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Flavio Frezza

IL DIALETTO DI BAGNOREGIO

NEI VERSI DI FILIPPO PAPAROZZI

I cinquanta sonetti di Bocella De-Caoni (1903) e il Glossario di Alessandro Gaddi (1932)

Include

Flavio Frezza

IL DIALETTO DI BAGNOREGIO

NEI VERSI DI FILIPPO PAPAROZZI

Include I cinquanta sonetti di Bocella De-Caoni (1903) e il Glossario di Alessandro Gaddi (1932)

INDICE Presentazione - Francesco Bigiotti Prefazione - Giuseppe Medori Simboli e abbreviazioni Saggio di unanalisi del dialetto bagnorese 1. Introduzione 2. Filippo Paparozzi, poeta civitonico 3. La grafia del poeta 4. Principali caratteristiche linguistiche 5. Le alterazioni linguistiche del Gaddi 6. Conclusioni Introduzione ai sonetti I cinquanta sonetti di Bocella De-Caoni (1903) - Filippo Paparozzi Il glossario del Gaddi: descrizione e criteri dedizione Glossario (1932) - Alessandro Gaddi Documenti orali 1. Una questione religiosa 2. Testi dialettali 3. Commenti linguistici Bibliografia 3 5 7 9 9 14 20 23 34 41 43 45 95 101 121 121 121 123 125

PRESENTAZIONE Il dialetto, le tradizioni popolari, i dettagli pi minuti della cultura materiale, rappresentano, non meno degli innumerevoli pregi architettonici e paesaggistici di Bagnoregio e del suo territorio, importanti pagine della storia della nostra comunit, che abbiamo voluto omaggiare, in questo particolare periodo dellanno, con una nuova pubblicazione, nella linea inaugurata lo scorso Natale con la stampa del bel libro di Vilma Catarcione, A la mi Civita: storie e vocaboli di ieri (Viterbo 2011). Il presente volume, ad opera di Flavio Frezza, studioso delle parlate della nostra Teverina, prende in esame i sonetti del poeta vernacolo di Civita di Bagnoregio, Filippo Paparozzi, dati alle stampe nel 1903, confrontandoli con la raccolta edita nel 1932 da un altro illustre bagnorese, il prof. Alessandro Gaddi, e quindi con i testi dialettali pi recenti. Ci che pi conta, forse, che lautore non ha voluto fermarsi alla parola scritta, ma ha ritenuto fondamentale intervistare alcuni nostri concittadini, soprattutto anziani, andando cos a ricostruire, con le loro testimonianze, levoluzione di alcuni fenomeni linguistici nellarco di oltre un secolo. Come noto, i dialetti sono sottoposti ad una sempre pi rapida erosione e trasformazione. La godibilit di un testo da parte della popolazione, lincedere dei ricordi, il rinsaldamento del sentimento comunitario, devono quindi essere accompagnati da uno studio rigoroso e scientifico delle nostre parlate, oggi, per ovvi motivi, non pi rimandabile.

Francesco Bigiotti Sindaco di Bagnoregio


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Civita di Bagnoregio (foto di Massimo Calanca)

PREFAZIONE Flavio Frezza autore di varie pubblicazioni che riguardano, per lo pi, le tradizioni popolari. Esse riflettono soprattutto il suo ambiente e, in modo specifico, il territorio di Grotte Santo Stefano, dove vissuto con i suoi genitori e i suoi nonni in alcuni periodi dellanno. Stando in paese e sentendo parlare la gente del volgo, ed in particolare i vecchi, quando godevano la fitta ombra delle antiche case, nato in lui, gi incline a profonde considerazioni, lamore per questo semplice linguaggio, scoprendo in esso quelle parole dialettali che non esistono nei vocabolari. Questo modo di parlare, ladolescente Frezza lha trovato vezzoso ed armonico e molto adatto a significare ci che questa gente voleva dire. Da questo sentire e poi dal dialogare con questi vecchi incominciata la sua interessante ricerca, estendendola a molti altri paesi della Teverina. Questa terra, quasi sub-regione ad ovest del medio corso del Tevere, trovandosi nellAlto Lazio e avendo per confine la verde Umbria e le ridenti colline toscane, una grande valle ricca di infiniti idiomi le cui parole hanno molteplici declinazioni, sintagmi e modi di dire che variano di paese in paese. Lo studioso Frezza, di alcuni dei tanti dialetti diventato un fine e profondo conoscitore tanto che ne pu parlare in maniera disinvolta, con grande cognizione e, soprattutto, con rara passione. Lautore, con la pubblicazione di questo ulteriore studio sul vernacolo, ci consegna un maggiore approfondimento del dialetto rurale di queste terre e, in particolare, di Bagnoregio, di cui Civita costituisce il vero ed antico centro storico. nella troppo accidentata campagna di Civita, nel suo difficile isolamento, tra i caoni di Bocella che lo studioso di dialetti ha trovato la materia ideale per una pi canonica esegesi della parole usate dal Paparozzi nel suo noto libro I mi ersi. proprio di questo poeta vernacolo e del suo interessante libro, che per noi civitonici ha costituito il primo linguaggio trasmessoci dai nostri padri, che lo scrittore Bonaventura Tecchi dice: senza di lui, non pi possibile scrivere versi in dialetto nel nostro paese.

Questo particolare idioma, cos incisivo e fiorito, codificato dal grande poeta delle crete ed espresso in vero linguaggio locale, stato il prototipo per altri poeti vernacoli che con i loro libri hanno dato lustro alla citt di Bagnoregio. Il suo modo di poetare, sui problemi di Bocella De-Caoni, piaciuto al maestro Angelo Ramacci che, sul suo esempio, sempre in dialetto ha scritto i Sonetti cu la coa; piaciuto anche al Reverendo don Enrico Righi che, dotato di un facile parlare faceto, anchesso ha pubblicato sullesempio dei precedenti poeti dialettali, un suo libro dal titolo: Sonetteria rotana. Anche recentemente questo dialetto rivissuto negli scritti di Vilma Catarcione che, avendo trascorso la sua infanzia a Civita, fino allet adolescenziale, lha assimilato meglio di altri con tutte quelle sfumature dovute alla trasformazione e alla normale evoluzione del linguaggio locale. Al Frezza, noi di Bagnoregio, dobbiamo essere riconoscenti perch fra i dialetti della Teverina ha preferito il nostro, facendone unanalisi approfondita, degna di un grande filologo. Prendendo in esame i libri di Paparozzi, del Ramacci, del Righi, della Catarcione e di altri ne nata quasi una filologia comparata che Frezza, con il suo studio sulla parola dialettale, fa rivivere in noi un vasto panorama della cultura popolare di cui Paparozzi il caposcuola.

Giuseppe Medori

SIMBOLI E ABBREVIAZIONI
accr. agg. ant. antifr. arc. B CB centr. cfr. dial. dim. dispr. es. espr. euf. f. fig. fraz. gloss. ibid. id. it. impers. impf. ind. inter. intr. lat. lett. loc. m. p. pass. perf. pl. pres. pron. top. tr. raro rec. rif. rifl. accrescitivo aggettivo antiquato (v. in via di disuso) antifrastico arcaico (v. desueta) v. in uso a Bagnoregio v. in uso a Civita di B. v. dei dial. dellItalia centrale confronta dialetto; dialettale diminutivo dispregiativo esempio espressione eufemismo femminile figurato frazione glossario ibidem idem italiano impersonale imperfetto indicativo interiezione intransitivo latino letterario; letteralmente localit maschile participio passato perfetto plurale presente pronome; pronominale toponimo transitivo v. di scarso impiego recente riferito riflessivo rust. s. sec. seg. s.f. s.m. sopr. SS top. tr. uff. v. vd. () [] {} <>
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rustico (v. in uso nel contado) sotto secolo seguente sostantivo femminile sostantivo maschile soprannome Strada Statale toponimo transitivo ufficiale voce; verbo vedi pu indicare uninterruzione improvvisa della pronuncia. tra parentesi quadre, possono segnalare lomissione di un passaggio non rilevante; fuori parentesi, possono indicare una pausa breve. possono contenere un fonema dalla pronuncia indefinita. possono contenere unintegrazione al testo originale. contengono una forma ipotetica o ricostruita. contengono una forma del dialetto attuale. forma tratta dai sonetti. pu segnalare un dubbio del raccoglitore. scansione di versi. separa i singoli contesti linguistici e gli elementi fraseologici. separa funzioni grammaticali, sezioni del glossario, ecc. rinvio alla voce principale. introduce unalterazione del Gaddi; evolve in. evolve da. 7

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Ritratto di Filippo Paparozzi (tratto da I mi ersi, cit.)

SAGGIO DI UNANALISI DEL DIALETTO BAGNORESE1 I cinquanta sonetti di Bocella De-Caoni (1903) nella riedizione di Alessandro Gaddi (1932) 1. Introduzione a) Cenni sulla dialettologia nel Viterbese La situazione linguistica della Tuscia viterbese, notoriamente frammentata, anche per via delle convergenze con le aree limitrofe, e per le numerose influenze da queste provenienti2, stata per lungo tempo tra1) Ledizione originale del saggio era inizialmente destinata ad apparire in altra sede, ma i tempi dilatati di pubblicazione con il conseguente rischio di dare alle stampe del materiale non pi aggiornato mi hanno spinto a rivolgermi al Comune di Bagnoregio che nella persona del Sindaco Francesco Bigiotti ha intelligentemente accettato di pubblicare lo scritto, sebbene di tipo non strettamente divulgativo. Si terr quindi conto del contesto in cui vede la luce il presente lavoro e della conseguente necessit di conciliare le esigenze degli studiosi allopportunit di rendere comprensibile quanto esposto a un pubblico non specializzato. Questi fattori mi hanno spinto, tra laltro, a limitare limpiego di tecnicismi e a rinunciare ad alcuni approfondimenti, pur cercando di mantenere, nellesposizione delle informazioni, il medesimo rigore metodologico che ne ha ispirato la raccolta (vd. note 12, 14 e 16). Colgo loccasione per ringraziare, oltre al sig. Sindaco, lAssessore Giuseppina Centoscudi per la disponibilit, il personale dellufficio anagrafe comunale per le informazioni procuratemi, Luigi Cimarra per i preziosi consigli, Enrica Ciorba per laiuto nella trascrizione dei sonetti e nella revisione delle bozze, Giancarlo Baciarello per le delucidazioni storiche, Massimo Calanca per le fotografie, Cesare Fanti per le operazioni di fotoritocco, Giuseppe Medori per la lusinghiera prefazione e, inoltre, tutte le mie fonti, tra le quali sono grato, in particolare, a Vilma Catarcione, Vincenzo Eleuteri e Bonaventura Rocchi. 2) Se passiamo poi ad esaminare pi da vicino la situazione linguistica del Viterbese, ci accorgiamo che nelle fasce periferiche del territorio appaiono salde convergenze con le regioni contigue: per esempio, lungo il confine settentrionale della provincia ravvisabile una consistente pressione, durata nel corso dei secoli, del prestigioso modello toscano; tendenze umbre vistose sirradiano nella vallata del Tevere, penetrando allinterno; innegabili influenze romanesche sono percepibili soprattutto nella fascia meridionale. Inoltre, tali influenze e convergenze non restano circoscritte, come prevedibile, alla periferia, ma coinvolgono pi o meno lintero territorio. Si sarebbe tentati di affermare alla prima impressione, senza tuttavia poterlo ancora provare che siamo 9

scurata dagli specialisti, complice la perdurante carenza di infrastrutture in grado di permettere rapidi collegamenti tra i maggiori centri di studio e la nostra provincia. Fatte salve le inchieste effettuate, nella prima met del secolo scorso, per lAtlante linguistico ed etnografico italo-svizzero (AIS) e lAtlante linguistico italiano (ALI, in corso di pubblicazione)3, e le rilevazioni svolte da Michele Melillo nel 584, bisogner attendere gli anni 70 allorch i dialettologi Francesco Petroselli e Luigi Cimarra, entrambi di origine locale, diedero alle stampe i primi risultati delle proprie indagini, condotte secondo criteri scientifici, relative alle tradizioni orali (blasoni popolari5, detti e proverbi, folclore infantile) e alla cultura materiale (viticoltura, canapicoltura) del territorio di nostro interesse6. Soltanto in anni recentissimi, a cura dei medesimi studiosi, si potuto disporre di un primo quadro dinsieme dei dialetti dellarea7 e dellavvio di uno strumento come lauspicato Vocabolario dialettale della Tuscia viterbese, avente lo scopo di salvaguardare il patrimonio lessicale della nostra provincia tramite la pubblicazione di una serie di volumi basati interamente sui documenti orali raccolti nel corso di quarantanni
in presenza duna tipica area di transizione allinterno della pi ampia realt centrale della penisola, percorsa in epoche diverse da correnti linguistiche di varia provenienza (C&P 2008:27-28). 3) Tra i punti dinchiesta si elencano, per lAIS, Acquapendente, Montefiascone, Ronciglione e Tarquinia e, per lALI, Montefiascone, Bagnaia (oggi fraz. di Viterbo), Cellere, Montalto di Castro, Monteromano e Vetralla. 4) Nellestate del 1958 Melillo effettu alcuni rilevamenti nel Bagnorese (nel capoluogo, a Civita e nella borgata di Mercatello) e in altre localit della Provincia di Viterbo, ovvero Proceno, Acquapendente, Lubriano, Le Mosse (fraz. di Montefiascone), Chia (fraz. di Soriano nel Cimino), La Quercia (fraz. di Viterbo), Orte e Caprarola. Stralci di queste registrazioni depositate, in seguito, presso la Discoteca di Stato appaiono, corredati da brevi ma significativi commenti linguistici, in: Melillo 1970:492-504, 514523. 5) Con il termine blasoni popolari si fa riferimento a quei documenti in massima parte orali mirati a enfatizzare le differenze tra il proprio gruppo di appartenenza e gli altri, considerati diversi per appartenenza etnica o di classe. 6) Ci si limita a citare le opere che includono, tra le localit oggetto dindagine, Bagnoregio e le sue frazioni. A cura di Petroselli: Blaspop. II, Vite I-II; a cura di Cimarra e Petroselli: C&P 2001, 2008. 7) Ci si riferisce al Profilo linguistico della subarea cimina nel contesto della Tuscia viterbese (C&P 2008:27-110). 10

di indagine sul campo8. Il quadro della conoscenza delle nostre parlate si allarga, poi, considerando i saggi descrittivi di alcuni vernacoli9 e i glossari settoriali dedicati alle attivit lavorative tradizionali10, nonch alcune opere di carattere amatoriale, di qualit oscillante11. Lattenzione dedicata al patrimonio orale non implica, tuttavia, che debbano essere trascurate le fonti scritte, soprattutto remote, le quali per8) La collana, coordinata da Francesco Petroselli, si propone di coprire lintero territorio provinciale tramite una serie di monografie relative ai centri maggiormente rappresentativi delle rispettive subaree. La serie include, al momento, tre volumi, dedicati ai dialetti di Viterbo (Petroselli 2009), Blera (Petroselli 2010) e Civita Castellana (Cimarra 2011). Nel momento in cui si scrive sono in fase di redazione i vocabolari dialettali di Canepina e SantOreste (RM), entrambi a cura di Cimarra e Petroselli. opportuno segnalare anche la prima raccolta lessicale, redatta secondo criteri scientifici, dedicata interamente a un centro della nostra provincia, Fabrica di Roma (Monfeli 1993). Per quanto riguarda le immediate vicinanze di Bagnoregio, assume grande rilevanza unopera relativa al territorio orvietano (M&U 1992), la quale, in virt dellaffinit linguistica di detta subarea con una parte consistente del Viterbese, include tra le localit dinchiesta Acquapendente e Montefiascone. 9) Limitandoci agli scritti di carattere scientifico, si dispone, al momento, di una sintetica descrizione delle parlate dellOrvietano, con notizie relative ad alcuni centri della nostra provincia (Mattesini 1983), nonch di contributi pi dettagliati dedicati ai vernacoli di Blera (Mattesini 1996) e Canepina (Petroselli 1990). Per la Teverina, si rimanda alle brevi annotazioni sul dialetto della frazione viterbese di Fastello (Frezza 2012:5-8), mentre in fase avanzata di redazione una monografia dedicata a Grotte Santo Stefano (fraz. di Viterbo), a cura dello stesso studioso. Si cita, infine, un saggio relativo alle dinamiche linguistiche al confine tra Toscana e Lazio, con cenni su alcuni dialetti della nostra subarea (Dinam. 2002). Vd. anche nota 7. 10) Si fa riferimento agli studi sulla pesca e sullambiente lacuale relativi ai laghi di Vico (Silvestrini 1984) e Bolsena (Casaccia 1986) questultimo con glossario di Enzo Mattesini (ibid.:110-132) , oltre che al recente repertorio lessicale dedicato ai settori semantici connessi alla gara del solco dritto di Fastello: allevamento bovino, aratura, semina, parti del campo, geomorfologia del territorio e composizione della societ contadina (Frezza 2012:29-62). Occorre infine menzionare un accurato glossario settoriale proveniente dalla contigua campagna amerina (Zappetta 2006:135-174) e uno studio etimologico contenente un glossarietto con voci dialettali di alcuni centri del Viterbese, con linclusione di Bagnoregio (Alinei 2009). 11) Ci si limita a segnalare le monografie riguardanti due centri contermini, ovvero Castiglione in Teverina (Corradini 2004) e Bolsena (C&T 2005); questultima risulta piuttosto affidabile, sia per la puntigliosit della ricerca che per quanto attiene il sistema di trascrizione utilizzato. 11

mettono, anzi, unutile comparazione tra le antiche parlate e lattuale uso orale12. Ci si riferisce, ad esempio, agli statuti dei nostri comuni13, ma anche a raccolte di diverso spessore, contenenti testi formalizzati, racconti, poesie e sonetti14.
12) Al fine di poter disporre di informazioni aggiornate sulle parlate della zona, sono stati compiuti alcuni sopralluoghi a Bagnoregio e Civita, dove si avuta cura di intervistare cittadini nativi, per lo pi anziani, occupati in attivit di diverso genere (agricoltura, allevamento, sartoria, attivit estrattive, commercio, insegnamento). Sono stati effettuati soltanto due rilevamenti nelle frazioni di Vetriolo e Castel Cellesi, dove, come si vedr, sono emerse situazioni dialettali sensibilmente differenti da quelle riscontrate nel capoluogo. Allo scopo di non appesantire la lettura, si stabilito di limitare i raffronti con i centri limitrofi, facendovi ricorso unicamente per contestualizzare alcune caratteristiche linguistiche di particolare interesse. Si tenuto conto, a tal fine, sia dei testi in bibliografia che dei documenti orali raccolti nel corso di precedenti inchieste nella Teverina, i cui centri hanno fatto capo, per secoli, alla Diocesi di Bagnoregio, con le eccezioni di Celleno e Fastello, facenti parte di quella montefiasconese. Nel 1986 ambo i vescovadi vennero soppressi e i loro territori accorpati alla Diocesi di Viterbo, in virt della bolla papale Qui non sine. 13) Ci si limita a citare, per larea in esame, gli statuti in volgare di Bagnoregio (Statuto 1985), di Civitella dAgliano (G&P 1985) e dellodierno San Michele in Teverina (G&P 1995), nonch una raccolta di bandi comunali di Graffignano (Mancini 2010). Per alcune considerazioni linguistiche sugli statuti della subarea, si rimanda a Cipriano 1993. 14) Francesco Ugolini, nel basilare Rapporto sui dialetti dellUmbria, utilizza proficuamente una selezione di versi dialettali accanto a materiali raccolti sul campo; al fine di effettuare dei raffronti tra le parlate dellUmbria e quelle del Viterbese, lo studioso include alcune notizie relative al dialetto di Bagnoregio, basate, si direbbe, su uno spoglio dei sonetti del Paparozzi, che pure lautore ha tralasciato di citare (Ugolini 1970:475-479). Per quanto riguarda il presente studio, si fatto ricorso, oltre che alle risorse gi segnalate, a testi di diverso genere, tra i quali assume particolare rilevanza il breve racconto La Tonna (Medori 1982:84-88), ove lo scrittore ha riprodotto fedelmente, negli scambi di battute tra i protagonisti, la parlata in uso ai tempi della stampa; un incontro con lo studioso, nativo di Civita, ha permesso la verifica delle voci e la loro trascrizione in grafia fonetica semplificata. Si dimostrata di una certa utilit la consultazione di Proietti 1995; lautore, recentemente scomparso, fornisce vivide immagini della propria infanzia a Civita durante il ventennio fascista e, nel corso della narrazione, cita antroponimi, soprannomi, termini dialettali, scambi di battute, ecc. Assume rilevanza, in una monografia di carattere storico dedicata alla frazione, la sezione Civita oggi, contenente un prezioso elenco di antroponimi, soprannomi e toponimi (Signorelli 1979:43-47). Anche in questi casi, stato possibile verificare buona parte dei materiali presso i nostri informatori e trascriverli secondo criteri scientifici. Per quanto riguarda i componimenti poetici, omettendo, per ora, quelli del Paparozzi, si tenuto conto, con una certa prudenza, di una raccolta proveniente dal capoluogo comunale, esposta, per, 12

b) bagnoregio e CiVita: due Variet distinte? Prima di presentare il poeta e di addentrarsi nellanalisi linguistica, occorre almeno far cenno dellappartenenza delle parlate del Bagnorese, sotto il profilo fonetico e morfo-sintattico, al pi ampio gruppo dei dialetti mediani15, nonch delle numerose concordanze con le subaree limitrofe, anche al di fuori dei confini provinciali. Per quanto attiene le differenze tra le variet di Bagnoregio e Civita le quali, a dire dei parlanti, sarebbero sensibili e immediatamente percepibili (si snte sbbito, n?) , ci si limita, per il momento, a notare come, almeno nella fase attuale, i due centri condividano la medesima fenomenologia di base, e a sottolineare come le maggiori differenze rilevate consistano, per quanto concerne il civitonico, nella persistenza di alcuni tratti antiquati o arcaicizzanti, che si vedranno meglio in seguito16.
alle influenze dialettali di Civita, luogo di nascita dei genitori del versificatore (Ramacci 1969). Si invece ritenuto superfluo utilizzare, ai fini di un raffronto linguistico, unulteriore collezione poetica bagnorese, successiva a quella del Ramacci e, come questa, volutamente soggetta agli influssi civitonici (Righi 1983). Di grande ausilio sono risultati, poi, i testi di Vilma Catarcione, originaria di Civita: uno di questi analogo, per forma e contenuti, a quello del Proietti (Catarcione 1997), mentre il secondo lavoro, recentissimo (Catarcione 2011), strettamente inerente alloggetto della nostra ricerca; la disponibilit della scrittrice ci ha permesso di trascrivere con precisione le voci di maggiore interesse. Si menziona, poi, una pubblicazione di carattere scientifico, contenente racconti e testi formalizzati, che include, tra le localit dindagine, Bagnoregio, Civita e Vetriolo (Galli 1992); tuttavia il sistema di trascrizione, estremamente semplificato, rende solo in parte le caratteristiche fonetiche. Le medesime osservazioni valgono per un volume relativo alla medicina popolare nella Teverina, ove sono incluse, tra le altre, le medesime localit del Bagnorese indagate dal Galli (Amici 1992). 15) Il gruppo dei dialetti mediani include, grossomodo, le parlate in uso nel Lazio, in Umbria e in parte delle Marche e dellAbruzzo. 16) Per quanto attiene le condizioni linguistiche del Bagnorese ai tempi del Gaddi, appare di qualche utilit una sua osservazione, secondo la quale la parlata di Civita pi somigliante allumbro, mentre spiccatissima a Rota la tendenza toscana (Gaddi in: Paparozzi 1932:XIX). Lasserzione dello studioso lascia pensare a una maggiore affinit tra il civitonico e le parlate dellUmbria, o meglio dellOrvietano, e alla maggiore penetrazione, nel dialetto del capoluogo, di voci di lingua o italianizzanti, il che troverebbe conferma nelle condizioni attuali. Per quanto riguarda la situazione odierna, si data particolare rilevanza, nei dati che si andranno a presentare, al piano fonetico, dedicando qualche attenzione ai campi del lessico e della morfo-sintassi. Sono esclusi, invece, i raffronti tra le cadenze dialettali; tuttavia si fa presente come, anche in questo 13

Meriterebbero, invece, una trattazione a parte le parlate delle frazioni di Vetriolo e Castel Cellesi questultima aggregata a Bagnoregio soltanto nel 192817 , caratterizzate da una tipologia pi spiccatamente volsino-orvietana18. 2. Filippo Paparozzi, poeta civitonico a) boCella e la prima edizione dei sonetti (1903) Filippo Paparozzi nacque a Civita di Bagnoregio nel 1828 da una famiglia benestante il cui capostipite Scipione, notaio originario di Gallese, si stanzi nel Bagnorese nel 1594. Acculturato, dialettofono, dotato di interessi poliedrici19, il Paparozzi si fece portavoce degli umori della
caso, secondo i parlanti, le differenze sarebbero notevoli. La provenienza dei materiali registrati viene indicata, di norma, con lapposizione della sigla di localit tra parentesi tonde: B = Bagnoregio, CB = Civita. Si segnala, tuttavia, che stante la sostanziale uniformit fenomenologica delle due parlate, si preferito, nei casi non insidiosi, non apporre alcuna sigla, allo scopo di non appesantire la lettura. Si fa presente, inoltre, che data la comprensibile difficolt nel trovare fonti civitoniche affidabili, la maggior parte dei materiali presentati di provenienza bagnorese. 17) Vd. nota 24. 18) Con questa definizione di comodo si vuole indicare linsieme delle parlate in uso nellOrvietano, sulla sponda orientale del lago di Bolsena e in parte della Teverina, caratterizzate dalla presenza del dittongo -j- in opposizione a -j- (vd. nota 34) , dalla trasformazione costante di -i finale in -e (vd. nota 56) e dalla preposizione ma a in (vd. nota 64). Tutti questi tratti si ritrovano anche nel dialetto del capoluogo provinciale (almeno nel registro antiquato), che per si distingue dalle variet volsino-orvietane per lassenza di alcune caratteristiche significative, tra le quali si citano, a titolo di esempio, il dileguo della consonante nella preposizione di (vd. nota 60), laggettivo indefinito che qualche (vd. nota 66) e il pronome le lo li la le (vd. nota 98), comuni, invece, al dialetto di Bagnoregio. 19) Le fonti scritte non indicano esplicitamente Civita quale luogo di nascita di Filippo Paparozzi, sebbene la popolazione locale dia la notizia per certa. Figlio di Francesco e Giacinta Gentili-Acciari, Filippo venne introdotto dal padre, perito agrimensore e amministratore patrimoniale, allinteresse per la musica, e fu iniziato allo studio del pianoforte dal soprano Erminia Frezzolini, sua parente, originaria di Orvieto. Alla passione per la poesia contribu, probabilmente, lamicizia tra suo padre e un poeta umanista, il canonico Ottavio Zannini, professore nel seminario di Bagnoregio. La personalit del Paparozzi era caratterizzata, secondo lo studioso Alessandro Gaddi (vd. nota 26), da una bont trasparente [] mallevadrice al suo spirito faceto e satirico, che tutti acco14

popolazione del piccolo centro tiberino, assumendo lidentit del poeta contadino Bocella De-Caoni, ovvero, nellantica parlata civitonica, piccola voce dei calanchi20. Votato allimprovvisazione, lattivit poetica del Paparozzi fu principalmente orale, tanto che i suoi testi vennero dati alle stampe, per la prima volta, soltanto nel 1903 sei anni prima della sua scomparsa , grazie alliniziativa dellamico farmacista, gi garibaldino, Severo Venci,
glievano in buona parte, pur naturalmente evitando desserne colpiti (Gaddi in: Paparozzi 1932:XXI). Del versificatore civitonico scrissero anche intellettuali come Antonio Diviziani e Bonaventura Tecchi; se il primo lo defin poeta di un popolo onesto, triste e laborioso, nei cui sonetti avvertibile solo quel sapore di ingenuo, di umile, di buonsenso e di pacato umorismo che sorge dalla millenaria esperienza e saggezza della stirpe (http://www.altatuscia.info/2010/03/uomini-illustri-bagnoregio.html), il secondo sottoline come lisolamento di Civita, gi allora, al tempo del Paparozzi, gravissimo, la ristrettezza singolare dellambiente, che ne faceva un piccolo mondo, unisola lontana da ogni abitato, davano un colore, un sapore speciale alle ribellioni, ai lamenti del povero Bocella de Caoni, e infatti, nella prima parte della raccolta dei versi del Paparozzi (riedita egregiamente nel 1932 da Alessandro Gaddi []), largomento principale la rivalit tra Cita e Rota (Tecchi in: Ramacci 1969:4). Che il poeta fosse dialettofono lo si evince da quanto riportato dallo stesso Gaddi, secondo il quale il Sor Pippo Signor Filippo, qualora non fosse in vena di recitare versi, si congedava da chi gliene facesse richiesta con la locuzione gna che aja! bisogna che me ne vada (Gaddi in: Paparozzi 1932:XXII). Le fonti consultate non danno notizie sui titoli di studio conseguiti dal poeta; ci nonostante, il suo livello culturale si pu evincere dalla conoscenza del latino, di cui fa uso in alcuni componimenti (ibid.:81-115). Non si hanno notizie certe neanche sulle sue fonti di reddito, sebbene i cittadini ricordino che il poeta fosse benestante e disponesse di alcune propriet terriere. Sua moglie Agnese Daddi, originaria di Bolsena, mor nel 1882, trentasettenne, dopo dodici anni di matrimonio, ed ebbe con lui due figli, Francesco e Marianna, i quali, in seguito al nuovo matrimonio del padre, vennero accolti in casa Daddi a Bolsena. Francesco, nato nel 1874, venne quindi iscritto al seminario di Orvieto, che frequent con successo, coltivando, almeno a partire da allora, la passione per il componimento in versi, come si evince dal sonetto Risposta, a lui dedicato dal padre (ibid.:120). Alcuni versi di Francesco, sia in lingua che nel dialetto di Bolsena, appaiono, a cura del figlio Filippo, in: Paparozzi 1995:6069. Per un quadro sommario della vita di Filippo Paparozzi e dei suoi familiari, cfr. ibid.:57-59, e Gaddi in: Paparozzi 1932:XIX-XXVI. 20) Secondo un informatore civitonico il poeta, nella scelta dello pseudonimo, si ispir a un contadino realmente esistito, il cui appellativo, tramandato, si direbbe, in ambito familiare, tuttora in uso: cfr. Bboclla e qulli di Bboclla la famiglia di Bboclla. Il nomignolo documentato anche in: Signorelli 1979:46. Per brevi considerazioni linguistiche sul soprannome, vd. nota 62. 15

con il titolo Cinquanta sonetti in dialetto civitonico di Bocella De-Caoni (cit.)21. I versi del poeta, al quale, in anni recenti, il Comune di Bagnoregio ha intitolato una via22, raffigurano lo spirito contadino e la miseria della vita rurale, dei quali egli fu attento osservatore, senza perderne di vista gli aspetti pi positivi e genuini (Pa lo sgrao der fucatico VIII, Che ber camp chadera! X, Nun si caccia pi a camp XXXIV, passim). Non mancano versi dedicati alla malinconia e alla rassegnazione della popolazione di Cta Civita23 (Sempre di male in pejo XXXV), cosciente, secondo il Paparozzi, di un passato illustre (Imitanno lantinati XLVI), ormai offuscato dallimpietoso accanirsi degli agenti atmosferici sui terreni argillosi del centro, causa primaria della sua rovina (La ruina di micch VI). Le attenzioni di Bocella ricadono, in particolare, sulla schiacciante supremazia di Rota, lattuale Bagnoregio24 (Chi fija e chi fijastra?! XIV,
21) Dallo scambio di corrispondenza tra il Venci e il Paparozzi, riprodotto nelle pagine iniziali del libretto, emergono la modestia del poeta e la sua ritrosia nel veder pubblicati i propri versi. Si trascrivono alcuni passaggi della lettera del Venci: Anzitutto debbo indirizzarvi un sentito ringraziamento della gentil compiacenza che avete avuto verso di me nel secondare finalmente il mio vivo desiderio, espressovi da gran tempo, con concedermi vari vostri Sonetti di stile giocoso intorno al volgare dialetto degli abitanti dellantica contrada di Civita. [] Col fermo convincimento di non fare cosa sgradevole a chicchessia, anzi di procurare qualche diletto agli amanti di poesie scherzose, cos mi sono deciso di consegnare alla stampa i sunnominati Sonetti: e ci che si ricaver dalla vendita di essi, sar erogato a vantaggio di unopera meritoria (Venci in: Paparozzi 1903:3-4). Segue la risposta del poeta: Sono tenutissimo ai sentimenti espressi nel vostro grazioso foglio test rimessomi in merito ad alcuni Sonetti, che ho composti, per mero mio diletto, sul vernacolo della Contrada di Civita. Son lieto altres di averne fatto un dono, sebbene riconosca di nessun valore, perch confortato dal dolce pensiero, che li avreste fatti stampare per unopera degna di lode []. Spero poi che i benevoli lettori dei surriferiti Sonetti mi useranno indulgenza, unendosi con voi per raggiungere il bramato scopo (ibid.:5). 22) La targa reca liscrizione Via Filippo Paparozzi. Poeta vernacolo 1828-1909. La via si trova in un rione di Bagnoregio, di recente edificazione, detto popolarmente Cvita Nva, poich vi risiedono numerose famiglie di origine civitonica. 23) Per la forma dialettale Cta, con dileguo di -v- intervocalica, vd. nota 61. 24) La citt di Bagnoregio, in seguito Bagnorea, era formata da tre contrade principali: Civita (la pi antica e importante), Rota (lodierno capoluogo) e Mercato (oggi Mercatello, per un periodo sede del municipio). In seguito al rovinoso terremoto del 1695, a Civita subentr Rota, con il trasferimento in questa contrada della sede comunale, del 16

