Você está na página 1de 3

Spazio sacro e spazio civile Lectio magistralis di Gianfranco Ravasi ( c.CARDINALI, Card. Gianfranco Ravasi ) http://www.zammerumaskil.com/rassegna-stampa-cattolica/formazione-e-catechesi/sp azio-sacro-e-spazio-civile.

html

Spazio sacro e spazio civile Pubblichiamo il testo della lectio magistralis che il cardinale presidente del Ponti ficio Consiglio della Cultura tiene il 17 gennaio 2011 a Roma presso la facolt di Architettura delluniversit La Sapienza. di Gianfranco Ravasi Il mondo come locchio: il mare il bianco, la terra liride, Ge alemme la pupilla e limmagine in essa riflessa il tempio. Questo antico aforisma ra bbinico illustra in modo nitido e simbolico la funzione nel tempio secondo unintu izione che primordiale e universale. Due sono le idee che sottendono allimmagine. La prima quella di centro cosmico che il luogo sacro deve rappresentare, un tema su l quale il grande studioso delle religioni Mircea Eliade (1907-1986) ha offerto un vasto dossier documentario. Lorizzonte esteriore, con la sua frammentazione e con le sue tensioni, converge e si placa in unarea che per la sua purezza deve in carnare il senso, il cuore, lordine dellessere intero. Nel tempio, dunque, si con-cen tra la molteplicit del reale che trova in esso pace e armonia: si pensi solo alla p lanimetria di certe citt a radiali connesse al sole ideale rappresentato dalla catted rale posta nel cardine centrale urbano (Milano, per esempio, centrata sul Duomo ne u n esempio evidente, come New York la testimonianza di una diversa visione, pi dis persa e babelica). Dal tempio, poi, si de-centra un respiro di vita, di santit, di il luminazione che trasfigura il quotidiano e la trama ordinaria dello spazio. Ed a questo punto che entra in scena il secondo tema sotteso al detto giudaico sopra evocato. Il tempio limmagine che la pupilla riflette e rivela. Esso , quindi, segn o di luce e di bellezza. Detto in altri termini, potremmo affermare che lo spazi o sacro epifania dellarmonia cosmica ed teofania dello splendore divino. In quest o senso unarchitettura sacra che non sappia parlare correttamente anzi, splendidame nte il linguaggio della luce e non sia portatrice di bellezza e di armonia decade automaticamente dalla sua funzione, diventa profana e profanata. dallincrocio dei menti, la centralit e la bellezza, che sboccia quello che Le Corbusier definiva i n modo folgorante lo spazio indicibile, lo spazio autenticamente santo e spirituale, sacro e mistico. Certo, questi due assi portanti trascinano con s tanti corollari : pensiamo alla sordit, allinospitalit, alla dispersione, allopacit di tante chiese e su senza badare alla voce e al silenzio, alla liturgia e allassemblea, alla vis ione e allascolto, allineffabilit e alla comunione. Chiese nelle quali ci si trova sperduti come in una sala per congressi, distratti come in un palazzetto dello s port, schiacciati come in uno sferisterio, abbrutiti come in una casa pretenzios a e volgare. A questo punto vorremmo proporre una riflessione di indole pi specifi ca che abbia come codice di riferimento proprio quelle Sacre Scritture bibliche che sono state indubbiamente il grande codice della stessa civilt artistica occidenta le. indiscutibile il rilievo che in esse ha una teologia dello spazio, anche se come si vedr essa inverata in una teologia superiore, quella del tempo e della storia (lIncarnazione riassume in s queste due dimensioni ricollocandole nella loro gera rchia). Ai tuoi servi sono care le pietre di Sion (Salmo, 102, 15). Questa profession e damore dellantico salmista potrebbe essere il motto stesso della tradizione cris tiana che allo spazio sacro ha riservato sempre un rilievo straordinario, a part ire dalla pietra del Santo Sepolcro, segno della risurrezione di Cristo, attorno all a quale sorto uno dei templi emblematici dellintera cristianit. Tra laltro, curioso che simbolicamente le tre religioni monoteistiche si ancorino a Gerusalemme att orno a tre pietre sacre, il Muro Occidentale (detto popolarmente del Pianto), segno del tempio salomonico per gli ebrei, la roccia dellascensione al cielo di Maomett o nella moschea di Omar per lislam e, appunto, la pietra ribaltata del Santo Sepo lcro per il cristianesimo. Certo che, senza la spiritualit e la liturgia cristiana , la storia dellarchitettura sarebbe stata ben pi misera: pensiamo solo al nitore delle basiliche paleocristiane, alla raffinatezza di quelle bizantine, alla monu mentalit del romanico, alla mistica del gotico, alla solarit delle chiese rinascim entali, alla sontuosit di quelle barocche, allarmonia degli edifici sacri settecen

