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RIVISTA CULTURALE E CASUALE

LETTERATURA FILOSOFIA MUSICA ARTI RECENSIONI

LA RIDDA
ANNO 2012 NUMERO 2
Contenuti
FILIPPO AGOSTINO FILIPPO AGOSTINO

EDITORIALI Ogni volta lunico: levento del Natale.........................................2


VALERIO AGLIOTTI

Pasolini oggi.............................43 La Bella vegetariana, e addormentata. ..................................46 MUSICA Yamaha THR.............................48


ALESSANDRO SCAPPINI YAMAHA THR10.........................50 YAMAHA THR5...........................51 YAMAHA THR10C (CLASSIC.......52 YAMAHA THR10X (EXTREME).....53 YAMAHA THR5A (ACOUSTIC).....53

Il Santo Natale oggi....................3


TOMMASO SCAPPINI Le generazioni.............................3 La Chiesa e l'ecumene................6 La Chiesa e la storia....................8 La Chiesa dopo la Chiesa..........10 L'ultimo Natale..........................13

POLITICA Tra due guerre..........................14


TOMMASO SCAPPINI

ANTROPOLOGIA I turbamenti del giovane Pigmalione..........................................55


FLAMINIA SPARACINO

La forca del Nord......................18


FILIPPO AGOSTINO

L'evoluzione umana.................21
TOMMASO SCAPPINI

ARTI VISIVE Victory boogie-woogie..............58


FRANCESCA ARZANI

La malvagit della natura umana e l'inferno dell'anarchia............23


TOMMASO SCAPPINI Repressione e sfruttamento......24 I Padri Fondatori, Hobbes e i salassi...........................................26 Biologismo e culturalismo.........30 Contro lumanismo....................34

Le corde dell'arte.....................63
FLAMINIA SPARACINO

MANGA Gamaran..................................67
ALESSANDRO UBEZIO

INFORMATICA Codice libero. Stallman e il software libero................................37


TOMMASO SCAPPINI

RUBRICHE Scriptorium renascentiae.........69


PIER DAVIDE ACCENDERE

RECENSIONI Lo Hobbit, l'inizio della fine......39


RAMONA BORGAZZI

Romanzi a puntate...................69
TOMMASO SCAPPINI TOMMASO SCAPPINI

Sentenze & Aforismi.................69 Manga & Anime & Fumetti.......69


ALESSANDRO UBEZIO CARMELA RABAI

Il centopiedi umano..................40
TOMMASO SCAPPINI Perch guardare il film..............41 Perch non guardare il film.......41 Per gli arditi...............................42

Cucina......................................69 Torta col latte...........................69


CARMELA RABAI

LETTERATURA Una polemica in versi. (Ri)Vedere

COLLABORATORI

EDITORIALI

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EDITORIALI
Ogni volta lunico: levento del Natale
VALERIO AGLIOTTI

Nella sua predica, agghindato nella pianeta dorata, il prete ha definito il Natale come evento storico che si ripete ogni anno. Natale significa innanzitutto nativit: di un bambino che alcuni credono Dio, in ogni caso di unera, quella cristiana, che ci alleva come suoi figli legittimi. Con quella nascita il tempo stato fissato, la cronologia calcolata a partire da un ipotetico anno zero. Credere nel Natale vuol dire aderire a unidea di storicit lineare, che fissa gli eventi secondo successione: quanto accaduto non pu ripetersi, ma soltanto riproporsi. Nessuno ha diritto a iniziare la storia: un bambino lo ha fatto per tutti noi, duemiladodici anni fa. Ma il cristiano ha scoperto un sotterfugio, ha inventato un nuovo colpo di genio: la celebrazione del Natale. Il Bambino ri-nasce ogni 25 dicembre, ogni sua nativit la Nativit. Lev Trockij sostenne la necessit di una rivoluzione permanente, affidando al proletariato il compito di guidare il movimento verso laurora socialista; Thomas Jefferson riconobbe come salutare alla neonata democrazia americana il diritto alla rivolta, interpretandolo come diritto di partecipazione. E salut con favore i piccoli disordini che ne costellarono i primi anni di

OGNI VOLTA LUNICO: LEVENTO DEL NATALE

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vita. Riconoscendo a ognuno la facolt di iniziare la storia questi due pensatori tanto lontani furono fra i pochi che intuirono il carattere rivoluzionario di una rivoluzione che non dismette la sua attualit. Una storia che faccia a meno del concetto di nativit. Una religione che abbandoni la storicit di un evento natale. Mi ha sempre stupito che il cristiano conferisca maggior prestigio al Natale piuttosto che alla Pasqua. Molti dei sono nati, ma ben pochi sono morti per di pi uccisi. La morte di un Dio avrebbe significato la morte della storia. Morendo Colui che nato, muore con lui ci che da lui era nato. Dio risorto, e ri-nascendo, ha ricomposto la frattura che minacciava di sbriciolare la storia. Dopo tre giorni il tempo ha ricominciato a scorrere. Sono state necessarie due nascite per riparare ad una sola morte. Buon Natale a tutti.

Il Santo Natale oggi


TOMMASO SCAPPINI

Le generazioni

Non c' mai stato, credo, un decennio pi nero del nostro per la popolarit del cristianesimo in generale e del cattolicesimo in particolare. Questo evidente a chi bazzica siti internet, blog, social network, testate giornalistiche e riviste online. ugualmente evidente anche a chi si limita a un uso sporadico di internet e occupa i tempi morti commentando i post altrui su Facebook e scrivendo egli stesso post sulla propria pagina di diario. Forse l'impopolarit del cristianesimo e

IL SANTO NATALE OGGI

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del cattolicesimo meno lampante per chi si limita alla lettura dei quotidiani stampati, e senz'altro lo ancora meno per chi acquisisce informazioni soltanto attraverso il medium televisivo. Questa triplice scansione mediatica, tuttavia, non riguarda soltanto tre tipi diversi di ricezione delle notizie e di relazione col mondo, di per s non significativi, ma riguarda anche tre modalit con cui generazioni diverse incontrano il mondo. Sono, potremmo dire, tre modi differenti di essere-nel-mondo. Semplificando molto, si pu azzardare una scansione generazionale correlata alla percezione dell'impopolarit della religione: i pi giovani (approssimativamente fino ai 30 anni), che fanno un uso massiccio del computer e spendono in media pi tempo su internet, sono protagonisti di un disamore o solo di un disinteresse pi marcato nei confronti della religiosit ufficiale; per rendersene conto basterebbe contare i siti o le pagine internet dedicate all'ateismo (per esempio: uaar.it o atei.it o anche atheistalliance.org), all'agnosticismo (per esempio: agnosticweb.com) e genericamente alla critica della mentalit irrazionale ascritta alla religione (per esempio: spinoza.it o libero-pensiero.ch), cattolica in primis (si veda come emblematica la pagina di Facebook Non pregare per me i problemi li risolvo col buon senso, addirittura con quattro sotto-varianti); i meno giovani (diciamo tra i 30 e i 60 anni, all'incirca), che fanno un uso saltuario del computer e di internet, spesso esclusivamente per lavoro e non per diletto, e che hanno maggiore familiarit con i quotidiani stampati, con i libri e con le riviste, figli della rivoluzione culturale della scolarizzazione di massa ma poco sensibili alla successiva rivoluzione culturale dell'informatica di massa, affrontano la religiosit in maniera pi riflessiva e ponderata, anche perch, nella maggior parte dei casi, hanno vissuto le pratiche religiose nelle tappe significative della loro vita (nascita-battesimo, infanzia-catechismo, maturit-matrimonio religioso...); per i meno giovani, dunque, i riti cattolici s'identificano con momenti salienti della giovent, che hanno sempre il sapore dolciastro della nostalgia; i pi vecchi (dai 60 anni in su), che non navigano quasi mai su internet e che conoscono il computer solo come soprammobile, hanno un rapporto con la carta stampata assai pi polarizzato rispetto alle generazioni successive: gli acculturati sono molto

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colti e quindi sono assidui lettori, in alcuni casi anche lettori ideologici, mentre i non acculturati, spesso TV-dipendenti, sono radicalmente incolti, non per scelta ma per motivi anagrafici, in quanto all'epoca della loro giovent la scuola era per pochi ricchi; in ogni caso, colti o incolti, gli ultrasessantenni non hanno conosciuto il dissenso religioso, neanche in conseguenza del forte dissenso politico di cui possono essere stati protagonisti, e hanno affrontato la critica alla religione, cio al cattolicesimo, soltanto attraverso eventualmente i figli: per loro, dunque, il disappunto religioso solo una stizza adolescenziale. Questa scansione arbitraria, che attua suddivisioni generazionali e culturali con l'accetta e non certo con la precisione chirurgica del bisturi, ha tuttavia il merito di ritrarre un andamento medio circa la fruizione culturale degli italiani. Naturalmente ci sono anche perfetti ignoranti informatici tra i giovani e veri geni dell'hackeraggio tra i settan tenni, cos come lettori incalliti di riviste specializzate tra i liceali e blogger di fama mondiale tra i pensionati. Ma non questo il punto. Si tratta invece di centrare un relazione di massima tra medium della fruizione culturale e irreligiosit. E il dato (vedi link) dell'ultimo anno riferito al calo drastico dei matrimoni con rito religioso, secondo cui in Italia si sono celebrati pi matrimoni laici che religiosi, conferma la scansione di cui sopra.

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La Chiesa e l'ecumene

Da parte sua la Chiesa di Roma, l'unica chiesa diffusa davvero a livello planetario e forte di un'incisivit politica e ideologica in vigore da pi di un millennio, sa di essere in ritardo sul fronte della comunicazione. Questo paradossale solo a met. paradossale perch la Chiesa, prima ancora che fosse solo di Roma, ha sempre sviluppato in maniera radicalmente innovativa le tecniche catechetiche di proselitismo, da quando Paolo di Tarso, nella seconda met del I secolo d.C., dunque ancora prima che fossero scritti i Vangeli, elabor le dottrine della neonata Chiesa di Cristo e, traducendole in greco, le sdogan presso i Gentili (i pagani). Questa grande abilit mediatica che contraddistinse la Chiesa di Paolo, forse anche tradendo il messaggio originario di Cristo circoscritto al solo mondo ebraico, e che infine divenne la Chiesa di Roma, installandosi nel centro dell'ecumene in funzione della massima efficacia comunicativa, non fu da meno neppure nei secoli successivi: nel IV e nel V secolo, nell'epoca del lento tracollo dell'Impero Romano, non solo la cultura popolare era imbevuta di un cristianesimo volgare, ma soprattutto le lite colte, ancora sensibili al fascino della classicit pagana, macinavano pensieri cristiani. Basta pensare ad Ambrogio di Mi-

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lano e ad Agostino d'Ippona, due grandissimi uomini di cultura del IV e del V secolo, elevati prestissimo al rango di santi e in grado d'influenzare l'andamento dell'Impero. Ma il ruolo culturale e mediatico della Chiesa fu ancora pi fondamentale nell'epoca in cui l'antico imper venne sostituito dagli effimeri regni barbarici. E questo ruolo di guida intellettuale fu mantenuto saldo almeno fino all'arrivo in Europa della grande cultura appena nata: l'Islam. Ad eccezione dei circa tre secoli in cui l'egemonia culturale ecclesiastica dovette scontrarsi con la possanza dottrinale dei filosofi e degli scienziati arabi, secoli che si chiusero lentamente con l'epoca della Reconquista (da Las Navas de Tolosa nel 1212 alla vittoria sul Califfato di Granada nel 1492), la Chiesa di Roma riusc a mantenere un monopolio culturale a livello europeo almeno fino al periodo della Riforma luterana, e poi nell'Europa cattolica fino all'epoca dell'Illuminismo. Quest'egemonia fu possibile grazie alle doti comunicative della Chiesa, ulteriormente acuite, a causa della nuova concorrenza protestante, dopo il Concilio di Trento nel 1643. In quest'ottica, allora, oggi il ritardo della Chiesa sul fronte comunicativo paradossale.

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La Chiesa e la storia

Questo ritardo, per, diventa meno paradossale se consideriamo brevemente la storia dei rapporti della Chiesa con la cultura europea a partire dalla Rivoluzione Francese. Durante la rivoluzione il cattolicesimo francese si divise, non solo nell'adesione ai valori e alle idee rivoluzionarie, ma anche giuridicamente: il Clero Costituzionale abbracci la costituzione del 1791, il Clero Refrattario non la riconobbe e divenne quindi fuorilegge. Naturalmente papa Pio VI condann con durezza i chierici costituzionali, mentre lo Stato francese perseguitava i chierici refrattari. I dissapori tra Stato francese e Chiesa di Roma non erano certo nuovi, evidenti almeno a partire da Filippo IV il Bello (vissuto tra il '200 e il '300 e protagonista di uno strascico delle lotte per le investiture), ma toccarono un punto di non ritorno con la stagione della scristianizzazione voluta da Jacques-Ren Hbert, prima alleato e poi condannato

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a morte da Robesbierre nel marzo del 1794. L'elemento pi eclatante di questa stagione anti-cristiana fu forse il varo del calendario rivoluzionario che aboliva quello religioso, caratterizzato dalla settimana cosmogonica ebraica, e sovvertiva una scansione circannuale millenaria. Col fallimento della Rivoluzione Francese e la parziale restaurazione religiosa voluta gi da Napoleone, la Chiesa divenne a tutti gli effetti paladina di ogni assetto istituzionale vecchio, antico come l'Ancien Rgime, nel momento cruciale del Congresso di Vienna (1814-1815). Da allora il ritardo politico, giuridico, culturale, comunicativo della Chiesa cronico e probabilmente irrimediabile. Le altre incursioni della Chiesa di Roma nel clima europeo sono state tutte eclatanti fallimenti: dall'avversione ai moti del '48 alla miopia circa la nascente monarchia italiana e al conseguente non expedit del 1868, proclamato da una disposizione di Pio IX e revocato solo nel 1919 da Benedetto XV, quando ormai i protagonisti culturali erano ben altri. Il ritardo nella comunicazione catechetica e dottrinale si pales infine proprio nella mossa che intendeva recuperare il tempo perso: il Concilio Vaticano II, l'ultimo concilio ecumenico svoltosi tra il 1962 e il 1965. Col Sacrosanctum Concilium, una delle quattro costituzioni conciliari varate dal Concilio Vaticano II, fu stabilita la liceit della liturgia in lingua volgare e dunque l'abbandono, almeno per la messa, del latino. La mossa fu vana perch ricalcava, nella sostanza, il colpo di genio avuto da Lutero nel 1517 e che allora fu dirompente. Egli infatti aveva tradotto la Bibbia in tedesco e l'aveva diffusa spezzando di fatto il monopolio interpretativo della Chiesa di Roma. Da parte sua, invece, la Chiesa cattolica del XX secolo acceler semplicemente il tracollo della propria credibilit attraverso la volgarizzazione della liturgia: se, prima degli anni '60, durante il sacramento dell'eucarestia i fedeli ascoltavano l'enigmatico e affascinante Hoc est corpus meum, dopo quella data comprendevano infine la vacuit di quelle parole (Questo il mio corpo riferito a un pezzo di pane). Da allora la Chiesa non hai smesso di tentare un recupero in extremis della formidabile capacit comunicativa che la contraddistinse nei secoli. Durante la Guerra Fredda la Chiesa cattolica si trov anch'essa attirata verso uno dei due blocchi, e naturalmente non pot che optare per l'alleanza atlantica. Questo non tanto per convinzione politica n per numero di adepti: infatti politicamente la Chiesa era (?) mo-

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narchica e durante la Seconda Guerra Mondiale aveva appoggiato i regimi dittatoriali fascisti e parafascisti di tutto il mondo, laddove l'alleanza atlantica, in nuce statunitense, era repubblicana, democratica e liberale; neanche per consistenza numerica il patto atlantico attirava particolarmente la Chiesa cattolica, molto forte in alcuni paesi dell'area sovietica, in America latina e nell'Europa mediterranea, laddove per lo zoccolo duro degli Alleati era apertamente protestante (i W.A.S.P.: White Anglo-Saxon Protestant). La Chiesa scelse l'Occidente capitalistico per due motivi: perch i fascismi avevano perso la guerra e perch l'Unione Sovietica era promotrice di una cultura apertamente anti-ecclesiastica, in questo in sintonia con la Rivoluzione Francese.

