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50422
Anno 30 - Numero 95
1,20 in Italia
SEDE: 00147 ROMA, Via Cristoforo Colombo, 90 tel. 06/49821, fax 06/49822923. Sped. abb. post., art. 1, legge 46/04 del 27 febbraio 2004 - Roma. Concessionaria di pubblicit: A. MANZONI & C. Milano - Via Nervesa, 21 - tel. 02/574941.
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Stamani terminano le consultazioni da Ciampi. Follini non entra: Niente plebiscitarismi. LUnione: fermate la devolution
LA TERZA COSTITUZIONE
ANDREA MANZELLA
IAMO un Paese con tre costituzioni. Due reali, una immaginaria. A tutte e tre si riferito il presidente del Consiglio, annunciando le sue dimissioni in Parlamento. reale la costituzione che dal 1994, dopo lintroduzione della legge elettorale maggioritaria, regge il nostro sistema politico. Da allora, infatti, il fatto compiuto governativo si verifica nel giorno elettorale, fuori e prima della riunione delle Camere. Presidente della Repubblica e Parlamento prendono atto di quello che gi avvenuto. C ormai una coalizione vincente, che esprimer il governo; c ormai una coalizione perdente, che former lopposizione. Ha ragione dunque, in questo, il presidente del Consiglio: latto sovrano per eccellenza, la decisione sul governo, del corpo elettorale, niente defatiganti procedure parlamentari. Ma, attenzione, reale, anche e ancora, la Costituzione parlamentare del 1948. Nel senso che le sue norme sul governo hanno assunto, dopo il 1994, un nuovo senso e un nuovo valore. Il loro significato quello di garanzia. Nel momento iniziale, prima, con la fiducia, il Parlamento verifica che la formazione del governo conforme alla volont degli elettori. Per tutta la durata della legislatura, poi, le Camere verificano regolarit e opportunit degli atti di governo e anche la permanenza delle basi della sua legittimazione originaria. Insomma, completando la citazione monca del presidente del Consiglio, la Costituzione del 1948 dice s che la sovranit appartiene al popolo ma aggiunge che questo la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione stessa. E nelle forme e nei limiti c anche e soprattutto il controllo parlamentare sul governo e sulla sua investitura. Cos convivono le nostre due costituzioni reali. contro questa coabitazione, di fatto e di garanzia, che il presidente del Consiglio ha parlato in nome della terza costituzione, la costituzione immaginaria. SEGUE A PAGINA 19
DA PAGINA 2 A PAGINA 7
La Camera bassa vota anche una legge per il divorzio pi veloce. La protesta dei cattolici
MADRID Via libera alle unioni omosessuali: la Camera bassa del Parlamento spagnolo ha approvato una legge che consentir a persone dello stesso sesso di sposarsi e adottare bambini esattamente come gli eterosessuali. La legge, che ripropone lo scontro fra la Spagna cattolica e quella socialista ed stata criticata dai vescovi e dallallora cardinale Joseph Ratzinger, passata con 183 voti a favore, 136 contro e 6 astensioni. La legge passer ora al Senato. E stato approvato anche il provvedimento per rendere pi veloci le procedure per il divorzio. MATTONE e OPPES A PAGINA 15
LE IDEE
CON REPUBBLICA
Puglia, la norma che assegna il benefit della vettura agli ex governatori varata prima della sconfitta
Da domani in edicola lAtlante di Repubblica su Benedetto XVI: un volume di 148 pagine con la storia del nuovo Papa e la sua elezione. A 2,90 euro in pi
LA REPUBBLICA 45
DIARIO
DI
(segue dalla prima pagina) erch militarmente il 25 aprile del 45, linsurrezione, la liberazione fu questo: una corsa dietro eventi in certo senso accaduti prima di accadere, previsti nel loro succedersi caotico, lo sfondamento della linea Gotica da parte degli alleati, la rotta dei tedeschi e dei fascisti, la resa dei conti, la corsa fra la gioia e langoscia dalle montagne della Val Maira, a Savigliano, a Cuneo, a Torino fra sparatorie improvvise come temporali destate, cadaveri di fascisti nelle acque del Po, una colonna di carri armati tedeschi che gira a vuoto fra il basso Piemonte e il Canavese, sparando qualche cannonata sulle cascine, dovunque le casualit e i rischi di un epilogo convulso. E per tutti i decenni seguenti i discorsi inutili sullimportanza militare di un evento, la liberazione, linsurrezione che era invece totalmente politica, gi dentro quellindimenticabile esperienza che fu la nascita, la fabbrica di una democrazia. Il revisionismo storico in corso da mesi ha scarsa memoria ed dominato da unossessione sadica. Non vede altro che cadaveri, comunismo in agguato, reciproche congiure, ma la storia di quando si giovani gio-
