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JOHN

M. KELLY LIBDAI2Y

Donated by

The Redemptorists of
the Toronto Province

from the Library Collection of

Holy Redeemer College, Windsor

University of
St.

Michaers College, Toronto

^\BLIOTfyi

.^^
PfiOV.

^^

^enjDATO^

FILOSOFIA
COME SCIENZA DELLO SPIRITO

LOGICA

Digitized
in

by the Internet Archive


with funding from

2009

Ontario CounciI of University Libraries

Iittp://www.arcliive.org/details/logicacomescienz02croc

BENEDETTO CROCE

LOGICA
COME

SCIENZA DEL CONCETTO PURO


QUARTA EDIZIONE RIVEDUTA DALL'AUTORE

BARI
GIUS. LATERZA
1920
&

FIGLI

TIPOGRAFI-KDITOUI-LIBRAI

.<<?

^ ^

LIBRAf^ WINDSOR HOLY REDEEMER

PROPKIBTA I.BTTKUAIUA

KTTXMUHR MCMKX

&050O

AVVERTENZA

Questo volume e non la memoria, che col titolo: fneamenti di una Logica come scienza del concetto puro fu da me presentata all'Accademia Pontaniana nelle tornate dei 10 aprile e 1 maggio 1904 e 2 aprile 1905. e venne inserita nel volume XXXV degli Atti
(estratto, Napoli, Giannini,

1905 in-4, pp. 140). Avrei potuto ripubblicare quella memoria, facendovi alcune correzioni piccole e grandi, e soprattutto am-

pliandola di moltissimi svolgimenti.


parziali e le aggiunte copiose,
la

Ma

le

correzioni

mentre avrebbero rotto compagine del primo scritto, non sarebbero bastate
pi sicura e piena,
riflessioni,

al fine di quell'esposizione

che,

dopo

altri

quattro anni di studi e di

sembi'a di poter fornire della dottritia logica.

mi Onde mi

sono risoluto a scrivere da capo


largo disegno, con

il mio libro con pi nuovo ordine e nuova dicitura, considerando quello precedente come uno schizzo che letterariamente sta da s e accogliendone soltanto, dove cadeva opportuno, qualche pagina o qualche gruppo

di

pagine.

Per

tale relazione,

presente volume con la gi nota

che mi conveniva dichiarare, del memoria accademica.

AVVERTENZA
si

detto,

in quale significato esso si possa dire, e sia seconda edizione una seconda edizione del mio pensiero, piuttosto che del mio libro,

vede

Napoli, novembre 1908.

istampa dopo otto anni il mio trattato di Logica, l'ho riveduto nella forma letteraria, ma non vi ho fatto cangiamenti sostanziali n aggiunte; perch gli svolgimenti ulteriori che ho dati alla parte che tratta la logica della Storiografia, sono stati riuniti, quasi appendice o piuttosto epilogo, in uno speciale volume, che forma ora il quarto della Filosofa
Nel rimettere
in

dello spirito.

Quando questo

libro fu la

prima volta pubblicato,

parve a nSolti che esso fosse in guisa precipua una assai vivace requisitoria contro la Scienza; e pochi vi
scorsero ci che soprattutto era: una

rivendicazione

della seriet del pensiero logico, di fronte non solo all'empirismo e all'astrattismo, ma anche alle dottrine intuizionistiche, mistiche e prammatistiche, e a tutte le altre, allora assai poderose, che travolgevano col positivismo, a giusta ragione avversato, ogni forma
di logicit.

N, a dir vero, la stessa critica che esso faceva della

Scienza favoriva una

filosofia,

come
il

si

suol chiamarla,
di

aborrente dai
critica era
il

fatti:

che anzi

motivo
fatti,

quella
ossei'-

rispetto meticoloso dei


nelle

non

vato

osservabile

costruzioni

empiriche ed

astratte, e nelle
Il

carattere di questa Logica

congiunte mitologie del naturalismo. si potrebbe descrivere


dell'universale concreto, e
in-

del pari
(;orae

come affermazione

affermazione del concreto individuale: come

AVVERTENZA

VII

Veraraento dell'aristotelico Scientia est de universa-

come inveraraento del campanelliano Scientia de singularibus. Sicch ci che nel corso di essa si viene togliendo alla filosofia di generalit vuote, fittizia ricchezza, vi appare, pi che ampiamente, inlibus, e

est

finitamente compensato dalla restituzione che


della schietta sua

le si fa

ricchezza,

di

tutta
lei

la

storia

(la

cosiddetta storia

umana non meno che


nella

la cosiddetta

storia della natura),

quale a

dato
o,

ormai

vivere davvero come in proprio dominio


meglio,
in

per dir

lei, da lei compie della filosofia dalla scienza non distacco da ci che nella scienza verace conoscere, ossia dagli elementi storici e reali della scienza, ma solo dalla forma schematica, nella quale questi elementi vengono compressi, mutilati e alterati; e perci , nel tempo stesso, un ricongiungimento con quanto vi ha di vivo, di

proprio corpo, coestensivo con

indivisibile.

il

distacco che vi

si

concreto e di progressivo nelle cosiddette scienze.


se alla distruzione di qualcosa vi
si

mira, ci non

chiaramente altro che


rica;

la

filosofia

astratta e antisto-

per questo rispetto,

ossia

sempre che come


questa Lopiuttosto che

vera

filosofia si

ponga

la filosofia astratta,

gica dovrebbe, qual

caso mai,

considerarsi,

liquidazione della scienza, liquidazione della filosofia.

punto ribadito dalla polemica che ciril volume contro l'idea di una filosofia generale, che stia di sopra alle filosofie particolari, ossia alla serie dei problemi metodologici del
Il

cola in tutto

pensiero storico.

La

distinzione della filosofia generale

dalle filosofie particolari (che nella loro particolarit

sono la vera generalit) sembra a


seologico
del

me

il

residuo gno-

vecchio dualismo e della vecchia tra-

scendenza: un residuo non innocuo, perch tende pur

Vili

AVVERTENZA
far riguardare
i

sempre a
e volgare
e
il

come opera

inferiore,

comune

pensieri degli uomini sulle cose particolari,


superiore, e sola

come opera

veramente

beatificante,

pensiero della totalit o unit. Per questa via, con-

sapevolmente o no, l'idea della filosofia generale prepara la restaurazione della Metafisica, con le sue pretese di ripensare il gi pensato merc una forma o un concetto suo particolare, che, quando non sia addirittura
la

rivelazione religiosa,

poi

l'arbitrio
i

del

singolo
offerti

metafisico; e ci

ben noto per

tanti

esemp

dalla filosofia postkantiana, nella quale le Metafisiche

imperversarono in cosi violento e malo modo da finir col subissare, con s medesime colpevoli, l'incolpevole Filosofia. E se anche codesta restaurazione della Metafisica non ha luogo, il pericolo latente c' sempre; e se da latente non si fa mai effettivo perch ben vigilato e frenato, rimane che quella filosofia generale,
quella soprafilosofia o sopraintelligenza vagheggiata,

mentre non vale a chiarire i problemi particolari, che sono soli che si riferiscono alla vita concreta, tuttavia in certa misura li scredita, giudicandoli di poco conto e avvolgendoli in una sorta di mistica ironia. Annullare l'idea della filosofia generale insieme annullare il concetto statico del sistema filosofico, surrogandolo col concetto dinamico delle semi

plici

sistemazioni

delle quali ci

probhimi e

le

storiche dei gruppi di problemi, che persiste e sopravvive sono i singoli loro soluzioni, e non gi l'aggregato e

che ubbidisce ai bisogni dei tempi e degli autori e passa con questi, o si serba e s ammira solo per ragioni estetiche, quando pur abbia tal pregio. Ma ai sistemi che ho detto statici si volgono ancora con simpatia quegli animi che ritengono alcuna superstizione di riverenza per la Filol'ordinamento
esterno,

AVVERTENZA
sofia generale

IX

e in ci si comportano non possono sottrarsi del tutto alle richieste di una filosofia definitiva, che sciolga una volta per sempre il cosiddetto e immagi-

Metafisica

>;

in

modo

coerente,

perch

essi

nario

enimma

del

mondo

(immaginario, perch vi

enimmi, che si propongono e sciolgono non gi l'Enimma), e porga il vero si stema o il fondamento, del sistema vero. Nondimeno io spero che alla dottrina da me proposta circa non mancher buona fortuna, il concetto di sistema non solo perch essa mi sembra che rechi la soddisfasono
gli infiniti

via via,

ma

zione,

propria di ogni detto di verit, di riconciliare

con

la realt delle cose,

ma anche

(se cosi

mi
il

si

con-

sente di esprimermi) perch porta seco alcuni


diati e tangibili vantaggi. E, anzitutto, allevia
di
filosofia

immecultore

che non di somministrare la certo io vorrei mai assumere, Verit, l'unica, l'eterna Verit, e di somministrarla in vittoriosa gara con tutti i maggiori filosofi apparsi nei secoli; e poi gli toglie, insieme con la speranza del sistema definitivo, l'ansioso timore del fato mortale che sar per colpire un giorno il sistema stesso da lui amorosamente congegnato, come ha colpito quelli dei suoi predecessori; e ancora lo sottrae alle irridenti aspettazioni dei non-filosofi, che prevedono con sicurezza e quasi calcolano il tempo di quella non lontana morte; e, infine, lo libera dal fastidio della scuola e degli scolari perch scolari e scuola, quali li avevano i vecchi metafisici, che accettino e applichino il principio proprio del sistema del maestro , non sono pi nemmeno concepibili, quando si abolisca l'idea di sistemi che abbiano principi propri Tutti i sistemi dinamici e provvisorie sistemazioni dei sempre nuovi problemi hanno il medesimo principio,
della
terribile

responsabilit,

AVVERTENZA
il

che

Pensiero, perennis philosophia; e per questa

parte non c' nulla,


inventare.

come non
le

c' stato mai nulla, da

E quantunque

molteplici proposizioni e

soluzioni di problemi lottino tra loro per mettersi in

armonia, a ciascuna di esse, se fu realmente pensata

promessa vita eterna, che d e prende vigore dalla


sistemi statici e definitivi,

ita di ciascun'altra: contrariamente a quel che ac-

cade dei

che minano
di

l'uno sull'altro,

sopravanzandone solo alcuni pezzi


filosofo

buon lavoro,
particolari,
alle
tori,

ossia alcune felici trattazioni di problemi

ha sempre commiste sue metafisiche. E quantunque gli scolari ripetiche ogni vero
gli scolari fedeli, arieggianti

ai

fedeli

delle reli-

gioni,

non abbiano pi campo ad esercitare siffatta loro affettuosa virt, un gran campo resta sempre aperto

a quegli altri scolari, a quegli uomini, che ascoltano con seriet e assimilano ci che loro giova dei pensieri altrui, ma procedono a porre e risolvere problemi nuovi e propri. Insomma, la vita della filosofia, nel modo com' concepita e ritratta in questa Logica, somiglia in ci alla vita della poesia: che essa non si attua se non da diverso a diverso, da pensatore originale a pensatore originale (grande o piccolo, ma oi'iginale); come la poesia passa da poeta a poeta, e gli imitatori e le scuole poetiche appartengono certo
anch'essi al mondo,
Settembre
1916.

ma

non

al

mondo

della poesia.

Questa
parole.

quarta

edizione

ha solo

lievi

ritocchi

di

Maggio

1920.

B. 0.

SOMMARIO
PARTE PRIMA
Il concetto puro,
il giudizio

individuale

E LA sintesi a PKIORI LOGICA

SEZIONE PRIMA
Il concetto

puko e gli pseddoconcetti

Affrmazione del concetto

Pensiero e linguaggio Intuizione La scepsi contro concetto Tre forme di scepsi Estetismo Misticismo Empirismo Riduzione alPassurdo delle tre scepsi Affermazione del concetto.
Pensiero
e

rappresentazione

e linguaggio

come presupposti

il

II

Il concueto e gli pseodoconcetti


11 concetto puro come ultra- e Concetto e finzioni concettuali Le finzioni concettuali come rappresentative onnirappresentativo Crisenza universalit, o come universali, vuoti di rappresentazioni tica della dottrina che le considera come concetti errati, o come conPosteriorit delle finzioni cetti imperfetti, preparatori dei perfetti Carattere pratico delle finzioni concettuali ai concetti veri e propri Persistenza delle concettuali Il fine pratico e l'utilit mnemonica Concetti puri e pseudofinzioni concettuali accanto ai concetti

concetti.

iClI

SOMMARIO

III
I

CARATTERI E

IL

CARATTERE DEL CONCETTO

reto, e la formazione degli pseudoconcetti

L'universale-conConcretezza Pseudoconcetti empirici e pseudoconcetti astratti Gli altri caratteri del concetto puro La parvenza della molteplicit e l'unit dei caratteri del concetto Obiezione circa l'irrealt del concetto puro e circa l'impossibilit di dimostrarlo Pregiudizio intorno alla qualit della dimostrazione Pregiudizio circa la rappresentabilit del concetto Proteste dei filosofi contro codesti pregiudizi Ragione del loro risorgere perpetuo.
Espressivit

Universalit

IV
Le
CONTROVERSIE CIRCA LA NATURA DEL CONCETTO

Dispute di provenienza materialistica Il concetto come valore Realismo e nominalismo Critica di entrambi Il realismo vero Risoluzione di altre diificolt sulla genesi dei concetti Dispute aventi

origine dalla trascurata distinzione dei concetti in empirici e astratti Incrocio delle varie dispute Altre dispute logiche L'accompa-

gnamento rappresentativo del concetto Il concetto della cosa e il concetto dell'individuo Ragioni, leggi e cause Intelletto e Ragione L'intelletto astratto e la sua natura pratica La sintesi di

teoretico e pratico e

l'

intuizione intellettuale

L'unicit del pensiero.

Critica delle divisioni dei concetti


B TEORIA della DISTINZIONE E DEFINIZIONE

Gli pseudoconcetti, non suddivisione del concetto Oscurit, chiarezza e distinzione: non suddivisioni del concetto Insussistenza di suddivisioni del concetto come l'orma logica Le distinzioni dei concetti, non logiche, ma reali Molteplicit dei concetti, e difficolt logica che ne consegue. Necessit di superarla Impossibilit <li eliminarla Inadeguatezza del conL'unit come distinzione cetto numerico del molteplice Relazione dei distinti come storia ideale Storia ideale e storia reale La distinzione ideale e la distinzione astratta Altre distinzioni usuali del concetto, e loro significato. Identici, disparati, primitivi u derivati, ecc. Universali, particolari e singolari. Comprensione ed estensione La definizione

logica

L'unit-distinzione come circolo La distinzione negli pseu-


SOMMARIO
doconcetti
rici

XI

ti

La

subordinazione e coordinazione nei concetti empi-

La

definizione nei concetti empirici, e le note del concetto

La

serie nei concetti astratti.

VI
L'OPPOSIZIONK K
I

PRINCIP LOGICI

Diversit di essi dai distinti ConI concetti opposti o contrari Difficolt nascente ferma di ci, fornita dalla Logica delTerapiria Natura degli opposti, dal doppio tipo di concetti, opposti e distinti

quando vengono distinti Impossibilit di distinguere l'un opposto dall'altro, come concetto da concetto Ladialettica Gliopposti non sono concetti, ma l'unico concetto stesso
e loro identit coi distinti,

Affermazione e negazione

11

principio d'identit e contradizione;

significato vero, e interpetrazione falsa di esso

Altra

interpetra-

zione falsa: contrasto col principio di opposizione. Falsa estensione Errori della dialettica estesa alla relaanche di questo principio

riduzione all'assurdo La forma impropria dei principi o leggi logiche. Il principio di ragion sufficiente.
zione dei distinti

Sua

SEZIONE SECONDA
Il giudizio individuale

Il concetto e la fokma verbale Il giudizio uefimitouio

Belazione della forma logica con quella estetica Il concetto come^ Espressioni estetiche ed estetico-logiche e del concetto: proposizioni e giudizi Superamento del dualismo di pensiero e linguaggio Il giudizio logico come definizione L'indstinzione di soggetto e predicato nella definizione. Unit di essenza ed esistenza Pretesa vacuit della definizione Critica della definizione come forinola verbale fissa.
espressione

II

Il concetto e la fokma verbale Il sillogismo

Identit di definizione e sillogismo Connessione di concetti e pensamento del concetto Identit di giudizio e sillogismo 11 termine medio e la natura del concetto Pretesi giudizi logici non de-

Xiy
finitori

SOMMARIO

Il sillogismo come

formola verbale

fissa.

Uso ed abuso

di

questa
cetti

Erroneo distacco di verit e ragione della verit nei conpuri Distacco di verit e ragione della verit negli pseudoIli

concetti.

Ceitica della Logica formalistica

Natura di Impossibilit intrinseca della Logica formalistica Suo errore Sua struttura traSua parziale giustificazione essa Le teorie del Le sue tre forme logiche fondamentali dizionale Le spontanee concetto e del giudizio La teoria del sillogismo

La Logica matema Carattere non matematico di essa Saggio del suo modo di trattazione Identit di natura della Logistica con la Logica formalistica Aspetto pratico della Logistica.
riduzioni all'assurdo della Logica formalistica
tica o Logistica

IV
Il giudizio individuale e la percezione

Rioperamento del concetto sulla rappresentazione Logicizzamento delle rappresentazioni Il giudizio individuale, e la sua difDistinzione di soggetto e predicato ferenza da quello definitorio Ragioni delle variet nel definire il giunel giudizio individuale Il giudizio individuale e V indizio e di alcune divisioni di esso

Identit del giudizio percettivo col giudizio memorativo o storico Erronea distinzione dei giudizi individuali giudizio individuale come forma in giudizi di fatto e di valore ultima e perfetta del conoscere Errore di trattarlo come l'atto iniziale della conoscenza Motivo di tale errore Sillogismo indituizione intellettuale
Il

viduale.

V
Il giudizio individuale e
il

pukdicato

di esistenza

La copula:

sif^nificato verbale e significato logico di essa

stioni circa le proposizioni senza soggetto.

tra forme diverse di giudizi nei

Que Confusione problemi auU'esistenzialit DeterVerbalismo

minassione e suddivisione di questi problemi rispetto ai giudizi indiL'ineviduali Necessit del carattere esistenziale di questi giudizi Il carattere del Pesi sten za sistente assolfito e P inesistente relativo

80MMAKI0
come predicato Critica
fedo
stenza,
dell' esistenzialit

XV
come posizione
e

come

Conseguenze assurde di queste

dottrine

Il

giudizio

come non sufficiente a costituire come la totalit del concetto.

giudizio

predicato di esi11 predicato del

VI
Gli psecdogiuuizI individoali

La

classificazione k la numeuazione

Gli pseudogfudiz individuali

Carattere pratico di

essi

e critica della distinzione tra giudizi di fatto e giudizi di valore

Genesi

Giudizi individuali emImportanza degli pseudogiudiz individuali Processo formativo dei giudizi empipirici e individuali astratti Dipendenza dei giudizi emFondamento esistenziale di essi rici

pirici dai giudizi puri

Classificazione e intelligenza
illusioni percettive e

come classificazione Scambio tra le due, e genesi delle giudicative Concetti astratti e giudizi indivi-

giudizi empirici

Impossibilit di applicazione diretta dei primi ai secondi Intervento dei giudizi empirici come intermedi. Kiduzione dell'eterogeneo all'omogeneo I giudizi empirico-astratti, e la numerazione Numerazione e intelligenza La cosi detta con(misurazione, ecc.) Spazio e tempo matematici, e versione della quantit in qualit
duali

loro astrattezza.

SEZIONE TERZA
Identit del concetto puro e del giudizio individuale La sintesi a priori logica

Identit del giudizio definitorio (concetto pobo)


E DEL giudizio INDIVIDUALE

Bisultato dell'indagine precedente:


individuale

il

giudizio definitorio e quello

due: verit di ragione e verit di fatto, necessarie e contingenti, ecc.; formali e materiali Assurdit sorgenti da queste distinzioni il giudizio individuale come ultralogico; ovvero dualit di forme logiche Difficolt a disfarsi di quelle distinzioni L'ipotesi della reciproca implicanza, e, quindi, dell'identit tra le due forme di giudizio Obiezione l'apparente mancanza di
tra
i

Distinzione

XVI

SOMMARIO

elemento rappresentativo e storico nelle definizioni Ma reale esistenza dell'elemento storico delle definizioni, considerate nella loro concretezza La definizione come risposta a domanda e come soluzione di problema Condizionalit individuale e storica di ogni

domanda

problema

La

definizione

come

giudizio storico. Unit

ragione e verit di fatto Considerazioni a conferma di questa sentenza Critica della falsa distinzione tra verit formali e verit materiali Uomini platonici e uomini aristotelici Teoria dell' applicazione dei concetti, vera pei concetti astratti e
di verit di

falsa pei concetti puri.

II

La

sintesi a prioki logica

L'identit del giudizio definitorio e di quello individuale, attuata

contro la sintesi a priori, proveFalse interpetrazioni della Sintesi a priori in genere e sintesi a priori losintesi a priori La sintesi a priori come sintesi Sintesi a priori non logiche gica La categoria nel giudizio. Difnon gi di opposti, ma di distinti La sintesi a priori, il superaferenza tra categoria e idea innata Potenza mento della trascendenza e l'oggettivit del conoscere della sintesi a priori, rimasta ignota allo stesso suo scopritore.
nella sintesi a priori
nienti dagli astrattisti e dagli empiristi

Obiezioni

Ili

La Logica

k la dottrina dellk catrgouik

La richiesta di una tabella completa delle categorie Bichiesta L'unicit estranea alla logica. Categorie logiche e categorie reali Le altre categorie, non pi lodella categoria logica: il concetto Il sistema hegeliano delle giche, ma reali. I sistemi di categorie L'ordine logico dei predicati o categorie, e altri sistemi posteriori La neIllusione circa la realt logica di quest'oi'dine categorie cessit dell'ordine dei predicati, non fondata nella Logica in partiFalsa distinzione della colare, ma nella Filosofia nella sua totalit

Filosofia in

due

sfere, Metafsica e Filosofia, Filosofia razionale e

Filosofia reale, ecc., proveniente dalla confusione tra Logica e Dottrina delle categorie Filosofia e Logica; superamento del dualismo.

SOMMARIO

XVII

PARTE SECONDA
La
filosofia, la storia e le scienze naturali

e matematiche

Lk forme della conoscenza

e le divisioni del sapere

forme della conoscenza Inamcomposte Identit di forme del conoscere e forme del sapere. Obiezioni contro questa identit Distinzione empirica di forme del conoscere e del sapere, e suoi limiti Enumerazione e determinazione delle forme del sapere, corrispondenti alle forme del conoscere Critica dell'idea di una Logica speciale come dottrina delle forme del sapere e come dottrina dei metodi Qualit della nostra trattazione circa le forme
delle indagini circa le

Somma

missibilit di conoscenze tecniche e di conoscenze

del sapere.

II

La La
filosofia

filosofia

Esclusione delle definizioni materiali della filoso Idealismo di ogni filosofia Carattere sistematico della filosofia Significato filosofico e significato letterario della parola sistema Vantaggi e svantaggi della forma letteraria del sistema Genesi del pregiudizio sistematico e ribellione contro di esso I numeri sacri e numeri filosofici: valore dell'esigenza che esprimono Impossibilit di dividere la filosofia in generale e particolare Erdelle categorie
fia

come concetto puro e le varie definizioni della filoche negano la filosofia Altre che la definiscono come scienza dei supremi principi, delle cause ultime, ecc.; come elaborazione dei concetti, critica, scienza di norme; come dottrina
sofia. Definizioni

rori derivanti dalla concezione

di

una

filosofia

generale, distinta

dalle particolari.

Ili

La
La
storia

storia

come

le fonti storiche:

cerca storica

La

giudizio individuale L'elemento individuale e avanzi e narrazioni La facolt intuitiva nella ri-

facolt intuitiva nell'esposizione storica. Somi-

XVIIX

SOMMARIO

glianza di storia e artp


dei predicati,

elemento logico'nella storia

Differenza di storia e arte. Il predicato o Tentativi vani di eliminarlo Totalit necessaria pel racconto storico Asserita variet ini

richiesta di

superabile delle menti nel giudicare una storia senza giudizio

fatti

storici,

Eestrizione

delle variet

conseguente ed

esclusione di quelle solo apparenti Superamento delle variet merc l'approfondimento dei concetti Soggettivit e oggettivit nella storia e loro significato Giudizi storici di valore e valori normali o

valori neutri. Critica


tro la soggettivit
storici

Significati vari legittimi delle proteste constorica La richiesta di una teoria dei fattori

di dividere la storia secondo gli elementi inche sono inseparabili Empiricit della divisione consueta del processo stoi'ico in quattro stadi Divisioni fondate sull'oggetto storico La divisione logica secondo le forme dello spirito La divisione emijirica del materiale rappresentativo 1 con-

Impossibilit

tuitivi e riflessivi,

cetti empirici nella storia e la falsa teoria circa

il

loro ufficio

Donde

anche

la fallace pretesa di ridurre la storia a scienza naturale e la

tesi del carattere pratico della costruzione storica


fatti storici e fatti

non

storici, e

Distinzione tra suo valore empirico 11 pregiudi-

zio professionale e la teoria del carattere pratico della storia.

IV
Identit, di filosofia k storia

Qualit storica Necessit dell'elemento storico nella filosofia Obiezioni apparenti L'apprenLa perdimento della filosofia come creazione di nuova filosofia Il superamento e progresso continuo della petuit del cangiamento Il concetto della Significato della eternit della filosofia filosofia filosofia spontanea, ingenua, innata, ecc., e il suo valore meramente simbolico La filosofia come critica e polemica Identit di filoDivisioni didascaliche e altre cagioni dell'apparente sofia e storia
della cultura richiesta nel filosofo

dualit.

V
Lb
scibnzb maturali
e

tica

Le scienze oaturali come concetti empirici, Eliminazione di uu equivoco circa codesto

loro

indole pra-

t^arattore pratico

Impossibilit d' introdurvi divisioni riImpossibilit di unificarle Le leggi nelle scienze naturali e la cosi detta previgorose Il postulato Carattere empirico delle leggi naturalistiche sione

dell'uniformit della natura e

mancanza

di

Pretesa genuino significato eccezione nelle leggi naturali Natura o suoi vari
suo

SOMMARIO
significati.

XIX

Natura come passivit

e negativit

Natura come attivit


come metodo
naturali-

pratica

Natura Il

in significato gnoseologico,

stico o empirico

Le

illusioni dei materialisti e dualisti

Natura

una realt inferiore rispetto a una realt metodo naturalistico e le scienze naturali in quanto si estendono alla realt superiore non meno che alla inferiore Richie-

come

distinzione empirica di

superiore

sta di tale estensione ed effettiva esistenza di ci che si richiede

Fondamento
sia base o

storico delle scienze naturali


del pensiero

La questione se la storia
storicit della

coronamento

I
non

naturalisti in quanto ricer-

catori storici

11

pregiudizio sulla

natura

Il

fondamento
rori nella

filosofico delle scienze naturali, e l'efficacia della filosofia

sopra di esse Efficacia delle scienze naturali sulla filosofia, ed erMotivo di questi errori: la concezione di tale rapporto
naturalistica,

filosofia naturalistica

ma

La filosofia come distruggitrice della filosofia non delle scienze naturali Autonomia di queste
VI

scienze.

Le matematiche e la
L' idea di

scienza matematica della

natcba

una scienza matematica della natura Varie definizioni matematiche Il procedere matematico Apriorit dei principi matematici Contradittoriet di questi principi apriori. Non pensabili e non intuibili Identificazione delle matematiche con gli pseudoconcetti astratti Il fine ultimo delle matematiche numerare
delle

per questa viti, servire alla determinazione del singolo Il posto che loro spetta nel sapere Le questioni particolari circa le matematiche Il rigore delle matematiche e il rigore della filosofia. Amori e odi tra le due forme mentali Impossibilit di risolvere le scienze
e,

empiriche nelle matematiche e limiti empirici della scienza matematica della natura Decrescente utilit delle matematiche nelle

sfere pi alte del reale.

VII

La

classificazione delle scienze

La teoria delle forme del sapere e la dottrina delle categorie Il problema della classificazione delle scienze e la sua indole empirica Carattere falsamente filosofico onde si riveste Coincidenza di quel problema, quando sia inteso in modo filosofico, con la ricerca delle categorie Forme del sapere e forme letterario-didascaliche Pregiudizi nascenti da queste ultime I prologhi metodici ai manuali scolastici e la loro mancanza di vigore logico La mol-

tiplicazione cervellotica delle scienze


cattedratici.

Le

scienze e

pregiudizi

XX

SOMMARIO

PARTE TERZA
Le forme
degli errori e la ricerca

della verit
I

L'eerork e le sue forme nkcessarie


L'errore come negativit e impossibilit di una speciale trattaGli errori poGli errori positivi ed esistenti zione degli errori Pratici Atti pratici e non errori pratici sitivi come atti pratici Dottrina dell'errore e dottrina economici e non pratici morali

delle

forme necessarie

dell'errore Natura

logica di tutti gli errori

teoretici

Storia

degli errori e fenomenologia dell'errore

Dedu-

zione delle forme degli errori logici. Forme dedotte dal concetto Errori nascenti del concetto, e forme dedotte dagli altri concetti da errori La professionalit e la nazionalit degli errori.

II

L'estetismo, l'empisismo e

il

matematisho

Estetismo Empirismo Il posiDefinizione di queste forme tivismo, la filosofia fondata sulle scienze, la metafisica induttiva L'empirismo e i fatti La bancarotta dell'empirismo: dualismo, agno-

sticismo, spiritismo e superstizione


e
il

Il positivismo evoluzionistico Matematismo Matematica simbolica Matematica come forma dimostrativa della filosofia Errori di filosofia matematica Dualismo, agnosticismo e superstiziosit
positivismo razionalistico
del

matematismo.

Ili

Il filosofismo

Rottura dell'unit della sintesi a priori Filosofismo, logicismo o panlogismo La Filosofia della storia Le contradizioni nell'assunto di essa La Filosofia della storia e le false analogie Distin-

Filosofia sione tra la Filosofia della storia e i libri cosi intitolati dell natura Sua sostanziale identit con la Filosofia della storia Le contradizioni della Filosofia della natura Le false analogie nella

SOMMAUIO
Filosofia della natura

XXl

libri

che

s'

intitolano dalla Filosofia della


Filosofia della natura e
i

natura

Le odierne

richieste di

una

loro

vari significati.

IV
Il urroLOGisHo

Eottura dell'unit della sintesi a priori. Il mitologismo Natura Problemi concernenti la teoria del mito Mito e religione. Identit delle due formazioni spirituali Religione e filosofia Conversione degli errori l'uno nell'altro. Conversione del mitologismo nel filosofismo (teologia), e del filosofismo nel mitologismo (mitolodel mito

gia della natura, apocalissi storiche, ecc.)

V
Il dualismo, lo scetticismo e il misticismo

Il mistero Ci'itica L'agnosticismo come forma particolare di scetticismo Il misticismo Gli errori nelle altre parti della filosofia Conversione di questi errori tra loro e con gli erIl

dualismo

La

scepsi e lo scetticismo

delle affermazioni del mistero in filosofia

rori logici.

VI
L'ordine degli errori r la ricerca della verit
Carattere necessario delle forme di errori. Numero definito di Loro ordine logico Esemp di quest'ordine nelle varie parti della filosofia Spirito errante e spirito ricercante Immanenza
esse

dell'errore nella verit


della verit

Erronea

distinzione tra possesso e ricerca

La

ricerca della verit nel significato pratico di pre-

Trasfigurazione, nella ricerca cosi intesa, dell'errore in tentativo o ipotesi Distinzione tra l'errore come errore e l'errore come ipotesi Immanenza del
al

parazione

pensiero, e la serie degli errori

tentativo o ipotesi nello stesso errore in quanto errore G' individui e l'errore Il duplice aspetto degli errori Ultima forma del-

l'errore metodologico:

l'

ipotetismo.

XXll

SOMMARIO

VII La Fenomknologia dell'errore


Indivisibilit di

e la Storia uklla filosofia


filosofico

fenomenologia dell'errore e sistema

L'eterno corso e ricorso degli errori


riori e
il

ritorni alle filosofie ante-

loro significato

La

falsa idea di

una

storia della filosofia

come

storia del successivo apparire delle categorie e delle posizioni

erronee nel tempo

Filosofismo

di questa falsa

veduta

e della

for-

mola che

stabilisce l'identit tra filosofia e storia della filosofia

Distinzione tra questa falsa idea di una storia della filosofia e i libri Formola esatta: identit che la assumono a titolo e a programma

di filosofia e storia
fico

La

storia della filosofia e

il

progresso filoso-

La

verit di tutte le filosofie. Critica dell'eclettismo

Le

ri-

cerche sugli autori e sui precursori della verit e ragione delle antinomie cui danno luogo.

Vili

De

consolationk Philosophias

La Logica

la

difesa della Filosofia

L'utilit

della filosofia

e la filosofia della pratica


sit e illusione

Consolazione

del pensiero e del vero. Impossibilit di

Critica del
i

come gioia un piacere nascente da falconcetto di una verit triste Esemp:


della filosofia

la critica filosofica e

concetti di Dio e d'Immortalit

Virt conl'ele-

solatrice, propria di tutte le attivit spirituali

Il

dolore e

vazione del dolore.

PARTE QUARTA
Sguardi storici

La Storia della Logica

r la Storia dklla Filosofia

IneRapporto di questi tre termini Bealt, Penuiero e Logica una Filosofia generale fuori delle scionze filosofiche particolari; e, per conseguenza, di uua Storia della filosofia generale,

sistenza di

fuori delle storio delle soieuze filosofiche particolari

Storie

delle

SOMMARIO
filosofie particolari e

XXIII

valore meramente letterario di

tali divisioni

La

storia della Logica in senso particolare


della Logica.

Lavori

intorno alla storia

II

La

teobia del concetto

Questione circa il padre della Logica Socrate, Platone, AriDispute in Grecia intorno alla natura del concetto. Trascendenza e immanenza Controversie in Platone circa le varie forme del concetto I concetti filosofici, e gli empirici ed astratti, in Aristotele.
stotele

Filosofia, fisica,

Gli universali del sempre e quelli Controversie di Logica nel Medioevo Nomina Nominalismo, misticismo e coincidenza degli opposti Rinascimento e naturalismo. Bacone. L'ideale della scienza esatta e la filosofia cartesiana Avversari del cartesianismo. Vico Logica empiristica e suo dissolvimento. Locke, Berkeley e Hume La scienza esatta e Kant. Il concetto della categoria I limiti della scienza e lo scetticismo kantiano I limiti della scienza e Jacobi Gli elementi positivi nello scetticismo kantiano La sintesi a priori L' intima contradizione del Kant. Principio romantico
matematica

per lo pili lismo e realismo


del

Il

il

il

ed esecuzione classicistica Progresso sul Kant: Fichte, Schelling, La Logica dello Hegel. Il concetto concreto o Idea Identit dell' idea hegeliana con la sintesi a priori kantiana L' idea e le antinomie. La dialettica Le lacune e gli errori della logica hegeliana. Conseguenze di essi Contemporanei dello Hegel: Herbart, Schloiermacher ed altri Positivismo e psicologismo posteriori Eclettici. Lotze Nuova gnoseologia delle scienze. La teoria economica del concetto scientifico Avenarius e Mach Eickert Il Bergson e la nuova filosofia francese Le Boy ed altri Ricongiungimento con le idee romantiche e progresso oltre di esse Filosofie della pura esperienza, dell'intuizione, dell'azione, ecc., e loro insuf-

Hegel

ficienza

La

teoria dei valori.

Ili

La

teoria del giudizio individuale

Trascuranza secolare della teoria della storiografia Concetti mondo greco-romano La teoria della storia nella filosofia medievale e moderna Trattatisti di arte storica nel Cinquecento Trattatisti di metodica La teoria della storia e il Vico L'antistoricismo del secolo decimottavo e il Kant Intrinseco valore storico della sintesi a priori La teoria della storia nello Hegel
sulla storia nel

XXIV

SOMMARIO

G. di Humboldt F. Brentano Le controversie circa la natura della storia Eickert; Xnopol. La storia come scienza dell'individuale La storia come arte Altre controversie circa la storia.

IV
La
teoria delle relazioni tra pensiero e parola

E LA Logica formalistica

Belazione tra la storia della Logica e quella della Filosofa del linguaggio Il formalismo o verbalismo logico. La Logica indiana, libera da esso La Logica aristotelica e il formalismo Il formalismo posteriore Le ribellioni contro la Logica aristotelica. L'opposizione degli umanisti e suoi motivi L'opposizione del naturalismo L'elaborazione semplificatoria del secolo decimottavo. Kant Il rifiuto della Logica formalistica. Hegel; Schleiermacher Persistenza parziale della Logica formalistica per effetto dei falsi concetti circa il linguaggio La Logica formalistica nello Herbart, nello Schopenhauer, nello Hamilton Teorie pi recenti La Logica matematica La falsa idea del linguaggio presso i logici matematici e presso

gli intuizionisti.

V
Di questa Logica
Carattere tradizionale di questa Logica e ricollegamento di essa Sue innovazioni la Logica del concetto filosofico I. Esclusione dei concetti empirici e degli astratti II. Carattere ateoretico di questi concetti e autonomia delle scienze empiriche e matematiche IV. Identit del concetto III. Il concetto come unit di distinzioni col giudizio individuale e della filosofia con la storia V. Impossibilit di definire il pensiero per mezzo delle forme verbali e rifiuto

con

della Logica formalistica

Conclusione.

PARTE PRIMA

IL

CONCETTO PURO
IL GIUDIZIO

INDIVIDUALE

E LA SINTESI A PRIORI LOGICA

SEZIONE PRIMA
Il concetto puro e gli pseudoconcetti

Affrmazione del concetto

resupposto dell'attivit logica, che oggetto della pre-

sente trattazione, sono le rappresentazioni o intuizioni. Se

l'uomo non rappresentasse cosa alcuna, non penserebbe; se non fosse spirito fantastico, non sarebbe neppur loico.
Si suole ammettere che
prio
il

pensiero rimandi,
dottrina,

come a

pro-

antecedente,

alla sensazione:

che non ab-

biamo difficolt di fare nostra, quando per altro vi s'accompagni una duplice intesa. Cio, in primo luogo, che la
sensazione sia concepita
noscitivo,

come qualcosa

di attivo

e di co-

come

atto conoscitivo, e

non gi come qualcosa

d'informe e di passivo, o di attivo bens,


vivente e non teorizzante. E,
in

ma

di attivit
sia

secondo luogo, che

presa nella sua purit, fuori di ogni riflessione ed elaborazione logica:

come semplice sensazione,


si

non come per-

cezione, la quale ultima (e

vedr a suo luogo), non che

essere presupposta, presuppone l'attivit logica o addirit-

IL

CONCETTO PUUO B GLI PSBUDOOONUKTTI


lei.

tura s'identifica con

Con questo duplice schiarimento,


e

la

sensazione attiva, conoscitiva e irriflessa diviene nient'altro

che sinonimo di rappresentazione o intuizione;


il

non
che

qui di certo

caso di disputare sull'uso dei sinonimi


di opportunit pratica

bench vi siano buone ragioni

consiglierebbero la preferenza *dei termini da noi adoperati.

Quel che importa, a ogni modo, ritenere bene in mente


che
l'attivit logica o

pensiero sorge sullo spettacolo variosi

pinto delle rappresentazioni, intuizioni o sensazioni che

dicano, merc
tivo elabora in
Pensiero
e

le

quali

a ogni attimo
il

lo lipirito

conosci-

forma teoretica

corso del reale.

Un
logici:

altro presupposto si trova di frequente introdotto dai

iinguaggrio.

linguaggio; sembrando chiaro che, se non parla, l'uomo non pensa. Anche questo presupposto accettato da noi, con alcuni schiarimenti e col trarne un
quello del
corollario. Gli schiarimenti sono: in

primo luogo, che

il

lin-

guaggio deve essere preso nella sua genuina e completa


realt; cio,

non

ristretto per arbitrio

ad alcune sue forme

in

come le foniche e articolate, n falsificata un complesso di astrazioni, come le classi della grammatica o le parole del vocabolario, quasi macchinismo che
particolari
in

l'uomo metta in moto nel parlare. E,

secondo luogo,

che per linguaggio non da intendere la sequela dei discorsi


cosi alla rinfusa e senza analisi, con tutto ci che portano

seco,

ma

solamente quell'aspetto

di essi discorsi,

onde sono
radicato,

da dire propriamente linguaggio. Errore


e proveniente dal

assai

non avere osservato


in

tale

distinzione,

credere

il

linguaggio costituito di elementi logici, adduogni pi piccolo discorso


quello
,

cendo

in

prova che quasi

si tro

vano

le

parole

questo

essere ,

fare

e via

dicendo, ossia concetti.


fjuesti concetti

Ma

anche nelle proposizioni

in cui
il

effettivamente sono, essi non esauriscono

linguaggio. Ci tanto vero che coloro che cosi credono,^

sono costretti poi a lasciare, come residuo delle loro ana-

I.

AFFRMAZIONE

DEI,

CONCETTO

lisi

logiche, elementi che considerano illogici e

denominano

enfatici, riempitivi, coloritivi o musicali, nei quali


per l'appunto
stratta analisi
si
si

nasconde

il

vero linguaggio, che quell'aIl

lasciata sfuggire.

corollario, infine,
il

che, rettificato a questo

modo

il

concetto di linguaggio,

pre-

supposto che

si

faccia del linguaggio per la logica,

non

un nuovo presupposto,
giA fatto, quando
tuizioni.
Il

ma

identico

con quello che stato

si

parlato delle rappresentazioni e in-

linguaggio, nel significato rigoroso in cui qui

inteso, vale espressione; e l'espressione identica

con

la

rappresentazione, non potendosi concepire n una rappresentazione che non sia in qualche

modo

espressa, n

una

espressione che non rappresenti nulla, e sia perci insignificante.


l'altra

L'una non sarebbe nemmeno rappresentazione, e


non sarebbe nemmeno espressione;
cio,

questa e

quella debbono formare,

come formano,

tutt'uno.
Intnizione e

Ci che presupposto dal pensiero logico non presup-

posto in

filosofia,

la

quale non conosce presupposti e deve


tutti
i

linguaggio come presupposti

pensare e dimostrare

concetti che pone.

Nondimeno,
la

pu essere opportunamente
a trattare, ossia per
la

lasciato

come presupposto per

parte della Filosofia, che prendiamo ora didascalicamente


Logica; e darsi qui come

ammessa

la

forma rappresentativa o intuitiva della conoscenza. La scepsi,


infatti,

non potrebbe
:

in questo caso
il

formulare se non due

sole istanze

o negare

conoscere in genere, o negare quella

forma

di conoscere,

che stata presupposta. La prima istanza


ci si

sarebbe quella dell'assoluto scetticismo; e


la grazia (tanto pi

vorr fare
filosofia

che molte ovvie verit della

saremo

costretti a ricordare nel corso della nostra esposi-

zione) di dispensarci dal ripetere ancora

una volta

il

vecchio

e sempre efficace argomento contro l'assoluto scetticismo,

che

in

bocca a

tutti

principianti delle classi di filosofia;


di

con che non intendiamo sottrarci all'obbligo

mostrare,
la

quando

vi

saremo condotti dall'ordine dell'esposizione,

IL

CONCETTO PURO E GLI PSEUDOCOKCETTI


ragioni profonde e perpetue dello scetticismo in

genesi e

le

genere, e

l'ufficio al

quale esso adempie. La seconda istanza

importa la negazione dell'attivit intuitiva in quanto originale e autonoma, e la risoluzione di essa nelle dottrine
empiristiche, edonistiche, intellettualistiche o altre che siano.

Ma

a garantire l'attivit intuitiva contro

siffatte dottrine,

a dimostrare l'autonomia della fantasia e stabilire un'Estetica, abbiamo rivolto le nostre forze nel precedente volume*;

onde
fica

il

presupposto, che qui lasciamo sussistere,


nient'altro che

si

giusti-

come

un rinvio a cose gi dimostrate


il

altrove.

La scepsi contro il
concetto.

Affrontando dunque senz'altro

problema della Logica,


la

non

lo scetticismo assoluto
il

n quello circa

forma

intui-

tiva sar

primo ostacolo che dovremo rimuovere,

ma uno

scetticismo

in questione le
col

nuovo e meglio circoscritto, il quale non mette due prime tesi, anzi vi si appoggia sopra, negare non gi la conoscenza in genere o l'intuizione,
direttamente la conoscenza logica.
I^a

ma
sta

conoscenza

lo-

gica qualcosa di l dalla semplice rappresentazione: que individualit e molteplicit, quella l'universalit
della individualit, l'unit della molteplicit: l'una intui-

concetto: conoscere logicamente conoscere l'universale o concetto. La negazione della logicit importa l'aflfermazione che non vi ha altra conoscenza se non quella rappresentativa (o sensibile, come anche si suole dire), e che
zione, l'altra
la

conoscenza universale o concettuale un'illusione;

di l

dalla semplice rappresentazione


noscibile.

non

vi

sarebbe nulla di co-

Se cosi fosse, la trattazione alla quale ci siamo accinti non avrebbe materia alcuna e dovrebbe arrestarsi sul limitare, riuscendo chiaramente impossibile ricercare la natura

SI
\'

veda

il

primo voliim'

di <ivi'sta Filoso/id

rome srrnzn

ilrllo spi-

rito:

J^tletica

come ncienza dcWespriDHione.

1.

AFFBRMAZ[ONB DBL CONCETTO


,

di quel

che non

ossia, in

questa ipotesi, del concetto, e

come

esso operi in relazione alle altre forme dello Spirito.


cosi, e

Ma

che la cosa non stia

che

il

concetto abbia realt


si

ed operi e formi oggetto di problemi,

prova indubitabile

nella negazione stessa, pronunciata dallo scetticismo che di-

remo logico,

e che, d'altronde, la sola negazione concepi-

bile in questo punto. Cosicch

potremo presto rassicurarci

circa le sorti della nostra impresa, o, se piace meglio,

dovremo

smettere subito la speranza che

ci si

era fatta balenare in-

nanzi, e sottometterci alla fatica di costruire una Logica:


fatica,

che

lo scetticismo logico,

affermando vera

la sola

forma

della rappresentazione,

sembrava volerci risparmiare.

Lo scetticismo
di cui si

logico o afferma senz'altro che la cono-

scenza rappresentativa tutto, e che l'unit o l'universalit,

pone l'esigenza, parola priva

di significato;

o
;

giudica che l'esigenza dell'unit giustificata,

ma

che trova

soddisfacimento nelle forme non conoscitive dello Spirito


o, infine,

che essa viene soddisfatta bens da queste forme non

conoscitive,

ma

in

quanto rioperano su quelle conoscitive,

cio sull'unica che sia stata


la

ammessa come

legittima e che

forma rappresentativa.

chiaro che, fuori di queste tre

possibilit,

non ve n'ha

altre: o contentarsi della di

conoscenza

non conoscitivo; o combinare le due forme. Nel primo caso, si ha la teoria dell'estetismo (la quale si potrebbe anche dire a giusto titolo del sensismo, se non ci fosse timore d'ingerappresentativa;
o richiedere qualcosa

nerare equivoci); nel secondo, la teoria del misticismo;


nel terzo, quella

dell'empirismo o arbitrarismo.
Estetiimo

Conforme
loicizzare,

al

vedere dell'estetismo, non possibile, n poi


vuol cogliere la verit vera del reale.
di

gioverebbe, pensare per concetti, universalizzare, ragionare,

quando

si

Giova invece trascorrere


sola la verit che

spettacolo in spettacolo; e la
si

serie di questi spettacoli, che


si

accresce all'infinito, essa

brama, e che bisogna guardarsi bene

IL

CONCETTO PURO E GLI PSBUDOCONCETTI

dal trascendere per non cadere nel vuoto. L'attrattiva dal

sub specie cBterni sarebbe n pi n

meno che

quella dello

specchio d'acqua, che ingann Tavidit del cane di Fedro


e gli fece lasciare
il

cibo reale per l'illusorio. Alla fredda,


si

e infeconda ricerca del logicizzante e

contrappone, invito
dell'ar-

ammonimento,

la ricca e

mossa contemplazione

tista: la verit nelle

opere della parola, del suono, del


e sterili filosofemi.
il

colore, della linea, e

non gi nei secchi

Cantiamo, dipingiamo, e non costringiamo


spasmodici e infecondi.
MUticismo.

cervello a sforzi

Si

potrebbe questo atteggiamento

estetico

considerare
si

come
per

quello dello spirito che esce da s stesso e


cose,

sparge
le

le

pur tenendovisi di sopra e a distanza, e


le

guarda e non

penetra.

Ma

di esso

sticismo, che avverte

come a

colui

il

appaga il miquale si abbandoni a


si

non

questa orgia di spettacoli vari

all' infinito

non

sia

dato mai

riposare nella vicenda affannosa, e come, attraverso essa,


gli

sfugga l'intimo di

tutti

quegli spettacoli. Certamente, anil

che pel misticismo una conoscenza logica un'ubbia,


cetto sterile;

con-

ma

l'esigenza dell'unit pur legittima, e

chiede legittimo appagamento. Quale? L'arte parla, e la sua


parola, per bella che suoni,
colori, per attraenti

non contenta; dipinge, e

suoi

che siano, abbarbagliano. Per cogliere

nel suo interno la vita bisogna cercare non la luce


bra,

ma

l'om-

non
ci

la parola

ma ma

il
il

silenzio.

Nel silenzio,
svela
il

la misteriosa

Iside erge verso di noi

capo e

ci

volto; o piuttosto

non

svela nulla,
stessa.

ci

riempie di
si

s, ci

il

sentimento

di s

L'unit, che

ricerca, nell'azione, nella

forma pratica dello Spirito: nel cuore, che palpita, ama,


vuole.

La conoscenza
e ineffabile

conoscenza del singolo, rappresen-

tazione; l'eterno non materia di conoscenza,

ma

d'in-

tima
CnpirUmo.
I

esperienza.
anime

SJ'ttatori dello

scetticismo logicu-csieLizzantc sono ani-

me

urtiHliche; quelli dello scetticismo logico-mistico,

I.

AFPBRMAZION'R DEL CONtJBTTO

5*

sentimentali e agitate, che, pur non partecipando alla vita

con l'azione propriamente

detta, vi partecipano in qualche

modo

col vibrare all'unisono per simpatia e,

secondo

casi,
gli

col soffrire del parteciparvi o del

non parteciparvi.
nelle

Ma

empiristi o arbitraristi
vlti
alla

si

trovano piuttosto tra coloro che,

pratica,

non indugiano

commozioni

e nei

sentimenti e cercano modi di pensare che sembrano

pili di-

rettamente adoperabili nel fare. Perci,


gli estetizzanti e coi mistici nel

affatto'

concordi con
alla cono-

negare ogni valore

scenza logica in quanto forma autonoma di conoscenza, non


si

soddisfano,

dell'arte, n,

come come

primi, negli spettacoli e nelle opere

secondi, sentono la malia e la


essi

mania
operata

dell'Uno e dell'Eterno. La combinazione da


della dottrina
estetizzante, che ripone
il

valore nella rap-

presentazione, e di quella mistica, che lo ripone nell'azione,

non potenzia n l'una n


offre

l'altra,

ma

le fiacca

entrambe; e

in luogo della poesia dei primi e del rapimento dei secondi

un prodotto

assai prosaico, contrassegnato dal prosai-

oissimo
dalla

nome

di

finzione. C'

(essi

dicono) qualcosa di l

mera rappresentazione,

e questo qualcosa

un

atto di

volont, che soddisfa l'esigenza dell'universale con l'elabo-

rare le rappresentazioni singole in schemi generali o simboli,


privi di realt

ma

comodi,

finti

ma

utili.

Gli ingenui filosofi

e logici
e
le

si

sono lasciati trarre in inganno da queste finzioni


sul serio,

hanno prese

come accadde a don

Chisciotte

innanzi ai fantocci moreschi di mastro Pietro. Dimentichi


della qualit dell'operazione compiuta,

hanno continuato a

elaborare, cio a condensare e semplificare, dove non c'

nessuna materia per

tale lavorio,

pretendendo raggruppare

non
le
il

solo queste e quelle serie di rappresentazioni,

ma

tutte

rappresentazioni, e sperando di ottenere a questo

modo
le in-

concetto universale, che accolga nel suo

grembo

finite possibilit del reale.

Per questa via sono pervenuti


di

alla

pretesa

forma nuova e autonoma

conoscenza, che

10

IL

CONCETTO PURO E GLI PSKUDOCONCETTI


le

supererebbe

rappresentazioni, e che un'escogitazione

raffinata bens

ma

alquanto ridicola, come sarebbe quella

di chi volesse foggiare

non solamente
coltello

coltelli di

varia gran-^

dezza e forma,
i

ma un

dei coltelli, di l da tutti

coltelli

che

si

materiano nel ferro e nell'acciaio e che

hanno forme
Siduzione all'assurdo delle tre
scepsi.

e usi determinati.

A
della

suo luogo andremo esaminando cosi gli errori gene-

rati di questi

modi

di risolvere o di troncare

il

problema
che vi

conoscenza,

come anche
il

le

parziali

verit,

sono frammiste e che bisogna far valere nella loro libera


efficacia.

Ma

circa

problema che ora

ci

occupa, e che

l'afiFermazione o negazione della

forma concettuale del coe tre codesti drappelli


il

noscere, basta osservare


di negatori

come

tutti

movano

all'assalto contro

concetto, armati di

concetto. Osservare semplicemente,


e

non affannarci a
assai ce ne vorle

confutare, perch cosa in verit che d subito all'occhio

non richiede troppe parole quantunque


;

rebbero per illustrare


spirito

psicologicamente

condizioni

di

e di
i

cultura, le tendenze naturali


partiti

e acquisite, le

abitudini e

presi,

che rendono possibile tanta e

cosi maravigliosa cecit. Gli estetizzanti affermano che la

verit nella
cetto.

contemplazione estetica e non gi nel con-

Ma, di grazia, codesta loro affermazione forse canto,

pittura, musica, architettura?

ma

Concerne bens l'intuizione, non intuizione; ha per materia l'arte, ma non arte; non comunica uno stato d'animo, ma comunica un penun'affermazione di carattere universale; dun-

siero, ossia

que, un concetto.

Un

concetto,
col salto,

merc cui

si

cerca di
si

negare

il

concetto,

come

che proietta ombra,

cercato, negli aneddoti delle novelle umoristiche, di saltare sulla

propria ombra, o con l'aggrapparsi al proprio


trarsi

codino, di

a salvamento fuori del fiume.

Il

medesi-

HJmo

si

dica dei mistici. Essi inculcano la necessit del

lenzio e di cercare l'Uno, l'Universale, l'Io,

ripiegandosi

I.

AFFBRMAZIONK DKL CONCETTO

11

e chiudendosi in s stessi e lasciandosi vivere (nella quale

mistica esperienza potrebbe, a dir vero, forse accader loro,

come, se mal non ricordo, nel Titano


di ritrovare l'Io in

di

Giampaolo Richter,
in

forma alquanto materializzata,


silenzio,

una

inquieta parte del proprio corpo); ma, nel ci fare, racco-

mandatori come sono del


il

silenzio, e

vanno spiegando

non passano sotto silenzio dimostrando quando sia effi-

cace quella loro ricetta a soddisfare la

brama
ci

dell'universale.

Se tacessero davvero, chiaro che non


fronte,

troveremmo a

come

ci

troviamo, la loro teoria in quanto formola

dottrinale da discutere.

La
si

teoria del silenzio e della tacita

azione ed esperienza interiore nient'altro dunque che un'af-

fermazione con

la

quale

rifiuta, e si

crede di confutare,

altre affermazioni.

Ma affermazione, negazione e confutazione

vuol dire universalit di esigenza e di contenuto; e perci

un concetto: contradittorio quanto si voglia, bisognoso di elaborazione, ma di elaborazione sempre concettuale e non gi sensitiva, sempre teoretica e non gi
quella dottrina importa
pratica, la quale ultima
il

imporrebbe addirittura

ai suoi
i

adepti

tacere.

chi, ai nostri giorni, parla tanto

quanto

mistici?

Anzi, che cosa farebbero essi ai nostri giorni, se non parlassero?

E dove ora si suole incontrarli, nelle solitudini o non piuttosto nei circoli e caff, luoglii nei quali non si tace?

Finalmente,
cano
di

teorici delle finzioni e dei

fantocci, nella

loro amabile satira della logicit e della filosofia, dimenti-

determinare un piccolo particolare, che non privo


la

d'importanza: vale a dire, se

loro teoria dei concetti,

come

finzioni sia, a
si

sua volta, finzione. Perch, se fosse

finzione,

annuncierebbe e confuterebbe da s come priva

di verit; e se di universalit

non

fosse

(come non

),

riterrebbe carattere

verace e non finta; cio non sarebbe sem-

plificazione e simboleggiamento di rappresentazioni,


cetto, e

ma con-

darebbe

il

concetto vero nell'atto stesso che sma-

schererebbe quelli

finti.

La

finzione e la teoria della finzione

12

IL

CONCETTO PURO E GLI PSEUDOCONCKTTI

sono

(e

dovrebbe riuscire evidente) cose diverse; come sono


il

diversi

delinquente e

il

giudice che lo condanna,

il

pazzo

il

medico dei pazzi. Una

finzione, che finga di esser finall'infinito,

zione, apre tutt'al pi


possibile chiudere se
sia finzione e

un processo

che non
quale non

non interviene un
altri

atto,
tutti,

il

renda ragione degli

come

nello

scioglimento di una commedia di equivoci.

Ed

ecco in qual

modo

gli empiristi o arbitraristi si

fanno anch'essi confes-

sori della fede,

che vorrebbero negare. Salus ex inimicis

una verit per la filosofia non meno che per la vita tutta, e riceve bella conferma dall'inimicizia, forse non mai tanto feroce come oggi, contro il concetto, e dagli sforzi, non mai
tanti e

con tanto zelo condotti, per sopprimerlo; giacch

nemici del concetto vengono a trovarsi nella mala condizione di non poterlo sopprimere senza sopprimere, con quell'atto, lo stesso loro principio di vita
AffermKzione del concetto.

mentale.

non rappresentazione n pratico miscuglio o condensamento di rappresentazioni. Sorge dalle


Il

concetto, dunque,

rappresentazioni

deve
grado

farsi esplicito,

come qualcosa che in esse implicito come esigenza o problema, di cui


le

e
le

rappresentazioni pongono
di soddisfare e

premesse,

ma

che non sono


forraolare.

in
Il

non possono nemmeno


si

soddisfacimento dato dalla forma non pi meramente rappresentativa

ma

logica del conoscere; e

effettua in per-

petuo, a ogni istante della vita dello spirito. Negare la forma


logica, introducendo in suo luogo, per dimostrarla illusoria,
altre formazioni spirituali, tentativo

che

si

pi volte

ripetuto e ancora

si
?]

rinnova,
flalla

ma

che

lecito

ormai consi-

derare disperato.
tivi trae
il

dimostrata vanit di questi tenta-

conferma

la necessit, della scienza della Logica, spi-

cui oggetto o

problema per l'appunto quella forma


che
si

rituale, quell'aspetto del reale,

chiama

il

Concetto.

II

Il concetto e gli pskcdoconcetti

jo\ C<

distinguere

il

concetto dalle rappresentazioni stata


e

Concetto

finiioni

riconosciuta, per
di legittimo, e le
spirito

altro, la
si

rappresentazione in quel che ha


il

concettuali.

assegnato

posto nel sistema dello

come forma elementare


il

di conoscenza, antecedente

alla logicit. Col distinguere

concetto dagli stati d'animo,

dai moti di volont, dalle azioni s'intende insieme ricono-

scere la legittimit della forma pratica, della quale, e delle

sue relazioni con la forma conoscitiva, tratteremo altrove per disteso


*.

Ma, col distinguere


di queste ultime

il

concetto dalle finzioni,


sia stata riconosciuta la

sembra che
designarle
si

non

legittimit, anzi che sia stata

negata per ci stesso che a


di significato reprobativo.

adoperato

un nome

Ora

ci conviene chiarire, perch

non

si

potrebbe procedere

oltre nella trattazione della Logica, se si lasciasse

dubbio

e malfermo, ossia insufficientemente distinto,

dai quali
le

il

concetto dev'essere distinto.


falsi

uno dei termini Che cosa sono


che concorrono

finzioni concettuali? concetti


giovano
alla vita dello

e arbitrari, moral-

mente riprovevoli? o produzioni


e

spirituali,

spirito? Errori

da correggere, o

forme necessarie?

Queste relazioni sono indagate nella

Filosofia della pratica, parte

prima.

14

IL

CONCETTO PUIiO E GLI PSBIDOCONCKTTI

Il

concetto

Un

concetto vero e proprio, appunto perch non rap-

puro come
ultra- e on-

presentazione, non pu avere a suo contenuto un singolo

nirappresentativo.

elemento rappresentativo, n
rappresentazioni; sebbene,

riferirsi

a questa o quella rap-

presentazione particolare o a questo o a quel gruppo di


d'altra

parte,

appunto perch
si

universale rispetto all'individuale delle rappresentazioni,


riferisca a tutte e

a ciascuna insieme.

Si consideri qualsiasi

concetto di carattere universale: quello della qualit, per


es., o dello

svojlgimento, o della bellezza, o della finatratto di realt datoci nella


sia, e

lit. Si

pu mai pensare che un

rappresentazione, per ampio che

abbracci pure secoli

e secoli della pi ricca storia o millenni su millenni di vita

cosmica, esaurisca in s la qualit o


lezza
la finalit, in

lo

svolgimento,

la bel-

modo che

si

possa afifermare l'equi-

valenza tra quei concetti e quel contenuto rappresentativo'?

si

consideri per converso

piccolo di vita rappresentabile:


esso, per piccolo,

un frammento quanto si voglia si pu mai pensare che in per atomico che sia, manchi qualit e

svolgimento e bellezza e finalit? Certamente, stato sostenuto che


esse non
le
si

cose non sono qualit,

svolgono,

ma ma permangono

pura quantit; che


immutabili: che
il

criterio della bellezza l'arbitraria estensione alla realt

cosmica delle nostre circoscritte esperienze e sentimenti


morfica, perch legge del reale non
fine

in-

dividuali e storici; e che la finalit concezione antropoil

ma

la causa,

non

la teologia
si

ma

il

meccanismo
si

e determinismo. Tn siffatte

dispute

travagliata e

travaglia la filosofia, n

qui

intendiamo darle come

definitivamente risolute,
i

n fondarci

sopra particolari soluzioni nello scegliere

nostri esemp.

Ma

chiaro che, se anche le tesi ora ricordate, opposte alle


i

prime, fossero vere, fornirebbero esse in ogni caso

concetti

veri e propri, superiori a ogni determinazione rappresentativa e abbraccianti


in

tutte
il

le

rappres(>ntazioni, ossia

ogni euperlenza possibile; e

nostro concetto del concetto

II.

IL

CONCETTO B GLI PSEUDOCONCETTl

15

ne verrebbe non gi mutato,


mento,

ma

confermato.

Il

meccanismo

in luogo della finalit, l'immobilit in luogo dello svolgiil

piacere individuale in luogo del pregio estetico,

sarebbero sempre, in quanto concetti, ultrarappresentativi


e insieme onnirappresentativi. Anche quando,
sovente,
i

si

accogliessero per uno stesso problema

come accade ambedue

concetti opposti, quello di finalit e quello di

meccanismo,

o quello di svolgimento e quello di ente immobile, l'uno e


l'altro

non sarebbero

riferiti

a singoli gruppi di rappresene

tazioni,
realt.
l'altro,

ma

pensati

come elementi
fine

componenti
l'altro;

di

ogni

Ogni realt sarebbe


in s del

per un lato e causa per

immobile per un verso e mutevole per

l'uomo

avrebbe

meccanico e del teleologico;

la

natura sa-

rebbe materia,

ma mossa da una prima


di

causa non materiale,

anzi spirituale e finale, o almeno incognita.

via discor-

rendo.

Quando

un concetto

si

prova che stato suggerito

da

fatti

contingenti, con ci stesso criticato ed espunto

dalla serie dei concetti veri e propri, e gli viene sostituito

un

altro concetto,

che

si

giudica veramente universale, o

anche accade
di pensiero,

di sopprimerlo senza sostituirlo, cio di ridurre

la serie dei concetti veri e propri:

riduzione che progresso

ma

che non pu mai essere spinta sino all'abo-

lizione dei concetti tutti, perch

uno almeno rester sempre


l'abolizione;

ineliminabile: quello del pensiero che pensa

questo concetto, conforme all'esigenza del concetto, sar


ultra- e onnirappresentativo.

Tutt'altra cosa sono

concetti finti o finzioni concettuali,


'^ "^

perch
"^

in

questi o '

il

gruppo di contenuto fornito da un


essi

rappresentazioni, e perfino da una singola rappresentazione,

Le fimioni "cettuaii come rappresentati^*. ***

epper non sono ultrarappresentativi; ovvero ^^


'^'^
'

non hanno
di

universaut,

alcun contenuto rappresentabile, epper non sono onnirappresentativi. Del

primo tipo offrono esemp i concetti


quelli di

casa,

gatto, rosa; del secondo,


libero. Nel pensare
il

triangolo
ci

o di

noto
una

concetto di casa,

riferiamo a

16

IL

CONCETTO PURO K LI PSEUDOCONCKTTI

struttura artificiale di pietre o mattoni o legno o ferro o


paglia,

dove

esseri,

che chiamiamo uomini, sogliono dimo-

rare per alcune ore o per intere giornate e interi anni.

Ma
non

per numerosi che siano


cetto,
il

gli oggetti

compresi sotto quel con-

loro

numero

finito: c' stato

un tempo

in cui

esisteva l'uomo, e perci


altro, in cui

neanche

la

casa dell'uomo; e un

l'uomo esisteva senza

la casa,

vivendo

in ca-

verne o a
il

cielo aperto.

Potremo, senza dubbio, allargare


le tane, abitate
ri-

concetto di casa, comprendendovi anche

dagli animali;

ma non

sar mai possibile segnare con

gore logico

la distinzione tra artificiale e naturale (lo stesso

abitarvi rende l'ambiente pi o

meno
i

artificiale,

modifican,

done, per

es., la

temperatura), o quella tra gli animali

che dovrebbero esserne abitatori, e


vi abitano,

non animali che pure

come

le piante,

che anch'esse cercano a volte

un

tetto;

senza dire che talune piante e animali hanno per

loro casa altre piante e animali.

Onde

nell'impossibilit di

netto e universale carattere distintivo converr ricorrere

un da

capo all'enumerazione, e chiamare case questi e quegli oggetti,


i

quali,

numerosi che siano, saranno anch'essi di nu-

merc l'enumerazione compiuta o possibile a compiere, escluderanno da s altri oggetti. Se si vuole impedire siffatta esclusione, non resta altro che intendere per

mero

finito, e

casa

un universale modo

di vita degli esseri


si

ma

per

questa via la finzione concettuale

viene mutando in con-

cetto puro, vuoto di rappresentazioni particolari, applicabile

cosi alla casa

come ad

infinite altre

determinazioni del reale.

Lo
che

stesso a dire del gatto o della rosa, essendo manifesto


i

gatti e le rose sono apparsi in


in

un certo tempo

sulla

terra e spariranno

un

altro, e che,

durante la loro perma-

nenza, potranno essere considerati come qualcosa di fisso e di preciso solamente se si abbia l'occhio a questo o quel

gruppo

di gatti e di rose, anzi

a questo o quel singolo gatto


gri-

e roHH, in

un certo momento della loro esistenza (gatto

11.

IL,

OONCKTTU E GLI PSKLUOCONCETTl

17

gio o gatto nero, gatto o gattino, rosa bianca o rosa rossa,


fiorente o sfiorita, ecc.), innalzato a simbolo e rappresen-

tante degli

altri.

Un

carattere rigoroso, che valga a distinfiori,

guere
anzi
rosa,

il

gatto dagli altri animali o la rosa dagli altri


altro gatto e
si

un gatto da un non c' e non

una rosa da un'altra

finzioni

pu trovare. Queste e altrettali concettuali sono, dunque, rappresentative, ma non


contengono alcuni oggetti o framrealti,

ultra-rappresentative:

menti della
Difetto

analogo

ma ma

non

la

contengono
le

tutta.

opposto lianno

finzioni

concetesse

come

tuali del triangolo e del


si

moto

libero.

Sembra che con


il

universaU,
vuoti dirap

esca dagli impacci delle rappresentazioni:


il

triangolo

presentazioni.

moto
tempo

libero
e
di

nel

non sono cose che comincino cui non si possano enunciare


moto

e finiscano
caratteri e

confini rigorosi. Fintanto che ci sar pensiero, ossia realt

pensabile,

concetti del triangolo e del

libero serbe-

ranno

validit. Il triangolo dato dall'intersezione di tre

linee rette, includenti spazio e formanti tre angoli, la

somma

dei quali, per vari che essi siano da triangolo a triangolo,

sempre eguale a due angoli


il

retti;

ed impossibile conIl

fondere
libero

triangolo col quadrilatero o col circolo.

moto

un moto che

si

pensa accadere senza ostacoli di

sorta: impossibile confonderlo con

un moto,

in cui vi sia

questo o quell'ostacolo.

sta bene.

Nondimeno,

se codeste

nuove
non

finzioni concettuali lasciano cadere la

zavorra delle

rappresentazioni, fuggono poi in


si

una zona

senz'aria,

dove
la

vive; e acquistano bens l'universalit,

ma

con

perdita della realt.

Un

triangolo geometrico

non c' mai

nella realt, perch nella realt


retti

non sono

linee rette, angoli

due

retti.

somme di angoli retti Un moto libero non

somme

di angoli eguali a

c' mai nella realt, perch

ogni moto reale si effettua in condizioni determinate e necessariamente tra ostacoli. Ora un pensiero, che non abbia per
oggetto niente di reale, non pensiero: e perci quei concetti

non sono
Lcijirci.

concetti,

ma

finzioni concettuali.
2

B. Crock,

18

IL

CONCETTO PURO E GLI PSBUDOCONOBTTI


sussidio di

Critica
de
ttf'-

Chiarito, col

questi esemp,

il

carattere dei

na che le considera
*^ttf
ti,

concetti veri e delle finzioni concettuali, siamo preparati a

ri

risolvere la questione se le finzioni siano legittime o illegit*^^'

rra-

loro

^ meritino il biasimo che sembra sopportato dal nome. Veramente, una scuola o piuttosto una tendenza filosofica, che ha fatto e fa ancora sentire il suo peso, non

dubita di considerare quelle finzioni come nient'altro che

concetti errati,

e indice loro

una guerra

di sterminio in

nome

della verit e del pensare rigoroso. Se


il

da

ci stesso

che abbiamo detto risulta che

gatto o la casa o la rosa

non sono

concetti, e che tali


il

metrico n

moto

libero,

non sono n il triangolo geosembra inevitabile la conclusione


errori, e affermare

che convenga liberarsi da quegli

che

non c' n il gatto n la rosa n la casa, ma una realt tutta compatta (sebbene in s continuamente mutevole), che si svolge ed nuova a ogni istante; che non c' n il triangolo n
il

moto

libero,

ma

le

forme eterne di questa


s,

realt,

che non

si

possono astrarre e fissare per


e a confutare la

privandole
a,

delle condizioni che

ne sono parte integrante. Ma,


giudizio che le
finzioni

infir-

mare questa conclusione


si

premessa su cui
concettuali

appoggia, ossia

il

siano concetti errati, basta una semplice avvertenza.

Un

errore scoperto non pu risorgere, fintanto almeno che non


si

dimentichi la scoperta e non

si

ricada in condizioni di

oscurit mentale, simili a quelle antecedenti alla scoperta.

Giunti che

si

sia a intendere, per esempio,

che

la

moralit

non

lustra dell'egoismo e ha valore proprio, o ad assodare

che Annibale era ignaro del disastro toccato al fratello

Asdrubale presso
dere che
la

il

Metauro, non

si

pu continuare a

cre-

moralit sia egoismo o che Annibale fosse stato

informato dell'arrivo di Asdrubale e l'avesse lasciato sor-

prendere dai due consoli. Ma, nel caso delle finzioni concettuali, simili a quelle dell'esempio, le cose procedono
diversamente.

Quando

ci

siamo persuasi che

il

triangolo e

il

II.

IL

CONCETTO E GLI P8BUDOCONCBTTI


reale, e che la rosa,

19

moto
sale,

libero

non rispondono a nulla di

il

gatto e la casa

non definiscono nulla di veramente univerdobbiamo tuttavia seguitare a valerci delle finzioni di triangoli, di moti liberi, di case, gatti e rose. Possiamo
non possiamo
rifiutarle
;

criticarle e

dunque, non vero che


come con-

esse siano, totalmente e in ogni significato, errori.

Questa indispensabilit delle finzioni concettuali nella


vita dello
spirito

-o

trova riconoscimento in una forma pi

^*".' "1^^^]

temperata della dottrina anzidetta: cio che esse siano bens


errate,

ratori
^^'^

dei

ma

preparazione, e quasi primo passo, verso


e propri.

la for-

mazione dei concetti veri


di

Lo

spirito

non escirebbe

colpo dalle rappresentazioni, entrando nell'universale;


e,

ne escirebbe a poco a poco:


versale rigoroso,
si

prima

di

giungere all'unilejia in altri

softermerebbe per prendere


il

meno
realt

rigorosi,

che avrebbero

vantaggio di sostituire

le

infinite

rappresentazioni dalle infinite sfumature onde la


si

presenta a noi nella contemplazione estetica. Le

finzioni concettuali sarebbero,


e,

dunque, abbozzi di concetti,

come

tutti gli

abbozzi, rivedibili e cancellabili,


essi

ma

pur

utili.

Cosi

rimarrebbe spiegato come


errori che
si

siano errori, e
il

nondimeno
loro uso.

foggiano a bella posta e hanno

Ma anche codesta teoria moderata contrasta

con

l'evidenza. Anzitutto, non vero che lo spirito esca a poco

a poco dalle rappresentazioni, percorrendo una serie di gradi:


assai diverso, anzi proprio opposto in quel caso l'anda-

mento

dello spirito, e

strarlo con

quando i filosofi hanno voluto illuun paragone, sono dovuti ricorrere per l'appunto
si

all'immagine del salto, che

vorrebbe invece escludere.


lo

Lo
che

Spirito (dice, tra gli altri,


si

Schelling) un'isola
giri e rigiri

eterna, a eui non


si

giunge dalla materia per

facciano, senza

un salto. N

le finzioni

concettuali
[)er

sono buoni passaggi


sare con
sentazioni, e pensare

ai concetti rigorosi,

giacch

pen-

rigore, bisogna

ritufCarsi nell'onda delle

rappre-

sulla realt

immediata, sgombrando

20

IL

CONCETTO HUKO E GLI PSEUDOCONCETTI

le

interposte finzioni concettuali.


si

N
li

concetti

rigorosi^

quando

trovano di fronte quegli


li

altri, rivali nello

stessa
affi-

problema,

prendono come

aiuti e

correggono ed
li

nano per
grado di
lo spirito,

serbarli parzialmente,
i

ma

anzi

combattono e

distruggono. Ci solo che


fare,

concetti rigorosi
altri

non sono

in

impedire che quegli


si

risorgano; perch

come

visto,

li

serba o restaura, pure avenli

done riconosciuto
Posteriorit
delle finzioni

la falsit:

serba,

non gi

fusi e inve-

rati nei concetti rigorosi,

ma

fuori e

dopo

di questi.

Insomma, occorre
precedano
j^
j

disfarsi del vecchio pregiudizio

che le

conce te

finzioni concettuali siano o errori o abbozzi di verit, e


i

che

tnaii al concetti veri

concetti rigorosi; e affermare tutt' al contrario

proprt.

ijj^^ioni
li

concettuali
li

anzi

seguono e
cosi, di

i concetti rigorosi, non precedono ^ presuppongono come propria base. Se


'^

non fosse
o
si

che cosa mai sarebbero finzioni? Fingere

imitare qualcosa significa conoscere prima la cosa, che

vuol fingere o imitare; falsificare significa avere notizia

moneta falsa suppone la buona, e pu pensare che l'uomo, da ingenuo poeta che prima era, si sollevi immediatamente al pensiero dell'eterno; ma non si pu pensare che esso costruisca la pi piccola finzione concettuale senz'avere prima immagidel modello genuino: la

non all'inverso.

Si

nato e pensato. La casa,

la rosa, la

il

gatto,

il

triangolo,

il

moto

libero

presuppongono
ferruzzi,

quantit, la qualit,
altri concetti
il

l'esi:

stenza, e

non sappiamo quanti


i

non

finti

sono

lavorati coi ferri e


giati,

che
in

pensare logico ha fogtanta

che vengono messi


si

opera con

maestria

e rapidit che

finisce,

di

solito, col

credere di averne

fatto senza. Colui

che forma

le finzioni

concettuali gi logi-

camente orientato: sa quel che


misura che progrediscono
Hcono
le
i

fa e vi

ragiona intorno;

e,

suoi concetti rigorosi, progredi-

sue finzioni concettuali, che vengono rielaborate di


le

continuo secondo

nuove condizioni
il

nuovi bisogni.

Da

quando

8i

distrutto

concetto di miracolo o di stregoneria.

11.

IL

CONCETTO E OLI PSBUDOCONCBTTI


le finzioni

21

non

si

costruiscono pi

concettuali circa

le

varie
di-

classi e

modi

di casi miracolosi e di atti

da stregone;

strutta la credenza nell'influsso diretto degli astri sui destini

umani, sono cadute

le finzioni

astrologiche e

matema-

tiche che sorgevano su quei presupposti concettuali.

Coloro che hanno veduto, nelle finzioni concettuali, errori

o abbozzi

di verit, qualcosa, certamente,

hanno scorto:
si

per-

ch
fin

(senza anticipare in questo punto la teoria degli errori,


aiuti alia ricerca del vero)
le

n quella degli abbozzi o

pu

da ora ammettere che anche

finzioni concettuali diven-

tino talvolta cosi errori e ostacoli,

come

tentativi e aiuti al

vero.

Ma non

perch un certo prodotto spirituale venga adoal

perato a fine diverso da quello che intrinseco


rarsi (nel quale

suo gene-

adoperamento si fa diverso, ossia diventa una nuova produzione spirituale), si deve dimenticare la ricerca
Il

del fine intrinseco, ossia della sua vera natura e qualit.


ritratto di

una

bella donna, bianca

come

latte e rossa
il

come
il

sangue, tatto trovare

al reuccio dello fiabe sotto


lui di

cuscino
giro

da una
del

fata,

pu servire a
cercare
la

stimolo a imprendere

mondo per

donna

di carne e ossa, che somigli

al ritratto e ch'egli far

sua sposa;

ma

quel ritratto, prima

di essere

galeotto nelle mani della fata, una pittura,

cio un'opera d'arte, uscita dalle mani, anzi dalla fantasia


del pittore; e dev'essere appreso
concettuali, prima che
si

come

tale.

Cosi

le finzioni

tramutino in errori o in espedienti,

in ostacoli o in aiuti alla ricerca della verit,

aver costruita, una verit


esse
si

una verit gi costruita e che esse alla quale non servono, ma


servono.

hanno innanzi perci non possono


di cui

Non

sono, dunque, intrinsecamente, ostaqualcos'altro, cio loro stesse; e che

coli o aiuti al vero,

ma

cosa siano in loro stesse occorre ora determinare.

quest'uopo giova riportare l'attenzione sul loro mocostitutivo, che, '


'

Carattere
^''"!'''. *^"*'

mento

come

si

detto,

non teoretico
fine

ma

finzioni

con-

pratico; e domandarsi in qual

modo

e a qual

lo spi-

cettuaii.

22

IL

CONCETTO PURO B GLI PSBUDOCONCBT TI

rito pratico
cetti

possa intervenire nelle rappresentazioni e conprodotti,


lo

prima

manipolarli e farne finzioni conpratico porga

cettuali.

Che

spirito

nuove conoscenze,

inconseguibili dallo

spirito conoscitivo,

da negare con

risolutezza: lo sprito pratico tale, appunto perch

non

conoscitivo,

e,

in

fatto

di

conoscenza,

del

tutto
e

sterile.

Se dunque esso esegue quelle manipolazioni,


gatto:
<

dice a

tu mi rappresenterai
ti

tutti

gatti, o a
di

un una rosa:
non
ti

ecco,

disegno nel mio trattato

botanica, e tu rap

presenterai tutte le rose; e al triangolo:

vero,

posso pensare n rappresentare,


lo stesso di quello

ma
gli

suppongo che tu

sia

che eseguo con la riga e con la squamisurare


ci

dra, e
goli

mi servo

di te per

approssimativi trian-

della

realt ;

con

riconosce che

non compie
questo caso

nessun atto di conoscenza.

Ma

ne compie
si

in

uno
in

di

ostilit

alla

conoscenza? ossia
i

adopera a porre
pra-

impacci

al

conoscere e a simularne
il

prodotti per trarre

inganno chi cerca

vero? Se cosi fosse,

spirito

tico sarebbe, in quell'atto,

sinonimo di spirito d'inganno;

il

foggiatore di finzioni concettuali meriterebbe la riprosofisti,

vazione che colpisce falsari di documenti,


ciarlatani; laddove, in
effetti,

retori e

riscuote

il

plauso e la graistante,

titudine g<'nerale.

Ognuno

di

noi, a ogni

sarebbe

reo di subdolo attentato contro la verit, perch a ogni


istante
tutti

noi

formiamo e adoperiamo quelle


ci

finzioni;

laddove

la

coscienza morale, pur tanto delicata nelle sue

ripugnanze, qui non


L'atto del
di

rimprovera nulla, anzi c'incoraggia.

foggiare

finzioni intellettuali

non

dunque n
ra-

conoscenza n di anticonoscenza^ non logicamente

zionale e non 6

nemmeno

logicamente irrazionale,

ma

razionale a suo modo,


n flM
ptar

praticamente,
le

Poich

si

conosce per operare, e tutte

nostro coiio-

tioo e l'uti-

amenze debbono via via venire rievocate por via via operare,
sorge l'interesse pratico di provvedere alla conservazione

dIm.

II.

IL

CONCETTO B GLI P8BUDOCONCBTTI

23

del patrimonio delle conoscenze acquistate.

E sebbene

in

senso assoluto tutto


sia

si

conservi nella realt e niente che


o

stato

una volta
la

fatto

pensato sparisca dal grembo


si

del cosmo,
il

conservazione della quale ora

parla ha
al ri-

suo uso, perch propriamente una facilitazione

cordo delle conoscenze possedute e all'opportuno richiamo


di

esse dal

grembo

del

cosmo
tal

o dell'apparenteraente

in-

conscio e dimenticato.

fine si costruiscono

gli stru-

menti delle finzioni concettuali, che rendono possibile, per

mezzo

di

un nome,

di

risvegliare e chiamare a raccolta

moltitudini di rappresentazioni, o
sufficiente esattezza a quale

almeno d'indicare con


di operazione

forma

convenga
conoscere

ricorrere per mettersi in grado di ritrovarle e richiamarle.


Il

gatto

della finzione concettuale


lo

non

ci

fa

nessun singolo gatto, come ce

fa

conoscere un pittore

un biografo

di gatti;

ma,

in

forza di quel

nome, molte
o

immagini
era
stata

di

animali che

sarebbero

rimaste disperse,

ciascuna congiunta e fusa nel quadro complessivo in cui

immaginata

e
in

percepita,

vengono ordinate

in

serie e

sono ricordate

gruppi. Ci. importa poco, anzi


la verit universale;
la

nulla, a chi

sogna da poeta o ricerca

ma

importa assai a colui che, avendo

casa infestata da
di

topi,

deve dare l'incarico per l'acquisto


al ricercatore,

un gatto; e

importa non meno

che

si

faccia a studiare

un determinato gatto e che deve procedere nel suo studio con qualche ordine, sia pure artificiale, salvo ad abbandonare l'artificio nella sintesi finale. Del pari il triangolo
geometrico non serve n alla fantasia n
al pensiero,

che

compiono

il

loro ufficio senza e oltre quell'astrazione;

ma

indispensabile al misuratore di un campo, e pu even-

tualmente anche servire a un pittore negli studi preparatori

per un quadro, o a uno storico, che voglia bene inten-

dere la configurazione di un terreno, sul quale fu combattuta


la battaglia ch'egli si

accinge a narrare.

24

IL

CONCETTO PURO E GLI PSBUDOCONCETTI


le finzioni

Persistenza
delle finzio-

Per questa ragione

concettuali non solo restano

ni

concetai

salde e invincibili nonostante l'affinarsi e perfezionarsi dei


concetti veri e propri,

tuali accanto

ma

anche prendono alimento

e incre-

con-

cetti.

mento

dallo svolgersi dei concetti rigorosi.

Non

dato,

merc

questi, criticarle e risolverle, percli esse sono eterogenee


alla logica,
inferiori,

n possono fungere rispetto


li

ai concetti

da gradi
si

perch

presuppongono. La risposta, che

aveva

l'obbligo di

dare, data, ed tolto ogni dubbio circa la

relazione del concetto con le finzioni concettuali: relazione,

che non d'identit, e


plice
Ck>ncetti puri

nemmeno

di contrariet,

ma

di

sem-

diversit.
la

Rimane
tanza.

questione terminologica, che ha scarsa impor

e pseudo-

concetti.

un modo di dire, e nessuno vorr battagliare contro i modi di dire. Comunque, noi, anche per ragione di brevit, le chiameremo pseudoconcetti, e, per abbondare in chiarezza, chiameremo concetti veri e propri, concetti puri: denominazione che ci sembra anche pi conveniente di quella d'idee (concetti puri) contrapposte a concetti logici (pseudoconcetti), come un tempo si diceva nelle scuole. da tenere tuttavia ben preFinzioni concettuali

sente che gli pseudoconcetti, sebbene nel loro


la

nome
li

entri

parola

concetto

non sono concetti, non ne formano

una
cetti

specie, n litigano con essi (salvo che

non

si

faccia
i
i

litigare, distorcendoli

dal

loro fine proprio); e che


i

conquali

puri non hanno a s accanto

concetti impuri,

non sono veramente concetti. Ogni vocabolo porta seco, in misura maggiore o minore, l'appicco agli equivoci, perch
si

aggira in questo basso mondo, che pieno di tranelli;

e la ricerca di vocaboli che impediscano assolutamente gli equivoci, di quel flssamento dei significati che
il

sospiro

di molte unirne candide, riesce affatto vana, perch bisogne-

rebbe anzitutto tarpare


nella sua

le ali

allo spirito

umano, fermarlo
secondo con-

opera incessante, progressiva e rivoluzionaria.


vocal)ol() all'altro

Possiamo bensi preferire l'un

II.

IL

CONCKTTO E GLI P8KUDOCONCETTI


e,

25

tingenze e opportunit storiche;

per conto nostro, ab-

biamo dichiarato di preferire quelli di pseudoconcetto e di concetto puro, non foss'altro per ricordare la modestia ai foggiatori delle finzioni concettuali e fare

risplendere
di concetto,

sulle loro teste la luce della sola

forma vera

che
rigore.
se,
ai

la

logicit stessa nella

sua universalit e nel suo

Come non
giorni

essere d'avviso che la scelta ben fatta,

nostri,

questa denominazione di concetto

puro

piace ai pochi,

ma

spaventa

molti e irrita

mol-

tissimi,

peggio del panno rosso agitato sugli occhi del toro;

cio, se essa,

come ogni medicina


dell'

efficace, suscita reazione

nell'organismo

infermo ?

Ili
1

CARATTERI E IL CARATTERE DEL CONCETTO

D.a
Espresf'ivita.

quel che

si

detto finora dato raccogliere

carat-

teri del
Il

concetto puro o concetto senz'altro.


il

concetto ha

carattere dell'espressivit, ossia

opera conoscitiva, e come tale espressa o parlata: non gi


atto

muto

dello spirito,

come

sarebbe, per s considerato,


l'effettivo

un

atto pratico.

Per mettere a una prima prova

possesso di un concetto
altra occasione

si pu fare uso dell'esperimento in da noi consigliato: invitare colui che asse-

risce quel possesso a esporlo

con parole e con

altri
si

mezzi
rifiuta

di espressione (simboli grafici e simili). Se colui

e dice che

il

suo concetto cosi profondo che parole non


si

valgono a tradurlo,

pu

star sicuri o che egli

s'

illude di

possedere un concetto e possiede solamente torbidi fantasmi

e mozziconi d'idee, ovvero che

il

profondo concetto solo


si

vagamente da
di noi sa

lui presentito,

o tutt'al pi

comincia appena

a formare, e sar,

ma

non

ancora posseduto. Ciascuno


nel pivi forte della

bene che, quando impegnato


di

meditazione, dell'interiore battaglia, di quella vera ago-

nia (perch morte

una

vita e nascita di un'altra) clie

la formazione di un concetto, pu bens .discorrere del

suo stato d'animo, delle sue speranze e timori, dei barlumi

che

gli

appaiono e delle tenebre che


non ancora enprimibile.

lo

occupano;

ma non

gi& comunicare quel suo concetto, che non ancora tale,


percht''

IH.

CARATTERI E

IL

CARATTERE DEL CONCETTO

27

Se questo carattere dell'espressivit comune

al concetto

Universa""'

e alla rappresentazione, proprio del concetto quello del-

l'universalit, ossia della trascendenza rispetto


gole rappresentazioni, onde- nessuna o nessun

alle sin-

queste mai in grado di adeguare

il

concetto.

numero di Tra l'indi-

viduale e l'universale non ammissibile nulla d'intermedio


di misto: o
il

singolo o

il

tutto, in cui quel singolo rientra

con

tutti

singoli.

Un

concetto, che

venga provato non

universale, per ci stesso confutato

come concetto;
il

e a
tlo-

questo
sofiche.

modo procedono
Per esempio,

nel fatto le nostre confutazioni

la

sociologia asserisce

concetto di

societ come concetto rigoroso


la critica della sociologia di

e principio di scienza; e
il

prende a provare che

concetto
il

societ
di

non universale
taluni enti

ma

qualcosa di generale,

gruppo
altri

che

la

rappresentazione ha messi

innanzi al sociologo e che egli ha isolati arbitrariamente da

complessi di enti coi quali erano legati o

si

potrebbero

legare.

La

teoria della

tragedia pone

il

concetto del tra-

gico
il

da esso deduce questo o quel necessario requisito

della tragedia; e la critica dei generi letterari dimostra che

tragico

non concetto,

ma

anch'esso gruppo mal delimi-

tato di rappresentazioni artistiche, che

hanno

tra loro alcune

estrinseche simiglianze, e perci non pu servire di fonda-

mento a nessuna
del quale

Per converso, stabilire un universale aveva prima piena consapevolezza, il vanto del pensiero veramente scientifico; onde si chiamano
teoria.

non

si

inventori coloro che mettono in luce


sentazioni

le relazioni di

rappre-

o di gruppi

rappresentativi o di concetti, che


si

prima
e

si

consideravano disgregati. Per esempio:


la

creduto

un tempo che
si

volont e l'azione fossero concetti distinti;

compiuto

un progresso con

l'unificarli, stabilendo

il

concetto, veramente universale, della volont che insieme


azione. Cosi anche
si reputava che l'espressione del linguaggio fosse cosa diversa dall'espressione dell'arte; ed

28

IL

CONCETTO PUKO E

(LI

HSEUDOCONCBTTI

Stato progresso universalizzare l'espressione dell'arte, esten-

dendola
all'arte.
Concretezza.

al linguaggio, o quella del linguaggio,

estendendola

Nou meno
scendente

proprio del concetto l'altro carattere della


cio,

concretezza:

che se
alla

il

concetto universale e tra-

rispetto

singola

rappresentazione,
d'altra

presa

nella sua astratta singolarit,

parte

immanente

in tutte le rappresentazioni, e perci anche nella singola.


Il

concetto
si

l'universale

rispetto

alle

rappresentazioni
il
il

e non

esaurisce in nessuna; ma, poich

mondo

della
se
in
si

conoscenza mondo di rappresentazioni,

concetto,

non

fosse

nelle

rappresentazioni stesse,

nessun

luogo:

sarebbe in un altro mondo,

non sarebbe che non

pu pensare e perci non . La sua trascendenza, dunque, insieme Immanenza; come quel tale linguaggio veramente letterario, che Dante vagheggiava e che, rispetto
alle parlate delle

varie parti d'Italia, in

qnalibet
si

redolet

civitate nec cubai in ulla.

Se di un concetto

prova che

inapplicabile alla realt, ossia che


Io
si

manca

di concretezza.

confuta nell'atto stesso, in quanto concetto vero e

proprio. astrazione (si dice), non realt: non ha concretezza. E a questo modo stato confutato il concetto dello Spirito posto come diverso dalla Natura (spiritualismo astratto), o del bene come modello posto di sopra del mondo reale, o degli atomi come componenti la realt,

o delle dimensioni dello spazio, o della varia quantit del


piacere e del dolore, e simili. Tutte cose che non
si
ri-

trovano in nessuna parte del reale, non essendovi n una


realt

meramente

naturalo,

straniera allo spirito,

n un

mondo ideale fuori di quello reale, n uno spazio a una o a due dimensioni, n un piacere o dolore omogeneo con perci maggiore o minore di un altro: coso un altro
<

tutte

che non nascono, dunque, da un pc-nsare concreto e


<

non formano

concetti

III.

CAUATTEUl E

IL

CARATI EHK

DICL

CONCETTO

29

Espressivit, universalit, concretezza


caratteri

sono dunque tre


il

L' universale

del concetto,

il

primo dei quali afferma che

concreto,
degli

e la forma-

concetto atto conoscitivo ed esclude che sia


pratico,

meramente

zione
cetti.

come

si

pretende in vario senso dai mistici e dagli


il

paeudocon-

arbitraristi o finzionisti;

secondo, che esso un atto cono-

scitivo sui generis, l'atto logico, ed esclude

che sia

intui-

zione,
zioni,

come

si

vuole dagli

estetisti, o

che

sia

gruppo

d'intui-

secondo che asserito nella dottrina degli arbitraristi


il

e finzionisti; e insieme

terzo, infine,

che

l'atto logico

universale

pensamento della

realt,

ed esclude che esso possa

essere universale e vuoto, universale e inesistente, secondo

che sostenuto

altres nelle dottrine degli arbitraristi.

Ma
ci

quest'ultimo punto ha bisogno di un chiarimento, che

conduce a enunciare
sione degli

in

modo

diretto

un'importante divi-

pseudoconcetti, accennata bens di sopra


sia dato rilievo.
i

ma
Psetidoconempipeu-

senza che
Gli

le si

pseudoconcetti, falsificando

concetti,

imitarli pienamente, perch, se cosi facessero,

non possono non sarebbero

ct-tti

rici e

pseudoconcetti
stessa imitata.

ma concetti, non imitazione ma la realt Un attore che, fingendo di aramazzare sulle


il

doconcetti
astratti.

scene

il

suo rivale in amore, ammazzasse per davvero

suo collega, realmente suo rivale, sarebbe non pi attore

ma

omicida, cio

uomo

pratico. Se,

dunque, innanzi
formare
gli

alle

rappresentazipni, e nell'accingersi a
concetti, si

pseudo-

pensassero

le

rappresentazioni secondo quella

universalit che insieme concretezza, propria del concetto


vero, secondo quella trascendenza, che insieme
(e

immanenza

che

si

dice perci

trascendentalismo),
trattazioni

si

formerebbero

concetti veri.
si

La qual
in

cosa, infatti, accade sovente,

come

pu vedere

certe

che vorrebbero essere

empiriche e arbitrarie e dalle quali currenti rota non urceus,


sed

amphora

exit.

loro autori, tratti

da profondo e
e

irre-

frenabile

senso

filosofico,
il

lasciano cadere via via,


iniziale,

quasi
degli

inconsapevolmente,

proposito

invece

30

IL

CONCKTTO PURO E GLI PSEUDOCONCETTI

pseudoconcetti promessi elaborano concetti veri e propri,

e sono

filosofi

travestiti

da empirici. Per formare invece


logicit,
;

veri e propri pseudoconcetti bisogna cominciare dal divi-

dere arbitrariamente in due l'esigenza unica della


la

trascendenza immanente o universalit concreta

e fog-

giare perci o

concretezza senza universalit, o universalit senza concretezza. Altro modo non v'ha per
il

falsificare

concetto: chi lo vuole falsificare cosi compiutale,

tamente da rendere l'imitazione irriconoscibile come

non

lo falsifica,

ma

lo

produce; non

si

tiene di fuori,
;

ma
spe-

si lascia afferrare e

trarre dalle spire di esso

non inventa
si si

un congegno
cifica,

pratico,
in

ma

pensa. Quell'unico

modo

dunque,

due modi

particolari, dei quali

sono

gi recati esemp analizzando gli pseudoconcetti della casa,


del gatto, della rosa, che sono concreti senza universalit,

e quelli del triangolo e del moto libero, che sono universali

senza concretezza. Non resta a questo punto se non battezzarli

con separate denominazioni, scegliendo


si

le

pi conve-

nienti e pi chiare tra le parecchie che

adoperano ora
trat-

per l'una ora per

l'altra delle

due forme o indifferentemente

per entrambe; ed attenerci costantemente nella nostra


tazione ai due nomi prescelti.

Onde diremo

primi, ossia

quelli concreti senza universalit, pseudoconcetti

empirici,

secondi, ossia quelli universali senza concretezza, pseudoe,

concetti astratti;

sottintendendo per brevit l'elemento


(

generico della denominazione


rici e
<Mi altri oarattert del
il

pseudo), concetti empi-

concetti astratti.
terzo confluiscono, corno ora
si

Slcch, del tre caratteri del concetto da noi dimostrati,

coticlto

secondo e

il

pu scorgere,
intento

pii

in

uno

solo,

enunciato in duplice
la

modo a semplice

negativo e polemico contro


cetti

duplico unilateralit dei con-

empirici e di quelli astratti. Ma, d'altra parte, sarebbe

facile notare

che

caratteri del concetto

non

si

esauriscono

nei due che cosi resterebbero, ossia nella ospi'essivit o cono-

III.

CARATTERI B IL CARATTERE DEL CONCETTO


nella

31

cibilit, e

trascendentalit o universalit concreta.

Altri se

ne possono addurre come la spiritualit, l'uti-

moralit, sui quali non indugeremo a lungo, perch ai presupposti generali della logica, ossia appartengono o al concetto fondamentale della filosofia come scienza dello
lit, la
spirito,

trovano pi opportuna illustrazione nelle altre


il

parti di questa filosofia. Invero,

concetto ha carattere di

spiritualit e

non

di meccanicit,

perch la realt

spiri-

tuale e non meccanica: per la qual ragione da rifiutare ogni sorta di teoria meccanica o associazionistica della
logica,

come sono da

rifiutare le stesse dottrine nell'estetica,

nell'economica e nell'etica; n di esse fa d'uopo qui speciale


confutazione, perch vengono discusse e negate, ossia superate, in ogni rigo della nostra trattazione.

Del pari,

il

con-

cetto

ha carattere

di utilit,

perch se

la

forma teoretica

dello spirito distinta da quella pratica,

non

meno

vero,

per

la

legge dell'unit dello spirito, cm

il

pensare insieme

atto di volere, e,

come ogni

altro atto di volere, teleologico

e non antiteleologico,

utile e

non gi

inutile.

Ed

ha, infine,

carattere di moralit, perch l'utilit di esso non mera-

mente individuale,
spirito, di guisa

ma

risoluta nell'attivit morale dello


il

che pensare, ossia cercare e conseguire

vero, insieme conferire all'avanzamento e all'inalzamento

dell'uomo e del

mondo

tutto:

un negarsi e superarsi

in

quanto individuo singolo,

e servire Dio.
i,a

La forma, a
stabilire
i

nella quale l'ordine del discorso ci ha portati


caratteri del concetto, e che quella dell'enu-

parvenza

'^"* ">"'*plicit e l'u-

merazione, onde l'un carattere viene connesso con l'altro

nUk

dei

ca-

per mezzo ^
parlare, in

di

un

<

anche, logicamente forma assai rozza, o


'
>

''^*''''

^^^

concetto.

che aspetta di essere affinata e corretta.


plurale, di

gi nello stesso
ci

caratteri del concetto,


di esprimersi, perch

siamo
quel
il

conformati al
il

modo comune

veramente
suo

concetto non pu avere caratteri

ma carattere,

solo carattere che gli proprio.

questo carattere

32
essere

IL

CONCETTO PUKO K

CtLI

PShil

DOCONCKTTI

universale-concreto: due parole che designano

una

cosa sola e possono anche grammaticalmente diventare una


parola sola, quella di

trascendentale

o altra che

si

scelga
altre
affer-

delle gi coniate o che piaccia coniare a nuovo.

Le

determinazioni non sono caratteri del concetto,

ma

mano
di cui

le
il

relazioni

di esso

con

l'attivit spirituale in
le altre
il

genere^

concetto forma speciale, e con

forme speconcetto

ciali di

questa attivit. Nella prima relazione,

spirituale; in relazione con

l'attivit estetica, conoscitivo

o espressivo, e rientra nella generale forma teoretico-espressiva; in relazione con l'attivit pratica,

non

in

quanto

concetto, n utile n morale, ma, in quanto atto concreto


dello spirito,

deve

altres dirsi utile e morale. L'esposizione


si

dei caratteri del concetto, pensata correttamente,

risol-

verebbe in un'esposizione,
filosofia dello spirito,

sia

pure compendiosa, di tutta la


il

nella quale

concetto prende

il

suo

posto col suo unico earattere, ossia con s stesso.


Obiezione

Ma

questo chiarimento, se

ci

salva dalla taccia di aver

circa l'irrealt del


concetto puro e

dato un'esposizione empirica del non empirico

Concetto

del concetto, commettendo un errore giustamente rimproverato


ai logici (che si

circa
dimo-

l'impoBsibillt& di

sono spesso creduti in diritto di

strarlo.

come i custodi dei luoghi sacri per troppa dimestichezza mancano di riverenza alle loro chiese), ci fa cadere sotto una censura assai pi
trattare senza

logica la Logica, quasi

grave, la quale, bench in ultimo

si

provi inoffensiva,

di certo assai ciarliera e strepitosa. I pretesi caratteri del

concetto
altro
rito;

(si

dice),

per vostra stessa confessione non sono


esso con
le altre

che
e
il

le relazioni di

forme dello spi-

solo carattere

che

gli sia
il

proprio quello del-

l'universalit-concretezza, cio

suo essere s medesimo,

l)erch universale-concreto sinonimo di

concetto.

svanisce in

Danque, dopo tanti sforzi, il vostro concetto del concetto una tautologia. Dateci una dimostrazione di <|Uel che affermate e una deterniin.r/Jono non tautologica;

III.

CARATTBRl E

IL

CARATTERE DEL CONCETTO

33

e noi

potremo formarci una qualche idea del vostro conla

cetto puro. Altrimenti, ne potrete discorrere all'infinito; e

per noi rester sempre come


di

proverbiale

araba fenice
lo dite;

metastasiana memoria:

che

vi sia, voi

dove
Pregiudisio
intorno alla

sia,

nessun

lo sa .

In fondo a questo

sentimento d'insoddisfazione e alla

congiunta pretesa persiste un pregiudizio di origine scolastica intorno a quel

quaUt
la

del-

che

si

chiama dimostrazione. S'imirresistibile


e,
il

dimostra-

magina,

cio,

che

la

dimostrazione sia come un


il

rione.

congegno, che
pugnante,

afferri

discente pel collo


egli

nolente e re-

lo trascini

dove

non vuole e

docente vuole,

e lo lasci a bocca aperta innanzi al vero, a lui estraneo e


al

quale deve per forza piegarsi.

Ma

di

siffatte

dimostra-

zioni costrittive

scere, anzi in di vita spirituale: non c' una verit fuori del nostro spirito. Non che la verit presupponga la fede, come si dice comunemente, subordinando la

non ce ne sono nessuna forma

in

nessun campo del cono-

razionalit all'irrazionalit;
in

ma
s

la

verit fede, fiducia


in noi; quelle sequele

medesima, certezza
delle forze interiori.

di

medesima, libero spiegadimostrazioni

mento

La luce
<

di suoni,

che sono

le

cosiddette
i

servono
sguardo;

solamente a sgombrare

velami e a dirigere

lo

ma, per s prese, non hanno potere alcuno


gli

di fare aprire

occhi a chi ostinatamente

li

voglia tenere chiusi. Innanzi


i

a ripugnanze e ribellioni di questa fatta

pedagoghi del

buon tempo antico ricorrevano non gi a dimostrazioni, ma, come si sa, al cavalletto e alle nerbate: tanto erano
persuasi che la dimostrazione della verit vuole
sposti, cio
i
i

ben

di-

disposti a ripiegarsi sopra di s e a cercare


di dimostrare

in s. C'

modo

ad alcuno che neghi

la bel-

lezza del canto di Farinata, e

l'animo in

non voglia n raccogliere quella sublime poesia, n compiere lavori prei

paratori per raggiungere la possibilit di quel raccoglimento,

n d'altra parte umilmente confessare

la

sua personale in-

B. Crock, Logica.

34

IL

CONCETTO PURO E GLI PSBUDOCON'CETTI

capacit o impreparazione,

c' modo

di dimostrargli, co-

strittivamente, che quel canto bello?

La

virt critica di
si

un De
a

Sanctis, innanzi a una disposizione come questa,

sentirebbe disarmata e impotente. C'


chi, di proposito deliberato,

modo

di dimostrare

neghi fede a qualsiasi auto-

rit e

documento, e rompa
al

la tradizione

vinti

passato,

che Milziade vinse a

onde siamo avMaratona o che

Demostene

lott tutta la vita

contro la potenza macedone?

Le pagine di Erodoto e le orazioni di Demostene sarebbero da lui messe in dubbio a capriccio; e nessun ragionamento potrebbe reprimere quello scapricciamento. Che pi? Perfino nell'aritmetica, per la quale esistono macchine calcolatorie, la

dimostrazione costrittiva impossibile. Avrete

un
poi

bel sollevare, a chi ripugna,


il

due dita di una mano, e

terzo e

il

quarto, per mostrargli che due e due fanno

quattro: egli vi risponder che non ne persuaso; n infatti

potr esserne persuaso se non compie quella interiore

onde due volte due e quattro si dimostrano due nomi di una medesima cosa. Chi aspetta, dunque, una
sintesi spirituale

dimostrazione costrittiva dell'esistenza del concetto puro,


aspetta invano.
quello che
gli

Da

nostra parte, non possiamo dargli se non

stiamo dando: un discorso, rivolto a rimuovere

le difficolt e
si

a mostrare come per mezzo del concetto puro


i

rischiarino

problemi

tutti,
s'

concernenti la vita dello spi-

rito,

e senza di esso

non

intenda pi nulla.
si

PregiudUio
elrca la rap-

Ma

a quella idea stravagante circa la dimostrazione


di solito

presentabili ti del concetto.

accompagna

un
si

altro pregiudizio, fors'anche pi

tenace. Adusati

come

a moversi tra le cose, a vederle,

ed ascoltarlo, a toccarle, riHottendo appena e fuggevolmente


ai processi spirituali

che producono quella visione, udizione


si

e taatamento; quando poi


fllofioflca

prende a trattare una (|uostione


(e in ispecie

concepire un concetto
il

quando
si

bisogna concepire addirittura

concetto del concetto),

continua a richiedere proprio ci a cui nella nuova ricerca

III.

CARATTEKI E

IL

CARATTKRB

DHf,

CONCETTO

35

forza rinunziare,

e vi si gi rinunziato pel fatto stesso

che

si

entrati in essa: l'elemento rappresentativo, qualsi

cosa che

veda,

si

oda e

si

tocchi. Press'a

poco come se

un novizio, entrando

in convento,

dopo avere pronunziato


la
si

solenne voto di castit, domandasse per prima cosa nel

prendere possesso della sua cella dove


sar

donna che

gli

compagna
la

nella

nuova

vita: al che

udrebbe rispon-

dere che

sua sposa in quel luogo non pu essere se non

una sposa
Tutti
i

ideale, la santa Religione o la santa


filosoft
si

Madre Chiesa.
Proteste dei

sono

stati costretti

a protestare contro la

richiesta che

sono

sentiti

rivolgere di

una impossibile

dimostrazione estrinseca, e di un qualcosa di rappresentativo in

un dominio
la

in cui la

rappresentazione oltrepassata.
il

Nel nostro sistema (diceva

Fichte), bisogna fare di s

stesso

base

della propria filosofia; e necessariamente,

per conseguenza, quel sistema sembra

senza base a

chi

non
in

in

grado di compiere quell'atto.

Ma costui pu

essere

precedenza assicurato che neanche altrove trover mai


si

alcuna base, se non

procura quella o non se ne vuol


risparmiata
pretesa di andare

contentare. Conviene che la nostra filosofia professi ci a

voce

alta,

perch

le

sia

la

dimostrando agli uomini dall'esterno quello che necessario

creare

in s

medesimi
due

'.

Lo Schelling paragonava
che

l'ottusit filosofica

per l'appunto all'ottusit estetica: Dalla


sole vie di uscita: la poesia,

realt

comune

vi sono

un mondo ideale, e la filosofia, che fa sparire totalmente al nostro sguardo il mondo reale. Non si Tede perch dovrebbe essere pi generalmente diffuso il senso per la filosofia, che non sia quello per la poesia... -.
ci trasporta in

E
al

lo

Hegel, somministrando dilucidazioni che fanno proprio


si

caso nostro: Ci che

chiama l'incomprensibilit

-della filosofia,

nasce in parte da un'incapacit (che in s

System der Sittenlekre (in SUnimtl. Werke), IV,


Idealismo trascendentale, trad. Losacco, p. 19.

p. 26.