La Chiesa dopo la Chiesa

Oggi che ogni tipo di monopolio culturale appare pi che mai anacronistico, impossibile a mantenersi e generalmente avversato, la Chiesa di Roma annaspa senza sosta. Se intrecciamo la scansione generazionale tratteggiata all'inizio di queste pagine con il ripercorrerimento a tappe forzate del crollo dell'egemonia culturale ecclesiastica, notiamo che i figli spirituali del Concilio Vaticano II sono i primi ad aver mes so in dubbio la credibilit della Chiesa, prima ancora che il suo ruolo politico e culturale. Tutto ci sfocia oggi nel giorno di Natale 2012. Se i pi vecchi, quelli che abbiamo inserito nella fascia degli ultrasessantenni, possono aver contestato la Chiesa per le sue alleanze politiche, e se i loro figli, cata logati tra gli under 60 e gli over 30, hanno probabilmente contestato la funzione culturale della Chiesa cattolica, tuttavia solo con i pi

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giovani che l'istituzione ecclesiastica con sede nello Stato Pontificio, insieme all'enorme corpus dottrinale di cui essa incarnazione, ha smesso di un essere un interlocutore degno di seriet. Oggi essa degna di dileggio e di sfottimento. Non solo non incute pi alcun timore, n incutono timore le pene infernali a cui erano votati un tempo i peccatori e gli onanisti, ma soprattutto non ispira pi il minimo rispetto. Essa infatti appare vecchia senza pi la decenza dell'antichit. Pi di molte altre epoche, la nostra avversa alla vecchiaia, ma, come ogni altra epoca, essa non avversa all'antichit, che incute, se avvertita, sempre deferenza e ammirazione. La Chiesa, invece, a coronamento del fallimento anzitutto comunicativo, si presenta stantia nei costumi e nelle idee, abbruttita dai tentativi di ammodernamento che la fanno assomigliare a quei derelitti di decrepitezza insaccati in abiti forzatamente giovanili, in facce dolorosamente scolpite e stirate, in atteggiamenti di scimmiottamento di una giovent che, se mai c' stata, ora certo non esiste pi. Questo uno dei motivi del proliferare in rete dell'avversione alla Chiesa di Roma e allo scherno cui essa incorre tra i pi giovani che, non temendo i genitori, non hanno alcun motivo di temere la Chiesa. Quest'insensibilit nei confronti di un moribondo senz'altro un effetto del nichilismo e del crollo di cui siamo testimoni e attori. ugualmente vero, per, che la Chiesa parte attiva e provocatrice del disfacimento che tenta in ogni modo di arginare. A prova di ci mi sufficiente citare la pagina di Twitter (https://twitter.com/Pontifex_it) che papa Benedetto XVI ha inaugurato col nickname di Pontifex, tradotta nelle principali lingue mondiali. Ai pochissimi tra gli under 30, ai non pochi tra gli under 60 e ai molti tra gli over 60, ignari dell'esistenza di Twitter, basti sapere che esso un social network, tra i pi famosi insieme a Facebook, che d la possibilit all'utente di cinguettare ( il significato del verbo inglese twitter) notizie ed eventi a tutti i cosiddetti Followers, cio ai seguaci, i quali a loro volta possono interagire col cinguettio (il tweet) e crearne a loro volta. Per farsi un'idea del tono dei commenti ai Tweet papali si pu dare un'occhiata qui e qui. Qualche esempio dall'Hashtag #faiunadomandaalpapa legato ai Tweet di Pontifex: Santit ha mai pensato di aprire un'impresa di aggiusta tutto e chiamarla PontiFix?

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Ma l'acqua San Benedetto XVI depura dai peccati? Ma se la capanna di Maria e Giuseppe all'epoca di Ges non era ancora edificio di culto, doveva pagare l'Imu?!

Ma vero che dei primi 12 followers ci sar uno che la tradir?

vero che non usate il wi-fi nelle chiese per non competere con qualcosa d'invisibile che funziona davvero?

Ma le indulgenze comprate su Groupon, hanno la data di scadenza?

Devo ammettere che non avrei mai creduto possibile un errore cos madornale commesso da un papa, che pur un uomo di cultura: il fatto che i Tweet di Twitter sono difficilmente censurabili da parte del singolo account. L'utente pu solo cancellare un Follower (un discepolo, nel nostro caso) e deve rispettare una regola formale, cio non superare la lunghezza del Tweet di 140 caratteri (non a caso Twitter anche detto Lo Stato Libero dei 140 Caratteri). Soltanto gli amministratori di Twitter possono oscurare l'account di un utente se questi viola le Condizioni di Servizio accettate al momento dell'iscrizione. vero d'altra parte che Pontifex (ma Benedetto XVI certo non scrive di persona i Tweet) non risponde a nessun contro-Tweet e non accetta mai la sfida lanciata dagli sfott. innegabile per che l'insulto libero contro il papa un richiamo troppo forte e un'occasione davvero succulenta, difficile da lasciarsi sfuggire. Questa un'ulteriore conferma dello scarto culturale e generazionale in relazione all'impopolarit e anche all'ostilit verso la Chiesa di Roma. Se Dio non ancora morto

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come forse troppo ottimisticamente annunciava nel 1882 Friedrich Nietzsche senza dubbio affossata per sempre l'esigua credibilit della Chiesa. L'incensurabilit del Tweet un concetto radicalmente estraneo alla Chiesa cattolica che ha fatto della censura e della mediazione formativa del clero il cavallo di battaglia in ogni proposta culturale, da San Paolo al Concilio Vaticano II. La democraticit di Twitter e certo anche la sua sfrontatezza, che un corollario di un'espressione democratica appena acquisita, sono armi in mano all'ultima generazione a cui la Chiesa implacabilmente vulnerabile. Anche Pontifex per inciso fallendo clamorosamente la scelta del nickname (un dj, un materasso?!) infine entrato nel cortocircuito del consenso: su Twitter la censura equivale alla perdita di seguaci, cosa di per s contraria alla missione di propaganda. Senza contare che papa Benedetto XVI deve scontrarsi, forte per ora di soli 1.300.000 Followers da tutto il mondo, con irraggiungibili Leviatani del calibro di Lady Gaga, forte invece di 32.000.000 (!) di Followers, o di Justin Bibier coi suoi 31.000.000 (!!) di seguaci. Che ne oggi, nell'epoca di Twitter e dell'apocalisse Maya, della sequela Christi? Restano solo i Benedictus's Followers e in fondo non sono neppure molti.

L'ultimo Natale

Pertanto, esaminata in breve la bancarotta naturalmente solo in senso metaforico e spirituale della Chiesa, possiamo finalmente chiederci quale spazio trovi oggi la celebrazione del Santo Natale. Ebbene, probabilmente la risposta deve essere scandita ancora una volta in base alle generazioni. Se pur implacabilmente per tutte e tre le generazioni il Natale si risolve nella pratica di compravendita di doni e contro-doni, nondimeno per gli scaglioni anagrafici dell'umanit esso significa cose diverse: banalizzando, per gli over 60 il Natale la Santa Messa trasmessa in diretta su Rai 1, qualcosa su cui vegliare; per gli under 60 il Natale sono i titoli d'allarme sulla recessione che campeggiano sui quotidiani, insomma una dura incombenza; per gli under 30 il Natale non niente, una domenica in mezzo alla settimana, la festa di Babbo Natale o la festa dell'Albero o quella del Panettone (per alcuni, per altri la festa del Pandoro).

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La tradizione vuole che il 25 dicembre dell'anno 1, il giorno di Natale, sia nato Ges Cristo. Da un punto di vista storico, probabilmente Ges di Nazareth nato setto o otto anni prima ma non questo il punto. Al contrario, chi oggi Ges Cristo il cui genetliaco viene celebrato come Santo Natale? Per gli over 60 egli il redentore, il Re dei Re, che disse Hoc est corpus meum (o nell'ignoranza del latino: oescorpusmeu in ogni caso una formula magica di transustanziazione), per gli under 60 un povero cristo che ha trascinato su per il Calvario la sua croce gigantesca, per gli under 30 uno zombie dotato di alcuni super-poteri, insomma il personaggio di un fumetto o di un saga fantasy. E dunque, a Natale, che cosa festeggiamo? Un re, una vittima o un mostro? Ma, vedete, questo il punto: Ges Cristo fu tutti e tre.

POLITICA
Tra due guerre
TOMMASO SCAPPINI

Bersani esulta per il suo 60% alle cosiddette primarie almeno cos titolano i quotidiani del 2 dicembre 2012. Devo ammettere che faccio fatica a spingermi oltre i titoli e non certo perch mi dispiaccia leg gere. Il cosiddetto popolo della sinistra esulta per la vittoria del loro capoclasse, e anche quelli che non esultano si sentono appassionata-

TRA DUE GUERRE

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mente partecipi di una manifestazione di democrazia quali vengono spacciate le primarie. facile capire dalla profusione di virgolette quanto grande sia la mia stima per tale terminologia. Ma la verit che i contendenti sono morti che camminano, dead men walking o, se preferite il genere, walking-dead. Su questo Beppe Grillo non pu sbagliare. Bersani, Renzi, Vendola, Alfano, Fini, Casini e compagnia bella sono maschere, stanchi istrioni di una recita senza spettatori o, alla meglio, con spettatori a loro volta sagome e burattini. Il teatro della politica stato evacuato: da idee, da drammi, da attori. Rimangono le sedie vuote e gli applausi registrati di epoche che furono. E poi certo, le telecamere che inquadrano i volti posticci di questi esseri che cadono a brandelli, in decomposizione. Dall'altro lato del cavo, dietro gli schermi piatti dei televisori, menti ugualmente zombizzate ricalcano le smorfie di quelle maschere funerarie, che talvolta si scuotono smosse da insensate scariche elettriche: galvanizzate. Non una dimenticanza aver omesso dall'elenco di zombie i nomi di Berlusconi e Bossi (Prodi?! mi vergogno quasi...). Costoro infatti non sono morti che camminano: sono morti e basta. Talvolta riesumati come spauracchi Santa Muerte! ma cos olezzanti che neppure i riesumatori sopportano di star loro vicino. Fanno schifo come le carcasse, come le nutrie spappolate sulle strade, ma nessuno le tocca: si aspetta che uno spazzino del cielo, Santa Cornacchia, faccia sparire sangue e putredine. Dunque esulti pure Bersani o chi per lui, non fa differenza e goda della rianimazione momentanea di un tenue elettro-shock, ma poi per piacere ridiscenda nel suo sarcofago e si levi dal raggio della nostre nari. Il nostro primo problema che la politica riflette i gesti inconsulti di un'arena di zombie, cos stranamente tronfi e gonfi delle suppurazioni della morte da darsi persino un tono. E ugualmente i loro versi scambiati per semplici sproloqui di demenza senile non sono altro che i gargarismi afasici di morti-che-camminano. Il nostro secondo problema che questo tetro teatrino delle marionette, in cui al posto dei burattini si agitano cadaveri appesi a fili di nylon, riverbera di una luce accondiscendente, giallastra come quella che luccica nei supermercati e rende succulenta anche la merce marcia. Ci fa s che le menti obnubilate dall'altro lato del televisore pren dano per realt una recita priva di copione e animata da moribondi.

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Il nostro terzo problema che per malaugurio il voto democratico espresso sulla base di questa recita si traduce in reale dannazione. Ci obbliga noi vivi, o noi ancora-vivi, a prendere sul serio uno show demente. Questo umiliante. Come umiliante per i circensi che si paragoni la politica a un circo. Perch, appunto, il suo palco privo di domatori, di leoni, di donne-cannone, di contorsionisti, privo persino di pagliacci: ne rimangono solo le salme malamente imbalsamate. Un merdoso circo di zombie.

Ma dunque, che fare? Occorre pregare Yhoa di Nazaret, Vladimir Il'i Ul'janov o Hermann Gring? No, chi si umilia e prega gi zombie. Non lasciamoci ingannare: il circo di non-morti in decomposizione e solo altri figli nati morti sono disposti a subentrare ai cari estinti messi in salamoia. Chi ci piaccia o meno, viviamo un'epoca torbida e di frammezzo. Il clima il medesimo dei tardi anni Venti, nell'intorno del grande Crollo di Wallstreet, con la differenza funesta che il nostro gioved nero, il nostro 24 ottobre 1929, dura ormai da anni. Quasi novant'anni fa, nell'Italia uscita dalla Grande Guerra, durante il tracollo dello Stato liberale, e nella Repubblica di Weimar, immersa fino al collo nei debiti di guerra e soffocata dall'inflazione, i reduci e i disillusi attendevano che qualcuno si facesse avanti e assassinasse. In Italia questo avvenne il 10 giugno 1924, di nascosto sotto il tettuccio di una Lancia Lambda ma in pubblico solo pi tardi, quando il 3 gennaio 1925 Benito Mussolini rivendicava a s l'omicidio di Giacomo Matteotti:

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Ma poi, o signori, quali farfalle andiamo a cercare sotto l'arco di Tito? Ebbene, dichiaro qui, al cospetto di questa Assemblea e al cospetto di tutto il popolo italiano, che io assumo, io solo, la responsabilit politica, morale, storica di tutto quanto avvenuto. Se le frasi pi o meno storpiate bastano per impiccare un uomo, fuori il palo e fuori la corda! Se il fascismo non stato che olio di ricino e manganello, e non invece una passione superba della migliore giovent italiana, a me la colpa! Se il fascismo stato un'associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere! Se tutte le violenze sono state il risultato di un determinato clima storico, politico e morale, ebbene a me la responsabilit di questo, perch questo clima storico, politico e morale io l'ho creato con una propaganda che va dall'intervento ad oggi. In Germania invece l'evento atteso s'era gi dato, nel gennaio 1919, quando Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, promotori della Rivoluzione Tedesca, vennero arrestati e assassinati dai Freikorps guidati dal socialdemocratico Guastav Noske. Tuttavia l'omicidio, insieme a molti altri, pass in sordina e la situazione di attesa in Germania si esacer b ulteriormente. Quest'epoca torbida e mutevole si chiuse soltanto il 30 giugno 1934, con la cosiddetta Notte dei lunghi coltelli, in cui Heinrich Himmler fece assassinare, tra gli altri, Ernst Rhm, il comandante delle Sturmabteilungen (le SA, i bracci armati ormai inutili a Hitler). Si chiudeva un frammezzo che aveva frantumato i vecchi paradigmi politici e aveva ricacciato nelle fosse i morti viventi dell'epoca, ma si apriva un capitolo ancora peggiore della storia umana e s'inscenava un olocausto delle genti a un dio ignoto. Noi, a ridosso dell'anno 2013, viviamo un'era simile a quel frammezzo, come se fosse (ma lo !) tra due guerre, e siamo testimoni del ribollire di nuove forze che non trovano spazio nelle maglie strette e scentrate di un mondo politico amorfo e insensato. Dunque la domanda non se si presenter qualcuno a rivendicare l'omicidio, ma la domanda pi propria quando questi si presenter. Per allora dovremo aver gi re-intombato questa classe di zombie radicalmente impreparata ad affrontare i necessari prossimi sconvolgimenti. Ma dunque mi chiedo di nuovo che fare? Qualunque cosa si decida, certo che la risposta alla domanda non pu essere la stessa che alla stessa domanda diede Lenin nel suo Che fare? del 1902. Perch la

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sua risposta formare un partito di rivoluzionari di professione alla lunga ha generato i morti viventi di professione che tanto ci schifa no.

