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DIRITTO INTERNAZIONALE

DIRITTO INTERNAZIONALE............................................................................................................1 INTRODUZIONE...................................................................................................................................1 PARTE PRIMA LA FORMAZIONE DELLE NORME INTERNAZIONALI............................................................3 PARTE SECONDA IL CONTENUTO DELLE NORME INTERNAZIONALI..............................................................11 PARTE TERZA LAPPLICAZIONE DELLE NORME INTERNAZIONALI ALLINTERNO DELLO STATO ..................................................................................................................................................................16 PARTE QUARTA LA VIOLAZIONE DELLE NORME INTERNAZIONALI E LE SUE CONSEGUENZE.........18 PARTE QUINTA LACCERTAMENTO DELLE NORME INTERNAZIONALI E LA SOLUZIONE DELLE CONTROVERSIE TRA STATI..........................................................................................................21

Introduzione
1. Definizione del diritto internazionale. Precisazioni terminologiche.
In una prima approssimazione il diritto internazionale pu essere definito come il diritto della Comunit degli Stati. Tale complesso di norme si forma al di sopra dello Stato e questultimo si impegna a rispettarlo anche con norme di carattere Costituzionale (es. art. 10 Cost.). Il diritto internazionale non regola soltanto i rapporti fra Stati. E vero che i destinatari diretti di tali norme siano gli Stati ma anche vero che il diritto internazionale va sempre pi regolando i rapporti interindividuali allinterno degli Stati stessi. Il diritto internazionale viene anche chiamato diritto internazionale Pubblico in contrapposizione al diritto internazionale Privato. Questultimo consiste nelle norme statali che delimitano il diritto privato di uno Stato, stabilendo quando esso va applicato e quando invece i giudici di quello Stato sono obbligati ad applicare norme di diritto privato straniere.

2. Quadro sintetico delle funzioni di produzione, accertamento ed attuazione coattiva del diritto internazionale.
Diamo un rapido sguardo alle funzioni normativa, accertamento del diritto e attuazione coattiva. Per quanto riguarda la funzione normativa dobbiamo distinguere innanzitutto tra diritto internazionale generale e particolare, cio tra le norme indirizzate a tutti gli Stati e quelle che invece vincolano una ristretta cerchia di soggetti, solitamente coloro che hanno partecipato alla loro formazione. Lart. 10 Cost. recita: Lordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. Tali sono le norme consuetudinarie (fonte di 1 grado). La loro principale caratteristica che pur essendo norme primarie hanno dato luogo ad uno scarso numero di norme materiali. Altra categoria di norme di diritto internazionale sono gli accordi (2 grado) che vincolano soltanto gli Stati contraenti. Essi, al contrario delle norme consuetudinarie, sono numerosi e costituiscono la parte pi rilevante del diritto internazionale. Sotto agli accordi troviamo i procedimenti previsti da accordi (3 grado) che costituiscono fonti di diritto internazionale

particolare. Questi traggono la loro forza dagli accordi che li prevedono e vincolano soltanto gli Stati contraenti (es. sono procedimenti previsti da accordi molti degli atti della CE, costituita appunto da un accordo). Per quanto riguarda la funzione di accertamento giudiziario bisogna dire che essa prevalentemente di carattere arbitrale (accordo tra le parti) dato che non esistono organi giurisdizionali istituzionali cui il singolo Stato possa ricorrere contro un altro che non accetti di sottoporvisi ( 50). Per quanto riguarda i mezzi che nel diritto internazionale permettono losservanza delle norme dobbiamo realisticamente riconoscere che siano tutti riconducibili alla categoria dellautotutela. Il diritto internazionale poggia su rapporti di mera forza ( 46). E discusso in dottrina se il diritto internazionale sia o meno un vero diritto. La difesa dellobbligatoriet del diritto internazionale un problema rilevante, dato che formalmente non esiste nulla che possa imporre ad uno Stato di sottoporvisi. Tale problema si suole risolvere identificando, negli operatori giuridici interni dei singoli Stati, coloro che debbono dare attuazione alle norme di diritto internazionale. La cooperazione del diritto interno indispensabile per assicurare compiutamente al diritto internazionale il suo valore e la sua forza in quanto fenomeno giuridico. Ma anche considerando il diritto internazionale indipendentemente dai suoi rapporti con gli ordinamenti statali interni esso il punto di riferimento di una sana diplomazia in un clima di sempre pi ampia trasparenza.

3. Lo Stato come soggetto di diritto internazionale. Altri soggetti e presunti tali.


Le norme di diritto internazionale si indirizzano, almeno formalmente, agli Stati, creando diritti ed obblighi per questi ultimi. Viene da chiedersi tuttavia se lo Stato sia lunico soggetto del diritto internazionale o ve ne siano altri ad affiancarlo. Innanzitutto, pacifico che lo Stato sia, anche nella seconda ipotesi, il soggetto principale, occorre meglio identificare il concetto di Stato. Dobbiamo infatti rilevare che il fenomeno giuridico Stato si presenta principalmente sotto due aspetti: lo Stato-comunit, intendendo con questa locuzione la comunit di persone che vive tutta su un certo territorio, unita da usi, costumi e da una legge comune; legge comune posta in essere da uno Stato-governo intendendo con questultimo linsieme dei governanti o meglio di tutti gli organi statali che in qualche modo esercitano il loro potere di imperio sui singoli associati. E questultima figura il soggetto Stato che rileva in diritto internazionale. Perch lo Stato sia legittimamente soggetto di diritto internazionale occorre che il suo governo sia effettivo. Sono pertanto da escludersi i Governi in esilio e i fronti (comitati od organizzazioni) di liberazione nazionale (tipo lOPL) od i governi c.d. fantoccio (Libano, controllato dalla Siria). Oltre al requisito della effettivit un altro quello della indipendenza. E indipendente e sovrano lo Stato il cui ordinamento sia originario e tragga la sua forza giuridica da una propria Costituzione e non da ordinamenti e Costituzioni di altri Stati.. Lorganizzazione di Governo che eserciti effettivamente e indipendentemente il proprio potere diviene soggetto di diritto internazionale in modo automatico. Non occorre cio alcun riconoscimento da parte degli altri Stati (quando si sente parlare di riconoscimenti si intende solo che quei due Stati vogliano intraprendere rapporti amichevoli, e questi non hanno nessuna rilevanza giuridica, ma solo politica). Chiarito quindi che unorganizzazione di governo diviene automaticamente soggetto quando esercita in modo effettivo ed indipendente il proprio potere su una comunit territoriale, resta risolto anche il problema dei governi insurrezionali. Se gi durante linsurrezione gli insorti riescano a instaurare un governo su una parte del territorio non gli si pu negare personalit internazionale anche se magari la sua vita sar breve. Esistono allora altri soggetti di diritto internazionale? Parte della dottrina riconosce negli individui tale prerogativa. Questa tesi sembra accettabile nonostante siano pi facilmente gli Stati i diretti recettori delle norme internazionali anche se queste regolino dei rapporti interindividuali ( 24). Non cos per le minoranze, mentre quando si parla di popoli (diritti dei popoli) solo per conferire maggiore enfasi al concetto di Stato e come tali vanno considerati. Lautodeterminazione, quella facolt riconosciuta ad una comunit territoriale di divenire indipendente, di scegliere liberamente il proprio regime politico, ed il Governo. Questo quindi applicabile soltanto ai Popoli sottoposti ad un Governo straniero (c.d. autodeterminazione esterna) o sottoposti a regime coloniale ed a quelli occupati con la forza. Questo perch una concezione troppo ampia dellautodeterminazione di fatto impraticabile. Bisogna guardarsi dal ritenere che tutti i Governi esistenti godano sempre del consenso della maggioranza dei sudditi e siano da costoro sempre liberamente scelti, ovvero che i Governi avallino le aspirazioni secessionistiche di regioni o province od altre circoscrizioni territoriali per garantirne sempre lautodeterminazione (c.d. autodeterminazione interna). Esclusi questi casi il diritto internazionale impone allo Stato che governa un territorio non suo di consentirne lautodeterminazione. Ecco risolto il problema della soggettivit: sempre lo Stato che ha lobbligo di permettere lautodeterminazione ed solo nei suoi confronti che possono scattare sanzioni da parte della comunit degli Stati. Non si pu cio parlare di un vero e proprio diritto soggettivo allautodeterminazione della comunit territoriale.

Per quanto riguarda le organizzazioni internazionali, ormai pacifico riconoscerle la soggettivit internazionale al pari degli Stati, e numerosi ne sono i sintomi. Non bisogna comunque confondere la personalit internazionale di queste organizzazioni con la loro personalit interna nei rapporti con gli Stati (se ad esempio acquista immobili o contrae obbligazioni sar il diritto interno dello Stato con cui pone in essere queste situazioni che stabilir entro quali limiti ha capacit per farlo). Infine da considerarsi soggetto di diritto internazionale la Chiesa Cattolica, da sempre tradizionalmente riconosciuta.

Parte Prima La Formazione Delle Norme Internazionali


4. Il diritto internazionale Generale. La consuetudine ed i suoi elementi costitutivi.
Le norme di diritto internazionale Generale hanno natura consuetudinaria in quanto derivano da un comportamento costante ed uniforme tenuto dagli Stati, dal ripetersi cio di un dato comportamento, accompagnato dalla convinzione dellobbligatoriet del comportamento stesso. Gli elementi che caratterizzano la consuetudine sono quindi due: la diuturnitas (la prassi) e lopinio juris ac necessitatis. Parte della dottrina sostiene che solo la prassi sia necessaria e che se si ammettesse lopinio juris sarebbe come dire che il diritto internazionale si fonda su errori dovuti alla falsa convinzione che la norma da applicare esista gi. In realt si parla di opinio juris ac necessitatis quindi non tanto lobbligatoriet a rilevare quanto la doverosit sociale. Inoltre lopinio juris il solo criterio utilizzabile per ricavare una norma consuetudinaria dalla prassi internazionale. Serve inoltre a distinguere il comportamento dello Stato diretto a modificare il diritto consuetudinario da un mero illecito internazionale. Per quanto riguarda la diuturnitas il tempo pu essere tanto pi breve quanto pi diffuso un certo contegno tra i membri della comunit internazionale. Resta per inalienabile dato che il decorso del tempo a conferire alle norme di diritto internazionale quel carattere di stabilit insito nel diritto non scritto. Si riconosce generalmente che gli organi dello Stato che concorrono alla formazione della norma consuetudinaria siano tutti gli organi statali (quindi anche chi emana leggi, atti amministrativi, sentenze) e non solo i detentori del potere estero. Non c una priorit ma solo la maggiore importanza da valutare caso per caso. Un ruolo decisivo svolto dalla Giurisprudenza interna e dalle Corti Supreme (specialmente nellopera di rinnovamento). Non sono invece in grado di formare diritto internazionale generale le organizzazioni internazionali, le cui risoluzioni spesso contengono riferimenti al diritto consuetudinario. Solo la diuturnitas + lopinio juris degli Stati, e solo di questi, forma diritto internazionale generale. La consuetudine crea diritto generale e come tale applicabile a tutti gli Stati, anche a quelli di nuova formazione, e non esiste ne occorre accettazione. E da considerare irrilevante la contestazione del singolo Stato, tuttavia deve essere presa in considerazione quella di gruppi di Stati. E chiaro che se un nutrito gruppo di Paesi contesta una norma internazionale (ferma + ripetuta obbiezione della pi gran parte degli stati appartenenti ad un gruppo) conseguentemente questa non pu neanche considerarsi norma internazionale. Ma se si ammettesse la possibilit di opporsi del singolo Stato si ammetterebbe quella concezione del diritto internazionale come accordo tacito, quando invece esso rimane e rimarr unicamente diritto spontaneo. Anche le consuetudini particolari, quelle cio vincolanti una ristretta cerchia di Stati, sono da ammettersi (es. le consuetudini regionali o locali tipo quelle formatesi fra i paesi dellAmerica Latina). Spesso si tratta di diritto non scritto teso a modificare o abrogare regole di un determinato trattato precedentemente pattuito. Questo comportamento criticabile solo quando esista un organo internazionale preposto a tali modifiche (es. nelle Comunit Europee). Anche nel diritto internazionale si ricorre allinterpretazione analogica (es. classico quello che le norme sulla navigazione marittima, che furono applicate anche per la navigazione aerea).

5. I principi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili.


Esistono norme di diritto internazionale diverse da quelle consuetudinarie? Lart. 38 dello Statuto della Corte Internazionale di Giustizia (organo arbitrale delle UN 50) annovera tra le fonti i principi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili. Il ricorso a tali principi costituirebbe una sorta di analogia juris destinata a colmare le lacune del diritto pattizio e consuetudinario. Del resto se tale principio esiste in quasi tutti gli Stati perch negarne lapplicabilit in campo internazionale? Semmai il problema un altro ovvero identificare questi principi. A nostro avviso sono tre le condizioni che debbono sussistere: a) nozione di nazione civile, ovvero che non torturi e non tolleri la discriminazione razziale o qualsiasi violazione dei diritti umani: b) tali principi devono essere uniformemente seguiti negli ordinamenti interni della maggior parte degli Stati; c)

occorre che siano sentiti come obbligatori e necessari anche e soprattutto dal punto di vista internazionale. Cos intesi, i principi generali del diritto internazionale costituiscono una categoria sui generis di norme consuetudinarie dove la diuturnitas data dalla loro uniforme previsione e applicazione da parte degli Stati allinterno dei rispettivi ordinamenti. Dato che, come abbiamo detto, uno dei requisiti fondamentali per lesistenza di un principio internazionale la sua previsione dalla maggior parte degli Stati si deduce che tale principio sia invocabile dal giudice interno di uno Stato nel quale tale principio non esista sempre che lordinamento interno preveda losservanza del diritto internazionale (es. Art. 10 Cost. Italiana).