36

IL

CONCETTO PURO E GLI P8EUDOCONCETTI

soltanto mancanza di esercizio) a pensare astrattamente,


cio a tenere fermi innanzi allo spirito pensieri puri e moversi
in
essi.

Nella nostra coscienza ordinaria

pensieri sono
;

vestiti e uniti

con la consueta materia sensibile e spirituale

e nel nostro ripensare, riflettere e ragionare mescoliamo


sentimenti, intuizioni e rappresentazioni con pensieri: in

ogni proposizione di contenuto affatto sensibile (per es.i


questa foglia verde), sono
l'essere e l'individualit.
gi,

mescolate categorie

come

Ma

ben altro prendere a proprio

oggetto

pensieri

per s

stessi,

senz'alcun miscuglio.

si

L'altra cagione d'incomprensibilit l'impazienza

onde

pretende avere innanzi

in

forma

di rappresentazione ci

che nella coscienza sta soltanto come pensiero e concetto.

E
in

si

ode dire che non


si

si

sa che cosa

vSi

debba pensare

un concetto concetto stesso. Ma il senso di quel detto , che si vuol avere una rappresentazione nota e ordinaria. Alla coscienza sembra come
un concetto che
c' da
gi appreso: ora, in
il

non

pensare altro che

se, col toglierle la

rappresentazione, le sia tolto

il

terreno

che era suo fermo e abituale sostegno. Quando trasportata


nella pura regione dei concetti,
si

non sa pi in qual

mondo

sia. Si stimano perci meraviglie di comprensibilit,

quegli scrittori, predicatori, oratori, ecc., che ai loro lettori


o ascoltatori offrono cose che questi gi sanno a mente, che

sono loro familiari, e che s'intendono da sc>


Ragione del
loro
tuo.

*.

Tutti

hanno
in

cosi

protestato, e tutti cosi protesteranno

risor-

gere perpe-

ancora

avvenire, perch quella insofferenza, quella inac-

comodabilit, quel recalcitrare innanzi al penosissimo sforzo


di

abbandonare
i)i

(sia

pure per un istante solo e per riconil

quistarlo in

saldo possesso)
i

mondo

sensibile,

si

rin-

noveranno

in

perpetuo. Sono

dolori di parto del Concetto,

che bisogna accettare, perch quella legge del Concetto


(partorirai con dolore) legge della vita tutta.

Enciclopedia, trad. Croce, S

H,

osnerv.

IV

Le controversie

circa la natura del concetto

J_je controversie circa la natura del concetto

hanno avuto

Dispute di

origine talvolta,

segnatamente
usciti,

proyenienla materialUtica.

nel recente periodo di bar-

barie filosofica (che nel pensier rinnova la paura), dal

quale a fatica siamo

da

pregiudizi materialistici,

meccanistici e naturalistici. Onde,

come

si

gi detto,
si

accaduto che

si

sia disputato se

il

concetto

debba con-

siderare logico o psicologico, prodotto di sintesi o di associazione, di associazione individuale o ereditaria: dispute

che, per la ragione altres accennata di sopra, non spende-

remo tempo a illustrare. N daremo attenzione


o anche

all'altra controversia, se

concetti

11

concetto
vaio-

siano valori o fatti, se operino solamente come

norme

come

sione di valori e
Sein,

come forze effettive del reale; perch la divifatti, di norme ed effettualit (di Gelten e come si dice nella terminologia germanica) anch'essa
il

oltrepassata e unificata, espressamente o per sottinteso, in

ogni parte del nostro filosofare. Se


siero) vale,

concetto (ossia

il

pen-

non pu valere se non perch ; se la norma del pensiero opera come norma, ci vuol dire che essa
pensiero stesso,
reale.

il

norma a

s stesso ed elemento costitutivo


si

del

Un

valore che non sia realt, non


di vita spirituale:

trova in

nessuna forma

non

si

trova nell'arte, dove

non

si

conosce altra bellezza se non quella che l'arte

38
Stessa;

IL

CONCETTO PURO K GLI PSBUDOCONCETTl


si

non nella morale, dove non

conosce nessuna bont,

non quella che l'azione stessa indirizzata all'universale; e non si trova neanche nella vita del pensiero. Il concetto
se

vale perch
Realismo
e nominali-

ed perch vale.

Ma
vivi,

il

forte di codesti dissidi, durati per secoli e


la confusione tra concetti e
il

ancora

smo.

ha per sostegno

pseudo-

concetti, e la consecutiva pretesa di definire

concetto col

negare l'una o
delle

l'altra di queste

due scuole opposte


tempi nostri
si

dei

due forme. Qui la genesi realisti e dei nominalisti,


realisti

che

ai

sono chiamate dei razionalisti e degli


I

empiristi (arbitraristi, convenzionalisti, finzionisti).

affermano che
e
i

concetti sono reali, ossia rispondono a realt;

nominalisti, che essi sono semplici

rappresentazioni e gruppi di rappresentazioni,


si

nomi per designare o, come ora

dice, etichette e cartellini, applicati sulle cose per

riconoscerle e ritrovarle. Per gli uni, delle rappresentazioni


altra superiore elaborazione

non

possibile se
altri,

non quella
possi-

concettuale e universalizzante; per gli


bile se

non

non quella che ha luogo nella gi descritta mutilafini

zione e riduzione e finzione, rivolta a


Critica di

pratici.
i

In conseguenza di codeste affermazioni unilaterali

realisti

entrambi.

hanno considerato come concetto, attribuendogli carattere


di universale, qualsiasi pi rozzo pseudoconcetto;
il

non solo

cavallo,

il

carciofo, la
il

montagna,
la

e altre cose naturali,


il

ma

anche

la tavola,

letto,

sedia,

bicchiere, e via
alle sar-

enumerando;
la

si

sono esposti,
si

fin dall'antichit,
il

castiche obiezioni, che


cavallinit, la

conosce bene

cavallo

ma non

tavola

ma non

la tavolinit.
il

In questa

concettualizzazione degli pseudoconcetti

vero e proprio

errore della loro dottrina; e non gi nell'aver dato,


s

asserisce, realt

empirica

ai

concetti, ponendoli

come come

esseri

singoli

accanto a esseri singoli: stravaganza che


sia

da dubitare se

stata

uomo

di

senno, e che, a ogni

mai pronunciata da senno, o da modo, col rendere reali i

IV.

LE CONTROVKR8IE CIRCA LA NATURA DEL CONCETTO

39

concetti in questo significato, verrebbe a renderli nell'atto


stesso irreali, cio singoli e contingenti, e bisognosi di

un

superamento mentale merc concetti veramente universali.


I

nominalisti, d'altra parte,

hanno considerato come

arbitri

meri nomi
il
il

tutti

presupposti della loro vita mentale:

l'essere e

divenire, la qualit e la finalit, la bont e la

bellezza,

vero e

il

falso, lo spirito e

Dio; e sono caduti

senz'avvedersene in contradizioni inestricabili, e nello scetticismo logico.

chiaro oramai che la secolare disputa non si pu risolparti conten-

Il

realiboio

vere in favore dell'una o dell'altra delle due


denti, le quali
e torto
in

vero.

hanno ragione entrambe

in quel

che affermano

quel che negano, ossia hanno ragione e torto

insieme. Le due forme di prodotti spirituali, di cui ciascuna


di

quelle scuole

nelle proprie dottrine mette in luce

una

sola, sussistono tutte

due realmente, n

l'una in antitesi

con

l'altra

come

il

razionale verso l'irrazionale.


il

La vera
nomina-

dottrina del concetto realismo, che non nega


lismo,

ma

lo colloca al

suo posto e stabilisce verso di esso

rapporti chiari e senza equivoci.

questo
'

modo solamente

dato uscire dal

circolo
logici, 15
i

Bisoiuiione
^' ficolt

ha recato ad alcuni vizioso, che tanto travaglio *


.

*''" *|'/" suUa


dei

quali, messisi a spiegare nominalisticamente la genesi dei

(genesi
''"<^*"'-

concetti, erano costretti poi, nel

condurre fino

in

fondo la

loro teoria, ad

ammettere
per la

fondamento

necessit dei concetti come genesi dei concetti; e pensavano


la

cavarsi d'imbarazzo distinguendo due ordini di concetti,

primari e secondari, modelli formativi e formazioni secondo


modelli, e riproducendo per questa via, sotto sembiante di
soluzione,
altri
il

problema medesimo insoluto. Con diverse parole


lo stesso

palesavano
i

imbarazzo, asserendo di voler rica-

vare

concetti dall'esperienza,

ma

riconoscendo

al

tempo

stesso

che

ogni

esperienza

suppone
il

un'anticipazione
i

ideale; ovvero col dire che

concetto fissa

caratteri

40

IL

CONCETTO PURO R GLI PSBUDOCONCKTTI


delle cose, e insieme che
il
i

essenziali
sorgere

caratteri essenziali

sono indispensabili per fissare


i

concetto; o

infine col far

concetti

merc categ-orie,
e

le quali, nella

guisa in

cui erano

da

essi

determinate e intese, non potevano consifunzioni,

derarsi

categorie

ma

esse

stesse

concetti.

Concetti

primari,

modelli formativi, anticipazioni ideali,

concetti essenziali, concetti-categorie e simili,


se

non sono
i

altro

non varianti verbali che designano

nascondono

con-

cetti puri: presupposto necessario, come sappiamo, dei


concetti impuri o pseudoconcetti.
Dispute anediia'tra-

Altre dispute assai polisense e disordinate intorno alla

^^^^^a del concctto Ottengono significato pi preciso, quando


si

scurata

di-

riportino alla gi indicata suddivisione degli pseudocon^^

dei'concenl in empirici
e astratti.

^^^^^

empirici
,.

(o
j..-

rappresentativi) ed astratti.
decidere se

Si

spiega COS

la perplessit nel

concetti siano

^ ii. concreti o astratti, generali o universali, contingenti necessari, approssimativi o rigorosi; se si ricavino a posteriori o a priori, per induzione o per deduzione, per sintesi o per analisi, e simili: sequela di dispute che anch'esse non si risolvono se non col dare

torto e ragione insieme a ciascuna delle parti contendenti,

e col mostrare che gli pseudoconcetti (che soli sono ora in

questione)
e

si

costruiscono per analisi, per deduzione, a priori,


astrattezza, di rigore, di universalit,
si

hanno carattere di di necessit, quando


scono invece per

tratta di pseudoconcetti astratti,

cio di finzioni vuote, fuori dell'esperienza;


sintesi,

si

costrui-

per induzione, a posteriori, e hanno

carattere di concretezza, di approssimazione, di simbolica


generalit, di contingenza,

quando sono pseudoconcetti empirici o rappresentativi, aggruppamenti di rappresentazioni, vale a dire, non superano la rappresentazione o l'esperienza. Anzi, sotto quest'ultimo aspetto, non si aveva torto nel negare ogni ditt'eri'nza tra concetto (rapj)resentatlvo)

rappresentazione generale; ma che

(juesta

IV.

LE CONTROVBRSIK CIRCA LA NATURA DKI. CONCETTO


sia effetto di

41

econda

il

meccanismo psichico o
finalit, falso,

di associazione,

primo invece opera di

perch niente di

meccanico nello

spirito, e la

rappresentazione generale,

se opera dello spirito, teleologica

quanto

l'altro,

anzi

tutt'uno con l'altro: ubbidisce, come quello, alla legge di

economia,

ossia alle gi dette ragioni pratiche di


si

comodo.
l'altra

Ma
<a noi

queste ultime dispute

sono incrociate con

Incrooio
(ielle

esaminata

in

primo luogo tra realismo e nominaliil

varie

dispute.

smo, confondendosi con essa:

che da tenere presente


il

per non ismarrirsi nell'intrigo. Ricercando se


a

concetto

priori o a posteriori, universale o generale, necessario

o contingente, s'intendeva talvolta ricercare semplicemente


se

esso

era

da considerare reale o nominale, verit o

finzione.

Dalla duplice confusione tra concetti e pseudoconcetti,


concetti empirici e concetti astratti, derivano anche alcuni

Altre di Bpute logiche.

minori problemi di logica,


soddisfacente.

nemmeno

essi risoluti in

modo

vero o no che ogni concetto debba avere

come

necessario

appoggio una

rappresentazione indivi-

duale, tolta dal proprio mbito? Sono possibili concetti di

cose, ossia che a ogni cosa corrisponda uno speciale concetto? possibile concetto dell'indi viduo? Domande che
possono ricevere risposta diversa, affermativa, negativa e
affermativo- negativa, secondo che
si

riferiscano al concetto

empirico, al concetto astratto o al concetto puro.


Invero, circa la prima domanda, senza dubbio da negare
L' accompa-

che

il

concetto astratto abbia bisogno di una rappresentail

gnameli to
rappresentativo del
concetto.

zione singola come suo appoggio necessario:

triangolo

geometrico in quanto tale non n bianco n nero, n di


questa o quella grandezza; se
particolare
la

rappresentazione di un
il

triangolo vi

si

unisce nell'immaginazione,
tien

geometra nei suoi ragionamenti non ne


discaccia.

conto o la

Ma

altrettanto risolutamente

da affermare che

un concetto empirico

o rappresentativo ha

sempre un'im-

42

IL

CONCETTO PURO E GLI PSEUDOCONCBTTI


e,

raagine a suo sostegno,

per esempio,

il

concetto del gatto


libro di zoolosi

l'immagine

di

un gatto; tanto vero che ogni

gia accompagnato da figure. L'immagine


riare,

potr va-

non mai sopprimere; e variare dentro certi limiti, oltrepassando i quali il concetto stesso si sforma e dissolve.
Cosi, pel concetto di gatto, si potr rappresentare

ma

un gatta

bianco o nero o rosso, piccolo o grosso;

ma

se al gatto,

che serve da simbolo della finzione,


latto o

si

desse colore scar-

grandezza
gatti

di elefante,

il

concetto zoologico dovrebbe


i

essere mutato,

perch esso ha sotto


sulle quali

suoi ordini

le

im-

magini di

stato

formato e che, come

sappiamo, sono sempre di numero

finito, e

non

le

nuove e

strane variet di gatti che per avventura possano scoprirsi.


In ultimo, riferendosi al concetto puro,

da dire che ogni

immagine,
filo

nessuna immagine, suo simbolo; come ogni

d'erba (secondo la nota espressione del Vanini) rap-

presenta Dio, e un
sia,
Il

numero

di

cose,

per stragrande che

concetto

non basta a rappresentarlo. Similmente, circa la seconda domanda


.^

da rispondere

e a cosa e

concetto deU'indiviIl

^^^

^Qjj(.gj.[Q

cosc, ossia

una o
e che

nou altro se non un concetto di empirico * aggruppamento di un certo numero di cose sotto altra di esse, che funge da tipo; che il concetto
l'

astratto , per definizione, la non-cosa,


il

irrappresentabile;

concetto puro concetto di ogni e di nessuna cosa.


il

circa la terza, che se


all'

concetto astratto affatto ripue


il

gnante
rende

individualit,

concetto puro passa senza

soffermarsi per ogni individualit, e in quanto tutte le pensa^


le

in certo

passa, le
perfino

modo tutte concetto, e in quanto le oltrenega come tali, il concetto empirico pu essere
se nella realt

concetto dell 'individuale. Perch,

l'individuo la situazione dello spirito universale in un

determinato momento, nella considerazione empirica


viduo
si

l'

indi-

cangia

in
si

qualcosa d'isolato, di ritagliato e di chiuso


tal

in H, al quale

d per

modo una

certa costanza rispetto

IV.

LE CONTROVRRSIK CIRCA LA NATURA DEL CONCKTTO

43

alle

vicende della vita che l'individuo vive: vita che viene


le

in

questo caso rappresentata come

determinazioni di un

concetto. Socrate la vita di Socrate, inseparabile dalla vita


tutta del

tempo

in cui quella vita si svolse;


il

ma da essa si

pu,

nel procedere empirico, ricavare

concetto di un Socrate,

polemista, educatore, fornito di calma imperturbabile, del

quale

il

Socrate che mangi, bevve e vesti panni, e visse

tra questi e quegli avvenimenti,

sembra una sorta

di deter-

minazione particolare. Dunque, come delle cose cosi degl'individui dato formare lo pseudoconcetto o, per dirla al

modo che
leggi,
le

ora meglio piace, l'idea platonica.


avvertire che investigare
delle cose e della
;

bene anche
cause
i

le

ragioni,
il

le

Ragioni,

realt,

medesimo
em-

^^^

che stabilirne
stati

concetti

e poich
i

con questo vocabolo sono


cause sono state
riferite

designati a volta a volta

concetti puri e quelli

pirici

ed

astratti, ragioni, leggi e

ora a verit ed ora a finzioni. Sarebbe noterella da vocabolario soggiungere che d'ordinario la parola ragione
si

adoperata solo per le ricerche dei concetti puri e astratti

quella di 'causa pei concetti empirici, e quella di

<

legge

promiscuamente per
confusione delle tre

tutti

e tre, -jna

un po' pi

forse pei

concetti empirici e astratti che

non per

quelli puri.

Ma

alla

forme anzidette di prodotti spirituali


disputato se oltre
i

da riportare

l'essersi

concetti delle
si

cose esistano concetti di leggi: con che


in sostanza, se oltre
i

concetti empirici siano da

domandava, ammettere

concetti astratti e concetti puri.

geri
o

La profonda diversit tra concetti e pseudoconcetti sug(nel tempo in cui si solevano rappresentare le forme gradi dello spirito come facolt) la distinzione tra due
logiche, che
si

intelletto
'"

Cagione,

facolt
letto

dissero Intelletto (o anche Intelalla

astratto) e Ragione:
l'ufficio

prima

delle quali

si

asse-

gn

di

elaborare ci che ora chiamiamo pseudo-

concetti, e alla

seconda

concetti puri.

44

IL

CONCETTO PURO E GLI PSEUDOCONCBTTI

L' intelletto

Ma
il

nel postulare le

due facolt non

si

ferm con esattezza


si

astratto e la

sua natura
pratica.

carattere proprio dell'una e dell'altra, e

cadde nell'errore

gi notato di concepire l'Intelletto, non gih


tica,

come

facolt pra-

ma come

facolt inferiore di conoscenza, che pecchi di


il

arbitrio e tutt' al pi prepari

materiale alla facolt superiore,

fornendole un primo e imperfetto abbozzo del concetto. Se


poi alla

produzione degli pseudoconcetti sia da serbare


>,

il

nome

d' Intelletto
il

o non invece

si

debba ridare a questo


aveva prima,
questione termino-

vocabolo

significato

puramente

teoretico, che
,

e rifarlo cosi sinonimo di


logica
e,

Ragione

come

tale,

di scarso interesse. Si
difficile togliere

pu osservare,
all'

per altro, che sar assai


letto, alle formazioni

ormai

intel-

intellettuali,

all'* intellettua-

lismo

il

sospetto e

il

discredito gettativi sopra dalla grande

storia filosofica della

prima met del secolo deciinonono;


in acconcio

tantoch, solamente dove cada

uno

stile in

certa

misura popolare, sar

lecito

usare* Intelletto e Ragione,

promiscuamente, l'uno per

l'altro.

Con maggiore verit


zione
e
dell'induzione,

la

Ragione venne considerata come

unificatrice di ci che l'Intelletto

aveva diviso: della dedue

dell'analisi

della sintesi,

della

teoria e del fatto.

Ma

la

piena esattezza avrebbe richiesto


si

che non tanto


1*

alla

Ragione

desse

il

potere di unificare

indebitamente diviso, quanto all'Intelletto, cio alla facolt

pratica, quello di dividere estrinsecamente ci che per la

Ragione non mai diviso: potere d'astrazione, che


letto,

l'Intel-

in

quanto facolt pratica, esercita per

diritto e

non

per abuso.
La
ilnteii

L'incompiuta investigazione del cosi detto

Intelletto, al
si

di torelioo

e pratico e
l'intuizione Intellettuale.

quale, pure dandogli significato peggiorativo,

serbava

carattere teoretico, port di conseguenza che alla liagione


stessa
si

fini

con l'assegnare carattere non pi teoretico,

o,

per meglio dire, pi che teoretico. Identificandosi intatti


il

conoscere con

la

forma

dell'Intelletto,

doveva sembrare

IV.

LE OONTROVKR.SiB CIRCA LA NATURA DBL CONCETTO

45

che

il

semplice conoscere fosse inadeguato alla verit, e che


il

a conseguire la verit genuina e piena occorresse

proce-

dere speculativo o la Ragione, sintesi della teoria e della pratica, conoscere che operare e operare che
conoscere.

la stessa

Ragione, cosi accresciuta di potenza,


al line assegnatole,

parve ancora insufficiente

per
le

il

peso

ed impaccio dei procedimenti raziocinativi che

provenifacolt

vano

dall'Intelletto

che essa adoperava: e

la

suprema del vero fu riposta non gi nella logicit ma nelr intuizione: in un'intuizione diversa da quella artistica, in un'Intuizione intellettuale, organo dell'Assoluto. L'intuizione intellettuale venne accusata presto, a dir vero, d'introdurre l'irresponsabilit nel

campo

della

scienza, e di

rendere inconfutabile qualsiasi capriccio individuale;

ma

la

medesima censura

si

poteva rivolgere contro

la

Ragione,

superiore alla conoscenza e sintesi di teoria e di pratica:

sebbene, sotto altro aspetto, all'una e all'altra, all'Intuizione


intellettuale

non meno che


del

alla

Ragione,

si

debba ricono-

scere
la

il

merito di aver fatto valere l'esigenza, e sia anche

mera esigenza,

Concetto puro,

di fronte alle usur-

pazioni dei concetti empirici e astratti.

Da

parte nostra,

non abbiamo bisogno


il

di

abbassare

l'atro.

tivit conoscitiva sotto


ufflcio intellettualistico

livello della verit, attribuendole

^**

L'unicit pensie-

e arbitrario; n poi, per sopperire

alle

deticienze
di
(si

del conoscere,

concepito

oome conoscere

intellettivo,
Il

esaltare

la

Ragione sopra s medesima.


e

pensiero

chiami Intelletto o Ragione o come altro

piaccia)
puri,

sempre pensiero,

pensa sempre per concetti

E come sotto al pensiero non ve n'ha altro ad esso superiore. Le difficolt, che menavano a quelle escogitazioni, ci sembra che siano state da noi tolte via, quando abbiamo
non mai per pseudoconcetti.
altro pensiero, cosi

non v'ha

distinto

concetti dagli pseudoconcetti e dimostrato l'etero-

geneit di queste due formazioni spirituali.

Critica delle divisioni dei concetti

E teoria della distinzione e definizione

Gli

pseu-

/Vppunto
^j.

percli formazioni eterogenee,

concetti puri e

doconc^e^Mi,

pg^^f^^oconcetti

non costituiscono divisione del concetto


troppo diverso da quello di chi dividesse
il

visione del
concetto.

generico di concetto. Assumerli cosi, sarebbe grave scara^.^ ^.


|.gj.j^jj^j^ j^Qjj

(per adottare l'esempio spinoziano)

genere cane nel cane


sul fatto

animale
latra e
Oscurit,
cliiarexza
e
:

e nel cane

costellazione, fondandosi
i

che anche del cane celeste

poeti di

una volta dicevano che


i

morde, quando

il

sole implacabile arde

campi.

poich siamo in sede di logica, nessun conto da fare

di un'altra divisione del concetto, che godette in passato

distinzione

non suddivisioni del


concetto.

molta fama e autorit: quella, cio, in concetti oscuri,

confusi, chiari, distinti e


gradi di

simili, ossia

secondo

vari

perfezione che

il

concetto raggiunge. Tale divi-

sione pu serbare valore empirico e approssimativo, e forse

por (juesto rispetto sar


discorso ordinario;
culativo.
Il

difficile

rinunziarvi del tutto nel

ma non
la

ha valore alcuno logico e spesi

concetto, di cui

parla, ,

com' ovvio,

il

con-

cetto perfetto, e

non gi

tendenza impacciata o sviata

verso

il

concetto. Pure, quella divisione ebbe grande impordi essa si tent di dif-

tanza storica, dappoich per mezzo


ferenziare
il

concetto, sotto

nome

di pensiero

chiaro

e di-

stinto, dall'intuizione, pensiero chiaro

ma confuso,

ed

V.

CRITICA DELLE DIVISIONI DEI CONCRTTI

47

entrambi dalla sensazione, impressione o commozione, che -era detta conoscenza oscura. Si tent, ma non se ne venne

a capo;

si

suscit

il

problema,

ma non

lo si risolse;

perch

la soluzione si

ebbe solamente quando

fu visto che

non

si

trattava in quel caso di tre gradi di pensiero,

come

l'assoluto

logicismo pretendeva,

ma

di tre

forme dello

spirito:

del
e

pensiero o distinzione, dell'intuizione o


dell'attivit pratica,

chiarezza,

oscurit o naturalit. Logicamente, il concetto non d luogo a distinzioni, perch non sussistono pi forme di concetto, ma una sola con:

Insussistensa di
suddivigioiii

clusione analoga in Logica a quella alla quale

giungemmo
espressioni

del con-

neir Estetica con la teoria dell'unicit dell' intuizione espressione, e

cetto

come
logi-

forma

dell'insussistenza di

modi

speciali

di

(salvo

in

senso empirico, nel quale sempre dato stabilire


si

quanti e quali modi o classi

vogliano). Nel distinguere le


principali, teoretica

forme dello
concetto,

spirito, divise le

due forme

e pratica, e suddivisa poi quella teoretica in

intuizione e
di

non v'ha luogo ad

altra suddivisione

forme

teoretiche: intuizione e concetto sono ciascuna forme indivisibili.

se

La ragione di questa indivisibilit non non dall'intero svolgimento della Filosofia


si

si

ha chiara
la

dello spirito;

qui

pu

dir

solo,

in

via

di

accenno,

che

divi-

sione di intuizione e concetto ha a suo fondamento quella

d'individuale e universale. Nella quale,

come non c' un

medium, quid o un ulterius, una forma intermedia o terza

quarta e via dicendo, cosi non c' suddivisione; perch


dal concetto dell'individualit
gola, che
si

passa all'individualit sin-

non concetto,

e dal concetto del concetto all'atto

singolo del pensiero, che non pi la semplice definizione


della logicit,

ma

la logicit stessa effettiva.

Esclusa ogni suddivisione del concetto in quanto forma


logica, la molteplicit dei concetti

non

si

pu

riferire se

non

alla variet degli oggetti che in quella


sati.
11

forma vengono pen-

Le distinoni dei co ncetti,


z
i

non logiche,

concetto di

bont non

quello di

bellezza, ossia

ma

reali.

48

11.

CONCETTO PURO E GLI l'SEUDOCONCBTTI

l'uno e l'altro sono logicamente uno stesso atto,


della realt, che
il

ma

l'aspetto-

primo direttamente designa, non quelaltro

l'aspetto designato dal secondo.


Molteplicit

Si

pu domandare per

come mai, elaborando

nel

concetto la realt in quanto universale, si ottengano invece e^dTncoit logica che ne tante forme varie di realt, ossia tanti concetti distinti
Nece88it1i"di

(P^^ ^*' Passione, volont, moralit, fantasia, pensiero, e


via

superarla.

dicendo),

tanti

universali, laddove

il

concetto do-

vrebbe dare l'universale. Se questa variet fosse insuperata e insuperabile dal concetto, bisognerebbe concludere

che l'universale vero non attingibile dal pensiero, e


scetticismo logico che fa della coscienza dell'unit
di vita vissuta,

tor-

nare allo scetticismo o almeno a quella peculiare forma di

un

atto

logicamente intraducibile (misticismo). La

distinzione dei concetti, priva di unit, separazione e ato-

mismo; e non varrebbe


quella dei concetti.
suscettibile di

al certo la

pena di uscire dalla molcadere in


dell'altra,

teplicit delle rappresentazioni, se si dovesse poi

La quale, non meno


i

sarebbe

un progressus

in infinituni', perch, chi po-

trebbe mai dire che


tutti
i

concetti ritrovati e enumerati siano

concetti? Se sono dieci, perch, osservando meglio,


venti, cento, centomila? pertanti

non potrebbero essere invece ch, addirittura, non saranno


zioni, ossia infiniti?

quante

le

rappresenta-

Lo Spinoza, che enumer, senza mediarli

tra loro,

due
noi

attributi della Sostanza, pensiero ed esten-

sione,
quelli

ammise, con perfetta coerenza, che due sono bens


a
noti,

ma
di

che

gli

attributi della Sostanza si


infinito.

debbono considerare
Imponibili'

numero
si

L'esigenza

del

concetto

richiede,

dunque,

che quella

'"

naria.

moltepHcit sia negata, e


il

affermi in cambio che uno


lo

reale,
il

perch uno

il

concetto col quale

conosciamo;

uno
nel

conu-nuto, perch una la forma drl pensiero. Ma,


(|uesta
si

procurare aoddisfacimcnto a

esigenza, accade

d'incorrere in altro errore, perch

fa getto delle distin-

V.

CRITICA UtLl.K DIVISIONI DEt CONCETTI

49

zioni, e

l'unit

che cosi

si

ottiene

unit vuota, priva

di organismo,

un

tutto senza parti,

rappresentazioni,

perci ineflFabile;

un semplice di l dalle onde si ritorna per


solamente perch
tale

altra via al misticismo. e in

Un

tutto tutto

quanto ha

parti,
,

anzi parti;

un organismo

perch ha, ed

organi e funzioni; un'unit pensabile

solamente in quanto ha in s distinzioni ed l'unit delle


distinzioni.
al pensiero,

Unit senza distinzione altrettanto repugnante

quanto distinzione senza unit.


l'altra

Da
che

ci

consegue che l'una e


del concetto

sono necessarie, e

le

distinzioni

non importano negazione

L'nnit come d8tDEione.

del concetto, e
cetto,

nemmeno
il

qualcosa che cada fuori del con-

ma

sono

concetto stesso inteso nella sua verit,


distinto, e distinto

l'uno- di stinto: uno solamente perch


epper inseparabili.
i

.solamente perch uno. L'unit e la distinzione sono correlative,

Ma

concetti distinti, costituendo con la loro distinzione

Inadeg^ua-

l'unit,

non possono essere


si

di

numero

infinito,

perch

al-

tezca

del

concetto nu-

trimenti

adeguerebbero
bens,

alle

rappresentazioni; n di nu-

merico del
molteplice.

mero

finito

ma

collocati sopra

uno stesso piano e

disponibili in questo o quell'ordine senza alterazione dell'esser loro. In altri termini

ed esemplificando, Bello, Vero,


i

Utile,
merica, per
es.,

Bene non formano


n
il

primi gradi di una serie nua piacere col

si

lasciano distribuire

mettere,

bello

dopo

il

vero, o

il

bene prima

dell'utile, o

l'utile

prima del vero,


si

e via dicendo.

La

loro disposizione
il

necessaria, perch essi s'implicano reciprocamente:

che

pu nemmeno applicar loro la determinazione del numero finito, perch il numero del tutto incapace ad esprimere siffatta relazione. Numerare importa
vuol dire che non

avere innanzi oggetti separati l'uno dall'altro; e in questo


caso invece
dei quali
il

si

hanno innanzi concetti


e

secondo non solamente secondo,


il

modo anche primo,


B. Croce, Logica.

primo non

ma inseparabili, ma in certo solamente primo, ma in


distinti

50

IL

CONCEITTO PURO E GLI PSBUDOCONCBTTI


necessit di discorso, non

certo

modo anche secondo. Per


non

si

pu, nel trattare di questi concetti, astenersi dall'uso delle


voci numeriche e
parlare, per es., delle dieci categorie

dell'intelletto, o dei

tre modi del concetto, o delle quattro

forme dello

spirito.

Ma

numeri, in questo caso, sono meri

simboli;

guai a intendere gli oggetti da essi enumerati,

come
Belaiione
dei
distinti

se fossero dieci pecore, tre buoi e quattro vacche.


distinti nell'unit

Questa relazione dei

da

essi

formata

si

come

storia

pu paragonare
diverso bens

allo spettacolo della vita, in cui


il

ogni fatto

ideale.

in relazione con tutti gli altri, e

fatto

che viene dopo

da quello che

lo

antecede,

ma

anche

il

medesimo; perch il fatto seguente contiene in s il precedente, come, in certo senso, il precedente conteneva virtualmente in s il seguente, ed era quello che era appunto
perch fornito della
si

virtii

di

produrre

il

susseguente. Ci

chiama storia; e per conseguenza (continuando nella


il

denominazione

paragone)
si

il

rapporto dei concetti distinti


stato chiamato,

nell'unit del concetto

pu chiamare, ed

storia ideale; e la teoria logica di siffatta storia ideale,


teoria dei
ria reale viene concepita

gradi del concetto, al modo stesso che la stocome serie dei gradi di civilt.

poich la teoria dei gradi del concetto la teoria della

distinzione, e la distinzione

non cosa diversa dall'unit, chiaro che soltanto per comodo didascalico siffatta teoria
quale sostanzialmente fa tutt'uno.

pu essere separata dalla dottrina generale del concetto, con


la
Storia Ideale

Metafore e paragoni (ripetiamo) sono metafore e paragoni;


e la loro efficacia ai
fini

storia

del

discorso accompagnata,

reale.

come sempre
virt di quei
ci:

nel parlare, dal gi dichiarato pelicelo delil

l'equivoco. Per evitare

quale, senza fare rinunzia alla

modi

di

espressione, sar bene insistere su

che

la

serie storica,

onde appaiono

legati

concetti

distinti, ideale, cio fuori dello spazio e del tempo ed

eterna; e perci sarebbe erroneo concepire che in qualsiasi

V.

CRITICA DELLE DIVISIONI DKI CONCETTI

51

pi piccolo frammento della realt, in qualsiasi pi fuggevole


istante di essa, si trovi

uno dei gradi senza


primo
e
il

l'altro,

il

primo
terzo.

senza

il

secondo, o

il

secondo senza

il

Anche qui bisogna tener conto


liche, che, al fine di

delle convenienze didascain-

mettere bene in luce la distinzione,

ducono

talvolta a parlare di

un grado

rispetto all'altro

come

di esistenze distinte; quasi che l'uomo pratico esista real-

mente accanto all'uomo

teoretico, o

il

poeta accanto

al filo-

sofo, o l'opera d'arte stia

da

sola,

separata dal lavoro di

riflessione; e via discorrendo.


in

Ma

se

un

fatto storico

si

pu,

certa guisa, considerare

come esistenzialmente

distinto

nel

tempo

e nello spazio,
(e

gradi del concetto non sono esidistinti.


i-a distia
*

stenzialmente

temporalmente e spazialmente)

Errore opposto,
cepire
i

ma non

pi lieve, sarebbe quello di con-

gradi del concetto

come

distinti

solo

astratta-

,'^

distin*

mente, e fare La distinzione


cui qui
si

cosi, dei concetti distinti, concetti astratti.

iionetrat-

astratta irreale, laddove la distinzione, di

u.

tratta, reale; e la

sua realt per l'appunto

(parlandosi qui del concetto) l'idealit, non l'astrazione.

In ogni pi piccolo frammento di vita, nel cosi detto atomo


tsico dei fisici o

psichico degli psicologi,


le

si

ritrova l'uniil

versale e perci tutte


e p(!rci tutti
i

forme dell'universale;

concetto,

concetti distinti.

Ma ciascuno
le

di essi sta

come

distinto in quell'unione; e a quel modo che


in

l'uomo uomo

quanto afferma tutte

sue attivit e la

sua intera umanit, e nondimeno ci non pu fare se non

come scienziato, politico, poeta, e via dicendo, il pensatore non pu pensare la realt se non negli aspetti distinti di essa, e solo per tal modo la pensa veramente nella sua unit. Un'opera d'arte e un'opera di filocon
lo specificarsi
sofia,

un

atto di pensiero e

un

atto di volont,

non sono

di

certo afferrabili con le

mani

o indicabili col dito; e sola-

mente

in significato pratico e

approssimativo possiamo dire

che questo libro

poesia e quest'altro filosofia, che que-

52

IL

CONCETTO PURO E GLI PSEUDOCONCK TTI

st'azione atto teoretico o atto pratico, atto utilitario o atto

morale. S'intende bene che quel libro anche


anzi,

filosofia e,

anche atto pratico, come quell'atto


anche teoretico;
e all'inverso.

utile

anche mo-

rale, e

Ma, per l'appunto,

pensare questo o quel

fatto, e riconoscerlo
si

come affermacol

zione di tutto lo spirito, non

pu

se

non
es.,

pensarne

distintamente
di

gli aspetti.

Ci fonda, per

la possibilit

una
o

critica d'arte, condotta col rigoroso criterio dell'estedi

tica,

un giudizio morale, che consideri puramente

l'azione morale dell'individuo, e via dicendo. Perci anche,


in questo caso

come

nel precedente, bisogna guardarsi dallo


il

spingere tropp'oltre

paragone con

la storia,

introducendo

in questa divisioni altrettanto rigorose

quanto nel concetto.


le esistenze

Se

concetti distinti

non sono esistenze,


si
si

non

sono concetti distinti: un fatto non


all'altro fatto, in

pu porre, rispetto
pone un grado del

quel rapporto in cui

concetto rispetto all'altro, appunto perch in ogni fatto sono


tutte le determinazioni del concetto, e

un

fatto

non

ri-

spetto all'altro,

una determinazione concettuale.


i

Senza dubbio,

concetti distinti possono convertirsi in

semplici astratti,

ma

solamente quando vengono presi

in

modo

astratto, staccati l'uno dall'altro e coordinati e parai-

lelizzati,

per un atto d'arbitrio mentale che


I

si

esercita anin tal

che sui concetti puri.


questi ultimi,

concetti distinti
il

si

cangiano

caso in pseudoconcetti, e

carattere di astrazione di

non dei

distinti in

quanto

tali,

che nel loro

essere distinti sono sempre insieme uniti, e perci concreti.


AltrtMlHtin-

Nelle
(juali

Logiche,

s'incontrano

altre

forme
(e

di

concotti,

zioni usuali

del concetto,

sarebbero quelli denominati identici

che chiara-

e loro mII

(Cn

flcato.
(iri-

Identici, dlHpiiratl,

tnitlvi o de-

rivati, ei'C.

mente non possono essere se non sinonimi ossia parole); e distinti stessi in (guanto si concetti disparati (che sono prendono in una relazione che non luella propria della distinzione stessa, ed perci arbitraria, sicch quei coni
i

cetti,

presentati senza gl'intermedi necessari, riescono incon-

V.

CRITICA DFAA.K DIVISIONI DEI CONCETTI

53

giun^ibili e disparati); e la doppia classe dei concetti

primisemplici e dei derivati e composti (divisione che non ha luogo pei concetti puri, sempre semplici e primitivi e non mai composti o derivati). Ma qualche parola merita la distinzione dei concetti in universali, particolari e singolari, circa la quale da osservare anzitutto che concetti
tivi e
'

Universap*'*'*'-

'^

lari e singo-

lari.

Coni-

che siano soltanto universali, o soltanto particolari, o


tanto singolari, o a cui
nazioni,

sol-

prensione
ed estensione.

manchi qualcuna

di queste determi-

se

non sono pensabili. Universalit non significa altro non che il concetto distinto insiememente il concetto
concetto distinto in una de-

unico, del quale distinzione e che dalle sue distinzioni


costituito; particolarit, che
il

terminata relazione con un altro concetto distinto; e singolarit, che esso, in questa particolarit e in quella universalit,

insieme s stesso. Onde


e

il

concetto distinto
il

sempre singolare,

perci universale e particolare; e

concetto universale sarebbe astratto, se non fosse insieme


particolare e singolare. In ogni concetto c' tutto
il

concetto,

e perci

gli altri concetti tutti;

ma

esso

pur tuttavia, quel


intuitivo

determinato concetto. Per esempio,

la bellezza spirito (uni-

versalit), spirito teoretico (particolarit), spirito

(singolarit); ossia tutto lo spirito in

quanto intuizione. Che


particolare e
si

poi in forza della distinzione in

universale,

singolare

la

comprensione e l'estensione stiano, come


che s'intende da
s,

dice, in ragione inversa, cosa

perch
il

ripete in altra

forma che l'universale universale,


il

par-

ticolare particolare e

singolare singolare.
La
zione
ca.
defini-

L'interesse della distinzione di universalit, particolarit


e singolarit in ci, che sopra essa
della
si

fonda

la

dottrina

logi-

definizione, non potendosi

definire, cio pensare

un

concetto, se non pensandone la


peculiarit),

singolarit

(originalit o

n questa se non determinandola come pargli altri distinti), e

ticolarit (relazione con

universalit

(relazione col tutto). Per converso, non possibile pensare

54

IL

CONCETTO PURO E

GI.l

PSKUDOCONOETTI
la particolarit e la
I

l'universalit se

non determinandone

singolarit; altrimenti sarebbe universalit vuota.


si

distinti

definiscono per

mezzo dell'uno

e l'uno

per mezzo dei


si

distinti: dottrina che, intesa

a questo modo,

riduce an-

ch'essa a quella della natura del concetto.


L'unitdistinzione

Ma

la teoria dei concetti distinti e della loro unit


'

sembra
i

come
lo.

circo-

presentare ancora qualcosa d'irrazionale. Se vero che "^


distinti costituiscono

una

storia ideale o

una

serie di gradi,

anche vero che, in questa


c'
il

storia e serie, c'

un ultimo,

il

concetto a, che apre la serie,


il

un primo e e, poniamo

concetto d, che la chiude. Ora, perch


si

concetto sia unit

nella distinzione e

possa comparare a un organismo,

necessario che esso non abbia altro cominciamento che s


stesso e che nessuno dei suoi singoli termini distinti sia co-

minciamento assoluto. Nell'organismo,


bro ha priorit sugli
altri, e

infatti,

nessun

mem-

ciascuno reciprocamente primo


il

ed ultimo.

Ma

il

vero che

simbolo della serie lineare


il

inadeguato al concetto, al quale meglio conviene

cir-

colo, in cui a e d fungono, a volta a volta, da primo e da


ultimo.
1

concetti distinti sono, in quanto storia ideale eterna,


ricorso, in cui

un eterno corso e
b o e
d,

da d risorge

a, h, e, d,

senza

possibilit di arresto o di tregua, e in cui ciascuno, sia a o

pur non potendo cangiare

ufficio e posto,

desi-

gnabile, a volta a volta,

come primo

come
si

ultimo.

A mo'

d'esempio, nella Filosofia dello spirito


ragione o torto che
il

pu dire con pari


perch,
in

il

fine o

termine finale dello spirito sia


o
la filosofia;

conoscere o l'operare,

l'arte

realt,

nessuna di questo forme


la totalit di esse
il

in

particolare,

ma

solail

mente
flcolt,

fine,

ossia solo lo Spirito

fine dello Spirito.

Con che

si

toglie via la ragionevole dif-

che ancora potrebbe sorgen; per questa parte.


tolt,

L diminiion!

Meglio ancora viene

l'intera

dottrina che ab-

neKii

piteudocon
cetti.

biamo
b

svolta della distinzione e definizione dei concetti puri

rischiara e risalta con pi netti contorni,

quando

si

os>

V.

CRITICA DELLB DIVISIONI DEI CONCETTI

55

servi l'alterazione (che

non diremo n inversione n persi

versione), con la quale essa

rifrange nella dottrina degli

pseudoconcetti.
In questa trovano
il

loro proprio diritto ed uso alcune

delle distinzioni, che nella dottrina dei concetti puri sono


state rifiutate

come

contrarie alla logica o prive d'impor-

tanza. Per esempio, s'intende


di

come

e perch vi

si

discorra

concetti

identici, potendosi, nel campo dell'arbitrio,


cosa, o

una medesima

una medesima non-cosa,

definire in
1

modo
Il

diverso e dar luogo a due o pi concetti,

quali,

per effetto dell'identit della loro materia, sono identici.


concetto di figura che abbia tre angoli e quello di figura
lati

che abbia tre


trambi
al

sono concetti identici,


il

riferendosi

en-

triangolo;

concetto di 3

X4

e quello di 6

X2

sono identici, essendo entrambi definizioni del numero 12;


il

concetto di animale felino domestico, e quello di animale


topi,

domestico che mangia


discorra
concetti
l'arbitrio,

sono identici, essendo entrambi


si

definizioni del gatto. Parimenti


di

spiega

primari
altri,

come e perch derivati, semplici


porre
i

si

composti:
primitivi
si
i

foggiando certi concetti e di questi


viene
a-

servendosi a foggiare

come

semplici e

primi rispetto ai secondi,

quali a loro volta

considerano composti o secondari.

Che
si

il

concotto arbitrario, diversamente da quello puro,


di necessit nel

La

subor-

gemini

doppio arbitrio dell'empiricit e

dinazione e
coordinasio-

della vacuit, e dia luogo a

due

tipi diversi di

formazioni,

ai concetti empirici e agii astratti,


I

abbiamo gi mostrato.
di proprio,

ne nei concetti empirie!.

concetti empirici

hanno questo
fosse, e le

che in essi

l'unit fuori della distinzione e la distinzione fuori del-

l'unit;

il

che se non

due determinazioni

si

com-

penetrassero, quei concetti sarebbero,


strato,

come

si

anche modia

non gi

arbitrari

ma

necessari e veri. Posta la distinsi

zione fuori dell'unit, ogni divisione che di essi


al pari dei concetti

medesimi, arbitraria; e arbitraria ogni

J)6

IL

CONCETTO PURO B GLI P3EUDOCONCKTTI


al-

enumerazione, perch quei concetti sono moltiplicabili


l'infinito.

In cambio delle distinzioni razionalmente detergli

minate e compiutamente unificate dei concetti puri,


pseudoconcetti offrono molteplici gruppi,
formati, e talvolta anche unificati in

arbitrariamente

abbraccia l'intero
altri infiniti

scibile,

ma

in

un gruppo solo, clie modo tale che non esclude

modi.
i

In questi gruppi

concetti empirici simulano l'ordinail

mento
sale,

dei concetti puri, riducendo

particolare all'univer-

cio
si

un

certo

numero

di concetti sotto

un

altro.

Ma
si

non

possono a niun patto pensare codesti concetti subor-

dinati

come

attuazioni del concetto fondamentale,

che
si

svolgano l'una dall'altra e ritornino in s stesse; onde


costretti

a lasciarli l'uno accanto all'altro, semplicemente

coordinati.

Lo schema
una

di

subordinazione

coordina-

zione

il

relativo simbolo spaziale (simbolo classificaretta su cui

torio), che

cade nel mezzo perpendisi

colarmente un'altra retta e da cui

dipartono in gi altre

rette perpendicolari e perci parallele, porge, in contrasto

col circolo,

la

pi evidente e oculare dimostrazione della

profonda diversit dei due procedimenti. Sar sempre impossibile disporre


classificatorio

un nesso

di concetti puri in quello

schema
sar

senza

falsificarli;
i

ma,

analogamenU^,

sempre impossibile trasformare


La

concetti empirici in

una

serie di gradi, senza distruggerli.


deflnizio-

In Conseguenza dello
^^iq

schema
i

classificatorio la definizione,

ne nei concetti empirici.


!

nei Concetti puri ha

tre

momenti

dell'universalit,
i

le

note

particolarit e singolarit,

nei concetti empirici ha

soli
si

del concetto.

^^^
fa,

^,^^ ^j

dicono del g(Miere e della specie; ed essa


la

secondo comanda

regoletta,

pel

genere prossimo

e per la

differenza specifica. Suo


il

ufficio infatti ricor-

dare, e non gi pensare e intendere, una. determinata for-

mazione empirica;

che

si

conseguo con l'assegnarle


le sta

il

posto merc l'indicazione di ci che

sopra e di ci

V.

OHITICA DBbCK DIVISIONI UBI CONCETTI

57

he

le sta

a lato. Le
fin

cinque voci

poi,

con

le

quali

si

procurato

dall'antichit di meglio determinare l'oggetto

definiendo, genere, specie, differenza, proprio, accidente, sono nient'altro che arbitri aggiunti ad arbitri, o sottigliezze ed inezie, su cui non giova spendere parole. E,

come sarebbe barbarico applicare


classificatorio, barbarico
cetti

ai concetti puri lo

schema
i

sarebbe all'inverso definire

con-

puri per

mezzo
si

di

note, ossia

di caratteri

meccaniLa

camente aggregati.

Quando
nalmente

poi

dimentica quale sia

l'ufficio

vero dei con-

serie nei
a-

cetti empirici, e si presi dalla

brama di svolgerli raziosuperare l'atomismo dello schema classificatorio


si

concetti
Btratti.

e dei definire estrinseco,

condotti ad assottigliarli

in di

concetti astratti,

nei quali quello

schema

e quel

modo

definizione sono veramente superati, e la classificazione di-

venta serie (serie numerica, serie delle forme geometriche, ecc.), e la definizione
si

fa

genetica. Senonch questo


i

perfezionamento non solo dissolve


perci non perfezionamento

concetti

empirici, e
alla

ma

morte (simile

morte
si

che
cit

essi

trovano nel conoscere vero, quando da essi


si

ri-

torna e
il

risale al

pensare puro);

ma

sostituisce all'empiri-

vuoto.

La

serie, la definizione

genetica rispondono
pratico;

senza dubbio a esigenze dello

spirito

ma, come
quella

sappiamo, non forniscono nessuna verit,

nemmeno

che pur giace

in

fondo a un concetto empirico ossia a una

mutilata e falsificata rappresentazione. Onde, qui

come
il

al-

trove, concetti empirici e concetti astratti scoprono la loro

opposta unilateralit e fanno meglio intendere


dell'unit da essi infranta:
il

valore

valore della distinzione, che


il

non
il

classificazione,

ma

circolo e unit;

valore della

definizione, che

non meccanico aggregato


che serie piena;
genesi astratta

di dati intuitivi;
il

valore della serie,

valore della

genesi, che

non

ma

ideale.

VI
L'opposizione e
i

principi logici

I concetti

Kje

il

carattere

dei

concetti

distinti,

cio

l'unit

nella

opposti
contrari.

distinzione e la distinzione nell'unit,


in
le

sembra determinato

modo

soddisfacente dalle cose dette di sopra, e tolte cosi


il

dubbiezze circa l'unit che

concetto afferma non gi

nonostante ma mediante
ficolt
cetti,
Diversit
di

la distinzione,

una nuova

dif-

proviene dalla considerazione di quell'ordine di con-

che
gli

si

chiamano opposti o contrari.


i

Che

opposti non siano

distinti

si

riducano sensi

essi

dai

distinti.

z'altro ai distinti, si

mostra evidente non appena

richiasi-

mino esemp
stema dello

degli uni e degli altri. Distinta sar, nel

spirito, l'attivit pratica rispetto a quella teo-

retica, e suddistinte nell'attivit pratica l'attivit utilitaria

e quella etica.
tivit pratica,

Ma
il

il

contrario dell'attivit pratica l'inatil

contrario dell'utilit la nocivit,

con-

trario della moralit l'immoralit.


la bellezza,

Saranno concetti

distinti

la

verit,
si

l'utile,

il

bene morale;

ma

facile

avvertire che non

possono aggiungere o

inserii'e tra essi

la bruttezza, la falsit, la disutilit, la

malvagit.
la

basta:

considerando pi attentamente,
cui la seconda serie non
alla prima,
al
si

si

scorge che

ragione per

pu aggiungei'o o frammischiare

che ciascuno dei termini contrari inerisce gi bene perch

suo contrario e l'accompagna come l'ombra la luce. La


il

bellezza tale perch nega la bruttezza,

VI.

l'opposizionh; k

pkincip logici

59

nega,

il

male; e via dicendo. L'opposto non positivo


e,

ma
Conferma
di

negativo,

corno tale,

accompagna

il

positivo.
ai distinti si

Questa diversa natura degli opposti rispetto


riflette

anche nella logica dell'empiria, nella teoria degli


;

ci,

for-

nita dalla
Log'icH del-

pseudoconcetti
cetti distinti

perch questa logica, sebbene riduca


si

con-

a specie,

rifiuta

per altro a trattare nello

l'empiria.

stesso modo gli opposti. Onde non dir mai che il genere cane si divida nelle specie dei cani vivi e dei cani morti, o che il genere uomo morale si divida nelle specie di uomo morale e immorale; e, quando si sono fatte divisioni di questa sorta, si commesso un errore, che tale anche
di quella logica, perch la specie non pu mai negazione del genere. Anche la logica empirica, dunque, sembra confermare a suo modo che i con-

nell'Ambito
esser

cetti opposti

sono diversi dai

distinti.

Senonch

altrettanto evidente

che noi non possiamo


in sede

DifticoltH

contentarci di enumerare accanto ai concetti distinti gli


opposti; perch a questo
sofica

nascente
dal doppio
tipo di concetti,
sti

modo adopereremmo
filosofici
e,

filo-

procedimenti non

nella teoria filosofica

oppo-

e distin-

della Logica,

cadremmo

nell'illogica ossia

nell'empirismo.

Come

autodistinzione, quella medesima unit ha parallelamente


mai, se l'unit del concetto insieme la sua
un'altra sorta di divisione o di autodistinzione, che l'au-

topposizione? Se
cetti opposti,

inconcepibile risolvere

l'una nell'al-

tra e fare degli opposti concetti distinti o dei distinti con-

non
i

meno

inconcepibile lasciare, nell'unit

del concetto,
stificati.

distinti e gli opposti

non mediati e non giuNatura de;cli

risolvere questa difficolt giova preliminarmente apI

profondire la diversit dei due ordini di concetti.


distinti
essi e

concetti

opposti
coi

e loro iden-

sono distinguibili nell'unit:


la loro distinzione.

la realt

l'unit di

tit

di-

insieme

L'uomo

pensiero e azione:

stinti,

quan-

do vengono
distinti.

forme
pensa,

indivisibili
si

ma

distinguibili, tanto che, in

quanto
si

si
il

nega

l'azione, e in

quanto

si

opera,

nega

60
pensiero.

IL

CONCiSTTO

PL'IIO

GM

PSKUDOCONCETTI

Ma gli opposti non sono distinguibili a questo modo: l'uomo che fa una cattiva azione, se fa realmente qualcosa, fa non gi una cattiva azione, ma un'azione a lui utile; l'uomo, che pensa un pensiero falso, se compie qualcosa di reale, non pensa il pensiero falso, anzi non
pensa punto,

ma

invece vive e provvede

al

proprio comodo,

o in genere a
si

vede che

distinti,

un bene che in quell'istante gli preme. Donde quando sono presi come momenti sono non pi opposti ma distinti e solamente per
gli opposti,
;

metafora serbano in quel caso denominazioni negative, lad-

dove a rigore

le

meriterebbero positive. Perch la consisi

derazione dell'opposizione non

converta innanzi all'occhio

poco attento in quella della distinzione, bisogna non iscambiarla per

una distinzione
astratta,

nel seno del concetto, cio bisogna

combattere ogni distinzione dell'opposizione, dichiarandola

meramente
impoasibiiit di
(li-

Questo tanto vero che, non appena


gQpQ presi come
'^

termini opposti

tin^uere
l'un opposto
daii

distinti, l'uno

diventa l'altro ed entrambi

altro,
con-

come
*^"**"

cettoiUcon-

nel nulla. Sono celebri, a tal proposito, le dispute di essere e non essere hanuo dato luogo ^ " l'opposizione e l' Unit di entrambi nel divenire. Ed noto che l'essere, pensato come puro essere, stato riconosciuto il medesimo

sfumano
^^j

'

che

il

non-essere o
il

il

niente; e

il

niente,

pensato come

puro niente,
rit

medesimo che

l'essere puro. Cosicch la venell'altro,

non stata riposta n nell'uno n

ma

nel

divenire, in cui entrambi sono,


indistinguibili:
il

ma come

opposti e perci
il

divenire l'essere stesso, che ha in s

non essere ed quindi insieme non essere. Non si pu pensare l'essere rispetto al non-essere come si pensa una
forma
dello spinto, o della realt, rispetto a un'altra forma.

Qui

si

ha unit nella distinzione; col, unit

rettificata

restaurata, cio riaffermata contro il vuoto: contro la vuota unit del mero essere e del mero non essere, o C(mtro la

mera somma

dell'essere e del

non essere.

VI.

l'opPOSIZIONK e

PRINCIPI LOGICI

61

due momenti debbono certamente essere sintetizzati quando si polemizza contro il pensiero astratto che li diI

La
tica.

dialet-

vide; ma, presi in s, non sono due

momenti congiunti
dei

in
il

un

terzo,

ma

un

solo,

il

terzo (e anche in questo caso


l'indistinguibilit

numero
si

simbolo),
(e sia

cio

momenti.
appa-

Perci accadde

detto di passata) che lo Hegel, al quale


il

deve

la

polemica contro

vuoto essere, non

si

gasse, in questo incontro, n delle parole unit e identit,

n di quella stessa di

sintesi,

n dall'altra di

triade; e indicasse pi volentieri l'opposizione nell'unit


l'oggettiva
si

come
la
si

dialettica del reale.

Ma, quale che

sia

parola che

preferisca adoperare, la cosa quella che

detta: l'opposto

non

il

distinto del suo opposto, sib

bene l'astrazione dalla realt vera.


Se
la

cosa sta cosi,


e

la

dualit e parallelismo di concetti

Gli opposti

distinti

concetti
il

opposti non

ha pi alcun luogo. G
i

non sono

concetti, ina

opposti sono

concetto stesso, e perci


s,

distinti

stessi

runico concetto stesso.

ciascuno di essi in
cetto e in

in

quanto determinazione del con


concetto,
le

quanto concepito nella sua realt vera. La realt


il

della

quale

pensiero logico elabora

il

non
forme

essere immobile o essere puro,


della realt, che
il

ma

opposizione;

concetto pensa per pensare la realt nella


in s stesse: altrimenti

sua pienezza, sono opposte


rebbero forme
J^air is foul

della

realt,
is

ossia

non sanon sarebbero punto.


ha
falso,

and

foul
il

fair: la bellezza tale perch


il
il

in s la bruttezza,

vero perch ha in s
il

perch ha in s

il

male:

bene camminare (come diceva Gian


il

Paolo) un cadere continuo. Si tolga


tivo,

termine nega-

come
il
il

si

usa fare nel procedimento astratto, e sparisce

anche
tolto

positivo;

ma

appunto perch,

col negativo,

si

positivo stesso.

Quando

si

parla di termini negativi,

ossia di non-valori, e quindi di non-esseri,


si

come

di esistenti,

parla in realt di esistenti, aggiungendo all'asserzione

di

un

fatto

l'espressione

di

un desiderio, del desiderio

62

IL

CONCKTTO PURO E GLI PSEUDOCONGKTTI

cio che sopra quell'esistenza sorga un'altra esistenza.

Sei

disonesto

>,

vuol dire: sei

uomo provvido

del tuo piacere


pi. giudizio,

(giudizio teoretico);

ma devi essere
>
.

(non

ma
fini

espressione di desiderio) qualcos'altro, cio piegarti ai


universali della Realt
:

vorr dire, per esempio


riposarti, cio hai

Hai scritto un brutto verso Hai provveduto a far presto e a

compiuto un

atto

economico

(giudizio

ma devi ancora compiere un atto estetico (non pi giudizio, ma espressione di desiderio). E via esemplilcando. Ma ciascuno ha in s il male, perch ha in s il bene;
teoretico);

Satana non una creatura estranea a Dio, e neppure


stro di Dio, Satana, in s, sarebbe

il

mini-

ma

Dio stesso. Se Dio non avesse Satana


sale,

un cibo senza

un ideale

astratto,

un

semplice
inutile.

dover essere che non , e perci impotente e Non senza profondo significato il poeta italiano, che
e

aveva cantato Satana, ribellione


ragione,
si

forza vindice della

fini

con

l'esaltare Dio,

la pi alta visione

a cui

levino

popoli nella forza di lor giovent, sole delle


.

menti sublimi e dei cuori ardenti


pienezza del vero.
l

Egli corresse e integr

l'una astrazione con l'altra, e raggiunse cosi, inconsapevole,


la
AffermaBione e ne
catione.

pensiero, in quanto anch'esso vita (quella vita che

pensiero, e perci vita della vita), ed anch'esso realt (quella


realt che pensiero,
e perci realt della realt),

ha

in

s l'opposizione; e per questa ragione insieme

zione

negazione; non afferma

se

affermanon negando e non

nega se non affermando.

Ma non

afferma e nega se non

distinguendo, perch pensiero distinzione; e distinguere

pu (distinguere veramente, non gi separare a un dipresso, come si usa negli pseudoconcetti) se non unifi-

non

si

cando. Chi mediti sui nessi di affermazione-negazione e di unit-distinzione ha innanzi il problema della natura del
pensiero, anzi della natura della realt; e finisco col ve-

dere che

(luci

(lue nessi

non sono

paralleli o disparati,

ma

VI.

L OPPOSIZIONB E

PRINCIPI LOOICI

63

i unificano

a loro volta nell'unit-distinzione, intesa non


o desiderio o dover essere,

come semplice possibilit astratta ma come realt effettuale.


Se ora
si

voglia porre questa natura del pensiero in quanto

Il

principio

realt sotto

forma

di

legge (forma che sappiamo


si

essere

(l'identit e

contradizioiie;

tutt'una con quella del concetto, bench

soglia di pre-

signift-

ferenza adoperarla per


dire se

gli

pseudoconcetti),

non

si

potr

uato vero,

interpetrazione. faUa
(li

non che

la

legge del pensiero legge di unit e


si

distinzione, e perci che essa


inola: che

esprime nella doppia

for-

esso.

(unit), e

che

non

(distinzione): la
si

quale doppia formola per l'appunto ci che

chiama

legge o principio d'identit e co utradizione. Formola


assai

impropria o piuttosto assai equivoca, percli lascia


la

anzitutto supporre che

legge o principio stia fuori o


il

sopra del pensiero come freno e guida, laddove essa

pensiero stesso; e che ha inoltre l'inconveniente di non

metter bene in chiaro l'unit della identit e distinzione.

Ma
gli

codesti

non sarebbero mali troppo grandi,


ci

sia

perch

equivoci possono essere chiariti, sia per l'altra ragione

(la

quale non

stancheremo

di ripetere)

che tutte

le for-

mule, anzi tutte-le parole, porgono qualche Iato agli equivoci.

Male assai maggiore


gnificato che

si

ha quando

il

principio d'identit
si-

Altra inter-

e contradizione viene formolato e inteso, non gi nel

pe trasione
falsa: con-

A non B, ma in quello che A sia A solamente e non gi anche non-A, ossia il suo opposto; perch, inteso a questo modo, esso mena diritto a porre il momento
il

trasto

col

principio di

negativo fuori del positivo,


all'essere, e

non essere

fuori o di fronte

op posixione. Falsa estensione

anche
cipio.

di

quindi all'assurda concezione della realt come

questo prin-

ssere immobile e vuoto.

Contro questa perversione del


si

principio d'identit e contradizione

escogitata e fatta

valere un'altra legge o principio, la cui formola :

insieme non-A; ossia ogni cosa

si

contradice in s stessa.

Reazione necessaria e provvida contro l'unilateralit del

modo

in cui

veniva interpetrato

il

principio precedente.

Ma

64

IL

CONCETTO PURO E GLI PSEUDOCONCBTTl

essa reca a sua volta l'inconveniente di tutte le reazioni^

perch sembra sorgere di fronte alla prima legge come


conciliabile rivale,

in-

destinata a
di

soppiantarla.
principi,
la

Nella prima
quale,

formola,
si

si

ha una dualit
la

come
un

detto,

logicamente insostenibile; nella seconda,

difetto

in senso opposto,

perdita totale del criterio di

distinzione. Alla falsa estensione del principio d'identit e

contradizione segue la falsa estensione del principio

dialettico.
Questa falsa estensione
che in una guisa, che
in quanto cio
cetti
si
si
si

manifestata, a dir vero, an-

potrebbe dire due volte arbitraria;


i

son presi a trattare dialetticamente


gli

con-

empirici e

astratti,

ai

quali la dialettica inapstaticit

plicabile,

perch antidialettismo e

sono la stessa

loro ragion d'essere.

Onde

si

assistito al giuoco del diail

lettizzamento del vegetale che nega


ciet che
la Grecia,

minerale, della so-

nega

la famiglia, o addirittura di

Roma

che nega

Germania che nega Roma, e della superficie che nega la linea, del tempo che nega lo spazio, e del numero due che nega il numero uno. Ma tale errore appartiene all'altro pi generale, di cui renderemo ragione
e della

a suo luogo, discorrendo del filosofismo.


Errori della

A questo punto c' importa contrassegnare solamente quella


faij^j^

diaiettici estesa alla

estensione della dialettica che tende a risolvere in s


i

reiaeione
dei distinti.

e perci a distruggere

concetti distinti,
tali

trattandoli

come
;

opposti.

distinti

come

sono

distinti e

non opposti

opposti non possono essere perch recano gi in s mede-

simi l'opposizione: la fantasia estetica ha in s


posto, la passivit fantastica, che
il

il

suo op-

brutto; e perci essa

non l'opposto del pensiero,


s
il

il

quale, a sua volta,


il

ha

in

suo opposto,

la passivit logica, l'antipensiero,


si

falso.

Certamente (come

notato) chi non produce

il

bello, in

quanto fa qualcosa

(e gli impossibile

non

fare (lualcosa),

produc<* effettivamente un altro valore, per esempio, l'utiU^;

VI.

l'opposizione K

PKINCIP LOGICI

65

e chi
e,

non pensa, se

fa qualcosa,

produce un altro valore,

per esempio,

fantastica e crea un'opera d'arto.

Ma a
esse

questo

modo

si

esce da quelle determinazioni considerate

in loro stesse, dall'opposizione che in esse e

che

stesse; e dal considerare l'opposizione


considerare la distinzione. Concepito

eflTettiva si

passa a

come

reale, l'opposto

non pu essere
Si dir

se

non

il

distinto;

ma

l'opposto per l'ap-

punto l'irreale nel reale, e non gih forma o grado di realt.


che se l'un distinto non opposto all'altro distinto,

non

si

vede come dall'uno

all'altro

si

abbia passa gj^io.


i

Ma

codesta confusione tra concetto e fatto, tra


le

momenti

ideali, e perci eterni del reale, e

manifestazioni esi-

stenziali
filosofo se

di esso. Esistenzialmente

non quando nel suo

spirito
si

un poeta non diventa si formi una contradimo-

zione alla sua poesia, e cio egli

senta insoddisfatto del-

l'individuale e dell'intuizione individuale; e in quel

mento
essere

egli

non passa,

ma

gi filosofo, perch passare,

eflfettivo, diventare sono sinonimi. Allo stesso modo, un poeta non passa da un'intuizione all'altra, da un'opera d'arte all'altra, se non gli si forma interiormente una contradizione, per cui l'opera precedente non lo soddisfi pi; ed egli passa, cio diventa, cio veramente, altro poeta.
Il

passaggio la legge della vita tutta, e perci in tutte


determinazioni esistenziali e contingenti di ciascuna di

le

queste forme.

Da un

verso di una poesia

si

passa all'altro,

perch

il

primo verso soddisfa


ideali,

e insieme

non soddisfa.

momenti

invece, non passano l'uno nell'altro, per-

ch sono eternamente l'uno nell'altro, ciascuno distinto e uno con l'altro.


Del resto,
stinti

la violenta

estensione della dialettica


distorsione
7

ai

di-

sua
Bardo.

ridu-

la

loro

illegittima

ad opposti, mossa rr-

*<>*''-

da un'elevata

ma mal

diretta

brama

di unit, punita
Il

dove
nesso

pecca: cio, col non ottenere quell'unit che cercava.

del distinti circolare, e perci unit vera: l'estensione degli

B. Crock, Logica

66

IL

OONCBTTO PURO E GLI l'SEUOOCONCBTTI

opposti alle forme dello spirito e della realt darebbe luogo

invece non al circolo, che la vera infinit,


se l'opposizione determina
all'altro,

ma

al pr-

gressus in infinitum, che la falsa o mala infinit. Infatti,


il

passaggio da un grado ideale

da una forma all'altra, ed carattere unico e legge suprema del reale, con qual diritto si pu fissare una forma ultima, in cui quel passaggio non avrebbe pi luogo? Con qual diritto lo spirito, che, a mo' d'esempio, muove dalla impressione o commozione e passa dialetticamente all'intuizione, e, per un nuovo passaggio dialettico, al pensiero
logico, dovrebbe, in questo, alfine acquetarsi?
si

Perch (come

vuole in

tali filosofie)
il

il

pensiero dell'Assoluto o dell'Idea

dovrebbe fornire
forme dello

termine della Vita? In ubbidienza alla


le

eterna legge di opposizione, malamente introdotta tra


spirito,

bisognerebbe che

il

pensiero,
;

il

quale

nega

l'

intuizione, fosse a sua volta negato


all'infinito.

e la

negazione,
all'infi-

negata ancora; e cosi


nito e' , in effetto,

Questa negazione

ed

la vita stessa,

veduta nella rappreinfinit della

sentazione;

ma

appunto perci da questa mala


si

rappresentazione non

esce se non con la infinit vera,


il

che pone l'eterno in ogni attimo,


stinzione.

primo nell'ultimo e

l'ul-

timo nel primo, cio pone in ogni attimo l'unit che

di-

Che

la falsa estensione della dialettica

abbia prodotto per

.accidens l'ottimo effetto di mostrare l'instabilit di


titudine di concetti

una mol-

da profittare

da concedere; come della devastazione e dello sconvolgimento che


distinti,

malamente

essa ha recato in pregiudizi secolari.

Ma

quella dialettica

erronea ha promosso altres l'abito dell'inesattezza, negli-

genza

rozzezza nei concetti, e inc(Taggiato talvolta

il

ciarlatanesimo di pensatori poco solidi che hanno ridotto


la filosofia

a una danza e contradanza di vuote astrazioni:


sia prr accidens rispetto al

sebbene anche ci

vigoroso motivo

iniziale della poleiniea dinhttica.

VI.

l'opposizione e

PRINCIPI LOGICI

67

indurre in

siffatta

confusione ha contribuito la forma


i

La forma
ni

di legge, data al concetto del concetto: forma impropria

propri a

dei principi

e tutta guasta dall'uso che se ne fa nel procedere empirico.

leggi logiclie. Il

Posta la legge d'identit e contradizione, e posta accanto

prin-

cipio di ra-

a essa quella di opposizione o dialettica, sorge inevitabile la parvenza di una dualit, quando non si avverta che le

gion sufficiente.

due

leggi sono nient'altro che unilaterali


Il

forme di esprescarattere

sione dell'unica natura del concetto.


del concetto
si

proprio

potrebbe vedere espresso piuttosto in un'altra

legge o principio, in quella di

ragion sufficiente,
la

la

quale

si

suole riferire d'ordinario al concetto di causa os-

sia agli pseudoconcetti,

ma, cosi per


si

sua tendenza intima

come per
si

la

sua origine storica,

riferisce

veramente

al

concetto di fine o di ragione, e afferma che le cose non

possono dire conosciute con l'addurre di esse una causa


e che perci la ragion sufficiente.
la ragion sufficiente delle cose,

qualsiasi, dovendosi addurre invece quella sola causa che

insieme

il

fine,

Senonch, cercare
s'altro vuol dire se
pirle nella loro

che coconce-

non pensarle

nella loro verit,


il

universalit e porne

concetto?

questo

il

pensiero logico stesso in quanto distinto dalla rapprele

sentazione o intuizione, la quale offre


ragioni, l'individuale e

cose e non

le

non

l'universale.

Degli

altri cosi detti principi logici

non giova

trattare,

perch o se n' discorso gi implicitamente o sono inezie,


prive di qualsiasi interesse.

SEZIONE SECONDA
Il giudizio individuale

Il concetto e la

forma verbale.

Il giudizio definitorio

/ol

salire dall'intuizione-espressione al

concetto e tener
saliti

Relaiione

fiso in

questo l'occhio della mente, siamo


dello spirito a quella

dalla forma
logica.

forma logica con


della

puramente fantastica

puramente

quella estetica.

Dobbiamo

ora,

per cosi dire,

iniziare la discesa :

cio

considerare pi in particolare la forma ragg^iunta per intenderla in tutte le sue condizioni e relazioni. Se ci non
facessimo,

avremmo

dato del concetto un concetto che pec-

cherebbe di astrattezza.
Il

concetto, al quale siamo saliti dall'intuizione,

non vive
to

concete-

non esiste come mero concetto, come qualcosa di astratto mail suo aere spirabile l'intuizione stessa, dalla quale esso si distingue e nel cui ambiente tuttavia permane. Se queste immagini sembrano discordanti
nel vuoto spirituale,
;

come

8pres8one.

o poco rappresentabili, se ne scelgano altre, e, per esempio,

quella gi altra volta da noi adoperata del secondo gradino,

70

IL GIUDIZIO

INDIVIDUALE
sul

che per essere secondo poggia

primo ed
il

in

certo

modo anche
ha realt
se

il

primo. E, fuori d'immagini,

concetto

non
o,

non

nelle

forme intuitive ed espressive,

come
lo

si

dice, nel linguaggio.

Pensare insieme parlare, e

il suo concetto, non presume o spera di possederlo. Non solo non c' mai realmente una rappresentazione inespressa, una visione pittorica non dipinta e un canto non cantato; ma nemmeno c' un concetto che sia semplicemente pensato senz'essere insiememente tradotto in parole.

chi non esprime e

non sa esprimere
pi,

possiede:

tutt'al

Questa

tesi stata

gi difesa da noi altra volta contro

le obiezioni

che

le

si

sogliono
gli

muovere
ci

^
;

ma

per abbon-

danza, e per evitare


dalle

equivoci che potrebbero nascere


serviremo,
sar bene

formolo abbreviate di cui


il

ripetere che

concetto non

si

esprime soltanto nelle cosi


ci

dette forme foniche o verbali, e che, se


ste di preferenza, sar

riferiremo a que-

per sineddoche, chiamandole cio a


le altre.

rappresentanti di tutte
concetto
sulle
si

Pu

l'affermazione, che

il

esprima anche in forme non verbali, destare


si

prime maraviglia; e

dir che la stessa geometria,


sottin-

in

quanto disegna figure geometriche, adopera o


si

tende la parola; e

proporr la sfida ironica di provarsi


la

a mettere

in

musica

Critica della ragion

pura

o a co-

struire in pietra la Filosofa naturale del

Newton.

Ma

bi-

sogna guardarsi accuratamente dal frangere l'unit dello


spirito intuitivo,

perch

gli errori

sorgono e persistono

osti-

nati

appunto a causa

di

siffatto

frazionamimto. Parole e

toni e colori e linee sono astrazioni tsiche, e solo per astra-

zione

si

riesce a disgiungerli. Nella realt, chi


gli occhi,

guarda un
spirito la

quadro con

lo

parla anche verbalmente con s

stesso; chi canta un motivo,

ha insieme nel suo

parola; chi edifica un palagio o una chiesa, parla, suona

SI

veda

Rutetii-a*, p.

I,

e. H.

I.

lU

CONCETTO E LA FOKMA VERBALE

71

e canta; chi
costruisce.
in musica, rale

le^ge una poesia, canta, dipinge, scolpisce,


Critica della ragion

La

pura non
:

si

pu mettere

perch ha gk la sua musica la Filosofa natunon pu essere edificata in pietra, perch gi architettonica proprio allo stesso modo che non si pu ridurre
:

a sinfonia in quattro tempi la Trasfigurazione, o a serie di


(juadri
i

Promessi sposi. La sfida che

si

vorrebbe proporre
i

testimonia, dunque, della irriflessione degli sfidanti,

quali

scambiano
Per

le

distinzioni fisiche con l'atto reale e concreto

dello spirito intuitivo.


effetto dell'incarnazione

che

il

"concetto o la logicit
il

Espressioni estetiche

ha nell'espressione e nel linguaggio,


l'affermazione
gi

linguaggio tutto
si

ed estetico-

pieno di elementi logici; onde facilmente


(di

traviati al-

logiche
del

cui

che

il

linguaggio sia

messa in chiaro l'erroneit *), opera logica. Tanto varrebbe chiamare


si

concet-

to: proposi-

sioni e biadisi.

vino l'acqua, perch dentro l'acqua stato versato vino.


altro
il

Ma

linguaggio come linguaggio, ossia come mero fatto


il

estetico, e altro

linguaggio come espressione del pensiero

logico, nel qual caso esso

rimane bens sempre linguaggio

e soggetto alla legge del linguaggio,

ma

insieme pi che

linguaggio. Se
oTinavTixi;,
,s(ve

il primo si denomina mera espressione, Xyog come diceva Aristotele, o iudicium, cestheticum sensitivum, come la scuola baumgartiana, il secondo

da dire invece affermazione, ^yo?

;totpavTixg, iudiciiim lo-

gicnm o

(esthetico-logicum.

tale distinzione si riduce an-

che, se rettamente intesa, quella tra

proposizione
quanto
tal
si

dizio, distinguibili tra loro solo


la

in

e giuassuma che
la

seconda forma sia dominata dal concetto, laddove


dominio.

prima posta come ancora libera da

Ma invano

ci si

chiederebbero

fatti

in

prova di espresperch non poli

sioni appartenenti all'una o all'altra forma,

tremmo darne
*

se

non avvertendo insieme che

intendiamo

Si

veda

sez. I, e. 1.

72

IL GlUiJIZlO

INDIVIDUALE

nel significato dell'una o dell'altra forma. Presi per s,


giri di parole,

che

si

recano o

si

possono recare in prova,

sono indeterminati e perci polisensi.

L'amore

la vita

pu essere il detto di un poeta che noti un'impressione onde agitata la sua anima e la significhi enfaticamente o solennemente, e pu essere un'affermazione logica di chi
filosofi

sull'essenza della vita.

Chiare, fresche e dolci ac-

que... >

una proposizione

estetica nell'invocazione petrar-

chesca;

ma le stesse

parole diventano giudizio logico, quando

rispondano, per esempio, alla domanda, quale sia la pi


celebre canzone amofosa del Petrarca; o pseudologico, nelle
distinzioni di

un naturalista circa
si

la

materia
lo

acqua

La
sot-

parola non ha pi significato o (eh'


determinato, quando

stesso)

significato

prescinda dalle circostanze, dai

tintesi, dall'enfasi, dal gesto,

con cui stata pensata, atteg-

giata e pronunziata. L'oblio di questo elementare canone

ermeneutico, pel quale

la

parola parola solo sul terreno


stato

che r ha prodotta e a cui bisogna riportarla,


in

cagione

Logica

di dispute interminabili sulla

natura logica di que-

sto o quel giro di parole, staccato dal

complesso cui apparte-

neva

e reso astratto. Assai

meno equivoco sarebbe addurre,


le

a documento di proposizioni estetiche,


il

poesie (i sepolcri,
(esteti-

canto a Silvia, ecc.), e di giudizi o proposizioni


i

co-logiche
litici).

trattati filosofici (p. e., la Metafisica o gli

Ana

Senonch anche qui bisognerebbe aggiungere:

la

poesia considerata

come poesia

la filosofia

considerata

come

filosofia

essendo chiaro che una poesia prosa nelrifletta sopra, e

l'animo di chi vi

l'animo di uno scrittore, nell'atto in cui

una prosa poesia nella viene compoI

nendo, vibrante di entusiasmo e di commozione.


costituiscono
interpetrati

fatti

non

prove in

filosofia

se

non quando vengano


nel

per mezzo della filosofia:

qual caso poi

diventano meri (esempi, che aiutano a formare l'attenzione


su quel che
si

vuol dimostrare.

1.

IL

OONCKTTO E
si

I-A

FORMA

VKUBAhlfl

73

Concepito,
,
.

come
.

da noi concepito,
.

il
. ,

rapporto tra

Superamento del duali-

lingiiag"gio e pensiero,

non pu aver luogo

il

rimprovero,

^^^^ ^. siero e

giustamente mosso a coloro che coordinano e parallelizzano


i

Un-

due concetti,
se

di

aver foggiato un dualismo insuperabile.


linguaggio come fatto acustico, e
il

*''"**f'-

Per ottenere una certa unit, non restava a costoro altro

mezzo

non presentare

il

dichiarare unica realt psichica


fisico del

pensiero, e l'altro, lato

nesso psico-fisico.

Ma

nessuno ormai vorr ripeil

tere l'errore (per

non chiamarlo blasfema), che

linguag-

gio, che sinonimo di

fantasia e di

poesia,

si

riduca
le

a un fatto fisico-acustico, aderente al pensiero. Tra


forme, pur nella loro netta distinzione, non
si

due

ha paralle-

lismo e dualismo,

ma

rapporto organico di connessione nella

distinzione, d'implicazione dolla


di precipitazione della

prima forma nella seconda,


data la teoria.

seconda nella prima, in conformit


si

del ritmo stesso dei concetti del quale

E
il

perci anche alla

domanda

se

il

prius della Logica sia


il

concetto o

il

giudizio,

da rispondere che

giudizio,

inteso

come proposizione

estetica,

certamente un prius;
i\

ma, inteso come giudizio logico, non


rispetto al concetto, perch
eff'ettualit.
il

prius n posterius

concetto stesso nella sua

Questa pura espressione del concetto, che


logico, costituisce ci

il

giudizio

giudiiio

che

si

chiama giudizio definitorio


non d luogo
apparsa

"f^''^"

ome

o definizione. La quale, considerata nel suo aspetto verbale, ossia

come

sintesi di pensiero e parola,

a nessuna speciale teoria logica

in

aggiunta a quella che

abbiamo gi affermata quando


tutt'uao con
tuale;
la distinzione,

la definizione ci

ossia col

pensamento concetsi

n d luogo ad alcuna speciale dottrina estetica,


estende an-

perch la dottrina generale altrove esposta

che ad essa.

La disputa,

se

la

deiinizione sia verbale o

reale, si risolve nel

rapporto sopra stabilito tra pensiero e

parola, onde la definizione

da dire verbale perch

reale,

74

IL GIUDIZIO

INDIVIDUALE

e all'inverso; e, nell'altro sig-niflcato della questione, se cio


il

definire sia

nominale

reale, convenzionale o risponpseudoconcetti

dente

al vero, risoluta dalla distinzione tra


i

e concetti,
solo in

primi dei quali, com' chiaro,

si

definiscono

modo

nominalistico o convenzionale, perch essi sono,

nel fatto, nominalistici e convenzionali.


L'indistinzionedi soggetto e pre-

Maggiore importanza ha
definitorio sia

l'altra

disputa,

se

il

giudizio

da analizzare
si

in soggetto, predicato e copula;

dicato nella
definizione.

per esempio, se la definizione:


tica dello spirito

la

volont la forma pratermini

Unit di 68senzaed esistenza.

scomponga

nei

volont

(soggetto),

forma pratica dello

spirito

(predicato),

ed
qui
pre-

(copula).

Ma

la differenza di soggetto e predicato


si

illusoria,

perch predicato significa l'universale che


il

dica di un individuale, e qui tanto


il

preteso soggetto quanto


il

preteso predicato sono due universali, e


il

secondo, non
stesso.

che essere pi ampio del primo,


air ,

primo
e

Quanto
che do-

poich mancano

due termini

distinti

vrebbe copulare, esso non copula;


valore di predicato,

non ha neppure
un
fatto in-

come

nel caso in cui di

dividuale

si

asserisce che esso , vale a dire che ac-

caduto realmente ed esistente. L', nel caso della


definizione,

non esprime

altro se

non
si

l'atto stesso del pen-

siero che pensa, perch quel che

pensa

in

quanto
si

si

pensa: se non fosse, non


sasse,

si

penserebbe, e se non

pen-

non sarebbe. Il concetto d l'essenza delle cose, e, nel concetto, l'essenza involge l'esistenza. Proposi-

zione, che stata talvolta contestata,

ma

solamente a ca-

gione della confusione fatta tra l'essenza che esistenza^


cio concetto, e l'esistenza che non essenza, cio lo

mere

rappresentazioni,

come

si

vedr meglio pi
<>

oltre.

Liberata

contestabile, ed la base da questa confusione, essa non stessa di ogni pensamento logico, del quale conviene esaminare la concepibilit, ossia l'essenza, ossia l'interiore necessit e coerenza, e, stahilit; <iuesta, stabilita con essa

I.

IL

CONCETTO E LA FORMA VERBALE

75

l'esistenza.
;

Se

il

concetto di virt concepibile, la virt

se

il
il

concetto di

Dio

concepibile, Dio
la

Al concetto,

che

perfettissimo,

non pu mancare

perfezione del-

l'esistenza senza che esso

manchi a s medesimo.
la definizione,

Sembrerebbe tuttavia che


cetto, sia

sebbene affermi

Pretesa y.
definiio*ne*

l'essenza e l'esistenza insieme, e quindi la realt del con-

forma vuota

e giudizio tautologico, per l'avveril

tenza gi fatta che in ogni definizione


dicato sono
tologica;
il

soggetto e

il

pre-

medesimo. Certamente,

la definizione tau-

ma

di
si

vacuit che

una tautologia sublime, affatto diversa dalla suole condannare con quella parola. La tauil

tologia della definizione significa che

concetto pari soaltro o

lamente a s stesso e non pu

essere risoluto in

spiegato da altro. Nella definizione, la verit incessa patet;


e,
il

se la

Dea non

si

rivela con la semplice presenza, invano


al le

sacerdote tenter di schiarirla


lei inferiore,

volgo, contaminandola

con ci che a

con

cose sensibili, che sono

sue manifestazioni particolari.

Come,

rispetto al concetto, la definizione

non da

rite-

Critica dei-

nere da esso distinguibile, cosi, nel suo aspetto espressivo


o verbale,

non bisogna intenderla come formoletta che

si

*comefrmoia verbale fissa.

stacchi sul fondo del discorso, e sia quasi veste ufficiale


della verit, la sola

degna incastonatura

di quella
la

L'intenderla a questo

modo ha ingenerato
la

gemma. pedanteria
ri-

definitoria, e suscitato poi l'odio e


bellione

conseguente

contro

le

definizioni. Quella pedanteria, come

tutte le pedanterie,

aveva per

altro qualcosa di

buono, per-

ch poneva l'energica esigenza dell'esattezza; e purtroppo


assai spesso accaduto che la ribellione contro di essa, ne-

gando, come tutte

le

ribellioni,

non

solo

il

male

ma

anche

quel che nella cosa avversata poteva esser di buono, ha,

per odio alle formolette, messa in non cale l'esattezza del


pensiero.

Comunque,

la definizione,

verbalmente intesa, non


libro o di

formoletta, periodo o parte di

un

un discorso;

76

IL

GIUDIZIO INDIVIDUALE

ma

rintero libro o l'intero discorso, dalla

prima

all'ul-

tima parola, compreso tutto ci che in questo sembra accidentale o superficiale, compresi perfino l'accento,
l'enfasi e
i
il
il

calore,

gesto della parola

viva, le

note,

le
si

parentesi,

punti e

le

virgole della scrittura.

E neppure

pu

distin-

guere una speciale forma letteraria definitoria, come a dire


il

trattato o
il

il

sistema

il

manuale, perch

la defini-

zione, ossia

concetto,

si

esplica del pari in opuscoli e

in dialoghi, in prosa

e in verso, in satira e in lirica, in


sotto l'aspetto
le

commedia

e in tragedia. Definire,
il

verbale,

vuol dire esprimere

concetto; e tutte

espressioni del
i

concetto sono definizioni. Ci poteva turbare

retori

che

avevano bisogno

di dedicare

uno

speciale capitolo alla forma

della trattazione scientifica;


il

ma non

turba

il

buon senso,

quale riconosce tranquillamente che la cosa sta proprio


e

cosi,

che un epigramma pu fornire quella precisa ed

efficace definizione alla quale l'ampio e scolastico di

volume

un dotto

si

era sforzato invano.

II

Il concetto e la

forma verbale.

Il sillogismo

in L.

definizione

non

solo

non formoletta separabile o

Identit di

distinguibile dal tessuto del discorso,

ma non

si

pu nemquali

definizione
e

sUok.

meno

separare o distinguere dalle forme raziocinative o


si

8 in

dalla dimostrazione, secondo che


alla dottrina della

usa dai

logici,

dimostrazione fanno seguire quella della

definizione o delle forme

Costoro immaginano che

il

sistematiche, come le chiamano. pensiero, dopo essersi abbaruffato


e,

con
e

gli
il

avversari, e avere asserito, gridato e fatto valere

alfine

proprio diritto, salga in cattedra,


si

calmo ormai

sicuro del fatto suo,

metta a definire.

Ma

pensare

combattere continuamente, senza tregua alcuna, sebbene


nella battaglia stessa
e
si

abbia sempre, a ogni attimo, pace

sicurezza; e
si

il

definire indistinguibile dal dimostrare,

perch

trova in ogni attimo del dimostrare e coincide


la

con esso. Definizione e sillogismo sono


Il

medesima

cosa.
di
Connessione di concetti e pen-

sillogismo, infatti,

non

altro se

non connessione

concetti; e
cosi o
di

bench

si

sia disputato se bisogni considerarlo

non piuttosto quale connessione di proposizioni logiche giudizi, sta per noi che appunto perch il sillogismo
i

samento del
concetto.

connessione di concetti, e
in

concetti

non esistono
il

se

non

forme verbali, cio in proposizioni o giudizi,

sillogismo

insieme connessione di giudizi. Ci serve a ribadire che,

78
se

IL GIUDIZIO

INDIVIDUALE
nell'atto logico l'effettiva

non bisogna mai disconoscere


forma
verbale,
si

presenza della

bisogna
ricerca
la
il

poi

dimenticarla

quando

si

costruisce la Logica e

carattere proprio

della logicit e del concetto.

Ma

connessione dei concetti

non rappresenta niente


concetto, perch,

di

nuovo
si

rispetto al

pensamento del
il

come

gi

veduto, pensare

concetto

significa pensarlo nelle sue distinzioni, metterlo in relazione

con

gli

altri

concetti e unificarlo con essi nell'unico confuori delle sue relazioni, indi-

cetto:

un concetto, pensato

stinto, cio nient'afiatto pensato; e


si

per questa ragione non


ossia
il

pu concepire la connessione dei concetti, gizzare, come un nuovo e pi complesso atto


gizzare
e

sillo-

logico. Sillo-

pensare

sono
il

sinonimi:

quantunque,

nell'uso

ordinario del discorso,


il

termine

sillogizzare

rappresenti

risalto dato all'aspetto verbale del pensare, e pi propriaal carattere


il

mente
poi

dinamico

dell'esposizione verbale, che

carattere stesso di questa esposizione,

malamente

o solo empiricamente distinta in statica e dinamica, in defi-

nizione e dimostrazione.
Identit di
p^ia<lizio

Se a giusta ragione

il

sillogismo da noi identificato

col concetto stesso, potrebbe

sembrare nondimeno che esso


quanto
il

sillogrismo.

debba venire

distinto dal giudizio definitorio, in

sillogismo forma di pensiero logico e di conseguente espres-

sione verbale, assai spiccata e inconfondibile con ogni altra:

connessione di tre giudizi, di due che


e del terzo che
dalla
si

si

dicono

premesse

conclusione, saldamente cementati forza sillogistica, che riposta nel termine medio.
dice
triplicit di

Questa

termini carattere incancellabile


si

e,

per

quel che a primo aspetto

vede, affatto proprio del sillogi-

smo
un

nella sua differenza dal giudizio. Senonch questo carattere viene messo in questione da
altro

carattere,

anche concordemente riconosciuto


le

al

sillogismo:
altri

cio

che

suo premesse sono conclusioni di


conclusione diventa a sua volta

sillogismi,

come

la

II.

IL,

COXCETTO E

I.A

FORMA VPJKBALB

79

premessa. Donde sembra che


verit che
il

si

debba dire con maggiore,


il

sillogismo

il

sillogizzare, ossia

pensare

e poich questo infinito,

anche

le proposizioni, di cui il

sillogismo

si

compone, sono

infinite. D'altra parte,

non

vi

ha giudizio che non


o

sia sillogismo,

essendo chiaro che chi


suo spirito, se anche

afferma un giudizio lo afferma per qualche ragionamento


sillogismo, presente

attivo

nel

pili

meno
di essi

sottinteso nelh^ parole.

E non

si

sottintendono

torse

anche nei sillogismi


che
si

altre proposizioni,

n gi solo nelle

forme

dicono abbreviate (inferenze immediate,

entimemi,

ecc.),

ma

anche

in tutte le altre forme, posto

che

ciiiscun sillogismo,

come

si

ricordato or ora, ne presup-

pone
al

nitri

precedenti, anzi infiniti altri? Si risponder che,


la differenza

termine della catena, bisogner pure trovare

tra giudizio e sillogismo, ossia

due primi giudizi che non


le

siano prodotti di sillogismo e costituiscano


quali
si

colonne sulle

assider l'architrave della prima conclusione.

Ma

questa risposta (se qualcosa di meglio dell'assurda immaginazione che


il

pensare abbia cominciamento, e perci

anche termine, nel tempo) vorr significare che giudizio e


sillogismo

sono

distinti

da un carattere intrinseco, che


Ora,

fa

dell'uno

la

coudizione necessaria dell'altro.

siffatto

intrinseco carattere distintivo appunto ci che


a,

non riesce

trovare, perch

non c';
al

e, se

non c'

in ogni anello,

vano andare a cercarlo


ficazione

capo immaginario della catena.


quell'eremo, quella uniIl

Certamente, quella venato medii,

termine

della triplicit, cosa di molta importanza.

Ma

medio e la natura del


concetto.

donde

la

sua importanza, se non dall'essere espressione della

forza sintetica del pensiero, del pensiero che unifica e distin-

gue, e distingue perch unifica e unifica perch distingue?

E
si

la

triplicit

poi veramente triplicit, uno, due e tre,

a,ritraeticamente enumerabili?

E come

mai, se cosi, non

riesce a contare quei tre, ciascuno dei quali,


si

appena

toc-

cato,

moltiplica in

una

serie di termini simili, ossia di

80
altre
si

IL GIUDIZIO

INDIVIDUALU

proposizioni

concetti? Considerando attentamente


il

scorge che anche qui

numero

tre simbolico, e

non

designa altro se non la distinzione che unifica ossia che pensa

singolare nell'universale attraverso il particolare, e determina l'universale attraverso il particolare, facendolo concetto singolare; nel che resta ben fermo che il rapporto delle tre determinazioni non numerico. Questa operazione logica, essendo non gi qualcosa
il

concetto

di

speciale

ma

la

logicit stessa,

si

ritrova, di necessit,

anche nel giudizio.


Pretesi
ZI
jfin-

Un'obiczione possibile a questo punto che, se l'unit


^j giudizio e sillogismo n
si

o>c'
defin-

non
tori.

deve ritenere dimostrata per r

le

definizioni e

sillogismi che fondano definizioni,


le altre

non poi
logici

dimostrata per

forme di sillogismi e giudizi

che non sono


sono
logici,

definitori.

Ma

se codesti giudizi e sillogismi


definitori, ossia
<

non possono non essere

non

avere per loro contenuto affermazioni di concetti.


gli

Tutti

uomini sono mortali

definizione del concetto di

uomo,

si mette in risalto verbalmente la mortalit o si nega l'immortalit: definizione incompleta, senza dubbio,

nel quale

perch avulsa dalla trama dei pensieri e dei discorsi

di cui

faceva parte, e che, anche in quella trama, rester sempre


incompleta, ossia completabile all'infinito per mezzo di nuove
affermazioni
e
di

nuove negazioni. Ma, nella sua incom-

piutezza, essa pur completa, perch afferma

un concetto
discorrendo:

della realt, della vita e della morte, del finito e dell'infinito, della spiritualit e delle sue forme, e via

tutte determinazioni presupposte, e quindi esistenti e operanti, nei concetti di

uomo

mortalit. Caio uomo

(che la seconda premessa del sillogismo tradizionalmente

recato in esempio) non cortamente definizione (quantun(]ue

presupponga e contenga parecchie definizioni), per la ragione appunto clu' non puro giudizio logico. Donde accade che
f)

la

conclusione Htcssa:

<

duii(|ue. Caio

mortale

sia pili

che

II.

IL

CONCETTO H LA FOKMA VERBALE


logica,

81

una pura conclusione


elemento

perch contiene anche un

storico, la

persona di Caio,
si

Ma

di codesti giudizi
oltre; e allora

individuali

storici

discorrer

pili

si

vedr anche in quale relazione siano con quelli universali

o logici puri, e se sia veramente possibile distinguerli da


questi, salvo

che per ordine e comodo didascalico.

ogni

modo,
e

la ci

distinzione, a questo punto, anche a noi

comoda

non

nuoce

in nulla, e perci (ossia per ragioni dida-

scaliche) la lasceremo correre per qualche

tempo ancora.
tefinizioni,
Il

Al pari che per l'espressione verbale delle


da
in

sllogi-

notare che quella del sillogismo non


forraoletta
in
,
,

una

vane, e

apparenza

pu fissarla d'obbligo, perch assume le forme pi .... .,


si

snio

nino

forinola ver-

baie fssa.

le

pi lontane dal

comune
si

sillogizzare,

Uso
^j.

abuso

q^^^ta.

Del sillogismo inteso come formoletta tempi moderni nonostante

abus per

secoli,

segnatamente nella medievale scolastica,

proseguita

nei

le ribellioni della

Rinascenza, e

della quale ultima manifestazione cospicua fu l'elaborazione

didascalica della filosofia leibniziana, ossia

il

volfianismo.

Sono rimaste famose alcune dimostrazioni


quella del suo

del Wolfi",

come
teo-

Manuale di

architettura intorno alla costruil

zione delle finestre*, in cui, dopo essersi stabilito

rema
sone

che

una

finestra dev'essere tanto larga

che due peraccanto

possano comodamente appoggiarvisi

l'una

all'altra , si
Infatti, si

continuava a questo modo:


alla finestra

Dimostrazione.

costuma porsi

con un'altra persona

per guardare.

Ma

l'architetto deve soddisfare in tutto ai

bisogni del padrone. Dunque, egli deve fare anche la finestra tanto larga che
all'altra.

due persone possano starvi l'una accanto

Q.

e.

d. .

Ai giorni nostri, codeste pedanterie sillogistiche sono


sparite
;

ma

(come

si

gi osservato a proposito della pedan-

Ricordata in Hkgel, Wiss.

d. Logik-, III,

370 n.

B. Crock, Loyica.

82

IL GIUDIZIO

INDIVIDUALE

teria definitoria) troppo spesso, disprezzando la formoletta,


si

trascorso

a disprezzare la correttezza
si

medesima

del

ragionamento. Cosicch
gliare

stati costretti talvolta a consi-

un bagno

fortificante di scolastica; e di alcune civilt

nuove (della cultura russa, per esempio, o del poco matematico popolo giapponese)
avuto,
si

lamentato

che non abbiano

come

la

cultura occidentale, un periodo scolastico,

che frenasse

la

pendenza

al ragionare molle, scorretto e


for-

per surrezioni passionali e fantastiche. Che altres la

moletta, l'esercizio del disputare hi forma, la logica scholastica

utens, reca qualche vantaggio, e bisogna sapersene


il

valere nel caso, e mettere

pensiero nelle sentenze brevi

e perspicue del sillogismo, del sorite o del dilemma. Sotto

questo aspetto finanche


si

nuovi metodi, intorno a cui parecchi

affaticano, di

Logica matematica o Logistica, e finanche


di cui stata ideata la costruzione,

le

macchine logiche,

gioverebbero, se giovassero; ossia niente da obiettare in


principio a quei tentativi di nuovi espedienti e strumenti,

ma

si

vuol tener fermo che essi debbono provare

la loro

utilit

non con raziocini


le

ma

col farsi accettare per merito

del risparmio che procurano di


tutte

tempo e

di fatiche.

Come

invenzioni tecniche, quei prodotti debbono essere


il

portati sul mercato; e

mercato solamente decide del loro

valore e assegna

il

loro prezzo.

Ora come

ora,

non sembra
e a suo

che

metodi
circoli
si

logistici
ristretti

abbiano valore e prezzo se non per


di

alcuni

gente che, a quel


il

modo

modo,
Krroneo dUtacco di
verit e ra-

diverte e passa

tempo.

Dalla scissione indebitamente introdotta tra dimostrazione


e definizione prendono origine alcune dottrine erronee, e,

Ione
veri l

lolla

prima

delle altre, quella che

pone un divario
'

di

grado tra

nel eoucDttl pu
ri.

yej.j;t,

ragione "
verit
> si

della verit, e

ammette

di

conseguenza "
la ragione,

che una
la

possa 8ai)ere
verit, di cui

senza che se ne conosca


si

ragione.

Ma una

non

conosca

non neppure

verit, o verit solo in preparazione e in

II.

IL,

CONCETTO B LA FORMA VKRBALB

83

ipotesi. Si

celebra l'intito del quale gli uomini geniali

sono

forniti, e

che rende loro possibile andare

difilati alla

quando non possono pel momento dimostrarla. Ma quest'intito, quando non sia quella verit in preparazione ossia quell'orientamento verso una verit affatto ipotetica, di necessit pensamento >, e perci nell'atto stesso
verit anche

dimostrazione della verit, verit e insieme ragione della


verit:
cosi
in
si

pensamento e ragionamento, eseguito

in

modo,
si

se

vuol dire, rapidissimo o fulmineo, e che

esprime

brevi

proposizioni e ha bisogno di essere ripercorso e

rimuginato, per dare luogo a pi ampia e didascalicamente

meglio persuasiva esposizione;

ma

che pur sempre

pen-

samento

e
si

ragionamento.
parla perfino di

Talvolta

un'indifferenza

della dimo-

strazione rispetto alla verit, affermando che di

una mede-

sima verit molte o

infinite

dimostrazioni sono possibili.

volesse dire semplicemente che una medesima un medesimo concetto, considerato nella sua generalit o astrattezza, pu assumere infinite forme verse con ci
si

verit

ossia

bali o espressive, e per

dimostrazione
,

s'

intendesse

!'

espres-

sione

esposizione la cosa potrebbe passare.

Ma quando
si

dimostrazione vale veramente quel che in logica

designa
il

con questo nome, cio

il

processo del pensiero che

pensiero stesso, la dottrina dell'indifferenza

mena

alla nega-

zione della verit, perch rende la dimostrazione, ossia la


verit stessa,
sione. Chi

una

sofistica

parvenza per captare

la persua-

ha pratica dei tribunali sa che molto spesso un

magistrato, presa la decisione e stabilita la sentenza, incarica

un suo pi giovane collega di ragionarla , ossia di apporre una parvenza di ragionamento a ci che non intrinsecamente o puramente prodotto
di logica,

ma

voluntas di
il

un
suo
in

determinato provvedimento. Questo procedere, che ha


uso nella cerchia pratica e giuridica, non
quella della logica e della scienza.

ammesso

84
Distacco di
rerit e ra-

IL GIUDIZIO

INDIVIDUALE

Com'
e

ovvio, le cose sinora dette intorno alla definizione

gione della
verit negli

al sillogismo si riferiscono tutte al

concetto vero e proprio,

ossia al concetto puro. Negli pseudoconcetti, che sono deter-

pseudoconcetti.

minati da motivi pratici, la definizione semplice


(definizione nominalistica), e la dimostrazione

comando

non ha luogo

se

non per
in

gli

elementi di essi desumibili dal puro concetto:


il

poste le definizioni,

ragionamento deve correre logica-

mente
le

un determinato modo. Negli pseudoconcetti, dunque,


distaccano veramente dalle dimostrazioni:

le definizioni si

prime non nascono dalle seconde e non fanno tutt'uno


esse, le

con

seconde presuppongono

le

prime

non

le

prodi-

ducono;

e di quelle definizioni

sono possibili

infinite

mostrazioni appunto perch nessuna possibile, essendo


infinite le definizioni stesse; e

quando

si

svolge una dimo-

strazione, ci

si

fa

soltanto pr

forma, come lustra per

nascondere una comodit pratica o come un ragionamento


che
si

adopera a chiarire

motivi di quella comodit. Le


di

stesse definizioni

sembrano col ottenute per virt


medesimo,
ci che

di fede nell'irrazionale; e fede significa in tal caso

un atto non la

fiducia del pensiero in s


virt, accettando
tale. Nel

ma

il

fare di necessit
si

come vero

non

conosce come
si

rimanente, pseudoconcetti e concetti

compor;

tano con la stessa indifferenza verso la forma verbale


tutti
si

cio

esprimono nel modo pi vario e non


letteraria di carattere logico.

v'

ha nessuna
Codice

formola obbligatoria di linguaggio che sia lecito considerare

forma
civile,
stile

Lo

stile del

che meritava l'ammirazione dello Stendhal, non lo


le

eterno delle leggi,

quali

un tempo
si

si

mettevano

persino in carme; e in quei tempi, che


in

dicono barbari,

metro

si

usava mettere

le scienze.
si

Nella vita della parola,

concetti e pseudoconcetti

adeguano per modo, che col


i

dentro vano di andar cercando

loro caratteri distintivi.

Ili

Critica della Logica formalistica

ra, se

vero che nella forma verbale tutte

le

fondamensecH della lorch foriiiallsticH.

tali distinzioni (concetti

puri e concetti empirici e astratti,


opposti) sono
indiscernibili, e

concetti distinti

concetti

che

tutte le identit

(come quella di concetto, definizione


chiaramente impossibile costruire una
di

e dimostrazione) vi appaiono per converso differenziate o


differenziabili, torna

scienza della logica merc l'analisi della forma verbale,


ossia conviene

abbandonare ogni pensiero

una Logica
denominata
i

formalistica.
Questa Logica stata anche variamente
aristotelica, peripatetica, scolastica, secondo
trina che ne forma

suoi

autori e rappresentanti storici; sillogistica, per la dotil

corpo principale; formale, per


filosofica;

le

sue pretese alla purezza


clie
si

empirica, da
sia

coloro
e,

provarono a ricacciarla

al

posto che le spetta;


giusta,

bench quest'ultima denominazione


dirla,

meglio

come noi l'abbiamo

detta,

formalistica, e meglio

ancora sarebbe chiamarla addirittura verbalistica, per


indicare di quale sorta principalmente sia l'empirismo dal

quale essa

si

origina.

Perch, se l'empirismo qualificato dall'attenersi alle


rappresentazioni singole col raggrupparle in
in classi,
tipi

e ordinarle
trattazione

non v'ha dubbio che empirica

sia

una

86

IL GIUDIZIO

INDIVIDUALE

che coglie
di

l'attivit logica

non gi nell'eterno suo carattere

pensamento dell'universale,
le

ma

nelle sue varie traduzioni

manifestazioni particolari e noi caratteri contingenti che

da queste

provengono; e verbalistica, perch queste manidi l e di

festazioni particolari sono forme verbali. Per effetto del ver-

balismo accaduto altres che, concependosi

sopra

le

grammatiche delle singole lingue una Grammatica generale^ razionale e logica, tale ibrida scienza si sia configurata
in

modo da non

potersi sostanzialmente distinguere dalla

Logica empirica.
Sua parziale {^iustiticazione.

Come mero empirismo,


rita

questa cosi detta Logica non melo

certamente condanna; e non del tutto a torto


di

Hegel
di

diceva che, poich la gente prende interesse a discernere

sessanta specie
veronica, non
si

pappagalli

centotrentasette
di

vede per qual ragione sarebbe

minore
sil-

interesse stabilire le forme o specie del giudi/io e del

logismo.
casi

a ognuno pu tornare comodo servirsi in certi

della terminologia

come
sale,

positiva o

onde un'affermazione qualificata meramente negativa, particolare o univer-

strato,

come giudizio che aspetta di essere ragionato e dimocome inferenza immediata, entimema o sorite, come

sillogismo concludente o inconcludente, corretto o scorretto,


e via discorrendo.

s'intende anche

come questa Logica


e sia stata

abbia assunto facilmente carattere


ridotta a

normativo

regolette: regolette, che valgono quel che posle altro regole.


i

sono valere, n pi n meno di tutte


Suo
errore,

Ma

l'error

suo nasce, come sempre, dall'oltrepassare

confini di semplice descrittiva empirica e di semplice tecnica

del disputare,

usurpando diverso

e pi alto ufficio.
utili

Come

la Rcttorica e la

Grammatica, innocue ed

in

quanto

comodi aggruppamenti e comode terminologie, diventano inutili e nocive quando si gonfiano a scienze di valori assoluti,

e
la

sono allora contrastate o negate dall'Estetica, del

pari

Logica empirica o verbalistica

falsifica s stessa

11 r.

CRITICA DKL.LA LOGICA FOUMALISTICA


di assegnare le leggi del pensiero,

87

quando y)re8ume
cetto

il

con-

del concetto, la

forma

logica; in luogo della quale

non d se non le forme verbali empiricamente o grammaticalmente determinate, e si attiene all'estrinseco, e perci formalistica: denominazione,
poi in effetto

dunque, peggiorativa, che indica per qual ragione e sotto


qual aspetto questa Logica da noi rifiutata.

Gi

ci

accaduto d'imbatterci in alcune delle distinzioni

sua

strut-

che essa ha proposte o favorite, come son quelle tra pensiero

,joj,g

principi del pensiero, verit e ragione


sillogismi, e additarne
insostenibili.
si

della

verit, giudizi e

di passata l'infon-

datezza; e altre ne incontreremo pi oltre, che

mostre-

ranno non meno


secondo cui

Ma

qui giova piuttosto deli-

neare rapidamente la struttura e configurazione generale,


la logica

formalistica stata per tanti secoli

esposta nelle scuole e nei trattati, e ancora, a


si

un dipresso,
Le sue
.t'*"^
tre

suole insegnarla.