La forca del Nord


FILIPPO AGOSTINO

Qualcosa sta cambiando, forse. Quanto pu la sonnolente esistenza di un microscopico paesino di provincia fare da cartina di tornasole dellimmensa vita di un Paese? Forse non molto, ma certo pu indicare un sintomo locale di un qualche mutamento, di una inavvertibile spinta, di un leggero soffio creatore di diversit. Dallinsignificante al significativo. Forse. Attraversando un paesuncolo dalle parti della Valsesia, un malcapitato turista (se ce ne fossero Ndr) potrebbe imbattersi in grigi muri imbrattati da folcloriche e sedicenti ciulade. Ma chi avesse percorso le brumose statali del Norditalia, le potrebbe riconoscere come parte integrante di tutto il territorio, dal Piemonte al Friuli.

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Cosa cacchiolo sono? Un innocuo divertimento di frotte di militanti del Mgp (Movimento giovani padani) che, non avendo la pur minima idea di come impiegare il loro tempo poco prezioso, si sollazzano nellapporre sui muri frasi (in un bianco cadaverico) inneggianti a un certo partito pseudopolitico di verde agghindato. Writers senza talento celebrano la Padania libera da Roma, oppure la pretendono Stato, nobilitandosi soprattutto col tifo politico (W BOSSI) a sfondo razziale (NO ISLAM). Codesti burloni (tra cui personaggi politici ora di un certo rilievo) si vantano inoltre delle loro imprese su siti dedicati (www.giovanipadani.leganord.org/ciulada.asp). Lorigine metaforica del termine dialettale ciulada spassosa: si potrebbe tradurre con scopata, o sveltina, qualcosa insomma di proibito e sporco che andrebbe fatto di nascosto. Per i GP diventa gesto imitabile e orgoglioso: il fallo come strumento politico. Non questa la sede per un discorso sociologico, artistico o antropologico: non voglio qui indagare il desiderio ancestrale delle popolazioni di esprimersi sui muri. Mi limito a sostenere che tali manifestazioni grafiche hanno ben poco a che fare con una rivolta popolare sentita; niente a che vedere con i murales di Belfast o Derry, nellUlster. Le ciulade sono vandalismo arrogante e sterile, autorizzato dagli attuali governi locali (di ovvia fazione verde).

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Nessuna amministrazione, di nessun comune valsesiano, si mai posta il cruccio di rimuovere tali obbrobri, anche solo di condannare il gesto; e la stampa della zona si limita a castigare esclusivamente quegli imbrattatori di tipo anarchico-sentimental-scurrile. Insomma, V. io e te 3 metri sopra il cielo o P. fa pompini, sono degni della chiosa dellautorit o dellopinione pubblica, additati come vandalismo. Gli elogi del partito, no. Eppure da qualche settimana, passati anni di bonaccia, una metamorfosi beffarda affligge le ciulade del paesunculo di cui sopra. Qualcuno ha avuto il coraggio di rifinire dallinterno le nobili iscrizioni: alcuni colpi di pennello hanno corrotto i virili slogan padani in divertenti proposizioni al limite del nonsense, venandoli comunque di satira corrosiva. Le parole stesse del movimento, grazie alla magia della vernice, si stanno ritorcendo contro i loro creatori. Ecco allora lega nord la forza del nord snaturarsi in forca del nord; laffermazione prima il nord si riforma in prima il mondo, e lanonimo censore, infine, sprona lo spettatore: slegati, l dove prima si ergeva superbo lappellativo del partito. Chi o cosa si nasconde dietro a tale gesto, del tutto simile nei mezzi alle ciulade, ma ironico, lontano anni luce dal predicozzo moralista (che sto facendo io, e che potrebbe fare un qualsiasi politicante dellopposizione)? Forse gli scandali recenti della Lega hanno scosso alcuni militanti delusi, oppure, per non so quale prodigio (antipolitica?), i pregiudizi, la sonnolenza, lottusit si stanno scrostan-

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do dalle menti dei giovani. Non lo so. Mi guardo intorno e non vedo grandi aperture mentali. A deriva segue deriva: cos, forse, dietro allo sfregio nei confronti delle massime leghiste si nasconde lombra preoccupante di Grillo e dei grillini. O, forse, a celarsi soltanto un gioco da ragazzino disadattato, che una mano di vernice municipale far a breve scomparire.

L'evoluzione umana
TOMMASO SCAPPINI

Spendo due parole per descrivere l'immagine satirica che campeggia nella Pagina di Politica. L'evoluzione dell'uomo messa in ridicolo con questa sequenza: Australopiteco Homo Erectus Homo Sapiens - et paleolitica Homo Sapiens Sapiens - et neolitica Caio Giulio Cesare Giuseppe Garibaldi Benito Mussolini Giulio Andreotti Silvio Berlusconi

Si riconoscono facilmente le corrispondenze:

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Australopiteco -- Berlusconi Homo Erectus -- Andreotti Homo Sapiens -- Mussolini Homo Sapiens Sapiens -- Garibaldi Cesare = il culmine dell'evoluzione

Se qualcosa che intende suscitare ironia (come una vignetta) viene spiegato attraverso un ragionamento, perde immediatamente d'efficacia e l'ironia svanita. Ma in questo post non pretendo di fare un corollario all'ironia: mi limito a rimarcare un particolare che a una visione affrettata potrebbe sfuggire. Badate agli arnesi che le personificazioni delle tappe dell'evoluzione impugnano: 1. l'australopiteco e il berlusconino (ormai antonomasia) ridono a mani nude 2. l'homo erectus e l'andreottino tengono gli arti superiori raccolti, ma ancora incapaci di manipolazione, e pieni di risentimento 3. l'homo sapiens e il fascistello benitiano hanno l'aria del buttafuori un poco deficiente, ma gi in grado di sfruttare alcuni strumenti, nel loro caso soltanto una clava, cio un arnese di violenza bruta 4. l'homo sapiens sapiens e il garibaldino invece dispongono di una lancia e di una spada, armi bianche, pi nobili, ma pur sempre volte alla guerra 5. il culmine invece, cio il cesare, che spirando apostrofava "Tu quoque Brute, fili mi!" (o forse in greco, come riporta Svetonio: " "), composto e privo d'armi, mentre il capo cinto d'alloro La conclusione? Beh, i primi due, cio gli uomini-scimmia del pleistocene, cos come gli ultimi due, piccoli uomini politici, sono inermi per idiozia; i pi evoluti sono inciviliti ma armati e bellicosi, ; il "top" latino, infine, di nuovo inerme ma per superiorit. Ma ed qui il paradosso della nostra favola chi fra tutti beatamente ride?

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La malvagit della natura umana e l'inferno dell'anarchia


TOMMASO SCAPPINI

Il titolo1 un po stravagante mette in evidenza un rapporto che la filosofia non ha mai smesso di frequentare, quello tra la natura e la cultu ra, e in pari tempo mostra laccostamento tradizionale di tale rapporto: nella natura, in particolare nella natura umana, sintravede qualcosa di sbagliato che deve essere corretto dal lavorio paziente della cultura, ossia di quel vasto armamentario teoretico e pratico in cui sono annoverate la politica, larte, la religione e la filosofia. Nella tradizione occidentale indubbiamente maggioritaria (A) la posizione che giudica natura e cultura come istanze contrapposte, minoritaria (B) la corrente alternativa secondo cui natura e cultura sono ambiti coincidenti. Occorre chiarire in linea generale le ragioni a sostegno della prima e della seconda opzione, riconoscere gli autori dietro tali opzioni e metterli in relazione. Alla fine la posizione maggioritaria (in cui natura e cultura ci contrappongono) e quella minoritaria (in cui natura e cultura convergono) verranno ricondotte a un minimo comune multiplo, dalla cui implosione, forse, trarremo qualche insegnamento.

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Repressione e sfruttamento

(A) La corrente secondo cui natura e cultura si contrappongono in realt duplice. Ci sono due modi in cui natura e cultura si scontrano: lobiettivo della cultura pu essere o (A1) quello di reprimere la natura malvagia delluomo oppure (A2) quello di sfruttare al meglio la malvagit della natura umana in una direzione insperata. Il punto fermo per entrambi i modi rimane la qualit della natura umana: che si tratti di un germe mai estirpato di bestialit, di ferocia o di selvatichezza, oppure che si tratti di un peccato o di una colpa originali commessi in epoca primordiale o fuori dal tempo, in ogni caso un elemento corrompente impedisce alluomo di vivere dando libero corso alla propria natura. Infatti tale natura appare, per cos dire, come innaturale: se il resto dei viventi pu prosperare assecondando le caratteristiche naturali che pi gli sono proprie e obbedendo agli istinti che una natura pura gli ha scritto nel DNA, al contrario la natura uma na non sembra permettere una pratica analoga. Accettando la contrapposizione di natura e cultura, indipendentemente dalla modalit dello scontro (la repressione o lo sfruttamento), si dice sovente che luomo lasciato a se stesso non combinerebbe nulla di buono, ma ricadrebbe assai facilmente nella barbarie, smarrirebbe lordine civile e affonderebbe nel caos fatale dellanarchia preistorica (riaffiorante talvolta, si dice in tono di rimprovero, nel Medioevo e nel Far West)2. Con questo presupposto, oggi pi che mai siamo atterriti di fronte alla possibilit che icontrolli vengano meno o si allentino, che la sorveglianza da parte di chi presiede lordine civico abbia dei punti ciechi, giacch ogni occasione sembra buona per lerompere della bassezza della natura umana. Si possono citare alcuni esempi letterari, storici, filosofici e persino scientifici improntati a questa visione. Ribadendo la medesima contrapposizione tra natura e cultura e il medesimo timore, nel romanzo Il signore delle mosche (1954) William Golding racconta come un gruppo di bambini inglesi naufragati su unisola deserta degeneri rapidamente nellorrore presociale e nelle logiche perverse della superstizione: i bambini, che rappresentano per antonomasia unumanit a digiuno di cultura e vicina alla natura, risultano nondimeno i pi suscettibili a regredire nellelemento barbarico e nella spietatezza, qualora non si ostacoli il marchio di Caino o lintrinseca malvagit dellessenza umana e qualora manchino la guardia e la punizione pedagogica degli adulti. Il romanzo si chiude con due ammonimenti: con quello da parte dellufficiale di marina

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che, dopo aver trovato i bambini superstiti, esterna loro la sua delusione nel costatare tra inglesi un simile degrado di maniere; e con quello da parte del narratore che si rivolge al lettore con queste parole: In mezzo a loro, col capo sudicio, i capelli sulla fronte e il naso da pulire, Ralph [il protagonista] piangeva per la fine dellinnocenza, la durezza del cuore umano, e la caduta nel vuoto del vero amico, lamico saggio chiamato Piggy [il bimbo grassoccio ucciso dai barbari lattanti].

I due sistemi con cui la cultura contrasta la natura, ossia la repressione e lo sfruttamento, considerano unanimemente lessere umano come contrassegnato senza scampo dalla malvagia perversione e dallegoismo innato. Quando Tucidide ne La guerra del Peloponneso descrive la guerra civile (la stasis) di Corcira, in realt rappresenta la corruzione a cui sottoposta la civilt una volta che la natura umana sia lasciata a briglie sciolte e il potere costituito non vi ponga pi freno. Quando, prima di Tucidide, Esiodo racconta nella Teogonia in quale modo Zeus instaur lordine sullanarchia individualistica dei Titani, in realt ci sta parlando della natura titanica gli uomini. E anche Platone, quando riporta nel Fedro il mito della biga alata e nella Repubblica il discorso politico a grandi lettere, spiega che se nellanima delluomo il giogo della parte razionale (cio dellauriga della biga o del governatore filosofo della citt) si allenta, allora la meschinit della parte concupiscibile prende il sopravvento e vanifica le conquiste sociali e culturali della civilt3. Tradizionalmente il contrasto tra natura e cultura pu essere risolto in soli due modi: (A1) o la cultura vale come camicia di forza in grado di reprimere la natura malvagia delluomo, fondando su tale repressione lo Stato, (A2) oppure essa vale come arte di incanalamento di tutta

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lenergia distruttrice volta per in positivo, fondando cos la vita civile sullo sfruttamento razionale dellegoismo, anzich sulla sua repressione. (A1) Nel caso della repressione della natura da parte della cultura, lo Stato potr essere retto da una monarchia assoluta se un despota prevale sulla lotta disgregatrice dei poteri privati, o in alternativa potr essere retto da una repubblica se la costituzione prevede il bilanciamento dei poteri dei vari ceti sociali e dei vari individui contro legoismo privato. (A2) Nel caso invece dello sfruttamento della natura da parte della cultura, lo Stato sar istituito sulla base di un calcolo razionale egoistico che sancisce lutilit e il vantaggio delle gerarchie, delle divisioni sociali e dellapparato statale come baluardi contro linferno anarchico.

I Padri Fondatori, Hobbes e i salassi

(A1) Pi di ventanni prima di scrivere il Leviatano (1651), nel 1628 Thomas Hobbes aveva gi tradotto in inglese lopera del suo maestro: La guerra del Peloponneso di Tucidide. Ed proprio parafrasando Tucidide che Hobbes formula la massima della sua filosofia politica: homo homini lupus (luomo un lupo per laltro uomo4). Per Hobbes, infatti, luomo persegue in ogni modo il proprio interesse personale a scapito di tutti gli altri5. Nella guerra presociale del tutti contro tutti (bellum omnium contra omnes), luomo segnato da un tarlo che non riguarda gli altri animali: poich egli dominato dallinfinit del desiderio e poich c una penuria cronica dei mezzi per soddisfarlo, luomo costretto a usare violenza contro laltro uomo al fine di massimizzare le proprie risorse.

