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L’AFRICA A COLORI
PERCHÉ SI MUORE
IN DĀRFŪR di Federico DE RENZI
guerra dichiarata tra Ciad e Sudan. Ma gli scontri tra i vari gruppi politici sudanesi e
ciadiani, e le violenze sulla popolazione che ne seguono, sono da considerarsi co-
me il preludio ad una guerra regionale, che rischia di estendersi dall’Egitto alla Ni-
geria? Quello in Dårfûr è solo un conflitto fra etnie, o vi sono altre ragioni?
2. Per oltre vent’anni i ribelli del Sudan People’s Liberation Army/Movement (Spla/M, al-Õarakat al-
Ša‘abiyya li Taõrør al-Sûdån) guidato dall’ex colonnello John Garang de Mabior (morto il 30 luglio
2005), ritenendo illegale lo sfruttamento non condiviso delle risorse delle loro terre, hanno combattu-
to contro le forze governative. Gli impianti petroliferi delle compagnie straniere erano i loro obiettivi
162 primari.
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nal Petroleum Company (Cnpc), International (Nile) Ltd., (Cinl), sottogruppo della
China National Petroleum Corporation (40%); la Petronas Carigali Nile Ltd. (Pcnl),
sottogruppo della malese Petronas (30%); la Ongc Nile Ganga BV, (Ongbv), sotto-
gruppo della compagnia di Stato indiana Ongc Videsh Limited (25%); e infine la
compagnia nazionale Sudapet Ltd. (Sudapet) (5%).
Prima della scoperta del petrolio nel Sud del paese e nel Dårfûr infatti, quella
del Sudan era un’economia di sussistenza, basata sull’allevamento e, nelle poche 163
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aree fertili, sull’agricoltura e sulla produzione di cotone. Gli scontri in corso non
fanno quindi della crisi in Dårfûr e della conseguente guerra con il Ciad un’anoma-
lia geopolitica, se visti nel più ampio contesto della guerra civile.
L’attuale conflitto tra Ciad e Sudan è iniziato formalmente il 23 dicembre del
2005, quando il governo del Ciad dichiarò lo stato di guerra con il Sudan 3. Esso ri-
guarda essenzialmente le popolazioni islamiche non arabe del Sudan occidentale
(Sûdån al-Ôarb) e del Ciad orientale, e alcuni gruppi di pastori seminomadi ara-
bofoni appoggiati dal governo di Khartum. Questi arabi, noti collettivamente come
bagara o baqara (ar. mucca), giunsero nella regione del Dårfûr (ar. Dår Fûr, «terra
dei fur») con la conquista degli ultimi regni cristiani di Nubia da parte dei turchi
mamelucchi d’Egitto (1250-1517). I due grandi gruppi arabi del Sudan, noti come
ãuhayna e ãa‘aliyyûn, durante l’amministrazione ottomana (1560-1821), turco-egi-
ziana (Turkiya, 1821-1885) e del regime fondato dal Mahdø (l’Atteso, Aõmad ibn
‘Abd Allåh, mistico appartenente alla Sammåniyya, 1844-1885) furono importanti
mercanti di schiavi (ãallåba) e devoti seguaci dei mistici che islamizzarono la re-
gione. Con il governo del condominio anglo-egiziano (1898-1956), gli abitanti lo-
cali si sono divisi essenzialmente tra allevatori di bovini e cammellieri. Il gruppo
ãuhayna è formato dai ãamåla (kababøš e šukriyya) e dai baqara veri e propri
(silå’im, õawåzma, masøriyya, õumr, rizayqåt, õabbåniyya, banø õalba, ma‘aliyya,
banø rašød, rašå‘ida e ta‘å‘iša), presenti tra Kordofan, Baõr al-Ôazål e Dårfûr centra-
le. I ãa‘aliyyûn si dividono oggi tra danåqla (gente di Dongola), õasaniyya, kawåõ-
la, gøma e õusainåt. Dal Ciad orientale passano poi i salåmåt e i søla (arabo-berbe-
ri). Tra i non arabi vi sono i fur, agricoltori stanziali bantu che danno il nome all’in-
tera regione e abitano il massiccio del Ãabal Marra. Questi fondarono il primo Sta-
to islamico autoctono del Sudan, il sultanato nero di funj (al-Sultan al-Zarqa’, 1504-
1916). Vi sono poi i masalit, i berti, i bargu, i bergid, i tama e i tunjur, contadini se-
mistanziali. Nel Dår Zaôåwa, parte del deserto libico, vivono poi i bidåyåt e, ap-
punto, gli zaôåwa (numerosi anche nel Ciad orientale), cammellieri.
