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Con il patrocinio di
A cura di:
Stefano Badiali, Fernando Candido, Piergiorgio Cavallo, Liliana Copertino, Roberta Colonna,
Matteo Cozzi, Alessandro Dal Rio, Patrizia Ferrari, Andrea Finelli, Aimone Giugni,
Alessandro Monesi, Tommaso Nanetti, Armando Santostefano, Emanuele Talarico, Natascia Visani
Un particolare ringraziamento a:
Dr. Ing. Giovanni Carella,
P.I. Mauro Maccaferri
C.S. Massimo Brini
del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Bologna.
stampato da
Prefazione pag. 5
Introduzione pag. 6
Definizioni pag. 7
Classificazioni delle catastrofi pag. 15
Indicatori di qualità pag. 18
La Catena dei Soccorsi pag. 20
Improvvisazione, ricognizione, organizzazione pag. 21
Funzioni e compiti degli operatori sul posto pag. 23
Il PMA (Posto Medico Avanzato) pag. 26
Il Triage pag. 29
L’operatore di centrale operativa 118 pag. 31
La sicurezza sul luogo dell’evento pag. 32
Gli eventi NBCR (Nucleari Biologici Chimici Radiologici) pag. 33
Eventi NBCR nel mondo Pag. 35
Organizzazione dei soccorsi negli eventi NBCR pag. 39
Agenti chimici pag. 41
La strategia nell’organizzazione pag. 42
Metodo SMUG Hazard Priority System pag. 45
La logistica intra ed extra ospedaliera pag. 48
Il Sistema Nazionale di Protezione Civile pag. 49
Gli strumenti della Protezione Civile pag. 51
Associazione Italiana Medicina delle Catastrofi pag. 52
Croce Rossa Italiana – informazioni generali pag. 54
Simulatori e truccatori della Croce Rossa Italiana: ruolo e funzionalità pag. 55
Bibliografia pag. 58
Assessore all’Ambiente e
Sicurezza del territorio
della Provincia di Bologna
Emanuele Burgin
La complessità delle operazioni di soccorso a questi casi, che vengono definiti “incidenti
maggiori” o “catastrofi ad effetto limitato” (e, a maggior ragione, a situazioni di disastro
vero e proprio) impone un approccio sostanzialmente diverso rispetto a quello impiegato
nell’emergenza medica di tutti i giorni:
in altre parole non basta moltiplicare le squadre di soccorso per affrontare al meglio uno
scenario di maxi-emergenza.
Anche perché la disponibilità di tali risorse risulterà sempre, fatalmente, insufficiente rispetto
ai bisogni generati dall’incidente.
Il manuale nasce come ausilio per tutti coloro, profani e non, che desiderino avvicinarsi alla
cultura della Medicina delle Catastrofi.
L’ordine sequenziale dato alle singole materie è legato all’esperienza di lezioni, meeting,
convegni, ecc.
Ci scusiamo fin d’ora per il mancato approfondimento di alcuni argomenti.
Coscienti del fatto che la vastità della materia ha portato gli autori a non approfondire nel
dettaglio i singoli capitoli.
L’entusiasmo che ci ha accompagnato fin d’oggi ha spronato noi tutti a realizzare questo
manuale.
Dott. Stefano Badiali
ACTION CARDS:
Schede operative predisposte per ciascun ruolo e per ogni fase dei soccorsi, sono preparate
al momento della pianificazione e sono poi utilizzate al momento del disastro. Permettono
di attivare immediatamente tutti gli operatori coinvolti nei soccorsi, superando la prima fase
d’improvvisazione. Questi ausili contengono le linee guida per ogni funzione operativa.
ALS:
Advanced Life Support. Insieme di protocolli e linee guida per il trattamento di quadri
d’emergenza cardiovascolare.
AREA CALDA:
Detta anche “Hot Zone” o area rossa – zona operativa di massima pericolosità.
AREA DI DECONTAMINAZIONE:
Zona costituita da un corridoio d’ingresso ove spogliare i contaminati, da una doccia di
decontaminazione e da un corridoio d’uscita dove rivestire i decontaminati e ricontrollare
l’efficacia della decontaminazione.
AREA ESTERNA:
Detta anche area bianca – Zona non pericolosa e non operativa riservata al pubblico e non
soggetta a controllo e limitazione d’accesso.
AREA FREDDA:
Detta anche “Cold Zone” o area gialla (secondo i VVF italiani) area verde secondo i
Vigili del Fuoco americani ed inglesi – Zona operativa non pericolosa, destinata a
personale tecnico (VVF) e sanitario e di supporto con protezione ordinaria (corridoio di uscita dalla
decontaminazione).
AREA DI RACCOLTA:
Area localizzata nella zona di sicurezza destinata al concentramento delle vittime. Corrisponde
al PMA nei casi in cui non è disponibile una struttura dedicata (tende, containers, shelters).
AREA DI SICUREZZA:
Zona immediatamente circostante l’area dell’evento, di dimensioni adeguate all’entità del
pericolo, da mantenersi sgombra.
AREA TIEPIDA:
Detta anche “Warm Zone” o settore arancio (secondo i VVF italiani) area gialla secondo i
Vigili del Fuoco americani ed inglesi – Zona operativa potenzialmente pericolosa riservata a
personale tecnico (VVF), sanitario e di supporto adeguatamente protetto (ingresso corridoio di
decontaminazione).
AREE DI EMERGENZA:
Aree destinate ad uso di Protezione Civile in caso d’emergenza: In particolare le aree
d’attesa sono luoghi di prima accoglienza per la popolazione immediatamente dopo l’evento.
Le aree d’ammassamento dei soccorritori e delle risorse rappresentano i centri di raccolta
d’uomini e mezzi per il soccorso.
I settori di ricovero della popolazione sono luoghi in cui saranno installati i primi insediamenti
abitativi o le strutture in cui si potrà alloggiare la popolazione colpita.
CANTIERE:
Area che costituisce l’unità elementare in cui è suddiviso uno scenario, sulla base di criteri
topografici o funzionali. Quest’area è individuata in modo da consentire un’ottimale
distribuzione delle squadre di soccorso. (esempio: una carrozza ferroviaria di un convoglio
deragliato, un’ala di uno stabile crollato, un troncone di fusoliera di un aeromobile, un piano
di uno stabile incendiato). Più “cantieri” possono essere raggruppati in un unico “settore”
(vedi).
CATACLISMA:
Evento dovuto alle forze della natura senza intervento dell’uomo (secondo la Scuola
Francese).
Condizione che richiede un assetto dei soccorsi superiore al livello ordinario per un evento che
ha una tal estensione da avere pregiudicato la stessa catena dei soccorsi (es. terremoto con
compromissione degli ospedali della zona).
La caratteristica che accomuna queste due definizioni è il forte squilibrio tra necessità di
soccorso e risorse disponibili. La medicina delle catastrofi cerca di ridurre questo squilibrio.
CATASTROFI ANTROPICHE:
Comprendono incidenti legati all’attività dell’uomo:
• CATASTROFI CONFLITTUALI E SOCIOLOGICHE: Comprendono atti terroristici,
sommosse, conflitti armati, uso d’armi chimiche, batteriologice e nucleari, epidemie, carestie,
migrazioni forzate di popolazioni, incidenti durante spettacoli o manifestazioni sportive.