6. Altre presunte norme generali non scritte.


Una parte della dottrina, guidata dal Quadri, trova nei principi (costituzionali) delle norme superiori. Quindi consuetudine e trattati sarebbero fonti di secondo grado subordinate ad alcuni super-principi che avrebbero carattere formale o materiale a seconda che disciplinino altre fonti o regolino direttamente i rapporti fra Stati. I Principi formali sarebbero due: consuetudo est servanda e pacta sunt servanda. Fin qui, tutto sommato, niente da criticare, potremmo anche essere daccordo. Il problema che secondo la concezione del Quadri i principi materiali potrebbero avere qualsiasi contenuto a seconda che le forze prevalenti si combinino per volere una certa disciplina di una determinata materia (fino anche a giustificare il ricorso alla guerra). Se cos fosse arriveremmo a legittimare ogni abuso. Si discute se lequit, intesa come ausilio meramente interpretativo, possa costituire fonte di norme internazionali. La risposta sembra dover essere negativa in quanto se il diritto internazionale lacunoso significa che gli Stati non hanno obblighi da osservare e lequit non pu essere idonea a crearli.

7. Inesistenza di norme generali scritte. Il valore degli accordi di codificazione.


Resta da analizzare il problema se esistano norme internazionali scritte. Tale problema si pone anzitutto con riguardo alle grandi convenzioni di codificazione promosse dalle Nazioni Unite. E ovvio che non esistendo in ambito internazionale nessun organo preposto alla codificazione, il trattato lunico strumento adoperabile per la trasformazione del diritto non scritto in diritto scritto. Lart. 13 della Carta delle Nazioni Unite prevede che lAssemblea generale intraprenda studi e faccia raccomandazioni per incoraggiare lo sviluppo progressivo del diritto internazionale e la sua codificazione. Sulla base di questa disposizione lAssemblea costitu un proprio organo sussidiario composto da esperti che vi risiedono a titolo personale, la Commissione di Codificazione delle UN, con il compito di preparare testi di codificazione delle norme procedendo a studi, inviando questionari agli Stati, raccogliendo dati dalla prassi ecc. Queste codificazioni rimangono poi aperte alla ratifica da parte degli Stati. Numerosi sono Stati gli interventi di tale commissione anche se solo poche convenzioni sono state ratificate da un numero cospicuo di Stati. Gli accordi di codificazione, invece, in quanto comuni accordi, vincolano gli Stati contraenti. Qualcuno tende per a sostenere che mirando a codificare il diritto generale, abbiano valore anche per gli Stati non contraenti. Innanzitutto non il caso di riporre unilluminata fiducia nellopera della Commissione di Codificazione delle Nazioni Unite. Spesso nellopera di ricostruzione influisce in modo determinante la mentalit dellinterprete, i tempi, le situazioni internazionali ecc. Mentalit e generazione possono essere abbastanza determinanti nel ritenere esistenti certe norme non scritte o nel cancellarne altre. Inoltre non si pu negare che, durante i lavori, tutti gli Stati cercano di salvaguardare soprattutto i propri interessi. Si pu quindi affermare che gli accordi di codificazione valgono solo per gli Stati che li ratificano. Solo diuturnitas + lopinio juris possono creare norma generale internazionale (valida nei confronti di tutti gli Stati), in quanto consuetudinaria. A questo punto rileva il problema del ricambio delle norme contenute nellaccordo di codificazione. Spesso infatti le convenzioni di codificazione non prevedono termini o procedure di revisione, ma hanno valore illimitato. In un mondo in sempre pi rapida trasformazione, capita spesso di trovarsi davanti ad una norma di diritto internazionale codificata ma non pi rispondente ad esigenze attuali. Se linterprete estremamente sicuro della prassi da cui intende estrarre la norma abrogatrice, ed anche gli altri Stati siano sostanzialmente concordi, la laccordo (di codificazione) deve soccombere.

8. Le dichiarazioni di principi dellassemblea generale dellONU.


Le dichiarazioni di principi (per esempio la famosa Dichiarazione Universale dei diritti dellUomo) non costituiscono una autonoma fonte di norme internazionali generali in quanto lAssemblea Generale delle Nazioni Unite non ha poteri legislativi. Quindi anche le Dichiarazioni non hanno carattere vincolante. Tuttavia ragionevole inquadrare certe Dichiarazioni come accordi e come tali vincolanti quando prevedano esse stesse che la loro inosservanza sia contraria ai principi della Carta. In tale ipotesi lecito pensare che i paesi che partecipano allapprovazione con voto favorevole vogliano obbligarsi, e tale obbligo inquadrabile come accordo in forma semplificata ( 9).

9. I Trattati.
Il trattato, detto anche accordo, convenzione, patto, lincontro delle volont di due o pi Stati per regolare una determinata sfera di rapporti formali ma anche strumentali ( 15). Come i contratti sottostanno alla legge (interna), i trattati sottostanno ad una serie di norme consuetudinarie e principi generali ai quali, per la loro importanza, dedicata una grande convenzione di codificazione promossa dallUN ed elaborata dalla sua Commissione per il diritto internazionale, la Convenzione di Vienna sul diritto dei Trattati (69, in vigore dal 80, ratificata dallItalia nel 74). Allart. 4 vi sono 2 principi molto importanti: 1. le regole della Convenzione, essendo riproduttive di norme consuetudinarie, quindi generali, sono valide per tutti gli Stati e per tutti trattati; 2. le regole innovative, in quanto tali e quindi non consuetudinarie e non generali, non sono valide se non con la ratifica. Vediamo ora come si arriva alla stipulazione di un accordo. Dobbiamo premettere che il diritto internazionale lascia la pi ampia libert di forma e procedura e che quindi ogni manifestazione di volont da parte di due o pi Stati che vogliono obbligarsi a seguire determinate regole sufficiente a formare un accordo. Tuttavia, il procedimento normale di formazione degli accordi segue ancora quello dellepoca delle monarchie assolute (chiamato anche solenne). Tutto inizia con una fase di 1. negoziazione fra i plenipotenziari. Questi sono cos definiti perch dotati di pieni poteri per la negoziazione (di solito organi dellEsecutivo). Per raggiungere laccordo si va sostituendo al principio dellunanimit quello della maggioranza. Al termine delle negoziazioni abbiamo la 2. firma da parte dei plenipotenziari dellatto. Si noti bene che tale firma ha un solo fine di autenticazione dellatto e non vincola in nessun modo gli Stati. Perch un accordo possa, per cos dire, entrare in vigore occorre la 3. ratifica da parte degli Stati. Infine da rilevare la 4. registrazione e la 5. pubblicazione. In Italia la negoziazione opera dellEsecutivo, la ratifica la esegue il Presidente della Repubblica (art. 87 Cost.), e con specifica autorizzazione data con legge dalle camere in casi trattati di natura politica, regolamenti giudiziari, variazioni territoriali, oneri finanziari, modifiche leggi (art. 80 Cost.). I tutti questi casi non peraltro ammessa nessuna forma semplificata di formazione del trattato. La firma del Presidente non valida se non controfirmata dai ministri proponenti (art. 89 Cost.), ed opinione comune che si tratti di atto che non pu rifiutare dopo la delibera governativa se non una sola volta sollecitandone il riesame. Caso particolare di ratifica ladesione che si ha nel caso in cui uno Stato che non ha preso parte alla preparazione di un trattato multilaterale decida poi di aderirvi e quindi vincolarsi ad esso. Chiaramente occorre che tale ipotesi sia prevista dal trattato stesso (c.d. trattati aperti). Il procedimento si conclude con lo scambio o il deposito delle ratifiche. Nel primo caso lefficacia istantanea, nel secondo lefficacia vale per gli Stati che via via la depositano. Data lampia libert di forma nel procedimento di formazione dei trattati, come detto in precedenza, gli Stati possono ricorrere a forme alternative alla solenne, tra cui quella pi in uso la c.d. forma semplificata: solo negoziazione + firma (niente ratifica) ma solo se dal testo dellaccordo, da altri accordi o dal comportamento concludente delle parti si evince la piena, definitiva e sicura volont ad obbligarsi (esclusi i casi dellart. 90 Cost, comunque verificatisi numerosi come la concessione per linsediamento della base NATO alla Maddalena, mai ratificata con legge di autorizzazione del Parlamento). Per quanto riguarda la competenza a stipulare accordi in forma semplificata, questa spetta agli organi previsti dalle norme costituzionali dei vari Stati. In Italia, in particolare, accogliendo la tesi del Cassese con lesclusione dei casi previsti dallart. 80 Cost., sembra che il Governo possa intraprendere tanto la via solenne facendo poi intervenire il Capo dello Stato quanto stipulare direttamente. Una legge del 2001 prevede inoltre la competenza delle regioni (nei limiti delle loro competenze, es. turismo) a concludere accordi ed intese con Stati ed Enti territoriali di altri Stati. Anche le Organizzazioni internazionali possono concludere accordi, anzi la manifestazione pi saliente delle loro personalit giuridiche, ed a loro dedicata una apposita Convenzione di Vienna sul Diritto dei Trattati fra Stati ed Organizzazioni e fra Organizzazioni. Un problema fondamentale in materia di trattati internazionali quello che riguarda la competenza a stipulare e in particolare il caso in cui un accordo sia promosso e concluso da un organo non legittimato costituzionalmente. Due principi internazionali consuetudinari prevedono che: 1. se latto stato realizzato in violazione di norme interne di fondamentale importanza in tema di competenze il trattato nullo; 2. diviene valido il trattato concluso in violazioni di norme non fondamentali quando lorgano escluso manifesti esplicitamente od implicitamente il suo assenso.

10. Inefficacia dei trattati nei confronti degli Stati terzi. Lincompatibilit tra norme convenzionali.
Il trattato fa legge tra le parti, e solo tra le parti, quindi per aggiungere una parte occorre che il trattato contenga un offerta e che lo Stato terzo accetti laccordo. Art. 34 C.V.: un trattato non crea diritti ed obblighi x terzi che non hanno accettato: art. 35 C.V.: un obbligo a carico di uno Stato terzo nasce con la sua

accettazione + intenzione degli altri contraenti a creare tale obbligo; art. 36 C.V.: il diritto a favore di uno Stato terzo nasce con la sua accettazione (anche presunta essendo un vantaggio) + intenzione irrevocabile dei contraenti ad obbligarsi (se non irrevocabile, che diritto mai quello che altri possano revocare in qualsiasi momento?); art. 37 C.V.: lobbligo verso stati terzi, se non esplicitamente reso irrevocabile, sempre revocabile. Il problema delle incompatibilit, ovvero norme accordate con un soggetto in contrasto con norme concluse con altro soggetto, si ritiene lo Stato contraente di entrambi i trattati debba scegliere quale accordo rispettare e quale violare, ferma conseguentemente la sua inevitabile responsabilit da illecito internazionale. Quindi entrambi i trattati rimangono validi. Per evitare il verificarsi di queste evenienze spesso gli Stati prevedono clausole di compatibilit, in cui si regolano preventivamente le modalit di risoluzione al problema.

11. Le riserve nei trattati.


La riserva indica la volont dello Stato di non accettare certe clausole del Trattato o di accettarle con talune modifiche oppure secondo una determinata interpretazione; cosicch tra lo Stato autore della riserva e gli altri Stati contraenti, laccordo si forma solo per la parte non investita dalla riserva, laddove il Trattato resta integralmente applicabile agli Stati. La disciplina della riserva ha chiaramente senso solo quando riguarda trattati multilaterali. La sua funzione principale quella di facilitare la pi larga partecipazione a tali trattati. Secondo il diritto internazionale classico la possibilit di apporre riserve da parte degli Stati contraenti doveva risultare espressamente dal testo del trattato. Non era quindi ammissibile la ratifica di un trattato accompagnata da riserve non previste. In seguito allindirizzo segnato dalla Corte Internazionale di Giustizia e recepita dalla Convenzione di Vienna si pu sintetizzare lodierna disciplina nei seguenti punti: a) le riserve sono ammissibili se non sono espressamente vietate dal trattato od incompatibili con loggetto e lo scopo di questultimo; b) laccettazione di una riserva in qualsiasi modo manifestata da parte di un altro Stato contraente, elimina ogni questione nei rapporti tra loro; c) lobiezione avanzata contro una riserva impedisce il formarsi del vincolo contrattuale tra Stato autore e Stato obbiettante solo se allobiezione si accompagna una chiara volont in tal senso; d) le riserve inammissibili, che non riguardano diritti umani, comportano la non partecipazione del loro autore al trattato, mentre in ambito di tutela dei diritti umani non invalidano il trattato ma la riserva stessa (cosi la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti Umani). Per quanto riguarda la competenza a formulare le riserve (come per negoziare e ratificate il trattato, 9), in Italia devono concorrere lorgano esecutivo (Governo) ed il legislativo (Parlamento). Nei casi in cui il Governo ratifichi riserve non menzionate nella legge di autorizzazione, ovvero la legge di autorizzazione prevede riserve non apposte alla ratifica dal Governo, per il diritto internazionale il trattato e le riserve sono validi; per il diritto interno si va in contro, a seconda della gravit, a misure fino alla sfiducia del Governo ed a responsabilit penali.

