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Alberto Palliotti

Alvaro Cartechini
Paolo Guelfi
Centro Regionale di Servizi
alla Vitivinicoltura
Orvieto (TR)
Dipartimento di Scienze
Agrarie e Ambientali
(Viticoltura)
Universit degli Studi di Perugia
www.gustarte.com
Orvieto
0763 393529
Dipartimento di Scienze
Agrarie e Ambientali
(Viticoltura)
Universit degli Studi di Perugia
Centro Regionale di Servizi
alla Vitivinicoltura
Orvieto (TR)
www.gustarte.com
Orvieto
0763 393529
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La rapida evoluzione delle conoscenze tecniche e delle esigenze del mercato,
sempre piu attento e Ilessibile, obbliga a monitorare con accuratezza le richieste
dei consumatori, da una parte, e l`oIIerta delle innovazioni applicabili sia in
cantina che nel vigneto, dall`altra. Anticipare le scelte che consentono di ridurre i
rischi d`impresa implica l`impiego tempestivo di nuove tecniche e tecnologie, che
in viticoltura e cosa piuttosto diIIicile.
La disponibilita odierna di tecniche e modalita di gestione del vigneto cosi
come delle macchine utilizzabili e molto ampia e la scelta non e sempre Iacile.
L`elevata reattivita della 9LWLV YLQLIHUD L. all`ambiente non aiuta; non consente,
inIatti, di deIinire modelli generalizzabili e dotati di ampia validita. E il viticoltore
che con proIessionalita ed acume, ed in Iunzione dell`ambiente e dell`obiettivo
enologico, deve Iare le scelte giuste volte ad ottimizzare i Iattori ed i processi
produttivi. In altri termini, deve saper individuare le situazioni critiche e
caratterizzate da perdita di eIIicienza a seguito, ad esempio, di stress di natura
ambientale, nutrizionale, Iitosanitaria, ecc., ed intervenire tempestivamente con
opportuni accorgimenti tecnici.
Per aiutare i viticoltori a districarsi nelle scelte operative, abbiamo realizzato
questo manuale pratico che in modo semplice ma rigoroso tratta sia delle scelte
progettuali in Iase d`impianto sia delle tecniche di gestione del terreno e della
chioma del vigneto che maggiormente condizionano l`esito della coltivazione.
E doveroso inoltre ricordare che la quasi totalita degli aspetti tecnici riportati
in questo manuale derivano da ricerche e sperimentazioni condotte dall`unita di
ricerca in Viticoltura del Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali (DSAA)
(sezione di Arboricoltura e Protezione delle Piante) dell`Universita di Perugia. Le
strutture produttive che hanno permesso nel corso di questi ultimi lustri di
eseguire tali ricerche sono molteplici, ed in particolare il polo viticolo
dell`Azienda Agraria dell`Universita di Perugia, che attualmente conta oltre 70 ha
di vigneto ed un parco macchine capace di coprire tutti gli aspetti della
meccanizzazione integrale, ed il vigneto sperimentale di Monticchio (Deruta, PG),
costituito e gestito dal DSAA. Quest`ultimo, oltre a ricerche inerenti i sistemi di
allevamento, le distanze di impianto, la gestione del suolo e della chioma ed altro
ancora, ospita una collezione di germoplasma viticolo con oltre 100 vitigni tra i
piu qualiIicati della viticoltura europea, nonch una raccolta di vitigni autoctoni
minori reperiti in questi ultimi 30 anni nell`intero territorio umbro.
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InIine, si ringrazia per la collaborazione ed il sostegno l`Agenzia Regionale
Umbra per lo Sviluppo e l`Innovazione in Agricoltura (ARUSIA), la Direzione
Regionale Attivita Produttive - Servizio Produzioni Vegetali e Politiche per
l`Innovazione della Regione Umbria, il Centro Regionale di Servizi alla
Vitivinicoltura che gestisce la cantina sperimentale ed il laboratorio d`analisi, e
tutte le aziende vitivinicole umbre che hanno messo a disposizione le proprie
strutture produttive per la ricerca e la sperimentazione indispensabili per la stesura
di questo manuale.
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1. PREMESSA
Nel corso dei millenni l'attivit viticola ed enologica ha costituito un elemento di stabilit e
di attaccamento alla terra; piantare un vigneto ha sempre significato un impegno per molti
anni ed il rispetto di una delle pi antiche tradizioni mediterranee.
Dal 1950 al 1970 ed anche oltre, i territori ad alta vocazione viticola e caratterizzati da
elevata notoriet attraversarono un periodo di notevole difficolt, la viticoltura si espanse
in pianura, aumentarono le distanze tra i filari per facilitare la meccanizzazione, si
diffusero sistemi di allevamento a grande espansione e si utilizzarono prevalentemente i
vitigni pi produttivi. ll settore vitivinicolo sub una profonda crisi, imputabile per lo pi ad
una elevata ed incontrollata eccedenza produttiva.
Anche la ricerca viticola si orient verso soluzioni produttivistiche, ma gi all'inizio degli
anni '80 venne percepita la necessit di proporre modelli viticoli innovativi ed idonei al
miglioramento della qualit della produzione, oltre che adeguati per la meccanizzazione
delle varie operazioni colturali. Attualmente sta emergendo sempre pi l'interesse verso
una viticoltura di qualit ed una di elite, mentre, sempre meno richiesti sono i vini anonimi
e, per le viticolture della Unione Europea (UE), soprattutto i vini che non riescono a
trasmettere tipicit, stimoli, collegamento con la storia e soprattutto con il territorio di
origine. Si molto affievolito anche il confine tra viticoltura collinare, sinonimo di qualit,
con quella di pianura, poich attraverso opportune scelte, sia di base all'impianto sia di
tecnica viticola, possibile conseguire risultati di eccellenza in ogni situazione.
La durata del vigneto, che attualmente si considera tra 25 e 30 anni, a causa del mal
dell'esca e del rapido invecchiamento delle strutture permanenti della pianta, pu e deve
essere riconsiderata. La necessit di prolungare la vita economica dell'impianto deriva
non solo dagli elevati costi iniziali, ma anche dalle prestazioni enologiche inferiori del
vigneto giovane non ancora stabilizzato. A tale scopo la ricerca ed il mantenimento nel
tempo della condizioni di equilibrio tra la fase vegetativa e quella produttiva delle piante
assume un'importanza fondamentale. ln funzione del potenziale genetico
(vitigno/clone/portinnesto) e delle caratteristiche del sito di coltivazione, tale equilibrio
deve essere costantemente monitorato nel corso della stagione al fine di ripristinarlo
tempestivamente con appropriati accorgimenti tecnici nel caso di squilibri sia in senso
vegetativo che produttivo. lnoltre, si avverte la necessit di utilizzare la tecnica della
sostituzione delle fallanze, ampliamente in uso in altri paesi, con l'impiego magari dei
barbatelloni appositamente costituiti dai vivaisti per rendere ordinaria ed efficace tale
pratica. lnfine, per ottenere un vigneto pi longevo doveroso, all'impianto, un maggiore
impegno anche nel modellamento superficiale e nella sistemazione idraulica del terreno,
nella concimazione di fondo e nell'uso di materiali di sostegno pi durevoli, mentre
durante la gestione ordinaria necessario evitare di depauperare eccessivamente le
piante con produzioni ragionevoli ed in accordo alla vigoria del sito ed alla destinazione
merceologica delle uve.
2. CONSIDERAZIONI PRELIMINARI ALL'IMPIANTO DEL VIGNETO
2.1 Aspetti IegisIativi: prima di analizzare le complesse valutazioni che devono essere
eseguite per la realizzazione di un impianto viticolo necessario richiamare alcune
norme, comunitarie e nazionali, che regolano in modo rigido la gestione delle superfici
vitate.
2.2 Autorizzazione aII'impianto: l'ordinamento legislativo vigente limita l'esercizio della
viticoltura secondo i seguenti principi fondamentali:
mantenimento di un equilibrato rapporto tra produzione e consumo;
tutela delle zone di produzione (denominazioni d'origine);
miglioramento della qualit (scelta dei vitigni e vincoli produttivi).
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Fino al 2010, per poter impiantare un vigneto necessaria l'autorizzazione regionale che
attualmente viene concessa solo per il reimpianto attraverso l'utilizzo del diritto d'impianto
che si origina con lo spiantamento di una pari superficie di vigneto in coltura principale.
L'impianto pu essere autorizzato, anche in deroga, per limitate concessioni di nuovi
diritti dalla UE, o per superfici fino a 0,1 ha destinate all'autoconsumo. ll diritto d'impianto
maturato a seguito di spiantamento deve essere esercitato entro 5 anni. ll mancato
utilizzo in tempo utile comporta il passaggio dello stesso nella riserva nazionale o
regionale ed il successivo trasferimento ad altri con specifiche procedure. ln ambito
aziendale lo spiantamento, con impegno fideiussorio a garanzia, pu essere posticipato
di 3 anni dal reimpianto per colmare il mancato raccolto nella fase di allevamento.
ll diritto di reimpianto maturato pu essere trasferito in ambito nazionale, salvo diversa
normativa regionale, per vini di categoria pari o superiore a quello originale (lGT, DOC,
DOCG), anche a titolo oneroso, con atto notarile (Reg. CEE del 17/05/1999 in vigore fino
al 01/08/2010). L'acquisto del diritto d'impianto rappresenta quindi un costo aggiuntivo da
considerare nelle valutazioni economiche. Tali diritti d'impianto possono raggiungere
valori molto elevati, soprattutto nelle denominazioni che prevedono il divieto di estendere
la propria superficie vitata.
Procedura amministrativa:
Richiesta alla Regione dell'autorizzazione all'impianto;
Dichiarazione che espliciti l'intenzione di estirpazione o l'impegno ad effettuarla entro
un triennio, con allegato certificato catastale ed estratto di mappa o la
documentazione attestante il possesso del diritto ottenuto per trasferimento;
Verifica dell'ufficio competente dell'esistenza del vigneto da estirpare e successiva
verifica al compimento dell'espianto;
Collaudo dell'impianto per l'iscrizione all'albo dei vigneti.
La legislazione viticola comunitaria prevede due categorie di vino: vini da tavola e vini a
denominazione di origine, cio i VQPRD (Vini di Qualit Prodotti in Regioni Determinate).
Questi ultimi, regolamentati dalla Legge n164 del 10/2/1992, includono le tipologie DOC
(Denominazione di Origine Controllata) e DOCG (Denominazione di Origine Controllata e
Garantita). ln ltalia stata istituita anche la categoria dei vini lGT (lndicazione Geografica
Tipica), che non compresa tra i VQPRD, ma si distingue dai vini da tavola per la
provenienza da un territorio delimitato (regione, provincia, comune) e per altre indicazioni
pi restrittive nell'uso dei vitigni, nelle rese unitarie e nella gradazione alcolica minima
naturale rispetto a quelle di base previste per le macro zone comunitarie A, B e C.
2.3 Uso dei vitigni: per le unit amministrative dei paesi della UE, che in ltalia
corrispondono alle regioni o alle province, stato istituito l'elenco delle variet di vite
idonee alla coltivazione. Pertanto la scelta dei vitigni anche per i vini da tavola non pu
prescindere da tale elenco. Per l'Umbria i vitigni idonei alla coltivazione con l'ultimo
aggiornamento del 2003 sono:
Aglianico N, Albana B, Aleatico N, Alicante N, Barbera N, Bellone B, Biancame B,
Bombino bianco B, Cabernet franc N, Cabernet sauvignon N, Canaiolo bianco B,
Canaiolo nero N, Carignano nero N, Cesanese comune N, Cesanese di Affile N,
Chardonnay B, Ciliegiolo N, Colorino N, Dolcetto N, Falanghina B, Fiano B, Foglia tonda
N, Gaglioppo N, Gamay N, Garganega B, Grechetto B, Grechetto rosso N, Greco B,
Greco bianco B, lncrocio Bruni 54, Lacrima N, Maceratino B, Maiolica N, Malbech N,
Malvasia bianca di Candia B, Malvasia bianca lunga B, Malvasia del Lazio B, Malvasia N,
Mammolo N, Manzoni bianco B, Merlot N, Montepulciano N, Montonico bianco B,
Moscato bianco B, Mostosa B, Muller Thrgau B, Nero d'Avola N, Passerina B, Pecorino
B, Pinot bianco B, Pinot grigio G, Pinot N, Primitivo N, Prugnolo gentile N, Rebo N,
Refosco dal peduncolo rosso N, Riesling italico B, Riesling B, Sagrantino N, Sangiovese
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N, Sauvignon B, Semillon B, Syrah N, Sylvaner verde B, Tocai friulano B, Traminer
aromatico RS, Trebbiano giallo B, Trebbiano spoletino B, Trebbiano toscano B, Verdello
B, Verdicchio B, Vernaccia di San Gimignano B, Vernaccia nera N, Vermentino B,
Viogner B.
2.4 DiscipIinari di produzione per i vini a Denominazione di Origine: la legge n.
164/92 che istituisce le lGT, prevede innovazioni e modifiche anche nell'ambito delle
DOC. ln questi ultimi anni vi stata una notevole richiesta di modifiche dei disciplinari di
produzione per renderli pi flessibili ed adeguati alle esigenze del mercato. Nello stesso
tempo sono state riconosciute nuove DOC che spesso si sovrappongono, del tutto o in
parte, a quelle precedenti sia per nuove tipologie di vino sia per la difficolt di modificare
una delimitazione territoriale gi riconosciuta. Per l'istituzione o la modifica di una DOC
esistente necessario il coinvolgimento dei viticoltori in maniera rappresentativa, cio
nella misura minima del 20% dei vigneti presenti nella zona delimitata. ll disciplinare di
produzione diventa operativo con la pubblicazione del decreto ministeriale sulla G.U.,
dopo l'approvazione del Comitato Nazionale di Tutela delle Denominazioni. Una
denominazione DOCG pu essere ottenuta nell'ambito di una DOC riconosciuta da
almeno 5 anni.
2.5 EIementi fondamentaIi di un discipIinare di produzione:
Elenco dei vini: il disciplinare all'art. 1 indica i vini che possono essere prodotti nell'ambito
della DOC (bianco, rosso, rosato, novello, passito, vin santo, con riferimento ai vitigni ed
anche nelle tipologie frizzante, spumante ed altro).
Assortimento varietale: di norma all'art. 2 sono indicati, per ogni tipologia di vino prevista,
i vitigni che devono essere utilizzati obbligatoriamente con le rispettive percentuali.
Ovviamente tutti i vitigni indicati devono essere compresi tra quelli idonei alla
coltivazione. Nel caso di vini con riferimento al vitigno, questo deve rappresentare
almeno l'85% dell'uvaggio.
Delimitazione territoriale: in ciascun disciplinare di produzione, se l'areale di produzione
non corrisponde ad un territorio delimitato dal punto di vista amministrativo (comune,
provincia, ecc.), riportata la descrizione dettagliata del perimetro della zona con
riferimento ai segni convenzionali delle carte dell'lstituto Geografico Militare 1:25.000.
All'interno della denominazione possono essere definite altre delimitazioni anche con
riferimento a diverse tipologie di vino. Possono, inoltre, essere escluse zone interne
all'area come i fondovalle e/o i terreni di pianura, gli appezzamenti posti sopra o sotto
determinate quote altimetriche, ecc..
Densit di piantagione: nei nuovi disciplinari di produzione o nell'aggiornamento di quelli
esistenti deve essere indicato il numero minimo di ceppi per ettaro.
Produzione unitaria: il disciplinare stabilisce il limite produttivo massimo consentito per
ogni tipologia di vino e prevede, in genere, una tolleranza del 20% in pi per le annate
particolarmente favorevoli. Tuttavia la qualifica lGT, DOC o DOCG spetta solo per un
quantitativo di uva non superiore a quello base stabilito dal disciplinare.
Gradazione zuccherina o alcolica minima naturale: i mosti devono possedere la
gradazione zuccherina minima naturale o corrispondente gradazione alcolica naturale
indicata nel disciplinare.
Altre indicazioni pi generiche: accanto alle prescrizioni che debbono essere rispettate,
ce ne sono altre sostanzialmente generiche come per le forme di allevamento che
devono essere quelle tradizionali della zona o il divieto di pratiche di forzatura ed altro.
L'irrigazione sottintesa tra le pratiche di forzatura e non ammessa se vietata
espressamente dal disciplinare, altrimenti pu essere attuata solo come intervento di
soccorso prima dell'invaiatura. Per evitare problemi amministrativi, specialmente in
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considerazione del diffondersi di vitigni a maturazione precoce e della tecnica
dell'inerbimento opportuno indicare nei disciplinari di produzione che l'irrigazione di
soccorso sia consentita.
Caratteristiche fisiche e chimiche del vino: debbono rientrare nei limiti previsti dal
disciplinare.
Esame organolettico del vino: apposite commissioni provvedono all'esame organolettico,
che per i vini DOCG deve essere fatto su ogni partita.
Albo dei vigneti: tutti i vigneti per i vini lGT, DOC e DOCG devono essere iscritti ai
rispettivi albi tenuti dalle Camere di Commercio in funzione delle tipologie di vino previste
dai singoli disciplinari. Nel caso della sovrapposizione di zone a denominazione, il
vigneto, se risponde ai requisiti previsti, pu essere iscritto a pi albi e con le scelte
vendemmiali, annualmente, si pu optare per la tipologia pi conveniente, purch la resa
unitaria del vigneto risulti entro i limiti della denominazione pi restrittiva utilizzata. ln
Umbria, gran parte dei territori vocati alla viticoltura sono coperti dai disciplinari di
produzione, anche con alcune sovrapposizioni, che consentono di produrre numerose
tipologie di vino (Figura seguente).
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3. OPERAZIONI PRELIMINARI ALL'IMPIANTO DEL VIGNETO
3.1 Sistemazione superficiaIe deI terreno: la scelta del terreno riveste un ruolo
decisamente importante, normalmente nell'ltalia centro-settentrionale i terreni pi vocati
alla vite, specialmente per i vitigni a bacca nera, sono quelli collinari che spesso hanno
scarse alternative colturali. ln pianura possono essere utilizzati solo terreni sciolti e
permeabili, altrimenti, oltre alle difficolt connesse con eventuali ristagni idrici, si possono
verificare eccessi di vigore difficilmente controllabili, produzioni elevate, scarsa qualit ed
elevata incidenza delle fitopatie, soprattutto fungine.
sconsigliato il reimpianto sullo stesso appezzamento, in caso contrario, oltre
all'eliminazione accurata di tutti i residui radicali, necessario aspettare almeno un anno
sempre che la carica dei nematodi vettori di virus, specialmente Xiphinema index ed
italiae, non impongano un intervallo di 3-4 anni. ln quest'ultimo caso opportuno
utilizzare il terreno con colture nematocide (es. senape) od altre quali: medica, sorgo,
mais ed altri cereali, oltre che utilizzare un portinnesto resistente. Una tecnica valida
rappresentata da un trattamento con Glifosate ad elevate dosi (10-12 litri ad ettaro)
eseguito subito dopo la vendemmia ed estirpazione del vecchio vigneto dopo 2-3 mesi. ln
tal modo si determina una morte veloce delle piante, inclusi gli apparati radicali, con una
riduzione dello sviluppo dei nematodi.
ln pianura necessario assicurare un franco di coltivazione sufficiente per evitare ristagni
idrici. Spesso il ristagno connesso alla risalita della falda freatica e all'impossibilit
dell'acqua in eccesso di defluire efficacemente. l problemi possono essere risolti con una
rete di drenaggio raccordata ad una fognatura dotata di sufficiente pendenza per il
deflusso. ll modellamento superficiale, in genere, piuttosto semplice con interventi
limitati alla riduzione dei dossi ed alla colmatura delle conche.
Prima di avviare i lavori di movimento terra necessario stabilire la sistemazione del
terreno e l'orientamento dei filari. Quando la pendenza del terreno non obbliga al
terrazzamento, sono da evitare sistemazioni che non prevedono filari rettilinei
(girapoggio) o che attraversino dossi e avvallamenti (cavalcapoggio). ln terreni collinari
con pendenze fino al 35-40% la sistemazione pi razionale quella a rittochino, cio
dall'alto in basso, con filari orientati seguendo le linee di massima pendenza (Fig. 1).
Questo tipo di sistemazione consente la meccanizzazione di tutte le operazioni colturali,
ma ovviamente facilit l'erosione superficiale del terreno. Con i filari trasversali alla linea
di massima pendenza si determina invece la formazione di gradoni che ostacolano
l'impiego delle macchine.
Fig. 1. Vigneto a rittochino (a sinistra) e con filari traversali (a destra).
La sistemazione a terrazzamento o ciglioni raccordati proponibile con pendenze molto
elevate, superiori al 40%, e quando si possono ottenere terrazze di sufficiente ampiezza
per la collocazione di almeno 3-4 filari e vini di adeguato valore (Fig. 2).
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Fig. 2. Preparazione del terreno per la
costituzione di un vigneto terrazzato.
Fig. 3. Vigneto in fase di allevamento con ampie
zone con scarso attecchimento e limitato sviluppo
delle barbatelle dovuto all'asportazione dello
strato superficiale del terreno.
Le operazioni di spianamento e di modellamento superficiale, se interessano anche il
sottosuolo, possono comportare uno scarso attecchimento delle barbatelle ed uno
stentato sviluppo iniziale delle piante per cui necessario contenere gli interventi (Fig. 3).
Se gli spostamenti di terreno sono estesi e profondi necessario accantonare lo strato
fertile superficiale e ricollocarlo in situ dopo lo spianamento. ln alternativa necessario
rinviare l'impianto utilizzando il terreno gi sistemato con colture erbacee miglioratrici, per
almeno 3-4 anni, al fine di ripristinare la fertilit biologica.
3.2 AnaIisi geo-pedoIogica e chimica deI terreno: prima di assumere qualsiasi
decisione sugli interventi da attuare sul terreno opportuno effettuare un rilievo geo-
pedologico al fine di conoscerne il profilo, almeno fino alla profondit di 1 m. Molta
attenzione deve essere posta nell'uso dei terreni collinari dove le operazioni d'impianto e
la successiva coltivazione possono provocare fenomeni di dissesto idrogeologico. Per la
scelta del portinnesto e per la definizione della concimazione di fondo indispensabile,
oltre all'analisi fisica del terreno esplorato dalle radici, anche quella chimica almeno per i
seguenti parametri: pH, sostanza organica, capacit di scambio cationico, azoto totale,
carbonato di calcio, potassio e magnesio scambiabili, fosforo e ferro assimilabili.
3.3 Scasso: una lavorazione straordinaria del terreno e deve essere eseguita per i
vantaggi che apporta, quali: migliora la tessitura del terreno e la relativa fertilit, facilita lo
sgrondo delle acque, riduce i fenomeni di stanchezza e crea un ambiente favorevole allo
sviluppo radicale.
Profondit dello scasso: nei terreni sciolti, privi di strati impermeabili e precedentemente
non vitati, possono considerasi sufficienti 0,70-0,80 m, mentre nei terreni tendenti
all'argilloso o gi vitati opportuno raggiungere almeno 1 m. Non sono di norma
opportuni interventi a maggiore profondit specialmente se previsto un sistema
drenante che normalmente si colloca sulla suola di scasso.
Attrezzi da utilizzare: debbono essere scelti in funzione del profilo del terreno, dell'epoca
di esecuzione e della coltura precedente. ln particolare nei terreni uniformi conveniente
l'uso del ripper (Fig. 4), poich meno costoso e non altera la fertilit dell'orizzonte
superficiale. ll ripper diventa indispensabile nel caso in cui non conveniente rimescolare
gli strati con il rischio di portare in superficie lo scheletro o eventuali porzioni di calcare.
L'impiego dell'aratro da scasso invece opportuno se utile il rimescolamento degli strati
del terreno e nel caso del reimpianto ravvicinato per ridurre l'effetto della stanchezza.
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Fig. 4. Scasso con aratro, con ripper e con la benna di un'escavatore.
Epoca di scasso: i terreni tendenti all'argilloso sono quelli pi esigenti e per contenere la
zollosit devono essere lavorati con un giusto grado di umidit, cio quando sono in
tempera (di solito agosto-settembre). Nell'uso del ripper il terreno deve essere asciutto,
altrimenti si ottiene solo il taglio e non la frammentazione profonda; in tali condizioni, con
ancore distanziate 50-60 cm, sufficiente un solo intervento, altrimenti ne occorrono due
da eseguire a croce. L'operazione di scasso pu essere eseguita anche con l'ausilio della
benna di un escavatore, anche in questo caso i migliori risultati si ottengono con il terreno
asciutto ed in tempera.
3.4 Sistemazione idrauIica dei singoIi appezzamenti: la vite non sopporta il ristagno
idrico per cui richiesto un franco di coltivazione di almeno 1 m. necessario, pertanto,
valutare attentamente l'opportunit di realizzare sistemi di smaltimento dell'acqua in
eccesso. ln collina, nei terreni tendenzialmente argillosi il ristagno idrico provoca spesso
movimenti dello strato scassato che determina disallineamento dei filari fino a casi gravi
di smottamento (Fig. 5).
Fig. 5. Smottamento in un vigneto collinare
imputabile ad un non ottimale e celere
smaltimento dell'acqua in eccesso.
Fig. 6. Vigneto pianeggiante con eccessivi
ristagni idrici.
Pertanto anche per i terreni declivi, pu essere necessario il collocamento di un sistema
drenante subito sotto la suola di scasso. La progettazione di un sistema drenante deve
essere accurata per conciliare l'esigenza di raggiungere lo scopo e contenere i costi di
realizzazione. ll collocamento delle linee di drenaggio, distanziate di 10-40 m in relazione
al rischio di ristagno, in genere trasversale all'inclinazione del terreno con una
pendenza minima del 2. Nei terreni pianeggianti le linee drenanti vanno indirizzate
verso i punti dove pi facile collocare i collettori (Fig. 6).
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Se in fase di progettazione il rischio di ristagno idrico stato sottovalutato, con il vigneto
gi in produzione si pu collocare le linee drenanti al centro di interfilari contigui o
variamente alternati in funzione del tipo e della gravit del ristagno (Fig. 7).
Fig. 7. Collocazione meccanica dei dreni nel
mezzo di interfilari in un vigneto in piena
produzione.
Fig. 8. Collocazione meccanica dei dreni prima
dell'impianto.
Un sistema drenante pu essere realizzato con materiali diversi quali: pietre e frantumi
rocciosi derivanti da spietramento, laterizi di scarto, tubi in cemento forati o no, tubi forati
in PVC anche rivestiti di paglia di cocco. Questi ultimi rappresentano oggi la soluzione pi
diffusa sia per l'economicit sia per la possibilit di meccanizzare la posa in opera (Fig.
8). A seconda dei casi per aumentare la capacit emungente e prevenire l'occlusioni dei
fori dei dreni pu essere opportuno collocare una copertura porosa costituita da ghiaia
con granulometria decrescente verso i dreni o altri materiali non soggetti ad essere
attaccati da marciumi, ricoprendo il tutto con telo geotessile. ll sistema drenante deve
scaricare l'acqua con un sufficiente battente, per evitare l'intasamento dei tubi, in
collettori che se sono a cielo aperto creano ostacoli alla meccanizzazione. Le acque
emunte non devono essere riversate su altri appezzamenti e possono essere necessari
manufatti per convogliarle a valle senza provocare erosione, frane, smottamenti, ecc.. l
frequenti casi di dissesti geologici spesso derivano da interventi effettuati su singoli
appezzamenti senza aver previsto una sistemazione idraulica pi ampia o meglio ancora
su interi versanti anche per le difficolt di dover coinvolgere proprietari diversi.
3.5 Squadro deI vigneto: il vigneto a filari ormai la soluzione generalmente utilizzata,
anche in are viticole dove erano largamente presenti sistemi di allevamento diversi, quali
tendone ed altri. Per ridurre l'incidenza dei tempi accessori, necessari ad esempio per le
inversioni di marcia delle macchine, i filari dovrebbero avere una lunghezza di almeno
150-200 m. Nei vigneti collinari necessario interrompere i filari con capezzagne di
servizio inerbite utili per ridurre la velocit delle acque piovane e per consentire i
rifornimenti, lo scarico ed i movimenti delle macchine che operano nel vigneto.
3.6 Orientamento dei fiIari: nelle nostre latitudini la direzione da preferire quella Nord-
Sud, poich assicura una pi elevata intercettazione luminosa da parte della chioma
durante il giorno, e quindi contribuisce ad ottimizzare l'efficienza del vigneto, poich
l'energia non intercettata persa ai fini fotoassimilativi. ln collina, con l'esclusione dei
vigneti terrazzati, come precedentemente detto, preferibile piantare secondo le linee di
massima pendenza, quindi a rittochino, per migliorare la stabilit e l'operativit del mezzi
meccanici.
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3.7 SceIta deI sistema di aIIevamento: costituisce una delle operazioni pi importanti
poich influenza la distribuzione della vegetazione e della fruttificazione nello spazio e
quindi il microclima del vigneto. Per questo motivo, soprattutto in ltalia, sono piuttosto
numerosi e la loro diffusione dovuta proprio alla necessit di adattare la conformazione
della pianta alle diverse condizioni pedo-climatiche, nonch alle caratteristiche dei vitigni
utilizzati. Alcuni sistemi di allevamento ancora molto usati oggi sono quelli presenti
nell'antichit negli ambienti mediterranei, quali: l'alberello, il Guyot, il cordone speronato,
ecc.. Accanto a questi sistemi di allevamento classici, nel corso dei secoli si sono diffuse
numerose varianti conseguenti al progredire delle conoscenze, all'evoluzione dei mezzi di
produzione, al tipo di conduzione, alle esigenze del mercato ed alla diffusione della
viticoltura in nuovi territori. Spesso sono stati i viticoltori stessi ad individuare nuove
soluzioni che hanno poi tramandato con meticolosit. Un drastico cambiamento si
verificato dopo la seconda guerra mondiale con il diffondersi della meccanizzazione che
ha comportato nei vigneti a controspalliera un aumento delle distanze tra le file e la
conseguente concentrazione della vegetazione in un numero inferiore di pareti per ettaro.
Per un corretto approccio nella scelta del sistema di allevamento (vedi capitolo specifico)
necessario conoscere la fisiologia della pianta, il suo modo di vegetare e di produrre,
nonch la fluttuazione della fertilit delle gemme lungo il tralcio a frutto.
4. SCELTA DEL PORTINNESTO
ln ltalia attualmente sono ammessi alla coltivazione ben 37 portinnesti, indispensabili,
oltre che obbligatori, per superare i gravi problemi che l'afide Phyllossera vastatrix
capace di infliggere all'apparato radicale della vite europea fino alla morte della pianta.
Tuttavia, per problemi di adattabilit, di similitudine o di scarsa rispondenza alle esigenze
vivaistiche, sono pochi quelli che hanno una concreta diffusione. Attualmente 5
portinnesti, cio Kober 5BB, SO4 e 420A al centro-nord e 1103 Paulsen e 140 Ruggeri al
sud, coprono oltre il 70% della produzione totale. Le principali caratteristiche dei
portinnesti pi utilizzati e pi facili da reperire sono riportati nella Tabella 1. Occorre
tuttavia specificare che il portinnesto ideale non esiste e la scelta deve tenere in
considerazione l'elemento che, in quel determinato contesto viticolo, maggiormente
penalizzante; ad esempio 420A e 101-14 in presenza di eccesso di fertilit e quindi ove si
richiede il contenimento della vigoria, 1103 Paulsen, 140 Ruggeri e 110 Richter in
presenza di limitazioni nelle disponibilit idriche, ecc..
ln passato sono stati fatti vari tentativi per non utilizzare il portinnesto ritornando alla vite
franca, ma a parte condizioni pedologiche particolari, quali terreni sabbiosi e silicei, che
limitano la virulenza della Fillossera, normalmente dopo 5-10 anni dall'impianto
incominciano a manifestarsi i danni del parassita con riduzione del vigore e morte delle
piante. Pertanto necessario continuare ad usare i portinnesti per rendere innocuo
questo pericoloso afide ed auspicabile la costituzione di nuovi soggetti meno vigorosi o
caratterizzati da maggiore resistenza a condizioni limitanti ed alle varie fitopatie, incluso
la resistenza ai nematodi dei generi Meloidogyne e Xiphinema che sono i maggiori
responsabili della diffusione delle virosi.
14
Tab. 1. Quadro riassuntivo del comportamento dei principali portinnesti alle diverse condizioni
pedo-climatiche.
Portinnesti
Calcare
attivo
(%)
lPC
*
Vigoria Resistenza a
compattezza
del terreno
Resistenza
alla siccit
Sensibilit
a carenza
di potassio
Sensibilit a
carenza di
magnesio
Dissec_
camento
del rachide
Riparia Gloire 4 5 debole sensibile scarsa
R. du Lot 14 20 molto vig. buona buona elevata resistente resistente
101-14 9 debole sensibile scarsa elevata
3309C 11 10 medio sensibile scarsa elevata media medio
420A 20 40 medio media media media
Kober 5BB 20 40 vigoroso media scarsa media media sensibile
34 EM 20 medio sensibile scarsa media
157/11 22
161/49 25 60 medio media scarsa media
SO4 17 30 vigoroso media scarsa media elevata sensibile
110 Richter 17 molto vig. buona elevata resistente media medio
140 Ruggeri 40 90 molto vig. media elevata
779 Paulsen 20 vigoroso buona elevata
1103 Paulsen 20 vigoroso buona elevata resistente resistente
41 B 40 60 medio buona buona media
*lPC (indice del potere clorosante) = [CaCO
3
/(Fe)
2
] 10
4
dove: CaCO
3
= calcare attivo (%); Fe = ferro estraibile (mg/kg di terra fine).
5. SCELTA DELLE BARBATELLE
lndipendentemente dalla combinazione vitigno/portinnesto, nella scelta delle barbatelle
opportuno orientarsi verso la "categoria certificata, contrassegnata da un cartellino di
colore azzurro (Fig. 9), poich geneticamente uniformi ed esenti da virosi.
Fig. 9. Etichette che
contrassegnano le
diverse categorie del
materiale di
propagazione della
vite (standard =
arancione; certificato
= azzurro: di base =
bianco).
Le barbatelle della categoria certificata derivano da vigneti di piante madri costituiti con
materiale di base (quest'ultimo riconoscibile dal cartellino di colore bianco ed ottenuto
mediante selezione clonale o ibridazione, indenne da virosi ed iscritto al catalogo
nazionale delle variet di vite, istituito secondo l'art.11 del D.P.R. n1164 del 24/12/1969).