Agli occhi degli arabi, gli autoctoni del Sud e del Dårfûr, anche quando musul-
mani, sono ancora oggi visti come schiavi (ar. ‘abød). Questi due stili di vita, in una
zona semidesertica dove il possesso dell’acqua è fondamentale, sono causa di una
lotta per la sopravvivenza. Benché oltre il 40% della popolazione sia musulmana,
l’appartenenza etnica bantu-sudanese fa sì che i popoli della regione si sentano
più vicini ai gruppi che abitano il Ciad piuttosto che a Khartum. Con la guerra civi-
le del Ciad negli anni Ottanta, gli scontri in atto esacerbarono gli animi dei fur e
degli zaôåwa, i quali accusarono il governo di Khartum non solo di favorire l’im-
migrazione degli «arabi» nelle loro terre, ma anche di sostenere militarmente i loro
nemici oltreconfine. Quello che sta accadendo non è altro che un’appendice di
questa guerra per lo sfruttamento delle risorse, che negli ultimi mesi è poi si è al-
largata a tal punto da coinvolgere direttamente, oltre ai due Stati interessati e a di-
versi gruppi combattenti, la Francia, l’Unione Africana e l’Onu.
164 3. S. HANCOCK, «Chad in “state of war” with Sudan», BBC News, 23/12/2005, news.bbc.co.uk
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L’AFRICA A COLORI
ne della crisi politica tra i due paesi. Nelle dichiarazioni dei mesi passati il governo
ciadiano ha più volte fatto appello ai suoi cittadini perché si mobilitassero contro il
«nemico comune», rappresentato dai militanti del Rassemblement pour la démocra-
tie et la liberté (Rdl), dalla Socle pour le changement, l’unité et la démocratie
(Scud) e dai miliziani janjawid sudanesi che passano il confine in cerca di bottino,
all’inseguimento dei rifugiati sudanesi (fur e masalit).
L’Rdl, formato nell’agosto del 2005 da ex militari dell’esercito ciadiano, è gui-
dato da Muõammad Nûr ‘Abd al-Karøm, anch’egli un ufficiale disertore. Il gruppo
ha sempre negato legami con il governo sudanese, anche se il suo principale
obiettivo è il rovesciamento di Idriss Déby, presidente del Ciad. Déby, influente
membro del popolo zaôåwa e capo del Mouvement patriotique de salut (Mps), salì
al potere il 1° dicembre 1990 in seguito ad un colpo di Stato appoggiato dalla Li-
bia. L’obiettivo di Gheddafi, dopo le fallite invasioni del Ciad settentrionale (1980-
1987) divenne, negli anni 1987-1989, la creazione di un «corridoio arabo» attraverso
il Nordafrica. Questo prevedeva l’espulsione o l’eliminazione delle popolazioni
non arabe del Dårfûr centrale, da attuarsi attraverso la Legione araba. Il 28 febbraio
1991, dopo un governo provvisorio di tre mesi, Déby venne eletto presidente della
Repubblica e da allora ha sempre sostenuto i gruppi ribelli zaôåwa del Dårfûr con-
tro gli arabi. Alcuni gruppi legati all’ex presidente Habré, comandante delle Forces
armées du Nord (Fan) durante la guerra civile degli anni Settanta, cominciarono ad
organizzarsi.
Lo Scud è nato nell’ottobre del 2005 ed è anch’esso formato da ex militari del-
l’esercito ciadiano. Dalla sua fondazione è guidato dal trentenne Yaya Dillo Djérou
e dal fratello. Lo Scud condivide con lo Rdl l’obiettivo di rovesciare il presidente
Déby. Già dalla fine del 2003 le milizie janjawid avevano iniziato a compiere degli
sconfinamenti in territorio ciadiano, specie nella zona di Adré, abitata principal-
mente da rifugiati zaôåwa, non lontana dal confine con il Sudan. Con le loro razzie
e violenze contro i civili, i janjawid hanno suscitato la reazione del governo ciadia-
no, culminata con l’invio di alcuni reparti nella zona delle incursioni, per lo più re-
clutati tra le tribù baqqara del Nord del paese, che avevano sofferto per le carestie
seguite alla siccità e per la conseguente scomparsa dei pascoli. Sembra poi che il
governo negli ultimi quattro anni abbia reclutato anche tribù arabe del Ciad, come i
salamat e i fellata, facili a seguire i messaggi dell’islam radicale, tanto che furono tra
i primi muraõõaløn reclutati dal National Islamic Front (Nif) di Õasan al-Turåbø ne-
gli anni Ottanta. Dei 15 mila combattenti janjawid i più sono criminali comuni, fa-
cilmente sacrificabili alle pressioni della comunità internazionale, e solo pochi ap-
partengono alle tribù baqqara del Dårfûr. Gli attacchi dei janjawid sono spesso pre-
ceduti da bombardamenti aerei e appoggiati da truppe governative, comandate a ri-
pulire il terreno per la creazione di pozzi e oleodotti. I legami di sangue e religiosi
con alcuni membri del governo sono molto importanti per i janjawid 4.