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Spinto dalla paura, per, luomo inizia a ragionare e a capire che la via pi efficace per sopravvivere porre fine alla guerra di tutti contro tutti e di porre un limite al proprio desiderio, per quanto sia impossibile estirpare legoismo dal cuore delluomo. Lunico modo per superare linferno anarchico cedere il proprio diritto naturale, cio il diritto allimmediato perseguimento del proprio interesse, a favore di un terzo (unassemblea o, molto meglio, un monarca) che disarmando tutti possa difendere la societ neonata dalle spinte egoistiche. Dunque la cultura, che segue allo stato naturale, sorge dalla paura e funge da argine razionale contro listinto predatore e antisociale della natura umana. Circa mezzo millennio prima delle opere di Hobbes, nellItalia rinascimentale sorgevano le prime repubbliche egualitarie fondate sul convincimento delluguaglianza tra gli uomini e sulla loro capacit legislatrice: sia che la natura umana fosse concepita come intrinsecamente buona o adamitica, sia come intrinsecamente predisposta alle virt civiche, gli uomini rinascimentali repubblicani ritenevano superflua la sudditanza a un principe, poich il compito della legge pareva loro quello di garantire linteresse di tutti i cittadini. Era in voga lidea espressa nella Politica di Aristotele secondo cui gli uomini devono essere a turno governanti e governati, in modo che larmonia tra le parti sia conservata. (A2) Nella repubblica fiorentina Leonardo Bruni (1370-1444), umanista di grande fama e cancelliere della citt nel primo Quattrocento, si opponeva caparbiamente al cesarismo. Egli riteneva che una repubblica potesse durare a lungo soltanto se la contrapposizione degli interessi, che naturalmente si genera allinterno di una citt, venisse istituzionalizzata anzich combattuta. Niccol Machiavelli (1469-1527), vissuto un secolo dopo Leonardo Bruni, consolid lidea della stabilit di uno stato ottenuta dalla lotta tra gli interessi partigiani, e anzi fece di questa lotta una vera e propria virt. Grazie a questi pensatori diventa sempre pi chiaro il passaggio da una repubblica volta alla repressione della natura umana malvagia a una repubblica che sfrutta la malvagit di questa natura trasformandola in virt. Secondo Machiavelli i sudditi, tanto in repubblica quanto in monarchia, rimangono essenzialmente immorali, ma in ambiente repubblicano tale malignit pu produrre effetti positivi e assicurare linteresse comune.

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Quarantanni dopo Machiavelli, Bernardino Telesio (1509-1588), ispirandosi ad Anassimandro, trasform linteresse personale in principio naturale della dinamica delluniverso. Con tale estensione la coerenza del Tutto, ottenuta da una conflittualit auto-regolata degli interessi, raggiungeva una portata non solo politica ma addirittura cosmica. Dunque in questottica la rincorsa egoistica dellindividuo non era semplicemente il male da sedare e da chiudere in gabbia (da reprimere), ma lunica strategia di composizione armonica degli esseri (da sfruttare). Dopo lapplicazione della strategia di sfruttamento dellegoismo virtuoso ai campi delletica, della politica e della metafisica naturale, allappello manca solo un campo: quello economico. Con la sua teoria della mano invisibile, lo scozzese Adam Smith (1723-1790) rispose a questappello ponendosi nella scia aperta dai suoi predecessori rinascimentali. Secondo lui linteresse economico generale si sarebbe realizzato spontaneamente, se ognuno si fosse occupato dei propri interessi particolari. Il discorso fatto finora non campato in aria n esteriore rispetto alla vita sociale, civile e politica che noi tutti, volenti o nolenti, ogni giorno conduciamo. Se anche le argomentazioni e i presupposti portati qui al vaglio non significassero niente per noi, non possiamo comunque ignorare che la tanto celebrata democrazia statunitense, modello per ogni altra democrazia contemporanea e modello di vita ormai copiato in tutto il mondo da decenni, si fonda storicamente e filosoficamente proprio sulle argomentazioni e sui presupposti di cui andiamo discorrendo.

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John Adams (1735-1826), redattore della Dichiarazione di Indipendenza, vicepresidente al fianco di George Washington e secondo presidente degli Stati Uniti (1797-1801), era senza mezzi termini un ammiratore di Tucidide e di Hobbes. Non era lunico, visto che circa tutti i capi della rivoluzione americana e i padri fondatori erano impregnati della retorica classica latina e greca sulla natura umana. Basti pensare per esempio che Thomas Jefferson (1743-1826), terzo presidente degli Stati Uniti (1801-1808), immaginava che il tema della schiavit avrebbe scatenato nel paese una sorta di guerra del Peloponneso tra commercianti del Nord (gli Ateniesi) e agricoltori del Sud (gli Spartani). Dunque il fosco pessimismo degli antichi, la cupa visione della tradizione calvinista e il realismo feroce di Hobbes influenzarono profondamente la visione dei padri fondatori statunitensi, per i quali la guerra la condizione naturale dellumanit e lo spirito umano ben pi incline al male che al bene. Sintomatica di questo clima laffer mazione del quarto presidente degli Stati Uniti (1809-1817), James Madison (1751-1836): se gli uomini fossero angeli, non ci sarebbe bisogno di alcun governo. Ma angeli non sono e pertanto il governo assolutamente necessario affinch le malvagit dei pi siano incanalate e fatte fruttare. Lo stesso Madison giudicava fondamentale per lazione di governo tutelare la propriet privata dalla furia democratica delle masse indisciplinate ed essenzialmente malvagie. Il popolo era s il depositario della sovranit, ma non doveva in nessun caso governare: il modello ammirato da Madison, da Adams e da Alexander Hamilton, primo segretario del tesoro statunitense e volto prestato alle banconote da 10 dollari, era quello di Polibio, storico greco del II secolo a.C.: unaristocrazia per natura deve tenere in scacco una Camera bassa eletta dal popolo. La soluzione a cui di fatto si giunse fu quella dellequilibrio dei poteri in modo che un potere, un interesse e una passione si opponessero a un altro potere, a un altro interesse e a unaltra passione. In questa scelta i padri fondatori erano incoraggiati dalle teorie cosmologiche dellepoca ispirate al modello razionale newtoniano, ove le forze celesti rimangono in stabile equilibrio tra loro: lideale era dunque quello di creare un ordine politico ispirato ai semplici principi della natura. Il modello della giustapposizione delle forze non era solo cosmico e politico, ma anche fisiologico: Benjamin Rush, firmatario della Dichiarazione di Indipendenza e medico, diffuse in ambito clinico la pratica dei salassigrazie ai quali sembrava possibile curare la cosiddette febbri con il ripristino dellequilibrio fisiologico del corpo.

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Nel XX secolo ormai lidea che legoismo sia iscritto nel DNA delluomo pare un assunto indiscutibile, al punto che alcuni sociobiologi rincorrono il cosiddetto gene dellegoismo. Ma a differenza dei secoli precedenti, legoismo non visto semplicemente come un istinto da reprimere o unoccasione da sfruttare, bens si presenta come la condizione della libert umana: quello che un tempo era il peggio di noi stessi, diviene infine il nostro lato migliore poich rappresenta la capacit da parte di ognuno di agire nel proprio interesse. Tutte le politiche liberiste e neoliberiste, ossia le politiche oggi dominanti, battono sempre su questo punto.

Biologismo e culturalismo

(B) Nondimeno tanto le politiche quanto le idee vigenti non sono le uniche possibili. La storia della cultura occidentale ha prodotto anche unalternativa illustre, bench perdente, attorno al rapporto tra natura e cultura. Anzich antagoniste, esse possono pensarsi come sovrapponibili: la natura una struttura biologico-culturale in divenire e la cultura un fattore determinante la natura, in modo tale che esse si codeterminano. Se il primo corollario dellopposizione tra natura e cultura era lincommensurabilit tra mondo animale e mondo umano, tuttavia oggi assodato che in molte regioni del pianeta sono esistite ed esistono tuttora societ ove umani e non umani non sono incomparabili n rispon dono a principi differenti. In queste societ uomini e animali (o piante o rocce ecc.) non stanno in nicchie ontologiche distinte, ma hanno i tratti caratteristici della persona. Gli enti che abitano il cosmo non

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vengono affatto oggettivati e enticizzati, ma comunicano da pari con gli esseri umani in senso stretto: tra la sfera umana e la natura sinstaura una vera e propria relazione sociale. Se anzi nel mondo occidentale il cosmo senzanima e impersonale, lunica persona non umana che insiste il Dio cristiano. Sappiamo molto bene, per, che il cristianesimo e prima di lui lebraismo si sono distinti dalle cosiddette religioni pagane per la condanna delladorazione della natura: il dio biblico diventa trascendente e da un punto di vista ontologico taglia i legami con il mondo materiale. Nelle Confessioni SantAgostino interroga le cose del mondo sullidentit di Dio, ma ciascuna risponde: non sono io. Secondo la stessa logica, ne La citt di Dio Agostino condanna le dottrine panteistiche argomentando che se Dio fosse in ogni cosa, a ogni passo pesteremmo un pezzo di Dio e a ogni pranzo uccideremmo un pezzo di Dio. La stessa considerazione, giudicata da Agostino empia, invece presso i Maori la prima delle verit: a ogni passo, luomo lascia la sua impronta sulla Madre Terra, a ogni abbattimento di alberi e a ogni caccia, luomo ferisce la Madre Terra. Luniverso maori, infatti, costituito di persone discendenti dai primi genitori divini, la Terra e il Cielo: ogni cosa vivente e non vivente possiede quindi una precisa genealogia che imparenta tra loro tutti i membri della famiglia cosmica. Quel che voglio dire questo: perlopi lOccidente ha pensato luomo come invischiato, in parte o completamente, nella natura animale, considerata malvagia ed egoista con le conseguenze che abbiamo visto; ma esistono concezioni per le quali, al contrario, sono gli animali insieme al resto dei viventi a possedere una natura umana. Il medesimo rispetto dimostrato per un uomo, anzi per un membro della propria famiglia, deve essere cos dimostrato per ogni vivente. Molte delle societ che adottano una visione del genere fanno a meno dei con cetti di animalit e di bestialit.

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Se per costoro il lato feroce della natura non caratterizzante n per lessenza delluomo n per quella dellanimale, i quali hanno una natura comune, al contrario ne Il disagio della civilt il padre della psicanalisi Sigmund Freud riprende a chiare lettere ladagio homo homini lupus, riallacciandosi a Hobbes, ad Agostino e a Tucidide: come per Agostino i bambini sono innocenti non per volont ma per impotenza, cos per Freud nel bambino si annidano i primitivi istinti antisociali e aggressivi che, potremmo dire, se non vengono repressi da un superio padre-padrone o in generale dalla cultura, innescano quel processo catastrofico che conduce allanarchia o alla situazione deprecabile dei monelli de Il signore delle mosche. In moltissime culture extra-europee, per, i bambini non sono affatto considerati come mostri da addomesticare. In breve, lo scontro sulla relazione tra cultura e natura sincentra su questo punto: (A) la corrente che giudica cultura e natura avversarie, e per cui il sottofondo naturale delluomo malvagio, assume la cultura come una struttura repressiva o sfruttatrice della natura umana;

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(B) la corrente che giudica cultura e natura contigue e congeneri, e per cui lo sfondo naturale delluomo e del cosmo la socialit, assume la cultura come un processo di crescita della natura umana. In un caso il bambino appare freudianamente come un mostro, nellaltro come una persona (un abitante del cosmo) non ancora completa. Possiamo riassumere questa alternativa utilizzando due termini: la prima corrente biologista, la seconda culturalista. Ci significa che per la prima, quella occidentale e vincente, nelluomo c una animalit da sopraffare, mentre per la seconda, quella diffusa in varie parti del mondo ma perdente nella cultura occidentale, nelluomo c una umanit in divenire. Finora ho detto che in Occidente il culturalismo stato minoritario: ma in che senso? Nel sottobosco della sapienza occidentale si pi volte aggirata una concezione che valuta la cultura come lo stato originale dellesistenza umana e la biologia come lo stato soltanto secondario. Questidea riemersa ultimamente in campo antropologico con la scoperta che la cultura umana molto pi antica dellhomo sapiens: poich la cultura risale a circa 3 milioni di anni fa e lattuale forma umana risale invece a circa 400 mila anni fa, la cultura deve aver influenzato lo sviluppo anatomico dellhomo sapiens. In altre parole: per quasi 3 milioni di anni gli uomini si sono evoluti biologicamente in base a una selezione culturale. Da questa prospettiva la cul tura la natura umana, e si pu anche dire che lumanit leffetto culturale sulla nostra animalit6. Qui e l esistono degli antecedenti filosofici per il culturalismo: a esempio, lo stesso Platone affermava che il nomos (la legge e quindi la cultura) precede la physis (la natura) sia da un punto di vista ontologico che cronologico. Anche Pico della Mirandola (1463-1494) con il suo Discorso sulla dignit delluomo del 1486 riteneva che luomo fosse stato creato con una natura indefinita, cio in divenire e aperta allautoplasmazione culturale. La questione centrale per la nostra discussione non quindi stabilire se da un punto di vista biologico la natura umana sia buona o malvagia, come invece hanno tentato di fare nel corso della storia i vari critici della posizione di Hobbes & Co.; piuttosto il problema il biologismo in s, cio lidea che la natura biologica preceda e determini lessere delluomo. Possiamo annoverare tra i culturalisti anche Marx e Bakunin. Con i dovuti distinguo, per entrambi lessenza delluomo risiede nei rapporti storico-sociali: questa la materia del materialismo storico. Le spie-

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gazioni biologiste sono chiamate da Marx robinsonate, cio falsi scenari in cui saggirano falsi uomini naturali. Sia per Marx che per Bakunin luomo dotato di unessenza in divenire, che si autocrea attraverso lazione sociale: luomo deve acquistare la pienezza attraverso un processo culturale, sociale e politico che pretende una rivoluzione economica. Il sistema capitalistico la causa del pervertimento o dellalienazione della natura umana e deve essere abbattuto per far spazio allautenticit dellUomo. In merito alla natura umana, lunica differenza rilevante tra il comunismo di Marx e lanarchismo di Bakunin la collocazione della pienezza essenziale delluomo: per Marx essa si situa a monte del processo rivoluzionario e guida il proletariato alla riconquista di s, per Bakunin essa perlopi ignota e si pone a conclusione del processo rivoluzionario, quasi come una rivelazione che si render manifesta solo dopo lannientamento dello status quo espropriante.

Contro lumanismo

Veniamo ora alla conclusione. (A) Il biologismo quella concezione intorno alla natura umana che investe la cultura del compito di sopraffare lanimalit congenita alluomo, secondo la duplice possibilit della repressione e dello sfruttamento della natura umana malvagia. (B) Il culturalismo invece laltra concezione che ritiene la natura delluomo indistinguibile dalla sua cultura e che quindi vede come compenetrantisi i due elementi tradizionalmente antagonisti, poich la cultura viene investita del compito di sviluppare lumanit nel suo divenire.