Altra scelta importante quella relativa ai cloni, poich questi presentano caratteristiche
superiori rispetto al vitigno standard soprattutto per aspetti qualitativi importanti, quali la
componente fenolica ed aromatica, il quadro acidico, l'accumulo zuccherino, ecc., e
15
quindi sfruttabili per il raggiungimento di specifici obiettivi. La disponibilit di una vasta
gamma di cloni per quasi tutti i vitigni, con punte di oltre 70 come ad esempio per il
Sangiovese o 19 per il Merlot, consente di migliorare la qualit enologica globale anche
attraverso la costituzione di vigneti policlonali. L'impiego sullo stesso vigneto di pi cloni
con caratteristiche complementari permette infatti di ottenere vini completi che
racchiudono cio le caratteristiche migliori di ciascun clone evitando cos costose
tecniche enologiche in fase di trasformazione e/o complicate operazioni di blend prima
dell'affinamento dei vini.
ln caso di mancanza di cloni o nell'impossibilit di reperire barbatelle certificate
possibile utilizzare materiale standard, contrassegnato da un cartellino arancione (Fig. 9),
che per ha l'inconveniente di essere difforme geneticamente e di non assicurare
l'assenza di virosi.
L'impiego di barbatelle virus esenti assume oggi un'importanza rilevante, poich anche le
virosi meno pericolose, cio quelle riconducibili al gruppo delle malformazioni infettive
(arricciamento e accartocciamento fogliare), riducono l'efficienza del vigneto e limitano la
fase di accumulo, soprattutto delle antocianidine caratterizzate da elevata stabilit, quali
Malvina e Peonina. Altro aspetto interessante la possibilit di utilizzare cloni
caratterizzati da una produttivit moderata, ad esempio per effetto di una ridotta fertilit
delle gemme e/o da un minore peso medio del grappolo, al fine di contenere o addirittura
eliminare alcune tecniche colturali particolarmente onerose quali la scacchiature ed il
diradamento dei grappoli.
6. IMPIANTO DEL VIGNETO
6.1 Distanze di piantagione e densit di impianto: variano in funzione del sistema di
allevamento e della fertilit del terreno. Nelle controspalliere si tende a ridurre le distanze
per aumentare la densit di piantagione e contenere il vigore delle piante. Sulla fila una
maggiore fittezza riduce la carica di gemme per ceppo e quindi la competizione tra i
germogli che possono svilupparsi pi uniformemente. ln genere conveniente orientarsi
nell'intervallo compreso tra 0,8 e 1,2 m in funzione del vigore delle viti e della fertilit
naturale del terreno. Anche tra le file necessario contenere le distanze,
compatibilmente con le esigenze dei mezzi meccanici disponibili, tra 2 e 3 m, per
ottenere il massimo sviluppo longitudinale delle pareti di vegetazione sull'unit di
superficie e quindi ridurre l'affastellamento della vegetazione e migliorare l'utilizzazione
della luce. Nella combinazione Sangiovese/Kober 5BB allevato a cordone speronato,
abbiamo infatti rilevato una riduzione nella capacit di produrre sostanza secca del
vigneto pari al 24% passando da distanze di impianto di 2,5 1 m (4.000 ceppi/ha) a 3,3
1 m (3.030 ceppi/ha), cui a corrisposto un incremento nella produttivit del vigneto pari
al 27% (15,6 contro 12,2 t/ha d'uva) senza penalizzare la gradazione zuccherina del
mosto e l'accumulo dei composti fenolici.
La densit d'impianto, ovvero il numero di ceppi per ettaro, viene definita dalle distanze
tra i filari e quelle sulla fila con cui le piante vengono messe a dimora nel terreno, come
tale esercita un'influenza determinante sulla produttivit delle piante e sulla qualit
dell'uva, nonch sui costi da sostenere sia in fase di impianto che nella gestione annuale
del vigneto (es. potatura, vendemmia, trattamenti fitoiatrici, gestione del suolo, ecc.).
Nonostante la scelta delle distanze di piantagione sia uno degli aspetti attualmente pi
dibattuti nella viticoltura italiana per le sue ripercussioni sulla qualit delle uve, ormai
accertato che con distanze sulla fila inferiori a 0,8-1 m non si rilevano vantaggi, n
quantitativi n qualitativi, e che con distanze tra le file inferiori a 2 m possono insorgere
problemi di mutuo ombreggiamento tra i filari ed eccesso di vigore difficile da gestire.
Appaiono quindi ottimali, almeno in Umbria, densit di piantagione variabili da 4.000 a
5.000 ceppi/ha; vigneti con densit superiori potrebbero dare origine a squilibri vegeto-
16
produttivi, soprattutto in presenza di portinnesti di elevato vigore (es. Kober 5BB, 779 e
1103 Paulsen, 140 Ruggeri, SO4, ecc.) ed in terreni fertili e freschi, oltre ad una richiesta
aggiuntiva di interventi in verde (es. cimature dei germogli, sfogliature, sfemminellature,
scacchiature, ecc.) e, nelle annate calde e siccitose, anche della necessit d'acqua. Per
quanto riguarda quest'ultimo aspetto, preoccupante il fatto che al diminuire della
distanza tra i filari aumenta progressivamente il fabbisogno idrico del vigneto ed il
coefficiente colturale (kc). Secondo indagini condotte in California, quando lo sviluppo
delle chiome si completato, variazioni della distanza tra i filari da 3,0 a 2,4 a 1,8 m
aumentano il valore del coefficiente colturale (kc) rispettivamente da 0,49 a 0,66 a 0,82 e
quindi la richiesta d'acqua. lnoltre, stato dimostrato che il consumo idrico di un vigneto
allevato a controspalliera quasi proporzionale alla distanza tra i filari sarebbe
massimo, con kc = 0,91, nel caso di vigneti fitti con filari posti ad 1 m di distanza tra di
loro. La maggiore richiesta d'acqua nei vigneti con densit di piantagione superiore a
5.000 ceppi/ha dovr essere tenuta in debita considerazione, soprattutto nelle annate
particolarmente calde e siccitose.
6.2 Epoca d'impianto: compresa tra novembre e marzo-aprile. ll piantamento
anticipato facilita l'attecchimento e lo sviluppo delle barbatelle, poich durante l'inverno il
terreno si assesta intorno alle radici e l'attivit radicale pu iniziare in anticipo sul
germogliamento, inoltre si ha una pi regolare successione delle varie fasi fenologiche.
L'impianto all'inizio dell'inverno determinante per l'attecchimento e per lo sviluppo delle
barbatelle nel caso del piantamento con forcella, poich richiede un energico
raccorciamento delle radici. Se vengono utilizzate barbatelle in vaso la messa a dimora
va effettuata a fine maggio-inizio giugno e per contenere le fallanze occorre monitorare la
disponibilit idrica ed intervenire tempestivamente con opportune irrigazioni.
6.3 Conservazione deIIe barbateIIe: le barbatelle paraffinate, confezionate in mazzi da
25 in apposite scatole con torba intorno alle radici ed avvolte da un film plastico (Fig. 10),
se non vengono piantate entro 8-10 giorni devono essere mantenute in cella frigorifera a
3-4 C. ln caso contrario, per ritardarne il germogliamento ed evitare la disidratazione e lo
sviluppo di muffe sulle radici si devono togliere dall'imballo e riporre sotto sabbia
inumidita in un locale fresco ed areato.
6.4 Potatura deIIe barbateIIe: il raccorciamento delle radici deve essere contenuto per
facilitare l'attecchimento e lo sviluppo, ma spesso si deve ricorrere ad interventi drastici,
soprattutto se per la messa a dimora si usa la forcella (Fig. 11). necessaria
l'immersione in acqua delle barbatelle per 12-24 ore, specialmente dopo una
conservazione prolungata (Fig. 12).
Fig. 10. lmballaggio delle
barbatelle.
Fig. 11. Raccorciamento delle
radici prima della messa a
dimora.
Fig. 12. lmmersione in acqua
delle barbatelle prima della
messa a dimora.
17
Nei vigneti in piena produzione si pu avere un notevole sviluppo di polloni dal
portinnesto, soprattutto nel caso del portinnesto 1103 Paulsen (Fig. 13), dovuto alla
mancata o imperfetta asportazione delle gemme sulle talee in vivaio. ll danno notevole
per le difficolt di controllare efficacemente questa emissione di polloni, soprattutto se
l'asportazione viene seguita con forbici. Per contenere tale inconveniente opportuno
controllare le barbatelle ed eliminare accuratamente i residui gemmari che si possono
evidenziare anche da tentativi di ricaccio.
Fig. 13. Apparato radicale in viti di 15 anni di Chardonnay innestato sul portinnesto 1103 Paulsen.
Da notare svariati polloni (freccia rossa) sviluppati dal nodo basale della talea (freccia blu).
6.5 Profondit di piantagione: nelle barbatelle innestate il punto d'innesto deve essere
fuori terra per evitare lo sviluppo di radici d'affrancamento e conseguentemente la
sbarbettatura. Nei vigneti declivi opportuno prevedere anche l'eventuale accumulo di
terreno a valle per erosione. Nel caso delle barbatelle franche necessario invece
prevedere un tratto di tronco fuori terra dove eseguire l'innesto.
6.6 Tecniche di impianto: vi sono numerose tecniche utilizzabili per la messa a dimora
delle barbatelle (Tab. 2); tuttavia indipendentemente da quella usata le esigenze
fondamentali richieste per questa operazione sono tempestivit e contenimento dei costi.
ll piantamento in buca scavata a mano il pi razionale, poich consente di conservare
quasi integro l'apparato radicale, che va solo spuntato, ma richiede tempi operativi
piuttosto lunghi. L'uso delle trivelle (diametro 15-25 cm) (Fig. 14) non migliora molto la
rapidit e su terreni tendenzialmente argillosi le pareti del foro si compattano ed
ostacolano lo sviluppo radiale delle radici. Pi rapido risulta l'impiego del foraterra
(diametro 8-10 cm), soprattutto se il terreno soffice e non oppone eccessiva resistenza
alla penetrazione, altrimenti per l'infissione del paletto si pu ricorre all'ausilio del braccio
di una benna (Fig. 14). ln tutti i casi necessario riempire lo scavo con terra asciutta,
sciolta, senza scheletro e ben costipata sulle radici, specialmente nell'impianto tardivo,
meglio se si aggiungono 2-3 litri di acqua subito dopo il piantamento.
L'uso della forcella (Fig. 14) consente una notevole rapidit, tuttavia il forte
raccorciamento delle radici determina difficolt nell'attecchimento, specialmente nel caso
di piantamento tardivo, e in ogni caso un minor sviluppo vegetativo delle piante,
soprattutto nel primo anno (Fig. 15).
L'impiego della lancia ad acqua, che lavora con una pressione di esercizio di circa 20-30
atmosfere, permette di ridurre notevolmente i tempi operativi. Tale sistema costituito da
una lancia collegata ad una botte da 5-10 ettolitri posta sul trattore capace di effettuare i
fori nel terreno per la collocazione delle barbatelle (Fig. 16).
Le trapiantatrici meccaniche consentono notevoli vantaggi per i costi e la tempestivit
(Fig. 17); particolarmente rispondenti risultano quelle che trapiantano in solco, poich
accostano meglio il terreno sulle radici rispetto a quelle che operano simulando l'impianto
18
con il foraterra, L'allineamento longitudinale sulla fila perfetto grazie al sistema laser,
mentre uno scostamento di qualche centimetro pu verificarsi nella distanza sulla fila.
Fig. 14. Trivella, foraterra su benna e forcella.
Fig. 15. Sviluppo vegetativo delle
barbatelle trapiantate a macchina
(filari di sinistra) e piantate con il
foraterra (filare di destra).
Fig. 16. Messa a dimora delle barbatelle con la lancia idrica.
l sistemi tradizionali di collocazione delle barbatelle, cio in buche scavate a mano con la
vanga, con la trivella o con il foraterra montato sul braccio di una benna, risultano
piuttosto lenti; la produttivit del lavoro decisamente bassa, variabile da 9 a 30
ceppi/ora per operatore (Tab. 2).
19
Fig. 17. Trapiantatrice meccanica ad
allineamento laser.
Tab. 2. Produttivit del lavoro e tempi operativi nei diversi sistemi di messa a dimora delle
barbatelle (3.000 ceppi/ha).
Tecnica d'impianto Operatori
(n)
Cantiere
(ceppi/ora)
Operatore
(ceppi/ora)
Cantiere
(ore/ha)
Totale
(ore/ha)
Buca scavata a mano 2 18 9 166 333
Buca con trivella 3 30 10 128 256
Foraterra manuale 2 20 10 150 300
Foraterra su benna 3 100 30 25 90
Forcella 2 178 89 17 34
Lancia ad acqua 3 355 118 8,4 25
Trapiantatrice meccan. 4 840 210 3,6 14,5
L'uso della forcella consente una elevata rapidit nella messa a dimora e nella
produttivit del lavoro, circa 90 ceppi/ora per operatore. La trapiantatrice meccanica ad
allineamento laser opera mediamente con una velocit di avanzamento compresa tra 2 e
2,5 km/ora; il tempo operativo medio di circa 3 ore/ha a cui corrisponde una produttivit
del lavoro di circa 210 viti/ora per operatore. Occorre per sottolineare che tali tempi
operativi sono quelli definitivi solo in presenza di terreni sabbiosi e sufficientemente
asciutti, in realt nella maggior parte dei terreni vitati dell'Umbria e forse dell'ltalia centro-
settentrionale, cio tendenzialmente argillosi, si rende necessaria l'operazione di
accostamento della terra alle radici per avere un buon attecchimento delle barbatelle.
Tale operazione eseguita con l'ausilio della lancia idrica necessit di circa 20 ore/ha,
contro le 40 ore/ha richieste da altre tecniche manuali. Con la trapiantatrice meccanica, la
lancia idrica e la buca scavata a mano la percentuale di attecchimento in genere alta
(superiore al 96-97%), mentre con la forcella, a causa del notevole raccorciamento delle
radici, l'attecchimento pu essere inferiore, cos come lo sviluppo complessivo delle
piante durante il primo anno di vegetazione (Fig. 15). importante inoltre sottolineare
che anche la variabilit di sviluppo delle viti inferiore nel caso di trapianto eseguito
meccanicamente e con la lancia idrica rispetto agli altri sistemi saggiati.
Per l'impianto del vigneto possono essere usate anche barbatelle ottenute in fitocelle con
la tecnica del cartonaggio (Fig. 18). Normalmente vengono poste a dimora in buca
scavata a mano o con altro sistema che consenta d'inserire nel terreno il vasetto,
biodegradabile, cercando di rispettarne scrupolosamente l'integrit. L'impianto si esegue
mediamente ai primi di giugno ed indispensabile curare con attenzione la disponibilit
idrica, poich risultano particolarmente sensibili al caldo ed alla mancanza d'acqua.
20
Fig. 18. Barbatelle ottenute in serra con la
tecnica del cartonaggio pronte per essere messe
a dimora in piena campo.
6.7 Pacciamatura orizzontaIe: l'eliminazione delle erbe infestanti lungo la fila durante la
fase di allevamento un'operazione particolarmente onerosa poich, per non
compromettere lo sviluppo e lo stato sanitario delle barbatelle, deve essere fatta
manualmente e con tempestivit. Altre tecniche come il diserbo chimico non offrono
sufficienti garanzie in relazione ai rischi di fitotossicit ed allo spettro d'azione spesso
limitato di molti principi attivi, soprattutto verso le infestanti perennanti. Un'alternativa
all'intervento manuale la pacciamatura con film plastico (Fig. 19). La messa in opera
fatta meccanicamente, subito dopo il piantamento delle barbatelle, con un film di
polietilene nero della larghezza di 1 m e dello spessore di 0,12 mm. La macchina
stenditelo, semiportata dalla trattrice, lavora con una velocit di avanzamento di 1,5-2,0
km/ora; il tempo operativo del cantiere di lavoro, costituito da 2 operatori ed un trattorista,
di circa 10-12 ore/ha, inclusi i tempi di svolta e di sostituzione dei rotoli del film
pacciamante. La pacciamatura evidenzia vantaggi importanti che ne giustificano
l'impiego; infatti, oltre a consentire il totale controllo delle erbe infestanti, induce un pi
elevato accrescimento del fusto e dei germogli ed una maggiore produzione di sostanza
secca soprattutto nell'apparato radicale, che diventa pi sviluppato ed espanso, oltre che
maggiormente resistente alle basse temperature invernali e predisposto per una pronta
ripresa vegetativa nella primavera successiva.
6.8 Pacciamatura verticaIe: durante la fase di allevamento, sempre pi frequentemente
si ricorre alla protezione delle viti con tubi in plastica di varia forma, denominati shelters,
generalmente apribili per il recupero, lunghi da 40-50 cm e con diametro di 8-10 cm (Fig.
20). Nonostante il costo, mediamente 0,5 euro l'uno, apporta notevoli vantaggi poich
facilita il diserbo sulla fila, il palizzamento verticale dei germogli e lo sviluppo del
germoglio principale rendendo inutile la cimatura di quelli sottostanti. Gli shelters sono
proficuamente utilizzati anche nel rimpiazzo delle fallanze, nel caso di sostituzione di
piante morte in vigneti in piena produzione e per aumentare la densit d'impianto in
vigneti adulti (Fig. 20).
21
Fig. 19. Pacciamatura e sviluppo delle barbatelle alla fine della prima vegetazione.
Fig. 20. lmpiego degli schelters (pacciamatura verticale) sull'intero vigneto in fase di allevamento
(a sinistra) e per la sostituzione delle piante morte (a destra).
22
6.9 MateriaIi per I'impianto deI vigneto
Le scelte inerenti i materiali strutturali del vigneto devono essere fatte in modo oculato
considerando che negli ultimi anni accanto ai sostegni tradizionali, pali in legno e
cemento e fili zincati, sono stati proposti ed in parte diffusi nuovi materiali con
caratteristiche di notevole interesse. ln funzione delle scelte variano in modo
considerevole i costi d'impianto, tuttavia importante orientarsi verso materiali di
adeguate dimensioni e durata, poich oltre al danno sulla produzione dell'anno, eventuali
cedimenti delle strutture comportano costosi interventi di ripristino. lnoltre necessario
cercare di ridurre al minimo gli interventi di manutenzione ordinaria, quali: ripristino della
tensione di fili ed ancoraggi, sostituzione di pali e tutori usurati o danneggiati, legature dei
tronchi e dei cordoni permanenti alle strutture, ecc..
6.9.1 PaIi: devono garantire una sufficiente durata, elasticit e resistenza alle diverse
sollecitazioni, compresa la vendemmia meccanica. Vengono conficcati nel terreno ad una
profondit variabile da 50 a 100 cm in funzione dell'altezza fuori terra e delle
sollecitazioni previste. ln vigneti con pareti alte 2 metri, i pali devono essere conficcati nel
terreno per almeno 70 cm. l principali tipi di palo oggi disponibili sono:
PaIi in Iegno: sono i migliori per resistenza, elasticit e leggerezza ed hanno anche
costo contenuto, tuttavia garantiscono una durata non superiore a 12-15 anni per la
marcescenza del tratto interrato. Castagno e pino sono le essenze pi impiegate. Anche
l'azob del Camerun (Lophira alata e Lophira procera) non offre sufficienti garanzie di
durata ed piuttosto costoso. l pali devono essere diritti ed avere un diametro in punta di
12-15 cm per le testate e di circa 10 cm per quelli intermedi. Al fine di aumentare la
resistenza indispensabile almeno un trattamento per immersione della parte basale del
palo fresco scortecciato, in una soluzione al 6-8% di solfato di rame, per 3-4 giorni. l pali
di pino usati pi correntemente sono trattati industrialmente in autoclave per aumentarne
la durata (Fig. 21), che tuttavia non sufficiente a coprire l'intera vita del vigneto. lnoltre
nello smaltimento devono essere trattati come rifiuti tossici a causa delle sostanze
impregnanti utilizzate.
PaIi in cemento armato precompresso: sono pi resistenti e flessibili di quelli in
cemento armato alleggerito, hanno inoltre dimensioni ridotte e consentono la vendemmia
meccanica, soprattutto se presentano gli spigoli arrotondati. Sono preferibili quelli a
sezione quadrata o leggermente trapezoidale da 9 cm per le testate e da 6-7 cm per
quelli intermedi in funzione della fittezza, dell'altezza della parete e della ventosit della
zona. Esteticamente non sono molto apprezzati e per migliorare l'impatto sull'ambiente
sono disponibili anche pali di cemento colorati in marrone, meno evidenti soprattutto in
inverno quando la vegetazione ricoprente assente.
PaIi in ferro zincato: sono di vario tipo, sufficientemente pratici e maneggevoli e si
adattano bene alla vendemmia meccanica. Attualmente vengono commercializzati con
profilo a C e nervature longitudinali di irrigidimento che conferiscono maggiore resistenza
ed aumenta anche la stabilit del sostegno stesso. Su questi pali sono gi predisposte le
asole laterali per i fili e si presta bene all'applicazione degli altri accessori (Fig. 21). Con
carichi vegeto-produttivi elevati ed in zone ventose si ricorre spesso a soluzioni miste;
cio pali di testata in legno piuttosto robusti e pali intermedi in ferro zincato ogni 5-6 m e
con eventuali pali di cemento precompresso o legno ogni 25-30 m per aumentare la
stabilit dei filari.
Ultimamente si trovano in commercio anche pali in ferro ricoperti da plastica riciclata, pi
cari rispetto alle altre tipologie, ma caratterizzati da una elevata funzionalit dovuta alla
presenza di comode asole per i fili e da una estetica piuttosto piacevole (Fig. 21).
23
Fig. 21. Pali in legno, in ferro zincato ed in ferro ricoperto da plastica riciclata.
6.9.2 Tutori: sono indispensabili durante la fase di allevamento per il palizzamento
verticale dei germogli e per costituire tronchi dritti, ma sono utili anche successivamente
per conferire maggiore stabilit e resistenza alle pareti vegetative. l tutori devono essere
sufficientemente robusti, ben conficcati nel terreno, adeguatamente legati almeno ad un
filo, di lunga durata e non devono rilasciare frammenti, soprattutto nel caso di vendemmia
meccanica. l tutori in legno di essenze nazionali (robinia, castagno, ecc.), incluso le
canne comuni, di bamb o di plastica, hanno una durata limitata, normalmente inferiori a
5-6 anni. Una soluzione economica e soddisfacente rappresentata dai tondini di ferro
acciaioso con superficie spiralata normalmente usati in edilizia da 6-8 mm di diametro
(Fig. 22). Tuttavia, specialmente se si utilizzano fili di ferro zincato, necessario evitare il
contatto tra filo e tondino per non trasmettere l'ossidazione. Per questo motivo vengono
commercializzati tondini zincati o, meglio ancora, con una protezione mista zinco-
alluminio (crapal). importante, inoltre, realizzare un sistema efficiente di bloccaggio dei
tutori sui fili per impedirne lo scorrimento longitudinale sotto le sollecitazioni degli attrezzi
meccanici, quali: tastatore scanzaceppi, potatrici a barre falcianti, ecc..
Fig. 22. Tondini di ferro acciaioso, aste in filo crapal, paletti in PVC e canne di bamb.
6.9.3 Posa in opera dei paIi: l'infissione diretta nel terreno con appositi attrezzi pi
conveniente rispetto al piantamento in buca sia per il risparmio di tempo sia perch si
evita l'operazione di consolidamento del terreno intorno al palo. Gli attrezzi piantapali
sono i pi adeguati e sono portati lateralmente dalla trattrice. ll gruppo colonnare con
pistone oleodinamico pu essere inclinato a piacere per operare anche in collina e per i
pali di testata. La produttivit del lavoro buona, 20-24 pali/ora rispetto ai 3-4 pali/ora
24
con il piantamento manuale a parit di cantiere (costituito da 3 persone) (Fig. 23). ll
piantapali meccanico pu essere utilizzato anche per la sostituzione dei pali rotti e
usurati. Per l'infissione dei pali nel terreno si pu usare anche il braccio di un escavatore,
ma oltre alla maggiore difficolt nel mantenere in posizione verticale il palo il cantiere
spesso non soddisfa le norme antinfortunistiche. L'escavatore con un puntale perforante
pu invece essere utile nel caso di presenza di ostacoli che impediscono l'infissione del
palo nel terreno, quali: strati di roccia, grosse pietre, ecc..
Fig. 23. Piantatali meccanici oleodinamici ed escavatore con punta a percussione per forare
eventuali strati duri o rocce superficiali.
6.9.4 FiIi: sono usati in genere quelli in ferro triplo zincati e sono disponibili in diversi
diametri, indicati da numeri che vanno dal 15 al 22. Gli inconvenienti maggiori sono
rappresentati dalla limitata resistenza alla ruggine, anche nel caso di zincatura tripla, e
dallo stiramento che pu raggiungere il 15-20%. Per limitare questi inconvenienti si
possono adottare sezioni maggiori, ma con aggravio di costo e crescenti difficolt nella
posa in opera. Possono essere usati anche fili di polimeri plastici (tipo poliammide) che
per hanno l'inconveniente di essere tagliati facilmente con la potatura e la vendemmia.
La soluzione pi razionale rappresentata dai fili in acciaio inossidabile per la loro
sezione ridotta, la resistenza all'ossidazione, il ridotto stiramento (2-4%) e per la facilit di
posa in opera, anche se hanno un costo iniziale leggermente superiore rispetto agli altri
fili (in media del 10-15%). Una valida alternativa al filo zincato, sempre pi utilizzata, sia
per il costo che per le caratteristiche tecniche rappresentata dai fili di acciaio protetti da
una lega di zinco e alluminio (detto filo crapal) che ne prolunga notevolmente la durata.
Le principali caratteristiche dei fili da vigneto sono riportate nella Tabella 3.
Tab. 3. Caratteristiche dei diversi tipi di filo utilizzabili per il vigneto.
(sulle righe sono simili i carichi di rottura).
Filo zincato
Allungamento 18%
Crapal 4
Allungamento 10%
Crapal 4 top50
Allungamento 3%
Acciaio Aisi 304
Allungamento 3%
N m/kg N m/kg N m/kg N m/kg
15 2,5 28 12 2,0 44 11 1,6 62 11 1,6 62
16 2,7 22 14 2,2 33 11 1,6 62 11 1,6 62
17 3,0 18 15 2,5 28 12 1,8 50 12 1,8 50
18 3,4 14 16 2,8 22 13 2,0 40 13 2,0 40
19 3,9 11 17 3,1 18 15 2,5 28 14 2,2 33
20 4,4 8 18 3,4 14 16 2,8 22 15 2,5 28
21 4,9 7 19 4 10 16 2,8 22 15 2,5 28
22 5,4 6 20 4,5 8 17 3,5 16 16 2,8 22
25
6.9.5 Ancoraggi: sono costituiti da piastre in cemento, munite di tondino in ferro da 10-
12 mm, da interrare ad una profondit di 0,8-1 m in funzione della natura del terreno (Fig.
24). Sono anche disponibili ancore in ferro zincato a base elicoidale che si avvitano nel
terreno semplificando notevolmente la posa in opera, tuttavia nei terreni sabbiosi
possono non offrire una resistenza adeguata. consigliabile inclinare il palo verso la
capezzagna del 15-20% e distanziare l'ancoraggio dalla base del palo in modo da
caricare il palo stesso prevalentemente a compressione. L'ancoraggio va collegato ai fili
portanti pi sollecitati, in genere quello corrispondente all'impalcatura delle viti e quello
pi alto.
Fig. 24. Vari tipi di ancoraggio per pali di testata del vigneto.
6.9.6 TendifiIo: sono indispensabili per regolare periodicamente la tensione dei fili (Fig.
25). Sono di diverso tipo e devono essere collocati vicino ai pali di testata e, per
lunghezze superiori a 100 m, anche lungo la fila in funzione della resistenza allo
stiramento del filo utilizzato.
Fig. 25. Tendifilo a rocchetto e
a chiave per filo portante. A
destra, catenelle utilizzate per
ancorare i fili mobili ai pali di
sostegno e per ripristinarne la
tensione.
6.9.7 Accessori per iI supporto dei fiIi: nel cordone speronato classico, sistema di
allevamento molto utilizzato nei nuovi impianti, il palizzamento verticale della vegetazione
26
affidata ad una o due coppie di fili mobili, che devono essere agganciate ai lati dei pali
intermedi. Questo aggancio, semplice nei pali di ferro zincato e di ferro ricoperti da
plastica riciclata poich provvisti di apposite asole laterali, diventa complicato nel caso
dei pali di cemento e di legno, poich richiedono appositi accessori (Fig. 26).
)LJ Supporti per le coppie di fili mobili utilizzati per il palizzamento verticale dei germogli.
ln alcuni casi questi supporti possono addensare eccessivamente la vegetazione, poich
appressati direttamente ai pali e quindi offrono uno spazio per lo sviluppo dei germogli
inferiore a 6-8 cm. Al fine di limitare l'affastellamento della vegetazione e favorire la
circolazione dell'aria si stanno diffondendo con successo alcune tipologie di distanziatori
mobili (Fig. 27) che vengono mantenuti aperti durante la stagione vegeto-produttiva e
chusi durante le operazioni di vendemmia meccanica. L'uso di mensole rigide sono da
escludere, poich impediscono l'uso delle vendemmiatrici (Fig. 27).
)LJ Supporti mobili (a
sinistra e a destra) e fissi
(sopra) per i fili utilizzati per
il palizzamento verticale dei
germogli.
L'attacco dei fili ai pali, sia quello portante che quelli di contenimento della vegetazione e
delle ancore, pu essere eseguito con l'ausilio di appositi collari (Fig. 27), che
consentono anche di ripristinare periodicamente, in modo comodo e celere, la tensione
dei fili, poich presentano un comodo e funzionale tendifilo a rocchetto.
27
7. SISTEMI DI ALLEVAMENTO
ll sistema di allevamento influisce in modo marcato sia sull'attivit vegetativa delle piante
che su quella produttiva e contribuisce pertanto a definire la condizione di equilibrio.
Quest'ultima condizione, da ricercare e mantenere nel tempo, deve essere adeguata alle
specifiche condizioni pedo-climatiche ed alla fertilit, vigoria e potenzialit produttiva del
vitigno in funzione dell'obiettivo enologico. Rispetto agli altri paesi viticoli, i sistemi di
allevamento utilizzati in ltalia sono piuttosto numerosi e ricche di varianti finalizzate ad un
miglior adattamento delle piante nei diversi ambienti pedo-climatici, all'utilizzazione della
manodopera e dei mezzi tecnici disponibili, all'applicazione delle nuove conoscenze ed
all'adeguamento dei vini alle esigenze dei consumatori.
ln questi ultimi anni ovunque si coltivi la vite, il vigneto si sta ormai standardizzando su un
numero limitato di sistemi di allevamento a controspalliera che prevedono un'altezza dei
pali fuori terra variabile da 1,5 a 2 m e capace di assicurare una fascia vegetativa alta
almeno 1,1-1,2 m e quindi un sufficiente rapporto "foglie/uva, che nella maggior parte
delle controspalliere non dovrebbe scendere al di sotto di 1 m
2
di foglie per kg d'uva. Pi
frequentemente si usa il cordone speronato, classico con vegetazione assurgente o
libero a vegetazione ricadente, o il Guyot e suoi derivati (es. archetto e capovolto) con
tronco alto mediamente 0,8 m da terra. Anche le distanze sulla fila ormai sono
standardizzate a circa 1 metro, con oscillazioni verso 0,8 m in ambienti meno fertili.
Oggi l'esigenza di garantire produzioni di elevata qualit e di massimizzare la differenza
fra ricavi e costi impone sistemi di allevamento che, oltre ad essere semplici dal punto di
vista strutturale ed integralmente meccanizzabili, garantiscano un rapido sviluppo
vegetativo fra germogliamento e fioritura ed inducono invece un rallentamento della
crescita dei germogli a partire dall'allegagione. Quest'ultima fase piuttosto delicata,
poich la competizione nutrizionale esercitata nei confronti dell'induzione a fiore delle
gemme e dello sviluppo degli acini appena allegati potrebbe essere nociva. Un siffatto
modello vegetativo consente di occupare velocemente lo spazio disponibile per ciascun
ceppo, assicurando cos un'elevata intercettazione della luce ed efficienza fotosintetica, e
di attenuare i fenomeni di competizione nutrizionale sopra citati.
Da questo punto di vista i sistemi di allevamento pi rispondenti sono i cordoni speronati,
quello classico con vegetazione palizzata verticalmente (Fig. 28) ed il cordone libero con
vegetazione reclinata (Fig. 29). ll principale vantaggio di questi sistemi risiede nel fatto
che lo sviluppo dei germogli uviferi e la maturazione dell'uva, portati da speroni di 1-2
gemme, avvengono in modo pi uniforme, poich si riducono gli effetti dell'acrotonia e
della competizione nutrizionale. lnoltre, in caso di stress abiotici, i germogli possono
attingere direttamente alle sostanze di riserva del legno del cordone permanente e del
tronco, contribuendo a garantire un livello di composti responsabili della macro e della
microstruttura dell'uva pi costante nelle diverse annate.
Fig. 28. Cordone speronato.