La banna XXII, R fiotto libboro XLVIII, passim). proprio leterna rivalit tra la frazione e il capoluogo ad animare buona parte dei sonetti (La scunuscenzia II, Na quistione riligiosa XXIV, La mostra de le rilichie XXXIX, passim), tanto efficaci da essere entrati a pieno nella tradizione orale del Bagnorese e dei centri limitrofi25. Altri argomenti ricorrenti sono lesaltazione delle peculiarit della piccola contrada e della sua valle (Le campane di Cta III, R domo aripulito XII, Laria barsamica di Cta XXXVIII, passim), nonch la devozione al santo civitonico per eccellenza, San Bonaventura (La casa di san Minintura XXXIII, R munumento di san Minintura XXXVII). Abbondano gli episodi umoristici (R cacciadenti IV, La svertezza dun bannarolo VII, R daguirotipo XLI, passim), talvolta segnati da una certa vena critica, soprattutto nei confronti dellamministrazione comunale (La strada de Punticelli L). Altri componimenti, poi, denunciano vizi e cattive abitudini della popolazione (R pidocchio rifatto XX, Un pate scioperato XXXI, R gioco de lotto XLII, passim) e le precarie condizioni igienico-sanitarie del centro (Accidera che puzza! XXVI). In qualche caso, invece, la malizia, il sarcasmo, il campanilismo e la stessa figura del poeta contadino (descritta abilmente in Lo so da m
seminario e della sede vescovile. Nel 1922, con regio decreto, venne ripristinato lantico nome di Bagnoregio, con il quale si fa attualmente riferimento al solo capoluogo. La popolazione residente nel Bagnorese conta attualmente 3.670 unit; di queste, soltanto una decina risiedono a Civita, mentre nelle pi popolose frazioni di Castel Cellesi e Vetriolo risiedono rispettivamente circa 250 e 500 persone. Tra le localit citate, merita un commento Castel Cellesi, il cui territorio stato annesso al Bagnorese soltanto nel 1928, in seguito alla perdita dellautonomia comunale. Per letimologia popolare del toponimo Bagnoregio, si rimanda a Blaspop. II:854; per un approccio scientifico, cfr. DT 1991:56 (s.v. Bagnorgio). 25) Si sottolinea come gli informatori, sia civitonici che bagnoresi, nel parlare dellantica rivalit di campanile, abbiano spesso finito per citare spontaneamente i sonetti del Paparozzi. La rielaborazione, pi o meno cosciente, dei versi in blasoni popolari ampiamente documentata a Civita, Lubriano e San Michele in Teverina (Blaspop. II:910, 912, 945, passim). Alcuni versi del poeta sono giunti, inoltre, nel pi distante centro di Proceno, dove, tuttavia, vengono utilizzati per dileggiare gli abitanti di Lubriano (ibid.:843). Cfr. anche Proietti 1995:125-126. In pi di un caso si notato come, da parte di individui che conoscono soltanto marginalmente i versi del poeta, rime e battute vengano attribuite non al Paparozzi stesso ma a non meglio specificati contadini della valle, e contestualizzati allinterno di storielle che si pretendono realmente accadute. 17

cho da f I ed mejo demicr XXIX) sembrano svanire, dando luogo a versi intrisi unicamente di sentimenti benevoli quali laffetto, la stima, la solidariet (La maestra senza patente V, R curato proisorio XIII, Ma sposi noelli XV, passim). b) le riedizioni del gaddi (1932) e della pro loCo (1993) Ventinove anni dopo la stampa della raccolta, lo studioso Alessandro Gaddi, nativo di Bagnoregio26, decise di pubblicarne una nuova edizione, intitolata I mi ersi. I sonetti di Bocella De-Caoni. Il pranzo. Gli stoppinacei. Varie (cit.), arricchita da annotazioni storico-biografiche (ibid.:IXXXVI), da una Nota per la lettura e per il dialetto (ibid.:XXIX-XXXI), da un glossario composto da 221 entrate (ibid.:125-135) e da numerosi testi inediti (ibid.:9, 30, 41, passim), ma non esente da ripetute e consistenti manipolazioni di carattere linguistico, stilistico e censorio27.
26) Alessandro Gaddi (Bagnoregio 1882-Roma 1974), figlio di Pio ed Emanuela Macchioni, celibe, fu direttore di un collegio per sordomuti a Roma, sua citt dadozione. Nel 1952 lo studioso prese la residenza nel paese natale, pur continuando a vivere nella capitale e trascorrendo a Bagnoregio soprattutto le stagioni estive. Non stato possibile ottenere informazioni certe sui suoi titoli di studio, anche se il suo livello culturale e i suoi interessi sono desumibili, tra laltro, da alcuni saggi di carattere filosofico e, soprattutto, pedagogico, con particolare riguardo allistruzione dei sordomuti (vd. almeno Gaddi 1958a, 1958b). Cofondatore del Centro di Studi Bonaventuriani, bagnorese autentico e di vecchia famiglia, attaccatissimo alle tradizioni del natio loco (Tecchi 1958:24), ma non dialettofono, viene descritto, da chi ebbe modo di frequentarlo, come una persona composta, dalle buone maniere, molto fine ed intelligente (testimonianza di Giuseppe Medori). Per un accurato albero genealogico con annotazioni storiche dei Gaddi di Bagnoregio, si rimanda a Diviziani 1957. 27) Si nota come il Gaddi non accenni alle numerose alterazioni da lui adoperate, sebbene queste riguardino tutti i sonetti riprodotti, e spesso numerosi versi del medesimo testo. Lunico tipo di modifica a cui fa riferimento riguarda leliminazione della resa grafica del rafforzamento sintattico (vd. nota 41). Rari, ma consistenti, sono gli interventi di tipo censorio (pe ffa cac tre culi, bio cornuto! > pe fa sazi tre corpi, zio cornuto!, m scappa na correa ho scoreggiato > un vento mi scapp). Altre volte le modifiche sembrano dettate da preferenze stilistiche (assaggia un fiasco > arria ma n fiasco, sta moda nun cummiene a un cuntadino > ste mode chhanno r fume cittadino). Sistematici sono gli interventi sui segni diacritici e la punteggiatura, volti, almeno in qualche caso, a migliorare la leggibilit del testo da parte dei lettori non nativi (uscia uscita > scia, scarciofini carciofi > scarcifini). Alle note esplicative del Paparozzi, che corredano alcuni sonetti, ne furono aggiunte altre dal Gaddi, allo scopo di precisare il significato di 18

Gli interventi arbitrari sui versi del poeta furono, gi allora, oggetto di critica da parte di un altro intellettuale bagnorese, Antonio Diviziani, il quale si augurava che i componimenti, in uneventuale ristampa, venissero riportati alla forma originale28. Bisogner attendere oltre sessantanni affinch il suo desiderio potesse essere esaudito, grazie alla pubblicazione di una nuova edizione intitolata I mi ersi (I sonetti di Bocella DeCaoni). Varie (cit.), curata dalla Pro Loco di Bagnoregio e arricchita da illustrazioni e da alcuni componimenti fino ad allora ignoti29. Tuttavia, per quanto attiene loggetto del presente studio, ossia il piano linguistico, si pu osservare come le modifiche introdotte dal Gaddi offrano numerosi spunti per unanalisi diacronica relativa, cio, ai cambiamenti avvenuti nel tempo del dialetto bagnorese, poich, come si vedr, esse tendono, in genere, a italianizzare il linguaggio del Paparozzi, adeguandolo, forse, alla parlata in uso ai tempi della ristampa30.
certi termini dialettali, oppure di integrare le notizie storico-ambientali fornite dal poeta. Nelledizione del 1932, i componimenti vennero suddivisi secondo la seguente struttura: I sonetti di Bocella De-Caoni (Paparozzi 1932:5-77); Il pranzo (ibid.:81-100); Gli stoppinacei (ibid.:102-115); Varie (ibid.:119-122). Il primo capitolo contiene i cinquanta sonetti pubblicati in precedenza, riordinati secondo gli argomenti trattati e frammisti ad alcuni inediti; i capitoli restanti contengono, invece, materiali del tutto inediti. In anni pi recenti, la prima parte venne ripresa integralmente, alterazioni incluse, in una monografia dedicata a Civita, allinterno della sezione Vena poetica popolare (Signorelli 1979:51-83). 28) Si veda, a tal proposito, lintroduzione alla pi recente edizione dei sonetti (anonimo in: Paparozzi 1993:7). 29) Ledizione della Pro Loco pu dirsi, al momento, la pi completa e se non fosse per i numerosi refusi, parzialmente corretti a mano nella copia in mio possesso la pi fedele, poich basata, per quanto possibile, sui manoscritti del poeta, custoditi dal nipote Filippo, scomparso in anni recenti. Il volume contiene tutti i sonetti pubblicati in precedenza, pi altri inediti, per un totale di 71 testi; restano esclusi soltanto Il pranzo e Gli stoppinacei, gi editi dal Gaddi (vd. nota 27). Sono presenti, poi, 10 illustrazioni ispirate ai sonetti, realizzate dal capitano Balani Libero del XXXII Battaglione controcarro di C.A. Granatieri di Sardegna durante la sua permanenza a Bagnoregio nel periodo della II Guerra Mondiale (anonimo in: Paparozzi 1993:8). 30) opportuno segnalare come le forme linguistiche utilizzate dal poeta potrebbero non corrispondere esattamente a quelle in uso nel centro: il fatto che il Paparozzi, nel proclamare i suoi versi, si immedesimasse nel contadino Bocella, lascerebbe ipotizzare che abbia potuto adottare forme gi allora arcaicizzanti o proprie del registro rustico, in uso nella valle. Per la possibile introduzione di voci estranee alla parlata dellarea, vd. anche nota 43. 19

3. La grafia del poeta

Il sistema di scrittura adoperato dal Paparozzi , come ci si aspetterebbe, estremamente semplificato. La grafia prescelta, oltre a non dar conto di alcuni fenomeni di interesse limitato, poich diffusi nellintero Viterbese e oltre31, non segnala, ovviamente, un tratto assai noto della parlata bagnorese, ovvero la presenza della cosiddetta gorgia toscana, che consiste nella pronuncia aspirata o, meglio, spirantizzata della consonante c dura o k in posizione intervocalica32. Gli accenti, se presenti, hanno mero valore tonico e non indicano il timbro delle vocali33. Dalla grafia non risulta, quindi, un tratto piuttosto vistoso della parlata bagnorese e civitonica, ovvero la pronuncia chiusa di e nel dittongo -j- (chjsa, manira, pide), predominante rispetto alla vocale aperta in -j- (chjsa, manira, pide), propria della lingua nazionale e attestata, ad esempio, nelle frazioni di Castel Cellesi e Vetriolo34.
31) Non si rinvengono, ad esempio, notizie del passaggio sistematico di -s- a -z- nei nessi -ls-, -ns- e -rs- (frze forse, divrzi diversi, penzine pensione), mentre si ha qualche traccia della modifica di -n- in -m- prima di -p- e -b- (m po un po). 32) A Bagnoregio attestata la forma anta canta (C&P 2008:50). La tendenza che riguarda anche altre consonanti, come la t venne documentata pure dal Melillo, nel territorio di Montefiascone, che lattribu alle influenze del toscano, che si ritira lasciando impressioni profondissime (Melillo 1970:500). Si rileva lo stesso fatto fonetico al confine con il Senese (Acquapendente) e, in proporzioni differenti, in alcune localit tiberine: a Grotte Santo Stefano, ad esempio, si registra il raro um bo un buco e, a Fastello, apito capito. Tuttavia, a Bagnoregio, il fenomeno tanto evidente da essere percepito, dagli abitanti della Teverina, come un tratto peculiare del dialetto di detto centro ed essere quindi imitato nella citazione di blasoni popolari (si rimanda, a tal proposito, a Blaspop. I:123). 33) Perci non emergono le oscillazioni del timbro di -e- tonica nei suffissi in -ell-, per i quali si registrano le seguenti forme: Bboclla, Mercatllo, Mercatllo, Punticlli. Cfr., tra i numerosi esempi disponibili, anche vignarlla vigna di piccole dimensioni, cancllo, mucchjettllo mucchietto (Vite I:14, 25, 134). Anche il toponimo Bbagnora (rec. Bbagnorggio) viene pronunciato, talvolta, con tonica chiusa. 34) Sia a Bagnoregio che a Civita si annotano fira, pide, chjsa e pitra, accanto a fira, da pide in fondo, marciapide e pitra. Per Bagnoregio, cfr. anche il raro chjsa (Blaspop. II:856). Nella Teverina e nelle subaree limitrofe si annotano ambo le forme: si registra il dittongo -j-, con e aperta oltre che a Castel Cellesi e Vetriolo , a Castiglione, intorno al lago di Bolsena e nellOrvietano e, nel territorio comunale viterbese, nella borgata di Pratoleva al confine con Bagnoregio , a Fastello, a Grotte Santo 20

Il poeta, daltro canto, ha cura di segnalare sia pure non sistematicamente la pronuncia intensa di alcuni fonemi, quali la -i- intervocalica, resa col segno j (giojello)35, e la nasale gn, trascritta come ggn (maggn mangiare, caggnata cambiata)36. Altre unit sonore per le quali il poeta segnala una realizzazione intensa sono soggette, nelluso orale, a esiti oscillanti. Ci si riferisce, nello specifico, allocclusiva bilabiale b in posizione iniziale, intervocalica e prima di consonante (bbon giorno, ribbustezza robustezza, ubbriaco)37 e alla fricativa palatale g (ggi, fraggello)38. La grafia mette poi in evidenza, anche se non metodicamente, il rafforzamento delle consonanti iniziali di alcuni avverbi (cc qua, cchi qui, ll, ll, ttus cos)39 e dei pronomi lo li la le in certe
Stefano e nello stesso capoluogo provinciale; la pronuncia -j-, prevalente nellAmerino e sui Cimini, invece sistematica a Celleno, Graffignano, San Michele e in alcune frazioni del Comune di Viterbo (Montecalvello, Roccalvecce). 35) Il medesimo segno utilizzato anche per indicare il passaggio -li- > -jj- (fijo), pressoch generalizzato nelluso orale. In altri casi, nella grafia del Paparozzi, il fonema soggetto a dileguo, come nel toponimo Muntione. Nelle parlate attuali, cfr. p pigliare (B), Muntijjne (B) e Muntne (CB). Presso alcuni parlanti civitonici si registrato un tratto non documentato dal Paparozzi, ma comune al registro antiquato di altri centri della subarea (Celleno, Fastello, Vitorchiano), ovvero la presenza di -gghj-, in luogo del pi comune -jj- (cfr. cigghjo ciglio, figghjo figlio, figghja figlia e strgghja striglia), mentre a Bagnoregio il fenomeno stato lessicalizzato in scanagghj valutare approssimativamente. Forme analoghe sono documentate sia in prossimit della Toscana (Ischia di Castro) che nella zona sud-orientale della provincia (cfr. C&P 2008:65). 36) Anche questo tratto comune alle varianti locali della lingua nazionale. 37) Cfr. gli italianizzanti i bbui e tranzitbbile, i quali appaiono accanto a numerose eccezioni, documentate anche dal Petroselli: cfr. Civita s stati batiati battezzati (Blaspop. II:913); cfr. Bagnoregio Bagnora, blle, le brsce segmenti di corteccia (ibid.:856, Vite I:95, 129). Si hanno oscillazioni analoghe anche in altri centri della Teverina: limitandoci allarea settentrionale del Comune di Viterbo, si registrano l mi babbo (Fastello, Grotte Santo Stefano, Pratoleva), dal tu babbo a tuo padre (Vallebona), lhanno butto buttato (Fastello) ed brutto (Grotte Santo Stefano). Il mancato rafforzamento solitamente confinato alle voci con b- iniziale, mentre, in corpo di parola, il raddoppiamento si verifica sistematicamente, con rare eccezioni a Fastello (rba, Robrto). 38) Cfr. artiggiani e arrvono ggi, accanto a si pigono gi (CB), senza raddoppio. Anche in questo caso, analogamente a quanto rilevato per il fonema b (vd. nota precedente), il rafforzamento sembra per manifestarsi senza eccezioni allinterno di parola. 39) La consonante iniziale di questi avverbi frequentemente soggetta a raddoppiamen21

strutture sintattiche (ce ll)40. La maggior parte di tali espedienti viene per epurata dal Gaddi, il quale, inoltre, ritiene opportuno modificare la grafia del poeta dove questa indichi il raddoppiamento sintattico, ossia la pronuncia intensa della consonante iniziale di un termine prodotta dallelemento di sintassi che lo precede, il quale sar di norma un monosillabo (pi raramente un bisillabo) oppure linfinito di un verbo in forma tronca, terminante per vocale tonica. Ess.: lha ffatti so pporello sono povero perch mma mm perch a me men mma mm percuotermi, malmenarmi e nno cchi e non chi a ffassi a farsi pe ff per fare41

to, anche in posizione non sintattica. Cfr. gli attuali qqua, qqui, ll, ll, ccus. 40) Anche questa tendenza soggetta ad alcune oscillazioni: cfr. ce llha, ce llavino, te lha ddtto, quante lmo passate quante ne abbiamo passate. 41) Lo studioso argomenta la propria decisione di eliminare la rappresentazione del tratto fonetico propria, secondo lui, dellantica grafia del dialetto , citando il senese Giulio Ferreri (le cui attenzioni, come quelle del Gaddi, si rivolsero principalmente alla pedagogia dei sordomuti), il quale, attraverso alcune esemplificazioni, illustrava la presenza del rafforzamento sintattico nella lingua nazionale; essendo il fenomeno comune allitaliano, tali doppie dovrebbero figurare allora anche nella grafia della lingua, che offre in Toscana, alcuni casi dello stesso fenomeno del dialetto (Gaddi in: Paparozzi 1932:XXIX). Si nota, per, come il rafforzamento, a Bagnoregio e Civita, non si adegui necessariamente alla condizioni della lingua nazionale o del toscano: cfr. a Ccvita, a Rrma, su qqusta, slo tu cce le pi f, e ppi, pi ppccoli, qqui ddavanti, per cc qqu ddi differnza, pe mmggio nel mese di maggio, h ccuminciato, mi ci s ttrovato, mmjjo, mann ttanta mandare. Gli elementi perch e che producono esiti oscillanti: cfr. perch ssiamo, e pperch senn, che nni, che ddrme, che ccavino, che cra, che divnta. In larga parte della Tuscia il fenomeno prodotto anche dalla congiunzione se, ma nel bagnorese si registra regolarmente se piova, se lasciamo, si cra. Per alcune notizie sul rafforzamento sintattico nella subarea cimina (con cenni sulla situazione in altre localit del Viterbese in nota), vd. C&P 2008:70-72. 22

4. Principali caratteristiche linguistiche a) ConCordanze tra il paparozzi e il gaddi Sfogliando i testi del poeta emergono alcuni fenomeni di un certo interesse, talmente caratteristici da subire, da parte del Gaddi, soltanto modifiche sporadiche o di poco conto. Occorre segnalare, poi, come i tratti che si vanno a presentare, siano comuni, a meno che non si segnali diversamente, alle variet tuttora in uso a Bagnoregio e a Civita42. b) Cenni sul lessiCo Un primo esame dellimpianto lessicale, senzaltro bisognoso di approfondimenti, permette di rilevare come il vocabolario del Paparozzi in linea di massima abbastanza affidabile43 accomuni in genere il dialetto bagnorese alle subaree limitrofe44 e, in molti casi, alla stessa lingua nazionale. Si segnala come le voci vurticarai rivoltolerai, pronchisino tipo di cappotto corto, gnaolone carponi, grugno volto, le farde il frac
42) Data la sede di pubblicazione, ma anche per evidenti ragioni di spazio, ci si limiter, in linea di massima, a citare i tratti pi caratterizzanti, ignorando la maggior parte di quei fenomeni che, trovando attestazione soltanto in determinate voci, possono essere considerati marginali. 43) Non si dar conto, in questa sede, di alcuni lessemi utilizzati dal poeta, estranei al dialetto attuale e dovuti, forse, a influenze clte o a influssi provenienti dallesterno, la cui reale rappresentativit del civitonico di fine 800 va senzaltro approfondita. In qualche caso, specialmente in corrispondenza di rima, si ha limpressione di trovarsi di fronte a neologismi coniati dal poeta: in un sonetto (La strada de Punticelli L) si leggono, in rima, trappila trappola, sbottila (vd. gloss. sbottil), frottila frottola, sfrappila (vd. gloss. sfrappilassi), Nottila (sopr.; altrove Nottola), nappila (lett. nappa; vd. gloss. nppila), tippe e tappila (vd. gloss. tippe e ttppila), fiottila lamenti (cfr. dial. fitti), a rottila a rotoli, mittala metterla, di nuovo sbottila, bittala bettola, borbottila borbotta, cittala (vd. nota 46); almeno alcune di queste forme sono quantomeno sospette. 44) La stessa considerazione vale, naturalmente, per le altre parlate del Viterbese: per unesemplificazione dei termini comuni alla Toscana e al resto dellItalia mediana, si rimanda a C&P 2008:28-30. 23

e la torre cappello a cilindro, tuba siano ben note agli anziani e come, nella maggior parte dei casi, trovino conferma ben al di l del territorio comunale45. Il termine cittala bambina richiama il toscano citto e ha riscontri nelle parlate del lago di Bolsena e dellOrvietano46. La locuzione inorca su carica sulle spalle!47 da relazionare al sostantivo rca spalla attestato a Bolsena, Orvieto48 e a San Michele in Teverina , mentre trova riscontro, in ampia parte del Viterbese, la voce mazzarella, che indica un bastone di lunghezza variabile, dalla testa grande, usato come pungolo per il bestiame, ma anche come arma da difesa49. I verbi arz alzare e cunt contare sono immediatamente riconducibili alle forme di lingua, cos come le nomenclature dei dolci menzionati dal poeta (ciarde, ciammelli)50. Facilmente comprensibili sono anche i termini mira guarda!, sciamo folla lett. sciame, unt ungere e, in senso traslato, alocco fesso, tonto51. Anche larcaico mucc
45) Cfr., nella parlata attuale, vurtic, a gnaolne e grugno. Nel capoluogo comunale si ricordano le voci plonchisino, farde e trre, oggi sostituite rispettivamente da capputtino, fracche e tubba. Per quanto riguarda le subaree contermini, cfr. grugno (M&U 1992:231, Petroselli 2009:323), prnchise (ibid.:475), farda falda del cappello falda di abito (M&U 1992:187, Petroselli 2009:283). Per gli altri lessemi, vd. gloss. arurtic, gnaolne, trre, vurtic. 46) Le voci ctolo e ctala, comuni al bagnorese e al registro rustico, non risultano in uso a Civita. Vd. anche gloss. ctolo. Lo scempiamento di -tt- in cittala ovvero la sua riduzione in -t-, attestata anche altrove (vd. nota 94) , sembrerebbe dunque essersi realizzato successivamente alla redazione dei sonetti, ammettendo che gli stessi rispecchiassero fedelmente lautentico uso orale. 47) Nel citare i versi del Paparozzi, le fonti pronunciano sistematicamente annrca s! / innrca s!, con raddoppio di nasale. Vd. gloss. inorc. 48) Cfr. gloss. inorc. 49) Si hanno attestazioni del termine mazzarlla dal confine con la Toscana, a Trevinano (fraz. di Acquapendente), sino a Civita Castellana e Blera (Cimarra 2010:339-340, Petroselli 2010:448), passando per la Teverina (Fastello, Grotte Santo Stefano) e la subarea cimina (Canepina). 50) Per la voce ciarde, cfr. gli attuali ciarle (CB) e cialle (B). Per ciammelli (anche in: Proietti 1995:94), cfr. ciammlli e litalianizzante ciammlle (CB), forse di recente introduzione. 51) La maggior parte di questi termini trova ampi riscontri nei materiali raccolti nella subarea, mentre mir, duso corrente a Civita, attestato in altre localit del Viterbese e dellOrvietano; cfr. gloss. sprumir. 24

fuggire, non ricordato, in genere, dalle fonti, ricollegabile allitaliano antico mucciare52. Non un caso, si direbbe, che le modifiche del Gaddi, qualora non siano dovute a interventi censori, siano limitate a un numero ridotto di casi, i quali potrebbero scaturire pi che da constatazioni relative alla vitalit delle voci stesse da preferenze di tipo stilistico. Ess.: sprimuto (dalle tasse) > cirnuto (forse cernuto, setacciato) galla giovane arrogante, bellimbusto53 > canajume mutria (voce di lingua) > arbagia albagia, alterigia54

Lo stesso Gaddi, daltronde, nellevidente tentativo di nobilitare il dialetto locale, che egli definisce umbro-toscano, tende a sottolineare come il bagnorese abbia tutta la sostanza e il fiore della lingua toscana, come se nha la prova nelle parole antiquate, o duso men generale nella lingua italiana, vive nel nostro parlare e nel senese, e si caratterizzi per la presenza di modificazioni fonologiche che lo rendono prossimo parente dellorvietano (Gaddi in: Paparozzi 1932:XXX-XXXI)55.