12. Linterpretazione dei trattati.


La tendenza oggi prevalente nel senso dellabbandono del metodo subbiettivistico (ovvero la ricerca della volont effettiva delle parti come avviene nella disciplina di diritto interno dei contratti, e che nel diritto internazionale ha una funzione meramente sussidiaria) a favore di quello obbiettivistico cio linterpretazione dei trattati si deve desumere direttamente dal testo, dai rapporti di connessione logica intercorrenti tra le varie parti del testo. Anche la Convenzione di Vienna appoggia tale tesi (artt. 31-33). Nellinterpretazione obbiettivistica valgono quelle regole che la teoria generale ha elaborato nei confronti dellinterpretazione delle norme giuridiche in genere (perch si inquadrano come Principi Generali di Diritto, 5): principio del contraente pi debole, interpretazione estensiva, analogia juris. E da abbandonare la vecchia convinzione che le norme di diritto internazionale fossero sempre da interpretare restrittivamente in quanto comportano una limitazione della sovranit e libert degli Stati. Per i trattati istitutivi di organizzazioni internazionali, oltre ai normali mezzi di interpretazione, la Corte Internazionale di Giustizia ha fatto uso, nellinterpretazione della Carta UN, della c.d. teoria dei poteri impliciti, secondo cui ogni organo di una tale organizzazione disporrebbe non solo dei poteri espressamente attribuitigli dalle norme costituzionali, ma anche di tutti i poteri necessari per lesercizio dei poteri espressi. Questa teoria ammessa solo nella misura in cui non superi un interpretazione quantomeno estensiva od analogica, qualora serva a garantire ad un organo il pieno esercizio delle funzioni che il trattato istitutivo gli assegna. Anche il Trattato CE adotta questa teoria, prevedendo allart. 308 che quando unazione della Comunit risulti necessaria per raggiungere un suo scopo, il Consiglio, deliberando alluna animit, pu prendere le disposizioni del caso. Per quanto riguarda le interpretazioni unilateralistiche, sembra che debbano essere escluse. Mal si conciliano con lidea stessa di trattato, in quanto punto di incontro e di fusione della volont degli Stati contraenti e muovono coscientemente o incoscientemente dalla presunzione che la volont di ciascuno Stato

sia nel senso di obbligarsi in modo conforme al proprio diritto, ovvero da una interpretazione di tipo subbiettivistico spinta alleccesso.

13. La successione degli Stati nei trattati.


Escluso qualsiasi problema per quanto riguarda le norme generali di diritto internazionale che, in quanto consuetudinarie, sono sempre e comunque valide in tutti gli Stati nuovi o subentranti, le norme invece pattizie che costituiscono i trattati si applicano o meno in casi di successione in base a tre principi consuetudinari, raccolti nella Convenzione di codificazione di Vienna del 78 sulla successione degli Stati rispetto ai trattati (complementare a quella sul diritto dei trattati), che sono: 1. v successione solo dei trattati e delle clausole di natura reale o territoriale; 2. v intrasmissibilit di tutti i trattati o clausole di natura politica (quindi una causa destinzione); 3. tabula rasa per tutti gli altri casi, ovvero la prassi orientata in senso contrario alla successione, tuttavia considerando 2 stemperamenti: nei trattati multilaterali aperti si pu notificare la successione che sar valida dallinizio, e lo stesso vale in caso di nuovi Stati formatisi da smembramento di vecchi. In casi di fusione: tabula rasa; in casi di incorporazione lo Stato che accoglie estende i suoi trattati a quello che si unisce (che conseguentemente li perde). Nei casi storici di nuovi Stati federali, i trattati e le clausole sono rimasti eccezionalmente validi. Nessuna eccezione per i mutamenti radicali di Governo (valide le tre regole), idem per i debiti pubblici, anche se frequentemente c laccollo o lequa ripartizione per continuare a godere del credito internazionale.

14. Cause di invalidit e di estinzione dei trattati.


Fra le cause di invalidit e di estinzione degli accordi internazionali ne troviamo molte analoghe a quelle proprie dei contratti, e pi in generale dei negozi giuridici del diritto interno. Tanto per fare qualche esempio: lerrore essenziale, il dolo, la violenza per quanto riguarda linvalidit; la condizione risolutiva, il termine finale, la denuncia, il recesso, linadempimento, la sopravvenuta impossibilit dellesecuzione, labrogazione per quanto riguarda lestinzione. Tra le cause destinzione troviamo la violenza esercitata sullo Stato al fine di costringerlo allaccordo. La violenza intesa come minaccia alluso di forza armata e la prassi non sembra ricomprendere in tale categoria pressioni di altro genere (politiche, economiche ecc.). Altra forma particolare di estinzione dei trattati il principio rebus sic stantibus secondo il quale un trattato si estingue quando le circostanze di fatto esistenti al momento della stipulazione siano radicalmente mutate. La guerra non determina lestinzione dei trattati come invece sembrava secondo il diritto internazionale classico. Oggi si deve applicare il principio rebus sic stantibus per determinare quali trattati devono estinguersi. Quali sono i mezzi per far valere una causa di invalidit o di estinzione? Operano in automatico o occorre un atto formale? La dottrina divisa. Sembra da accettare lipotesi secondo la quale tale rilevazione automatica e spetterebbe ai giudici interni (soprattutto) di applicare o non un accordo critico. In questo caso per la decisione vale per ogni singolo caso concreto e non vincola altri giudici o lo stesso giudice in unaltra fattispecie. Una denuncia formale invece, a meno che non sia espressamente prevista dallaccordo medesimo, tende opportunamente a manifestare una volta per tutte la volont dello Stato di sciogliersi. Se dopo 3 mesi (Convenzione di Vienna) nessuno Stato si oppone il trattato si estingue, altrimenti entra in una fase di incertezza risolvibile solo attraverso un nuovo accordo, un arbitrato, un negoziato ( 50 e 52).

15. Le fonti previste da accordi. Il fenomeno delle organizzazioni internazionali. Le Nazioni Unite.
Si gi detto che i trattati possono contenere non solo norme materiali ma anche regole formali e strumentali per istituire nuove fonti di produzione. Tali sono i trattati istitutivi di organizzazioni internazionali. Generalmente lattivit di tali organizzazioni non tanto quella di legiferare ma di facilitare la collaborazione fra Stati e predisporre progetti di Convenzioni aperti alla ratifica. LOrganizzazione delle Nazioni Unite (UN, http://www.un.org) fu fondata dopo la seconda guerra mondiale dagli Stati che avevano combattuto contro le Potenze dellAsse e prese il posto della Societ delle Nazioni. La conferenza di San Francisco ne elabor nel 1945 la Carta. Organi delle UN sono: a) Il Consiglio di Sicurezza ( 49), composto di 15 membri (5 a titolo permanente con diritto di veto: USA, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna - 10 eletti biennalmente dallassemblea). Si occupa delle questioni attinenti al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. b) LAssemblea Generale, composta da rappresentanti di tutti i paesi, ha la competenza pi vasta ma quasi nessun potere vincolante (cosa che invece ha il Consiglio di Sicurezza). c) Il Consiglio economico e sociale, composto da membri eletti dallAssemblea ogni 3 anni.

d) Il Consiglio di Amministrazione Fiduciaria (che sta esaurendo la propria funzione consistente nel controllo sullamministrazione dei territori di tipo coloniale). e) Il Segretariato, nella persona del Segretario Generale, lorgano esecutivo. f) La Corte di Giustizia, composta da 15 giudici, ha anche una funzione consultiva. Tutti questi organi, ad esclusione del Segretario Generale e della Corte di Giustizia sono composti da Stati. Gli ultimi due invece sono individuali. Individuare la competenza dellOrganizzazione non agevole tanto estesa. E pi semplice indicare le materie di cui non pu occuparsi che ai sensi dellart. 2 par. 7 sono quelle di essenziale appartenenza alla competenza interna di uno Stato. Possiamo comunque individuare tre settori fondamentali di competenza: a) Mantenimento della Pace. b) Sviluppo delle relazioni amichevoli fra gli Stati fondati sul rispetto del principio di uguaglianza dei diritti e dellautodeterminazione dei popoli. c) Collaborazione in campo economico, sociale, culturale e umanitario. Allampiezza dei fini dellOrganizzazione non corrispondono tuttavia poteri vincolanti nei confronti degli Stati membri. I casi di decisioni vincolanti sono rari e possiamo individuare: a) Per quanto riguarda lAssemblea Generale la possibilit di imporre la ripartizione delle spese dellOrganizzazione fra gli Stati membri. b) Sempre lAssemblea pu determinare in modo vincolante modi e tempi per la concessione dellindipendenza ai territori sotto dominio coloniale. c) Al Consiglio di Sicurezza riconosciuta la capacit di intraprendere azioni belliche contro uno Stato e sanzioni di altro genere (embargo ecc.).

16. Gli Istituti specializzati delle Nazioni Unite. Altre organizzazione internazionali a carattere universale. Le decisioni tecniche di organismi internazionali.
Gli Istituti specializzati (o Istituzioni specializzate) delle UN sono organizzazioni che divengono tali in forza di un accordo di collegamento con le UN. Tale schema prevede lo scambio di rappresentanti, osservatori, documenti, ricorso a consultazioni, coordinamento, il rispetto e la considerazione delle raccomandazioni UN, ecc. I casi di decisioni vincolanti degli Istituti specializzati si inquadrano tra le fonti previste da accordi ( 15), ovvero dallaccordo istitutivo della relativa organizzazione. Queste sono: FAO: Le sue funzioni spaziano dallattivit di ricerca ed informazione alla promozione ed esecuzione di programmi di assistenza tecnica e di aiuti nel campo dellagricoltura e dellalimentazione. ILO: Organizzazione Internazionale del Lavoro. Emana raccomandazioni ed elabora progetti di Convenzioni multilaterali in materia di lavoro. UNESCO: Si propone di diffondere la cultura, di promuovere lo sviluppo dei mezzi di educazione allinterno degli Stati membri e laccesso allistruzione senza distinzioni di sesso, razza, condizione economica ecc. ICAO: Regola il traffico aereo e vincola tutti gli Stati, anche dissenzienti, quindi fonte di diritto. WHO: LOrganizzazione Mondiale della Sanit ha lobiettivo di far conseguire a tutti gli Stato il livello pi alto di salute. Svolge e ha svolto una intensa opera di assistenza tecnica. IMO: Regola i traffici marini ma non mai vincolante. ITU: Telecomunicazioni. WMO: Meteorologia. UPU: Poste. IMF, IBRD, IFC, IDA: Fondo Monetario Internazionale, Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo, Organo Finanziario Internazionale, Associazione Internazionale per lo Sviluppo. Si propongono di promuovere la collaborazione monetaria internazionale, la stabilit dei cambi, lequilibrio della varie bilance dei pagamenti ecc. Dispone di un capitale sottoscritto pro quota dagli Stati membri. IFAD: Il Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo ha la funzione di promuovere lo sviluppo dellagricoltura nei paesi poveri soprattutto mediante prestiti.

WIPO: Si occupa della propriet intellettuale nel mondo, assicurando la cooperazione amministrativa tra le Unioni gi esistenti nel settore. UNIDO: Ha prevalentemente funzioni operative in ambito di sviluppo industriale tecnologico. IAEA: promuove lo sviluppo e la diffusione delle applicazioni pacifiche dellenergia atomica. WTO: Organizzazione Internazionale del Commercio (del 94, 135 stati tra cui lItalia e la CE), del tutto indipendente allUN, e non ne contiene addirittura menzione dellaccordo istitutivo. Il WTO offre un forum per lo svolgimento dei negoziati relativi alle relazioni commerciali multilaterali, e tendenti alla massima liberalizzazione del commercio mondiale, ovvero globalizzazione dei mercati. Esso veglia anche su gli accordi sortiti da questi negoziati, trai quali il pi importante il GATT. Il WTO emana tra le altre anche decisioni vincolanti con la maggioranza dei dei membri, in materia di interpretazione, derogabilit temporanea a trattati o contromisure per la loro violazione.

