolo al \p458 centro della zona di visione maculare. La macula la zona della retina dove avviene l'analisi del segnale visivo, che costituisce il primo passo verso la consapevolezza e la coscientizzazione dello stimolo (visivo) e della situazione nel suo insieme.[13] Costituito da tutti i circuiti visuo-oculomotori, di cui i circuiti oculomotori dei nuclei della base sono una componente.Il movimento che porta lo stimolo visivo al centro della visione maculare caratterizzato da un'attivit armonica e sinergica di tutti i muscoli oculari (e, se necessario, anche dei muscoli del capo e del collo). su questa attivit che si inserisce il lavoro dei circuiti oculomotori dei NB.Il sistema di circuiti visuo-oculomotori dei NB trae origine dalla corteccia prefrontale oculomotoria (area 8 di Brodmann). Entrambe le suddivisioni funzionali dell'area oculomotoria partecipano al circuito: la FEF, o corteccia prefrontale oculomotoria (FEF: frontal eye field) situata nella convessit del lobo frontale, ai confini con il polo frontale propriamente detto e la SEF, area motoria supplementare oculare (SEF supplementary eye field), situata all'apice ed anteriormente alla corteccia motoria supplementare (SMA). necessario ricordare che da queste aree nasce anche la via principale del sistema visuo-oculomotore, che non transita attraverso i NB, ma finisce direttamente sia nei tubercoli quadrigemini superiori sia nei nuclei oculomotori mesencefalici.Questa via esercita un'azione prevalente sui movimenti oculari rispetto a quella analoga, ma indiretta dei NB, di cui ci si occupa in questo paragrafo.Le afferenze (eccitatorie, Glutammato) si dirigono dalla FEF e SEF alla parte antero-laterale de l

a testa del C, dove il sistema, analogamente ai circuiti motori, si biforca dando luogo a due vie che si comportano come il circuito diretto ed indiretto del sistema motore. Il sistema di circuiti oculomotori ha per come destinazione la SNpr e non il GPi.La SNpr invia informazioni (inibitorie, GABA) verso i tubercoli quadrigemini superiori, la cui attivit di fondo, regolata dalle vie provenienti direttamente dalla FEF e dalla SEF, viene in questo modo modulata.I tubercoli quadrigemini superiori sono importantissime stazioni del sistema visuo-oculomotore. La loro zona intermedia, che contiene una mappa raffinata del campo visivo controlaterale, controlla i nuclei oculomotori mesencefalici, dove risiedono gli alfa-amotoneuroni dei muscoli oculari, in grado di attivare le unit motorie dei muscoli in maniera coordinata ed armonica durante l'inseguimento di una mira.I movimenti di inseguimento della mira vengono definiti saccadici (o saccadi).L'attivazione del tubercolo quadrigemino sinistro viene provocata da uno stimolo nell'emicampo visivo destro e provoca a sua volta le saccadi verso questo emicampo.I movimenti saccadici volontari vengono attivati dalla FEF, le saccadi automatiche dalla corteccia visiva parietale posteriore.Tutte le cortecce visive, come si visto, hanno proiezioni dirette sia sui tubercoli quadrigemini che sui nuclei degli oculomotori; su questi ultimi la loro azione diretta non sar modificabile, mentre a livello dei tubercoli quadrigemini essa pu essere modulata dall'azione del sistema visuo-oculomotore dei NB. L'attivazione del sistema visuo-oculomotore dei NB provoca una inibizione della SNpr, che quindi non pu pi inibire normalmente i tubercoli [14]. [14] Come si visto nel paragrafo dedicato all'attivit neuronale, la SNpr, analogamente al GPi, possiede una attivit di riposo dei propri neuroni di 60-100 Hz. Cio quando tutto il sistema a riposo, ciascun neurone esercita una attivit tonica inibitoria sui tubercoli quadrigemini superiori.Il risultato finale del sistema oculomotore dei NB una disinibizione dei collicoli, con un rinforzo conseguente del messaggio motorio proveniente dalle cortecce. Dal punto di vista clinico, ci significa una facilitazione per le saccadi di inseguimento della mira.\p459Il sistema visuo-oculomotore dei NB non in grado di per s di provocare le saccadi, per pu facilitarle di molto, ipopolarizzando i neuroni tubercolari.L'inibizione nigro-collicolare viene fortemente ridotta (vi cio una liberazione della via cortico-collicolare) in tre distinte condizioni:- quando si colpiti da uno stimolo visivo proveniente dallo spazio immediatamente circostante;- quando iniziano i movimenti saccadici verso lo stimolo interessante. per necessario ricordare che i neuroni della SNpr non partecipano assolutamente all'esecuzione di movimenti saccadici volontari astratti , eseguiti cio senza una mira o al buio;- quando si effettuano movimenti saccadici verso un dato punto, dove la memoria ci ricorda essere stato localizzato (in precedenza) uno stimolo visivo interessante.Tutto questo avviene sempre prima dell'inizio delle saccadi, confermando il significato preparatorio (e non di esecuzione motoria) delle vie visuo-oculomotorie dei NB.Il sistema dei circuiti oculomotori dei NB possiede anche alcune collaterali, dal significato per ora assai incerto. Queste, dalla SNpr si dirigono verso il GPi, che proietta a sua volta verso due nuclei talamici: il nucleo ventrale dorsale (VD) [15] ed il nucleo ventrale anteriore (VA). Da qui le informazioni terminano di nuovo alle cortecce di origine.[15] Il nucleo VD sia nella sua porzione inferiore che nella sua parte definita multiforme, il nucleo VA nella sua porzione magnicellulare.Il significato di questo circuito collaterale sconosciuto e probabilmente costituisce la parte integrante di un circuito che caratterizza la memoria visuo-spaziale: il ricordo dello stimolo e la sua collocazione spaziale all'interno del campo visivo (si veda, a questo proposito, l'ipotesi di Alexander sull'attivit di scarica dei neuroni extrapiramidali legata alle aspettative di movimento di un bersaglio visivo; tale ipotesi stata in parte trattata nel paragrafo

dedicato all'attivit di scarica dei neuroni dei NB).Alexander ipotizza si tratti di circuiti in grado di informare il SNC dell'esecuzione (futura) di un programma motorio automatico che, non necessitando dell'attenzione, deve solamente essere controllato durante lo svolgimento. I NB, attivati fra gli altri componenti del SNC da questo circuito preparatorio, eseguirebbero una sorta di controllo di qualit su alcuni punti della catena cinetica automatica, che consentirebbe di rilevare il corretto svolgersi della catena.L'ipotesi molto ardita, ancora tutta da verificare.Assai poco si conosce sui rimanenti sistemi paralleli, che transitano attraverso i NB per poi tornare alle stesse zone corticali di partenza (naturalmente passando per il talamo).Di essi non si conosce nemmeno l'intera circuitazione, tanto che alcuni percorsi sono stati evidenziati sperimentalmente, mentre altri sono solo teorizzati.Un punto di accesa discussione se essi siano assolutamente paralleli, cio con scarsi o nulli interscambi (Alexander, 1990), oppure se le singole stazioni nei NB siano proprio i punti nodali per l'integrazione fra i diversi sistemi paralleli (Percheron e Fillion, 1991).In questa seconda ipotesi i sistemi utilizzerebbero particolarmente il P e GPi come nuclei di scambio e integrazione per arricchirsi reciprocamente di informazioni appartenenti ai singoli circuiti, per poi riprendere ciascuno il proprio percorso a ritroso, verso i luoghi di origine.I tre circuiti rimanenti verranno di seguito esaminati con i limiti dovuti allo stato della ricerca nel campo.\p460Sistema di circuiti prefrontaliFig.19.8 - Circuiti prefrontali. DLFC corteccia prefrontale dorso-laterale; LOFC corteccia prefrontale orbitale laterale; MDpc nucleo talamico mediale dorsale parte parvicellulare; VAmc nucleo talamico ventrale anteriore, parte magnicellulare e VApc parte parvicellulare; Pf nucleo parafascicolare.Il sistema di circuiti prefrontali collega la corteccia DLPF (dorso-laterale-pre-frontale) e la corteccia LOFC (lateroorbitale-frontale) con la testa del nucleo caudato. Da qui, attraverso una serie di circuiti (supposti, ma non ancora provati) le informazioni tornerebbero alle cortecce medesime.Nella testa del C, in zone competenti per questo sistema, sono stati individuati molti neuroni che rispondono agli stimoli corticali, attivati da situazioni ambientali (cio esterne) o dalla memoria che, pare, siano basilari per la generazione delle corrette risposte comportamentali all'interno del polo frontale.In questa prospettiva, i NB sarebbero strutture di primaria importanza per l'elaborazione delle strategie e della personalit e per il ritmo con cui entrambe si esprimono, singolarmente e collegate fra loro [16].[16] Comincia cos a delinearsi scientificamente quella struttura che Pierre Marie aveva intuito il secolo scorso (definita in suo onore tetragono di Pierre Marie), caratterizzata dal lobo prefrontale, dalla testa del nucleo caudato (bilateralmente) e dai due talami mediali. Tale struttura venne individuata da Pierre Marie soprattutto grazie ad osservazioni cliniche e anatomo-patologiche. Il tetragono di Pierre Marie stato sempre considerato struttura fondamentale per la personalit e la strategia dell'individuo. Determinante fu anche 1' individuazione, avvenuta proprio in quel periodo, di circuiti di fibre bianche che collegano alcune di queste strutture: i cosiddetti Campi di Forel (pi precisamente il Campo H, H1 e H2 di Forel).La testa del C sarebbe il tramite fra questo sistema (ed anche il cervello viscerale, vedi sistema limbico) e la corretta esecuzione delle catene cinetiche motorie. La connessione dei due sistemi di circuiti avverrebbe attraverso la SNpc. noto a tutti come l'attenzione o la tensione emotiva possano influenzare l'esecuzione di un progetto motorio: tale influenza avverrebbe a livello dei NB.Sistema limbicoDalla ACA (corteccia-cingolata-anteriore) e dalla MOFC (corteccia orbito-frontale-mediale) originano i circuiti di questo sistema, che proiettano alla parte \p461 ventrale dello striato , termine con il quale viene oggi definito il nucleo accumbens. La proiezione diretta secondo alcuni (Alexander, 1993), indiretta secondo altri

(attraverso l'amigdala e l'ippocampo, Rolls e Williams, 1987) [17]. Da qui le informazioni giungerebbero, attraverso una via per ora solamente ipotizzata, alla testa del C, procedendo verso la SNpc, che trasmette a sua volta verso il P motore.[17] Ricordiamo che l'amigdala, ma soprattutto l'ippocampo giocano un ruolo fondamentale nel complesso meccanismo della memoria. Possibile, ma assai impegnativo, pensarli con un ruolo fondamentale anche all'interno dei NB. importante notare a questo livello che le afferenze alla SNpc, per quanto ora dato sapere, arrivano unicamente dagli Striosomi del C (vedi microanatomia), con i quali il lobo limbico ha un rapporto assolutamente privilegiato. La SNpc proietta invece sulla Matrice (vedi sempre microanatomia) dello striato (pi precisamente del P motore), su una spina sinaptica posta in prossimit del pirenoforo, in posizione tale da modulare in modo prevalente i circuiti cortico-putaminali dei sistemi motore ed oculomotore.Collegando tutte queste informazioni, Rothwell (1994) ipotizza che ...i fattori emozionali e l'attenzione, dal sistema limbico, possano modulare in maniera determinante l'efficacia dei sistemi di controllo del movimento Con questa affermazione egli sottolinea decisamente come, a suo parere, l'integrazione delle funzioni emozionali e cognitive con le funzioni motorie sia una delle funzioni principali dei NB.Fig. 19.9 - Circuito limbico. ACA area corticale cingolata anteriore; MOFC area corticale orbitofrontale mediale; MDpc nucleo talamico mediale dorsale parte parvicellulare MDmc nucleo talamico mediale dorsale parte magnicellulare; VS striato ventrale. VP pallido centrale.Sistema corticale diffusoDel Sistema corticale diffuso non sappiamo quasi nulla. Le connessioni conosciute sono fra la corteccia visiva temporale inferiore e la coda del C, dove neuroni (contesto-dipendenti) rispondono solamente ad alcune caratteristiche \p462 qualificanti lo stimolo visivo: il colore, la forma e la direzione dello stimolo stesso (quest'ultima solo se esso si muove, naturalmente, non in una situazione di laboratorio). Le risposte di detti neuroni si adattano (cio smettono di generare spike per la comparsa del nuovo stimolo) assai rapidamente, molto pi degli omologhi neuroni della corteccia visiva temporale inferiore, dove il sistema stesso ha origine.Il sistema sembra giocare un ruolo importante nella modificazione dei programmi motori rispetto a nuovi stimoli visivi che cadano all'interno del campo.Fig. 19.10 Sistema corticale diffuso. DA dopamina; THAL talamo; NPP nucleo peduncolo pontino (Tutti i circuiti dei nuclei della base sono presi da Alexander, 1990).BibliografaAlbanese A., I gangli motori e i disturbi del movimento ed. Piccin Padova, 1991. Alexander CE., DeLong M.R. and Strick P.L., Parallel organisation of functionally segregated circuits linking basai ganglia and cortex, Annu. Rev. Neurosci., 9, 357-381, 1986. Alexander G.E. and Crutcher M.D., Functional architecture of basal ganglia circuits: neural substrates of parallel processing, TrendsNeurosci., 13,266-271, 1990a. Alexander G.E. and Crutcher M.D., Preparation for movement: neural representations of intended direction in three motor areas of the monkey, 1. Neuro physiol., 64,133-150; 150-163; 164-178, 1990b. Bathia K.P., Marsden CD., The behavioural and motor consequences of focal lesions of the basal ganglia in man. Brain 117, 859-876, 1994. Brotchie P., Ianseck R. and Home M.K., Motor function of the monkey globus pallidus, Papers 1 and 2, Brain, 114,1667-1702, 1991. Carpenter M.B., Anatomy of the corpus striatum and brainstem integrating systems, in V. B. Brooks (ed.), Handbook of Physiology, sect. 1, vol. 2, part 2, 1981. Carpenter, Neuroanatomia Piccin, 1977.\p463Chevalier G. e Deniau J.M., Disinhibition as a basic process in the expression of striatal function, Trends Neurosci. 13,277-280, 1990. Chusid J.G., Neuroanatomia correlazionistica e neurologia funzionale. Piccin 1990. Williams and Wilkins, Baltimore, pp. 947-995. Jechevalier G. and Deniau, J. M. Disinhibition as a basic process in the expression of striatal function, Trends Neurosci. 13,277-280, 1990.Crutcher M.D. and DeLong M.R., Single

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patologia sul piano medico e farmacologico impone per di dedicare la massima attenzione anche alla ricerca di tutte le strategie terapeutiche atte a far emergere la maggior potenzialit motoria del soggetto sul piano qualitativo e quantitativo.Per fare questo, inizieremo il nostro lavoro attraverso uno studio delle modificazioni che subiscono la postura e lo schema motorio assunto spontaneamente dal paziente parkinsoniano.Proveremo in seguito a descrivere l'atteggiamento prevalente tenuto dalle singole articolazioni coinvolte nella patologia e a capire quali sono i gruppi muscolari che realizzano un'azione dominante sugli antagonisti, cos da favorire il rinforzo di un certo atteggiamento piuttosto che un altro.Disturbo della motricit automaticaL'atteggiamento spontaneo che osserviamo nel paziente parkinsoniano condizionato da un disturbo della motricit automatica, presente fin dai primi esordi della malattia, che si manifesta parallelamente ad uno squilibrio del tono muscolare.Questo trascina l'apparato muscolo-scheletrico verso alcune posizioni che analizzeremo in seguito.\p465La difficolt nell'eseguire attivamente un certo movimento si pu presentare in diversi modi, e provoca una progressiva estraniazione del soggetto dal contesto che lo circonda, una diminuzione della reattivit agli stimoli esterni ed il racchiudersi progressivamente, fino ad escludere quasi completamente tutto ci che si trova al di fuori di esso.Lo sguardo si modifica divenendo sempre meno espressivo, diminuiscono le rotazioni del capo che consentirebbero di osservare ci che accade intorno, iniziano a comparire le prime difficolt nel coordinare i movimenti degli arti superiori durante il cammino e compaiono anche altri segni che costituiscono l'insieme dei problemi motori specifici di questi malati.Caratteristica del parkinsoniano la conservazione della capacit di realizzare attivamente il movimento libero da blocchi articolari su comando verbale, mentre tutto ci non possibile quando il soggetto sta pensando ad altro o, comunque, non concentrato sull'azione da eseguire.Viene progressivamente a scomparire la motricit automatica di accompagnamento dell'atto volontario, per cui la qualit del movimento ne risulta fortemente penalizzata.In una seconda fase iniziano anche i problemi della motricit volontaria, che si presentano in particolare all'esordio del movimento, con una difficolt nel dare il via alla sequenza motoria, come se un ostacolo impedisse di poter iniziare il movimento desiderato.Per superare questo problema, a volte sono necessarie alcune strategie che il paziente pu imparare ad utilizzare autonomamente.Un altro effetto della perdita di movimento volontario che merita di essere descritto, consiste nella modalit con cui il paziente parkinsoniano effettua gli spostamenti posturali, in particolare portandosi da supino a seduto e dalla posizione seduta alla stazione eretta.Rigidit extrapiramidaleL'atteggiamento spontaneo che assume il paziente affetto dal morbo di Parkinson nel corso dell'evoluzione della patologia uno degli effetti della lesione neurologica ed il nostro scopo quello di cercar di capire quali gruppi muscolari assumono un ruolo prevalente e quali sono le articolazioni coinvolte.La rigidit extra-piramidale si accompagna all'aumento globale del tono muscolare, in cui alcuni gruppi finiscono per prevalere sui loro antagonisti, andando a fissare la postura secondo un equilibrio tipico che osserviamo di solito nel paziente parkinsoniano.Il danno neurologico condiziona la qualit del tono muscolare di base di questi pazienti in modo molto diverso dall'emiplegico, e non esiste alcuna relazione tra la spasticit di questi e la rigidit degli altri.Nel caso del morbo di Parkinson, non si tratta per solo di un effetto primario della malattia, ma anche di una conseguenza della diminuita capacit del soggetto di muoversi liberamente durante la giornata, soprattutto avendo egli perduto quelle quote di movimento che accompagnano sempre l'azione principale che si desidera eseguire.Questa riduzione dell'attivit motoria porta il soggetto a chiudersi progressivamente, favorendo l'irrigidimento articolare che

aumenta sempre pi fino a divenire una delle cause dirette di limitazione funzionale, che si associa al problema neurologico.L'alterazione del tono limita la motricit, la limitazione del movimento aumenta la rigidit articolare che, a sua volta, induce il soggetto ad un'ulteriore riduzione dell'iniziativa motoria.\p466Tutti questi fattori si coalizzano insieme contro la qualit e l'efficacia del movimento.In posizione eretta, il parkinsoniano si presenta prevalentemente con il capo proiettato in avanti, le spalle antepulse e leggermente intraruotate, i gomiti flessi, un'importante ipercifosi dorsale che a volte trascina in cifosi anche il tratto lombare, le anche e le ginocchia ad un certo grado di flessione (Fig. 20.1).Sul piano chinesiologico occorre analizzare attentamente ci che accaduto all'apparato osteo-articolare per poter sapere esattamente come orientare le scelte terapeutiche.Fig. 20.1 - Atteggiamento tipico del paziente parkinsoniano, visto sul piano sagittaleBradicinesiaLa bradicinesia un anomalo rallentamento nell'esecuzione dell'atto motorio (si veda cap. 18), e comporta come conseguenza una riduzione progressiva dell'autonomia del paziente.Il controllo volontario del movimento riesce solo parzialmente a compensare l'assenza della motricit automatica, e ad un certo punto accade che non pi possibile al paziente eseguire alcune tra le funzioni pi complesse.Successivamente, le difficolt si estendono anche alle operazioni pi semplici.Il malato si rende conto di non poter pi contare sulla capacit di muoversi \p467 rapidamente, e tende sempre pi ad evitare di lasciarsi coinvolgere in situazioni potenzialmente pericolose.All'inizio sono colpite le competenze in cui viene richiesta un'elevata automatizzazione motoria e, ad esempio, i pazienti parkinsoniani non sono pi in grado di guidare l'automobile, di correre, di associare tra loro movimenti diversi, oppure di muoversi mentre sono mentalmente impegnati.Il reciproco condizionamento negativo del danno neurologico e delle limitazioni funzionali trova una risposta parziale attraverso la terapia farmacologica.Per ci che concerne i problemi secondari a carico dell'apparato osteo-articolare, invece necessario sottoporre questi malati ad un'adeguata esercitazione neuro-motoria, oltre che ad un intervento di sblocco delle limitazioni articolari, che riducono progressivamente il range di movimento libero da resistenze.Gli esercizi da proporre dovranno anche considerare la velocit con cui il gesto viene eseguito.Il malato inizia ad uscire di casa sempre meno, smette di lavorare ed anche di dedicarsi ad attivit in cui siano necessarie prestazioni motorie impegnative sul piano qualitativo e quantitativo, riducendo all'essenziale i movimenti che gli servono per mantenere i minimi livelli di autonomia.L'evoluzione di questa invalidit non omogenea e dipende dall'et del soggetto nel momento in cui la patologia fa la sua comparsa e dalla gravit della patologia stessa.Ad un certo punto dell'evoluzione patologica iniziano anche le difficolt negli spostamenti posturali e nella deambulazione in ambiente domestico.Il paziente non riesce pi a portarsi facilmente in posizione seduta quando sul letto, fatica ad alzarsi quando seduto su una sedia, non riesce pi a fare i passi in modo coordinato con i movimenti delle braccia ed in difficolt ogni volta che deve cambiare la posizione del proprio corpo nello spazio.TremoreIl tremore il segno pi appariscente del paziente parkinsoniano, anche se non quello che condiziona di pi la qualit del movimento.La sua presenza frequentissima alle mani e ad alcuni muscoli mimici, arrivando in seguito ad interessare anche la muscolatura dell'avambraccio e di tutto il resto del corpo.Si tratta di un tremore a riposo, che di solito scompare una volta iniziato il movimento volontario.Nella maggior parte dei casi, il suo effetto si limita a provocare un disturbo della motricit fine della mano ed alcune difficolt nel bere e nel mangiare.Per il resto si tratta solo di un fastidio che permette al paziente di eseguire volontariamente i movimenti, considerando anche che scompare una volta in cui il movimento iniziato, almeno fino a quando la patologia non raggiunge una fase

molto avanzata.Sono quindi le dita delle mani e la prensione ad essere principalmente condizionate dalla presenza del tremore (tipico atteggiamento del contar monete).Questo comporta conseguenze che possono incidere anche in modo significativo nella qualit della vita e nell'autonomia di questi pazienti.Osservazioni chinesiologichePassiamo ora in breve alla descrizione di alcuni aspetti particolarmente significativi delle alterazioni motorie nel paziente parkinsoniano, che ci \p468 permetteranno di trarre utili conclusioni al fine di delineare le strategie terapeutiche pi efficaci.Alcune indicazioni si basano sulla chinesiologia e la biomeccanica, altre considerano i problemi reumatologici conseguenti al danno neurologico primario, che sempre all'origine delle alterazioni e delle deformit che si osservano comunemente in questi malati.Passaggio da supino a sedutoLa corretta sequenza di movimenti che porta il soggetto da supino a seduto passa attraverso la posizione in decubito laterale, secondo una sequenza ordinata di spostamenti che vengono eseguiti da distinti gruppi muscolari.Anzitutto viene sollevata una spalla con un movimento dell'articolazione scapolo-toracica in cui i muscoli pettorali si contraggono concentricamente iniziando il movimento.A seguire, il soggetto flette l'arto inferiore, sollevando il ginocchio dal lettino ed appoggiandovi la pianta del piede.Con una spinta a partire dal piede si completa la rotazione del corpo spostando il bacino nella direzione del fianco in appoggio (Fig. 20.2).Fig. 20.2 - Sequenza di raddrizzamento da supino a seduto. Il paziente flette una gamba ed appoggia la pianta del piede destro sul lettinoUna volta sul fianco, si portano le gambe al di fuori del bordo del lettino e, anche attraverso un aiuto della mano che si trova sul fianco sovrastante, il soggetto si spinge verso la posizione seduta, sfruttando il bilanciamento favorevole costituito dal peso degli arti inferiori (Fig. 20.3).Questa sequenza di raddrizzamento piuttosto complessa, e richiede una notevole capacit di automatizzazione dei movimenti per poter essere eseguita correttamente.Il paziente affetto dal morbo di Parkinson perde progressivamente la fluidit di movimento che la rende possibile, ed inizialmente compensa alle difficolt con una energica contrazione degli addominali, portandosi direttamente dalla postura supina in posizione seduta.Dopo un certo periodo, pi o meno lungo a seconda della gravit della patologia, anche questo non pi possibile ed il malato, per potersi alzare, ha bisogno di essere aiutato.Vengono perse progressivamente le rotazioni dei cingoli che gli permettono di portarsi in decubito laterale, ed egli non riesce pi ad alzare la spalla, a spingere con il piede per ruotare il bacino ed a bilanciare il peso in modo da favorire il passaggio dal fianco alla posizione seduta.Fig. 20.3 - Sequenza di raddrizzamento da supino a seduto. Il paziente porta le gambe fuori dal lettino, iniziando a spingere con il braccio sinistro per verticalizzare il tronco\p469Pian piano le sequenze si riducono a movimenti essenziali, sprovviste di quelle quote motorie che accompagnano sempre l'azione principale.Il paziente fatica sempre pi a costruire volontariamente l'atto motorio, finendo per concentrarsi solo sull'obiettivo finale, che lo porta a trascurare tutto il resto.La fatica aumenta, e l'esecuzione sempre meno disinvolta e veloce.Quando non pi possibile portarsi con un unico movimento in posizione seduta, spesso non riesce neppure ad alzarsi da solo, e questa condizione comporta un grado elevato di perdita di autonomia.Passaggio dalla posizione seduta alla stazione erettaChinesiologicamente, una corretta sequenza motoria che permette al soggetto di alzarsi in piedi partendo dalla posizione seduta prevede come azione principale una contrazione dei muscoli estensori delle anche e delle ginocchia, insieme a quella degli estensori del tronco e del capo.Questi movimenti principali vengono eseguiti dai Glutei, dagli Ischio-tibiali, dal Quadricipite femorale, dal Tricipite surale, dagli Addominali, dai Para-vertebrali e dal gruppo dei muscoli estensori del

dorso, del collo e del capo.Alcuni di questi muscoli verranno analizzati biomeccanicamente in modo approfondito nel capitolo sui disturbi del tono muscolare dell'emiplegico.La sequenza ha inizio con uno spostamento anteriore del capo e del tronco che porta in avanti il baricentro corporeo e, attraverso un'inerzia provocata dalla dinamica del movimento, continua con una progressiva estensione congiunta delle anche e delle ginocchia, a cui si aggiunge un'estensione globale del rachide ed un allineamento del capo che consente al soggetto di raggiungere la stazione eretta.In ordine temporale entrano in gioco gli Addominali (Fig. 20.4), il Quadricipite femorale (Fig. 20.5), i Glutei (Fig. 20.6), la sinergia Ischio-tibiali e Tricipite surale per il movimento di estensione delle ginocchia (Fig. 20.7), gli estensori del rachide e gli estensori del capo (Fig. 20.8).\p470Fig. 20.4 - Sequenza di raddrizzamento da seduto su una sedia alla stazione eretta. Gli addominali trazionano anteriormente il troncoFig. 20.5 - Sequenza di raddrizzamento da seduto su una sedia alla stazione eretta. Il Quadricipite femorale si contrae, determinando il sollevamento del bacino dalla sedia e l'inizio dell'estensione degli arti inferiori.\p471Fig. 20.6 - Sequenza di raddrizzamento da seduto su una sedia alla stazione eretta. La contrazione dei Glutei determina l'estensione delle anche, favorendo un ulteriore sollevamento del bacinoLa sequenza presenta solo le contrazioni muscolari essenziali per eseguire questo raddrizzamento, ma sono molte di pi le operazioni chinesiologiche che vengono eseguite automaticamente senza coinvolgere l'attenzione e la volont.Ad esempio, uno spostamento anteriore delle spalle eseguito attraverso una contrazione sinergica del Grande e del Piccolo Pettorale permette di aumentare ulteriormente lo spostamento anteriore del baricentro all'inizio della sequenza, cos come una leggera antiversione del bacino favorisce il distacco dei Glutei dalla sedia, permettendo anche al Quadrato dei lombi di essere coinvolto nel movimento di sollevamento del bacino stesso.\p472Fig. 20.7 - Sequenza di raddrizzamento da seduto su una sedia alla stazione eretta. L'estensione delle ginocchia viene realizzata attraverso la contrazione sinergica degli Ischio-tibiali e del Tricipite suraleSpesso presente anche una flessione delle spalle (articolazioni gleno-omerali) che favorisce la spinta anteriore del tronco.Questa di solito si conclude con una retropulsione delle spalle stesse (articolazioni scapolo-toraciche) realizzata dai tre fasci del Trapezio (fissando in questo modo il cingolo scapolare), cos che la stazione eretta sia effettivamente completata.Tutti i movimenti di supporto complessivamente significativi per permettere al malato di eseguire questo spostamento in modo disinvolto e rapido, vengono progressivamente perduti dal paziente affetto dal morbo di Parkinson.Emerge quindi un importante problema: i movimenti automatici spesso non possono essere eseguiti in modo volontario, poich il paziente non li ha mai utilizzati volontariamente in passato.\p473Si tratta di movimenti che sono sempre stati eseguiti senza prestare attenzione, e non facile riuscire all'improvviso a dominarli con un atto volontario.Uno dei primi schemi motori a scomparire il movimento del capo verso l'avanti durante la traslazione anteriore del tronco.Seguono poi gli spostamenti delle spalle che accompagnano anteriormente il tronco, determinando una diminuzione significativa delle forze che realizzano la spinta, in modo da permettere agli estensori delle anche e delle ginocchia di entrare in azione per sollevare il bacino.Una volta che il peso del corpo stato trasferito in avanti, interviene chinesiologicamente anche un movimento di estensione globale della colonna vertebrale, che permette al malato di portarsi progressivamente verso la posizione eretta.L'intervento degli estensori del rachide si aggiunge a quello dei flessori di spalla e del capo, ed seguito dagli estensori dell'anca (i Glutei) e dagli estensori del ginocchio (il Quadricipite).Il paziente parkinsoniano inizialmente perde solo il primo dei due gruppi di movimenti citati, lasciando praticamente

solo agli addominali la possibilit di realizzare lo spostamento anteriore del tronco. per questo motivo che una delle prime difficolt riscontrate proprio quella di alzarsi da solo ed i malati spesso finiscono per ricadere pesantemente all'indietro sulla sedia.Finch la contrazione degli addominali riesce ad eseguire questa funzione il paziente in grado di alzarsi, quando invece ci non pi possibile, egli costretto a farsi aiutare.E a questo punto che iniziano anche le prime difficolt nel sollevarsi in piedi: il tronco si spostato in avanti, ed il paziente non riesce ad estendere le anche e le ginocchia se non viene aiutato.Il grado di invalidit aumentato ed diminuita la sua autonomia.Progressivamente l'evoluzione della patologia porta il paziente ad avere problemi sempre maggiori nella deambulazione e negli spostamenti posturali.\p474Fig. 20.8 - Sequenza di raddrizzamento da seduto su una sedia alla stazione eretta. L'assetto verticale del corpo viene raggiunto grazie ad una contrazione concentrica dei muscoli estensori del rachide.Antepulsione del capoIl capo si trova naturalmente spostato in avanti rispetto al piano passante per il baricentro del corpo, e la proiezione del suo centro di gravit cade al di fuori della base di appoggio costituita dal perimetro delle piante dei piedi (Fig. 20.9). quindi necessario che intervenga una certa quota di forza attiva per impedire una sua caduta anteriore. Questa forza rappresentata dalla contrazione dei muscoli Paravertebrali e degli estensori del collo, nonch dei muscoli lunghi che hanno le fibre disposte posteriormente rispetto al centro dei corpi vertebrali (fulcro della leva).L'asse che congiunge i punti centrali delle super-fici superiori ed inferiori dei dischi e dei corpi vertebrali, pu essere considerato come la successione dei fulcri delle leve in cui le forze agenti sono in parte gravitane ed in parte muscolari.In assenza di contrazione muscolare, il capo cadrebbe in avanti grazie all'attrazione esercitata dalla gravit e questo spostamento coinvolgerebbe in un primo tempo solo il capo, ma poi anche il tratto cervicale e successivamente il rachide dorsale.Al termine di questa sequenza, sempre in assenza di intervento muscolare, il capo sarebbe caduto in basso, il rachide cervicale avrebbe invertito la sua curva fisiologica portandosi in cifosi, il rachide dorsale avrebbe accentuato in modo significativo il grado della sua flessione e probabilmente sarebbe stato trascinato in cifosi anche il tratto lombare (Fig. 20.10).Tutto questo accade in misura pi ridotta nel soggetto parkinsoniano ed frequente osservare i pazienti che assumono questo tipico atteggiamento flessorio con il capo ed il rachide, in assenza di un richiamo verbale all'autocorrezione (atteggiamento camptocormico).La contrazione dei muscoli estensori del capo non un'azione volontaria in condizioni normali, e la perdita di controllo della motricit automatica provocata dalla patologia priva il paziente del fisiologico meccanismo di riequilibrazione biomeccanica, che riporterebbe il rachide nella sua corretta posizione verticale.Sul piano articolare si presentano una serie di problemi dovuti all'alterata distribuzione del carico su vertebre e dischi.In condizioni normali, il peso del corpo trasferito uniformemente sulle superfici dei corpi vertebrali e dei dischi, cos da diminuire la pressione esercitata sulle strutture portanti.Se invece l'atteggiamento che viene assunto per quasi tutta la giornata diventa quello di flessione anteriore del rachide, anche la pressione tender a spostarsi anteriormente e ad essere concentrata su di una superficie pi limitata.Le faccette articolari si allontanano, mettendo in tensione le parti molli periarticolari che si trovano attorno ad esse.A questo corrisponde un aumento della pressione nella porzione anteriore dei corpi vertebrali e dei dischi, che determina lo scatenamento di una serie di reazioni dolorose, aggiungendo al disturbo neurologico un ulteriore problema (Fig. 20.11).Fig. 20.9 - Soggetto in piedi sul piano sagittale. La proiezione del baricentro del capo ricade leggermente al di fuori del perimetro della base di appoggio che circoscrive le piante dei piedi

(anteriormente)\p475Fig. 20.10 - Posizione in cui si viene a trovare un soggetto in assenza di contrazione muscolare. Il capo ed il tronco si flettono, portandosi progressivamente in avantiFig. 20.11 L'atteggiamento globale in flessione del rachide determina uno schiacciamento della porzione anteriore dei dischi intervertebrali, con conseguente scatenamento della sintomatologia dolorosa.\p476Il capo, nelle prime fasi in cui iniziano a presentarsi queste deformit, pu ancora essere mantenuto in posizione verticale e consentire l'orizzontalit dello sguardo.L'estensione necessaria viene per concentrata tutta sui livelli pi alti delle articolazioni vertebrali, sulle articolazioni occipito-atlantoidee ed atlo-assoidee, che devono recuperare tutta la flessione che il rachide ha accumulato (Fig. 20.12).Anche questa iperestensione pu provocare disturbi, che frequentemente si manifestano come cefalee o dolori cervicali e nucali.Fig. 20.12 - Rettineizzazione del tratto cervicale inferiore (C3C7), con accentuazione della lordosi ai livelli superiori (C1-C3 ed articolazioni occipito-atlantoidee)Ipercifosi dorsaleSul tratto dorsale accade la stessa cosa che abbiamo appena osservato nel rachide cervicale, cio un'alterazione della distribuzione del carico su corpi vertebrali e dischi, per cui normale che si presentino rapidamente alcuni disturbi dolorosi nella colonna.Lo spostamento dell'arco posteriore e dei processi trasversi finisce non di rado per irritare le radici nervose che vanno a costituire i nervi periferici, accentuando la sintomatologia.Il rachide dorsale si articola anche con le coste, e la sua chinesiologia si inserisce nella dinamica respiratoria, attraverso le articolazioni costovertebrali e costo-trasversarie.Quando il tratto dorsale si porta in flessione, i movimenti di queste articolazioni sono molto limitati, e la gabbia toracica diminuisce la sua capacit di espandersi, non potendo sollevarsi attraverso una contrazione dei muscoli inspiratori principali ed accessori (Fig. 20.13).\p477Fig. 20.13 - L'antepul-sione del capo e l'iper-cifosi dorsale determinano una difficolt meccanica al sollevamento delle coste che, di conseguenza, non riescono pi a far s che aumentino i diametri ante-ro-posteriore e latero-laterale del torace per permettere una buona inspirazione.Con la mobilit costale cos fortemente ridotta, si possono quindi presentare anche disturbi di natura restrittiva dell'apparato respiratorio.Il progressivo irrigidimento del rachide cervicale e dorsale, unito ai problemi neurologici, crea dunque una condizione di affaticamento nel paziente parkinsoniano, per cui diviene sempre pi problematica la sua partecipazione attiva nella vita di relazione con il mondo esterno.Pi si irrigidiscono le articolazioni e meno il malato disponibile a socializzare; pi si chiude in se stesso e pi i suoi movimenti tendono a bloccarsi.Queste difficolt si rinforzano quindi reciprocamente, aumentando le une gli effetti provocati dalle altre.Anche l'alterazione della motricit automatica favorisce un irrigidimento articolare, e costringe il soggetto a prestare sempre pi attenzione a come esegue i movimenti, cosa che si deve forzatamente realizzare sotto il controllo della volont.Il paziente si affatica sempre pi per compiere lo stesso movimento ed aumentano quindi i suoi problemi e le difficolt dovute al danno neurologico.Il risultato finale una condizione di generale spossatezza dei malati che, ad un certo punto, non riescono pi ad opporsi alla spirale di progressivo impoverimento motorio.L'ipercifosi dorsale e l'antepulsione del capo, con rettilineizzazione del tratto cervicale, rappresentano uno degli aspetti pi caratteristici del paziente affetto dal morbo di Parkinson.La sovrapposizione di problemi di natura diversa, neurologici e reumatologici, rende pi complicato il compito del riabilitatore, chiamato ad ipotizzare proposte terapeutiche finalizzate a risolvere tutti i problemi del paziente.Spesso questo compito non affatto facile.Antepulsione ed intrarotazione delle spalleNel passaggio dalla posizione seduta alla stazione eretta, il parkinsoniano ha perso la

dinamica propulsiva costituita dalla spinta anteriore delle spalle.Questo lo porta progressivamente ad assumere un atteggiamento sempre pi chiuso.La sede del danno si trova prevalentemente nei pressi dell'articolazione scapolo-toracica ed esso viene descritto sul piano chinesiologico come uno spostamento anteriore delle scapole sul torace, che porta la testa omerale ad essere orientata in avanti, trascinando dietro di s tutto l'arto superiore in antepulsione (Fig. 20.14).L'articolazione gleno-omerale partecipa a questo spostamento solo con una minima quota di intrarotazione delle braccia, che porta le teste omerali ancora pi in avanti ed internamente, bloccando le spalle in questa posizione ed impedendo \p478 loro di potersi muovere con libert, per consentire alla mano di essere guidata nello spazio verso gli oggetti da manipolare.I due muscoli principali che agiscono come protagonisti in questa azione sono il Grande ed il Piccolo pettorale, che si inseriscono anteriormente sulla testa dell'omero, realizzando in modo diretto la quota di intrarotazione delle articolazioni gleno-omerali (Fig. 20.15).Fig. 20.14 - Soggetto visto posteriormente sul piano frontale. L'atteggiamento in antepulsione ed intrarotazione delle spalle si evidenzia con un'abduzione ed un basculamento delle scapole verso l'esternoFig. 20.15 - Anteriormente, il soggetto presenta un'iperattivit bilaterale del Gran pettorale e del Piccolo pettorale, che concorre a provocare l'intrarotazione delle spalle\p479Questo spostamento coinvolge in una seconda fase le articolazioni scapolo-toraciche, attraverso il collegamento anatomico di cui fanno parte i muscoli intrarotatori che originano sulla scapola e si inseriscono sulla testa dell'omero: il Sottoscapolare ed il Gran Rotondo.Si viene quindi a creare un complesso muscolo-articolare che si applica a livello dello sterno e delle coste e termina con la scapola che, a sua volta, dovrebbe essere trattenuta nella sua posizione naturale dalla contrazione attiva dei suoi adduttori, principalmente il Trapezio intermedio, l'Angolare della scapola ed i Romboidei.L'azione prevalente nel paziente parkinsoniano dunque quella esercitata dai due Pettorali, mentre i gruppi muscolari che dovrebbero riequibrare l'assetto globale della spalla finiscono progressivamente per non riuscire pi a svolgere il proprio ruolo in modo adeguato.Avambracci semi-flessiIl gomito un'articolazione che si presenta in quasi tutte le patologie del Sistema Nervoso Centrale con una prevalenza dei flessori sugli estensori.I motivi che determinano questo squilibrio sono probabilmente numerosi, ma credo che due di essi siano i principali: da un lato l'importanza della flessione nell'avvicinamento della mano alla bocca, dall'altro la continua sollecitazione in allungamento a cui sottoposto il Bicipite brachiale attraverso la forza peso dell'avambraccio.Anche in questo caso, l'evoluzione della patologia determina un aumento della prevalenza flessoria, e la modesta quota di flessione che si presenta inizialmente destinata ad aumentare nel tempo.Chinesiologicamente il ragionamento sovrapponibile a quello che descriveremo nel capitolo sull'emiplegia, in cui il vettore costruito in base alle caratteristiche anatomiche del Bicipite brachiale esprime una forza maggiore di quello relativo al Tricipite brachiale (principale estensore), principalmente a causa della differenza di modulo vettoriale dei due antagonisti.L'alterazione del tono muscolare del paziente parkinsoniano molto diversa da quella che osserveremo nell'emiplegico, e consiste in un aumento sia degli agonisti che degli antagonisti, che determina una rigidit articolare globale, in cui le ossa vengono bloccate in una certa posizione.Diventa quindi difficile mobilizzare le articolazioni verso tutte le fisiologiche direzioni del movimento.Pertanto nella rappresentazione vettoriale ci troveremo di fronte a due rettangoli biomeccanici di dimensioni aumentate anche se, in proporzione, il modulo del vettore che rappresenta la contrazione del Bicipite brachiale sar maggiore di quello del Tricipite (Fig. 20.16).Questa sproporzione aumenter man mano che evolve la

patologia.Rimangono invece inalterati la lunghezza del braccio di potenza della leva e l'angolo compreso tra la direzione vettoriale ed il braccio di leva stesso.L'azione del Bicipite comporta anche una conseguenza sull'equilibrio dei movimenti di supinazione e pronazione dell'avambraccio, poich la sua inserzione distale si trova sulla tuberosit del radio ed una sua contrazione provoca quindi anche una supinazione del gomito.A questa si oppone a volte l'azione gravitarla, che tende a portare l'avambraccio verso la pronazione, per cui possibile in certi casi osservare il parkinsoniano in cui prevale l'atteggiamento in supinazione ed in altri in cui prevalente la pronazione.\p480Fig. 20.16 - Analisi biomeccanica del Bicipite brachiale e del Tricipite brachiale sull'articolazione del gomito nel piano sagittale. Il gomito leggermente flesso. Si pu notare la maggior lunghezza della quota chinesiologicamente efficace del Bicipite brachiale, che determina la prevalenza della flessione sull'estensione\p481Anche e ginocchia flesseL'equilibrio del tronco trova il suo naturale sostegno nelle ossa del bacino, che devono essere perfettamente bilanciate in senso sagittale e frontale, cos da poter accogliere le forze discendenti che si concentrano prevalentemente sulle articolazioni che gravitano attorno al sacro.Il collegamento con il suolo passa attraverso le strutture osteo-muscolari degli arti inferiori, che sono forniti di articolazioni, capsule e legamenti adatti a mantenere la stazione eretta con il minimo coinvolgimento muscolare.La testa del femore si inserisce nell'acetabolo in modo che, quando il soggetto in piedi, sia necessaria solo una minima contrazione dei Glutei per garantire l'equilibrio dell'anca.Le ginocchia invece si trovano in posizione di massima estensione, per cui i condili femorali appoggiano sul piatto tibiale attraverso la tenuta dei forti legamenti collaterali e crociati, che garantiscono quasi completamente il mantenimento della stazione eretta senza l'intervento della contrazione muscolare.Tutto questo vale solo quando l'anca ed il ginocchio si trovano sullo stesso asse verticale passante per le diafisi del femore e della tibia, cio quando sono completamente annullate le quote di flessione che intervengono durante il cammino.Se per qualsiasi motivo il paziente non riesce a mantenere correttamente questa posizione, si rende necessario l'intervento muscolare, finalizzato ad impedire che il baricentro vada a cadere all'esterno del poligono di appoggio.Il paziente parkinsoniano si viene a trovare esattamente in questa situazione, avendo egli perso la capacit di mantenere le anche e le ginocchia estese, ed arrivando ad assumere un atteggiamento di leggera flessione che finisce per alterare tutto l'equilibrio ortostatico.Sar quindi costretto a contrarre attivamente i Glutei ed i Quadricipiti femorali (Fig. 20.17).Questo atteggiamento in flessione non conseguente a forze biomeccaniche, come dimostrato dall'analisi dei valori che risultano dopo uno studio dei moduli vettoriali, dei bracci di potenza e resistenza e dell'ampiezza degli angoli con cui le forze sono applicate ai segmenti ossei.Non esistono infatti ragioni di ordine biomeccanico che chiariscano i motivi per cui il paziente parkinsoniano tenda a mantenere flesse le anche e le ginocchia, come invece accade in altre patologie neurologiche, a proposito della prevalenza di alcuni schemi motori sui loro opposti (vedi capitolo 28).Resta il fatto che i pazienti, gi provati sul piano dell'attenzione e del controllo del movimento attraverso l'attivazione della volont, aggiungono anche questo ulteriore elemento alla fatica che devono affrontare ogni volta che sono in piedi o camminano.L'intervento di muscoli forti come gli estensori dell'anca e del ginocchio richiede un lavoro impegnativo gi in condizioni normali, per cui evidente che in una patologia neurologica complessa le difficolt accentuino i problemi esistenti, complicando anche le strategie terapeutiche da adottare in riabilitazione.Fig. 20.17 - Il paziente parkinsoniano visto sul piano sagittale, con il tipico atteggiamento ad anche e ginocchia flesse. Il

mantenimento di questa posizione costringe il soggetto a contrarre permanentemente i Glutei ed i Quadricipiti femorali (che sono rappresentati biomeccanicamente).Tendenza a cadere all'indietroQuesto atteggiamento si osserva frequentemente in alcuni pazienti, soprattutto nel momento in cui si fermano all'improvviso durante la deambulazione.Si tratta di un problema che compare solo in una fase abbastanza avanzata della patologia, ma che possibile incontrare in un'alta percentuale di casi. difficile cercar di individuare i motivi che lo provocano, anche se probabile \p483 che alla base di tutto stia ancora una volta la progressiva scomparsa della motricit automatica, che permette di mantenere la stazione eretta senza fatica contro la tendenza alla caduta posteriore.A questo proposito, abbiamo gi parlato della naturale tendenza del sistema osteo-articolare ad essere sbilanciato anteriormente (in assenza di intervento muscolare).Questa contraddizione rivela la presenza di un'alterazione motoria dovuta al danno neurologico, legato alla patologia, che si manifesta con l'attivazione di una forza opposta alle forze gravitazionali che determinerebbero la caduta anteriore. probabile che si tratti di un aumento globale del tono dei muscoli posteriori del tronco, a prevalente carattere estensorio, che vince il leggero squilibrio anteriore ed innesca uno schema che favorisce la caduta all'indietro.Quando non pi possibile la deambulazione autonoma, questo problema compare anche nella stazione eretta, ed i pazienti vanno inconsciamente alla ricerca di un appiglio a cui aggrapparsi per evitare di cadere posteriormente.Questo schema patologico crea enormi difficolt per la rieducazione funzionale mirata alla stazione eretta ed al cammino. quindi molto importante conoscere le naturali tendenze della patologia per esercitare il soggetto parkinsoniano, fin dagli esordi della malattia, ad appoggiarsi anteriormente con una spinta delle mani su un sostegno che possa in seguito essere utilizzato per aiutare la deambulazione (tetrapode).Facies amimicaOltre al tremore, un'altra caratteristica che nel parkinsoniano appare evidente anche ai non addetti ai lavori la scarsa espressivit dello sguardo che, a causa di una progressiva diminuzione dell'attivit dei muscoli mimici, gli rende sempre pi faticosa la comunicazione non verbale.Anche in questo caso si tratta di una motricit di tipo automatico, e la sua importanza assume un particolare rilievo, poich il viso della persona l'oggetto privilegiato su cui cade lo sguardo, per cui ci si accorge immediatamente se sono presenti difficolt a questo livello.Piccole contrazioni di alcuni muscoli mimici hanno un significato, mentre altrettanto piccole contrazioni di muscoli diversi possono significare anche esattamente l'opposto.Inoltre, siamo talmente abituati a leggere nello sguardo un messaggio che accompagna il contenuto della comunicazione verbale, che la sua attenuazione, o addirittura la sua scomparsa, viene immediatamente avvertita.In particolare, l'attivit dei muscoli Elevatori delle sopracciglia e degli Orbicolari degli occhi permette di segnalare sensazioni di stupore o di sorpresa (Fig. 20.18).La contrazione del Risorio o del Buccinatore accompagnano invece con un sorriso un messaggio piacevole o comunque positivo (Fig. 20.19).Un atteggiamento di preoccupazione viene di solito trasmesso con una contrazione del Corrugatore del sopracciglio, mentre l'Elevatore dell'ala del naso e del labbro superiore comunicano un senso di disgusto o di fastidio (Fig. 20.20).Il continuo alternarsi di queste contrazioni permette di completare la comunicazione rendendola perfettamente efficace e comprensibile per l'interlocutore.La diminuzione della motricit facciale automatica incide quindi in maniera rilevante sulla vita di relazione dell'individuo, ed a questo proposito si realizza la stessa cosa che abbiamo esposto sul movimento volontario.Il paziente deve cio concentrare la comunicazione sulla quota verbale del \p484 messaggio, non potendo contare su buona parte di quella non verbale, cos come deve utilizzare il movimento volontario per sopperire alla progressiva

diminuzione del movimento automatico.Anche questo, cos come il movimento volontario, richiede un lavoro attivo molto faticoso per il paziente, che tender a comunicare sempre meno.Fig. 20.18 - Elevatore delle sopracciglia ed Orbicolare degli occhiFig. 20.19 - Risorio e BuccinatoreFig. 20.20 - Corrugatore del sopracciglio ed Elevatore dell'ala del naso e del labbro superiore\p485Mani pseudoreumaticheL'evoluzione della patologia comporta anche una serie di conseguenze reu-matologiche a causa dell'uso ridotto del movimento, che favorisce i blocchi articolari e la formazione di asperit nelle superfici.Queste non fanno che aumentare le gi notevoli difficolt motorie del paziente parkinsoniano.Numerose articolazioni vengono aggredite da processi infiammatori e degenerativi che alterano in un primo tempo la fisiologia articolare, e successivamente anche la morfologia delle superfici a contatto, riducendone gli spazi ed aumentando gli attriti.Una delle deformazioni reumatiche pi caratteristiche la formazione di noduli e di limitazioni articolari nelle mani e nelle dita.Le mani vengono usate sempre meno, ed assumono progressivamente un atteggiamento in deviazione ulnare e leggera estensione delle articolazioni radio-carpiche, e di flessione delle metacarpo-falangee ed inter-falangee.La riduzione nell'utilizzo delle mani, ed anche il tremore, non sono tuttavia \p486 sufficienti a giustificare la comparsa di deformit, che appaiono abbastanza precocemente, considerando che la relativa esposizione alle forze meccaniche esterne a cui sono soggette le articolazioni distali inferiore a quella delle articolazioni prossimali o dell'arto inferiore. quindi possibile che non sia solo il disturbo della motricit automatica a determinare la sovrapposizione di questo disturbo al danno neurologico primario, ma che ci sia una relazione diretta tra la patologia e l'insorgenza delle deformit.Ci limitiamo pertanto a considerare la presenza di questo ulteriore segno clinico ed a tenerne conto nel percorso di recupero e rieducazione funzionale da suggerire, cos da poter affrontare in modo globale l'evoluzione della patologia.La deambulazione nel cammino che osserviamo molti segni tipici del paziente parkinsoniano, e sono diversi gli elementi che emergono in modo quasi sempre inequivocabile.La deambulazione una delle funzioni in cui gli automatismi neurofisiologici sono pi marcati, tanto che si pu benissimo camminare mentre si presta attenzione a qualcos'altro, e non necessario pensare alla sequenza ritmica dei passi per avere comunque un'andatura valida, efficace ed anche veloce.L'alternarsi dello spostamento anteriore delle gambe si giova di molti meccanismi integrati a livello midollare o sottocorticale, che predispongono il Sistema Nervoso Centrale ad attivarsi in modo da non rendere necessarie volont e attenzione, permettendo quindi al soggetto di realizzare il cammino in modo automatico e lasciando perci libera la sua facolt di concentrarsi volontariamente altrove.La volont interviene ogni volta che si desidera modificare la qualit della deambulazione in almeno una delle sue variabili, come se si dovesse sintonizzare la macchina locomotoria su un'altra lunghezza d'onda, che viene a sua volta eseguita automaticamente non appena essa iniziata.Anche in questo caso ci troviamo in presenza di una motricit che affianca lo spostamento in avanti degli arti inferiori, e che permette al corpo di adeguarsi in modo coordinato al gioco articolare in cui sono previsti alcuni aggiustamenti dinamici, finalizzati al risparmio delle energie e per predisporre l'apparato muscolo-scheletrico a fronteggiare qualunque evenienza improvvisa si dovesse realizzare.Sulla base di queste brevi riflessioni, evidente che la patologia parkinsoniana trovi nella deambulazione un campo ideale su cui esprimere il massimo della propria capacit distruttiva essendo, come si visto, la motricit automatica il bersaglio privilegiato della malattia.Cerchiamo ora di analizzare selettivamente alcune delle caratteristiche tipiche dell'andatura di questi malati attraverso una

descrizione chinesiologica.Passi pi brevi del normaleUna delle prime difficolt che si presentano quella di coordinare correttamente la modesta flessione del ginocchio, con l'inizio della flessione dell'anca.Il ginocchio fatica sempre pi a flettersi, ed il movimento in avanti degli arti inferiori viene eseguito interamente dall'anca.Il movimento pendolare degli arti inferiori descrive una sezione di cerchio, con il centro posto in corrispondenza dell'anca, e la porzione di circonferenza che viene descritta dallo spostamento anteriore del piede.Se tracciamo tre diametri, uno all'inizio dell'oscillazione, uno nel momento in cui l'arto in posizione verticale ed uno al termine dell'oscillazione e \p487 contemporaneamente tracciamo le rette parallele orizzontali passanti per il punto medio della pianta del piede si pu osservare che la rappresentazione centrale, essendo posta su un asse verticale, indica una distanza maggiore dell'anca dal suolo in questa posizione (Fig. 20.21).Fig. 20.21 - Traslazione anteriore dell'arto inferiore a ginocchio esteso. La distanza che separa l'origine della proiezione del baricentro del corpo dal suolo maggiore quando l'anca in posizione anatomica (n flessa, n estesa). In assenza di flessione del ginocchio, quindi impossibile trasferire anteriormente la gamba senza inciampare sul terrenoQuesto significa che, in assenza di flessione del ginocchio, non possibile eseguire normalmente lo spostamento anteriore della gamba senza inciampare con il piede al suolo, essendo maggiore la distanza tra l'anca ed il terreno durante il passaggio in cui l'arto inferiore si verticalizza.La progressiva perdita della flessione del ginocchio trova il suo primo compenso chinesiologico nella riduzione di lunghezza del passo, che consente al paziente di limitare il gap tra le due distanze, trasformando il cammino in una traslazione anteriore del corpo accompagnata sempre meno dagli aggiustamenti del bacino e dall'azione coordinata di flessione del ginocchio e movimenti sagittali dell'anca.Prima dell'esordio della malattia, essendo lo schema motorio relativo al cammino sintonizzato su determinati parametri, normale che il paziente si trovi disorientato di fronte a questa nuova modalit, ed anche normale che egli cerchi \p488 di mantenere il pi possibile inalterate tutte le caratteristiche che riesce a controllare con l'aiuto della volont, ad esempio la velocit.Assistiamo quindi molto spesso ad un aumento della frequenza dei passi nell'unit di tempo che, oltre a non essere per nulla funzionale, espone il soggetto ad un rischio maggiore di cadute.Il progressivo rinforzo di questo schema di deambulazione penalizza fortemente l'autonomia del paziente parkinsoniano, che tender sempre pi a stare seduto o sdraiato.FestinazioneSi intende con questo termine la tendenza, tipica del paziente parkinsoniano, a rincorrere il proprio baricentro attraverso una proiezione anteriore del tronco, a cui segue il movimento degli arti inferiori.In condizioni statiche, sappiamo che l'equilibrio di un sistema viene mantenuto se il baricentro di un corpo si trova su un asse verticale che ha la sua proiezione all'interno del perimetro di base costituito dalle superfici in appoggio sulla base sottostante.Questo non significa che qualora ci non si realizzi il soggetto debba necessariamente cadere, ma solo che si crea una energia potenziale tendente a spostare l'emicorpo superiore verso il suolo, alla ricerca di un nuovo sistema in cui presente un nuovo equilibrio (vedi capitoli sul cervelletto e la sindrome atassica).Se a questa forza se ne oppone un'altra che vettorialmente sia uguale e contraria ad essa, il sistema risulta essere ancora in equilibrio. per questo che l'azione muscolare interviene continuamente attraverso una neutralizzazione di tutte le forze destabilizzanti che provocherebbero altrimenti la caduta dell'individuo (Fig. 20.22).Fig. 20.22 - Soggetto in piedi, con il tronco e gli arti inferiori proiettati in avanti. Il vettore verticale rappresenta l'azione gravitazionale che, in questo contesto, tende a far cadere anteriormente il soggetto; il vettore di sinistra (rivolto all'indietro) descrive invece l'azione neutralizzatrice muscolare

(muscoli dorsali) che riequilibra il sistema statico, permettendo al soggetto di mantenere la stazione eretta\p489L'atteggiamento che assume progressivamente il paziente parkinsoniano, cio l'ipercifosi dorsale, l'antepulsione del capo e la flessione degli avambracci, sposta anteriormente il baricentro del corpo, richiamando una contrazione della muscolatura vertebrale estensoria.Fino ad un certo punto questo possibile, ma quando la perdita della motricit automatica non permette pi un controllo dinamico dell'equilibrio, durante la deambulazione si assiste alla difficolt nel recupero del baricentro, che tenderebbe sempre pi ad uscire anteriormente dalla base di appoggio.Poich i muscoli non riescono pi a bilanciare il sistema, entrano in gioco gli arti inferiori, che spostano anteriormente il poligono di appoggio (Fig. 20.23).Fig. 20.23 - Compenso del paziente parkinsoniano che, per evitare la caduta anteriore, rincorre la proiezione del proprio baricentro con un repentino spostamento in avanti dei piedi (festinazione)Siamo quindi in presenza di due fasi biomeccanicamente ben distinte: una in cui la forza muscolare tende a recuperare il baricentro trazionandolo posteriormente, l'altra che cerca di anteporre la base di appoggio per impedire che il baricentro si trovi anteriormente rispetto ad essa.La festinazione il meccanismo che permette al parkinsoniano di compensare ci che accade in questa seconda fase.Si tratta in realt di uno strumento di breve durata, poich quando iniziano a presentarsi i disturbi che alterano la frequenza e la lunghezza dei passi analizzati nel paragrafo precedente, il baricentro non riesce pi ad essere riportato in una posizione di equilibrio.\p490Questo momento indica la perdita di autonomia nella deambulazione, e si impone l'uso di ausilii che aumentino artificialmente la base di appoggio.Il pi consigliato di questi certamente il tetrapode, che ha il vantaggio di poter essere mantenuto in posizione verticale se viene lasciato dalla mano, anche se a volte il suo corretto utilizzo condizionato dal tremore.Coordinazione del troncoLo sbilanciamento sagittale del tronco che abbiamo descritto negli ultimi paragrafi ha come effetto anche la scomparsa del movimento di inclinazione laterale che accompagna la deambulazione.Chinesiologicamente questo un movimento importante che appartiene ad uno schema crociato del cammino, il cui studio completeremo nel successivo paragrafo.Il bacino accompagna gli spostamenti degli arti inferiori con un movimento che si realizza sul piano orizzontale.Quando un arto si porta in avanti durante

la fase di oscillazione, la rotazione del bacino tende a spostare posteriormente la spina iliaca antero-superiore corrispondente a quell'arto.Allo stesso modo, quando un arto in fase di sostegno e si porta quindi sempre pi all'indietro, la spina-iliaca antero-superiore corrispondente si sposta in avanti.Il rachide non pu essere escluso da questa dinamica chinesiologica e compensa quanto accade nell'emisoma inferiore con una successione di rotazioni ed inclinazioni che permettono al capo di mantenere costantemente la sua verticalit.Le alterazioni descritte, che provocano lo squilibrio anteriore del tronco, influenzano biomeccanicamente anche tutti questi movimenti, finendo per impedire al soggetto di potersi muovere con scioltezza e disinvoltura, come se fosse in grado di realizzare correttamente gli adeguamenti del rachide sul piano orizzontale.Si osserva pertanto nel paziente parkinsoniano anche questa tendenza, che si percepisce complessivamente come una rigidit globale della colonna durante il cammino.La riduzione della mobilit vertebrale anche alla base di un significativo effetto secondario della patologia sul versante reumatologico, di cui abbiamo gi sommariamente accennato nei paragrafi precedenti.Non raro infatti che si inizino a formare processi degenerativi a livello dei corpi vertebrali e dei processi articolari, con lo scatenamento di una sintomatologia dolorosa da non trascurare nella terapia riabilitativa da suggerire a questi pazienti.Coordinazione degli arti superioriUn altro degli aspetti che si presentano con evidenza nei pazienti affetti dal morbo di Parkinson la progressiva riduzione, fino alla loro completa scomparsa, dei movimenti pendolari degli arti superiori in associazione alle diverse fasi del passo.Fisiologicamente, ad un movimento in avanti di un arto inferiore corrisponde uno spostamento anteriore dell'arto superiore controlaterale, ed uno spostamento posteriore del braccio omolaterale (Fig. 20.24).Queste componenti chinesiologiche completano, come si detto, il compenso che l'emisoma superiore attua in risposta ai movimenti del bacino sul piano orizzontale.\p491Fig. 20.24 - Deambulazione corretta, con un movimento coordinato degli arti superiori che accompagnano la fase oscillante dell'arto inferiore controlateraleLa forza inerziale che imprimono questi spostamenti degli arti superiori maggiore di quella espressa dalle rotazioni e dalle inclinazioni del rachide, per cui la sua diminuzione risulta essere anche la pi penalizzante per la qualit della deambulazione.Il cammino del parkinsoniano assume quindi tutte le caratteristiche tipiche di un soggetto in cui sia scomparsa la motricit automatica, e la perdita di questi movimenti di accompagnamento ne la dimostrazione clinica.Se provassimo ad imitare questo tipo di cammino, ci renderemmo conto della \p492 grande fatica necessaria per realizzarlo, che si va ad aggiungere allo sforzo di dover sempre ricondurre qualsiasi atto motorio sotto il controllo della volont.Non quindi strano che questi malati cerchino di limitare i movimenti il pi possibile, in conseguenza dell'evoluzione della patologia.Questo non significa che nel trattamento riabilitativo e nelle indicazioni da suggerire ai pazienti ed ai loro familiari non sia necessario inserire continuamente una pressante azione di stimolo e di esortazione al movimento, cos da rallentare questa evoluzione e prevenire i danni secondari, prevalentemente legati al non uso, o all'uso limitato di potenzialit ancora sufficientemente valide.BibliografaAA.VV., Encyclopedie Medico-Chirurgicale. Edizioni Mediche Cappa. Anthony C.P., Kolthoff N.J., Fondamenti di Anatomia e Fisiologia dell'Uomo. Ed. Ambrosiana, Milano, 1971. Anthony C.P., Thibodeau G.A., Fondamenti di Anatomia e Fisiologia dell'Uomo. Ed. Ambrosiana, Milano, 1986. Cambier J., Masson M., Dehen H., Neurologia. Ed. Masson, Milano, 1988. Carpenter M.B., Neuroanatomia. Ed. Piccin, Padova, 1977. Delmas A., Vie e Centri Nervosi. Ed. U.T.E.T. - Masson, Torino, 1971. Farneti P., Terapia Fisica e Riabilitazione (1), (2). Ed. Wassermann, Milano 1972. Fazio C, Loeb C, Neurologia (1), (2). Societ Editrice Universo, Roma, 1977. Formica M.M. e coll., Trattato di

Neurologia Riabilitativa (1), (2), (3). Ed. Marrapese, Roma, 1985. Freddi A., De Grandis D., Neurofisiopatologia e Riabilitazione. Ed. Marrapese, Roma, 1991. Ganong W.F., Funzioni del Sistema Nervoso. Ed. Piccin, Padova, 1973. Grossiord A., Held J.P., Trattato di Medicina Riabilitativa (1), (2), (3). Ed. Delfino, Roma, 1987. Guyton C, Elementi di Fisiologia Umana, Ed. Piccin, Padova, 1980. Kapandji LA., Fisiologia Articolare (1), (2), (3). Societ Editrice Demi, Roma, 1974. Meco G., La Riabilitazione nel Morbo di Parkinson. Ed. Marrapese, Roma, 1988. Megna G., Achille P., Medicina Fisica e Riabilitazione dalle origini ai nostri Giorni. Editeam, Ferrara, 1992. Melzack R., L'enigma del Dolore. Ed. Zanichelli, Bologna, 1976. Morosini C, Neurolesioni dell'Et' Evolutiva. Ed. Piccin, Padova, 1978. Pizzetti M., Caruso L, Medicina Fisica e Riabilitazione. Edilombardo, Roma, 1972. Rinaldi L., Metodi e Tecniche della Riabilitazione Neurologica. Ed. Monduzzi, Bologna, 1993. Ruch T.C., Patton H.D., Fisiologia del Sistema Nervoso di Fulton-Howell. Societ Editrice Universo, Roma, 1987.Spillane J.D., Spillane J.A., Atlante di Neurologia Clinica. Ed. Piccin, Padova, 1988. Sunderland S., Nerves and Nerve Injuries. Ed. Livingstone, New York, 1978. Valobra G.N., Trattato di Medicina Fisica e Riabilitazione. Ed. U.T.E.T., Torino, 1992.\p492Sezione VI Cenni di anatomia delle principali formazioni del tronco cerebrale e del diencefalo\p495CAPITOLO 21 SOSTANZA RETICOLAREIntroduzioneLa sostanza reticolare costituisce un trabecolato di fibre assonali che uniscono piccoli raggruppamenti di pirenofori di cellule di diverse dimensioni.La struttura si estende per tutto il tronco cerebrale fino ad arrivare al diencefalo (nuclei reticolari intralaminari e sostanza reticolare esterna del talamo). come se neuroni differenti per funzioni, morfologia e collegamenti fossero caoticamente affastellati nella zona centrale del tronco, longitudinalmente al suo asse.La sostanza reticolare una zona la cui fisiologia ancora scarsamente conosciuta, nonostante gli intensi studi effettuati (si veda Magoun The waking Brain ), per cui se ne d una descrizione anatomica e si tratter delle funzioni conosciute, senza poter chiarire se vi sia corrispondenza fra zone anatomiche specifiche e funzioni particolari.AnatomiaAnatomicamente la sostanza reticolare suddivisa in un terzo laterale e due terzi mediali: la zona mediale pi bassa, nel bulbo, contiene cellule di grandi dimensioni per cui definita nucleo reticolare gigantocellulare; nel ponte vi una distinzione fra sostanza reticolare mediale superiore, definita rostrale ed inferiore, definita caudale.Dei due terzi mediali della sostanza reticolare, quello pi mediale costituisce una linea unica di nuclei in senso verticale che prendono il nome di Nuclei del rafe. Si tratta di otto nuclei che dall'alto verso il basso sono denominati: 1) Magno-dorsale, 2) Oscuro, 3) Pontino, 4) Pallido, 5) Centrale, 6) Superiore, 7) Lineare ed 8) Intermedio (Brodai, Tabe e Walberg 1960 in Ito 1984). Questi nuclei paiono avere molta importanza sia nelle funzioni sensitive (per un meccanismo di controllo del cancello, nelle corna posteriori del midollo assieme a componenti del nucleo gigantocellulare (vedi figura 11.3), sia per alcuni tremori di origine olivare in cui i nuclei reticolari del rafe paiono generare il ritmo del tremore quando il complesso olivare sia liberato dall'influenza del nucleo rosso. Il tremore scompare distruggendo il contatto fra nuclei del rafe ed oliva bulbare, ricomparendo dopo la rigenerazione di questi assoni (Siolund, Biorklund e Willkund 1977, bibliografia nel capitolo 29).La componente laterale della sostanza reticolare formata da piccoli neuroni che colloquiano con le strutture reticolari mediali, fa eccezione il locus ceruleus, situato nella parte laterale della sostanza reticolare del ponte, le cui connessioni serotoninergiche con zone estese del SNC potrebbero avere un ruolo importante nella maturazione del SNC (Yammamoto et al. 1977da Ito 1984).\p496Fig. 21.1 - La distribuzione della sostanza reticolare nel tronco e nel diencefalo i tagli orizzontali (parte sinistra corrispondono ai punti indicati dalla lettera nella sezione

verticale di destra).\p497FisiologiaIl sistema reticolare svolge quattro funzioni conosciute:- controllo motorio- controllo sensitivo- controllo dei ritmi sonno-veglia- controllo visceraleControllo motorioLe vie reticolo-spinali sono una importante componente del controllo motorio sia volontario che automatico.Vi sono due gruppi di vie reticolo-spinali: le vie reticolo-spinali pontine e le vie reticolo-spinali bulbari.Le pontine nascono dalla zona paramediana del ponte e discendono nel midollo ipsilateralmente lungo il cordone anteriore.Le bulbari nascono nella zona mediale del bulbo e discendono ciascuna bilateralmente nella parte anteriore del cordone laterale.Le vie reticolo-spinali sono importantissime poich attraverso di esse transitano sia le informazioni corticali provenienti dalla area motoria associativa (area 6 di Brodmann) sia le informazioni provenienti dalla corteccia somatosensoriale associativa. Le vie reticolo-spinali controllano il movimento dei grandi muscoli posturali del tronco e, parzialmente, anche dei cingoli.Le vie cortico-reticolo-spinali costuiscono perci una importante via parallela al fascio piramidale nel controllo motorio e soprattutto un sistema in cui informazioni corticali e cerebellari si modulano per una comune azione motoria. La spasticit, come si vedr nel capitolo di clinica della corteccia cerebrale, legata alla perdita di controllo della corteccia su questo sistema e non ad un danno del fascio piramidale.Le vie cortico-reticolari giungono in una zona estesa denominata fascio tegmentale centrale da qui si diffondono fino ad arrivare ai nuclei di origine delle vie reticolo-spinali.Controllo sensitivoCome si vede nella figura 11.3 le vie reticolo-spinali sensitive hanno una importante influenza sul corno posteriore del midollo, dove sono in grado di modulare le afferenze sensitive di tipo dolorifico, dalle quali sono a loro volta modulate attraverso il fascio paleo-spino-talamico.La sostanza reticolare risponde anche ad altri due importantissimi sistemi: la corteccia cerebrale ed il sistema recettoriale chimico situato a livello delle strutture periacqueduttali e periventricolari.La corteccia cerebrale pu aprire o chiudere il cancello midollare direttamente, attraverso la componente sensitiva del fascio piramidale, che nasce dalla corteccia sensitiva parietale e discende alle corna posteriori, inviando connessioni dirette anche ai nuclei gracile e cuneato, ma anche attraverso la sua influenza sulla sostanza reticolare.I nuclei periacqueduttali e periventricolari (IV ventricolo) sono attivati chimicamente da sostanze messe in circolo nel liquor dal SNC, denominate endorfine che, inserendosi sui recettori reticolari dell'acquedotto di Silvio o del IV ventricolo [1], attivano la sostanza reticolare che a sua volta inibisce il sistema midollare di recezione degli stimoli dolorosi (cancello nelle corna posteriori del midollo).[1] Questi recettori devono essere immaginati come banchine dove le navi attraccano, le navi sono le endorfine prodotte dal SNC, oppure prodotti farmacologici come la Morfina o l'Eroina.\p498Controllo dei ritmi sonno vegliaLa sostanza reticolare presiede alla prima unit funzionale del sistema di coscienza, quella che regola i meccanismi di sonno e veglia.Particolarmente la sostanza reticolare pontina ed i nuclei intralaminari del talamo sono strutture direttamente connesse con la zona mediale della corteccia del lobo frontale, con la quale regolano il ritmo del SNC.La sostanza reticolare possiede una funzione attivante sulla corteccia (ed in minor misura disattivante) cos come la corteccia possiede una funzione di modulazione sulla sostanza reticolare e, suo tramite, sul restante SNC.Il risultato finale del collegamento che stimoli attivanti tutte le strutture del SNC finiscono per attivare anche il livello di attenzione, aumentando il tono corticale grazie alla funzione attivante della sostanza reticolare, definita, per questa sua funzione, ARAS (Activating Reticular Ascending System) e viceversa, stimoli volontari o strategie comportamentali possono attivare, attraverso la sostanza reticolare, tutto il SNC e quindi l'intero organismo (come accade, per esempio, quando ci si sveglia

per un incubo).Controllo visceraleLa sostanza reticolare sede di numerosi centri recettoriali e motori di controllo delle funzioni viscerali: basti citare i centri cardio-respiratori, sensibili all'ipercapnia e all'ipossia [2] o i centri per il controllo baropressorio, per il controllo della vasocostrizione e della attivit cardiaca. Questi centri dipendono dalle afferenze di vario tipo provenienti da barocettori come il giorno carotideo, situato alla biforcazione della carotide comune. Tutti questi centri sono ampiamente modulati dall'ipotalamo, vera e propria centrale di controllo di tutta la attivit viscerale dell'organismo.[2] Con ipercapnia si intende l'aumento di concentrazione di anidride carbonica nel sangue con ipossia la diminuzione della concentrazione di ossigeno sanguigno.BibliografaChusid J.G., Neuroanatomia correlazionistica e neurologia funzionale. Piccin 1990. Magoun H.W., The Waking Brain, Charles C. Thomas, Springfield, Illinois, 1963. Nolte J., Anatomia funzionale del sistema nervoso dell'uomo. Piccin Padova, 1991. Jasper H.H., Reticular formation of the brain, London Churchill, 1957.\p499CAPITOLO 22 NERVI CRANICII nervi cranici garantiscono l'innervazione periferica delle strutture del cranio, di parte del collo e di alcuni recettori specifici, situati a livello del capo; questi recettori sono dedicati a particolari tipi di sensibilit (vista, olfatto, gusto, udito ed equilibrio).I nervi cranici sono l'equivalente per il capo del sistema nervoso periferico del corpo: come questo hanno rami periferici e nuclei centrali, i nuclei centrali per, situati all'interno del tronco cerebrale e del diencefalo, non sono distribuiti in maniera ordinata come nel midollo spinale dove formano le corna midollari, ma giacciono sparsi fra gli altri nuclei di sostanza grigia ed i fasci di sostanza bianca.I nervi cranici sono 12, numerati dall'alto al basso con numeri romani progressivi; il primo, il pi alto, situato a livello diencefalico il nervo ottico, l'ultimo, nella parte pi bassa del bulbo, il XII o ipoglosso.Il I nervo cranico o nervo Ottico deputato alla funzione visiva. I suoi recettori sono cellule specializzate, in grado di rispondere alle stimolazioni luminose, situati nella parte posteriore dell'occhio in una zona denominata retina. Anche le cellule sensitive del sistema (i neuroni a T) sono sistemati nello spessore della retina, situazione assolutamente particolare. Questi neuroni non formano un ganglio, come tutti i neuroni a T, ma un vero e proprio strato nello spessore retinico.La funzione visiva ha una particolarit unica: non esiste distorsione fra l'organo recettore e la rappresentazione somatotopica nella corteccia visiva primaria, ogni recettore retinico ha una zona identica nella retina e nella corteccia visiva primaria.Gli assoni centrali delle cellule a T si ricongiungono in un unico fascio nervoso che esce dalla retina in un punto specifico detto papilla. La papilla priva di recettori alla luce, per cui costituisce un piccolo punto cieco all'interno del campo visivo.I recettori visivi retinici sono di due tipi: i coni, per la visione colorata ed i bastoncelli per la percezione dell'intensit luminosa.Sebbene tutta la retina (esclusa la papilla) sia dotata di recettori visivi, i coni sono concentrati in una piccolissima zona detta macula, l'unica zona del campo visivo dove si possono discriminare ed analizzare a livello cosciente le informazioni visive. Nelle altre zone retiniche la visione ha solamente una caratteristica di sensazione visiva, non pu essere analitica. Per questa ragione la visione cosciente detta anche maculare.Gli assoni usciti dall'occhio costituiscono il nervo ottico, all'interno del quale le zone retiniche hanno una precisa collocazione: le fibre provenienti dalla zona temporale della retina occupano la parte laterale del nervo, quelle provenienti dalla zona nasale la parte mediale.La zona temporale della retina la pi laterale e guarda il campo visivo controlaterale all'occhio di appartenenza, la zona nasale della retina la pi \p500 mediale e guarda il campo visivo omolaterale allo stesso occhio, come si vede dalla figura 22.2.Fig. 21.1 - Collocazione anatomica dei nervi

cranici intagli orizzontali (a sinistra) ed in un'immagine verticale (a destra).\p501Fig. 22.2 - Diagramma schematico illustrante la formazione del chiasma ottico e dei tratti ottici. Tutte le informazioni provenienti dal lato temporale di una linea verticale passante attraverso una determinata fovea, entrano nel tratto ottico ipsilaterale. Tutte le informazioni provenienti dal lato nasale si incrociano nel chiasma ed entrano nel tratto ottico controlaterale. Il risultato, come indicato, che ciascun tratto ottico "guarda" il campo visivo controlaterale.Il campo visivo costituito da due emicampi, dati dalla sovrapposizione della visione nasale di un occhio con la visione temporale dell'altro occhio, i due emicampi visivi, parzialmente sovrapposti in zona mediale, costituiscono il campo visivo globale, la zona dello spazio che possibile percepire visivamente.All'interno della scatola cranica i nervi ottici convergono a livello del corpo dello Sfenoide, verso un'unica struttura il chiasma ottico, dove le fibre nasali si incrociano e quelle temporali rimangono omolaterali.\p502Le vie visive che escono posteriormente al chiasma ottico sono quindi organizzate in maniera differente rispetto al nervo ottico. Dall'estremit posteriore destra del chiasma esce un insieme di fibre costituito dalle fibre nasali controlaterali e temporali omolaterali, viceversa a sinistra, nei tratti ottici (cos si chiamano le vie in uscita dal chiasma) le fibre visive sono quindi organizzate per campi visivi e non pi per provenienza oculare (vedi fig. 22.2).Il tratto ottico ancora costituito da fibre dei neuroni a T retinici, la maggior parte dei quali termina nel talamo, pi precisamente nel corpo genicolato laterale, che costituisce la stazione talamica delle vie visive. Fig. 22.3 a - Diagramma delle vie ottiche viste dalla faccia ventrale dell'encefalo. La luce proveniente dalla met superiore del campo visivo cade nella met inferiore della retina. La luce proveniente dalla met temporale del campo visivo cade nella met nasale della retina, mentre la luce della met nasale del campo visivo cade nella met temporale della retina. Sono illustrate le vie ottiche che dalla retina vanno alla corteccia striata. Il piano del campo visivo stato ruotato di 90 gradi verso il lettore. Il piccolo schema in basso a sinistra dimostra la proiezione dei quadranti del campo visivo sulla corteccia calcarina (striata) di sinistra. L'area maculare della retina rappresentata vicino al polo occipitale. Le fibre che trasportano il riflesso luminoso pupillare lasciano il tratto ottico e proiettano alla regione pretettale; altre fibre ritrasmettono impulsi indirettamente ai nuclei viscerali del complesso dell'oculomotore. (Da Truex e Carpenter: Human Neuroanatomy, 1969; per concessione di The Williams and Wilkins Co.).\p503Fig. 22.2 b - Diagramma illustrativo delle pi comuni lesioni che interessano le vie ottiche. A sinistra, A-D indicano la sede delle lesioni. A destra sono dimostrati i corrispondenti difetti del campo visivo (modificato da Haymaker, 1956). (Da Truex e Carpenter: Human Neuroanatomy, 1969, per concessione di The Williams and Wilkins Co.).Fig. 22.3 - Turbe del campo visivo associate a lesioni delle vie ottiche.\p504Una consistente parte del tratto devia per prima di raggiungere il talamo, dirigendosi verso il tronco cerebrale, dove termina nei nuclei delle vie visive non coscienti deputati ai diversi tipi di movimenti, oculari, del capo e del corpo. Si tratta di tre sistemi visuo-motori differenti, che controllano soprattutto i movimenti automatici ed i riflessi visuo-posturali: sono il sistema collicolare, la cui stazione principale costituita dai tubercoli quadrigemini superiori del mesencefalo, la via preottica ed ottica accesoria situate davanti ai tubercoli, sempre nel mesencefalo. Questi sistemi e la loro importanza per il movimento sono stati trattati nel capitolo di neurofisiologia del cervelletto.Le vie corticali che raggiungono la corteccia invece, dopo i corpi genicolati laterali si aprono a ventaglio, sul piano sagittale, costituendo le radiazioni ottiche, che terminano nella corteccia visiva primaria (area 17 di Brodmann) situata nella profondit della scissura

calcarina, scissura orizzontale del lobo occipitale.Nella corteccia cerebrale avvengono le sintesi coscienti delle informazioni visive.Il II nervo cranico o nervo Olfattivo assai poco studiato ma possiede un significato fisiologico che va ben oltre il senso specifico dell'olfatto. L'olfatto infatti il sistema sensitivo principale di numerosi animali (definiti macrosmatici), nei quali regola tutte le funzioni comportamentali.Nell'uomo il sistema olfattivo ha perduto gran parte del suo ruolo, non essendo pi la guida delle nostre strategie; la sua corteccia di riferimento (allocorteccia, a tre strati) diversa dalla corteccia a sei strati (isocorteccia) che domina il comportamento umano.La corteccia a tre strati (archicortex) o ad un numero variabile di strati fra 3 e 6 (paleocortex), pur essendo un ricordo ancestrale e pur essendo presente solamente a livello della corteccia olfattoria e della circonvoluzione dell'ippocampo (che le si trova a fianco), non ha solamente un ruolo sensitivo per l'odorato, ma importanti compiti di tipo comportamentale a livello istintivo, nonch una funzione fondamentale collegabile alla memoria degli eventi.Che relazioni esistano fra le diverse situazioni argomento ignoto e poco studiato: un dato certo comunque che l'olfatto pu scatenare improvvisi e nitidi ricordi, cos come pu alterare l'umore in maniera assai pi importante delle altre afferenze sensitive.Il sistema olfattivo inizia da alcuni recettori chimici situati nel tetto delle coane nasali (le ghiandole di Bowmann o vescicole olfattive) in grado di trasformare il contenuto molecolare organico dell'aria in sensazioni nervose (spikes). Questi recettori sono pure unici per il tipo di neuroni sensoriali che li innervano. Gli assoni delle cellule a T dei recettori olfattivi sono i pi piccoli di tutto il SNC ma i loro neuroni non hanno perduto la capacit di riprodursi (unici fra tutti i neuroni). assolutamente ignoto come gli assoni dei neuroni rigenerati trovino la strada verso il recettore olfattivo.Attraverso una serie di strutture denominate bulbo olfattivo, tratto olfattivo, peduncoli olfattivi, l'informazione arriva alla corteccia olfattiva primaria o corteccia piriforme. Questa corteccia si trova appoggiata sulla superficie mediale del lobo temporale, attorno alla circonvoluzione dell'ippocampo, nelle sue diverse zone prende il nome di corteccia prepiriforme e preippocampica.Le cortecce olfattive primarie e la corteccia olfattiva associativa (corteccia entorinale, area 28 di Brodmann) formano il lobo piriforme. Il lobo piriforme ha contatti con la corteccia frontale orbitaria del lobo frontale (isocorteccia) attraverso il nucleo dorso-mediale del talamo. La corteccia frontale orbitaria costituisce l'area terziaria del senso dell'olfatto (e del gusto?), ma non si sa a che cosa corrispondano le sue funzioni, cos come non si conoscono i significati delle correlazioni funzionali della corteccia gustativa con l'amigdala ed il lobo limbico, n con l'ippocampo, anche se questi collegamenti a livello comportamentale sono pi che evidenti.\p505Fig. 22.4 - Bulbo olfattivo e parte iniziale delle vie olfattive. Gli assoni dei recettori olfattivi terminano sui dendriti delle cellule mitrali e delle cellule glomerulari, le quali a loro volta mandano il loro assone a costituire il tratto olfattivo. Collaterali di fibre del tratto olfattivo terminano sulle cellule del nucleo olfattivo anteriore. Nella parte destra del diagramma sono disegnate fibre dirette al bulbo olfattivo che nascono dal nucleo olfattivo anteriore (di entrambi i lati) e in vicinanza della sostanza perforata anteriore.Il III, IV e VI nervi cranici costituiscono l'insieme dei nervi oculomotori; sono deputati al controllo somatico e vegetativo dei muscoli oculomotori e del sistema vegetativo (parasimpatico) di controllo della situazione oculare (III nervo cranico o oculomotore comune).L'Oculomotore comune gestisce la parte vegetativa ed il controllo di tutti i muscoli tranne il Grande obliquo (che abbassa e abduce l'occhio) di competenza del IV nervo cranico o Trocleare e l'abducente che abduce ed eleva il bulbo oculare, di competenza del VI nervo cranico o Abducente. Nelle figure 225 e 22.6

vi una spiegazione visiva dell'azione dei nervi oculomotori.Il V nervo cranico o Trigemino il nervo responsabile della sensibilit del viso.Il nervo Trigemino cos denominato perch alla periferia possiede tre branche una oftalmica, una mascellare ed una mandibolare, che si distribuiscono nelle tre zone del viso da cui prendono il nome. responsabile della innervazione \p506 sia termodolorifica che tattile discriminativa di tutto il viso e delle arcate dentarie, ha inoltre una piccola componente motoria che innerva i muscoli Pterigoidei, Massetere e Temporale.Fig. 22.5 - Schema che mostra i muscoli impiegati nei movimenti coniugati degli occhi nelle sei direzioni principali dello sguardo.Fig. 22.5 b - Diagramma dell'azione dei muscoli oculari.Le cellule a T di questo sistema sensitivo si trovano in un ganglio denominato del trigemino, semilunare o di Gasser indifferentemente, dove le afferenze provenienti dalle tre differenti zone del viso si redistribuiscono qualitativamente per entrare nel SNC a livello del ponte e dirigersi in tre zone diverse a seconda che si tratti di sensibilit termodolorifica, tattile discriminativa o propriocettiva.La branca per la sensibilit termica e dolorifica entra nel ponte per dirigersi verso il basso, costituendo la radice discendente del trigemino. Questa radice arriva fino alla giunzione bulbo-midollare e per tutta la sua lunghezza invia collaterali lungo il nucleo della radice discendente del trigemino, una formazione colonnare di sostanza grigia che le sta a fianco. Nel nucleo della radice discendente del trigemino si trovano i pirenofori del secondo neurone della via, i cui assoni andranno in parte alla sostanza reticolare, in parte ad accorparsi al fascio neo-psinotalamico, per raggiungere il nucleo ventro-postero-mediale VPM del talamo, situato in posizione immediatamente mediale al VPL.Il nucleo della radice discendente del trigemino, ricevendo le sensibilit periferiche di tipo termo-dolorifico, costituisce l'equivalente delle corna posteriori \p507 del midollo spinale, al di sopra delle quali si trova perfettamente incolonnato. Alla giunzione bulbo-midollare infatti la colonna di sostanza grigia del nucleo della radice discendente si continua, verso il basso, con le corna posteriori del midollo spinale.Fig. 22.6 Rappresentazione schematica della localizzazione dei muscoli estrinseci dell'occhio nell'ambito del complesso nucleare dell'oculomotore, basata su studi nella scimmia rhesus (Warwich, 1953). Le colonne cellulari che compongono il complesso sono presentate in visione laterale e dorsale ed in sezione trasversa a vari livelli. Le colonne cellulari viscero-motrici (parasimpatiche) sono raffigurate in nero. Il nucleo ventrale (blu) innerva il muscolo retto mediale. Il nucleo dorsale (rosso) innerva il muscolo retto inferiore. La colonna cellulare intermedia (giallo) innerva il muscolo obliquo inferiore. La colonna cellulare (bianco) medialmente alle colonne cellulari dorsale e intermedia, indicata come colonna cellulare mediale, innerva il muscolo retto superiore. Il nucleo caudale centrale (tratteggiato) fornisce fibre al muscolo elevatore della palpebra superiore. Le fibre che innervano il retto mediale, il retto inferiore e il muscolo obliquo inferiore sono dirette; le fibre che innervano il muscolo elevatore della palpebra sono sia dirette che crociate, mentre quelle del muscolo retto superiore sono crociate. Il disegno nella parte superiore destra mostra la posizione di tutti i muscoli estrinseci dell'occhio in rapporto al bulbo oculare e allo scheletro dell'orbita. (Da Treux e Carpenter: Human Neuroanatomy, 1969; per concessione di The Williams and Wilins Co.).La branca per la sensibilit tattile discriminativa si dirige ad un nucleo situato nel ponte denominato nucleo pontino del trigemino.La branca per la sensibilit propriocettiva si distribuisce fra il nucleo pontino e verso un nucleo denominato nucleo mesencefalico del trigemino dove sono contenuti i motoneuroni dei muscoli ad innervazione trigeminale e dove si forma l'arco riflesso miotatico del trigemino.\p508Fig. 22.7 - Il nervo trigemino.Fig. 22.8 - Diagramma dei nuclei del trigemino e alcuni archi

riflessi trigeminali. I, ramo mandibolare (modificato da Cayal, 1909). (Da Truex e Carpenter: Human Neuroanatomy, 1969; per concessione di THe Williams and Wilkins Co.).\p509Fig. 22.9 - Diagramma che dimostra le componenti funzionali, l'organizzazione e la distribuzione periferica del nervo facciale. Le fibre efferenti viscerali speciali (motrici) sono in rosso. Le fibre efferenti viscerali generali (parasimpatiche) sono disegnate in giallo e le fibre afferenti viscerali speciali in blu. A, B e C denotano lesioni del nervo facciale a livello del forame stilomastoideo, distalmente e prossimalmente al ganglio genicolato. I disturbi che derivano da lesioni in queste sedi sono descritti nel testo. (Da Truex e Carpenter: Human Neuroanatomy, 1969; per concessione di The Williams and Wilkins Co.).Il VII nervo cranico o Facciale il nervo motore per eccellenza della muscolatura mimica del viso. un nucleo sia motore somatico e vegetativo (lacrimazione e salivazione) sia sensitivo (gusto). Nasce dal ponte e si dirige anteriormente, aderente all'VIII nervo cranico (acustico vestibolare), per entrare nella rocca petrosa dell'osso temporale dove decorre in un cunicolo ad esso dedicato {canale di Falloppio) dentro il quale forma due angoli a 90 gradi, uno verso il basso ed uno verso l'esterno, per riemergere al di sotto dell'angolo mandibolare da un forame detto forame-stilo-mastoideo. Qui si divide in due branche, una superiore per la muscolatura della parte alta del viso ed una inferiore per la muscolatura della parte bassa oromentoniera.Molte, di varia intensit e con diversa sintomatologia, sono le manifestazioni patologiche a carico del VII nervo cranico, legate soprattutto al suo percorso dentro uno stretto canale osseo che rende qualsiasi infiammazione banale (con gonfiore del nervo) pericolosissima poich il nervo, edematoso, finisce per strozzarsi dentro le pareti rigide del canale di Falloppio. Queste paralisi vengono definite a frigore del VII e per la loro descrizione si rimanda ai testi specializzati. Vi sono anche paralisi centrali del VII nervo cranico che, paradossalmente, appaiono meno gravi di quelle periferiche. Le paralisi centrali infatti colpiscono solamente la muscolatura della branca inferiore, che innervata in maniera selettiva dalla corteccia motoria primaria controlaterale, la branca superiore invece, essendo innervata dalla corteccia motoria di entrambi i lati, viene indebolita da una paralisi centrale, ma non perde completamente le sue funzioni (vedi fig. 22.10).L'VIII nervo cranico o Acustico vestibolare deriva dall'orecchio interno dove raccoglie sia le informazioni relative al movimento del capo dal labirinto vestibolare sia le informazioni acustiche dalla chiocciola.\p510Fig. 22.10 - Fibre corticopontine provenienti da un emisfero cerebrale dirette ad entrambi i nuclei motori del facciale possono causare contrazione dei muscoli facciali superiori bilateralmente, ma solo controlateralmente per quanto riguarda i muscoli facciali inferiori.Le due componenti del nervo viaggiano assieme fino al ponte, dove si separano, della componente vestibolare (che finisce nei nuclei omonimi) si parlato a proposito dei riflessi posturali, la componente acustica sale invece verso la corteccia uditiva primaria attraverso vie sia crociate che dirette, le cui stazioni principali sono i nuclei cocleari, i tubercoli quadrigemini inferiori, i corpi genicolati mediali del talamo (vedi fig. 22.11).\p511Fig. 22.11 - Diagramma schematico delle vie acustiche. Le fibre acustiche primarie che partono dal ganglio spirale sono rappresentate in nero. Le fibre acustiche secondarie che prendono origine dai nuclei cocleare dorsale e ventrale e che formano le strie acustiche sono in rosso. Le fibre acustiche che prendono origine dai nuclei di relay sono in blu. A, bulbo; B, livello del collicolo inferiore; C, livello del collicolo superiore; D, sezione trasversa degli emisferi cerebrali.\p512Il IX nervo cranico o Glossofaringeo innerva la muscolatura del terzo posteriore della lingua e del Faringe ( prevalentemente un nervo della muscolatura di deglutizione). La componente sensitiva innerva il terzo gustativo posteriore della

lingua.Il X nervo cranico o Vago un nervo esclusivamente vegetativo di tipo parasimpatico. di sua competenza l'innervazione parasimpatica dei visceri toracici e della parte alta della cavit addominale.L'XI nervo cranico o Accessorio spinale un nervo cranico con una componente bulbare (tronco encefalico) che innerva i muscoli della laringe ed una importantissima componente che deriva dalle radici spinali da C1 a C5. Questa componente risale verso il tronco, per uscire assieme a tutto il nervo dal forame giugulare ed innervare il muscolo Trapezio e Sternocleidomastoideo.Il XII nervo cranico Ipoglosso innerva la muscolatura della lingua e di altre zone interne del collo.BibliografiaChusid J.G., Neuroanatomia correlazionistica e neurologia funzionale. Piccin 1990. Nolte J., Anatomia funzionale del sistema nervoso dell'uomo. Piccin Padova, 1991. Carpenter, Neuroanatomia Piccin editore, Padova, 1977.\p513CAPITOLO 23 TALAMOIl talamo un voluminoso nucleo di sostanza grigia situato nel diencefalo, alla base degli emisferi cerebrali, medialmente al corpo striato (nuclei della base).Fra il talamo ed il corpo striato transitano le fibre di sostanza bianca che costituiscono il braccio posteriore della capsula interna (vedi cap. 27).Medialmente costitusce la parete laterale del III ventricolo, oltre il quale si trova il talamo controlaterale (parete controlaterale del III ventricolo) situato longitudinalmente sulla linea mediana.Fig. 23.1 - Corpo striato e talamo di entrambi i lati; il preparato visto obliquamente da dietro e dall'alto.Il talamo composto da una serie di nuclei differenti per funzioni e localizzazione, ma tutti con una caratteristica: costituiscono il percorso di ingresso obbligato alla neocorteccia. Tutte le informazioni sensitive quindi, ma anche le informazioni provenienti da altre strutture del SNC che debbano giungere alla corteccia cerebrale, transitano attraverso il talamo [1].[1] Vi una importante eccezione a questa regola: le informazioni olfattive che arrivano direttamente sulla corteccia piriforme (zona mediale del lobo temporale) senza transitare per il talamo, ma questa zona appartiene alla corteccia pi antica (archicortex, a tre strati) e fa parte del cervello viscerale; tutta la restante corteccia neocortex a sei strati.Anatomicamente il talamo caratterizzato da un insieme di nuclei, dall'aspetto ovalare (con la parte pi appuntita dell'uovo rivolta in avanti), ed attraversato da una striscia di sostanza bianca lungo il piano sagittale: la lamina midollare interna.\P514Anteriormente questa lamina si biforca, assumendo l'aspetto di una Y se la si guarda sul piano orizzontale. La lamina midollare interna suddivide il talamo in tre subraggruppamenti nucleari con caratteristiche funzionali differenti: (fig. 23.2).Fig. 23.2 - Il talamo diviso nelle sue zone anteriore, mediale e laterale con le connessioni di queste con la corteccia (colori identici).\P515Il talamo anteriore connesso alla circonvoluzione del cingolo e, di conseguenza, al lobo limbico della corteccia cerebrale (cervello viscerale ed animale), assieme al quale costituisce un'unit funzionale che governa le funzioni istintive del SNC.Il talamo mediale connesso al lobo frontale assieme al quale costituisce la terza unit funzionale del SNC, deputata alla programmazione, regolazione e controllo delle strategie comportamentali (di questa unit fa parte anche la testa del nucleo caudato, appartenente al sistema dei nuclei della base).Il talamo laterale costituisce la porta di accesso alla corteccia sensitiva retrorolandica per le informazioni sensitive ed alla corteccia motoria (area 4) ed associativa motoria (area 6) per le informazioni sul movimento provenienti dai nuclei della base e dal cervelletto.Nello spessore della lamina midollare interna si trovano alcuni nuclei di sostanza reticolare. Questi nuclei, assieme alla sostanza reticolare esterna, che riveste il talamo come un guscio riveste l'uovo, costituiscono la importante componente talamica della sostanza reticolare.Il talamo laterale a sua volta suddivisibile in una porzione posteriore ed una anteriore, quest'ultima si pu scomporre, con un piano

orizzontale, in una parte superiore ed una parte inferiore (vedi figura 22.3).La parte posteriore del talamo laterale denominata pulvinar ed il suo significato funzionale sconosciuto. Il pulvinar comunque gioca un ruolo sicuro sia nel controllo del dolore sia delle funzioni visive.Agganciati alla parte inferiore del pulvinar si trovano i corpi genicolati: quello laterale stazione delle vie visive, quello mediale delle vie acustiche.La parte anteriore del talamo laterale suddivisa in una zona inferiore (o ventrale) ed una superiore (o dorsale).La parte dorsale costituita dai nuclei dorsale laterale e dorsale posteriore, con significati funzionali ipotizzati ma ancora non chiariti, (il laterale posteriore, date le sue connessioni con la corteccia parietale, considerato svolgere un compito di informazione sensoriale somatica, mentre il laterale dorsale, date le connessioni con il lobo limbico, ipotizzato partecipare alle funzioni emotive).La parte ventrale del talamo laterale costituita da un nucleo posteriore suddiviso in una parte esterna ed una interna. La parte esterna denominata, come da posizione topografica, ventro-postero-laterale (o VPL) e riceve il lemnisco mediale e quindi le informazioni tattili, discriminative e propriocettive coscienti dal soma corporeo, la parte interna denominata ventro-postero-mediale (VPM) e riceve informazioni analoghe provenienti dal viso (e quindi dal trigemino).Anteriormente al nucleo ventrale posteriore (separato nelle due componenti VPL e VPM) si trova il nucleo ventrale laterale (VL), stazione di transito delle afferenze cerebellari e pi avanti ancora il nucleo ventrale anteriore (VA), stazione di transito delle vie provenienti dai nuclei della base.Questa suddivisione, risalente a studi sugli animali degli anni '60, stata modificata pi e pi volte, soprattutto dati gli studi approfonditi sul talamo umano condotti da numerose scuole di neurochirurgia che, distruggendo determinate zone del talamo motore (cos denominata la parte costituita da VL e VA) si sono proposte di controllare i disturbi legati alle sindromi extrapiramidali, queste ulteriori suddivisioni hanno generato una notevole confusione per cui, in calce, si inserisce una tabella con dizione dei diversi raggruppamenti nucleari per le diverse scuole e la approssimativa corrispondenza. E parere di chi scrive che la antica suddivisione, anche difettando lievemente in precisione, rimanga sempre la pi valida, a patto che non debba essere utilizzata in ambiente neurochirurgico.\p516Tab. 23.1 - Connessioni e funzioni dei nuclei talamici.1 Nuclei a proiezione specificaa) Nuclei: Gruppo nucleare anteriore Principali afferenze: Corpo mammillare dell'ipotalamo Principali proiezioni: Giro del cingoloFunzione: Limbicab) Nuclei: Ventrale anteriore Principali afferenze: Globus pallidusPrincipali proiezioni: Corteccia premotoria (area 6) Funzione: Motoriac) Nuclei: Ventrale laterale Principali afferenze: Nucleo dentato del cervelletto, attraverso il brachium conjunctivum (peduncolo cerebellare superiore) Principali proiezioni: Corteccia motrice e premotoriaFunzione: Motoria2 Ventrale posteriorea) Nuclei: Parte laterale Principali afferenze: Via colonne dorsali-lemnisco mediale e vie spinotalamiche Principali proiezioni: Corteccia somatosensitiva del lobo parietale Funzione: Sensazione somatica (corpo)b) Nuclei: Parte mediale Principali afferenze: Nuclei sensitivi del nervo trigemino (V) Principali proiezioni: Corteccia somatosensitiva del lobo parietale Funzione: Sensazione somatica (faccia)c) Nuclei: Genicolato mediale Principali afferenze: Collicolo inferiore attraverso il brachium del collicolo inferiore Principali proiezioni: Corteccia uditiva del lobo temporale (aree 41 e 42)* Funzione: Uditod) Nuclei: Genicolato laterale Principali afferenze: Cellule gangliari della retina, attraverso il tratto ed il nervo ottici Principali proiezioni: Corteccia visiva del lobo occipitale (area 17)* Funzione: Visione3 Nuclei di associazionea) Nuclei: Laterale dorsale Principali afferenze: Giro del cingolo Principali proiezioni: Giro del cingolo Funzione: Espressione emotivab) Nuclei: Laterale posteriore

Principali afferenze: Lobo parietale Principali proiezioni: Lobo parietale Funzione: Integrazione delle informazioni sensorialic) Nuclei: Pulvinar Principali afferenze: Collicolo superiore, lobi temporale, parietale ed occipitale e corteccia visiva primaria Principali proiezioni: Lobi temporale, parietale e occipitale Funzione: Integrazione delle informazioni sensorialid) Nuclei: Dorso-mediale Principali afferenze: Complesso nucleare dell'amigdala, afferenze olfattive e ipotalamo Principali proiezioni: Corteccia prefrontale Funzione: Limbica4 Nuclei a proiezione aspecificaa) Nuclei della linea mediale Principali afferenze: Formazione reticolare ed ipotalamo Principali proiezioni: Proencefalo basale Funzione: Limbicab) Nuclei intralaminari, centromediano e centrolaterale Principali afferenze: Formazione reticolare, tratto spinotalamico, globus pallidus ed aree corticali Principali proiezioni: Nuclei della base (striato) Funzione: - c) Nucleo reticolare Principali afferenze: Corteccia cerebrale e nuclei talamici Principali proiezioni: Nuclei talamici Funzione: Modulazione della attivit talamica\p517Tab. 23.2 - Denominazioni dei nuclei talamici secondo diverse tassonomieNome tradizionale con abbreviazione: VENTRALE ANTERIORE VA Altri nomi: VLa Ancora altri nomi: Voa+Vop; (Voa anteriore) (Voa posteriore) Afferenze: dai Nuclei della Base Efferenze: Verso la corteccia associativa (area 6)Nome tradizionale con abbreviazione: VENTRALE LATERALE VL Altri nomi: VLc+VLo VLc caudale VLo orale Ancora altri nomi: VLc = VLp = VIM = VpLO; VLp:posteriore; VIM=VI ventrale; intermedio; VpLO parte pi anteriore di VLp Afferenze: dal Cervelletto Efferenze: Verso la corteccia motoria (area 4)Nome tradizionale con abbreviazione: VENTROPOSTERO LATERALE VPL Altri nomi: VC, VDL Afferenze: dal lemnisco mediale Efferenze: Verso la corteccia sensitiva (area 3-21)BibliografaChusid J.G., Neuroanatomia correlazionistica e neurologia funzionale. Piccin 1990 Nolte J., Anatomia funzionale del sistema nervoso dell'uomo. Piccin Padova, 1991. Jones E.G., The Thalamus, 1985.\p519Sezione VII La corteccia cerebrale e le sindromi corticali\p521CAPITOLO 24 CORTECCIA CEREBRALE E MOVIMENTO: CLINICA E NEUROFISIOLOGIAIntroduzioneLa corteccia cerebrale la struttura grigia pi ampia di tutto il SNC. I suoi neuroni (milioni di milioni), sono collegati da un numero infinito di sinapsi, orientate e consolidate dalle informazioni esterne, che sono in grado di determinare e modellare l'orientamento della rete sinaptica corticale.Le informazioni esterne sono anche in grado di agire sulla biologia cellulare del neurone, particolarmente quando siano attive per lunghi periodi o ripetute frequentemente, provocandone modificazioni permanenti, significative per la trasmissione del segnale elettrico (spikes). La consolidazione, il mantenimento e la modificazione delle reti (circuiti) neuronali un fenomeno attivo, in continuo cambiamento, comunemente noto con il nome di plasticit neuronale.Tutte le strutture del SNC (quindi anche la corteccia cerebrale) possiedono una funzione clinica legata all'attivit delle reti neuronali (i circuiti della neurofisiologia classica): questo legame tuttavia talmente complesso [1] da risultare difficilmente comprensibile.[1] Probabilmente a causa dell'altissimo livello di plasticit del sistema.L'incapacit di stabilire una concatenazione causale fra attivit dei neuroni corticali e manifestazioni dell'attivit funzionale della corteccia cerebrale, o anche semplicemente di formulare una teoria su questa concatenazione, obbliga ad uno studio della corteccia su due diversi versanti: il versante delle manifestazioni cliniche con relative patologie da un lato ed il versante della attivit fisiologica dei neuroni e delle reti neuronali dall'altro.Lo studio delle attivit funzionali della corteccia cerebrale da sempre legato alla psicologia, poich l'attivit mentale cosciente di tipo conoscitivo (percezione di s e del mondo esterno) ed il comportamento cosciente (interazione con il mondo esterno), sono contemporaneamente argomenti importantissimi degli studi psicologici ed il principale risultato

funzionale della attivit corticale.Quando allo studio delle manifestazioni cliniche si associ il tentativo di riconoscere in esse l'attivit neuronale di determinate zone o aree corticali, allora si rientra in una particolare branca delle neuroscienze, a cavallo fra psicologia e neurofisiologia: la neuropsicologia.La Neuropsicologia studia il rapporto fra attivit mentale cosciente ed attivit neurofisiologica corticale e sottocorticale. Le attivit corticali che portano alle funzioni coscienti psicologiche studiate dalla neuropsicologia si definiscono Funzioni corticali superiori. La neuropsicologia una scienza puramente clinica in quanto, anche se molti disturbi neuropsicologici sono certamente ricollegabili ad un substrato anatomico e fisiologico, non nemmeno immaginabile pensare di ricondurre aspetti quali il pensiero, il linguaggio, le emozioni o i ricordi e le loro patologie all'interno di logiche sinaptiche e di integrazione neuronale.\p522Rispetto agli studi sul movimento la neuropsicologia importantissima per affrontare tutta la problematica dell'origine, della esecuzione e del controllo del movimento volontario.L'altro versante dal quale si affronta lo studio del funzionamento della corteccia cerebrale la neurofisiologia.La neurofisiologia studia la attivit corticale in quanto tale, correlata, dove possibile, al suo prodotto funzionale: il comportamento umano. La neurofisiologia del movimento in particolare, a livello corticale, si occupa delle relazioni fra il movimento meccanico volontario e l'attivit di singoli neuroni o di popolazioni neuronali.Un altro scopo della neurofisiologia del movimento a livello corticale comprendere come i neuroni della corteccia cerebrale siano in grado di influenzare (o di essere influenzati) dalle cellule nervose di altri sistemi motori.La logica che concatena movimento e neurofisiologia molto pi stretta di quella che concatena movimento e neuropsicologia, poich movimento ed attivit neuronale sono entrambe grandezze misurabili e su questa base, almeno in prima approssimazione, comparabili.La logica che concatena movimento e neuropsicologia pi labile, poich legata ad ipotesi e teorie, non a modelli interpretativi che siano sperimentalmente verificabili [2].[2] molto complesso definire cosa si intenda esattamente per teoria. Dal punto di vista formale una teoria potrebbe essere intesa come un insieme di assiomi ed assunzioni che genera proposizioni attraverso le quali possibile formulare delle previsioni su di un evento che non possano essere sottoposte a verifica sperimentale.Il capitolo che segue suddiviso in due parti, la prima di analisi degli aspetti neuropsicologici della origine corticale del movimento e delle turbe motorie correlate alla neuropsicopatologia, la seconda dedicata agli aspetti clinici del movimento, particolarmente a quelli che sono stati studiati a livello neurofisiologico.Neuropsicologia del movimentoLa psicologia classica si avvicin al movimento umano volontario come manifestazione di un atto volitivo, considerando il movimento come il risultato finale di uno sforzo della volont. All'interno di questa logica, l'unica scuola psicologica che si interess del gesto motorio (la Scuola Comportamentista), in realt non affront mai il problema fisiologico del movimento, n del suo controllo da parte del SNC. La scuola comportamentista utilizz il movimento semplicemente come evidenziatore dei processi psicologici di elaborazione concettuale e volontaria, ponendo di fatto termine ad ogni tentativo culturale di indagine neurofisiologica di qualsiasi tipo (Harlow McGaugh, Thompson, 1973).All'opposto, nello stesso periodo (siamo approssimativamente negli anni '50) si sviluppa una corrente di pensiero meccanicista, che vede il movimento volontario come una obbligatoria risposta di tipo riflesso (molto complessa) agli stimoli provenienti dal mondo esterno, rifacendosi agli studi sugli animali e sui riflessi condizionati di apprendimento (Tajfel e Fraser 1975).L'una e l'altra teoria ovviamente erano estremizzazioni di osservazioni cliniche e non potevano portare a progressi sostanziali nello studio dei rapporti fra corteccia cerebrale e

volont di movimento.Dal punto di vista neuropsicologico, i moderni studi sul movimento iniziano con il lavoro dello psicologo russo Vigotskji (1956, 1960). Vigotskji introduce in psicologia un concetto importante: secondo il suo lavoro l'origine della progettazione \p523 e della pianificazione motoria non innata o genetica nell'individuo, come pensavano i comportamentisti, ma deriva dall'apprendimento. Da bambini si apprende dai genitori come muoversi, indi il bambino in grado di elaborare dei progetti (e degli ordini motori) interni a cui obbedire.Contemporaneamente alla psicologia anche la neurofisiologia compie, negli anni cinquanta, progressi sostanziali: le mappe corticali motorie di Penfield e gli studi di Woolsey definiscono le prime concatenazioni sperimentali fra movimento ed attivit corticale.Nel loro insieme neurofisiologia e neuropsicologia iniziano a delineare l'attuale concezione neuropsicologica del movimento. Il movimento viene oggi considerato l'insieme di tre momenti distinti e complementari:- la creazione del modello o idea del movimento- l'elaborazione del progetto motorio- il controllo del progetto motorioIl primo momento, la creazione del modello o idea del movimento, pur essendo quasi sempre una risposta ad uno stimolo esterno, non direttamente collegato ad esso, ma caratterizzato da una elaborazione mediata, che tiene conto:A) dei numerosi canali sensoriali attraverso i quali viene percepito ogni stimoloB) delle informazioni mnemonicheC) dello stato del SNC e dell'organismo in toto al momento della progettazione motoria e nel momento (futuro) della sua esecuzione.Il secondo momento l'elaborazione del progetto motorio, cio della sequenza attraverso la quale vengono impartiti gli ordini all'apparato locomotore per eseguire materialmente il movimento.L'elaborazione del progetto una operazione assai sofisticata ed estremamente dinamica. Essa deve tenere conto di tutte le infinite possibilit di movimento dell'apparato locomotore e di tutte le infinite combinazioni in cui esse si possono articolare.L'apparato locomotore costituito da un sistema di articolazioni estremamente vario e da circa 200 muscoli. I muscoli agiscono a gruppi sulle articolazioni, sulle quali ciascuno possiede pi di un tipo di azione. L'azione muscolare sulla singola articolazione dipende dalla posizione articolare, dalla contemporanea posizione delle altre articolazioni e dal grado di attivazione del singolo muscolo e dei muscoli vicini.Un muscolo non ha quindi un'unica azione chinesiologica, anzi esso pu attuarne un numero assai elevato. Solitamente l'azione muscolare ripetitiva, grazie alla coordinazione motoria che consente di ripetere sempre le stesse sequenze, approssimativamente con le stesse basi biomeccaniche. In queste situazioni i muscoli appaiono come sono conosciuti tradizionalmente, come flessori od estensori di una certa articolazione. In altre condizioni per, un progetto motorio particolare o una situazione esterna insolita, un muscolo pu assumere funzioni biomeccaniche diverse, fino ad arrivare alla funzione opposta di quella solitamente esercitata.L'elaborazione del progetto motorio deve costantemente tenere conto di tutto questo ed anche delle variabili combinazioni temporali. Deve poter valutare e modificare ogni parametro prima e durante l'esecuzione motoria, sia singolarmente che in maniera sincronizzata. L'elaborazione del progetto motorio deve inoltre essere in grado di confrontare in ogni momento il movimento reale con il progetto iniziale, in modo da correggere eventuali errori attraverso un meccanismo di \p524 controllo del progetto motorio, che costituisce il terzo passo dell'elaborazione motoria.Lo studio dell'elaborazione del progetto motorio e del suo controllo costituiscono settori in cui la neurofisiologia ha compiuto, negli ultimi decenni, passi enormi.L'interesse motorio dei disturbi legati a deficit delle sintesi polimodali afferenti (a deficit cognitivi cio: neglect, cecit corticali, per esempio) verr accennato nel capitolo dedicato alla neuroanatomia della corteccia cerebrale.Di seguito verranno trattati in primo luogo i disturbi della creazione del modello motorio, che sono

caratteristici dalla parte pi anteriore del lobo frontale: il polo frontale. In secondo luogo i disturbi della elaborazione del progetto motorio, che sono caratteristici delle aree associative frontali mentre per il controllo del progetto motorio si rimanda al capitolo 27 e alla sezione dedicata al cervelletto.Creazione del modello o idea di movimentoFormazione del modello di movimento e meccanismo di controllo del progetto motorio. (Il polo frontale e le sue patologie)La corteccia prefrontale, o polo frontale, come viene denominata la corteccia della parte pi anteriore del lobo frontale, costituita per intero da neuroni degli strati associativi. Questi neuroni sono collegati pressoch interamente con altre zone della corteccia cerebrale e con quelle parti dei grossi nuclei diencefalici (talamo e nuclei della base) che partecipano con la corteccia alle funzioni corticali superiori.Unica eccezione a questo tipo di collegamenti la sostanza reticolare del tronco encefalico, assieme alla quale le aree mediali del polo frontale costituiscono la prima unit funzionale e regolano il ritmo sonno veglia ed il tono corticale globale.Il polo frontale e la sua corteccia sono strutture caratteristiche della razza umana, si intravvedono gi nei primati, ma sono praticamente assenti in tutti gli altri mammiferi.Nell'uomo queste zone raggiungono uno sviluppo enorme, occupando quasi un quarto totale della area corticale degli interi emisferi. Alla nascita sono gi completamente presenti, ma non sono ancora mature, si sviluppano lentamente, fino a raggiungere la piena maturazione intorno ai sette anni di vita (vedi fig. 24.1).Anatomicamente il polo frontale suddivisibile in tre parti: una laterale, sulla superficie convessa degli emisferi, una mediale, che guarda l'altro emisfero ed una inferiore, orbitaria.Si evidenziano discrete differenze funzionali fra le tre zone, ma il polo frontale, anzi, i poli frontali di entrambi i lati, vanno considerati come una struttura unica, con un'unica funzione neuropsicologica [3]: l'organizzazione ed il controllo delle strategie comportamentali complesse e volontarie dell'individuo.[3] Come si vedr nel capitolo di neuroanatomia corticale, l'intera corteccia cerebrale, in realt, da considerarsi un'unica struttura funzionale.I deficit motori, legati ad un danno del polo, non sono quindi deficit del movimento primario, ma deficit delle strategie comportamentali complesse dell'individuo, che inevitabilmente si manifestano anche con disturbi motori.\p525Fig. 24.1 - Evoluzione del sistema nervoso nell'embrione e nel feto.\p526Fig. 24.2 - Il lobo frontale: superficie laterale (zona anteriore dell'encefalo colorata in rosso) collocazione topografica.1 Sulcus centralis, 2 Gyrus praeeentralis, 3 Sulcus praeeentralis, 4 Lobus frontalis, 5 R. ascendens, 6 R. ant., 7 Sulcus lat., 8 Lobus temporalis, 9 Lobus parietalis, 10 Gyrus postcenlralis, 11 Sulcus postcentralis, 12 Lobus occipitalis, 13 Cerebellum, 14 Sulcus frontalis sup, 15 Gyrus frontalis med, 16 Sulcus lunatus, 17 Fissura longitudinalis, 18 Granulationes arachnoideaeLa parte mediale del polo frontale costituisce una subunit funzionale deputata al controllo del tono corticale. Assieme alla sostanza reticolare ascendente (soprattutto la sua parte pontomesencefalica) regola il livello di attivazione funzionale della corteccia cerebrale, giocando a sua volta un ruolo preminente sull'attivazione funzionale di tutto il SNC, soprattutto se. alla base della richiesta di attivazione vi uno stimolo legato alla strategia comportamentale dell'individuo.La richiesta di un'attivazione di questo tipo di solito conseguente alla necessit di un aumento di attenzione volontaria. Si possono avere richieste di aumento di tono, per esempio, collegate alla necessit di interpretare o classificare un nuovo stimolo complesso (in questo caso la richiesta di attivazione proverr dalle aree terziarie retrorolandiche), oppure alla necessit di reagire con strategie appropriate ad una situazione complessa (in questo caso la richiesta di attivazione proverr dai poli frontali medesimi).Che siano le aree mediali del polo frontale a regolare questo tipo di attivazione

stato dimostrato in modi differenti: di un certo rilievo sono tuttavia gli studi effettuati sulle componenti vegetative del riflesso di orientamento e sulla attivazione dell'elettroencefalogramma.Ogni riflesso di orientamento [4] si accompagna ad una serie di modificazioni vegetative assolutamente incoscienti, le cui caratteristiche pi eclatanti sono una vasocostrizione periferica, una vasodilatazione al capo ed una variazione del riflesso psicogalvanico (Vinogradova 1959), questo stato continua fino a quando il soggetto non si abituato alla situazione (fino a quando cio perdura l'aspettativa).[4] Si intende come riflesso di orientamento uno stato di attesa attiva, generato dall'aspettativa cosciente che qualcosa stia per succedere.Le reazioni vegetative al riflesso di orientamento sono normalmente preservate nei danni corticali a qualunque livello, mentre sono assenti nei pazienti nei quali il danno si localizza sulla superficie mediale dei poli frontali.\p527Un altro caratteristico segnale del significato dei poli frontali sulla regolazione del tono collegabile alle variazioni elcttroencefalografiche che normalmente si osservano al comparire degli stati di attenzione.In condizioni di riposo psicosensoriale, una particolare attivit elettrica cerebrale, denominata ritmo a, diffusa a tutte le zone della corteccia cerebrale. Se qualcosa richiama l'attenzione del soggetto, il ritmo a viene immediatamente sostituito da un ritmo pi rapido e di voltaggio pi basso, soprannominato ritmo beta. Anche questo passaggio, che sta ad indicare una variazione del tono corticale, non ha pi luogo a fronte di un danno dei poli frontali, in particolare della loro superficie mediale, mentre ancora presente, anche se alterato, quando il danno colpisce altre zone della corteccia (Vinogradova 1959).Se legata ad un danno dei poli frontali, la difficolt nell'attivare il giusto tono corticale e quindi la giusta attenzione, riguarda solamente le forme di attivazione superiore, corticali, quelle legate all'uso del linguaggio ed allo stimolo primario. Le forme elementari del riflesso di orientamento, quelle evocate da stimoli normalmente irrilevanti (l'attenzione involontaria come solitamente viene denominata) rimangono assolutamente invariate e, dato il deficit dell'orientamento volontario complesso, finiscono per occupare tutta l'attenzione del paziente. frequente, in questo tipo di ammalato, osservare un caratteristico effetto calamita: il paziente non riesce a concentrarsi su ci che di importante sta facendo e, contemporaneamente, viene distratto ed attirato dalle situazioni marginali. Non riesce a seguire la logica del colloquio con il medico mentre, d'altro lato, partecipa e si intromette nei discorsi a cui estraneo, che gli si sviluppano accanto. Questo accade non in quanto la situazione marginale acquisti importanza, ma in quanto perduta la capacit strategica comportamentale (il giusto tono corticale a livello neuropsicologico) che consente di concentrarsi sulla situazione primaria.I medici esperti di neuropsicologia sanno che in questi pazienti pi facile ottenere risposte se la domanda viene rivolta al vicino di letto che non al paziente medesimo (Luria 1977).Le strutture orbitarie del polo frontale costituiscono una subunit del polo frontale deputata al collegamento con il cervello viscerale. Esse caratterizzano i rapporti fra le elaborazioni razionali e le pulsioni istintive.Queste strutture sono collegate, pressoch interamente ed esclusivamente, alle vicine strutture della corteccia ancestrale (archicortex): l'ippocampo e il giro dentato ed ai nuclei sottostanti come l'amigdala. Detti collegamenti fanno s che la corteccia frontale orbitaria entri a far parte, pur senza perdere le caratteristiche strutturali delle cortecce terziarie, del sistema affettivo ed istintivo del SNC.Un danno della corteccia orbitaria classicamente responsabile sia della componente di disinibizione generalizzata (di tipo sessuale, alimentare o di evacuazione), sia delle turbe dei processi affettivi riscontrabili nella caratteristica sindrome frontale (atteggiamento imperturbabile, definito del Maggiordomo Inglese