25APRILE
GIORGIO BOCCA
vane, fiduciosa, con le speranze e le illusioni dei giovani. Met delle case di Torino, di Milano, delle grandi citt erano macerie, i macchinari della Fiat erano ancora nascosti in campagna o nei sotterranei, si viaggiava sui carri merci o sui camion a carbonella, gli eserciti stranieri ci occupavano con i loro carri armati grandi come palazzi, decidevano sulla nostra sussistenza e sulla nostra indipendenza, eppure non c mai stato da noi un pi grande, un pi illimitato, un pi trascinante senso di libert, di ottimismo. Il giorno dopo passai a casa mia a Cuneo per salutare i miei. Ricordo che mio padre, preside di una scuola tecnica presso le officine ferroviarie di Savigliano, mi confidava la sua paura dei comunisti che avevano occupato la fabbrica e issate le bandiere rosse. E io non capivo perch mai i comunisti dovessero far paura e considerare nemico un professore di matematica che faceva il preside a mille lire al mese e girava con un regolo calcolatore nel taschino di un abito grigio, comprato fatto nei magazzini generali. Dopo mesi di guerra in comune, di nemico comune, quei comunisti non ci facevano paura. Cera meno paura del comunismo allora, che stava formandosi da noi il partito comunista pi forte di Europa, che cerano Stalin, lArmata rossa, il mito della rivoluzione, la classe operaia e i vecchi compagni del pugno di ferro che oggi che il Partito comunista non c pi, e che alla classe operaia hanno tagliato unghie e denti... La democrazia che in quel 25 aprile tornava a vivere nelle nostre citt a pezzi, nelle nostre strade piene di buche, nei nostri negozi semivuoti non era qualcosa di artificiale, era un bene ritrovato e for-
VITTORIO FOA
IL 25 aprile del 1945. Fu una ondata irresistibile di gioia in tutto il paese. Labbiamo ricordato, quel giorno, come quello della Liberazione ed giusto. Ma era per tutti, indistintamente, il giorno della pace. La resa ufficiale della Germania sarebbe arrivata solo l8 maggio, Hitler si sarebbe suicidato il 30 aprile, Mussolini era stato giustiziato due giorni prima, anche in Italia vi erano ancora delle piccole sacche di combattimento ma tutti sapevano, il 25 aprile, che la guerra era finita. Quel giorno gli angloamericani e i russi si incontrarono sullElba in un clima di speranza. Adesso si poteva ricominciare, quello che facevi poteva durare, poteva finalmente servire. Era il momento dellunit, il sud e il nord si ritrovavano uniti dopo storie tanto diverse. Era importante, non era distratto patriottismo, era unesperienza reale. E poi, ma forse prima di tutto, la ricomposizione degli affetti. Moltissimi non sapevano se i loro cari erano vivi o morti, gli internati, i deportati, i profughi, i prigionieri, di cui da anni non si sapeva nulla e forse erano dispersi in Russia o nei deserti africani. Adesso si poteva sapere e sperare.
25 APRILE
temente condiviso e noi eravamo fermamente convinti che questa volta sarebbe durata in eterno. Era in corsa una resa dei conti anche feroce, ma fisiologica, come una gran febbre che ci avrebbe fatto guarire dal passato e vedo che oggi a sessanta anni di distanza il revisionismo storico se ne occupa con ossessione, come avesse trovato il segreto di quel partigianato che proprio non gli va gi. Ma noi partigiani della montagna, la spina dorsale della resistenza, non ce ne occupavamo, noi eravamo gi nella stagione in cui si fabbrica la democrazia, si studia la democrazia, si scoprono i sindacati, le commissioni interne, le migrazioni interne, un Paese di diversi ma uniti, di cittadini responsabili e solidali. Le riflessioni amare su questo 25 aprile di sessanta anni dopo vertono sulla fine di quella voglia comune di andare avanti, di fare del nostro un Paese civile e giusto a misura della Costituzione che allora avevamo pensato e votato, assieme in una Italia unita nonostante e forse per merito di una guerra in parte civile. E siamo ancora qui, in questo strambo Paese a resistere questa volta ad assurdi ritorni al passato a penose equiparazioni nel peggio, a un populismo truffaldino, ai trionfi delle mafie.