• CATASTROFI TECNOLOGICHE: Comprendono incidenti in attività industriali
(incendio, rilascio di sostanze inquinanti e rilascio di radioattività), nei trasporti (aerei,
ferroviari, navali o stradali), collasso dei sistemi tecnologici (black out elettrico o informatico,
interruzione di linee elettriche, idriche o condotte di gas, collasso di dighe), incendi boschivi od
urbani, crollo d’immobili per abitazione o d’ospedali.
CATASTROFI NATURALI:
Comprendono fenomeni geologici (terremoti, maremoti, eruzioni vulcaniche, caduta di
meteoriti), meteorologici (piogge estese, siccità, nebbia, trombe d’aria), idrogeologici
(alluvioni, esondazioni, frane, valanghe) e le epidemie animali.
DEFUSING:
Momento, non necessariamente strutturato, deputato a raccogliere lo sfogo delle tensioni
psicologiche accumulate in seguito ad uno stress significativo (come l’esposizione ad
un’operazione di soccorso ad una maxiemergenza) e ad attuare una liberazione emozionale.
DEBRIEFING:
Momento strutturato, individuale o a piccoli gruppi omogenei, che si tiene poco dopo l’evento,
finalizzato a rievocare i fatti e le emozioni provate durante e dopo l’evento ed a spiegare la
normalità di quanto provato nella situazione sperimentata.
DECISION MAKING:
Processo attraverso il quale il manager prende le decisioni. L’attività del Disaster Manager è
basata sulla capacità di tradurre in realtà le decisioni prese e le strategie approntate.
DECONTAMINAZIONE:
Azione volta a neutralizzare una sostanza o un agente contaminante.
DIRETTORE al TRASPORTO:
Figura prevista dalle linee guida del Dipartimento della Protezione Civile. E’ un infermiere od
operatore tecnico incaricato di gestire la movimentazione dei mezzi per il trasporto sanitario in
funzione delle priorità emerse durante le operazioni di triage e stabilizzazione. Si rapporta con
il Direttore dei Soccorsi Sanitari. Il suo ruolo è analogo a quello del MDM EVACUAZIONE, anche
se quest’ultimo ha funzioni più complesse.
DISASTER MANAGER:
Nuova figura del Dipartimento della Protezione Civile. E’ un professionista in grado di gestire
le fasi dei soccorsi in caso di catastrofe dal punto di vista organizzativo e di coordinamento,
riducendo il prima possibile il disavanzo tra risorse necessarie e quelle disponibili.
DISPOSITIVO DI INTERVENTO:
Complesso di risorse umane e materiali utilizzate globalmente per la risposta all’evento.
EVACUAZIONE:
Fase della Catena dei Soccorsi che va dall’uscita del PMA fino agli ospedali.
All’uscita del PMA s’identifica un settore, detto Punto d’Evacuazione, da cui le vittime
proseguono per la destinazione ospedaliera, annotata sulla scheda sanitaria, previo
accordo con la CO. L’evacuazione avviene in genere via terra o con elicotteri; nelle catastrofi di
dimensioni medie o maggiori si può ricorrere anche a treni, aerei o navi.
EVENTO NBCR:
Evento caratterizzato dalla presenza di agenti nucleari, biologici, chimici o radiologici.
FUNZIONI DI SUPPORTO:
Costituiscono l’organizzazione delle risposte, distinte per settori d’attività e d’intervento,
che occorre dare alle diverse esigenze operative. Per ogni settore di supporto s’individua un
responsabile che, relativamente al proprio settore, in situazione ordinaria provvede
all’aggiornamento dei dati e delle procedure, in emergenza coordina gli interventi dalla Sala
Operativa.
FUNZIONE 2:
Funzione Sanità umana, veterinaria ed assistenza sociale, attivata a livello di Centri di
coordinamento operativi in emergenza (DICOMAC, CCS, COM, COC).
GOLDEN HOUR:
importanza d’adeguato trattamento a partire dai primi minuti dopo il trauma. Ovviamente è un
concetto clinico che deve rimanere valido anche in caso di catastrofe.
INCIDENTE MAGGIORE:
Evento dannoso per la collettività che lo subisce.
Per fronteggiare questo tipo d’evento è richiesta un’organizzazione dei soccorsi superiore al
livello standard.
LOGISTICA:
Insieme delle procedure di supporto all’impiego di uomini, materiali e mezzi.
MANAGEMENT:
Forma di coordinamento delle risorse umane e materiali, per definizione limitate, allo scopo di
raggiungere l’obiettivo (portare soccorso per salvare vite umane).
MDM COORDINATORE:
Sinonimo di Direttore dei Soccorsi Sanitari (vedi).
MDM EVACUAZIONE:
Gestisce le operazioni di trasferimento di pazienti dalla zona d’operazioni agli ospedali.
1) censire i mezzi disponibili dividendoli in mezzi d’evacuazione unitaria (un solo ferito)
medicalizzati e non, e mezzi di evacuazione multipla, medicalizzabili
2) organizzare la zona di stazionamento dei vettori di evacuazione
3) organizzare un’area di imbarco vicina al PMA
4) assicurare la presenza fissa degli autisti sui mezzi
5) recuperare il tagliando relativo all’evacuazione, staccandolo dalla scheda triage
6) controllare le operazioni di trasferimento e la destinazione dei mezzi
7) riferire ed aggiornare l’MDM Info sulla situazione dei mezzi e sulle loro missioni
MDM INFO:
Esegue e controlla le comunicazioni e informazioni. E’ di supporto diretto al MDM
Coordinatore (o Direttore dei Soccorsi Sanitari).
1) assegnare e controllare i nominativi radio dei settori con il supporto delle associazioni
di radioamatori
2) verificare l’operatività dei vari settori
3) verificare continuamente i problemi eventuali e comunicarli al Coordinatore
4) controllare l’efficacia dei flussi informativi con i settori
5) predisporre l’area di deposito salme e operazioni d’identificazione vittime
MDM PMA:
Coordinatore delle attività del PMA:
1) esaminare e fare esaminare le vittime, assicurandone la sorveglianza
2) garantire la stabilizzazione clinica dei feriti in base alla gravità
3) compilare o far compilare la scheda di triage
4) facilitare l’opera di riconoscimento delle vittime
5) fornire un bilancio aggiornato dell’evento al MDM coordinatore.
MDM LOGISTICA:
Si occupa di assicurare i flussi di materiali e presidi necessari per il funzionamento dei
soccorsi. Le sue aree d’intervento riguardano i rifornimenti di tipo sanitario e l’organizzazione
di un’area di riposo e ristoro per i soccorritori.
MDM RECUPERO:
Coordina le attività delle squadre di soccorso nei vari “cantieri”:
NORIA:
Il termine, d’origine arabo-spagnola, descrive la ruota di un mulino ad acqua e identifica il
flusso continuo tra una stazione all’altra della Catena dei Soccorsi dei mezzi che trasportano i
feriti per tornare subito dopo al punto di partenza per trasportare un nuovo paziente.
• NORIA DI SALVATAGGIO (o PICCOLA NORIA): circuito delle squadre composte
da personale tecnico (VVF) e sanitario, finalizzato al recupero di vittime dal luogo dell’evento
(cantiere) verso il PMA.