28
)LJ Cordone libero.
ll cordone speronato, impostato a 60-80 cm dal suolo, caratterizzato dalla presenza di
corti speroni di 1-2 gemme, in numero variabile in funzione della produttivit desiderata e
della destinazione merceologica dell'uva, selezionati nella parte dorsale del cordone
permanente che daranno origine ai germogli uviferi. Tale sistema, nella sua versione pi
moderna, presenta i germogli direzionati verso l'alto grazie allo spostamento di una
coppia di fili mobili che viene agganciata a dispositivi posti sui pali, a circa 30-40 cm
sopra il cordone, quando i germogli hanno raggiunto una lunghezza di 50-60 cm. Questo
tipo di palizzamento dei germogli consente una buona separazione della zona produttiva
da quella vegetativa ed particolarmente adatto per vini di elevato pregio, specialmente
rossi da destinare all'invecchiamento. La buona illuminazione dei grappoli permette,
infatti, di produrre uve con una maggiore intensit di colore e di migliorare anche il
quadro delle altre sostanze fenoliche ed aromatiche. Dal punto di vista strutturale,
essenziale che la parete vegetativa abbia un'altezza minima di almeno 1-1,2 m, per
garantire lo sviluppo di una superficie fogliare sufficiente, cio superiore a 1 m
2
di foglie
per kg d'uva, oltre che ottimamente esposta alla luce. ln diversi vitigni (Sangiovese,
Merlot, Nebbiolo, Montepulciano, ecc.) recentemente emerso, infatti, che i migliori
risultati qualitativi delle uve non si ottengono a livelli produttivi pi bassi, ma a giusti
rapporti tra superficie fogliare e produzione. ll cordone speronato pu tuttavia trovare
limitazioni con i vitigni che hanno una scarsa fertilit delle gemme basali, quali:
Verdicchio, Verdello, Drupeggio, ecc.. Con tali vitigni, se non esistono cloni con
sufficiente fertilit basale, opportuno utilizzare il sistema di allevamento a Guyot o a
capovolto per non incorrere in una insufficiente produttivit. ll cordone speronato
consigliabile nei casi in cui deve essere favorito lo sviluppo vegetativo, es. terreni magri e
ciottolosi, condizioni climatiche limitanti, notevole carenza idrica estiva, ecc., poich,
garantendo un portamento assurgente dei germogli, ne stimola lo sviluppo contribuendo
ad un miglior rendimento dell'impianto. Tuttavia in questi ultimi anni sta emergendo,
sempre con maggiore convinzione, che questo sistema di allevamento si giova
positivamente di una scacchiatura dei germogli al fine di limitare l'elevata fogliosit che
potrebbe derivare da un eccessivo sviluppo delle gemme delle corone, delle sottogemme
e di quelle avventizie e di ottimizzare il microclima nella zona di collocazione dei grappoli
rendendo in tal modo pi celere e meno impegnativa anche la potatura invernale.
ll cordone libero, con il cordone permanente posto a circa 1,5-1,6 m dal suolo, esprime al
massimo il concetto di semplificazione in quanto presenta un solo filo che sostiene il
cordone, non richiede la stralciatura dei sarmenti ed avendo inoltre i germogli ricadenti
non esige, a differenza di tutti gli altri sistemi a controspalliera, nemmeno il palizzamento
verticale della vegetazione. Tale sistema si adatta a tutti i vitigni indipendentemente dalla
fertilit delle gemme basali, in quanto gli speroni, selezionati nella parte dorsale del
cordone permanente allo scopo di ottenere una chioma maggiormente aperta, possono
essere potati fino a 3 gemme. Gli aspetti negativi di tale sistema derivano dalla facile
29
scacchiatura dei germogli ad opera del vento, soprattutto in vitigni sensibili (Trebbiano
toscano, Chardonnay, ecc.) o a portamento ricadente (Ciliegiolo, Trebbiano, Malvasie,
ecc.) e semi-ricadente (Sangiovese, ecc.), e da un affastellamento della vegetazione
intorno ai grappoli, con conseguente intenso ombreggiamento che pu causare
scadimenti qualitativi delle uve. Tuttavia, tali inconvenienti possono essere facilmente
superati con interventi di cimatura dei germogli da effettuarsi precocemente, in fase di
fioritura. L'attenuazione del vigore e della tendenza ad emettere femminelle che
normalmente si ha con il cordone libero per effetto della vegetazione ricadente, rende
consigliabile la sua utilizzazione in caso di terreni freschi e fertili e con vitigni e portinnesti
vigorosi. Da alcuni anni tale sistema si ritiene particolarmente proficuo soprattutto con
l'impiego di vitigni a bacca bianca, poich il parziale ombreggiamento dei grappoli
durante la maturazione contribuisce a mantenere un buon quadro acidico del mosto ed i
caratteri di aromaticit varietale.
ll Guyot un sistema di allevamento a tralcio rinnovabile che ben si adatta in ambienti di
media o bassa fertilit e prevede un tronco alto 50-80 cm sul quale inserito un tralcio a
frutto di 6-8 gemme piegato orizzontalmente lungo il filare ed uno sperone di 1-2 gemme
utilizzabile per il rinnovo nell'anno seguente (Fig. 30).
)LJ Guyot. )LJ Capovolto.
ll capovolto un sistema di allevamento anch'esso a tralcio rinnovabile derivato dal
Guyot che per presenta un tronco pi alto, che pu raggiungere anche 1,3 m, sul quale
sono inseriti da 2 a 4 capi a frutto piegati verso il basso e 1-2 cornetti (Fig. 31). La carica
di gemme maggiore rispetto a quella del Guyot, 50-80.000 per ettaro, e pu essere
variata modificando la distanza tra il primo ed il secondo filo. Per ottenere un equilibrato
sviluppo dei germogli necessario contenere la piegatura dei tralci a frutto entro 30-45
rispetto all'orizzontale; piegature pi strette provocano uno scarso sviluppo dei germogli e
la formazione di gemme cieche nel tratto sub-terminale dei tralci a frutto. Comunque sui
tralci a frutto spesso si verifica un doppio gradiente di vegetazione che penalizza lo
sviluppo dei germogli presenti nella parte mediana dei tralci. pi adattabile del Guyot
ed utilizzabile in molti ambienti collinari dell'ltalia centro-settentrionale, ove consente
produzioni di qualit. Permane l'inconveniente dell'onerosit della potatura, poich non
pu essere meccanizzata, mentre possibile la vendemmia meccanica per scuotimento
laterale.
Nella scelta tra cordone speronato e Guyot-capovolto necessario valutare attentamente
le implicazioni sulla qualit dell'uva, sulla produttivit delle piante, sulla tecnica di
gestione e sui relativi costi. ln questi ultimi anni si manifestata una netta preferenza
verso il cordone speronato, poich consente una meccanizzazione integrale ed una
30
maggiore uniformit sia nello sviluppo dei germogli che nella maturazione dei grappoli.
Sull'uso della manodopera necessario per considerare anche le esigenze della
scacchiatura che, mentre nel Guyot e nel capovolto limitata alla sommit del tronco, nel
cordone speronato necessario intervenire sul cordone permanente per eliminare i
numerosi germogli non utili che si sviluppano dalle gemme latenti e che richiedono un
supplemento di almeno 20 ore/ha. A sfavore del cordone speronato da considerare la
richiesta di un maggior numero di grossi tagli di potatura per il necessario rinnovamento
delle branche e l'aumento dei rischi derivanti dal mal dell'esca.
Nel centro ltalia, il Guyot ha subito una perdita di importanza quando, a seguito della
diffusione della meccanizzazione, si inizi a piantare i vigneti con una distanza tra le file
di 3 m, ci comportava una carica di gemme per ettaro inferiore a 40.000 e rese ettariali
contenute, mentre invece si richiedevano produzioni elevate. Oggi, modulando la
distanze tra le file tra 2 e 2,5 m si possono raggiungere facilmente 50-60.0000
gemme/ha, quindi migliorata sensibilmente la sua flessibilit. Se le distanze sulla fila
sono maggiori di 1 m, preferibile utilizzare il Guyot bilaterale per contenere l'acrotonia e
quindi la disformit di sviluppo dei germogli. Nel caso del cordone speronato invece
opportuno non utilizzare cordoni bilaterali o due viti per posta onde evitare disparit di
vigoria. lndagini eseguite in Umbria hanno, infatti, evidenziato che il piantamento con viti
binate, cio con due viti per posta, rispetto al piantamento singolo mostra, accanto ad
una minore efficacia nella capacit di produrre ed accumulare sostanze di qualit
nell'uva, cio zuccheri, antociani e polifenoli totali, una serie di aspetti negativi, quali: 1)
sviluppo spesso asimmetrico delle piante, con una delle due che prende il sopravvento
accrescendosi in modo maggiore rispetto all'altra (Fig. 32); 2) presenza di una forte
irregolarit nella distribuzione della vegetazione nello spazio disponibile, poich nella
parte terminale dei cordoni spesso si crea un vuoto, mentre nelle zone di curvatura vi
uno sviluppo notevole dei germogli con eccessivi affastellamenti di vegetazione ed elevati
scadimenti energetici interni, ci rende inoltre difficoltosa la potatura invernale ed obbliga
ad eseguire operazioni aggiuntive di potatura verde, quali: scacchiatura, sfogliatura,
sfemminellatura, ecc., con aggravio dei costi di produzione; 3) irrazionalit nell'impiego
delle vendemmiatrici e delle potatrici meccaniche, poich la met delle piante di ciascun
filare presenta un orientamento opposto alla direzione di avanzamento delle macchine,
ci riduce l'efficienza delle macchine stesse e, in caso di legature non ottimali dei cordoni
pu causarne anche la rottura oltre che indurre maggiori danni a tralci e speroni.
)LJ Piantamento binato (2 viti per posta) con chiome disomogenee e sviluppo
asimmetrico dei tronchi.
Dal punto di vista strutturale, sia nel Guyot che nel cordone speronato opportuno
prevedere 5 fili di cui uno portante, normalmente in acciaio inox, posto mediamente a 60-
31
80 cm da terra, una coppia mobile collocata a 40-50 cm dal primo ed un'altra coppia fissa
posta alla sommit dei pali, possibilmente con i fili sfalsati di circa 15-20 cm in altezza.
.
Sistemi a Lira: dato per acquisito il concetto che il giusto rapporto "superficie
fogliare/uva e l'ottimale microclima delle foglie e dei grappoli favorisce, soprattutto nei
vitigni a bacca nera, una composizione ottimale dell'uva, rimane il problema della
capacit di intercettazione della luce quale fattore principale nel garantire un elevato
livello di fotoassimilati prodotto ed utilizzabile per l'accumulo. Alla luce di quanto sopra,
negli anni passati numerosi sono stati i tentativi di separare le chiome della vite al fine di
ottimizzare il microclima vegetazionale e migliorare la composizione dell'uva, tuttavia
pochissimi di questi nuovi sistemi si sono affermati, alcuni erano particolarmente
complessi e difficili da gestire (es. Lys, Scott-Henry, Ruakura Twin Two Tier, ecc.), altri
invece precludevano la possibilit di meccanizzare le operazioni colturali (Lira). Dal punto
di vista qualitativo, i risultati pi interessanti sono stati ottenuti nella zona dello
Champagne, dove la Lira ha permesso di ottenere la stessa qualit del vigneto
tradizionale francese, ma con una notevole riduzione della densit di piantagione,
passando cio dai classici 10.000 ceppi/ha (distanze di impianto di 1 1 m) a 3.330
ceppi/ha (distanze di impianto di 3 1 m).
ll sistema di allevamento a Lira, nella versione classica, prevede un'intelaiatura di
sostegno a V o U che consente alla vegetazione di aprirsi verso l'alto e di realizzare due
pareti di vegetazione inclinate, in tal modo si migliora la distribuzione della luce e la
circolazione dell'aria all'interno della chioma. L'ostacolo principale alla sua diffusione
rappresentato dalla difficolt di meccanizzare operazioni particolarmente impegnative ed
onerose, quali la vendemmia. Per poter adottare la meccanizzazione integrale senza
rinunciare ai vantaggi sia qualitativi che di sanit dell'uva offerti da una vegetazione
separata, presso il Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali dell'Universit di Perugia
stato progettato ed in corso di sperimentazione un sistema di allevamento aperto, del
tipo Lira modificata, denominato SAlM (Sistema di Allevamento ad lpsilon Meccanizzato),
costituito da una struttura di sostegno a V, posto su un cordone speronato classico, e
dotato di un sistema di chiusura (Fig. 33) che consente di chiudere celermente la
vegetazione poco prima della vendemmia e di utilizzare sia le vendemmiatrici che le
potatrici meccaniche (Fig. 34). Su Merlot, Grechetto G5 e Sangiovese, per effetto di una
parete vegetativa parzialmente sdoppiata, tale sistema ha consentito di ottenere una
superficie fogliare a ceppo superiore del 20-30% rispetto al cordone libero ed al cordone
speronato classico senza modificare, nella fascia produttiva, il numero di strati fogliari e la
percentuale di spazi vuoti. lnoltre, stata conseguita una notevole riduzione della
quantit di foglie e di grappoli posizionati internamente alla chioma. A parit di
produzione per metro di filare, chiome cos strutturate hanno consentito di aumentare in
modo significativo l'accumulo di zuccheri nel mosto, il contenuto in polifenoli totali ed in
antociani nelle bucce e di ridurre l'incidenza dei marciumi fungini.
32
)LJ Struttura portante, aperta e chiusa, del sistema di allevamento SAlM e distribuzione della
vegetazione su due pareti inclinate di 45.
)LJ SAlM (sistema di allevamento ad ipsilon meccanizzato) in fase di pre-vendemmia con
la chioma aperta ed ottimamente divisa (in alto) e con la struttura chiusa (in basso) per
permettere l'impiego della vendemmiatrice a scuotimento orizzontale e della pre-potatrice
meccanica a barre falcianti.
33
8. POTATURA
Le operazioni di potatura rivolte al vigneto, con scopi diversi in funzione del periodo di
sviluppo della pianta, possono essere divise in: a) potatura di allevamento; b) potatura di
produzione; c) potatura radicale; d) potatura di ringiovanimento e di risanamento.
8.1 Potatura di aIIevamento: si applica durante i primi anni dopo l'impianto ed
finalizzata a realizzare celermente la struttura definitiva della pianta in accordo al sistema
di allevamento previsto, in modo da ottenere rapidamente la piena produzione ed
ottimizzare la distribuzione della vegetazione nello spazio disponibile.
1 anno: durante la prima vegetazione importante la posa in opera dei tutori per
palizzare verticalmente almeno 2-3 germogli, scacchiando entro maggio tutti gli altri. Tale
operazione richiede mediamente circa 20-25 ore/ha. altres importante curare la
concimazione azotata (80-100 g di azoto a ceppo), l'eventuale somministrazione di
acqua, l'eliminazione delle erbe infestanti e la difesa fitosanitaria. All'impianto
opportuno evitare le concimazioni localizzate in prossimit degli apparati radicali, incluso
l'impiego di compost, substrato di lombrico, ecc., poich limitano l'approfondimento e
l'espansione laterale delle radici con un conseguente aumento della suscettibilit agli
stress idrici futuri. ln genere, alla fine della prima vegetazione si ottengono germogli di
limitato vigore, per cui con la potatura invernale si sceglie il tralcio pi robusto e meglio
inserito e si taglia a 2-3 gemme, assicurandolo verticalmente al tutore (Fig. 35).
Fig. 35. Sviluppo delle viti alla fine del primo anno d'impianto e potatura a due gemme.
Scacchiatura dei germogli in eccesso (a destra).
2 anno: sulla nuova vegetazione si ripetono le stesse operazione dell'anno precedente,
inclusa la scacchiatura dei germogli in eccesso, e generalmente si ottengono tralci
robusti e ben lignificati, lunghi 1,5-2 m. Alla potatura invernale si sceglie il tralcio migliore,
per posizione, verticalit e dimensione, e nel caso del cordone speronato, se il vigore
sufficiente, si pu impostare la curvatura del tronco e 30-40 cm di cordone. Nel caso del
Guyot si spunta invece al di sotto del primo filo. ln primavera, dalle gemme rimaste, si
svilupperanno i germogli che devono essere accuratamente palizzati in alto.
3 anno: nel cordone speronato si sceglie il tralcio migliore che viene spuntato per
eliminare la parte apicale non ben lignificata, si lega al filo portante orizzontale con una
curvatura dolce e regolare per formare il cordone permanente potato a 6-8 gemme. Se
un tratto del cordone gi stato impostato l'anno prima, dai tralci si formeranno sia i primi
speroni che il prolungamento del cordone permanente fino alla vite successiva (Fig. 36).
Nel Guyot, a seconda del vigore, si seleziona uno sperone di due gemme ben
34
posizionato e si allunga il tralcio a frutto migliore per dimensioni e vigore completando la
potatura di allevamento.
Fig. 36. Potatura alla
fine della 3 vegetazione
in un cordone speronato
(a sinistra) e in un Guyot
(a destra).
ln caso di piantamento precoce, cio da dicembre a febbraio, con l'ausilio dell'azoto ed
dell'irrigazione possibile forzare lo sviluppo delle piante e ridurre di un anno la potatura
di allevamento; tuttavia forzature spinte al primo anno, specialmente con il portinnesto
SO4, possono provocare morte delle piante per fenomeni di tillosi. ln vigneti vigorosi,
caratterizzati fin dal primo anno da un buon accrescimento sia diametrale che in
lunghezza, si pu allungare il tralcio sul filo che nel caso del cordone speronato diventer
nell'anno successivo parte del cordone permanente, anticipando quindi di un anno la sua
formazione. ln questo caso si pu ottenere una discreta produzione gi al terzo anno, ma
occorre ovviamente cautela per non compromettere il regolare accrescimento, soprattutto
dell'apparato radicale.
La potatura deve essere eseguita manualmente e richiede in media 30-35 ore/ha, cui si
sommano altre 15-20 ore/ha per la legatura dei tralci ai tutori.
4 anno - Potatura di aIIevamento-produzione: nel caso del cordone speronato, sul
tralcio orizzontale dell'anno precedente si selezionano i tralci migliori, posti dorsalmente,
si speronano raccorciandoli a 1-2 gemme e si eliminano tutti quelli presenti sia sulla
curvatura che in posizione ventrale e laterale. Generalmente su un cordone lungo 80-100
cm si lasciano in media 6-8 speroni (uno ogni 12-15 cm), per un carico totale di 12-16
gemme a metro lineare di cordone.
Dopo il 4 quarto anno si pu meccanizzare la potatura, cio eseguire una pre-potatura
con potatrici a dischi o a barre falcianti per eliminare una parte della vegetazione ed
eseguire la stralciatura dei sarmenti, cui seguir un accurato ripasso manuale.
ln totale la potatura di allevamento nei primi 3 anni dall'impianto richiede circa 120 ore di
lavoro ad ettaro (Tab. 4).
Tab. 4. Tempi operativi richiesti dalla potatura di allevamento nel cordone speronato.
Taglio (ore/ha) Legatura (ore/ha) Totale (ore/ha)
1 anno 25 --- 25
2 anno 30 10 40
3 anno 35 20 55
8.2 Potatura di produzione
La potatura di produzione ha le seguenti finalit primarie:
equilibrare l'attivit vegetativa e quella produttiva;
ottenere quantit di produzione e qualit desiderata;
35
mantenere elevata l'efficienza del vigneto;
prolungare la vita dell'impianto.
compito della potatura invernale stabilire la carica di gemme a ceppo e ad ettaro e
quindi definire la produzione d'uva del vigneto che ovviamente deve essere adeguata
all'obiettivo enologico prefissato. Dal punto di vista teorico, la produzione potenziale del
vigneto (P
pot
) data dalla seguente relazione:
P
pot
= Carica di gemme/ha u FertiIit deIIe gemme u Peso medio deI grappoIo
Per tale calcolo, occorre quindi conoscere la fertilit reale delle gemme, che esprime il
numero di grappoli prodotti per ciascuna gemma lasciata con la potatura invernale, ed il
peso medio del grappolo del vitigno in esame.
ln ltalia centrale e per vitigni a grappolo medio-grande con peso variabile da 250 a 300 g
(es. Sangiovese, Malvasie, Trebbiani, Montepulciano, Verdicchio, ecc.) e fertilit media di
1,3-1,4, mediamente occorrono circa 40.000 gemme/ha, quindi la produzione potenziale
del vigneto sar:
P
pot
= 40.000 u 1,4 u 0,250 = 14 t/ha
Tale valore rappresenta la produzione d'uva per ettaro massima consentita dalla maggior
parte dei disciplinari di produzione dei vini DOC del centro ltalia (incluso ovviamente
+20% previsto nelle annate eccezionali).
Per vitigni a grappolo piccolo con peso medio di circa 150 g (es. Chardonnay, Grechetto
G5, Pinot, Sauvignon, Riesling, Manzoni bianco, Sylvaner verde, ecc.) e fertilit media di
1,6-1,7 con 40.0000 gemme/ha la produzione risulterebbe scarsa (appena 9,6 t/ha),
nonostante la fertilit delle gemme pi elevata che questi vitigni normalmente presentano
rispetto a quelli a grappolo grosso:
P
pot
= 40.000 u 1,6 u 0,150 = 9,6 t/ha
pertanto necessario aumentare tale carica ad almeno 50.000 gemme/ha al fine di
assicurare produzioni quantitativamente adeguate, quindi:
P
pot
= 50.000 u 1,6 u 0,150 = 12 t/ha
Occorre sottolineare come la fertilit reale delle gemme piuttosto bassa nei vitigni
caratterizzati da un elevato peso del grappolo, ed invece pi elevata nelle variet con
peso dei grappoli contenuto (Tab. 5).
La fertilit reale delle gemme, che come visto rappresenta uno dei fattori pi importanti
nel definire la produttivit del vigneto, funzione anche del tipo di potatura; nei sistemi di
allevamento a potatura corta (es. cordone speronato, cordone libero, ecc.) la fertilit reale
delle gemme pi bassa rispetto a quelli a potatura lunga (es. Guyot, capovolto, ecc.).
necessario precisare che la carica di gemme da adottare annualmente nel vigneto
deve essere considerata nella progettazione del vigneto; modifiche successive devono
essere limitate e soprattutto accompagnate da un adeguamento della tecnica di gestione
del vigneto volta a mantenere il giusto equilibrio vegeto-produttivo delle piante.
l principi fondamentali della potatura di produzione sono consolidati da tempo anche se
oggi, con l'approfondimento delle conoscenze fisiologiche, l'evoluzione finalizzata alla
ricerca di soluzioni semplici, efficienti ed adatte per maestranze poco specializzate e/o
adeguate alla meccanizzazione per contenere i costi di produzione. Nell'attuazione
36
pratica della potatura di produzione sostanzialmente si deve provvedere al mantenimento
nel tempo della struttura assegnata alla pianta al termine dell'allevamento e contrastare
l'eccessivo allungamento delle branche e l'accumulo di legno vecchio. A tale scopo, nei
cordoni speronati si utilizzano tralci potati corti, 1-2 nodi, dai quali, nell'anno successivo si
ottengono i germogli fruttiferi ed il rinnovo degli speroni, avendo l'accortezza di utilizzare
per la sostituzione di questi ultimi ultimi sempre il tralcio pi basso, derivante dalla
gemma del primo nodo o dalla corona, al fine di contenere l'allungamento delle branche.
lnoltre, per il rinnovo annuale degli speroni necessario ricorrere anche ai tralci derivanti
dalle gemme latenti (succhioni) che insorgono alla base delle branche o sul cordone
permanente in modo da poter eliminare con la potatura le vecchie branche ed evitare un
veloce invecchiamento del cordone, che rappresenta il problema principale di questo
sistema di allevamento a potatura corta.
7DE Fertilit delle gemme e peso medio dei grappoli in vitigni a grappolo grosso e
piccolo.
VlTlGNl Fertilit reale Peso medio del grappolo (g)
A grappolo grosso
Marzemino 1,27 242
Montepulciano 1,36 238
Nebbiolo 1,36 219
Nero d'Avola 1,27 256
Refosco 1,37 228
Verdicchio 1,07 327
Falanghina 1,11 266
Trebbiano spoletino 1,14 256
A grappolo piccolo
Malbech 1,83 146
Pinot nero 1,61 150
Chardonnay 1,76 130
Grechetto G5 1,55 141
lncrocio Bruni 54 1,79 131
lncrocio Manzoni 6.0.13 1,65 137
Pinot bianco 1,72 146
Riesling italico 2,08 135
Riesling renano 1,92 143
Sauvignon blanc 1,61 99
Sylvaner verde 1,67 146
l tagli di ritorno su speroni derivanti da gemme latenti devono essere frequenti anche per
evitare tagli di ampia sezione, che predispongono le piante all'attacco del mal dell'esca.
Considerando che agli speroni assegnato il compito di fornire i germogli fruttiferi per
l'anno successivo, occorre sceglierli su tralci robusti prevedendone anche alcuni di
riserva, per rimediare ad eventuali gemme cieche o a rotture per cause accidentali. Nei
casi di vigoria modesta e/o carenza di sviluppo di gemme latenti da sfruttare per i rinnovi
pu essere utile speronare i succhioni anche se deboli ad una sola gemma, poich da
questa sar pi facile ottenere un buon tralcio nell'anno successivo (Fig. 37).
La potatura di produzione eseguita manualmente richiede da 80 a 120 ore/ha di
manodopera in funzione del sistema di allevamento, incluso il taglio e la stralciatura dei
sarmenti. La legatura dei tralci non ovviamente richiesta nei cordoni speronati. ll
cordone libero, che esprime la massima semplificazione, non richiedendo nemmeno la
stralciatura, necessita soltanto di 60 ore/ha di lavoro manuale (Tab. 6).
37
a b c d
Fig. 37. a: sperone a tre gemme con difficolt di germogliamento di quella basale; b: sviluppo di
germogli basali sulla branca da utilizzare nell'anno successivo per effettuare tagli di ritorno;
c: corona e prima gemma visibile (bourillon) da considerare utile nel conteggio delle gemme da
lasciare con la potatura secca; d: sperone di due gemme correttamente posizionato.
Tab. 6. Tempi operativi delle operazioni di potatura di produzione eseguite manualmente o a
macchina in diversi sistemi di allevamento.
Sistema di aIIevamento Capovolto Cordone speronato* Cordone libero*
Operazioni
manuale
(ore/ha)
manuale
(ore/ha)
meccanico
(ore/ha)
manuale
(ore/ha)
meccanico*
(ore/ha)
Potatura (taglio) 40 60 35* 55 30*
Stralciatura 20 20 --- 5 ---
Legatura 30 --- --- --- ---
7RWDOH 90 80 35 60 30
* Nel cordone speronato il cantiere di lavoro separato, la pre-potatura a macchina richiede circa 2-3 ore/ha e
la rifinitura manuale circa 30-32 ore/ha, mentre nel cordone libero la pre-potatura con macchine a barre
falcianti e la rifinitura manuale avvengono in contemporanea.
7.2.1 Potatura meccanica: nei sistemi di allevamento a cordone permanente possibile
ricorrere alle potatrici meccaniche; in realt il lavoro svolto da tali macchine una pre-
potatura in quanto si richiede poi una rifinitura manuale. Nel cordone speronato classico
sono pi rispondenti le potatrici a dischi (tipo Pellenc, Binger, ecc.) (Fig. 38), poich
eseguono tagli multipli al di sopra del cordone provvedendo anche alla stralciatura ed alla
trinciatura dei sarmenti. La pre-potatura pi agevole se il palizzamento verticale della
vegetazione stato accurato ed molto rapida, occorrono infatti circa 2-3 ore/ha. La
rifinitura manuale, che in genere viene eseguita a cantiere separato, richiede invece 30-
32 ore/ha e consiste nel diradamento dei cornetti in eccesso, incluso quelli posizionati al
di sotto del cordone permanente, nel raccorciamento a 1-2 gemme di quelli residui e
nell'esecuzione dei tagli di ritorno.
Nel cordone libero sono invece preferibili le potatrici a barre falcianti orientabili (tipo
Fama, Tanesini a barre multiple, Tanesini trimmer, ecc.) (Fig. 39). Queste sono costituite
da un telaio portato lateralmente dalla trattrice, munito di due lame orizzontali con
tastatori ed una verticale che eseguono contemporaneamente tagli sopra e sotto il
cordone, nonch lateralmente. ln assenza dei fili di sostegno i sarmenti cadono a terra
liberamente dopo il taglio. Per il ripasso manuale preferibile riunire i cantieri utilizzando
una piattaforma mobile, munita di forbici pneumatiche e trainata posteriormente dalla
trattrice, sulla quale prendono posto due operatori (Fig. 39). La simultaneit delle due
operazioni consente di ridurre le ore di lavoro richieste per la potatura, poich gli addetti
al ripasso, vincolati dalla velocit di avanzamento della trattrice, vengono indotti ad
eseguire meno tagli, cio solo quelli effettivamente importanti quali: diradamento degli
speroni in eccesso rispettando quelli dorsali o anche laterali rivolti verso l'alto e il
raccorciamento delle branche con tagli di ritorno. La stessa macchina pu essere
38
utilizzata anche per la cimatura estiva dei germogli e per l'eventuale potatura di pre-
vendemmia. Nel cordone libero complessivamente occorrono circa 9-10 ore macchina ad
ettaro, per cui considerando 3 operatori (1 trattorista e 2 potatori), un ettaro di vigneto
necessita di circa 30 ore totali di manodopera.
Fig. 38. Potatrici a dischi su cordone speronato.
Fig. 39. Potatrice a barre falcianti orientabili su cordone libero (a sinistra) e cordone speronato (a
destra) con i cantieri di lavoro riuniti (cantiere potatura + cantiere di rifinitura).
8.3 Potatura radicaIe: pu essere utilizzata nei casi di elevata vigoria al fine di
contenere l'eccessivo sviluppo della chioma e limitare gli effetti negativi che ne derivano,
quali: elevato ombreggiamento, stentata maturazione dei grappoli, riduzione del colore
dell'uva e incremento nella virulenza dei parassiti, soprattutto fungini. Non una tecnica
molto usata, tuttavia nei casi gravi di eccessivo vigore si pu eseguire un solo passaggio
con un attrezzo a due lame tipo coltro, fino ad una profondit di 80-100 cm in modo da
tagliare una parte dell'apparato radicale. Tale tecnica deve essere utilizzata con una
frequenza non inferiore a 3-4 anni e su filari alterni. Lo stesso risultato si consegue
quando l'intervento si esegue con il ripper a pi ancore per ridurre la compattazione del
terreno operando su filari alterni (Fig. 40).
8.4 Potatura di ringiovanimento e di risanamento: nei casi di precoce invecchiamento
del cordone permanente, causato anche da errori in fase di potatura invernale, pu
essere conveniente ricorrere ad operazioni di rinnovo. Questa tecnica, comunemente
usata anche in Toscana nella zona del Chianti, consiste nel rinnovare l'intera pianta dopo
aver scelto ed allevato nell'anno precedente un pollone adatto per sviluppo e posizione
(Fig. 41). Ovviamente questa operazione deve essere graduale nel tempo in modo da
poter ringiovanire l'intero vigneto nel giro di 3-4 anni, senza azzerare la produttivit,
39
)LJ Potatura radicale eseguita con un ripper a due ancore.
)LJ lnterventi di ricostituzione mediante taglio alla base del tronco e riallevamento di un
germoglio ben posizionato e sviluppato.
Nel caso di viti attaccate dal mal dell'esca (Fig. 42), considerando che non sono
disponibili principi chimici capaci di contrastare tale malattia, occorre limitare le ferite al
colletto delle viti causate accidentalmente durante le lavorazioni al terreno ed evitare di
favorire, con la potatura invernale, il diffondersi della malattia. quindi necessario potare
separatamente le piante malate ed asportare il legno di potatura e/o l'intera vite, avendo
cura di bruciare il materiale infetto e successivamente provvedere alla potatura del
vigneto. ll taglio deve essere fatto 10-20 cm sopra il punto d'innesto in modo da riallevare
uno dei germogli che si svilupperanno dalle gemme latenti ed ottenere cos, nel giro di 1-
2 anni, una pianta nuovamente in piena produzione. lnoltre, opportuno ricoprire i grossi
tagli con appositi mastici cicatrizzanti e nei casi pi gravi occorre effettuare una
disinfezione generalizzata dopo la potatura con ossicloruro di rame (al 50% di rame
metallico nella dose di 800-1.000 g/hl) o con poltiglia bordolese al 3-5%.
bene precisare che gli agenti responsabili del mal dell'esca sono numerosi funghi
lignivori (Stereum irsitum, Phellinus ignarius, Acremonium sp., Chephalosporium sp.,
Phoma sp., Eutypa lata, ecc.) che possono determinare due tipi di decorsi: un
disseccamento lento e progressivo dei germogli che pu durare anche diversi anni,
oppure una forma apoplettica che porta la pianta ad una rapida ed improvvisa morte.
Nella forma cronica si manifestano estese alterazioni di vario tipo che interessano gli
organi verdi, in particolare le foglie e i tralci accompagnate da lesioni interne del legno e
del tronco o delle grosse branche. Le piante colpite sono facilmente individuabili solo in
iniziando dalle piante malate e da quelle pi vecchie. ll taglio del tronco, al di sopra del
pollone, deve essere fatto a fine inverno e ricoperto con appositi mastici.
40
presenza di foglie, pertanto devono essere segnate, con un nastro o vernice indelebile
alla base della pianta, per poterli poi riconoscere in fase di potatura secca. Dai rilievi
eseguiti nei vigneti sperimentali del polo viticolo di Sant'Apollinare dell'Universit di
Perugia emerso che una certa suscettibilit a tale fitopatia legata anche al vitigno;
molto suscettibili sono risultati il Cabernet sauvignon ed il Trebbiano toscano con 7-8% di
piante malate l'anno e mediamente suscettibili il Ciliegiolo, il Sangiovese, il Grechetto e lo
Chardonnay con 3-5% di piante malate.
)LJMal dell'esca, taglio in inverno e sviluppo di germogli da gemme latenti nella
primavera successiva.
41
9. NUTRIZIONE DELLA VITE E FERTILIZZAZIONE
La nutrizione delle vite un problema complesso poich influenza lo sviluppo vegetativo
della pianta, la quantit e la qualit dell'uva, la sanit e la costanza di produzione nel
tempo. Rappresenta un costo ed condizionata in modo marcato dalle condizioni pedo-
climatiche; infatti, considerando che gli ambienti vocati alla coltivazione della vite sono
assai diversi per latitudine, altitudine e caratteristiche dei terreni e che i vitigni utilizzati
sono oltre 350, impossibile proporre formule standard di concimazione. lntervengono,
inoltre, altre variabili quali: portinnesto, et del vigneto, sistema di allevamento, gestione
del suolo e della chioma, entit della produzione, destinazione del prodotto, ecc., tali da
considerare le esigenze nutritive del vigneto in modo non generalizzabile.
La bibliografia sulla nutrizione della vite vastissima e evidenzia risultati notevolmente
discordanti in funzione della variabilit delle condizioni sperimentali; incertezze sussistono
purtroppo anche sul livello delle asportazioni annuali dei singoli elementi minerali. ln
considerazione di ci, per un approccio corretto alla pratica della fertilizzazione
importante conoscere il ruolo biochimico e/o fisiologico svolto nella pianta dai singoli
elementi nutritivi, nonch il relativo ritmo di assorbimento durante l'anno. ln generale,
indispensabile assicurare, con la concimazione di fondo, una sufficiente ed equilibrata
dotazione degli elementi nutritivi trattenuti dal potere assorbente del terreno, e con la
concimazione di produzione reintegrare periodicamente gli elementi asportati, immobilizzati
dal suolo e lisciviati, nonch dosare annualmente con accuratezza l'apporto di azoto.
altres importante saper riconoscere precocemente le manifestazioni anomale che
compaiono sui diversi organi della pianta, soprattutto su foglie e grappoli, poich spesso
dipendono da carenze o eccessi nutrizionali.
Tra gli input richiesti nel processo produttivo, l'energia radiante, l'anidride carbonica,
l'ossigeno e l'acqua vengono assicurati dal sole e dall'atmosfera, i nutrienti invece vengono
prelevati, per la quasi totalit, dal terreno; alcuni in ragione di kg ad ettaro denominati
quindi macroelementi, quali: azoto (N), fosforo (P), potassio (K), calcio (Ca) e magnesio
(Mg), altri in ragione di decine o centinaia di g ad ettaro, quindi definiti microelementi: ferro
(Fe), rame (Cu), manganese (Mn), zinco (Zn), boro (B), cloro (Cl), zolfo (S), ecc..
