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Tommaso di York

Tommaso di York - parte 1


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Friday 28 September 2007 UN APOLOGETA DELLA POVERTA' E DEL FRANCESCANESIMO TOMMASO DI YORK (da G. Nicolosi, Il Francescanesimo tra idealit e storicit, Ed. Porziuncola) L'ideale della povert francescana e la fedelt integra alla parola del Fondatore trovano il loro primo, grande apologeta nell'autore dell'opuscolo Manus que contra Omnipotentem, che i critici odierni indicano con sufficiente certezza nella persona del francescano Tommaso di York. Questo opuscolo pu, in certo senso, considerarsi come l'espressione ufficiosa della posizione assunta dalla Curia Romana e, in particolare, dal Papa Alessandro IV, grande amico dell'Ordine dei Minori. Tommaso di York inizia la sua trattazione elencando le obiezioni pi comuni contro la povert assoluta difesa e vissuta dagli Ordini mendicanti, per passare poi ad una appassionata difesa della Regola che lui stesso ha abbracciata. Nell'opuscolo Manus que appaiono formulate in modo organico alcune delle argomentazioni, che resteranno per decenni come punti fermi della polemica libellistica sulla povert. Argomento principe quello desunto dallesempio di Cristo e degli Apostoli. Il Maestro divino fu povero, totalmente povero, e volle dare la testimonianza dell'esempio, per rafforzare il valore degli insegnamenti con cui inculcava la rinunzia assoluta ai beni temporali (in contemptu temporalium). Il motivo di questa rinunzia fondato sulla connessione tra la perfezione di vita e la libert dello spirito ; non si pienamente liberi, se non si totalmente distaccati, con distacco effettivo e non soltanto interiore, dai beni terreni. Perch questa rinunzia sia veramente fonte di libert, deve riguardare non soltanto la propriet individuale ma anche quella comune. Tommaso ha ben presente l'obiezione che contro questo argomento avanzano di solito gli avversari dei Mendicanti: Ges ebbe dei loculi e, quindi, possedette del denaro. Come pu, allora, il Minore pretendere di scegliere e di praticare una vita ancor pi perfetta di quella del suo Maestro? L'obiezione abbastanza speciosa, e Tommaso risponde che Cristo aveva dei loculi, non per fruire del possesso di beni di qualsiasi genere, bens per far comprendere, ai suoi discepoli e a noi tutti, che il denaro non un male in s e pu essere usato come strumento di bene.

Il Minore, del resto, non pretende di superare la perfezione del suo Divino Maestro: egli convinto che Ges propone ai fedeli, in modo diverso, due diversi modelli di vita. Luno si presenta in modo pi comprensibile, perch pi appariscente, ed quello che si ricava dal suo comportamento, quale risulta dal racconto evangelico: esso si manifesta in uno stile di vita di minore perfezione, in modo da non scoraggiare la debolezza del comune credente; l'altro, invece, si deve intravedere attraverso i fatti, cogliendo inter lineas le direttrici essenziali di un insegnamento pi severo ed esigente, che Ges propone a coloro che hanno la generosit di lasciare tutto e di seguire integralmente il suo insegnamento. Secondo il primo modello Ges si serv del denaro, dando l'esempio di un uso sobrio dei beni; secondo l'altro modello, Ges non volle avere il possesso di nulla, ma si serv dei beni indispensabili alla vita, rimanendone per totalmente distaccato. Il Minore deve far suo questo secondo modello, pur sapendo di non poter esser mai una copia perfetta del Maestro, ma di poter, tuttavia, anzi di dovere tendere ad una perfezione sempre pi alta. Quanto agli Apostoli, Tommaso di York nega categoricamente che abbiano mai posseduto nulla. La povert assoluta e permanente degli Apostoli per lui un dato incontrovertibile. Posto cos il problema, cio in termini di confronto con l'ideale assoluto di povert proposto e vissuto da Cristo, e affermata lidentit tra povert e libert interiore, Tommaso di York, con un'argomentazione caratteristica della mentalit del suo tempo, si chiede se la povert sia il fondamento di uno stato di perfezione. La conclusione cui egli giunge che colui il quale rinunzia ad ogni forma di propriet, e non possiede assolutamente nulla, si colloca in uno stato di perfezione assoluta (perfectior omni statu), pi perfetto, egli insinua, persino di quello dei prelati. La povert assoluta, secondo Tommaso di York, capovolge la scala dei valori convenzionali. Essa, infatti, considerata generalmente, nella vita sociale, come una forma di vita umiliante e degradante, ma appunto perch provoca emarginazione, umiliazione e vergogna, essa fonte di merito dinanzi a Dio. Pu sembrare, data la rigorosa austerit, al limite delle forze umane, che essa esige, come una continua tentazione di Dio, ma se Dio la ispira, e se ispira anche la generosit per viverla fedelmente, diventa fonte inesauribile di ricchezza interiore. Si obietta inoltre che il Minore, facendosi mendicante volontario, commette un'ingiustizia verso quelli che devono mendicare per necessit, ai quali sottrae parte delle elemosine. Ma allora ribatte Tommaso bisognerebbe accusare di ingiustizia anche Cristo e gli Apostoli, che vissero di elemosina.