• NORIA DI EVACUAZIONE (o GRANDE NORIA): circuito delle ambulanze e
degli altri mezzi di trasporto sanitario dal PMA verso gli ospedali e viceversa al fine della
ospedalizzazione delle vittime.
PERIMETRO DI SICUREZZA:
Area delimitata da parte dei Vigili del Fuoco, segnalata da bande colorate; il numero dei soc-
corritori del perimetro di sicurezza deve essere ridotto al minimo indispensabile per eseguire le
operazioni di soccorso (rischio evolutivo); nessuna figura non indispensabile e non riconoscibile
deve penetrare all’interno del perimetro.
PROTEZIONE CIVILE:
Complesso d’attività volte a tutelare l’integrità della vita, i beni, gli insediamenti e l’ambiente
dai danni e dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da catastrofi e da altri eventi
calamitosi.
RICOGNIZIONE:
Procedura d’approccio ad uno scenario d’incidente maggiore finalizzata ad una prima
valutazione dell’entità dell’evento. Spesso è effettuata dall’alto, per mezzo di un elicottero.
In situazioni particolari, quali incidenti chimici o nucleari, deve essere compiuta da personale
specializzato.
RISCHIO EVOLUTIVO:
Possibilità che un evento possa proseguire nella sua azione lesiva o innescare altri
pericoli, provocando lesioni o morte agli individui che ne subiscono l’effetto. La conoscenza del
concetto di rischio evolutivo deve essere patrimonio comune di tutti coloro che svolgono azioni
di soccorso sul territorio o prestano servizio in ambienti lavorativi esposti a tale situazione. La
responsabilità principale dell’operatore deve essere l’incolumità personale, dei propri colleghi,
delle persone presenti sulla scena e delle vittime.
SCHEDA DI TRIAGE:
Il ferito deve essere identificato ed accompagnato da una scheda di triage che indica
la classe di gravità. Se all’inizio il ferito può essere individuato sol in base al codice
colore di gravità, è indispensabile che al PMA, per ogni ferito coinvolto, sia
compilata una scheda che lo accompagnerà fino all’arrivo in ospedale.
SETTORE:
E’ un’unità topografica che comprende un vasto ambito dello scenario dei soccorsi. Ad esso
afferiscono più cantieri.
SETTORIALIZZAZIONE:
Consiste nella suddivisione dell’area dei soccorsi. Le zone sono divise in settori e questi a loro
volta in cantieri: questi ultimi costituiscono l’unità elementare in cui organizzare le operazioni
sul campo. Lo scopo della settorializzazione è la razionalizzazione delle risorse, distribuendole
in modo uniformei.
SQUADRE DI SOCCORSO:
Unità comprendenti operatori sanitari che provvedono alla gestione delle vittime sul luogo
dell’evento ed al loro trasporto fino al Posto Medico Avanzato.
SQUADRE SANITARIE:
Unità comprendenti personale sanitario che operano nel PMA e seguono il ferito fino al ricovero
in ospedale.
STRATEGIA:
L’arte e la capacità di pianificare in anticipo le soluzioni organizzative a diversi livelli. Oltre alla
pianificazione, prevede la verifica delle procedure e la formazione degli operatori.
TATTICA:
Capacità di metterle in pratica le soluzioni organizzaztive adattandole alle caratteristiche
specifiche del singolo scenario incidentale attraverso la realizzazione della catena dei soccorsi.
VITTIMA:
Persona coinvolta nell’evento. Comprende feriti, scampati e deceduti.
La classificazione prevista dalla Legge di istituzione del Servizio di Protezione Civile Nazionale
prevede 3 tipi di eventi, per ognuno dei quali identifica precisi ambiti di competenza e
responsabilità nella gestione dei soccorsi:
a) CATASTROFI NATURALI:
• Fenomeni geologici:
o Terremoti – maremoti
o Eruzioni vulcaniche
o Bradisismo
o Caduta di meteoriti e asteroidi
• Eventi meteorologici:
o Piogge estese
o Siccità
o Trombe d’aria – tifoni - uragani
o Neve - Ghiaccio - Grandine
o Nebbia
• Fenomeni idrogeologici:
o Alluvioni – esondazioni
o Frane
o Valanghe – slavine
o Collasso ghiacciai
• Varie:
o Epidemie animali
Altri fattori classificativi, importanti nelle decisioni relative al tipo e all’entità dei soccorsi da
mettere in campo, sono:
• configurazione geografica
• zona urbana
• zona rurale-extraurbana
• configurazione sociale
• paese industrializzato
• paese in via di sviluppo
• estensione geografica
• inferiore a 1 chilometro
• tra 1 e 100 km
• oltre 100 km
• numero delle vittime (intese come persone coinvolte nell’avvenimento)
• catastrofi limitate (meno di 100 vittime)
• catastrofi medie (tra 100 e 1.000 vittime)
• catastrofi maggiori (più di 1.000 vittime).
• effetti sulla comunità (danneggiamento delle infrastrutture quali: vie di
comunicazione, reti elettriche, ecc.)
• catastrofi semplici
• catastrofi complesse
• durata dei soccorsi
• inferiore alle 6 ore
• compresa tra 6 e 24
• superiore alle 24 ore.
Livello
• 1 = inferiore o uguale a 15 vittime
• 2 = da 15 a 30 vittime
• 3 = oltre 30 vittime
Contaminazione
• X = contaminazione accertata o molto probabile da sostanze chimiche.
• Z = contaminazione accertata o molto probabile da parte di sostanze VIRALI o
BATTERICHE.
1 punto 2 punti
Con l’indicazione “catena dei soccorsi” si intende sia una sequenza cronologica di fasi che
caratterizzano la gestione ideale di una maxiemergenza, sia la serie di “tappe” che
compongono il percorso dei feriti verso gli ospedali di cura definitiva.
L’obiettivo principale é quello di salvare il maggior numero possibile di vite umane avvalendosi
di risorse che, per definizione, sono limitate.
La necessità di “interrompere” il viaggio dei feriti verso gli ospedali, fermandosi in più
punti, anche se può apparire una contraddizione, è dovuta al fatto che bisogna impedire
che gli ospedali collassino per sovraccarico di pazienti e che molto spesso la distanza che
li separa dal luogo dell’incidente è tale che le ambulanze, sempre in numero insufficiente,
impiegherebbero tempi lunghissimi per evacuare direttamente TUTTI i feriti. (Vedere “Medical
Transport Capacity”).
La “sosta” nelle aree di raccolta e nei PMA è comunque finalizzata a realizzare momenti sempre
più complessi di trattamento medico. La sosta è finalizzata ad azioni salvavita per i pazienti.
1° FASE “Improvvisazione”
E il momento immediatamente successivo all’evento. La paura, lo sgomento, il coinvolgimento
di amici o famigliari portano ad un atteggiamento smarrito nel migliore dei casi o il caos nella
ipotesi peggiore. Prima inizierà una reazione organizzata, minori saranno le conseguenze
avverse. Poiché in questa fase sono coinvolti gli scampati e il personale tecnico sanitario
che per caso si trova nelle immediate vicinanze, è importante che i principi elementari
della Medicina delle Catastrofi siano portati a conoscenza della popolazione, esattamente
come si sta facendo per le emergenze cardiologiche ed il primo soccorso ai traumi.