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Potremmo anche affermare che il (A) biologismo si preoccupa di ricercare il proprio delluomo, cio di scrostare al di sotto della patina animale, del marchio di Caino o dellintrinseco egoismo, una propriet superiore che faccia delluomo naturale, cio bestiale, un Uomo a tutti gli effetti, cio un uomo civile. Su questa falsa riga, (B) il culturalismo si preoccupa invece di ricercare la pienezza delluomo, di guidare luomo l dove non ancora giunto (secondo quanto prescritto da un progetto di Uomo ben preciso) e di renderlo cos un Uomo vero e proprio, un Uomo come si deve, reale o immaginario che sia. Ambedue i programmi, tuttavia, quello biologista e quello culturalista, ritengono luomo un essereinsufficiente: sottolineano in lui una carenza specifica che lo allontana dallumanit propria o piena. come se dicessimo: luomo non propriamente un Uomo finch leducazione culturale non seda in lui la sua natura animale (questa la varian te biologista), oppure luomo non pienamente un Uomo finch la cultura non lo plasma a immagine di una certa idealit di uomo (questa la variante culturalista). Per quanto io creda che lalternativa culturalista sia da preferire a quella biologista, comunque tanto luna quanto laltra, se rispondono alla logica dellappropriazione o del riempimento, rappresentano ancora due istanze perfettamente umanistiche e quindi metafisiche, per le quali esiste la ricetta incontrovertibile dellUomo. La pretesa dellumanismo di scavare e in pari tempo di colmare il buco metafisico nellessere delluomo, ma questa pretesa in quanto tale illusoria. In ambito filosofico lumanismo cos inteso ormai ampiamente superato: in particolare, Nietzsche ha smascherato linsensatezza e la violenza dellumanismo del proprio insinuando il dubbio sullesistenza dellUomo; e Bataille daltronde ha reso paradossale lapprofondimento della pienezza delluomo nella ricerca della esperienza interiore, facendo implodere la pienezza delluomo sovrano nel vuoto assoluto. Infine, se sicuramente inconsistente lidea di una natura umana biologicamente malvagia o buona, nondimeno lo anche lidea di una cultura volta al perfezionamento dellessere umano, poich nella storia e nella preistoria decretare lEssenza dellUomo ha sempre comportato due azioni violente non escludentisi: (A) la sottomissione dei non propriamente umani, o addirittura il loro sterminio; (B) lesclusione dei non pienamente umani dal cerchio civile, o addirittura la loro reclusione. Se in ci riconosciamo, oltre che qualcosa di infonda-

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to, anche qualcosa di spregevole, allora dovremo fare a meno dei due grandi paradigmi che, sancendo la malvagit della natura umana o la santit della cultura, condannano senza riserve linferno dellanarchia.
==== 1 Per approfondire i temi affrontati si veda, ad esempio: Agostino, Le confessioni, Einaudi, Torino 2005; Agostino, La citt di Dio, Bompiani, Milano 2001; M.A. Bakunin, Stato e anarchia, Feltrinelli, Milano 2000; G. Bataille, Lerotismo, ES, Milano 2009; Id.,Teoria della religione, SE, Milano 2008; Esiodo, Teogonia, Mondadori, Milano 2004; M. Foucault, Sorvegliare e punire, Einaudi, Torino 2005; S. Freud, Il disagio della civilt, Einaudi, Torino 2010; W. Golding, Il signore delle mosche, Mondadori, Milano 2001; Th. Hobbes,Leviatano, Laterza, Roma-Bari, 2008; Id., De cive, Editori Riuniti, Roma 2005; K. Marx, Manoscritti economicofilosofici del 1844, Einaudi, Torino 2004; F.W. Nietzsche, Umano, troppo umano, Newton & Compton, Roma 2010; Id., La volont di potenza, Bompiani, Milano 2001; M. Sahlins, Un grosso sbaglio. Lidea occidentale di natura umana, Eluthera, Milano 2010; Tucidide, La guerra del Peloponneso, Mondadori, Milano 2007. 2 A riguardo, si veda anche nella filmografia il filone cosiddetto post-apocalittico, da Mad Max. Oltre la sfera del tuono a La strada, da The book of Eli [tradotto in italiano come Codice Genesi] a 28 giorni dopo, ecc. 3 Coerentemente con la sua fisiologia dellanima, Platone ritiene che il punto pi basso tra le modalit di organizzazione sociale sia la democrazia, la quale per somiglia a una forma radicalmente deteriore di anarchia in cui non esiste un potere in grado di frenare le pulsioni delluomo. 4 Questa formulazione precisamente di Plauto. 5 Lindole naturale degli uomini tale scrive che, se non vengono trattenuti dal timore di una potenza comune, diffidano luno dellaltro e si temono a vicenda (De cive) 6 Questa la tesi attorno a cui ruota lintero saggio di M. Sahlins, Un grosso sbaglio. Lidea occidentale di natura umana, Eluthera, Milano 2010, p. 123.

INFORMATICA

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INFORMATICA
Codice libero. Stallman e il software libero
TOMMASO SCAPPINI

Da alcuni anni disponibile in traduzione italiana la biografia di Richard Stallman scritta da Sam Williams. Richard Stallman il fondatore del progetto GNU nonch grande promotore della Free Software Foundation. In breve Stallman il pioniere di un concetto decisivo per la diffusione della cultura digitale e non: il copyleft. Questo concetto sovverte i canoni tradizionali della cultura occidentale moderna, imperniata intorno all'idea del "diritto d'autore" e alla soggettivit autorale. In altre parole Richard Stallman in ambito informatico (ma non solo, poich il copyleft una licenza che investeogni ambito della cultura e della fruizione della cultura) quello che Nietzsche, Heidegger e Derrida sono stati per la filosofia: gli sgretolatori della metafisica. La biografia di Sam Williams ripercorre le tappe salienti della vita di Stallman e tratteggia gli eventi decisivi per la formazione delle sue idee rivoluzionarie nel campo dell'informatica. La biografia si ferma al 2002, anno di pubblicazione del libro, ma senz'altro il miglior inizio per comprendere il successo del decennio successivo.

CODICE LIBERO. STALLMAN E IL SOFTWARE LIBERO

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Come c'era da aspettarsi da una biografia sull'inventore delle licenze libere (come il copyleft e la GPL), il libro liberamente scaricabile in formato elettronico e riproducibile con ogni mezzo. Questo rientra nell'intento "virale" di diffusione della cultura e delle idee insito nel pensiero di Stallman. Per questa ragione posso tranquillamente riportarvi non solo il primo capoverso della prefazione, ma (sotto) l'intero volume comodamente sfogliabile: Prefazione successo raramente nella storia, ma successo, che in un momento in cui sembrava che le regole del gioco fossero immutabili, che i vincitori fossero imbattibili e i perdenti senza alcuna possibilit di riscatto, un uomo solo, assolutamente privo di potere, ricchezze, fama, bellezza, amicizie, un uomo qualunque della specie innumerevole dei perdenti, riuscisse a sovvertire le regole del gioco e a far saltare il banco. La storia raccontata in questo libro la storia di uno di quegli eventi rari ed la storia di un uomo eccezionale che nasce perdente e diventa vincente, che non bello ma affascinante, che non simpatico ma adorato come un dio; non ha amicizie vere ma conta migliaia di ammiratori; mette i lunghi capelli in bocca o nel piatto ove sta mangiando ma conteso ospite alla tavola dei ricchi e dei potenti; non sorride mai ma si traveste da santo mettendosi in testa, a mo di aureola, la superficie attiva di un hard disk della prima generazione; non ha i soldi per pagarsi una cena al ristorante ma ha sconvolto un mercato da migliaia di miliardi di dollari. [segui il link per sfogliare il volume]

RECENSIONI

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RECENSIONI
Lo Hobbit, l'inizio della fine
RAMONA BORGAZZI

Sono passati otto anni dallultimo episodio della trilogia del Signore degli anelli, Il ritorno del Re. In questi anni molte sono state le voci riguardo ad un film-ponte tra la saga di Tolkien e il suo primo romanzo. Eccolo ora nelle sale dopo anni di lavoro per il regista Peter Jack son: Lo Hobbit, direi parte prima o primo capitolo, un condensato della vita del personaggio Bilbo Baggins che decide sotto consiglio di Gandalf di partecipare ad un Viaggio inaspettato insieme a tredici nani verso Erebor, la citt sotto la Montagna occupata dal drago Smaug. Con questo episodio si ritorna indietro nel tempo di sessantanni, a quando lo zio di Frodo trova lanello di Gollum. Seguendo il romanzo anche nei dettagli pi nascosti, le scene sembrano quasi inseguirsi senza lasciare un attimo di tregua allo spettatore, fino a quando a quasi tre ore di proiezione (in inverno al caldo di una sala affollata) il film si tronca. Qui c la fregatura, uno pensa. E pensa giusto. Nuovamente una trilogia che tenta di sbancare i botteghini e affascinare i cine-lettori fantasy. Vero. Peccato che nella prima ora moralista il regista sia pi preoccupato della cena tra i canti nanici che della vita di Bilbo, lo hobbit appunto. Il film ha quasi il sapore di un Cartoon, tra nani che lavano piatti e organizzano la spedizione durante un banchetto, e rimane mediocre se il messaggio che ci vuole lasciare Il mondo non sta nelle

LO HOBBIT, L'INIZIO DELLA FINE

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tue mappe o nei tuoi libri, ma l fuori. Quasi come un consiglio rivolto allosservatore che dice: non passare il tempo chiuso sui libri, ma esci a vivere quello che c fuori, o come direbbe Gandalf non prendere troppi funghetti, vivi ora. Effetti speciali suggestivi e unici nella versione 3D, ma comunque apprezzabili nel 2D. Tutti i personaggi del mondo fantasy sono molto ben strutturati e ambientati, bellissimi i Troll che inforcano i nani. Tutto sommato, partendo dalla consapevolezza che ci saranno altri due episodi, questo film la giusta preparazione alla nascita della saga del giovane Frodo, che anche in questa occasione compare in una sorta di cornice dellazione, proprio per aiutare Bilbo a preparare una festa prima di lasciare...

...ma questo un altro episodio, probabilmente nelle sale tra un annetto.

Il centopiedi umano
TOMMASO SCAPPINI

The Human Centipede (First Sequence) un film horror olandese del 2010, scritto, diretto, sceneggiato e prodotto da Tom Six. Il titolo in inglese (significa: Il centopiedi umano Prima sequenza) perch nessun distributore italiano si preso la briga di tradurlo n di doppiare la pellicola. Pertanto gli interessati a questo film nauseante saranno

IL CENTOPIEDI UMANO

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costretti a sopportarlo tutto in inglese, con inserti in tedesco e in giapponese, e semmai con l'ausilio dei sottotitoli italiani (qui il link al torrent). La trama scandalosamente esigua: il Dr. Heiter, chirurgo tedesco di fama mondiale, esperto di operazioni sui gemelli siamesi, ha allestito nel seminterrato della sua lussuosa villa, immersa nella Foresta Nera (l'ubicazione incerta), un laboratorio personale ove tenta di realizzare la propria utopia chirurgica collegare esseri umani anzich separarli.

Perch guardare il film

Non si pu dire che alla pellicola manchino il carisma n una certa originalit. Inoltre un film a basso budget la cui resa, per, notevole. Ci sono solo sette attori in tutto, una casa splendida immersa nel bosco, un camion e un paio di auto. L'ispirazione che anima la trama deriva probabilmente da alcune suggestioni di cronaca nera, nonch dalla figura storica di Josef Mengele, il medico nazista che fece esperimenti su umani ad Auschwitz. Gli echi cinematografici invece vanno rintracciati nei primi film di David Cronenberg e negli horror giapponesi, nonch in Sal o le 120 giornate di Sodoma di Pasolini. La pellicola, inoltre, ha ricevuto anche riconoscimenti ufficiali in alcuni festival internazionali: London FrightFest Film Festival, Leeds International Film Festival, Sitges Film Festival, Screamfest Horror Film Festival.

Perch non guardare il film

D'altra parte The Human Centipede non del tutto classificabile come film horror. Infatti l'emozione che attanaglia lo spettatore non la paura, ma lo schifo che non un'emozione ma una mera sensazione. Anche chi si fosse gi cimentato con pellicole disgustose del calibro di Nekromantik o The Toxic Avenger o La casa dei 1000 corpi o Cannibal Holocaust solo per citarne alcuni prover comunque un senso superiore di nausea alla vista delle funzioni fisiologiche del Centopiedi umano. Se suscitare schifo in chi guarda era l'obiettivo del regista, allora il film riuscito. Tuttavia dovremmo supporre in tal caso che lo spettatore sia un masochista.

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Scrivere una recensione su una cosa del genere davvero difficile: dopo lo sforzo necessario per arrivare alla fine, si rimane letteralmen te senza parole. Se c' infatti un film che poteva essere evitato (siamo chiari per: tra i molti film che potevano essere evitati...), senz'altro uno questo. Perch allora non ho smesso di guardarlo dopo i primi venti minuti? Innanzitutto perch obiettivamente girato bene e gli attori sono all'altezza della situazione priva di senso in cui vengono a trovarsi, inoltre perch il regista ha sfruttato finemente la morbosit della psiche umana. Chi sufficientemente smaliziato in fatto di obbrobri, vuole arrivare in fondo. E vi giunge come a una liberazione. (Chi me l'ha consigliato, per, stato coperto di non pochi vituperi...).

Per gli arditi

Tuttavia si pu fare di pi, essere pi testardi e coraggiosi. Si pu guardare il seguito, The Human Centipede 2 (Full Sequence), uscito nel 2011, diretto e prodotto sempre da Tom Six (link per eMule/aMule; link al torrent).

Se il primo era vietato ai minori di 18 anni, il secondo capitolo della saga del centopiedi umano non ha ottenuto neppure questo certificato dalla BBFC (British Board of Film Classification), in quanto ritenuto troppo offensivo, osceno e indecente. Alla fine, nell'ottobre 2011, dopo alcuni tagli di scene insostenibili, la pellicole ottiene l'agognato

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18 Certificate. Il secondo capitolo del Centopiedi umano ha quindi un posto d'onore tra i film recensiti in bloody-disgusting.com, il sito pi popolare per la filmografia horror. Chi a malapena ha tollerato la nausea del primo, non avr stomaco per seguire la non-trama, la depravazione, la patente perversione sessuale e psichica che animano il secondo atto di quella che si annuncia addirittura come una trilogia. Dobbiamo ringraziare il secondo capitolo di almeno un'accortezza: in bianco e nero. Primo e secondo capitolo del Centopiedi umano rappresentano film inutili: un'affermazione con grosse implicazioni teoretiche perch ci obbligherebbe a riflettere sull'utilit e sulla natura dell'arte cinematografica in generale. Nondimeno, chi avr l'ardire di lasciarsi nauseare dalle pellicole in questione, per altro curatissime, non chieder conto della mia affermazione e ne sar persuaso. Buona visione, se cos vi pare.

LETTERATURA
Una polemica in versi. (Ri)Vedere Pasolini oggi
FILIPPO AGOSTINO

A 37 anni dalla morte Pasolini non smette di guardarci. Ma davvero giustificabile questa sua testardaggine? Dobbiamo ancora sostenere quello sguardo profondo e accusatorio, o faremmo meglio a sconfiggere la malia, e distogliere gli occhi da quellabisso? Perch insistere nella ricerca di uneredit fruttuosa nelle parole di Pasolini?