52) Soltanto alcune fonti ricordano il termine mucc, attribuendolo, talvolta, al registro rustico. La voce era un tempo in uso anche in altre localit della Teverina: cfr. Montecalvello mucc, Vallebona mucci via!, Case Nuove (fraz. di Civitella dAgliano) muccte, mun! muccte ch cco i ggentarmi! (per la trasformazione -nd- > -nt- in gendarmi, vd. nota 93). Vd. gloss. mucc. 53) Vd. gloss. galla. 54) Cfr. arbggia (Ramacci 1969:34). A Viterbo la voce arbagga boria, albagia propria del registro cittadino (Petroselli 2009:133). 55) Lo studioso, partendo da queste considerazioni, cita alcune osservazioni del poeta vernacolo di Orvieto, Giuseppe Cardarelli, asserendo che il bagnorese, come lorvietano, pi che vero dialetto potrebbe chiamarsi lingua provinciale caratterizzata da una certa pronunzia, da un certo accento o cantilena, e da certi costrutti atti a rendere la lingua pi vera e naturale veste del pensiero del popolo che la parla (Cardarelli, cit. da Gaddi in: Paparozzi 1932:XXXI; le parti in corsivo sono dellautore). Il Gaddi avvalora, in questo modo, unopinione dilettantesca ma, purtroppo, ancora diffusa, la quale, pi che nobilitare le parlate locali, finisce per svilirle, dipingendole come deformazioni della lingua nazionale, indegne, se ne potrebbe concludere, dello studio rigoroso e sistematico che esse meritano. 25

c) VoCalismo Si nota, innanzitutto, la conservazione di -i finale nei plurali maschili (i denti, li santi), la quale, secondo il Gaddi, costituirebbe una delle poche caratteristiche che distinguono la parlata bagnorese da quella di Orvieto, nella quale si registrano regolarmente uscite in -e (le dnte, le sante)56. Pi interessante il mantenimento di -i nella preposizione di, nei pronomi mi ti gli si ci vi e nelle voci verbali. Ess.: la casa di quer santo n po di tutto ji resta poco in fin di vita lett. gli resta poco nun si fida vi far divvi dirvi passacci passarci

Tali forme, comuni al toscano, rappresentano una delle caratteristiche pi rilevanti delle parlate locali poich risultano circoscritte a Bagnoregio e a Civita, in opposizione allesito in -e registrato in quasi tutti i dialetti dellItalia mediana (nun ze fida, divve, passacce, ecc.). Sembra, tuttavia, che larea despansione del fenomeno fosse un tempo pi vasta, visto che risulta in alcuni testi dialettali di San Michele in Teverina57.
56) Cfr. Non digrada la i in e nel plurale dei nomi maschili e nella preposizione di, che riducesi nellorvietano ad e e nel bagnoregese ad i (Gaddi in: Paparozzi 1932:XXXI). Il plurale ambigenere, insieme alle forme maschili terminanti in -e, attestato in parte delle campagne bagnoresi (le libbre i libri, le sindacate), con linclusione delle frazioni Vetriolo (le srde, le civitnice) e Castel Cellesi (i castellane gli abitanti di Castel Cellesi, i srde, i facile e, al femminile, i patate), ed in uso, poi, in altri centri della Teverina (Celleno, Pratoleva, Fastello, Castiglione, Lubriano), intorno al lago di Bolsena, a Viterbo e nellOrvietano. Tuttavia, a Bagnoregio e a Civita, dove si ha, in genere, il mantenimento di -i, si raccolgono alcune forme irregolari, come mrto attaccate molto attaccati, affezionati e le vcchje i vecchi. Cfr. anche li contadine (Vite I:1). Costituisce invece un fenomeno morfologico, e non fonetico, la presenza di -e finale nei sostantivi femminili che, in lingua, terminano in -i: cfr. le canzne, le parte, da tutte le parte ovunque, ste ggnte queste persone. Cfr. anche radice radici (Vite II:208). 57) Nelle commedie inedite di San Michele, redatte negli anni 70 dallautore dialettale 26

Anche le voci con assenza di anafonesi fiorentina cio con -- e -- in luogo, rispettivamente, di -i- e -u- toniche vengono rispettate dal Gaddi (gramegna gramigna, vence vince, donca dunque, ogna unghia). Il fenomeno doveva allora avere una certa vitalit, mentre oggi non risulta che in alcune voci58. d) Consonantismo Non subisce le alterazioni del Gaddi un tratto caratteristico dei dialetti mediani, ovvero la trasformazione dei nessi -mb- > -mm- (sopr. Bomma lett. bomba, cummatto tratto, ho a che fare lett. combatto, cummin combinare) e -nd- > -nn- (ann andare, quanno quando), con la sola eccezione data da un antroponimo (Don Fiordinanno > Don Fiordinando). Se oggi lassimilazione progressiva -nd- > -nn- appare in leggero regresso, dellaltra tendenza (-mb- > -mm-) non restano, ormai,
montefiasconese Mario Lozzi in base alle testimonianze degli anziani del luogo, si legge costantemente mi pare, sposmisi! sposiamoci!, vi dico di n, ecc. Il fenomeno per del tutto desueto, tanto che oggi si registrano esclusivamente voci in -e, forse per influenza del capoluogo comunale, Civitella dAgliano, a cui il piccolo centro venne aggregato nel 1928. A Bagnoregio e Civita, invece, tali forme rappresentano tuttora la norma, tanto da essere fatte oggetto di blasone da parte degli abitanti dei centri limitrofi: cfr. dimmi!, fatti cnto!, ntennmisi! capiamoci!, sbrigmisi! sbrighiamoci!, stammi bbne!, rifacmici! rifacciamoci!, cme ti pare, m par di carzni di cotne un paio. Si rilevano, tuttavia, alcune eccezioni, come in me tcca rid occorre che io ripeta e sta cazzo e sta pultica di, registrate a Bagnoregio. Per lo stesso centro, cfr. anche pezztto de lgno, tmpo de gurra (Vite I:73, II:235). Originale pure la situazione di Capranica, non distante dal confine con la Provincia di Roma, dove si possono udire costantemente i di, ci sentimo, si ni vanno se ne vanno, ti dico, ti si fa ggirno, cme si chjama? Nel dialetto viterbese risulta, poi, lalternanza tra si, dajji / dalli, di, ni e i pi noti ce / se, dajje, de, ne (Petroselli 2009:220, s.v. ce1, 262, s.v. dajje, 263, s.v. de, 406, s.v. ni2). 58) Cfr. Civita dnque (e larc. dnca), matrgna, patrgno, vnci vinci (e vencitre), ncomncia comincia. Per la frazione, vd. anche il soprannome Nasotenta (Signorelli 1979:46). Per il lessico della viticoltura, cfr. lmito confine del campo, fnto finto e pnta estremit del tralcio lett. punta (Vite I:30, 147, Vite II:259). Cfr. anche dipegna dipingere, lengua, donque, stregne stringere, malegna (Ramacci 1969:29, 45, 90, 103). Il Paparozzi scrive, inoltre, deto (oggi antiquato) e depegna (ma il Gaddi trascrive dipegna). 27

che poche tracce59. Molto vistosa pure la caduta della consonante d- in di, fino alla totale scomparsa della preposizione. Ess.: la cuntradi Rota la contrada di Rota a pippi cocco nel migliore dei modi lett. a pipa di cocco m po ciccia un po di carne60

La scomparsa di -v- tra vocali non costituisce, di per s, una peculiarit delle parlate locali, visto che risulta attestata ben oltre i confini della Tuscia. Ci che colpisce la sua generalizzazione, poich secondo i versi del Paparozzi, suffragati dai ricordi degli anziani il dileguo, nel registro arcaico di Civita, sembra quasi non conoscere eccezioni, persino qualora la v si presenti in posizione iniziale in contesto di frase. Ess.: diaolo nee neve traajo travaglio, armatura per la ferratura o per la monta delle vacche le ene le vene la mi ita la mia vita la saccoccia ota la tasca vuota la alli Cta la valle di Civita mmi ersi i miei versi

59) La situazione analoga a quanto rilevato negli altri centri della Teverina. Per il soprannome Bomma le fonti ricordano unicamente la variante Bbmba. Cfr., per, lantroponimo Colmma Colomba, ricordato dagli anziani, e il soprannome Piommotto (Signorelli 1979:43), da piombo, entrambi attestati a Civita. Le sole voci in cui, nei materiali registrati, si mantiene la trasformazione -mb- > -mm-, sembrano essere commatta / commatte (vd. gloss. cummatta) e il gi citato ciammlli. Il fenomeno, un tempo, doveva essere piuttosto diffuso, come sembrano dimostrare la forma gamma gamba, un tempo in uso nella valle, e la presenza, nello Statuto di Bagnoregio, dellipercorrettismo vendembia, confermato dallattuale vellmbia (Statuto 1985:95, Vite II:276). Cfr. anche rimmomb, bomma, tromma, piommo (Ramacci 1969:26, 33, 46, passim). 60) Cfr. a ppippi ccco, la valle i Cvita, la casa el fscio di Bbagnorggio, n quintale i grano, n quintali pane. Il fenomeno comune alla subarea del lago di Bolsena, allOrvietano e al resto della Teverina, mentre ne rimane escluso il capoluogo provinciale. 28

Il fenomeno appare oggi con una certa frequenza soprattutto nelle voci verbali, e lo si registra in posizione iniziale soltanto in rari casi61. Si vuole segnalare, poi, un altro tratto arcaico, ovvero il betacismo, che consiste nella sostituzione di b a v (bboce voce, sboci svociare). Di questa tendenza non restano ormai che poche tracce62. e) morfo-sintassi Per il nesso latino -rj- che, nellItalia mediana, si risolve generalmente in -r- (pecoraro pastore di pecore, porcaro porcaio), si registra la scomparsa sistematica della consonante. Ess.: ciuciao ciociaro gennao gennaio rifinaa mucchio di neve o ciarpame accumulato dal vento telao telaio tortoo tortore del carico sul carro

61) Forme come caa, caallo, caalla, diolo (pl. diili), ne neve, pra e vscoo erano un tempo ampiamente attestate a Civita. In posizione iniziale, si registrano, a Bagnoregio, due isolati s nnato a sono andato via e le acche. Il toponimo Cta, che gli informatori talvolta pronunciano con un percepibile allungamento di -i-, viene ascritto al registro arcaico, o ricordato con intento blasonico dagli abitanti dei centri limitrofi: cfr. Castel Cellesi v ven a Ccita? La vitalit del fenomeno, allinterno delle voci verbali, invece comprovata dalla seguente serie: i avevi, ava, amo abbiamo, dica, diceamo, dova, faca, metta, metteamo, mettino mettevano, portaa, toccaa, vena. Il Gaddi, nelle sue note linguistiche, d grande risalto alla caduta quasi costante della v in principio e nel corpo della parola, che costituirebbe una delle pi peculiari caratteristiche proprie del bagnoregese nei rispetti dellOrvietano (Gaddi in: Paparozzi 1932:XXXI). Nei sonetti del Ramacci, il dileguo di v- attestato soltanto in alcune strutture che includono le voci del verbo volere: ciula ci voleva, cile ci vuole, jolmo gli vogliamo, toi ti vuoi (Ramacci 1969:13, 18, 33, passim). Cfr. anche diino divino, ruidezza, Cita, impruiso improvviso, Vesco vescovo, nee (ibid.:11, 12, 13, passim). Per Civita, cfr. anche Don Daide (Signorelli 1979:46). A Grotte Santo Stefano cfr. il raro ddu rte due volte, e a Fastello ddu acche due vacche e naltra lta volta. Cfr. C&P 2008:56-57. 62) Ai desueti bboce e sboci va aggiunto il soprannome Bboclla (vd. nota 20). La forma bbce attestata sia nellOrvietano che a Fabrica di Roma (vd. gloss. bbce). Per la diffusione del fenomeno, cfr. anche C&P 2008:52-53. 29

Il tratto viene ricordato soltanto dagli anziani di Civita, e presso i parlanti oggi possibile ascoltare esclusivamente forme in -aro (telaro) e nel sempre pi frequente -ajjo (telajjo)63. Un elemento altamente caratterizzante costituito dallimpiego della preposizione ma a in, comune ai centri della Teverina confinanti con lOrvietano e con il lago di Bolsena e, almeno un tempo, nel capoluogo provinciale e nelle sue immediate vicinanze. ma a: ma nnoi a noi ma n prete ad un prete ma run matto a un matto ma sordi ai sordi ma la su padrona alla sua proprietaria ma in: mar sacco nel sacco j mmar funno der caone nel fondo del calanco mma sturmenti negli strumenti ma le funtane nelle fontane mmin casa in casa Tale elemento subisce, talvolta, le modifiche del Gaddi (ma chi a chi > man chi, ma qquer in quel > man quer), ma non viene mai riportato alle forme di lingua. Sebbene la preposizione sia in regresso, se ne pu registrare luso, sia pure non sistematico, anche tra i parlanti non
63) Uninformatrice civitonica ricorda le seguenti voci, proprie del registro arcaico: ciociao, ggennao, febbrao, mulinao mugnaio, pecorao. Oggi il fenomeno sopravvive allinterno di un testo formalizzato: Pecorao magnaricotta / va min chiesa e n sanginocchia / nun si leva r cappelletto / pecorao malidetto (Catarcione 1997:163). Il tratto linguistico trova conferma fuori subarea, a Canepina dove gallinao, molinaa e delao telaio sono tuttora duso comune (C&P 2008:65-66) e nei pressi di Perugia dove risultano, ad esempio, febbro febbraio, genno gennaio, mugno mugnaio, piecuro pecoraio (Moretti 1973:237, 260, 367, 449). Le fonti sottolineano come, nel Bagnorese, le varianti in -ajjo siano di recente introduzione: cfr. carzolajjo e il gi citato telajjo, accanto ai pi conservativi carzulari, telaro, furnaro, capomulinaro. Nel lessico della viticoltura, cfr. vicciutara vite selvatica, scapicollatro pendio ripido, piantinaro vivaio (Vite I:11, 43, 79). 30

particolarmente conservativi64. Assai appariscenti appaiono pure gli avverbi di luogo in me- / mi-, oggi in regresso ma ancora attestati in larga parte dellarea viterbeseorvietana, con linclusione dellintera Teverina. Ess.: micch / micchine qui mecc qua mell l mella laggi (Gaddi: > mellaj)

Accanto a queste forme, si nota la presenza di cost (l, vicino a chi ascolta) (lo scarco st il franamento cost) e del derivato costass (lass, vicino a chi ascolta), talvolta alterato dal Gaddi (stass / mestass > lass / mellass)65.
64) Il poeta scrive ma mm, ma anche a mm. Cfr. gli attuali ma m psto in un posto, ma la bbcca in bocca, man chi a chi, ma le pcore alle, man qusto a, ma mm a me, ma llue a lui e, a Civita, min casa in casa e min chjsa in chiesa. Si rileva la preposizione ma a in in tutto il Bagnorese, sulla sponda orientale del lago di Bolsena, nellOrvietano, a Viterbo (dove sopravvive quasi soltanto in locuzioni fisse) e, percorrendo la SS Cassia in direzione della capitale, la si registra fino a Blera, dove risulta, per, voce di scarsa occorrenza (Petroselli 2010:421). Per quanto riguarda la Teverina, la preposizione attestata a Castiglione, Celleno, Fastello, Pratoleva e Lubriano. Vd. anche gloss. ma. La particella, in questa subarea, si contrappone a da a in, in uso nei territori di Graffignano, Grotte Santo Stefano e Roccalvecce, cos come in alcuni centri dei Cimini anticipati da Bomarzo e Vitorchiano e dellAmerino. A tali forme si aggiunge la preposizione ne a in a San Michele (ne llui a lui, ni bbvi ai buoi) e Civitella, confermata anche a Castiglione, dove appare in compresenza con ma: regalelo ne me, dallo ne lue (Corradini 2004:173, s.v. ne). 65) Si registrano, in contesto libero, gli avverbi di luogo meqqu qua, meqquass quass, miqqu qui, mell l, mill l e melaggi laggi. Forme come mist cost e mellajj laggi attestate a Civita fino alla fine del secolo scorso , sono oggi ascrivibili al registro antiquato, mentre micch, cca qua e ccajj / meccajj quaggi, ricordate dagli abitanti della frazione, appaiono del tutto in disuso (la forma micch, in particolare, viene ricondotta alluso linguistico dei cittadini nati nella seconda met del XIX sec.). Si nota, a tal proposito, come lassorbimento dellelemento labiovelare qu- in kk- (ccaj quaggi) venga rispettato dal Gaddi, il quale provvede anzi a introdurlo ove non lo abbia fatto il poeta (qui > ch). Cfr. miccch [sic] si dice a Civita - micqui a Bagnoregio (Ramacci 1969:13; le parti in corsivo sono dellautore). Vd. anche gloss. cc, ll, st. 31

Sembra significativa, poi, la presenza dellaggettivo che qualche (che vvorta qualche volta), affianco a quarche66, nonch dei tipi pop un po (pop spiccio un po veloce)67 e di nuelle da nessuna parte affatto, minimamente, mica68. Si segnalano, inoltre, i pronomi tonici m me, t te e s se, ancora in uso nella parlata civitonica di fine 900 e tuttora vitali in alcuni centri minori della Teverina69. Assumono una certa rilevanza alcuni casi di metaplasmo ovvero di passaggio da una coniugazione verbale allaltra , non estranei alla parlata odierna. Ess.: stemo stiamo mitta metteva para sembrava

Se il passaggio dalla seconda alla terza coniugazione parrebbe comune a tutta la subarea e oltre (almeno per quanto riguarda le parlate arcaiche)70, il cambiamento dalla prima alla seconda sembrerebbe conoscere una minore espansione71.
66) Laggettivo indefinito che qualche attestato nellintera Teverina, intorno al lago di Bolsena e a Orvieto; vd. gloss. che. 67) Il Gaddi interviene unicamente sulla forma grafica: quando il poeta scrive po po, lo studioso provvede a uniformarne la grafia in pop. Lavverbio, ancora utilizzato dagli anziani, viene registrato a Bagnoregio con accento tonico aperto (pop) e, a Civita, talvolta chiuso (pop). Vd. gloss. pop. 68) Cfr. lattuale dinolle, utilizzato, per, soltanto da alcuni anziani. Cfr. anche di nuelle (Ramacci 1969:13, 58). Vd. gloss. dinolle. 69) I pronomi m e t, duso corrente a Vetriolo e Castel Cellesi, erano un tempo attestati nello stesso capoluogo provinciale. Cfr. gli antiquati ma mm a me, per m e per t, ricordati a Civita. Cfr. anche mamm, a m, da ti, cun ti, a ti (Ramacci 1969:44, 51, 54, passim). 70) Il passaggio alla terza coniugazione confermato da ono avevano (B) e, a Civita, da putii potevi e vidii vedevi. A Bagnoregio documentato anche metta metteva (Vite I:77). Cfr., inoltre, tina teneva, faca faceva, para pareva, putii potevi, dicia diceva, facino facevano (Ramacci 1969:17, 24, 35, passim). 71) Cfr. San Michele dtijji! dategli! e, a Bagnoregio e Civita, da dava, dino davano, ridmijji! ridiamogli! e sta stava. Cfr. anche steino stavano, stea, stemo stiamo (Ramacci 1969:14, 28, 38, passim). 32

Di estremo interesse sono alcune voci verbali con suffisso in -ra, un tempo in uso, a dire dei parlanti, a Civita e nella campagne, ma non nel capoluogo comunale. Ess.: credestara credeste (cong. impf.) doremmara dovremmo emmara avevamo fummara fummo potemmara potevamo72

attestato, poi, il participio passato in forma tronca per i verbi della prima coniugazione (ha carco ha tartassato lett. ha caricato, ha ggiro ha girato), ma la tendenza oggi vicina alla scomparsa. Degno di nota un tratto che ancora oggi dimostra grande vitalit, ovvero limpersonale si + verbo in luogo della quarta persona (si rimase rimanemmo, si vide vedemmo), comune ai dialetti della Toscana e di altri centri del Viterbese73. Il Gaddi ritiene opportuno rispettare le forme della sesta persona del passato remoto in -nno (scuttonno scottarono, trottonno trottarono), ormai antiquate74, mentre si registrano interventi dialettizzanti in altre
72) Rispettivamente: credstara, dormmara, mmara, fmmara, potmmara. Tali voci, con segno ridondante, nel plurale, in ara, vengono percepite dal Gaddi come una delle pi rilevanti differenze tra il bagnorese e lorvietano (Gaddi in: Paparozzi 1932:XXXI). Una fonte civitonica ricorda con certezza le varianti mara e potmara, senza rafforzamento di nasale, come daltronde avveniva nel contiguo centro di Bolsena (annmara). Forme analoghe sono documentate nelle parlate arcaiche di alcuni centri contermini cfr. Lubriano dmmara davamo (Vite II:203) , mentre sarebbero tuttora in uso a Pratoleva. Per la diffusione del fenomeno in zona tosco-umbro-laziale, cfr. Magnanini 2010. 73) In riferimento allestrazione del basalto e alle successive fasi di lavorazione, a Bagnoregio si registra: si cava estraiamo, si bbatta, si facva tutta na scarpellatura, si lavoraa cos, si stava anche da la mattina a la sra. Cfr. Civita si campava co la campagna, sandava in campagna, a la sra si rientrava. Per i centri limitrofi, cfr. Montecalvello e nne a meoggirno se magna noi, a mezzogiorno, mangiamo e Pratoleva ce sandava pco, sandava a Ccellno, jji se fa lloffrta, nun zi fa. 74) Si rileva luso delle forme in -nno soltanto presso i parlanti pi conservativi: cfr. levnno, portnno (Blaspop. II:857). 33

voci verbali (curri corri! > curre75, sarei > sara76, fariste fareste > faressito77). Resta intatto, naturalmente, un tratto estremamente vitale, ovvero il troncamento dellinfinito (f, lecc adulare lett. leccare, mur) e dellimperativo (guard guardate!, sent sentite!). Alle voci riportate si aggiungono le varianti dellinfinito con aggiunta di -ne paragogica (abbitane abitare, stordine stordire), la quale, oggi, sopravvive in poche forme cristallizzate78. 5. Le alterazioni linguistiche del Gaddi a) interVenti sul VoCalismo ampiamente documentata, nei versi di Bocella, la tendenza di -oed -e- atone a chiudersi rispettivamente in -u- (prutettore, cuntrada) e in -i- (manij maneggiare), soprattutto prima di vocale tonica. Sebbene
75) Lapertura di -i finale in -e nella seconda persona dellimperativo attestata in altri centri, nei quali, di norma, si ha la conservazione di -i (Grotte Santo Stefano, Montecalvello, Vallebona e, al confine con la Toscana, a Trevinano). Il fenomeno dimostra una certa vitalit nel Bagnorese: cfr. vine qqua! (B) e, a Civita, curre! corri!, fugge!, tne! tieni!, rgge! e bbe! bevi!. 76) Le fonti non ricordano le voci del condizionale in -a, un tempo diffuse nella Teverina (cfr. Grotte Santo Stefano cavara estrarrei), che il poeta alterna alle forme in -bbe, ancora attuali: cfr. daria darei, jocara scommetterebbe, prutennaria pretenderebbe, vurrebbe vorrei. 77) Nei versi del poeta, cfr. anche ardissito ardiste (cong. impf.). Forme di questo genere sono comuni ad altri centri tiberini: cfr. Grotte Santo Stefano annssito andaste, bbevssito beveste. 78) Si nota, per, come la paragoge, nei testi del poeta, non sia limitata alle forme verbali tronche ma sia riscontrata anche altrove (milline l, llane l, piune, caritane), non necessariamente in corrispondenza di rima. Il fenomeno, oggi presente in poche forme enfatiche (chne? che?, sine!, nne!), doveva essere ampiamente diffuso, come confermano i testi delle subaree limitrofe (Aquesiano, Castrense, lago di Bolsena), che precedono di pochi anni i sonetti del Paparozzi: cfr. Acquapendente percine, maestane, perchene, sane, ecc. (Papanti 1875:387-388); cfr. Grotte di Castro annone and, quene questo, perchene, Rene, ecc. (ibid.:393-394); cfr. Montefiascone: Rene (ibid.:396); cfr. San Lorenzo Nuovo Rne, vennicane vendicare (ibid.:403-404). Cfr. anche tine te, impaurine, muccine, tusine cos, tribbolane, micquine (Ramacci 1969:30, 37, 87). Vd. gloss. -ne. 34

il fenomeno mostri tuttora una certa vitalit, si registrano frequenti modifiche dello studioso (protettore, contrada, manej), che paiono, per, non sistematiche: se in certi casi viene rispettata la grafia del Paparozzi (bicchini, diputato), a volte si ricorre, invece, a interventi di tipo arcaicizzante (proisorio > pruisorio, maestrino > maistrino, sent > sint)79. La mutazione di -er- in -ar-, prima di vocale tonica, viene salvaguardata dal Gaddi (ciarvello, peparone grosso naso lett. peperone), oppure introdotta dove non lo avesse fatto il poeta (scellerato > scellarato)80. In posizione postonica, si ha la trasformazione -er- > -ar- nei verbi della seconda coniugazione, sottoposti a troncamento (veda vedere, rida ridere)81.
79) Linstabilit delle atone non limitata a -o- ed -e-, come si pu evincere dalle forme abbreo ebreo, fun finire, pricissione processione e sciabbile sciabole, lasciate inalterate dal Gaddi; lo stesso interviene, invece, su Accupinnente Acquapendente (> Accapennente) e tribbilane tribolare (> tribbolane). Cfr. gli attuali bbuttga, cuntadini, fin, maggiurmnte in particolare specialmente, pirmsso, prucessine, siment seminare, vistito abito e, in posizione postonica, gnghino ganghero della porta (B) e nghera zingara (CB). Dopo vocale tonica, cfr. anche quattrdece quattordici, ggivine, rdeca radice (Vite I:7, 86, 90, Vite II:212). In posizione protonica, cfr. anche raccjja / riccjja raccogliere (Vite II:193). La tendenza riguarda pure le vocali finali, qualora si trovino in posizione debole in contesto di frase (h ncuminciatu io ho cominciato io). Per quanto riguarda la terza persona plurale dellindicativo presente e imperfetto, la precariet delle atone si risolve, nei versi di Bocella, puntualmente in -i-: oprino aprono, sparaggnino risparmiano, passaino passavano. La situazione attuale appare pi articolata: cfr. avano / avino avevano, rimo eravamo, rino / rono erano, facino / facono facevano, dicino dicevano, stono stavano, piceno piacciono. Per Bagnoregio, cfr. anche cammneno camminano, pighino piegano, piantvono piantavano e lalternanza tra facvono e facveno facevano (Vite I:145, Vite II:209, 264, 265). Per Civita, cfr. guardino guardano, scappaino scappavano, sopportaino sopportavano (Proietti 1995:124, 127). Anche il Ramacci scrive sistematicamente fioccino nevicavano, ino avevano, aderino erano, diventaino diventavano, strillino strillano, urlano (Ramacci 1969:13, 17, 26, passim). 80) Solo in un caso, dovuto, forse, a una svista, si rileva unalterazione italianizzante (diartimento > diertimento): sebbene nella trascrizione del sonetto si legga diertimento, il relativo richiamo in nota, a cura del Gaddi, riporta diartimento, il che potrebbe far pensare a un refuso o a un ripensamento dello studioso (Paparozzi 1932:33, nota 3). Per la parlata attuale, cfr. peparne, a Civita anche come soprannome (vd. gloss. peparne). 81) Tali forme, usate sistematicamente dal poeta, appaiono in netto regresso, in favore delle pi italianizzanti voci in -e. Cfr., a Civita, bba bere e larcaico curra correre. Anche il Ramacci ricorre metodicamente alle varianti in -a: cfr. cocia cuocere, scria 35

Larmonizzazione, relativamente vitale nelle parlate attuali, ampiamente attestata (bittala bettola, mittolo metterlo), e viene addirittura estesa dal Gaddi a voci che, nei versi originali, non la prevedevano (trappile trappole > trappele, chiappateli acciuffateli! > chiappatili)82. Lo studioso interviene metodicamente sulla dittongazione di -o- tonica in -uo- daltronde attestata in un solo lessema (buocco baiocco soldo in genere > baocco, pl. buocchi > baocchi)83 mentre vengono salvaguardate la dittongazione di -e- in -ie- (vietro, tienghino tengono, vienga) e di -a finale in -ia (differenzia, scunuscenzia irriconoscenza)84. Frequenti sono i casi di caduta di vocale iniziale o aferesi (gni ogni, n un). Su questi il Gaddi interviene in un solo caso (baja abbaia > abbaja), provvedendo, anzi, a introdurre la forma aferetica qualora non sia stata registrata dal poeta (indiaolata > ndiaolata, indoini > nduini). Nelluso attuale si rileva unalternanza di forme con e senza aferesi85. Si ha il fenomeno opposto ovvero laggiunta o prostesi di a prima della consonante vibrante r (arimitte mette di nuovo, aripulito). Ove il fenomeno oscilli, il Gaddi provvede a portare le voci alla forma prostetica (ti ringrazio > taringrazio, si rassumija > sarissumija), forse perch ritenuta pi rappresentativa della parlata locale86.
scrivere, struggia struggere, piagna piangere, veda vedere (Ramacci 1969:12, 13, 23, passim). 82) Larmonizzazione delle vocali atone consiste, in questi casi, nella loro assimilazione o adeguamento allatona finale, come avviene nellantroponimo Cstere (CB) e nel sostantivo scrzala corteccia (Vite II:232). Per Civita, cfr. anche diaili diavoli (Proietti 1995:71, 116). Nei sonetti del Ramacci, cfr. taala tavola, tessara, arbiri alberi, nuele nuvole (Ramacci 1969:31, 58, 96, passim). 83) Si nota, per, come le fonti ricordino unicamente bbajjcco (B) e bbacco (CB). Il Paparozzi registra unaltra forma di dittongazione ovvero il mutamento in -io di -o postonica finale, soggetto alle alterazioni del Gaddi (interessio interesse > interesso). 84) Per quanto riguarda il registro antiquato di Civita, cfr. stnzia, differnzia, vitro. Cfr. anche stansia stanza (e il diminutivo stansietta) e vietri (Ramacci 1969:20, 54, 93). 85) Loscillazione segnalata confermata dagli attuali n qul mdo, nvce, ci su ndato ci sono andato, nni csa tutto lett. ogni cosa, nguatt nascondere, nn andare e gnuno ognuno, accanto a imbast e ann. Cfr. anche nnestino innestatore e lantiquato inzit innestare (Vite I:123). 86) Cfr. gli attuali ariparamo le pcore, vngono arimsse, sra risciugata asciugata di nuovo, le ripezzaa rattoppava. 36

Tra le alterazioni arcaicizzanti, si nota lintroduzione di un caso di sincope, ovvero di caduta della vocale atona (lbboro libero > libbro), confermato da altre forme usate dal poeta (orloggio / urlogio orologio, corco coricato, lettre lettere, barlozzetto barilotto di legno)87. Numerosi, poi, sono gli interventi dello studioso sulle vocali -o- ed -e- qualora, in posizione tonica, manifestino chiusure simili a quelle descritte in precedenza. Ess.: fice > fece mitti > metti munno mondo > monno punte > ponte vidivvi vedervi > vedevvi vurriste > vurreste

Tutte queste forme, daltronde, sono ormai pertinenti al registro arcaico e, allepoca della seconda edizione, erano probabilmente gi superate o in via di disuso88. Anche in questi casi, per, le modifiche del Gaddi non sono generalizzate, come dimostrano sia i non rari casi di mantenimento di forme desuete (currite! correte!, ridutto ridotto), che il rispetto di voci verbali che, nei dialetti della subarea, non appaiono del tutto superate (ditto detto, fussi fossi, curse corse, curre corre). Isolati, invece, sono gli interventi dialettizzanti (metta mettere > mitta). b) interVenti sul Consonantismo Nelledizione del Gaddi non rimane traccia della trasformazione, ormai desueta, di -nv- in -mm-, ampiamente attestata nei testi originali.
87) A Bagnoregio si registra lormai raro orlggio. Cfr. anche corc < CORICARE (Vite I:113). Per quanto riguarda la parlata antica, anteriore al XIX secolo, cfr. la forma carcasse caricasse (Statuto 1985:93), confermata dal Paparozzi nel gi citato carco e in carcate tartassate! lett. caricate!. Il Ramacci scrive libboro, ma anche opra opera, opralla operarla, lettra (Ramacci 1969:11, 14, 42, passim). Vd. anche gloss. libbro, scarc, scarco. 88) Si segnala la persistenza del toponimo r Furo (CB), riferito a una galleria scavata nella roccia, sotto la rupe di Civita; lo stesso luogo noto a Bagnoregio come r Fro. 37

Ess.:

cummento convento > cunvento cumminiente conveniente > cunviniente immice > invece89

Le voci con metatesi ovvero scambio di posizione della consonante r, allinterno dello stesso termine vengono talvolta riportate alle forme di lingua (sturmenti > strumenti) e in altri casi lasciate intatte (crapioli, trisoro tesoro). Il fenomeno appare oggi circoscritto ad alcuni tipi lessicali dei settori dellallevamento e dellagricoltura90. Il Paparozzi offre numerosi esempi di rotacizzazione, ossia di trasformazione, in particolari condizioni, di l in r (r domo il duomo, quarche e, dopo consonante, Framinio Flaminio e la coppia scram esclam e scramammi esclamarmi). Si annotano, tuttavia, frequenti eccezioni, peraltro riscontrate nelluso attuale, che lo studioso ritiene di dover portare alla forma rotacizzata (alberg > arberg, pel per il > per, quel > quer). La scelta probabilmente spiegabile, anche in questo caso, con la volont di utilizzare voci ritenute pi caratteristiche, ma potrebbe anche testimoniare uneffettiva evoluzione del fenomeno91. Si nota, daltro canto, lassenza di interventi sulla forma astro altro forse dovuta a dissimilazione, a partire da un ipotetico artro , oggi dimenticata dai parlanti ma documentata nelle parlate arcaiche di altri centri prossimi alla Toscana92.
89) In base ai materiali disponibili, il fatto linguistico sembra trovare rispondenza soltanto nellagionimo Sam Mintura San Bonaventura, attestato a Bagnoregio, mentre una fonte di Civita ricorda la variante San Vintura. Si nota che il Paparozzi scriveva, invece, San Minintura, voce riportata sistematicamente dal Gaddi alla forma di lingua. Ad oggi, possibile udire unicamente Sam Bonaventura. Cfr. anche Bonaintura (Ramacci 1969:24). 90) Cfr., in ambo i centri, lalternanza tra castr e crast. Per Bagnoregio, cfr. anche accrapett riabbassare la vite e crapa, che appaiono accanto a capra (Vite I:100, Vite II:183). 91) Per le parlate attuali, cfr. bbasarto, r cnto, r mi bbabbo, na vrta e, a Civita, diprma, mrto, rtre, Roccarvcce. 92) Per dissimilazione sintende la trasformazione di un suono per diversificarlo da un altro allinterno della stessa parola: nel caso dellipotizzata forma artro, dove si ha la presenza di due r, la prima di queste subirebbe il cambio in s. Il termine astro, per, ignoto alle fonti, che pronunciano unicamente antro e artro, accanto alla forma di lingua. Tuttavia, a Civita, il fenomeno sopravvive nellantroponimo Ggestruda. Cfr. 38