interrotto da improvvise ed imprevedibili crisi pantoclastiche [5]). Un disturbo orbitario del polo frontale anche alla base della sindrome di Kleine Levin.[5] Di distruzione furibonda, cio, di tutto ci che circonda l'ammalato.Le zone laterali del polo frontale costituiscono la subunit deputata all'elaborazione della strategia comportamentale e dei progetti. Queste aree sono le maggiori responsabili della formulazione dell'idea di movimento, sulla quale si costruir il progetto motorio.Con l'aiuto del linguaggio (che in questo caso va inteso nel suo significato complesso, come codice di comunicazione interno fra diverse zone della corteccia \p528 cerebrale e non come strumento comunicativo) esse reagiscono alle stimolazioni provenienti da altre zone della corteccia, elaborando una strategia comportamentale di cui il movimento una componente essenziale.Le zone laterali del polo frontale assicurano il mantenimento dell'idea di progetto (che esprime una strategia volontaria elaborata coscientemente), controllano che ne avvenga l'esecuzione e che il movimento sia messo in atto effettivamente. Esse non entrano direttamente nella elaborazione del progetto motorio, n nell'organizzazione dei codici di movimento, ma costituiscono la scintilla (volontaria) da cui tutto questo scaturisce.In una patologia delle aree laterali del polo frontale, quando cio venga meno il loro contributo motorio, il movimento pu avvenire correttamente, ma solo se si tratta di un movimento automatico o ecoprassico. Il movimento volontario, ad esempio, ovvero l'attivit motoria legata ad una strategia comportamentale decisa dal soggetto in risposta a determinati stimoli coscienti, non potr pi essere impostato, anzi, esso verr costantemente inquinato da stimoli irrilevanti che, data la incapacit di elaborazione strategica, verranno portati sullo stesso piano degli stimoli primari.Nei deficit frontali laterali gli stimoli sensitivi coscienti sono ancora presenti ed efficaci, poich le zone corticali retrorolandiche in cui vengono elaborati sono intatte. Come gli stimoli irrilevanti, anch'essi sono in grado di influenzare l'attivit motoria non pi sotto il controllo strategico del comportamento, e danno luogo alle caratteristiche ecoprassie del paziente frontale: messo di fronte ad uno stimolo esterno il paziente, non pi in grado di elaborare una strategia, reagisce attraverso una logica puramente imitativa (fenomeno dell'eco) ripetendo il gesto osservato all

infinito.In altre parole, in assenza di integrazione da parte del polo frontale, le corteccie premotorie e motorie sono governate dagli stimoli provenienti dalle cortecce retrorolandiche, che costituiscono il momento pi complesso di elaborazione corticale rimasto al paziente. Questi stimoli non sono in grado di elaborare idee di movimento , ma ordinano alle cortecce premotorie e motorie l'esecuzione imitativa di un movimento analogo a quello che conoscono attraverso l'analisi dello stimolo esterno. Da qui le ecoprassie.Il paziente frontale quindi presenta una disintegrazione dell'idea di movimento ed un disturbo del meccanismo di controllo del progetto motorio. Questo paziente non sa pi costruire una strategia motoria, n sa pi valutare e verificare la correttezza del movimento effettuato. Il disturbo facilmente evidenziabile sul versante motorio, ma riguarda tutti i tipi di strategie comportamentali, nessuna delle quali pu pi essere adeguatamente elaborata. Questo quadro d luogo alla tipica sindrome frontale, definita abulico-acinetico-aprassica [6], definizione che comprende tutti i disturbi sopra riportati, eccezion fatta per quelli dell'affettivit e dell'istinto (sindrome frontale orbitaria), che solo a volte partecipano alla sindrome frontale completa. [6] necessario ricordare che le strutture coinvolte nell'elaborazione delle strategie comportamentali vanno oltre il polo frontale, coinvolgendo anche i nuclei anteriori del talamo e la testa del nucleo caudato (dei gangli della base).Elaborazione e controllo del progetto motorio (aree premotorie, aree parietali e loro patologie)Una volta elaborata la strategia, deve essere formulato un progetto motorio adeguato. Il progetto motorio risulta adeguato quando riesce a trasformare l'idea \p529 di movimento in una corretta catena cinetica, nella quale vengano scelti i giusti parametri tecnici che consentano di ottemperare alle esigenze strategiche da un lato e, dall'altro, di sfruttare al meglio e rispettare le caratteristiche tecniche dell'apparato locomotore.In altre parole un progetto motorio riconosce un'origine (l'elaborazione strategica da cui nasce l'idea di movimento) ed un fine (l'esecuzione efficace di questa idea da parte dell'apparato locomotore).I due punti si fondono indissolubilmente nel progetto motorio, il cui risultato deve essere sempre uguale: deve tradursi in un vantaggio per chi decide di compiere il movimento.Data la sua collocazione, che estremamente variabile e dipendente da una grande quantit di aspetti contingenti, il progetto motorio dovr essere estremamente duttile. La duttilit consente di modificare il progetto a seconda di parametri differenti, per consentire il raggiungimento del fine strategico in una situazione mutevole quale la realt esterna: un identico fine strategico pu quindi essere raggiunto attraverso la scelta di catene cinetiche anche molto differenti fra loro.Dunque, nel movimento, la strategia di partenza ed il risultato finale devono essere sovrapponibili, ma la loro interconnessione, (cio il progetto motorio) estremamente variabile.I pi importanti aspetti che regolano l'elaborazione del progetto motorio, caratterizzandone la variabilit, riguardano:a) lo stato dell'apparato locomotore, nel suo insieme ed in ogni suo singolo componente,b) le necessit posturali e di equilibrio, c) i tempi di realizzazione,d) i rapporti spaziali e temporali fra i componenti singoli dell'apparato locomotore durante l'esecuzione motoria,e) la consuetudine o meno (la memoria) a mettere in atto determinate strategie.Questi parametri definiscono le regole di cui il SNC dovr tenere conto nell'attivare le caratteristiche meccaniche di ogni singolo muscolo, per tutta la durata del movimento.L'elaborazione di queste regole a carico delle aree premotorie (si veda il capitolo 25), che attraverso il colloquio con altre strutture del SNC (cervelletto, gangli della base e cortecce parietali) producono il progetto ideale.Il progetto motorio viene poi trasmesso al midollo attraverso due distinti sistemi. L'area motoria primaria ed il fascio piramidale costituiscono il sistema principale, le vie discendenti extrapiramidali formano il secondo

sistema. Delle funzioni delle aree precentrali e postcentrali nella elaborazione motoria si parler nei capitoli 25 e 26; al cervelletto ed ai gangli della base sono dedicate due intere sezioni del testo. Qui si ricorda solamente la prevalenza delle aree parietali nella sintesi spaziale del progetto motorio e la prevalenza delle aree premotorie nelle sintesi temporali.Nell'uomo le aree secondarie e terziarie del lobo frontale presentano uno sviluppo considerevole, molto pi esteso rispetto agli altri primati. Nei mammiferi inferiori queste aree sono di dimensione enormemente ridotte o addirittura inesistenti. Non di conseguenza possibile, attraverso sperimentazioni di laboratorio, definire le funzioni specifiche (esclusivamente umane) delle singole aree corticali nell'elaborazione del progetto motorio. necessario ricorrere ad osservazioni cliniche sui danni corticali focali umani. Queste informazioni sono le uniche a fornire un'ampia gamma di conoscenze nel settore.\p530AprassiaIl danno dell'elaborazione del progetto motorio porta ad una manifestazione clinica nota con il nome di aprassia , una parola che venuta ad assumere il significato di: disturbo del gesto.L'aprassia, dal punto di vista clinico, riassume in s una serie di disturbi a distribuzione piuttosto ampia dal punto di vista anatomopatologico. Si parla selettivamente di aprassia per un danno delle aree secondarie (associative) sia motorie che sensitive, in queste aree il danno pu poi essere della corteccia o della sostanza bianca sottocorticale.L'aprassia pu ancora essere causata da un danno del corpo calloso, nel qual caso parziale: riguarda solamente gli arti dell'emisoma sinistro. L'aprassia del corpo calloso dovuta ad una deconnessione delle aree motorie dell'emisfero destro (non dominante) dall'emisfero sinistro (dominante). L'emisfero sinistro l'unico in grado di gestire il complesso fenomeno della progettazione motoria. L'aprassia del corpo calloso non coinvolge mai i muscoli della faccia.Vengono infine impropriamente definite aprassie anche le manifestazioni pi strettamente legate al movimento che coinvolgono le aree laterali del polo frontale. In questo caso per si stabilito trattarsi di un disturbo dell'ideazione del movimento e non della sua progettazione (vedi paragrafo precedente), per cui il termine, di fatto, non dovrebbe essere utilizzato.L'aprassia si verifica solamente per danni localizzati nell'emisfero sinistro (l'emisfero dominante, del linguaggio); un danno dell'emisfero non dominante non provoca aprassia.Il termine aprassia fu coniato dal medico tedesco Steinthal nel 1871, ripreso da Gogol, un altro medico tedesco, due anni dopo. Fino agli studi di Liepmann (1900) il termine serviva a designare un errato utilizzo degli oggetti legato al loro mancato riconoscimento all'interno di determinate sindromi afasiche. con gli esemplari studi di Liepmann dal 1900 che il termine assume il significato di incapacit ad utilizzare il movimento per l'azione intenzionale. Gli studi di Liepmann trassero spunto dall'osservazione, durata molti anni, di un consigliere imperiale affetto da sifilide cerebrale. Nel consigliere imperiale [7] Liepmann riusc non solamente a catalogare clinicamente tutti i disturbi delle turbe motorie, ma fece anche ipotesi localizzatone corticali, che si rivelarono poi vere all'autopsia, dando un'autonomia definitiva all'aprassia rispetto all'afasia.[7] Con questo nome passato alla storia il paziente di Liepmann.L'aprassia, oggi, pu essere definita come un disturbo del controllo del movimento volontario, in assenza di deficit nelle strutture effettrici e recettrici del SNC o periferico. L'aprassia dunque un altro disturbo delle strutture che elaborano il controllo motorio che precede il movimento volontario; il problema non il controllo del movimento ma pi a monte: il controllo dell'elaborazione dei progetti motori.Un esempio pu aiutare a capire cosa ci significhi praticamente.Il cittadino che si reca allo sportello di un ufficio pubblico per ritirare una pratica da lui richiesta, mette in atto una strategia (la esigenza che lo ha portato a domandare, in precedenza, la

documentazione). La sua strategia viene frustrata se non trova corrispondenza nella consegna da parte dello sportellista (l'apparato locomotore) della documentazione desiderata (l'efficacia dell'apparato locomotore deve corrispondere ai desiderata della strategia iniziale). Il cittadino, solitamente, attribuisce allo sportellista le ragioni della propria strategia frustrata, ma lo sportellista esclusivamente il tramite fra il cittadino (che ha sviluppato la propria \p531 necessit, cio l'idea di movimento) ed invisibili, retrostanti operatori (che devono istruire la pratica, cio il progetto motorio). In neuropsicologia l'aprassia proprio un disguido nell'istruzione della pratica e non nella sua consegna. Solamente quando la pratica va istruita (quando cio vi necessit di un progetto motorio) il disturbo compare; se alla richiesta del cittadino si pu rispondere con routines gi formate, perch di comune richiesta, un errore di istruzione non possibile. Alla stessa maniera il movimento risulta completamente normale se anzich dover essere progettato fa parte di un automatismo, di una catena cinetica cio di comune utilizzo da parte del paziente.Continuando nell'esempio amministrativo, pu darsi che la pratica non venga istruita perch gli impiegati addetti sono ammalati momentaneamente, o definitivamente assenti. In entrambe le situazioni il lavoro verr svolto da altri operatori, non addetti a quel compito e quindi assai meno esperti. Il risultato sar comunque l'elaborazione della pratica, che tuttavia apparir pi approssimativa rispetto alle attese.In questo frangente il progetto di movimento si comporta analogamente: in assenza delle aree associative parietali e frontali, o manca del tutto (e allora il gesto non viene eseguito) o viene elaborato in modo pi grossolano e superficiale, poich aree diverse e non adatte devono supplire alla mancanza delle aree appropriate. In questo caso il progetto pu presentare uno o pi dei difetti motori che verranno di seguito illustrati.Clinicamente l'aprassia si manifesta con un ventaglio di turbe del movimento volontario ben definite. L'aprassia si caratterizza come un disturbo che riguarda prevalentemente gli arti superiori, in minor misura il viso e gli arti inferiori. discutibile l'esistenza di aprassia del tronco o dei muscoli prossimali degli arti.Nel destrimane adulto, normointelligente, gli aspetti clinici delle turbe apras-siche sono classificabili nel modo seguente:1. Perseverazione: il soggetto ripete, del tutto o in parte, il gesto appena eseguito. Se in precedenza, per esempio, aveva fatto il saluto militare, alla richiesta di fare il segno delle forbici riprender il saluto militare o parti riconoscibili di esso.2. Introduzione, nel gesto, di elementi estranei, nuovi rispetto a quelli gi eseguiti, oppure mancanza di alcune componenti essenziali. Nel fare il saluto militare per esempio, il paziente pu portare la mano sull'occhio o sulla tempia, disponendola sul piano orizzontale o trasversale.3. Sostituzione del gesto con un altro, sia comprensibile e corretto in diversa situazione, sia abortivo ed incomprensibile. Invece di fare il segno della croce il malato fa un inchino, oppure flette e ruota il capo senza mai mettere in moto le mani.4. introduzione di elementi abortivi prima o dopo il gesto nel segmento corporeo interessato o in quelli limitrofi. Se si chiede di fare le corna, queste saranno precedute da altri segni simbolici (il no, il pugno) fino a che verranno eseguite.5. Il gesto realizzato in modo goffo, anche se rimane ancora comprensibile.6. La successione temporale dei gesti non attuata correttamente. Nell'accendersi una sigaretta, il soggetto strofiner il pacchetto sulla scatola dei fiammiferi, per porlo poi sul tavolo e mettersi fra le labbra il fiammifero.7. La mano viene usata come l'oggetto di cui si intende mimare l'uso. Il martello, lo spazzolino da denti, non vengono mimati, ma si usa la mano come se fosse l'oggetto stesso.A seconda del tipo di errore progettuale, si possono classificare differenti tipi di aprassia, che corrispondono a danni con diversa localizzazione.\p532L'Aprassia ideatoria contiene gli errori di

progettazione di cui al punto 6 e 7; implica un evidente errore in fase precoce nella progettazione motoria nella sequenza e nella coordinazione spaziale e/o temporale dei movimenti. Nel primo caso l'errore di impostazione risiede nella corteccia premotoria, nel secondo nella corteccia parietale secondaria.L'Aprassia ideomotoria contiene gli errori di cui ai punti 1, 2, 3. Il quadro appare danneggiato quando il progetto ormai terminato. Il soggetto riesce a progettare bene il movimento, ma non riesce a portarlo a giusta esecuzione, probabilmente in quanto i controlli sulla qualit del movimento non raggiungono le aree di progettazione ed esecuzione.La zona interessata a questo tipo di disturbo la sostanza bianca sottoparietale ed in termini neuropsicologici il danno viene definito pi periferico rispetto al precedente.Il notissimo consigliere imperiale di Liepmann soffriva di questo tipo di aprassia.L'Aprassia motoria, contiene gli errori di cui ai punti 4 e 5. Il quadro appare ancor pi periferico: in questo tipo di aprassia anche i movimenti automatizzati sono compromessi. Il disturbo coinvolge i collegamenti fra l'area progettuale premotoria e le strutture tipicamente deputate a coordinare le sinergie muscolari (gangli della base, cervelletto, la stessa area motoria primaria). Anticamente veniva definita anche aprassia innervatoria o mielocinetica.Il raro coinvolgimento, in tutti questi disturbi, della muscolatura assiale ha numerose spiegazioni.In primo luogo la muscolatura assiale raramente coinvolta in movimenti volontari, essendo il suo compito principale legato all'equilibrio e alle reazioni posturali.In secondo luogo l'innervazione corticale di questi muscoli attraverso il fascio piramidale piuttosto ridotta: essi ricevono infatti la loro innervazione prevalentemente attraverso le vie extrapiramidali, controllate direttamente dall'area 6 (Freund 1991). Queste vie sono perci coinvolte nell'elaborazione del progetto motorio solamente per la componente che riguarda la zona, corticale e sottocorticale, dell'area associativa motoria (6 di Brodmann), mentre il fascio piramidale e l'area motoria primaria risentono anche di tutte le componenti a carico delle aree parietali, corticali e sottocorticali. La muscolatura del tronco di ciascun lato inoltre ha una abbondante innervazione proveniente da entrambe le cortecce premotorie e motorie.Fino a qui l'osservazione delle manifestazioni cliniche dell'aprassia. Per ci che riguarda la loro interpretazione logica e la concatenazione causale fra danno e manifestazione clinica, le spiegazioni si fanno assai pi difficoltose e nonostante sia generalmente valida la classificazione di cui sopra non raro individuare varianti assai enigmatiche.Per esempio facile constatare, per chiunque abbia una certa esperienza di neuropsicologia clinica, che la grande maggioranza di pazienti aprassia ha un danno della sostanza bianca parietale (come il consigliere imperiale). per assai difficoltoso, anche a fronte di questa constatazione, spiegarsi come un danno di una regione retrorolandica, canonicamente appartenente al Secondo Sistema Funzionale, deputato all'interpretazione e all'analisi degli stimoli esterni, possa giocare un ruolo chiave, addirittura preminente, nell'elaborazione del progetto motorio.Un tentativo di spiegazione, che entrato a far pare della storia della neuropsicologia (Geschwind 1965), la cosiddetta teoria disconnessionista che, oltre alla preminente localizzazione parietale spiega anche la localizzazione al solo \p533 emisfero sinistro (dominante) dei disturbi alla base dell'aprassia. Secondo questa teoria le aree parietali secondarie giocano un ruolo chiave di collegamento fra le afferenze sensoriali di vario tipo e le aree premotorie.Un danno di detti collegamenti provocherebbe una deconnessione fra la percezione, che avviene nelle differenti aree sensitive primarie retrorolandiche e la progettazione motoria del lobo frontale. Il meccanismo sarebbe causa dell'aprassia per il mancato feedback polisensoriale sul controllo motorio. Questo feedback, poich controlla il progetto e non l'esecuzione motoria, riconosce come chiave

fondamentale l'apprendimento delle precedenti situazioni a livello simbolico astratto. Poich l'apprendimento permanente di questo tipo, a livello corticale, pare essere una funzione gestita dal linguaggio, la localizzazione del processo al solo emisfero dominante appare una logica conseguenza.La teoria ha luci ed ombre, spiega alcuni aspetti, avvallati da una documentazione clinica, ma carente su tanti altri. L'ipotesi di Geshwind pone, per esempio, una concatenazione causa-effetto (stimolo sensoriale-progetto motorio) troppo meccanicistica. Le connessioni sensoriali-motorie inoltre sono talmente complesse ed articolate che, al momento, risulta difficile pensare all'apprendimento come legato a vie anatomiche costanti, non sostituibili con percorsi alternativi.La teoria disconnessionista focalizza per un dato molto importante: l'esistenza di un codice di comunicazione simile sia per il linguaggio sia per i processi di elaborazione complessa, anche non verbale [8], quale pu essere appunto l'elaborazione di un progetto motorio.[8] Si vedano a proposito gli interessantissimi lavori di Geschwind sulle differenti difficolt di scrittura di un soggetto afasico rispetto ad un soggetto aprassico, e la fondamentale semeiotica che permette di differenziare un disturbo agrafico/afasico da un disturbo agrafico/aprassico: Geschwind, da articoli in bibliografia.Geschwind, con la sua teoria, ha un grande merito: porta finalmente la discussione neuropsicologica sulle aprassie al punto chiave, ovvero su quale sia la differenza biologica, anatomica, o di altro tipo, caratterizzata clinicamente dal linguaggio, che fa dell'emisfero sinistro (proprio grazie al linguaggio) l'emisfero dominante.Il problema chiave pu essere altrimenti posto come segue: cosa sta alla base della differenziazione funzionale fra le (anatomicamente uguali) cellule delle cortecce associative dell'emisfero destro rispetto al sinistro? In cosa si concretizza, biologicamente, anatomicamente e neurofisiologicamente, il codice di comunicazione astratto, presente nell'emisfero sinistro ma non nel destro, chiave di volta di tutte le funzioni di apprendimento volontario e complesso?Non esistono, oggi, risposte definite a queste domande, anzi, anche le ipotesi e le teorie, indispensabili a stimolare il determinismo scientifico alla ricerca di soluzioni sperimentali, crescono faticosamente.Sicuramente la pressoch totale inutilit degli esperimenti animali rende il problema ancora pi complicato, tanto pi che gli studi neurofisiologici pi complessi attualmente portati a termine sulla corteccia cerebrale (i vettori evento-correlati di Georgopulos, 1983) mostrano ancora una assoluta identit fra le cortecce dei due emisferi.Forse non sono i neuroni e nemmeno il loro dialogo, ma il mutevole significato del loro dialogo a modificare la biologia dei neuroni stessi, proprio come in una societ umana i legami differenti finiscono per modificare l'aspetto psicologico e fisico degli uomini che la compongono [9].[9] Si pensi, per esempio, ad una societ che si basa sulle ristrettezze e sul terrore e ad una che si basa sulla soddisfazione e sul benessere e si pensi quanto questi legami, puro prodotto della convivenza sociale, finiscano per modificare l'aspetto fisico degli uomini che la compongono.Probabilmente anche il tipo di colloquio intrattenuto fra neuroni identici finisce per modificarne le caratteristiche biologiche, a livello neurofisiologico, \p534 anche se ci non evidenziabile poich probabilmente si utilizzano strumenti troppo poco specifici per evidenziare dette differenziazioni.La neurofisiologia tuttavia, anche su questi problemi prettamente collegati agli aspetti neuropsicologici, va sempre pi acquistando importanza: si pensi per esempio agli studi di Mountcastle riguardo ai neuroni Motori contesto dipendenti (capitolo 27) e non, a tutti quei neuroni cio, situati nelle aree associative parietali dei primati, circa un quarto del totale dei neuroni di queste zone, che scaricano, per differenti ragioni, ma tutti prima che avvenga il movimento. Questi neuroni scaricano anche quando la corteccia completamente deafferentata, senza quindi che vi sia una ragione propriocettiva afferente per essere attivati.I neuroni

evento-correlati delle aree parietali costituiscono un'inequivocabile conferma del ruolo di progettazione motoria delle aree associative retrorolan-diche.Clinicamente, data la complessit del problema, gli studi sull'aprassia coinvolgono numerosi altri campi scientifici, fra questi anche la psicologia, che ne ha messo in luce aspetti assolutamente particolari. Lo studio di questi esula dai compiti di un testo che si occupa di neurofisiologia del movimento; comunque interessante accennare alla direzione in cui si sono evoluti: questi studi valutano la perdita del movimento rispetto ad alcune variabili tipicamente psicologiche, come la qualit del gesto, la frequenza del suo utilizzo, il periodo della vita in cui stato appreso. In bibliografia vengono indicate le voci necessarie ad un eventuale approfondimento di detto settore.Neurofisiologia clinica: controllo corticale del movimentoLa neurofisiologia clinica della corteccia cerebrale connessa al movimento si sviluppa in due direzioni fondamentali: una neurofisiologia interpretativa degli aspetti clinici dei deficit motori ad origine corticale ed una neurofisiologia in cui si osservano gli effetti su determinate situazioni patologiche coinvolgenti la corteccia cerebrale, di studi di neurofisiologia clinica (stimolazioni magnetiche, flussi ematici, potenziali evocati).Ictus cerebrale ed emiplegiaLa neurofisiologia che interpreta gli aspetti clinici legata ad osservazioni sulle tipiche manifestazioni patologiche da danno delle cortecce motorie e delle vie che da esse traggono origine, in particolare al danno isolato del fascio piramidale. La manifestazione clinica pi caratteristica del danno di queste strutture prende il nome di Ictus cerebrale, la sua evoluzione naturale viene chiamata emiplegia.L'ictus, che la fase iniziale di una paralisi emiplegica, ha uno sviluppo estremamente tipico e caratteristico.L'ictus legato ad un disturbo vascolare cerebrale, quasi sempre un'ischemia (mancanza momentanea di irrorazione sanguigna) che provoca la necrosi di alcuni tessuti e l'edema dei tessuti circostanti. Entrambi i fenomeni, assieme ai disturbi circolatori che ne sono la causa, provocano un danno permanente variabile ed una molto estesa inattivazione funzionale del SNC (per le basi fiosiopatologiche della quale si rimanda ai testi specializzati).\p535Passata la fase acuta la zona colpita da inattivazione funzionale suscettibile di recupero, che corrisponde a sensibili miglioramenti clinici del paziente, la zona necrotizzata non pu pi essere recuperata.Pi raramente l'ictus causato da una emorragia: questo di solito porta a morte il paziente. I pazienti affetti da emiplegia sono quindi, in massima parte, pazienti colpiti da ictus ischemico.Anatomicamente vi sono due tipi di ictus: l'ictus capsulare e l'ictus corticale.L'ictus capsulare, pi grave e purtroppo pi comune, colpisce la capsula interna, d luogo ad una emiplegia profonda (termine usato sia per la gravit, che per la localizzazione, che profonda all'interno dell'encefalo) con deficit funzionali permanenti maggiori. L'ictus corticale invece, dovuto ad un danno delle cortecce motorie, solitamente meno grave e d luogo a deficit meno importanti, che prendono il nome di emiplegia frusta , di solito orientata verso un discreto recupero funzionale.Dal punto di vista neurofisiologico l'ictus capsulare e la sua evoluzione clinica sono stati studiati attentamente.La capsula interna, dove la localizzazione anatomica del danno in questione, una struttura di sostanza bianca piuttosto ampia e ramificata, situata fra i grandi nuclei della base encefalica.Fig. 24.3 - Visione della capsula interna sul piano frontale. La capsula interna compresa fra il talamo e l'ipotalamo medialmente (vicino alla cavit del III ventricolo posta sulla linea mediana nella profondit degli emisferi) ed i nuclei della base posti subito lateralmente.\p536La capsula internaCome si vede dalla figura, la capsula interna consta di un braccio posteriore, disposto approssimativamente in senso antero-posteriore e latero-mediale da dietro in avanti e di un braccio anteriore, orientato approssimativamente

dall'interno all'esterno e da dietro in avanti. Le due braccia confluiscono l'una nell'altra in una zona definita ginocchio della capsula interna (vedi fig. 24.4).Il braccio posteriore si trova fra il talamo, medialmente ed il nucleo lentiforme (gangli della base) lateralmente; il braccio anteriore fra la testa del nucleo caudato (sempre gangli della base) e la parte anteriore del talamo.Nel braccio anteriore della capsula interna scorrono due tipi di fibre: le fibre cortico talamiche e le fibre cortico pontine. Le prime sono di collegamento fra le cortecce terziarie del polo frontale ed i nuclei mediali del talamo, che con queste aree e la testa del nucleo caudato formano la terza unit funzionale, per l'elaborazione delle strategie comportamentali volontarie (vedi neuroanatomia). Le fibre cortico-pontine costituiscono il primo tratto della via cortico-ponto-cerebellare, si dirigono verso i nuclei pontini disseminati (zona anteriore del ponte) da cui partono le fibre ponto-cerebellari.Fig. 24.4 - Capsula interna in una visione tridimensionale: vie afferenti alla corteccia blu, efferenti rosse.Nel braccio posteriore della capsula interna si trovano invece le fibre sensitive e motorie in arrivo ed in partenza dalla corteccia cerebrale. In senso postero-anteriore \p537 si trovano rispettivamente le afferenze visive, provenienti dai corpi genicolati laterali del talamo, le afferenze uditive, provenienti dai corpi genicolati mediali del talamo, le afferenze somatosensoriali, topograficamente organizzate in modo che le parti inferiori del corpo siano rappresentate pi posteriomente e quelle superiori pi anteriormente.Le efferenze motorie, con identica organizzazione topografica, sono situate nei due terzi anteriori del braccio posteriore della capsula interna. Le fibre motorie per il viso, che sono le pi anteriori, si trovano nel ginocchio della capsula.Tutte queste fibre, nello spazio fra la capsula interna e la corteccia cerebrale, assumono un classico aspetto a raggiera, denominato corona radiata .Nella caspula interna, data la altissima concentrazione di fibre bianche in uno spazio ridottissimo (vi sono, praticamente, tutte le fibre bianche di collegamento afferente ed efferente dalla corteccia), anche un danno vascolare minimo genera deficit funzionali devastanti.L'ictus capsulare si manifesta con una tipica paralisi completa dell'emisoma controlaterale al danno. La paralisi, flaccida, legata ad una fase di shock, dal quale il SNC inizia a risvegliarsi gi meno di 24 ore dopo. Il primo riflesso a riemergere di solito il riflesso cutaneo-plantare, che per ricompare invertito: alla stimolazione della pianta del piede l'alluce mostra una estensione anzich la caratteristica, fisiologica flessione. Detto riflesso patologico noto con il nome di segno di Babinsky [10]. singolare come gli altri riflessi da stimolazione cutanea, gli addominali ed il cremasterico, spariscano invece definitivamente.[10] Non esiste una spiegazione soddisfacente sul perch si abbia il riflesso di Babinsky, che pure dimostrato costantemente presente negli esperimenti con piramidotomia sulle scimmie. Si suppone, ma solamente a livello teorico, che il riflesso sia legato ad una liberazione della inibizione sulla muscolatura estensoria, successiva alla perdita del fascio piramidale. Questa spiegazione suppone che il riflesso di Babinsky sia la normale risposta alla stimolazione cutaneo-plantare. Detta risposta viene modificata con l'esercizio nell'animale bipede, che a fronte di una stimolazione dolorosa della pianta del piede, per allontanare lo stimolo e mantenere la posizione eretta, impara a reagire con una flessione plantare dell'Alluce. La flessione caratterizzerebbe quindi una modulazione funzionale di un riflesso da parte delle vie discendenti. La paralisi, attraverso l'inattivazione delle vie discendenti, libererebbe il riflesso originale.Dopo circa una settimana ricompaiono i riflessi osteo-tendinei, che vanno vivacizzandosi sempre pi, fino a che il paziente diviene marcatamente e definitivamente ipereflessico.Ipertono spastico e iperreflessia osteotendinea nell'emiplegicoNelle settimane

immediatamente successive all'ictus il tono muscolare aumenta prepotentemente e si imposta, dal punto di vista motorio, il pi importante dei problemi dell'emiplegico: l'ipertono spastico, detto anche piramidale.Si tratta di un ipertono molto caratteristico e facilmente riconoscibile: all'arto inferiore prevalgono i muscoli estensori, per cui la gamba appare diritta e rigida, all'arto superiore prevalgono invece i muscoli flessori, per cui il braccio assume il caratteristico aspetto addotto ed intraruotato, con il gomito flesso, come dettagliatamente spiegato nella parte di osservazione biomeccanica del paziente emiplegico.Si dice che a prevalere sia sempre la muscolatura antigravitaria, che per i bipedi quella che consente di arrampicarsi sugli alberi: ecco perch prevarrebbe la flessione agli arti superiori e la estensione agli inferiori.Si potrebbe ritenere che l'ipertono spastico dell'emiplegico sia una costante dei danni emisferici, poich comporta la liberazione del midollo dalla modulazione corticale, ma la clinica dimostra che non cos.\p538I pazienti tetraplegici per esempio, che hanno un danno completo, orizzontale del midollo e quindi una sua deconnessione completa con l'encefalo ed il tronco (che comprende cio anche tutte le vie extrapiramidali), presentano un ipertono molto differente, ramente interpretabile come l'ipertono spastico dell'emiplegico.L'ipertono spastico quindi definitivamente un segno di danno alto, encefalico, di tipo capsulare, della corona radiata o di una estesa superficie delle cortecce motorie.Si vedr, nel capitolo successivo, come questo danno non sia attribuibile nemmeno alla lesione del fascio piramidale, la cui deconnessione isolata non provoca variazioni del tono n nell'uomo n nella scimmia. Poich nemmeno la deconnessione delle altre strutture discendenti, raccolte nei due gruppi anatomo-fisiologici che le caratterizzano (vedi oltre), genera l'ipertono spastico (Lawrence e Kuypers 1967), da ritenersi che non sia il danno di una o di alcune vie discendenti la causa prima dell'ipertono.Poich le vie cortico-pontine per il cervelletto non transitano nel braccio posteriore della capsula interna e non possono, di conseguenza, essere coinvolte nell'ipertono, altamente probabile che sia la perdita delle vie cortico-mesence-faliche, cortico-pontine e cortico-bulbari di modulazione dei fasci discendenti extrapiramidali a caratterizzare l'ipertono spastico (vedi tabella 11.1).Le modulazioni provengono dalle cortecce motorie ed hanno la funzione di modulare i sistemi discendenti di cui al gruppo A di Kuypers (vedi sempre capitolo 11). Questa funzione modulatoria, una volta perduta, darebbe via libera all'azione delle strutture motorie del tronco sul midollo spinale. Detta azione cambierebbe l'equilibrio neurofisiologico del midollo, riassestandolo su altri valori, i valori caratteristici delle manifestazioni cliniche dell'emiplegia: ipertono spastico, ipereflessia e riflesso a serramanico, aspetti sui quali vale la pena di soffermarsi in maniera dettagliata.Anche gli studi animali confermano questa ipotesi, dando qualche informazione aggiuntiva [11].[11] Va per tenuto presente che, soprattutto nei meccanismi posturali e nel controllo tonico degli arti anteriori (superiori) esistono di frequente differenze sostanziali fra i mammiferi inferiori studiati (il gatto) e l'uomo.La decerebrazione per esempio (sezione del tronco fra i collicoli mesencefalici superiori ed inferiori) provoca, nel gatto, un forte ipertono spastico ai quattro arti, che non presente se la sezione viene fatta nel bulbo, al di sotto dei nuclei vestibolari. L'ipertono del gatto diviene ancora pi intenso [prendendo il nome di rigidit (spasticit) a se, oltre la decerebrazione, viene eliminato il paleocerebello, che in questo mammifero proietta soprattutto sul nucleo vestibolare laterale, origine di uno dei due fasci vestibolo spinali, inibendolo. L'ipertono alfa non pu essere eliminato nemmeno attraverso la sezione delle radici spinali posteriori, sezione che elimina invece l'ipertono da decerebrazione.L'ipertono spastico, se analizzato a livello muscolare,

generato da due ordini di fattori: una componente viscoelastica intrinseca muscolare che gioca per un ruolo assolutamente minoritario nella genesi dell'ipertono, ed un livello di eccitazione di base degli alfa -motoneuroni decisamente aumentato rispetto al soggetto normale.Non vi , contrariamente a ci che un tempo si riteneva, un'aumentata eccitabilit del circuito gamma o del fuso neuromuscolare, fatto incontrovertibilmente dimostrato attraverso la registrazione microneurografica diretta dalle afferenze fusali Ia dell'uomo sia da Burke (1983) che da Thilmann (1991).La spasticit non dipende quindi da una variazione patologica dell'attivit del circuito gamma, ma da una patologica sensibilit degli alfa -motoneuroni alle afferenze propriocettive, provenienti anche (ma non solo) da questo circuito.\p539Non vi sono lavori che indaghino quale sia l'origine della spasticit, ma, al momento, vi un'ipotesi in attesa di verifica.L'ipotesi che la spasticit nasca dalla mancata influenza modulatrice delle cortecce motorie sulle vie discendenti del tronco cerebrale, che libera l'attivit dei nuclei di origine di queste vie (vedi sopra: ipertono spastico ed ipertono alfa del gatto). opinione autorevole (Rothwell 1994) che, a livello midollare, gli equilibri vengano alterati sia dalla perdita dell'influenza diretta dei neuroni piramidali sui motoneuroni e sugli interneuroni, sia dalla disinibizione delle vie discendenti non piramidali, che hanno, sugli stessi neuroni, libert di azione molto aumentata.Il risultato finale di questo nuovo assetto sarebbe:- La liberazione di sinapsi silenti , sinapsi cio esistenti fin dalla nascita, ma che la maturazione del fascio piramidale ha inibito nella loro azione, in gran parte di tipo eccitatorio, sui motoneuroni. La maturazione del fascio piramidale avviene fra i due e i quattro anni.- Lo sprouting sia delle vie non piramidali che delle afferenze midollari proprio/esterocettive. Lo Sprouting consiste in una colonizzazione , da parte di queste vie, degli spazi sinaptici sui motoneuroni o sugli inteneuroni che in precedenza erano occupati dalle afferenze piramidali. Questi spazi, una volta lasciati liberi, vengono ricolonizzati dalle fibre rimaste integre, che allargano il loro campo di azione [12].[12] Sprouting in italiano stato tradotto con il termine di gemmazione, che a mio avviso non rende il significato esatto della parola inglese.- La riduzione di efficacia dell'inibizione presinaptica (vedi capitolo 10) dimostrata dal fatto che, nell'emiplegico, perduto il riflesso tonico da vibrazione, che agisce caratteristicamente attraverso questo tipo di inibizione.Clinicamente la spasticit pu essere definita come una risposta tonica esageratamente aumentata allo stiramento passivo dei muscoli.Nel soggetto normale il movimento passivo di un arto non provoca alcuna variazione di tono, se non effettuato a velocit molto elevate. Solamente ad una velocit angolare di circa 240 gradi al secondo si verifica una reazione tonica, di breve durata, simile alla reazione che il paziente emiplegico ha per qualunque velocit avvenga il movimento articolare.Tutto questo avviene solo se il movimento imposto passivamente. Se il paziente in grado di compiere un movimento attivo e durante questo movimento si provoca un brusco, improvviso movimento passivo della stessa articolazione, le variazioni di tono dell'emiplegico sono sostanzialmente identiche a quelle del soggetto normale [13].[13] L'esperimento si effettua facendo impugnare al paziente una grossa leva, che deve spostare con movimento attivo. La leva dotata di un meccanismo che, durante il movimento attivo dell'arto, imprime improvvisamente ed inaspettatamente un movimento passivo in una direzione imprevedibile dal paziente. Questa innesca una reazione tonica passiva durante un movimento attivo. In questo caso si registra una sostanziale uguaglianza fra le variazioni di tono dei pazienti colpiti da ictus rispetto ai normali.Il punto di grande importanza ed assume un doppio significato:1) l'ipertono spastico un fenomeno presente a riposo e durante il movimento passivo, ma si disinnesca se il paziente riesce a mettere in

atto un movimento attivo.2) i problemi motori dell'emiplegico sono riferibili all'ipertono spastico solamente nella loro fase di avvio, quando cio il paziente, per iniziare a muoversi deve vincere l'ipertono. Durante il movimento l'ipertono scompare. Non l'ipertono quindi la causa dei problemi motori (indiscutibilmente presenti e gravi) dell'emiplegico durante il movimento.L'ipereflessia, il secondo fenomeno caratteristico dell'emiplegico, va ricondotta, come fenomeno neurofisiologico, alla spasticit della quale condivide le concause patologiche.\p540Fig. 24.5 - Risposta allo stiramento di un muscolo bicipite normale (grafico a sinistra) e di un muscolo bicipite di un paziente con ipertono spastico (grafico a destra). Segnale elettromiografico rettificato. Come si pu vedere, una risposta muscolare riflessa ben evidente nel normale solamente quando la velocit di spostamento angolare raggiunge i 300 gradi/secondo; nel paziente con ipertono spastico la risposta muscolare si presenta qualsiasi sia la velocit di movimento (ulteriori spiegazioni nel testo. Da Thilmann 1991 modificata). Il grafico in basso a sinistra indica l'entit del movimento angolare in un secondo rispetto al piano orizzontale; identici colori indicano nei tre grafici, identiche velocit.Sherrington sosteneva che la ipereflessia altro non che un aspetto frazionato dall'ipertono spastico da stiramento passivo, con il quale condivide tutti i meccanismi.Qui verr solamente ricordato, a proposito dell'iperreflessia di tipo piramidale , che il fenomeno ha tre aspetti caratteristici:A) una soglia abbassata del riflesso,B) un aumento dell'ampiezza,C) un numero aumentato di muscoli in cui pu essere elicitato il riflesso osteo-tendineo (ROT).\p541Si ricorda inoltre che nel bambino al di sotto dei due anni (quando il fascio piramidale cio non ancora maturato) i riflessi abbiano un comportamento del tutto analogo a quello del paziente piramidale.Riflesso miotatico inverso (a serramanico) nell'emiplegicoIl riflesso miotatico inverso (o riflesso a serramanico) un riflesso che causa improvvisamente il rilassamento di un muscolo spastico, se e quando questo sia sottoposto a trazione passiva.Per molto tempo si creduto che il riflesso da stiramento muscolare fosse legato ad una ipereccitabilit delle afferenze inibitorie Ib, provenienti dagli organi tendinei di Golgi. Queste afferenze, per evitare la rottura del muscolo eccessivamente contratto dall'ipertono spastico, si supponeva provocassero una inibizione attiva della contrazione e quindi, di conseguenza il rilasciamento improvviso del muscolo.Il dato stato confutato da vari lavori (Burke, Gilles e Lance 1970) (Burke 1983 ) che hanno dimostrato come la attivazione delle afferenze Ib (dagli organi tendinei cio) non si genera solamente quando la tensione muscolare raggiunge livelli di pericolo, ma anche in condizioni di tensione normale, che queste afferenze hanno il compito di informare il SNC sullo stato di tensione attiva nel muscolo e che la loro attivit dura ben oltre la riduzione del tono muscolare spastico (vedi capitolo 10).Oggi quindi le afferenze Ib sono considerate compartecipi, ma non la causa del riflesso da stiramento passivo.Il riflesso da stiramento passivo sarebbe il risultato della integrazione spinale di numerose afferenze (Ib-IIIII). Esso pi evidente nei grandi muscoli dell'arto inferiore, in particolar modo nel Quadricipite femorale. su questo muscolo che sono stati effettuati i vari studi (soprattutto riconducibili a Burke dal 70 all'83) che hanno evidenziato l'importanza, per il riflesso, della velocit di stiramento muscolare.Nella fase iniziale del movimento passivo, quando l'accelerazione di stiramento massima, il muscolo oppone la massima resistenza spastica al suo allungamento. Con il proseguire del movimento, diminuendo la accelerazione, la resistenza allo stiramento cala ed il muscolo si ritrova sempre pi allungato. Queste due situazioni diminuiscono progressivamente la sua capacit di opporre una resistenza spastica all'allungamento.Sarebbero questi due fenomeni, (lunghezza muscolare e riduzione della resistenza) secondo Burke, a

ridurre la opposizione muscolare allo stiramento passivo e a dare all'esaminatore la sensazione di un fenomeno di serramanico .Il riflesso muscolare da stiramento non sarebbe pi solamente legato ad una inibizione attiva, innescata nel midollo improvvisamente dalle afferenze dall'organo tendineo del Golgi, ma ad una inibizione lenta, progressiva, che giunge al midollo soprattutto attraverso le fibre di tipo II e III, fibre cio ad origine prevalentemente esterna all'organo di Golgi, particolarmente adatte a reagire solamente ad elevatissimi livelli di tensione.Danno isolato del fascio piramidaleIl danno del fascio piramidale ed il danno isolato della corteccia motoria primaria (area 4) sono stati a lungo interpretati come la possibile origine di una tipica patologia emiplegica; basti ricordare che ancora oggi l'ipertono spastico si definisce (erroneamente) piramidale.Solo di recente si visto come il danno isolato del fascio piramidale non porti con s, in realt, quasi nessuno dei fenomeni appena esaminati, caratteristici dell'ictus/emiplegia (ipertono spastico, iperreflessia, esagerato riflesso a serramanico).Il danno isolato del fascio piramidale porta piuttosto ad un deficit della \p542 raffinatezza motoria dell'arto superiore (singolarizzazione delle dita) e dell'esecuzione di movimenti complessi, cio di singoli movimenti semplici coordinati e sincronizzati fra di loro in una catena cinetica (Lawrence e Kuypers, 1967).Tale discrepanza fra le manifestazioni ictali e quelle da danno isolato del fascio piramidale ha sempre rappresentato un problema di difficile soluzione poich, dato il continuo intersecarsi del fascio piramidale con altre strutture del tronco, un suo danno isolato praticamente impossibile.I primi risultati non in linea con queste supposizioni sono stati ottenuti nel 1964 da un gruppo di neurochirurghi (Bucy, Keplinger e Sequeira, 1964) che sezionarono in un paziente uno dei due fasci piramidali per eliminare una Corea [14] incompatibile con la sua vita di relazione.[14] La corea una patologia ipercinetica collegata ad un disturbo dei gangli della base (vedi capitolo 18).Contrariamente alle aspettative, il paziente non svilupp n alcun ipertono n alcun grossolano disturbo motorio, conducendo fino alla morte una vita decisamente buona, visto che i fastidiosi disturbi coreici erano stati eliminati. Alla sua morte l'autopsia dimostr che l'83 % del fascio piramidale sezionato era degenerato.Negli anni successivi, Lawrence e Kuypers hanno sviluppato una serie di importantissimi lavori sui fasci discendenti in animali come le scimmie, che in queste vie sono molto simili all'uomo. I lavori sono molto importanti per due ragioni: perch non sono mai stati effettuati in precedenza su animali strettamente correlabili all'uomo (gli studi sul gatto hanno, a questo livello scarso valore, poich troppo diversa questa parte del SNC); l'altra ragione dell'importanza degli studi di Lawrence e Kuypers riguarda i risultati del loro lavoro.Essi suddividono le vie discendenti in tre distinti gruppi: il fascio piramidale, il gruppo A ed il gruppo B. Il gruppo B caratterizzato sostanzialmente dal fascio rubrospinale. Il gruppo A, comprende l'interstiziospinale, il tettospinale, i reticolospinali ed i vestibolospinali, in pratica tutti i restanti fasci discendenti (vedi capitolo 11).La suddivisione in questi tre gruppi ha una logica ben precisa: il fascio piramidale ha la caratteristica di terminare monosinapticamente solo sui muscoli distali della mano, caratteristica molto accentuata nell'uomo, soggetto in cui pare estendersi anche ad una quota della muscolatura prossimale. Il fascio rubrospinale (gruppo B) , con il fascio piramidale, l'unica componente discendente dei cordoni laterali del midollo e la sua importanza, nei mammiferi, pare essere inversamente proporzionale a quella del fascio piramidale. Tutti gli altri fasci (gruppo A) appartengono al cordone midollare anteriore.Sezionando bilateralmente il solo fascio piramidale, come nel paziente di Bucy, essi trovarono una sorprendente mancanza di deficit ad una prima grossolana osservazione; in particolare non comparivano

variazioni in aumento del tono muscolare e nemmeno deficit di forza. Una piccola variazione di tono era presente: modesto ipotono legato, probabilmente, ad una diminuzione dell'azione piramidale sul motoneurone, che riduceva indirettamente il tono, diminuendo la sensibilit del motoneurone al riflesso da stiramento.Ad un esame pi accurato per comparvero due deficit caratteristici: gli animali non erano pi in grado di singolarizzare l'uso delle dita e vi era un ritardo generalizzato dell'inizio dei movimenti, a cui si aggiungeva una minor velocit di incremento iniziale del tracciato elettromiografico. Nel tempo vi era un recupero parziale, ma i rallentamenti e l'uso globale delle dita della mano divenivano una caratteristica costante.Oggi, poich ancora questi studi fanno testo, si ritiene che la terminazione monosinaptica del primo motoneurone sul secondo sia la chiave di volta della singolarizzazione e precisione dei movimenti, nonch della possibilit di poterli coordinare fra loro ad alta velocit.\p543L'ipotesi anche suffragata dal notevole sviluppo in estensioni sinaptiche del fascio piramidale nell'evoluzione della specie, dalle scimmie ai primati ed all'uomo.A fasci piramidali sezionati sono stati poi sezionati selettivamente o i fasci del gruppo A o quello del gruppo B.Nel primo caso l'animale presentava dei gravi deficit posturali, tendeva a cadere in avanti se seduto, riusciva solamente con grandi difficolt ad evitare gli ostacoli e le reazioni posturali risultavano tutte gravemente compromesse. In contrasto vi era una utilizzazione manipolativa dell'arto superiore ancora sufficientemente buona, inficiata per dai deficit posturali: l'animale non si muoveva per raggiungere il cibo, ma lo afferrava solo quando le uniche articolazioni coinvolte nel movimento erano il gomito ed il polso.Nella sezione del fascio rubrospinale (gruppo B) la situazione era diametralmente opposta: i problemi dell'animale erano presenti al movimento delle articolazioni del gomito e del polso, necessarie per i movimenti di precisione, ma relativamente inutili nelle reazioni posturali, che invece si mantenevano corrette.In un lavoro successivo, Nathan e Smith (1982) misero in dubbio anche la sola esistenza, nell'uomo, della via rubrospinale, che negli altri animali deputata al controllo della gestualit raffinata in misura inversamente proporzionale allo sviluppo del fascio piramidale.La loro tesi verte sul fatto che il fascio rubrospinale origina dalla parte gigantocellulare del nucleo rosso (mesencefalo) che, nell'uomo, non contiene pi di 150-200 neuroni e non pu quindi dare luogo ad un fascio di qualche rilevanza (vedi capitolo 11).Un interessante esperimento sulle vie discendenti fu condotto da Brinkman e Kuypers nel 1973. Ad una scimmia con completa separazione dei due emisferi veniva mostrato del cibo nell'emicampo destro (veduto quindi dall'emisfero sinistro). L'emisfero sinistro poteva attivare solo la mano destra, a cui era impedito di reagire. In queste condizioni la scimmia si dirigeva verso il cibo con una serie di movimenti posturali corretti, ma grossolani (poich le fibre discendenti del gruppo A controllano, per ciascun emisfero, il midollo spinale bilateralmente). Una volta raggiunto il cibo la scimmia non era in grado di prenderlo con l'unica mano libera, quella sotto il controllo dell'emisfero non vedente . Ci accadeva poich il controllo del fascio piramidale, fautore del gesto preciso e coordinato, invece strettamente controlaterale ed in questo caso la mano libera soggiaceva al fascio piramidale dell'emisfero non vedente.Tutto si normalizzava quando e se il cibo veniva a contatto con la mano, poich anche le afferenze esterocettive sono strettamente controlaterali e consentivano l'arrivo all'emisfero non vedente delle afferenze necesarie all'attivazione del fascio piramidale ed alla conseguente singolarizzazione delle dita (si veda anche, a proposito dell'importanza motoria della neurofisiologia sensitiva, il capitolo 25).Studi analoghi, ma su esseri umani con danni clinici, sono stati effettuati per valutare il significato funzionale del danno di diverse zone di corteccia cerebrale.Gli studi di Freund (1991) si sono

concentrati particolarmente sul danno delle aree associative motorie. Egli ha osservato che, invariabilmente, un danno isolato delle aree premotorie porta un insieme di disturbi tipici, caratterizzati da ipostenia della muscolatura prossimale degli arti, impaccio motorio, difficolt alla coordinazione nei movimenti combinati degli arti superiori, rallentamento nelle esecuzioni motorie, tanto pi marcato quanto pi complesso il compito.Questi disturbi furono interpretati come deficit nel controllo del fascio reticolo-spinale da parte di neuroni piramidali delle aree premotorie.Nel suo lavoro Freund attribuisce un ruolo primario nella genesi di queste manifestazioni alla maggior ricchezza di afferenze propriocettive dei muscoli prossimali. Le parti distali degli arti sarebbero invece pi ricche di recettori esterocettivi.\p544I movimenti di singolarizzazione delle dita, o di manipolazione, non sono assolutamente interessati in questi pazienti, purch l'arto sia sistemato su di una base di appoggio tale da non dare problemi posturali.Nelle lesioni dell'area motoria supplementare (SMA), oltre che con le turbe del movimento appena citate, i disturbi si evidenziano anche a livello di linguaggio espressivo. Questo deficit del linguaggio collegato per ad una causa motoria, pi che una causa linguistica vera e propria: i pazienti con questo tipo di danno faticano ad iniziare un discorso ed a mantenere la necessaria prosodia e continuit nel suo sviluppo.Si associa frequentemente un comportamento autonomo della mano (controlaterale alla lesione, naturalmente) che mostra una disinibizione motoria costituita da movimenti assolutamente autonomi ed involontari, le cui caratteristiche principali sono il Reaching ed il Grasping . Reaching significa che la mano si dirige verso oggetti, particolarmente se in movimento, e tende ad afferrarli nel pugno (Grasping); tutto questo al di fuori del controllo volontario del paziente.Si suppone che questo comportamento della mano sia legato ad uno sbilanciamento fra le aree associative motorie. Un deficit della SMA, che determina il progetto motorio secondo stimoli governati dalla volont, porta ad un prevalere delle aree premotorie (APA) che governano il movimento rispetto a stimoli provenienti dall'esterno (soprattutto visivi). In un danno della SMA sarebbero solamente questi stimoli a governare il movimento, provocando il Reaching ed il Grasping.Interessante notare come un precedente lavoro di Hallsband e Freund (1990) mostri che, in un apprendimento basato su stimoli esterni di vario genere, i pazienti con danno delle aree premotorie non presentano difficolt fino a che l'apprendimento non coinvolga il movimento (riconoscimento preventivo della posizione di punti su di uno schermo ad uno stimolo tattile, visivo od uditivo); quando invece l'apprendimento coinvolge un movimento (del tipo: indicare con la mano un punto sullo schermo in conseguenza ad uno stimolo sensoriale), l'apprendimento risulta decisamente compromesso.In casi particolari (La Plane, 1977) la rimozione della SMA pu provocare disturbi assai simili al morbo di Parkinson (acinesia, amimia, povert linguistica); a questo proposito vanno ricordate le intense connessioni bilaterali fra questa area ed i gangli della base, al cui capitolo si rimanda per ulteriori dettagli.Fig. 24.6 - Un ulteriore esperimento di Brinkman sulle scimmie che conferma gli studi di Freud sulla patologia umana: a sinistra una scimmia normale in grado di coordinare le due mani per prendere la nocciolina: la mano in alto spinge e quella in basso forma una coppa per raccogliere il cibo. Nella figura di destra una scimmia con danno della SMA da 5 mesi non pi in grado di coordinare le mani e compie con entrambi gli indici la stessa (inutile) manovra (da Brinkman 1981, modificata).\p545Aspetti clinici legati alla stimolazione delle cortecce motorieI dati clinici relativi alla stimolazione delle cortecce motorie sono di grande interesse, sia perch confermano la maggior parte delle supposizioni cliniche elaborate in conseguenza all'ablazione delle aree corticali, sia perch, soprattutto con l'avvento della stimolazione

magnetica corticale, hanno reso possibile l'indagine di ristrettissime aree di corteccia cerebrale. La stimolazione magnetica corticale infatti consente l'attivazione transcranica della corteccia cerebrale senza nessun disturbo per il paziente.La stimolazione corticale una pratica di laboratorio eseguibile ovunque, sull'uomo, senza problemi ed ha confermato le valutazioni da stimolazione corticale elettrica intraoperatoria degli anni '50.Gi le stimolazioni intraoperatorie di Penfield, che portarono alle prime mappe delle cortecce motorie (1951), avevano confermato la differenza sostanziale, a livello clinico, fra aree motorie primarie ed aree motorie secondarie, mostrando sperimentalmente come le prime fossero coinvolte nei semplici movimenti di singoli muscoli o di singole articolazioni, mentre la stimolazione delle aree secondarie (area 6) provocava la comparsa di movimenti complessi, con coinvolgimento massimo della parte assiale del corpo e dei cingoli, sostenuti da variazioni del tono muscolare.Questa differenza, gi dal 1951 aveva fatto ipotizzare il ruolo organizzativo delle aree premotorie, soprattutto dell'area motoria supplementare (SMA) ed il ruolo esecutivo delle aree motorie primarie.Un'ulteriore conferma del quadro viene dall'osservazione di una crisi epilettica complessa , che pu essere considerata una situazione patologica dell'area associativa motoria con effetti analoghi ad una sua stimolazione.La crisi epilettica complessa ricalca esattamente i fenomeni motori osservati da Penfield durante la stimolazione intraoperatoria e le possibili risposte della SMA alla stimolazione magnetica della stessa area e si caratterizza nel modo seguente:a) Assunzione di posizioni globali del corpo caratteristiche, con tipico ipertono plastico (rigidit) della muscolatura in posizioni statuarie.b) Il paziente di frequente si presenta con il braccio controlaterale flesso al gomito ed abdotto, la mano si trova all'altezza del capo.c) Il capo ruotato, assieme agli occhi, verso la mano medesima (e controlateralmente alla corteccia colta da crisi epilettica).d) Frequente l'emissione di vocalizzazioni.La stimolazione e le patologie delle aree motorie secondarie confermano il loro ruolo fisiologico gi evidenziato a livello sperimentale e di ablazione corticale:a) Controllo sul tono e sul movimento della grande muscolatura assiale del tronco, del collo e dei cingoli e quindi grande influenza sul tono posturale.b) Controllo delle sequenze motorie complesse, soprattutto per ci che riguarda il loro ritmo, la velocit dell'azione e la corretta successione dei singoli eventi motori.c) Scarsa influenza sui movimenti governati da pochi muscoli e attorno a singole articolazioni (movimenti di precisione), che sono al contrario sotto il controllo delle aree motorie primarie e del fascio piramidale.La stimolazione magnetica della corteccia cerebralePer la spiegazione sugli aspetti tecnici della stimolazione magnetica corticale si rimanda al capitolo 30. La stimolazione magnetica una tecnica in grado di \p546 provocare la scarica dei neuroni corticali con una elevata precisione topografica: a livello della corteccia motoria primaria per esempio, possono essere stimolati i neuroni somatotopicamente rappresentativi di una piccola area del corpo (la spalla, il viso, la mano, o altro). Questa caratteristica ha consentito di raggiungere interessanti risultati sperimentali.La stimolazione magnetica ha mostrato per esempio che nell'uomo si possono ottenere risposte attraverso la stimolazione della corteccia motoria primaria (fascio piramidale) anche in muscoli del tutto automatici, quali il Diaframma, lo Sfintere anale e la muscolatura dell'Esofago, dimostrando cos una diffusione molto, molto vasta del controllo piramidale (e quindi della potenziale precisione motoria) ad ogni muscolo del corpo. Questa evenienza costituisce una caratteristica esclusiva della razza umana, gli animali a noi pi vicini, come le scimmie, hanno infatti un'innervazione piramidale limitata solamente alla mano ed all'arto superiore.Un altro dato singolare e significativo legato alla stimolazione magnetica corticale che, se lo stimolo viene portato sull'area associativa

motoria, questo ritarda ma non elimina (come le stimolazioni corticali di Penfield) lo sviluppo della sola attivit motoria complessa. Il ritardo dell'esecuzione del movimento complesso di circa 100 microsecondi (Day, 1989) ed il movimento, dopo lo stimolo, viene portato a termine in assoluta naturalezza. Il lavoro di Day contiene un dato neurofisiologico di grandissima importanza: tutte le caratteristiche di un movimento complesso, di fronte ad un disturbo magnetico che ne impedisce l'esecuzione, sono conservate intatte (per brevi periodi di tempo, sicuramente per almeno 100 microcrosecondi) per essere di nuovo proposte, in tutte le loro caratteristiche originarie, dopo il disturbo.A conferma dei diversi ruoli corticali, il ritardo dei movimenti complessi si osserva solamente dopo stimolazione delle aree corticali associative premotorie, mentre una stimolazione delle aree motorie primarie provoca un ritardo su tutti i tipi di movimento volontario, semplici e complessi.Interessante anche lo studio sulla plasticit della rappresentazione somatotopica nella corteccia motoria primaria attraverso la stimolazione magnetica.Lo studio attraverso la stimolazione magnetica corticale di persone con amputazione di arti o perdita della sensibilit globale in determinati segmenti corporei per disturbi periferici o spinali ha mostrato come la corteccia primaria si riorganizzi, dopo l'evento patologico, ampliando di molto la rappresentazione della struttura muscolare o sensitiva limitrofa al danno. Il dato stato evidenziato da un lavro di Cohen (1991) dove la rappresentazione somatotopica del Deltoide destro in un amputato di arto superiore subito al di sotto di questo livello, mostrava un'estensione corticale assai pi vasta della rappresentazione del corrispondente muscolo dell'arto conservato.Una identica ristrutturazione della rappresentazione corticale non avviene negli emiplegici per esempio dove il danno a livello dell'encefalo e non dell'apparato locomotore. La causa di ci sconosciuta. Il recupero ancora possibile tuttavia, se il danno centrale avviene nell'infanzia.In un eccezionale caso di emisferectomia (per il controllo di incoercibili crisi epilettiche) riportato da Rothwell (1991), un bambino a cui era stato asportato un emisfero cerebrale aveva sviluppato il controllo bilaterale degli arti attraverso l'unico fascio piramidale conservato (vedi capitolo 11). Il dato era accuratamente dimostrato con la stimolazione magnetica. Evidentemente la plasticit che rende possibile la colonizzazione corticale a livello di encefalo, scompare con la crescita; permane intatta invece per ci che riguarda i danni dell'apparato locomotore.\p547Aspetti clinici legati alle registrazioni dalle cortecce motorieAnche la registrazione dell'attivit della corteccia cerebrale fornisce interessanti informazioni cliniche sul movimento.La registrazione dell'attivit corticale pu avvenire in due modi differenti: tramite l'utilizzo di elettrodi posti in diverse zone dello scalpo oppure attraverso elettrodi posti in zone particolari (dello scalpo), corrispondenti a parti del corpo che successivamente verranno stimolate, proprio per registrarne la risposta corticale. Nel primo caso si parla di Elettroencefalogramma (EEG), nel secondo caso di Potenziali Evocati (PE). Le caratteristiche tecniche sia dell'una che dell'altra metodica saranno esposte nei capitoli 30 e 32.La registrazione EEGrafica per valutare l'attivit corticale correlata al movimento, pu essere effettuata solamente prima dell'inizio del movimento meccanico, poich questo innesca una serie di afferenze sensitive e risposte motorie conseguenti, tali da rendere incomprensibile ogni tipo di segnale elettrico successivo.Prima dell'inizio del movimento possibile registrare, su gran parte dell'ambito corticale, una serie di tre potenziali distinti, denominati potenziali evento-correlati (Libet 1983).Il primo di questi potenziali, denominato NS1, inizia circa 1,5 secondi prima dell'evento motorio meccanico e dura circa 850 millisecondi, terminando 650 millisecondi prima del movimento. caratterizzato da una pendenza di salita piuttosto

lieve.Il secondo potenziale movimento-correlato, denominato NS2, inizia al termine dell'NS1, riconoscibile per un aumento brusco della pendenza negativa dell'onda, dura circa fino a 50 millisecondi prima dell'inizio del movimento.Il terzo potenziale, denominato MP, si verifica nel brevissimo tempo antistante e durante l'attivazione del movimento.Fig. 24.7 - Potenziali evento-correlati; il tempo 0 l'inizio dell'attivit meccanica, le onde NS1, NS2 e MP sono descritte nel testo.\p548L'NSI presente, in maniera simmetrica, su entrambi gli emisferi per qualsiasi movimento, dell'emisoma destro o sinistro e riflette un'attivit corticale bilaterale di tutte le cortecce motorie che presiedono alla costruzione del movimento, (anche delle cortecce terziarie del polo frontale). L'NS1 tanto pi ampia quanto pi complesso il movimento che si andr ad eseguire e in questo, probabilmente, riflette la maggior attivit della corteccia motoria supplementare (SMA) da cui una volta, erroneamente, si riteneva fosse generato.L'NS2, pur essendo ancora bilaterale, per di gran lunga pi ampia sull'emisfero controlaterale all'emisoma che sta per muoversi. espressione dell'attivit prevalente, in questo stadio, della corteccia motoria primaria, con la SMA ancora in attivit.L'MP, che un potenziale assai piccolo, strettamente controlaterale e localizzato esclusivamente sulla corteccia motoria primaria della convessit dell'emisfero. Riflette chiaramente per tempi e localizzazione, l'attivit del fascio piramidale.I potenziali eventocorrelati hanno focalizzato, grazie agli studi di Libet (1983) uno spinosissimo problema neurofisiologico-logico-comportamentale.Questo ricercatore ha stimato, senza ombra di dubbio, che la coscienza del movimento del soggetto, cio la decisione a muoversi, viene presa circa 1 secondo prima dell'inizio del movimento, cio 0.5 secondi dopo l'inizio dell'NS1.Il fatto modifica l'ipotesi comunemente accettata che la volont motoria preceda l'attivazione da parte del SNC dei circuiti dedicati al progetto motorio.Dagli esperimenti di Libet parrebbe proprio l'opposto: che prima si inizi l'attivazione dei preliminari motori e solo in seguito ci si renda conto coscientemente di essere in procinto di eseguire un movimento.Il lavoro di Libet solo un punto di partenza, che deve essere confermato da ulteriori ricerche. Esso pone per importanti interrogativi, sia a livello di neurofisiologia del movimento che di psicologia comportamentale.I potenziali evento-correlati sono di importanza notevole, oltre che per gli studi neurofisiologici, anche per la clinica di alcune malattie del sistema nervoso, dove risultano alterati.Nel Morbo di Parkinson per esempio, marcatamente diminuita la componente NS1, probabilmente per la minore attivit, in questa patologia, svolta

dalla SMA, mentre in alcuni tipi di paziente cerebellari assente l'NS2, di conseguenza, il cervelletto stato considerato un importante generatore di quest'onda, probabilmente in quanto attivatore della corteccia motoria primaria.I Potenziali Evocati (PE) danno anche alcune informazioni interessanti su altre patologie del movimento.Attraverso questi potenziali si registra per esempio l'attivit corticale nelle aree somatosensoriali primarie. In una patologia particolare: il mioclono corticale, questo tipo di registrazione alterata.Il mioclono corticale una patologia correlata all'epilessia, dove un normale stimolo somatosensoriale attiva in maniera sincronizzata, a livello di corteccia sensitiva primaria, un numero molto elevato di neuroni. Questo fenomeno patologico stimola un altrettanto elevato numero di neuroni nella corrispondente area motoria primaria, generando il movimento di quella zona corporea, produttore di afferenze sensitive che a loro volta reinnescano il mioclono e cos via all'infinito.La risposta mioclonica alla stimolazione sensitiva avviene dopo circa 50 millisecondi. I potenziali evocati corticali dall'area somatosensoriale sensitiva primaria si registrano, nel normale, dopo circa 18-20 millisecondi. Il tempo di trasferimento diretto dalla corteccia somatosensoriale alla motoria e la conseguente risposta del muscolo globalmente di circa 30 millisecondi. Un tempo cos veloce lascia spazio solamente ad un circuito di questo tipo, il transito attraverso altre aree od altre vie motorie non pu essere cos veloce (Rothwell, Obeso, Marsden et al. 1986).\p549Nel paziente con mioclono corticale il potenziale evocato corticale nelle sue componenti pi precoci risulta normale, il che sta ad indicare che fino all'arrivo alla corteccia non vi nulla di anormale.Le successive componenti corticali di suddetto potenziale per divengono gigantesche, denotando la patologia delle aree somatosensoriali che sta, verosimilmente, alla base del mioclono.BibliografaBrinkman J. and Kuypers H.G.J.M., Cerebral control of contralateral and ipsi-lateral arm, hand and finger movements in the split-brain rhesus monkey, Brain, 96,653-674, 1973. Bucy P.C., Keplinger J.E. and Sequiera E.B., Destruction of the pyramidal tract in man, 1. Neurosurg., 21,385-398, 1964. Burke D., Gandevia S.C. and McKeon B., The afferent volleys responsible for spinai proprioceptive reflexes in man. 1. Physiol., 339, 535-552, 1983. Cohen L.G., Bandinelli S., Findley T.W. and Mattett M., Motor reorganisation after upper limb amputation in man, Brain 114,615627', 1991. Day B.L., Dick J.P.R. and Marsden CD., Patients with Parkinson's disease can employ a predictive motor strategy, 1. Neurol, Neurosurg. Psychiatr., 47,1299-1306, 1984. Denes F., Umilt C, I due cervelli. Il Mulino Bologna, 1978. Faglioni P., Aprassia in Neurofisiologia clinica. Franco Angeli, Roma 1977. Freund HJ., Motor unit and muscle activity in voluntary motor control, Physiol. Rev., 63,387436, 1983.Freund HJ., premotor area and preparation of movement. Rev.NeuroL, 146,10, 543-547, 1991. Georgopoulos A.P., Crutcher M.D. and Schwartz A.B., Cognitive spatial-motor processes. 3. Motor cortical prediction of movement direction during an instructed delay period, Exp. Brain Res., 75,183-194, 1989a. Geschwind N., Disconnection syndromes in animals and man II Brain 1965, 585-644, 1965. Geschwind N., The apraxias: neural mechanism of disorders of learned movement. American scientist, 188-195, 1975. Geschwind N. and Damasio A.R., Apraxia, in J.A.M Frederick, (ed.) Handbook of Clinical Neurology, vol. 1 (45), Elsevier, Amsterdam, 1985. Granit R., The Basis ofmotor Control, Academic Press, New York, 1970. Gogol, Ein beitrag zu lehre von Aphasie. Inaug.Diss.Breslau, 1873. Halsband U. and Freund HJ., Premotor cortex and conditional motor learning in man, Brain, 103,207-222, 1990.Harlow H.F., McGaugh J.L., Thompson R.F., Psicologia come scienza del comportamento EST, Milano, 1973. Laplane D., Talairach J., Meininger V., et al., Clinical consequences of corticectomies involving the supplementary motor area in man, 1. Neurol. Sci. 34,301-314, 1977. Lawrence D.G. and Kuypers

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ci che riguarda l'area motoria primaria, non solo ormai completamente superata la storica ed importantissima rappresentazione punto a punto dell'Homunculus di Penfield, ma le indagini hanno profondamente cambiato anche il suo significato fisiologico tradizionale: il compito di quest'area non eseguire movimenti raffinati, ma dettare i codici per la corretta, successiva esecuzione del movimento biomeccanico.Il fascio piramidale a sua volta ha cambiato significato: esso veicola informazioni di vario genere e tipo ma, se danneggiato, la sua perdita non provoca n paralisi n ipertono spastico.I recenti studi di neurofisiologia dunque non hanno influenzato solamente le linee di ricerca ed i lavori sperimentali, ma anche l'atteggiamento clinico da adottare nelle pi comuni patologie neurologiche.Queste sono a grandi linee le nuove frontiere della neurofisiologia corticale del movimento; esse saranno sviluppate nel capitolo che segue, ma necessario \p552 iniziale dalla neurofisiologia tradizionale, poich l'origine delle attuali innovazioni ed ancora ricca di informazioni basilari di primaria importanza.Le diverse strutture motorie del sistema nervoso centrale, il sistema nervoso periferico e l'apparato locomotore, costituiscono lo strumento che consente l'interazione fra l'animale e il mondo esterno. Questa interazione avviene attraverso il movimento ed caratterizzata dall'immissione nell'ambiente di energie fisiche, con le quali l'animale risponde ad altre energie fisiche, da cui stato in precedenza condizionato [1].[1] Vi un altro tipo di energia fisica immessa dall'animale nell'ambiente: il calore. Il calore un'energia elettromagnetica non percepibile dall'uomo se non ad elevate concentrazioni, lo per da diverse specie di animali, che la sfruttano per orientarsi nel movimento.In alcuni casi il movimento viene utilizzato per immettere nell'ambiente elaborazioni strategiche slegate temporalmente dalle necessit di reazione ambientale: si parla allora di movimenti programmati o di strategie motorie finalizzate. Ciascuna struttura del SNC parte integrante dell'elaborazione di un progetto motorio, lo arricchisce di efficacia e di potenzialit espressiva ed in grado di modificarlo, in corso di esecuzione, ad ogni evenienza imprevista.Nel progetto motorio vi una tale integrazione funzionale delle sue diverse componenti che il movimento non pu essere decomposto, in senso inverso, nei singoli contributi di questo o quel sistema (corteccia, cervelletto, nuclei della base, ecc.), esattamente come un cocktail non pu essere decomposto nei suoi elementi di base; ogni sistema, oltre tutto, contribuisce in maniera sempre diversa al ripresentarsi di un identico progetto motorio.Questa diversit dettata dal contributo contemporaneo degli altri sistemi e dalle situazioni esterne su cui il progetto motorio va ad inserirsi.Se si potesse fermare il tempo come i fotogrammi di una pellicola, si potrebbe osservare, in ogni singolo istante congelato, un intreccio funzionale di sistemi motori assolutamente originale, presente per la prima volta e che, probabilmente non si ripeter pi in futuro; un intreccio originale ed efficace il risultato di una vera integrazione cerebrale , con analitico controllo dell'effetto globale sul mondo esterno.La corteccia cerebrale ha, sul movimento, un ruolo del tutto particolare: da un lato contribuisce al progetto motorio in misura analoga agli altri sistemi [2], dall'altro, con funzione assolutamente specifica, costruisce l'idea del progetto motorio, la stessa idea che verr successivamente elaborata o respinta, forgiata e calibrata, da tutte le rimanenti strutture motorie.[2] Con i quali ne forgia l'aspetto finale, garantendone l'applicabilit e l'efficacia sull'ambiente.A livello corticale il movimento nasce dapprima in modo astratto, come ipotesi di movimento (idea di movimento), per diventare poi sempre pi ricercato e realistico , questo secondo passaggio avviene grazie al coinvolgimento nella ipotesi di altri centri corticali che la modificano finalizzandola (esecuzione del movimento).La corteccia cerebrale il luogo, fisico (neuroni) e logico

(comportamentale), in cui si produce la scintilla che genera il movimento; essa propone dunque una diversa prospettiva in questo tipo di studi: nella corteccia il movimento si libera dalla logica meccanicistica, ed effettua un salto qualitativo, non si tratta pi di valutare come esso avvenga, ma si inizia a delineare il problema del perch .La corteccia cerebrale, per quanto queste funzioni siano di sua competenza, non le svolge in splendido isolamento: essa coadiuvata, nelle scelte motorie, da alcune delle principali strutture sottocorticali che partecipano alla elaborazione del progetto. Ci non di meno gioca un ruolo assolutamente privilegiato, che le consentito dalla sua estensione, le sue molteplici connessioni e dalla quantit di fibre e collegamenti al suo interno.La corteccia cerebrale quindi una struttura la cui funzione deve essere valutata complessivamente, una conoscenza relegata alle sue sole componenti motorie o collegate al fenomeno movimento non consentirebbe di comprendere appieno la nascita e la elaborazione di un progetto motorio.\p553Per alcuni aspetti riguardanti la neurofisiologia di questi ultimi centri della corteccia cerebrale si rimanda al capitolo 26; quello attuale tratter esclusivamente delle aree corticali direttamente connesse con la attivit motoria nella sua fase progettuale.Il movimento e l'azione della corteccia cerebrale direttamente connessa con le funzioni motoriePremessa indispensabilePrima di affrontare lo studio delle aree corticali connesse al movimento indispensabile chiarire il significato motorio delle aree non motorie della corteccia cerebrale.Pu sembrare un controsenso ma, date le particolari caratteristiche della struttura (la corteccia) e della funzione (il movimento), necessario evitare il pericolo di una eccessiva semplificazione in senso localizzatorio.La corteccia cerebrale struttura unica, che ha come caratteristica principale l'integrazione di tutte le sue componenti in una sinergia finale unitaria. Cos come un'orchestra produce un unico suono, integrando il suono dei singoli strumenti, la corteccia d luogo a sinergie unitarie, integrando in un unico prodotto le attivit localizzate nelle sue aree.Il movimento un prodotto corticale come l'ideazione o l'orientamento temporale e spaziale, non pu quindi essere considerato come il prodotto corticale delle sole aree motorie, ma deve essere pensato come una elaborazione corticale globale.La corteccia cerebrale e rimane sempre un'unica struttura funzionale ed elaborativa, con un regime di funzionamento (che viene definito tono corticale ) unico per qualsivoglia tipo di area, stratificazione o conformazione interna; il tono l'indice e la base di questa attivit corticale ed uniformemente diffuso in tutta la corteccia.Ribadito questo concetto, deve essere assunto che la corteccia cerebrale possiede anche un secondo livello organizzativo, quello localizzatorio, nel quale si riconoscono le aree motorie e sensitive (primarie, secondarie e terziarie), granulari o agranulari, stratificate a tre livelli o a sei.I due piani funzionali della corteccia cerebrale sono attivi contemporaneamente. Ne consegue che un danno (od una stimolazione elettrica) di una determinata area porta, a livello organizzativo di localizzazione cerebrale, ad un danno (od una stimolazione) della funzione localizzata in quella zona, associando per sempre, contemporaneamente, un danno (o una stimolazione), della corteccia intesa in senso unitario, con una variazione del tono che significa una contemporanea variazione dell'attivit corticale globale [3]. Detta variazione dell'attivit corticale globale (tono corticale) sempre accompagna la perdita della funzione localizzata.[3] Le sintesi unitarie costituiscono il prodotto pi importante del primo livello organizzativo corticale, che si estrinseca nelle pi comuni manifestazioni intellettive della mente umana: percezione, attenzione, memoria, linguaggio, pensiero e, naturalmente, movimento e azione.\p554 importante sottolineare anche che tali e tante sono le embricazioni fra primo e secondo livello organizzativo, che non necessariamente un danno

(o una stimolazione) localizzata provoca una alterazione della corrispondente funzione. Anche se statisticamente rari, esistono casi ben documentati di danno ad una area localizzatoria senza coinvolgimento della sua specifica funzione oppure, addirittura, con compromissione di funzioni localizzate altrove, a distanza dal danno.In questi casi il primo livello funzionale (quello unitario), con coinvolgimento globale della corteccia, garantisce un tono corticale ai limiti inferiori del corretto funzionamento fisiologico, ma ancora sufficiente allo svolgimento di tutte le attivit (per spiegazioni ulteriori si veda: il tono corticale e le attivit localizzatone, capitolo 27).Struttura e funzionamento delle zone di corteccia cerebrale direttamente connesse con la funzione motoriaNumerose ed assai estese sono le zone di corteccia cerebrale direttamente connesse con la costruzione e la elaborazione del movimento. Le loro caratteristiche anatomiche e fisiologiche sono descritte nel capitolo di anatomia corticale, di seguito verranno ripresi solamente gli aspetti anatomico-fisiologici direttamente connessi o collegabili alla elaborazione del progetto motorio.Come aree di corteccia cerebrale direttamente connesse con il movimento si indicano alcune aree corticali diverse dall'area 4, che influenzano direttamente ed in maniera visibile il progetto motorio (fig. 25.1).Fig. 25.1 - Le aree corticali direttamente connesse con la funzione motoria dell'emisfero laterale e mediale. Al davanti della scissura di Rolando le aree motorie del lobo frontale (rosa); al di dietro le aree sensitive con connessioni motorie (rosse).\p555Queste aree possono avere un ruolo chiave nella creazione del movimento o modificarne le caratteristiche in corso di esecuzione.Le aree di corteccia cerebrale direttamente connesse con le funzioni motorie possono essere raggruppate in tre categorie:aree sensoriali retrorolandiche del lobo parietale. Queste aree comprendono le aree primarie (3a, 3b, 2, 1), situate nella profondit e sulla superficie immediatamente posteriore della scissura di Rolando;le aree secondarie (5-7) situate in posizione supero-mediale e postero-laterale rispetto al solco parietale superiore e, in parte, le aree terziarie del carrefour temporo-parieto-occipitale (area 39 e, in misura minore 40) con sfumature di influenza diverse a seconda della dominanza emisferica, e della parte di coscien-tizzazione visiva e somatica che le collega direttamente alla elaborazione motoria.Aree motorie secondarie del lobo frontale: (area 6 con tutte le sue suddivisioni ed area 8).Aree terziarie del lobo frontale (9, 10, 11 di Brodmann) situate nella zona pi anteriore del lobo, zona denominata polo frontale o lobo prefrontale.Fig. 25.2 - Collocazione topografica delle aree sensitive parietali primarie 3a, 3b, 1 e 2 rispetto alla scissura di Rolando viste su di un piano sagittale con taglio del solco di Rolando.Aree sensoriali retrorolandiche del lobo parietale collegate alla funzione motoriaLe aree sensitive del lobo parietale sono tutte coinvolte nella elaborazione del movimento. La misura e la qualit dal loro coinvolgimento tuttavia assai complessa e solamente in parte conosciuta.Ci dipende prevalentemente dalla mancanza di informazioni dettagliate sull'argomento, legata al fatto che gli studi sulla corteccia cerebrale sono condotti prevalentemente su animali da laboratorio (scimmie o primati) che hanno una corteccia differente da quella umana.Gli studi corticali sull'uomo sono estremamente limitati, circoscritti a stimolazioni intraoperatorie sulla corteccia cerebrale per delimitare le aree da asportare in caso di neoplasie o di epilessie non trattabili [4] oppure, ma solo dalla sua recente introduzione in clinica, dalla stimolazione magnetica corticale.[4] Le stimolazioni corticali, in questi casi, vengono effettuate per differenziazione le aree di corteccia da asportare, che non rispondono pi alla stimolazione, dalle aree ancora non coinvolte dalla patologia, che invece rispondono normalmente.\p556Ne conseguono alcuni importanti problemi di studio: nelle scimmie e nei primati la corteccia sostanzialmente differente, poich prevale in senso assoluto la allocorteccia (a 3 strati e filogeneticamente molto pi

antica), mentre nell'uomo prevalgono le zone di isocorteccia (a sei strati o neocorteccia). Nei primati inoltre le aree primarie, secondarie e terziarie sono assai ben distinte, ma le aree secondarie e terziarie sono sviluppate in misura decisamente minore delle aree primarie.Nell'uomo tutte queste aree sfumano gradatamente, senza una netta soluzione di continuo, le une nelle altre. Fra l'area 1 e l'area 39-40 si hanno zone corticali senza chiare distinzioni di confine, dove aree a prevalente rappresentazione somatotopica destinate ad una immagine corticale topografica della sensibilit corporea (le aree primarie) si combinano intimamente con aree a risposta variabile, con spazi recettivi che implicano una azione di sintesi dinamica delle rappresentazioni topografiche delle zone primarie (le aree secondarie).Quando poi si passa dalle sintesi dinamiche organo-specifiche alle sintesi simultanee multimodali [5], le difficolt a riportare gli esperimenti animali alla neurofisiologia umana aumentano ulteriormente sia perch, come si gi detto, le aree terziarie del carrefour temporo-parieto-occipitale hanno, nell'uomo, un'estensione molto maggiore che nelle scimmie, sia per i fenomeni di lateralizzazione.[5] Che portano alla formulazione di un'idea, di un simbolo o di un concetto astratto, ricordando che ogni organo di senso partecipa a questa sintesi in misura sostanziale ma variabile.L'estensione del carrefour temporo-parieto-occipitale ed il rapporto di superficie fra questo e le aree sensitive primarie nettamente a favore del carrefour nell'uomo, delle aree primarie nelle scimmie, dove l'importanza delle cortecce diametralmente opposta (vedi tabella 2, capitolo 27).Nell'uomo inoltre sono presenti importanti fenomeni di lateralizzazione, che paiono essere assolutamente speciespecifici, non essendo mai stati rilevati in nessuna altra specie animale.Le righe che seguono riportano lo stato attuale delle ricerche sulle scimmie, sull'uomo ed alcune considerazioni logiche conseguenti alle differenze di cui sopra.Nella lettura ed interpretazione delle funzioni motorie della corteccia sensitiva parietale dunque vanno tenute sempre rigorosamente presenti sia l'origine dei dati di laboratorio di cui si discute (uomo o scimmia), sia l'intreccio funzionale delle aree sensitive a vari livelli, sia l'unit funzionale globale della corteccia cerebrale, fenomeni, questi ultimi due, apparentemente esclusivi della razza umana.Fisiologia motoria. Le aree primarie (area 3a, 3b, 1, 2 di Brodmann, profondit e margine della parete posteriore della scissura di Rolando) sono coinvolte in vari aspetti noti dell'organizzazione sensitivo-motoria; i loro collegamenti funzionali a questo scopo si sviluppano in diverse direzioni:- con l'area motoria primaria (4 di Brodmann)- con il midollo spinale direttamente, costituendo queste zone circa il 40% dell'origine del fascio corticospinale.- con le aree sensitive secondarie.Collegamenti con l'area motoria primaria:il diretto collegamento reciproco, fra area 2 [6] (area sensitiva primaria parietale) ed area 4 (area motoria primaria) riveste una importanza assoluta.In direzione sensitivo-motoria questo collegamento , con tutta probabilit, il responsabile della componente tardiva di molti riflessi spinali. [6] L'area 2 l'area sensitiva primaria che presiede al collegamento fra le aree sensitive primarie parietali e le aree corticali limitrofe. Delle rimanenti aree sensitive parietali primarie, l'area 3 (suddivisa ulteriormente in area 3a e 3b) situata nella profondit della scissura di Rolando e l'area 1, che costituisce il margine parietale di detta scissura, sono strettamente deputate all'elaborazione delle afferenze somatosensoriali: l'area 3 per le afferenze propriocettive, l'area 1 per quelle esterocettive. L'area 2 si trova immediatamente al di dietro dell'area 1.\p557Le risposte muscolari alla elicitazione di un riflesso miotatico (per esempio) sono di solito due: una ad origine sicuramente spinale (latenza circa 20 millisecondi) ed una a latenza pi lunga (circa 70 millisecondi per l'arto superiore e 90 millisecondi per l'arto inferiore) che attualmente ha diverse spiegazioni teoriche

(capitolo 8).La risposta tardiva del riflesso miotatico, probabilmente attraverso i cordoni midollari posteriori, il lemnisco mediale ed il talamo, giunge alla corteccia sensitiva primaria, da qui si trasferisce direttamente alla corteccia motoria primaria (attraverso connessioni dirette area 2 - area 4) ed infine, lungo il fascio piramidale, agli alfa motoneuroni, provocando la conseguente contrazione muscolare riflessa.Numerose dimostrazioni sostengono questa ipotesi, che pure non ha ancora la certezza della dimostrazione scientifica.Pi oscuro invece il significato del collegamento in direzione motorio - sensitiva (area 4 - area 2): si pensa possa essere importante per una preinformazione alle aree di ricezione sensitiva propriocettiva riguardo al movimento che sta per essere effettuato: ci dovrebbe predisporre alla rapida e corretta recezione e decodificazione dei segnali propriocettivi che, conseguentemente al movimento che si compir, perverranno alle aree sensitive propriocettive primarie (3a e 3b).Collegamenti con il midollo spinale.Le aree sensitive parietali primarie della corteccia parietale sono l'origine del 40% delle fibre componenti il fascio piramidale (Phillips e Porter, 1977).Attualmente si accetta una spiegazione puramente sensitiva di questo dato, di per s complessa eppure riduttiva sulla complessit globale del significato del fascio piramidale.Secondo questa spiegazione le fibre originate dalle aree sensitive costituirebbero un fascio destinato alle corna posteriori del midollo spinale ed ai nuclei gracile e cuneato, dove modulerebbero l'ingresso delle informazioni sensitive nocicettive al primo livello di elaborazione di questo tipo di sensibilit. Esse agirebbero cio direttamente sul cancello, nelle corna posteriori (teoria del dolore di Melzack e Wall).L'argomento non mai stato adeguatamente approfondito dal punto di vista neurofisiologico e nulla si pu dire di pi sul piano sperimentale, anche se l'impressione che una unica via, divisa approssimativamente in parti uguali fra componente sensitiva e componente motoria, debba avere un significato pi complesso di un semplice accorpamento spaziale di assoni cortico-midollari.Fisiologia motoria delle aree sensitive parietali secondarieLe aree sensitive parietali secondarie. Sono le aree 5 e 7 di Brodmann nella scimmia, nell'uomo l'area 5 (che si trova in posizione immediatamente posteriore all'area 2) corrisponde alle aree 5 e 7 della scimmia, mentre l'area 7 (situata ancor pi posteriormente) della scimmia rappresentata, con una similitudine molto approssimativa, dalla parte parietale del carrefour temporo-parieto-occipitale, aree 39 e 40 di Brodmann (Brickman 1984).D'ora in avanti la denominazione delle aree sar utilizzata secondo la terminologia della corteccia umana.Queste aree giocano un ruolo complesso sia nella conoscenza spaziale manipolativomotoria che nella conoscenza spaziale visuo-motoria.Le aree somatosensoriali secondarie sono direttamente connesse con la corteccia motoria secondaria: l'area 5 proietta alla corteccia motoria supplementare o SMA, zona interemisferica dell'area 6 (SMA: supplementary motor area), ed alla parte laterale della corteccia motoria secondaria (sempre area 6 ma zona \p558 denominata APA: area premotoria arcuata); l'area 7 proietta invece all'APA ed alla parte inferiore dell'area 6, sita sempre sulla superficie emisferica laterale.Nella scimmia l'area 5 prevale per il compito sensitivo-motorio, l'area 7 invece per il rapporto visuo-motorio [7] (Brickman 1981, 1984).[7] Per compito visuo-motorio si intende organizzare il movimento rispetto ad uno stimolo visivo; per compito sensitivo-motorio si intende l'organizzazione del movimento rispetto ad afferenze di tipo proprio-esterocettivo.Nell'uomo le aree 5 e 7 sono molto pi sviluppate in estensione delle corrispondenti della scimmia, ma hanno un rapporto di estensione decisamente minore delle aree 39-40, che in quell'animale sono praticamente inesistenti.Nella scimmia la maggior parte di estensione corticale di competenza delle aree primarie 3-2-1.Le aree parietali 5 e 7 rispondono assai bene ad una afferenza sensitiva, sia superficiale (cutanea) che profonda (muscolo-

articolare) proveniente da strutture somatiche.Questa afferenza possiede, naturalmente, una area recettiva assai ampia ed ha una risposta assolutamente priva di aspetti somatotopici, corrisponde anzi ad una sintesi dinamica delle afferenti somatiche controlaterali, come si conviene, per definizione, ad ogni area sensitiva secondaria. Fino a questo punto le aree sensitive parietali non hanno nulla di diverso dalle comuni aree sensitive secondarie.Un primo aspetto particolare di queste aree che la scarica dei loro neuroni notevolmente prolungata se la stimolazione sensitiva provocata da afferenze cinestesiche, originate cio da movimenti attivi. Nella situazione specifica la scarica avviene dopo il movimento ed consensuale alla sua direzione.Questo concetto, che implica la presenza di neuroni evento-correlati e che viene dettagliatamente sviluppato nel capitolo 26, significa che le cellule rispondono, con scariche di spikes o di treni di spikes, solamente quando il movimento viene effettuato in una determinata direzione, tacciono se esso si svolge nella direzione opposta, mentre rispondono con una frequenza di scarica via via inferiore se l'angolo direzionale del movimento effettuato aumenta rispetto alla direzione migliore per generare la loro frequenza di scarica ideale.La specificicit di questi neuroni unicamente direzionale: essi infatti non risentono della quantit di forza muscolare necessaria per compiere il movimento n della traiettoria spaziale del movimento medesimo [8].[8] Al contrario dei motoneuroni evento-correlati dell'area 4 ed analogamente a quelli dell'area 6.Un secondo importante aspetto e che il 14% delle cellule dell'area 5-7 scaricano alcune centinaia di millisecondi prima del movimento, anche quando la corteccia parietale completamente deafferentata. Questa attivit, in assenza di qualunque afferenza periferica, probabilmente indice di una partecipazione diretta all'organizzazione del movimento, le aree sensitive parietali secondarie sono infatti direttamente e strettamente collegate con le aree motorie frontali secondarie e partecipano con queste alla corretta progettazione del programma motorio (vedi oltre).Un terzo punto infine che, nelle stesse aree 5-7, presente un altro 11% di neuroni la cui scarica non ha alcun rapporto con stimolazioni sensitive, n con l'esecuzione del progetto motorio.Questi neuroni si definiscono ancora come cellule evento-correlate , ma pi che alla natura dell'evento, come i neuroni direzionali di cui sopra, sono correlate alla significativit dell'evento, ai suoi aspetti semantici o deterministici, esse cio si attivano rispetto ad una idea di movimento allo stadio iniziale. Ci significa che non solamente la loro scarica non correlata con gli stimoli propriocettivi conseguenti ad un movimento, ma che avviene addirittura prima della attivazione delle aree motorie primarie che danno il via all'esecuzione del movimento medesimo.\p559Dette cellule scaricano solamente quando il movimento correlato ad un determinato evento motorio, in maniera del tutto indipendente dalla catena cinetica e strettamente correlata invece al fine del movimento (Johnson, 1991).Sono attive, per esempio, nel movimento di allungare il braccio per raggiungere il cibo, qualunque sia la successione motoria messa in atto a questo scopo, rimanendo inattive, all'opposto, se lo stesso movimento (allungare il braccio) effettuato senza uno scopo specifico.L'area sensitiva parietale secondaria 7 della scimmia possiede neuroni che scaricano prevalentemente rispetto ad informazioni provenienti dalle aree visive primarie (17 di Brodmann).Questi neuroni codificano la posizione di uno stimolo visivo nello spazio non rispetto alle coordinate del campo visivo (compito questo svolto dalle aree visive secondarie 18 e 19 di Brodmann), ma piuttosto rispetto alla sua posizione relativa, nello spazio, rispetto al capo ed al corpo (Stein, 1989).Si ritiene che il loro compito sia dare in questo modo informazioni sugli importanti rapporti spaziali biunivoci fra stimolo visivo e immagine corporea.Detti rapporti sono assolutamente indispensabili quando si voglia progettare una

qualsiasi azione motoria correlata alla posizione nello spazio dello stimolo visivo.L'ipotesi non ancora sufficientemente sostenuta da dimostrazioni sperimentali ma, oltre alle connessioni con le aree visive primarie gi citate, altri due importanti tipi di connessione orientano in questo senso. La prima la connessione fra queste aree e l'area 8.L'area 8, situata al di sopra della scissura arcuata, ai confini fra lobo frontale e prefrontale un' area motoria secondaria che presiede essenzialmente ai movimenti oculari. Essa possiede, oltre alle strette connessioni con l'area motoria secondaria in questione, importanti connessioni motorie sia dirette che mediate dalla sostanza nera pars reticularis, con i nuclei oculomotori del mesencefalo e del ponte.Va da s che la parte pi anteriore dell'area 39-40 (area 7 della scimmia), l'area 8 ed i nuclei oculomotori debbano coordinarsi fra di loro in maniera perfetta, poich solamente attraverso un attento lavoro di individuazione delle coordinate spaziotemporali di uno stimolo visivo (data dai giusti movimenti oculari) all'interno di una strategia motoria finalizzata, che si possono adeguatamente progettare le coordinate spazio-temporali di un movimento ad esso correlato.La seconda connessione che fa pensare ad una importanza di queste aree nell'organizzazione strategica del movimento rispetto ad uno stimolo visivo, la connessione dell'area 39-40 con i nuclei pontini disseminati (ponte). La connessione porta gli stimoli verso il cervelletto, dove si verifica l'analisi di fattibilit di un'idea di movimento rispetto alla situazione contingente dell'apparato locomotore. Tale analisi di fattibilit deve, ovvio, ricevere informazioni sia sullo stato dell'apparato locomotore sia sullo stato dello stimolo visivo che innesca un progetto motorio.Ci sono ancora due punti che debbono essere ricordati riguardo alla fisiologia motoria dell'area 39-40.Primo punto: come tutte le aree secondarie essa non si caratterizza pi come area di rappresentazione somatotopica (carattere questo tipico delle aree primarie) ma come area in cui le strutture recettrici (somatiche e retiniche) hanno campi di rappresentazione molto ampi ed indistinti, che possono eccitarne i neuroni in maniera assai variabile.Secondo punto: una delle cause di detta variabilit sicuramente la qualit dello stimolo. I neuroni dell'area 39-40 sono evento-correlati, ma solamente alla significativit dell'evento visivo, non scaricano cio per qualunque stimolo influenzi il campo visivo, ma solamente per stimoli ad alto contenuto semantico, di alto \p560 valore per l'osservatore. Gli stimoli devono quindi contemplare un'alta probabilit di innescare strategie motorie o quantomeno una reazione motoria.Le aree secondarie della corteccia parietale hanno importanti implicazioni sensitivo-motorie che determinano direttamente la qualit del movimento. Questi aspetti risultano assai evidenti nella clinica della corteccia cerebrale, dove il danno delle aree parietali rivela chiaramente le implicazioni motorie di queste aree nell'uomo. Il danno dell'area 5 e 7 del'uomo porta ad un disturbo di riconoscimento tattile manipolativo, l'individuo cio perfettamente in grado di riconoscere uno stimolo sensitivo proveniente dal corpo, ma non pi in grado di riconoscere qualunque stimolo sensitivo che implichi una manipolazione attiva (motoria); questo disturbo va sotto il nome di astereognosia.Un disturbo dell'area 39 e 40 (lato parietale) invece provoca un disturbo motorio rispetto ad uno stimolo visivo definito atassia ottica: la stessa difficolt atassica del cerebellare si manifesta in questi pazienti solamente nei fenomeni motori guidati da stimoli visivi in maniera evento-correlata (i cosiddetti fenomeni di reaching).Altri disturbi correlati alla disfunzione di queste aree, quali l'emisomatoagno-sia, l'agnosia spaziale o neglect, verranno trattati nei capitoli 27 e 28.Le aree sensitive terziarie non possiedono, se non in senso estremamente generale, una importanza diretta nella costruzione del progetto motorio. La loro importanza deriva dalla capacit di elaborazione di un concetto di realt polimodale sulla base del quale si costruiscono le idee di

movimento. A questo riguardo si fa riferimento al capitolo 27.fisiologia motoria delle aree del lobo frontaleTutte le aree motorie della corteccia cerebrale, nella concezione canonica di area motoria, si trovano nel lobo frontale.Oltre alla caratteristica di trovarsi nel lobo frontale, una corteccia si definisce motoria se, citoarchitettonicamente, si caratterizza per:- un esteso sviluppo degli strati III e V (piramidale interno il III, piramidale esterno il V), con prevalenza assoluta delle cellule piramidali sulle altre cellule.- la pressoch totale scomparsa dello strato IV (granulare interno, strato deputato principalmente alla recezione dei segnali sensitivi provenienti dalla periferia). Quest'ultima caratteristica fa assumere a questo tipo di corteccia un particolare aspetto istologico, da cui il nome di corteccia agranulare .Le aree di corteccia motoria si estendono, virtualmente, per tutto il lobo frontale, fino a sfumarsi, senza soluzione di continuo, nelle cortecce terziarie della sua parte pi anteriore (lobo prefronatale); la suddetta situazione anatomica si presenta notevolmente diversa non appena si esca dal modello umano.Nella scimmia per esempio, sulla quale sono stati svolti studi pi approfonditi, le aree di corteccia motoria si estendono dal solco di Rolando (margine posteriore del lobo frontale) anteriormente, fino al solco arcuato, che ne segna il punto di separazione dalla parte pi anteriore del lobo.Nell'uomo il solco arcuato poco evidente; vi un solco precentrale, ma la corteccia motoria si espande ben oltre questo occupando un'area assai pi estesa che nella scimmia, senza peraltro sottrarre spazio al polo frontale (esteso in maniera significativa solamente nell'uomo), poich la superficie di corteccia frontale umana decisamente maggiore che in tutti gli altri animali.Man mano che si sale nella scala dei primati la superficie della corteccia del lobo frontale aumenta in misura proporzionalmente maggiore rispetto alla superficie della corteccia cerebrale in toto (vedi tabella 27.1).\p561Fig. 25.3. - Evoluzione e sviluppo del Sistema nervoso centrale nelle diverse specie animali.Nell'uomo la corteccia del lobo frontale in genere (e motoria in particolare) assume la massima estensione e quindi la massima importanza (vedi fig. 253). La \p562 importanza preminente rispetto alle altre cortecce ricollegabile all'aumentare della necessit espressiva motoria finalizzata alle attivit relazionali dell'individuo.Si pu dire in altri termini che l'aumentare della complessit intellettiva comporta necessariamente un aumento della potenzialit e della capacit espressiva: questa si manifesta attraverso una sempre maggiore raffinatezza motoria, di competenza soprattutto del lobo frontale.Pi complesso il pensiero dell'uomo, pi esso necessita di un raffinato controllo motorio.Qui si focalizza un punto di grande importanza: il movimento non semplice azione, non si qualifica solamente nella emissione di energie biomeccaniche, atte a modificare il mondo esterno a proprio vantaggio in senso utilitaristico/funzionale (mangiare, fuggire, aggredire la preda...). Il movimento molto di pi: espressione intima dell'essenza stessa del pensiero umano e, al contempo, la chiave espressiva della comunicazione interpersonale.Naturalmente, la traduzione cinetica del pensiero sar sempre comunque approssimata per difetto , ma l'aumento della qualit del progetto motorio ne aumenta probabilmente le capacit interpretative, dotandoci di una espressivit motoria potenzialmente pi adatta allo scopo e consentendoci, con la volont e l'esercizio, di calibrare il movimento ad espressioni di pensiero e di sensibilit sempre pi elaborate.Pi complessa e sfumata l'elaborazione del progetto motorio, pi esso aderir fedelmente alla nostra complessit mentale.La tabella 27.2, oltre all'aumento delle aree corticali motorie, mostra, all'interno di queste, l'inversione del rapporto fra estensione delle aree motorie secondarie (area 6) e primarie (area 4) nella scala evolutiva degli animali, esattamente come avviene per le aree parietali. Nella scala evolutiva le aree motorie secondarie acquistano un peso

sempre maggiore, fino a raggiungere, nell'uomo, la massima estensione: circa 5-6 volte la dimensione delle aree motorie primarie.In tutti gli altri animali, scimmie antropomorfe comprese, i due tipi di area hanno invece superfici approssimativamente identiche.La corteccia motoria presenta, per definizione, un marcato sviluppo degli srati III e V o dei neuroni piramidali.Nello strato V troviamo i neuroni piramidali giganti, pi conosciuti come cellule di Betz il cui diametro raggiunge i 100 millimicron. Nello strato III si trova un maggior numero di cellule piramidali normali, del diametro di 40-50 millimicron.La cellula piramidale fornita di una arborizzazione dendritica molto estesa, verticalmente essa sale fino ad arrivare allo strato I (molecolare), dove prende contatto con gli assoni di cellule corticali provenienti dagli strati pi profondi, particolarmente dallo strato IV e II Orizzontalmente si estende, negli strati II III e IV, per un diametro di circa 10 millimicron. (Schiebel,1974).Le collaterali assonali delle cellule piramidali si estendono orizzontalmente per diversi millimetri, queste ultime ramificazioni sono molto importanti, soprattutto a livello di eccitazione/inibizione reciproca. L'organizzazione principale della corteccia motoria tuttavia verticale: i neuroni piramidali sono raccolti in gruppi o colonie che possiedono le stesse specifiche funzionali, afferenze ed efferenze. Le colonie sono definite colonne corticali , posseggono una ampia unit funzionale (e i neuroni piramidali di una stessa colonia agiscono sugli stessi motoneuroni spinali), ma sono anche ampiamente collegate fra loro dalle varie arborizzazioni dendritiche ed assonali delle cellule di Betz: se da un lato ogni colonia corticale produce informazioni in uscita mirate ad ottenere risposte estremamente omogenee dagli alfa-motoneuroni bersaglio, dall'altro le sue diramazioni orizzontali si preoccupano di connettere, coordinandole in un'unica armonia, le informazioni provenienti dalle varie colonie. All'interno delle colonie \p563 esistono punti in cui con una stimolazione elettrica particolarmente bassa si pu ottenere uno spike negli alfa-motoneuroni bersaglio, questi punti sono definiti spot point.L'intreccio assai complesso, ma consente una elevatissima duttilit espressiva ed una scelta di numerosi movimenti possibili per raggiungere un unico fine motorio. Tutti i movimenti sono a disposizione all'interno di una gamma di movimenti disponibili.A livello delle aree motorie secondarie si verifica quindi la scelta strategica del movimento, mentre la sua traduzione operativa avviene nelle aree primarie, attraverso l'impostazione di un codice di spikes in cui contenuto il gioco delle inibizioni e facilitazioni che i diversi a-motoneuroni spinali trasmetteranno poi ai singoli muscoli.Ci che arriva agli alfamotoneuroni quindi il risultato finale dell'interazione elettrica delle varie colonie dell'area motoria primaria, ma questa interazione definita dalle colonie delle aree motorie secondarie (o associative). Si potrebbe prendere ad esempio un aereo: sicuramente il pilota (l'area motoria primaria) che lo comanda, ma le decisioni sui movimenti dell'aereoplano sono prese dalla torre di controllo e comunicate al pilota, padrone di decidere come volare ma non dove volare.Ci conferisce al sistema, in caso di danno, una potenzialit di recupero notevole. L'intreccio e l'interazione fra colonne, colonie, aree e spot points caratterizza la plasticit di cui potenzialmente dotata ogni corteccia motoria (e di conseguenza tutto il sistema di controllo motore). Essa la base su cui poggia qualunque tipo di intervento migliorativo: sia esso educativo (apprendimento motorio) o rieducativo (riabilitazione neuromotoria).Si parla di intervento educativo se si tratta di migliorare le prestazioni acquisite nella normale vita di relazione, di intervento rieducativo se si tratta di recuperare una funzione motoria perduta a causa di un danno del SNC.Una adeguata conoscenza delle strutture corticali che progettano il movimento (aree motorie secondarie e terziarie) permetter di comprendere meglio ci che lega i diversi

neuroni corticali delle diverse aree nella progettazione motoria globale.Al di l della sua localizzazione nel lobo frontale e del suo aspetto citoarchitettonico (vedi pp. 564) una corteccia si definisce motoria se obbedisce ai due principi seguenti:- presenta neuroni piramidali che mandano i loro assoni nel midollo spinale o sui nuclei motori dei nervi cranici- ha connessioni con l'area motoria primaria (area 4 di Brodmann) che manda neuroni nelle stesse zone tronco-midollari in cui i neuroni arrivano dall'area motoria in questione.Sulla scorta di questa definizione possiamo individuare due differenti tipi di aree motorie:1. L'area motoria primaria (area 4 di Brodmann), cui dedicato un intero capitolo.2. L'area motoria secondaria (area 6 di Brodmann)Area motoria secondaria (area 6 di Brodmann)Con questa definizione si indica una grande area motoria, associata alla corteccia motoria primaria, ma da essa distinta e differente.Questa area motoria occupa gran parte della superficie laterale e mediale del lobo frontale, con inizio indistinto dal margine posteriore dall'area 4, e fine pure indistinta, verso le zone pi anteriori del lobo frontale (denominate polo frontale o lobo prefrontale).\p564Fig. 25.4 - Le cortecce motorie secondarie (lobo frontale); in marrone la SMA e le aree motorie secondarie della circonvalazione del cingolo (25.4 a); in fucsia la APA. In verde la SPeS (25.4 b).L'area si estende anche sul lato mediale dell'emisfero dove trova, inferiormente, una netta linea di confine con il solco cingolato, mentre, anteriormente i suoi margini sono, ancora una volta, indistinti. L'area premotoria (o motoria associativa o motoria secondaria) venne definita da Brodmann (1906) area 6, sulla base del suo aspetto istologicamente uniforme e delle caratteristiche tipiche di ogni area motoria.Negli anni cinquanta il neurochirurgo americano Penfield dimostr che all'unit istologica della corteccia premotoria corrispondeva anche una unit funzionale di tipo fisiologico, ma con due differenze sostanziali dall'area 4: la mancanza di rappresentazione somatotopica e di partecipazione al fascio piramidale.L'area 6 possiede un numero molto elevato di proiezioni neuronali verso il midollo ed il tronco [9]. [9] Queste proiezioni non sono le uniche esterne al fascio piramidale in quella direzione; oggi vanno aggiunte le proiezioni provenienti dall'area motoria cingolata (vedi oltre) che non fa parte dell'area 6 descritta da Brodmann.\p565Queste costituiscono addirittura la maggioranza delle proiezioni motorie cortico-spinali globali, nell'insieme circa il 60% dei collegamenti dalla corteccia ed il midollo (Wise et al., 1991, Dum e Stick 1991).In termini di proiezioni anatomiche, la differenza fra l'area premotoria (6) e l'area motoria (4) sta nel fatto che l'area 4 prende parte solamente al fascio piramidale ed a connessioni inter ed intracorticali, l'area premotoria invece ha una serie di collegamenti con molti altri sistemi. Le sue proiezioni si dirigono da un lato al tronco, verso i nuclei di origine delle vie di proiezione spinale non piramidali (reticolari, quadrigeminali ed altri, vedi tabella 10.1), da un altro lato verso sistemi che controllano la qualit del movimento (cervelletto, nuclei della base, aree somatosensoriali secondarie controlaterali, la stessa area 4, ecc.), da un terzo lato verso molti sistemi cerebrali anche non direttamente connessi con il movimento (lobo limbico).Si potrebbe dire, in una terminologia colloquiale, che mentre l'area 4 ha come scopo primario il movimento vero e proprio, per l'area 6 il compito fondamentale predisporre armonicamente i vari sistemi dalla cui coordinata attivit origina la corretta esecuzione motoria.L'area 6 predispone cio l'ambiente (il SNC) affinch il progetto motorio possa svilupparsi nel migliore dei modi ed il movimento godere della massima efficacia.Come si detto, la definizione di area 6 venne coniata da Brodmann (1906) su basi strettamente anatomico/istologiche, di fronte alle quali essa presenta indiscutibilmente un'unit.Con lo sviluppo delle ricerche neurofisiologiche tuttavia, lentamente, si sono delineate all'interno dell'area 6 differenze funzionali sempre maggiori, tanto che

oggi stata suddivisa in 3 differenti aree premotorie, con compiti, fisiologia ed attivit neuronali differenti.Le suddivisioni funzionali dell'area 6 di Brodmann, nella scimmia sono le seguenti:1. La zona di area 6 posta posteriormente alla parte inferiore del solco arcuato (superficie emisferica laterale) viene denominata area premotoria arcuata (APA).2. La zona di area 6 situata anteriormente al solco precentrale e posteriormente alla branca superiore del solco arcuato (parte superiore dell'area 6 sull'emisfero laterale) viene denominata area superiore posteriore al solco precentrale (SPcS).3. La zona di area 6 situata sulla superficie mediale della corteccia frontale, al di sopra delle aree motorie cingolate precedentemente esposte, viene denominata area motoria supplementare (SMA).Queste aree posseggono differenti significati fisiologici.La SMA attiva soprattutto nella organizzazione motoria correlata a stimoli ad origine interna: la volont di movimento, per esempio, oppure un ricordo, o un movimento legato ad una particolare successione motoria (si pensi a musicisti, ballerini o atleti, che si muovono secondo canoni motori complessi, in cui la SMA gioca un ruolo fondamentale).La APA e la SPcS sono attive invece quando lo stimolo al movimento proviene dall'esterno, quando cio il movimento conseguente ad uno stimolo visivo, uditivo o quant'altro (vedi fig. 25.5).La differenza pu sembrare lieve, ma molto importante.Le aspettative alle quali la SMA deve adattare la sequenza motoria per conferirle la maggiore efficacia, sono legate a progetti motori provenienti dal vissuto personale di chi compie l'azione e ad esso deve essere rapportato l'evento motorio che sta per accadere. Sono in gioco, in questi movimenti, le strutture correlate alle \p566 strategie interne , cio le circonvoluzioni frontali, ippocampali, cingolate ed il loro sistema di armonizzazione: i nuclei della base.Fig. 25.5 - Istogrammi della frequenza di scarica di diversi gruppi di neuroni della corteccia premotoria: APA e SMA e della corteccia motoria primaria (MI) a fronte di un ordine di movimento segnalato dall'esterno (trigger visivo) o dall'interno (trigger legato alla volont). La riga in alto indica la situazione prima del segnale di partenza, quella in basso dopo il segnale di partenza, ma prima del movimento. I numeri successivi dall'uno al sette indicano sette differenti situazioni: nella 1 vi solamente il trigger esterno (TE) (visivo), nella 7 vi solamente il trigger interno (TI, volont). Le altre situazioni sono rispettivamente2 = TE >> TI, 3 = TE > TI, 4 = TE = TI, 5 = TE < TI, 6 = TE << TI.Come si pu notare, la frequenza di scarica dei neuroni delle due aree inversamente proporzionale: direttamente correlata allo stimolo esterno per la APA, a quello interno per la SMA. Nella corteccia motoria si vede, il livello di scarica identico per stimoli esterni ed interni (come si vede se il TE molto maggiore del TI (numeri 1, 2, 3) molto attiva la APA e poco la SMA, viceversa se il TI molto maggiore del TE (situazioni 5, 6, 7). Da Mushiake, Inase e Tanji 1991, modificata).Si sta parlando, per esempio, del compito motorio a cui si appresta un atleta durante una gara: un compito che ha studiato, elaborato, provato e riprovato milioni di volte durante le sedute di allenamento. Un compito che l'atleta (ma potrebbe essere il musicista, il ballerino, l'acrobata o il cantante, per fare solo alcuni esempi) innesca con la volont, finalizzato ad esprimere strategie interne , pensate cio dall'individuo e senza alcuna stretta concatenazione causale con gli eventi del mondo esterno. Strategie volute dall'esecutore, che le mette in atto attraverso un richiamo mnemonico e le caratterizza con un'impronta particolare legata alla propria psiche.L'APA una corteccia premotoria attiva soprattutto nella coordinazione correlata a stimoli esterni: essa deve adattare la coordinazione motoria e renderla il pi efficace possibile, quando questa risponde ad uno stimolo percepito attraverso gli organi di senso.L'APA e la SPcS attuano una coordinazione motoria ad assetto variabile , in evoluzione continua, per poter rispondere prontamente alle variabili

spaziali e temporali complesse degli stimoli percepiti attraverso le strutture di senso, \p567 stimoli dei quali non possibile avere una conoscenza anticipata legata all'esperienza.Diventa indispensabile, in questo tipo di attivit motoria, la collaborazione fra corteccia premotoria (APA), cortecce retrorolandiche ed il sistema in grado di gestire una coordinazione motoria ad assetto variabile: il cervelletto.Nella coordinazione di questi movimenti sono in gioco le strutture corticali percettive e di analisi del mondo esterno: le zone retrorolandiche e, soprattutto, il carrefour TPO.Ci si trova nella condizione motoria dell'atleta che deve improvvisamente reagire ad uno stimolo esterno (per esempio l'arrivo di un pallone), ma che fino all'ultimo istante non sa da che direzione e con che velocit arriver, n sa in che condizioni motorie egli si trover al momento dell'arrivo.Ovviamente, per quanto differenti, i due tipi di corteccia sono fra loro strettamente correlati: il movimento non viene programmato solamente come movimento di reazione o programmazione, la abilit e la coordinazione motoria sono sempre date da una compartecipazione delle due situazioni sopra esposte.Fino a che i movimenti sono elementari, coinvolgono una singola articolazione in un solo grado di libert, la differenza funzionale esistente fra APA e SMA minima ed difficile anche focalizzare quali siano le prestazioni specifiche delle aree motorie secondarie dalle aree primarie. La differenza neurofisiologica e funzionale delle due aree diventa consistente man mano che il progetto motorio acquista complessit ed aumentano le possibili soluzioni biomeccaniche che possono determinarne un buon esito. Qui abbiamo non solo la differenziazione funzionale fra le due aree premotorie (APA e SMA), ma anche fra area motoria primaria e area motoria secondaria.L'organizzazione somatotopica dell'area motoria primaria fa s che, qualunque sia il grado di complessit del quadro motorio, i suoi neuroni si attivino solamente se quel determinato distretto muscolare chiamato in funzione. La complessit dei parametri tecnici dell'atto motorio (la potenza del gesto) verr decisa, all'interno dell'area 4, dai diversi neuroni evento-correlati di questa area.Le aree motorie secondarie, al contrario, possiedono una risposta estremamente variabile rispetto alla somatotopia e ai parametri biomeccanici del movimento, mentre sono assai sensibili alle possibili combinazioni temporali e spaziali nell'attivazione successiva dei vari distretti muscolari. Queste aree caratterizzano cio le variabili complesse del movimento (la velocit e la prontezza, la direzione e la precisione, ma non la potenza) e sono definibili, in termine tecnico, come aree ad alta densit di neuroni che organizzano le scelte sui fenomeni complessi dell'evento motorio, ma non l'evento motorio in senso stretto.I neuroni con queste caratteristiche si definiscono neuroni evento-correlati e, nelle aree associative motorie, ne esistono di diversi tipi.Se si osserva il quadro da un punto di vista pi strettamente sperimentale, i neuroni delle aree motorie secondarie organizzano la sequenza e la frequenza di scarica dei neuroni dell'area 4 all'interno di una logica coordinata, per raffinare l'aspetto puramente logistico della attivit di preparazione al movimento, movimento che ha origine nell'area 4.Il movimento, cos come viene predisposto nell'area 4, una meccanica successione temporale di contrazioni muscolari di diversa potenza, queste contrazioni portano a movimenti il cui scopo di interagire con l'ambiente esterno attraverso l'emissione di un'energia fisica.L'area premotoria ha il compito di dare a questi movimenti un'impronta che sia diretta espressione del fine per cui l'energia meccanica viene immessa nell'ambiente dall'apparato locomotore, della ragione cio per cui ci si muove.Si potrebbe dire che questa area personalizza i movimenti, poich d ad essi un significato direttamente correlato al pensiero dell'individuo. Il suo quindi \p568 un compito motorio, ma va ben oltre la semplice interazione con il mondo esterno (della quale pure, comunque, quest'area deve tenere conto).Ad un

livello ancora pi astratto, si potrebbe affermare che l'area premotoria caratterizza il movimento con significati semantici, espressivi cio del messaggio che il soggetto vuole trasmettere.Un buon esempio di come sono combinate fra loro le diverse zone di controllo motorio del SNC pu essere dato da una motocicletta. indiscutibile che l'apparato locomotore della moto sia costituito dalle ruote. Le ruote sono direttamente azionate (solitamente attraverso una catena) dall'albero motore e dai pistoni, che potrebbero validamente rappresentare le aree di controllo primario del movimento (area 4). Indiscutibilmente se si muovono i pistoni le ruote si muovono e di conseguenza anche la motocicletta.Ci che si intende come movimento di una motocicletta tuttavia molto di pi del movimento derivato delle ruote e ottenuto azionando i pistoni.Il movimento della motocicletta si manifesta attraverso una direzione, una velocit, una accelerazione ed un rallentamento che, giustamente miscelati fra loro, ne costituiscono le autentiche espressioni motorie. Questi parametri si ottengono dosando con attenzione altri meccanismi: il freno, l'acceleratore, lo sterzo, che agendo ora direttamente sulle ruote (l'apparato locomotore) ora sul meccanismo generatore del movimento (i pistoni, l'area 4) calibrano nel modo giusto il movimento meccanico della moto.Si potrebbe affermare, procedendo nel paragone, che esiste anche un terzo livello di controllo: la motocicletta in tutte le sue espressioni motorie obbedisce alla volont del pilota, cos come le cortecce motorie, primarie e secondarie, esprimono, attraverso il movimento, la costruzione logica del pensiero umano dettata, a livello localizzatorio, dalle aree terziarie del lobo frontale, sede delle strategie comportamentali.La gestione armonica e coordinata dei ritmi motori non immediatamente visibile nella normale vita di relazione; si pensi ad un atleta o ad un pianista e a quanto i movimenti di questi due professionisti siano pi espressivi di quelli di una persona che suona il piano (o pratica uno sport) per hobby; l'espressivit dei loro gesti proprio legata alla raffinatezza funzionale delle aree associative motorie (ed in seconda battuta anche di tutti gli altri sistemi motori). attraverso l'attivazione esperta dell'APA e della SMA che queste persone riescono a rendere espressivo il movimento.I neuroni evento-correlatiLe aree secondarie svolgono il loro compito, come si detto, attraverso i neuroni evento correlati . Si tratta di neuroni piramidali che, a differenza dei neuroni piramidali della area 4, non scaricano in maniera direttamente connessa all'attivazione di un determinato gruppo muscolare, ma agiscono per definire, prima e durante il movimento, alcune specifiche indispensabili per l'atto motorio.Vi sono diversi tipi di neuroni evento-correlati nelle cortecce motorie secondarie, poich vi sono diversi eventi a cui si deve rispondere con un movimento qualitativamente differente.Questi eventi possono comunque essere ricondotti a due situazioni fondamentali:1 situazione: il soggetto deve compiere un movimento rispetto ad uno stimolo interno: allo scattare di un segnale qualsiasi deve eseguire una sequenza motoria le cui caratteristiche sono prestabilite e gi codificate all'interno del suo SNC.2 situazione: il soggetto deve compiere un movimento rispetto ad uno stimolo \p569 esterno: nell'eseguire una sequenza motoria deve seguire la traccia dello stimolo esterno nello spazio e nel tempo, deve quindi compiere un movimento la cui direzione e velocit non sono prevedibili, in quanto dettati all'istante.Nel primo caso le cellule evento correlate attive risiedono nella SMA, nel secondo caso nella APA.Questi motoneuroni sono sempre attivi prima e durante l'esecuzione della sequenza motoria da loro codificata, senza nessuna correlazione con la zona corporea che esegue il movimento biomeccanico.Ecco perch le cortecce secondarie non hanno una organizzazione somatotopica; codificano i parametri complessi di un movimento e questi parametri valgono per qualsiasi settore muscolare.I motoneuroni evento correlati riconducibili alla prima situazione prendono

il nome di sequenza correlati ( sequence specific ) e sono concentrati in particolare nella SMA.Se il movimento dettato da uno stimolo esterno invece, come nella seconda situazione (per esempio seguire dei punti luminosi) e non possibile predire (cio avere appreso in precedenza) lo schema motorio, allora i motoneuroni evento-correlati che si attivano prima e durante il movimento risiedono nella APA e prendono il nome di stimolo correlati ( external trigger specific ). Nella APA sono presenti anche neuroni evento-correlati che gestiscono il cambiamento di codici motori: da un codice a stimolo esterno ad un codice a stimolo interno o viceversa, questi neuroni evento-correlati, dove l'evento proprio il cambiamento di codice sono definiti transizione correlati ( transition specific ).Nella SMA esiste un ulteriore tipo di neuroni che momentaneamente vengono ancora classificati come evento-correlati, poich di recente individuazione (Rothwell, 1994) e dal significato ancora non completamente chiarito.Questi neuroni potrebbero appartenere ad una categoria diversa da quella dei neuroni evento-correlati, in quanto sono correlati non gi all'evento motorio, ma all'aspettativa che il movimento complesso (la cui esecuzione stata perfettamente appresa) divenga una sequenza motoria da attivare realmente.Essi si attivano addirittura prima dello stimolo che innesca il progetto motorio (dopo il quale scaricano i normali neuroni evento-correlati dell'area 6), rispondendo solamente ad ipotesi motorie, ma non in modo automatico. Perch questi neuroni si attivino, necessario che esista un certo allenamento, che renda naturale ed armonica, ma soprattutto altamente probabile in quanto ripetuta pi e pi volte, la risposta ad una determinata volont motoria con quella data catena cinetica.I neuroni di aspettativa simulano e propongono , per ogni idea di movimento, una catena cinetica che stata accuratamente appresa. Naturalmente sono presenti solamente nella SMA, non avrebbero alcun senso nell'APA o nella SPcS, dove i neuroni eventocorrelati sono correlati ad eventi casuali imprevedibili.Le tre categorie di neuroni evento correlati appena descritte sono state selezionate secondo un criterio funzionale, legato al tipo di movimento. I neuroni evento correlati dell'area premotoria possono anche essere catalogati secondo il tipo di rapporti con altre strutture nervose che li attivano. Si avranno, secondo questa classificazione anatomo-funzionale, tre categorie fondamentali di neuroni evento-correlati, che si sovrappongono alle categorie gi descritte.Nelle cortecce premotorie si hanno:1) neuroni evento corr la

ti correlati all'attivazione del movimento meccanico,2) neuroni eventocorrelati correlati all'idea di movimento,3) neuroni evento-correlati correlati al set motorio, cio a tutto ci che coinvolge la traduzione dell'idea di movimento in progetto motorio.I motoneuroni di cui al punto 1 sono il tipico esempio di neurone evento-correlato, \p570 identici a quelli dell'area 4, anche se con qualche caratteristica differente [10]. [10] Questi evento correlati dell'area 6 non quantificano al forza del movimento, come fanno quelli dell'area 4.I motoneuroni di cui al punto 2 sono piccoli gruppi che si attivano rispetto all'attivit delle cortecce terziarie del lobo frontale, essi rispondono cio con scariche attivanti alle diverse idee di movimento di quelle aree.I neuroni evento-correlati di cui al punto 1 e 2 indicano come, al di l delle sue strette funzioni fisiologiche, l'area motoria secondaria abbia la possibilit di colloquiare direttamente sia con le aree primarie (parametrazione delle caratteristiche quali-quantitative dell'attivit motoria) sia con le aree terziarie del lobo frontale (ideazione e ipotesi strategiche di movimento) e come, nonostante l'organizzazione localizzatoria, la corteccia cerebrale si configuri sempre come un'unica unit funzionale.I neuroni di cui al punto 3 sono invece caratteristici del funzionamento interno delle aree premotorie:la loro attivit inzia 130-140 millisecondi dopo lo stimolo che orienta direzionalmente il movimento e continua, a prescindere dalla permanenza o meno dello stimolo direzionale, fino all'inizio della attivit motoria meccanica.Hanno un'attivit eventocorrelata riferita alle caratteristiche spazio-temporali complesse del movimento che si sta per compiere [11] (Georgopulos 1989b).[11] Per caratteristiche spazio-temporali complesse si intendono le caratteristiche spazio-temporali tipo il percorso o il rapporto relativo ad altre parti del corpo: in un movimento direzionale, per esempio, questi neuroni si attivano prima del movimento come i normali neuroni evento correlati direzionali; sono per suddivisi in sottogruppi che si attivano a seconda del percorso che si seguir per compiere il movimento in quella direzione. L'argomento complesso ed il funzionamento dei neuroni evento correlati oggi ancora solo parzialmente comprensibile; per ulteriori dettagli si rimanda alla bibliografia relativa.Specificit per la direzione del movimento significa che vi sono cellule che scaricano solamente se lo stimolo indica che il movimento si compir verso destra, altre se lo stimolo indica sinistra, alto, basso o altra direzione [12]. Tutte queste cellule terminano la loro attivit all'iniziare del movimento meccanico.[12] Per maggiori dettagli rispetto alle cellule direzione-correlate si veda la spiegazione sui vettori di popolazione, al termine del capitolo 26.L'attivit di questo terzo tipo di neuroni evento-correlati, al momento, non sufficientemente chiara, con tutta probabilit essi giocano un ruolo fondamentale nell'attivazione degli altri sistemi motori sottocorticali che compartecipano alla formazione del progetto motorio.Sono cellule che probabilmente partecipano alle funzioni di scelta fra i potenziali gradi di libert dell'apparato locomotore: ci significa che eseguono una scelta operativa, aiutando altri sistemi ad individuare la catena motoria pi adatta ad esprimere il dettato della volont.I sistemi motori sottocorticali con cui i neuroni set-correlati sono in stretta connessione e che essi stessi attivano nella scelta della appropriata catena cinetica sono il cervelletto, che influenza la scelta riguardo allo stato dell'apparato locomotore ed i nuclei della base, che coordinano l'attivit motoria con tutte le altre funzioni del SNC.La costruzione del movimento potrebbe essere paragonata alla costruzione di un edificio ed i neuroni evento correlati ai diversi operatori.Un edificio ha un committente, che lo considera indispensabile ai suoi scopi (la corteccia terziaria frontale). Il committente non in grado di costruirlo e necessita di un architetto per il progetto (la corteccia motoria secondaria, area 6 intesa in senso globale). Questo architetto ,

per costruire il progetto, dovr svolgere compiti diversi: egli dovr ascoltare il committente (le aree frontali terziarie, con cui colloquiano i neuroni evento correlati all'idea di movimento, del \p571 tipo 1), ma contemporaneamente dovr anche ascoltare e preparare i muratori, che materialmente costruiscono l'edificio (area motoria primaria e motoneuroni spinali: neuroni evento correlati al movimento meccanico, del tipo 2) e, sempre allo stesso tempo, dovr commissionare parti intere del progetto di particolare impegno (strutture idrauliche, elettriche, eccetera) ad altri progettisti, maggiormente specializzati nel settore (neuroni evento-correlati, set-correlati, del tipo 3, colloquio con il cervelletto ed i nuclei della base).Fig. 25.6 - Attivit dei neuroni setcorrelati (aree colorate) ai movimenti complessi nelle cortecce premotorie. Nel diagramma in alto si osserva l'attivit di uno di questi neuroni quando il movimento era previsto verso destra (colonna di sinistra) o verso sinistra (colonna di destra), t.s. sta ad indicare lo stimolo trigger per il movimento che deve essere effettuato. Nella riga in alto lo stimolo viene mantenuto fino all'inizio del movimento (verso destra D verso sinistra S). Nella riga al centro lo stimolo viene tolto poco prima dell'inizio del movimento (al punto O). Nella riga in basso viene dato prima un segnale di movimento verso la direzione indicata nella colonna della figura, poi un segnale di inversione del movimento nella direzione opposta (S ed D spostati rispetto al centro), tutto prima dell'inizio del movimento biomeccanico. Come si pu osservare, il neurone set-correlato sotto studio orientato verso sinistra; nella riga in alto infatti scarica prepotentemente quando lo stimolo previsto in quella direzione e pochissimo quando lo stimolo previsto verso destra (la scarica l'area del grafico compreso fra t.r. e D o S). Se lo stimolo viene tolto prima dell'inizio del movimento meccanico la situazione non cambia (riga centrale), mentre se viene cambiata la direzione del movimento il neurone risponde bene e sempre solamente quando lo stimolo proponga un movimento verso sinistra (colonna di destra) nel caso sia cambiata la direzione del pre-stimolo, (da Wise e Mauritz 1985, modificata).\p572Solamente al termine di questa complessa operazione il progetto sar completato e potr essere messo in atto, l'apparato locomotore inizier cio il movimento meccanico.Gli architetti sono diversi e specializzati in settori differenti: alcuni utilizzano la loro professionalit per costruire progetti (motori) dettati dalla volont: l'area 6 interessata in questo caso sar la SMA con tutti i 3 tipi di neuroni evento-correlati sopra citati, altri architetti invece costruiscono progetti motori dettati dalla necessit, cio da eventi esterni: l'area 6 allora interessata sar la APA con i neuroni setcorrelati di tipo 2 e 3; i neuroni di tipo 1 sono qui di scarsa rilevanza, poich il movimento non viene dettato dalle cortecce terziarie [13] (Mushiake, Inase e Tanji 1991).[13] A questo livello per divengono importanti i collegamenti con le strutture di analisi e ricezione retrorolandiche ed in particolar modo con il carrefour TPO e le aree associative parietali, senza l'intervento delle quali il messaggio non viene trasferito alle cortecce motorie (vedi in precedenza, atassia ottica).L'esempio rende l'idea della necessit dei diversi tipi di neuroni evento correlati necessari ai diversi tipi di movimenti.Le aree motorie del lobo limbicoAlle tre attuali aree premotorie, suddivisione funzionale moderna della unica area 6 di Brodmann, si devono aggiungere tre ulteriori aree premotorie di recente acquisizione, situate nella circonvoluzione del cingolo (cervello viscerale), ed individuate di recente sia con i criteri che definiscono le aree motorie sia attraverso meccanismi di microstimolazione elettrica, che ne hanno indiscutibilmente dimostrato la proiezione verso il midollo spinale.Tali aree corrispondono alle aree 25, 24, 23, di Brodmann. Dopo la loro qualificazione motoria esse sono state rinominate (vedi fig. 25.4 pp. 564): area cingolata motoria rostrale (CMAr) sul versante dorsale anteriore del solco

cingolato, area cingolata motoria dorsale, situata al di sopra del solco cingolato, posteriormente alla precedente (CMAd), limitrofa alla SMA, ed area cingolata motoria ventrale (CMAv) allo stesso livello dalla CMAd, ma inferiormente al solco cingolato.Poco e nulla si sa sulla attivit funzionale di queste aree, data la loro recentissima individuazione (Shima et al 1991), ma il loro significato motorio ormai un dato di fatto. Di sicuro si sa che tutte queste aree possiedono neuroni eventocorrelati che scaricano molto tempo prima (0.5-2 secondi) di ogni evento motorio, anche dei pi semplici.BibliografiaBrinkman C, Lesions in supplementary motor area interfere with a monkey's performance of a bimanual coordination task, Neurosci. Lett., 27,267-270, 1981. Brinkman C, Supplementary motor area of the monkey's cerebral cortex: short -and long-term deficits after unilateral ablation and the effects of subsequent collosal section, 1 Neurosci., 4, 918-929, 1984.\p573Brinkman J. and Kuypers H.G.J.M., Cerebral control of contralateral and ipsilateral arm, hand and finger movements in the split-brain rhesus monkey, Brain, 96,653-674, 1973.Brodal A., Neurological Anatomy in Relation to Clinical Medicine, Oxford University Press, Oxford, 1981.Butler E.G., Home M.K. and Rawson J.A., Sensory characteristics of monkey thalamic and motor cortex neurones, 1. Physiol. 445, 1-24, 1992.Day B.L., Rothwell J.C., Thompson P.D., et al., Delay in the execution of voluntary movement by electrical or magnetic brain stimulation in intact man: evidence for Storage and motor programmes in the brain, Brain, 112,649-663, 1989.Deiber M.P., Passingham R.E., Colebatch J.G., et al., Cortical areas and the selection of movement: a study with positron emission tomography, Exp. Brain Res., 84,393-402, 1991.Denny-Brown D., The cerebral control of movement, University Press, Liverpool, 1966.Dum R.P. and Strick P.L., The origin of corticospinal projections from the premotor areas in the frontal lobes, 1. Neurosci., 11, 667-689, 1991.Evarts E.V., Pre-and postcentral neuronal discharge in relation to learned movement, in T. Frigyesi, E. Rinvik and M. D. Yahr (eds), Cortico-thalamic Projections and Sensorimotor Activities, Raven Press, New York, pp. 449-458, 1972.Evarts E.V., Motor cortex reflexes associated with learned movement, Science, 179,501-503, 1973.Evarts E.V., Role of motor cortex in voluntary movements in primates, in V. B. Brook (ed.), Handbook of Physiology, sect. 1, vol. 2, part 2, Williams and Wilkins, Baltimore, pp. 1083-1120, 1981.Fetz E.E., Cheney P.D., Mewes K. and Palmer S., Control of forelimb activity by populations of corticomotoneuronal and rubromotoneuronal cells, Prog. Brain Res., 80, 437-449, 1989.Gentilucci M., Forgassi L., Luppino G., et al., Somatotopic representation in inferior area 6 of the macaque monkey, Brain Behav. Evol., 33,118-121, 1989.Georgopoulos A.P., Motor cortex and reaching, in M. Ito (ed.) Neural programmine Karger, Basel, pp. 3-12, 1989.Georgopulos A.P., Kalska J.F., Crutcher M.D., et al., The rapresentation of movement direction in motor cortex:single cell and population studies, in G.,M., Edelman, W.,E.,Gall and W.,M., Cowan (eds) Dynamic aspects of neocortical function, John Wiley and sons N.York pp 501-524, 1984.Georgopoulos A.P., Kalaska J.F., Caminiti R. and Massey J.T., On the relations between the direction of two dimensionai arm movements and celi discharge in primate motor cortex, /. Neurosci., 2, 1527-1537', 1982.Georgopoulos A.P., Crutcher M.D. and Schwartz A.B., Cognitive spatial-motor processes. 3. Motor cortical prediction of movement direction during an instructed delay period, Exp. Brain Res., 75,183-194, 1989a.Georgopoulos A.P., Lurito Petrides S.M., et al., Mental rotation of the neuronal population vector, Science, 243, 234-236. 115,565-587, 1989b.Halsband U. and Freund H.J., Premotor cortex and conditional motor learning in man, Brain, 103,207-222, 1990.Hocherman S. and Wise S.P., Effects of hand movement path on motor cortical activity in awake, behaving rhesus monkeys, Exp. Brain Res. 83,285-302, 1991.Humphrey D.R., Representation of movements and museles within the primate precentrai motor cortex: historical and current perspectives,