In questa sua

comune

sistemazione,
presi,

concetti anzitutto

vengono presentati come, perse


altro

veri n falsi >:

"^,4]

cosa giustissima, perch quei pretesi concetti non sono poi

mentnu.

che

le

parole sezionate dalla grammatica e deposte

nei vocabolari.

vere o false sarebbero invece

le

connessioni

di parole o giudizi;

ma

questa determinazione resa posdiscerne dalla mera espressione

sibile solo dall'introduzione, ingiustificata in quella cerchia,

del criterio

onde

il

giudizio

si

o proposizione. Tale duplicit o ibridismo di criteri, ora

verbale ora logico, fa oscillare continuamente la Logica


formalistica tra la filosofia e l'empiria, e conferisce alterna

apparenza

di verit e di falsit alle

sue distinzioni. La terza


il

forma fondamentale, che


presentata

in essa si distingue,

sillogismo,
la quale,

come

la

connessione di tre giudizi;

per altro, se sembra affermare una singolare virt e spiccare e dominare sulle connessioni di due giudizi o su quelle
seriali di

quattro e pi, ci accade perch nella sua defini-

88

IL GIUDIZIO

INDIVIDUALB

zione s'insinua e frammischia l'idea logica del concetto

come
Le
teorie

triunii di universale, particolare e singolare.


tre

Le

forme fondamentali, concetto, giudizio e sillogismo,


'

del concetto e del giudizio.

^^^^ state da alcuui logici ridotte a due, e da altri ampliate ^ a quattro o a cinque con l'aggiungervi la forma percettiva
o quella definitoria e sistematica: restrizioni e ampliamenti

che hanno incontrato sempre resistenza, avvertendosi in


confuso che a questo modo si mescolava una qualit di empirismo con un'altra, l'empiria verbalistica con distinzioni empiriche tratte

da diversi presupposti.

Ma anche

nello

svolgere la determinazione delle tre forme fondamentali, la

Logica formalistica non

si

saputa tenere stretta alla distin-

zione delle parole e proposizioni, messe estrinsecamente in

rapporto col puro concepito, e ha fatto via via ricorso ad


tre fonti;

al-

onde

accaduto

che

concetti siano stati da essa

identici, equipollenti,

come equivoci, anonimi e sinonimi; ora sotto l'aspetto logico, come distinti, disparati, contrari o contraddittori; ora sotto quello psicologico, come incompleti e completi, oscuri e chiari; intesi tutti e sempre come nomi, sicch, per esempio, i concetti
variamente
classificati,

ora sotto l'aspetto grammaticale,

distinti
sofici

sono per essa, indifferentemente, cos


i

distinti filo-

come distinti empirici, i contrari cosi quelli filosofici come gli altri che empiricamente si chiamano con questo nome. Il medesimo ha avuto luogo nella classificazione dei giudizi, per la quale ora si sono tolte a fondai mento le
determinazioni del concetto, distinguendo
i

giudizi in unil'intrinseca

versali,

particolari e individuali;
e

ora,

natura dialettica del concetto, distinguendoli in affermativi,

negativi

indeterminati

o infiniti; ora,

gradi

che percorre

la ricerca defila verit, distinguendoli in


in

cateforme

gorici, ipotetici e disgiuntivi, ovvero

apodittici,
(queste

assertori e problematici;
sono state intese verb.ilnKMitc^

sempre

i)0i

Universalit

la

totalit

III.

CRITICA DELLA LOGICA FORMALISTICA

89

empiricamente designata dalla parola, e non gi l'universalit vera; e, per converso, individualit > non solamente
l'

individualit

rappresentabile,

ma anche
affermativo
>

la

peculiarit

singolare del concetto distinto;

diCFerenziato

da

negativo
si

per l'accidentale forma grammaticale, e non

gi perch

riesca

veramente a scindere

in

due

il

pensiero,

che un unico atto di affermazione e negazione

allo stesso

modo che
amore e Degno

la

volont insieme tendenza e aborrimento,

odio.

riscontro alle precedenti forme la classificazione

La
del
sino.

teoria
Killoifi*

dei sillogismi, fondata por l'appunto sulla concezione empirica del giudizio

come copulazione

di

un soggetto con un

predicato; intendendo soggetto e predicato in modo grammaticale, onde essi vengono ritrovati anche in quelle affermazioni verbali in cui non sono distinguibili perch chiaramente s'identificano, com' il caso del giudizio definitorio.
la
*

Per

la

Logica empirica, nel giudizio: la volont


spirito

forma pratica dello


,

, volont

soggetto,

forma pratica
Pietro

predicato; n pi n

uomo

Pietro

soggetto,

meno che e uomo


si

in quello:

predicato.
le

Dalla distinzione tra soggetto e predicato

ricavano

quattro figure, ricercandosi, nelle tre proposizioni in cui


il

sillogismo viene

analizzato, quale sia la posizione del

termine medio nelle due premesse

Se

il

termine medio
seconda;

soggetto nella prima proposizione e predicato nella seconda,


si

ha

la

prima figura; se

predicato in
la terza;

entrambe,

la

se

soggetto in

entrambe,

se predicato nella

prima

e soggetto nella seconda, la quarta figura {* sub-prae,

tiim prae-prae,
i

tum

sub-sub,

tnm prae-sub
si

).

Ma

per dedurre

modi

di

ciascuna figura

ricorre poi all'altro criterio,

anzi a due altri criteri: cio alle empiriche distinzioni dei


giudizi in universali e particolari, e in affermativi e negativi,

con

le

quattro conseguenti determinazioni di giudizi


(a),

universali-affermativi

universali-negativi

(e),

particolari

90

IL GIUDIZIO

INDIVIDUALE
Nella prima figura,

affermativi

(i),

particolari-neofativi

(o).

due premesse universali affermative costituiscono il primo modo, e la conclusione universale affermativa (barbara); due premesse, universali si, ma una affermativa e l'altra
negativa, costituiscono
il

secondo, e la conclusione univeraffer-

sale negativa (celarent);

due premesse, una universale


il

mativa e

l'altra particolare affermativa, ci)Stituiscono

terzo

modo, e

la conclusione particolare affermativa

{dar/'i)-^

due

premesse, una universale negativa e una particolare


mativa, costituiscono
il

affer-

quarto modo, e la conclusione

particolare-negativa {feria).
Le spontanee
siirdo

via discorrendo.
altri suoi
le

Non

il

caso di andare esponendo negli

par-

ridu-

zioni all'as-

^i^Qi^ri la dottrina formalistica,

bastando per *

nostre consi-

deUa

derazioni
^.^^j^^

il

saggio che

si

dato; n mette conto di critifalse le basi stesse

Loifica for-

perch se ne sono gi mostrate


vanti razionale

e chiarita la genesi ibrida. Si osservi piuttosto

come

tale

verbalismo, sebbene

si

porti in s

mede-

simo

la

propria caricatura, che l'escogitazione dei sofismi;

perch, ponendo quella Logica la forza del pensiero nelle


parole,

non pu impedire

all'abilit sofstica di servirsi

sua volta delle parole per foggiarne a capriccio pensieri o

parvenze di pensieri. Di guisa che, per combattere


costretta ad abbandonare in fretta e furia
le

sofismi,

semplici

connessioni verbali e a rifugiarsi nei concetti e connessioni


di concetti, pensati nelle parole; cio, n pi n

meno, a

rinnegare

il

presupposto formalistico. E, con analoga auto-

ironia, rinnega quel

punto

di la

vista e dissolvo s

medesima

quando

si

prova a ricusare

quarta figura del sillogismo,

o a ridurre la seconda, terza e quarta alla prima,

come

alla sola reale, e questa a connessione di tre concetti; per

non

dire che autoironia permanente, e patente dimostrazione

di falsit, la logica deduzione,

che

lo

accade di

fare, dalle

figure

del sillogismo, di

una

serie

di

modi che essa

poi

riconosce

non concludenti.

III.

CKITICA DKLLA LOGICA FORMALISTICA

91

La Logica

formalistica stata fatta seguo a molti colpi

La Logica
matematica
o Logistica.

violenti, infertigli dai critici

che

le si

levarono contro nel

corso del Rinascimento e di tratto in tratto nei secoli seguenti;


vitale,

ma

non

si

pu dire che
si

sia stata colpita nel

punto

perch non

mai mirato al suo principio stesso


le

ossia un'incoerenza

da cui essa prende

mosse.

E anche

non sono mancati,


stri,

tentativi di

non mancano nemmeno riformarla, che hanno tutti


e

ai giorni noil

medesimo

vizio, di volere

riformare la Logica formalistica senza uscire

dalla sua cerchia e senza rigettarne l'intimo presupposto:


la

pretesa di cogliere
Il

il

pensiero nelle parole,

concetti

nelle proposizioni.
e

tentativo pi solenne in questo genere,


la gi ricordata

che conta oggi molti e zelanti seguaci,

Logica matematica, denominata anche calcolatoria, algt.'brica, algoritmica, simbolica, nuova analitiea, calcolo logico o Logistica.

Che essa non abbia nulla


(per matematici che siano
i

di

comune con
la

le

matematiche
sia,

Carattere

pi dei suoi cultori, e mate-

non
essa

mate-

matica
certe

la

sua terminologia, e verso

matematica

matico di

per

sue intenzioni pratiche, orientata), nulla, diciamo,


stessi

d'intrinsecamente matematico, ammesso da coloro

che la professano, ed chiaro subito dalle definizioni che

ne sono state date. La Logistica scienza che

si riferisce,

non

alle sole quantit,

sieme; scienza delle universale, comprendente


matematiche propriamente
queste:

quantit cose in generale;


alle

ma

qualit in-

matematica
le

sotto di s

anche

scienze

dette,

ma non

coincidente con

vuole essere, dunque, non gi matematica, ma scienza generale del pensiero.

Ma

il

pensiero

della Logistica
,

nient'altro che la

SatfKo del

proposizione verbale

la quale, infatti, le

il

principio.

suo

iiiotlo

di

Che cosa
la

trattazione.

sia la proposizione; se si
si

possa distinguere davvero


verbale
>

proposizione che

chiama

dalle altre tutte,

poetiche, musicali, pittoriche; se la proposizione verbale non

92

IL

GIUDIZIO INDIVIDUALE

porti in s indistinte molte e assai diverse formazioni spirituali, dalla

poesia alle matematiche, dalla storia e


:

filo-

sofa alle scienze naturali

che cosa

sia

il

linguaggio e che

cosa
alle

il

concetto;

queste e tutte

le altre

questioni attinenti

forme dello

spirito e alla natura del pensiero, restano

non la turbano nell'opera Le proposizioni (rimanendo il concetto della proposizione un non chiarito presupposto) si possono indicare con p, q, ecc.; il rapporto d'implicazione di una proposizione in un'altra si pu indicare col segno o; onde una proposizione
affatto estranee alla Logistica e

sua.

isolata

ci

che implica s stesso

(p o q). In conformit

di ci

vengono dichiarate

false e abolite

molte distinzioni
in

della Logica formalistica tradizionale;

ma

compenso
si

se

ne aggiungono di nuove, coprendo,

le

vecchie che

ser-

bano e

le

nuove che

si

aggiungono, di nuova fraseologia.


il

La

somma

logica, a-{-b,
^,
il

concetto minimo, che consi

tiene gli altri due, a e

che prima

diceva
il

sfera del

concetto;

il

prodotto
.

logico,
&,

X ^
in

indica

maggiore
prima
si

concetto contenuto in a e in

e risponde a ci che

diceva
novate,

comprensione
la legge

Vi hanno anche leggi nuove e


in

rin-

come

d'identit,

forza della quale in


-{-

Logica (diversamente che


che
si

Algebra) a

-{-

= a;

con

vorrebbe significare questo profondo vero, che

la ri-

petizione di un medesimo concetto, quante volte si voglia, d sempre il medesimo concetto; la legge di commutazione, per cui ab = ba; o quella di assorbimento, per cui a (a -f- 6) = a; o (convenuto che la negazione di un concetto si segni col porgli accanto una lineetta verticale)
le

altre belle leggi e formole:


\

-\-

= a;

{n

= a;

aa
idiiticii<ii

0.
si

Per chi

vi

prende gusto, buon divertimento.


le

Come

vede, se le parole e

formole sono alquanto

nniiiriKiciiR

jiverse, niente di sostanzialmente diverso nella Logica

con la LoKic formali-

matematica
j^

rispt^tto

a quella formalistica
all'antica,

in
si

genere.

Dove

nuova Logica contradice

non

pu dire quale

ni.

CRITICA DELLA LOGICA FORMALISTICA

93

delle

due abbia ragione; come

nino runa accanto all'altra

due persone che cammisopra un terreno malfermo,


di

non
stata

si

pu dire quale

dottrina della

nulla

come il il modo

delle due vada sicura. La stessa quantificazione del predicato (che lievito della cosidetta riforma) non muta in

tradizionale di concepire

il

giudizio e

il

con-

giunto

modo

arbitrario di distinguere soggetto e predicato;

ma

stabilisce

semplicemente una convenzione

al fine di

sim-

boleggiare col segno di eguaglianza la relazione del soggetto col predicato:


il

soggetto, essendo incluso nel pre

dicato, parte di questo:

gli

uomini sono mortali vale:


;

gli

uomini sono alcuni mortali

epper, indicato uomini


giudizio
si

con a e

alcuni mortali

con

b,

il

pu esprimere:
i

a
o

=
i

b.

Per

noi, a dir vero, indifferente


i

che

modi del

sillogismo siano

G4 o
i

19 validi della Logica tradizionale,

12 affermativi e

24 negativi della Logica hamiltoniana,


di

che distingue quattro classi


quattro di negative.

proposizioni affermative e
i

indifferente che

metodi

di conver-

sione siano tre, due o uno.

indifferente che le leggi o

principi logici siano enumerati in due, tre, cinque o dieci.

Non

accettato

il

punto
lo

di partenza, impossibile,

non che
si

ammettere, discutere

svolgimento: salvo che ci non

faccia per mostrare che dall'arbitrio viene fuori l'arbitrio,


la

qual cosa stata gi a sufficienza messa in luce nel

di-

scorrere della Logica formalistica. Di questa, la Logica

mari-

tematica nuova manifestazione, che compie bens un

volgimento grande nelle formole tradizionali,

ma

nessuno

nel carattere intrinseco della vecchia disciplina.

Se come scienza del pensiero la Logistica cosa


sibile,

ri-

Aspetto pratiCO
(telili

degna veramente dei cervelli che l'hanno costruita e che sono i medesimi i quali vanno vagheggiando una nuova Filosofia del linguaggio, anzi una nuova Estetica,
nelle loro insulse teorie della

Lo-

gisticn.

Lingua universale, non

poi nostro assunto esaminarla in quanto formulario prov-

94
visto di

IL GIUDIZIO

INDIVIDUALE

pratica utilit; e su questo punto ci restringiamo a insistere sopra una sola e assai semplice osservazione. Al tempo del Leibniz; cinquant'anni dopo, ai tempi ultimi del volfianesimo; un secolo fa, ai tempi dell'Hamilton; quarant'anni addietro, ai tempi del Jevons e soci e finalmente ora, che il bel tempo dei Peano, dei Boole, dei
;

Couturat, questi nuovi congegni sono stati


cato:
e
tutti,

oflFerti

sul

mere

sempre,

li

hanno stimati troppo

costosi

complicati, cosicch

non sono

finora entrati n punto n

poco nell'uso. Vi entreranno nell'avvenire? La cosa non

sembra probabile,

e,

a ogni modo, fuori della competenza

della filosofia e appartiene a quella della pratica riuscita:

da raccomandarsi, se mai, a commessi viaggiatori che persuadano


dell'utilit della

nuova merce
la loro

e le acquistino clienti
i

e mercati. Se molti o alcuni adotteranno


logici, questi
lit.

nuovi congegni
uti-

avranno provato

grande o piccola

Ma

la loro nullit filosofica

rimane, sin da ora, pie-

namente provata.

IV
Il giudizio individuale e la percezione

vyose ben altrimenti importanti che non siano codesti


giochetti
formalistici aspettano di essere meglio ricercate

Riopera'."","g^,jy ^*,'.

dalla Scienza della Logica.

qui,

continuando quella che

larnppresen***'**"*

abbiamo detta

discesa dall'universale verso l'individuale,


la relazione
il

conviene anzitutto, determinata

che corre tra

concetto e forma espressiva, considerare

modo onde

il

concetto riopera sulle rappresentazioni, da cui sembrava


essersi di colpo e totalmente distaccato.

In termini pi precisi:
sato solo in quanto
si fa
si

il

concetto senza dubbio pen-

concreta in una forma espressiva e


un'afiTer-

per questo rispetto rappresentazione, talch

mazione pu essere riguardata cosi sotto l'aspetto logico

come

sotto

quello estetico;

e sar ben pensata e perci

ottimamente espressa, perfettamente estetica perch perfettamente logica; o anche ottimamente espressa,

ma non

veramente pensata, e perci logica solo in apparenza, e


in

effetto

sentimentale,

passionale e fantastica. L'espresil

sione-rappresentazione in cui vive

concetto

(e

che

a
lo

mo' d'esempio,
stile,

il

tono, l'accento,

la

forma personale,
la

col quale in questo libro io

vengo esponendo

Lo-

gica)

una nuova rappresentazione, condizionata dal con-

96

IL GIUDIZIO

INDIVIDUALK
carattere (che stato

cetto. Si

domanda

ora,

non gi

il

sufficienza chiarito) di questa rappresentazione nuova,

ma

che cosa accada di quelle


sopra
le

altre, in

occasione delle quali e


si

quali

il

pensamento del concetto

acceso. Ki-

mang-ono esse

in disparte, escluse dalla luce del concetto^


Il

oscure come prima, cio logicamente oscure ?


rischiarerebbe solo s stesso,

concetto

come

in

una sorta

di egoistica

soddisfazione, senza irraggiare le rappresentazioni sopra le


quali
Logicizzasi

innalzato? distruttiva
j

Questa separazione e indifferenza sarebbe


bell'unit dcllo Spirito, e perci rr

mento
tazioni.

rappreseli-

invece l'opposto; che, cio,

il

non ha luogo, e ha luogo t> & sorgere del concetto tra-

sfigura le rappresentazioni su cui sorge e le fa altre

da

quelle che prima erano: da indiscriminate discriminate, da


fantastiche logiche, da chiare

ma

indistinte

(come

si

diceva

un tempo), chiare e distinte. Poniamo che io mi trovi in uno stato d'animo, che mi riesca cantare o verseggiare e rendere oggettivo innanzi a me, ma oggettivo appunto come fantasma, in modo che non saprei dire, nel momento di quell'effusione poetica e musicale, che cosa avvenga realmente
in

me, se

io vegli

o sogni, se veda o intraveda o

traveda.

Quando

dalla variet di quella e delle altre rapsi

presentazioni che vi

congi ungono, passo a domandarmi

la verit di tutte esse e salgo al concetto, quelle rappre-

sentazioni stesse, in forza del concetto raggiunto, sono ri-

vedute bens,

ma non

pi con gli occhi di prima, anzi non


e

pi semplicemente

vedute

contemplate, ma,
d'animo
si

orraai^
logi-

pensate. Cosi quel mio


camente, e
(e io

stato

determina

sar in grado di dire: Ci che ho sentito

cantato e poetato) era un desiderio assurdo; era un cozzo

di tendenze diverse,

che doveva essere superato e compoalto proposito, e


si

sto; era

un rimorso; era un

via esemdi quelle

plificando. In forza del concetto

fa,

insomma,

rappresentazioni un giudizio.

IV.

IL GIUDIZIO INDIVlDUALIfi

B LA PKUCEZIONB

97

Abbiamo
cctto, '

g-i

studiato

il

^'udizio che proprio del con


definitorio o
si

iijfiudiiiio

denominandolo giudizio "^

definizione;
in quel

"^'^"^"'e;

e sua diffe-

6 mostrato

come

in esso

non

ritrovi
si

vera distinzione

renaa da
'*"''"
*^*'^^'

di soggetto e predicato, tanto

che

pu dire che

caso non
tit dei

ci sia

n soggetto n predicato,

ma

la

piena iden-

due: un predicato o universale, che soggetto di


il

medesimo. Senonch

giudizio, di cui ora si discorre,


col

non semplice definizione, n coincide


zione, contiene qualcosa di
tativo o individuale,
pi,

primo;

e,

seb-

bene abbia a fondamento un concetto, ossia una


che nel venire trasfigurato

dttni-

un elemento rappresenin

fatto

logico

non perde

l'individualit, anzi la riafferma con pi


si

netta distinzione. Esso perci

lega bens con la prima

forma
tuale o

di giudizio,

ma

rispetto a questa
il

una forma

ulte-

riore; e, se la

prima forma
la

gi detto giudizio concetsi

definitorio,

nuova

pu denominare giudizio
vi

individuale.
Per l'accennato elemento nuovo che
si

contiene

ri""^

Distinxio
'''

spetto al definitorio, nel giudzio individuale dato ritrovare

****'

Kt't'o e pre-

con piena verit quella distinzione tra soggetto e predicato,

aicato
f'"*^'*'

nei
'""

che malamente
in tutte le

la

Logica verbalistica pretende ritrovare

dividuale.

forme

di giudizio, e nelle definizioni

non meno
si

che nelle semplici proposizioni, per modo che essa finisce


col conferire a

una

distinzione, della quale meglio

vedr

in sguito la capitale importanza, valore e significato pu-

ramente grammaticale, ossia verbale. Ma soggetto e predicato possono essere con ragione e giustificazione distinti

solamente in quanto l'uno non universale e


l'uno non concetto e l'altro
s:

l'altro si,

vale a dire, solamente in


l'altro concetto.

quanto l'uno rappresentazione e


cetto di quelli che
il

Un

cones.,

si

dicono particolari o singolari (per

concetto di volont) sempre insieme concetto univer-

sale, e disadatto

dunqut! a fungere da soggetto cui


il

si

ap-

plichi

un predicato, perch

predicato gi in

modo
f

B. Croce, Logica.

98

IL G1UD1.7IO

INDIVIDUALE

esplicito nel preteso soggetto, che

non

pensabile se

non

in

virt di esso. Solo la

rappresentazione pu
il

essere

veramente soggetto, e solo


dicato, come
si

concetto, veramente prePietro

osserva nel giudizio individuale, che conIl

giunge

due elementi.

giudizio individuale:
il

buono
e
il

pone e media, ossia congiunge,

soggetto

Pietro

predicato buono, l'uno inconfondibile con l'altro;


la volont

laddove nella definizione:


spirito >,
Ragioni delle

forma pratica dello

forma pratica e volont sono sinonimi. Nei molteplici tentativi che si sono fatti di differenziare
'

il

variet nel
il

of[|i(j2io
"^

definire
alcune

dal concetto 6 Euche dalla definizione, ci che consi

giniiizio e di

fusamente

aveva

di

mira era

il

giudizio individuale, e tale


;

divi-

intenzione giustificava la ricerca

ma

perci anche sono

sioni di esso.

da tenere
dizio

false le definizioni,

variamente proposte, del giu-

come relazione

di rappresentazioni o

come
un

relazione

di concetti (sussunzione di

un concetto

in

altro, ecc.),

perch chiaro che

il

giudizio individuale invece rela-

celebri divisioni del giudizio trovano

zione di rappresentazione e concetto. Ed alcune il loro motivo o uno


si

dei loro motivi nella distinzione che


(e che,

da noi introdotta
,

giova ripetere ancora una volta,

a questo punto,

introdotta in

modo

provvisorio, salvo a cercarne pi oltre


tra giudizio del concetto e giudizio

la forinola definitiva)

della rappresentazione,

tra definizione e giudizio


il

indivi-

duale. Al
definito

lume

di questa distinzione

giudizio analitico,
si ri-

come

quello in cui dal concetto del soggetto


si

cava
che
e
il

il

concetto di predicato,

direbbe essere nient'altro

il

giudizio definitorio, identit di soggetto e predicato;

giudizio sintetico, che aggiunge al soggetto qualcosa


vi

che non

era prima, sarebbe

il

giudizio individuale, penintuita solamente e

samento logico dell'intuizione, prima

non

distinta o pensata.

Mu

altres di codesta diade di


oltre
il

ana-

litico

e sintetico

assegneremo pi

contenuto vero e
*

l'uso proprio.

IV. IL

GIUDIZIO INDIVIDUALE B LA PERCEZIONE

99

Rifiutare la forma del giudizio individuale e

ammettere
che

ii

giudizio

quella sola del concetto e della definizione, pretesa


si

^ i'iuuzo-

mostra

talvolta,

a guisa di tendenza, in coloro che di


e

ne imeiiet-

tutto

cercano definizioni
il

vorrebbero solo

sillogizzare,

laddove
si,

conoscere,

il

conoscere concreto e vero, importa,

pensare,

ma

insieme guardare, ossia pensare guardando

e guardare pensando: conoscere conoscere la realt, e la conoscenza della realt, sono le rappresentazioni penetrate
dal pensiero.

La famosa intuizione intellettuale, concome un conoscere a cui l'uomo aspira ma che non possiede, e, tal'altra, come facolt superiore
siderata talvolta
stesso

allo

conoscere, dovrebbe,

a rigore di lettera e di

concetto, essere collocata

nel giudizio individuale, che

veramente intuizione

intellettuale ossia intellezione intuita.

Ma
la

il

giudizio individuale pu prendere anche

assai pi noto e famihare, quello di

nome percezione; come

identit
iu,,i*t'|ju*',"

percezione dovrebbe essere. detta sinonimicamente gi-

coniapereei'i'"o^"r^etl
livo,

dizio individuale, o
la

almeno giudizio percettivo. Perch


si

percezione non

ottiene

con l'aprire
sentire:

gli

occhi, tensensi,

dere l'orecchio e disserrare qualsiasi degli


in

altri

genere con l'abbandonarsi

al

la

realt

non
N,

entra nel nostro spirito per queste larghe porte, e credere


altrimenti
effetto

consueto

di

scarsa

riflessione.

d'altra parte,

la

percezione semplice intuizione,

come

quella del poeta che intuisce e non sa che cosa intuisce,


anzi non sa

nemmeno

di

non sapere. Percepire vale aptal'altra


la

prendere una cosa come avente tale o


perci pensarla e giudicarla.

qualit, e

Nemmeno

pi lieve im-

pressione, l'atto pi fuggevole, la cosa pi insignificante

da noi percepita se non in quanto pensata. Donde la dignit suprema del giudizio individuale, che effettua tutta
la

conoscenza da noi in ogni istante prodotta, e pel quale

solamente

possediamo

il

mondo,

anzi pel quale sola-

mente un

mondo

100

IL GIUDIZIO

INDIVIDUALE
giudizi

eioipiH-

Nei giudizi percettivi sono compresi anche


-u ^ ^ che da taluni

iizio
,.

memo^
.

rtivo o storico

denominano memorativi o storici: quelli cio pei quali si afferma che un fatto accaduto nel passato. Riconoscimento che non si pu fondare mai
t
,

si

..

sopra altro che sopra intuizioni presenti, della nostra vita


presente, che porta in s la passata e ci d certezza e per-

suasione circa la verit del passato e circa

la

veridicit
i

di questa o quella testimonianza. E, per converso, tutti

giudizi percettivi sono in qualche


rici,

modo memorativi
medesimo

e sto-

perch

il

presente, nell'atto

in cui lo fer:

miamo
getto,

innanzi al nostro spirito, diventa un passato

og-

come
i

si

suol dire, di

memoria

e di storia.
si

Erronea
iiH^^Iudili
individiiaii

Erroneo sarebbe anche dividere, come di frequente


^ tentato,
dz di
gjj^

giudizi individuali in giudizi di fatto e giuil

valorc, asserendo che

giudizio:

Pietro

uomo

inKiuduidi
t.itto

^1 natura diversa dall'altro:

di

Pietro buono. Oerni *^

valore.

giudizio di fatto, in quanto attribuisce


soggetto, gli

versale o di

un predicato a un d un valore, dichiarandolo partecipe dell'uniuna determinazione dell'universale. E, per conattribuire altro se

verso, ogni giudizio di valore, in quanto attribuisce un valore,

non pu
non

non l'universale o una


fuori
dell'

determinazione dell'universale, perch


sale

univer-

c' valore. Perfino

giudizi di forinola negativa,

come: Pietro non buono, o non-buono, o Pietro


cattivo, sono attribuzioni di universalit e di valore;
perch,

come sappiamo, non affermano


una determinazione
questi che

altro se

non che

Pietro ha

spirituale diversa dalla bont

(per es., utilitario, non ancora morale). Snza dubbio, a

giudizi

come

abbiamo
si

tolti

in

esempio aderisce
quale in que-

(secondo che in altro luogo


ricordo) l'espressione di
sto

notato e qui basta farne


il

un dover essere,

caso

si

fa

vivo nell'adoperata formola negativa;

ma

l'espressono di un dover essere o di un desidci'io non

giudizio n

(li

fatto

di valore; anzi,

non giudizio del

IV. IL

aiUDIZIO INDIVIDUALE K LA PERCEZIONE


i)roposizione, log-o semantico che

101

tutto:

mera

fantico, forinola ottativa o desiderativa,


rito,

non apolirismo dello spi*.

indirizzato all'ideale o all'avvenire


il

Oltre

giudizio

individuale

percezione non vi

ha
individuale

altro atto conoscitivo

da conoscere. In
il

esso, ultimo e persi

come

fo r

fettissimo degli atti conoscitivi,

giro della conoscenza

ma
e

ultima

chiude.

La oscura

sensibilit,

diventata gi chiara intui-

perfetta

del coiiosce-

zione, e fattasi dipoi

pensamento dell'universale, viene nel


ossia
della realt
la

giudizio individuale logicamente pensata, ed ormai co-

noscenza del
effettuale.
Il

fatto

o dell'accadimento,

giudizio

individuale

adegua pienamente

realt.

Senonch, appunto perch essa compimento del conoscere, la percezione dev'essere collocata,

Krrore

di

non gi

all'inizio,

trattarlo co-

me

il

fallo

ina al termine della vita conoscitiva. Metterla all'inizio

come

inizialo dulia conoiiceii-

mera

sensibiliti e far

derivare da essa

concetti, sia per

Ea.

effetto di

meccanismo psicologico
all' inizio,
i

sia per atto d'arbitrio,

l'errore dei sensisti

ed empiristi. Concepirla come giudizio,


e

e tuttavia metterla razione fare uscire


intellettualisti.

da essa per ulteriore elabobisogna tener fermo

concetti, l'errore dei razionalisti e


i

Contro

quali tutti

che

il

primo momento della conoscenza intuitivo e non


i

percettivo; e che

concetti

non derivano

dall'atto intel-

lettivo della percezione,

ma

entrano come costituenti in

quell'atto stesso. Cominciare dalla percezione, intesa


giuilizio percettivo,

come

cominciare dalla

fine, ossia
il

dal som-

mamente complesso. La percezione


della gnoseologia,
totale,

, si,

problema unico
il

ma

solamente perch ne
tutti gli altri.

problema

che racchiude

Ed

anche, se cosi si

vuole, la forma

prima

dello spirito conoscitivo,

ma non

perch sia

la

pi semplice, sibbene perch l'ultima: quel-

Si

veda sopra

sez. I, e.

t.

102

IL GIUDIZIO

INDIVIDUALA
tutto,

l'ultimo, che, essendo insieme

il

si

pu dire
sensisti,

primo

in senso assoluto.
Motivo
tale
di

Non
e

da nep^are che l'equivoco dei

e quello

errore.

opposto dei razionalisti, abbiano qualche motivo di verit,

che

si

possano addurre concetti che effettivamente


la

si

svolgono dalla percezione e


codesti concetti

presuppongono. Senonch
;etti

non sono
i

cor

veri e propri, dei quali

ora trattiamo,

ma

gi definiti pseudoconcetti, che, svolgen-

dosi dalla percezione,

producono non pi giudizi


oltre,

ma

pseuchia-

dogiudiz,
rire
la

come

si

vedr pi

quando sar dato


l'erronea
teoria

genesi dell'equivoco, cio

verr

superata come equivoco e determinata come verit. Nella


differenza di giudizi individuali e pseudogiudiz individuali,
di percezioni e pseudopercezioni,
si

trover un altro dei

motivi (e forse

il

pi profondo) che hanno indotto a gemi-

nare
Sillogismi
individuali.

giudizi in giudizi di fatto e giudizi di valore.

S'intende poi che, come sono da ammettere giudizi individuali, cosi


glio,

anche sillogismi individuali;


possibile distinguere

o,

per dir me-

che,

come non
non

nella

Logica

filosofica giudizi e sillogismi,


sibile, cosi

che formano un tutto indivii

lecito distinguere

sillogismi individuali

dai giudizi individuali o lecito solamente in guisa verbalistica.

Caio mortale gi conclusione di sillogismo, non affermandosi che sia nortale senzi\ qu;ilche ragione,
sia

come, per esempio, che


sicch
il

uomo

o animale o essere finito;

sillogismo:

Gli

uomini sono mortali, Caio uomo


solo verbalmente diverso dal

dunque Caio mortale,

giudizio: Caio mortale.

Non

gi che la differenza di

parole sia proprio nulla, perch una differenza di significato spirituale c' sempre; e c' pn'sino quando, invece di

Caio mortale,
tale, o

si

dice:

Colui che chiam Caio mor-

quando

si

traduce quel giudizio stesso in latino

in tedesco.

Ma

la differenza nulla in

quanto differenza.

di atto logico, perch nell'una e nell'altra forma verbale

c' nient'altro che l'unica forma della logicit.

V
Il giudizio individuale

e il predicato di esistenza

^jogo^etto S
torio, '

e predicato,
distinguibili "

indistinguibili

nel

giudizio defini'

Lh

collu-

sono

e distinti

in

quello individuale: ^

** *"^" ," cato verbale


e si^niHcato ^*
'

ma

Tatto della distinzione (che insieme unione) tra sog-

getto e predicato, rappresentazione e concetto, nel gidizio

"^"^"

'

individuale

il

medesimo

dell'atto
il

di

distinzione

e"

unione onde nell'altro viene definito


caso e nell'altro
il

concetto. Nell'uri

pensiero essenzializza ci che pensa. Per


le

questo rispetto non vi ha differenza tra


giudizio che

due forme

di

abbiamo analizzate e

finora,

per ragione di

chiarezza espositiva, tenute distinte; e uno stesso atto di


pensiero distingue l'una e l'altra dalla mera rappresentazione in cui
quell'

manca

1'

(logico

non gi verbale):

, che c' nel giudizio cosi


di

definitorio

come

indi-

viduale, e che, in questo secondo,


il

nome

assume pi propriamente copula, perch congiunge due elementi di-

stinti,

l'uno rappresentativo, l'altro logico.

Anche qui conil

viene fare attenzione a non lasciarsi trarre in inganno dal verbalismo. L'essenzializzamento, la copula,
pensiero non
consistono in una parola, che, astratta dal comples.so, di-

venta semplice suono, e come suono pu assumere qualsiasi


altro significato. Nella

mera rappresentazione

si

ritrova so-

vente r ,

ci

che verbalmente e grammaticalmente

104

IL GIUDIZIO

INDIVIDUALE

si
<^

chiama copula;

ma non

vi ritiene valore di atto logico.

Nane

est

bibeiidam, ntinc pede libero pulsaiula tellus>,

una proposizione che ha 1' , ma con valore meramente semantico e non di atto di pensiero: quella frase poetica del vecchio Orazio non altro se non l'espressione di un
sentimento di giubilo. Per converso,
parola,
si

pu sopprimei-e
l'atto

la

ma

non per

ci

si ,

sopprime

di

pensiero.

L'esclamazione:

bello!

che prorompe innanzi a

un

quadro, pu essere una semplice espressione ammirativa,

ma pu

essere anche un giudizio individuale, avente per

soggetto la rappresentazione del quadro e per predicato


l'universale estetico che
(e lo stesso soggetto)
si

dice bello, nel quale la copula

verbalmente sottintesa, e nondimeno

logicamente esistente e perci sempre, anche verbalmente,


reintegrabile.
si

La quale reintegrazione non

si

pu fare quando
tratterebbe
si

abbia innanzi una mera rappresentazione od espressione

di

uno

stato d'animo; perch in questo caso


di reintegrazione

si

non gi

ma

d'integrazione, cio
si

ese-

guirebbe quell'atto di pensiero, e


dizio individuale, che
Questioni
circa le pro-

produrrebbe quel giu-

prima non era stato pensato.


il

Nei movere, dunque, un'uliima questione circa


dizio

giu-

posiiioni

individuale, cio se esso sia sempre esistenziale,

enza

tog-

conviene, come sempre, trasportare la ricei'ca dall'analisi

Ketto. Verbaligmo.

verbale a quella logica, e non stare a speculai'e vanamente


intorno a parole o a pezzetti di proposizioni arbitrariamente
ritagliati,

perci insignificanti o equivoci. Soprattutto,

assai
getto,

si

disputato sulle cosiddette proposi/.ioni senza sogsimili;

come: piove, e
il

ma

jioi,

pur non intendendo

negare

frutto

che

si

ricavato o

si

pu ricavare da coall'infinito

deste dispute, non accetteremo la via che esse tengono e

che rondo
insolubile.
gnilichen'i:

il

problema agitabile e discutibile


grazie al cielo, piovo

ed

Piove, detto con sorriso



;

di soddisfazione, si-

con animo contrariato:


di

maledetta pioggia, che m'impedisce

andare a passeggio

V,

II.

PREDICATO

DI

ESISTENZA

105

in risposta
vetri:
il

adii domanda che cosa sia

il

rumore che s'ode

sui

tradire chi asserisce clie

rumore che s'ode rumore il tempo bello:

di pi'ggH

per conil

tu o dici

falso

o non

ti

sei

dato la pena di osservare: piove, ossia la

correzione di un errore percettivo o storico.


licando. Si

via esempli-

vede da ci che

fiato

perso prendere a dispu-

tare intorno alla natura logica di quella proposizione, se

prima non se ne determina


si

il

preciso significato:

e,

quando
propo-

procede effettivamente a determinarlo (anche

le

sizioni

da noi surrogate possono, prese astrattamente, apparire polisense e dare luogo ad equivoci), si gi abbandonata la materialit del verbalismo e si passati al pensamento

degli atti spirituali, considerati in loro stessi.

La controversia dell'esistenzialit
1

nell'atto
1.

giudica^

Confusione
tra fonnt di^,^^^^
^j,

tivo, oltre

^ 1^ ^ che per questo verbalismo, stata stranamente


>.

g.,
pro-

avviluppata per non essersi tenuti distinti


nitorio e
il

il

giudizio deli-

aiti nei

giudizio individuale, e, quel ch' peggio, iiem-

^.j^te^J^'n,,^'

meno

il

concetto e lo pseudoconcetto.

Onde

si

mossa

alla
defi-

pari la questione dell'esistenza innanzi a

un giudizio

nitorio, come: l'Idea >, e innanzi a un giudizio indi-

viduale,

come: Pietro . Ma, nel primo caso, come gi

sappiamo, l'esistenza coincide con l'essenza, e quel giudizio


dice soltanto che l'Idea si pensa e perci ; laddove il secondo non dice soltanto che Pietro rappresentabile e perci
,

ma

che esso

esiste: Pietro

potrebbe essere rappresenta-

bile e

non

esistere; l'Ippogrifo rappresentabile e

non

esistente.

Impropriamente poi sono


pensa,
si

stati recati

come esemp

di giudizi definitori quelli desunti

rendosi che il triangolo


o che il genere

si

da pseudoconcetti, assema non ha esistenza,

mammifero

pensa,

ma non
*

esiste,

se

non come singolo animale


dire invece che

perch
e

in questi casi

bisognava

triangolo

mammifero
e

sano punto

ma

si

costruiscono,

non si penperci non hanno n


all'esi-

essenza n esistenza. Per noi la questione intorno

106

IL GIUDIZIO

INDIVIDUALE

stenzialit
torio puro,

non pu nascere, dunque, n pel giudizio definiche concetto che ha esistenza come concetto, n
pel giudizio definitorio degli psoudoconcetti,

cio essenza,

che non

nemmeno

pensiero;

ma

essa nasce solamente pel

giudizio individuale, nel quale ha parte

presentativo, ossia alcunch d'individuale e di finito.

un elemento rapPer

l'individuale e finito l'essenza non coincide con l'esistenza:

cangevole a ogni istante, pur essendo in ogni istante l'universale, lo


Determi""?'.*'"*'.

adegua solamente

all'infinito.
al

Ricondotta la controversia
duale, nel quale essa ha
il

caso del gindizio indivi-

suo proprio significato, possiamo


tre questioni particolari: 1." se
il

ne

di questi

opportunamcnte dividerla in
il

iirobiwiu ri-^

giudizio individuale importi sempre che


il

soggetto del

giudizi In.iiviiiuaii.

giudizio sia esistente; 2. che cosa sia


zialit; 3.^ se

carattere di esisten-

questo carattere basti a costituire giudizio.

Xecessitii
lei

E, per quel che concerne la prima, diciamo subito che

cuatte-

re esistei!ziaied qiieKii ;fuidizi.

facciamo nostra la risposta affermativa dei


"^

logici "

che hanno

asscrito 6 insistentementc difeso la necessit del carattere

esistenziale nel giudizio,

recando con questa loro

teoria,

non piccolo contributo

al

progresso della scienza logica.

Se ci che viene rappresentato esista o no, senza dubbio


cosa indifferente per l'uomo intuitivo, pel poeta, per
sta,
l'arti-

che per l'appunto non esce,

in

quanto

tale, dalla

cerchia

rappresentativa.

Ma

per l'uomo logico, per colui

che*

forma

un giudizio individuale, non pi verit, egli non pu giudicare di

indifferente: perch, in
ci

che non

esiste.

Malamente stato obiettato che il giudizio logico resta sempre il medesimo, o che io abbia cento talleri in tasca
o che
li

abbia solamente nella fantasia; che una montagna


lo

d'oro soggetto di giudizi, quantunque, per

meno
in

fin

oggi, nessuna l'abbia trovata in nessuna parte della terra;

che Pamela donna virtuosa (checch giudicasse


trario
il

con-

Barctti),

quantunque non

sia

stata

inni

altrove

che nell'immaginazione del Uichardson o del Goldoni.

V. IL

PREDICATO

DI

ESISTENZA

107

cento

talleri,

a una montagna d'oro e a Pamela, che non


si

esistono,

non

pu attribuire predicato alcuno;

e,

se

si

dir che quei cento talleri sono esattamente divisibili per

due o per cinque; o che quella montagna d'oro, immaginata di una determinata base e altezza, misurabile in
tanti metri cubi e

ha sul mercato un valore

di tanti e tanti

milioni e miliardi; o che

Pamela degna

di stima e di

premio; bisogna
giudicano n
niscono
i

avvertire che con questi giudizi

cento talleri fantastici, n la

non si fantastica mon-

tagna, n la fantastica Pamela,


i

concetti aritmetici del

ma semplicemente si definumero, dei numeri primi

e della divisibilit, o quelli geometrici del cubo ed econo-

mici dell'oro come merce, o quelli morali della virt, della

stima e del premio.


Si
dirA,
si

che nondimeno

di

quegl' inesistenti

si

parla, e

L'incsistcn*^

perci

giudica a ogni istante.

Ma

qui

si

badi a non con-

ssoluto

fondere l'inesistente assoluto col relativo, che inesistente


solo
di

stente
''^''

nia

nome. L'inesistente assoluto


nella

ci

che escluso

dal giudizio, implicitamente

formola affermativa ed

esplicitamente nella negativa.

chi parla della

d'oro, dei cento talleri posseduti e di


esistenti, si

montagna Pamela come di realt


non
perch

risponde negando quelle esistenze, cio neganassoluto; e di quelle esistenze negate


e

dolo in

modo

possibile giudicare,

nemmeno

parlare, appunto

sono state affatto negate. Si tratta insomma in questo caso


del giudizio individuale, che esclude
dittorio,

da s

il

suo contra-

come accade

del resto

anche

nel giudizio di definisi fa

zione.

Ma
in

in quell'affermazione e

negazione assoluta

anche
talleri

modo

esplicito o implicito un'afifermazione o nega-

zione relativa; e dicendo che la


o Pamela

montagna
si

d'oro,

cento

non esistono,

dice insiememente che

esistono fantasmi, prodotti dalla fantasia o dall'immagi-

nazione, di

una montagna

d'oro, di cento talleri, di

una

virtuosa Pamela. In questa seconda accezione, montagna,

108

IL GIUDIZIO

INDIVIDUALE

talleri

determinati

Pamela non sono pi l' inesistente assoluto, ma fatti, soggetti di giudizio, il cui predicato

espresso dalla parola

inesistente , che

ha

in questo caso
.

senso positivo e vale: esistente


stente assoluto
l'inesistente
il

come fantasma
il

L'inesi-

contradittorio,
si

vero e proprio nulla;

relativo (di cui

fa

uso nel giudizio indiviin

duale) un'esistenza

diversa da quella che


in

un deter-

minato giudizio individuale affermata.

Certamente l'inesistente relativo, e


colare analisi, dalla quale forse
inesistente
si

genere tutto

il

contenuto del concetto di esistenza, richiederebbe pi partisi

vedrebbe che

il

cos detto

risolve in talune cat<'gorie di atti pratici, e


le

designa a volta a volta


si

costruzioni arbitrarie onde


altro intento, e
i

combinano immagini per gioco o per


possibilit del
reale.

desideri, che accompagnano ogni atto volitivo e sono


infinite

le

si

vedrebbe
i

altres

che

l'inesistenza nel secondo significato, ossia

desideri,

quando

vengono rappresentati

dall'arte,

non

si

distinguono, nella
effettive, richie-

cerchia di questa, dalle volizioni e azioni

dendosi- per distinguerli un concetto della volont e dell'azione, laddove


l'arte

in

quanto
ci

tale

scevra di ogni

concetto.
del

Ma

questa indagine

trarrebbe fuori non solo

problema che ora abbiamo innanzi,


la

ma

anche della
',

Logica, menandoci ad altra regione della Filosofia

che

sebbene abbia stretta attinenza con


con essa), deve formare oggetto

Logica (come

la

Logica
cose in

di speciale trattazione, se
le

non

si

vuole confondere
sola.

le

menti offrendo tutte

una volta

sommo
1

Giambattista Vico, che in


in in

libri,

Era codesto, a dir vero, il procedere del un libro metteva tutti un capitolo tutta l'opera, e spesso in una paun periodo
tutta la sua filosofia e la sua sto-

gina o

riografia;

e chi scrive,

pure onorandosi di chiamarsi

vi-

Si

veda

la Filoiiofia della pratica,

]>.

I,

s.

II, e. U.

V. IL

PREDICATO DI KSISTBNZA
procedere didascalico, non

109

chiane, vede in quel


dello,

un moin

ma un ammonimento.
problema che ora
ci

Pel

occupa, basti aver messo

chiaro che ogni giudizio individuale importa l'esistenza di


ci di cui
si

parla, ossia delhi cosa che data nella rap-

presentazione, anche
atto

quando questa cosa consista


tale esistenzializzato.

in

un

d'immaginazione, purch quest'atto


tale e in

sia riconosciuto in

quanto

quanto
il

perci vige
si

in siffatti

giudizi

concetto di una realt, che

gemina

in realt effettuale e in realt possibile, in esistenza e inesi-

stenza o mera rappresentabilit. Alcuni dei moderni indagatori della cos detta teoria dei valori, ondeggiando tra

psicologia e filosofia (e tra

una

filosofia

antiquata e un'altra

che ha per s l'avvenire), hanno


un'esistenza.

asserito che
si

non

si

pu pro-

nunziare giudizio di valore, quando non

abbia innanzi

poich per noi giudizio di valore qualsiasi

giudizio individuale,

dobbiamo accogliere questa


che
essi

loro tesi,
alle

ma

liberarli dagl'imbarazzi

provano innanzi

immagini
frono
estetici),

irreali (che pure, a loro stessa confessione, ofa giudizi di valore, quali sarebbero
i

campo
la

giudizi

facendo notare che in quel caso c' l'effettua-

lit,

realt

o,

in

breve, l'esistenza

d'immagini,
lUtrati."^^

aventi a loro contenuto l'ineffettuale e inesistente.


Ci siamo aperti a questo

modo

la

strada a risolvere la
al

seconda questione enunciata, che volge intorno

carattere

iaeoine

da assegnare

all'atto esistenzializzante del giudizio.

esso

predicato,

un atto di pensiero, cio un soggetto, o invece un


o

l'attriluzione di

un predicato a

atto sui generis, che

non trova

riscontro neijli altri atti di pensiero? L'esistenza,

insomma,

no predicato?

Le

spiegazioni,

che abbiamo avuto


ci

occasione di dare circa la prima domanda,


di

pernettono

concludere che l'esistenza, nel giudizio individuale,


nel giudizio individuale , perch in

predicato. Diciamo

quello definitorio non predicato per la ragione gi espo-

110

IL lUDlZlO INDIVIDUALE)

Sta,

che

in quel giudizio

non

vi

ha distinzione

tra soggetto

e predicato, e l'esistenza vi coincide con l'essenza.


Critica deli

La

risposta tradizionale suona all'opposto, che cio l'esi-

esistenMa-

Ita

come
e
fede.

g^g^gia nel " giudizio esistenziale

non

predicato, '^
'

ma

cono-

posizione

scenzH SUI

generis', e

questa conoscenza detta talvolta una

come

posizione , tal'altra

una credenza o fede. Che poi

come

dire lo stesso; perch, concepito l'essere

come esterno

allo spirito

umano

e la conoscenza

come

separabile dal suo

oggetto,

tantoch

l'oggetto

potrebbe essere senza essere

conosciuto, evidente che l'esistenza dell'oggetto diventa

una posizione,
di

ossia qualcosa di

posto

innanzi allo spirito,

dato
si

allo

spirito, di estraneo a esso, e

che

lo spirito

non

approprierebbe mai, se non facesse animo e coraggio,


il

trangugiando

duro boccone con un irrazionale atto

di fede.

Ma

tutta la filosofia che

nulla vi ha di
fronte a esso
di
<

andiamo svolgendo comprova che esterno allo spirito, e perci non vi sono di
posizioni

di

sorta

e che

concetti stessi
posi-

mondo

esterno, meccanico o naturale

non sono gi

zioni dall'esterno,

ma
*

posizioni dello spirito stesso, che fog-

gia quel cosiddetto

esterno

perch

gli

giova foggiarlo,

salvo a riannullarlo quando non gli giova pi.

ci

stato

mai possibile ritrovare, nella cerchia dello


misteriosa e inqualificabile facolt che
si

spirito, quella

chiama

fede, e che

sarebbe un'intuizione che intuirebbe l'universale o un pen-

samento dell'universale senza


Tutto ci che
si

il

processo logico del pensiero.


mostrato, sempre che

chiama fede

ci si

l'abbiamo esaminato da vicino, o come atto di conoscenza

come

atto di volont,

come forma

teoretica o

come forma

pratica dello spirito.

indubbio perci che l'esistenza, se qualcosa che viene

affei'mato o negato,

non pu essere

se

non predicato; e

sosia,

lamente

si

potrebbe ricercare quale sorta di predicato


il

cio quale sia

contenuto o

il

concetto preciso dell'esi-

stenza:

il

che

si

gi assegnato, o

almeno abbozzato,

nelle

V.

IL

PKKDIOAIO

DI

ESISTENZA

111

spiegfnzioni

precedenti. Obiei^ioni

come quella che

stata

mossa

al

carattere concettuale e predicativo dell'esistenza

con l'aildune che, se essa fosse predicato, bisognerebbe, nel giudizio A , poter pensare separatamente i due termini, ossia

e l'esistenza, e che, nel pensare A, questo

gi esistenzializzato,
fuori del giudizio,

si

dimostrano

sofstiche,

perch A,

non pensabile,

ma

solamente rappre-

sentabile, e perci privo di esistenzialit, predicato che

esso acquista nell'atto stesso del giudizio.

che incontrano coloro che conce.... ..... piscono l'esistenzialit nel giudizio individuale come cosa
Del
resto, le difficolt

consejruenze assurde di

....

q,,^,,^
trine,

j^jj.

sul generis, sono documentate dalla

teoria

a cui essi

si

trovano condotti di un

doppio genere

di giudizi, l'esi-

categorico. Dualit che torna impossibile giustiticare logicamente, e che in effetti non se non l'intro<iuzione o la manifestazione di un dualismo metafisico,
stenziale e
il

pi o

meno consapevole, che pone

l'oggetto estraneo allo

spirito, e fa che lo spirito lo apprenda per atto di fede e vi ragioni {)oi sopra per atto di pensiero. Perch non continuare sempre con l'atto di fede? o perch non esten-

dere anche

al

giudizio iniziale l'atto del pensiero?


il

con-

tinuare nella stessa via o cangiarla affatto: ecco

dilemma
ii
'

che qui, come in

altri casi,

s'impone.
predicato
*""* '^"*''

Ma

nel rigettare la

doppia forma del giudizio individuale,


'

l'altra, e nel risolverle enl'una e categorica " come non sur-, trainbe nell'unica forma che quella categorica, facendo ficientoaco-

esistenziale

dell'esistenza

un predicato ^

tra

predicati, '^

'

dobbiamo anche

^'"""''^
dizio.

^'""

spiegare per quale ragione (e con ci rispondiamo alla terza


delle questioni nelle quali stata divisa la trattazione dell'esistcnzialit) si

afferma ora che


il

il

predicato dell'esistenza

non basta a

costituire
io

non basta? Se

dico

Come mai (si obietter) che Pietro ,o che l'Egeo >,


giudizio.

non ho
zio

forse innanzi

meramente

esistenziale?

un giudizio perfetto? e non giudiMa anche qui da inculcare

112

IL GIUDIZIO

INDIVIDUALE

il

solito cave, di

guardarsi cio dai tranelli del verbalismo


sulle parole,

e di pensare

non

ma
si

sulle cose

che esse desi-

gnano.

giudizi recati in esempio sono tanto poco sempliesistenziali,

cemente
Pietro

che

vi

parla

dell'

Egeo

di
si

, e,

poich

si

parla di queste cose, chiaro che

un mare, e che cosa sia il mare, e via dicendo; e che Pietro un uomo, e un uomo cosi e cosi fatto, italiano e non boschimano, di trent'anni e non di un mese, e via dicendo. L'elemento meramente rappresentativo non pu nel giudizio essere ritrovato col fissarlo in una parola, la quale, in quanto fa parte del giudzio, , come tutto il resto, compenetrata di logicit; e quando si dice che Pietro soggetto ed rappresentasa che l'Egeo, per esempio,
zione, ed

esistente

>

predicato,
si

si

discorre grossamente

e quasi per simboli. Se


dizio
il

chiedesse la formola di un giu-

meramente

esistenziale ossia di

un giudizio che

lasci

soggetto intatto da ogni altro predicato che non sia quello

di esistenza, la formola potrebbe essere solamente:

Qual-

cosa . Ma questa

forinola, a pensarci bene,

non sarebbe

pi giudizio individuale, perch ogni elaborazione logica


dell'individuale o determinazione individuale dell'universale

ne sarebbe stata esclusa; ed essa corrisponderebbe n pi n meno che a un giudizio definitorio, col quale si asserisse

tautologicamente che

qualcosa

(un qualcosa in ge

nere, indeterminato)
Il

ossia che

la realt,

reale

predicato
Kiudiiio
la to-

Per altro, la nostra teoria circa rindispensabilitfi di altri


p,.g(jicati ^

.lei

a costituire

il

i-oiiie

giudizio non da intendere ^


qualsiasi, e

come
gli si

t.iiitii

del

atfermazione della necessit che al predicato esistenziale se


j^g

.oucetto.

aggiunga un altro
tutti
gli

nemmeno che
dualit
di

aggiungano

altri

possibili. Nel

primo caso
predicati:

avremmo sempre
p a compiere
il

un'ingiustificabile

quello dell'esistenza, e quello necessario a essenzializzaro


giudizio; nel secondo, di certo, la dualit
il

sarebbe evitata, perch a costituire

giudizio tutti

pre-

V. IL

PREDICATO DI ESISTENZA

113

dicati

sarebbero

necessari,

senza distinzione di essi in

duplice ordine, e tutti sarebbero predicati qualitativi;

ma

resterebbe tuttavia l'idea di una successiva aggiunzione di


predicati. Nella

quale ipotesi non s'intende che cosa mai


atti pei
il

sarebbero quegli
primo,
il

quali

si

verrebbe ad attribuire
il

il

secondo,

terzo, e

insomma

penultimo predi-

cato, senza

conseguire ancora con

siffatte attribuzioni la

piena totalit del vero. Rappresentazioni, non pi; giudizi,

di

non ancora: sarebbero, dunque, qualcosa d'insufficiente e monco, la cui esistenza non potrebbe essere ammessa se
arbitrio

non per

(come

si

fa nella psicologia), e in filosofa

perci sarebbe inammessibile.

Non
i

resta

dunque

se

non

concludere che nel giudizio

tutti

predicati possibili sono

dati in

un solo

atto: cio che

il

soggetto viene predicato

come

esistenza, e per ci

appunto determinato cosi e cosi;


predica nel giudizio

determinato cosi e cosi, e per ci appunto come esistenza.


In altri termini,
il

concetto che

si

individuale non e non pu essere mai un pezzo o una

scheggia di concetto,

ma

tutto

il

concetto,

come univer-

sale, particolare e singolare, nella

sua indivisibile unit.


la

E se

l'esistenza

sembra un primo predicato,


il

ragione sar forse

in ci, clie

concetto di esistenza

nella sua

distinzione dalla

fondamentali! del reale,

come attualit e azione, mera possibilit, il concetto bench non sia pensabile davvero

se non come determinato nelle forme particolari della realt; onde quel primo predicato primo solamente in quanto

contiene l'ultimo, cio non c' n l'ultimo n


il

il

primo,

ma
si

tutto.

Chiarire questi enunciati a ogni modo,


Filosofia

come

detto, ufficio dell'intera


la

non gi della sola


le

Logica;

quale deve ora appagarsi della dimostrazione


importa, cio
i

attinente al punto che pi strettamente


all'

impossibilit di separare tra loro nel giudizio

predicati,

che sono necessari a determinare


(junli

la realt del fatto, e dei

qualunque manchi,

il

giudizio stesso reso impossibile.

B. Croce, Logica.

VI
Gli PSEUDOGiUDizt individuali.

La classificazione e la numerazione

Gli

pseu-

V^ome
imitati
tali

gli

pseudoconcetti imitano

concetti puri e
di essi,

cor-

dogiudiz
individuali.

relativi giudizi definitori, cosi, col


i

mezzo

vengono

giudizi individuali, e
si

si

ottengono formazioni men-

che

possono acconciamente chiamare pseudogiu-

diz individuali.
Carattere

Anche
carattere

questi pseudogiudiz ritengono, com' ormai ovvio,

pratico
essi.

di

non conoscitivo,
di

ma

pratico o

mnemonico che

si

dica. E, per

fermare l'attenzione sopra alcuni esemp, se

pronunziamo

una scimia

platirina>, se di

un animale che un chirottero o che una casa che alta trenta


Trasfigurazione che
>

metri e lunga quaranta, se della

un quadro sacro

o della

logico

o dei Promessi sposi

Danae che un quadro mitoche sono un romanzo storico >

che cosa abbiamo appreso sul reale essere di quegli animali,


di quella casa, e della Trasfigurazione e della

Promessi sposi?

ben

riflettere,

prio nulla. Gii animali sono stati

Danae e dei non abbiamo appreso promessi in una o altra casella

o vetrina; la casa stata paragonata, quanto a dimensione,

con altro case o con un oggetto arbitrariamente assunto

come unit
piede,
il

di misura,

che
i

il

metro e potrebbe essere

il

palmo e

altrettali;

due quadri

e l'opera lettera-

VI.

GLI PSBUDOGIUDIZ INDIVIDUALI

115

ria

sono

stati

considerati arbitrariamente secondo


si

il

concetto

mitologico o religioso o storico a cui zione riferire.


del

possono per astra-

Ma

di ci

che queste cose veramente sono,


loro

modo
si

in cui sono nate e vivono e della loro relazione

con

le altre

cose e col Tutto,

si

taciuto.

Il

valore,
Genesi e
critica della

come

dice,

rimane ignoto.
qualsiasi
la

Da

codesta mancanza, che propria degli pseudogiudiz


di

individuali,

determinazione

circa

il

valore,

prende alimento
sono
essi

distinzione tra giudizi di fatto (come

distinzione tra giudizi

chiamati talvolta) e giudizi di valore: distinsi

gi^nzi
valore,

di

zione nella quale

manifesta l'esigenza di ci che

primi

giudizi non forniscono, del significato o valore delle cose.

Ma

poich
si

gli

pseudogiudiz individuali non sono per noi,


fatto,

quali

vantano, giudizi di
il

noi per nostro conto


i

non sentiamo

bisogno di compierli con giudizi di valore,

quali poi, concepiti estrinseci alla determinazione di fatto,

riuscirebbero anch'essi arbitrari. I veri giudizi individuali

sono

giudizi puri, nei quali l'universale compenetra l'in-

dividuale e la determinazione del valore confluisce con


quella del fatto. Negli pseudogiudiz ha luogo

non questa
di

compenetrazione,

ma

la

meccanica applicazione

un

predicato a un soggetto; tanto che per essi veramente


il

caso di adoperare vocaboli che designino accostamento


o aggregazione
del

estrinseco, riunione
dicato.

soggetto col pre-

Messo

ci in chiaro, sarebbe superfluo ripetere che

non

Importanza
degli

s'intende da noi togliere, e

nemmeno

scemare, Timportanza

pseu-

dogiudiz
indivdunll.

debita agli pseudogiudizi individuali,


tolta

come non l'abbiamo


definirli

n scemata agli pseudoconcetti col

per quel

che sono.
di

E come negare
ogni istante
li

la loro

importanza, se ciascuno

noi
si

foggia e adopera? se ciascuno di


il

noi

sforza di tenere ordinato,

meglio che pu,

il

pa-

trimonio delle proprie cognizioni?

pi tacile che uno stu-

dioso lavori senza schede e appunti di quel che

un uomo

116

IL GIUDIZIO

INDIVIDUALE

si

astenga da pseudogiadiz individuali. Se passo mentalin rassegna


il

mente

materiale che deve entrare a far parte

della storia della pittura o della letteratura italiana,


di necessit disporlo in opere

debbo

maggiori o minori, in drammi


ad abban-

e novelle, in quadri sacri e paesaggi, e via dicendo; salvo


poi,

quando vorr intendere storicamente quei

fatti,

donare quelle partizioni ossia a prescinderne.


donarle in quell'atto di comprensione,

Ad abban-

ma

a ripigliarle subito

risultato della mia ricerca storica; mi sar impossibile non dire che il Manzoni, dopo aver composto cinque inni sacri e due tragedie, si accinse a un romanzo storico, o che, nel Seicento, si svolse la pittura di paesaggio: parole che

dopo, se vorr esporre

il

nella quale esposizione

sono strumenti necessari alla comunicazione e


genza, e che solamente un pedante della

all'intelli-

filosofia si

potrebbe

proporre di mettere in bando. Parimenti, se voglio comperare

una casa, ne
secondo
teri,
il

visiter parecchie e le ordiner nella

memoria

luogo, la disposizione, la grandezza e altri caratI

formolati in altrettanti pseudogiudiz.

quali dovr

tutti

abbandonare come
la

insufficienti nell'atto della scelta,

perch allora

casa che sceglier, avr un carattere solo:

di essere quella che serve ai miei bisogni, vale a dire tiuella

che mi piace. Ma dovr

poi valermi

di

nuovo

di

quei

caratteri astratti nel discorso che far con colui che

me

la

cede e nel contratto che mi accadr di stendere; dove parler

non pi soltanto del mio piacere


anche
di

e della

mia volont,

ma
e

una casa

alta trenta metri e larga quaranta,


Il

via determinando.

medesimo

si

dica dei chirotteri e

delle scimie platirine o catarine, che

non potr ottenere

di

vedere in un museo o in un giardino zoologico, se non chia-

mandole a quel modo; e

cosi seguiter a chiamarle, sebbene

quelle determinazioni astratte

non valgano n a farmi ben


l'ulficio
ilei

dipingere quegli animali, n a farmene intendere


nell'universo, ossia nella storia

cosmo.

VI.

QIA PSEUDOGIUDIZl INDIVIDUALI

117

Sononch, per procedere oltre e andare divisando


caratteri
difiFerenziali

gli altri
ri-

Giudizi in-

che

gli

pseudogiudizi presentano

'^!

."."

spetto ai giudizi individuali, necessario considerarli anche

individuali

secondo
la

la

doppia forma che assumono


la

gli

pseudoconcetti,

forma empirica e

forma

astratta, e distinguerli cosi

in giudizi individuali empirici e in giudizi individuali astratti. Paragonando i giudizi individuali empirici con quelli

Processo

_ puri

per
>,

esempio, questi due:

i.-

* la

Trasfigurazione e qua-

j>

formativo
^g.
-jujjjjj

dro sacro

giudizio empirico, e la Trasfigurazione opera

empirici,

estetica , giudizio puro,


il

la

prima cosa da notare


gli

che

giudizio individuale empirico presuppone quello indivi-

duale puro. Sappiamo gi che

pseudoconcetti, empirici

astratti,
si

presuppongono l'idea del concetto puro;


di giudizi empirici, quella idea
si

ma

per-

ch

formino particolari concetti empirici adoperabili come

predicati

non basta, ed
effettivo di

necessario non solo che


tali

abbia

il

pensamento
fosse,

e tali concetti puri,

ma

anche che questi siano tradotti

in

giudizi individuali. Se ci

non

donde
>

concetti

empirici trarrebbero la materia loro? Aftinch questo giudizio:

La Trasfigli razione
che
si

quadro sacro
il

sia pronunziato,

occorre

abbia,

anzitutto,

concetto empirico di

stare che

quadro sacro. Ora, questo concetto empirico (lasciando presuppone altri concetti empirici, dei quali qui non si tiene conto, perch si verrebbe ora a complicare il
problema senza giovamento per
presuppone, a sua volta,
tica
;

la dilucidazione richiesta)

il

concetto puro di
si

opera este-

e solamente

quando
o

siano riconosciute
di

come

tali

un
cio

certo
si

numero pi
i i

meno grande

opere artistiche,

siano formati

relativi giudizi individuali puri, se

ne possono astrarre
saggi,

caratteri e passare alla formazione

degli pseudoconcetti: quadri sacri, storici, mitologici, paee via discorrendo.

Ottenuti

quali,

allora e sola-

mente

allora, offerendocisi innanzi

un'opera estetica

per

118

IL GIUDIZIO

INDIVIDUALE

esempio, la

T'ras figurazione,

forraolandosi

da capo W
tale (la

giudizio individuale puro che la riconosca

come
il

Trasfigurazione opera estetica


di

), si in

grado finalmente
giudizio

applicare lo pseudoconcetto, e pronunziare

empirico:
Fondamento

La

Trasfigurazione quadro sacro

>.
si

Conseguenza del qui indagato processo onde


i

formano

esisten-

ziale di essi.

giudizi individuali empirici, e in virt del quale essi lianna


i

a loro fondamento

giudizi puri, che anche

giudizi

em-

pirici si sostengono, in
zialit.

ultima analisi, sul concetto di esisten-

Non
utile
si

si

costituiscono pseudoconcetti di possibilit,

perch

le possibilit

sono

infinite, e
i

vano sarebbe,
tipi;
e,

ossia di

nessun

mnemonico, formarne
costituiscano

quando sembra

talora che

siffatti tipi

fuori di ogni esistenza,

la costruzione serve,

non gi a scopo mnemonico,

ma

a quella

di ricerca;

come

il

il

caso delle ipotesi e di altre escogitazioni


si

provvisorie.

Ma

giudizio empirico

riferisce al giudizio

individuale, ossia esistenziale, e adopera insieme pseudoconcetti di provenienza esistenziale. Per questa ragione, nel

dare esemp (nel capitolo precedente) di giudizi esistenziali,


ci

siamo valsi senza scrupolo anche


essi, nel

di giudizi empirici,

obbe-

dendo

riguardo dell'esistenzialit, alla medesima

legge di quelli. Questo animale un chirottero


l'esistenza

importa

giudizio,

non solamente dell'animale preso a soggetto del ma anche di quella serie di animali dai quali
il

stato astratto

carattere o

il

complesso di caratteri, che

con nome di chirottero funge da predicato.


che non
esista, e

Un

anininle

una

classe di animali che

non esistano,
e

non sono
Dipendenza
dei
giudliti

riducibili a soggetto e predicato,

non danno
con-

luogo a giudizio di sorta.


Altra conseguenza del descritto
cetti e giudizi

processo che

empirici sono continuamente promossi e mo-

empirici dai
giudizi puri.

dificati dai giudizi individuali puri. Ufficio dei concetti e dei

giudizi empirici serbni'ci

il

possesso e procurarci

il

facile

maneggio

delle nosti'e cognizioni; e ci

non ad

altro fine

VI.

GLI PSEUDOGIUDIZ INDIVIDUALI

119

che di porgere

il

fondamento
di

alle nostre azioni, e

perci

anche all'acquisto
si

nuove cognizioni. Le nuove cognizioni


i

esprimono in nuovi giudizi individuali puri,

quali a loro

volta porgono materia all'elaborazione di nuovi concetti e


giudizi empirici.
pirici si

questo

modo
si

concetti e

giudizi eratuf-

debbono rinnovare, e

rinnovano di continuo,

fandosi nelle onde dei giudizi individuali puri, veri giudizi


di realt; e

da quelle acque riemergono con nuova giovi-

nezza. Se ci non fanno, peggio per essi: ammalano, deperiscono e muoiono. Accadendo, per ipotesi, un profondo e

rapido rivolgimento di pensiero,


trasvalutazione di tutti
i

o,

come anche

si

dice,

una
si

valori della vita e della realt,

avrebbe

al

tempo

stesso
tutti
i

una non meno rapida


che, se

e profonda

trasformazione di

concetti e giudizi empirici, prima

posseduti e adoperati.

Il

non proprio

in aspetto di

cataclisma, certamente in aspetto pi modesto, accade di

continuo nella vita spirituale. Chi, per esempio, adopera pi


il

concetto empirico di flogisto e forma pi

corrispon-

una volta che non pi ammessa l'esistenza di questo fattore della combustione? Chi dice pi (fuori che per gioco) che il tale sillogismo in hramantip o in fresison,
denti giudizi,
o che la tale parte delia orazione
posis,
cetti

un ornatum

una

ipoty-

quando non

si

crede pi ai

fatti

sui quali questi con-

della vecchia Logica e Rettorica erano fondati? Chi


i

discern ancora

destini degli

uomini secondo

le

congiunnell'astro-

zioni degli

astri

che hanno proseduto alla loro nascita,


si

come
logia,

si

faceva un tempo quando

aveva fede

meglio, l'astrologia era scienza ed era filosofia?


i

Il giudizio empirico, in quanto applica un predicato a un soggetto determinato dal " giudizio individuale puro, fa "" ^ rientrare quel soggetto in quel predicato, che un tipo
'

giudi*!
classih-

''"'P'"'^' ^'^^

me

cazione.

o classe, e perci classifica


viduali. Cosicch
i

soggetti dei giudizi indisi

giudizi empirici

possono denominare
il

anche giudizi

di

classificazione; e

ci rischiara

motivo

120

IL GIUDIZIO

INDIVIDUALE
giudizio in genere
11

che ha spinto alcuni logici a definire

il

come

nient'altro che rapporto di subordinazione.

giudi-

zio empirico, infatti, subordina

una rappresentazione (che

stata prima logicamente qualificata nel giudizio individuale)

a un concetto (empirico), ossia la colloca in una classe.


Classidca-

Se

il

classificare per le ragioni gi dette e

che sarebbe
dello

zione e intelligenza.

fastidioso ripetere, risponde a


spirito,

un bisogno essenziale

classificare non poi intelligere, intendere,


comprendere; onde, non meno che
mentale
le

capire,

gli spiriti disor-

dinati, aborrenti dal classificare, sogliono essere notati di

fallace abito

perpetui classificatori, che

si

stanno

paghi a collocare

cose nelle classi,

quando occorre invece


Errore assai cocosa, e risoluti

penetrarne la qualit e

l'ufficio peculiari.

mune
i

credere di avere intesa a fondo


si

una

problemi intorno a essa, quando la

solamente riposta
cri-

sopra una scansia, ossia in una classe. Cosi la vecchia


tica accademica, invece di ricercare e determinare se
i

Pro-

messi sposi fossero o no opera bella e quale moto di spirito


e disposizione se essi fossero

d'animo quel libro rappresentasse, ricercava

romanzo
>,

novella

>, <

romanzo

storico

didascalico

storico di personaggi , o

storico

d'am-

biente, e via discorrendo.

vecchi zoologi, invece d'in-

dagare
vita e

la storia e la
il

trasformazione degli animali, la loro


si

loro abito,

restringevano volentieri ad aggiun-

gere un individuo raro a una variet, o una variet a una


sottospecie, o

una sottospecie a una


doveri della scienza.

specie, e

reputavano

di

avere con

siflTatte

operazioni, necessariamente estrinseche,

adempiuto
Scambio
le

ai

tra

L'abuso dei giudizi empirici o


nore in rapporto alle percezioni,

classificatori

non mi-

due, e geil-

le quali,

come sappiamo,

nesi delle

luvioni per-

sono nient'ultro che

giudizi individuali stessi; perdio ac-

cettive

RiudlcAtire.

cade sovente che, nel! 'accingersi a percepire ossia a formare giudizi di realt, la mente, preoccupata da pseudoconcotti,

forma invece giudizi empirici e

li

lascia insinuare al posto

VI.

GLI PSBUDOGIUDIZ INDIVIDUALI

121

dei giudizi individuali puri.

Da

codesti equivoci sono sorte

controversie famose circa la verit della percezione,


quella che
si

come
inte-

appoggia

sul noto

esempio del bastone immerso

nell'acqua, storto e spezzato alla vista dell'occhio,


g<"o e diritto nella realt.

ma

Sul qual proposito

si

suole rispon-

dere che l'errore del giudizio, perch la percezione, in

quanto percezione, non erra mai;

ma

la risposta

non del
il

tutto corretta, perch la percezione giudizio, e, se

giu-

dizio erra, erra anch'essa. Bisognerebbe piuttosto dire che


l'errore

non nel giudizio

ma

nel pregiudizio, nel pregiudi-

zio che quel bastone sia in realt diritto, e che,

nell'acqua, la realt
fattore:

reale

immerso venga turbata da un estraneo

quasi che

il

bastone fuori dell'acqua abbia mag-

giore o migliore realt di quella che esso ha, immerso nell'acqua. L'errore,

insomma, proviene dalla costruzione del

concetto empirico di

bastone

scambiata per costruzione

sembra che il bastone, immerso nell'acqua e che appare spezzato, non risponda
di concetto vero e proprio, e pel quale
al

suo vero concetto. Parlando a rigore,

la

percezione del

bastone spezzato, o

come

altro

si

atteggi,

non meno

vera di quella del bastone diritto; e l'assurdo occasionato


dal concetto empirico consiste nel cercare, tra le varie percezioni, la percezione vera,

da porsi a fondamento

misura

delle
di

altre, dichiarato

illusorie.

l'errore
si

sembrer forse

poco conto, almeno fintanto che


consimili errori
si

tratti di

un bastone:

ma
di

esso tira seco conseguenze gravissime, giacch a furia


si

venuti a porre le Cose fuori dello

Spirito, e

giunti

n pi n meno che alla solenne


s.
gli astratti
*="

quanto misteriosa Cosa in

Diversamente dai concetti empirici,

presup:

concetti astratti e iu-

pongono bens
e,

il

concetto puro

ma non

giudizi individuali

dizi
.luaii.

iiidT-

per esempio, non necessario rappresentarsi cose sini

gole per formare

concetti della serie

numerica o

quelli

delle figure geometriche,

che sono

astratti

appunto perch

vuoti di ogni contenuto rappresentativo.

122

IL GIUDIZIO INDIVIDUALE

Impossibilit di ap-

Da

ci

consegue che

concetti astratti, presi

da

soli^

plcazione
diretta dei primi ai secondi.

non danno luogo a pseudogiudiz individuali,


giudizi definitori, astratti anch'essi.
delle figure geometriche

ma
dei

solo

La

serie

numeri
giudizi

non

si

pu Immediatamente api

plicarla ai fatti individualmente determinati, che

individuali affermano, e che sono distinti e pur congiunti


tra loro per

modo che

nell'uno sempre in qualche


si

ma-

niera l'altro; e perci

dice che le cose qualitativamente


si

diverse sfuggono alla matematica, e non

sommano una
le

vacca, una quercia e una poesia.

sebbene tutte

cose

abbiano almeno questo di comune, di essere cose, basta a render possibile quell'applicazione, perch
rabili, ossia la serie delle

ci
le

non
cose

in quanto semplici cose in genere sono infinite cio innurae-

cose in genere nient'altro che

la serie stessa dei

numeri. L'espressione: giudizi indiviresto, la contradizione,

duali astratti

mostra chiara, del

poich l'individuale concretamente inteso non pu essere

mai
Intervento
dei
giudizi

astratto,

l'astratto

mai individuale, nemmeno per


si

pratica finzione.

Affinch

concetti astratti
si

applichino ai giudizi indi-

empirici co-

viduali (come certamente

applicano), deve aversi dun-

me
di.

intermeRiduzio-

ne dell'eterogeneo ali'omo(;eneo

que un intermedio, che renda possibile l'applicazione. E questo intermedio sono i giudizi individuali empirici, che
riducono l'eterogeneo all'omogeneo e preparano cosi
dei corrispondenti pseudogiudiz, ai quali spetta
il

ter-

reno all'applicazione dei concetti astratti e alla formazione

dunqur

il

nome non
1

d' individuali-astratti,

ma

di

empirico-astratti.

giudizi empirici p gli empirico-astratti

non sono da con-

come due classi coordinate del pseudogiudizio individuale, ma come due forme, delle quali la seconda si
cepire

fonda sulla prima.

La riduzione dell'eterogeneo a omogeneo


per mezzo del
gi}\

si si

compie
costrui-

descritto procedimento onde

scono

le elussi e, sul

fondjtmento di esse,

si classifica,

ossia

VI,

GLI PSEUDOGIUDIZ INDIVIDUALI

123

si assume mune. Per

il

particolare nel generale,

il

singolare nel co-

tal via le variet individuali,

che sfuggirebbero
si

a ogni applicazione di numero, vengono debellate e

otten-

gono

una medesima classe: per esempio, querce, vacche, uomini, aratri, drammi, quadri, e via discorrendo. Cose in numero finito (come gi sappiamo
in in

cambio cose rientranti

per l'analisi da noi fatta delle rappresentazioni che sono racchiuse in un determinato concetto empirico), e perci numerabili.

cosi finalmente dato pronunziare

giudizi

em>;

pirico-astratti,

che suonano: Queste vacche sono cento

queste querce sono trecento; le case di questo villaggio sono quattrocento;


gli uomini che vi abitano sono

duemila; gli aratri di questo campo sono due; e via

Ovvero ellitticamente 100 vacche 300 querce, 400 case, 2000 abitanti, 2 aratri, e via enumerando, come si usa nelle statistiche e negli inventari.
discorrendo.
:
,

Se
. .

il

procedimento dei giudizi individuali empirici


'

giudizi

come classificazione, questo dei ariudiz empirico-astratti pu togliere nome di numerazione, comprendendosi in esso anche la cosi detta misurazione. La quale resa possibile dall'altra, e sta all'altra come i constato designato
'

t''P''''co-astratti, e la

numerazio"''

uni8"ra

zione, ecc.).

cetti

geometrici verso
si

gli aritmetici;
il

e per essa, con pochi

ritocchi,
alla

potrebbe ripetere

gi detto per l'altra. Anzi

stata proposta dallo

numerazione in genere da estendere la definizione che Hegel come propria della misurazio-

ne, cio che essa sia la


tit

quantit qualitativa:

la

quan-

applicata alla qualit,

ma

alla qualit resa

omogenea

dal procedimento classificatorio; nel qual senso


pirico-astratti sono tutti e

i giudizi emsempre qualitativo-quantitativi.

E
le

se

il

classificare
il

non

in alcun

cose e assegnare

loro valore,

modo un intendere nemmeno il numerare


una mamisura

Numerazione
e
in-

tellKenza.

intelligenza e comprensione, restringendosi esso a

nipolazione delle cose,


loro qualit.

aff"atto

estrinseca e indifferente alla

Che

dati oggetti siano numerabili o

134

IL

GIUDIZIO INDIVIDUALE

bili

con 100, con 1000, con 10000, non insegna nulla in-

torno all'esser loro.


si

E
il

solo per effetto di grossa illusione

crede talvolta che

valore sia in funzione del numero,


il

e che, accrescendo o diminuendo

numero,
si

si

accresca
il

o diminuisca
detto
La
ta
cosi det-

il

valore: illusione cui ben


il

contrappone

comune, che

numero non

qualit.

Fin dall'antichit stato avvertito un processo, che


stato pi tardi descritto
alla

converdella
in

sione

come passaggio
i

dalla

quantit

quantit
qualit.

qualit, o conversione della quantit in qualit; e


giochetti logici, onde, strapla concessione, in

sono risaputi e quasi popolari

pando

apparenza legittima quanto tenue,

che col togliere un capello dal capo di un individuo ben

chiomato costui non diventi calvo, o col togliere un granello

da un cumulo
togliere

di

grano

il

un

capello dopo l'altro o


si

il

chiomato

alfine scorgere

muta in nudo il suolo. Ma


di

cumulo non sparisca, si viene a un granello dopo l'altro, calvo e il mucchio di grano lascia
l'errore in questi casi

iniziale e sta tutto nella

prima concessione.

Un uomo

chio-

mato o un mucchio
che niente
si

grano sono quello che sono fintanto


il

muti in loro; e

mutamento

di quantit si
il

traduce in mutamento di qualit non perch


cetto sia costitutivo del secondo,

primo conil

ma

all'inverso perch

secondo costitutivo del primo.


prendere

La quantit

stata otte-

nuta, la numerazione o misurazione stata compiuta, col


le

mosse dalla qualit determinata nel giudizio

individuale puro e resa

omogenea nel
il

giudizio empirico,

fondamento del giudizio nuraeratorio


ch
la

e misuratorio; cosic-

qualit ci che fornisce

solo contenuto reale


il

all'astratto concetto quantitativo.

Togliendo

capello o

il

granello,

si

viene attraverso

la

forinola

quantitativa a

in qualit,

qualit stessa; e perci non la quantit passa ma una qualit passa in un'altra qualit. La quantit per s presa, ossia come determinazione astratta,
mutare
la
il

Impotente a penetrare

reale.

VI.

GLI PSEUDOGIUDIZ INDIVIDUALI

125

Un'ultima osservazione, alla quale porge materia


ferenza tra
i

la dif-

Spazio e

giudizi individuali puri (o giudizi


i

di

realt

tempo

mae

tematici,

e di valore, se cosi piace chiamarli) e


tivi

giudizi quantita-

loro astrat-

empirico-astratti, che tutta la concezione delle cose

tezza

come occupanti varie porzioni di spazio, e succedentisi in modo discontinuo, Tuna distaccata dall'altra, nel tempo,
si

origina dall'ultimo tipo

di

pseudogiudiz,

dai giudizi

quantitativi, ed
_ cetto della realt,

un'alterazione dell'ingenuo e vero conche


noi,
si

ha nel percepire puro. Mostrare,


la genesi dei giudizi quantitativi,

come

si

fatto

da

e perci dello spazio e

tempo matematici, vale assegnare

come mere escogitazioni di astrattezze, che non bisogna confondere col pensamento reale. La medesima verit contela natura e la definizione di queste idee, e scoprirle

nuta nella dottrina kantiana dell'idealit del

tempo

dello spazio, che tra i maggiori avanzamenti tlosofci che si siano mai compiuti, ed ogni filosofia, consapevole della
storia del pensiero,

deve accettarla. Accettandola dunque


la glossa (giustificata dulie

anche

noi,

aggiungiamo soltanto

dimostrazioni svolte di sopra), che quel carattere del tempo


e dello spazio matematici

non

si

dovrebbe chiamare

idealit,

(perch l'idealit la vera realt),


lit

ma

piuttosto

irrea-

idealit astratta,

o,

come per

nostro conto ab-

biamo

preferito dire semplicemente,

astrattezza.

SEZIONE TERZA
Identit

del concetto puro e del giudizio individuale

La

sintesi a priori logica

Identit del giudizio definitorio

(concetto puro)
e del giudizio individuale

IJa

discesa dal

concetto

puro verso l'intuizione, ossia


si si

Risultato

l'esame delle relazioni che


e le intuizioni, ottenuto

stabiliscono tra
sia
il

il

concetto

dell'indagine precedente:
il

che

primo, e delle con-

giudi-

seguenti trasformazioni cui vanno

sofferette le

seconde, p- "
rio

definitoe

quello

trebbe sembrare g-iunta ormai


concetto, considerato
strato

al

suo termine.

Infatti,

il

individuale,

dapprima astrattamente,

stato

mo-

pi in concreto in quanto s'incarna nel linguaggio

ed

esiste come giudizio definitorio; e poi, csi concretamente posseduto, in quanto riopera sulle intuizioni da cui

128

IDENTIT DEL CONCETTO E DEL GIUDIZIO INDIVIDUALE

uscito, 0,

come
il

si

dice comunemente,

si

applica ad esse,

producendo

giudizio individuale o percettivo. Dalle in-

tuizioni al concetto, e quindi alla espressione del concetto

o giudizio definitorio, e da questo al giudizio individuale,


il

passaggio stato seguito e mostrato nella sua logica

insiememente prima condizione e fondamento della seconda, con nesso tale che sembra perfetto. Il giudizio definecessit; cosicch le
distinte sono

due forme

unite, essendo la

nitorio

non giudizio individuale,

ma

il

giudizio individuale

un precedente giudizio definitorio. Che si pensi il concetto di uomo, non vuol dire che l'uomo Pietro esista;
implica

ma, per affermare che l'uomo Pietro


quel concetto.
Distinzio-

esiste, si

deve prima

aver affermato che esiste l'uomo, ossia aver prima pensato

La
solo si

distinzione tra le due forme del giudizio definitorio

ne tra

due:

e del giudizio individuale generalmente

verit di ra-

gione e veritii

pu

ritrovarla,

come

si

gi detto, in
intesi
i

ammessa; e non uno almeno


distin-

di

fatto,

necessarie e

dei significati nei quali


sintetici,

vengono

giudizi analitici e

contingenti,

ma

espressa

anche pi chiaramente nella

ecc

for-

mali e materiali.

zione ben nota tra verit di ragione e verit di fatto, tra verit necessarie e verit contingenti, tra verit

a priori e verit a
e ci che
si

posteriori, tra ci che

si

afferma logice

afferma historice. Anzi sembra che solamente


si

in virt di questa distinzione

possa dare un qualche con-

tenuto alla dottrina logica, che asserisce la possibilit di


proposizioni

formalmente

vere e

materialmente
che
la verit

false.

Per ogni
si

altro verso, inammissibile

formale

distingua mai da quella effettiva, sempre che


filosofico

forma

s'intenda nel significato

non

in

quello della

Logica formalistica, dove designa un'esteriorit arbitrariamente fissata e, come tale, n vera n falsa. Ed inammissibile che

una

stessa proposizione possa esser vera per

un
sia

rispetto e falsa per l'altro, quasi che

una proposizione non quello del

mai giudicabile

sotto altro rispetto che

I.

IDENTIT DEI GIUDIZ DEFlNlTOUIO E INDIVIDUALE

129

SUO univoco significato e valore. Ma, posta la distinzione


tra

verit di ragione e verit di fatto, da concedere


si

che ben

potrebbero trovare incorporate in una stessa

proposizione verbale affermazioni dell'uno e dell'altro genere,


le

une
la

verie

e le altre false.

Che
si

il

detto del Carabronne:

Guardia muore e non


,

arrende

sia

un detto su-

blime
(di

formalmente (razionalmente) vero e materialmente


falso,

fatto)

perch

il

Cambronne non pronunzi mai


che l'Assedio di
libro,

quelle

parole.

All'inverso,

Firenze del
di

Guerrazzi sia

un bellissimo

perch infiamm
>,

amore

per la patria molti animi giovanili


(di fatto) vero,

sar materialmente

ma

formalmente (razionalmente) falso, per-

ch

l'eflFetto

indicato non prova della bellezza di

un

libro,

che non consiste nella sua pratica od oratoria


Pure, nonostante
il

efficacia.
Assurdit
^"'"'f^""
<*

fulgore che la distinzione di giudi-

zio definitorio e giudizio individuale, di verit di ragione " "

queste
stinrioni:

diii

e verit di fatto

sembra possedere, nonostante


la

la secolare

sua tradizione e

conferma che riceve nel consenso uni-

'"'!'*' '"

uIVidu

il 1

versale e nell'uso comune, questa distinzione urta contro

come

uitr-

una
tutto

difficolt

grave. Per intendere la quale bisogna anzisi

logico;

determinare con esattezza ci che propriamente


al
il

viene ad affermare, quando


di ragione
(li

giudizio definitorio o verit


giudizio individuale o verit

si

fa

che segua

fatto.

Una

distinzione di questa sorta conosciamo gi tra

intuizione e concetto, e siamo stati consapevoli che in tal

modo distinguevamo due forme fondamentali


la

dello Spirito:

forma rappresentativa o fantastica, e

la

forma logica.

Nel porre ora come distinti giudizio definitorio e giudizio


individuale, s'intende forse affermare qualcosa di analogo
V

distinguere la forma logica (concetto o definizione) da

un'altra forma
s la logicit

non pi

logica,

quantunque contenente in

come superata

e subordinata, nel

modo

stesso

che
il

il

concetto contiene in s l'intuizione? In altri termini,

giudizio individuale qualcosa di

ultralogicoV Certa-

B. Cuoce, Logica.

130 IDENTIT DKL CONCRTTO K DSL GIUDIZIO INDIVIDUALE

mente si assevera che esso non mera definizione; ma pu asseverare che esso non sia logicit? Se nel giudizio individuale il soggetto una rappresentazione, ansi

che vero che questa rappresentazione non

si

trova in esso

come

si

troverebbe nella contemplazione estetica,

soggetto di giudizio, e perci non

ma come come rappresentazione


chi

pura e semplice,
logicit.

ma come

rappresentazione pensata ossia


volte che

Lo Hegel ha notato pi
di individuale
ai giudizi

mette in
escono

dubbio l'unit
fatto

e universale

non deve aver


gli

mai attenzione

che a ogni istante

di bocca, nei quali,

merc

la copula, egli

afferma risoluta(il

mente che Pietro uomo,


getto)

ossia che l'individuale

sog-

l'universale (predicato); non gi qualcosa

di diverso,

n un pezzo o frammento,

ma

proprio quello, l'universale.


di ra-

poi, le

verit di fatto

non sono anch'esse verit

gione? Non sarebbe irrazionale pensare che un fatto non


sia quel fatto

che stato? L'esistenza di Cesare e di Napo-

leone forse

meno razionale

di quella della qualit e del


le

divenire?
si

E non

sono altrettanto necessarie


si

cose che

dicono contingenti quanto quelle che

dicono necessa-

rie?

buon

diritto ci
le

facciamo beffa di coloro che vogliono


e Cesare e

pensare che

cose potevano succedere diversamente da

come sono succedute;


rit,

Napoleone sono,
il

in ve-

tanto necessari quanto la qualit e


si

divenire,

ovvero duallt di

Queste considerazioni
evidenza
di

potrebbero agevolmente molti-

forme

logiche

plicare e ne risulterebbe con


chtj
il

sempre

pili

inoppugnabile

giudizio individuale non


le

meno logico

quello definitorio, e

verit di fatto, contingenti e a


di quelle di ragione, necesla
di-

posteriori,

non meno logiche


tra
le

sarie

a priori. Ma, posto ci e volendo pur serbare

distinzione

due forme, questa non sarebbe pi

stinzione tra forme dello spirito,


stinzioni nella

ma una
spirito,

di quelle sottodi-

forma logica dello

che abbiamo gi

tutte negate nel loro stesso assunto. E, in effetto,

neanche

I.

IDENTIT DEI GIUDIZ DEFINITORIO R INDIVIDUALE

131

qui

si

vede come
l'altro di

il

pensamento

logico, ossia

il

pensamento
l'uno di un

dell'universale, possa essere

due pensamenti,

modo,

un

altro; l'uno universale dell'universale,

l'altro universale dell'individuale. Intuizione e concetto si

distinguono come individuale da universale;


versale
si

ma

che l'uni-

distingua dall'universale con l'introdurre

come

elemento di differenziazione l'individualit, cosa inconcepibile.

La

difficolt resa
*^

pi ardua dall'altra non

meno

forte

DifHcoU
* ^'sfarsi di quelle distimioni.

inconcepibilit e impossibilit di
otteiiuta di sopra, per la quale

abbandonare
il

la

conclusione
si

giudizio individuale

dimostrato possibile solo col presupposto di un concetto o


giudizio definitorio. Ogni sforzo che
<iu('l

si

faccia per cancellare


al

presupposto e per concepire di nuovo,


il

volta usava,

giudizio individuale o percettivo

modo che una come antemera

riore al concetto, privo del tutto di carattere logico,

asserzione di fatto, senza lume di universalit, riesce vano.

Se non possiamo ammettere dualit di forme logiche, meno

ancora possiamo ammettere che


alogico, inferiore alla logicit.

il

giudizio individuale sia

Una
la

sola

via sembra che

si

apra tra queste

difficolt;

L'ipotesi

e sarebbe quella di serbare

la

conclusione ottenuta, ossia

*^*"*

^^*^''

necessit del giudizio definitorio

come presupposto

del

proca iinpiicama e,
*i"'"**''
^*^'-

giudizio individuale,

ma

affermare insieme la necessit del


del definitorio. Fa-

giudizio individuale

come presupposto

cendo dapprima quest'atfermazione a guisa d'ipotesi, vediamo che cosa essa importerebbe e a quali conseguenze
condurrebbe nella presente indagine. Presupponendo l'un
giudizio l'altro, ed essendo perci la presupposizione reci-

l'identit tra le due forme di


giudizio.

proca, non
giudizi,
la

si

potrebbe pi parlare di distinzione tra

due

ma

di unit

pura e semplice, d'identit,

in cui

distinzione s'introdurrebbe poi solamente per astrazione

e atto di arbitrio, col dividere ci che non pu essere se non

come

indivisibile.

D'altra

parte,

la

distinzione,

sebbene

132 IDENTIT DEL CONCETTO E DEL GIUDIZIO INDIVIDUALE


astratta, riterrebbe

pur sempre valore come buon espediente


g-iustificati

didascalico a chiarire la piena natura dell'atto logico; e ver-

rebbero a questo modo

tanto
il

il

procedimento da
il

noi seguito finora di svolgere prima


definitorio e poi
il

concetto e

giudizio

giudizio individuale, quanto la riserva che

abbiamo sempre usata circa quel che v'era di provvisorio in tale distinzione, e di conseguenza l'ulteriore questione che ora abbiamo mossa e stiamo esaminando circa l'unita) dell'atto.

Cadrebbero, in quella

ipotesi,

tutte le difficolt sor-

genti dalla parvenza di

una dualit
verit

di
di

forme logiche

delini-

zioni e giudizi individuali,


fatto,

ragione e verit di
si

necessarie e contingenti, a priori e a posteriori,

mostrerebbero come unico atto e unica verit;


si

e insieme
come
(j

mostrerebbe praticamente legittimo parlarne

di

atti distinti,

perch nell'esprimere quell'unica verit e


si

nel-

l'unico giudizio

pu mettere verbalmente o letterariamente


predicato.

in risalto ora la definizione e ora l'asserzione di fatto, ora


il

soggetto e ora

il

Obiezione:

Questa via, che offrirebbe tanti vantaggi e sarebbe vera


^-^^ ^j

apparente

mancanza
di

uscita,
'

impedita dal sembra peraltro ^ ^


S

fatto

che nelle

elemento

definizioni
^^^q

nou

scorgc traccia del giudizio individuale


osse.
,

rappresentativo e sto-

dovrebbe csservi contenuto e fare tutt'uno con


la

rico

nelle

Se diciamo: la volont
ovvcro:
(si

forma pratica dello Spirito


azioni

definizioni,

la

virt
il

abito

di

morali, dov' mai

domander)

giudizio individuale e l'elemento rappre-

sentativo? Vi ha, senza dubbio, la forma verbale, espressiva e

rappresentativa, necessaria al concetto per la sua


la richiesta

concreta esistenza; ina non gi


fatto.

afFermaziono di

Cosicch l'ipotesi, che


di
tutti
i

si

proposta, sar assai iiigo


si

gnosa e ricca
gettare,

vantaggi che

sono detti; ma,


ri-

non sembrando confermata dall'indagine, parrebbe da


qualche altra migliore,
e, se

anche a rischio di doverne andare escogitando

non

si

trova, rinunziare oonit^

disperati a risolvere la difficolt.

I.

IDENTIT DEI GIUDIZ DEFINITORIO E INDIVIDUALE


fretta

133

Senonch giova non avere


piccolo particolare che
la
si

dare attenzione al

Ma

reale

accennato di volo: che cio


in

esiste II ZH
deU'elemento

forma verbale o letteraria pu mettere

risalto un

storico
apprere-

momento
ricordare

del giudizio e gettare nell'ombra e far quasi di-

nelle definizioni,

menticare,
il

ma non

perci sopprimere, l'altro.

Anche

(per

se nella lo-

caso inverso) nei giudizi percettivi o di fatto,

ro

conc

tezza.

in ispecie nelle

forme di

essi

che

si

sono chiamate me-

ramente

esistenziali e in quelle

chiamate impersonali, pa-

reva alla prima non esservi traccia di concetti; e nondimeno


un'analisi, che

non
le

si

lasciata arrestare dalle

apparenze ed
d'esi)resso

ha esaminato
modo), ve
definizione

forme verbali in quel che

hanno

e in quel che hanno di sottinteso (espresso anch'esso a suo


li

ha ritrovati, confermando che nessun giudizio


il

possibile senza

fondamento del concetto. In

verit,

una
si

non

esiste cosi in aria,

come potrebbe sembrare

dagli esemp che se ne recano nei trattati e nei quali

prescinde dal
dalle
altre

zione

quando e dall'individuo e circostanze di fatto, tra le quali la definistata pronunciata. In una definizione cosi vagameYite
dove
e dal
si

presentata non

rinviene elemento rappresentativo e giu-

dizio individuale;

ma appunto
si

perch definizione mutilata,

resa astratta e indeterminata, e che viene poi determinata


solo
col significato che

compiacer
si

di attribuirle chi la

riceve nella sua mente. Se invece


zione nella sua concreta realt, vi
si

considera

la defini-

minandola con cura, giudizio individuale.

sempre, l'elemento rappresentativo


trover

esa-

il

Ogni definizione
zione di
ciarla

se

la risposta a una domanda, la soluun problema; e non vi sarebbe luogo a pronunnoi non facessimo domande e non ci proponesci

La
zione

defini-

come
a

risposta

simo problemi. Perch


bisogno
ci

costringerebbe?

daremmo quell'incomodo? quale Come ogni atto dello spirito, la


un
travaglio,

domanda e come soluzione di pro-

blema.

definizione sorge da

un

contrasto, da

da una

guerra che invoca pace, da una oscurit che cerca luce,

134 IDENTIT

DEL CONCETTO E DEL GIUDIZIO INDIVIDUALE

ossia,

sposta.
tale

alla

come abbiamo detto, una domanda che chiede riN solamente la risposta suppone la domanda, ma risposta, tale domanda. La risposta deve essere intonata domanda, perch altrimenti non sarebbe risposta, ma
Il

elusione di risposta.

che torna a dire che

la

natura della

domanda

colora di s la risposta, e che una deiinizione,

considerata nella sua concretezza, appare determinata dal

problema che
Condizionalit indi-

la

fa sorgere.

Variando

il

problema, varia

l'atto definitorio.

Ma

la

domanda,
il

il

problema,
il

il

dubbio sempre indi-

viduale storica

e
di

vidualmente condizionato:
quello dell'adulto,

dubbio del bambino non

dubbio dell'uomo incolto non quello


di un italiano non quello di un teun tedesco dell'anno 1800 non quello

ogni doman-

da e problema.

dell'uomo
dottrinato,

colto,
il

il

dubbio del novizio non quello dell'addi

dubbio

desco, e

il

dubbio

di un tedesco dell'anno 1900; ^mzi, il dubbio formolato da un individuo in un determinato momento non quello che lo stesso individuo formola un momento dopo. Semplificando, si suole affermare che una stessa domanda stata mossa tal quale da molti uomini in vari paesi e in vari tempi; ma, col dire ci, si fa per l'appunto una sempli-

ficazione, ossia

un'astrazione. In
e

realt;\,

ogni

domanda
che

diversa

dall'altra,

ogni

definizione,

per costante

suoni e circoscritta da certe determinate parole, in realt


diversa dall'altra, perch le parole,

anche quando semche


le

brino materialmente

le stesse,

sono effettivamente diverse


pronunciano,
in circo-

secondo
i

la diversit spirituale di coloro


si

quali sono individui e

trovano perci sempre

stanze individuali e nuove.

La

virt

abito

di

azioni

morali una formola che pu essere stata pronunciata


migliaia di volte; ma, so ciascuna di quelle volte stata

pronunciata sul serio per definire

la virt,

risponde ad

al-

trettante situazioni psicologiche, pi o


in realt

meno

diverse, ed

non una,

ma mille

mille

definizioni.

I.

IDENTIT DEI GIUDIZI DKFINITOHK) K INDIVIDUALE


il

135

Si dir che, attraverso tutte codeste definizioni,

con-

cetto

medesimo, come un uomo che indossi a volta a volta vestimenti vari ed pur lo stesso uomo. Ma (lasciando di osservare che neppure l'uomo del pararimane sempre
il

finone

rimane del
il

tutto

il

medesimo
il

in quel suo vestirsi e

rivestirsi)

fatto poi,

che

rapporto tra concetto e dele

finizione
cetto

non quello

tra

l'uomo e

sue vesti. Ogni con-

non

esiste altrimenti che in quanto pensato e chiuso

in parole, ossia in

quanto

definito, e, se le definizioni va-

riano,

anche

il

concetto varia. Certamente, sono esse varia-

zioni del concetto, ossia dell'identico per eccellenza; sono


la vita del concetto e
il

non gik della rappresentazione:


fuori

ma
mai

concetto non

esiste

della sua vita e ogni pensa-

mento di esso il superamento


si

una

fase di questa vita e

non ne
si

definitivo,

non

potendo^si mai, per lungi che


o,

vada, nuotare fuori dell'acqua

per alto che

salga,

volare fuori dell'aria.

Ammessa
pensamento ^
zionalit

la

condizionalit individuale e storica di o:^ni

La

deflni-

definizione (condidel concetto ossia di ogni o \


si

donde

origina

il

dubbio,
si

il

problema,

la

domanda
altres

cui

la

definizione risponde), " ^

deve ammettere
la risposta e

'' *^"* insiememente giudizio ^"'' !!**"'';


ta delle

ve-

che la definizione, la quale contiene


il

afferma ntdiragio",*^"*7'
rita di fatto.

concetto, nel
'

fare ci illumini insieme quella condizio*


di
fatti

nalit

individuale e storica, quel gruppo

da cui

essa sorge.
lo

Lo illumina, ossia lo qualifica per quel che , apprende come soggetto dandogli un predicato, lo giue,

dica;

poich

il

fatto

sempre individuale, forma un


ossia ogni definizione insieme

giudizio individuale;
giudizio individuale.
pra, e l'assunto, che
Il

che risponde all'ipotesi fatta di sorisulta pro-

sembrava disputabile, ora

vato:

verit

di ragione e verit di fatto, giudizi analitici

e giudizi
distinti
il

sintetici, giudizi definitori e giudizi individuali,

gli

uni dagli

altri,

sono astrazioni. L'atto logico,


unico, ed identit di

pensamento del concetto puro,

definizione e giudizio individuale.

136

IDENTIT DEL CONCETTO E DEX^ GIUDIZIO INDIVIDUALE


teoria,

Conside-

Questa

che senza dubbio scomoda l'abito ordi-

razioni a
conferma
tenza.
di

nario del pensare (sebbene questo soffra a sua volta l'in-

questa sen-

comodo
sibile

delle proprie contradizioni),


al

pu essere resa plaul'

anche

pensiero ordinario, con

indurlo a riflettere

sulle

vicende dei giudizi definitori che sogliamo pronun-

ciare.
tal

Le nostre

definizioni

altro

avversario;

mutano

hanno in vista sempre col tempo e con altre


il

tale o

circo-

stanze;

quelle che sentivamo

bisogno di dare in uno

stadio del nostro svolgimento mentale,

vengono da noi

in

un

altro

stadio abbandonate,

erronee,

ma

perch

ci

non perch le giudichiamo sembrano ormai triviali o per altra


I

ragione inopportune e non calzanti.

quali adattamenti e
di con:

cangiamenti non avrebbero luogo se non intervenisse


tinuo
il

nostro giudizio sulle determinate situazioni di fatto


si

giudizio, che

pu tentar

di

porre come precedente o


atti definitori,

susseguente a ciascuno di quegli


effetti

ma

che in

non

n precedente n susseguente e
o,

si

dimostra

invece contemporaneo
identico con
l'atto

per meglio dire,

coincidente e

stesso definitorio.
e,

a una verit concettuale,

Ognuno che giunga per esempio, a una determinata


che forma quei concetti,

dottrina sull'arte o sulla morale, avverte immediatamente


in
s

stesso

che

egli, nell'atto
il

conosce meglio non solo

regno dei concetti,

ma
si

anche
fa pi

quello delle cose, e che un concetto, non appena

limpido, rende ipso facto pi limpide

le

cose dal cui turil

bine e tumulto s'innalza. Colui, che guarda

cielo e di-

mentica
sofo;

la

terra, sar

astronomo,

ma non

di certo filo-

perch nell'atto del pensiero, nel


sono tutt'uno, e chi
affisa

mondo
bene
il

delle idee,
cielo,

cielo e terra

vede

pi nettamente

configurata la terra.

Del resto, l'identit di definizione e giudizio individuale, che abbiamo dimostrata coi vari procedimenti che si sogliono dire negativi, ipotetici, di osservazione e induttivi,
confermata anche dal

procedimento che

si

chiama do-

I.

IDENTIT DEI GIUDIzt DEFINITORIO E INDIVIDUALE

137

duttivo. Giacch se

il

pensamento del concetto un grado


inferiore, nel concetto si

superiore alla pura rappresentazione, e nei gradi dello spirito


il

superiore contiene in s
di necessit

l'

deve ritrovare

non

solo

relemento concettuale
e congiunti
e
fusi

ma anche

quello

rappresentativo,

in

guisa tale che non sia dato distinguerli se non per astrazione. L'atto logico bens parlato, rappresentato, indivi-

duato; ma, ove


duale,

lo si

scinda in concetto e giudizio indivi-

non gi con distinzione puramente empirica ma con pretesa di distinzione reale, si foggiano due mostri: un concetto non individuato, e perci inesistente in modo
concreto;
e

un giudizio non pensato,

e perci inesistente

come

giudizio.

Come dunque

era provvisoria la nostra distinzione di

Critica deig*

definizione e giudizio individuale, cosi provvisoria deve essere considerata la parziale giustificazione che, fondandoci

tra

inzfone verit

sopra quella, abbiamo data innanzi delle proposizioni for-

r^""*,nateriaii.

malmente (logicamente) vere e materialmente (individuaimente o storicamente) false. Se anche quella distinzione pu aver uso nel discorso per designare certe classi di
errori

certi

abiti

mentali contrapponendoli ad

altri,

in

istretta logica

inammissibile, perch in ogni errore di


di concetto, e in ogni
fatti.

fatto

c'

sempre qualche oscurit

oscurit di concetto qualche oscurit nel giudizio dei

Similmente qualcosa vorr ben significare, in senso empirico, l'altra

comune sentenza
in

degli

errori di fatto che

si

commettono per uso o abuso


significato

di concetti puri;

ma

nessun

dove da tenere l'opposta sentenza: che ogni approfondimento e affinamento di conlogica,


cetti

essa ha

giova alla migliore cognizione dei


di coloro,

fatti. Si
'

parla corau-

Uomini

yia"*'"

nemente

che coltivano idee,

in

contrapposto di ^'^

*"'f' *, aristorami
telici,

coloro, che coltivano fatti, degli

uomini platonici e degli

uomini aristotelici.
ideo, sono
aristotelici,

Ma

platonici, se coltivano sul serio

perch insieme con esse coltivano

138

IDENTIT DEL CONCETTO E DKL GIUDIZIO INDIVIDUALE


coltivano sul serio
fatti,

fatti; e gli aristotelici, se

sono pla-

tonici,

perch insieme coltivano idee. La differenza neanche


si

qui sostanziale: tanto che spesso


alla singolare

rimane

stupiti innanzi

chiaroveggenza e penetrazione delle situazioni

di fatto della quale

danno prova

gli spirituali coltivatori


si

delle idee, o innanzi alla profonda filosofa che

scopre

nei materiali
Teoria dell'apphcazio-

cultori di fatti

E
j^gjig^

se

nou

deve pedantescamente perseguitare ogni frase


i

quale ritorni la metafora dell'applicare


in

concetti.

ne
pei

dei

con-

cetti,

vera perch le metafore

quanto
'

tali

sono innocue, ancho


'

concetti
pei

astratti e fai-

metafora, convertita in dottrina, ingenera y^^o che quella ^


^

sa

con-

un grave errore di scienza logica: contro


ribadire che
il

il

quale conviene

cetti puri.

concetto non

si

applica

all'intuizione, perch

non
il

esiste

nemmeno

per un attimo fuori dell'intuizione, e


dello spirito, ossia lo spi-

giudizio atto

primitivo

rito logico stesso.