2° FASE “Ricognizione”
Viene effettuata entro i primi minuti dopo l’attivazione del dispositivo di risposta all’emergenza,
da parte del primo mezzo di soccorso che arriva sul posto e che quindi non dovrebbe dedicarsi
(almeno per i primissimi istanti) al soccorso diretto delle vittime.
La visione dall’alto rimane la situazione ottimale, quando ciò è possibile (elicottero).
Per rendere più facile la procedura di ricognizione, viene proposto lo schema mnemonico
METHANE:
La settorializzazione consente di ottimizzare le risorse sul campo e, in molti casi, aiuta a risalire
all’identità delle vittime, come illustrato negli esempi seguenti.
L’integrazione tra le forze presenti sul campo (Vigili del Fuoco, Forze dell’Ordine, Enti di
Volontariato e Protezione Civile) non può avvenire solo nei momenti operativi.
La collaborazione deve essere pianificata e facilitata dalla conoscenza reciproca e condivisione
delle specifiche procedure operative mediante momenti di confronto e iniziative comuni di
formazione e di addestramento.
La suddivisione dei compiti sarà facilitata da un coordinamento sul posto.
Il soccorso vero e proprio si realizza attraverso la costruzione della “Catena dei Soccorsi”.
Il soccorso tecnico (Vigili del Fuoco) adotta il modello di derivazione statunitense denominato
ICS (Incident Command System), rappresentato nello schema seguente:
Per il soccorso sanitario, tale schema risulta eccessivamente rigido, soprattutto perché
prevede dei dimensionamenti numerici delle varie unità affidate ai vari coordinatori o
supervisori che rispecchiano un’organizzazione di base completamente differente da
quella italiana (e spesso persino europea). Ad esempio, è previsto che ciascun coordinatore o
supervisore possa avere sotto di sé un massimo di 5-7 unità soltanto.
Per adattare alla realtà italiana il concetto di coordinamento orientato per funzioni, l’AIMC ha
proposto uno schema, denominato Medical Disaster Management (MDM) di cui si riproducono
le linee essenziali.
I due sistemi non sono incompatibili perché, a ben guardare, lo schema MDM si inserisce nello
schema ICS dove compare la casella “Soccorsi sanitari”.
MDM Evacuazione:
• Assegna gli identificativi di chiamata delle varie unità impegnate nella zona dei socorsi
(ove non siano già state previste)
• Organizza e gestisce la zona di arrivo dei mezzi di trasporto sanitario, terrestri ed aerei.
• Organizza le zone di imbarco dei pazienti per l’evacuazione verso gli ospedali
• Assicura la sicurezza delle zone di imbarco dei pazienti usciti dal PMA
• Tiene traccia del flusso di pazienti usciti dal PMA e inviati agli ospedali
• Gestisce, in accordo con la Centrale Operativa 118, la “Grande Noria (o Noria di
Evacuazione)
• Monitorizza l’adeguatezza del numero di mezzi e di risorse umane per l’evacuazione dei
feriti
MDM PMA:
• Organizza e supervisiona l’attività del Posto Medico Avanzato
• Supervisiona il Triage
• Supervisiona le procedure di stabilizzazione
• Verifica la documentazione dei trattamenti effettuati e dei risultati di triage
• Coordina l’attività dei referenti delle aree di trattamento Codici Rossi, Codici Gialli e
Codici Verdi
MDM Recupero:
• Coordina le squadre deputate alla “Piccola Noria”
(o Noria di Salvataggio)
• Supervisiona il primo triage sul posto (Sweeping
Triage)
• Supervisiona le operazioni di estrazione e recupero
dei feriti intrappolati, in coordinamento con i
Caposquadra dei Vigili del Fuoco
• Identifica dove realizzare le Aree di Raccolta.
L’ORGANIZZAZIONE
Il PMA non deve essere confuso con l’Ospedale da Campo; il primo é un anello della catena
dei soccorsi ove sono eseguiti gesti di soccorso e stabilizzazione in vista di un’evacuazione; il
secondo é una struttura di cura e degenza che può essere più o meno lunga.
In un PMA il ferito transita, nell’ospedale da campo soggiorna!
Nell’allestimento di un PMA deve prevalere il concetto di unità funzionale piuttosto che quello
di entità strutturale, anche se è opportuno che vengano predisposti moduli campali di pronto
e facile impiego.
L’architettura di un PMA costituito da moduli dedicati (tende pneumatiche o simili) può essere
“in linea”, “a losanga” oppure “a croce” in funzione del tipo di terreno su cui si opera, della
superficie disponibile e del tipo d’intervento.
CRITERI DI INSTALLAZIONE
LA SICUREZZA
La scelta del luogo di installazione del PMA deve tener conto di un unico imperativo assoluto:
la sicurezza al riparo dai rischi evolutivi connessi con l’evento in causa: una volta installato
e attivato, il PMA non potrà più essere spostato senza causare problemi tali da annullarne
l’efficacia.
L’ACCESSIBILITA’
I percorsi di accesso al PMA (Noria di salvataggio) devono consentire alle squadre di
salvataggio di condurre le vittime al PMA senza ostacoli o ritardi.
Il circuito di evacuazione dal PMA deve disporre di un percorso diverso da quello di arrivo delle
vittime.
L’ERGONOMIA
Il PMA deve offrire:
• riparo dalle intemperie
• spazio sufficiente per trattare i feriti
• un minimo di mezzi di collegamento, di supporto di segreteria e di riserve di energia
(elettricità, gas compressi, acqua).
LA VICINANZA
Il PMA deve essere installato il più vicino possibile alla zona del disastro.
Questo criterio rappresenta l’unico compromesso che si deve raggiungere per rispettare i
criteri di accessibilità ed ergonomia senza compromettere la sicurezza dei soccorritori.
MDM PMA:
Coordina l’intera attività del PMA
MDM EVAC:
Organizza la zona di imbarco per l’evacuazione.
La figura illustra una delle possibili soluzioni per allestire un PMA completo.
A tal fine, all’arrivo al PMA è necessaria la rivalutazione delle vittime con ricerca delle
condizioni potenzialmente mortali per garantire il mantenimento delle funzioni vitali con
tecniche avanzate di supporto (ALS).
• In linea di massima, il PMA deve avere un’area critica con eventuale divisione in area
rossa e gialla.
• La definizione degli atti e delle risorse da utilizzare sono elencate nella tabella”.
Fonendoscopio
Ventilazione manuale Pallone AMBU e maschera
Ventilazione adeguata Ventilazione meccanica Ventilatore meccanico
Verifica Capnometro
ODD (Oesophageal Detector
Devices)
Agocanule per vene periferiche
Agocanule per vene centrali
Incanulamento vene periferiche Sistemi deflussori
Incanulamento vene centrale Infusioni in contenitori
Assicurare volemia e Infusione intraossea (pediatrica) comprimibili
controllare Defibrillazione Pompe da infusione
emodinamica Farmacoterapia Defibrillatore
Monitoraggio Farmaci cardiocircolatori
Sedo-analgesia Cardiomonitor
Sfigmomanometro
Farmaci
Valutare lo stato
AVPU / GCS Schema di computo
neurologico
Esame clinico Esame obiettivo
Approfondimento Ecografia salvavita Ecografo
diagnostico Bilancio volemico Catetere vescicale
SNG
Terapia Terapia specifica Farmaci
La Consensus Conference nazionale del 2005 definisce il triage come: “una procedura sanitaria
di tipo dinamico, convalidata scientificamente, che consente di gestire le limitate risorse al fine
di ridurre al massimo la mortalità e la morbilità delle persone coinvolte”.