Lassordimento delle consonanti sonore d e g (sia nasale labiale o g dolce che occlusiva velare o g dura) ovvero il loro passaggio rispettivamente a t (Antrea) e a fricativa c o c dolce (Cisummaria, sincegna), e occlusiva velare c o c dura (lanqu languire, sciaquirato sciagurato) , qualora non trovi rispondenza nelle parlate odierne, viene, in genere, alterato dal Gaddi (Andrea, Gisummaria, sengegna, langu)93. Lo studioso, inoltre, introduce talvolta la riduzione della doppia -tt(quattrini, battisteo scarica di percosse) in -t- (quatrini, batisteo), in conformit alluso attuale94. Altri tratti ormai in disuso vengono trattati dal Gaddi in maniera non sistematica, segno, si direbbe, che tali fenomeni erano, gi ai tempi della seconda edizione, in forte regresso. Ad esempio lo studioso ha cura di cancellare i passaggi v > m e g dolce > c dolce (mancelo > vangelo), mentre tratta il mutamento g dura > c dura con qualche incoerenza, talvolta riportando le voci a forme italianizzanti (unguidia invidia > anvidia), in altri casi lasciandole intatte (goli voli)95.
Bolsena la Gestrude e, nel dialetto arcaico di Grotte di Castro, astre altri (Cerica 1992:6, Papanti 1875:51). Nei versi del poeta, cfr. anche astra altra, astre altre, voiastri (vd. gloss. vojjastri). Il Paparozzi offre un ulteriore esempio di dissimilazione di -r-, ma stavolta in -l-, nella voce arbili alberi (ma arboreti alberate), confermata a Bagnoregio da erbolato alberata e arbolto, che appaiono accanto ad rbero e albertto (Vite I:139, 140, passim, Vite II:184). Cfr. anche arborato accanto alla forma dissimilata scola agralia (Ramacci 1969:23, 80). 93) Si notano una sola eccezione in senso opposto (batizzato persona lett. battezzato > badizzato) e qualche caso di mantenimento (ripito ripido, buttiche botteghe). Rimangono intatte alcune forme di uso corrente (aco ago, sfocane sfogare), mentre una voce con sonorizzazione viene riportata alla variante sorda, ancora attuale (strolig congetturare > strolic). Si segnala come soltanto alcune voci con consonante sorda in luogo della sonora siano spiegabili con il mantenimento del fonema latino. Nelluso corrente cfr. aco, sfocassi sfogarsi, strolic e, a Civita, lagionimo santIltebbranno SantIldebrando e il soprannome la Francettna, da franctta frangetta. La voce batizzato, sonorizzata dal Gaddi, attestata, nella parlata civitonica, nella stessa forma usata dal poeta (vd. nota 37). Cfr. anche SantArtibbranno, leggiatre e spiche (Ramacci 1969:25, 87, 106). Per il resto della subarea, cfr. a Case Nuove il gi citato ggentarmi, sia pure come voce di scarsa occorrenza (vd. nota 52). 94) Cfr. quatrini, bbatistrio (B), bbatistro (CB); vd. anche gloss. bbatisto. Si ha scempiamento di -tt- anche in fratmpo (CB), ctolo e ctala. Vd. anche nota 46. 95) Linterscambio tra g- e v- iniziali attestato in grpe (CB) e nellalterato gorpolotto 39

c) interVenti su morfologia e sintassi Lalternanza tra gli articoli determinativi i e li i gli corrispondente alle condizioni attuali subisce alcune modifiche del Gaddi (i Punticelli > li Punticelli, i girelli tipo di fuochi dartificio > li girelli)96. Lo stesso ha cura, inoltre, di segnalare la tendenza alla scomparsa dellarticolo i in contesto di frase (fa i cunti > f conti), registrata, daltronde, dallo stesso Paparozzi, anche allinterno delle preposizioni articolate (a santi ai santi)97. Il pronome lo viene trattato con qualche incoerenza (lu fo lo faccio > lo fo, lu so > lo so, lo dico > lu dico)98, cos come lavverbio non (non > nun, nun > n)99. Lo studioso interviene in senso arcaicizzante sulla congiunzione se (se > si), la quale, nelluso attuale, si presenta sia nella forma dialettale che in quella (anche) di lingua100. Lo stesso avviene per lavverbio proprio (proprio > propio). Vengono spesso riportate alle forme di lingua le voci verbali della sesta persona dellindicativo presente e futuro, dove si ha sostituzione di -- ad -a- tonica. Tale tendenza, che trova riscontro in alcuni centri limitrofi, ormai prossima alla scomparsa.
(Ramacci 1969:30). Nella grafia del Paparozzi, cfr. lalternanza, per uscire, tra visc e guisc (con dittongazione -i- > -ui-). Il Ramacci utilizza sistematicamente le forme in v-: visc usc, vesce esce, viscimo usciamo (ibid.:5, 24, 74, passim). Vd. anche gloss. glo, guisc. 96) Cfr. i Cii (top.), i cmio camion, li patri, li sarti, i srdi, i srdi / li srdi, li somari. Anche nei sonetti del Ramacci la forma li risulta essere prevalente: cfr. li fossi, li Santi, i rami, li fiji, li stuji studi (Ramacci 1969:13, 96, 104, passim). 97) Cfr. a Castagnti ai (top.), di qu tmpi allepoca. Cfr. anche ma cani ai cani, de fiji, ma fonni de caoni (Ramacci 1969:11, 13). 98) Non appaiono, nella grafia del poeta, esempi del pronome le lo li la le, ampiamente diffuso intorno al lago di Bolsena e nella Teverina (ma non nel capoluogo provinciale), il quale, in contesto di frase, pu presentarsi con dileguo consonantico. Cfr. Bagnoregio le chjamamo lo, un ce e danno pi non ce lo danno pi, chi cce lo dava?, lu distinguva. 99) Per non si annotano le seguenti forme: no , nun , un zi dice, n ci v non ci vado, nu le lasciamo, nun zi lassa lascia. Vd. gloss. nun. 100) Cfr. anche lavverbio sinn, confermato dallo stesso Paparozzi. 40

Ess.:

fnno > fanno faronno > faranno nno > hanno (ma anche honno) saronno > saranno vonno > vanno101

Lo studioso interviene, pur non metodicamente, sullinfinito dei verbi della prima e della seconda coniugazione che, nella grafia del Paparozzi, terminano in - (sap sapere > sap, rici ricevere > rice, richiapp acciuffare di nuovo > richiapp). Il fenomeno non trova conferme nei materiali registrati102. 6. Conclusioni Si visto come, in genere, gli interventi del Gaddi tendano a italianizzare il linguaggio del Paparozzi, in vista, se ne potrebbe dedurre, di una maggiore diffusione dei suoi testi, anche al di fuori della subarea. Tuttavia, i numerosi casi di mantenimento o, addirittura, di introduzione di forme oggi antiquate o arcaiche (e allora, forse, gi in regresso), potrebbe avallare lipotesi accennata in precedenza, relativa al tentativo, da parte dello studioso, di adeguare lantico dialetto civitonico alla parlata in uso ai tempi della seconda edizione, o comunque a forme linguistiche che a lui risultavano pi familiari. Ci che si pu affermare con certezza che le parlate del Bagnorese, anche se caratterizzate da una certa vitalit, tendano lentamente a trasformarsi, adeguandosi non soltanto alla lingua nazionale (nelle variet veicolate dalle scuole, dai mass media e dai nuovi mezzi di comunicazione), ma anche alle varianti di italiano (sub)regionale e dialetto italianizzante in uso nelle aree limitrofe e, in particolare, nei centri di maggior prestigio.
101) A Bagnoregio, per ammissione degli stessi parlanti, sarebbero in uso le forme nno e farnno, comuni al lago di Bolsena e allOrvietano, delle quali, tuttavia, non stato possibile raccogliere alcun esempio in contesto libero. 102) Il tratto appare ormai scomparso, ma il cambio dellinfinito dalla seconda alla terza coniugazione attestato anche fuori subarea: cfr. Viterbo mantin (Petroselli 2009:370, s.v. manten). 41

Ai tratti in regresso, se ne aggiungono altri di cui si persa o si sta perdendo completamente la memoria, a dimostrazione del fatto che lo scolorimento delle parlate in esame in atto da numerosi decenni, e non soltanto a partire dalla maggiore scolarizzazione o dalla penetrazione dei mezzi di comunicazione tradizionali in tutti gli strati sociali. ormai appurato, daltronde, che il vagheggiato dialetto puro, chiuso a influenze esterne, non sia altro che un mito, e che le variet linguistiche tendano, per la loro stessa natura, ad adattarsi alle trasformazioni economiche, sociali e culturali in corso103. Per quanto riguarda la realt bagnorese, occorre poi prendere in considerazione altri fattori, squisitamente locali, tra i quali si citano linesorabile spopolamento di Civita e della sua valle, nonch lafflusso, nel capoluogo comunale, di cittadini provenienti dai centri e dalle campagne limitrofe, a partire almeno dal secondo dopoguerra. Si terr conto, poi, dellimportante ruolo svolto da Bagnoregio, fino a tempi recenti, quale sede diocesana di un territorio piuttosto esteso, in gran parte coincidente con il comprensorio della Teverina. Appare evidente, a questo punto, lurgenza di avviare unindagine sistematica e rigorosa sulle parlate del Bagnorese, sia al fine di documentarne tratti lessicali, fonetici e morfo-sintattici in via di scomparsa (ma anche di individuare con maggiore precisione le trasformazioni in atto, nonch le loro cause), che di registrare i fenomeni ancora attuali, ottenendo, in tal modo, un quadro esauriente del dialetto bagnorese e della pi conservativa variet civitonica. Unindagine di questo genere non potrebbe non prendere in considerazione le condizioni linguistiche dei territori limitrofi e, in particolare, della subarea tiberina, luogo di incontro e di scontro di tendenze dialettali di diversa origine.

103) Cfr. C&P 2008:81. 42

INTRODUZIONE AI SONETTI Si riproduce, di seguito, la prima raccolta dei sonetti di Bocella DeCaoni (Paparozzi 1903), pubblicata quando il poeta era ancora in vita. Chi ha conosciuto i suoi versi grazie alla successiva, e forse pi nota, edizione curata da Alessandro Gaddi (Paparozzi 1932), noter senzaltro le numerose differenze (soprattutto di carattere linguistico) tra le due raccolte, parzialmente illustrate nelle pagine precedenti. Sarebbe stato sicuramente utile poter accedere agli scritti originali, ma questo, purtroppo, non stato possibile, poich, nonostante linteressamento e la disponibilit della sig.ra Giuliana Baldacelli vedova di Filippo Paparozzi (nipote del poeta), che li custodiva , recentemente scomparsa, risultano, al momento, irreperibili. Si perci fatto riferimento alla prima stampa, confrontandola sistematicamente con ledizione curata dalla Pro Loco di Bagnoregio (Paparozzi 1993), questultima basata almeno per quanto riguarda i componimenti qua riprodotti sui manoscritti del poeta1. Pur trascrivendo fedelmente i sonetti fatti salvi sporadici interventi di carattere tipografico, effettuati tenendo conto delle convenzioni attuali , non si potuto fare a meno di notare come la raccolta del 1903 presentasse alcuni evidenti refusi, qua corretti e posti tra parentesi quadre2. In qualche altro caso si preferito, invece, segnalare il probabile errore di composizione facendolo seguire da un punto interrogativo, sempre entro parentesi quadre. Un ulteriore intervento ha riguardato le iniziali dei nomi propri, talora in carattere maiuscolo e, in altri casi, minuscolo. Nella convinzione che limpiego della minuscole sia dovuto a una serie di sviste come daltronde sembrano indicare alcune correzioni manuali rilevate sulla copia da me consultata3 , si provveduto a ripristinare la maiuscola, evitando di segnalare i singoli interventi. Le annotazioni originali del Paparozzi sono state riprodotte per intero,
1) Si ricorda come ledizione della Pro Loco sia costellata di refusi, che ne hanno resa incerta, in qualche caso, la consultazione. 2) Ma le stesse sono state omesse qualora la forma da me ipotizzata trovasse conferma nelledizione della Pro Loco. 3) Gli interventi manuali potrebbero essere opera di Severo Venci, che cur ledizione, o forse dello stesso Paparozzi. La copia a cui faccio riferimento quella consultabile presso la Biblioteca Comunale degli Ardenti di Viterbo. 43

racchiudendole tra virgolette e facendole seguire dalla dicitura nota del poeta, posta tra parentesi tonde. Il testo nota del Gaddi, invece, segnala linserimento di alcune notizie utili estrapolate dalledizione del 1932. Limpianto di note stato quindi ampliato, inserendo, dove necessario, succinte annotazioni di carattere storico-ambientale o, assai pi frequentemente, traduzioni di termini ed espressioni dialettali. Si evitato, in linea di massima, di fornire spiegazioni delle voci presenti nel glossario del Gaddi al quale il lettore dovr fare riferimento , cos come di forme dovute a fenomeni frequenti o sistematici quali il troncamento dei verbi allinfinito (fa fare), la scomparsa di -v- intervocalica in corpo di parola (brao bravo), la monottongazione di -u- (scla scuola), la chiusura di -e- e -o- atone rispettivamente in -i- (crisciuto) e -u- (culori), ecc. Non si d conto, in genere, di soprannomi e toponimi dialettali.

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I CINQUANTA SONETTI DI BOCELLA DE-CAONI (1903) Filippo Paparozzi I. Lo so da m cho da f1 Mitti le farde (monno ditto tanti) E gira r munno, che sei un brao pueta; Tus non pi vurticarai la creta2 E gran buocchi abbuscarai cu canti3. [Ma] fussi matto di lanqu di dieta4 Pe port pronchisino, torre e guanti5: La filastrocca gi si sa di tanti Che ci scuttonno a fa ttus le deta6. Sin char traajo7 la mi ita8 regge, Vojo la zappa manij, e facioli Sgran9 gni sempre come r zi Pelegge. De la mi zucca se i rimati goli Faronno rida chi po po li legge, Sarto cuntento come i crapioli10.
1) Lo so da solo cosa devo fare. 2) Indossa il frac, mi hanno detto tanti, e gira il mondo, poich sei un bravo poeta, cos non rovescerai pi largilla (con la zappa): I terreni di Civita sono quasi tutti argillosi (nota del poeta). 3) E guadagnerai molto denaro (lett. baiocchi) grazie ai canti. 4) Fossi matto a patire la fame (lett. languire a causa della dieta). 5) Per indossare pronchisino (tipo di cappotto corto), tuba e guanti. 6) Cos facendo provarono unamara delusione (lett. si scottarono le dita). 7) Travaglio, armatura per la ferratura o la monta delle vacche. 8) La mia vita. 9) Voglio maneggiare la zappa e sgranare fagioli. 10) Se i voli rimati che provengono dalla mia testa faranno ridere chi li legge, salto contento come i caprioli. 45

II. La scunuscenzia1 Nun oprino2 la bocca, se r veleno Nu squizzino ccaj li brai Rotani3, E intanto spesso spesso, come i cani, Di inicci a lecc nun ponno a meno4. Qui cionno5 pe f r pane i mejo grani, Lerbaggini primotichi6 a Calleno, Rigazze di laoro7, che nemmeno Sparaggnino un minuto le su mani8; Qui scope9, rusci10, spazzele, bocchini11, Ajo12, ginestra, lumachelle13, canne, Scarciofini tamanti14 e sopraffini: Acqua surfura15, creta, du mulini16, Quatrello pe le sedie e le cappanne17 E a ffassi assutterr pure i bicchini18.
1) Lirriconoscenza. 2) Aprono. 3) Gli abitanti di Rota (vd. VI, nota 4). 4) Non possono fare a meno di venirci ad adulare, a leccare come fanno i cani. 5) Hanno, possiedono. 6) Erbaggi primaticci. 7) Grandi lavoratrici. 8) Lavorano senza pausa (lett. non risparmiano le proprie mani neanche per un minuto). 9) Saggine da granate. 10) Il sost. rusci sta per pugnitopi [sic], con cui si fanno nel viterbese delle scope per la pulizia delle pubbliche strade (nota del Gaddi). 11) Spazzole, bocchini: I dentali fossili che trovansi in que pressi servono per bocchini da fumare (nota del poeta). 12) Aglio. 13) Piccole chiocciole biancastre delle siepi. 14) Carciofi grandissimi. 15) Sulfurea. 16) Due mulini. 17) Acoro, impiegato per fabbricare le sedie e le capanne. 18) E per farsi tumulare ci sono anche i becchini. 46

III. Le campane di Cta1 Se sento le campane di micch, Mi passa anche la oja der maggn2: I doppi ci saronno in che citt3; Per chi sa se sonino4 ttus? Petello sempre va mecc e mell5; Eppure anche da lui ho nteso di Che un doppio tus bello come cch, Per quanto munno ha ggiro6, nun ci sta. Io spero a nun riacci e di mur7 Quanno char nostro Cta mancar La strada in quarche modo pe sal; Sinn, se le campane issi a mmir, Ma logna de Rotani8, vi so dd: Dallorto der Ciuciao mojo butt9.

1) Le campane di Civita. 2) La voglia di mangiare. 3) In qualche citt ci saranno campane che suonano a doppio. 4) Suonano. 5) Petello [sopr.] continuamente in giro per traffico di bestiame (nota del poeta). 6) Per quanto abbia girato il mondo. 7) Spero di non arrivarci e di morire. 8) Se dovessi vedere le campane nelle grinfie (lett. unghie) degli abitanti di Rota (vd. VI, nota 4). 9) Mi voglio buttare: Lorto del Ciociaro sta a confine della pi alta rupe di Civita (nota del poeta). 47

IV. R cacciadenti1 Come mine mar munno certamente Nun ci po ssa sciaquirato fijo2: Ma la fiera stass der Boncunsijo3, Quanno da cane spasimao cun dente4, Un ciarlatano cun gran lusso abbijo: Lesti! currite!5 nun si paga gnente (Sento che strilla) e tra la forta gente, mi schiaffo sotto linfernale artijo. Ll cu la chiae increse6 mi macella Fintanto chene, doppo noe tironi7, Squizz8 cur dente un pezzo di vascella9; E quer ch pejo adera un di que boni10, E r guasto mi fa anco la campanella11: Vatta fid de stasini birboni!

1) Il dentista. 2) Al mondo sicuramente non pu esserci qualcuno sciagurato come me. 3) Fiera [di merci e di bestiame] che annualmente ha luogo in Bagnorea 15 giorni dopo Pasqua (nota del poeta), conosciuta anche come festa della Madonna del Buonconsiglio (nota del Gaddi). 4) Soffrivo tantissimo a causa di un dente. 5) Correte! 6) Chiave inglese. 7) Finch, dopo nove tiri, strattoni. 8) Schizz via. 9) Tra glidiotismi civitonici evvi anche il dir vascella per mascella (nota del poeta). 10) E ci che peggio che era uno di quelli sani. 11) Quello cariato dondola ancora. 48

V. La maestra senza patente Che c da di, che c de sta maestra? Lurlogio1 annasse ben come la scola: Vurriste na scapata donnicciola Che stiesse a ciuitt su la finestra?2 Pe Cta nun ci na entarola Che ciaja li crapicci anche a minestra3: Quanno sa leggia, scria, fa i cunti e destra Ade ppe laco e carze, a noi fa ggola4. Sardissito caccialla5 senza scorta Daddibbiti6 proati in faccia nostra, A Cta nasciarebbe che riorta7. Lassate ann di faji sta gran giostra8: Fa pi che r su duere9, e nun cimporta Se la patente ar prubbico nun mostra.

1) Orologio. 2) Vorreste una donnicciola distratta, che si affaccia alla finestra per civettare? 3) Per Civita non occorre, non ci vuole una banderuola, una persona volubile e capricciosa. 4) A noi piace se sa leggere, scrivere, e sa insegnare a cucire e a far la calza (nota del Gaddi). 5) Se aveste il coraggio di scacciarla. 6) Colpe, addebiti. 7) Scoppierebbe (lett. nascerebbe) qualche rivolta. 8) Smettete di tormentarla. 9) Il proprio dovere. 49

VI. La ruina di micch1 Mirate ch ridutto2 Muntione, I Punticelli, i Cii e Mercatello3! Pann a Rota4 c resto5 un muzzichello Di strada da passacci gnaolone. Sti fossi malidetti so l fraggello: Guard6: diciotto stanzie a rrutolone Trottonno j mmar funno der caone7 Tramente che der sonno era r pi bello8. Pe lacqua9 quella casa s scarcata10 Do nacque r nostro Santo prutettore11: Pe lacqua fu la peste indiaolata12. Se lacqua donca mali pi di cento Lha ffatti a sta cuntrada sciaquirata13, Anche a laacci r grugno lo fo a stento14.
1) La nostra rovina (lett. la rovina di qui). 2) Guardate com ridotto! 3) Tutti luoghi devastati in gran parte dalle alluvioni (nota del poeta). 4) Rota (o Rhoda), contrada dellantica Citt di Bagnoregio; il toponimo corrisponde allodierno capoluogo comunale. 5) Restato, rimasto. 6) Guardate! 7) Rovinarono (lett. trottarono) in fondo al calanco. 8) Diciotto stanze dellantico palazzo Colesanti crollarono nottetempo tutte insieme (nota del poeta). 9) A causa dellacqua, della pioggia. 10) franata. 11) La casa dove nacque S. Bonaventura (nota del poeta). 12) Una frana da Caporipa viet il corso al fosso sottostante, e le acque ivi imputridite causarono una micidialissima peste (nota del poeta). In quellepoca (1585) vennero in Bagnoregio i Cappuccini, appunto per assistere, come usavano, gli appestati, condottivi dal P. Lucci dellOratorio, bagnoregese, destra mano di S. Filippo Neri nella costruzione della Chiesa Nuova in Roma, e suo confessore (nota del Gaddi). 13) Sciagurata. 14) Riesco a malapena a lavarci la faccia. 50

VII. La svertezza dun bannarolo1 Una gran taala2 preparata adne Pe ff maggn li preti cu la banna3; Per se r bea da capo4 ad na manna, Laggi n cercone5 che ti fa cadene6. Un bannarolo, che di sete affanna, Assaggia un fiasco, che ji garba bene: Ma nun si fida: vole n po vedene7 Se quer culore di laggi linganna. Quanno che sente che mill cifeca8, Caggna ma fiaschi zitto zitto loco9, Po lemme lemme a rison10 si reca. Pe sto baratto, dient di foco11 Ir diputato, lli scram12: sa, Meca13: Cu sta canaja nun si vence14 un gioco!

1) La sveltezza di un bandista. 2) Tavola. 3) Per far mangiare il prete e la banda musicale. 4) In cima. 5) Difetto del vino. 6) Cadere. 7) Vuole vedere. 8) Cifeca sta per vinello, anche difettoso (nota del Gaddi). 9) Scambia i fiaschi silenziosamente, senza che se ne accorgano. 10) Suonare di nuovo. 11) Si infuri a causa dello scambio, del baratto. 12) Gli esclam. 13) La moglie del deputato della festa (nota del poeta), detta Meca Domenica. 14) Vince. 51

VIII. Pa lo sgrao der fucatico1 Perch mma mm2 r fucatico crisciuto?! Ma nun sapete neh che so pporello? Carcate r mulinao cun Petello3, E nno cchi si sduna a pane e sputo4. Nun ci che na casuccia un buciarello5, E dal guerno6 gni tanto so sprimuto: Pe ffa cac tre culi7, bio cornuto8! Mar sacco9 lo cunuscio10 che fraggello. Pe certabbrei di Rota11, che gni tanto Ci spremino sinanta cul tortoo12, Ciorrebbe santAntrea pe daji r guanto13! Ma voi che mestass cuntate tanto, Svortate chi mha carco pi dun boo14; Sinn pure per voi prego quer santo.

1) Per avere, per ottenere lo sgravio del focatico (imposta riscossa per fuoco o famiglia). 2) A me. 3) Tartassate (lett. caricate!) il mugnaio e Petello (sopr.): Sono le borse pi accreditate di Civita (nota del poeta). 4) E non chi si sdigiuna miseramente. 5) Un posticino (lett. buchetto). 6) Governo, qui lagente delle tasse ed il Consiglio Comunale (nota del Gaddi). 7) Per sfamare tre bocche (lett. per far defecare tre culi). 8) Eufemismo di bestemmia. 9) Nel sacco della farina (nota del Gaddi). 10) Lo conosco. 11) Per certi spilorci (lett. ebrei) di Rota (vd. VI, nota 4). 12) Ci tassano eccessivamente (lett. ci spremono persino con il tortore). 13) Occorrerebbe, ci vorrebbe SantAndrea per schiaffeggiarli. 14) Convincete chi mi ha tassato eccessivamente, tartassato (lett. caricato pi di un bue). 52

IX. R vento de paesi bassi M scappa na correa sbarsimamente1 Nel trapass daanti al sor2 Zenone; E tsto allor mha dditto3: ah porcaccione! Gnarebbe ti pijasse un acc!4 Che crepino per mi5 lastre6 persone Nun ci pensato mai; e stimprudente Prutennaria7 sui peti la patente? Manco r suprano ma li culi impone8. Che forse mi nutriscio9 da eccellenza? Nun sa che magno sempre li facioli10? Sattappi donca r naso e aja pacenza11. Epp12 (giacch qui semo13 soli soli) Ho nteso anche quilor darta nascenza Tron ccur tafanao da piazzaroli14.

1) Ho scoreggiato (lett. mi uscita una scoreggia) sbarsimamente, ossia di sbalzo, qui vale di sorpresa (nota del Gaddi). 2) Signor (titolo di rispetto). 3) Detto. 4) Bisognerebbe, occorrerebbe che ti venisse un colpo (accidente, autocensura del poeta). 5) Me. 6) Altre. 7) Pretenderebbe. 8) Neanche il sovrano d ordini ai culi. 9) Nutro. 10) Fagioli. 11) Dunque si atturi le narici e abbia pazienza. 12) E poi. 13) Siamo. 14) Ho sentito anche gli altolocati tuonare con il deretano, come persone volgari. 53

X. Che ber camp chadera!1 Quanno channaa un grosso la accina E l crastato tre sordi e ddui lagnello2 Potemmara fa spesa mar macello3 Che vvorta4 la domenica a mattina. Adesso a denti sciucchi5 sto, poarello: Pe ffa po po pulente6, la farina Lho paga7 anche tre srdi, e manco8 fina, Che nner maggnalla raspa l garganello9. Vinissino di noo que tempi belli10 Che si sguazzaa ll fra certi ini11 Da fa li ecchi nc torn munelli12. Lo edete13 se fummara indoini? Doppo scappiti fora14 sti fratelli, La robba ha arzato e manchino i quattrini15.

1) Che bella vita si faceva (lett. che bel vivere era)! 2) Quando la carne vaccina costava un grosso (antica moneta papalina), lagnello tre soldi e due lagnello. 3) Al macello. 4) Qualche volta. 5) A digiuno (lett. a denti asciutti). 6) Per cucinare un po di polenta. 7) Pagata. 8) Neanche. 9) Raschia la gola, mangiandola. 10) Tornassero, venissero di nuovo quei bei tempi. 11) Vini. 12) Da far tornare bambini anche i vecchi. 13) Vedete. 14) Dopo che sono usciti fuori. 15) I prezzi sono aumentati (lett. la roba aumentata) e manca il denaro. 54

XI. La gioine crapricciosa1 Cun ti, Framinio, ci si po sfocane; Pe cunsiquenzia tojo di na cosa2: Sabbito a otto3 Billolongo sposa La Fraolina ll di Barbacane4. una rigazza bella come rosa, Cun mani doro e bona pi che r pane; E ccun quer guitto sha dann a affucane5 Che di giudizio manco lha na dosa6?! Gna che quiliei ciaja r capi sasso Che nun lha svorta manco l su patrone7: Pora mulaccia8 se far sto passo! Sero r su pate9, chi ci stia a le bone? A forzi carci la sfunnao pe spasso, Senza curammi di marc in pricione10.

1) La giovane capricciosa. 2) Con te, Flaminio, ci si pu sfogare, in conseguenza voglio dirti una cosa. 3) Il giorno di sabato otto. 4) Fraolina (sopr.), figlia di Barbacane. Nelledizione del 1932 lappellativo Fraolina (lett. fragolina) viene definito un vezzeggiativo georgico. Altrettanto georgica, per, la chiusa [del sonetto] (nota del Gaddi). 5) Deve andare ad affogare. 6) Non ha neanche un po di giudizio, di accortezza. 7) Credo che colei sia dura di comprendonio (lett. abbia la testa, il capo di sasso), visto che non lha convinta neanche il suo datore di lavoro (forse padre?). 8) Povera ragazza. 9) Se fossi stato suo padre non avrei mantenuto la calma. 10) Lavrei ferita (lett. sfondata) a suon di calci per divertimento, senza preoccuparmi di marcire in prigione. 55

XII. R domo aripulito1 Guiscite su, mi pa, guiscite fri2 Dar pilo mella pun griggnolello: Mirate3 adesso r domo quanto bello Culloro, marmi e schirsi di culori4! Astro5 che quanno r poro6 Bassanello7 Mitta8 la nostra chiesa a drappi e fiori Cur9 bussolo a calate10 e fiocchi indori, Cha nnoi para caggnata in un giojello11. Mecc e mell pop se vorto r viso, O a santi mellass, che so un portento, Mar munno12 nu sto pi: sto in paradiso!!! Se quarche bizzocaccia13 fa lamento Pe luscia de le sedie14, ho gi ddiciso: Cun quattro sculacciate la cuntento15.
1) Il duomo ripulito: rif. alla chiesa di San Donato, a Civita, un tempo duomo della Citt di Bagnoregio. Vd. nota 14. 2) Uscite fuori, mio padre! 3) Guardate! 4) Con oro, marmi e giochi (lett. scherzi) di colore. 5) Altro. 6) Defunto (lett. povero). 7) Antico sagrestano di Civita (nota del poeta). 8) Metteva. 9) Con il. 10) Festoni. 11) Sembrava mutata, cambiata in un gioiello. 12) Al mondo. 13) Qualche bigotta. 14) Labolizione delle sedie da detto tempio suscit gran battibecco di donnicciole (nota del poeta). Nelledizione del 1932 lscia (nella grafia gaddiana) viene glossata come labolizione delle sedie dal vetusto Tempio di Civita restaurato e donato di ricchi drappi dal novello Parroco (1890) Rev.mo Can. D. Angelo Rossi (nota del Gaddi). 15) Laccontento. 56

XIII. R curato proisorio1 Gomme che bboce!2 Sa che brao curato Sara3 sto prete pe spieg r mancelo4: Manco ma sordi sfuggirebbe un pelo5; Di facciolo6 sta sempre va pregato. tanto bono, che lamaro felo Manco cunusce do che sta piantato7: Milani ncone8, che cun lui c stato, Ne fice eloggi che riaino ar celo9; E nun credete che quelui cinganni, Chanche de preti (snno che difetto10) Nun po st zitto manco se lo scanni. Domani donca [a] cummin mi metto Un mormoriale cul cumpar Giuanni11, Acci12 curato di micch sia eletto.

1) Il curato provvisorio. 2) Caspita, che voce! 3) Sarebbe. 4) Spiegare il vangelo, [p]rimo compito del Curato (nota del Gaddi). 5) Non sfuggirebbe niente neanche ai sordi. 6) Farcelo. 7) Non sa neanche dove si trovi. 8) Anche. 9) Ne fece elogi che arrivavano in cielo. 10) Se hanno qualche difetto. 11) Preparare (lett. combinare) un memoriale insieme allamico Giovanni. 12) Affinch, acciocch. 57

XIV. Chi fija e chi fijastra?!1 Lacqua stass ce lnno2 a Porta Arbana3, Di faccia4 ar Maestrino e allOrfanelle; Aanti5 ar Domo ci so tre cannelle E in faccia6 a Fabi c nastra funtana7. Se Cta e Rota sone du sorelle8, Perch micch sta differenzia9 strana Che pailla ci vo na sittimana10 E ann a Calleno a scurtic la pelle? Gorpe che ssora11! Qui a Funtana-secca, Cha sta cuntrada sta bit bitone, Sinanta un guercio a ritroalla azzecca12. Cisummaria13 che sequolo14 birbone! Cta, che desse ciuca ad la pecca, Da Rota superchiata gni popne15.