17. Le comunit Europee.


Le tre comunit costituiscono delle organizzazioni tra loro separate e indipendenti e furono costituite in tempi diversi: 1951 a Parigi per la CECA, 1957 a Roma per CEE (nel 1993 CE) ed EURATOM. Sebbene separate, le comunit hanno gli organi fondamentali in comune. Con latto Unico del 1986 (firmato a Lussemburgo) furono apportate alcune modifiche alle comunit per potenziare certe funzioni del Parlamento Europeo e per rafforzare ed estendere lintegrazione economica fra gli Stati membri. Fra le tre comunit la CE senza dubbio la pi importante. CECA ed EURATOM sono organizzazioni settoriali, rispettivamente per attivit carbosiderurgiche e per lenergia atomica. La CE invece ha preso vita e si sviluppata come una Organizzazione che investe tutta la vita economico-sociale degli Stati membri. Prevede la libera circolazione di merci, persone, servizi e capitali, assicura la libera concorrenza, sostiene una politica agricola, dei trasporti e commerciale comune, si occupa di sviluppo tecnologico, tutela dellambiente, parit dei sessi, politica monetaria, il ravvicinamento delle legislazioni degli stati membri, ecc. Le Comunit Europee presentano elementi che non si riscontrano in alcuna altra organizzazione internazionale, come gli ampi poteri decisionali attribuiti ai loro organi, la loro sostituzione agli Stati membri nella disciplina di molti rapporti puramente interni, lesistenza di una Corte di Giustizia destinata a controllare la conformit ai loro trattati istitutivi dei comportamenti degli organi e degli stati membri, ecc. Alcuni vincoli sono propri dei vincoli federali, tra cui il principio di prevalenza del diritto comunitario sul diritto interno ( 41). Gli organi delle Comunit Europee sono essenzialmente cinque: a) La Commissione, organo composto da individui e non da Stati. Nella CE e nellEURATOM ha solo poteri di iniziativa ed esecutivi mentre nella CECA lorgano decisionale effettivo. b) Il Consiglio (poi Consiglio Europeo, che non il Consiglio dEuropa, 18), organo costituito dai rappresentanti degli Stati presieduto a turno da ciascun membro per sei mesi. Nella CE (ed EURATOM) emana gli atti pi importanti della legislazione comunitaria mentre nella CECA ha prevalentemente funzioni consultive. E considerato il legislatore CE. c) LAssemblea o Parlamento Europeo, formata a partire dal 1979 dai rappresentanti dei popoli degli Stati membri eletti a suffragio universale e diretto, dispone di un potere decisionale assai scarso e non certo da considerare come lorgano legislativo delle Comunit. Essa esprime pareri e procede ad interrogazioni nei confronti degli altri organi; inoltre pu votare una mozione di sfiducia nei confronti della Commissione, provocandone le dimissioni. d) La Corte dei Conti, che controlla tutte le entrate e le spese delle Comunit, composta da 15 esperti nominati dal Consiglio. e) La Corte di Giustizia delle Comunit Europee veglia sul rispetto del trattato, ha una serie di competenze interessanti e nuove e pu tra laltro essere adita anche dagli individui. Ad essa, cos come previsto dallatto unico europeo, stato affiancato nel 1988 e limitatamente ad un certo tipo di controversie un Tribunale di primo grado. Lart. 249, (ex 189 del Trattato CEE) prevede i seguenti tipi di atti vincolanti del Consiglio Europeo (che non il consiglio dEuropa, 18 Per ladattamento di questi atti allinterno dello Stato, 41) a) Regolamenti: sono gli atti comunitari pi importanti e completi. Il regolamento latto attraverso il quale la legislazione comunitaria pu sovrapporsi o sostituirsi alle norme interne degli Stati membri. Ha portata generale, obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. b) Decisioni: differiscono dai regolamenti perch non hanno portata generale ma concreta ed individuata. Una decisione in altri termini si indirizza ad uno Stato membro, ad una impresa o ad un individuo determinato e il soggetto destinatario tenuto ad osservarla.

c) Direttive: la direttiva vincola lo Stato membro cui rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi. Anche la direttiva come le decisioni deve essere notificata allo Stato o agli Stati destinatari. Ultimamente assistiamo ad un singolare fenomeno. Questo consiste nellemanazione di direttive c.d. dettagliate, tanto da renderle sostanzialmente identiche ai regolamenti. Circa la loro legittimit dobbiamo verificare se la materia che disciplinano sia regolabile anche mediante regolamento e in tal caso nessun problema. Se invece fosse prevista la sola direttiva la legittimit di tali direttive da negarsi. Per attenuare tale tesi possibile sostenere che lillegittimit sia sanata allorch lo Stato esegua comunque la direttiva. Le Raccomandazioni e pareri ( 19) non hanno invece efficacia vincolante. Possiamo poi trovare una serie di atti atipici affermatisi con la prassi. Per citare un esempio tali sono alcune decisioni dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio (es. le c.d. riunioni di accelerazione). Tali atti vanno considerati come accordi in forma semplificata ( 9) conclusi tra gli Stati membri. La CE, in qualit di organizzazione internazionale, pu concludere accordi internazionali. Lart. 300, oltre a stabilire la competenza degli organi a stipulare, sancisce un principio anomalo rispetto al diritto internazionale classico: gli accordi conclusi dalle Comunit sono vincolanti per le istituzioni delle Comunit stesse e per gli Stati membri. La competenza della CE a concludere accordi internazionali nei casi contemplati dal Trattato, ha carattere esclusivo. Gli Stati membri non possono quindi concludere accordi per conto loro nelle stesse materie a meno che non ottengano lautorizzazione da parte del Consiglio. A questo punto rileva un altro problema: pu la Comunit stipulare in una delle tante altre materie regolate dal trattato che non siano accordi di associazione o commerciali? La concezione classica dava parere negativo. Negli ultimi anni per intervenuta la giurisprudenza della Corte comunitaria a sostenere il contrario. Secondo tale tendenza che si fonda sul parallelismo tra competenze interne ed esterne, la CE ha la competenza a concludere accordi con Stati terzi in tutte quelle materie in cui pu emanare atti di legislazione comunitaria. Gli Stati membri restano liberi di stipulare accordi internazionali finch la Comunit non abbia agito allinterno o allesterno.

18. LOCSE ed il Consiglio dEuropa.


Subito dopo la seconda guerra mondiale furono istituite due organizzazioni che hanno dato un notevole contributo al rafforzamento dei vincoli tra gli Stati dellEuropa occidentale: lOCSE (Organizzazione per la Cooperazione e per lo Sviluppo Economico) e il Consiglio dEuropa. Questultimo in particolare ha il fine di conseguire una pi stretta unione fra i suoi membri per salvaguardare e promuovere gli ideali e i principi che costituiscono il loro comune patrimonio e di favorire il loro progresso economico e sociale. Tale organo elabor la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti delluomo e delle libert fondamentali, firmata a Roma nel 1950. Le norme di questa convenzione possono essere divise in due gruppi: uno normativo, uno procedurale che da vita a due organi, la Commissione e la Corte europea dei diritti delluomo, destinati insieme al Comitato dei Ministri del Consiglio dEuropa a garantire sul piano internazionale il rispetto della Convenzione stessa.

19. Le raccomandazioni degli organi internazionali.


Come detto pi volte, la raccomandazione non vincolante per lo Stato destinatario dellatto stesso. Possiamo per ritenere che nonostante ci la raccomandazione produca un effetto importante che quello della liceit. Secondo tale principio, lo Stato che in seguito ad una raccomandazione vada contro a precedenti impegni assunti mediante accordo o obblighi derivanti dal diritto internazionale. Leffetto della liceit da ammettere soltanto nei rapporti fra gli Stati membri e solo in ordine a raccomandazioni legittime. Inoltre leffetto della liceit potr verificarsi solo fra quegli Stati membri che abbiano votato a favore della raccomandazione o che comunque labbiano approvata senza alcuna riserva; nei confronti degli Stati che abbiano votato contro o si siano astenuti leffetto della liceit dovr escludersi.

20. La gerarchia delle fonti internazionali.


Tracciamo ora un quadro della gerarchia delle fonti del diritto internazionale. Al vertice troviamo le norme Consuetudinarie, seguono i trattati e infine le fonti previste da accordi. Resta da analizzare il problema circa la possibile derogabilit delle norme di grado superiore da parte di quelle inferiori. Le norme consuetudinarie sono caratterizzate dallo loro flessibilit e quindi la loro derogabilit da parte di accordi da ammettere. Questo per se le norme del diritto internazionale da derogare non fanno parte di quel gruppo particolare che costituito dalle norme cogenti. Il problema quindi individuare queste norme cogenti (e quindi inderogabili) dato che anche la Convenzione di Vienna non di grande aiuto. Partiamo comunque dallart. 103 della Carta UN. Secondo tale articolo in caso di contrasto tra gli obblighi contratti fra i membri delle Nazioni Unite in base alla Carta e gli obblighi assunti con qualsiasi altro accordo internazionale prevalgono i primi. Questo confermato dalla prassi tanto da farlo considerare non un semplice articolo di un accordo ma una vera e propria norma consuetudinaria. Fra gli obblighi che possono farsi rientrare nellambito di applicazione dellart. 103 ne troviamo alcuni degni di nota: a) il principio che impone agli Stati di astenersi dalla minaccia o dalluso

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della forza nei rapporti internazionali (salva lautotutela); b) principio di collaborazione in campo economico tra gli Stati; c) rispetto della dignit umana; d) autodeterminazione dei popoli. Sempre sul tema dei rapporti tra consuetudini e accordi dobbiamo riconoscere come inderogabili le norme sulle cause di estinzione e invalidit dei trattati ( 14). Per quanto riguarda infine gli atti delle organizzazioni internazionali il problema dei limiti entro i quali essi possono derogare alle norme dei trattati che ne prevedono lemanazione va ovviamente risolto caso per caso.

Parte Seconda Il Contenuto Delle Norme Internazionali


21. Il contenuto del diritto internazionale come insieme di limiti alluso della forza internazionale ed interna degli Stati.
Il contenuto del diritto internazionale attuale (in riferimento naturalmente alle norme materiali) vastissimo. Tuttavia possiamo senzaltro affermare che si snodi intorno ad un filo conduttore: insieme di limiti alluso della forza da parte degli Stati. Forza intesa sia esternamente che internamente. Per forza esterna si intende la forza di tipo bellico ovvero qualsiasi atto che implichi operazioni militari. Definire invece la forza interna cosa meno semplice dato che consiste nel potere di Governo esplicato sugli individui e sui loro beni. Possiamo sintetizzare che il potere di Governo sia costituito da qualsiasi intervento concreto di organi statali, sia avente esso stesso natura coercitiva sia in quanto suscettibile di essere coercitivamente attuato.

22. La sovranit territoriale.


La prima e fondamentale norma consuetudinaria in tema di delimitazione del potere di governo dello Stato quella della sovranit territoriale. In base a tale norma pu dirsi che ad ogni Stato riconosciuto il diritto di esercitare in modo esclusivo il potere di governo sulla comunit territoriale (e sovranit completa e permanente su tutte le sue ricchezze, risorse naturali, attivit economiche. Inoltre libert di scegliere il proprio sistema economico, politico, culturale, ed obbiettivi e mezzi di sviluppo). Correlativamente ogni Stato ha lobbligo di non esercitare in territorio altrui il proprio potere di governo, ossia di non svolgervi con i propri organi azioni di natura coercitiva o comunque suscettibili di essere coercitivamente attuate. In linea di principio, oltre ad essere esclusivo, il potere di governo anche libero. In linea di principio perch, nato come assoluto, andato nel tempo restringendosi con laffermazione del diritto internazionale moderno. Ad esempio notevoli eccezioni rilevano a proposito del trattamento di certi stranieri (come agenti diplomatici ecc.). Altri importanti limiti sono quelli che perseguono valori di giustizia e solidariet tra i popoli. Per quanto riguarda lacquisto della sovranit territoriale vale il criterio della effettivit del potere di governo. La prassi sembra ancor oggi sostanzialmente orientata nel senso che leffettivo e consolidato esercizio del potere di governo su di un territorio, comunque conquistato, comporti lacquisto della sovranit territoriale.

23. I limiti della sovranit territoriale. Lerosione del c.d. dominio riservato ed il rispetto dei diritti umani.
Nel corso degli anni si andato progressivamente erodendo il c.d. dominio riservato (competenza interna, o domestic jurisdiction) dello Stato, espressione con cui si intende appunto indicare le materie delle quali il diritto internazionale, sia consuetudinario che pattizio, si disinteressa e rispetto alle quali lo Stato conseguentemente libero da obblighi. Oggi si ritiene che i limiti al dominio riservato possano essere le azioni UN necessarie per il mantenimento della pace. Inoltre, per quanto riguarda lambito dei diritti umani, la tendenza quella di promuovere la tutela dellindividuo ovunque esso si trovi. In particolare il diritto consuetudinario indica il divieto delle c.d. gross violations ossia le violazioni gravi e generalizzate ti taluni diritti, categoria cui si soliti riportare quelle pratiche di governo particolarmente disumane ed efferate (apartheid, genocidio, tortura ecc.). Gli stati devono altres vigilare affinch queste violazioni non siano commesse (da chiunque) sul proprio territorio (navi, aerei, zone controllate), e sono tenuti a prendere tutte le misure necessarie idonee (standard di comune diligenza, polizia, misure giudiziarie) a prevenirle e reprimerle. La violazione di norme consuetudinarie sui diritti umani non pu pertanto ritenersi consumata finch esistano nellordinamento dello Stato offensore rimedi adeguati ed effettivi per eliminare lazione illecita o per fornire congrua ricompensa.