Ancora la Consensus Conference nazionale del 2005 stabilisce che: “Il metodo di triage
raccomandato in sede extraospedaliera è lo STaRT triage. ........... Se le risorse lo
consentono, a partire dal Posto Medico Avanzato (PMA), è raccomandato l’utilizzo di tecniche di
triage più complesse o che richiedano gradi di competenza e professionalità superiori, al fine di
migliorarne l’efficacia in relazione agli obiettivi del trattamento da perseguire.”
Le procedure di triage più complesse prevedono che il contatto col paziente più la visita non
superino comunque i 5 minuti circa.
I pazienti così classificati ricevono cure palliative, almeno fino a quando le risorse disponibili
non aumentano ad un livello tale da permettere un trattamento più completo senza sottrarre
risorse ai pazienti che hanno maggiori possibilità di sopravvivenza.
In area rossi vengono effettuate manovre terapeutiche per permettere una sopravvivenza di
almeno tre ore. Ciò permette un’attesa maggiore per il ricovero definitivo.
In area gialli vengono effettuate manovre terapeutiche per permettere che il paziente non
evolva a codice rosso. Ciò permette un’ attesa maggiore per l’ospedalizzazione.
1. L’ambulanza in zona.
2. L’automedica in appoggio
3. Il mezzo maxi-emergenze.
4. Il personale addetto per installare un PMA
5. Il personale addetto ad operare nel PMA
6. Il PEIMAF (Piano di Emergenza Interno per Massiccio Afflusso di Feriti).
Per aiutare l’operatore 118 a comprendere le dimensioni dell’accaduto, in caso di incidente che
si discosti dall’ordinario, sarebbe utile utilizzare almeno alcune delle voci previste dallo schema
METHANE.
Particolarmente emblematico è quanto accadde a New York l’11 settembre 2001. Nonostante
esistessero protocolli estremamente rigidi su come posizionare in sicurezza i mezzi di soccorso
negli interventi per crollo di edifici, conoscendo bene i pericoli della caduta di vetri e di detriti
da grandi altezze, le dimensioni di questo incidente provocarono un coinvolgimento emotivo
tale che tali protocolli vennero dimenticati nella tensione del momento e di fronte ad una
così grande richiesta di soccorso che, quando crollò la torre Sud, una fila di 15 ambulanze fu
completamente sventrata dai materiali in caduta.
E’ evidente che la maggior parte di questi fattori di rischio, collegati con lo scenario incidentale,
sono relativi ad ambienti confinati, piuttosto che a spazi aperti.
A titolo di esempio, si tenga presente che, da uno studio effettuato sull’area metropolitana di
Bologna, la percentuale di incidenti maggiori avvenuti in ambienti confinati è del 44% e che,
nella stessa area, gli edifici a sviluppo verticale alti più di 30 metri sono 593.
Facile comprendere quindi che la formazione alla sicurezza e l’addestramento del personale,
nonchè lo studio di questi eventi, sono un ottimo investimento.
Nell’affrontare uno scenario NBCR il sistema dei soccorsi viene messo a dura prova.
La difficoltà di tale intervento può essere attribuita a carenze nel sistema dei soccorsi (perché
si tratta di eventi non frequenti come i “normali” incidenti stradali), incontrollabilità degli effetti
sui feriti, difficile gestione delle cause.
Doveroso, quindi, cercare di comprendere le modalità gestionali più idonee per il soccorso nelle
emergenze NBCR.
• Raggi Alfa: Particelle con potere penetrante debolissimo. Le particelle Alfa sono
dannose solo se emesse entro il corpo umano.
l rischio biologico
L’utilizzo di batteri, funghi, virus, tossine per provocare la morte o la malattia negli uomini,
negli animali o nelle piante.
Si può avere rischio biologico per la presenza (e la diffusione) di:
Microrganismi.
(batteri, virus, funghi e protozoi)
Tossine.
(sostanze velenose derivate da organismi viventi.)
Parassiti.
(organismi che vivono e si nutrono approfittando dell’organismo che li ospita).
La decisione di riassumere gli eventi nucleari, biologici, chimici e radiologici che si sono
verificati negli ultimi 30 anni è stata presa per documentare come questi eventi, anche se
meno frequenti rispetto ad altri tipi di emergenze, sono particolarmente insidiosi e richiedono
in primo luogo un elevato livello di attenzione da parte di tutti nei confronti di temi ambientali
e sociali che molto spesso vengono percepiti come poco importanti o di competenza di pochi
“addetti ai lavori” oppure come pretesti per campagne politiche.
Iran2004
Dopo una violenta esplosione si incendia un convoglio formato da 51
vagoni, dei quali 17 trasportavano zolfo, 6 combustibile, 7 fertilizzanti e 10
cotone idrofilo.
Le prime notizie vengono date solo 9 ore dopo l’accaduto. 295 le vittime.
350 i feriti. Tra i morti vi furono soccorritori, autorità, e gli abitanti dei
villaggi vicini intervenuti per dare soccorso.
Napoli 2007
Nelle strade ci sono 2.700 tonnellate di rifiuti e altre 2.000 sono accumulate
in discariche provvisorie o ancora stipate sugli automezzi.
L’incendio di cumuli di spazzatura sprigiona diossina (altamente tossica).
Il caldo estivo aumenta l’emergenza infezioni. Vengono cosparsi
sull’immondizia prodotti disinfettanti per limitare i cattivi odori e “per
cercare di contenere il proliferare di insetti e grossi ratti”.
Bergamo 2007
Un’esplosione all’interno di un’azienda chimica (la Acs Dopfar di Albano
Sant’Alessandro) ha provocato un incendio e l’alzarsi di una vasta nube
che si è allargata ai paesi vicini. Scattato l’allarme, è stato subito deciso di
evacuare le scuole di Albano, Torre de Doveri e dei paesi vicini.
Tra le varie tipologie di incidenti che sono compresi nella sigla NBCR, quella più probabile
perché collegata a normali attività industriali, senza andare a scomodare le ipotesi di attacco
terroristico, è quella relativa agli effetti di sostanze chimiche uscite di controllo da un processo
produttivo o sversate in conseguenza di un incidente di trasporto.
Quindi ci riferiremo principalmente a questo tipo di scenario.
In uno scenario NBCR, la zona dell’evento viene divisa in zone concentriche denominate:
• AREA CALDA: detta anche “Hot Zone” o area rossa – zona operativa di massima
pericolosità riservata esclusivamente a personale tecnico (VVF) con protezione di
livello massimo (tute scafandrate e autorespiratore).