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(1873), grazie a osservazioni sulle crisi epilettiche parziali.Le crisi epilettiche parziali iniziano con una contrazione ritmica involontaria della mano, procedono estendendosi al viso, all'arto superiore e, nei casi peggiori, a tutto l'emicorpo dello stesso lato o addirittura a tutto il corpo. Questa diffusione caratteristica e costante nella sua successione temporale e ancora oggi va sotto il nome di marcia Jacksoniana .Data la diffusione costante nel tempo e nello spazio (mano, viso, braccio, corpo) delle contrazioni ritmiche involontarie, Jackson ipotizz che la corteccia cerebrale avesse un'organizzazione tale per cui le parti del corpo successivamente coinvolte nella marcia (poi definita Jacksoniana) si trovassero spazialmente rappresentate una affianco all'altra, come in una carta topografica, con un ordine che rispettasse l'evoluzione temporale della crisi.Tale organizzazione spaziale della corteccia motoria, dimostrata sperimentalmente quasi un secolo pi tardi, prende il nome di organizzazione somatotopica ed tipica della corteccia motoria primaria (area 4 di Brodmann).Nell'area 4, progredendo dalla superficie laterale/inferiore dell'emisfero verso la zona superiore/mediale, si ritrovano in successione: la mano, il viso, il tronco e l'arto inferiore (quest'ultimo nella superficie mediale vera e propria dell'emisfero, quella che guarda cio l'emisfero controlaterale).La stimolazione elettrica della corteccia cerebrale, alla ricerca di questa organizzazione somatotopica, viene sperimentata sugli animali da Ferrier Fritsch ed Hitzig gi nel 1870, senza dare risultati apprezzabili. I primi risultati di rilievo si ottengono con i lavori di Grumbaum (1902) e Sherrington (1903) che hanno, tuttavia, ancora un significato solamente a livello di discussione sperimentale; le ricerche devono svilupparsi e maturare per altri 50 anni per raggiunere i primi risultati significativi dal punto di vista applicativo, mentre i risultati clinici efficaci di questi studi si iniziano ad apprezzare solamente negli anni ottanta.Il capitolo che segue diviso in due parti: nella prima si pu trovare un'esposizione delle attuali considerazioni sul significato clinico della corteccia motoria primaria e del fascio piramidale. Nella seconda parte il capitolo affronta il problema del rapporto esistente fra l'attivit dei neuroni piramidali e le manifestazioni biomeccaniche del movimento.Prime analisi funzionali sulla corteccia motoria primariaSolamente intorno agli anni '50 (Woolsey et al. 1952 e Penfield e Jasper 1954), lo studio con elettrostimolazione diretta, intraoperatoria, della corteccia cerebrale \p577 viene praticato con metodologia scientifica sugli esseri umani, portando a importanti risultati dal punto di vista clinico.Penfeld in particolare[1] usa sistematicamente nei suoi laboratori della Harward University, al Massachussetts General Hospital di Boston, una stimolazione elettrica a corrente alternata, con frequenza 60 Hertz, per localizzare topograficamente le zone corticali da asportare.[1] Essendo un neurochirurgo che si occupa a fondo di ablazioni corticali (nella cura dell'epilessia).Penfeld stimola la corteccia in anestesia, durante l'intervento chirurgico ed osserva la risposta motoria del paziente, paragonandola con le crisi epilettiche motorie precedenti all'intervento. Sulla base di queste osservazioni decide l'asportazione o meno dell'area corticale.In questo modo, con il tempo, il chirurgo costruisce una mappa cerebrale motoria rappresentativa della corteccia cerebrale umana, basandosi sull'osservazione di diverse centinaia di pazienti.Penfeld arriva ad individuare una rappresentazione somatotopica estremamente precisa del corpo umano, dando la prima dimostrazione sperimentale della localizzazione ipotizzata da Jackson.Nelle mappe di Penfeld l'organizzazione somatotopica (topografica) della corteccia motoria non punto a punto; essendo la massa corporea molto pi estesa della massa corticale, una cellula corticale controlla una quantit di unit motorie proporzionalmente molto maggiore [2].[2] Si vedr, nel corso del capitolo, che vero anche il contrario: una singola unit motoria

controllata da pi motoneuroni corticali.Il rapporto inoltre non ha una proporzione diretta, ma distorto: il controllo dei piccoli muscoli di precisione, costituiti da una quantit di cellule muscolari relativamente piccola richiede una quantit di neuroni assai maggiore rispetto ai grandi muscoli di potenza, che rappresentano la gran parte della massa muscolare corporea, ma possiedono aree di controllo corticale ( e quindi numero di neuroni) relativamente ridotte (vedi figura 26.1).Fig. 26.1 L'Homunculus corticale di Penfield (rappresentazione somatotopica dell'area motoria primaria. Spiegazione nel testo).\p578Penfield individua due differenti tipi di aree motorie: la prima, che corrisponde all'area 4 di Brodmann, in cui necessaria una corrente elettrica di stimolazione molto bassa per ottenere una attivit motoria e la cui attivazione provoca movimenti rapidi, assai limitati nel tempo, che coinvolgono spazialmente piccole zone del corpo (di solito un'unica articolazione) e una seconda, che corrisponde approssimativamente all'area 6 di Brodmann, dove occorre una stimolazione elettrica pi intensa per provocare il movimento, non vi una rappresentazione somatotopica della muscolatura ma, al contrario, la stimolazione elettrica di aree anche assai limitate provoca l'attivazione di complessi movimenti pluriarticolari. Stimolando queste zone corticali numerosi muscoli si attivavano in catene cinetiche che prevedono il movimento di molte articolazioni.La prima area corrisponde approssimativamente (di fatto molto pi estesa) all'area 4 di Brodmann, su di essa Penfield propone il disegno dell'Homunculus, che ancora oggi viene riportato su tutti i testi di neuroanatomia come rappresentazione corticale topografica della muscolatura del corpo.L'homunculus caratterizzato da una rappresentazione controlaterale delle zone del corpo che sono, approssimativamente, invertite rispetto alla naturale posizione dall'alto al basso. Nella corteccia posta pi in alto e medialmente sono rappresentate le zone del tronco e dell'arto inferiore, pi in basso e lateralmente le zone della mano e del viso.L'homunculus ha anche una rappresentazione antero-posteriore: nella stessa zona somatotopica posteriormente abbiamo la muscolatura pi distale (che sita quindi nella profondit del solco di Rolando o solco centrale), mentre la muscolatura pi prossimale sita sulla convessit del giro prerolandico.Vi una importante eccezione alla rappresentazione controlaterale: al piede della circonvoluzione, nella sua parte pi laterale ed inferiore (cio nelle vicinanze della scissura di Silvio), dove rappresentato il viso, la laringe, i muscoli masticatori e del palato molle, ciascun lato della corteccia cerebrale controlla entrambi gli emisomi. Il fatto rende ragione del perch nelle paralisi unilaterali con coinvolgimento di queste zone corticali o dei loro fasci di trasmissione (fasci piramidali) la muscolatura sia risparmiata quando il danno unilaterale.La zona corticale a rappresentazione bilaterale ancora oggi definita, secondo la denominazione di Penfield, area MII, in contrapposizione con la zona di rappresentazione controlaterale dell'area 4, definita invece MI.La stimolazione del secondo tipo di aree motorie individuato da Penfield, definite aree premotorie e corrispondenti approssimativamente all'area 6 di Brodmann, necessita di una corrente elettrica di stimolazione pi elevata. Come si detto, questa stimolazione, pi che un movimento, provoca una concatenazione finalizzata di numerosi movimenti isolati in una catena cinetica armonica, indicativa dello scopo e del significato strategico dell'atto motorio in corso.L'attivazione di queste aree corticali d luogo a movimenti che non sono solitamente limitati all'emisoma controlaterale, ma diffusi a tutto l'apparato locomotore e frequentemente asimmetrici, non speculari cio nei due emisomi.Il lavoro di Penfield e Jasper da un lato e Woolsey dall'altro, per quanto ancora da ritenersi valido per ci che riguarda la localizzazione, detta due ipotesi che nel tempo sono state superate: la prima ipotesi che una corteccia possa essere

definita motoria quando la sua stimolazione provochi il movimento di una parte del corpo; la seconda ipotesi che esista una corrispondenza precisa fra i neuroni corticali ed i muscoli attivati dalla loro stimolazione.Discussione della prima ipotesiSi visto attraverso il diffuso utilizzo di correnti elettriche nelle stimolazioni corticali, che la definizione di corteccia motoria di Penfield aveva dei limiti precisi.\p579Con il tempo e le indagini di laboratorio risultato chiaro che qualsiasi zona della corteccia cerebrale, se stimolata con sufficiente intensit, pu provocare una risposta motoria. Questo grazie al fatto che nella maggior parte dei casi la stimolazione si diffonde liberamente, sia per conduttanza elettrica che a causa delle connessioni intercorticali. Se di intensit adeguata, quindi, una corrente elettrica applicata in qualunque punto della corteccia cerebrale pu provocare un'attivit motoria, rendendo la definizione di area motoria priva di significato.In secondo luogo, gli studi di microanatomia sui neuroni corticali hanno successivamente dimostrato come non tutte le correnti elettriche sono in grado di attivare i neuroni corticali e che la stimolazione elettrica di un punto della corteccia corrisponde alla stimolazione dei neuroni motori sottostanti solamente se lo stimolo possiede determinate caratteristiche fisiche [3].[3] Lo stimolo deve essere di basso amperaggio, di circa 50-60 Hertz, dato con una sfera corrispondente all'anodo appoggiata nel punto di stimolazione. In questo modo si producono sulla superficie corticale delle correnti orientate verticalmente, come i neuroni piramidali (gli interneuroni sono invece orientati orizzontalmente). Queste correnti, percorrendo i dendriti, il soma ed arrivando all'assone del neurone piramidale, sono in grado di depolarizzarlo direttamente. Quasi nulla in questo modo la depolarizzazione degli interneuroni corticali, data la loro disposizione perpendicolare al flusso della corrente.In terzo luogo, l'evoluzione degli studi in anestesia ha permesso di comprendere come la risposta motoria sia fortemente influenzata anche dal tipo e dal livello di narcosi del paziente.Anche se il concetto rigido di rappresentazione somatotopica dell'Homunculus di Penfield ormai superato, esso rimane ancora valido se utilizzato con la dovuta elasticit, in quanto alcuni aspetti delle sue considerazioni rimangono oggi significativi ed utili a livello operativo. Questa elasticit necessaria per comprendere i principi del recupero funzionale neuromotorio che, nel prospetto punto a punto di Penfield, non avrebbe alcun senso (vedi oltre).La teoria di Penfield invece ancora valida quando sostiene che nella corteccia esistono alcune zone in cui una stimolazione a bassissima intensit provoca una risposta motoria. Sono i cosiddetti hot spots (punti caldi come traduzione letterale) che oggi definiscono, come per Penfield, le zone di rappresentazione somatotopica, nella corteccia motoria primaria dei diversi gruppi muscolari. L'idea di rappresentazione somatotopica invece, come si vedr nelle pagine seguenti, si molto modificata dall'idea iniziale del chirurgo americano ed ha acquistato una dinamicit ed un plasticit allora impensabili.Discussione della seconda ipotesiMolto importante e di grande valore scientifico, la rappresentazione somatotopica dell'homunculus ha sempre costituito, dal punto di vista clinico, un problema. Mentre infatti era utilissima nello studio delle epilessie, dove corrispondeva alle necessit mediche operative, in diverse altre patologie portava spesso a risultati contraddittori. I vari possibili accidenti vascolari della corteccia motoria primaria e del fascio piramidale (le emiplegie) per esempio, nella fase post-acuta e, soprattutto, nella fase del recupero neuromotorio, non aderivano affatto all'ipotesi della rappresentazione somatotopica ed avevano spesso evoluzioni alquanto singolari rispetto alle prospettive.La teoria della localizzazione somatomotoria afferma che se una determinata muscolatura controllata da specifici motoneuroni corticali, la morte di questi motoneuroni provoca una paralisi di detta

muscolatura ed il conseguente deficit funzionale permanente. Il recupero neuromotorio degli emiplegici corticali al contrario un dato di frequente osservazione anche quando estese zone corticali risultino danneggiate irreparabilmente, o addirittura distrutte, con conseguente grave danno per la rappresentazione somatotopica.\p580Altrettanto inconfutabile il recupero neuromotorio. La qualit del recupero molto superiore se il paziente viene sottoposto a terapie riabilitative, rispetto al recupero lasciato all'evoluzione spontanea della patologia nel tempo.La logica evidente dei fatti stata per anni affrontata con l'utilizzo di una teoria debole e non suffragata da alcuna dimostrazione sperimentale. La teoria sosteneva che i circuiti liberati a causa della morte neuronale venissero ricolonizzati da parte di altri motoneuroni corticali sopravvissuti all'evento, oppure che gli ordini motori percorressero altre vie discendenti, differenti da quella piramidale, per attivare i motoneuroni spinali.Oggi le ricerche sulla corteccia motoria, sulla composizione del fascio piramidale e sulle sue terminazioni, ci portano ad accantonare queste spiegazioni, in quanto la anatomia microscopica rende conto di una plasticit di sistema che ampiamente giustifica le potenzialit di recupero all'interno della stessa area 4.Il modello somatotopico di Penfield non da abbandonare: esso rimane valido ad un primo livello di approccio alla situazione motoria corticale. Se si vuole entrare nei dettagli tecnici del movimento, per necessario conoscere l'evoluzione degli studi che negli anni ottanta e novanta hanno affinato le conoscenze dell'anatomo-fisiologia dei contatti motori fra la corteccia cerebrale ed il midollo spinale.Tre punti principali rendono conto del superamento sperimentale della rappresentazione somatotopica come intesa da Penfield [4]:[4] Nel tentativo di superare le incongruenze operative dettate dal suo lavoro, la corteccia motoria stata oggetto di intense ricerche, che hanno proposto evoluzioni e modifiche della rappresentazione di Penfield. Poich per il punto non era l'approfondimento della teoria ma la sua diversificazione qualitativa, queste ricerche non hanno modificato i termini del problema, rimanendo, di fatto, lettera morta. Si possono citare, i lavori di Kwan et al. che nel 1978 hanno proposto un idea somatotopica organizzata ad anelli concentrici dove la stimolazione della mano per esempio, si ottiene stimolando un punto centrale di un anello e la stimolazione dei muscoli via via pi prossimali dell'arto superiore avviene spostandosi radialmente verso l'esterno degli anelli concentrici. Un'altra ipotesi quella di Strick e Preston (1982) che hanno immaginato due differenti rappresentazioni somatotopiche parallele nella zona prerolandica, una pi mediale l'altra pi laterale. L'intensit di questi tentativi una valida espressione delle incongruenze operative delle rappresentazioni punto a punto.1. un singolo muscolo pu essere attivato stimolando una superficie corticale piuttosto estesa, non per meccanismi di diffusione elettrica, ma in quanto esistono numerosi neuroni di moto, in zone corticali relativamente distanti, la cui scarica in grado di attivare un identico muscolo.2. un singolo motoneurone corticale, scaricando, provoca l'attivazione di pi di una unit motoria in pi muscoli.3. I ripetuti tentativi scientifici di proporre un'organizzazione biunivoca fra corteccia motoria e muscolatura hanno dimostrato il contrario: un intreccio reticolare assai variabile fra queste due strutture, dove l'informazione motoria pu avere origine, percorso ed arrivo assai variabili.I tre punti verranno di seguito dettagliatamente esaminati.PUNTO 1 - Attivazione dei motoneuroni corticali e movimentoIl lavoro che segna la svolta riguardo alla rappresentazione somatotopica punto a punto sviluppato soprattutto dal gruppo inglese di Phillips ed australiano di Porter negli anni 70.I due studiosi raccolgono in un libro il loro pensiero: Corticospinal neuro-nes (1977). Edito alla fine degli anni settanta questo libro raccoglie, integrandolefra loro, le singole indagini sperimentali e le ricerche del decennio precedente riguardo i

neuroni cortico-spinali.Prima di poter discutere il significato clinico del lavoro di Phillips e Porter necessario ricordare alcuni assunti di elettrofisiologia che possono qui essere solamente citati senza essere spiegati (per ulteriori approfondimenti si rimanda alla letteratura in proposito).- possibile, con una corrente anodica, stimolare direttamente i motoneuroni del V strato evitando al contempo la stimolazione degli interneuroni corticali (e quindi la diffusione dello stimolo).- Una corrente di 1mA (milliampere) applicata in un punto della corteccia motoria attiva tutti i neuroni corticospinali presenti in un raggio di 2.5 mm dal punto di stimolazione. Il rapporto fra corrente e raggio di stimolazione indicato da un'equazione di secondo grado (una parabola), per cui all'aumento lineare dei mA corrisponde (approssimativamente) un aumento al quadrato della distanza dallo spot point dei neuroni che possono essere stimolati (vedi figura 26.2); per esempio: una stimolazione di 2 mA attiva i neuroni motori in un raggio di circa 6 mm.Fig.26.2 - rapporto fra l'intensit di stimolazione elettrica corticale e la superficie di corteccia limitrofa stimolata.- Un EPSP un potenziale postinaptico eccitatorio (EPSP sono le iniziali di Excitatory Post Sinaptic Potential). Non un potenziale d'azione, ma una variazione di potenziale del neurone postsinaptico: una variazione di carica elettrica che precede l'eventuale potenziale di azione e che, a differenza di questo, non risponde alla legge del tutto o nulla ma, al contrario, ha un voltaggio dipendente dalla quantit di mediatore chimico liberato a livello presinaptico. L'EPSP risponde quindi fedelmente alla quantit di neuroni presinaptici che agiscono contemporaneamente sul neurone postsinaptico. Si guardi l'EPSP dal punto di vista presinaptico: se uno o pochi neuroni scaricano il loro mediatore chimico avremo un EPSP piccolo, se la stessa cosa viene fatta contemporaneamente da molti neuroni l'EPSP sar molto grande, fino a raggiungere il suo livello massimo, che teoricamente vicinissimo al livello soglia. A questo punto baster un nonnulla per genenerare lo spike [5].[5] Non tutti i neuroni hanno EPSP di identico voltaggio massimo, l'EPSP di 2mV. di ampiezza massima per gli alfa-motoneuroni della piccola muscolatura distale degli arti, 1mV. per la muscolatura del tronco e prossimale. Quando l'EPSP giunge a questi livelli si genera lo spike.\p582L'EPSP viene misurato inserendo un elettrodo di registrazione nel citoplasma dell'alfamotoneurone in prossimit delle zone sinaptiche. Esso pu essere ritenuto, con buona approssimazione, l'applicazione sperimentale del concetto di ipopolarizzazione.La stimolazione corticale consente di individuare punti in cui una minima intensit elettrica in grado di generare, attraverso l'attivazione diretta di un singolo motoneurone corticale, il pi piccolo EPSP misurabile in un motoneurone spinale. Tali punti vengono definiti, come abbiamo gi visto, hot spots . Individuato l'hot spot, si pu aumentare l'intensit della stimolazione corticale fino a verificare quanta corrente occorra per generare l'EPSP massimo, cio di fatto per provocare la scarica nel II motoneurone.La corrente una misura indiretta della circonferenza che sottende il territorio attorno all'hot spot, che anche l'area in cui sono presenti tutti i numerosi motoneuroni corticali in grado di attivare il singolo motoneurone spinale sul quale si misura l'EPSP.Fig. 26.3 - Distribuzione dei vari neuroni di due colonie corticali che agiscono su due diversi neuroni spinali. I neuroni corticali sono i piccoli triangoli in alto (grigi se di una colonia, neri se dell'altra). Il grande neurone al centro il motoneurone spinale (da Andersen 1975, modificata).I neuroni in questione sono numerosi, ma tutti concentrati nell'hot spot. L'hot spot ha un diametro di circa 10 millimetri e caratterizza una colonia corticale , secondo la definizione data da Phillips e Porter. Lo studio sulle colonie defin tre ulteriori punti di grande interesse:a) In una colonia non vi sono solamente motoneuroni, ma anche interneuroni, attivati dai motoneuroni, che attivano motoneuroni di altre colonie.b)

Gli EPSP dei piccoli muscoli raggiungono i 2 mV., mentre quelli dei grandi muscoli non superano mai 1 mV [6].[6] Questo significa, praticamente, che i neuroni corticali dei piccoli muscoli di precisione sono pi numerosi ed hanno un impatto pi forte sull' alfa-motoneurone dei neuroni corticali dei grandi muscoli di potenza (si veda, a proposito, il capitolo 9 sulla potenza sviluppata da questi due tipi di muscoli).\p583c) Le colonie dei piccoli muscoli sono pi dense di motoneuroni delle colonie dei grandi muscoli.Con una certa elasticit di analisi, si pu osservare che una colonia corticale di un piccolo muscolo possiede approssimativamente il doppio dei neuroni di una colonia di un grande muscolo.Questo porta ad una ulteriore osservazione: i piccoli muscoli di precisione hanno unit motorie piccole (hanno cio poche fibre muscolari sotto il controllo di un alfa-motoneurone) e quello stesso alfa-motoneurone sotto il controllo di moltissimi neuroni di moto corticali, tutti concentrati in una singola colonia. Al contrario i grandi muscoli di potenza hanno grandi unit motorie, un alfa-motoneurone controlla cio molte fibre muscolari ed sotto il controllo di pochi (circa la met rispetto alle piccole unit motorie) neuroni di moto corticali.Se si fa riferimento alla raffinatezza motoria di un singolo muscolo, in altre parole (il corretto rapporto cio fra velocit, prontezza e precisione) esso strettamente connesso a due fattori:1) il numero di fibre muscolari costituenti le unit motorie (minore il numero, maggiore la precisione)2) il numero di motoneuroni corticali che agisce sulla singola unit motoria (maggiore il numero, maggiore la precisione).La logica porta a questo punto a suddividere il sistema motore in due grandi settori.- Il primo in cui pochi motoneuroni corticali bastano ad attivare una unit motoria di grandi dimensioni: questo settore corrisponde alle necessit motorie volontarie in cui si deve generare prontamente una potenza elevata e duratura nel tempo. Questo sistema non adatto a movimenti di precisione, poich poco flessibile e scarsamente maneggevole.- Il secondo settore in cui molti motoneuroni corticali gestiscono piccole unit motorie: le poche fibre muscolari controllate da molti neuroni di moto corticali danno una grande flessibilit e duttilit al movimento, particolarmente utile nella gestualit raffinata ed espressiva. Questo settore caratterizzato da una scarsa potenza/tenuta, poich difficile che i molti neuroni corticali si attivino all'unisono, ancor di pi che lo facciano per tempi prolungati.L'alfa-motoneurone spinale in questa ipotesi gioca un ruolo particolare, lo svincolo attraverso il quale l'attivit del sistema nervoso, qualunque essa sia, viene convogliata verso l'apparato locomotore: l'ultima stazione dove i messaggi piramidali e degli altri sistemi discendenti (non piramidali) possono integrarsi fra loro e sortire un movimento coordinato.d) Ultimo punto emerso dagli studi sulle colonie corticali: le aree delle singole colonie non sono isolate, ma si intrecciano con le aree delle colonie limitrofe per cui, fatta eccezione per gli hot spots, la stimolazione di qualunque punto corticale provoca l'attivazione di neuroni corticali di colonie diverse, che attivano diversi alfa -motoneuroni e di conseguenza pi gruppi muscolari.L'aspetto clinico del lavoro sperimentale sopraesposto evidente: non esiste un punto corticale che controlli una determinata attivit muscolare, ma esistono zone di corteccia dove determinati muscoli sono maggiormente rappresentati; un danno di quelle zone provocher la perdita totale di attivit della muscolatura correlata, ma solamente in fase acuta.Neuroni corticali di controllo della muscolatura in questione risiedono infatti anche assai lontano dai vari hot spots delle singole unit motorie muscolari ed un danno non sufficientemente esteso non li coinvolge. Su questi neuroni si basa e pu essere ricostruito un recupero neuromotorio efficace.\p584D'altro canto, un danno di una zona con hot spots riguardanti un determinato muscolo, comprende sempre anche neuroni di altri muscoli appartenenti allo stesso distretto corporeo, in questo

fatto risiede probabilmente l'astenia generalizzata ad un intero arto quando siano danneggiate piccolissime zone corticali e la minor forza esercitata dalle singole unit motorie attivabili di una zona paretica. Questi aspetti tuttavia saranno pi evidenti nella trattazione del secondo punto.PUNTO 2 E PUNTO 3Al di l dei contatti anatomici, su quante unit motorie si estrinseca efficacemente l'attivit di un singolo motoneurone corticale?Questa nuova concezione, che una singola unit motoria non sia controllata da un solo neurone corticospinale ma da tutti i neuroni appartenenti alla colonia , ci impone di affrontare il problema anche dal lato opposto: un singolo motoneurone corticale con quante unit motorie (cio con quanti oc-motoneuroni) prende contatto?Terminazioni anatomiche reciproche motoneurone corticale motoneurone spinaleShinoda, nel 1981, lo studioso che affronta in maniera pi dettagliata l'argomento con una serie di sezioni istologiche trasversali del midollo spinale nella scimmia.Con questo studio egli riesce a rendere visibili le terminazioni anatomiche di un neurone corticospinale nel midollo cervicale. Il suo lavoro porta sia a conclusioni in linea con le aspettative, che a risultati del tutto inattesi.I risultati in linea con le aspettative, riguardano una certa estensione dei contatti del motoneurone nelle corna anteriori del midollo spinale: i neuroni corticali studiati prendono contatto con ben due distinti nuclei di motoneuroni spinali flessori appartenenti al nervo Ulnare.Essi innervano cio oc-motoneuroni appartenenti a diversi muscoli flessori, anche distanti fra loro.I risultati del tutto inattesi invece riguardano il tipo di contatto sinaptico: diretto (senza interneuroni cio) e sulle spine sinaptiche dei dendriti prossimali [7]. Questo contatto altrettanto intenso era per ed approssimativamente della stessa estensione anche su alfa -motoneuroni appartenenti a nuclei di muscoli estensori, che controllano cio la muscolatura radiale, antagonista della muscolatura ulnare dell'avambraccio.[7] Quindi di grande rilevanza fisiologica, poich la spina sinaptica prioritaria rispetto a tutte le sinapsi asso-dendritiche.Il lavoro di Shinoda si proietta ormai oltre la rappresentazione punto a punto di Penfield; dimostrando che le colonie di neuroni piramidali sono funzionalmente connesse con determinati distretti muscolari, non lo sono per costrizione anatomica [8].[8] Anatomicamente esse sono collegate con un numero elevato di muscoli, che possono essere addirittura antagonisti fra loro.La differenza assai importante: una connessione fisiologica l'abitudine a scegliere un percorso fra i tanti anatomicamente a disposizione. L'abitudine conseguente alla costante utilizzazione di una connessione, che a sua volta riconducibile alla predisposizione ed all'esercizio.\p585L'abitudine non implica una obbligatoriet a cui costringe un contatto anatomico. In termini pratici, se la attivazione elettrica di una determinata zona corticale attiva muscoli flessori, ci dovuto alla scelta preferenziale di quel tipo di circuito (elaboratasi negli anni con le esperienze motorie) rispetto ad altri circuiti, anatomicamente presenti ma mai percorsi.Questi circuiti porterebbero, se mai potessero (o dovessero) essere attivati, a funzioni molto differenti (anche antagoniste) della funzione motoria solita. L'eventualit non si verifica mai in situazioni normali, n una volta perso il circuito preferenziale automatico che l'impulso segua i percorsi anatomici rimasti integri, pi frequentemente l'impulso si disperde lungo la rete neuronale.Tuttavia i circuiti anatomici rimasti costituiscono una possibilit a fronte di patologie che distruggano i circuiti abitudinari . In questo caso la situazione che si viene a determinare del tutto particolare in quanto: 1- questi circuiti minori divengono gli unici circuiti del sistema e tuttavia essi 2-non riescono a mettere in atto codici motori prestabiliti; i circuiti motori residui debbono essere accuratamente istruiti a svolgere alcune delle loro possibili funzioni (quelle desiderate) per rispondere alle necessit motorie, nei limiti delle superstiti possibilit consentite dalle

connessioni anatomiche del sistema.Le scoperte di Shinoda modificano sostanzialmente la neurofisiologia del movimento, dando una notevole plasticit al sistema ed una notevole potenzialit di recupero in caso di danno.Parlando di anatomia quindi ormai indispensabile distinguere l'anatomia macroscopica dall'anatomia microscopica.Il concetto di via nervosa ancora rispettato nell'anatomia macroscopica: esiste una via, la via piramidale, che connette le cortecce senso-motorie al midollo spinale.Nell'anatomia microscopica invece, superato il concetto di rapporto punto a punto e della connessione diretta fra primo e secondo motoneurone, si fa strada una nuova ipotesi: il rapporto di rete che fa capo al concetto assai pi impegnativo di reti neurali [9].[9] Le reti neuronali sono ipotesi di lavoro che nascono negli anni '80 per poter incidere sulla robotica ed in particolare sull'intelligenza artificiale, sono una similitudine fra il sistema nervoso e complessi circuiti elettronici. Argomento a tutt'oggi assai dibattuto, ha portato sensibili progressi nel mondo dell'elettronica ma non in quello delle neuroscienze.Come si visto, molti neuroni corticospinali sono connessi a molti alfa-motoneuroni attraverso una vera e propria rete: ciascun neurone corticale trasmette a diversi motoneuroni spinali e ciascun motoneurone spinale riceve informazioni da diversi motoneuroni corticali.Data questa struttura di rete, il codice motorio, che una sincronizzazione muscolare armonica conseguente ad un programma di movimento dettato dalla volont, non sufficiente per muoversi. assai importante che i motoneuroni spinali, che a questo codice motorio debbono obbedire, sgranino le loro disponibilit eccitatone nella sequenza giusta rispetto al progetto corticale, cio che lungo la via, anzi, lungo la rete di connessioni fra primo e secondo motoneurone gli ordini provenienti dai motoneuroni corticali trovino gli alfa-motoneuroni all'ideale livello di eccitabilit (ipopolarizzazione). Solamente in questa situazione il codice motorio trova, come un treno lungo i binari di una rete ferroviaria, gli scambi sistemati nella giusta sequenza per poter divenire operativo.Se ci non avviene, per quanto dettagliato possa essere il codice, esso trover lungo il suo percorso neuroni ipo o iperpolarizzati (gli scambi), cio sistemati in modo non congruo e non potr mai produrre un movimento adeguatamente finalizzato. Nell'organizzazione di questa fitta rete di binari e di scambi, diventa \p586 essenziale il ruolo organizzativo dei sistemi motori non corticali , soprattutto del cervelletto e dei nuclei della base, nonch delle vie che essi adoperano per influenzare i motoneuroni spinali: le vie non piramidali.Il concetto di rete pi adatto del concetto punto a punto nella spiegazione dei fenomeni funzionali del recupero neuromotorio, cos come in grado di dare una chiara interpretazione, dopo deficit corticale, sia del recupero spontaneo che del recupero riabilitativo.Efficacia funzionale di un motoneurone corticale sul motoneurone spinaleSe la ramificazione sinaptica di un singolo motoneurone corticale nel midollo molto diffusa, non altrettanto lo sar la sua efficacia fisiologica: solamente alcuni dei collegamenti a rete sono di fatto percorribili dagli spikes.Esistono due metodi per valutare l'efficacia della stimolazione di un singolo motoneurone corticale [10], entrambi si basano sulla analisi dell'ampiezza, della latenza e della diffusione della risposta elettromiografica quando esso venga stimolato.[10] Un metodo si definisce STA: Spike Triggered Averaging consiste nell'utilizzare la scarica fisiologica di un singolo motoneurone come trigger per un tracciato elettromiografico poligrafico, si pu cos osservare con che latenze e quali muscoli vengono attivati dopo la scarica del motoneurone. Il secondo metodo definito ICMS: IntraCorticalMicroStimulation: lo stesso elettrodo che si usava per dare il trigger nell'STA viene utilizzato per eccitare artificialmente il motoneurone, anche in questo caso si registra la risposta muscolare. Il primo metodo d luogo a stimolazioni muscolari meno diffuse che non il

secondo, poich probabilmente l'eccitazione fisiologica coinvolge meno cellule, tutte nella stessa zona e tutte facilitanti i singoli muscoli di competenza del motoneurone eccitato, fenomeno che non avviene con l'eccitazione artificiale dei neuroni corticali in questione. In questo secondo caso la scarica elettrica eccita, evidentemente, anche una serie di neuroni silenti in condizioni di eccitazione fisiologica.I due metodi portano a conclusioni simili:1) nonostante le connessioni anatomiche presenti (vedi punto precedente), nessun motoneurone corticale facilita muscoli fra di loro antagonisti (Cheney, 1985), anzi presente e valido il principio dell'inibizione reciproca: un motoneurone corticale attiva determinati muscoli inibendo i suoi antagonisti;2) le proiezioni alle unit motorie dei piccoli muscoli di precisione sono assai pi ristrette delle proiezioni a quella dei grandi muscoli di potenza. Un moto-neurone che proietta ai muscoli intrinseci della mano non attiva pi di 2-3 muscoli agonisti contemporaneamente (Buys, 1986) mentre il 42% dei motoneuroni che proiettanno ai muscoli dell'avambraccio, se singolarmente stimolati, attivano pi della met dei muscoli del settore (Cheney e Fetz, 1985). Ci rende ragione della difficolt del recupero dopo danno neuromotorio. Questo recupero sempre pi difficoltoso e si riscontra sempre maggiore nei piccoli muscoli di precisione rispetto ai grandi muscoli di potenza.Gli studi citati hanno consentito di approfondire aspetti ulteriori della situazione. I motoneuroni corticali facilitanti un determinato muscolo sono raccolti in colonie, fatto questo dimostrato gi dal lavoro di Phillips e Porter, ma queste colonie sono spurie , i motoneuroni di muscoli differenti si mescolano fra di loro, per cui singole zone di corteccia attivano, con diversa predisposizione, muscoli differenti (Lemmon, 1989-90; Scheiber, 1990).Le colonie di Phillips e Porter costituiscono cio un insieme fisiologico e funzionale, non un agglomerato anatomico di neuroni.Ancora una volta il dato neurofisiologico rende ragione delle osservazioni cliniche. Non infrequente infatti osservare recuperi funzionali completi anche \p587 a fronte di necrosi della corteccia cerebrale di una certa entit: fatto questo spiegabile attraverso il concetto di colonie neuronali spurie .Queste colonie dimostrano infatti che il controllo di determinate aree non legato a piccole zone di corteccia, ma zone decisamente estese. La rappresentazione somatotopica riguarda solamente il controllo pi diretto e solitamente efficace di un determinato distretto dell'apparato locomotore, ma per quell'identico distretto esistono neuroni corticali di controllo anche in numerose altre colonie. Questi diversi neuroni sono per difficilmente attivabili e in condizioni di normalit non utilizzati.Plasticit delle mappe corticali motorieIl notevole cambiamento che ha portato al concetto dinamico di rete partendo dal concetto di rappresentazione punto a punto per la corteccia motoria primaria ha, come naturale conseguenza, una necessaria e nuova valutazione della rappresentazione corticale medesima ed una rianalisi della sua plasticit .Importantissimo a proposito il lavoro di Sanes e Donaghue (1991) che hanno studiato, nel ratto, l'organizzazione corticale dell'area motoria corrispondente ai grossi baffi (le vibrisse) ed all'arto anteriore (zone corrispondenti e di ugual importanza dell'area motoria primaria del viso e della mano nell'uomo).L'indagine stata eseguita in condizioni normali e dopo asportazione dei baffi che nel ratto, si ricordi, hanno un importante ruolo esplorativo e di riconoscimento.Sanes e Donaghue hanno dimostrato due cose:1) che la rappresentazione corticale motoria non fissa, non esiste cio una rappresentazione fotografica del corpo, ma la rappresentazione corticale si ristruttura a seconda delle necessit e delle possibilit motorie in un tempo rapidissimo (meno di un'ora)2) che la riorganizzazione non avviene per colonizzazione dei motoneuroni spinali da parte dei residui motoneuroni corticali attivi, come vorrebbe una logica punto a punto, ma una variazione neurofisiologica pura dell'attivit dei motoneuroni

delle vibrisse, che divengono motoneuroni di programmazione dell'arto anteriore.La variazione senza cambiamenti anatomici e strettamente limitata alla corteccia motoria.Nel loro lavoro le mappe della corteccia motoria primaria vengono effettuate attraverso l'individuazione degli hot spots dei muscoli pilomotori dei grandi baffi e dell'arto superiore.La stessa operazione viene ripetuta dopo un'ora dall'inattivazione della branca inferiore del VII nervo cranico (per la bocca).Il risultato, sorprendente, mostra che l'area di rappresentazione corticale dei grossi baffi non esiste pi. Se stimolata con la stessa intensit, la zona corticale dei grandi baffi provoca movimenti nell'arto anteriore.Il fenomeno non riguarda un cambiamento anatomico (che sicuramente non ha nessuna possibilit di avvenire in 60 minuti) n nella corteccia, n nel midollo spinale, ma corrisponde all'attivazione di circuiti diversi, appartenenti alla stessa rete di comunicazione cortico-midollare. Questi circuiti mettono in comunicazione le stesse colonie sia con la muscolatura dei grandi baffi che con la muscolatura dell'arto anteriore.Le vie per l'arto anteriore nelle colonie dove prevalgono i neuroni dei grandi baffi sono sempre rimaste silenti, poich non abitudinariamente percorse. Perso il controllo dei grandi baffi, quelle stesse colonie disinibiscono ed attivano le vie verso \p588 l'arto anteriore, sulle quali vengono ora convogliate le scariche dei motoneuroni corticali, scariche in precedenza dirette verso i motoneuroni spinali delle vibrisse (vedi figura 26.4).Quando i circuiti principali non sono pi attivi, le attivit dei motoneuroni corticali si dirigono quindi verso questi circuiti. A dimostrazione di ci, un identico fenomeno pu essere provocato dalla somministrazione intracorticale di un GABA antagonista [11], che libera i circuiti intracorticali silenti dalla loro normale inibizione.[11] Il GABA il principale mediatore chimico degli intemeuroni inibitori, se viene antagonizzato, l'azione di questi intemeuroni non si esplica pi e determinati circuiti, silenti poich sotto l'azione degli intemeuroni inibitori, ricominciano a funzionare liberamente. Il GABA inibitore utilizzato la Bicucullina.Ci significa, come implicito nella definizione di colonie spurie , che gli hot spots, per determinate attivit motorie sono caratterizzati non solamente dall'esecuzione dei movimenti desiderati, ma anche dall'inibizione (via interneuroni GABAergici) dei neuroni presenti nella colonia ma di riferimento per altre attivit motorie.Se viene a cadere il significato motorio principale della colonia, questa partecipa ad altri movimenti, attraverso i suoi motoneuroni spuri , la cui inibizione viene a mancare una volta che manchi il significato motorio principale (ed i motoneuroni) della colonia.Fig. 26.4 - Redistribuzione del controllo motorio fra le colonie corticali di motoneuroni dopo taglio delle vibrisse del ratto (spiegazione nel testo. Da Sanes e Donaghue 1991. Modificata).\p589Importantissimo, a questo punto, rilevare che la riorganizzazione naturale delle mappe corticali (quella cio che avviene in seguito ad una lesione patologica) , secondo le dimostrazioni di Sanes e Donaghue, conseguenza della variazione massiccia che la paralisi porta nelle afferenze sensitive propriocettive. La mancanza di informazioni propriocettive dalle zone paralizzate altererebbe il normale equilibrio fra input sensitivo ed output motorio, provocando l'attivazione dei circuiti normalmente inibiti [12].[12] A sostegno di ci vi il fatto che anche la semplice immobilizzazione passiva di un arto sano, se protratta per un'ora, provoca una variazione delle mappe corticali (Sanes e Donaghue 1991).Il quadro non di poco conto, poich consente una valutazione del tutto nuova delle possibilit di intervento farmacologico, ma soprattutto riabilitativo (e farmacologico/riabilitativo insieme), in tutti i casi di danno corticale del fascio piramidale.Fisiologia del fascio piramidaleAl di l degli aspetti anatomici ed elettrofisiologici settoriali, rimane un punto logico di grandissima importanza da affrontare: quale sia l'impatto

efficace del sistema cortico-piramidale sul movimento. Quale sia cio il significato delle attivit delle colonie corticali spurie e delle conseguenti terminazioni multiple di ogni motoneurone corticale. Quale sia, in altre parole, il prodotto finale della anatomofisiologia di questo complesso sistema, insostituibile nella esecuzione raffinata dell'atto motorio.Per affrontare l'argomento necessario focalizzare i punti seguenti:1. Che relazione temporale e quantitativa esiste fra l'attivit dei neuroni piramidali e la meccanica motoria.2. Che relazione esiste fra l'attivit dei neuroni piramidali e le varie specifiche di un movimento (direzione, intensit, prontezza velocit e percorso).3. Che relazione esiste (se esiste) fra l'attivit dei neuroni piramidali ed il contesto in cui un movimento viene effettuato: il contesto esterno, caratterizzato dall'ambiente ed il contesto interno, caratterizzato dalla volont.L'importanza della collocazione contestuale nella esecuzione del movimento potrebbe essere espressa con la domanda: quanto influisce la situazione contingente sui parametri del movimento che si sta compiendo? 1. Relazione temporale e quantitativa fra neuroni motori corticali e movimento meccanico.Le due relazioni (temporale e quantitativa) sono complementari.Il punto fondamentale a proposito risiede nell'osservazione che il massimo EPSP generato dai motoneuroni corticali a livello del motoneurone spinale corrisponde ad una differenza di potenziale di 2 millivolt (nei piccoli muscoli di precisione, 1 mV. nei grandi muscoli di potenza), mentre la soglia di eccitazione del motoneurone spinale corrisponde ad una differenza di potenziale di circa +10 mV. dal suo livello di riposo.L'attivit corticale, quantitativamente, non in grado di attivare i motoneuroni spinali, lo diventa se si introduce la variabile tempo.Il fenomeno va sotto la definizione di potenziamento temporale ed spiegabile nel modo seguente: se un neurone corticale in grado di raggiungere \p590 un determinato ritmo di scarica (il ritmo ideale 500 Hz: 500 spike al secondo) ad ogni spike successivo al primo si libera una quantit di mediatore chimico maggiore dal bottone presinaptico rispetto allo spike precedente. A livello postsi-naptico quindi si generano EPSP sempre pi ampi.Quando, grazie al potenziamento temporale, l'EPSP avr raggiunto il livello soglia, si avr la propagazione dello spike anche a livello postsinaptico (nell'alfamotoneurone).Due aspetti sono particolari: non il livello di frequenza di scarica che genera il potenziamento temporale, ma la velocit con cui cambia la frequenza (accelerazione), sia quando questa aumenta ma, soprattutto, quando diminuisce.Per questa ultima ragione i motoneuroni corticali sono in grado di facilitare lo spike nell'alfa-motoneurone, anche se raramente raggiungono frequenze superiori ai 100 Hz. I neuroni corticali sono in grado di iniziare una sequenza di scarica, poich possiedono accelerazioni piccole ma repentine. probabile che, a livello midollare, si abbia una grande facilitazione da potenziamento temporale anche con minime variazioni di frequenza di scarica. Il potenziamento ancor pi probabile quando i neuroni rapidamente decelerano per ritornare ai livelli di riposo.Se si osserva l'aspetto neurofisiologico attraverso un'ottica clinica, dovrebbe essere teoricamente la variabilit del gesto riabilitativo pi che la sua ripetitivit a favorire l'influenza dei motoneuroni corticali sul movimento di precisione e quindi, di conseguenza, a favorirne il recupero funzionale.La velocit di variazione di frequenza di scarica diventa elemento fondamentale per poter produrre quello spike postsinaptico che la semplice scarica della corteccia, a regime costante, non in grado di sviluppare.Il dato neurofisiologico porta inevitabilmente ad una conclusione pratica di grande importanza: il fascio piramidale non il responsabile dell'inizio di un movimento, non ne ha la forza. Solamente nella fase terminale del suo compito ha un'alta possibilit di attivare gli alfa-motoneuroni e quindi di provocare un movimento meccanico (che non si innesca mai, tuttavia, per la sola azione del fascio piramidale).La via cortico-spinale, non potendo iniziare il

movimento, pare piuttosto essere la responsabile delle sue coordinate qualitative (velocit, precisione, prontezza, direzione e percorso), che debbono gi essere operative a livello del SNC prima dell'esecuzione motoria, affinch l'alfa-motoneurone sia adeguatamente preposto a ricevere e modellare adeguatamente l'ordine di movimento vero e proprio.Un buon esempio potrebbe essere un riferimento di tipo astronautico: un razzo vettore (l'inizio del movimento e la sua potenza) serve a mettere in orbita l'astronauta (il movimento raffinato) il cui lavoro il vero fine della spedizione.L'astronauta, anche se costituisce il vero soggetto dell'operazione, non pu trovarsi nelle condizioni di svolgere il proprio lavoro se prima non entrato in azione il razzo vettore. Non solo, ma il lavoro dell'astronauta consiste nel finalizzare la potenza del razzo vettore, il cui funzionamento verr da lui pilotato, modificato e diretto. L'astronauta mai cercher di sostituirsi ad esso, essendo il proprio compito di guida e di indirizzo della potenza e non il suo sviluppo. ovvio, in questo esempio, che l'azione dell'astronauta sui comandi preceder sempre i movimenti del razzo vettore, pur essendo i due momenti (pilotaggio e movimento della nave) in realt un'unica attivit.Allo stesso modo dell'astronauta agisce il fascio piramidale sulla globalit del movimento. Nel movimento ripetitivo e ritmico, dove codici e parametri \p591 quantitativi sono stati in precedenza gi impostati e percorsi, non vi una componente piramidale, l'azione motoria pu essere collegata ad altri sistemi. Il fascio piramidale ha il compito al contrario, (come il pilota con i comandi del razzo), di innescare movimenti qualitativamente significativi e questo avviene, ovviamente, prima che il movimento medesimo sia evidente.Il movimento ripetitivo e ritmico, dove codici e parametri qualitativi sono stati in precedenza gi impostati e percorsi, non pu riconoscere un'origine piramidale, ma deve essere regolato (come effettivamente avviene) da altri sistemi.Che nell'attivit delle unit motorie il fascio piramidale possieda solamente una parte della responsabilit (non oltre il 50%), peraltro argomento a cui i neurofisiologi sono giunti anche attraverso altri percorsi [13].[13] Uno in particolare, puramente matematico, assai convincente. Un flessore del polso, per una flessione moderata, sviluppa una frequenza di scarica, sul motoneurone corticale, che da 0 sale a circa 45 Hz.; posto che il massimo potenziale postsinaptico eccitatorio (EPSP) generato sull'alfa-mot n

eurone dalla scarica di una singola colonia di circa 2 mV. e che la differenza dal livello di riposo al livello soglia dell'alfa-motoneurone di 10 mV., dato il potenziamento temporale che somma gli EPSP, si calcola che, aumentando la velocit di scarica del motoneurone corticale, circa ogni 5 spikes l'alfa-motoneurone possa raggiungere il livello soglia (Fetz 1989, Lemmon 1990).Secondo questo conto matematico dovremmo avere una scarica del motoneurone spinale ogni 5 scariche di quello corticale, cio (visto che questo aumenta la frequenza di scarica fino a 45 Hz) dovremmo avere una frequenza del neurone spinale non superiore alle 9 scariche al secondo. L'alfa-motoneurone scarica circa 20 volte al secondo, cio il doppio delle possibilit di stimolazione del motoneurone corticale; fin troppo evidente come il 50% dell'attivazione a motoneuronale (cio del movimento volontario ed automatico) avvenga al di fuori dell'influenza del sistema piramidale.Si aggiungano a ci due ulteriori osservazioni: A) solamente la minor parte dei neuroni corticali di moto terminano con sinapsi diretta sui motoneuroni spinali. B) la scarica dei neuroni di moto corticali avviene dai 150 agli 80 millisecondi prima dell'inizio della risposta muscolare (in media circa 100 millisecondi), con cui non ha un rapporto necessariamente biunivoco.Si pu avere un movimento meccanico volontario senza che vi sia attivazione dei motoneuroni corticali e viceversa, non sempre la scarica dei motoneuroni corticali porta ad una attivit dell'apparato locomotore, anche se solitamente i due fenomeni compaiono assieme e, quando ci avviene, sono sicuramente correlati fra loro [14].[14] per comprendere meglio il significato di questa correlazione bene citare gli esperimenti di Evarts (1972) e Tanj Evarts (1976) in cui ad una scimmia viene dato il comando di tirare o spingere una maniglia: il comando che segnala l'inizio del movimento consiste in una torsione (da parte di un'apparecchiatura meccanica) della maniglia stessa, mentre il tipo di operazione (spingere o tirare) dato da uno stimolo luminoso differente (verde: tirare, rosso: spingere).E stato inequivocabilmente dimostrato che l'attivit dei motoneuroni corticali temporalmente correlata all'attivit di moto e non agli stimoli ricevuti dall'animale.Questa ipotesi suffragata da alcuni interessanti esperimenti che costituiscono il cuore del secondo punto di analisi della fisiologia del fascio piramidale.2) Relazione esistente fra l'attivit dei motoneuroni piramidali e le specifiche biomeccaniche di un movimentoMuri e Lemon (1983) hanno esaminato la relazione intercorrente fra un singolo motoneurone corticale ed i parametri biomeccanici di attivazione dei relativi muscoli. Secondo questo studio l'attivit del neurone corticale strettamente correlata alla precisione del movimento e completamente slegata dall'attivit motoria meccanica del muscolo controllato.L'attivit del motoneurone corticale cio, massima durante l'esecuzione di un movimento raffinato (pinza pollice indice per esempio) mentre praticamente irrilevante durante una presa di potenza (chiusura del palmo della mano). L'attivit biomeccanica del muscolo, al contrario, maggiore nella seconda situazione.\p592Fig. 26.5 - Presa di tipo pinza pollice (a); indice e presa palmare (b).Questo avviene probabilmente in quanto una precisa calibrazione dei parametri motori, adatta ad un movimento raffinato, gioca un ruolo negativo sulla forza di contrazione. La precisione sgrana l'attivit dei singoli motoneuroni spinali in complesse successioni temporali, capaci di adattarsi alle esigenze raffinate del movimento, ma danneggia fortemente il meccanismo che sta alla base della potenza muscolare di un'attivazione massimale contemporanea delle unit motorie di uno o pi muscoli.Fetz (1989) e Lemon (1990), in due distinti lavori sui muscoli masticatori, hanno confermato l'ipotesi, dimostrando come i motoneuroni corticali giochino un ruolo fondamentale nell'azione volontaria dello stringere i denti. Gli stessi neuroni non hanno alcuna parte nella masticazione automatica e routinaria. Entrambi i fenomeni sono dunque caratterizzati da un'identica

attivit biomeccanica e sostenuti dagli stessi muscoli, ma i comandi provenienti dal SNC hanno un'origine completamente diversa.Anche questi lavori hanno dunque sottolineato come solamente la volontariet del movimento specifico riconosce un controllo piramidale. Il movimento automatico sotto il controllo di strutture diverse dall'area 4 e sfrutta vie differenti dal fascio piramidale per. attivare gli alfamotoneuroni.Le dimostrazioni di questo ruolo preparatorio dell'area 4 sul movimento accentrano sempre pi l'interesse neurofisiologico sul rapporto neurofisiologia/biomeccanica .La relazione esistente fra la attivit del motoneurone corticale ed i parametri biomeccanici del movimento divenuta uno dei nodi centrali dell'attuale neurofisiologia.A questo scopo una grande importanza hanno avuto gli studi sul comportamento di determinate popolazioni neuronali, (appartenenti al gruppo dei neuroni motori dell'area 4) effettuati all'inizio degli anni '80, soprattutto da Geor-gopulos e ripresi nel 1991 da Kalaska.Questi studi forniscono alcune informazioni logiche di grandissima importanza clinica. La prima che le cellule piramidali dettano sicuramente alcuni parametri del movimento, ma che questi parametri sono prevalentemente legati alla preparazione dei neuroni spinali a ricevere l'ordine di moto e non costituiscono l'ordine di moto medesimo. La seconda informazione che questo controllo avviene pressoch esclusivamente sui piccoli muscoli distali degli arti.Riguardo alla prima informazione, i due ricercatori affermano che il sistema \p593 piramidale controlla solamente le variazioni dei parametri motori preparatori al movimento in senso stretto (come il pilota controlla il razzo).Se si prende, per esempio, un parametro biomeccanico quale la forza muscolare, possiamo osservare che la scarica dei neuroni piramidali sta sicuramente in correlazione biunivoca con l'aumento della forza muscolare, ma non per tutto il movimento, solamente nella sua fase iniziale, quando il muscolo sviluppa il massimo dell'incremento della forza (partendo da un livello 0 di forza fino a circa il 50% del massimo).La maggior attivit neuronale corticale influenza dunque soprattutto un parametro: la preparazione di un muscolo a riposo a sviluppare un'attivit biomeccanica. Il motoneurone corticale detta i parametri con cui il muscolo dovr (successivamente) attivarsi da uno stato di riposo fino al 50% della sua forza massima (questo nei 100 millisecondi precedenti l'inizio del moto).Al contrario, le scariche dei motoneuroni corticali hanno scarsa o nulla influenza sull'attivit di un muscolo che sviluppa un incremento di forza a livelli superiori (dal 50 al 100% della sua potenza) o una forza isometrica non dinamica.Questo dato introduce direttamente la seconda osservazione: i piccoli muscoli distali sono gli unici sulle cui unit motorie il fascio piramidale ha terminazioni dirette e queste terminazioni sono rigidamente controlaterali. L'innervazione piramidale dei grandi muscoli di potenza al contrario bilaterale (ciascuna area 4 innerva entrambi i lati) ed indiretta, mediata dagli interneuroni spinali.Questo non avviene a caso. I piccoli muscoli sono quelli in cui le necessit di prontezza (la rapidit cio con cui si passa da una fase di stato ad una fase attiva) massima ed il bisogno di precisione estremamente elevato.Nei piccoli muscoli di precisione il movimento deve essere dettagliatamente preparato, poich necessario scegliere fra una vasta gamma di possibilit motorie e la scelta determina la precisione ed il successo del progetto stesso.Per un grande muscolo di potenza questa logica non importante: esso ha infatti prevalentemente un ruolo di tenuta e la scelta dei parametri motori relativamente sempre identica.Ci ulteriormente dimostrato dal lavoro di Muir e Lemon (1983), che mostrarono come quando un piccolo muscolo di precisione venga coinvolto in un lavoro di potenza, esso attiva e sviluppa una forza senza l'attivazione del fascio piramidale.Un altro punto importante del rapporto fra fascio piramidale e forza biomeccanica legato al ruolo del sistema nervoso nel controllo della potenza meccanica delle masse

muscolari.Le vie discendenti modulate dalla corteccia (nella loro globalit, non solamente il fascio piramidale), hanno un'azione pi spiccata sugli estensori che sui flessori (Evarts 1968). Che cosa sia alla base di questo sbilanciamento della corteccia a favore degli estensori non chiaro (n mai sono state effettuate ricerche a proposito); sicuramente non pu rimanere estranea a questa osservazione la constatazione che nelle paralisi spastiche, dove cio il controllo corticale viene meno, l'ipertono si manifesta con una prevalenza di alcuni gruppi muscolari rispetto ad altri.Gli esperimenti di Georgopulos (1982), studiano l'attivit di una popolazione di 241 motoneuroni corticali rispetto alle diverse caratteristiche (velocit, direzione, forza e percorso) che possono assumere i movimenti effettuabili con l'arto superiore.Questi studi hanno evidenziato innanzitutto la precisa specializzazione direzionale dei motoneuroni corticali: la loro scarica aumenta di frequenza, raggiungendo il massimo circa 100 millisecondi prima del movimento, solamente quando il movimento in elaborazione possiede una direzione ideale prestabilita. La stessa scarica diminuisce di intensit e frequenza man mano che aumenta l'angolo fra \p594 direzione reale del movimento e direzione ideale (indicata da questi motoneuroni). La frequenza di scarica si annulla poi quando il movimento viene effettuato in direzione opposta, quando cio la direzione reale a 180 gradi rispetto alla direzione ideale (vedi figura 26.6).Naturalmente si hanno neuroni evento-correlati (direzione-dipendenti si usa dire nel caso specifico, ma sarebbe pi illustrativo definirli da cui dipende la direzione ) per ogni direzione nello spazio.Se si riporta in una misurazione vettoriale la frequenza di scarica dei singoli neuroni rispetto alla direzione in cui avverr il movimento, si ottiene, per ciascun motoneurone corticale, un vettore con una determinata direzione, che sta ad indicare la direzione ideale del movimento per quel neurone ed una determinata lunghezza, che sta ad indicare la frequenza di scarica del neurone ed proporzionale ai parametri biomeccanici del movimento in questione. Questo neurone possieder quindi un vettore di scarica solamente quando il movimento che avverr sar effettuato approssimativamente nella sua direzione ideale.Il vettore sar massimo, come ampiezza, se la direzione del movimento reale combacer con la direzione ideale, sar progressivamente pi piccolo (la frequenza di scarica si abbasser cio) man mano che aumenter l'angolo fra la direzione reale e la direzione ideale, per scomparire del tutto quando l'angolo raggiunger i 180 gradi.Il primo neurone di moto, in altre parole, non partecipa alla codificazione dei movimenti che avvengono in direzione opposta alla propria direzione di moto ideale. Se si fa la somma dei vari vettori dei neuroni evento-correlati, il vettore risultante indica la direzione meccanica in cui si compir il movimento e le sue caratteristiche quantitative. Quest'ultimo vettore si definisce vettore di popolazione (vedi figura 26.7).L'attivit dei motoneuroni corticali, si dunque evidenziato, correlata sia alle variazioni di forza dinamiche che alla direzione in cui queste orienteranno il movimento che avverr.Nell'esperimento di Kalaska si quantifica l'attivit di scarica dei motoneuroni corticali durante il movimento di un arto. Il movimento viene effettuato prima in condizioni normali, poi con l'applicazione di un peso fisso, che agisce nella direzione del movimento, favorendolo, indi con il medesimo peso che agisce in direzione opposta, opponendosi al movimento desiderato (vedi ancora figura 26.6).L'esperimento ripete, nella prima fase, il lavoro di Georgopulos, per individuare in che direzione l'attivazione di una determinata popolazione di neuroni spinge il movimento che sta per compiersi.Nella seconda fase invece (peso contrario al movimento), si studiano le eventuali variazioni di questa attivit. Le variazioni studiate sono conseguenti all'applicazione di un evento particolare opposto al movimento ideale, evento determinato da una forza esterna. La stessa

operazione viene effettuata nella terza fase, dove l'unica variante l'evento esterno, che questa volta agisce favorendo il movimento.Il lavoro altamente dimostrativo del rapporto che esiste, nelle aree motorie primarie, fra neurofisiologia e biomeccanica. I motoneuroni corticali attivi nell'indirizzare il movimento verso una determinata direzione, vanno incontro ad un marcatissimo aumento della frequenza di scarica quando il peso agisce in direzione opposta alla direzione del movimento, mentre la loro scarica si riduce di molto se il peso favorisce il movimento che si sta per compiere.Inequivocabilmente gli stessi neuroni corticali entrano in gioco quindi nel definire la forza con cui si effettua un movimento, oltre che la sua direzione.Il ragionamento presenta interessanti risvolti logici.\p595Fig. 26.6 - Attivit dei neuroni evento correlati misurata secondo i vettori di Georgopulos. L'attivit misurata al centro corrisponde ad una attivit senza sovraccarichi. Come si vede il neurone scarica massimamente per un movimento indirizzato verso l'alto a sinistra. Le nuvole circostanti indicano la direzione di un peso applicato al braccio (la direzione va intesa come la posizione della nuvola rispetto al centro). Si noti che quando il peso agisce in direzione contraria al movimento (lato destro figura), l'attivit del neurone si esalta, quando l'azione del peso consensuale al movimento (lato sinistro) l'attivit neuronale si riduce. Ulteriori spiegazioni e considerazioni nel testo (da Kalaska et al 1991, modificata).Fig. 26.7 - Vettori di popolazione di numerosi motoneuroni corticali dell'area 4. Come si pu osservare, i vettori non sono orientati prima del segnale trigger che porta attenzione sul movimento da compiere. Alla comparsa del segnale di preparazione al movimento, tuttavia, i vettori iniziano ad orientarsi nella direzione del movimento che si sta per compiere (la direzione indicata dalle tre frecce fuori dal grafico a sinistra); il vettore inizia ad orientarsi dopo circa 100 millisecondi e circa 400 millisecondi prima dell'inizio del movimento. A 200 millisecondi dal segnale trigger gi ben orientato (sempre da Kolaska 1991 modificata).\p596Si analizzi per esempio la sua differente applicazione ai grandi muscoli assiali e dei cingoli rispetto ai piccoli muscoli distali di precisione. Mentre per i primi lo sviluppo di una forza isometrica ha un preciso significato di tenuta rispetto ad un determinato movimento, (lo sviluppo della forza cio deve essere costante nel tempo) i piccoli muscoli di precisione necessitano, prevelentemente, di una forza sviluppata in maniera isotonica. In questi piccoli muscoli perci l'aumento di scarica dei motoneuroni corticali provoca principalmente un aumento della velocit con cui viene compiuta la contrazione, cio un aumento della velocit del movimento, solo in misura minima e secondaria un aumento della forza di contrazione. L'intensit del vettore di popolazione in altre parole si traduce, nei grandi muscoli, prevalentemente nello sviluppo di una attivit statica (isometrica), dotata di grande forza e con grande tenuta nel tempo, ma con scarsa prontezza e precisione; per i piccoli muscoli, l'equilibrio sarebbe esattamente inverso: la lunghezza del vettore di popolazione indicherebbe la prontezza e la rapidit dell'attivit biomecanica (attivit isotonica), mentre quasi nullo sarebbe il suo impatto sull'intensit e sulla durata.Attualmente, mancano, per i grandi muscoli assiali, dati sperimentali che consentano di definire il rapporto esistente (se esiste) fra ampiezza del vettore di popolazione e precisione del movimento, ma l'argomento si prospetta assai interessante e suggestivo.La qualit del movimento, come sembra dagli studi gi effettuati, viene controllata dai motoneuroni dell'area 4 all'ultimo stadio, essi costituiscono l'ultimo momento di convergenza e sintesi degli apporti qualitativi provenienti da altri sistemi motori, che portano nell'area 4 il risultato finale delle loro elaborazioni.Se questa l'evoluzione del progetto motorio, per l'apprendimento di gestualit particolarmente raffinate e complesse allora assai importante lo stato

fisiologico e le possibilit di integrazione fra i vari motoneuroni costituenti l'area 4. Un attento studio sulle trasformazioni funzionali cui va incontro l'area 4 durante lo sviluppo di raffinate capacit motorie indirizzer decisamente sulla qualit degli input necessari per l'apprendimento motorio migliore, sui tempi necessari ed anche sui limiti dell'apprendimento medesimo.Il punto assai importante, soprattutto nell'istruzione di categorie la cui professione centrata su questi parametri (musicisti e chirurghi, per esempio), ma potrebbe diventare ben pi significativo, se proposto con un taglio specifico, sulla rieducazione dei danni neuromotori.Un tentativo di analisi in tal senso, non specifico sui motoneuroni corticali ma esteso a tutta la corteccia, attualmente in corso da parte di alcuni ricercatori (Abeles e Aertens, in corso di pubblicazione), ma la validit dei risultati ancora assai incerta.3) Che relazione esiste fra l'attivit dei motoneuroni piramidali ed il contesto (interno ed esterno) in cui il movimento viene effettuato? Contesto esternoL'analisi dei rapporti fra attivit del primo motoneurone e movimento meccanico in continua evoluzione e, pur se ad un livello ancora solamente iniziale, stato verificato che gli stessi neuroni che controllano l'impostazione qualitativa e direzionale del movimento svolgono compiti ulteriori ancor pi complessi. Questi neuroni sono anche in grado di impostare i parametri che determinano la traiettoria di un movimento nello spazio.Sembra, ma l'ipotesi necessita di ulteriori ampie verifiche, che tutti questi parametri vengano definiti partendo dall'analisi corticale della posizione, nello \p597 spazio, del punto di arrivo dell'atto motorio. Oggi non si pu dire null'altro, ma gli studi sono orientati a verificare la possibilit di esprimere anche quest'ultima funzione attraverso i vettori di popolazione.Contesto internoIl vettore di popolazione concetto importantissimo ed affidabile, ancorch presenti ancora alcuni punti oscuri sull'origine delle sue componenti e sul suo utilizzo [15].[15] Un punto importante ed oscuro quanto e quale sia il contributo delle singole classi di neuroni corticali alla generazione del vettore. Se risulta evidente che i motoneuroni sono sicuramente efficaci nel determinare la direzione del moto ed il vettore da essi generato questo deve quindi essere biunivocamente correlato (come infatti ) ai parametri biomeccanici del movimento; non altrettanto chiaro che ruolo giochino gli interneuroni corticali, che pure contribuiscono, verosimilmente, alla sua quantificazione sul vettore.Il problema reso assai complesso da un secondo punto, che rende difficoltoso l'uso dei vettori di popolazione: a livello dei grandi muscoli, le afferenze corticali agli alfa-motoneuroni sono praticamente tutte mediate dagli interneuroni spinali ed il rapporto fra vettore di popolazione e movimento si arricchisce di complessit ora enigmatiche.Un terzo punto non chiaro, come i vari vettori di popolazione si possano combinare fra loro nei movimenti complessi.Il vettore di popolazione pu sempre essere calcolato, prima dell'inizio del movimento, per qualsiasi compito motorio ed costantemente proporzionato alla direzione e alla forza del movimento.Al di l degli studi gi esposti, esso ha acquisito interessanti sviluppi negli ultimi esperimenti pubblicati di Georgopulos (1989-1991) che tracciano un interessante percorso al confine fra neurofisiologia e neuropsicologia del movimento. Unici nel loro indirizzo e, probabilmente, portatori di nuove aperture concettuali, questi lavori debbono essere conosciuti, per lo meno nella loro essenza logica.Il lavoro dell 89 si occupa della presenza o meno del vettore di popolazione. Il vettore si genera quando le cellule piramidali vengano chiamate ad organizzare i parametri di un movimento.Il dato risulta ben evidente quando lo stimolo ad effettuare un movimento specifico viene preceduto da un prestimolo preparatorio (che indichi cio, di l a poco, la comparsa dello stimolo ordine di movimento ).Il vettore di popolazione si organizza sempre dopo circa 100 millisecondi dal prestimolo e perdura, indicando direzione e forza del movimento che

avverr, fino all'innesco meccanico dello stesso (fig. 26.7).Il vettore indica quindi, in assenza totale di variazione dell'attivit muscolare, la direzione in cui il movimento avverr e tutti i parametri qualitativi che lo caratterizzano.La corteccia motoria primaria si caratterizza sempre pi come l'interfaccia, si potrebbe dire, di rifinitura ultima e controllo di qualit finale prima che il movimento divenga azione meccanica.Vista sotto un altro aspetto si potrebbe definirla come un vero e proprio sintetizzatore, dove tutte le diverse fasi dell'elaborazione motoria vengono fuse fra loro ed inviate all'organo di controllo dell'apparato locomotore (il midollo spinale) in perfetta sintonia e su di un unico binario (il fascio piramidale).L'area 4 non impartisce ordini di movimento ai rimanenti sistemi motori, ma in grado di sincronizzarli, contribuendo cos alla corretta impostazione del movimento. Il meccanismo attraverso il quale svolge questo compito per ora sconosciuto, ma probabilmente si estrinseca attraverso azioni facilitatorie ed inibitorie su tutti i tipi di neuroni spinali.La sincronizzazione assolutamente indispensabile per poter codificare l'impostazione motoria dei motoneuroni spinali attraverso il controllo delle colonie corticali attive in quel dato momento.Il quadro cos disegnato caratterizza e differenzia le cortecce motorie primarie e le cortecce motorie secondarie.\p598Le motorie secondarie paiono pi sbilanciate verso la traduzione motoria qualitativa dell'idea di movimento. Parrebbero, liberamente interpretando, tradurre un'idea in una sequenza codificata di stimoli atti a predisporre movimenti complessi e finalizzati, espressivi di quell'idea.Le motorie primarie riceverebbero questa codificazione dell'idea di movimento ed il loro compito preminente parrebbe, attraverso la fusione delle varie informazioni sul progetto motorio, la predisposizione dei parametri motori tecnici (direzione, velocit, accelerazione) con i quali i motoneuroni spinali dovranno attuare il movimento di l a breve.Esse porterebbero le giuste combinazioni alle corna anteriori, modificandone la recettivit come si pu forgiare una serratura per una chiave, in modo che un'unica forma di chiave possa adattarvisi in ciascun determinato momento, aprendo le vie di uscita ai progetti motori verso l'apparato locomotore.La chiave per la quale la serratura spinale stata forgiata, sarebbe il progetto motorio. Il progetto motorio giunge alle corna anteriori (la serratura) come integrazione dei vari apparati nervosi di progettazione del movimento, vi giunge attraverso tutte le vie di comunicazione fra questi e il midollo (le vie non piramidali). Queste vie probabilmente trasportano molte chiavi contemporaneamente e destinate a tutto l'apparato locomotore.Delle chiavi che giungono al midollo, solamente alcune sono utilizzabili per un movimento raffinato, per trovare adeguata esecuzione esse devono giungere su motoneuroni spinali predisposti ad accoglierle [16]: i motoneuroni spinali sono predisposti solamente se il fascio piramidale ha svolto il suo compito.[16] La chiave cio pu aprire la porta solamente se inserita nella serratura giusta.Nelle condizioni da esperimento tradizionale di Georgopulos viene dato un prestimolo, che avverte sull'arrivo imminente di uno stimolo al movimento, il prestimolo , di solito, un segnale luminoso rosso, lo stimolo (ordine di movimento) corrisponde allo stesso segnale luminoso che diviene di colore verde, il movimento richiesto consiste nel raggiungimento del segnale luminoso.Nell'ultima sperimentazione (Georgopulos 1991) si aggiunge un'ulteriore variabile: il movimento deve essere effettuato con una rotazione di 90 gradi in senso antiorario rispetto allo stimolo di movimento [17].[17] Se lo stimolo appare a sinistra per esempio, il movimento deve essere effettuato verso l'alto o verso il basso.Due osservazioni sono assai importanti.Prima osservazione: il tempo di reazione (il tempo cio dopo l'ordine di movimento e prima dell'inizio del movimento meccanico) pi lungo in questo compito che non nel compito tradizionale. L'aumento di lunghezza di una quantit direttamente proporzionale all'angolo di rotazione, cio

all'angolo che si forma fra il punto in cui localizzato lo stimolo ed il punto da raggiungere con il movimento. Il vertice dell'angolo di rotazione costituito dalla posizione della mano prima del movimento. Pi ampio l'angolo, pi lungo il tempo di reazione.Seconda osservazione: il vettore di popolazione si forma sempre, al suo comparire, come se il movimento dovesse essere indirizzato verso lo stimolo, dopo di che vira nella direzione del punto da raggiungere.In altre parole, il vettore di popolazione codifica prima una risposta ad uno stimolo esterno e solamente in un secondo tempo la risposta ad uno stimolo di tipo volitivo ed astratto, quindi psicologico e conseguentemente neuropsicologico. Solo in un secondo tempo cio, dopo che gi hanno codificato una risposta di reazione ad uno stimolo esterno, i neuroni corticali codificano i giusti parametri che gli vengono dettati a livello cognitivo. Questi parametri sottendono il concetto ruotare di 90 in senso antiorario rispetto allo stimolo (vedi figura).\p599Fig. 26.8 - vettori di popolazione nei movimenti ruotati rispetto allo stimolo trigger. Nella colonna di sinistra il movimento nella stessa direzione dello stimolo (freccia in alto orientata orizzontalmente); nella colonna di destra il movimento ruotato di 90 gradi verso l'alto rispetto allo stimolo (stimolo direzione della freccia continua, movimento nella direzione della freccia tratteggiata). Come si pu notare dai due grafici sottostanti, l'orientamento dei vettori nella situazione di destra pi tardivo (situazione di destra movimento ruotato rispetto allo stimolo ). (M = movimento; S = stimolo).Fig. 26.9 - Come si vede dalla figura, quando il movimento ruotato rispetto allo stimolo il vettore di popolazione si dirige prima nella direzione dello stimolo, poi lentamente inizia a ruotare fino a raggiungere l'angolo di 90 gradi che indica la direzione in cui deve essere compiuto il movimento. E questa la ragione per la quale (probabilmente) il vettore di popolazione ha in questo caso un orientamento pi lento. Le interessanti conseguenze di ci sono spiegate nel testo (Fig.26.6, 26.7, 26.8 e 26.9 da Georgopulos 1983. Modificate). (M = movimento; S = stimolo).\p600L'influenza del processo cognitivo sulla reazione motoria tanto pi lenta (cio difficoltosa) quanto pi la mira astratta (il punto di arrivo ruotato) si allontana dalla mira reale (il segnale luminoso).I risvolti psicologici e neuropsicologici di questa affermazione, per quanto si possano per ora solamente intravvedere, appaiono enormi: si sempre ipotizzato che l'evoluzione temporale proceda dall'ideazione verso la progettazione motoria, se i dati di questo lavoro venissero confermati e le ricerche approfondite lo confermassero, l'ipotesi che l'ideazione motoria avvenga prima della progettazione del movimento verrebbe a cadere, in quanto il vettore di popolazione dimostrerebbe l'esistenza di una progettazione motoria antecedente il processo psicologico di ideazione del movimento. Addirittura l'intervento del pensiero astratto ritarderebbe e rallenterebbe l'esecuzione dei progetti motori pi semplici e la loro interrelazione con il mondo esterno. bene per ricordare che questi lavori costituiscono solamente i primi passi in questa direzione; essi potrebbero non venire confermati da successive ricerche, oppure indirizzare verso percorsi che attualmente non possiamo prevedere.BibliografiaBuys E.J., Lemon R.N., Mantel G.W.H. and Muir R.B., Selective facilitation of different hand muscles by single corticospinal neurones in the conscious monkey, 1. Physiol, 381, 529-549, 1986. Cheney P.D. and Fetz E.E., Functional classes of primate corticomotoneuronal cells and their relation to active force, J. Neurophysiol., 44, 773-791, 1980. Cheney P.D. and Fetz E.E., Comparable patterns of muscle facilitation evoked by individual corticomotoneuronal (CM) cells and by single intracortical microstimuli in primates: evidence for functional groups of CM cells, 1. Neurophysiol., 53, 786-804; 805-820, 1985. Fetz E.E., Cheney P.D., Mewes K. and Palmer S., Control of forelimb activity by populations of corticomotoneuronal and rubromotoneuronal cells,

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Corteccia (o lobo) occipitale Corteccia (o lobo) temporaleVi sono altre zone corticali che non corrispondono ad alcun osso cranico:Corteccia (o lobo) dell'insulaCorteccia (o lobo) piriformeCorteccia (o circonvolunzione) dell'ippocampoCorteccia (o circonvolunzione) del cingolo(quest'ultima contiene anche il piriforme e l'ippocampo)I lobi sono suddivisi dai solchi maggiori. Il solco (o scissura) di Silvio suddivide la corteccia del lobo parietale da quella del lobo temporale ed il solco (o scissura) di Rolando suddivide il lobo frontale dal lobo parietale. Un'altra importante scissura, la scissura calcarina, compresa all'interno del lobo occipitale, nel quale si approfonda orizzontalmente da dietro in avanti e medio-lateralmente.Nei lobi, solchi minori dividono fra loro circonvoluzioni diverse, la corteccia che copre una o poche circonvoluzioni limitrofe (e la corrispondente parete dei solchi) prende il nome di area corticale.\p603Fig. 27.1 - Immagine della corteccia cerebrale: aspetto laterale (in alto) e mediale (in basso)\p604Le aree corticali furono numerate da Brodmann nel 1906 secondo un ordine che dall'apice scende verso la base encefalica. Sono 52 aree differenti, con funzioni fisiologiche diverse. La suddivisione di Brodmann, per quanto integrata da ulteriori suddivisioni successive, oggi ancora comune riferimento per la denominazione delle aree corticali, (fig. 27.2).Fig. 27.2 -Immagine delle aree corticali suddivise secondo la numerazione di Brodmann (1906)\p605Per ogni lobo vi sono diversi lati (aspetti): il lobo frontale ha un aspetto laterale, sulla convessit degli emisferi, uno mediale che guarda l'altro emisfero ed uno orbitario, rivolto verso il basso. Il lobo parietale ha una superficie laterale ed una mediale. Il lobo occipitale una laterale, una mediale ed una inferiore, il lobo temporale una laterale, una inferiore, una mediale (vedi figura 27.1). Anche la superficie sul proprio versante delle grandi scissure interlobari deve essere ascritta al lobo di riferimento.Anatomia microscopicaLa corteccia cerebrale umana una corteccia a sei strati. Ci significa che vi sono sei strati di cellule sovrapposti, numerati con i numeri romani dall'I al VI dall'esterno all'interno. Questo tipo di corteccia prende il nome di neocorteccia o isocorteccia, presente solamente nell'uomo, in misura minima nei primati (scimmie antropomorfe come il gorilla) ed notevolmente differente dalla corteccia di quasi tutti gli animali: una corteccia a tre strati definita allocorteccia o archicorteccia (e paleocorteccia se riferita al lobo piriforme).Nell'uomo la allocorteccia presente solamente in una piccolissima parte del cervello mediale: l'ippocampo e il lobo piriforme (vedi fig. 27.3). Questa zona costituisce parte del cervello viscerale e gioca un ruolo fondamentale per la memoria e nel rapporto fra istinti e razionalit (vedi oltre).La neocorteccia presenta sei strati differentiI MolecolareII Granulare esternoIII Piramidale estrenoIV Granulare internoV Piramidale internoVI PolimorfoQuesti strati sono caratterizzati dalla presenza di numerosissime cellule corticali (circa un milione per millimetro quadrato [1]) gi evidenti alla nascita, ma che sviluppano la loro arborizzazione dendritica nei primi due anni di vita (vedi fig. 27.5). Solamente a due anni la neocorteccia pu definirsi completamente sviluppata.[1] Fa eccezione la corteccia visiva primaria, dove la densit di 2,5 milioni/mm2. Questa densit neuronale non varia fra i mammiferi, dal ratto fino all'uomo.Si calcola che il numero totale di cellule presenti nella corteccia cerebrale umana sia approssimativamente di circa 100 bilioni (milioni di milioni). Questi neuroni sono differentemente ripartiti, come si vede nelle tabelle 27.1, 27.2 e 27.3 sia fra le differenti zone di corteccia cerebrale, sia nei differenti strati, sia fra animali diversi, dove, evolvendo nella scala biologica, le aree motorie e premotorie acquistano progressivamente un peso relativamente maggiore rispetto alle altre aree.I neuroni principali della corteccia cerebrale sono i neuroni piramidali ed i neuroni granulari (o cellule stellate): i primi sono dedicati alla trasmissione di messaggi al di

fuori della zona corticale di appartenenza (a distanze variabili da pochi millimetri a pi di un metro), i secondi alla ricezione ed alla diffusione nello spessore corticale delle informazioni afferenti. Altri tipi di cellule, presenti in misura molto minore e prevalentemente nel I e VI strato sono le cellule orizzontali (o di Cajal), le cellule fusiformi e le cellule di Martinotti.\p606Fig. 27.3 - Circonvoluzioni corticali inferiori.Tab. 27.1 - Sviluppo della struttura del giro precentrale nella filogenesi (da Bonin).a) Scimmie inferiori Diametro delle cellule di Betz: 3,7Numero delle cellule di Betz per mm cubo di materia grigia: 31Rapporto tra la massa di materia grigia extracellulare e la massa dei corpi delle cellule di Betz: 52b) Scimmie superioriRapporto tra la massa di materia grigia extracellulare e la massa dei corpi delle cellule di Betz: 113c) uomoDiametro delle cellule di Betz: 6,1Numero delle cellule di Betz per mmcubo di materia grigia: 12Rapporto tra la massa di materia grigia extracellulare e la massa dei corpi delle cellule di Betz: 233Tab. 27.2 - Numero totale di cellule nei singoli strati delle zone primarie, secondarie, terziarie della corteccia umana motoria (in milioni) (dall'Istituto dei Cervelli di Mosca).a) Area 4: Numero totale: 520Strati II-III: 30Strato IV: -Strato V: 10,6b) Area 6Numero totale: 511Strati II-III: 275Strato IV: - Strato V: 80,6c) Area 10Numero totale: 917Strati II-III: 386Strato IV: -Strato V: 177Tab. 27.3 - Modificazioni nell'area relativa delle regioni precentrali (motorie) e premotorie negli stadi successivi di sviluppo dei mammiferi superiori (dall'Istituto dei Cervelli di Mosca).a) Percentuale dell'area della regione precentrale sul totale dell'area corticaleMarmoset: 5,5; Cercopiteco: 8,3; Scimpanz: 7,6; Uomo: 8,4b) Percentuale dell'area della corteccia motoria primaria (area 4) sull'area totale della regione precentraleMarmoset: 79; Cercopiteco: 69; Scimpanz: 29,8; Uomo: 12c) Percentuale dell'area della corteccia premotoria (area 6) sul totale dell'area della regione precentraleMarmoset: 21; Cercopiteco: 31; Scimpanz: 70,2; Uomo: 88I neuroni piramidali sono fra i pi grandi neuroni del SNC, quelli contenuti nel V strato in particolare (cellule piramidali giganti) hanno un diametro di 100 millimicron ed un albero dendritico che si estende fino ad alcuni millimetri attorno alla cellula. Le cellule granulari al contrario sono cellule molto piccole, il cui diametro raramente eccede i 10 millimicron.\p608Fig. 27.4 Stratificazione cellulare a sei strati nella corteccia cerebrale. Sezione trasversale di neocorteccia colorata con tre differenti metodi; sono evidenti sei strati della corteccia. La colorazione di Golgi rivela la forma delle arborizzazioni dei neuroni corticali attraverso una completa colorazione di una piccola parte dei neuroni stessi. Il metodo di Nissl colora i corpi cellulari di tutti i neuroni, dimostrando la loro forma e la loro densit. Il metodo di Weigert colora la mielina, rivelando le strie di Baillarger orientate orizzontalmente, come pure l'insieme dei sistemi afferenti ed efferenti corticali mielinici orientati verticalmente. Da Ranson S.W. e Clark S.L: The anatomy of the nervous system, et. 10, Philadelphia, 1959, W.B. Saunders Co.\p609Fig. 27.5 Differenti livelli di maturazione della corteccia cerebrale.I neuroni piramidali sono neuroni di proiezione, le proiezioni avvengono ad aree pi o meno lontane, possono essere allo stesso emisfero, ad un lobo adiacente o a lobi distanti (connessioni intercorticali o fibre associative) all'altro emisfero (connessioni interemisferiche o fibre commissurali) o addirittura verso il midollo spinale (fascio piramidale). I due terzi dei neuroni piramidali hanno un diametro di 60-70 millimicron e danno luogo a proiezioni da corteccia a corteccia. I neuroni piramidali di origine del fascio cortico-spinale (o piramidale) sono invece neuroni piramidali giganti (diametro 100 millimicron.) e sono quasi tutti addensati nel V strato.I neuroni piramidali prevalgono nelle cortecce di associazione (vedi oltre) e nella corteccia motoria primaria.L'arborizzazione dendritica dei neuroni piramidali molto

estesa: vi di solito un dendrite apicale, pi grosso, che risale fino al I stato corticale e dendriti che si espandono lateralmente, per un diametro di circa 10 millimetri, in ogni direzione. Questa area, delimitata dalla arborizzazione dendritica di un singolo neurone piramidale, costituisce il campo corticale del motoneurone. Nel campo si trovano molte cellule corticali, fra cui anche numerosi altri motoneuroni, tutte in contatto fra loro. La zona viene definita colonia corticale . All'interno della colonia vi sono punti particolari: gli hot spots la cui stimolazione, a bassissime intensit, attiva neuroni piramidali di proiezione verso alfa-motoneuroni di un solo muscolo, stimolazioni pi intense attivano invece motoneuroni di muscoli diversi (per maggiori particolari si veda capitolo 26).I neuroni granulari ricevono e diffondono le informazioni all'interno dello spessore corticale (connessioni intracorticali), dove si possono osservare veri e propri fasci (orizzontali) di fibre bianche degli assoni granulari. I principali di questi fasci si trovano a livello dello strato granulare interno (Stria esterna di Ballinger) e dello strato piramidale interno (stria interna di Ballinger) (vedi fig. 27.4 lato destro).Se la corteccia ha una prevalenza di neuroni granulari (cortecce sensitive primarie) gli strati granulari sono predominanti e la corteccia pi sottile, con uno spessore di 1.5 millimetri. Questa corteccia definita granulare o eterotipica.\p610Se la corteccia ha una prevalenza di neuroni piramidali (cortecce associative o motoria primaria) gli strati piramidali sono prevalenti e la corteccia pi spessa, circa 4 millimetri. Questa corteccia prende il nome di corteccia agranulare od omotipica. Le due cortecce si sfumano gradualmente l'una nell'altra.La sostanza bianca sottocorticale formata da fibre associative e da fibre commissurali.Le fibre associative collegano fra loro aree lontane di uno stesso emisfero, consentendo a zone di corteccia separate un collegamento diretto ed un funzionamento sinergico. I principali fasci associativi sono (fig. 27.6):Fig. 27.6 - Fasci lunghi di associazione intercorticali. A, I fasci principali proiettati in una visione laterale dell'emisfero cerebrale. B, Posizione dei fasci di associazione in una sezione frontale attraverso l'emisfero cerebrale.il Fascio arcuato, che collega il carrefour temporoparietooccipitale e le aree temporali primarie con il lobo frontale dello stesso emisfero, questo fascio \p611 ha un'importanza chiave nei disturbi del linguaggio legati alla percezione linguistica.Il Fascicolo occipito frontale superiore, che collega i due lobi omonimi.Il Fascicolo uncinato, che collega la zona inferiore del lobo frontale con la zona laterale del lobo temporale. Anche questo fascio ha una importanza fondamentale nei disturbi del linguaggio.Il Fascicolo occipito frontale inferiorehe fibre commissurali collegano fra loro i due emisferi: la commissura interemisferica costituita dal corpo calloso, un insieme di assoni (pi di 300 milioni) che si dirigono da un emisfero all'altro, generalmente, ma non necessariamente, collegando zone analoghe. Il corpo calloso ha una parte anteriore (splenio), un corpo ed una parte posteriore (il forcipe). Nella parte pi bassa dei due emisferi il collegamento garantito da fibre commessurali che si trovano al di sotto del rinencefalo (mentre il corpo calloso forma un arco, sul piano sagittale al di sopra di detta struttura), queste fibre prendono il nome di commissura bianca anteriore e collegano soprattutto le circonvoluzioni temporali medie ed inferiori dei due lati.Neurofisiologia corticaleLa corteccia cerebrale suddivisa in aree che corrispondono a precise attivit funzionali. Ci significa che determinate funzioni sono localizzate in particolari aree (teoria localizzato Ia). tuttavia importantissimo comprendere che, per quanto la suddivisione in aree con funzioni specifiche abbia una sicura validit e corrispondenza a livello di localizzazione anatomo-clinica, la corteccia costituisce, anche e contemporaneamente, una unica unit funzionale; una struttura cio dove ciascuna area compartecipe di ciascuna attivit funzionale, anche

quando questa sia localizzata in altro distretto corticale o addirittura nell'altro emisfero (teoria unitaria).Questa dicotomia fisiologica va tenuta sempre presente quando si abbia a che fare con la clinica correlata alla corteccia cerebrale, in quanto la localizzazione delle funzioni (o dei disturbi) un principio valido ed affidabile, ma non assoluto. La funzione di un'area si svolge infatti anche grazie al contributo delle aree limitrofe, via le connessioni intracorticali; delle aree lontane dello stesso emisfero, via le connessioni associative e delle aree dell'altro emisfero, via le connessioni interemisferiche.Questa integrazione continua fra tutte le singole aree sta alla base della teoria unitaria del funzionamento della corteccia cerebrale ed la ragione per la quale un danno localizzato in una determinata zona di corteccia cerebrale pu anche non provocare la perdita della funzione specifica per quella zona ed al contrario si pu perdere la funzione di una zona che anatomicamente integra e non interessata assolutamente all'evento patologico.A livello di tutta la corteccia cerebrale, intesa in senso unitario, vi uno scambio costante di informazioni. Questa intensa interazione d luogo al tono corticale . Se il tono si abbassa, proprio come quando in un'auto si sgonfia una ruota, l'intera corteccia cerebrale non pi in grado di funzionare adeguatamente e possono comparire deficit funzionali.Il tono corticale varia anche fisiologicamente, determinando i diversi livelli di attenzione. Il suo abbassamento diviene patologico quando compromette determinate funzioni corticali. Il tono corticale si abbassa al di sotto dei livelli \p612 di normalit solitamente in seguito ad una patologia che pu coinvolgere anche solo una ristrettissima zona di corteccia cerebrale. L'abbassamento di tono corticale coinvolge tutta la corteccia cerebrale. A risentire maggiormente dell'abbassamento di tono saranno le aree pi deboli, fra le quali solitamente, ma non necessariamente, si trova l'area danneggiata.Come un abbassamento del tono corticale possa provocare la perdita di una funzione localizzata in una zona corticale integra senza che necessariamente compaia il danno funzionale della regione anatomicamente danneggiata pu essere meglio compreso attraverso un esempio.Il tono corticale pu essere paragonato alla superficie dell'acqua in una serie di contenitori comunicanti di varia altezza. In tutti questi contenitori l'acqua si dispone allo stesso livello di superficie, riempiendoli in maniera differenziata a seconda della loro profondit. La superficie dell'acqua il tono, la quantit di acqua di ogni contenitore (i contenitori sono le aree corticali) costituisce il particolare contributo di queste al tono corticale.In condizioni fisiologiche si ha approssimativamente lo stesso contributo da ogni singola zona di corteccia [2], tutti i contenitori hanno cio la stessa profondit. Nel corso del tempo per il contributo di ogni singola area si differenzia con i differenti eventi: le situazioni congenite, accidentali, o le differenziazioni funzionali a cui le aree stesse vanno incontro nel corso della vita provocano una variazione di contributo al tono corticale (nella similitudine cio, i contenitori assumono differenti profondit).[2] per necessario tenere sempre presente che non ci si trova in un sistema statico, ma in un sistema dinamico: il contributo delle singole zone corticali al tono cambia anche fisiologicamente, a seconda delle funzioni cognitive svolte.Le aree pi deboli (i contenitori superficiali) contribuiscono poco o nulla al tono corticale, mentre le aree pi forti (i contenitori pi profondi) danno un contributo sostanziale.Se nel fondo del contenitore, per un evento localizzato e momentaneo, si provoca un danno tale da abbassare di molto la superficie dell'acqua, pu accadere, anche se non la norma, che alcuni contenitori superficiali rimangano vuoti (non coperti cio da un sufficiente tono corticale per poter funzionare), ed il contenitore danneggiato, in quanto profondo, continui ad avere una certa quantit di acqua al suo interno (e quindi un tono corticale accettabile).L'area

danneggiata, se contribuiva sostanzialmente al tono, pu possedere quindi una struttura tale da conservare una certa funzionalit anche a tono corticale patologicamente abbassato, le aree pi deboli invece, anche se non danneggiate, sono da questo abbassamento coinvolte in maniera patologica.Nella corteccia cerebrale quindi si possono verificare eventi patologici apparentemente senza senso logico. Raramente, ma con una certa incidenza, si possono infatti osservare danni radiologici o anatomici localizzati in una determinata zona corticale che si manifestano, clinicamente, con il danno di una regione lontana ed indenne, mentre la zona anatomicamente lesa continua a funzionare normalmente .Il tono corticale, gioca un ruolo chiave in questa evenienza.Il mantenimento del tono corticale una funzione che non dipende solamente dalla corteccia cerebrale, anzi, un ruolo fondamentale in questo senso svolto dalla sostanza reticolare ponto-mesencefalica (sostanza reticolare attivante) e bulbare (sostanza reticolare disattivante).La sostanza reticolare una struttura molto estesa ed in diretto contatto con la superficie mediale del lobo frontale. La logica funzionale d'insieme della sostanza reticolare (se esiste) non ancora comprensibile. In questo testo si ritrovata a proposito delle funzioni pi diverse, non ultime le funzioni di controllo motorio diretto.\p613Fra le tante funzioni la sostanza reticolare possiede sicuramente quella di regolare i ritmi di attivit della corteccia cerebrale. Questi ritmi possono essere intesi come il corrispondente funzionale delle variazioni di tono corticale e possono essere legati sia al normale succedersi di periodi di riposo (sonno) e di attivit (veglia), sia ad una necessit di cambiamento improvviso di ritmo.Il cambiamento improvviso di ritmo pu essere dettato da fenomeni esterni, come un pericolo imminente, da fenomeni interni metabolici, come la fame od una sensazione viscerale, o da fenomeni interni ad origine nervosa, come lo stato dell'umore, la tensione emotiva o la necessit di svolgere un compito consapevole. La sostanza reticolare, sia attivante che disattivante, quindi ampiamente collegata da un lato con i recettori sensitivi per il mondo esterno, con i recettori sensitivi viscerali e con il cervello istintivo (o rettiliano, vedi oltre), dall'altro con la neocorteccia, con la quale comunica attraverso la superficie mediale del lobo frontale.La superficie mediale del lobo frontale e la sostanza reticolare attivante e disattivante costituiscono la prima unit funzionale della corteccia cerebrale, l'unit che presiede al tono, alla veglia ed agli stati di attivazione dei differenti processi mentali.Le aree cerebrali: fisiologia e principi neuropsicologiciLa corteccia cerebrale si suddivide funzionalmente nelle diverse aree, elencate nel paragrafo di anatomia macroscopica.Il lobo dell'insula riguarda la percezione gustativa e si trova nella profondit della scissura di Silvio. Poich la sua fisiologia non riguarda la funzione motoria, non verr trattato in questo testo.La circonvoluzione del cingolo costituisce il cosiddetto cervello viscerale . la parte di encefalo che collega la corteccia responsabile dei comportamenti umani volontari e razionali, la neocorteccia, situata prevalentemente negli emisferi laterali, con la parte dell'encefalo responsabile dei comportamenti animali istintivi, il cervello rettiliano, costituito dal lobo piriforme, che comprende la corteccia olfattiva, la circonvoluzione dell'ippocampo, il giro uncinato, altre strutture grige non corticali (amigdala, abenula, corpi mammillari sono le maggiori) e fasci di sostanza bianca (fornice, stria terminale, stria midollare sono le pi importanti).Il cervello rettiliano localizzato approssimativamente nella parte mediana della profondit encefalica, dove costituisce, sul piano sagittale, una serie di circuiti circolari (vedi fig. 27.3).Il cervello viscerale ed il cervello rettiliano non sono direttamente connessi al movimento, ma prendono attivamente parte alla programmazione motoria, poich sono strutture deputate sia alla raccolta ed alla rievocazione delle informazioni mnemoniche, sia alla regolazione dello

stato dell'umore.La memoria ha un'importanza assoluta per la progettazione della strategia di movimento, poich permette il confronto con i risultati coscienti di strategie motorie gi messe in atto collocandosi di conseguenza alla base dell'apprendimento motorio volontario. L'apprendimento motorio volontario evita di ripetere errori ed impostazioni strategicamente sbagliate nell'ideazione motoria.Il cervello viscerale inoltre in grado di collegare le reazioni istintive alle aree di elaborazione comportamentale e di ideazione motoria, dando cos quel colorito affettivo ed umorale all'idea di movimento che, come esperienza comune, caratterizza una parte rilevante delle ragioni per cui ci si muove.\p614Le aree corticali descritte, pur partecipando attivamente al mantenimento del tono corticale, svolgono funzioni particolari, diverse ed in qualche modo collateralialle funzioni pi alte di cui capace la corteccia cerebrale. Non a caso molte di queste zone sono costituite da corteccia a tre strati (archicortex), che l'unica presente in gran parte degli animali.Le funzioni pi alte della corteccia cerebrale si definiscono funzioni corticali superiori. Le funzioni corticali superiori sono svolte principalmente dalle neocortecce della superficie laterale degli emisferi che, nel loro insieme, costituiscono l'autentico substrato dell'attivit comportamentale dell'uomo [3].[3] Non da sole: la corteccia cerebrale profondamente connessa, per questa funzione, ai nuclei mediali del talamo ed alla testa del nucleo caudato in una struttura denominata, con terminologia ormai poco nota, tetragono di Pierre Marie .Questa corteccia comprende tutta la superficie laterale, la superficie corticale che si approfonda nelle scissure ed una buona parte della superficie mediale degli emisferi, fino al solco cingolato che divide i lobi frontale, parietale ed occipitale dalla circonvoluzione del cingolo. Nella parte inferiore dell'encefalo si trova direttamente a contatto con la superficie mediale del lobo temporale, anch'essa parte della neocorteccia, con il cervello viscerale, con la corteccia olfattiva, il giro dentato e la circonvoluzione dell'ippocampo,.La neocorteccia riceve, elabora e rende coscienti le informazioni provenienti dal mondo esterno, attivit svolta dalle strutture corticali retrorolandiche, situate nelle zone al di dietro della grande scissura di Rolando, cio nel lobo parietale, temporale e occipitale. Queste strutture costituiscono la seconda unit funzionale della corteccia cerebrale: l'unit che presiede alla ricezione, all'analisi e all'immagazzinamento delle informazioni.Sulla base delle informazioni afferenti cos elaborate (sintesi afferenti) e delle informazioni provenienti dal cervello viscerale (memoria e stato dell'umore) si impostano le strategie comportamentali dell'individuo, che si manifestano all'esterno attraverso l'esecuzione di complesse sequenze motorie.L'impostazione delle strategie comportamentali e l'esecuzione delle sequenze motorie una funzione tipica del lobo frontale, che costituice la terza unit funzionale. Questa unit presiede alla programmazione, la regolazione e la verifica dell'attivit del comportamento umano.Suddivisione funzionale della corteccia cerebraleAlla base di tutte le funzioni corticali descritte sta una suddivisione funzionale della corteccia cerebrale in tre differenti strutture in grado di elaborare funzioni diverse.Le tre strutture sono:aree corticali primariearee corticali secondarie aree corticali terziarieQueste aree, che troviamo all'interno di ogni lobo, rappresentano momenti diversi della codificazione del rapporto della corteccia cerebrale con le informazioni extracorticali.Le aree corticali primarie differiscono se si parla della seconda o della terza unit funzionale. Esse costituiscono il punto di arrivo delle informazioni afferenti, provenienti dal mondo esterno, se si tratta di informazioni sensitive (seconda unit funzionale) oppure il punto di partenza delle informazioni efferenti, per il mondo esterno, se si tratta del lobo frontale (terza unit funzionale).\p615In queste aree vi una iniziale (o finale) elaborazione

corticale, ma sono prevalentemente aree di relazione con le informazioni da o per il mondo esterno.Le aree corticali primarie hanno due caratteristiche fondamentali: sono organospecifiche e somatotopiche.Organospecifiche significa che esiste una area specifica per ogni organo sensoriale.Si ha cos:un'area sensitiva somatosensoriale primaria, che riceve le informazioni tattili, cinestesiche e termodolorifiche dell'intero corpo.Questa area situata sul lobo parietale e disposta longitudinalmente, lungo la rima della scissura di Rolando e nella sua profondit. Corrisponde a tre differenti aree di Brodmann: l'area 1 (sulla superficie emisferica), 2 e 3 (nella profondit della scissura di Rolando) (vedi fig. 25.2).Un'area sensitiva acustica primaria, situata nella profondit della scissura di Silvio, sul lato temporale della scissura, deputata alla recezione acustica: l'area 41 di Brodmann che prende anche il nome di planum temporale.Un'area sensitiva visiva primaria, situata nel lobo occipitale, nella profondit della scissura calcarina, corrispondente all'area 17 di Brodmann.Vi anche un'area gustativa primaria nel lobo limbico.La seconda caratteristica delle aree primarie la somatotopia.Nelle aree sensitive primarie rappresentato, in maniera distorta rispetto alla realt ma con ogni sua caratteristica, l'apparato sensoriale periferico origine dell'informazione sensitiva: nell'area acustica primaria si avr una rappresentazione della chiocciola, nell'area visiva della retina e nell'area somatosensoriale dell'intero corpo.L'informazione entra nella corteccia cerebrale attraverso le aree sensitive primarie. L'ulteriore elaborazione corticale avviene nelle aree corticali secondarie. Situate negli stessi lobi delle primarie, le aree secondarie sono ancora organospecifiche ma hanno perso completamente l'organizzazione somatotopica. L'integrazione che avviene a livello delle aree secondarie di tipo associativo (queste aree sono infatti definite aree associative corticali). Esse sono in grado di dare una concatenazione temporale agli stimoli percepiti dalle aree sensitive primarie che danno invece, alle informazioni, una organizzazione puramente spaziale.Le aree corticali secondarie danno una concatenazione logica al succedersi delle diverse informazioni sensoriali, mentre le aree sensitive primarie danno una concatenazione spaziale ai vari elementi di cui composta una informazione.Un tipico esempio pu essere dato dai disturbi corticali del linguaggio parlato (afasie).In un disturbo dell'area uditiva primaria (area 41) il soggetto non pi in grado di riconoscere i singoli fonemi (che corrispondono approssimativamente alle sillabe) di una lingua, che pure riesce a percepire a livello di suoni.Il paziente percepisce perfettamente ogni tipo di rumore, ma andata perduta la concatenazione logica che collega fra loro le diverse caratteristiche fisiche dei suoni (ampiezza intesit durata e qualit) in un suono linguistico (il fonema). I fonemi non vengono pi distinti dai rumori casuali ed il paziente non pi in grado di comprendere alcun tipo di linguaggio parlato.In un disturbo dell'area associativa uditiva (area secondaria, 42 di Brodmann), i singoli fonemi sono percepibili e differenziabili dai rumori privi di significato, ma manca la capacit di concatenarli in una sequenza logica temporale (linguistica) che abbia un significato (parole o frasi). L'individuo perci in grado di capire parole brevi e semplici, ma non parole complesse e tanto meno un discorso o il suo significato.Poich la complessit della grammatica e della sintassi linguistica si costruisce in periodi successivi della vita per ogni lingua appresa e queste funzioni occupano zone concentriche sempre pi esterne delle aree associative uditive, pu succedere \p616 che, per un danno di questa corteccia, l'individuo che parla pi lingue ne perda una (per esempio la lingua madre) ma sia perfettamente in grado di comunicare attraverso altre lingue apprese in periodi successivi.Per esprimere con un esempio la differenza fra aree uditive primarie e secondarie, le aree primarie potrebbero essere considerate come la rappresentazione corticale dei

singoli fotogrammi di una pellicola: sono immagini chiare, ben localizzate nello spazio, ma immobili. Le aree secondarie sono la proiezione di un film, che consente di collocare i singoli fotogrammi in successioni temporali definite.Il film indiscutibilmente una successione di fotogrammi immobili ma che, nella successione temporale pianificata dal proiettore, assumono un significato completamente diverso dai singoli fotogrammi. Questo un fenomeno di integrazione secondaria, la corretta collocazione spaziale delle sostanze chimiche sulla pellicola, che d l'immagine ferma del singolo fotogramma, invece un fenomeno di integrazione primaria.I fenomeni di integrazione terziaria, definiti le sintesi polimodali, avvengono nella corteccia terziaria, che comune per tutti i lobi retrorolandici, poich a livello di corteccia terziaria le varie informazioni sensitive, provenienti dai diversi canali afferenti, si fondono per dar luogo all'immagine cosciente della percezione, questa costituisce una sintesi polimodale delle afferenze sensoriali di tutti i tipi e delle pregresse esperienze, che la corteccia cerebrale pu evocare direttamente dalla memoria.Le zone terziarie della corteccia cerebrale sensitiva costituiscono il cosiddetto carrefour Temporo-Parieto-Occipitale (TPO). Questa zona corticale si sviluppa a ferro di cavallo attorno all'estremit posteriore della scissura di Silvio.La sintesi polimodale delle afferenze sensitive e la contemporanea comparazione con le informazioni mnemoniche non per ancora sufficiente per rappresentare l'immagine cosciente della informazione proveniente dal mondo esterno. Per ottenere questo tipo di rappresentazione cosciente necessaria una interazione fra tutte le diverse cortecce di entrambi gli emisferi.Questa necessit legata a due ragioni specifiche: la prima data dall'unit funzionale della corteccia cerebrale. Per quanto si possa intendere l'evoluzione del processo neurofisiologico che sta alla base dei fenomeni cognitivi come una successione di cortecce primarie, secondarie e terziarie, sempre valida la considerazione della corteccia cerebrale come una struttura unica, in cui ogni singola area compartecipa in modo attivo ad ogni funzione corticale.La seconda ragione della necessit interattiva di tutte le cortecce di entrambi gli emisferi legata al fenomeno della lateralizzazione.Il termine lateralizzazione vuole significare una differenza, esclusivamente funzionale, fra zone anatomicamente identiche dei due lati del SNC. La lateralizzazione un fenomeno dimostrato, al momento, solamente a livello di cortecci cerebra

le, sicuramente presente anche a livello dei nuclei della base, ma con caratteristiche molto pi incerte e nebulose.La lateralizzazione un fenomeno presente per tutte le cortecce di tutti i lobi. Per ci che riguarda il lobo frontale, il tipico fenomeno di lateralizzazione frontale, l'aprassia, stata affrontata nel capitolo 25.La lateralizzazione delle cortecce retrorolandiche alla base di una differenziazione funzionale importante nella percezione cosciente fra le cortecce dell'emisfero destro e sinistro.Le cortecce retrorolandiche dell'emisfero sinistro (emisfero dominante), attribuiscono alle informazioni in entrata connotati astratti, logici e simbolici, che consentono alla struttura una elaborazione delle informazioni mediante l'uso di codici interni.La trasformazione astratta delle informazioni esterne facilita la possibilit di elaborazione corticale. La corteccia cerebrale pu lavorare agevolmente sui \p617 simbolismi rappresentativi del mondo esterno, plasmandoli ai propri fini in maniera duttile e rapida, poich le informazioni esterne sono state tradotte nel linguaggio ideale della corteccia cerebrale. Solamente alla fine della elaborazione, nel momento in cui questa deve interagire nuovamente con il mondo esterno, il simbolismo verr nuovamente trasformato in energie adatte ad interagire con esso.Le cortecce sensitive dell'emisfero sinistro costruiscono una sorta di realt virtuale, derivata e stimolata dalle informazioni in arrivo dal mondo esterno, ma rielaborata internamente alla corteccia. A questo livello, una volta che il processo di codificazione astratta ha avuto inizio, le elaborazioni successive possono essere scatenate sia da uno stimolo proveniente dal mondo esterno sia da uno stimolo astratto interno che simula in ogni particolare una afferenza sensitiva. questo il caso del sogno, un evento tipico della attivazione corticale priva di ogni stimolo esterno.Una astrazione simbolica elaborata dall'emisfero sinistro il linguaggio. Attraverso l'ascolto di successioni sonore delle quali abbiamo appreso la successione logica (del tutto astratta), si pu immaginare un mondo reale, ma del tutto inesistente nel contesto.Se per esempio scrivo a questo punto la parola mela , qualunque lettore evoca il ricordo di un oggetto reale, con una forma, un peso, un odore ed un sapore (ed anche un rumore, indice di freschezza della mela al morso); tutto questo una pura astrazione simbolica, evocabile in completa assenza degli stimoli esterni appropriati (la mela).L'astrazione simbolica pu essere compresa unicamente se si ha la padronanza dei codici, attraverso i quali i neuroni corticali dell'emisfero sinistro elaborano la informazione esterna. Questi codici, la cui base neurofisiologica ancora sconosciuta, sono definiti engrammi e costituiscono l'unit base, la pietra su cui la corteccia cerebrale costruisce il proprio edificio astratto.Per il linguaggio parlato questi codici sono molto simili alle sillabe e sono definiti fonemi. La loro elaborazione inizia nelle aree uditive primarie, le parole, la grammatica e la sintassi, che sono codici successivi di composizione del concetto astratto, sono elaborazioni sempre pi complesse che avvengono con il contributo delle aree secondarie e terziarie.Il linguaggio un buon esempio di astrazione simbolica. Se si pensa ad una lingua incomprensibile dello stesso ceppo (che per noi il ceppo indoeuropeo), i singoli fonemi (le sillabe), che sono gli engrammi della lingua parlata, pur se non comprensibili possono essere ripetuti, poich la struttura base di ogni lingua del ceppo simile, ma se si pensa ad una lingua di ceppo differente (il cinese per esempio) allora non possibile nemmeno la ripetizione dei singoli engrammi, poich anche l'organizzazione delle aree primarie uditive di quella lingua ci estranea.L'astrazione simbolica un fenomeno estensibile a tutti i canali afferenti, una volta che vengano elaborati dall'emisfero sinistro. La lettura del linguaggio (ma anche la lettura di una carta stradale), l'osservazione di un balletto o di una manifestazione atletica rievocano altrettanti codici simbolici astratti