46 LA REPUBBLICA
DIARIO
LE TAPPE PRINCIPALI
L8 SETTEMBRE 1943 Con lo sbarco degli alleati a Salerno, viene firmato larmistizio. Sulle montagne del nord dItalia si raccolgono le prime armate di resistenza ai tedeschi. A Sal Mussolini fonda la Rsi
LINSURREZIONE, APRILE 45 Dopo le terribili rappresaglie tedesche del 44 - la peggiore quella di Marzabotto, dove vengono uccisi 1800 civili - divampa linsurrezione. Il 21 aprile, liberata Bologna, il 23 insorge Genova
LA LIBERAZIONE, 25 APRILE Il Comitato di liberazione nazionale ordina linsurrezione generale. I tedeschi abbandonano Milano. Il 29 gli alleati entrano in citt. Il 26 era stata liberata Genova, il 27 Torino
I LIBRI
PASQUALE CHESSA Guerra civile. Una storia fotografica Mondadori 2005 GIAMPAOLO PANSA Il sangue dei vinti Sperling 2005 EDGARDA FERRI Lalba che aspettavamo Mondadori 2005 RAFFAELLO UBOLDI I giorni dellodio e della libert Mondadori 2004 GIANNI OLIVA Le tre Italie dal 1943 Mondadori 2004 GIORGIO BOCCA Storia dellItalia partigiana Mondadori 1996 GIOVANNI DE LUNA, MARCO REVELLI Fascismo e antifascismo La Nuova Italia 1995 PIETRO SCOPPOLA 25 Aprile. Liberazione Einaudi 1995 RENZO DE FELICE Rosso e nero Baldini Castoldi Dalai 1995 GIAN ENRICO RUSCONI Resistenza e postfascismo Il Mulino 1995 CLAUDIO PAVONE Una guerra civile Bollati Boringhieri 1994 NUTO REVELLI La guerra dei poveri Einaudi 2005 MARIO ISNENGHI I luoghi della memoria Laterza 1997
a memoria del dopoguerra in Europa resta una memoria divisa, tra Ovest liberato ed Est sovietizzato. E stiamo attenti sia alle minacciose tendenze imperiali russe sia a evitare unacritica vittimizzazione dei tedeschi. il parere dello storico Bronislaw Geremek, ex ministro degli Esteri polacco, massimo intellettuale del dissenso negli anni della guerra fredda. Professor Geremek, come va riletto oggi il sessantesimo anniversario della fine della guerra che, ricordiamolo, in Italia festeggiato il 25 aprile e in Europa l8 maggio? Sessantanni dopo, il processo dintegrazione europea ben avanzato ma constatiamo che ben pi facile unificare le economie che non la Memoria. La Memoria europea resta divisa, contraddittoria. I polacchi, come i baltici, ricordano non solo l8 maggio 1945, cio la fine della guerra. Nella loro memoria c anche, indelebile, laccostamento tra il 1 settembre 1939, laggressione nazista alla Polonia, e il 17 settembre 1939, lattacco sovietico al mio paese: Stalin a fianco di Hitler. E la fine della guerra in questo senso, che valore ha? C la discriminante del dopo Jalta, che lEuropa occidentale ha dimenticato. La fine della guerra, se fossimo rimasti alla lettera degli accordi di Jalta, sarebbe stata per tutti pace, democrazia, autodeterminazione. La Polonia sarebbe stata indipendente e democratica. La responsabilit condivisa: non solo lUrss ottenne il dominio su gran parte dellEuropa contro le aspirazioni di quei popoli, ma lOccidente si prese la responsabilit di accettare, tacitamente o di fatto, questa spartizione del Continente e questa violazione dei diritti dei popoli. Oggi, avvicinandoci alle solenni celebrazioni a Mosca del sessantesimo anniversario della vittoria, bisognerebbe ricordare questa dolorosa verit. La Memoria dEuropa ha bisogno di questa Verit, di ricordare che i popoli dellEuropa centro orientale divennero nuove vittime. In questo quadro che ruolo hanno le espulsioni a catena, con i polacchi che persero territori a est e ne furono espulsi dallUrss, e i tedeschi che a loro volta subirono lespulsione di 12 milioni di loro civili dai territori orientali perduti? Per lavvenire dellUnione europea decisiva una riconciliazione sincera e profonda tra Polonia e Germania. un momento costitutivo dellEuropa del futuro. Una tale riconciliazione possibile solo se non dimentichiamo la verit. In che senso? Nel senso che le ingiustizie si incontrarono. Ci furono ingiustizie verso la Polonia, che partecip con centinaia di migliaia di soldati su tutti i fronti alla lotta della coalizione antinazista e che poi dopo il 45 fu privata di un terzo del suo territorio. Ottenne per ricompensa territori occidentali, quantitativamente meno importanti di quelli perduti. La popolazione polacca fu espulsa, cacciata verso ovest. Adesso se il dibattito viene rilanciato da parte tedesca in modo aggressivo contro la Polonia ci politicamente pericoloso. Ma anche i civili tedeschi soffrirono, furono espulsi in 12 milioni