• AREA TIEPIDA: detta anche “Warm Zone” o area arancione, secondo i VVF italiani
o area gialla, secondo i Vigili del Fuoco americani ed inglesi – Zona operativa
potenzialmente pericolosa riservata a personale tecnico (VVF), sanitario e di supporto
adeguatamente protetto (in questa zona si colloca il corridoio d’ingresso all’area di
decontaminazione).
• AREA FREDDA: detta anche “Cold Zone” o area gialla, secondo i VVF italiani o area
verde, secondo i Vigili del Fuoco americani ed inglesi – Zona operativa non pericolosa,
destinata a personale tecnico (VVF), sanitario e di supporto con protezione
ordinaria (in questa zona termina il corridoio di uscita dall’area di decontaminazione).
L’isolamento della zona contaminata, realizzato delimitando le varie aree Calda, Tiepida e
Fredda, serve a scongiurare l’ipotesi che alcuni pazienti si rechino autonomamente presso
gli ospedali per cercare soccorso. Si eviterà così sia il rischio di dover isolare (e inattivare)
l’ospedale contaminato che l’ampliamento della zona contaminata.
Per aggressivo chimico si intende una sostanza solida, liquida o gassosa che attraverso le sue
proprietà produce effetti dannosi, inabilitanti, o mortali sull’uomo, sugli animali, sulle piante.
Poiché è essenziale riconoscere al più presto il tipo di sostanza che è in gioco, sono stati
elaborati dei sistemi di segnalazione che, attraverso codifiche varie, possano informare i
soccorritori (e tutti gli addetti alla manipolazione di tali sostanze) dei pericoli che tale sostanza
può generare.
Numero Kemler
286
xxxx
Numero ONU
Se la cifra è ripetuta, indica un alto pericolo (ad es. 266 indica gas molto tossico).
266
xx xx
Il numero ONU è un codice composto da 4 cifre che identificano in modo univoco la sostanza
trasportata.
Consultando apposite tabelle (che non vengono qui riportate) si risale alla sostanza in
questione.
Esempio: 1223 è il codice ONU del kerosene.
Gli strumenti che la Medicina delle Catastrofi utilizza per gestire la risposta sono
essenzialmente tre:
Il punto di partenza della pianificazione è l’analisi dei rischi esistenti nella realtà territoriale in
cui si opera. E’ utile non solo per pianificare gli aspetti operativi, ma anche per progettare la
prevenzione su rischi reali,ottimizzando così i costi relativi a tali iniziative.
Il rischio è il valore atteso delle perdite umane, dei feriti, dei danni alle proprietà e delle
perturbazioni alle attività economiche dovuti al verificarsi di un particolare fenomeno di una
data intensità. Rischio e pericolo spesso vengono confusi, in realtà identificano situazioni ben
definite. Il rischio è l’esposizione a danno potenziale intrinseco ed è schematizzabile come
segue:
Con il termine frequenza intendiamo la cadenza prevista per l’evento, in funzione di dati storici
(molti eventi, come ad esempio i terremoti, tendono a ripetersi con una ciclicità abbastanza
costante).
La magnitudo è l’ampiezza delle conseguenze relative all’evento stesso.
La vulnerabilità è il grado di perdita prodotto su un certo elemento o gruppo di elementi esposti
a rischio risultante dal verificarsi di un fenomeno di una data intensità.
L’analisi del rischio permette quindi di ipotizzare scenari realistici per costruire risposte
credibili.
Le due figure seguenti riassumono in un esempio sintetico il panorama dei rischi esistenti per
il territorio Bolognese.
Legenda:
Individuo a rischio
Dga
Centro commerciale
Aereoporto
Ospedale
Autostrada
Strada Provinciale
Strada Statale
Archi Ferroviari
Centro Abitato
Legenda:
Territorio abitato
Fiume
Area esondata
Area a rischio idrogeologico
Parco naturale
Centro abitato
Esistono poi dei metodi per parametrare i rischi rilevati su di un territorio, in modo da
evidenziare quelli maggiormente preoccupanti a cui dare la precedenza nella preparazione dei
piani operativi per fronteggiarli.
Uno di questi metodi è stato messo a punto in Nuova Zelanda e viene qui riportato a titolo di
esempio.
Questo sistema d’analisi e valutazione dei rischi nasce e viene utilizzato in Nuova Zelanda e
permette un confronto diretto tra vari rischi possibili attribuendo i punteggi:
• massimo
• medio
• basso
1- SERIOUSNESS /GRAVITÀ
La gravità descrive l’impatto del rischio preso in esame in termini di danni materiali e/o a
persone.
Nel caso un rischio rappresenti una minaccia per gran numero di persone e/o comporta danni
d’elevato costo, allora si assegna una valutazione di “livello alto”.
2- MANAGEABILITY /GESTIBILITÀ
La gestibilità si riferisce alla possibilità di fare qualche cosa per ridurre il rischio. Se il rischio
può essere ridotto, allora la valutazione sarà alta. L’evento gestibile solo a fatto accaduto avrà
un punteggio basso.
3- URGENCY/URGENZA
a. Alto: indica la necessità di un’operatività immediata.
b. Medio: indica una richiesta di risposta prorogabile nell’immediato futuro.
c. Basso: non c’è urgenza ed è possibile organizzare una strategia adeguata in un futuro
a medio termine.
4- GROWTH /EVOLUZIONE
Si valuta la dinamicità dell’evento senza ’intervento dei soccorsi:
Rapido aumento del rischio = livello “massimo”.
Graduale aumento del rischio = livello “medio”.
Staticità del rischio = livello “basso”.
B/Basso = 1 punto
M/Medio = 5 punti
A/Alto =10 punti
Pregi Difetti
• Elevato realismo • Elevati costi
• Esperienza diretta dei problemi da • Complessità organizzativa
affrontare • Possibile interferenza con l’attività di
• Coinvolgimento concreto fisico ed routine
emotivo • Non consente l’immediata visione
• Fa toccare con mano i vari problemi d’insieme dei problemi
pratici che si pongono durante le • Non consente la percezione dei punti
operazioni di vista degli operatori di altri enti.
• Può favorire l’affiatamento con
operatori di altri enti.
• mediante simulazione “da camera”
Pregi Difetti
• Buon realismo • Favorisce l’affiatamento con gli
• Costi molto contenuti operatori di altri enti.
• Facilità di organizzazione • Richiede un rispetto rigoroso delle
• Coinvolgimento emotivo elevato regole del gioco
• Non interferisce con le attività di • Richiede una metodologia rigorosa e
routine collaudata
• Consente l’immediata visione • Molte procedure vengono solo
d’insieme dei problemi dichiarate e non realmente eseguite
• Consente la percezione dei punti di • Non consente di fare esperienza dei
vista degli operatori di altri enti problemi pratici connessi con le varie
manovre di soccorso.
Ne deriva che il concetto di “Logistica” contiene due significati: quello di operare in modo che
risorse umane e materiali pervengano al posto giusto, al momento giusto, nella quantità e
qualità giusta e quello di gestione e controllo efficiente di beni, risorse e servizi appartenenti
alla collettività, dal punto di origine al punto di consumo.