4. L’attuale guida, Mûsà Hilål, figlio di un importantissimo šayœ della Khatmiyya dei Ãalûl rizayqat, si
è vantato più volte di godere dell’appoggio del governo, tanto che a suo dire tutte le operazioni dei
miliziani sono comandate da alti ufficiali dell’esercito. Dopo queste sue dichiarazioni, nel 2005 venne
166 richiamato a Khartum.
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U G A N D A
Idriss Déby, il presidente del Sudan ‘Umar Õasan Aõmad al-Bašør e il colonnello
Gheddafi hanno siglato l’accordo di Tripoli, con il quale si poneva formalmente fi-
ne alla guerra. Il 6 marzo scorso si è poi riunito, sempre a Tripoli, il comitato mini-
steriale africano, composto dai ministri degli Esteri di Ciad, Sudan, Libia, Congo e
Burkina Faso e dal presidente del consiglio esecutivo della Comunità degli Stati
del Sahara-Sahel (Cen-Sad). Il comitato, guidato dal ministro degli Esteri libico
‘Abd al-Raõmån Šalôåm, insieme al commissario per la Sicurezza e la pace dell’U-
nione Africana Sa‘ød Ãinnøt, ha deciso la creazione di gruppi di sorveglianza del-
l’Unione Africana lungo il confine tra Ciad e Sudan. Questi sono posizionati in die-
ci punti del confine, cinque per lato, e gli Stati interessati devono provvedere al lo-
ro funzionamento. Lo stesso al-Bašør si è di recente impegnato in tal senso.
Tuttavia, già dalla fine di febbraio, e lungo tutto il corso degli ultimi due mesi,
gli scontri sono continuati e le incursioni dei janjawid si sono intensificate. Questi
ultimi hanno attaccato la città ciadiana di Amdjereme compiendo razzie e ucciden-
do centinaia di civili, fin quando non sono stati costretti ad arrendersi dalle pattu-
glie di confine 5. Il 13 aprile scorso, poi, le forze ribelli e i janjawid hanno attaccato
la capitale N’djamena, in piena violazione dell’accordo di Tripoli. Come risposta a
questi attacchi, il presidente Déby ha interrotto le relazioni diplomatiche con il go-
verno di Khartum, espellendo i suoi diplomatici e minacciando di cacciare i 200
mila rifugiati provenienti dal Dårfûr. Il governo del Ciad ha ripetutamente accusato
il presidente al-Bašør di essere il vero responsabile degli attacchi dei janjawid, di
armare i gruppi ribelli ciadiani e di aver recentemente ordito un colpo di Stato
contro lo stesso Déby. Oltre a ciò il ministro del Petrolio ciadiano Maõmat Õasan
Nasser ha dichiarato all’Associated Press che se la comunità internazionale non
fosse intervenuta il Ciad avrebbe chiuso i suoi oleodotti. Questo paese infatti, pur
non possedendo riserve importanti, tuttavia, già dagli anni Settanta ospita sul suo
territorio le compagnie ExxonMobil, Petronas e Chevron, gestori dell’oleodotto
Ciad-Camerun 6.
Le accuse mosse ad al-Bašør circa la sua collusione con i janjawid non sono
infondate, poiché la loro nascita è strettamente legata alla composizione etnica
dell’esercito sudanese, ambiente da cui l’attuale presidente proviene. Sebbene l’e-
sercito sia composto al 60-65% da nuba del Kordofan e da coscritti del Dårfûr, può
contare anche su numerose truppe del Sud del paese, per lo più composte da
dinka. Dal momento che queste truppe sono considerate inaffidabili, il governo al-
Bašør ha dovuto cercare un’altra forza militare, motivata dall’odio verso le popola-
zioni locali, con cui controllare gli scontri in Dårfûr e garantire alle compagnie pe-
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7. Fondata nel 1881 dal Mahdø, da allora è la grande rivale dell’altra grande confraternita del Sudan, la
Œatmiyya. Fondata nel 1824 nella regione della Šayqiyya (Dongola) dal mistico Muõammad ‘Utmån
al-Mørôanø (1793/4-1852, già appartenente alla Idrøsiyya), oggi è guidata da Sayyid Muõammad
‘Utmån al-Mørôanø, capo del Democratic Unionist Party (Dup).