GLI AUTORI
Il Sillabario di Vittorio Foa tratto da Questo Novecento (Einaudi). Bronislaw Geremek il pi noto storico polacco. Mario Isnenghi insegna Storia contemporanea a Venezia. Paolo Viola insegna Storia moderna a Palermo.
LE IMMAGINI
La foto della copertina di questo Diario e alcune immagini di queste pagine sono tratte dal libro di Pasquale Chessa Guerra Civile. 1943 1945 1948 Una storia fotografica, in uscita in questi giorni, pubblicato da Mondadori con una prefazione di Giampaolo Pansa
dai territori perduti... furono meno vittime di altri? Attenzione. Non si pu dimenticare la responsabilit del popolo tedesco per il nazismo. Non si pu dimenticare che fu la Germania nazista a cominciare la guerra. Rovesciare i ruoli sarebbe contrario alla verit e allo spirito europeo. Ci fu il trasferimento forzato della popolazione tedesca dai territori passati alla Polonia. Ma non fu deciso dalle autorit polacche bens dalle conferenze internazionali. Mi chiedo perch una certa propaganda tedesca oggi dice allopinione pubblica tedesca che i tedeschi allora furono vittime dei polacchi. I civili tedeschi espulsi dopo il 45 furono vittime prima di tutto di Hitler
e delle conseguenze della sua guerra. E poi di Stalin che impose il trasferimento forzato verso ovest sia dei polacchi sia dei tedeschi. I polacchi soffrirono, i tedeschi soffrirono. Ma introdurre oggi per motivi politici una vittimizzazione dei tedeschi, dipingendoli come vittime dei polacchi, significa agire contro gli interessi dellEuropa. Vede il pericolo di giocare un dolore contro un altro? La riconciliazione polacco-tedesca un miracolo della Storia europea, guai a metterlo in pericolo. Non un miracolo dalle radici molto profonde. Il governo Schrder per fortuna si opposto in modo chiaro alla richiesta di questi circoli di costruire a Berlino un monu-
mento alle vittime tedesche del dopoguerra. possibile conservare una memoria di quelle vittime tedesche senza suscitare spettri? Credo che da ogni parte bisogna lavorare di pi per la Memoria europea. Il primo passo in questo senso fu la nobile lettera con cui a met degli anni Sessanta i vescovi polacchi dissero alla Germania perdoniamo e chiediamo perdono. Con spirito europeo precursore, lepiscopato polacco perdon i tedeschi del dopoguerra per i crimini di Hitler e chiese a loro perdono per le sofferenze postbelliche dei tedeschi. La volont riconciliatrice di quel messaggio pu essere lispirazione comune anche oggi. Non bisogna sfruttare la Memoria a fini politici per distruggere lo sforzo comune di riconciliazione. Laltro problema della Memoria per la Polonia quello con la Russia. Mosca rifiuta ancora di riconoscere le sue colpe, minimizza persino leccidio di Katyn. Quanto minaccioso questo problema? deludente come lEuropa non si renda conto del pericolo delle tendenze imperiali che rispuntano in Russia. Tendenze che rifiutano ogni responsabilit nei crimini di Stalin e li mettono persino in dubbio. Come le recenti delibere sul massacro di Katyn (ndr: a Katyn, la polizia segreta sovietica stermin quasi lintero corpo ufficiali dellesercito polacco). Con Putin si fanno passi indietro. Si torna a un linguaggio che evoca la propaganda sovietica. Ci si pu inquietare vedendo segni di ritorno dello spirito imperiale, lesaltazione di Pietro il Grande. Una politica imperiale russa un pericolo per la sicurezza europea, ma prima ancora per gli interessi della Russia, che merita di divenire membro a pieno diritto della comunit degli Stati democratici. Il problema riguarda il presente e il futuro dellEuropa intera.