UNA POLEMICA IN VERSI. (RI)VEDERE PASOLINI OGGI

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Tenta di spiegarcelo da Roma lassociazione culturale Teorema con PPP. Una polemica inversa. E lo fa proprio con le immagini. Lesposizione infatti raccoglie il tentativo di alcuni artisti italiani di rielaborare lopera poetica di Pasolini attraverso il mezzo visivo. Ecco il punto: lopera poetica. Gli artisti invitati a esporre non si ispirano agli Scritti corsari, nei quali il poeta dimostra tutta la sua abilit di polemista, mai sterile ma intelligente e sottile; nemmeno al cineasta corrosivo e anticonformista, accusato di oscenit e che pure avrebbe ancora oggi molto da dire. Gli splendidi fotogrammi del Decameron o le terribili atrocit di Sal si sarebbero adattati perfettamente alla creativit visiva degli artisti esposti. Ripeto, forse sarebbe stato pi consono alla confusione dei nostri giorni ripescare il fustigatore dei costumi (politici) italiani, forse anche il romanziere popolare o populista. Invece, ecco la poesia. Quindi si ripresenta il dubbio iniziale: se mai le parole (a questo punto poetiche) di Pasolini possano ancora avere orecchi, al di l di quelli dei consumatori ostinati di letteratura e cinema; e se s, perch. Per un futuro migliore, sostiene Achille Bonito Oliva, membro del comitato scientifico della mostra. Va bene, ottima espressione, fiduciosa, ma imbevuta di una certa retorica sclerotizzata della cultura come salvezza del mondo, che sinceramente alquanto esagerata. O al meno tale asserzione prevede che la poesia possa garantire un futuro migliore, cosa che personalmente metto in dubbio. Ma per specificare meglio, e concretizzare lespressione vacua di Bonito Oliva, possiamo scovare quello che potrebbe essere il vero senso nascosto di una riproposta artistica della poesia di PPP. Futuro migliore soprattutto futuro consapevole. Senza la consapevolezza di ci che riteniamo di essere, di ci che speriamo di diventare, non c futuro; come non c senza la coscienza della struttura alla quale siamo sot toposti, dalla quale siamo schiacciati: la logica del potere, le pressioni della societ, il perbenismo e il buoncostume, la trasgressione conformista e il conformismo trasgressista. Quanto siamo consapevoli di tutto ci? Quanto siamo agiti e non agiamo? Siamo davvero coscienti di vivere? Tutte queste patetiche interrogazioni retoriche per giungere al pi grande degli insegnamenti di Pasolini: la resistenza mentale alle oppressioni. Pensate alle composizioni di Le ceneri di Gramsci (1957), fino al pi tardo Trasumanar e organizzar (1971), come lautoanalisi dellinteriorit di Pasolini ne svela le contraddizioni, e allo stesso tempo mostra, spietata, quelle della societ; la ricerca disperata della vitalit, da opporre strenuamente alla carcerazione dei valori borghesi,

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allalienazione angosciosa delluomo-massa, al nuovo fascismo e alla sua omologazione brutalmente totalitaria. Il linguaggio poetico sfugge alle etichette, alle gabbie di rigide prese di posizione, appunto contraddittorio e per questo pi adatto a sviscerare una realt come la nostra. Rispetto al rigore militante degli Scritti corsari, legati alla attualit, la poesia di P. pi disinvolta nel comunicare con noi, fuori dalla tirannia del giudizio. Ma lesposizione non unantologia delle poesie di PPP; uninterpretazione visiva. Unoperazione del genere (al di l del mero omaggio artistico), si inserisce in una delle peculiari inquietudini dellautore: la crisi della letteratura. Durante la seconda fase della sua ricerca, assi stiamo a una progressiva sfiducia nelle possibilit della letteratura, non pi in grado di incontrare i bisogni della nuova societ: tale sconforto lo condurr verso altri linguaggi, soprattutto quello cinematografico, espressione, anche questa, visuale. Cos Una polemica inversa ci obbliga a interrogarci di nuovo sulla crisi delle lettere, sulla loro capacit di comunicare con la societ odierna, sempre pi diversa e dispersa; o almeno con lindividuo, mentre brancoliamo disperati nellomologazione. Ecco spiegata linsistenza di quello sguardo severo: Io so, ci dice. E noi, sappiamo?
=== PPP. Una polemica inversa 30 ottobre-31 dicembre 2012 Curatore: Flavio Alivernini Comitato scientifico: Carla Benedetti, Achille Bonito Oliva, Gianni Borgna e Da cia Maraini. Ideata e organizzata dallAssociazione culturale Teorema in collaborazione con il Progetto ABC e con Civita stata realizzata con il patrocinio della Provincia di Roma. Palazzo Incontro, Via dei Prefetti, 22 Roma. Info: Associazione culturale Teorema www.teoremacultura.com Artisti: Claudio Abate, Carla Accardi, Gianfranco Baruchello, Matteo Basil, Veronica Botticelli, Laura Canali, Giuseppe Capitano, Gianni Dess, Mauro Di Silvestre, Rocco Dubbini, Giosetta Fioroni, Nino Giammarco, Franco Gulino, Jannis Kounellis, Elena Nonnis, Nunzio, Giuseppe Pietroniro, Michelangelo Pistoletto, Oliviero Rainaldi, Pietro Ruffo, Maurizio Savini, Sten & Lex.

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La Bella vegetariana, e addormentata.


Stephenie Meyer e la responsabilit della letteratura
FILIPPO AGOSTINO

Cari lettori, la presente opera totale frutto di fantasia. Per cui, non lasciatevi sedurre dalle vicende narrate, se non per farvi trasportare in nebulosi mondi estranei, in tutto, dalla realt che vi circonda. Non credetemi, non fidatevi delle mie parole, nulla hanno a che fare con la vostra quotidianit, con le vostre vite, le vostre fatiche, le vostre sozzurequeste parole vi cullino, dolcemente, vi sussurrino lievi ninna nanne, e infine vi coccolino in un quieto e sereno sonno. Tali parole potrebbero fungere da prologo per un qualsiasi romanzo di Stephenie Meyer, la genitrice della saga di Twilight. Ma sebbene partorite al momento dallo scrivente, credo scaturiscano quasi spontanee da una dichiarazione dellautrice rilasciata a Il venerd di Repubblica dei primi di novembre: Bella Swan un personaggio di fantasia, e quindi non pu essere coinvolta in opinioni politiche. Non pu averne, non le possono essere attribuite. Alle persone, quando acquistano notoriet, viene chiesto di schierarsi politicamente. Questo non giusto, bisogna tenersene lontani. (Intervista di Enrico Deaglio su Il venerd di Repubblica, 9/11/2012). Lintervistatore le aveva chiesto se Bella (protagonista femminile dei romanzi) a favore o meno dellaborto. Bene. Stando al parere della Meyer, la letteratura e i suoi personaggi non possono essere pregni di valore politico: esprimere opinioni, idee (quando va male, ideologie), o suggerire punti di vista sulla realt. La letteratura intrattenimento, gli eroi di carta agiscono in un universo monodimensionale, inattuale e irreale. Le azioni dei personaggi non

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vanno quindi giudicate col metro delle nostre convinzioni, e tanto meno dovremmo rispecchiarci in esse sperando che la loro fruizione possa spalancarci inedite prospettive su noi stessi o sul mondo. Ma come spiegare quindi lo strepitoso successo di Twilight (libri e film)? Stephenie non ce lo dice, non le interessa, si contraddice: come quando paragona la figura del vampiro redento alle persone abusate sessualmente da piccole, che ormai adulte riescono a non riprodurre il meccanismo. Non questa una presa di posizione sulla realt? Se crede che Bella ha esercitato la forza positiva dellamore decidendo di non abortire e divenire un vampiro vegetariano (sic!), non vede la possibile espressione di un modo di affrontare la vita? Infine, Stephenie consapevole che lo stesso sogno da cui sostiene aver ricevuto lispirazione non freudianamente innocente? Contraddizioni a parte, in un certo senso concordo con lidea di una letteratura affrancata da posizioni politiche, ma nellaccezione di un assoggettamento partitico: un romanzo o una poesia non devono asservirsi al Pd o propagandare il Pdl o sostenere il Partito dellamore. Non esiste arte di destra o di sinistra, reazionaria o progressista, e se esiste, allora qualcosaltro: proselitismo, non certo arte. Ma lopera letteraria non pu davvero considerarsi aliena al contesto in cui viene scritta: lo scrittore seduto sul fondale delloceano del reale, ne subisce la pressione, e la danza delle dita sulla tastiera reagisce a essa, smuove, con i suoi movimenti, la vita. Il lettore l, accanto a lui, e pu scegliere se seguire le fluttuazioni dellautore, ignorarle, o studiare quelle dellaltro scribacchino di fianco, e cos via. La letteratura non mai disinteressata. Cos, le relazioni umane che emergono dalla saga, le scelte dei protagonisti, sono movimenti subacquei che turbe di giovincelli sono disposti ad ascoltare (non a imitare, sia ben chiaro); sono movimenti che plasmano la forma mentis delle nuove generazioni. Sono modelli di comportamento (del tutto conformisti) che esprimono una concezione del mondo. Anche il materiale di Twilight ricavato dalla realt. Questa una responsabilit a cui la Meyer non pu sottrarsi, come non pu farlo nessuno scrittore. Stephenie, la letteratura non mai innocente. Bella, Edward, Jacob, i Volterrani, sono solo la punta di un iceberg letterario becero e irresponsabile, che si disinteressa perfino delle proprie sfumature: allintervistatore che le chiede cosa ne pensa dei suoicompetitor, Meyer risponde: Oh, per carit, non mi interessano proprio.

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E se vero, come sostiene, che i lettori di Twilight hanno preso gusto alla lettura grazie alle disavventure di Bella, allora spero che gli stes si agguantino in seguito lamore per la letteratura, e il disgusto per le lobotomie vampiresche. Il dubbio pi truculento per consiste nel pericolo che la superficialit di queste opere modellino le menti pi insensibili, assuefandole al gusto mucido di Edward & co. Allora, a quel punto, la speranza sar vana.

MUSICA
Yamaha THR
ALESSANDRO SCAPPINI

La Yamaha sezione strumenti musicali ha sempre dimostrato negli anni di saper cosa stesse facendo e di osservare i bisogni dei musicisti ideando e mettendo in vendita prodotti di alta qualit a prezzi accessibili e soprattutto molto funzionali e basati sulle esigenze dei propri clienti. La nuova serie di chitarre elettriche Pacifica uscita nel 2011 ne un esempio molto significativo. Non da meno stato il nuovo ed impareggiabile amplificatore/multieffetti per lo studio e per la registrazione da poco messo in vendita e di cui sono gi usciti altri tre nuovi modelli pi specifici. Stiamo parlando del mitico ed imperdibile THR10, e THR5 suo fratello minore, messi in vendita nel 2011.

YAMAHA THR

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Quest'anno, nel 2012, sono stati lanciati il THR10C, il THR10X e il THR5A. Ma vediamo il tutto con ordine. Innanzitutto THR sta per THIRD e questa denominazione vuole metter in evidenza che stato concepito come il terzo amplificatore che un chitarrista professionista dovrebbe avere: un primo amplificatore sarebbe una tipica testata con cassa per live e/o registrazione; un secondo magari un piccolo combo valvolare per piccoli ambienti e registrazioni di pre-produzione.

Il terzo strumento di amplificazione, che a mio parere per la maggior parte dei chitarristi risulter quello fondamentale, proprio il THR. Si tratta di un amplificatore assolutamente a transistor e digitale che racchiude in s un suono sensazionale, a bassi volumi e stereo. A differenza dei soliti amplificatori di bassa potenza dotati di effettistica in commercio gi da parecchio tempo, di livello particolarmente scarso e privi di un obiettivo vero e delineato, il THR sa quale sia il proprio compito e lo svolge in un modo sorprendente e impeccabile. Il punto essenziale che amplifica egregiamente con timbriche valvolari e precise, fedeli e lo fa lavorando a volumi accettabili e in stereo. Tutto ci stato possibile poich gli ingegneri Yamaha hanno lavorato alla simulazione sonora con un approccio totalmente differente rispetto a tutti gli altri ed hanno collaborato con la sezione HiFi Yamaha. A differenza della concorrenza Yamaha ha creato degli algoritmi di simulazione sonora non soltanto emulando la sonorit di ogni grande amplificatore della storia e del presente ma impostando per ognuno di essi una risposta alla variazione dei controlli ad hoc. Per esempio variare i controlli della equalizzazione avr risultati differenti a seconda del tipo di amp che avete scelto, idem per il controllo del gain e del volume etc... insomma tutti i controlli che avete a disposizione per ogni tipo di amp si comportano adeguandosi ad esso. Aggiungete il fatto che ogni simulazione particolarmente reattiva e precisa al tocco e alla plettrata ed ecco fatto, avete gi capito che i suoni che escono da questo giovane aggeggio sono esaltanti ed unici.

YAMAHA THR

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Il tutto senza che dobbiate mantenere il volume a livelli esagerati e il tutto attraverso due coni hifi stereo Yamaha. Ma analizziamo in dettaglio il primo e capostipite di tutti i THR.

YAMAHA THR10

AMPLIFICATORI: 5 AMP CHITARRA: CLEAN CRUNCH LEAD BRIT HI MODERN; 1 AMP BASSO; 1 ACUSTICA; 1 FLAT

GAIN MASTER. EQ. SECTION: BASS, MIDDLE, TREBLE. EFFETTI DI MODULAZIONE: CHORUS, FLANGER, PHASER, TREMOLO.

EFFETTI DI RITARDO: DELAY, DELAY/REVERB, SPRING REVERB, HALL REVERB.

SEGNALE OUT: GUITAR , USB/AUX. TASTO TAP-TEMPO DELAY, ACCORDATORE. MEMORIA: 5 IMPOSTAZIONI SALVABILI. CONNETTORI AUDIO: ENTRATA JACK, ENTRATA AUX, USCITA CUFFIE.

CONNETTORE USB.

YAMAHA THR

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STEREO: 2 CONI 8cm, 5W + 5W; TRASFORMATORE YAMAHA INCLUSO oppure 6 BATTERIE AA (max 6-7 ore);

DIMENSIONI: 36 x 18.35 x 14 (cm); PESO: 2.8 kg.

Particolarmente interessante anche il comparto software che Yamaha ha sviluppato egregiamente e reso molto utile. Innanzitutto il THR a tutti gli effetti un'interfaccia audio usb. Tutto ci vi permette di registrare tramite PC o MAC utilizzando qualsiasi software (ricordo che insieme al THR incluso Cubase AI) ma non solo; avrete la possibilit di andare a impostare e salvare tutti i parametri per ogni effetto del THR non impostabili tramite manopola e vi ritroverete un equalizzatore digitale, un compressore e un noisegate da poter aggiungere alla vostra catena di effetti. Un altro aspetto molto interessante e professionale che il THR manda il segnale di registrazione doppio: il segnale wet, finale e processato dalla simulazione e dagli effetti ed anche il segnale dry, completamente pulito e direttamente dalla chitarra.

YAMAHA THR5

Il fratello minore THR5 differisce dal maggiore per le seguenti caratteristiche: nella sezione AMPLIFICATORI non sono presenti il BASSO, l'ACUSTICA e il FLAT; la EQ SECTION sostituita da un unico controllo: TONE; non sono presenti i cinque tasti per il salvataggio immediato delle impostazioni;

YAMAHA THR

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DIMENSIONI: 27.1 x 16.7 x 12 (cm); PESO: 2 kg.

