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A CHI GIOVA IL CONFLITTO Il business delle risorse minerarie e quello degli aiuti umanitari COMMENTO - Raffaele K Salinari L'instabilit

perenne di questa zona del mondo fa comodo a molti. Anche alle Nazio ni Unite La Francia continua la sua azione di guerra contro le basi dei guerriglieri isla misti in Mali, oramai diventato il secondo fronte della Libia, anch'essa sostanzia lmente instabile dopo le azioni Nato contro Gheddafi. In Repubblica Centro Afric ana i ribelli del Nord hanno sospeso la loro avanzata verso la capitale Bangui p er partecipare ai colloqui che dovrebbero finalmente portare al loro reinserimen to nei ranghi dell'esercito governativo, come promesso oramai tre anni or sono. In Repubblica Democratica del Congo l'alternanza tra scoppi di guerriglia, in qu esto momento gestita dal movimento M23, e relativi cessate il fuoco, destabilizz a perennemente la regione dei Grandi Laghi, che vanta anche il triste primato de lla presenza dell'Esercito di Liberazione del Signore di Joseph Kony, in continu a azione in Uganda. Il quadro, gi preoccupante di per s, si estende al Sud Sudan e al Ciad, creando un a vastissima area di crisi permanente in cui le cancellerie europee, ma anche qu ella statunitense, non sembrano aver voglia di intervenire se non sporadicamente , e con azioni che risolvono i problemi creati da loro stessi, generandone cos di nuovi. E infatti, come detto, la crisi maliana diretta filiazione di quella libica, cos come, se ripercorriamo a ritroso le vicende del Congo e della Repubblica Centro Africana, troviamo sempre la stessa formula afgana. In altre parole creare un movi mento di guerriglia, o sostenere un dittatore, per sconfiggere il nemico di turn o, per poi doversela vedere con lui qualche anno dopo. Ora la domanda : chi ha in teresse a creare questa vasta area di instabilit nel cuore dell'Africa sub sahari ana? A chi giovano queste continue guerriglie, con il seguente corteo di tentati vi di colpi di Stato, rifugiati esterni e interni, traffico d'armi e via enumera ndo? La risposta a molti livelli, tutti per strettamente connessi tra di loro. Il primo livello certamente quello degli Stati e dei Governi ex coloniali, Franc ia ed Inghilterra in testa, ma anche Belgio, che possono cos continuare a condizi onare le economie delle loro terre d'oltremare attraverso il controllo militare dei territori. Anche gli Usa con il Comando Africa (Africom) vorrebbe fare lo st esso, ma ancora non sono riusciti a stabilirsi solidamente sul suolo africano. I secondi protagonisti di questa tragedia continentale sono le multinazionali min erarie, diamantifere e del legno, che possono concludere accordi con i gruppi di guerriglia per la fornitura di ci che vogliono, al prezzo pi conveniente. Non dim entichiamo che Lumumba, cos come Kabila padre, furono uccisi proprio perch esigeva no prezzi pi equi sulle materie prime del loro Paese. E poi, ancora, ci sono i fo rnitori di armi leggere e meno. Nella crisi maliana, ovviamente in modo propagandistico, viene evidenziata la su pposta origine iraniana delle armi automatiche dei guerriglieri islamici, senza menzionare l'origine occidentale dell'arsenale di Gheddafi e dunque della gran p arte delle armi usate in Mali. Ultimi beneficiari della situazione sono certamente gli enti internazionali che gestiscono i rifugiati interni ed esterni, e che sp ingono sui donatori per avere i fondi necessari. Ora se pensiamo che le Nazioni Unite sono in deficit permanente di sostegno, e che le promesse occidentali per realizzare gli Obiettivi di sviluppo del Millennio non sono state onorate, si ca pisce anche quanto una crisi importante, mediaticamente significativa, possa aiu tare le esangui casse dell'Onu. Ma non finisce qui. In realt il quadro generale m olto pi ampio e ci ricorda che questa parte d'Africa la pi soggetta alle ferree le ggi della biopolitica, cio alla necessit, come diceva Foucault, del liberismo di g overnare le nude vite al fine di ricavarne la massina plusvalenza. In altre paro le, se noi europei e nordamericani abbiamo un'impronta ecologica che ci costa il doppio della terra di cui disponiamo, dove trovare queste risorse se non nel co ntinente africano? E quale modo migliore che la permanente instabilit di una zona del mondo estremamente ricca? Certo un po' di cooperazione e specialmente di ai uto umanitario non si nega a nessuno, ma mai tanto da sostenere vere democrazie

e i diritti umani, senn da noi la crisi porterebbe i movimenti di guerriglia dall e sabbie del Sahara a Place de la Concorde.

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