NORBERTO BOBBIO
La Liberazione ha posto le premesse per stabilire in Italia le condizioni di una libera gara fra parti diverse, avversarie, non pi nemiche
Democratici e no 25 aprile 1994
BEPPE FENOGLIO
I partigiani evacuarono la montagnola. Dalle case non sparavano pi, tanto erano contenti e soddisfatti della liberazione. Due mesi dopo la guerra era finita
Il partigiano Johnny 1978
rennemente debitrice. Il 25 aprile era invece la data giusta per celebrare la fondazione antifascista di unItalia nuova. Per i fascisti invece era stata la fine di unepoca. I saloini si erano vestiti in borghese. Alcuni addirittura si erano uniti ai partigiani per salvarsi la vita. Secondo i fascisti lItalia aveva voltato gabbana, sconcertata nel calpestare gli idoli fino a poco prima amati e temuti, e la popolazione civile aveva dato il peggio di s infierendo contro simboli ed esponenti del regime. In generale la folla a loro parere non sa quello che vuole. infantile. femminile. Vuole essere dominata. Ha bisogno di un capo e ha sbandato quando le venuto a mancare. Ha infierito contro il duce che amava, perch lo amava. Dopo la liberazione si scaten unondata di vendette private mescolate a rese dei con-
DIARIO
LA REPUBBLICA 47
LA CATTURA DEL DUCE, 28 APRILE Mussolini catturato mentre tenta la fuga e fucilato dai partigiani, assieme allamante Claretta Petacci. I loro corpi sono esposti a piazzale Loreto a Milano
LA RESA DEI TEDESCHI 29 APRILE Al quartier generale alleato di Caserta viene firmato latto di resa delle truppe tedesche in Italia. Linizio del cessate il fuoco fissato per il 2 maggio. I partigiani occupano Cuneo
LA FINE DELLA GUERRA, 8 MAGGIO In Germania firmato latto di capitolazione delle forze armate tedesche. La ratifica segna la fine della seconda guerra mondiale, a cinque anni e otto mesi dal suo inizio
BILANCI
Ai fini della storia collettiva, e poi della tenuta della giornata in cui si riassume simbolicamente la resistenza, essenziale esserci stati
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diversa di tenere comunque feLIBERAZIONE Nella foto de a quellimmaginario cadengrande, te, ecco che la resa dei conti con soldato la storia dItalia e la dismessa americano identit nazionalfascista e imfesteggiato periale si oggettiva in quei rea Roma. pubblichini il cui nazionaliSotto, smo si capovolge per assurdo in subordinazione. Immagi- collaborazioniste rasate e narsi la Resistenza come sefatte sfilare a condo Risorgimento le paMilano. role sono importanti! impliNellaltra ca volerne fare un altro e diverpagina, il so, agendo per come eredi di cappellano di una storia comune e di una meuna brigata moria divisa. partigiana Del resto, linfarinatura poliemiliana tica che basta a legittimare le
FEDERICO CHABOD
Nellaprile 1945, le aspirazioni rivoluzionarie, di cui una parte della Resistenza era stata portatrice, si dissolveranno definitivamente
LItalia contemporanea 1961
ti politici e a giustizia sommaria. Le foibe sono un episodio diverso: una tragica pulizia etnica compiuta dai partigiani iugoslavi ai danni del ceto dirigente italiano, di qualunque colore politico, partigiani compresi, che avrebbe potuto ostacolare lannessione dellIstria alla Iugoslavia. Era facile prevederlo, ed era stato previsto: parenti delle vittime dei nazifascisti si sono potuti finalmente vendicare, odi privati si sono potuti sfogare. Londata di vendette, concentrate soprattutto in Emilia Romagna, continu per un paio danni e fece circa ventimila morti, a parte la tragedia delle foibe: una cifra comparabile a quella della Francia
RENZO DE FELICE
Nellaprile 1945 da parte comunista non fu tentato nulla che possa far pensare a una sia pur riposta intenzione di forzare per una presa di potere