8. D.H. JOHNSON, The Root Causes of Sudan’s Civil Wars (African Issues), Bloomington, Indiana Uni-
versity Press, 2003, p.17.
9. National Commission on Terrorist Attacks Upon the United States, The Foundation of the New Ter-
rorism, 2.3 The Rise of Bin Ladin and Al Qaeda (1988-1992), www.9-11commission.gov/re-
170 port/911Report_Ch2.htm.
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nuova Assemblea nazionale, carica seconda solo alla presidenza. Forte di questa
sua posizione, al-Turåbø introdusse una nuova legislazione, per la quale l’Assem-
blea nazionale limitava i poteri del presidente, riservandosi di rimuoverlo in caso
di necessità. Tra l’ottobre 1996 ed il dicembre 1997, in seguito agli scontri tra com-
battenti arabi provenienti dal Ciad e nomadi masalit, il presidente al-Bašør dichiarò
lo stato d’emergenza nel Dårfûr occidentale, esteso poco dopo a tutte e tre le pro-
vince della regione e allo Stato del Kordofan settentrionale. Il governo ciadiano,
dopo aver allestito alcuni campi profughi, cominciò ad accusare Khartum di essere
la vera causa della fuga dei civili sudanesi in Ciad. Lo stesso al-Bašør dichiarò a sua
volta che gli scontri in corso nel Dårfûr occidentale erano in realtà fomentati da
non ben definiti «nemici della nazione», al fine di distogliere l’opinione pubblica in-
ternazionale dalla guerra contro i ribelli dello Spla/M nel Baõr al-Ôazål.
Tra questi «nemici» vi era al-Turåbø, e in risposta alla sua condotta, nel dicem-
bre 1999 al-Bašør proclamò lo stato d’emergenza nazionale, sospese la costituzio-
ne, sciolse l’Assemblea nazionale e nel 2000 lo rimosse dalle sue cariche costitu-
zionali e politiche, epurandone i sostenitori.
Il Nif si scisse quindi in due diversi partiti, il National Congress Party (Ncp,
Õizb al-Mû’tamar al-Watanø), guidato dal presidente, e il Popular Congress Party
(Pcp, Õizb al-Mû’tamar al-Ša‘abø). L’anno successivo il leader sudanese fece arre-
stare al-Turåbø, accusato di avere avviato negoziati segreti con lo Spla/M senza
l’approvazione del governo, eliminando così il suo unico rivale per la presidenza.
10. A metà luglio del 2004 Human Rights Watch ottenne le copie di alcuni documenti del governo su-
danese che descrivevano una politica ufficiale di sostegno alle milizie janjawid. Vedi: Darfur Docu-
ments Confirm Government Policy of Militia Support. A Human Rights Watch Briefing Paper, July
20, 2004 hrw.org/english/docs/2004/07/19/darfur9096.htm; Emily Wax, «After Accord, Sudan Camp
Raided. Shelters Reportedly Destroyed and Residents», Washington Post, 10/11/2004, www.washing-
tonpost.com; Emily Wax, «Violence Fractures Cease-Fire In Sudan. Darfur Town Bombed Following
172 Rebel Attacks», Washington Post, 24/11/2004, www.washingtonpost.com
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L’AFRICA A COLORI
ve vennero accusate dagli uomini della forza di pace dell’Unione Africana di ripe-
tute violazioni del cessate il fuoco. Le trattative sono poi riprese il 21 novembre
ma, come ricordato all’inizio, il 18 dicembre 2005 l’Rdl e lo Scud, appoggiati dai
janjawid, hanno attaccato le truppe ciadiane nei pressi della città di Adré.
Il 23 febbraio 2006 gli Stati Uniti hanno iniziato il loro mese di presidenza del
Consiglio di sicurezza, facendo approvare l’avvio di una missione di pace delle Na-
zioni Unite in Dårfûr. Secondo i piani dovrebbero essere inviati tra i 12 mila e i 20
mila uomini, da affiancarsi ai 7 mila dell’Unione Africana già presenti.
12. CH. IGIRI, P.N. LYMAN, Giving Meaning to «Never Again»: Seeking an Effective Response to the Dar-
fur Crisis and Beyond, Council on Foreign Relations Special Report, n. 5, September 2004, pp. 15-17.
174 13. «Sudan’s Kiir to inaugurate pumping of oil from blocks 3, 7», Sudan Tribune, 10/4/2006.