attraverso le afferenze visive (occipitali). Si pu riconoscere un linguaggio scritto anche se viene disegnato sulla cute (afferenze tattili: lobo parietale) ed anche l'azione, caratteristica del lobo frontale, avviene attraverso l'immissione nel mondo esterno di concetti astratti simbolici (linguaggio parlato, gestualit) attraverso il movimento.L'emisfero destro (non dominante) responsabile della organizzazione spaziale e temporale delle elaborazioni coscienti. Questo significa che le astrazioni dell'emisfero sinistro, per avere una aderenza alla realt, devono essere collocate nello spazio e nel tempo, che costituiscono variabili della coscienza evidentemente differenti dalle astrazioni.\p618Cosa significhi una collocazione spazio temporale di un concetto (concetto) difficilmente comunicabile in modo astratto. Assai pi rappresentativo riportare casi in cui si sia perduta questa capacit.I pazienti con danno della corteccia cerebrale dell'emisfero destro retroro-landico non sono pi in grado di collocarsi nello spazio e nel tempo ed esprimono a riguardo concetti assurdi senza individuarne minimamente la illogicit.E tipico del disorientamento spaziale, per esempio, sostenere di trovarsi in luoghi diversi allo stesso tempo, o sostenere di avere momentaneamente abbandonato parti del proprio corpo in quanto di peso. tipico del disorientamento temporale, per esempio, ritenere, senza contraddizioni, di avere un'et di centinaia di anni, o di essere pi anziano dei propri genitori.Le due manifestazioni cliniche pi comuni e caratteristiche del disorientamento spaziale e temporale sono comunque la agnosia spaziale e la emisomatoagnosia.La agnosia spaziale, disturbo unilaterale per lo spazio sinistro, o emianattenzione, un disturbo dell'attivazione intenzionale dell'attenzione verso l'emispazio sinistro.Questo paziente vive la sua vita come se tutto lo spazio esistente fosse quello a destra del piano sagittale passante per la linea mediana. Lo spazio sinistro viene percepito, ma completamente ignorato (fenomeno ora comune anche con il nome di Neglect).Se l'interlocutore si rivolge al paziente da sinistra, questo converser con un interlocutore posto alla sua destra (se presente), se non vi alcuno alla sua destra, si comporter in maniera disorientata mostrando un certo panico.Negli spostamenti queste persone, impossibilitate a proseguire diritto, volteranno sempre e solamente a destra, se entrambe le soluzioni (diritto e destra) vengono impedite, i pazienti mostreranno ancora una volta sconcerto e disorientamento, fino al panico.La emisomatoagnosia un disturbo che riguarda il riconoscimento del proprio corpo, anzi del proprio emicorpo sinistro. L'emicorpo sinistro, frequentemente paralizzato poich i casi pi frequenti di questo disturbo si associano ad emiplegia, viene completamente ignorato. Questi pazienti ignorano, di conseguenza, di essere ammalati e, comportandosi come soggetti sani, incontrano i pericoli conseguenti a questo loro atteggiamento illogico.Poich anche in questo caso i canali sensitivi afferenti sono perfettamente funzionanti, il problema puramente di elaborazione corticale ed a fronte di afferenze che comunque contraddicono il concetto spazio temporale dell'ammalato, egli cercher spiegazioni logiche tortuose ed improbabili. E frequente sentir raccontare da questi malati che nel loro letto di ospedale dorme un altro paziente, o che hanno momentaneamente abbandonato le parti del proprio corpo che non riescono a gestire (in quanto plegiche).Tutti questi sono tentativi di soluzione astratte (dell'emisfero sinistro) ad un problema spazio-temporale che l'emisfero destro non pi in grado di risolvere ed esprimono in maniera evidente il concetto di lateralizzazione funzionale della corteccia cerebrale.La lateralizzazione un fenomeno ancora oggi non spiegabile dal punto di vista neurofisiologico: i neuroni, le attivit e le organizzazioni corticali delle due cortecce (destra e sinistra) sono infatti identiche. L'unico punto dove stato dimostrato un maggior sviluppo della corteccia cerebrale del lato sinistro a livello del planum temporale (area uditiva primaria, 41 di Brodmann) che, secondo gli

studi di Geshwind e Levitsky anatomicamente pi ampio nell'emisfero sinistro.Il dato messo in correlazione dai due autori alla funzione percettiva di tipo linguistico di questa zona nell'emisfero sinistro. (Geshwind e Levitsky Human \p619 Brain, left-right asymmetries in temporal speech region Science 161, 3837, 1968, 186187).BibliografaChusid J.G., Neuroanatomia correlazionistica e neurologia funzionale. Piccin 1990. Geshwind e Levitsky Human Brain, left-right asymmetries in temporal speech region Science 161, 3837, 1968, 186-187 Luria A.R., Come lavora il cervello. Il Mulino, Bologna, 1977. Nolte J., Anatomia funzionale del sistema nervoso dell'uomo. Piccin Padova, 1991.\p620CAPITOLO 28 IL PAZIENTE EMIPLEGICO: CHINESIOLOGIA E BIOMECCANICALa fase acutaL'emiplegia la paralisi motoria di un emisoma, provocata da un danno encefalico che ha distrutto alcune cellule nervose appartenenti ai circuiti che si occupano del movimento.Vengono coinvolti i muscoli che si trovano dal lato opposto alla sede neurologica in cui si verificata la lesione e, di conseguenza, anche i movimenti eseguiti dagli arti e dall'emitronco di quel lato.Nel periodo immediatamente successivo all'episodio che ha provocato la lesione, il paziente emiplegico si presenta con una globale riduzione del tono muscolare dell'arto superiore e dell'arto inferiore, cos come del tronco ed a volte anche dei muscoli del capo, tanto che in molti casi non gli possibile riuscire a mantenere attivamente neppure la posizione seduta.A questo periodo, che pu avere una durata pi o meno lunga a seconda del livello e della gravit del danno encefalico, fa seguito un tempo di riorganizzazione del tono muscolare di base, di cui parleremo in seguito.Nella prima fase, o fase acuta, l'osservazione dell'atteggiamento spontaneo assunto dal paziente emiplegico ci fornisce gi alcune indicazioni in merito alle caratteristiche del suo tono muscolare.In posizione supina, si pu gi vedere come gli arti siano esposti all'azione gravitarla, alla quale l'attivit del Sistema Nervoso non si riesce ad opporre attraverso le contrazioni muscolari.L'arto superiore abbandonato lungo il fianco, e l'arto inferiore si porta in extrarotazione d'anca, con il piede equino e supinato.Il tono dei muscoli che si apprezza alla palpazione ha tutte le caratteristiche della lesione periferica: flaccido, e se viene compresso con le punte delle dita non risponde con quella reazione di difesa che normalmente si percepisce quando si analizza un muscolo sano.Inoltre non vi sono risposte a qualsiasi sollecitazione di natura tattile o dolorifica.In pratica si tratta di un black out dell'attivit muscolare, che lascia l'apparato osteo-articolare privo dell'organizzazione difensiva che, oltre a consentire l'esecuzione dell'attivit motoria, ne preserva anche l'integrit dall'aggressione di forze esterne.Le differenti forme di stimolazione che si possono applicare, a volte vengono percepite correttamente dal paziente ed a volte no, a seconda dell'integrit del sistema sensitivo in relazione alla lesione.Si pu utilizzare una forte pressione attraverso la punta del pollice applicata in corrispondenza del ventre muscolare degli agonisti pi importanti, oppure un pizzicottamento dello stesso tessuto muscolare cercando di evocarne una reazione di difesa, oppure ci pu anche essere uno stiramento muscolare effettuato attraverso una rapida mobilizzazione, in modo da allontanarne bruscamente le \p621 inserzioni e sollecitarne quindi un avvicinamento attraverso la contrazione muscolare.In generale, il paziente emiplegico non fornisce alcuna risposta a questo tipo di sollecitazione durante la fase acuta.Posizione sedutaIn questo periodo spesso impossibile proporre al paziente di mantenere la posizione seduta, poich egli tende quasi sempre a cadere verso il lato plegico.Questo un primo aspetto su cui occorre soffermarci, ed necessario approfondire lo studio della biomeccanica e della chinesiologia per poter valutare attentamente ci che accade quando un corpo viene inserito in un contesto gravitazionale.Proviamo ad immaginare un manichino fornito di un elaboratore centrale,

corrispondente al Sistema Nervoso, e di un sistema effettore, corrispondente all'apparato muscolo-scheletrico, di cui funzionino unicamente le strutture di un lato.Mettendolo in posizione seduta, le difficolt dovrebbero insorgere nel momento in cui il baricentro viene spostato dal lato in cui le strutture funzionano.Questa difficolt dovuta al fatto che i muscoli, per mantenere la posizione, agiscono come tiranti che riequilibrano il tronco impedendogli di cadere dal lato opposto (Fig. 28.1).Fig. 28.1 - Paziente emiplegico in posizione seduta. Le frecce indicano la tendenza alla caduta dallo stesso lato della paresi.\p622L'impossibilit di riportare il baricentro all'interno della base di appoggio, dovuta all'assenza dell'azione muscolare dell'emisoma plegico, dovrebbe determinare una caduta dal lato in cui la muscolatura efficiente, mentre la tendenza a spostarsi dal lato plegico dovrebbe essere facilmente compensata da una contrazione riequilibratrice dei muscoli del lato sano. ovvio quindi, su un piano prettamente teorico, che il paziente emiplegico dovrebbe riuscire a controllare l'equilibrio da seduto verso il lato plegico, ma tendere a cadere verso il lato sano qualora il baricentro si portasse verso quella direzione.Tutto questo in realt non si osserva quasi mai, mentre molto frequente il contrario. pertanto evidente che le ragioni per cui il problema si pone non sono di ordine chinesiologico, e quindi non su questo piano che lo potremo risolvere.Rimandiamo quindi la soluzione del problema ad un'analisi specifica che si collega direttamente al danno neurologico, ed ai meccanismi predisposti dal Sistema Nervoso Centrale quando presente una lesione encefalica.Caduta della spallaUn altro problema che l'emiplegico presenta in questa fase come diretta conseguenza del disturbo del tono muscolare, la caduta della spalla.Sappiamo dalla chinesiologia (e lo vedremo meglio nello studio biomeccanico che seguir) che la stabilit della spalla garantita soprattutto dall'azione coartante di numerosi muscoli che, dopo averne scomposto i vettori, rivelano significative componenti che mantengono la testa omerale all'interno della cavit glenoidea della scapola.L'apparato legamentoso dell'articolazione glenoomerale piuttosto debole, per via della valida azione di tanti muscoli che, normalmente, svolgono il proprio ruolo principale in questa funzione stabilizzatrice.In conseguenza della lesione, viene a mancare tale importante supporto, ed ovvio che la gravit abbia gioco facile nello spostare verso il basso la testa dell'omero.Nei casi pi gravi accade che, dopo pochi giorni di paralisi dei muscoli che attraversano la spalla, inizi a comparire uno scalino nello spazio articolare superiore, segno di uno scivolamento inferiore dell'omero.Questo problema ortopedico condiziona indubbiamente il movimento, poich non possibile recuperare una corretta fisiologia articolare se non sono anatomicamente integre le strutture che dell'articolazione sono le componenti essenziali.C' per anche un preciso significato neurofisiologico.Infatti, questa condizione determina spesso la comparsa di un forte dolore, che limita la possibilit di inviare corrette afferenze di significato terapeutico in vista di un recupero della motricit.Inoltre, i muscoli vengono mantenuti in un atteggiamento di allungamento eccessivo rispetto alla loro normale dimensione in posizione di riposo, per cui anche questo aspetto pu ostacolare il tentativo di corretta riorganizzazione del tono.Ad uno stiramento muscolare costante, corrisponde l'attivazione di circuiti neuronali integrati a livello sottocorticale e midollare.Questi possono provocare un ipertono spastico, che estremamente difficile da normalizzare una volta instauratosi.La caduta della spalla dell'emiplegico quindi un evento molto importante sia sul piano osteoarticolare che su quello neurofisiologico durante la fase acuta, e deve essere attentamente sorvegliato per prevenirne l'insorgenza.\p623Piede equino e supinatoIl permanere nel letto di degenza, a volte anche per un lungo periodo, pu favorire un'altra componente problematica per i movimenti del paziente emiplegico, in questo caso relativa al

piede.Sappiamo che la gravit tende a portare il piede in posizione di flessione plantare/equinismo e di supinazione, cio con la pianta verso l'interno, ma se a questa forza se ne aggiungono altre, quali il peso del lenzuolo o della coperta, la posizione assunta dal piede si porter ancor pi rapidamente verso questo atteggiamento, con il rischio di provocare retrazioni muscolari (Tricipite surale) e deformit articolari (tibiotarsica).Non raro incontrare pazienti non trattati, oppure non adeguatamente trattati, che continuano a distanza di anni a camminare secondo uno schema patologico, che comporta molti problemi, ad esempio la facilit ad inciampare, oppure la necessit di attivare compensi, come portare l'anca in abduzione per evitare il contatto della punta del piede con il terreno.Questa analisi sar oggetto di uno specifico studio.Sul piano chinesiologico possiamo osservare una progressiva retrazione dei muscoli Tricipite surale e Tibiale anteriore, la cui azione, relativa rispettivamente all'equinismo ed alla supinazione, diventa sempre pi aggressiva nei confronti degli antagonisti, gli estensori delle dita e dell'alluce e lo stesso Tibiale anteriore nel movimento sagittale del piede, che ha come risultante efficace un'azione di flessione dorsale (Fig. 28.2) (Fig. 28.3).Questo atteggiamento provoca una serie di conseguenze di ordine posturale che mettono in tensione i legamenti del ginocchio e la meccanica del bacino e del rachide, che possono essere costretti ad attivare una serie di compensi atti a riequilibrare l'assetto statico globale.In particolare, un appoggio sull'avampiede pu determinare una spinta posteriore dell'emibacino omolaterale, con una tensione del legamento collaterale esterno del ginocchio ed una sollecitazione che favorisce un atteggiamento di flessione dell'anca (Fig. 28.4).Fig. 28.2 - Analisi biomeccanica dei muscoli Tricipite surale e Tibiale anteriore sul piano sagittale, relativamente all'articolazione tibio-astragalica. Si nota la maggior efficacia del vettore estensore rispetto al flessore.\p624Fig. 28.3 - Analisi biomeccanica del Tibiale anteriore sul piano frontale, rispetto all'articolazione tibioastragalica.A questo pu far riscontro anche una torsione del rachide dorso-lombare in leggera rotazione verso il lato plegico.Questo problema in fase acuta ha come effetto di natura ortopedica il rischio di procurarsi una distorsione o uno stiramento legamentoso o muscolare di alcune delle strutture periarticolari della caviglia.\p625Nei primi tentativi di acquisizione della postura eretta o della deambulazione, cio di solito verso il momento del passaggio dalla fase acuta alla fase in cui il tono muscolare inizia la sua riorganizzazione definitiva, questo pericolo pu essere verificato con molta facilit.Fig. 28.4 Paziente emiplegico in posizione eretta, con una tendenza all'equinismo del piede. Si osserva un compenso attraverso una flessione delle anche ed una retropulsione del bacino.Passaggio sul fianco sanoAncora nel pieno della fase acuta, si assiste frequentemente ad una naturale propensione visiva ed attentiva del paziente emiplegico verso l'emicampo e l'emisoma che si trovano dal lato della lesione encefalica, cio quella in cui gli arti si possono muovere liberamente.Il paziente spesso non riesce neppure a vedere oggetti o persone che si trovano dal lato del letto corrispondente al suo lato plegico, cos come pu non rendersi conto della posizione in cui si trova una parte del suo corpo, oppure anche a chi appartenga quella stessa parte (ad esempio la mano o il piede).Questi problemi, di natura neuropsicologica, hanno delle forti ricadute anche \p626 nella riabilitazione motoria, in quanto possono interferire con l'esecuzione di compiti relativi al movimento.Rispetto all'analisi chinesiologica, occorre sottolineare che la paralisi motoria e le alterazioni del tono muscolare possono condizionare anche i movimenti pi elementari, come la capacit di portarsi dalla posizione supina a quella sul fianco.In effetti, quando viene richiesto al paziente questo spostamento, spesso egli riesce ad iniziarlo, ma poi a volte non lo conclude per l'impossibilit di coinvolgere nella rotazione gli arti

plegici.In particolare, si osserva l'insuperabile difficolt nel sollevare gli arti, portando la mano sull'addome e l'arto inferiore plegico sopra quello sano.Questo disturbo, associato ai problemi neuropsicologici di cui sopra, determina una concreta difficolt a realizzare globalmente uno spostamento posturale molto semplice, per il quale sarebbe necessario un minimo reclutamento muscolare corretto.Un valido sistema per riuscire a realizzarle questo spostamento consiste nell'afferrare la mano plegica con quella sana e portarla verso l'alto; quindi, con la gamba sana si aiuta quella plegica a flettersi per portarsi successivamente, insieme a tutto il tronco, sul fianco sano.Raggiungere la posizione sedutaIl passaggio dalla posizione supina al fianco sano un preludio al raggiungimento della postura seduta, per la quale la sequenza dei movimenti un po' pi complessa.Correttamente, le fasi che permettono al paziente emiplegico di portarsi seduto prevedono il passaggio alla posizione in decubito laterale, poi il trasferimento delle gambe fuori dal bordo del letto ed infine una verticalizzazione del tronco, che porta il soggetto in posizione seduta, con l'appoggio e la spinta dell'arto superiore sano.E evidente che tutti i movimenti eseguiti in questa sequenza coinvolgono la muscolatura del tronco, richiedono un importante reclutamento dell'attivit neuromuscolare degli arti del lato sano ed anche la massima attivit del tono muscolare degli arti plegici, che devono concorrere a realizzare lo spostamento nella fase in cui la gamba viene portata fuori dal bordo del letto.E proprio quest'ultima fase la pi problematica.Si pu osservare inoltre la difficolt nel controllo dell'arto superiore plegico durante la fase di verticalizzazione del tronco.In posizione erettaIl paziente emiplegico viene alzato in piedi in una certa fase del percorso riabilitativo, a seconda del piano di trattamento elaborato specificatamente per lui.Questo momento cos importante viene deciso dopo aver attentamente valutato diversi fattori, ma comunque non prima di quando egli non sia in grado di mantenere attivamente l'equilibrio del tronco (potendo quindi disporre della possibilit di controllare il tono dei muscoli addominali e dorsali), ed abbia recuperato un discreto tono dei muscoli dell'arto inferiore.Un buon equilibrio in posizione seduta dunque un requisito necessario per poter alzare in piedi il paziente emiplegico.Il perdurare della fase acuta determina un primo problema, che consiste nella difficolt a mantenere il ginocchio in estensione quando egli appoggia il carico sull'arto inferiore plegico.\p627Dal punto di vista biomeccanico, se il soggetto in piedi, il ginocchio ha come unica possibilit di movimento la flessione; quindi, fino a che la proiezione del baricentro corporeo ricade sull'esigua superficie articolare costituita dal piatto tibiale il sistema in equilibrio, ma dal primo momento in cui il carico si sposta, trasferendosi al di fuori di esso, la gravit tender a portare il ginocchio in avanti, realizzando un movimento di flessione, con conseguente caduta del paziente.D'altro lato, molto importante considerare anche che il superamento della fase acuta spesso si accompagna alla comparsa di ipertono, in cui gli estensori (come potremo vedere in seguito) prevalgono sui flessori.Quella che in un primo tempo si osserva essere una difficolt al mantenimento della estensione, diviene quindi una difficolt progressiva nel realizzare la flessione del ginocchio, soprattutto quando il paziente in piedi, ed ancor pi nel momento in cui egli trasferisce il carico sull'arto plegico.Appare chiara gi fin d'ora la delicatezza e l'importanza di questa fase riabilitativa, poich l'equilibrio tra l'esercitazione insistita, finalizzata ad un precoce superamento della fase acuta (con conseguente prevenzione dei danni che determina l'impossibilit a camminare), associata alla massima cura necessaria per prevenire un atteggiamento prevalente di estensione (che impedisce al paziente di poter camminare correttamente) uno dei punti pi significativi di tutto il percorso di recupero del paziente emiplegico.La riorganizzazione del

tono muscolareDurante la fase acuta, il Sistema Nervoso Centrale non in grado di attivare il sistema muscolare controlaterale all'emisfero in cui si verificata la lesione, e questo determina una caduta del tono degli arti dell'emisoma plegico, e a volte anche dei muscoli del tronco di quel lato.Questo periodo viene pian piano superato, e nel paziente emiplegico si assiste ad una ripresa del tono muscolare, che per presenta fin dall'inizio alcune anomalie rispetto a quello dei muscoli sani.Cercheremo di descrivere queste caratteristiche nei capitoli che seguiranno, immaginando un paziente astratto, che presenti un quadro clinico in cui vengano riassunti il pi possibile gli atteggiamenti prevalenti nei malati che frequentano le palestre di riabilitazione.Nella fase acuta della malattia il deficit motorio si manifesta nell'impossibilit di contrarre attivamente i muscoli per realizzare qualsiasi tipo di movimento.Successivamente, nella fase di riorganizzazione del tono muscolare, questa facolt diviene invece possibile, anche se in termini diversi dalla normale attivit muscolare.IrradiazioneLa prima manifestazione in cui il tono dimostra la sua ricomparsa va di pari passo con la ripresa di alcuni movimenti del braccio.Il paziente riferisce soddisfatto di aver visto con i suoi occhi il braccio che si muoveva, attribuendo a questo evento un valore molto elevato in prospettiva.In realt non possiamo essere certi che si tratti di un'attivit motoria volontaria, ma purtroppo pu anche essere semplicemente un'azione riflessa, secondaria a qualche particolare tipo di stimolazione. quindi necessario porre alcune domande che ci consentano di capire perch il braccio si mosso, e se si tratta solo di un movimento globale afinalistico senza \p628 alcun significato funzionale, oppure di un iniziale recupero di integrazione corretta tra il Sistema Nervoso Centrale e l'apparato muscolare.Inoltre occorre verificare se il movimento avvenuto in concomitanza con uno sbadiglio o con uno starnuto.Se cos, non si tratta certamente di un atto motorio volontario.Pu anche accadere che il paziente interpreti come ripresa del movimento una contrazione globale dell'arto superiore nel momento in cui evacua o quando si porta sul fianco, oppure quando realizza una contrazione massimale di altri gruppi muscolari che si irradia anche ai muscoli del braccio.Questo fenomeno di irradiazione si pu mantenere anche in seguito, ogni volta in cui si sovrappongono differenti prestazioni complesse che richiedono un grosso impegno di attenzione ed attivazione neuro-motoria, interferendo con l'attivit volontaria che il paziente apprende ed automatizza.L'irradiazione una manifestazione catastrofica del tono muscolare, che insorge a volte senza alcuna causa particolare, ma che pi frequentemente si realizza in concomitanza con altre attivit motorie.La perfetta integrazione tra i diversi nuclei che costituiscono il Sistema Nervoso Centrale l'unico mezzo che permette al movimento di essere eseguito senza la sovrapposizione di fenomeni che alterino la qualit del gesto.Nel paziente emiplegico la diffusione incontrollata delle contrazioni muscolari si osserva spesso fin dal primo momento in cui possibile notare una certa ripresa del tono, e segue frequentemente un decorso di tipo prossimo-distale.Ipertono spasticoNei giorni successivi, il tono muscolare comincia ad organizzarsi ancor pi organicamente, fino a presentarsi a livello di alcuni gruppi di muscoli con caratteristiche del tutto particolari.Questi muscoli, quasi sempre antigravitari, cominciano a modificare il proprio aspetto e la propria morfologia, non presentando pi le caratteristiche di flaccidit ed areflessia proprie della fase acuta.Al contrario, il tono inizia ad aumentare e, anche visivamente, il suo aspetto si presenta pi simile a quello di un muscolo normale.Iniziano per progressivamente ad apparire alcune caratteristiche che, sia morfologicamente che fisiologicamente, lo distinguono in modo netto.Ad esempio, a differenza del muscolo normale, quello spastico non pu essere inibito attivamente, se non attraverso meccanismi indiretti che ne inducano il rilasciamento.Il paziente,

sollecitato verbalmente ad abbandonare l'arto per far diminuire il tono, non riesce ad eseguire questo compito apparentemente semplice.La ripresa dell'attivit muscolare si riflette direttamente sull'apparato osteoarticolare, in quanto le articolazioni su cui il muscolo ipertonico effettua la sua azione si atteggiano leggermente secondo la contrazione effettuata da questo stesso muscolo.Inizia quindi a realizzarsi quello squilibrio tra muscoli vincenti e muscoli perdenti che caratterizzer tutto il futuro assetto posturale del paziente emiplegico, con conseguente prevalenza di alcuni gruppi sugli antagonisti, che studieremo pi avanti in dettaglio.Alla palpazione, l'ipertono viene percepito dall'esaminatore come se il paziente stesse effettuando una contrazione muscolare attiva, con il muscolo stabilmente mantenuto in attivit.Questo fenomeno, che osserviamo durante il processo di riorganizzazione del Sistema Nervoso Centrale dopo una lesione encefalica, si pu notare anche mobilizzando le articolazioni attraversate dai muscoli ipertonici.\p629L'alterazione del tono ostacola la normale mobilit articolare passiva eseguita dal terapista, per cui molto pi faticoso e difficile flettere ed estendere gli arti e, maggiore sar la forza applicata nella mobilizzazione, maggiore sar anche la resistenza opposta dall'ipertono muscolare.L'ipertono una reazione allo stiramento muscolare, che pu essere provocato semplicemente dalla forza di gravit, ed direttamente proporzionale alla forza applicata.Molto importante anche la velocit con cui il terapista esegue la mobilizzazione articolare, e quanto pi veloce la manovra, maggiore sar la reazione muscolare.Man mano che aumenta il grado di ipertono, le articolazioni attraversate dai muscoli spastici possono anche arrivare ad assumere un atteggiamento molto diverso da quello che osserviamo in posizione anatomica.Infatti, gli emiplegici si presentano spesso con la spalla abdotta a 45 gradi, il gomito flesso a 90 gradi, il polso flesso a 30 gradi e la mano chiusa con il pollice addotto mentre, all'arto inferiore, il piede assume un atteggiamento in flessione plantare fino a 45 gradi.Tutto questo accade sul piano strettamente statico, mentre con la contrazione attiva dei muscoli antagonisti e l'attivazione di particolari strategie riabilitative possibile modificare dinamicamente questi atteggiamenti, riuscendo almeno in parte a riequilibrare il tono muscolare.La reazione allo stiramentoIl muscolo che non modulato da un'attivit neurologica coordinata ed armonica, si trova esposto ad infinite sollecitazioni di tipo meccanico che, nel caso del paziente emiplegico, ne stimolano risposte precise che influiscono notevolmente sul suo tono muscolare.Abbiamo gi detto che la reazione muscolare proporzionale alla velocit ed alla forza applicata nel corso della manovra che allontana l'origine e l'inserzione tendinee.Gli esercizi rieducativi, quando prevedono la mobilizzazione di una o pi articolazioni, spesso vengono condizionati dall'aumento della resistenza dovuta alla contrazione muscolare antagonista, della quale necessario tener conto.Ci sono casi in cui l'ipertono spastico non particolarmente attivo, per cui sufficiente aumentare leggermente la pressione sul segmento osseo mobile per riuscire a concludere la mobilizzazione articolare.Ve ne sono altri in cui invece non si riesce a vincere questa resistenza, se non a prezzo di una mobilizzazione talmente forzata da mettere in pericolo l'integrit delle strutture periarticolari.Un'osservazione pi attenta ci suggerisce che fin dall'inizio della fase post-acuta, quando si applica una certa quota di stiramento muscolare, vi gi una risposta in contrazione riflessa. quindi fin dall'inizio della fase di riorganizzazione che si pu stimolare una reazione muscolare attiva.Questa rappresenta un'azione di difesa attraverso un gesto esagerato e sproporzionato.L'unit funzionale neurologica protagonista di questo lavoro il fuso neuromuscolare che, in condizioni normali, rappresenta un meccanismo atto ad impedire rotture e strappi dei muscoli.In condizioni di patologia invece, l'unit

funzionale interferisce sull'attivit muscolare, ostacolando la corretta contrazione dell'agonista.\p630Diciamo pertanto che, qualunque sia il grado di ipertono, esiste sempre un certo livello soglia di reazione allo stiramento.Se lo stiramento superiore a questo livello, l'azione dei fusi neuromuscolari determina un'accentuazione dell'ipertono, se invece meno forte, il gesto potr essere correttamente eseguito.Se la forza che tende ad allontanare le inserzioni muscolari superiore al livello soglia, ma talmente elevata da vincere la contrazione degli antagonisti determinata dai fusi neuromuscolari, si assiste ad un fenomeno diverso.Il muscolo patologico stirato, dopo l'iniziale aumento dell'ipertono, si rilassa (anche se il termine non proprio corretto) improvvisamente, lasciandosi allungare e non creando pi resistenza al completamento della mobilizzazione articolare.Questo fenomeno, anzich essere collegato al fuso neuro-muscolare, ha come unit funzionale l'organo tendineo del Golgi che, anch'esso a scopo difensivo dell'integrit muscolo-tendinea, quando viene attivato determina un rilasciamento della contrazione, se la forza stirante viene percepita come insostenibile.Il paziente emiplegico, i cui circuiti sottocorticali esprimono la propria attivit in assenza della modulazione dei centri nervosi encefalici, prigioniero delle stimolazioni meccaniche, statiche e dinamiche che la gravit, il movimento posturale e le forze esterne esercitano a livello del suo emisoma plegico.In condizioni patologiche, egli in grado di reagire a queste stimolazioni solo attraverso un movimento volontario povero e stereotipato, condizionato da questi due meccanismi neurologici.Pertanto il movimento spesso frenato dalla contrazione ipertonica, a cui il paziente sa di poter rispondere solo con una contrazione massimale degli agonisti, vincendo cos la resistenza degli antagonisti.A volte addirittura necessario che egli si aiuti con l'emisoma sano, reclutando unit motorie esterne per riuscire a superare la soglia che delimita la prevalenza del fuso neuro-muscolare sull'organo tendineo del Golgi.Innervazione reciprocaL'innervazione reciproca un meccanismo neurofisiologico in base al quale ad una contrazione degli agonisti corrisponde contemporaneamente un rilasciamento degli antagonisti.Il tono muscolare viene controllato da numerosi circuiti che si integrano nel Sistema Nervoso Centrale a pi livelli, ed il movimento il risultato dell'attivazione di tutte le strutture neurologiche.Per eseguire ciascun movimento, vengono per reclutati in particolare alcuni nuclei, in possesso delle propriet peculiari che ne rendono possibile l'esecuzione ottimale.Per questo anche in fisiologia troviamo nel gesto una quota in cui prevalgono le attivit neurologiche sottocorticali, in quanto meno dispendiose in termini di fatica, attenzione ed impegno.Una delle funzioni pi semplici che svolge il sistema nervoso midollare proprio il meccanismo dell'innervazione reciproca, che pu essere facilmente osservato e studiato nei pazienti che hanno subito un danno encefalico e che stanno frequentando le palestre di riabilitazione.Quando la contrazione di base di alcuni muscoli ha gi assunto le caratteristiche dell'ipertono proprie della fase di riorganizzazione, accade spesso che anche i muscoli antagonisti riprendano a contrarsi attivamente, attraverso uno schema in cui sono presenti alcune caratteristiche patologiche.Il tono, che pi debole rispetto a quello dei muscoli spastici, assume fin \p631 dall'inizio un significato importante in termini riabilitativi, e va rinforzato progressivamente attraverso una contrazione volontaria, a cui pu seguire anche un rilasciamento attivo.Questo ci indica che probabilmente proprio cercando di costruire la motricit con un lavoro indirizzato su questi muscoli che potremo ottenere un livello soddisfacente di integrazione tra il sistema nervoso e l'attivit muscolare.Se riusciremo a far apprendere al paziente la contrazione attiva dei muscoli antagonisti ai muscoli ipertonici, avremo trovato un ottimo strumento per normalizzare il tono di tutto il distretto coinvolto nella patologia.L'importanza di questo aspetto assume

un significato ancora maggiore quando la contrazione, seppur debole, di questi muscoli antagonisti pu essere ripetuta pi volte nell'unit di tempo prestabilita.Il lavoro attivo di un muscolo determina quindi l'automatico rilasciamento del suo antagonista.Anche questo un sistema difensivo, che previene i danni secondari dovuti ad una co-contrazione di agonisti ed antagonisti.Nel paziente emiplegico quindi questa analisi vale per tutti i gruppi muscolari perdenti che siano in grado di produrre una contrazione volontaria attiva, ma vengono sovrastati dall'ipertono dei loro antagonisti che ne impediscono una contrazione sufficiente ad attivare un movimento.Non necessario inizialmente inserire questo schema all'interno di un movimento finalizzato all'esecuzione di un gesto funzionale, in quanto non sar possibile riuscire a colmare il gap presente tra i due gruppi di muscoli.Il semplice corretto reclutamento di un certo gruppo di unit motorie pu essere considerato un risultato importante in riabilitazione, poich rappresenta un segno di normalizzazione del tono.Rilassamento con contrazione degli antagonistiNel corso del tempo, l'ipertono tende sempre pi ad aumentare, determinando un'accentuazione dello squilibrio tra i muscoli spastici ed i loro antagonisti.Non c' pi solo un deficit di forza, ma un impedimento attivo realizzato dalla contrazione spastica, che non permette all'antagonista la possibilit di eseguire un movimento efficace.Sulla base del meccanismo di innervazione reciproca, sappiamo che quando un certo gruppo di muscoli si contrae, automaticamente si rilassano i loro antagonisti.Questo principio neurofisiologico viene ampiamente sfruttato in riabilitazione.Quando un paziente possiede la capacit di reclutare almeno in parte le cellule di un antagonista ad un gruppo muscolare ipertonico, opportuno utilizzare anche questo tipo di esercitazione, per addestrare il malato a ridurre attivamente l'ipertono prevalente.L'obiettivo , come sempre, la normalizzazione del tono, anche se in alcuni casi non si riuscir ad ottenere niente pi che una relativa riduzione di ipertono del muscolo spastico.Questo risultato, apparentemente non brillante, va ugualmente perseguito con costanza e, nel corso del tempo, pu preludere all'esecuzione di un movimento volontario attivo.Un altro strumento che viene utilizzato nella rieducazione del paziente emiplegico per favorire il controllo del tono muscolare la respirazione.Il tono dei muscoli si modifica in funzione della fase respiratoria che esegue il paziente, aumentando quando egli inspira e diminuendo quando espira.\p632Se sottoponiamo il paziente ad una respirazione massimale facendogli incamerare la maggior quantit possibile d'aria e poi chiedendogli di espirare forzatamente, questo fenomeno si pu rilevare con facilit.La fase che ci interessa di pi il rilassamento durante l'espirazione, che pu aiutare il paziente ad apprendere un metodo per normalizzare autonomamente il tono muscolare, e quindi permettergli l'attivazione di un movimento volontario attivo.Questa capacit richiede diversi passaggi ed un buon grado di collaborazione da parte del paziente, e non pu da sola essere sufficiente a determinare un successo terapeutico.L'emiplegico dovr iniziare ad esercitarsi in posizione supina per poi, dopo un sufficiente addestramento, passare alle altre posture, cercando di controllare l'influenza che esercita la gravit.Inoltre pu essere indicato associare alle diverse fasi respiratorie l'esecuzione di movimenti attivi degli arti, in modo che durante l'espirazione il corretto reclutamento delle unit motorie favorisca un tono muscolare pi equilibrato tra gli agonisti e gli antagonisti.\p633ANALISI BIOMECCANICA E CHINESIOLOGICAQuesto capitolo sar interamente dedicato allo studio analitico dell'azione muscolare sulle articolazioni principali nel paziente emiplegico.L'attivit di base del sistema locomotore e le varie combinazioni che risultano a seconda del grado di stiramento relativo dei suoi componenti, della postura e dell'azione gravitaria essenziale per poter capire la chinesiologia.Quando il movimento alterato a causa di

una lesione, necessario considerare tutti gli elementi che lo rendono possibile, valutando la loro fisiologia in presenza di un danno, ed il comportamento di ciascuno di essi.Il sistema muscolare riceve il risultato di tutto il lavoro neurologico svolto da quelle strutture che si occupano del movimento.Il disturbo del movimento dipende principalmente dall'attivit che organizzano le cellule nervose rimaste integre dopo l'episodio lesionale, o soprattutto un effetto meccanico dovuto all'azione di forze interne ed esterne sulle numerose leve dell'apparato osteo-articolare?Si tratta evidentemente di tutte e due le cose insieme.Mentre l'ipotesi neurologica ha attratto molti studiosi che, sui testi della letteratura medica, hanno esposto diverse teorie sulle alterazioni del movimento dopo una lesione basate sulla neurofisiologia, non stato possibile trovare nulla di analogo per ci che riguarda la biomeccanica e la chinesiologia.Con tutti i limiti della nostra inesperienza, e senza la presunzione di voler presentare dati inconfutabili attraverso valori assoluti, abbiamo cercato di impostare un ragionamento fondato sulle leggi della fisica con leve, forze e vettori, cercando i collegamenti fra il dato clinico e le leggi matematiche presenti in natura ed applicabili ai soggetti in grado di spostarsi in modo autonomo attraverso il movimento.Il paziente emiplegico rappresenta l'esempio pi chiaro su cui i disturbi del tono possono essere studiati approfonditamente.L'analisi dei paragrafi successivi ci mostrer quindi gli atteggiamenti prevalenti che presentano i pazienti emiplegici, e quali sono le regole chinesiologiche che stanno alla base dell'esecuzione del movimento, per poter interpretare l'attivit motoria in modo complessivo.Nei capitoli successivi analizzeremo l'apparato osteomuscolo-scheletrico paragonandolo ad una leva, ad una serie di leve, su cui si applicano numerose forze, al fine di costruire concretamente il movimento umano.La prevalenza di alcuni gruppi muscolari sugli antagonisti un meccanismo molto complesso, non sempre uguale in tutti i pazienti. necessario analizzare bene i fulcri articolari, studiare l'azione dei muscoli e giungere quindi alla definizione di un quadro complessivo da cui possibile dedurre nel paziente emiplegico il movimento vincente e quello perdente .Abbiamo svolto questo lavoro valutando le condizioni pi frequenti nei numerosi pazienti emiplegici su cui abbiamo lavorato in tanti anni, e le conclusioni che abbiamo raggiunto rappresentano quindi un valore puramente quantitativo.Non abbiamo la pretesa di affermare che ogni paziente sia riconducibile a quel modello, ma che possibile studiare la motricit di ciascun paziente partendo da quelle basi, per ricavarne comunque un dato che sempre unico ed irripetibile.Abbiamo preso come modello il paziente emiplegico una volta conclusa la fase di riorganizzazione, poich ci sembrato pi semplice e probabilmente anche pi utile impostare il ragionamento sul paziente stabilizzato piuttosto che in quello in fase acuta, in cui le modificazioni del tono avvengono quasi quotidianamente.\p634SPALLALa spalla il fulcro prossimale dell'arto superiore, ed un'enartrosi, cio un'articolazione che possiede tre piani di libert di movimento attorno ai tre assi corrispondenti.Verr quindi analizzata attraverso uno studio in cui considereremo anche il piano orizzontale, dove le quote relative alla rotazione sono molto significative, non solo per l'aspetto puramente motorio, ma soprattutto per l'azione stabilizzatrice che i muscoli agonisti di questi movimenti svolgono sul fulcro gleno-omerale.In questo capitolo cercheremo di studiare le sinergie patologiche prevalenti a livello dell'arto superiore, partendo dall'osservazione, con l'obiettivo di riuscire a conoscere i valori biomeccanici del movimento nei pazienti emiplegici.La proposta che presentiamo parte quindi dalla descrizione del paziente emiplegico nell'atteggiamento prevalente che si pu osservare nelle palestre di riabilitazione.Occorre comunque sottolineare che il riferimento adottato un paziente ideale, astratto, che riassume in s

gli atteggiamenti determinanti lo squilibrio muscolare, prescindendo quindi dalle sempre presenti diversificazioni individuali, che non sar tuttavia difficile interpretare alla luce dei principi che qui cercheremo di esporre.La spalla emiplegica di solito leggermente abdotta, retropulsa e flessa anteriormente, con un certo grado di intrarotazione.Una valutazione semplificata espressa in questi termini ci serve ad iniziare a descrivere il paziente emiplegico, e verr sempre esposta ad introduzione di ciascun fulcro articolare.Comprendere i meccanismi biomeccanici di base ci permetter di conoscere il movimento nella sua dimensione periferica, e quindi di poter valutare meglio anche l'elaborazione che esercitano le strutture del Sistema Nervoso Centrale sull'apparato osteo-muscolo-scheletrico.L'applicazione di questi principi al singolo paziente spetta poi al riabilitatore che, con facilit, potr riprendere l'impostazione del ragionamento che qui presentiamo a partire dalla valutazione individuale e specifica del paziente stesso.L'analisi dei movimenti della spalla, di cui abbiamo gi indicato quali siano le quote prevalenti, si sviluppa attraverso due fulcri articolari che verranno studiati separatamente.Il primo il fulcro gleno-omerale, cio l'articolazione tra la testa dell'omero e la cavit glenoidea della scapola. senza dubbio una tra le articolazioni che permettono il maggior grado di libert di movimento relativamente alla flesso-estensione, all'abduzione-adduzione e all'intra ed extra-rotazione.Il secondo fulcro l'articolazione scapolo-toracica, in cui si confrontano la superficie anteriore della scapola e la superficie posteriore del torace.Il movimento di queste due superfici comporta uno spostamento della spalla in avanti e indietro, in alto e in basso, ed anche diagonalmente in tutte le direzioni.ARTICOLAZIONE GLENO-OMERALEPiano sagittaleLa spalla si presenta leggermente flessa, per cui il tono muscolare alterato nel senso di una prevalenza dei flessori sugli estensori.FlessioneDa un punto di vista chinesiologico, i muscoli principali che svolgono un'attivit flessoria a livello della spalla sono il Deltoide anteriore, il Gran pettorale ed il Bicipite brachiale.Sull'altro versante, i muscoli estensori sono il Tricipite brachiale, il Deltoide posteriore ed il Grande dorsale.Proviamo ora a descrivere il piano sagittale tracciando i vettori dei muscoli citati in successione, cercando anche di rispettare le proporzioni tra i moduli in modo da evidenziare l'importanza che, in un determinato fulcro articolare, svolge un muscolo rispetto ad un altro.Come vedremo, la somma algebrica dei moduli di quei vettori che concorrono all'azione flesso-estensoria della spalla sar leggermente a vantaggio della flessione.Deltoide anterioreSul piano sagittale, il Deltoide anteriore viene biomeccanicamente rappresentato con un vettore che ha il punto di applicazione sull'omero, nel punto in cui si trova l'inserzione muscolare, la direzione che procede dal basso verso l'alto e dall'indietro all'avanti, il modulo che ha un determinato valore (visualizzabile attraverso la lunghezza della freccia) ed il verso che opposto al punto di applicazione (Fig. 28.5).Inviando la congiungente tra il punto di applicazione ed il fulcro articolare (in questo caso l'articolazione gleno-omerale), si ricava la prima delle due semirette che costituiscono la scomposizione delle forze.Si traccia quindi la perpendicolare alla semiretta passante per questo stesso punto, e si pu osservare che essa ha un decorso che procede dal basso verso l'alto e, cosa che ci interessa particolarmente, dall'indietro all'avanti.Quest'ultima quota la indichiamo come efficace , ed proprio quella che ci fa capire, sul piano biomeccanico, che il muscolo Deltoide anteriore un flessore della spalla, in quanto esprime una forza che tende a spostare l'omero dalla sua posizione anatomica ad una posizione anteriore rispetto al piano frontale mediano.Le altre due quote che determinano l'efficacia dell'azione muscolare sono, come si detto, la lunghezza del braccio della leva e l'angolo compreso tra la direzione vettoriale ed il braccio di leva stesso.Per quanto riguarda il braccio

della potenza, possiamo dire che senza dubbio un valore favorevole, almeno rispetto alla maggior parte delle leve che appartengono all'apparato muscolo-scheletrico.In effetti, i punti su cui di solito si inseriscono i muscoli sono molto pi vicini al centro dell'articolazione su cui si svolge il movimento, per cui si pu considerare questa lunghezza (7.33) come relativamente vantaggiosa, nell'ambito della formula che si applica per calcolare il momento della forza.\p636Fig. 28.5 - Deltoide anteriore.Azione relativa all'articolazione glenoomerale.Analisi sul piano sagittale.Quota chinesiologicamente efficace: Flessione.Origine: Terzo esterno del margine anteriore e della faccia superiore della clavicola.Inserzione: Ramo anteriore della tuberosit deltoidea, sul margine anteriore dell'omero.Innervazione: Nervo circonflesso (C5-C6).Anche l'angolo compreso tra le due direzioni (quella vettoriale ed il braccio di leva) significativo in posizione anatomica, essendo di circa 35 gradi. da sottolineare il fatto che questo angolo diminuisce abbastanza rapidamente man mano che inizia ad aumentare il movimento di flessione gleno-omerale; questa particolarit, che ritroveremo spesso, unita ad una diminuzione del modulo vettoriale dovuta ad una forza progressivamente minore del muscolo, fa s che il Deltoide anteriore sia molto efficace in posizione anatomica, per poi esaurire la sua funzione flessoria una volta raggiunta una modesta quota attiva di questo stesso movimento.Bicipite brachialeIl Bicipite brachiale un muscolo biarticolare per cui, come si detto in sede d'introduzione, verr analizzato separatamente a seconda dell'azione svolta rispetto alle due articolazioni che attraversa: la spalla ed il gomito.In questo caso analizziamo il ruolo che riveste nella chinesiologia della spalla.Il punto di applicazione sulla tuberosit radiale, e ci troviamo quindi in presenza della condizione per cui, tra il fulcro articolare che stiamo analizzando (l'articolazione gleno-omerale) ed il punto su cui si applica il vettore (la tuberosit radiale), si interpone un'altra articolazione, in questo caso il gomito.\p637Il vettore sar pertanto costruito seguendo le indicazioni che abbiamo gi descritto nel capitolo 3, cio riportando il punto di applicazione in corrispondenza del fulcro articolare pi vicino all'articolazione di riferimento (il gomito), e descrivendone la direzione sulla base della retta sovrapposta alle fibre muscolari o tendinee che il muscolo presenta tra questo punto ed il fulcro articolare stesso.La direzione procede quindi dal basso verso l'alto e dall'indietro all'avanti, con un decorso abbastanza vicino alla parallela all'asse diafisario omerale.Sul piano biomeccanico, scomponendo il vettore in due forze, di cui una viene inviata al centro dell'articolazione glenoomerale, appare evidente come l'angolo costituito dalla direzione del vettore originario e da questa quota della scomposizione sia minimo; ne consegue che la quota perpendicolare alla congiungente tra il punto di applicazione ed il fulcro articolare abbia un modulo estremamente ridotto (Fig. 28.6).Fig. 28.6 - Bicipite brachiale.Azione relativa all'articolazione gleno-omerale.Analisi sul piano sagittale.Quota chinesiologicamente efficace: Flessione.Origine: Il capo lungo sul tubercolo sovra-glenoideo e sul cercine glenoideo, il capo brevesul processo coracoideo della scapola.Inserzione: Sulla tuberosit bicipitale del radio.Innervazione: Nervo muscolo-cutaneo (C5-C6).\p638Il rettangolo biomeccanico di forma allungata, ed il suo lato lungo rappresenta una quota che si spegne in un'azione coattante, importante nel senso della stabilizzazione articolare, ma non altrettanto nel movimento di flessione gleno-omerale.In una visione dinamica del movimento, possibile inserire ora un concetto che sul piano clinico appare scontato, ma che pu essere chiaro anche in biomeccanica attraverso una semplice rappresentazione grafica.Il modulo della quota vettoriale che definiamo efficace spesso molto ridotto in posizione anatomica, poich la direzione vettoriale si trova quasi sullo stesso asse del braccio della leva.Questo significa che l'angolo compreso tra la direzione della forza vettoriale ed il braccio

di leva molto limitato in posizione anatomica, determinando una riduzione estrema del valore finale espresso dalla formula che utilizziamo per calcolare il momento della forza del muscolo Bicipite brachiale.Quando il movimento ha inizio, le condizioni della leva si modificano poich, nello spostamento del punto di applicazione, si modifica l'angolo che il tendine, e quindi la direzione del vettore, descrive con il braccio della potenza.Questa modificazione si traduce inizialmente in una crescita del momento della forza ed in una maggiore vantaggiosit della forza muscolare, che pu esprimere un potenziale complessivo decisamente pi efficace.Tutto questo ha valore fino ad un certo punto nella dinamica del movimento, in quanto poi la potenza ritorna a decrescere a causa dell'aumento della resistenza costituita dalle forze esterne e della diminuzione della potenza propria muscolare che, oltre una certa fase della contrazione, non pi in grado di esprimersi come ai livelli precedenti di lunghezza (superiori).Per completare la riflessione, necessario aggiungere che il muscolo Bicipite brachiale concorre contemporaneamente alla flessione della spalla e alla flessione del gomito (come vedremo), ed logico pensare che, avendo egli gi svolto un'azione efficace a livello del gomito e realizzando un certo grado di accorciamento, il modulo del vettore che lo rappresenta nella flessione di spalla sar inferiore allo stesso vettore analizzato nella posizione anatomica, per cui ne deriver una significativa riduzione del suo potenziale motorio espresso a livello di ciascuna di queste due articolazioni.Gran pettoraleIl muscolo Gran pettorale ha una morfologia di tipo triangolare, con un'inserzione posta su un punto a livello dell'omero e l'altra che ricopre un'ampia superficie costale in prossimit del punto su cui le coste si congiungono con lo sterno.L'analisi che sviluppiamo ancora una volta sul piano sagittale rivela un vettore che procede dall'alto in basso e dall'indietro all'avanti.In realt, la direzione di questo vettore inclinata verso il basso solo leggermente per cui, in sede di analisi della scomposizione, immaginiamo fin d'ora che non sar particolarmente significativa la quota risultante che agisce nel senso della coattazione o della distrazione.Anche il modulo vettoriale in questo caso non ha valori tali da farlo considerare come gli altri due flessori analizzati (lo si pu osservare dalla lunghezza del segmento frecciato, che inferiore a quella del Deltoide anteriore e del Bicipite brachiale) (Fig. 28.7).La forza del Gran pettorale non minore di quella del Bicipite o del Deltoide, ma le condizioni su cui esso agisce, ed i differenti parametri lineari ed angolari \p639 che concorrono alla determinazione della potenza muscolare complessiva, ce lo presentano come un flessore meno efficace degli altri due.Fig. 28.7 - Gran pettorale.Azione relativa all'articolazione gleno-omerale.Analisi sul piano sagittale.Quota chinesiologicamente efficace: Flessione.Origine: margine anteriore dei 2/3 interni della clavicola, manubrio sternale, porzione antero-laterale dello sterno, faccia anteriore delle prime 5-6 cartilagini costali, guaina del muscolo Retto addominale.Inserzione: Labbro antero-esterno della doccia bicipitale dell'omero.Innervazione: Tronco secondario antera-interno ed antero-estemo del plesso brachiale (C5-C6-C7-C8D1).Vediamo ora il perch, in base al ragionamento sulla scomposizione delle forze vettoriali.Congiungiamo il punto di applicazione con il fulcro articolare ed osserviamo che l'angolo formatosi tra il vettore e la congiungente superiore a 90 (questo ci suggerisce che l'azione del muscolo avr una quota attiva nel senso della distrazione, piuttosto che in quello della coattazione articolare).Per eseguire correttamente la scomposizione, dobbiamo prolungare la retta di congiungimento dalla parte opposta rispetto al punto di applicazione, ed inviare la perpendicolare ad esso che origina dal punto di applicazione stesso, considerando solo quella parte che si trova nella porzione di spazio su cui si trova il vettore.Congiungiamo poi la punta del vettore (quella frecciata) con il

prolungamento della congiungente, in modo che formi con essa un angolo retto.Se inviamo la perpendicolare a questa retta partendo sempre dalla punta frecciata del vettore, otterremo la delimitazione del rettangolo biomeccanico, la cui diagonale rappresentata dal vettore originario.Le due quote che dobbiamo analizzare partono entrambe dal punto di applicazione vettoriale: la prima (quella che si trova sul prolungamento della congiungente tra il punto di applicazione ed il fulcro articolare) visualizza l'azione \p640 distraente che il Gran pettorale esercita a livello dell'articolazione gleno-omerale.La seconda ci rivela la funzione flessoria di questo muscolo, che tende a spostare l'omero dall'indietro all'avanti.Sul piano biomeccanico pertanto, il Gran pettorale un flessore della spalla, oltre a svolgere una certa quota di azione distraente sull'omero rispetto alla cavit glenoidea.L'analisi del braccio della leva e dell'angolo compreso tra le due rette indica in entrambi i casi due quote poco significative: la prima poich si tratta di una distanza molto ridotta in termini di lunghezza, la seconda in quanto molto vicina all'ampiezza di un angolo piatto per cui, essendo il seno di un angolo di 180 uguale a 0, se ne deduce che questo grado di inclinazione influenza notevolmente l'azione del muscolo relativamente a questo tipo di movimento.Il Gran pettorale ha pertanto sul piano sagittale una modesta funzione chinesiologica relativa alla flessione gleno-omerale.EstensioneIl modulo finale del movimento flessorio dell'articolazione gleno-omerale dato dalla somma dei tre moduli dei muscoli che agiscono in modo significativo rispetto a questo spostamento sagittale.A questa quota si contrappone il movimento opposto, l'estensione, che viene realizzata sempre sul piano sagittale attraverso uno spostamento all'indietro dell'omero rispetto alla cavit glenoidea.I muscoli che agiscono direttamente a questo livello sono il Tricipite brachiale, il Deltoide posteriore e il Gran dorsale.Tricipite brachialeQuesto muscolo biarticolare come il Bicipite brachiale per cui, come in quel caso, analizzeremo la sua funzione in due fasi successive relativamente ora alla spalla e poi al gomito.Il vettore si applica a livello dell'olecrano ed il muscolo estensore, analogamente al Bicipite, attraversa due articolazioni, in modo che tra il fulcro articolare che stiamo studiando ed il suo punto di applicazione vi sia l'interposizione dell'articolazione del gomito.La rappresentazione biomeccanica verr quindi disegnata tenendo conto dei dati che abbiamo descritto nel capitolo 3.Il Tricipite brachiale segue una direzione che decorre quasi in parallelo rispetto all'asse diafisario di omero e radioulna.Abbiamo pertanto gi fin d'ora l'indicazione che il modulo efficace che risultante dalla scomposizione delle forze sar piuttosto limitato, almeno nella posizione di partenza.La direzione vettoriale rivolta dal basso verso l'alto e dall'avanti all'indietro (Fig. 28.8).Congiungiamo ora il punto di applicazione con il centro del fulcro articolare, l'articolazione gleno-omerale, ricavandone una semiretta quasi verticale.Su questo stesso punto inviamo la perpendicolare alla semiretta precedente, poi, a partire dalla punta frecciata del vettore, tracciamo le perpendicolari sia sulla prima che sulla seconda traiettoria costruita.Si delimita cos il rettangolo in cui i lati corrispondono alla scomposizione di forze del muscolo Tricipite brachiale sul piano sagittale.\p641Fig. 28.8 - Tricipite brachiale.Azione relativa all'articolazione gleno-omerale.Analisi sul piano sagittale.Quota chinesiologicamente efficace: Estensione.Origine: Il capo lungo sul tubercolo sottoglenoideo, il vasto esterno sulla porzione posterioredell'omero, nella sua met superiore, vicino al margine esterno, il vasto interno sempre nellaporzione omerale posteriore in un punto posto sotto la doccia del nervo radiale.Inserzione: Superiormente, sulla superficie posteriore dell'olecrano ulnare.Innervazione: Nervo radiale (C6-C7-C8).Il lato pi lungo, quello quasi verticale, evidenzia che la maggior quota attiva del muscolo si esprime nel senso della

coattazione articolare mentre l'altra, quasi orizzontale e di modulo estremamente inferiore, rivela la quota efficace che tender a spostare l'omero dall'avanti all'indietro, nel senso cio dell'estensione.Per determinare il momento della forza di questo muscolo sul piano sagittale, passiamo a valutare le altre due componenti significative, osservando in particolare quanto sia lungo il braccio della potenza della leva :praticamente l'intera lunghezza dell'omero.In posizione anatomica, l'ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione del vettore ed il braccio della leva di circa 25 gradi.Vorrei a questo punto sottolineare un aspetto importante, certamente comune a molti muscoli che analizzeremo.\p642Nel corso del movimento estensorio della spalla l'omero si sposta all'indietro, quindi l'inclinazione del tendine distale del Tricipite si modifica, ampliando il suo angolo con la congiungente tra il punto di applicazione ed il fulcro articolare.Questo determina una maggiore dimensione del momento della forza, e tutto ci aumenta con l'aumentare dell'estensione della spalla.Inoltre, e questo comune a tutti i muscoli, il modulo del vettore non sempre uguale ma varia a seconda della sua lunghezza.Di solito, in massimo allungamento si ha una certa forza, che aumenta dopo un certo grado di accorciamento fino a raggiungere il massimo, per poi tornare a diminuire fino ad azzerarsi quando esaurita la sua capacit di contrazione attiva.La combinazione di questi due elementi, modificazione dell'angolo di inclinazione del tendine e quindi della direzione del vettore, unita all'aumento del modulo che si realizza dopo un certo grado di contrazione muscolare, fanno s che la condizione analizziata in posizione anatomica sia spesso svantaggiosa rispetto a quanto si presenta a movimento iniziato.Ovviamente, si raggiunge un punto in cui l'azione del Tricipite si annulla a causa dell'accorciamento muscolare e dell'aumento delle resistenze esterne (tensione degli antagonisti e delle strutture periarticolari).Questo angolo , nel nostro caso, di circa 45 gradi.Deltoide posterioreOgni quota del Deltoide si distingue dalle altre per via di un ventre muscolare ben distinto che, pur esercitando la sua azione su un'unica inserzione omerale, si comporta in modo specifico in quanto, agendo in base alla contrazione di una sola parte delle fibre muscolari, modifica l'inclinazione del tendine su quel punto, variando sostanzialmente anche la direzione vettoriale.La quota posteriore, in sinergia con il Tricipite brachiale per quanto riguarda il movimento sagittale, viene biomeccanicamente rappresentata con un vettore che si applica sul terzo medio dell'omero, in corris

pondenza dell'inserzione muscolare.La direzione rivolta dal basso verso l'alto e dall'avanti all'indietro.Il modulo maggiore di quello del Tricipite brachiale in posizione anatomica ma, una volta iniziato il movimento, l'importanza dei due muscoli estensori si inverte, in quanto la corsa del Deltoide piuttosto ridotta (quindi rapido il decrescere del modulo nel corso dell'estensione omerale), mentre l'efficacia del Tricipite brachiale aumenta rapidamente (Fig. 28.9).Il verso , come sempre, rivolto dal lato opposto rispetto al punto di applicazione del vettore.La scomposizione delle forze conferma ci che abbiamo affermato, rivelandoci una quota efficace estremamente favorevole per il movimento di estensione della spalla, ed una quota coattante della testa omerale nella cavit glenoidea che, pur essendo rappresentata (ed indicando quindi la sua azione protettiva rispetto al pericolo di lussazione posteriore), lo proporzionalmente di meno rispetto a quella efficace.Se congiungiamo il punto di applicazione del vettore con il fulcro glenoomerale e costruiamo il rettangolo biomeccanico, si pu osservare che il lato maggiore ed il lato minore hanno due lunghezze quasi uguali.Questo indica che la quota efficace molto significativa per realizzare il movimento che stiamo realizzando, cio l'estensione della spalla.Il braccio della potenza, pur non essendo lungo come quello del Tricipite brachiale, rappresenta comunque un dato importante nella formula che ci permette di calcolare il momento della forza di questo muscolo.\p643Fig. 28.9 - Deltoide posteriore.Azione relativa all'articolazione glenoomerale.Analisi sul piano sagittale.Quota chinesiologicamente efficace: Estensione.Origine: Margine posteriore della spina della scapola.Inserzione: Porzione posteriore della tuberosit deltoidea, sul margine anteriore dell'omero.Innervazione: Nervo circonflesso (C5C6).Altrettanto significativo l'angolo compreso tra la direzione del vettore ed il braccio di leva (circa 40) che dimostra come il Deltoide posteriore sia complessivamente efficace nell'eseguire il movimento di estensione dell'omero, a partire dalla posizione anatomica.Come abbiamo ricordato, l'intervento dei due muscoli si inverte man mano che aumenta l'estensione della spalla, a vantaggio dell'azione del Tricipite ed a svantaggio di quella del Deltoide posteriore.Gran dorsaleIl muscolo Gran dorsale l'antagonista del Gran pettorale rispetto al movimento dell'articolazione gleno-omerale sul piano sagittale.In effetti, la disposizione delle cellule del Gran dorsale si dirige medialmente e verso il basso, per finire sulla grande aponeurosi lombo-sacrale, cos come il Gran pettorale si andava ad inserire sulle coste, nella loro porzione anteriore.Il tendine prossimale del Gran dorsale, a partire dalla sua origine posta sul tubercolo minore dell'omero, decorre internamente rispetto alla diafisi omerale, passando sotto l'ascella.Questa inclinazione del tendine verr sottolineata nello studio delle rotazioni sul piano sagittale, che metter in luce come la contrapposizione tra i due \p644 antagonisti (Gran pettorale e Gran dorsale) pu diventare sinergia in particolari condizioni.Il vettore che ci descrive l'azione del Gran dorsale si applica sul trochine, ed ha la direzione che procede dall'alto verso il basso e dall'avanti all'indietro.Analogamente al Gran pettorale, la rappresentazione grafica ci mostra che l'angolo compreso tra la direzione vettoriale e la congiungente tra il punto di applicazione ed il fulcro gleno-omerale d origine ad un angolo ottuso per cui, nell'analisi della scomposizione delle forze, sar necessario prolungare la congiungente stessa dalla parte opposta rispetto a quella in cui si trova il fulcro articolare.Questo ci permette di costruire il rettangolo biomeccanico (Fig. 28.10).Fig. 28.10 - Gran dorsale.Azione relativa all'articolazione gleno-omerale.Analisi sul piano sagittale.Quota chinesiologicamente efficace: Estensione.Origine: Aponeurosi lombo-sacrale, processi spinosi delle ultime sei vertebre dorsali, delle cinque vertebre lombari, delle vertebre sacrali, porzione posteriore della cresta iliaca, ultime tre o quattro coste, angolo

inferiore della scapola.Inserzione: Doccia bicipitale dell'omero.Innervazione: Tronco secondario posteriore del plesso brachiale (C6-C7-C8).La quota della scomposizione che passa per il fulcro della leva descrive una tendenza all'allontanamento dell'omero rispetto all'articolazione gleno-omerale, e quindi un'azione distraente.La quota efficace per il movimento sagittale della spalla evidenzia uno spostamento all'indietro dell'omero, cio un'estensione glenoomerale.\p645Le altre due variabili necessarie per il calcolo della potenza muscolare complessiva sono scarsamente rilevanti: infatti, sia la lunghezza del braccio di leva che l'ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione vettoriale ed il braccio di leva stesso determinano un valore non particolarmente significativo (vedi didascalia).Inoltre, l'inclinazione del vettore, e quindi la diagonale del rettangolo, ha una direzione pi verticale di quella del Gran pettorale.L'analisi delle due quote che risultano dopo la scomposizione delle forze ci rivela un'azione principale che tende a trazionare l'omero, determinando un movimento di estensione dell'articolazione gleno-omerale.La differente inclinazione dell'angolo compreso tra Gran pettorale e Gran dorsale rispetto all'asse verticale, pu essere uno dei motivi che giustificano la prevalenza della flessione sull'estensione della spalla, soprattutto se si osserva che il paziente emiplegico presenta spesso un'anteposizione della spalla stessa (movimento anch'esso in cui il Gran pettorale svolge, come vedremo, un'azione significativa).ConclusioniIl tono muscolare deve essere analizzato in tutte le sue implicazioni centrali e periferiche, soprattutto quando ci troviamo in presenza di patologie neurologiche.Nel caso dei movimenti sagittali di spalla, il confronto con un'ampia casistica di pazienti emiplegici ci ha permesso di osservare una certa prevalenza della flessione sull'estensione.L'analisi dei principali muscoli agonisti per i movimenti di flessione ed estensione della spalla, nella maggior parte dei pazienti emiplegici che hanno superato la fase acuta ci presenta vettori con moduli superiori per quanto concerne i flessori.Anche le inclinazioni con cui i vettori si applicano alle leve ossee favoriscono lo spostamento anteriore per cui, in caso di aumento globale del tono di tutti i muscoli della spalla, ne consegue una costante prevalenza della flessione. comunque necessario precisare ancora una volta come ciascun paziente si presenti con caratteristiche specifiche.Piano frontaleL'analisi dei movimenti di abduzione ed adduzione della spalla particolarmente significativa, in quanto si tratta di schemi motori che il paziente emiplegico utilizza spesso per attivare in modo funzionale le potenzialit gestuali residue.In particolare, il movimento di abduzione viene di frequente utilizzato insieme alla flessione, oppure la sostituisce completamente, dimostrando di essere prevalente, a dispetto del numero maggiore dei muscoli adduttori rispetto agli abduttori.Evidentemente, il momento della forza degli agonisti che svolgono una funzione abduttoria della spalla maggiore di quello dei loro antagonisti quando ci troviamo in presenza di una patologia del Sistema Nervoso Centrale.La distanza tra il punto di applicazione dei vettori che rappresentano i muscoli agonisti per i movimenti frontali di spalla ed il fulcro articolare molto ridotta, e questo ha una grossa importanza, perch il braccio della potenza della leva uno degli elementi che appartengono alla formula per il calcolo della forza muscolare complessiva.\p646Nel caso degli adduttori di spalla, questa distanza quasi sempre piuttosto ridotta, per cui il valore efficace che risulta dalla somma dei moduli dei singoli muscoli sar decisamente vantaggioso per gli abduttori.L'abduzione prevale sull'adduzione anche per effetto della differenza dei moduli: relativamente ridotto quello degli adduttori e consistente quello degli abduttori.Un'ultima considerazione, che mi sembra per importante, riguarda il ruolo che svolge in questo movimento la forza di gravit.Nel paziente emiplegico in particolare, soprattutto se consideriamo che la

patologia costringe il malato a vivere un periodo in cui presente una diminuzione complessiva del tono muscolare, la forza di gravit spesso sufficiente da sola ad impedire qualsiasi movimento dell'arto superiore sia in flessione che in abduzione.A volte addirittura sufficiente per danneggiare le strutture capsulo-legamen-tose dell'articolazione glenoomerale. probabile che l'ipertono in abduzione possa essere il risultato delle continue sollecitazioni gravitarie nel senso della distrazione articolare, con continui stimoli sui circuiti alfa-gamma e relative risposte in contrazione.Queste sollecitazioni verranno osservate anche nello studio del movimento di prono-supinazione dell'avambraccio.AbduzioneI principali muscoli abduttori sono il Sovraspinoso ed il Deltoide medio (che agisce unitamente alle altre due quote, anteriore e posteriore).SovraspinosoSi tratta di un muscolo che ha le fibre disposte su un piano quasi sovrapponibile a quello frontale; la direzione del tendine nella sua inserzione sull'omero segue un decorso orientato in senso latero-laterale.Pertanto anche la direzione del vettore sar disposta su un piano molto vicino a quello frontale, su cui si studiano i movimenti di abduzione ed adduzione.Questa disposizione del Sovraspinoso importante, poich la potenza muscolare viene cos diretta in modo specifico verso un solo movimento, senza disperdersi in altre direzioni.Quindi, a fronte di un ventre muscolare non particolarmente tonico, l'efficacia di questo muscolo risulta essere estremamente significativa, poich concentra quasi tutta la sua potenzialit proprio sul movimento che le sue caratteristiche gli permettono di esprimere sul piano frontale.Il punto di applicazione del vettore che rappresenta l'azione del Sovraspinoso nei movimenti che l'omero esegue sulla scapola si trova in prossimit del trochite, nella sua porzione superiore.La direzione del tendine, e quindi quella su cui va costruito il vettore, decorre dal basso verso l'alto e dall'esterno all'interno.Congiungiamo il punto di applicazione vettoriale con il fulcro dell'articolazione glenoomerale e la rappresentazione grafica ci mostra una semiretta leggermente inclinata all'interno verso il basso (Fig. 28.11).Tracciamo poi la perpendicolare alla semiretta passante per lo stesso punto di applicazione, e completiamo il rettangolo biomeccanico con le perpendicolari a queste due linee che partono dalla punta frecciata del vettore.\p647Fig. 28.11 - Sovraspinoso.Azione relativa all'articolazione gleno-omerale.Analisi sul piano frontale.Quota chinesiologicamente efficace: Abduzione.Origine: Margine mediale della fossa sovraspinosa scapolare, faccia superiore della spina della scapola.Inserzione: Superficie superiore del trochite.Innervazione: Nervo circonflesso (C5C6).Le due quote che risultano, ed in particolare la quota efficace, ci indicano che il movimento ottenuto con una contrazione concentrica del muscolo Sovra-spinoso tende a spostare il trochite verso l'alto.La porzione di omero che si trova al di sopra del fulcro articolare, in questo modo si solleva e fa ruotare la diafisi ossea attorno al fulcro articolare, determinando il movimento di abduzione della spalla.La quota che abbiamo tracciato sulla congiungente tra il punto di applicazione ed il fulcro gleno-omerale ci rivela che, oltre a realizzare il movimento laterale, il Sovraspinoso svolge anche un ruolo importante nel senso della stabilizzazione, opponendosi alle forze che tenderebbero a far sublussare la spalla.Per quanto riguarda l'analisi delle altre due componenti che ci occorrono per completare il calcolo del momento della forza, osserviamo dalla rappresentazione grafica come la lunghezza del braccio di leva sia modesta, mentre l'angolo compreso tra la direzione vettoriale ed il braccio della potenza si avvicina a 90 gradi per cui, in posizione anatomica, quasi al massimo del suo potenziale.\p648Quindi proprio in posizione anatomica che le caratteristiche del vettore di questo muscolo riescono ad assumere il massimo dei valori consentiti.Occorre tuttavia considerare che la dimensione complessiva del Sovraspinoso nel senso della lunghezza e la sua capacit di accorciamento

sono tali da esaurirne rapidamente l'azione, verso i 40 gradi -50 gradi di abduzione gleno-omerale.A quel punto altri muscoli, con i tendini disposti in modo tale da poter esprimere meglio la propria potenzialit proprio a questi gradi di abduzione, ne rilevano la funzione per completare il movimento.Deltoide medioLa porzione media del muscolo Deltoide ha le fibre che, analogamente a quelle del Sovraspinoso, decorrono su un piano quasi frontale.A differenza del Sovraspinoso, il rapporto che il suo tendine omerale ha con la struttura articolare della spalla fa s che il muscolo avvolga l'articolazione dall'alto, creando una serie di piani di scorrimento sui quali scivola il muscolo stesso.In questo modo, tra il Deltoide e le strutture periarticolari si creano delle concrete possibilit di movimento, ad un punto tale da poterle considerare a tutti gli effetti come una nuova articolazione, la sottodeltoidea.L'altro aspetto che distingue i due principali abduttori della spalla la lunghezza del braccio di leva, molto maggiore nel caso del Deltoide medio, nonch una differente inclinazione della direzione vettoriale rispetto al braccio di leva, che determina un dato estremamente favorevole a quest'ultimo muscolo, rispetto al Sovraspinoso.C' poi da notare la particolare disposizione a carrucola delle sue fibre e del tendine che si inserisce sull'omero, avvolgendo in pratica il fulcro del sistema di riferimento: l'articolazione glenoomerale. il tipico caso che dimostra come la direzione del vettore non pu essere determinata dalla congiungente tra l'origine e l'inserzione del muscolo, ma una retta che si pu costruire sovrapponendola al segmento tendineo in prossimit del punto di inserzione posto sull'osso mobile (in questo caso l'omero).Infatti, tracciando la direzione in modo corretto, possiamo osservare che essa segue un decorso che la porta dal basso verso l'alto e dall'interno all'esterno mentre, se la disegnassimo secondo il principio della congiungente tra l'origine e l'inserzione, ne risulterebbe una traiettoria disposta dal basso verso l'alto e dall'esterno all'interno (Fig. 28.12).La costruzione del rettangolo biomeccanico rivela una quota che tende a spostare l'omero verso l'esterno maggiore di quella coattante che si riflette sul fulcro articolare.Questo valore importante, poich ci fornisce un'indicazione precisa sull'ampiezza dell'angolo significativo nel calcolo del momento della forza, e quindi dell'elevato potenziale motorio che il Deltoide medio esercita sul piano frontale.Essendo questo angolo di circa 60 gradi in posizione anatomica, il prodotto tra il modulo vettoriale, il braccio di leva ed il seno di un angolo di 60 gradi sar un valore elevato, indice di un'azione chinesiologica efficace relativamente al movimento di abduzione (vedi didascalia). importante anche osservare come, con l'inizio dell'abduzione, l'angolo compreso tra la direzione del vettore ed il braccio della leva tenda leggermente ad aumentare, e cos anche il momento della forza, fino ad un punto in cui il grado di accorciamento di questo muscolo non determiner una progressiva diminuzione del modulo vettoriale, che si concluder con il suo azzeramento.\p649Fig. 28.12 Deltoide medio.Azione relativa all'articolazione gleno-omerale.Analisi sul piano frontale.Quota chinesiologicamente efficace: Abduzione.Origine: Margine esterno ed apice dell'acromion.Inserzione: Porzione intermedia della tuberosit deltoidea, sul margine anteriore dell'omero.Innervazione: Nervo circonflesso (C5-C6).\p650AdduzioneI muscoli adduttori, oltre al Gran pettorale e al Gran dorsale che abbiamo gi studiato sul piano sagittale, sono il Sottoscapolare, il Gran rotondo ed il Sottospinoso (che agisce congiuntamente al Piccolo rotondo).SottoscapolareCi sono alcuni muscoli che vengono a giusta ragione considerati chi-nesiologicamente importanti per la loro funzione rotatoria nei confronti della spalla.Tuttavia, se attentamente analizzati su tutti i piani dello spazio, ed osservando particolarmente come si dispone il tendine nel suo punto di inserzione sull'omero, si possono osservare angoli che indicano anche una quota di movimento relativa ai

piani sagittale e frontale.Nel nostro caso, il muscolo Sottoscapolare decorre leggermente al di sotto dell'articolazione gleno-omerale, ed il suo vettore costruito sul piano frontale ha il punto di applicazione posto nel punto della sua inserzione omerale (sulla tuberosit minore o trochine), la direzione che rivolta dall'alto verso il basso e dall'esterno all'interno ed un modulo inferiore a quello del Deltoide medio (Fig. 28.13).Fig. 28.13 - Sottoscapolare.Azione relativa all'articolazione gleno-omerale.Analisi sul piano frontale.Quota chinesiologicamente efficace: Adduzione.Origine: Fossa sottoscapolare, posta sulla superficie anteriore della scapola.Inserzione: Superficie superiore della piccola tuberosit omerale.Innervazione: Primo tronco primario, tronco secondario posteriore del plesso brachiale, nervo circonflesso (C5-C6).\p651La congiungente tra il punto di applicazione ed il fulcro articolare ha un'inclinazione di circa 45 gradi, per cui svolge anche un'efficace azione relativamente allo spostamento dell'omero verso l'interno.La costruzione del rettangolo biomeccanico mette in evidenza anche altri due aspetti: da una parte la lunghezza dei lati, che non sono troppo diversi tra loro, e dall'altra una ridotta lunghezza del braccio di leva, da cui si ricava il modesto valore finale della forza complessiva di questo muscolo nel movimento laterale di spalla.Gran rotondoIl muscolo Gran rotondo svolge un'azione complessa relativamente a tutti e tre i piani dello spazio.In questo testo ci limiteremo a studiarne la chinesiologia sui piani frontale ed orizzontale, essendo la sua azione sul piano sagittale caratterizzata da un'azione efficace non particolarmente significativa.Sul piano frontale il Gran rotondo pu contare su un braccio di leva favorevole, che dimostra la sua azione di spostamento dell'omero verso il fianco, cio nel senso dell'adduzione a partire da un certo grado di abduzione.Il vettore che possiamo costruire quando il Gran rotondo prende punto fisso a livello scapolare decorre dall'alto verso il basso e dall'esterno all'interno.Inviamo la congiungente tra il punto di applicazione ed il fulcro articolare glenoomerale ed osserviamo come ancora una volta sia necessario prolungare la retta dalla parte del punto di applicazione, per poter permettere l'invio della perpendicolare a partire dalla punta frecciata del vettore, e quindi costruire il rettangolo biomeccanico di riferimento.Sul piano frontale quasi tutta la potenza muscolare viene riferita all'azione adduttoria, essendo la quota efficace praticamente sovrapponibile al vettore originario (Fig. 28.14).Nella scomposizione di forze rappresentata, si evidenzia anche una piccola quota sovrapposta alla congiungente tra il punto di applicazione e l'articolazione glenoomerale, che ha il verso rivolto dalla parte opposta rispetto al fulcro del sistema di riferimento, e che rivela pertanto una modesta distrazione articolare.Il valore biomeccanico relativo al braccio di leva fa s che il muscolo Gran rotondo sia un valido adduttore della spalla, a dispetto di un modulo modesto per via dell'esiguo ventre muscolare.Per completare l'analisi, osserviamo anche in questo caso l'inclinazione della direzione del vettore con il braccio della leva: possiamo notare che la situazione presente in posizione anatomica ci mostra un'incidenza della forza sull'omero quasi massima, essendo l'angolo compreso tra la direzione vettoriale ed il braccio di leva di poco superiore a 90 gradi.Sottospinoso (e Piccolo rotondo)Tra i muscoli che hanno l'origine a livello delle tuberosit maggiore e minore dell'omero e l'inserzione sulla scapola, un certo significato sul piano frontale da attribuire anche al Sottospinoso che, unitamente al Piccolo rotondo, pi conosciuto in chinesiologia per la sua azione sul piano orizzontale.A differenza del Sottoscapolare e del Gran rotondo, le fibre tendinee del Sottospinoso abbracciano la testa omerale dalla parte posteriore, determinando una direzione vettoriale antitetica all'azione degli altri due muscoli che analizzeremo sul piano orizzontale.\p652Fig. 28.14 - Gran rotondo.Azione relativa all'articolazione gleno-omerale. Analisi sul

piano frontale. Quota chinesiologicamente efficace: Adduzione. Origine: Porzione infero-esterna della fossa sottospinosa, posta sulla superficie scapolare posteriore. Inserzione: Labbro interno della doccia bicipitale dell'omero.Innervazione: Tronco secondario posteriore del plesso brachiale (C5-C6-C7).Sul piano frontale, le quote efficaci che emergono dopo la scomposizione delle forze sono sinergiche e concorrono tutte alla realizzazione del movimento di adduzione, mentre quelle relative all'azione stabilizzante o distraente del fulcro articolare non sempre sono concordi.\p653Nel caso del Sottospinoso, il vettore ha il punto di applicazione piuttosto in alto, quasi all'altezza del fulcro glenoomerale, ed il braccio della leva che concorre a determinare il momento della forza efficace risulta essere piuttosto ridotto.La direzione vettoriale una retta che procede dall'alto verso il basso e dall'esterno all'interno, cos come quella del Gran rotondo e del Sottoscapolare, ma in questo caso pi opportuno rappresentare graficamente il piano nella sua superficie posteriore, poich si possono osservare meglio le fibre del tendine distale del Sottospinoso (Fig. 28.15).La scomposizione delle forze rivela una congiungente tra il punto di applicazione ed il fulcro articolare quasi orizzontale, ed una perpendicolare a questa passante per lo stesso punto molto vicina all'asse diafisario dell'omero, seppur inclinata leggermente verso il basso e l'interno.E proprio quest'ultima che, non essendo in linea con il fulcro articolare, svolge la funzione di trazionare l'omero in un movimento di adduzione.Fig. 28.15 - Sottospinoso.Azione relativa all'articolazione gleno-omerale.Analisi sul piano frontale.Quota chinesiologicamente efficace: Adduzione.Origine: Porzione interna della fossa sottospinosa, superficie inferiore della spina della scapola.Inserzione: Porzione intermedia della grossa tuberosit dell'omero.Innervazione: Nervo sopra-scapolare (C5-C6).Piccolo rotondo.Azione relativa all'articolazione gleno-omerale.Analisi sul piano frontale.Quota chinesiologicamente efficace: Adduzione.Origine: Margine supero-esterno della fossa sottospinosa.Inserzione: Porzione posteriore della grossa tuberosit dell'omero.Innervazione: Nervo circonflesso (C5C6).\p654La quota che costituisce l'altro lato del rettangolo biomeccanico evidenzia un'azione non concorde a quella del Gran rotondo, cio la coattazione articolare, che favorisce la stabilizzazione della spalla contro le numerose forze esterne che tendono a provocare la lussazione della testa omerale.Il braccio della leva molto breve, per cui condiziona negativamente il risultato finale della potenza muscolare effettiva.L'angolo compreso tra la direzione del vettore e la congiungente tra il punto di applicazione ed il fulcro articolare di circa 45 gradi, rappresentando quindi un valore favorevole.L'insieme delle tre variabili evidenzia una discreta funzione chinesiologica di adduzione gleno-omerale, soprattutto a causa della limitata lunghezza del braccio della potenza.Gran pettoraleAbbiamo gi analizzato il muscolo Gran pettorale sul piano sagittale, ma la sua azione si esprime con maggior efficacia sui piani frontale ed orizzontale, per via della disposizione delle sue fibre tendinee in prossimit del punto di applicazione vettoriale.Sul piano frontale la rappresentazione biomeccanica del Gran pettorale rivela un vettore applicato sulla doccia bicipitale dell'omero, che decorre dall'alto verso il basso e dall'esterno all'interno, con il verso in direzione costale ed un modulo estremamente efficace (Fig. 28.16).La costruzione del rettangolo biomeccanico evidenzia con chiarezza una grossa differenza nella lunghezza dei due lati: la quota efficace estremamente pi significativa dell'altra che, in questo caso, ha un valore di tipo distraente.L'azione del Gran pettorale diventa ancor pi significativa quando andiamo ad analizzare il braccio della leva e l'inclinazione tra la direzione del vettore ed il braccio di leva stesso.Il braccio della potenza, come si pu ben vedere, sufficientemente lungo da permettere

una considerevole efficacia dell'azione muscolare, ma ancora pi importante l'angolo compreso tra la direzione del vettore ed il braccio della potenza, di pochissimo inferiore a 90 gradi.Questo valore talmente elevato da esprimere la massima efficacia nella risultante che determina il calcolo del momento della forza.Gran dorsale l'ultimo adduttore della spalla che analizziamo, ed anche il meno significativo rispetto al movimento che esercita sul piano frontale.La sua inclinazione infatti molto vicina all'asse verticale e, anche se in presenza di un consistente ventre muscolare, il Gran dorsale trasferisce la maggior parte della sua azione a livello rotatorio, piuttosto che nei movimenti laterali.Il vettore dell'azione muscolare quando il Gran dorsale prende punto fisso nella sua inserzione inferiore un segmento che si applica sulla tuberosit minore dell'omero, con una direzione che procede dall'alto verso il basso e dall'esterno all'interno, il verso rivolto inferiormente ed un modulo piuttosto ridotto (Fig. 28.17).La scomposizione delle forze deve ancora una volta utilizzare il prolungamento della congiungente tra il punto di applicazione ed il fulcro articolare gleno-omerale per poter costruire compiutamente il rettangolo biomeccanico.Ne risultano due quote: una distraente rispetto alla spalla e l'altra che tende a spostare verso l'interno la diafisi omerale, determinando cos un movimento di adduzione.\p655Fig. 28.16 Gran pettorale.Azione relativa all'articolazione gleno-omerale.Analisi sul piano frontale.Quota chinesiologicamente efficace: Adduzione.Origine: margine anteriore dei 2/3 interni della clavicola, manubrio sternale, porzione antero-laterale dello sterno, faccia anteriore delle prime 5-6 cartilagini costali, guaina del muscolo Retto addominale.Inserzione: Labbro antero-esterno della doccia bicipitale dell'omero.Innervazione: Tronco secondario antero-interno ed antero-esterno del plesso brachiale (C5-C6-C7-C8-D1).\p656Fig. 28.17 - Gran dorsale.Azione relativa all'articolazione gleno-omerale. Analisi sul piano frontale. Quota chinesiologicamente efficace: Adduzione. Origine: Aponeurosi lombosacrale, processi spinosi delle ultime sei vertebre dorsali, delle cinque vertebre lombari, delle vertebre sacrali, porzione posteriore della cresta iliaca, ultime tre o quattro coste, angolo inferiore della scapola. Inserzione: Doccia bicipitale dell'omero. Innervazione: Tronco secondario posteriore del plesso brachiale (C6-C7-C8).Il rettangolo biomeccanico mostra un'evidente differenza nella lunghezza dei due lati, e questo ci indica che l'angolo compreso tra la direzione vettoriale ed il braccio di leva non molto ampio.La dimensione lineare del braccio di leva significativa, e rappresenta un dato importante nel calcolo delle forza muscolare effettiva.Ci che limita la risultante complessiva anche il valore del modulo vettoriale, che piuttosto ridotto e non permette di realizzare una contrazione efficace.In questo come in altri casi, la funzione del muscolo si modifica una volta che il movimento iniziato, in quanto l'inclinazione dell'angolo compreso tra la direzione del vettore e la diafisi omerale aumenta con l'aumentare dell'abduzione, fino a che il braccio non abdotto a 45 gradi -50 gradi.ConclusioniLa somma della potenza dei muscoli che svolgono un'azione significativa sul piano frontale biomeccanicamente sbilanciata a favore dell'abduzione.\p657L'analisi dei moduli, delle lunghezze dei bracci di leva e degli angoli con cui i tendini si inseriscono sulle ossa mobili, ci consente di registrare un considerevole vantaggio degli abduttori sugli adduttori.Nel caso in cui si verificasse un aumento proporzionale del tono di tutti i muscoli della spalla che agiscono sul piano frontale, dunque l'abduzione che prevarrebbe sull'adduzione.Gli abduttori permettono all'arto superiore di realizzare uno dei movimenti che consente al braccio di vincere la forza gravitarla e di orientare la mano nello spazio per esercitare la sua funzione di prensione, per cui si tratta di un movimento molto importante, che viene utilizzato costantemente nelle attivit ordinarie della vita familiare e

lavorativa.Tutto questo accade anche se il numero degli abduttori inferiore a quello degli adduttori: un dato biomeccanico complessivo, che risulta dall'associazione di un insieme di valori.Gli adduttori sono spesso agonisti anche per movimenti che vengono analizzati negli altri piani dello spazio, per cui perdono almeno una parte della propria potenzialit nello spostamento dell'omero verso altre direzioni.Rispetto all'emiplegia, occorre precisare anche che, probabilmente, l'azione della gravit finisce per diventare una continua sollecitazione alla contrazione degli abduttori.Questi, contraendosi automaticamente per un lungo periodo, rinforzano un ipertono che prevale sulla somma dell'azione della gravit e degli adduttori, tanto da impedire a volte la possibilit di realizzare anche un'adduzione volontaria attiva.L'abduzione del paziente emiplegico quasi sempre la componente pi forte a livello della spalla.Piano orizzontaleNell'introduzione a questo capitolo abbiamo affermato che il paziente emiplegico, per quanto riguarda i movimenti sul piano orizzontale, si presenta frequentemente con un certo grado di rotazione interna della spalla.Questo atteggiamento visibile in quasi tutti i soggetti che hanno subito un danno cerebrale, ed spesso associato alla flessione del gomito che, come vedremo in seguito, prevale sull'estensione.Il gomito flesso impedisce il completamento del movimento di rotazione interna, poich l'avambraccio viene bloccato dal contatto con l'addome.Ci non toglie per che, probabilmente, ci troviamo di fronte al pi marcato squilibrio del tono di muscoli antagonisti che possibile osservare nella spalla del paziente emiplegico, una volta superata la fase acuta.Rotazione internaIl movimento di intrarotazione si compie attraverso l'azione principale di quattro muscoli che, sia per il tono che per la disposizione delle fibre tendinee, e quindi per l'efficacia dell'azione biomeccanica, prevalgono nettamente sugli antagonisti.I muscoli interessati sono il Gran pettorale, il Gran dorsale, il Gran rotondo ed il Sottoscapolare.I muscoli extrarotatori sono invece il Sottospinoso ed il Piccolo rotondo che, per la vicinanza delle proprie fibre e per l'esiguit del ventre muscolare, verranno analizzati insieme.\p658Gran pettoraleIl Gran pettorale, gi conosciuto per le sue azioni flessoria ed adduttoria, agonista di un altro importante movimento che si pu analizzare sul piano orizzontale.Si tratta di un muscolo che svolge un importante ruolo anche relativamente alla dinamica respiratoria, prendendo contatto con la parte anteriore delle prime dieci coste.Se, come abbiamo fatto sinora, il punto mobile viene individuato nella sua inserzione omerale, possiamo osservare che le fibre decorrono in senso postero-anteriore abbracciando la parte anteriore della testa omerale, per andare a fissarsi appunto su di un'ampia superficie della zona anteriore toracica.Il vettore che lo raffigura su questo piano applicato sulla tuberosit maggiore dell'omero, ha una direzione che decorre dall'indietro all'avanti e dall'esterno all'interno, il verso rivolto alle coste ed un modulo che, pur essendo significativo per via di un considerevole volume contenuto in un'ampia sezione, si deve in realt confrontare con alcune resistenze che ne limitano decisamente l'efficacia (Fig. 28.18).L'articolazione glenoomerale ha la possibilit di intraruotare fino ad un punto in cui la mano si porta dietro la schiena, quindi, se consideriamo come al solito la posizione anatomica, si tratta di un movimento superiore a 90 gradi.Al momento di rotazione interna concorrono anche altri muscoli, ma senza dubbio il Gran pettorale svolge in questo senso un'azione molto significativa.La scomposizione delle forze ci evidenzia due quote, di cui una comprime le superfici articolari che compongono il fulcro glenoomerale, favorendo la stabilizzazione di questa articolazione.La quota che descrive il movimento di intrarotazione segue invece una direzione che disegna lo spostamento omerale dall'indietro all'avanti rispetto al fulcro articolare, determinando un movimento in cui la parte esterna dell'omero si sposta in avanti attorno alla sua articolazione di

riferimento su questo piano.L'analisi del braccio di leva, come quasi sempre nei movimenti di rotazione, ci mostra una distanza molto breve, che condiziona in modo significativo la forza complessiva del muscolo sul piano orizzontale.L'angolo compreso tra la direzione del vettore ed il braccio di leva invece molto pi vantaggioso, avvicinandosi a 60 gradi.Il Gran pettorale quindi un buon intrarotatore della spalla, soprattutto partendo da un certo grado di extrarotazione.In effetti, in questo caso, si pu osservare come la sua inclinazione aumenti rapidamente, fino a portarsi a 90 gradi quando l'extrarotazione glenoomerale di circa 30 gradi. questo probabilmente il punto in cui esso pu esprimere la sua massima efficacia.Gran dorsaleIl muscolo Gran dorsale svolge un'importante funzione rotatoria dell'omero, avendo il proprio tendine distale inserito sul tubercolo minore e la sua origine prossimale disposta su di un'ampia superficie in sede lombo-sacroiliaca.Sul piano orizzontale, mostra un discreto potenziale modulare, un braccio di leva molto ridotto ed un angolo compreso tra il vettore ed il braccio della potenza di circa 60 gradi.Se ne pu dedurre che il Gran dorsale svolge un'azione di un certo rilievo rispetto al movimento di rotazione.\p659Fig. 28.18 - Gran pettorale.Azione relativa all'articolazione gleno-omerale. Analisi sul piano orizzontale. Quota chinesiologicamente efficace: Intrarotazione.Origine: margine anteriore dei 2/3 interni della clavicola, manubrio sternale, porzione anteralaterale dello sterno, faccia anteriore delle prime 5-6 cartilagini costali, guaina del muscolo Retto addominale.Inserzione: Labbro anteroesterno della doccia bicipitale dell'omero. Innervazione: Tronco secondario antero-interno ed antero-esterno del plesso brachiale (C5-C6C7-C8-D1). \p660Il vettore che lo rappresenta sul piano orizzontale quando questi prende punto fisso a livello della sua origine sul bacino, ha il punto di applicazione sul trochine, la direzione che procede dall'avanti all'indietro e dall'esterno all'interno, il verso dalla parte opposta rispetto al punto di applicazione (all'interno) ed un modulo che, cos come quello del Gran pettorale, potr contare su una considerevole sezione del ventre muscolare, a dispetto della presenza di resistenze che ne condizioneranno parzialmente l'efficacia (Fig. 28.19).Fig. 28.19 Gran dorsale.Azione relativa all'articolazione gleno-omerale.Analisi sul piano orizzontale.Quota chinesiologicamente efficace: Intrarotazione.Origine: Aponeurosi lombo-sacrale, processi spinosi delle ultime sei vertebre dorsali, delle cinque vertebre lombari, delle vertebre sacrali, porzione posteriore della cresta iliaca, ultime tre o quattro coste, angolo inferiore della scapola.Inserzione: Doccia bicipitale dell'omero.Innervazione: Tronco secondario posteriore del plesso brachiale (C6-C7-C8).\p661Nella scomposizione delle forze la congiungente tra il punto di applicazione e il fulcro articolare quasi verticale e, dopo aver inviato la perpendicolare su quello stesso punto, si pu costruire il rettangolo biomeccanico costituito da due quote, di cui una svolge un'azione coattante, mentre l'altra tende a spostare la parte anteriore dell'omero dall'avanti all'indietro e dall'esterno all'interno.Questo spostamento, essendo il fulcro gleno-omerale posteriore rispetto al punto su cui applicato il vettore, si traduce in una rotazione interna dell'omero.Abbiamo detto che il braccio della potenza piuttosto ridotto, mentre l'angolo compreso tra il vettore ed il braccio della potenza circa di 60 gradi, per cui la forza effettiva del Gran dorsale, determinata dal prodotto del modulo efficace con la lunghezza del braccio della leva ed il seno dell'angolo compreso tra queste due, pu essere considerata buona.Gran rotondoL'azione del muscolo Gran rotondo, gi analizzata sul piano frontale, pi efficace per quanto riguarda il movimento di rotazione della spalla, per via dell'inclinazione del suo tendine omerale e della distanza che separa il suo punto di applicazione dal fulcro articolare del sistema di riferimento. uno dei tanti muscoli che hanno un'inserzione posta sulla

testa dell'omero e l'altra sulla faccia posteriore della scapola, e ci che lo contraddistingue chinesiologicamente il passaggio anteriore del suo tendine distale rispetto alla testa dell'omero.Questo fa s che l'orientamento della direzione del vettore che ci apprestiamo a costruire ed analizzare passi anteriormente rispetto al fulcro dell'articolazione, evidenziando uno spostamento che, come vedremo, tender a portare verso l'interno la parte anteriore della testa omerale.Il vettore si applica sulla tuberosit maggiore dell'omero ed ha una direzione rivolta dall'avanti all'indietro e dall'esterno all'interno, passando davanti al fulcro dell'articolazione gleno-omerale.Il verso dalla parte opposta rispetto al punto di applicazione (in prossimit della scapola) ed il modulo non molto efficace, non essendo il suo ventre muscolare particolarmente consistente (Fig. 28.20).La scomposizione ottenuta congiungendo l'origine vettoriale con il fulcro gleno-omerale determina la costruzione di un rettangolo con i lati molto diversi tra loro: la quota diretta sull'articolazione evidenzia infatti una forte componente coattante, mentre quella efficace minore, ed indica lo spostamento della parte anteriore della testa omerale dall'esterno all'interno, cio l'azione di intrarotatore svolta dal muscolo Gran rotondo.L'analisi del braccio della potenza ci mostra che, all'inizio del movimento di rotazione interna, la quota efficace del Gran rotondo nella condizione quasi ideale per esercitare il massimo della forza.Una volta iniziato il movimento, il braccio di leva si avviciner ancor pi ai 90 gradi rispetto alla direzione del vettore, per cui sar ancora maggiore il momento della forza relativo all'azione di questo vettore rispetto all'articolazione gleno-omerale.Fig. 28.20 - Gran rotondo.Azione relativa all'articolazione gleno-omerale.Analisi sul piano orizzontale.Quota chinesiologicamente efficace: Intrarotazione.Origine: Porzione inferoesterna della fossa sottospinosa, posta sulla superficie scapolare posteriore.Inserzione: Labbro interno della doccia bicipitale dell'omero.Innervazione: Tronco secondario posteriore del plesso brachiale (C5-C6-C7).SottoscapolareIl Sottoscapolare ripete quasi completamente la fisiologia del Gran rotondo, riprendendone la chinesiologia anche rispetto al movimento di rotazione interna.L'unica differenza che si pu apprezzare tra i due muscoli l'inclinazione delle fibre, e quindi anche dei tendini e dei vettori corrispondenti che, nel caso del \p663 Sottoscapolare, pi vicina al piano frontale rispetto a quella del Gran rotondo. Il vettore pertanto ha le stesse caratteristiche del muscolo precedente: applicato sul suo punto di inserzione posto nella testa dell'omero, ha la direzione che procede dall'avanti all'indietro e dall'esterno all'interno passando anteriormente rispetto al fulcro gleno-omerale, il verso rivolto in direzione della scapola ed un modulo non particolarmente significativo in quanto a potenza, per via di una limitata sezione del ventre muscolare (Fig. 28.21).Fig. 28.21 Sottoscapolare.Azione relativa all'articolazione gleno-omerale.Analisi sul piano orizzontale.Quota chinesiologicamente efficace: Intrarotazione.Origine: Fossa sottoscapolare, posta sulla superficie anteriore della scapola.Inserzione: Superficie superiore della piccola tuberosit omerale.Innervazione: Primo tronco primario, tronco secondario posteriore del plesso brachiale, nervo circonflesso (C5-C6).\p664La scomposizione delle forze rivela un rettangolo biomeccanico in cui i lati hanno dimensioni pi simili tra loro, con la componente coattante comunque maggiore di quella efficace, anche se con una differenza minore rispetto a quella presente nell'analisi del Gran rotondo.Lo studio del braccio della leva mostra una potenzialit maggiore del muscolo Sottoscapolare, dovuta soprattutto all'angolo compreso tra il braccio stesso e la direzione del vettore.Il momento della forza che, come abbiamo pi volte ripetuto, direttamente proporzionale al modulo vettoriale, alla lunghezza del braccio di leva ed anche al seno dell'angolo compreso tra la direzione del vettore ed il braccio della

potenza dunque rappresentato da un discreto valore, grazie soprattutto a quest'ultima componente, che riesce ad acquisire un valore tale da giustificare la sua prevalenza relativa al movimento di intrarotazione osservato sul piano orizzontale.Rotazione esternaLa rotazione esterna della spalla, cos come i movimenti di altri distretti articolari, subisce la prevalenza del movimento opposto ad esso, dovuta alle caratteristiche morfologiche delle strutture del sistema muscolare interessate.A questa si aggiunge il fatto che il gesto di portare la mano alla bocca uno schema motorio estremamente forte nell'esperienza di ciascun individuo, che prevale anche sulla sua facolt di orientare la mano nello spazio.Questo squilibrio finale ha dunque una ragione di natura neurofisiologica, ma anche una di carattere biomeccanico e chinesiologico.I muscoli che svolgono la loro azione principale relativamente al movimento di rotazione esterna della spalla sono, come abbiamo gi precisato, il Sottospinoso ed il Piccolo rotondo che saranno analizzati insieme come se fossero rappresentati da una sola unit vettoriale.Sottospinoso (e Piccolo rotondo)I due agonisti che svolgono un'azione extra-rotatoria dell'articolazione gleno-omerale hanno un ventre muscolare molto ridotto, compensato per da una disposizione delle proprie fibre tale da permettere un'azione sufficientemente valida nell'analisi biomeccanica.Il tendine distale si inserisce in prossimit della tuberosit maggiore della testa omerale, abbracciandola dall'esterno, in modo tale che la direzione del vettore sia collocata posteriormente rispetto al fulcro articolare attorno al quale si svolge il movimento di rotazione.Il vettore che descrive la fisiologia di questi due muscoli ha il punto di applicazione in prossimit del trochite omerale, la direzione che procede dall'avan-ti all'indietro e dall'esterno all'interno, posteriormente rispetto all'articolazione della spalla, il verso in sede posteriore rispetto al punto su cui il vettore applicato ed un modulo relativamente modesto, soprattutto se paragonato a quello dei muscoli che svolgono una funzione intrarotatoria (Fig. 28.22).Prima di inserirsi sull'omero, i tendini di questi due muscoli seguono un decorso circolare che finisce per inclinare il vettore, in modo che risulti difficile da comprendere la sua azione se osservata esclusivamente nella posizione anatomica.In realt, come sempre, il movimento deve essere frammentato per poterne studiare le caratteristiche, ma va sempre analizzato come un susseguirsi di fotogrammi che si modificano progressivamente fino alla conclusione della loro potenzialit. In questo caso, quindi possibile immaginare come la direzione del vettore si disponga sempre pi su un piano vicino a quello frontale.\p665Fig. 28.22 - Sottospinoso.Azione relativa all'articolazione gleno-omerale.Analisi sul piano orizzontale.Quota chinesiologicamente efficace: Extrarotazione.Origine: Porzione interna della fossa sottospinosa, superficie inferiore della spina della scapola.Inserzione: Porzione intermedia della grossa tuberosit dell'omero.Innervazione: Nervo sopra-scapolare (C5-C6).Piccolo rotondo.Azione relativa all'articolazione gleno-omerale.Analisi sul piano orizzontale.Quota chinesiologicamente efficace: Extrarotazione.Origine: Margine superoesterno della fossa sottospinosa.Inserzione: Porzione posteriore della grossa tuberosit dell'omero.Innervazione: Nervo circonflesso (C5C6).\p666La scomposizione delle forze evidenzia un rettangolo biomeccanico abbastanza simile ad un quadrato in cui i lati, che rappresentano la quota coattante e quella efficace, hanno quasi la stessa lunghezza.La quota efficace indica lo spostamento della parte esterna della testa omerale verso l'indietro, quindi un movimento di rotazione dell'omero rivolto all'esterno rispetto al fulcro articolare, che anteriore e mediale rispetto ad esso.Il braccio della leva sufficientemente lungo in quanto, essendo determinato dalla distanza che separa il punto di applicazione ed il fulcro gleno-omerale, in questo caso corrisponde praticamente al diametro della testa dell'omero.L'angolo

compreso tra la direzione vettoriale ed il braccio della potenza vicino ai 45, per cui consente di poter sviluppare una relativa forza all'azione di questi due muscoli, in ogni caso non sufficiente a bilanciare l'azione degli intrarotatori.ConclusioniIl movimento di rotazione della spalla chinesiologicamente sbilanciato a favore dell'intrarotazione, sia per quanto riguarda il numero dei muscoli, sia in relazione alla somma dei moduli efficaci e del momento della forza dei muscoli stessi. uno dei movimenti pi difficili da eseguire per il paziente emiplegico.Questa difficolt viene ulteriormente aumentata dal fatto che, a differenza dell'adduzione e dell'abduzione, in questo caso la gravit non facilita il movimento pi debole, ma il pi forte.Infatti, se teoricamente si pu descrivere la rotazione di spalla come indipendente dalla gravit, in realt l'extrarotazione si associa quasi sempre all'abduzione ed al tentativo di portare la mano verso l'alto, realizzando pertanto un movimento globale dell'arto superiore di tipo antigravitario.Al contrario, l'intrarotazione tende a portare la mano in chiusura verso l'addome in un atto motorio che si pu complessivamente definire in favore di gravit.Questo aspetto viene rinforzato dalla prevalenza dell'abduzione del braccio sull'adduzione che, ovviamente, porta l'avambraccio a gomito flesso in una posizione in cui la gravit favorisce proprio l'intrarotazione di spalla.Vedremo nelle analisi successive come il movimento sia spesso l'effetto di alcuni collegamenti biomeccanici che hanno origine dai fulcri prossimali e che condizionano la prevalenza di alcuni gruppi muscolari sui loro antagonisti, determinando anche nelle articolazioni distali valori chinesiologici significativi.Questo condizionamento biomeccanico, basato su dati chinesiologici come la lunghezza del muscolo, l'inclinazione del tendine sul punto di inserzione e la distanza che separa l'origine vettoriale dal fulcro della leva, va analizzato come prima cosa, per non ingenerare confusione.Solo a quel punto si potranno valutare altre ipotesi di carattere neurofisiologico e passare a descrivere quelle che vengono definite, in modo a volte un po' superficiale, sinergie patologiche.\p667ARTICOLAZIONE SCAPOLO-TORACICAPiano frontaleValutiamo su questo piano i movimenti di elevazione e depressione, di adduzione ed abduzione della scapola sul torace, per cercare se nel paziente emiplegico vi siano le condizioni biomeccaniche che favoriscano la prevalenza di un atteggiamento oppure di un altro.Li abbiamo suddivisi in movimenti verticali ed orizzontali per facilitare la visualizzazione degli spostamenti della scapola sul torace nel piano frontale.In realt, si possono osservare anche movimenti diagonali, che risultano dalla combinazione di muscoli che svolgono azioni diverse, e che possono prevalere in alcuni pazienti.Cercheremo come al solito di dare alcune indicazioni sulle ragioni di ordine biomeccanico che determinano un atteggiamento prevalente piuttosto di un altro.Movimenti verticaliI movimenti verticali della scapola sul torace che analizziamo sono l'elevazione e la depressione.Elevazione lo scivolamento della scapola verso l'alto, che trascina dietro di s tutto l'arto superiore creando una dismetria abbastanza visibile ad occhio nudo, con tensione del muscolo Trapezio superiore di quel lato e, talvolta, un'inclinazione controlaterale del rachide dorsale associata ad un'inclinazione di compenso del rachide cervicale.Il muscolo principale che la provoca, e che analizzeremo sul piano sagittale, proprio il Trapezio superiore.Nel soggetto con emiplegia, molto spesso questo atteggiamento si associa alla abduzione del fulcro gleno-omerale.Trapezio superiorePer ricercare correttamente il punto di applicazione da cui far originare il vettore di questo muscolo, dobbiamo individuare un punto medio all'interno dell'ampia zona della sua inserzione scapolare.Per quel che riguarda l'articolazione scapolo-toracica, consideriamo questo punto a livello della spina della scapola, per cui studieremo il movimento che determina la contrazione muscolare e l'azione che ne risulta nel senso dello

spostamento scapolare.Il fulcro dell'articolazione scapolo-toracica verr, come per le altre articolazioni, ricavato dal punto pi centrale dell'articolazione stessa, quello attorno a cui si sviluppa chinesiologicamente il movimento.La direzione del vettore sul piano frontale una retta che decorre dal basso in alto e dall'esterno all'interno, con il verso rivolto al rachide cervicale.Il modulo vettoriale del Trapezio superiore notevole, per via del tono muscolare di base di cui questo muscolo dispone, grazie sia ad un consistente ventre muscolare, che alla linearit del decorso delle proprie fibre, senza curvature, ostacoli o attriti che ne ridurrebbero l'efficacia (Fig. 28.23).\p668Fig. 28.23 - Trapezio superiore.Azione relativa all'articolazione scapolo-toracica. Analisi sul piano frontale.Origine: Porzione mediale della linea curva occipitale superiore, legamento cervicale superiore, processi spinosi delle prime due vertebre cervicali.Inserzione: Terzo esterno della faccia superiore e del margine posteriore della clavicola. Innervazione: Nervi cervicali (C3-C4). \p669Non essendovi la necessit di procedere con la scomposizione di forze, in quanto la scapola non un osso vincolato (se non attraverso l'articolazione acromio-claveare, ma in questo caso non ci interessa), se ne deduce che la direzione del vettore la stessa che seguir la scapola stessa, rivolta verso il rachide cervicale, cio in alto e in dentro.Pertanto, la chinesiologia del muscolo Trapezio superiore sul piano frontale relativa al movimento di elevazione della spalla, limitata solo dalla possibilit di spostamento che le strutture articolari consentono alla scapola rispetto al torace.DepressioneLa depressione scapolare un movimento consistente in un abbassamento della scapola che trascina verso il basso anche l'arto superiore. facilmente visibile attraverso una comparazione dell'altezza delle due mani in prossimit delle cosce, in cui quella del lato interessato appare pi bassa dell'altra.Oltre ad un evidente abbassamento della spalla, si pu osservare spesso un atteggiamento del rachide che si porta in lateroflessione dorsale omolaterale, con compenso cervicale in inclinazione controlaterale.Due sono le ragioni per cui si pu determinare questa situazione: una di carattere neurofisiologico, dovuta all'aumento del tono dei muscoli agonisti di questo movimento, l'altra per la componente gravitarla che, come abbiamo gi sottolineato nell'analisi del fulcro gleno-omerale, gioca un ruolo estremamente significativo in tutte le articolazioni dell'arto superiore.La gravit tende ad abbassare il braccio, agendo in senso distraente sull'articolazione gleno-omerale e trascinando dietro di s la scapola, determinandone a volte lo spostamento in basso.Il principale muscolo che contribuisce a questo spostamento il Trapezio inferiore che, come la gravit, traziona in basso la scapola ma, contrariamente ad essa, tende ad avvicinarne l'apice al rachide e quindi a portarla internamente.La somma delle due componenti verticali determina il modulo risultante dell'azione di abbassamento della scapola.Trapezio inferioreI fasci inferiori del muscolo Trapezio prendono inserzione nella fossa sovra-glenoidea della scapola, pi precisamente a livello della spina della scapola, ne abbracciano tutta la parte inferiore e mediale, per portarsi sulle apofisi spinose delle vertebre dorsali.Consideriamo il suo punto fisso a livello vertebrale ed individuiamo un punto medio sulla spina della scapola che ci possa indicare il punto di applicazione del vettore che rappresenta l'azione di questo muscolo.Il Trapezio inferiore potrebbe essere analizzato anche sul piano sagittale, in quanto chiara la sua azione stabilizzatrice che, insieme ad altri muscoli, si manifesta con uno schiacciamento della scapola contro il torace, permettendo ai muscoli antigravitari della spalla di svolgere la loro funzione.La direzione del vettore sul piano frontale una retta passante per il punto di applicazione che procede dall'alto verso il basso e dall'esterno all'interno, il verso rivolto al rachide dorsale ed il modulo piuttosto valido, trattandosi di un

muscolo in grado di esercitare, con la sua contrazione, una notevole forza (Fig. 28.24).\p670Fig. 28.24 - Trapezio inferiore.Azione relativa all'articolazione scapolo-toracica.Analisi sul piano frontale.Origine: Processi spinosi delle vertebre dorsali dalla quinta alla decima.Inserzione: Margine posteriore della spina della scapola.Innervazione: Nervi cervicali (C2-C3-C4).Non essendo presente un vincolo articolare, lo spostamento del segmento \p671 osseo in cui si inserisce il punto di applicazione vettoriale avviene direttamente nella direzione del vettore stesso, per cui non occorre eseguire nessuna scomposizione.Il movimento che ne risulta l'insieme di un abbassamento e di un'adduzione della scapola, che tende ad avvicinarsi al rachide dorsale spostando all'interno il suo apice inferiore.L'analisi biomeccanica riassuntiva ci indica quindi questo tipo di azione del muscolo Trapezio inferiore sul piano frontale.Movimenti orizzontaliL'articolazione scapolo-toracica consente anche un altro movimento che, sostenuto da importanti gruppi muscolari, consiste nello scivolamento all'esterno e all'interno della superficie scapolare anteriore sulla gabbia toracica.In questo modo la testa omerale contenuta nella cavit glenoidea si porta rispettivamente verso l'avanti o l'indietro.Il primo movimento, che si traduce in uno spostamento anteriore della spalla, viene indicato come abduzione; il secondo, che studieremo per primo e che prevale nel paziente emiplegico, appare visivamente come un arretramento globale della spalla, ed in chinesiologia viene indicato come adduzione.AdduzioneL'adduzione un movimento a cui concorrono alcuni gruppi muscolari che si inseriscono sul margine mediale della scapola e sui processi spinosi e laterali delle vertebre dorsali.Si tratta dei fasci intermedi del Trapezio (che hanno un decorso prevalentemente orizzontale), dell'Angolare della scapola e dei Romboidei.Questi ultimi, avendo la propria direzione rivolta dal basso verso l'alto e dall'esterno all'interno, possono concorrere alla realizzazione di un movimento puro di adduzione della scapola attraverso un'azione sinergica, insieme a quella dei fasci inferiori del Trapezio.Trapezio intermedioSi tratta di un muscolo biomeccanicamente semplice, che si inserisce sulla porzione pi esterna della spina della scapola, in prossimit dell'inizio del processo acromiale.L'inclinazione del suo tendine in questo punto, rivolto verso l'interno, segue un decorso praticamente orizzontale che termina a livello dei processi spinosi dorsali.Il vettore pertanto ha il punto di applicazione posto sulla spina della scapola, la direzione che decorre dall'esterno all'interno, il verso rivolto verso il rachide ed un importante modulo che rappresenta un consistente ventre muscolare avente, a suo vantaggio, la possibilit di non incontrare attriti o curvature nel corso della sua azione (Fig. 28.25).Ancora una volta non viene effettuata alcuna scomposizione di forze, per cui deduciamo direttamente dalla costruzione del vettore l'azione muscolare, cio uno spostamento della scapola dall'esterno all'interno, che trascina verso l'in-dietro l'articolazione gleno-omerale, l'omero e tutto l'arto superiore.\p672Fig. 28.25 Trapezio intermedio.Azione relativa all'articolazione scapolotoracica.Analisi sul piano frontale.Origine: Processi spinosi da C2 a D4.Inserzione: Superficie postero-superiore della spina della scapola.Innervazione: Nervi cervicali (C2-C3-C4).\p673Angolare della scapola e RomboideiQuesti muscoli vengono analizzati insieme per via del decorso che hanno le proprie unit motorie, estremamente vicine tra loro, e che rivela un'azione praticamente analoga e sovrapponibile.Si inseriscono sul margine vertebrale o mediale della scapola ma, a differenza dei fasci medi del Trapezio, decorrono verso l'interno e verso l'alto.Hanno pertanto una direzione obliqua.Il vettore che possiamo costruire riassumendo la funzione chinesiologica dell'insieme di questi due muscoli ha il punto di applicazione posto sulla porzione superiore del margine mediale della scapola, la direzione che, come si detto,

rivolta in alto e in dentro, il verso dalla parte opposta rispetto al punto di applicazione ed un modulo non particolarmente efficace (Fig. 28.26).Fig. 28.26 - Angolare della scapola.Azione relativa all'articolazione scapolo-toracica.Analisi sul piano frontale.Origine: Processi trasversi delle prime quattro vertebre cervicali.Inserzione: Porzione superiore del margine mediale della scapola.Innervazione: Nervo dell'Angolare e dei Romboidei (C4-C5).Romboidei.Azione relativa all'articolazione scapolo-toracica.Analisi sul piano frontale.Origine: Processi spinosi dalla settima vertebra cervicale alla quinta dorsale.Inserzione: Margine vertebrale della scapola.Innervazione: Nervo dell'Angolare e dei Romboidei (C4-C5).\p674La loro azione si traduce quindi in uno spostamento della scapola in alto ed in dentro, concorrendo al movimento di adduzione della scapola, associato per anche ad una sua elevazione.Sinergia tra Trapezio inferiore ed insieme di Angolare della scapola e RomboideiA questo proposito si richiama la chinesiologia dei fasci inferiori del Trapezio che, come abbiamo visto, decorrono verso l'interno e verso il basso.La costruzione biomeccanica che rappresenta entrambi questi gruppi muscolari rientra nell'esempio, che stato presentato all'inizio, di due forze applicate su uno stesso punto.In pratica, possiamo considerare un punto sulla superficie posteriore della scapola su cui si inseriscono i due vettori, che decorrono entrambi verso l'interno ma, quello relativo al Trapezio inferiore procede in basso, quello che rappresenta l'Angolare della scapola ed i Romboidei verso l'alto.La regola utilizzata per calcolare le caratteristiche del vettore risultante dalla combinazione di queste due forze quella del parallelogramma, che ci indica di inviare le parallele a ciascun vettore a partire dalla punta frecciata del vettore opposto.Si invia la parallela alla direzione del vettore dei fasci inferiori del Trapezio passante per la punta frecciata del vettore dell'Angolare della scapola e dei Romboidei; poi si invia la parallela alla direzione del vettore dell'Angolare della scapola e dei Romboidei passante per la punta frecciata del vettore del Trapezio inferiore.La direzione di questo vettore risultante, praticamente orizzontale, viene determinata dalla diagonale ricavata congiungendo il punto di applicazione con l'intersezione delle due parallele (Fig. 28.27).Questo nuovo vettore riassume l'azione sinergica dei muscoli, descrivendo un movimento di adduzione pura della scapola.AbduzioneL'abduzione della scapola un movimento realizzato da alcuni muscoli, uno in particolare, che la portano verso l'esterno, mettendo in tensione tutte le strutture periarticolari che la mantengono collegata al rachide dorsale.Lo scivolamento della scapola sul torace in questa direzione provoca indirettamente anche uno spostamento anteriore della spalla, o meglio, del moncone della spalla, che si evidenzia con un atteggiamento in antepulsione della spalla stessa, trascinando dietro di s l'articolazione gleno-omerale e tutto l'arto superiore.Ci sono muscoli che collegano l'omero con la scapola, e che sarebbero quindi in grado di realizzare un movimento scapolare se l'omero fosse in qualche modo fissato (per esempio attraverso una presa di contatto della mano contro una parete); ce ne sono altri che collegano la porzione anteriore delle coste con le strutture che gravitano attorno al fulcro gleno-omerale e che, quindi, pur non inserendosi direttamente sulla scapola, possono muovere anteriormente la spalla, provocando anche uno spostamento scapolare nel senso dell'abduzione.Tra tutti questi, abbiamo per scelto di analizzare il muscolo che ci sembra abbia la funzione pi efficace nell'abduzione della scapola, inserendosi direttamente sulla scapola stessa ed avvolgendo le coste fino alla loro porzione anteriore, per andare a fissarsi e permettere, attraverso una contrazione in cui il torace il punto fisso, di svolgere questo tipo di movimento.\p675Fig. 28.27 - Sinergia di Trapezio inferiore, Angolare della scapola e Romboidei.Trapezio inferiore. Azione relativa all'articolazione scapolo-

toracica. Analisi sul piano frontale. Origine: Processi spinosi delle vertebre dorsali dalla quinta alla decima. Inserzione: Margine posteriore della spina della scapola.Innervazione: Nervi cervicali (C2-C3-C4). Angolare della scapola. Azione relativa all'articolazione scapolotoracica. Analisi sul piano frontale. Origine: Processi trasversi delle prime quattro vertebre cervicali. Inserzione: Porzione superiore del margine mediale della scapola. Innervazione: Nervo dell'Angolare e dei Romboide! (C4-C5). Romboidei.Azione relativa all'articolazione scapolotoracica. Analisi sul piano frontale. Origine: Processi spinosi dalla settima vertebra cervicale alla quinta dorsale. Inserzione: Margine vertebrale della scapola. Innervazione: Nervo dell'Angolare e dei Romboidei (C4-C5). Gran dentatoIl muscolo Gran dentato si inserisce sulla superficie anteriore della scapola, praticamente a stretto contatto con le strutture che costituiscono l'articolazione scapolo-toracica, si porta lateralmente e verso il basso per inserirsi anteriormente sulle coste.La sua azione pu avere un doppio senso, in quanto non errato considerare anche la situazione in cui altri muscoli (oppure un contesto biomeccanico particolare) stabilizzino la scapola, permettendole di diventare essa stessa il punto fisso e quindi consentendo alle coste di muoversi in relazione ad essa.\p676Ne possiamo dedurre che esiste senza dubbio anche una funzione in cui il Gran dentato pu essere rappresentato da un vettore che si applica sulle coste e che, attraverso uno specifico studio biomeccanico, ci rivelerebbe un'azione inspiratoria accessoria.Nel nostro caso, questo muscolo viene considerato come facente punto fisso sul torace, ed rappresentato da un vettore che si applica su un punto posto circa al centro della superficie scapolare anteriore, si dirige verso il basso e verso l'esterno, con un discreto modulo (Fig. 28.28).Fig. 28.28 Gran dentato.Azione relativa all'articolazione scapolo-toracica.Analisi sul piano frontale.Origine: Superfici esterne delle prime dieci coste ed aponeurosi dei muscoli intercostali.Inserzione: Porzione anteriore del margine vertebrale della scapola.Innervazione: Nervo di Bell (C5-C6C7).\p677La rappresentazione biomeccanica viene molto semplificata dall'assenza di vincoli diretti che limiterebbero le possibilit di spostamento della scapola rispetto al torace (non dimentichiamo sempre per il suo collegamento con la clavicola attraverso l'acromion).Si pu quindi concludere che il movimento risultante dalla contrazione del Gran dentato sul piano frontale porta la scapola in basso e verso l'esterno.ConclusioniIl paziente emiplegico si presenta con una prevalenza a volte dell'elevazione ed a volte dell'abbassamento della spalla, dovuta ad uno squilibrio muscolare che in certi casi a vantaggio del Trapezio superiore, altre volte invece permette alla somma dell'azione della gravit con l'ipertono dei fasci inferiori del Trapezio, di prevalere.Occorre anche in questo caso pr