Gioverebbe per altro investigare l'occa-

sione di

quell'errata dottrina, cio


dei concetti
si

donde

il

concetto del;

l'applicazione
nella quale

all'

intuizione sia stato desunto

indagine

vedrebbe, anzitutto, che non pu

essere stato desunto dai concetti empirici, perch costruire

un concetto empirico
che
nata classe, e
i

fare un'induzione, ossia pronunziare

gli oggetti a, b, e, d, ecc.

appartengono a una determicostruzione della classe e del


re:ilt

due

atti della

giudizio classificatorio

sono

in

un

solo, e solo

per

comodo
tempi.

didascalico se n' discorso di sopra in due diversi

la fonte di

quel concetto dell'applicazione

si

tro-

verebbe
di

alfine dov'

veramente, nei concetti

astratti, vuoti

ogni contenuto rappresentativo, e per s incapaci di


ai

produrre giudizi individuali; onde bisogna applicarli

giudizi individuali, dopo che (luesti sono stati elaborati in

pseudogiudiz nel

zione dell'omogeneo.

modo che si detto, ossia con la formaN solo la dottrina dell'applicazione,


tra giudizi analitici e sintetici, tra

ma

anche

le distinzioni

definizioni

percezioni, tra verit di ragione e di fatto,

I.

IDENTIT DEI GIUDIZ DEFINITORIO K INDIVIDUALE

139

necessarie e contingenti, hanno


astratti; e in essi

il

loro sostegno nei concetti

anche, infine, la teoria delle proposizioni


e
false

vere
grifl

formalmente

materialmente. (Due
tre

ippo-

pi tre ippogrifl fanno cinque ippogrifl: cosa formal-

mente vera, perch vero che due pi


cinque,

uguale a

ma
e

materialmente
di

falsa,

perch

g' ippogrifl

non

esistono). Verit
analitici

ragione,

necessarie, a priori, giudizi


i

pure definizioni sarebbero

numeri e

le loro

leggi; verit di fatto, contingenti, a posteriori, giudizi sintetici

e individuali sarebbero le verit provenienti dall'espe-

rienza.

Ma, se

ci

ben ammissibile nel dominio

dell'astra-

zione nel quale non regnano n pensiero propriamente detto

n verit, nel dominio della verit e del pensiero


di

termini

ciascuna di quelle due serie

si

trovano nei termini cor-

rispondenti dell'altra; e l'analisi fuori della sintesi tanto

impensabile quanto

la sintesi fuori dell'analisi.

Allo stesso
distin-

modo,

nello

spirito pratico, si

pu empiricamente

guere intenzione e azione; e nondimeno una pura intenzione fuori dell'effettiva azione non

nemmeno
pratico,

intenzione,

perch nulla, e nulla un'azione fuori e senza dell'intenzione.


Spirito
teoretico
e
spirito

anche sotto

questo aspetto, hanno tra loro compiuta rispondenza.

II

La

sintesi a priori logica

L'identit
del giudizio
definitorio e
di

s.e

l'analisi fuori della sntesi, l'apriori fuori dell'aposte-

riori, inconcepibile, e se

inconcepibile del pari la sin-

quello in-

tesi fuori dell'analisi e l'aposteriori fuori dell'apriori, l'atto

di vidu.'ile,
Attuata nella sintesi a
priori.

vero del pensiero sar un'analisi sintetica, una sintesi analitica,

un

aposteriori-apriori, o, se piace meglio,

una sintesi
tra

a priori.

Per

tal

modo

l'identit

da noi

stabilita

giudizio

definitorio e giudizio individuale finisce

con l'assumere un
e,

nome

celebre negli annali della filosofia moderna;


afl'ermare nel

assu-

mendolo a questo punto, pu


per averla gi dimostrata,
e determinarne esattamente
Obiezioni
il

tempo

stesso,

la verit della

sintesi a priori,

contenuto.
obiezioni che quel concetto

Non
anche

il

caso di riandare

le

ontro la
intesi
priori,

kantiano suscit, e ben doveva suscitare: obiezioni che


in Italia

pro-

come

altrove dettero origine a tentativi di

venienti dagli uatratti-

confutazione assai acuti, convertitisi in parziali e talvolta


inconsapevoli acccttazioni da parte dei confutatori. Basti
dire che tutte le obiezioni contro la sintesi a priori, ricer-

ti

dagli

mpirlstl.

cate nelle loro ultime sorgenti,


del resto ineluttabile, dalle

si

vedono provenire, come


unilaterali,
il

due dottrine

che

quel concetto supera: dal doinmatismo o astrattismo,

quale,

non scorgendo
bile
il

altro se fuori

concetto

o sopra

non l'elemento logico, stima pensadei fatti (mera analisi); e

II.

LA SINTESI A PRIORI LOGICA

141

dairempirismo, che, scorgendo solo l'elemento rappresentativo, pretende ricavare il concetto per induzione dai fatti
bruti (mera sintesi).

Dommatici ed empiristi non sono


il

in

grado
i

di spiegare la percezione ossia

giudizio individuale;
e

primi facendola nascere per contatto esterno,


i

quasi

accidentale, tra concetti puri e dati di fatto;

secondi, ora
la

presupponendola senza spiegarla, ora confondendola con

pura intuizione, se non

addirittura con

la

sensibilit

ed

emozionalit. Si pu dire che chi non accetta la sintesi a


priori fuori della strada della filosofia
filosofia senz'altro,

moderna anzi
,

della

e deve sforzarsi di trovarla o di ritrosdilin-

varla, se

non vuole bamboleggiare con l'empirismo,

quire col misticismo o annaspare nel vuoto dello scolasti-

cismo.

Anzich

riferire

ed esaminare per minuto tutte

le

obiezioni

False

iii-

mosse contro

la sintesi a priori (che, del resto,

sono state

terpetraxioni della sintesi

gi sostanzialmente mentovate e discusse negli svolgimenti


dati finora alla nostra trattazione), sar

a prio-

bene aggiungere

alcuni chiarimenti ad impedire fallaci interpe trazioni di quel


concetto.

Le quali interpetrazioni

fallaci s'insinuarono,

come

accade, anche nel pensiero di quel filosofo che la scoperse


e conferirono forza e autorit a talune delle obiezioni contro
la dottrina stessa.

E
nere,

in

primo luogo,
di sintesi a

compiendo

la

forinola

gi

data,

Sintesi

converr parlare in Logica non di sintesi a priori in ge-

priori in ge-

nere e sintesi

ma

priori logica. La

sintesi

a priori

priori

delle forme tutte dello Spirito, perch lo Spirito, consi-

***^'*^'''

derato in genere, nient'altro che sintesi a priori


si

e questa

esplica nell'attivit estetica e nella pratica,

non meno

che in quella logica.

Come mai un

poeta creerebbe una

pura intuizione, se non movesse da un suo stato passionale,


cosi e cosi condizionato, cio cosi o cosi costituito? senza

qualcosa da intuire e da esprimere, sarebb'egli mai poeta?


e sarebbe poeta, se riproducesse

materialmente quel qual-

142

IDENTIT DEL CONCETTO E DEL GIUDIZIO INDIVIDUALE

cosa senza trasformarlo in intuizione pura? Nella intuizione

pura c' e non c' quella materia: non c' come materia
bruta, c'

come materia formata,


si

ossia

come forma; cosicch

a ragione

dice che l'arte pura forma, o che materia

e forma, contenuto e forma, fanno in arte tutt'uno (sintesi


a priori estetica). N,
sibile volere

accennando

all'attivit pratica, pos-

senza una materia del volere, o volere fuori

della materia data.


fatto e

L'uomo

pratico accetta le condizioni di

insieme

le

trasforma col suo atto volitivo, creando

qualcosa di nuovo in cui quelle condizioni sono e non sono:


sono, perch l'azione
'

compiuta

corrispettiva a esse;

non
at-

sono, perch essendo nuova, le ha trasformate. Sintesi a


priori

vale,

dunque, in genere,

attivit

spirituale;

tivit ^spirituale

non

astratta

ma

concreta, cio lo spirito

stesso,

il

quale a s medesimo sola condizione e da

medesimo solamente
definitorio

condizionato. La
non

sintesi

a
del

priori,

che costituita dalla coincidenza o identit


col giudizio individuale,
,

giudizio

dun-

que, sintesi a priori in genere,


sintesi
Sintesi a

ma una

forma particolare,

a priori logica.

L'avere fermato
|>j^|jj.q^
j^

chiaramente questo punto giova, tra


si

priori

non
col recare,

dissipare le confusioni nelle quali

incorsi

come

esemp di giudizi sintetici a priori logici,

formazioni spirituali non rispondenti alla vera logicit.


questo
il'

Ed

caso del famoso: 5


si

12, intorno al

quale a lungo
priori

contrastato se sia giudizio sintetico a

semplicemente analitico, ritrovandosi in esso o


gli aspetti sotto

non ritrovandosi, secondo


l'elemento sintetico.
di
Il

cui

si

guardava,

medesimo

accaduto per altri esemp

diversa natura,
si

come
Il

quello del

giudizio: la

neve

bianca, che

disputato se sia sintetico a priori, o sem-

plicemente sintetico.

vero che in nessuno di questi

due

casi

si

ha

sintesi

a priori logica, perch

il

giudizio

54-7

12

espressione di concetti astratti o numerici,

II.

LA SINTESI A PRIORI LOGICA

143

la

neve bianca
vale

espressione di concetti empirici o

classificatori;

a dire,

l'uno e l'altro non hanno in-

dole propriamente logica,

ma, come sappiamo, empirica abbiamo negato, in pura pratica; onde astratta, ossia od Logica, l'ammissione di giudizi meramente analitici o di

meramente

sintetici.

spirituali del

Per un altro verso, cosi le formazioni primo come quelle del secondo tipo sono vespiatti

ramente sintesi a priori, perch, come formazioni


rituali
(e

sia pure d'indole pratica), sono anch'esse

creativi (sintetici) dello spirito.

Da

ci

il

loro sembrare, a

volta a volta, sintesi a priori o cosa affatto diversa dalla


sintesi a priori, con contrasto

apparentemente inconciliabile,

laddove basta solamente aggiungere nella risposta affermativa l'aggettivo pratica , e in quella negativa l'aggettivo

logica

per ottenere la conciliazione, che conciliazione

nella verit.

Importanza non minore ha


priori logica (e
si

la

questione se la sintesi a
la

La

sintesi

potrebbe dire

sintesi a priori

in ge-

a priori co-

me

sintesi
di

nere) sia da concepire

come

sintesi di opposti; o, in altri

on i

termini, se intuizione e concetto, materia e forma, stiano


nella sintesi a priori a quel

di'TistlntT*

modo che
il

l'essere

il

non

essere stanno nel vero Essere, che


il

Divenire, e

come

bene e

il

male,

il

vero e

il

falso e via dicendo, stanno

nelle

forme speciali dello Spirito. La risposta affermativa


hegeliana
e

a questa domanda data segnatamente, com' noto, dalla


filosofia
;

non

si

vuol negare

il

contributo di

verit che apportava siffatta dottrina, in quanto col consi-

derare la sintesi a priori come sintesi di opposti insisteva


sul

punto essenziale, che intuizione e concetto, materia e


si

forma, non
separabili
e

trovano nell'atto logico come due elementi


estrinsecamente
esiste

solo
il

collegati;

che fuori
e
il

della sintesi

soggetto non

come soggetto

pre-

dicato

non

esiste in

niun modo, e conviene perci bandire

qualsiasi interpetrazione della sintesi a priori

come racco-

144 IDENTIT DEL CONCETTO K DEL GIUDIZIO INDIVIDfJALB

stamento di due

fatti

separatamente

esistenti.

Ma, ricono-

sciuto l'aspetto vero della dottrina, da correggere quello


fallace,
il

che ha origine nella confusione gi schiarita onde

rapporto degli opposti veniva indebitamente esteso ai con-

cetti distinti e l'unit della effettiva distinzione

scambiata

con l'unit

dialettica,

che appariva sintetica solamente in


^.

quanto polemica contro un'astratta distinzione

La

sintesi

a priori unit di distinti e non di opposti: quel che


materia della sintesi logica, e fuori di essa non ha alcun
carattere logico (non soggetto), tuttavia, in
inferiore grado spirituale,
e
si

un

altro e

forma essa stessa e non materia,


il

chiama intuizione. Donde

rapporto di distinzione e

unit insieme: la forma non senza la materia,

ma

la

nuova

materia fu gi forma ed ebbe perci

la

sua propria materia.

La

sintesi

a priori logica presuppone una sintesi a priori

estetica, la quale, considerata nella sfera logica,

non

pi e

sintesi

ma

elemento inseparabile dalla nuova

sintesi,

fuori della sfera logica

ha

la

sua propria relativa autonoil

mia. L'intuizione, nell'atto logico, cieca senza


cetto,

con-

come questo

vuoto senza

quella;

ma

l'intuizione
il

pura non cieca, perch ha


concetto contiene l'intuizione,

la propria

luce, intuitiva:

ma

l'intuizione trasfigurata,

ed

sintesi

non gi
da
s,

di s e del suo opposto,

ma

di s

del distinto

indistinguibile

da

lei

fuorch per atto

di astrazione.

questo

nella formola della sintesi

modo si soddisfa l'esigenza che come unit di opposti, e al tempo


in

stesso so ne reprime la tendenza esagerata o panlogistica.

Tendenza che conduce a scacciare


filosofa

forza del

concetto
e per
la

della sintesi logica quello della sintesi estetica,

a negare

l'arte,

non

solo nella cerchia filosofica

(dove la negazione certamente giustificata),

ma

in

tutta

Si

veda sopra,

sez. I, e. 6.

II.

LA SINTESI A PHIORI LOGICA

145

la

cerchia spirituale; e che, passando a ulteriori usurpa-

zioni, e, per la

brama

di

con

la sintesi logica tutte le altre sintesi,

una malintesa unit surrogando produce un deche


lo

serto

spirituale, in cui

c' rischio

stesso pensiero

logico

muoia d'inedia.
il

L'elemento logico,

concetto puro o giudizio definitorio,


si

La categroria nel giudicio. Diffe-

considerato da solo, quello che

designa nella sintesi

a priori logica col


poi altro se

nome
ci

di

categoria: nome, che non


della parola
Si

non l'equivalente greco


siamo
serviti.
si

predi-

renza tra categoria e i-

dea innata.

cato, di cui finora

discusso se la

categoria sia ci che una volta

chiamava idea innata;


infatti,

e bisogna rispondere che lo stesso e insieme qualcosa di

profondamente diverso. L'idea innata,


tegoria,

era la ca-

come posseduta e pensata prima dell'esperienza, al modo di quella scuola che abbiamo chiamata degli astrattisti o dei dommatici. Prima la musica,
posta
poi le parole;

ma

prima

le

definizioni,

poi

giudizi

indivi-

duali o percezioni.

La categoria invece non la madre o il primogenito, ma nasce a un parto col giudizio individuale, e neppure come gemella di esso, ma come quel
giudizio stesso; e sotto quest'aspetto la categoria o l'apriori
l'innato,

non
che
la

ma
se

il

perpetuo neonato.

Da

ci

si

ricava
il

domanda

il

prius logico

sia

il

giudizio o

con-

cetto,

vana, non solo nella relazione gi esaminata del

concetto con la

forma verbale (giudizio

definitorio),

ma

anche nella relazione del concetto col giudizio individuale.


Si

pu dire indifferentemente, che pensare concepire,

o che

pensare
al

giudicare, perch
il

le

due formole

si

riducono

medesimo. Del pari vana


giudizio o
lo
si

la questione, se le

categorie precedano

ricavino da esso; per-

ma non si ricavano neppure dal giudizio, e dal giudizio non si esce fuori mai, come non si esce mai fuori dalla realt e dalla
ch non solamente esse non precedono,
storia.

B. Croce, Logica.

146

IDENTIT DEL CONCETTO K DEL GIUDIZIO INDIVIDUALE

La

Sintesi
I

L' importanza della sintesi a priori log-ica fu diminuita

priori,

supera
to della tra-

^^j g^^

e ripetitori, che

medesimo scopritore, e peffario ancora daffli scolari non si trovarono in grado d' intendere le

scendenza

l'oggettiT

ragioni di quel concetto, la sua genesi e ideale e storica.


E,

t del cono
scere.

per restaurarla nella sua pienezza, qui diremo che,


il

quando
cendo
si

concetto era posto fuori e prima dell'elemento


il

rappresentativo e

pensiero prima e fuori del


si

mondo

(fa-

applicasse poi al secondo), il mondo doveva apparire come qualcosa d'inferiore al concetto, una deturpazione o un contatto impuro che il pensiero
che
il

primo

era costretto a soffrire.

E quando,

d'altra parte, l'elemento

rappresentativo era collocato fuori e prima del concetto,

questo gli appariva inferiore, e quasi povero e inadeguato


espediente per cogliere la verit del

mondo senza

potervi

davvero riuscire; epper una diversa


zione o inquinamento del reale.

ma

analoga deturpail

Donde

sospiro

che

si

ode gi nell'antichit, e pi forte e frequente nei tempi mo-

parole (cio i concetti, perch i concetti, si chiamavano parole) non ci facessero ostacolo, come apprenderemmo direttamente- le cose! oh se l'intermedio del pensiero non si frammettesse, come possederemmo in diretto e vigoroso abbraccio la realt genuina! Infederni:
le

Oh se

riore nel

primo caso

la realt al concetto, e inferiore nel


i

secondo questo a quella,

due elementi erano per

altro

mantenuti sempre estranei, e


bile; tanto

la verit reputata inattingi-

che l'una e

l'altra

tendenza unilaterale andavano

a Unire, e vanno ancor sempre a finire, nel trascendente e


nel mistero. Secondo la prima scuola,
il

mondo
la

creato

un Dio
lui

fuori del

mondo

e sar da lui disfatto


l'altra,

da quando a

sembrer opportuno; secondo

verit delle

cose 6 avvolta in un buio impenetrabile. Ma, posta l'idea


della sintesi a priori, n la realt inferiore al pensiero

il

pensiero alla realt, n l'uno estraneo all'altra


al

le

rappresentazioni sono docili

pensiero e

il

pensiero copre

II.

LA SINTESI A PKIORI LOGICA

147

le

rappresentazioni
coprisse
la

meno

assai che

il

vel suttile e rado

noti

belt di

Alcina

la

compenetrazione dei

duo elementi cosi perfetta da convertirsi nella pi fluente


e pura unit.

La

falsa

credenza di una esteriorit ed

ete-

roj^eneit tra realt e pensiero

non pu rispuntare se non

quando

al concetto

puro e
i

alla sintesi a priori si sostitui-

scano inavvedutamente

concetti astratti con gli annessi

giudizi analitici, vuoti di

contenuto rappresentativo, o

concetti empirici con gli annessi giudizi


tici,

meramente

sinte-

privi di

forma

logica.

sintesi

a priori:
ai

refltcacia

Questo il gran valore della cio che essa possiede a porre


la

termine

dubbi circa l'oggettivit del pensiero e


realt, e a fare trionfare la

conoscibilit della
scere s medesimo.

potenza

del pensiero sul reale, che la potenza del reale a cono-

Ma, come abbiamo


sintesi

detto, questa potenza


allo

appunto della
essa
(o
si

Potenza
***"*

a priori rimase oscura

scopritore di

""^
i-

a priori,

oscurissima ai suoi ortodossi seguaci): di guisa che anche


al
al

rimasta

Kant parve che la categoria fosse non " gi immanente reale e pensamento della realt di questo, ma aggiunta

"<* ""**
stesso suo
scopritore.

estrinseca bench necessaria, alterazione inevitabile intro-

dotta nella realt per poterla pensare, rinunzia anticipata


alla

conoscenza della realt genuina,


categoria e giudizio,
la

la

quale resterebbe
s.

fuori di ogni

come Cosa in
e

Anla

che nel Kant

sintesi a priori

si

confuse talora con

mera

analisi o

con

la

mera

sintesi;

come queste sono

manipolazioni del reale, estrinseche e non intrinseche, pratiche e


tesi

non logiche,
si

utili

ma

prive di verit, cosi la sin-

a priori gli

configur quasi espediente a cui l'uomo


ricorrere, e che

ricorro e

non pu non

segna non gi

la
il

potenza,

ma

la

debolezza della mente umana.


ideale della

Kant vagheggi un
sintesi a priori

Anche conoscenza, che era non

la

ma

l'intuizione intellettuale, l'adegua-

zione perfetta del pensiero e della realt, inconseguibile

148 IDENTIT DEL CONCETTO E DRL GIUDIZIO INDIVIDUALE

dallo spirito
lettuale,

umano.

sospirata

E non s'avvide che l'intuizione intelma tenuta impossibile, era appunto la


sintesi a priori
;

continuamente effettuantesi
tivo, e

non pens che


difet-

ci che necessario e insuperabile

non pu essere

che

la sintesi
il

a priori da

lui

scoperta essa proprio


il

ed essa solamente
effettua perci|in
sintesi e dalla

vero concetto e

vero giudizio, e

si

modo profondamente
analisi, IC/ quali

mera

diverso dalla mera non sono n concetto

n giudizio; e che, finalmente, se queste ultime postulano necessariamente una cosa in s, la sintesi a priori non

pu postularla per

la

semplice ragione che l'ha in s.

Ili

La Logica e la dottrina delle categorie

Wuando
si

si

pervenuti

alla

definizione della categoria,


(e si

La
j^

richieBt

saol fare alla Scienza logica


essa)

far anche alla nostra

""ompieu

trattazione di

la richiesta di

determinare q.uante e
tra loro, e di for-

delie catego-

quali sono le categorie, e

come connesse

marne

la

tabella.
ri-

nostro avviso, la Logica deve respingere questa


,
.

Richiesta

e-

chiesta, che

si

tonda sulla confusione tra pensiero


_
1

,.

..

stranea

alla

in g-

LoKica.

ca-

nere e pensiero come scienza del pensiero. Nel giudizio

tegorie logi-

mdividuale sono certamente affermate

le

categorie,

ma

che e catego^.^
j.^^^,.

la

Logica, in quanto scienza del pensiero e del giudizio, non

assume
con
vere
le

di

forraolare giudizi per


i

affermare quali siano

termini predicabili,
quali
s
si

concetti ultimi o puri, le categorie


la realt;
alle altre

pensa

n pu pretendere di

so-

stituire
i

medesima
tutti

scienze filosofiche e risolsi

problemi

che

il

pensiero

viene proponendo

intorno alla natura della realt. Suo uflacio definire categorie e iormolare giudizi solo

Realt, che
gersi alla
<ietti

sopra quell'aspetto della Pensiero logico; e perci deve restrinquestione se vi siano categorie logiche, conil

supremi o supremi predicabili della


questione circa

logicit,

e,

nel

caso affermativo, determinarle e dedurle.

Ma

la

le

categorie della logicit stata

L'unicit
della catego^ja logica:

gi da noi considerata e risoluta in

modo negativo per un


si

verso ed affermativo per

l'altro.

Cio,

negata

la

mol-

concetto.

150

IDENTIT DEL CONCETTO K DEL GIUDIZIO INDIVIDUALE

teplicit delle categ^orie della logicit,

perch

le

tre

fon-

damentali, comunemente enumerate, concetto, giudizio e


sillogismo,
le altre,
si

sono dimostrate identiche

e queste stesse e

elaborate o escogitate dalla Logica formalistica

(classi di concetti,

forme di giudizi e figure di sillogismo),


e,

sono apparse empiriche e arbitrarie;

finalmente, quelle che

avevano

il

loro

fondamento nella gnoseologia degli pseudo-

concetti, sono state chiarite estranee alla Logica pura.

si

affermata la categoria

della logicit, l'unica categoria,

cui la logica dia luogo, ed stata definita

come concetto
sia

puro, giudizio definitorio e individuale insieme, sintesi a


priori logica;

n per questa parte sembra che vi

da

aggiungere
Le
altre ca-

altro.

Che

le

categorie enumerate

come categorie

logiche

si

tej?orie,

non
I

pi logiche,

riducano a varianti verbali di questa unica del Concetto


puro, ovvero appartengano agli altri aspetti dello spirito,
distinti dal pensiero logico in
si

ma

reali.

sistemi
categorie.

di

quanto

tale, si

scorge tosto che

dia
si

uno sguardo spregiudicato


almeno
o,

alle

tabelle di categorie

che

posseggono, a cominciare da quella di Aristotele, che


tra le cospicue, e a finire a quella dello

la prima,

Stuart

Mill,

se

piace meglio, alla Kategorienlehre di


l'ultima o tra le ultime.
il

Eduardo von Hartmann, che


qualit, denotano in qualche

Nella tabella aristotelica, se l'ovoia e

jtoiv, la

sostanza e
il

la

modo

il

soggetto e

predicato

del giudizio, cio gli elementi astratti della sintesi a priori,,


il

jtoov

richiama invece
il :n;o

il

procedimento numerativo e

rai-

suraiivo,

e e

il il

note la determinazione dello spazio e del ndoxeiv


i

tempo,

il Jtoieiv

principi dell'attivit pratica, e


la tabella

via discorrendo.
riferirsi

E quantunque

kantiana sembri

volersi riferire piti particolarmente al pensare


si

logico,

pure

vedono

in essa tracce dei principi dei proaltri:

cedimenti matematico, naturalistico, euristico e


dire che nella filosofia kantiana
il

senza

sistema compiuto delle


trascen-

categorie da desutnere non

dalla sola Logica

in.

LA LOGICA K LA DOTTRINA DELLK CATEGORIE

151

dentale,

ma anche

dall'Estetica trascendentale

(spazio e

tempo), e dalla Critica della Ragion pratica e del Giudizio,

che tutte mettono capo a funzioni o forme operatrici di


sintesi spirituali, le quali

ricompaiono come categorie nei


le

giudizi; e

non bisognerebbe nemmeno trascurare

kan-

tiane categorie metafisiche della Fisica.

Ci diventa assai pi chiaro nella dottrina hegeliana,

Il

sistema

dove

le

categorie sono non solamente quelle del pensiero

hef^el iiino delle categorie, e altri

logico o pensiero soggettivo, Concetto, Giudizio, Sillogismo,

ma
il

anche

la

Qualit, la Quantit e la Misura, l'Essenza,


e la Realt,

sistemi
steriori.

po-

Fenomeno

con

le loro

sottoforme e passaggi,
e

e quelle del concetto oggettivo.

Meccanismo, Chimismo

Teleologia, e quelle della idea, Vita, Conoscere e Jdea assoluta. L'hegeliano

Kuno

Fischer, condotto nella sua Logica

dalla coerenza interna di quella ricerca e dall'esempio del

suo maestro a includere tra

le

categorie

il

Conoscere e

il

Volere, fa talune avvertenze, che giova ascoltare: Potr


(egli dice)

sembrare strano a primo

tratto

che

il

Conoscere

il

Volere compaiano qui come concetti logico-metafisici,


categorie.

come
,

La conoscenza ha d'uopo

di categorie:

ma

essa stessa, categoria?

sia

pure che

il

conoscere rientri
volere?
Il

nella Logica;

ma

che cosa ha da vedervi

il

volere

appartiene alla psicologia e alla morale, non alla logica


e alla metafisica.

Sembra dunque che

le

categorie a volta

a volta

si

disperdano nella
quelli di

concetti

come

psicologia e nell'etica,
volere.

fisica e nella fisiologia merc meccanismo e organismo, o nella merc i concetti del conoscere e del

di questo genere sono state mosse soabbiamo mostrato che il concetto deve essere pensato come oggetto, e che il concetto dell'oggetto esige quello di meccanismo; e in questa prova gi la

Obiezioni
ma
noi

vente;

giustificazione della cosa. Che, in effetto,

il

conoscere e
si

il

volere sono categorie; e se l'esperimento onde

ricono-

scono

le

categorie

che esse valgano

non solamente

152 IDENTIT DKL CONCETTO E DEL GIUDIZIO INDIVIDUALE

per certi ogg^etti

ma per

tutti, e che

debbano espridifficile
il

mere runiversale natura delle


vedere in quale profondo significato
lere

cose, non
il

Conoscere e
L'

Voe

escano

trionfanti

da

siffatto

esperimento.

uno

l'altro

non appartengono

solo

alle

cosiddette facolt dello

spirito

umano,
e

mondo;
sere
volere,

inteso

condizioni stesse del se il mondo viene inteso come fine, deve esanche come volere, perch il fine, senza il
invero alle
il

ma

niente... Se

conoscere e

il

volere fossero so-

lamente una piccola provincia umana nel mondo, di certo

non sarebbero categorie; non alla metafisica, ma


universali,

il

loro concetto apparterrebbe

alle

scienze antropologiche.

Ma
del

poich l'uno e l'altro sono invece principi cosmici, concetti

senza

quali

il

concetto

degli

oggetti

mondo non pu
per
rie; tal

essere pensato a fondo e conosciuto, essi

ragione hanno necessariamente valore di categoin

quanto coronano e compiono


le

il

concetto

del

mondo, sono

categorie supreme

K Questo ragionamento

torna a dire che sempre che un concetto sia veramente universale (non gi ristretto a questa o quella classe di
manifestazioni della realt, ossia empirico), sempre che un
concetto sia concetto

puro,

categoria: dottrina esattisla ricerca

sima,

ma

dalla

quale lecito concludere che

delle categorie sconfina dalla


i

concetti o

il

concetto della realt,


si

mera Logica, che non elabora ma solo il concetto


il

del concetto. E
abbracciare

noti

che se

tentativo hegeliano di

la totalit delle
si

categorie non fu inteso nel suo

vero spirito, e taluni

attennero di nuovo kantianamente

alle sole categorie dello spirito teoretico e pratico-teoretico


(lo

Hartmann

le

offre nella tripartizione

generale di cate-

gorie della sensibilit, del pensiero rifiettente e del pensiero


speculativo), la tendenza alla totalit ricomparve in

modo

Logik', pp.

5;i2-8.

111.

LA LOGICA E LA DOTTRINA DELLE CATEGORIE


Mill,

153

ingenuo nello Stuart


trappose
la sua,

che alla tabella aristotelica con-

ripartita nelle tre classi dei

(sensazioni, pensieri, emozioni, volizioni),

delle

sentimenti sostanze
i

(corpi e spiriti), e degli attributi (qualit, relazione, quantit):

che

o vuol essere,

una tabella

di

tutti

concetti
nel

supremi, quantunque,
proposito, dia

nell'esecuzione non

meno che

una

filosofia infantile.
L' ordine
loj^ico

La
non
tesa,

dottrina delle categorie stata serbata nella Logica

solo a cagione dell'accennata confusione tra pensiero

dei
o

predicati

del pensiero e pensiero in genere,

ma
i

anche per una preconcetti stessi del

categorie.

che conviene esaminare. Perch, pure concedendo


le

che

categorie non sono altro che

reale, si 6 affermato
dicati,
si

che questi concetti, fungendo da pre-

presentano nella logicit in un ordine necessario,


scienza logica dedurre. Nel determinare

che

ufficio della

col pensiero la realt, si comincia da un primo predicato, che sar, per esempio, l'essere, giudicandosi che la realt
.

Ma

questo giudizio

si

dimostra subito insufficiente, onde

conviene determinarlo con un secondo predicato e giudicare che la realt e non insieme, ossia divenire.

sua volta, questo predicato del divenire

si

dimostra vago

e astratto, e bisogna determinare la realt

come qualit,

e cos via

come quantit, misura, essenza, esistenza,


vita, riflessione, volont,
tutti
i

meccanismo, teleologia,
idea: dandole
il

consecutivi predicati che esauriscono

suo concetto.

Ma
,

di quest'ordine, di questa

immaginaria successione

illusione

logica noi gi conosciamo l'inganno e sappiamo che nel


predicato, verbalmente espresso o messo in evidenza, sono

circaiarcaita lopica di

questordi"^"

condensati e sottintesi
giudizio
si

tutti

predicati,

perch in ogni

predica del soggetto la piena realt K Ci


altres

comprovato

dalla

dottrina stessa sopra

ricordata,

Si

veda sopra

sez. II, e. 5.

154

IDENTIT DEL CONCETTO E DEL GIUDIZIO INDIVIDUALE

la

quale a suo

modo considerava
isolato e astratto,
il

dimostrava insufficiente

un predicato
totalit

e sufficiente solamente la

dei

predicati,
Si

concetto pieno del Reale,

dello

Spirito o dell'Idea.

potr,

senza dubbio, venire espodello


;

nendo

il

concetto della Realt,

spirito

o dell'Idea

nella sua unit e nelle sue distinzioni

ma
il

la

Scienza

lo-

gica in quanto tale ha per oggetto non

concreto pensa-

mento
cetto
La
necesIl
sit dell'or-

dell'unit e distinzione del reale,


'della unit e distinzione.
si

ma
ai

solo

il

con-

vario or^namento, che

suol

dare

predicati col

dine dei predicati,

graduarli secondo la loro maggiore o minore adeguazione


alla realt,

non

ha

la

sua origine in

ci,
si

che nelle controversie

fondata nella

Logica in
nella Fi-

filosofiche sul concetto del

Reale

propongono affermazioni

particolare,

unilaterali di questo o quel predicato o

gruppo

di predicati,

ma

losofia nella

si

trascurano o negano

altri

non meno necessari.

nel

sua totalit-

prendere a polemizzare contro codeste unilateralit e ad affermare


la totalit inscindibile dei predicati,
i

singoli predi-

cati, oggetti delle

affermazioni unilaterali, vengono scruti-

nati

l'uno dopo l'altro per dimostrarne l'insufficienza,


si

per ci stesso

conferisce loro un certo ordinamento, che


le

non arbitrario, perch


determinate e
si

possibilit

degli

errori

sono

deducono dalla

dialettica stessa delle di-

stinzioni nelle quali solamente l'unit del Reale vive.

Ma
;

appunto per ci l'ordinamento non pu essere fornito dalla


sola Scienza logica, sibbene
e,

da

tutta la concezione del Reale


il

per esempio, non basta pensare

concetto del concetto


quello
dell'attivit

(Scienza logica),

ma

occorre pensare

etica (Scienza etica) per determinare quali siano le unilateralit possibili, e

quale la successione di esse, nella inal principio della

dagine critica intorno

morale. Dal conricava, o, meglio,

cetto del concetto questa dialettica


si

non

si

ricavano solo quelle guise erronee, che derivano dal


il

pensare unilateralmente

concetto del concetto,

come

ve-

dremo a suo

luogo.

Con

altre parole, l'ordine delle catego-

HI.

LA LOGICA E LA DOTTRINA DBLLK CATEGORIE

155

non certamente qualcosa di mero comodo, un semplice ordinamento didascalico, un jtQTEQov jiQq TitAg e potr ben dirsi un jtQxeQov (puoei; ma questo
rie

nell'uso indicato

primo per natura, come non diverso dal concetto integrale


della Realt, cosi

non

si

esaurisce nel concetto della logicit.


Falsa dine i II z i della Filos t

Se
tra
il

la

confusione tra Logica e Dottrina delle categorie, o


altre

pensamento della categoria logica e quello delle

categorie,

non avesse avuto

altra

conseguenza che d'introla

sofia in
sfere,
fisica

durre nei volumi di Logica una trattazione

quale esubera

due Metae Fi-

da

essi,

il

male non sarebbe grande

e toccherebbe pi che

losofia,

Fi-

altro

l'euritmia letteraria e la chiarezza didascalica.


stato ingenerato

Ma
fi-

losofia razionale e Filosofia


le, ecc.,

da quella confusione

un errore propria-

rea-

mente

filosofico,

che ha sdoppiato l'unit della scienza

pr-

veniente
dalla confu-

una dualit di gradi, variamente designati ora come Metafisica e Filosofia, ora come Filosofia razionale e Filosofia reale, ora come Gnoseologia e Antropologia (o Cosmologia), ora come Logica e Sistema filosofico, ora come Filosofia generale e Filosofie particolari, e via dicendo. La concezione della Realt , per tal modo, pensata due volte: una volta, come parte
losofica in

sione

tra Logrica e

Dottrina
delle categorie.

della Logica (Dottrina delle categorie, Ontologia, ecc.), e


un'altra,
si

come

Filosofia effettiva o applicata

e la Filosofia

scinde in Prologo alla filosofia e Filosofia,

ovvero in

Filosofia e Conclusione della filosofia.

Ma

la Filosofia, seb-

bene

si

distingua dialetticamente in filosofie (Estetica, Lo-

gica, ecc.), questa distinzione stessa, ossia l'unit immanente in esse, e non d mai luogo a dualit di gradi: non mai un prologo, uno svolgimento o una conclusione,

essendo in ogni suo punto prologo, svolgimento e conclusione.


l'

Come

dalla Logica empirica e formalistica proviene

idea di una Logica che non sia filosofia


filosofia,

ma

organo o

strumento o regola o norma della


l'idea di

cosi dalla con-

fusione della Logica con la Dottrina delle categorie nata

una Logica,

di

una

Metafisica,

di

una

Filosofia

156 IDENTIT

DEL CONCETTO E DEL GIUDIZIO INDIVIDUALE


altro si

generale, o

come

chiami che

stia

innanzi

o sola

pra

la

restante filosofia.

Ma
il

la

Scienza del pensiero,


il

Logica, insieme pensiero e filosofia effettiva:


siero stesso, che

pen-

pensando

Eeale pensa s medesimo, e


logica, l'ufficio che gli spetta

prende da

s,

come scienza

nella dialettica del Reale.


Filosofa

Potrebbe sembrare che col distinguere pur sempre

la
si

Logica;

superamento'del dualidtno.

Logica

dall' Estetica

dalle

altre
il

scienze

filosofiche

scinda tuttavia in qualche

modo

pensiero e la realt,

serbando un certo dualismo metafisico;


proprio l'opposto.

ma

il

vero qui

Quando

si

divide la Filosofia in generale

e particolare, in razionale e reale, in

pura e applicata, in

Logica-Metafisica e in Filosofia della natura e dell'uomo,


la scissione

veramente insanabile, e solo

si

pu ingegno-

samente attenuarla o larvarla.


trascendenza,
s
stesso,
e,

Ma quando

invece, abolito

quel falso doppio grado, che una vera e propria reciproca


si

fa

che

il

pensiero, pensando

il

reale, pensi

costruendo la Filosofia, costruisca nell'atto


si

stesso la Filosofa della Filosofia, che


il

chiama
si

la Logica,
il
il

dualismo vinto intrinsecamente. Quel pensamento


delle

pensamento
reale;
si

distinzioni

nelle

quali

dialettizza

e pensare le distinzioni e pensare l'unit ,

come

gi dimostrato,

una

sola e

medesima

cosa.

PARTE SECONDA

LA FILOSOFIA, LA STORIA
E LE
SCIENZE

NATURALI

E MATEMATICHE

Le forme della conoscenza e le

divisioni

del sapere

ie L.

indagini precedenti intorno alla costituzione dello spiconoscitivo possono essere compendiate, ad uso della
le

somma

dei-

rito

circa" le lor-

memoria, a questo modo: che due sono tiche pure, l'intuizione e il concetto,
quali
si

forme teoreseconda delle

me

delia co-

la

suddivide nel giudizio definitorio e nel giui

dizio individuale; e due


cetti,

modi

di elaborazione

pra-

tica delle conoscenze, ossia di formazione degli pseudocon-

concetto empirico e il concetto astratto, dai quali discendono le due sotto forme del giudizio classificatorio e del giudizio di numerazione. Se fossero
il

ancora in onore
in pochi

procedimenti delle scuole medievali o di

quella di Port-Royal,

potremmo chiudere queste


le

divisioni
facil-

versetti memoriali, che


e divulgabili.
intelligibili e,

renderebbero

mente adoprabili
Divulgabili,
intese,

ma non
lo

quel ch' peggio, mal

perch cosi

schema

classificatorio ora adoperato,

come

la

determinazione aritmetica di due o pi forme non


al

sono pensamenti davvero logici e adeguati


reale e del pensiero.
Il

processo del

compendio formato per la memoria dev'essere perci interpetrato con gli svolgimenti offerti in

160

LA FILOSOFIA, LA STORIA E LE SCIENZE NATURALI

precedenza, e corretto non solamente,

ma

affatto
il

risoluto
si

in essi. In quegli svolgimenti, l'intuizione e

concetto

sono mostrati come due forme non gi coordinabili,


distinte insieme

ma
giu-

ed unite
l'aspetto

il

giudizio definitorio e

il

dizio individuale, come logicamente identici, e solamente


divisibili

sotto

estrinseco o letterario
risalto

(secondo,
si

cio,

il

maggiore o minore

che a volta a volta

dia al predicato o al soggetto); e la formazione degli pseudoconcetti,

sebbene fondata sopra elementi


si

teoretici,

come

extrateoretica, e tale che

genera nello

spirito pratico; e,

se necessaria la suddivisione di essi in concetti empirici e


astratti, di

una necessit derivante da ci, che in quei due modi soli pu essere praticamente elaborato il concetto, quando se ne spezzi la sintetica unit; e, in fine, le stesse
due forme fondamentali dello spirito, la teoretica e la pratica, come tali che non stanno in rapporto di coordinazione
e

non sono due,

aritmeticamente numerabili,

ma

runa
Inammiseibilit
tecniche,
di

nell'altra,
l'altra.

Tuna

correlativa all'altra, perch l'una

suppone
di

Altre forme conoscitive o pratico-conoscitive o altre sot-

Conoscenze
e

toforme, oltre quelle che abbiamo definite, non dato concepire.

Le conoscenze tecniche,
trattato
di

delle

quali

si

discorre

conoscen-

ze

compo-

anche in qualche

Logica,

fanno tutt'uno col

ste.

conoscere stesso, che in certo senso tutto e sempre tecnico,

perch precede e condiziona


utile est

la

pratica della vita: nisl


dica
il

quod cogltamus, stulta


conoscenze

est gloria. Si

medesi

simo

delle

normativa,

col

qual

nome

suole nell'uso corrente del linguaggio designare di preferenza il complesso degli pseudoconcotti; e non bene, ove
si

creda che queste conoscenze formino


in

il

vero precedente

immediato dell'azione, perch

realt gli pseudoconcetti

debbono essere da fondamento

ritradotti in giudizi individuali per servire

all'azione, per la
si

quale,

come

altra co-

mune

sentenza,

richiede la conoscenza concreta, la per-

I.

FORME DELLA CONOSCENZA E

DIVISIONI

DEL SAPERE

161

cezione diretta delle situazioni di


astrazioni giovano
solo

fatto,

e gli schemi e le
sussidiaria

come

via indiretta e

alla percezione stessa.

Sono anche da rigettare le cosiddette forme combinate ocoraposte, in cui due o pi forme originarie vengono raccostate: per la ragione gi detta che nel pensiero
logico puro non hanno luogo concetti composti, n di conseguenza possono averlo nella Scienza della Logica, che scienza di quel pensiero. Forma composta > sta a designare

un'apparenza, come quando, per esempio,

si

parla di

un

concetto empirico filosofico, ossia dell'unione o del miscuglio


(che poi successiva o alternata enunciazione) di
cetto empirico e di

un conidentit di
o""*ree for^
dei sape

un concetto filosofico. Passando ora a domandare che cosa siano e quante e quali le cosiddette forme del sapere, si deve rispondere
che
le

forme del sapere

(la Storia,

per esempio, o

le

Scienze me

naturali)

non possono essere


tali

se

non identiche

alle

forme
Vero

^ntro^'uste identit,

del conoscere, e

tante quante sono queste.

che nel pensiero comune, per esempio, si mette gran divario tra l'uomo volgare e lo scienziato, il profano volgo
e
il il

filosofo,

il

non poeta e

il

poeta, l'ignorante e

il

dotto,

laico

il

chierico, e tra conversazione e scienza, effufatti

sione d'animo e arte, semplice ragguaglio di

e storia,

tutti

buon senso e filosofia. La conoscenza (si dice) di tutti: casi propri comunicano i loro sentimenti, narrano
i

e degli altri, ragionano, classificano e calcolano.


la
filosofia, la

Ma

l'arte,

storia, la

scienza sono invece di pochi; e

ci

soltanto

merita quei nomi solenni, che prodotto di

momenti
per
lo

eccezionali, nei quali l'uomo pi che

uomo, o
Distinzione
^'

meno non

pi volgo
in

ma

aristocrazia.

E certamente giova
crazia di

pratica
'

circoscrivere un'aristo-

^'"f"*"''-* divario tra la parola cose e di uomini, e porre ^ -^ forme del cobisbiglia all'orecchio serva noscere e dei di una d'amore che un sergente

un sonetto

una sinfonia,

tra

il

proverbio di Sancio
*

s"?^**"'
limiti.

B. Croce, Logica.

Il

162

LA FILOSOFIA, LA STORIA B LE SCIKNZP} NATURALI


e

Panza

un

trattato di Etica, tra

il

rapporto di un delegato

di pubblica sicurezza e la storia di

Roma

o d'Inghilterra,

tra la classificazione dei bicchieri e delle scodelle che arre-

dano

la nostra

casa e la Mineralogia o la Zoologia, tra


il

il

conto delle spese quotidiane e


tra Tizio, Caio e

calcolo dell'astronomo:

Sempronio, brava ed oscura gente, ed


lavori a

Eschilo, Platone, Tucidide, Ippocrate ed Euclide, h'odi pro-

fanum vulgus
dolo,

un motto che chiunque

promovere

la vita del pensiero e dell'arte, fa suo,

pur accompagnan-

come

si

deve, con l'ariostesca postilla:

di volgo io voglio fuore.

N dal nome Eccetto l'uom prudente, trar

persona

Nondimeno, ammesso
vita,

tutto ci, conviene altres ricono-

scere che siffatte distinzioni, consigliate dalla pratica della

non ritengono

in filosofia valore alcuno, e che l'in-

t'rodurvele, se pi o
fessionali,

meno

scusabile effetto di abiti pro-

anche ostacolo che preclude l'intelligenza cosi


di quelle del conoscere.

delle

forme del sapere come


intero in ciascun
e in

L'uomo
Il

uomo
tutto

uomo
(il

e in ogni istante; lo spirito

sempre

in

ogni individuazione di s stesso.


filosofo

filosofo

senso eminente

potrebbe definire un suscitatore di


di difficolt,

degno del nome) si dubbi, un raccoglitore


problemi
si

un formolatore

di problemi, intento a spazzare


;

dubbi, ad appianare
l'artista
si

difficolt, a risolvere

come

potrebbe definire un

uomo che

sofferma a

guardare e a significare ci che ha guardato: laddove l'uomo

comune sarebbe
n
si

colui che

non urta

in difficolt teoretiche,

avvede

di spettacoli degni di contemplazione. Tutta-

via anche l'uomo volgare forinola a s stesso problemi e


li

risolve,

guarda

lo

spettacolo del reale e lo esprime; e

perci quelle divisioni hanno valore solamente nella psicologia descrittiva, che passa a rassegna
gli
i

tipi della realt


si

organi perfezionati, per cosi dire, che la realt

forma

nei filosofi e nei poeti in significato eminente; e (lucl che

I.

FORME DKLLA CONOSCENZA E

DIVISIONI

DEL SAPERE

163

l'empiria in perpetuo divide, la filosofa deve in perpetuo


riunire. Meravigliarsi

quando

si

ode parlare della poesia,

della filosofa, della scienza, della matematica che in ogni

parola che

ci

esca di bocca; irridere gli unificatori e iden-

tificatori; appellarsi al

senso

comune

e accusare di strava-

gante chi in ci lo oltrepassa; sono cose che denotano


pedanteria molta,
"il

ma

umanit poca.

E non ha fondamento
si

timore che con l'identificazione proposta

scemi imporinge-

tanza alle forme del sapere e


l'alta Filosofia, la

si trivializzi la

divina Poesia,
l'

severa Storia, la seria Scienza e

gnosa Matematica.

ma

colui in cui

si

modo che eroe non l'extrauomo assomma e potenzia l'anima popolare,


quel

cosi poesia e filosofia e scienza e storia, aristocraticamente


distinte,

sono

le

manifestazioni pi cospicue delle medesime


;

forme elementari del conoscere


fossero tutt'uno con quelle,

e tali
le

come

non sarebbero se non montagne non sarebbero

se

non
Si

fosse la terra sulla quale s'innalzano e della quale

sono pur formate.


potrebbe dire che
le

forme del sapere sono manifestaspirito

zioni

ricche e complesse dello


la via

umano,

se

questa

dicitura non aprisse


pel

a un altro comune pregiudizio,

quale

si

crede che in ciascuna di quelle forme (per

esempio, nell'Arte, nella Storia, nella Filosofia) concorrano


parecchie attivit spirituali insieme. Se cosi fosse,
si

avrebbe

innanzi un miscuglio e non gi una formazione con carattere unitario e originale, qual' invece un'opera d'arte,
filoisofema,

un

un racconto, un teorema. Per


tutte le

la

legge dell'unit

dello

spirito

forme dello

spirito

sono implicite in

ciascuna, e l'opera compiuta da tutte condiziona ciascuna


nel suo atto.
le

Ma

ciascuna esplicitamente s stessa e non

risultati delle altre, non li i come elementi estranei, e li trasforma e li fa suoi propri risultati. La forza di ciascuna di quelle forme del sapere appunto in codesta purit, che si manaltre,
e,

sebbene accolga

lascia

dentro di s

164
tiene

LA FILOSOFIA, LA STORIA E LE SCIENZE NATURALI

anche nella pi ricca complessit.

Un

gran poema
o
i

omogeneo quanto una brevissima lirica un sistema filosofico quanto una definizione;
tanto

un verso;
calcoli pi
>.

complicati quanto l'addizione


Enumerazione determina
(

due
le

due fanno quattro

Se

le

forme del conoscere e

forme del sapere sono


tanti e tali sono le

identiche, resta

anche dimostrato che


le

lione

delle

seconde quante e quali


yg^oude,
'

prime, e che non vi ha nelle


'

orme del
sapere, cor-

come non

vi

ha

nelle prime, ^

forme combinate o
l'in-

rispondenti
aile

compostc. Epper a noi non tocca ora d'imprendere


basta

forme

del conoscere.

(j^gine sulla qualit e l'ufScio delle varie forme del sapere: o n r


ci

nominarle, mettendole

in corrispondenza coi

nomi gi

dati alle forme della conoscenza, e in quest'atto

stesso saranno distinte, definite e

compiutamente enumerate.
tutto

La denominazione
spettata, perch

stessa
si

non riuscir del


trova

nuova

e ina-

essa

come
e qui

anticipata e prevista

negli esemp dei quali ci siamo valsi di sopra, e anche in

qualche accenno terminologico

non
la

c'

da

far altro

che renderla manifesta

e,

per cosi dire, pronunziarla a voce

spiccata. L'intuizione pura,

adunque,
si

forma teoretica

dell'Arte (o della Poesia, se

voglia estendere all'intera

produzione estetica
e l'arte
Il

il

nome

dato a una parte di questa);

non

si

definisce altrimenti che

come

intuizione pura.

pensamento del concetto puro,


astrazione,

ossia del concetto sen-

z'altro, dell'universale

che veramente universale e non


la

mera generalit o
non
si

Filosofia;

la

quale
o con-

definisce in altro

modo che come pensamento

cepimento
in prevalente

concetto puro.

poich

il

concetto puro

pu6

essere esposto ora in prevalente forma di definizione e ora

forma

di giudizio individuale,
la distinzione delle

a questa gemi-

nazione corrisponde
la

Filosofia in senso stretto


rappresentativi

due forme di sapere, la Storia. Degli pseudoo classificatori

concetti, quelli

o empirici

costituiscono

il

empirica

modo di trattazione che si chiama Scienza Scienza naturale, e pi spesso, ai tempi

I.

FORME DELLA CONOSCENZA E

DIVISIONI

DEL SAPERE 165

nostri, la

e misurativi,

Scienza senz'altro; quegli astratti, numerativi le Scienze matematiche; e l'applicazione


mezzo dei primi,
ai

dei secondi, col

giudizi individuali

nient'altro che la cosiddetta

Scienza matematica della


si

naturaLa trattazine
nella

delle

forme del sapere


trattati

suole presentare o o

Critica'

maggior parte dei

Logica applicata, che

segue alla Logica

come Logica speciale generale

dell'idea di

una Logica
speciale co-

pura, la quale ha per oggetto le sole forme del conoscere, o, come si dice, le forme elementari del conoscere. Ma per le cose test discorse noi non possiamo ammettere
il

me
del

dottrina

delle

forme

sape-

re;

diritto di

una Logica

siffiitta:
si

le

forme logiche, elemenle sole

tari o

fondamentali che

chiamino, sono

forme con-

cepibili e realmente sussistenti, e in esse la Scienza logica


si

esaurisce

tutta.-

Come per

la
si

Filosofia

in

genere, cosi
;

nemmeno
non
cosi

per

la

Scienza logica

ha dualit

di gradi

e,

come

c' un'Estetica speciale di fronte a un'altra generale,

un'Etica o un'Economica speciale di fronte a una generale,

un'altra speciale. Inammessibile anche la Logica speciale, quando viene presentata come dottrina dei metodi, e propriamente dei metodi dimostrativi o intrinseci. Il metodo di una forma del sapere, e in genere di una forma dello spirito, non
c'
e

non

una Logica generale

come

dottrina dei

metodi.

qualcosa di diverso e

nemmeno
il

di distinguibile

da questa
il

forma stessa:
della
la
filosofia

il

metodo

della poesia la poesia,

metodo

la filosofia,

metodo

della

matematica

matematica, e cosi
il

via. Solo in forza dell'astrazione

empi-

rica
si

metodo viene distaccato


questa dualit,
si

dall'attivit stessa, e, poich,

foggiata

un terzo termine, che

Ma, come
rito

il

metodo

si condotti ad aggiungervi chiama l'oggetto di quella forma. la forma stessa, cosi forma e metodo

le forme dello spihanno un comune oggetto, che la Realt; ma questo accade non perch la realt sia staccata da esse, ma perch

sono l'oggetto stesso. Certamente, tutte

166

LA FILOSOFIA, LA STORIA E LE SCIENZE NATURALI

esse

sono

la

realt:

non hanno, dunque,

ma sono

que-

st'oggetto. Cosi le
teoretico,
la

forme del sapere non hanno un oggetto


concetto puro:
la

ma

lo

creano, ossia sono esse stesse tale oggr^tto:


il

filosofia

ha per metodo e per oggetto


la

l'arte,

l'intuizione;

scienza,

il

concetto empirico;

matematica, l'astrazione. Se volessimo trattare dei metodi


in

una Logica
il

speciale,

non potremmo fare


le

altro

che ripe-

tere
Qualit
della nostra

gi detto intorno alle singole forme.

Tutto ci valga ad avvertire che


discorrendo circa
tese
le

cose che

andremo

trattazione
circa lo for-

varie forme del sapere non sono in-

come Logica

speciale,

quantunque siano aggruppate


le

me

del

sa-

pere.

per ragioni didascaliche in una seconda parte. Nella quale

esamineremo a una a una


confermare
e per
si

varie forme del sapere per


le
si

la loro identit
i

con

forme della conoscenza


sogliono addurre di esse
le altre, e le difficolt

mostrare che

caratteri che

riducono a quelli gi chiariti per


si

che hanno suscitate


quali
si

dirimono con

gli stessi principi dei

fatto

uso per

le difficolt suscitate dalle altre. le dot-

ci

sar dato al tempo stesso di chiarire meglio

trine gi

da noi esposte circa


lo

le

forme elementari, col

volsi

gere cio

sguardo

alle manifestazioni di queste

che

presentano, per cosi dire, in una scala maggiore.

chi

dimentichi o neghi resistenza dell'intuizione, del concetto

puro o del concetto astratto giova, nel dargli


speculativa di quelle forme, additare
della Filosofia e della
la struttura.
i

la

deduzione

capolavori dell'Arte,

Matematica e invitarlo a esaminarne


sguardo dalle manifestazioni cospicue
alle rozze e malcerte: dall'arte

Assai ai nostri tempi place l'opposto procedi-

mento
e

di stornare lo

luminose per riportarlo


ai
graffiti

di Michelangelo

dei

selvaggi, dalla

spiegata e

spiccata filosofia dei tempi civili a qu(;lla che ancora

come

involta e confusa nella religione e nel costume; da ci eh '6

classicamente arte e

filosofia

a qualcosa che non

si

sa sem-

pre con sicurezza che cosa

sia per insuftcienza di docu-

I.

FOHME DELLA CONOSCENZA E DIVISIONI DEL SAPERE 167

menti e di mezzi ermeneutici.


all'inverso delle

E sembra che

cosi

si

operi

scienze di osservazione, le quali


il

hanno

foggiato telescopi e microscopi per ingrandire

piccolo e

avvicinare
ciolire
il

il

lontano; e qui

si

cercano strumenti per impicil

grande e allontanare

vicino. Strana distorsione


si

e caricatura del procedere filosofico, per la quale


al

surroga

concettualmente fondamentale

il

cronologicamente remoto,

a quello che logicamente semplice quello che bens

materialmente piccolo,

ma non

perci semplice e molto

meno

trasparente. Per nostro conto (e sia detto di passata) teniamo


che, a fornire esemp da fermare l'attenzione nelle indagini
logiche, offrano sufficiente provvista le menti di
tele e di

un

Aristo-

un Kant, e non

vi sia

urgente bisogno di ricor-

rere alla

psiche dei lattanti o a quella dei cretini; quanla verit del

tunque, senza dubbio, per conoscere

concetto

non

basti

guardare n ad Aristotele n

al

Kant, e convenga

ritrovare in s

medesimo

e in tutti gli esseri, di qualsiasi

grado
eterne.

importanza,

lo Spirito

universale nelle sue forme

poich della prima e pi ingenua forma del sapere,

abbiamo gi trattato in un volume speciale, cominceremo il nostro esame dalla seconda delle forme, dalla
dell'Arte,
Filosofa; e, anzitutto, dalla Filosofa in

senso stretto.

Il

La filosofia

La filosofa come concetto

che

la filosofia sia

il

Concetto puro o (se piace dire la stessa

puro,
varie

cosa con pi parole e minore esattezza) quella scienza che

le

ha per suo
filosofia.

criterio

il

concetto puro, pensiero che


si

si

pu

definizioni
della filosofia.

ritrovare in tutte le definizioni che

sono mai date della

Defini-

In tutte, escluse beninteso quelle che, negando


la filosofia, e

zioni che ne-

gano
sofia.

la filo.

n concetto puro, negano

che perci non sono


sebbene, contradi-

propriamente definizioni della

filosofia,

cendosi nel loro intrinseco, implichino anch'esse in qualche

modo

e sottintendano la definizione della filosofia


il

come conanche
del

cetto puro. Tale


l'estetismo,

caso delle dottrine gi esaminate del-

del misticismo e dell'empirismo (e

matematismo), sulle quali tutte torneremo


qaesta trattazione. La
l'arte,
astratto),
il

ai loro

luoghi in

filosofia
il

(dicono esse a volta a volta)


il

sentimento,
un'arto che

concetto empirico (o
differenzia in qualche

concetto
dalla

ma

si

modo

restante arte, un sentimento che acquista un valore speciale,

un concetto empirico o

astratto che

si

solleva e guarda sulle

teste dogli altri, e perci anch'esso (lualcosa di speciale,

un modo di riflessione sui generis; ossia un'arte che non arte, un sentimento che non sentimento, e un concetto
empirico che non empirico: espressioni tutte negative o
indeterminato con
le

quali pur

si

tende verso

il

concetto

puro. L'empirismo mostra aperta questa sua intima centra-

II.

LA FILOSOFIA

169

dizione quando propugna una filosofia

come sistemazione

sintesi dei risultati off'erti dalle scienze empiriche, perch,

nell'atto

che asserisce una

filosofia

empirica, chiede qualcosa

che esso confessa non

ottenibile dalle scienze empiriche, le

quali se lo fornissero sarebbero gi sistematizzate e sintetizzate per s stesse, e l'ulteriore elaborazione richiesta torne-

rebbe affatto superflua.


Esplicitamente, sebbene in varia forma, affermano l'unico
carattere del

concetto puro tutte

le altre definizioni che


filosofia.

Altre che la definiscono

come
za
cipi,

sciensu-

riconoscono l'autonomia ed originalit della

Tali

dei

sono quelle della

filosofia,

scienza dei

supremi principi

premi prin-

del reale, scienza delle cause ultime, scienza dell'ori-

delle cause ultime, ecc.

gine delle cose,


schemi vuoti,
tima, essendo

e altrettali.

Dove

supremi principi sono,


del reale; le cause

evidentemente, non gi cose reali o gruppi di cose reali o

ma

generatori ideali
l'effetto

ultime non sono pi cause, perch la causa non mai ul-

sempre

di

ma
rica

sono
di

principi

ideali; l'origine

una causa antecedente, non l'origine sto-

questo o quel fatto singolo,

ma

la

deduzione

ideale del
Il

fatto dei fatti ossia della realt onnipresente.

medesimo pensiero

espresso dal detto

immaginoso che
perch che

la filosofia

contemplazione della morte:


il

cosa muore se non

singolo? e la contemplazione della

morte del singolo non perci stesso quella dell'immortalit


dell'universale,
porge
il

la

contemplazione dell'eterno?

Il

che

motivo

all'altra forinola definitoria della filosofia

come
Il

visione delle cose sub specie oeterni.

carattere del concetto

puro anche affermato nella

come elaborazione
dei
ti,

definizione della filosofia

come elaborazione dei con-

concetcritica,
di

cetti, che

le altre

scienze lascerebbero imperfetti e tra loro


il

contradittori.

Perch

vero che nessun'attivit


il

umana

scienz.'i

nonne.

ha a suo
imperfetti

fine l'imperfetto e
si

contradittorio, e se le altre

scienze di necessit
e

aggirano tra concetti che sembrano

contradittori, vuol dire che esse

non mirano

170

LA FILOSOFIA, LA STORIA E LE SCIENZE NATURALI

a costruire concetti veri e propri, concetti coerenti e non


contradittor, che sono assunto dalla sola filosofia.

altra

volta
della

si

detto che la filosofia

non

scienza,

ma

critica
e poich

scienza; e critica importa mettersi di sopra dell'og-

getto criticato in virt di

un concetto superiore,
di concetto.

qui
si

si

tratta dei concetti tutti della scienza, chiaro

che

esige

una forma superiore

ancora la

filosofia stata definita

scienza di

E altra volta norme e di


le loro

valori, che non potendo essere estranei


sono norme e valori,
idee o concetti puri.
si

alle cose di cui

svelano come nient'altro che

come dottrina

Se la

filosofia

il

concetto puro, essa insieme le dii

delle

categorie.

stinzioni del concetto puro, ossia tutti

concetti puri atti

a fungere da predicati nei giudizi individuali, cio da categorie.


la

Ed ecco
la

chiarita un'altra definizione delhi filosofia:

filosofia

dottrina delle categorie, gi da


alla sola

noi

accettata

quando, invece di assegnare

Logica la

determinazione delle categorie, l'abbiamo considerata come


l'assunto proprio di tutta la filosofia. Nella quale la Logica
sta

come Categoria della categoria o Filosofia della sembra che sia al tempo stesso dentro e sopra
perch
la

filosofia

la Filo-

sofia,

compie superandola
al pari di

e la supera

compienfilo-

dola,

bench veramente,
sia

ogni altra scienza


la Filosofia, cosi

sofica, essa
(se
ci
si

dentro e non fuori


il

come

concede

paragone)

lo

specchio d'acqua, che

riflette il
KscliiBione
delle dclinicloni riali

paesaggio, esso stesso parte del paesaggio.

Le
del

definizioni, che

abbiamo voluto ricordare


al

e interpe-

matedella

trai'e (e altre

che lasciamo

ricordo e all'interpetrazione

lettore),

sono tutte formali nel significato legittimo


l'eterna

flotofla.

della parola:' definiscono

natura delia

filosofia

non determinano esplicitamente nessuna particolare soluzione degli altri particolari problemi filosofici quantunque
;

implicitamente, com' naturale, ne determinino una, cio

non

si

possano accordare se non con una soluzione

sola.

II.

LA FILOSOFIA

171

per omaggio a questo carattere formale non abbiamo tenuto e non terremo conto delle definizioni che importano la soluzione esplicita dei problemi
costruita
nella
filosofici,

ossia la Filosofia

sua

totalit.
il

Tale,

per esempio, quella


si

che

la Filosofia sia

conoscere s stesso, come


il

disse

gi negli albori del pensiero ellenico;

ritorno della inil

teriorit dove abita

la

verit,

secondo

detto agosti-

niano; la scienza dello Spirito,


sta definizione offre qualcosa di

come diciamo noi. Quepi dell'aspetto meramente


Dio

logico della Filosofia; dal quale ora esclusivamente guar-

dando dobbiamo dire che


o o del

la Filosofia sar la scienza di

del Diavolo, dello Spirito o della materia, della finalit

meccanismo

di

qualunque altra cosa venga pro-

posta per ipotesi alla ricerca, sotto condizione che questa

qualunque cosa
quella
filosofia,

sia pensabile

come concetto puro o Idea.


veduto, la filosofia stessa, a

Chi negasse tale condizione, non negherebbe gi questa o

ma, come

si

beneficio dell'arte, dell'azione o di altro che sia.

Ma

se la Filosofia nella
filosofia,

sua logica natura concetto


la

puro o idea, ogni

quale che sia

conclusione

idealismo """'
'

'

iofia.

cui mette capo, quali che siano gli errori nei quali s'impiglia, , nel suo carattere essenziale e nella

sua profonda

tendenza, idealismo.

Il

qual punto stato riconosciuto

da

filosofi delle

pi diverse ed opposte scuole (dallo Hegel,

per esempio, e dallo Herbart); ed verit da inculcare a


coloro che la ignorino e da ricordare agli altri che l'abbiano
obliata.

La

filosofia

deterministica nega

il

fine e

afferma la

causa;

ma

la causa,

che essa pone come principio, non poi


il

questa o quella causa, sibbene l'idea della causa;


rialismo nega
il

mate-

pensiero e afferma la materia,

ma non
lo spi-

questa o quella materia, che componga questo o quel corpo,


sibbene l'idea della materia;
rito e
il

naturalismo nega

non questa o quella manifestazione della natura, sibbene la natura come idea. Perafferma la natura,

ma

172

LA FILOSOFIA, LA STORIA E LE SCIENZE NATURAI^!


si

sino quando sembra che


della realt

ponga a principio esplicativo


questo fatto idea-

un particolare

fatto naturale,

lizzato e vale

gli

altri

come l'idea tutti: l'acqua

di s stesso,

generante s stesso

di Talete ( stato pi volte no-

tato),
pili

per ci stesso* che assunta come principio, non

l'acqua empiricamente data,


allo

ma

un'acqua metafisica e
di Pitagora

ideale;

stesso

modo che

numeri

non

sono quelli della tavola pitagorica,


idee.
Il

ma

principi cosmici e

teismo non crede che


della
realt se

si

possa avere ragion suf-

ficiente

non
;

si

ponga un Dio personale,

sopra e fuori del mondo

ma

questo Dio, per quanto possa

essere involto in rappresentazioni sensibili e collocato sul

Sinai o sull'Olimpo, sempre qualcosa di non rappresentabile: l'idea di

una

divinit personale, l'idea di

un Geo va

di

un Giove. La

filosofia,

che

si

dice idealistica nel senso

stretto (e meglio si direbbe attivistica o finalistica o spiri-

tualistica

assoluta), intende

a provare, per esempio, che


e

causa,
simili
in

materia, natura,

numero, acqua, Geova, Giove

non siano pensabili come concetti puri


tali

e svolgano

quanto

contradizioni, epper che quelle filosofie

non

siano

sufficienti. Il

che vuol dire che essa reputa che l'idea-

lismo
al loro

di quelle filosofie sia

insufficiente, cio che quelle


s

filosofie

non siano pari a


intrinseco assunto;

medesime
fosse,

e restino inferiori
il

ma

non gi che

loro assunto

non
Carattere

sia idealistico.

Se

tale

non

non sarebbe assunto


critica.
si

filosofico, e

non

si

potrebbe sottoporlo a
filosofia col

Dalla identit della


jj,jj.jjg

concetto puro

deduce

litematico
delift iiloBO-

\^ necessit del suo carattere

sistematico.

a.

Pensare un determinato concetto puro significa pensarlo


nella sua relaziono di unit e distinzione con gli altri tutti;

sicch quel che


singolo,

si

pensa non mai in realt un concetto


dei
concetti,
il

ma

il

sistema
il

Concetto. All'in-

verso, pensare

concetto in universale non possibile se

non per

arbitraria astrazione: pensarlo

davvero

in uni ver-

II.

LA FILOSOFIA

173

sale, vale

pensarlo insieme

come

particolare e singolare;
distinti.

cio pensare l'intero sistema dei concetti

Coloro

che vogliono pensare filosoficamente un concetto isolato


senza por mente agli
altri,

sono simili

ai

medici che vo-

gliono curare un organo senza badare all'organismo-: con quella cura c' caso che l'organo guarisca,

ma

l'organismo
tutto.
Il

muoia, e l'organo guarito muoia anch'esso col vero


filosofo, nel

recare anche la pi piccola modificazione

a un concetto, ha sempre l'occhio all'intero sistema; per-

ch sa che quella modificazione, piccola e circoscritta che


sembri, modifica in qualche
Il

modo

il

tutto.

carattere

sistematico

della

filosofia,

inteso

nel

suo
to

Significafilosofico

valore logico, spetta a ogni singola proposizione filosofica,

e B;cnifcato

che sempre un cosmo filosofico, come ogni goccia d'acqua l'oceano, anzi il mondo tutto, contratto in quella goccia d'acqua. appena necessario distinguere da esso il sistema in significato letterario, che il nome dato
a certe forme di esposizione
le

letterario
della parola

sistein.

quali abbracciano gruppi di

problemi, considerati tradizionalmente


della filosofia o
la

come proprio oggetto


storico. Sic-

che un particolare pensatore considera come

somma

dei problemi vivi nel suo

momento

ch quando molti o alcuni di quei gruppi non ricevono


esplicita

trattazione letteraria,

si

suol dire che


di

manca

il

sistema.

E manca

infatti

l'adempimento
il

un compito

let-

terario o didascalico;

ma

sistema tuttavia c', perch c'


di

anche nella trattazione monografica


sofica ossia

un problema

partifilo-

colarissimo, sempre che esso sia investito con energia

con energia sistematizzante o sistematica. Che


ri-

poi lo stesso pensatore, passando ad altro problema, lo

solva male e contradica alla soluzione precedentemente data,


(luesto

prova non gi che

egli

sistema,

ma

che innanzi alla nuova


filosofo, e

non possedesse prima un difficolt lo ha smarrito:

prima, stato
stanza

perci sistematico; dopo, non abba-

filosofo, e perci

non abbastanza sistematico.

174

LA FILOSOFIA, LA STORIA E LE SCIENZE NATURALI

Vantaggi
e svantaggi
della forma

Gli

aggruppamenti tradizionali dei problemi


la loro utilit (tutto quel

e la costru-

zione del sistema nel significato letterario e pedagogico

letteraria
del sistema.

hanno certamente

che esiste ha

proprio ufficio e valore), perch serbano e promuovono la


cultura acquistata, costringendo ad esaminare difficolt,
le

quali, se venissero trascurate, potrebbero riuscire inaspet-

tatamente di grave impaccio e danno. Di qui l'amore pel


sistema o per la forma letteraria del sistema: amore che

anche l'autore

di queste

pagine nutre nell'animo e di cui

ha cercato di dare qualche prova, scrivendo un sistema, dopo un pezzo che non se ne scrivevano pi, almeno in Italia (se tali non si vogliano chiamare i manuali scolastici)
e

sfidando

il

ridicolo dell'impresa, che

non piccolo metal-

rito.

Ma hanno

anche qualche svantaggio, inducendo

volta a riesporre fastidiosamente problemi esauriti, le cui


soluzioni sono passate nella

comune cultura

e la cui trat-

tazione pu essere opportunamente sottintesa, con


di

tempo

e di spazio per problemi pi urgenti.


i

di qui

guadagno una

cagione di fastidio contro


teria che

sistemi, ossia contro la pedandi esposizione: fastidio

pu aderire a quella forma

legittimo,

ma

che,

come
il

quello contro la forma definitoria,

non pu distruggere
dei cosiddetti

sistema nel suo intrinseco, dovendosi


si

tener per fermo che anche quando


sistemi
>
,

componessero, invece
i

saggi e magari aforismi,

saggi e gli

aforismi, posto che fossero filosofici, sarebbero pur

sempre
motivo

intimamente sistematici.
Genesi del
pregrlndlsio

La

rivolta

contro

il

sistematico

ha anche

altro

Isteniatico

pi grave,

meno

letterario e pi filosofico, perch talvolta

e
0,

rivolta
di es-

l'esigenza sistematica diventa

pregiudizio sistematico:
mu-

eontro

parola che richiede spiegazione, suonando alla prima paradossale che l'esigenza intrinseca a un'operazione possa
tarsi in pregiudizio,

ossia in ostacolo a quella operazione.

E, detta in questi termini, la cosa certamente inconcepibile, e si fa chiara e

ammessibile solo quando

si

ricordi

II.

LA FILOSOFIA

175

che

la

ricerca filosofica induzione e deduzione insieme,


e

pensamento della distinzione


distinzione, e dei
solo,

pensamento dell'unit nella

due procedimenti, che confluiscono in un nessuno dei due deve opprimere o sopprimere l'altro.
il

Per pensare, per esempio,


cio
il

concetto di moralit, bisogna

metterlo in relazione e dedurle dalle altre forme dello spirito,

dall'unit,

ma

insieme bisogna pensarlo in s


dell'atto

stesso;

pensamento della vera qualit


isolato e atomico,
il

morale

non pu rimanere non pu assegnare

ma
fa

per converso l'unit

carattere dell'atto morale, se quell'atto

non
che

presente allo spirito e


.

non

si

conoscere per quel


le altre

Nel procedere della ricerca, considerando


spirito, si

forme dello
caso
e

potr dedurre o postulare l'atto mo-

rale senza, per cosi dire, pensarlo


si

veramente
si

ma

in

questo

usa un procedimento euristico,

fa

un'ipotesi,

l'ipotesi

deve poi

verificarsi,
il

perch diventi pensiero

effettivo e concetto. Ora,

pregiudizio sistematico consiste


le distinzioni,

appunto nel pensare l'unit senza pensare


senza averla seriamente verificata. Donde

nel dedurre senza indurre, nel cangiare l'ipotesi in concetto


le

costruzioni

analogiche
e
il

(o

falsamente analogiche, epper metafisiche


si

e fantastiche), che

surrogano

alle distinzioni filosofiche:

pregiudizio sistematico, che nient'altro che una falsa


di

idea di sistema. Contro

che la rivolta giustificata;

quantunque tale rivolta si metta di solito nel torto col rigettare a una con l'esigenza falsa l'esigenza vera, o col rifiutare
l'utilit del

procedere analogico, che biasimevole in quanto

conclusione,

ma non

in

quanto mezzo di ricerca.


I

Un

altro aspetto della diffidenza antisistematica si rivolge

numeri
i

contro l'ideale della


concetti
siffatti

simmetria, contro
diadi, triadi,

le

disposizioni dei
in
altri

sacri e

nu-

meri
fici;

filoso-

filosofici

in

tetradi o

valore

numeri, esprimenti per l'appunto la simmetria

nel-

dell' esigen-

za cheespri-

l'ordinamento di quei concetti.

chi ricordi gli eccessi che


le puerilit

monu.

cagion l'amore della simmetria, e

a cui anche

176

LA FILOSOFIA, LA STORIA E LE SCIENZE NATURALI


in

filosofi altissimi

forza della prevenzione a favore di certi

numeri

si

lasciarono andare (la pedanteria delle costruzioni


triadi, e le triadi hegeliane,

kantiane per tetradi e

che

gli

scolari ridussero talvolta a esercizio

da prestigiatori), giudichia-

dicher perfino salutare, o almeno naturale, che per reazione


si

cercasse di proposito l'asimmetrico, e


i

si

rasse che

concetti

ottenuti

non

si

possono disporre in

bell'ordine, anzi

mutano

tipo di ordine

da una sfera all'altra,


sono
i

ma
ma

che pur tuttavia quelli e non

altri

concetti della

realt, indocili al giogo del ritmo


giusti.

ma

schietti,

asimmetrici

Pure, se la reazione spiegabile e la diffidenza

giustificabile, ingiustificabile l'ostilit per principio. Per-

ch, se

concetti distinti costituiscono unit,

debbono neces-

sariamente costituire ordine o simmetria, della quale certi

numeri, che

si

possono dire regolari, sono l'espressione o

simbolo.

concetti di

una scienza empirica potranno essere


quanti piaccia e coi

trentasette, ottantatr, centotredici o

munque

disposti;

ma

concetti della filosofia saninno sem-

pre diadi, triadi e tetradi e simili, cio unit organica di


distinzioni e corrispondenza di parti.

necessit
religioni

logica

il

genere
sacri,

E per questa riposta umano ha sempre riverito nelle


e,

numeri
Il

nelle filosofie,

sofici. Chi vuol riderne, rida pure;


rida

numeri filoma non " detto che


di

bene.

criterio della

simmetria non deve diventare


riscontro alla
stesso che esso giova assai, in

pregiudizio,

ma

deve tuttavia servire

ricerca compiuta, al

modo

quanto procedimento

euristico, alla ricerca

da compiere. Gli
che a

astronomi sono lodati quando, sorretti nei loro calcoli dal


criterio della proporzione e simmetria,
tal

fanno

l'ipotesi

posto del cielo

si

debba trovare un
line
il

astro, che

non

si

vede

dapprima,

ma

che

alla
il

telescopio scopre. Perch


il

non

lodare egualmente

filosofo,

quale deduce dovervi essere

nello spirito, per ragioni di simmetria,

una forma che non


si

6 stata ancora

l)cne osservata o alla

quale non

data

II.

LA FILOSOFIA

177

sufficiente attenzione, o clie per le stesse ragioni, si

debba
che

eliminare una forma, che sembra non eliminabile,


intanto

ma

rompe

la

simmetria? Lo

spirito,

dunque, sar meno

ritmico e

meno simmetrico del Concepito a questo modo il


si

cielo stellato?

carattere sistematico della

Itn possi-

tlosofla,

vede che

il

sistema non qualcosa di sopragsi

bilit

ili

difi-

videre la

giunto, quasi

un

filo

che

adoperi a legare tra loro

le

varie parti ed estrinseco agli oggetti collegati, tanto che


si

losofi a in generale e
particolare.

possano considerare separatamente


il

gli oggetti e

il

filo,

le parti e

sistema. Nella filosofia non sono parti fuori del


il

tutto, e

non

tutto

fuori delle parti;

il

che, tradotto in

altre

parole, significa che

non

vi

sono scienze filosofiche

particolari, come non v' una


posizione della quale
ci

filosofia

generale. Proalla filoso-

siamo giovati innanzi per confutare

l'usuale concezione della Logica


fia,

come prologo
(il

mostrare come in questo errore

quale, nel caso

della Logica, sussidiato da particolari motivi) sia la fonte

principale di altri errori simili, onde viene collocata prima

o dopo

le

scienze filosofiche speciali,

come prologo o

epilogo,

una

Metafisica, un'Ontologia o altra scienza, che


le

dovrebbe

dare l'unit del reale, di cui

scienze filosofiche speciali


verit che la filosofia

darebbero

le

sole

distinzioni.
le

La

generale non altro se non


e queste sono quella:
il

scienze filosofiche speciali,


il

plurale e

singolare non possono


il

essere separati nel concetto puroy in cui


rale del singolare, e
il

plurale plu-

singolare singolare del plurale.

L'abolizione di questa erronea idea di


rale

una

filosofia

gene-

Errori derivanti dalla concezio-

ha

diretta

importanza pratica; perch, costituita quella

pretesa scienza merc

un gruppo

di

problemi arbitraria-

ne di una
filosofa ge-

mente messi insieme


scienze che
stere
il

ma

effettivamente rientranti nelle varie


si

nerale, distinta dalle


particolari.

si

dicono particolari,

indotti a far consi-

filosofare

vero e j^roprio in un guazzabuglio, che

viene bens agitato e scosso,


si

ma

con l'agitazione e

le

scosse

fa

sempre pi degno di

s stesso, cio

sempre pi guaz-

B. Croce, Logica,

178

LA FILOSOFIA, LA STORIA E LB SCIENZE NATURALI


di

zabuglio. I problemi
della

Dio e del mondo, dello


e

spirito e

materia, del pensiero e della natura, del soggetto e


dell'universale, della vita e

dell'oggetto, dell'individuo

della morte, avulsi dalla Logica, dall'Estetica, dalla Filosofa


della pratica, diventano
insolubili o solo

apparentemente
;

(cio verbalisticamente e fantasticamente) risolubili

e,

seb-

bene molti novizi

li

afifrontino

quasi siano
si

il

primo passo
avevano
al

della filosofia, molti

vecchi professori

trovano alla fine

della vita con la stessa confusione mentale che

principio, anzi con confusione accresciuta e ormai inestri-

cabile a causa della falsa strada per tanti anni battuta. Essi

non hanno

rispettate la

logica

della filosofia nelle


;

prime

relazioni che

hanno avuta con questa

e sono

come quegli

uomini, che non ameranno mai davvero una donna, per

avere nell'adolescenza mancato di rispetto alla donna. D'altro canto, le cosiddette scienze filosofiche particolari, pri-

vate di alcuni dei loro organi, fatte cieche o sorde o in


altro

modo

storpie,

cadono in balia dello psicologismo e


dell'Estetica,
e

dell'empirismo: donde le trattazioni empiriche e psicolo-

giche

della Morale,
siffatto

della

Logica stessa.
che mai negli
filo-

Contro

danno, che

infierisce ora pi

studi filosofici,
sofia

bisogna rammentare che la storia della


il

insegna come

progresso

filosofico

non

si

sia

mai

avuto dalla pretesa filosofia generale,


scoperte effettuate in

ma

sempre da

una

altra

delle pretese
il

scienze
concetto

filosofiche speciali. Sono scoperte di logica


di

Socrate e la dialettica dello Hegel; una scoperta di


il

etica

concetto della libert del Kant; una scoperta di


il

estetica

concetto dell'intuizione; una scoperta di Filo-

sofia del linguaggio la critica della

Logica formalistica; e
tennero paghi

via discorrendo.

Il

vecchio Dio stato ucciso da quegli


si

uomini (modesti e pur grandissimi), che


volont, sull'arte o sulla storia, a definire

formolare una nuova proposizione sul sillogismo o sulla


l'

intelletto astratto

II.

LA FILOSOFIA
la

179

o a circoscrivere la fantasia. Se

cosa

si

fosse

dovuta

aspettare dai cultori della solenne e vuota


rale
>
,

Filosofia g^ene-

a quest'ora egli sarebbe pi vivo di prima.


i

E
;

vivo

, in effetto, presso

filosofi ai

ch dal guazzabuglio che


risorge sempre, ora col

essi

abbiamo alluso permaneggiano il Dio mitologico


quali

nome

d'Inconoscibile, ora con altre

circonlocuzioni, ora col suo proprio vecchio nome.

Ili

La storia

La
come
xio

storia giudi-

/ome Ce

tutti

caratteri che

si

assegnano

alla Filosofia
il

sono
con-

indivi-

varianti verbali dell'unico carattere di essa, che


cetto puro, cos tutti
si
i

duale.

caratteri della Storia o Storiografia

riducono alla definizione e identificazione della Storia

col giudizio individuale. E, in


la storia sintesi di

quanto giudizio individuale,

soggetto e predicato, di rappresenta-

zione e concetto: l'elemento intuitivo e l'elemento logico

sono in
L'elemento

lei

inseparabili.

L'esigenza del

soggetto
si

dell'elemento intuitivo imcol

indivie
le

duale
fonti

porta che la storia non


nio,

pu costruire

puro razioci-

stori-

ma
le

richiede la visione del fatto accaduto, che l'unica

che: avanzi e narrazioni.

fonte
dere

storica. I trattati di
fonti

metodica storica sogliono divi-

in

avanzi

narrazioni, intendendo per


rimane come traccia del
lettera,

avanzi (Ueberreste) quel che

fatto

accaduto (un contratto, una


e per narrazioni,
i

un arco

trionfale, ecc.),

ragguagli del fatto accaduto, tramandati


di

da testimoni pi o meno
in tanto

presenza o da coloro che hanno

riferito le notizie dei testimoni di presenza.

Ma

le

narrazioni
in

hanno valore

in

quanto

si

presume che mettano


genere

diretto rapporto col fatto accaduto, e lo facciano rivivere

traendolo dall'oscuro fondo dei ricordi che

il

umano

III.

LA STORIA

181

porta seco. Se non avessero questa virt, sarebbero del tutto


inefficaci
;

come

inefficaci

sono
si

le

narrazioni alle quali per

una ragione o per un'altra

ricusa fede. Cento o mille


il

narrazioni senza autenticit non valgono


;

pi misero do-

cumento autentico e una narrazione autentica ha insieme carattere di documento e di avanzo la realt di fatto, quale fu vissuta e quale vil)r nello spirito di colui che vi assistette. La ricerca della veridicit e la critica del
:

valore delle fonti

si

riducono, in ultima analisi, a isolare

codesta risonanza genuina del fatto, liberandola dagli ele-

menti perturbatori, dalle

illusioni, dai falsi giudizi, dai presi

concetti e passioni del testimone. Solo in quanto

riesce
la

a ci, e nella misura in cui vi

si

riesce,

si

raggiunge

prima condizione della


trasformabile in

storia

come

atto conoscitivo: che

qualcosa venga intuito, e perci che qualcosa vi sia di

soggetto

di giudizio individuale, cio di

racconto storico.

Sopra
o

tale esigenza si

fonda anche l'importanza che

si

d, nel far giudizio degli storici, all'intuizione, al tatto, al


fiuto

La facolt intuitiva
nella
ricer-

come

altro

si

chiami
in

cio alla capacit (in parte


esercizio
e

ca storica

disposizione

naturale e

parte

pratica)

di

intuire direttamente l'accaduto,

superando

gli ostacoli del

tempo
o dalle

e dello spazio e delle alterazioni prodotte dal caso

umane

passioni.

Uno

storico,

privo di facolt in-

tuitiva, o pi

esattamente (poich nessun

uomo ne

mai
/

privo del tutto), con iscarsa facolt intuitiva, condannato


all'infecondit, per dotto e ingegnoso ragionatore che egli
sia, e
lui,

rimane inferiore ad

altri

meno

dotti e

meno

loici di
si

inferiore perfino agli indotti e sragionatori,

quando

tratti di risentire ci

che di sotto

alle parole e ai segni,


il

ossia di riprodurre in s
la stessa

medesimo

fatto accaduto.

Per

ragione avviene talvolta che un

uomo
il

esperto in
dotto stodei quali

un

particolare mestiere stupisca nell'ascoltare

rico

da tavolino descrivere

certi ordini di

fatti,

182

LA FILOSOFIA, LA STORIA E

LB3

SCIENZE NATURALI

non ha esperienza e

di cui discorre

come
di

il

cieco dei colori.

Un
di

sergente o un furiere pu intuire una marcia meglio

un Thiers, e ridere dei milioni

uomini che Serse

avrebbe condotti in Grecia, domandando semplicemente

un imbroglione politico, intendere un intrigo di corte e di ministero assai meglio di un onest'uomo (per esempio, di un Ludovico Antonio Muratori); un artefice, ricostruire le successive pennellate e le tracce di pentimenti che sono in una pittura, meglio
in qual

modo

riuscisse a vettovagliarli;

dello storico d'arte, erudito o esteta che sia. Libri di storia,

che per

altri

riguardi

si

tacciano

come

difettosi o sba-

gliati,

piacciono talvolta per la freschezza d'impressioni

che comunicano e che pu servire d'incremento alla conoscenza dei


tori stessi
si

fatti

e a rettificare gli errori in cui

loro au-

cadono.

uno

storico della Rivoluzione, francese

potr ])erdonare perfino lo scambiare un personaggio per


altro,

un

e gli anni,

un fiume per una montagna e confondere i mesi quando nell'insieme della sua narrazione egli
le

abbia rivissuto meglio d'altri l'anima giacobina,


zioni di spirito della plebaglia di Parigi o
il

condi-

diverso atteg-

giamento dei contadini della Borgogna e della Vandea.


cosiddetto
spetti

Un
ri-

romanzo storico ha alcune volte maggior valore storico di una storia,


l'

e per alcuni se nel

romanzo
si

ben

clto lo spirito di un'epoca, di cui nella storia

ha

solamente
La
facolt

inventario.

In tui tiva
nell'esposi-

La facolt intuitiva, indispensabile nella ricerca, non meno indispensabile nella esposizione, essendo necessario
il

zione

stori-

intuire
tratti,

fatto

che

si

narra non

gi,

fuggevolmente e a
fissare

ca. SoniiKliansa di
stori e arte.

ma
Da

cosi

fermamente da poterlo esprimere e


forza artistica che
storici

nella parola e trasmettere negli altri hi vita genuina di


esso.

ci

la

debbono possedere

posseggono

gli

veri

per

la

(juale somigliano ai

puri artisti, al pari di essi dipingendo quadri,

componendo

poemi, dialogizzando tragedie. Certamente, ogni pensiero,

III.

LA STORIA
filosofo e
lo storico

183

anche quello del pi astruso


creta in forma artistica;

matematico,

si

con-

ma

(nel significato al-

quanto empirico della parola), dando prevalenza letteraria al soggetto sul predicato, pi si approssima a coloro che
elaborano pure intuizioni.
Il

che stato
si

generalmente

riconosciuto cosi dagli storici, che


lentieri

sono presentati voc' n per la

come aedi
n per
i

di

lor

gente,
storia

invocando quella Musa

che c' sul Parnaso per


Filosofia
la

la

ma non

Matematica n per la Scienza, come hanno mosso insistentemente la questione se la storia sia arte. Arte sembra, infatti, quando il predicato o elemento logico celato cosi bene, che quasi non
dai teorici,
quali
ci si

pensa pi.
se

Quasi; perch,
l'arte resterJi,

non

ci

si

pensa pi del

tutto, se la
di

DifferenzH
storia

rappresentazione artistica soppianta la riflessione logica,

arte. Il pre-

ma la storia se ne sar ita: un libro di storia non somiglier pi solamente a un poema o a un romanzo, ma sar poema e romanzo. Che cosa diversifica, a primo
una visione fantastica e un racconto storico? Se, aprendo la Divina commedia o le Rime del Petrarca, leggiamo In mezzo del cammin di nostra vita Mi ritrovai per una selva oscura... , ovvero: Levommi il mio pensiero in parte ov'era Quella ch'io cerco e non ritrovo in terra... >
aspetto,
: :

dicatooeio-

meuto
ria.

logi-

co nella sto-

se

poi,

aprendo a caso

le

storie

di

Livio,

leggiamo:

Consules satis exploratis itinerbus sequentes Poenum, ut

ventum ad Cannas est, ubi in conspectu Poenum habebant, bina castra communiunt*, niente sembrer, alla prima,
mutato: racconti sono
legge Dante o
gli

uni e racconto l'altro;

epin cui

pure, ogni cosa mutata.


si
il

Leggendo Livio

al

modo
al

Petrarca, la battaglia di

Canne

modo

stesso del viaggio di

Dante all'Inferno o del trasporto dello


Livio non pi Livio

spirito del Petrarca al terzo cielo,

ma un
favole,

libro di favole; e, parimenti,


i

leggendo un libro di

Beali di Francia o

il

Guerin Meschino, nel modo

184

LA FILOSOFIA, LA STORIA E LB SCIENZE NATURALI


li

in cui
il

legge l'incolto popolano che vi cerca la storia,


si

libro di favola

trasforma in libro di storia; se anche


fatta

di

una

storia

cosi

che dovr essere,

in

un grado

superiore di cultura, sceverata o rigettata.

ci basta a

mostrare l'importanza del predicato, che viene sottinteso


talvolta nelle parole,

ma

la cui

presenza

effetti va

la forza

che converte l'intuizione pura in giudizio individuale, e


di
Tentativi

una poesia
si

fa

una storia.

Pi volte stata contestata la necessit dell'elemento


logico e
detto che lo storico deve lasciar parlare le

vani di
minarlo.

eli-

cose e non mettervi nulla di proprio. Bella sentenza, e che

pu anche avere riferimento a una certa


di'emo pi innanzi;
sione

verit,

come

ve-

ma

che,

intesa

che sia come esclu-

dell'elemento logico a favore della pura intuizione


volesse escludere anche questa,
il

(se poi si

si

avrebbe ad-

mutismo), annunzia la morte della storia. Senza l'elemento logico non possibile affermare nemmeno che il pi piccolo, il pi volgare caso, pertinente alla nostra vita individuale e quotidiana, accaduto: che io mi sono levato stamane alle otto o che ho fatto
dirittura

colazione alle dodici,


proposizioni
storiche

perch (per non dir

altro)

queste

importano

il

concetto dell'esistenza

o effettualit, e l'altro correlativo della inesistenza o possibilit,

onde nell'affermarle

si

nega insieme che


alle
si

io

abbia

solamente

sognato

di

levarmi

otto o di fare cola-

zione alle dodici. Tutti ammetteranno che non


di

pu parlare

un

fatto

storico,
di

se

non

si

sa che quello
le

un fatto,

una qualcosa
di storia in
lit

accaduto: anche
si

favole sono rese oggetto

quanto

attribuisce loro esistenza nella qua-

appunto

di favole.

Una

favola, narrata senza sapere o

determinare se sia o non sia favola, poesia; ma, apperTotHiit del

cepita 6 narrata

come
il

favola, mitografla, cio storia.


il

n'ciiBaH
pel

Nondimeno, a

costituire

racconto storico non basta,

raccon-

coiiic alcuni tciigono,

solo criterio dt-ll'csistcnzialit; per-

tu Htorlco.

ni.

LA STORIA
il

185

che quale racconto storico sarebbe mai


accaduto? Che
istante,

dire solamente

cho qualcosa accaduto, senza dire insieme che cosa


qualcosa sia accaduto e accada in ogni non forma, come gi sappiamo, oggetto di racconto

storico,

perch equivale all'affermazione che l'essere o


.

che

il

divenire

Quel che
e
si

si

avvertito del giudizio ini

dividuale, che ad esso concorrono tutti


l'intero

predicati insieme,
dell'esistenza

concetto
altri,

non

il

solo

predicato

avulso dagli
il

deve ripetere del racconto storico;


gli por-

quale veramente tale quando l'intuizione, che


la

geva

materia bruta, stata in ogni sua parte investita dal

concetto
soli,
il

come

universale, particolare e singolare.


le

Che

con-

dopo avere a sufficienza esplorato

strade seguendo

cartaginese, giunti a

Canne e

vistosi innanzi l'esercito

di Annibale piantarono e fortificarono gli

accampamenti

(come suona

il

racconto di Livio), importa una moltitule

dine di concetti, tanti quanti sono


riassunte in quel periodo
:

affermazioni storiche

non sa che cosa sia uomo, guerra, esercito, inseguimento, strada, campo, fortificazione, sogno, realt, amore, odio, patria e via enumerando, non
chi

in grado di
racconto non
ignora
il

pensare un
si

periodo

come
sia

quello.

basta
il

che uno solo dei concetti enumerati


possa formare; al
delia
significato ci

oscuro, perch
stesso

modo
di
il

che chi

parola castra, non in grado


quella

d'intendere

che forma argomento


si

narra-

zione di Livio. Se

cangiano

le fonti,
si

racconto storico
i

cangia;
circa
i

ma

cangia non

meno

se

cangiano

convincimenti

concetti.

La

stessa materia viene diversamente atstorie diverse,

teggiata, e

d luogo a

secondo che

la narri

un selvaggio o un europeo colto, un anarchico o un conservatore, un protestante o un cattolico, se la narro io in questo momento o io stesso tra dieci anni. Posto che tutti abbiano innanzi gli stessi documenti, ognuno vi legge un accadimento diverso.

186

LA FILOSOFIA, LA STORIA E LE SCIENZE NATURALI


fatta

Asserita

Senonch per l'appunto l'osservazione ora


indurre a disperazione circa
circa
le

variet

in-

superabile
nel giudica-

le sorti della storia, o

sembra almeno
all'ele-

sorti

di
ai

essa

sempre che restino legate


i

re e presentare
i

fatti

mento
che
i

logico,

convincimenti circa
fatti

concetti.

Notando

storici, e conseguente richiesta

medesimi

sono narrati nei modi pi diversi,

e che per gli uni opera di Dio quello che per altri

di

una

sto-

opera del demonio, per


tuali quello

gli

uni esplicazione di forze spiri-

ria

senza

giudizio.

che per

altri

prodotto di moti materiali del

cervello
tutto ci

mal

nutrito o troppo nutrito, per gli uni bene


gli
altri
ci-

che esplosione di rivolta, e per

solo che ordinato lavoro sotto la tutela di leggi rigoro-

samente osservate e severamente

fatte

osservare,

sembra

ineluttabile pervenire alla conclusione dello scetticismo sto


rico: che la storia, quale si suole narrare, sia nient'altro

che una favola, tessuta dalle opinioni e passioni degli uomini.

Ed

unica salvezza sarebbe

il

ritorno alla riproduzione


alla

pura e semplice del documento, o almeno


zione che non introduca nessun elemento

pura

intui-

giudicativo o

(come

si

dice)

soggettivo;

ma

salvezza per

modo

di dire,

perch la pura intuizione poesia e non

istoria, e tornare

a essa tanto varrebbe quanto abolire la storia: abolizione

apertamente impossibile, perch

il

genere

umano ha sempre
le

narrato quel che ha fatto e patito, e non c' alcuno che

possa esimersi dal chiarire in ogni istante come

cose

siano andate e in quali condizioni di fatto, ossia in quali


condizioni storiche, egli, individuo,
Restriziosi

ritrovi.

Lo
si

scetticismo storico,

del

resto,

tanto impreciso

ne

(tulle

va-

riet

ed 6solo

unilaterale nell'osservazione del male che lamenta, quanto

clusione di
iliicllu

dimostra puerile nell'escogitazione del rimedio. Che di


vi

niiparenti.

certo
fatto;

sono divergenze

nei

racconti di

un medesimo
piuttointeres-

sto

ma, senza dire che molte divergenze sono apparenti che effettive e nascono dal vario
si

samento che
che
si

prende a un determinato

fatto e dal rilievo

d a uno

o altro aspetto di esso, non bisogna pei

III.

LA STORIA

187

disaccordi effettivi dimenticare gli accordi


fettivi.

non meno
e
il

ef-

In

virt

dei

quali

il

protestante

cattolico,

per esempio, ammettono di comune intesa che Lutero e

Leone

ebbero esistenza e che l'uno inizi una


difesa,

ribel-

lione e l'altro ricorse a misure di

e perfino

rico-

noscono (almeno
corruttela degli

ai

tempi nostri), protestanti e


ecclesiastici al

cattolici, la

ordini

cominciamento del

secolo
i

decimosesto, o gl'interessi mondani e politici che

principi tedeschi portarono nelle guerre di religione. Cosi

del

pari nessuno, sia rivoluzionario o conservatore, met-

ter in dubbio le cattive condizioni delle finanze francesi


alla vigilia della Rivoluzione,
gli

n che Luigi
la

XVI convoc

Stati generali,

n che tent

fuga e fu arrestato a
il

Varennes, n che fu ghigliottinato

21

gennaio 1793; e
il

nemmeno che
quale mut in

la

Rivoluzione francese fa avvenimento


la vita politica, sociale e in

modo profondo

momol-

rale di tutta Europa.


tissimi

Per questo accordo sostanziale


tra
gli

punti,

anzi nella massima parte,


si

storici,

accade sovente che


alterate

possano leggere con frutto storie


si

da passioni partigiane, purch


le alterazioni
;

badi a corregsi

gere mentalmente

cosi

come

pu adope-

rare con utilit uno strumento di misura difettoso, purch


si

tenga conto del coefficiente di aberrazione.

Per quel che concerne


scendo
diz, le

il
i

rimedio,
concetti

chiaro che,

na-

superamen' ^^^^^^ ^*'

divergenze circa

da ignoranze, pregiu-

negligenze, illegittimi interessi privati o nazionali e da

altre passioni turbative, ossia *^

dall'insufficiente concep^
il

lapprofondimenio de
concetti.

mento dei concetti,


non

dal pensare inesatto,

rimedio vero

da cercare nell'impossibile abbandono dei concetti

e del pensiero,

ma

nella correzione e nel perfezionamento


Isciti dall'Eden dell'intuizione
storia,

di quelli e di questo.

ed entrati nel campo della

pura non dato torcere indietro il cammino; alla beata e ingenua ignoranza non si torna; l'innocenza perduta per sempre e si deve cercare non

J88

LA FILOSOFIA, LA STORIA E LE SCIENZE NATURALI

pi essa,

ma

la virt,

che non n innocente n ingenua.

sembra bene, al cattolico sembra male? Chiaramente, per, la diversa concezione che l'uno e l'altro si fanno circa il mondo e il sopramondo, la
Perch mai ci che
al protestante

vita e la morte, la rag-ione e la rivelazione, la critica e


l'autorit, e via discorrendo.

Su queste cose
discussione
e

tutte bisogna

di

conseguenza portare

la

l'indagine per

determinare se
tolicismo o in

la verit sia nel

protestantesimo o nel catoltrepassi quelle

una terza concezione che

unilaterali dell'uno e dell'altro; e, ci determinato, la perplessit

cessa in colui almeno che ha raggiunta tale deil

terminatezza, e

racconto

gli si

configura con quella cer-

tezza che le fonti storiche disponibili consentono.

La via

indicata parr ardua,

ma

la sola, perch chi vuole stare

alle proprie opinioni accolte


al

senza

critica,

provveder forse
pel futuro,

proprio comodo,

ma
si

far getto della storia e della verit.

Del resto, qui non


si

delinea

un programma

ma

enuncia quel che


svolge.
Gli

la storia nella

sua vera natura, e per


in ogni

conseguenza quale
pre
si

si

sempre effettivamente svolta e sem-

uomini hanno discusso

tempo

intorno ai concetti coi quali s'interpetra la realt storica,

e su molti
parla pi.

si

sono messi d'accordo, tanto che non se ne


cattolici e protestanti, rivoluzionari e con-

Anche

servatori, sono ora.

come
l'

si

accennato, pi concordi di

quel che fossero per


penetrato negli
altri, si

innanzi, perch qualcosa degli uni


e l'umanit, eh' negli uni e negli

altri,

Lo scetticismo compie una facile impresa, ma adopera un argomento illusorio, in istoria come in filosofia, quando forma o mette sott'occhio il catalogo
elevata.
dei punti di dissenso. Questi attraggono l'attenzione proprio

perch rappresentano

problemi che occorre risolvere. Non

varrebbe

la

pena

di tenere presenti con eguale rilievo punti


gli

gi& risoluti, e ricordare, per esempio, che

storici

tutti

ormai sono persuasi che Anchise non dormi con Afrodite,

III.

LA STORIA

189

che
Teli

la

lupa non allatt Romolo e Remo, e che Guglielmo


la libert dei

non fond

cantoni svizzeri. Tra breve,

non sar

facile trovare apologisti e negatori dell'

immacolata
negatori

concezione di Maria; e gi sono rari

gli scrittori cattolici,


i

che insistano sopra dispute di questa sorta, come

sono confinati nei giornaletti anticlericali


ossia
il

d' infimo genere,

gusto non eccellente.


Soggettivit
il

Scacciare dalla storia la soggettivit per conseguire

l'oggettivit non pu

significare,

dunque, scacciare

og-

gettivit
nella storia,
e loro significato.

pensiero per attenersi all'intuizione, o alla inespressa ed


inesprimibile materia bruta;
la passionalit

ma

scacciare

il

falso pensiero,

che tiene
ci

il

posto della verit, e salire al

pensiero vero. Se

attenessimo all'intuizione, anzich sal-

varci dalla passionalit

arderemmo

nelle sue

fiamme; per-

ch l'intuizione non dice altro se non quel che noi, in

quanto individui, sentiamo, soffriamo, desideriamo. Proprio


essa,

quando venga indebitamente introdotta


il

nella storia,

la soggettivit in cattivo senso; laddove

pensiero la

soggettivit legittima, quella dell'universale, che insieme la vera oggettivit. Con che abbiamo implicitamente avviato a soluzione il problema (assai dibattuto ai giorni nostri) circa il criterio

Giudist
storici di valore, e valo-

valutativo

nella storia, e se allo storico spettino, oltre


I

i
i

ri

normali
Critica.

giudizi di fatto, quelli di valore.

veri giudizi di fatto,

o valori neutri.

giudizi individuali, sono nient'altro che giudizi di valore,

determinazione della qualit propria, epper del significato


e valore del fatto;
il

n c' altro criterio di valore se non

concetto stesso.
fatto e

Onde bisogna

rifiutare la distinzione tra

storia del

critica (valutazione del fatto stesso). Ogni storia insieme critica, e ogni critica storia: dire

che cosa quel

fatto
il

che

si

chiama

la

Divina commedia,

dire quale ne sia

valore, cio farne la critica.

L'escodiverse

gitazione dei valori


le

normali

o neutri, nei quali (secondo

pi

moderne

teorie

storiologiche)

uomini

di

190

LA filosofa, la storia B

LH3

SCIENZE NATURALI

concezioni sarebbero tenuti a convenire, pu valere tutt'al

pi come mero

simbolo
e

di quell'accordo

che

gli

uomini

vanno cercando
piuto, perch

attuando nella soggettivit-oggettivit

del pensiero, e che

non sar mai un fatto bello e comun fieri perpetuo, e non si pu aspettare

dall'avvenire, perch sar dell'avvenire allo stesso

modo

che del presente e che fu del passato.


Significati

La
ficato

protesta contro r introduzione della soggettivit nella

^"d
teste

,'f^'"'

storia, se

logicamente non pu avere altro legittimo signiletterariamente anche una pu importare ^


'^

contro a soggetti-

che di una polemica contro la falsa soggettivit a


della vera,
'

vita storica.

fg^yQj.g

questione di opportunit; per esempio, che nell'opera


d'arte storica
dei fatti e
si

dia accento e risalto alla rappresentazione


alla discussione

non gi

teorica dei concetti, e

che non
sofia.

si

trasformi

un

libro di storia in

un

libro di filo-

Ma,

in fondo, quel

male

ci

sarebbe se uno storico,


invece

cominciando dal narrare una

storia, finisse col fornire

un
in

trattato filosofico?
filosofo,

Non maggiore
il

di

quello che accafatti

drebbe se un

appassionandosi pei

che adduce

esempio, abbandonasse via via

primo proposito e pro-

ducesse una storia invece di un sistema: nessun male, o assai


piccolo, supposto che quella filosofia,

come

quella rappresen-

tazione storica, sia buona,

il

che da vedere caso per caso.


la

Un

significato

pi opportuno della polemica contro

soggettivit della storia la raccomandazione che, nel nar-

rare la storia, ai giudizi logici, che sono in quanto


giudizi di valore,
si

tali

accompagni

il

meno

possibile di quelle

forme enfatiche, negative e desiderative, che innanzi


al presente o passato

prossimo hanno la loro ragione, come

presentimento e invocazione del futuro,

ma

che innanzi

al

passato remoto riescono di solito ridondanti e fastidiose.


Infatti,

imprecare contro Mario o contro

Siila,

contro Ce-

sare o contro Pompeo, contro Federico Barbarossa o contro


i

borghesi di Lombardia, sarebbe un affannarsi a vuoto.

III.

LA STORIA

191
in generale, in-

perch quei personaggi

storici

non serbano,

teresse prossimo e pratico.

Ma un

qualche interesse pros-

simo e pratico hanno pur sempre; opper, in qualche misura, non si pu impedire che la storia anche del passato

remoto

sia

interrotta,

qua e

l,

dagli accenti del nostro


il

presente e del nostro avvenire. Ancora pi legittimo


significato di quella polemica,

mare

il

mal vezzo

di coloro che, innanzi


storici,
si

quando essa intenda a biasinon ad individui


arrogano
al
l'ufficio di loda-

ma
il

ad avvenimenti
condannatori
;

tori o

plaudono

paganesimo, maledicono

cristianesimo, piangono la caduta dell'Impero romano,


la

deplorano

formazione dell'islamismo, lamentano che


si

il

buddismo non
la

diffondesse in Europa, simpatizzano con


il

Riforma o riprovano
si

cattolicesimo post-tridentino. Conil

tro costoro

foggiato
si

detto che la storia

non

si

giu-

dica,

masi
si

narra; e

dovrebbe dire pi esattamente che


categorie con cui
dialettizzabili in
si

non

giudica con

le

giudicano

le

azioni degli individui,

buone e

cattive,

perch altro l'azione dell'individuo e altro l'avvenimento


storico,
il

quale va oltre

le

volont singole.

Ma

la

defini-

zione dell'individualit e dell'avvenimento esce dalla gnoseologia della storia, e rientra pi propriamente nella Filosofia della pratica
*.

La persuasione che
la

si

acquistata circa la necessit

La
sta

richiedi

dell'elemento logico, dei concetti, dei criteri, dei valori per

una
dei
sto-

teoria
fattori
rici.

formazione del racconto, ha indotto parecchi a richielo

dere non soltanto che di volta in volta


chiari in
li

storico abbia

mente

concetti che adopera e l'intento per cui


si

adopera,

ma

che

costruisca dai metodologisti

una teo-

ria dei fattori storici, una tabella di valori, da servire di fondamento alla narrazione storica in genere.

La

richiesta affatto simile a quella di chi, considerando che

Si veda, infatti, Filosofia della pratica, p. I,

s.

II, ce. 5-6.

192

LA FILOSOFIA, LA STORIA E LE SCIENZR NATURALI


i

gli elettricisti o

fonditori
di

adoperano forze
teoria
fisica

fisiche,

domandi

dasse la costruzione

una

da servire

base all'industria: quasi che la Fisica non esista gi e non


serva di base all'industria, o che
tura secondo
il

le

scienze cangino na-

vario mestiere di coloro che se ne valgono.