Mussolini lalleato 1997
diverse componenti in conflitto sommaria. Si intuisce che bisogna esserci. Come in ogni atto di presenza ognuno ci avr messo un di pi o di meno di spinte politiche, emozionali e di opportunit: abbiamo diari, memorie e pratichiamo oggi le fonti orali, per riconoscere le circostanze di quell esserci per ci che riguarda gli attori sociali del 43-45. Ai fini della storia collettiva e poi della tenuta della giornata in cui si riassume simbolicamente la Resistenza lessenziale quell esserci e poi quell esserci stati. Non sar stata sempre una favola bella, ma la nostra favola, agita da noi e non dagli altri. Non occorreva ammoniscono i detrattori e gli uomini di mondo. Avrebbero vinto gli anglo-americani anche senza di noi. Era proprio quello che bisognava evitare. Sembra superfluo reiterare la litania: lo sappiamo (e lo sapevano pure gli uomini del Cln); ma non sarebbe stato lo stesso. Neanche per gli Alleati, ma soprattutto, per noi. Lammaccato noi degli Italiani del 45 che comunque avranno lenergia di sospingere il paese verso la Repubblica e la Costituzione e il diversamente, ma non meno ammaccato noi odierno, tentato di sporcare e relativizzare tutto. Anche le scelte pi generose, quei quarti dora di poesia da cui tutti provengono e campano. Torniamo a quella che si pu considerare una costante della storia dItalia: nel Novecento come nellOttocento, il paese della renitenza alla leva dalle prime stagioni della coscrizione obbligatoria ai fallimenti nel reclutamento per lesercito della Rsi lo stesso in cui fiorisce vigorosa la pianta del volontario: cio del cittadino-soldato, quale che sia il colore della sua camicia e il progetto di cui si fa braccio. Prendere o lasciare, verrebbe da dire: un uomo dordine si declini il senso delle istituzioni in senso sabaudo, cadorniano, o anche in sensi pi attuali sar sempre tentato di guardare con diffidenza a tali stati deuforia, lo insospettiranno come faziosi e inaffidabili. Pu essere. E nostalgia del famoso paese normale. Ma non colpa dei garibaldini se vincevano pi spesso dei generali del Re. E non colpa dei partigiani se gli ufficiali che hanno voluto continuare a combattere hanno dovuto in generale disobbedire agli ordini superiori e mettere la propria professionalit al servizio delle bande irregolari. Lo stesso film su Cefalonia, che abbiamo appena finito di vedere in televisione, come ha interpretato e mostrato quei tragici avvenimenti? Che cosa ricupera alla dignit della lotta quelle migliaia di militari: la gerarchia e gli alti comandi oppure la scelta? Sar per questo non perch la vituperata vulgata antifascista abbia voluto tenere la Resistenza tutta per s, ma perch la memoria militare ufficiale faceva fatica a digerire quei comportamenti irrituali che loperato dellesercito a Cefalonia non entrato per quanto sarebbe stato giusto nel canone della Liberazione?
I LIBRI
CERAVAMO TANTO AMATI Tre amici partigiani, vivono insieme le speranze della liberazione, le disillusioni del dopoguerra, il boom, si dividono, si ritrovano. Di Ettore Scola con Vittorio Gassman, Nino Manfredi, Stefania Sandrelli. 1974 NOVECENTO ATTO II Il fascismo, la resistenza, la liberazione nelle vicende di due amici, uno figlio del padrone, laltro proletario. Di Bernardo Bertolucci, con Robert De Niro e Gerard Depardieu. 1976 GIORNI DI GLORIA Documentari o di montaggio sulla Resistenza dall8 settembre fino al 25 aprile. Di Luchino Visconti, Marcello Pagliero, Giuseppe De Santis e Mario Serandrei. 1945 MUSSOLINI ULTIMO ATTO Aprile 1945. Il duce rifiuta la resa, lascia Milano, si rifugia in Valtellina. sar preso prigioniero e fucilato dai partigiani insieme a Claretta Petacci. Di Carlo Lizzani, con Rod Steiger e Lisa Gastoni. 1974