ecisare che un ruolo estremamente importante viene svolto dalla continua sollecitazione che la gravit effettua sui fusi neuromuscolari, attivando una reazione che, in assenza di modulazione proveniente dai nuclei del Sistema Nervoso Centrale, si manifesta nella presenza di un tono di base degli elevatori superiore a quello normale.Nel nostro lavoro abbiamo spesso osservato pazienti emiplegici con un tono degli elevatori non sufficiente a vincere l'azione che la gravit esercita nel senso dell'abbassamento della spalla, e quindi una reale caduta del moncone con un'evidente dismetria rispetto alla spalla sana.Altre volte abbiamo invece potuto osservare una differente riorganizzazione, con un aumento deciso e visibile del tono muscolare del Trapezio superiore, probabilmente provocato dall'azione della gravit, in cui la dismetria era di segno opposto al quadro descritto precedentemente.Nei pazienti affetti da emiplegia, si osserva di frequente un collegamento tra i movimenti orizzontali e verticali del fulcro scapolo-toracico, che determina una risultante obliqua.Questo ci dimostra come, anche in chinesiologia, non sia mai possibile utilizzare rigidamente un principio senza tener conto della sua applicazione individuale e delle possibili combinazioni che si possono realizzare tra le numerose componenti che vengono messe in gioco.Il collegamento, in verit anch'esso molto semplice, quello dell'elevazione con l'adduzione e della depressione con l'abduzione.Nel primo caso si tratta chinesiologicamente di una prevalenza dell'insieme di Trapezio superiore, Angolare della scapola e Romboidei (unitamente al Trapezio intermedio) rispetto alla gravit, all'azione del Trapezio inferiore e del Gran dentato.Nel secondo caso prevale il contrario.L'analisi del movimento della scapola comunque una delle variabili che con maggiore difficolt pu essere riassunta in atteggiamenti che, nel caso dell'emiplegia, siano riconducibili a standard che rappresentino il maggior numero di malati.Sar necessario procedere sempre attraverso un'attenta ed approfondita analisi valutativa, alla ricerca dei gruppi muscolari ipertonici, per poter orientare le strategie terapeutiche in modo corretto ed efficace.\p678ARTICOLAZIONE DEL GOMITOIl gomito il fulcro intermedio dell'arto superiore, un'insieme di tre articolazioni che permettono alla mano di potersi orientare nello spazio, soprattutto per consentire la manipolazione degli oggetti che si trovano vicino al corpo, ed in particolare nel portare la mano verso la bocca.Per realizzare questa funzione occorre associare due movimenti: uno la flessione del gomito, l'altro la supinazione dell'avambraccio, in modo tale da poter eseguire con maggiore precisione il movimento della mano verso l'oggetto o il distretto corporeo con cui vuole prendere contatto.Pertanto, i movimenti che studieremo nell'analisi chinesiologica e biomeccanica sono la flessione e l'estensione, la pronazione e la supinazione.Questa fisiologia articolare, come abbiamo detto, il risultato del contributo di tre componenti: l'articolazione tra omero e ulna, l'articolazione tra omero e capitello radiale e l'articolazione tra le epifisi prossimali di radio e ulna.Cos come abbiamo analizzato la spalla (che un insieme di almeno cinque articolazioni) considerando soltanto due fulcri articolari, allo stesso modo cerchiamo di approfondire lo studio del gomito, considerandolo come un unico fulcro che pu realizzare insieme quattro movimenti.Come al solito, l'analisi dei movimenti di flessione ed estensione avviene sul piano sagittale, mentre quella relativa alla pronazione e alla supinazione, alla stregua delle rotazioni, sar descritta sul piano orizzontale.Il gomito probabilmente l'articolazione su cui si osserva il pi evidente squilibrio del tono muscolare che risulta dalla patologia del paziente emiplegico, e comporta notevoli conseguenze su tutta la funzionalit dell'arto superiore.Nella maggior parte dei casi, il gomito dell'emiplegico condizionato da due livelli differenti di prevalenza: l'una forte e l'altra meno evidente.La componente cosiddetta forte relativa all'analisi del piano sagittale,

quella pi debole invece, la si osserva sul piano orizzontale.Il gomito del soggetto emiplegico tendenzialmente flesso e supinato, anche se, per questo secondo atteggiamento, la prevalenza non sempre riscontrabile in tutti i casi.C' un collegamento abbastanza stretto tra ci che accade a livello del movimento di pronazione e supinazione del gomito con quello che si realizza nel fulcro scapolo-toracico, rispetto all'elevazione e la depressione di spalla.Cercheremo nelle conclusioni di analizzare questa analogia, concentrando l'attenzione soprattutto verso l'azione che la gravit esercita sull'intero arto superiore e sulla reazione che i circuiti neuronali interrotti organizzano in termini di tono muscolare effettivo.Piano sagittaleUna sezione sul piano sagittale ci permette di osservare il movimento di flessione, che consiste nell'avvicinamento della faccia volare dell'avambraccio alla superficie anteriore del braccio, e di estensione del gomito, che riporta l'avambraccio in posizione di partenza.Apparentemente, l'estensione potrebbe esser considerata quasi come un ritorno dalla flessione poich, a partire dalla posizione anatomica, la gravit che pu realizzare da sola questo movimento.Se per consideriamo il collegamento strettissimo di questa articolazione con la spalla, che possiede la facolt di sollevare tutto l'arto superiore anche oltre i 90 gradi, se ne ricava che in molte funzioni relative all'orientamento della mano nello \p679 spazio, il movimento di estensione non solamente una modulazione di controllo della flessione, ma anche un movimento che deve poter essere eseguito in modo tale da richiedere un apparato muscolare adeguato per efficacia e precisione.FlessioneAl movimento di flessione del gomito concorrono diversi agonisti che hanno il proprio ventre muscolare adiacente all'omero e l'inserzione distale su radio o ulna.Tra questi, ci occuperemo dell'analisi chinesiologica e biomeccanica del Bicipite brachiale e del Brachiale anteriore, che sono i pi validi per quanto riguarda la loro capacit di spostare radio e ulna anteriormente rispetto al fulcro che li tiene vincolati all'omero.Il Bicipite brachiale gi stato analizzato nella sua azione flessoria a livello del fulcro glenoomerale, e lo ritroveremo anche nello studio dei movimenti del gomito sul piano orizzontale, essendo la sua forza distribuita verso queste tre direzioni.La notevole sezione del suo ventre muscolare e la capacit di avvicinare le sue inserzioni attraverso la contrazione, ne fanno comunque il pi efficace di tutti i muscoli che si trovano nel braccio per cui, da solo, egli riesce a far prevalere l'azione flessoria rispetto agli antagonisti ed all'azione gravitaria.Bicipite brachialeIl Bicipite brachiale un muscolo poliarticolare poich, oltre ad attraversare le articolazioni gleno-omerale e omero-ulnare, svolge un'azione significativa anche a livello dell'articolazione radio-ulnare prossimale che, come vedremo, relativa al movimento di supinazione dell'avambraccio.L'analisi sul piano sagittale a livello dell'articolazione del gomito piuttosto semplice, ed il vettore costruito sulla base delle indicazioni che ci provengono dall'anatomia ci descrive un segmento frecciato che si applica in prossimit della tuberosit radiale, ha la direzione che procede dal basso verso l'alto e dall'indietro in avanti, il verso dalla parte opposta rispetto al punto di applicazione ed un modulo estremamente significativo, espressione di un considerevole tono muscolare (Fig. 28.29).Inviamo la congiungente tra il punto di applicazione ed il fulcro articolare (in questo caso l'articolazione tra epitroclea ed epicondilo omerali ed olecrano ulnare), che decorre in senso quasi verticale, rivolta in alto e leggermente indietro.Tracciamo poi la perpendicolare a questa passante per il punto di applicazione e definiamo la costruzione del rettangolo biomeccanico, in cui la quota efficace non risulta essere particolarmente vantaggiosa.Se per immaginiamo come si modificano le lunghezze dei lati di questo rettangolo man mano che l'omero avanza nel movimento di flessione del gomito, osserviamo che l'angolo compreso tra la direzione

vettoriale e la congiungente con il fulcro articolare tende sempre pi ad avvicinarsi a 90, anche perch l'inclinazione del tendine del Bicipite brachiale rimane sostanzialmente invariata nel corso dell'evolversi di questo stesso movimento.La lunghezza del braccio della potenza non elevata, per cui le componenti che possiamo indicare come positive nella formula che definisce il momento della forza di questo muscolo a livello del gomito, sono il modulo efficace e l'angolo con cui la potenza applicata sulla leva.Quando si alla ricerca dell'angolo in cui un determinato muscolo esprime \p680 la sua massima potenza, occorre collocare il segmento osseo mobile in una determinata posizione, nel tentativo di trovare il maggior rapporto possibile tra il modulo vettoriale, la lunghezza del braccio di leva ed il seno dell'angolo compreso tra la direzione del vettore e la retta su cui si trova il braccio della potenza.Molto spesso, accade che il movimento si associ ad uno spostamento del punto di applicazione vettoriale, a cui per non corrisponde una modificazione dell'angolo compreso tra il vettore ed il braccio di leva.Questa situazione non modifica il valore finale della forza rispetto a quello calcolato in posizione anatomica.Ci sono casi invece in cui, con il procedere di un determinato movimento, alla traslazione del punto di applicazione corrisponde anche un aumento di inclinazione dell'angolo, che modifica notevolmente il momento della forza relativa a quel muscolo su quel piano. il caso del Bicipite brachiale nella sua azione rispetto al gomito, sul piano sagittale; infatti a circa 45 gradi si pu osservare come il punto di applicazione si alzi e si porti in avanti, mentre l'angolo compreso tra il vettore ed il braccio di leva si porta rapidamente verso i 90 gradi, cio nel punto in cui egli pu esprimere la sua massima potenza, a parit di modulo vettoriale.Fig. 28.29 - Bicipite brachiale.Azione relativa all'articolazione del gomito.Analisi sul piano sagittale.Quota chinesiologicamente efficace: Flessione.Origine: Il capo lungo sul tubercolo sovra-glenoideo e sul cercine glenoideo, il capo breve sul processo coracoideo della scapola.Inserzione: Sulla tuberosit bicipitale del radio.Innervazione: Nervo muscolo-cutaneo (C5-C6).\p681Tutto questo molto importante e conferma il concetto, valido in quasi tutti i casi, per cui solo dopo alcune fasi della contrazione che un muscolo esercita la sua massima potenza, per via del vantaggio che acquisisce il suo sistema articolare di riferimento, proprio grazie a questo angolo.Tuttavia non dobbiamo dimenticare che un muscolo, a prescindere da qualsiasi situazione biomeccanica o statica in cui inserito, esprime un certo modulo vettoriale in posizione di massimo allungamento, ne esprime uno maggiore man mano che si contrae, fino a raggiungere un valore massimo che, poi, inizia a decrescere fino ad annullarsi quando esaurita la sua capacit di accorciamento.Ora, quando il Bicipite brachiale si trova nelle condizioni pi favorevoli rispetto alla propria fisiologia articolare (quando cio l'ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione vettoriale ed il braccio di leva pi vicina a 90 gradi), probabilmente ha gi superato il suo livello di massima espressione modulare rispetto alla propria lunghezza.Il momento della forza relativo all'azione di questo muscolo sar pertanto proporzionale alle due variabili che si modificano man mano che aumenta il movimento di flessione.Brachiale anterioreIl muscolo Brachiale anteriore si trova nella loggia anteriore del braccio, a stretto contatto con il ventre muscolare del Bicipite brachiale e, come questo, svolge un ruolo importante nel movimento di flessione dell'articolazione del gomito.La sua funzione chinesiologica pu essere paragonata ad un sistema in cui due forze, applicate su punti vicini di segmenti ossei differenti, concorrono alla realizzazione di un movimento.In questo caso, il Bicipite brachiale si inserisce in prossimit del gomito a livello della tuberosit radiale, mentre il Brachiale anteriore ha il suo tendine distale a contatto con l'epifisi prossimale dell'ulna.Sono pertanto due

muscoli paralleli, la cui contrazione simultanea determina una flessione del gomito.Costruiamo il vettore ed il rettangolo biomeccanico, cercando di studiare gli effetti che ne derivano sul piano sagittale.Il vettore si applica, come abbiamo detto, a livello dell'epifisi ulnare prossimale, ha una direzione che procede dal basso verso l'alto e dall'indietro all'avanti, il verso rivolto in avanti ed un modulo discreto (Fig. 28.30).L'invio della congiungente tra il punto di applicazione ed il fulcro articolare omero-ulnare determina la costruzione di un rettangolo biomeccanico quasi sovrapponibile a quello costruito per il muscolo Bicipite brachiale, in cui le lunghezze dei lati sono per leggermente inferiori.L'azione globale del Brachiale anteriore assume un valore discreto, seppur inferiore a quello del Bicipite brachiale.La somma dell'efficacia di questi due muscoli, analizzati nello studio del movimento di flessione del gomito, evidenzia un notevole potenziale motorio di questo movimento, che prevale nettamente sull'azione dei muscoli antagonisti agendo, peraltro, congiuntamente alla forza di gravit.EstensioneIl movimento di estensione del gomito subisce, come si detto, la prevalenza degli antagonisti che, nel paziente emiplegico, determina un atteggiamento globale di flessione articolare.Si tratta di un problema di squilibrio del tono muscolare dovuto all'ipertono \p682 dei flessori, al quale non si pu contrapporre un ipertono degli estensori per ristabilire una corretta chinesiologia del gomito sul piano sagittale.Pertanto, l'obiettivo di tutti i percorsi riabilitativi efficaci dovr necessariamente passare attraverso un riequilibrio di segno meno , e non cercare di potenziare gli estensori.Ci non toglie che occorra sempre passare per un'analisi corretta ed attenta del movimento sul piano chinesiologico e biomeccanico per poter compiutamente considerare le leggi biomeccaniche che regolano il movimento.L'estensione, come abbiamo detto nell'introduzione all'articolazione del gomito, un movimento in favore di gravit se la spalla in posizione inferiore a 90 gradi di flessione o di abduzione, mentre diviene contro gravit oltre tali gradi.Inoltre, richiede una contrazione muscolare attiva ogni volta che ci sono resistenze esterne da vincere, anche al di sotto dei 90 gradi: ad esempio, se dobbiamo spingere con la mano contro un oggetto pesante. quindi un movimento che associa la necessit di essere adeguatamente supportato sul piano dell'efficacia modulare, con un'azione di controllo del movimento di flessione che, in assenza di validi antagonisti, finirebbe per prevalere in modo assoluto.Il movimento di estensione viene eseguito in pratica da un unico muscolo suddiviso in tre fasci, che abbiamo gi analizzato relativamente al fulcro gleno-omerale sul piano sagittale: il Tricipite brachiale.Fig. 28.30 - Brachiale anteriore.Azione relativa all'articolazione del gomito.Analisi sul piano sagittale.Quota chinesiologicamente efficace: Flessione.Origine: Porzione antero-esterna del terzo inferiore dell'omero.Inserzione: Processo coronoideo dell'ulna.Innervazione: Nervo muscolo-cutaneo (C5-C6).\p683L'analisi del muscolo Anconeo, che pure contribuisce in minima parte a questo stesso movimento, pu essere considerata biomeccanicamente analoga a quella del Tricipite che ora cerchiamo di approfondire.Tricipite brachialeIl muscolo Tricipite brachiale si trova nella loggia posteriore del braccio. Inferiormente ha un'unica inserzione mentre, in prossimit delle articolazioni della spalla, si inserisce in tre punti, di cui uno sulla scapola e gli altri due sono sull'omero.Questo significa che la sua azione a livello della spalla viene esercitata solo da un capo, mentre sul gomito la somma di tutte e tre le sue componenti che interviene per determinarne l'estensione.L'aumento delle fibre muscolari che concorrono a realizzare questo movimento va valutato sia in termini di modulo vettoriale (forza vera e propria), che per quanto riguarda la raffinatezza e la precisione.La rappresentazione biomeccanica inizia con un vettore identico a quello disegnato nell'analisi del fulcro gleno-omerale sul

piano sagittale, cio un segmento frecciato, applicato sull'olecrano, che decorre dal basso in alto e dall'avanti all'indietro, con il verso rivolto posteriormente ed un modulo molto efficace (Fig. 28.31).Fig. 28.31 - Tricipite brachiale.Azione relativa all'articolazione del gomito.Analisi sul piano sagittale.Quota chinesiologicamente efficace: Estensione.Origine: Il capo lungo sul tubercolo sottoglenoideo, il vasto esterno sulla porzione posteriore dell'omero, nella sua met superiore, vicino al margine esterno, il vasto interno sempre nella porzione omerale posteriore in un punto posto sotto la doccia del nervo radiale.Inserzione: Superiormente, sulla superficie posteriore dell'olecrano ulnare.Innervazione: Nervo radiale (C6-C7-C8).\p684La costruzione del rettangolo biomeccanico ottenuta tracciando la congiungente tra il punto di applicazione ed il fulcro omero-ulnare evidenzia come le lunghezze dei due lati siano pi vicine tra loro di quelle del rettangolo costruito per lo stesso muscolo nell'analisi del fulcro gleno-omerale. Questo ci indica che l'efficacia della sua azione complessiva sar senz'altro maggiore a livello del gomito.Infatti, l'ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione vettoriale ed il braccio della leva maggiore rispetto a quella ricavata dalla congiungente con il fulcro gleno-omerale, per cui questa dimensione a vantaggio della sua azione sul gomito.Quello che invece decisamente vantaggioso per la spalla il braccio della potenza della leva. evidente infatti che la lunghezza di questo braccio di gran lunga maggiore se calcoliamo la distanza tra il punto su cui il Tricipite brachiale si inserisce sull'olecrano e l'articolazione gleno-omerale, piuttosto che la breve distanza che lo separa dall'articolazione omero-ulnare.Riunendo tutte queste variabili, si pu affermare che l'azione del muscolo Tricipite brachiale a livello delle due articolazioni principali dell'arto superiore si esplica in modo abbastanza omogeneo, con una leggera prevalenza a livello dell'estensione del gomito.Un'ultima considerazione deve essere precisata: l'azione muscolare assume valori differenti se valutata con il gomito ad un certo grado di flessione.Se, per esempio, il gomito flesso a 90 gradi, a parit di modulo vettoriale e di braccio della leva assistiamo ad un deciso aumento dell'angolo tra queste due componenti, per cui la leva diviene molto pi vantaggiosa ed il momento della forza risulta essere pi elevato.Se il gomito si flette ancora arrivando a 140 gradi, tale angolo tende di nuovo a diminuire leggermente, per cui il momento della forza decresce.A tutti i dati relativi all'angolo con cui la potenza si applica al braccio di leva vanno, come sempre, aggiunte le considerazioni in merito alla lunghezza del muscolo ed al potenziale che questi pu esercitare nei differenti gradi di tensione che esprime alle differenti lunghezze.ConclusioniIl paziente emiplegico si presenta quasi sempre con il gomito in un globale atteggiamento di flessione.Si tratta probabilmente del maggior squilibrio esistente tra agonisti ed antagonisti in caso di lesione encefalica, e l'analisi chinesiologica ci fornisce alcuni elementi utili a capire i motivi che determinano questa prevalenza.La somma dei moduli vettoriali che rappresentano le forze dei muscoli interessati nei movimenti sagittali del gomito a vantaggio dei flessori, mentre sia l'angolo compreso tra la direzione vettoriale ed il braccio della potenza che la lunghezza dello stesso braccio della potenza non mostrano significative diversificazioni.C' quindi un dato favorevole all'azione dei flessori.Ritengo tuttavia che anche altri elementi contribuiscano a determinare uno squilibrio del tono cos evidente, ed in particolare credo che il gomito, quando si trova in massima estensione, si presenti con una tensione maggiore dei flessori rispetto agli estensori.Quanto pi il gomito esteso tanto pi si tendono i flessori e si accorciano gli estensori, e quando omero e ulna si trovano perfettamente allineati, necessario contrarre attivamente il Tricipite brachiale per mantenere questa posizione acquisita.\p685La ragione per cui il rapporto tra

flessori ed estensori si cos organizzato consiste nell'esercizio quotidiano che viene svolto quasi sempre a gomito flesso, mentre le attivit eseguite in completa estensione sono praticamente inesistenti.Nell'analisi del Bicipite brachiale abbiamo visto inoltre che, con l'aumentare della flessione, aumentano i vantaggi biomeccanici della forza muscolare flessoria, poich aumenta progressivamente l'ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione vettoriale ed il braccio della potenza.Un'ultima considerazione pu essere l'analisi della resistenza che, essendo costituita dal peso dell'avambraccio, e quindi da un valore abbastanza modesto, non rappresenta un elemento in grado di riequilibrare la differenza di forza esercitata dai flessori e dagli estensori.Piano orizzontaleSul piano orizzontale si possono osservare ed analizzare i movimenti del gomito che vengono definiti di pronazione e supinazione.Si tratta di una delle tante invenzioni che si trovano nel sistema osteo-muscolo-scheletrico per consentire alle estremit la massima capacit funzionale.La prono-supinazione permette alla mano di potersi orientare perfettamente verso qualunque settore dello spazio: verso il viso, la spalla, il ginocchio controlaterale, dalla parte opposta rispetto al nostro corpo, con qualsiasi grado di inclinazione.Questo movimento del gomito ha molti collegamenti con la rotazione gleno-omerale, che svolge un ruolo importante relativamente all'azione della spalla nell'orientare la mano nello spazio.Sul piano strettamente chinesiologico, si tratta di uno spostamento del radio rispetto all'ulna, o meglio, di uno svolgimento del radio sull'ulna.L'ulna non va considerata come segmento osseo fisso (come poteva essere per il tronco o il torace quando abbiamo analizzato alcuni muscoli della spalla), in quanto una contrazione di qualsiasi muscolo che collega le due ossa dell'avambraccio fa avvicinare entrambi i suoi punti di inserzione, con conseguente spostamento delle due ossa l'una verso l'altra; il radio che a causa della maggior stabilit dell'olecrano ulnare all'interno della fossa olecranica omerale, si trova nelle condizioni migliori per far ruotare internamente ed esternamente tutto l'avambraccio.La sezione orizzontale dell'avambraccio potr forse presentare alcune difficolt di lettura , in quanto meno facile da comprendere rispetto all'analisi dei piani sagittale e frontale, anche se i principi applicati sono stati sempre gli stessi che abbiamo utilizzato in precedenza.Abbiamo preso in considerazione due pronatori e due supinatori, il cui studio approfondiremo per cercare di capire, nel paziente emiplegico, quale sia il ruolo di ciascuno e quale sia la prevalenza che si riscontra pi di frequente.Premettiamo che non esiste, come accade in altri casi, una prevalenza assoluta di un movimento rispetto all'altro.Alcuni paziente emiplegici si presentano, una volta superata la fase acuta, con l'avambraccio supinato, altri con l'avambraccio pronato.Al di l del tentativo di studiare le sincinesie patologiche e gli schemi che si cerca di ricondurre a determinate combinazioni di movimenti (Brunnstrom), credo che anche in questo caso, cos come per l'analisi dell'abduzione ed adduzione della spalla, il ragionamento debba iniziare partendo dall'analisi dell'azione gravitarla e della contrazione muscolare.Se l'azione della gravit (che tende a portare l'avambraccio in pronazione) non stimoler la reazione dei supinatori, avremo una prevalenza del movimento \p686 di pronazione stesso; se invece, per via della sede e dell'entit della lesione, dell'et del paziente e di tutte le variabili che abbiamo gi ricordato, questa reazione ci sar, avremo una prevalenza dell'azione dei supinatori sulla somma dei pronatori e della gravit.Questa semplice riflessione si basa ancora una volta sul presupposto per cui non possibile trascurare le regole di base della biomeccanica per valutare i movimenti, insieme all'analisi neurofisiologica nello studio della riorganizzazione motoria post-lesionale.PronazioneIl movimento di pronazione consiste nello spostamento della diafisi e dell'epifisi distale del radio attorno

all'ulna, in modo che i rispettivi assi diafisari, che in posizione anatomica sono paralleli, si vengano a trovare l'uno sovrapposto all'altro.In posizione anatomica, cio a gomito esteso con le dita della mano rivolte verso il basso, la gravit non svolge alcun ruolo nel senso della pronazione, mentre, se il gomito flesso ed il soggetto in piedi o seduto, l'azione gravitaria favorisce questo movimento per via del peso della mano, che tende a portarsi verso l'interno (dove si trova l'addome).Esistono due muscoli che si inseriscono su radio e ulna e, come abbiamo detto, qualora vi siano le condizioni biomeccaniche per cui l'ulna sia in qualche modo considerabile come punto fisso, l'inserzione radiale che diventa punto di applicazione vettoriale, per consentire un movimento di svolgimento del radio che analizziamo sul piano orizzontale.Pronatore quadratoIl muscolo Pronatore quadrato ha le fibre disposte trasversalmente rispetto all'asse diafisario di radio e ulna, ed collocato nella parte pi distale dell'avambraccio.La rappresentazione vettoriale, come si detto in sede di introduzione, non permette di visualizzare con facilit il riferimento anatomico; consideriamo comunque che il radio l'osso che occupa la sezione maggiore a questo livello, ed il segmento su cui si inserisce il punto di applicazione del vettore che ci apprestiamo ad analizzare.La direzione vettoriale procede dall'indietro all'avanti e dall'esterno all'interno, il verso rivolto anteriormente ed il modulo piuttosto limitato dall'esigua lunghezza complessiva di questo muscolo, che ne riduce logicamente anche la potenza.Anche se stiamo valutando il complesso articolare del gomito, il fulcro a cui si fa riferimento nell'immagine biomeccanica l'articolazione radio-ulnare distale.Questo accade poich le fibre del muscolo Pronatore quadrato sono disposte in prossimit di questa articolazione, quindi pi utile eseguire una sezione passante anch'essa per il punto in cui questo movimento si svolge. vero altres che la pronazione dell'avambraccio coinvolge anche l'articolazione radio-ulnare prossimale (che consideriamo come uno dei tre fulcri articolari del gomito), che partecipa al movimento determinato dalla contrazione di questo muscolo, in conseguenza della mobilizzazione articolare radioulnare distale.Inviando quindi la congiungente tra il punto di applicazione ed il fulcro radio-ulnare distale, si descrive una semiretta che procede dall'avanti all'indietro e \p687 dall'esterno all'interno, sulla quale viene tracciata la perpendicolare che passa per il punto di applicazione, e si delineano i lati del rettangolo biomeccanico.Questo rettangolo evidenzia una quota efficace abbastanza importante che tende a spostare internamente il radio, ruotando attorno all'ulna nel movimento di pronazione.Il braccio di leva del Pronatore quadrato piuttosto ridotto (circa un terzo della sezione radiale a questo livello), mentre l'inclinazione tra la direzione del vettore ed il braccio di leva di circa 35 gradi, per cui relativamente significativa e permette di esercitare un buon potenziale motorio complessivo.Il momento della forza calcolato sull'azione di questo muscolo nel piano orizzontale viene quindi condizionata in senso limitativo dal modulo vettoriale e dal braccio della leva, mentre ha nell'angolo con cui la forza si applica al braccio della potenza il suo punto pi favorevole (Fig. 28.32).Fig. 28.32 - Pronatore quadrato.Azione relativa all'articolazione del gomito.Analisi sul piano orizzontale.Quota chinesiologicamente efficace: Pronazione.Origine: Superficie anteriore dell'ulna, nel suo quarto inferiore.Inserzione: Porzione antero-interna del radio, nel suo quarto inferiore.Innervazione: Nervo mediano (C7-C8).Pronatore rotondoIl muscolo Pronatore rotondo biarticolare, ed attraversa sia l'articolazione omero-ulnare che quella radio-ulnare prossimale.In questo paragrafo ci soffermiamo solo sull'analisi del piano orizzontale (e quindi sul movimento relativo al fulcro radio-ulnare), in quanto la distanza tra l'inserzione omerale del Pronatore quadrato ed il fulcro articolare, cio il braccio della potenza, molto ridotta e non permette che il muscolo

eserciti un'azione significativa sul movimento di flessione del gomito.\p688Molto pi significativo invece lo studio della pronazione dell'avambraccio, per via dell'obliquit delle fibre muscolari rispetto all'asse diafisario di radio e ulna, e soprattutto per via dell'inserzione muscolare distale (a livello della faccia esterna ed anteriore del radio) da cui si deduce un movimento che si sviluppa nel senso dell'avvolgimento radiale attorno all'ulna stessa.Consideriamo il punto fisso omerale ed applichiamo il vettore sul punto di inserzione posto sul radio.La sezione, a differenza dell'analisi del Pronatore quadrato, avviene a livello del terzo medio del radio e, per determinare la costruzione del braccio della leva, sul disegno viene riportato il punto di proiezione del fulcro articolare radio-ulnare prossimale (Fig. 28.33).Ne risulta una rappresentazione biomeccanica molto simile a quella relativa al Pronatore quadrato, con una differente sezione ossea dovuta alle diverse dimensioni del radio e dell'ulna a questo livello.La costruzione del rettangolo biomeccanico ottenuta inviando la congiungente tra il punto di applicazione ed il fulcro articolare rivela una figura pi grande, con una maggior dimensione dei lati rispetto a quella che abbiamo osservato nella rappresentazione del Pronatore quadrato.Fig. 28.33 - Pronatore rotondo.Azione relativa all'articolazione del gomito.Analisi sul piano orizzontale.Quota chinesiologicamente efficace: Pronazione.Origine: Superficie anteriore dell'epitroclea, processo coronoideo dell'ulna, tendine del Brachiale anteriore.Inserzione: Superficie esterna del radio, nel suo terzo intermedio.Innervazione: Nervo mediano (C6-C7).\p689Questo aspetto ha un suo preciso significato in merito all'efficacia dell'azione dei due muscoli.L'analisi del momento della forza, cio del prodotto del modulo vettoriale con il braccio di leva ed il seno dell'angolo tra essi compreso, maggiore di quella registrata nel Pronatore quadrato.La differente potenza espressa dai due muscoli pronatori si traduce chinesiologicamente in un movimento eseguito in sinergia per alcuni gradi intermedi di pronazione, mentre all'inizio ed alla fine, la loro azione inversamente proporzionale.Infatti, il Pronatore quadrato esaurisce rapidamente la sua funzione, mentre il Pronatore rotondo la mantiene anche in prossimit del punto in cui tale azione incontra i limiti articolari fisiologici.SupinazioneCome abbiamo pi volte ripetuto, la supinazione dell'avambraccio un movimento a gomito flesso, antigravitario, che richiede l'azione di muscoli specifici.Questi muscoli sono inseriti distalmente sul radio, ed in particolare sul margine interno della diafisi radiale, per permettere che la forza espressa si traduca in uno spostamento che porti le due ossa dell'avambraccio in posizione parallela.Inoltre, la loro inserzione prossimale collocata in modo che l'inclinazione delle fibre tendinee distali permetta una costruzione vettoriale efficace nel senso di questo spostamento.I muscoli individuati in sede preliminare per l'analisi della supinazione dell'avambraccio sono due: il Bicipite brachiale ed il Supinatore breve.La supinazione dell'avambraccio si realizza con uno svolgimento del radio attorno all'asse passante per la sua diafisi, mentre le superfici articolari scivolano tra loro a seconda del grado di contrazione muscolare attivato. dunque una rotazione del radio limitata dalla messa in tensione dei legamenti articolari.Bicipite brachialeAbbiamo gi analizzato su alcuni piani ed in relazione a diversi fulcri articolari questo muscolo, che svolge tuttavia un'importante funzione anche nel movimento di supinazione, al punto da poterlo considerare come l'agonista principale rispetto a questo movimento.Si tratta di un muscolo poliarticolare, per cui la forza che esercita si distribuisce a livello di pi movimenti, e non sempre facile comprenderne la traduzione biomeccanica quando il suo punto fisso non si trova direttamente sul segmento osseo prossimale.Seguiamo quindi anche in questo caso le regole descritte nell'introduzione per la costruzione del vettore e del rettangolo biomeccanico (vedi capitolo 3).Ci che

caratterizza la sua azione l'enorme efficacia del modulo vettoriale che ne descrive la potenza, a dispetto di un braccio di leva estremamente limitato in termini di lunghezza.Anche l'ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione vettoriale con il braccio di leva abbastanza favorevole (70 gradi).La costruzione del vettore parte dalla tuberosit radiale, punto di inserzione distale di questo muscolo, ha una direzione che procede dall'indietro all'avanti \p690 e dall'esterno all'interno, il verso rivolto in avanti ed una notevole potenza (Fig. 28.34).Fig. 28.34 Bicipite brachiale.Azione relativa all'articolazione del gomito.Analisi sul piano orizzontale.Quota chinesiologicamente efficace: Supinazione.Origine: Il capo lungo sul tubercolo sovra-glenoideo e sul cercine glenoideo, il capo breve sul processo coracoideo della scapola.Inserzione: Sulla tuberosit bicipitale del radio.Innervazione: Nervo muscolo-cutaneo (C5-C6).\p691Il rettangolo biomeccanico che si ottiene dopo aver unito l'origine vettoriale con il centro dell'articolazione radio-ulnare prossimale, costituito da una quota coattante delle due superfici articolari e da una quota che descrive uno spostamento del radio, determinando una supinazione dell'avambraccio.La congiungente con il fulcro articolare copre una brevissima distanza, mentre l'angolo compreso tra le due componenti tracciate estremamente significativo: circa 70 gradi.Il momento della forza del muscolo Bicipite brachiale sar pertanto molto significativa, soprattutto grazie alla sezione del ventre muscolare ed all'angolo con cui il suo tendine distale si inserisce sul radio.Supinatore breveQuesto muscolo ha un decorso piuttosto breve, inserendosi sull'omero a livello dell'epicondilo e sul radio nel suo terzo prossimale, soprattutto sulla sua faccia anteriore.L'analisi e la rappresentazione chinesiologica verranno effettuate, come per il Bicipite brachiale, attraverso una sezione di radio e ulna all'altezza del terzo prossimale dell'avambraccio.La capacit di contrazione del Supinatore breve, e di conseguenza la forza che riesce ad esercitare, limitata da un potenziale modulare ridotto che potremo osservare nell'analisi biomeccanica.Il punto fisso riferito all'epicondilo omerale, mentre il punto di applicazione del vettore viene individuato nel punto medio della sua inserzione distale, lungo il segmento in cui il tendine del Supinatore breve prende contatto con il radio.La direzione vettoriale una retta rivolta dall'indietro all'avanti e dall'interno all'esterno, il modulo poco rilevante ed il verso si trova dalla parte opposta rispetto al punto di applicazione.Costruiamo la leva inviando la congiungente tra il punto di applicazione ed il fulcro dell'articolazione radio-ulnare prossimale (Fig. 28.35).Possiamo cos osservare che, come in altri casi gi studiati, diventa necessario prolungare questa congiungente dalla parte del punto di applicazione, per poter poi tracciare la perpendicolare ad essa sempre a partire dal punto in cui si applica il vettore.Una volta completata la scomposizione della forza vettoriale analizziamo il rettangolo biomeccanico, in cui il lato che si trova sulla congiungente tra l'origine vettoriale ed il fulcro articolare maggiore dell'altro, e rivela un'azione distraente, mentre il lato minore indica un movimento che tende a portare la faccia anteriore del radio verso l'esterno, svolgendosi attorno alla diafisi ulnare.Questo svolgimento la supinazione dell'avambraccio.Lo studio delle altre due componenti che condizionano il calcolo del momento della forza, ci indica che esse sono proporzionate al modulo vettoriale efficace, poich la lunghezza del braccio della potenza costituita dal diametro radiale a questo livello (che estremamente ridotto), e l'angolo composto dalla direzione vettoriale ed il braccio di leva molto vicino a 180gradi, per cui il seno corrispondente sar molto vicino a 0.Abbiamo pertanto tre valori poco significativi, che determinano una potenza complessiva ridotta di questo muscolo.Sul piano chinesiologico, se ne deduce che il Supinatore breve partecipa al movimento di supinazione dell'avambraccio, soprattutto

fissando l'avambraccio stesso in un atteggiamento di supinazione, per consentire al polso ed alla mano di potersi muovere, a partire da questa posizione.\p692Fig. 28.35 - Supinatore breve.Azione relativa all'articolazione del gomito.Analisi sul piano orizzontale.Quota chinesiologicamente efficace: Supinazione.Origine: Superficie anteriore dell'epicondilo omerale, tendine comune degli epicondiloidei, fossa bicipitale.Inserzione: Superficie antero-esterna del terzo prossimale del radio.Innervazione: Nervo radiale (C6-C7).ConclusioniCome abbiamo pi volte ripetuto, il soggetto con emiplegia si pu presentare con l'avambraccio prevalentemente supinato o pronato a seconda del grado di ipertono che presenta al termine del suo processo di recupero, a seconda del condizionamento che riuscir ad esercitare sul proprio tono muscolare attraverso l'esercizio e l'apprendimento, e dell'azione che la gravit e le forze esterne potranno esercitare sull'avambraccio.A questo riguardo, potremo osservare una prevalenza della pronazione dovuta alla gravit, oppure una dominanza dei supinatori, che saranno stimolati a reagire attraverso un'iperattivit che potr a sua volta prevalere.In sede di conclusioni vogliamo per sottolineare il ruolo dominante che in questo movimento esercita il pi potente dei muscoli del braccio: il Bicipite brachiale. l'ago della bilancia, il muscolo pi importante nell'equilibrio tra pronazione e supinazione, poich da solo pu determinare il movimento supinatorio, superando la somma dei moduli di tutte le forze muscolari e gravitane antagoniste.Quindi, per poter avere la possibilit di eseguire un movimento corretto, la rieducazione dei movimenti dell'avambraccio si dovr principalmente riferire alla normalizzazione del tono di questo muscolo che, tra l'altro, abbiamo gi visto essere determinante anche per i movimenti di flessione della spalla e del gomito.\p693ARTICOLAZIONE RADIO-CARPICAIl polso un'articolazione costituita dall'epifisi distale del radio e dalla prima fila delle ossa del carpo.Possiede la possibilit di muoversi in due direzioni: portando la mano anteriormente, cio nel senso della flessione, e posteriormente, cio in estensione; inoltre pu inclinare la mano verso l'esterno, cio verso l'inclinazione radiale e verso l'interno, in inclinazione ulnare.Questi movimenti verranno analizzati attraverso uno studio sul piano sagittale e sul piano frontale.Per quanto riguarda la flessoestensione, il polso ha un notevole range articolare, pi o meno uguale nei due sensi, di circa 80 gradi -90 gradi; anche l'inclinazione ulnare un movimento importante, arrivando a descrivere un angolo di pi di 60 gradi tra l'asse della diafisi radiale e l'asse ottenuto prolungando la diafisi delle falangi del terzo dito.L'inclinazione che la mano realizza in senso radiale invece un movimento molto pi limitato, che raramente va oltre i 20 gradi, per via del contatto tra lo stiloide radiale e lo scafoide.I muscoli che contribuiscono alla realizzazione di tutti questi movimenti sono poliarticolari, ed approfondiremo lo studio di alcuni di essi che hanno il ventre muscolare situato a livello dell'avambraccio ed i tendini distali che attraversano l'articolazione del polso, per andarsi ad inserire sulle ossa del carpo, dei metacarpi o delle falangi.Essendo poliarticolari, i muscoli del polso possono essere analizzati anche in relazione ad altri fulcri pi distali, e per alcuni di essi questo verr fatto.In questo studio cercheremo di dare alcune indicazioni che potranno facilmente essere estese anche a tutte le altre numerose possibili combinazioni.Nel paziente emiplegico, anche i muscoli del polso subiscono frequentemente un'alterazione nel senso dello squilibrio del tono, che modifica il normale rapporto tra agonisti ed antagonisti, sia per quanto riguarda il piano sagittale che quello frontale.In particolare, il polso del paziente emiplegico si presenta quasi sempre in flessione ed in leggera deviazione ulnare.Piano sagittaleI movimenti di flessione ed estensione del polso sono chinesiologicamente simili in quanto ad ampiezza articolare ed a forza muscolare, poich l'angolo che possono raggiungere al limite delle proprie possibilit di movimento per

entrambi di circa 80-90, ed i muscoli flessori ed estensori riescono fisiologicamente ad esercitare una forza complessiva che si pu ritenere quasi uguale.Alcuni dei muscoli che attraversano l'articolazione del polso, sia flessori che estensori, si inseriscono a livello del carpo e del metacarpo, ed altri sulle falangi, per cui eseguono contemporaneamente un'azione a livello del polso e delle dita.Questi ultimi verranno quindi analizzati anche in relazione alla loro azione su altri fulcri articolari.Il polso del paziente emiplegico si presenta frequentemente flesso, per cui andremo ad analizzare i valori risultanti dai moduli vettoriali, i bracci delle potenze e gli angoli compresi tra le direzioni vettoriali ed i bracci delle leve per vedere se sono complessivamente maggiori nel movimento di flessione.Alcuni tra i muscoli presi in esame seguono un decorso obliquo, per cui svolgeranno un'azione non solo sul piano sagittale, ma anche su quello frontale. Li ritroveremo pertanto anche nell'analisi successiva.\p694FlessioneIl movimento di flessione del polso consiste nell'avvicinamento della faccia palmare della mano alla superficie anteriore dell'avambraccio, e si realizza essenzialmente attraverso l'azione di quattro muscoli, che verranno analizzati con distinte rappresentazioni biomeccaniche.Si tratta del Grande Palmare, del Flessore Ulnare del Carpo, del Flessore Comune Superficiale e Profondo delle dita.Grande palmareSi trova nella loggia anteriore dell'avambraccio ed biarticolare, in quanto origina prossimalmente a livello dell'epitroclea omerale, e si inserisce distalmente sulla base del secondo e del terzo metacarpo.La sua azione pertanto si distribuisce tra le articolazioni del gomito e del polso.Il motivo per cui analizzeremo solo il suo ruolo di flessore del polso dovuto al fatto che l'azione sul gomito penalizzata dall'irrisoria ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione vettoriale ed il braccio della potenza.Sul piano sagittale quindi, il vettore costruito sull'anatomia del muscolo Grande palmare quando questi prende punto fisso a livello dell'omero, si applica in un punto medio tra il secondo ed il terzo metacarpo (sulle basi), ha una direzione che procede dal basso verso l'alto e dall'indietro all'avanti, un modulo abbastanza limitato ed il verso rivolto anteriormente (Fig. 28.36).Dopo aver inviato la congiungente tra il punto di applicazione ed il fulcro dell'articolazione radio-carpica, cio il punto centrale della superficie articolare del radio, osserviamo che, rispetto ai dati che avremmo ricavato nell'analisi della sua azione sul gomito, l'entit del valore di due componenti significative per il calcolo del momento della forza si inverte.Infatti, l'angolo compreso tra la direzione vettoriale ed il braccio della leva , in questo caso, sufficientemente ampio (circa 30 gradi -40 gradi), mentre molto ridotta la lunghezza del braccio di leva.La proporzione tra questi due valori comunque molto pi favorevole all'analisi del movimento di flessione del polso.Il rettangolo biomeccanico che possiamo costruire inviando le perpendicolari a partire dal punto di applicazione vettoriale, evidenzia una quota coattante maggiore ed una quota efficace minore, che tende a portare le ossa metacarpali, e quindi la mano, dalla posizione anatomica verso l'avanti, realizzando un movimento di flessione del polso.L'angolo compreso tra la direzione vettoriale ed il braccio della potenza indica anche quale dovrebbe essere l'inclinazione del polso su cui questo stesso muscolo esprime la sua massima forza.In questo caso, il valore circa di 30 gradi - 40 gradi.Se immaginiamo come si modificano le caratteristiche del rettangolo biomeccanico man mano che il polso si flette, vediamo che la direzione vettoriale si dispone all'inizio sempre pi verticalmente, fino a fermarsi quando si viene a trovare sulla retta congiungente tra le due inserzioni del muscolo (quella omerale e quella carpica).A questo punto, l'ulteriore flessione del polso finisce solo per aumentare l'angolo compreso tra la direzione del vettore ed il braccio della leva, a tutto vantaggio dell'efficacia del vettore relativo all'azione del Grande palmare.Si arriva quindi ad un

punto in cui la flessione talmente elevata per cui il \p695 grado di accorciamento muscolare diviene un fattore biomeccanico cos marcato, da azzerare il valore del suo potenziale modulare.Da queste considerazioni ne risulta che l'azione del muscolo Grande palmare diviene massima ad un grado di flessione del polso di circa 30 gradi mentre, in posizione anatomica, risente negativamente del dato relativo all'angolo compreso tra la direzione vettoriale ed il braccio di leva.Fig. 28.36 - Grande palmare.Azione relativa all'articolazione radio-carpica. Analisi sul piano sagittale. Quota chinesiologicamente efficace: Flessione. Origine: Superficie anteriore dell'epitroclea, tendine comune degli epitrocleari.Inserzione: Superficie anteriore della base del secondo e del terzo metacarpo, trapezio. Innervazione: Nervo mediano (C6-C7-C8). \p696Flessore ulnare del carpoSi tratta di un muscolo che ha le fibre molto vicine a quelle del Grande Palmare e, come questo, disposto nella loggia anteriore dell'avambraccio.La congiungente fra le sue due inserzioni per, a differenza dell'altro muscolo, non obliqua rispetto all'asse mediano dell'avambraccio.Il Grande Palmare infatti origina a livello dell'epitroclea, sul versante mediale del gomito, e distalmente sulle basi del secondo e del terzo metacarpo, quindi all'esterno.Il Flessore ulnare del carpo un muscolo longitudinale rispetto a radio e ulna, originando anch'esso sull'epitroclea omerale ma inserendosi, a livello del carpo, sul pisiforme, l'uncinato ed il quinto metacarpo.Questa distinzione fa emergere una sostanziale differenza chinesiologica valutabile sul piano frontale mentre, su quello sagittale, l'azione di questi due muscoli sinergica per il movimento di flessione del polso.Il vettore costruito quando il Flessore Ulnare del Carpo fa punto fisso al gomito, un segmento frecciato che si applica sul pisiforme, ha una direzione che procede dal basso verso l'alto e dall'indietro all'avanti, un modulo non particolarmente elevato ed il verso rivolto anteriormente (Fig. 28.37). in pratica una situazione biomeccanica molto simile a quella che abbiamo potuto osservare nel muscolo precedente ma, in questo caso, lo studio andr condotto con un'osservazione che si proietta a partire dal lato ulnare dell'avambraccio, mentre prima lo era dal lato radiale.Questo significa che, sul piano sagittale, questi due muscoli agiscono in sinergia relativamente al movimento di flessione del polso: il Grande Palmare esercita una forza applicata sulla parte radiale della mano, il Flessore Ulnare del Carpo invece traziona anteriormente la quota ulnare della mano stessa.Quindi, per ci che concerne l'analisi del rettangolo biomeccanico ed il momento della forza, sono ripetibili quasi integralmente le considerazioni espresse riguardo al Grande Palmare.L'azione esercitata da questi due muscoli nel paziente emiplegico, va considerata in un contesto antigravitario.In posizione anatomica, la flessione del polso infatti un movimento che si sviluppa nella direzione opposta a quella che la gravit tenderebbe a realizzare.Valgono pertanto anche in questo caso le considerazioni che abbiamo gi espresso in precedenza sulla continua sollecitazione che il peso del distretto corporeo (in questo caso della mano) attua sui fusi neuromuscolari.I muscoli cos stimolati, possono dar vita ad una reazione tale da determinare un significativo rinforzo dell'ipertono. possibile che l'azione gravitarla possa essere la causa principale del processo di riorganizzazione del tono muscolare secondo le caratteristiche che sono state descritte nei paragrafi introduttivi.Flessore Comune Superficiale delle ditaAbbiamo considerato tra i muscoli significativi della flessione radio-carpica anche i due flessori delle dita della mano che, per via della loro disposizione, ed in particolare della lunghezza del loro tendine distale, attraversano numerose articolazioni, distribuendo la propria azione su ciascuna di esse.Il Flessore Comune Superficiale delle dita origina a livello dell'epitroclea omerale per cui, teoricamente, svolge una certa azione motoria anche in relazione al movimento del gomito.\p697Fig. 28.37 -

Flessore Ulnare del carpo.Azione relativa all'articolazione radiocarpica. Analisi sul piano sagittale. Quota chinesiologicamente efficace: Flessione. Origine: Superficie anteriore dell'epitroclea, margine interno dell'olecrano.Inserzione: Pisiforme e, parzialmente, uncinato, quarto e quinto metacarpo.Innervazione: Nervo ulnare (C7-C8-D1). Abbiamo per pensato di non analizzare questo movimento per via dell'irrisoria lunghezza del braccio di leva, della minima ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione vettoriale ed il braccio di leva stesso ed anche del modulo limitato, che permette a questo muscolo di vincere resistenze molto leggere.L'analisi del Flessore Comune Superficiale delle dita sar ripresa anche nello studio dei movimenti della mano, e la stessa cosa si ripeter anche per il muscolo successivo.Il vettore che risulta dalle caratteristiche anatomiche del Flessore Superficiale Comune delle dita, si applica sulla base della seconda falange delle dita dal \p698 secondo al quinto ma, sulla base di quanto affermato nel capitolo 3, viene riportato a livello del tendine distale, in corrispondenza dell'articolazione pi vicina al polso che si interpone tra il polso stesso ed il punto di inserzione muscolare: l'articolazione metacarpofalangea.Consideriamo un unico punto di applicazione vettoriale come proiezione anche degli altri tre, essendo questi quasi sovrapposti sul piano sagittale.La direzione vettoriale decorre dal basso in alto e dall'indietro in avanti, il verso rivolto anteriormente ed il modulo molto ridotto, per via di un esiguo ventre muscolare che permette solo una modesta forza (Fig. 28.38).Fig. 28.38 - Flessore comune superficiale delle dita.Azione relativa all'articolazione radio-carpica. Analisi sul piano sagittale. Quota chinesiologicamente efficace: Flessione. Origine: Superficie anteriore dell'epitroclea, processo co-ronoideo dell'ulna, margine anteriore del radio. Inserzione: Porzioni laterali delle basi delle falangi prossimali delle dita dal secondo al quinto. Innervazione: Nervo mediano (C6-C7-C8). \p699Congiungiamo il punto di applicazione vettoriale con il fulcro dell'articolazione, costruendo cos il braccio della potenza della leva, ed osserviamo che questo risulta sufficientemente lungo da influenzare positivamente il potenziale muscolare complessivo.Questa quota, che possiamo definire favorevole, viene per molto limitata dall'analisi dell'angolo compreso tra la direzione del vettore ed il braccio della leva, veramente molto piccolo (15 gradi), che determina la costruzione di un rettangolo biomeccanico piuttosto allungato.In base a questi valori, il momento della forza calcolato sull'azione del muscolo rispetto all'articolazione radiocarpica sar notevolmente ridotto.La costruzione del vettore ci suggerisce anche un'altra considerazione biomeccanicamente significativa.Abbiamo gi visto in molti casi, a movimento iniziato, una modificazione delle caratteristiche biomeccaniche analizzate.Questo accade poich cambiano l'inclinazione del tendine muscolare, la lunghezza del braccio della leva ed anche il modulo della quota efficace; tutto ci non vale per relativamente al muscolo che stiamo valutando ora, almeno per quanto concerne la direzione del vettore e la lunghezza del braccio della potenza.Infatti, se flettiamo le articolazioni metacarpo-falangee, non si modifica l'inclinazione del tendine, poich la direzione del vettore viene ricavata a partire dal fulcro metacarpo-falangeo stesso e segue quella del tendine verso il fulcro che stiamo considerando, cio l'articolazione radio-carpica.Ne possiamo quindi dedurre che il muscolo Flessore Comune Superficiale delle dita svolge un'azione costante, in funzione solo del modulo vettoriale che esprime la sua potenza nel movimento di flessione del polso.Flessore Comune Profondo delle ditaSi tratta di un muscolo per molti aspetti simile al precedente, da cui lo differenzia solo la sua inserzione distale, che si trova sulla falange distale e non su quella prossimale.Questa distinzione avr importanti ripercussioni nell'analisi delle articolazioni inter-falangee, ma non ne ha praticamente nessuna nel caso dell'analisi dei movimenti del polso,

per cui possiamo ripetere integralmente le considerazioni espresse a proposito del Flessore Comune Superficiale delle dita.Sul piano della rappresentazione biomeccanica infatti, l'unica differenza consiste nell'inserzione falangea del muscolo, mentre la costruzione del rettangolo biomeccanico e l'analisi del braccio di leva e dell'inclinazione tra la direzione vettoriale ed il braccio di leva stesso perfettamente sovrapponibile alla precedente.L'azione dei due muscoli pertanto pu essere considerata come se si trattasse di due forze applicate sullo stesso punto che decorrono praticamente sulla stessa direzione.La somma dei due moduli efficaci determina la risultante effettiva della flessione del polso realizzata dai due muscoli flessori delle dita (Fig. 28.39).EstensioneL'estensione del polso un movimento molto importante nel controllo della prensione, poich permette alla mano di dosare al meglio l'intervento dei muscoli flessori delle dita, al fine di realizzare la pinza pi efficace, con il minor sforzo possibile.\p700Fig. 28.39 - Flessore comune profondo delle dita.Azione relativa all'articolazione radio-carpica.Analisi sul piano sagittale.Quota chinesiologicamente efficace: Flessione.Origine: Superficie antero-interna dei tre quarti prossimali dell'ulna, processo coronoideo dell'ulna.Inserzione: Porzioni laterali delle basi delle falangi intermedie delle dita dal secondo al quinto, attraverso cui passa una terza quota di tendine che si fissa sulla base della falange distale delle stesse quattro dita.Innervazione: Nervo mediano (C7-C8-D1), Nervo ulnare (C6-C7-C8).Infatti, con l'estensione del polso, si attiva meccanicamente una flessione delle articolazioni metacarpo-falangee ed inter-falangee, che interviene quando si allontana l'inserzione distale dei muscoli flessori delle dita, determinata dal movimento di estensione del polso.L'associazione della estensione del polso e della flessione delle articolazioni metacarpo-falangee ed inter-falangee una delle basi biomeccaniche fondamentali nella prensione, unitamente al movimento che oppone il pollice alle altre dita.L'estensione radio-carpica viene principalmente eseguita attraverso l'azione sinergica di tre muscoli, che trascinano posteriormente la mano rispetto al piano sagittale mediano.\p701Si tratta dell'Estensore Radiale lungo del carpo, dell'Estensore Ulnare del carpo e dell'Estensore comune delle dita.Il sistema di forze applicate alla mano riprende in parte quello che abbiamo osservato nella flessione del polso, in cui due muscoli si inseriscono in sede medio-carpica (per la precisione sulle basi dei metacarpi), ed uno ha il suo prolungamento verso le dita attraverso lunghi tendini che appartengono a muscoli agonisti per il movimento di estensione delle dita della mano.I primi due muscoli si inseriscono (uno) sul lato mediale e (l'altro) su quello laterale, sommando la propria azione estensoria, e neutralizzando le due quote frontali che agiscono, rispettivamente, realizzando un movimento di inclinazione radiale e ulnare.Vedremo nelle conclusioni come la possibilit di eseguire correttamente questo movimento nel paziente emiplegico sia essenziale per il recupero funzionale della motricit della mano.Estensore Radiale lungo del carpoQuesto muscolo decorre quasi parallelamente al Grande Palmare ma, anzich trovarsi sulla porzione anteriore dell'avambraccio, situato sulla sua superficie posteriore.La sua inclinazione rispetto all'asse di radio e ulna non uguale a quella del Grande Palmare, poich l'Estensore Radiale lungo del carpo, cos come quasi tutti i muscoli che svolgono un'azione estensoria a livello del polso, ha la sua origine prossimale sull'epicondilo dell'omero e non sull'epitroclea.L'inserzione distale si trova sulla base posteriore del secondo metacarpo, per cui possiamo considerare che segua un decorso parallelo all'asse longitudinale delle ossa dell'avambraccio.Si intuisce gi fin d'ora un ruolo sinergico interessante che questi due muscoli svolgono in senso laterale, che verr sviluppato nello studio del movimento sul piano frontale.Sul piano sagittale, il vettore che rappresenta la forza muscolare si applica alla

base dorsale del secondo metacarpo, ha la direzione che procede dal basso verso l'alto e dall'avanti all'indietro, il verso rivolto posteriormente ed un modulo pi o meno uguale a quello relativo alla forza espressa dal Grande Palmare.In posizione anatomica, inviando la congiungente tra il punto di applicazione del vettore ed il fulcro costituito dall'articolazione del polso, si pu osservare che essa ha un orientamento rivolto leggermente in avanti, in modo tale da costituire con la direzione vettoriale un angolo limitato in ampiezza (25 gradi).Anche la lunghezza del braccio della leva non molto elevata, per cui se ne deduce che gran parte del potenziale complessivo della forza che riesce ad esprimere il muscolo Estensore radiale lungo del carpo dovuta all'intensit della sua contrazione (che invece piuttosto rilevante) (Fig. 28.40).Il rettangolo biomeccanico ha entrambi i lati abbastanza corti ed allungato, poich il lato che si ricava dalla quota efficace che risulta dopo la scomposizione delle forze vettoriali condizionato dall'ampiezza dell'angolo compreso tra il braccio della potenza e la direzione del vettore (25 gradi).L'azione complessiva di questo estensore del polso pertanto limitata e riesce solo parzialmente a controbilanciare la forza che anteriormente esercitano i flessori.Anche in questo caso non si modifica l'angolo della direzione del vettore una volta iniziato il movimento.Infatti il tendine, nel suo passaggio sull'articolazione del polso, si insinua in un canale che lo mantiene aderente alle superfici ossee, facendo s che la sua inclinazione rispetto al polso stesso sia mantenuta costante per tutto l'arco del movimento.\p702La sua azione pertanto avr come riferimento un contesto biomeccanico invariato, e sar condizionata solo dal modificarsi dell'intensit della contrazione dell'Estensore radiale lungo del carpo, man mano che la sua lunghezza diminuisce nel corso del movimento.Fig. 28.40 - Estensore radiale lungo del carpo.Azione relativa all'articolazione radio-carpica. Analisi sul piano sagittale. Quota chinesiologicamente efficace: Estensione. Origine: Superficie esterna del terzo distale dell'omero, tendine degli epicondiloidei.Inserzione: Superficie esterna della base del secondo metacarpo.Innervazione: Nervo radiale (C6-C7). Estensore ulnare del carpoL'Estensore ulnare del carpo ha un'origine molto vicina a quella del muscolo estensore radiale lungo del carpo, ma il suo decorso verso l'inserzione distale leggermente obliquo rispetto all'asse longitudinale delle ossa dell'avambraccio, andandosi ad inserire sulla base del quinto metacarpo.\p703 come se due forze, che originano da uno stesso punto e si applicano alle due estremit opposte di un corpo esteso, potessero agire contemporaneamente realizzando una sommazione delle proprie componenti sagittali e la neutralizzazione reciproca del loro ruolo relativo ai movimenti sul piano frontale.Vedremo successivamente in che modo accade tutto questo.L'analisi biomeccanica viene realizzata con un'immagine che mostra il versante ulnare dell'avambraccio, in modo da poterne evidenziare meglio gli elementi.Il vettore si applica sulla base del quinto metacarpo, ha la direzione che, analogamente a quella del muscolo precedente, procede dal basso in alto e dall'avanti all'indietro, il verso rivolto posteriormente ed un modulo leggermente inferiore a quello dell'Estensore radiale lungo del carpo, per via di una minor consistenza del suo ventre muscolare (Fig. 28.41).Fig. 28.41 - Estensore ulnare del carpo.Azione relativa all'articolazione radio-carpica. Analisi sul piano sagittale. Quota chinesiologicamente efficace: Estensione. Origine: Superficie anteriore dell'epicondilo, margine posteriore dei due terzi prossimali dell'ulna. Inserzione: Margine postero-interno della base del quinto metacarpo.Innervazione: Nervo radiale (C6-C7).\p704Congiungendo il punto di applicazione del vettore con il centro dell'articolazione del polso, costruiamo la leva con il braccio della potenza ed il rettangolo biomeccanico che, dal lato ulnare, ha pi o meno le stesse caratteristiche di quello che si ricava dall'analisi del muscolo

precedente.I lati sono dunque abbastanza corti ed il piccolo angolo compreso tra la direzione vettoriale ed il braccio della leva (20 gradi) determina una figura allungata.La sua superficie complessiva molto ridotta a causa del modulo del vettore di partenza, che condiziona tutte le dimensioni lineari ricavate successivamente.Il movimento che rivela la quota efficace di questo muscolo dopo la scomposizione delle forze indica uno spostamento dall'avanti all'indietro del quinto metacarpo e, di conseguenza, di tutta la mano.Se immaginiamo una rappresentazione contemporanea dei due vettori in un unico disegno, possiamo dedurre che la risultante dell'azione di questi due muscoli un terzo vettore che si applica sul punto medio del segmento che separa i due singoli punti di applicazione vettoriali, ha la loro stessa direzione (dal basso in alto e dall'avanti all'indietro), il verso rivolto posteriormente ed il modulo determinato dalla somma dei moduli dei due vettori.Estensore comune delle ditaValgono per questo muscolo alcune delle considerazioni appena presentate nell'analisi dei due flessori delle dita. importante sottolineare l'importanza del dato quantitativo in base al quale, a fronte della presenza di due muscoli flessori, l'anatomia ci mostra solo un estensore.Questo valore incide sul calcolo complessivo dell'intensit vettoriale dei muscoli che agiscono sul piano sagittale.L'inserzione distale dell'Estensore comune delle dita molto particolare, ed in un certo senso riassume le due inserzioni dei Flessori superficiale e profondo, applicandosi sia sulla falange intermedia che su quella distale.Dopo una triforcazione, la porzione tendinea mediana si va a fissare sulla seconda falange, mentre le due porzioni esterne si prolungano, per andarsi ad inserire sulla terza falange.L'Estensore comune delle dita attraversa diverse articolazioni, e la costruzione del vettore sar in questo caso determinata dalla scelta dell'articolazione del polso come fulcro articolare di riferimento.Il punto di applicazione viene quindi fissato a livello dell'articolazione metacarpo-falangea (considerando un unico punto come rappresentativo dei quattro che corrispondono alle dita dal secondo al quinto), la direzione vettoriale procede dal basso in alto e dall'avanti all'indietro, il verso rivolto posteriormente ed il modulo limitato, inferiore a quello degli altri due estensori finora analizzati e paragonabile a quello di uno dei due flessori delle dita (Fig. 28.42).Il rettangolo biomeccanico ha pertanto dimensioni estremamente ridotte, con una certa differenza di lunghezza fra i due lati dovuta ad una minima ampiezza dell'angolo (20) compreso tra la direzione del vettore e la congiungente tra il punto di applicazione ed il fulcro articolare, cio il braccio dell

a potenza.La funzione chinesiologica di questo muscolo nel senso dell'estensione si pu notare attraverso la scomposizione di forze in cui la quota efficace, dopo aver tracciato il braccio della leva, rivela una forza che tende a spostare la mano dall'avanti all'indietro.Tutte le componenti sono quindi sfavorevoli per l'azione dell'Estensore comune delle dita rispetto all'estensione del polso.\p705Fig. 28.42 - Estensore comune delle dita.Azione relativa all'articolazione radio-carpica.Analisi sul piano sagittale.Quota chinesiologicamente efficace: Estensione.Origine: Tendine comune degli epicondiloidei, superficie anteriore dell'epicondilo.Inserzione: Superficie dorsale delle falangi intermedia e distale delle ultime quattro dita.Innervazione: Nervo radiale (C6-C7-C8).ConclusioniAbbiamo analizzato i quattro agonisti del movimento di flessione del polso, ed interessante osservare come la complessit della funzione di ciascuno di essi, dovuta al loro punto di inserzione distale, determina comunque una certa efficacia dell'azione svolta.Due muscoli si inseriscono sulla prima fila delle ossa del carpo, uno medialmente ed uno lateralmente; gli altri due si infilano nel tunnel carpale, attraversano il carpo, i metacarpi e si vanno ad inserire sulle basi delle falangi media e distale.\p706I primi due hanno un piccolo braccio di leva, ma un buon potenziale modulare, gli altri hanno un braccio di leva pi lungo, ma una funzione che si concentra maggiormente per quanto riguarda la precisione dell'atto motorio, per cui hanno una potenza complessiva inferiore.La somma di tutte queste azioni determina un movimento che, nel paziente emiplegico, prevalente rispetto all'estensione e quindi alla forza risultante dalla somma dell'azione della gravit e di quella che riescono attivamente a sviluppare i muscoli estensori. uno dei movimenti pi distali dell'arto superiore, per cui anche uno di quelli meno esposti allo stimolo che esercita la gravit, per via del modesto peso che ha la mano.Va sottolineata l'estrema importanza del movimento di estensione del polso per quanto riguarda la precisione della prensione che eseguono le dita della mano.La prensione non semplicemente l'effetto di un'azione dei muscoli flessori con il ruolo di agonisti, ma l'insieme di un'integrazione neurofisiologica tra il sistema motorio ed il sistema sensitivo, con un continuo feed-back informativo che guida il movimento, ed anche di un costante reclutamento di unit motorie che svolgono un'azione flessoria, ma anche estensoria sia del polso che delle dita.Infatti, come abbiamo gi accennato, il movimento di estensione del polso crea una flessione passiva delle articolazioni metacarpo-falangee ed inter-falangee, per cui una contrazione degli estensori facilita il ruolo dei flessori, con i polpastrelli delle dita che si avvicinano automaticamente al polpastrello distale del pollice.La complessit chinesiologica della prensione rende pi comprensibile, insieme alle numerose implicazioni della neurofisiologia e dell'importanza che la mano riveste nelle sue rappresentazioni corticali, il motivo per cui nel paziente emiplegico proprio la mano ad essere quasi sempre la vittima maggiormente colpita dai disturbi del movimento.Piano frontaleSul piano frontale, l'articolazione del polso in grado di realizzare due movimenti di inclinazione: uno in cui la mano si sposta dal lato in cui si trova l'ulna, e l'altro in cui essa si dirige verso il radio.Abbiamo gi detto che l'inclinazione ulnare pi ampia dell'inclinazione radiale, in rapporto di tre a uno.In particolare, la deviazione ulnare pu raggiungere e superare 60 gradi, mentre nella direzione radiale difficilmente si raggiungono 20 gradi.Il tono muscolare del paziente emiplegico in relazione a questi due movimenti non presenta una prevalenza netta di una componente sull'altra ma, il pi delle volte, si assiste ad una reciproca neutralizzazione motoria dovuta all'aumento della contrazione di tutti i muscoli che partecipano alla realizzazione di questi movimenti.In realt, l'inclinazione ulnare un atteggiamento che si riscontra pi di frequente dell'inclinazione radiale

nell'emiplegico, ma possibile che questo non sia dovuto ad un contesto biomeccanico pi favorevole.Una delle ipotesi pi verosimili si basa sulla maggiore possibilit di movimento che viene permessa dalla fisiologia articolare, per cui in questa analisi non ce ne occupiamo.A parte questo, la chinesiologia indica che il numero e le caratteristiche biomeccaniche dei muscoli agonisti di questi due movimenti sono molto simili, ed anche piuttosto interessanti.\p707Sono tutti muscoli che abbiamo gi analizzato nella loro azione sul piano sagittale relativamente ai movimenti di flesso-estensione del polso.Verso il radio agiscono il Grande Palmare (Flessore radiale lungo del carpo) e l'Estensore radiale lungo del carpo; verso l'ulna sono agonisti il muscolo Flessore ulnare del carpo e l'Estensore ulnare del carpo.Come si pu notare, ognuno dei due movimenti pu contare su un muscolo che si inserisce anteriormente (flessore del polso) ed uno che si inserisce posteriormente (estensore del polso).Nell'analisi dei movimenti sul piano sagittale, la sinergia realizzata da alcuni muscoli permette di sommare la propria azione rispetto ad uno specifico movimento, annullando reciprocamente le quote aggiuntive che determinano un certo grado di inclinazione.Lo stesso ragionamento pu essere ripetuto ora, con le nuove sinergie che si intrecciano, sommando le quote frontali ed annullando quelle sagittali.Inclinazione radialeLo spostamento della mano in direzione radiale un movimento possibile attraverso la contrazione di muscoli che abbiano come direzione una retta passante esternamente rispetto al fulcro articolare del polso, cio al punto medio della superfcie articolare costituita dalla prima fila di ossa del carpo e dall'epifisi distale del radio.Dopo la scomposizione delle forze che si ottiene inviando il punto di applicazione al fulcro articolare, la risultante dei muscoli agonisti di questo movimento comprende sempre una quota efficace che determina uno spostamento della mano verso l'esterno, cio verso il lato radiale.I due muscoli che ci presenta l'anatomia originano prossimalmente a livello dell'epicondilo e dell'epitroclea, e terminano entrambi sulla base del secondo metacarpo: il primo sulla sua porzione posteriore ed il secondo in sede anteriore.Se ne pu dedurre che la direzione delle fibre muscolari del primo , in posizione anatomica, longitudinale alle due ossa dell'avambraccio, mentre il secondo segue un decorso leggermente inclinato rispetto ad esse.Grande palmareSul piano frontale, il Grande palmare pu essere biomeccanicamente rappresentato come un segmento frecciato che si applica sulla base anteriore del secondo metacarpo, ha una direzione che procede dal basso verso l'alto e dall'esterno all'interno, lasciandosi al proprio interno il fulcro dell'articolazione radio-carpica, il verso rivolto internamente ed un modulo analogo a quello che abbiamo osservato nell'analisi dello stesso muscolo sul piano sagittale.Dopo aver inviato la congiungente tra il punto di applicazione del vettore ed il fulcro articolare, osserviamo la presenza di un braccio della potenza di breve lunghezza.In questo caso, per abbastanza significativo l'angolo compreso tra la direzione vettoriale ed il braccio di leva stesso (30 gradi), che condiziona positivamente il valore della potenza reale di questo muscolo; quindi, a conclusione dell'analisi biomeccanica, ci troveremo di fronte ad un buon agonista del movimento di inclinazione radiale del polso (Fig. 28.43).\p708Fig. 28.43 - Grande palmare.Azione relativa all'articolazione radio-carpica. Analisi sul piano frontale. Quota chinesiologicamente efficace: Inclinazione radiale.Origine: Superficie anteriore dell'epitroclea, tendine comune degli epitrocleari. Inserzione: Superficie anteriore della base del secondo e del terzo metacarpo, trapezio. Innervazione: Nervo mediano (C6-C7-C8). \p709L'analisi del rettangolo biomeccanico ci indica una quota efficace che tende a spostare la mano verso l'esterno; interessante osservare che la differenza di lunghezza dei due lati non cos elevata come nei muscoli che abbiamo osservato sul piano sagittale: questo dato ha un significato importante

nel calcolo del momento della forza.L'azione complessiva del muscolo Grande Palmare sul piano frontale pertanto di tipo coattante rispetto all'articolazione del polso, agonista relativamente al movimento di inclinazione radiale, e pu contare su un modulo vettoriale ed un braccio di leva limitati (allo stesso livello degli altri muscoli che attraversano il polso), ma su una buona ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione del vettore ed il braccio della leva (30 gradi).Estensore lungo radiale del carpoLa differenza che intercorre nell'analisi chinesiologica tra l'Estensore lungo radiale del carpo ed il Grande Palmare sul piano frontale, consiste essenzialmente nella diversa inclinazione che hanno i loro tendini distali con la diafisi metacarpale.La direzione di questo muscolo, e quindi del vettore che ci apprestiamo a costruire, decorre parallelamente all'asse diafisario delle ossa dell'avambraccio, e questo avr importanti ripercussioni nella costruzione del rettangolo biomeccanico e, soprattutto, nell'analisi dell'angolo compreso tra la direzione vettoriale ed il braccio della leva.Il vettore ricavato dalle caratteristiche anatomiche dell'Estensore lungo radiale del carpo si applica posteriormente sulla base del secondo metacarpo, ha una direzione che procede quasi verticalmente dal basso verso l'alto (in linea con l'asse della diafisi di radio ed ulna), il verso rivolto in l'alto ed un certo modulo, che abbiamo gi rilevato nell'analisi dei movimenti sul piano sagittale (Fig. 28.44).L'invio della congiungente tra la direzione del vettore ed il fulcro della leva determina un angolo la cui ampiezza si pu approssimativamente stimare attorno a 40 gradi e, dopo aver tracciato la perpendicolare al braccio di leva passante per il punto di applicazione del vettore, si pu osservare la quota efficace, che tende a portare la mano verso il lato radiale.Il rettangolo biomeccanico dunque caratterizzato da una scarsa differenza di lunghezza dei due lati, che indica l'efficacia complessiva dell'azione di questo muscolo.Il momento della forza dell'Estensore lungo radiale del carpo si pu considerare in funzione di un discreto potenziale modulare, di un braccio di leva costituito dalla distanza che separa la base del secondo metacarpo dal centro dell'articolazione radiocarpica (quindi pi o meno della stessa lunghezza degli altri muscoli analizzati per i movimenti del polso) e di un'ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione del vettore ed il braccio della leva di circa 40 gradi (che possiamo considerare buona).Abduttore lungo del polliceInseriamo nel gruppo dei muscoli significativi per il movimento di inclinazione radiale del polso anche l'Abduttore lungo del pollice, di cui non va trascurata anche una importante funzione rispetto all'articolazione radio-carpica.\p710Fig. 28.44 - Estensore lungo radiale del carpo.Azione relativa all'articolazione radio-carpica. Analisi sul piano frontale. Quota chinesiologicamente efficace: Inclinazione radiale.Origine: Superficie esterna del terzo distale dell'omero, tendine degli epicondiloidei. Inserzione: Superficie esterna della base del secondo metacarpo. Innervazione: Nervo radiale (C6-C7). Origina infatti a livello dell'ulna, e si va ad inserire sul lato radiale della base del primo metacarpo, attraversando sia il polso che l'articolazione trapeziometacarpica.Essendo biarticolare, ed essendoci un'altra articolazione che si interpone tra il punto di inserzione distale ed il fulcro che stiamo analizzando, dobbiamo considerare come origine del vettore il punto posto sul tendine distale che corrisponde all'articolazione trapeziometacarpica (vedi capitolo 3).La direzione vettoriale procede dal basso verso l'alto e, con una minima \p711 inclinazione, anche dall'esterno all'interno, decorrendo esternamente rispetto al centro dell'articolazione radio-carpica, cio del fulcro che stiamo analizzando.Il verso rivolto in alto, e il modulo abbastanza limitato, per via di una ridotta sezione del ventre muscolare (Fig. 28.45).Congiungiamo il punto di applicazione vettoriale con il fulcro dell'articolazione del polso, poi tracciamo la perpendicolare alla

congiungente passante per il punto in cui ha origine il vettore, ed osserviamo che il rettangolo biomeccanico, nel rapporto tra i suoi due lati, molto meno allungato di quello presente in altri casi che abbiamo gi studiato, potendo contare su un angolo compreso tra la direzione del vettore ed il braccio della leva di circa 40 gradi.Il braccio della potenza della leva descrive la quota che ci indica l'azione coattante dell'Abduttore lungo del pollice rispetto al polso, mentre la perpendicolare ci rivela la sua azione motoria efficace che, chinesiologicamente, determina una deviazione radiale del polso.Fig. 28.45 - Abduttore lungo del pollice.Azione relativa all'articolazione radio-carpica.Analisi sul piano frontale.Quota chinesiologicamente efficace: Inclinazione radiale.Origine: Superficie postero-esterna dell'ulna, superficie posteriore del terzo medio del radio.Inserzione: Margine esterno della base del primo metacarpo.Innervazione: Nervo radiale (C6-C7).\p712La lunghezza del braccio della leva discreta, trattandosi di muscoli dell'articolazione radio-carpica, per cui il momento della forza relativo alla contrazione di questo muscolo notevole, favorito da un valore positivo dell'ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione vettoriale ed il braccio della leva e dalla lunghezza del braccio di leva stesso, anche se il modulo vettoriale non particolarmente significativo.Inclinazione ulnareL'inclinazione ulnare un movimento chinesiologicamente costruito quasi in simmetria con l'inclinazione radiale, con due muscoli che trazionano la mano verso il lato dell'ulna, di cui uno anteriore ed uno posteriore, con una funzione sovrapponibile a quella del Grande Palmare e dell'Estensore lungo radiale del carpo, rispetto al movimento di inclinazione radiale.Si tratta del Flessore ulnare del carpo e dell'Estensore ulnare del carpo, per i quali sono valide quasi tutte le argomentazioni gi evidenziate nell'analisi del movimento precedente.Le numerose analogie che si possono registrare sul piano frontale, rendono meno necessario lo studio chinesiologico dei movimenti di inclinazione dell'articolazione radiocarpica, poich non fa emergere particolari ragioni significative da cui trarre utili conclusioni.In questo come in altri casi, il tentativo di ricercare i motivi di ordine biomeccanico che giustificano un determinato squilibrio del tono muscolare del paziente affetto da emiplegia a vantaggio di un movimento o di un altro, ci porta ad affermare che non esiste un riscontro tale da lasciarci dubbi o perplessit.Questa osservazione, fatta a proposito di questa specifica articolazione su questo piano, un ulteriore elemento che rinforza l'importanza dell'analisi biomeccanica quando si cerca di comprendere i motivi che determinano il quadro clinico nelle patologie del Sistema Nervoso Centrale.Infatti, abbiamo gi sottolineato che nei numerosi pazienti seguiti attraverso la rieducazione neuromotoria, raramente si assiste alla prevalenza di un atteggiamento di inclinazione su un altro, per cui ci che abbiamo osservato in palestra trova la sua conferma nell'analisi chinesiologica.Tante volte abbiamo ascoltato teorie che cercavano di dare un senso ad un determinato squilibrio del tono muscolare nell'azione di agonisti ed antagonisti, sulla base della postura, delle facilitazioni di vario tipo che si possono applicare, dei punti trigger che scatenerebbero reazioni motorie a distanza.Queste osservazioni (importanti e pertinenti), a volte vengono eseguite senza aver cercato di capire se ci fossero semplici motivazioni periferiche, fisiche, che giustificavano un certo comportamento motorio piuttosto di un altro.Conoscere a fondo i motivi di ordine chinesiologico ci pu essere utile a trovare la risposta agli interrogativi per cui il paziente con emiplegia si presenta con il quadro clinico che si osserva nelle palestre di riabilitazione.Flessore ulnare del carpoQuesto muscolo segue un decorso parallelo all'asse diafisario delle ossa dell'avambraccio, e origina a livello prossimale sull'epitroclea dell'omero, mentre il suo tendine distale prende contatto con il pisiforme e la base del quinto metacarpo.Sul piano frontale, il

vettore che possiamo rappresentare in base all'anatomia di questo muscolo si applica in corrispondenza della base del quinto metacarpo (cio del punto in cui converge la maggior quantit delle sue fibre), decorre verso l'alto seguendo una linea interna rispetto al punto medio del segmento costituito \p713 dalla superfcie articolare del radio, ha il verso dal lato opposto rispetto al punto di applicazione ed un modulo analogo a quello osservato nella sua descrizione sul piano sagittale (Fig. 28.46).Fig. 28.46 - Flessore ulnare del carpo.Azione relativa all'articolazione radio-carpica. Analisi sul piano frontale.Quota chinesiologicamente efficace: Inclinazione ulnare.Origine: Superficie anteriore dell'epitroclea, margine interno dell'olecrano.Inserzione: Pisiforme e, parzialmente, uncinato, quarto e quinto metacarpo. Innervazione: Nervo ulnare (C7-C8-D1). \p714Inviamo la retta che congiunge il punto di applicazione del vettore ed il fulcro dell'articolazione radio-carpica, poi costruiamo il rettangolo biomeccanico, in cui i lati sono molto corti per via della breve distanza che separa il punto di applicazione vettoriale dal fulcro dell'articolazione (braccio di leva).Possiamo osservare come le singole lunghezze dei due lati siano abbastanza simili, per cui potremo contare su un angolo vantaggioso con il quale la forza si applica al segmento osseo mobile.La quota efficace che si ricava dopo aver inviato la perpendicolare al braccio di leva passante per il punto di applicazione, dimostra che il ruolo di questo muscolo rispetto all'articolazione del polso quello di agonista del movimento di inclinazione ulnare della mano.Pertanto, a favore della potenza complessiva esercitata dal Flessore ulnare del carpo sul piano frontale, ci sar il valore espresso dal seno dell'angolo compreso tra la direzione del vettore ed il braccio della potenza, mentre saranno limitate la lunghezza del braccio di leva ed il modulo del vettore.Anche in questo caso vale la pena osservare ci che accade una volta che il movimento iniziato, poich si tratta di uno dei casi in cui le modificazioni che si realizzano hanno un preciso ed importante significato.Se immaginiamo la rappresentazione vettoriale con la mano a 30 gradi di inclinazione ulnare, possiamo infatti notare che le dimensioni lineari del rettangolo biomeccanico rimangono sostanzialmente invariate, mentre si amplia di molto l'angolo compreso tra il vettore e la congiungente del punto di applicazione con il fulcro articolare.Questo modifica tutto il rettangolo biomeccanico in modo pi favorevole per l'esecuzione di questo movimento con una maggior potenza.L'articolazione radio-carpica consente un movimento di circa 60 gradi di inclinazione ulnare, ed a questo livello l'angolo biomeccanico sarebbe di 80 gradi, per cui vicino al suo massimo valore (ricordiamo che il seno di un angolo di 90 gradi uguale a 1).Quindi, man mano che aumenta l'inclinazione ulnare, aumenta anche l'efficacia che la contrazione di questo muscolo acquisisce rispetto al fulcro radiocarpico. sempre importante tenere in considerazione anche il modulo vettoriale che, viceversa, diminuisce man mano che la contrazione procede e si avvicinano le due inserzioni muscolari.Estensore ulnare del carpoAnalizziamo ora l'ultimo muscolo che svolge un ruolo chinesiologicamente significativo sul piano frontale nell'articolazione del polso.La congiungente dei suoi due punti di origine ed inserzione una retta leggermente inclinata rispetto all'asse diafisario delle due ossa dell'avambraccio, e questo avr importanti ripercussioni quando andremo a calcolare il momento della forza del vettore che descrive l'azione muscolare.L'analisi biomeccanica dell'Estensore ulnare del carpo ci presenta un segmento frecciato che si applica sulla superficie dorsale della base del quinto metacarpo, ha una direzione che procede dal basso verso l'alto e, leggermente, dall'interno all'esterno, sempre restando dal lato interno rispetto al centro dell'articolazione radio-carpica che costituisce il fulcro della leva, ha il verso rivolto in alto ed il modulo che abbiamo gi osservato nello studio del piano sagittale (Fig.

28.47).Dopo aver inviato la congiungente tra il punto di applicazione del vettore ed il fulcro dell'articolazione, tracciamo la perpendicolare al braccio di leva \p715 passante per il punto di applicazione, che ci rivela un ruolo efficace svolto dal muscolo Estensore ulnare del carpo relativamente allo spostamento della mano verso il lato ulnare.Fig. 28.47 - Estensore ulnare del carpo.Azione relativa all'articolazione radiocarpica. Analisi sul piano frontale.Quota chinesiologicamente efficace: Inclinazione ulnare. Origine: Superficie anteriore dell'epicondilo, margine posteriore dei due terzi prossimali dell'ulna. Inserzione: Margine postero-interno della base del quinto metacarpo.Innervazione: Nervo radiale (C6-C7).L'obliquit della direzione del tendine distale, e quindi del vettore, fa s che l'angolo biomeccanicamente significativo nel calcolo del momento della forza sia inferiore rispetto a quello analizzato per il Flessore ulnare del carpo (le cui fibre seguono un decorso longitudinale rispetto all'asse diafisario di radio e ulna).Essendo la lunghezza del braccio di leva ed il modulo vettoriale sostanzialmente uguali a quelli del muscolo precedente, se ne pu dedurre che l'azione dell'Estensore ulnare del carpo sia leggermente meno efficace di quella del \p716 Flessore, proprio per via di una minor ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione del vettore ed il braccio di leva.Valgono anche in questo caso tutte le considerazioni relative al muscolo Flessore ulnare del carpo una volta iniziato il movimento.Infatti, l'inclinazione dell'angolo biomeccanicamente significativo per il calcolo del momento della forza aumenta man mano che aumenta l'inclinazione ulnare della mano, determinando una maggior efficacia della forza.Nel caso precedente, abbiamo descritto come l'ampiezza nella posizione anatomica ed in quella di massima inclinazione ulnare della mano sia rispettivamente di circa 45 gradi e 80 gradi.Per ci che concerne l'Estensore ulnare del carpo, i due valori sono invece di circa 30 gradi e 60 gradi.ConclusioniIl motivo per cui stiamo approfondendo cos dettagliatamente il profilo biomeccanico del movimento consiste nel ricercare tutte le possibili implicazioni che la chinesiologia pu contemplare e che stanno alla base della realizzazione di un determinato comportamento motorio.L'analisi dei movimenti del polso sul piano frontale ci indica che il potenziale modulare dei muscoli agonisti dei due movimenti di inclinazione radio-carpica e le condizioni biomeccaniche di riferimento sono quasi uguali.Parallelamente, osserviamo nei pazienti con emiplegia che nessuno dei due movimenti si presenta significativamente con una frequenza maggiore rispetto all'altro.Questa analogia ci porta alla conclusione per cui l'analisi biomeccanica, non pone in evidenza significative ragioni per cui un movimento dovrebbe prevalere sul suo opposto.Il paziente emiplegico pertanto si presenta con il polso complessivamente flesso, ma senza una componente dominante relativamente all'inclinazione radiale ed ulnare della mano.\p717MANOLa mano dell'emiplegico sempre stata al centro dell'attenzione dei riabilitatori in tutte le scuole di pensiero, ed presente in tutte le teorie neuroriabilitative che si occupano di quello che probabilmente il principale problema motorio che risulta da un danno encefalico delle strutture nervose.La mano un organo molto complesso nella motricit poich, come giustamente molti autori hanno osservato, la sua chinesiologia interagisce pi degli altri distretti con il feed-back sensitivo che guida la contrazione dei sottili muscoli agonisti per il raffinato movimento della prensione.Inoltre, i movimenti che il pollice esegue in opposizione alle altre dita richiedono una precisione ed un adattamento talmente elevati da dover essere costruiti attraverso un'eccezionale struttura neurologica, in grado di dosare alla perfezione il ruolo del singolo agonista e le sinergie atte a svolgere nel miglior modo possibile questo movimento.Il problema del tono muscolare diviene quindi soltanto una delle tante componenti che entrano in gioco nella funzionalit complessiva della mano, e questo va tenuto in considerazione

per non interpretare scorrettamente il ruolo che, in questo caso, rivestono gli studi e le analisi biomeccaniche.Un altro elemento che va attentamente considerato a proposito della mano l'assenza quasi totale dell'influenza che esercita la gravit rispetto allo spostamento della resistenza costituita dalla forza peso.Vedremo in modo molto chiaro come nella mano sia quasi sempre netta la prevalenza di un determinato atteggiamento sul suo opposto.Questo va senza dubbio compreso anche alla luce dei ragionamenti sulla sollecitazione gravitarla che pi volte abbiamo ripreso relativamente alle altre articolazioni dell'arto superiore, tuttavia la riflessione deve essere necessariamente estesa anche ad un'analisi pi specificatamente neurofisiologica, perch tanti interrogativi non trovano esaurienti risposte dalla chinesiologia e dalla biomeccanica.Non siamo comunque esentati dall'approfondire ugualmente anche l'analisi dei movimenti delle articolazioni distali e dei muscoli che realizzano i movimenti delle dita per capire il loro comportamento in ordine alle leggi che determinano lo spostamento di uno specifico segmento osseo.Per rendere pi comprensibile la valutazione chinesiologica, abbiamo suddiviso lo studio della mano in due ampie sezioni, una relativa al pollice e l'altra alle dita dal secondo al quinto.\p718ARTICOLAZIONE METACARPO-FALANGEAL'analisi delle articolazioni metacarpo-falangee verr sviluppata in modo che, descrivendone una, sia possibile estendere il ragionamento anche alle altre.La chinesiologia di queste articolazioni ci indica due possibilit di movimento, una sul piano sagittale relativa ai movimenti di flessione ed estensione, e l'altra sul piano frontale per ci che riguarda gli spostamenti delle dita nel senso dell'abduzione e dell'adduzione, che possiamo anche chiamare inclinazione radiale ed ulnare.Le articolazioni metacarpofalangee del paziente emiplegico si presentano, nella quasi totalit dei casi, flesse ed addotte, cio con le falangi che tendono a chiudersi all'interno del palmo della mano e le dita strette l'una contro l'altra con i loro bordi laterali.L'analisi che approfondiremo verr pertanto svolta sui piani sagittale e frontale.Piano sagittaleAbbiamo gi analizzato alcuni dei muscoli agonisti dei movimenti di flessione ed estensione delle articolazioni metacarpo-falangee a proposito della flessione ed estensione del polso.Ripetiamo a questo riguardo l'analisi, modificando il riferimento sulla base del nuovo fulcro articolare, tenendo presente che il contesto biomeccanico deve essere costruito prendendo in considerazione il ruolo che questi muscoli svolgono su pi articolazioni.Abbiamo detto infatti, ed a questo riguardo lo ripetiamo (vedi capitolo 3), che quando un muscolo attraversa pi di un'articolazione, il punto di applicazione del vettore non deve essere costruito laddove il tendine si inserisce sul segmento osseo mobile, ma nei pressi del fulcro dell'articolazione pi vicina a quella che stiamo analizzando, nella direzione dell'inserzione muscolare.In questo caso si tratta delle articolazioni inter-falangee prossimali.I muscoli estrinseci (cio che hanno un'inserzione al di fuori della mano e l'altra al suo interno) che studieremo sono tre, di cui due flessori ed un solo estensore.Analizzeremo poi l'azione di alcuni altri muscoli intrinseci alla mano stessa. evidente che lo squilibrio delle forze che agiscono sul piano sagittale nelle articolazioni che costituiscono il movimento della prensione sia a vantaggio della flessione, poich in questo senso che si deve dirigere il reclutamento delle unit motorie finalizzato alla presa di un oggetto. tuttavia da sottolineare anche l'importanza del muscolo estrinseco che ricopre il ruolo di estensore, non solo per dare alla mano la possibilit di eseguire una prensione successiva alla precedente flessione, ma anche per quanto riguarda il controllo e la modulazione della flessione stessa, che pu cos dosare al meglio le proprie unit motorie.Questa disparit numerica degli agonisti il principale elemento di ordine chinesiologico che giustifica il prevalere della flessione sull'estensione.Flessione il movimento che consiste

nello spostamento della prima falange verso l'avanti, cio nel senso dell'avvicinamento della sua superficie anteriore alla faccia palmare della mano.Dal punto di vista articolare ci possono essere notevoli diversit individuali \p719 rispetto al movimento di queste articolazioni, che hanno il loro limite fisiologico costituito di solito dalla messa in tensione dei legamenti.Mediamente ci si attesta su valori che oscillano da 90 gradi a 120 gradi, considerando che possibile ampliare il movimento attraverso un'ulteriore pressione delle dita in chiusura esercitata dall'altra mano o, comunque, passivamente.Si tratta di una componente essenziale per la realizzazione di una corretta prensione della mano, poich consente alle dita di realizzare il massimo avvicinamento della loro punta a quella del pollice, oppure al palmo della mano.In questo senso, le articolazioni metacarpo-falangee svolgono un ruolo superiore a quello di tutte le altre articolazioni della mano, che devono semplicemente aggiustare il movimento inserendo quei pochi gradi che ancora mancano alla congiunzione dei polpastrelli.Si tratta quindi di un fulcro chinesiologicamente indispensabile, in cui necessario che il tono dei muscoli flessori ed estensori sia adeguatamente calibrato, cos da permettere un reclutamento corretto delle unit motorie che renda possibile l'intervento coordinato dei muscoli flessori.Vedremo come il paziente emiplegico molto spesso presenti grosse difficolt ad eseguire la corretta flessione delle articolazioni metacarpo-falangee, o meglio, ad eseguire il movimento di estensione che rende possibile alle articolazioni una successiva mobilit in flessione.Flessore comune superficiale delle ditaQuesto muscolo ha la sua inserzione distale a livello della seconda falange delle dita della mano, per cui attraversa diverse articolazioni, tra cui anche le metacarpo-falangee.Il vettore che descrive biomeccanicamente la sua funzione rispetto a questi fulcri articolari si applica, come abbiamo accennato, a livello del centro delle articolazioni inter-falangee prossimali di ciascun dito.La sua direzione si sovrappone a quella del tendine del muscolo Flessore Comune Superficiale delle dita in prossimit dell'articolazione inter-falangea prossimale, e decorre dal basso in alto e dall'indietro all'avanti, quasi parallelamente rispetto all'asse diafisario delle falangi.Il verso del vettore rivolto anteriormente ed il modulo, come quello di tutti gli altri muscoli in cui il tendine distale si inserisce sulle ossa della mano, molto ridotto in termini quantitativi (Fig. 28.48).La costruzione della leva attraverso l'invio della congiungente tra il punto di applicazione vettoriale ed il fulcro dell'articolazione, ci mostra un angolo compreso tra il braccio della leva e la direzione del vettore di circa 25 gradi -30 gradi, che permette in modo significativo di esercitare la quota efficace risultante dopo la scomposizione delle forze.L'analisi si completa attraverso il disegno della perpendicolare al braccio di leva passante per il punto di applicazione del vettore, che ci permette di costruire il rettangolo biomeccanico in cui il lato pi breve indica una forza tendente a spostare la prima falange dall'indietro all'avanti, realizzando un movimento di flessione dell'articolazione metacarpo-falangea.Flessore comune profondo delle ditaValgono tutti i concetti espressi a proposito dal muscolo precedente, considerando che l'inserzione distale del Flessore Comune Profondo delle dita si trova a livello della falange distale (e non di quella prossimale).\p720Questo modifica solo in minima parte le considerazioni biomeccaniche che studiano l'azione muscolare: infatti, la costruzione del vettore paragonata a quella del muscolo precedente presenta lo stesso punto di applicazione (secondo quanto descritto (vedi capitolo 3) a proposito delle caratteristiche vettoriali proprie dei muscoli poliarticolari), la stessa direzione (poich l'inclinazione del tendine in corrispondenza del punto di applicazione perfettamente sovrapponibile a quella del Flessore Comune Superficiale delle dita), ed un verso che, allo stesso modo, rivolto sempre in

avanti.Fig. 28.48 - Flessore comune superficiale delle dita.Azione relativa all'articolazione metacarpo-falangea. Analisi sul piano sagittale. Quota chinesiologicamente efficace: Flessione. Origine: Superficie antero-interna dell'epitroclea, processo coronoideo dell'ulna, margine anteriore del radio. Inserzione: Porzioni laterali delle basi delle falangi prossimali delle dita dal secondo al quinto. Innervazione: Nervo mediano (C6-C7-C8). \p721Quello che si modifica il modulo vettoriale, per via dell'azione svolta dal muscolo Flessore Comune Profondo delle dita anche a livello dell'articolazione inter-falangea distale (Fig. 28.49). quindi logico che esso riesca ad esercitare solo una attivit minore sugli altri fulcri articolari attraversati.Si tratta comunque di una distinzione prettamente teorica in quanto, come abbiamo gi affermato, la motricit dei muscoli della mano non caratterizzata dalla forza in termini quantitativi, ma soprattutto dalla precisione e dalla capacit di adattamento alle dimensioni dell'oggetto da manipolare.Fig. 28.49 - Flessore comune profondo delle dita.Azione relativa all'articolazione metacarpo-falangea.Analisi sul piano sagittale.Quota chinesiologicamente efficace: Flessione.Origine: Superficie antera-interna dei tre quarti prossimali dell'ulna, processo coronoideo dell'ulna.Inserzione: Porzioni laterali delle basi delle falangi intermedie delle dita dal secondo al quinto, attraverso cui passa una terza quota di tendine che si fissa sulla base della falange distale delle stesse quattro dita.Innervazione: Nervo mediano (C7-C8-D1), Nervo ulnare (C6-C7-C8).\p722Il vettore efficace ricavato dall'analisi biomeccanica e dalla costruzione della leva relativa ci indica quindi che l'azione di questo muscolo tende a spostare le prime falangi delle dita della mano dall'indietro all'avanti, con un braccio di leva lungo circa quanto la prima falange ed un angolo compreso tra la direzione del vettore ed il braccio della leva di circa 25-30 gradi.Interossei palmariLa quota palmare dei muscoli Interossei composta da quattro raggruppamenti di fibre che, prossimalmente originano a livello delle basi del primo, secondo, quarto e quinto metacarpo, e sulle dita si collocano rispettivamente sul margine ulnare della base della prima falange del pollice, sullo stesso punto relativo all'indice, sul margine radiale della base della prima falange dell'anulare e sullo stesso punto relativo al mignolo.Hanno tutti e quattro le fibre che decorrono sulla faccia palmare della mano, quindi anteriormente rispetto alle articolazioni metacarpo-falangee.Questo molto importante per quanto riguarda l'analisi biomeccanica, alla ricerca della quota vettoriale efficace.Sono muscoli monoarticolari per cui, a differenza dei precedenti, vengono analizzati nella maniera tradizionale, riportando cio il punto di applicazione sull'inserzione del tendine relativo al segmento osseo mobile (prima falange), e ricavandone la direzione dalla retta sovrapposta al tendine stesso in prossimit della sua inserzione ossea.Il vettore pertanto si applica sulla base della prima falange, anteriormente rispetto al centro dell'articolazione metacarpo-falangea, decorre dal basso verso l'alto e dall'indietro all'avanti, ha il verso rivolto in avanti ed un piccolissimo modulo (Fig. 28.50).Il rettangolo biomeccanico si ottiene inviando la congiungente tra il punto di applicazione ed il fulcro dell'articolazione metacarpo-falangea dello stesso dito, che una retta posteriore alla direzione vettoriale, per cui anche la perpendicolare inviata sullo stesso punto di applicazione rivela una quota efficace che agisce nel senso della flessione della prima falange sul metacarpo.Per via delle caratteristiche modulari del vettore, il rettangolo biomeccanico formato da due lati di ridottissime dimensioni e, dopo aver costruito la leva, si pu osservare la quota efficace che tende a spostare in avanti la prima falange, realizzando un movimento di flessione metacarpo-falangea.Questo movimento deve essere esteso anche alle altre tre dita su cui si inserisce l'insieme dei muscoli.Essendo la sua inserzione distale collocata alla base della prima

falange, se ne deduce che la distanza tra il punto di applicazione del vettore ed il fulcro della leva, cio il braccio della potenza, sia minima.Sar quindi molto limitato anche il momento della forza che andremo a calcolare.L'unico elemento che presenta una certa consistenza in relazione appunto al momento della forza che ci presenta il potenziale effettivo dell'azione muscolare, l'ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione del vettore ed il braccio di leva, circa di 30 gradi.LombricaliQuesti muscoli, situati come gli Interossei palmari all'interno del palmo della mano, hanno la particolarit di non inserirsi a livello prossimale su un segmento \p723 osseo, bens sui tendini di alcuni muscoli flessori delle dita, in particolare delle dita comprese tra il secondo ed il quinto.La loro azione sar pertanto estremamente collegata alla contrazione di questi muscoli che, inevitabilmente, finiranno per modificare le caratteristiche vettoriali dei Lombricali, spostando quello che considereremo essere il punto fisso dell'analisi chinesiologica.Fig. 28.50 - Interossei palmari.Azione relativa all'articolazione metacarpo-falangea.Analisi sul piano sagittale.Quota chinesiologicamente efficace: Flessione.Origine: Il primo dalla superficie ulnare del primo metacarpo, il secondo dalla superficie ulnare del secondo metacarpo, il terzo dalla superficie ulnare del quarto metacarpo, il quarto dalla superficie radiale del quinto metacarpo.Inserzione: Tendine del muscolo estensore corrispondente.Innervazione: Nervo ulnare (C8-D1).\p724Per poter rappresentare graficamente l'azione di questi muscoli dovremo quindi considerarli a prescindere da uno spostamento indotto dalla contrazione dei flessori delle dita della mano, in modo da poter considerare la loro origine prossimale come se fosse fissa.L'inserzione distale, significativa poich su di essa va determinato il punto di applicazione del vettore, si estende sui tendini del muscolo Estensore Comune Superficiale delle dita, che abbiamo gi analizzato a proposito del movimento di estensione del polso, ed arriva ad inserirsi fino alle falangi distali del secondo, terzo, quarto e quinto dito.Sono quindi muscoli poliarticolari.In questo caso ne analizzeremo l'azione rispetto al fulcro metacarpo-falangeo, individuando nel centro delle articolazioni inter-falangee prossimali delle dita dal secondo al quinto, il livello in cui si deve individuare il punto in cui il tendine che stiamo valutando costituisce l'origine vettoriale.Il vettore pertanto si applica all'altezza dell'articolazione inter-falangea prossimale sul punto corrispondente al tendine del muscolo Estensore Comune delle dita, in cui affluiscono i tendini dei muscoli Lombricali.Questo significa che il vettore si applica posteriormente.A questo punto diviene molto importante l'analisi della direzione vettoriale, poich si potrebbe ritenere che, essendo il suo punto di applicazione posto in corrispondenza della faccia dorsale delle dita, esso dovrebbe svolgere un'azione estensoria delle articolazioni metacarpo-falangee.In realt, l'inclinazione del tendine dei Lombricali a quel livello non parallela all'asse diafisario delle falangi e dei metacarpi, ma tende ad andare dal basso verso l'alto e dall'indietro all'avanti, in modo da passare anteriormente rispetto al centro dell'articolazione metacarpo-falangea, che costituisce il fulcro articolare su cui stiamo studiando il movimento.Il verso del vettore pertanto anteriore ed il modulo simile a quello che abbiamo osservato nei muscoli Interossei palmari (Fig. 28.51).La congiungente tra il punto di applicazione del vettore ed il fulcro dell'articolazione metacarpofalangea rimane posteriore rispetto alla direzione vettoriale, per cui la perpendicolare tracciata a partire dal punto di applicazione rispetto a questa stessa congiungente (braccio della leva) rivela una quota efficace che ha il verso rivolto anteriormente, cio nel senso della flessione della prima falange sul metacarpo.La direzione del vettore cos correttamente ricavata, la ragione biomeccanica che dimostra come l'azione dei muscoli Lombricali rispetto alle articolazioni metacarpo-

falangee sul piano sagittale sia un movimento di flessione.EstensioneL'estensione delle articolazioni metacarpo-falangee uno dei principali problemi del paziente affetto da emiplegia.Infatti, il tono muscolare si riorganizza quasi sempre in modo tale da essere nettamente sbilanciato a vantaggio della flessione, cosicch diviene spesso impossibile estendere queste articolazioni per poter successivamente riattivare la flessione. evidente che, per cause che non trovano una spiegazione sul piano biomeccanico, i muscoli flessori acquisiscono progressivamente una tonicit talmente prevalente nei confronti dei loro antagonisti estensori, che finisce per paralizzare tutta la funzionalit della mano.Questa, a lungo andare, pu anche determinare deformit di tipo articolare per via del prolungato mantenimento di una certa posizione delle dita.Il movimento di estensione metacarpo-falangea consiste nel portare posteriormente le dita, avvicinandole leggermente alla superficie dorsale della mano sul versante posteriore.Si tratta di un movimento di pochissimi gradi, che svolge un ruolo importante soprattutto nel ritorno dalla flessione.Si tratta comunque di un movimento talmente significativo da richiedere un'analisi separata, per le sue grosse implicazioni funzionali relative alla prensione.I muscoli che contribuiscono alla sua esecuzione sono diversi, e ciascuno di essi presenta peculiarit che lo differenziano da tutti gli altri.Fig. 28.51 - Lombricali.Azione relativa all'articolazione metacarpo-falangea.Analisi sul piano sagittale.Quota chinesiologicamente efficace: Flessione.Origine: Il primo ed il secondo dai tendini del Flessore comune delle dita destinati al secondo ed al terzo dito, il terzo e il quarto dai tendini del Flessore comune delle dita destinati al quarto e quinto dito.Inserzione: Superficie radiale del tendine estensore corrispondente di tutte le falangi.Innervazione: Nervo mediano (C7-C8) e Nervo ulnare (C8-D1).\p726Estensore comune delle ditaL'Estensore comune delle dita gi stato studiato nella sua azione relativa all'estensione del polso. un muscolo che attraversa numerosi fulcri articolari, per cui il punto di applicazione del vettore che lo rappresenta deve essere posto al centro del fulcro articolare pi vicino a quello che stiamo studiando, in corrispondenza dell'articolazione inter-falangea prossimale.La sua direzione procede dal basso verso l'alto e dall'avanti all'indietro, rimanendo posteriore rispetto al centro dell'articolazione metacarpofalangea, il verso rivolto posteriormente ed il modulo lo stesso che abbiamo gi osservato a proposito della sua azione estensoria a livello del polso (Fig. 28.52).Fig. 28.52 - Estensore comune delle dita.Azione relativa all'articolazione metacarpo-falangea.Analisi sul piano sagittale.Quota chinesiologicamente efficace: Estensione.Origine: Tendine comune degli epicondiloidei, superficie anteriore dell'epicondilo.Inserzione: Superficie dorsale delle falangi intermedia e distale delle ultime quattro dita.Innervazione: Nervo radiale (C6-C7C8).\p727La costruzione del rettangolo biomeccanico ottenuta tracciando la congiungente tra origine vettoriale e braccio della leva, ci rivela un quadrilatero allungato, con un modesto angolo compreso tra la direzione vettoriale ed il braccio di leva stesso (circa 20-25 gradi).La perpendicolare al braccio della leva passante per il punto di applicazione vettoriale e la proiezione del vettore su di essa, ci rivelano una quota efficace che evidenzia l'azione del muscolo Estensore comune delle dita come una forza che tende a spostare la prima falange delle dita della mano all'indietro rispetto ai metacarpi.Il momento della forza che riassume il potenziale effettivo di questo muscolo analogo a quello che abbiamo osservato nei muscoli flessori delle dita, con un modulo vettoriale non estremamente valido, un braccio di leva costituito dalla lunghezza della prima falange, ed un angolo compreso tra il vettore ed il braccio della leva che rappresenta un valore modesto.Estensore proprio dell'indice ed Estensore proprio del mignoloSi tratta di due muscoli che hanno una morfologia autonoma, cellule e fibre specifiche che

possono contrarsi indipendentemente dalla contrazione dell'Estensore comune delle dita. infatti possibile estendere selettivamente le singole articolazioni senza necessariamente coinvolgere nel movimento anche le altre dita della mano.La loro inserzione distale si va ad unire ai tendini corrispondenti del muscolo Estensore comune delle dita, per cui il contesto biomeccanico su cui si inseriscono ed a cui partecipano, per quelle che sono le loro possibilit, lo stesso che abbiamo analizzato nello studio precedente.Ovviamente l'Estensore proprio dell'indice avr una rappresentazione biomeccanica relativa solo al secondo dito, mentre l'Estensore proprio del mignolo sar riferito solo al quinto.Per entrambi valgono comunque le stesse considerazioni che abbiamo appena illustrato in merito al rettangolo biomeccanico, alla deduzione della quota efficace ed al calcolo del momento della forza in cui si misurano il braccio della leva e l'angolo compreso tra la direzione del vettore ed il braccio di leva stesso.Quello che si modifica il modulo vettoriale, cio la forza che viene rappresentata dalla lunghezza del vettore applicato nel punto in cui i tendini di questi due muscoli si fondono con il tendine dell'Estensore comune delle dita.Si tratta di una forza aggiuntiva, di un elemento in pi che traziona la falange posteriormente, per cui le dimensioni del rettangolo biomeccanico aumentano, mantenendo inalterata la proporzione tra le lunghezze dei lati (Fig. 28.53).Se volessimo quindi costruire un rettangolo biomeccanico specifico per l'estensione delle dita che vanno dal secondo al quinto, avremmo quattro figure uguali a due a due, due pi grandi e due pi piccole, con lo stesso rapporto per quanto riguarda la lunghezza dei lati.Interossei dorsaliAbbiamo volutamente considerato per ultimi questi muscoli, in quanto la loro azione si presta ad un'analisi particolare, che non possibile inserire nella valutazione di un solo movimento.Infatti essi cambiano la propria chinesiologia a seconda della posizione in cui si trova il fulcro dell'articolazione metacarpo-falangea che stiamo osservando sul piano sagittale.\p728La direzione del vettore che rappresenta l'azione di questi muscoli passa anteriormente o posteriormente a questo fulcro a seconda del grado di flessione o estensione in cui si trova l'articolazione.L'analisi biomeccanica inizia come sempre dall'anatomia, ed in particolare dal punto in cui questi muscoli hanno le proprie inserzioni ossee.I tendini degli Interossei dorsali si congiungono con il secondo, il terzo, il quarto ed il quinto dito della mano a livello della prima falange, sui bordi radiale ed ulnare, circa a met rispetto alle loro porzioni anteriore e posteriore.Il ventre muscolare si trova sulla faccia dorsale della mano, ed il decorso dei tendini si affianca al centro dell'articolazione metacarpo-falangea, cosicch questi due elementi si vengono contemporaneamente a trovare in questo punto quasi sul piano frontale mediano.Fig. 28.53 - Estensore proprio dell'indice.Azione relativa all'articolazione metacarpo-falangea.Analisi sul piano sagittale.Quota chinesiologicamente efficace: Estensione.Origine: Superficie posteriore dell'ulna.Inserzione: Tendine dell'Estensore comune delle dita destinato all'indice.Innervazione: Nervo radiale (C6-C7-C8).Estensore proprio del mignolo.Azione relativa all'articolazione metacarpo-falangea.Analisi sul piano sagittale.Quota chinesiologicamente efficace: Estensione.Origine: Superficie anteriore dell'epicondilo, attraverso il tendine comune degli epicondiloidei.Inserzione: Tendine dell'Estensore comune delle dita destinato al mignolo.Innervazione: Nervo radiale (C6-C7C8).\p729Osservando la posizione anatomica dal piano sagittale, questo ci rivela che una contrazione dei muscoli Interassei dorsali non realizza alcuno spostamento, poich non possibile costruire la leva, essendo sovrapposti il vettore ed il braccio della potenza.Infatti, il vettore che rappresenta la loro azione si applica sulla prima falange, ha una direzione che procede dal basso verso l'alto incontrando perfettamente il fulcro dell'articolazione metacarpo-falangea, il verso rivolto

superiormente ed il modulo relativo alla forza della modesta contrazione di questi muscoli (Fig. 28.54).Fig. 28.54 - Interassei dorsali.Azione relativa all'articolazione metacarpo-falangea.Analisi sul piano sagittale.Quota chinesiologicamente efficace: Estensione.Origine: Superfici posteriori delle facce laterali dei metacarpi dal secondo al quinto. Inserzione: Tendine dell'estensore corrispondente a ciascun dito. Innervazione: Nervo ulnare (C8-D1). A questo punto diventa chiaro che la leva non ha alcun significato, in quanto il braccio si verrebbe a sovrapporre esattamente al vettore.Non ci sarebbero quindi n rettangolo biomeccanico n quota efficace.Inoltre non ci sarebbe neanche il momento della forza, poich l'angolo compreso tra la direzione del vettore ed il braccio della leva sarebbe uguale a 0 gradi, ed il seno di un angolo di 0 gradi uguale a 0.La conclusione che i muscoli Interossei dorsali, in posizione anatomica, non svolgono alcuna funzione chinesiologica relativamente all'articolazione metacarpo-falangea, se non una fissazione della prima falange sul metacarpo.Come abbiamo anticipato, le cose si modificano se la posizione di partenza prevede un certo grado di flessione o estensione di questo fulcro.Consideriamo la flessione.Il vettore degli Interossei dorsali si applica sempre a livello della prima falange, ma la sua direzione procede ora dal basso verso l'alto e dall'avanti all'indietro.\p730Il suo decorso leggermente anteriore rispetto al fulcro dell'articolazione metacarpo-falangea, e questo significa che possibile costruire un braccio di leva congiungendo il punto della prima falange su cui abbiamo applicato il vettore con il fulcro articolare, che si trova posteriormente rispetto al vettore.Infatti, la perpendicolare che tracciamo sul punto di applicazione vettoriale, rispetto al braccio della leva rivela una quota che tende a spostare la prima falange dall'indietro all'avanti, nel senso della flessione dell'articolazione metacarpo-falangea (Fig. 28.55).Fig. 28.55 - Interossei dorsali.Azione relativa all'articolazione metacarpofalangea.Analisi sul piano sagittale.Quota chinesiologicamente efficace: Estensione.Origine: Superfici posteriori delle facce laterali dei metacarpi dal secondo al quinto.Inserzione: Tendine dell'estensore corrispondente a ciascun dito.Innervazione: Nervo ulnare (C8-D1).\p731Il ragionamento si rovescia se la posizione di partenza viene fissata ad un certo grado di estensione articolare.In questo caso, la direzione del vettore segue un decorso che procede dal basso in alto e dall'indietro in avanti, rimanendo posteriore rispetto al fulcro dell'articolazione.Possiamo quindi costruire un braccio di leva che segue una traiettoria anteriore rispetto alla direzione vettoriale (Fig. 28.56).Fig. 28.56 - Interossei dorsali.Azione relativa all'articolazione metacarpo-falangea.Analisi sul piano sagittale.Quota chinesiologicamente efficace: Estensione.Origine: Superfici posteriori delle facce laterali dei metacarpi dal secondo al quinto.Inserzione: Tendine dell'estensore corrispondente a ciascun dito.Innervazione: Nervo ulnare (C8-D1).\p732La perpendicolare ottenuta dopo la scomposizione di forze, rivela un'azione efficace di estensione della prima falange rispetto al metacarpo.Sul piano strettamente biomeccanico quindi, i muscoli Interassei dorsali rinforzano i movimenti di flessione ed estensione delle articolazioni metacarpo-falangee delle dita dal secondo al quinto solo una volta che questi movimenti sono iniziati, mentre stabilizzano la posizione anatomica attraverso una fissazione della prima falange sul metacarpo quando le articolazioni metacarpo-falangee sono in posizione neutra rispetto al piano sagittale.ConclusioniIl movimento sagittale delle articolazioni metacarpo-falangee , come abbiamo detto all'inizio, essenziale per la realizzazione di una corretta opposizione tra il polpastrello delle dita e la punta del pollice.Lo squilibrio del tono muscolare a questo livello nell'emiplegico a favore della flessione, ed quasi sempre necessario prediligere le tecniche riabilitative che favoriscano l'estensione di questi fulcri articolari.Per quanto riguarda

la biomeccanica, il numero dei muscoli e la somma dei moduli vettoriali che presentano i flessori superiore alla somma dei moduli degli estensori, e questo pu essere uno dei motivi che giustificano parzialmente la riorganizzazione del movimento.Abbiamo per sottolineato anche quanta importanza abbiano a livello della mano altre componenti, che certamente influenzano il tono muscolare e che giocano un ruolo primario nella sua funzionalit complessiva.Parliamo della sensibilit, delle caratteristiche di raffinatezza e precisione proprie dei sottili muscoli che producono i movimenti delle dita, del feed-back costante che guida la mano nel suo orientamento spaziale e conoscitivo.Tutti questi aspetti hanno evidenti implicazioni di natura neurofisiologica, e sar opportuno considerarle insieme alle osservazioni chinesiologiche, per comprendere a fondo le ragioni che determinano questo atteggiamento della mano nel paziente emiplegico.Piano frontaleSul piano frontale le articolazioni metacarpo-falangee delle dita dal secondo al quinto possono eseguire movimenti di inclinazione radiale ed ulnare.Per comodit, e per facilitare lo studio biomeccanico, li indicheremo in un altro modo, considerando il terzo dito come il punto di riferimento rispetto al quale gli altri si possono avvicinare o allontanare.Il movimento in avvicinamento lo chiameremo adduzione, quello in allontanamento sar indicato come abduzione.Se consideriamo come posizione di partenza delle articolazioni metacarpo-falangee quella in cui l'asse della diafisi del primo metacarpo si trova sulla stessa retta dell'asse costituito dalla diafisi della prima falange, la fisiologia articolare di questi fulcri prevede circa 30 per ciascun movimento, sia di abduzione che di adduzione.Gli spostamenti saranno eseguiti da muscoli che hanno le proprie inserzioni distali a livello dei bordi laterali della prima falange, in modo che la direzione vettoriale costruita sulla base dell'anatomia dei muscoli consenta la possibilit di tracciare una leva di cui siano evidenziabili le componenti che consentono il calcolo di una risultante efficace.\p733I muscoli che svolgono una significativa azione rispetto a questi movimenti sono l'Abduttore proprio del mignolo e gli Interossei che, per via della loro distribuzione sulla superficie palmare e su quella dorsale della mano, possono anche attivare solo parzialmente le proprie unit motorie, e quindi realizzare un movimento o il suo contrario a seconda se la contrazione avviene da parte di alcune fibre oppure di altre.Spiegheremo pi precisamente questo concetto in seguito.Abduttore proprio del mignolo un muscolo che, come i Lombricali, origina dal tendine di un altro muscolo, il Flessore ulnare del carpo e si va ad inserire sul bordo ulnare della base della prima falange del quinto dito.Come negli altri casi in cui l'origine si trova sul tendine di un altro muscolo, consideriamo il Flessore ulnare del carpo come fisso ed immobile, mentre l'Abduttore proprio del mignolo pu essere analizzato nella sua attivit relativa al piano frontale.Il vettore si applica nel punto dell'inserzione muscolare distale, cio all'esterno rispetto alla superficie articolare, la direzione procede dal basso verso l'alto, parallelamente rispetto all'asse diafisario della prima falange, in modo che il fulcro dell'articolazione metacarpo-falangea sia interno ad essa; il verso rivolto in alto ed il modulo tra i pi limitati di tutta la fisiologia muscolare, essendo questi in grado di produrre solo una piccola quota di forza (Fig. 28.57).Dopo aver inviato la congiungente tra il punto di applicazione del vettore ed il fulcro dell'articolazione metacarpo-falangea del quinto dito, osserviamo che la sua quota efficace tende a portare la prima falange, e quindi tutto il quinto dito, verso il bordo ulnare, realizzando un movimento di abduzione.Il braccio della potenza della leva descrive l'azione coattante che questo muscolo esercita a livello di questa stessa articolazione.La sua potenza complessiva fortemente condizionata dal modulo vettoriale che, come abbiamo detto, molto ridotto, ma anche dalla lunghezza del braccio della leva, essendo minima la distanza tra il punto di applicazione

vettoriale ed il fulcro dell'articolazione.Buono invece il contributo che fornisce al movimento l'angolo compreso tra la direzione del vettore ed il braccio della potenza, nell'ambito del potenziale della forza relativo all'azione dell'Abduttore proprio del mignolo (circa 60 gradi).InterosseiL'analisi che cercheremo di approfondire sar di carattere generale poich, come abbiamo gi accennato, ciascun muscolo Interosseo andrebbe studiato singolarmente per capire quale movimento riesce a realizzare, inserendosi in differenti punti della prima falange delle dita della mano.Cercheremo pertanto di rappresentare graficamente l'insieme dei vettori che possiamo costruire sulla base dell'anatomia e trarne alcune conclusioni riassuntive.Gli Interossei, che abbiamo gi analizzato sul piano sagittale, si suddividono in palmari e dorsali.Sono muscoli intrinseci, poich originano a livello della mano, e si vanno ad inserire su diversi punti: i primi sul margine interno della base della prima falange del secondo, del quarto e del quinto dito, i secondi sul bordo radiale del secondo dito, sui bordi radiale ed ulnare del terzo dito e sul bordo ulnare del quarto dito.\p734Fig. 28.57 - Abduttore proprio del mignolo.Azione relativa all'articolazione metacarpofalangea.Analisi sul piano frontale.Quota chinesiologicamente efficace: Abduzione.Origine: Tendine del Flessore ulnare del carpo, pisiforme.Inserzione: Base esterna della prima falange del quinto dito.Innervazione: Nervo ulnare (C8-D1).Ciascuna di queste inserzioni pu essere la base per la costruzione di un singolo vettore, con uno specifico rettangolo biomeccanico, ed un conseguente calcolo del momento della forza, che noi ci limitiamo ad osservare e a sintetizzare.Gli Interossei palmari sono caratterizzati da direzioni vettoriali che decorrono internamente rispetto ai fulcri delle rispettive articolazioni metacarpo-falangee, per cui le quote efficaci che ne deriveranno saranno indicative di uno spostamento nel senso dell'adduzione delle dita (Fig. 28.58).\p735Fig. 28.58 - Interossei.Interassei palmari.Azione relativa all'articolazione metacarpo-falangea.Analisi sul piano frontale.Quota chinesiologicamente efficace: Adduzione.Origine: Il primo dalla superficie ulnare del primo metacarpo, il secondo dalla superficie ulnare del secondo metacarpo, il terzo dalla superficie ulnare del quarto metacarpo, il quarto dalla superficie radiale del quinto metacarpo.Inserzione: Tendine del muscolo estensore corrispondente.Innervazione: Nervo ulnare (C8-D1).Gli Interossei dorsali invece, a seconda della loro contrazione globale o parziale, potranno spostare il terzo dito in direzione radiale o ulnare, e potranno abdurre il secondo ed il quarto dito (Fig. 28.59).La funzione chinesiologica dalla maggior parte degli autori attribuita a questi muscoli in relazione al movimento di adduzione delle dita, pertanto da riservare \p736 unicamente agli Interossei palmari, mentre quelli dorsali possono spostare il medio in abduzione o adduzione, l'indice e l'anulare in abduzione.L'azione sinergica di tutti questi muscoli pu dar origine ad una stabilizzazione delle articolazioni metacarpo-falangee sul piano frontale.Fig. 28.59 - Interossei.Interossei dorsali.Azione relativa all'articolazione metacarpo-falangea.Analisi sul piano frontale.Origine: Superfici posteriori delle facce laterali dei metacarpi dal secondo al quinto.Inserzione: Tendine dell'estensore corrispondente a ciascun dito.Innervazione: Nervo ulnare (C8-D1).Conclusioni evidente la minore importanza dei movimenti frontali di queste articolazioni rispetto a quelli sagittali, dimostrata anzitutto dal numero dei muscoli coinvolti, \p737 poi anche dal potenziale modulare e dalle possibilit di sinergie che permettono l'attivazione di un numero pi elevato di combinazioni sul piano sagittale.Il fine di questi movimenti consiste nel permettere alla mano di ampliare la propria superficie contenitiva, per poter afferrare oggetti di dimensioni superiori a quelli che potrebbero essere manipolati con le dita addotte.Si tratta di una funzione importante, ma non allo stesso livello della prensione, a cui partecipa