La
si

teoria dei fattori storici, o la tabella dei valori c', e

chiama Filosofia,

la quale definisce
fatti,

appunto

gli

uni-

versali, che sono fattori e non

e d la tabella dei
si

valori, che sono categorie. Tutt'al pi,


quella
richiesta

potrebbe con

desiderare una filosofia popolare,

a uso

degli storici di professione;

ma

anche questa

c',

ed

il

naturale
circa
i

buon senso. Uno

storico,

che entri in dubbi

dettami del buon senso, comincia a filosofare (nele,

l'accettazione ristretta e professionale della parola),

se

entra in tale

crisi, la filosofia

popolare o a buon mercato


di

non
libri

gli

giova e

lo

confonde poggio:

che sono prova

di propedeutica storica, onde ricca la letteratura

odierna,

codesta letteratura pi o
le disquisizioni

meno

dilettantesca apla

partengono

sulla

predominanza o

fon-

da mentalit da riconoscere
storici; sul

all'uno o all'altro dei fattori

qual punto dovrebbe essere evidente che, come

ogni fatto della realt dipende da ogni altro, cosi anche ogni fattore (ossia ogni elemento costitutivo dello spirito e
della realt) tale solo in unione con gli altri fattori ed

elementi, e nessuno di essi predominante,

perch nes-

suno pu
perch
Impossibilit di divide-

soverchiare gli altri, e nessuno fondamentale,

tutti

sono fondamentali.

L'elemento rappresentativo e l'elemento concettuale non


possono nel giudizio storico separarsi, e neppure propria-

re 1 storia

secondo elementi

kI
in-

mente

distinguersi,

salvo che non

si

voglia dissolvere

il

racconto storico per tornare alla


corollario discende anch'esso

pura intuizione. Questo che


si

tuitivi e riflessivi, elle

da

ci

detto di sopra

sono Inseimrabill.

circa

il

giudizio individuale. Bisogna

dunque considerare

come priva

di verit ogni divisione della storia, condotta se-

IH.

LA STORIA

193

condo

la

presenza o l'assenza dell'uno o dell'altro elemento;

un tempo ha avuto fortuna, della storia pittoresca e della storia riflettente o pensante, e che non designa gi due specie di storia, ma, da una parte, il

come

quella, che

ritorno all'intuizione indiscriminata,


storia,

e,

dall'altra,

la

vera

intuizione pensata o riflessa.


talvolta
coi

La

stessa falsa divi-

sione viene espressa

termini di

cronaca

storia, o di storia narrativa e storia filosofica. Fuori del giudizio individuale, non c' n soggetto n
predicato; e fuori del racconto che sintetizza rappresenta-

Empiricit
^^""^^^g^g"^
dei proces

zione e concetto, e rappresentando esistenzializza e gidica,

non c'

storia.

I
il

manuali di metodica sogliono divi


processo della costruzione storica
:

storico in
quattro
dt
sta-

dere in quattro stadi


il

primo, consistente nella eurisi o raccolta del materiale


il

storico (euristica);

secondo, nella crisi o sceveramento

di esso (critica);

il

terzo, nella

prensione;
traggono
il il

il

quarto, nella

interpetrazione o comesposizione o racconto.


ri-

Queste distinzioni, praticamente non prive di pregio,

metodo con
fruga

cui lavora lo storico di professione;


gli

quale

prima

archivi e le biblioteche, poi esa-

mina

l'autenticit dei documenti trovati,

poi ancora cerca


i

d'intenderli, e, in

ultimo, mette

in carta

suoi pensieri

e cura la bella forma dell'esposizione.


che, fino a

Ma

giova avvertire

quando non

si

hanno

fonti storiche,

manca
il

la

condizione stessa del sorgere della storia; onde


stadio

primo
a

non appartiene
di

al

lavoro storico,
ricerca di

ma

simile

quello

chi
Il

vada

alla

un qualsiasi oggetto

materiale.

secondo stadio, invece, gi per s un comperch porta a stabilire se accadde che


si

piuto lavoro storico,

quel determinato
cera; e
il

fatto,

chiama testimonianza

sin-

il

terzo logicamente coincide col secondo, essendo


il

medesimo accertare
il

valore di una testimonianza e pro-

nunciare la realt e
niati.
Il

carattere dei fatti da essa testimo-

quarto, infine, coincide col secondo e col terzo,

B. Croce, Logica.

IS

194

liA

FILOSOFIA, LA STORIA B LH SCIENZE NATURALI

perch non
Se

si

ossia senza dargli


Divisioni

la storia

pu pensare un racconto senza esprimerlo, forma letteraria o, in genere, artistica. non divisibile sul fondamento della pre-

fondate sul-

r oggetto
storico.

senza o assenza dell'elemento riflessivo o rappresentativo,


essa pu ben essere divisa secondo la divisione dei concetti

che determinano la costruzione storica e secondo

il

materiale rappresentativo.
La
divi-

Il

primo modo di distinzione rigoroso, perch

si

fonda

sione logica

secondo
spirito.

sul

carattere di unit-distinzione, che proprio del con-

le

forme dello

cetto puro; cosicch la


storia complessiva se

mente umana non pu pensare la non distinguendola in istoria del fare


filosofico, e

e storia del conoscere, in istoria dell'attivit pratica e storia della

produzione estetica, del pensiero

via

dicendo; come, d'altra parte, non pu pensare nessuna di


codeste distinzioni se non mettendola in relazione con le
altre nella storia integrale. Certamente, questo distinguere,
affatto interiore e logico,

non ha che vedere

coi libri che

s'intitolano storie dell'arte, della filosofia, della politica e


simili,

dove diventa estrinseco e approssimativo e

si

con-

giunge con motivi pratici e didascalici.


zione storica,
reale
tro

Ma

ogni proposiil

come ogni
o
lo

giudizio individuale, qualifica

secondo un
e

aspetto del concetto, ed esclude


qualifica

un

al-

aspetto;

secondo

tutti

gli

aspetti,

ma
nel-

distinguendoli,
l'altro.

perci

impedendo che l'uno

entri

La

divisione, per empirica clie sia, dei libri di stofilosofica,

ria

pratica,

artistica e simili si
si

appoggia sulla
si

distinzione rigorosa che

detta, e sulla quale

fondano

altres le attitudini varie degli storici e gl'interessi vari dei


lettori.

La

divi-

Il

secondo modo del tutto empirico, e non pu ese-

stone empirica del materiale

guirsi se

non introducendo concetti empirici, senza


possibile

quali

rap-

non sarebbe
zione
le

tenere separate nella rappresenta-

presentati-

varie parti della realt, che formano serie con-

tinua e compatta. Col mezzo dei concetti empirici la storia

III.

LA STORIA

195

si

divide in istoria dello stato, della chiesa, della societ,

della famiglia, del culto religioso; in istoria dell'idealismo,

del materialismo, dello scetticismo; in istoria della pittura,


della poesia, del

della Grecia, di

Riforma, e via

dramma, del romanzo; in istoria dell'Oriente, Roma, del Medioevo, del Rinascimento, della discorrendo. Anche Grecia, Roma, Medioevo,
rappresentazione individualit,
di costante e
e,

e altrettali sono da dire concetti empirici e non rappresentazioni,


si

perch

la

quando
tra-

prende come qualcosa

di generale,

sformata in concetto dell'individuale ossia in riassunto e simbolo di pi rappresentazioni. Ognuna di tali divisioni

buona, quando serve;

e,

sempre

sotto questa condizione,


le altre

'

sono buone a volta a volta tutte


o che
si

finora escogitate

possono via via escogitare.


i concetti

Ma
la
ria,

l'introduzione dei concetti empirici al fine di dividere


fatti storici e

massa dei

raggrupparli a uso della

memoil

^'"P""'^' "*'' Ih storitf 6 ili

non essendo
le

stata intesa nel suo vero ufficio,

ha turbato

faiaa teoria
*"*
Ij'j^^^*^"

gravemente
rico
il

idee dei teorici della storiografia.


il

Come

giudizio individuale non presuppone n

concetto empi-

il

giudizio classificatorio n

il

concetto astratto n

giudizio di numerazione, laddove tutte queste formazioni


il

presuppongono
presuppone n
pratiche, n le

giudizio individuale;

cosi la storia

non

le

classificazioni condotte

secondo ragioni
quali tutte,
trovarle fuse nei

enumerazioni e

statistiche, le
Il

per converso, presuppongono la storia.


libri di storia

(che

si

giovano largamente di codesti aiuti


di-

per la memoria) non deve trarre in inganno n far

menticare che

il

loro ufficio

tutivo. L'idea astratta

susserviente e non costidell'uomo greco non si ha, senza


uomini
trecento
o Alcibiade;

che prima
i

si

sia conosciuta la vita individuale di

quali

si

chiamavano Pericle
i

delle Termopili o

trecento di Cremer poterono essere

numerati, se non in quanto furono guardati ciascuno nella

sua individua fisonomia e

classificati

come

cittadini

di

196

LA FILOSOFIA, LA STORIA E LE SCIENZE NATURALI


o

Sparta

romani della gente Fabia. Giovarsi

di

queste
gi

semplificazioni

non importa narrare

la

storia (che

presente allo spirito),


nicarla agli altri in
del resto, se

ma

fissarla nella

memoria
altri,

e
i

comuquali
fatto
il

modo

pi agevole: agli
la capacit di

non avranno

risentire

individuo sotto quei concetti di classi e quei numeri, non

intenderanno nulla della storia siffattamente semplificata


e ischeletrita per la comunicazione.

Donde

an-

Dall'avere malamente interpetrato


rio degli

il

carattere sussidia-

che la fallace pretesa di ridurre


la

pseudoconcetti nella storia, e cangiatolo in ca-

rattere costitutivo, nasce la fisima positivistica di


la

ridurre

storia

scienza naturale;

storia a scienza (scienza naturale, s'intende bene),


fare ch'essa sia in

cio di

modo

perfetto quello che ora

sarebbe solo in

modo

imperfetto: classificazione e staI

tistica della realt.

molti conati pratici di tale ridu-

zione hanno danneggiato non poco la storiografia odierna,


sostituendo alla narrazione della realt individua l'esibi-

zione di pallidi schemi e di vuote astrazioni, che

si

adat-

tano a tutte o a parecchie et insieme. La medesima ten-

denza

si

nota nel cosiddetto sociologismo, e nella po-

lemica che esso conduce contro la storia psicologica o

individuale, come
stiche

la

chiama, e in favore di quella istinaturalile

tuzionale o sociale. Contro codeste riduzioni


della
storia

spiegano efficacia e serbano valore


o delle

dottrine del caso,

bero

gli

effetti

delle

piccole cause che svierebcause grandi, e simili, alle quali


filo-

spetta l'ufficio di ridurre all'assurdo quella falsa riduzione.

e
re

la tesi

Dalla stessa interpetrazione erronea sorta, presso


sofi

del caratte-

pratico
Htori-

non

positivistici, la teoria della storia

come costruzione

della cOBtrur.ione

mentale che sarebbe resa possibile soltanto dall'intervento


dello
spirito

ca.

pratico,

il

quale, stabilendo valori pratici,

ordinerebbe sotto di essi l'amorfa materia e la configurerebbe a racconto storico.

Ma

lo spirito pratico, nel

campo

della conoscenza, impotente a produrre cosa alcuna, e

III.

LA STORIA
il

197

pu soltanto adoperarsi a custodire o amministrare


spirito pratico,
si

gi

prodotto. Sicch la teoria ora accennata, che fa ricorso allo


risolve in

una negazione radicale del va-

lore della storia in


tabile,

quanto conoscenza: negazione inelut-

se

anche non prevista n voluta dai propugnatori


teoria,

di quella teoria.
Si

anche affermata, nella stessa


tra

l'importanza

Distinzio*.'^'!

della

distinzione

avvenimenti
personaggi

storici

avvenimenti
storici,
te-

*^|!"'

f storici e
ti

fat-

non degni

di storia,

storici e

non

leologici e ateleologici; e di essa

anche

si

sostenuto che

non stori ", esuovaco.

posta dallo spirito pratico.


sta,

Il

che, sebbene sia vero, ba-

per la ragione gi detta, a toglierle valore conoscitivo.

Praticamente, per economia di lavoro, per assegnare temi


di

ricerche o per chiarezza di discorso giova parlare di

questi

o quelli avvenimenti o individui

come

di

cose e

persone non degne di storia.


tal

modo

quegli individui e

da credere che in avvenimenti vengano soppressi,

in

Ma non

non diciamo nel campo della realt (che sarebbe troppo manifestamente assurdo),

ma

quello del
si

racconto della
sottintende fa ben
ci

realt, ossia della


parte di quel che
si

storia.

Quel che
e se

dice;

mentalmente non

rife-

rissimo pur sempre anche agli uomini dichiarati volgari e ai


fatti

dichiarati insignificanti, che sono stati esclusi pi o


dalle parole, gli

meno

uomini grandi e
il

fatti

significanti
sottintesi

perderebbero anch'essi

loro

significato.

Quei
al

sono tanto poco eliminati ed eliminabili, che,

momento
si

propizio, al sorgere di certi nuovi interessi storici,

fanno

innanzi e diventano anche verbalmente espressi. Cosi ab-

biamo veduto
vecchi
storici,

la vita

domestica e sociale, trascurata dai

non

solo acquistare a
le

poco a poco

rilievo,

ma
le

gettare nell'ombra

guerre e

negoziati diplomatici;

cosiddette

niale,

riavanzarsi
gli

grembo

masse, trascurate a pr dell'individuo gefacendo quasi sparire nel loro ampio eroi (il che non vuol dire che questi non pren-

198

LA FILOSOFIA, LA STORIA B LE SCIENZE NATURALI


la loro rivincita); e

deranno

nomi, prima appena mentovati,


altri,

diventare luminosi e popolari, e


scolorirsi e dileguare.

celebri

un tempo,

Esemp

di codeste fluttuazioni offre

anche

la recente storiografia italiana,

che nel periodo del

Risorgimento giudic sommamente importanti, e per eccellenza storici, la formazione delle nazionalit,
delle borghesie e dei
il

costituirsi

comuni,
i

le ribellioni delle

popolazioni

contro
del

gli stranieri o

contro

tiranni; e ora, sotto l'eflicacia

moto

socialistico, si volta di preferenza ai fatti eco-

nomici, alle lotte di classe, alle ribellioni proletarie.


Il

pregiu-

Le considerazioni pratiche sono


di chi esercita

cosi urgenti nell'animo

dizio professionale e
la teoria del

carattere
pratico della storia.

un particolare mestiere (e sia pure il mestiere di scrittore di libri storici) da suggerire quasi inevitabilmente la strana dottrina del carattere pratico della
storia,

ossia del carattere ateoretico di quella


il

forma che
conoscenza

il

risultamento e

coronamento dello

spirito teoretico e

sola ci

la

piena verit;

se

la verit la

della realt, e se la realt Storia

problemi della conoscenza storica, ossia del vero e concreto


di

conoscere, sono ripresi di proposito e portati pi innanzi nel quarto-

volume

questa Filosofia dello

spirito, nella

Teoria e storia della

Storiografia.

IV
Identit di filosofia e storia

Ija condizionalit

della filosofia per la storia stata resa

evidente dalle considerazioni che precedono.


cessario afitermare, con

Ma

ora ne-

non minore nettezza, la condizionalit della storia per la filosofia. Se storia non possibile senza l'elemento logico ossia filosofico, filosofia non possibile

senza l'elemento intuitivo ossia storico.


efl'etto,

In

una proposizione
in

filosofica o definizione o si-

stema (come l'abbiamo chiamata) nasce


un determinato individuo,
tempo

nella

mente

di

un determinato punto del


Senza
le

e dello spazio, e tra condizioni determinate; ed

perci, sempre, storicamente condizionata.


zioni storiche, che

condi-

pongono
.

la

domanda,

il

sistema non sasi

rebbe quello che

La

filosofia

kantiana non

poteva

avere al tempo di Pericle, perch presuppone, per non


dir altro, la scienza esatta della natura,
svoltasi dal Ri-

nascimento in
dustria,

poi,

come questa

le

scoperte geografiche, l'ine via discor-

la civilt capitalistica

o borghese,

rendo; e presuppone ancora


il

lo scetticismo di
il

Davide Hume,

quale a sua volta presuppone


che,

deismo dei principi del


secoli

secolo decimottavo,

sua volta, rimanda alle lotte

religiose d'Inghilterra e

d'Europa tutta nei

decimo-

sesto e decimosettimo, e via discorrendo. D'altra parte, se

Emanuele Kant

rivivesse ai tempi nostri,

non potrebbe

seri-

200

LA FILOSOFIA, LA STORIA E LE SCIENZE NATURALI


la

pura senza modificazioni tanto profonde da farne non solo un libro, ma una filosofia aff'atto nuova, sebbene comprendente in s la sua vecchia filovere
Critica della ragion
sofa. Egli,

nell'irrigidimento della tarda et, pot ancora

respingere le interpetrazioni e gli svolgimenti del Fichte


e ignorare lo Schelling;

ma

non potrebbe ora ignorare n

quello n questo, n lo Hegel, n lo Schleiermacher, n lo

Herbart, e

nemmeno

lo

Schopenhauer; anzi, nemmeno

rappresentanti del medioevo speculativo, succeduto al periodo classico della filosofia moderna: gli autori di miti
positivistici,
gli

scolastici

kantiani ed hegeliani,

nuovi

combinatori del platonismo con l'aristotelismo, cio della


filosofia

prekantiana con la postkantiana,


i

nuovi

sofisti e

scettici,

nuovi pltiniani e mistici, e

gli stati

d'animo

e gli

avvenimenti che hanno condizionato


resto,
il

tutte queste cose.

Del

Kant

rivive

veramente

ai

tempi nostri, mutato

nome
se

(e

che cosa l'individualit contrassegnata dal


di sillabe?); ed
il

nome
tempo

non un accozzo
si

filosofo

del

nostro, in cui

continua quel pensiero


il

filosofico,

tempo

prese, tra gli altri,

nome

scoto-tedesco di

il

filosofo del

tempo nostro, voglia o non voglia,


di lui

che un Kant . non pu

saltar fuori dalle condizioni storiche in cui vive, o fare che

ci ch'

avvenuto prima

non

sia

avvenuto: quegli

avvenimenti sono nelle sue ossa, nella sua carne e nel suo
sangue, e deve tenerne conto, cio conoscerli storicamente;
e,

secondo l'ampiezza a cui


si

si

estende questa sua conofilosofia.

scenza storica,

estende l'ampiezza della sua


li

Se

non

li

conoscesse, e

portasse solamente in s

come
quanto

fatti

di vita, sarebbe in condizioni

non diverse da un qualsiasi


in
esaffatto

animale
seri

(o di noi stessi in

quanto animali,

che sono o piuttosto sembrano


(i

immersi nella

volont

nella pruticn): ranimale,

per l'appunto, con-

dizionato da tutta la natura e da tutta la storia,


sa.

ma

noi

Si richiede,

dunque, per

la

verit della risposta, che

IV.

IDENTIT DI FILOSOFIA E STORIA


della

201

s'intenda

il

significato
si

domanda,
la

e,

per la verit

della filosofia, che

conosca

storia.
il

Questa richiesta

si

suole esprimere col dire che

filo-

Qualit
^ui"ura*ri* chiesta nel

solo deve essere colto, erudito o addottrinato; sebbene poi

non

si

sia in chiaro sulla qualit della dottrina e cultura


ai
fi-

che vien posta come requisito. Alcuni, in particolare

tempi
sico,
le

nostri,

vorrebbero che
si

il

filosofo
il

fosse fisiologo,

matematico, cio

riempisse

cervello di astrazioni,
(tutto utile a sa-

quali certamente
il

non sono

inutili

pere, anche

pettegolezzo della donnicciuola,


e

parte andiretta

ch'esso della vita


relazione con
la

della realt),
di

ma non hanno

forma

conoscenza che propriamente

dev'essere condizione del suo filosofare, e che invece per

l'appunto la storia. 0, come piace anche dire, con deno-

minazione a potiori,
di necessit, in

la

storia della filosofia:

la

quale

quanto storia di un momento dello

spirito,

chiude in s tutta la storia, secondo che abbiamo mostrato di sopra nel criticare le divisioni della storia.
Bi-

sogna conoscere

il

significato

dei

problemi

del

proprio

tempo;

il

che importa conoscere anche quelli del passato


altri e

per non iscambiare gli uni con gli


pervia confusione.

produrre un' imi

in certa misura,

secondo

vari dati

dei problemi, bisogner conoscere anche le scienze naturali,


fisiche,

matematiche;
tali,

ma non

in

quanto

tali,

per isvol-

gerle in quanto

sibbeue anch'esse in

quanto conofilosofici

scenze storiche
fisica,

circa lo stato delle scienze naturali, della


i

della matematica, per intendere

problemi

che concorrono a suscitare.

Vana obiezione contro

tale

esigenza addurre

il

caso
obie-

di filosofi grandi e storicamente incolti;

come vana

zione contro la necessit delle cognizioni storiche per


la critica estetica
storia,
il

caso di uomini, che, digiuni di ogni

fondi che

hanno pur dato giudizi d'arte assai pi veri e pronon uomini eruditi. Se quei giudizi sono veri,

202

LA FILOSOFIA, LA STORIA E LE SCIENZE NATURALI


il

vuol dire che

cosiddetto ignorante di storia non igno-

rante, perch ha in qualche

modo

fiutato nell'aria, indovile

nato con rapida percezione, succhiato senz'avvedersene


notizie di fatto, che occorrevano; e, nel caso inverso,
il

co-

siddetto erudito

non da dire uomo

colto,

perch non pos-

siede l'erudizione in

modo

sintetico e vivo. Il

medesimo
Che
si

ac-

cade in quegli acuti

filosofi,

pretesi ignoranti del


filosofi.

mondo e
possa

della storia e dei pensieri degli altri

apprendere

storia,

poca o molta

storia, fuori delle vie con-

suete dell'insegnamento e del manuale e del possesso mne-

monico ordinato, non


zione
l'utilit

si

nega; bench anche qui l'eccela

pedagogica confermi
generale
del

regola,

cio
di

non escluda

modo consueto

apprendimento.

D'altra parte, se colui che empiricamente vien detto igno-

rante di storia, e tale non nel caso singolo dell'esempio,


si

trova poi davvero ignorante in

altri

casi,

dove
anche

la via

inconsueta dell'apprendimento
filosofia

gli preclusa,
filosofi,

la

sua

ne

soffrir; e perci

ignoranti di storia,

cadono in errori che sono


sfondano usci aperti, non
trascurano
in certi
altri,
si

stati

molte volte lamentati:

giovano di acquisti importanti,

difficolt e obiezioni gravi,

danno troppo poco

problemi e troppo
via

d' insicuro e di superficiale in

discorrendo.
si

Cosi
essi
;

l'apprendimento consueto

della storia

vendica di

ed Erberto Spencer, che

volle mai leggere n Platone n Kant, messo da banda dopo alcuni anni di voga, e lo Schelling e lo Hegel, che seppero la storia del loro mestiere, tornano nelle mani

non

degli studiosi.
L'apprendi-

Cangiando
poich
la

la

storia,

la

filosofia

cangia

anch'essa;
filosofia
,

mento della
flloiofla

storia

cangia a ogni istante, la


si si

co-

me

creaslo-

ogni istante, nuova. Ci


della comunicazione

pu osservare nel caso stesso


effettua

n di nuova
flloiofi*.

che

della filosofia

da un
scrit-

individuo
tura.

all'altro,

per mezzo della parola o della


il

Anche

in quella trasmissione

cangiamento

intor-

IV.

IDENTIT DI FILOSOFIA E STORIA

203

viene subito; perch, quando abbiamo semplicemente


fatto in noi
il

ri-

pensiero di un filosofo, siamo nelle condicolui


il

zioni

stesse

di

che ha gustato

un sonetto

una
esta-

melodia e adeguato

suo spirito a quello del poeta o del


filosofia

compositore; e ci in
siarci

non

soddisfa.

Possiamo

ricantando una poesia e rieseguendo una musica,


,

quale essa

senza ritoccarla in nulla;

ma una

proposi-

zione filosofica non ci pare di possederla se non quando

l'abbiamo tradotta, come


gio; ossia, in
effetto,

si

dice,

nel nostro linguagnuovi

quando, fondandoci sopr'essa, abfilosofiche e risoluti

biamo formato nuove proposizioni


problemi, sorti nel nostro

animo. Perci nessun libro confinita o nel


di

tenta mai del tutto; ogni libro spegne una sete solamente

per darne una nuova. Tanto che, a lettura


della lettura, si

corso

prova spesso

il

rammarico
le

non potere
tratti,

dialogare a viva voce con l'autore; e siamo

come

Socrate nel Fedro,


alle pitture,

a giudicare

orazioni scritte simili


alle

perch non rispondono


*
;

domande,

ma

ri-

petono sempre cose gi dette


zienza,

o magari a perdere la padel secolo decimo-

come quel professore padovano


il

quinto

quale,

comentando

il

giureconsulto Paolo, stizzito


< Iste

per

le difficolt nelle quali

urtava, usciva nel grido:

maledictus Paulus tam obscure loquitur ut, si haberem


in manibus,

eum
un
il

eum per capillos


ci fosse

interrogarem!

Ma

se poi

invece del libro muto

innanzi un

uomo

vivo,

Paolo afferrato pei capelli e costretto a parlar chiaro,


processo sarebbe
il

medesimo: la parola di lui verrebbe tradotta nella nostra, il problema di lui sveglierebbe nel
il

nostro spirito

problema nostro.
di

Senonch l'autore stesso

Una proposizione
che
il

filosofica
il

La

perpe-

sempre insoddisfatto,

e sente

suo discorso o

suo

*""^^'<^'"

giamento.

scritto basta

appena per un

istante, e subito poi si

dimostra

Phcedr., 275.

204

LA FILOSOFIA, LA STORIA E LE SCIENZE NATURALI

meno insufficiente. Epper a ogni filosofo, come a ogni poeta, non piacciono davvero dei propri libri se non quelli che egli far; e, come Carlo Marx, nell'ultimo
dal pi al

anno

di

sua vita, a chi

gli

proponeva
al pari

di

dare un'edi

zione completa delle sue opere rispondeva di doverle

an-

cora scrivere, cosi ogni


vero,
fatto

filosofo,

di ogni artista

ne saurait se plaire e muore insoddisfatto. Soddi

solamente

colui
si

il

quale,

un

certo

momento,

cessa dal pensare, e


cio
cure,
il

mette ad ammirare s medesimo,


pensatore; e fa oggetto delie sue
la propria

suo cadavere

di

non pi l'arte o la filosofia, ma quantunque nemmeno questa sia per pagamento che immagina, perch la
pensiero, vorace e insaziabile.
sfarsi

persona:

dargli in fine l'apvita,

non meno

del

ogni modo, per soddi-

filosoficamente,

l'autore

deve immobilizzarsi nella


il
li

formola,
sieri

e della formola contentarsi

lettore,

e
il

penLeib-

diventare ottusi e sordi, come

definiva

niz,

che chiamava

siffatta

condizione di spirito psittaci-

smo. Chi non s' immobilizza, non ha altra consolazione se non quella di pensare, come Socrate, che suoi discorsi non resteranno sterili, ma saranno fecondi e altri discorsi ne rampolleranno nel proprio animo e in quello degli altri, nei quali egli ha gettato la buona sementa *. Si consoler
i
;

pensando che

tiiiuo
(Iella

la vita infinita, e infinita la filosofia.


il

L'infinit della filosofia,

suo continuo cangiare, non

un

fare e disfare,

ma un

continuo superarsi: la nuova

proposizione filosofica possibile solamente merc l'antica,


e l'antica vive eterna nella

nuova che
gli

la

segue e

in quella

nuova che

la seguir

ancora e che render antica


animi,
facili

l'altra

nuova. Ci basta a rassicurare


e a piangere sulla

a smarrirsi

vanit delle cose.

Dove ogni cosa

vana, niente vano; la pienezza costituita appunto da

F/ivedr., 276-7.

IV.

IDENTIT DI FILOSOFIA E STORIA


il

205

quel perpetuo vanificarsi, che


realt,
il

nascere perpetuo della

divenire eterno. Nessuno rinunzia ad amare, per-

ch l'amore passa; e nessuno cessa dal pensare, perch


il

suo pensiero ceder

il

luogo ad

altri

pensieri.
il

L'amore
pensiero

passa,

passa,

ma ma genera
genera

altri

esseri,

che ameranno:

altri pensieri,

che moveranno ancora a


si

pensare.

Anche
:

nel

mondo

del pensiero

sopravvive nei

propri figliuoli

nei figliuoli che ci contrariano, ci sostitui-

scono e

ci

seppelliscono (e non sempre con la debita piet).


altro significato fuori di questo si

Nessun

pu trovare

SignitcHt

nella celebrata eternit della filosofia, nella sua superiorit ^^ d'iella ^fl"ol al tempo e allo spazio. L'eternit di ogni proposizione filo- soAh.
sofica
le

da affermare contro coloro che considerano

tutte

proposizioni

come
di

prive di valore e fuggevoli senza


sola permar-

traccia,

fenomeni

una brutale materia, che


le
effetti

rebbe costante; perch

proposizioni filosofiche, sebbene


deterministica-

storicamente condizionate, non sono

mente prodotti
siero,

di tali condizioni, sibbene creazioni del pen-

che

si

continua in esse e per esse.

Ma

l'eternit

stessa da negare quando s'intenda come fantastico isolamento dalle condizioni storiche, e affermare bisogna invece la relativit di ogni filosofia, badando solo a che questo concetto

di

relativit

materialismo storico e di

non assuma l'erronea veste di determinismo economico. Al ma-

terialismo e al determinismo, nella loro forma


riscente che lo psicologismo,
tare la storia della filosofia
le
si

meno appa-

riduce la pretesa di trat-

psicologicamente, risolvendo

idee

nelle

condizioni dei tempi e nei casi individuali

dei filosofi, nella storia sociale e nella biografia.

L'eternit della filosofia


.

,
,.

dunque,

la

e nient altro

che simbolo di questa verit da dire


volte
fatta

...

sua stessa verit; , T


1

concetto

ilelUtilosofla

l'esco-

spontanea

gitazione pi

una filosofia spontanea o ingenua, iningenua o innata o nascosta (abdita), che sarebbe sola ^^^ valore permanente nel variare delle opinioni filosofiche o a cui lo meramente
di
j,

simbolico.

206

LA FILOSOFIA, LA STORIA E LB SCIENZE NATURALI

spirito,

dopo molti erramenti, tornerebbe. Nella quale esco-

gitazione rientra la

reminiscenza

(dvdp,vTiais)

platonica,

onde

il

vero sapere viene spiegato come ricordo di uno


nostro Leo-

stato originario; e quell'altra reminiscenza o piuttosto re-

stituzione dell'anima fanciullesca, della quale

il

pardi cosi discorre:

Ed

imparar cred'
sia, se

io

che

le

pi volte

Altro non

ben

vi si guardasse,

Che un avvedersi di credenze stolte Che per lungo portar l'alma contrasse,

E
11

del fanciullo racquistar


il

con molte

Cure

saper, che a noi l'et sottrasse;

qual gi pi di noi non sa n vede.


di

Ma

veder n

di

saper non crede.

Senonch quella

vano poi come cosa reale

questa reminiscenza non si tronon in proposizioni storicamente condizionate; sicch filosofia ingenua e conoscenza primitiva sembrano non essere altro che modi simbolici e poetici di designare la filosofia stessa, la quale, conforme alla
filosofia e

se

sua propria natura,


filosofie particolari.

si

attua sempre in tutte e in nessuna delle

La reminiscenza

platonica (spiegava lo

Schelling)

il

ricordo di quello stato, in cui eravamo tutt'uno

con

la

natura

ma, poich con

la

natura

ci

facciamo

tutt'uno in ogni nostro atto, ogni nostro atto richiede

una

speciale reminiscenza, ossia

un nuovo pensiero. Alla

stessa

guisa

lo

stato di natura, celebre nelle dottrine intorno


era uno stato di perfezione, che
in

alla morale e al diritto,

non

si

riusci

mai a trovare

nessuna parte del mondo


della virt,
della

e in nessun

momento
un

del

tempo, appunto perch esprigiu-

meva
stizia.

il

concetto stesso del bene,

Socrate, in

altro dialogo platonico, parlava delle

credenze vere

(6|ai d^TiOelg),

che sono simili

alle statue
le

di

Dedalo e sfuggono dagli animi se alcuno non

lega

IV.

IDENTIT DI FILOSOFIA B STORIA

207

per mezzo di ragionamenti, e che, solo quando sono cosi legate, da credenze si assodano in conoscenze '. E tale
la filosofia

ingenua, che nella realt esiste solamente legata

e non mai sciolta e ingenua,


filosofia

addita e non mai

come vorrebbe il nome, come come abdita. Certamente alla co-

scienza degli addottrinati, resa oscura da troppo travaglio,

possiamo opporre talvolta la coscienza ingenua, e alla pedanteria dei trattati scolastici la verit dei proverbi, del

buon senso, dei fanciulli, del popolo o dei popoli primitivi. Ma, insomma, non bisogna dimenticare che l'ingenuit,
in tutti

questi casi,

metafora che vale a designare

la

schiettezza del vero.

Come per comodo modo


dotta, per simile motivo
sofia
si

di dire e utile espediente di-

Lafiiosoti*^poi'eI

dascalico sorge la divisione tra filosofia ingenua e filosofia


suole a volte distinguere la
filo-

mie.

propriamente detta o sistema dalla critica della


e
si

filosofia,

fa dell'una la parte solida e

permanente e
tempi e
ai luo-

dall'altra quella variabile,

da adattare

ai

ghi, avente a suo oggetto la difesa del vero contro le insidie e gli assalti degli errori.
pirico,
della

Ma, fuori

di quest'uso
filosofia

em-

nella concreta e
filosofia

verace realt,

critica
affer-

sono la cosa medesima, perch ogni

mazione negazione e ogni negazione affermazione, e


l'aspetto critico o negativo inseparabile

dal positivo,
si

ogni

filosofia

sempre polemica, come


filosofica.

pu osservare
si

analizzando qualsiasi scrittura


la

Frequente
di

ode

raccomandazione da parte degli uomini

umori

pacifici

o piuttosto

indifferenti di astenersi dal polemizzare, e star

paghi ad esprimere in
il

modo positivo
il

le

proprie idee.

Ma

vero che solamente l'artista pu esprimersi senza pole-

mica, appunto perch egli esprime

suo animo e non ra-

Meno^

97-8.

LA FILOSOFIA, LA STORIA E LE SCIENZE NATURALI


giona idee. Le idee sono sempre armate di lancia e scudo,
e chi vuole farle valere tra gli

uomini deve

lasciarle guer-

quando per davvero ha estinto in s il momento polemico e parla come se effondesse il proprio animo, non pi o non ancora filosofo; ovvero, dopo aver filosofato in certi problemi, fa, come Platone, atto di rinunzia innanzi ad altri, sentendosi immaturo o impotente
reggiare.
filosofo,

Un

a formolarli e a risolverli logicamente, e


poesia e nel vaticinio.
Identit
di filosofia e
storia.

si

effonde nella

La

filosofia,
si

dunque, non n fuori n a capo o a

ter-

mine, n

ottiene in

particolari della storia;

un momento o in alcuni momenti ma, ottenuta in ogni momento,


al

sempre e

tutta

congiunta

corso dei

fatti

condi-

zionata dalla conoscenza storica. Nondimeno, questa conclusione alla quale siamo pervenuti
e

che

forma pieno
di

riscontro all'altra circa la condizionalit della filosofia per


la storia,
sorio.

deve tenersi ancora come qualcosa

provvi-

Perch, se la considerassimo definitiva,

filosofia

e
si

storia

sarebbero per noi due forme dolio spirito che


si

condizionano a vicenda, o che, come


licemente, stanno in azione reciproca.

suol dire poco fefilosofia

e storia

non sono gi due forme, sibbene una forma


condizionano a vicenda,
sintesi a
priori,

sola, e

non

si

ma

addirittura s'identificano.

La

che

la

concretezza del giudizio indivila

duale e della definizione, insieme


filosofia e della storia; e
lifica l'intuizione
il

concretezza della

pensiero, creando s stesso, qua-

e crea la storia.

la storia

precode

la

filosofia

la filosofia la storia: l'una e l'altra


si

nascono a
vuole ac-

un

parto. E, se alcuna precedenza o primato


filosofia, si

cordare alla

pu solamente nel senso che l'unica


il

forma, la filosofia-storia, prende


perci di togliere
ci che trasfigura
sofia.
il

suo carattere, e merita


dall'intuizione

nome, non
l'intuizione:

gi,

ma

da
filo-

dal pensiero e dalla

IV.

IDENTIT DI FILOSOFIA E STORIA

209

Per fini didascalici filosofia e storia, come sappiamo, vengono bens distinte col considerare filosofia quella forma
di esposizione in cui dato risalto al concetto o sistema,

Diyisioni

didascaliche, e altre
ca(i;ioni del-

e storia quella in cui

il

risalto del giudizio individuale


il

l'apparente
dualit.

o racconto.
concetto,

Ma, per ci stesso che


per converso,

racconto include

il

ogni

racconto vale a chiarire e risolvere proe,

blemi

filosofici,

ogni sistema di concetti


si-

getta luce sui fatti; onde la conferma della bont del

stema nella potenza di cui esso d prova nell'interpetrare


e narrare la storia: la pietra di

paragone della

filo-

sofia la storia.

Per diverse che

le

due cose sembrino a

cagione della diversit estrinseca e letteraria delle scritture


o libri nei quali l'una o l'altra viene trattata, e
la divisione didascalica
si

quantunque

valga di attitudini diverse che

l'esercizio a
si

sua volta concorre a determinare, l'intima unit

fa chiara

sempre che

si

vada
Il

al

fondo di una proposizione

sia filosofica sia storica.

caso,
si.

che

si

suole opporre, di

contrasti tra filosofia e storia

risolve nel contrasto tra

due

filosofie,

l'una vera e l'altra fallace, o entrambe varia-

mente! miste di verit e di fallacia. Se taluno, a mo' d'esempio, idealista nel narrare la storia e materialista nella teo-

ria che professa, vuol dire che nel suo

animo, senza ch'egli

ne

sia del tutto consapevole,

due

filosofie coesistono non

armonizzate.

E non
si

accade sovente che in una stessa esporitrovino proposizioni che


si

sizione filosofica

contradi-

cono e sistemi divergenti arbitrariamente accozzati?


Dall'intuizione, che individuazione indiscriminata,
si

sale all'universale, che individuazione discriminata; dall'arte alla filosofia,

che

storia. Il

secondo grado, appunto


;

perch secondo, pi complesso del primo


plessit

non importa che esso


s'

sia
Il

nori gradi, filosofia e storia.


d'ala, afferma s stesso e

ma questa comcome spezzato in due miconcetto, con un sol colpo

impadronisce della realt tutta,


lui stesso.

che non diversa da

lui,

ma

B. Croce, Logica.

14

210

LA FILOSOFIA, LA STORIA E LE SCIENZE NATURALI

Postilla.
(e,

Mi si permetta un chiarimento, che


la critica) del

concerne

la storia

per la dimostrata unit,

fa, esordii

negli studi filosofici


il

mio pensiero. Sedici anni con una memoria intitolata La Storia


quale sostenni, non

ridotta sotto

concetto generale dell'Arte (1893), nella

gi che la storia sia arte (come da altri stato presentato sovente


il

mio pensiero),

ma

(come del resto


il

il

titolo diceva chiaro) dell'arte.

che la
sedici
filo-

storia si riduca sotto

concetto

generale

Dopo

anni, sostengo invece che la storia filosofia, anzi che storia e


sofia

sono

la

medesima

cosa.

Le due

teorie sono certamente diverse,

assai di quanto sembri all'apparenza, e, a ogni modo, la seconda svolgimento e perfezionamento della prima. Elle a hien chang sur la rotile^ senza dubbio ma si cangiata senza disconti;

ma meno

nuit e

salti. Infatti,
1.

gl'intenti della

mia giovanile
le

scrittura erano

anzitutto:

combattere la risoluzione che

scienze naturali ten;

tavano, allora pi che ora, della storia nei loro schemi


il

2.

affermare

seriet dell'arte, che il positivismo allora dominante considerava come cosa di piacere 3. negare che la storicit sia una terza forma dello spirito teoretico, diversa dalla forma estetica e da quella intellettiva. Queste tre tesi sono da me mantenute intatte anche ora, e sono entrate a far parte della mia Estetica e della mia Logica. Senonch,in quel tempo, non mi era chiaro il carattere proprio della filosofia, profondamente diverso da quello delle scienze empiriche e astratte, e la diversit tra la Logica filosofica e la Logica classificatoria. Per tale deficienza non potevo risolvere interamente il problema che mi ero proposto. Confondendo, allora, in un sol gruppo l'universalit vera della filosofa e quella falsa delle scienze (che o mera generalit o astrattezza), la concretezza della storia mi parve non potesse rientrare se non nel gruppo dell'arte, inteso nella sua maggiore estensione (perci dicevo concetto generale dell'arte). Nel quale la differenziai merc il fallace metodo della subordinazione e coordinazione, come rappresentazione del reale, collocandola senza mediazione accanto alla rappresentazione del possibile (arte in senso stretto). Quando nel progresso del mio pensiero (progresso lento e faticoso, perch lento e faticoso stato per gli uomini della mia generazione ripigliare coscienza di quel che sia veramente Filosofa) intesi la vera relazione tra filosofa e scienze, e insieme mi venni liberando dalle scorie del metodo intellettualistico e naturalistico, anche la storia mi si rischiar alquanto nella sua vera natura; e, iieW Estetica, la considerai com
carattere
e la
;
:

teoretico

uasoente dall'intersezione della

filosofia e

dell'arte; nei Lineamenti

IV.

IDENTIT DI FILOSOFIA B STORIA.

211

di Logica, feci ancora

un passo

avanti, e la storia
il

mi apparve come
il

conclusione dello spirito teoretico,


dell'arte, ingrossato

mare

in cui sboccava

fiume

da quello della

filosofia.

L'identit completa,

per altro, della storia e della filosofia mi restava sempre a mezzo


celata, perch persisteva in

me

il

pregiudizio che la filosofia potesse

avere in certo
tuire, rispetto

modo forma sciolta dai vincoli della storia, e costia questa, un momento precedente e indipendente dello

astratto.

mia idea della filosofia, perdurava qualcosa di anche questo pregiudizio e questa astrattezza sono stati, a poco a poco, vinti e a vincerli mi hanno aiutato grandemente,
spirito; ossia, nella

Ma

non soltanto
d'identit da

miei studi sulla Filosofia della pratica col rapporto

me

ritrovato tra intenzione ed azione,

ma

anche, e

soprattutto, gli studi del

quale assai

altri aiuti e

mio carissimo amico Giovanni Gentile (al stimoli deve la mia vita mentale) intomo
di filosofili

alla relazione tra filosofia e storia della filosofia (cfr. ora, in ispecie.
Critica,

VII, pp.

142-9),

che io ho allargata nel rapporto

e storia in genere.

cretezza, che la

Insomma, dall'accentuazione del carattere di constoria ha rispetto alle scienze empiriche e astratte,
il

sono passato via via ad accentuare


filosofia; e,
le

carattere di concretezza della

condotta a termine la critica della duplice astrattezza,

e quella che
in ultimo,
z'altro,

due concretezze (quella che avevo rivendicata dapprima alla storia, ho rivendicata poi alla filosofia) mi si sono dimostrate,

una

sola.

Cosicchn ora non potrei pi n accettare sen-

n senz'altro rifiutare, la mia vecchia teoria, che non la

nuova,
nuova.

ma

che pure, per cosi stretti legami,

si

congiunge con

la

Questa

stata la via

da

me

percorsa, e ho voluto descriverla di

proposito, per non lasciare equivoci che potessero indui-re altri, per

mia negligenza,

in errore.

Le scienze naturali

Le
ze

scien-

Jue scienze naturali non sono


concetti, e

altro che edilzi di

pseudo-

naturali

come
cetti rici;

conempipra-

propriamente di quella forma

di pseudoconcetti,

che abbiamo denominati empirici o rappresentativi.

e loro

indole
tica.

La qual cosa vengono a


nizioni che
di
si

confessare a lor

modo

le

defi-

sogliono dare delle scienze naturali

come

scienze di fenomeni (in contrapposto alla scienza dei noumeni, che sarebbe la filosofia), o di scienze di fatti
(in

contrapposto altres alla


il

filosofia,

scienza di valori).

Ma

puro fenomeno, ingenuamente puro, rappresentai


i

zione dell'arte;

noumeni,

in

quanto conosciuti, sono


i

in-

sieme fenomeni;

concreti valori sono fatti;


di

fatti,

presi

senza alcuna determinazione


si risolvono in puri

valore e di universalit,
quelle scienze, in verit,
fatti,

fenomeni.

non offrono puri fenomeni o meri presentativi, un qualcosa di mezzo


concetto, che
Eliminazione di un
si

ma

concetti rap-

tra rappresentazione e

elabora per ragioni pratiche.


la

Pronunziata
via
(o

parola

pratico

>,

giova subito toglier

equivoco
circa

code-

to caratte-

re pratico.

un errore, pel quale si tiene che le scienze naturali scienze senz'altro, come anche s chiamano) siano pratiche perch mirano ai fini dell'azione. Gi il Bacone, voce sonora dell'iniziato movimento naturalistico dei tempi moderni, era tutto pieno di questa fallace opinione, e ripe

teva fino alla saziet che

meta scientiarum non alia

est

V. l.E

SCIENZE NATURALI

213
et copiis

quam

ut dotetur vita
si

humana
;

novis inventis
et

che esse

propongono tpotentice
vitce

ampUtudinis humance
*.

fines in latius proferre

e che, per loro mezzo, la realt

<ad usus

humance subigitur*

Ma
Ci,

anche

ai

nostri

giorni parecchi teorici aflfermano spesso e volentieri che le

scienze sono

*.ordonnes l'action*.
le

anzitutto,

non

varrebbe a qualificare

scienze naturali, perch qualsiasi

conoscenza rivolta all'azione: la conoscenza compiuta o


storica,

che forma l'immediato precedente dell'operare*;

la filosofia,

che a sua volta condiziona

la

conoscenza

sto-

rica; l'arte stessa o la fantasia,

che condiziona

la filosofia.

il

pregiudizio che assegna una sorta di primato di pra-

ticit alle scienze naturali

nasce dall'idea volgare che la


bere, ve-

sola pratica della vita sia quella del mangiare,


stire e abitare,

dimenticando che l'uomo non vive di solo


il

pane, e che anzi

pane stesso cibo spirituale se accresce

forza alla vita spirituale.


turali

Ma

v'ha di pi:

le

scienze na-

appunto perch composte di concetti empirici (che non sono vere conoscenze), non servono direttamente
all'azione,
e

per operare necessario tornare da quegli

schemi
fatto,
le

alla

conoscenza
si

della

individuata

situazione

di

come

dice

comunemente, mettere da banda

astrazioni e vedere
le cose.
Si

come
il

realmente e propriamente
il

stiano
non
la

cura

malato,

singolo

malato,

malattia;

Socrate o Calila (diceva gi Aristotele)

non l'uomo in generale: OeQcutevTv t xaQ'lxounov; la co-

noscenza della materia

medica non

basta:

si

richiede

l'occhio clinico.
pratiche non
nel

Ma

le

scienze naturali sono dette da noi

significato
si

che siano dirette all'azione


nell'altro che sono esse stesse

meglio di altre conoscenze,


dizioni,

^ pratiche dunque in modo intrinseco e costitu-

Nov. org.,
Si

I,

81, 116; e II, in fine.

veda

la Filosofia della pratica, p. I, sez. I.

214

LA FILOSOFIA, LA STORIA E LE SCIENZE NATURALI

tivo.

appunto perch azioni, sono primamente dirette


all'azione,

non gi

ma

ad aiutare

lo spirito conoscitivo,

all'azione, ossia all'ulteriore azione, solo in

secondo tempo

e in via indiretta: chiaro, per dirla in

altri termini,

che

se quell'azione che la scienza, se un'azione in genere,

non
Impossibilit

si

traduce in nuova conoscenza, non pu dare luogo

a nuova azione.
11

carattere empirico

pratico

delle

scienze

naturali

di uni-

ficarle.

comunemente ammesso per quelle di esse che si presentano come semplici classificazioni di fatti: la zoologia, la

botanica,

la

mineralogia,

e e

anche

la

chimica in quanto
in

enumera specie chimiche,


classi di

la fisica

quanto enumera

fenomeni o forze

fisiche.

L'universale di ciascuna
di-

di

queste scienze arbitrario,


il

non potendosi porre

stinzione rigorosa tra

concetto di animale (l'universale

della zoologia) e quello di vegetale (l'universal della bo


tanica);
e

nemmeno
il

tra

il

vivente e

il

non vivente, tra

l'organico e

materiale; sicch perfino la cellula, che ,


il

almeno provvisoriamente,
biologiche,
si

sommo

concetto delle scienze

differenzia dai fatti chimici in guisa mera-

mente
per
lo

esteriore,

per caratteri empirici. Si obietter che


tentativi

meno non mancano


i i

di

determinare con

rigore

concetti supremi delle scienze,

come

nell'escogi-

tazione degli atomi,

quali variamente aggregandosi da-

rebbero luogo

ai singoli fatti e alle particolari loro classi;

e nelle altre escogitazioni dell'etere o dell'energia, onde


i

singoli fatti sarebbero nient'altro che

forme varie

di etere

e di energia; o, infine, in quelle dei vitalisti, che ricono-

scono irriducibili

concetti di teleologico e di meccanico,

di organico e d'inorganico, di vita e di materia, o all'uno

non meno che

all'altro fanno ricorso per ispiegare


si
i

Ma

in tatti codesti casi


si

perch

abbandonano

il mondo. esce dalle scienze naturali, fenomeni pei noumeni e si porgono

spiegazioni speculative, che valgono certamente quel che

V.

LE SCIENZE NATURALI

215

possono valere cio assai poco,

ma

che naturalisticamente

non sono
atomi

di

alcun uso, e tutt'al

pili

procurano a qualche
e

dottrinario l'insipido

piacere di chiamare

complesso di

un animale,
la cellula.

forma di energia

il

calore, e forza

vitale

Come

le

scienze naturali non sono


il

unificabili in

un

Impossibilit
d' in-

concetto (donde

loro incancellabile plurale),

e restano

trodurvi divisioni rigorose.

perci asistematiche,
relazione, del pari

ammasso

di scienze senza intrinseca


possibili

non sono scuna distinzioni logiche, e non sar dato mai provare che i generi e le specie di alcuna di esse debbano essere tanti
all'interno
di
cia-

non

pi,

enunciare
si

il

carattere veramente originale

onde un genere
cie

distingue da un altro genere e una spefin

da un'altra. Le specie animali

oggi descritte sono


di zoologia) a

state calcolate

(come leggo

in

un manuale
si

oltre quattrocentomila,

e quelle che

potrebbero ancora

descrivere, a quindici milioni: numeri, che esprimono per

l'appunto l'impotenza delle scienze empiriche a esaurire


le

infinite

e individuali

forme del reale, e

la

necessit

nella
siasi,

quale sono messe di arrestarsi a un numero qualdi

alcune centinaia, di alcune migliaia o di alcuni

milioni. Quelle specie, molte o poche che siano, fluiscono

l'una nell'altra, per l'innegabile concepibilit di forme in-

termedie graduali, anzi

continue,

che

rendono evidente
fatto reale

l'arbitrariet del taglio netto

che

si

compie nel

quando

si

distacca

il

lupo dal cane o la pantera dal leopardo.


la

Ma

qualche dubbio circa

giustezza di attribuire alle

scienze naturali carattere empirico e pratico sembra nascere allorch dalla classificazione, dalla descrizione o dalla

sistematica (come con curioso paradosso verbale si chiama r asistematica delle classificazioni naturalistiche) si passa a considerare le leggi, che quelle scienze pongono
o (secondo che

comune credenza)

ritrovano. Si osserva

allora che la classificazione certamente semplice lavoro

216

LA FILOSOFIA, LA STOIMA E LE SCIENZE NATURALI


arbitrario,
di

preparatorio,

comodo
il

nominalistico;

che
la

il

vero fine delle scienze naturali non la classe

ma ma

legge, e che nella legge


tanto che per

rigore di verit indubi-

tabile,

mezzo

delle leggi che si scoprono

possbile,

nientemeno,

formare previsioni di quel che

sar per accadere. Miracoloso potere, in vero, che mette-

rebbe

le

scienze naturali di sopra a ogni altra forma di


le

conoscenza, anzi
la

doterebbe di forza quasi magica, merc

quale l'uomo, non pago di conoscere ci che accade


conoscere, perfino, ci che non accaduto ancora,

(che pure tanto arduo a conoscere), sarebbe in grado


di
il

fatturo o futuro!

Prevedere

(bisogna rendersi chiaro conto

dei concetti) tanto vale quanto

antivedere

profetare;

il

naturalista sarebbe in questo caso n pi n


lo scientifico e la

meno
a
far

che
Carattere

metodico erede degli antichi veggenti.


del

Basterebbe

miracolosit

vantato
le

potere

empirico
delle

leggi

dubitare che la legge innalzi davvero


a

scienze naturali
al

naturalistiche.

scienze di

verit,

sia

qualcosa di superiore

semIn

plice concetto empirico,


realt,
la

alla descrizione e alla classe.

legge la stessa cosa del concetto empirico,


si

della descrizione, classe o tipo, dei quali

discorso or

ora; perch in filosofia legge sinonimo di concetto puro,

nelle

scienze

naturali

sinonimo di concetto empirico,


naturali

onde

le leggi

delle scienze

vengono dette talora


si

empiriche
strato, nel

o di esperienza.

se

non fossero empiriche,

sarebbero universali speculativi, impropri, come

mo-

campo

delle scienze naturali.

La legge

del lupo

il

concetto empirico del lupo: posto che nella realt sia

data una parte della

rappresentazione

corrispondente a

quel concetto, da concludere (ecco la legge) che dato

anche

il

resto. Cosi

il
i

Cuvier (per adoperare un esempio


tipi

assai trito),

ponendo

degli animali, e perci le leggi

delle correlazioni degli organi, era in

grado

di ricostruire

da'un osso superstite

l'intera configurazione di

un

fossile.

V.

LE SCIENZE NATURALI

217

Cosi,

posto
realt
-,

il

concetto chimico dell'acqua,


di
i

0,

e dati

nella
e
la

tanto

ossigeno

il

doppio

d'

idrogeno,

e sottomessi

due corpi

alle altre condizioni


si

che

chimica stabilisce, da concludere che


Tutte
le leggi

vedr appa-

rire l'acqua.
tipo.

naturalistiche sono di questo

ragione alcuni naturalisti e raetodologi delle scienze

naturali, protestando contro la divisione delle scienze naturali

in

descrittive

ed esplicative, scienze di

classifica-

hanno mantenuto che unico il Ma ci non perch la legge sia superiore alla classe o concetto empirico, si bene perch le due cose sono identiche: la legge naturale concetto emzioni e scienze di leggi,

carattere di esse: la legge.

pirico, e

il

concetto empirico legge.


Il

A
lato

fondamento delle leggi o concetti empirici il postudella costanza o uniformit della natura: cosa an-

postulato

dell'unifor-

mit della

ch'essa alquanto misteriosa e alla quale molti sono disposti a


chinarsi non senza brivido di religiosa riverenza. Ma quel postulato non nemmeno un'ipotesi, concepibile in certo modo, quantunque non ancora chiarita e dimostrata: il pensiero

natura,

suo genuino
significato.

comune,

al pari di

quello filosofico, sa bene che la realt

non

n costante n uniforme, e che anzi in perpetua


postula (e che
tiene poi falsamente

trasformazione, evoluzione e divenire. Quella costanza e

uniformit che

si

si

realt oggettiva) nient' altro che la stessa

come opportunit
il

pratica onde
stulato

si

delibera di trascurare
il

le
il

differenze e con-

siderare uniforme

difforme, costante

mutevole;

po-

dell'uniformit della natura la richiesta di


della realt,

una
facit

trattazione

resa uniforme per ragioni di cosignifica


si

modo;

e natura

non

facit saltus

mens non

saltus in naturte cogitatione, o meglio (se

prende gusto a
Pretesa
Ineceepibilit delle
leggi
rali.

questi barbarici latini), intellectus saltus natu7'ce cohibet.

Consegue da

ci

anche l'inversione della sentenza, che


di natura.

tanto rifulge nella rettorica delle scienze naturali, circa

l'inesorabilit e ineccepibilit delle leggi

natu-

218

LA FILOSOFIA, LA STORIA E LE SCIENZE NATURALI

Appunto perch queste leggi sono nostre costruzioni arbitrarie e danno come fisso il mobile, non solamente esse non sono
ineccepibili e patiscono talvolta eccezioni,

ma

addirittura
alla
si

non
un
e

vi

ha fatto reale che non


il

sia

eccezione

sua

legge naturalistica. Accoppiando un lupo a una lupa,


lupacchiotto,
le

avr

quale, dopo

un

po', diventer

un nuovo

lupo con

sembianze,

le forze e gli abiti dei suoi genitori;

perch, altrimenti,

nondimeno quel lupo non sar identico ai suoi genitori, come mai i lupi si evolverebbero con
si

l'evolversi della realt tutta di cui sono parte inseparabile?

Analizzando chimicamente un bicchiere d'acqua,

ottiene

H'
si

0; ma, ricombinando chimicamente

'^

0,

l'acqua che

riottiene , per

modo

di dire, la stessa di

prima; perch
mutazioni

quel combinare e ricombinare qualche modificazione deve

avere prodotta (ancorch non percepita da

noi), e

sono avvenute intanto nella realt


niente separabile e

tutta, dal cui

complesso

nemmeno

quell'acqua, la quale dunque,


si

presa nella sua particolarit e concretezza,


modificata.

anch'essa

Onde

si

potrebbe definire:

le leggi

inesorabili

della natura sono leggi che a

ogni attimo vengono viosono quelle che ven-

late;

e,

per converso,

le leggi filosofiche

gono in ogni attimo osservate. Ma in qual modo vengano osservate non conoscibile se non merc la storia;
epper
la

conoscenza vera non sa nulla


fatti

di previsioni,

non

conosce se non
si

realmente accaduti, e del futuro non

d conoscenza. Le scienze naturali, che non forniscono


diritto (se lecito

conoscenze vere, hanno ancora minore


esprimersi cosi) a parlare di previsioni.

Pure

(si

obietter) sta di fatto che tutti noi

formiamo

previsioni, e che senza di esse

non potremmo n cuocere

Certaun uovo n movere un passo fuori dell'uscio. mente; senoncli quelle pretose previsioni non sono altro che il compendio di quanto per esperienza conosciamo

essere accaduto e secondo cui

ci

risolviamo per la nostra

V.

LB SCIENZE NATURALI

219

azione. Che cosa sia accaduto, sappiamo che cosa accadr, non sappiamo, n, in fondo, c'importa sapere. Chi volesse davvero saperlo, non si moverebbe pi, e sarebbe preso da
;

tale perplessit

innanzi al da fare da ammazzarsi per di-

sperazione o morire di ambascia. L'uovo, che di solito ha


bisogno, poniamo, di cinque minuti per cuocersi nel

modo
come
, tal-

che a

me

piace,

qualche volta mi procura la sorpresa di


passo fuori dell'uscio

presentarsi al mio palato, dopo quei cinque minuti,

troppo o troppo poco cotto


volta,

il

una caduta

sull'uscio. Tuttavia, sapere ci

non m' im-

pedisce n di uscire di casa n di far cuocere uova, perch

debbo pur camminare


individuale,
delle

e nutrirmi.

Le

leggi del
delle

mio essere
attitudini,

del

mio temperamento,

mie

mie

forze,

ossia la conoscenza del

mio passato, mi

fanno risolvere a riprendere un viaggio, come venti anni


fa,

fa.

la lavorazione di una statua, come dieci anni Ahim! non avevo considerato che, nel frattempo, le gambe hanno perduto parte della loro forza e il braccio

a iniziare

divenuto tremulo. Si dicano pure previsioni vere o false


quelle che sono in opera in questi casi;
tichi

ma non
storici.

si

dimen-

che esse non sono altro se non concetti empirici, cio

schemi mnemonici, desunti da giudizi


utili,

Che siano
si

non

si

revoca in dubbio; anzi, quel che qui


utili,

so-

stiene

appunto che sono

e,

perch

utili,

non vere.

Se hanno qualcosa di vero,


del fatto; ossia

la

verit nell'osservazione

non gi nella previsione o legge,


il

ma

nel

giudizio storico che a questa fornisce Chiarita per tal


rici e
il

sostrato.

modo

la coincidenza tra concetti

empi-

Natura, e
suoi vari
gnificati.
si-

scienze naturali, necessario determinare esattamente


,

significato della parola naturale

che

si

adopera come

Natura

co-

qualificativo di codeste scienze e che a noi,

pur dandone

me

passivi-

t e negativit.

un sinonimo nella parola

empirico

non

parso oppor-

tuno cangiare, tanto l'uso ne radicato. Che cosa natura? In un primo significato, natura l'opposto di

220

LA FILOSOFIA, LA STORIA E LE SCIENZE NATURALI


e designa

spirito

spetto a quello

momento naturale o materiale rispirituale, il momento meccanico rispetto a


il
il

quello teleologico,

negativo rispetto

al positivo. Cosi, nel

passare da una forma all'altra dello spirito, la forma inferiore, nel travaglio del passaggio,

come

la

materia e

la

zavorra e

l'

impaccio, e perci la negazione della forma


ci si

superiore; onde la realt


forze,

configura

come

la lotta di

due

una

spirituale e l'altra materiale o naturale.

super-

fluo ripetere

che

le

due forze non sono due


fosse,
il

ma

una, e che,
il

se

il

momento negativo non


colomba (diceva

non sarebbe nemmeno


se

positivo: la

Kant), che s'innalza a volo,

pu credere che volerebbe assai meglio

non dovesse vinvi

cere la resistenza dell'aria; ma, senza quella resistenza, essa

cadrebbe di peso a terra. In questo significato non

ha

scienza della natura

(della materia, della passivit, della

negazione, ecc.), distinguibile da quella dello Spirito, che


scienza di s stesso e del suo opposto, e di s stesso solo
in
Natura
co-

quanto insieme scienza del suo opposto.


In un secondo e diverso significato la

natura non

pi

me

attivit

pratica.

l'opposto,

ma

qualcosa di distinto nello spirito, e distinto

propriamente dallo spirito conoscitivo come quella forma di


spiritualit e attivit,

che non per s conoscitiva, cio come


si

forma pratica o volont. L'uomo


fare, e dal volere e

fa

natura

a ogni istante,

perch, a ogni istante, dal conoscere passa al volere e al


fare torna al conoscere, che fonte di

nuova volont
natura

e azione. In questo significato, scienza della

(o filosofia della

natura) non potrebbe essere se non

la scienza filosofica della volont, la filosofia della pratica. Natnra in


sifrnificato

Ma
vedere

con

la

conoscenza
la
filosofia

filosofica della

natura in quanto

Knoaeologi-

volont, con
le

della pratica, niente

hanno che

co, come metodo naturnllNtlcoo

scienze naturali.

Non conoscenza

di volenti^

ma

volont,

non v(Tt
i

ma

utilit,

abl)racciano ogni

forma

empirico.

del reale,

prodotti dello spirito teoretico

non meno che

quelli dello spirito pratico, che esse

manipolano e schematiz-

V.

LE SCIENZE NATURALI
si

221

zano con pari indifferenza, nel modo che


si

visto.

Non

distinguono dunque

per

la

particolarit dell'og-

getto,

ma

per la particolarit del

modo

di tratta-

zione; non trattano dell'aspetto materiale e meccanico del


reale,

n di quello ateoretico, pratico, volitivo (irrazionale,


si

come mano

suole anche chiamarlo, e malamente),


il

ma

trasfor-

in pratico

teoretico, e,

uccidendone

la vita teore-

tica, lo

rendono morto, materiale, meccanico. La natura,


il moto ab extra, l'atomo inerte, non sono realt e concetti, ma la stessa

la materia, la passivit,

e via dicendo,

scienza naturale in azione.


siderato,
fatto,

Il

meccanismo, lgicamente con-

non

n un

fatto

ma

un

non-fatto,

n un modo di conoscere il un modo di non-conoscere crea:

zione pratica, che reale solo in quanto diviene anch'essa

oggetto della conoscenza. Tale

il

significato

gnoseolo-

gico o gnoseopratico della parola natura, che bisogna guardarsi dal confondere coi due precedenti. E quando si dice che la materia o la natura non esiste, s'intende riferirsi solamente all'idolo, allo schema foggiato dai naturalisti,

che

gli stessi naturalisti

filosofi

del naturali-

smo, obliandone
reale, se

la

genesi,

scambiano talvolta per cosa


il

non viva. La materia (diceva


la

Berkeley) un

astratto;

materia o la natura un concetto empirico


i

(diciamo noi): e chi sa che cosa siano

concetti

astratti

ed empirici non pretender che


esistano, sol perch se ne parla.

la

materia e la natura
di avere risoluto
Ili

Con queste spiegazioni non intendiamo


compiutamente
il

Le

iiiusio

problema circa

il

dualismo o

il

materiali

dei

ma-

terialisti e
dualisti

smo
le

del reale, in sede di logica, perch (ripetiamo) la sosi

luzione non

pu aspettare se non dal concorso


cio
si

di tutte

scienze filosofiche,

dalla

totalit del sistema.


ai dualisti

Ma
ma-

gi in sede di logica
terialisti

pu vedere che

non

dato sottrarsi all'impegno di dimostrare

che

la

natura o materia, che essi innalzano a principio del

222

LA FILOSOFIA, LA STORIA R LE SCIENZE NATURALI


a uno dei due principi del reale, diversa da
(il

reale o

ciascuna delle tre cose da noi chiarite


dello spirito;

mero negativo
l'astrazione
di concepi-

una forma

dello spirito stesso;

delle scienze naturali), e risponde


bile

ad alcunch

ed esistente fuori o sopra dello Spirito. La Logica per


oltre,

questa parte pu passare


dualisti

dicendo dei materialisti e


noi lasciammo lor cosi im-

come Dante
.

dei diavoli combattenti e dibattentisi


:

insieme nel lago di pece


pacciati
Natura
co-

me

distin-

zione empirica di

La parola natura ha ancora un quarto significato (ma questa volta .non filosofico), che dato dalle comuni
distinzioni tra vita naturale e vita sociale,

una

uomini

di na-

realt inferiore rispet-

tura (Naturmenschen) o selvaggi, e uomini civili; e ancora,


esseri naturali e

to

una

umani, animali

uomini, e simili. Natura,

realt saperiore.

in questo quarto significato, contrapposta a civilt o


nit, ripartendosi l'unica realt in

uma-

naturali e gli enti

umani

(i

quali

due ordini di enti, gli enti si chiamano anche talsi

volta spirituali rispetto ai primi, che sarebbero materiali).

La

qualit affatto pratica di tale distinzione

avverte su-

bito nella impossibilit di tracciare confini chiari e rigorosi


tra civilt e naturalit,

umanit

e animalit;
si

perch solo

nella rappresentazione empirica l'uomo

stacca dall'ani-

male, l'animale dal vegetale,


ganici,

vegetali dagli esseri inor-

organici
si

a loro modo.

se

organiche non sono


es.,

quelle che

chiamano cose, una montagna, por


che non sono individui
;

una

zappa,

gli

reali,

ma

aggregati,

come organica per l'appunto non una foresta, bench composta di vegetali, n una folla, bench composta di uomini. Quando si tratta delle cose
ossia concetti empirici

nel significato predetto,

il

caso di ripetere con taluni


le

matematici che non esistono

cose,

ma

solamente

le loro

relazioni. Che se ancora

vi

ha

dualisti disposti ad aftVr-

mare

la realt delle

due

classi

di enti,

naturali e umani,

fondata sulla realt di due diverse sostanze e dedotta dal va-

V.

LE SCIENZE NATURALI

223

rio

preponderare di ciascuna di queste in ciascuna delle due


il

classi,

carico di provare la pensabilit delle due sostanze,


le

e di mostrare

varie dosi dei composti, tocca ad essi.


II

L'indole meramente empirica della distinzione ora esa-

metodo

minata rende ragione del


significato

fatto

che

le

scienze naturali (nel

naturalisti-

eoe le scienze naturali,

gnoseologico o gnoseopratico nel quale diamo

loro questo

nome) non

si

restringono all'elaborazione delle

come

esten-

dentisi alla

conoscenze attinenti alla cosi detta realt inferiore, dall'animale in gi, lasciando alle scienze dello spirito
le co-

realt supe-

riore non

meno che
all'inferiore.

noscenze attinenti
ossia all'uomo,

alla realt superiore, dall'animale in su,


si

ma

estendono anche

alle

cose umane.

Scienze della natura e scienze dello spirito, globus naturalis e globus intellectualis, sono, in questo caso, partizioni

ed aggruppamenti anch'essi di comodo, che designano la cosa medesima, cio una medesima guisa di elaborazione
pratica della conoscenza.

Perci da giudicare ragionevole l'esigenza molte volte

Bichiesta
di tale e-

proposta (segnatamente nella seconda met del secolo de-

stensione,
ed effettiva
esistenza di

cimonono), che

si

trattino
il

anche

le

scienze dello spirito o

scienze morali, anche

globus intellectualis, col

metodo

ci

che

si

delle scienze naturali, elaborando naturalisticamente


le

richiede.

produzioni del linguaggio e dell'arte, della vita politica,

sociale e religiosa;

onde

si

psicologia,

un'estetica,

un'etica,

augurano o s'inaugurano una una sociologia, methodo

naturali demonstratce. Senonch a codesti programmisti e

raccomandatori conviene, in ogni caso, far notare la superfluit di quel loro richiedere, e

ammonirli con

la vec-

chia formola forense:

Quod petis

in marni habes.

Da quando

l'uomo

forma pseudoconcetti e scienze empiriche, queste formazioni naturalistiche sono sempre andate oltre

uomo
le

gli animali,

piante e

minerali, oltre
le

fenomeni

fisici,

chimici e biologici, investendo

opere umane.

logica e

psicologia e linguistica e sociologia ed etica, coltivate con

metodo

naturalistico,

non hanno aspettato

il

secolo deci-

224

LA FILOSOFIA, LA STORIA E LE SCIENZE NATURALI


fuori
i

monono per metter


(Politica)

loro germogli,

ma

(senza rifarsi

troppo indietro) dettero gi e


di

fiori e frutti

con la sociologia

Aristotele,
le

con
e

la

grammatica degli alessandi

drini,

con

poetiche

rettoriche

Aristotele

stesso,

di

Ermagora,
Il

di Cicerone e di Quintiliano, e via

enume-

rando.

nuovo dei tempi

nostri

si

riduce assai spesso a

chiamare pomposamente Fisica sociale per esempio, o


Scienza fisico-acustica del linguaggio, e in
altri simili

modi, quelle discipline che una volta

si

chiamavano con

vocaboli pi semplici e forse di gusto migliore. Con che non


si

vuole negare che ai tempi nostri codesti lavori naturaoffrano pi copiosi e afiinati che

listici si

non

nella Grecia,

e che

metodi naturalistici siano


di

stati

in alcuno di

quei
il

campi

studio

trattati

con singolare acume: com'

caso particolarmente della Linguistica e di quelle leggi

to

Fondamenstorico

delle scien-

fonetiche ond'essa, fra le sue compagne, va tanto altera. Le scienze naturali e i concetti empirici che le compongono sorgono, dunque, come trascrizione tachigrafica
sulla realt viva e mutevole,
trascrivibile conipiutaraento

ze naturali.

solo in termini di rappresentazioni individuali.

Ma

su quale

realt? sulla realt del poeta, o su quella, rischiarata e esistenzializzata, dello

storico?

Come

giudizi classificatori

presuppongono

giudizi individuali, cosi da dire che gli

schemi delle scienze naturali hanno a loro presupposto la


storia: altrimenti
il

loro ufficio

economico mancherebbe
valerci del facile

di

materia sulla quale esercitarsi. Per

esem-

pio gi adoperato, niente gioverebbe allo zoologo costruire


tipi e
tipi

schemi

di animali, concepibili

si,

ma

inesistenti.

Quei
e

e schemi,

mentre distrarrebbero dal compito

utile

urgente di compendiare la realt storicamente data e conosciuta,


nite.

se talvolta

non esaurirebbero le possibilit, che sono infisembra che si classifichino animali imha luogo non pi nella Zoologia,

maginari, ippogrifi, centauri, pegasi e sirene, facile avvertire che ci

ma

in

V.

LE SCIENZE NATURALI

225

un'altra scienza naturalistica, la


nella quale

Mitologia comparata,

non

si

classificano
fatti

veramente animali,

ma

im-

maginazioni dell'uomo:

storici

anche queste, perch

sono immaginazioni o fantasie storicamente date, e non gi

combinazioni d'immagini che nessun popolo ha mai sognate


e

nessun poeta rappresentate, la cui rassegna ad inflnitum

porgerebbe semplice materia di trastullo.

La
ci,

storia,

che ha a suo fondamento la

filosofia,

funge

La

que-

a sua volta, nelle scienze naturali, da fondamento; e per-

stione se la

storia sia
base
coro-

accanto alla controversia se la storia sia scienza o arte,

sorta l'altra in apparenza inestricabile: se la storia sia

namento del
pensiero.

base della scienza, o la scienza base della storia. Questione

che tuttavia

si

spiana, risolvendo l'anfibologia del termine


si

scienza

che

suole prendere equivocamente nel

si-

gnificato ora di filosofia ora di scienze naturali. Intesa la

scienza

come

filosofia,

la storia

non ne

la base,

anzi la

filosofia la

base della storia, ed entrambe poi, nel signisi

ficato gi chiarito,

compenetrano e identificano. Intesa


se di certo

come scienza

la

scienza naturale, la storia base o pre-

cedente necessario.

anche

le

classificazioni

naturalistiche entrano a loro


esse,

volta

nel racconto storico,


in tal caso ufficio co-

come

si

mostrato,

non hanno

stitutivo,

ma

semplicemente sussidiario.
I naturalisti in

Poich la storia base delle scienze naturali, e la peculiare elaborazione che queste eseguono del materiale percettivo

quan-

to ricercatori

ha valore non gi teoretico ma di schematizzazione e di comodo, chiaro che tutto il contenuto di verit delle scienze naturali (tutto quanto esse pordei dati storici

storici.

tano nel loro fondo di vero e di reale) storia. Con felice

uso di vocabolo le scienze naturali, o alcune di esse, erano chiamate un tempo storia naturale. La storia , infatti,
la

massa calda e

fluente che

il

naturalista raffredda e so-

lidifica,

tipi:

il

colandola nelle forme schematiche delle classi e dei che vuol dire che l'uomo, prima che da naturalista,

B. Grocb, Logica.

16

226

LA FILOSOFIA, LA STORIA R LE SCIENZE NATURALI


storico.

deve pensare da
solidificata

la

materia, cosi raffreddata e

per la conservazione e pel trasporto, non ha


si

valore teoretico se non in quanto

possa

renderla

di

nuovo calda
gli

e fluida;

come, d'altra parte, a impedire che


fissi

schemi foggiati rimangano


intuizioni

e perdano di utilit,

necessario rinnovarli continuamente tornando all'osserva-

zione dei

fatti,

alle

percezioni ingenue,

in-

somma

alla considerazione storica del reale.

Lo scopritore
sono sem-

naturalista,
storico; e

in

quanto scopritore

di verit, scopritore

le rivoluzioni nelle scienze naturali

pre avanzamenti di concetti e cognizioni storiche, come pu

darne esempio

il

lamarckismo o

il

darvinismo.

naturalisti

(nel significato corrente, ossia coloro

che indagano questa


il

bella d'erbe famiglia e d'animali , e in genere

cosidsi

detto

mondo

fisico) si

sentono alquanto umiliati, quando

odono definire costruttori

di schemi, incuranti della verit;


le

ma

se

questa costruzione quel che


di peculiare,
i

scienze naturali

hanno
mini e

naturalisti, per altro, in

quanto uodelle scienze

classi di
ufficio. Il
si

uomini, esercitano ben pi sostanziale e

fecondo
naturali

fondamento storico nella vita


ci,

scorge anche da

che

il

mutare

delle condi-

zioni storiche rende talora, se

non

inutili del tutto, certa-

mente meno

utili

alcuni schemi, foggiati gi per dominare

condizioni di vita da noi remote e per ordinare concezioni

ora abbandonate. Cosi accaduto per

gli

schemi

dell'al-

chimia e dell'astrologia, o anche (passando ad esemp di


altre scienze empiriche)
diritto feudale.

per la descrittiva e casistica del


il

Quando

libro non

si

legge pi, natu-

rale che
Il

anche l'indice cada

in disuso.

preifiu-

Dalla dimenticanza del fondamento storico delle scienze


naturali, dall' ignorare che da questo proviene loro
il

disio

Bulla

solo

tk della na-

elemento

di

vero che contengono, dall'indebito valore teo-

*"*"

retico dato agli schemi, cui spetta valore solamente pratico,

consegue

la strana affermazione

che la natura

non abbia

V.

LE SCIENZE NATURALI

227

Storia:

la

natura, cio, in questo caso, quella realt dal-

l'uomo
feriore,

in gi,

che empiricamente

si

considera realt in-

E come
tesi

mai, se essa realt, priva di storia?


si

come mai,
siffatta

se realt,

sottrae al divenire? Del resto,


stesso

confutata nello

campo empirico da

qualsiasi osservazione
inferiore; gi

un po' attenta sulla cosiddetta realt un secolo prima del Darwin l'acuto intelletto
il

dell'abate Galiani scoteva

pregiudizio circa l'immobilit

degli -animali, notando in certe sue curiose pagine intorno


ai gatti
:

A-t-on des iaturalistes hien exacts qui nous disent

que

les chats, il

y a

trois mille ans,

prenaient

les souris,

pr-

servaient leurs petits, connaissaient la verta medicinale de

quelqves herbes, ou, pour mieux dire, de l'herbe,


font present ...
TYi'ont

comme

ils

Mes

recherch.es

sur

les

mceurs des chattes

donne des soupgons

trs forts qu'elles soni perfectibles,

mais au bout d'une longue


ce

trane de sicles. Je crois que tout

que

les

chats savent est l'ouxyrage de quarante cinquante

mille ans.
relle
est
:

Nous n'avons que quelques


le

sicles d'histoire
ce

natutemps,

alasi

changement qu'
*
*.

ils

auront subi dans

imperceptible
il

quel pregiudizio ha invero confe-

rito (oltre

considerare

come
il

reale la fissit che

efifetto

degli schemi naturalistici)

poco rilievo che hanno per

noi

mutamenti
lo

attinenti alla natura o realt inferiore, sia

per

scarso interesse che prendiamo alle sfumature di


la

quei fenomeni sia per

difficolt

della
,

precisa osserva-

zione; onde la natura sembra, e non


solo
il

immobile.

E non
che
>,

non

immobile,

ma neppure pu
Il

con verit

dirsi

suo camminare sia cosi lento


la

che sembra stare

ome suona
realt

parola del poeta.

turale rapido o lento,

cammino della realt nan pi n meno che quello della

umana, secondo

la varia e arbitraria costruzione dei

Lettera alla D'Epinay, del 12 ottobre 1776.

228

LA FILOSOFIA, LA STORIA E LE SCIENZE NATURALI


si

concetti empirici che

adoperano e secondo
si

la varia e ar-

bitraria misura che loro

applica. Si suole seguire con


il

occhio vigile ogni moto sociale, che possa far variare

prezzo del grano o

il

valore dei

titoli di

borsa;

ma non

con

eguale occhio

si

spiano

le rivoluzioni
il

che

si

preparano nel

profondo seno della terra o tra


erbe.
Il

verdevestito popolo delle

fondafilo-

Se base delle scienze naturali


base una

la

storia,

l'ulteriore
alla loro
sia,
si

mento
sofico

delle

conseguenza che quelle scienze hanno sempre


filosofia:
il

scienze

na-

naturalista,

per naturalista che


di filosofia
le

turali, e l'ef-

anzitutto

ficacia della
filosofia

uomo, e un uomo privo


Il

non

so-

ancora trovato.
turali
la

che non vuol dire che


filosofia:
si

scienze

na-

pra

di esse.

coincidano con la

fine loro particolare

schematizzazione, nella quale

affermano tanto indi

pendenti e autonome quanto


la filosofia

l'altra

incompetente.
i

Ma
i

competente in

filosofia, e
i

perci

naturalisti,

disciplinati in essa,

scansano

pregiudizi, gli errori e


i

tentativi assurdi delle cattive filosofie alle quali

volgari

naturalisti sogliono dar fede. Se

il

chimico prof. Ostwald

pi diligentemente
filosofici,

si

fosse provveduto di elementari studi


la

non abbandonerebbe

sua certa chimica per


e filosofia

quell'incerto guazzabuglio, che la sua

della nale ricer-

tura

n Ernesto Haeckel avrebbe mai tralasciato


gli

che sui microrganismi per risolvere


verso
>,

enimmi

dell'uni-

riuscendo talvolta a veder falso nelle stesse scienze

naturali.

Fermiamoci a questi esemp, perch


le discipline

la vita

odierna

ne

offre

innumerevoli di scienziati-filosofanti, perniciosi a


cbe mescolano e confondono. L'ancui molti parlano, tra scienza e filosofia,

entrambe
titesi,

di

un

sogno:

l'antitesi

tra filosofia e filosofia, tra la filosofia

addottrinata e (luella assai imperfetta, e pure assai audace,

che

si

agita nelle teste di molti scienziati e che non ha

niente che vedere con le scoperte compiute nei gabinetti

o negli osservatori.

V. LF5

SCIBNZB NATURALI

229

L'efficacia della filosofia sulle scienze naturali ,

dunque,
delle
ze

Efficacia
delle scien-

non gi

costitutiva,

ma

preparatoria;

l'efficacia

naturali

scienze naturali sulla filosofia

non

nemmeno

preparatoria,

sulla tiloso'
fia,

raa solo strumentale e sussidiaria, diretta a scopi di semplificazione

ed errori

nella conce-

espositiva

nella esposizione storica.

memorativa non altrimenti che errore assai comune, e conseforme della vita spirituale,
che
sia alle

zione di tale

rapporto.

guenza
derate

di affrettata analisi delle

quello onde le scienze empiriche e naturali vengono consi-

preparazione
lei,

alla filosofia. Giunti

si

scienze naturali, la filosofia stata lasciata dopo


e,

le spalle,

per ritornare a

bisogna

rifarsi dalla

pura intuizione,

unico e necessario precedente del pensiero logico.

Un
rali

errore pi grave nel concepire le scienze natusolo preparazione,

non

ma

addirittura primo abbozzo


la filosofia ridurr

e sgrossatura del blocco di

marmo, che
si

a statua. In questa concezione

sacrifica,

senz'avvederfilosi

sene, o l'autonomia delle scienze naturali o quella della


sofia;

secondo che come unico metodo a volta a volta


filosofico o
il

ponga o quello
Infatti,

naturalistico.
naturali, concepite

nel primo caso, le scienze

come
che

filosofiche di lor

natura e rappresentanti una prima

approssimazione alla
sia questa, nella
al

filosofia,

dovrebbero sparire, svolta


il

guisa che
la

provvisorio sparisce in-

nanzi

definitivo,

bozza

di

stampa innanzi
le

al

libro

stampato. La qual cosa importerebbe che


rali,

scienze natu-

in

quanto

tali,

non avrebbero

realt alcuna, e solo la

filosofia

realmente sarebbe. Nel secondo caso, attribuendosi

alla filosofia l'indole

medesima

delle scienze naturali, l'ulte-

riore elaborazione del

primo abbozzo dovrebbe essere opera


affinato

pur sempre del metodo naturalistico, per


tenziato che
si

po-

voglia immaginarlo. Cosicch ci che esila


filosofia,

sterebbe effettivamente sarebbe, non mai

ma

sempre
dunque,

le
si

scienze

naturali.

Quella concezione

erronea,

riduce a una negazione o delle scienze naturali

230

LA FILOSOFIA, LA STOUIA K LE SCIENZE NATURALI

o della filosofia (o degli pseudoconcetti o dei concetti puri):

negazione che non fa d'uopo confutare, perch tutta

la pre-

sente esposizione della Logica ne espressa confutazione.


Motivo di questi errori: fia

La genesi
-^q

di

tale illusione psicologica nel fatto

che

la filoso-

dall'anelito verso scienze naturali sembrano travagliate "^

naturali-

la verit

piena e reale, e la

filosofia, d'altra parte,

intenta
delle
di

stica.

unicamente a correggere

le storture e le inesattezze

scienze empiriche e naturali. Si tratta,

per

altro,

un
che

sembrare o
rit

di

una parvenza, perch


gli

l'anelito verso la ve-

non

delle scienze naturali,

ma

della

filosofia,

vive in

tutti

uomini,

e di necessit

anche nell'uomo
in
di

naturalista; e le storture e le inesattezze filosofiche da cor-

reggere non sono delle scienze naturali


tali,

(le quali,

quanto
quella

non affermano n

il

vero n

il

falso),

ma

filosofia

che l'uomo naturalista viene formando, e in cui


i

introduce
La
fia

pregiudizi propri del suo particolare mestiere.


che la filosofia,
i

filosodi-

come

straggitrice della filosofia

La riprova della teoria qui difesa anche quando impegna la lotta contro
ralistici,
pgp^jjj^^

pregiudizi natu-

dissolve bens quei pregiudizi,


^qj^ potrebbe, le scienze

ma non

dissolve,

naturali-

che

li

avevano suggeriti;
naturalista, riallo stesso

delle
ze

scien-

anzi l'uomo filosofo, facendosi da capo

uomo

naturali.

Autonomia di queste
scienze.

prende a coltivare accuratamente quelle scienze,

modo

(si

conccda

il

paragone) che

il

suo starsene a meditare


vieta di scendere poi

nello studiolo o frontisterio

non

gli

in giardino a inaffiare e potare le piante.

Le scienze natura

listiche del linguaggio e dell'arte, della morale, del diritto

e dell'economia (per togliere esempi dal


tuale

globo

intelletfilo-

che sembra avere pi

stretti

rapporti con la

sofia),

non sono solamente

il

cosiddetto stadio

empirico

delle corrispondenti discipline filosofiche,

ma

persistono e

persisteranno sempre accanto alle filosofiche, perch ren-

dono servigi non surrogabili. Non c' filosofia del linguaggio e dell'arte, che possa scacciare dal seggio che loro spetta (sebbene le scacci dal suo proprio seggio) la gramma-

V.

LE SCIENZE NATURALI

231

tica, la fonetica, la
le loro

morfologia, la sintassi e la metrica, con


utili alla

categorie empiriche,
di eliminare le

memoria o che
;

sia in

grado

classificazioni dei generi artistici e

letterari e quelle delle arti

secondo

cosiddetti mezzi di
i

espressione, onde
scaffali, le statue e

si
i

rende possibile ordinare


quadri nei musei e
le

libri

negli

cognizioni di sto-

ria artistico-letteraria nella nostra ritentiva.

La

Psicologia,

scienza empirica e naturale, certamente non fa intendere


la dialettica dello spirito,

ma

permette una veduta panora-

mica

di moltissime manifestazioni dello spirito,

merc

le

specie dei fatti rappresentativi (sensazioni, intuizioni, percezioni, immaginazioni, illusioni, concetti, giudizi, ragiona-

menti, poemi, storie, sistemi, ecc.) e dei


volitivi (piacere, dolore, attrazione,

fatti

sentimentali e

repugnanza, sentimenti

misti, desideri, velleit, nostalgie, volont, moralit, doveri,

virt,

vita

familiare,

giuridica, economica, politica, religli

giosa, ecc.);

dispone

stessi fatti

secondo

la qualit

degli individui (psicologia degli animali, dei fanciulli, dei

selvaggi, dei criminali, dell'uomo fisiologico e dell'uomo patologico, ecc.).

Per

tale guisa affatto estrinseca di considesi

razione, che ora viene prevalendo nella Psicologia,

dice

che questa

si

elevata (o abbassata?) al

grado
La

di scienza

naturale, e che, finalmente, procede con

metodo meccanico,
Sociologia, in-

deterministico, positivo, antiteleologico.


tesa

come scienza non gi


di famiglia e

filosofica

ma

empirica, classifica

forme

forme di produzione, forme di religione forme o


generali della

e di scienza e di arte, forme politiche e sociali, costruendo


serie di
civilt

schemi per disegnare

le

tipi

filosofia,

umana. Il' filosofo espelle tutti codesti schemi dalla come elementi intrusi, che ingenerano processi pa-

tologici;

ma

quel filosofo stesso, in quanto

uomo

intero, in
al

quanto provvede all'economia della sua vita interiore e


l'empirico e valersene;

pi facile comunicare coi suoi simili, deve pur foggiare


e,

dopo avere

distrutto idealmente

232

I.A

FILOSOFIA, LA STORIA K

I.E

SCIENZE NATURALI

l'aggettivo e l'avverbio,
la virt del

il

genere epico e

il

genere tragico,

coraggio e quella della prudenza, la famiglia


e la poligamica,
il

monogamica
parlare,

cane e

il

lupo, deve pure

dove occorre, di aggettivi e di avverbi, di epopee


della specie

e di tragedie, di coraggio e di prudenza, di famiglie cosi

e cosi costituite,

cane

>

come

se

si

distin-

guesse nettamente dalla specie

lupo

Cosi resta confermata l'autonomia e la propria natura


delle scienze empiriche o naturali, insostituibili dalla
sofia
filo-

come

la filosofia

da

esse.

VI

Le matematiche
e la scienza matematica della natura

.Ila dottrina che riconosce Al

il

necessario fondamento storico

L'idea di

delle scienze naturali, e alle conseguenze che

ne derivano,

una sciensa matematica


della
ra.

forma contrasto

la la

concezione

della natura,
naturali e
dice,
la
il

una scienza matematica quale, esprimendo l'ideale delle scienze


di

natu-

fine cui

tendono, attesterebbe, a quel che

si

vera indole di quelle, non empirica

non

sintetica

ma

analitica,

non induttiva

ma astratta, ma deduttiva.
i

La concezione matematica
rebbe
il

delle scienze naturali importe-

meccanismo

perfetto, la riduzione di tutti

feno-

meni a quantit senza qualit, la rappresentazione di ciascun fenomeno merc una formola matematica, che ne sarebbe
la definizione

adeguata.

Ma

l'indole genuina delle

matematiche non pu nean-

Varie
nizioni
le

defi-

ch'essa considerarsi, ai tempi nostri,


nel mistero.

come ancora avvolta

del-

matema-

zia pari alla verit)

mai di

La matematica ( stato scritto test con argu una scienza nella quale non si sa che cosa si parli, n se ci di cui si parla sia
il

tiche.

vero;

che in varia forma ripetono

tutti

matematici
la-

consapevoli dei propri procedimenti.

a qual titolo un
sifiFatte,
si

voro mentale, che pu meritare definizioni

do-

vrebbe chiamare scienza?

Una

scienza, che

non affermi

234

LA FILOSOFIA, LA STORIA E LB

SCIENZB5

NATURALI

verit alcuna, non appartiene allo spirito teoretico, perch

non nemmeno poesia;


a nessuna cosa, non
si riferisce

una

scienza, che

non

si

riferisca

nemmeno

scienza empirica, la quale

di

sempre a un gruppo determinato di cose ossia rappresentazioni. Per queste ragioni altri inclinano a

considerare la matematica ora come una sorta di linguag-

gio ora come una logica.


linguaggio, n

Ma

la

matematica non

il

il

un linguaggio: non

linguaggio in ge-

nere, coestensivo con l'espressione e con l'arte, n

un

lin-

guaggio storicamente dato, che sarebbe cosa transeunte;


e

non una

classe di linguaggio (linguaggio fonico, pit-

un gruppo empiricamente deperch di logica ve n'ha una sola, e il pensiero pensa sempre come pensiero. Che se poi si dica che lo spirito umano ha anche una speciale logica che il matematizzare, si ritorna al problema da
torico, musicale, ecc.), cio

limitato.

E non

una

logica,

risolvere: che cosa sia

il

matematizzare, che cosa questa


logica del pensiero perch

forma di logica che

non

non

Il

proce-

d verit, e non logica delle scienze empiriche perch non si fonda sopra percezioni. Del procedere matematico pu valere come esempio qualsiasi

dere

mate-

matico.

operazione dell'aritmetica, e sia la moltiplicazione:


4:

=
-i

16,

dove

il

segno

(eguale) designa l'identit;

e 4

identico a 16
siffatte,

formolo
finizioni.

come identico a infinite altre perch ogni numero pu avere infinite desiffatta

Ora, che cosa mai da


le

eguaglianza

si

ap-

prende circa

cose reali, circa l'eterno essere o

le contin-

genti sue determinazioni nella storia? Nulla di nulla.

Ma

ben

si
:

apprende a
2,

sostituire 16 a 8

2,

a 9

7,

a 21

5,
al-

a 32

a 4^ a y'256, e cosi via: ciascuna delle quali


i

sostituzioni utile secondo

casi,

per

modo che ove

cuno

ci

prometta di somministrarci 4

lire al

giorno, e noi

vogliamo sapere

la totalit di lire, ossia l'oggetto

che avre-

mo

disponibile dopo quattro giorni, eseguiamo l'operazione

VI.

LA SCIENZA MATEMATICA DELLA NATURA


e se

235

4X4 = 16;
tra noi e

abbiamo 32
in

lire

da dividere in parti eguali


:

un

altro,

ricorriamo all'altra formola: 32

2 == 16.

La matematica,

quanto matematica, non conosce,


gi conosciuto.

ma

stabilisce formole di eguaglianza, e

non serve a conoscere,


si

ma

a contare e a calcolare

il

Per contare e calcolare,


mole,
e,

la

matematica

vale di for-

Apriorit
dei principi

per comporre queste, di certi principi supremi,

matematici.

chiamano a volta a volta definizioni, assiomi e postulati. Cosi l'aritmetica ha bisogno della serie numerica,
che
si

la quale,

movendo
al

dall'unit,

si

ottiene con l'aggiungere


la

sempre un'unit

numero precedente;
si

geometria ha

bisogno della concezione dello spazio a tre dimensioni e


dei postulati che vi

connettono;

la

meccanica, di alcune

leggi fondamentali,

corpo in

com' quella d'inerzia, che cio un movimento, non sottomesso all'azione di altre
tempi eguali spazi pguali.

forze, percorre in

stato molto

disputato se questi principi siano a priori o a posteriori,


puri

sperimentali;

ma

la disputa si

dovrebbe ormai

dii

chiarare chiusa, perch perfino gli empiristi distinguono

principi matematici dai principi naturali o aposteriori, se

non altro come esperienze (per valerci della loro parola) elementari, come esperienze che l'uomo compirebbe nel
proprio spirito, isolandosi dalla natura esterna; cio, anch'essi, vogliano

no,

li

distinguono profondamente dalle


Il

cognizioni a posteriori o sperimentali.


rit dei

carattere di aprio-

principi

matematici rifulge a ogni contradizione

onde venga assalito o tentato.

Nondimeno, con l'escludere che


ed empirici, e col riconoscerli a
assai singolari, che

essi

siano a posteriori
le difficolt

Coutradit-

priori,

non

toriet

di

questi principi apriori.

cessano; perch la loro apriorit presenta altri caratteri


li

rendono dissimili dalle cognizioni a

Non

pensabili;

priori della filosofia, dalla coscienza degli universali e dei

valori (per esempio, dai principi logici e morali).

infatti

impossibile pensare che

concetti del vero e del

buono non

236

LA FILOSOFIA, LA STORIA E LE SCIENZE NATURALI

siano veri;
i

ma

per contro impossibile

pensare che

principi delle matematiche siano veri. Anzi, considerati rigorosamente, essi si mostrano tutti e del tutto
falsi.

La

serie

numerica

si

ottiene

movendo

dall'unit e

ag-giungendo sempre un'unit;

ma

nella realt

non

vi

ha

alcuna cosa che possa fungere, da caposerie, e nessuna


cosa distaccabile dall'altra per
serie discontinua.

modo da generare una


il

se la

matematica abbandona
irrazionale, che

discon-

tinuo pel continuo, esce da s stessa, perch abbandona


la quantit per la qualit,
l'

il

suo do-

minio, pel razionale; e se resta,

come deve,
dimensioni;

nel disconti-

nuo, pone alcunch d'irreale e impensabile. Lo spazio dato

come
offre

costituito

da

tre o pi

ma

la realt

non
lit

uno spazio,

cosi costituito, aggregato di

dimen-

sioni,

sibbene la spazialit, cio la pensabilit, l'intuibiorganica,

in genere, l'estensione viva e


il

non meccadove

nica e aggregata,

cui carattere non di avere tre ditre,

mensioni,

una,

due,

ma

di essere spazialit,

nell'una sono tutte

le altre

dimensioni, epper non vi ha

dimensioni distinguibili ed enumerabili.


riescono
le tre

se impensabili

o pi dimensioni
la linea

come

attributi dello spazio,

il

punto inesteso, e

senza superficie, e la superdi

ficie

senza solidit, impensabili sono anche


i

conseguenza

tutti

concetti derivati,

che, nessuno dei quali

come quelli delle figure geometriha o pu avere realt nessun trian:

golo ha o pu avere la
retti,

somma

dogli angoli eguale a

due

perch nessun triangolo ha esistenza. Onde,

diver-

samente dai concetti speculativi, che sono tutti in ogni quei conistante e non si esauriscono in nessun istante,

cetti

geometrici non

si

esauriscono in nessun fatto reale,


Il

perch non sono in nessuno.


della meccanica: nessun corpo
delle
tutti,

medesimo

dei principi

pu

essere sottratto all'azione


gli
altri

forze estranee,

perch ogni corpo sta con

nell'universo; onde la legge d'inerzia impensabile.

VI.

LA SCIENZA MATEMATICA DELLA NATURA


sono pensabili, cosi
i

237

Come non
tiche
definiti

principi delle

non sono immaginabili;


entit

e perci

matemamalamente vengono

non

in-

tuibili.

immaginarie, nel qual modo cesserebbero finanche di avere validit in quanto a priori. Essi sono a
priori,

ma

senza carattere di verit: contradizioni orga-

nizzate. Se la
rire

matematica (diceva

lo

Herbart) dovesse mo-

per le contradizioni di cui contesta,


*.

sarebbe morta
si

da lunga pezza

Ma

essa non ne muore, perch non

prova a pensarle; come un animale velenoso non muore


del proprio veleno, perch

non

se lo inocula. Se

preten-

desse pensarle e darle

come

vere, quelle contradizioni di-

venterebbero tutte

falsit.

Un modo

dello spirito

che metta insieme contradizioni


(e

Identifica-

teoretiche senza pensarle

perci senza veramente cateoretico

zione

delle

matematiche con gli

dere in con tradizione), un


tico,

noi gi familiare

modo non come quella


si

ma

pra-

particolare opera-

pseudoconcetti astratti.

zione dello spirito pratico che foggia pseudoconcetti.

Ma

poich
e

le

contradizioni di cui ora

discorre sono a priori


le

non

aposteriori, pure e

non rappresentative,

matema-

compongono di quegli pseudoconcetti, che conosciamo come rappresentativi o empirici. Resta, dunque, che si compongano dall'altra forma di pseudoconcetti, che abbiamo chiamati astratti, vuoti di verit e insieme vuoti
tiche

non

si

di rappresentazione, analitici a priori e


steriori.

non

sintetici

a po-

Come sappiamo,

nella

falsificazione

o riduzione

pratica del concetto puro, se ai concetti empirici tocca la

concretezza senza universalit, cio la mera generalit, ai


concetti astratti tocca l'universalit senza concretezza, che
l'astrazione.

Tali sono, infatti, le finzioni della matematica: universalit

senza concretezza, epper finta universalit. Al con-

trario delle scienze naturali,

che assegnano per conven-

Introd. alla

filos.,

trad. Vidossich, p. 272.

238

LA FILOSOFIA, LA STORIA E LE SCIENZE NATURALI

zione valore di concetto alle immagini del singolo, le mate-

matiche assegnano valore

di singolarit ai concetti,

facendo
la

uso anch'esse di convenzioni.

questo

modo dividono
il

spazialit in dimensioni, l'individualit in numeri,

movi-

mento
trattati

in

moto

e riposo, e foggiano entit fittizie, che

non

sono n rappresentazioni n concetti,

ma

piuttosto concetti

come rappresentazioni. Devastazione, mutilazione, flagello, che sembra imperversare sul mondo teoretico, e che, in fondo, non niente di tutto ci, anzi cosa affatto
innocua, perch non afferma nulla circa la realt e
stringe ad operare al
si

re-

modo
noto

di
lo

un semplice
si

artifizio pratico.

Del quale

artifizio

scopo generale, che di por-

gere sussidio alla memoria, e

vede subito

lo

scopo mne-

monico pi particolare, che


di

di aiutare

a richiamare serie
a dire,

rappresentazioni,

raggruppate primamente in concetti

empirici rese per tal

modo omogenee. Vale


astratti,

le

matematiche forniscono concetti


sibile
il

che rendono pos-

giudizio

nuraeratorio;

costruiscono gl'istrumenti
di

per contare e calcolare,


tnta sintesi

per compiere quella sorta

a priori, che la numerazione degli oggetti

singoli.
Il fine ul-

Cosicch, applicando alle matematiche quanto

si

detto

timo delle

matematiche: numerare e, per

del giudizio numeratorio, ora chiaro che esse servono,


in conclusione, al facile

maneggio
2")

delle

conoscenze circa
1")

questa via,
servire alla

la realt individuale. Il calcolo infatti

presuppone:

le

percezioni (giudizi individuali);

le classificazioni

(giu-

determinazione del
ain^folo.
Il

dizi classificatori); e solam(>nto col passare attraverso queste seconde, perviene alle prime.

posto che
loro spetta
ii*;l

venire, perch,
alla mente,
il

Ma alle prime deve perdove non fossero cose singole da richiamare


La quantificazione
ulti-

sapere.

calcolo sarebbe vano.

sarebbe uno sterile armeggiare, se non riuscisse, in

mo,

alla

qualificazione.
state talvolta considerate strumenti

Le matematiche sono

propri delle scienze naturali, appendix

magna

alle scienze

VI,

LA SCIENZA MATEMATICA DELLA NATURA


le

239

naturali,

come

chiamava Bacone; sebbene, per

le

cose

dette innanzi, scienze naturali e matematiche, prese insieme

perch cooperanti, formino in verit un'appendix magjia,

o un index locupletissimus,
noscenza piena del reale.
alla filosofia e alle scienze,

alla Storia,

che essa la co-

ogni modo, affatto erroneo

presentarle quasi prologo a tutta la conoscenza del reale,

confondendo
con

la

coda col capo,

Vappendix

V index

col testo e

la prefazione.

Non
gando
sia la

entra nel nostro disegno andare pi oltre investila costituzione delle

Le
ni

questio-

matematiche, e determinare se
derivate; se

partico-

lari circa le

di scienze

matematiche ve n'abbia una sola o pi; se una


le altre
il

matematiche.

fondamentale e
in s la

Calcolo com-

prenda
la

Geometria e

la

Meccanica, o tutte tre siano


;

coordinabili e unificabili in

una matematica generale

se

Geometria e

la

Meccanica siano pura matematica o non

introducano elementi rappresentativi e percettivi (come sem-

bra indubitabile nel caso della Fisica matematica); e via


discorrendo. Ci basti avere stabilito la qualit della scienza

matematica e fornito
di

il

criterio

secondo cui

si

pu

discer-

nere se una certa formazione mentale di matematica o


scienza naturale,
se
di

matematica pura o applicata

(concetto o giudizio numeratorio,


colo in atto).

schema

di calcolo o cal-

come

quelle circa

N entreremo a il numero

risolvere particolari questioni,


delle possibili operazioni fonla natura- del calcolo in-

damentali dell'aritmetica, o circa


finitesimale, e se in questo

abbiano o no luogo concetti non

matematici

(l'infinito filosofico,

non quantitativo), o circa

il

numero
stiere,

delle dimensioni dello spazio. Rispetto all'uso delle


al

matematiche, tocca

matematico, che conosce


gli

il

suo me-

determinare quali dimensioni

convenga arbitratanto queste

riamente introdurre, e quali unificazioni arbitrariamente


produrre, per conseguire certi
unificazioni
fini.

Pel

filosofo,

quanto quelle distinzioni sono tutte prive di

senso, se trasportate in filosofia, e tutte

hanno

la loro legit-

240

LA FILOSOFIA, LA STORIA E LE SCIENZE NATURALI

timit, se adoperate in

matematica. Se

le

tre

dimensioni

dello spazio sono arbitrarie


le quattro, le

ma

comode, arbitrarie saranno


si

cinque e

le

n dimensioni, e
utili

potr discutere

solamente se per avventura siano


qual cosa
il

comode;
dell'altra,

della

filosofo

non sa

nulla,

come

cio

della loro arbitrariet, sicuro per logica.


Il

rigore

La Comodit
^^^^
'

pratica

impone

alle

matematiche

postu-

inatlcheen
rigore della

^^ purit degli elementi, coi quali lavorano, con-

ferisce alle loro dimostrazioni rigore ossia forza di verit,

mori
tra
"'^"'

e
le

odi

^^^'^^sa forza, che


la

ha per punto di appoggio una debolezza,


si

due

non-verit del postulato, e che


si

risolve in

una per-

petua tautologia, onde

ricorda monotonamente, che ci6

che stato concesso stato concesso. Nondimeno, rigore


di dimostrazioni e arbitrariet di fondamenti sono caratteri atti

a spiegare come

filosofi

siano stati a volta a volta

e attratti e ripulsati dalla

forma che propria della matesimia

matica.

La

quale, operando con concetti puri, vera simia

Philosophce

(come
i

il

diavolo fu detto dai teologi

Dei); e perci

filosofi

hanno traveduto

talvolta in essa l'as-

solutezza del pensiero e l'hanno salutata sorella o primo-

genita della filosofia; tal'altra,

riconoscendo sotto quella


rivolto le poco oneste

forma divina

il

diavolo, le

hanno

parole che asceti e santi usavano in simili evenienze.

l'hanno accusata di non potere, nonostante


dere rigoroso, giustificare
forinole
i

il

suo procecostruire

propri principi;
la

di

vuote e vuota lasciare

mente; di promuovere
di a])parire
fa-

la superstizione,

perch dai suoi schemi rimane fuori tutta

la realt concreta
alle
cile

come mistero

inattingibile

menti
'.

alte troppo difficile,

appunto perch troppo

Giambattista Vico confessava che, messosi allo studio

Una

curiosa raccolta

di giudizi

contro

le

matematiche

si

pu ve-

dere nello Hamilton, Frayment philoaophiquea, trad. Peisse, Parigi,


1840, pp. 288-870.

VI.

LA SCIENZA MATEMATICA DELLA NATURA

241

della geometria,

non era andato

oltre la

quinta proposi-

zione di Euclide, perch


fatte universali,

alle menti, gi dalla Metafisica

non

riesce agevole quello studio, proprio


>

degli ingegni minuti

^ Accuse, che non sono accuse, e


la natura propria di quelle for-

confermano semplicemente
mazioni
spirituali,

eterna

come

eterna la natura della

filosofia e la

natura dello spirito.


si

Chiarita la qualit delle matematiche,


gliare
il

pu ora
sia

ripi-

Impossibilit di ri-

filo

lasciato sospeso, e scorgere

quanto
fine,

inam-

missibile la pretesa di
tura,
stessa,
la

una scienza matematica


il

della nae l'anima

solvere le scienze empiriche nelle

quale dovrebbe formare


delle

vero

matemaempirici

scienze

empiriche e naturali. Si dice che

tiche, e limiti

quella scienza matematica stia


le

come

ideale di sopra a tutte

della scien-

particolari

scienze della natura;

ma

converrebbe ag-

za matematica

giungere,
tosto

come

ideale inattuato e inattuabile, epper, piut-

della

natura.

l'ideale

che ideale, illusione e miraggio. Si dice che quelsi parzialmente attuato e che niente vieta che

in sguito possa

compiutamente
attuato

attuarsi

ma

chi

ben guardi

vede che non


le

si

nemmeno
fatti

parzialmente, perch

formole matematiche dei

naturali sono sempre af-

fette dal carattere

empirico e approssimativo dei concetti

naturalistici che vi si adoperano, e dal carattere rappresen-

tativo delle percezioni che

permangano
si

in fondo a questi.

Quando

si

cerca di descrivere rigorosamente l'ideale della


costretti

scienza matematica della natura,

ad assumere

come punto

di partenza elementi distinti

ma

perfettamente

identici, e perci impensabili: quantit senza qualit,

sono nient'altro che

le finzioni

che matematiche delle quali si

finora discorso. Per tal

modo l'idea di una scienza matematica della natura si risolve nell'idea stessa delle matematiche; e l'universalit, che si suole vantare di
quella scienza, nient'altro che l'universale applicabi-

Autob., in Opp., ed. Ferrarla, IV, p. 336.

B. Crocb, Logica.

242

LA FILOSOFIA, LA STORIA E LE SCIENZE NATURALI


delle

lit

matematiche, dovunque siano cose e


e misurare.

fatti
si

da
fac-

numerare, calcolare
naturali

Per progressi che


le

ciano nel calcolo e nell'applicazione del calcolo,

scienze

non

si

libereranno mai del loro necessario fondae storico.


si

mento
(e

intuitivo

Kesteranno, com' stato detto

questa volta

detto bene,

perch

si

voluto a queil

sto

modo non

lasciare

senza considerazione
si

materiale

di esperienza del quale


Decrescente
utilit

valgono), scienze descrittive.