1) Chi figlia e chi figliastra (modo di dire, rif. a chi non imparziale). 2) Hanno. 3) Porta Albana, a Bagnoregio. 4) Di fronte. 5) Davanti. 6) Di fronte. 7) Unaltra fontana pubblica. 8) Se Civita e Rota (vd. VI, nota 4) sono due sorelle. 9) Differenza. 10) Per averla occorre, ci vuole una settimana. 11) Caspita, che sorella! 12) Persino un cieco riesce a ritrovarla. 13) Gesummaria! 14) Secolo. 15) Civita, che ha la colpa di essere piccola, viene spesso soverchiata, sopraffatta da Rota. 58

XV. Ma sposi noelli1 Dicetemi po po, sor avvoc2: Vi pare cumminiente3 o no che sia R campane senzun peli cumpagnia Massime annanno aanti nellet4? Ma voi cun quer talento chete cc, Tuttastro chann reto a tar pazzia5, Sposate oji6 sta donna che, perdia! degna in tutti ersi da lod7. Sicch domminiddio vi benedica E vi cunceda presto un ber maschietto. Che un giorno vi sparagni8 gni fatica. Mai cali di nuelle l vostro affetto9, N di bene vi manchi na mujica10, E cullammene11 chiudo r mi sunetto.

1) Ai nuovi sposi. 2) Ditemi un po, signor avvocato! 3) Conveniente. 4) Il vivere senza un po di compagnia, soprattutto quando si invecchia. 5) Piuttosto (lett. tuttaltro) che assecondare (lett. andare dietro a) tale follia. 6) Oggi. 7) degna di lode sotto ogni aspetto. 8) Risparmi. 9) Che il vostro affetto non diminuisca minimamente. 10) Una piccola quantit (lett. mollica). 11) Amen. 59

XVI. R mardicente calummiatore1 La lengua2 velenosa di Greppello, Fa proa di scredit fino che santo3: Ma quanno attacca4 a ffa r solito canto, Scudella pi bucie che farfarello5. Che boja! Sa depegna6 per incanto Le trappile che cugna r su ciarvello7; E guai se a tti daanti ti fa r bello8, Che reto9 po ti sforbicia gni tanto10. Ciorrebbe11 de romani quel ber gioco Di stamp ma stinfame su la fronte Tanto di cappa cur un merco a foco12. Ma mo che der camp ji resta poco, Lasciamolo sboci sto rudomonte Che gi Berlicche ja preparo l loco13.

1) Il maldicente calunniatore. 2) Lingua. 3) Cerca di mettere in cattiva luce, screditare persino qualche santo. 4) Inizia. 5) Dice pi bugie di un farfarello (sorta di spiritello). 6) in grado di dipingere. 7) Gli inganni (lett. trappole) che partorisce (lett. conia) il suo cervello. 8) Si comporta da ipocrita. 9) Dietro. 10) Ovvero ti taglia i panni addosso, con la sua maldicenza (nota del Gaddi). 11) Occorrerebbe, ci vorrebbe. 12) Marchio impresso a fuoco. 13) Ora che gli rimane poco da vivere, lasciamolo svociare questo rodomonte, questo individuo prepotente e spavaldo, poich Berlicche (nome di un diavolo) gli ha gi preparato un posto (allinferno). 60

XVII. Gnente crapicci!1 Ji manca r mastri casa2 a Mincislao: Ha fatto un cappelluzzo cicinino Come la cruculuzza dArlicchino O r coccio3 che sta in cima dun pajao. Sta moda nun cummiene a un cuntadino4, Ch r patrone5 po dd: fa r maramao6; Questui la fugga donca come ar: bao7! Si squaia a cursi lepre un rigazzino8. Io sempre vo a la moda che madatta9: Cappello a farda larga, brai scarponi, E bbrache di lazzetto10 cu la patta. La giubba quanto ria ma11 cinturoni, Nun porto petturina n curvatta12; Ma r cocco, a ff ttus, so de patroni13.

1) Niente capricci! 2) senza cervello (lett. gli manca il mastro di casa). 3) Oggetto di terracotta. 4) Non conviene, non si addice a un contadino. 5) Datore di lavoro. 6) Ladruncolo. 7) Grido per spaventare i bambini (dallomonimo spauracchio). 8) Un bambino scappa, veloce con una lepre. 9) Seguo sempre la moda che pi mi si addice. 10) Pantaloni di lazzetto, ossia tessuto ruvido (lazzo [in altri dial.]) di lana, che prima si faceva nel domestico telaio (nota del Gaddi). 11) Arriva ai. 12) Non indosso n pettorina n cravatta. 13) Ma cos facendo sono il prediletto dei datori di lavoro. 61

XVIII. Na notte sciaquirata di gennao1 La moje che sarnaca2 fa l frullone3, Dar vietro4 che st manca entra la morte; Po r vento nzippatoo ma le porte5 Fa r sono spiccicato der violone. R Nappao cullurghinetto fa r chiassone R canacci Cacafoco baja forte6 E r fijo dellAnnuccia, in pejo7 sorte, Mintrona cur su pianto scocciarone8. R sumaro, se! cu raji tassordisce9 E i gatti suppi tetti fnno: gnao!10 Sta notte sino r diaolo scappisce11. Mo marzo12 a ff n sunetto proprio brao, Che r tema prolibbato me loffrisce Sta notte tribbilosa di gennao13.

1) Una notte sciagurata di gennaio. 2) Russa. 3) Rumore (?). Cfr. gloss. frull. 4) Vetro. 5) Poi il vento che preme sulle porte. 6) Il cagnaccio di Cacafoco (sopr.) abbaia forte. 7) Peggiore. 8) Mi rimbambisce con il suo pianto scocciante. 9) Senti lasino! Ti assorda ragliando. 10) E i gatti sui tetti fanno: miao! 11) Stanotte scappa persino il diavolo. 12) Mi levo, mi alzo. 13) Il tema giusto, appropriato (lett. prelibato), me lo offre questa sofferta notte di gennaio. 62

XIX. I girelli appicciati di giorno1 Ah brutto Tufaraccio2! Ah Musotento!3 Chi vha strascino jo4 li farfarelli5 Pe d foco6 di giorno a sti girelli Chaderino pe nostro diartimento7? Guiscini, Aletta, Chiodo, Rocco, Bielli, Fusetto, Battifoja, Bardo, Cento Chiappatili8, chiappateli un momento Pe ffaji r battisteo su li ciarvelli. Mannaggia! ci mancaa proprio stintoppo Dann a pija du trai j ppe la alle9 In cagno10 di questui ch menso zoppo; Ch sera pop spiccio11, ma ste galle Sarei curso di reto a gran galoppo12 Pe daji sto paletto su le spalle.

1) I girelli (tipo di fuochi dartificio) accesi di giorno. 2) Secondo il Gaddi lingiuria tufaraccio farebbe richiamo ai bei versi del suo conterraneo Giuseppe Cardarelli sul Duomo dOrvieto: E noe chemo la sorte: - Davecce drento ar tufo sto lavoro - Fatto de tutte intarsie e pietre doro (nota del Gaddi). 3) Brutto stronzo. 4) Strascino jo, ovvero strascinato gi, a Civita (nota del Gaddi). 5) Il termine farfarelli potrebbe indicare, in questo contesto, sia una sorta di spiritelli che dei mulinelli daria. 6) Accendere. 7) Erano destinati al nostro divertimento. 8) Acciuffateli! 9) Andare a prendere due travi nella valle. 10) Al posto. 11) Appena veloce. 12) Sarei corso dietro velocemente a quei bellimbusti. 63

XX. R pidocchio rifatto1 Quanno a scla liggio sullabbeccne2 Cera quel brao mella che pippa3, Che sino i tozzi4 pe sgrins la trippa Gni po piaggnenno mi vinia a chiedene5. Ma mo6 che l porco s ingrassato bene, Nun mi darebbe manco na frillippa7; E se maccosto, curre a casa e inzippa Luscio8, e ddar bucio sta li a ffa cecene9. Mejo di chieda10 ma n ingordo gatto Lonto cha robbo ma la su patrona11, Cha sto pidocchio proprio m rifatto. Ma un giorno o lastro che sarincantona12, Ji fo sul grugno (e manco ci cummatto)13 Una scorreggia come quanno trona14.

1) Persona arricchita che ostenta ricchezza. 2) Quando a scuola leggevo labbecedario. 3) Quella brava persona (antifr.) che fuma la pipa. 4) Persino i tozzi di pane. 5) Mi veniva spesso a chiedere, piangendo. 6) Adesso, ora. 7) Non mi darebbe neanche una pagliuzza, un nonnulla (nota del Gaddi). 8) Se mi avvicino arriva a casa e chiude la porta. 9) Fa capolino. 10) meglio chiedere. 11) Il lardo che ha rubato alla sua proprietaria. 12) Un giorno o laltro, quando torna povero (lett. sincantuccia di nuovo). 13) Gli faccio sul viso, e neanche ci perdo tempo. 14) Tuona. 64

XXI. Ma n prete fatto calonico1 Adesso pzzo divvi: sor Cal, Perch cete la cappa cu la ca2; E mentre sarto e brillo sta gra nnoa3; Armeno du strofiette4 vi far. Voi cete bboce grossa e bella a pproa5 Che, sattaccate l grolia p-p-p, Lantifine, li sarmi e l crilies6, Manco cu li trommoni vi saccoa7. Che sete bono, amabbile, sincero, Struto e faticante schiattareccio8, Lo dice tanto r popolo che l clero. Ma senza che smujichi tutto r vero9 E mi spormoni a ff gran chiacchiereccio, Der Giusti sete proprio r prete Pero10.
1) Ad un prete nominato canonico. 2) Posso dirvi: signor canonico! Perch avete il mantello, la cappa con lo strascico. 3) Faccio i salti di gioia per questa ottima notizia. 4) Almeno due strofette. 5) Voce potente, stentorea. 6) Se intonate il Gloria in excelsis deo (inno angelico, dossologia intonata durante la messa), le antifone, i salmi e il Kyrie eleison (preghiera della liturgia cristiana). 7) Neanche con i tromboni possibile coprire, superare la vostra voce. 8) Siete buono, amabile, sincero, istruito e faticante schiattareccio, ossia che nel lavoro non si risparmia (nota del Gaddi).. 9) Senza che elenchi (lett. smollichi) tutte le vostre doti. 10) Nelledizione del 1932 si legge, invece, un prete per daero, glossato come un prete per davvero, ideale (nota del Gaddi). Lo studioso bagnorese ha rimosso, quindi, il riferimento alla composizione satirica Il papato di Prete Pero (1835), in cui il poeta toscano Giuseppe Giusti narra lascesa al papato di un sacerdote onesto e riformatore, del quale, avendo intaccato alcuni privilegi del clero, viene negli ultimi versi ordinata la morte: Questo un Papa in buona fede: / un papaccio che ci crede! / Diamogli larsenico. Il riferimento a prete Pero descritto da alcuni vocabolari di lingua come figura immaginaria di sacerdote e maestro di grande ignoranza, e presente gi nel Carducci (pu darsi che di latino io ne sappia un po pi di prete Pero) getta una luce differente sui versi precedenti, dei quali potrebbe essere data uninterpretazione anticlericale, forse volutamente oscurata dal Gaddi. 65

XXII. La banna1 Sent2 chi a spalle nostre su3 si spassa, Cur zunna4! marce, porche e rr-mi-fane5? R viziacci superchi6, corpo dun cane! Vurrebbe n p sap7 quanno ji passa. Mannassino che vorta qui a sonane Armeno r tammurello e la grancassa8; So boni a strolig gni po na tassa Sinanta su i porelli senza pane9. Eppure ma le sciabbile, carzoni, Cappelli cur pennazzo e mma sturmenti C r sangue nostro nco, sori minchioni10. Si sfiatino stass tutti mumenti11 Anche se piscia r gatto, cu li soni, Tramente che micch arrotamo i denti12.

1) La banda musicale. 2) Sentite! 3) A Bagnoregio. 4) Musica eseguita dalla banda musicale. 5) Polche e re-mi-fa (note musicali). 6) Il brutto di vizio di soverchiare, sopraffare. 7) Vorrei proprio sapere. 8) Mandassero a suonare, qualche volta, almeno il tamburello e la grancassa. 9) Sono capaci di congetturare nuove tasse, persino sui poverelli senza pane. 10) Nelle sciabole, nei pantaloni, nei cappelli con il pennacchio e negli strumenti, c anche il sangue nostro, signori furbacchioni! 11) Si spolmonano in continuazione. 12) Mentre qui soffriamo la fame (lett. arrotiamo i denti). 66

XXIII. Un quatruccio di aja1 Pi lo cuntempro2 e pi ci troo quer bello Che quasi tutti i furistieri incanta: Mir!3 mir! se Catirina santa Pare che svienga a rici lanello4! Sta rarit che la mi chiesa anta5 Perch visc da la buttichi quello6 Chera gran brao a manij r pennello7, Ll nu sta bene, che cchiun lagguanta8. Varicordate pure che paliotto9 Cemmara10 cchi? Po si rimase muti, Quanno si idde chia preso l trotto11. Pensate donca da ciarvelli astuti A schiaff r quatro sotto chiae di botto12, Che r munno pieno di baron f13
1) Un quadruccio di vaglia, di pregio. Vd. nota 4. 2) Contemplo. 3) Guardate! 4) Sembra che svenga ricevendo lanello: Il quadruccio rappresenta S. Caterina da Siena che in estasi riceve lanello sponsale da Ges bambino (nota del poeta). 5) Vanta. 6) Perch fu dipinta nel laboratorio di quellartista. 7) Era molto bravo, esperto, a maneggiare il pennello. 8) Poich qualcuno potrebbe rubarla (lett. qualcuno lafferra). 9) Un superbo tessuto di Fiandra che rappresentava la visitazione di S. Elisabetta (nota del Gaddi). 10) Avevamo. 11) Quando vedemmo che era scomparso: Un superbo tessuto di Fiandra, che ad uso paliotto rappresentava la visitazione di S. Elisabetta, fu da mano ignota sacrilegamente derubato (nota del poeta). 12) A mettere improvvisamente il quadro al sicuro, sotto chiave. 13) Poich il mondo pieno di mascalzoni (baron fottuti, autocensura del poeta). 67

XXIV. Na quistione riligiosa Vinisse anche r dilujo1, ma Rotani2 Sto Cristo3 nu lo lascio di nuelle4; Putite5 sput sangue a catinelle, Che tanto n ve lo do, corpo de cani! Pi facile sara cunt le stelle Di quello che ficc micch le mani6: Se fischio, f n armata di illani7 Cu sassi, brai bastoni e mazzarelle. Billacci! inorca su8, mica bullita9 Stacquaccia da form limpidimento; Sinn, se resta qui, per noi [] funita10. Sfilate dui pe ddui11 senza sgumento, Che Dio ci aggiutar pann ggi a Cita12, Senza pij malanni e in un mumento.
1) Diluvio. 2) Agli abitanti di Rota (vd. VI, nota 4). 3) Per Cristo sintende lantico crocifisso situato nella chiesa di San Donato, a Civita. Gode di qualche vitalit la credenza secondo la quale il Cristo, dopo la tradizionale processione del Venerd Santo, che ha luogo nel capoluogo comunale, deve essere trasportato di nuovo a Civita, pena il suo passaggio di propriet dai civitonici ai bagnoresi. Vd. anche nota seguente. 4) Di nuelle, ovvero in nessun luogo; opponendogli i Rotani la sicurezza della custodia del sacro simulacro nel convento delle monache (nota del Gaddi). Vd. anche nota precedente. 5) Potete. 6) Sarebbe pi facile contare le stelle che mettere qui (sul Cristo) le mani. 7) Faccio, organizzo unarmata di villani (contadini che dispongono di una piccola propriet terriera). 8) Billacci (sopr.), prendi il peso in spalla! 9) Bollente. 10) Finita. 11) Due alla volta. 12) Dio ci aiuter ad andare a Civita. 68

XXV. R munistero de santa Chiara1 Cera na orta2 un munistero cch, Che r terramoto lo scarc3 e spar: Accupinnente curse ar Papa a dd: Paripiantallo, dete i funni a mm4. Rispuse5 r Papa: quanno ad ttus, Chaccomid6 nun si po pi mill, Accupinnente chiappi tutto a ss E r munistero nc si ficchi l7. Che gran passione nu riescio a dd Chad ppe Cta di rest a vvid Sor che macerie8 de lo scarco st! Gna che i salami stiessino a ssid Rento r Communo, che sinn sap: Quella po robba rimana micch9.

1) Il poeta fa riferimento al monastero delle Clarisse e allannessa chiesa di Santa Chiara, strutture scomparse in seguito al rovinoso terremoto del 1695. 2) Cera una volta. 3) Che il terremoto scaric, fece crollare. 4) Acquapendente corse a dire al Papa: Per ricostruirlo, date i fondi a me!. 5) Rispose. 6) Riparare, accomodare. 7) Acquapendente prenda tutto per s e anche il monastero venga costruito l. 8) Non riesco a dire quale sofferenza sia, per Civita, vedere soltanto le macerie. 9) Credo che quei tonti (gli amministratori comunali) siano rimasti seduti in municipio, senza fare nulla, perch altrimenti quelle poche cose sarebbero rimaste qui. 69

XXVI. Accidera che puzza!1 A Rota ci so reguile per bene2: Li porci stanno fra der paese, Le stalle so ppulite come chiese, E chi ffa sozzarie ci n sacci pene3. Ci so ddu brae guardie4, e a pi riprese Survejino5 chi scopa se ia [?] bene, Se buttino i pitali6 e se ciadene7 Chi laa ma le funtane8 un sozzo arnese. Insomma mellass nun manca unette9; E quanno sha dda f ppe la su pelle10, La cassa der Commun va a foje e fette11. Ma nnoi per gnun pensa di nuelle12; E intanto, pe ste puzze malidette13, Sarria14 cu vorta stommichi a le stelle.

1) Accidenti, che puzza! 2) A Rota (vd. VI, nota 4) ci sono regole ben fatte. 3) Chi sporca subisce punizioni severe (lett. un sacco di pene). 4) Ci sono due brave guardie. 5) Sorvegliano. 6) Se gettano in strada il contenuto dei vasi da notte. 7) C. 8) Nelle fontane pubbliche. 9) Non manca niente. 10) E quando si deve fare qualcosa per i propri interessi. 11) La cassa del comune viene svuotata. 12) Per nessuno pensa a noi minimamente. 13) A causa di queste puzze maledette. 14) Arriva. 70

XXVII. Gni rosa ha li su spine1 Cucujala sta mejo dun suprano2: Si gode cu la vigna un brao cummento3, Ci4 lorto, pozzo, stalla e, a cumpimento, La grotte der mi santo paesano5. Disotto ci la alle6 ch un purtento: Di faccia ci Tanaje, Gioe, Arviano, Guardea e Ciuitella cun Lugnano7, E sente pass r treno gni momento8. Di ino9 ce nha pi dun botticello; Ci grano, ceci, fae, facioli10 e fieno, E, se vo sordi nc11 c brao Petello. Eppure anche questui nun put a meno Na orta di scramammi12: sa, fratello, Micch pure di tribbili so pieno13.
1) Ogni rosa ha le sue spine; lart. li le potrebbe essere dovuto ad un refuso. 2) Sovrano. 3) Un bel convento: lantico di S. Francesco, dov ancora, nellorto rimasto, la Grotta di S. Bonaventura, quanto mai suggestiva per la meditazione e la preghiera: affacciantesi nel masso, tutto rivestito di edera, a picco su la alle ch un purtento (nota del Gaddi). 4) Ha, possiede. 5) La grotta del santo del mio paese. Vd. nota 3. 6) La valle. 7) Tenaglie, Giove, Alviano, Guardea, Lugnano: splendida corona di paeselli sullantistante Subappennino umbro [i Colli Amerini], dolcemente digradante fino al Tevere. Civitella dAgliano, invece, con le due torri alto sfuggenti, sorprendente paesaggio garisendiano, sulla riva destra del fiume (nota del Gaddi). 8) Sente passare in continuazione il treno della linea Roma-Firenze, che corre rasente il Tevere (nota del Gaddi). 9) Vino. 10) Fagioli. 11) E se vuoi anche del denaro. 12) Una volta non pot fare a meno di esclamarmi. 13) Sono pieno di sofferenze, di tribolazioni. 71

XXVIII. R tempurale Bonella! So Cremente: viemma apr1: Cur tempurale, aanti nun si 2; Mi tocca, nel torn da la citt: Fermammi pe ricooro cc ddi cchi3. Che troni, gomme!4 Insomma, lesto ih! Sinn vo in chastro loco ad alberg5: Ma doppo da per tutto si sapr Che pel coraccio tuo puto mur-6 Portrone! Ce ll fatta a scenna j?7 Ma ci ula tanto pe vvin A dammi quellaggiuto che si po?8 Accenni un peli foco9, che ttus La giubba e li carzoni asciuttar10 Tramente ti ringrazio, e vva a dorm.

1) Sono Clemente, vieni ad aprire! 2) Col temporale non si pu proseguire, andare avanti. 3) Nel tornare dalla citt occorre che cerchi ricovero qui, da queste parti. 4) Che tuoni, caspita! 5) Altrimenti vado ad albergare altrove. 6) Ma poi si sapr ovunque che a causa della tua pusillanimit sarei potuto morire. 7) Pigrone! Sei riuscito a scendere? 8) Occorreva, ci voleva tanto per venirmi ad aiutare? 9) Avvia un fuocarello (lett. un po di fuoco). 10) Asciugher. 72

XXIX. mejo demicr1 Vojo mucc dar coo de ste fiere, Cridissi fa r bicchino in castro loco2: Vi pare che r mi fusto sia da ggioco3 Se di pueta stuzzico r mistiere? Lu so che brai bocconi li fa r coco, La barba si fa mejo da n barbiere, Ci ppe f le strade un incegnere4 E scarco de muntini spettar boco5. Ma doppo cha zapp mi so straccato6, Se corco a la marea cul barlozzetto7 Mi spasso a ff cche rima8, un gran peccato? Gnarebbe che san Midio benedetto Ma birbi che mm ersi nno fischiato Pe farraolo ji scarcasse r tetto9.

1) meglio emigrare. 2) Andare a fare il becchino da qualche altra parte. 3) Vi sembra che possa essere canzonato? 4) Per fare le strade occorre, ci vuole un ingeniere. 5) Lo scarico dei mucchi spetta al boco, ovvero bocco [voce non di lingua], la noce o il nocciolo di pesca pi grosso usato dai ragazzi nel giuoco a montinello, o come dicono a Roma, a castelletto, per colpire e buttar gi il medesimo (nota del Gaddi). 6) Dopo essermi stancato, a forza di zappare. 7) Coricato a la mera [allombra] col piccolo bariletto portatile, pieno di vino, vicino a s (nota del Gaddi). 8) Mi diverto a fare qualche rima. 9) Occorrerebbe che SantEmidio (protettore dai terremoti) scaricasse il tetto, a mo di mantello, sopra i birbanti che hanno fischiato i miei versi. 73

XXX. Malidetto scalambrone!1 Insomma don Pacifico, poraccio, pe r pizzico2 dun boja scalambrone Ha gunfi labbri, guance e peparone, E corco sta ma lletto menso jaccio3. Vurrebbe ann a la festa4 da Cannone, Che gi j5 preparato un gallinaccio; Ma mo che s ridutto come straccio, Manco la caa annacci cur bastone6. Abbada7 che j fatto un brutto scherso; Non solo quella messa a cinque paili8, Ma l pranzo nc p mittolo pe perso9. Se scagni pizzic sti pori diaili, Che so na pasti mele, annaa pel verso, Mica mi ci penao: manco pe caili!10

1) Maledetto calabrone! 2) A causa della puntura. 3) Ha labbra, guance e nasone gonfi, ed coricato a letto, mezzo morto. 4) Nella chiesa rurale della Guadagliona, di cui custode un certo Cannone, annualmente si celebra la festa di S. Antonio di Padova, ed in tale occasione, in casa del deputato, si d un lauto pranzo (nota del poeta). 5) Gli ha. 6) Ora che ridotto cos male, non riesce ad andarci neanche con il bastone. 7) Fai attenzione! 8) 5 paoli: 1 paolo, moneta papale, era uguale a 10 soldi (nota del Gaddi). 9) Ma pu considerare perduto anche il pranzo. 10) Se invece di pungere questi poveracci, queste brave persone (lett. poveri diavoli), avesse punto chi lo meritava, mica mi ci davo pena: neanche per i cavoli (nota del Gaddi). 74

Un pate scioperato1
Sta st, sta st a joc cur carachene2; E intanto mar tu fra le petate Te lnno pi di mense sciobbicate3 Che, se larri a ssaj4 mi vienga5 r bene! Sta st, sta st a joc cur carachene! E nun ci pensi donca che sei pate, E sempre tariurtichi fra pene6? Pe ff fum r cammino, io so per mene7, Che un pelo nun ci sto a mani piegate8: E nun ci pensi donca che sei pate? Ridaji a butt j cullarme e santo9, Epp10, se perdi, senti le biastime Cur siquito min casa11 a bbotte e pianto: Ridaji a butt j cullarme e santo. Gnarebbe cunsumalli pappiccime12 Que pati che di casa s lo spianto E tienghino gni cosa ll a guaime13: Gnarebbe cunsumalli pappiccime.
1) Un padre ozioso. 2) Testa e croce, ovvero carach [dial.], noto giuoco, fatto solitamente con due grossi soldi di rame insieme lanciati in alto, detto in Toscana: a palle (larme dei Medici) e santo (nota del Gaddi). 3) Nella tua campagna hanno gi rubato (lett. svuotato) met delle patate. 4) Se riesci (lett. arrivi) ad assaggiarle. 5) Venga. 6) Ti rigiri, ti rivolti sempre tra i dolori, le pene. 7) Per far fumare il comignolo, lo so bene (lett. io so per me). 8) Non sto mai a braccia conserte. 9) Gioca di nuovo a testa e croce! 10) E poi. 11) Con seguito, proseguimento a casa. 12) Occorrerebbe usarli per avviare il fuoco. 13) Tengono tutto [i]n abbandono, come lerba dei prati di seconda fienagione, detta appunto guaime (nota del Gaddi). 75

XXXI.

XXXII. R guiscino liticato1 Furg! nun taccustane: fattarreto2; Sinn cullubbidente ma la faccia, Cridissi ann n galea, fo che frescaccia3, E ppo tappiatto ll mma quer sasseto4. Lo igghi, se tu proi darzammi un deto5, So pejo6 del pitrolio a che saffaccia, Danciniriji nc la su razzaccia7: E tu men mma mm8? (br...m!) pija r peto. Sibbene ero ciciuco, maricordo Quanno r mi pate9 r guiscino piantne10 Micch, proprio micch ddo d discordo11. E ppo vo f r gradasso? (br!) arritone! Pe sparagn cche carcio12, brutto lordo, Fa menso giro e ttroa n astro minchione13.

1) Il vicino in lite. 2) Non ti avvicinare, indietreggia! 3) Altrimenti (ti colpisco) con il bidente in faccia. 4) Se anche dovessi andare in galera, faccio una sciocchezza, e poi ti nascondo in quel terreno sassoso. 5) Lo vedi? Se soltanto provi a toccarmi (lett. ad alzarmi un dito). 6) Peggiore. 7) Incenerire anche la sua famiglia. 8) Malmenarmi. 9) Mio padre. 10) Piant. 11) Disaccordo. 12) Per risparmiarti qualche pedata. 13) Un altro tontolone. 76

XXXIII. La casa di san Minintura1 La casa di quer santo prolibbato2 Noi lemmara pi cara dun trisoro3: Lho ditto e lo dirr sin quanno moro Che di scarcalla j fu un gran peccato4, Chadera a facci fa quarche laoro Pe rinfurzalla n po r tempo passato, E darbili piantacci un cunturnato5, E magari di canne e n po dalloro? Mir se di giudizio lnno un pelo6: Do ficchino lognacce fnno r guasto7; Fino a sfasci la cunna8 a chi sta in celo! Lass mma quer palazzo9 se limpasto Lo fnno10 vurtic da chi ci11 r felo12, Va a fun che diento un cane guasto13!

1) La casa di San Bonaventura. 2) Prelibato. 3) Per noi era pi cara, pi preziosa di un tesoro (lett. lavevamo pi cara di un tesoro). 4) Lho detto e lo ripeter fino alla morte, che fu un peccato scaricarla, demolirla. 5) Cosa ci sarebbe voluto, in passato, a fare qualche lavoro per consolidarla, e a contornarla dalberi? 6) Guardate se hanno un po di giudizio, di accortezza! 7) Ovunque mettano le mani (lett. infilano le unghie) fanno danni. 8) Infastidire. 9) Il palazzo municipale (nota del poeta). 10) Fanno. 11) Ha, possiede. 12) Il sost. felo fiele starebbe, in questo contesto, anche per idee contrarie alla religione (nota del Gaddi). 13) Va a finire che mi infurio (lett. divento un cane rabbioso). 77

XXXIV. Nun si caccia pi a camp1


Ci r buci casa pe pput abbitane2 Sarva da censi e che ccusella ar sole3, Do lasino a vittura ma chi vole4 E ci n po cacio pe gabbacci r pane5; Ma intanto, Biacio, nun si po campane6. Sinanta a notte me ne sto a zappane7, Pariistimmi ci ste brache sole8: Fo n po di tutto e curro a chi mi ole,9 Nun marimmejo quanno c da fane10; Ma intanto, Biacio, nun si po campane. La Nena stuta, Peppe nc sincegna Cur fa capagni e fasci di gramegna11, La Tuta sempre sta mill a filane12. Ma intanto, Biacio, nun si po campane. Nun ho bisogni spenna13 pe le legna, Sappiccio un lume, sta l l pe spegna14; La sborgna e l gioco nu lo so do stane15; Ma intanto, Biacio, nun si po campane.
1) Non si riesce pi a vivere. 2) Ho una casa minuscola (lett. un buco di casa) in cui abitare. 3) Scarsa propriet terriera (lett. qualcosina al sole). 4) Consento a chiunque di usare il mio asino, dietro compenso, come mezzo di trasporto. 5) E ho un po di formaggio da usare come companatico. 6) Ma intanto, Biagio, non si riesce a vivere. 7) Zappo finch non giunge la notte. 8) Per vestirmi ho soltanto questi pantaloni. 9) Faccio qualsiasi lavoro, corro da chi mi cerca. 10) Non indugio, non mi risparmio quando c da fare. 11) Nena (sicuramente ipocoristico per Nazarena) astuta, e anche Giuseppe singegna, riempendo cavagni e facendo fasci di gramigna. 12) Filare. 13) Non ho bisogno di spendere. 14) Se accendo un lume, sempre in procinto di spegnersi, a causa del poco e cattivo olio che ci mette (nota del Gaddi). 15) Non so cosa siano la sbornia o il gioco. 78

XXXV. Sempre di male in pejo1 Che comido chadera nellistati Daicci sotto Cta larborati2, Che darrosticci ar sole eran dijeto3: Immice dannaanti, annamo arreto4. Lo sbasso chonno fatto stammazzati ripito da rennici sfiatati5 Che, parranc stass gna facci r peto6: Immice dannaanti, annamo arreto. I muri nc der punte so spiommati, E in menso c no spacco pi dun deto7: Immice dannaanti, annamo arreto. Currmo8 su a ppag mma nostri pati9 Braissimi a pulicci r castagneto10, Che immice dannaanti, annamo arreto.