in modo cos significativo il movimento metacarpo-falangeo sul piano sagittale.Nel paziente emiplegico pi frequente rilevare un atteggiamento globale in cui l'adduzione prevale sull'abduzione, provocato da un tono dei muscoli Interassei palmari pi elevato di quello dell'Abduttore proprio del mignolo e degli Interassei dorsali. comunque opportuno precisare che, anche a questo riguardo, la possibilit di eseguire una prensione di oggetti di dimensioni maggiori, deve essere subordinata alla capacit di realizzare una corretta prensione attraverso l'opposizione delle dita.Le strategie terapeutiche proposte al paziente emiplegico che presenta uno squilibrio del tono muscolare in cui prevale la flessione e l'adduzione delle articolazioni metacarpo-falangee, saranno quindi mirate essenzialmente al ripristino dell'estensione attraverso un'esercitazione finalizzata all'apertura della mano.Solo in seguito l'attenzione si potr eventualmente concentrare sul ruolo dei muscoli agonisti per il movimento di abduzione metacarpofalangea.\p738ARTICOLAZIONE INTER-FALANGEAIn questo capitolo osserveremo un'unica articolazione inter-falangea della mano, cos come abbiamo fatto nello studio delle articolazioni metacarpo-falangee, poich le caratteristiche biomeccaniche di una di esse si ripetono anche in tutte le altre.La possibilit di eseguire il movimento articolare e l'azione esercitata dai muscoli che attraversano le falangi, possono essere approfondite prendendo in considerazione un solo fulcro articolare.Nelle dita dal secondo al quinto troviamo due articolazioni inter-falangee, una prossimale ed una distale, che possiedono la possibilit di flettersi ed estendersi.Verranno quindi analizzate unicamente sul piano sagittale.I muscoli agonisti di un movimento relativo a queste articolazioni devono avere un'inserzione posta sulla seconda o sulla terza falange.In questo modo si considera come punto di applicazione vettoriale il punto esatto di inserzione, che permette un certo spostamento della falange intermedia o distale rispetto a quella prossimale su cui si articola.Il movimento di flessione delle articolazioni inter-falangee partecipa in modo fondamentale a realizzare la prensione, che abbiamo gi parzialmente descritto nello studio della flessione metacarpo-falangea.Rispetto a questa, le falangi delle dita comprese dal secondo al quinto contribuiscono in misura minore ad avvicinare le punte dei polpastrelli delle dita alla punta del pollice, tuttavia per eseguire un movimento armonico e preciso indispensabile riuscire ad avere un buon controllo anche di questi fulcri articolari.I muscoli che attraversano le articolazioni inter-falangee sono il Flessore Comune Superficiale delle dita, il Flessore Comune Profondo delle dita, l'Estensore Comune delle dita (con il concorso anche della contra ione dei Lombrical

i), l'Estensore proprio dell'indice e l'Estensore proprio del mignolo.Piano sagittaleLe articolazioni inter-falangee prossimali sono attraversate da tutti e cinque i muscoli che abbiamo citato, mentre le articolazioni inter-falangee distali solo dal Flessore Comune Profondo delle dita e dall'Estensore Comune delle dita, per cui si pu affermare che la quota prevalente relativa alla flessione si realizza a livello prossimale, mentre le articolazioni distali sono abbastanza in equilibrio per quel che riguarda il movimento sagittale.In effetti, biomeccanicamente, la somma dei moduli vettoriali che agiscono nel senso della flessione sulle articolazioni inter-falangee prossimali, si avvantaggia dalla duplice azione dei muscoli flessori comuni, mentre sia la flessione inter-falangea distale, che l'estensione inter-falangea prossimale e distale usufruiscono dell'apporto di un solo muscolo.Il paziente emiplegico si presenta quasi sempre con un tono muscolare alterato su queste articolazioni a vantaggio della flessione.Questa prevalenza si fa ancora pi marcata per ci che concerne le articolazioni prossimali.L'osservazione dell'atteggiamento prevalente con cui questi pazienti si presentano nelle palestre di riabilitazione perci quello della flessione, particolarmente delle articolazioni inter-falangee prossimali.\p739FlessioneLa flessione delle inter-falangee consiste nell'avvicinamento della superfcie anteriore delle falangi intermedia e distale alla superficie anteriore della falange immediatamente prossimale ad esse.Le articolazioni prossimali hanno un range di articolarit maggiore di quello delle inter-falangee distali, raggiungendo circa 120 gradi le prime e 90 gradi le seconde.L'azione relativa al fulcro prossimale viene rappresentata da un vettore che risulta dalla somma delle quote dei due muscoli che partecipano alla realizzazione di questo movimento, per cui il disegno evidenzia questa differenza attraverso una maggior lunghezza del segmento frecciato relativo.Flessore comune superficiale delle ditaIl vettore che rappresenta l'azione del Flessore Comune Superficiale delle dita si applica anteriormente alla base della seconda falange, ha una direzione che procede dal basso in alto e dall'indietro all'avanti, il verso rivolto anteriormente ed un modulo molto limitato (Fig. 28.60).Inviamo la congiungente tra il punto di applicazione vettoriale ed il fulcro dell'articolazione, che risulta leggermente inclinata all'indietro rispetto alla direzione vettoriale, con un angolo di circa 30 gradi.Costruiamo quindi il rettangolo biomeccanico tracciando la perpendicolare al braccio di leva passante per il punto di applicazione, ed osserviamo che i due lati del rettangolo indicano una quota di tipo coattante ed un'azione efficace che tende a spostare la falange su cui applicato il vettore dall'indietro all'avanti, cio nel senso della flessione.Il braccio di leva, cio la distanza che separa il punto di applicazione del vettore ed il fulcro dell'articolazione inter-falangea, estremamente ridotto, dell'ordine di pochissimi centimetri.L'efficacia di questo muscolo ricavata dal calcolo del momento della forza ci presenta due valori modesti: il modulo vettoriale e la lunghezza del braccio di leva, ed uno discreto: l'ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione del vettore ed il braccio della leva.Flessore comune profondo delle dita un muscolo poliarticolare come il precedente, ed attraversa sia l'articolazione inter-falangea prossimale che quella distale.Considerando la biomeccanica relativa alla sua azione sull'articolazione inter-falangea prossimale, necessario costruire il vettore sul punto del tendine che si trova all'altezza dell'articolazione inter-falangea distale (Fig. 28.61), mentre se vogliamo rappresentarlo nella sua azione a livello distale, il punto di applicazione sar il punto in cui il tendine si inserisce sulla terza falange (Fig. 28.62).I moduli di entrambi i vettori analizzati nelle due situazioni sono praticamente analoghi in quanto a potenziale effettivo.A partire dal punto di applicazione individuato, la direzione vettoriale decorre dal basso verso l'alto e dall'indietro all'avanti,

rimanendo anteriore rispetto al fulcro dell'articolazione su cui stiamo studiando il movimento.Il verso rivolto anteriormente.La costruzione del rettangolo biomeccanico perfettamente sovrapponibile a quella eseguita a proposito del muscolo Flessore Comune Superficiale delle dita, compreso l'angolo tra la direzione del vettore ed il braccio di leva che determina, insieme agli altri due valori che rappresentano la lunghezza del braccio di leva ed il modulo vettoriale, il momento della forza di questo muscolo flessore (0,705).\p740Fig. 28.60 - Flessore comune superficiale delle dita.Azione relativa all'articolazione inter-falangea prossimale.Analisi sul piano sagittale.Quota chinesiologicamente efficace: Flessione.Origine: Superficie anteriore dell'epitroclea, processo coronoideo dell'ulna, margine anterioredel radio.Inserzione: Porzioni laterali delle basi delle falangi prossimali delle dita dal secondo al quinto.Innervazione: Nervo mediano (C6-C7-C8).\p741Fig. 28.61 - Flessore comune profondo delle dita.Azione relativa all'articolazione inter-falangea prossimale.Analisi sul piano sagittale.Quota chinesiologicamente efficace: Flessione.Origine: Superficie anterointerna dei tre quarti prossimali dell'ulna, processo coronoideodell'ulna.Inserzione: Porzioni laterali delle basi delle falangi intermedie delle dita dal secondo al quinto,attraverso cui passa una terza quota di tendine che si fissa sulla base della falange distaledelle stesse quattro dita.Innervazione: Nervo mediano (C7-C8-D1), Nervo ulnare (C6-C7-C8).\p742Fig. 28.62 - Flessore comune profondo delle dita.Azione relativa all'articolazione inter-falangea distale.Analisi sul piano sagittale.Quota chinesiologicamente efficace: Flessione.Origine: Superficie antera-interna dei tre quarti prossimali dell'ulna, processo coronoideodell'ulna.Inserzione: Porzioni laterali delle basi delle falangi intermedie delle dita dal secondo al quinto,attraverso cui passa una terza quota di tendine che si fissa sulla base della falange distaledelle stesse quattro dita.Innervazione: Nervo mediano (C7-C8-D1), Nervo ulnare (C6-C7-C8).\p743EstensioneL'estensione delle articolazioni inter-falangee il ritorno da un certo grado di flessione, poich la fisiologia articolare relativa a questi fulcri non permette di eseguire un ulteriore movimento verso l'indietro a partire dalla posizione anatomica.Diciamo quindi che si tratta di un movimento in cui la superficie dorsale della seconda e della terza falange si portano posteriormente fino a raggiungere l'asse verticale passante per le proprie diafisi.In alcuni casi si assiste ad un minimo potenziale motorio relativo ad alcuni gradi di estensione che portano le falangi al di l della verticale, ma questo da ritenersi frutto esclusivamente di una lassit legamentosa e non un movimento funzionalmente significativo.L'azione estensoria di queste articolazioni viene eseguita da tre muscoli che svolgono la medesima funzione, uno per quanto riguarda le dita che vanno dal secondo al quinto, uno specificatamente per il secondo dito ed uno solo per il quinto.Si tratta rispettivamente dell'Estensore Comune delle dita, dell'Estensore proprio dell'indice e dell'Estensore proprio del mignolo.Essendo i tendini degli ultimi due muscoli confluenti nel tendine dell'Estensore comune nella sua quota che afferisce al secondo ed al quinto dito, analizzeremo soltanto la sua azione, in modo da poter trasferire automaticamente le conclusioni anche alle altre articolazioni inter-falangee, sia prossimali che distali.Estensore Comune delle ditaSe stiamo analizzando le articolazioni inter-falangee prossimali, il vettore che rappresenta l'azione biomeccanica di questo muscolo si applica sul suo tendine in prossimit del fulcro articolare inter-falangeo distale (Fig. 28.63), mentre se stiamo valutando le articolazioni inter-falangee distali, la freccia ha inizio sul punto di inserzione del muscolo a livello della terza falange (Fig. 28.64).La direzione una retta passante per il punto di applicazione che decorre dal basso verso l'alto e dall'avanti all'indietro, posteriormente rispetto al centro dell'articolazione inter-

falangea che stiamo analizzando.Il verso rivolto all'indietro ed il modulo analogo a quello che abbiamo potuto osservare per i muscoli agonisti della flessione.La costruzione della leva e del rettangolo biomeccanico ci rivela un quadro praticamente simmetrico alla rappresentazione del muscolo Flessore Comune Profondo delle dita, vista dalla parte posteriore rispetto all'asse verticale passante per il fulcro dell'articolazione che analizziamo sul piano sagittale.Il modulo efficace del rettangolo biomeccanico rivela pertanto un'azione che tende a spostare la falange su cui si applica il vettore dall'avanti all'indietro, realizzando un movimento di estensione delle dita.La lunghezza del braccio di leva sempre di pochissimi centimetri e l'angolo compreso tra la direzione vettoriale ed il braccio di leva , anche in questo caso, di circa 30 gradi.\p744Fig. 28.63 - Estensore comune delle dita.Azione relativa all'articolazione inter-falangea prossimale.Analisi sul piano sagittale.Quota chinesiologicamente efficace: Estensione.Origine: Tendine comune degli epicondiloidei, superficie anteriore dell'epicondilo.Inserzione: Superficie dorsale delle falangi intermedia e distale delle ultime quattro dita.Innervazione: Nervo radiale (C6-C7-C8).\p745Fig. 28.64 - Estensore comune delle dita.Azione relativa all'articolazione inter-falangea distale.Analisi sul piano sagittale.Quota chinesiologicamente efficace: Estensione.Origine: Tendine comune degli epicondiloidei, superficie anteriore dell'epicondilo.Inserzione: Superficie dorsale delle falangi intermedia e distale delle ultime quattro dita.Innervazione: Nervo radiale (C6-C7C8).\p746Se ne deduce che il potenziale effettivo di questo muscolo nella sua azione a carico del terzo e del quarto dito compensa fisiologicamente il ruolo di uno dei due muscoli flessori.L'indice ed il mignolo possono contare su uno specifico muscolo estensore, e riescono quindi ad attivare un tono in grado di controbilanciare la somma dei due agonisti per quanto riguarda il movimento di flessione inter-falangea (Flessore Comune superficiale e profondo delle dita).ConclusioniIl paziente emiplegico presenta il tono muscolare delle dita in cui si pu osservare una netta prevalenza della flessione sull'estensione.Questo pi evidente a livello delle articolazioni inter-falangee prossimali, soprattutto per quanto riguarda il terzo ed il quarto dito.Sottolineiamo ancora una volta che la valutazione del potenziale che fisiologicamente esercitano i muscoli agonisti dei movimenti di queste articolazioni giustifica solo parzialmente tale prevalenza.La chinesiologia ci fornisce alcune risposte che ci permettono di capire i motivi per cui le articolazioni metacarpofalangee ed inter-falangee del paziente emiplegico si presentano con una tendenza costante all'atteggiamento flessorio. necessario comunque cercare anche altri tipi di risposte, per conoscere meglio i meccanismi che entrano in gioco nel movimento eseguito da una serie di articolazioni cos complesse come quelle delle dita della mano.La presenza di un insieme di variabili relative alla sensibilit ed alla precisione nel reclutamento, devono tenere in grande considerazione l'obiettivo ultimo di queste strutture, che finalizzato un particolare ad un uso corretto della prensione e di tutti i vari tipi di pinze che si possono realizzare attraverso l'opposizione delle superfici anteriori dei polpastrelli, ed anche del palmo della mano.\p747POLLICEAbbiamo tenuto il pollice in un capitolo a parte per via delle numerose peculiarit di cui dispone sul piano chinesiologico e biomeccanico, oltre che per le sue caratteristiche motorie basate sulla neurofisiologia e sull'organizzazione neurologica del movimento dopo una lesione. senza dubbio l'elemento pi importante e significativo tra tutti quelli che concorrono a realizzare la prensione, attraverso la sua opposizione alle altre dita, che determina la costruzione della pinza nelle sue diverse soluzioni.Le implicazioni legate alle leggi che regolano lo studio del movimento trovano a questo riguardo il coinvolgimento massimale delle strutture neurofisiologiche, che contribuiscono in grande misura a far s che le caratteristiche di

precisione ed adattamento della punta del pollice siano adeguate a far fronte a tutte le esigenze cui la mano nel suo insieme deve rispondere.Il pollice, a differenza delle altre dita, costituito da un metacarpo e da due sole falangi.Il primo metacarpo si articola con le ossa del carpo in modo molto particolare, attraverso un meccanismo che consente la possibilit di eseguire un movimento unico in tutto il sistema scheletrico, che prende il nome di opposizione.Si tratta del movimento che permette al pollice di trasferirsi anteriormente, di addursi ed infine, attraverso una rotazione, di orientarsi in direzione delle punte delle altre dita.Abbiamo dunque tre articolazioni, che studieremo separatamente: l'articolazione trapezio-metacarpica, l'articolazione metacarpo-falangea e l'articolazione inter-falangea.Otto muscoli, fra estrinseci ed intrinseci, attraversano complessivamente questi fulcri articolari, per dar luogo ad una serie di movimenti.In questa riflessione non ci soffermeremo sulla pur interessante descrizione della fisiologia articolare, limitandoci a considerare i dati chinesiologici relativi alle possibilit che ha ciascuna articolazione di poter eseguire i movimenti con una certa ampiezza.L'articolazione tra l'osso trapezio ed il primo metacarpo consente tre tipi di mobilit: in flesso-estensione, in abduzione-adduzione ed in opposizione.L'articolazione tra il primo metacarpo e la prima falange uguale a quella che abbiamo osservato nelle altre dita, per cui consente due tipi di movimento: in flessoestensione ed in abduzione-adduzione.L'articolazione inter-falangea, analogamente a quella delle altre dita della mano, consente un movimento su un unico piano: la flessione e l'estensione.Il tono muscolare del pollice che presenta il paziente emiplegico si manifesta con un rilevante squilibrio, che lo porta ad assumere prevalentemente un atteggiamento tale da impedirgli di esercitare l'opposizione, e quindi la prensione.Il pollice dell'emiplegia) di solito flesso ed addotto a livello delle articolazioni trapezio-metacarpica e metacarpo-falangea, ed flessa l'articolazione inter-falangea.\p748ARTICOLAZIONE TRAPEZIOMETACARPICAL'articolazione trapezio-metacarpica attraversata da tutti e otto i muscoli che arrivano al pollice con la loro inserzione distale, per cui il suo movimento influenzato dalle numerosissime possibili combinazioni, che si realizzano attraverso una contrazione sinergica di uno o pi agonisti contemporaneamente.La chinesiologia ci suggerisce che questo fulcro articolare ha la possibilit di eseguire tre tipi di movimento: uno sul piano sagittale, uno sul piano frontale ed uno sul piano orizzontale.Studieremo pertanto i movimenti di flesso-estensione, di abduzione-adduzione e di opposizione, sui rispettivi piani.Piano sagittaleIl pollice si pu orientare anteriormente o posteriormente a livello dell'articolazione trapezio-metacarpica, realizzando movimenti di flessione o anteposizione e di estensione o retroposizione.FlessioneLa flessione raggiunge circa 70 gradi, mentre l'estensione limitata, raggiungendo non pi di 30 gradi.Abbiamo dunque un primo dato chinesiologico che ci indica come il movimento anteriore sia pi ampio di quello posteriore.A questo si deve aggiungere il numero dell'insieme di muscoli che concorrono alla realizzazione dei due spostamenti: tre sono infatti relativi alla flessione e solo due all'estensione.Sia la flessione che l'estensione possono contare sull'azione di un muscolo estrinseco, che pu esercitare una forza sicuramente superiore a quella dei muscoli che hanno il ventre contenuto all'interno del palmo della mano.Dobbiamo per considerare che, in linea generale, i muscoli intrinseci hanno di solito un angolo compreso tra la direzione vettoriale ed il braccio di leva maggiore di quello dei muscoli estrinseci.Flessore lungo del pollice un muscolo poliarticolare le cui fibre sono disposte nell'avambraccio. I suoi tendini originano medialmente sull'epitroclea dell'omero e si inseriscono distalmente sulla superficie anteriore della seconda falange del pollice.La sua contrazione determina quindi un movimento di tutte le articolazioni interposte fra le sue due inserzioni

(compreso il gomito), anche se a questo livello, a causa del ridottissimo braccio di leva ed alla limitata potenzialit modulare che il muscolo Flessore lungo del pollice in grado di esercitare, la sua azione non praticamente priva di significato.Il tendine distale decorre anteriormente rispetto al fulcro trapezio-metacarpico, prosegue nel suo decorso lungo la superficie palmare del pollice e si va a fissare sulla falange distale.\p749Sul piano sagittale, la sua azione biomeccanica viene analizzata considerando che distalmente a questo fulcro articolare si trovano anche altre articolazioni.Quindi, come abbiamo gi osservato in precedenza, il punto di applicazione del vettore viene collocato sul punto in cui il tendine attraversa il fulcro articolare distale pi vicino, cio l'articolazione metacarpo-falangea del pollice.La direzione vettoriale procede dal basso verso l'alto e dall'indietro all'avanti, passando anteriormente rispetto al centro dell'articolazione costituita dal trapezio e dal primo metacarpo, il verso rivolto anteriormente ed il modulo , come per gli altri muscoli che attraversano il pollice, molto limitato (Fig. 28.65).Fig. 28.65 - Flessore lungo del pollice.Azione relativa all'articolazione trapezio-metacarpica. Analisi sul piano sagittale. Quota chinesiologicamente efficace: Flessione. Origine: Superficie anteriore dei tre quarti prossimali del radio.Inserzione: Base palmare della seconda falange del pollice.Innervazione: Nervo mediano (C7-C8-D1).\p750Costruiamo il rettangolo biomeccanico attraverso il segmento che congiunge il punto di applicazione vettoriale ed il fulcro dell'articolazione, da cui emergono una quota che tende ad avvicinare le superfici articolari (coattante) ed una forza efficace che tende a spostare il primo metacarpo dall'indietro all'avanti, realizzando un movimento di flessione dell'articolazione trapezio-metacarpica.Le dimensioni dei lati del rettangolo biomeccanico sono abbastanza diverse tra loro, per via di una ridotta ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione del vettore ed il braccio della leva, mentre la lunghezza del braccio della potenza discreta, essendo praticamente costituito da tutta la lunghezza del primo metacarpo.Il calcolo del momento della forza del Flessore lungo del pollice nella sua azione sul fulcro metacarpo-falangeo quindi condizionata positivamente dalla dimensione lineare del braccio della potenza, e negativamente dalla dimensione angolare che concorre alla determinazione della forza muscolare complessiva.Flessore breve del polliceSi tratta di un muscolo intrinseco della mano che attraversa due sole articolazioni, originando prossimalmente sul trapezio ed inserendosi distalmente sulla base della prima falange del pollice.La sua azione si esercita pertanto sulle articolazioni trapezio-metacarpica e metacarpo-falangea del primo dito.Anche in questo caso dobbiamo riportare il punto di applicazione del vettore sul tendine distale in prossimit del centro dell'articolazione metacarpo-falangea, cos da poter studiare l'azione muscolare sull'articolazione trapezio-metacarpica.La lunghezza del tratto in cui il Flessore breve del pollice contiene le sue cellule molto inferiore a quella del Flessore lungo, per cui il modulo vettoriale che realizza la sua contrazione minore.Questa differenza viene per colmata dal frazionamento a cui soggetta la contrazione del muscolo lungo a carico di numerose articolazioni, a fronte dei due soli fulcri attraversati dal muscolo breve.Il modulo dei due agonisti che lavorano sinergicamente nel movimento di flessione dell'articolazione trapezio-metacarpica pu quindi essere considerato quasi uguale.Anche la direzione del vettore la stessa del muscolo precedente, e segue un decorso che, a partire dal punto di applicazione, la porta in alto ed in avanti, decorrendo anteriormente rispetto al fulcro articolare.Il verso anteriore (Fig. 28.66).Analogamente, valgono tutte le considerazioni fatte a proposito del Flessore lungo del pollice sia per quel che riguarda il rettangolo biomeccanico, sia per le caratteristiche del momento della forza.Opponente del pollice il muscolo pi interessante di tutta la

chinesiologia del pollice, poich in grado di esercitare una funzione biomeccanicamente e neurofisiologicamente significativa rispetto ad alcuni movimenti peculiari del genere umano, non trovandosi un analogo riscontro in nessuna specie animale.La disposizione delle sue fibre ed il ruolo dell'articolazione trapezio-metacarpica che, oltre ai suoi movimenti fisiologici, pu eseguire un'altra funzione attraverso la messa in tensione del proprio apparato legamentoso, permettono alla punta del pollice di riuscire a rapportarsi frontalmente con la punta delle altre dita della mano, in modo da realizzare efficacemente la pinza, e quindi la prensione.\p751Fig. 28.66 - Flessore breve del pollice.Azione relativa all'articolazione trapezio-metacarpica.Analisi sul piano sagittale.Quota chinesiologicamente efficace: Flessione.Origine: Trapezio, trapezoide, capitato.Inserzione: Base della prima falange del pollice, sesamoide esterno dell'articolazione metacarpo-falangea del primo dito.Innervazione: Nervo mediano (C8-D1), Nervo ulnare (C8-D1).Si tratta della combinazione di tre movimenti, e di tutti e tre il muscolo Opponente del pollice un agonista efficace.La sua origine si colloca sul trapezio, mentre l'inserzione distale si trova su tutta la lunghezza radiale del primo metacarpo. quindi un muscolo monoarticolare, che trasferisce tutta la sua potenzialit a livello di questa articolazione, dotato di un ventre muscolare abbastanza importante, tale da rappresentarlo con un discreto modulo vettoriale (Fig. 28.67).\p752Fig. 28.67 - Opponente del pollice.Azione relativa all'articolazione trapeziometacarpica.Analisi sul piano sagittale.Quota chinesiologicamente efficace: Flessione.Origine: Cresta del trapezio, legamento anulare del carpo.Inserzione: Margine esterno della diafisi del primo metacarpo.Innervazione: Nervo mediano (C8-D1).Relativamente al piano sagittale, ne studiamo l'azione rispetto ai movimenti di flessione ed estensione.Il punto di applicazione vettoriale si colloca in prossimit dell'inserzione metacarpale del muscolo ma, siccome il tendine non occupa un punto circoscritto e l'inserzione si apre su quasi tutta la diafisi ossea, procederemo ad individuare il punto di applicazione vettoriale sul punto medio della lunghezza complessiva del tratto su cui la giunzione tendinea prende contatto con il metacarpo.La direzione del vettore una retta che procede dal basso in alto e dall'indietro all'avanti, decorrendo anteriormente rispetto al fulcro dell'articolazione trapeziometacarpica.\p753Il verso rivolto anteriormente ed il modulo, come abbiamo gi detto, discreto.Le dimensioni del rettangolo biomeccanico sono abbastanza diverse da quelle dei due muscoli flessori che abbiamo osservato in precedenza, poich la distanza tra il punto di applicazione del vettore ed il fulcro dell'articolazione minore, mentre maggiore la dimensione lineare del vettore per via della maggior consistenza del suo ventre muscolare.La lunghezza del lato breve (quota efficace) sar quindi maggiore, e quella del lato lungo (quota coattante) minore, rispetto al rettangolo biomeccanico che rappresenta l'azione dei flessori.La superficie complessiva ricoperta dai due rettangoli sar comunque equivalente.La distanza che separa il punto di applicazione del vettore dal fulcro articolare, cio il braccio della potenza, minore di quella dei flessori, per i quali si considerava come punto di applicazione il tendine distale posto al centro dell'articolazione metacarpo-falangea (mentre qui il punto collocato circa a met del primo metacarpo).A questa differenza corrisponde per un aumento dell'ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione del vettore ed il braccio di leva, per cui il calcolo del momento della forza si controbilancia relativamente alle proporzioni di queste due componenti.Il valore finale del momento della forza sar dunque superiore a quello espresso dai muscoli flessori per via della terza componente che costituisce il momento della forza, cio il modulo del vettore, che in questo caso superiore per via di una maggior sezione del suo ventre muscolare.EstensioneIl movimento di estensione o retroposizione

dell'articolazione metacarpo-falangea consiste nello spostamento posteriore del pollice rispetto al piano sagittale, in modo che l'asse passante per le diafisi ossee di questo dito venga rivolto all'indietro.Con questa espressione si intende che si rivolge all'indietro anche la quota prossimale del dito, che costituita dal primo metacarpo.La precisazione importante, poich facile confondere il movimento di estensione dell'articolazione trapezio-metacarpica con quello dell'articolazione metacarpo-falangea, che completamente diverso sia per quanto riguarda le superfici articolari coinvolte che per quanto concerne i gradi di mobilit.L'estensione trapezio-metacarpica un movimento che raggiunge a fine corsa circa 30 gradi, e permette di ampliare l'apertura globale della mano, cos da permetterle di eseguire la prensione anche di oggetti di grandi dimensioni, rendendo possibile un aggiustamento del polpastrello del pollice sulla superficie dell'oggetto, cos da poterlo contenere efficacemente nella pinza a distanza che realizza insieme alla punta del mignolo. un movimento che viene eseguito attraverso la contrazione di due muscoli, entrambi estrinseci, di cui uno lungo e l'altro breve.Il muscolo lungo esercita la sua azione su diverse articolazioni, mentre quello breve agonista solo per quanto riguarda l'estensione dell'articolazione trapezio-metacarpica e l'articolazione radio-carpica, con una quota di inclinazione radiale.Il muscolo breve ha un ventre molto pi sottile di quello lungo.La forza dei due vettori comunque quasi uguale, poich viene parzialmente compensata dal frazionamento dell'azione dell'Estensore lungo su pi fulcri articolari.\p754Estensore lungo del polliceQuesto muscolo origina sulla porzione posteriore dell'ulna, e si inserisce a livello distale sulla seconda falange del pollice. quindi poliarticolare ed attraversa il polso, la trapezio-metacarpica, la metacarpo-falangea e l'interfalangea.Individuiamo il punto di applicazione del vettore sul tendine distale, in corrispondenza dell'articolazione metacarpo-falangea (cos come abbiamo fatto per il muscolo Flessore lungo del pollice).La sua direzione procede dal basso verso l'alto e dall'avanti all'indietro, passando posteriormente rispetto al fulcro dell'articolazione trapeziometacarpica, il verso rivolto posteriormente ed il modulo abbastanza efficace, essendo un muscolo sufficientemente lungo e valido (Fig. 28.68).Fig. 28.68 - Estensore lungo del pollice.Azione relativa all'articolazione trapezio-metacarpica.Analisi sul piano sagittale.Quota chinesiologicamente efficace: Estensione.Origine: Superficie posteriore dell'ulna, nel suo terzo medio.Inserzione: Base dorsale della seconda falange del pollice.Innervazione: Nervo radiale (C6-C7-C8).\p755Tracciamo il segmento che unisce il punto di applicazione del vettore ed il fulcro articolare, e vediamo che si tratta di un segmento leggermente inclinato verso l'avanti rispetto alla direzione del vettore.La perpendicolare al braccio di leva passante per lo stesso punto di applicazione ci rivela l'azione efficace del muscolo Estensore lungo del pollice, che consiste in uno spostamento del primo metacarpo dall'avanti all'indietro, determinando un movimento di estensione.Il braccio della potenza, analogamente a quello del Flessore lungo, ha una lunghezza uguale a quella della diafisi del primo metacarpo, ed assume quindi un valore piuttosto significativo.Al contrario, l'angolo compreso tra il braccio della leva e la direzione vettoriale molto piccolo, limitando notevolmente il valore complessivo del momento della forza dell'Estensore lungo nella sua azione estensoria sull'articolazione trapeziometacarpica.Estensore breve del polliceSi tratta di un muscolo con potenzialit molto limitate da una ridottissima capacit di accorciamento della propria lunghezza, che determina un debole movimento relativo alle due articolazioni che attraversa, il polso e l'articolazione trapeziometacarpica.L'analisi biomeccanica quasi completamente sovrapponibile a quella del muscolo precedente, condizionata per dalla sua inferiore lunghezza vettoriale (modulo) (Fig. 28.69).Per il resto valgono le

medesime considerazioni che abbiamo descritto nell'analisi dell'Estensore lungo sul punto di applicazione, la lunghezza del braccio di leva e l'ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione vettoriale ed il braccio di leva stesso.L'origine del vettore quindi sul punto del tendine distale che si trova in corrispondenza dell'articolazione metacarpofalangea, il braccio della potenza ha la stessa lunghezza della diafisi del primo metacarpo e l'angolo di interesse biomeccanico nel calcolo del momento della forza dell'ordine di pochi gradi (20 gradi).L'azione del muscolo Estensore breve del pollice sul piano sagittale consiste pertanto nella coattazione delle superfici articolari del metacarpo e del trapezio, ed in una modesta quota efficace che tende a spostare posteriormente il primometacarpo.ConclusioniQuesto fulcro articolare si presenta quasi sempre nel paziente emiplegico con una prevalenza dei muscoli flessori sugli estensori.La chinesiologia dell'articolazione trapezio-metacarpica ci rivela un evidente squilibrio nella potenzialit modulare complessiva della flessione rispetto all'estensione.A questo va aggiunto ci che abbiamo esposto in precedenza relativamente alla mobilit articolare.L'estensione un movimento ampio circa la met della flessione, e questo ci indica come le forze interne che si oppongono alla normale esecuzione del movimento (sotto forma di attrito e di messa in tensione delle parti molli) costituisca un ulteriore ostacolo, e la contrazione estensoria non riesce a controbilanciare la prevalenza dell'attivit flessoria.Anche in questo caso abbiamo dunque una corrispondenza del dato clinico e dell'analisi chinesiologica nel paziente che ha subito una lesione encefalica.\p756Fig. 28.69 - Estensore breve del pollice.Azione relativa all'articolazione trapeziometacarpica.Analisi sul piano sagittale.Quota chinesiologicamente efficace: Estensione.Origine: Superficie posteriore del radio, nel suo terzo distale.Inserzione: Superficie dorsale della prima falange del pollice.Innervazione: Nervo radiale (C6-C7-C8).\p757Piano frontaleIl primo metacarpo pu compiere anche movimenti di abduzione ed adduzione rispetto al trapezio, anche se il riferimento ideale per l'esecuzione di questo tipo di spostamento non il piano frontale mediano, ma un piano leggermente inclinato in fuori ed in avanti.Nelle analisi biomeccaniche che seguiranno faremo comunque sempre riferimento al piano frontale mediano, per poter mettere pi chiaramente a confronto i dati con le analisi precedenti.E importante considerare che il primo metacarpo si trova inclinato a circa 40 gradi di flessione e a 20 gradi di abduzione rispetto al secondo metacarpo, essenzialmente a causa del tono muscolare, che mantiene in questa posizione un equilibrio delle superfici articolari.I muscoli che svolgono un'azione significativa in questo senso sono quattro, di cui due abduttori e due adduttori.Tre di questi sono intrinseci, mentre uno solo, l'Abduttore lungo del pollice, ha il ventre muscolare esterno al palmo della mano ed il tendine che si inserisce sul primo metacarpo in modo da poter realizzare questo movimento.Le superfici articolari permettono mediamente uno spostamento globale dell'ordine di 40-50 gradi, distribuiti in modo non uniforme, ma leggermente a vantaggio dell'abduzione (circa 30 gradi).Questo movimento molto importante nel complesso della prensione, in quanto permette alla mano una massima apertura, alla quale pu seguire la possibilit di orientare le punte delle dita in modo da costruire la pinza pulpo-distale.L'adduzione invece non ha un preciso significato funzionale, ma appartiene probabilmente ad una motricit pi arcaica, propria di alcune specie animali, che non hanno avuto lo sviluppo dell'opposizione del pollice e possono quindi afferrare gli oggetti soltanto attraverso l'avvicinamento del bordo interno delle dita, ovviamente in modo molto meno efficace.I quattro muscoli agiscono sempre in sinergie che controllano lo spostamento del pollice sul piano frontale, collocandolo nel punto esatto in cui possibile iniziare l'opposizione.AbduzioneIl movimento del pollice verso l'esterno sul piano frontale si suddivide in due quote: una a carico

dell'articolazione trapezio-metacarpica, mentre l'altra viene eseguita dalla metacarpo-falangea.La somma del movimento laterale delle due articolazioni pu raggiungere anche 70 gradi rispetto all'asse longitudinale dell'avambraccio e dei metacarpi della mano.Essendo il primo metacarpo orientato verso il basso e l'esterno a circa 20 gradi di inclinazione rispetto alla retta sovrapponibile al secondo metacarpo, se ne deduce che la somma dell'abduzione relativa a carico delle due articolazioni del pollice di circa 50 gradi.L'articolazione trapeziometacarpica ha una maggiore possibilit di abdursi rispetto alla metacarpo-falangea, per cui mediamente il valore dell'abduzione oscilla intorno a 30 gradi, contro i 20 gradi della metacarpo-falangea.Questa azione, se considerata come un movimento puro sul piano frontale, viene eseguita da due muscoli agonisti, l'Abduttore lungo del pollice e l'Abduttore breve del pollice ma, nella normale gestualit quotidiana, l'abduzione viene spesso associata ad uno spostamento del primo metacarpo in estensione.\p758La sinergia tra abduttori ed estensori infatti quella che consente al pollice di realizzare la massima apertura della mano, e viene quindi utilizzata in molte azioni collegate alla prensione.L'analisi che approfondiamo si riferir solamente al piano frontale, per cui verranno osservati unicamente i muscoli che, su questa articolazione, svolgono un ruolo attivo per il movimento di abduzione.Abduttore lungo del polliceSi tratta di un muscolo biarticolare, che attraversa anche l'articolazione del polso, per cui stato analizzato anche nello studio del movimento di inclinazione radiale.In questo come in altri casi, abbiamo ritenuto significativa la sua azione sull'articolazione radio-carpica per l'alto valore di alcuni parametri della formula con cui si calcola il potenziale effettivo del muscolo.Segnaliamo in particolare la lunghezza del braccio della leva e l'ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione del vettore e lo stesso braccio della potenza.La sua funzione principale rimane quella relativa al movimento di abduzione del primo dito, specificatamente dell'articolazione trapezio-metacarpica, su cui esercita il massimo del suo potenziale motorio.Non pu modificare l'articolazione metacarpofalangea, poich il suo punto di inserzione distale si trova a livello del primo metacarpo.Il vettore si applica sul suo punto di inserzione distale, cio sul lato radiale della base del primo metacarpo, e la sua direzione procede dal basso verso l'alto e dall'esterno all'interno.Il centro dell'articolazione trapezio-metacarpica, cio il fulcro della leva, si trova internamente rispetto a questa retta.Il verso rivolto in alto ed il modulo indica una discreta forza, considerando che si tratta di un muscolo della mano (Fig. 28.70).La rappresentazione della congiungente tra l'origine del vettore ed il fulcro articolare, associata alla perpendicolare ad essa che passa per lo stesso punto di applicazione, ci consente di costruire un rettangolo biomeccanico in cui una quota rivela l'azione coattante ed un'altra, pi modesta, l'azione efficace di spostamento del primo metacarpo dall'interno all'esterno, realizzando un movimento di abduzione del pollice.La lunghezza del braccio della leva il dato pi debole del momento della forza dell'Abduttore lungo del pollice rispetto a questo fulcro articolare, mentre l'ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione del vettore ed il braccio della potenza di circa 60 gradi, per cui viene rappresentata da un valore estremamente favorevole.Abduttore breve del polliceAnche in questo caso si tratta di un muscolo biarticolare, ma le articolazioni attraversate sono diverse da quelle su cui agiva il muscolo precedente.L'Abduttore breve esercita infatti un'azione anche sull'articolazione metacarpo-falangea, poich la sua inserzione distale si trova esattamente sul lato radiale, alla base della falange prossimale del primo dito.La costruzione del vettore inizia ancora una volta dal punto in cui il tendine distale del muscolo Abduttore breve del pollice passa sull'articolazione metacarpo-falangea, ed qui che viene riportato

il suo punto di applicazione.La direzione si trova su una retta praticamente sovrapposta a quella dell'analisi vettoriale precedente, con un decorso che procede dal basso in alto e dall'esterno all'interno, esternamente rispetto al fulcro articolare.\p759Fig. 28.70 - Abduttore lungo del pollice.Azione relativa all'articolazione trapeziometacarpica.Analisi sul piano frontale.Quota chinesiologicamente efficace: Abduzione.Origine: Superficie postero-esterna dell'ulna, superficie posteriore del terzo medio del radio.Inserzione: Margine esterno della base del primo metacarpo.Innervazione: Nervo radiale (C6C7).Il rettangolo biomeccanico molto allungato per via della lunghezza del braccio di leva (praticamente l'intera diafisi del primo metacarpo) e della scarsa ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione vettoriale ed il braccio della potenza (20 gradi), che si evidenzia chiaramente attraverso la misurazione della quota efficace (Fig. 28.71).I due lati hanno misure molto diverse tra loro, e la quota coattante corrisponde al lato maggiore, mentre il lato minore rappresenta la quota efficace, che tende a spostare il pollice dall'interno all'esterno in un movimento di abduzione.\p760Fig. 28.71 - Abduttore breve del pollice.Azione relativa all'articolazione trapezio-metacarpica.Analisi sul piano frontale.Quota chinesiologicamente efficace: Abduzione.Origine: Scafoide, legamento anulare del carpo.Inserzione: Porzione esterna della base della prima falange del pollice.Innervazione: Nervo mediano (C8-D1).Gli elementi che costituiscono i dati su cui si fonda il calcolo del momento della forza muscolare svolgono un ruolo proporzionalmente inverso rispetto a quello dell'Abduttore lungo, almeno per quanto riguarda la lunghezza del braccio di leva e l'ampiezza dell'angolo compreso tra il vettore ed il braccio della potenza.L'altra componente essenziale nella risultante del potenziale muscolare effettivo, il modulo, non presenta una sufficiente capacit di accorciamento attraverso la contrazione, per cui non possibile realizzare una diminuzione di lunghezza tale da esprimere una funzione quantitativamente significativa.Per questo motivo l'azione del muscolo Abduttore breve del pollice inferiore a quella che esegue l'Abduttore lungo.\p761AdduzioneIl movimento di adduzione dell'articolazione trapezio-metacarpica consiste nell'avvicinamento del primo metacarpo al secondo, fino ad arrivare quasi ad una posizione in cui le due diafisi ossee diventano parallele.La posizione anatomica prevede un angolo di partenza tra queste due ossa la cui ampiezza oscilla intorno a 20 gradi, per cui i muscoli che potranno eseguire questo spostamento avranno un margine di azione relativo. evidente che l'adduzione trapezio-metacarpica deve essere considerata anche come ritorno da un certo grado di abduzione, per cui l'azione agonista degli adduttori del pollice diventa efficace anche nell'ambito di un certo tipo di prensione, in cui la mano parte da una posizione di massima apertura, con un iniziale coinvolgimento anche dell'abduzione.Esiste un muscolo principale per la realizzazione di questo movimento: l'Adduttore del pollice (indicato anche come primo Interosseo), ma la chinesiologia ci suggerisce anche un importante ruolo che in questo senso svolge pure l'Opponente del pollice, per cui ne analizzeremo l'azione sul piano frontale.L'adduzione trapezio-metacarpica il movimento che permette di avvicinare i bordi interni del primo e del secondo dito, per cui si pu valutarne l'ampiezza articolare e la funzionalit dei muscoli agonisti attraverso una semplice prova di tenuta di un foglio di carta tra questi due bordi, mentre l'esaminatore cerca di estrarlo.Adduttore del polliceSi tratta ancora una volta di un muscolo intrinseco della mano, inserito a livello del capitato e della base del secondo e terzo metacarpo, in quello che considereremo come punto fisso e, nel punto mobile, sulla base del bordo ulnare della prima falange del pollice.La sua azione si esplica quindi sia sull'articolazione trapezio-metacarpica che sulla metacarpofalangea del primo dito.Il vettore si applica secondo le regole che gi pi volte abbiamo dovuto seguire nello studio dei muscoli

poliarticolari.In questo caso, il punto si trova su un preciso tratto posto sul tendine distale, in corrispondenza del suo passaggio sull'articolazione metacarpo-falangea.La direzione vettoriale segue un decorso che la porta verso l'interno, in una traiettoria praticamente orizzontale, leggermente inclinata verso l'alto.Il verso rivolto medialmente ed il modulo analogo a quello degli altri muscoli intrinseci della mano, cio piuttosto limitato (Fig. 28.72).Dopo aver tracciato il braccio della potenza attraverso la congiungente tra il punto di applicazione vettoriale ed il fulcro dell'articolazione, inviamo la perpendicolare ad essa passante per la punta frecciata del vettore, e delimitiamo un segmento molto breve che evidenzia una modesta quota coattante di questo muscolo rispetto all'articolazione trapeziometacarpica.La perpendicolare che passa sul punto di applicazione del vettore che chiude il rettangolo biomeccanico, rivela invece una importante quota efficace che presenta l'azione dell'Adduttore del pollice nel senso di uno spostamento del primo metacarpo verso il secondo, realizzando un movimento di adduzione.In questo caso, di notevole rilevanza biomeccanica l'analisi del momento della forza, che pu contare su un braccio di leva lungo quanto tutta la diafisi del primo metacarpo e su un angolo compreso tra la direzione del vettore ed il braccio della potenza vicino a 90 gradi, per cui nelle condizioni di forza quasi ideali per esprimere tutta la sua forza.\p762Fig. 28.72 Adduttore del pollice.Azione relativa all'articolazione trapeziometacarpica.Analisi sul piano frontale.Quota chinesiologicamente efficace: Adduzione.Origine: Capitato, trapezoide, margine esterno del secondo e del terzo metacarpo.Inserzione: sesamoide interno dell'articolazione metacarpo-falangea del pollice, base della prima falange del Pollice.Innervazione: Nervo ulnare (C8-D1). quindi un muscolo estremamente significativo per quanto riguarda la funzione chinesiologica di adduzione rispetto al movimento sul piano frontale, che mette in evidenza come il contesto biomeccanico in cui egli agisce molto favorevole per realizzare un'azione efficace di avvicinamento del primo al secondo metacarpo.\p763Opponente del polliceQuesto muscolo prende il nome dal principale movimento che realizza nella sua chinesiologia, avvicinando la punta del pollice alla punta delle altre dita, cos da costituire la pinza che permette di completare la prensione.Ritroveremo questo muscolo anche nell'analisi dei movimenti del pollice sul piano orizzontale.Per quanto riguarda la sua azione adduttoria, la costruzione vettoriale origina dal punto medio del segmento su cui l'Opponente del pollice si inserisce sul primo metacarpo, e segue una direzione che procede dall'alto verso il basso e dall'esterno all'interno.Il verso rivolto internamente ed il modulo uguale a quello che abbiamo analizzato a proposito dell'Adduttore del pollice (Fig. 28.73).Il fulcro dell'articolazione trapezio-metacarpica si trova al di sopra della retta che costituisce la direzione vettoriale.La costruzione del rettangolo biomeccanico fa emergere una figura in cui i lati sono quasi della stessa lunghezza, tanto da avvicinarla ad un quadrato, poich l'ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione vettoriale ed il braccio della leva di circa 45 gradi.Le due quote che si ricavano dalla scomposizione delle forze rivelano pertanto un movimento che si distribuisce in parti uguali tra un'azione di tipo coattante ed una efficace, che avvicina il primo al secondo metacarpo, determinando un'adduzione del pollice.Il calcolo del potenziale effettivo dell'Opponente del pollice rispetto all'articolazione trapeziometacarpica si avvale di alcuni valori particolarmente favorevoli, quali il seno dell'angolo di 45 gradi (che uguale a 0,5) e la lunghezza del braccio di leva (corrispondente circa a met della diafisi ossea del primo metacarpo).Possiamo quindi concludere che il suo ruolo nell'opposizione del pollice origina da una funzione significativa che questo muscolo esprime nel movimento di adduzione dell'articolazione

metacarpo-falangea, analizzata sul piano frontale.ConclusioniI due movimenti del pollice relativi all'articolazione trapezio-metacarpica sul piano frontale non hanno seguito uno sviluppo filogenetico parallelo, in quanto l'adduzione sarebbe pi antica e l'abduzione pi recente, come ci insegna l'osservazione della motricit di alcuni primati evoluti.Anche la chinesiologia conferma che l'azione dei gruppi di agonisti rispetto al movimento di adduzione trovano un contesto molto pi favorevole di quello su cui agiscono gli abduttori.Pensiamo alla lunghezza dei bracci delle leve che abbiamo osservato e, soprattutto, all'inclinazione che le direzioni vettoriali hanno con l'impianto su cui esercitano la loro azione trainante.Entrambi questi valori pesano con forza a vantaggio dell'adduzione, mentre gli abduttori, che pure sono ampiamente sviluppati per via dell'esercitazione a cui sono sottoposti da una motricit sempre pi raffinata che viene loro richiesta, si debbono rapportare a condizioni biomeccaniche che non appaiono essere costruite appositamente per esprimere al massimo il loro potenziale.Questa precisazione trova un effettivo riscontro nelle patologia del Sistema Nervoso Centrale, in cui i muscoli si trovano ad essere privati del controllo attivo svolto normalmente dai centri motori che si trovano nella corteccia cerebrale.La prevalenza che osserviamo quasi sistematicamente nei pazienti emiplegici \p764 infatti relativa all'adduzione, e non raro che il tono muscolare, una volta superata la fase acuta della malattia, finisca addirittura per portare il pollice all'interno del palmo della mano.Il movimento di apertura del pollice nel movimento di abduzione uno degli obiettivi pi ambiziosi, ma anche pi importanti e difficili, che la riabilitazione si pone nel trattamento del paziente che ha subito una lesione encefalica.Fig. 28.73 - Opponente del pollice.Azione relativa all'articolazione trapezio-metacarpica.Analisi sul piano frontale.Quota chinesiologicamente efficace: Adduzione.Origine: Cresta del trapezio, legamento anulare del carpo.Inserzione: Margine esterno della diafisi del primo metacarpo.Innervazione: Nervo mediano (C8-D1).\p765Piano orizzontaleIl piano orizzontale viene di solito riservato all'analisi dei movimenti di rotazione, ed il suo studio appartiene a quei fulcri articolari in cui le due superfici che si affrontano sono in grado di realizzare uno spostamento rotatorio.Nel caso dell'articolazione trapezio-metacarpica non cos, tuttavia esiste chinesiologicamente la possibilit di associare tre tipi di spostamento in modo tale da far risultare un movimento che pu essere considerato molto simile ad una rotazione.L'insieme di flessione, adduzione e traslazione del primo metacarpo verso l'interno, si traduce infatti in una torsione di tutto il pollice, in modo da permettere alla punta del primo dito di opporsi alla punta delle altre per poter costruire la pinza superiore.Questi tre movimenti eseguiti insieme costituiscono l'opposizione del pollice. evidente che, non trattandosi di un movimento a se stante, ma della somma di tre azioni, vi concorreranno tutti i muscoli agonisti in relazione a ciascuno di questi spostamenti.Vorrei per sottolineare come la peculiarit chinesiologica di questa articolazione consista in particolare nel terzo dei tre movimenti di cui abbiamo accennato.Infatti, mentre nei primi due casi si tratta di componenti fisiologiche, peraltro gi analizzate, la traslazione verso l'interno del primo metacarpo solo il frutto della messa in tensione dei legamenti e, in un certo senso, della forzatura del rapporto che le due superfici articolari hanno tra loro.Quest'ultimo tipo di spostamento necessita pertanto di un muscolo che abbia le fibre disposte in modo da trazionare il segmento osseo mobile nelle condizioni biomeccaniche pi favorevoli, altrimenti non sarebbe possibile realizzare nessuno spostamento.La forzatura che occorre per spostare il primo metacarpo rispetto al trapezio, ci indica anche come questo movimento non sia certo una componente forte e stabile della motricit propria del sistema osteo-articolare.In effetti, anche in questo caso si tratta di un movimento specifico del genere umano,

filogeneticamente molto evoluto, che non ritroviamo in nessun'altra specie animale.Il muscolo in grado di eseguire al meglio l'opposizione l'Opponente del pollice, che abbiamo gi visto essere un flessore ed un adduttore dell'articolazione trapezio-metacarpica.Opponente del polliceL'analisi biomeccanica relativa al piano orizzontale viene eseguita su una sezione che attraversa il primo metacarpo in corrispondenza di quello che abbiamo finora considerato essere il punto di applicazione vettoriale di questo muscolo, cio il punto medio del segmento su cui si trova la sua inserzione distale.Una rappresentazione sul piano orizzontale sarebbe stata incomprensibile, per cui il disegno ci mostra solo il pollice sul piano frontale.A partire dall'origine del vettore, la sua direzione procede verso l'interno e leggermente all'indietro, per via della lieve flessione in cui si trova fisiologicamente l'articolazione trapezio-metacarpica in posizione anatomica.Questa retta passa anteriormente rispetto al centro dell'articolazione trapezio-metacarpica.\p766Il verso rivolto internamente ed il modulo abbastanza efficace, trattandosi di un muscolo intrinseco della mano (Fig. 28.74).Fig. 28.74 - Opponente del pollice.Azione relativa all'articolazione trapezio-metacarpica.Analisi sul piano frontale con metacarpo-falangee flesse a 90 gradi.Quota chinesiologicamente efficace: Opposizione.Origine: Cresta del trapezio, legamento anulare del carpo.Inserzione: Margine esterno della diafisi del primo metacarpo.Innervazione: Nervo mediano (C8-D1).La congiungente tra il punto di applicazione del vettore ed il fulcro dell'articolazione segue un decorso posteriore rispetto alla direzione vettoriale, e costituisce con essa un angolo di circa 40 gradi.La perpendicolare al braccio della leva passante per il punto di applicazione invece anteriore, ed evidenzia uno spostamento verso l'avanti del primo metacarpo, che d inizio alla torsione del pollice.Il rettangolo biomeccanico rivela quindi una quota coattante che stabilizza le due superfici articolari, ed una quota che flette anteriormente il pollice.Il potenziale effettivo che l'Opponente del pollice esercita nel senso di questo movimento sul piano orizzontale, viene determinato da un valore che rappresenta la lunghezza del braccio della leva pari circa alla met della diafisi ossea del primo metacarpo, e dal seno dell'angolo compreso tra la direzione del vettore ed il braccio della potenza che , come abbiamo detto, di 40 gradi.A questo proposito, possiamo osservare che l'ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione vettoriale ed il braccio della potenza aumenta progressivamente man mano che il movimento di opposizione del pollice si porta verso la sua conclusione.\p767Infatti, l'orientamento dell'asse diafisario del primo metacarpo si fa sempre pi anteriore, mentre rimane sostanzialmente invariata la direzione del vettore, per cui aumenta l'angolo tra esse compreso, avvicinandosi sempre pi a 90 gradi (Fig. 28.75).Fig. 28.75 - Opponente del pollice.Azione relativa all'articolazione trapezio-metacarpica.Analisi sul piano frontale con metacarpo-falangee flesse a 90 gradi e pollice in opposizione relativa.Quota chinesiologicamente efficace: Opposizione.Origine: Cresta del trapezio, legamento anulare del carpo.Inserzione: Margine esterno della diafisi del primo metacarpo.Innervazione: Nervo mediano (C8-D1). L'azione dell'Opponente del pollice sull'articolazione trapezio-metacarpica quindi agonista rispetto alla flessione, all'adduzione ed alla traslazione del primo metacarpo verso l'interno, cio in tutti e tre i movimenti che costituiscono l'opposizione del pollice.ConclusioniLa funzionalit del pollice nella prensione resa possibile principalmente dalla preventiva apertura con estensione ed abduzione dell'articolazione trapeziometacarpica, alla quale segue una contrazione dei flessori, degli adduttori e dell'Opponente, che costruiscono la pinza pulpo-distale.Il tono muscolare del paziente emiplegico rispetto a tutti questi movimenti si presenta con una prevalenza della flessione e dell'adduzione, per cui

vengono a mancare i presupposti che permettono di poter eseguire correttamente la prensione.L'opposizione del pollice un movimento combinato, in cui la modulazione degli antagonisti, unita ad un continuo aggiustamento dell'orientamento del primo metacarpo nei diversi piani dello spazio, deve essere eseguita in tutte le sue componenti, agoniste ed antagoniste, per poter controllare la posizione in modo ottimale.Il ruolo degli abduttori e degli estensori diviene fondamentale per raggiungere la posizione di partenza, da cui il pollice pu iniziare a contrarre i muscoli flessori e l'Opponente per completare il movimento in cui il polpastrello distale del primo dito si incontra con la punta del dito corrispondente.\p768ARTICOLAZIONE METACARPO-FALANGEAL'articolazione metacarpo-falangea del pollice molto simile a quella corrispondente delle altre dita, sia per quanto riguarda il rapporto tra le superfici articolari del primo metacarpo e della falange, sia per l'apporto fornito dai muscoli che realizzano il movimento attivo. quindi un fulcro su cui si sviluppano movimenti di flessione ed estensione, di abduzione ed adduzione, sui piani sagittale e frontale.L'analisi che la pone a confronto con le altre articolazioni metacarpo-falangee, prevede lo studio di due muscoli flessori e due estensori, analogamente a quanto accade per il secondo ed il quinto dito.Ci sono poi un abduttore ed un adduttore, che in un certo senso riprendono l'azione propria degli Interossei e dei Lombricali.In posizione anatomica, la sua mobilit ci indica che sono possibili circa 60 gradi di flessione, mentre l'estensione semplicemente un movimento di ritorno dalla flessione, analogamente a quanto abbiamo osservato rispetto alle metacarpo-falangee delle altre dita.L'abduzione e l'adduzione sono movimenti pi limitati dal punto di vista dell'articolarit, circa 20 gradi nei due sensi.Anche in questo caso l'abduzione un movimento pi evoluto, che permette alla mano di ampliare la sua apertura per poter manipolare oggetti di dimensioni maggiori e consente al pollice di raggiungere una posizione tale da poter iniziare l'opposizione verso le altre dita in modo ottimale, con una gamma pi ampia di soluzioni possibili.Sul piano gestuale, i movimenti che si realizzano attorno a questo fulcro articolare vengono molto spesso eseguiti in sinergia con gli stessi movimenti che si determinano a livello della trapezio-metacarpica, anche perch quasi tutti i muscoli che analizzeremo svolgono una funzione importante anche rispetto a questa articolazione.Piano sagittaleIl movimento di flessione ed estensione dell'articolazione metacarpofalangea del primo dito permette alla punta del pollice di avvicinarsi all'eminenza thenar e di riportarsi all'esterno per poter iniziare qualsiasi altro tipo di spostamento.Pertanto, se viene eseguita in modo isolato consente una presa di scarso valore funzionale, non permettendo alla punta del pollice di incontrarsi con la punta delle altre dita.L'analisi che condurremo sar comunque selettiva, per poter valutare l'azione chinesiologica e biomeccanica esercitata dai muscoli che attraversano questo fulcro articolare.I movimenti di flessione ed estensione si svolgono attraverso la contrazione di quattro muscoli, due flessori e due estensori, ed interessante notare come ben tre di essi siano estrinseci della mano, uno addirittura inserito sull'omero a livello prossimale (il Flessore lungo del pollice).I muscoli estrinseci hanno di solito la caratteristica di poter contare su un maggior potenziale modulare, per via di un segmento pi lungo su cui sono disposte le proprie unit motorie, ma spesso distribuiscono la loro energia su pi fulcri articolari, perdendo quindi in precisione ed efficacia.Attraversano tutti e quattro l'articolazione trapeziometacarpica, per cui sono gi stati studiati in precedenza a proposito dei movimenti sul piano sagittale di quella articolazione.\p769L'analisi di questo capitolo li mette per in relazione ad un altro fulcro articolare per cui, cambiando il punto di applicazione ed il centro di riferimento della leva, si modificano radicalmente i rapporti lineari ed

angolari dei valori che descrivono le quote biomeccanicamente significative.FlessioneLa flessione dell'articolazione metacarpo-falangea del pollice il movimento in cui la prima falange si porta anteriormente rispetto al piano frontale mediano.Questo spostamento viene analizzato sul piano sagittale.L'asse su cui si trovano le diafisi del primo metacarpo e della prima falange si trova su una retta che procede dal basso verso l'alto e dall'esterno all'interno, per cui il movimento di flessione avviene su una rappresentazione obliqua, ed visibile sia sul piano sagittale che sui piani frontale ed orizzontale.Lo scopo della flessione metacarpo-falangea del pollice quello di portare le falangi in corrispondenza delle altre dita della mano, oppure del palmo, ed condizionato dal grado di flesso-estensione, di abduzione-adduzione e di opposizione in cui si trova l'articolazione trapezio-metacarpica.La posizione anatomica prevede che la prima falange del primo dito sia in massima estensione rispetto al primo metacarpo, per cui si pu considerare la flessione come un movimento specifico, e l'estensione come un ritorno dalla flessione.La prevalenza del tono muscolare del paziente emiplegico a questo livello a vantaggio dei muscoli flessori, anche se numericamente sono due come gli estensori.Cercheremo nell'analisi biomeccanica di ricercare le ragioni chinesiologiche che possono fornire una spiegazione a questo squilibrio che, bloccando il pollice in posizione di chiusura, diviene fortemente invalidante nella fisiologia complessiva della mano, soprattutto per ci che riguarda la prensione.Le superfici articolari e le strutture satelliti dell'articolazione consentono alla flessione di raggiungere circa 60 gradi di inclinazione rispetto all'asse diafisario della prima falange, tracciato nella posizione di partenza.Flessore lungo del polliceQuesto muscolo attraversa numerose articolazioni: il gomito, il polso, l'articolazione trapeziometacarpica, la metacarpo-falangea e l'inter-falangea del pollice.Rispetto al fulcro che stiamo analizzando esiste quindi un'altra articolazione pi distale su cui il Flessore lungo esercita la sua azione.Il punto di applicazione del vettore che ne rappresenta la chinesiologia viene pertanto individuato sul tendine distale, in corrispondenza del suo passaggio sull'articolazione inter-falangea.La direzione procede dall'indietro all'avanti e dal basso in alto, rimanendo su una traiettoria anteriore al punto in cui si trova il centro dell'articolazione metacarpo-falangea del pollice, cio il fulcro della leva.Il verso rivolto internamente ed il modulo relativamente efficace, trattandosi di un muscolo estrinseco della mano che attraversa cos tante articolazioni (Fig. 28.76).La costruzione del rettangolo biomeccanico, ottenuta congiungendo il punto di applicazione vettoriale ed il fulcro articolare, ci rivela una quota che tende a stabilizzare l'articolazione attraverso un'azione coattante, ed un lato corrispondente ad una forza che tende a spostare la prima falange del pollice dall'indietro all'avanti, realizzando un movimento di flessione.\p770Fig. 28.76 - Flessore lungo del pollice.Azione relativa all'articolazione metacarpo-falangea del primo dito.Analisi sul piano sagittale.Quota chinesiologicamente efficace: Flessione.Origine: Superficie anteriore dei tre quarti prossimali del radio.Inserzione: Base palmare della seconda falange del pollice.Innervazione: Nervo mediano (C7-C8-D1).Il calcolo del potenziale muscolare prevede come sempre l'analisi della lunghezza del braccio della potenza e dell'ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione del vettore ed il braccio di leva stesso.Nel primo caso il valore abbastanza significativo, essendo costituito dall'intera lunghezza della prima falange del pollice, mentre nel secondo abbiamo un valore di minima entit, trattandosi di un angolo superiore a 20 gradi di ampiezza.L'azione sul piano sagittale del muscolo Flessore lungo del pollice pertanto condizionata positivamente dal modulo vettoriale e dal braccio della leva, mentre limitata dall'inclinazione con cui questa forza si rapporta al sistema biomeccanico di riferimento.\p771Flessore

breve del pollice l'unico muscolo intrinseco della mano che attraversa l'articolazione metacarpo-falangea del pollice sul piano sagittale e, come abbiamo gi visto, svolge un'azione anche relativamente all'articolazione trapezio-metacarpica.La sua origine a livello di alcuni elementi della seconda fila di ossa del carpo, mentre l'inserzione sul segmento mobile che ci apprestiamo ad analizzare posta sul margine interno della base della prima falange del pollice.Non vi sono dunque altri fulcri articolari distali a quello che consideriamo in questa analisi, per cui sul punto di inserzione muscolare che iniziamo la costruzione del vettore nella rappresentazione biomeccanica.La direzione procede dall'indietro all'avanti e, leggermente, dal basso in alto, in modo che il centro dell'articolazione metacarpo-falangea si trovi superiormente rispetto ad essa.Il verso rivolto all'interno ed il modulo un po' inferiore a quello che abbiamo osservato nel muscolo Flessore lungo (Fig. 28.77).La leva si costruisce come al solito congiungendo il punto su cui si applica il vettore con il fulcro articolare, e la retta che ne risulta pi verticale della direzione del vettore, costituendo con essa un angolo di circa 45 gradi.La scomposizione della forza vettoriale ottenuta inviando la perpendicolare al braccio di leva passante per il punto di applicazione, determina la costruzione di un rettangolo biomeccanico le cui dimensioni sono molto vicine a quelle di un quadrato.La sua azione evidenzia una quota coattante ed una efficace nel senso dello spostamento della prima falange in avanti rispetto al primo metacarpo.Nella formula che calcola il potenziale effettivo del muscolo, la lunghezza del braccio della leva molto ridotta, poich il muscolo si inserisce sulla prima falange in un punto vicino all'articolazione metacarpo-falangea.Il momento della forza che descrive l'azione del Flessore breve del pollice sull'articolazione metacarpo-falangea comprende pertanto due valori abbastanza sfavorevoli (il modulo vettoriale e la lunghezza del braccio di leva) ed uno favorevole (l'ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione del vettore ed il braccio stesso).Tuttavia la sua azione, sommata a quella del Flessore lungo, piuttosto efficace, soprattutto se viene considerata in rapporto all'azione degli estensori che, come vedremo, molto inferiore dal punto di vista chinesiologico.EstensioneL'estensione dell'articolazione metacarpo-falangea un movimento di ritorno dalla flessione, che pu riuscire anche a spostare leggermente la prima falange all'indietro rispetto al piano sagittale passante per il baricentro del corpo.Questa possibilit di spostamento posteriore non da considerare come un movimento fisiologico, ma come l'effetto di una messa in tensione delle strutture legamentose e capsulari he permettono una leggera forzat

ura dell'articolazione.Trattandosi di un ritorno dalla flessione, l'estensione metacarpo-falangea un movimento indispensabile per la realizzazione di una corretta pinza tra il pollice e le altre dita che, nel tentativo di armonizzare il tono muscolare del paziente emiplegico, assume in riabilitazione una rilevanza assoluta.L'estensione viene eseguita da due muscoli estrinseci della mano, l'Estensore lungo e l'Estensore breve del pollice, che hanno entrambi il ventre muscolare a livello dell'avambraccio.\p772Fig. 28.77 - Flessore breve del pollice.Azione relativa all'articolazione metacarpo-falangea del primo dito.Analisi sul piano sagittale.Quota chinesiologicamente efficace: Flessione.Origine: Trapezio, trapezoide, capitato.Inserzione: Base della prima falange del pollice, sesamoide esterno dell'articolazionemetacarpofalangea del primo dito.Innervazione: Nervo mediano (C8-D1), Nervo ulnare (C8-D1).\p773La loro azione contraddistinta da una differente potenzialit, in quanto il numero delle unit motorie del muscolo lungo molto superiore a quello del muscolo breve, per cui il modulo vettoriale sar diverso nelle due situazioni.Si tratta in entrambi i casi di muscoli poliarticolari che, essendo estrinseci della mano, attraversano anche l'articolazione del polso e l'articolazione trapezio-metacarpica, rispetto alle quali per i vettori non sono stati analizzati per via dell'inconsistenza dei parametri che appartengono alla formula relativa al calcolo del momento della forza muscolare.L'Estensore lungo del pollice, come vedremo, attraversa anche l'articolazione inter-falangea, per cui lo ritroveremo anche nello studio di questa articolazione.Estensore lungo del polliceHa origine sul terzo distale dell'ulna e si inserisce sulla faccia dorsale della base della seconda falange del pollice, dopo che il suo tendine ha attraversato l'articolazione radio-carpica, la trapezio-metacarpica e la metacarpofalangea.Attraversa quindi anche un'articolazione distale rispetto a quella che stiamo analizzando, per cui l'origine dello studio biomeccanico va localizzata sul tendine, in corrispondenza del suo passaggio sul fulcro inter-falangeo.La direzione vettoriale procede dal basso verso l'alto e dall'avanti all'indietro, rimanendo posteriore rispetto al centro dell'articolazione metacarpo-falangea, il verso rivolto all'indietro ed il modulo analogo a quello tracciato nel segmento che rappresenta l'azione del muscolo Flessore lungo del pollice (Fig. 28.78).Congiungiamo il punto di applicazione del vettore con il centro dell'articolazione metacarpo-falangea (braccio della potenza) e, dopo aver tracciato la perpendicolare a questa congiungente passante per il punto di applicazione, si determina la costruzione del rettangolo biomeccanico.Le dimensioni dei due lati sono molto diverse tra loro, per effetto di una piccolissima ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione vettoriale ed il braccio della leva (20 gradi).Il lato lungo evidenzia una quota coattante che l'Estensore lungo del pollice esercita sulla prima falange contro il primo metacarpo, mentre il lato breve rivela un'azione efficace nel senso dello spostamento della prima falange verso l'indietro, realizzando un movimento di estensione dell'articolazione metacarpo-falangea del pollice, oppure di ritorno da un certo grado di flessione.La lunghezza del braccio di leva praticamente uguale a quella della diafisi della prima falange del pollice, e corrisponde ad un valore significativo, che descrive un dato favorevole nel calcolo del momento della forza complessivo.Il potenziale di questo muscolo per cos fortemente condizionato in senso negativo dalla minima ampiezza dell'angolo che comprende la direzione del vettore ed il braccio della leva, da far risultare un'azione biomeccanicamente modesta.Estensore breve del polliceSi tratta anche in questo caso di un muscolo estrinseco della mano, che origina dal terzo distale del radio e si inserisce alla base della prima falange del pollice, seguendo un decorso pi laterale di quello del muscolo Estensore lungo. pertanto un muscolo poliarticolare, che non attraversa nessun fulcro distale a quello

che stiamo analizzando.\p774Fig. 28.78 - Estensore lungo del pollice.Azione relativa all'articolazione metacarpo-falangea del primo dito.Analisi sul piano sagittale.Quota chinesiologicamente efficace: Estensione.Origine: Superficie posteriore dell'ulna, nel suo terzo medio.Inserzione: Base dorsale della seconda falange del pollice.Innervazione: Nervo radiale (C6-C7-C8).La sua inserzione si trova infatti sulla prima falange e non sulla seconda, come nel caso del muscolo precedente.Il punto di applicazione del vettore si trova quindi sulla faccia dorsale della base della prima falange del pollice e la sua direzione decorre dal basso in alto e dall'avanti all'indietro, rimanendo posteriore rispetto al punto in cui si trova il fulcro dell'articolazione metacarpo-falangea su cui viene eseguito il movimento.Il verso rivolto posteriormente ed il modulo inferiore a quello del muscolo Estensore lungo, per via di un minor numero di cellule su cui pu contare il muscolo Estensore breve (Fig. 28.79).La costruzione del rettangolo biomeccanico rivela una figura di dimensioni molto ridotte, condizionata negativamente dall'entit del modulo vettoriale.\p775Fig. 28.79 Estensore breve del pollice.Azione relativa all'articolazione metacarpofalangea del primo dito.Analisi sul piano sagittale.Quota chinesiologicamente efficace: Estensione.Origine: Superficie posteriore del radio, nel suo terzo distale.Inserzione: Superficie dorsale della prima falange del pollice.Innervazione: Nervo radiale (C6-C7-C8).\p776Le due quote, rappresentate dai due lati del rettangolo, mettono in luce un'azione coattante ed una efficace che descrive lo spostamento della prima falange dall'avanti all'indietro.L'angolo compreso tra la direzione del vettore ed il braccio della potenza di circa 60 gradi, per cui molto favorevole, mentre gli altri due valori che determinano il momento della forza muscolare sono molto ridotti, in modo tale da limitare fortemente il potenziale effettivo globale.La lunghezza del braccio della potenza infatti dell'ordine di pochi millimetri, mentre il modulo vettoriale gi stato descritto.Le condizioni biomeccaniche in cui agisce il muscolo Estensore breve del pollice sono quindi sfavorevoli per esercitare una forza efficace, ed una sua contrazione partecipa all'estensione metacarpo-falangea in termini molto limitati.ConclusioniIl paziente emiplegico si presenta prevalentemente con il pollice flesso all'articolazione metacarpo-falangea, molto spesso con un atteggiamento di chiusura globale della mano, in cui il pollice si ritrova contenuto all'interno delle altre quattro dita.Le analisi chinesiologiche che abbiamo finora eseguito non ci mostrano per elementi di ordine biomeccanico che giustifichino tale prevalenza, poich i valori calcolabili in base ai dati che appartengono alla formula che determina la somma delle forze in gioco nella leva, e che si costituiscono sulla base dei rapporti tra le superfici articolari e l'azione dei muscoli satelliti di questi fulcri, sono equivalenti per quanto riguarda i flessori e gli estensori.Questo significa che il potenziale complessivo dei flessori maggiore di quello degli estensori nell'emiplegico non perch questi muscoli godano di migliori condizioni che permettono loro di esercitare una forza pi efficace, ma perch evidentemente ci sono altri fattori che determinano uno squilibrio del tono presente con queste caratteristiche.In effetti, se confrontiamo il modulo vettoriale efficace, l'ampiezza dell'angolo compreso tra le direzioni vettoriali ed i bracci della potenza e le lunghezze dei bracci di leva dei quattro muscoli che attraversano questa articolazione, troviamo un contesto biomeccanico che descrive l'azione agonista dei flessori e degli estensori in misura praticamente speculare.Uno dei motivi che si pu considerare la consuetudine con cui viene di solito esercitato il movimento di flessione, e l'abitudine a dosarlo con attenzione, affinando le capacit di adattare la punta del pollice all'oggetto da manipolare.Al contrario, l'estensione un movimento aspecifico di apertura, necessario per permettere una successiva chiusura, ma in cui non occorre prestare

quella cura e quella precisione che non possono invece mancare nella prensione.L'esercizio automatico che porta il soggetto a selezionare in modo qualitativamente diverso la contrazione dei flessori e degli estensori pu essere uno dei motivi che preludono ad un potenziamento neurologico dell'azione dei primi.Cercheremo in seguito di trovare anche altri dati su questo interrogativo che, comunque, non trova nella chinesiologia una risposta soddisfacente che giustifichi il prevalere della flessione sull'estensione.Piano frontaleAnalizziamo brevemente i movimenti dell'articolazione metacarpo-falangea del primo dito su questo piano, poich essi ricoprono un'escursione articolare \p777 molto ridotta, e partecipano ai movimenti di abduzione ed adduzione globale del pollice, che vengono eseguiti soprattutto dall'articolazione trapeziometacarpica. Il range articolare consentito dalle superfci dell'epifisi distale del primo metacarpo e dell'epifisi prossimale della prima falange di pochi gradi nei due sensi (20 gradi), ed i muscoli che hanno la loro inserzione distale a livello della prima falange sui bordi laterali sono solamente due che, come vedremo, agiscono in un contesto biomeccanico molto sfavorevole per esercitare il massimo del loro gi ridotto potenziale motorio.AbduzioneIl movimento di abduzione appartiene al complesso degli spostamenti del pollice verso l'apertura globale della mano, che ha come scopo finale quello di permettere al primo dito di poter iniziare il movimento di opposizione con cui avvicina la propria punta a quella delle altre dita, per realizzare la prensione.Pertanto, va funzionalmente annoverato insieme all'abduzione ed all'estensione trapezio-metacarpica, nonch all'estensione metacarpo-falangea.Di tutti questi movimenti comunque il meno significativo, per via della minima efficacia che risulta dall'analisi dei valori determinanti il momento della forza muscolare agonista del movimento di abduzione.L'abduzione metacarpo-falangea del pollice consiste nell'allontanamento della falange prossimale del primo dito (e di conseguenza anche di quella distale) dal bordo radiale del secondo dito.Si compie attraverso una traslazione dell'asse delle due falangi che d origine ad un angolo di pochi gradi di ampiezza.Esiste un solo muscolo che ha le fibre disposte in modo tale da svolgere un'azione significativa per questo movimento, ed l'Abduttore breve del pollice.Abduttore breve del pollice un muscolo intrinseco della mano, che origina sul trapezio e lo scafoide a livello prossimale, per andarsi ad inserire alla base della prima falange del pollice sul lato radiale.Consideriamo come punto fisso quello prossimale, e valutiamo l'azione muscolare su base biomeccanica attraverso l'analisi del vettore.Il suo punto di applicazione posto sulla falange distale, dove il muscolo si inserisce nell'osso, la direzione procede dal basso verso l'alto e dall'esterno all'interno, lasciando all'interno il centro dell'articolazione metacarpo-falangea del pollice.Il verso rivolto in alto e in dentro ed il modulo ridottissimo, per via della minima distanza che intercorre tra i due tendini di questo muscolo, e quindi della sua limitatissima capacit di produrre un loro ulteriore avvicinamento attraverso la contrazione (Fig. 28.80).Congiungiamo il punto di applicazione con il fulcro articolare (braccio della potenza) ed osserviamo che questo segmento giace su una retta quasi orizzontale, il cui decorso la porta dall'esterno all'interno e leggermente dall'alto in basso.La perpendicolare a questa congiungente che passa per il punto di applicazione vettoriale determina la costruzione di un rettangolo biomeccanico molto piccolo, in cui la quota efficace ha una lunghezza di poco superiore a quella della quota coattante, essendo l'angolo compreso tra la direzione del vettore ed il braccio della leva di circa 50 gradi.\p778Fig. 28.80 - Abduttore breve del pollice.Azione relativa all'articolazione metacarpo-falangea del primo dito.Analisi sul piano frontale.Quota chinesiologicamente efficace: Abduzione.Origine: Scafoide, legamento anulare del carpo.Inserzione: Porzione esterna della base della prima falange del pollice.Innervazione: Nervo mediano (C8-D1).La quota

efficace rivela quindi un movimento che tende a portare all'esterno la prima falange rispetto al primo metacarpo, realizzando un movimento di abduzione del pollice.La minima consistenza del potenziale effettivo di questo muscolo viene determinata dal modulo vettoriale limitato, ma anche dal ridottissimo valore relativo alla lunghezza del braccio di leva, valutabile nell'ordine di pochi millimetri.\p779A poco serve dunque il vantaggio che viene dato al momento della forza muscolare dal terzo elemento che lo costituisce, cio dall'ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione del vettore ed il braccio della potenza che, come abbiamo detto, di circa 50 gradi.AdduzioneL'adduzione dell'articolazione metacarpo-falangea del primo dito un movimento che partecipa chinesiologicamente alla chiusura globale della mano, realizzando anche uno spostamento del pollice che concorre in una certa misura a costruire l'opposizione che il pollice stesso esegue verso le altre dita.Infatti, le fibre dell'unico muscolo che riesce ad eseguire questo movimento sono abbastanza vicine a quelle dell'Opponente del pollice ed hanno un orientamento simile alle sue fibre, per cui una contrazione sinergica dei due d origine ad un'associazione di movimenti che permette un particolare tipo di pinza.Le superfici articolari che entrano in gioco nel movimento di adduzione metacarpo-falangea consentono solo pochi gradi di escursione, ed il muscolo agonista in relazione a questo spostamento l'Adduttore breve del pollice.Adduttore breve del polliceSi tratta di un muscolo che, a livello prossimale, origina in corrispondenza della seconda fila di ossa del carpo, del secondo e del terzo metacarpo, e va ad inserirsi sul margine interno della base della falange prossimale del primo dito.Il punto su cui si applica il vettore quindi la sua inserzione distale, e la direzione si trova su una retta praticamente orizzontale, che procede dall'esterno all'interno.Il verso rivolto internamente, ed il modulo analogo a quello del muscolo Abduttore breve del pollice (Fig. 28.81).La congiungente tra il punto di applicazione vettoriale ed il fulcro della leva viene mostrata da una rappresentazione che non osserviamo fin dal capitolo in cui si sono analizzati alcuni muscoli della spalla.Infatti, per poter disegnare la perpendicolare che parte dalla punta frecciata del vettore e si porta verso la retta su cui giace questo segmento, siamo costretti anche in questo caso a prolungare il segmento che costituisce il braccio della potenza dalla parte in cui si trova il punto di applicazione.Questo indica che la costruzione del rettangolo biomeccanico mette in evidenza due quote, di cui una efficace e l'altra svolge un'azione distraente nei confronti dell'articolazione metacarpo-falangea del pollice.La quota efficace tende a spostare la prima falange dall'esterno all'interno, realizzando un movimento di adduzione del pollice.Per completare l'analisi del potenziale muscolare effettivo, occorre valutare la lunghezza del braccio della potenza e l'ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione vettoriale ed il braccio di leva stesso.La dimensione lineare ridottissima, mentre quella angolare estremamente favorevole, anche se non incide in modo significativo sul valore del momento della forza complessivo, a causa dell'entit degli altri due parametri.Sul piano chinesiologico quindi l'azione dell'Adduttore breve del pollice speculare a quella che abbiamo descritto nell'analisi dell'Abduttore breve del pollice.\p780Fig. 28.81 - Adduttore breve del pollice.Azione relativa all'articolazione metacarpo-falangea del primo dito.Analisi sul piano frontale.Quota chinesiologicamente efficace: Adduzione.Origine: Capitato, trapezoide, margine esterno del secondo e del terzo metacarpo.Inserzione: sesamoide interno dell'articolazione metacarpofalangea del pollice, base della prima falange del pollice.Innervazione: Nervo ulnare (C8-D1).ConclusioniLe considerazioni conclusive riferite al tono muscolare dal paziente emiplegico sono analoghe a quelle descritte nell'analisi dei muscoli sul piano sagittale, per cui troviamo una precisa corrispondenza tra l'efficacia degli abduttori e quella degli

adduttori in termini biomeccanici.\p781La prevalenza che osserviamo nella maggior parte dei pazienti emiplegia a vantaggio dell'Adduttore breve, in un globale atteggiamento di chiusura della mano, con adduzione del pollice.Anche in questo caso, le ragioni che determinano questa prevalenza vanno molto probabilmente ricercate nei meccanismi neurofisiologici e nel processo di apprendimento e di automatizzazione.Infatti il movimento di adduzione, attraverso l'esercizio ed un grado di attenzione superiore a quello che il soggetto riserva all'abduzione, diviene prevalente al termine del processo di riorganizzazione dell'attivit neuro-muscolare dopo una lesione del Sistema Nervoso Centrale.\p782ARTICOLAZIONE INTER-FALANGEAAnalizziamo questa articolazione a completamento dello studio chinesiologico del primo dito, anche se si tratta del fulcro su cui si svolge il minor numero di movimenti, per cui anche quello che partecipa alla prensione in modo meno significativo rispetto a tutte le articolazioni che abbiamo finora osservato.Pu eseguire due movimenti su un unico piano: la flessione e l'estensione, quindi le rappresentazioni saranno studiate solo attraverso l'analisi vettoriale che si ricava dall'osservazione del piano sagittale.Inoltre abbiamo anatomicamente solo due muscoli che si inseriscono sulla falange distale del pollice, un flessore ed un estensore, che presentano nella loro azione numerose analogie con il Flessore Comune profondo e l'Estensore Comune delle dita.Ci sono importanti variabili individuali sulla mobilit articolare del movimento tra le due falangi del pollice, che pu anche superare di 90 quelli che in chinesiologia sono definiti come parametri medi del movimento.Definiamo anche in questo caso il valore di pi frequente rilevazione, che indica 60 di flessione ed un'estensione che consiste semplicemente in un ritorno dalla flessione, fino a portare la falange distale in asse con la falange prossimale del primo dito.L'osservazione del paziente emiplegico ci evidenzia ancora una volta una prevalenza della flessione sull'estensione, per cui dovremo valutare se il tono muscolare del flessore superiore a quello dell'estensore per motivi di ordine biomeccanico oppure no.Piano sagittaleNella posizione anatomica il movimento della seconda falange del primo dito si svolge portandosi anteriormente rispetto al piano sagittale mediano, che attraversa il centro di questa articolazione.Alla flessione pu seguire un movimento di ritorno che definiamo estensione, e che, nella maggior parte dei casi, si conclude riportando la falange sullo stesso piano sagittale di partenza.FlessioneSi tratta di un movimento di circa 60 gradi, che consiste nell'avvicinamento della superficie anteriore della seconda falange del pollice alla superficie anteriore della sua prima falange.Viene eseguito attraverso la contrazione del muscolo Flessore lungo del pollice, che abbiamo gi analizzato in diverse occasioni relativamente allo studio di altre articolazioni del primo dito.Flessore lungo del polliceSi tratta di un muscolo poliarticolare, che attraversa anche l'articolazione del gomito, per cui la sua contrazione si traduce in un'azione che sposta numerosi segmenti ossei, suddividendo la propria forza a vari livelli.La sua inserzione distale si trova sulla base della superficie anteriore della \p783 seconda falange del pollice, ed qui che inizia la costruzione del vettore che rappresenta la funzione chinesiologica di questo muscolo nella sua azione rispetto all'articolazione inter-falangea del primo dito.La direzione vettoriale procede dal basso verso l'alto e dall'indietro all'avanti, il verso rivolto anteriormente ed il modulo estremamente limitato (Fig. 28.82).Dopo aver tracciato la congiungente tra il braccio della leva ed il centro dell'articolazione inter-falangea, costruiamo il rettangolo biomeccanico, costituito da una quota coattante ed una efficace, che tende a spostare anteriormente la falange distale del pollice, in un movimento di flessione.Fig. 28.82 - Flessore lungo del pollice.Azione relativa all'articolazione inter-falangea del primo dito.Analisi sul

piano sagittale. Quota chinesiologicamente efficace: Flessione. Origine: Superficie anteriore dei tre quarti prossimali del radio.Inserzione: Base palmare della seconda falange del pollice.Innervazione: Nervo mediano (C7-C8-D1). \p784Il braccio della leva ridottissimo, poich l'inserzione muscolare si trova alla base della falange, mentre di circa 60 gradi l'angolo compreso tra la direzione del vettore ed il braccio della potenza.Il potenziale muscolare complessivo viene pertanto determinato da due valori molto limitati (il modulo vettoriale e la lunghezza del braccio della potenza), e da uno significativo (l'ampiezza dell'angolo).Ne risulta pertanto un'azione modesta di flessione della prima falange sulla seconda.EstensioneL'estensione della prima falange del pollice gi stata descritta come un ritorno da un certo grado di flessione, e viene anch'essa eseguita da un solo muscolo, l'Estensore Comune delle dita. un movimento che modula l'azione dell'antagonista, allo stesso modo degli altri estensori delle dita della mano, ed il suo significato va interpretato soprattutto in questo senso, poich permette di poter realizzare un successivo movimento di apertura della mano, mettendola in condizione di eseguire la prensione.Vedremo nelle conclusioni che la rieducazione di questo movimento molto pi importante e difficile rispetto alla capacit di eseguire attivamente la flessione.Il muscolo agonista per il movimento di estensione dell'articolazione inter-falangea del primo dito l'Estensore lungo del pollice.Estensore lungo del polliceSi tratta anche in questo caso di un muscolo poliarticolare, che distribuisce la sua azione a livello del polso e delle articolazioni che attraversano il primo dito, andandosi ad inserire sulla base della superficie dorsale della seconda falange del pollice.A partire da questo punto, che consideriamo come punto di applicazione del vettore, tracciamo il segmento che descrive l'azione chinesiologica del muscolo.La direzione del vettore procede dal basso verso l'alto e dall'avanti all'indietro, il verso rivolto posteriormente ed il modulo praticamente uguale a quello del Flessore lungo del pollice (Fig. 28.83).Le analogie con il muscolo antagonista non si limitano al modulo vettoriale, ma si possono applicare anche alla lunghezza del braccio di leva ed all'ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione vettoriale ed il braccio della potenza, in modo che l'intero rettangolo biomeccanico sia una figura speculare a quella costruita per il Flessore lungo del pollice, dal lato opposto.La sua azione pertanto modesta cos come quella dell'antagonista, a cui si contrappone biomeccanicamente in modo da ripeterne quasi completamente tutte le caratteristiche.ConclusioniIl paziente emiplegico si presenta in un atteggiamento globale di flessione del pollice, quindi anche della sua articolazione inter-falangea, che porta la falange distale all'interno del palmo della mano, spesso racchiusa all'interno delle altre dita.\p785Fig. 28.83 - Estensore lungo del pollice.Azione relativa all'articolazione inter-falangea del primo dito.Analisi sul piano sagittale.Quota chinesiologicamente efficace: Estensione.Origine: Superficie posteriore dell'ulna, nel suo terzo medio.Inserzione: Base dorsale della seconda falange del pollice.Innervazione: Nervo radiale (C6-C7-C8).Ci troviamo anche in questo caso in presenza di valori biomeccanici che non giustificano la prevalenza di un movimento su un altro, poich le caratteristiche delle leve e delle forze che concorrono alla loro realizzazione sono quasi speculari.Le ragioni che ci possono spiegare lo squilibrio del tono a vantaggio della flessione vanno pertanto ricercate ancora una volta nella neurofisiologia e nelle reazioni che il Sistema Nervoso Centrale organizza in base alle sollecitazioni interne ed esterne che subiscono le strutture preposte alla realizzazione del movimento.Non ci sono dubbi che, anche in questo caso, la gravit ed il continuo esercizio in flessione svolgano un ruolo decisivo nel rinforzare il tono del muscolo Flessore lungo del pollice, a scapito di quello dell'Estensore lungo.\p786ARTICOLAZIONE

DELL'ANCAL'articolazione dell'anca un'enartrosi che possiede tre gradi di libert di movimento sui piani sagittale, frontale ed orizzontale.Chinesiologicamente ha quindi diverse analogie con l'articolazione della spalla.Il nostro studio sulla fisiologia dell'apparato muscolare che presenta il paziente emiplegico una volta superata la fase acuta, prosegue sulla falsariga dell'analisi condotta sui movimenti dell'arto superiore.Le condizioni biomeccaniche possono essere favorevoli ad un determinato gruppo di muscoli e svantaggiose per i loro antagonisti, ed a volte possibile osservare casi in cui esiste una spiegazione fisica a ci che accade in seguito all'organizzazione post-lesionale dell'unit muscolare che esegue il movimento, mentre in altre situazioni no.La nostra analisi si riferisce sempre allo studio delle forze interne, cio all'azione che la contrazione muscolare esercita sui segmenti ossei a cui collegata, riportando a volte alcune considerazioni sulla forza che la gravit esercita a livello del braccio e della mano.Nel caso delle articolazioni dell'arto inferiore, il ragionamento generale sulle forze esterne rovesciato (rispetto alle articolazioni dell'arto superiore), poich l'azione della gravit tende a compattare le loro superfici articolari, anzich determinare un allontanamento delle due epifisi ossee.Inoltre, anche le forze dinamiche che entrano in gioco quando in corso un movimento contribuiscono a favorire la lussazione delle articolazioni superiori e lo schiacciamento degli spazi articolari dell'anca, del ginocchio e del piede.Infatti, il movimento pendolare del braccio durante il cammino e la fase di sostegno dell'arto inferiore, seguono un'inerzia che accentua l'intervento delle forze a cui il sistema muscolare si deve contrapporre per far emergere l'atto motorio desiderato.Lo studio dell'azione muscolare nell'articolazione dell'anca prosegue a partire dalla posizione anatomica in cui anca, ginocchio e piede si trovano in un atteggiamento che consideriamo a 0 gradi, e da cui possono iniziare i movimenti consentiti dalle proprie caratteristiche articolari.L'anca del paziente emiplegico si presenta con una prevalenza del tono dei flessori, degli adduttori e degli intrarotatori, anche se ci accaduto spesso di osservare situazioni contraddittorie.Non raro infatti incontrare emiplegici che, soprattutto dopo aver recuperato una certa quota di deambulazione, riescono a reclutare molto meglio le unit motorie che consentono loro di utilizzare i movimenti di abduzione e di extrarotazione dell'anca.Ci tuttavia non significa che la patologia abbia alterato l'equilibrio del tono muscolare in questo senso, anzi, facile osservare che in molti casi la ricomparsa della contrazione avviene in una prima fase attraverso una ripresa del tono di adduttori ed intrarotatori, e solo in seguito degli altri movimenti.Ancora una volta si tratta probabilmente delle forze esterne, prima fra tutte la gravit, che interferiscono con la riorganizzazione del tono muscolare, costituendo spesso una stimolazione costante sull'apprendimento e l'automatizzazione del movimento volontario di questi malati.Studieremo quindi il tono e la biomeccanica dei muscoli dell'anca sui tre piani dello spazio, senza considerare l'azione delle forze esterne, anche se in alcuni pazienti sar necessario ampliare l'analisi per poter comprendere le ragioni che hanno determinato una prevalenza diversa da quella prevista.\p787Piano sagittaleValutiamo ora i movimenti di flessione ed estensione dell'anca che possiamo osservare sul piano sagittale.La testa del femore si inserisce nella cavit dell'acetabolo in modo da potersi ruotare secondo un ampio movimento anteriore della diafisi femorale, mentre il suo spostamento all'indietro limitato sia dai contatti delle strutture cartilaginee, che dalla messa in tensione dei legamenti e dei muscoli flessori.Il movimento di flessione dell'anca pu raggiungere circa 125, mentre l'estensione supera di poco 10.Il movimento di flessione ed estensione si realizza in particolare nel cammino, associato ad alcuni movimenti del bacino e del rachide.FlessioneLa flessione dell'anca consiste nell'avvicinamento delle

superfici anteriori della coscia e dell'emicorpo superiore ed , come abbiamo detto, un movimento in cui la diafisi del femore descrive un angolo di circa 125 gradi.I muscoli principali che la eseguono sono tre, ed hanno una considerevole importanza anche in termini quantitativi, essendo lunghi e ricchi di cellule, in grado di dar vita ad una contrazione molto efficace.Lo studio dell'evoluzione della specie ci riferisce che originariamente il genere umano procedeva ad andatura quadrupedica, per cui i muscoli anteriori dell'anca si trovavano in una posizione tale da essere sottoposti ad un certo grado di tensione.Con l'acquisizione della postura eretta, il grado di stiramento di questi muscoli aumentato, modificando in modo significativo il contesto biomeccanico su cui agiscono le contrazioni, soprattutto per quanto riguarda il modulo dei vettori e l'orientamento di tendini rispetto al segmento osseo su cui sono inseriti.Abbiamo muscoli con differente lunghezza del braccio della potenza, due dei quali attraversano anche l'articolazione del ginocchio, per cui l'analisi andr condotta con attenzione, nel rispetto delle regole illustrate in sede di introduzione (vedi capitolo 3).Ileo-PsoasQuesto muscolo costituito dall'insieme dell'Ileo e del Grande Psoas, ed ha un'origine prossimale che coinvolge l'ala iliaca ed il tratto lombare del rachide, tanto da essere considerato come un importante agonista anche di movimenti come l'antiversione del bacino e la lordosizzazione del tratto lombare.La nostra analisi considera il punto di origine come fisso ed il punto di inserzione distale come mobile, per cui la sede di applicazione del vettore che rappresenta graficamente l'azione di questo muscolo viene individuato sul piccolo trocantere del femore.Sul piano sagittale, la direzione del vettore procede dal basso verso l'alto e dall'indietro all'avanti, in base all'orientamento delle fibre tendinee dell'IleoPsoas.Il verso rivolto anteriormente, ed il modulo molto significativo, espressione di un'importante massa muscolare che realizza una potente contrazione (Fig. 28.84).\p788Fig. 28.84 - Ileo-Psoas.Azione relativa all'articolazione coxo-femorale. Analisi sul piano sagittale. Quota chinesiologicamente efficace: Flessione. Origine: Corpi vertebrali e processi trasversi delle vertebre dalla dodicesima dorsale alla quinta lombare, porzione superiore della fossa iliaca interna, superficie superiore dell'ala del sacro. Inserzione: Piccolo trocantere del femore.Innervazione: Nervo crurale (L1-L2-L3)\p789Il centro dell'articolazione coxo-femorale situato posteriormente rispetto al gran trocantere sul piano sagittale, per cui la retta che congiunge il punto di applicazione del vettore ed il fulcro della leva orientata in alto e indietro e determina, insieme con la direzione vettoriale, un angolo di circa 45 gradi.Il rettangolo biomeccanico che costruiamo inviando la perpendicolare alla retta su cui si trova il braccio della potenza a partire dal punto di applicazione, di grandi dimensioni ed costituito da due quote, di cui una coattante (e non ha pertanto alcun significato biomeccanico relativo al movimento), mentre l'altra evidenzia uno spostamento del femore dall'indietro all'avanti, realizzando una flessione dell'anca.La distanza tra il fulcro della leva ed il punto di applicazione vettoriale di alcune decine di centimetri, per cui contribuisce in modo significativo alla determinazione del momento della forza muscolare nel movimento di flessione.Anche l'ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione del vettore e la retta che si sovrappone al braccio della potenza (che abbiamo detto essere di circa 45 gradi) ci indica l'efficacia potenziale dell'Ileo-Psoas, a partire dalla posizione anatomica.Se consideriamo il movimento di flessione e le modificazioni dinamiche nei parametri che influiscono sul valore effettivo della forza, interessante osservare che, pi ci si avvicina a 90 gradi, e pi aumenta l'angolo compreso tra la direzione del vettore ed il braccio della leva.A questo aumento fa riscontro una diminuzione del modulo vettoriale, a causa di un relativo accorciamento muscolare che comporta

una minore efficacia della contrazione.Inoltre, presente anche una leggera diminuzione della lunghezza del braccio di leva, provocata dall'avvicinamento del piccolo trocantere del femore al centro dell'articolazione coxo-femorale.L'aumento del valore angolare , nei primi gradi di flessione, sufficiente a controbilanciare la diminuzione degli altri due valori mentre, a partire da circa 30 gradi, prevalente l'entit dei due dati che influiscono negativamente sul calcolo del momento della forza complessivo.L'Ileo-Psoas quindi un potente flessore dell'anca, soprattutto nei primi gradi della flessione, e la sua forza diminuisce progressivamente a partire da circa 30 gradi, per annullarsi quando non riesce pi a vincere la forza di gravit, verso 100-110 gradi.SartorioSi tratta di un muscolo molto particolare, per il quale non sono sufficienti le regole che sono state indicate nell'introduzione alla biomeccanica.E biarticolare, e segue un decorso obliquo, con un orientamento delle fibre che interseca l'asse della diafisi femorale a livello del suo terzo intermedio.Il Sartorio origina sulla spina iliaca anteriore superiore e si inserisce nei pressi della zampa d'oca, sulla faccia mediale del piatto della tibia.I muscoli poliarticolari che abbiamo finora analizzato non hanno mai presentato un incrocio cos complesso con una delle ossa attraversate, ma sono sempre rimasti dalla stessa parte rispetto ad esse.In questo modo, l'azione esercitata a livello di un determinato fulcro articolare sempre stata riconducibile ad una norma in cui il centro dell'applicazione vettoriale viene fissato sul punto in cui il tendine distale attraversa l'articolazione vicina a quella analizzata.In questo caso ci non possibile, poich il Sartorio attraversa l'articolazione del ginocchio posteriormente e non, come vedremo invece per il Quadricipite, sulla faccia anteriore della rotula.E dunque necessario riportare il punto di applicazione del vettore sul punto di inserzione muscolare distale, considerando il ginocchio come se fosse \p790 un'articolazione rigida, cio come se non fosse un'articolazione, e studiarne la chine-siologia come se una sua contrazione avesse effetto esclusivamente su un unico fulcro articolare.Ripeteremo questa metodologia quando si tratter di studiare i movimenti del ginocchio, considerando in quel caso l'anca come se fosse un'articolazione bloccata.Il vettore che rappresenta l'azione del muscolo Sartorio sul piano sagittale nella sua azione sull'anca si applica sulla faccia mediale del piatto della tibia, in prossimit della zampa d'oca. subito evidente l'enorme distanza che lo separa dal centro dell'articolazione coxo-femorale, che costituisce la lunghezza del braccio della potenza.La direzione vettoriale procede dal basso verso l'alto e, leggermente, dall'in-dietro all'avanti, passando anteriormente rispetto al punto che costituisce il centro dell'articolazione dell'anca.Il verso rivolto in avanti ed in alto, ed il modulo abbastanza elevato, poich il Sartorio in grado di esercitare, con la sua contrazione, una forza significativa (Fig. 28.85).Una volta tracciata la congiungente tra il punto di applicazione del vettore ed il fulcro articolare, si pu completare la costruzione del rettangolo biomeccanico, che appare allungato, con una grossa differenza di lunghezza dei due lati.Il lato lungo non chinesiologicamente importante, poich si somma all'azione della forza peso nel senso della coattazione articolare, mentre il lato breve rappresenta la quota efficace del vettore, e rivela uno spostamento del femore dall'indietro all'avanti, realizzando una flessione dell'anca.L'analisi del momento della forza viene completata con la definizione dell'ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione vettoriale ed il braccio della potenza che, come si pu vedere nella raffigurazione, limitata (25 gradi).La potenza del Sartorio nella sua azione di flessore dell'anca pu quindi contare su tre parametri di cui uno ottimo (la lunghezza del braccio della leva), uno buono (il modulo vettoriale) ed uno scarso (l'ampiezza dell'angolo), per cui si pu concludere che si tratta di un buon agonista relativamente a questo

movimento.QuadricipiteIl Quadricipite un muscolo biarticolare dotato di grande potenzialit, tale da prefigurarlo come il pi forte agonista di tutto l'apparato muscolare.Attraversa le articolazioni dell'anca e del ginocchio, svolgendo un ruolo estremamente significativo nel cammino per via della sua importante azione di flessore dell'anca e, come vedremo in seguito, di estensore del ginocchio. un muscolo costituito dall'insieme di quattro fasci, tre dei quali (i Vasti) attraversano solo il ginocchio, mentre uno (il Retto anteriore) attraversa anche l'anca.L'origine del fascio biarticolare del Quadricipite posta in corrispondenza della spina iliaca anteriore superiore, mentre la sua inserzione si trova sulla tuberosit tibiale.Segue quindi un decorso che lo colloca nella porzione anteriore della coscia.Il punto mobile della rappresentazione biomeccanica quello di inserzione, e su questo viene collocato il punto di applicazione del vettore quando il ginocchio si trova in posizione di completa estensione.In questo caso infatti, come se il femore e la tibia fossero un unico segmento osseo, essendo esaurita la possibilit di spostamento anteriore della tibia rispetto al femore stesso.Se invece il ginocchio si trova ad un certo grado di flessione, la contrazione\p791Fig. 28.85 - Sartorio.Azione relativa all'articolazione coxo-femorale. Analisi sul piano sagittale. Quota chinesiologicamente efficace: Flessione.Origine: Margine esterno della spina iliaca anterasuperiore.Inserzione: Zampa d'oca, sul quarto superiore della faccia interna tibiale. Innervazione: Nervo crurale (L1-L2-L3). \p792del Quadricipite sar rivolta in una prima fase all'estensione dell'articolazione femoro-tibiale.Non da escludere una certa quota di movimento flessorio a livello dell'anca se, contemporaneamente alla forza espressa dal Quadricipite, viene attivata anche la contrazione di muscoli flessori del ginocchio che, neutralizzando l'estensione, permettono al suo capo biarticolare di realizzare solo il movimento di flessione dell'anca stessa.Esistono pertanto due possibilit riguardo alla collocazione del punto in cui si applica il vettore, di cui una a ginocchio esteso ed una a ginocchio flesso (Fig. 28.86) (Fig. 28.87).Nel primo caso, l'origine vettoriale si trova sulla tuberosit della tibia, mentre, a ginocchio flesso, questa viene individuata sul punto in cui il tendine attraversa il centro dell'articolazione del ginocchio.In entrambi questi casi, le caratteristiche del vettore chinesiologicamente significative non si modificano.La direzione procede sempre dal basso in alto e dall'indietro all'avanti, il verso rivolto anteriormente ed il modulo rappresentato dal valore pi alto di tutto il sistema muscolare.La congiungente tra l'origine vettoriale ed il fulcro dell'articolazione evidenzia ancora una volta un braccio di leva molto lungo, maggiore della diafisi femorale, e la rappresentazione iconografica mette in rilievo la modesta ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione del vettore e la retta su cui si trova il braccio della potenza.Il rettangolo biomeccanico evidenzia una quota maggiore che svolge un ruolo privo di significato biomeccanico, descrivendo una forza agente nel senso della coattazione dei capi articolari che si somma alla forza peso, ed una quota minore, che descrive il movimento del femore dall'indietro all'avanti, realizzando una flessione dell'anca.Il calcolo del potenziale complessivo del Quadricipite nella sua azione sagittale sull'articolazione dell'anca, viene perci condizionato in positivo dall'efficacia del modulo vettoriale e dalla dimensione lineare del braccio della potenza, mentre limitato dall'ampiezza dell'angolo con cui la forza incide nella sua applicazione sulla leva.Il dato finale che si ricava corrisponde ad un valore molto elevato, che descrive l'azione del Quadricipite relativamente al movimento di flessione coxofemorale.EstensioneL'estensione dell'anca un movimento in cui il femore si porta posteriormente rispetto al piano sagittale che passa per il baricentro del corpo.Si tratta di un movimento limitato, di circa 10 gradi a partire dalla posizione anatomica.I motivi della sproporzione

esistente tra l'ampiezza della flessione e dell'estensione coxo-femorale, sono in parte da attribuire all'originaria andatura quadru-pedica della specie umana che, in posizione di partenza, presentava la diafisi femorale inclinata di circa 90 rispetto all'asse del tronco.Tutto il sistema muscolare seguiva questa posizione, per cui i flessori e gli estensori dell'anca si trovavano ad un grado di stiramento ed accorciamento molto diverso da quello attuale.In particolare, l'IleoPsoas, il Sartorio ed il Retto femorale hanno subito un consistente allungamento con l'acquisizione della postura eretta, unito ad un'antiversione del bacino ed alla formazione della lordosi lombare.\p793Fig. 28.86 - Quadricipite.Azione relativa all'articolazione coxofemorale.Analisi sul piano sagittale. Quota chinesiologicamente efficace: Flessione.Origine: Porzione esterna della spina iliaca antero-inferiore, superficie antero-mediale, anteriore ed antero-laterale del terzo medio del femore.Inserzione: Tuberosit tibiale. Innervazione: Nervo femorale (L2-L3-L4). \p794Fig. 28.87 - Quadricipite.Azione relativa all'articolazione coxo-femorale. Analisi sul piano sagittale con ginocchio flesso a 90.Quota chinesiologicamente efficace: Flessione. Origine: Porzione esterna della spina iliaca antera-inferiore, superficie antero-mediale, anteriore ed antero-laterale del terzo medio del femore.Inserzione: Tuberosit tibiale. Innervazione: Nervo femorale (L2L3-L4).Al contrario, il Grande gluteo e gli Ischio-tibiali si sono accorciati, per poter controllare attivamente la modesta quota residua consentita all'estensione coxofemorale.Questa peculiarit comporta alcune ripercussioni dirette nella patologia, per cui la tendenza naturale di questa articolazione sar quella di portarsi in flessione, ripristinando quell'equilibrio tra agonisti ed antagonisti che esisteva in un passato lontano.Potremo meglio valutare queste osservazioni dopo l'analisi dei due principali muscoli che eseguono questo movimento.Grande gluteoI testi di anatomia e chinesiologia riportano che questo muscolo costituito da diversi fasci, ognuno dei quali viene caratterizzato da un particolare andamento delle fibre.Una rappresentazione biomeccanica approfondita dovrebbe quindi passare attraverso l'analisi delle forze che ciascun fascio esercita relativamente all'articolazione dell'anca.\p795Inoltre, non sempre corretto considerare come punto fisso l'origine muscolare, poich frequente anche una fissazione dell'intero arto inferiore sotto carico, che determina alcuni spostamenti del bacino.In questo caso limitiamo il nostro studio alla descrizione del vettore e del momento della forza che riassumono l'azione del muscolo su questo fulcro articolare, fermo restando che comunque possibile (ed a volte necessario) ampliare la riflessione attraverso analisi vettoriali sovrapposte.Il suo punto di inserzione si trova posteriormente in corrispondenza di un segmento che si estende sul terzo prossimale della diafisi del femore, per cui il punto di applicazione vettoriale viene individuato circa a met di questo tratto.La direzione procede dal basso verso l'alto e dall'avanti all'indietro, secondo una traiettoria che si trova inclinata di 45 gradi rispetto all'asse diafisario femorale.Il verso rivolto posteriormente, ed il modulo rilevante, anche se occorre precisare che il livello di accorciamento relativo di cui dispone il Grande Gluteo in posizione eretta, impedisce a questo muscolo di realizzare una contrazione che avvicini ulteriormente le sue inserzioni ossee (Fig. 28.88).Tuttavia, nell'ambito delle sue possibilit, il Grande Gluteo esercita una notevole forza, che si traduce in un'azione stabilizzatrice dell'anca in posizione estensoria.Si tratta quindi di uno dei muscoli in cui l'azione tonica o statica prevale sulla funzione fasica o dinamica.La congiungente tra il punto di applicazione vettoriale ed il fulcro della leva una retta leggermente inclinata in alto e in avanti, che forma con la direzione del vettore un angolo di 60 gradi.Il rettangolo biomeccanico mette in rilievo due quote, di cui una coattante, mentre l'altra descrive l'azione che tende a spostare il

femore dall'avanti all'indietro, realizzando un movimento di estensione dell'anca.Il braccio della leva costituito dalla distanza che separa il terzo prossimale del femore dal centro dell'articolazione coxo-femorale, per cui mediamente di 15-20 centimetri.I tre parametri che determinano il potenziale muscolare effettivo sono pertanto tutti significativi relativamente ad un'azione stabilizzatrice dell'anca in estensione, anche se determinano un movimento limitato in quanto ad ampiezza.IschiotibialiI muscoli che originano dalla tuberosit ischiatica e si inseriscono sulla porzione postero-laterale e postero-mediale del piatto della tibia sono tre: il Semimembranoso, il Semitendinoso ed il Bicipite femorale, che verranno analizzati insieme nella loro azione sul piano sagittale relativa all'articolazione dell'anca.Vedremo come la chinesiologia separi la loro funzione nello studio del movimento di rotazione del ginocchio che possibile ad un certo grado di flessione relativa.Sono tutti e tre muscoli biarticolari che si trovano nella parte posteriore della coscia, decorrendo longitudinalmente alla diafisi del femore.Anche in questo caso possibile considerare come punto fisso l'inserzione distale di questi muscoli, che determina uno spostamento verso il basso dell'ischio, cio una retroversione del bacino.Tuttavia, analogamente al Grande Gluteo, considereremo solo ci che accade quando il punto fisso quello prossimale, e valuteremo le conseguenze che determina una loro contrazione in una prima fase a livello dell'anca e successivamente in relazione al ginocchio.\p796Fig. 28.88 - Grande gluteo.Azione relativa all'articolazione coxo-femorale. Analisi sul piano sagittale. Quota chinesiologicamente efficace: Estensione. Origine: Cresta e tubercoli sacrali, margine postero-esterno della cresta iliaca, superficie posteriore del coccige.Inserzione: Margine posteriore del terzo prossimale della fascia lata.Innervazione: Nervo gluteo inferiore (L4-L5-S1). \p797Effettuiamo in questo caso l'analisi biomeccanica come se il ginocchio fosse un'articolazione rigida, priva di possibilit di movimento.Il punto di applicazione vettoriale si trova al centro del bordo posteriore del piatto tibiale, in un punto intermedio tra le inserzioni degli Ischio-tibiali mediale e laterale.La sua direzione procede dal basso verso l'alto e, leggermente, dall'avanti all'indietro.Il verso rivolto superiormente ed il modulo abbastanza elevato, derivando dalla somma della contrazione di tre agonisti dotati di un consistente ventre muscolare (Fig. 28.89).La congiungente tra il punto in cui origina il vettore ed il centro dell'articolazione coxofemorale passa leggermente davanti alla direzione del vettore, determinando con essa un angolo di circa 20 gradi.L'immagine grafica evidenzia un braccio della potenza (costituito dal lato lungo del rettangolo biomeccanico) di rilevanti dimensioni lineari, che sar molto significativo nella valutazione del momento della forza complessivo di questi muscoli.L'analisi delle quote che risultano dalla scomposizione delle forze ci indica un valore efficace che tende a spostare il femore dall'avanti all'indietro, realizzando un movimento di estensione dell'anca.Il potenziale del muscolo risente positivamente del modulo vettoriale e della lunghezza del braccio della leva su cui si applica la forza, mentre limitato dall'ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione del vettore e la congiungente tra il punto di applicazione ed il fulcro articolare.Questo angolo tende leggermente ad aumentare man mano che aumenta l'estensione dell'anca, anche se a questo dato fa riscontro una progressiva diminuzione del valore espresso dal modulo vettoriale.ConclusioniIl paziente emiplegico presenta di solito una prevalenza della flessione dell'anca rispetto all'estensione.Questo atteggiamento si osserva dinamicamente durante la deambulazione, mentre non percepibile quando il paziente si trova in piedi in assetto statico, nella posizione anatomica di riferimento.La stazione eretta infatti, determina una forza che agisce come spinta dal basso verso l'alto, neutralizzando quella quota che tenderebbe a portare l'arto

inferiore verso l'avanti.Durante il cammino invece, questa dominanza si avverte con molta facilit, attraverso una differente lunghezza dei passi effettuati dal paziente.In particolare, l'arto inferiore plegico esegue solitamente un passo pi lungo di quello effettuato dall'arto inferiore sano, ed a volte addirittura impossibile che questi raggiunga una posizione a fianco del piede malato. evidente che il tono dei muscoli flessori dell'anca molto superiore a quello degli estensori, e la fase del passo che, al termine della fase oscillante, prevede uno stiramento della muscolatura anteriore (flessoria), trova nella resistenza che offrono le fibre muscolari un ostacolo a volte incompatibile con l'esecuzione di un movimento armonico e coordinato.L'antica modalit di spostamento dei precursori del genere umano condiziona ancor oggi la motricit di ogni individuo, essendo presenti chinesiologi-camente condizioni che favoriscono il movimento della flessione a scapito dell'estensione.La patologia mette in luce tutto questo con grande chiarezza.\p798Fig. 28.89 - Ischio-tibiali. Semitendinoso.Azione relativa all'articolazione coxo-femorale. Analisi sul piano sagittale. Quota chinesiologicamente efficace: Estensione. Origine: Porzione posteriore della tuberosit ischiatica. Inserzione: Zampa d'oca, dietro all'inserzione del Sartorio. Innervazione: Nervo sciatico (L4-L5-S1). Semimembranoso.Azione relativa all'articolazione coxo-femorale. Analisi sul piano sagittale. Quota chinesiologicamente efficace: Estensione. Origine: Porzione posteriore della tuberosit ischiatica, leggermente davanti ed all'esterno rispetto all'origine del Semitendinoso. Inserzione: Zampa d'oca, posteriormente rispetto all'inserzione del Semitendinoso. Innervazione: Nervo sciatico (L4-L5-S1).Bicipite femorale.Azione relativa all'articolazione coxo-femorale. Analisi sul piano sagittale. Quota chinesiologicamente efficace: Estensione.Origine: Porzione posteriore della tuberosit ischiatica, margine esterno della linea aspra femorale.Inserzione: Porzione supero-esterna della testa del perone, tuberosit esterna della tibia. Innervazione: Nervo sciatico (L5S1-S2).\p799Il paziente emiplegico deve essere sottoposto ad un lungo percorso di rieducazione per cercare di riequilibrare il tono dei muscoli flessori ed estensori dell'anca, attraverso le strategie funzionali a conseguire questo importante obiettivo, tenendo sempre in considerazione anche la presenza delle forze esterne che giocano un ruolo rilevante, e quindi da tenere nella giusta considerazione, nel tentativo di riacquisizione del cammino.Piano frontaleL'articolazione dell'anca in grado di eseguire anche movimenti sul piano frontale, che permettono all'arto inferiore di portarsi verso l'esterno, per superare meglio ostacoli in cui non sufficiente l'uso dei movimenti sagittali.Il movimento di abduzione superiore in ampiezza a quello di adduzione che, tra l'altro, tende a far uscire la testa del femore dalla cavit acetabolare, per cui viene utilizzato in misura minore durante la normale gestualit quotidiana.Possiamo quindi parlare di abduzione e di ritorno da un certo grado di abduzione.Sul piano muscolare invece molto importante il ruolo ricoperto da alcuni muscoli che tendono a portare il femore verso l'interno, poich essi svolgono un'azione stabilizzatrice nei confronti del bacino e di tutto l'emicorpo inferiore, che si contrappone alle forze laterali esterne.Vedremo in sede di conclusioni come la possibilit di abdurre l'anca per il paziente emiplegico sia spesso fondamentale per poter camminare, non essendo egli in grado di realizzare contemporaneamente movimenti di estensione dell'anca e di flessione del ginocchio.Questo problema, centrale nel trattamento riabilitativo del cammino dell'emi-plegico, trova nella possibilit di abdurre l'anca un compenso automatico molto frequente.Spetta alla riabilitazione decidere l'opportunit di rinforzare o inibire questo schema patologico, che pu essere utile per la conquista di un cammino funzionale, ma che pu anche impedire l'apprendimento di una motricit pi evoluta, e quindi una deambulazione pi corretta.AbduzioneL'abduzione

dell'articolazione coxo-femorale consiste nello spostamento dell'arto inferiore verso l'esterno, allontanandolo dal piano sagittale che attraversa il baricentro del corpo. un movimento che raggiunge mediamente 45 gradi, e che si realizza sul fulcro costituito dalla testa femorale inserita nell'acetabolo, avendo come agonisti principali due muscoli che agiscono in due modi diversi.Il Medio gluteo traziona il gran trocantere verso l'interno creando una leva del primo tipo, in cui il braccio della potenza molto pi breve del braccio della resistenza (che arriva fino al piede), mentre il Tensore della fascia lata, che biarticolare, esegue un'azione pi simile a quella dei flessori e degli estensori dell'anca, seguendo un decorso longitudinale rispetto alla diafisi del femore.La sinergia risultante dalla contrazione dei due abduttori determina una forza prevalente sulle avverse condizioni biomeccaniche, che sono estremamente sfavorevoli per la realizzazione del movimento.Questo avviene soprattutto grazie al notevole modulo delle forze calcolate in base all'analisi vettoriale, che riesce a compensare l'esiguit degli altri parametri costituenti il valore finale del momento della forza.\p800Medio gluteoIl Medio gluteo un muscolo le cui fibre si trovano disposte esternamente rispetto all'ala iliaca, decorrono verso il basso e si vanno ad inserire sulla parte anteriore del gran trocantere del femore.Il suo tendine distale segue una direzione quasi verticale, solo un poco inclinata in alto e internamente.Consideriamo il punto di applicazione vettoriale sul suo punto di inserzione distale che, come si detto, si trova sul gran trocantere.La direzione una retta che attraversa il gran trocantere, procedendo in alto ed all'interno, e segue un decorso esterno rispetto al centro dell'articolazione dell'anca, che costituisce il fulcro della leva.Il modulo del vettore estremamente significativo, ed il verso rivolto superiormente (Fig. 28.90).Tracciamo la congiungente tra il punto di applicazione vettoriale ed il centro dell'articolazione, completando la costruzione del rettangolo biomeccanico attraverso l'invio delle perpendicolari alle rette su cui si trovano il braccio della potenza e la quota efficace, che originano dalla punta frecciata del vettore.Il lato lungo del rettangolo evidenzia l'azione coattante esercitata da questo muscolo, che stabilizza l'anca impedendo alla testa del femore di uscire dalla cavit acetabolare, mentre il lato breve rivela l'azione abduttoria del Medio gluteo, attraverso una forza che tende a spostare l'arto inferiore dall'interno all'esterno.L'angolo compreso tra la direzione vettoriale ed il braccio della potenza di circa 30-40 gradi, e la lunghezza del braccio di leva uguale alla somma della lunghezza del collo femorale pi il diametro della sua testa (mediamente 10 centimetri).Per calcolare il potenziale effettivo di questo muscolo nella sua azione a livello dell'anca sul piano frontale siamo pertanto in presenza di tre valori significativi, che determinano una risultante elevata. necessario considerare attentamente anche la resistenza che, trattandosi del peso dell'intero arto inferiore, costituisce un importante elemento in opposizione alle traiettorie su cui si attiva la contrazione muscolare.In conclusione, l'efficacia del Medio gluteo sul piano frontale rilevante, e va rapportata al valore del modulo vettoriale (sempre variabile) ed al peso dell'arto inferiore (anch'esso suscettibile di significative variazioni individuali), mentre l'ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione del vettore ed il braccio della potenza consentono la costruzione di un favorevole contesto biomeccanico su cui la forza si pu esercitare compiutamente.Tensore della fascia lataQuesto muscolo origina a livello del bacino, nella porzione esterna dell'ala iliaca, vicino alla sede su cui si inserisce il Medio gluteo.La sua inserzione distale si trova sulla fascia lata, dopo aver seguito un decorso che procede verticalmente, attraversando il ginocchio.Pu quindi essere considerato come un muscolo biarticolare, anche se le sue fibre si esauriscono rapidamente dopo un breve tratto.Questo significa che la differenza esistente tra la