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24. La punizione dei crimini internazionali


Chi commette crimini internazionali, anche se la sua punizione in larga parte affidata a tribunali interni, diviene soggetto di diritto internazionale, vedendo una serie di regole indirizzate direttamente a lui. Questi crimini sono il genocidio, i crimini contro lumanit, i crimini di guerra, e comunque qualsiasi crimine contro la pace (aggressione). Si ritiene vi sia una duplice responsabilit, dellindividuo ed anche dello Stato, perch normalmente lindividuo che commette un crimine internazionale o un suo organo o riconducibile ad esso, ovvero difficilmente sarebbe in grado di produrre attacchi estesi e sistematici contro la popolazione civile (lattacco al WTC un eccezione, in cui individui non a capo di governi o di eserciti, e non membri istituzionali di nessuno Stato, hanno realizzato la cancellazione di oltre 4000 vite umane). Il principio delluniversalit della giurisdizione penale ritiene che ogni Stato possa (ma non sia obbligato, salvo accordi pattizi che in quel caso obbligano a) procedere alla punizione di un crimine internazionale o concedere lestradizione ovunque (anche catturato illegittimamente allestero in violazione della sovranit territoriale) e da chiunque (non richiesto un collegamento con lo Stato del giudice) il crimine sia stato commesso (in virt di un interesse proprio di tutta la comunit internazionale). La sua presenza nel territorio dello Stato, sia essa causale o provocata, comune stata fino ad ora necessaria per procedere contro un criminale internazionale.

25. I limiti relativi ai rapporti economici e sociali. La protezione dellambiente.


Numerosi sono i limiti che la sovranit territoriale di uno Stato incontra in ambito economico (materia dominata da norme convenzionali, e dove la formazione di norme consuetudinarie esclusa, perfino nel caso dellantitrust o del boicottaggio). I rapporti economici tra i Paesi in sviluppo ed i Paesi industrializzati costituiscono particolare interesse, in virt dellalto valore dellobbiettivo di sviluppo e progresso dei primi (es. accordi per prodotti di base o sistema delle preferenze). Tutti gli altri accordi, negoziati prevalentemente in seno allWTC, riguardano la liberalizzazione del commercio internazionale, la libera circolazione delle merci, dei servizi, dei capitali ecc. Infine molto importante il problema relativo agli usi nocivi del territorio. Secondo la Convenzione di Stoccolma gli Stati avrebbero il diritto di sfruttare come meglio credono il territorio con lobbligo per di non recare danno agli altri Stati. La convenzione non ha carattere vincolante e non recita una norma consuetudinaria (tranne in caso di fiumi e laghi comuni, su cui c una convenzione UN del 97). Invece possiamo dire che si va affermando la prassi secondo la quale lo Stato che si trovi in un imminente pericolo di recare danno a terzi obbligato ad informare questi terzi perch possano provvedere. Nemmeno da accettare la tesi di un obbligo ad una gestione sostenibile delle risorse del territorio. Tuttavia diffuso il ricorso a trattati specifichi che tagliano alla radice il problema stabilendo quali attivit non possano essere esercitate ed a quali condizioni, ecc. Diametralmente opposta la situazione sul piano interno, dove numerosissime sono le leggi e le responsabilit cui sono assoggettati i trasgressori.

26. Il trattamento degli stranieri.


Due sono i principi fondamentali in materia di trattamento degli stranieri. 1. Il primo prevede che allo straniero non possano imporsi prestazioni, e pi in generale non possano richiedersi comportamenti che non si giustifichino con un sufficiente attacco dello straniero stesso con la comunit territoriale. In particolare non potranno applicarsi sanzioni penali se non di fronte a reati che dovunque siano stati commessi presentino un qualche collegamento con lo Stato territoriale e i suoi sudditi, salvo che si tratti di reati particolarmente efferati, come tali idonei a turbare la coscienza dellindividuo medio e quindi collegati, in un certo senso, con qualsiasi comunit territoriale (cosiddetto principio delluniversalit della giurisdizione penale che copre anche i crimina juris gentium ovvero i crimini contro la pace e la sicurezza dellumanit). Si badi, infine, che lo Stato pu ma non obbligato a punire e nemmeno ha lobbligo di estradizione dellindividuo verso lo Stato che intenda punirlo (a meno che ci non sia previsto da un accordo). 2. Il secondo prevede il principio dellobbligo di protezione dello straniero secondo il quale lo Stato deve predisporre misure idonee a prevenire e a reprimere le offese contro la persona o i beni dello straniero, lidoneit essendo commisurata a quanto di solito si fa per tutti gli individui in uno Stato civile, cio in uno Stato il quale provveda normalmente hai bisogni di ordine e sicurezza della societ sottoposta al suo controllo. Per quanto riguarda la protezione degli investimenti stranieri occorre fare una sintesi tra le posizioni dei Paesi in sviluppo, tendenzialmente favorevoli allassoluta libert dello Stato territoriale, e le posizioni dei Paesi industrializzati, tendenzialmente favorevoli alla massima protezione degli investimenti stranieri. Circa lespropriazione e nazionalizzazione di beni stranieri nessuno dubita dellassoluta libert dello Stato di operarle. Lunica importante questione riguarda lindennizzo che secondo la corrente di pensiero prevalente

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sarebbe dovuto. E da notare come lindennizzo venga corrisposto nei modi pi vari (es. accordi di compensazione globale) e che non si possa parlare di illecito internazionale qualora lindennizzo non sia corrisposto in ottemperanza di un accordo. A questo stesso tema si riallaccia il problema del rispetto dei debiti pubblici contratti con gli stranieri dallo Stato predecessore (nei casi di distacco, smembramento ecc.). La dottrina classica era favorevole alla successione ma il nuovo indirizzo tende a seguire i principi valevoli per la successione dei trattati ovvero ammette la successione nei debiti localizzabili. Nessun limite previsto dal diritto internazionale per quanto concerne lammissione e lespulsione degli stranieri essendo valida in pieno la norma sulla sovranit territoriale. Tuttavia ci non esclude che tale materia sia oggetto di accordi e quindi diversamente regolata. Nel caso in cui uno Stato non rispetti le norme sul trattamento degli stranieri, lo Stato cui lo straniero stesso appartiene pu esercitare la c.d. protezione diplomatica. Questa consiste nella difesa sul piano internazionale (proteste, proposte di arbitrato, contromisure) del suo suddito fermo restando che per arrivare a questo debbono essersi esaurite tutte le procedure che lo straniero ha a disposizione nellambito dellordinamento dello Stato territoriale. Inoltre, siccome lo Stato non agisce come rappresentante o mandatario dellindividuo, pu sempre rinunciare. Va notato che listituto della protezione diplomatica oggetto di contestazioni, limitatamente ai rapporti economici facenti capo a stranieri, da parte degli Stati in sviluppo. Questi si rifanno alla dottrina Calvo secondo la quale le controversie in tema di trattamento degli stranieri sarebbero esclusiva competenza dei Tribunali dello Stato locale (e questi paesi introducono spesso nei contratti con imprese straniere questa clausola, c.d. appunto clausola Calvo). La protezione diplomatica pu essere esercitata a favore di un individuo o di una persona giuridica come una societ commerciale. In questultima ipotesi rileva il problema della sua nazionalit. Gli indirizzi della dottrina sono essenzialmente due: uno che guarda allo Stato dove si trova la sede principale e laltro che guarda alla nazionalit della maggioranza dei soci. La prima ipotesi la pi accettabile.

27. Il trattamento degli organi stranieri, particolarmente degli agenti diplomatici.


Particolari limiti alla potest di governo nellambito del territorio sono previsti dal diritto consuetudinario per quanto riguarda gli agenti diplomatici. Essi si concretano nel rispetto delle c.d. immunit diplomatiche che riguardano gli agenti diplomatici presso lo Stato territoriale e accompagnano lagente dal momento in cui esso entra nel territorio di tale Stato per esercitarvi le sue funzioni fino al momento in cui ne esce. a) Inviolabilit personale: lagente diplomatico deve essere innanzitutto protetto contro le offese alla sua persona mediante particolari misure preventive e repressive. Linviolabilit personale consiste anche e soprattutto nella sottrazione del diplomatico straniero a qualsiasi misura di polizia (fermo, arresto ecc.). b) Inviolabilit domiciliare: intendendosi per domicilio sia la sede della missione diplomatica sia labitazione privata dellagente diplomatico. c) Immunit dalla giurisdizione penale e civile: bisogna distinguere fra atti compiuti dal diplomatico in quanto organo dello Stato e atti da lui compiuti come privato. Nel primo caso tali atti non sono a lui imputabili bens al suo Stato e non possiamo neanche parlare di vera e propria immunit (cosiddetta immunit funzionale). Nella seconda ipotesi invece esiste una vera e propria immunit processuale nel senso che il diplomatico finch esplica la sua funzione non pu essere processato. d) Immunit fiscale: sussiste solo per le imposte dirette personali. Ci siamo sempre riferiti a agenti diplomatici. In questa categoria vanno inclusi anche i capi missione, tutto il personale diplomatico delle missioni, le famiglie degli agenti e di coloro che fanno parte di questo personale. Le suddette immunit spettano anche ai Capi di Stato, di Governo e ai Ministri quando si recano allestero in forma ufficiale. Per qualsiasi altro organo statale il diritto internazionale non prevede nessuna immunit salva quella funzionale.

28. Il trattamento degli Stati stranieri.


Il principio pi classico e conosciuto quello della non ingerenza negli affari di altri Stati ma la cui vera portata non altrettanto chiara e circoscritta. Si tratta essenzialmente di un principio giuridico spesso di mera propaganda politica e che negli ultimi tempi ha perso molto della originaria autonoma sfera di applicazione. Oggi le regole pi importanti sono costituite dai limiti alla forza internazionale degli Stati e gli interventi di questi ultimi diretti a condizionare le scelte di politica interna e internazionale di un altro Stato (si pensi alle misure di carattere economico). Nel principio di non ingerenza non rientrano le manifestazioni di condanna o di

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critica del sistema politico o del regime economico, sociale ecc. di uno Stato straniero (a parte la norma consuetudinaria che impone di vietare la preparazione di atti di terrorismo diretti altri Stati). Un problema interessante in tema di trattamento degli Stati stranieri se questi siano assoggettabili alla giurisdizione civile dello Stato territoriale. Il diritto internazionale classico era favorevole alla c.d. immunit assoluta. Oggi, grazie alla giurisprudenza italiana e belga si verificata uninversione di tendenza verso quella che si chiamata immunit ristretta o relativa. Secondo tale teoria lesenzione degli Stati stranieri dalla giurisdizione civile limitata agli atti jure imperii (quelli mediante i quali si esplica la funziona pubblica dello Stato) mentre per gli atti jure privatorum (cio a carattere privatistico) non sussisterebbe. Uno dei campi in cui tale distinzione rileva maggiormente quello del lavoro, in particolare riferimento al lavoro presso ambasciate, dove piuttosto difficoltoso stabilire quali aspetti del rapporto di lavoro stesso siano da considerare per classificarli come pubblicistici o privatistici. Secondo la Convenzione europea sullimmunit degli Stati se il lavoratore ha la nazionalit dello Stato straniero che lo recluta, limmunit sussiste in ogni caso; se il lavoratore ha la nazionalit dello Stato territoriale, o quivi risieda abitualmente pur essendo cittadino di terzo Stato, e il lavoro deve essere prestato nel territorio, limmunit esclusa. Limmunit della giurisdizione civile sopra esposta si applica anche agli enti territoriali e alle persone giuridiche pubbliche. Lesecuzione forzata su beni di Stati esteri pu considerarsi ammissibile solo se esperita su beni non destinati ad una pubblica funzione. Le Corti di uno Stato, anche nei giudizi tra parti private, non possono controllare la legittimit internazionale o interna di leggi, sentenze ed atti amministrativi stranieri che in un modo o nellaltro vengano in rilievo nei giudizi medesimi (dottrina dellAct of State).

29. Il trattamento delle Organizzazioni Internazionali.


Per quanto riguarda il trattamento dei funzionari delle organizzazioni internazionali non esistono norme consuetudinarie che impongano agli Stati di concedere loro particolari immunit, e tanto meno le immunit diplomatiche; sicch solo mediante convenzione lo Stato pu essere obbligato in tal senso. Lo Stato nel cui territorio opera ufficialmente un funzionario internazionale che non abbia la sua nazionalit tenuto a proteggerlo con le misure preventive e repressive previste dalle norme consuetudinarie sul trattamento degli stranieri. Oltre in capo allo Stato esiste un obbligo di protezione anche in capo allOrganizzazione cui il medesimo soggetto appartiene? Allo stato attuale la risposta affermativa ma solo per il risarcimento dei danni ad essa arrecati e non quelli arrecati allindividuo in quanto tale.