1) Di male in peggio: Per ricostruire la strada che conduce a Civita, fu duopo atterrare tutte le piante ombrifere che lateralmente esistevano, e quindi fare uno sbasso che a gran fatica or vi saccede (nota del poeta). 2) Che comodit era, durante le estati, avere degli alberati sotto (la rupe di) Civita. 3) Divieto (?). 4) Invece di andare avanti, di progredire, andiamo indietro, regrediamo. 5) Lo sbasso che hanno fatto questi rompiscatole, tanto ripido da sfiancarci (lett. renderci sfondati). 6) Per salire costass ci vuole un peto. 7) Anche i muri del ponte sono spiombati, e in mezzo c una spaccatura larga pi di un dito. 8) Corriamo. 9) Gli amministratori municipali (nota del poeta), lett. padri. 10) Bravissimi a far piazza pulita, a portarci via tutto. 79

XXXVI. R vitello che mucce1 Presto, pe carit, curri2 Bello: Gola sur campanile come ucello3: Mira ddo 4 cche, sanche un grignolello Saspetta, nun si troa pi r vitello. Uh! sissi dato retta5 ma Petello, No nun mi succidia6 s gran fraggello Da fammici crep quarche budello Pe curra a richiapp sto farfarello7. R patrone poi dirr8: senza ciarvello! Usca9 da la m igna10, char cancello L catorcio non mittisti11 n r puntello! E allora che far? Quer zizichello Di terra sissi a perda cur vitello, mejo che mampicchi a un traicello12.

1) Il vitello che fugge. 2) Corri! 3) Vola sul campanile come un uccello! 4) Guarda dove va! 5) Se avessi dato ascolto. 6) Non mi sarebbe successo (lett. non mi succedeva). 7) Tanto da farmi esplodere le interiora (per la fatica), per correre a riacciuffare questo farfarello (in questo contesto: bestia poco docile e mansueta?). 8) Il proprietario poi dir. 9) Usca: Fuori (nota del poeta). 10) La mia vigna. 11) Non mettesti il catenaccio. 12) Se dovessi rimetterci la mia piccola propriet terriera, sarebbe meglio impiccarmi a una travicella. 80

XXXVII. R munumento di san Minintura1 Ho visto don Astefino2 e l sor3 Lia Sart come crapetti dar cuntento4, Perch san Minintura ha un munumento Che ppe bellezza proprio nun sarra5. Difatti r culunnone ad un purtento: Ci s quellariliei6 che, perdia7! Se li putissi a min casa mia, Ciorrebbe fa ttrisori di spaento8. La [statua] po che ritta9 sta ll sopra (Lo dico proprio forte e non adulo) Ad del sor Aureli10 un capo dopra11. Ma acci nun mi credestara12 un mitulo, Gna13 cun difetto tanto ve lo scopra: Quer Santo mar su Cta vorta r culo14.

1) Il monumento di San Bonaventura. 2) Don Stefano. 3) Signor (titolo di rispetto). 4) Saltare come capretti per la gioia. 5) In quanto a bellezza inarrivabile. 6) Bassi rilievi (nota del poeta). 7) Eufemismo dimprecazione. 8) Se li potessi avere a casa mia, ne vorrei fare grandi tesori. 9) Dritta, eretta. 10) Il signor (Cesare) Aureli: Chiarissimo scultore (nota del poeta). 11) Capolavoro. 12) Credeste. 13) Occorre, bisogna. 14) Ossia: volta le spalle a quella contrada ove nacque (nota del poeta), ovvero Civita. 81

XXXVIII. Laria barsamica di Cta1 Porpa2 questaria si po dd senzosso: Lacque stagnanti cc di cch nun sone, Quelle der celo sculino ar caone E un brao pezzo sta lontano r fosso3: Porpa questaria si po dd senzosso. Scagno che giallo, cemo r viso rosso4; Sgruninellato5 nun c curnicione6, Gnun de straecchi marcia cur bastone, Ch ribbustezza lonno sempre addosso7: Porpa questaria si po dd senzosso. Si po magnane pejo dun lupone8, Ch manco i chiodi fnno9 indigistione, E doppo magno10, gnuno ha r corpo smosso: Porpa questaria si po dd senzosso. A celo aperto se tu dormi ncone11 Scarso e sbracato su di che12 scalone, Free di nuelle po vinitti addosso13: Porpa questaria si po dd senzosso.
1) Laria balsamica di Civita. 2) Polpa. 3) Qua non ci sono acque stagnanti; quelle che vengono dal cielo scolano in fondo al calanco, e il fosso situato a una certa distanza. 4) Invece che giallo, abbiamo il viso arrossato. 5) Privo di rondini. 6) I cornicioni e le gronde dei tetti di Civita sono quasi tutte gremite di rondini, le quali rendono vieppi salubre quellaria (nota del poeta). 7) Nessuno, tra i pi anziani, va in giro con il bastone, poich sono ancora robusti, in forze. 8) Si pu mangiare pi di un lupo (accr.). 9) Provocano, fanno. 10) Dopo aver mangiato. 11) Ancora. 12) Qualche. 13) Non ti verr affatto la febbre. 82

XXXIX. La mostra de le rilichie1 Guarda che sciamo curre j da Rota2 Pa le ciarde e li ciammelli3 a scrocco!4 Lnno troato sto paese alocco Cha chi d carci fa la sopraddota5. Bomma! scummitti che mancun buocco Caccino fra, e la saccoccia ota Lempino su parimaggnacci a Rota6, Doppo trattati proprio a pippi cocco7? Ma si capisce: testi brai scroccanti Vienghino solo che punt la gola, E no ppe veda arz ccaj li santi8. Se ppe disgrazia9 mi chiamao Nicola, Allora forse mi passaino aanti10; Ma ci l ciarvello e pzzo11 f la scola.

1) La mostra delle reliquie. Vd. nota 4. 2) Guarda che folla (lett. sciame) viene da Rota (vd. VI, nota 4), correndo. 3) Per avere ciarde e ciammelli (dolci tradizionali bagnoresi). 4) Nel d che mostransi le reliquie dei santi, usa che i civitonici passano ai padroni ed agli amici di Bagnorea un rinfresco di vino, cialde e ciambelle (nota del poeta). 5) Hanno trovato questo paese sciocco (lett. allocco), che tratta benissimo chi lo maltratta (lett. prende a calci). 6) Bomma (sopr.)! Scommetti che non tirano fuori neanche un soldo (lett. baiocco), e riempiono la tasca vuota per mangiarci di nuovo a Rota? 7) Dopo che li abbiamo trattati nel migliore dei modi: Dal gergo dei fumatori: loro ideale la pipa di cocco (nota del Gaddi). 8) Questi bravi scrocconi, vengono soltanto per mangiare (lett. ungere la gola) e non per veder inalzare le immagini sacre (vd. nota 4). 9) Disgraziatamente, sciaguratamente. 10) Mi potevano buggerare, trarre in inganno. 11) Posso. 83

XL. Sto munno na alli pianto1 M gnuna2 casa manca l tribbilane3: Chi s arruella pe n a lerede, Chi pe buocchi jocara la fede Chi manco un pelo si po sdijunane4: M gnuna casa manca l tribbilane. Pe mmorti, liti, malatie o pagane5 Che vvorta frigge sino chi pussiede6; Mell che fijo mar su p nun crede7, E da st nasce un gran tarapatane8: M gnuna casa manca l tribbilane. Chi pe iziacci presto fa cappotto9, Chi pe lamore o gelusia stracotto, Dunguidia10 o rabbia che sattosca11 r pane: M gnuna casa manca l tribbilane. Batte la sorfa qu r marito cotto, Qua la servetta mucce12 cur fagotto13, L dd14 fratelli sono r gatto e r cane: M gnuna casa manca l tribbilane.
1) Questo mondo una valle di pianto. Da notare che nel dlt. si ha anche monno. Lo e lu (diceva gi il Varchi) hanno gran somiglianza, e si pongono spesso luno per laltro (nota del Gaddi). 2) In nessuna casa. 3) Il soffrire, il tribolare. 4) Chi si arrovella il cervello per non avere eredi, chi per denaro (lett. baiocchi) si giocherebbe lanello nuziale, chi non pu neanche interrompere il digiuno. 5) A causa di morti, liti, malattie e pagamenti (lett. pagare). 6) Talvolta soffre anche chi dispone di qualche propriet. 7) Qualche figlio non crede a suo padre, ovvero [n]on obbedisce (nota del Gaddi). 8) Suono onomatopeico per significare peggio che confusione (nota del Gaddi). 9) Chi perde tutto a causa dei viziacci. 10) Invidia. 11) Avvelena, intossica. 12) Fugge. 13) Della refurtiva (nota del Gaddi). 14) Due. 84

XLI. R daguirotipo1 Cisummaria2 cho visto a Mercatello3! Un coso fatto come un cassettone Chad4 tre zampe sotto e un occhialone Che va su e j toccanno un giocarello5. Un mago po6, cun cencio sur cappello, S messo a sprumir mill gorpone7; E doppo fruzzicato mill popne, rrento ma la casa di Petello8. Viscito, doppo un pelo, da milline, Ha mostro su dun vietro ariscurpito L frabbicato di Cta e le ruine9. Appena che per mill ho capito Che r diaolo fa ste cose da stordine10, Cur santo signi croce so muccito11.

1) Il dagherrotipo (macchinario in uso nellOttocento, precursore delle odierne macchine fotografiche). 2) Gesummaria. 3) Mercatello, piccola borgata situata dirimpetto a Civita; gi Mercato, contrada dellantica Citt di Bagnorea. 4) Che ha. 5) Toccando un particolare della macchina. 6) Poi. 7) Accovacciato, rannicchiato, imitando la volpe nello abbassarsi per nascondersi (nota del Gaddi). 8) E dopo aver armeggiato per un po, entrato nella casa di Petello (sopr.). 9) Dopo un po di tempo, uscito di l, ha mostrato impresso su un vetro il fabbricato di Civita e le rovine. 10) Stordire. 11) Facendo il santo segno della croce sono fuggito. 85

XLII. R gioco de lotto Ci 1 ppe Battifoja un manganello Ch lotto gioca nc le su ciaatte2: Vincesse quarche vorta, transiatte; Ma sempre ci dienta pi porello: Ci ppe Battifoja un manganello. Saisse cuminciato da munello A empicci cun que srdi le pignatte, A forz culumie l rrento appiatte, Puta vin pi ricco di Petello3: Saisse cuminciato da munello. Adesso che ci si pente del marfatto, Lha ditto a mm piagnenno in pi dun loco4: Pe smania darricch, vo ppe laccatto5: Adesso che si pente del mar fatto. Chi squaja li buocchi ma sto gioco, Si rassumija proprio ma run matto Che tutta la su casa manna a foco6: Chi squaja li buocchi ma sto gioco.

1) Occorre, ci vuole. 2) Scommette al gioco del lotto persino le ciabatte. 3) Se avesse iniziato da bambino a fare economia, a riempire di denaro quelle pentole di terracotta, grazie ai risparmi nascosti sarebbe stato pi ricco di Petello (sopr.). 4) Me lha detto piangendo, in pi di un luogo. 5) Sono costretto a chiedere lelemosina. 6) Chi dissipa il proprio denaro (lett. scioglie i baiocchi), ricorda un matto che incendia la propria casa. 86

XLIII. M un ricco aarne1 Ho chiesto m qquer cane scellerato D stari2 di granturco, da scuntassi3 Cur cao de la rena e de li sassi Quanno arimitte mano al frabbicato4; E acci che nun timisse di grattassi5, Perch so porettuccio6 (ma onorato) Lurlogio der mi pate j portato; Ma chene? Ho fatto bucia e butto i passi7. Che core de tiranno! Me ne ncaco8! Mha dditto: di credenze nun fo un pelo9! Gnarebbe fussi10 matto od ubbriaco!!! Per c a tanti lettre mar mancelo: Mejo r camelo po visc pun aco, Che un ricco senza core entr mar celo11.

1) A un ricco avarone. 2) Due stai (unit di misura per aridi). 3) Scontarsi. 4) Quando torna a lavorare al fabbricato, ci rimette mano. 5) E affinch non tema che non paghi i miei debiti. 6) Poverello. 7) Gli ho portato lorologio di mio padre. Ma a che servito? Ho sprecato il mio tempo (lett. buttato i passi). 8) Non sento niente (nota del Gaddi); pi probabile il significato me ne infischio. 9) Mi ha detto: non faccio credito. 10) Dovrei essere. 11) C scritto a tanto di lettere nel Vangelo: pi probabile che un cammello esca da un ago, che un ricco senza cuore vada in paradiso. Per la cruna [dellago], sintende (nota del Gaddi). 87

XLIV. Lamici pe linteressio1 Per sto munno2 come fatto adne! Se sici [?] di robba e di buocchi adorno, Damici un branco ti si schiaffa attorno3 Cur mele4 in bocca a fatti mille scene: Per sto munno come fatto adne! Finch tu porti le saccocce piene5 E a butt llane6 nun ci badi un corno, Cun gran rispetto ti dirron7 bbon giorno: Oh lle ci gusto di vidivvi bene8! Per sto munno come fatto adne! Se ppo la sorte tabbannuna un poco, Manco pe sieda ti soffrisce un loco; E gnuno allora ti po pi vedene9: Per sto munno come fatto adne! Brutto passane da guardiano a coco10; E chi ha proato a spese sue sto gioco, Nun p f a meno di scram cu mmne11: Per sto munno come fatto adne!
1) Gli amici interessati. 2) Mondo. 3) Se sei ricco (lett. adornato) di cose e di denaro (lett. baiocchi), una grande quantit di amici ti circonda. 4) Miele. 5) Finch hai le tasche piene. 6) Ossia a buttar l, a spendere senza misura, e anche regalare (nota del Gaddi). 7) Diranno. 8) Come sono contento di vedervi in salute, in buone condizioni. 9) Se la fortuna ti abbandona per un po, non ti offrono neanche un posto per sedere, e nessuno ti pu pi vedere. 10) brutto, da guardiano, diventare cuoco: Dal gergo fratesco: un tempo realmente nellOrdine Minoritico potevasi passare da guardiano a cuoco (nota del Gaddi). 11) Esclamare insieme a me. 88

XLV. La free1 Poretto m2 (pu pu pu) che free! Nun pzzo piune3 (pu pu pu) un trimore Li strabarzoni mi fa a mmar core4, E mma le cianche sentun freddi nee5. Ddo e ddo ene6? Presto cch un dottore: Oh! sto malanno (pu pu pu) mi bbee7: Gnun paggiutammi aricus si dee8; Sinn r pueta di micch vvi more! Senza rimmejo va a pij r somaro, Po cur dottore porta gi m po ciccia9, E pe crompalla10, toh! Pija r dinaro11. Se quarchiduno (pu pu pu) sampiccia Daddimannatti12 chi sta mal neh car? Diji: fra ca13! (pu pu pu) po alliccia14.

1) La febbre. 2) Povero me. 3) Non ne posso pi. 4) Mi fa venire i sussulti al cuore. 5) E alle gambe avverto un freddo intenso (lett. freddo di neve). 6) Dove va e dove viene. 7) Mi affligge (lett. mi beve). 8) Nessuno deve rifiutare di aiutarmi. 9) Senza esitare vai a prendere lasino, poi, insieme al dottore, portami un po di carne. 10) Comprarla. 11) Prendi i soldi! 12) Se qualcuno sintromette e ti domanda. 13) Autocensura del poeta per fra cazzo nessuno. 14) Alliccia: tira via (nota del poeta). 89

XLVI. Imitanno lantinati1 Mir!2 quer cellettone3 su la porta: Le grolie4 der paese ci rammenta Di quanno Pirro e Vanno nun lhan venta5 E muccino currenno a coa torta6. E tus gna rif: cur una spenta Frull j ppe caoni quella sorta Di gente che i porelli nun ascorta E di succhiaji r sangue nun allenta7. Vi pare sia n pruceda8 da cristiani? Se vonno in chastro loco9 sti demoni, Ji attacchino r bidone come a cani. Se r nostro suppricane10 donca invano, Mannamo Bomma a Roma acci spironi Pe facci mitta sotto a Lubriano11.

1) Imitando gli antenati. 2) Guardate! 3) Sulla porta di Civita v effigiata unaquila con due leoni sotto i suoi artigli, i quali simboleggiano gli eserciti Baglioni e Monaldeschi sconfitti dai bagnoresi lorch tentarono di soggiogare la citt (nota del poeta). 4) Glorie. 5) Pirro Baglioni (signore di Castel di Piero, lodierno San Michele in Teverina) e Vanno Monaldeschi (del ramo della Cervara, di Orvieto) non lhanno avuta vinta. 6) Scappano con la coda tra le gambe (lett. a coda torta). 7) E bisogna fare nuovamente cos: spingere in fondo ai calanchi quella sorta di gente che non ascolta i poveri e non smette di succhiargli il sangue. 8) Seguitare, procedere. 9) Se vanno altrove, in qualche altro luogo. 10) Supplicare. 11) Mandiamo Bomma (sopr.) a Roma affinch sproni, faccia pressione per farci diventare frazione di Lubriano, [c]omunello a un tiro di fucile da Civita (nota del Gaddi). 90

XLVII. Gelusia di campanile Pejo di schiaa ad trattata Cta Da certa razza mellass di Rota1; E se sinanta vo r bicchino Rota Cacci r cappello ji cummiene a Cta2. Lojo a bizzeffe nun arebbe Rota Senza lulii de la all i Cta3: E sse che santo nun scappa da Cta Manco na festa ci puta f a Rota4. Se un furistiero fa scaarco a Rota, Subito arro curre a veda Cta, Che soprastaa ma la cuntrad i Rota5. Sinanta l Cristo se nun desse Cta La pricissione6 nun brillaa7 su a Rota; Epp8 r macello sha dda f9 ddi Cta?!
1) Civita trattata peggio di una schiava dagli abitanti di Rota (vd. VI, nota 4). 2) E fin quando Rota vuole un becchino, le conviene portare rispetto a Civita (lett. togliersi il cappello di fronte a Civita). 3) Rota non avrebbe olio a bizzeffe se non fosse per gli olivi della valle di Civita. 4) Quella borgata ha vantato di essere culla di tutti i santi concittadini (nota del poeta). Civita fu la culla di tutti i santi concittadini: S. Bonaventura, S. Ildebrando vescovo di Bagnoregio, S. Bernardo vescovo di Castro e, fino a prova contraria, S. Leone Magno (nota del Gaddi). 5) Se uno straniero giunge a Rota, appena arrivato corre a vedere Civita, che sovrastava la contrada di Rota: Rhoda da oltre a due secoli dipendeva dalla borgata di Civita (nota del poeta). 6) Pe la rinnomata [sic] processione del Cristo morto, Bagnorea fa uso del simulacro di Civita (nota del poeta). Nelledizione del 1932, si specifica che Bagnoregio fa uso del Crocefisso, splendido e veneratissimo, dellantica Chiesa Cattedrale di Civita (nota del Gaddi). 7) Non eccelleva. 8) E poi. 9) Si deve fare. 91

XLVIII. R fiotto libboro1 Se penso mar Communo quanto brao2 Ner metta j le paghe ppi non pzzo3, Veleno mi dienta anche quer tozzo Che a stento fo guisc dar tafanao4, Se penso mar Cummuno quanto brao. Sarrio che giorno o lastro a vot r gozzo5, Laete da sint6 che pipinao: Ma furni vojo anna, ma gni telao7 Anche a svi le donne da stabbozzo, Sarrio che giorno o lastro a vot r gozzo. Stass cionno8 canali, acqua e lampioni, Cirusichi, brae strade e scole e banna9; E noi stemo micch a fa li minchioni10? Stass cionno canli, acqua e lampioni. A Rota solo r pioa de la manna; Micch gragnola e furmini cun troni11: S cagna12 sta mitropili13 in cappanna14: A Rota solo r pioa de la manna?!
1) Il lamento libero. 2) Se penso a quanto bravo il comune. 3) Posso. 4) Anche quellescremento che faccio uscire a stento dal deretano. 5) Se un giorno o laltro arrivo a dire ci che penso (lett. arrivo a svuotare il gozzo). 6) Dovete sentire. 7) Voglio recarmi ai forni, a ogni telaio, dove prima, quasi in ogni casa, si tesseva, dalle donne, la canapa e il lino (nota del Gaddi). 8) Hanno, possiedono. 9) Medici, belle strade, scuole e banda musicale. 10) E noi siamo qui a fare i tontoloni. 11) Grandine e fulmini con tuoni. 12) cambiata, mutata. 13) Il terremoto, cui nuovamente Civita soggiacque l11 giugno 1695, fu causa che il vescovo col seminario e il capitolo, tutti i pubblici funzionari ed i primari cittadini si stabilissero nella contrada di Rhoda, ossia Bagnorea; ed per questo che i civitonici tuttora belano in lor linguaggio: micch, micchine adera la mitropili! (nota del poeta). 14) Capanna. 92

XLIX. No specchi prete1 Don Fiordinanno2 ad no specchi prete: Abbusca r tozzo3 cu le su fatiche, Nun d fastidio manco4 a le furmiche E a tutti incurca di sta in pace e in chiete5: Don Fiordinanno ad no specchi prete. Chaja girone6? Ma nun ci credete, N a murmurane l ppe le buttiche7; Ortre r duere nun ci donne amiche E i birbi dorce sa tir a la rete8: Don Fiordinanno ad no specchi prete. Nun ci la mutria, sibbene dotto9: gran caritane10 sa f zitto e chiotto: Tuttastro pens che insacc munete11: Don Fiordinanno ad no specchi prete. Quanno che galla vole di ch jotto12, Corpo dun cane! Ji daria r pilotto13: Spenne14 der suo: emb che ci olete15? Don Fiordinanno ad no specchi prete.

1) Un prete ineccepibile (lett. uno specchio di prete). 2) Don Ferdinando. 3) Si guadagna il pane. 4) Neanche. 5) Quiete. 6) Che vada troppo girando? (nota del Gaddi). 7) Non ci credete! Non va neanche a sparlare, a mormorare dentro le botteghe. 8) Non ha donne amiche, se non per necessit, e sa trarre in inganno i birboni. 9) Non ha mutria, sfrontatezza, sebbene sia dotto. 10) Carit. 11) Pensa a tutto fuorch a intascare denaro. 12) Ghiotto. 13) Lo tormenterei. 14) Spende. 15) Volete.

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L. La strada de Punticelli1 Mir! qque Punticelli so na trappila: Ma trai che stonno sopra se si sbottila, Credetelo ma mm (nun dico frottila) Che poro batizzato ci si sfrappila2. Eppure gi lisimpio3 c di Nottila Che, retto dar sumaro e da la nappila, Durette4 a ff per aria tippe e tappila Finch nun curse gente a li su fiottila5. Aanti che r cunsijo vaja a rottila6, Priposta tocca a voi mill di mittala Pe ff jo qque laori che si sbottila7. Sinn (cumnno ditto ma na bittala, Ddo spesso der Communo si borbottila) Fariste la figura duna cittala8.
1) I Ponticelli (top. uff.) erano un percorso, ormai intransitabile, ricavato grazie al posizionamento di alcune travi sugli scrimoli dei calanchi. La strada consentiva di raggiungere, partendo da Civita, altre localit della valle. 2) Guardate! Quei Ponticelli sono una trappola: se qualcuno urta le travi che vi sono posizionate, credetemi, non dico una frottola, qualche poveraccio (lett. povero battezzato) finisce a brandelli. 3) Esempio. 4) Resistette, dur. 5) Finch non accorse gente, richiamata dai suoi lamenti: Lasino nel precipitar dai burroni, conficc i piedi tra polta cretacca; Il Nottola [sopr.] poi (cui per bona sorte non isfugg di mani la cavezza) rimase l dondolando a mezzaria finch non corse gente a liberarlo (nota del poeta). 6) Prima che smettansi le adunanze municipali (nota del poeta). 7) Occorre che voi avanziate proposta di fare quei lavori per cui si batte (si sbottila) e si preme (nota del Gaddi). 8) Altrimenti, come hanno detto in una bettola, dove si borbotta spesso a proposito del comune, fareste la figura di una bimba. 94

IL GLOSSARIO DEL GADDI: DESCRIZIONE E CRITERI DEDIZIONE A corredo della riedizione dei sonetti di Bocella, Alessandro Gaddi aggiunse una raccolta di voci, intitolata semplicemente Glossario (Paparozzi 1932:125-135), allo scopo di favorire la comprensione dei versi del poeta1. Si pensato di riproporre il lemmario, dopo essere intervenuto a vari livelli, sia per costituire una pur minima base per ulteriori ricerche lessicali, che per ricavare una pi completa visuale delle conoscenze dialettali dello studioso bagnorese, che si confermano amatoriali e non sorrette da metodologie scientifiche. Il glossario originale include 221 entrate, con lemma in grassetto e iniziale maiuscola (qua riportata a minuscola), generalmente prive di qualifica grammaticale (aggiunta o uniformata a criteri pi coerenti in questa sede, ma ne restano prive le voci anche di lingua) e organizzate con qualche incongruenza, soprattutto per quanto attiene le voci verbali2. I termini dialettali e la scarna fraseologia3 presenti sotto alcuni lemmi sono, in genere, in carattere corsivo, mentre traduzioni, spiegazioni e commenti aggiuntivi del Gaddi appaiono in carattere tondo4.
1) Si noter come alcuni dei termini glossati non compaiano nei cinquanta sonetti originali (Paparozzi 1903), riprodotti in questo volume, poich il Gaddi li ha estrapolati dai componimenti inediti inclusi nella propria riedizione (Paparozzi 1932). Si vuole poi segnalare come ulteriori spiegazioni e traduzioni siano state inserite dal Gaddi in nota, a corredo di alcuni sonetti, talvolta con rimandi al glossario. Si tenuto conto di queste annotazioni senza, tuttavia, inserirle nella presente edizione del lemmario poich ne avrebbero alterato profondamente la struttura che, per quanto possibile, si cercato di rispettare. 2) Per avere, ad esempio, si ha un totale di 6 lemmi: 2 per linfinito (a, a) e 4 per le forme verbali (adai, ajja, ssino, te), ognuna con traduzione propria. Per volere, invece, manca linfinito, e le relative voci, separate da virgola, costituiscono ununica entrata (jjo, le, ). 3) Gli esempi fraseologici forniti sono, di norma, estrapolati dai sonetti, ma il Gaddi rimanda soltanto in pochi casi ad essi, tramite lapposizione di numero romano, tra parentesi tonde. Vista la non sistematicit dei rinvii che, peraltro, fanno riferimento allordine dei componimenti prescelto dallo studioso per la sua raccolta, diverso dalloriginale (Paparozzi 1903) si per deciso di sopprimerli. 4) Nei casi in cui lo studioso abbia utilizzato, per i termini dialettali bagnoresi, il carattere tondo, se ne uniformata la grafia ripristinando il corsivo. 95

Il sistema di scrittura utilizzato dallo studioso , naturalmente, lo stesso impiegato nei sonetti. Si perci pensato di fare uso, in questa edizione, della grafia fonetica semplificata5, favorendo, in questo modo, il confronto con altri repertori linguistici6. Eventuali forme dubbie ad es. per quanto riguarda il timbro dellaccento tonico sono state segnalate ponendole tra parentesi graffe ({}). Linfinito dei verbi talvolta presente in veste italianizzata (abbadare, grattarsi, ecc.) e, in altri casi (ad es. guisc uscire), nella forma utilizzata dal poeta, pi fedele alluso orale. Si deciso di intervenire ripristinando la forma tronca (abbad), oppure, nei verbi riflessivi o intransitivi pronominali, la tradizionale uscita in -ssi (grattassi). Qualora un infinito non risultasse immediatamente ricavabile dal glossario o dai testi del poeta, si fatto uso di una voce ipotizzata (di nuovo tra parentesi graffe); nei casi pi insidiosi, si invece preferito ricorrere alla forma attuale (tra parentesi uncinate: <>). Non sono chiari i princpi che hanno ispirato la compilazione della raccolta: a fronte della presenza di alcuni termini facilmente decifrabili, almeno da parte di chi disponga anche di blande conoscenze delle parlate dellItalia mediana (dmo, facili, peparne, ecc.), si nota lassenza di voci che avrebbero forse richiesto qualche spiegazione, quali, ad esempio, farfarllo sorta di spiritello mulinello daria (ma anche con altri significati; cfr. it. lett. farfarello), mulccia ragazza, scagno invece, ecc. Tra i termini glossati, alcuni meriterebbero ulteriori approfondimenti, visto che, salvo errori da parte del ricercatore, mancano o scarseggiano riscontri nelle parlate dellarea viterbese-orvietana. Si vedano, ad esempio, almeno arimmejjassi, calata, cruculuzza, frillippa, sughijjo, zzizzichllo7. Altre forme elencate sono, verosimilmente, neologismi del poeta ovvero sue creazioni, non corrispondenti allautentico uso orale , che peraltro si trovano esclusivamente in corrispondenza di rima (abbijjo, nppi5) Il sistema prescelto consente, tra laltro, di segnalare il timbro degli accenti tonici e il rafforzamento di certe consonanti iniziali sia dopo silenzio che in posizione sintattica. 6) Nel trasporre le voci nel sistema di grafia prescelto, si tenuto conto sia della parlata attuale che delle raccolte lessicali dei centri limitrofi. Di qualche utilit sono risultate, poi, alcune registrazioni dei versi del Paparozzi recitati a memoria o letti ad alta voce da informatori bagnoresi e civitonici , effettuate nel corso dellinchiesta. 7) Interessante pure, da parte del Paparozzi, limpiego del sostantivo pilo, glossato correttamente dal Gaddi come sepolcro, tomba, e presente in alcuni vocabolari di lingua, sia pure come voce antica. 96

la, tippe e ttppila, ecc.). Per certi termini sono presenti pi varianti fonetiche o formali. Il Gaddi le ha registrate, in genere, come entrate separate (ad es. arurtic e rurtic)8, ma anche come un unico lemma, separate da virgola (fra, fri). Assai incorente pure il trattamento delle espressioni dialettali, a volte presentate allinterno dellimpianto fraseologico (ad es. f bbcia, s.v. bbcia), ma in numerosi casi poste per intero a lemma (f ccapptto, f la ggistra, gabbacci r pane, ecc.). Si pensato di intervenire sulle incongruenze del lemmario riorganizzandolo nel seguente modo: a fianco del termine principale, in carattere tondo e in grassetto, appaiono le relative varianti, in corsivo; queste sono altres presenti in ordine alfabetico, nella stessa veste grafica del lemma principale, a cui rimandano tramite apposito simbolo (). Lo stesso procedimento stato utilizzato per le voci verbali, che rimandano ai rispettivi infiniti, sotto i quali vengono tradotte in lingua9. Qualora, come gi rilevato, il Gaddi abbia posto a lemma una costruzione, la relativa entrata stata soppressa e sostituita dal termine di maggiore interesse, e quindi reinserita come esempio fraseologico (ad es. la locuzione f ccapptto appare, ora, s.v. capptto). Si includono, tra parentesi quadre ([]), alcune integrazioni alle dichiarazioni dello studioso, talvolta costituite da circonlocuzioni (cane, frull, ecc.), in altri casi sommarie (cummatta, mazzafrusto, ecc.) o parziali (ma, gna, ecc.), in qualche caso errate (spiccicato)10. Non mancano, sotto alcune voci, tentativi di etimologia, ovvero di ricerca delle origini di un termine. bene avvertire il lettore non specialista
8) In presenza di varianti fonetiche o formali, il Gaddi ha in qualche occasione dichiarato nuovamente il significato, rimandando comunque al lemma principale, tramite labbreviazione v.; in altri casi presente soltanto detto rinvio. 9) Questo intervento non per stato effettuato sulle forme del participio passato poste a lemma, quali, ad es., abbijjo, adrno, ariscurpito. 10) Si sottolinea come, in qualche caso, il Gaddi, nel tradurre le forme dialettali, oppure nel tentativo di spiegarne le origini, ricorra a lessemi che, pur risultando, in massima parte, presenti nei vocabolari di lingua, sono da questi contrassegnati come termini del toscano (mera s.v. mara, sgrgliolo s.v. grignolllo), delle parlate dellItalia centrale (frappa s.v. sfrappilassi, zinzino s.v. zzizzichllo), oppure duso letterario o dialettale (piche s.v. pic). Tuttavia, in nessuno di questi casi lo studioso fa riferimento allimpiego circoscritto di tali voci, che sembra trattare come comuni termini della lingua nazionale. 97

della non affidabilit di tali annotazioni, poich basate su metodologie non rigorose, con risultati, nella stragrande maggioranza dei casi, immediatamente contestabili (cifca, lanca, ma, ecc.)11. Oltre alla presenza di alcuni appunti grammaticali (s.v. ari-, ll, -ne, ecc.), si registrano sporadiche citazioni letterarie (s.v. bbatisto, gabb, ecc.) e, talvolta, raffronti pi o meno pertinenti con altri dialetti, soprattutto con quelli della Toscana (s.v. inorc, mitule, -ne) e con il romanesco (s.v. cifca, frillippa, vassallne), ma anche con lantico siciliano (s.v. -ne), il napoletano (s.v. sughijjo) e il romagnolo (s.v. sarnac)12. Purtroppo mancano riferimenti ai vernacoli dei centri limitrofi, n vengono segnalate eventuali differenze tra il lessico civitonico e quello del capoluogo comunale. Il Gaddi, sotto determinati lemmi, segnala per altre voci della parlata locale (s.v. arrossic, cifca, ecc.), anche queste ora disponibili come entrate autonome e dichiarate entro parentesi quadre. Alle voci gaddiane sono state aggiunte, inoltre, altre forme utilizzate dal poeta, contrassegnate con asterisco (*) e trattate come varianti formali13. Sul glossario stata effettuata, infine, unulteriore serie di interventi. Il lemmario stato riordinato secondo il corretto ordine alfabetico, e gli esempi fraseologici, cos come le voci verbali, sono stati separati da barra verticale (|), mentre la doppia barra verticale (||) stata utilizzata per separare alcune sezioni aggiunte al lemma. La prima sezione addizionale eventualmente presente include riscontri con i materiali personalmente raccolti nel Bagnorese14, corredati da apposite sigle: B = Bagnoregio; CB = Civita di Bagnoregio; rust. = rustico (voce in uso nel contado)15.