La

gi illustrata scarsa percettibilit delle differenze, o

delle

gcarso interesse che noi prendiamo per le differenze individuali via via chc
S

raatematiche nelle sfere pi alte del


reale.

discenda nella cosi detta natura o realt


spiega anche
al

inferiore (nel quale scarso interesse riposta l'illusione che


la

natura sia invariabile e priva di


le

storia),

perch

matematiche sembrino applicabili

globus nanello stesso

turalls meglio che al globus

inteUectualis, e,

globo naturale, alla mineralogia meglio che alla zoologia,


e alla fisica

meglio ancora che alla mineralogia. Senonch,

sta di fatto

che

le

matematiche sono applicabili

altres al

globus inteUectualis, e di ci possono dare prova l'Economia


e la Statistica; e sono, d'altra parte, inapplicabili all'uno e all'altro,

quando l'uno

e l'altro

loro effettiva verit e unit,

vengano considerati nella come storia della natura


si

o storia della realt, in cui niente

ripete

perci

niente pu affermarsi eguale e identico. Sotto quella dif-

ferenza di applicabilit non vi ha, dunque, altro se non


il

riconoscimento di una utilit; cio, che se

granelli di

sabbia che calpestiamo possono essere considerati (bench

non siano) eguali


giova fare
il

tra loro,

pi diffcilmente e di rado

ci

medesimo

rispetto agli

uomini che sono nostri

prossimi amici e avversari. Di qui la

decrescente utilit
umana,
e,

delle costruzioni naturalistiche (e del calcolo matematico),

via via che ci avviciniamo alla vita

nella cer-

chia di questa vita, alla situazione storica determinata nella

quale

ci

tocca operare. Decrescente,

ma non mai

nulla;

VI.

LA SCIENZA MATEMATICA DELLA NATURA

243

altrimenti, n quelle scienze empiriche (grammatiche, libri


di

doveri, tipi psicologici, ecc.), n quei calcoli (statistisi

che, calcoli economici, ecc.)


costruttore di

terrebbero in uso.

A un

macchine abbisogner poca finezza


;

d'intui-

zione e molta sicurezza di fisica e meccanica

a un ma-

neggiatore di uomini, pochissima matematica, poca scienza

empirica e molta capacit

d' intuire e

percepire

vizi e

il

valore degli individui, coi quali egli ha da fare e che gli

Le quali ultime cose si possono ben dire in cui le abbiamo dette, a patto che non si dimentichi che anche il poco e il molto, di cui qui si parla, sono semplici modi di dire e determinazioni empiriche;

danno da nel modo

fare.

perch

lo Spirito,

che tutto

lo Spirito in

ogni

uomo

par-

ticolare e in ogni particolare istante della vita,

non mai

un composto

di elementi misurabili.

VII

La classificazione delle

scienze

La

teoria

XJe spiegazioni

fornite circa le varie

forme del sapere sona


concetto, la storicit,
la qualit,

delle forme

del sapere e
la

a un tempo chiarimenti delle categorie dello spirito teoretico e teoretico-pratico


il
:

dottrina

l'intuizione,

il

delle categorie.

tipo,

il

numero, e via via particolareggiando,


il

la quantit, la quantit qualitativa, lo spazio,

tempo,

il

movimento; e fanno parte dunque


categorie, nella quale
si

di quella dottrina delle

assolve la Filosofia in senso stretto.


le

Domandare che cosa


porta ricercare
le

siano

matematiche o

la storia

im-

categorie corrispondenti;

sia la relazione tra storia e

domandare quale matematiche, e in genere come

stiano tra loro le varie forme del sapere, importa svolgere

geneticamente tutte queste forme, che ci che noi abbiamofinora tentato.


11

problema

La non

facile

indagine delle forme del sapere in quanta

della classifi

CRzione
scien-

categorie non stata in fiore nei tempi ultimi, nei quali

delle

ha acquistato voga invece un altro problema, che parso


pi agevole

ze, e la

sua

indole
pirica.

em-

ma non

perch sostanzialmente

si

riporta a

quello precedente. Invece di porre la

domanda nell'ardua
domansapere, una

modo

indicato di sopra,

si

in tono pi modesto,

data una classificazione delle varie forme del

classificazione delle
fatto si che,

scienze. La fiducia scarsa nel


bisogno di domi-

pensiero fllosoflco ed eccessiva nei metodi naturalistici ha-

non potendosi sopprimere

il

VII.

CLASSIFICAZIONB DELL SCIENZE

245

Ilare in certo

modo

il

caos delle scienze varie e concorrenti,

e non volendosi ricorrere alla intrinseca e dialettica sistemazione filosofica, si cercato di classificare le scienze,

come

si

usa pei minerali, vegetali e animali. Vi sono, ora,


di

perfino scrittori e copritori


specialisti
tale

cattedra che
di

si
i

professano

in

classificazione
si

scienze

>;

volumi di

argomento
liete.

moltiplicano con frequenza e abbondanza

non

Se codesti

scrittori e cattedratici

procedessero in

modo

carattere

affatto empirico e corrispondente alle professate intenzioni,

^'?!**^"^

non

ci

sarebbe nulla da ridire: salvo a dubitare talvolta

onde
**^"

si

rive-

delia pratica utilit dei loro lavori e a consigliare pur sem-

pre di non giudicarli come

filosofici,

perch
fatto,

si

cadrebbe in
essi

equivoco circa
i

la loro natura.

Ma, nel

nessuno di

contiene nei limiti empirici, e ciascuno d un qualche


filosofico
si

fondamento
propone. Ci
scienze

razionale alla classificazione che

presentano

per

tal

modo

bipartizioni

di

concrete

e astratte,

storiche e teorematiche
e scienze del

(o noraotetiche), scienze del

successivo
di

coe-

sistente, reali e formali; o tripartizioni di scienze di


fatti, di leggi e di valori,

scienze

fenomeniche,

genetiche

sistematiche,
ed
altre

e simili; delle quali talune

sono nostre vecchie conoscenze, perch richiamano a distinzioni gi eseguite,

confondono forme diverse in uno

stesso

nome

e separano con

nomi

diversi forme uniche; e

tutte poi, vere o false, traggono di necessit fuori dell'em-

pirico e riportano ai problemi della Logica e della Filosofia


teoretica.

Darne

la critica

non da questo luogo; perch

nel sostanzale stata gi data via via nel corso della nostra
trattazione, e nel resto
errori,
si

ridurrebbe a una critica di minuti


trattati

che trova sede opportuna, meglio che nei


recensioni che
si

filosofici, nelle

scrivono dei

libri del

giorno

tanto pi che quei sistemi classificatori trapassano veramente


col giorno che
li

vede spuntare.

246

LA FILOSOFIA, LA STORIA E

LE3

SCIENZE NATURALI

Coincidenza di quel

Ci

preme

solo mostrare in

modo

pi chiaro che l'esigenza

problema,
quando
sia

intrinseca a codesti tentativi la


stabilire

medesima che conduce a


un sistema due
filosofico.

una dottrina

delle categorie o

inteso in modo filosofico,

Infatti, nella richiesta di

una

classificazione delle scienze,


richieste,

con la

agevole scorgere, di volta in volta, profilarsi

ricerca delle
categorie.

runa pi ristretta, l'altra pi ampia. La prima si volge a domandare una classificazione delle forme del sapere, come

il

caso del sistema classificatorio baconiano e degli


il

altri

che ne ripetono

tipo, in cui le scienze

sono divise secondo

le tre facolt della

memoria

(storia naturale e civile), della

immaginazione (poesia narrativa, drammatica e parabolica)


e della

ragione (teologia,

filosofia

della

natura e

filosofia

dell'uomo). L'altra tende a


le sole
tutti
i

una

classificazione

non secondo
secondo

forme gnoseologiche,

ma

secondo
;

gli oggetti,

principi reali dell'essere

come

il

caso del sistema


classifica-

comtiano e dei suoi molteplici derivati. Ora una


teoretiche, e

zione del primo genere coincide con la teoria delle forme


i

problemi che suscita non

si

possono ben
di

for-

molare e risolvere se non penetrando nei problemi


forme: senza di che non
la classificazione
si

queste

pu, per esempio, giudicare se


sia esatta o no, e in quali punti

baconiana

debba, se mai, essere corretta.


l'oceano,

Ma

si

passa dal mare

al-

quando
gli

si

considera l'altro genere di classificazione


i

secondo

oggetti o

principi

reali

dell'essere,

perch

questa coincide addirittura con l'intero sistema

filosofico.

La

classificazione, per esempio, del

Comte

lo stesso posi-

tivismo di quel filosofo; n dato accettare o rifiutare o

solamente esaminare l'una senza accettare, rifiutare o

al-

meno

sottomettere ad esame

l'altro.

C' gente che ingenua-

tarsele sopra

mente immagina un

di potere intendere le coso col rappresenfoglio di carta, in

forma

di albero

genea-

logico o di tabella ricca di


esclusione.
Hi

segni grafici d'inclusione ed

Ma, quando

si

accinge sul serio a questo lavoro,


la tabella

avvede che, per disegnare l'albero e costruire

Vlt.

LA CLASSIFICAZIONE DELLK SCIENZE


anzitutto

247

delle

cose, occorre

averle intese;

e la

penna

casca di
tazione,

mano

e la testa costretta a chinarsi alla meditogliersi la noia

quando non preferisca


il

svagandosi

in altre faccende.

qui anche

luogo di chiarire di proposito la distintra

Forino del

zione, pi volte

da noi adoperata,
libri.

forme del sapere e

sapere e for-

me

lettera-

forme

letterarie o didascaliche del sapere, tra

ordini di
libri

rio-didascaliche.

conoscenze

La composizione

dei

non

sempre determinata dall'unica esigenza della trattazione rigorosa di un determinato problema; e assai di frequente
il

motivo di

essi

dato dal comodo pratico di trovare rac-

colte insieme certe cognizioni disparate, senz'andarle cer-

cando
per
tal

in

pi luoghi, cio nei loro veri luoghi. Si hanno


ai

modo accanto
le

trattati

scieatifci
i

propriamente
le geografie,

detti le
le

compilazioni scolastiche e
enciclopedie

manuali,

pedagogie,

giuridiche o filologiche,

le

storie naturali, e via discorrendo. Altre volte,

anche

fuori

degl'intenti pi strettamente scolastici, gli autori stimano

opportuno ora d'isolare ora


conoscenze, e battezzare
le

di

congiungere

certi ordini di

loro

trattazioni con

un nome
evidente

particolare. Dinanzi a questi vari

aggruppamenti
scienze, che

che

il

filosofo e lo storico delle

non cercano
di

libri

ma

idee, debbano eseguire una serie di analisi e

sintesi, di dissociazioni e associazioni,

non lasciandosi sviare


Preg'iiidizi

dall'autorit degli scrittori o dalla forza della tradizione.

non facile, perch quegli aggruppahanno sovente, per menti lunga consuetudine, acquistato saldezza nelle menti, e i motivi pratici che prima li determinarono non serbano pi la loro bella trasparenza sicch sopra di essi sorta una folta selva di filosofemi, di distinzioni cer-

La

cosa, per altro,

nascenti

dii

queste

ulti-

vellotiche, di definizioni arbitrarie, di scienze immaginarie,


di

pregiudizi d'ogni sorta.

colui che,
si

dopo essere

riuscito

a discernere le connessioni genuine,


i

prova a districare
a mostrarne
le di-

rami intrecciati, a isolare

gli alberi e

248

LA FILOSOFIA, LA STORIA E LE SCIENZE NATURALI

verse radici, o pone l'accetta in quella vegetazione inselvatichita, spaventato


di quelli

da

gridi e

da pianti non meno


severitc\

forti
Il

che respinsero Tancredi dalla selva incantata.

tradizionalista lo
gli

ammonisce con

a non scindere
il

aggruppamenti naturali per introdurvi

proprio ar-

bitrio, a non impoverire l'antica

ricchezza

delle scienze:
ric-

senz'avvedersi che chiama, cosi, naturale l'arbitrario e

chezza
il

la confusione.

Come?

(ha esclamato di recente

professor Wundt, esterrefatto innanzi ai concetti della nuova gnoseologia) per la bella ragione che la ricerca dell' individuale ricerca storica, la Geologia dovrebbe essere

considerata
stare
I

come

storia, e l'indagine dell'epoca glaciale re-

abbandonata all'amabile interessamento dello storico?


al njale della

prologhi

Per ovviare
State

confusione e al difetto di chia-

metodici ai manuali scolastici,

pg^za sulla diversa natura delle varie ricerche che sono

la

commiste in una, molti autori usano premettere


^

ai loro

loromancanza di vigore
logico.

teorici, metodiche, come le chiamano, prologhi r o delle loro scienze; e si suole perci affermare che la logica

yQJmjji

speciale delle singole discipline da rimandare ai libri che

trattano di ciascuna di queste. Particolarmente


in lingua tedesca osservano tale rito, preceduti

manuali

come sono

da prologhi pesantissimi, che occupano gran parte del volume o dei volumi dell'opera; e fanno contrasto anche per
tal rispetto ai libri francesi e inglesi,

che preferiscono
il

sal-

tare

subito

in

medias

res.

dir vero,

tipo che chia-

meremo

tedesco ha di contro la sennata osservazione del


di libri basta
si

Manzoni: che
d'avanzo. Chi
dervi

uno

alla volta,

quando non

rivolge ad

un

libro di storia per appren-

i particolari di un avvenimento, o a un libro di economia per apprendervi il funzionamento di un istituto economico, non dovrebbe essere costretto a passare attraverso

alla teoria degli

avvenimenti

storici e alle disquisizioni sul

posto che compete all'Economia nel sistema delle scienze.


TI

s'ngit

d'un chapon,

et

non point d'Aristote

come diceva

VII.

LA CLASSIFICAZIONE DELLE SCIENZE

249

il

giudice dei Plaideurs all'avvocato che risaliva col discorso

ai testi aristotelici. Alla

contaminazione letteraria

si

aggiunge

in questo caso l'inconveniente sostanziale, che, essendo la

scienza e la teoria della scienza operazioni diverse le quali

richiedono attitudini e preparazione diverse, lo specialista,

competente nella prima,


voco di omonimia. Non
essere pratico nella

di solito

non punto competente

nella seconda, sebbene tale sia creduto per grossolano equivi

ha nessuna ragione perch un

valente conoscitore dei fenomeni bancari e borsistici debba

gnoseologia

della scienza

economica:

l'affermazione dell'una competenza in forza dell'altra

un

vero e proprio sofisma a dicto simpliciter ad dictum secun-

dum

quid.

Inoltre, lo specialista
fare ci

ha

la

sua boria che

lo

porta a gon-

La

moiti-

che egli pratica e a disconoscerne


confini.

la

vera qualit

ce'rveUo'tica

logici

Non da

altro deriva ai giorni nostri la


il

delie

scten-

vertiginosa moltiplicazione di scienze, alla quale


assiste

filosofo

ammirato, e che rammenta

il

miracolo dei sette pani

e dei cinque pesci.


di

ogni ideuzza che passi pel cervello

un

professore, ecco nascere


stati allietati

una scienza nuova; e cosi

siamo

da Sociologie, Psicologie sociali,

Etnopsicologie, Antropogeografie, Criminalogie, Letterature comparate e via discorrendo, tutte con annesse metodiche. Anni dietro, un egregio storico tedesco, avendo avvertito che qualche utile si pu cavare anche
dagli studi genealogici e araldici, abbandonati d'ordinario
ai

provveditori

dell'aristomania e titoloinania, invece di

restringersi a quest'avvertimento e a metter fuori le osser-

vazioni particolari da lui notate, annunzi senz'altro una

Genealogia come scienza


il

die Genealogie als Wissetischaft,


il

elaborandone

relativo

manuale;
le

quale,
il

immaginare, comincia col determinare


Genealogia, e studia poi
Storia, con
le

come si pu ben concetto della


la

relazioni di questa con la

Scienze naturali, con

Zoologia,

250

LA FILOSOFIA, LA STORIA E LE SCIENZE NATURALI


la

con
Le scienze
ei pregiudizi

Fisiologia, con

la

Psicologia, con la Psi-

chiatria, e con l'universo scibile.

Finalmente,

lo

specialista di solito

insegnante, e uso

cattedra-

perci a identificare la scienza eterna e ideale con la sua

tici.

cattedra reale e contingente, e l'organismo del sapere con


quello delle facolt universitarie; donde

un modo, dive-

nuto consueto nel


e la cerchia di

mondo accademico,
e,

di concepire la qualit

una

scienza, e che consiste nel

ficare

la scienza,

personicomandando a codesta persona imil

maginaria, assegnarle
assegnazioni

da

fare,

senza badare poi se

le

si

accordino o no con la natura

dell'uficio.

La Logica si occuper di questo, ma non trascurer neppure quest'altro; si benigner di gettare lo sguardo anche su questa terza cosa, estranea
al

al

suo compito,

ma non

suo interessamento; n mancher, coi dovuti riguardi,

di

aiutare

Io

studioso
se

suggerimenti,
scientifici

di una materia affine, dandogli non proprio norme. Chi legge i libri

dei tempi nostri, riconoscer in quest'esempio,

non una caricatura,

ma uno schema

costantemente ripetuto

e applicato. Del poeta Aleardo Aleardi fu detto che, rivol-

gendosi nei suoi carmi in ogni istante alla Musa per chiederle qualcosa, la trattava
Il

come

se fosse la sua cameriera.


la

professore

finisce

col
la

trattare

Scienza come

il

suo
la

bidello, o

almeno come

sua rispettabile consorte, con

quale prende bonariamente accordi sulle pietanze che do-

vranno comporre

il

desinare del giorno, e sulle altre parti

del governo della famiglia.

PARTE TERZA

LE FORME DEGLI ERRORI


E LA RICERCA DELLA VERIT

L'errore e le sue forme necessarie

IJ errore
tutti al

privazione o

negativit, e comunemente
altri

si

L'errore co^j,^
^
,^,.

suole definirlo

come pensamento
il

del falso, difformit del

pensiero dal suo oggetto, o in

modi

simili

che tornano
suo

possibilit

medesimo, perch

pensiero difforme dal suo og-

ciaJeTratusione
*'^'"-

getto pensiero falso e che non

raggiunge

il

fine,

degli

perci

non pensiero

ma

privazione di

pensiero

ossia

negativit.

In quanto

tale, l'errore

d luogo a un concetto negativo,


;

rispondente al concetto positivo della verit


verit

e vero e falso,

ed errore, stanno tra loro come concetti opposti.


i

Ma

noi sappiamo dalle dottrine logiche gi svolte che

concetti opposti

non

solo

non sono separabili

ma neppure

propriamente distinguibili, e che la loro distinzione nient'

altro

che l'astratta divisione del concetto puro, dell'unico

concetto, sintesi o dialettica di opposti.


filosofia

E sappiamo

dalla
il

tutta,

che

la

Realt svolgimento, nel quale

termine negativo, intrinseco al positivo, come la molla


del progresso.

Se dunque l'errore negativit, non si pu trattarlo come qualcosa di positivo, perch altra positivit o realt non gli spetta se non appunto la negativit, che momento
della sintesi dialettica e fuori
della
sintesi nulla.

Una

254

LE FORME DEGLI ERRORI E LA RICERCA DELLA VERIT


si ha gi nella mancherebbe materia

trattazione dell'errore in questo significato

trattazione della verit logica; e qui

ad

ulteriore discorso.

Come forma

dello spirito, distinguibile

dalle

forme positive e

reali, l'errore

non

; e, intorno a

Gli errori
positivi
sistenti.

ed

, la filosofia non trova da filosofare. Nondimeno, sembra che tutti conosciamo errori distinguibili dalle verit ed esistenti per s. L'evoluzionista, per

quel che non

esempio, afferma la formazione biologica dell'apriori;


litarista risolve
il

l'utiil

dovere nell'interesse individuale;

cri-

stiano dice che Dio padre invi


gli

Ges suo

figliuolo a

redimere

uomini dalla perdizione in cui erano caduti pel peccato


il

di

Adamo; Non sono,


stati

buddista predica l'annullamento della volont.


codesti, errori veri e propri? e

tutti

non sono

espressi, ripetuti, ascoltati, creduti? Si vorr forse,


alla

in

omaggio

definizione

irrealt, sostenere

che

quanto verit,
Gli errori
positivi

ma

dell'errore come negativit e non siano? Non esisteranno in esistono bene in quanto errori.
essi

Quest'antitesi tra l'inconcepibilit dell'errore


stente e
errori

come

esi-

co-

me

atti pra-

tici.

r impossibilit di negare non si risolve se non nel modo che gi abbiamo avuto occasione pi volte di accennare. Quell'errore che ha esistenza, non errore e negativit, ma qualcosa di positivo, un prodotto dello spirito. E poich quel prodotto dello spirito privo di verit, non pu essere opera dello spirito teoretico; e poich, oltre la forma teoretica dello spirito, non vi ha da considerare se non la forma pratica, l'errore
clie

l'esistenza di determinati

incontriamo come qualcosa di esistente dev'essere pro-

dotto, a suo

modo

razionale, dello spirito pratico.

In

effetti,

colui che

commette un errore non ha nessun


il

potere di torcere o snaturare o inquinare la verit, che


il

suo pensiero stosso,

pensiero che opera in lui


egli

come

in tutti, e anzi,

non appena

tocca

il

pensiero, ne
il

toccato
tico
(li

pensa e non erra. Egli ha solamente


al

potere pra-

passare dal pensiero

fare; e un fare e non gi

I.

l'errore b le sue forme necessarie

255

un pensare l'aprire la bocca o l'emettere suoni ai quali non corrisponda un pensiero, o, che lo stesso, non corrisponda un pensiero che abbia valore, precisione, coerenza, verit; imbrattare una tela, cui non corrisponda alcuna immagine; rimare un sonetto, combinando frasi altrui che simulino la genialit assente. L'errore teoretico, quando
veramente tale, inscindibile dalla vita del pensiero, che
in tanto in

quanto supera perpetuamente quel momento


s, ci

negativo, sempre rinascente. Ma, quando dato scinderlo

e considerarlo per
teoretico,

che

si

ha innanzi non pi errore

ma

atto pratico.
Atti pratlci
e

Atto pratico abbiamo detto, e non gi errore pratico.

perch quell'atto pratico non punto irrazionale. Chi dubiti


di ci, rivolga

non

errori pratici

uno sguardo a coloro che producono

errori;

si

persuader subito che essi operano con una loro par-

ticolare

ma

piena razionalit. L'imbrattatele produce un

oggetto che richiesto sul mercato da gente che vuole avere


in casa quadri

purchessia da coprire

le pareti e attestare

per mezzo di

essi la

propria agiatezza o ricchezza,

ma

che

del tutto indifferente al significato estetico di quegli oggetti


;

il

rimatore vuole procurarsi un facile successo presso

coloro che considerano la poesia


il

come un gioco

di societ;

chiacchierone, che emette suoni in luogo di pensieri, rac-

coglie assai di frequente, con quella emissione, gli applausi

e gli onori che al pensatore serio sono negati:


toujours

un

sot trouve

un plus

sot qii l'admire.


si

Se dunque, .per mezzo

dei cosi detti errori,

provvede

alla casa, al fuoco, al cibo

e alle vesti o al contentamento dell'amor proprio, delle


bizioni e dei capricci, chi vorr dire che
irrazionali?

am-

essi siano atti

di pane; e se per

L'uomo non vive di solo pane, ma vive anche mezzo di quegli atti ottiene il pane ossia
e,

soddisfa
dirsi

bisogni della propria individualit, essi debbono

ben indirizzati, avveduti, fecondi, namente razionali.

insomma,

pie-

256

LE FORME DEGLI ERRORI E LA RICERCA DELLA VERIT

Pratici
economici, e non pratici morali.

Ma
il

sono razionali sotto l'aspetto economico, non gi sotto


produttori di errori
sottrag-

l'aspetto etico; perch la moralit richiede che l'uomo pensi

vero, e a quel dovere


o,

si

gono

per dir meglio, non ancora s'innalzano. Intenti

all'esigenza pratica della vita individuale qiia talis,

non

attuano in s la vita universale, n

si

fanno, in conformit

di essa, volont di bene e volont di vero.


la dialettica dello spirito,

Ma
li

poich, per

non

dato persistere in siffatta

condizione, negli animi loro e di coloro che


l'opera

vedono

al-

non tarda a sorgere


l'esigenza, che
il

il

desiderio di un'altra e supealla


si

riore attivit, che


Si

sopraggiunga
pane,

precedente e la compia.
viva,

pone
si

non solo

ma
non

si

viva bene;

che

cerchi non solo

ma

quel

pan degli angeli,

del quale,

come

dice

il

divino poeta,
si

si

vien

mai
il

satollo; e questo desiderio


la

manifesta con

lo

scontento,

riprovazione, l'angoscia, e col tacciare d'irrazionale


si

razionale inferiore che

superato, e denominare errore

teoretico quello che,


Dottrina
dell'errore,

in s considerato, era,

ed stato

da.

noi riconosciuto, semplice atto

economico.
;^

La

dottrina qui esposta compendio di dimostrazioni gi.

dottrina delle forme

date di sopra o in altra parte della Filosofia dello spirito

epper non
fatto, sul

ci

distenderemo sulla immanenza del valore nel


vitale e concretezza del bene,^
s, sul carattere pratico del-

necessarie
dell'errore.

male come stimolo male per


sulla
teoretico,

sull'inesistenza del
l'errore

responsabilit

morale

di

siffatto-

errore, sul desiderio

negativi che

come accompagnano

unico contenuto degli enunciati


i

giudizi di valore, e su altre

cose gi a sufficienza chiarite.


tico

La genesi

dell'errore teore-

potrebbe essere lasciata da parte nell'esposizione della


ai fini di

Logica, bastando

questa una qualsiasi tra

le

comuni

definizioni che dicono l'errore

pensamento del

falso.

Di pi stretta pertinenza della Logica indagare i modi nei quali le determinazioni delle varie formo del conoscere
e del sapere po.ssono essere accostate e miste
:

ossia,

poich

1.

l'errore e le sub forme necessarie


il

257

l'errore,

come diceva

Vico,

altro
le

non

che

sconcia

combinazione d'idee, dedurre


nale la teoria dell'errore entra

forme generali e nedottrina dei sofismi


ha,

cessarie di codeste false combinazioni. Nella Logica tradizio-

come

o delle

confutazioni sofistiche, ed

come

tutto

il

resto, carattere formalistico o verbalistico;

ma

nella nostra

deve assumere carattere

filosofico e fondarsi sulle

forme gi
le

distinte dello spirito teoretico,

donde

si

traggono

neces-

sit delle stesse combinazioni arbitrarie, gli errori formal-

mente

possibili.

Ma
(e ^

da avvertire che, quantunque comunemente si usi abbiamo usato anche noi) parlare di errori estetici, na' ^

'

Naturalo
k"='^ !"""'

gli errori
teoretici,

turalistici,

matematici e

simili, oltre di quelli

propriamente

filosofici o logici, l'errore


,

teoretico, ogni

errore teoretico,

in fondo,

sempre errore
la cervice

logico. L'atto di

congiungere
il

al

capo umano

equina o di dipingere

cipresso in

mezzo
non
vi

al

mare non

per s quell'atto che, guardato dalla


si

coscienza estetica,

dice bruttezza o errore estetico, se

acceda
ossia
s,

la falsa

affermazione che
vi

esso sia opera


logica.

estetica,

se

non
col

acceda

un'afifermazione

Presa per

l'unione del capo

umano con un

collo di ca-

vallo o del cipresso

mare

un qualsiasi gioco d'im-

maginazione, come se ne fanno nell'ozioso fantasticare e


nel sogno.
di

Anche

del tutto innocente l'estrinseca unione

una

figura e di

un

concetto,

come

nel caso dell'allegoria:

unione che, per s presa, non arte sbagliata,


diventa solo quando
si

ma

tale

afi"ermi

che quei due elementi ne

fanno un

solo, e allora, piuttosto

che arte sbagliata, cat-

tivo giudizio sull'arte, ossia cattiva filosofia. Parimenti

un

errore aritmetico, per esempio che

4X4

sia

eguale a 20,

per s preso un flatus vocis, come se ne sogliono emettere

per ischerzo o per isciogliere


rore solo quando vi
si

la lingua; e si
il

cangia in erili o-

aggiunga

pensiero che quel fiato

di voce designi un'effettiva moltiplicazione. Persino le

B. Croce, Logica.

17

258

LE PORMB DEGLI ERRORI E LA RICERCA DELLA VERIT


filosofici

giche combinazioni di concetti


tali errori logici e filosofici,

non sono

in

quanto

potendo

farsi

a prova per vedere


si

cio se due

concetti

concordino; e a renderle erronee

richiede l'aggiunta di uno speciale atto di giudizio, asserito

per arbitrio. Arbitrio che un mentire agli

altri e talvolta

anche a

s stessi (

il

miser suole Dar facile credenza a quel

ch'ei vuole) per procurarsi

come
si

si

dice, un'agevolezza e

un giovamento individuale o, un piacere; e mentire non

pu

se

non adoperando

o storcendo un'affermazione, che

prodotto logico.
Storia depli

Perci la determinazione degli errori teoretici secondo


le gi distinte

errori e

fenoinenolo(jfia

forme del sapere,

si

restringe a quella delle


alle varie

dell'er-

varie

forme degli errori

logici in relazione

rore.

forme del sapere, cio alle forme necessarie degli errori


filosofici. Certo, ciascuno erra a suo

modo secondo

le

condizioni in

cui

si

trova,

come ogni individuo, secondo

quelle condizioni, trova a suo


sofia in senso stretto

modo

la verit;

ma

la filo-

non pu esaurire l'esame e


il

far la cri-

tica di tutti gli errori individuali, che


le filosofie gli

lavoro di tutte
tutti

che

si

svolgono nei secoli e del pensiero di


stati,

esseri

pensanti che sono


la

sono e saranno. Essa

deve lumeggiare solamente


ossia dare la
si

storia ideale eterna deldegli errori filosofici;

l'errore, che la storia ideale eterna della verit,

fenomenologia

quali

deducono brevemente come segue.


Il

delle

Deduzione forme
errori

concetto puro, che la

filosofia,

pu essere sconciaforma precedente

mente combinato e scambiato o con


della

la

defili
lottici.

For-

pura rappresentazione

(arte), o

con quella susseguente

me
del
to,

dedotto
concete forme daultricon-

dal concetto

del concetto

empirico e astratto (scienze naturali e mate-

matiche); ovvero malamente scisso nella sua unit di concatto e rappresentazione (sintesi a priori), e

dedotte

malamente poi

kH

ricombinato come o concetto che


o rappresentazione che
si

si

d per rappresentazione

ctll.

fondamentali

degli

errori;

d per concetto. Di qui le forme denominare lo quali giover

l'errore e le sub forme necessarie

259

estetismo, empirismo, matematismo, filosofismo e storicismo (o mitologismo). Parimenti, le particolari


forme del concetto o concetti
ciamente combinate tra
zioni,
distinti

possono essere scon-

loro, in

una

serie di false

combina-

che rispondono alla serie delle altre particolari scienze

filosofiche; e di qui le

forme degli

altri errori filosofici.

Ma
mo-

di queste ultime forme d'errori baster, nella Logica,


strar la genesi
e

recare alcuni casi

in

via
si

d'esempio,

perch, per determinarle compiutamente,


quell'esposizione intera di tutto
il

richiederebbe

sistema

filosofico,

che in

sede di sola Logica non dato fornire.

Finalmente, non essendo possibile che una forma qualsiasi

di

questi errori, cosi specificamente logici


filosofici,

genere
e

appaghi

la

mente,

la

come in quale brama il vero"

Errori na^entidaer-

non

si

acconcia a lasciarsi ingannare, ciascuna di queste

forme, per effetto della sua arbitrariet e insostenibilit,

tende a convertirsi nell'altra, e tutte

si

combattono e

di-

struggono a vicenda.
t'

E quando

si

procura di serbare

tutil

insieme

la

forma vera e quella inadeguata, ha luogo


invece, l'animo
si

dualismo gnoseologico; quando,


nella dissoluzione compiuta,
si

adagia

entra nell'altro errore dello

scetticismo o agnosticismo; e se, riconducendosi di fronte alla vita senza alcun lume di concetto che la rischiari, alla vita come mistero, si pone l'affermazione che in quel
mistero teoretico, nel vivere la vita senza pensarla, sia la
verit,
(o
si

ha l'errore del misticismo. Dualismo, scetticismo


si

agnosticismo) e misticismo

estendono cosi

ai

problemi

strettamente logici (alla possibilit in genere di conoscere


la realt),
sofici;

come a

tutti

gli

altri

particolari problemi

filo-

di

onde si pu parlare altres di un dualismo uno scetticismo o misticismo estetico o etico.

pratico, e

Tale,
la

sommariamente

anche oscuramente enunciata,


che verremo esaminando

La

profe-

deduzione degli errori

filosofici,

^^"naz'iona^
iitdes?ii errori.

a parte a parte. Sulle forme di essi, che danno origine ad

260

LE FORME DEQLI ERRORI E LA RICERCA DELLA VERIT

altrettante

tendenze

psichiche,

si

fonda anche ci che colsi

pisce di frequente l'osservatore e che


la

potrebbe chiamare

professionalit degli errori. Ciascuno tratto a usare in altri campi di attivit gli strumenti che ha familiari nel campo a lui pi proprio; e il poeta sogna e fantastica anche quando dovrebbe ragionare, il flosofo ragiona anche quando dovrebbe poetare, lo storico cerca l'autorit anche quando dovrebbe ricercare la necessit della mente umana,
l'uomo pratico
si

domanda a che cosa una cosa

giovi ansia,

che quando dovrebbe domandarsi che cosa una cosa


il

naturalista costruisce

schemi anche quando dovrebbe


il

toglierli

via per pensare direttamente sulle cose reali,


si

matematico
c'
nulla

ostina a scrivere formole anche


stata

quando non

da calcolare. Se

denunziata l'angustia
angustie: non

degli esprits mathmatiques,

non

da credere che le altre


le

professioni

non abbiano anch'esse

loro

esclusa
i

nemmeno

quella del flosofo, che dovrebbe superare


li

pregiudizi,

ma non sempre

supera, perch altro dire

e altro fare, e l'uomo

avvisato

del proverbio

mozzo

ma non
che
si

tutto salvato. Questa professionalit dell'errore,


si

osserva presso gl'individui,


i

osserva anche in pi
parla di popoli antiar-

larga scala presso


tistici,

popoli; onde

si

antifilosoflci,

antimatematici: della Germania specu-

lativa, della

Francia intellettualista e astrattista, dell'In-

ghilterra empirista, dell'Italia artista nel centro e nel set-

tentrione o di quella filosofa del mezzogiorno.

Ma

popoli,

come

gl'individui, sono
il

mutevoli ed educabili: tanto che

ai nostri giorni

secolare empirismo anglosassone cede a

poco a poco innanzi all'educazione speculativa, compiuta


per effetto del pensiero classico tedesco;
astrattista,
la

Francia, da

d segni
lo

di voler diventare intuizionista e mi-

stica;

la

Germania
e filosofa

lascia

il

vasto dominio dei

cieli,

che

gi

le

assegnava

Heine, per quello delle industrie e dei

commerci,

ormai alquanto bassamente;

l'Italia,

I.

l'errorb b le sub forme necessarie


artisti,

261

ch'era nella sua maggior parte paese di


litici,

poeti e po-

oggi percorsa per ogni verso

da correnti religiose
in-

filosofiche.

Se questa

fl.essibilit

ed educabilit degli
e
il

dividui e dei popoli non fosse, la storia

non sarebbe libero


;

svolgimento,

ma
la

determinismo e meccanismo
nel continuo

verreb-

bero

meno

fede

progresso e

coraggio

nel propugnarlo.

II

L'estetismo, l'empirismo e il matematismo

Definizio-

estetismo L'.
al

l'errore filosofico che surroga l'intuizione


il

ne

di queste

concetto e assegna a quella l'ufficio e


l'analoga surrogazione

valore di questo.
la

forme.

L'empirismo

merc

forma del

concetto empirico, onde alle scienze empiriche e naturali

vien dato ufficio e valore di

filosofia.

Il

matematismo

l'asserzione del concetto astratto


della
Estetismo.

come concetto concreto


ci

matematica come

filosofia.

Con l'estetismo e con l'empirismo


sull'inizio della nostra esposizione, e

siamo incontrati
l nel

ancora qua e

suo corso; e dell'uno e dell'altro abbiamo a sufficienza determinata l'indole e messe in luce
dizioni.
il

le intrinseche contra-

In effetto,

essi

presuppongono a ogni

lor

moto
vapori

concetto puro e la

filosofia,

che vorrebbero surrogare f


i

ma

quella presupposta filosofia rimane soffocata tra

delle intuizioni o affogata nel lago gelido dei concetti


pirici.

em-

sono dunque non effettivo pensiero,

ma

adultera-

zione del pensiero per introduzione di elementi eterogenei.

L'estetismo puro ha scarsi rappresentanti, perch l'astensione completa dalla riflessione e dal ragionamento di

troppo palese contradittoriot; sicch anche quando,


nell'et romantica, l'arte

come

fu

affermata vero e proprio or-

gano

della fllosofla,
col

gi fini di solito

non mancarono segni di perplessit e distinguere intuizione da intuizione, arte

II.

l'estetismo, l'empirismo e il matematismo

263

da

arte: distinzione

che era un radicale mutamento e un


tesi iniziale.

tacito

abbandono della
si

Ai tempi nostri,

l'este-

tismo

anche

di

non

di

nome di intuizionismo, o esperienza pura; la quale esperienza, essendo l ma di qua da ogni categoria intellettuale, non
visto risorgere col

differisce in nulla dalla

pura intuizione.

Molti sono invece, ora

come

pel passato,

rappresentanti

Empirisino.

dell'empirismo,
della
filosofia,

talch
la

questo

sembra
di

il

solo
gli

avversario

cagione suprema

tutti

erramenti

filosofici;

ed certo che

la filosofia costretta a difendersi,

pi che da ogni altro pericolo, dai suoi assalti e insidie


incessanti. Alla confusione tra concetti puri e concetti
pirici
la

em-

aperta facile la via, perch

gli

uni e gli altri hanno

salit sia finta), e al concetto

forma dell'universalit (quantunque, nei secondi, l'univerperch gli uni e gli altri fanno appello
(quantunque, nei secondi,
il

concetto sia sem-

plicemente un gruppo d'intuizioni, arbitrariamente tenuto


insieme.

L'ultimo cospicuo esempio storico di empirismo, quello

Il

positifl-

che da Augusto Comte prese

nome

di

positivismo, profess
filosofia

vismo, la
losofla

fon-

chiaramente

il

disegno di ridurre la

a nient'altio

data sulle
scienze,
la

che a una classificazione,


sificazioni,

la quale, al pari di tutte le clasal

metafisica
induttiva.

sarebbe andato dal pi povero


via via al

pi ricco, dal-

l'astratto

meno
Il

astratto,

senza mai per altro

attingere

il

concreto.
sui

positivismo pareva non avvedersi

che

fatti,

quali

pretendeva lavorare e che stimava

materiale bruto di esperienza, erano gi

determinazioni
potevano essere

filosofiche, e solo in virt della

filosofia

ammessi come

fatti

positivi o storicamente accertati.

Positivismo anche lo

psicologismo; un

positivismo, cio,

pi propriamente desunto dalla serie delle cosiddette scienze

mentali o morali. Col positivismo, infine, s'identifica quasi


del
tutto
il

abbiano di

solito

neocriticismo, quantunque una qualche notizia di

suoi difensori

storia filosofica,

264

LB FORME DEGLI ERRORI E LA RICERCA DELLA VERIT

che manca del tutto

ai positivisti puri, e

perci siano in

grado di dare
siva.

alla loro dottrina


il

un'apparenza pi persuail

poich

neocriticismo tende a depurare

criticismo

kantiano di ogni elemento speculativo, non da maravigliare che dal


di

campo

dei neocritici sia partito

il

pensiero

una filosofia fondata sulle scienze, o di una metafisica induttiva: riduzione pura e semplice della filosofia alle scienze, perch una filosofia scientifica o una metafisica induttiva non speculazione ma classificazione, o, come ingenuamente dicono coloro che la propugnano, f sistemazione dei risultati raggiunti dalle scienze
>.

qui s'accen;

dono

pili

comici

litigi

tra

scienzati

filosofi

perch,

quando non si tratta d'altro che di classificare e di sistemare quei risultati, lo scienziato sente a ragione di non
aver bisogno del soccorso dei
lamente, che ha ottenuto
i

filosofi, e, anzi,

che

egli

so-

risultati,

conosce quali

essi pre-

cisamente siano e come


deformarli.
vista e

convenga maneggiarli per non


facendosi empirista e positi-

E
si

il

filosofo, che,

psicologista

neocritico,

ha rinunziato

alla

sua

autonomia,

mette allora attorno agli scienziati, offrendo

poco decorosamente servigi, che quelli ricusano; elaborando


esposizioni
e
scientifiche,

che quelli chiamano compilatorie

dilettantesche;
irrise

proponendo aggiunto e correzioni, che


superflue e insulse. Tuttavia
si
il

vengono

come
si

filosofo

neocritico

non

stracca n

adonta per codeste ripulse

e beffe, e torna insistente all'accattonaggio, anzi, se alcuno

vuole redimerlo dalla volontaria servit e abiezione, allora


soltanto
si

rivolta inferocito, e risponde che la filosofia


afflatata

deve

vivere

bene

con

le scienze.

Come
La

se le relazioni,

che or ora abbiamo fedelmente

ritratte, fossero relazioni di


veritjl

reciproco rispetto e di affiatamento!

che

la

maggior parte dei


e filosofi

filosofi
i

empiristi sono scienziati mancati

non

arrivati,

quali la loro duplice debolezza in(se altre occorressero)

nalzano a teoria logica: altra prova

II.

l'estetismo, l'empirismo e il MATEMATiSMO

265

s.

stro,

conferma dell'origine pratica degli errori. Dal canto noriconosciamo che l'accusa di parassitismo rivolta alla
:

filosofia (nel significato predetto) giustificata

daremmo

volentieri
intrusi,
filosofia,

una buona mano


il

agli

scienziati

contro quegli

che, secondo

nostro giudizio, fanno torto alla


il

non meno che, secondo


la

giudizio loro, alle scienze.


L'empiri-

L'empirismo attinge

sua maggiore forza sugli animi

dal continuo richiamarsi alla realt e ai fatti;

onde
e

^'"' *"'

nasce la credenza che la

filosofia

speculativa voglia procela

dere in senso opposto e trascurare


fabbricare,
filosofia

realt e

fatti,

come

si

suol
si

dii*e,

sulle nuvole.

Ma non
fatti

solo la

speculativa
il

fonda anch'essa sui

ed ha per

punto di partenza
gere, che
fatti,

mondo fenomenico: conviene aggiunspeculativa


si

la

filosofia

fonda veramente sui


i

e l'empirismo no: la

prima considera

fatti

nella loro

infinita variet e nel loro

continuo svolgimento;

la

seconda,

un

certo

numero pi o meno
certi
i

ristretto di fatti, raccolti in

certe

epoche e presso
tutti

popoli, e sia pure in tutte le

epoche e presso
sorta

popoli empiricamente noti.

La

filo-

speculativa,

movendo

dal puro fenomeno, trasforma

questo

in fatto (storico)

ed veramente una filosofia del

fatto; l'empirismo, invece, presupponendo senz'accorgersene


i

fatti

gi storicamente accertati, non pu dare se non


i

una filosofia di schemi,

quali solo l'irriflessione con-

sueta riesce a scambiare e venerare

come

fatti. Alla

richiesta e al vanto dell'empirismo di fondarsi sui fatti, la


filosofia

speculativa pu dunque rispondere ammettendo la

richiesta,

ma negando

di

riconoscere

quel

vanto perch
^* bancarotta
rtel-

usurpato.

Ma

il

fallimento dell'empirismo in tutte le sue forme e ^


i

sotto tutti

suoi sinonimi chiaro nel

dualismo,

a cui la

l'enipirismo:
''"i'""''
*-

tendenza empiristica mette capo, dualismo di apparenza ed


essenza, di
altro

gnosticismo,

fenomeno e noumeno; perch professare che non vi abbia di conoscibile se non il fenomeno im-

spiritismo

supe^stizio-

266

LE FORME DEGLI ERRORI E LA RICERCA DELLA VERIT

porta postulare un'essenza, un noumeno, qualcosa che di


l dal

fenomeno ed
rimane

inconoscibile. sottratto

Vero

che codesto ine


alla
filosofa;

conoscibile

alla scienza

ma

con l'allontanarlo dalla scienza e dalla

filosofia

non
e

escluso dal

campo

del reale. Perci ogni


i

empirismo riconosce
del

accanto a quelli del pensiero


lascia spezzato in
verit.

diritti
il

sentimento,

uno o pi punti
si

circolo razionale della

E quando
tentativi

vuol continuare a lavorare empiristi-

camente pur sul residuo inconoscibile, sorgono quei molteplici

che

si

possono designare
allora
la

tutti

col

nome

di

spiritismo; cercandosi
di
spirito a

nascosta realt per

mezzo
lo

esperimenti di tipo naturalistico e riducendosi

materia

pili o

meno

leggiera e sottile. L'emsi

pirismo finisce nella superstizione, come

vede nella desi

cadenza della

civilt antica

quando

filosofi

andarono

mutando

in

taumaturghi, e alla vigilia della Rivoluzione


sorta di fanatici e d'imbroglioni

francese quando, dopo un secolo di empirismo e di sensismo, comparvero ogni

(dai Mesiuer ai Cagliostro), favoriti

da una societ di cre-

dulissimi materialisti; e
cui
pili
i

come

si

rivede al giorni nostri, in

positivisti e gli ex-positivisti


positivistici)

(segnatamente nei paesi

coltivano volentieri le scienze occulte e

le
Il

esperienze spiritiche.

positivi-

Certamente, non a dire che l'empirismo non abbia cer^^^^ P^^ volte di medicare
le

zioni8Uco" il positivin'aii8ti'^"''

proprie infermit,

come

nel

caso del positivismo evoluzionistico, che volle correg-

gere

il

carattere antistorico della dottrina e offrire quasi


realt.

una

storia della

Ma

questa storia

si

fondava sempre su

presupposti empiristici, ed era dunque storia di schemi, non


della realt concreta: caricatura stravagante della filosofia

del

divenire, dal cui seno esce la storia vera e propria.

Altro tentativo quello del


col quale si cercato e
si

positivismo razionalistico,
cerca d'infrenare l'avviamento
il

del

positivismo verso

il

dualismo,

sentimentalismo e

la

II.

l'estetismo, l'empirismo e il matematismo


diritti assoluti della

267

superstizione, rivendicando

ragione.

Ma

questa ragione pur sempre

la

ragione empiristica,

ristretta

ad alcune serie di

fatti,

estrinseca, classificatoria,

inintelligente; alla quale si

assoluto,
la

ma

col

pu ben dare a parole imperio darglielo a quel modo non le si conferisce


libera-

forza di esercitarlo. Tale sorta di positivismo incontra

ai nostri giorni

grande favore nella cultura della


>

muratoria o

massoneria

(almeno di quella gallo-italiana),

che una setta fastidiosa specialmente perch, indifferente


alle

cose, serba e diffonde l'abito di appagarsi di forraole

e di parole, e

con

la

persecuzione contro
di

le vesti talari e

con l'enfatico discorrere

una vuota

libert si

d a

cre-

dere di adoprarsi validamente a distruggere superstizione


e oscurantismo, a conquistare la libert e a far trionfare
la

Ragione.

Meno frequente dell'empirismo


ch
la

il

confusione

tra

il

pensare e
il

matematismo, peril calcolare meno


il

Matematismo.

agevole che non sia quella tra

pensare e
il

classificare.

per la sua rarit e paradossalit

matematismo

ritiene

una certa aria

aristocratica, e somiglia

per questa parte


in-

all'altro errore estremo, all'estetismo:

laddove l'errore

termedio, l'empirismo, appunto per la sua


popolare, anzi triviale.

mediocrit,

Ma
tichit

giova qui avvertire che non da considerare come


di filosofia che,

Matematica
lica.

matematismo quella forma


col

apparsa nell'an-

simbo-

nome

di

pitagorismo
tempi
nostri

ricomparsa anche
perch nel caso
boli, e
I
i

ai

rapporti matematici dell'universo e


di essa
i

neopitagorismo, come dottrina circa l'armonia del mondo;


i

numeri non sono numeri

ma
non

sim-

rapporti numerici non sono aritmetici


filosofi

ma

estetici.
filo-

cosiddetti

matematici

di codesto tipo,

sofi

veramente n matematici, e nemmeno contaminatori

dei

due diversi procedimenti, meglio

si

direbbero poeti o

semipoeti.

268

LE FORME DEGLI ERRORI E LA RICERCA DELLA VERIT

Matematica

Neanche
da alcuni
essi

da considerare matematismo
di esporre le proprie

il

modo

tenuto

come

forma dimostrativa della filosofia.

filosofi

idee

con metodo
quelle che

aritmetico, algebrico

o geometrico, perch, se
il

espongono sono idee e non gi numeri,


matematico che

metodo

al

quale ricorrono rimane necessariamente estrinseco, senz'altro carattere


il

verbale compiacimento di

adoperare formole di definizioni, assiomi, teoremi, lemmi,


corollari, e simbolica di
si

numeri. Si potr disputare, come


o cattivo gusto letterario e della
di questo

disputato, del

buono

maggiore o minore opportunit didascalica


d'esposizione;
si

modo

potr condannarlo, com' stato condan-

com' caduto; ma la qualit esposto rimane inalterata mai in calcolo matematico o in misura e non si cangia geometrica. N il sistema dello Spinoza, che profess il menato, e farlo cadere in disuso,
del vero speculativo a quel

modo

todo geometrico, n quello del Leibniz, che vagheggi

il

calcolo universale, sono sistemi matematici; che se tali fossero, la filosofia

moderna non dovrebbe a quei due pensatori


da
trattati e

alcuni dei suoi concetti idealistici pi importanti.


Errori di
filosofia m:iteiiiatisticH.

Gli esemp del matematismo, piuttosto che

da sistemi

svolti in

conformit di esso,
di
siff"atti

si

possono ricavare

da programmi non eseguiti


anche
dalla

trattati e sistemi, o

trattazione

matematistica di taluni problemi


l'infinit del

filosofici.

Tale quello circa

mondo

nello spa-

zio e nel

tempo, problema che nel modo matematistico di

trattazione diventa insolubile,


l'infinito

non essendo
che
si

possibile

merc

matematico, per
e dargli

isforzi

facciano, comprenfine o ne-

dere

il

mondo

un cominciamento e una

gargli cominciamento e fine.

Donde

le

esclamazioni di terrore

innanzi a quell'infinito, e

il

senso di sublimit che sembra*


si

sorgere nella lotta impegnata tra esso, che


mabile, e la mente umana, che
si

dimostra indo-

prova a domarlo. Senon-

ch fu gi osservato (dallo Hegel) che codesta sul)limit

non solamente prossima

al ridicolo,

ma

vi

cade dentro

II.

l'estetismo, l'empirismo e

il

matbmatismo

269

di tutto peso, e che quel terrore

non dovrebbe essere


di

altro,

in verit, che terrore della

noia

dover contare e contare

e poi contare, a vuoto e all'infinito. L'infinito matematico

non niente

di

reale, e la

parvenza della sua realt

l'ombra proiettata dalla potenza matematica dello spirito

umano, che in grado di aggiungere sempre a qualsiasi numero un'unit. Il vero infinito tutto innanzi a noi in ogni pensiero reale; e solamente quando l' uno-continuo della realt viene spezzettato, e lo spazio e il tempo resi
astratti e matematici,

solamente allora, ove

si

dimentichi

l'operazione compiuta, sorge quel problema disperante, ac-

compagnato dall'angoscia

di

non poterlo mai

risolvere. Altro

e pi attuale esempio di siffatte trattazioni raatematistiche


offerto dalla dottrina sulle dimensioni dello spazio; nella

quale, dimenticando che lo spazio a tre dimensioni


nulla di sperimentabile e di reale
stessa matematica, e trovando

non

ma

costruzione della

opportuno d'altro canto, e

per ragioni matematiche, costruire spazi a


tre
tali

meno
si

o pi di

dimensioni o a
costruzioni

7i

dimensioni,
realt

si

finisce col considerare

come

concepibili, e

discorre sul

serio di esseri bidimensionali


sionali .

o di

mondi quadrimenDualismo,

dal pensiero e di spazi reali

Con affermazioni come queste d'infiniti inapprensibili ma non sperimentabili, il mail

agnostici-

smo

Bu-

tematismo foggia
e di realt

suo dualismo, un dualismo di pensiero


il

perstizoiit del niate-

superiore al pensiero, o (eh'

medesimo)
e

di

matisino.

pensiero

che trova riscontro

nell'esperienza,

pensiero

senza esperienza corrispondente.

l'Inconoscibile sta in
filosofo

agguato e piomba addosso


tista,
il

all'

imprudente

matemasu-

quale rimane come smarrito innanzi al secondo,

terzo, quarto e infiniti

mondi da

lui escogitati,

mondi

periori o inferiori a quelli dell'uomo, sottomondi e sopra-

mondi

e soprasopramondi.

qualche volta diventa anche

lui spiritista,

domandandosi

col

ZoUner perch mai

la vita

270

LE FORME DEGLI ERRORI E LA RrCBRCA DELLA VERIT

spiritica

non potrebbe avere realt e prodursi

nella quarta

dimensione, preclusa all'uomo, dello spazio? La contradizione dell'assunto matematistico,

come

di quelli estetico

ed

empiristico, appare manifesta nelle conseguenze dualistiche,

agnostiche e mistiche, alle quali essi

tutti,

come vedremo

meglio pi

oltre,

necessariamente riescono.

ni
Il filosofismo

T
i

tre

modi

di sopra esaminati di errori esauriscono le pos-

sibili

combinazioni

del concetto

puro con

le

forme dello
accennato,

Rottura dell'unit
della sintesi

spirito teoretico o teoretico-pratico, a lui anteriori o posteriori.

a priori.

Ma
dei

altri

modi

di errori nascono,

come

si

dalla scomposizione dell'unit del concetto,

dalla separa-

zione

suoi

elementi

costitutivi:

ciascuno

dei

quali,

astratto dall'altro e trovandosi l'altro di fronte, invece di

riconoscerlo

come parte organica


la

di s

medesimo,

lo annulla,

surrogandogli

propria astratta esistenza.

Se

il

concetto sintesi a priori logica, unit di soggetto

e predicato, unit nella distinzione e distinzione nell'unit,

affermazione del concetto e giudizio del


ria insieme, nel

fatto, filosofia e stoi

puro ed

effettivo

pensare

due elementi

for-

mano un organismo
fatto
fatto: la

inscindibile.
si

Non

si

pu affermare un

senza pensarlo, non

pu pensare senz'affermare un
il

rappresentazione senza

concetto cieca, pura

rappresentazione, sfornita di lume logico, non soggetto di


giudizio;
il

concetto, senza la rappresentazione, vuoto.

Nell'atto

che

si

chiama errore

e in cui le proposizioni
il

Filosofi-

esprimenti la verit sono combinate non gi secondo


nesso teoretico

loro

smo, logicismo panlogismo.

ma

ad arbitrio di chi

fa la .combinazione,

quella unit pu essere praticamente scissa.


in

accade

alil

primo luogo, che

si

abbia un concetto vuoto,

Iora,

272

LB FORME DEGLI ERRORI E LA RICERCA DELLA VERIT


si

quale, privo perci di ogni interna regola,

riempie di un

contenuto che non quello che


e d a s

gli spetta e

che solamente

dal congiungimento con la rappresentazione potrebbe avere,

medesimo un falso soggetto. E accade,

in se-

condo luogo, l'inverso, cio (come vedremo pi innanzi)


che
ora
si

ponga un

al

falso predicato o concetto. Fermandoci per primo caso, e osservando come esso consista nel-

l'abuso dell'elemento logico, potremo chiamare quel


di

modo

errore,

logicismo

panlogismo,

o anche

(essendo

l'abuso dell'elemento logico identico all'abuso dell'elemento


filosofico) f i 1 o s o f i s

mo
compie
sulla storia col pretendere

La

Filosofia

II

logicismo, panlogismo o filosofismo l'usurpazione che

della storia.

la filosofia in senso stretto

di dedurre,

come

si

dice, la

storia a priori.

Usurpazione
filosofia e

logicamente impossibile
filosofia

per la gi dimostrata identit di


storia cattiva

e storia,

onde cattiva

all'inverso; e quantunque possa darsi che

lo stesso indivi-

duo
(e

il

quale in un determinato momento

fa

ottima

filosofia

ottima storia insieme), nel

momento

successivo fiiccia
altro se

cattiva storia (e cattiva filosofa), ci

non importa

un momento pu filosofare male ed errare nel momento dopo, e non gi che le due cose siano possibili nel medesimo atto. Senonch l'usurpazione,

non che chi ha ben

filosofato in

logicamente impossibile,

si

effettua praticamente; nel qual

caso non veramente usurpazione, quantunque venga considerata e denominata tale sotto l'aspetto logico.
richiesta
dell'apriori

Anche

la

nella

storia

perfettamente

giusta,
si

perch affermare un

fatto vale pensarlo, e

pensare non

pu senza trasformare
sintesi a priori, e

la rappresentazione per

mezzo

del

concetto e perci dedurla dal concetto.

Ma

questa deduzione
induzione;

come

tale nell'atto stesso


la storia

laddove la protesa di dedurre


essere

a priori vorrebbe

essa stessa filosofia),

una deduzione senza induzione, non una storia (che ma una Filosofia della storia.

Ili,

IL

FILOSOFISMO

273

Bisogna porre bene


concedere che una

in chiaro l'assurdit intrinseca dell'as-

Le contrail'*'""'
"''Ir

sunto, perch quelli che lo


filosofia

propongono sogliono
della storia
si

di solito

debba fondare

essa,

sui dati di fatto e avere a base un'induzione. In realt, se

quei dati di fatto fossero documenti da interpetrare, non


si

otterrebbe la filosofa della storia, che coloro domandano,


la

ma

storia
i

senz'altro. Nell'assunto
di
fatto,

della

filosofia

della

storia,

dati

la

pretesa

materia

informe, sono
i

tutt'al pili storie gi costruite,

che non contentano

filosofi

della storia; e

non

li

contentano non perch


dei

essi le giudi-

chino

false

interpetrazioni

documenti

(nel

qual caso
la storia,

non
ch
8i

ci

sarebbe se non da correggere


il

la storia

con

proseguendo
il

lavoro medesimo degli storici


li

tutti),

ma

per-

metodo stesso della storia non


fitti

contenta ed essi

son

in capo altro.

La

storia

da loro disprezzata

come mera narrazione e considerata non come forma del pensiero ma come materia bruta, ammasso caotico di rappresentazioni.
filosofia della

Vera forma del pensiero sarebbe invece


storia,

la

che sorge sulla storia narrata e non


i

sui

documenti.

sorge come? Recisi

documenti,

la sintesi

a priori non pi possibile. Sorge, dunque, per parteno-

genesi dell'astratto concetto puro, che pretende ritrovare


in s la storia,

senza aspettarla dal congiungimento coi docu-

menti; onde

la storia si

deduce a

priori,

non pi nel pieno,


i

ma
sto,

nel vuoto. Quali che siano le dichiarazioni che

filosofi

della storia

aggiungono

al loro

programma,

la natura di que-

che riposta nelle sue logiche premesse, non pu esserne

cangiata.

se quelle dichiarazioni fossero fatte sul serio,

e accettassero tutte le conseguenze che da loro discendono,

non

si

avrebbe pi ragione di sostenere, accanto e

oltre la

storia,

una
lo

filosofia

della storia; le

due cose s'identifichegiudichiamo


si

rebbero, e l'assunto stesso verrebbe annullato, cosi per coloro

che

propongono come per noi che


il

lo

contradittorio. Ecco, infatti,

dilemma dal quale non

B. Crock, Logica.

18

274

LE FOKMB DEGLI ERRORI E LA RICERCA DELLA VERIT

esce:

la filosofia

della storia iiiterpetrazione dei do-

cumenti, e in questo caso sinonimo di storia e non pone

nuova

esig'enza;

essendo pi interpetrazione
via pensare
i

pone questa nuova esigenza, e non di documenti e volendo tuttavuol pensare senza documenti e
si

fatti, li

trarli

dal vuoto concetto, e allora


il

ha

la filosofia della storia,

filosofismo,

il

panlogismo.
la filosofia della storia ricorre all'anail

La
ria

Filoso

Per prendere corpo,


^'^S^^'

eie

fai-

pi'ocedimento legittimo del pensiero,


la

quale, ricerlegittimo,

se analogie,

cando

verit,

pone analogie

e armonie.

Ma

come a

noi gi noto, solamente a condizione che quel-

l'analogia

non rimanga mera


storia

ipotesi

euristica
i

sia

poi

effettivamente pensabile e pensata.


filosofia

Ora,

concetti che la
effettiva-

della

deduce non possono essere

mente

pensati, perch vuoti:

presentazioni,

ma

non concetti puri n pure raparbitrario miscuglio delle due forme e

perci contradizione e vacuit. Cosicch le analogie, di cui


si

vale la filosofia della storia, sono false


e

analogie, ossia
negazione della

metafore

paragoni,

trasformati in analogie e concetti.


il

Essa dir, per esempio, che


civilt antica e

Medioevo

la

che l'epoca moderna

la sintesi degli op-

posti.

Ma

la civilt antica nient'altro

che una sterminata

serie di fatti, ciascuno dei quali sintesi di opposti e reale

solamente in quanto
tica e
il

sintesi di opposti; e tra la civilt an-

Medioevo c' continuit assoluta, non meno che


I fatti

tra

il

Medioevo e l'epoca moderna.

tra loro

come

concetti opposti, perch


il

non possono stare non sono opponibili

come
che
si

positivo e negativo:

fatto,

die viene chiamato povia di

sitivo, positivo e

negativo insieme; e cosi parimenti quello


in

chiama negativo. Dir ancora (sempre


il

esempio) che la Grecia fu


il

Pensiero e

Roma

l'Azione, e

mondo moderno
la vita

unitA di Pensiero e Azione. Ma, in realt,

la

vita greca fu pensiero e azione,

come

quella di

Roma,

come

moderna

ogni epoca, ogni popolo, ogni indi-

III.

IL

FILOSOFISMO

275

viduo, Ogni attimo della vita pensiero e azione, in virt


dell'unit dello spirito le cui distinzioni

mai

in

esistenze

separate.

non si dirompono Le affermazioni proprie della


debbono
essere, tutte di questa

Filosofa della storia sono, e


fatta; altrimenti,

saranno bens vere


osserva sovente

ma non avranno
nei
libri

nulla

che giustifichi
L'ultimo
questo modo,
confutati,

la qualificazione di filosofia della storia.


si

caso
i

intitolati a

Distinzio-

quali

non

si

possono certamente considerare


il

ne tra

la Fi-

losotia della

quando

stato

confutato
il

concetto di
'

quella

storia e ili"'
'^^^^

scienza. Altro la scienza e altro


della falsa scienza tentata, e altro

libro: e altro l'errore

titolati.

il

valore dei

libri,

che

di solito (specie nei grandi pensatori e scrittori)


tivi

hanno mo-

pi profondi e parti pi pregevoli che


titolo

il

programma
di
si

il

non comporterebbe. Tra


si

libri di filosofia della

storia si

annoverano capilavori del genio umano: sorgenti


sono dissetate, e a cui

verit a cui pi generazioni

ritorna in perpetuo. Essi infatti sono stati sovente mirabili


libri

di

storia, di

vera storia, sorti per reazione mentale

contro

storie

superficiali; e

hanno per primi

descritto

il

carattere

vero di certe epoche, di certi avvenimenti, di


*:

certi individui

la sterile

forma della dualit


e

e opposizione

tra filosofia
essi la

della storia

semplice storia celava in

una
che

di una storia migliore contro peggiore. E le formole stesse che venivano falsamente atteggiate come deduzioni di concetti (per esempio,

feconda polemica

storia

il

Medioevo
la

la

negazione dell'antichit e

il

Rinasci-

mento

negazione del Medioevo, o che

lo spirito

germa-

nico, dalla

Riforma

al

Romanticismo, l'aflFermazione della


l'

libert interiore, o

che

Italia del
o.

Quattrocento rappresenta

l'Arte e la Francia lo Stato,

via dicendo) erano in fondo

espressioni vivaci di

caratteri

dominanti, con

le
:

quali

si

procurava ritrarre

le

varie epoche e avvenimenti

espres-

Si

veda

il

mio saggio sullo Hegel,

e.

9.

276

LE FORME DEGLI ERRORI E LA RICERCA DELLA VERIT

sioni e verit accettabili,

senza che faccia d"uopo presup-

porre nette e rigide opposizioni e distinzioni o naturalizzare


l'

extratemporalit delle forme spirituali. Oltre codeste

caratteristiche storiche, in quei libri apparvero per la prima

volta idee filosofiche


solo
i

importanti; onde vi

si

trovano non

primi lineamenti di una Logica della storiografia (Lo-

gica del giudizio individuale),

ma

anche, sotto veste imma-

ginosa, determinazioni di aspetti eterni dello Spinto prima


ignoti o
di

mal noti. Tale , per esempio, progresso e di provvidenza, che

il

caso del concetto

valse a togliere alla

storia l'aspetto di contingenza e d'irrazionalit: o dell'altro

concernente l'autonomia spirituale del linguaggio e dell'arte,


il

quale

si

present la prima volta come scoperta del-

l'epoca storica in cui l'uomo, tutto senso e fantasia, privo di

generi intelligibili o concetti, avrebbe parlato e poetato senza


ragionare.

Con modo parimente immaginoso,

la
si

costanza
espresso,
e
ri-

dello spirito che conserva in eterno s stesso


in

quelle filosofie, nella legge del perpetuo


delle varie

corso

corso

forme

di civilt.

Queste verit

filosofiche,

al pari di

quelle caratteristiche storiche, debbono


le

essere

depurate,

prime dalle rappresentazioni che impropriaseconde dagli improvvidi


rifiutarsi senz'altro,
logisi

mente

vi si congiunsero, le

cizzamenti;

ma non

possono

se

non

vuol buttar via l'oro per non darsi la fatica di liberarlo


dalla scoria. Questa depurazione, di cui
si

pone

la necessit,

conferma per

altro l'errore del filosofismo, perch vuol essere


filosofia e

depurazione della
Altra

della storia appunto dalla


filosofismo,

filosofia della storia.

manifestazione

del

alquanto diversa

dalla precedente, la scienza che ha preso

nome

di

Filo-

sofia della natura, e che

si

propone

di costruire a priori,
i

non gi propriamente
siderare, danque,

fatti storici,

ma

concetti generali,

che formano l'ordito delle scienze naturali: ossa da con-

come

l'errore inverso dell'errore empiri-

III.

IL

FILOSOFISMO

277

stico,

perch prende a dedurre a priori

concettr empirici,

come
durre

quello s'illude di potere, procedendo a posteriori, inle

categorie filosofiche.
il

Senonch, non essendo, come sappiamo,

contenuto teo-

Sua sostanziale identi-

retico dei concetti empirici e delle scienze naturali altro

t con la Filosofia della


storia.

che percezioni e
in

storia, la
filosofia

filosofa della

natura

si

riduce

ultima analisi a

della storia (estesa alla realt

inferiore o sub-umana),

cio al
il

medesimo vano conato

di

produrre nel vuoto quello che

pensiero pu produrre solafilosofia

mente
della

nel pieno.
storia,
si

che essa tenda a diventare una

vede anche dalle titubanze che ha avuto


ai concetti astratti e alle scienze

non

di

rado innanzi

ma-

tematiche, e dall'avere sovente


zioni dell'intelletto

ammesso che
tali e

le

pure astra perci

debbono restare

non sono altrimenti


natura
si

deducibili e flosofabili.
ristretta di solito al

La campo

filosofia della

delle scienze fisiche e naturali,

includendo alcune parti della meccanica

ma

rifiutandosi di

dedurre

teoremi della geometria o

le

operazioni del calcolo.

Come

la filosofia della storia, la filosofia della

natura

si

profusa in proteste circa la necessit del

metodo

storico

Lecontradidella Filosofi a
cioni

ed empirico, ed ha affermato che


rali

le

scienze fisiche e natu-

della
ra.

natu-

sono

il

suo presupposto o antecedente, e che essa con-

tinua e compie l'opera loro.

Ma

compierla non

le

dato,

perch quell'opera va all'infinito; e continuarla non potrebbe


se

non facendosi

fisica e scienze naturali,

lavorando come
che l'ha fatta

queste nei gabinetti, osservando, classificando, legiferando.

Ora

la filosofia della

natura

(se si sta all'idea

nascere) non vuole adoperare consimili procedimenti,

ma

introdurre nello studio della natura un metodo nuovo; e

poich metodo nuovo e nuova scienza sono

il

medesimo,

vuol essere non


naturali,

continuazione

della fisica e delle scienze

ma scienza

nuova; e poich scienza nuova im-

porta oggetto nuovo, vuol dare un

nuovo oggetto, l'idea


filosofica della na-

filosofica della natura. Questa idea

278

LE FORME DEGLI ERRORI E LA RICERCA DELLA VPJRIT

tura
e

si costruirebbe adunque con metodo che non avrebbe non potrebbe avere intrinsecamente nulla di comune con

quello delle scienze empiriche. Senonch, d'altra parte, la


filosofia della
pirici,

natura non sa fare di meno dei concetti emin ci la


il

che s'industria di dedurre a priori; e

contradittoriet, del suo assunto.

da ripetere per essa

dilemma gi posto

alla filosofia della storia:

o continuare
si

l'opera delle scienze fisiche e naturali, e in questo caso

avr avanzamento nelle scienze


filosofia della

fisiche e naturali e

non gi

natura

costruire la filosofia della natura

(delle scienze fisiche e naturali)

con una deduzione a priori


filo-

dell'empirico, e
sofismo.
Le false ana ojfie nedella
'**

si

cadr nell'errore del panlogismo o

Come
^j

la

filosofia

della storia,

cosi

quella della natura


i

concreta in false analogie; e dir, per esempio, che

poli

natu-

del

magnete sono
il

momenti opposti

del concetto, resi estri n-

seci e apparenti nello spazio, o

che la luce l'idealit della

natura, o che
l'elettricit alla

magnetismo corrisponde alla lunghezza, larghezza e la gravit al volume; o ancora


filosofi)

(come pi antichi
o
il

che l'acqua o
di tutti
i

il

fuoco o

il

solfo

mercurio sono l'essenza

fatti naturali.

Ma

questi
fatti

fenomeni, che vengono dati per essenze, quelle classi di


naturali, che
dello spirito,
i

vengono date come momenti del concetto e non sono pi n i fenomeni delle scienze n
spirituali

concetti e le forme

della
i

filosofia.

fenomeni

sono intuizioni e non categorie,


intuizioni
;

concetti categorie e non

e appunto perch

cosi

nettamente

distinti tra

loro

si

compenetrano nella

sintesi a priori. I concetti della


tali,

filosofia della

natura sono, invece, categorie che, come


si

nella loro vacuit,


nella loro cecit,
Si
si

danno per intuizioni, e intuizioni che, danno per categorie: pensieri repugnanti.
possi-

pu parlarne o piuttosto vociferarli, perch

bile combinare fonicamente proposizioni repugnanti,


ni

ma non

pu pensarli. E,

in quelle combinazioni, nasco spesso

III.

IL

FILOSOFISMO

279

la

sorpresa e lo stupore, che l'ingegnosit sa produrre;


si

ma

non

ottiene mai la soddisfaziono mentale, perch la mente

viene in esse eccitata insieme e delusa. D'altro canto, la


filosofia della

natura, in codesto lavorio d'ingegnosit, urta

in limiti,

che perfino l'ingegnosit non giunge a sorpassare;

e si

odono allora affermazioni che sono aperte confessioni circa l'impossibilit dell'assunto: com' quella che la natura contiene in s il contingente e l'irrazionale e non pu
essere

mai completamente razionalizzata; o che


Similmente
le filosofie
fatti

la natura,
il

per la sua esteriorit, impotente a effettuare


e lo spirito.

concetto

della storia finiscono col

confessare che vi sono

che

si

narrano e non

si

dedu-

cono, perch piccoli, contingenti, fortuiti, materia di cro-

naca. Cosicch, dopo avere annunziato nell'assunto la razionalit della natura e della storia, nell'esecuzione
si

rico-

nosce

il

contrario; e

si

nega, nientemeno, la razionalit del

mondo, per non


Infine,

volersi risolvere a negare razionalit alle

pseudoscienze del filosofismo.

anche pei

libri

di filosofia della natura

sono da

i libri

che

ripetere le riserve fatte per quelli di filosofia della storia:

j,'"ia'*Fu"osofia ticiia

anche

in essi c'

qualcosa di pi e di diverso delle

sterili

esercitazioni analogiche che


filosofi

abbiamo

criticate.

Alcuni dei
si

natura.

della natura,

perseguendo
scoperta

le loro illusioni,

sono
stesso

incontrati in qualche

scientifica, al

modo

che

gli alchimisti,

cercando

la pietra filosofale, fecero scofisica

l)erte di

chimica; e sebbene quelle scoperte di scienza

e naturale

sofia della natura,

non giovino ad avvalorare l'indirizzo dalla filocome la chimica non avvalora l'alchimia,
ai libri intitolati della filo-

nondimeno conferiscono pregio


sofia

della

natura, e fanno onore ai loro

autori. Sotto

il

rispetto filosofico, quei libri

hanno avuto

il

merito di afler-

mare, sia pure con modi immaginosi e simbolici, l'unit e


spiritualit della natura,

aprendo

la via all'unificazione di

essa con

la

storia

dell'uomo. E, merito anche maggiore,

280

LE FORME DEGLI ERRORI E LA RICERCA DELLA VERIT


conferito efficacemente, nella battaglia
le

hanno

da loro imil

pegnata contro

scienze, a mettere
il

in

luce

carattere

empirico dei concetti naturalistici e


quelli matematici;

carattere astratto di

sebbene traessero da queste verit gnoseo-

logiche conseguenze illegittime, e proseguissero nel territorio

confinante una guerra di conquista, che

si

deve reputare
natura hanno,
alla filosofia,

ingiusta. Per le loro parti schiettamente filosofiche e schiet-

tamente naturalistiche

libri di filosofia della

dunque, dato impulso cosi


le

alle scienze

come

une e

l'altra

guaste e straziate invece in quelle parti di

esse che volevano essere ed erano propriamente filosoficonaturalistiche.

Le
di

odier-

Ai tempi

nostri, le richieste di

una

Filosofia della storia

ne richieste
sofa

una Filodella
i

sono rare ed accolte con iscarso favore;


Filosofia della natura

ma

quelle di

una

sembrano riacquistare fortuna. Consicircostanze di questo fatto,


si

natura, e

loro vari si{j^nificati.

derando

le particolari

scorge,

per altro, che molti richieditori di una

filosofia della

natura

sono empiristi,
elaborata in

quali

vagheggiano una scienza naturale

filosofia,

e perci

non tanto una

filosofia della

natura, quanto un prospetto di scienze naturali che surroghi


la filosofia. Altri,

che similmente propugnano


il

la

filosofia

della natura, riecheggiano solo

concetto generico di essa

quale fu proposto dallo Schelling e dallo Hegel;

ma si

dichia-

rano affatto scontenti delle attuazioni che ne tentarono e


Schelling e Hegel e gli scolari dell'uno e dell'altro: scontenti,

ma non
tere in

in

grado

di

procedere a una nuova attuazione, e che

insieme privi del coraggio intellettuale necessario per met-

dubbio e riesaminarne

la concepibilit,

, ai

loro

occhi, garantita

da cosi grandi autori

sembra
lo

plausibile al

loro giudizio. Perch, infatti, che cosa c' di pi plausibile,

a prima udita, dell'affermazione che

scienze empiriche

debbano essere
tale

elevate alla filosofia? Trop{)a libert men-

pare che bisogni per intendere, e per distnguere dalla


la

precedente,

proposizione, che sola 6 vera: cio che l'em-

III.

IL

FILOSOFISMO

281

pirismo
filosofia

(la filosofia

empiristica) deve essere,

si,

elevata a

non empiristica,

ma

che

le

bisogna lasciarle in pace, coi loro

scienze empiriche propri metodi, e non

pretendere di perfezionare con aggiunte estrinseche ci che

ha in s6 medesimo tutta la perfezione della quale capace. Troppo pi acume che d'ordinario non s'incontri sembra
che faccia d'uopo per riconoscere che quest'ultima proposizione

non

stabilisce gi

un dualismo

di spirito e natura,

di filosofia e scienze naturali,

ma

distrugge per sempre ogni

dualismo, facendo delle scienze naturali una mera formazione pratica dello spirito, la quale non ha voce nell'assem-

blea delle scienze filosofiche, perch l'oggetto da

lei

foggiato
nel
il

non ha

realt. Un'altra

tendenza dato

scorgere

complesso moto odierno verso una Filosofia della natura:


riconoscimento sempre pi chiaro che
la

realt di

qua

dagli schemi delle scienze naturali, e perci che le scienze


naturali

debbono essere

ritradotte in istoria

merc

la con-

siderazione storica (concreta e non astratta) dei


si

fatti

che

dicono naturali.
il

Ma

questa tendenza non qualcosa che

conseguir

suo fine in un avvenire prossimo o lontano,

perch
e
di
si

si fa valere anche oggi, pu raccomandarla e promoverla, ma n pi n meno come si raccomanda e promove ogni altra forma legit-

si

fatta valere sempre e

tima di lavoro spirituale. Gli schemi sono schemi

e ci che

l'uomo realmente indaga, ci che


le

di continuo arricchisce

scienze empiriche, sempre la storia della natura, ordine

di fatti che,

come sappiamo, solamente

in via

empirica

si

che, unito con questo, costituisce la

umana, e Storia senza genitivo o aggettivo, la quale, a rigore, non si pu chiamare nemmeno storia dfcUo spirito, senza commettere un pleonasmo, perch lo spirito esso medesimo storia, come la storia
pu distinguere dall'ordine dei
fatti della storia

spiritualit.

IV
Il mitologismo

Rottura dell'

Usuando, Q.
getto,
telligibile,
la

nella scissione del soggetto dal predicato,

il

sogin-

unit del-

la sintesi
priori. Il

che rimane semplice rappresentazione senza lume

mi-

usurpa valore

di predicato,
si

o,

in altri

termini,

tologismo.

storia vuotata di pensiero


di errore,

atteggia a filosola, nasce la

forma

che l'inversa di quella test esaminata e


il

che meriterebbe

nome

di

storicismo,

se

non

ci

paresse

pi opportuno e perspicuo lasciarle

l'altro,

pi usuale, di

mitologismo.
Il

processo di questa forma di errore, oscuro alquanto


si

ncU'enunciazione che ne abbiamo data,


fetto del

rischiara per ef-

nome
il

stesso che porta; perch tutti

hanno presenti

esemp

di miti (per es.,

Urano

e Gea, le sette giornate della

Creazione,
tutti

Paradiso terrestre, Prometeo, Dafne, Niobe); e


a dire, di una teoria scientifica, quando in-

sono

soliti

troduce cause non dimostrabili per esperienza e per logica,

che quella non teoria


fico

ma
il

mitologia, non concetto scienti-

ma

mito.
,

Natura
mito.

del

Che cosa

dunque,

mito? Non gi una semplice


arte e mito

fantasia poetica o artistica: la confusione tra

appartiene all'estetica intellettualistica, ottusa alla schietta

natura

dell'arte.

Nel mito

si

trova sempre,

come

carattere
si

essenziale,

un'affermazione o giudizio logico, che non

trova nell'arte; e per ciuesto elemento logico appunto esso

IV.

IL

MITOLOGISMO

283

va soggetto
tastica

alla critica,

errore.

che lo tratta come verit semifanPerch l'elemento logico non sta nel mito

come qualcosa di estrinseco, al modo di un concetto rivestito di un'immagine o di una favola, nel qual rivestimento rimane chiara la diversit dei due termini e il carattere arbitrario o convenzionale della loro relazione, che
si

dice allegoria;

ma

si

compenetra con
:

la

rappresentazione,

acquistando pretesa di verit


e che

pretesa logicamente infondata

non dimostra

medesima, come ha luogo invece nella


vuole spiegare la

sintesi a priori e nel giudizio storico. Si

formazione di cielo e terra, mari e fiumi, piante e animali,

uomini
di

linguaggio?

Ed

ecco

le

narrazioni del matrimonio

Urano con Gea,

della nascita di

Crono

e degli altri titani,

del Dio che trae in sette giornate le cose tutte

dal caos e
delle cose.

plasma l'uomo con

l'argilla e gli

apprende

nomi

Similmente, per ispiegare l'origine dell'umano incivilimento,


si

narra di Prometeo, che ruba


alle arti, o di

il

fuoco e istruisce

gli

uoil

mini intorno

Adamo

ed Eva che mangiano

frutto proibito e, cacciati dall'Eden, sono costretti a lavorare


la terra,

bagnandola

del loro sudore; e, per ispiegare

fe-

nomeni dell'aurora o dell'inverno, si narra di Febo che insegue Dafne o dello stesso dio che ammazza l' un dopo l'altro Agli di Niobe (le interpetrazioni naturalistiche di questi i
miti ritengono
il

loro uso

come esemp, per


i

contestabili e

antiquate che possano giudicarsi in iscienza mitograflca). Ai


concetti, che

dovrebbero rischiarare

fatti, si

surrogano dun-

que rappresentazioni, che formano


fia

falsi predicati.

La

filoso-

diventa raccontino, novelletta, favola; e favola diventa


quale non pi veramente storia, perch stata

la storia, la

resa priva dell'elemento logico necessario a costituirla.

La

dottrina filosoficamente razionale sar, nei casi ricordati,

quella di uno spirito immanente, di cui astri e cielo, terra


e mare, piante e animali rappresentino le contingenti
nifestazioni; del

ma-

male

e del bene, e della necessit del la-

284

LE FORME DEGLI ERROIU E LA

RlCIfiRCA

DELLA VERIT

voro, intesi non gi quali

effetti di furti fatti agli di o di

violazioni dei loro comandi,


realt; e del linguaggio,

ma come

categorie eterne della


di

un dio agli uomini, ma come determinazione essenziale dell' umanit, anzi della spiritualit, che tale non davvero se non favella e non si esprime. Saranno anche, se cosi piace, le
;

non come insegnamento

dottrine filosofiche del materialismo e dell'evoluzionismo

ma

queste, per essere razionalmente assentite, dovranno provare,

come
il

la precedente, di

non surrogare rappresentazioni a con-

cetti, di

fondarsi rigorosamente sul pensiero e di adoperarne


di essere, cio, filosofia e

metodo:

non mitologia. Perci

nella polemica filosofica sovente le filosofie avversarie sono

come pi o meno mitologiche; e si ode parlare di mitologia degli atomi, mitologia del caso, mitologia dell'etere, delle due sostanze, delle monadi, della volont
tacciate

cieca, dell'inconscio, o se cosi piace (perch

tali

accuse

Problemi concernenti
la teoria del

non mancano nemmeno alla filosofia da noi difesa o ad alcune forme di essa) mitologia dello Spirito immanente. La trattazione particolare dei problemi che concernono -^ ^^^^ ^ ^^ oucsto dovc importa soltanto deterluogo, ^ ^
j^.
'

mito.

minare
rendo
il

la

propria natura di questa formazione spirituale.

Si suole, per es., distinguere tra


il

mito

leggenda,

rife-

primo nome

alle favole di

contenuto universale, e

secondo

alle favole di

contenuto individuale e storico; ed

partizione analoga a quella tra filosofia in senso stretto e


storia, e,

pratica,

come quella, bench le spetti non poca importanza non ha valore filosofico, perch, corno si accenstoria si fa

nato, nel mito l'universale diventa storia e la

leggenda.

soltanto leggenda dell'avvenuto,

ma

perfino
il

dell'avvenire; e sorgono per tal

modo l'apocalissi,
si

mil-

lenarismo, l'escatologia. Cosi anche


guere
i

sogliono distin-

miti in fisici ed etici: partizione che a sua volta


filosofia del

analoga a quella tra

mondo

esterno e filosofa del

mondo

interno, filosofia della natura e filosofia dello spirito,

IV.

IL

MITOLOGISMO

285

e sta
le

cade con essa, come con


i

la critica di essa si risolvono


gli etici o all'

dispute se

miti

fisici

precedano

inverso, se
simili.
siitoereii'"e- iden-

l'origine del mito sia o


Il

no antropomorfistica, e

mito pu prendere un altro nome, che rende anche

meglio trasparente la conoscenza dell'errore logico del quale ^ ^ " ^ si data l'analisi, il nome di religione; e il mitologismo
s'

identificher
si

in

questo senso con l'errore religioso.

t delle due forma""' ^p'"'


ti

E sebbene
non

soglia obiettare talora che la religione cosa

teoretica

ma

pratica e perci

non ha che vedere

col

mito, e tal'altra, che cosa sui generis, e tal'altra ancora

che essa non


tutte le

si

esaurisce nel mito, confluendo nella religione


spirito,

forme dello

bisogna mantenere che

la reli-

gione forma teoretica, non essendovi nessuna religione

senza affermazione:
che
si

l'attivit pratica,

per nobilissima

pensi,

sempre un operare, un
oltre

fare,

un produrre
della scienza

muto

e alogico. Si dir che, per altro, la religione afferi

mazione sui generis, che va

confini

umana: cosa
dano
sofia,

verissima,

le

scienze empiriche,
la filosofia

perch

quando per scienza umana s'intenma non vera se s'intende la filova anch'essa oltre, ossia fuori delle
dir

astrattezze delle scienze empiriche. Si

che ogni

reli-

gione

si

fonda sopra una rivelazione, laddove la


altra rivelazione se

filosofia

non ammette
fa a s

non quella che


Il

lo spirito

medesimo come pensiero.

che altres verissimo;

ma

la rivelazione della

religione, in

quanto non quella

dello spirito

come

pensiero, esprime per l'appunto la con:

tradizione logica del mitologismo

l'aff^ermazione dell'uni-

versale

come mera rappresentazione,


un

e questa asserita

come

verit universale per virt di

fatto, di

una comunica-

zione, che dovrebbe essere provata e pensata, e invece

assunta arbitrariamente a principio di prova, equivalente


superiore a un atto di pensiero.
religione

La

teoria, infine, della

come miscuglio non

richiede confutazione, perch

queir intreccio delle attivit dello spirito metafora dello

286

LE FORME DEGLI ERRORI E LA RICERCA DELLA VERIT

spirito nella

sua totalit; cio, non offre una teoria della


stesso,

religione,

ma una nuova denominazione dello spirito problema inesauribile della speculazione filosofica.
Poich dunque
gj

Religione e
filoso
a.

la religione identica al mito, e

il

mito non

distingue dalla filosofia per nessun carattere positivo

ma

solo

come una

filosofia fallace si distingue dalla


si

vera e

l'er-

rore dalla verit che lo rettifica e contiene,

deve affermare
alla filosofia o,

che

la religione, in
si

quanto verit, identica

come anche
ligione.
antico e

potrebbe dire, che la filosofia la vera reil

questa conclusione mette capo tutto

pensiero
si

moderno

circa le religioni, le quali sempre

sono
la

disciolte nelle filosofie; e, poich la filosofia coincide


storia, e religione e storia religiosa

con

sono

il

medesimo, e mito
si

e leggenda sono a rigore indistinguibili,

vede da ci
i

la

vacuit del tentativo, che


stri occhi, di

si

viene oggi facendo sotto

no-

serbare una religione, ossia una verit mito-

logica, accanto a

una

storia delle religioni, che si vorrebbe

poi condurre con piena libert mentale e con


fatto critico. Codesto,

metodo

af-

che uno dei concetti del cosi detto

modernismo,
esser

merita,

come

contradittorio e illogico, di
filosofia

condannato da parte della


^.

non meno che


la storia

della Chiesa cattolica

La

storia delle religioni appartiene

alla storia delle filosofie, e

ne inseparabile come

dell'errore dalla storia della verit.


Conversione
f'u^o neiT'aU
tro.

Quando
Persistere

la religione

non

si

scioglie nella filosofia, e vuole


il

accanto a questa o prenderne


effettivo errore: cio

luogo,

si

sco-

Convcr-

prc

come

come conato d'immagina-

sione

ilei mi ^ione 6 di arbitrio, che il sentimento individuale o tradi' to i o t^ s m o nel nioson- zionale adopera contro la verit. propria di ogni forma
t

Ma

modeoiogm)
e del
(1-

^j errore l'impossibilit di ^

perdurare innanzi ^

alla
il

luce

losofliino nel

del vefo; donde

il

continuo cangiar di tattica e

passag-

mltolo^rlsmo
(in
i

ic

a
j

(lolla

natura,

gj

yg^^

apocalissi
.torlcUe.ec.).

^r*t*ca,

Jq proposito G. Gentili:, 208-229. VI, pp. nnonna

Il

vioderniamo e

l'enciclica,

in

IV.

IL

.MIT0LOGI8MO

287

gio di Ogni errore Dell'errore da cui


stare dapprima, o a cui

si

era voluto discol'este-

non vorrebbe giungere. Cosi


a

tismo, snidato dalle sue posizioni, si rifugia in quelle del-

l'empirismo, e l'empirismo o ridiscende

puro sensualismo
e
cosi

ed estetismo ovvero
(nel caso

si

volatilizza

nel

misticismo;
il

che abbiamo ora innanzi)

mitologisrao, che
la

vorrebbe essere l'inverso del filosofismo e lavorare con


fantasia cieca anzich
coi

concetti vuoti, costretto, per


al

salvarsi dai colpi della critica, a ricorrere

filosofismo:
filo-

la religione diventa allora teologia. La teologia


storico ed empirico e trasforma

sofismo, perch opera con concetti vuoti di ogni contenuto


il

mito in
il

domina:

il

mito

della cacciata dal Paradiso diventa

originale: quello del figlio di Dio,

il

domma del peccato domma dell'Incarnail

zione e della Trinit.

N bisogna credere che


il

filosofismo,

da sua parte, non compia


ramente ogni
apocalissi,
di

passaggio inverso, perch ve-

filosofia della

natura finisce con l'atteggiarsi


filosofia della storia

a mitologia della natura, ogni


e a volte

ad

ricorre

in esse

persino una sorta

rivelazione,

asserendosi

volentieri

che

le

impensabili
si

connessioni di concetti, onde quelle pseudofilosofie strano intessute,


virt di
si

mo-

ottengano e
vista,

si

comprendano

solo in

una seconda

per effetto di una illuminazione


filosofi-

mentale, che sarebbe di pochi privilegiati. Infine,

smo

e mitologismo,

come

si

richiamano l'un

l'altro

si

abbracciano, cosi ricascano insieme abbracciati nell'empi-

rismo e nelle altre forme di errori anteriormente descritte.

Questo perpetuo passaggio da una forma di errore


l'altra

al-

La

scepsi,

apre l'adito alla scepsi, che promuove la dissolue,

zione reciproca degli errori,


confusioni, rende sensibile
il

sfatando

le

illusioni e le

vuoto mentale. La

scepsi
in-

adempie dunque un
nanzi a
lei

ufficio di

somma importanza: che

non durano gl'inganni dell'estetismo, dell'em-

pirismo, del materialismo, del filosofismo, del mitologismo:

288

LE FORME DEGLI ERRORI E LA RICERCA DELLA VERIT

castelletti di parole

vengono rovesciati;
contro
il

le

ombre

fanta-

stiche, fugate. Particolarmente


si

mitologlsmo, che

pu dire

in certo senso la

negazione popolare del penper la resistenza oppostale

siero, la scepsi benefica; e,

qui pi che altrove dalle passioni e dalle tradizioni, riveste assai spesso la

forma

di satira violenta. L'ultima


si

epoca di questa lotta quella che


rianismo:
nella sua

grande chiama deirAufkld-

riing, del rischiaramento, dell'enciclopedismo, o del volte-

ribellione

contro

il

cristianesimo, segnatamente
restrizioni

forma

cattolica.

Troppe
non

dovremo

fare

in sguito intorno all'atteggiamento illuministico, enciclo-

pedistico e volteriano, perch

ci

corra l'obbligo di no-

tarne qui, espressamente, l'aspetto serio e fecondo.

V
Il dualismo, lo scetticismo e il misticismo

A>Ila
lisrao,

scepsi totale
il

non

si

g'iunge se

non attraverso

il

duagene-

it

duaiiino.

quale, oltre a presentarsi corno particolare errore

in questo o quel
rale, in

problema
di

filosofico, errore logico

quanto tentativo

affermare

tutt'

insieme due me-

todi:

il

metodo
secondo

filosofico e quello

non

filosofico,

comunque
sarebbe

questo

poi
i

si

configuri.

Tentativo che

somma

verit, se

diversi metodi venissero collocati ciaufficio suo;

scuno nel posto ed

ma

il

suo errore nel conall'unico che

siderarli tutti filosofici, collocandoli

accanto

veramente

tale.

Errore prediletto dei

conciliatoristi

che, per non affaticarsi a cercare criticamente dove stia la

ragione,

danno ragione a

tutti

insieme e
il

si

argomentano

di spartire fra tutti, in

parti eguali,

dominio del vero.

Onde sorgono

quelle dottrine logiche che per la soluzione

dei problemi filosofici chiedono la successiva o simultanea

applicazione del procedimento naturalistico, di quello matematico, dell'indagine storica, e via discorrendo; o, per lo

meno,

la

combinazione del metodo naturalistico (empirismo)


l'uso,

come dicono, del doppio causalit, cio della doppia causalit; e all'interrogazione sul che cosa sia la realt, rispondendo con l'offerta di due metodi, rispondono in efcon quello speculativo, e
criterio (iella finalit e della
fetti

con l'asserzione

di

due realt concorrenti

e parallele.

B. Croce, Logica.

19

290

I.K

FORME DEGLI ERRORI E LA RICERCA DELLA VERIT

Sotto specie di trattazione e risoluzioae, questo vero e

proprio abbandono del problema filosofico,


di

pei'cli,

invece

pensare e concepire,
si

si

prende a descrivere, e
il

la descri-

zione

spaccia per concetto e


il

concetto per descrizione;

e di qui

ben

giustificato intervento della scepsi.

La
e
lo

scepsi
scetti-

Ma

la scepsi,

che sgombra

il

terreno da tutte

le

forme

cismo.

dell'afifermazione

logica erronea, negazione dell'errore,

negativit della negativit, e la negativit della negativit


afifermazione; sicch la scepsi vera,

come ogni vera

ne-

gazione, chiude sempre nella vei'bale forma negativa un

contenuto positivo, che


verbalmente.

solo

si pu svolgere come tale anche quando questo contenuto positivo, in-

vece di essere svolto, soffocato in germe, solo quando,


invece della negazione che insieme affermazione,
si

una mera negazione, una negazione


senza costruire, e
in
si

astratta che distrugge

pretende farla passare per verit, solo

questo caso

si

ottiene l'ulteriore
scepsi,

forma

di errore,

che

si

chiama, non pi
II

ma scetticismo.
come
tale,

mistero.

Lo scetticismo
in

affermazione del mistero, pronunciata

nome

del pensiero, e,

contradizione palmare,

che gi un antico dilemma, usuale nelle scuole, stringe e

Nondimeno, poich una singolare tenerezza sembra avere preso il mondo contemporaneo per l'idea di mistero, conviene non lasciare in quest'argomento nessun appiglio
scopre.

a equivoci, e perci aggiungiamo che

il

mistero c' senza


pel pensiero,
il

dubbio, la vita stessa, eterno

problema

ma
pari

problema che non sarebbe neppure problema so


eternamente non
lo risolvesse;
il

pensiei'o

e che perci sono del

nel torto coloro che reputano

mistero definitivamente pe-

netrato dal pensiero e quegli altri che lo reputano impenetrabile.

Conosciamo gi
e

primi,

ftlosofisti,

quali, rom-

pendo

la sintesi a priori

e trascurando l'elemento storico


priori,

sempre nuovo

che assume forme non determinabili a

risolvono la realt in puri termini di astratto pensiero, e

V.

IL

DUALISMO, LO SGKTTICISMO K

IL

MISTICISMO

291

cosi in un atto solo (e sia pure in


filosofico)
pei*

un

particolare
il

sistema
Essi,

pretendono rinchiudere per sempre

mondo.

troppo

amore

dell'infinito,

rendono

finito

l'infinito; e

sole e terra

e gii astri tutti e le

forme storiche della vita


di pensiero e solidificano

la cosi detta vita

umana, quale da alcune migliaia d'anni

ci nota,

tramutano in categorie

e considerano eterne. Concezione, che, almeno come ten-

denza,

si

scorge in alcune parti della

filosofia

hegeliana,
tutte

ed angusta e soffocante, perch


le

lo spirito

supera

sue manifestazioni particolari ed ha potenza infinita.


potr bens mai superare s stesso, ossia
le

Non

sue eterne
teologi-

categorie,

come Dio (secondo


la

le

migliori

dottrine

che) pu distruggere cielo e terra,


il

ma non
o

gi
II

il

vero e

bene che sono


si

sua essenza medesima.

mondo, che
costante,

nell'astrazione
tutto
in

atteggia

come pi

meno

moto e divenire; e quali mondi usciranno da questo mondo nostro, sapranno coloro che saranno via
via chiamati a pensarli, e non possiamo sapere noi, che dobbiamo per intanto pensare questo che esiste nel momento nostro e, nelle condizioni di questo, oper.ire l'opera
nostra.

Ma

se

filosotsti si
'

fanno colpevoli di una sorta di pre'

Critica dei'*'

potenza, gli scettici, assertori del mistero, cio della realt *^ " come impenetrabile dal pensiero, si accasciano nell'avviliniento; perch innanzi ai problemi del reale (risolubili per
ci stesso
cie

*^''""*'

ioni del mi-

stero iniio'**^*'

sono problemi), schivando

il

duro lavoro

di dominarli e approfondirli, si

chiudono nell'astratta ne-

gazione e ripetono che c' mistero. C' mistero, senza

dubbio; e ci vuol dire che c' problema, c' qualcosa che

invoca luce di pensiero. Bella soluzione quella dei misteriosi e degli scettici,

che afi'erma

il

problema, lasciandolo

intatto! Cosi innanzi a

trebbe reputare di

un uomo che domandi aiuto si poaverlo aiutato quando si fosse notato

che c' qualcuno che domanda aiuto. Carit correre a

292

LB FORME DEGLI ERRORI E LA RICERCA DELLA VERIT


gii

porgere aiuto effettivo, e non


aiuto,

avvertire che

si

domanda
il

volgendo
il

le spalle;

e pensare

rompere

mistero
e'

e risolvere

problema, e non gi riconoscere che

pro-

blema

e mistero, e rinunziare alla ricerca e alla soluzione,

come

se

si

fosse gi fatta e data in

quel riconoscimento.
il

Seppure
s'insinui

in quel
il

gran bisogno
sogno

di

affermare

mistero non

bisogno eudemonistico di sottrarsi alla realt


di

della vita e cullarsi nel

qualcosa di dolcemente

ignoto e d'ignotamente dolce, un sogno che non tanto cerca

invano

la luce

quanto piuttosto non vuol essere messo

in

fuga dalla luce, giusta l'epigramma del Goethe:


Ist's

denn so grosses Geheimnis, was Gott und der Mensch


[und die Welt sei?

Nein Doch niemand hort's gern


!

da bleibt es geheim.

Sembrerebbe che non


cos evidenti
ai

fosse

il

caso

d' insistere

su cose

come
si

quelle ora dichiarate;

ma

certo che
intelletti,

tempi nostri

sono alquanto ottenebrate negli

per cagioni storiche che sarebbe lungo dire.


entrati nei discorsi dell'ovvio,
tire

E poich siamo non sar inopportuno avveril

che inculcare

il

coraggio dell'affrontare o risolvere


il

problema

e vincere

mistero, non importa consigliare la

trascuranza delle

difficolt, la
ci

leggerezza e la baldanza.
di

misteri ci coprono, e

debbono coprire
ci

continuo delle

ombre
tare,

loro;

problemi

tormentano e

ci

debbono tormen-

perch solamente attraverso quelle tenebre e quei tormenti si giunge al momentaneo riposo nel vero, e sola-

mente per
in ozio,

qu<'l risorgere del misttfro

il

riposo non

si

cangia

opera com ristoro di forze per ripigliare l'eterno viaggio. Leggerezza, baldanza, incuria d(;lle diflficolt sono
si

ma

proprie degli scettici, che

stordiscono con

le

parole e cerI

cano

di adagiarsi e riposare nelle astratte negazioni.

veri

pensatori soffrono,
ecce turbatio

ma non {sfuggono (geme sant'Anselmo tra

il

dolore.

Et

tentin

le

affannose vicende

V.

IL

DUALISMO, LO SCETTICISMO K IL MISTICISMO

293

delle sue meditazioni), ecce iterum obviat moeror et luctus


ijiuerenti

gaudium

et Icetitiam.

Sperabat iam anima

mea

sa-

tietatem, et ecce

iterum obruitur egestate. Conabar assurgere


in tenebras meas:

ad lucem Dei,

et recidi

immo non modo


eis...

'.

cecidi in eas, sed sentio

me involutum

in

Parole

come queste sono

la lirica del pensatore, e gli scettici

non

cantano questo canto travaglioso e sublime, perch hanno


tagliato dalle radici

Dello scetticismo forma che vorrebbe parere critica ed


affinata quella che

uno scetticismo ristretto alle cose ultime, alla realt prfonda, all'essenza del mondo, ai
sofici.

ir
i

il

desiderio.
L'asrnosti^'*'"

prende nome

di

agnosticismo, o
supremi

'

che

tonila

pardi

ticoiare

principi

scetticismo.
tilo-

Ora, poich

principi filosofici sono tutti parimente

supremi, l'affermazione di mistero dello scetticismo agnostico investe

n pi n meno che tutta


i

la filosofia e perci

tutta la

conoscenza umana, e

limiti, di cui esso parla,

lasciano fuori l'ambito intero del conoscere.

perci l'a-

gnosticismo professione di fede volentieri accettata da


quanti negano filosofia e pensiero,
piristi,

estetisti,

matemalisti, em

da

questi ultimi segnatamente,


il

tutti

agnostici

L'errore scettico, che afferma


<'

problema come soluzione

pu cedere il posto a un altro modo di errore, nel quale si nega l'affermazione dello scetticismo e si i-iconosce che il pensiero non pu affermare il non pensiero o il mistero. Ma tale riconoscimento, che paril

mistero

come

verit,

rebbe restaurare l'autorit del pensiero, poi combinato

con

la

pi cruda negazione di questa autorit; perch viene

a togliere di
la vita,

mezzo

il

pensiero stesso, serbando solamente


di

non pi problema n soluzione


si

problema,

ma

vita senz'altro, vita che

vive, attuale.

affermare che la

verit la vita attuale, la realt direttamente sentita in noi

come parte

di noi e noi parte di essa, la tesi del

misti-

Froslog., e. 18.

294

LE FORME DEGLI ERRORI E LA RICERCA DELLA VP^RIT


si

cismo: ultima forma generale che


l'errore e la cui contradizione
si

possa escogitare del-

dimostra chiara nello stesso


Il

processo

genetico

ora accennato.

misticismo aiferma,

quando nessuna affermazione gli sarebbe lecita; ed anche pi gravemente contradittorio dello scetticismo, il quale,
inibendosi
ossia
le le

affermazioni logiche, non s'inibisce la parola,

espressioni estetiche. Al misticismo

nemmeno

le

parole sarebbero lecite, perch misticismo, essendo vita e

non contemplazione, pratica

non

teoria,

per definizione
jrvendo
di toc-

mutismo. Ma

del

misticismo non diremo altro,

avuto occasione (come per l'estetismo e l'empirismo)

care di esso sul principio di questa trattazione della Logica.


Gli errori

Che dualismo, scetticismo


solo tra le

e misticismo

s'

introducano non

nelle
parti

altre
della

forme del pensiero, nella


in
tutti

filosofia

come Logica,
filosofici,

filosofia.

ma

anche

gli

altri

particolari problemi

distinti

da quelli propriamente
si

logici, e negli errori

che a
Dei

proposito di ciascuno di essi

teorizzano, agevole vedere,


errori.

quando

si

considerino
si

pili

da vicino codesti

quali (come

gi avvertito) la completa

enumerazione

e la concreta determinazione richiederebbero lo svolgimento


dell'intero sistema filosofico, e perci
il

non possono formare


prendono nome non

nostro oggetto presente.

infatti essi
le

pi dalle forme dello spirito con

quali la forma logica

viene confusa o dalle mutilazioni interne della forma logica,

ma

dalla confusione o dalla mutilazione delle altre forme

spirituali; e

non

si

chiamano pi estetismo, matematismo

o filosofismo,

ma

utilitarismo etico, astrattismo morale, lo-

gicismo, edonismo e sensismo estetici, intellettualismo pratico,

dualismo o pluralismo metafisico, ottimismo e pessisiffatti

mismo, e via discorrendo. In


coloro che,
sofia stessa,

errori cadono,

non
la

gi.
filo-

come

nelle posizioni precedenti,

negano

ma

quelli che,

ammettendola, errano variamente

trattandone

gli aspetti particolari.

Senza rammissione
si

del

metodo

del pensare filosofico, e senza che

ponga un con-

V. IL

DUALISMO, LO SCETTICISMO E

IL MISTICISMO

295

cetto,

non

possibile concepire usurpazioni logiche nel do-

minio di un altro concetto, non meno necessario del primo


alla

pienezza e unit del reale.

Per esempio: l'utilitarismo


dell'attivit pratica utilitaria,

etico pensa
la

il

concetto

ma

sua fallacia sta nel so-

stenere arbitrariamente che


affatto quello

il

concetto dell'utile esaurisca

dell'attivit pratica,

negando per

tal

modo

moL'astrattismo morale commette l'errore inverso, affermando l'attivit morale, ma negando quella utilitaria. Il logicismo estetico bene afferma la realt della forma
l'altro concetto, distinto

da quello,

dell'attivit pratica

rale.

mentale logica;

ma

a torto disconosce

la

forma mentale
logica.
Il

intuitiva e la considera risoluta nella

forma

sen-

sismo

estetico, rivolgendo l'attenzione alla sensazione bruta

o inespressa,

assegna
fii

il

precedente necessario dell'attivit


il

estetica;

ma

poi della condizione

condizionato, defi-

nendo
o

come sensazione. L'edonismo, utilitarismo praticismo estetico vero in quanto addita l'invol'arte

lucro pratico ed edonistico dell'attivit estetica;


al falso in

ma

riesce

quanto scambia l'involucro col contenuto e tratta

come mero sentimento di piacere e dolore. L'intellettualismo pratico s'avvede che la volont non possibile senza fondamento di conoscenza; ma, esagerando,
l'arte

finisce col distruggere l'originalit

della

forma spirituale

pratica, riducendola a

complesso di concetti e raziocini.


si

Parimenti
tra
il

il

dualismo metafisico
come

vale della difiTerenza

concetto della realt

spirito e quello della realt

come natura, proveniente l'uno dal pensiero


concetti di
rito e

logico, l'altro

dalla trattazione empirica e naturalistica, per tramutarli in

due forme distinte della realt

stessa,

come

spiIl

materia,
o
la

mondo

interno e

mondo

esterno, e simili.

pluralismo
gli atti

monadismo, confondendo l'individualit desostanzialit che del soggetto universale,

con

entifica gli atti singoli e

ne fa una molteplicit di sostanze

296

LE FORMB DEGLI ERRORI E


Il

I,A

UICBROA DELLA VERIT


cia-

semplici.

pessimismo

l'ottimismo, valendosi

scuno di un elemento astratto della realt, che unit di


opposti, sostengono che la realt tutta
tutta

male e dolore o
concetti

bene

e gioia. L'esemplificazione potrebbe proseguire,

e diventerebbe,

come

si

vede, una silloge di tutti

e di tutti gli errori filosofici.


Conversione di questi
errori tra lo-

Ora, ciascuna di queste fallaci soluzioni, obbedendo alla

legge degli errori, costretta, per sostenersi, a passare in


quella da cui
si

ro e con gli
errori
losi-

era distinta, e a ripassare da quella in


si

questa: l'utilitarismo

cangia in morale astratta, e

la

mo-

rale astratta in utilitarismo.


il

Donde, l'opera della

scepsi, e

conseguente apparire dello scetticismo particolare di


o

questo

quel concetto.

L'etica,

dopo essersi vanamente


l'estetica, tra

dibattuta nelle negazioni ora dell'utile ora della moralit,

termina nello scetticismo etico;


con

sensismo

e utilitarismo e logicismo e altri errori, dissolvendo gli uni


gli altri nella scepsi,

termina nello scetticismo este-

tico; la metafisica, tra materialismo, spiritualismo astratto,

dualismo, pluralismo, pessimismo, ottimismo e altre concezioni erronee, termina nello

scetticismo metafisico. E
si

a questi errori di scetticismo particolare non tardano a succedere errori di


bene, non

misticismo particolare. Onde

ode

affermare che del bello, diversamente che del vero o del


si

d concetto,

ma

che esso

si

sente solamente
la

e si vive; o ancora,

che di quel che sia


finalmente, che

moralit non
al

po.ssibile definizione, trattandosi di cosa da lasciare

sentimento e alla vita;


lore nei limiti in cui
alla
in

o,

il

pensiero ha va-

ha valore l'astrazione,
la

ma

che, innanzi
la

piena realt, esso impotente, perch solo


di

vita

grado

comprendere

realt, accogliendola

nel suo

grembo.
D'altra parte, non possibile che un estetismo, empiri-

smo, matematistno, filosofismo, mitologismo o dualismo


sia,

ciie

resti

circoscritto a

un determinato concetto

filosofico

V. IL

DUALISMO, LO SCETTICISMO B IL MISTICISMO


altri;

297

senza toccare gli

perch quelle forme di errori con-

cernoiio la forma stessa logica del pensiero, e perci tutti


1

concetti filosofici insieme e alla pari. L'empirista etico o

estetico

deve logicamente affermare un generale empirismo


se

filosofico,

non vuole correggersi contradicendosi


le

(ipotesi

da trascurare
mentali,

e sottintendere nella presente considerazione,

che ha per oggetto


ossia

forme semplici, elementari, fonda-

necessarie, dell'errore). Colui il quale, commettendo in un particolare problema uno scambio di concetti, entra in uno scetticismo e misticismo particolare,

tratto, in forza del carattere sistematico e unitario della


filosofia,

ad allargare quel misticismo e scetticismo da par;

ticolare a generale

e dal misticismo e scetticismo generale


al

a ripassare via via

mitologismo,

al filosofismo,

all'empifilosofia.

rismo e

alle altre

negazioni della forma logica della

Tutto

si

connette nella verit, e tutto, analogamente, nel-

l'errore,

che

la

sua negazione.

il

VI
L'ordine degli errori e la ricerca della verit

Carattere

T
J..

utto

si

connette negli errori: l'errore ha forme necessale

necessario (Ielle forme di errori.

rie.