30. Il diritto internazionale Marittimo. Libert dei mari e controllo degli Stati costieri sui mari adiacenti.
Nella materia del diritto internazionale Marittimo esistono quattro convenzioni adottate a Ginevra nel 1958: la convenzione sul mare territoriale e la zona contigua, quella sullalto mare, sulla pesca e conservazione delle risorse biologiche dellalto mare, sulla piattaforma continentale. Inoltre nel 1982 stata firmata a Montego Bay una nuova convenzione per la ricodificazione del diritto internazionale Marittimo (ben 320 articoli) che nonostante non sia ancora entrata in vigore ha fatto si che molte sue norme innovative siano state accettate da tutti i Governi. Il principio classico della libert dei mari significa che il singolo Stato non pu impedire e neanche soltanto intralciare lutilizzazione degli spazi marini da parte degli altri Stati. Lutilizzazione degli spazi marini incontra il limite che consiste nella pari libert altrui. In contrapposizione al principio della libert dei mari si sempre manifestata la pretesa degli Stati ad assicurarsi un certo controllo delle acque adiacenti alle proprie coste. Nascono cos i concetti di mare territoriale (fine secolo scorso), piattaforma continentale (fine seconda guerra mondiale) e la zona economica esclusiva (da alcuni anni).

31. Il mare territoriale e la zona contigua.


Il mare territoriale sottoposto alla sovranit dello Stato costiero cos come la terraferma. Lacquisto della sovranit automatico. Lart. 1 della prima Convenzione di Ginevra lo definisce cos: La sovranit dello Stato si estende, al di l del suo territorio e delle sue acque interne, a una zona di mare adiacente alle coste denominata mare territoriale. In base ad un principio da ritenersi ormai consolidato e sancito anche nella Convenzione di Montego Bay il mare territoriale pu estendersi fino ad un massimo di 12 miglia dalla costa. Lo Stato ha anche il diritto di esercitare poteri di vigilanza doganale in una zona contigua al mare territoriale. Questa zona, inizialmente fissata in massimo 12 miglia di larghezza, estesa a 24 dalla convenzione di Montego Bay, trova invece, secondo il diritto internazionale consuetudinario un limite funzionale e non

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spaziale. Lo Stato sarebbe cio legittimato a prevenire e reprimere il contrabbando nelle acque adiacenti alle sue coste ma senza vincoli numerici. Per quanto riguarda il limite interno del mare territoriale lart. 3 della Convenzione di Ginevra fissa il principio della linea di bassa marea come base per la misurazione. Allart. 4 introduce poi la possibilit di derogare a tale principio con il sistema delle linee rette. Secondo questo sistema la base per la misurazione si ha congiungendo i punti sporgenti della costa in linea retta e non seguendone le sinuosit. Nel caso di una baia, se i punti estremi sono distanti fino a 24 miglia si congiungono e le acque della baia sono considerate interne. Altrimenti si traccia una linea retta di 24 miglia allinterno della baia. I poteri che spettano allo Stato costiero sono in linea di principio gli stessi esercitati nellambito del territorio ma con alcuni limiti peculiari: a) diritto di passaggio inoffensivo secondo il quale ogni nave straniera pu attraversare il mare territoriale se non reca pregiudizio alla pace e al buon ordine dello Stato costiero; b) La giurisdizione penale non pu esercitarsi in ordine a fatti puramente interni alla nave straniera che cio non turbino in alcun modo il normale svolgimento della vita della comunit territoriale.

32. La piattaforma continentale. La zona economica esclusiva.


In seguito alla seconda guerra mondiale, la tecnologia inizi a permettere lo sfruttamento di risorse marine diverse dalla semplice ittica (minerali, idrocarburi ecc.). Secondo unaltra delle Convenzioni di Ginevra, largamente riproduttiva del diritto consuetudinario, lo Stato costiero ha il diritto esclusivo di sfruttare tutte le risorse della piattaforma, intesa come quella parte del suolo arino contiguo alle coste che costituisce il naturale prolungamento della terra emersa e che pertanto si mantiene ad una profondit costante (circa 200m) per poi precipitare negli abissi. Il diritto sulla piattaforma continentale ha natura funzionale. Lo Stato non pu cio esercitare in modo generico il suo potere di governo sulla piattaforma ma solo per sfruttarne le risorse. Poich la dottrina sulla piattaforma, facendo leva sulla conformazione geografica, risulta in certi casi iniqua (es. Per e Cile che ne sono sprovvisti) lart. 1 della Convenzione di Ginevra stabilisce che per piattaforma continentale debba intendersi anche il suolo delle regioni marine dove la profondit delle acque sovrastanti consente lo sfruttamento delle risorse naturali delle dette regioni. Altro problema la delimitazione della piattaforma di due Stati che si fronteggiano. In tal caso si traccia una linea i cui punti siano equidistanti dai punti delle rispettive linee di base del mare territoriale. Dobbiamo considerare che il criterio di equit che la Corte internazionale di giustizia prescrive per gli accordi in materia in realt irrilevante dato che una volta concluso laccordo questo resta valido qualunque siano stati i criteri. Negli ultimi anni ai poteri dello Stato costiero sulla piattaforma continentale si sono venuti sovrapponendo quelli esercitabili nellambito della zona economica esclusiva la quale pu estendersi fino a 200 miglia dalla linea di base del mare territoriale. I poteri consistono nellattribuzione esclusiva di tutte le risorse economiche della zona, sia biologiche che minerali. Per gli Stati diversi da quello costiero nella zona economica esclusiva ammessa la navigazione, la posa di cavi sottomarini, e il sorvolo. Per quanto riguarda la piattaforma continentale che geologicamente si estende oltre 200 miglia ammessa la giurisdizione da parte dello Stato costiero secondo la Convenzione di Montego Bay. Tuttavia una parte di ci che lo Stato ricava in tale zona deve essere versata alla costituenda Autorit internazionale dei fondi marini. Per i Paesi in sviluppo la zona economica esclusiva costituisce una sorta di sequestro conservativo dato che spesso non hanno i mezzi necessari a goderne.

33. Il mare internazionale e larea internazionale dei fondi marini.


Negli spazi marini situati oltre la zona economica esclusiva cessa ogni tutela degli interessi degli Stati costieri. Il mare internazionale lunica zona in cui trova ancora applicazione il vecchio principio della libert dei mari. Tutti gli Stati hanno eguale diritto a trarre dal mare internazionale le risorse che questo in grado di offrire. Naturalmente, trattandosi spesso di risorse esauribili, non ammissibile che gli Stati se ne approprino a loro arbitrio. Questo problema stato affrontato nella Convenzione di Montego Bay con la costituzione dellAutorit internazionale dei fondi marini destinata a presiedere allo sfruttamento delle risorse del fondo e del sottosuolo del mare internazionale in modo che tutto avvenga nellinteresse dellumanit. Questultimo obiettivo verrebbe raggiunto dividendo ogni area da sfruttare in due parti uguali, luna attribuita allo Stato che lha individuata e laltra direttamente sfruttata dallAutorit. Il problema che lAutorit non ancora operativa. Come debbono comportarsi allora gli Stati? Non sembra accettabile lipotesi secondo la quale lo sfruttamento di tali risorse sia congelato fino alla istituzione dellAutorit. Dobbiamo concludere che vada ammesso purch nellinteresse dellumanit.

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34. La navigazione marittima.


Il principio generale che ogni nave sottoposta esclusivamente al potere dello Stato di cui ha nazionalit: lo Stato di bandiera o Stato nazionale ha diritto allesercizio esclusivo del potere di governo sulla comunit navale e esercita siffatto potere attraverso il comandante (considerato come organo dello Stato). Vediamo ora le eccezioni che tale principio incontra allorch una nave si avvicini alle coste di un altro Stato: a) Acque internazionali. La nave pirata pu essere catturata da qualsiasi Stato e sottoposta a misure repressive. Lo Stato nel cui territorio in corso una guerra civile pu visitare e catturare qualsiasi nave che si proponga di recare aiuto (in armi o armati) agli insorti. b) Zona economica esclusiva. Lo Stato costiero pu visitare e catturare navi e relativo carico per infrazioni alle proprie leggi sulla pesca o allo sfruttamento delle risorse sottomarine. c) Mare territoriale. Rilevano i principi gi analizzati del diritto di passaggio inoffensivo e della sottrazione alla giurisdizione penale dello Stato costiero dei fatti puramente interni alla nave. Le navi da guerra o comunque destinate a servizi pubblici possono inseguire una nave straniera che abbia violato le loro leggi purch linseguimento sia continuo e abbia avuto inizio almeno nelle acque contigue al mare territoriale. Se la nave inseguita entra nelle acque territoriali di un altro Stato linseguimento cessa. Per quanto riguarda la nazionalit delle navi occorre che tra queste e lo Stato che concede la bandiera esista un legame sostanziale (genuine link).

35. La protezione dellambiente marino.


La lotta allinquinamento marino non pu non fondarsi su una stretta cooperazione internazionale. Ecco perch la Convenzione di Montego Bay dedica allargomento pi di quaranta articoli. Tuttavia nella prassi non vi sono elementi che inducano ad affermare lesistenza di obblighi particolari in materia in capo agli Stati. La problematica molto simile a quella che gi abbiamo affrontato al riguardo degli inquinamenti su terraferma. Al contrario, per quanto riguarda il diritto convenzionale numerose sono gli accordi stipulati in materia. Ad imporre divieti ed a comminare sanzioni saranno lo Stato della bandiera e, nelle zone sottoposte a giurisdizione nazionale, lo Stato costiero (per prevenire inquinamento delle sue acque interne e territoriali). E ammesso lintervento eccezionale su una nave altrui in acque internazionali per prendere le misure strettamente necessarie ad impedire o attenuare i danni derivanti da un incidente gi avvenuto.

36. Gli spazi aerei e cosmici.


Sono due i principi fondamentali: il primo che la sovranit dello Stato si estende allo spazio atmosferico sovrastante il suo territorio e le acque territoriali; il secondo che fuori da questa ipotesi lo spazio aereo sia libero allutilizzazione da parte di tutti gli Stati. E inoltre invalsa nella prassi la cosiddetta zona di identificazione, zona che si estende anche per centinaia di miglia nello spazio sovrastante allalto mare intorno alle coste. Gli aerei che attraversano queste aree hanno lobbligo di farsi identificare. Per quanto riguarda la navigazione cosmica ad essa applicabile per analogia il principio sulla libert di sorvolo degli spazi nullius dato che non avrebbe senso parlare di sorvolo del territorio. Circa le risorse dello spazio, in particolare riferimento allutilizzabilit in ambito di radio-telecomunicazioni, vige il principio della libert con il consueto limite del rispetto delle pari libert altrui.

37. Le regioni polari.


Le regioni polari non sono soggette alla sovranit di alcuno Stato nonostante i vari tentativi in tal senso (teoria dei settori). LAntartide stato internazionalizzato con il trattato di Washington del 1959. Principi fondamentali del trattato sono il divieto di ogni attivit militare e la libert di ricerca scientifica. Il regime internazionale dellAntartide, essendo previsto da un trattato, vincola solo le parti contraenti.

Parte Terza Lapplicazione delle Norme Internazionali allinterno dello Stato


38. Ladattamento del diritto statale al diritto internazionale.
Losservanza del diritto internazionale da parte di uno Stato deve ritenersi affidata in primo luogo agli operatori giuridici interni. Ci riferiremo di seguito alla disciplina italiana in particolare. I procedimenti di adattamento del diritto statale al diritto internazionale sono essenzialmente due:

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a) Procedimento ordinario. Le norme internazionali vengono riformulate allinterno dello Stato (con leggi ecc.). b) Procedimento speciale. Un atto normativo si limita a ordinare losservanza delle norme internazionali. Il vantaggio principale del procedimento speciale consiste nella flessibilit delladattamento. La norma vige cio finch vige nellordinamento internazionale. Se linterprete sbaglia a ricostruire una norma internazionale, il suo errore sar limitato al caso concreto. Tuttavia, bench sia preferibile il procedimento speciale, ci sono casi in cui possibile ricorrere solo a quello ordinario. Si tratta del diritto internazionale che non sia selfexecuting ovvero che presupponga unopera attuativa o integrativa da parte del legislatore interno. Una volta che una norma di diritto internazionale stata recepita dallordinamento interno questa obbligatoria. Per quanto riguarda le norme non self-executing esse vanno circoscritte (al fine di reagire contro tendenze dirette ad utilizzare questa distinzione per non applicare norme indesiderate o scomode, fine che vede anche la non interpretazione come non self-executing a trattati con c.d. clausola di esecuzione) a soli tre casi: 1. attribuzione di facolt agli Stati (es. applicazione del sistema delle c.d. linee rette 31); 2. impossibilit attuativa dovuta alla mancanza di organi e procedure interne indispensabili alla sua applicazione (oneri finanziari, preventivo stanziamento); 3. quando la sua applicazione comporti particolari adempimenti costituzionali.