9.1 Funzioni primarie dei principaIi eIementi nutritivi
AZOTO: l'elemento che pi stimola lo sviluppo dei germogli, delle femminelle e la
quantit della produzione, a scapito quasi sempre della qualit. Entra nella composizione
della clorofilla e delle proteine. un elemento molto mobile sia nel terreno che nella
pianta e se apportato in grosse quantit evidenzia effetti vistosi (lussureggiamento della
vegetazione) (Fig. 43). Per tale motivo predispone le piante a maggiori danni da parassiti
fungini (peronospora, muffa grigia, marciumi radicali, ecc.) e da danni derivanti da
avversit meteoriche (gelate, siccit, vento, ecc.). ll suo eccesso, oltre al prolungamento
del ciclo vegetativo, porta ad un minore accumulo di zucchero, ritardo della maturazione
dell'uva e dell'agostamento dei tralci, aumento della traspirazione e della respirazione ed
un aumento di azoto nel mosto. ln caso di carenza le viti vegetano poco con scarsa
produzione ed ingiallimenti fogliari a partire dalle foglie pi vecchie (Fig. 43), ridotta
efficienza fotosintetica, produzione scarsa cui segue il precoce invecchiamento.
42
Fig. 43. Eccesso (a sinistra) e carenza (a destra) di azoto.
FOSFORO: entra nella costituzione di importanti composti addetti al trasporto di energia
e favorisce l'accrescimento degli apici vegetativi e delle radici. Partecipa alla costituzione
dei nuclei cellulari, al metabolismo dei glucidi ed influenza positivamente le caratteristiche
aromatiche dell'uva e del vino. ln realt nella pratica sono difficili da osservare vantaggi
apprezzabili dall'apporto di fosforo almeno in terreni normalmente provvisti di limo, argilla
e sostanza organica (Fig. 44).
Fig. 44. Sintomatologia da carenza di
fosforo, difficilmente riscontrabile in
campo (Foto BASF - AGRlTALlA).
POTASSIO: da sempre ritenuto il principale elemento della qualit, sia perch
partecipa all'attivit di diversi enzimi addetti alla produzione ed al trasferimento degli
zuccheri che per la salificazione degli acidi. Aumenta la resistenza ai danni da gelo, agli
attacchi parassitari sia fungini che animali e ai rischi della siccit, grazie alla regolazione
delle aperture stomatiche e quindi al contenimento dell'acqua traspirata. Partecipa poi
all'attivit di diversi enzimi addetti alla cessione di energia, fondamentale per varie
funzioni quali fotosintesi e sintesi proteica; favorisce la differenziazione delle gemme.
L'eccesso determina competizione con il magnesio e riduce l'acidit dei mosti, la carenza
causa una ridotta sintesi proteica, acinellatura e scarso sviluppo delle bacche (Fig. 45).
Fig. 45. Carenza di
potassio (i lembi esterni
delle foglie tendono a
curvarsi in alto, cui segue
ingiallimento e necrosi)
(Foto E. De Sousa)
43
MAGNESIO: le viti ne asportano quantitativi abbastanza elevati, superiori a quelli del
fosforo, ed piuttosto frequente riscontrare carenze. un componente essenziale della
clorofilla ed insieme al calcio partecipa all'attivazione di diversi enzimi del metabolismo
glucidico e proteico. ln carenza di magnesio si blocca la formazione della clorofilla con
successivo ingiallimento od arrossamento internervale tipico (Fig. 46), si ha poi scarso
accumulo glucidico ed agostamento dei germogli e spesso si manifesta il disseccamento
del rachide dei grappoli. Le carenze sono pi frequenti nei terreni sabbiosi e/o acidi ed in
quelli ricchi di potassio.
Fig. 46. Carenza di magnesio su vitigni a bacca nera e bianca e disseccamento del rachide.
CALCIO: partecipa a numerosi processi biologici, un suo eccesso determina clorosi per
insolubilizzazione del ferro. Nei terreni con valori superiori a 6-8% di calcare attivo
richiesto un portinnesto resistente al potere clorosante del suolo. Un elevato contenuto in
calcio determina anche difficolt per la disponibilit dei microelementi, mentre una
carenza determina clorosi internervale delle foglie giovani e necrosi del margine,
disseccamento degli apici e dei viticci, nonch uve e vini poco serbevoli.
FERRO: svolge un ruolo importante nella formazione della clorofilla e nello sviluppo dei
cloroplasti. Partecipa inoltre all'attivit di molti enzimi che intervengono nei processi di
respirazione, fotosintesi e produzione degli zuccheri. La sua carenza, abbastanza
comune in varie zone viticole italiane, si manifesta con clorosi fogliare tipica (Fig. 47),
cio ingiallimento della lamina con le nervature che rimangono verdi e, nei casi gravi, con
successivo disseccamento di foglie e grappoli e morte della vite. Essendo poco mobile
nella pianta, ingialliscono per prime le foglie pi giovani. La mancanza di ferro nella
pianta frequentemente legata all'impossibilit delle radici di assorbire quest'elemento,
anche se presente nel terreno, sia per la presenza di elevate quantit di calcare attivo
(maggiore del 10-15%) che insolubilizza il ferro sia per ristagni di umidit, con
conseguente asfissia radicale. Anche ecessivi depauperamenti nelle riserve nutrizionali
imputabili a produzioni eccessivamente elevate nell'anno precedente o a malattie che
hanno compromesso la funzionalit fogliare possono causare fenomeni di clorosi ferrica.
BORO: interviene nella divisione cellulare e quindi favorisce l'accrescimento vegetativo.
La sua funzione pi nota riguarda per la fecondazione, poich favorisce lo
scappucciamento del fiore, la germinabilit del polline e l'allungamento del budello
pollinico. La carenza si manifesta sul grappolo con l'imperfetta fecondazione e
successiva acinellatura; nei casi gravi i germogli crescono stentati, con internodi molto
ravvicinati, mentre le foglie e gli acini assumono un aspetto plumbeo (Fig. 48).
44
Fig. 47. Clorosi ferrica.
Fig. 48. Sintomatologia da
carenza di boro sulle foglie
(a sinistra, Foto BASF -
AGRlTALlA).
La boro carenza pu causare
anche intensi fenomeni di
acinellatura verde nei grappoli
(a destra)
ZOLFO, MANGANESE, MOLIBDENO, RAME: hanno un ruolo fisiologico importante e la
loro scarsa disponibilit pu determinare turbe metaboliche. A parte il manganese, la
sintomatologia di tali carenze tuttora incerta e confusa.
9.2 Sostanza organica
Se vero che la distribuzione di prodotti organici ha sempre avuto una importanza
rilevante dal punto di vista agronomico, oggi, dopo anni di sfruttamento dei suoli e di
concimazioni minerali fatte empiricamente, divenuta una necessit inderogabile.
lndispensabile infatti, per la vita del suolo, il patrimonio colloidale offerto dalla sostanza
organica, poich capace di dare soluzioni vischiose non cristallizzabili con un elevato
potere di assorbimento e mantenimento di acqua ed elementi minerali. Certamente le
concimazioni organiche rappresentano un costo piuttosto elevato e non danno un
immediato ritorno finanziario, ma se non si vuole alienare completamente la fertilit
naturale dei terreni, rallentando od invertendo la tendenza alla perdita di sostanza
organica, bisogna cominciare a considerarla un vero investimento a medio-lungo termine,
poich capace di influenzare positivamente le caratteristiche fisiche, chimiche e
biologiche del suolo.
vero che la vite una pianta rustica che vegeta e produce bene anche in terreni magri,
calcarei e poveri di sostanza organica, ma con dotazioni al di sotto del 1% si possono
manifestare fenomeni anomali dovuti a carenze nutrizionali. La sostanza organica
45
importante per tutte le attivit vitali che si svolgono nel terreno, comprese quelle della
microflora, della fauna e dell'apparato radicale delle piante. Rappresenta una fonte di
azoto, fosforo, potassio, magnesio, zolfo, ecc. attraverso il processo di mineralizzazione
ed influenza l'assimilabilit degli elementi minerali in senso generale grazie all'aumento
della capacit di scambio cationico determinato dai colloidi umici.
Importanza deII'humus: fra i componenti del terreno agrario si trova sempre una certa
quantit di materiale organico, derivato da residui di piante e di animali i quali, subendo
profonde trasformazioni ad opera di microrganismi, vengono dapprima scomposti in
sostanze chimicamente semplici (es. amminoacidi, alcoli, zuccheri, vitamine, ecc.) e,
successivamente, tramite processi complessi, si forma l'humus. Le caratteristiche
dell'humus sono molteplici, cos riassumibili:
pu trattenere l'acqua fino a 15 volte il suo peso, per cui anche modeste quantit
creano importanti riserve di umidit;
nei terreni troppo sciolti (sabbiosi) aumenta la coesione, mentre rende pi lavorabili i
terreni argillosi;
si oppone alle variazioni di acidit del terreno;
costituisce un ambiente ideale di vita per numerosi microrganismi del terreno;
avendo una carica elettrica negativa sottrae al potere assorbente del terreno gli
elementi nutritivi con carica positiva, creando dei composti chiamati humati di pi
facile assorbimento per le piante.
L'ultimo trattato delle Nazioni Unite sulla desertificazione ha evidenziato che il 5% circa
del territorio italiano soggetto a processi di desertificazione e che il 22% circa
addirittura a rischio. Preoccupante che tale processo stato attribuito non solo alla
diminuzione delle precipitazioni, ma soprattutto alla scarsa capacit dei suoli di trattenere
e valorizzare l'acqua a causa della carenza di sostanza organica. Emerge quindi la
notevole importanza che questo costituente della fertilit deve avere nel prossimo futuro.
Concimazione organica: composti cIassici ed aIternativi
L'apporto di sostanza organica nel vigneto pu avvenire utilizzando diverse fonti, tra le
principali possiamo annoverare:
Letame: da sempre considerato il re dei concimi e degli ammendanti per la completezza
nella sua composizione e per i numerosi vantaggi che conferisce al terreno. Un buon
letame deve essere per maturo, almeno 3-4 mesi, e di buona composizione (con una
ottimale dotazione in paglia ed altri lettimi). Purtroppo il letame oggi difficilmente
reperibile ed piuttosto costoso, soprattutto per il trasporto.
Sovescio: consiste nella coltivazione e nel successivo interramento in primavera di
alcune specie microterme autunno-vernine, quali: veccia, segale, colza, orzo, trifoglio
incarnato, ecc.. Questa pratica, tuttavia, costituisce in genere un humus di breve durata
(Fig. 49). Un buon sovescio attuato solo in quelle zone o su quei terreni vitati non
soggetti a siccit primaverile; inoltre, bene tagliare l'erba e lasciarla essiccare per 2-3
giorni prima dell'interramento in modo da aumentare la resa di humus stabile.
46
Fig. 49.
Sovescio
del
vigneto
con
favino.
Inerbimento: questa tecnica pu assumere un'importanza rilevante nei terreni vitati
abbastanza freschi e fertili al fine di contenere l'eccessivo vigore e lo scadimento
qualitativo dell'uva che normalmente ne consegue (Fig. 50). Tra i vantaggi concreti che
essa offre figura anche un buon apporto di sostanza organica, soprattutto nello strato
superficiale del terreno, conseguente al taglio dell'erba ed alla pacciamatura sul posto,
mentre una sua limitazione risiede nella competizione idrica.
Fig. 50. lnerbimento naturale (sinistra) ed artificiale con semina di festuca e loietto (destra)
Sarmenti: la trinciatura dei residui della potatura invernale con trinciasarmenti favorisce il
reintegro di una parte della sostanza organica che annualmente viene persa per
mineralizzazione, valutabile nell'ordine del 25-30% circa (Fig. 51). Nei vigneti collinari in
forte pendenza pu essere utile lasciarli interi sul terreno al fine di contenere i danni da
erosione delle acque piovane.
Fig. 51. Sarmenti della potatura invernale utilizzabili per il reintegro di sostanza organica.
47
PoIIina: un buon concime organico soprattutto per chi ha vigneti in vicinanza di
allevamenti, ma per un uso ottimale devono essere rispettate le seguenti condizioni:
buona maturazione: almeno 6-7 mesi, per favorire l'eliminazione dell'acido urico,
dannoso alle viti;
dosi contenute: massimo 12-15 t/ha l'anno in dipendenza dell'elevato contenuto di
azoto;
distribuzione entro fine inverno e comunque non in vicinanza della maturazione
dell'uva.
Vinacce e raspi: sono da usare ben stagionati e possibilmente mescolati con letame o
torba; sono facilmente utilizzabili dai vigneti non lontani dalle grosse cantine (Fig. 52).
Fig. 52. lmpiego di vinacce esauste, paglia, trucioli di legno e sottoprodotti dell'industria del legno in
vigneti in piena produzione.
Compost da RSU: i migliori presenti sul mercato sono ammendanti compostati misti
provenienti da un processo di stabilizzazione aerobica a maturazione prolungata di
matrici organiche selezionate all'origine quali: scarti alimentari, residui di potatura, scarti
verdi, ecc..
Concimi organici o misto-organici: bene precisare che nel vigneto occorrono concimi
organici che favoriscono soprattutto la formazione di humus stabile. Al riguardo sono
ottimi i prodotti derivati dal letame, dalla pollina e dalla torba, che si trasformano quasi
totalmente in humus. Poco razionali sono invece i composti ottenuti dai sottoprodotti di
macellazione, da alghe, ecc., poich avendo una elevata percentuale di proteine e quindi
di azoto, nel terreno, possono dare origine ad un elevato vigore alle piante. lnoltre hanno
una bassa resa in humus stabile e dovrebbero poter essere distribuiti con i normali
spandiconcimi, oltre che essere economici.
La quantit di humus stabile che si pu formare dalle varie matrici organiche dipende dal
tipo di materiale di partenza ed in particolare dal suo coefficiente isoumico (.

), che
esprime la quantit di humus producibile dall'unit di peso di sostanza secca del
materiale considerato (Tab. 7). Si nota come nelle 4 matrici pi utilizzate si producano
quantitativi molto diversi di humus stabile e come la lignificazione delle essenze da
sovescio aumentino in modo considerevole la parte stabile dell'humus a seguito di un
incremento del coefficiente isoumico.
Tab. 7. Caratteristiche di diversi materiali organici riferiti a 100 kg sul tal quale.
Matrice Rapporto
C/N
SS
(kg)
Coefficiente
isoumico (%)
Humus
(kg)
Azoto
(% su SS)
Azoto totale
(kg)
Letame 29 20 0,35 7,0 2,0 0,40
Compost 25 30 0,35 10,5 1,5 0,45
Sovescio maturo 15 13 0,20 2,6 5,0 0,65
Sovescio fresco 13 13 0,04 0,52 5,0 0,65
48
Considerando la quantit di sostanza organica in gioco nei processi di decomposizione e
quella necessaria per ripristinare tali perdite emerge come solo alcune pratiche abbiano
un reale potenziale applicativo, mentre altre, come il sovescio che, se pur in grado di
produrre livelli di biomassa dell'ordine di alcune tonnellate per ettaro, sarebbero da
sconsigliare per l'apporto eccessivo di azoto e per la scarsa resa in humus stabile (basso
coefficiente isoumico). Proprio in funzione dell'entit degli apporti, diventa indispensabile
ricorrere a forme di sostanza organica con alte rese umiche, biologicamente stabilizzata,
facilmente reperibile e a costo contenuto (quale ad esempio il compost, anche a seguito
del miglioramento dei processi di compostaggio e di diffusione delle imprese interessate).
A titolo informativo, si riportano le caratteristiche chimiche salienti del letame bovino
maturo e di un ammendante organico naturale prodotto dalla GESENU di Perugia,
denominato "Composta ed ottenuto mediante compostaggio misto a partire da materie
prime scelte, quali: scarti di potatura e sfalci d'erba, rifiuti organici da raccolta
differenziata e scarti vegetali della lavorazione dei sottoprodotti agricoli, senza deiezioni
animali e fanghi di depurazione (Tab. 8).
Tab. 8. Elementi nutritivi (in kg) apportati con la somministrazione di 1 t di letame e di Composta.
Acqua Sostanza
secca
Sostanza
organica
Azoto
(N)
Fosforo
(P
2
O
5
)
Potassio
(K
2
O)
Letame bovino 750 250 200 5,0 2,5 7,0
Composta 371 629 360 11,3 2,6 15,9
Dal confronto si deduce che, a parit di quantitativi distribuiti, con la Composta si
apportano maggiori quantit di sostanza organica (+80%) e addirittura si raddoppiano i
quantitativi di azoto e di potassio.
9.3 Tecnica deIIa concimazione
La concimazione del vigneto si pu distinguere in:
1. Concimazione di fondo o d'impianto, da eseguire prima dell'impianto;
2. Concimazione di allevamento, che interessa i primi 3-4 anni dall'impianto;
3. Concimazione di produzione.
9.3.1 Concimazione di fondo o d'impianto
Ha lo scopo di migliorare le caratteristiche fisiche e microbiologiche del terreno, nonch
la relativa capacit nutrizionale. Deve essere eseguita prima dell'impianto del vigneto e si
basa sull'apporto di elementi nutritivi organici e minerali trattenuti dal potere assorbente
del terreno, quindi poco mobili, fino al raggiungimento delle rispettive soglie di sufficienza,
tenendo conto che necessario equilibrare anche il rapporto tra di loro al fine di evitare
deleteri antagonismi.
AnaIisi deI terreno: uno strumento importante per valutare la fertilit fisica, chimica e
biologica del terreno e nel caso di terreno da destinare alla coltura della vite permette di:
effettuare l'integrazione degli elementi nutritivi che risultano carenti e l'arricchimento di
quelli dotati di scarsa mobilit nel profilo esplorato dalle radici prima dell'impianto;
effettuare eventuali correzioni in caso di terreni anomali (acidi, alcalini o salsi);
scegliere i portinnesti che pi si adattano alle particolari condizioni del terreno ed al
vitigno considerato;
prevedere come il terreno si comporter dal punto di vista idrico e nutrizionale e quali
elementi si renderanno meno disponibili a causa di immobilizzazioni o perdite per
dilavamento;
orientarci nell'esecuzione dell'irrigazione e delle tecniche di gestione del suolo;
49
stabilire le modalit di somministrazione dei concimi per evitare perdite indesiderate di
sostanze nutritive e per renderli disponibili alla vite nei momenti pi opportuni.
Campionamento deI terreno: il campione da analizzare deve rappresentare il pi
possibile la reale situazione del terreno che ospiter il vigneto; quindi indispensabile,
prima del campionamento, delimitare le frazioni di suolo omogenee che costituiranno
oggetto di prelievi separati. Caratteri che permettono di apprezzare l'omogeneit delle
aree da campionare possono essere il colore del terreno, la presenza o l'assenza di
scheletro (pietre, ciottoli), i cambiamenti di pendenza, la natura, la ripartizione ed il
comportamento delle piante spontanee e coltivate. Ugualmente utili sono le informazioni
che si possono ricavare dall'esame del sottosuolo eseguito attraverso l'apertura di trincee
o buche fino ad 1 m di profondit. possibile in questo modo rendersi conto della
friabilit del suolo, della presenza di strati compatti, croste o rocce, dell'esistenza di zone
pi o meno umide e di differenze visibili tra gli strati del profilo. Tali rilievi consentono di
orientarsi in modo corretto sul tipo di lavorazione profonda da fare (es. la presenza di
orizzonti profondi con caratteristiche scadenti obbliga ad utilizzare la rippatura profonda o
lo scasso con la benna di un escavatore per evitare di riportare in superficie materiale
indesiderato). Per ogni area di terreno stimata omogenea si dovranno eseguire
campionamenti separati per lo strato superficiale interessato dalle concimazioni e dalle
lavorazioni (fino a 30 cm) e per quelli sottostanti (da 30 fino a 60, da 60 a 90 cm). Per
superfici non superiori all'ettaro, il campione proveniente da ciascuna profondit sar
costituito da una miscela di 10-15 sub-campioni prelevati sull'appezzamento omogeneo
secondo la classica modalit di campionamento non sistematico a X o W (cos come
definito dal decreto Mi.P.A.F. 13/09/1999). L'insieme dei prelievi verr mescolato
accuratamente per estrarne circa 1-2 kg di terra da inviare al laboratorio entro 36-48 ore
dal prelievo. Nell'effettuare i prelievi vanno esclusi i bordi degli appezzamenti per circa 4-
5 metri ed eliminati i primi 5-10 cm di terreno superficiale o il cotico erboso. Per i prelievi
opportuno non usare attrezzi in ferro dolce, zincato o in ottone.
Epoca di preIievo: l'epoca del prelievo risulta pure importante al fine di evitare
interferenze indesiderate da parte delle pratiche colturali (concimazioni e lavorazioni) e
dipende dagli scopi per cui si effettua l'analisi. Per il vigneto in produzione generalmente
il campionamento si effettua nel periodo che segue la vendemmia, mentre per i nuovi
impianti prima dello scasso o della rippatura.
Determinazioni anaIitiche da richiedere ed interpretazione dei risuItati deIIe anaIisi:
i dati dell'analisi del terreno richiedono una interpretazione qualificata; molti laboratori
forniscono certificati di analisi che riportano anche l'interpretazione agronomica,
associando ad ogni parametro un giudizio di merito (scarso, sufficiente, ecc.). Tali giudizi
devono essere considerati con cautela, poich spesso riguardano la globalit delle
colture, e pertanto possono non essere corretti nel caso della vite, soprattutto se
inquadrati in funzione dell'obiettivo enologico, della vigoria, delle tecniche di gestione del
suolo e della chioma, del vitigno, del sistema di allevamento e della produttivit delle
piante.
Con la concimazione di fondo non vanno somministrati concimi azotati, poich la loro
solubilit li esporrebbe a perdite per dilavamento prima della loro utilizzazione. Accanto
alla determinazione della sostanza organica, del pH e del calcare attivo e totale, che
danno indicazioni fondamentali sulla scelta del portinnesto e sulla fertilit biologica del
terreno, per stabilire le giuste dosi da apportare al terreno indispensabile disporre di
analisi del terreno relative ai suddetti elementi, nonch la capacit di scambio cationico
(C.S.C.). Detta C.S.C. rappresenta la quantit di cationi [potassio (K
+
), calcio (Ca
++
),
50
magnesio (Mg
++
) e sodio (Na
+
)] che il suolo pu assorbire e scambiare con la soluzione
circolante, da cui le piante traggono gli elementi minerali. La C.S.C. correlata
positivamente con la percentuale di argille e con il contenuto di sostanza organica del
terreno. Valori bassi di C.S.C. (inferiori a 10 meq/100 g) indicano che il terreno presenta
una scarsa capacit di trattenere gli elementi nutritivi, quindi maggiori perdite per
dilavamento ed una riserva limitata per la nutrizione vegetale. Valori alti di C.S.C.
(superiori a 20 meq/100 g) sono invece indicativi di un forte potere adsorbente del
terreno, con un'elevata competizione nutritiva nei confronti delle piante. Rispetto alla
C.S.C. inoltre utile definire il tasso di saturazione medio delle basi scambiabili che
dovrebbe essere compreso tra 3 e 5% per il K
+
; 3 e 10% per il Mg
++
; 70 e 94% per il Ca
++
e inferiore all'1% per il Na
+
(se l'analisi esprime valori inferiori o superiori a questi
intervalli occorre ripristinare il normale equilibrio mediante opportune concimazioni).
Con la concimazione di fondo si deve apportare un quantitativo di elementi tali da
raggiungere per ciascun elemento ed in funzione della C.S.C. del terreno in esame i
rispettivi livelli di sufficienza (Tab. 8).
Tab. 8. Livelli di sufficienza dei macroelementi, espressi sia come ossidi o anidridi sia come
elementi semplici, in funzione della capacit di scambio cationico (C.S.C.).
C.S.C.
(meq/100 g)
Fosforo assimilabile
(ppm)*
Potassio scambiabile
(ppm)*
Magnesio scambiabile
(ppm)*
P
2
O
5
P K
2
O K MgO Mg
< 10 30 13 100 83 60 26
10 - 20 30-60 13-26 100-200 83-166 60-120 26-52
> 20 60 26 200 166 120 52
*ppm = parti per milione, cio mg/kg di terra.
Per le soglie di sufficienza dei microelementi (Tab. 9) occorre invece far riferimento alla
dotazione di calcio scambiabile, poich un elevato contenuto in Ca causa di difficolt
nell'assorbimento di quasi tutti i microelementi.
Tab. 9. Livelli di sufficienza dei microelementi in funzione del contenuto in Calcio scambiabile.
Dotazione di Ca
scambiabile (ppm)
Ferro
(ppm)
Manganese
(ppm)
Zinco
(ppm)
Rame
(ppm)
Molibdeno
(ppm)
Boro
(ppm)
< 1000 > 2,5 > 1,0 > 0,6 > 0,2 > 0,03 > 0,3
1000 - 1500 2,5-4,5 1,0-1,2 0,6-0,8 0,2-0,3 0,03-0,04 0,3-0,8
> 1500 > 4,5 > 1,2 > 0,8 > 0,3 > 0,04 > 0,8
Per il calcolo della quantit dei vari elementi da apportare al terreno con la concimazione
di fondo, in modo da raggiungere le soglie di sufficienza, normalmente si considera che
l'apparato radicale esplora mediamente uno spessore di terreno di circa 0,6 m che
corrisponde a 6.000 m
3
/ha e quindi a circa 8.000 e 7.200 t/ha rispettivamente in caso di
terreni argillosi o sabbiosi con densit apparente di 1,3 e 1,2 t/m
3
.
CALCOLO: per calcolare la quantit di potassio (K
2
O) da somministare ad un terreno
argilloso con una C.S.C. inferiore a 10 meq/100 g e che ne contiene 60 ppm si procede
come segue:
soglia di sufficienza per il K
2
O = 100 ppm (vedere Tabella 8);
8.000 t 60 ppm = 480 kg/ha di K
2
O (dotazione del terreno);
8.000 t 100 ppm = 800 kg/ha di K
2
O (livello di sufficienza);
Potassio da somministrare: 800 - 480 = 320 kg/ha di K
2
O o unit fertilizzanti (pari a
poco pi di 6 quintali di solfato di potassio con titolo 48%).
51
Per semplificare i calcoli e per terreni argillo-limosi o di medio impasto, come la maggior
parte di quelli presenti in Umbria, si pu utilizzare la Tabella 10, ove sono state gi
calcolate le quantit in kg/ha dei pi importanti macro e microelementi corrispondenti al
livello di sufficienza in funzione della C.S.C..
Tab. 10. Quantit di elementi nutritivi assimilabili totali corrispondenti al livello di sufficienza in
funzione della C.S.C. (calcolati su un quantitativo di 8.000 t/ha di terreno).
C.S.C.
(meq/100 g)
P
2
O
5
(kg/ha)
K
2
O
(kg/ha)
MgO
(kg/ha)
CaCO
3
(kg/ha)
Fe
(kg/ha)
Mn
(kg/ha
Zn
(kg/ha)
Cu
(kg/ha)
Bo
(Kg/ha)
< 10 240 800 480
10 - 20 240-480 800-1.600 480-960 36.000 1.200 800 40 320 2,5
> 20 480 1600 960
Alle dosi cos ottenute potranno essere poi aggiunte dosi di arricchimento che tengano
conto delle eventuali reazioni di "immobilizzazione o "retrogradazione degli elementi
prevedibile in funzione delle caratteristiche del terreno.
Dalle unit fertilizzanti da somministrare si risale alla quantit di concime con la semplice
formula:
Dose di concime = (100/titolo del concime) unit fertilizzanti.
Cos, ad esempio, se nella concimazione potassica si utilizza il solfato di potassio
(K
2
SO
4
) che ha un titolo del 48% e si debbono apportare ad esempio 320 kg di K
2
O
dovremmo distribuire 6,7 q/ha di concime, cio:
Dose di concime = (100/48) 320 = 666 kg di K
2
SO
4
(pari a 6,7 q/ha di concime).
Calcolando la concimazione di fondo come sopra riportato spesso risulta di dover
somministrare quantitativi di concime molto elevati, specialmente in terreni anomali per
tessitura o pH. Pertanto, ad eccezione della calce di costo limitato, per gli altri elementi
non conveniente effettuare larghe anticipazioni e non si dovrebbero apportare pi di 8 -
10 q di concime per ciascun elemento carente, diluendo con la concimazione ordinaria
(cio di produzione) gli ulteriori apporti necessari per raggiungere i livelli di sufficienza.
9.3.2 Concimazione di aIIevamento
Questa concimazione ha la funzione di favorire l'attecchimento e la ripresa vegetativa,
superare pi rapidamente la crisi di trapianto ed accelerare l'entrata in produzione delle
piante. ln questa fase, in cui si deve costruire "l'impalcatura della vite che supporter la
futura produzione, occorre la massima attenzione al fine di ottenere un sviluppo
vegetativo equilibrato e corretto per le esigenze del sistema di allevamento. Riguarda
essenzialmente i primi 3-4 anni dall'impianto ed in questo periodo vengono apportati
quasi esclusivamente concimi azotati; ammoniacali o ureici a fine inverno e nitrato
ammonico nel primo periodo di accrescimento dei germogli.
Per abbreviare il periodo improduttivo indispensabile esaltare l'attivit vegetativa delle
giovani viti e pertanto ideale sarebbe effettuare concimazioni azotate ripetute, fino a
giugno, compatibilmente con la disponibilit idrica. Le dosi dovrebbero variare da 60 a
100 g/pianta. Nel primo anno la concimazione dovrebbe essere localizzata, interessare
cio una striscia sulla fila larga circa 1 m, tuttavia per motivi soprattutto economici e di
comodit ultimamente si usa somministrare il concime utilizzando classici spandiconcimi
ad azione centrifuga (Fig. 53).
52
Fig. 53. Somministrazione di concime in un
vigneto appena piantato con uno spandiconcime
centrifugo.
Fig. 54. Pacciamatura del vigneto con film
plastico.
ll nitrato ammonico e l'urea sono i concimi azotati pi convenienti e devono essere
somministrati in modo frazionato al germogliamento delle barbatelle e dopo 30-40 giorni;
se l'accrescimento stentato pu essere necessario un ulteriore apporto dopo altri 15-20
giorni. Nell'anno precedente alla piena produzione pu essere necessario ridurre anche
drasticamente le dosi di azoto per non incorrere nell'eccesso di vigore.
Nei vigneti giovani la pacciamatura sul filare con film plastico rende impossibile la
somministrazione localizzata dei concimi durante la fase d'allevamento (Fig. 54). ln tale
situazione si pu intervenire con somministrazioni fogliari o, nei vigneti provvisti di
impianto di irrigazione a goccia, con la fertirrigazione.
9.3.3 Concimazione di produzione
La concimazione di produzione ha lo scopo di ripristinare un adeguato livello di elementi
minerali evitando deleterie carenze, equilibrare lo sviluppo vegetativo con quello
produttivo ed aumentare la resistenza alle avversit biotiche ed abiotiche. ll piano di
concimazione annuale del vigneto deve essere redatto attraverso l'analisi della dotazione
degli elementi minerali del terreno, determinati con l'analisi chimica, delle asportazioni
operate dalle viti, delle perdite annuali per lisciviazione, retrogradazione ed
insolubilizzazione e del ritorno degli elementi minerali nel terreno. Le asportazioni sono
dovute al consumo per la formazione di grappoli, tralci e foglie e per l'accrescimento del
fusto e delle radici (Tab. 11).
Tab. 11. Valori medi di consumo annuale dei vari elementi minerali nelle controspalliere con
produzioni d'uva di 11-12 t/ha, come previsto nella maggior parte dei disciplinari di produzione
D.O.C. dell'Umbria.
Azoto (kg/ha) Fosforo (kg/ha) Potassio (kg/ha) Magnesio (kg/ha)
Asportazioni 50 10 60 12
Perdite annuali* 30 10 40 15
7RWDOH 80 20 100 27
*Lisciviazione, retrogradazione ed insolubilizzazione.
ll ritorno degli elementi minerali nel terreno dovuto all'interramento delle foglie e dei
sarmenti di potatura (Tab. 12), mentre per l'azoto un'altra fonte rappresentata
dall'azione dei batteri azotofissatori liberi, che vivono cio sulle erbe spontanee. Occorre
infine considerare gli elementi che si apportano con un eventuale erbaio da sovescio o
con una gestione razionale delle erbe spontanee presenti nel vigneto.
53
7DE Elementi minerali che ritornano nel terreno.
Azoto
(kg/ha)
Fosforo
(kg/ha)
Potassio
(kg/ha)
Magnesio
(kg/ha)
Foglie 17 2 18 6
Residui di potatura 2 2 10 2
Batteri azotofissatori 20 --- --- ---
Erbaio da sovescio (veccia) 50 15 50 20
7RWDOH 89 19 78 28
La dose degli elementi fertilizzanti da restituire annualmente al vigneto ottenuta dal
bilancio tra gli elementi consumati dalla vite pi quelli persi per lisciviazione,
retrogradazione ed insolubilizzazione ed i ritorni operati dall'interramento delle foglie, dei
sarmenti e dell'erbaio (o delle erbe spontanee). Dal confronto delle Tabelle 11 e 12
emerge che, per produzioni d'uva pari a 11-12 t/ha sono necessari solo limitati apporti di
potassio, mentre gli altri elementi sono totalmente reintegrati.
Gli elementi fertilizzanti apportati dall'erbaio da sovescio possono essere ricavati anche
da una gestione razionale delle erbe spontanee che crescono sul vigneto. lnfatti,
considerando la dotazione media in macroelementi delle essenze erbacee normalmente
presenti nei vigneti del centro ltalia e considerando 2 sfalci a stagione che forniscono
mediamente circa 5 t/ha di sostanza secca, gli apporti sono:
Elementi % sulla
sostanza
secca
Range
ottenibile
(kg/ha)
Azoto 1 - 2 50 - 100
Fosforo 0,2 - 0,3 10 - 15
Potassio 2 - 3 100 - 150
Magnesio 0,3 - 0,4 15 - 20
Calcio, zolfo e rame normalmente non compaiono nei piani di concimazione, poich sono
presenti come elementi secondari in numerosi concimi; inoltre il Ca presente in
abbondanza nei suoli, ad eccezione di quelli di origine vulcanica, mentre zolfo e rame
sono distribuiti in discrete quantit come antiparassitari (rispettivamente per oidio e
peronospora).
Considerando quindi che in viticoltura vi una ampia variabilit nelle condizioni edafiche,
climatiche, colturali e produttive le dosi di concimi da portare non sono purtroppo
generalizzabili, tuttavia in centro ltalia e per produzioni d'uva di 11-12 t/ha si pu far
riferimento al seguente schema:
Azoto 40 - 50 kg/ha solfato ammonico (2 q/ha) o Urea (1 q/ha)
Fosforo 30 - 40 kg/ha perfosfato minerale (1,5 - 2 q/ha) o triplape (1 q/ha)
Potassio 90 - 100 kg/ha solfato di potassio (2 q/ha)
Magnesio 30 - 40 kg/ha solfato di magnesio (2 - 3 q/ha)
Molto importante il dosaggio dell'azoto, che deve essere somministrato con prudenza,
poich la viticoltura spesso esercitata su terreni dove frequente l'eccesso di vigore.
lnoltre, la mancanza di portinnesti veramente deboli aggrava ulteriormente questa
situazione. Elevate dosi di azoto sono, invece, da prevedere nei casi di indebolimento ed
invecchiamento precoce del vigneto, di danni da grandine e di potature di ricostituzione.
