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Capitolo II

LA TERRA

L’EVOLUZIONE PALEOGEOGRAFICA DEL TERRITORIO


Alla definizione di luogo concorrono varie componenti natura- Per una completa conoscenza delle attuali condizioni geologi-
li che, in base alla loro forma, posizione topografica e colore de- che del territorio attraversato dalla Via Amerina, è necessario ef-
terminano le strutture fondamentali del paesaggio. Tali strutture, a fettuare una rapido excursus sul suo processo di formazione.
seconda dell’estensione e della distanza dall’osservatore, costitui- La struttura morfologica primaria è costituita da una fascia de-
scono il carattere del paesaggio1. pressa (Graben principale), parallela alla linea tirrenica e compre-
Tra le tre componenti fondamentali del luogo (rilievo, vegeta- sa tra il settore più elevato della catena appenninica e le coste del
zione, acqua), il rilievo, quindi la forma del territorio, è quello Mar Tirreno. All’interno di questa depressione vi è un’ulteriore
che maggiormente contribuisce a definire lo spazio, sia fisico che area ribassata, la Valle del Tevere (Graben del Tevere), separata
visivo, con le sue proprietà geometriche di altezza, profondità, da un alto strutturale sedimentario (Horst) di cui il Monte Soratte
estensione. Il rilievo inoltre delimita lo spazio percettivo tramite i è l’emergenza più vistosa.
confini visivi che, di norma, sono rappresentati dalle differenze
morfologiche.
IL MARE (FINE MIOCENE-PLIOCENE)
1
“In una pianura piatta l’estensione è generale ed infinita, ma le variazioni del Nel Plio-Pleistocene il Mar Tirreno occupava il Graben princi-
rilievo danno in genere origine a degli spazi definiti. È importante distinguere pale dando origine a sequenze deposizionali marine di natura ar-
tra la struttura e la scala del rilievo. La struttura può essere descritta in termini
di nodi, percorsi e domini; ossia di elementi che ‘centralizzano’ lo spazio come
gillosa e sabbioso-conglomeratica.
le colline, le montagne isolate o i bacini circoscritti, e di elementi che orientano Durante la massima fase ingressiva (Pleistocene inferiore: sei
lo spazio come le valli, i fiumi e i wadis, oppure di elementi che definiscono milioni di anni fa), la linea di riva del Mar Tirreno era ubicata a
uno schema spaziale esteso, come le sequenze uniformi di campi ed alture.” ridosso dei Monti Sabini, circa 70 km più a est dell’attuale linea
Norberg-Schulz C., Genius Loci, paesaggio ambiente architettura. Milano:
1986.

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di costa2. In questo bacino marino emergevano, come isole, i rilie- te (4-2 milioni di anni fa) e del Monte Cimino (1.4-0.9 milioni di
vi di Monte Razzano, Monte Canino, Monte Ferento, il Monte anni fa)4.
Soratte e i Monti della Tolfa (Fig. 1)3.
Nel corso degli ultimi due milioni di anni, la regione conobbe
ripetute trasgressioni marine che modellarono la costa tirrenica I VULCANI (PLEISTOCENE)
fino alle sue forme attuali. I depositi sedimentatisi nel Pliocene
inferiore sono essenzialmente argillosi e sabbiosi; essi conferma- A partire dalla fine del Pliocene, in quella fascia depressa com-
no la presenza del mare lungo tutto il tratto della Valle del Tevere presa tra le propaggini dell’Appennino e l’attuale zona costiera
sino a Città della Pieve (Perugia). del Tirreno, si sviluppò un’intensa attività vulcanica che interessò
da nord a sud l’area di Orvieto fino alla pianura Pontina (Fig. 2).

Fig. 1. Ipotetica vista del territorio, alla fine del Miocene, dalla sommità del
Soratte.
Nel Pliocene medio e superiore i sollevamenti della crosta ter-
restre avvennero a causa del vulcanesimo tolfetano-cerite-manzia-

2
Cosentino D., Parotto M., La struttura dell’Appennino Centrale, in Guide
4
Geologiche Regionali. Roma: 1993. Gliozzi E., Malatesta A., Il Quaternario, in Guide Geologiche Regionali.
3
Cimarra L., Sciosci S., Civita Castellana. Viterbo: 1988. Roma: 1993.