Tommaso di York - parte 2

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Friday 28 September 2007 Non vale neppure, prosegue l'autore, l'altra obiezione che una legge dell'imperatore si tratta addirittura del Codice di Giustiniano! mai abrogata, proibisca agli uomini validi di mendicare. La legge del Vangelo, di cui la Chiesa interprete sostiene Tommaso superiore alla legge dell'Impero, anche se questa , indubbiamente, degna di rispetto e dev'essere osservata, ma solo fino a che non entri in contrasto con quella. La legge dell'imperatore tutela l'ordine temporale, ma la legge evangelica, che il Minore fa sua, guida gli uomini al possesso dei beni eterni. Si pu inoltre obiettare che la povert assoluta non sia una virt, giacch andrebbe contro il principio generale del giusto mezzo, dato che esige una generosit estrema. Tommaso risponde che questo principio vale per le virt etiche, nelle quali occorre cercare il mezzo tra due opposti, non vale, invece, per le virt teologali, che hanno Dio come unico oggetto e che, di conseguenza, non devono mediare fra due termini: quanto pi ci si avvicina al termine unico, che Dio, tanto pi grande la virt. La povert, in tal modo, viene accostata da Tommaso di York alle virt teologali: pur restando una virt pratica, essa acquista un fondamento teologico e diventa una parte potenziale delle virt teologali di fede, speranza, carit. Dopo aver risposto alle obiezioni correnti, Tommaso di York cerca di andare al cuore del problema: la questione, di fatto, affonda le sue radici nel contrasto del clero secolare contro i Mendicanti. Si contestava ai Minori il diritto di predicare in tutta la Chiesa, diritto che, secondo una tesi diffusa tra i secolari, neppure il sommo Pontefice poteva concedere, giacch esso avrebbe sovvertito l'ordinamento ecclesiastico fondato sulla rivelazione divina. Con questa argomentazione, dietro la polemica sulla povert spuntava un problema di una portata ancora pi vasta, che proceder parallelamente, per quasi un secolo, con quello della povert francescana : il problema della pienezza della potest pontificia e dei limiti del suo esercizio. Il diritto che i Minori rivendicano di predicare in tutto il mondo fondato argomenta Tommaso di York sull'autorit pontificia che conferisce ad essi questo mandato ; ma, in definitiva, risale alle parole stesse di Cristo, il quale comanda di predicare il Vangelo in tutto il mondo a tutti gli uomini. Se non tutti i Cristiani hanno la possibilit concreta di adempiere questo mandato, sia almeno concessa ai Minori i quali, fra i Cristiani, hanno scelto la via difficile della perfezione evangelica di farsi portatori della parola di Cristo. E qui risorge per altra via il contrasto con il clero secolare. Se i Minori si dedicano alla predicazione, se vivono per laltare, avranno anche il diritto di vivere dell'altare secondo 1'insegnamento di san Paolo suscitando, inevitabilmente, la gelosie di coloro che detengono forti e consolidate posizioni di privilegio, soprattutto in campo economico. I Minori per afferma Tommaso non pretendono nulla per la loro opera di predicatori. Si limitano ad accettare con semplicit quanto viene dato liberalmente, o a chiedere con discreta umilt nel caso che nulla venga offerto spontaneamente. L'ultimo interrogativo a cui Tommaso cerca di dare una risposta costituito dal dilemma della scelta tra mendicit e lavoro. L'autore dell'opuscolo Manus que afferma che non c' una risposta che sia universalmente valida per tutti i casi possibili: il Minore chieder l'elemosina, o eserciter un lavoro, secondo quanto richiederanno le circostanze. Gli Apostoli non si dedicarono a nessun lavoro retribuito, tranne san Paolo che volle provvedere a se stesso con l'opera delle sue mani. Anche il Minore, con la stessa libert degli Apostoli, sceglier di volta in volta la soluzione pi opportuna: ma importante tener presente che anche la contemplazione e lo studio sono delle forme di lavoro, e perci meritano, in contraccambio, il sostentamento quotidiano. Con questa affermazione, per, l'ambito del dettato della Regola, la quale prevedeva soltanto un lavoro manuale, un lavoro da poveri, si allarga anche al lavoro intellettuale. La conseguenza che, pur insistendo sull'austerit del distacco assoluto del Minore dai

beni terreni, nella fedelt alla lettera della Regola, Tommaso di York apre la via ad un'interpretazione pi ampia e indulgente del francescanesimo, riconoscendo chiaramente, anche se in modo implicito, la legittimit dei nuovi compiti assunti dall'Ordine negli ultimi decenni e, quindi, la necessit, di una rilettura dei testi su cui fondato il francescanesimo.

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