54
Occorre determinare, vigneto per vigneto, i livelli di fertilizzazione che rispondono
adeguatamente alle specifiche esigenze in modo semplice, imparando a riconoscere
precocemente le eventuali carenze nutrizionali o fenomeni di antagonismo, mediante
l'osservazione diretta e continua della vegetazione e della produzione e ad intervenire
tempestivamente con adeguate somministrazioni fogliari e/o radicali. Ci consentirebbe
di risparmiare denaro oltre che ridurre l'inquinamento del terreno e delle falde acquifere.
Per la diagnosi di manifestazioni anomale imputabili a carenze di tipo nutrizionale
possono essere utili altre informazioni ottenibili con appropriati metodi, quali la
diagnostica fogliare e peziolare.
Epoca e modaIit di somministrazione: nel caso di vigneti gestiti con le classiche
lavorazioni meccaniche la somministrazione degli elementi minerali trattenuti dal sistema
colloidale del terreno, quindi fosforo, potassio, magnesio, calcio, ecc., deve essere
effettuata nel periodo pre-invernale, affinch le piogge di inverno e di primavera possano
favorire il loro approfondimento. Nel caso di vigneti gestiti con l'inerbimento permanente,
sia naturale che artificiale, e, soprattutto, con il diserbo chimico l'interramento in
profondit, 20-30 cm, pu essere fatto localizzando il concime al centro degli interfilari,
magari alterni, aprendo un solco o meglio utilizzando uno spandiconcime con coltro
interratore.
Per l'azoto invece non solo importante una somministrazione mirata in funzione della
possibilit di assorbimento al fine di evitare la percolazione e l'inquinamento delle falde,
ma anche necessario che il suo effetto sia massimo nella fase iniziale dell'attivit
vegetativa per ridursi progressivamente, gi alla fioritura, al fine di prevenire un eccessivo
sviluppo dei germogli e di non favorire la crescita dei germogli anche dopo l'invaiatura.
Normalmente l'azoto sotto forma ureica o ammoniacale viene somministrato in
concomitanza con la fase del pianto-germogliamento in un'unica somministrazione,
soprattutto se la dose massima stabilita non supera i 40-50 kg/ha. L'effetto di questo tipo
d'intervento in genere tardivo, cio lo stimolo vegetativo diventa massimo in prossimit
della pre-fioritura. Pertanto considerando che l'azoto viene assorbito anche dopo la
vendemmia fino al germogliamento, una frazione della dose complessiva, pari a 15-20 kg
potrebbe essere anticipata insieme agli altri elementi nutritivi, in modo da favorire la
costituzione di una riserva nella pianta e prontamente utilizzabile alla ripresa vegetativa.
Tale apporto anticipato di azoto, preferibilmente a lenta cessione, potrebbe essere l'unico
intervento consigliabile se il vigneto tende all'esuberanza vegetativa. Nei vigneti inerbiti
l'azoto necessario soprattutto nella fase d'insediamento delle specie erbacee, con
eccezione delle leguminose; successivamente il vigneto si equilibra ed in genere
potrebbe diventare autosufficiente nei confronti della nutrizione minerale per il naturale
ciclo della sostanza organica.
Nel corso della stagione l'assorbimento dell'azoto inizia un mese dopo l'apertura delle
gemme, quando i germogli hanno disteso le prime 5-6 foglie e si protrae fino alla caduta
delle foglie. Durante la maturazione dell'uva, l'azoto viene ridistribuito all'interno della
pianta trasferendosi dai germogli, in fase di lignificazione, e dalle foglie senescenti
all'uva. Nel corso della maturazione dell'uva l'attivit delle radici diminuisce, spesso il
terreno disidratato e l'assorbimento di azoto dal terreno limitato. La buona nutrizione
del grappolo dipende quindi dalla disponibilit interna dell'elemento. ln questa fase
eventuali carenze possono essere ovviate con concimazioni fogliari, con uno o due
interventi al massimo, utilizzando ad esempio urea allo 0,5-1%. Tra le variabili che
condizionano la concimazione della vite e in particolare quella azotata c' la
"destinazione del prodotto. La concimazione deve favorire una buona maturazione
dell'uva in relazione all'obiettivo enologico, cos se quest'ultimo quello di produrre uve
per base spumante o per vini bianchi bisogner favorire la conservazione di una buona
55
acidit del mosto e la composizione aromatica fresca e floreale. Se, invece, si vuole
produrre vino rosso da invecchiamento necessario favorire un elevato accumulo di
zuccheri e di sostanze polifenoliche. Lo stato nutrizionale concorre a differenziare questi
due profili di maturazione, il primo caso necessita infatti di una buona disponibilit di
azoto, mentre per il secondo sufficiente una disponibilit decisamente minore.
ln commercio esistono molti tipi di fertilizzanti semplici, che differiscono sia per il titolo
che per la composizione, ed anche numerosi concimi complessi con differenti rapporti tra
i vari elementi nutritivi (Tab. 13).
Tab. 13. Principali concimi, semplici e binari, e caratteristiche salienti.
Concimi Unit
fertilizzanti
Altri elementi Solu-
bilit
Mobilit Adsor-
bi-
mento
Terreni
Concimi azotati
Calciocianamide 20 - 21% N 30 - 40% CaO alta alta s acidi
Nitrato di Calcio 15 - 16% N 25% CaO molto alta alta no tutti
Nitrato ammonico 26 - 27% N ----- alta alta no tutti
Solfato ammonico 20 - 21% N 23 - 24% S alta alta si alcalini
Urea 46% N ----- molto alta alta s tutti
Concimi fosfatici
Scorie Thomas 16 - 18% 30 - 35% CaO m. scarsa scarsa si acidi
Perfosfato minerale 19 - 21% P
2
O
5
40 - 45% Ca
17% S
scarsa scarsa s alcalini
Concimi potassici
Solfato potassico 48 - 52% K
2
O 18% S scarsa m. scarsa si tutti
Cloruro potassico 60 - 62% K
2
O 14 - 16% NaCl alta m. scarsa s alcalini
Salino potassico 40% K
2
O P alta scarsa s acidi
Concimi magnesiaci
Solfato di magnesio 16% MgO 32% S0
3
molto alta scarsa calcarei
Concimi caIcici
Calce viva 100% CaO alta scarsa acidi
Calce di defecazione CaO N P alta scarsa acidi
Marne calcaree 30% CaO scarsa scarsa acidi
Marne argillose 15 - 20% CaO scarsa scarsa acidi
Gesso 32% CaO 18% S m. scarsa scarsa alcalini
Cloruro di calcio 36% CaO m. scarsa scarsa
Concimi compIessi
Solfato potassico
magnesiaco
30% K
2
O +
10% Mg
8% S alta scarsa tutti
Fosfato biammonico 18-21% N +
47-53% P
2
O
5
alta alta tutti
Nitrato di Potassio 13% N +
46% K
2
O
alta tutti
Calciomagnesiaco 30%CaO +
22% MgO
scarsa scarsa acidi
(da Eynard e DaImasso, 1990).
56
La ricerca e l'esperienza recente hanno messo in evidenza il ruolo dei composti azotati
dell'uva. Da tempo era noto l'effetto della disponibilit di sostanze azotate nel mosto sulla
dinamica della fermentazione. L'azoto, infatti, un fattore fondamentale per la crescita
dei lieviti e qualora non sia presente nei mosti in quantit sufficiente ne limita la loro
moltiplicazione e quindi potrebbe pregiudicare la velocit di fermentazione stessa. Una
carenza di azoto determina, infatti, una fermentazione pi lenta e pi lunga, una modifica
nel metabolismo dei lieviti e la produzione di zolfo ridotto, con effetti negativi sul vino. Si
ritiene che tenori di azoto prontamente assimilabile (APA), vale a dire azoto ammoniacale
+ (azoto amminico - prolina), superiori ai 150-200 mg/l di mosto, assicurino una rapida
fermentazione e una maggiore complessit aromatica del vino, limitando anche la sintesi
di composti solforati.
9.3.4 Diagnostica fogIiare e pezioIare
Ha lo scopo di verificare la nutrizione minerale delle piante e le variazioni conseguenti
agli apporti di fertilizzanti. particolarmente utile se il vigneto presenta problemi
attribuibili a squilibri nutrizionali, quali: accrescimento stentato o anomalo dei vari organi,
turbe al processo riproduttivo, quantit e qualit della produzione insoddisfacente, ecc..
ll principio informatore di questa tecnica si basa sulla valutazione comparativa, da
effettuarsi in momenti particolarmente impegnativi del ciclo annuale, tra la quantit di
elementi nutritivi presenti nelle foglie, nonch i relativi rapporti, con valori standard
preventivamente definiti in vigneti campione ottimamente condotti e che forniscono con
costanza risultati vitivinicoli di elevato pregio.
Metodologia:
a) Si individuano per zone omogenee alcuni vigneti rappresentativi e con un
comportamento vegeto-produttivo pienamente soddisfacente;
b) Si procede al campionamento delle foglie in alcune fasi fenologiche ben individuabili
brevi ed impegnative per le piante, quali: allegagione ed invaiatura. Si prelevano 50-
100 foglie sane da altrettante piante rappresentative, su germogli mediani e di medio
vigore in corrispondenza del primo grappolo;
c) Tale campione di foglie viene posto rapidamente in stufa fino a peso costante e, sul
secco, si determina i contenuti in N, P, K e Mg, espressi in % sulla sostanza secca,
che rappresenteranno i valori nutrizionali ottimali di confronto o standard di
riferimento (Tab. 14).
Tab. 14. Livelli nutrizionali ottimali delle foglie in 2 epoche significative del ciclo produttivo.
EIementi (% suIIa sostanza secca) Allegagione lnvaiatura
Azoto (N) 2,55 2,25
Fosforo (P) 0,22 0,20
Potassio (K) 1,33 1,17
Magnesio (Mg) 0,26 0,28
Dai valori ottenuti dai vigneti campione si ricava per ciascuna fase fenologica, cio
allegagione ed invaiatura, lo standard di riferimento, quindi:
Contenuto ottimale dei singoli elementi (N, P, K e Mg);
Alimentazione globale ottimale (N + P + K);
Corretto rapporto tra gli elementi (N/P/K) rispetto all'alimentazione globale;
Giusto rapporto K/Mg, che deve essere compreso tra 3 e 7.
Definiti gli standard di riferimento si procede all'applicazione del metodo paragonando
con questi i valori analitici ottenuti, con la stessa metodologia di campinamento e di
analisi, nelle foglie del vigneto problematico e si stabilisce quindi se necessario
mantenere o modificare la concimazione ordinaria.
57
Con riferimento ai dati rilevati in due ipotetici vigneti (Tab. 15) e rispetto allo standard di
riferimento, la diagnostica fogliare consente di affermare che:
Vigneto 1: il rapporto tra gli elementi corretto, ma bassa l'alimentazione globale.
necessario quindi aumentare le dosi gi adottate senza variare il rapporto. lnoltre
opportuno somministrare magnesio, anche per abbassare il rapporto K/Mg.
Vigneto 2: il rapporto tra gli elementi squilibrato, mentre l'alimentazione globale
corretta. necessario ridurre l'apporto di azoto ed aumentare la quantit di fosforo e di
potassio. ll rapporto K/Mg nella norma.
Tab. 15. Standard di riferimento relativo alla fase di allegagione con esempi di utilizzazione.
ELEMENTI Standard Vigneto 1 Vigneto 2
(% sulla sostanza secca)
Azoto (N) 2,55 2,20 2,80
Fosforo (P) 0,22 0,20 0,10
Potassio (K) 1,33 1,28 1,00
Alimentazione globale 4,10 3,68 3,90
Rapporto N/P/K 62,1:5,5:32,4 59,8:5,4:34,8 71,8:2,6:25,6
Magnesio (Mg) 0,26 0,10 0,20
Rapporto K/Mg 5,11 12,80 5,00
ln alternativa alla diagnostica fogliare, per valutare lo stato nutrizionale del vigneto si pu
utilizzare la diagnostica peziolare, utilizzando campioni di 75-100 piccioli delle foglie.
Questi in estate sono meno influenzati dallo stress idrico e da sintomi manifesti di
carenze o fitopatie varie. A differenza della diagnostica fogliare, in questo caso per
difficile trovare valori di riferimento idonei, occorre pertanto determinarli da vigneti
equilibrati e che che forniscono con costanza produzioni di elevata qualit.
Limiti deIIa diagnostica fogIiare e pezioIare: il metodo non evidenzia le cause di
eventuali squilibri nutrizionali che possono essere dovute anche ad antagonismi e
sinergismi tra gli elementi nutritivi nel terreno, a pH anomalo, ad eccesso o difetto idrico,
alla compattazione del terreno, a danni all'apparato radicale provocati da parassiti o dalle
lavorazioni, ecc.. Pertanto, per interpretare correttamente i risultati della diagnostica
fogliare e/o peziolare, necessario disporre anche dell'analisi del terreno e di altre
informazioni sul comportamento del vigneto. Tuttavia, tali tecniche congiuntamente ad
altri metodi d'indagine possono essere utili per risolvere eventuali problemi connessi con
la nutrizione o per controllare l'effetto dell'apporto dei fertilizzanti durante la fase di
aggiustamento della concimazione ordinaria.
9.3.5 Concimazione fogIiare
Le quantit di elementi nutritivi che possiamo somministrare alla vite attraverso irrorazioni
fogliari sono piuttosto limitate, poich le soluzioni impiegate devono presentare
un'elevata diluizione al fine di evitare ustioni agli organi verdi. Per motivi di carattere
economico questa tecnica non pu certamente sostituire le normali concimazioni minerali
al terreno, tuttavia pu risultare utile come correttivo della nutrizione in due particolari
situazioni, cio:
9per rimediare temporaneamente alla carenza di un determinato elemento;
9come apporto integrativo alla normale concimazione.
Nel primo caso fondamentale che la carenza sia ben diagnosticata attraverso l'analisi
visiva e/o con la diagnostica fogliare e che si intervenga con una soluzione contenente
solo il nutriente in difetto. Trattamenti con soluzioni di pi nutrienti possono, infatti,
aggravare la carenza invece di curarla, per il possibile verificarsi di fenomeni di
58
antagonismo tra gli elementi somministrati. Le applicazioni fogliari potranno essere anche
ripetute, se l'effetto del primo trattamento non risultato soddisfacente; preferibilmente
devono essere eseguite con elevata umidit relativa dell'aria, quindi al mattino presto o
nel tardo pomeriggio, poich in tali situazioni l'assorbimento fogliare risulta pi elevato
per effetto della maggiore apertura e funzionalit degli stomi.
Per la concimazione fogliare sono preferibili irrorazioni ad alto volume, ma possono
essere utilizzate anche attrezzature pneumatiche (distribuzione pneumatica a basso
volume), a condizione di non scendere al di sotto dei 200 l/ha di soluzione, in modo da
distribuire quantit adeguate di elemento e da bagnare sufficientemente il fogliame.
lnoltre, possibile addizionare tensioattivi o bagnanti di vario genere (es. Agral, ecc.) a
tali soluzioni al fine di aumentare la persistenza sulle foglie e quindi l'assorbimento.
Per l'utilizzo della concimazione fogliare come integratore della normale nutrizione della
vite sono disponibili un numero elevato di specialit commerciali in formulati complessi
che possono contenere:
macroelementi: azoto, fosforo, potassio e magnesio;
microelementi: calcio, boro, manganese, zinco, ferro, ecc.;
sostanze organiche: stimolatori di crescita, vitamine, ecc..
Numerosi fattori sono in grado di esercitare influenze positive sull'assorbimento fogliare:
stato provato che la luce incrementa l'assorbimento di urea, K, P, ecc.. La penetrazione
dei cationi avviene con maggiore rapidit rispetto agli anioni ed inversamente
proporzionale alle loro dimensioni, come tale decresce passando da K a Mg a Ca. Anche
il pH riveste un ruolo decisivo influenzando positivamente l'assorbimento dei cationi se
superiore a 3 e degli anioni se inferiore a 3.
Le foglie giovani, probabilmente a causa del non completo sviluppo della cuticola,
assorbono meglio rispetto a quelle mature e senescenti. L'efficacia dei trattamenti fogliari
dipende anche dalle caratteristiche anatomiche delle foglie e dalla presenza di stomi e
peli. Secondo alcuni autori, infatti, l'intensit dell'assorbimento sembra legata, almeno per
il Fe, all'area totale degli stomi ed alla loro apertura durante il trattamento. Per questo
motivo la pagina inferiore della foglia decisamente pi efficiente che non la pagina
superiore.
Rispetto ad altre specie arboree da frutto, la struttura anatomica delle foglie di vite
favorevole all'assorbimento fogliare grazie al ridotto spessore cuticolare, alla regolarit
della disposizione dell'epidermide e del tessuto a palizzata, alla grandezza delle cellule e
degli spazi intercellulari del tessuto lacunoso ed all'abbondanza di peli e tricomi sulla
pagina inferiore.
La formulazione chimica dei concimi fogliari e l'aggiunta di tensioattivi influenzano
l'assorbimento degli elementi minerali da parte delle foglie. Se la concimazione fogliare
rappresenta per i macroelementi (N, P, K, Ca e Mg) uno strumento per superare momenti
di squilibrio nutrizionale, per i microelementi la concimazione epigea diventa quasi
irrinunciabile per garantire alla pianta un sufficiente rifornimento, considerato che in
pratica risulta difficile la loro distribuzione sul terreno, a causa delle basse dosi
necessarie. Per poter essere efficaci le applicazioni fogliari devono essere tempestive,
fatte cio al primo manifestarsi del sintomo carenziale. Le dosi di elementi minerali che si
possono somministrare in caso di carenze sono riportate nella Tabella 16.
Una trattazione a parte meritano il "disseccamento del rachide e la "clorosi ferrica per la
loro notevole diffusione in numerosi areali viticoli.
II disseccamento deI rachide una fitopatia che porta ad un parziale disseccamento
del rachide del grappolo a partire dall'apice (vedi Fig. 46). Tale fitopatia imputabile ad
uno sfasamento del rapporto tra K e Mg, si verifica, infatti, ogni qualvolta questo rapporto
nei lembi fogliari superiore a 10. Nella profilassi contro il disseccamento del rachide le
59
dosi di Mg aumentano fino a 20 o 40 kg/ha se si utilizza, rispettivamente, il solfato di
magnesio al 32% o l'ossido di magnesio al 16%. ln questo caso i trattamenti devono
essere tre, il primo alla chiusura del grappolo, il secondo all'inizio dell'invaiatura ed il
terzo circa 10 giorni prima dell'inizio dell'invaiatura.
Tab. 16. Elementi nutritivi e dosi utilizzabili nella concimazione fogliare.
EIemento Concime da utiIizzare e dosi
Azoto Urea (46%) 0,3 - 0,5 kg/hl (fino a 3 trattamenti)
Potassio Nitrato di potassio (46% K
2
O) 0,4 - 0,8 kg/hl (fino a 4 trattamenti)
Solfato di magnesio (16% MgO) 4 kg/hl (fino a 4 trattamenti)
Solfato di magnesio (32% MgO) 2 kg/hl (fino a 4 trattamenti)
Magnesio
Nitrato di magnesio (15% MgO) 1 - 1,5 kg/hl (fino a 4 trattamenti)
Boro Borace (11% B) 0,3 - 0,5 kg/hl (fino a 3 trattamenti)
Solfato ferroso 0,6 - 0,8 kg/hl (fino a 5 trattamenti) Ferro
Chelati di ferro 0,1 - 0,15 kg/hl (fino a 5 trattamenti)
La cIorosi ferrica dipende da numerosi fattori, tra i pi importanti possiamo annoverare:
Fattori varietali: il portinnesto gioca un ruolo fondamentale nel determinare una
maggiore o minore recrudescenza della fisiopatia, mentre i vitigni hanno diverse
esigenze in ferro a causa di una traspirazione e di un accrescimento vegetativo molto
diversificato;
Fattori edafici: il potere clorosante dei suoli calcarei dipende dalla solubilit dei
carbonati e dal livello di ferro assimilabile;
Fattori climatici: l'eccesso di umidit in primavera ed i ristagni idrici, in generale,
favoriscono la clorosi;
Fattori colturali: l'interramento di materia organica facilmente fermentescibile determina
la clorosi, cos come depauperamenti nelle riserve nutrizionali causate da elevate
produzioni nella stagione precedente e gli eccessivi compattamenti del terreno.
La fertilizzazione a base di ferro sempre problematica, perch la carenza non dovuta
generalmente ad impoverimenti del suolo, ma a fissazione. L'efficacia dei trattamenti
fogliari con soluzioni a base di Fe piuttosto variabile ed appare strettamente legata alla
tempestivit dell'intervento. ln commercio sono facilmente reperibili i chelati o sequestreni
di ferro, tra i quali il pi usato Fe-EDTA, efficaci sia in soluzione al terreno sia in
soluzione sulle foglie. Per prevenire i problemi di clorosi ferrica necessario utilizzare
portinnesti adeguati e resistenti al calcare attivo presente nel terreno (vedi capitolo 4).
Tutti concordano ormai sulla possibilit di restituire totalmente gli elementi a basso
consumo, cio i microelementi (Fe, B, Zn, Mn, Cu, ecc.) per via fogliare, mentre per i
macroelementi di elevato consumo la concimazione fogliare non pu essere
un'alternativa, ma deve essere considerata come una operazione di completamento,
molto utile soprattutto in alcune fasi fenologiche, in situazioni climatiche critiche per
l'assorbimento (es. siccit) o per esigenze specifiche (es. carenze acute o croniche).
9.3.6 Approfondimento suIIa cIorosi ferrica
ln ltalia la vite, ad eccezione di aree molto limitate, viene coltivata su terreni calcarei,
clorosanti a pH alcalino. Di conseguenza nei vigneti, indipendentemente dalla
combinazione vitigno/portinnesto, sono frequenti manifestazioni di clorosi ferrica (Fig.
55). La carenza di ferro nei suoli italiani piuttosto rara, pertanto nella maggior parte dei
casi la clorosi ferrica connessa a difficolt di assorbimento radicale di tale elemento a
causa dell'elevata presenza di calcare attivo nel terreno e del pH elevato che provocano
l'ossidazione e la precipitazione del ferro in forme insolubili, non utilizzabili dalle piante.
Gli ioni calcio, derivanti dalla solubilizzazione dei carbonati, si legano ai carriers organici
60
in luogo del ferro impedendone l'assorbimento e lo ione bicarbonato (HCO
3
), per effetto
tampone, impedisce l'abbassamento del pH nell'interfaccia suolo-radice, condizione
necessaria per l'assorbimento del ferro.
)LJ Vigneti affetti da clorosi ferrica.
Oltre a queste cause, ritenute determinanti, ne esistono altre, spesso cumulative e non
completamente conosciute, che favoriscono la clorosi ferrica. ln particolare, l'eccessiva
umidit, l'elevata compattezza del terreno, la presenza di CO
2
e di elementi antagonisti
(Ca, P e Zn), le temperature troppo alte o basse e la scarsa disponibilit di riserve
nutritive causata da produzioni eccessive e/o da attacchi parassitari mal gestiti, possono
determinare difficolt nell'assorbimento radicale del ferro per effetto della ridotta sintesi di
acidi organici e di altre sostanze chelanti e per la riduzione dello sviluppo del capillizio
radicale soprattutto alla ripresa dell'attivit vegetativa.
Fenomeni di clorosi riducono la fotosintesi e la respirazione in quanto il ferro catalizza
reazioni che portano alla formazione dell'acido -aminolevulinico precursore iniziale della
clorofilla, interviene nel trasferimento di elettroni nella fotosintesi e nella respirazione
come costituente del gruppo prostetico eme dei sistemi citocromici e della ferrodoxina,
partecipa ai sistemi ossido-riduttivi quali catalasi e perossidasi ed entra nella costituzione
della fitoferritina, complesso ferro-proteico che ha funzione di riserva del ferro stesso.
l fenomeni di clorosi ferrica, soprattutto se si verificano all'inizio del ciclo vegetativo,
inducono quindi modificazioni nel quadro fisiologico e nutrizionale con gravi squilibri, che
nei casi pi gravi possono determinare la morte della pianta. Spesso tale fisiopatia non
interessa l'intero vigneto ma la si riscontra a livello di singole viti o di un numero ristretto
di piante per cui possono essere attuati trattamenti localizzati.
Un'indagine eseguita alcuni anni fa in Umbria su piante clorotiche di Trebbiano
toscano/Kober 5BB ha evidenziato, accanto alla riduzione di clorofilla totale (-86%),
rispetto alle foglie delle viti non clorotiche, una significativa riduzione dell'attivit
fotosintetica (-88%) e della traspirazione fogliare (-31%) (Tab. 17). Trattamenti effettuati
con Sequestrene 330-Fe (titolo 4-0-14 + 7% Fe, irrorazione fogliare fino a totale
bagnatura delle foglie alla concentrazione di 150 g/hl) e con Sequestrene 138-Fe (titolo
3-0-15 + 6% Fe, somministrazione radicale 40 g/15 litri per ceppo) hanno determinato un
pieno recupero dell'attivit fotosintetica in circa 21 giorni. ln tutte le viti trattate le foglie
che al momento del trattamento erano totalmente ingiallite non sono rinverdite, mentre
quelle mediamente clorotiche hanno riacquistato il tipico colore verde, simile alle foglie
controllo, nell'arco di tre settimane. ll contenuto in clorofilla totale delle foglie infatti
incrementato a livello delle foglie delle viti non clorotiche (circa 1,4 mg/g di peso fresco)
(Tab. 18).
61
Tab. 17. Caratteristiche delle foglie in viti di Trebbiano toscano clorotiche e non.
Piante clorotiche Piante non clorotiche
Clorofilla totale (mg/g peso fresco) 0,22 a 1,61 b
Fotosintesi netta ( moli CO
2
m
-2
s
-1
) 1,45 a 11,60 b
Traspirazione (mmoli H
2
O m
-2
s
-1
) 3,3 a 4,8 b
Per ogni parametro, i valori accompagnati da lettere diverse sono statisticamente differenti per P0,05.
Tab. 18. Caratteristiche delle foglie in viti di Trebbiano toscano clorotiche e non 21 giorni dopo i
trattamenti con Sequestrene 138-Fe (fogliare) e 330-Fe (radicale).
Piante non clorotiche Piante clorotiche
138-Fe 330-Fe
Clorofilla totale (mg/g peso fresco) 1,39 a 1,38 a 1,45 a
Fotosintesi netta ( moli CO
2
m
-2
s
-1
) 9,8 a 9,7 a 10,3 a
Per ogni parametro, i valori accompagnati da lettere diverse sono statisticamente differenti per P0,05.
Un'altra esperienza ha visto, sempre in ceppi clorotici di Trebbiano toscano/Kober 5BB,
la somministrazione di una soluzione di solfato ferroso (FeSO
4
7 H
2
O all'1%, 250 ml per
ceppo) mediante iniezione a bassa pressione al tronco. L'assorbimento della soluzione di
FeSO
4
avvenuto abbastanza celermente, in circa 36-48 ore, con il conseguente
rinverdimento soprattutto delle foglie non particolarmente vecchie e senescenti (Fig. 56).
A seguito dell'iniezione non sono stati riscontrati fenomeni di fitotossicit ed stato
registrato il pieno recupero dell'attivit fotosintetica delle foglie in circa 1 mese.
Fig. 56.
lniezione a
bassa
pressione al
tronco di
solfato
ferroso
(FeSO
4
7
H
2
O all'1%,
250 ml per
ceppo).
Da notare il
completo
rinverdimento
delle foglie
giovani (apicali
e mediane) e
l'incapacit di
riaccumulare
clorofilla nelle
foglie basali.
Nei casi di terreni fortemente clorosanti, con pH superiore a 8-8,5 ed elevate
concentrazioni di CaCO
3
, il rinverdimento delle chiome potrebbe essere problematico
anche con chelati di ferro ad elevate concentrazioni. Una esperienza di questo tipo
stata infatti condotta nel 2001 su piante clorotiche di Trebbiano toscano (Fig. 57) che non
rinverdivano neanche a seguito di trattamenti con diversi sequestreni e che invece
disseccavano nel giro di poche settimane. All'analisi fogliare (Tab. 19), confrontando
foglie completamente verdi con quelle parzialmente e totalmente gialle emerso che:
FogIie compIetamente verdi: i contenuti in azoto e fosforo erano nella norma ed il
potassio leggermente in eccesso, mentre calcio e magnesio erano presenti in
concentrazioni pi che doppie rispetto alle reali necessit. Anche l'alimentazione globale
(N+P+K+Mg+Ca) risultata doppia rispetto ai valori di riferimento, cio 13,15 contro un
intervallo di 6,5-8 definito come ottimale. l microelementi ferro e manganese erano in
forte eccesso, mentre lo zinco era quasi nella norma.
62
Fig. 57. Viti
clorotiche
incapaci di
rinverdire
anche a
seguito di
ripetute
applicazioni
fogliari o
radicali di
sequestreni.
FogIie mediamente e fortemente cIorotiche: i contenuti in azoto, fosforo e potassio
non hanno mostrato variazioni sostanziali rispetto ai controlli, mentre il magnesio ha fatto
registrare un calo di concentrazione con l'aumentare della clorosi, bench anche nella
foglie completamente gialle il suo contenuto era sempre pi che sufficiente. Anche in
entrambe le tesi clorotiche l'alimentazione globale (N+P+K+Mg+Ca) risultata doppia
rispetto ai valori ritenuti ottimali. ll contenuto in ferro risultato sempre in eccesso rispetto
alle concentrazioni ottimali, mentre il manganese ha mostrato una riduzione con la clorosi
pur rimanendo sempre al di sopra della soglia di sufficienza. Lo zinco era nella norma.
L'eccesso di calcio, che pu interferire con l'utilizzazione del ferro a livello dei cloroplasti
(questi ultimi possono contenere fino al 60% del calcio presente nella foglia), non sembra
in questo caso essere responsabile della clorosi, poich anche nelle foglie
completamente verdi tale elemento era presente in quantit tripla rispetto all'ottimale. ln
questo caso quindi gli apporti di ferro, anche sotto forma di chelati, non servono.
probabile che vi era in atto una alcalinizzazione del pH apoplastico, con conseguente
incapacit del Fe di passare all'interno delle cellule, soprattutto dei cloroplasti. ln tali casi
inutile continuare a somministrare chelati di ferro, ma indispensabile trattare le piante
precocemente, ai primi sintomi di ingiallimento fogliare, utilizzando soltanto una sostanza
acidificante diluita (es. acido citrico all'1%) che dovrebbe consentire lo spostamento del
pH dell'apoplasto verso valori pi acidi e quindi permettere l'utilizzo del ferro presente nei
tessuti fogliari.
Tab. 19. Analisi fogliare eseguita su viti clorotiche di Trebbiano toscano incapaci di rinverdire anche
dopo la sommistrazione di vari tipi di sequestreni, sia fogliari che radicali.
Elementi Foglie
sane
Foglie parzialmente
gialle
Foglie totalmente
gialle
Valori
ottimali
Azoto (% s.s.) 2,4 2,5 2,5 2,1-3,8
Fosforo (% s.s.) 0,19 0,22 0,20 0,15-0,38
Potassio (% s.s.) 2,0 1,8 2,0 0,65-1,70
Calcio (% s.s.) 7,7 7,0 7,5 1,70-3,80
Magnesio (% s.s.) 0,86 0,68 0,56 0,28-0,45
Ferro (ppm s.s.) 468 476 508 100-250
Manganese (ppm s.s.) 436 220 156 30-200
Zinco (ppm s.s.) 148 96 176 30-150
Clorofilla totale (mg/dm
2
) 3,88 3,25 0,45 ---
Carotenoidi (mg/dm
2
) 1,02 0,39 0,23 ---
63
10. GESTIONE DEL SUOLO
Nel "sistema vigneto la gestione del suolo occupa un ruolo importante non solo dal punto
di vista ecologico-ambientale, quindi per la conservazione del suolo e della sua fertilit,
ma anche per il mantenimento delle viti in equilibrio vegeto-produttivo, condizione
fondamentale per stabilizzare le rese ed ottenere uve di elevata qualit.
ln ltalia le tecniche di gestione del suolo, inizialmente volte soltanto a controllare lo
sviluppo delle erbe infestanti, hanno subito una profonda evoluzione nel corso degli anni
adeguandosi dapprima agli sviluppi della meccanizzazione e successivamente alla
necessit di contenere i costi di produzione e di tutelare l'ambiente. Quest'ultimo punto
obbliga a considerare il viticoltore un "tecnico del territorio cui demandato la stabilit
dei versanti, soprattutto nelle zone ove la coltura presente in modo rilevante ed
esercitata su terreni particolarmente declivi (Fig. 58).
Fig. 58. Frane e smottamenti a seguito di intense e frequenti piogge in vigneti collinari gestiti con
lavorazioni meccaniche ripetute.
La viticoltura stata a lungo caratterizzata dal ricorso a lavorazioni superficiali volte a
eliminare la vegetazione infestante in modo da "riservare le risorse idriche derivanti dagli
eventi meteorici unicamente alla vite, considerando che buona parte della viticoltura
italiana sviluppata in zone a piovosit limitata, intorno a 600-700 mm annui. Negli anni
'60, soprattutto in alcuni ambienti settentrionali, caratterizzati da una maggiore
disponibilit idrica, furono iniziate le prime esperienze di inerbimento del vigneto e, a
seguito dei risultati positivi conseguiti, questa tecnica si estese a molte aree collinari
dell'ltalia settentrionale. ln tal modo la vite rimaneva la coltura principale alla quale era
rivolta la massima attenzione, ma nel "sistema vigneto cominciava ad essere tollerata e
gestita la presenza di altre piante, la biocenosi diveniva pi complessa e diversificata
includendo una pluralit di specie vegetali e animali.
La modalit di conduzione del suolo ha recentemente ricevuto una attenzione crescente
per la sempre pi condivisa opportunit di ridurre gli input energetici esterni e per
l'aumentata sensibilit ambientale, sostenuta economicamente anche da numerose
direttive comunitarie.
ln pratica, la gestione del suolo consiste in interventi diretti al terreno volti a:
Creare le migliori condizioni per lo sviluppo e la produttivit delle piante;
Facilitare l'esecuzione delle pratiche colturali;
Salvaguardare l'ambiente (erosione, inquinamento delle falde, biodiversit floristica e
faunistica, ecc.).