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Fig. 2. Ipotetica vista del territorio, alla fine del Pliocene, dalla sommità del
Soratte

Tale vulcanismo originò una serie di distretti vulcanici a preva- IL DISTRETTO SABATINO
lente attività esplosiva: distretto vulsino, distretto cimino-vicano,
distretto sabatino e tolfetano e, più a sud, il distretto dei Colli Al- Iniziò la sua attività di natura esplosiva più di 600 mila anni fa,
bani e delle Isole Ponziane. verso est, a ridosso del Monte Soratte dove si ergeva rapidamente
L’azione vulcanica, con fenomeni di sollevamento dei magmi, il primo edificio vulcanico detto di Morlupo-Castelnuovo, oggi
ridusse il bacino marino a un’estensione poco più ampia di quanto non più riconoscibile in quanto coperto dai prodotti più recenti.
non sia oggi. Fu soltanto alla fine del Pleistocene superiore che Contemporaneamente, a ovest, era presente l’attività dell’edificio
l’innalzamento di un’ampia fascia di depositi marini fece regredi- di Sacrofano rimasto attivo sino a 370 mila anni fa. Le colate pi-
re la linea di costa sino alla situazione attuale. roclastiche di tale edificio modellarono fortemente la morfologia
La Via Amerina nel suo corso attraversa i distretti vulcanici sa- rendendo pianeggiante l’area per una distanza di 30-40 km dal
batino e cimino-vicano. centro eruttivo5. Verso i 400 mila anni fa, il centro di Sacrofano
ebbe una fase di attività parossistica con emissione di prodotti di
ricaduta ed effusioni laviche secondarie. In questo periodo l’in-
gente eruzione di materiali portò allo svuotamento delle camere
magmatiche con il conseguente collasso della conca del lago di
Bracciano e lo sprofondamento, per più di 200 metri, dell’alto

5
De Rita D., Il Vulcanismo, in Guide Geologiche Regionali. Roma: 1993.

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strutturale di Baccano-Cesano. Questa fase fu conclusa da intensi di un’ampia caldera. Estinto il vulcano di Sacrofano l’attività pro-
episodi esplosivi di natura idromagmatica. seguì verso est con caratteristiche idromagmatiche: sorsero i coni
di Monte Razzano, di Monte Sant’Angelo, il centro di Baccano
(la cui attività terminò 40 mila anni fa) e successivamente Marti-
gnano, Stracciacappa e le Cese6 (Figg. 3-4)

Fig. 3. Vista del cratere di Baccano dalla mansio (h. 223 metri s.l.m)

6
Ciccacci S., Del Monte M., Fredi P., Caratteristiche geologiche e geomorfo-
In seguito, 370 mila anni fa, il vulcano si avviò al suo stadio fi- logiche del Parco Regionale Suburbano Valle del Treia, in: Olmi M., Zapparoli
nale di attività. Alla fine di violenti episodi idromagmatici avven- M., (a cura di), L’Ambiente nella Tuscia laziale-Aree protette e di interesse na-
ne il collasso della parte superiore dell’edificio con la formazione turalistico della Provincia di Viterbo. Viterbo: 1992.