Le altre caratteristiche e funzionalit sono perfettamente identiche al THR10. La nuova gamma appena uscita, nel 2012, comprende il THR10C, THR10X, THR5A: sono tutti improntati sui due capostipiti ma ognuno indirizzato ad un tipo di timbrica particolare, sono quindi pi specifici a seconda del proprio genere musicale e timbrico.

YAMAHA THR10C (CLASSIC

Si tratta quindi di un amplificatore che tende ad essere appunto classico, con suoni pi classici e vintage accompagnati da altrettanti effetti specifici di un certo stile. AMPLIFICATORI: 5 AMP CHITARRA: DELUXE, CLASS A, US BLUES, BRIT BLUES, MINI; 1 AMP BASSO; 1 AMP ACUSTICA; 1 FLAT EFFETTI DI MODULAZIONE: CHORUS, FLANGER, PHASER, TREMOLO EFFETTI DI RITARDO: TAPE ECHO, ECHO/REVERB, SPRING REVERB, HALL REVERB.

YAMAHA THR

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YAMAHA THR10X (EXTREME)

Modello indirizzato a suoni pi moderni e spinti e a generi rock metal. AMPLIFICATORI: 6 AMP CHITARRA: POWER I, POWER II, BROWN I, BROWN II, SOUTHERN HI, CLEAN; 1 AMP BASSO; 1 FLAT. EFFETTI DI MODULAZIONE: CHORUS, FLANGER, PHASER, TEMOLO EFFETTI DI RITARDO: DELAY, DELAY/REVERB, SPRING REVERB, HALL REVERB.

YAMAHA THR5A (ACOUSTIC)

Amplificatore prettamente per chitarra acustica o classica. AMPLIFICATORI/SIMULAZIONE MIC: CONDENSER, DYNAMIC, TUBE, NYLON, EG CLN; EFFETTI DI DINAMICA: COMPR, COMPR/CHORUS, CHORUS, FLANGER, PHASER, TREMOLO; EFFETTI DI RITARDO: DELAY/REVERB, HALL REVERB, SPRING REVERB.

YAMAHA THR

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Dopo aver fatto una esaustiva panoramica di tutti i modelli THR presenti sul mercato in questo momento ecco a voi i prezzi nei maggiori negozi online: THR10: 255 279 EURO; THR5: 169 189 EURO; THR10C: 269 279 EURO; THR10X: 269 279 EURO; THR5A: 189 EURO. Ma perch allora questi THR sono a mio avviso l'ideale per ogni chitarrista?! Sar preciso e coinciso. La maggior parte dei chitarristi non professionista, nel senso che non lo fa come primo lavoro e che non ha disposizione n le risorse economiche n quelle strumentali per creare e mantenere un luogo in cui suonare e registrare dotato di tutte le apparecchiature necessarie. Proprio per questo un chitarrista che studia o che si diletta o che prepara i pezzi per eventuali esibizioni ha bisogno di qualcosa che suoni davvero egregiamente, che sia trasversale e versatile, che non generi troppo volume e che permetta di registrare, il tutto in un unico apparecchio ad un ottimo prezzo. Se siete interessati a ascoltare questi ottimi prodotti ecco i links ad alcune video-recensioni molto interessanti e dettagliati con l'uomo Yamaha in azione: http://www.youtube.com/watch? feature=player_embedded&v=N4OQ0w_q6AU http://www.youtube.com/watch? feature=player_embedded&v=gE6V3QqGppA http://www.youtube.com/watch? feature=player_embedded&v=zV6Bfb_ZtNM http://www.youtube.com/watch? feature=player_embedded&v=i56OQ8-fXG8

ANTROPOLOGIA

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ANTROPOLOGIA
I turbamenti del giovane Pigmalione
FLAMINIA SPARACINO

Pigmalione un uomo retto che abita nellisola di Cipro ai tempi in cui Afrodite scopre che alcune donne della sua isola si prostituiscono in cambio di denaro; per punirle del loro freddo cinismo la dea le tramuta in pietra. Ovidio ci racconta che il giovane, disgustato da questi fatti, sceglie il celibato e rifiuta di unirsi alle donne. Un giorno, ispirato dal proprio talento artistico realizza una meravigliosa statua femminile davorio: questa aveva laspetto di una fanciulla vera, tanto che la si sarebbe creduta viva e desiderosa di muoversi, se non lavesse im pacciata il pudore. Larte era tanto grande da non apparire addirittura (Metamorfosi, libro X). Si tratta, com noto, di un topos tipico dellestetica greca e della letteratura artistica antica: la prodigiosa somiglianza dellopera darte al vero, tanto da ingannare locchio e simulare la vita. Apelle il maestro di questa illusione di verit, le fonti ci raccontano della sua Venere Anadyomene, andata perduta, ma famosissima nel mondo antico. Il pittore vi ritrae la dea mentre esce nuda dalle acque, strizzandosi i capelli madidi, esempio inimitabile di verismo allantica, coi suoi giochi di luce nel simulare lacqua e la morbidezza dellincarnato. Pigmalione cede allincantesimo illusionista della sua opera darte e se ne innamora perdutamente: orna la statua di vesti e gioielli femminili, la porta nel suo letto e la notte abbraccia il suo freddo avorio. Afrodite, qua -

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si in veste di buona Fata Turchina, realizza il sogno inconfessabile di Pigmalione: tornato a casa, luomo si stende a letto e abbraccia la sua statua, per la prima volta avverte il calore di una carne viva sotto le sue mani. Il mito positivo di Pigmalione compare rovesciato in altri luoghi della mitologia greca: si pensi a Pandora, plasmata da Efesto come una meravigliosa statua di donna e dotata di vita dal soffio di Zeus, inviata sulla Terra per condurre gli uomini alla rovina, un insospettabile cavallo di troia dalle forme gentili, una punizione, capovolgimento della ricompensa incarnata dalla fanciulla davorio di Pigmalione. Nel folklore pagano e poi cristiano numerosi sono i racconti di statue semoventi o parlanti. Il topos della somiglianza al vero e della vita infusa dallartista nella statua attraversa il mondo classico per approdare ancora vivissimo nella cultura bizantina: qui, il topos si fonde alla tradizione degli automi, meraviglia e vanto ingegneristico della corte imperiale. Nel Medioevo occidentale cristiano, il corpus di leggende sulle statue semoventi si traduce nella credenza che gli antichi spiriti pagani, sconfitti ma ancora potenti, abitino ancora gli idoli pagani. Anche il concetto di punizione e seduzione fatale incarnato dalla donnastatua classica giunge alla cultura medievale intriso di superstizione popolare e avvolge le statue di Venere di unaura sinistra. Pi lopera darte simile al vero e maggiore il pericolo di seduzione e idolatria: per un medievale rifare la Natura equivale a sfidare Dio e affascinare i sensi con forme belle e naturali comporta un pericoloso avvicinamento al regno del Vizio e dellIdolo. Numerose sono le leggende inquietanti sorte intorno a statue di Venere rinvenute a Roma o in altre citt: le fonti accennano a una statua nuda rinvenuta a Siena, fatta a pezzi e poi seppellita in territorio nemico dai senesi, convinti di aver subito una sconfitta da parte dei fiorentini a causa dei suoi influssi malefici; in altri racconti si parla di statue che portano sfortuna e anche quando sono distrutte o rifuse, come il caso di campane che suonano da sole per annunciare sciagure imminenti. Il nucleo di una leggenda nata intorno a una statua di Venere sembra risalire al X- XI secolo ed raccontata per la prima volta da Guglielmo di Malmesbury intorno al 1120: un giovane sposo novello, un po ubriaco, si mette a giocare a palla con gli amici e non sapendo dove riporre lanello per proteggerlo, lo infila al dito di una statua di Venere. Dopo il gioco il giovane torna alla statua e scopre con un certo turbamento che la mano stretta a pugno attorno allanello e non pi possibile estrarlo. Il giovane sar poi perseguitato da una voce notturna che gli impedisce di con-

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giungersi alla moglie, ricordandogli che sposato ad unaltra; la vicenda si concluder con laiuto di un negromante che consiglier al giovane un incontro segreto con gli dei pagani, descritti come demoni notturni, per riavere lanello. In altre versioni del racconto, luomo cade preda del diavolo o viene stritolato dallabbraccio della statua. Il nucleo principale sar continuamente rielaborato e ripreso, fino a diventare repertorio della letteratura romantica e poi decadentista europea, da Heine a Merime, a Wilibald Alexis e a DAnnunzio. Interessante a questo punto riportare un commento di Didi-Huberman, che in altro contesto, in un saggio dedicato alle Veneri nude di Botticelli, afferma: Occorre trovare nella Venere stessa la traccia di questo snodo dissimulato, inquietante, in cui il tocco di Thanatos si sposa a quello di Eros: passaggio impercettibile, e nondimeno straziante, in cui lessere toccati (essere commossi dalla bellezza pudica di Venere, vale a dire essere attirati e quasi accarezzati dalla sua immagine) diviene essere colpiti (ovvero essere feriti, essere aperti dal negativo che appartiene a quella stessa immagine. Nel Duecento, un monaco inglese, maestro Gregorio, si reca a Roma e rimane folgorato da una statua di Venere vista vicino al Quirinale. Nel suo diario scrive che si sente costretto a tornare a vederla per tre volte, non sa dire a causa di quale magica seduzione. Ancora ritorna il disagio misto a fascino che la Venere nuda impone allocchio medievale, ma Gregorio aggiunge che la statua sembra una creatura viva, tanto mirabile larte con cui fu realizzata; sembra che il pudore per la propria nudit le faccia arrossire le guance e che il sangue le scorra realmente nelle vene. Ecco riaffiorare il topos dellopera darte pi vera del vero, lambiguit della fanciulla buona di Pigmalione che per arte o per incantesimo sembra/ improvvisamente viva.

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ARTI VISIVE
Victory boogie-woogie
FRANCESCA ARZANI

Nel 1944 muore a New York Piet Mondrian, lasciando non finito Victory Boogie Woogie, unopera che esemplifica la sua concezione della pittura come impresa distruttiva. Poco dopo la sua morte, il suo studio, lasciato intatto, venne aperto al pubblico. il semplice e straordinariamente dinamico spazio, con le pareti bianche trasformate in schemi di giochi ottici dai molti rettangoli di colori puri affissi, e i bianchi mo bili improvvisati, tratti da Mondrian stesso da cassette di legno (e anchessi decorati di rettangoli colorati), erano gi noti ai vari visitatori. Pochissimi avevano per visto prima il quadro non finito, anche se il pittore vi aveva lavorato dal giugno del 1942. Non sfuggi a nessuno degli spettatori che vi era una continuit diretta tra le superfici pulsanti delle pareti e il ritmo staccato dellultimo quadro di Mondrian losangique, come ha chiamato la sua serie di tele quadrate ruotate di quarantacinque gradi su un vertice (pi comunemente detti i suoi quadri a diamante).

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Questa continuit fu rafforzata non solo dal fatto che le linee nere del Neoplasticismo classico erano scomparse dal quadro eccezionalmente grande incombente sul cavalletto, ma che non cera pi nessun tipo di linea. Si pu parlare soltanto di allineamenti di piccoli rettangoli di colore, la maggior parte dei quali sono pezzi di carta goffamente incollati sulla tela. Ma anche questi allineamenti sono chiaramente al limite del collasso: possono essere visti solo subliminalmente, dedotti pi che visti, nella maggior parte della composizione.

Entrando nella scatola dello studio e spinti verso Victory Boogie Woogie alla fine del lungo spazio, si deve aver avuto lesaltante sensazione di camminare dentro un quadro. Ma per quelli che avevano visto questultima tela prima della morte di Mondrian, il loro incontro con essa fu uno shock spaventoso. Infatti, tra il primo circolo di cono scenti di Mondrian che erano stati testimoni dellaccanimento del pittore su di essa durante gli ultimi diciotto mesi della sua vita, molti condivisero il verdetto del mercante e critico Sidney Janis: ora era un capolavoro rovinato. Mondrian aveva portato diverse volte il quadro a una conclusione, ma ogni volta aveva cancellato quello che aveva fatto e, con sorpresa dei suoi amici, aveva ricominciato da capo. Sicuramente sapeva che la fine era prossima e la tensione teleologica di tutta la sua vita laveva convinto che, se questo quadro doveva essere il suo canto del cigno, doveva andare pi lontano di qualunque altro.

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Non gli interessava produrre un quadro in pi nello stile elettrizzante del suo periodo newyorchese. Quando un amico gli chiese perch continuava a ridipingere Victory Boogie Woogie invece di realizzare tanti quadri delle diverse soluzioni che l venivano sovrapposte sulla stessa tela, Mondrian replic: Non voglio quadri. Voglio scoprire delle cose. Nella settimana dal 17 al 23 gennaio 1944, tre giorni prima di entrare in ospedale per la fatale polmonite, aveva non finito una volta di pi il suo capolavoro, coprendo le superfici dipinte con una miriade di nastro colorato e di carta con grande dolore di Janis e compagnia. Ma la critica negativa spesso pi acuta della lode incondizionata. Gli ammiratori del Neoplasticismo classico di Mondrian videro solo distruzione in questo collage dellultima ora. In molti sensi avevano ragione e sarebbero stati sorpresi di sapere Mondrian daccordo, e con gioia! La distruzione era precisamente ci che aveva senza fine cercato durante tutta la lunga gestazione di Victory BoogieWoogie. In effetti la distruzione era sempre stata il centro stesso del programma di Mondrian, fin da quando aveva scritto nei suoi primi testi riguardo la distruzione della forma, del particolare, dellindividualit. Proprio nel 1944 Mondrian far dichiarazioni sempre pi decise sul ruolo fondamentale della negativit nella sua opera: Penso che lelemento distruttivo sia molto trascurato in arte. Era un luogo comune pensare a lui come a un campione di unestetica costruttiva. A partire dagli anni Trenta, attraverso un lungo processo di tentativi ed errori, il sistema compositivo di Mondrian aveva raggiunto un acme, un momento perfetto dove niente poteva andare storto. La negazione di un elemento da parte di un altro aveva portato i sui qua dri ad essere assolutamente scentrati (portando cos a compimento la distruzione del particolare), ma erano anche impeccabilmente bilanciati. Mondrian celebr questo apice in una serie di otto quadri, dal 1930 al 1932, tutti basati sulla stessa organizzazione generale. Anche questa autocompiaciuta variazione (unica nella sua produzione, contrariamente a quanto si possa pensare) gli fece presto comprendere di essere inceppato.