Il supporto ai piani di soccorso sanitario é dato dalla logistica, vale a dire dall’insieme delle
persone e dei mezzi necessari ad affrontare una situazione eccezionale. I piani,per quanto
efficienti, non possono funzionare se non sono disponibili tutti gli strumenti necessari per
permettere il dispiegamento sul campo degli uomini. Per definire ciò che è necessario occorre
conoscere:
Chi si occupa di logistica dovrà poi tenere presente vari aspetti che possono influire
sull’impiego razionale ed efficace delle risorse.
Ad esempio:
• ad una tipologia di evento può corrispondere una pesante richiesta di determinate risorse
ma non di altre, ad esempio la risposta ad un evento sismico necessita prioritariamente della
mobilizzazione via terra di equipaggiamenti e di squadre specializzate nella ricerca e nel
soccorso sanitario specifico per l’azione in spazi confinati.
• in alcune situazioni di catastrofe la giacenza di risorse disponibili può essere sufficiente
a fronteggiare le necessità ma insorgono limitazioni di altro tipo; per riferirci all’esempio
precedente, la disponibilità di cibo o coperte per la popolazione sfollata verrà ostacolata dalla
distruzione della rete viaria e quindi dall’impossibilità di invio sul posto.
Le figure dell’INFO (MDM o HDM) dell’HDM DEA e dell’MDM Logistica nascono proprio
dall’importanza che questa materia ha nel campo delle maxiemergenze.
Il termine “Protezione Civile” appare per la prima volta nel panorama legislativo italiano con
la legge n. 996/1970 “Norme sul soccorso e l’assistenza alla popolazione colpita da calamità
– Protezione Civile”, ma la legge che definisce più compiutamente il tema è la legge 24 febbraio
1992, n. 225 “Istituzione del Servizio Nazionale di Protezione Civile”
Questa legge ha avuto il merito di definire compiutamente le attività di Protezione Civile
superando la logica del solo soccorso e dell’assistenza alla popolazione colpita, ma
ricomprendendo tra le attività di Protezione Civile anche quelle relative alla previsione, intesa
come studio delle cause dei fenomeni calamitosi, individuazione e localizzazione dei rischi,
della prevenzione, intesa come attività volta ad evitare o ridurre al massimo la possibilità di
danni.
La legge 225/92 ha inoltre suddiviso e definito gli eventi naturali e da attività antropica in
funzione della gravità crescente e della necessità di avere risposte sempre più coordinate da
enti diversi (eventi di tipo A, B, C); ha definito anche le strutture operative ed ha individuato i
compiti di tutti i soggetti istituzionali e delle autorità che concorrono alle attività di Protezione
Civile, dallo Stato alle Regioni, agli Enti Locali.
Ulteriori significative modifiche legislative sono intervenute infine con il D.Lgs. 112/98 che ha
trasferito alcune competenze in materia di protezione civile dagli organi dello Stato a Regioni
ed Enti locali.
Riassumendo, possiamo quindi dire che in Italia non esiste una entità unica che
rappresenti la Protezione Civile; spesso infatti il termine Protezione Civile ingenera confusione
tra i cittadini proprio perché c’è chi lo associa al Dipartimento Nazionale della Protezione Civile
e chi lo associa alle Organizzazioni di Volontariato, ma questi non sono altro che due elementi di
una struttura ben più complessa che va sotto il nome di “Sistema Nazionale di Protezione Civile”.
Brevemente possiamo sintetizzare gli enti e i compiti che caratterizzano il Sistema Nazionale
di Protezione Civile.
Stato
Allo Stato spettano compiti di coordinamento delle attività di Protezione Civile centrali e
periferiche, deliberazioni dello Stato di Emergenza attraverso la Presidenza del Consiglio dei
Ministri e la predisposizione e gestione dei Piani di emergenza nazionali (eventi di tipo C)
attraverso il Dipartimento Nazionale di Protezione Civile.
Prefetture
Il Prefetto, ai sensi della L. 225/92 è autorità provinciale di Protezione Civile ed al
verificarsi di un evento calamitoso di tipo B e C, informa il Dipartimento Nazionale di Protezione
Civile e assume la direzione unitaria dei servizi di emergenza da attivare a livello provinciale,
coordinandoli con gli interventi dei Sindaci dei Comuni interessati.
Regioni
Le Regioni hanno visto nel tempo accresciute le loro competenze di Protezione Civile e sono
diventate un perno fondamentale del sistema nazionale di Protezione Civile. Hanno preminenti
compiti sia di programmazione e di attuazione delle attività di previsione e prevenzione in tema
di rischi naturali e antropici e partecipano, nella fase di emergenza, all’attuazione di interventi
urgenti in caso di crisi per eventi di tipo regionale.
Sono coinvolte in prima persona nell’attuazione degli interventi per il ritorno a condizioni
normali nelle aree interessate da calamità nazionali, attraverso il ruolo di Commissari Delegati
che assumono i presidenti di Giunta Regionale.
Le Regioni svolgono inoltre importanti azioni di valorizzazione e promozione del volontariato
di Protezione Civile.
Province
Anche per le Province l’evoluzione normativa ha previsto significativi compiti di Protezione
Civile che attengono sia alla rilevazione, raccolta ed elaborazione dei dati interessanti la
Protezione Civile, che alla predisposizione del Piano Provinciale di Emergenza (ex piano
prefettizio) per fronteggiare gli eventi nel territorio provinciale.
Comuni
Il Sistema Nazionale di Protezione Civile si fonda sul fondamentale ruolo dei Sindaci che
sono, ai sensi di legge, Autorità di Protezione Civile in ambito locale; i Sindaci adottano i
provvedimenti necessari ad assicurare i primi soccorsi e, al verificarsi dei un’emergenza nel
territorio comunale, assumono la direzione ed il coordinamento dei servizi di soccorso e di
assistenza alle popolazioni colpite e provvedono agli interventi necessari, dandone immediata
comunicazione al Prefetto ed al Presidente della Giunta Regionale.
Comunità Montane
Le Comunità Montane concorrono alle attività di Protezione Civile attraverso la raccolta dei
dati di rischio con particolare riferimento agli incendi boschivi e al rischio idrogeologico e
predisponendo piani di Protezione Civile per i comuni associati.
Programmazione
L’attività di programmazione è afferente alla fase
di previsione dell’evento, intesa come conoscenza
dei rischi che insistono sul territorio, nonché
alla fase della prevenzione intesa come attività
destinata alla mitigazione dei rischi stessi.
Gli strumenti sono i Programmi Provinciale
e Regionale di Previsione e Prevenzione, che devono
essere considerati come documenti di riferimento
per la conoscenza e la definizione dei rischi
naturali ed antropici, loro previsione e prevenzione.
Il Programma di Previsione e Prevenzione è un
documento analitico che fotografa a situazione del
territorio rispetto alle diverse ipotesi di rischio,
individua le aree interessate, le caratteristiche delle
opere di difesa, gli elementi a rischio, le attività
di monitoraggio da porre in essere e definisce gli scenari di rischio su cui elaborare la
pianificazione di emergenza, fornendo indicazioni su risorse umane e finanziarie occorrenti e
delle modalità operative.
Pianificazione
L’attività di pianificazione consiste nell’insieme delle procedure operative di intervento da
attuarsi nel caso in cui si verifichi l’evento atteso contemplato di un apposito scenario.
Gli strumenti di riferimento sono il Piano Provinciale di Emergenza e il Piano Comunale di
Protezione Civile.