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attuale si determinò in un arco di tempo compreso tra 400 e 90
mila anni fa con un’attività non continua ma interrotta da lunghi
periodi di quiete (60-100 mila anni).
L’attività iniziale fu di tipo prevalentemente esplosivo con eru-
zioni pliniane. Dopo un periodo di calma vi fu una fase di natura
essenzialmente effusiva che andò a creare l’edificio centrale. Una
seconda fase esplosiva, di tipo pliniano, determinò la formazione
della caldera vicana con la messa in posto delle principali forma-
Fig. 4. La morfologia vulcanica. Le aree depresse per cause vulcaniche tendo- zioni piroclastiche tra cui il tufo rosso a scorie nere. Questo si
no in un primo tempo ad ospitare conche lacustri, che vengono successivamen-
te interessate da reticoli idrografici. (Rielaborazione da Guide Geologiche Re-
estese per un raggio di circa 25 km, e precisamente: a nord-est e a
gionali). est fino alla Valle del Tevere; a nord-ovest fino alle vulcaniti del
distretto vulsino; a sud e a sud-ovest fino a riempire le paleovalli
incise nei depositi del distretto sabatino. Alla fine di questo perio-
do si verificò il collasso della parte terminale dell’edificio.
Nell’ultima fase (140-90 mila anni fa) cambiarono radicalmen-
te le condizioni eruttive. Risultando queste condizionate dalla
presenza del bacino lacustre all’interno della caldera vicana, si
determinò un’eruzione violenta di tipo idromagmatico. L’attività
si chiuse con l’edificazione del cono lavico di Monte Venere al-
l’interno della caldera.
Con i depositi vulcanici dei distretti sabatino e cimino-vicano
IL DISTRETTO CIMINO-VICANO la situazione geologica del territorio in questione cominiciò a de-
finirsi. Gli spessi strati di materiale lavico vennero successiva-
Il secondo distretto incontrato dalla Via Amerina è, verso nord, mente erosi dai numerosi torrenti provenienti dai bacini lacustri di
quello cimino-vicano. Il complesso cimino è il più antico del La- origine vulcanica, sino a presentare la situazione morfologica at-
zio (1.35-0.8 milioni di anni fa). Durante questo periodo si ebbe tuale (Figg. 5-6).
la formazione di domi accompagnata da attività esplosiva. Attual-
mente si conoscono più di 50 rilievi collinari, ognuno dei quali
dovuto all’accumulo di lave e connessi all’eruzione di peperino.
Circa 800 mila anni fa, all’estinzione dell’attività cimina, ini-
ziò l’attività del distretto vicano che terminò 90 mila anni fa.
L’attività si sviluppò da un edificio principale centrale, il vul-
cano di Vico, dalla tipica morfologia di stratovulcano. La forma

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Fig. 5. Vista del complesso Sabatino-Vicano dall’Amerina nei pressi di Casale
L’Umiltà (h. 231 metri slm).

Fig. 6. Vista del territorio, nella situazione attuale, dalla sommità del Soratte.

I DEPOSITI PIROCLASTICI
I depositi piroclastici sono dovuti all’accumulo dei materiali
Come abbiamo visto le fasi eruttive sopra descritte non sono di
eruttati da un vulcano nel corso della sua attività e si possono di-
un solo tipo, ma spesso si susseguono con diverse caratteristiche.
videre in tre categorie: piroclastiti di ricaduta, piroclastiti di cola-
Tali differenze sono fondamentali per comprendere da un pun-
ta, piroclastiti idromagmatiche.
to di vista morfologico la formazione del paesaggio nelle sue
strutture primarie.
Piroclastiti di ricaduta
Sono dovuti dall’accumulo di frammenti esplosi da un cratere
e proiettati verso l’alto attraverso una colonna sostenuta da gas.
La forma del deposito è determinata da quattro fattori: la traietto-
ria dei frammenti, l’altezza della colonna eruttiva, la direzione e
velocità del vento, la granulometria dei materiali.

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In base a questi fattori si possono distinguere i tipi di eruzione: senti, ad esempio, sul vulcano Cimino) oppure con il collasso di
hawaiana, stromboliana, pliniana ecc. che si differenziano per una nuvola eruttiva.
l’altezza della colonna eruttiva, l’esplosività e la superficie di di- Questi depositi, se connessi ad eruzioni di grande volume, co-
spersione. stituiscono i plateau che livellano completamente la morfologia
La caratteristica fondamentale di questo tipo di piroclastiti, ai preesistente, colmando parzialmente o totalmente le valli. Essi
fini della formazione del paesaggio, è la modalità di messa in po- mostrano vistose variazioni di spessore che è minimo nei rilievi e
sto. Le piroclastiti di ricaduta ammantano la topografia, mante- massimo nelle paleovalli in quanto le colate si muovono preva-
nendo invariato lo spessore del deposito in corrispondenza di valli lentemente all’interno delle depressioni topografiche. Nella zona
e alture. In questo territorio sono tipici i depositi di pomici che si le colate piroclastiche maggiori e più interessanti sono rappresen-
collocano alla base delle colate piroclastiche di tufo rosso a scorie tante dal tufo rosso a scorie nere.
nere.

Fig. 7. Schema deposizionale delle piroclastiti di caduta.


Fig. 8. Schema deposizionale delle piroclastiti di colata.
Piroclastiti di colata
I depositi delle colate piroclastiche sono il prodotto di un flus-
Piroclasititi idromagmatiche
so turbolento gas/solido ad alta concentrazione di particelle. Tale Costituiscono il deposito di un flusso gas/solido, turbolento ed
flusso può originarsi per cause differenti connesse con i domi (tipi espanso a bassa concentrazione di particelle. Si verificano quando
di accumuli lavici di forma circolare e di piccola estensione pre- il magma ha un’interazione con acqua esterna.