Nel vigneto la gestione del suolo pu essere realizzata mediante le seguenti tecniche:
9Lavorazioni meccaniche;
9Diserbo chimico;
64
9lnerbimento;
9Pacciamatura.
A questa classificazione sostanzialmente didattica fa riscontro nella pratica l'utilizzo
combinato di queste tecniche che esercitano un'influenza diversa sullo sviluppo radicale,
soprattutto in superficie, sulla porosit del terreno, sulla capacit di infiltrazione
dell'acqua, sullo sviluppo dei germogli e dei grappoli, ecc.. La scelta non agevole,
dipende da numerosi fattori e principalmente dall'ambiente pedoclimatico, dai costi e
dall'influenza degli interventi sulla produttivit delle piante e sulla qualit dell'uva.
10.1 Lavorazioni meccaniche
Scopi: favorire l'accumulo e la conservazione delle risorse idriche, controllare le erbe
infestanti, interrare i concimi, eventuali erbai da sovescio e i residui della potatura per
favorirne l'umificazione, ostacolare lo sviluppo e la diffusione di agenti patogeni.
Tecnica di esecuzione: prevede una successione di interventi con finalit diverse,
eseguiti in determinate epoche e con attrezzi e profondit appropriati, tenendo conto
delle caratteristiche del terreno. Dopo la vendemmia pu essere eseguita una prima
lavorazione per favorire l'accumulo di acqua e per interrare i concimi fosfo-potassici-
magnesiaci e seminare eventuali colture da sovescio. lnoltre utile per eliminare le
ormaie pi o meno profonde prodotte dal transito dei mezzi meccanici usati per i
trattamenti antiparassitari e per la vendemmia, soprattutto su terreni tendenzialmente
argillosi e bagnati. Se non ci sono queste necessit opportuno omettere la lavorazione
pre-invernale per ridurre i fenomeni di erosione e per favorire lo sviluppo delle erbe
spontanee utili anche per apportare sostanza organica.
Sono da preferire aratri polivomeri, erpici a dischi ed estirpatori che determinando una
certa zollosit favoriscono la penetrazione dell'acqua nel suolo ed ostacolano il
ruscellamento superficiale (Fig. 59). L'uso delle fresatrici e delle zappatrici rotative deve
essere evitato, poich sminuzzano eccessivamente il terreno, richiedono potenze
elevate, propagano le infestanti (specialmente la gramigna) e provocano suole di
lavorazione; per quest'ultimo aspetto vantaggioso alternare l'uso degli attrezzi.
La profondit deve essere limitata entro 15-20 cm per preservare l'integrit dell'apparato
radicale. Durante la primavera e l'estate sono necessarie altre 2-4 lavorazioni, in funzione
delle piogge, tutte molto superficiali utilizzando preferibilmente erpici o attrezzi
scollettatori per eliminare le erbe infestanti e per ridurre le perdite di acqua.
PrincipaIi inconvenienti deIIe Iavorazioni: il passaggio ripetuto dei mezzi meccanici,
specialmente quando si opera su terreno bagnato per eseguire operazioni che richiedono
tempestivit, quali trattamenti antiparassitari e vendemmia, determina, specialmente sui
terreni tendenzialmente argillosi e poveri di sostanza organica, una eccessiva
compattazione, cui pu seguire asfissia radicale e clorosi (Fig. 60). Nei vigneti declivi con
filari disposti a rittochino il terreno lavorato soggetto facilmente ad erosione con perdite
fino a 40 t/ha l'anno di terreno superficiale, quindi pi fertile e microbiologicamente attivo.
Pertanto, in presenza di filari lunghi oltre 100-150 m opportuno prevedere capezzagne
di servizio o strisce trasversali inerbite, larghe almeno 2-3 m. Con filari trasversali alla
pendenza le lavorazioni determinano uno scivolamento del terreno verso valle con
conseguente formazione di gradoni sulla fila che aggrava l'agibilit dei mezzi meccanici
che operano a cavallo del filare (vedi Fig. 1). Gli interventi ripetuti ostacolano inoltre lo
sviluppo superficiale dell'apparato radicale e nell'impossibilit di eseguire periodicamente
lavorazioni pi profonde si formano suole di lavorazione, tanto pi gravi quanto pi gli
attrezzi polverizzano il terreno, con conseguenti fenomeni di ristagni idrici e clorosi.
65
Erpice Morgan
Erpice rotativo
Fresa rotativa Erpice casalese
Erpice ad ancore flessibili Aratro polivomere
Fig. 59. Attrezzi maggiormente utilizzati nel vigneto per la lavorazione del terreno.
Fig. 60. Compattamento del terreno con ormaie ben evidenti (a sinistra) e gravi fenomeni di
erosione del terreno (al centro e a destra).
66
10.2 Diserbo chimico
Questa tecnica, denominata anche "non coltura del vigneto, prevede l'impiego di erbicidi
a carica residuale per mantenere il terreno costantemente privo di erbe infestanti.
largamente utilizzata in Francia da oltre 40 anni ed in altri paesi caratterizzati dalla
presenza di vigneti molto fitti o senza sostegni, come nel caso dell'alberello, dove
difficile eseguire le lavorazioni con i mezzi meccanici, specialmente durante il periodo
primaverile-estivo con le piante in piena vegetazione.
Rispetto alle lavorazioni meccaniche, i vantaggi che si possono conseguire con il diserbo
chimico sono: 1) efficace controllo delle infestanti; 2) minor costo; 3) aumento della
portanza del terreno; 4) sviluppo superficiale delle radici; 5) migliora l'utilizzazione delle
piogge di limitata entit. Tra gli svantaggi occorre invece annoverare: 1) notevole impatto
ambientale; 2) elevata conoscenza tecnica; 3) difficolt nell'interrare i concimi chimici ed
organici; 4) penetrazione dell'acqua nel terreno con maggiore difficolt; 5) effetti negativi
sulla microflora del terreno e sul complesso della fauna, nonch sulla genuinit e
salubrit della produzione.
Per una corretta scelta dei diserbanti necessario conoscere, oltre alla flora infestante, lo
spettro e le modalit d'azione dei principi attivi, la persistenza, la mobilit in funzione della
natura del terreno e la selettivit verso la vite. lnoltre, come principi generali, bene
applicare basse dosi, usare prodotti poco tossici, preferire quelli di post-emergenza,
usare miscele con attivit complementare e alternare l'uso dei principi attivi.
ln ltalia l'impiego del diserbo chimico a tutto campo con prodotti a carica residuale
molto limitato, mentre frequente l'uso nel sottofilare (Fig. 61) con prodotti sistemici o
disseccanti ad ampio spettro d'azione. Tra i pi usati ci sono il glifosate ed il glufosinate-
ammonio, ammessi anche in diversi disciplinari di produzione integrata per il basso
impatto ambientale e la ridotta persistenza. Talvolta al glifosate vengono aggiunti prodotti
residuali ad azione antigerminello (es. terbutilazina, simazina, ecc.).
Fig. 61. Diserbo a tutto campo (a sinistra) e localizzato nel sottofilare (a destra).
Uno schema funzionale (Fig. 62) vede una prima applicazione in primavera di
glufosinate-ammonio (ad azione diseccante) pi eventuale oxifluorfen (ad azione
antigerminello), indirizzata soprattutto al controllo della maggior parte delle graminacee e
delle dicotiledoni emerse. A giugno si interviene nuovamente per il controllo di
dicotiledoni annuali e perenni sempre con glufosinate-ammonio o in alternativa con
glifosate, soprattutto se vi sono gramigna ed altre perennanti. ln ottobre pu essere
richiesto un terzo intervento con fusilade o glifosate volto ad eliminare la gramigna ed
altre perennanti. Lo schema proposto si differenzia notevolmente dalla "non coltura del
vigneto, poich non prevede l'eliminazione completa delle infestanti, ma solo il controllo
della copertura verde durante il periodo estivo con lo scopo di ridurre gli effetti negativi
67
dello stress idrico nelle stagioni siccitose usando, negli interfilari, glufosinate-ammonio o
dosi ridotte di glifosate (1-3 litri ad ettaro).
Fig. 62. Possibile
strategia d'uso di
erbicidi nel
vigneto.
ll glifosate un principio attivo sistemico, non selettivo e non residuale, quindi deve
essere usato in vigneti con tronchi ben lignificati ed evitare di bagnare gli organi verdi
della vite, magari con l'impiego di attrezzature schermate. Trovano condizioni ottimali di
impiego su infestanti a superficie fogliare ben sviluppata ed in fase di attiva crescita. Nel
terreno il glifosate viene rapidamente degradato per via microbica.
ll glufosinate-ammonio un erbicida ad ampio spettro d'azione che dissecca gli organi
verdi, ma non traslocato per cui pu essere proficuamente utilizzato anche come
spollonante del vigneto.
ln questi ultimi anni la risposta dei costruttori meccanici alle mutate esigenze
rappresentata dalla costituzione di barre irroratrici specifiche (Fig. 63), che riducono
l'impatto ambientale attraverso tre sistemi: 1) Riduzione della deriva: schermature a
protezione completa, spesso scavallanti per intervenire anche tra i ceppi, ed erogatori
antideriva, per la produzione di gocce uniformi e di elevato diametro; 2) Distribuzione
localizzata: la zona trattata viene ridotta solo attorno ai ceppi, oppure alle zone con
effettiva presenza di malerbe rilevate mediante sistemi ottici; 3) Contenimento dei
dosaggi: l'uso di sistemi di frantumazione centrifuga consente una bagnatura abbastanza
uniforme anche con pochi litri per ettaro ed esalta l'efficacia di alcuni principi che, come il
glifosate, sono pi efficaci ad elevate concentrazioni.
Fig. 63. Attrezzature per la distribuzione localizzata dei diserbanti chimici. A destra: sistemi ottici
che attivano la distribuzione di diserbante solo in presenza di infestanti in vegetazione.
GIufosinate
- ammonio
(3 - 5 I/ha)
OxifIuorfen
(2 I/ha)
+
FusiIade
(2 - 3 I/ha)
GIifosate
(4 - 5 I/ha)
GIufosinate
- ammonio
(3 - 5 I/ha)
oppure
GIifosate
(6- 8 I/ha)
per
gramigna e
aItre
perennanti
Se necessario
(per gramigna)
oppure
68
Un accorgimento tecnico che consente l'uso sicuro del diserbo chimico e che in questi
ultimi anni si diffuso l'impiego degli shelters (Fig. 64). Si tratta di tubi in plastica, di
vario diametro ed altezza, che ospitano gia dal primo anno le barbatelle consentendo
cos una gestione chimica delle infestanti fin dall'impianto del vigneto. Gli shelters, anche
se costosi (circa 0,5 euro l'uno) hanno anche altre funzioni, quali: protezione dai roditori,
primo tutoraggio e leggera forzatura (favorisce cio lo sviluppo del germoglio principale).
Fig. 64. Schelters in un giovane vigneto gestito con lavorazioni meccaniche nell'interfilare e
diserbo chimico nel sottofilare (a destra, da notare il notevole sviluppo di equiseto che indica
un'eccessiva umidit del terreno)
10.3 Inerbimento
L'inerbimento rappresenta una alternativa alle lavorazioni ordinarie e consiste nel
mantenimento, permanente o temporaneo, di una copertura erbacea sul terreno
occupato dal vigneto, la cui crescita viene controllata per mezzo di trinciature o sfalci
lasciando LQVLWX la biomassa (Fig. 65).
Fig. 65. lnerbimento totale del vigneto e trinciatura del cotico erboso con trinciasarmenti.
Questa tecnica di gestione del suolo molto flessibile, pu essere eseguita secondo
diverse modalit ed applicata in svariate situazioni in funzione delle caratteristiche pedo-
climatiche, della necessit di tutelare l'ambiente, delle esigenze della vite e degli obiettivi
enologici da perseguire.
Con la presenza sul terreno di una copertura vegetale permanente o temporanea, cio
limitata ad un periodo dell'anno, potrebbero essere eliminati gran parte degli svantaggi
conseguenti alle lavorazioni o al diserbo chimico. ln particolare l'inerbimento migliora la
portanza e la porosit del terreno, la dotazione in sostanza organica, favorisce
l'infiltrazione dell'acqua ed impedisce l'erosione, gli elementi nutritivi poco mobili sono
veicolati in profondit e si riducono i rischi di asfissia radicale, di clorosi e di alterazioni
69
ambientali. L'inerbimento per presenta il grave inconveniente della competizione idrica
con la vite che ne limita l'utilizzazione, per cui pu essere utilizzato solo in zone dove
sufficiente la piovosit primaverile-estiva o con il supporto dell'irrigazione. La
competizione nutrizionale invece non pone particolari problemi, anzi pu essere sfruttata
per ridurre la disponibilit di azoto e regolare il vigore del vigneto.
La possibilit di scegliere tra i diversi tipi d'inerbimento ed i differenti mezzi di controllo
della vegetazione permette una ampia utilizzazione di tale tecnica, specialmente se la
copertura erbacea non viene pi considerata una infestazione, ma una consociazione
vera e propria. ln molte aree viticole dell'ltalia centrale e settentrionale si verifica spesso
un eccesso di vigore imputabile all'elevata fertilit naturale del terreno ed alla mancanza
di portinnesti veramente deboli, pertanto in primavera la presenza delle infestanti deve
essere vista positivamente, si pu infatti ricavarne una competizione "gratuita nei
confronti dell'azoto per contenere il vigore delle piante.
L'inerbimento pu essere distinto in naturale, quando si sfruttano le erbe spontanee, o
artificiale, quando invece si effettua una semina con specie erbacee specifiche; inoltre
pu essere presente durante tutto l'arco dell'anno (permanente) o per un periodo limitato
(temporaneo). Si pu infine adottare su tutta la superficie dell'impianto (totale) (Fig. 65) o
limitarlo a una parte (parziale) allo scopo di ridurre la competizione esercitata dal cotico
erboso. L'inerbimento parziale ricopre di solito una zona pi o meno larga dell'interfilare
(Fig. 66), ma pu anche essere a filari alterni (Fig. 67).
)LJ Diserbo chimico nel sottofilare ed
inerbimento sull'interfilare.
)LJ Vigneto inerbito a filari alterni.
)LJ lnerbimento degli interfilari
nella parte bassa del vigneto,
caratterizzata da maggiore vigoria e
disponibilit idrica, e lavorati
meccanicamente nella parte alta,
meno fertile e pi siccitoso.
Nei vigneti collinari, l'inerbimento pu essere utilizzato anche soltanto nella parte bassa,
al fine di contenere la pi elevata fertilit del suolo e la maggiore disponibilit di acqua
rispetto alla parte alta del vigneto, che pu essere invece gestita con lavorazioni
meccaniche (Fig. 68). ln questo modo si possono contenere gli esuberi vegetativi e
produttivi spesso presenti nella parte a valle del vigneto.
70
Per godere dei numerosi vantaggi che questa tecnica comporta, occorre considerare
l'inerbimento come una vera e propria coltura consociata alla vite, rivolta soprattutto ad
ottenere vantaggi agronomici nella gestione del suolo, piuttosto che destinata a fini
produttivi diretti. La copertura erbacea deve essere controllata con interventi periodici
calibrati sul suo sviluppo e sulle fasi fenologiche della vite. Durante il periodo invernale,
quando la vite in riposo vegetativo, di solito non si eseguono interventi, nemmeno per
controllare la crescita dell'erba, a meno che intralci le operazioni di potatura. ln prossimit
del germogliamento si interviene di norma con una trinciatura per frantumare i sarmenti di
potatura e per limitare lo sviluppo in altezza del prato. A seconda dell'andamento
stagionale e della composizione floristica del cotico saranno poi eseguiti sfalci,
scollettamenti o lavorazioni superficiali per limitare la superficie fogliare delle piante
consociate alla vite, abbassando cos il loro livello di competizione idrica.
Inerbimento naturaIe: costituito dalla flora spontanea che si insedia quando il vigneto
viene lasciato senza lavorazione per un periodo di tempo. Le specie a foglia larga, che
inizialmente prendono il sopravvento, con le periodiche trinciature di solito cedono il
posto a specie poliennali, in particolare graminacee (Fig. 65, 66, 67, 68 e 69).
L'inerbimento naturale pu insediarsi lentamente, se la banca dei semi della flora
spontanea sullo strato superficiale del suolo scarsa. Questo caso pu verificarsi
quando nelle aree circostanti il vigneto non sono presenti riserve naturali di piante
erbacee, oppure in giovani vigneti piantati su terreni preparati con uno scasso che ha
portato in profondit gli strati superficiali del suolo e con essi la dotazione di semi della
flora spontanea. ln presenza di buone disponibilit di semi, invece, le numerose specie
spontanee si diffondono abbastanza rapidamente nel vigneto, colonizzandolo
gradualmente ed esercitando una competizione che generalmente aumenta
all'aumentare del grado di ricoprimento del suolo e della quantit di biomassa prodotta
dalla copertura vegetale. Questo tipo di inerbimento costituito da associazioni vegetali
sicuramente in equilibrio con l'ambiente e presenta il vantaggio di avere un costo di
impianto praticamente nullo. ll principale vantaggio dell'inerbimento naturale consiste
nella possibilit di eseguire, nelle annate siccitose, interventi drastici di rottura del cotico
erboso nella tarda primavera, mentre negli inerbimenti artificiali sono consentiti solo gli
sfalci per non compromettere la sopravvivenza delle erbe seminate. l mezzi di controllo
possono essere lavorazioni molto superficiali con erpici, zappatrici rotative, scollettatrici
(Fig. 69) o mediante glifosate a dosaggio ridotto per consentire un ricaccio ritardato o con
il disseccante glufosinate-ammonio.
Fig. 69. Trinciasarmenti scollettatore.
71
Gli eventuali svantaggi dell'inerbimento naturale sono associati alla complessa cenosi
vegetale che lo costituisce e che pu comprendere al suo interno anche specie a taglia
alta ed a radice profonda, che aumentano la competizione idrica e che richiedono
frequenti interventi per il loro contenimento. Gli inerbimenti naturali permanenti ben gestiti
hanno dimostrato un grado di competitivit nei confronti della vite simile o inferiore a
quello di molte graminacee impiegate per la costituzione di coperture erbacee artificiali.
Inerbimento artificiaIe: effettuato con la semina "mirata di una o pi essenze dopo
una lavorazione superficiale del terreno. Questa tecnica da preferire all'inerbimento
naturale in situazioni di "emergenza in cui non possibile attendere pazientemente i
benefici che arriveranno con il graduale infittirsi del cotico spontaneo. Vigneti in aree
declivi, con pendenze elevate e filari a rittochino, suoli con una notevole componente
argillosa e modesti contenuti di sostanza organica, possono rappresentare elementi di
rischio tali da giustificare il ricorso all'inerbimento artificiale. L'epoca di semina pi
opportuna varia in funzione dell'ambiente: nelle zone mediterranee preferibile l'autunno,
dopo la vendemmia, mentre in quelle ad inverni rigidi consigliabile intervenire a fine
inverno. A causa della ridotta dimensione dei semi la profondit di interramento deve
essere limitata a 1-2 cm e la dose di seme dovr aggirarsi tra 50 e 70 kg ad ettaro, in
modo da assicurare una densit all'emergenza compresa tra 300 e 700 piante per metro
quadrato di terreno e garantire un buon grado di ricoprimento del suolo.
La scelta delle essenze da utilizzare per la costituzione del cotico deve essere fatta con
molta attenzione, poich, rispetto all'inerbimento naturale, solo il soddisfacente esito
tecnico dell'inerbimento artificiale che pu compensare i suoi costi di impianto. Le
caratteristiche agronomiche "ideali di una essenza da tappeto erboso possono essere
cos schematizzate:
bassa taglia, buona fittezza del cotico, scarso vigore, bassa competitivit verso la
vite;
elevata attitudine antierosiva (legata alla fittezza del cotico, al grado di ricoprimento
del suolo ed alla velocit di insediamento);
elevata persistenza nel tempo (dovuta sia ad una elevata competitivit verso la
vegetazione naturale sia ad una notevole capacit riproduttiva);
crescita ridotta nel periodo primaverile-estivo per limitare la competitivit, soprattutto
idrica, con la vite;
elevata resistenza del cotico erboso al calpestamento delle macchine operatrici.
l miscugli di graminacee, esclusivamente con variet da tappeto, sono quelli pi utilizzati
con il 20-30% rappresentato dal Lolium perenne per la rapidit di sviluppo, mentre le
festuche (rubra, arundinacea e ovina), nelle variet a taglia bassa, rappresentano l'altra
componente fondamentale del miscuglio, poich anche se lente ad affermarsi sono
rispondenti per longevit, resistenza ai tagli, rusticit ed adattabilit (Fig. 70). ln caso di
terreni particolarmente leggeri e sassosi possono entrare a far parte del miscuglio anche
essenze pi frugali, quali: Agrostis tenuis, ecc..
Diverse indagini sperimentali hanno evidenziato che:
9le variet di Festuca arundinacea a taglia alta (ovvero tutte le variet adatte per la
foraggicoltura) sono risultate eccessivamente aggressive;
9Lolium rigidum e Medicago polymorpha sono risultate poco persistenti;
9il Trifolium subterraneum, pur essendo molto interessante, pu evidenziare problemi
di persistenza soprattutto su terreni argillosi e calcarei.
La costituzione di inerbimenti a base di graminacee (in purezza o in miscuglio) si giova di
una buona disponibilit di azoto, che pu provenire da fonti diverse (mineralizzazione
della sostanza organica presente nel suolo, apporto di fertilizzanti, inserimento delle
72
leguminose nel miscuglio, ecc.). Del resto negli inerbimenti spontanei dell'ltalia centro-
settentrionale stata sempre notata una certa presenza di Trifolium repens e di altre
leguminose "minori come ad esempio Medicago lupolina. Nei vigneti del Mezzogiorno,
con piovosit limitata e concentrata nel periodo autunno-vernino, l'attenzione stata
rivolta alle leguminose autoriseminanti dotate di buona velocit di insediamento, spiccata
precocit e bassa produzione di biomassa. Nell'ambito del gruppo dei trifogli Trifolium
brachycalycinum (adatto a terreni neutri o tendenzialmente alcalini) e Trifolium
subterraneum, caratterizzati da un ciclo di sviluppo autunno-primaverile, hanno fornito
risultati positivi. Una particolare attenzione, almeno dal punto di vista teorico, merita il
Trifolium subterraneum, poich questa leguminosa annuale autoriseminante si sviluppa
nel periodo autunno-primaverile e dissecca in giugno, lasciando cos tutte le risorse
idriche a disposizione delle vite durante i mesi critici estivi. La presenza del cotico limitata
al periodo autunno-invernale consente una importante azione antierosiva nel periodo pi
piovoso dell'anno e favorisce la ricostituzione delle riserve idriche.
Fig. 70. Semina di un miscuglio di Lolium perenne (variet Barcredo) e Festuca arundinacea
(variet Fuego e Villagioise) in un vigneto di Grechetto G109 nel novembre 1997 (a sinistra) e
sviluppo del cotico nella primavera del 2004 (a destra).
Inerbimento temporaneo: la copertura vegetale permane solo per un periodo di tempo
limitato nel corso dell'anno. proponibile soprattutto in ambienti con ridotta disponibilit
idrica (400-600 mm l'anno), localizzata in particolare nei mesi autunno-invernali.
L'inerbimento pu essere ottenuto lasciando crescere la vegetazione spontanea o
seminando specie in purezza o in miscuglio. relativamente diffusa la pratica del
sovescio che prevede l'inerbimento con semina di specie a ciclo breve e a rapido
insediamento, che vengono poi trinciate e interrate a fine inverno o in primavera. Tra le
specie impiegate (ovviamente rustiche, con sementi poco costose e a rapida crescita)
rientrano soprattutto alcune graminacee, in particolare orzo, ma anche grano, avena,
loiessa ed alcune leguminose quali veccia, favino, trifoglio, pisello e qualche crucifera
come senape e colza. ln casi di emergenze ambientali legate a fenomeni erosivi
(purtroppo quasi tutti i vigneti declivi) e in ambienti con basse disponibilit idriche
concentrate in autunno-inverno sono da preferire le specie pi precoci e a semina
autunnale, quali orzo e veccia. Le semine primaverili possono fornire un importante
contributo al mantenimento della sostanza organica nel terreno, ma non esercitano
nessuna protezione dall'erosione superficiale durante i mesi invernali.
Inerbimento permanente: la copertura vegetale pu essere presente nel vigneto per
tutto l'anno con sfalci che andranno eseguiti pi volte l'anno in relazione all'ambiente di
coltura e alle specie che vengono utilizzate. Rispetto all'inerbimento temporaneo, quello
permanente in grado di offrire garanzie superiori in termini di difesa contro l'erosione,
perlomeno ad insediamento avvenuto ed una riduzione del dilavamento degli elementi
73
nutritivi. La copertura continua favorir, inoltre, una migliore tesaurizzazione dell'acqua,
anche se sar superiore la competizione idrica e nutrizionale nei confronti della vite.
Rispetto agli inerbimenti temporanei, il miglioramento apportato dall'inerbimento
permanente sulla struttura fisica del terreno pi durevole, quindi esso rappresenta una
scelta spesso obbligata sia in terreni molto argillosi, astrutturali e compattabili sia
grossolani ed consigliabile quando la disponibilit idrica annuale superiore a 700-800
mm, ma possibile anche con dotazioni inferiori. ln questi casi diviene necessaria per
un'ottima conoscenza sia delle specie da utilizzare che delle tecniche di impianto e
gestione della copertura erbacea.
Inerbimento totaIe o parziaIe: il manto erboso pu ricoprire tutto il vigneto (soluzione
possibile solo in condizioni di elevata disponibilit idrica) oppure essere limitato a zone
pi o meno ampie dell'interfilare o addirittura ad interfilari alterni. La riduzione della quota
di superficie inerbita si ripercuote in una limitazione degli effetti positivi dell'inerbimento.
L'inerbimento parziale pi diffuso quello limitato agli interfilari. Al di sotto dei ceppi viene
lasciata una striscia pi o meno ampia libera da infestanti. Per la gestione del sottofila si
pu fare ricorso a diverse tecniche, rappresentate soprattutto dalle lavorazioni, ma anche
dal diserbo chimico, dalla pacciamatura o dal pirodiserbo. ln molti ambienti collinari
dell'ltalia centrale l'inerbimento dell'interfilare ha determinato una leggera competizione
nei confronti delle viti, che hanno risposto rallentando la crescita dei germogli e
raggiungendo condizioni di equilibrio vegeto-produttivo a prezzo di leggeri abbassamenti
della resa in uva, ma con vantaggi per il mantenimento dell'ecosistema del territorio e
spesso con miglioramenti della qualit dell'uva.
10.4 Pacciamatura
una tecnica di gestione del suolo alternativa alle altre e consiste nel ricoprire il terreno
del vigneto con uno strato di materiali inerti, meglio se di natura organica, capaci di
soffocare o rallentare lo sviluppo della flora spontanea, quali: paglia, trucioli, cortecce,
vinacce esauste, erbe naturali sfalciate e lasciate LQ VLWX, ecc.. ln alternativa la
pacciamatura pu essere limitata soltanto al sottofilare utilizzando fogli di materiale
plastico o di cartone, erbe spontanee sfalciate ed andanate nel sottofilare con una
apposita falciatrice-andanatrice, ecc. (Fig. 71). La pacciamatura del sottofilare con
materiali plastici (film di polietilene generalmente nero di spessore di 0,10-0,12 mm) si
diffusa in alcune zone dell'ltalia centro-settentrionale come modalit di gestione durante i
primi anni di vita del vigneto e permette un ottimo contenimento dello sviluppo delle
infestanti in prossimit delle giovani viti (vedi paragrafo 6.7 capitolo "lmpianto del
vigneto). Per il vigneto biologico, appare interessante l'uso di materiali organici, quali
carta o cartone anche se, rispetto al materiale plastico, presentano un costo di messa in
opera pi elevato e una durata pi limitata, spesso un solo anno (Fig. 71).
10.5 Gestione deI sottofiIare
Nei vigneti in piena produzione la lavorazione del sottofilare con attrezzi scavallatori (Fig.
72), richiede molta cautela per non arrecare danno alle viti e, quindi, per ridurre e/o
evitare la diffusione del mal dell'esca. lnoltre, la velocit d'avanzamento contenuta ed i
tempi operativi sono piuttosto lunghi (fino ad oltre 10 ore/ha). L'innovazione pi recente
nella lavorazione interceppo rappresentata da macchine con gruppi lavoranti costituiti
da rotori elastici con utensili di varia forma, normalmente due, per lavori primaverili e
estivi di superficie o per lavori di profondit. Queste macchine consentono un'elevata
qualit del lavoro, evitano il danneggiamento dei ceppi grazie alle protezioni in plastica,
hanno un'elevata adattabilit a differenti condizioni operative grazie all'intercambiabilit
degli utensili ed un'elevata velocit di avanzamento (3-4 km/ora).
74
Fig. 71. Vigneto collinare pacciamato con diverse matrici organiche, quali: paglia, vinacce
esauste e sottoprodotti dell'industria del legno (in alto).
Pacciamatura del sottofilare con cartone esagonale, con film di polietilene nero e con l'erba
sfalciata con una apposita falciatrice-andanatrice che la colloca direttamente nel sottofilare
(in basso).
Fig. 72. Attrezzi scavallatori utilizzabili per le lavorazioni del sottofilare.
Tra i sistemi efficaci per la gestione del sottofila nei vigneti in piena produzione occorre
annoverare l'impiego del decespugliatore meccanico a filo ed il pirodiserbo.
II decespugIiatore meccanico a fiIo, portato posteriormente dalla trattrice, pu essere
utilizzato anche per l'eliminazione dei polloni presenti sui tronchi oltre che per il controllo
delle infestanti e dei ricacci dei portinnesti nel sottofilare (Fig. 73). l pi funzionali sono
muniti di rotore con riserva di filo (2,5-3 m per gruppo di flagelli), poich capaci di
ripristinare rapidamente l'idonea lunghezza dei flagelli usurati e ridurre lo spreco di filo.
Per il controllo delle infestanti tra i ceppi e dei ricacci dei portinnesti occorrono 2,5-3
ore/ha. Per ottenere un lavoro soddisfacente e ridurre l'usura dei flagelli senza causare
75
danni alle piante necessario utilizzare un basso regime di rotazione del motore della
trattrice (1.300-1.500 giri/minuto). ln alcuni modelli i flagelli, costituiti normalmente da filo
di PVC, sono stati sostituiti da strisce di gomma telata.
Fig. 73. Decespugliatore a filo e
particolare di un sottofilare prima e dopo
l'intervento.
II pirodiserbo una tecnica basata sull'utilizzazione del fuoco prodotto da GPL e da
appositi bruciatori che dosano la fiamma sulle erbe infestanti completamente verdi (Fig.
74). ln tal modo il fuoco determina una rapida ebollizione dell'acqua contenuta nei tessuti
vegetali con conseguente collasso delle cellule. L'apparecchiatura per il pirodiserbo,
trainata dalla trattrice, si compone di un telaio portante un serbatoio per il combustibile, al
quale collegato un braccio di manovra per i bruciatori (in numero variabile) e di due
ventilatori a getto orizzontale che orientano in basso la fiamma. Con il pirodiserbo si
ottengono buoni risultati in presenza di vegetazione verde (fine inverno-primavera), per
cui importante evitare l'utilizzo di tale tecnica approssimativamente dopo la met di
luglio, quando la maggior parte delle infestanti nel vigneto risulta parzialmente
disseccata. Nelle annate molto umide e piovose il suo impiego si pu logicamente
protrarre oltre la vendemmia. La velocit ottimale di avanzamento di 3-5 km/ora, cui
corrispondono tempi operativi di 2-3 ore/ha. l consumi sono pari a circa 12 kg/ha di GPL
e, se non si portano pi di 70 kg di gas, non occorrono permessi speciali.
Fig. 74. Pirodiserbo nel vigneto (per evitare incendi necessario lavorare sull'erba in
vegetazione). A destra, particolare del bruciatore.
Al fine di ridurre i tempi operativi, in questi ultimi anni sono disponibili attrezzi multipli
capaci cio di eseguire contemporaneamente la lavorazione dell'interfilare e del
sottofilare.
76
11. GESTIONE DELLA CHIOMA
Comprende l'insieme degli interventi "in verde che si possono eseguire sulla chioma
delle piante durante il periodo primaverile-estivo, con lo scopo di regolare l'attivit vegeto-
produttiva e migliorare la qualit dell'uva. Nei vigneti si tende a ridurre al minimo gli
interventi in verde al fine di contenere i costi di produzione, privilegiando quelli
standardizzabili ed integralmente meccanizzabili.
Durante la fase di allevamento, le operazioni in verde rivolte alla chioma riguardano
l'accurato palizzamento verticale dei germogli, una eventuale scacchiatura dei germogli
in eccesso ed il diradamento precoce dei grappoli presenti con lo scopo di ordinare la
vegetazione della pianta ed accelerarne l'entrata in produzione.
Nelle controspalliere in piena produzione la gestione della chioma pu prevedere i
seguenti interventi:
1. Cimatura dei germogli
2. Palizzamento verticale dei germogli
3. Sfogliatura
4. Sfemminellatura
5. Scacchiatura
6. Spollonatura
7. Diradamento dei grappoli.
11.1 Cimatura dei germogIi: nei casi di eccesso di vigore si pu eseguire la cimatura
dei germogli, ovvero l'eliminazione della loro parte distale, per ridurre gli affastellamenti di
vegetazione, favorire l'arieggiamento della chioma e consentire il transito agevole negli
interfilari. Tale operazione utile anche come azione preventiva nei confronti delle
malattie fungine e per rendere i trattamenti antiparassitari pi penetranti ed efficaci (Fig.
75).
Fig. 75. Eccesso di vigore con piante squilibrate in senso vegetativo.
Nei sistemi di allevamento con vegetazione palizzata (es. cordone speronato, Guyot e
capovolto) questa operazione viene eseguita quando i germogli superano la palificazione
e si piegano verso l'interfilare (Fig. 76). L'intervento di cimatura indispensabile in
condizioni di eccesso di vigore, ma interferisce negativamente sull'accumulo degli
zuccheri nell'uva, pertanto necessario riequilibrare il vigneto in modo da rendere non
necessaria tale pratica nell'anno successivo (Fig. 77).
Nei sistemi di allevamento con vegetazione reclinata (es. cordone libero) questa
operazione deve essere eseguita precocemente, cio in fase di fioritura-allegagione, con
una intensit di taglio tale da garantire almeno 6-7 foglie dopo il grappolo distale (Fig.
78). Pertanto se eseguita in questa fase fenologica il taglio interesser solo l'apice dei
germogli e non deve essere ripetuta successivamente.