Il Piano di Emergenza è costituito da un’analisi dei rischi oggetto di pianificazione e dei
relativi scenari di evento, dai modelli di intervento per ogni rischio, dall’individuazione ed
assegnazione delle funzioni di supporto e da database e cartografie necessarie per fronteggiare
le emergenze.
L’Associazione Italiana Medicina delle Catastrofi (A.I.M.C.) nasce nell’ottobre del 1987 per
iniziativa di cinque medici provenienti da varie regioni, trovatisi casualmente nel marzo di
quell’anno a frequentare e superare insieme il Corso di Medicina delle Catastrofi all’Università
di Parigi XII. Al ritorno in Italia, l’esigenza di non lasciare inapplicate le nozioni apprese e di
coinvolgere il maggior numero di persone, seriamente interessate ai problemi dell’emergenza
di massa, diede vita al progetto di fondare un’Associazione che avesse principalmente finalità
culturali e scientifiche per contribuire allo sviluppo di un corretto sistema per le emergenze
collettive, il più possibile uniforme a quanto accede nei paesi europei confinanti.
l’Associazione è assolutamente autofinanziata dalle quote sociali degli iscritti e dalle donazioni
occasionali.
A tutt’oggi conta circa duecento Soci quotizzanti in tutta Italia, tra i quali la maggior parte è
costituita da medici di varia estrazione professionale, numerosi infermieri di area critica ed
alcuni medici veterinari.
Il nucleo regionale dell’AIMC in Emilia-Romagna muove i primi passi nel 1989 da una idea del
Dr. Stefano Badiali, medico rianimatore.
In collaborazione con altri nuclei regionali si sono portate avanti attività di studio, pubblicazioni,
convegni, meeting, corsi ecc.
Questo capitolo è dedicato a tutti coloro che ci hanno aiutato, stimolato e seguito in questi anni di
attività, come segno di ringraziamento per le opportunità che ci sono state offerte per allacciare
rapporti che ci hanno arricchito dal punto di vista professionale ed umano, sia individualmente
che come gruppo.
Gestione tecnico sanitaria nelle macro-emergenze 53
CROCE ROSSA ITALIANA
Informazioni generali
Più di cento anni di storia, più di cento anni di solidarietà, di sacrificio ed abnegazione, più di
cento anni al servizio dell’umanità.
All’inizio volta al soccorso dei feriti in guerra, la Croce Rossa è oggi la più importante
associazione umanitaria. La diversità delle sue azioni sviluppate nel campo del soccorso,
della salute e della solidarietà sono testimoni di uno spirito all’avanguardia nella lotta a tutte le
forme di sofferenza. Fedele all’impegno del suo fondatore Henry Dunant, “placare tutte le
sofferenze umane senza distinzione di nazionalità, di razza, di religione, condizione sociale, di
appartenenza politica “ la Croce Rossa estende questo principio in ogni sua azione.
Oggi, l’Associazione Italiana della Croce Rossa ha saputo trasmettere questo spirito a
migliaia di volontari che concretizzano la sua vocazione umanitaria e che concorrono alla
realizzazione del suo obiettivo: rimuovere le sfide con le quali la società di oggi si confronta,
giovani in difficoltà, persone senza fissa dimora, agli anziani che la malattia e l’isolamento
allontanano del tutto, alle popolazioni vittime in Paesi in situazioni di crisi, portandosi vicina
a coloro che il dolore non risparmia, in Italia e nel mondo.
La Croce Rossa Italiana è ente di diritto pubblico, avente personalità giuridica e durata
illimitata ed il cui scioglimento può essere determinato solo per legge.
Lo Statuto, definisce i compiti dell’Associazione sia in tempo di pace che in guerra.
In caso di conflitto armato, in conformità alle Convenzioni di Ginevra dei protocolli Aggiuntivi,
“partecipa allo sgombero ed alla cura dei feriti e dei malati di guerra nonché alle vittime dei
conflitti armati, allo svolgimento dei compiti di carattere sanitario e assistenziale connessi
all’attività di difesa civile, a disimpegnare il servizio di ricerca e di assistenza dei prigionieri di
guerra,degli internati, dei profughi, dei deportati e rifugiati “.
I Simulatori e i Truccatori sono volontari specializzati della Croce Rossa Italiana appositamente
preparati per rappresentare il più realisticamente possibile traumi e patologie al fine di abituare
i soccorritori alla visione di particolari situazioni evitando che, in tali frangenti, possano perdere
la lucidità necessaria ad affrontarle.
L’idea è nata durante la Seconda Guerra Mondiale quando l’esercito britannico ha iniziato ad
utilizzare attori adeguatamente truccati per far acquisire al personale sanitario l’indispensabile
freddezza di fronte alle lesioni tipiche dei conflitti armati. Negli anni cinquanta si è diffuso
in tutta Europa l’uso dei trucchi, ma in Italia è solo nel 1983 che si forma il primo gruppo
truccatori e bisogna aspettare addirittura il 1998 perché si costituisca il gruppo simulatori.
L’attività, costantemente in espansione, ha subito un consistente sviluppo negli ultimi 2-3 anni.
Attualmente, infatti, oltre ad attività formative interne per la preparazione e l’aggiornamento
dei volontari, il gruppo Simulatori e Truccatori collabora con le aziende sanitarie, l’ANPAS, il
Dipartimento di Protezione Civile, i Vigili del Fuoco, le Forze dell’Ordine e diversi enti per corsi
ed esercitazioni sulla gestione sanitaria e non sanitaria delle emergenze.
L’aspetto psicologico acquista un ruolo centrale nella simulazione, sia per il simulatore sia per il
soccorritore. Il simulatore, infatti, deve interpretare un ruolo senza divenirne vittima e gestire la sua
emotività per non cadere realmente in situazioni difficilmente controllabili di ansia o di panico e per
presentare la scena in modo adeguato senza creare nel soccorritore un eccessivo senso di disagio.
Il soccorritore si trova a dover dominare, nonostante il considerevole impatto emotivo che può
avere lo scenario, le sue sensazioni e il panico sempre in agguato. La copertura del cadavere
con un lenzuolo, ad esempio, nel contesto della simulazione assume un valore violento e
pregnante scatenando, di conseguenza, tutta la cascata emozionale che caratterizza questo
gesto nella realtà.
In conclusione e alla luce di quanto sovraesposto, per il ruolo del simulatore nella formazione
all’emergenza si è aperta una nuova e vastissima realtà rivolta a tutti coloro che, per l’attività
svolta (soccorritori tecnico-sanitari, Vigili del Fuoco, Forze dell’Ordine, gruppi di Protezione
Civile...), dovrebbero essere in grado di gestire una situazione critica.
2 Bohannon J - Disasters: searching for lessons from a bad year - Science - 2005 Dec 23;
310 (5756): 1883.
3 De Boer J - Handbook of Disaster Medicine - VSP / van der Wee - Utrecht, 2000
6 Jaslow D - Disasters: experience and planning. - Eur J Emerg Med - 2005 Dec; 12 (6): 263-4.
8 Huang MS, Yang YF, Lee CH - Evaluation of Staff Workload during Resuscitation of
Trauma Patients - JTrauma 2002; March:52 (3):492-497