Ci importa, in primo luogo, che


le

forme possibili
e

di

errori,

forme logiche
le

dell'illogico,
i

sono tante
si

non

Numero
se.

de-

pi; e invero

forme dello spirito o

concetti della realt,

tinito di es-

che

si

possono arbitrariamente combinare,


si

noverano (ove

a esse
finito,

applichi

il

procedimento numeratorio) in un numero


finito si

e in

numero
le

debbono noverare anche


errori,

le

com-

binazioni arbitrarie o errori, che ne risultano. Infinite sono

solamente

forme individuali di
le

per la ragione

giil

nota che infinite sono


i

forme

individuali della verit, cio

problemi e

le

soluzioni sono sempre storicamente condi-

zionati, e le stesse false soluzioni sono determinate

da sen-

timenti, passioni e interessi che variano storicamente.


Loro ordine logico.

In secondo luogo, e
gli

errori

come corollario, le forme possibili depresentano un ordine necessario; perch le


spirito o
i

forme dello

concetti della realt stanno tra loro in


si

ordine necessario, n

possono posporre, anteporre o com-

mutare ad

arbitrio.

poicht'-,

come sappiamo, quest'ordine


le

necessario ordine genetico o di gradi,


gli errori costituiscono
si

forme

possibili de-

anch'esse una serie di gradi. L'errore,

dice comunemente,
si

ha la sua logica;
si

e pi correttaer-

mente

deve dire che esso non

pu concretare come

rore se non togliendo a

prestito dalla verit la logicit.

VI.

l'ordine degli errori

299

La qual cosa

si

vede chiara nell'esposizione che


gi detto,

si

si

data delle forme dell'errore logico, e pi chiara ancora

vedr ove, ripercorrendo rapidamente


sideri

il

si

con-

che

lo

spirito

nel
il

ribellarsi

al

concetto,

devo per

ci stosso affermare

termine che distinto dal concetto,

la rappresentazione, intuizione o

pura sensazione, o com'aldella

tro

si

chiami: donde

la necessit

forma dell'errore
la ve-

(in certo

senso prima),

l'estetismo, che ripone


lo

rit nella

pura sensazione. Di sotto a essa


il

spirito

pu

scendere, annullando

problema nel dualismo, abbando-

nando l'affermazione stessa e cadendo nello scetticismo, o abbandonando finanche l'espressione e cadendo nel mutismo o misticismo, grado infimo. Di sopra all'estetismo si pu sollevare tentando rifugiarsi nell'empirismo, col quale si pone bens un universale ma un univei-sale meramente rappresentativo, un falso universale. Che il secondo passo; n altro se ne pu concepire come secondo, non vedendosi altro partito che o di dare valore illegittimo
alla

pura rappresentazione (estetismo),

o,

movendo

il

se-

condo passo, di darlo

alla rappresentazione e al concetto inIl

sieme, al concetto empirico (empirismo).

terzo passo la

liberazione disperata dall'insufficienza del concetto


rico

empi-

merc

il

concetto astratto, che garantisce bens l'uni-

versalit di cui l'altro privo,

ma

un'universalit che

si

scopre vuota

(matematismo).

Sicch,

non trovandosi nella


le

vacuit del concetto astratto salvezza contro


degli avversari e le proprie
difficoltai,
si

obiezioni

costretti, final-

mente, a entrare nella


entrato in

filosofia.

Ma

lo spirito
e,

errante convi

tinua l'opera sua nella stessa filosofia;

una volta che mezzo, ne abusa. Ed abusarne non pu


si

se

non riducendola o a concetto senza intuizione, che


tuizione senza concetto, che, a sua volta,
si

spacci

per sintesi di concetto e intuizione (filosofismo), o a inspacci per la

predetta sintesi

(mi tologismo).

Il

risultamento di tutto

300

LK FOKME DEGLI ERRORI K LA RICKRCA DELLA VERIT


si

questo processo sempre la rinunzia che


filosofico,

fa al

problema

larvandola con l'ammissione del doppio metodo


la ridiscesa di sotto la

(dualismo), e perci

forma logica,

sia con l'afiFermazione che nega s stessa (scetticismo), sia ancora con quella che nega finanche l'effabilit (misticismo) e ritorna alla vita, che non pi problema di pen-

siero

ma

vita vissuta.

Lo

stesso accade

degli altri

errori, riferentisi agli altri

concetti del reale o dello

potremmo dare

la

serie

quantunque di essi non completa se non compendiando


spirito,
il

tutta la nostra trattazione della filosofia:

che riuscirebbe

oscuro per eccessiva condensazione, e sarebbe per dippi


saperfluo. Basti dire in via d'esempio che
il

problema

etico

oltre che nelle erronee soluzioni sensistiche, empiristiche,

mitologistiche e via discorrendo (alle quali va incontro


tutti
i

come

problemi

filosofici),

negato nell'intellettualismo pra-

che non sa di altro problema che teoretico e la virt riduce a conoscenza, e si conflgnra come intellettualitico,

smo

alle obiezioni, si

etico. L'intellettualismo etico, non potendo reggere vede costretto a introdurre almeno il pi
risolvendo in esso la moralit,
pre-

tenue elemento pratico che sia dato concepire, quello dell'utile individuale, e,
si

senta

come utilitarismo
l'utile

etico. Questo, a sua volta, en-

trando in contradizione col carattere proprio della moralit

che sorpassa

individuale,

si

acconcia a riconoscere
il

e a surrogare al primo un utile soprindividuale, che


valore universale pratico o moralit, e perci,

negando

pel

il primo concetto, si presenta come moralismo o astrattismo etico. L'impossibilit della negazione cosi del primo come del secondo, e la necessit dell'alfermazione di entrambi, spingono all'ulteriore forma del dua-

secondo

lismo pratico,

in cui utilit e

moralit sono coordinate

o giustapposite. Ciascuna di questo dottrine arbitrarie


critica delle altre e, per le sue interne contradizioni, di s

VI.

l'ordinr degli errori

301

medesima; donde
dato

la

ricaduta nello scetticismo e nel mistiil

cismo. Si pu ripercorrere

circolo dell'errore;

ma non

commutare

il

posto che ciascuna di quelle forme ha


il

nel circolo, mettendo, per esempio,

dualismo pratico prima

dell'utilitarismo o l'intellettualismo

dopo
se

il

moralismo.
Spirito er-

Dal circolo infernale dell'errore non vi ha uscita graduale, e salvarsi da esso non
si

pu

non entrando

rante e spi-

di

rito

ricer-

un tratto nel circolo celestiale della verit, nel quale hi mente gioisce come in sua patria. Lo spirito errante,
e rifuggente dalla luce, deve convertirsi in spirito ricer-

caute,

cante
dualit,

bramoso

di luce;

la superbia,
la

cedere

il

posto

al-

l'umilt;

l'amore angusto per

propria astratta indivi-

ampliarsi e innalzarsi ad amore austero, a dedil'

zione illimitata verso ci che supera

individuo, facendosi

eroico furore

>,

amor Del
il

intellectualis.
lo spirito
si

In questo atto di amore e fervore


pensiero, e raggiunge

diventa puro

vero, anzi

trasmuta nel vero.


ve-

Ma,
rit

in

quanto

spirito di verit, esso possesso della

insieme del suo contrario, trasfigurato in questa.


le

Possedere un concetto possederlo in tutte


zioni,

sue relai

e perci,

nello

stesso

atto,

possedere

tutti

modi
Il

in

cui

quel concetto possa venire alterato dall'errore.

concetto vero, per esempio, dell'attivit morale insieme

concetto dell'utilitarismo, dell'astrattismo, del dualismo pratico e di tatti gli altri.

Le due

serie di conoscenze, quella

del vero e quella del suo contrario, sono, nella verit, inseparabili,
ct'tto

perch confluiscono in una serie

sola.

Il

con-

affermazione-negazione.

Si

dir che
vero,
serie

ci

esatto forse nel caso della

ricerca
le
, si
j,.^

Erronea
^*""="<'"e
possessi)
e

del

ma non
ben

due

gi in quello del possesso, dove " ^ r possono apparire disgiunte. La verit

ric-erc

nella ricerca,

a capo della scala degli errori; e

come

della verit.

pu percorrere gran parte della scala senza attingere ci che le a capo, cosi, giunti che si sia nel posto anelato.

302

LE FORME DEGLI ERRORI E LA RICERCA DELLA VERIT

si

pu non vedere o non ricordare la scala sottostante. Senonch il possesso della verit non mai statico, come in genere niente di veramente reale statico e possesso e
;

ricerca della verit sono

una cosa medesima. Quando sem-

bra che una verit sia posseduta in


solidificata, si osservi

modo

statico, e

quasi

bene e

si

vedr che di essa rimasta


volato via: quella

la parola, anzi

il

suono,

ma

lo spirito

verit fu,

ma non

pi pensata, e perci

non

verit.

Sar

tale,

solamente quando sar ripensata; e ripensare e


lo stesso,

pensare sono

essendo ogni ripensamento un atto

nuovo verit

di

pensiero, cio pensamento. Nel pensamento, la

ricerca della verit:

un rapidissimo moto
le

ideale, che,

movendo

dal centro, percorre tutte le possibi-

lit dell'errore, e

solamente in quanto

percorre e rigetta

tutte, si

trova nel suo centro, che centro di moto.


la

La
nel

ricerca

Per distaccare in certa misura

verit dalla ricerea

della verit
signifi-

della verit bisogna intendere quest'ultima,

cato pratico
(li

lont di pensiero, e perci pensiero in atto,

non come voma come voeffettiva-

prepaal
e

razione
pensiero;

lont che pone le condizioni pel pensiero, volont


che
si^

prepara a pensare,

ma non

pensa ancora

la serie degli errori.

mente.

tale

infatti

il

significato

usuale della parola

ricerca

Ricercare stimolare s stesso a pensare, adoi

perando a ci

mezzi opportuni; e mezzo pi opportuno

non pu esservi che quello di raccostare tra loro le varie forme dello spirito e i vari concetti, affinch nel corso di tali accostamenti si produca la combinazione vera, cio si susciti il pensiero che verit. Ricercare vale, insomma,

percorrere la scala degli errori.


Trasfigurasione, nella

Ma

il

il

ricercatore

si

mette all'opera con tutt'altro animo


di errori; lo spirito ricorcante

ricerca cosi
iutvta,
del-

da quello dell'assertore
ribelle spirito

non

errante, e

perci la strada che l'uno

l'errore in
tentativo
ipotevi.

e l'altro percorrono

solamente in apparenza la medesila

ma:

la

prima era strada d'errori,


tale, se

seconda non

si

pu

chiamare

non per metafora. Gli errori sono

errori,

VI.

l'oudine degli errori

303

quando

c' la volont dell'errore, dal pronunciato erroneo


la

ma

quando, invece, c'


le

volont di adunare materia e

preparare

condizioni al pensiero, la combinazione im,

propria delle idee

non gi errore,

ma tentativo
si

o ipo-

tesi. L'ipotesi non


verifica, e

atto di verit, perch o essa

non

si

con ci

si

dimostra priva di verit; o


atto di errore, perch essa

verifica,
verifica.

e diventa verit solamente nell'istante in cui

si

Pure non neanche


ferma come
verit,

non si afma come semplice aiuto o mezzo per

ottenere la verit. Nella dottrina della ricerca, la serie degli


errori viene tutta redenta, battezzata o ribenedetta; lo spirito diabolico la

abbandona a

precipizio, lasciandola vuota

bens di verit,

ma

innocente.
Distinzione
tra

La
in

distinzione, che di capitale importanza, tra l'errore


in

quanto errore, e l'errore


e l'ipotesi o

quanto tentativo, tra l'ersi

l'errore

come
re

erro

rore

procedimento euristico,
distinzioni,

trova in fondo

re, e l'erre

ad alcune comuni

come sono

quelle tra spro-

come

ipo-

tesi.

posito ed errore,

tra errore in

buona fede

ed errore in
prese alla

mala fede,
lettera,

e simili.

Le quali e
di

le altre slmili,

sono senza dubbio

criticabili,

perch l'errore, in

quanto errore, sempre


sito

mala

fede, e tra errore e spropo-

non c' divario se non empirico e


le

di enfasi verbale, e

secondo

contingenze empiriche

si

pu dire che un'affermaaccennano, e

zione semplicemente erronea o che addirittura uno sproposito.

Ma, sebbene

difettose nella formola, esse


la distinzione

fanno desiderare e presentire,


D'altra parte, l'errore e
il

vera e profonda.
il

tentativo,

l'errore e
la

pro-

cedimento euristico, avendo in comune


estrinseca e pratica delle idee,

combinazione

stanno tra loro in questo


errore,

rapporto: che

il

tentativo

non

ma

l'errore con-

tiene

sempre

in s, voglia o non voglia, un tentati-

vo. Lo spirito errante, pur senza averne intenzione, prepara materia alla ricerca della verit. Vorrebbe sottrarsi
a quella ricerca o chiuderla in

modo

fiuto e arbitrario;

ma,

304

LE FOKME

DKGM ERRORI

E LA RICERCA DELLA VERIT

nel procurare ci,


e fertilizza
il

rompe le zolle, le sconvolge, le rivanga, campo dove germoglier il vero. Cosi accade
di

che molte combinazioni d'idee, proposte e sostenute per

appassionamento personale, per desiderio avvocatesco


vincere
il

punto, per brillare e stordire col paradosso, per


e per altre ragioni utilitarie,

passatempo

sono state adoI

perate da spiriti pi seri

come gradini
le

della ricerca.

ne-

mici del vero non solo testimoniano del vero,

ma vengono
del-

a servirlo anch'essi, con


l'opera loro.

conseguenze non prevedute

Una

sorta di gratitudine ci

compenetra

talvolta

e e' intenerisce verso gli avversari della verit, perch sen-

tiamo che da loro

ci

venuto lo stimolo a raggiungerla,


il

come da

loro ci viene

rafforzamento del nostro possesso,


il

e l'entusiasmo, la chiaroveggenza e

vigore della difesa

medesima, che contro


Gli
indi-

essi

ne facciamo.
in

Ma non

bisogna, cedendo al generoso sentimento delquest'ultimo verso.

vidui e Ter

rore

l'umana fratellanza, esagerare


gratitudine, da noi sentita,

La

non

da

quelli meritata, e, se

mai,
quelli

la

merita Dio,

lo Spirito

universale, la Provvidenza:
e

non volevano servire

al vero,

non

lo

servono so

non attraverso le non volute conseguenze, che non sono


opera loro. Anche in questo caso, l'ottimismo unilaterale e
astratto,

guardando nell'errore

il

tentativo,

ha cancellato
vero,

addirittura la categoria dell'errore per quella del tentativo,


e ha pronunziato che l'uomo cerca

sempre

il

come
si

vuole sempre

il

bene. Certamente;

ma

c'

l'uomo che

arresta al suo bene individuale, fniges consumere natus, e


c' l'uomo che progredisce al

bene universale; c' colui


altri l'illusione di altri

che combina parole per dare a s e agli


fastid ai propri piaceri,

conoscere ci che non conosce e poter vacare senza


e colui che

combina parole con


non
nell'ottimismo
li

l'animo ansioso e
tore del concetto.

lo spirito intento, venator inedif, caccia-

Anche

(]ui

la verit

n nel pessimismo,

ma

nella dottrina che

concilia e su-

VI.

l'okdine degli errori

305

pera entrambi.
astrutto

N importa che

dal difetto dell'ottimismo

non

si

sapesse {guardare, nel problema dell'errore,


le

proprio quel filosofo che pi degli altri fece valere


scoste ricchezze del principio dialettico.

na-

La benintesa coscienza
agli

di

umanit sa rendere giustizia

uomini

tutti,

senza confondere per altro l'uomo che


propri comodi e capricci.
in

ricerca con quello che erra, l'uomo di

quello che segue


giustizia,

buona volont con Rende loro


ogni istante della

perch in ogni uomo, anzi

vita di ciascun

uomo, scorge
i

tutti

quei vari momenti spi-

rituali, gl'inferiori e

superiori; Errore e ricerca della verit


si

s'intrecciano di continuo:

comincia, talvolta, col ricercare


fatto,

si

finisce

con l'ostinarsi nel tentativo

convertendolo

in conclusione e in affermazione erronea;

tal'altra, si codifficolt

mincia con l'animo deliberato di cavarsi dalle

con

un
la
si

qualsiasi

accozzamento d'idee; e quell'accozzo sveglia


si

mente, e

fa

tentativo di ricerca, e
si

da quel tentativo

passa ad altro, finch non


di

trovi pace nel vero. In ogni

istante, ciascuno

noi in pericolo di cedere alla sedu-

zione e alla pigrizia dell'errore, e in isperanza di scuotere

quella pigrizia, levandosi

incontro alla luce della verit,


ci

lu ogni istante cadiamo e


forti,

risolleviamo, siamo deboli e

vili

e coraggiosi. In colui,

che chiamiamo debole e che ammiriamo coil

vile,

condanniamo noi

stessi; in colui,

raggioso e forte, idoleggiamo la forza e

coraggio che

si

avviva nel fondo

di noi stessi. Allorch

siamo innanzi a un

prodotto complesso, come, per esempio, una fede, una dottrina,

un

libro,

sarebbe semplicistico e fallace considerarlo

solo

come

errore o solo

come

tentativo; perch quello di

solito l'uno e l'altro insieme, ossia

contiene cosi

momenti

dell'errore propriamente detto,

come

gli altri del tentativo

e della licerca: la volontaria interposizione di ostacoli al

vero e

la

volontaria rimozione degli ostacoli; la sfigurata


della verit e l'abbozzo delia verit.

immagine

Alcune volle

B. Crook, Logica.

SO

II

306

LE FORME DEGLI ERRORI E LA RIOERCA DELLA VERIT


di noi stessi

nemmeno

sapremmo dire esattamente


barlume;
e

se erriamo
il

o cerchiamo, se crediamo di avere trovato tutto


solo di averne scorto qualche

vero o

sovente la critica,

ci condanna implacabile, ci sembra ingiusta, quantunque non sappiamo contrastare ai suoi argomenti, che c'ingiungono di entrare in quella che la via della verit. Noi sen-

che

tiamo che

la verit era, in

qualche modo, cercata, intravista


e bruscamente

e quasi posseduta in quel nostro stato spirituale, che viene

dagli altri condannato


affatto erroneo.
Il

sommariamente

come

diiitiice

Per questa ragione, anche ci che sotto un aspetto stato


rigettato e biasimato "

aspetto

de

Bli errori.

accolto e onorato

come falsit, come avviamento

sotto

un

altro dev'essere

alla verit.

L'empirismo

perverso in quanto contraffazione dell'universale filosofico;

ma

innocuo, anzi benefico, in quanto tentativo per


il

innalzarsi sulla pura sensazione e rappresentazione verso

pensamento- dell'universale. Lo scetticismo, come errore,


riduce al niente la vita teoretica;

come

tentativo, neces-

sario per rendere chiara l'impossibilit, confutate che siano


le

false dottrine, di

permanere

in quel deserto.

Il

mitolo-

gismo presenta
sotto

in

modo ancora pi perspicuo

questa doppia

faccia: la religione negazione del pensiero,

ma

anche,

un

altro aspetto, preparazione del pensiero,

il

mito

travestimento e insieme abbozzo del concetto; onde ogni


filosofia si

sente avversa al mito e nata dal mito,

nemica
si

e figlia delle religioni. In ci che empiricamente

deli-

mita come religione o come corpo di dottrine religiose, per

esempio nel Cristianesimo, nei suoi miti e nella sua teologia,


c' copia cosi grande di verit e di suggestioni alla verit

da

potersi, in

senso relativo, affermare

la

superiorit di

quella religione sopra una filosofia ben ragionata


corretta

ma

povera,

ma

sterile.

Epper a un periodo

di scepsi irreligiosa,

all'illuminismo, all'enciclopedismo e al volterianismo, segue

un

p(!riodo di riverenza, di attenta aseolta/ionc, di appren-

VI.

l'ordine degli KRUOKl

307

dimento e di
loro

critica lilosofica,

che non pura scepsi.


in

co-

che, nel

secolo

decimonono o

questo ventesimo,

hanno rinnovato
animi

la scepsi volteriana e gli scherni contro la

religione, sono stati a ragione considerati


superficiali, e

come

intelletti

ed

come gente grossa


fatto,
e'

e triviale.

La

filo-

sofia del secolo

decimottavo ha

ben

fatto, l'ufficio

suo di nemica verso la religione; quella del secolo decimo-

nono ha pi volentieri adempiuto verso


tose
di
figliuola

di lei le parti pie-

diligenti

di

erede.

Per nostro conto,

siamo persino d'avviso che


stata

l'eredit, delle religioni

non
reli-

ancora bene e tutta sfruttata. Eredit indiscernibile


filosofie in

da quella delle

genere; perch non forse

gione l'idea, per esempio, cartesiana di un Dio che unifichi


le

due sostanze

con

la

sua veracit

ci

garantisca la cerfilosofia,

tezza delle nostre

conoscenze? E non essa insieme

cio concetto, sebbene


dello Spirito

ancora impreciso e contradittorio,


delle autodistinzioni e cer-

tezza di s

immanente, unit medesimo?

Delineata cosi la teoria della ricerca, non possiamo per

Ultima
^,
re

for-

altro abbandonare quella delle forme necessarie dell'errore * ^

Y\^' metodolo-

senza mentovare una nuova forma, che nasce appunto dalla confusione tra
la

gico: ripote

verit e la ricerca delle condizioni pre-

*'*-

paranti la verit, tra la verit e l'ipotesi. Questo errore,

che converte l'euristica in logica, sarebbe da denominare

l'ipotetismo, una dottrina per

la

quale

si

asserisce che
fare altro se

l'uomo,, nel riguardo della verit,

non possa
si

non proporre
e sia questo

ipotesi, pi o
il

meno, come

dice, verisimili;
fu-

suo

fato,

non dissimile dalle pene cui

rono dannati Tantalo,

Sisifo e le Danaidi.

Ma

nel regno

del Vero, diversamente che nell'Erebo:

Non s pascon gli augelli. Non si volgon le ruote, Non si conduce il sasso a l'alto monte, N col cribo si trae l'acqua dal fonte.

308

LB FORME DEGLI KRKORI B LA RICERCA DELLA VERIT


si

L'ipotesi

fa

perch serve

al

conseguimento del vero, e se

non servisse a questo scopo, non si farebbe: lo spirito non ammette perditempi, e per lui il tempo sempre moneta. Accade talvolta che l'ipotetismo venga ristretto ai supremi principi del reale, o, come si dice, alla Metafsica, che sarebbe perpetuamente ipotetica; ma, per
vate a proposito dell'agnosticismo, se
i

le

cose gi osser-

principi del reale

fossero ipotetici, tutta la verit sarebbe tale, cio

non

vi

sarebbe verit alcuna.

Del resto,
si

l'ipotetismo,

oltre

che

intimamente contradittorio,

scopre tale apertamente nel-

l'accenno che esso contiene alla maggiore o minore verisi-

miglianza

delle ipotesi:

grado

di

appressamento

al vero,

che sarebbe impossibile determinare senza presupporre un

una verit, e quindi la verit. Di questa forma di errore non avremmo fatto esplicita menzione, se essa, pur troppo, non costituisse il fulcro di alcune cecriterio della verit,

lebrate filosofie dei tempi nostri.

VII

La Fenomenologia dell'errore
E LA Storia della filosofia

ja L.
si

fenomenologia dell'errore, nel duplice significato che


distinto, dell'errore

come errore

e dell'errore

come
Tanto

tentativo, coincide dunque


l'errore

col sistema filosofico.

quanto

il

tentativo sono

combinazioni improprie

delle idee o concetti filosofici; e determinare queste com-

binazioni improprie tanto vale quanto mostrare


di ci di cui
il

il

rovescio
diritto e

sistema filosofico

il

diritto.

Ma

rovescio non sono separabili, perch formano l'unico pensiero (e l'unica realt),

che positivit-negativit, affermano questo fuori di quella;


si

zione-negazione. Perci non vi ha una fenomenologia del-

r(MToro fuori del sistema


e secondo che
si

filosofico,

concepisce l'uno,

concepisce

l'altra.

E
il

poich sistema filosofico e dottrina delle categorie sono


in<idesimo, la

fenomenologia dell'errore inseparabile e indistinguibile dalla dottrina delle categorie.


In

quanto

tale,

la

fenomenologia dell'errore circolo


il

ideale od eterno,

come

circolo stesso della verit:

suoi

gradi sono eternamente percorsi e ripercorsi dallo spirito, es-

sendo
rica,

gradi stessi dello spirito.

ogni istante della vita stoi

e della nostra vita individuale, si ripresentano

gradi
:

che furono gi superati e che debbono essere risuperati


tornano
i

gradi inferiori, e

si

prenunziano

superiori.

310

LE FORME DEGLI ERRORI E LA RICERCA DELLA VERIT

ritorni

In ci trova la sua ragione un fatto che non pu non

alle filosofie

anteriori e
il

fermare l'attenzione di chi consideri


la tendenza,

la storia della filosofia:

loro signi-

che in questa appare di tempo in tempo a


si

ficato.

ritornare, come
passato,
0,

dice, a questa

quella filosofia del

pi correttamente, a questo o quel punto di viIl

sta filosofico del passato.


Aristotele,
il

secolo decimoterzo ritorn ad


il

Bruno restaur la lo Hegel tempi Parmenide; in Herbart Eraclito, lo rinnovare volle recenti recenti si tornato al Kant, e in tempi anche pi allo Hegel. Non si tratta gi in tutti questi casi di un ritorno al passato, come suona la parola, ma di un inizio di nuovo moto e avanzamento spirituale. La mente di un filoRinascimento a Platone;
il

filosofia del

Cusano,

Gassendi quella di Epicuro;

sofo o dei filosofi di

un determinato tempo,
scorge
il

alle prese

con

una forma
cui
si

di errori,

il

concetto vero in cui bisogna

correggerlo, o almeno

tentativo superiore e pi

ampio a

deve passare per progredire; e poich quel concetto

o quel tentativo fu gi rappresentato in passato, in

modo
quella

eminente, da questo
scuola,
si

o quel filosofo, da questa o

parla della necessit di far valere da capo quel


filosofi

filosofo e quella scuola contro altri

e altre scuole.
il Cusano Kant n lo

Non tornano dunque n


Hegel;
in

Aristotele n Platone, n
il

n Epicuro, n Eraclito n Parmenide, n

ma

solamente

le posizioni

mentali di cui quei nomi,


in noi,

quei vari casi, sono simboli.

come gi

in Pla-

tone e in Aristotele, in Eraclito e in Parmenide, l'eterno

platonismo e aristotelismo, eraclitismo ed eleatismo,


vestiti dei loro

quali,

nomi

storici, si

chiamano trascendentismo

e immanentismo, evoluzionismo e antievoluzionismo, e via

discorrendo. Ai
passato, non
si

filosofi

del passato, in quanto uomini del

torna,

perch

non

si

pu tornare.
il
i

Il

passato vive nel presente; e volervi tornare sarebbe voler

distruggere

il

presente, in cui solamente

passato vive.
ritorni

coloro, se pur ve n'ha, che intendono

ideali

VII.

LA FBNOMBNOLOOIA DELL' ERRORE

311

in

questo significato materiale, non sanno veramente quel


si

che

dicano.
la

Ma, appunto perch

fenomenologia dell'errore e

il

si-

La

falsa

stema delle categorie sono fuori del tempo, bisogna anche


riconoscere la fallacia di quella forma di storia della
sofia,
filo-

|l'|^*^'''j","*

filosofia
^'*j

co-

che espone

lo

svolgimento del pensiero

filosofico

come
filoso-

"'e'^'..,'*

un successivo apparire storico delle varie categorie


tche o delle varie
il

sivo app.iri'^^

essa che forme dell'errore. Sembra per '

*"'"
'!*

genere

umano cominci

a pensare davvero filosoficamente


e in

iu

un determinato momento del tempo

un determinato

tcfforie e delie posiioni erronee nel temp.

punto dello spazio; per esempio, in un anno del settimo o

un punto dell'Asia Minore, con Talete, il quale, superando la fantasia mitica, pose come filosofico il concetto empirico dell'acqua; o, in un altro anno e luogo, con Parmenide, che pose il primo concetto puro, (quello dell'essere. E sembra che esso poi progredisca nel
sesto secolo avanti Cristo, in

pensare

con gli altri pensatori, ciascuno dei quali un concetto o fa un tentativo; e, l'uno dando la mano all'altro, costituiscono la catena che si prolunga fino
filosofico

o scopre

a colui,
al

il

quale, pi ardimentoso e fortunato, rida la


e lega tutti in

mano
re-

primo

un cerchio: dopo
poeti,

di che,

non

sterebbe altro se non eternamente danzare,


le stelle nelle

come danzano

immagini dei

senza mai pi necessit


cadere in errori. Tutto

di fare tentativi e senza rischio di

ci brillante,

ma

arbitrario; le categorie sono fuori del

tempo, perch sono tutte e ciascuna in ogni istante del


tempo, e perci non
in limiti
si

possono imprigionare e impersonare

empirici e individuali.

Non

vero che ciascun

sistema filosofico abbia


tegoria

come

principio

una particolare

ca-

un particolare tentativo.

Un

sistema filosofico, nel

significato empirico di questa parola,


sieri,

una

serie di pen-

la cui unit quella, empirica, della vita di

terminato individuo; e perci privo di principio,


costituendo vera unit e rimandando da

un denon

un capo

ai suoi

312

LK FORME DEGLI ERRORI E

l.A

RICERCA DELLA VERIT


Iati

antecessori, dall'altro ai suoi continuatori, e da tutti


ai suoi

contemporanei. Nel signiicato rigoroso, vi certain quel sistema, in

mente

quanto

filosofico, la totalit della

filosofia; e perci,

come abbiamo mostrato innanzi,


il

tutti

sistemi filosofici
rotti

(anche

materialismo e

lo scetticismo)

sono

dal

medesimo
il

principio, confessato o no,

spiegato o

involuto, che

concetto puro, e ogni filosofia ideali-

smo. Non

vero

nemmeno che

vi sia progresso nella storia

della filosofia, nel senso di passaggio


l'altra superiore o

da una categoria

al-

da un tentativo

all'altro superiore. Par-

lando in guisa empirica, sarebbe in questo senso da concedere

anche

il

regresso, perch sta di fatto che

si

torna a categorie
lo spiritualismo,

e a tentativi inferiori, al materialismo


alla metafisica

dopo

dopo
di

il

criticismo;

ma

filosoficamente

non

si

pu parlare n

progresso n di regresso, posto che

quelle^

categorie e quei tentativi sono eterni e fuori del tempo.


Infine, quella concezione della storia filosofica accusa essa

stessa

il

suo interno vizio, dovendo per logica necessit

nell'ultimo suo termine (che rappresentato da colui che


costruisce tale storia della filosofia) porre

una

filosofia

do
che

finiti va; laddove niente di definitivo nella realt, che

perpetuo svolgimento. Gli stessi storici della

filosofia,

hanno
lit

vagheggiato e in parte tentato di attuare quella conce-

zione, sono rimasti perplessi innanzi a cosi grossa responsabi-

da assumere, quale sarebbe


di decretare
il

di asserire

una filosofia

definitiva, ossia
Fiiosonsmo in est a
for-

collocamento a riposo del

Pensiero, e con esso della Realt tutta.


T/errore, che ha luogo in questa concezione della storia
jjiQ^Qf^g.,
'

di

fMlUH veduta
e della

[i

di

filosofismo,

gi da noi studiato sotto nome medesimo " 6 chc qui si mostra in una sua forma

"'.'Mr*'*" 11 III lisce


1

speciale. *

la forraola dell'errore
la

l'identit della Fiil

lidentitfc
.Il

losofia cou

Storia della filosofia;

che

in

quale

(iiosoflii

gjj-nifigj^to gja

detto mostrato subito dalla tendenza, che

MoHoRh.

in questa identit dei

due termini, ad allargarsi a un

VII.

LA FEXOMEKOI.OQIA DELL ERRORE

31.'{

terzo termine, cio a riconoscere l'identit della filosofia


e della storia della filosofia con la
E,

Filosofia della storia.


questa Filosofa della

come ogni
i

filosofia

della storia,

storia filosofica converte in concetti puri le rappresentazioni

concetti empirici, e assegna a questi e a quelle l'ufficio


filosofia e storia

che proprio delle categorie, corrompendo

e perdendosi in una sorta

di

mitologismo e profetismo.
genere, cosi anDistiuzione

Ma, come della


<ihe di

filosofia della storia in


filosofia,

questa sua storia della


,

non bisogna dimeni

ticare gli elementi di verit, che essa cio

libri di
^

tale

fXaldeu.u na storia
della filosofi

(lisegno

contengono,

la

geniale caratteristica

.,

i^.^.

storica
filo-

ijbri

che offrono dei vari pensatori e delle varie epoche


sofiche.

che
I" lo

i.i

ssu
'

Certamente,

'

n Platone solamente trascendenil

" " e a pro-

dista n

Aristotele solamente immanentista, n


lo

Kant

granulia.

solamente agnostico n

Hegel solamente

logicista,
il

n Epi-

curo materialista n
soggettivit.

il

Cartesio dualista, n
il

pensiero greco

quello solo dell'oggettivit, n

Ma

la storia
i

viene configurata

moderno quello solo della come racconto

storico col segnare

tratti

prominenti dei vari individui e

delle varie epoche, senza di

che sarebbe impossibile divil'

derla, riassumerla, ricordarla: senza


cetti

introduzione dei con'.

empirici la storia non

si

potrebbe fissare nella memoria

per effetto di quelle sapienti caratteristiche accade anche


storici

che nomi
Cartesio,

possano essere adoperati come simboli di

verit o di errori; e tutta la crudezza del


il

dualismo

si

chiami che

paradosso del determinismo Spinoza, quello del


filosofia,

pluralismo astratto, Leibniz. Agli storici della

sono

stati intinti di filosofismo, si


i

deve (ed cosa ammessa


filosofia

da
(la

tutti

competenti) l'elevamento della storia della

biografia,

da cronaca o da raccolta erudita a


il

storia vera

e propria; e poich di quegli storici

primo e maggiore

Si

veda sopra

p. II, e. 3.

314

LE FORME DEGLI ERRORI B LA RICERCA DELLA VERIT

fa lo Hegel, allo

Hegel

si

deve imputare

l'arbitrio

commesso,

ma

insieme fare merito di avere pel primo concepita una


della filosofia

storia

degna

di

questo nome; e tanto pi


corresse

fargliene

merito, in quanto egli, nell'esecuzione


'.

quasi sempre gli errori del proposito iniziale


Forinola esatta: identit di filosotia e storia.

Questo proposito iniziale


sistema hegeliano)
di di
si

(e in

genere l'assetto preso dal

pu

forse considerare

come deviazione
il

un impulso

giusto, al quale noi

abbiamo procurato ora


signi-

dare legittimo compimento con l'approfondire


e storia. Cosicch la formola

ficato della sintesi a priori

kantiana e stabilire T identit


che per questa
fi-

di

filosofia

parte opponiamo alla formola hegeliana dell'identit di

losofia e storia della filosofia l'identit


sofia
e

di

filo-

storia: differenza, che pu sembrare a primo

aspetto nulla o ben tenue,

ma

involge una differenza so-

stanziale. Infatti, la filosofia identica con la storia, perch,

risolvendo

problemi

storici,

afferma s medesima; ed

per

tal

via identica anche con la storia della filosofia,


sia

ma

non gi perch questa


o abbia sulle altre
il

separabile dalle restanti storie

primato, anzi per la ragione contraria,

che essa

affatto inseparabile e

completamente fusa nella

totalit della storia,

secondo
vi sono

la gi chiarita unit della di-

stinzione.

Donde

si

ricava che la filosofia non ha origine

nel tempo; che


filosofi;

non
vi

uomini

filosofi

e uomini

non
di

che non

sono concetti speculativi appartenenti

a un individuo e di cui un altro sia privo, n forme

combinazioni mentali che l'uno


le

tenti e l'altro no;

che tutte

categorie filosofiche operano in ogni istante della vita

spirituale, e in ogni istante sopra


oflVirta

materia affatto nuova,

dalla storia, che esse, per loro parte, conferiscono

in perpetuo a creare.

Vale a

dire,

da quel concetto

si

ricava

la critica del filosofismo e della

formola esprimente l'identit

Si

veda

il

saggio sullo Hegel,

e.

9.

VII.

LA FEJNOMBNOLOGIA DELL ERRORE

315

di Filosofa, Storia della filosofia e Filosofia della storia

una pi esatta idea della storia della filosofia, libera dai vincoli di un arbitrario schematismo. Pu sembrare che, a questo modo, venga abolita ogni
idea di progresso filosofico;
in s, cio
e,

La
^'^'

stori
''^*''

certamente,

la filosofia,

presa

come

astratta categoria,

non progredisce, come


progredisce,

presso
**^'=-

ttio-

non progredisce

la

categoria dell'arte o quella della moralit.

Ma

la

filosofia,

nella sua concretezza,

come

l'arte e la vita^tutta; progredisce,

perch
gli

la realt svol-

gimento, e

lo

svolgimento, includendo
progresso.

antecedenti nei
di

conseguenti,

Ogni affermazione

verit

condizionata dalla realt e condiziona una nuova realt, la

quale a sua volta

in quel

suo progresso, condizione di


filosofia.

un nuovo pensiero
rispetto vero che

e di

una nuova
filosofia,

Sotto questo

una

che viene dopo nel tempo,


nuovi tempi che comprensia semplice ten-

contiene in s

le

precedenti; e non solamente quando sia

davvero una

filosofia

adeguata

ai

dono

in s gli antichi,

ma

anche quando

tativo, di quelli

che

si

chiamano erronei

da correggere.

Come

tentativo erroneo, sar idealmente inferiore alle verit


lo

gi scoperte:

scetticismo di Davide

Hume, per esempio,

, sotto quest'aspetto, inferiore

non

solo al cartesianismo,

ma

persino alla scolastica, anzi al platonismo, anzi al so-

cratismo.

Ma

storicamente essa superiore anche alle pi

perfette di quelle filosofie, perch si travaglia in

un pro-

blema che quelle non


Quelle
filosofie

si

proposero, e ne inizia la soluzione


sia

proponendo un primo modo,


perfette

pure errato, di risolverlo.


al
si

appartengono

passato:

questa,

imperfetta, ha in s l'avvenire. Cosi

come noi troviamo talvolta assai pi da imparare in filosofi che hanno proposto o difeso errori, che non in altri che hanno dispiega
feso verit; gli errori di quelli sono

oro grezzo che, de-

purato, aggiunger peso e valore alla massa d'oro che


gi in nostro possesso e che questi altri mirano semplice-

316

LE FORMR DEGLI ERRORI E LA RICERCA DELLA VERIT


a conservare.
I

mente

fanatici

si

contentano delle verit, per


le

povere che siano, e cercano perci coloro che

ripetono,

ancorch siano poveri di spirito.


e nell'avversarli

veri pensatori cercano ^li

avversari, ispidi di errori e ricchi di verit, e imparano da


essi,
li

amano

li

stimano: anzi,

il

loro

avversarli al tempo stesso atto di stima e d'amore.


La verit
di tutte le
losofie.
t-

La

filosofia,

che ciascuno di noi asserisce in un determifatti

nato istante, in quanto adeguata alla conoscenza dei


e nella misura in cui le adeguata,
storia anteriore; e in essa tutti
tentativi,
i

Criil

tica

dell'e-

risultamento della

clettismo.

sistemi, tutti gli errori e

sono conciliati

in

modo

organico. Se qualche er-

come inutile, qualche concetto come inadoperabile, la nuova filosofia , nella misura di tale inconciliazione, pi o meno difettiva. Ma
rore vi appare inesplicabile, qualche tentativo
la

conciliazione organica, che le filosofie inferiori debbono

trovare nelle superiori, non pu essere estrinseco contem-

peramento ed eclettismo, come accade presso gli spiriti superficiali, che accozzano senza mediazione frammenti di
tutte le filosofie. L'eclettismo (anche sotto
il

rispetto storico,
lo

nel rapporto cio che ebbe Vittorio Cousin


lui

con

Hegel, da

ammirato, imitato e non inteso) triviale simbolo della


i

vastit del pensiero, la quale abbraccia in s tutti

pensieri

per diversi e inconciliabili che sembrino alla prima. La pace


degli infingardi, che non
si

urtano tra loro perche non ope-

rano, non da sublimare confondendola con l'alta i)ace,

proprio di coloro che hanno combattuto, e dopo

il

combatti-

mento, anzi nel combattimento stesso,


Le
ricerH
ti

si

sono

affratellati.

Una
<

riprova di questa

costanza
i

della filosofia,
})ensiori degli

immauomini,

che

ic

1 i

nente in tutte

le filosofie e in tutti

autori e

hiiI
i

T>r<'ciiror

'Ile veri l.
<'.

insieme della perpetua variazione e novit della forma storica di essa, si pu avere nelle questioni, che si sono

licioni:
nnll-

Ile
>

mosse e

si

muovono

intorno all'origine o

scoperta
i

<lelle

Mille In cui
I

verit. Tostocli viene scoperta

una

verit,

critici
o,

riescono
lo

rrolffo-

facilmente a provare, che essa era gi nota,

per

meno,

VII.

LA FENOMENOLOGIA DELl'bRRORE

317

a ritrovarle precursori; n in ci hanno del tutto torto,

perch ogni asserzione di scoperta, in quanto sembra fare

un
e,
il

taglio netto nel tessuto storico,

ha qualcosa di arbitrario,
il

parlando con rigore, n Socrate scoperse

concetto, n
priori,

Vico
lo

la fantasia estetica,

il

Kant

la sintesi a

n
il

Hegel

la sintesi degli opposti; e

nemmeno

Pitagora,
la

teorema del quadrato dell'ipotenusa o Archimede


ragioni pratiche,

legge

dello spostamento dei liquidi. Rappresentare

una scoperta

come un'esplosione giova per


l'esplosione, l'eruzione e
il

ma anche
non
si,

terremoto sono processi continui.

Senonch
zione

il

lato ragionevole della ricerca dei precursori


qiiello irragionevole,

deve fare accettare


trovino

che nella nega-

dell'originalit delle scoperte, quasi che esse


tali

e quali nei precursori, o consistano in semplici

accostamenti di verit che preesistevano, e in consimili

mutazioni di forma estrinseca. Riattaccarsi


gnifica

ai precursori si-

non gi ripetere

precursori,

ma

continuare l'opera

loro: continuazione

sempre nuova, originale, creativa, e che


si

produce sempre scoperte, piccole o grandi che


ricerca dei

dicano.

Pensare scoprire. La riduzione all'assurdo della malintesa


precursori in ci, che ogni pi importante

pensiero pu essere ritrovato in certa misura nelle credenze


volgari, nei proverbi, nei
i

modi

di dire, presso
si

selvaggi e

l)ambiiii; tanto che,

per questa via,

ritorna all'utopia

della filosofia
sofia

ingenua,
non nella

fuori della storia: laddove la filo,

davvero ingenua o genuina solamente quando


se
storia.

ed

essa

non

vili

De consolatione Philosophi^

La Logica e
811

IVJlolte volte

sono state disegnate, per esercitazione pi o


la cui

la dife-

della Fi-

meno

accademica, accuse e difese della Filosola:


Logica, la quale, col determinarne

losofa.

vera difesa non pu essere se non la Filosofia stessa, e in

primo luogo
cetto, le

la

il

con-

assegna Tufficio proprio e ne dimostra

la necessit.

Ma
non

poich appunto dalla Logica sappiamo che un concetto

veramente determinato se non nel sistema dove spiegato in tutte le sue relazioni, la difesa meglio compiuta
che noi possiamo darne
si

otterr col ricollegare la presente

trattazione che concerne la

Logica,

cosi

con

la

precedente

che tratta dell'Estetica, come con


suo oggetto
L' utilit

la seguente,

che ha a

la

Filosofia della pratica.


si

In quest'ultima, pi in particolare,

trova la dilucidafilosofia e

della Filosofa e la Filosofia della


jinitica.

zione del problema circa


che, del resto,
tazione, se

l'utilit

che spetta alla

non pu qui formare materia di seria dubivera l'eguaglianza da noi gi posta: filosofia
della realt; cosicch du-

= pensiero = storia = pereeziojie


del conoscere stesso.

bitare di quella utilit varrebbe quanto dubitare dell'utilit

nella Filosofia della

pratica

si

di-

mostra che nessuna azione possibile se non preceduta da conoscenza, e che presupposto dell'aziono sempre la

conoscenza storica o percettiva, che contiene in s lo altre tutte. E si dimostra altres che la realt, essendo sempre

vili.

DB CONSOLATIONK

PHILOSOPHIJi

319

volont e azione, sempre pensiero, e che perci

il

pensiero

non aggiunzione estrinseca,


stitutrice del Reale.

ma

categoria intrinseca e co-

La Realt

azione perch pensiero, ed

pensiero perch azione.

Se

il

pensiero tanto
si

utile

che senza
il

di esso

il

Reale
di

Consolazio-

non sarebbe, non

pu accettare

comune concetto
il

ne della

f-

losofla, co-

una
s

filosofia

sconsolante. La consolazione,
e conoscere
attivit,
triste,
il

piacere, la

me jfioia del
pensiero
e

gioia nient'altro che l'attivit stessa, la quale gioisce di

del vero.Im|)08iitbilit
di

medesima;

vero, quale che questo sia,

attivit e

promove

opper reca consolazione: co-

un piacenascente
falsit e

re

nosciuto, ancor che

Ha

suoi diletti

il

Vero.

da

sebbene a taluni piaccia attribuire codesti


verit,

diletti,

non

alla

illusione.

ma

all'illusione, chiaro che l'illusione, quando


tale

non conosciuta come

ed appaga davvero'

la

mente,

non
rit

si

pu chiamare
poi

illusione

ma

verit, quel tanto di ve-

che pu esser noto in determinate condizioni, e che

solo

quando

si

guardi nella cerchia di una pi ampia

verit,

appare illusione: sicch, in questo primo caso, la concangiandosi


condizioni di fatto,

solazione che cosidetta illusione arreca, nient'altro che la

sua verit. Che


lusione non

se,

le

l'il-

pu

pili

durare, sorge angoscia e


si

brama

di

giungere
fuggirlo

al
si

vero; e se al vero non

vuol giungere, e per

condizioni,

mantengono affermazioni inadeguate alle nuove si ha l'errore, e dall'errore, che autocritico, sorge la mala coscienza, il rimorso, ossia la persistente angoscia e brama del vero, che alfine dissipa l'illusione e produce consolazione, perch, come si detto, ... ancor che triste, ha suoi diletti il Vero. Ma triste chiamiamo quel vero per ripetere le parole del poeta e per
in

Critica del

conformarci

al

metaforeggiare comune

concetto
:

di

una verit
triste.

realt,

triste

esso
triste,

mai n
j^m

lieta

non mai, perch la realt non e supera entrambe queste opposte


in
s.

categorie
realt

col

comprenderle

Per giudicare

triste

la

^^R

bisognerebbe ammettere, accanto all'idea di essa,

y20

LE FORME DEGLI KKRORI E LA RICBUCA DELLA VERIT

queliti di

un'altra

realt,

che sarebbe migliore della realt

a noi nota: una seconda realt, la quale poi sarebbe

non

reale, non veramente pensabile e per conseguenza non se

ne potrebbe formare idea alcuna. Se


sarla,
il

ci si

sforzasse di pen-

pensiero, entrando in contradizione con s stesso

e spasimando in uno sforzo inane, non produrrebbe la pretesa realt ideale, ma, tutt'al pi, un'espressione estetica
di terrore,

Esemplila
'

come di chi La consolazione, che


immortale
'

si

affacci a

un
si

abisso.

pel passato

traeva dall'idea di

"fT-a
concetti
di
' *,...'"' inortalitii.

^'^ "^^^

personale, creatore e reggitore del mondo, e di una

vita

attimo,
eff^etto

si

da questa terrena che vanisce a ogni dice che ora sia venuta meno " generalmente per ^
di l

delle filosofe.

Ma
il

chi

non

si

arresti alla superfcie

penetri nell'animo degli uomini

davvero e nobilmente

credenti, scorge che

Dio che

li

confortava era quel me-

desimo che conforta noi

e che nelle nostre filosofie chia-

mato
essi

Spirito universale,

e razionalit

immanente in noi tutti, continuit dell'universo; come l'Immortalit, nelhi quale


i

riposavano, era l'immortalit che trascende


e col trascenderli
li

nostri

singoli atti

eterna. Tutto ci che nasce

degno

di perire,

ma

nel perire serbato

come momento

ideale di ci che
tutto

da esso nasce;

e l'universo serba in s

quanto

si

mai pensato

e agito, perch l'universo

nient'altro che l'organismo vivo dei nostri pensieri ed atti.

Onde
che,

da dire che
ha
liberati

la filosofia,

con meglio elaborare


le

con-

cetti di
li

Dio e dell'immortalit e fugarne

ombre
ha

fantasti-

da dubbi ed angosce
11

li

resi pi e

non meno
cio,

consolatori.

falso o fantastico, mescolato

gi

a quei concetti, non ha mai consolato nessuno: nessuno,


che seriamente
li

pensasse, la qual seriet condi-

zione indispensabile perch un concetto consoli, giacch se

non pensato,
- gelazione si

ma

solo

meccanicamente

ripetuto, la con-

avr da

altro, dalUi distrazione e

occupazione

della vita vissuta o

non dal concetto. In

verit, nello sforzo

vili.

DB CONSOLATIONB PHILOSOPHIE

321

di

pensare un Dio fuori del mondo, despota del mondo,

si

presi

da un senso

di

orrore per quel Dio, che sarebbe un

essere solitario, dolorante per la sua onnipotenza, la quale


ixi

renderebbe impossibile

l'attivit, e pericoloso
i

per

le

sue

creature, le quali

sarebbero

suoi giocattoli.

del pari,

nel pensare sul serio l'immortalit di noi in quanto indi-

vidui empirici, immobilizzati nelle nostre opere e nei nostri


affetti (elle

sono

belli

solamente

in

quanto mossi e fuggevoli),


di codesta

l'orrore ci prende,

non gi della morte, ma

im-

mortalit, impensabile perch desolante e desolante perch

impensabile. Dall'ideale immortalit sono sorte

le

poetiche

rappresentazioni del paradiso,


falso concetto di

come pace

infinita;

ma

dal

un'immortalit empirica non pu aversi

altra rappresentazione se

dello Swift,
le

non quella satiricamente profonda degli Stnddbruggs o immortali, immersi in tutte

miserie della vita, impotenti a morire e struggentisi di

<lesiderio alla vista di

un funerale.
virt conspettante a
tutte le for-

Ma non
lilosofa

vogliamo chiudere queste considerazioni sul vec'

chio tema de consolatione Philosophiiv, senz'avvertire che la ^

* .V"^.

*^^'

non

l'unica o

somma

consolatrice,

come pensarono

taluni filosoft antichi e parecchi ^

moderni che hanno rinno n l'unica n la suprema,


la vita,

**'*
"!f.
'

vita

gpiri-

vato in s questa concezione.

Non

tnaie.

perch
solo

il

pensiero, se per

un verso supera

per l'altro

un modo
la vita.

della vita stessa, la quale in tutte le sue


l'attivit
filosofia
i

forme risana con


consola
pensiero,

mali dell'attivit e con la vita

La

ha diretta azione sui mali del

ma non

sugli altri tutti, al

modo che pretendevano


Essa non ha pezzuole
gli

gli stoici e altri savi di


]>er

scuole

affini.

asciugare tutte

le

lacrime che
al loro

uomini versano, e

})u

solamente conferire
le
i

conforto col fugare l'oscu-

rit teoretica,

tenebre mentali, che di solito irritano e


loro

inacerbiscono
catarsi
l'arte

dolori e impediscono o ritardano

la

dell'azione.

Ma

ogni forma di attivit spirituale,

come

la filosofia, la vita pratica

non meno che

la teo-

1?.

Croce, Logica.

Jl

322

LB FORMB DEGLI ERRORI E LA RICERCA DELLA VERIT


sono fonti di consolazione; e ciascuna necessaria
l'altra.

retica,

e
Il

nessuna sostituisce

dolore e

l'elevazione
del dolore.

, un detto non esatto, quando si prenda alla lettera, perch accrescimento di conoscenza superamento di dolore. Ma vero,

Chi accresce conoscenza, accresce dolore

ove s'intenda che la cresciuta conoscenza, anzich togliere


i

dolori della vita pratica, ne apre solo

nuove
e,

fonti in

cambio

delle antiche.

Non

li

toglie,

ma

li

eleva;

per adoperare

la bella espressione di

un contemporaneo

scrittore italiano
il

(A. Oriani), la
soffrire
altri

superiorit nient'altro che

diritto di

pi in alto. Pi in alto;

ma

n pi n meno di

che sono a un grado inferiore di conoscenza;


pi in alto per operare pi altamente.

e sof-

frire

PARTE QUARTA

SGUARDI STORICI

La Storia della Logica e la Storia della Filosofia

tre termini,

Realt, Pensiero e Logica, e

il

rapporto

di essi, potrebbero venire rappresentati

tre cerchi, l'uno incluso nell'altro,

con un sistema di denominando a piacere


o quello che incluso
al

come

inizio quello

che include
E, ove ci
il

tutti
si

in tutti:

RPL

LPR.

attenga

primo dei due


la Realt,

ordini di denominazioni,
il

primo cerchio sar

che

Pensiero (secondo cerchio) pensa, al

modo

stesso che esso

viene a sua volta pensato nel terzo cerchio, costituito dalla


Logica,

Pensiero del pensiero o Filosofia

della

filosofia.

A questo simbolo grafico non mancherebbe forse fortuna; ma non lo cerchi il lettore nelle nostre pagine, perch, rendendoci conto di quel che esso avrebbe non solo di rozzo

ma

d'inadeguato e di pericoloso, partecipiamo alla repugnanza

che

si

suole quasi per istinto provare innanzi a consimili

materializzaraeiiti.

E, invero,

il

vizio di quella figurazione spaziale nello


tre,

scindere che essa fa in tre circoli quello ch'


in uno, e
si

ma
un

tre
tri-

dovrebbe esprimere

di

conseguenza

in

plice circolo, che fosse insieme


tre coincidessero:
bile.
il

un

circolo solo in cui tutti

che geometricamente irrappresentacircoli,


il

Scisso in

tre

rapporto

di Realt,

Pensiero

della Realt e Pensiero del Pensiero d luogo legittimamente

326

SGUARDI STOHICI

alla

domanda: perch mai non potrebbe


il

esservi

un quarto,

quinto, sesto circolo (e via all'infinito), che includa rispet-

tivamente

terzo,
al

il

quarto,

il

quinto

(e

via all'infinito)?

perch mai

pensiero del pensiero, che la Logica, non

seguirebbe una Logica della Logica, o un pensiero del pensiero, e via

moltiplicando? Questa

domanda non ha formato

per noi obiezione che potesse arrestarci


istante,

nemmeno
scisso

appunto perch non abbiamo mai

per un Tunica

realt in

due o pi realt diverse (materia

e spirito, natura

e idea, e via dicendo), n in

una

serie di diverse realt,


si-

runa seguente
stema

all'altra;

ma

l'abbiamo concepita come

di relazioni e correlazioni, che

costituiscono unit,

anzi la sola unit concretamente pensabile.


all'infinito

Un progresso

non pu

aprirsi per termini che siano coincidenti


il

e correlativi, giacch pensare

pensiero del pensiero non

sarebbe in questo caso un atto nuovo, pensare


il

ma

il

medesimo che

pensiero.

meglio, quell'atto mentale sar nuovo

(e qualsiasi atto
si

mentale in questo senso nuovo) in quanto

compie

in

condizioni sempre nuove;

ma

la
il

sua forma
pensiero e

spirituale

quella della Logica, che pensa


il

chiude da parte sua


all'indiff'erenza,
la

processo della realt. Quanto poi


triplice circolo circi

che nel simbolo del

determinazione del primo e dell'ultimo, essa ben simbo-

leggia per noi l'inconcepibilit di

mente primo, e

di

un primo, che sia solaun ultimo, che sia solamente ultimo;


la

ossia la coincidenza dell'unit con

relazione, che

il

primo e l'ultimo. La realt non solamente pensata dal


pensiero,

ma

insieme pensiero; e

il

pensiero non sola-

mente pensato dalla Logica,


che vogliono esporro

ma

insieme Logica. Coloro

la filosofia e la storia,
altri

movendo

dal

centro del Logo o della Logica, e gli


esporle

che vogliono
(]uclla pe-

movendo

dalla periferia dei

fatti,

hanno entrami)!

ragione e torto, perch quel centro periferia e


riferia centro.

I.

STORIA DELLA LOGICA E STORIA DELLA FILOSOFIA

327

In contbrrait di questa concezione di assoluta

imma-

inesistenza

nenza, in nessuna parte del Reale '


'

ci si

mostrata qual^

"

""'"*
'

"

sofia generale fuori delio

siasi divisione tra

idea e fatto, tra generale e particolare,

tra realt primaria e realt secondaria e simili:

bench

in

"'f"*
coiaii;

'

ogni parte abbiamo ritrovato relazione e correlazione, unit


e

distinzione

nell'unit.

Non v'ha una


filosofie

filosofia

generale
la filo-

innanzi o dopo o accanto alle


sofia

particolari:

particolare

generale,

all'inverso;

n v'ha una

storia generale, la quale

e all'inverso.

La

storia

non sia insieme storia particolare, sempre storia dell'uomo in quanto,


e,

artista, pensatore,

produttore economico, essere morale;

nel

distinguere questi vari aspetti, essa ne pone l'unit,

che non trascende questi aspetti vari,


stessi.

ma

questi aspetti

Parimenti
Filosofia,

la

storia

del

pensiero,

ossia

la

storia della
si

e,

per con-

che uno di

tali

aspetti determinati, ^

divide

'""*"'"'
unii

f^ Storia
tioso-

nelle storie dei particolari concetti filosofici ed storia del'

delia

r Estetica, storia della Logica, storia dell'Economica, storia ^* o


dell'Etica;

Keneraie,

ma

insieme

si

unifica

in

queste e consiste

fuori delle storie delie


**^'_*'"^ ^^*]'

non d'altro che


larit),

di esse, in esse risolvendosi interamente.

sotiehe partU
coiari

Fuori delle storie particolari (che sono unit nella partico-

non v'ha una Storia generale della Filosofia, nel significato di una storia della Filosofia generale, della Metafisica, o come altro si voglia chiamare.

noi

sembra che uno

tra gli errori che viziano la sto-

riografia della filosofia sia codesto pregiudizio di

una

trat-

tazione della parte generale di quella storia, nella quale, a

mo' d'esempio,

le

speculazioni intorno alla pratica entrino

per incidente, buona parte delle dottrine logiche sia esclusa

come non
analisi,

pertinente, e le dottrine sull'estetica vengano, se


11

mai, accennate di furto e di volo.

pregiudizio, in ultima

proviene dalla vecchia idea di una Ontologia o

Metafisica,

come scienza

di

un mondo

ideale, di cui la na-

tura e l'uomo sarebbero attuazioni pi o

meno

imperfette;

o28

SGUAItUI STORICI

donde

il

considerare la parte forse pi viva e schietta della

fliosota

come

filosofia

speciale, concernente

il

cosiddetto

mondo umano
e

e naturale, e lasciarla fuori della storia vera


filosofia,

propria della

che sarebbe quella della

filosofia

generale. Di qui altres la curiosa configurazione di questa

storia generale della filosofia, che, riguardata dappresso,

si

scopre

come

nient'altro

che una serie

di

schiarimenti

storici circa taluni

problemi di Logica e taluni di Filosofia

della

pratica

(individualit, libert,

sommo

bene, ecc.) e

parecchi nascenti dalle relazioni dei due ordini (conoscere

ed essere,
con
i

spirito

natura, infinito e finito, ecc.):


filosofica,

tutti,

senza dubbio, materia di storia


gli altri

ma

da integrare
senza

problemi dai quali sono

stati distaccati e

quali

non riescono bene


Critica

intelligibili.

La

filosofia altret-

tanto nella Poetica e Rettorca quanto nella Metafisica di


Aristotele, nella
del

Giudizio del Kant non


;

meno
fuori

che nella sua Critica della ragion pura

non

mai

delle varie trattazioni concernenti le cosiddette parti speciali

della filosofia. Gli odierni storici della filosofia, che

hanno superato tante forme di trascendenza, dovranno superare anche il residuo che ne serbano, per cosi dire, nella
loro stessa casa.
Storie del-

Certamente,

la validit delle distinzioni tra

vari aspetti

le

filosofie

particolari
e valore
let(li

del reale e tra le varie filosofie particolari rende possibile


divisioni
letterarie,
di

per

le

quali

si

compongano

speciali

tor iir io
ni.

trattazioni
storia

tali divisio-

Etica e di storia dell'Etica, di Logica e di


Estetica e di storia dell'Estetica
lecito,
:

della Logica, di

ma

per ci stesso non

adottando consimile

modo

di divisione, costruire

mai una trattazione


le

di Filosofia ge-

nerale e una corrispondente Storia della filosofia generale.

Non

lecito,

perch

anzidette divisioni letterarie sup-

l)ongono una distinzione di concetti;


nerale

ma una

filosofia ge-

non concettualmente
si

distinguibile, o,

quando
si

si

tonta di determinarla,

ottiene tutt'al pi,

come

detto^

I.

STORIA DELLA LOaiCA E STORIA DELLA FILOSOFIA


di

320

un mucchio
filosofiche,

frammenti

storici, tratti dalle varie scienze

un aggregato arbitrario.
si

Con queste considerazioni

data disposta alla

do-

La
della

storia

manda

circa

il

rapporto che corre tra storia della Logica


il

Logica iu senso
particolare.

e storia della Filosofa, e che a nostro avviso

mede-

simo di quello tra Logica e Filosofia, termini non distinguibili

n opponibili.

La

Storia della Logica non fuori

della storia della Filosofa,

ma

parte integrante di questa

storia; e farne oggetto di trattazione speciale

importa semnella quale

pre comporre un'intera storia della

tlosolia,
i

letterariamente

si

mettano in primo piano


gli
altri
si

problemi della

Logica, gettando
fondo.
Il

non

fuori

del

quadro,

ma

nel

medesimo

ripeta

per la storia dell'Estetica,

dell'Etica, e di qualsiasi altra particolare disciplina.

Rinnovata pi o meno profondamente


si

la

Logica (come

Lavori
torno

in-

cercato di fare in questo libro), consegue che anche

alla

storia della

le storie,

che finora se ne posseggono, non finiscano di sodtutto; perch, condotte


il

Logica

disfare del

con

criteri oltrepassati

come

il

formalismo aristotelico o

panlogismo hegeliano,
i

non interpetrano sempre con giustezza


la loro materia, o attribuiscono posto e

fatti

che formano

importanza esage-

rata ad alcuni, trascurandone altri assai pi degni di notizia e di

esame.
speciali,

Di

libri

che recano
dirsi

il

titolo

di

Storia della

Logica, uno solo deve

insigne per dottrina e per


la

lucida e animata esposizione,

storia
il

di

Carlo Franti,

che sfortunatamente non va oltre


e
ci

secolo decimoquinto,
il

lascia

privi
'.

della sua guida

per tutto

corso della
trattati

filosofa

moderna

Ma

anche

periodi

largamente

Geschichte der Logik ini Abendlande, Lipsia, 1855-1820, voli, quat-

tro.
si

Per

alcuni autori di logica, appartenenti ai secoli successivi,

hanno

le

sparse memorie che

il

P. venne inserendo in atti accade-

mici, e che sarebbe

opportuno l'accogliere in volume.

330

SGUARDI STORICI

(Antichit e Medioevo)

vengono
che
si

in essa considerati dall'an-

gusto angolo visuale di un temperato aristotelismo e formalismo. Gli


altri lavori,
^.

fregiano dello stesso


le

titolo,

sono trascurabili

Vero che

migliori storie

della

Lo-

gica non bisogna cercarle sotto questo nome,


gliori storie della filosofia, e

ma

nelle mi-

innanzi a tutte in quella dello

Hegel, che nella sua maggior parte storia della Logica.

Augurando dunque una nuova


criteri ora accennati, ci

trattazione condotta coi

restringeremo nelle pagine che se-

guono a schizzare

la storia di alcuni punti della dottrina

logica, senza pretesa alcuna di compiutezza,

nemmeno

ap-

prossimativa, e a fine di semplice illustmzione delle cose


dette
nella

parte teorica.

Nella quale parte teorica (per


di filosofia e storia) la storia

l'identit
si

da noi dichiarata

pu dire gi contenuta e disegnata;


i

e giova solo cavar-

nela fuori a miglior luce, e mettere

nomi

e le date,

che

disopra sono stati quasi costantemente taciuti e sottintesi.

Un

rapido schizzo, compilato in parte sull'opera del Franti, con


gli

annessa polemica contro


la

avversari della Logica hegeliana, precede

Logk- (1865) di

Kuno

Fischer. Carattere quasi esclusivamente bila parte storica del Si/ntem der

bliografico,

con excerpta, ha
(5* ediz.,

Logik del-

I'TJeberweg

1882, curata

da

J. B.

Meyer); e pi arida anu.

cora quella contenuta in L. Rabus, Logik


ien

System der Wisaenachaf-

(Erlangen-Lipsia, 1805). Povera di notizie, verbosa e vaga, la Gesch.

d.

Logik di F. Harms (Berlino, 1881). Nelle recenti monografie intorno


si

a punti particolari

nota

l'efificacia della

cosiddetta Logistica o nuovo

formalismo, che induce a sprecare tempo e fatiche in inezie o curiosit di assai scarso pregio.

II

La teoria del concetto

n V-^ome
lo si

si

ricercato chi fosse

il

padre
'

dell'Estetica, e

Questione

si la Logica additato di solito in Platone, cosi per ^ '^ istituita l'analoga ricerca, e con consenso quasi unanime

"f*" dre delU Lo


'i''"'''*

"

gk-a...

l'onorifica paternit stata assegnata

ad

Aristotele. Senon-

ch, pur concedendo in certo senso e in qualche misura le

ricerche intorno agli

scopritori

ai padri

Aristotele

non potrebbe ottenere quel posto, perch,


la scienza del concetto,

se la Logica

questa scienza era certamente coE, del resto, Aristotele

minciata prima di
attribuiva
del
il

lui.

medesimo

si

solo vanto dell'avere ridotto a trattato la teoria


l'altro dell'inda-

ragionamento*; e lasciava a Socrate

gine e definizione del concetto

(xovz. x'^iaxxixovq
(ayx.i'i)

Xyov^ xal t
-.

QiteaOai), cio del pensiero stesso

della Scienza logica

In quest'affermazione dell'assolutezza del sapere e della Socmte,


verit
il

Pia-

valore di Socrate di fronte ai

sofisti, '

come

in

***"*'

^"^*"

tele.

genere l'importanza della Logica ellenica nell'et classica.

La quale elabor
o della
in

l'idea del sapere concettuale, della scienza

filosofia, e la

trasmise al

mondo moderno,
le

espressa

una terminologia che

per gran parte la stessa che an-

cora noi adoperiamo. Quasi con

medesime parole

dei

t-

De

sophist. elench., e. 34.

Metaphijs.,

M,

4,

p. 1078 6, 28-30; cfr.

A,

6, p.

987

6, 2-3.

332
losofi greci, noi
il

SGUARDI STORICI

respingiamo ancora
il

la rinascente sofistica,
la verit, o,

perenne protagorismo,
abbassa
al

sensismo che nega

come

l'antico Gorgia, col dirla individuale e incomunica-

bile, la

grado

di sentimento o di pratica utilit.

In Platone, la difesa e l'esaltazione del sapere concettuale

furono accompagnate addirittura da dispregio verso

la co-

noscenza del singolo e individuale:


zioni
si

il

mondo

delle sensa-

dissipava

come fantasma
delle

al sole, al

paragone del
pur tenendo

mondo immortale

Idee.

Ma

Aristotele,

fermo che non v'ha scienza deiraccidentale e dell'individuale, della sensazione legata allo spazio e al tempo, al

dove
stro e,

e all'ora, e che oggetto della scienza l'universale,


il che cosa l'essere, fu pi largo del maecome salv l'opera della poesia dalla condanna pla-

l'essenza,

tonica, COSI in tutta la sua filosofia, e in tutte le sue inda-

gini di fisico, naturalista, politico e storico, afferm la virt

dell'esperienza e dell'osservazione storica.


Dispute in

D'altra parte, se in Socrate

si

ebbe solamente

la

co-

Grecia
torno

inalii

scienza ancora indeterminata e vaga dell'universale, e in

natura del
concetto.

Platone s'inizi la ricerca del carattere del* vero universale

Trascendenza e im-

nella sua distinzione dall'universale empirico, in AriIl

stotele questa ricerca die frutti cospicui.


la

problema circa

manenza.

natura del concetto s'intrecci, allora come poi, con

l'altro

problema circa

la

trascendenza o immanenza dei conle strette relazioni

cetti, col

quale (nonostante
si

che vi corsi

rono) non

pu del
il

tutto identificare,

epper non

deve

confondere. Infatti,

problema della trascendenza o immasi

nenza degli universali


lapporto tra valori e

riduce a (jucllo pi generale del


ideale e reale, dover essere ed

fatti,

essere; laddove l'altro circa la natura degli universali s'ag-

gira sulla distinzione tra universali veramente logici e universali pseudologici, e sull'ammessibilit o

meno
i

degli uni

o degli altri o degli uni e degli


sul loro

altri,

e per conseguenza

modo

di relazione.

Ma

il

nesso tra

due problemi

II.

LA TEORIA DEL CONCETTO


si

333

dato da ci, che, ove

neghino

g\i

universali puri e

reali lasciando sussistere solamente quelli arbitrari e nominali,

cade anche la questione circa l'immanenza o trascendenza degli universali. Nel primo problema e nella polemica
di Aristotele contro

Platone intorno alle idee, potuto per-

sino sembrare a taluni critici (Zeller e altri) che Aristotele

fraintendesse
clic

il

suo maestro con l'immaginare un errore


tutt'al pi, si

questi

non aveva mai commesso, o che,

rivolgesse contro esposizioni grossolane della dottrina, aventi

corso presso qualche scuola platonica.

Ad
il

altri

invece

(e

ricordiamo
sasse
nel

il

Lotze) parso che Aristotele in fondo la pendi

modo medesimo

Platone;

quale,
in

l'esistenza delle idee in

uno spazio iperuranio,

ponendo un sopra-

mondo

o sopracielo, veniva a rifiutare a esse quella realt,

che Aristotele loro rifiutava, e a considerarle come valori e non come esseri: quantunque l'uso linguistico greco
g'

impedisse di esprimere

la difl'erenza,

come impediva

di

esprimerla allo stesso Aristotele quando lo conduceva a de-

nominare

generi

sostanze seconde
la

>

(SeTEQui ovoi'ai).

E seb-

bene per quel che concerne


a noi sembri che
oflFertici

non
la

si

prima interpetrazione anche possa coi documenti spesso incerti

dai dialoghi platonici infirmare

un

cos solenne
* ;

documento quale
la

testimonianza di Aristotele
si

e circa

seconda, che per essa non tanto

purghi Platone del

vizio della trascendenza,

quanto piuttosto se ne taccia parsuo predecessore non

tecipe anche

il

suo avversario; quel che c'importa notare


al

che l'opposizione di Aristotele

ha nulla che vedere con l'opposizione del moderno nominalismo ed empirismo contro l'idealismo, la quale contesta la verit stessa del concetto. Verit, che Aristotele negava

Si

vedano

sul proposito le osservazioni del Lasson nella prefaz.

alla

sua recente traduzione tedesca della Metafisica (Jena, Diede-

richs, 1907).

334

SGUARDI STORICI

tanto

poco quanto Platone,


al

ed.

esplicitamente

dava per

questa parte piena ragione


l'atto di

suo predecessore, approvando

v'ano
Controversie
in

11

accusa da lui steso contro i sofisti, che si attenenon all'universale ma all'accidente, cio al non-ente. cominciamento dell'indagine circa la natura degli uni-

Pla-

tone circa le varie forme


del
to.

versali o idee

da vedere piuttosto negli impacci

di Pla-

tone innanzi alle domande: se vi siano idee di ogni cosa,


delle cose artificiali
vili,

concet-

come

delle naturali, delle nobili e delle

delle

cose o anche delle propriet e relazioni, delle

cose buone o anche delle cattive {xalv xal aoxQv, ava^v


xal xaxv)
*.

Impacci, dai quali egli non esce se non con

istrane ammissioni,
le

come

quella che vi siano

idee

di tutte
;

cose anzidette, per ricadere poco dopo in contradizioni

nondimeno, attraverso impacci e contradizioni,


i

si

vedono

profilarsi

problemi odierni: se
(di

le

idee siano concetti rap-

presentativi

cose), o

non

piuttosto

categorie (idee di

relazione); se gli opposti siano specie particolari delle idee


(se vi siano idee di cose turpi e brutte,

come

delle belle e
il

buone); se
naturale e
ficiali);

si
il

possano discernere, rispetto

alle idee,

mondo

mondo umano

(le

cose naturali e le cose artisi

oltrech nello stesso Platone


il

hanno accenni a
filosofico.

distinguere
I concetti
tilosofici.

sapere matematico dal sapere


la

In

Aristotele

determinazione

del concetto

filosofico

gli

empirici

rigoroso e la distinzione di esso da quelli empirici e astratti,

e astratti in

compie grandi
ci

passi,

quantunque non appaia, per quanto


dei
i

Ariatotele.
Filosofia,
sicR,
fl-

noto,

come
il

risoluzione

notati impacci platonici.


limiti
le

matematica.

Aristotele segna accuratamente

tra la filosofia (e

perci tra

concetto filosofico) e
perci
i

scienze fisiche e mae matematici).

tematiche
losofia,

(e

concetti

fisici

La

Fi-

scienza di Dio o teologia (come anche la chiama),

tratta dell'ente nella sua assolutezza,

non degli

enti partile

colari

n della materia che entra a comporli;


TeeMo

scienze

Ofr. in ispecie

il

Famienide,

il

il

della Repubblica.

II.

LA TEORIA DEL CONCETTO

335

non
(reepl
li

filosofiche trattano invece

sempre
i

di entit particolari

6v

TI

xal Yvog

xi),

e tolgono

loro og'getti dal senso o

dandone dimostrazioni ora pi hanno d'uopo di alcuna determinata materia (vlr]), perch concernono semsotto
ipotesi,

assumono

ora

meno

esatte. Tutte le scienze fisiche

pre nasi, occhi,

carni,

ossa, animali, piante, radici, cor-

insomma, e soggette al movimento; e anche intorno all'anima, o piuttosto a una sorta di anima (toqI ipxJXTjs viag), in quanto questa non senza materia, sorge una scienza fisica. Le matematiche, al. pari della fitecce: cose materiali,
losofia, studiano,

non gi

le

cose soggette al movimento,


filosofia,

ma

l'ente

immobile; senonch, a differenza della

non prescindono dalla materia nella quale i loro oggetti sono come incorporati (t? v vXxi) la soppressione della ma>

teria ottenuta in esse solo

per aferesi o astrazione ^


<*" univeraa-

In questo contrasto del procedere filosofico con quello


lsico
-

e matematico
il

matematismo;

punto d'appoggio dell'empirismo pre>!equem quale, inferiore ad Aristotele, nega la dei per io
il

scienza

intorno all'essere assoluto


il

(jteQ

ovtog

nk)^),

la-

*"

*'

sciando in vita solamente

secondo ordine di scienze,

in-

torno al materiale e all'astratto.

Importante poi in

Aristotele un'altra distinzione, che, a dir vero,

non

si

rie-

sce a scorgere fino a qual punto egli riattaccasse alla pre-

cedente tra

filosofia e fisica,

con la quale sostanzialmente

fa tutt'uno. Aristotele

conosceva due forme di universali:


(to alei) e quello del
si

l'universale del
(tot)
il

sempre
2.

perlopi
tale

(05

Eni T jtoW)

Ben

accorgeva della differenza tra


il

primo, che davvero universale, e

secondo che
si

solamente in

modo approssimativo
il

e
il

improprio, e

do-

mandava
anche
il

perfino se vi sia solamente

per lo pi,
si

non

sempre; ma

suo interessamento

volgeva,

1 -

Metaphys., E,

1,

p. 1025 6, 1026 a.

Metaphys,,

ivi,

1027 a.

336

SGUARDI STORICI

piuttosto che alla differenza comparativa delle


al

comune
di

carattere di

due forme, universalit che entrambe asseri-

vano
(egli

fronte
si

all'individuale e accidentale.

La scienza

diceva)

occupa non dell'accidentale


{ni x nolv)
^

ma

dell'uni-

versale,

che sia eterno e necessario (vayxaov) o solo ap.

prossimativamente universale
e

Filosofia, fisica

matematica avevano

allora, agli inizi della scienza,

un

avversario
di esso. si

comune

nel sensismo e nella sofistica; e contro

stringevano in alleanza, anzich, come poi ac-

cadde, combattere in guerra intestina.


Controversie di

Senza indugiare

sul

posteriore scetticismo, sul mistici-

Logi-

ca nel Medioevo.

smo

e sul mitologismo che segnarono la dissoluzione della


il
il

filosofia antica e

germe

di

una

vita

nuova

(di

gran lunga

pi d'ogni altro

mitologismo cristiano, che aveva accolto


antica e svilupp presto una impor-

elementi della

filosofia

il non lieve avanzamento che compi il problema logico nelle scuole medievali giacch non sembra ormai pi lecito considerare la filosofia medievale (secondo che un tempo si usato) quasi episodio trascura-

tante teologia), da avvertire

bile,

mero

detrito della cultura antica senza connessione


spiriti.
si

alcuna col posteriore moto degli


dispute dei nominalisti e realisti,
della trascendenza e
coi presupposti di
gia, della quale
si

Certamente, nelle

il problema immanenza, che non era dato risolvere una filosofia avente accanto a s una teolo-

trascinava

faceva ancella. La trascendenza platonica


ai

era insanabile nel cristianesimo; e coloro, che


stri

giorni no-

s'industriano di purificare

il

cristianesimo dalle scorie


in

del pensiero greco,

non s'avvedono che


filosofie
il

questo purit-

camento, operato dalle loro

dell'azione e dell'im-

manenza, distruggono o superano

cristianesimo stesso

-.

Anal. po$t.,
SI

I, e. 80.

vedano

gli scritti ilei Gkntiuk,

a proposito del De Wulf

e del

La

Berthonnire, in Critica, III, pp. 203-21, IV, pp. 481-445.

II.

LA TKORIA DEL CONCETTO

337

j\[a

nelle

dispute dei

nominalisti e realisti, oltre la querispetto


alla fedo

Nominaii**"" '^*^'"
81U0.

stione del posto che tocca alla scienza


religiosa, o alla scienza

mondana
anche
la

rispetto alla scienza rive-

lata e divina, si agitava

questione circa la natura

del concetto;
telica intorno
significati

cio
alla

proseguiva l'indagine platonico-aristodottrina del concetto, nel secondo dei


distinti.

da noi

Neanche

in

tale

indagine

si

giunse a una vera conclusione: la formola conciliatoria


degli
interpetri

arabi

di

Aristotele, accettata
gli

da Alberto

Magno
le si

da Tommaso d'Aquino, onde

universali erano

affermati

come

esistenti

ante, in e post rem,

quantunque

possa conferire un significato plausibile, veniva intesa


superficiale, e

in

modo

perci non a torto sembrata a

qualche critico troppo comoda e sbrigativa ^


di quella sorta

Una

disputa

non

si

risolve

con una

somma

delle opinioni

discordanti, come nella predetta formola, o con una media, come nel concettualismo. Ma i realisti, sostenendo gagliardamente la verit dell' universale filosofico, sostennero i diritti
listi,

del pensiero razionale e della filosofia; e

nominaai

da
la

parte

loro,

asserendo

in

contrapposto

primi

l'universale nominalistico, prepararono le teorie

moderne

circa

scienza naturale.
di alta di

Il

realismo produsse un pen-

siero

filosofico

mento ontologico
attraverso
il

importanza, com' il famoso argoAnselmo d'Aosta, nel quale (sebbene mito di un Dio personale) si afferma l'unit

di essenza ed esistenza, la realt di ci

che concepibile

e veramente concepito. Gaunilone, che confutava e ironiz-

zava quel concetto, recando


sima
I

in

esempio un'isola

perfettis-

pensabile eppure inesistente, sembra un


il

Kant

anti-

cipato,

Kant che
fu,

nello

stesso
se

intento recava l'esempio


sia

famoso dei cento


che
il

talleri:

pure non

pi esatto dire

Kant

in

quel caso, un Gaunilone in ritardo. Al

Pkantl, Gesch.

d. Logik, III, pp. 182-3.

B. Croce, Logica.

338

SGUARDI STORICI
al

quale avversario Anselmo replicava (come poi


Hegel) che non
si

Kant

lo

trattava di un'isola (di cento talleri, di

qualcosa d'immaginabile e che non punto concetto),


dell'Essere di cui non
si

ma
pi

pu pensare

il

maggiore e

il
i

perfetto (del concetto vero e proprio). D'altra parte,


minalisti, che,
les

no-

come

Roscellino, sostenevano che le universa-

substantice erano nonnisi flatus vocis,

adempirono

l'utile

ufficio di
le

non

lasciare confondere e perdere nella filosofia

scienze di esperienza.

La connessione
la

del nominalismo

col

naturalismo
i

si

vede chiara in Ruggiero Bacone, che


individuali,
cosi

considerava
esterna,

fatti

detta

esperienza

nella

sua immediatezza, come l'oggetto vero e


i

proprio della scienza, e

concetti

come semplici mezzi

d'in-

quadrare

la

sterminata ricchezza
;

dell' individuale. Intelle-

ctus est debilis (egli diceva)

propter
est

eam

debilitatem magis

conformatur
habet
xominaiiamo, misticisino e conici(lenza
dcffii
.

rei

debili, quce

universale, quani rei quiB

li

multum
i

de esse, ut singulare

Ma

nominalisti, dalecticw- haretici (come

chiamava
in,

^^selmo), erano eretici nella sola cerchia dialettica. La ''


verit restava per essi
tentio,
<t

un

di ih:

il

concetto,

sl

secunda

oppos

era,

si,

cosa arbitraria, -ad placitum instituta

forma
di

artificialis tanttini, qncc

per violentiam habet

esse-
la-

ma

c'era

sempre
le

la fede e la rivelazione.
;

Dio

verit, e in

Dio

idee sono reali

onde Ruggiero Bacone


sentimento
com'egli
si

accanto all'esperienza sensibile faceva la sua parte, come


i

positivisti o noocritici odierni,

al

o,

diceva, al

lume

interiore.

Il

misticismo, che

svolse

nella filosofia medievale dall'unilaterale realismo

non meno

che dall'unilaterale nominalismo, d


tempi nuovi, alla
ducta ignoraiitia.
in
essa,
filosofia del

la

mano,

sull'alba dei

Cusano,

allo scetticismo, alla

religioso,

La quale non mera negazione, tantoch quantunque in forma negativa e con miscuglio si viene abbozzando la teoria della coincidenza
di quel

degli opposti, ossia gl'incunaboli

movimento

lo-

II.

LA TEORIA DEL CONCETTO

339

gico moderno, che doveva vincere in ultimo la trascendenza.

La coincidenza
([uale

degli opposti
fatto,

il

germe

della dialettica, la

unifica

valore e

ideale e reale, dover essere

ed essere: importante pensiero, che riappare nella mistica


tedesca, e (cosa significante pei suoi futuri destini) risuona

gi

sulle

labbra di Martin Lutero,

il

quale diceva che

la

virt sta col vizio contrario, la speranza con l'ansia, la fede


col
lo

vacillamento, anzi

con
la

la

tentazione, la dolcezza con


la
il

sdegno, la castit con


in

brama,

grazia col peccato,

come

natura

il

caldo col freddo,

bianco col nero,

la

ricchezza con la povert, la sanit con la malattia; e che

pcccatum manet

et

non manet,
si
'.

tollitur et

non

tollitur
si

che, nell'istante in cui


.iltresi di

cessa di farsi migliori,

cessa

essere buoni
il

E, prima che diventasse dominante


della coincidenza

in

Jacopo Bohme,

medesimo concetto

degli opposti era svestito della sua forma religiosa ed elo-

quentemente difeso
lettica,

in Italia

da Giordano Bruno
realistica,

^.

Questa corrente di pensiero,

mistica e dia-

Il

Rinasciil

doveva dare solamente qualche secolo pi tardi i suoi frutti migliori. Per intanto, nel secolo deciraosesto e pi ancora nel seguente, la vittoria sembr restare al nominalismo, cio
Vinci irrideva
le

mento e u a tur al
8mo.
cone.

i-

Ba-

al

naturalismo. In
mente,

Italia,

Leonardo da
cio

dispute teologiche e speculative, e cele-

brava non gi

la

ma

l'occhio

dell'uomo,

la scienza d'osservazione; e la stessa via


aristotelici e naturalisti,

tenevano

gli anti-

che fecero sopra la scolastica va-

lere le scienze naturali. In Inghilterra, l'altro

Bacone non

sar da considerare gran filosofo n gran naturalista,


fu certo l'abile

ma

facondo banditore del naturalismo che

lottava per aprirsi la strada, anzi del naturalismo trionfante.

1 Per questi luoghi degli scritti di Lutero, si veda F. Zar Wiedergeburt des Idealismus, Lipsia, 1908, pp. 44-6. ~ Si veda il mio saggio sullo Hegel, e. 2.

J. Schmidt,

340

SGUARDI STORICI

Si potrebbe dire che nel

Novum Organum
i

l'universale del

per

lo pi rivendichi

suoi diritti di fronte a quello del

necessario e dell'eterno, non certamente con l'intento di sopraffare l'altro,

ma

bene d'integrarlo. Perch

il

sillogismo,
filo-

diceva Bacone, non basta, ed occorre l'induzione; la


sofia

la

teologia

hanno

diritto

nel

loro

campo,

ma
l'

fa

d'uopo anche una scienza

fisica;

all'induzione filosofica, che


indu-

va

di lancio alle

cause prime, devo accompagnarsi

zione graduale

(la sola

che interessi

al naturalista), la

quale
i

congiunge per mezzo di leggi via via pi generali


natura per attenersi a quelle
le
efficienti,
le

fatti

particolari; le cause finali sono da bandire dallo studio delia


e sono

da bandire

anticipationes naturai, cio

intrusioni del filosofismo

nelle scienze naturali.


L'ideale
della 8eien-

Per un
ygj^j^g

altro

verso, in quel

tempo

il

concetto puro
il

si

za esatta e

malamente identificando
della filosofia
si

col concetto astratto,

ra-

la filosofia cartesiana.

zionalismo speculativo prese forma di razionalismo matematico, e l'ideale

confuse con l'ideale della


si

scienza esatta. Questa tendenza

scorge gi in Leonardo,

che, fuori e talvolta sopra dell'esperienza, vantava la soia

ragione, cio

il

calcolo; e pi tardi

si

mostra chiara

in

Galileo.

Animata da

essa la filosofia cartesiana, quella

cio di Cartesio e dei suoi prosecutori, segnatamente dolio

Spinoza e del

Leibniz; la quale

perci

jier

eccellenza

filosofia intellettualistica,

fondata sopra escogitazioni vuote

ed eseguita con divisioni rigide, con metodo meccanistico,


finalistico altres

ma

operante sempre per mezzo del mecil

canismo. Certamente anche sotto queste forme improprie


pensiero fllosotco avanz: crebbe
rit
filosofica
la

coscienza dell'interiodel

con Cartesio,

dell' unit.'i

reale

merc

il

concetto spinoziano di sostanza, dell'attivit spirituale merc


il

tlinaraismo leibniziano;

ma
<

la

Logica rimase, nel suo

complesso, (luella vecchia

scolastica.

La purit
;

del con-

cetto fu asserita a spese della concretezza

onde

il

concetto

II.

LA TEORIA DEL CONCETTO

341

di

nelle

dottrine

logiche di quegli autori sempre qualcosa

astratto, per

quanto

gli

si

riconosca realt, e anzi


il

si

creda di poter pensare con esso


tesio, la

Realissimo

(il

Dio di Car-

Sostanza dello Spinoza,

la

Monade

del Leibniz). II

secolo decimottavo, matematico, astrattista, intellettualista,

raziocinatore, antistorico, illuminista, riformista e in ultimo

giacobino,

il

figlio legittimo di

codesta filosofia cartesiana,

che scambia la logica della

filosofia

con

la

logica della

matematica,
e calcolante.
si

la

ragion ragionante con la ragion raziocinante


fu
il

La Francia, che

paese in cui nacque e


sparse pi largamente,

radic pi profondamente e

si

deve a essa, pi forse che non


mentale che ancora serba e che
fattosi sentire

alla Scolastica,
il

l'impronta

forte influsso

germanico,
il

anche nella cultura francese durante

secolo

decimonono, non valso a mutare.


il

solo ai giorni nostri


filosofi-

paese tipico dell'intelletto astratto tenta di farsi


si

camente pi concreto, e

trov^a ora nello stadio dell'este-

tismo o intuizionismo, che potril apportare una vera rivoluzione (se quel moto non sar soffocato o non andr disperso)
nel tradizionale spirito francese.

L'opposizione all'astrattismo non fu rappresentata nel secolo decimosettimo, e per gran parte
del

Avveraar
del

decimottavo, se

carte-

sianismo.
Vico.

non da pensatori poco sistematici, presso i quali essa non and oltre la forma logica del presentimento e quella letteraria dell'aforisma. Tale in Francia Biagio Pascal col suo

anticartesianismo, col suo restringere

il

valore delle mate-

matiche e celebrare
conosce;
il

le

ragioni del cuore che la ragione non


lo

e,

in

Germania,

Hamann, che ebbe

cosi forte

senso della tradizione, della storia, del linguaggio, della

poesia e del mito, e perfino della verit contenuta nel principio della coincidentia oppositorum, che egli ritrov in

un

volume, venutogli sott'occhio, del Bruno.

Un

solo profondo

e sistematico pensatore rappresent l'opposizione all'astrat-

tismo e al cartesianismo, l'italiano Giambattista Vico,

il

342

SGUARDI sroRici
e

quale, prima

pi chiaramente delio

Hamann,

intravide

l'unit di fllosota e storia, o, com'egli diceva, di filosofia

e filologia; concep
della realt,

il

pensiero

come una storia ideale


che corre nel tempo;
specie separate e vi

immanente

alla storia reale

abol le distinzioni del concetto


sostitu quella dei gradi o

come

Schelling)
'astrattista

momenti, che egli (come poi lo chiamava epoche ideali; consider il secolo e matematico, che si vedeva sorgere innanzi,
et di

come un'imminente
gli
effetti

decadenza

filosofica,
il

presagendo
presagio
si

dell'antistoricismo di

Cartesio (e

avver); e abbozz a questo

modo una nuova

Logica, assai

diversa da quella di Aristotele o dalla allora recentissima


dell' Arnaud:

una Logica,
il

in cui Platone e

Bacone, Tacito

e Grozio, l'idea e

fatto,

dovevano ricevere appagamento.


Vico rimase inefficace anche perin cui l'Italia usciva,

Ma

se gli altri oppositori furono poco efficaci per l'avversa


spiriti,
il

condizione degli

ch nato in
in

Italia, nel

tempo appunto

quanto paese iniziatore e produttore, dalla circolazione forme pi popolari del pensiero straniero. Perfino
si

del pensiero europeo e cominciava ad aprirsi passivamente


alle

la

patria piccola del Vico, Napoli,


distica e sensistica; e

fece, allora, enciclopc-

non cominci davvero ad avvertire


'.

l'anticipato antidoto,

composto dal Vico per quei malanni,


astratto, e la
'

se
Logica
8110

non
Il

all'

incirca un secolo dopo

ein-

superamento della Logica del concetto

piristica

dl880l-

formazione di quella del concetto concreto o concetto puro '


o idea,
^||

vimento.

attu per altre vie, e primamente per una sorta

Locke, Ber-

riduzione all'assurdo della Logica empiristica e mateforza dello scetticismo al quale questa

me.

malica, in
di

doveva
filo-

necessit metter capo. Riduzione all'assurdo e scettisi

cismo terminale, che


sofia

osserva nel corso storico della


aii/i
(iall'

inglese, a

cominciare dal Locke,

Ilobbcs,

Si

veda

la

mia

Filosofia di GianOtatliata

Vico (Hari, lUll).

II.

LA TEORIA DEL CONCETTO

343

fino

airHume.

Il

Locke, movendo dalla percezione come


le
e,

presupposto, deriva tutte

idee dall'esperieuza, col solo

strumento della ritiessione;

rigettando

le

idee innate e
le altre,

considerando come pi o meno arbitrarie

serba

qualche oggettivit solamente


si

alle

idee matematiche, che


Il

riferirebbero alle cosi dette qualit primarie.

Berkeley

nega l'oggettivit anche delle qualit primarie: tutti i concetti, cosi naturalistici come matematici, sono per lui concetti

astratti e, in

quanto

tali,

privi di verit; la sola ve-

rit

r idea, che in
empiristica,
,

lui significa

nient'altro che sensa-

zione o rappresentazione del singolo.

La sua Logica non

nemmeno
aspetto
;

perch non logica sotto nessun

ed

tutt'al pi, un'estetica sostituita alla logica e


la

data per logica. Che egli poi, non ostante

sua negazione

totale degli universali (di quelli empirici e astratti

non meno
si

che degli speculativi, da

lui

nemmeno

mentovati),

argo-

menti di vincere
di
le

lo scetticismo e

ponga, in

effetto, le basi

una concezione

spiritualistica e volontaristica della realt,

quali debbono, a nostro parere, esser serbate e adopedal pensiero moderno, prova che la sua filosofia

rate

non

in tutto d'accordo

con

la

sua gnoseologia, e non gi che

questa non sia


siero.

la

negazione totale del concetto e del pendiretta del Berkeley,

Conseguenza

dunque, non poteva


il

essere se non lo scetticismo di


il

David Hume,

quale scuote

fondamento stesso sopra cui poggia


il

tutta la scienza della

natura,

principio di causa.
di

Per

effetto

questo scetticismo estremo,

il

supera-

t^a

scien

mento

Logica empiristica e astrattistica dov essere ^^Y* n iniziato con la riedificazione di questa Logica stessa fper- concetto <ieidella

ch non

si

supera ci che non

esiste),

cio con la dimo-

categcnn.

strazione, contro l'Hurae, che la scienza esatta della natura


possibile.

Tale l'assunto capitale della Critica della ra-

gion pura, contenente la Logica delle scienze naturali e

matematiche, pensata non pi da un empirista,

ma da un

344

SGLARDI STORICI
quale ha oltrepassato l'empirismo e riconosciuto

filosofo

il

che

concetti di esperienza
li

presuppongono

l'intelletto
si

umano
era gi

che originalmente

costruisca. Per questa via


il

messo
che

il

Leibniz, polemizzando contro

Locke e sostenendo

la riflessione

a cui

si

appellava costui rimandava alle

idee innate: perch, se la riflessione (egli diceva) nient'altro

che

une

attejition
ce

ce

qui

est eri

nous,

et

les

sens

ne nous donnent point

que nous portons dj avec nous

pu negare qi'il y est beaucoup d'inn en nous, puisque nous sommes, pour ainsi dire, inns nous mmes? Peut-on nier qu'l y ait en nous tre, unite, substance, dure, changement, action, per ception, piaisi

come mai

sir
I

et

mille

autres objects de nos

ides

intellectnelles ?

Nuovi

saggi, nei quali queste e altre teorie affini erano

svolte, rimasti inediti oltre

un mezzo
il

secolo, giunsero oppor-

tuni, nel 1765,

a fecondare

pensiero tedesco, e operarono


e

sul

Kant a una con l'empirismo


il

con

lo scetticismo inglesi:

questi dandogli

problema, e quelli come un barlume di


idee

soluzione.

Ma

le

innate del Leibniz sono profonda-

mente cangiate
nell'atto stesso,

nel

concetto

kantiano della categoria,

che elemento formale e non sussiste realmente se non che essa


effettua, del giudizio.

Le matema-

tiche
sesso,

vengono in questo modo rassicurate nel loro posnon pili merc le oggettive qualit primarie lockiane,
il

ma

per

loro fondarsi sulle forme a priori della intuizione,


le

spazio 6/ tempo; e raffermate altres

scienze naturali,

perch
Detta

concetti di queste sono costituiti per

mezzo

delle

categorie dell'intelletto
la

operanti sui dati dell'esperienza.


il

cosa in

altri

termini,

valore della scienza mate-

matica e naturale dimostrato col dimostrare che essa

opera necessaria dello

spirito.

<

Nouveaux

eitai,

avant-propos.

II.

LA TKOUIA DEL CONXBTTO


al
si

345
teorico della

Ma, per un altro verso,


scienza
esatta

rafiforzamento

I limiti del-

naturale

accompagna, nel medesimo

la scienza e
lo scettici-

Kant, una restrizione di valore. Quella scienza necessaria,

smo kantiano.

perch prodotta dalle categorie;


il

ma

le

categorie
si

non

possono attuare
pra
i

loro potere se non,

come

detto, so-

dati dell'esperienza;

epper quella scienza rinchiusa


il

nell'esperienza, e ogni volta che fa


i

conato di varcarne

confini,

si

avvolge in antinomie e paralogismi e annaspa

nel vuoto: aggirandosi nei fenomeni,

non pu mai superarli


in

e attingere la

cosa in s
il

>

Parrebbe da ci che

Kant dovesse terminare


lui,
il

un

I limiti del-

rinnovato nominalismo e misticismo; e in parte,

infatti,

la scienza e
il

Jacobi.

anche
il

cosi.

Contemporaneamente a

Jacobi avvertiva

limite

in

cui chiusa la scienza meccanistica e deter-

ministica della natura (la cui

somma

espressione filosofica

egli riponeva nell'Etica dello Spinoza), operante col principio

di causa e impotente, se
finito,

non voglia

suicidarsi, a uscire dal


;

che essa configura in serie causali

e concludeva pel

misticismo e pel
Dio. Al pari del

sentimento, organo della conoscenza di Jacobi, il Kant ricorre, a sua volta, alla
spirito, alla

forma ateoretica dello


stulati di essa,

ragion pratica e
la

ai

po-

che dovrebbero dare

certezza di quel Dio,

di

quella immortalit, di

quella libert

ragione teoretica non rifulgono.


elementi
filosofici positivi

Ma

nel

Kant

umana, che c' ben


;

alla
altri
Gli elementi

che non nel Jacobi

e questi elee

positivi

menti, quantunque da

nello scetti-

lui

non elaborati a sufficienza

non
il

cismo
tiano.

kan-

messi in armonia tra loro, conferiscono alla sua


carattere di

filosofia

una nuova Logica in abbozzo. Perch egli non ammette solamente una ragione teoretica, ma anche una ragione pratica, la quale non si pu dire pi semplicemente
pratica se produce
in

qualche

modo

(e

sia

pure sotto

ti-

tolo di postulati) conoscenze, e

conoscenze di suprema im-

portanza; e ammette anche un giudizio estetico che, pure


svolgendosi senza concetti, non appartiene alla sfera degli

346

SGUARDI STORICI
e

interessi pratici

un giudizio

teleologico, che bens re-

golativo e non costitutivo, ina non per questo arbitrario


e privo di significato;

e,

infine, le stesse contradizioni,

in cui l'intelletto s'impiglia


le

quando

si

prova a estendere
si

categorie di l dall'esperienza, non


errori,

possono ragione-

volmente considerare meri


blemi
di

perch costituiscono pro-

La
a

sintesi

seri, se l'intelletto vi s'impiglia non a capriccio, ma necessit. Tutto ci fa presentire l'avvento di una nuova Logica, che dovr mettere a posto questi sparsi elementi di verit e risolverne le contradizioni. 'Ma la filosofia

priori.

kantiana, oltre questi elementi e questi stimoli, contiene

anche

il

concetto fondamentale della nuova Logica nella


unit di necessario e contingente,

sintesi a priori, che


di concetto

e intuizione, di

pensiero e rappresentazione,
il

ed

dunque, nient'altro che

concetto puro, l'univer-

sale concreto.
L'intima
contradizio-

Il

Kant non
si

si

avvide di ci

e invece di

condurre fino
il

ne del Kant.

in fondo,

con mente sgombra di pregiudizi,


lasci

suo geniale

Principio romantico
ed esecuzione classicista.

pensiero,

vincere anch'esso dall'astrattismo dei

tempi suoi, e

la sintesi

a priori logica e

filosofica

consider

solamente sotto l'aspetto della sintesi a priori, pi o


arbitraria,
delle

meno
traalla

scienze.
all'arte,

Onde

l'apriorit

dell' intuizione

non

lo

condusse
*;

ma

alle

matematiche (Estetica

scendentale)
Filosofia,
tesi

l'apriorit dell' intelletto

non

lo

condusse
sua

ma

alla Fisica (intelletto astratto): e la


ai

sin-

a priori dov confessare, innanzi

problemi

filosofici,
il

la propria

impotenza. Scoprendo
la

la sintesi

a priori,

Kant

aveva messo

mano

sopra un concetto profondamente

romantico; ma
si

l'esecuzione ne fu poi classicistica e


sintesi la realt
filosofia

intellettualistica. La
fa e si

palpitante che

conosce nel farsi: la

kantiana s'irrigidi-

sce

da capo
veda

nei concetti delle scienze, ed

una

filosofia.

Si

ci obe si osservato in proposito neVE$tetica^, P. II,

e. H.

II.

LA TEORIA DEL CONCETTO

347

in cui

il

senso della vita, della fantasia, dell'individualit,

della storia
dell'et

cartesiana. Chi

manca, quasi altrettanto che nei grandi sistemi non si avvede di questo profondo

dramma,
all'opera

chi

non intende questa contradizione, chi innanzi del Kant non preso dal bisogno o di andare
non ha toccato il centro di quel pensiero. I che condannarono il Kant come scettico e
si
i

innanzi o di tirarsi indietro, non pervenuto al cuore di


quell'opera,

vecchi

fllosofl,

corruttore della filosota, e

tennero bene

stretti al

vol&a-

nesimo o
sono
col

alla scolastica, e
lui
si

nuovi, che lo salutarono pre-

cursore e di
i

fecero

appoggio per

salire

pi alto,

soli

che entrarono veramente in relazione intrinseca


ci

suo spirito; perch non


le

sono, a dir vero, in questo

caso se non
zione. Nel

due
di

possibilit dell'aborrimento o dell'attra-

mezzo

una

battaglia, o

si

fugge o

si

combatte

sedersi

tranquillo e trovarcisi a bell'agio atteggiamento


folle.

da inconsapevole e da
faggire;

Certo, meglio combattere che

ma meglio

faggire che starsene irresoluto. Chi fugge,


pelle,

salva almeno la propria

ossia,

fuori

di

metafora,

salva la vecchia

fllosofa,

che pure qualcosa: l'irresoluto


la

perde insieme vita e gloria,

vecchia

filosofia e la

nuova.
Progresso sui
yl"\',ei.

La nuova
il

filosofia fu quella dei tre

grandi postkantiani,

Fichte, lo Schelling e lo Hegel; nel primo dei quali, can-

"^i^[

celiata

ogni traccia della Cosa in

s,
il

domina

il

concetto

dell'Io, ossia dello Spirito,

che crea

mondo

in virt del-

l'immaginazione trascendentale e
nel

lo

ricrea nel pensiero;

secondo,

il

concetto dell'Assoluto, unit di soggetto

e oggetto, che ha per organo l'intuizione intellettuale; nel


terzo, questo concetto stesso,

che ha per organo s mee


tre

desimo, cio
tutti

la

logicit.

Tutti
i

sono kantiani,

ma

due ultimi) non sono unicamente kantiani. Essi mettono in opera motivi che il Kant ignorava o timidamente adoperava, e in particolare la trae tre (e segnatamente

dizione mistica e

le

nuove tendenze del pensiero

estetico

348

SGUARDI STORICI

e storico;

onde superano
si

l'et

del Kant,

l'astrattismo
al

e
(il

l'intellettaalsmo,

ricongiungono idealmente

Vico
il

piccolo Vico tedesco fu lo

Hamann),

inaugurano

secolo

deeimonono.
La Logica
deiio Hegel.
Il

Trascurando
^^^,-^

le

particolari

differenze tra questi pensasi

j^

processo storico onde dall'uno

viene

all'altro,

concetto

concreto o
Idea.

prendendo il risultato di forma pi matura, che il sistema dello Hegel, si vede in questo (come, dopo le lunghe vicende di una rivoluzione,
6

quel moto speculativo

nella sua

una nuova
il

societ) l'assetto della

concetto. L'inconsapevolezza del


sintesi a priori

guenze della

nuova dottrina conceriiente Kant circa le conseera stata tale che egli non aveva
fin

dubitato di affermare che la Logica,


tele,

dai tempi di Aristo-

aveva ricevuto forma

cosi giusta e sicura

da non dover
'.

fare

un

sol

passo indietro n poterne fare uno innanzi

Ma

lo Hegel ribatteva che ci era segno piuttosto che quella

scienza richiedesse una totale rielaborazione, perch

un

la-

vorio di duemila anni doveva pur avere procacciato allo


spirito

una pi

alta coscienza del proprio pensiero e della


-.

propria essenziale natura

Che cosa era

il

concetto per lo
in

Hegel? Non quello delle scienze empiriche, che consiste

una semplice rappresentazione generale,


qualcosa
di
finito;

e perci

sempre

in

barbarie mentale chiamare concetti

formazioni intellettive come

azzurro

casa, animalo.

E neppure
nelle

quello delle matematiche, che atto di arbitrio:


vi

matematiche

ha

di razionalit logica ci

solamente
si

che in esse appare come


'

irrazionale . Codesti, che a torto

cliiaraano concetti, sono prodotti dell'intelletto astratto, lad-

dove

il

concetto vero opera dell'intelletto concreto, ossia

della ragione. Perci anche la vera logicit non ha che ve-

dere col sapere immediato dei sentimentalisti e dei mistici,

Krit. d. rein.

Vtrn,, ed. Klrclimann, pp. 12-8.

Wt.

d. Loijik, I, p. 85; cfr. p. 19.

li.

LA TEORIA DEL CONCETTO

349

e con l'intuizione degli estetizzanti: formole che esprimono


l'esigenza del concetto,

ma

ne danno solo una determina-

zione negativa, e dicono quel che non rispetto alle scienze

empiriche, ed errano poi nel dire quel che esso nella


sofia.

filo-

Del resto,
il

le

manchevolezze
la

dell' intelletto
(la

astratto,

generando

puro vuoto o

cosa in s

quale,

non che

inconoscibile,

come

il

Kant credeva, anzi la cosa pi

nota, l'astrazione

che l'uomo compie da ogni cosa e dal


intuizionismo.

pensiero stesso), aprono la via ai fantasmi e ai capricci del

misticismo e

dell'

Il

concetto vero idea,

e l'idea l'assoluta unit del concetto e della sua oggettivit. Definizione,

che sembrata stravagante o certamente a priori kantiana, per

identit dei-

oscurissima; eppure non offre altro che l'elaborazione, in

ijaa*con^a
sintesi a prio-

forma pi rigorosa, della


che
si

sintesi

modo
i

potrebbero senz'altro considerare equivalenti

due
in-

termini, e dire che la sintesi

a priori logica l'Idea, e


lo

l'Idea la sintesi a priori logica. Se


teso, ci
il

Hegel non stato

segue dal non essere stato inteso davvero

nemmeno
il

Kant; e coloro che asseriscono d'intendere quel che


dire,

Kant volesse

ma non
il

gi
il

quel

che
e lo

volesse

dire

l'altro,
1

sono in inganno, perch

Kant

Hegel dicono

medesimo, quantunque

secondo con maggiore consa

pevolezza e chiarezza, cio assai meglio ^

KuNO

Fischer, nella sua Logica, esponendo


i

il

pensiero dello Hegel,

distingue limpidamente

concetti empirici dai concetti puri, e nota

che quelli puri o In


efi'etto (egli

filosofici
i

sono fondamento

presupposto degli

altri.

dice)

concetti empirici
i

zioni singole o intuizioni col riunire

formano delle rappresentacaratteri omogenei e separarli


si
i

dagli eterogenei;... e cosi sorgono le rappresentazioni generali,


cetti di classe
tivi,
:

con-

empirici, perch d'origine empirica, e rappresenta-

perch rappresentano intere classi di oggetti singoli, rappre-

sentazioni genei'alizzate.
indizi o sintesi,

Ma

in fondo a ciascuno di essi si trovano


e

che contengono elementi non empirici

non

rap-

350

SGUARDI STORICI
concreto,
>

L'idea e

le

L'idea, l'univ'ersale
.^n

il

concetto

puro ripugna
suo pro-

antinomie,

La
ca.

dialetti-

meccaniche, che partizioni ^

si

concetti adoperano pei r r


il

empirici, perch

ha

la

sua propria partizione,


si

prio e intimo ritmo,

merc cui
si

divide e

si

unifica, e si
Il

unifica

dividendosi e
la realt,

divide

unificandosi.

concetto

pensa

che non immobile

ma

in

moto, non esle distinzioni

sere astratto
si

ma

divenire; e perci in esso

generano l'una

dall'altra e le opposizioni si conciliano.


il

Lo Hegel non solamente d

significato vero alla

sintesi

a priori kantiana, riconoscendola come concetto concreto,

ma
alla

ricolloca

nel

grembo

di essa le

antinomie:

la

contra-

dizione non

eff'etto

del limitato pensiero


realt,

umano innanzi

non contradittoria
si

che

il

pensiero sarebbe in-

capace di attingere,
che

ma

il

carattere della realt stessa,

contradice in s medesima, ed opposizione, coin-

cidentia opposUorum, sintesi degli opposti, dialettica.