77
)LJ Cimatura dei germogli in un cordone
speronato piuttosto vigoroso.
)LJ Cordone speronato con uno sviluppo
vegetativo contenuto.
)LJ Cimatura dei germogli in vigneti allevati a cordone libero con cimatrici a barre falcianti.
Gli interventi di cimatura devono essere valutati anche in base al vitigno, poich a
prescindere dall'epoca di esecuzione e dall'intensit del taglio essi causano variazioni
importanti sia nella funzionalit fotoassimilativa della chioma (numero di foglie, loro
posizione sul germoglio, aumento delle femminelle, ringiovanimento della chioma, ecc.)
sia nel microclima vegetazionale (energia radiante, temperatura, umidit relativa, ecc.).
Modifiche di questo tipo coinvolgono sia i processi di sintesi che quelli di traslocazione
degli assimilati fra i vari organi della pianta, ed influenzano la produttivit sia in termini
quantitativi che qualitativi.
Da sperimentazioni eseguite in diversi vigneti umbri emerso che nel cordone libero la
cimatura precoce, eseguita cio durante la fase di fioritura-allegagione, ha permesso,
attraverso la produzione di germogli anticipati, di avere una superficie fogliare a ceppo
sufficiente a garantire l'evolversi ottimale dei processi di maturazione, con un
miglioramento della produttivit delle piante e della qualit dell'uva. Tale risposta positiva
pu essere attribuita all'azione concomitante dei seguenti fattori:
Migliore allegagione con riduzione dei fenomeni di colatura (il germoglio cimato
arresta per 1-2 settimane il proprio sviluppo e, mancando l'inibizione auxinica
dell'apice, gli elaborati migrano dalle foglie non pi verso la cima, ma verso i
grappoli);
lncremento del grado di penetrazione dell'energia radiante nella chioma e riduzione
della superficie fogliare costantemente ombreggiata;
Miglioramento della funzionalit fotoassimilativa delle foglie prossime alla fascia
fruttifera a seguito del ripristino di una loro ottimale esposizione alla luce dopo i tagli;
Ringiovanimento della chioma con foglie portate dalle femminelle che presentano,
dall'invaiatura alla vendemmia, un'attivit fotosintetica molto intensa rispetto a quelle
di maggiore et ed una elevata capacit di traslocazione dei carboidrati prodotti verso
i grappoli;
78
Miglioramento della circolazione dell'aria e riduzione dell'umidit relativa, soprattutto
a livello della fascia produttiva, con ripercussioni positive anche sulla sanit dei
grappoli;
lncremento nell'efficacia dei trattamenti antiparassitari, soprattutto quelli contro la
botrite ed altri marciumi fungini, per effetto della riduzione della fogliosit della
chioma;
Portamento pi assurgente dei germogli che, nelle forme di allevamento prive dei fili
di contenimento della vegetazione, quali il cordone libero, facilita le operazioni di
potatura invernale e di vendemmia meccanica.
ln tutti i sistemi di allevamento le cimature eseguite tardivamente, cio 4-6 settimane
dopo la fioritura, indipendentemente dal vitigno, determinano un rallentamento
nell'accumulo degli zuccheri negli acini e nella degradazione dell'acidit, posticipano
pertanto l'epoca ottimale di vendemmia con peggioramenti nella qualit del mosto e
riduzioni della produzione unitaria. La cimatura tardiva, effettuata quando gli acini si
trovano in una fase di intensa crescita per distensione cellulare, comporta una nuova
emissione di germogli anticipati che esercitano una forte azione di competizione
nutrizionale nei confronti degli acini.
L'operazione di cimatura eseguita manualmente, cio con l'ausilio di un falcetto, richiede
circa 18-20 ore/ha, mentre l'intervento meccanico con cimatrici a barre falcianti o a coltelli
richiede appena 2-3 ore/ha (Fig. 78).
11.2 PaIizzamento verticaIe dei germogIi: oltre che manualmente, con una necessit di
manodopera che pu arrivare fino a 50 ore/ha, quest'operazione pu essere effettuata
con apposite macchine che sollevano i germogli e ne impediscono la ricaduta mediante
lo stendimento di una coppia di fili in polipropilene tenuti insieme da graffe metalliche o in
plastica (Fig. 79). Nelle versioni pi moderne, queste palizzatrici meccaniche oltre a
sollevare la coppia di fili mobili eseguono contemporaneamente anche la cimatura dei
germogli. Questo tipo di sollevamento meccanico della vegetazione determina molto
spesso una irregolare distribuzione dei germogli sulla parete vegetativa, con tratti molto
affastellati.
Fig. 79. Legatrice meccanica e particolare dei fili di contenimento della vegetazione tenuti da
apposite graffe.
Come riportato nel capitolo "Materiali per l'impianto del vigneto (paragrafo 6.9.7), un
ottimo e celere palizzamento verticale dei germogli pu essere ottenuto con una coppia
di fili mobili che viene spostata verso l'alto ed agganciata alle asole o ai ganci laterali
presenti sui pali intermedi quando i germogli hanno una lunghezza di 45-50 cm (Figura
seguente).
79
11.3 SpoIIonatura: consiste nell'eliminazione dei germogli sul tronco, generalmente
sterili, che consumano acqua ed elementi nutritivi, complicano la potatura invernale, la
tecnica colturale e specialmente il diserbo se attuato dopo il germogliamento con prodotti
non selettivi per la vite. l polloni possono essere utili, per i tagli di ritorno sul tronco, nei
casi di potature di ricostituzione, specialmente a seguito di attacchi di mal dell'esca, o di
ringiovanimento. necessario intervenire precocemente quando i germogli hanno una
lunghezza di 10-20 cm, prima che si consolidi la connessione del germoglio con il tronco
per una migliore facilit di distacco. Se il tronco ben isolato rispetto alla vegetazione
utile, l'operazione pu essere facilmente meccanizzata con rulli ruotanti muniti di
spazzole o flagelli (Fig. 80) oppure con l'ausilio di attrezzi specifici portati anche da
vendemmiatrici modulari (Fig. 81).
Fig. 80. Polloni sui tronchi e spollonatori meccanici a fili e a spazzole.
Per questa operazione pu essere utilizzato anche il decespugliatore meccanico a filo,
portato posteriormente dalla trattrice (Fig. 80, foto centrale); con un intervento su
entrambi i lati del filare si possono eliminare l'erba, i ricacci del portinnesto e i polloni sul
tronco per un'altezza di circa 50 cm. Se il tronco pi alto e libero dalla vegetazione utile,
con un secondo passaggio, sollevando opportunamente la macchina rispetto al terreno,
possibile completare rapidamente la spollonatura (Tab. 20).
Tab. 20. Spollonatura e controllo dell'erba sulla fila con decespugliatore a filo su cordone libero.
Interventi Tempi operativi (ore/ha) Velocit
Effettivi Accessori Totali (m/ora)
Controllo dell'erba e dei polloni basali 2 h 10' 23' 2 h 33' 1.398
Spollonatura alta 1 h 34' 23' 1 h 57' 1.940
7RWDOH 3 h 44' 46' 4 h 30'
ln questi ultimi anni vi sono anche altri tipi di spollonatori meccanici, tra i pi funzionali ed
efficaci rientra lo spollonatore portato da vendemmiatrici modulari, perch abbina ad una
elevata rapidit di esecuzione anche un ottimo lavoro senza danneggiare le piante (Fig.
81).
80
Fig. 81.
Spollonatore
meccanico
montato su una
vendemmiatrice
modulare.
11.4 Scacchiatura: prevede l'eliminazione dei germogli sterili (succhioni) in eccesso sui
cordoni permanenti e dei germogli doppi derivanti dalle sottogemme (Fig. 82).
particolarmente utile per ridurre l'affastellamento della vegetazione e quindi la
competizione che questa comporta, ma deve prevedere il mantenimento dei germogli utili
da utilizzare per i tagli di ritorno durante la potatura invernale. L'operazione non
meccanizzabile e richiede tempi operativi particolarmente elevati (circa 15-20 ore/ha).
un intervento piuttosto comune nelle produzioni di particolare pregio ed molto
importante nel cordone speronato.
Fig. 82. Germogli doppi derivanti da sottogemme da scacchiare precocemente. A destra notevole
sviluppo di gemme dalla corona e delle sottogemme in uno sperone potato ad una sola gemma.
11.5 SfemmineIIatura: consiste nell'asportazione parziale delle femminelle, soprattutto di
quelle basali, situate cio nella zona di collocazione dei grappoli. un'operazione valida
nei casi di eccessivo vigore vegetativo, soprattutto nei vitigni che hanno un'elevata
capacit di emissione di femminelle accompagnata anche da una alta fertilit (Fig. 83).
ln vigneti di Montepulciano allevati a tendone in Abruzzo stato calcolato una produzione
d'uva derivante dalle femminelle variabile da 1 a 2 t/ha; l'eliminazione precoce di questi
grappoli, tra l'altro non vinificabili, permetterebbe l'accumulo nei grappoli principali dei
metaboliti utilizzati da questi aumentandone la qualit. La sfemminellatura
un'operazione pi onerosa della scacchiatura e non meccanizzabile, pertanto pu
essere effettuata solo per produzioni di elevato pregio.
11.6 SfogIiatura: consiste nell'eliminazione delle foglie basali, situate cio intorno ai
grappoli, di et superiore ai 4-5 mesi, quindi scarsamente efficienti ai fini fotoassimilativi.
L'operazione utile soprattutto nei vitigni a bacca nera a maturazione medio-tardiva per
favorire l'accumulo dei polifenoli. Pu essere eseguita dopo l'invaiatura, quando le foglie
basali sono meno efficienti, facendo attenzione ai possibili danni da bruciature ai grappoli
per eccesso di radiazione diretta, o in prossimit della vendemmia per facilitare l'uso
della vendemmiatrici riducendo le perdite occulte, le impurit ed i pesticidi sul
vendemmiato per il dilavamento dalle foglie. La sfogliatura manuale particolarmente
81
onerosa, poich richiede elevati tempi operativi (25-30 ore/ha); tuttavia nelle
controspalliere, tipo cordone speronato e Guyot con fascia produttiva concentrata e
localizzata in prossimit del cordone permanente, pu essere meccanizzata con apposite
defogliatrici e con tempi operativi di 2-3 ore/ha. Le defogliatrici meccaniche attualmente
disponibili sono fondamentalmente 4, cio: a lame elicoidali, a lama oscillante; di tipo
pneumatica e a funzionamento termico.
Fig. 83. Grappoli su
femminelle nel
Cabernet sauvignon
(in alto a sinistra), nel
Gamay perugino o
Alicante (in alto a
destra), nello
Chardonnay (in basso
a sinistra) e nel
Montepulciano (in
basso a destra).
Ultimamente questa tecnica applicata precocemente, cio in fase di fioritura-allegagione,
ha dimostrato in diversi vitigni, precisamente Sangiovese e Trebbiano toscano allevati in
zone particolarmente fertili, di migliorare la qualit dell'uva (aumento della concentrazione
zuccherina e nel Sangiovese anche degli antociani e dei polifenoli totali) e di rendere il
grappolo maggiormente spargolo, per effetto soprattutto della riduzione temporanea nella
produzione di fotoassimilati da parte della chioma utilizzabili dalle infiorescenze. Tuttavia,
questa tecnica applicata in una fase fenologica particolarmente delicata, quale la fioritura,
deve essere ancora studiata a fondo prima di passare alla fase di applicazione in pieno
campo, poich occorre definire le situazioni di applicabilit e la risposta degli altri vitigni.
11.7 Diradamento dei grappoIi: consiste nell'eliminazione di una certa quantit di
grappoli, che mediamente varia dal 20 al 60%. La diminuzione controllata della
produzione ha rilevanza in tutte le situazioni in cui vi uno squilibrio in senso produttivo,
incluso quando l'allegagione esuberante e quando le condizioni meteo sono
particolarmente sfavorevoli, tali cio da non consentire il normale decorso della
maturazione dell'uva (es. piogge eccessive e prolungate, elevate umidit dell'aria, stress
idrici prolungati, ecc.). L'epoca ottimale di esecuzione appena prima dell'inizio
dell'invaiatura, poich in questo periodo, prescindendo dal vitigno e dall'ambiente, risulta
pi facile riequilibrare l'attivit vegeto-produttiva della pianta. Si pu, infatti, stimare
realisticamente la produzione per ceppo ponderando la percentuale di diradamento in
funzione della reale produzione e dell'obiettivo enologico prefissato, eliminando i grappoli
non completamente sani, piccoli, malformati, indietro nella maturazione o mal posizionati.
Se si agisce precocemente, cio molto prima dell'invaiatura o alla fioritura, si favorisce la
vigoria della pianta, la fertilit delle gemme per l'anno successivo, e ancor peggio, un
maggiore ingrossamento degli acini determinando un recupero della produzione. Se al
contrario si interviene tardi le conseguenze saranno altrettanto negative, poich ad
82
invaiatura iniziata il grappolo ha gi accumulato zucchero, che andrebbe
irrimediabilmente perso, a scapito della qualit finale. La corretta modalit di diradamento
consiste nell'eliminare i grappoli pi distali, conservando preferibilmente solo un grappolo
per germoglio, quello basale, che generalmente matura pi facilmente, ci facilita anche
la tecnica di esecuzione. L'influenza esercitata dall'annata rende spesso i risultati di
questa pratica di difficile prevedibilit, specialmente dal punto di vista qualitativo.
L'annata, soprattutto, in funzione della temperatura dell'aria e delle precipitazioni, pu
modificare il giusto rapporto tra carica di gemme e produzione di uva a ceppo. Risultati
pi soddisfacenti si conseguono nelle annate con andamento climatico avverso, che
ostacola e causa ritardi nelle varie fasi fenologiche, inclusa la maturazione dell'uva.
L'intervento, necessariamente manuale, richiede un consistente impiego di manodopera
(30-35 ore/ha) e gli effetti positivi di norma si ottengono quando la produzione pendente
di molto superiore alla norma (Fig. 84).
)LJ
Diradamento
dei grappoli
in un
cordone
speronato (a
sinistra) ed
in un
tendone (a
destra).
ln questi ultimi anni si sta sperimentando, come nuova prospettiva, anche un
diradamento dei fiori per scuotimento meccanico della chioma utilizzando le
vendemmiatrici a scuotimento orizzontale e i primi risultati sono piuttosto promettenti.
83
12. VENDEMMIA
Tra le diverse operazioni colturali quella pi impegnativa, poich richiede tempestivit,
elevato fabbisogno di manodopera o macchine specifiche ed una efficiente
organizzazione del cantiere di lavoro.
12.1 Epoca di vendemmia: rappresenta una scelta di importanza fondamentale per la
qualit del vino e deve essere individuata in funzione dell'obiettivo enologico stabilito. Per
ottenere la migliore qualit in modo naturale e ridurre al minimo i costi aggiuntivi relativi
alle pratiche enologiche necessarie per adeguare le caratteristiche dei mosti,
necessario che alla vendemmia l'uva sia sana ed equilibrata nei suoi costituenti principali
(zuccheri, acidi, polifenoli, sostanze coloranti, aromi primari, azoto prontamente
assimilabile dai lieviti, contenuto in potassio, ecc.). L'uva da vino deve avere una
gradazione zuccherina adeguata al raggiungimento di un contenuto in alcol minimo
naturale variabile dal 6 al 10% in volume in funzione delle zone viticole stabilite in ambito
UE. Nei vini DOCG, DOC e lGT l'uva deve raggiungere la gradazione zuccherina o
alcoolica minima naturale stabilita dal relativo disciplinare, pena il declassamento.
L'epoca ottimale di vendemmia molto variabile, ed in genere va da met agosto alla
fine di ottobre; in alcune zone viticole importanti da molto tempo la data di vendemmia
viene stabilita con accuratezza dagli organismi di controllo, differenziandola per vitigno,
destinazione e sottozona. Oggi tutte le cantine, incluse quelle sociali, si sono organizzate
per seguire sempre pi accuratamente l'andamento della maturazione e per stabilire la
successione dei conferimenti. La maturazione di raccolta dipende da numerosi fattori e
principalmente da:
latitudine ed altitudine (temperatura, illuminazione, piogge, ecc.);
corredo genetico dei vitigni (precoci: Pinots, Sauvignon, Chardonnay, ecc.; tardivi:
Trebbiani, Montepulciano, Sagrantino, Verdicchio, ecc.);
tecnica colturale (concimazione azotata, irrigazione, produzione unitaria, ecc.);
obiettivo enologico (raccolta anticipata per la spumantizzazione, ritardata per i vini
passiti);
estensione dei vigneto, manodopera disponibile e livello di meccanizzazione;
andamento stagionale e sanit dell'uva;
difesa antiparassitaria: tempi di carenza dei fitofarmaci e residui con effetti
antifermentativi.
Per determinare la data di vendemmia e quindi per individuare la cosiddetta maturit
tecnologica, necessario seguire le cinetiche di maturazione tramite prelevamento di
campioni d'uva rappresentativi, in epoche successive, rilevando sul mosto ottenuto per
spremitura i seguenti parametri:
gradazione zuccherina mediante mostimetro o
rifrattometro;
acidit titolabile (in g/l di acido tartarico)
mediante titolazione con NaOH 0,1 N;
rapporto zuccheri/acidit;
pH del mosto.
Altri parametri importanti per vini di elevata qualit o particolari sono: l'acido malico e
l'acido tartarico (quantit e rapporto) e corredo polifenolico (antociani e polifenoli totali).
Per seguire l'andamento della maturazione il prelevamento dei campioni deve essere
84
effettuato su vigneti omogenei e per ciascun vitigno, utilizzando metodologie che
assicurino la massima rappresentativit. Allo scopo si pu procedere raccogliendo 200
acini dal vigneto, scelti rigorosamente a caso da altrettanti grappoli, 1 o 2 per ceppo (Fig.
85). ll prelievo degli acini deve essere fatto considerando la difformit di maturazione dei
grappoli legata sia alla posizione che essi hanno sulla chioma sia alla presenza di
porzioni del grappolo maggiormente illuminate (nel caso delle controspalliere e bene
quindi avere una rappresentanza di acini prelevati su entrambi i lati dei filari). ll campione
cos formato, posto in un sacchetto di plastica, deve essere poi celermente ammostato
mediante pressatura manuale e, sul succo, si determinano i parametri analitici. ln diversi
vitigni, precisamente Sagrantino, Grechetto G5, Sangiovese e Montepulciano, la validit
di questa tecnica di campionamento stata analizzata facendo il confronto con i dati
ottenuti da 0,2 t d'uva prelevati negli stessi vigneti ed utilizzati per le microvinificazioni
(Fig. 86).
)LJPrelievo randomizzato di
200 acini per vigneto per stabilire
l'epoca ottimale di vendemmia.
)LJ Correlazione tra la
gradazione zuccherina rilevata su
un campione di 200 acini e quella
reale, misurata cio sul mosto
ottenuto da 0,2 t d'uva.
ln tutti i vitigni esaminati questa tecnica tende a sovrastimare leggermente la
concentrazione zuccherina rispetto a quella reale (Fig. 86), rilevata cio in cantina dopo
la pigiatura e prima dell'avvio della fermentazione. Questa sovrastima stata infatti pari
al 4% nel Montepulciano, al 5% nel Grechetto G5 e soltanto al 2% nel Sangiovese,
pertanto in tali vitigni pu essere utilizzata in modo piuttosto sicuro. ln pratica, si consiglia
di eseguire, in prossimit della vendemmia, 2 o 3 campionamenti successivi per vigneto,
a distanza di 4-5 giorni, e se la concentrazione degli zuccheri varia di poco si pu
pensare di vendemmiare, ovviamente tenendo in debita considerazione anche l'acidit
titolabile ed il pH del mosto. Contrariamente agli altri vitigni, nel Sagrantino stata invece
riscontrata una sovrastima piuttosto elevata, pari al 9%, ed una variabilit piuttosto
elevata nella concentrazione zuccherina delle uve, riscontrabile anche dall'elevata
dispersione dei dati intorno alla retta di regressione lineare. Questo risultato
85
probabilmente da imputare ad una produttivit unitaria decisamente pi variabile rispetto
agli altri vitigni e ad una maggiore reattivit di questo vitigno nei confronti delle condizioni
pedoclimatiche.
Per la determinazione della maturazione tecnologica, soprattutto per i vitigni a bacca
bianca, oltre alla concentrazione zuccherina necessario tener conto dell'acidit
titolabile, che generalmente deve essere di almeno 6,5-7 g/l al fine di mantenere gli aromi
varietali notoriamente legati al quadro acidico, mentre nei vitigni a bacca nera l'acidit
pu scendere fino a 4,5-5 g/l. Parimenti importante il pH del mosto, che non dovrebbe
essere superiore a 3,4-3,5 onde prevenire lo sviluppo di batteri, soprattutto lattici, durante
la fermentazione ed il contenuto in azoto prontamente assimilabile dai lieviti (APA),
poich oltre ad esercitare un'influenza determinante sulla velocit e regolarit di
fermentazione importante, soprattutto per i vini bianchi, anche per il quadro aromatico
del futuro vino. Quantitativi di APA nei mosti inferiori a 150-160 mg/l possono infatti
pregiudicare il regolare decorso della fermentazione e influire negativamente sulla
componente aromatica del vino.
Nei vitigni a bacca nera, accanto alla maturit tecnologica definita soprattutto dai
parametri "zuccheri ed acidit, occorre considerare la "maturit fenolica, definita
dall'accumulo di antociani nelle bucce e di tannini, costituiti da catechine e
proantocianidine, presenti nelle bucce, nei vinaccioli e nei raspi. ll concetto di maturit
fenolica, molto importante soprattutto nei vini rossi da destinare all'invecchiamento,
prende in considerazione il tenore globale di sostanze di questa famiglia presenti
nell'uva, ma anche la loro struttura ed il livello di estraibilit durante la vinificazione.
Questi parametri sono molto importanti, poich a parte l'influenza esercitata sull'intensit,
sulla tonalit e sulla stabilit del colore (antociani), sono determinanti sulla struttura e sul
corpo del futuro vino, nonch sui gusti di astringenza e di amaro e di alcune note
olfattive. Per "maturit fenolica si deve quindi intendere il momento in cui viene raggiunto
un particolare stato di combinazione di polifenoli della buccia e dei vinaccioli che
determina, dal punto di vista sensoriale, un abbattimento dell'astringenza propria di
questi composti e, dal punto di vista tecnologico, la massima estraibilit degli antociani
dalle bucce. necessario quindi seguire le cinetiche di accumulo degli antociani nella
buccia in modo da evidenziare il picco massimo di concentrazione che, nella maggior
parte dei vitigni e delle zone viticole, si colloca intorno alla maturit tecnologica, per poi
diminuire in fase di sovramaturazione (Fig. 87 e 88). Nello stesso tempo, un'evoluzione
abbastanza simile si ha anche a carico dei tannini presenti nei vinaccioli.
)LJ Evoluzione del contenuto in antociani
e tannini nelle bucce e nei vinaccioli durante la
maturazione (da Lanati e Marchi, 2001).
)LJ Possibile variazione nell'accumulo di
antociani nelle bucce rispetto alla maturazione
dell'uva (da Lanati e Marchi, 2001).
86
L'andamento meteorologico, quindi l'effetto annata, pu esercitare un'influenza
determinante sul livello di accumulo degli antociani e sull'epoca della massima
concentrazione ottenibile, cos come la carica produttiva delle piante (Fig. 87 e 88, Tab.
21). Cos nella Figura 88, il caso (1) quello ideale, con una perfetta corrispondenza tra
maturazione tecnologica e massimo accumulo di antociani; nel caso (2) la maturazione
tardiva, vi quindi la necessit di posticipare la vendemmia; nel caso (3) la maturazione
molto tardiva e siamo in condizioni poco adatte alla produzione di uve a bacca nera di
qualit; nel caso (4), invece, la maturazione fenolica troppo anticipata rispetto a quella
tecnologica.
Altro fattore che agisce in modo determinante sulla maturit fenolica, oltre che
tecnologica, delle uve a bacca nera l'entit della produzione unitaria (Tab. 21). lnfatti,
nel Montepulciano allevato a tendone passando da produzioni ad ettaro di 18 t a 26 t
accanto ad una riduzione degli zuccheri e dell'acidit titolabile stato riscontrato anche
una concomitante diminuzione degli antociani e dei polifenoli totali nelle bucce. Nei vini
corrispondenti particolarmente penalizzati sono risultati i contenuti in alcool, in polifenoli
totali, in antociani e conseguentemente nell'intensit colorante.
Tab. 21. Produzioni unitarie, caratteristiche dell'uva alla vendemmia e dei vini corrispondenti nel
Montepulciano allevato a tendone con differente carica produttiva nel 2002.
Produzione (t d'uva/ha) 18,4 21,6 26,0
Analisi sull'uva
Zuccheri (Brix) 22,6 20,8 19,0
Acidit titolabile (g/l) 6,9 6,4 5,7
Antociani (mg/cm
2
di buccia) 0,68 0,50 0,45
Polifenoli totali (mg/cm
2
di buccia) 0,82 0,63 0,51
Analisi sui vini
Alcool (% vol.) 13,7 12,6 11,4
Polifenoli totali (mg/l catechine) 1.605 1.210 755
Antociani (mg/l) 643 428 189
lntensit colorante 13,5 8,1 5,0
Tonalit colorante 0,68

0,58

0,87

Fig. 89. Profilo degli antociani


dei tre vini di Montepulciano
ottenuti in Abruzzo nel 2002 da
tendoni con differente carica
produttiva.
L'analisi del profilo degli antociani nei vini mette in evidenza riduzioni apprezzabili nei
livelli quantitativi delle 5 antocianidine presenti con l'aumentare della produzione unitaria
(Fig. 89). ln particolare, nei vini ottenuti da tendoni con produzioni di 18,4, 21,6 e 26 t/ha
la quantit di malvidina-3-monoglucoside, che l'antocianidina maggiormente
87
rappresentata, diminuita da 82,4 a 58,9 a 37,5 mg/l, mentre la petunidina-3-
monoglucoside, che la seconda antocianidina presente per quantit nei vini di
Montepulciano, diminuita da 32,2 a 16,4 a 5,2 mg/l. lnoltre, interessante notare come
il profilo antocianico, in particolare i rapporti fra le varie antocianidine presenti, che sotto
controllo genetico e quindi caratteristico per ciascun vitigno, viene mantenuto anche nel
caso di grandi riduzioni nella quantit totale di antociani, come nel caso in esame.
La concentrazione totale dei polifenoli pu essere seguita durante la maturazione dell'uva
con diversi metodi, tra i pi usati vi sono i metodi di Glories e quello di Di Stefano. ln
questi ultimi anni in Francia stato messo a punto una metodica di analisi sensoriale
dell'uva (lCV) per stabilire l'epoca ottimale di vendemmia attraverso l'assaggio in
sequenza della polpa, della buccia e dei vinaccioli e valutando la consistenza meccanica
(schiacciamento dell'acino tra le dita), il colore ed i parametri gustativi delle varie parti
dell'acino.
12.2 Tecnica deIIa vendemmia: nella raccolta dell'uva eseguita manualmente la
produttivit del lavoro relativa all'operazione di distacco dei grappoli abbastanza
variabile, quantificabile in un intervallo che va da 50 a 160 kg/ora per persona in
relazione a numerosi fattori, tra i quali spiccano per importanza: peso del grappolo,
produzione pendente, distribuzione dei grappoli nella chioma e relativa visibilit. Pertanto
la quantit di manodopera necessaria per vendemmiare un ettaro di vigneto allevato a
controspalliera con una produzione pendente di 12 t/ha pari a circa 230-240 ore/ha nel
caso di vitigni a grappolo piccolo (Chardonnay, Sauvignon, Pinot, Grechetto G5, Riesling,
Manzoni bianco, ecc.) e a circa 75-80 ore/ha per quelli a grappolo grosso (Trebbiani,
Malvasie, Montepulciano, Sangiovese, Ciliegiolo, Verdicchio, ecc.). Per contenere il
fabbisogno di manodopera opportuno ricorrere alla meccanizzazione delle operazioni
complementari, quindi raccolta integrata che pu essere realizzata a cantieri separati o
riuniti.
RaccoIta integrata a cantieri separati si utilizza per produzioni che richiedono grappoli
perfettamente integri (es. macerazione carbonica per vini novelli, uve da appassire e per
vini di particolare pregio). L'uva viene posta in casse rigide della capacit di 20-30 kg,
caricate poi su rimorchio o camion e trasportate in cantina (Fig. 90).
Fig. 90. Vendemmia in casse rigide e caricamento per il trasporto in cantina.
ln questo caso un cantiere apposito pu provvedere al movimento dei vuoti e dei pieni,
ma comporta ovviamente una diminuzione della produttivit del lavoro e quindi anche del
rendimento del cantiere stesso (Tab. 22; Fig. 91, cantiere 4). Occorre quindi
dimensionare bene il cantiere di lavoro sia per il numero degli operatori addetti al
distacco sia per quelli addetti al movimento dei contenitori.
88
Fig. 91. Organizzazione dei cantieri di lavoro analizzati nella Tabella 22.
RaccoIta integrata a cantieri riuniti: in genere i contenitori primari (cassette, ceste,
secchi, imbuti per il tendone, ecc.) vengono vuotati direttamente in rimorchi o in benne
che affiancano i raccoglitori all'interno del vigneto (Fig. 91 cantieri 1, 2, 3 e Fig. 92).
Fig. 92. Contenitori
rigidi utilizzati per la
vendemmia e
rimorchio per il
trasferimento
dell'uva alla cantina.
Nel caso di vendemmia con rimorchio al seguito, la produttivit del lavoro, specialmente
nelle controspalliere, aumenta se si utilizzano 10-12 persone che raccolgono su due filari
contigui, poich risulta semplificato lo scarico dei contenitori primari (Tab. 22, cantiere 3).
Se i cantieri sono costituiti da un numero maggiore di persone c' un risparmio di mezzi
meccanici, ma la produttivit del lavoro diminuisce. l rimorchi, in genere, hanno una
capacit di 1-2 t ed oltre che stagni, devono essere bassi, ribaltabili, di acciaio
inossidabile, ricoperti con appositi teli o verniciati con vernici ad uso alimentare. ln
condizioni difficili di stabilit per i rimorchi ed in caso di terreni molto declivi e bagnati
possono essere utili benne ribaltabili portate da trattrici.
Tab. 22. Tempi operativi e produttivit del lavoro con cantieri riuniti (1, 2 e 3) o separati (4) e
numero di addetti alla vendemmia su Trebbiano toscano con produzione di 14 t/ha.
Cantieri Addetti Produttivit del lavoro
al distacco
(n)
Totali
(n)
Solo distacco
(kg/ora persona)
Cantiere completo
(kg/ora persona)
Rendimento
del cantiere
(%)
1 20 25 144,0 109,4 76,0
2 12 14 145,5 114,0 78,3
3 8 10 152,5 122,0 80,0
4 8 12 133,0 88,6 66,6
89
12.3 Vendemmia meccanica: attualmente in Francia operano circa 15.000
vendemmiatrici (che coprono il 65% della superficie vitata), pi di 2.300 in Germania (con
il 60% circa dei vigneti raccolti meccanicamente), 2.400 macchine in California (ad
eccezione della Napa e della Sonoma Valley dove la vendemmia eseguita a mano da
manodopera Messicana), circa 1.800 in Australia (che coprono il 95% dei vigneti) e
soltanto 1.600 vendemmiatrici in ltalia (contro le 700 del 1999) che interessano soltanto il
5% circa del vigneto nazionale. ln ltalia la raccolta meccanica dell'uva ha stentato ad
affermarsi per diversi motivi, tra i quali spiccano: 1) presenza di terreni vitati fortemente
declivi; 2) limitata estensione delle aziende viticole; 3) sistemi di allevamento non adatti;
4) scarse conoscenze delle nuove tecnologie. Attualmente parte di queste condizioni
sono o stanno rapidamente mutando, per cui anche in ltalia la vendemmia meccanica
divenuta una via obbligata, ovviamente per il contenimento dei costi di produzione,
soprattutto nel caso di uve da destinare alla produzione di vini di buona qualit da
commercializzare a prezzi competitivi anche nella grande distribuzione organizzata.
Attualmente anche i contoterzisti si stanno proponendo attivamente sul mercato con
tariffe interessanti, cos come alcune cantine sociali che offrono ai propri soci questo
servizio.
Tralasciando le vendemmiatrici a scuotimento verticale o indiretto, poco proponibili nella
quasi totalit della viticoltura umbra, particolarmente adatti sono invece le vendemmiatrici
che operano il distacco degli acini per "scuotimento orizzontale o diretto. Elementi
costitutivi di tali vendemmiatrici sono (Fig. 93): 1) sistema di scuotitura con testata
pendolare autolivellante; 2) sistema di ricezione del prodotto a panieri o a scaglie mobili;
3) sistema di pulizia, costituito da 2 o 4 aspiratori; 4) sistema di stoccaggio temporaneo
dell'uva e scarico, costituito da 2 benne da 1,2-1,5 t di capienza ciascuna.
Fig. 93. Schema
degli apparati di
raccolta (a sinistra).
Sistema di
intercettazione del
prodotto a scaglie
mobili (a destra).
A differenza delle vendemmiatrici di 1 generazione, quelle presenti oggi sul mercato
presentano delle importanti novit tecniche, riguardante soprattutto l'apparato di raccolta,
oltre ai materiali impiegati. Tali macchine hanno un apparato di raccolta costituito da aste
curvate, vincolate alle due estremit e capaci di operare con un dinamismo controllato e
con la possibilit di smorzare l'energia di scuotimento in corrispondenza dei pali (Fig. 93).
L'azione meno traumatica e pi efficace rispetto al vecchio sistema di scuotimento ad
aste libere tanto da aumentare le rese di raccolta fino al 95-96% della produzione
pendente e ridurre l'ammostamento, le impurit e i danni alle piante ed ai sostegni (Tab.
23 e 24).
l vitigni a bacca bianca, in genere, presentano un indice di ammostamento pi elevato
rispetto a quelli a bacca nera, imputabile alla raccolta anticipata necessaria per
preservare una giusta acidit e quindi ad una maggiore resistenza dell'acino al distacco,
90
che si manifesta anche con l'asportazione del pennello dall'acino che facilita l'uscita del
mosto (Fig. 94). Per quanto riguarda le perdite, occorre specificare che quelle dirette,
ossia l'uva rimasta sulla pianta e caduta al suolo, sono trascurabili e non molto diverse da
quelle che si hanno con la vendemmia manuale. Pi consistenti invece sono le perdite
occulte, ovvero il mosto che rimane sulla vegetazione e quello espulso dagli aspiratori
insieme alle impurit (Tab. 25 e Fig. 95). Un'accurata regolazione della vendemmiatrice,
quali velocit di avanzamento e frequenza degli scuotitori, unitamente all'adozione di
sistemi di allevamento che consentono una migliore separazione della fascia produttiva
da quella vegetativa contribuiscono notevolmente a migliorare la qualit del
vendemmiato.