39. Ladattamento al diritto internazionale consuetudinario.


Ladattamento al diritto internazionale consuetudinario avviene in Italia a livello costituzionale (art. 10). Le norme recepite ai sensi dellart. 10 Cost. saranno senzaltro di rango superiore alle leggi ordinarie e pertanto, le norme interne in contrasto con esse potranno essere annullate dalla Corte Costituzionale. Tuttavia, non vi una completa parificazione delle norme internazionali a quelle costituzionali dato che le prime non potranno derogare in alcun modo ai principi fondamentali della nostra Costituzione. Potranno derogare al resto della Costituzione a titolo di diritto speciale.

40. Ladattamento ai trattati ed alle fonti derivate dai trattati.


Ladattamento delle norme pattizie internazionali avviene in Italia con un atto ad hoc chiamato ordine di esecuzione. Esso si limita ad esprimere la volont che il trattato sia eseguito ed applicato nello Stato. Si tratta di un provvedimento che subordina lapplicazione della norma internazionale alleffettiva esistenza di questa e che dovr essere accertata dallinterprete. La giurisprudenza unanime nel ritenere che un trattato, in difetto dellordine di esecuzione, non abbia valore per lordinamento interno. Per quanto riguarda al gradino occupato dai trattati nella gerarchia delle fonti interne possiamo dire che in linea di massima vale il principio secondo il quale questo coinciderebbe con quello della norma che ne da lordine di esecuzione (solitamente una legge ordinaria). Dobbiamo ora analizzare se legge ordinaria e trattati siano realmente parificabili o ci siano aspetti di prevalenza delluno o dellaltro in certe ipotesi. Anzitutto dobbiamo prendere atto che in linea di principio e da un punto di vista formale trattati e leggi sono norme dello stesso rango e quindi seguono la regola della successione delle leggi nel tempo. In linea di principio perch in realt la giurisprudenza tende ad assicurare una certa prevalenza del trattato sulla legge. Infatti il trattato una volta entrato a far parte dellordinamento interno sorretto da una duplice volont: quella che certi rapporti siano disciplinati secondo la norma internazionale e che gli impegni assunti verso altri Stati siano rispettati. Quindi, perch una legge posteriore possa prevalere su un trattato si ritiene che debba rivelare non solo la volont di disciplinare in modo diverso gli stessi rapporti ma anche quella di ripudiare gli impegni internazionali (questo duplice sostegno definito come principio di specificit dei trattati). Per quanto riguarda i rapporti fra trattati e norme costituzionali non si pongono problemi. I primi potranno essere sottoposti a controllo di costituzionalit ed annullate se violano norme della Costituzione. Circa le fonti previste da trattati (tipo i provvedimenti dellONU) dobbiamo distinguere se il trattato preveda esso stesso la diretta applicabilit di dette norme, e in tal caso il problema non si pone, oppure non dica nulla. In questultima ipotesi discusso in dottrina se occorra un ordine di esecuzione per ogni decisione (dellorganizzazione internazionale per esempio). La prassi italiana, seguita anche da molti altri Stati, orientata in tal senso. Lemanazione dei singoli atti di adattamento nella forma ordinaria serve, da un lato, a fini di maggiore certezza e dallaltro ad integrare il contenuto non sempre autosufficiente della decisione. Per quanto riguarda la forza formale delle decisioni, detta emanazione e comunque superflua.

41. Ladattamento al diritto comunitario.


Ladattamento al diritto comunitario segue una strada un po diversa, collegata alla specialit della struttura comunitaria stessa. Si infatti arrivati ad assicurare al diritto comunitario una prevalenza ed una precedenza sulle norme nazionali che sono tipici di vincoli di carattere federalistico.

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Come gi detto ai Trattati istitutivi delle Comunit Europee si dato esecuzione con legge. Quindi oltre alle norme del trattato acquistano valore di legge anche i regolamenti comunitari ai sensi dellart. 189. Questo significa che i regolamenti sono immediatamente e direttamente applicabili allinterno dello Stato membro senza che occorrano ulteriori interventi legislativi da parte dello Stato. Ci non esclude comunque che lo Stato intervenga per integrare dei regolamenti non totalmente self-executing. Vediamo ora come si adatta il diritto interno alle direttive e alle decisioni. Lopinione diffusa che tali atti normativi non siano direttamente applicabili ma richiedano sempre lintervento dello Stato (con legge, atto amministrativo ecc.). Il problema sorge se consideriamo che lart. 189 sancisce lobbligatoriet anche delle direttive e delle decisioni in quanto al risultato. Occorre quindi stabilire quali effetti costituiscano un corollario allobbligo di risultato e quindi direttamente applicabili e quali invece siano condizionati dallintervento statale. Insomma dobbiamo considerare regolamenti, direttive e decisioni sullo stesso piano per quanto concerne la diretta applicabilit e che lemanazione di atti di esecuzione necessaria quando tali atti sono incompleti; dato che la direttiva incompleta (o meglio dovrebbe) per definizione pu produrre immediatamente solo gli effetti conciliabili con lobbligo di risultato. Gli accordi conclusi dallOrganizzazione con stati terzi debbono considerarsi direttamente efficaci (sempre nei limiti in cui tali accordi siano sufficientemente completi). Occupiamoci adesso del rango delle norme comunitarie e partiamo dai rapporti fra queste e le leggi ordinarie. La nostra Corte Costituzionale ha pi volte cambiato parere ed pure stata in contrasto con la Corte di Giustizia Europea. La tesi sostenuta nel 1975 era che la prevalenza del diritto comunitario sulle leggi interne fosse assicurata attraverso lo strumento del controllo di costituzionalit. Ci comportava linconveniente che una norma comunitaria non fosse applicabile prima della pronuncia di incostituzionalit della norma interna in contrasto. Dopo varie polemiche con la Corte di Giustizia Europea la nostra Corte approdata alla conclusione che il compito di far prevalere il diritto comunitario su quello interno sia compito del giudice ordinario il quale pu disapplicare la norma interna in favore di quella comunitaria. Si noti che la norma interna non abrogata ma soltanto compressa nellefficacia. Qualora la norma comunitaria cessi di esistere il diritto interno si potr riespandere e la norma prima compressa riacquister il suo valore originario. Per quanto riguarda i rapporti fra norme comunitarie e norme costituzionali vale il solito principio che a resistere alle prime solo il nucleo dei principi fondamentali della Costituzione. Peculiare poi che gli stessi organi della comunit si siano impegnati a non violare questi principi.

42. Ladattamento al diritto internazionale e le competenze delle regioni.


Il problema rileva se si considera che il responsabile sul piano internazionale lo Stato centrale ma che nel nostro ordinamento, per esempio, molte materie sono di competenza regionale e non statale. Chi che deve intervenire se una direttiva ad esempio venga a interferire su materie di competenza regionale? Allo Stato dovrebbe competere in ogni caso lemanazione dellordine di esecuzione, mentre alle regioni dovrebbe spettare ladozione, nelle materie di loro pertinenza, delle norme necessarie per integrare e specificare le norme convenzionali, per attuare gli obblighi ecc. Inizialmente il legislatore e la Corte Costituzionale partivano dallidea che tutto ci che riguardasse lapplicazione del diritto internazionale e del diritto comunitario, rientrando nella materia degli affari esteri fosse di esclusiva competenza dello Stato. Oggi la Corte riconosce la competenza autonoma ed originaria delle regioni ma daltro canto continua a fondarsi sul limite del rispetto degli obblighi internazionali e comunitari per dedurne il potere dello Stato di sostituirsi alle regioni, quando si tratta di assicurare il puntuale adempimento degli obblighi medesimi.

Parte Quarta La Violazione delle Norme Internazionali e le sue conseguenze


43. Il fatto illecito e i suoi elementi costitutivi: lelemento soggettivo.
La materia in esame estremamente complessa. Nel 1980 la Commissione di diritto internazionale delle Nazioni unite ha approvato in prima lettura soltanto la prima parte di un Progetto di articoli sulla responsabilit (la prima parte si riferisce allorigine della responsabilit; la seconda, ancora in preparazione si riferir alle conseguenze dellillecito). Partiamo dunque dallorigine della responsabilit. Il fatto illecito consiste anzitutto in un comportamento (azione od omissione) di uno o pi organi statali intesi in senso ampio (anche enti pubblici territoriali e addirittura i privati quando nellesercizio di una funzione pubblica), consistente in una violazione di un obbligo internazionale dello stato.

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In linea di principio possiamo poi affermare che la responsabilit dello Stato sia esclusa quando lillecito contro un cittadino straniero o uno Stato sia commesso da un privato. Invece, nel caso in cui lillecito sia commesso da un organo dello Stato, anche fuori dalla sua competenza (azioni illecite di organi di polizia x es.), la prassi ormai tende ad attribuire ad esso la responsabilit del fatto.

44. Lelemento oggettivo.


Il Progetto nellart. 12 definisce lelemento oggettivo dellillecito sostenendo che si ha violazione di un obbligo internazionale da parte di uno Stato quando un fatto di tale Stato non conforme a ci che gli imposto dal predetto obbligo. Gli art. 20 e segg. elencano i fatti escludenti lilliceit, le eccezioni insomma. Vediamole di seguito. Il consenso validamente dato da uno Stato alla commissione da parte di un altro Stato di un comportamento non conforme ad un obbligo esistente nei suoi confronti esclude lilliceit sempre che non sia vado contro una norma di jus cogens. Lautotutela non pu considerarsi illecito anche quando va contro certe norme di diritto internazionale. Forza maggiore o caso fortuito. Discusso se lo stato di necessit possa costituire eccezione di illecito. Dubbi non se ne pongono se in gioco la vita dellindividuo-organo. In altri casi si dovr ponderare la situazione concreta. Principio di liceit delle raccomandazioni. Contrasti con norme costituzionali fondamentali interne di uno Stato.

45. Gli elementi controversi: la colpa e il danno.


Ci si chiede se oltre ai due elementi che abbiamo visto fin qui ce ne siano altri necessari alla formazione di un atto illecito internazionale, in particolare se occorra la colpa. Vediamo in generale le responsabilit configurabili secondo la colpa. Anzitutto abbiamo la responsabilit per colpa che si ha quando lautore dellillecito abbia commesso questo per volont (dolo) o negligenza. Vi poi una responsabilit oggettiva relativa quando sorge per effetto del solo compimento dellillecito ma lautore di questultimo pu invocare una causa di giustificazione (lonere della prova spetta allautore e non alla vittima dellillecito). Infine abbiamo la responsabilit oggettiva assoluta quando a differenza del caso precedente non sono ammesse giustificazioni. Per quanto riguarda il danno sembra che una sua rilevanza sia da escludersi dato che ci possono essere delle situazioni in cui un interesse concreto non viene leso ma sempre di illecito si tratta. Tale il caso delle norme in materia di diritti umani.

46. Le conseguenze del fatto illecito internazionale. Lautotutela individuale e collettiva.


Commessa una violazione di diritto internazionale, lo Stato deve rispondere. Quali sono le conseguenze del suo fatto illecito? Come si reagisce alloffensore? Argomento oggetto di estesa speculazione, ovvi vede diffusa lopinione di una c.d. norma secondaria, in virt di una nuova relazione giuridica tra stato offeso ed offensore. La normale reazione contro lillecito dunque lautotutela, cio il farsi giustizia da s. Ci che nel diritto interno un fatto eccezionale tuttoggi la regola nellambito del diritto internazionale, dove manca un sistema accentrato di garanzia dellattuazione delle norme. Le UN non sono riuscite a modificare tale situazione a causa della scarsa efficienza e credibilit dei mezzi internazionali di attuazione coattiva del diritto, in cui si riflette la legge del pi forte, e perch sarebbero gli strumenti interni dello stesso stato che commette lillecito o ne abbia interesse a doverlo evitare. Lautotutela dovrebbe avere molti limiti, tra cui il primo il divieto delluso della forza, norma cogente 20, se non in caso di legittima difesa da armed attack (art. 51 Carta UN, esercitatile anche con armi termonucleari, fermo restando il principio di proporzionalit), o in caso di tutela dei diritti umani (estensione frutto di discussioni che permetterebbe luso della forza in via preventiva a casi per es. di terrorismo). Luso della forza sorge a seguito della nota inefficienza del c.d. sistema accentrato di sicurezza collettiva (previsto dalle UN): quando la violenza bellica scatenata c da prendere atto che il diritto internazionale consuetudinario o pattizio ha esaurito la sua funzione. La guerra non pu pi essere valutata giudiricamente ma solo politicamente e moralmente. Per uso della forza si intende forza internazionale e non interna, ovvero non quella applicata dentro lo stato o verso navi ed aerei dello stato attraverso mezzi non militari. Art. 49 del Progetto: la rappresaglia, meglio contromisura, da porre in atto solo quando sia fallito ogni tentativo di concordato, consiste in un comportamento dello stato leso, che sarebbe illecito in quanto contrario a consuetudine o norme pattizie (non le annulla, le sospende), ma che diviene lecito in quanto reazione ad altro

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illecito ma entro il principio di proporzionalit e dello jus cogens (esclusa la legittima difesa perch in questo caso lo scopo difensivo, e per questo ammesso anche a carattere preventivo, e non affittivo-riparatorio). E autotutela anche la ritorsione, che non consiste in illecito internazionale ma solo ad comportamento inamichevole (attuabile anche senza motivo). La prassi evidenzia tuttavia anche ritorsioni attraverso sanzioni economiche (argomento su cui i stati sono sempre sensibili). Lautotutela pu essere collettiva? Si pu agire anche se non si stati direttamente lesi, magari assistendo a crimini internazionali? Non esistono principi generali a favore dellintervento, ma solo regimi speciali di autotutela collettiva, come la legittima difesa collettiva (Art. 51 Carta UN, anche a carattere preventivo), o il divieto di fornitura di armi ed assistenza militare allo stato criminale (norma consuetudinaria). Discorso a parte per il sistema di sicurezza collettiva dellUN, rinvio 49. Molti statuti di organizzazioni internazionali tra cui UN prevedono (quindi sono accordi) la limitazione od il divieto dellautotutela in casi di illecito internazionale, quantomeno previo tentativo di attuare tutte le loro offerte ovvero fintanto le stesse non abbiano posto in essere misure idonee a garantirne il rispetto (la sicurezza). Internamente opera del giudice costituzionale, ordinario. od amministrativo. verificare se un illecito internazionale sia in quella circostanza legittimo perch configurabile come autotutela, ovvero se non esistano gi delle condizioni di reciprocit (meccanismi che rendono automaticamente valida o meno una norma in virt del suo reciproco rispetto. Nota che le reciprocit non operano solo per validit o meno di norme, ma anche per concessioni di cortesie e ritorsioni).