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Il deposito tende ad ammantare la topografia, ma con un au- LA FORMAZIONE DELLE FORRE
mento di spessore in corrispondenza delle depressioni che difficil-
mente riesce a colmare definitivamente. L’elemento paesaggistico dominante lungo il tracciato della
Via Amerina è rappresentato dalle forre, particolare conformazio-
ne morfologica del territorio compreso tra il Fiume Tevere e la
caldera di Baccano. Una situazione geomorfologica che ha deter-
minato e condizionato sia le scelte insediative, sia i tracciati viari
organizzati dalle popolazioni che su questo territorio si sono suc-
cedute.
La forra è il risultato soprattutto di una combinazione di ele-
menti geologici e idrici che ha determinato la creazione di un ter-
ritorio dalle caratteristiche uniche e singolari.
Fig. 9. Schema deposizionale delle piroclastiti idromagmatiche.

Fig. 10a.

24
Fig. 10b.

Fig. 10c.

Fig. 10d.

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In seguito alle eruzioni vulcaniche, lungo le paleovalli di origi- IL TRACCIATO DELLA STRADA
ne marina e lacustro-fluviale composte da depositi pliocenici
E I MATERIALI LITOIDI
come argille, ghiaie e sabbie (Fig. 10a), si sovrapposero spesse
masse di materiali. Queste furono deposte ancora prima da eru-
La Via Amerina percorre nella zona sud un territorio formatosi
zioni piroclastiche di ricaduta (pomici) poi da piroclastiti di colata
dal deposito delle vulcaniti dei distretti sabatino e cimino-vicano;
(tufo rosso a scorie nere) (Fig. 10b). Tali colate determinarono un
e verso nord, attraversando la Valle del Tevere formata da depositi
livellamento delle superfici con banchi alti anche 100 metri. Su
alluvionali, risale verso le colline plioceniche di origine marina
questo sottofondo di facile erodibilità, le acque fluviali col tempo
introducendosi, infine, attraverso i rilievi calcarei nella zona di
hanno modellato delle profonde valli con forme nette, tanto da
Amelia.
raggiungere in alcuni casi (Valle del Treia, Valle Fosso dell’Isola)
La percezione di tali differenze è abbastanza netta soprattutto
lo strato pliocenico sottostante sul quale depositano continuamen-
per le variazioni morfologiche del territorio, ma anche per i diver-
te il materiale eroso (Figg. 10c-10d).
si materiali incontrati che con le loro caratteristiche di colore, tes-
Il sistema è in continua evoluzione in quanto il materiale depo-
situra e forma, determinano i vari paesaggi e permettono la rico-
sitato sul fondovalle spesso causa degli spostamenti laterali del-
noscibilità del luoghi.
l’alveo fluviale che determinano l’erosione della parte basale, più
Le forme morbide e avvolgenti determinate dalla caldera di
friabile, con il conseguente crollo, sia per ribaltamento che per
Baccano a sud subiscono delle trasformazioni procedendo verso
scivolamento, di notevoli parti di materiale vulcanico che ha una
nord. Questo avviene lungo l’ampio plateau, appena mosso dagli
scarsa resistenza a trazione7.
avvallamenti del Fosso dello Stramazzo e di Valle Coaro, dove
prevale il colore grigio dei tufi stratificati e delle lave leucitiche.
È nei pressi di Casale l’Umiltà e più avanti, sul Fosso del Cerreto,
che si percepisce un brusco cambiamento, quando la strada attra-
versa il passaggio tra i prodotti del vulcano sabatino con quelli
del vulcano vicano. Qui il colore predominante è il rosso, con le
sfumature cineree dei licheni o le tonalità verdi dei muschi sulle
pareti esposte a nord delle forre. Il paesaggio assume dei caratteri
più aspri, con il plateau tufaceo inciso profondamente dalle valli
fluviali. Lo si percorre sino a poco oltre Falerii Novi dove la de-
posizione del “tufo bianco di Fabrica” ci accompagna, in un tratto
Fig. 11. Sezione tipo di una forra. prevalentemente pianeggiante, sino alla Madonna del Soccorso,
quando il tufo rosso e le forre ristabiliscono una sequenza di pro-
7
fonde depressioni ed estesi pianori.
Mancini A., Boni M., Studio geomorfologico per il P.R.G. del Comune di Ci-
vita Castellana, 1996.