lunghezza del muscolo a riposo e quella che possiamo misurare quando esso si trova in massima contrazione minima, e minimo sar anche lo spostamento che il Tensore della fascia lata riesce ad esercitare nella sua azione di abduttore dell'anca.L'analisi biomeccanica relativa all'azione di questo muscolo sul piano frontale inizia sul dal punto in cui termina la fascia lata, cio sulla superficie antero-esterna del piatto tibiale.\p801Fig. 28.90 - Medio gluteo.Azione relativa all'articolazione coxo-femorale. Analisi sul piano frontale. Quota chinesiologicamente efficace: Abduzione. Origine: Superficie posteriore della cresta iliaca. Inserzione: Porzione esterna del gran trocantere del femore.Innervazione: Nervo gluteo superiore (L4-L5-S1).\p802 qui che collochiamo il punto di applicazione del vettore.La sua direzione procede dal basso verso l'alto e, leggermente, dall'interno all'esterno, passando esternamente rispetto al centro dell'articolazione coxofemorale.Il verso rivolto dalla parte opposta a quella in cui si trova il suo punto di applicazione, ed il modulo limitato dallo scarso numero di cellule a cui abbiamo accennato in precedenza (Fig. 28.91).Congiungiamo l'origine vettoriale con il fulcro della leva e costruiamo il rettangolo biomeccanico, che risulta essere abbastanza allungato per via della modesta ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione vettoriale ed il braccio della potenza (circa 20 gradi).Il lato lungo rivela l'azione coattante che stabilizza l'anca nel corso degli spostamenti laterali, mentre il lato breve evidenzia una forza che tende a spostare l'arto inferiore dalla posizione anatomica verso l'esterno, realizzando un'abduzione dell'anca.Le limitate dimensioni lineari dei lati del rettangolo sono condizionate dalle considerazioni espresse riguardo al modulo del vettore.Gli altri due parametri che determinano il calcolo della potenza effettiva di questo muscolo hanno valori quantitativamente opposti tra loro: il braccio della potenza estremamente favorevole, mentre l'ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione del vettore ed il braccio della leva sfavorevole (20 gradi).Abbiamo quindi tre valori, uno solo dei quali vantaggioso, e questo indica che una contrazione del Tensore della fascia lata realizza soprattutto una stabilizzazione dall'anca, pi che un movimento puro di abduzione dell'articolazione coxo-femorale.AdduzioneL'adduzione dell'anca un movimento che, a partire dalla posizione anatomica, raggiunge circa 10 gradi di ampiezza, e viene eseguito attraverso la contrazione attiva di alcuni muscoli che originano sul bacino e si inseriscono sulla faccia mediale della diafisi del femore.Abbiamo gi accennato al fatto che si considera come movimento adduttorio anche il ritorno da un certo grado di abduzione, a realizzare il quale concorre anche la forza di gravit.Inoltre, importante considerare che quasi sempre questo movimento viene eseguito in associazione ad un certo grado di flessione.L'azione sinergica degli abduttori e degli adduttori dell'anca costituisce uno dei fattori pi stabilizzanti dell'equilibrio del bacino sul piano frontale, ed una certa quota di contrazione, garantita da un sufficiente tono muscolare di base, viene stabilmente mantenuta per impedire l'oscillazione laterale del tronco e di tutto l'emisoma superiore.I muscoli che si inseriscono sul femore in modo da realizzare il movimento di adduzione sono cinque: il Pettineo, il Gracile, l'Adduttore lungo, l'Adduttore breve e l'Adduttore grande, ed originano tutti sulla porzione inferiore del pube.L'analisi vettoriale raccoglie tutti questi muscoli in un unico grafico, poich il decorso che seguono chinesiologicamente sovrapponibile, la direzione delle fibre praticamente uguale, e cos anche il significato globale della loro azione biomeccanica relativamente ai movimenti dell'anca sul piano frontale.\p803Fig. 28.91 - Tensore della fascia lata.Azione relativa all'articolazione coxo-femorale.Analisi sul piano frontale. Quota chinesiologicamente efficace: Abduzione.Origine: Porzione esterna della spina iliaca antero-superiore.Inserzione: Bandelletta di Maissiat, sulla tuberosit esterna della tibia. Innervazione: Nervo gluteo

superiore (L4-L5-S1).Adduttori dell'ancaIl punto di applicazione del vettore che sintetizza la chinesiologia di questi cinque muscoli viene individuato circa a met della diafisi del femore, nella sua porzione mediale.\p804La direzione vettoriale procede dal basso verso l'alto e dall'esterno all'interno, determinando un angolo di circa 40 gradi con l'asse del femore.Il verso rivolto al bacino ed il modulo rilevante, considerata la forza che esprimono i cinque muscoli, tra l'altro tutti dotati di un consistente quantitativo di cellule (Fig. 28.92).La congiungente tra il punto in cui origina il vettore ed il fulcro dell'articolazione praticamente la bisettrice dell'angolo compreso tra la direzione vettoriale e l'asse del segmento osseo mobile, per cui l'ampiezza dell'angolo descritto dal vettore e dal braccio della potenza risulta essere di 20 gradi.Essendo il modulo vettoriale molto elevato, la sua rappresentazione biomeccanica viene contraddistinta da un'altrettanto elevata lunghezza del segmento frecciato.Il rettangolo biomeccanico costituito da un lato lungo, che rivela un'azione coattante dell'articolazione dell'anca, e da un lato breve, che evidenzia una forza tendente a spostare il femore dall'esterno verso l'interno, determinante il movimento di adduzione coxo-femorale.Il braccio della potenza lungo circa quanto la met del femore, per cui rilevante nell'analisi del potenziale effettivo dei muscoli Adduttori dell'anca.Il momento della forza esprime pertanto un valore molto significativo, poich pu contare su un dato importante di tutti e tre gli elementi che lo determinano, soprattutto relativamente al modulo del vettore ed alla lunghezza del braccio della potenza.ConclusioniIl paziente emiplegico presenta di solito una prevalenza dei muscoli adduttori sugli abduttori, ed possibile osservare come l'intero arto inferiore tenda a spostarsi verso l'interno quando il piede non appoggia sul terreno nella fase di carico.Quando il malato in piedi, oppure durante la fase di sostegno del cammino, la spinta che proviene dal terreno neutralizza questa tendenza, ed egli non risente in modo evidente dell'effetto che lo squilibrio del tono muscolare esercita sull'assetto laterale del bacino.Ci che invece assume un significato estremamente importante nel processo di recupero della deambulazione deU'emiplegico l'esigenza, che in certi casi diviene assoluta necessit, di utilizzare il movimento di abduzione dell'anca come compenso al problema di associare l'estensione dell'anca alla flessione del ginocchio.Le sinergie patologiche deU'emiplegico, per effetto del mancato controllo dei centri nervosi superiori ed una liberazione dell'at

tivit dei neuroni integrata a livello sottocorticale, determinano quasi sempre un atteggiamento globale di estensione dell'arto inferiore.Durante il cammino questo atteggiamento appare al termine della fase di appoggio, nel punto in cui la punta del piede sta per staccarsi dal suolo.Questo momento rappresenta l'inizio dell'oscillazione della gamba, ed contraddistinto proprio dall'associazione dei due movimenti dell'anca e del ginocchio tra loro contrapposti.L'impossibilit di realizzare questa frammentazione della sinergia estensoria induce automaticamente nel paziente l'attivazione del compenso pi semplice e meno dispendioso. cos che si presentano due movimenti combinati, l'elevazione del bacino e l'abduzione dell'anca.\p805Fig. 28.92 - Adduttori dell'anca.Azione relativa all'articolazione coxo-femorale. Analisi sul piano frontale. Quota chinesiologicamente efficace: Adduzione.Origine: Tubercoli pubici, cresta pettinea, branca ischio-pubica.Inserzione: Lungo tutta la linea aspra femorale, fino alla zampa d'oca.Innervazione: Nervo crurale, Nervo otturatore, Nervo sciatico (L2-L3-L4-L5-S1).\p806L'esecuzione ripetuta di questi movimenti, passo dopo passo, costituisce un'esercitazione che ben presto finisce per annullare la prevalenza degli adduttori di cui abbiamo parlato in precedenza.Una volta che si strutturato questo pattern di cammino con compenso, l'andatura cos eseguita pu diventare un problema che impedisce al paziente di apprendere una deambulazione pi corretta e vicina a quella fisiologica.Le modificazioni che il movimento cos ripetuto esercita sulla biomeccanica del sistema locomotorio sono potenzialmente enormi, e questo solo un esempio di quanto sia importante sottoporre il paziente a sollecitazioni corrette che lo guidino all'acquisizione di un pattern motorio funzionale, in modo da far s che l'esercizio diventi effettivamente terapeutico.Piano orizzontaleLa testa del femore ha la possibilit di ruotare all'interno della cavit dell'acetabolo, realizzando l'intra e l'extrarotazione dell'anca, movimenti che, pur non essendo indispensabili per l'esecuzione corretta del cammino, consentono all'individuo di potersi spostare molto pi agevolmente, cambiare direzione, evitare ostacoli e salire o scendere le scale o una superficie piana, appoggiando il piede su un punto che si trova all'interno o all'esterno rispetto alla sua traiettoria ideale.Concorrono all'esecuzione delle rotazioni d'anca numerosi muscoli, che abbiamo raggruppato insieme per facilitare l'analisi biomeccanica.In particolare, abbiamo scelto un solo intrarotatore, il Piccolo Gluteo, ed abbiamo chiamato con il nome generico di Pelvi-trocanterici i muscoli che originano a livello della pelvi e, dopo aver seguito un decorso posteriore rispetto al centro dell'articolazione coxo-femorale, si vanno ad inserire sul Gran trocantere del femore. proprio la zona peritrocanterica che si sposta in avanti e indietro per determinare rispettivamente i movimenti di intra ed extrarotazione, per cui l'azione dei muscoli che verr analizzata ha nel rapporto tra la direzione vettoriale ed il fulcro dell'articolazione la chiave che consente di interpretare il ruolo di ciascun agonista, a seconda del suo decorso anteriore o posteriore.IntrarotazioneIn biomeccanica si tratta di un movimento che non si collega direttamente alla deambulazione, poich lo spostamento della punta del piede verso l'interno costituisce un ostacolo per il cammino, e non una possibilit in pi. anche vero per che una piccola quota di intrarotazione dell'anca presente nel corso dei movimenti del bacino che accompagnano la fase di oscillazione del passo, per cui diventa quasi necessario per l'articolazione coxo-femorale essere dotata di questa facolt, al fine di permettere un cammino che non sia troppo rigido e quindi instabile.Si tratta di un movimento che pu raggiungere al massimo 30-40 gradi e, oltre al Piccolo gluteo che studieremo in dettaglio, viene realizzato anche dai muscoli adduttori dell'anca, che si inseriscono nella porzione antero-mediale della diafisi del femore, e quindi sono rappresentati da un vettore che, sul piano orizzontale, segue una direzione anteriore rispetto al centro

dell'articolazione coxofemorale.\p807Piccolo gluteoIl Piccolo gluteo il pi anteriore del gruppo dei muscoli che abbracciano l'ala iliaca dall'esterno, e svolge anche un ruolo secondario relativamente alla flessione e all'abduzione dell'anca.L'analisi biomeccanica si riferisce per solamente al movimento di rotazione, poich la morfologia del suo ventre muscolare e l'orientamento delle fibre e dei tendini dimostrano una pi efficace azione di questo muscolo sul piano orizzontale.L'origine del Piccolo gluteo si trova sull'ala iliaca, ed il suo tendine distale, che si inserisce sulla porzione anteriore del gran trocantere, orientato in basso e indietro.La rappresentazione biomeccanica viene dunque caratterizzata da un vettore che ha il punto di applicazione sul margine anteriore del gran trocantere, ed una direzione che procede dall'esterno all'interno e, leggermente, dall'avanti all'indietro, rimanendo anteriore rispetto al centro dell'articolazione coxofemorale.Si tratta di un muscolo abbastanza consistente dal punto di vista del potenziale motorio, per cui il suo modulo vettoriale abbastanza significativo; il verso rivolto internamente (Fig. 28.93).Fig. 28.93 Piccolo gluteo.Azione relativa all'articolazione coxo-femorale. Analisi sul piano orizzontale. Quota chinesiologicamente efficace: Intrarotazione. Origine: Fossa iliaca esterna. Inserzione: Superficie anteriore del gran trocantere del femore.Innervazione: Nervo gluteo superiore (L4-L5-S1).\p808La costruzione della leva e del rettangolo biomeccanico viene definita attraverso l'invio della congiungente tra l'origine vettoriale ed il fulcro dell'articolazione, e la minima ampiezza dell'angolo compreso tra questi due segmenti (10 gradi) rivela un modesto potenziale che emerger nel calcolo conclusivo del momento della forza.La quota efficace del rettangolo biomeccanico, costituita dal suo lato breve, tende a spostare la porzione anteriore del gran trocantere femorale verso l'interno, determinando un'intrarotazione dell'anca, con un movimento che si svolge attraverso l'anteriorizzazione del collo del femore.Il momento della forza viene ricavato dal prodotto del modulo vettoriale (espresso da un valore abbastanza elevato) con la lunghezza del braccio della potenza (il collo del femore pi il diametro della testa femorale) ed il seno dell'angolo costituito dalla direzione vettoriale ed il braccio della potenza (10 gradi).Questo prodotto esprime un valore non particolarmente elevato, a causa della modesta incidenza con cui la forza si applica sul segmento osseo mobile.Al contrario, favorevole l'apporto che a questo valore forniscono gli altri due dati che determinano la forza muscolare complessiva.ExtrarotazioneL'extrarotazione dell'anca un movimento che pu raggiungere circa 60 gradi, e che consiste nella spostamento posteriore del collo femorale e del gran trocantere, che costituisce la sede su cui si inseriscono i suoi principali muscoli agonisti.Si tratta di un movimento importante, eseguito da una serie di almeno sei muscoli che hanno l'origine ben distribuita su alcune tuberosit della pelvi, sia a livello del sacro che del bacino, e le inserzioni convergenti sul gran trocantere, con i tendini distali che seguono una direzione passante posteriormente rispetto al centro del fulcro di leva, cio il centro dell'articolazione coxo-femorale.Questi muscoli svolgono contemporaneamente anche un'azione stabilizzatrice dell'anca, che si pu evidenziare in un'analisi sul piano frontale.In effetti, la loro direzione vettoriale passa esattamente per il centro dell'articolazione.Anche l'extrarotazione un movimento che permette di arricchire la qualit del cammino, attraverso modificazioni direzionali che non necessariamente si devono eseguire attraverso una rotazione completa dell'anca, del bacino e del tronco. per un movimento instabile, poich la testa del femore tende a fuoriuscire dalla cavit acetabolare quando si realizza l'extrarotazione.In riabilitazione questo aspetto molto importante poich, se non si presta la dovuta cura, l'uso di esercizi in cui si richiede una contrazione muscolare massimale pu

anche provocare una lesione articolare.Pelvi-trocantericiI sei muscoli che vengono raggruppati sotto la denominazione di Pelvi-trocanterici svolgono un'importantissima funzione stabilizzatrice di coattazione della testa femorale all'interno dell'acetabolo.Hanno per anche un compito motorio, che si evidenzia nell'analisi del piano orizzontale, in cui essi trascinano posteriormente il gran trocantere del femore.Sono il Piriforme, il Quadrato del femore, il Gemello superiore, il Gemello inferiore, l'Otturatore interno e l'Otturatore esterno.Il vettore che sintetizza la loro azione, rendendola comprensibile in termini biomeccanici, ha il suo punto di applicazione sull'apice del gran trocantere, che pu essere considerato il punto medio delle inserzioni dei sei muscoli citati.La direzione procede dall'esterno verso l'interno e, leggermente, dall'avanti all'indietro, cos da attraversare il bacino suddividendo lo spazio in due parti, una anteriore e l'altra posteriore.Il centro dell'articolazione coxo-femorale si trova nello spazio anteriore.Il modulo del vettore rilevante, poich consiste nella somma dell'azione di tutti e sei i muscoli, ed il verso rivolto verso l'interno (Fig. 28.94).Fig. 28.94 - Pelvi-trocanterici.Azione relativa all'articolazione coxo-femorale.Analisi sul piano orizzontale.Quota chinesiologicamente efficace: Extrarotazione.Orgine: Superficie anteriore sacrale, contomo osseo del foro otturatorio, spina e tuberosit ischiatica.Inserzione: Gran trocantere del femore.Innervazione: Nervo otturatore interno ed alcuni rami del plesso sacrale (L3-L4-L5-S1S2).\p810La costruzione della leva e del rettangolo biomeccanico mostra un angolocompreso tra la direzione vettoriale ed il braccio della potenza di circa 40 gradi, superiore a quella osservata nell'analisi del Piccolo gluteo.La lunghezza del braccio di leva praticamente uguale a quella che abbiamo visto nella rappresentazione del muscolo intrarotatore (somma della lunghezza del collo del femore pi il diametro della testa).Il lato breve del rettangolo biomeccanico mostra una forza che tende a spostare il gran trocantere verso l'indietro, realizzando un'extrarotazione dell'anca, mentre la quota corrispondente al lato lungo consente di osservare anche sul piano orizzontale l'azione stabilizzatrice dei sei muscoli, che comprimono le superfici articolari all'interno della cavit su cui contenuta la testa del femore.Il potenziale effettivo di questi muscoli esprime un valore molto significativo, poich il risultato del prodotto di tre dati elevati, soprattutto il modulo vettoriale e l'ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione del vettore ed il braccio della potenza (40 gradi).In merito alla funzione stabilizzatrice dei Pelvi-trocanterici, necessario aggiungere che la posizione dell'anca in massima extrarotazione tende a far uscire la testa del femore dalla cavit acetabolare, e quindi a determinare la lussazione coxo-femorale.L'azione di questi muscoli pertanto molto particolare, poich essi concorrono alla stabilizzazione dell'anca all'inizio della loro contrazione, in posizione rotatoria indifferente ed all'inizio dell'extrarotazione, mentre finiscono per portare le superfici articolari in posizione di massima instabilit alla fine del movimento extrarotatorio.ConclusioniValgono anche in questo caso le considerazioni espresse a proposito della prevalenza dei muscoli abduttori ed adduttori.La prevalenza muscolare infatti molto debole, e viene neutralizzata dalla spinta proveniente dal terreno.Il paziente emiplegico riesce di solito a mantenere con sufficiente facilit la posizione eretta senza che, sotto carico, si metta in evidenza uno spostamento dell'arto inferiore in intra o extrarotazione.In scarico invece possibile osservare un certo squilibrio del tono muscolare a vantaggio della rotazione interna che, come si potuto osservare, non trova giustificazione in ordine alle considerazioni biomeccaniche che sono state approfondite.In effetti, durante la fase oscillante del passo, si osserva spesso una tendenza dell'arto inferiore a portare il piede verso l'interno, andando ad intralciare la dinamica dell'arto sano.Questo

fenomeno presente soprattutto subito dopo il termine della fase acuta della malattia.Le difficolt che presentano i pazienti emiplegici ad eseguire congiuntamente il movimento di flessione del ginocchio e di estensione dell'anca, assumono un importante significato anche in relazione alla riorganizzazione del tono dei muscoli rotatori.L'andatura falciante prevede l'abduzione dell'anca in sostituzione alla flessione del ginocchio.A questa si pu a volte aggiungere anche una certa quota di extrarotazione, che facilita lo spostamento anteriore del piede, portandone la punta verso l'esterno.Dopo un certo periodo in cui il paziente si esercita camminando da solo, facile osservare una riorganizzazione del tono che, oltre al potenziamento degli abduttori, favorisce anche l'azione degli extrarotatori.\p811ARTICOLAZIONE DEL GINOCCHIOL'articolazione intermedia dell'arto inferiore costituita dall'epifisi distale del femore e dal piatto tibiale, che si articolano tra loro attraverso due superfici convesse (condili femorali) e due concavit (piatto tibiale) separate tra loro da una cresta ossea.Uno dei suoi compiti principali quello di orientare il piede al suolo in modo preciso, dosando la lunghezza del passo insieme ai movimenti di flessione ed estensione dell'anca.Ha un importantissimo ruolo nella stabilit del carico, mantenuta grazie ad un potente apparato legamentoso che consente alle superfici articolari di stare in equilibrio l'una sull'altra, senza un forte intervento dei muscoli a supporto dell'azione antigravitaria.Il ginocchio ha la possibilit di compiere movimenti sui piani sagittale ed orizzontale.Il rapporto tra i condili del femore ed il piatto tibiale tale per cui, quando il ginocchio in completa estensione, non possibile realizzare alcun movimento se non la flessione. solo ad un certo grado di flessione che la cresta tibiale si svincola dalla morsa costituita dai condili femorali e rende possibili anche i movimenti rotatori, per cui la rotazione del ginocchio possibile solo a partire da un certo grado di flessione.Abbiamo visto che l'anca ha tre gradi di libert di movimento, e per ciascuno di essi pu eseguire una quota di spostamento che modifica la posizione anatomica in entrambi i sensi consentiti dalle caratteristiche articolari (flessione ed estensione, ecc.).Per quanto riguarda il ginocchio invece, i gradi di libert di movimento sono solo due, ed il pi importante di questi, che si osserva sul piano sagittale, possibile solo attraverso lo spostamento posteriore della tibia.Il movimento tibiale anteriore invece impedito dal contatto osseo delle superfici articolari e dalla messa in tensione dei fortissimi legamenti collaterali e crociati.L'articolazione femorotibiale attraversata da pochi muscoli, caratterizzati da una notevole potenza della loro contrazione, che verr rappresentata graficamente con moduli vettoriali di considerevoli dimensioni.Questi muscoli sono anche chinesiologicamente sintetizzabili in due soli gruppi per quanto riguarda il piano sagittale, ed in altri due per ci che concerne l'analisi del piano orizzontale.Nel paziente affetto da emiplegia, la prevalenza che si osserva una volta superata la fase acuta della patologia a vantaggio del gruppo degli estensori, che pongono l'articolazione in un atteggiamento per cui non possibile eseguire alcun movimento se non una flessione.Non avremo quindi nessuna prevalenza significativa delle componenti rotatorie.Il ginocchio esteso rappresenta un ostacolo per una corretta deambulazione, e questo uno dei due grossi problemi che i pazienti devono superare per poter camminare in modo sicuro e simmetrico (l'altro, come vedremo, la supinazione del piede).Il ginocchio ancor pi esteso quando l'anca si trova in posizione di massima estensione.Le sinergie patologiche prevalenti nell'emiplegico presentano uno schema motorio dell'arto inferiore per cui non possibile, se non a prezzo di un enorme sforzo, flettere il ginocchio quando sta per concludersi la fase di sostegno del cammino.\p812Lo squilibrio del tono muscolare non va sempre interpretato come un aumento del tono di base di alcuni muscoli agonisti ed una diminuzione di quello dei loro antagonisti, anzi, quasi

sempre ci troviamo di fronte ad un aumento diffuso della contrazione di base sia del primo che del secondo raggruppamento muscolare.Questo particolarmente vero per l'arto inferiore, in cui le articolazioni sono soggette a fortissime sollecitazioni dovute al carico del peso che grava su di esse, ed a cui i muscoli devono rispondere con un'energica azione che si opponga al rischio di cadute.Si determina pertanto un aumento globale dell'attivit di tutti i muscoli dell'arto inferiore, che si traduce in cocontrazioni di agonisti ed antagonisti in cui le articolazioni vengono come imprigionate e bloccate, quasi sempre in un atteggiamento di estensione globale che, quanto meno, consente il mantenimento della statica in posizione eretta.In questo senso, l'azione degli estensori del ginocchio dunque prevalente rispetto a quella dei flessori.Piano sagittaleNella posizione anatomica il ginocchio si presenta in estensione, e non scorretto parlare dei movimenti di questa articolazione sul piano sagittale in termini di flessione e di ritorno da un certo grado di flessione. molto importante precisare che la posizione di massima estensione estremamente stabile, con i condili femorali perfettamente inseriti nelle concavit che si trovano sulla superficie articolare della tibia ed i legamenti collaterali e crociati che fissano le due epifisi in modo da impedire qualsiasi movimento che non sia appunto la flessione.Il ruolo dei muscoli satelliti del ginocchio quindi non pi importante di quello che rivestono queste strutture articolari, ed il loro intervento avviene sempre insieme all'azione della gravit che tende a spostare anteriormente il centrodell'articolazione.Non di scarsa importanza anche la fisiologia della rotula nel movimento di ritorno dalla flessione, che permette al tendine distale del Quadricipite di aumentare l'ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione vettoriale ed il braccio della potenza della leva, con un enorme vantaggio nell'incremento del valore complessivo relativo al momento della forza.L'estensione viene rinforzata dall'azione del carico che esercita una forza dall'alto verso il basso.Questa, in sinergia con l'azione quadricipitale che funge da controllo della posizione, determina un atteggiamento statico del ginocchio a sostegno del carico nella stazione eretta e durante la fase di appoggio della deambulazione.La flessione viene iniziata dai muscoli che si inseriscono posteriormente sul ginocchio e, in carico, continua attraverso la forza peso, che non pi neutralizzata dalla spinta verso l'alto che il terreno imprime sul piede, sulla tibia e, a seguire, sui condili femorali. quindi sufficiente una piccola contrazione iniziale di questi muscoli posteriori per permettere di iniziare il movimento di flessione.Durante la fase di oscillazione del passo, cio in scarico, l'azione in contrazione concentrica di questi muscoli che pu eseguire compiutamente il movimento.Flessione un movimento che, chinesiologicamente, viene suddiviso in attivo e passivo, poich il volume del muscolo Tricipite surale, che concorre a realizzare la flessione del ginocchio, impedisce alla tibia di completare la sua corsa.\p813La flessione attiva perci meno ampia di quella passiva, ed i valori che indicano questi due movimenti sono di circa 130 gradi e 150 gradi.Consiste nello spostamento posteriore della tibia rispetto al piano sagittale che attraversa il centro dell'articolazione femoro-tibiale, ed un movimento che si associa sempre anche ad una traslazione posteriore dell'epifisi tibiale prossimale, in modo da determinare un'azione composita, costituita dal rotolamento e dallo scivolamento della tibia rispetto al femore.Nelle analisi biomeccaniche che seguiranno faremo sempre riferimento ad un sistema fisso, in cui il fulcro della leva rimane costante, anche se in realt soggetto a piccoli ma significativi spostamenti.I muscoli che realizzano la flessione del ginocchio seguono un decorso posteriore rispetto al centro dell'articolazione, ed hanno le proprie fibre disposte in parallelo alla tibia ed al femore.L'unica eccezione in questo senso costituita ancora una volta dal muscolo Sartorio, che disposto in modo anomalo rispetto alla diafisi femorale,

per cui non semplice riassumerne la chinesiologia in termini biomeccanici (come abbiamo gi osservato nello studio dell'anca sul piano sagittale).Posteriormente troviamo alcuni muscoli che originano sul bacino e si vanno ad inserire sull'epifisi prossimale della tibia, ed altri che hanno le proprie cellule a livello della gamba o del piede e si inseriscono all'altezza dei condili femorali.Inoltre, se li osserviamo in una sezione frontale, vediamo che alcuni muscoli si inseriscono medialmente ed altri lateralmente, per cui la loro contrazione sempre una sinergia di forze che agiscono su un corpo esteso vincolato ad un fulcro.Il potenziale motorio che ne scaturisce calcolabile, come sempre, attraverso le regole indicate nell'introduzione alla biomeccanica (vedi capitolo 3).Ischio-tibiali un insieme di tre muscoli che originano sull'osso ischiatico e decorrono verso il basso, seguendo una traiettoria leggermente inclinata rispetto alla diafisi femorale.Si tratta del Semitendinoso, del Semimembranoso e del Bicipite femorale.Le loro inserzioni distali si collocano sulla parte posteriore dell'epifisi prossimale della tibia, indicativamente presso due punti, uno mediale e uno laterale.I tendini del Semitendinoso e del Semimembranoso si inseriscono internamente, mentre quello del Bicipite femorale all'esterno.La loro contrazione sinergica determina una risultante simile a quella che abbiamo descritto nel caso in cui due forze siano applicate ad un corpo esteso collegato ad un vincolo.Il potenziale modulare della risultante viene determinato dalla somma dell'intensit relativa ai vettori che si possono costruire nell'analisi biomeccanica di ciascun muscolo.Sul piano sagittale, le caratteristiche del vettore rivelano due segmenti praticamente sovrapponibili, poich il punto di applicazione, la direzione, il verso ed anche il modulo vengono rappresentati graficamente su un'unica dimensione.Se potessimo contemporaneamente osservare i due vettori sul piano frontale, ci renderemmo conto che si tratta di due vettori distinti, la cui azione viene rappresentata da un terzo segmento che si applica sul punto medio dell'inserzione dei due gruppi di muscoli, segue la medesima direzione, ha lo stesso verso ed il modulo costituito dalla somma dei moduli dei due vettori originari.Nell'analisi sul piano sagittale, il vettore origina posteriormente sul piatto tibiale, ha una direzione che procede dal basso verso l'alto e dall'avanti all'indietro, il verso rivolto posteriormente ed il modulo estremamente significativo.\p814Congiungiamo l'origine del vettore con il centro dell'articolazione femoro-tibiale e costruiamo il rettangolo biomeccanico, in cui sono poste in rilievo una quota coattante ed una efficace che descrive lo spostamento della tibia dall'avanti all'indietro, determinando un movimento di flessione del ginocchio (Kg. 28.95).L'ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione del vettore ed il braccio della potenza della leva di circa 45, mentre la lunghezza del braccio piuttosto ridotta, essendo l'inserzione distale di questi muscoli posta subito al di sotto della rima articolare in cui si trova il centro dell'articolazione.L'efficacia complessiva dell'azione dei muscoli Ischio-tibiali nel realizzare il movimento di flessione del ginocchio viene pertanto determinata da due valori elevati (il modulo del vettore e l'ampiezza dell'angolo biomeccanico) e da uno limitato (la lunghezza del braccio della potenza).A proposito dell'angolo, interessante notare come, anche in questo caso, esso si modifichi in senso favorevole con l'aumentare della flessione.Infatti, l'inclinazione del tendine rimane praticamente sempre la stessa nel corso di tutto il movimento mentre, con il salire del punto di inserzione muscolare durante la fase di contrazione, il segmento del braccio della potenza diviene sempre pi orizzontale.Se ne deduce che l'angolo di circa 45 gradi presente in posizione anatomica aumenta fino ad arrivare anche oltre 90 gradi.Questo valore viene controbilanciato dalla progressiva diminuzione dell'efficacia espressa dal modulo vettoriale, poich gli Ischio-tibiali riducono la loro forza man mano che si accorciano.L'evoluzione

inversamente proporzionale di questi due dati determina un'azione chinesiologica omogenea durante tutto il movimento di flessione del ginocchio, almeno fino a che la tibia non si trova inclinata di 90 rispetto al femore.L'analisi dei muscoli Ischio-tibiali necessita di un ulteriore approfondimento, per consentirci di capirne a fondo il ruolo nella deambulazione, alla luce anche dell'importante contributo che alcuni riabilitatori hanno fornito, basato sulla sinergia esercitata nel cammino da questi muscoli con il Gastrocnemio.Abbiamo sempre considerato che il vincolo a cui era soggetto il segmento osseo mobile fosse l'articolazione considerata come fulcro della leva, ed anche nel caso in questione il ragionamento biomeccanico stato condotto in questi termini.Se per analizziamo il momento in cui ha inizio la fase di sostegno del passo con l'attacco del tallone al suolo, possiamo osservare che la contrazione dei muscoli che in catena cinetica aperta svolgono il ruolo di flessori del ginocchio, incontra proprio nel suolo un ostacolo praticamente invincibile.Il sistema su cui si applicano le forze si arricchisce cos di un secondo elemento, costituito da una pseudoarticolazione tra il calcagno ed il terreno.Abbiamo pertanto due vincoli, di cui uno inamovibile e l'altro (il ginocchio) pu invece essere modificato, anche se a prezzo di un'elevata forza muscolare.L'analisi biomeccanica che abbiamo descritto rimane valida e corretta, ma la conclusione diversa.La quota efficace che, come abbiamo detto, tende a spostare la tibia dall'avanti all'indietro, in questa fase della deambulazione non si traduce in un movimento di flessione del ginocchio, ma in uno spostamento dall'avanti all'indietro dell'insieme delle due epifisi articolari che, chinesiologicamente, porta il ginocchio a realizzare un movimento di estensione (Fig. 28.97).Se gli Ischio-tibiali ed il Gastrocnemio si contraggono in catena cinetica aperta realizzano effettivamente una flessione dell'articolazione femoro-tibiale; al contrario, se la contrazione avviene in presenza di un ostacolo che impedisce la realizzazione di questo movimento, la sinergia determina un'estensione globale del ginocchio.\p815Fig. 28.95 - Ischio-tibiali. Semitendinoso.Azione relativa all'articolazione del ginocchio. Analisi sul piano sagittale. Quota chinesiologicamente efficace: Flessione. Origine: Porzione posteriore della tuberosit ischiatica. Inserzione: Zampa d'oca, dietro all'inserzione del Sartorio. Innervazione: Nervo sciatico (L4-L5-S1). Semimembranoso.Azione relativa all'articolazione del ginocchio. Analisi sul piano sagittale. Quota chinesiologicamente efficace: Flessione. Origine: Porzione posteriore della tuberosit ischiatica, leggermente davanti ed all'esterno rispetto all'origine del Semitendinoso.Inserzione: Zampa d'oca, posteriormente rispetto all'inserzione del Semitendinoso.Innervazione: Nervo sciatico (L4-L5-S1). Bicipite femorale.Azione relativa all'articolazione del ginocchio. Analisi sul piano sagittale. Quota chinesiologicamente efficace: Flessione. Origine: Porzione posteriore della tuberosit ischiatica, margine esterno della linea aspra femorale. Inserzione: Porzione superoesterna della testa del perone, tuberosit esterna della tibia. Innervazione: Nervo sciatico (L5-S1-S2).\p816Fig. 28.96 Gastrocnemio.Azione relativa all'articolazione del ginocchio.Analisi sul piano sagittale. Quota chinesiologicamente efficace: Flessione o Estensione.Origine: Superfici postero-interna e postero-esterna dei condili femorali. Inserzione: Tendine d'Achille, sulla superficie postero-inferiore del calcagno. Innervazione: Nervo tibiale posteriore (L5-S1-S2). \p817Questa, unitamente alla potente azione esercitata dal Quadricipite, fa s che la contrazione di tutti i principali muscoli satelliti del ginocchio, all'inizio del passo, concorra al movimento di estensione. quindi logico pensare che, con la gamba proiettata in avanti, sia necessario che l'apparato muscolare esprima il massimo della sua potenza per evitare il cedimento del ginocchio all'indietro. anche per questo motivo che il tallone va alla ricerca del suolo, al termine

della fase oscillante del passo, per trovare il contatto in modo da creare una leva che permetta di poter concentrare tutta la forza a vantaggio dell'estensione.Diviene quindi corretto rieducare il cammino del paziente emiplegico attraverso una lunga esercitazione nel movimento di abbassamento del tallone verso il suolo, e non in una poco significativa flessione dorsale del piede in catena cinetica aperta.GastrocnemioQuesto muscolo rappresenta la quota biarticolare del Tricipite surale, ed costituito dall'insieme dei due Gemelli, che si trovano nella porzione posteriore della gamba.Segue un decorso longitudinale parallelo all'asse della diafisi della tibia, origina sulla superficie posteriore dei condili femorali, e le sue fibre tendinee distali vanno a confluire sul tendine d'Achille.Per quanto riguarda il ginocchio, la contrazione del Gastrocnemio determina uno spostamento posteriore della tibia, che va analizzato considerando come punto fisso del sistema articolare l'inserzione del muscolo, posta sul tendine di Achille.Essendo un muscolo biarticolare, dovremo tenere conto delle norme descritte nel capitolo 3 in merito all'origine del vettore.Il punto di applicazione dell'analisi vettoriale si trova sul tendine d'Achille, in corrispondenza del suo passaggio sulla parte posteriore dell'articolazione tibio-astragalica, e la sua direzione procede dal basso verso l'alto e, leggermente, dall'avanti all'indietro.Il verso rivolto in alto ed il modulo estremamente elevato, in rapporto alle forze interne ed esterne fin qui considerate.Congiungendo il punto di applicazione del vettore con il centro dell'articolazione del ginocchio, si possono determinare le lunghezze dei lati del rettangolo biomeccanico, che risulta molto allungato a causa della minima ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione del vettore ed il braccio della potenza della leva (20) (Fig. 28.96).Il lato maggiore del rettangolo descrive una quota tendente a schiacciare le superfici articolari del ginocchio tra di loro (sommandosi alla forza di gravit), che non ha alcun significato biomeccanico.Il lato breve invece ci consente di osservare una quota motoria relativa allo spostamento della tibia dall'avanti all'indietro, che determina la flessione del ginocchio.Il braccio della potenza lungo circa quanto la diafisi tibiale e, se consideriamo che la resistenza costituita dalla forza peso della gamba si applica a met della lunghezza della tibia, se ne deduce che questo valore lineare sia estremamente favorevole.In effetti, l'efficacia del valore che viene espresso dalla lunghezza del braccio della potenza va sempre messa in relazione con la lunghezza del braccio della resistenza, oltre che con la tipologia della leva che viene determinata da un certo fulcro articolare e dalle forze che ruotano attorno ad esso.E proprio il rapporto tra le due lunghezze dei bracci che ci permette di capire se quella leva favorevole o sfavorevole nei confronti dell'azione di un certo muscolo, contro la resistenza costituita dalla gravit e dalle forze esterne che agiscono in senso opposto alla contrazione.\p818Fig. 28.97 - ischio-tibiali. Semitendinoso.Azione relativa al suo rapporto con il punto di attacco del tallone al suolo.Analisi sul piano sagittale.Quota chinesiologicamente efficace: Estensione a tallone bloccato.Origine: Porzione posteriore della tuberosit ischiatica.Inserzione: Zampa d'oca, dietro all'inserzione del Sartorio.Innervazione: Nervo sciatico (L4-L5S1).Semimembranoso.Azione relativa al suo rapporto con il punto di attacco del tallone al suolo.Analisi sul piano sagittale.Quota chinesiologicamente efficace: Estensione a tallone bloccato.Origine: Porzione posteriore della tuberosit ischiatica, leggermente davanti ed all'esterno rispetto all'origine del Semitendinoso.Inserzione: Zampa d'oca, posteriormente rispetto all'inserzione del Semitendinoso.Innervazione: Nervo sciatico (L4-L5-S1).Bicipite femorale.Azione relativa al suo rapporto con il punto di attacco del tallone al suolo.Analisi sul piano sagittale.Quota chinesiologicamente efficace: Estensione a tallone bloccato.Origine: Porzione posteriore

della tuberosit ischiatica, margine esterno della linea aspra femorale.Inserzione: Porzione supero-esterna della testa del perone, tuberosit esterna della tibia.Innervazione: Nervo sciatico (L5-S1S2).\p819Il momento della forza che il Gastrocnemio esercita nella sua azione sul ginocchio analizzata sul piano sagittale viene perci favorevolmente condizionato da due valori: il modulo del vettore e la lunghezza del braccio della potenza, mentre limitato dall'ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione vettoriale ed il braccio della potenza (circa 15 gradi).Analogamente a quanto precisato nella seconda parte dell'analisi biomeccanica sull'azione degli Ischio-tibiali, anche il Gastrocnemio all'inizio dell'attacco del tallone al suolo, non vincolato solo dall'articolazione del ginocchio, ma anche dal punto di contatto tra il retropiede ed il terreno.Quest'ultimo vincolo, essendo molto pi resistente dell'articolazione del ginocchio, diviene il cardine attorno al quale si determinano tutti i movimenti.Quindi anche lo spostamento dall'avanti all'indietro della tibia, in questa fase del cammino, non si traduce in un movimento di flessione del ginocchio, ma in uno spostamento globale delle due epifisi articolate verso l'indietro, che determina esattamente il movimento opposto, cio l'estensione del ginocchio (Fig. 28.98).Fig. 28.98 - Gastrocnemio.Azione relativa al suo rapporto con il punto di attacco del tallone al suolo. Analisi sul piano sagittale. Quota chinesiologicamente efficace: Estensione a tallone bloccatoOrigine: Superfici postero-interna e postero-esterna dei condili femorali.Inserzione: Tendine d'Achille, sulla superficie posteroinferiore del calcagno.Innervazione: Nervo tibiale posteriore (L5-S1-S2). \p820L'azione sinergica degli Ischio-tibiali e del Gastrocnemio esercita pertanto una funzione flessoria in catena cinetica aperta, ed un'azione estensoria in catena cinetica chiusa.EstensioneAbbiamo gi detto molte cose su questo movimento nei capitoli precedenti, relativi in particolare all'importanza che svolgono i muscoli satelliti del ginocchio nella ricerca di costruire una leva che favorisca la loro azione, al fine di realizzare un'estensione globale dell'articolazione femoro-tibiale.Si tratta dunque di un ritorno dalla flessione e non di un movimento vero e proprio, e il suo valore in chinesiologia consiste nell'impedire al baricentro del corpo di cadere all'indietro, attraverso un movimento di flessione del ginocchio, che porterebbe il tronco ed il bacino verso la caduta.Il mantenimento dell'estensione assume la sua massima importanza durante la fase di sostegno del passo nella deambulazione.Per poter realizzare un cammino corretto e funzionale, necessario che la dinamica dell'andatura venga eseguita attraverso uno spostamento graduale del carico in avanti, mantenendo il ginocchio esteso mentre l'arto inferiore si sposta con la sua radice superiore (l'anca) dall'indietro all'avanti.L'inizio della fase di appoggio vede l'arto inferiore inclinato con il suolo in modo che il piede sia pi anteriore dell'anca, poi i due estremi si avvicinano fino a portarsi sulla stessa verticale, ed infine l'anca si viene a trovare anteriormente rispetto al piede. a questo punto che termina la fase di appoggio ed ha inizio l'oscillazione dell'arto.Nel corso di tutta la fase di sostegno, il ginocchio deve mantenere la posizione di massima estensione e, allo stesso tempo, deve essere pronto a flettersi leggermente quando questa fase giunge alla sua conclusione.Vedremo nelle conclusioni che proprio questo il momento in cui il paziente emiplegico presenta le maggiori difficolt ad abbinare due movimenti che appartengono a sinergie differenti.Quadricipite l'elemento che esercita la maggior forza di tutto l'apparato muscolare, ed usufruisce dell'apporto delle fibre del Retto femorale (che abbiamo gi analizzato nello studio dei movimenti dell'anca sul piano sagittale) e dei tre Vasti che, originando a livello del terzo medio della diafisi femorale, si uniscono tra loro per inserirsi sulla tuberosit tibiale, dopo aver attraversato anteriormente la rotula.E un muscolo biarticolare ma, in questo caso, non troviamo nessuna articolazione che si interponga

tra l'inserzione muscolare distale ed il fulcro costituito dall'articolazione del ginocchio, per cui biomeccanicamente seguiremo le regole normali, valide per i muscoli monoarticolari.Il punto di applicazione del vettore che ne descrive l'azione chinesiologica si trova sulla tuberosit tibiale, e la sua direzione procede dal basso verso l'alto e dall'indietro all'avanti, passando in prossimit della superficie anteriore della rotula.Il verso rivolto anteriormente ed il modulo esprime il valore pi alto tra quello di tutti i vettori che si possono costruire nell'analisi di una forza muscolare (Fig. 28.99).Il rettangolo biomeccanico viene determinato attraverso la congiungente tra l'origine vettoriale ed il fulcro dell'articolazione, e si pu osservare che questi due segmenti descrivono un angolo di circa 60 gradi di ampiezza, determinando una figura con una piccola differenza di lunghezza fra i suoi due lati.\p821Fig. 28.99 - Quadricipite.Azione relativa all'articolazione del ginocchio.Analisi sul piano sagittale.Quota chinesiologicamente efficace: Estensione.Origine: Porzione esterna della spina iliaca antera-inferiore, superficie antero-mediale,anteriore ed antera-laterale del terzo medio del femore.Inserzione: Tuberosit tibiale.Innervazione: Nervo femorale (L2-L3-L4).\p822La quota che inviamo al centro del ginocchio indica un'azione coattante del Quadricipite, che non ha alcun significato biomeccanico; quella rappresentata dal lato breve descrive invece una forza che tende a spostare il femore dall'indietro all'avanti, realizzando il movimento di estensione del ginocchio.La presenza della rotula condiziona molto la direzione vettoriale, rendendola pi inclinata verso l'avanti di quanto questa non sarebbe in sua assenza.Infatti, se dovessimo tracciare una retta sovrapposta al tendine distale del Quadricipite nei pressi del suo punto di inserzione senza la rotula, avremmo una retta praticamente verticale.La differenza che assume in biomeccanica il valore complessivo della potenza muscolare nelle due situazioni, si pu facilmente ricavare dall'analisi comparata dei due vettori.Nel primo caso l'ampiezza dell'angolo , come si detto, di circa 60 gradi mentre, se la rotula non ci fosse, quest'angolo non sarebbe superiore a 40-45 gradi (Fig. 28.100).Fig. 28.100 - Quadricipite.Azione relativa all'articolazione del ginocchio.Analisi sul piano sagittale.Quota chinesiologicamente efficace: Estensione.Origine: Porzione esterna della spina iliaca antero-inferiore, superficie antero-mediale, anteriore ed antera-laterale del terzo medio del femore.Inserzione: Tuberosit tibiale.Innervazione: Nervo femorale (L2-L3-L4).\p823A parit di modulo vettoriale e di lunghezza del braccio della potenza (che consiste in un segmento di pochi centimetri), proprio l'ampiezza di questo angolo che fa aumentare il momento della forza espresso dal Quadricipite in presenza della rotula.La rotula quindi non essenziale per la realizzazione dell'azione estensoria da parte di questo muscolo, ma lo per la sua massima efficacia nel trasferire al movimento di estensione una maggior quota del suo potenziale.L'importanza del Quadricipite nel cammino evidente anche alla luce delle riflessioni che abbiamo esposto in precedenza, in particolare per la tenuta che esso realizza nella sinergia con gli Ischio-tibiali ed il Gastrocnemio durante la dinamica nella fase di appoggio del passo.ConclusioniIl ruolo dei movimenti sagittali del ginocchio molto importante nel recupero di un cammino funzionale, ed necessario che la contrazione dei muscoli si integri perfettamente con le forze provenienti dal suolo e con la dinamica dello spostamento anteriore dell'arto durante il passo.Il paziente emiplegico ha perso questa facolt e presenta grossi problemi soprattutto nella selezione dei movimenti in rapporto alla fase del passo che sta per essere eseguita.Ci sono due ordini di necessit: uno quello di garantire la tenuta all'estensione globale di tutto l'arto inferiore; l'altro quello di riuscire ad inserire durante lo spostamento anteriore della gamba quel fine reclutamento delle unit motorie degli estensori e dei flessori che consenta la massima estensione all'inizio della fase di

sostegno ed una certa quota di flessione all'inizio della fase oscillante.Delle due priorit, la prima senza dubbio prevalente, poich la sua assenza pregiudica non solo il cammino, ma anche il mantenimento della stazione eretta.La patologia, che aggredisce principalmente i centri che presiedono il movimento volontario fine, altera la selezione delle unit motorie da reclutare, e mette in moto tutte le strategie atte alla riorganizzazione funzionale secondo un principio di difesa delle competenze prioritarie.In questo senso, al fine di un cammino funzionalmente valido, certamente prioritario un globale atteggiamento di estensione dell'arto inferiore, rispetto alla capacit di reclutare correttamente le unit motorie dei flessori, che potrebbero innescare un pericolo nella tenuta del ginocchio, soprattutto nella fase di sostegno del cammino.L'atteggiamento che osserviamo pi di frequente nei pazienti emiplegici dunque quello di globale estensione, e deriva probabilmente proprio da quest'ordine di priorit, rinforzato dall'esercizio ripetuto che si attua ogni volta che viene eseguito un passo.La sollecitazione meccanica che determina la contrazione di tutto il blocco dei muscoli satelliti del ginocchio nel senso dell'estensione, se pu essere utile a permettere comunque il cammino al soggetto con emiplegia, diviene per un limite qualora si tentasse di ricostruire un cammino pi evoluto, senza compensi come l'abduzione dell'anca ed il sollevamento dell'emibacino controlaterale all'emisoma plegico.Non v' dubbio che l'analisi biomeccanica delle leve e delle forze che agiscono attorno al ginocchio nei movimenti sul piano sagittale estremamente favorevole per una globale estensione per cui, anche in questo caso, ci che osserviamo nelle palestre di riabilitazione trova un preciso riscontro nell'osservazione e nel corretto studio chinesiologico.\p824Piano orizzontaleLa morfologia dei condili femorali e del piatto tibiale gi stata descritta a partire dalla posizione anatomica, per cui sappiamo che in completa estensione i movimenti del ginocchio si trovano bloccati verso tutte le direzioni, avendo come unica possibilit quella di muoversi nel senso della flessione.Quando questo movimento arriva ad un certo grado, ed i condili si disinseriscono dalle concavit tibiali su cui sono appoggiati, diventano possibili anche importanti movimenti di rotazione, che consistono nello scivolamento anteriore di un condilo associato allo scivolamento posteriore dell'altro. in particolare il condilo esterno a muoversi rispetto a quello interno che, essendo pi stabile, costituisce il fulcro attorno a cui vengono eseguiti tutti i movimenti di rotazione del ginocchio.Quando il condilo laterale scivola verso l'avanti abbiamo un'intrarotazione, mentre quando si porta verso l'indietro si determina un'extrarotazione.Questi movimenti sono possibili a partire da circa 30 gradi di flessione del ginocchio, e l'ampiezza che riescono a realizzare aumenta progressivamente man mano che aumenta la flessione, per arrivare al massimo verso i 90 gradi.L'extrarotazione un movimento pi ampio dell'intrarotazione, ed i pi attendibili testi di fisiologia articolare ci riferiscono che, in media, i valori indicativi di queste dimensioni angolari sono rispettivamente di 40 gradi e 30 gradi.I muscoli che svolgono un ruolo significativo in questo movimento sono alcuni tra quelli che abbiamo gi analizzato relativamente alla flessione del ginocchio in catena cinetica aperta: il Semitendinoso, il Semimembranoso ed il Bicipite femorale.Considerando le caratteristiche biomeccaniche di ciascuno di questi, vedremo che l'azione sinergica analizzata sul piano sagittale diviene in questo caso la contrapposizione di antagonisti che favorisce un movimento o il suo contrario a seconda della contrazione analitica che viene attivata.IntrarotazioneQuesto movimento consiste nella rotazione della tibia verso l'interno, e si pu osservare attraverso uno spostamento in dentro del piede, mantenendo il ginocchio ad un certo grado di flessione.Chinesiologicamente viene realizzato da una forza che trascina anteriormente il condilo femorale esterno, ed il movimento tale per cui la sua massima escursione porta

l'asse trasversale che passa per il centro dei due condili a costituire un angolo con la stessa congiungente di circa 30 gradi.Nel corso del movimento di intrarotazione, si osserva la superficie antero-esterna della gamba portarsi anteriormente, ed il solco tibiale internamente.I muscoli che si inseriscono medialmente rispetto al condilo femorale interno, in modo da permettere la costruzione di un vettore che abbia una direzione favorevole per l'intrarotazione, sono quelli che costituiscono la zampa d'oca, e saranno valutati in un'unica analisi vettoriale.Si tratta del Semitendinoso, del Semimembranoso e del Gracile.Semitendinoso, Semimembranoso e GracileSono tre muscoli che si trovano nella parte interna della coscia, di cui i primi due ne occupano la regione posteriore ed il terzo si trova invece vicino agli Adduttori dell'anca.\p825L'analisi sul piano orizzontale viene eseguita con il ginocchio flesso a 90 gradi, e la rappresentazione viene ripresa dal basso, in modo da poter osservare i rapporti tra le dimensioni lineari ed angolari degli elementi che determinano l'azione ed il potenziale motorio realizzato da questi muscoli.Il punto di applicazione vettoriale viene individuato nel punto medio della superficie circoscritta dai tre punti di inserzione dei muscoli, peraltro molto vicini tra loro, sul margine interno del piatto tibiale.La direzione posta su una retta che passa per il punto di applicazione e procede parallelamente rispetto alla diafisi dell'osso femorale.Il verso rivolto in direzione del bacino, ed il modulo rilevante, essendo rappresentato dall'azione di tre muscoli abbastanza potenti (Fig. 28.101).Il fulcro su cui si eseguono i movimenti, e quindi il punto di riferimento da cui hanno origine i bracci della potenza e della resistenza, si trova in corrispondenza del centro del condilo mediale, ed su questo punto che viene inviata la congiungente passante per il punto di applicazione vettoriale.Si determina un angolo ampio circa 60, da cui si ricava un valore abbastanza significativo per il calcolo del potenziale effettivo di questi muscoli nel movimento di intrarotazione del ginocchio.La scomposizione delle forze che completiamo con il disegno della perpendicolare al braccio della potenza passante per il punto di applicazione del vettore, ci rivela una quota efficace che tende a portare posteriormente il margine mediale della tibia, realizzando un movimento di intrarotazione.Il momento della forza si avvale anche della dimensione lineare corrispondente alla lunghezza del braccio della potenza, ed in questo caso osserviamo che si tratta di un valore ridotto, poich tra il punto medio su cui si inseriscono questi tre muscoli ed il centro del condilo femorale interno non ci sono che pochissimi centimetri.La forza complessiva esercitata dal Semitendinoso, dal Semimembranoso e dal Gracile quindi abbastanza significativa, soprattutto grazie al modulo vettoriale ed all'ampiezza dell'angolo compreso tra il braccio della potenza della leva e la direzione vettoriale, mentre la lunghezza del braccio della potenza ne limita parzialmente l'efficacia.ExtrarotazioneL'extrarotazione del ginocchio si svolge principalmente attorno ad un fulcro posto in corrispondenza del condilo femorale interno, ed un movimento che tende a spostare posteriormente la porzione esterna del piatto tibiale, attraverso una forza che lo trascina all'indietro.In realt, anche la sua porzione interna si muove, per cui l'azione muscolare modifica entrambi i rapporti che si instaurano tra le superfici articolari condiloidee e tibiali.Tuttavia, la dimensione mobile a carico del compartimento interno ed esterno talmente sbilanciata da poter ragionevolmente considerare il compartimento interno come fisso e quello esterno come mobile. un movimento leggermente pi ampio dell'intrarotazione, e pu raggiungere circa 40 gradi, per via della morfologia delle due superfici articolari e della tensione che i due movimenti esercitano sul potente apparato legamentoso di cui fornito il ginocchio.C' solo un muscolo in grado di produrre questo movimento, il Bicipite femorale, che ha la sua inserzione

distale posta sul piatto della tibia, cos da poter essere rappresentato da un vettore che segue una direzione esterna rispetto al fulcro della leva corrispondente al centro del condilo femorale interno.\p826Fig. 28.101 - Semitendinoso.Azione relativa all'articolazione del ginocchio.Analisi sul piano orizzontale.Quota chinesiologicamente efficace: Intrarotazione. Origine: Porzione posteriore della tuberosit ischiatica.Inserzione: Zampa d'oca, dietro all'inserzione del Sartorio. Innervazione: Nervo sciatico (L4-L5-S1).Semimembranoso.Azione relativa all'articolazione del ginocchio. Analisi sul piano orizzontale.Quota chinesiologicamente efficace: Intrarotazione.Origine: Porzione posteriore della tuberosit ischiatica, leggermente davanti ed all'esterno rispetto all'origine del Semitendinoso.Inserzione: Zampa d'oca, posteriormente rispetto all'inserzione del Semitendinoso.Innervazione: Nervo sciatico (L4-L5-S1).Gracile.Azione relativa all'articolazione del ginocchio. Analisi sul piano orizzontale.Quota chinesiologicamente efficace: Intrarotazione. Origine: Superficie anteriore del pube.Inserzione: Zampa d'oca, sul margine interno dell'epifisi prossimale della tibia.Innervazione: Nervo otturatore (L2-L3-L4).\p827Bicipite femoraleAppartiene al gruppo dei muscoli flessori del ginocchio, e la sua contrazione con il piede in scarico contribuisce ad avvicinare la superficie posteriore della gamba a quella della coscia.Una volta raggiunto un certo grado di flessione, egli tende a spostare posteriormente la porzione esterna del piatto tibiale, in modo da determinare il movimento di extrarotazione del ginocchio.La rappresentazione biomeccanica della sua azione sul piano orizzontale si pu analizzare attraverso un vettore che ha il suo punto di applicazione posto in corrispondenza del punto di inserzione, sul bordo esterno del piatto tibiale, ed una direzione che procede verso il bacino, parallelamente rispetto alla diafisi femorale.Il modulo vettoriale costituito da un valore abbastanza importante, ed il verso rivolto in direzione del bacino (Fig. 28.102).Fig. 28.102 - Bicipite femorale.Azione relativa all'articolazione del ginocchio. Analisi sul piano orizzontale. Quota chinesiologicamente efficace: Extrarotazione.Origine: Porzione posteriore della tuberosit ischiatica, margine esterno della linea aspra femorale.Inserzione: Porzione supero-esterna della testa del perone, tuberosit esterna della tibia. Innervazione: Nervo sciatico (L5-S1-S2). \p828Il rettangolo biomeccanico formato da due lati, di cui il maggiore descrive una quota che agisce nel senso della coattazione articolare, mentre il minore mette in rilievo lo spostamento posteriore della porzione esterna del piatto tibiale, che determina un'extrarotazione del ginocchio.Se congiungiamo il punto di applicazione vettoriale con il fulcro dell'articolazione, possiamo notare due elementi che diversificano il contesto biomeccanico in cui si realizza l'azione di questa forza sulla leva, rispetto all'analisi della forza costituita dagli intrarotatori.Anzitutto la lunghezza del braccio della potenza che, essendo il fulcro articolare posto in corrispondenza del condilo mediale del femore, superiore a quella del braccio della potenza degli intrarotatori.Poi anche l'ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione del vettore ed il braccio della leva che, essendo di circa 70 gradi, superiore a quella analizzata in precedenza.Questi due valori, che partecipano alla determinazione del potenziale muscolare effettivo, riequilibrano lo sbilanciamento delle forze dovuto alla presenza di un solo muscolo che pu eseguire l'extrarotazione, rispetto ai due che agiscono nel senso dell'intrarotazione.La somma di tutti gli elementi che condizionano i movimenti del ginocchio sul piano orizzontale diviene pertanto leggermente favorevole per l'intrarotazione, anche se attraverso una piccola differenza che non si traduce quasi mai in un dato clinico prevalente.ConclusioniI movimenti sul piano orizzontale del ginocchio si possono eseguire solamente quando questa articolazione flessa ad un certo grado, per cui solo a questo livello che possiamo eventualmente

valutare se vi sia la prevalenza di un certo movimento nel paziente emiplegico.L'analisi biomeccanica ci indica un vantaggio dell'extrarotazione, per via dei due elementi che costituiscono il momento della forza con un valore superiore rispetto agli stessi che fanno riferimento all'azione degli intrarotatori.Tuttavia, abbiamo in precedenza osservato che tutta la muscolatura satellite del ginocchio lavora principalmente per realizzare l'estensione, per cui ovvio che a quel punto non sia possibile alcun movimento sul piano orizzontale.A questo si aggiunge anche che le rotazioni non sono una componente essenziale per l'esecuzione del cammino, anche se certamente ne migliorano le caratteristiche, permettendo una pi ampia serie di soluzioni e di possibilit.Per questi motivi la nostra conclusione quella per cui il ginocchio tendenzialmente si porta verso l'extrarotazione con maggior facilit di quanto non faccia nell'intrarotazione, ma l'atteggiamento globale di estensione dell'arto inferiore che l'emiplegico assume spontaneamente, impedisce che questa si concretizzi.\p829PIEDEIl piede una struttura costituita da numerose ossa, ognuna delle quali partecipa alla formazione di una o pi articolazioni, che gli conferiscono la capacit di adattarsi funzionalmente al suolo nelle diverse situazioni statiche e dinamiche.Come abbiamo gi osservato, sul piano biomeccanico non sbagliato considerare il contatto tra il terreno e la pianta del piede come una vera articolazione, che si modifica dinamicamente durante la deambulazione, fornendo una spinta ascendente che interagisce, attraverso un sistema di leve, con l'azione muscolare.Le ossa e le articolazioni si trovano cos ad essere disposte in modo funzionale alla fase del cammino che sta per essere percorsa.Abbiamo considerato in particolare tre articolazioni, che rivestono un'importanza sostanziale nei movimenti del piede.Si tratta della tibio-astragalica, della sotto-astragalica e delle articolazioni metatarso-falangee ed inter-falangee.Il movimento del piede, cos come quello della mano, deve essere considerato come un continuo adattamento alle sollecitazioni esterne.La mano si deve adattare alle dimensioni dell'oggetto da manipolare, mentre il piede si deve adeguare alle caratteristiche del suolo su cui appoggia.C' quindi un'azione combinata e coordinata del sistema efferente con tutte le informazioni che guidano la contrazione muscolare, sulla base delle esigenze che si determinano momento per momento.Non sono tantissimi i muscoli che attraversano queste articolazioni, per cui le analisi biomeccaniche che seguiranno sono pi limitate, ma non per questo si tratta di uno studio meno interessante.Anzi, l'interazione che si realizza durante il cammino tra la contrazione del muscolo e le spinte che provengono dalla pianta del piede, ne fanno un organo estremamente raffinato, che necessita di un apparato neurologico di supporto molto ricco, dotato di un sistema efficiente e rapidissimo che lo mette nella condizione di adattarsi immediatamente ai ripetuti tentativi che la gravit esercita, provocando un rischio di caduta del soggetto.Nel paziente emiplegico l'atteggiamento prevalente del piede quello di portarsi in equinismo, cio in flessione plantare, in supinazione e con le dita flesse alle articolazioni metatarso-falangee ed inter-falangee.La flessione plantare , come vedremo, un movimento che appartiene alla chinesiologia dell'articolazione tibio-astragalica, mentre la supinazione propria dell'articolazione sotto-astragalica.L'analisi biomeccanica si pertanto sviluppata seguendo questi fulcri, alla ricerca delle variabili che condizionano le leve meccaniche su cui agiscono le diverse forze rappresentate dai muscoli satelliti delle articolazioni citate.Il riferimento fondamentale seguito la deambulazione nelle sue varie fasi, e la stazione eretta per quanto riguarda la statica.\p830ARTICOLAZIONE TIBIO-ASTRAGALICAE un'articolazione formata dalle epifisi distali di tibia e perone insieme all'astragalo, che consente a quest'ultimo di poter scivolare anteriormente e posteriormente rispetto alla morsa

costituita dalle due ossa prossimali.Biomeccanicamente abbiamo limitato l'analisi di questa articolazione su un unico piano, quello sagittale, anche se sappiamo che presente anche un micromovimento verticale dell'astragalo all'interno dello spazio articolare distale tra la tibia ed il perone durante la fase di appoggio del cammino.Questo piccolissimo movimento importante nella dinamica del passo, soprattutto per la tensione che determina su alcuni muscoli, preparandoli ad una contrazione automatica che partecipa ad eseguire i singoli movimenti nelle diverse fasi della deambulazione.I movimenti possibili sul piano sagittale sono la flessione o flessione dorsale e l'estensione o flessione plantare.Il primo pi limitato in ampiezza, ed anche quello che pi facilmente viene alterato dalle patologie neurologiche, per cui costituisce spesso uno dei principali problemi in riabilitazione.La sua massima ampiezza fisiologica di circa 30 gradi.La flessione plantare invece un movimento pi ampio, che pu raggiungere anche 60 gradi.Piano sagittaleIl piede su questo piano pu essere considerato come una leva del primo tipo, in cui il fulcro interposto tra la forza rappresentata dai flessori dorsali e la resistenza costituita dai flessori plantari o viceversa.Quando invece valutiamo l'intervento dell'azione gravitaria, possiamo osservare che essa agisce cercando di spostare l'avampiede verso il suolo, per cui se consideriamo come potenza i flessori dorsali, la leva ha il punto su cui si applica la potenza interposto tra il fulcro e il punto su cui applicata la resistenza (terzo tipo).Al contrario, se analizziamo l'azione dei flessori plantari, si pu facilmente rilevare che attorno al fulcro costituito dall'articolazione tibio-astragalica le due forze realizzano una sinergia che abbassa l'avampiede, facendo ruotare tutta l'estremit distale.Questa caratteristica biomeccanica nell'analisi delle forze in gioco attorno ai fulcri del piede, ci fornisce gi una precisa indicazione sul ruolo e sull'importanza che il nostro apparato muscolo-scheletrico attribuisce a questi due movimenti sul piano sagittale.Nella deambulazione il piede si muove su questo piano in una sequenza di movimenti che si realizzano in contrazione concentrica ed in contrazione eccentrica, poich l'esigenza dell'adattamento costante al suolo, evitando gli ostacoli e garantendo il massimo equilibrio attraverso una stabilit dell'appoggio plantare, richiede un'alternanza di prestazioni muscolari molto calibrata.All'inizio della fase oscillante il piede si presenta in leggera estensione, con i muscoli posteriori che esercitano il massimo della loro forza nella spinta verso il basso dell'avampiede.L'estensione si completa per inerzia subito dopo, ed bloccata dall'intervento dei flessori nel primo 10% dell'oscillazione, la cui contrazione concentrica solleva l'avampiede, e mantiene questa posizione per tutto l'arco della traslazione anteriore della gamba.Quando il tallone si avvicina nuovamente al terreno per riprendere la fase \p831 di appoggio, ha inizio una cocontrazione di flessori ed estensori, che ha come obiettivo quello di consentire al piede di appoggiarsi gradualmente, eventualmente adattandosi a salienze o asperit del suolo.Quest'operazione, che nell'emiplegico risulta essere tanto difficile, necessita dell'azione sinergica dei flessori e degli estensori: i primi agiscono in contrazione eccentrica rallentando la caduta dell'avampiede al suolo, gli altri iniziano una contrazione concentrica che progressivamente aumenter fino a raggiungere il suo massimo alla fine dell'appoggio, con il piede sulla punta.Flessione (flessione dorsale)La flessione dell'articolazione tibio-astragalica un movimento di circa 20 gradi, limitato dalla tensione del muscolo Tricipite surale posteriormente e dal contatto osseo tra le superfici articolari di tibia ed astragalo anteriormente.Anche in questo caso non prenderemo in considerazione i piccoli movimenti che permettono alle ossa del tarso di partecipare in una certa misura alla flessione globale del piede, poich questo ci costringerebbe a complicare l'analisi chinesiologica rendendola praticamente incomprensibile e senza aggiungere

nulla di significativo.I muscoli che attraversano anteriormente il fulcro articolare sono tre, di cui uno trasferisce quasi totalmente la sua azione sulla tibio-astragalica, mentre gli altri due sono poliarticolari, e li ritroveremo quindi anche in alcune delle analisi successive.Si tratta del Tibiale anteriore, dell'Estensore comune delle dita e dell'Estensore proprio dell'alluce, che realizzano sinergicamente la flessione del piede attraverso un'azione trainante verso l'alto, distribuita in modo da mantenere la pianta in posizione orizzontale.Nello stesso tempo, rimane invariata la potenzialit di modificare l'inclinazione del piede in un senso o nell'altro a seconda delle diverse esigenze che si presentano una volta che questi appoggiato al suolo.La prevalenza del Tibiale anteriore o degli estensori delle dita determina una prevalenza delle componenti di spostamento laterale del piede, ed a questa operazione concorrono anche i Peronei, che analizzeremo solamente sul piano frontale, nello studio dell'articolazione sottoastragalica.Tibiale anterioreQuesto muscolo origina al di sotto del condilo femorale esterno, ha un lungo ventre muscolare che decorre parallelamente alla diafisi della tibia, attraversa anteriormente l'articolazione tibio-astragalica e si va ad inserire sulla faccia interna del primo cuneiforme e sulla base del primo metatarso.Il vettore che si ricava dall'analisi della forza che descrive la sua contrazione, caratterizzato da un punto di applicazione che individuiamo sulla porzione mediale del primo cuneiforme, vicino all'articolazione tra questi ed il primo metatarso.La direzione procede dal basso verso l'alto e dall'avanti all'indietro, costituendo un angolo di circa 40 con l'asse orizzontale passante per lo stesso punto di applicazione.Il verso rivolto in alto ed il modulo discreto, essendo il Tibiale anteriore un muscolo composto da numerose fibre lunghe, in grado di realizzare una forte contrazione (Fig. 28.103).\p832Fig. 28.103 - Tibiale anteriore.Azione relativa all'articolazione tibio-astragalica.Analisi sul piano sagittale.Quota chinesiologicamente efficace: Flessione.Origine: Porzione superiore dei due terzi prossimali della tibia.Inserzione: Superficie interna del primo cuneiforme, base infero-interna del primo metatarso.Innervazione: Nervo del Tibiale anteriore (L4-L5).La costruzione del rettangolo biomeccanico che viene definita con l'invio della congiungente tra il punto di applicazione vettoriale ed il fulcro dell'articolazione, \p833 presenta una figura allungata con i lati molto diversi tra loro in quanto a lunghezza, poich l'ampiezza dell'angolo compreso tra l

a direzione del vettore ed il braccio della potenza soltanto di 20 circa.Il lato breve un segmento che, a partire dall'origine vettoriale, si dirige verso l'alto, evidenziando uno spostamento del piede nel senso della flessione dorsale.Il braccio della potenza sufficientemente lungo da rappresentare un potenziale muscolare valido, soprattutto perch l'ipotetico braccio della resistenza, immaginando il punto su cui si applica tale forza pi o meno a met della lunghezza del piede, solo un poco pi lungo.La leva quindi modificabile attraverso una forza limitata, considerando anche il peso relativo del piede.Il momento della forza complessivo che riassume la forza del Tibiale anteriore viene pertanto condizionato favorevolmente dal modulo vettoriale e dalla dimensione lineare del braccio della potenza, mentre limitato dall'ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione vettoriale ed il braccio della leva (20 gradi).Considerando il valore modesto della resistenza che deve essere vinta da parte della contrazione muscolare, si pu concludere che questo muscolo riesce ad esprimersi in un contesto di forze favorevole, in cui quasi tutto il suo potenziale si trasforma in energia cinetica efficace nella realizzazione del movimento di flessione dorsale del piede.Estensore comune delle dita un muscolo poliarticolare, per il quale pu essere perfettamente sovrapponibile l'analisi biomeccanica che abbiamo presentato nello studio dell'Estensore comune delle dita della mano.La sua origine si trova vicino a quella del Tibiale anteriore, in prossimit del condilo tibiale esterno, mentre l'inserzione a livello delle falangi intermedia e distale delle dita del piede dal secondo al quinto.Il tendine corrispondente a ciascun dito si suddivide in tre parti a livello dell'articolazione inter-falangea prossimale; di queste, la porzione intermedia si fissa sulla seconda falange, mentre le due porzioni esterne si inseriscono sulla falange distale.La contrazione muscolare agisce pertanto sull'articolazione tibio-astragalica, sulla metatarso-falangea, sull'inter-falangea prossimale e sufi'inter-falangea distale.Sul piano sagittale, il punto di applicazione del vettore che rappresenta la sua forza viene, sulla base di quanto esposto nel capitolo 3, fissato nel tendine distale, in corrispondenza del suo passaggio sull'articolazione metatarso-falangea.La direzione vettoriale procede dal basso verso l'alto e dall'avanti all'indietro, passando al di sopra del centro dell'articolazione tibio-astragalica.Il modulo vettoriale inferiore a quello del Tibiale anteriore, anche se rimane piuttosto efficace, ed il verso rivolto in alto (Fig. 28.104).Costruiamo il rettangolo biomeccanico, con il braccio della potenza costituito dalla congiungente tra il punto di applicazione del vettore ed il fulcro articolare.Si tratta di una figura molto allungata, in cui la quota coattante rappresentata dal lato lungo, mentre la quota efficace tende a spostare il piede dal basso verso l'alto, sommando la sua azione a quella del Tibiale anteriore, nella realizzazione del movimento di flessione dorsale.I tre elementi che determinano il momento della forza indicano tre valori, di cui uno elevato e due limitati.L'ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione del vettore ed il braccio della potenza di circa 20 gradi, ed il modulo non molto efficace, mentre la lunghezza del braccio della potenza un segmento che unisce l'articolazione metatarso- falangea con il centro dell'articolazione tibio-astragalica, ed della lunghezza di circa 15 centimetri.\p834Fig. 28.104 - Estensore comune delle dita.Azione relativa all'articolazione tibio-astragalica.Analisi sul piano sagittale.Quota chinesiologicamente efficace: Flessione.Origine: Superficie interna della diafisi peroneale, tuberosit esterna della tibia. Inserzione: Margini laterali della prima falange, base dorsale della seconda falange delle dita dal secondo al quinto.Innervazione: Nervo del Tibiale anteriore (L4-L5).\p835Il valore elevato, quello cio che influisce positivamente sul potenziale muscolare complessivo, rappresentato dalla dimensione lineare del braccio della potenza, mentre gli altri due dati sono quelli che indicano un valore che

ne limita l'efficacia.Il muscolo Estensore comune delle dita del piede pertanto un flessore dorsale dell'articolazione tibio-astragalica in grado di realizzare un discreto movimento, in sinergia con il Tibiale anteriore.Estensore proprio dell'alluceSono valide tutte le considerazioni che abbiamo descritto nell'analisi del muscolo precedente, relativamente al primo dito del piede.La presenza di un muscolo specifico che assicura una quota di contrazione efficace di un solo dito determina una leva che, nell'ambito della dinamica deambulatoria, identifica nell'alluce il punto su cui converge gran parte della spinta all'inizio della fase oscillante, ed una certa quota di preparazione a tale spinta durante la fase di sostegno.Questo muscolo origina al di sotto del condilo tibiale esterno, ed fornito di un quantitativo di cellule inferiore rispetto all'Estensore comune delle dita, per cui il modulo vettoriale descrive un rettangolo biomeccanico di dimensioni pi ridotte rispetto al muscolo precedente.A parte il modulo, le caratteristiche vettoriali sono le stesse dell'Estensore comune, per cui la risultante conclusiva quella di un rettangolo biomeccanico equivalente al precedente nelle proporzioni, ma pi piccolo in quanto a dimensioni lineari (Fig. 28.105).La quota efficace derivata dalla scomposizione delle forze, evidenzia l'azione flessoria del muscolo sull'articolazione tibio-astragalica, ed il momento della forza complessivo che la sua contrazione determina inferiore a quello del muscolo precedente per via del suo valore modulare.L'analisi chinesiologica del piano frontale rivela per una particolarit specifica solo di questo muscolo, che cerchiamo ora di descrivere.Se congiungiamo il punto di origine con quello d'inserzione dell'Estensore proprio dell'alluce, se ne ricava un segmento che incrocia l'asse della diafisi tibiale in un punto pi o meno sovrapponibile al centro dell'articolazione sotto-astra-galica.Se per il piede si sposta verso l'interno iniziando un movimento di adduzione, la direzione del vettore che rappresenta la forza della contrazione muscolare non si sovrappone pi al centro dell'articolazione sottoastragalica, ma passa internamente ad esso, ed quindi possibile analizzare biomeccanicamente l'azione dell'Estensore proprio dell'alluce anche in relazione a questo tipo di movimento.Questo significa che il muscolo, una volta che il movimento iniziato attraverso la contrazione di altri muscoli, in grado di concorrere alla realizzazione dell'adduzione del piede, e diviene pertanto contemporaneamente agonista di due movimenti che si possono osservare sullo stesso piano.Estensione (flessione plantare)L'estensione del piede il movimento che interviene al termine della fase d'appoggio del passo, e costituisce la spinta propulsiva che d il via alla dinamica oscillatoria della deambulazione.In statica, attraverso una contrazione dei muscoli che la determinano, esercita un controllo attivo sull'equilibrio posturale, opponendosi alla caduta anteriore del corpo che si trova naturalmente sbilanciato in questa direzione.\p836 Fig. 28.105 - Estensore proprio dell'alluce.Azione relativa all'articolazione tibio-astragalica. Analisi sul piano sagittale. Quota chinesiologicamente efficace: Flessione. Origine: Superficie interna della diafisi peroneale. Inserzione: Base dorsale della seconda falange dell'alluce.Innervazione: Nervo del Tibiale anteriore (L4-L5-S1).\p837Si tratta di un movimento la cui massima ampiezza pu raggiungere 60, che viene eseguito interamente da un muscolo posteriore della gamba, gi parzialmente analizzato nello studio della flessione del ginocchio: il Tricipite surale, costituito dall'insieme di Gastrocnemio (quota biarticolare che partecipa alla flessione del ginocchio) e Soleo (monoarticolare).La fase oscillante del passo porta il piede a staccarsi dal suolo, eliminando in questo modo le forze che agiscono in senso ascendente, ed esponendolo all'azione gravitarla che favorisce l'estensione.La flessione dorsale diviene pertanto necessaria per evitare un contatto dell'avampiede con il terreno, intralciando il cammino.A questo problema, che tanto spesso

presentano i pazienti affetti da patologie neurologiche centrali e periferiche, si pu aggiungere l'aumento della resistenza costituita dall'ipertono del Tricipite surale, che rinforza l'atteggiamento estensorio del piede. quindi importante che l'analisi del tono muscolare di base e della biomeccanica delle articolazioni del piede tenga questo aspetto nella dovuta considerazione.La forza di gravit favorisce l'estensione, e l'estensione impedisce al piede di eseguire correttamente il passo senza strisciare la punta sul terreno.In riabilitazione, la soluzione che si ipotizza pu essere di due tipi: da un lato il tentativo di aumentare il tono dei flessori dorsali, dall'altro la ricerca della normalizzazione del tono del Tricipite surale, per ripristinare l'equilibrio funzionale del lavoro di agonisti ed antagonisti durante la deambulazione.Quest'ultima soluzione molto pi efficace e funzionale.Tricipite suraleA differenza dell'analisi biomeccanica che abbiamo esposto nello studio del ginocchio, consideriamo in questo caso come punto fisso l'origine muscolare che, nella sua quota biarticolare (Gastrocnemio), si trova a livello della faccia posteriore dei condili del femore.Il Soleo invece, che origina posteriormente sulla diafisi tibiale, si unisce al Gastrocnemio in corrispondenza del terzo distale della tibia, andando a formare il tendine d'Achille, che si inserisce sulla superficie posteriore del calcagno.Si potrebbe quindi definire come un muscolo poliarticolare, poich attraversa sia l'articolazione tibioastragalica che la sotto-astragalica.Non essendo per quest'ultima in grado di realizzare alcun movimento sul piano sagittale, il rapporto tra il calcagno e l'astragalo non subisce modificazioni particolari quando si contrae il Tricipite surale, per cui valuteremo chinesiologicamente la sua azione come se si trattasse di un muscolo monoarticolare.Il punto di applicazione del vettore si trova in corrispondenza del punto centrale della superficie su cui il tendine d'Achille inserito sul calcagno.La sua direzione, sovrapposta alla retta passante per il tendine nei pressi del suo punto di inserzione, praticamente un asse verticale che decorre posteriormente al punto in cui si trova il centro dell'articolazione tibio-astragalica, che rappresenta il fulcro della leva.Il verso rivolto in alto ed il modulo molto elevato, essendo questo muscolo tra i pi tonici di tutto l'apparato muscolo-scheletrico, ed in grado quindi di esercitare una potente forza con la sua contrazione (Fig. 28.106).Dopo aver inviato la congiungente tra il punto di applicazione del vettore \p838 ed il fulcro della leva, costruiamo il rettangolo biomeccanico risultante dalla scomposizione delle forze che, in questo caso, praticamente un quadrato.Le due quote che si ricavano evidenziano un'azione di avvicinamento del calcagno verso l'epifisi tibiale ed uno spostamento dello stesso calcagno verso l'alto e l'indietro, che determina un'estensione del piede.Fig. 28.106 - Tricipite surale.Azione relativa all'articolazione tibio-astra-galica.Analisi sul piano sagittale. Quota chinesiologicamente efficace: Estensione.Origine: Superfici postero-interna e postero-esterna dei condili femorali, superfici posteriori della tibia e del perone. Inserzione: Tendine d'Achille, sulla superfcie postero-inferiore del calcagno. Innervazione: Nervo tibiale posteriore (L5-S1-S2). \p839Il momento della forza espressa dal Tricipite surale un valore elevatissimo, costruito in base a tre dati estremamente significativi.L'ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione del vettore ed il braccio della potenza di circa 45 gradi, e la lunghezza del braccio di leva su cui applicata la potenza mediamente di circa 10 centimetri.Il seno di un angolo di 45 gradi uguale a 0,707, e 10 centimetri possono essere considerati un valore abbastanza favorevole per determinare un potenziale efficace, tanto pi che il braccio della resistenza un segmento che separa il centro dell'articolazione tibio-astragalica (fulcro della leva) ed il punto medio delle teste metatarsali, la cui lunghezza di circa 20 centimetri (consideriamo che di solito il rapporto tra la dimensione lineare del

braccio della potenza e quella del braccio della resistenza molto pi sfavorevole).In questo contesto si inserisce il modulo vettoriale che, come abbiamo gi riferito, corrisponde ad uno tra i valori pi elevati dell'intero apparato.La spinta che l'avampiede realizza nel momento in cui l'arto inferiore inizia l'oscillazione, incontra la sua resistenza nel punto in cui le teste dei metatarsi appoggiano al suolo.La leva che si svolge attorno al fulcro tibio-astragalico dunque composta da due forze: la potenza che tende ad alzare il calcagno nella sua porzione posteriore, e la resistenza costituita dalla forza che l'avampiede imprime sul terreno per sollevarsi sulla punta del piede, cio la forza peso dell'individuo.Questo gioco di potenza e resistenza grava interamente sul fulcro articolare, che viene sottoposto a forti sollecitazioni gravitane, alle quali va aggiunta l'accelerazione propria del passo che aumenta con l'aumentare della sua velocit.Una forza tanto elevata, ed una tensione cos forte a cui sono soggette tutte le strutture periarticolari, provocano un esercizio ed un'usura non consuete negli altri distretti articolari.Nel soggetto adulto questo determina uno schema estremamente consolidato ed automatizzato, che si presenta nelle patologie del Sistema Nervoso come prevalente rispetto alla flessione dorsale.ConclusioniIl paziente emiplegico si presenta di solito con il piede in atteggiamento di equinismo, cio con la flessione plantare che prevale sulla flessione dorsale.Lo squilibrio del tono a favore del Tricipite surale si giustifica solo parzialmente in termini biomeccanici poich, come abbiamo potuto vedere, l'analisi selettiva di tutti gli elementi che intervengono nell'esecuzione di questi due movimenti non sembra dover determinare questa conclusione in termini cos netti.C' solamente un dato che spicca sugli altri e che favorisce l'estensione: il modulo del vettore relativo alla contrazione del Tricipite surale. su questo che occorre basare una semplice riflessione di cui, peraltro, abbiamo gi parlato nelle analisi precedenti.Il passo , come sappiamo e come abbiamo pi volte richiamato, costituito da due fasi: l'oscillazione e l'appoggio.La dinamica in cui si succedono queste due fasi prevede uno spostamento dell'arto inferiore verso l'avanti durante l'appoggio, attraverso una traslazione anteriore del baricentro che si realizza con il piede ben ancorato al terreno.A questo segue un altro spostamento anteriore dell'arto durante l'oscillazione, che avviene in scarico con un movimento a pendolo che si pu osservare sul piano sagittale.Quest'ultima fase preceduta da un istante in cui tutto il carico viene portato sull'avampiede della gamba che si appresta ad iniziare l'oscillazione, ed in questo \p840 momento necessario che l'unico muscolo in grado di poter eseguire questa tenuta si contragga con il massimo della sua forza.Questo muscolo proprio il Tricipite surale.La contrazione che impedisce la caduta del retropiede si deve opporre alla resistenza costituita dall'intero peso corporeo, per di pi in un contesto biomeccanico che, come si potuto dedurre dall'analisi biomeccanica specifica, favorisce leggermente la resistenza.A questa funzione, che appartiene esclusivamente alla dinamica estensoria del piede, si aggiunge la spinta necessaria a favorire l'oscillazione che segue, a cui partecipano anche altri muscoli dell'anca e del ginocchio.La somma di queste due importanti funzioni, ripetute infinite volte fin dal primo momento in cui l'individuo inizia a camminare, costituisce un'esercitazione efficacissima che si impressa in modo marcato nello schema motorio dell'uomo.Si ribadisce quindi ancora una volta che la neurofisiologia ci aiuta a comprendere alcuni dei motivi per cui il soggetto emiplegico elabora il tono muscolare prevalentemente in un certo modo piuttosto che in un altro, ma non possibile trascurare i numerosi risvolti chinesiologici presenti, poich questi forniscono gi molte risposte agli interrogativi che il riabilitatore ed il neurofisiologo si pongono durante l'approccio terapeutico con il paziente.\p841ARTICOLAZIONE SOTTO-ASTRAGALICAAbbiamo gi accennato

nell'analisi dell'articolazione tibio-astragalica che, tra le altre cose, proprio sui fulcri articolari del piede che gravano le maggiori tensioni di tutto l'apparato osteo-articolare. dunque a questo livello che intervengono le pi efficaci forze muscolari nel tentativo di riequilibrare la tendenza alla caduta provocata dall'azione della gravit. vero altres che un sistema articolare rigido non si presterebbe ottimamente a far fronte a forti sollecitazioni, poich in tal caso le articolazioni sarebbero soggette a probabili lesioni dei tessuti di supporto.Il complesso delle articolazioni del piede riesce a far fronte a questo pericolo attraverso un sistema che unisce la stabilit alla dinamicit, attraverso alcuni movimenti combinati che si sviluppano su due articolazioni: la tibio-astragalica e la sottoastragalica.L'articolazione sotto-astragalica costituita dalla superficie inferiore dell'astragalo e da quella superiore del calcagno, con un contatto anteriore con lo scafoide.Le caratteristiche articolari permettono al piede di poter ruotare le ossa del tarso, i metatarsi e le falangi su un piano frontale, realizzando due movimenti opposti tra loro che, solitamente, vengono analizzati sul piano orizzontale: la supinazione e la pronazione.In effetti, l'asse su cui si trova il piede non segue un decorso verticale (come accade quasi sempre), ma orizzontale, per cui i movimenti che si studiano sul piano frontale non sono l'abduzione e l'adduzione, ma le rotazioni.Quella che potremmo definire come rotazione interna la indichiamo come supinazione, mentre la rotazione esterna la pronazione.Chinesiologicamente sappiamo che i movimenti analitici delle articolazioni del piede possono essere riuniti in un atteggiamento globale che associa la flessione dorsale alla pronazione e la flessione plantare alla supinazione.Queste due soluzioni, a cui si aggiungono rispettivamente una modesta quota di abduzione ed adduzione, per lo pi a carico dell'articolazione medio-tarsica, vengono chiamati eversione ed inversione.Piano frontaleOsservando il piede sul piano frontale, possiamo vedere il centro dell'articolazione sottoastragalica in corrispondenza del punto medio del segmento che attraversa la larghezza della sua superficie plantare.I muscoli satelliti di questa articolazione si trovano tutti al di sopra della caviglia, ed il loro tendine distale che si va ad inserire sulle ossa del tarso. come sempre la direzione del tendine in prossimit della sua inserzione distale a determinare la funzione chinesiologica specifica di ciascun muscolo per cui, in questo caso, l'azione di supinazione o di pronazione che dedurremo sar determinata dal passaggio mediale o laterale di questo tendine rispetto al centro dell'articolazione sotto-astragalica.La supinazione un movimento leggermente pi ampio della pronazione, e l'angolo compreso tra l'asse verticale che attraversa la diafisi della tibia e quello che passa per il centro dell'astragalo e del calcagno diviene, in massima supinazione di circa 30 gradi.Lo stesso angolo, in massima pronazione e riferito ad uno spostamento del piede verso l'esterno, di circa 20 gradi.\p842Il principale muscolo supinatore, forse l'unico che riesce ad esercitare una significativa azione in questo senso, il Tibiale anteriore, mentre appartengono al gruppo dei pronatori tutti i muscoli Peronei.Lo studio analitico che segue si riferisce ad un solo agonista per ciascuno dei due movimenti, e sono stati identificati come particolarmente esplicativi per la supinazione il Tibiale anteriore, e per la pronazione il muscolo Peroneo breve.SupinazioneLa supinazione un movimento che appartiene, insieme all'adduzione ed all'estensione, al complesso dell'inversione del piede.Consiste nello spostamento della pianta verso l'interno, con un abbassamento del margine esterno ed un'elevazione di quello interno.Nel paziente emiplegico uno degli elementi che prevale in modo pi netto sul suo opposto, la pronazione, ed alcuni autori sono arrivati ad ipotizzare che nella filogenesi della specie umana la pronazione sia uno dei movimenti acquisiti pi di recente.Questa teoria troverebbe una

precisa conferma nel dato clinico, essendo la pronazione uno dei movimenti pi colpiti in caso di lesione encefalica.Vedremo in sede di conclusione che probabilmente questo vero, tuttavia necessario procedere con lo schema consueto alla ricerca dei fattori che ci possono indicare eventuali situazioni favorevoli in un senso o nell'altro, per poterle poi confrontare con quanto osservato in sede clinica.Il muscolo che esegue la supinazione del piede il Tibiale anteriore, e sar oggetto di uno studio specifico. anche l'unico che attraversa le articolazioni della caviglia, passando all'interno rispetto al centro dell'articolazione sotto-astragalica, mentre gli altri, ad esempio l'Estensore proprio dell'alluce (che decorre molto vicino al Tibiale anteriore), hanno il tendine distale che segue una direzione quasi sovrapponibile al punto in cui si trova il fulcro articolare su cui si realizzano i movimenti di pronazione e supinazione del piede.Il calcolo del momento della forza relativo all'Estensore proprio dell'alluce, che ci consente di indicare un valore assoluto al potenziale muscolare efficace, sarebbe in questo caso eccessivamente penalizzato dall'ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione del vettore ed il braccio della potenza, per cui non viene preso in considerazione.Tibiale anterioreL'analisi del Tibiale anteriore sul piano frontale inizia come al solito dall'anatomia, che descrive questo muscolo indicandone l'origine sul condilo tibiale esterno.Le sue fibre scendono verso il basso, attraversano le articolazioni della caviglia e si inseriscono sulla superficie mediale dello scafoide, passando internamente rispetto al centro dell'articolazione sotto-astragalica.Il vettore che ne rappresenta le caratteristiche biomeccaniche si applica in corrispondenza del suo punto di inserzione distale, in questo caso sullo scafoide.La direzione procede dal basso verso l'alto e, leggermente, dall'interno all'esterno, lasciando all'esterno il fulcro articolare.Il modulo lo stesso che abbiamo rilevato nell'analisi dei movimenti sul piano sagittale, cio abbastanza significativo, essendo il Tibiale anteriore costituito da numerose cellule, ed il verso rivolto in alto Fig. 28.107).\p843Fig. 28.107 - Tibiale anteriore.Azione relativa all'articolazione sotto-astra-galica.Analisi sul piano frontale. Quota chinesiologicamente efficace: Supinazione.Origine: Porzione superiore dei due terzi prossimali della tibia. Inserzione: Superficie interna del primo cuneiforme, base infero-interna del primo metatarso.Innervazione: Nervo del Tibiale anteriore (L4-L5). Il braccio della potenza, ottenuto tracciando la congiungente tra il punto di applicazione vettoriale ed il fulcro dell'articolazione, ci consente di costruire il rettangolo biomeccanico, in cui la quota efficace rivela uno spostamento del piede nel senso della supinazione, portando la sua pianta verso l'interno.L'ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione del vettore ed il braccio della potenza modesta, circa di 25 gradi, e lo stesso vale anche per la lunghezza del braccio, che non supera i dieci centimetri.I dati che condizionano il potenziale motorio effettivo del Tibiale anteriore su questo piano determinano quindi un valore non eccessivamente alto, essendo il modulo vettoriale l'unico elemento quantitativamente significativo.\p844PronazioneIl movimento di pronazione necessario per il mantenimento della pianta del piede sul piano orizzontale, cos da poterne controllare le oscillazioni e da consentire alla gamba di potersi muovere anche verso l'esterno senza stirare le strutture periarticolari.La pronazione pu essere vista sia come un movimento del piede rispetto alla gamba che come un movimento della gamba rispetto al piede.Quest'ultima condizione si realizza soprattutto quando il piede in appoggio al suolo, determinando un lavoro muscolare in catena cinetica chiusa.Si tratta di un movimento inferiore alla supinazione, limitato in ampiezza dalle caratteristiche delle superfici articolari e dal contatto del malleolo esterno con il calcagno.I muscoli rappresentati da un vettore la cui direzione segue una traiettoria esterna al centro

dell'articolazione sotto-astragalica, sono in grado di eseguire una contrazione che sposta la pianta del piede verso l'esterno, e sono i Peronei.Questo gruppo di muscoli decorre parallelamente alla diafisi peroneale, su cui hanno il loro punto di origine.Dopo aver attraversato le articolazione della caviglia, essi si inseriscono sulle ossa del tarso, realizzando un movimento che si esplica quasi interamente sull'articolazione sotto-astragalica.I Peronei sono tre: il Peroneo anteriore, il Peroneo lungo ed il Peroneo breve.Studieremo in modo analitico solo l'ultimo di questi tre, che pu essere considerato come monoarticolare, mentre gli altri attraversano anche altri fulcri, distali all'articolazione sotto-astragalica.Peroneo breveIl gruppo dei Peronei, e quindi anche il Peroneo breve, originano sulla superficie esterna della diafisi tibiale, e si vanno ad inserire sulle ossa del tarso in corrispondenza della porzione esterna delle singole ossa.In particolare, il Peroneo breve ha il suo punto di inserzione sulla base del quinto metatarso.Sul piano frontale, l'analisi biomeccanica di questo muscolo simmetricamente opposta a quella del Tibiale anteriore, ed il vettore che ne rappresenta la forza ha caratteristiche tali da realizzare un'azione che si oppone a quella del muscolo supinatore.Il punto di applicazione vettoriale si trova in corrispondenza del tendine con cui il Peroneo breve si inserisce sulla base del quinto metatarso, la sua direzione quasi verticale, procedendo dal basso verso l'alto e, leggermente, dall'esterno all'interno.Il modulo vettoriale specifico del Peroneo breve inferiore a quello del Tibiale anteriore, ma occorre considerare che l'azione pronatoria viene eseguita anche dagli altri due Peronei, per cui ritengo verosimile valutare la forza espressa dalla somma dell'azione dei Peronei quasi uguale a quella del Tibiale anteriore (se non addirittura maggiore) (Fig. 28.108).La costruzione del rettangolo biomeccanico ottenuta attraverso l'invio della congiungente tra l'origine vettoriale ed il fulcro sotto-astragalico, ci rivela due quote, di cui una coartante, mentre l'altra efficace nel senso dello spostamento della pianta del piede verso l'esterno, che determina un movimento di pronazione.Il calcolo del potenziale muscolare complessivo viene determinato da tre \p845 valori quasi uguali a quelli analizzati nello studio del Tibiale anteriore, con la lunghezza del braccio della potenza leggermente superiore.L'angolo compreso tra la direzione del vettore ed il braccio della leva di circa 25 gradi.Il dato finale che si ricava dal prodotto del modulo vettoriale per i due elementi che abbiamo appena citato esprime un valore conclusivo che, se valutiamo solo il Peroneo breve, inferiore a quello del supinatore, mentre se consideriamo tutti e tre i pronatori pu essere considerato uguale.Fig. 28.108 - Peroneo breve.Azione relativa all'articolazione sotto-astragalica. Analisi sul piano frontale.Quota chinesiologicamente efficace: Pronazione. Origine: Superficie esterna del perone. Inserzione: Base esterna del quinto metatarso.Innervazione: Nervo sciatico popliteo esterno (L4-L5S1).\p846ConclusioniLa dinamica del piede sul piano frontale non indispensabile per il cammino, ma arricchisce il patrimonio motorio dell'individuo, fornendo un contributo che qualitativamente aumenta la possibilit di diversificare le soluzioni che consentono di eseguire la deambulazione.I movimenti di supinazione e di pronazione del piede sono importanti nella prevenzione delle distorsioni, poich consentono al piede di adattarsi meglio a tutte le superfici su cui appoggia, anche se non rappresentano una conditio sine qua non per poter realizzare un cammino funzionale.Nel paziente emiplegico, a questo livello si determina un grave problema, che spesso condiziona in modo pesante la qualit del cammino, costringendo il soggetto all'uso di calzature adeguate e a rallentare forzatamente l'andatura per permettere al piede di adattarsi volontariamente all'appoggio, stirando gradualmente i muscoli ipertonia senza scatenarne le reazioni patologiche delle lesioni a carico del Sistema Nervoso Centrale.Si tratta della assoluta prevalenza della

supinazione che, come abbiamo visto, non trova una giustificazione logica nelle analisi biomeccaniche e chinesio-logiche.Infatti, lo studio delle forze e delle leve che agiscono sull'articolazione sotto-astragalica nel piano frontale, non fa emergere alcun elemento che avvalori in modo significativo tale prevalenza, n si pu affermare che il piede venga sollecitato maggiormente nell'eseguire un movimento di supinazione rispetto ad una pronazione.Quindi, se il nostro ragionamento si fermasse solo alla dimensione periferica del movimento, la supinazione non dovrebbe prevalere sulla pronazione.L'unica ragione che ci pu far comprendere sul piano chinesiologico i motivi di questa prevalenza, consiste nel valutare i movimenti del piede in modo globale, cio in termini di inversione ed eversione.La supinazione del piede appartiene all'inversione, cio al movimento che comprende anche la flessione plantare o estensione e l'adduzione o varismo, che prevale sull'eversione.Meccanicamente molto difficile scindere le singole componenti di questi due complessi, che peraltro coinvolgono pi articolazioni, per cui, se si estende l'articolazione tibio-astragalica, automaticamente si tende anche a portare la sotto-astragalica in supinazione.La prevalenza dell'estensione sulla flessione tibioastragalica trascina anche l'articolazione sotto-astragalica in supinazione.Questa ipotesi potrebbe essere il motivo che giustifica parzialmente il prevalere dell'atteggiamento globale che osserviamo nel piede del paziente emiplegico.I meccanismi neurofisiologici che il Sistema Nervoso Centrale utilizza nel processo di riorganizzazione che segue ad una lesione neurologica, comportano alcune importanti conseguenze sul piano motorio anche a carico del tono muscolare.Tra queste potrebbe essere compresa anche la prevalenza dei supinatori sui pronatori del piede.Ci significa che nei circuiti del Sistema Nervoso Centrale ci possono essere le risposte agli interrogativi che ci stiamo ora ponendo, soprattutto in vista del percorso di recupero da suggerire a questi pazienti.In riabilitazione, la ricerca della pronazione del piede si trova sempre ai primissimi posti negli obiettivi terapeutici da perseguire, e non sempre si tratta di un problema di facile soluzione.La normalizzazione del tono muscolare a questo livello infatti estremamente importante, ed difficile riuscire a modificare i rapporti delle forze di agonisti \p847 ed antagonisti quando le sollecitazioni impresse dal carico esercitano una costante azione di rinforzo sugli schemi motori prevalenti.L'esercizio ripetuto attraverso il susseguirsi dei passi nel cammino, finisce fatalmente per aumentare lo squilibrio dell'azione gi di per s pi forte dei muscoli flessori plantari.\p848ARTICOLAZIONI METATARSO-FALANGEE ED INTERFALANGEECompletiamo lo studio del piede attraverso un'analisi delle articolazioni metatarso-falangee ed inter-falangee, che riprendono in larga misura le considerazioni esposte nel capitolo relativo alle dita della mano, e che sono importanti nello studio del cammino del paziente emiplegico.Le dita del piede si atteggiano molto frequentemente in flessione, riprendendo la stessa tendenza delle dita della mano, ed i muscoli che ne attraversano le articolazioni hanno le loro stesse caratteristiche anatomiche e biomeccaniche.I movimenti delle dita del piede sono meno ampi ed importanti di quelli della mano, anche se svolgono comunque un loro specifico ruolo nella deambulazione, in particolare aumentando la spinta all'inizio della fase di oscillazione e garantendo una serie di aggiustamenti nell'appoggio attraverso un aumento attivo della sua base, in grado cio di trasmettere autonomamente una forza atta a riequilibrare il baricentro, limitando il pericolo di caduta dell'individuo. di particolare rilievo il compito svolto dall'alluce che, per l'ampiezza della superficie plantare ricoperta, riesce a fornire da solo la stessa spinta che esercitano tutte le altre dita insieme.Il primo dito, a differenza degli altri, possiede un'unica articolazione inter-falangea, mentre normalmente abbiamo un fulcro prossimale ed uno

distale.Gran parte degli elementi che analizzeremo relativamente a questi fulcri valgono anche per le articolazioni metatarso-falangee, pur in considerazione del fatto che queste sono in grado di realizzare anche movimenti di abduzione ed adduzione sul piano frontale.Piano sagittaleI movimenti possibili alle articolazioni metatarso-falangee ed interfalangee delle dita del piede sono la flessione e l'estensione, e si sviluppano sul piano sagittale.L'ampiezza massima di questi movimenti molto variabile sul piano soggettivo e, nel loro complesso, queste articolazioni sono in grado di eseguire uno spostamento che pu superare 120.Anche nel piede esistono muscoli estrinseci e muscoli intrinseci che, a parte l'alluce, presentano caratteristiche quasi sovrapponibili sul piano anatomico e funzionale a quelle della mano, per cui approfondiremo solo lo studio di alcuni di essi.Ci soffermeremo in particolare su quelli pi efficaci per l'intensit della contrazione e per le condizioni biomeccaniche in cui agiscono.Si tratta esclusivamente di muscoli estrinseci, due flessori e due estensori: due sono riferiti ai movimenti di tutte le dita e due sono relativi solamente all'alluce.FlessioneI muscoli flessori delle dita, satelliti delle articolazioni metatarso-falangee ed inter-falangee, hanno il tendine distale che passa al di sotto del centro che costituisce il fulcro articolare della leva.La loro azione viene pertanto trasferita verso un movimento che tende a spostare le falangi dall'alto verso il basso, avvicinandone le superfici plantari.\p849L'atteggiamento delle dita in flessione viene fisiologicamente evocato in tutte le situazioni di pericolo, come se si andasse alla ricerca di una presa del suolo per impedire una perdita di equilibrio.Il soggetto adulto sano realizza questa azione automaticamente ogni volta che la forza di gravit o qualche forza esterna mettono la sua massa corporea in una condizione instabile per il mantenimento della stazione eretta.Una modesta quota di contrazione dei muscoli flessori viene reclutata anche durante il cammino, in particolare alla fine della fase di sostegno, come completamento della spinta iniziata dal Tricipite surale che porta il piede in flessione plantare.I due muscoli che analizziamo sono il Flessore comune delle dita e il Flessore proprio dell'alluce.Flessore comune delle ditaSi tratta di un muscolo abbastanza forte, con le sue fibre disposte lungo la superficie postero-mediale della tibia ed un tendine distale che, dopo aver attraversato le articolazioni della caviglia e del piede, va ad inserirsi sulla base delle falangi distali delle dita dal secondo al quinto.Il suo punto di origine si trova sulla superficie posteriore del terzo prossimale della tibia.Essendo poliarticolare, trasmette una parte della sua azione a livello di tutte le articolazioni della caviglia e del piede, anche se una sua contrazione si riflette principalmente sulle articolazioni inter-falangee, dovendo in questo caso vincere solo una modesta resistenza.Iniziamo l'analisi biomeccanica considerando la contrazione sulle articolazioni interfalangee distali, cio alla stregua dei muscoli monoarticolari (come esposto in sede d'introduzione).Il vettore che possiamo costruire in base alle caratteristiche anatomiche del Flessore comune delle dita si applica sulla base della falange distale di una delle dita dal secondo al quinto, e la sua direzione procede dall'avanti all'indietro e, leggermente, dall'alto in basso.Il verso rivolto posteriormente ed il modulo abbastanza efficace (Fig. 28.109).Inviamo la retta che congiunge il punto di applicazione vettoriale con il centro dell'articolazione interfalangea che costituisce il fulcro della leva, ed osserviamo che la distanza tra i due punti ridottissima, e l'ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione del vettore e questo segmento congiungente di circa 30 gradi.Le due quote che compongono il rettangolo biomeccanico descrivono una coattazione delle falangi distale ed intermedia, ed uno spostamento della falange distale dall'alto verso il basso, realizzando un movimento di flessione.La contrazione del muscolo Flessore comune

delle dita caratterizzata da un modulo vettoriale abbastanza efficace, da un braccio della potenza molto breve e da una dimensione angolare di 30 gradi, che descrive un valore medio nel calcolo del potenziale effettivo della forza su una singola articolazione.Flessore proprio dell'alluceDecorre parallelamente al muscolo Flessore comune delle dita, avendo le proprie fibre disposte pi medialmente, ed il tendine distale che si inserisce sulla base della falange distale dell'alluce.Ci che differenzia questa analisi dalla precedente relativo al modulo vettoriale che, in questo caso, trasferisce sull'articolazione interfalangea di un solo dito tutta la sua forza.\p850Fig. 28.109 - Flessore comune delle dita. Azione relativa alle articolazioni metatarso-falangee ed inter-falangee. Analisi sul piano sagittale. Quota chinesiologicamente efficace: Flessione.Origine: Superficie posteriore della tibia, nel suo terzo medio.Inserzione: Base plantare delle falangi distali delle dita dal secondo al quinto.Innervazione: Nervo tibiale posteriore (S1S2).\p851L'intensit espressa dal Flessore proprio dell'alluce simile a quella del muscolo Flessore comune, che deve per riflettersi su tutte le dita che vanno dal secondo al quinto (Fig. 28.110).Fig. 28.110 - Flessore proprio dell'alluce.Azione relativa alle articolazioni metatarso-falangea ed inter-falangea dell'alluce. Analisi sul piano sagittale. Quota chinesiologicamente efficace: Flessione.Origine: Superficie posteriore del perone.Inserzione: Base plantare della seconda falange dell'alluce.Innervazione: Nervo tibiale posteriore (L5-S1-S2).\p852Per il resto valgono tutte le considerazioni che abbiamo gi esposto, sia per ci che riguarda l'analisi delle quote che determinano l'azione flessoria, sia per ci che concerne il calcolo del momento della forza muscolare, espressione del potenziale effettivo che in grado di fornire questo muscolo flessore.EstensioneL'estensione delle dita del piede un movimento che non esercita alcuna azione di spinta per facilitare il passo.Il suo ruolo consiste invece nel controllare la discesa delle dita verso il suolo in alcune fasi della deambulazione, per aumentare la superficie su cui il baricentro del corpo deve cadere e poter quindi rimanere in equilibrio.Questa funzione si svolge nella seconda met della fase di appoggio, quando l'arto inferiore rimane sempre pi in posizione posteriore.Al sollevamento del tallone corrisponde l'inizio dell'estensione delle articolazioni metatarso-falangee ed inter-falangee, che arriva al suo punto massimo subito prima dell'inizio della flessione che, come abbiamo visto, favorisce l'azione di spinta anteriore della gamba.La disposizione delle superfici articolari e dei muscoli satelliti riprende quella delle dita della mano, ad eccezione del primo dito, e nella nostra analisi considereremo solo i muscoli corrispondenti a quelli che abbiamo osservato nello studio della flessione. importante precisare anche che l'estensione delle dita un movimento antigravitario, mentre la flessione si svolge in favore di gravit.Inoltre, non dobbiamo dimenticare che il tentativo automatico innescato ogni qualvolta si crei una condizione di pericolo per l'equilibrio del corpo, porta il soggetto a ricercare una maggior aderenza del piede al terreno, che si esprime anche attraverso una flessione delle dita del piede.Analizzeremo l'Estensore comune delle dita e l'Estensore proprio dell'alluce.Estensore comune delle ditaIl suo ventre muscolare disposto nella porzione antero-laterale della gamba, adiacente al perone, sulla cui epifisi prossimale si trova parte dell'origine (l'altra sull'epifisi prossimale della tibia).Il suo tendine distale va ad inserirsi sulle basi della seconda e della terza falange, dopo essersi suddiviso in tre parti (le due quote esterne arrivano alla terza falange, mentre quella intermedia si ferma a livello della seconda).Il vettore costruito in base alla sua azione che esercita sulle dita, facendo punto fisso a livello dell'origine muscolare, si applica sulla base della falange distale.Come abbiamo fatto nello studio del Flessore comune delle dita, analizzeremo la contrazione relativamente all'articolazione inter-falangea distale.La

sua direzione procede dall'avanti all'indietro e, leggermente, dal basso verso l'alto, il modulo praticamente uguale a quello che abbiamo considerato nel muscolo flessore ed il verso rivolto indietro ed in alto (Fig. 28.111).Tracciamo il segmento che congiunge l'origine vettoriale con il centro dell'articolazione inter-falangea distale e, dopo aver inviato la perpendicolare a questo segmento passante per lo stesso punto di applicazione, completiamo il rettangolo biomeccanico, in cui le due quote evidenziano un'azione coattante maggiore ed un'azione minore che tende a spostare le dita del piede dal basso verso l'alto, realizzando un movimento di estensione.\p853Fig. 28.111 - Estensore comune delle dita.Azione relativa alle articolazioni metatarso-falangee ed inter-falangee. Analisi sul piano sagittale. Quota chinesiologicamente efficace: Estensione. Origine: Superficie interna della diafisi peroneale, tuberosit esterna della tibia.Inserzione: Margini laterali della prima falange, base dorsale della seconda falange delle dita dal secondo al quinto.Innervazione: Nervo del Tibiale anteriore (L4-L5). \p854Fig. 28/112 - Estensore proprio dell'alluce.Azione relativa alle articolazioni metatarso-falangea ed inter-falangea dell'alluce. Analisi sul piano sagittale. Quota chinesiologicamente efficace: Estensione. Origine: Superficie interna della diafisi peroneale. Inserzione: Base dorsale della seconda falange dell'alluce.Innervazione: Nervo del Tibiale anteriore (L4-L5-S1). \p855L'ampiezza dell'angolo compreso tra la direzione del vettore ed il braccio della potenza di circa 30 gradi, e la dimensione lineare dello stesso braccio di leva ridottissima, di circa 1 centimetro.Il valore che ricaviamo da questi dati inseriti nella formula presentata nell'introduzione, indicano quindi un dato analogo a quello del muscolo Flessore comune delle dita.Un'ultima cosa che pu avere un certo significato biomeccanico (ed in effetti alcuni testi di chinesiologia ne parlano), una certa azione di questo muscolo estensore nel senso della pronazione dell'articolazione sottoastragalica.Quest'azione, in realt molto limitata, deriva soprattutto dal tendine che si va ad inserire sul quinto dito che, essendo molto laterale, probabilmente non si trova sulla stessa linea in cui giace il centro dell'articolazione sotto-astragalica, per cui pu essere calcolata una certa quota di movimento attivo provocata da una contrazione di questo muscolo.Estensore proprio dell'alluceLe considerazioni che abbiamo presentato nell'analisi del muscolo precedente valgono esattamente anche in questo caso.Tutta la contrazione dell'Estensore proprio dell'alluce viene trasferita sul primo dito, essendo il suo tendine distale posto sulla base della seconda falange dell'alluce.La direzione del vettore procede dall'avanti all'indietro e dal basso verso l'alto per cui, dopo la scomposizione delle forze, la quota efficace per il movimento evidenzia un'azione estensoria del primo dito, mentre le dimensioni lineare ed angolare del braccio della potenza e dell'angolo compreso tra la direzione del vettore ed il braccio della leva riprendono integralmente i valori che abbiamo osservato a proposito del Flessore proprio dell'alluce (Fig. 28.112).L'alluce occupa una superficie plantare superiore a quella di tutte le altre dita, per cui la presenza di un flessore e di un estensore propri ampiamente motivata, sia per quel che riguarda la spinta all'inizio della fase oscillante (flessore), che per l'esigenza di avere una base di appoggio pi larga, a cui deve corrispondere una maggiore facilit di eseguire un movimento di estensione del primo dito (estensore).ConclusioniLa prevalenza che osserviamo clinicamente nel paziente emiplegico , come abbiamo accennato, quella di un globale atteggiamento flessorio delle articolazioni metatarso-falangee ed inter-falangee del piede.L'analisi biomeccanica non ci sembra che riveli elementi tali da giustificare questa prevalenza, poich le caratteristiche delle leve su cui agiscono i muscoli satelliti e la valutazione dei loro moduli vettoriali evidenzia solo una simmetria di azione tra flessori ed estensori.Ci che invece

molto diverso la chinesiologia di questi due movimenti, e soprattutto il ruolo che essi svolgono durante il passo, in particolare nella fase di appoggio.La flessione delle dita un movimento che completa la spinta iniziata dai flessori della caviglia, mentre l'estensione la possibilit concessa al piede di mantenere una certa base di appoggio anche in prossimit dell'inizio dell'oscillazione della gamba.La flessione dunque un movimento attivo , che si realizza in contrazione \p856 concentrica, contro una resistenza costituita dalla forza ascendente proveniente dal suolo, uguale alla forza peso da sollevare.L'estensione invece un movimento prevalentemente passivo che non interviene nel cammino se non per effettuare un'azione di controllo della flessione e, in minima parte, per sollevare le dita del piede durante la sua fase oscillante.La flessione inoltre un movimento in favore di gravit, mentre l'estensione si sviluppa in un contesto antigravitario.Ogni passo diviene quindi un'occasione per esercitare l'azione flessoria delle dita del piede, mentre ci accade meno per l'estensione.La ripetizione di questo schema motorio non pu che finire per rinforzare enormemente il lavoro esercitato dai flessori a scapito degli antagonisti estensori. opportuno anche ricordare che i due muscoli estensori analizzati svolgono un ruolo rilevante anche nel movimento di flessione dorsale dell'articolazione tibio-astragalica, per cui intervengono anche in modo deciso durante la fase oscillante di ogni passo (per impedire al piede di strisciare con la punta sul terreno).Essendo gli stessi muscoli che attraversano le articolazioni metatarso-falangee ed inter-falangee, la loro azione finisce comunque per esprimersi, grazie al continuo esercizio che anch'essi svolgono durante il cammino.La prevalenza dei flessori viene quindi limitata da questa azione, che relativa ad un altro movimento di un'altra articolazione.Certamente l'atteggiamento flessorio delle metatarsofalangee e delle inter-falangee nel paziente emiplegico un problema di dimensioni inferiori a quello della supinazione dell'articolazione sottoastragalica, ma finisce tuttavia per condizionare la deambulazione, soprattutto per quel che riguarda l'equilibrio e la stabilit durante il mantenimento della stazione eretta e nella dinamica del passo.BibliografiaAA.VV., Encyclopedie Medico-Chirurgicale. Edizioni Mediche Cappa.Agnati L.F., Zoli M., Aspetti di Neurofisiologia del Dolore e dell'Analgesia. Ed.Brexin Library, Modena, 1989. Albert A., La Rieducazione Neuromuscolare dell'Emiplegico Adulto. Ed. Il Pensiero Scientifico, Roma, 1979. Alianti M., Medicina Fisica e Riabilitazione in Geriatria. Ed. Aulo Gaggi, Bologna,1992. Anthony C.P., Kolthoff N.J., Fondamenti di Anatomia e Fisiologia dell'Uomo. Ed.Ambrosiana, Milano, 1971. Anthony C.P., Thibodeau G.A., Fondamenti di Anatomia e Fisiologia dell'Uomo.Ed. Ambrosiana, Milano, 1986. Barat M., Mazaux Pr. L., Reeducation et Readaptation des Traumatises Craniens.Ed. Masson, Milano, 1986. Basaglia N., Rieducazione Motoria del Cerebroleso Adulto. Liviana Editrice,Padova, 1985. Basso A., Il Paziente Afasico. Ed. Feltrinelli, Milano, 1977. Bisiach E., Denes F., De Renzi E., Faglioni P., Gainotti G., Pizzamiglio L.,Spinnler H.L., Vignolo L.A., Neuropsicologia Clinica. Ed. Franco Angeli,Milano, 1978. Bobath B., Emiplegia nell'Adulto: Valutazione e Trattamento. Ed. Libreria Scientifica gi Ghedini, Milano, 1978.\p857Bobath K., Le Basi Neurofisiologiche della Paralisi Cerebrale Infantile. Ed. Bulzoni, Roma, 1984.Brunnstrom S., Cinesiterapia dell'emiplegico. Ed. Libreria Scientifica gi Ghedini, Milano, 1978.Cailliet R., Il Dolore Scapolo-Omerale. Ed. Lombardo, Roma, 1984.Cailliet R., La Spalla nell'Emiplegia. Ed. Marrapese, Roma, 1984.Cambier J., Masson M., Dehen H., Neurologia. Ed. Masson, Milano, 1988.Carlomagno S., Pragmatica della Comunicazione e Terapia dell'Afasia. Ed. Masson, Milano, 1989.Carpenter M.B., Neuroanatomia. Ed. Piccin, Padova, 1977.Chusid J.G., Neuroanatomia Correlazionistica e Neurologia Funzionale. Ed. Piccin, Padova, 1975.Coste F., L'Epaule Douloureuse. Ed.