teschi, alla neoclassicit dellOttocento, per giungere alla sobria purezza di alcun e realizzazioni contemporanee (un esempio per tutte: laffascinante chiesa del cit ato Le Corbusier a Ronchamp). C, dunque, nel cristianesimo una celebrazione costant e dello spazio come sede aperta al divino, partendo proprio da quel tempio supre mo che il cosmo. Un grande storico della teologia Marie-Dominique Chenu (1895-199 0), al termine della sua vita si rammaricava di aver riservato troppo poco spazi o alle arti sia letterarie sia figurative sia architettoniche nella sua storia d el pensiero religioso, perch esse non sono soltanto illustrazioni estetiche ma veri soggetti teologici. Dallanonimato in cui si relegavano i grandi costruttori di cat tedrali basterebbe solo fare emergere, a titolo esemplificativo, un genio archit ettonico e artistico come labate Sugero di Saint-Denis (xiii secolo). Detto questo c per nella concezione cristiana una componente molto pesante che come si diceva s posta il baricentro teologico dallo spazio al tempo. Ed su questo aspetto che or a vorremmo fissare la nostra attenzione. Nellultima pagina neotestamentaria, quan do Giovanni il Veggente si affaccia sulla planimetria della nuova Gerusalemme de lla perfezione e della pienezza, si trova di fronte a un dato a prima vista scon certante: Non vidi in essa alcun tempio perch il Signore Dio Onnipotente e lAgnello sono il suo tempio (Apocalisse, 21, 22). Tra Dio e uomo non pi necessaria nessuna m ediazione spaziale; lincontro ormai tra persone, si incrocia la vita divina con q uella umana in modo diretto. Da questa scoperta potremmo risalire a ritroso attr averso una sequenza di scene altrettanto inattese. Immaginiamo di rincorrere ques to filo rosso afferrandolo al capo estremo opposto. Davide decide di erigere un tempio nella capitale appena costituita, Gerusalemme, cos da avere anche Dio come cittadino nel suo regno. Ma ecco la sorprendente risposta oracolare negativa em essa dal profeta Nathan: il re non costruir nessuna casa a Dio ma sar il Signore a dar e una casa a Davide: Te il Signore far grande, poich una casa far a te il Signore le, 7, 11). In ebraico si gioca sulla ambivalenza del termine bayit, casa e casato. D quindi, allo spazio sacro di una casa-tempio preferisce la presenza in una casa -casato, ossia nella storia di un popolo, nella dinastia davidica che si colorer di tonalit messianiche. Certo, lo spazio non dissacrato. Il figlio di Davide, Salo mone, innalzer un tempio che la Bibbia descrive con ammirata enfasi. Eppure quand o egli sta pronunziando la sua preghiera di consacrazione, dovr necessariamente i nterrogarsi cos: Ma proprio vero che Dio pu abitare sulla terra? Ecco i cieli e i ci eli dei cieli non possono contenerti, tanto meno questa casa che io ho costruito ! (1 Libro dei Re, 8, 27). Il tempio, allora, solo lambito di un incontro personale e vitale (non per nulla si parla nella Bibbia di tenda dellincontro) che vede Dio ch inarsi dal luogo della sua dimora, dal cielo della sua trascendenza verso il popolo che accorre nel santuario di Sion con la realt della sua storia sofferta della qu ale si elencano i vari drammi. I profeti giungeranno al punto di minare le fondam enta religiose del tempio e del suo culto qualora esso si riduca a essere solo u no spazio magico-sacrale, dissociato dalla vita della piazza civica, ossia dallim pegno etico-esistenziale, e affidato solo a una presenza meramente e ipocritamen te rituale. Basti solo, tra i tanti passi profetici di analogo tenore, leggere qu esto paragrafo del profeta Amos (viii secolo prima dellera cristiana): Io detesto, respingo le vostre feste e non gradisco le vostre riunioni. Anche se voi mi offr ite olocausti io non accetto i vostri doni. Le vittime grasse di pacificazione n eppure le guardo. Lontano da me il frastuono dei vostri canti, il suono delle vo stre arpe non riesco a sopportarlo! Piuttosto scorra come acqua il diritto e la giustizia come un torrente perenne! (5, 21-24). Ma entriamo nel cristianesimo in mo do diretto. Cristo, come ogni buon ebreo, ama il tempio gerosolimitano. Non esit a a impugnare una sferza e a menare fendenti contro i mercanti che lo profanano con i loro commerci, ne frequenta le liturgie durante le varie solennit, come far anno anche i suoi discepoli che si riserveranno persino un loro spazio nellarea d el cosiddetto Portico di Salomone. Eppure lo stesso Cristo in quel meriggio assolato al pozzo di Giacobbe, davanti al monte Garizim, luogo sacro della comunit dei sa maritani, non teme di dire alla donna che sta attingendo acqua: Credimi, donna, gi unto il momento in cui n su questo monte, n in Gerusalemme adorerete il Padre giunt o il momento, ed questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verit; perch il Padre cerca tali adoratori. Dio spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verit (Giovanni, 4, 21-24). Ci sar unulteriore svolta ch