Tab. 23. Produzione pendente e resa di raccolta di alcune vendemmiatrici rilevate in Umbria in
diversi vitigni allevati a cordone libero.
Resa di raccolta (%) VITIGNI Produzione
(t/ha)
a
Braud SB62
b
Braud T240
c
Braud 524lT
Ciliegiolo 13,6 95,8 93,7 87,4
Montepulciano 12,1 96,2 93,5 87,9
Sangiovese 16,5 95,3 94,1 88,9
Merlot 12,0 96,2 93,5 88,5
Cabernet sauvignon 10,6 95,7 94,7 89,5
Media vitigni neri 13,0 95,8 93,9 88,4
Grechetto 11,3 90,3 88,6 85,7
Trebbiano toscano 16,8 89,6 87,4 83,5
Trebbiano spoletino 12,8 90,8 89,7 86,2
Media vitigni bianchi 13,6 90,2 88,6 85,1
a
Semovente a dinamismo controllato;
b
Trainata a dinamismo controllato;
c
Trainata ad aste libere.
Tab. 24. Ammostamento ed impurit del vendemmiato in funzione del tipo di vendemmiatrice.
Ammostamento (%) lmpurit (%)
Vendemmiatrici
a
SB62
b
T240
c
524lT
a
SB62
b
T240
c
524lT
Media vitigni neri 3,8 5,0 9,2 1,0 1,7 3,4
Media vitigni bianchi 9,1 10,4 17,5 1,5 2,2 5,4
a
Semovente a dinamismo controllato;
b
Trainata a dinamismo controllato;
c
Trainata ad aste libere.
Fig. 94. Distacco degli acini ed ammostamento del vendemmiato meccanico su Trebbiano e
Sangiovese
Le vendemmiatrici consentono, inoltre, anche una parziale selezione degli acini, infatti
quelli piccoli, immaturi, acinellati e disseccati rimangono sulla pianta (Fig. 96), mentre
quelli botritizzati ed ammuffiti cadono prima dell'ingresso nel tunnel della macchina
stessa.
91
Tab. 25. Perdite dirette ed occulte di uva in funzione del tipo di vendemmiatrice.
Perdite sulle piante
(%)
Perdite al suolo
(%)
Perdite occulte
(%)
Vendemmiatrici
a
SB62
b
T240
c
524 SB62 T240 524 SB62 T240 524
Media vitigni neri 0,8 0,5 2,4 2,0 1,5 3,7 1,4 4,3 5,5
Media vitigni bianchi 1,1 1,4 2,6 1,8 2,0 3,5 6,9 8,0 8,8
a
Semovente a dinamismo controllato;
b
Trainata a dinamismo controllato;
c
Trainata ad aste libere.
Fig. 95. Le perdite dirette di
prodotto sono concentrate in
prossimit dei pali, soprattutto
se non sono di sezione
limitata, quelle occulte si
evidenziano soprattutto sulle
foglie.
Fig. 96. Sangiovese allevato a cordone libero prima e dopo il passaggio della vendemmiatrice.
Le vendemmiatrici a scuotimento orizzontale possono essere semoventi e trainate; la
capacit operativa dipende dalla velocit di avanzamento che in quelle semoventi, a
parit di altre condizioni, nettamente superiore (Fig. 97, Tab. 26).
Tab. 26. Tempi di lavoro e capacit operativa di alcune vendemmiatrici operanti su differenti vitigni
allevati a cordone libero presso l'azienda agraria dell'Universit di Perugia.
Vendemmiatrici Braud SB62* Braud T240** Braud 524lT***
Vitigni Neri Bianchi Neri Bianchi Neri Bianchi
Tempi effettivi sul filare (ore/ha) 1h 02' 1h 13' 2h 42' 2h 51' 3h 12' 3h 06'
Tempi accessori di svolta (ore/ha) 0h 08' 0h 08' 0h 33' 0h 33' 0h 33' 0h 33'
Tempi operativi totali (ore/ha) 1h 10' 1h 21' 3h 15' 3h 24' 3h 45' 3h 39'
Velocit di avanz. sul filare (m/h) 2920 2490 1120 1060 950 980
Frequenza battitori (cicli/minuto) 300350 300350 300350 300350 450550 450550
Cantiere di lavoro (n di operatori) 2 2 2 2 2 2
Capacit operativa (ha/ora) 0,857 0,821 0,308 0,294 0,266 0,274
*Semovente dinamismo controllato; **Trainata dinamismo controllato; *** Trainata ad aste libere
92
Con le vendemmiatrici semoventi i tempi operativi sono piuttosto celeri, meno di 2 ore/ha,
per arrivare fino a 3,5-4 ore/ha con quelle trainate, a cui corrispondono capacit operative
rispettivamente pari a 0,8 e 0,3 ha/ora (Tab. 26). Nelle aziende con superfici vitate fino a
20-25 ha, sono ammortizzabili le macchine trainate, mentre quelle semoventi richiedono
superfici medie di almeno 50 ha. ln questi ultimi anni la notevole diffusione di vitigni
precocissimi e precoci ha allungato notevolmente il calendario di vendemmia, che inizia a
met agosto con lo Chardonnay e termina a fine ottobre-inizi novembre con il Trebbiano
spoletino. ln tal modo si ampliato il periodo di utilizzazione di tali macchine a quasi tre
mesi l'anno.
)LJ Vendemmiatrice trainata (a sinistra) e semovente (a destra)
Nelle versioni pi moderne, le vendemmiatrici semoventi possono prevedere l'uso di
moduli aggiuntivi per la meccanizzazione integrale del vigneto (Fig. 98) e consentire di
gestire il vigneto con tempi di lavoro pari a 70-80 ore/ha l'anno.
)LJ Moduli per la meccanizzazione integrale del vigneto. A parte il modulo vendemmia, vi
sono i moduli per i trattamenti antiparassitari, per la pre-potatura secca, per l'irrigazione, per la
cimatura dei germogli e per la spollonatura.
93
Le vendemmiatrici di ultima generazione sono particolarmente efficienti se si tengono in
debita considerazione i seguenti aspetti:
la produzione deve essere localizzata in una fascia ristretta;
la fascia produttiva deve partire almeno da 50 cm da terra;
lo spessore della vegetazione deve essere contenuto, quindi molto importante il
palizzamento verticale dei germogli ed eventualmente una cimatura di pre-
vendemmia;
le strutture devono essere stabili, resistenti e senza spigoli per limitare l'usura delle
aste raccoglitrici;
le capezzagne di servizio devono avere una larghezza adeguata, almeno 6 m, per
consentire il passaggio agevole da un filare all'altro;
la tensione dei fili e la legatura delle piante e dei cordoni permanenti alla struttura
portante deve essere particolarmente curata;
utile la presenza del cotico erboso nell'interfilare per aumentare la portanza del
terreno e consentire l'uso delle vendemmiatrici con terreno bagnato.
Altro aspetto positivo legato all'uso delle vendemmiatrici l'impiego notturno, quindi la
possibilit di sfuggire la calura delle ore centrali del giorno specialmente per i vitigni
bianchi precoci (Chardonnay, Pinot, Sauvignon, Riesling, Manzoni bianco, ecc.) al fine di
salvaguardare gli aromi varietali ed evitare di portare in cantina uva con elevate
temperature che richiederebbero un adeguato raffreddamento con un aggravio dei costi.
ll costo della vendemmia meccanica difficile da determinare per le diversificate
condizioni operative riguardanti sia il vigneto che l'adattabilit dei vitigni. Una indicazione
di massima pu essere desunta dalle tariffe dei contoterzisti, che in funzione soprattutto
della comodit del vigneto, cio pendenza e tipologia di struttura, mediamente oscillano
dai 350 ai 450 Euro ad ettaro, che corrispondono quindi alla met circa del costo richiesto
dalla vendemmia manuale (considerando una produzione pendente di 12 t/ha, una
produttivit del lavoro manuale di circa 120-130 kg d'uva per ora ed un costo della
manodopera di 8 Euro l'ora).
12.4 Vendemmia meccanica e quaIit: anche se sempre con minore insistenza,
vengono avanzate riserve sulla meccanizzazione della vendemmia per le ripercussioni
negative che potrebbe esercitare sulla qualit del vino. Numerose ricerche su vitigni sia a
bacca nera che a bacca bianca hanno invece chiaramente dimostrato l'infondatezza di
questo assunto. Ci rafforzato anche dall'affermarsi della vendemmia meccanica in
areali di produzione di indubbia eccellenza qualitativa, quali: Bordeaux, Borgogna,
Chablis, ecc., nonch dal largo uso delle vendemmiatrici nelle pi blasonate cantine
italiane e straniere. La preoccupazione maggiore riguarda il parziale ammostamento
dell'uva in campo, con punte del 20-30%, e con l'avvio di fenomeni ossidativi precoci e di
fermentazioni incontrollate con conseguente estrazione di polifenoli indesiderati,
soprattutto nelle uve a bacca bianca. Per ovviare ad un eventuale scadimento qualitativo
deve essere rispettata una condizione essenziale che quella di avviare rapidamente
l'uva in cantina e vinificarla nel pi breve tempo possibile, cio entro 2-3 ore. Se si
rispetta questa condizione la qualit del vino la stessa di quella ottenibile con la
raccolta manuale non riconoscibile nemmeno dai pi esperti.
L'uso delle vendemmiatrici per contro offre notevoli vantaggi, poich, accanto a quelli
sopra esposti incluso quello economico, l'elevata capacit operativa consente di
intervenire tempestivamente sul vigneto, cio al raggiungimento della piena maturit
tecnologica e/o fenolica. Considerando che una vendemmiatrice semovente nell'arco di
40 giorni pu raccogliere oltre 100 ha di vigneto, per svolgere un pari lavoro sarebbero
94
necessari circa 40 operai ed una adeguata organizzazione, nonch il controllo
dell'operativit dei cantieri e la benevolenza delle condizioni meteorologiche.
Un parametro da considerare per la valutazione dell'uva l'assenza dei raspi che
rappresentano dal 3 al 5% del peso totale, e che quindi va considerato nel pagamento
delle uve. La cimatura pre-vendemmia o meglio la defogliazione meccanica in
corrispondenza della fascia produttiva, se il sistema di allevamento lo consente,
indubbiamente utile per ridurre le perdite occulte e soprattutto per ridurre l'inquinamento
da antiparassitari dovuto al dilavamento delle foglie. Per salvaguardare la qualit del
vendemmiato anche possibile dotare le macchine di apparati capaci di refrigerare l'uva
prima del trasporto in cantina.
ln conclusione, la progettazione e la realizzazione di un vigneto moderno, anche di
limitata estensione, senza prevedere la possibilit della meccanizzazione integrale o
almeno della vendemmia un grave errore, considerando che tutte le viticolture del
mondo, comprese quelle pi rispettose delle tradizioni, gi utilizzano queste nuove
tecnologie.
95
13. Confronto tra Ia gestione manuaIe e meccanizzata deI vigneto
La meccanizzazione del vigneto consente di ridurre notevolmente la richiesta di
manodopera rispetto alla gestione manuale, in media del 65-70% (Tab. 27). Le
operazioni colturali che si avvantaggiano maggiormente sono la vendemmia e la potatura
secca, seguono poi alcune operazioni di potatura verde, quali: cimatura, spollonatura,
sfogliatura ed il palizzamento verticale della vegetazione.
Tab. 27. Richiesta di manodopera (ore ad ettaro) delle operazioni colturali del vigneto allevato a
cordone libero e a cordone speronato condotto manualmente o integralmente meccanizzato.
Operazioni colturali Cordone libero* Cordone speronato**
manuale meccanizzato manuale meccanizzato
Vendemmia 120* 2 120* 2
Potatura invernale 60 30 80 35
Cimatura dei germogli 20 2 20 2
Palizzamento verticale dei germogli --- --- 20 3
Scacchiatura 15 15 15 15
Spollonatura 25 2 20 2
Sfogliatura --- --- 25 3
Diradamento dei grappoli --- --- 35 35
Trattamenti antiparassitari (6 interventi) 12 12 12 12
Lavorazioni del terreno (3 nell'interfila) 9 9 9 9
Lavorazioni del terreno (2 nel sottofilare) 8 8 8 8
Concimazione (1 intervento) 2 2 2 2
Altro 5 5 5 5
7RWDOH 276 87 (-68%) 371 133 (-64%)
*Vitigni a bacca bianca, vendemmiatrice semovente e vitigni a grappolo grosso.
**Vitigni a bacca nera, vendemmiatrice semovente e vitigni a grappolo grosso.
Riguardo ai due sistemi a confronto vi sono differenze sostanziali, poich il cordone
speronato, ottimo per la produzione di uve a bacca nera e per vini da destinare
all'invecchiamento, richiede necessariamente una scacchiatura in maggio, un
diradamento dei grappoli a fine luglio, poco prima dell'invaiatura, ed una leggera
sfogliatura ai primi di settembre (Fig. 99), oltre che un accurato palizzamento verticale dei
germogli. Due di queste 4 operazioni in verde, precisamente sfogliatura e palizzamento
della vegetazione, insieme alla cimatura dei germogli ed alla spollonatura, richiedono
manualmente circa 85 ore/ha, contro appena 10 ore/ha se eseguite meccanicamente.
Fig. 99. Cordoni speronati ottimamente
scacchiati, defogliati e diradati.
96
Nel cordone libero, che invece preferibile per i vitigni a bacca bianca, normalmente non
si eseguono le operazioni di sfogliatura e di diradamento dei grappoli, oltre che il
palizzamento dei germogli e la stralciatura dei sarmenti durante la potatura invernale, con
risparmi di manodopera di circa 100 ore ad ettaro l'anno.
97
14. EquiIibrio vegeto-produttivo deI vigneto
La produttivit dell'agro-ecosistema vigneto, intesa come quantit, qualit, sanit e
costanza nel tempo, strettamente dipendente dall'interazione del potenziale genetico
della pianta (vitigno, clone e portinnesto) con i fattori ambientali (clima e suolo) ed
antropici (tecniche colturali) (Schema 1).
Schema 1. Eventi fisiologici primari ed importanza della sostanza secca (zuccheri) quale
regolatore di sviluppo e di funzioni metaboliche fondamentali.
INTERAZIONE
"POTENZIALE GENETICO ' AMBIENTE ' TECNICA COLTURALE"

FISIOLOGIA DELLA PIANTA


[Fotosintesi, Respirazione, Traspirazione]
(
SOSTANZA SECCA (zuccheri): Ripartizione tra
FogIie
GermogIi
IndispensabiIe per: GrappoIi
a) Crescita dei vari organi Gemme
b) Quantit di produzione Legno permanente
EFFICIENZA c) QuaIit deIIa produzione Radici
DEL VIGNETO '
d) Differenziazione e sviIuppo deIIe gemme
e) Maturazione deI Iegno
f) Ripristino deIIe riserve nutrizionaIi
g) Superamento di stress biotici ed abiotici
A livello di singola pianta quest'interazione si concretizza nell'espressione di processi
fisiologici fondamentali, quali: fotosintesi, respirazione e traspirazione, quindi con la
produzione di sostanza secca (zuccheri) e successivamente con una sua equa
ripartizione tra i vari organi della pianta. Produzione e ripartizione della sostanza secca
determinano, in modo ottimale o sub-ottimale, l'intensit dell'accrescimento (apparato
fogliare e radicale), la produzione dell'anno (numero e peso dei grappoli) e della stagione
successiva (induzione, differenziazione e sviluppo delle gemme), il reintegro delle riserve
nutrizionali, la capacit di superare gli stress biotici ed abiotici ed il livello qualitativo
dell'uva (zuccheri, acidi organici, sostanze coloranti, quadro polifenolico ed azotato,
sostanze aromatiche, cationi, ecc.).
Gli obiettivi prefissati da ogni buon viticoltore, vale a dire giusta quantit e massima
qualit, oltre che salubrit e costanza produttiva, sono raggiungibili anno dopo anno solo
se, in ogni momento del ciclo vegeto-produttivo, la richiesta di zuccheri da parte dei vari
organi della pianta viene soddisfatta dalla capacit assimilativa della chioma. ln caso
contrario, alcuni processi fisiologici primari (Schema 1) non sono in grado di svolgersi in
modo ottimale, con limitazioni nella produzione giornaliera di zuccheri e cali nell'efficienza
globale del vigneto.
Come precedentemente detto, nella sua concezione pi moderna, la gestione ordinaria
del vigneto deve tendere a mantenere nel tempo un'elevata efficienza fisiologica, cio
che l'attivit vegetativa e quella produttiva delle piante deve essere in costante equilibrio.
noto, infatti, che quando prevale l'attivit vegetativa si ha eccesso di vigore, quindi
ombreggiamento elevato, maggiore suscettibilit ai parassiti soprattutto fungini,
maturazione stentata, riduzione del colore dell'uva ed alterazioni del quadro aromatico,
quando invece prevale la fase produttiva si ha maturazione incompleta e tardiva,
peggioramenti in tutti i parametri qualitativi dell'uva, maggiore sensibilit agli stress
98
ambientali e minore fertilit delle gemme nell'anno successivo. Tale equilibrio si
consegue quando la fase proteica, ove predomina l'accrescimento, termina al massimo in
fase di pre-invaiatura lasciando il passo alla fase glucidica o di accumulo. Se
all'invaiatura sono ancora presenti sink metabolici in fase di accrescimento, quali
germogli principali, femminelle, ecc., si avr una polarizzazione dei metaboliti a scapito
dell'accumulo nell'uva, con perdite che possono toccare anche 4-5 Brix, 0,3-0,4 mg/cm
2
di buccia di antociani, 0,6-0,7 mg/cm
2
di buccia di polifenoli totali e 45-50 g/l di azoto
prontamente utilizzabile dai lieviti.
Rispetto al passato ed indipendentemente dalle scelte fatte in fase di progettazione, si
pone quindi il problema di valutare l'efficienza del vigneto, ovvero se vi un corretto e
duraturo equilibrio tra l'attivit vegetativa e quella produttiva delle piante tale da garantire
giusti quantitativi d'uva con un elevato livello qualitativo. La relazione che regola
l'equilibrio tra vegetazione e produzione e che intercorre quindi tra la capacit del
"source (superficie fogliare matura) e la forza dei "sink (centri di accrescimento e di
richiamo di metaboliti) pu essere descritta tramite appropriati indici, calcolabili sia a
livello di pianta intera sia di singola unit produttiva. Questi indici derivano da esperienze
condotte su differenti vitigni ed in ambienti diversi e possono contribuire a valutare
l'efficienza delle viti, soprattutto se non usati singolarmente.
14.1 VaIutazione deII'efficienza deI vigneto
Oltre alle misure di carattere prettamente fisiologico (es. bilancio del carbonio, scambi
gassosi, ecc.), che necessitano di attrezzature pi o meno sofisticate, sono utilizzabili
una serie di indici capaci di valutare l'efficienza e le condizioni di equilibrio vegeto-
produttivo, alcuni dei quali sono di facile determinazione (Tab. 28). l valori ottimali di
questi indici definiscono i cosiddetti ideotipi, ai quali il viticoltore, in funzione delle
condizioni di vigoria, delle caratteristiche strutturali del vigneto e dell'obiettivo enologico
da perseguire, potr far riferimento. Questi indici possono essere raggruppati in due
gruppi, il primo relativo ai caratteri della chioma, dei germogli e della produzione ed il
secondo relativo alla densit di vegetazione nella fascia produttiva.
Tab. 28. Valori ottimali di indici utilizzati per valutare l'efficienza di vigneti allevati a controspalliera.
Caratteri deIIa chioma, dei germogIi e deIIa produzione VaIori ottimaIi
Rapporto "altezza della chioma/distanza tra i filari < 1
Rapporto "superficie fogliare totale/superficie esterna della chioma 1 - 1,5
Rapporto "superficie fogliare/produzione (m
2
/kg d'uva) 0,6 - 1
Rapporto "produzione d'uva/legno di potatura* (kg/kg) 4 - 10
Germogli/metro di parete vegetativa (n) 12 - 18
Peso del legno di potatura (kg/m lineare di parete) 0,3 - 0,6
Sviluppo delle femminelle (n/germoglio) 5 - 8
Apici vegetativi ancora in crescita all'invaiatura (n) 0
Produzione (kg d'uva/m lineare di parete) 1,5 - 5
Densit di vegetazione neIIa fascia produttiva
Vuoti di vegetazione (%) 10 - 20
Numero di strati fogliari 2 - 2,5
Grappoli esterni (%) > 60
Foglie esterne (%) > 80
99
Caratteristiche deIIa chioma, dei germogIi e deIIa produzione
Rapporto "aItezza deIIa chioma/distanza tra i fiIari": se questo valore supera l'unit
possono verificarsi ombreggiamenti eccessivi nella parte basale delle pareti vegetative.
Valori inferiori all'unit non comportano problemi di ordine fisiologico, ma sono associati
alla presenza di filari molto larghi rispetto allo sviluppo in altezza della vegetazione.
Questo determina una perdita di luce a terra, ovvero una limitazione della capacit del
vigneto di produrre assimilati sull'unit di superficie, causando cos riduzioni della entit
della produzione ottenibile per ettaro.
Rapporto "superficie fogIiare totaIe/superficie esterna deIIa chioma": valori inferiori
a 1-1,5 sono associati a chiome molto rade, con una scarsa capacit di intercettazione
luminosa, mentre valori superiori a 1,5-2 denunciano un chioma densa con problemi di
ombreggiamento ed una cattiva distribuzione della luce al suo interno.
Rapporto "superficie fogIiare/produzione": valori inferiori a 0,5-0,6 m
2
di superficie
fogliare per kg d'uva sono inadeguati per consentire un'ottimale maturazione dell'uva,
valori superiori a 1 possono essere dovuti a cause molto diverse, quali anomali
abbassamenti della produzione, elevato sviluppo in altezza delle pareti vegetative o
eccessivi addensamenti della chioma. ln quest'ultimo caso, quasi tutti i grappoli saranno
all'interno della vegetazione e, in assenza di opportune sfogliature nella fascia produttiva,
si possono avere problemi fitosanitari, scarsa colorazione degli acini, innalzamento del
pH del mosto e prevalenza di aromi che esaltano in modo marcato il gusto erbaceo del
futuro vino con conseguenti squilibri. Recentemente, in numerosi vitigni (Sangiovese,
Merlot, Nebbiolo, Montepulciano, ecc.) emerso che i migliori risultati qualitativi delle uve
non si ottengono a livelli produttivi pi bassi, ma proprio a giusti rapporti tra superficie
fogliare e produzione.
Rapporto "produzione d'uva/Iegno di potatura" (indice di Ravaz): nei vitigni vigorosi
e produttivi dovrebbe essere incluso nell'intervallo 6-10, mentre in quelli meno produttivi
(scarsa fertilit delle gemme, grappolo di modeste dimensioni, terreni poco fertili, ecc.)
dovrebbe variare da 4 a 6. Tale indice pu servire ad evidenziare situazioni di squilibrio
imputabile a difetto (valori limiti superiori) o a eccesso (valori limiti inferiori) di vigoria.
GermogIi/metro Iineare di parete: si ritiene ottimale valori compresi tra 12 e 18, densit
superiori si correlano a ombreggiamenti eccessivi nella fascia produttiva e ripercussioni
negative sulla qualit del'uva, mentre densit inferiori potrebbero determinare un cattivo
sfruttamento dello spazio disponibile con riduzioni di efficienza.
Peso deI Iegno di potatura: dovrebbe variare tra 0,3 e 0,6 kg/m lineare di parete, valori
superiori o inferiori denunciano eccesso o difetto di vigoria e come tale richiedono
interventi correttivi.
SviIuppo deIIe femmineIIe: varia in funzione del vitigno (es. elevato nel Cabernet
Sauvignon e nel Tocai rosso ed scarso nel Sangiovese), tuttavia ideale sarebbe una
densit di 5-8 femminelle per germoglio, valori superiori denotano un vigore elevato,
chiome dense e problemi di eccessivo ombreggiamento. Queste condizioni possono
verificarsi in presenza di elevate disponibilit nutrizionali (acqua ed azoto soprattutto) o di
bassi carichi produttivi dovuti a eccessivi e precoci diradamenti dei grappoli o ad attacchi
parassitari.
Apici vegetativi ancora in crescita aII'invaiatura: l'assenza di apici in crescita
all'invaiatura, che segna l'inizio della fase di accumulo, denota un equilibrio ottimale tra
fase vegetativa e produttiva. Durante il processo di maturazione dell'uva l'assenza di sink
metabolici consente l'accumulo della totalit degli zuccheri prodotti nell'uva, con esiti
positivi sulla qualit.
Produzione (kg d'uva/metro Iineare di parete): varia in funzione dell'obiettivo
enologico, nelle controspalliere si possono considerare i seguenti valori di riferimento:
100
91,5 - 2,5 kg/metro di parete per i vini rossi da invecchiamento;
93 - 4 kg/metro di parete per i vini rossi normali o novelli;
94 - 5 kg/metro di parete per i vini bianchi.
Densit di vegetazione neIIa fascia produttiva
Oltre agli indici sopra citati, utili per valutare l'efficienza del vigneto, in alcuni casi pu
essere necessario ricorrere all'analisi della densit di vegetazione, cui strettamente
correlato il microclima della fascia produttiva, particolarmente importante ai fini qualitativi,
poich capace di esaltare o limitare il colore, l'acidit, il pH del mosto ed il quadro
polifenolico ed aromatico. La densit di vegetazione pu essere determinata con la
tecnica del Point Quadrat Analysis (Fig. 100). Questa tecnica relativamente semplice e
non richiede attrezzature costose. Le valutazioni vengono effettuate inserendo nella
fascia fruttifera un'asta sottile e registrando i contatti con le foglie ed i grappoli, nonch i
vuoti di vegetazione. Normalmente sono necessarie da 50 a 100 inserzioni per pianta, da
effettuarsi casualmente ed in modo da coprire l'intera zona di collocazione dei grappoli.
Dai dati cos ottenuti, annotati su una apposita scheda (schema seguente) si calcolano i
vuoti di vegetazione, il numero di strati fogliari, la percentuale di foglie e di grappoli posti
esternamente alla chioma.
Esempio di schema per l'applicazione del Point Quadrat Analysis nel Merlot allevato a cordone
speronato e a cordone libero (misure effettuate su met chioma) (F = foglia, G = grappolo, V = vuoto).
MerIot - Cordone Iibero MerIot - Cordone speronato
1 F 26 G 1 V 26 FG
2 F 27 FFG 2 FF 27 F
3 FF 28 FF 3 GF 28 V
4 FF 29 FF 4 GFF 29 F
5 GGF 30 F 5 FF 30 GF
6 V 31 F 6 FG 31 FF
7 FF 32 FF 7 GF 32 G
8 V 33 V 8 FF 33 FG
9 GF 34 V 9 FG 34 F
10 F 35 GF 10 F 35 GF
11 F 36 G 11 FF 36 V
12 FF 37 FF 12 F 37 FF
13 GF 38 V 13 V 38 FG
14 F 39 FG 14 FF 39 FF
15 GF 40 GF 15 G 40 F
16 V 41 G 16 FGF 41 FF
17 V 42 FFG 17 GF 42 GF
18 GF 43 FF 18 GFF 43 FG
19 F 44 FFG 19 FG 44 FF
20 FF 45 FF 20 FFF 45 V
21 GF 46 FF 21 F 46 FF
22 FF 47 FF 22 FF 47 F
23 F 48 V 23 FG 48 F
24 FGF 49 FG 24 FF 49 FFG
25 FF 50 FF 25 FF 50 FFG
Vuoti (%) = 8/50 = 16% Vuoti (%) = 5/50 = 10%
Strati fogliari (n) = (58/50) 2 = 2,30 Strati fogliari (n) = (64/50) 2 = 2,56
Foglie esterne (%) = 34/58 = 59% Foglie esterne (%) = 30/64 = 47%
Grappoli esterni (%) = 8/20 = 40% Grappoli esterni (%) = 14/21 = 67%
101
Fig. 100. Valutazione della densit di vegetazione con il metodo del Point Quadrat Analysis.
Vuoti di vegetazione: rappresentano le zone della fascia produttiva prive di foglie, valori
superiori al 20% indicano chiome troppo rade con conseguente bassa capacit di
intercettazione di energia radiante, mentre valori inferiori al 10% segnalano elevate
densit di vegetazione con alti scadimenti energetici interni.
Numero di strati fogIiari: valori variabili da 2 a 2,5 indicano, nella maggior parte dei
casi, equilibrio vegeto-produttivo, valori superiori e inferiori denotano rispettivamente
eccesso e difetto di vegetazione.
PercentuaIe di grappoIi esterni: le chiome con elevata efficienza sono quelle che
assicurano ad almeno il 60% dei grappoli una posizione esterna alla vegetazione
caratterizzata cio da buone intensit luminose, sia diretta sia diffusa, nel corso della
giornata.
PercentuaIe di fogIie esterne: un'elevata efficienza fotoassimilativa viene assicurata
quando almeno l'80% delle foglie della chioma assumono una posizione esterna alla
vegetazione e che quindi si vengono a trovare in condizioni di saturazione luminosa per
la maggior parte della giornata.
Questi rilievi possono riguardare l'intera chioma, oppure se consideriamo le due parti
della parete vegetativa come speculari, le inserzioni possono terminare a met chioma,
rendendo pi visibile e semplice il conteggio dei contatti, soprattutto in vigneti molto
vigorosi. ln questo secondo caso nel calcolo del numero di strati fogliari il valore medio
ottenuto dovr essere ovviamente moltiplicato per due.
14.2 Mantenimento deII'efficienza deI vigneto
ll mantenimento dell'efficienza del vigneto deve necessariamente considerare:
Sostituzione deIIe faIIanze o deIIe piante disseccate: un'operazione importante che
mira anche ad impedire che il potatore, lasciando un maggior numero di gemme sui ceppi
vicini al fine di attenuare il calo produttivo e coprire il vuoto lasciato dalla pianta morta,
indirettamente induce peggioramenti nella qualit dell'uva. Occorre sostituire celermente,
cio nel giro dello stesso anno, la pianta eliminata onde evitare la colonizzazione del
terreno, resosi momentaneamente libero, da parte delle radici delle piante contigue.
Un'operazione preliminare indispensabile la preparazione del terreno, che deve essere
fatta prima dell'inverno tramite lo scavo di una buca, ampia e profonda, con
l'asportazione della maggior parte delle vecchie radici. Evitare, inoltre, qualunque tipo di
concimazione localizzata. Oltre alle barbatelle classiche, da mettere a dimora in
primavera, si possono utilizzare i barbatelloni, cio piante di 2 anni con un tratto di
portinnesto alto 60 o 90 cm e che come tale comporta minori rischi di danni meccanici e
da diserbanti e non emette succhioni e radici avventizie. Al fine di preservare le
102
barbatelle, qualora si utilizzassero quelle classiche per la sostituzione delle piante morte,
si pu ricorrere all'uso degli shelter, che assicurano una crescita pi veloce dei germogli
e la protezione nei confronti delle erbe infestanti, degli erbicidi in caso di diserbo chimico
e degli attrezzi usati per la gestione del suolo.
PaIizzamento verticaIe deIIe vegetazione: nei sistemi di allevamento che prevedono
questa operazione, cio cordone speronato, Guyot, capovolto, ecc, un'operazione
importante al fine di assicurare una elevata e crescente funzionalit fogliare,
considerando che la luce non intercettata dalle foglie inutilizzabile ai fini fotoassimilativi.
Occorre quindi favorire lo sviluppo veloce e verticale dei germogli evitando che si
incrocino tra loro o che assumono una posizione reclinata verso l'interfilare.
Ripristino e mantenimento deIIa stabiIit deIIe strutture: importante, soprattutto se il
vigneto meccanizzato, assicurare una buona stabilit delle strutture che sotto l'azione
del peso della vegetazione e della produzione tendono ad allentarsi e/o a cedere.
Occorre quindi ripristinare annualmente la tensione dei fili, verificare l'integrit e la tenuta
dei pali di sostegno e dei tutori, controllare la legatura dei pali ai fili e delle piante (tronco
e cordone permanente) alle strutture e, quando necessario, prevedere la sostituzione dei
materiali rotti, eccessivamente usurati e comunque di quelli che non sono pi in grado di
esercitare in modo ottimale la propria funzione di sostegno. Per ovviare almeno in parte
al costo della manutenzione necessario ponderare attentamente la scelta dei materiali
e la posa in opera all'impianto del vigneto.
103
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1 giugno, pag. 101-117.
107
INDICE
Pagina
1. Premessa 3
2. Considerazioni preIiminari aII'impianto deI vigneto 3
3. Operazioni preIiminari aII'impianto deI vigneto 9
4. SceIta deI portinnesto 13
5. SceIta deIIe barbateIIe 14
6. Impianto deI vigneto 15
7. Sistemi di aIIevamento 27
8. Potatura 33
8.1 Potatura di aIIevamento 33
8.2 Potatura di produzione 34
8.3 Potatura radicaIe 38
8.4 Potatura di ringiovanimento e risanamento 38
9. Nutrizione deIIa vite e fertiIizzazione 41
9.1 Funzioni primarie dei principaIi eIementi nutritivi 41
9.2 Sostanza organica 44
9.3 Tecnica deIIa concimazione 48
9.3.1 Concimazione di fondo o d'impianto 48
9.3.2 Concimazione di aIIevamento 51
9.3.3 Concimazione di produzione 52
9.3.4 Diagnostica fogIiare e pezioIare 56
9.3.5 Concimazione fogIiare 57
9.3.6 Approfondimento suIIa cIorosi ferrica 59
10. Gestione deI suoIo 63
10.1 Lavorazioni meccaniche 64
10.2 Diserbo chimico 66
10.3 Inerbimento 68
10.4 Pacciamatura 73
10.5 Gestione deI sottofiIare 73
108
0 5 Gest o e de sotto a e 3
11. Gestione deIIa chioma 76
11.1 Cimatura dei germogIi 76
11.2 PaIizzamento verticaIe dei germogIi 78
11.3 SpoIIonatura 79
11.4 Scacchiatura 80
11.5 SfemmineIIatura 80
11.6 SfogIiatura 80
11.7 Diradamento dei grappoIi 81
12. Vendemmia 83
13. Confronto tra Ia gestione manuaIe e meccanizzata deI vigneto 95
14. EquiIibrio vegeto-produttivo deI vigneto 97
14.1 VaIutazione deII'efficienza deI vigneto 98
14.2 Mantenimento deII'efficienza deI vigneto 101
15. BibIiografia 103
109
110
FINITO DI STAMPARE NEL MESE DI NOVEMBRE 2006
DALLA TIPOGRAFIA CECCARELLI SNC
GROTTE DI CASTRO (VT)
111
112

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