11) Si tuttavia deciso di non intervenire sulle parti dedicate alletimo, anche perch loperazione avrebbe richiesto, in pi di un caso, trattazioni ben pi estese e approfondite di quelle concesse dalla struttura del glossario. 12) Soltanto in qualche caso lo studioso ha citato la fonte bibliografica. 13) Queste varianti sono state estrapolate dallintera opera del Paparozzi; alcune di loro sono pertanto assenti nei componimenti riprodotti in questo volume. 14) Fanno eccezione alcuni riscontri s.v. bbrscia, ggiine e mara, per i quali sono state puntualmente citate le fonti. 15) Alcuni dei termini elencati sono antiquati, se non del tutto in disuso; in vista di ulteriori approfondimenti, ma anche per non appesantire la lettura, si per stabilito, 98

Si avverte, tuttavia, che tali raffronti non sono sistematici, poich effettuati con i materiali che si avevano a portata di mano. Pu seguire, poi, unulteriore sezione, nella quale si elencano, senza pretese di completezza, i riscontri con una selezione di lessici del Viterbese e dellOrvietano, sia per mettere in evidenza la diffusione, pi o meno ampia, di alcune voci, che per guidare il lettore a una migliore interpretazione del termine posto a lemma, in qualche caso scarsamente comprensibile poich in via di disuso o addirittura arcaico16. In questo spazio sono state utilizzate le seguenti abbreviazioni bibliografiche: BL = Blera (Petroselli 2010); BO = Bolsena (C&T 2005); CC = Civita Castellana (Cimarra 2011); CNP = Canepina (C&P 2008); CT = Castiglione in Teverina (Corradini 2004); F = Fabrica di Roma (Monfeli 1993); FAS = Fastello (Frezza 2012); ORV = territorio orvietano (M&U 1992)17; VT = Viterbo (Petroselli 2009).

I rimandi interni del Gaddi sono stati soppressi e sostituiti da unulteriore sezione, pi coerente, nella quale si rinvia, con dicitura vd. anche, a voci riconducibili allo stesso etimo. Le sigle e le abbreviazioni utilizzate dallo studioso sono state rispettate, evitando sia di scioglierle che di dichiararne il significato, quasi sempre immediatamente comprensibile.

nella maggior parte dei casi, di non fornire notizie sulla frequenza o la vitalit delle voci stesse. 16) Nellelencare le varianti di altre parlate si evitato, anche per ragioni di spazio, di citare tutte le forme presenti nei lessici di riferimento; appaiono, in ogni caso, il lemma principale e le varianti pi direttamente riconducibili alla forma bagnorese. Per esigenze tipografiche si dovuto, in qualche caso (C&T 2005, Monfeli 1993), adattare la grafia utilizzata dagli autori al sistema di trascrizione fonetica semplificata. 17) Si ricorda come questo lessico includa, tra le localit indagate, due centri della nostra provincia, ovvero Acquapendente e Montefiascone. 99

La prima pagina del Glossario di Alessandro Gaddi (1932)

GLOSSARIO (1932) Alessandro Gaddi abbad, v. intr., badare, guardare, stare attento || abbad, bbad (B) || abbad, bbad (BO 29, 37, ORV 1, 58, VT 99, 169, BL 4, 106). abbijjo, v. tr., abbigliato. abbusc, v. tr., buscare, guadagnare || abbusc (B) || abbusc, bbusc (BO 30, 41, ORV 4, 89, VT 103, 194, BL 9, 148), bbusc (CC 78, F 78). acco, v. tr., accovare [italianismo] nel sign. att. di abbassare, fare accovacciare, quindi superare [fig.] || cfr. accoasse, accovasse accovacciarsi (ORV 7, 9), accovasse (VT 107, BL 16). adai: a. ad: ssa. adne: ssa. adra: ssa. adrno, v. tr., adornato. a, a, v. tr., lo stesso che avere: adai, tu hai | te, voi avete | ajja, egli abbia | ssino, essi avessero || av (B, CB) || a (BO 31), a, av (ORV 13, 55), av (VT 165, BL 102, F 56). a: a. ajja1: a. ajja2: ann. allicci, v. intr., tirar via, far presto

nellandare o tornare da un luogo [camminare svelto, andare di fretta]. Dal gergo delle tessitrici, che allicciano, vale a dire dispongono i licci, i quali servono per alzare e abbassare le fila dellordito, per far subito la tela || allicci aizzare, istigare (B) || allicci camminare svelto, andare di fretta (ORV 20). ann, v. intr., [andare]: vajja, ajja, a. [io vada]. b. egli vada || ann, nn (B, CB) || ann (BO 33), ann, nn (ORV 26, 325, VT 125, 407, BL 48, 495, CC 16, 397). anneric, v. tr., [annerire, scurire] || anneric (B) || anneric (CT 70). appiatt, v. tr., nascondere loggetto adeguandolo al suolo, oppure al piano || appiatt appiattire (B) || appiatt nascondere (BO 33), appiattire (BL 62); cfr. appiattasse nascondersi, mettersi in agguato (VT 130) || vd. anche appiattne. appiattne, avv., nascostamente, propr. di chi si accovaccia per non farsi vedere || appiattne fermo, fisso, immoto (B) || vd. anche appiatt. appiccime, s.m., esca da fuoco [legna minuta che serve per avviare
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il fuoco] || appiccime (ORV 32, VT 130, BL 63), appicciume (F 44). ari-, pref., [in verbi e loro derivati esprime ripetizione o intensit; ri-]. arimmejjassi, v. intr. pron., cercare i proprii comodi, e quindi perdere tempo, indugiare [esitare, temporeggiare]. Da immegliare reso riflessivo con pi literativo ari- ri-. arincantonassi, v. intr. pron., rincantucciarsi, nel senso di ridiventar povero e quindi riavvicinarsi a chi prima si disdegnava [fig. impoverirsi] || cfr. accantonassi (B) || cfr. incantonasse (ORV 243, BL 377). ariscurpito, v. tr., riscolpito, ben riprodotto nella fotografia [impresso, inciso] || cfr. scorp scolpire (B) || cfr. scurp (ORV 455, VT 539, CC 585). arurtic, rurtic, v. tr., rivoltolare [rovesciare, rivoltare] || arivurtic, rivurtic (B) || rivurtic (BO 96, BL 631), arivurtic, rivurtic (ORV 46, 413), rivordic (CC 537); cfr. rivulticasse (VT 502) || vd. anche vurtic. arrossic, v. intr., arrossare [arrossire, diventare rosso]. Cos pure, nel dlt., anneric per annerire. assajj, ssajj*, v. tr., assaggiare || assajj, ssajj (B) || assaggi, assajj (ORV 52, VT 161, BL 94),
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assajj (F 55). assutterr, v. tr., sotterrare [anche seppellire, tumulare] || cfr. arisotterr, risotterr (B) || assotterr (BO 36, BL 95), assotterr, assutterr (ORV 53, VT 162), ssotterr (CC 633). bbaa, s.f., bava, [fig.] veleno || bbaa (CB) || bbaa, bbava (BO 36, 38), bbaa (ORV 57). bbaciarlli, s.m. pl., i bachi da seta, diminutivo quasi vezzeggiativo, forse per lutilit dei medesimi || cfr. bbaciarllo (CB), anche come sopr. || cfr. bbaciarllo (CT 81, ORV 58). bbannarlo, s.m., bandista, membro del concerto musicale || bbannarlo (CB). bbatisto, bbattisto*, s.m., battitura, schr. [scarica di percosse] Certo, tuttaltro il significato dantesco della parola: E nellantico vostro Batisteo insieme fui cristiano e Cacciaguida. (Par. xv) || bbatistrio (B), bbatistro (CB) || bbattistro (ORV 66, F 62), bbattistrio (VT 175), bbattistro, bbattistrio (BL 117), bbattistiro funzione religiosa in rievocazione della flagellazione di Cristo (CC 42). bbatcco, s.m., batocchio, battaglio della campana || bbatcco (CB) || bbadcchjo (BO 37, F 57),

bbatcchjo, bbatcco (ORV 65), bbadcchjo, bbatcchjo (VT 169, 174, CC 32, 41), bbatacchjo, bbatcchjo (BL 115). bbattisto: bbatisto. bba, v. tr. e s.m., lo stesso che bere, bevere, e anche ci che si beve: il vino || bba (B, CB) || bba (BO 38, CNP 122), bb, bbva, bbve (ORV 66, 70), bba, bbva, bbve (VT 175, 178, BL 119, 123, 124), bbva, bbve (F 65), bbve (CC 50). bbiastima, s.f., bestemmia || bbiastima (B, CB); cfr. bbiastim bestemmiare (B, CB) || bbastmmia (BO 38), bbestgna, bbiastima (ORV 70, 71), bbiastima (VT 180, CNP 123, F 66, CC 52); cfr. bbastemmi (BO 38), bbestegn, bbiastim, bbestegnatre, bbiastimatre bestemmiatore (ORV 70, 71), bbiastem, bbiastimamnto il bestemmiare (VT 180), bbestemmi, bbiastim (BL 122, 125), bbiastim, bbiastim bestemmiatore (F 66), bbiastim, bbiastimato maledetto, imprecato, bbiastimatre (CC 52). bbit bbitne, loc. avv., voce onomatopeica del linguaggio infantile: due passetti [a breve distanza] || bbit bbit s e no, malapena (B) || bbidibbid frettolosamente, speditamente, in modo immediato

(BO 39), bbid bbid (in un testo legato ad un gioco inf.), bbit bbit o s o no (ORV 72, 75). bbce, s.f., voce || cfr. Bboclla sopr. (B, CB) || bbce (ORV 77, F 69). bbne (a le), [nella seg. espr.]: st a le bbne, mantenersi calmo, contentandosi di ascoltare e dire, in circostanze di gravi controversie, solo buone parole. bbrao, agg., bravo [anche antifr.], col significato generico di valore estensivo anche alle cose: bbrao pzzo, gran tratto | bbrai scarpni, grosse e forti scarpe da lavori || bbrao (CB) || bbrao (ORV 82), bbrao, bbravo (CC 69). bbrscia, s.f., borsa || cfr. brsce segmenti di corteccia (Vite I:129), bbrsce mammelle flosce testicoli flosci, bbroscine uomo anziano dalla pelle flaccida (CB) || bbrscia vescica natatoria dei pesci (BO 41), vescica (ORV 84), brscia borsa, gonfiore (CT 89) || vd. anche sbrosciassi. bbcia, s.f., buca: f bbcia, buttare i passi, andando in un luogo e non trovandovi la persona o la cosa desiderata || bbcia (B) || bbuca, bbcia (CC 73, 74) || vd. anche bbcio. bbcio, s.m., buco || bbcio (B) || bbcio (BO 41, ORV 87, BL 146,
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F 77), bbcio, bbuco (CC 74); cfr. bbcio ano (VT 184) || vd. anche bbcia. bbutt, v. tr., [buttare, gettare] || bbutt (B, CB) || bbutt (BO 41, ORV 90, FAS 33, VT 195, BL 149, F 79, CC 79). bbuttica, s.f., bottega [negozio; anche laboratorio artigianale] || bbottga (ORV 80, VT 187, BL 136, CC 66). ca, v. intr., cavare, riuscire || cav (B) || cav (BO 47, VT 217, BL 190), ca, cav (ORV 91, 113). cacci, v. intr., lo stesso che ca [anche scacciare] || cacci togliere scacciare (B) || cacci (BO 42, ORV 92, VT 198, F 157, CC 85). calata, s.f., festone di drappi, o di mortella e fiori. cao, s.m., scavo, escavazione || vd. anche cane. cane, s.m., cavone [italianismo], dirupo scavato dalle acque [calanco] || cane (B, CB) || cavone (CT 102), cavne burrone (ORV 113), grande quantit (VT 218), scavo a cielo aperto di grandi dimensioni canalone, profonda incavatura del terreno sentiero creatosi col tempo nel terreno strada antica, tagliata nella roccia (BL 193), cav, cavne canalone, pro104

fonda incavatura del terreno (CC 119) || vd. anche cao. capptto: f ccapptto, [fig.] finir tutto || capptto fig. massimo del punteggio (nei giochi a carte e simili) (B). cc, cch*, cchine*, avv., qua [qui]: mecc, qua | ccajj*, meccajj, quaggi | meccass, quass | micch, micchine, qui || cc, ccajj, meccajj (CB), meqqu, miqqu (B, CB), meqquass (B) || mecc, meqqu, meqqu, qqua, qqui (BO 74, 92, 93), c, chi, mecc, mecch (CT 92, 105, 164), ca, mecc, mecch, meqqu, meqqu, qua (ORV 91, 295, 298, 389), ca, mecc, mecch, meqqu, meqqu, qua (VT 197, 378, 380, 482), ca, qua, mecc, mecch (BL 152, 198, 450, 598), cc, cchi (F 177, 178), c (CC 82). ccajj: cc. cch: cc. cchine: cc. cec, cecne, s.m., [capolino]: f ccec, far capolino. Cec, contrazione di c? non c? || cec (B). cecne: cec. ccio, s.m., [cece]: mitta r ccio, mettere il cece. Vuol dire propr. esprimere il voto mettendo il cece o il fagiuolo nellurna. Per estensione, dire la sua || ccio (B, CB) || ccio (BO 48, ORV 115, VT 221, BL 195, F 85, CC 126).

cellettne, s.m., [accr.] uccellone, come laquila, ecc. || cfr. celltto uccellino, ucllo (B, CB) || cfr. celltta vulva, celltto pne, ucllo (BO 48, 114, ORV 116, 534), ucelltto pne, ucllo (VT 615), celltto uccellino, ucllo (BL 196, 806), celltta, celltto, ucllo (F 86, 507), cellettlla, cellettllo uccellino, nidiace, celltto, cllo (CC 127, 128). che, quarche*, agg. indef., qualche || che, quarche (B, CB) || che (CT 105, F 175), che, quarche (ORV 121, 390, CC 499), quarche (VT 483, BL 600). chjacchjerccio, s.m., chiacchiericcio. ciarvllo, s.m., [cervello]: strccio di ciarvllo, [antifr.] lo stesso che dire un grande cervello; il poco che significa il molto. qui luso popolare della figura retorica che gli alessandrini chiamarono oximoron || ciarvllo (B, CB) || ciarvllo (BO 49, ORV 126), ciaravllo, ciarvllo (VT 228, BL 209). cica, pron. indef. e avv., niente || cica qualcosa in nessun luogo (ORV 127), niente (CNP 129), ciga niente (F 91). cicinino: cicino. cicino, cicinino*, agg., molto piccolo, nel senso mater. Da piccino, abbreviato per aferesi in cino [voce

ipotizzata?] || cicino (CB) || cicino (BO 49, CT 109), cicino, cino (ORV 128, 130). ciciuco, agg., molto piccolo nel senso mor. della irresponsabilit. Da ciuco, raddoppiato e contratto || ciciuco lagnoso (B), piccolo (CB) || vd. anche ciuco. cifca, s.f., vinello, anche guasto. In romanesco ciufeca, che forse ci guida alla sua etimologia: da ciufol zufolare; dato che nel dlt. si usa anche fischj nel senso di bere. Per lassonanza cfr. ribeca || ciofca, ciufca (B) || cifca (BO 49), cifca, ciofca (ORV 128, 132, BL 212, 214), ciufca (CT 111, VT 233, F 95), cifca, ciufca (CC 138, 142). ctolo, s.m., bambino || ctolo (B); cfr. ctala bambina (B) || ctolo (BO 50, CT 111, ORV 133); cfr. ctala (BO 50, ORV 133). ciuco, avv., piccolo || ciuco (B) || ciuco (BO 50, ORV 134, VT 233, BL 217, F 95, CC 141) || vd. anche ciciuco. ciufol, v. intr., [zufolare] || ciufol (B); cfr. cifolo (B) || ciufol (ORV 134), ciuffol (VT 233), ciuffol, ciufol (BL 218), cifol chiacchierare continuamente, da annoiare (F 91); cfr. ciffolo (BO 50, VT 233), ciffolo, cifolo (ORV 134, BL 218), cfolo (F 91), cifolo
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(CC 142). ca, s.f., coda [anche strascico del mantello] || ca (CB) || ca (ORV 135, VT 233, BL 219). ccco, s.m., il preferito [prediletto] || ccco (B) || ccco (BO 50, ORV 136, VT 234, BL 220, CC 144). clo, s.m., goccia || clo colatoio per la preparazione dei formaggi (BO 51). co, s.m., covo. ctto, agg., [fig.] ubriaco || ctto (B) || ctto (ORV 147, VT 248, BL 246, CC 166) || vd. anche stractto. cruculuzza, s.f., piccolo cappello, risultante quasi del solo cocuzzolo. cu, cun, cur* (prima di voc.), avv., con || cu, cun, co (B, CB) || co (BO 50, CC 143), co, cu (ORV 135, 152, BL 219, 255), co, cu, cun (VT 233, 253, 256), cun (F 201). cugn, v. tr., coniare. {cummatta}, v. intr., combattere nel senso di impiegar tempo [faticare, impegnarsi; anche trattare, avere a che fare] || commatta, commatte (B) || commatta (BO 51, F 184), commatte (ORV 139, FAS 36, VT 238, CC 151), commatta, commatte (BL 226, 227). cun: cu. cur: cu.

dia || d (B, CB) || d (BO 55, ORV 158, VT 261, BL 263, CC 180). dajja: d. dane: d. dta, s.f. pl., [dita]: scottassi le dta, [fig.] pagarla cara senza troppo aspettare [subire unamara delusione, subire le conseguenze delle proprie azioni] || dta (CB), dte (rust.); cfr. dto (B, CB) || cfr. dto (BO 55, ORV 163, VT 265, BL 271, F 100, CC 188). dinolle, dinlle*, avv., negazione circoscritta al complem. di luogo: in nessun luogo [anche mica, per nulla, affatto]. Da di novello, che tuttora significa di nuovo, novellamente; ma che pure fu usato (Fr. Giord.) col significato di: da principio, da prima, innanzi a tutti. Donde prese le mosse il nostro dialetto, che con la stessa frase, facendo dellironia, arriv poi a dire tutto lopposto. Es.: D. Sei stato nel tal luogo? R. Di novello. La risposta, ironica, invece che avanti a tutti, volle gi dire per niente affatto. Questo, credo, il significato del nostro dinolle: Lucs a non lucendo || dinolle (B, CB) || minulle, dinulle (BO 76, 122), dinulle (CT 122), dinulle, dolle anche nessuna cosa, niente (ORV * * d , dane , v. tr., [dare]: dajja, egli 168, 172), donequlle (CNP 133).

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dinlle: dinolle. dmo, s.m., duomo, la chiesa principale || dmo (B, CB) || dmo (ORV 173, VT 272, BL 281, F 104, CC 196). dnca, cong., dunque || dnca, dnque (CB) || dnque (BO 57), dnca, dnqua (ORV 173, BL 281, 282), dnqua (VT 272), addunca (CNP 118), dnca, dunche (F 104, 105), dngue (CC 200). dormmara: dov. <dov>, v. intr., [dovere]: dormmara, noi dovremmo || dov (B, CB) || dov (ORV 173, VT 274, BL 284, CC 198). emb, inter., ebbene || amb, emb (B) || amb, emb, mb (BO 32, 57, 74), amb, emb (ORV 22, 178, BL 34, 287), emb (VT 276), amb, bb, emb (CC 12, 43, 203). ne, s.f. pl., vene || ne (CB). nna1, v. tr., lo stesso che vendere: nna, egli venda || vnna (B) || vnna (BO 116, F 514), vnna, vnne (ORV 544, VT 623, BL 818), vnne (CC 698). nna2: nna1. ssa, sse*, v. intr., [essere]: ad, adne, egli | adra, egli era | fmmara, noi fummo || ssa (B, CB) || ssa, sse (BO 58, ORV 180, VT 278, BL 292), ssa (F 107), sse (CC 205).

sse: ssa. ssino: a. te: a. f, fane*, v. tr., [fare] || f (B, CB) || f (ORV 183, VT 280, BL 294, CNP 134, F 108, CC 207). faa, s.f., fava. La fava nellurna della votazione significava voto contrario || faa (BO 58), faa, fao (ORV 184, 186), fava (VT 284, BL 303, F 113, CC 217); cfr. fao favo (CC 217). fane: f. flo, s.m., [fiele]: amaro flo, amaro fiele: [fig.] cattiveria || fle (B) || fle (ORV 189, VT 285, BL 305, CC 218). fischj, v. intr., [fischiare; fig. ubriacarsi] || fischj, fisti (B) || fischj, fisti (ORV 195, 196, VT 292, BL 317, CC 232, 233). fra, fri, s.m., il campo coltivato, che fuori del paese [campagna; anche avv. fuori] || fra (B) || fra, fre (BO 61, ORV 198, 199), fra, fre, fri (VT 294, 295, BL 321, 324), f (CNP 134), fra (F 125), fra, fri (CC 236, 239). fri: fra. fraggllo, s.m., flagello, rovina || fraggllo (ORV 201, VT 297, BL 327), flaggllo (CC 233). frsche, s.f. pl., eufemismo per cose che non vanno [cose, affari,
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fatti] || frsche (B) || cfr. frsca (BO 62, ORV 204, VT 300, BL 331, F 130, CC 248). frggia, v. tr., [friggere]: usato intrans. nel senso di penare. Cfr. Son fritto! || frggia (B) || frigge (ORV 204, VT 300, BL 332, CC 249). frillippa, s.f., fuscellino, forse da frasca + lippa, che il bastoncello onde ha nome il noto giuoco fanciullesco, detto invece in romanesco nizza || cfr. filippa gioco della lippa (B) || cfr. frellppaca spavento (BO 122), frellppica pellicola sottile che avvolge la castagna, la noce, la mandorla, luovo [] la cipolla (CT 133), velo di cipolla pellicola della castagna sotto la buccia pellicina del gheriglio stoffa leggerissima (ORV 204). frull, v. tr., gettar via con forza un oggetto, farlo frullare [scaraventare, gettare lontano] || frull (B) || frull (BO 62, ORV 205, VT 301, BL 334, CC 250), froll, frull (F 132). fmmara: ssa. gabb, v. tr., [gabbare, imbrogliare]: gabbacci r pane, gabbarci il pane [fig. mangiare insieme con il pane, come companatico]; veramente il gabbato chi lo mangia, allettato dal companatico. Cfr. il
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Tassiano: Succhi amari ingannato intanto ei beve || gabb (B) || gabb (ORV 209, BL 339, F 140). gabbacci: gabb. galla, s.f., giovanotto spericolato ed allegro [giovane arrogante, bellimbusto; cfr. it. galla]. Cfr. galloria || galla (B) || galla cosa o persona di poco valore (ORV 209), bambina birichina donna pigra, scansafatiche donna incapace (VT 306); cfr. gallne bellimbusto (ORV 210), gallara baldoria (VT 306). ggiine, s.f., [giovane donna] || cfr. ggivine (Vite I:90) || cfr. ggiene (BO 64), ggiine, ggivene (ORV 216, 217), ggivene, ggivine (VT 313, BL 349, 350), ggivine (CC 263). ggistra, s.f., [tormento, fastidio, baja]: f la ggistra a qualcuno, dargli la baja || ggistra capriccio (B) || ggistra (VT 312, CC 262). ggirne, avv., [in giro]: ann ggirne, bighellonare || ggirne girandolone (B) || ggirne che sta molto fuori casa in giro (VT 314), in cerca girandolone (BL 351), persona che va in giro (F 136), ggir girandolone, bighellone (CC 265). ggi: jj. gna, v. intr. impers., bisogna [occorre; anche credo che, si vede

che] || gna (B, CB) || na (BO 78, CNP 147), gna (CT 140), gna, na (ORV 221, 316, VT 315, 398), abbisogn, gna (BL 6, 352), gna ch (F 292). gnaolne, avv., a guisa dei gatti (del camminare) [gattoni, carponi] || gnaolne (B) || gnaolne (a) (BO 64, ORV 221), gnavolne (VT 315, BL 353). gnnte, pron. indef., niente || gnnte (BO 64, ORV 222, VT 316, BL 353, F 292), gnnde (CC 267). gnismpre: ognismpre. glo, s.m., volo || glo (ORV 224, BL 356); cfr. gol volare (VT 318), gol, vol (BL 356, 828). grani, s.m. pl., [granaglie] || grane (ORV 227, VT 320, BL 358). grattassi, v. rifl., [grattarsi] detto del creditore deluso, che non pu prendersela con altri che con se stesso, grattandosi || grattassi (B) || cfr. gratt (ORV 228, VT 321, BL 360, CC 274). grignolllo, s.m., un pezzettino [piccola quantit; anche breve lasso di tempo]. Con figura da sineddoche da sgrgliolo [toscano], il rumore caratteristico che fa la terra, o sabbia, sgretolandosi in pi minuti frammenti sotto i piedi || cfr. grgnolo piccola quantit (B, CB), dim. grignolllo (CB), grignoltto (B) || cfr. grjjolo (BO 122,

BL 363, F 146), grgnolo, grjjolo (ORV 229, 230), crolo, grjjolo (CC 170, 276); cfr. sgrijjolasse sbriciolarsi (BL 713). grnna, s.f., [grondaia] || grnna (B, CB) || grnna, gronnalccia (ORV 230), grnna, gronnarccia (VT 322), grnna (BL 363, F 147), grnna, gronnara (CC 276). gruninlla, s.f., rondinella, da gronna gronda, di cui labitatrice || grunninlla, rondinlla (ORV 231, 415); cfr. grndina rondine (VT 322). guame, s.m., il fieno di secondo taglio, poco apprezzato, e curato meno [cfr. it. guime] || a gguame*, loc. avv., [in stato di abbandono] || cfr. guame (a) fuor di stagione (ORV 232). guisc, guiscine*, visc, v. intr., lo stesso che uscire: visc, egli usc || osc (Melillo 516) || esc, usc (ORV 180, 538, VT 278, 617, BL 291, 809), usc (CC 689). guiscine: guisc. guitto, s.m., vagabondo propenso al mal fare [cfr. it. guitto] || guitto vagabondo, fannullone birbante, discolo uomo vivace e dispettoso (B) || guitto monello, discolo, ragazzino (BO 66), ragazzo vivace o dispettoso (CT 144), persona rozza poveraccio bracciante agricolo (BL 369),
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miserabile farabutto (CNP 140), persona rozza miserabile (CC 280), povero, nullatenente (ORV 234), persona disonesta ragazzo trasandato saltimbanco poveraccio (VT 325); cfr. guitta (a la) al verde (ORV 234), guittara delinquenza (VT 325), guitta gruppo di salariati agricoli che lavoravano in Maremma puttana (BL 369). gumit, v. intr., vomitare || gomit (B) || gomit (ORV 225, BL 356), gomit, gumit, vommit (VT 318, 326, 631), vommit (CC 708).

i1, di*, de*, prep., [di] || di, i, de, e (B, CB) || de, e (ORV 160, 177, BL 267, 286, CC 185, 202), de, di (VT 263, 266), de (F 98). i2: li. impasto, mpasto*, v. tr., lo stesso che impastato || cfr. impast (ORV 240, VT 330), mbast (CC 342). incaciata, agg., detto di sposa con dote, schr. [fig. che costituisce unottima occasione di matrimonio] || incaciata leggero strato di neve (B); cfr. incaci nevicare leggermente (B) || incaciata leggero strato di neve (ORV 242), ancaciata atto di cospargere una sostanza di formaggio grattuggiato strato di formaggio grattug- jjccio, agg., freddo, ma perch giato leggero strato di neve (VT detto di cadavere, passato a signi110

122), ancaciata, incaciata atto di cospargere una pietanza di formaggio grattugiato strato di formaggio grattugiato strato sottile di brina o di neve (BL 43, 376), ngaciata (CC 389); cfr. incaci (ORV 242, VT 332, BL 376), ngaci (CC 389). indri, agg., lo stesso che indorati [dorati]. inorc, v. tr., prender su un oggetto e metterselo sulle spalle [mettere un peso in spalla]; a Siena, invece, sulle ginocchia || annorc, innorc (B, CB) || annorc (BO 121), orc (VT 420); cfr. rca spalla (BO 123), grappolo duva peduncolato sullasse centrale apice della spalla (ORV 340). inzipp, v. tr., spingere [premere], da inzeppare || nzipp (CB) || inzepp, inzipp (ORV 260), azzepp (VT 167), anzepp (BL 60), nzepp (CC 407) || vd. anche inzippato. inzippato, nzippato*, agg., che spinge [che preme] || vd. anche inzipp. ir*, r, l*, art. det. m., [il] || r, r, r, l (B, CB) || l, r (BO 67, 93, VT 345, 486), er, l, r (ORV 179, 264, 393, BL 290, 396, 604), o il (F 295), er, o, r (CC 203, 409, 503).