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sono anche movimenti ritmici, dove il rapporto agonisti-antagonisti rispettato, che non sono considerati tremore (il mioclono per esempio), cos come vi sono tremori che non rispettano la sinergia agonistiantagonisti; un esempio caratteristico di tremore di quest'ultimo tipo il tremore cinetico, a comparsa tardiva nel parkinsoniano, dove agonisti e antagonisti si contraggono simultaneamente.Il tremore deve quindi essere considerato un sintomo ad ampio spettro, non circoscritto ad una o pi patologie specifiche, ma riconducibile ad un numero imprecisato di situazioni del SNC. Si tratta di situazioni eterogenee in cui si sono perse le abituali sincronie funzionali fra le diverse componenti nervose. Queste situazioni possono essere sintomatiche di patologie neurogene ma anche, pi semplicemente, espressioni di desincronizzazioni momentanee sine materia . noto per esempio che il tremore pu accompagnare uno stato di ira particolarmente intenso, la paura o l'ansia. Il tremore anche un efficace meccanismo a disposizione del sistema nervoso vegetativo per combattere il freddo, oppure si sviluppa in conseguenza a prolungati sforzi muscolari massimali.Si potrebbe proporre un paragone sufficientemente calzante fra il tremore e la febbre. Cos come la febbre il sintomo di una particolare situazione dell'organismo, il tremore il sintomo di una particolare situazione funzionale del SNC, a volte indice di una sofferenza organica, altre volte pi semplicemente espressione di uno stato di necessit.Date le caratteristiche specifiche di questo movimento involontario diviene inutile, o quantomeno fuorviarne, cercare di catalogare le strutture nervose il cui alterato funzionamento sta alla base del fenomeno, cos come sarebbe fuorviarne catalogare le strutture del corpo il cui alterato funzionamento pu dare luogo ad un aumento della temperatura. senz'altro pi significativo, come avverr nelle pagine seguenti, trattare il tremore dal punto di vista delle manifestazioni cliniche che ne stanno alla base, con i principi semeiologici che aiutano a catalogarle. Il tremore va inoltre \p862 considerato dal punto di vista degli aspetti neurofisiologici che ne costituiscono l'origine.Il tremore: aspetti cliniciI primi dati che colpiscono in un paziente con tremore , sono l'ampiezza del movimento e la sua frequenza.Riguardo all'ampiezza non vi sono regole precise che aiutino ad orientarsi, ma solamente generici punti di riferimento.Un tremore ad oscillazioni ampie, comunemente definito tremore grossolano , in genere indica il coinvolgimento delle parti pi periferiche del SNC, quelle cio pi vicine all'apparato locomotore, deputate a mettere in atto il progetto motorio. Un tremore ad oscillazioni molto piccole, genericamente definito tremore fine , definisce solitamente il coinvolgimento delle strutture pi alte del SNC (la corteccia per esempio), quelle deputate alla costruzione ed elaborazione del progetto motorio.Il tremore conseguente ad un prolungato sforzo muscolare massimale, o il tremore (molto raro) conseguente ad una deafferentazione sensitiva, sono sicuramente ad ampie scosse. I tremori legati agli stati di tensione, che coinvolgono la consapevolezza e la strategia comportamentale, spesso fisiologici, sono tremori fini, a scosse piccolissime.La frequenza un parametro pi specifico: un tremore a 6-8 Hz si definisce quasi sicuramente di tipo parkinsoniano o comunque con coinvolgimento dei nuclei della base; un tremore a 3-5 Hz si definisce pressoch sicuramente di tipo cerebellare; una frequenza di 8-12 Hz definisce un tremore essenziale, oppure un tremore patologico sine materia . Il tremore fisiologico pu arrivare ad una frequenza di 30 Hz.Dopo l'osservazione di come trema un paziente si giunge all'osservazione di quando trema.Il tremore pu essere un tremore a riposo, che avviene cio quando il soggetto fermo immobile su di una comoda base di appoggio, oppure un tremore cinetico, quando il paziente trema nell'esecuzione motoria, ma non da fermo. Vi pu essere un tremore d'intenzione, evidente solamente quando il soggetto assume una posizione che richiede grande precisione, per esempio se deve indicare un oggetto

con il dito tenendolo assolutamente fermo a pochi millimetri di distanza, o un tremore posturale, che si verifica nella stazione eretta.Il tremore deve avere sempre una frequenza di almeno 3 Hz; ci permette di non confondere il tremore posturale con le comuni oscillazioni (fisiologiche o patologiche) dovute al recupero della posizione di equilibrio, o il tremore cinetico dall'atassia (l'atassia peraltro non ha un movimento ritmico, ma sussultorio).Il tremore cinetico, posturale e intenzionale tipico del paziente cerebellare, il tremore statico tipico del paziente parkinsoniano.Il tremore essenziale (con la sua variante: tremore senile, vedi oltre) sia statico che dinamico; pur essendo anche un tremore cinetico ricorda pi il tremore parkinsoniano che il tremore cerebellare.Le suddivisioni fra tipi di tremore e patologie riportate nella tabella 29.1 sono di massima, ad essa va attribuito solo un significato orientativo e non un valore assoluto.Nel Parkinson, che costituisce il pi caratteristico esempio di tremore a riposo, presente (spesso solamente in fase tardiva) anche un tremore cinetico. Allo stesso modo nel cerebellare, che costituisce l'esempio pi caratteristico di \p863 tremore cinetico e intenzionale, presente con una certa frequenza anche un tremore di riposo. Il tremore senile sempre sia cinetico che intenzionale, frequentemente richiama il tremore parkinsoniano.Tab. 29.1 - Caratteristiche dei differenti tipi di tremore1 TREMORE FISIOLOGICOa) provocato; tipo: tensione emotiva; comparsa: riposo; ampiezza: fine; frequenza: variabile con il pesotipo: freddo; comparsa: cinetico; ampiezza: finetipo: sforzo massimale; comparsa: d'intenzione; ampiezza: medio/ampiob) essenziale; tipo: centrale; comparsa: riposo; ampiezza: variabile; frequenza: 8-12 Hzb) essenziale; tipo: periferico; ampiezza: ampio; frequenza: variabile con il peso2 TREMORE ESSENZIALEa) senile; comparsa: riposo; ampiezza: ampio; frequenza: 8-12 Hz comparsa: cinetico; comparsa: d'intenzioneb) tremore della scrittura; comparsa: cinetico; ampiezza: ampio; frequenza: 4-8 Hz3 TREMORE CEREBELLAREcomparsa: cinetico; intenzionale; naturale; ampiezza: ampio; frequenza: 3-5 Hz4 TREMORE EXTRA PIRAMIDALEa) Parkinson; comparsa: riposo; ampiezza: ampio; frequenza: 4-5 Hzb) Parkinsonismi; comparsa: cinetico; ampiezza: ampio; frequenza: 6-8 Hzc) Wilson; comparsa: cinetico; frequenza: 6-8 Hz5 TREMORE PERIFERICOcomparsa: variabile;ampiezza: ampio, frequenza: variabile6 TREMORE METABOLICOcomparsa: variabile; ampiezza: ampio; frequenza: variabile7 TREMORE FARMACOLOGICOcomparsa: cinetico e intenzionale; ampiezza: fine; frequenza: 8-12 HzUn'altra caratteristica semeiologica importante del tremore data dalla significativa influenza della psiche su di esso.Vi sono tremori, come quello senile, in cui la emotivit gioca un ruolo determinante, esagerandone le caratteristiche; altri, come il tremore cerebellare, in cui l'emotivit gioca un ruolo del tutto marginale ed altri ancora, come i tremori periferici, in cui il ruolo della psiche nullo.Le malattie pi comuni in cui si ritrova tremore sono indicate nella tabella 29.2.Un tremore non compreso in tabella ma molto importante, il tremore da sforzo massimale prolungato. Presente quando il muscolo (o i muscoli) effettuano una contrazione massimale prolungata, del tutto fisiologico; va citato in quanto, nella rieducazione di pazienti con deficit motori, un movimento del tutto normale o anche debole pu rappresentare uno sforzo massimale prolungato per il paziente. In questo caso il tremore va attribuito allo sforzo e non alla patologia di base.Un ultimo caso che vale la pena ricordare, anche se molto raro, l'asterixis, un tipo particolare di tremore (o pseudo tremore, come alcuni sostengono) che \p864 si associa pressoch esclusivamente a patologie internistiche, del fegato, dei reni o dei polmoni [1].[1] La ragione di ci sconosciuta.L'asterixis si evidenzia ponendo il paziente a braccia tese in avanti: improvvisamente si avr una caduta della mano, con flessione del polso e repentino recupero della posizione iniziale. Il tremore ricorda molto da vicino il battere di un'ala, tanto da venire definito flapping tremor dagli autori

anglosassoni.Si ritiene che l'origine dell'asterixis sia legata ad una momentanea inibizione del tono muscolare che mantiene la postura (antigravitaria) nella posizione in cui si trova il paziente. La perdita di tono e l'attrazione gravitazionale provocherebbero la caduta (fase verso il basso del tremore), che verrebbe poi immediatamente recuperata (fase verso l'alto del tremore) con ritorno alla posizione originale.Tab. 29.2 - Tipi di tremore in diverse malattie di interesse neuropsichiatrico1 Malattia (con tremore): Parkinsonismo Topografia della lesione: Sistema nigro-striatale Sintomi che si accompagnano al tremore: Acinesia e rigidit Forme cliniche del tremore: Tremore a riposo e posturale Caratteristiche fisiche del tremore e sedi preferenziali: Alternante, lento (4-6/ sec.) distale2 Malattia (con tremore): Tremore essenzialeTopografia della lesione: Ignota, probabilmente multisettorialeForme cliniche del tremore: Tremore d'azione o posturaleCaratteristiche fisiche del tremore e sedi preferenziali: Relativamente veloce, alle estremit distali superiori; peggiora per stimoli emotivi, pu essere parzialmente controllato dalla volont3 Sindromi cerebellariArchi-cerebellari; Sistema vestibolo-cerebellare; Atassia; Posturale ; Lento (3-5/ sec.)Paleo-cerebellari Spinocerebellare; Atassia; Posturale; Tronco e cingolo scapolareNeocerebellari a) Cereb.-reticolo-spin.; Ipotonia e dissinergia; Posturale; Tronco e cingolo scapolareb) Cereb.-cortico-fugali; Ipotonia e dissinergia; Intenzionale; Distale diffuso (la frequenza dipende dall'intenzionalit)4 Cerebello - (Dentato) Rubro -Olivo -Varie combinazioni dei sistemi cerebello-fugali con altri; Paresi, spasticit, atassia, distonia; Posturale; Molto lento, fortemente influenzato dai disordini motori satellitiCerebellare A riposo Intenzionale; A tutte le estremit5 Malattia di WilsonDegenerazione epato-cerebrale; Ipercinese del tono asterixis; alterazionimuscolare; Posturale, d'azione, intenzionale; Rapido, fortemente modificato dai disordini motori satelliti, generalizzato, aggravato da attivit psichiche6 Intossicazione cronica da alcoolLesioni diffuse; Atassia Ipotonia; Posturale, (intenzionale); Rapido (capo, tronco e arti), aggravato da attivit psichicheIl tremore fisiologicoIl tremore non necessariamente indice di sofferenze del SN: esiste anche ed da molto tempo riconosciuto: un tremore fisiologico (Holmes, 1904). Per comprendere e differenziare un tremore patogico da un tremore \p865 fisiologico innanzitutto necessario rifarsi ad alcuni elementari principi della fisica meccanica.Il corpo umano una struttura in equilibrio instabile (un pendolo invertito, vedi figura 14.5) ed costantemente condizionato da una serie di movimenti osc llato

ri passivi attorno ad un baricentro.Ogni qualvolta si compia un movimento attivo, questi meccanismi oscillatori passivi vengono esaltati e innescano riflessi posturali di vario genere, contribuendo in maniera importante al tremore fisiologico meccanico.Vi sono anche altri meccanismi che contribuiscono a questa componente meccanica: il battito cardiaco (Carrie e Bickford, 1969), la respirazione ed anche la velocit di contrazione delle unit motorie dei diversi muscoli pu essere causa di un tremore fisiologico meccanico (Freund, 1983).La componente meccanica del tremore fisiologico ha una frequenza variabile a seconda dei segmenti corporei. Una volta si definiva la frequenza del tremore fisiologico attorno ai 10 Hz, poi si visto che esso varia notevolmente da segmento a segmento, poich la massa inerziale (il peso) del segmento corporeo interessato inversamente proporzionale alla frequenza del tremore.Oggi si considera che il tremore fisiologico di un arto superiore (di medie dimensioni) al gomito sia di 3-5 Hz, di 8-12 Hz al polso e di 17-30 Hz alle dita.La caratteristica di variare in modo inversamente proporzionale alla massa inerziale (peso) dell'arto tipica di un tremore fisiologico ed uno dei test utilizzati per differenziarlo dai tremori patologici, che invece aumentano all'aumentare della massa inerziale (Elble, Koller, 1990).Il tremore meccanico per solamente una delle componenti del tremore fisiologico. Vi un'altra componente che si sovrappone al tremore inerziale o meccanico, sulla cui origine non si hanno ancora informazioni sicure.Si tratta di un tremore la cui frequenza (8-12 Hz) non viene modificata dalla massa inerziale, che ne modifica invece l'ampiezza (di solito medio-fine).Vi sono molte ipotesi sull'origine, chiaramente legata all'attivit del SNC, di questo tremore fisiologico. La pi accreditata, al momento, che sia originato da un oscillatore centrale (Bernstein, 1967) che scandisce il ritmo e la frequenza delle varie attivit presenti nei neuroni del SNC, per dare a tutti alcuni punti di riferimento.Per avere un'idea questa struttura, la cui localizzazione ed attivit neurofisiologica per ora ignota, funzionerebbe da generatore di ritmo, per evitare che i differenti neuroni escano da certi limiti di frequenza entro i quali bisogna rimanere per mantenere il buon funzionamento del sistema nervoso nel suo insieme.L' oscillatore centrale potrebbe essere paragonato ad un metronomo in una scuola di musica o al clock di un computer.Non tutte le persone manifestano il tremore fisiologico nella sua componente neurogena, solamente alcune nelle quali l'attivit delle unit motorie (che normalmente scaricano pure ad una frequenza di 8-12 Hz) entra, per qualche meccanismo sconosciuto, in risonanza con questo generatore di ritmi , l'oscillatore centrale.In conclusione:Il tremore fisiologico normalmente presente in tutti gli individui, ha una frequenza variabile, inversamente proporzionale alla massa della struttura in cui si manifesta (sintomo patognomonico) ed solitamente di origine meccanica.Normalmente vi una seconda componente del tremore fisiologico, ad origine neurogena non ancora localizzabile in una struttura definita. Questa componente non presente in tutti gli individui; se si manifesta ha una frequenza costante fra 8-12 Hz ed oscillazioni medio-fini. La frequenza della componente neurogena non risente della massa, al contrario di ci che accade nel tremore fisiologico di origine meccanica. L'ampiezza del tremore fisiologico, sia meccanico che neurogeno, modificata dalla massa.\p866Basi neurofisiologiche dei principali tipi di tremore (patologico)Tremore essenzialeSi tratta di una patologia molto frequente, che colpisce, nelle zone dove stato studiato epidemiologicamente (Stati Uniti, India e paesi scandinavi) una popolazione molto variabile: 0,5% negli Stati Uniti e addirittura il 3.7% nella popolazione sopra i 40 anni nei paesi scandinavi.Si tratta di un tremore per il quale non si riconosciuta, fino ad oggi, n una causa specifica n una precisa patogenesi.Clinicamente caratterizzato da una spiccata familiarit (circa il 50% dei casi) e da un tremore prevalente al braccio o al capo,

di frequenza 8-12 Hz, che pu essere flesso-estensorio o rotatorio. L'ampiezza del tremore assai variabile, tanto da non caratterizzarne una specifica diagnostica.Il tremore a riposo, cinetico ed intenzionale, peggiora nel movimento e con l'aumentare della tensione emotiva.Colpisce dopo i 40 anni quando, data la componente posturale e l'et del paziente, pu essere scambiato per un tremore parkinsoniano. Il tremore essenziale per non mima il tipico contar monete del parkinsoniano e la scrittura quasi sempre macrografica e spigolosa, in contrasto con la micrografia del parkinsoniano.Il tremore senile una variante tardiva del tremore essenziale.Il tremore essenziale ha evoluzione assai variabile, tanto che impossibile fare prognosi affidabili.Non esistono dati attendibili alla base del tremore essenziale e nei rari reperti autoptici non si riscontrano danni al SNC.Resta un dato di fatto: un tremore simile a quello essenziale riproducibile in laboratorio attraverso la inattivazione delle connessioni fra nucleo rosso e oliva bulbare (tremore cosiddetto da armalina). Questo tremore ha una frequenza fra 8-12 Hz, sovrapponibile al tremore essenziale ma anche alla componente centrale del tremore fisiologico.Il tremore da armalina inoltre scompare se si deconnettono dall'oliva i nuclei reticolari del rafe, per ricomparire con il restaurarsi di queste connessioni.Il fenomeno verr ripreso pi oltre, sia a proposito delle varianti del tremore cerebellare sia, come patogenesi, a proposito dal tremore talamico (extrapiramidale). Il meccanismo fiosiopatogenetico del tremore rubro-olivare sarebbe infatti identico al meccanismo del tremore da disinibizione talamica (Elble e Koller, 1990).Una scala di valutazione del tremore essenziale deve tenere conto della presenza di tremore a riposo, posturale, cinetico o di intenzione in tutte le parti del corpo pi comunemente coinvolte (arto superiore, mano e capo). Al capo il tremore genera movimenti di s-s, no-no oppure movimenti complessi.Il tremore essenziale risente positivamente di piccole somministrazioni di alcool oppure (ma il farmaco pi impegnativo, soprattutto data l'et dei pazienti, che frequentemente elevata) della somministrazione di betabloccanti.Esiste anche un il tremore della scrittura (Rothwell 1979, Bain 1995) che si verifica solamente quando il soggetto assume la posizione dello scrivere, con frequenza fra 4-8 Hz, ad ampie scosse Quest'ultimo tipo di tremore non facilmente catalogabile. Si discute se sia assimilabile ad un tremore essenziale o se sia invece riferibile ad un disturbo dei nuclei della base, appartenente alla famiglia delle distonie.\p867Tab. 29.3 - Classificazioni proposte per il tremore essenziale.Findley e Gresty (1981) Tipo 1; frequenza: 7-11 HzTipo 2 frequenza: <7 HzMarsden et al (1983)Tipo 1 caratteristiche: benigno, fisiologico esagerato, frequenza: 8-12 HzTipo 2 caratteristiche: benigno, patologico, essenziale, frequentemente famigliare, risponde al propanololo; frequenza: 5-7 Hztipo 3 caratteristiche: severo, patologico, sporadico, non risponde alla terapia; frequenza: 4-6 Hztipo 4 caratteristiche: sintomatico, associato ad altre patologie neurologiche (distonia neuropatie periferiche o altro); frequenza: non valutabileDeuschl et al (1987)Tipo A caratteristiche: attivit sincrona predominante agonisti/antagonisti nella postura, risposta tardiva del riflesso miotatico normale; frequenza: 5-10 Hztipo B caratteristiche: attivit alternata degli agonisti/antagonisti nella postura, risposta tardiva del riflesso miotatico ritardata; frequenza: 5-8 HzTremore cerebellareIl tremore cerebellare riconosce due origini neurofisiologiche distinte: una legata al danno della via cerebello-talamo-corticale, l'altra (la pi importante) legata al danno della via cerebello-rubroolivo-cerebellare.Il danno della via cerebello-talamica produce tremore d'intenzione, in quanto vengono alterate le tipiche sinergie fra agonisti ed antagonisti in grado di dare la precisione e la sincronia necessaria all'esecuzione di una catena cinetica.L'azione fisiologica del cervelletto, attuata sull'apparato locomotore sia attraverso la corteccia

cerebrale che attraverso la propria influenza diretta sul midollo, consente un controllo della circuiti neurofisiologici orizzontali del midollo; questo controllo previene l'oscillazione perpetua di agonisti antagonisti legata ai riflessi da stiramento [2].[2] La situazione dei riflessi e della loro azione oscillatoria definita in dettaglio nel capitolo di fisiologia orizzontale del midollo spinale. L'azione sui riflessi del cervelletto definita dettagliatamente nel capitolo di neurofisiologia e clinica e neurofisiologia del cervelletto.I muscoli non riescono pi a calibrare raffinatamente la loro attivit nell'esecuzione del movimento di precisione; si ha cos un errore motorio (la dismetria) il cui tentativo di correzione provoca una dismetria in senso opposto e cos di seguito, dando luogo al tipico tremore, posturale, cinetico o intenzionale a seconda delle diverse patologie cerebellari.Il quadro del tremore ulteriormente aggravato dal ruolo del cervelletto, sia nella progettazione del movimento, sia nella correzione dei movimenti errati.Lievemente diverso sembrerebbe il ruolo della via cerebello-rubroolivo-cerebellare. Questa via agirebbe come un servo meccanismo (Ito, 1984) per correggere gli eventuali errori di codificazione motoria che avvengono in conseguenza ad un alterato scambio di informazioni fra corteccia motoria e cervelletto. Se tutto funziona a dovere, il cervelletto apprende la successione logica dei singoli movimenti nella catena cinetica grazie alla corteccia (ed alle vie cortico-olivocerebellari). Se questo meccanismo non funziona, vi sarebbe una seconda via ad origine \p868 esclusivamente cerebellare (quella in questione) in grado di simulare l'ordine sequenziale del controllo motorio corticale e di consentire il giusto assemblamento delle catene cinetiche, anche in assenza dei corretti comandi provenienti dalla corteccia.Per questa ragione, un danno contemporaneo della via cerebello-rubro-olivare e della via dentato-rubra produrrebbe tremore: per mancanza di istruzioni al cervelletto sul significato delle diverse, possibili concatenazioni cinetiche.Il tremore da danno rubro-olivare viene inibito se viene inattivata la via reticolo-olivare, che dai nuclei del rafe si dirige verso l'oliva bulbare, alla ricrescita di detta via il tremore (3-5 Hz) riprende puntualmente.Ci fa ritenere che, una volta perduto il condizionamento rubro, le fibre rampicanti dell'oliva bulbare influenzino il cervelletto secondo ritmi dettati dalla sostanza reticolare [3].[3] La sostanza reticolare, secondo alcuni (Elble e Kroner), sarebbe il Metronomo del SNC, sarebbe cio la struttura generatrice di un ritmo di fondo al quale si devono adeguare tutti i neuroni del sistema per poter colloquiare fra loro.L'osservazione non ha rilevanza clinica, ma rende conto del concetto di tremore come sintomo collegabile a numerose strutture all'interno del SNC.Tremore cosiddetto extrapiramidaleTremore a riposoLa sola lesione della via nigro striatale (presente nei nuclei della base) non provoca tremore a riposo. Questo dato conferma una supposizione gi ipotizzata a livello biochimico-clinico e collegata al fatto che il tremore l'unico sintomo a non risentire in maniera significativa della terapia a base di Dopamina.Dunque, fra i tre sintomi fondamentali del Parkinson (ipertono, acinesia, tremore) esiste una sostanziale differenza: l'ipertono e l'acinesia sono collegati ad un disturbo localizzato nella via nigro-striata (e sono ben contrastati dalla terapia dopaminergica), il tremore no; esso probabilmente legato ad una alterazione di equilibri globali del SNC, l'alterazione in questo caso sarebbe conseguente proprio ad un deficit dei nuclei della base. Il tremore, a conferma di questa ipotesi, non pu nemmeno essere alleviato dalla stimolazione del GPi poich il nucleo, nel morbo di Parkinson, ha perduto la sua azione inibitoria sui nuclei talamici.Neppure un danno isolato del nucleo dentato cerebellare provoca tremore a riposo, anche se pu dar luogo a tremore intenzionale ed atassia e l'origine del tremore extrapiramidale non pu essere attribuita nemmeno ad un fenomeno periferico, una completa deafferentazione sensitiva non d alcun

risultato [4], dimostrandone cos indirettamente l'origine centrale.[4] Un'altro fatto che sostiene la totale estraneit della reflessologia orizzontale midollare riguardo al tremore a riposo la registrazione microneurografica dalle fibre nervose afferenti dal fuso: questa registrazione mostra distintamente una doppia contrazione attiva del fuso neuromuscolare ad ogni ciclo del tremore, una quando il muscolo viene stirato, l'altra mentre si contrae attivamente. Questa seconda attivazione non possibile in un riflesso originato da uno stimolo periferico, deve forzatamente essere collegato ad una coattivazione del sistema alfa-gamma, situazione che si genera solamente in conseguenza ad impulsi in arrivo dal tronco cerebrale o dall'encefalo.Nel soggetto normale questi sistemi influenzano, modulandolo, il talamo motore, che a sua volta modula la corteccia motoria primaria (area 4) e le cortecce motorie associative (area 6).Il talamo motore e la corteccia somatomotoria sono fisiologicamente costituiti da neuroni a scarica tonica sincronizzata di 4-5 Hz, la stessa del tremore a riposo. Entrambe le strutture per sono attive e sincronizzate su queste frequenze di scarica solamente durante il sonno e nella fase di risveglio, la sincronizzazione non presente durante la normale attivit del SNC.\p869 logico ritenere che la sincronizzazione scompaia per un fenomeno di inibizione e che sia la mancanza di inibizione a provocare l'insorgenza del tremore a riposo, poich esso dimostrato essere assolutamente sincrono con la frequenza di scarica talamica e corticale.Vi sono tre sistemi inibitori che esercitano la loro azione sul talamo motore:1. Il GPi2. La sostanza reticolare dei nuclei intralaminari del talamo3. Il sistema di interneuroni inibitori interni al nucleo talamico in questione.Tutti questi circuiti utilizzano il GABA come mediatore [5].[5] Anche se la durata delle diverse inibizioni GABAergiche differente, essendo pi lunga per l'inibizione dai nuclei reticolari talamici.Una stimolazione del GPi non inibisce queste frequenze di scarica, n la loro sincronizzazione. Evidentemente l'inibizione GABA proveniente dal GPi, coinvolta in un altro tipo di funzione [6].[6] L'inibizione GABA del GPi del resto a breve termine, difficilmente potrebbe innescare i circoli viziosi alla base del tremore.Alcuni ricercatori (Crunelli e Leresche, 1991; Huguenard e Price, 1995; Bal et al. 1995) hanno ipotizzato che l'inibizione GABA prolungata sui nuclei del talamo motore, provenga dai nuclei talamici reticolari.Questa inibizione attiverebbe un ingresso del Ca++ lento, che condurrebbe comunque, anche in presenza di una inibizione per gli spikes al Na+, ad un potenziale d'azione (legato esclusivamente ai flussi di Ca++) dei neuroni del talamo motore.Il potenziale attiverebbe nuovamente l'inibizione da parte dei nuclei reticolari talamici sugli stessi neuroni del talamo motore, creando cos un circolo vizioso, con scarica di questi neuroni alla frequenza di 4-5 Hz, che la frequenza caratteristica del tremore a riposo del paziente extrapiramidale.Durante gli interventi chirurgici infatti possibile rilevare che l'attivit dei neuroni in questione assolutamente in fase con il tremore.A ci va aggiunto che un danno corticale o capsulare abolisce il tremore a riposo ma non la scarica dei neuroni talamici, definendone quindi anche il percorso, dal talamo alla corteccia e da qui alla periferia, lungo le vie discendenti cortico-spinali o corticotronco-spinali (Straffella et al, 1996).Questa teoria rende ragione del fatto che la somministrazione di Dopamina sia di scarsa efficacia sul sintomo tremore, cos come del fatto che la distruzione chirurgica delle zone del talamo motore o la sua stimolazione elettrica abbia effetti clamorosi.La teoria sarebbe sostenuta (oltre che da questi dati) dal fatto che, nell'uomo, l'intervento chirurgico pi efficace per il controllo del tremore a riposo la coagulazione del nucleo ventrale laterale nella sua parte pi posteriore (VI del VL, vedi talamo), nucleo che non riceve alcuna afferenza diretta dai NB, la cui coagulazione per intervento selettivo per ottenere il miglioramento di ogni tipo di

tremore e non solamente di quello ad origine extrapiramidale.Tutto questo, come facile immaginare, lascia non poche perplessit [7] ed indica la necessit di ulteriori studi a proposito, che possano chiarire definitivamente il significato e l'origine del complesso fenomeno del tremore a riposo.[7] Si deve aggiungere inoltre che nell'animale necessario eliminare quattro distinte vie per ottenere un tremore simile al tremore a riposo del Parkinson umano, legato ad un danno di una sola di queste vie: la nigro-striata. Le rimanenti tre vie dell'animale sono la dentato(cervelletto)-rubra, la via rubro-olivare e la via dentatotalamica.Tremore d'intenzioneL'origine neurofisiologica del tremore d'intenzione, che si presenta solamente in fase avanzata nel danno extrapiramidale, oscura.\p870Si ritiene che questo tremore (legato al danno dei nuclei della base) abbia una causa diversa dal tremore a riposo, in quanto:- possiede una frequenza diversa (6-8 Hz);- possibile, nel Parkinson, il presentarsi simultaneo dei due tremori; durante il tremore d'intenzione non rispettata l'attivazione sinergica della muscolatura agonista-antagonista che caratterizza il tremore a riposo, ed alla elettromiografia compare una cocontrazione di gruppi muscolari opposti.Il tremore d'intenzione nel Parkinson gioca un ruolo importantissimo nel fenomeno della ruota dentata (fenomeno clinico dato dalla sovrapposizione di tremore d'intenzione ed ipertono extrapiramidale) dove, per tutta l'escursione di una determinata articolazione, si percepisce un succedersi di resistenze e rilassamenti muscolari, alternantisi, come se al posto dell'articolazione si trovasse la ruota dentata di un ingranaggio.Il fenomeno collegato alle scariche di attivit muscolare che si sovrappongono all'ipertono extrapiramidale durante lo stiramento passivo di un muscolo. La sua attivazione legata al tremore di intenzione produrrebbe la resistenza. Vinta momentaneamente da un riflesso a serramanico (miotatico inverso), la contrazione legata al tremore di intenzione si ripresenta dopo alcuni secondi (la frequenza del tremore intenzionale e di 8 Hz). dunque l'alternarsi di scariche di contrazione e rilflessi di rilassamento che d all'esaminatore la caratteristica sensazione della ruota dentata.Tremore legato a patologie del sistema nervoso perifericoI pazienti con disturbi nervosi periferici di tipo traumatico, compressivo o polineuropatico, presentano a volte tremore. Il dato, osservabile in clinica anche se non frequente, merita alcune considerazioni.Sicuramente il tremore non l'unico movimento involontario osservabile nelle sofferenze periferiche, in questi pazienti si possono osservare atassia, contratture ed anche alcune forme di distonia. Tutte le patologie elencate sono per differenziabili dalle pi comuni sofferenze analoghe, legate a un danno del SNC che solitamente danno luogo a queste manifestazioni semeiologiche.L'atassia per esempio pu essere facilmente distinta dalla classica atassia cerebellare sia perch peggiora enormemente ad occhi chiusi, sia perch coinvolge in maniera assai pi grossolana l'arto, i cui movimenti sono interessati uniformemente.Nell'atassia cerebellare il coinvolgimento invece topograficamente selettivo.Non esiste un tipico tremore periferico, ma il suo aspetto grossolano deve essere di riferimento per una tale attribuzione.Il tremore pu essere osservato in qualsiasi tipo di neuropatia periferica, nei rari casi osservati mostra alcuni aspetti interessanti.Il primo di questi che non peggiora a causa di fattori emotivi, come invece il tremore fisiologico e la maggior parte dei tremori extrapiramidali.Il secondo aspetto che nemmeno le facilitazioni usuali implicano un peggioramento del tremore (come avviene invece in molti altri casi). Un carico di diversi chilogrammi di peso, anche per diversi minuti, non in grado di evidenziare alcun peggioramento (Shahani, 1984).Vi un terzo aspetto che caratterizza i tremori periferici: essi sono particolarmente pronunciati in alcuni momenti della neuropatia (nella fase centrale della patologia). Se la malattia evolve in senso peggiorativo, il tremore diminuisce di ampiezza e di frequenza e

di solito scompare.Non esiste un pattern speciale del tremore: alla elettromiografia si pu osservare un caratteristico alternarsi di agonisti e antagonisti, oppure una cocontrazione.Il tremore periferico pu essere indifferentemente osservato in forme \p871 autoimmuni, metaboliche, traumatiche e da intrappolamento. Queste ultime meritano per alcune ulteriori osservazioni.Come tutti i tremori periferici, sono decisamente rari e sono particolarmente frequenti nei professionisti abituati a performances motorie di elevatissima qualit, richieste particolarmente all'arto superiore ed alla mano.La causa supposta del disturbo parrebbe legata alla necessit, dato il livello di prestazioni motorie, di integrare ad ogni estrazione (midollare, del tronco e corticale) tutte le possibili afferenze: tattili, propriocettive ed esterocettive, poich solamente con il massimo contributo di tutte queste afferenze il complessissimo programma motorio del professionista pu scorrere con il ritmo e le sincronie adeguate. Mancando anche una minima afferenza, la delicatissima costruzione motoria non pi rappresentabile.Questa teoria spiegherebbe anche la frequente ed anomala associazione di crampo dello scrivano (o del violinista, o della dattilografa, patologie caratteristicamente collegate ad un danno dei nuclei della base) con le diverse sindromi da intrappolamento periferico.Esperienze pratiche dicono che quando l'intrappolamento ed il tremore (o il crampo) si verificano contemporaneamente, assai opportuno intervenire subito sulla sindrome periferica.Il tremore ed il deterioramento funzionale in questi casi si osservano soprattutto alle ultime dita della mano, che sono anche le ultime a recuperare dopo l'intervento. importante infine osservare che anche patologie del plesso brachiale possono a volte generare un tremore periferico.Fra i tremori patologici vanno anche ricordati quelli ad origine ormonale, provocati dall'ipertiroidismo ed i tremori farmacologici, provocati dall'uso di alcuni stupefacenti, delle xantine od altri composti.Tab. 29.4 Propriet farmacologiche dei principali beta bloccanti.Potenza relativaPropanololo 1Metaprololo 1Nadololo 0.5Atenololo 1Timololo 6Pindololo 6Selettivit recettoriale-Beta1-Beta 1-Attivit agonista-+Stabilizzazione di membrana+++-+Emivita (ore) plasmatica3-53-716-246-8453-4Passaggio Barriera E/EbuonadiscretapoverapoveradiscretadiscretaMetabolismoepaticoepaticorena lerenaleepatico/ renaleepatico/ renaleBibliografaAdams R.D., Shahani B.D. e Young R.R., Tremor in association with polyneuropathy. Trans. Neurol. Assoc, 97,44-8, 1972.Bal T., Von Krosigk M., McCormick D.A., Role of the ferret perigeniculate nucleus in the generation of synchronized oscillation in vitro. J. Physiol.,665-685, 1995. Bain P.G., Findley L.S., Assessing tremor severity. Smith Gordon, 1993. Bain P.G., Findley L.S., Britton T.C., Rothwell J.C. Primary writing tremor. Brain,118, 6, 146172, 1995. Bernstein N., The Co-ordination and regulation of movement. Oxford: Pergamon,chap. 4, 1967.\p872Britton M.B., Thompson P.D., Day B.L., Rothwell J.C., et al., Modulation of Postural Wrist tremors by Magnetic Stimulation of the motor cortex in Patients with Parkinson's disease or essentrial Tremors and in normal Subjects, Ann. Neurol., 33, 473-479, 1993. Britton M.B., Thompson P.D., Day B.L., Rothwell J.C., et al., Modulation of Postural Wrist tremors by Suprammaximal electrical median nerve shocks in essential tremor, Parkinson's disease and normal subjects mimicking tremor, J. of Neurol., neurosurg. and psychiatry, 56, 1085, 10989, 1993. Britton M.B., Thompson P.D., Day B.L., Rothwell J.C., et al., Resetting of postural tremors at the wrist with mechanical stretches in essential tremor, Parkinson's disease and normal subjects mimicking tremor, Ann. Neurol. 31, 507-514, 1992. Brumlik J. and Yap C.B., Normal tremor, a comparative study, Charles C. Thomas, Sprigfield, Illinois, 1970. Crunelli V., Leresche N., A role of the GABAb receptors in excitation and inhibition of thalamocortical cells. Trends in neuroscience, 14, 16-21, 1991. Deuschl G., Lucking C.H., Schenk E.,

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stimolo, somministrato attraverso una cuffia auricolare, avr il rumore di un click (lo stimolo pi comune), di un clack, di un click-clack e ciascuno di \p876 questi rumori potr essere somministrato in compressione (cio con la membrana che genera il rumore, che si estroflette verso il timpano, aumentando la pressione nel canale auricolare esterno, secondo la prassi usuale) o in decompressione (con la membrana che si introflette, diminuendo la pressione nel canale auricolare), oppure in maniera alternata.Nei potenziali evocati visivi lo stimolo standard pu essere dato da uno stroboscopio o da un monitor. Nel primo caso esso sar costituito da una serie di flash di luce azzurra intermittenti, nel secondo (stimolo usuale) dal movimento dei quadrati bianchi e neri di una scacchiera disegnata sullo schermo del monitor. La scacchiera pu avere scacchi di varie dimensioni ed anche la velocit con cui si muovono pu variare.Nei potenziali evocati somatosensoriali varia innanzitutto il sito di stimolazione; si avranno cos potenziali evocati dall'arto inferiore, dall'arto superiore, dal Trigemino e da vari dermatomeri (questi ultimi due tipi scarsamente significativi a livello clinico).All'arto superiore ed all'arto inferiore si potranno stimolare nervi differenti (Mediano, Ulnare, Peroneo, Tibiale posteriore). Lo stimolo viene sempre dato con corrente elettrica galvanica. Ogni variante di stimolazione dunque, su ogni tipo di canale di stimolazione, origina PE differenti.Se la classificazione viene fatta a seconda dei siti di registrazione, all'interno dei PE classificati per tipo di canale afferente, si avranno vari tipi di potenziali; prima di elencare i pi significativi clinicamente, per necessario dedicare un paragrafo alle caratteristiche tecniche che definiscono, in Neurofisiologia, un sito di derivazione.Dati tecnici necessari per la registrazione di un PE1) I siti di registrazione:I siti di registrazione (le derivazioni) possono essere bipolari o unipolari. Nonostante il nome delle ultime, anch'esse, come le prime, vengono effettuate fra due poli, all'interno dei quali si sviluppa una differenza di potenziale. Questa generata dall'attivit neuronale del SNC sottostante, attivato dallo stimolo sensoriale somministrato al paziente.La differenza fra derivazioni bipolari e derivazioni unipolari sta nella distanza fra i due poli: nelle bipolari entrambi i poli sono sistemati in prossimit del SNC e relativamente vicini fra loro: questa derivazione in grado di esaminare solamente le differenze di potenziale che si sviluppano fra i due poli ed molto accurata e precisa. La derivazione unipolare invece caratterizzata da un polo (quello positivo, o indifferente) sistemato a distanza infinita (su di una mano, per esempio) tale da non essere influenzabile dall'attivit del SNC. Questa derivazione molto meno precisa della precedente, ma consente di registrare un evento elettrico dovunque esso si generi (nel SNC ed anche al di fuori di esso, e questi ultimi sono la causa dell'alto rumore di fondo della derivazione di questo tipo). La prima regola da tenere presente quando si effettui il montaggio di un sito di registrazione quindi valutare se entrambi gli elettrodi sono situati sullo scalpo o sul midollo spinale (derivazioni bipolari) oppure se uno dei due (quello positivo) situato a distanza molto elevata (derivazioni unipolari). Le prime deriveranno solamente ci che avviene (elettricamente) nel sistema nervoso sottostante i due elettrodi, le seconde deriveranno qualunque tipo di attivit elettrica mostrando, naturalmente, solo le differenze di potenziale pi ampie.\p8772) Organizzazione tridimensionale dei campi elettrici necessario tenere assolutamente presente nel montaggio dei siti di derivazione che una differenza di potenziale elettrico registrabile dalla derivazione solamente se la percorre da un polo all'altro, non se corre perpendicolarmente alla retta che unisce i due poli. In altre parole, se il potenziale evocato va lungo l'asse del sito di registrazione (dal catodo all'anodo o viceversa) esso compare in tutta la sua ampiezza, se invece viaggia perpendicolarmente a questa linea, non genera alcuna variazione di potenziale. I potenziali ad angolo variabile

rispetto alla linea catodo-anodo saranno registrati come proiezioni su questa linea, con ampiezze sempre pi piccole man mano che aumenta l'angolo, fino ad avere ampiezza zero quando esso raggiunge i 90 gradi (la perpendicolarit).Una differenza di potenziale che raggiunge il campo di registrazione elettrica dal lato del catodo ed ha quindi una direzione catodo-anodo, genera un'onda negativa che sui monitor corrisponde ad una deviazione della traccia verso l'alto. Questa deviazione prende il nome di N ed seguita dal tempo, in millisecondi, della latenza intercorsa fra il momento di stimolazione ed il picco dell'onda medesima. Se la differenza di potenziale raggiunge il campo elettrico di registrazione dalla parte dell'anodo (ed all'interno del sistema possiede una direzione opposta alla precedente: anodo-catodo) si genera un'onda positiva, cio una deflessione verso il basso sullo schermo. Questa deflessione prende i nome di P ed sempre seguita dai millisecondi di latenza.3) Tecniche di averagingL'onda generata dallo stimolo sensoriale di solito estremamente piccola rispetto alla normale attivit di fondo del SNC che possiede un rumore di fondo in grado di nascondere il PE. Questa la ragione per cui necessario ricorrere alle tecniche di averaging. Averaging significa fare la media ed esattamente questo che lo strumento denominato Averager fa su tanti segnali registrati dal SNC. Poich il rumore di fondo positivo o negativo casualmente, facendone una media essa tender a zero, in maniera tanto pi evidente quanto pi alto sar il numero di segnali su cui si calcola questa media; invece l'onda generata dallo stimolo sensoriale, essendo sempre presente con identica morfologia nello stesso punto, aumentando il numero dei segnali della media appare sempre pi chiaramente visibile sullo sfondo.All'interno dei siti di registrazione vi un'ulteriore suddivisione dei PE a seconda della loro latenza: su questa base essi vengono suddivisi in:1 potenziali a latenza breve: quelli che si presentano entro i 30 millisecondi dallo stimolo,2)potenziali a latenza intermedia: fra i 30 e i 75 millisecondi,3 potenziali a latenza lunga: oltre i 75 millisecondiI potenziali a lunga latenza hanno solitamente una grande ampiezza, sono quindi facilmente ottenibili, poich superano di molto il normale rumore di fondo cerebrale; questi potenziali per sono al contempo assai instabili: vanno con grande facilit incontro a modificazioni profonde, o addirittura scompaiono, a seconda dello stato di attenzione, di sonno/veglia o a componenti emozionali e psicologiche del paziente. L'instabilit legata all'origine corticale di detti potenziali.La situazione si mostra esattamente opposta riguardo ai potenziali a latenza breve: sono estremamente piccoli, difficoltosi da individuare e necessitano di un elevatissimo numero di medie (averaging), ma sono molto stabili, e presenti in ogni situazione, durante il sonno, l'anestesia e perfino in stato di avvelenamento da barbiturici. Questi potenziali sono generati nel midollo spinale, nel tronco cerebrale e nel diencefalo, fino alla corteccia cerebrale primaria.\p878Nella pratica clinica i potenziali a latenza breve sono i pi utilizzati. possibile registrarli per tutti i tipi di canale sensoriale stimolato.I Potenziali evocati acustici, consentono di studiare la situazione del nervo Acustico e del tronco cerebrale.I Potenziali evocati somatosensoriali dall'arto superiore consentono di studiare la situazione del midollo, del tronco, del talamo e della corteccia primaria.I Potenziali evocati somatosensoriali dall'arto inferiore, consentono di studiare la situazione del plesso lombare, della cauda e del midollo spinale.I Potenziali a lunga latenza, nella pratica clinica, sono utilizzati solamente come Potenziali evocati visivi, per studiare i tempi di latenza lungo il decorso delle vie ottiche, poich la neurite ottica assai di frequente la prima manifestazione di una malattia demielinizzante.Tutti gli altri tipi di potenziale, per quanto possano essere usati nella clinica, devono ritenersi, al giorno d'oggi, non sufficientemente sperimentati per dare risultati in grado di mutare o confermare

l'atteggiamento nei confronti del paziente.Nel seguente paragrafo verranno esposti i siti di derivazione convenzionale, accettati da tutti e sulla base dei quali si possono ottenere importanti informazioni cliniche dai potenziali precedentemente elencati.Potenziali a latenza brevePotenziali evocati acusticiLocalizzazione e tipo delle onde generate dalla stimolazione acusticaIn questo tipo di potenziale l'elettrodo attivo (catodo) posto a livello dell'orecchio (uno a destra ed uno a sinistra), l'elettrodo di riferimento (anodo, comune per entrambi i catodi) posto al vertice (Cz). La stimolazione viene data con Click della frequenza 10-13/sec, prima nell'orecchio destro e poi nel sinistro.Stimolazione dell'orecchio destro: si hanno due siti di registrazione:sito di registrazione 1: orecchio destro (attivo)-vertice (sito di riferimento).Sito di registrazione 2: orecchio sinistro(attivo)vertice (riferimento). Poich il segnale va fisiologicamente dall'orecchio verso la corteccia, incontrer prima il catodo (elettrodo sull'orecchio), poi l'anodo (elettrodo sullo scalpo); le varie onde che formano il potenziale avranno quindi sullo schermo una deviazione verso l'alto. Riconosciamo 5 diverse onde:Onda I: generata nel nervo Acustico (latenza fisiologica come da tabelle)Onda II: generata a livello dei nuclei cocleari (parte bassa del ponte) (latenza fisiologica come da tabelle)Onda III: generata nel nucleo olivare superiore (parte alta del ponte) (latenza fisiologica come da tabelle)Onda IV e V: generata alla giunzione ponto-mesencefalica (latenze fisiologiche per l'onda IV e per l'onda V come da tabelle)Molto importanti nello studio del tronco cerebrale sono pure gli interpicchi, cio i tempi di latenza intercorrenti fra le diverse onde, che ci dicono quanto tempo impiega il segnale per dirigersi da una zona all'altra; gli interpicchi interessanti sono:I-III con intertempo fisiologico come da tabelleIII-V con intertempo come da tabelleI-V con intertempo come da tabelle.Tutte queste onde sono presenti bilateralmente anche nella derivazione controlaterale all'orecchio stimolato, fa eccezione la I onda che, originata nel nervo acustico, presente solo dal lato stimolato.\p879Tab. 30.1 - Potenziali evocati acustici.Onda I: generata nel Nervo acustico.Onda II: generata a livello dei nuclei cocleari (parte bassa del ponte)Onda III: generata nel nucleo olivare superiore (parte alta del ponte)Onda IV e V: generata alla giunzione ponto mesencefalicaINTERTEMPI DI INTERESSE CLINICO FRA LE VARIE ONDEI-III III-V I-VIMPORTANZA CLINICA1.Paralisi del VII non risolta nel primo mese2. Vertigini3. Disestesie del viso4. Ogni disturbo vascolare del tronco (per esempio drop attack)5. Neurinoma dell'acusticoImportanza dei potenziali evocati acusticiI PE acustici sono di fondamentale interesse ogni qualvolta si sospetti un interessamento patologico del tronco cerebrale o del nervo acustico e possono efficacemente quantificare l'evoluzione della patologia e l'efficacia dei trattamenti terapeutici e riabilitativi.Questi potenziali sono di grande significato:- nelle patologie del VII n.c. che non si risolvono nell'arco di uno, due mesi dalla data di insorgenza, in particolar modo quando accompagnate da fenomeni collaterali (vertigini, vomito, disestesie del viso).- nelle sindromi vertiginose con o senza sensazione di sbandamento. Soprattutto nelle forme subdole e reiterate, in particolar modo quando si sospetti un'origine cervicale.- Nelle disestesie del viso. Quando vi sia il sospetto di una trigeminopatia o di una sofferenza del tronco.- Ogni qualvolta si sospetti un disturbo vascolare (acuto o cronico) del circolo cerebrale posteriore (per esempio drop attack).I PE sono in assoluto l'indagine pi precoce per l'individuazione di un neurinoma dell'acustico. L'importanza di questo dato per il Fisiatra, al di l della normale routine clinica di ambulatorio, risiede nell'importanza dell'intervento riabilitativo postchirurgico del VII n.c, frequentemente danneggiato durante l'intervento. Una diagnosi precoce del Neurinoma, quando ancora la neoformazione non visibile alla TAC o alla RM, ne consente un'asportazione con danno nullo o molto scarso del VII n.c, il

cui coinvolgimento nell'intervento legato in maniera direttamente proporzionale alle dimensioni della massa neoplastica da asportare.Come interpretare gli esiti di un potenziale evocato acustico necessario, innanzitutto, valutare con attenzione la latenza assoluta delle singole onde e confrontarla con i valori di norma indicati sul referto. Va tenuto presente che i valori di norma coprono 2.5 deviazioni standard (SD) dalla norma, il che significa che, statisticamente, anche un aumento di latenza di un solo centesimo (0.01) di millisecondo oltre il limite individua una sofferenza, localizzata dove quell'onda viene generata. La probabilit che una latenza alterata indichi una patologia, date le deviazioni standard, del 98.8%.\p880Il ritardo di latenza di un'onda va riferito ad una sofferenza della zona del sistema nervoso dalla quale l'onda si ritiene tragga origine (generatore). Un ritardo dell'onda I per esempio, che generata nel nervo acustico, propone una sofferenza di detto nervo con il restante tronco cerebrale nella norma. Se ad essere ritardate fossero invece la IV e la V (complesso IV-V) allora si penser ad una sofferenza del livello di giunzione ponto-mesencefalico.Nell'ipotesi che vi siano pi siti di lesione, o che un sito di lesione possa mascherarne altri o viceversa, nel referto vengono esposti gli intertempi fra l'onda I-III, III-V e I-V; essi servono per localizzare meglio la sede di patologia in caso di sofferenza lieve. Per esempio, anche a fronte di una latenza assoluta dell'onda I e dell'onda III nella norma, pu esservi un aumento dell'intertempo I-III, che definisce una situazione patologica, non capace di alterare le latenze assolute delle onde, fra il nervo acustico e l'oliva superiore, generatori rispettivamente dell'onda I e III. da dire che ogni caso clinico pu avere necessit di un potenziale evocato acustico personalizzato ; si tratta di posizionare gli elettrodi ed impostare i parametri di registrazione secondo ipotesi mirate alla rilevazione di un particolare generatore. naturale che sia necessaria una certa esperienza neurofisiologica per impostare una registrazione di questo tipo.Potenziali evocati somatosensoriali dall'arto superioreTab. 30.2 - (somatosensoriali arto superiore)Potenziale di Erb (EP o N9)Viene registrato ponendo il catodo (attivo) sulla clavicola, in corrispondenza del Punto di Erb omolaterale mentre l'anodo (riferimento) posto sul punto di Erb controlaterale.L'Nllgenerata a livello delle radici spinalicorna posteriori-colonne dorsali.P/N13L'onda generata a livello dei nuclei dei cordoni posteriori (giunzione bulbo-midollare e del successivolemnisco mediale (P/N 14).N19-P22L'N19 generata a livello del talamoLa P22 a livello della corteccia sensitiva primaria.INTERTEMPI DI INTERESSE CLINICO FRA LE VARIE ONDEN9-P/N13P/N13-N19Localizzazione e tipo delle onde generate dalla stimolazione elettrica dei tronchi nervosi perifericiMetodo convenzionale. La stimolazione viene effettuata attraverso l'utilizzo di corrente elettrica sul nervo Mediano al polso.Si registrano quattro differenti tipi di onde in quattro diversi siti di registrazione:Potenziale di Erb (EP). Viene registrato ponendo il catodo (attivo) sulla clavicola, in corrispondenza del punto di Erb omolaterale, mentre l'anodo (riferimento) posto sul punto di Erb controlaterale. Non un vero e proprio PE, poich generato nel SNPeriferico, ma ormai luogo comune registrarlo in corso di PESS.N11-P/N13due onde successive, facenti parte di un solo complesso, che si registra con l'elettrodo attivo (catodo) posto a livello di C2 e l'elettrodo di riferimento (anodo) posto in Fz.L'N11 generata a livello delle radici spinali-corna posteriori-colonne dorsali.P/N13 definita cos in quanto sia l'elettrodo attivo (C2) ed il riferimento (Fz) contribuiscono alla forma dell'onda.L'onda generata a livello dei nuclei dei cordoni posteriori e del successivo lemnisco mediale (P/N 14).N19-P22anche queste due onde fanno parte di un unico complesso, che si registra con l'elettrodo attivo (catodo) situato in C3' o C4' (rispettivamente 7 centimetri di lato e due posteriormente a Cz, cio praticamente al di sopra della rappresentazione primaria della mano nella corteccia sensitiva) e l'elettrodo di

riferimento situato in Fz.L'N19 generata a livello del talamo.La P22 a livello della corteccia sensitiva primaria.Varianti di metodo. La stimolazione, particolarmente nel caso in cui si debbano valutare sindromi dell'egresso toracico o sofferenze cervicali, pu essere data anche al nervo Ulnare ed i risultati della stimolazione del Mediano e dell'Ulnare comparati fra loro.Per chi sia interessato allo studio del midollo spinale, corna posteriori, cordoni posteriori, consigliabile aggiungere una derivazione C7-Fz che consente visione di un tratto midollare pi lungo.In una derivazione il potenziale, che ha un volume tridimensionale, pu essere visto solamente come proiezione del potenziale reale su uno dei tre piani dello spazio. Nella derivazione Standard C2-Fz la P/N 13 si vede sotto forma di una sua proiezione sul piano sagittale. Se quell'onda ci interessa particolarmente, potremo valutarne la proiezione anche sul piano orizzontale, con una derivazione C2-giugulo, o sul piano trasversale, con una proiezione C2-lobo auricolare. I differenti montaggi di registrazione sono utili in quanto, in conseguenza ad un danno, l'onda potrebbe essere assente in uno solo dei piani di derivazione, ma presente ancora negli altri; derivando sui tre piani dello spazio avremo una fedele idea dello stato di salute del generatore.Nei laboratori pi sofisticati di Neurofisiologia si derivano fino ad otto canali per un potenziale evocato somatosensoriale.Importanza clinica dei potenziali dall'arto superiore in ambiente riabilitativoI PESS vengono utilizzati soprattutto per una valutazione differenziale nelle cervicobrachialgie, specialmente se con indagine elettromiografica negativa. Buonissimi risultati, anche se ancora non definitivi sono stati ottenuti riguardo alla diagnosi di Sindrome dell'egresso toracico, dove l'indagine si mostra spesso patologica con stimolazione del nervo Ulnare (assenza di N11 P/N13, assenza di N9 o di entrambi) mentre l'esame, con stimolazione del mediano, risulta nella norma.I dati sono molto interessanti anche nelle cervicobrachialgie che seguono i colpi di frusta, dove frequentemente, a fronte di una elettromiografia negativa, si riscontrano assenze o patologie della N11-N13. L'esame molto utile anche nelle radicolopatie da ernia discale cervicale, dove il quadro si associa alla diagnostica per immagini radiologica, dando per in pi di quest' ultima, un'idea del deficit funzionale a livello di sistema nervoso, non necessariamente presente in occasione di ernie, artrosi o danni osteo-articolari di vario tipo.In generale, possiamo affermare che quando si sospetti clinicamente un \p882 interessamento del midollo cervicale sempre il caso di effettuare un Potenziale evocato somatosensoriale dall'arto superiore. Se si sospetta un interessamento radicolare isolato di C8-T1 (manifestazioni cliniche lungo il decorso del nervo Ulnare) bene richiedere un esame con stimolazione sia del nervo Mediano (come di prassi) sia del nervo Ulnare.Come interpretare gli esiti di un potenziale evocato somatosensoriale dall'arto superioreL'interpretazione deve rispettare le stesse regole di tutti i potenziali evocati gi citate a proposito dei potenziali acustici. necessario valutare soprattutto le latenze assolute, considerando che anche una fuoriuscita infinitesimale dalla norma indice altamente probabile di patologia. Anche in questo potenziale sono importanti gli intertempi, per quanto in dato di assoluto rilievo clinico sia la presenza/assenza delle onde citate ad indicare una normalit/sofferenza dei generatori sottostanti.Potenziali evocati somatosensoriali dall'arto inferioreLocalizzazione e tipo delle onde generate dal potenziale ed interpretazione degli esiti dell'esameOnda poplitea. Non un potenziale evocato, ma un potenziale dal nervo periferico stimolato (solitamente lo SPI) che serve per valutare la corretta esecuzione della metodica e la normalit delle conduzioni periferiche.N18 (plesso lombo-sacrale), derivazione unipolare: l'elettrodo attivo (catodo) posto nella piega glutea ed il riferimento (anodo) alla cresta iliaca controlaterale; l'onda corrisponde al passaggio del potenziale nel plesso sacrale. Anche

questo un potenziale ancora periferico e quindi non definibile come un potenziale evocato in senso stretto.N22, derivazione unipolare: l'elettrodo attivo posto in corrispondenza dello spazio intervertebrale D12-L1 ed il riferimento alla cresta iliaca controlaterale allo stimolo.Questa derivazione mostra il potenziale derivato a livello della cauda/midollo sottostante l'inserzione dell'elettrodo.P37. un potenziale talamo/corticale, a derivazione unipolare con elettrodo attivo (catodo) posto in Cz ed elettrodo di riferimento posto al lobo auricolare controlaterale allo stimolo.Questa derivazione consente di valutare il tempo impiegato dal potenziale per raggiungere la corteccia cerebrale.Importanza clinica dei potenziali evocati dall'arto inferiore in ambiente riabilitativoDati i livelli di registrazione, l'N18 fornisce importanti dati sulla generazione o meno di un potenziale (periferico, naturalmente) a livello del plesso lombosacrale, le cui patologie sono difficilmente valutabili con l'Elettromiografia. L'intertempo N18-N22 fornisce indicazioni sullo stato delle radici e della cauda nel passaggio fra S1 ed L1: esso molto delicato a livello meccanico, a causa dei \p883 frequenti fenomeni artrosici o di erniazione discale. L'intertempo N22-P37 fornisce importantissimi dati sullo stato funzionale dei cordoni posteriori del midollo spinale e quindi indirettamente su tutte le patologie dal canale vertebrale. Questa oggi l'indicazione pi richiesta nella esecuzione dei potenziali evocati somatosensoriali dall'arto inferiore.Potenziali a lunga latenzaGli unici potenziali a lunga latenza ad avere oggi un significato clinico sono i POTENZIALI EVOCATI VISIVI che hanno un significato clinico solamente nella valutazione della presenza di una neurite ottica retrobulbare, la patologia spesso la prima manifestazione assoluta di una polisclerosi. Il potenziale evocato visivo si registra con l'elettrodo attivo posto 5 centimetri al di sopra dell'Inion ed il riferimento in Fz. un ampio potenziale, la cui latenza al picco si trova mediamente a 100 millisecondi. La stimolazione del potenziale, data da una scacchiera luminosa che cambia in continuazione (scacchi bianchi divengono neri e viceversa). La fedelt della tecnica come diagnosi preclinica di una polisclerosi di circa l'80%.Potenziali motori o Stimolazioni magneticheLa stimolazione della corteccia cerebrale attraverso lo scalpo e la teca cranica ha sempre costituito un punto di grande interesse della neurofisiologia clinica, poich dalla corteccia cerebrale parte il fascio piramidale, in grado di attivare direttamente l'alfa-motoneurone. Se stimolato in maniera diretta ed isolata il fascio piramidale quindi in grado di darci un'idea piuttosto precisa sulla situazione del pi importante collegamento motorio fra encefalo e midollo spinale.La difficolt, fino alla costruzione di uno stimolatore magnetico, risiedeva nella elevata resistenza della teca cranica alla corrente elettrica (vi una attenuazione della corrente di circa 40 volte nel passaggio delle ossa craniche). Questa grande attenuazione costringeva ad utilizzare correnti elevatissime per ottenere una stimolazione intracranica minima, sufficiente ad attivare i neuroni corticali; la corrente cos elevata era dolorosa e di fatto il metodo non aveva soluzioni cliniche.Il problema stato brillantemente superato con l'introduzione dello stimolatore magnetico.Per leggi della fisica (per la esposizione delle quali si rimanda ai testi specializzati) una corrente elettrica genera sempre, attorno al filo in cui scorre, un campo magnetico; se questo campo magnetico trova un secondo sistema di fili conduttori del tutto inerte (come tale pu essere visto il SNC), in grado di generare una corrente elettrica in questo secondo circuito.Il grosso vantaggio neurofisiologico del campo magnetico che esso transita liberamente attraverso la teca cranica.Il principio della stimolazione magnetica quindi basato su:1) uno stimolatore circolare all'interno del quale transita una corrente elettrica. Questa corrente non viene trasferita alla teca cranica ma rimane nello stimolatore2) la corrente elettrica in transito nello

stimolatore genera un campo magnetico, che in grado di passare liberamente attraverso la teca cranica, portandosi verso i neuroni corticali (il circuito inerte).3 ) nei neuroni corticali si genera, a causa del campo magnetico, una corrente elettrica (spikes). Se la corrente elettrica a livello della corteccia motoria primaria si avr una attivazione del fascio piramidale e quindi uno stimolo che precorre i cordoni laterali del midollo, eccita gli alfa-motoneuroni, percorre le radici, i tronchi nervosi ed attiva il muscolo; all'attivazione magnetica della corteccia motoria \p884 corrisponde quindi una attivit nel territorio di rappresentazione somatotopica corrispondente.I vantaggi della stimolazione corticale sono che1) non dolorosa2) consente di studiare selettivamente le vie motorie del SNC che prima non erano valutabili strumentalmente in alcun modo.Le applicazioni cliniche sono potenzialmente numerosissime, ma l'indagine dal punto di vista clinico ancora poco studiata.Attualmente la stimolazione magnetica applicata anche a livello del rachide, per eccitare direttamente gli alfamotoneuroni e poter valutare separatamente i tempi di conduzione del fascio piramidale e del II neurone di moto.BibliografiaChiappa K.J., Evoked potential in clinical neurophysiology Raven Press, 1990.\p885CAPITOLO 31 ELETTROMIOGRAFIAL'elettromiografia (EMG) un'indagine strumentale di tipo neurofisiologico, che si prefigge di individuare lo stato del SN e dell'apparato locomotore attraverso lo studio della loro attivit funzionale.Se in questi sistemi presente una patologia iniziale, il calo dell'attivit elettrica dei nervi e dei muscoli sar la prima manifestazione del deficit, precedendo di molto il danno anatomico ed accompagnandosi ad una sintomatologia clinica assolutamente aspecifica e molto lieve. Questi sintomi potrebbero essere indice di una banale situazione aspecifica, destinata a risolversi spontaneamente in breve tempo, oppure il segno iniziale di una sofferenza dell'apparato locomotore o del SN destinati ad evolvere in senso peggiorativo.L'EMG ha dunque innanzitutto un significato preclinico: la metodica diagnostica infatti, soprattutto nelle sue applicazioni al SN, consente di diagnosticare (ed intervenire terapeuticamente) su di un problema in fase precoce, quando ancora la struttura anatomica del sistema integra ma i primi aspetti di una patologia sono gi evidenti, attraverso una non pi adeguata esecuzione dei compiti funzionali. comprensibile che, a livello di SN, dove le cellule hanno perduto la capacit di riprodursi, una siffatta diagnostica funzionale, che consenta di intervenire su di una patologia quando ancora i neuroni non sono degenerati, abbia una sua collocazione specifica molto importante.Un altro aspetto chiave della EMG legato alla possibilit di quantificazione nel tempo delle evoluzioni di una patologia o di un recupero terapeutico della funzionalit del sistema.Il dato particolarmente importante in campo riabilitativo, dove il recupero dei deficit funzionali, soprattutto motori, un compito di importanza fondamentale e la quantificazione del recupero di frequente un problema di primaria importanza.Con l'EMG il recupero di un danno del SN pu essere quantificato attraverso lo studio dei nervi periferici o del midollo spinale e delle loro risposte alla stimolazione funzionale in maniera assai precisa.In campo pi strettamente chinesiologico, lo studio elettromiografico contemporaneo di molti distretti muscolari pu consentire di valutare la corretta esecuzione delle catene cinetiche, oppure di quantificare eventuali alterazioni della sincronizzazione al loro interno.In un disturbo del sistema nervoso vegetativo, diversi studi di tipo elettromiografico, particolarmente importanti nei deficit di tipo genito-urinario, possono quantificare l'importanza della patologia ed orientare la terapia.Nelle patologie muscolari primarie (distrofie muscolari, o miositi), lo studio elettromiografico quantitativo del muscolo determinante per quantificarne le capacit meccaniche residue (forza, potenza, rapidit, ecc.).In sede intraoperatoria, negli

interventi sul sistema nervoso periferico (SNP), l'elettromiografia in grado di quantificare la residua attivit di un nervo fibrotico, \p886 rendendo pi rapida e sicura la decisione del neurochirurgo che debba scegliere fra una asportazione del nervo con reimpianto successivo da un lato ed una conservazione e rivascolarizzazione dello stesso dall'altro.L'indagine elettromiografica fondamentale in campo assicurativo, per verificare se un deficit funzionale sia reale o da simulazione.L'EMG infine consente di studiare e quantificare tutti i problemi della placca neuromuscolare (quali per esempio la Miastenia Gravis).La tecnica dell'indagine elettromiografica consiste nel prelevare dal sistema nervoso o dall'apparato muscolare del paziente segnali elettrici indicativi dell'attivit del sistema e di analizzarli secondo tecniche differenti che verranno di seguito esposte.L'attivit del sistema pu essere fisiologica (contrazione muscolare, risposte riflesse di tipo posturale per esempio) o provocata, attraverso la stimolazione elettrica dei tronchi nervosi o meccanica dell'apparato locomotore (pedane di stabilometria, martelletti per la stimolazione del riflesso miotatico, movimenti volontari). In ogni caso il segnale elettrico viene sempre captato da un amplificatore differenziale che lo trasmette ad un computer il quale a sua volta, attraverso l'utilizzo di un software dedicato, mostra sullo schermo le onde registrate.L'EMG ha quattro principali campi di applicazione clinica.- la diagnosi delle patologie del muscolo (elettromiografia quantitativa)- ha diangosi delle patologie del nervo periferico, delle radici o del midollo spinale attraverso la stimolazione dei tronchi nervosi (elettroneurografia) oppure attraverso la derivazione delle attivit di unit motoria (elettromiografia propriamente detta).- La diagnosi delle patologie genito-urinarie di origine neurologica, attraverso lo studio dei riflessi sacrali, dell'attivit dei muscoli perineali, delle conduzioni nervose dei nervi Pudendi o Anali.- ha valutazione chinesiologica delle catene cinetiche durante il movimento e nella postura.Vi una quinta applicazione di importanza minore dal punto di vista clinico: lo studio della placca neuromuscolare e della singola fibra.La diagnosi delle patologie del muscolo si effettua con l'ausilio di un ago concentrico [1] infisso nel ventre muscolare. Si studia l'attivit delle unit motorie del muscolo, se ne analizzano un numero minimo di 20 per ogni muscolo, in settori diversi e su di queste si eseguono calcoli matematici che consentono di valutarne le caratteristiche fondamentali.[1] Un ago concentrico uno strumento in cui la punta costituisce un polo di un campo elettrico di registrazione (pi precisamente il catodo), il corpo dell'ago l'altro polo (l'anodo). L'ago concentrico consente di registrare ogni evento elettrico si manifesti fra i due poli nell'arco di qualche millimetro (fino ad un massimo di 2 centimetri) e con un angolo di derivazione di circa 60 gradi.Le caratteristiche pi comuni sono la durata, la frequenza, il numero di fasi e l'area. I valori medi statistici delle unit motorie esaminate vengono poi confrontati con i valori normali, calcolati per et e per ciascun muscolo, per valutarne la deviazione patologica o l'allineamento normale.Le tecniche di indagine muscolari pi comuni sono l'indagine quantitativa ed il test di Willison.La diagnosi delle patologie del nervo periferico, delle radici e del midollo spinale consta di due fasi: l'EMG di stimolazione e la reflessologia (entrambe denominate elettroneurografia) costituiscono la prima fase, la elettromiografia di derivazione, eseguita attraverso l'utilizzo di un ago concentrico, la seconda.\p887Elettroneurografia di stimolazione.Con questa indagine si stimolano elettricamente i singoli tronchi nervosi periferici per valutarne in maniera separata la conduzione sensitiva, la conduzione motoria in direzione periferica, la conduzione motoria verso il midollo spinale (antidromica) e da questo di nuovo verso la periferia (attraverso lo studio di onde particolari, dette onde F), la funzionalit dei riflessi spinali (attraverso lo studio del riflesso miotatico, che a

livello elettromiografico genera un'onda definita onda o riflesso H).Lo studio della conduzione nervosa si esegue stimolando i tronchi su determinati punti di repere, in cui divengono superficiali e possono essere facilmente individuati. Una volta stimolato il nervo e registrata la sua risposta alla stimolazione, si calcola la velocit di questa risposta, che consente di esaminare se vi sono blocchi di conduzione, solitamente presenti per danno traumatico o compressione da parte di strutture non nervose, oppure se vi una sofferenza della guaina mielinica (vedi capitolo 2), situazione patologica tipica delle polineuropatie.Un esempio di blocco (o ritardo, se meno grave) di conduzione si ha per il nervo Mediano al polso nella sindrome del tunnel carpale; una tipica polineuro-patia la polineuropatia diabetica.Valutata la velocit di conduzione della risposta nervosa, si misura la sua ampiezza e la sua area: questi parametri sono direttamente indicativi del numero di assoni presenti nel nervo. Una diminuzione di ampiezza (area) del potenziale di risposta nervosa alla stimolazione indice di una patologia del neurone o dell'assone.Fig. 31.1 Elettroneurografia: stimolazione sensitiva del nervo mediano (rosso) e ulnare (rosa).Elettromiografia di derivazioneLa seconda parte di questo tipo di EMG legata all'ago concentrico e serve per lo studio delle unit motorie. Questo studio molto differente da quello ad ago del primo punto e serve a valutare la presenza di denervazione (perdita di fibre nervose) che d luogo alle caratteristiche fibrillazioni di reinnervazione, che avviene per il recupero delle unit motorie in una fase successiva al danno e da luogo alle polifasie, e per quantificare il numero unit motorie presenti in un muscolo, legato alla densit di unit motorie per ogni centimetro di tracciato (pattern) e la loro ampiezza.\p888Fig. 31.2 - Elettroneurografia: stimolazione motoria del nervo mediano.Nella diagnosi delle patologie gettito-urinarie, l'EMG serve per valutare l'attivit e la corretta innervazione dei muscoli erettori del pene, dei muscoli perineali e degli sfinteri, nonch la presenza o meno dei nervi periferici di tipo vegetativo e della risposta midollare (attraverso lo studio dei riflessi genito-urinari). L'indagine elettromiografica, a livello genito-urinario sempre bene sia accompagnata da studi di tipo urodinamico, con i quali si completa e verso i quali assolutamente complementare.Negli studi chinesiologici, l' MG

si esegue applicando elettrodi di superficie su molti muscoli contemporaneamente. L'attivit di questi muscoli deve avere un grande valore nella catena cinetica che si intende studiare. L'esame consente di osservare quando, nell'esecuzione della catena, i muscoli inizino la loro azione, quando la terminino, per quanto tempo essa si svolga, che tipo di rapporto temporale reciproco esista fra l'attivazione dei diversi muscoli della catena cinetica da un lato, la meccanica del movimento e le risposte riflesse di tipo nervoso dipendenti dal movimento stesso dall'altro.L'EMG chinesiologica inizia ora ad essere utilizzata in ambiente fisiatrico, sportivo e biomeccanico, dove consente di quantificare il deficit di movimento e l'entit della ripresa dopo patologie motorie, invece gi da tempo utilizzata nei laboratori di ricerca di neurofisiologia (si vedano molte delle figure riportate \p889 nel testo in tutti i settori, dove il tracciato elettromiografico costantemente presente fra i diversi tracciati biomeccanici). Nei laboratori di neurofisiologia del movimento, l'EMG particolarmente importante in quanto, attraverso la attivit dei diversi muscoli, possibile studiare i movimenti automatici, riflessi e le catene cinetiche, in particolare il loro controllo da parte del SNC.Gli studi di placca neuromuscolare sono studi molto sofisticati, che consentono di individuare una singola fibra muscolare (EMG di singola fibra) e valutare se essa si comporti in maniera fisiologica o meno rispetto alle altre fibre appartenenti alla stessa unit motoria. Attualmente, tranne che nello studio della Miastenia Gravis e patologie similari, non hanno applicazioni cliniche rilevanti.Fig. 31.4 - Elettromiografia chinesiologica: Tibiale anteriore e Tricipite surale nel salto.L'esposizione appena terminata ha tentato di qualificare, a grandi linee, il significato dell'indagine elettromiografica ed il suo ampio ventaglio di applicazioni cliniche, che spaziano in moltissime branche specialistiche della medicina. Data questa polidisciplinariet, l'EMG pu e deve essere utilizzata da molti professionisti non neurofisiologi, poich le sue applicazioni coinvolgono praticamente tutti i settori della medicina; per importante sapere che l'indagine poggia su importanti e complesse basi di elettronica, di bioelettronica e di funzionamento elettrico del SN ed dalla integrazione di questi diversi aspetti che si genera un segnale elettromiografico osservabile sullo schermo.La conoscenza approfondita di elettronica, bioelettronica e di funzionamento elettrico del SN fondamentale per la registrazione del segnale e per la sua interpretazione; non detto che ci che compare sullo schermo, pur essendo indiscutibilmente un segnale, corrisponda ad una attivit biologica e tantomeno che corrisponda all'attivit del nervo o del muscolo a cui si interessati.Nella registrazione elettromiografica vi sono numerosi parametri che, se non adeguatamente governati, danno luogo a segnali fuorvianti, non artefatti, ma segnali di eventi che in realt non si verificano, ma che imitano eventi fisiologici in maniera assai verosimile. Tra questi parametri che debbono esser conosciuti e governati in sede elettromiografica, per citarne solamente alcuni, vi sono effetti filtro differenti da tessuto a tessuto, vettori elettrici, resistenze, induttanze e capacit, volumi conduttori e altro ancora, che necessario riconoscere per non essere indotti in errore.Ci significa che chi non ha una lunga esperienza nel settore pu eseguire \p890 elettromiografe anche con grande perizia, ma per segnali di difficile interpretazione pu scontrarsi con problemi tecnici non sempre risolvibili. bene quindi che questi specialisti di diverse branche, compresa la neurologia, facciano riferimento, con il loro laboratorio ad un centro di neurofisiologia, con il quale discutere e costruire i propri protocolli ed al quale riferirsi in caso di incertezza, per impostare in maniera corretta i programmi elettromiografici che i diversi specialisti in prima persona saranno poi in grado di governare.Fig. 31.5 - Elettromiografia chinesiologica: tibiale anteriore e Tricipite surale durante il

cammino.BibliografiaArrigo A., Elementi di Elettromiografia Clinica Ghedini Editore.Haymaker W., Woodhall B., Lesioni dei Nervi Periferici Aulo Gaggi Editore, 1978. Goodgold J., Complementi Anatomici in Elettromiografia Clinica - Verduci Editore. Hans Peter Ludin, Electromiography in Practice - Georg Thieme Verlag-Stuttgart-New York, 1980. Jun Kimura, Electrodiagnosis in diseases of Nerve and Muscle, principles and practice F. Davis, 1989.\p891CAPITOLO 32 ALTRE TECNICHE DI DIAGNOSTICA CLINICA UTILIZZATE NELLO STUDIO DEL MOVIMENTOPET - Tomografia ad emissione di positroniLa PET (tomografia da emissione di positroni) una tecnica di medicina nucleare introdotta negli anni 70 che permette lo studio in vivo, in modo non invasivo, di processi funzionali e biochimici di molti apparati. Molti radioisotopi (per esempio Tecnezio, Iodio...) vengono abitualmente usati in medicina nucleare per marcare composti usati come traccianti nello studio di diversi organi e apparati, ma tali radioisotopi, per lo pi estrenei all'organismo, possono fornire solo una valutazione indiretta e non quantitativa della funzione indagata (v. SPECT).Utilizzando invece sostanze completamente incorporate nelle fisiologica biochimica dell'organismo, cio isotopi di atomi costituenti la materia vivente, differenti solo per massa del nucleo (quindi indistinguibili chimicamente dagli atomi naturali presenti nell'organismo), possibile fornire una valutazione fedele e quantitativa di processi biochimici fisiologici e patologici cellulari.Uno dei concetti che hanno reso la PET una metodica estremamente innovativa ed originale consiste nella possibilit di utilizzo di isotopi di sostanze naturali, presenti normalmente nell'organismo, come il carbonio ( Q, l'azoto (13 N), l'ossigeno (15 O). Per la grande praticit e relativamente lunga emivita, viene usato anche il fluoro (18 F) per marcare sostanze traccianti. Questi isotopi hanno una breve emivita, di alcuni minuti, e richiedono per la loro produzione l'utilizzo di un acceleratore di particelle, il ciclotrone. L'isotopo prodotto viene utilizzato nella sintesi del radiocomposto: questo solitamente una sostanza chimica naturale, come il glucosio o l'ammoniaca, che possono cos essere somministrati al paziente in studio (per via endovenosa o inalatoria).Gli isotopi, andando incontro a decadimento radioattivo, emettono positroni (particelle analoghe agli elettroni, ma di carica positiva), che rapidamente scompaiono, interagendo con gli atomi vicini e provocando una reazione con produzione di energia sotto forma di fotoni gamma. Questi vengono captati da coppie di rivelatori disposti ad anello intorno al paziente, e costituenti il tomografo PET. Grazie ad opportuni modelli matematici simili a quelli usati per la TC, e con l'utilizzo di una analisi computerizzata, si ottengono immagini tomografiche che testimoniano la distribuzione del tracciante nell'organismo. La risoluzione spaziale dei tomografi PET attualmente raggiunge valori di alcuni millimetri.Le immagini tomografiche della distribuzione della radioattivit ottenute mediante la somministrazione di opportuni traccianti, sono spesso rappresentative di quadri funzionali dell'organo esplorato. Nel cervello, per esempio, le immagini della distribuzione del 2-fluoro-2-desossiglucosio (marcato con fluoro 18), o FDG, sono rappresentative del metabolismo del glucosio cerebrale in quel momento e in quella situazione funzionale. In sostanza, possibile con la PET ottenere un quadro non solo morfologico (come la TC o la RM), ma anche funzionale del tessuto in esame.\p892La lenta diffusione della PET soprattutto da imputare agli alti costi delle attrezzature, che sono complesse e richiedono personale altamente specializzato. Inoltre, visti i brevi periodi di emivita dei traccianti prodotti, necessario che il ciclotrone sia nelle immediate vicinanze del luogo dell'esame.Le applicazioni cliniche della PET sono soprattutto in campo cardiologico, oncologico e neurologico.In neurologia, uno dei principali campi di applicazioni lo studio delle epilessie, soprattutto nei casi particolarmente farmacoresistenti, candidati all'intervento

chirurgico: lo studio PET spesso evidenzia i foci epilettogeni, che in fase intercritica risultano avere un ipometabolismo glucidico, mentre in fase critica hanno un incremento funzionale.Altro campo molto attivo quello dello studio delle patologie neurodegenerative: la PET consente di porre diagnosi differenziale fra malattia di Alzheimer e altre patologie con deficit delle funzioni superiori (patologie metaboliche o vascolari). La possibilit poi di studiare in vivo parametri funzionali come il flusso ematico cerebrale, il consumo di ossigeno o di glucosio, contribuisce ad una migliore conoscenza della fisiopatologia delle malattie cerebrovascolari, aprendo nuove prospettive nella prevenzione e nella terapia dell'ictus cerebrale. Non ultimo appare il grande contributo che la PET sta fornendo alle conoscenze neurofisiologiche sul cervello umano: solo per citare un esempio, possibile misurare il consumo di glucosio di diverse parti del cervello in corso di diverse stimolazioni naturali: all'apertura degli occhi, o all'osservazione di una scena visiva complessa, o durante il movimento, vengono ad essere evidenziati elevati consumi di glucosio a carico rispettivamente della corteccia visiva primaria, delle aree associative visive e delle aree motorie; stimolazioni uditive evidenziano la attivit delle aree acustiche corticali e cos via. Infine sono solo agli inizi studi mediante neurotrasmettitori marcarti o recettori marcati, che permetteranno la stesura di particolareggiate mappe cerebrali secondo la distribuzione fisiologica dei trasmettitori o dei recettori stessi.SPECT - Tomografa ad emissione di fotone singoloLa SPECT una metodica radioisotopica, di competenza della medicina nucleare, di misurazione del flusso regionale cerebrale, di semplice e diffusa applicazione.Con questa tecnica vengono utilizzati come isotopi marcatori sostanze di uso comune presso tutti i Servizi di Medicina Nucleare, come lo Iodio 123, il Tecnezio 99m o il Tallio 201. Gli isotopi vengono integrati in opportuni composti traccianti, come le iodoamfetamine (IMP), la propanediamina (1123 HIPDM) o il tallio-dietilcarbamato (DDC).Queste sostanze vengono iniettate solitamente per via endovenosa, in proporzione variabile in relazione al peso corporeo del paziente in esame. Ciascuna sostanza, secondo un modello cinetico noto, si distribuisce in circolo in misura proporzionale al flusso ematico cerebrale e, a seconda della concentrazione raggiunta, emette una radiazione a singoli fotoni captabile da una gamma camera rotante intorno al paziente o da un multidetector, entrambe apparecchiature in dotazione presso i servizi di medicina nucleare.Sulla base di modelli matematici e tramite elaborazione al computer dei dati raccolti, possono essere ricostruite mappe tridimensionali della distribuzione del tracciante, e quindi del flusso ematico cerebrale, con scansioni di spessore di 10-20 millimetri e risoluzione spaziale di circa 1 centimetro, decisamente inferiore a quella della PET.\p893Le applicazioni cliniche di questa tecnica sono molteplici, e la sua diffusione favorita dai costi relativamente bassi e dalla semplicit della metodica.Le informazioni che essa fornisce, in sostanza, possono essere limitate alla quantificazione del flusso ematico in determinate regioni cerebrali.Nel soggetto normale senza patologie neurologiche la SPECT evidenzia una distribuzione del tracciante simmetrica nei due emisferi (pi evidente in corrispondenza della corteccia), dei gangli della base e del talamo, mentre la sostanza bianca ha una minore attivit.Nel campo delle patologie cerebrovascolari, questa metodica ha dimostrato una precoce positivit nella diagnosi strumentale di ictus, maggiore della TC, evidenziando difetti di perfusione delle aree colpite; inoltre, spesso l'estensione della lesione appare pi aderente alla realt con la SPECT piuttosto che con la TC. Notevoli applicazioni della SPECT sono state prospettate anche in campo di prevenzione e diagnosi precoce delle turbe circolatorie del SNC, come nella valutazione pre e post operatoria nei pazienti sottoposti ad endoarteriectomia carotidea.Studi SPECT in pazienti con malattia di

Alzheimer evidenziano riduzione della distribuzione del tracciante nella corteccia temporale posteriore e parietale, bilateralmente, ed possibile fare diagnosi differenziale con altre forme patologiche neurodegenerative (demenze multiinfartuali). Anche nelle epilessie la SPECT permette in alcuni casi la localizzazione di foci sui quali poi possibile intervenire chirurgicamente, permettendo successivamente un pratico e utile follow-up postoperatorio.Il limite maggiore della metodica risiede nelle bassa risoluzione delle immagini ottenibili rispetto ad altre tecniche e nella possibilit di valutare pressoch esclusivamente il flusso ematico cerebrale, senza fornire informazioni morfologiche o funzionali di altra natura.TAC - Tomografia (assiale) computerizzataLa TC una metodica roentgendiagnostica tomografica che permette di ricostruire immagini di sezioni trasverse del corpo mediante i raggi X e l'impiego di un elaboratore elettronico.Questa tecnica fu introdotta nel 1973 da Hounsfield, e da allora ha raggiunto notevoli livelli di affinamento ed una conseguente, notevole, diffusione, fino a diventare uno strumento insostituibile in molti campi della medicina.In sostanza la TC un esame radiologico estremamente elaborato e complesso, la cui realizzazione stata possibile solo con l'avvento dell'informatica.Per l'esecuzione della TC si utilizza una apparecchiatura costituita da un lettino per il paziente, che giace supino, posto in una cavit cilindrica (Gantry), sulla cui circonferenza sono situati la sorgente di radiazioni X (tubo di Coolidge) e i detettori, o rilevatori di raggi X: entrambi effettuano movimenti solidali sostanzialmente circolari su un piano trasversale al paziente. Introdotto il soggetto, quando la sorgente emette il fascio di fotoni X, questi attraversano il paziente su un piano perpendicolare all'asse longitudinale del corpo: il fascio raggiunge poi un rilevatore (detector), che misura la dose di radiazioni emergente (trasformandola in un valore numerico), essendo conosciuta la dose originaria emessa. Come noto infatti, il raggio, attraversando il corpo, stato in parte assorbito. Il dato numerico cos ottenuto viene registrato da un computer. Quindi tutto il sistema sorgente-detector compie un movimento rotatorio consensuale di qualche grado lungo il perimetro del cilindro, e poi viene eseguita una nuova misurazione. In questo modo, eseguita pi volte tale procedura, si ottiene, con una rotazione \p894 completa del sistema attorno al soggetto, una serie di dati dello strato esaminato da diverse angolazioni. Pi piccolo il movimento fra una misurazione e l'altra, pi grande sar il numero di misurazioni ottenute. Tutti i dati, memorizzati dal computer, vengono elaborati secondo modelli matematici complessi: in definitiva si ottiene una scomposizione dello strato esaminato in tanti piccoli parallelepipedi, la cui altezza quella dello spessore dello strato, e il lato dipende dal numero di misurazioni effettuate. A ciascun parallelepipedo (detto Voxel) viene assegnato un coefficente di assorbimento della radiazione X, integrando appunto tutte le misurazioni effettuate su quel punto dalle diverse angolazioni. Ai diversi coefficienti di assorbimento, viene fatto corrispondere una scala graduata di grigi (scala di Hounsfield). Infine l'immagine viene ricostruita come una sezione trasversale del corpo, in cui i punti pi scuri sono i pi radiotrasparenti, dove il raggio non stato quasi per nulla assorbito, e i punti pi chiari sono i pi radiopachi, di massimo assorbimento (come ad esempio l'osso). Spostando poi il sistema longitudinalmente rispetto al corpo sar possibile iniziare l'esame su un nuovo strato.I primi apparecchi in commercio erano dotati di un solo detector contrapposto alla sorgente (apparecchi di I generazione), con tempi di esame molto lunghi; in seguito vennero impiegati una serie di rilevatori allineati, con conseguente aumento delle misure effettuate nell'unit di tempo (II generazione). Successivamente sono entrati in uso rilevatori per un intero arco di cerchio di fronte alla sorgente, o rilevatori disposti in tutta la circonferenza, con movimento della sola

sorgente di raggi X (apparecchi di ultima generazione).Come detto, l'immagine che si ottiene una sezione trasversale del corpo umano, che per convenzione si osserva immaginando di porsi al di sotto dello strato esaminato, mentre per il cranio anche seguito il metodo opposto, con l'osservatore immaginariamente al di sopra. Lo spessore dello strato varia da 1 a molti millimetri, mentre la definizione dell'immagine varia a seconda del numero di misurazioni effettuate per ciascuno strato.L'enorme vantaggio che la TC offre rispetto alla radiologia convenzionale consiste nella possibilit di individuare strutture a diversa radiopacit, con un contrasto molto aumentato: quindi alla TC sono riconoscibili strutture anatomiche come organi parenchimatosi, cavi, la struttura cerebrale, i muscoli, ecc, non visibili in una radiografia standard. Risulta spesso di utilit l'iniezione endovenosa di un mezzo di contrasto iodato (TC con mezzo di contrasto).In neurologia in particolare, l'esame TC ha sostanzialmente rivoluzionato la diagnostica per immagini: nel soggetto normale la TC permette il riconoscimento e la distinzione della sostanza bianca e di quella grigia, i ventricoli cerebrali, i vari nuclei della base, il midollo spinale all'interno del canale vertebrale, ecc.Sostanzialmente in patologia risultano di interesse sia le alterazioni morfologiche che le variazioni di densit: ipodensit, come nelle lesioni ischemiche, nelle cisti, nell'edema, e la iperdensit, come negli stravasi emorragici, nelle neoplasie, calcificazioni, ecc. Di grande utilit poi risulta l'artifizio di modificare il contrasto fra diverse strutture iniettando in circolo un mezzo di contrasto. Solo per fare alcuni esempi, la TC ha rivoluzionato la diagnostica di tutta la traumatologia cerebrale (focolai lacerocontusivi, emorragie o ematomi), delle patologie cerebrovascolari (ictus ischemico o emorragico, malformazioni artero-venose, angiomi), delle patologie degenerative (Alzheimer, sclerosi a placche...), delle lesioni neoplastiche; anche nello studio del midollo spinale possono essere riconosciute stenosi, ernie discali, traumatismi, processi espansivi...I principali limiti di questa tecnica sono quelli di una indagine impegnativa, con costi tuttora non indifferenti, e che comporta per il paziente l'assorbimento di una dose di radiazioni non inferiore a quella di uno studio radiologico convenzionale. Non ultimo limite quello della impossibilit di eseguire scansioni che non siano trasversali, come detto in precedenza: ci in parte negli ultimi anni \p895 stato superato con l'impiego di tecniche computerizzate di elaborazione delle immagini, atte a trasformare una serie di sezioni trasversali in una immagine tridimensionale. Queste tecniche sono comunque ancora di ridotta diffusione.RM - Risonanza magneticaLa Risonanza magnetica una metodica diagnostica introdotta in campo medico solo negli ultimi anni, dopo essere stata sviluppata negli anni '50 per le ricerche di fisica atomica, essa ha comportato un nuovo e rilevante progresso nella diagnostica per immagini.Questa metodica permette di visualizzare i tessuti sulla base della loro diversa composizione chimica, sfruttando il principio della risonanza, che proprio di atomi con numero dispari di componenti, cio con peso atomico dispari. Senza entrare nella spiegazione dei principi fisici connessi, baster dire che atomi come quelli sopra definiti (in particolare in medicina l'idrogeno) possono essere considerati come piccoli dipoli magnetici (come dei piccoli aghi di una bussola) che normalmente sono orientati casualmente nello spazio. Se si investe la materia in esame con un potente campo magnetico, tutti questi dipoli si orienteranno parallelamente ad esso (tutti gli aghi della bussola in una unica direzione): questo campo magnetico statico detto pertanto orientatore . Poi l'allineamento di questi atomi viene perturbato, applicando alla materia in esame un altro campo elettromagnetico variabile nel tempo, irradiandola con onde di radiofrequenza. Quando gli impulsi di radiofrequenza vengono interrotti, i nuclei tendono ad assumere il loro orientamento primitivo, liberando energia sotto forma di

radioonde. La frequenza delle radioonde varia a seconda della specie atomica e del microambiente che li circonda. Quindi i nuclei diventano dei trasmettitori di radiofrequenza, e si dice che risuonano a frequenze caratteristiche, rivelando la loro presenza con l'emissione di segnali: da qui il nome di risonanza magnetica. La velocit poi con la quale un atomo ritorna dallo stato eccitato ad uno stato ad energia inferiore viene definito rilassamento. Senza addentrarci in spiegazioni, in risonanza vengono valutati due tipi di rilassamento: quello rotazionereticolo o T1 (inversion-recovery) e quello rotazione-rotazione , o T2 (spin-echo). Entrambi questi tipi di rilassamento possono essere valutati e forniscono informazioni sul microambiente locale nucleare e molecolare e sulle interazioni fra nuclei vicini. In conclusione, se vengono adeguatamente captati i radiosegnali inviati dai nuclei in risonanza, si ottengono informazioni sulla materia stessa che possono, attraverso tecniche computerizzate complesse, essere convertite in immagini.Il tomografo per RM quindi costituito da un magnete per realizzare il campo magnetico statico costante orientatore , da circuiti a spire emittenti-riceventi per la produzione degli impulsi di radiofrequenza e per la loro successiva captazione dagli atomi; inoltre si utilizza un computer a cui vengono inviati tutti i dati ricevuti per la successiva elaborazione, e un sistema di rappresentazione (monitor, ...). La metodica di esecuzione dell'esame, dal punto di vista della successione delle misurazioni e della seguente elaborazione sostanzialmente simile a quella descritta per la TC.La RM, in definitiva, rileva i segnali provenienti dai nuclei di idrogeno della parte del corpo in esame, messi in risonanza: questi segnali riflettono il contenuto di acqua dei tessuti e la sua densit. Rispetto alla TC un vantaggio della RM quello di non subire artefatti in vicinanza di strutture ossee, non facendo uso di raggi X; inoltre con la RM si possono eseguire sezioni in tutti i piani dello spazio, senza dover modificare la posizione del paziente, e cos ottenere una precisa identificazione di strutture anatomiche, anche molto piccole: la risoluzione di un \p896 esame RM infatti di alcuni millimetri. Infine, per la RM va ricordato il vantaggio di non utilizzare le radiazioni ionizzanti e di essere, allo stato attuale, innocua. Esistono alcune controindicazioni all'esecuzione dell'esame per pazienti con frammenti metallici, protesi o graffe metalliche, pace-maker... Infine si ricorda l'uso sempre pi frequente di mezzi di contrasto paramagnetici, per migliorare le distinzioni fra tessuti.In neurologia, la RM permette una visualizzazione della sostanza bianca e della sostanza grigia molto precisa, con una netta distinzione, di molto superiore a quella permessa dalla TC. Pertanto l'esame si rivelato di enorme utilit in moltissime patologie: nelle malattie demielinizzanti, per esempio, le placche sono molto meglio individuabili che con qualsiasi altro esame; in tutte le malattie cerebrovascolari, traumatiche, degenerative e neoplastiche del SNC, la RM di grande aiuto. Anche per quanto riguarda lo studio del midollo spinale la risonanza magnetica ha raggiunto il livello di esame di scelta, soprattutto per la possibilit di studio su tutti i piani, e non solo su quello trasversale come la TC.BiofeedbackIl termine biofeedback il risultato della combinazione dei termini inglesi biology e feedback , e negli ultimi 30 anni entrato in uso nella terminologia medica per indicare una serie di tecniche, ad utilizzo sia diagnostico che, soprattutto, terapeutico, la cui caratteristica comune l'impiego di apparecchiature per rivelare al soggetto eventi fisiologici del proprio corpo, impercettibili normalmente o per un qualsiasi processo patologico.I primi sviluppi di tecniche di biofeedback risalgono agli anni '20, quando rudimentali elettromiografi venivano usati da Jacobson per ottenere un rilasciamento muscolare in pazienti con sindromi ansiose. Si deve per ad autori degli anni '60 (Horande, Basmajian, Morentsen) una sistematizzazione teorica e pratica, che port ad un notevole sviluppo delle tecniche di biofeedback.Nel

nostro organismo avvengono contemporaneamente una miriade di eventi fisiologici (per esempio il battito cardiaco, il tono muscolare, gli aggiustamenti posturali, il tono degli sfinteri, l'attivit elettrica del sistema nervoso,...) che in buona parte non raggiungono il livello di coscienza, e conseguentemente subiscono aggiustamenti e modificazioni in modo automatico, non volontario. Attraverso apparecchiature atte a ricevere e trasformare il segnale generato da uno qualsiasi di questi eventi, possibile portare a livello di coscienza il fenomeno stesso e tentare di modificarlo volontariamente. Ci a maggior ragione pu essere utile nel caso di un evento patologico con perdita di una forma di sensibilit normalmente presente (come la propriocezione).Il concetto base del biofeedback quindi la possibilit di ottenere progressivamente il controllo volontario di eventi fisiologici mediante una informazione sull'evento stesso fornita al soggetto. Tale informazione consiste sostanzialmente nella captazione e trasformazione di fenomeni biologici in segnali uditivi, visivi o tattili. Affinch l'informazione sia utile, necessario che essa sia istantanea (cio che trasmetta in tempo reale il fenomeno), continua nel tempo, proporzionale (segnale pi intenso corrisponde ad evento di maggiore intensit), e facilmente intelliggibile.Un dispositivo di biofeedback efficace deve quindi prelevare in modo affidabile il segnale relativo alla funzione da monitorare, elaborarlo (amplificazione, semplificazione) e trasmettere un segnale in uscita al soggetto, di immediata e facile interpretazione. Naturalmente, condizione indispensabile che il soggetto fornisca una buona collaborazione, sia motivato e abbia il canale afferenziale utilizzato integro.\p897Negli anni sono state moltissime le tecniche utilizzate, in relazione al tipo di segnale da monitorare e allo scopo. Solo per citare alcuni esempi, stato utilizzato il BiofeedbackElettroencefalografico (BFB-EEG), il BFB-termico cutaneo, il BFB per la pressione arteriosa o per la frequenza cardiaca.Attualmente il Biofedback una tecnica utilizzata soprattutto in campo riabilitativo, e pertanto il maggiore sviluppo riguarda il Biofeedback elettromiografico, quello per monitorare la forza-pressione, e quello goniometrico.In particolare, con il BFB-EMG si cerca di ottenere l'acquisizione del controllo volontario della muscolatura striata, con l'utilizzo di elettrodi di superficie che registrano l'attivit muscolare stessa. Il controllo volontario pu essere ricercato o perch stato perso (per una patologia nervosa,...) o perch scarsamente esercitato anche normalmente (come, per esempio, nella muscolatura striata sfinteriale o respiratoria). Nella maggior parte dei casi si utilizza il BFB per incrementare l'attivit di muscoli deboli o paretici o per ridurre il livello di contrazione di muscoli spastici; quasi sempre l'attivit muscolare viene trasformata in segnali visivi o uditivi.Il BFB goniometrico valuta e monitora con diversi dispositivi un angolo articolare, e viene utilizzato nei casi in cui ridotta la sensibilit propriocettiva di posizione o di movimento; ugualmente viene molto utilizzato il BFB-posturale (posturografia), che valuta la disposizione del carico e la relativa posizione del corpo nello spazio.Le tecniche di BFB non sono solo di pertinenza terapeutica, ma hanno dimostrato di essere utili anche nel riconoscimento e nella quantificazione di diversi comportamenti motori, permettendo in molti casi di valutare in modo oggettivo l'efficacia dei trattamenti riabilitativi.EEG - ElettroencefalografaL'elettroencefalografia una metodica di indagine basata sulla registrazione dell'attivit elettrica cerebrale con l'utilizzo di elettrodi posti sulla superficie della teca cranica (scalpo).Questa tecnica fu sviluppata da uno psichiatra tedesco, Hans Berger, a cavallo fra gli anni '20 e '30, ed ebbe diffusione mondiale a partire dal 1946.Fondamentalmente, ci che si registra in un esame EEG la differenza di potenziale elettrico spontaneo tra due punti della superficie cranica. L'attivit elettrica registrabile quella generata dal complesso degli elementi neuronali costituenti la corteccia

cerebrale, attivit che complessivamente sotto il controllo di pacemakers cerebrali sottocorticali. In particolare il tracciato EEG, che sar descritto in breve in seguito, il risultato della sommazione dei potenziali postsinaptici eccitatori e inibitori a livello dei gruppi cellulari corticali, soprattutto delle cellule piramidali. Il tracciato EEG non viene invece determinato in alcuna misura dai potenziali d'azione delle cellule corticali, perch troppo brevi: ci che si misura una differenza di potenziale fra due punti. L'attivit ritmica dell'EEG, come detto, determinata da pacemakers sottocorticali, come il talamo.Un elettroencefalografo fondamentalmente costituito da elettrodi, un sistema di amplificazione e un sistema scrivente.Gli elettrodi vengono applicati sullo scalpo in punti precisi, secondo una disposizione detta sistema 10-20 di Jasper, che utilizza 20 elettrodi equidistanti fra loro, simmetrici nei due emisferi e sulla linea mediana, per esplorare ogni regione corticale. Il sistema di amplificazione deve rendere evidenti le deboli differenze di potenziale corticali, che normalmente sono dell'ordine di microvolt. Il sistema scrivente di solito costituito da penne oscillanti che compiono \p898 movimenti su carta scorrevole proporzionali al voltaggio: le penne sono in numero uguale ai canali di amplificazione (da 8 a 16). La registrazione pu essere svolta in maniera bipolare (differenza di potenziale fra due siti elettricamente attivi) o monopolare (differenza di potenziale fra elettrodo attivo ed indifferente).Normalmente un esame EEG standard dura 15-25 minuti, e comprende una prima parte in cui il paziente a riposo, sveglio, e apre e chiude gli occhi per valutare la reattivit del tracciato. Segue una prova di iperpnea (respirazione profonda per 3 minuti), che pu facilitare la comparsa di anomalie; infine, si eseguono le stimolazioni luminose intermittenti (SLI), cio lampi luminosi a frequenza variabile, che possono fare comparire alterazioni in alcune forme di epilessia.In casi selezionati, si possono eseguire diverse altre prove: poligrafia, somministrazione di farmaci, esecuzione durante il sonno, ecc.Un tracciato EEG normale caratterizzato dal cosiddetto ritmo alfa, cio da una attivit ritmica a frequenza 8-13 Hz sulle regioni posteriori del capo: tale ritmo si osserva ad occhi chiusi, e viene bloccato dalla apertura degli occhi; sulle regioni frontali si registra un ritmo pi veloce (oltre i 14 Hz), detto ritmo beta, a basso voltaggio. In corso di addormentamento il ritmo si fa pi lento, dapprima teta (4-8 Hz), poi delta (0,5-4 Hz), secondo una successione di fasi caratteristica; bisogna rilevare che l'esame EEG ha fornito preziose informazioni nello studio del sonno e della sua patologia.Moltissime malattie neurologiche determinano alterazioni del tracciato EEG normale. Principalmente questa metodica viene usata nello studio della epilessia, dove riveste il ruolo di esame complementare di maggiore importanza, anche se dimostra una certa aspecificit; in passato, prima dell'avvento delle tecniche diagnostiche per imaging dell'encefalo, l'EEG risultava importante anche nella diagnostica delle lesioni focali cerebrali (neoplasie, ematomi, ascessi, accidenti vascolari), e nelle lesioni traumatiche. Ha invece acquisito enorme importanza recentemente nella valutazione di patologie che provocano coma o alterazioni della vigilanza, fino ad assumere un ruolo fondamentale nella diagnosi di morte cerebrale, con evidenti risvolti medico-legali connessi.L'EEG, in conclusione, una procedura diagnostica di facile applicazione, anche ambulatoriale, che non comporta alcun rischio di complicanze per il paziente, dai costi molto contenuti. Come detto in precedenza, per un esame di relativa utilit nell'ambito della neurologia clinica, specie dopo l'avvento della TC e della RM: rispetto a questi, l'EEG risulta notevolmente impreciso, non fornendo informazioni riguardo alla natura della patologia. Bisogna comunque ricordare che, prima dell'avvento della PET, era l'unico esame che fornisse una valutazione funzionale in vivo dell'encefalo.BibliografiaAdams R., Victor M., Principi di neurologia, 5

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superiore, 634 Assetto- diagonale, 304- non diagonale, 304 Assone, 33 Astereognosia, 560 Asterixis, 863 Atassia, 288, 369- ottica, 560- spinocerebellare, 289 Atetosi, 416 Atlante, 378Atteggiamento camptocormico, 474 Attenzione involontaria, 527 Attrito, 269 Ausilii, 257, 490 Autonomia, 257, 490 Avambracci semi-flessi, 479 Azione coattante, 622BBabinsky, segno di, 150, 537 Ballinger, stria- esterna di, 609interna di, 609 Bande-A, 22-I,22Baricentro, 370, 396Base di appoggio, 396Betz,- cellule di, 562- neuroni piramidali giganti di, 221 Bicipitebrachiale, 636, 679, 689- femorale, 795, 813, 827 Bishop, teoria di, 102 Blink reflex, 140 Blocchi articolari, 269Bottone sinaptico, 44 Braccio della- potenza, 60, 61, 63- resistenza, 61Brachiale anteriore, 681 Brachium- Conjunctivum, 337- Pontis, 337Bradicinesia, 414, 427, 464, 466 Broncopneumopatia cronica ostruttiva, 273CCaduta della spalla, 622Caldo, 266Cammino, 255, 263, 387, 395, 465, 486- spinale, 207 Campi di Forel, 460 Campo visivo, 501 Canali semicircolari, 306 Cancello- midollare, 497teoria del, 95 Capsula interna, 222, 513Carrefour temporo-parietooccipitale (TPO), 616Carrozzina, 258Catena cinetica, 323Cauda equina, 234, 236Cellule\p905- a canestro, 343- di Purkinje, 341,342, 346stellate, 342 Centro frenico, 274 Cervelletto, 369, 586 Cervello rettiliano, 613 Charcot-Marie-Tooth, sindrome di, 289 Chiasma ottico, 501Cilindrasse, 33 Cinestesia, 179 Circonvoluzione- del cingolo, 515dell'ippocampo, 504 Circuito gamma, 200, 538- cerebello-rubro-olivocerebellare, 360 Cisterne terminali, 24Cloni, 257Coattivazione alfa gamma, 196, 200, 202, 205, 418Collicoli superiori, 354Colonia corticale, 583, 609Colonie(a) neuronali spurie, 587Colonne corticali, 562Commissura bianca anteriore, 611Compensi, 378Compliance, 142Componente elastica passiva, 170Comunicanti intergangliari, 125Conduzione saltatoria, 44Conoassonale, 33, 136- terminale, 239 Contrasto, funzione di, 214 Contrazione -eccentrica, 174, 175- muscolare, 48- riflessa, 629 Coordinazione- degli arti superiori, 490- del tronco, 490- motoria, 323 Corea, di, 415Hungtington, 416- Sydenham, 416Corna anteriori, 584 Corno- anteriore, 239- laterale, 239- posteriore, 239 Corona radiata, 537 Corpi genicolati, 515- mediali del talamo, 510- mammillari, 613 Corpo -calloso, 530, 611genicolato laterale, 502- restiforme, 337- striato, 513 Corpuscoli, diMeissner, 85- Merkel, 85Correlazione crociata, 168 Corteccia motoriaprimaria, 587- supplementare, 557- piriforme, 504- prefrontale, 524oculomotoria, 458- visiva primaria, 504 Coste, 279Crampo dello scrivano, 423 Crisi epilettiche parziali, 576DDB1, 181Deambulazione, 264, 486 Decerebrazione, 538 Decubito- laterale, 468, 626- piaghe da, 271prevenzione, 272Deformit articolari, 623 Deltoide- anteriore, 635medio, 648- posteriore, 642 Dendriti, 33Depolarizzazione, 36, 38 Depressione- alveolare, 278- di post-attivazione, 149\p906Dermatomeri, 265, 267Detrusore, 270Diaframma, 273, 546Diapason, 104Direzione vettoriale, 52Disestesia, 73, 91Disestesie, 90Dismetria, 289, 376, 377, 390, 867Disordine del tono, 373- muscolare, 377 Disorientamento spaziale, 618 Distonia posturale, 419 Distonie, 421,431- cinetiche, 416postencefaliche, 423 Disturbi di tipo respiratorio, 258 Disturbo dell'equilibrio, 369 DLPF, 460Dolore, 102,266,269,622 Dopamina, 448EEcoprassie, 528Effetto sequenza, 295Elevatore dell'ano, 130Emiballismo, 415Emiplegia, 534, 620Emisferi cerebellari, 340Emisomatoagnosia, 618Endolinfa, 308Endomisio, 27Endorfine, 497Engrammi, 617Epimisio, 27EPSP, 38,581Equazione di Nerst, 37Equilibrio, 370, 377, 386, 390, 489- del tronco, 258, 383, 626Equinismo, 399Ergocettori muscolari, 128Erlanger, teoria di, 102Esame muscolare analitico, 250Espirazione, 273, 280, 632Estensore- breve del pollice, 755, 773- comune delle dita, 704, 726, 743, 833, 852- lungo del pollice, 754, 773, 784- proprio del mignolo, 727- dell'alluce, 825, 855dell'indice, 727- radiale lungo del carpo, 701, 709- ulnare del carpo, 702, 714 Extrastimolo, prolungamento da, 176FFacies amimica, 483 FAI, 87Falloppio, canale di, 509 Fascicolo occipito frontale- inferiore, 611-

superiore, 611- uncinato, 611 Fascio- cortico-spinale, 168 -cuneato, 91,229- cuneo-cerebellare, 355- del nucleo centrocervicale, 356 -gracile, 91,229- interstizio-spinale, 228- neo-spino-talamico, 97, 231- paleospino-talamico, 97, 231, 497- piramidale, 221, 541, 557, 590, 883diretto, 222- proprio del midollo, 95- reticolo spinale laterale, 221reticolo-spinale,- crociato, 225- laterale, 225- mediale, 225- rubroolivare, 360- rubro-spinale, 221, 223, 360, 542- spino-bulbare, 97spino-cerebellare- anteriore, 355- posteriore, 355- spino-talamico, 95, 96- spinotettale, 232- spinovestibolare, 232\p907- tetto spinale, 226vestibolo-spinale laterale, 225 Fase- acuta della riorganizzazione del tono muscolare, 620- espiratoria, 280- inspiratoria, 273 FEF, 458 Fenomeni, 617 Fenomeno- del rimbalzo, 376- di neglect, 618 Festinazione, 488 Fibre a- borsa, 181- catena, 181- anulospirali, 181, 183- bianche, 29- commissurali, 611- cortico-bulbari, 221- cortico-pontine, 221 -Ia, 198,243 -Ib, 243 -II, 185,213- intermedie (FR), 159- lente (S), 159muscolari rosse- muscose, 341- parallele, 342, 345- rampicanti, 326, 341, 344, 352- rapide, 159 Filum terminale, 234Flaccidit, 248, 249, 257, 628 Flessione- del ginocchio, 260- dell'anca, 260- dorsale del piede, 255 Flessore breve del pollice, 750 Flessore comune Flessore delle dita, 849 Flessore profondo delle dita, 699, 719, 739Flessore superficiale delle dita, 696, 719, 739 Flessore lungo del pollice, 748, 769, 782 Flessore proprio dell'alluce, 849 Flessore ulnare del carpo, 696, 712 Flocculo, 338, 340 Flusso fecale, 271Forame stilo-mastoideo, 509 Forcipe, 611 Fornice, 613 Forza di- gravit, 48, 389, 629- presa, 75- sollevamento, 75- vettoriale, 55 Forze- dinamiche, 369- scomposizione delle, 56statiche, 369 Freddo, 266 Frenage, 392 Frequenza di scarica, 32 Friedrich, sindrome di, 289 Fulcro- della leva, 55- gleno-omerale, 634Funzioni corticali superiori, 521, 614Fusi neuromuscolari, 194, 196Fusione, 166Fuso neuromuscolare, 179, 198, 418, 538, 629GGabbia toracica, 279 Gangli- prevertebrali, 125- spinali, 229 Ganglio- celiaco, 125- del trigemino, 506- mesenterico- inferiore, 125, 130- superiore, 125- paravertebrale, 109- semilunare o di Gasser, 506 -spinale, 109,239vertebrale, 236Gasser, teoria di, 102 Gastrocnemio, 817 Gemelli, 817 Gemello- inferiore, 808\p908- superiore, 808 Ghiandole di Bowmann, 504 Giro dentato, 527 Glomerulo cerebellare, 349 Giorno carotideo, 125, 128 Golgi,- organi tendinei di, 190, 194, 196, 541, 630 Gomito, 678Gracile, 802, 824Gran dentato, 675Gran dorsale, 643, 654, 658Gran pettorale, 638, 654, 658Gran rotondo, 651, 661Grande gluteo, 794Grande palmare, 694, 707Grasping, 544Guaina mielinica, 44, 113HHomunculus, 578Hot spots, 579, 582, 609IIctus cerebrale, 534 Ileo-psoas, 878 Immagine corporea, 194 Inclinazione- radiale, 707- ulnare, 712 Incontinenza, 270Indice- di scivolamento, 75- dinamico, 186 Infezioni vescicali, 270Inibizione- assoassonico, 215- disinaptica (reciproca), 204- presimpatica, 148presinaptica, 215, 539- reciproca, 205- Ia, 146- Ib, 147- ricorrente, 214Innervazione reciproca, 630, 631 Inseguimento visuo-motorio, 325 Inspirazione, 273 Interneurone inibitore Ia, 204 Interneuroni inibitoriIa, 146- Ib, 147 Interassei, 733- dorsali, 727- palmari, 722Interruzione midollare, 268 Interstizio spinale, 542Intrarotazione delle spalle, 476 Ioni calcio, 26 Iperalgesia, 91Iperalgesie, 90Ipercifosi dorsale, 476Iperreflessia, 539 Iperestesia, 90 Ipermetria, 292 Iperpolarizzazione, 42 Ipertono, 251, 255, 385, 386, 538- plastico, 421- spastico, 537, 539, 628Ipocinesia, 414 Ipoestesia, 72, 91 Ipopolarizzazione, 38, 42 Ipostenia, 373 Ipotalamo, 123, 128,498 Ipotonia, 372 Ipotrofia, 248 Ippocampo, 527 Irradiazione, 627 Isocorteccia, 605KKinocilio, 308Krause, corpuscoli di, 85LLamina\p909- IV, di Rexed, 95, 241- midollare interna, 513- V di Rexed, 95Lateralizzazione, 616 Legge del tutto o nulla, 38, 44 Lemnisco mediale, 229, 515 Lesione- cerebellare, 369- completa, 252, 259incompleta, 263 Lesioni- complete, 257- incomplete, 259 Leva, 59, 60braccio della, 61 Linea Z, 22 Livello soglia, 38 Lobo limbico, 515 Lobulo- centrale, 337- flocculo-nodulare, 325 Locus ceruleus, 358, 495

LOFC, 460 Lombricali, 722 Lordosi cervicale, 380 Lutchka, nervo di, 236MMani pseudoreumatiche, 485 Mano, 391,717 Manovra del Valsalva, 131 Marcia Jacksoniana, 576 Matrice, 447 Meccanocettori, 85 Medio gluteo, 800 Meissner, corpuscoli di, 75 Melzack, ricerca di, 103 Melzack-Wall, studi di, 266 Memoria, 613- del movimento, 324 Merkel,- cellula sensitiva di, 86- corpuscoli di, 75, 85- recettori di, 73Meromiosina,- leggera, 23pesante, 23 Meissner,- corpuscoli di, 85- recettori di, 87 Metameri, 234 Midollo- cervicale, 250- spinale, 247 Mieloleso, 263 Mioclono corticale, 548 Miofibrille, 22 Mioglobina, 22Miosina, 23Mobilizzazioni passive, 269 Modello o idea del movimento, 523 Modulo del vettore, 55, 479 Momento della forza, 62Morbo di Wilson, 442Motoneurone a, 166, 583- corticale, 591- primo, 542- spinale, 585Motoneuroni gamma, 28, 109, 109, 136, 183corticali, 585, 594- spuri, 588 Motricit- automatica, 465- volontaria, 465 Movimenti- associati, 414- automatici, 472 -balistici, 291,415lenti, 295, 365- volontari propriamente detti, 294 Movimento, 633distonico, 421- disturbo del, 633 MP, 547Muller, teoria di, 101 Muscolatura- addominale, 131- del diaframma, 131 Muscoli- antagonisti, 630\p910- bi-articolari, 253- elevatori delle sopracciglia, 483espiratori accessori, 283- intercostali, 250- ipertonici, 631 -ischiotibiali, 795, 813- obliqui, 283- orbicolari, 483- paravertebrali, 474particolari, 53- pelvi-trocanterici, 808- pennati, 28- poliarticolari, 64- retti dell'addome, 283- spastici, 631 Muscolo, 48, 64- buccinatore, 483- bulbocavernoso, 130, 131- corrugatore del sopracciglio, 483detrusore, 130, 131- elevatore dell'ala del naso, 483- ischiocavernoso, 130- liscio, 129- punto di applicazione, 51- risorio, 483- sartorio, 789tibiale anteriore, 831- trasverso, 283- vescicale, 129NNeocerebello, 326 Nerst, equazione di, 37 Nervi glutei, 113 Nervo- abducente, 505- acustico vestibolare, 509- circonflesso o ascellare, 112- dorsale della scapola, 112- facciale, 507- femorale, 113- frenico, 282- misto, 109- oculomotore comune, 505- olfattivo, 504- ottico, 499- otturatore, 113- pelvico, 129peroneo, 113- pudendo, 129 -S.P.E., 113 -S.P.I., 113- sciatico, 113sovrascapolare, 112- splenico inferiore, 130- tibiale posteriore, 113toracico lungo, 112- trigemino, 505- trocleare, 505 Neurocorteccia, 605 Neurolesioni periferiche, 101- della mano, 105 Neuroni-a T, 109- di aspettativa, 569- evento-correlati, 568, 572, 594- granulari, 609piramidali, 607- giganti, 562 Neuropsicologia, 521 Neurosecrezione endocrina, 122 Nocicettori, 85, 90- meccanici, 90- polivalenti, 90sensitizzazione, 90- termici, 90 Nodi di Ranvier, 44 Nodulo, 338, 340 NS 1,547NS2, 547 NST,415 Nuclei del rafe, 495- bulbare, 97- raphe, 359della base, 586- intralaminari del talamo, 498- periacqueduttali, 497periventricolari, 497- pontini disseminati, 332, 559\p911- pretettali, 354- reticolari, 225- ventro-postero-laterali del talamo, 97-vestibolari, 223, 309, 331Nucleo- accumbens, 447, 461 -caudato, 436, 515- cuneato, 94, 557- accessorio, 243- del fascicolo solitario, 128- dentato, 297, 299, 326, 339, 351, 364- di Clarke, 242, 355- dorso-mediale del talamo, 504fastigiale, 299, 330, 339, 351- gracile, 94, 557- interposito, 299, 339, 351, 364- lentiforme, 436- peduncolo-pontino, 431- pontino del trigemino, 507- postero-marginale, 242- proprio del cono posteriore, 242reticolare- gigantocellulare, 97, 495- magnicellulare, 97- rosso, 223, 334, 360- ventro-postero-mediale VPM del talamo, 506- Z,92,229OOliva bulbare, 331, 341, 344, 352Omeostasi, 122Onde F, 887Opponente del pollice, 750, 763, 765Organizzazione somatotopica, 576, 577Orizzontalit dello sguardo, 474Oscillatore centrale, 865Ossigeno, 280, 282Otturatoreesterno, 808- interno, 808PPacini,- corpuscoli di, 75, 85, 192- recettori di, 73, 87 Paleocorteccia, 605 Pallestesia, 91 Paracadute, reazioni, 225 Paraflocculo, 339 Parallelogramma, 66 Paraosteopatie, 268 Paraplegico, 153 Parestesia, 90Parkinson, morbo di, 424, 464, 548 Pedane mobili, 315 Peduncoli cerebellari, 335- inferiori, 337- medi, 337- superiori, 337 Pelvi-trocanterici, 808 Perimisio, 27 Peroneo- anteriore, 844- breve, 844- lungo, 844 Pettineo, 802Piani che attraversano lo spazio, 48 Piano-

frontale, 50- orizzontale, 51- sagittale, 49 Piccolo gluteo, 807 Piccolo rotondo, 651, 664 Piede, 829- equino, 620, 623 Piramide, 337 Pirenoforo, 33, 247 Piriforme, 808Placca neuromuscolare, 248 Planum temporale, 615 Plasticit, 546, 563- neuronale, 521Plessi nervosi, 109 Plesso diAuerbach, 125- Meissner, 125- ipogastrico inferiore, 129\p912-pelvico, 129, 130 Polineuropatie sensitive, 76 Pollice, 747 Polo frontale, 524 Polso, 693Pompa del sodio, 41, 42 Ponti actina/miosina, 175 Posizioneanatomica, 51- in ginocchio, 404- quadrupedica, 401 -seduta, 468, 621supina, 620Post-iperpolarizzazione, 136, 139Postura, 300- seduta, 626supina, 400 Potenza- muscolare, 62- vettoriale, 63 Potenziale- corticale premotorio, 428- postumo positivo, 42 Potenziali a latenza- breve, 877intermedia, 877- lunga, 877- cognitivi, 875- evento-correlati, 547evocati, 548Potenziamento temporale, 589 Prensione, 391Prima unit funzionale, 498, 613 Principio- della dimensione, (size principle), 165delle Dimensioni del Motoneurone, 32 Problemi di riconoscimento, 265Progetto motorio, 193, 523, 529 Pronatore quadrato, 686Pronatore rotondo, 687 Propagazione punto a punto, 44 Propriocettori, 179muscolari, 196 Prova- indice-naso, 392- pollice-mignolo, 395- talloneginocchio, 394Provette, 104 Pulvinar, 515Punto- di applicazione, 51- di ugual pressione, 273- fisso, 55- mobile, 55 Putamen, 416QQuadrato del femore, 808 Quadricipite, 790, 820RRadiazioni ottiche, 504 Radicediscendente del trigemino, 506- spinale, 109Radici spinali, 109, 234 Radicolopatie, 110 Ramo comunicante- bianco, 125- grigio, 125 Ranvier, nodi di, 44 Rapporto- di innervazione, 29- forza/velocit, 156, 174lunghezza/tensione, 153, 170 Rappresentazione somatotopica, 499, 546 Reaching, 544Reazione- allo stiramento, 629- posturale, 311 Reazioniparacadute, 429- posturali, 301- globali, 305- locali, 301- segmentane, 302\p913Recettore del tipo Ia, 180 Recettori di tipo -D, 89 -G, 89- lenti (SA), 85- rapidi (FA), 85 Reclutamento, 31 Refrattariet,- assoluta, 38, 41- relativa, 38Renshaw, interneurone inibitore di, 148, 166, 214Resistenza vettoriale, 63Respirazione, 258, 272Rete sinaptica, 521Reti neurali, 585Reticolo sarcoplasmatico, 24Reticolo-spinale, tratto 207, 542Retropulsione del tronco, 398Rettangolo biomeccanico, 58, 65Retto femorale, 820Rexed, lamina V di, 95Riduzione- del tono, 369- di lunghezza del passo, 487 Riequilibrazione, 370- biomeccanica, 474 Riflessimidollari, 193- posturali anticipatori, 429 Riflesso- a serramanico, 191, 541- anale, 131- cervicocollico, 305- cutaneo- crociato, 150 -daevitamento, 150 -grattamento, 150- stiramento, 139, 302- vibrazione, 149, 539- crociato, 207- del collo, 306 -di- orientamento, 526- stiramento, 353- inverso, 209, 541- labirinto-vestibolare, 306 -miotatico, 141, 198,424,557- set-dipendente, 298- triplice flessione, 150 -H, 140,887tonico- vestibolo-oculare (VOR), 330- vestibulo-oculare, 324, 325 Rigidit, 421, 464, 538- articolare, 479- extra-piramidale, 465 Rilassamento, 632Riorganizzazione del tono muscolare, 620, 627RispostaE1, 151-E2, 151-I1, 151- non linearit della, 189- tardiva, 557 Ritenzione, 270Ritmo- alfa, 898- beta, 898Rocca petrosa, 306 Romboidei, 673, 674 Rosette, 349 Ruffini,- corpuscoli di, 85, 103- recettori di, 87 Ruota dentata, 417SSaccadi, 458Sacculo, 306Sagtest, 164SAI, 86Sarcolemma, 22Sarcomero, 22Sarcoplasma, 22Sartorio, 789SB2, 181Schede di valutazione, 265Schema- balistico di movimento, 428\p914- crociato, 490- estensorio, 259- flessorio, 258 Schwann, cellule di, 44 Scissura calcarina, 602 Scomposizione delle forze, 56, 65 Seconda unit funzionale, 614 SEF, 458Semimembranoso, 795, 813, 824 Semitendinoso, 795, 813, 824 Sensibilit- esterocettiva, 80- rieducazione della, 105- valutazione della, 267 Senso di- movimento, 195- posizione, 195Sequenze di raddrizzamento, 400, 468 Sessualit, disturbi della, 270 Sfintere, 270anale, 546- striato dell'uretra, 130- uretrale liscio, 129, 130 Shock spinale, 153 Sinapsi, 35- silenti, 539 Sincronizzazione, 138- dal fascio cortico-spinale, 169- muscolare, 175 Sindrome- abulico-acineticoaprassica, 528- apatico-abulico-acinetica, 432- atassica, 369, 372-

frontale, 527- restrittiva, 273 Sinergie- flessone, 255- patologiche, 257 Sintesi polimodali, 616 Sistema y, 185- collicolare, 504- lemniscate, 92nervoso- ortosimpatico, 124, 125- parasimpatico, 124- reticolare, 331sensitivo, 101, 266- vestibolo-spinale, 202- visuo-oculomotore, 458 SMA, 426, 557, 565 Solco (o scissura) di-- Rolando, 602- Silvio, 602 Somestesi, 101 Sommazione- spaziale, 44- temporale, 44Sostanza gelatinosa- di Rolando, 95, 242- pontina, 498- reticolare, 506, 515, 524, 612 Sottoscapolare, 650, 661 Sottospinoso, 651, 664 Sovraspinoso, 646Spalla, 634Spasticit, 250, 253, 256, 497Spavento, reazione di, 227SPcS, 565Spike, complesso, 326, 347Spine sinaptiche, 447Spostamenti posturali, 473, 626Spot point, 563Sprouting, 539Startle reaction, 227Stazione eretta, 407, 469Steady state, 138Sterno, 279Sternocleidomastoideo, 380Stiffness, 153Stimolazione- magnetica corticale, 545- tetanica, 168 Stiramento muscolare, 629 Strategiad'anca, 317- di caviglia, 315 Stria-H, 23- midollare, 613- terminale, 613 Striosomi, 447 Supinatore breve, 691\p915TTabe dorsale, 289 Talamoanteriore, 515- laterale, 515- mediale, 515 Talloneggiamento, 399 Tatto, 266- attivo, 104- passivo, 104Tensore della fascia lata, 800 Teoria deicordoni spinali, 102- diametri, 102- del punto di equilibrio, 155disconnessionista, 532- localizzatoria, 611- unitaria, 611 Terminazionia fiorame, 183 -libere, 193 Termocettori, 85, 89- al caldo, 89- al freddo, 89 Termoregolazione, 129 Terza unit funzionale, 614 Testdell'affaticamento, 164- di riconoscimento, 266- muscolare, 250, 264 Tetano, 175Tetragono di Pierre Marie, 460, 614Tetraplegia, 258Tetrapode, 490Tetto spinale, 542Tibiale anteriore, 831, 842Tic, 418- complessi, 419semplici, 419- vocali, 419Timing cerebellare, 291 Tono,- alterazione del, 628- corticale, 498, 524, 527, 553, 611- di reazione posturale, 310muscolare, 248, 313, 370, 420, 479, 628, 630, 645- normalizzazione del, 631, 631 Torchio addominale, 130 Torcicollo spastico, 423 Trapezioinferiore, 669, 674- intermedio, 671- superiore, 667 Tratti ottici, 502 Tratto- ottico accessorio, 354- spino-cerebellare rostrale, 355 Tremore, 417, 426, 456, 464, 467- a riposo, 862- cinetico, 293, 327, 862d'azione, 168- di intenzione, 293, 862- intenzionale, 327, 390posturale, 327, 862 Triade sarcoplasmatica, 24 Tricipite- brachiale, 640, 683- surale, 817, 837 Trigemino, 515Triplice flessione, 150, 263Tronchi nervosi, 109Tropomiosina, 23, 26Troponina, 23, 26Tubercoli quadrigemini superiori, 504Tubulo trasverso, 24Twich test, 163Two Point Discrimination Test, 102, 104UUnit- di misura, 63- FF, 30, 162- FR, 30, 16

2- funzionale spinale, 205- motoria, 28, 29- motorie, 159- fusione di, 173- reclutamento delle, 166\p916-S, 30, 162 Utricolo, 306 Uvula, 337VVA, 15Valutazione, della sensibilit, 264 Valutazioni muscolari manuali, 63 Vasi di- capacitanza, 129- resistenza, 129Ventricolo IV, 336 Verme, 337, 340 Verso del muscolo, 55 Vescica, 129- neurogena riflessa, 131 Vescicole, 44 Vestibolospinali, 542 Vettore, 65, 260- di popolazione, 594- modulo del, 60- verso del, 64 Vettori, 253, 276 Via- cerebelloreticolo-spinale, 332- cerebello-rubro-olivo-cerebellare, 867- cerebellotalamo-corticale, 332, 334, 867- del nucleo- VA, 334- VPL, 334- cuneocerebellare, 243- nigro striatale, 868- ottica accessoria, 504piramidale, 585- preottica, 504- spino-olivo-cerebellare, 353 Vibrazione, 266Vie- bulbari, 497- cortico-bulbari, 538- cortico-mesencefaliche, 538cortico-pontine, 538- cortico-reticolari, 497- olivo-cerebellari, 331pallido-talamiche, 334- pontine, 497- reticolo-spinali, 225, 228- spinoolivari, 331- spino-talamiche, 95, 230- spinocerebellari, 232- vestibolospinali, 224 Visione maculare, 458 VL,515Volume polmonare, 276 Von Frey, teoria di, 101 VPL, 515 VPM, 515WWall, ricerca di, 103Willis, Rolando, Thomas, studi di, 369Wilson, morbo di, 422Wynn Parry, valutazione sensitiva di, 104ZZona- di Lissauer, 95, 242

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