47. La riparazione.
Normalmente, quando possibile, restitutio in integrum. La soddisfazione considerabile come riparazione solo quando viene accettata dallo stato leso (neutralizza lautotutela). La vera forma di riparazione tuttavia il risarcimento del danno. La prassi, diffusa in materia di illeciti a stranieri che fa scattare la protezione diplomatica ( 26), o in casi di azione violenta contro beni, mezzi od organi dello stato, in tal senso. Fuori da questi casi (es. violazione accordi finanziari, commerciali, della navigazione marittima, sfruttamento risorse biologiche e marine) normalmente non si costituiscono facilmente pretese di risarcimento. Diversa situazione quando un trattato preveda un risarcimento per la sua violazione (es. Art. 41 Convenzione Europea dei Diritti Umani 18, che stabilisce che esaurite le possibilit interne di risarcire la violazione la Corte possa concedere un risarcimento alla parte lesa).

48. La c.d. responsabilit da fatti leciti.


Non sembra che il diritto internazionale attuale conosca una responsabilit cos sofisticata. Probabilmente una responsabilit obbiettiva senza illecito e senza colpa configurabile nel caso in cui lo stato sia chiamato a rispondere di attivit di individui solamente posti sotto il suo controllo, es. in materia di danni causati da suoi oggetti spaziali contro la superficie terrestre od aeromobili e navi. Il lavoro della Commissione di diritto internazionale dellUN sulla responsabilit internazionale per le conseguenze dannose derivanti da attivit non vietate, lungi dallattenersi a questo tema, parla di prevenzione, minimizzazione dei rischi, informazione e consultazione, valutazioni di impatto ambientale. Le numerose convenzioni sul risarcimento dei danni prodotti da attivit pericolose poi, non si riferiscono alla responsabilit internazionale, bens al diritto interno sottoforma di responsabilit civile e penale.

49. Il sistema di sicurezza collettiva previsto dalla carta delle Nazioni Unite.
La Carta UN, pur vietando luso della forza nei rapporti internazionali, accentra nel Consiglio di Sicurezza (comprensivo anche delle organizzazioni regionali es. NATO) la competenza a compiere azioni necessarie per il mantenimento dellordine e della pace tra gli stati, ed in particolare luso della forza a fini di polizia internazionale. Nonostante il Consiglio UN abbia mostrato negli anni unevidente impotenza di fronte molti fatti spesso drammatici (WTC), esso finisce per essere comunque coinvolto in tutte le crisi importanti. Al cap. VII il Consiglio, (art. 39) accertata una minaccia o violazione di pace, unaggressione (una risoluzione la definisce: invasione, occupazione militare, bombardamento, blocco porti e coste, bande mercenari da governo), pu (larghissimo potere discrezionale): (art. 40) invitare lo Stato a prendere quelle misure provvisorie necessarie a non aggravare la situazione; (art. 41) decretare contro lo Stato misure sanzionatorie non implicanti luso della forza; (art. 42 ss.) intraprendere azioni armate. Misure provvisorie (art. 40) sono raccomandazioni a ottemperare (debito conto in caso negativo) a quelle misure che il Consiglio reputa necessarie o desiderabili al fine di prevenire un aggravarsi di situazione. La tipica misura il cessate il fuoco. Misure non implicanti luso della forza (art. 41) sono generalmente di carattere economiche o blocco delle comunicazioni e relazioni diplomatiche.

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Misure implicanti luso della forza (art. 42 ss.) (risoluzioni operative, lUN agisce, non ordina ne raccomanda) contro uno stato (aggressore) od allinterno di esso (guerra civile). Si tratta azioni di polizia internazionale attraverso contingenti armati nazionali (modalit, requisiti, addestramento, dislocazione esplicate dallart. 43 ss. ma dal 45 ad oggi mai ricevuto applicazione) sotto il comando del Consiglio di Sicurezza. Esse sono state realizzate attraverso: - Pace keeping operations (non enforcement, sono i caschi blu): forze cuscinetto generalmente non destinate ad usare la forza, reperite e comandate in base agli accordi del Segretario Generale con gli Stati membri in forza di delega del Consiglio. - Delega delluso della forza a Stati membri: autorizzazione a condurre vere e proprie guerre (Corea, Golfo). La legittimit della delega, pi che allart 42 si ritiene inquadrata nellart. 51 ( 46), in cui riconosciuto il diritto di legittima difesa collettiva per respingere un attacco armato. - Tribunali penali ad hoc, sono quelli per i crimini in Jugoslavia e Ruanda, nei quali la possibilit di punire i criminali considerata jus belli (come il Tribunale di Norimberga) ( 51). - Le amministrazioni territoriali post conflittuali, hanno il fine di provvedere allo sviluppo di istituzioni provvisorie democratiche e di autogoverno in attesa di una situazione politica di maggior stabilit, e controllare il trasferimento di poteri successivo. Art. 53 stabilisce che il Consiglio possa utilizzare accordi ed organizzazioni regionali per azioni coercitive sotto la sua direzione. Combinando ancora lart. 51, vengono autorizzate suddette azioni anche autonomamente per legittima difesa.

Parte Quinta Laccertamento delle norme internazionali e la soluzione delle controversie tra stati
50. Larbitrato. La Corte Internazionale di Giustizia.
La funzione giurisdizionale internazionale, intesa come accertamento vincolante del diritto, ha natura arbitrale, essendo ancorata al principio per cui un giudice internazionale non pu giudicare se la sua giurisdizione non stata preventivamente accettata da tutti gli stati parti di una controversia. Gli stati sono quindi liberi di deferire ad un tribunale internazionale una qualsiasi controversia che riguardi i loro rapporti (giuridici, non politici), ma occorre che siano daccordo, sottoponendo la controversia ad un istanza giurisdizionale internazionale, a vincolarsi alla decisione. Se tale volont manca, non possibile costringere uno Stato a sottoporsi a giudizio. Clausola compromissoria (da apporsi ad una convenzione) o trattato generale di arbitrato (obbligo generico di ricorrere ad arbitrato) sono incompleti se si limitano ad obbligare lo Stato a ricorrere ad arbitrato (obbligo de contrahendo), mentre sono completi se obbligano lo Stato a sottoporsi al giudizio di uno specifico, predisposto e gi funzionante tribunale internazionale (Corte Internazionale di Giustizia). La Corte Internazionale di Giustizia, fortemente istituzionalizzata, composta da un corpo permanente di giudici, eletti dallAssemblea Generale e dal Consiglio di Sicurezza che giudica in base a complesse regole di procedura inderogabili dalle parti (che tuttavia hanno comunque deciso ci in base ad un precedente accordo). Interessante una particolare procedura prevista dallo statuto della Corte che prevede che qualsiasi Stato aderente possa in qualsiasi momento anche senza specifico trattato (che invece servirebbe normalmente) riconoscere come obbligatoria la giurisdizione della Corte nei confronti di altro Stato che accetti la medesima obbligazione. E in atto da molti Stati e da grandi Potenze una pratica diretta a rinnegare limpiego arbitrale in relazione a giudizi gi conclusi oppure in corso ma chiaramente volgentisi a loro sfavore , dando inizio ad un declino della funziona giurisdizionale arbitrale in favore di mezzi diplomatici di soluzione di controversie ( 52). Losservanza di una sentenza internazionale deve ritenersi assicurata nel diritto interno dalle stesse norme che provvedono alladattamento alle regole internazionali (obbligo ad osservare sia il trattato che leventuale sentenza emessa in ordine allo stesso).

51. I Tribunali internazionali settoriali.


Va aumentando il numero degli organi giurisdizionali internazionali che hanno competenze settoriali, ed alcuni di essi prevedono da statuto ricorsi unilaterali se non addirittura da parte di individui, o che giudicano individui.

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La Corte di Giustizia delle Comunit europee (Lussemburgo), di origine pattizia, ha competenze in tema di inadempimento degli Stati alle norme della CE, di legittimit sugli atti comunitari, di questioni stragiudiziali (quando innanzi ad un giudice interno di uno Stato membro sollevata una questione relativa allinterpretazione del trattato CE o di validit ed interpretazione di atti comunitari, questo pu sospendere il processo e chiedere una pronuncia della Corte a riguardo, i cui effetti siano immediati e vincolanti per tutti gli Stati membri, perch linterpretazione e la validit siano uguali ovviamente per tutti). LOrgano per la soluzione delle controversie del WTO si occupa di dirimere controversie in materia di commercio internazionale. La Corte Europea dei Diritti Umani (Strasburgo) controlla il rispetto della Convenzione europea sulla salvaguardia dei diritti delluomo e delle libert fondamentali da parte degli stati contraenti ( 18). Il ricorso individuale, vera e propria rivoluzione nel campo della giurisdizione internazionale ancora oggi, ha marcato il grande successo della Corte, provocando da un lato una giurisprudenza ricchissima, ma dallaltro grossi problemi di smaltimento di lavoro (oltre 20000 ricorsi individuali in attesa di esame). Constatata la violazione della Convenzione da parte di uno Stato, se il diritto interno non lo permette o non lo permette completamente, la Corte pu concedere alla parte lesa unequa soddisfazione, di solito una somma di danaro. Da menzionare anche la Commissione e Corte interamerciane dei diritti delluomo (USA non ne fa parte), la Commissione e Corte africane dei diritti delluomo, Comitato per i diritti delluomo del Patto delle UN sui diritti civili e politici. Vi una tendenza ad attribuire la giurisdizione penale, con riguardo ai crimini di guerra e contro lumanit, a Tribunali Internazionali ad hoc. Dopo il primo di Norimberga, quello per il Ruanda ma soprattutto per la ex Jugoslavia hanno dato un grande contributo alla ricostruzione ed interpretazione delle norme sui suddetti crimini. La Corte penale internazionale permanente, nata nel 98 da un lavoro della commissione di diritto internazionale delle UN, in vigore dal 2002 ed osteggiato tra gli altri dallUSA, prevede che la giurisdizione della Corte sia complementare a quella degli stati, ovvero viene esercitata se lo stato non vuole o non pu farlo.

52. I mezzi diplomatici di soluzione delle controversie internazionali.


Si distinguono dai mezzi giurisdizionali perch tendono a facilitare laccordo delle parti, non hanno pertanto aspetto vincolante anche se non trascurano aspetti giuridici. Alla base c un compromesso e non la determinazione del torto e della ragione. I negoziati sono il mezzo pi semplice, ma vi sono anche i buoni uffici e mediazione, quando uno Stato terzo od un organo supremo di Stato od organizzazione a titolo personale interviene. La conciliazione la forma diplomatica pi evoluta e vicina allarbitrato, che vede lintervento di una commissione (solitamente con la collaborazione anche di una Commissione dinchiesta). In tema di invalidit ed estinzione di trattati la Convenzione di Vienna ( 14) prevede la conciliazione come obbligatoria ed avviabile unilateralmente. La Carta delle UN stabilisce (art. 2 par. 3) che gli stati membri hanno lobbligo di risolvere le loro controversie con mezzi pacifici, perseguendo soluzioni mediante negoziati, inchieste, mediazioni, conciliazioni, arbitrati, altri accordi. Si ritiene che per la sua genericit, che impedisce di trarre obblighi precisi, il suo fondamento giuridico sia il noto divieto alluso della forza ( 46). Il Consiglio di Sicurezza UN pu disporre inchieste, indicare mezzi (procedimenti, metodi) e termini (giudizio di merito la cui prassi ne attribuisce ampia libert) di regolamento. Anche lAssemblea generale UN ed organizzazioni regionali possono avere funzioni conciliativi (esclusi i casi su cui si occupi il Consiglio), ed il Segretario generale UN pu prestare opera di mediazione.

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