ficare anche morto: {mno jjccio}, mezzo morto || ghjccio, jjccio (B) || jjccio (BO 66, BL 394, F 155, CC 287), diccio, jjccio (ORV 164, 262, VT 266, 344). jj, ggi*, avv., gi. Unito con i verbi, conferisce loro un significato iterativo: nna jj qqur cli bba, venda gi quel poco di vino, senza mai smettere, fino alla fine || ggi, jj (B, CB) || ggi (BO 64, VT 314), ggi, jj (ORV 219, 263, BL 351, 395, CC 265, 290), jj (CNP 141, F 156). jjoc: jjuc. jjuc, jjoc*, v. intr., giocare || jjuc (B) || ggioc (VT 311, BL 347), ggioc, ggiog (ORV 216, CC 260). lanca, s.f., fame, dal battersi, per la medesima, lanca || lanca debolezza (B) || lanca stanchezza, sonnolenza (ORV 265). lass, v. tr., lasciare || lasci, lass (B, CB) || lass (BO 68, F 206), lasci, lass (ORV 266, VT 348, BL 400), lasci (CC 295). le, lle*, avv., quanto, come, valutativo esclamativo, derivato da: l (lo , la ) afferm. || le (B, CB) || le (VT 350, BL 403, F 206). li, i2*, art. det. m. pl., [i, gli] || i, li m. (B, CB), le m. e f. (rust.; raro a B, CB) || cfr. le m. e f. (BO 68, CT

155, ORV 268), le, li m. e f. (VT 350, 354, BL 403, 409), i m. (F 152), li m. (CC 304). lbboro: libbro. libbro, lbboro*, agg., libero || lbbero (B) || lbbero (ORV 271), lbbero, lbboro, lbbro (VT 354), lbbero, lbboro (BL 409, F 211, CC 304), libbro (CNP 142). ll, llane*, ll*, avv., [l, l] unito con i verbi, ne amplifica il significato: bbutt ll | si sguazzaa ll | mell, l | mellajj, mella*, laggi | mellass, lass | mill, milline*, l || mell (B, CB), melaggi (B), mellajj, mellassune (CB), mill (B, CB), milline (CB) || ll, mell, mell (BO 67, 74), mell, mell (CT 165), l, l, mell, mell, mill (ORV 264, 271, 296, 304), l, l, mell, mell (VT 345, 354), mell, mell, mill (BL 452, 453, 464). llane: ll. lle: le. ll: ll. ma, prep., a [anche in]: ma mm, ma mm*, a me. Questm eufonica premessa alla, che designa il complemento di termine, deriva, forse, dalla pronunzia strettamente unitaria della 2a pers. sing. imperat. dei verbi, usitatissimi, dare, dire e fare, col doppio complemento di termine, pure usitatissimo dal po111

polo, del pronome di ia pers. Es.: dammi a me, dimmi a me, fammi a me. Donde, nulla cambiandosi nel suono: da ma me, d ma me, fa ma me || ma a in (B, CB) || ma a in (BO 70, CT 159, ORV 279, VT 361), a (BL 421). mara, s.f., mera [toscano], luogo ombroso nel gran caldo || mara ombra, mara meriggio (Alinei 63); cfr. ammareasse riposare in un luogo ombreggiato (Alinei 63, s.v. ammare), marijj meriggiare (Alinei 64) || mera (ORV 299), marjjo (VT 372), merjja, merjjo (BL 455); cfr. mere (BO 123, ORV 299), ammare (FAS 30), ammerejj, merejj (BL 40, 455), mar, marijj (F 228), merijja (a) allombra (CC 353). mazzafrusto, s.m., la frusta dei carrettieri e dei vetturini [pungolo costituito da un bastone di un metro circa, su una cui estremit veniva applicata una corda per frustare i cavalli] || mazzafrusto (B, CB) || mazzafrusta (CT 164), mazzafrusta, mazzafrusto (ORV 293), mazzafrusto (BO 73, FAS 43, VT 376, CC 339). m, mne*, m*, mine*, pron pers. ton., [me] || m (B, CB), m (CB), mine (rust.) || m, mne, m (ORV 295, 302), m, m, mine (VT 377, 384, 386), m, m (BL 450, 463),
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m (F 242), m (C 348). mne: m. mecc: cc. meccajj: cc. meccass: cc. mjjo, avv., meglio [anche agg. migliore]: li mjjo grani, i migliori grani || mjjo (B, CB) || mjjo (ORV 296, VT 378, BL 451, F 237, CC 350). mell: ll. mellajj: ll. mella: ll. mellass: ll. {mno}, agg., mezzo || mno (ORV 297). mestass: st. mtta: mitta. micch: cc. micchine: cc. mccia, s.f., asina, ritenuta pi stupida del maschio || mccia (CB) || mccia (ORV 302, VT 385, BL 463, F 243, CC 358). mill: ll. milline: ll. mist: st. mitta, mtta*, v. tr., [mettere] || mtta (B, CB) || mtta, mtte (BO 75, ORV 301, FAS 43, 44, VT 382, BL 458), mtta (CNP 145, F 241), mtte (CC 355). mitule, mitulo*, s.m., stollo o antenna del pagliaio. Nellaretino: mitrite || mitule (CB) || metule (BO

75), mitule (CT 168), mitule, mitulo (ORV 305), metullo (VT 383). mitulo: mitule. mzzico, s.m., [morso] || mzzico (BO 78, CC 373, F 252), mrzico, mzzico (ORV 311, 312), mzzeco, mzzico (VT 393, 394, BL 478) || vd. anche muzzichllo. mpasto: impasto. mucc, v. intr., fuggire, da mucciare [it. desueto] trafugarsi, involarsi || mucc (CB, rust.) || mucc (ORV 313), mucci (VT 395). munllo, s.m., fanciullo vivace e svelto, sempre in senso buono || monllo bambino (B); cfr. munlla bambina (CB) || munllo (ORV 314, VT 396, BL 482, CNP 147, CC 375). muzzichllo, s.m., morsello [fig. piccola quantit]. Dal dialett. mzzico morso || muzzichllo (CB) || vd. anche mzzico. n: nun. nppila, s.f., piccola nappa, o fiocchetto, di lana rossa, che spesso adorna la cavezza; quindi, per sineddoche, la cavezza stessa. -ne, suff., pleonasmo esclusivamente prosodico, o apoggiatura delle parole tronche [particella paragogica]: tne, te | cecne, lo stesso che cec | adne, lo stesso che ad. Trovasi anche nel fioren-

tino; invece nellaretino si ha je, e nellantico siciliano (Jac. da Lentini) ve; rispettiv.: mene, meje, meve. na, s.f., nuova, novella, notizia data or ora || na, nva (ORV 325, 328), nva (VT 410, BL 498, CC 403). nun, un, n*, avv., non || no, nun, un, n (B, CB) || nun (BO 81, F 287), n, nun, un (ORV 316, 330, 536, VT 398, 412, 616, BL 485, 501, 808, CC 377, 404, 687) nzippato: inzippato. : vol. ognismpre, gnismpre, avv., ogni momento, tutte le volte [sempre, continuamente] || cfr. nni ogni (B) || cfr. gni (BO 64, ORV 222, VT 316, BL 354, F 292, CC 269). jjo: vol. le: vol. pili, s.m. pl., plur. di paolo, moneta pap. eguale a lira || cfr. polo, pvolo (ORV 350, 356, VT 431, 440, BL 528, 542, CC 432, 445), pvolo (F 314). pajjao, s.m., pagliaio || pajjaro (B, CB) || pajjaro (BO 83, ORV 346, VT 427, BL 521, F 302, CC 426). pasta: pasti mle, pasta di mele: [fig.] uomo buono, trattabile e
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compiacente. peparne, s.m., peperone: [fig.] naso grosso, schr. || peparne (B, CB), anche come sopr. (CB) || peparne (BO 85, ORV 360, VT 445, BL 548), pep (F 318), peper (CC 452). pic, picane*, v. intr., ciarlare continuato e molesto come lo stridere delle piche [pica: voce lett., comune ad alcuni dial.] || cfr. pica ghiandaia (B) || cfr. pica (ORV 365, VT 452, BL 560, CC 463), donna loquace (F 327). picane: pic. pilo, s.m., [it. antico] sepolcro, tomba. piltto, s.m., il grasso ardente che si fa colare sullarrosto [fig. tormento, assillo]. Da pillotto || piltto pillotto fig. tormento (B); cfr. pilott pillottare fig. tormentare (B) || piltto (BO 87, VT 457, BL 567, F 328, CC 469), pilltto (ORV 369); cfr. pilott (BO 87, VT 457, BL 566, CC 469), pillott (ORV 369), mpilott (F 256). pia, v. intr. impers., piovere || pia (CB) || piva, pive (BO 88, VT 458, BL 568), pia, pie (ORV 370), pive (CC 469). pipinao, s.m., gran chiacchiericcio di donnicciuole, simili a passeri pipilanti [vocio] || pipinara (B) || pipinara (BO 88, VT 458), pipina114

ro (CT 190, F 329), pipinara, pipinaro (ORV 371, BL 569, CC 470). pippa, s.f., [pipa]: pippi ccco, pipa di cocco [fig. nel migliore dei modi]: lideale dei fumatori, a quanto pare || pippa (B, CB) || pippa (BO 88, ORV 371, VT 458, BL 569, F 329, CC 470) || vd. anche pipp. pipp, v. intr., fumar la pipa || pipp fumare la pipa fig. morire (B) || pipp morire (BO 88, ORV 372, VT 459, BL 569, F 330, CC 260), fumare la pipa (F 330) || vd. anche pippa. pitturina, s.f., pettorina, panciotto || pettorina, petturina (BL 555). poarllo: porllo. pop, popne*, avv., un pochino [po], da un po + un po || p, p, pop (B, CB), pop (CB) || pop, popco (BO 90), p, pop, popco (ORV 375), p, pop (VT 463, 466, BL 573, 577, CC 476, 478). popne: pop. porccio, s.m., poveraccio || porccio (B) || cfr. porccio, portto, pro (BO 90), paro, portto, pro, pvaro (ORV 375, 379, 381), pro, pvero (VT 467, 470), portto, pro, pvaro (BL 579, 584), pro (F 337), porccio, portto, pro, pvoro (CC 478, 479, 483) || vd. anche porllo. porllo, poarllo*, agg., poverello

|| porllo (B) || vd. anche porccio. potmmara: put. primtico, agg., che primeggia, propr. delle frutta prime a venire [primaticcio; anche s.m. primizia] || primtico (B) || primtico (BO 91, CT 195), pollo di prima allevatura, primtica primizia (ORV 383), primteco (VT 474), premtico (CNP 153), primtico (CC 490) . prbbico, s.m., pubblico || pbbrico (ORV 385, BL 593, CC 492), pbbreco, prbbeco (VT 477, 478). put*, v. intr., [potere]: potmmara, a. noi potevamo. b. noi potemmo || pot (B, CB) || pod, pot (ORV 376, 381, CC 476, 482), pot (VT 470, BL 583). quarche: che. qullo: quer, [quel]. quelui: quilui. qur: qullo. questui, pron. dimostr., costui || questui (B) || questue (VT 485). quilii, pron. dimostr., colei || quele (VT 484). quilro, pron. dimostr., coloro || quelro (VT 485). quilui, quelui*, pron. dimostr., colui || quelue (VT 485). r: ir. ricoro, s.m., ricovero || aricve-

ro (VT 140). rifinaa, s.f., dove il vento, trovando limpedimento, rifinisce di accumulare ciarpame, polvere o neve [mucchio di neve o ciarpame accumulato dal vento] || refenajja (B) || arifinajjo, rifinara neve ammucchiata dal vento (ORV 41, 405). rurtic: arurtic. rusci, s.m. pl., pungitopi; il nome dialett. dal rosso (rscio) [voce ipotizzata?] delle bacche || cfr. rscio spazzatoio per il forno (CB) || cfr. rscio pungitopo (ORV 418, BL 641). sabbenanche, sibbne*, cong., sebbene anche, ancorch [bench, sebbene] || abbenanche (VT 100), sibbenanche, sibbne (BL 715), bbenanche (F 64), bbenanghe (CC 48). sancrepzzio, inter., esclamazione di maraviglia per glingordi mangiatori che non crepano, protetti da Sancrepzzio [santo immaginario] || cfr. crepzzio santo immaginario (B) || cfr. crepzzio (VT 250, BL 251). sarnac, v. intr., russare. In Romagna (Pascoli): sornacchiare || sarnac (B) || sarnac (CT 212, ORV 426), sornac (VT 563, F 426), sornacchj, sornac (BL 728); cfr. sornacata russamento
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(VT 562, BL 728), sornaco russo (VT 563). sbarzimamnte, avv., di sbalzo, di sorpresa [improvvisamente]. sbott, v. tr., urtare || sbott (B) || sbott (ORV 430, VT 518, BL 659, CC 563); cfr. sbottata colpo, scossa (ORV 430) || vd. anche sbottil. sbottil, v. tr., urtare appena appena || vd. anche sbott. sbrosciassi, v. intr. pron., [sbellicarsi]: sbrosciassi di risate, sbellicarsi dalle risa || cfr. sbrosci penzolare (di grasso superfluo sulle cosce o sui fianchi) (ORV 432) || vd. anche bbrscia. scalne, s.m., grosso gradino in pietra || scalne (B) || scalne soglia della porta (ORV 433), gradino soglia di abitazione (BL 663), scal limitare, soglia delluscio (F 404). scarc, v. tr., scaricare, gettar gi [demolire] || scarc, scaric (B, CB) || scarc (ORV 436), scaric, scarc (VT 523, 524, BL 668, 669, F 408), scarg (CC 570) || vd. anche scarco. scarco, s.m., scaricamento, nel senso di crollo e di demolizione [macerie, rovine; anche operazione dello scaricare] || scarco scaricato sgombro (VT 524) || vd. anche scarc. sciccamnte, avv., squisitamente,
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da chic. sci, inter., [voce per scacciare le galline] || sci (B) || sci (CT 222, ORV 446, VT 531, BL 678), sci (CC 578). sciobbic, v. tr., vuotare, fare il deserto [svuotare; fig. rubare]. Forse dalla voce onomatopeica con cui le massaie scacciano le galline: sci! sci! || sciobbic (rust.) || sciabbic (BO 124), scioppic (ORV 447); cfr. scippico vuoto (ORV 447). scocciarne, agg., scocciante assai. scottassi, v. rifl., [scottarsi, bruciarsi; fig. subire unamara delusione] || scottasse (VT 537); cfr. scutt (ORV 455). {scrizz}, v. intr., [scherzare]: scrizzo, io scherzo || scherz (B) || scherz (VT 527, BL 673, CC 574). scrizzo: scrizz. scffia, s.f., sbornia || scffia (B) || scffia (BO 102, ORV 454, VT 538, BL 691, CC 587). sforbici, v. tr., tagliare con le forbici, e nel senso mor.: tagliare i panni di addosso, dir male || sforbici (BL 708). sfrappilassi, v. intr. pron., andare a finire a brandelli [lacerarsi, squarciarsi], da frappa [centr.] frangia. sgrinz, v. tr., toglier le grinze [dalla pancia], [fig.] sfamare.

sguazz, v. intr., [sguazzare]: sguazzaa, egli sguazzava || sguazz (B, CB) || sguazz (ORV 469, VT 553, BL 713, CC 604). sguazzaa: sguazz. sguill, v. intr., scivolare [sdrucciolare] || sguill (B) || sguill (ORV 469, VT 553, BL 714); cfr. sguillne scivolone (VT 553). sibbne: sabbenanche. sinanta, prep., financo [persino, addirittura; anche sin quando] || sinanta (B) || finanta, sinanta fino a, sino a, sin quando (BO 60, 124), sinnte finch, fintanto, fino a (CT 233), finanta fino a (ORV 194, VT 290), fino a persino (BL 314), nzinanta fino a (ORV 332), finnte, nzinnte fino a (F 122, 290) nzinnde sino a (CC 408), zzinande fino a (CNP 168). sra, s.f., sorella || sra (BL 726, CNP 160). spiccicato, agg., spiccato [errato: lagg. sta per identico]. Detto di suono che non si confonde con altri || spiccicato (B) || spiccicato (BO 107, ORV 485, VT 570, CC 626). sprumir, v. tr., mirare bene, con comodo, in lungo e in largo, da pro o per + mirare [guardare con attenzione] || cfr. mir guardare (B, CB) || cfr. mir (ORV 304, VT 386, BL 737, CC 360). ssajj: assajj.

st*, v. intr., [stare; anche essere collocato]: stajja, egli stia || st (B, CB) || st (BO 108, ORV 490, VT 575, BL 745, F 445, CC 633). stajja: st. stass: st. st, avv., cost [l, vicino a chi ascolta]: mist, cost | stass*, mestass*, costass || mist, mistine, mestajj costaggi (CB) || mest, mest (BO 75, CT 166, 168, VT 381, BL 457), mest, mest, st, st (ORV 300, 301, 491, 494), st (CNP 162). strabbarzni, s.m. pl., scossoni [sussulti]. Cfr. lavverbio strabalzoni. stractto, agg., [fig.] ubriaco in grado super [totalmente sbronzo] || stractto (B) || cfr. stracce stracuocere (VT 581, BL 755, CC 642) || vd. anche ctto. stralde, s.f., gran lode. Cfr. stravizio. stufala, s.f., stufaiola, tegame fondo per lo stufato [tipo di tegame a due manici] || stufarla (CB) || stufarla (BO 110, ORV 503, VT 587, BL 762). suc, v. tr., [succhiare]: suc le ne, succhiare il sangue delle vene [fig. far pagare molto denaro] || sug (B) || sug (BO 110, VT 588, BL 764, CC 649), suc, sug (ORV 504, 505).
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succic, v. tr., [solleticare] || ciuccic (B) || succec, succic (VT 588, BL 763, 764), succic (ORV 504, F 461); cfr. succicatura piaga causata dal continuo sfregare di un finimento sulla pelle del cavallo (CC 649) || vd. anche sccico. sccico, s.f., lascella; succic fare il solletico sotto lascella || ciccico, sccico (B); cfr. succicarlla solletico (CB) || sccico (ORV 504, BL 764, F 461), scceco, sccico (VT 588), sccica (CC 649), zzccico (CNP 169); cfr. succicarllo fastidio alla gola, causato, in genere, dal catarro (F 461) || vd. anche succic. sughijjo, s.m., piccolo sugo tratto dalle regaglie di pollo per la minestra con le regaglie. Cfr. il nap. sughillo || sughijjo sugo di pomodoro piuttosto insapore (B). svrta, v. tr., svoltata, rimossa (la ggiine capriccisa) dal suo proposito [influenzata, condizionata] || cfr. svort cambiare direzione influenzare, condizionare (B) || cfr. svort cambiare direzione (ORV 508, BL 770), cambiare direzione influenzare far uscir di senno (VT 592), svord svoltare, cambiare direzione (CC 652).

manto (BO 111, CT 250, ORV 510, VT 594), tammanto (F 488). taratapane, s.m., voce onomatopeica per significare un subbuglio. tne, t*, tine*, pron. pers. ton., [te] || t (B, CB), t (CB) || t (ORV 512), t, ti (VT 597, 601, BL 777, 783), ti (F 492), te (CC 658). tsto, pron. dimostr., [cotesto]: tsto st, cotesto cost || tsto (B) || tsto (BO 111, ORV 516), t (VT 597), tisto (CNP 164, F 494). t: tne. tine: tne. tippe e ttppila, [nella seg. espr.]: f ttippe e ttppila, oscillare con certa violenza in qua e in l. Dal linguaggio infantile onomatopeico. trre, s.f., il cappello a stajo, schr. [tuba, cilindro] || trre (B). tramnte, avv., mentre, frattanto. Da tra + mente || ntramnte (B) || ntramnte (VT 411), intramnte, ntramnte (BL 389, 500). tranziatte, transeat [lat.]: sia pure, passi, meno male. ttus, avv., cos || attus, stos, stus (B) || toss, tus (BL 792, 804).

ubbidnte, s.m., bidente: grossa zappa a due asce gemelle dalla stessa parte || ubbidinte (B) || ubbinte (BO 124), ubbidinte (ORV tamanto, agg., tanto grande 533, BL 806), bbednte, obbidinte [grandissimo] || tamanto (B) || ta- (VT 176, 415), bbnde (CNP 123).
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un: nun. scia1, inter., fuori! via! [vattene!] || scia (BO 115), usce (VT 617), usci voce per incitare le pecore ad uscire dallovile (CC 689). scia2, s.f., uscita, esodo [atto di uscire]. vajja: ann. vassallne, s.m., mascalzone in grado superlat. Idem nel romanesco || vassallo (BO 115, ORV 540, VT 620, CC 693, F 511); cfr. vassallggene comportamento maleducato, vassallata birichinata da ragazzi (VT 620). visc1: guisc. visc2: guisc. vi: vojjastri. vojjastri, vi*, pron. pers., voi altri [voi] || voartri (CB), vojjartri (B), ve (B, CB) || vartre, ve, vojjartre (BO 115, 117), vartre, voartre, ve (ORV 540, 551), vantre, ve, vojjaltre (VT 620, 630), voartre, vojjartre, vue (BL 828, 831). <vol>, v. intr., volere: jjo, io voglio | le, , egli vuole || vol (B, CB) || vol (BO 117, ORV 551, VT 630, BL 828, F 518). vortastmmichi, s.m. pl., rivolgimenti di stomaco, stomacaggini [voltastomaci, nausee] || cfr. vortastmico (B) || cfr. vortastmoco (BO 117), vortastmico (ORV

553), vortastmmeco (VT 632), vortastmmico, vortastmmoco (BL 830), vordastmmico (CC 709). vurtic, v. tr., rivoltare a poco a poco, e in continuazione, come fa lo zappatore con la terra [rovesciare, rotolare] || vurtic (B) || vurtic (BO 117, CT 264, VT 632, BL 831), vortic, vurtic (ORV 553, 554), vordic (CC 709); cfr. vorticatina mescolata, vorticne capitombolo (ORV 553), vurticne (BO 117) || vd. anche arurtic. {zzizzichllo}, s.m., un zinzino [centr.; piccola quantit]. Da muzzichllo morsello abbrev. per aferesi in zichello e raddoppiato e contratto || cfr. a zzico con parsimonia (B, CB) || zzesichllo (CNP 168); cfr. zzsico un poco di (CNP 168), zzico carino (VT 634) un po (F 520), zzico (a) con parsimonia (CC 714).

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I cani della valle di Civita (foto di Massimo Calanca)

DOCUMENTI ORALI 1. Una questione religiosa Si riproducono, di seguito, due brevi testi narrativi raccolti nel Bagnorese, al duplice scopo di fornire un saggio dello stato corrente del dialetto e di documentare la persistenza dei versi di Filippo Paparozzi nel patrimonio orale1. Largomento prescelto, gi trattato dal poeta (Na quistione riligiosa XXIV), riguarda la perdurante usanza, da parte dei civitonici, di riportare, anche affrontando condizioni climatiche avverse, un antico crocifisso ligneo allinterno della chiesa di San Donato, a Civita, dopo la processione del Venerd Santo. Secondo unantica credenza esisterebbe un diritto in virt del quale il Cristo, se sostasse per una sola notte nel capoluogo, ove si svolge la processione, diventerebbe propriet dei bagnoresi2. 2. Testi dialettali Il primo brano che si va a presentare tratto da una conversazione con Bonaventura Rocchi (1930), detto Venturino, agricoltore, istruzione elementare, sagrestano della chiesa di San Donato, puro civitnico, il quale, pur risiedendo a Bagnoregio, frequenta assiduamente il luogo natio. Nel corso dellintervista, registrata allinterno di detta chiesa, le
1) Nei brani presentati, i trattini indicano interruzioni improvvise nel corso della pronuncia di un termine o di una locuzione; i puntini di sospensione, tra parentesi quadre, segnalano lomissione di passaggi ritenuti non rilevanti, o scambi di battute tra il raccoglitore e gli informatori; i puntini di sospensione, fuori parentesi, rappresentano le pause brevi, mentre le pause lunghe sono segnalate con la dicitura pausa, tra parentesi quadre; le parentesi tonde indicano la pronuncia non definita di un fonema; la punteggiatura segue, in genere, le norme ortografiche di lingua. 2) Il crocifisso ligneo, databile al XV sec., proveniente, forse, dalla scuola di Donatello, provvisto di braccia snodabili che ne rendono possibile il trasporto su una portantina di legno. Per quanto riguarda la tradizione popolare, cfr. il seguente testo, raccolto a Bagnoregio: se ddormiva cqu, rimaneva a Bbagnorggio. C pprprio n diritto. Appsta lo portnno via (Blaspop. II:857). Cfr. Civita: O pive o ficca nevica, Cristo di Bbagnorggio a la sera deve ritorn a Ccvita (ibid.:911). 121

citazioni dei versi di Bocella sorgono spontanee sulle labbra dellinformatore. Venturino (Civita): Qulla sar, anche magari una leggnda ccus anteptica pure! Che n- Se rimane a Bbagnorggio, un ce le dino non ce lo davano pi! Frze Frze ce llavino llintenzine, ma siccme che nni da Cvita andiamo im prucessine a Bbagnorggio, p poi ritornamo a Ccvita! Allra nu le lo lasciamo ll, si le ce lo portamo co nni! Perch ssiamo, rtre devti, mrto attaccate a qqustpera darte. [] Dice: Piovsse a ccatinlle, r nstro Cristo nun zi lassa lascia dinolle Da nessuna parte. Si riprta ar zu psto! [] cco! Qusto r nstro crucifisso. Qusto si lva, si tr(a)no gi le bbrccia, si pigono gi! P si stacca da la crce e lo mettiamo su qqusta bbara portantina qqui! Guardi, vnga! Si mtte su qqusta bbara. Qui cci mtto un tlo, cu m materazzo materasso, si mtte qqui sspra. Allo scoprto ccus. Nun una bbara coprta! cco perch qqullo dica Qur vcchjo Tanti anni fa! (Di)ce: Innrca s metti il peso in spalla, Bbill! Slo tu cce le la pi f! Si levino toglievano la ggiacca, se piova! Si levin- Dnne, si levino qullo che ccavino! E ccoprino qusto crucifisso pe nun fallo sciup! Nel testo successivo, registrato nel capoluogo comunale, si seguito il procedimento inverso. Presso la bottega del sarto, Vincenzo Eleuteri (1933), detto Cincino, istruzione elementare, cultore di storia e costumi locali, si reso palese loggetto della ricerca, e la menzione del succitato sonetto, ben noto alla fonte, ha provocato il ricordo di un fatto a cui ha assistito personalmente, nel corso della seconda guerra mondiale. Cincino (Bagnoregio): S, ma io, mi ci s ttrovato anchio capitato anche a me! [] h! Na prucessine, na Vnne llacqua pioggia che Ddio slo le pota mann ttanta! Tanta, tanta, tanta! All(r)a i civitnichi dssero, dice, dice: N!, dice, Se lasciamo l Cristo, dice, n ce le non ce lo danno pi! Perch bbasta che ddrme (na) ntte a Bbagnorggio, un ce e non ce lo danno pi! All(r)a che ffcero? Si cavrono tolsero i capptti, le ggiacche Cuprrono sto Cristo! C una bbara. E ppartrono! Quanno frono ggi ppe l- Usciti di Bba122

gnorggio vnne r zerno torn il sereno co- [pausa] Ne parlo mi ci commuvo. [pausa] Dunque, sar stato ne ner quarantatr quarandaquattro, appna passata la gurra subito dopo il passaggio del fronte. 3. Commenti linguistici Sebbene i testi prescelti siano piuttosto concisi, permettono di constatare come laffinit dialettale tra i due parlanti altamente rappresentativi delle rispettive comunit sia quantomeno elevata. Essi stimolano, inoltre, alcune brevi osservazioni. Si noter come, a parte certe forme di lingua nel primo brano (andiamo, siamo, mettiamo, ecc.), senzaltro dovute al contesto3, persistano dei tratti conservativi gi attestati nei versi del Paparozzi, quali la caduta di -v- intervocalica (piova, pota, ecc.), il rotacismo (rtre, mrto, r zerno, ecc.), la preposizione cu con e lavverbio un non. Si registra, poi, il cambio dalla prima coniugazione verbale alla seconda (dino), mentre manca il passaggio dalla seconda alla terza, presente invece nei sonetti (per cui si ha, ad esempio, dica e non dica)4. In un quadro di generale instabilit delle vocali atone, trovano conferma la tendenza di -a- a trasformarsi in -i- allinterno di certe voci verbali (avino, levino, ccoprino, ma anche pigono) e la vitalit della chiusura di -o- in -u- (cuprrono, prucessine, ma anche dinolle, a fronte del paparozziano di nuelle). Persiste, poi, la peculiare conservazione di -i in mi, ci, si, di. Tra le caratteristiche non documentate da Bocella, si citano il pronome le lo li la le, anche in forma aferetica (un ce e danno pi) e il rafforzamento della consonante nasale n in innrca. Per quanto riguarda le oscillazioni linguistiche, saltano allocchio
3) Lutilizzo del pronome di cortesia lei (guardi!, vnga!), in luogo del tradizionale voi, sar dovuto, pi che alla situazione dintervista, al divario generazionale tra linformatore avvezzo alla conversazione con i numerosi turisti che visitano Civita e il ricercatore. 4) Pi in generale, non si pu fare a meno di constatare il sostanziale adeguamento del dialetto, per quanto riguarda il vocalismo tonico, alla lingua nazionale (es.: mtte in luogo dellantico mitte), evoluzione gi documentata nelledizione dei sonetti di Alessandro Gaddi. 123

linsolita sonorizzazione in quarandaquattro e, nel brano di Civita, unoccasionale apertura di -i finale in -e (mrto attaccate) e due episodici casi di mancato rafforzamento di g- in posizione iniziale: si tr(a)no gi le bbrccia, si pigono gi. Per la sintassi, vd. almeno le costruzioni anche magari, anteptica pure anche antipatica e siccme che nni, la ridondanza di alcuni elementi sintattici (s, ma io, mi ci s ttrovato anchio) e, nella rielaborazione dei versi del Paparozzi, limpiego di si + voce verbale nella locuzione nun zi lassa dinolle. Va da s che la brevit dei brani riprodotti, oltretutto registrati presso due soli informatori, non consente una pi esaustiva disamina dello stato di salute del dialetto bagnorese e delle trasformazioni linguistiche in atto. Una pi vasta raccolta di testi permetterebbe, inoltre, di effettuare considerazioni pi approfondite sul piano sintattico settore particolarmente carente di studi nella nostra provincia , e di contribuire a fornire materiali per una descrizione sistematica della fenomenologia dialettale, nonch dello stesso atteggiamento psicologico dei parlanti nei riguardi dei cambiamenti in corso.

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2012 - Flavio Frezza. Tutti i diritti sono riservati a norma di legge.

Finito di stampare nel mese di Dicembre 2012 presso la Tipolitografia Quatrini snc - Viterbo

Flavio Frezza, nato a Viterbo nel 1974 da una famiglia originaria della Teverina, si occupato a pi riprese dei dialetti e delle tradizioni popolari di questa subarea del Viterbese, dapprima avviando una collaborazione, tuttora in corso, con la rivista La Loggetta Notiziario di Piansano e la Tuscia e, pi recentemente, come autore delle monografie Il paese del Bucfere: il carnevale fa testamento a Grotte Santo Stefano (Viterbo 2012) e Il solco di SantIsidoro a Fastello: una ricerca folcloricolinguistica tra il lago di Bolsena e il Tevere (Montefiascone 2012). Socio fondatore dellAss. Cult. Ecomuseo della Tuscia (Grotte Santo Stefano), collaboratore del gruppo di studi Vocabolario dialettale della Tuscia Viterbese, il ricercatore ha dato lavvio a unindagine approfondita e sistematica sulle parlate del Bagnorese, di cui il presente volume non rappresenta che unanticipazione, e che si concretizzer, prossimamente, con la pubblicazione del Vocabolario del dialetto di Bagnoregio.

Comune di Bagnoregio

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