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Tale condizione di omogeneità viene interrotta nei pressi di Va-
sanello dove inizia l’attraversamento della grande depressione co-
stituita dalla Valle del Tevere. La trasformazione avviene progres-
sivamente dopo aver superato dapprima la Valle del Rio Paranza,
delimitata a sud dall’ultima propaggine del plateau vulcanico e a
nord da formazioni continentali di travertini. Quest’ultime circon-
dano delle “isole” di tufo rosso oltre le quali si apre l’ampia Valle
Tiberina al cui centro sorge il “tamburo” tufaceo di Orte e, oltre il
fiume, l’analogo rilievo di Seripola.
Qui la sensazione di cambiamento è netta, la discesa avviene
attraverso le formazioni argillose e sabbiose di origine marina e in
seguito attraverso i depositi fluviali intercalati dai travertini for-
mati dall’incessante lavoro del Tevere.
Il paesaggio assume un aspetto grandioso, la percezione delle
grandi trasformazioni geologiche è data chiaramente dall’impo-
nente fronte del plateau vulcanico che, con un dislivello di circa Fig. 12. Valle del Rio Grande: la geomorfologia del territorio.
100 metri, costituisce una netta barriera sia fisica che visiva tra il
territorio Sabino e quello Viterbese. Oltre, verso nord, la strada,
subito dopo aver attraversato il Tevere, si incunea nella stretta sel-
la delimitata dallo sperone di travertino di Castiglioni e dall’ulti-
mo residuo tufaceo di Seripola, per risalire, lungo il Rio Grande,
le bianche colline plioceniche coperte di sempreverdi. Approda, LE FORME DEGLI ELEMENTI GEOLOGICI
infine, verso l’estrema propaggine appenninica costituita dai rilie-
vi calcarei sui quali si adagia la città di Amelia. L’analisi delle caratteristiche geologiche del territorio non si
In quest’ultimo tratto, percorso lungo il crinale delimitato a de- completa e non rende comprensibili appieno le differenze che
stra dal Fosso Sasso e a sinistra dal Rio Grande, gli scorci panora- esse determinano sugli aspetti percettivi del paesaggio, se ci si li-
mici si susseguono con una serie di “quinte” definite dalle creste mita a considerazioni di tipo paleogeografico e litologico. La pe-
dei rilievi appenninici: prima più morbidi, poi netti e massicci. culiarità e la riconoscibilità di un territorio, così come la sua ge-
nesi o le caratteristiche del modellamento delle strutture, sono
strettamente in connessione con le forme che gli elementi geolo-
gici assumono sia per cause intrinseche che a seguito di azioni di
agenti esterni.

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In alcuni casi, come per i rilievi vulcanici e calcarei, le loro
forme determinano dei punti di riferimento territoriali visibili a
grande distanza, punti che assumono il valore di segni unici, non
ripetibili, che emergono da un substrato composto da elementi se-
riali e ripetitivi come la sequenza forra-pianoro o la sequenza del-
le colline plioceniche. Elementi “minori” quest’ultimi capaci di
dare uniformità e continuità al paesaggio grazie a un diverso e più
ravvicinato livello di visibilità. La forra manifesta la sua presenza Fig.14- L’apparato vulcanico Cimino.
all’osservatore soltanto a pochi metri da essa, quando ci si avvici-
na al ciglio del pianoro; a lunga distanza invece, il territorio si
mostra pianeggiante e uniforme, creando una sorta di illusione ot-
tica.
Esistono forme codificate e selezionate tra le più rappresentati-
ve di questo paesaggio: nei riferimenti territoriali sono significati-
ve quelle “morbide” degli apparati vulcanici dei Cimini e dei Sa-
batini e le più “dure” dei rilievi calcarei del Monte Soratte e dei
Monti Sabini con creste più acuminate. I tratti “minori” sono rap-
presentati dalle pareti delle forre e dalle testate dei crinali per l’a-
rea vulcanica e dalle colline tiberine per le forme di origine plio-
cenica. Fig. 15. I Monti Sabini.

Fig. 13. L’apparato vulcanico Sabatino. Fig. 16. Il Monte Soratte.

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Fig. 17. Parete di forra.

Fig. 18. Testata di crinale.

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