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Mai indulgente con se stesso, giunse alla conclusione che, se aveva dunque raggiunto un sereno equilibrio nelle sue composizioni, era stato al terribile prezzo del senso di evoluzione dinamica, di continua perfettibilit nellarte e nella vita, cos essenziali al suo pensiero dialettico. Coraggiosamente (allet di sessantanni) concluse che, per sostenere meglio la distruzione che aveva sempre invocato, doveva soprattutto frammentare il linguaggio della pittura stessa, compresa la sua. Ad uno ad uno gli elementi del Neoplasticismo, che aveva concepito come culmine di tutta larte del passato, furono annichiliti in quanto entit. Dissolse la bidimensionalit, reintrodusse la ripetizione (precedentemente bandita perch espressione di un fenomeno naturale, e per questo vietata) come arma favorita nella lotta contro lidentit: le linee generatrici di ritmo diventarono lelemento pi attivo, lagente distruttivo principale. La linea cos presto si allarga e tende a diventare superficie. E dove non c differenza fondamentale tre linea e superficie, poich la linea non ha pi una posizione subordinata, non possono essere colorate anche le linee? Cominci ad usare le sue opere precedenti come piattaforma su cui sperimentare il sabotaggio del suo linguaggio pittorico passato. La pluralit di linee che sezionano la tela si trasforma in una pura scan sione, una pulsazione irregolare dellintera superficie della tela. Ricompare il tremolio ottico causato dallintersezione lineare multipla. come se il timore dellillusionismo che era alla base delle sue passate proscrizioni ora sia una questione molto meno importante di quella di essere sicuri che niente rimanga stabile.

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La linea si interrompe: cessa di sezionare la superficie e contribuisce piuttosto a dare una fugace esistenza alle superficie fittizia, che si forma e si dissolve davanti ai nostri occhi. Nel 1938 s trasfer a New York (aveva lasciato Parigi convinto che la capitale francese sarebbe stata bombardata dai nazisti). La leggenda della meraviglia di Mondrian di fronte al profilo di Manhattan molto esagerata; sicuramente la scoperta della recente musica jazz fu significativa, ma i cambiamenti della su arte in America furono pi la conseguenza di uno sviluppo interno. Alla struttura compositiva si aggiungono piccoli tratti di colore che sembrano sciolti da qualsiasi restrizione: arrivano le prime giustapposizioni di colore. Dunque la superficie come forma (il rettangolo) era stata dissolta dal multiplo incrociarsi delle linee, finch la linea stessa fu abolita grazie alla pulsazione accelerata della ripetizione. Ma ci che rimaneva intatto in questa lotta contro i fondamenti era lo sfondo su cui restavano linee e superfici. Ora Mondrian aspirava alla negazione dello sfondo come entit geometrica e fisica. La logica che sottende questa nuova svolta era tipica della riduzione di ogni elemento alla sua dialettica fondamentale: lillusionismo ci che accade quando lo sfondo otticamente svuotato, ma se lo sfondo non esistesse come punto di partenza, se non ci fosse una superficie geometrica continua, niente del genere sarebbe possibile. Solo con la sua penultima opera sottende questa nuova svolta fino in fondo. Broadway Boogie Woogie fu salutato come un capolavoro, ma Mondrian lo consider come un fallimento: C ancora troppo del vecchio, avrebbe detto. Favoriva latomizzazione delle linee, ma lintegrit dello sfondo era tornata prepotentemente. Questo probabilmente ci che tanto lo turb nel non finito Victory Boogie Woogie e la ragione per cui incoll furiosamente tutti quei pezzi di carta colorata che ancora si possono vedere su di esso, sfociando in un collage dove la posizione relativa di ogni elemento, intessuto nel leggero spessore dello spazio reale (non illusorio), in perpetuo stato di flusso, dove lo sfondo diventato un fantasma la cui unica fugace esistenza possibile quella di apparire sopra la figura.

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Le corde dell'arte
FLAMINIA SPARACINO

Illustrazione 1: Domenico Fetti (1589-1624) Uomo con chitarra, Accademia Venezia Studiare gli strumenti musicali antichi attraverso le arti visive. Quale pu esserne il senso? Se si considera quanto uno strumento musicale sia oggetto culturale complesso per qualsiasi cultura, e dunque anche per quella europea, approcciarsi a questi oggetti con punti di vista multidisciplinari pu produrre interessanti scoperte. Osservato con locchio dellantropologia, dellarcheologia e delliconografia, lo strumento musicale antico diventa un potente agglomerato di significati culturali: oggetto materiale suonato in determinati contesti sociali, da determinate fasce o categorie di persone e in determinati luoghi e momenti; antenato dei moderni strumenti e dunque testimone del costante bisogno umano di produrre suoni, dellevoluzione organologica e delle tecniche costruttive; testimone del gusto musicale e della ricerca espressiva, che dallastratto di unidea deve tradursi nella capacit materiale dello strumento di produrre il suono ricercato. Infine loggetto si fa portatore di significati simbolici stratificati e complessi che si cercher di esplorare brevemente per quanto riguarda la sfera degli strumenti a corde pizzicate

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Illustrazione 2: Baschenis, Evaristo (1617-1677) Natura morta con strumenti musicali, Museum of Fine Arts, Boston Va intanto premesso che nella cultura occidentale lo strumento a corde ha sempre goduto di una considerazione ben maggiore rispetto alle altre categorie di strumenti. Questo certamente per influenza del mito biblico: Davide suona larpa, e larpa cos come sar in seguito per il liuto rappresenta simbolicamente la regalit insieme allarmonia divina e celeste. Da qui le rappresentazioni religiose con angeli che suonano e accordano i liuti: in grazia del rapporto tra musica ed equilibri numerici e celesti stabilito da Pitagora e trasmesso alla cristianit, questi angeli rammentano la presenza dellarmonia divina e laccordarsi dellanima a tale armonia, che prima di tutto interiore. Un suono muto che solo lanima riesce ad avvertire, come per illumi nazione. Anche nella cultura greca, la figura maschile che accorda o suona lo strumento a corde pizzicate simbolo di saggezza, armonia, poesia, razionalit e purezza: da Orfeo ad Apollo, che nella sua gara contro Pan sconfigge il dio del flauto di canne, portatore di irrazionalit e forze ancestrali, di feste incontrollabili e passioni non accordate. Lo strumento a corde si fa simbolo anche del ben governare, la propria anima o la citt, del ben armonizzare le discordie: la concordia discors di Orazio. Attraversando tutto il medioevo, fino al Cortegiano di Castiglione, lideale pedagogico cortese prevede la conoscenza di uno strumento a corde: inizialmente dellarpa, col tempo anche del liuto e della viola

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da gamba; larte riflette fedelmente questo ideale cortese in scene musicali con strumenti a corde, soli o duetti di arpe e liuti, viole o ribeche. La corda si addice al nobile. Un altro importante livello di significato legato alla chitarra, al liuto e agli strumenti a corde in senso lato ha a che fare con il potere di alleviare la malinconia ed in particolare le sofferenze damore. Questo dalla tradizione greca e giudaico-cristiana, con il poeta Orfeo e la storia di Davide che allevia la malinconia di Salomone suonando larpa, alla tradizione popolare: si pensi al fenomeno delle donne tarantolate, liberate dal peso delle proprie angosce per grazia di una musica ripetuta. Il Cinquecento un secolo pervaso da una sorta di ossessione per la malinconia damore. I sintomi dellinnamorato sono gli stessi del malato di malinconia: paura e tristezza, di aristoteliano ricordo, alleviate o allontanate dal principio allopatico della musica allegra e vitale, o per via omeopatica dalla malinconia profonda dei madrigali, accompagnati dallo strumento a corde pizzicate. Si pensi ai versi di John Dowland (15631626): Go, crystal tears, like to the morning showrs And sweetly weep into thy ladys breast. Il madrigale esprime ideale malinconico in musica. Ne deriva il gusto per note pi basse e profonde e levoluzione degli strumenti a corde in questa direzione: esprimere sentimenti pi dolenti e una musica pi intimista. Robert Burton, alla voce Love Melanchony del suo trattato Anatomy of Melancholy, ammonisce i giovani malinconici a: Imparare a cantare e danzare, e a suonare vari strumenti []. Poich lamore li render musici, li far comporre ariette madrigali, elegie, sonetti amorosi Illustrazione 3: Leonardo Da Vinci (1452-1519) Angelo in rosso con liuto, National Gallery, London

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Larte del Cinque-Seicento riflette moltissimo questo tema dellinnamorato malinconico, ritratto con lo strumento a corde e lo sguardo perso oltre il quadro, alla ricerca di uno sguardo ricambiato o ripiegato nel proprio intimo malessere.

Illustrazione 4: Valentin de Boulogne (1591-1632) attribuito a - Un suonatore di chitarra, bevitore e flautista Quando il popolo ad imbracciare liuti o chitarre, spesso lamore malinconico si trasforma in corteggiamento spinto e allusioni erotiche piuttosto marcate: gli strumenti con le loro forme curvilinee o cilindriche alludono allanatomia femminile e maschile. Lo strumento si fa simbolo della sensualit, della manipolazione e degli intenti loschi: labilit di chi muove le dita sulle corde la stessa con cui si cerca di ottenere qualcosa daltri in modo disonesto. Questo accenno alla sensualit ci permette, per concludere, di evocare un altro importante livello di significato rivestito dagli strumenti musicali in pittura, in particolare quando si di fronte a una natura morta: quello di emblema di Vanitas, precariet della vita e delle cose umane. Spesso lo strumento a corde associato ad altri oggetti simbolo delleffimero, come la frutta intaccata, il fiore, la candela, la clessidra etc. Lo strumento qui allude ai sensi, la polvere che lo ricopre nelle opere di Evaristo Baschenis allusione alla polvere che luomo, con tutti i suoi affanni, le sue opere, le sue passioni, torner ad essere. Lo strumento opera umana condensato di abilit, poesia, erotismo e purezza rammenta allosservatore la domanda dell Ecclesiaste: Vanit delle vanit, tutto vanit. Quale utilit ricava luomo da tutto laffanno per cui si affatica sotto il sole?.

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Gamaran
ALESSANDRO UBEZIO

Gamaran uno shounen manga, ossia un manga rivolto a una categoria di pubblico maschile, orientativamente tra i 10 e i 18 anni (un range det da prendere tra virgolette, perch il pubblico degli shounen in realt molto pi vasto). Un'ulteriore categorizzazione quella relativa alla Arti Marziali, che sono motore di spinta di tutti i personaggi. Ambientato nel periodo Edo (1603-1868), cio in un periodo di grande crescita economica per il Giappone, ma anche di puro isolazionismo e di severo ordine sociale, mostra una societ crudele, in cui la legge del pi forte domina su tutto. In realt, la legge del pi forte ci che fa da sfondo allintero manga. Lautore, Nakamaru Yousuke, ci introduce fin dalle prime tavole in un mondo spietato, un paese che punto di raccolta di praticanti di arti marziali altrettanto spietati

GAMARAN

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Lincipit racconta di un daimyio (il signore e padrone di una terra, subordinato soltanto allo shogun) alla ricerca del suo successore; chiamando a raccolta i suoi 31 figli, gli chiede di portare quello che loro pensano sia il guerriero pi forte. Tutti i guerrieri si dovranno poi affrontare in uno scontro allultimo sangue, in modo da decretare alla fine un solo e unico vincitore. Il figlio accompagnato da quel guerriero sar il successore. Washitzu Naoshi, il pi giovane dei figli, si mette alla ricerca del leggendario uomo di spada che ha ucciso 1000 altri guerrieri, appartenente alla scuola della Tartaruga Gigante solo per scoprire, nelle montagne che lo ospitano, che il guerriero ha da diversi anni abbandonato il doujo. L si trova ancora il figlio per, Kurogane Gama, giovane guerriero a sua volta: una volta visto combattere, sar a lui che Naoshi chieder di seguirlo. Di qui inizia la strada del giovane Gama e della sua spada, protagonista assoluto del manga. Di qui si conoscer la tragedia della sua Scuola, il valore e labilit dei suoi compagni e lo scontro contro il suo pi grande nemico suo padre. Belle e vivide dazione le tavole di questo manga. Inquadrature azzardate, ma anche dallimpianto classico. I principali personaggi sono caratterizzati nei dettagli e la narrazione, a parte qualche banalit, scorre bene. Insomma, una lettura consigliata a tutti quelli che cercano evasione e scontri allarma bianca! In Italia leditore Star Comics.

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ALESSANDRO UBEZIO

Cucina
CARMELA RABAI

In questo numero cartaceo proponiamo un estratto dell'ultima rubrica nata, dedicata alla Cucina.

Torta col latte


CARMELA RABAI

Io non so discettare di letteratura e filosofia ma, tuttavia, chiedo ospitalit nella vostra dotta rivista per intrattenervi con i miei esercizi culinari. Infatti, se vero che lo spirito va adeguatamente coltivato con l'arte e la scienza, oltremodo vero che il corpo necessita di nu-

TORTA COL LATTE

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trimento e il palato di godere di cose buone da mangiare. A tal proposito vorrei proporre alla vostra attenzione la ricetta di una torta della tradizione contadina, tipica della Lomellina. i tratta della torta col latte. Gli ingredienti essenziali sono: 120 grammi di pane raffermo a pezzetti; 120 grammi di amaretti sbriciolati; due cucchiai colmi di cacao amaro; due cucchiai colmi di zucchero; 8 dl di latte.

Procedimento Riunite il tutto in una capiente zuppiera, mescolate e lasciate riposare per alcune ore in frigorifero. Rivestite una tortiera con un foglio di alluminio e versatevi l'impasto che deve risultare morbido. Cospargete la superficie con zucchero e pezzetti di burro. Infornate a 180 C per quaranta minuti. Varianti Volendo si possono aggiungere ingredienti facoltativi quali uvetta sultanina, ammollata nel latte, una mela tagliata a fettine o qualche rimasuglio di biscotto.

COLLABORATORI

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COLLABORATORI
A questo numero hanno collaborato Tommaso Scappini; Valerio Agliotti; Filippo Agostino; Ramona Borgazzi; Alessandro Scappini; Francesca Arzani; Flaminia Sparacino; Alessandro Ubezio; Carmela Rabai. Per collaborare con la redazione de La Ridda scrivere a tommasoscappini@yahoo.it. Per discutere alcuni articoli o inviare suggerimenti agli autori scrivere al Forum de La Ridda. Per sottoscrivere la newsletter per gli aggiornamenti de La Ridda seguire il link. Tutti gli articoli si trovano sul sito de La Ridda. Disclaimer Questo sito non rappresenta una testata giornalistica, in quanto non ha alcuna cadenza periodica e non da ritenersi un prodotto editoriale sottoposto alla disciplina di cui allart. 1, comma III della L. n. 62 del 7.03.2001. Inoltre il decreto legge sul commercio del 2003 recita: La registrazione della testata editoriale telematica obbligatoria esclusivamente per le attivit per le quali i prestatori del servizio intendano avvalersi delle provvidenze previste dalla legge 7 marzo 2001, n. 62. I marchi e nomi citati appartengono ai rispettivi proprietari. Gli autori declinano ogni responsabilit per quanto riguarda i siti ai quali possibile accedere tramite i collegamenti posti allinterno del sito stesso, forniti come semplice servizio agli utenti della rete. Il fatto che laridda.weebly.com fornisca questi collegamenti non implica lapprovazione dei siti stessi, sulla cui qualit, contenuti e grafica declinata ogni responsabilit. Si declina ulteriormente ogni responsabilit per eventuali contenuti inappropriati dei commenti agli articoli che saranno in ogni modo sottoposti a moderazione. La redazione de La Ridda si riserva il diritto di eliminare i commenti con contenuti volgari, spam, discriminazioni razziali, osceni ecc senza nessun preavviso allutente.

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