e insedier la presenza divina nella stessa carne dellumanit attraverso la persona di C isto, come dichiara il celebre prologo del Vangelo di Giovanni: Il Verbo si fatto carne e ha posto la sua tenda in mezzo a noi (1, 14), con evidente rimando alla tend a del tempio di Sion. Tra laltro, il verbo greco esknosen, pose la tenda ricalca le r cali s-k-n del vocabolo ebraico con cui si definiva la Presenza divina nel tempio di Sion, Shekinah. Ges sar anche pi esplicito: Distruggete questo tempio e in tre giorn i io lo far risorgere. E levangelista Giovanni annota: Egli parlava del tempio del suo corpo (2, 19-21). Paolo andr oltre e, scrivendo ai cristiani di Corinto, affermer: Non sapete che il vostro corpo tempio dello Spirito Santo che in voi Glorificate dun que Dio nel vostro corpo! (i, 6, 19-20). Un tempio di pietre vive, quindi, come scrive san Pietro, impiegate per la costruzione di un edificio spirituale (i, 2, 5) un sant uario non estrinseco, materiale e spaziale, bens esistenziale, un tempio nel temp o. Il tempio architettonico sar, quindi, sempre necessario, ma dovr avere in s una funzione di simbolo: non sar pi un elemento sacrale intangibile e magico, ma solo il segno necessario di una presenza divina nella storia e nella vita dellumanit. I l tempio, quindi, non esclude o esorcizza la piazza della vita civile ma ne feco nda, trasfigura, purifica lesistenza, attribuendole un senso ulteriore e trascend ente. Per questo, una volta raggiunta la pienezza della comunione tra divino e u mano, il tempio nella Gerusalemme celeste, la citt della speranza, si dissolver e Di o sar tutto in tutti (1 Corinzi, 15, 28). Terminiamo la nostra riflessione con tre t estimonianze. La prima riassume i gradi del discorso finora fatto. una cantilena ebraica cabbalistica medievale che ricorda i vari passaggi per trovare il luogo dove sincontra veramente Dio. Ecco il ritornello in ebraico, ritornello assonant e che si ripete a ogni strofa: hu hammaqm shel- maqm / ween hammaqm meqom. Con un gioc o di parole e unintuizione folgorante si dice: Egli, Dio, il Luogo di ogni luogo, / eppure questo Luogo non ha luogo. La seconda testimonianza legata alla figura di s an Francesco ed desunta dal capitolo 37 della Vita seconda di Tommaso da Celano, francescano abruzzese. Un frate dice a Francesco: Non abbiamo pi soldi per i pover i. Francesco risponde: Spoglia laltare della Vergine e vendine gli arredi, se non pot rai soddisfare diversamente le esigenze di chi ha bisogno. E subito dopo aggiunge: Cr edimi, alla Vergine sar pi caro che sia osservato il vangelo di suo Figlio e nudo il proprio altare, piuttosto che vedere laltare ornato e disprezzato il Figlio ne l figlio delluomo. Ci dobbiamo, dunque, soltanto spogliare del tempio e della sua b ellezza? No, perch Francesco convinto che Dio ci offrir di nuovo il tempio, con tu tti gli ornamenti: Il Signore mander chi possa restituire alla Madre quanto ci ha d ato in prestito per la Chiesa. La terza e ultima considerazione ci offerta dalla sp iritualit ortodossa. Un noto teologo laico russo del Novecento vissuto a Parigi, Pavel Evdokimov, dichiarava che tra la piazza e il tempio non ci deve essere la porta sbarrata, ma una soglia aperta per cui le volute dellincenso, i canti, le p reghiere dei fedeli e il baluginare delle lampade si riflettano anche nella piaz za dove risuonano il riso e la lacrima, e persino la bestemmia e il grido di dis perazione dellinfelice. Infatti, il vento dello Spirito di Dio deve correre tra la ula sacra e la piazza ove si svolge lattivit umana. Si ritrova, cos, lanima autentic a e profonda dellIncarnazione che intreccia in s spazio e infinito, storia ed eter no, contingente e assoluto. (LOsservatore Romano 17-18 gennaio 2011)

Você também pode gostar