Una

nuova dottrina degli

opposti, e

lineamenti di una nuova

dottrina della distinzione,

accompagnano

del concetto puro. In questa filosofia

nuova dottrina pu dirsi che si comla

pendi veramente tutta la storia precedente del pensiero.


Il

concetto di Socrate ha acquistato la realt dell'idea di


aristotelico, l'unit-op-

Platone, la concretezza del sinolo

posizione del Cusano e del Bruno, la conciliazione vichiana


(li

filosofia e filologia,

l'

unit-distinzione della sintesi kan-

tiana e la pieghevolezza estetica dell'intuizione intellettuale

schellinghiana.

veri concetti,
si

primi pensieri nell'ordine ideale, senza


I,

quali milla

pu pensare {Logik^,
concetti puri

sez

I,

3).

La

diflferenza tra questi con-

cetti

puri o categorie, e quelli empirici,


i

non

di quantit,
le classi

ma

di

qualit:
Hirne;

non sono
segni

pi generali,

generalis-

non rappresentano fenomeni,


ai
(

ma

connessioni e relazioni;
:,

possono paragonarsi
aritmetiche, e
n<'/.-/.n

Hi

non compiono

si le

V, ecc.) delle operazioni ottengono per astrazione, chi' anzi por loro astrazioni tutte (1. e, 5-6).

, x,

II.

LA TEORIA DEL CONCETTO


storia

351

Nondimeno,

la

del

pensiero non
si

si

arresta allo
ai

Le lacune
^J^^^

Hegel, e nello Hegel stesso

scorgono
le

punti

quali

si

^^^^"

doveva attaccare
del

la storia

seguente:

lacune che egli

la-

e heseiia-

sci, e gli errori nei quali

cadde. L'errore capitale fu l'abuso


quale, sorto per risolvere
filosofi-

"*gnze*di
essi,

metodo
il

dialettico,

il

camente
trata

problema degli opposti, fu dallo Hegel esteso

ai

concetti distinti, essendo la stessa sintesi kantiana interpo-

da

lui

come

nient'altro che unit di opposti.


egli
si

Da

ci

r impossibilit in cui
ufficio e valore alle

trov di attribuire
spirito,

il

giusto
l'arte,

forme alogiche dello


le

come

V ateoretiche,

come

scienze naturali e matematiche: e al


il

pensiero logico medesimo,


sintesi,
rali,
fini col

quale, violando le leggi della

sovrapporsi alla storia e alle scienze natunatura; donde

che procur di risolvere in s col dialettizzarle come


il

filosofa della storia e filosofia della

filo-

sofismo o

panlogismo

>, caratteristico del

sistema. Questo

errore fu aiutato dalla coscienza poco chiara, che ebbe lo

Hegel intorno
per
(li

alla

natura delle scienze empiriche,

le

quali

lui

come
si

pel

Kant rimasero scienze,


il

cio conoscenze
ai

verit,

sebbene conoscenze imperfette, e perci anche


atteggiavano oja come
filosofia.

suoi occhi
il

materiale ora
egli

come

primo passo della

Vero

che
;

ebbe in pro-

posito altri pensieri pi acuti e fecondi


di osservazioni incidentali

e in

gran numero

mise in luce

il

carattere di arbi-

trariet (WillkUrlichkelt), di cui quelle formazioni sono affette:

che

quanto dire
esso

il

loro carattere pratico e ateoretico.

Ma, invece di rispettare questo carattere, concluse pel su-

peramento
quelle

di

merc una trasformazione


non doveva gi essere per
filosofie
si

filosofica di
lui

scienze, che
la loro

sempli-

cemente
stata
la

morte in quanto pretese

(che sarebbe

conclusione vera),
filosofie,

bene
di

la

loro

elevazione a
empirici
e
di

particolari

commiste

concetti

concetti puri, d'intelletto astratto e di ragione, di concetti

empirici resi puri e d'intelletto astratto innalzato a ragione.

35-2

SGUARDI STORICI

L'erronea tendenza trov terreno propizio e forma concreta


nell'idea di

una

Filosofia della natura,

che

lo Sciielling-

aveva

desunta in parte dai Kant stesso e in parte svolta dal suo dap-

prima latente e poi manifesto teosofismo.


sistema dello Hegel
si

questo

modo

il

tripart in

una

Filosofia della natura e in

una Logica-Metafisica, in una Filosofia dello spirito:


natura.
Il si

laddove avrebbe dovuto invece unificare Logica e Filosofia


dello spirito

ed espellere

la Filosofia della

panlogi-

smo
lui,

o filosofismo, per la sua interna dialettica,

converti

gi presso lo Hegel stesso, e pi ancora presso gli scolari di


in mitologisrao;

onde nel sistema dell'Idea e dell'im'.

manenza
Contemporanei
dello

assoluta risorse, per effetto delle contradizioni che


il

conteneva,

teismo e la trascendenza (destra hegeliana)


la correzione dello
lui,

Sarebbe vano cercare

Hegel presso

Hegel: Herbart, Schie''


'^'^itri^

pensatori contemporanei, tutti a

sebbene variamente,

impari. Nessuno di essi era giunto attraverso


l'^'J^ezza

cui lo Hegel giunse;

e,

permanendo
di
lui,

inferiore,

potevano bens negarlo e


lui,

Kant alun piano vituperarlo, ma non


il

in

mai collaborare con


della filosofia.
ai

oltre

all'avanzamento
i

Lo Herbart giudicava
le

contradittor

concetti

quali

mettono capo
la

scienze particolari,

ma

preten-

deva superare
cetti

contradizione con un'elaborazione di con-

{Bearbeitung der Begriffc), condotta col metodo stesso

della vecchia Logica, ossia con la logica delle scienze


piriche.

em-

Lo Schleiermacher rinunziava a raggiungere

l'

unit

dello speculativo e dell'empirico, dell'Etica e della Fisica,

l'attuazione della pura idea del sapere; e surrogava a quell'ideale, a

suo giudizio inconseguibile,

la

critica, forma

delia sapienza

mondana

ossia della filosofia {Weltweisieit),


-.

che apriva

l'adito alla teologia e al sentimento religioso

Per
Hiillo

la critica jui

sommariamente accennata,
|)|..

si

veda

il

mio

sa?-

^io
'

Hegel.
'(1.

ninUklik.

Ihilp.Tii.

208-245.

II.

LA TKOKIA DKL COXCKTTO


hi

353

Lo Schopenhauer accettava
idea, reale;
il

distinzione
la

tra

concetto e

primo astratto e

artificioso,

seconda concreta e

ma

dell'idea

(che

egli

chiamava idea platonica)

aveva cosi scarsa intelligenza da confonderla col concetto


di

specie

naturale*, ossia per l'appunto con uno dei pi


Perfino lo Schelling,

artificiosi e arbitrari concetti empirici.

che, giovane, aveva precorso lo Hegel e collaborato con lui,

non solamente non miglior, nella sua seconda


sua primitiva Logica dell'intuizione,

filosofia, la

ma abbandon anche
insomma,

questa forma embrionale del concetto concreto per darsi


tutto in balia della volont e dell'irrazionale; e,

l'antico

avversario del Jacobi combin malamente nella

sua filosofia positiva, l'alogismo del Jacobi, l'idea hegeliana dello svolgimento e
fisica
il

mitologismo, come nella meta-.

preluse alla cieca volont dello Schopenhauer

Werke, ed. Grlsebach, II,


11

e. 39.

moto del pensiero italiano nei primi decenni del secolo decimonono fa piuttosto progresso nella cultura filosofica nazionale che non nella storia generale della filosofia. Per quest'ultimo rispetto la parte dell' Italia era da un pezzo finita; sebbene non fosse finita nel
-

-^fcolo

decimosettimo col Campanella


i

e col Galilei

stranieri e

loro ripetitori italiani tengono),

(come gli Storici ma, splendidamente,

nella

prima met del secolo decimottavo,

col Vico, ultimo rappresen-

tante del Rinascimento e primo del Romanticismo. L'efficacia della

germanica si and manifestando in Italia nel secolo decimonono dapprima quasi soltanto attraverso la letteratura francese, e poi in modo diretto. Essa si pu studiare nei tre principali pensatori della prima met del secolo, il Galluppi, il Rosmini e il Gioberti: il primo dei quali, movendo dalla scuola scozzese e combattendo il Kant, ne accolse nou pochi pensieri; il secondo, anche sotto specie polemica e nell'involucro cattolico, si pu dire il Kant italiano; e il terzo, semfilosofia

pre con iscarsa consapevolezza storica, assunse la posizione stessa


dello Schelling e dello Hegel.

Avere raggiunto
di

(tra

il

1850 e

il

1860)
(si

questa consapevolezza storica merito

Bertrando Spaventa
di

veda in particolare

il

libro di lui:

La

filosofia italiana nelle sue rela-

zioni con la filosofia europea,

nuova

ediz. a

cura

G. Gentile, Bari,

Crock, Loijica.

23

54

SGl'ARDI STOUICI

Positivismo
e psicologi-

tempi, che seguirono in Germania e in tutta Europa,


fli

f^porjQ

scarsa filosofia. Si riebbe naturalismo ed empi-

sino
riori,

poste-

rismo, legittimati in

parte dall'abuso della dialettica che

negli scolari dello Hegel aveva preso talvolta forma quasi

pazzesca,

ma

poverissimi a ogni

modo

di pensiero e inade-

guati alla storia

precedente. All'empirismo appartiene la

celebre Logica dello Stuart Mill, che veramente meriterebbe


di

diventar celebre per l'immeritata celebritfi di cui ha

goduto.
zare
il

Non

solo lo Stuart Mill sostiene che per far avansi

le

scienze morali e filosofiche


delle scienze naturali,

debba applicar

loro
a

metodo

ma

non riesce nemmeno

dare una logica delle scienze naturali, avvolgendosi in tautologia e contradizioni intorno alla esperienza che
s

critica

stessa

pone da s

propri limiti, e al principio di

causalit che
sia

legge la quale afferma esser legge che vi


il

una legge; e puerile


essere riformato

suo nominalismo, che mette


il

hi logicit nel

linguaggio e preten.de poi che

linguaggio

debb
la

logicamente

Affatto perduta

and

scienza logica nel fisiologismo ed evoluzionismo dello

Spencer, e nello psicologismo, che ebbe ed ha tuttora molti


seguaci in Germania, in Francia e in Inghilterra non

meno

che in
sere

Italia.

La

cattiva sorte che

doveva toccare,

in queste

condizioni della cultura, alla Logica della filosofia pu es-

misurata dal

fatto,

che perfino

la logica della

mate-

matica fu minacciata nella sua vitale esistenza,

perch
di

non mancarono

tentativi di evoluzionismo
lo

matematico e

psicologia dell'aritmetica. Contro

psicologismo

(di cui

Laterza, 1908),

il

quale i-appresent in Italia l'hegelismo in forma

assai cauta e critica.

Ma

un vero superamento dell'hegelismo uon

si

ebbe n per opera dei seguaci della scuola u per quella degli avversari; e qualche pensiero originale comparve solamente presso
filosofi

non

di professione,
TT, r
lr)>

come

nell'Estetica, col

De

Sanctis

(cfr.

EbMCO*, P.

H. LA TEORIA

DEL CONCEITTO
Logica
*)

355
sa-

il

Kant

gi

notava

pericoli ])er la vecchia

rebbe stato salutare perfino un risveglio della logica aristotelica,

anzi di quella scolastica, nella quale pur viveva l'idea

dell'universale, gloria dei filosofi greci.


Altri

studiosi, che

non hanno dimenticato del


sembrano per
le

tutto la
ai

Eclettici,

classica filosofia idealistica,


pensieri del
fanciulli

altro,

innanzi

Lotte.

Kant
si

e a quelli dei grandi scolari di lui, quasi

che

provano a sollevare

armi dei Titani, e

non

le

smuovono nemmeno o

se le lasciano tosto cader di

mano, ferendosi con esse senza riuscire ad impugnarle.


Nelle pi stimate logiche degli ultimi tempi, in quella del

Sigwart come in quella del Wundt, la distinzione capitale


tra concetti puri e concetti rappresentativi, tra nniversalia
e generalin,
tita.
Il

non ha

risalto

alcuno e rimane come inavverofferla

Sigwart costretto a integrare la conoscenza


procedere naturalistico e

tagli

dal
e
il

matematico merc
il

fede

graduale elevamento all'idea di Dio;


filosofia

Wundt,
proprio,
la posi-

che non riconosce alla

un metodo che

le sia

concepisce la finale escogitazione metafisica


zione di una perpetua

come
del

ipotesi . Nella Logica

Lotze,
il

che combatt l'hegelismo e rinnov la trascendenza e


teismo, c' appena, quasi strisciolina luminosa,
traccia
della
filosofia
i

una debole

idealistica. Il

Lotze s'accorge eh'

impossibile formare

concetti (empirici) col cancellare sem-

plicemente

le

parti varianti delle rappresentazioni e serbare

le costanti, e

ammette che

la

formazione dei concetti presi

suppone

il

concetto, e che l'universale

forma con

l'uni-

versale. Circolo, dal quale s'industria poi di uscire col porre

un universale primario, non formato


altri,

col

ma

tale

che

il

pensiero

ritrova

in

metodo degli medesimo.

Questo universale primario non avrebbe niente di particolare


e rappresentativo, e solo per

mezzo

di esso sarebbe possi-

Krit. d. rein.

Vern.,

1.

e.

356

SGUAKDI STORICI

bile

combinare elementi eterogenei e differenziare


di molti, e altrettali,

gli

omo-

genei, e formare le idee di grandezza, di pi e di meno,


di

uno e
Mentre

con cui
'.

si

costruirebbero gli

universali

secondi
i

delle sintesi

Nuova
gnoseologia
(Ielle

cultori specialisti o professionali di studi

filo-

scien-

sofici,

pur manifestando qualche dubbio e movendo qualsi

ze.

La teoria

che fiacca protesta,

lasciavano intimidire dal naturaliil

economica
del concetto
scientifico.

smo
o

(abbagliati,

come

volgo, dalle applicazioni tecniche,


si

dai

plausi del volgo storditi),

venuta negli ultimi


filosofia in

decenni formando una critica delle scienze, che a noi sembra atta a recare incremento alla Logica e alla
genere, se
si

sapr volgerla a buon segno.

Non ha avuto
un tempo come rispon^

centro unico di diffusione,

ma

sorta quasi a

in pi punti, e si subito sparsa dappertutto,

dente a un bisogno dei tempi. Dei suoi fondatori e promotori


parecchi sono matematici,
fisici

e naturalisti, che di cerco,


atti-

per avere preso a riflettere su questa loro forma di


viti mentale,
ziati,

non possono pi considerarsi semplici

scien-

nondimeno nella loro esperienza di scienziati attingono non piccola forza, e vi trovano una guida e un frena a non perdere di vista, nella ricerca gnoseologica, l'effete

tivo procedere delle costruzioni naturalistiche e matemati-

La formola di questa scuola carattere pratico o economico


che.
Avenarius,

il

riconoscimento del

delle scienze matemati-

che, fisiche e naturali. L'empirio-criticismo dell' Avenarius,


infatti,

Mach.

considera

la

scienza
il

come semplice

descrizione delU^

forme dell'esperienza, e

procedimento concettuale come


(la

strumento che altera l'esperienza pura e primitiva


Alle

pura

intuizione o la pura percezione) a line di semplificazione;.

medesime conclusioni era giunto per


al

vie proprie Ersi

nesto Macl, studioso di m(>ceanica,

quale

deve l'ampio

svolgimento e

la

quasi popolarit di questa moderna teoria

/.or/i/l,

1.

12

s;,'<?.

II.

LA TKOUIA DEL CONCETTO

357

(Iella

scienza.

La

fsica (egli dice),

non meno

della zoologia
le

e della botanica, ha a suo unico dei fatti naturali, nei quali

fondamento

descrizioni

non

vi

sono mai casi eguali, che

vengono

foggiati soltanto nella imitazione

schematica che

si

fa della realt, in cui

prende

altres origine la

mutua dipenfatti.

denza che
restringe
il

suole stabilire- nei caratteri dei

ci

si

significato del principio di

causalit, che, per


o

evitare fantasticherie e mitologie, sarebbe opportuno sostituire

col

concetto di

funzione.

corpi

le

cose sono

simboli
sia

intellettuali abbreviati d

gruppi di sensazioni, os-

non hanno esistenza

fuori del nostro intelletto:


il

car-

tellini,
e

come quelli che

mercante attacca

sulle scatole,
la sca-

che non hanno valore se non in quanto, dentro

tola,

contenuta una merce che ha valore. Nello schema-

tismo economico sta la forza,


scienza;

ma

anche

la
i

debolezza della
fatti,

perch questa, nel

presentare

sacrifica

sempre qualcosa della loro individuale e reale tsonomia, non cerca altra esattezza se non quanta richiesta dal

'

bisogno di un determinato caso. Donde l'incongruenza tra


esperienza e scienza,
le quali,

svolgendosi parallelamente,
le

possono anche ridurre in certa misura l'intervallo che


separa,
'.

ma non mai annullarlo e coincidere Con diversi presupposti di cultura, propugna dottrine
il

Rickert.

affini

Rickert nel libro sui Limiti dei concetti naturalistici,


il

definendo

concetto, cui mette capo

il

lavoro della scienza,


fine scientifico.

come nient'altro che Il mondo dei corpi e

un mezzo per un

delle psiche (egli dice) infinito nello

spazio e nel tempo, e non dato rappresentarselo in ogni


singola parte a cagione della sua variet

non

solo estensiva

ma
ora,

anche intensiva, che rende inesauribile l'intuizione:


il

concetto naturalistico

si

volge a superare codesta

Si veda, tra gli altri volumi, V Analisi delle sensazioni, trad. ital.,

Torino, Bocca, 1908.

358

sguakdi storici
dell'intuizione, col

infinit

determinare

la

propria esten-

sione e comprensione e col formolare l'esser suo in


di giudizi. Anzi, per vincere del tutto

una

serie

T intuizione,

le scien/^e
i

naturali tendono a sostituire ai concetti di


di

cose

concetti

relazioni,

liberi

da qualsiasi dato

intuitivo;

senonch

l'ultimo loro concetto dev'essere


cetto di cose
indivisibili,

sempre

di necessit con-

(quantunque di cose sui generis, immutabili,


esprimibili
in

perfettamente uguali tra loro,

giudizi negativi), e le scienze naturali trovano poi da per

ogni dove limiti insuperabili nell'elemento storico o descrittivo,

che sempre
si

le

circonda invincibile.
e
si

Il

procedere

naturalistico

pu applicare,

applica infatti, non so-

lamente alla scienza dei corpi,

ma

anche a quella delle


il

psiche, alla psicologia e alla sociologia; e

Rickert oppor-

tunamente

insiste nell'osservare

(come gi

lo

Hegel

ai suoi

tempi) che sono possibili scienze empiriche del cosiddetto

mondo
tura
*

spirituale, o (com'egli dice), che la parola na-

designa in quest'accezione, non una realt,

ma un

particolare

punto
il

di

yista dal quale

si

guarda

la realt,

per raggiungere
Bergson e la nuova fiIl

fine

della semplificazione concettuale'.

losofia ffcin-

medesime o assai simili sono rappresentate da un gruppo di pensatori, variamente denomiIn Francia,
le

idee

cete.

nati filosofi della contingenza, delhi libert, dell'intuizione, dell'azione.


11

Bergson, che tra essi


1

il

pi cospicuo, consi-

dera,

non diversamente dal Mach,

concetti delle scienze

naturali

come

si/mboles
egli

ed

etiquettes; e, oltre alle finissime

applicazioni
lisi

che

ha

fatte di questo principio all'ana-

del tempo, della durata, dello spazio, del


il

movimento,

della libert, dell'evoluzione, spetta a lui

merito di avere

rotto le tradizioni dell'intellettualismo e astrattismo del suo

paese, dando

per la prima volta alla Francia ([uella viva

Orenzen d. naturvoiaaenach, Begrifftbildung


ce. l-.

Freiburr;:

i.

B., 189G-

1*K>2,

II.

LA TEORIA UKL OONUKITO


le

359

coscienza dell'intuizione che sempre

mancata, e sco-

tcndo la fiducia eccessiva che essa ha sempre avuta nelle


nette distin^oni, nei concetti

ben contornati, nelle

classi,

nelle formole, nei raziocini filanti bens diritto


sulla superficie della realt
il

ma

scorrenti
Le
iioy ei

'.

Uno

dei seguaci del Bergson,


di

Le Koy, ha preso a mostrare, con copia


in

esemp, che

10

leggi scientifiche riescono rigoroso solamente

quando

si

convertono
11

convenzioni e

si

appoggiano su

circoli viziosi.

corso degli avvenimenti (egli osserva) abituale e rego-

lare, se piace dire cosi,

ma non

gi necessario. Si celebra

comunemente
nel
in

la

grande sicurezza delle previsioni astrono-

miche; ma, anzitutto, quella sicurezza non sempre tale


fatto {il

y a des comtes qui u revicnnent pas

*),

e,

ogni caso, sempre approssimativa. La necessit rigorosa,

della quale le scienze naturali


sciuta,

menano

vanto, non cono-

ma

decretata

decretazione, che
i

ha solo

il

fine

pratico di padroneggiare
gli altri

fatti singoli e di

comunicare con

monde ). La legge della caduta (lei gravi vale, ma solamente quando forze straniere non la turbino; e, a questo modo, s'intende bene che vale sempre. La conservazione dell'energia vige soltanto nei siuomini {parler
le

stemi chiusi;

ma

sistemi chiusi sono poi quelli appunto

in cui l'energia
sJ
stesso, persiste

si

conserva.

Un

corpo, abbandonato a

nello

stato di riposo;

ma

questa legge

non

se

non

la definizione del
'-.

corpo abbandonato a s

slesso.

cosi via

Il

carattere convenzionale delle scienze

matematiche e
e

fisiche affermato dal Poincar, dal


altri, le

Milhaud

da parecchi

per effetto anche delle teorie della geoquali

metria superiore,
mettere in luce
il

hanno

lor guisa

concorso a

carattere pratico delle matematiche, che

Si Si

veda sopra p. B41. vedano i suoi articoli nella Revue de

mtaphijs, et de morale,

voli.

VII, Vili, IX.

360

SGl'AHDI STO Ilici

prima erano generalmente ritenute fondamento


di verit e di certezza.
Bi con ginnginientocon
le

modello

Tutte codeste

criticlie rivolte alle

scienze non suonano


le critiche del

idee

ro-

nuove all'orecchio

di chi

ebbe gi a udire

mantiche e

Jacobi, dello Schelling, del Novalis e di altri romantici, e

progresso
oltre d esse.

segnatamente quella stupenda che fece


letto astratto (cio

lo

Hegel

dell'intelat-

empirico e matematico) e che corre

traverso tutti
alla

suoi libri, dalla Fenomenologia dello spirito


si

Scienza della logica, e

arricchisce di esemp nelle

osservazioni ai paragrafi della Filosofia della natura.


nel confronto con quella dello Hegel, esse

Ma

se,

hanno

lo

svanilo-

taggio di non fondarsi sopra un forte e coerente pensiero


sotico, offrono

per altro questo di nuovo e importante, che


i

non accusano

caratteri delle scienze

bano essere

corretti,

ma
ma

li

definiscono

come come

errori che debcaratteri fisio-

logici e necessari, nascenti dall' ufficio stesso delle scienze,

che non teoretico

pratico ed economico. Cosi posta


la

una

delle

premesse atte a impedire


col

confusione del metodo


concetti empirici

economico
e astratti

metodo
le

della

verit, dei

con

forme teoretiche pure, ossia a rendere


che
(^

impossibile

quell'ibridismo speculativo,
nelle
filosofie

si

manifest
storia,
i

un tempo
e foggi

della
il

natura

della

un logo
e

astratto,

quale dialettizzava

concetti

naturalistici

persino le rappresentazioni

storiche.

Con

l'impedimento di quest'errore agevolata una pi esatta


idea della relazione tra

pseudoconcetti e concetti, e una

migliore costituzione della Logica filosofica.


PilOMfte
(telili

Ma

perch questo ed

effetto si ottenga, necessario

che

si

|>ur

ciiperienKH.

risvegli

afforzi l'idea dell'universale filosofico, confbrine

Icirintui
7.ioiie,

all'elaborazione pi profonda che essa abbia finora ricevuta


nella storia del pensiero, per opera dello Hegel; e
,

della

iizioiicecc

da questo
da

< loro iiiMuf-

segno
(li

critici dello
la

scienze sono assai discosti. Nei migliori


falsificata
i

DciensA.

essi

conoscenza della realt, non


si

fini

pratici

e che

nasconde sotto

le

etichette e

cartellini.

II.

LA TEOIMA DEL CONCETTO

361

viene fornita non dal concetto puro, dalla realt pensata


nella sua concretezza, dalla filosofia che storia,

ma

dalla
si

pura sensazione o intuizione.


richiamano entrambi
all'

L'Avenarius e

il

Mach

esperienza para e

primitiva

cio pura di pensiero e anteriore al pensiero.


artistica che difetta ai

Con

genialit
la stessa

due tedeschi,

ma

seguendo

loro via,

il

Bergson ha disegnato una nuova metafisica, che


opposto a quella della conoscenza simbog neralizzatrice e astraente: una mese passe' des
,

proceda

in senso

lica e dell'esperienza
tafisica,

*qul prtend

symboles

*, una. * science

de l'exprlence intgrale*

la

quale sarebbe l'inverso dell'i-

deale kantiano, della matematica universale, del platonismo


dei
concetti, e
si

fonderebbe, sull'intuizione, solo organo

dell'Assoluto, perch

est

relative la connaissance symbolidii fixe

que par concepts prexistants qui va

au mouvant,
dans

mais
le

no7i

pas

la connaissance intuitive^ qui s' installe


et

mouvement

adopte la vie
>
*.

mme

des choses. Cette intui-

tion atteint

VAbsolu

La conclusione

l'estetismo, e

tal-

volta qualcosa di

'actiony sostituita al concetto.

meno ancora dell'estetismo, il misticismo: La critica delle scienze prende


significato di

in

questo caso

il

una negazione

della cono-

scenza e della verit (donde la protesta del Poincar


tro
il

con-

Le Roy, giusta nel movente

ma

poco

efficace,

perch
fisica);

condotta sui presupposti della matematica e della

e altre volte essa confonde le sue acque con quelle assai torbide del pranimatisrao.

Talun

altro, infine, dei teorici

La
''^'

teoria

che abbiamo ricordati,


band, vuole integrare

il

Rickert, sulle tracce del Windel-

^^^or.

la

conoscenza naturalistica e astratta


e,

con

la

conoscenza storica della realt individuale;

ragione poco fiducioso nella possibilit di una metafisica

Introduction la Mtaphi/sique, in Sevue de mtaphys.


1-36.

et

de mor.,

XI, pp.
2

La

valeur de la science, Parigi, 1904.

362
trattata

SGUARDI STOUICI

come

scienza sperimentale
Zeller), si

(quale la vagheg-gi

tra

primi

lo

volge a una teoria generale dei

valori.

Ma

questa, che la forma imperfetta e maculata

di trascendenza
si

onde parecchi
filosofia

ai giorni nostri

timidamente
dello spirito

ravvicinano a una

come scienza
un

(del

valore immanente), viene poi intesa nella scuola del


e del Rickert nel senso di

Windelband

primato della

ragion pratica

donde

si

originerebbe la doppia serie del

mondo

delle

scienze e del

mondo

della storia. Progresso,

senza dubbio, a paragone dell'empirismo e del positivismo,

ma non

gi a paragone della logica hegeliana, che risole l'essere e


il

veva nel concetto puro

dover essere.

Ili

La teoria del giudizio individuale

11
'

tutte le teorie logiche quella del giudizio individuale,

Trascuranza secolare (Iella


teoria della

ossia del pensiero storico, stata la

meno

elaborata e la

meno considerata
eh
si

nel corso della storia della scienza; sic-

quando si dice che V interesse e il senso storico sono cose moderne e che il secolo decimonono stato il primo grande secolo della storicit. Non gi
dice cosa assai vera

storiografa.

che siano mancate, nei secoli antecedenti, ritlessioni sulla


storiografia
e
sul

suo

metodo,
lo

anzi in certo senso non


spirito

sono

mancate mai, perch


tutto
lo

sempre

in

ogni

istante

spirito, e
il

per questo riguardo niente di

nuovo appare

sotto

sole.

Ma, dominando nelle menti

le

concezioni della trascendenza, alla storia non poteva riconoscersi la dignit che le spetta, n l'attenzione rivolgersi

lei

per indagarla

come
il

il

problema centrale del cono-

scere; e solo

quando
si

dominio del trascendente stato

scosso, la storia

venuta

man mano scoprendo come

il

campo vero
I

e proprio della logica e della filosofia.

giudizi individuali o storici

non potevano avere, com'


;

Concetti
sulla storia

chiaro,

buona fortuna nel platonismo

e nella filosofia ari-

stotelica,

per pi rispetti anch'essa platonica, furono so-

nel mondo greco-romano.

praffatti dai giudizi dell'universale.

Non

isfuggiva ad Ari-

364

SGUARDI STOUICI

nella Poetica ^ il carattere della storia, che diversamente dalla scienza (indirizzata all'universale) e dalla
stotele,

poesia (indirizzata al possibile) ritrae x

yzvyitya,

le

cose

accadute nella loro singolarit

(ci

che fece e pati Alci-

biade); e altres, wiV Organo, egli distingueva l'universale

TxaOXou) dall'individuale (x xaO'exaatov), l'uomo e Calila-;


e nondimeiio di ci non tenne poi nessun conto
vise
i

giudizi in universali, particolari e

quando diindefiniti. La teoria


di

della storia

non

fu,

durante l'antichit, oggetto


altre

tratta-

zione filosofica,

come

forme del sapere,


quanto
ci

la filosofia, le

matematiche,
gli antichi
tali

la poesia; e tutto
si

hanno

lasciato

sull'argomento

riduce a osservazioni inciden-

degli storici e

a qualche scritto affatto empirico sul


si

modo

di scrivere la storia, alla quale

solevano assegnare
vita.

fini estrinseci, l'utile

l'ammaestramento della
detti di
si

Gran

peso filosofico non

pu dare a

quello di Quintiliano, che la storia


;

buon senso, com' scriva ad narrandinn

non ad demostrandum e meno ancora alle regole dei retori, com' quella di Dionigi di Alicarnasso, che la locuzione
storica, senza diventare del tutto poetica, si

debba tenere

alquanto pi elevata del discorso comune, o di Cicerone,

che per

lo stile storico
il

richiedeva verba ferme poStarum

forse (scrisse poi

Vico, rendendo profonda quella re-

gola rettorica), per mantenersi gli storici nell'antichissima


loro possessione, la quale nella Scienza
strata,

nuooa
i

si

dimo>'.

che

primi storici delle nazioni furono


le

primi poeti

Pi importanti sono

esigenze espresse in particolare da

Polibio intorno a ci ch' indispensabile alla storia, richie-

dendo

questi, oltre l'elemento di fatto, la cognizione della


si

natura dello cose di cui

ritraggono

le

vicende (dell'arto mi-

Poit., e. 8.

Anal. pr.,

I, e. 27.
\.

Opere, ed. Ferrari, IV,

400.

III.

LA TEORIA DEL GIUDIZIO INDIVIDUALE

365

litare

per

le

cose militari, della politica per le cose politiche),


si

e avvertendo che la storia

fa

non

coi libri al

modo

dei

compilatori e dei letterati,


visitare
i

ma
si

coi

documenti
e
col

originali, col

luoghi nei quali

svolta

penetrarla di

esperienza e di pensiero ^
Nelle scuole, la tendenza astrattistica e antistorica della
La
teoria
della storia

Logica aristotelica ebbe lunga e non benefica


ch
si

efficacia, per-

nella tilosota

accordava assai bene col persistente trascendentismo.


si

E sebbene non
la distinzione
il

cessasse dal distinguere tra ci che era


o,

le

medievae moder-

na.

noto logice e ci che era noto historice,


Leibniz, tra
le

come

poi formolo
le

propositions de raison e

propositions de fait, le seconde proposizioni furono sempre

guardate con occhio di matrigna, come una sorta di verit


inferiore e malcerta. L'ideale della scienza esatta
la

conteneva

tendenza a risolvere
in

le

verit di fatto in quelle di ragione,

e tutte poi

una

filosofia

o piuttosto in una matematica

universale.

N ad
ai

accrescere credito alle proposizioni stoi

riche giovarono gli empiristi,

quali certamente
le

si

mostra-

rono benevoli
stotelici e
il

fatti

(donde

polemiche degli antiari-

sorgere del nuovo organo dell'osservazione e


l'

dell'induzione); ma, con

indebolire la coscienza dell'uni-

versale concreto, indebolirono quella dell'individuale concreto, e quest'ultimo

conobbero solo nella forma mutilata


Il

delle specie e dei generi, dei tipi e delle classi.

Bacone,

per

lo

meno, aveva assegnato


del

alla storia

un posto nella sua


le

classificazione
tre facolt

sapere, divisa, com' noto, secondo

(memoria, immaginazione e ragione) in Storia,


le
(la

Poesia e Filosofia; e aveva passato in rapida rassegna

due grandi
prima

classi della storia, la

naturale e la civile

delle quali distingueva in narrativa e induttiva, e la

seconda suddivideva pi variamente), e disegnato perfino

Si

veda

(in particolare

per Polibio) E. Pais, Della storiogra/ia


i

della filosofia della storia presso

greci,

Livoruo, 1889.

366

SGUAKDI STORICI
il

generi di storia di cui c'era


si

desiderio

ma non

ancora
'.

possedevano esemp cospicui, come

la storia letteraria

Ma

l'Hobbes, distinte le due specie di cognizione, l'una di


l'altra di fatto,
*

ragionamento e
propria
testi am,

altera faci i et est cognUio


,

cnius conscriptio
*

est historia, e

suddivisa

questa in naturale e civile,


la naturale

neutra (soggiungeva, ossia n

la civile) pertinet
la

ad institutum nostriun

che concerneva soltanto


la scienza o filosofa
-.

cognitio consequentiartm, cio

Non meno

antistorico dei famosi per

antistoricit Cartesio e Spinoza era l'empirista

Locke; e

il

Leibniz, sebbene egli stesso grande erudito in istorie, non

riconobbe a questa sorta di lavoro vera autonomia e continu a considerarlo


Trattatisti
di arte sto-

come

rivolto a fini utilitari e morali.

Le

riflessioni sulla storia, suggerite piuttosto dalle occor-

j-g^^e professionali degli storici,

che non da spirito sistema-

quecento.

tico Seguitarono la loro via, quasi disgiunte dalla filosofia

del tempo.

dal Rinascimento in poi

si

moltiplicarono

trattati dell'arte storica

per opera del Robortelli,

dell' Ata-

nagi, del Riccoboni, del Foglietta, del Beni, del Mascardi


e di molti altri,

anche non

italiani; le cui indagini e consolito

troversie

si

aggiravano di

sull'elocuzione,

sull'uso

delle concioni e delle digressioni, sulle materie storiche, e


simili.

Fra questi

trattatisti risalta

vivacemente (come gi

nella storia della Poetica e della Rettorica) Francesco Patrizio

o Patrizzi (1560), per concetti ora acuti ora strani; perch,

da una

parte, lo

si

ode protestare contro

la restrizione della

storia alle sole

imprese militari e

ai negoziati politici, e do-

mandare che venga


la

estesa a tutte le cose

umane,

anche

rifiutare ogni restrizione di limiti cronologici, e

negare che

storia

abbia per solo mezzo d'espressione l'arte della

parola, esprimendosi essa anche in dipinti e sculture, o di-

De De

diyn,

et

augm.,

1.

II, co. 1-2.

honiine, e. 9.

III.

LA TEORIA DEL GUTDIZIO INDIVIDUALE

367

scorrere del
lit delle

modo

di

accertamento e del grado di credibisi

testimonianze; e dall'altra, lo

vede uscire

in istra-

vaganze, come l dove ammette una storia del futuro e ne


reca in prova
i

profeti, e

anche avvolgersi

in contradizioni,

come
storia

nel negare e affermare ad


*.

una

il

fine

morale della

All'empirismo quasi affatto rettorico dei

trattatisti si

venne

Trattatisti
di

accompagnando un'altra
per
le

sorta di empirismo,

ma

pi impor-

metodica.

tante, quello metodologico,

che dava (janoni e avvertenze

ricerche storiche, e di solito prendeva le mosse da


di Cicerone sui doveri degli storici.
in

una nota sentenza


tevole,

No-

anche perch serb secolare autorit,

questo
historUv,

genere

di lavori VA-s historica sive de historia et

natura, historiceque scribendce prceceptis comentatio (1623) del


Vossio, al quale risale la parola

Istorica

(formata sulla

analogia di Logica, Poetica, Rettorica e

simili),

che

il

Ger-

vinus (1837) e
in onore; e tra

il
i

Droysen (1858) procurarono di rimettere manuali scolastici di logica, che fecero


metodologia, da ricordare la non

larga parte a questa

meno

divulgata e autorevole Logica seu ars ratiocinandi di


*.

Giovanni Clerico o Ledere (1692)


quelli che

N erano senza

rela-

zione con questi precetti formati dai ricercatori e


si

critici

andavano stabilendo

nella letteratura giuridica

circa
stri

il

modo

di vagliare e pesare le testimonianze. Ai no-

giorni l'empirismo metodologico ha compiuto grandi


si

avanzamenti, come
rimane, ancorch

vede nei manuali del Droysen, del


di altri;

Bernheim, dei Langlois-Seignobos, e


si

ma empirismo

adorni di discettazioni filosofiche, ed


a cui esso
si

empirica

la partizione

attiene di euristica,

E. Maffei, I

trattati dell'arte storica

del

Rinascimento

fino al

se-

colo
2

X VII,

Napoli, 1897.

G. Gentilk, Contribution l'histoire de la vithode historique, nella


historique,

Revue de synthse

V, pp. 129-152.

368

SGUARDI STORICI
ermeneutica, alla quale talvolta aggiunge una se-

critica,

zione della vecchia Rettorica, che concerne la forma dell'

esposizione
11

storica.

La
e
il

teoria

primo

filosofo,
il

che innalzasse

la storia al

grado della
filosofia

della storia

Vico.

filosofia fu

Vico con

la gi ricordata

sua unit di

e filologia, di

vero

certo, e con l'esempio che porse di


che insieme una storia del geeterna, sulla quale cor-

un sistema
nere

filosofico,

umano: una storia ideale

rono nel

tempo
la

le storie delle

nazioni.

E
il

per questo, non

meno che per


rit filosofica

sua chiara intelligenza del contrasto tra ve-

ed astrazione matematica,
i

Vico avvers

il

cartesianesimo; e sta tra

secoli

decimosettimo e decimotscorge

tavo

come oppositore
e

del passato e dell'avvenire, o del prossi

simo passato

dell'imminente avvenire. Nel Vico,

perfino adombrato quel vizio che nasce dalla violenta e im-

mediata identificazione di
tuiscono bens identit,

filosofia e storia, le

quali costi-

ma

identit che sintesi e perci

distinzione: le epoche reali del Vico sono troppo filosofiche,


le
L'antisto-

epoche

ideali troppo storiche; le

prime

si

perdono sovente

nel filosofismo, le seconde nel mitologisino.

Ma

il

secolo

ricismo del
secolo deci-

che segui

al

Vico fu antistorico per eccellenza, nella repustoria

niottavo e

il

tazione e nel fatto; e allora di frequente la

parve^

Kant.

come

gi a Sesto Empirico, cosa senz'arte e senza

metodo

(fttexvoc, n0o6oi; uXt));

si

composero

libri

contro la certezza

e l'utilit della storia, dei quali quello di Melchiorre Delfico

(1808) solo l'ultimo nel tempo.

Perfino

fu in questo rispetto superiore al sua cultura la storia ebbe poca parte, cosi nelle sue inda

non

Emanuele Kant secolo; e come nella

gini gnoseologiche rimase quasi affatto trascurata.


Riposto valor storico

Ci nonostante,

il

critico della ragion

pura T inconsaa priori,

pevole promotore della nuova

Logica della storia, alla quale


e,

della
hI

ulntc-

a priori.

il

rinnovato concetto del giudizio

con
la

la sintesi

l'identit di filosofia e storia.


(la lui

Perch

rivoluzione logica

compiuta s'assomma

tutta nel pensiero

che conoscere

?^

III.

LA TKOUIA DEL GIUDIZIO INDIVIDUALE


concetto,

36!)

i
t

non

pensare astrattamente

il

ma

pensare

il

con-

cetto nell'intuizione, e che perci pensare

giudicare.
del
si fa

La

teoria del

giudizio

prende cosi

il

posto di quella

concetto, ed la teoria stessa del concetto in quanto

concreto nel giudizio. Che cosa importa che

il

Kant

di ci

non s'avvedesse, e invece di riferire la sintesi a priori alla


storia la riferisse alle scienze, e invece di esaurire nella sintesi
il

conoscere, lasciasse fuori di essa


ideale inconseguibile?

il

conoscere concreto

Che cosa importa che nel problema del giudizio esistenziale egli se la cavasse come Gauiiilone, e sottraesse l'esistenzialit al pensiero, negandole
carattere di predicato e cangiandola in

come

una posizione o im-

posizione ab extra? Che cosa importa che la sua filosofa


sia priva di svolgimenti storici e

manchevole perfino nella


che nelle parti che egli
esempio, nella dottrina
e

notizia della storia della filosofia; e

esegui del cosiddetto

<

sistema

(per

delle virt e del diritto) si

vedano solamente astrazioni


libri

determinazioni antistoriche? Che cosa importa, insomma,

che

si

ritrovi in ogni

pagina dei suoi

l'uomo del Set-

tecento, e che a lui non piacessero le tendenze degli

Ha-

mann

e degli

Herder? La
che
il

sintesi a priori

portava nel suo

grembo
nosceva.

la storicit,

suo scopritore ignorava o disco-

Per dir meglio,


importano bens,
I

tutti

questi sconoscimenti e queste lacune

La

teoria

ma

solo in

quanto prepararono

problemi
il

neJioHrei*

alle filosofie

che proseguirono e svolsero dialetticamente


filosofia dello

kantismo, alla
la

Schelling e a quella dello Hegel,


il

quale ultima merita per pi riguardi

nome che

le

vien

dato di filosofia storica.

E non

solo pei mirabili svolgiil

menti storici che presenta,


concetto

ma

per

che essa contiene,

del

concetto

([uale si divide in s nel giudizio, la

nuovo concetto del immanente, il cui formola suona che


il

l'individuale l'universale, o che

soggetto

il

pree

dicato; sicch ogni

giudizio giudizio dell'universale

B. Chocf, Logica.

24

370

SGTTAKDt STORICt

l'universale dialettica di opposti. Negli scritti dello Hegel


si

trova sparsa una metodica storica, che sopravanza di


le

gran lunga

precedenti, e in genere anche quelle tentate

dopo di

lui.

Egli intese a pieno l'ufficio e la necessit del-

l'elemento intorpetrativo o razionale nella storia; e a coloro


i

quali chiedevano che

uno storico fosse disinteressato


suo interesse,

nio' di

magistrato che giudichi un processo, rispondeva che,


il

come
G.
di

magisti'ato

ha pure
lo storico

il

l'interesse
la verit'.

pel diritto,

cosi

ha l'interesse per
la

Hum-

Il

difetto dello

Hegel nella teoria della storia deriva dal


sua
filosofia,

boidt.

difetto stesso

che in tutta

di

un non su

perato dualismo e di una persistente trascendenza; donde,


nei rispetti della storia,
sofia della storia
,

l'

idea di una soprastoria o

Filoeffet-

duplicato o surrogato della storia


fiire

tiva

^.

Allo Hegel intendeva per questa parte

opposi-

zione Guglielmo di
l'ufficio dello storico

Humboldt

nel suo discorso intorno al-

(1820), nel

quale

il

procedere dello
dell'artista. Allo

scrittore di storie era accostato a

quello

storico del pari che al poeta (diceva lo


la fantasia,

Humboldt)
si

fa

d'uopo

ma

non

la

fantasia libera,

invece

il

dono

della ricostruzione e del collegamento.

Come

l'arte, la storia

cerca la vera forma degli avvenimenti, quella pura e concreta dei


fatti reali
;

ma, laddove

l'arte tocca

appena

le fug-

gevoli manift'stazioni del reale per sollevarsi sopra ogni


realt, la storia si attacca
si

a quelle manifestazioni e in esse


lo storico

profonda. Le idee, che

elabora, non sono da

lui

introdotte nella storia,

ma

scoperte nella realt stessa, della


pie-

quale quelle costituiscono l'essenza; e risultano dalla

nezza degli avvenimenti, non gi da un'aggiunta

estrinsecii,

come accade

nella cosi detta storia filosofica

o teologica

(Filosofia della storia). Certamente, la storia universale

non

Enoycl,, % 618; e si

veda tutta Tintroduzione della


8.

Pini. d. Geach.

Si veda sopra, P. Ili, o.

III.

LA TEORIA DEL GIUDIZIO INDIVIDUALE

371

intelligibile

senza un governo del

mondo

{eine Weltregierung)

ma lo

storico

non possiede nessun organo che


lo fa

lo abiliti a inda-

gare direttamente questo disegno, e ogni sforzo ch'egli tenti


per coglierlo

cadere nell'arbitrario e vacuo teleologismo.

Egli deve venirlo invece

desumendo
il

dai

fatti,

indagati nella

individualit loro, perch


se

fine della storia

non pu essere
forma

non l'attuazione
i

dell'idea,

che l'umanit deve rappreseni

tare per tutti


finita si

lati e

in tutti

vari

modi

nei quali la
il

pu mai congiungere con


si

l'idea;

corso degli av-

venimenti

potr interrompere solamente quando idea e


^.

forma non siano pi in grado di compenetrarsi

La

teoria del giudizio individuale

non

progredita nelle

F. Brentano.

Logiche del secolo decimonono se non per qualche opportuna dilucidazione, che stata data dal Brentano e dalla

sua scuola circa l'esistenzialit nel giudizio.

Il

Brentano,

ohe considera

il

periodo iniziato dal Kant come quello di


filosofica e ostenta vive

una nuova decadenza


pu dire per
egli

simpatie pel
si

medievale scolasticismo e pel moderno psicologismo, non


altro

che

si

fermi a quello o affoghi in que-

sto; e la stessa tripartizione delle

forme dello spirito che

difende

-,

sotto le

estrinseche apparenze di rinnovato

rtesianismo, recale tracce dell'aborrito criticismo, romanLicisrao e idealismo.

La prima

di quelle tre forme,


infatti al

che

la

pura rappresentazione, risponde


la seconda,
alla sintesi

momento

estetico;

che

il

giudizio, forma logica primitiva, risponde


la terza
il

a priori kantiana; e

forma, l'amore e
sentimento, non
postkantiani.

l'odio, in cui si risolvono La volont e

nemmen

essa senza alcun precedente nei


il

filosofi

A ragione

Brentano rigetta

le

varie concezioni pi o

meno

meccaniche del giudizio come associazione di rappresenta-

Ueber die Aufgabe des Geschichtschreibers (negli Alti dell' Accad.


F. Bkkntano, Psycologie, Lipsia, 1874.

di

Berlino, 1822, e ristamp. in IVIF.).


-

372

SGUARDI STORICI

zioni o sussunzione di concetti, e contro le teorie allogene-

tiche

propugna

la teoria
il

idi

cerca di dimostrare che


porre in

giudizio

ogenetica. Ma quando poi A non si pu scom-

ed (cio in

ed esistente), perch
segno, perch

il

concetto di esistente ricavato dal giudizio e non


cede, egli, a parer nostro, va oltre
cetto di esistenza, se certam^ite
il

lo preil

con-

non precede, non segue


solo nella
effettuale
dell'esi-

neppure

il

giudizio, ed simultaneo ossia esiste solamente

nel giudizio,

come

la

categoria esiste
oltre
il

sintesi a priori.

E va

segno anche nel far

stenzialit

il

carattere stesso del giudizio, laddove l'esisten-

zialit solo

una categoria del

giudizio, e perci, se in-

dispensabile al suo costituirsi, non sufficiente, richiedendosi

per ciascun giudizio l'universale interamente determinato,

come essenza non meno che come


l'esistenza.
Il

esistenza, anzi

come

es-

senza nell'intera estensione di questo concetto, che include


vizio, pi o

meno

nascosto nel Brentano,

si

scopre nelle teorie della sua scuola, che finiscono col porre

in

un doppio grado o una doppia forma di giudizio e cadono un inestricabile dualismo ^ Comunque, nelle ricerche del
il

Brentano e dei suoi seguaci bene affermato

bisogno

di

una compiuta dottrina del giudizio in relazione con quella del concetto; come, per un altro verso, con l'indagare cio
l'elemento universale o valutativo, esprimono la stessa
esidi

genza

le

gi accennate

teorie dei valori

dei giudizi

valore, quantunque nessuna di esse riesca a scorgere,

in
i

modo conforme
valori sono
in

alla

tradizione kantiano-hegelirtna,
fatti,

che

immanenti nei

e che

giudizi di valore,
coi

quanto veramente giudizi, coincidono

giudizi indi-

viduali o storici.

'

F. HlLORBRAND, Die neuen Tlieorien

cier

katej/orincUen

ik/ilUsKeiif

Vienna, 1891.

III.

LA TEORIA DEL GIUDIZIO INDIVIDUALE

373

Allo stabilimento di

una
le

teoria

dei giudizi

individuali

Le
la

contro-

possono recar sussidio


grafa,

ricerche sulla natura della storio-

versie circa

natura
storia.

che non hanno avuto forse mai tanta fortuna come

deUa

nell'ultimo decennio del secolo decimonono.

Lo stimolo a
(come

queste indagini stato dato dal naturalismo o positivismo,


che,

avendo tentato

di snaturare la storia, elevandola

diceva) a scienza, cio a scienza naturalistica, fece sorgere

per contrasto
(naturale)
.

il

problema: se
ciie si

la storia

sia o

no scienza
la

Al

rispose

da alcuni che
altri,

storia

scienza sul generis (non naturale); e da


scienza

che essa non


rappresen-

ma

arte, particolare

forma di

arte, la

tazione del reale.

Di queste due

risposte; la

prima

si

trova nell'opera gi

Rickert;
Xnopol.
storia

ricordata del Rickert (180G-1902), e in quella, che le quasi

La come

contemporanea, dello Xnopol (1899) esaminato il procedere naturalistico


trovi

*.

Il

Rickert, dopo avere

scienza dell'individuale.

mostrato coni' esso


il

un

limite

nell'individualit,

esamina
il

procedere

della storia, che,


il

a suo dire, occupa

territorio al quale
lo

naturalismo costretto a rinunziare; e


la

Xnopol pro-

pone

medesima

distinzione

come

quella di una doppia


dei

serie di scienze,
cessi fs e dei

storiche e teoriche,

phenomnes sucfenomeni solo


scienze

phenomnes de

rptition.

Ma

successivi o solo di ripetizione

non sussistono e non


vero che
fatti

sono

nemmeno
si

concepibili; e non
alle

le

dei primi

fermino

differenze dei
si

e trascurino
fatti

le identit,

perch come mai

farebbe la storia dei

politici se

non

si

tenesse conto della costante natura poli-

tica di quei fatti, o della poesia

senza tenere conto della


le

costante natura poetica di tutte

manifestazioni storiche

di essa, o delle specie zoologiche

senza tenere conto della


distin-

costante natura

dell'organismo e della vita? La

Les principes fondamentaux de

l'hintoire,

Parigi, 1899, 2^ ed. col

titolo

La

thorie de l'histoire, ivi, 1908.

374

SGUARDI STORICI
s

zione dunque, cosi com' formolata dallo Xnopol,


stra assai rozza e provvisoria. Dal suo canto
il

dimo-

Rickert cade

in

un errore
non
si

consimile, perch non rispetta quell'elemenro

intuitivo e individuale, che


le

aveva dapprima ammesso; donde


seconda parte del suo
il

lievi contradizioni in cui nella

libro

avvolge, e per

le

quali,

dopo aver definito

con-

come proprio del procedere naturalistico, pretende di trovare una specie di concetto anche nel procedere storico, che aveva distinto e opposto al primo: un concetto stocetto

rico che

si

otterrebbe col ritagliare neirinfinit estensiva


fatti

e intensiva dei

alcuni gruppi, che

si

metterebbero in
e
di

relazione coi criteri pratici d'importanza

valore.

vero

(egli

scrive)
di

che

il

concetto stato da noi definito

come qualcosa
noi

contenuto universale;

ma

per l'appunto

vogliamo

ora superare questa unilateralit, epper

giustificato nell'interesse logico

chiamare concetti anche

pensieri che esprimono

l'essenza storica

della realt'.

E quando
putando

egli si

prova a dare ragione dell'incancellabile


re-

elemento intuitivo ed estetico della narrazione storica,


l'arte

priva di verit e buona soltanto a suscitare

non

si

sa quali effetti artistici (edonistici?), accoglie quel-

l'elemento

come un semplice mezzo che


^.

dia vivezza

alla

narrazione ed ecciti la fantasia


ci,
teri
il

Come conseguenza
personaggi e

di tutto
i

Rickert entra nel disperato impegno di stabilire


ai

cri-

per attribuire o negare

ai fatti 1'* og-

gettivo

valore storico.
risposta, che la storia sia arte (cio
si

La

storia

La Seconda
presenta non
difficolt,

una

fornin
v\\

conio arte.

speciale di arte, che


il

distingua da ogni altra in quanto

possibile

ma

il

reale), evita
il

le

sopradette

perch mantiene nettamente

divario tra scienze


intuitivo

naturali e storia, chiarisce l'ufficio deireleracnto

Oraun
Op.

d. naturtoiu. Begri/fsbldung, pp. H28-9.

cit.,

pp. 882-9.

III.

LA TEORIA DEL GIUDIZIO INDIVIDUALE


si

375

nella storia,

non

perde nella vana ricerca del criterio

di-

stintivo tra fatti storici e fatti


storici tutti
i

non

storici, e

dichiara senz'altro
di storia
'.

fatti

sempre che diventino oggetto


reale

Ma

essa deve essere corretta e compiuta con l'ulteriore con-

clusione che la rappresentazione del

non pi
,

semplice rappresentazione n semplice arte

ma com-

penetrazione di pensiero e rappresentazione, giudizio indi\

iduale, concetto individualizzato, filosofia-storia-.

Tutte

le altre

controversie, agitate di recente intorno alla


si

AUre con-

dottrina della storia,

riferiscono

ai

criteri d'interpetra^

*5"*f'*"" circa la sioria.

zione, ossia ai sistemi d'idee che sono sostegno di qualsiasi

narrazione storica. E, per esempio,


sputa circa
il

si

disputato e

si

di-

significato preciso e l'importanza


in istoria
il

maggiore o

minore che hanno

clima,

la

razza, l'economia,

l'individualit, la collettivit, la cultura, la morale, l'intel-

ligenza; e poi ancora sul


storia, la teleologia,

come

sia

da intendere

l'idea nella
di-

l'immanenza,

la

provvidenza, e via
i

cendo; nelle quali dispute ricorrono di continuo


del

nomi

del

Buckle, del Taine, dello Spencer, del Rauke, del

Marx,

Lamprecht

e di altri.

evidente che codeste controversie


il

non concernono direttamente e propriamente


gnoseologico della storiografia,
rito e del reale, la

carattere

ma

il

sistema tutto dello spi-

versamente
il

le

concezione stessa del mondo, sicch di risolveranno il materialista e lo spiritualista,

teista e

il

panteista; e farne qui la storia sarebbe uscire

dai confini che della Logica.

abbiamo

tracciati alla

Logica e

alla storia

la tesi,

che fu sostenuta, nel 189o, dall'autore di questo libro:


rlatives

cfr.

anche B. Ckock, Les eludei


Si

la

tkorie de l'histoire en

Italie,
-

nella lievue de synthne historique, V, pp. 257-269.

veda sopra, P.

II, e. 4, e

nota relativa.

IV

La teoria delle relazioni tra pensiero e parola


E la Logica formalistica

Relazione
tra la storia

ia L.

Storia della

Logica dipende in modo assai

stretto dalla

Logica e quella della Filodella


sofia del lin-

storia della Filosofia del linguaggio, ossia dalla storia dell'Estetica, intesa

come

filosoia del

linguaggio e dell'espres-

sione in genere. Ogni chiarimento della natura del linguag-

guaggio.

gio rischiara di
il

nuova luce l'operare


si

del pensiero, che supera

linguaggio e insiememente

vale del linguaggio, e ha

perci con esso relazione negativa e positiva. Agli avanza-

menti della Filosofia del linguaggio, non meno che a quelli


della Logica,
si

deve

la

migliore determinazione delle rela-

zioni tra pensiero ed espressione, la confutazione dell'errore

della Logica empirica e formalistica, la quale crede di analizzare


il

pensiero ed offre invece una sequela di mutilate

forme linguistiche, rese vuote.


Il

formalo-

Questo errore, che comparve in tempo assai antico nel


nostro

llsino o ver-

balismo
gico.

mondo

occidentale,
le

si

mantenuto per millenni

La Loindi.-i

ancora tiranneggia

monti, talch per

Logica

non

s'infor-

gica
na,

libera

tende di solito altro che appunto la Logica o Illogica


malistica.

Diciamo nel nostro mondo occidentale, perch,

se la Grecia foggi e

tramand

la dottrina delle

forme

lo-

giche, miscuglio di pensieri materializzati in parole e di

parole irrigidite in pensieri, nota un'altra Logica, che

si

svolse, per (jnel che sembra, fuori dell' infiusso del pensiero

IV.

LA LOGICA FOKMALISTICA

.)(t

greco e rimase

immune

dall'errore formalistico. Tale la

Logica indiana, spiccatamente antiverbalistica, quantunque


assai inferiore a quella greca ed europea per ricchezza e

profondit di concetti e restringentesi quasi soltanto all'esame


del concetto o ragionamento empirico, dell'induzione naturalistica

studia
siero
dalle

casuum simUium. La Logica indiana come peninterno, distinguendolo da quello per gli altri, cio forme pili o meno usuali ma sempre estrinseche e acexpectatio
il

sillogismo naturalistico in s stesso,

cidentali della comunicazione e della disputa.

Non

sospetta

nemmeno

la

stravagante idea (che ancora vizia

le

nostre

trattazioni dottrinali) di
sillogistica

una

verit >, che sia

meramente
falsit

formalistica , e che possa essere


il

di fatto.

Non conosce

giudizio, o piuttosto considera ci

che

si

chiama giudizio,

e che la proposizione,

come

rive-

stimento verbale della conoscenza; non


zioni di soggetto, copula e predicato;

fa le verbali distin-

non ammette

classi

di giudizi categorici e ipotetici, affermativi e negativi: tutte

cose, secondo essa, estranee alla Logica, che mira al sodo,


alla

conoscenza considerata per s stessa

*.

Form

oggetto d'indagine e di controversia, segnatamente

La Logica
ristoteUea

circa la met del secolo passato, la questione se la Logica


formalistica, la Logica delle scuole, rechi in
il

modo

legittimo

usmo.

nome

di

aristotelica:
il

la

qual cosa alcuni autori, e paril

ticolarmente

Trendelenburg e

Franti, negarono recisail

mente, e intesero perci a restaurare


medievale.

genuino pensiero

di Aristotele in contrapposto della Logica postaristotelica e

Ma

questi autori erano essi medesimi tanto im-

Logica indiana, forma pi compiuta, quale olFerta da un trattato del secolo duodecimo, in H. Jacobi, Die indische Logik, nelle Nachrichten v.
i

Si veda la recente esposizione della secolai'e

nella sua

d. kiinigl. Gesellsch. d. Wisaensch. zu GoUingen, Philol.-hist.


fase. 4, pp. 460-184.

Klasse, 1901,

378

SGUARDI STORICI

pegolati nel formalismo logico da

non trovarsi

in

grado

di

assegnarne l'intrinseco e fondamentale carattere, che ripo-

nevano

in determinazioni superficiali e secondarie, in

base
il

alle quali

coneludevano per

l'asserito contrasto. Se

ca-

rattere proprio del formalismo consiste nella confusione tra

pensiero e parola,

come

si

pu negare che Aristotele sdruc-

ciolasse in questa confusione, o che per lo


il

meno mettesse
si

piede sulla via sdrucciolevole? Certamente egli non


si

spinse alle esagerazioni e non


logici posteriori,

balocc con

le inezie dei

perch apparteneva a un'et creativa e non


i

era un arido pedante; certamente


gli Analitici)

suoi libri (in particolare

sono ricchi di osservazioni acute e originali,


filosofo,

perch era un

laddove

suoi successori furono assai

spesso semplici manovali.

Ma

altrettanto indubitabile che

Aristotele (probabilmente per l'efficacia che sopra lui eser-

citarono le discipline matematiche) concep una teoria del-

l'apodittica, che dai semplici giudizi, attraverso


gismi e
le

sillo-

dimostrazioni,
il

si

compirebbe nella definizione, e


il

nella quale

primo termine sarebbe


il

concetto

come con-

cetto slegato o nome, e l'ultimo

concetto definito. Egli

non ignorava che non tutto dei principi supremi non si


scienza

si

dimostra a quel

modo che
;

d, ed

strazione di quella sorta; che c',

vano chiedere, dimoaccanto all'apodittica, una


non l'indusse a oltrepas-

anapodittica

':

ma

ci

sare le forme verbali e a cogliere direttamente e puramente


il

concetto o la categoria, che 6 dimostrazione di s stessa.

Nelle partizioni dei giudizi fu assai discreto, e

nondimeno

verbalisticamente
definiti,

li

distinse in universali, particolari e in-

in negativi e affermativi.

Del sillogismo distinse


di esse la

tre sole figure, e disse

anche che

prima quolhi

che ha veramente carattere

scientifico (niorrinovixv), i)er-

Cfr., tra gli altri luoj^hi, Mtlaphi/n., 1, 1011 a.

IV.

LA LOGICA FORMALISTICA
,

379

che determina

il

che cosa

laddove

la

seconda non d

giudizio categorico e conoscenza affermativa, e la terza

non

d conoscenza universale; ina queste restrizioni non vale-

vano a correggere l'errore


di

iniziale,

che era nell'idea stessa


si

figure
e

modi
le

del sillogismo.

Quando
si

considerino

le
le

singole dottrine logiche di Aristotele e

confrontino con

forme
si

con

amplificazioni che posteriormente assunsero,


aristote-

pu ben sostenere che nessun logico fu meno

lico di Aristotele.

Ma

aristotelico fu anch'esso;

e l'avvia-

mento a cercare

la logicit nelle

parole era dato con esempio


fato.

cosi insigne, che per secoli

grav sulle menti come un

Perch, dunque,
usano, contro

infierire,

come

molti

critici

moderni
ai

n
sino

fonnaiiposte-

le posteriori

manipolazioni e svolgimenti,

quali fu sottomessa la Logica aristotelica


stoici,

da peripatetici e

da coraentatori e retori, da dottori della Chiesa e maestri di universit, da neolatini e bizantini e arabi e germani? Non abbiamo, come si pu agevolmente immaginare,
nessuna tenerezza pel sillogismo ipotetico e disgiuntivo, o per la

quarta figura del sillogismo elaborata da le cinque voci di Porfirio, o per le sottigliezze sulle conversioni dei giudizi, o pei versetti memoriali di Michele Psello e di Pietro Ispano,
Teofrasto a Galeno, o per
o pei simboli geometrici dei concetti e sillogismi, inventati
nel secolo decimosettimo da Cristiano
le teste

Weise
*),

per addestrare

stupide

scappa a dire

il

Prantl

o pei calcoli che

Giovanni Ospiniano fece sui


nati

modi

del sillogismo, determi-

da

lui,

nientemeno, in cinquecentosessanta, dei quali

trentasei concludenti;
errori

e conveniamo anche volentieri


(per esempio, intorno
alla

degli

commessi

nella interpetrazione tradizionale di alcuno

dottrine

di Aristotele

dottrina

dell'entimema-). Ma, prescindendo da questi ultimi, diciamo

G'esch. d. Logik, I, p. 362.

Hamilton, Frayrnenls philosophiques, trad. frane, pp. 238-242.

380

SGUARDI STORICI

che per quelle sottigliezze, amplificazioni ed escogitazioni


l'addentellato
si

aveva neV Organo

aristotelico, e
posti,

che esse

discendevano logicamente dai principi col

quan-

tunque quella selva selvaggia


lo

di false distinzioni, quell'assuril

dit evidente di conclusioni, urti

buon senso, come non


che presentavano

urtavano

le

distinzioni

aristoteliche

una

certa rispondenza col

modo

consueto, empiricamente

descritto, del disputare

scientifico, l'errore iniziale si

an-

nidava appunto in queste; e fu bene che venisse potenziato


o esagerato (come bene talvolta nella vita pratica che av-

vengano
Le
la
ribel-

scandali), perch cosi esso


ai

apparve

in tutta la sua

gravit e servi da stimolo

nuovi avviamenti della scienza.

Maggiore importanza
glio

di questo lavoro di

ricamo e

frasta-

lioni contro

Logica

che

la

scuola

>

(nel senso largo della parola ossia dal

aristotelica,

pcripatctismo all'aristotelismo odierno) and facendo intorno

L'opposizione
degli
e

a codeste dottrine, parrebbero offrire


di esse.

le

ribellioni

contro

umanisti

Ma

poich c' stato un tempo in cui ogni protesta,


il

anzi ogni contumelia, contro

filosofo di Stagira

sembrata

segno di pensiero originale, di libert spirituale e di sicuro


progresso, giova ripetere che condizione indispensabile per

superare

la

Logica aristotelica era una nuova

F'ilosofia del

linguaggio. Questa condizione


sato, e in certo senso

manc quasi
tuttora, ossia

affatto pel pas-

manca

non

ben pe-

netrata nelle menti; cosicch non da stupire se in quelle

quando siano esaminate da vicino, si trovi, in mezzo a discordie secondarie e superficiali, tutt'altra cosa di ci che si aspettava: non la negazione radicale, ma l'acribellioni,

cettazione
stessi della

sostanziale,

espressa o sottintesa, dei principi

Logica formalistica.
caso delle ribellioni che
si

Tale

il

manifestarono nel
di ciceroniani

Quattro e Cinquc^cento per parte di umanisti,


e di retori,

come Lorenzo

Valla, Rodolfo

Agricola, Luigi
insofferenti delia

Vives, Mario Nizolio e Pietro

Ramo,

tutti

vecchia e posante armatura scolastica. La cultura, uscendo

IV.

LA LOGICA FORMALISTICA

381

dai chiostri,

si

spargeva nella vita;


lingua volgare; e
facili

si si

cominciava a

scri-

vere di

filosofa in

desideravano perci
eloquenti e

forme d'esposizione svelte,


oratorie.

chiare, o

Pure, sotto queste forme nuove,


il

pensiero logico permaneva immutato; e


pio,
di

metodo del il Ramo, per esemappellativi


stertens

che appioppava ad Aristotele


fatuus,
impostar,

gli

eleganti
et

chamaleou

somnians

e altrettali, terminava nella pretesa di avere esso solo inteso


il

vero pensiero aristotelico; e nelle riforme che prole

l)oneva (tra

quali era che la terza figura del sillogismo

dovesse passare al posto della prima) dava a vedere di aggirarsi

pur sempre nel chiuso mbito del formalismo

*.

Anche
la

l'opposizione del naturalismo non colpiva al cuore

L'opposi
zionedel naturalismo.

Logica aristotelica,

ma mirava

a surrogare, e pi spesso
altro

ad accompagnare, un empirismo con un


le

empirismo:
induzione

regole del
le

sillogismo

coi precetti

dell'

o
si

confutazioni

sofistiche

con
le

l'enumerazione
menti.
Il

dei

quattro idoli

che preoccupano

Bacone non

sognava

di

negare alla

sillogistica pregio di

vera dottrina,
e avesse per-

solamente stimava che essa fosse stata gi abbastanza


le

studiata e sviluppata, che nulla


fino del superfluo,

mancasse

laddove mancava ancora una precetti-

stica dell'invenzione e dell'induzione,

d'importanza fonda
che

mentale per

la sillogistica
si

medesima. Facendo l'inventario


ci

delle cognizioni,

vede

(egli scriveva)

troviamo a

un dipresso nelle condizioni


cui inventario
(

di chi raccolga un'eredit nel

sia

segnato:
)

di danaro contante nulla


-,

mimerutce pecunae, nihil

Onde levava

la

voce contro

l'abuso del disputare e raziocinare in cose di fatto, perch


(com'egli
si

esprimeva)

la sottigliezza del sillogismo vinta

Prantl, Ueber Petrus Samus, nei Sitzangsbericlde

d. k. bayer.

Akad.

d.

Wissensch., Philol.-hist. Klasse, 1878, li, pp. 157-169.


-

De

dign.

et

augni., IV, ce. 2-5.

382

SGUARDI STORICI
della natura K
II

sempre da quella
cetti; le

sillogismo consta di pro-

posizioni, queste di parole, le parole sono tessere di

con-

ma

se

concetti sono confusi o

malamente

astratti,

conseguenze sillogistiche che se ne traggono non hanno


spes est

sicurezza alcuna; e perci bisogna far capo all'induzione:

una in inductione vera ". La posizione del Baera antiformalistica, ma di aggiunta e di cone (che non ompleinento al formalismo) si rinnovata in quasi tutte

le

Logiche induttive, fino a quelle della scuola inglese del


Il

secolo decimonono, e fino alle odierne.


Mill esprime la

libro dello Stuart


sillogistico

combinazione dei due empirismi,

e induttivo, nel titolo suo stesso che suona: Sistema di

Logica deduttiva e induttiva, esposizione dei principi


della
L' elabora-

prova

e dei metodi della

ricerca
il

scientifica.

Nel secolo decimottavo, mentre

Leibniz vagheggiava
il

zione

seni-

plificatoria

un'estensione e perfezionamento della sillogistica merc


calcolo logico, e parecchi lo seguivano in

nel secolo

questa ubbia,

decimottavo.

Kant.

senza, com' naturale, produrre niente di utile n impri-

mere tracce osservabili


cultura
^,

nella

storia

del

pensiero e della
dis-

la

Logica formalistica venne sempre pi in

Ivi, e. 2.

Noo. org.,

I,

afor. 14.

Giova tradurre un luogo dello Hegel a proposito


il

del tentativo
:

leibniziano,

quale ora torna in


di

moda

col

nome

di Logistica

LVatremo
le
il

questa maniera

(la sillogistica)

sconcettualizzata di
si

maneggiare
Leibniz,

determinazioni concettuali del sillogismo


t.

trova nel

quale (Opp.,

II, p. I)

assoggetta

il

sillogismo al calcolo

combinatorio. Col mezzo di questo, egli ha calcolato quante posizioni del sillogismo siano possibili; e cio, tenendo conto delle dif-

ferenze dei giu<liz positivi e negativi, e poi degli universali,


colari, indeterminati e singolari,

pai-ti-

giunto

al risultato
le

che

le

combi-

nazioni possibili sono 2048, delle quali, escludendo


24 valide.
11

invalide, restano

Leibniz vanta molto

l'utilit

che ha l'analisi combina-

toria per trovare

non solo

le

forme del sillogismo,

ma anche
si

le

con-

nessioni di altri concetti. L'operazione, con la quale ci

trova, la

IV.

LA LOGICA FOKMALISTICA
utens
la

38o

credito non solo


cio

come Logica
anche
il

ma

anche come docens,


e

come
il

teoria. Il

che spiega

nuova

moderata forma

di essa alla quale

Kant

si

attiene e che, nel ser-

bare

formalismo, procura di correggerlo e soprattutto di


Il

semplificarlo.

Kant

infatti

tolse a

dimostrare

la

falsa

sottigliezza delle quattro figure

sillogistiche , e
la

per ren-

dere

pi.

coerentemente formalistica

Logica tradizionale,

le sottrasse tutte le

questioni circa la sintesi e le categorie,

che rimand alla sua nuova Logica trascendentale.

Ma

in

quel formalismo la riveriva e teneva sostanzialmente perfetta,

perch (diceva) costituisce un canone dell'intelletto

e della ragione, nell'aspetto


i\ae sia
il

formale

del loro uso, qualunil

contenuto cui venga applicato, e

cui

unico

medesima onde

si

calcola quante combinazioni di lettere permetta

un

alfabeto, quanti colpi

un giuoco

di dadi,

l'homhre, e via dicendo.


del sillogismo

Per modo che si messe sopra una stessa linea coi punti dei dadi
il

quante giocate una partita vedono qui le determinazioni


e

con
di

una

partita Vhomhre:

razionale viene preso


si

come qualcosa
il

morto, privo affatto del concetto, e


cetto e le sue determinazioni

lascia

da banda quel che

con-

hanno di proprio: cio, che essi sono, in quanto fatti spirituali, relazione, e che per virt di questa relazione sopprimono la loro determinazione immediata. Quest'ap-

plicazione leibniziaua del calcolo combinatorio al sillogismo e alla

connessione

di altri concetti

non

si

distingue dalla screditata arte

tulliana

in nulla,

salvoch nella maggiore metodicit di cui d

prova nel calcolare; in tutto il resto, pari a quell'assurdit. Si congiungeva col calcolo combinatorio un altro pensiero, prediletto al Leibniz, un pensiero che egli aveva avuto nella sua giovinezza e che, nonostante fosse immaturo e supei-ficiale, non abbandon mai neppure pi tardi quello di una caratteristica universale dei concetti, di una scrittura in cui ogni concetto venga rappresentato come procedente da altri o come riferentesi ad altri; quasi nella connessione razionale, che essenzialmente dialettica, un contenuto serbi le medesime determinazioni che ha quando fissato da solo. Il calcolo del Ploucquet si , senza dubbio, attenuto al modo pi conseguente di sottomettere la relazione del sillogismo al calcolo. Esso
:

384

SGUARDI STOHICI

criterio l'accordarsi o

no di una conoscenza con


di ogni verit,

le

leggi

generali e formali dell'intelletto e della ragione, accordo che


conditio sine

qua non

sebbene conditio
rivolt

so-

lamente negativa ^
della Lo"-iea

Contro la tradizione formalistica


Hegel,

il

si
il

invece lo

formalistica.
^

quale intese a maraviglia


di codesta

carattere di codesta

iermacher

LogicH empirica,

scienza stravagante, che


e

conoscenza irrazio!nale del

razionale

il

cattivo
si

esempio di non osservare

le

sue proprie dottrine, e anzi

prende licenza di fare

il

contrario di ci che le sue regole


i

prescrivono, trascurando di deduri'e


strare le proprie affermazioni
"';

concetti

e di dimola

e, in

quanto empirica,

giudicava intellettualistica, perch presentava in

modo

astrae nel giudizio dalla differenza della relazione, cio dalla singolarit, particolarit, e universalit, e fissa

l'identit astratta
ni

del

soggetto e del predicato, mettendoli in


la

relazione

atematica,
il

quale relazione riduce


di proposizioni.

il

ragionare a una vuota e tautologica forla rosa rossa


rosso in generale,

mazione

Nella proposizione:
il

predicato deve significare, non gi

ma
i

solo quel
cristiani

determinato rosso della rosa. Nella proposizione:

tutti

sono uomini,
ebrei

il

predicato deve significare solamente:

quegli uo-

mini che sono cristiani.

Da

questa e dall'altra proposizione: gli

non sono cristiani segue la conclusioue (che non ha costituito una buona raccomandazione di questo calcolo presso il Mendelsaolin): dunque, gli ebrei non sono uomini (non sono, cio,
quegli uomini che sono eli Ploucquet d
i

cristiani).

come conseguenza

della sua invenzione '/owr


to-

etiam rudes mechanice totani lor/icam doceri, uti pueri arithmeticani

cenlur, ila quidem, ut nulla formidine in ratiociniis suis erraiidi torqwri,


vel fallaciia circumveniri poanint, si in calculo

non errante Questo

elo-

gio, che per l'intera

mezzo
alla

del calcolo sia concesso fornire

Logica

gente rozza,

meccanicamente certamente quanto di peggio si

possa, dire sul conto di un'invenzione, che concerne la Scienza lo-

gica {Wiaa.

d. Log., Ili, pp. H'i-Jl).

Kr.

d. rein.

Vern., ed. cit,, pp. 101-2.

\Vi$$. d.

Log., Ili, p. bi.

IV.

LA LOGICA FOKMALISTICA

385

astratto e atomico le determinazioni

razionali e le combi-

nava

poi meccanicamente.
si

Il

nuovo concetto del concetto,


le

promosso dallo Hegel,

viene creando da s

sue pro-

prie teorie e lascia cadere le

vecchie e formalistiche comi^


pensiero sono ormai
d concetto e rap-

spoglie morte e disseccate.


le

E le forme del

forme stesse del reale; l'Idea unit

presentazione, perch l'universale stesso, gravido dell'individuale;


le
si

cose sono giudizi realizzati, e


fa identica

il

sillogismo

l'Idea che

con

la

sua

realt. Ci vale dire

che

il

pensiero domina totalmente la realt, perch non


o

aggiunta estrinseca
stessa,

mezzo

interposto,

ma

la realt

che

si

fa

pensiero perch pensiero.

Del resto,

anche

altri filosofi

contemporanei e avversari dello Hegel

rigettarono la Logica formalistica,

come

lo

Schleiermacher

che faceva corrispondere

alle

due forme della

realt, l'es-

sere e
dizio,

il

fare,

le

forme logiche del concetto e del giunel


il

ritrovando analogie corrispondenti nello spazio,


dell'essere,
lo

frazionamento
del fare.
si

tempo, frazionamento
concetto e
il

Per

Schleiermacher,
e

giudizio
circolo,

presuppongono a vicenda
tale solo

danno origine a un
*;

che

quando

si
i

consideri temporalmente, perch

nel punto d'indifferenza


dallo

due fanno uno

ma, diversamente
delle

Hegel

(che nel pensiero dialettico

conseguiva l'unit forme


es-

del reale), egli


senziali
il

doveva escludere dal novero

sillogismo, perch, a suo dire,

se

il

sillogismo

fosse

una vera forma, dovrebbe corrispondergli un proprio

essere, e questo
]\Ia

non

si

trova

> ^.

se con la critica hegeliana la

Logica formalistica era

Persisten-

sorpassata da una Logica veramente filosofica e perdeva


nel fatto qualsiasi importanza,

za parziale

deUa
ca
Bticii

I^iOgi-

non

si

pu dire che venisse

fonnaii-

per

ef-

fetto dei fai


si
*
-'

concetti
il

Dialektik, ed. cit., pp. 74-5.

circa

lin-

Op. Op.

cit., cit.,

pp. 145, 147-9.


pp. 146, 291-2.

guaggio.

B. Croce, Logica.

386

SGUARDI STORICI
si

definitivamente vinta in teoria. Nello Hegel medesimo

osservano tracce di essa in certe partizioni, che egli o accetta correggendole o crea di sana pianta, delle forme dei

giudizi e dei sillogismi. In verit,


stanziale importava che
si

una

critica diretta e so-

riconoscesse l'errore proprio di

quell'empirismo,

lo

scambio del pensiero col linguaggio e


il

del linguaggio col pensiero: critica preclusa allo Hegel,

quale nella teoria del linguaggio era logicista, concependolo

come complesso
gli

di

elementi logici e universali S onde non


le

appariva irrazionale la coincidenza tra


prendessero nella loro vera connessione.

forme del

lin-

guaggio e quelle del pensiero, posto che


si

le

une

e le altre

rinnovamento
gli

della Filosofia del linguaggio, iniziato dal Vico e proseguito

dallo

Hamann,

dallo

Herder

e dallo

Humboldt,

rimase

ignoto o non ebbe sopra lui vera efficacia.


a dir vero,

l'ha avuta,

nemmeno

pi tardi sulla Logica, la quale, se


si

ne fosse stata pervasa,

sarebbe liberata per sempre dal

formalismo o verbalismo e avrebbe acquistato modo e forza


di attendere all'indagine dei problemi,

che sono propria-

mente

suoi.

Appena qualche accenno

di seria discussione

(ma condotta

piuttosto nel riguardo della Filosofia del lin-

guaggio che non in quello della Logica) appare nella pole-

mica dello Steinthal cntro


Logica e Grammatica
La
ca
II -.

il

Becker circa

rapporti di

Loginello Scho-

accaduto

cosi che la Logica tradizionale abbia conti-

forinall-

fltica

nuato a vivere, se non a prosperare, nel secolo decimonono,

er bart,

dopo avere ricevuto dal Kant,


l)attesimo e

nello

penhauer,
neir Hamilton.

Ilerbart vi
e,

col nome di formale, nuovo nuova legittimazione. E, tra i postkantiani, lo si tenne stretto, pur semplificandola alquanto,

nemico

di ogni

Logica trascendentale, continu a repu-

Wi$i. d. Looik,

I,

pp. 10-11 e

passim;

Eticykl.,

206; e in

altri

luoghi.

EiUtica

i>.

li, e.

12.

IV.

LA LOGICA FORMALISTICA
lo

387

tarla unico
le

organo del pensiero e


;

Schopenhauer giudic

forme logiche bel parallelo di quelle rettoriche, contentangiudizi (tanto quelli chiaparticolari e
i

dosi di proporre in esse qualche ritocco: per esempio, col

considerare sempre universali

i i

mati con questo

nome quanto
i

singolari), e

spiegare gl'ipotetici e

disgiuntivi

come pronunziati

sulla

comparazione

di

due o pi giudizi categorici, e abbandogiudizio tratto da

nare del sillogismo (che egli definiva

due
ia

altri

giudizi senza intervento di nuove cognizioni)


le tre

quarta figura, pur serbando

prime,

ectipo di tre
*.

operazioni reali ed essenzialmente diverse del pensiero

L'esempio kantiano fu seguito in Inghilterra dall'Hamilton,


che insisteva sul carattere
logici,
aflfatto

ipotetico dei ragionamenti

escludeva dalla Logica


i

le

dispute circa la possibilit

e impossibilit e circa

modali, e dichiarava errore fonda-

mentale l'intrusione in quella scienza dei concetti dell'induzione perfetta o imperfetta, che
si

riferiscono a differenze

materiali e sono perci extralogici

^.

In

tal

modo

egli rea-

giva contro la Logica induttiva, che segnatamente nella sua


patria era

prevalsa sopra quella formalistica o


e
si

le si

era

stranamente accompagnata;
dizio
I

argomentava

di

poter

perfezionare quest'ultima, semplificando la dottrina del giu-

merc

la cosi detta

quantificazione del predicato

^.

logici posteriori seguitarono a lavorare intorno a

code-

Teorie pi
'^<="*'-

ste

modificazioni parziali e superficiali e a introdurre nel


Il

formalismo elementi eterogenei.


si

Trendelenburg, che, come


dall'aristotelismo ad
di

gi avuto occasione d'accennare, volle richiamare la


ai

cosa

suoi

principi

ossia tornare

Aristotele, riconobbe poi,

con curiosa contaminazione

un

pensiero hegeliano, alla logicit e alla realt un fondamento

Werke, ed.

cit.,

Il, pp. 120-135.

2
3

Op.
Si

cit.,

pp. 159, 165.


p.

veda sopra, a proposito del Ploucquet,

383 n.

388

SGUARDI STORICI
lui

comune, che per


Lotze ridusse
le

non era l'Idea ma

il

Movimento.
secondo

Il

forme dei giudizi a

tre sole,

le

variazioni della copula, cio ai giudizi categorici, ipotetici

e disgiuntivi, e innanzi ai categorici mise g'


classe

impersonali

merc

la

quale

si

tentava e

si

tenta di appagare

l'esigenza di

una forma

teoretica, che sia presupposto dia-

lettico del pensiero

propriamente logico.

Ma

il

Lotze rimase

sempre legato a un concetto


gio, e, poich
la

intellettualistico del linguaggli

poesia e l'arte

parevano indirizzate

non
e
la
ai

alla

contemplazione ed espressione

ma

alle

commozioni
ritrovare

sentimenti di piacere e dolore, non poteva

forma teoretica primitiva

nell'arte, nell'intuizione, nella


il

pura espressivit. L'herbartiano Drobisch espose


esservi,

forma-

lismo in tutta la sua crudezza, cominciando dall'affermazione


si,

giudizi e sillogismi necessari,


Il

ma non

gi;\

concetti necessari.

Sigwart riform

la classificazione

dei giudizi (di denominazione, di propriet e attivit, impersonali, di relazione, astratti, narrativi ed esplicativi), e

ritocc quella dei sillogismi.

Il

Wundt, accettando

l'antica

tripartizione delle forme logiche, propone anch'esso

nuove

suddivisioni col distinguere, per esempio,


l'oggetto
in

giudizi secondo

indeterminati, singolari

plurali,

secondo

il

predicato in narrativi, descrittivi ed esplicativi, secondo

la

relazione in giudizi d'identit, di sopraord inazione, subor-

dinazione e coordinazione e di dipendenza, e poi ancora


in predicati

negativamente e negativamente opponenti. N Brentano esce del tutto dalla cerchia formarestringa a dividerli in aflfermativi e nega-

la riforma del
listica;

sebbene, assegnata la quantit dei giudizi alla loro


si

materia, egli
tivi,

delle inferenze

immediate accetti solamente quella ad


in contrario

contradictoriatn, delle h'ggi del sillogismo neghi (jnella ex

mere negativis col sostenere


mativis nil scfpiitur, e
la

che ex mereaffer-

quaternio

terni inoruni,

un tempo
i

contrassegno

di sofisma,

difenda come legge di

tutti

siilo-

IV.

LA LOGICA FOKMALISTICA

389

gismi, nei quali abolisce infine le distinzioni delle figure e dei modi.

A
i

codesti logici, che pi o

meno lavorano

sugli schemi

La

Log-ca

tradizionali,

vorrebbero contrapporsi, innovatori radicali,

matematica*.

logici matematici,

proseguendo non

la filosofia

ma
si
il

alcune
provail

fisime della filosofia leibniziana, come per primi

rono a fare Giorgio Bentham,

il

De Morgan,

Boole,

Jevons,

il

Grassmann, e fanno ora parecchi

in Inghilterra,

in Francia, in

Germania e
di dire,

altres in Italia (Peano). Innoeffetto,

vatori
tato,

per

modo

perch in

come

si

nofor-

sono ultrareazionari, cio assai pi formalisti del

malista Aristotele, scontenti delle divisioni poste da costui,

non perch troppe e

arbitrarie,

ma

perch troppo poche

e con ancora traccia di qualche razionalit, e tutto affac-

cendati nel procurare una teoria del pensiero dalla quale


og-ni

pensiero sia lontano. Questa sorta di logica stata

test

esattamente definita dal


> '.

Windelband:
logici

logica

del

tappeto verde

Com' agevole supporre,


insieme
l'altra

questi

hanno ereditato La falsa idea


'

idea,

'

piuttosto f

fissazione,

del Leibniz,

'

gio presso

"**^""^;
i

quella dello stabilimento di una lingua costante e uni versale


;

logici
*g"g*

ma-

e per tal via scoprono

il

motivo veramente determi-

giVin*

nanfe del loro errore come in genere di tutto l'errore formalistico: l'ignoranza cio della

tuiiionisti.

natura alogica del linguaggio.

Questa natura del linguaggio rimane oscura per un altro


verso anche
ai

moderni

intuizionisti (Bergson), che persiil

stono nel considerare


nella sua ingenuit e

come linguaggio non


immediatezza,

linguaggio

ma

il

procedimento

Nello scritto sullo stato odierno della Logica che nell'opera

Die Fhilosophie

im Beginn des zwamigsten Jahrhunderts (Heidelberg,


dell'opera dei signori Couturat e Lau)

V.m),
2

1,

pp. 163-186.

Si

veda

(a proposito

Probi, di Estetica, pp. 190-7.

390

SGUARDI STORICI

intellettualistico (classificatorio e astraente),

che

falsifica

il

continuo nel discontinuo, fraziona


reale erge

la

durata e sul

mondo

un mondo

fittizio.

Perci essi sono condotti in

ultimo a dar valore di unica espressione diretta del reale


alla

musica: come se

la
il

musica non fosse linguaggio

il

linguaggio vero (non


essi
lo

discorso intellettualistico, col quale

tolgono in iscambio) non fosse originariamente ed

essenzialmente musica, cio poesia.

da

metter pegno che

anche per

gl'intuizionisti

una

logica (se

mai

essi si risol-

vessero a costruirne una) sarebbe estrinseca e formalistica,


e teorizzerebbe
il

nominalismo, che naturale complemento

di ogfni filosofia intuizionistica e mistica.

Di questa Logica

Jja Logica, che abbiamo esposta


ch'essa
in

in questo trattato, andi

Carattertj

certo senso Logica tradizionale; senonch vor-

tradizionalo

qu

8
.

H
e

rebbe ricongiungersi non alla tradizione del formalismo,

L
suo
la

e M

ma

a quella della Logica hegeliana, della Logica trascene,

ricolle-

l^ainento al-

dentale kantiana,
tivo ellenico.

su su, del pi alto pensiero speculadichiara la sua affinit

Logica

In altri termini, essa

(hi concetto
filosofico.

con

le sezioni

logiche contenute nella Critica della ragion


aristotelica, e

pura del Kant o nella Metafisica


le

non gi con

Lezioni di Logica o con gli Analitici dei medesimi autori.

In questo suo carattere di tradizionalit trova


di fiducia,

un motivo

perch l'uomo ha sempre pensato


la verit nel

il

vero, e colui

ohe non sa scorgere

passato da dubitare che

non possegga nemmeno quella del presente, della quale,


nel suo orgoglioso isolamento,
]\Ia
si

tiene sicuro.
Sue innovazioni.

ricongiungersi davvero alla tradizione vale prosee

i;uirla

rinnovarla con

nuovi problemi e con riproporre

in

modo
cui
le

migliore gli antichi confusamente proposti e mal

risoluti.

Perci questa Logica offre anche talune cose nuove,


principali e fondamentali
si

di

possono forse com-

pendiare cosi:

L Accogliendo
filosofa
i

la dottrina,

che culmina nell'ultima grande

I.

Egclusfo(lei

moderna, del concetto puro, questa Logica esclude


empirici e astratti, dimostrandoli irriducibili al

nc

coiieiiitii-

cetti

concetti

rici e astratti.

concetto puro.

<^92

SGUARDI STORICI

II.

Carattere

II.

Accettando solamente per essila teoria


forniti
-,

economica

ques^^tTconcelti, e autoI10I11H

^^^^ scienze empiriche

e astratte, e considerandoli perci

come

di

carattere
...
^

pratico ossia
t

come non-concetti
il

delle
eni-

scienze
piriche e

"^^ pscudoconcetti, qucsta Logica

nega che esauriscano

ma-

pensiero logico,

anzi addirittura che vi appartengano; e


la realt

dimostra che la loro stessa formazione presuppone


trine,

del concetto puro. Onde, connettendo tra loro le due dot-

fonda l'autonomia della

filosofa e

insieme la rela-

tiva autonomia delle scienze empiriche e matematiche, costruite con pseudoconcetti,


iii.iiconcetto
di
Ili-

III,

i^.
i

Nella dottrina dell'organismo del concetto puro ac

come unit
distinzio-

^*t^ 1* concezione dialettica o dell'unit degli opposti.

-,

^,,

,.

ma nega

che essa valga immediatamente per


si

le distinzioni

del concetto, l'unit del quale

organizza come unit o

circolo di distinzioni nella


Per
tal

teoria dei

gradi

della realt.

modo
e

viene rispettata l'autonomia delle forme della


spirito,

realt

dello

restaurata la teoria della natura

IV.
col

Identit

pratica o passionale dell'errore. IV. La ricchezza della realt, dei


^^^ parrebbe sottratta
sofia a
'''<^'^^)

fatti,

dell'esperienza,
filo-

l'imUzio

al

concetto puro e quindi alla

indi viduai e
e della filoso-

flaconiastoria.

i-iViene
'^

cagione del dichiarato distacco dalle scienze erapiinvecc ridata e riconosciuta; e non pi nella

-j.

'

,,

forma diminuta e impropria, che dell'empirismo, sibbene


in

modo

totale e integrale. Il

che

si

effettua

merc

il

con-

giungimento, che unit, di Filosofia e Storia: unit


ottenuta col chiarire e approfondire la natura del concetto
e della sintesi a priori logica.
V. iiiipoBuibi' '

V.

Finalmente,

si

rifiutano
'

le

dottrine e

presupposti
della

' '

,'"

'

il

pensiuro

della Logica "

formalistica, col far valere

Tautonomia

i>>r

nietzc.

forma logica
bens,
j,j^^

e mostrare inane lo sforzo di coglierne le

determinazioni nelle parole o forme espressive, necessarie


Mri'.'.iii'^!''ri"

liuto deliri
i.oKictt foriiiBliittica

ma

obl)edienti allu legge propria dello spirito este-

^i^g j^Q^ ^

quella propria della logicit. o

III

V. DI

QUKSTA LOGICA
capi,

il

393

Tale, descritto

per

sommi

progresso che la

Conclusione,

presente Logica vorrebbe attuare sul


e,

pensiero anteriore;

per raggiungere questo


solo dei
in

fine,

essa ha cercato di giovarsi

non
sono

mezzi

offertile dalla

Logica antica e moderna,

assommati

quella hegeliana,

stati elaborati

anche degli altri, che dopo quest'ultima, particolarmente nella


studiata

ma

scienza estetica, nella teoria della storiografia e nella gnoseologia delle scienze. Tutte le sparse verit
<li

si

adoperare,

ma

nessuna con modi


di

eclettici,

con collega-

menti arbitrari o
le

mera aggregazione: consapevole che


non molte ma una.

sparse verit diventano verit effettive quando non sono

pi sparse

ma

fuse,

INDICE DEI NOMI

Agi^icola K., 380.


.liberto

Cagliostro, 266.

Magno,

337.

Cambronne
Campanella
337-8.

P., 129.
T., 353.

Aleardi A., 250.


Alighieri D., 28, 183, 222, 256.

Cartesio: v. Descartes.

Auselmo (sanf), 292, Aquino (d') T., 337. Archimede, 317.

Cicerone M. T., 224, 364, 367.

Comte

246, 263.

Aristotele, 71, 150, 167, 213, 224,


310, 313, 328, 331-5, 337,342,348,
364, 377-81, 389.

Cousin V., 316. Couturat L., 94, 389. Cusano, (di Cues) N., 310, 388,
350.

Arnaud

A., 342.
361.

Cuvier G., 216.

Atanagi D., 366. Avenarius E., 356,

Darwin C,

227.

Delfico M., 368.

llacone F., 212, 239, 339, 342, 3656, 381-2.

De

Sanctis F., 34, 354.

Bacone Becker

R., 338.
C. F., 386.

Descartes R., 313, 340-2, 366. Dionigi d'Alicarnasso, 364. Drobisch M., 388.

Beni P., 366.

Droysea

G,, 367.

Bentham

G., 389.

Bergson E., 358-9, 361. Berkeley G., 221, 342-3.

Epicuro, 310, 313.


Eraclito, 310.

Bernheim

E., 367.

Ermagora,
Erodoto,

224.

Bhme

J., 339.

34.

Boole G.,

94, 389.

Brentano

F., 371-2, 388.


,

Bruno

310, 339, 341, 350.

Buckle E.

T., 375.

Fichte G. A., 35, 200, 347. Fischer K., 151, 330, 349-50. Foglietta U., 366. Fedro, 8.

396
Galeno,
379.

INDICE DEI NOMI

Lamprecht C,
Lasson A.,
333.

375.

Galiani F., 227.


Galilei G., 340, 353.

Langlois C, 367.

Galluppi P., 353-4.

Ledere

G., 367.
94, 204,

Gassendi P., 310. Gaunilone, 337, 369.


Gentile G., 211, 286, 336.

Leibniz G. G.,

2aS, 313,

340-1, 344, 365-6, 382-3, 389.

Leopardi G.,

206.

Gervinus G. G.,
Gioberti V., 353.

367.

Le Eoy
Locke

E., 359-361.

Livio T., 183, 185.


G., 342, 366.
388.

Goethe,

293.

Gorgia, 332.

Grassmann

R., 389.

Lotze E., 333, 355, Lutero M., 339.

Grozio U., 342. Guerrazzi D., 1^.

Mach

E., 356, 358, 361.

Haeckel

E., 228.

Manzoni Marx C,

A., 248.
204, 375.

Hamann
386,

G. G., 341-2, 348, 369,


G., 94, 240, 386-7.
330.
(v.) E., 150-2.

Mascardi A., 366. Mendelssohn M.,

384.

Hamilton

Harms F., Hartmann

Mesmer, Milhaud

266.

G., 359.
(de), 389.

Morgan

Hegel G. G.

F., 35, 61, 86, 123,

Muratori L. A.,

182.

130, 171, 178, 200, 202, 268, 275,

280, 310, 313-4, 316-7, 330, 338,


347-54, 358,
360, 370, 382-6.

Newton

J., 70.

Nizolio M., 380.

Heine
386.

E., 260.
F., 171, 200, 237, 352,

Novalis, 360.

Herbart G.

Oriani A., 322.

Herder G. G., 369, 386. Hildebrand F., 372. Hobbes T., 342, 366.

Ospiniano G., 379. Ostwald G., 228.

Humboldt

G., 370-1, 386.

Parmenide,

310-11.

Hume

D., 199, 315, 343.

Pascal B., 341. Patrizio o Patrizzi

F., 366.

Jacobi P. E., 845, 358, 860. Jacobi H., 377. Jevons G. S 94, 389.
,

Peano

G., 94, 389.


72, 183.

Petrarca F.,

Pietro Ispano, 379.

Kant

E., 147, 167, 178, 199, 200,

Pitagora, 172, 317. Platone, 202, 310, 313, 331-2, 342,


350.

202, 220,310, 313, 817, 828,887-8,


348-52, 355, :^61, 868-9, 871, 882-

888, 886, 891.

Plouoquet G., 888-4, 887. Poincar E., 859, 861.


Polibio, 865.
Porfirio, 879.

La

Berthonnii-re, 886.

INDICE DEI NOMI


Franti C, 329-30, 337, 877, 379. Psello M., 379.
Ciuintiliano, 224, 364.

397

Stuart Mill G., 150, 153, 354, 382. Swift G., 321.
Tacito, 342.

Taine

I.,

375.

Rabus

L., 330.

Talete, 172, 311.

Ramus
Ranke

P., 380, 381.


(v.) L., 375.

Teofrasto, 379.

Thiers A.,

182.

Riccoboni A., 366. Richter G. P., 11, 61. Rickert E., 357-8, 362,
Robortelli F., 366. Roscellino, 338.

Trendelenburg A.,
373-4.

377, 3a7.

Ueberweg

F., 330.

Rosmini A.,
Schelling F.,

353.

Valla L., 380. Vanini G. C, 42. Vico G. B., 108, 240, 257, 317.
341-2, 318, 353, 364, 368, 386.

19, 35, 200, 202, 206,

280, 342, 347, 352-3, 360, 369.

Vinci (da) L., 339-40.

Schleiermacher

F., 200, 352, 385.

Schmidt F. J., 339. Schopenhauer A., 200, Seiguobos C, 367.


Sesto Empirico, 368.

Vives L., 380. Vossio G., 367.

353, 386-7.

Sigwart C, 355,
317, 331-2, 350.

388.

Weise C, 379. Windelband G., Wolff C, 81.

361-2, 389.

Socrate, 43, 178, 203-4, 206, 213,

Wulf

(de) M., 336.

Wundt
375.

G., 248, 355, 388.


373-4.

Spaventa B., 353. Spencer F., 202, 354, Spinoza B., 48, 268,
345, 366.

Xnopol A.,
310-1,

313,

Zeller E.. 333, 362.

Steinthal H., 386.

Zllner C. F., 269.

INDICE

Avvertenza

..,.".
puro,
il

pag.

v
xi

Sommario
Parte
I.

Il concetto

giudizio individuale e la

sintesi a priori logica

Sez.
Sez.

I.

Il concetto
Il

puro

e gli

pseudoconcetti

II.

giudizio individuale
sintesi

69
127

Sez. III.

La

a priori logica
storia e le scienze

Parte IL
e

La

filosofia, la

naturali

inatematiche
ricerca

157

Parte III. Le forme degli errori e la


verit

della

251

Parte IV. Sguardi storici Indice dei nomi

323

395

FILOSOFIA
COME SCIENZA DELLO SPIRITO
III

FILOSOFIA DELLA PRATICA

BENEDETTO CROCE

FILOSOFIA DELLA PRATICA


Economica ed Etica
TERZA EDIZIONE

RIVEDUTA dall'autore

BARI

GIUS.

LATERZA & FIGLI


rlrOGRAFI-KDlTORI-LIBRAI

1923

PROPRIET LETTERARIA

mOBMBRK MCMXXII 61811

AVVERTENZA
Di questo libro soltanto alcuni capitoli della terza
parte erano stati anticipati nella memoria: Riduzione
della Filosofia del diritto alla Filosofa dell'economia,
letta

all'Accademia Pontaniana

di

Napoli nelle tornate

del 21 aprile e 5

maggio 1907

{Atti, voi.

XXXVII);

ma

li

ho

rifusi,
Il

ampliandone alcune pagine e altre


concetto dell'attivit economica
spirito,

abbreviando.

come

forma autonoma dello


la

che riceve trattazione


1897 al

sistematica nella seconda parte del libro, fu proposto

prima volta

in

alcuni saggi, scritti

dal

1900 e raccolti poi nel volume: Materialismo storico

ed economia marxistica,
Napoli, 19 aprile 1908.

Questa terza edizione, come


nel 1915,

la

seconda pubblicata
se

non

differisce dalla

prima

non per piccole

correzioni e per la generale revisione letteraria a cui


stata sottoposta.
Napoli, 28 settembre 1922.

B. C.

SOMMARIO
PARTE PRIMA
L'ATTIVIT PRATICA IN GENERALE
SEZIONE PRIMA
l'attivit pratica nsllb sue rblazioni

l'attivit pratica comk forma dello spirito

Vita pratica e vita teoretica


scrittive
sit del

Insufficienza

delle distinzioni de-

metodo filosofico L'osservazione e la deduzione Teorie che negano la forma pratica dello spirito La pratica come incosciente Critica Natura e attivit pratica Riduzione della forma pratica alla teoretica Critica La pratica come pensiero che si
attua.

Insufficienza

del

metodo psicologico

in filosofia

Neces-

Riconoscimento dell'autonomia.
II

negazione della forma spirituale del sentimento

La pratica e la pretesa terza forma spirituale: il sentimento Vari significati di questa parola il sentimento, classe psicologica Il sentimento come stato dello spirito Ufficio del concetto di sentimento nella storia della filosofia: l'indeterminato Il sentimento come preannunzio della forma estetica Nella Istorica: preannunzio dell'elemento intuitivo Nella Logica filosofica: preannunzio del concetto puro Analogo ufficio nella Filosofia della pratica Negazione del concetto di sentimento L'esclusione deduttiva di esso.
:

III

relazione dell'attivit pratica con la teoretica

la

Precedenza della teoretica sulla pratica L'unit dello spirito, e compresenzialit della pratica Rifiuto del prammatismo Critica di obiezioni psicologiche Natura del precedente teoretico della

vili

SOMMARIO

pratica: la conoscenza storica Conoscenza storica Continua mutevolezza della base teoretica dell'azione

precedente teoretico, oltre quello storico


dizi pratici

Posteriorit

dei giudizi pratici all'atto pratico

I cosi detti concetti e giu Po-

e volizione Nessun altro

steriorit dei concetti pratici

e sentimentalistiche

come disegno

Origine di dottrine intellettualistiche I concetti di fine e mezzo Critica del fine fisso La volizione e incognito Ci'itica del conl'

cetto di scienze pratiche e di

una

Filosofia pratica.

IV
INSCINDIBILIT DKLL' AZIONE

DALLA SUA BASE REALE

E NATURA PRATICA DELL' ERRORE TEORETICO

Volizione in astratto e in Coincidenza d' intenzione e volizione Volizione immaginata e volizione reale critica concreto critica Illusioni Critica della volizione con fondamento ignoto o mal noto nei casi che si adducono in esempio Impossibilit della volizione Forme dell'errore teoretico e problema con base teoretica erronea Distinzione tra ignoranza ed errore genesi circa la natura di esso Giustificazione della repratica di questo Conferme e riprove pressione pratica dell'errore Le distinzioni empiriche degli errori e quella filosofica.
:

V
IDENTIT DI VOLIZIONE E AZIONE

E DISTINZIONE TRA VOLIZIONE E ACCADIMENTO


Spirito e natura Volizione e azione intuizione ed espressione Illusioni circa Inesistenza di volizioni senza azione, e all'inverso Distinzione tra azione e successo, la distinzione di questi termini Azioni riuscite e La volizione e l'accadimento o accadimento L'operare e il prevedere: critica azioni non riuscite: critica Conferma della inderivabilit del valore dell'azione dal successo Spiegazione di fatti in apparenza contrastanti.
:

VI
IL GIUDIZIO PRATICO,
Il

LA STORIA E LA FILOSOFIA DELLA PRATICA

storico

Il giudizio pratico come giudizio gusto pratico e il giudizio DiffeLogica di esso Importanza del giudizio pratico

renza del giudizio pratico dal giudizio dell'accadimento Il proPrecedenza della gresso dell'azione e il progresso della Aealt
filosofa della pratica sul giudizio pratico

Conferma dell' incapacit

filosofica del

metodo psicologico.

SOMMARIO

II

VII
LA DESCUITTIVA PRATICA, LE REGOLE E LA CASISTICA
Giustificazione del
e descrittive

La

metodo psicologico

e delle discipline empiriche

descrittiva pratica e la sua letteratura

Esten:

Le conoscenze normative o regole sione della descrittiva pratica Utilit delle regole loro natura La letteratura delle regole e la

Relazioni tra le Arti (raccolte di regole) sua decadenza apparente La Casistica sua qualit e utilit La giue le Teorie filosofiche risprudenza come casistica.

Vili
CRITICA DELLE USURPAZIONI DELLA FILOSOFIA

SULLA DESCRITTIVA l'RATICA E SUI DERIVATI

DI ESSA

Elementi storici persiforma: unione letteraria di Tei;za forma: tentativo di metterle in intimo filosofia ed empiria Scienza della pratica e Metafisica: significati vari di questa nesso relazione Conseguenze dannose delle usurpazioni della filosofia sull.a Dissoluzione dei concetti empirici Esemp: guerra l'empiria Fraintene pace, propriet e comunismo, e simili Altri esemp dimenti da parte dei filosofi Significato storico delle questioni an2.a La falsa deduzione dell'empirico dal filosofico zidette Aflermazioni di carattere contingente, mutate in filosofemi Eagioni (Iella ribellione contro le regole Limiti tra filosofia ed empiria.
al

Prima forma: tendenza

generalizzare

stenti nelle generalizzazioni

Seconda

IX
ANNOTAZIONI STORICHE
l. Distinzione tra storia del principio pratico e storia della liberazione dal trascendente II. La distinzione della pratica dalla teovia III. I miscugli di Filosofia della pratica e di Descrittiva Vani tentativi di definizione dei concetti empirici Tentativi di dedu-

zione IV. Questioni varie La natura pratica dell'errore sto pratico V. Le dottrine sul sentimento I wolfiani

Schleiermacher

tre facolt

Krug

Kant Hegel Oppositori Brentano.

Il gu Jacobi

della dottrina delle

SOMMRIO

SEZIONE SECONDA
l'attivit pratica nella sua dialettica

NECESSIT E LIBERT NELl'aTTO VOLITIVO


Il

problema della libert Libert del volere

critica di questa distinzione

sieme

Paragone

con

e dell'arbitrarismo

rialismo e misticismo I sofismi materialistici del determinismo Il misticismo dell'arbitrarismo La dottrina della necessit-libert, e l'idealismo La dottrina della doppia causalit, e il dualismo o

Forma

L'atto volitivo, necessario e libero inl'attivit estetica Critica del determinismo


gnoseologica di questa antitesi: mate-

e libert dell'azione

agnosticismo

Carattere

di essa

come transazione

e transizione.

II

LA LIBERT E

IL

SUO OPPOSTO. IL BENE E

IL

MALE

realt dell'azione Inconcepibilit La non-libert come antitesi e contrariet Arbitrariet e nullismo della non-libert Il bene come libert e realt, e male come l'opposto Critica del monismo astratto e del dualismo di valori Le obiezioni all'irrealt del male Il male nella sintesi e fuori della sintesi I giudizi affermativi del male come giudizi negativi Conferme della dottrina poli del sentimento (piacere e dolore) e loro identit con gli opposti pratici Dottrine circa piacere e la felicit: critica I concetti empirici intomo al bene e al male Dover essere, ideale, potere inibitivo, imperativo Male, rimorso, ecc.; bene, soddisfazione, ecc. Incapacit di essi a servire da principi pratici Loro carattere.

La

libert dell'azione

come

dell'assenza assoluta di azione

il

il

III

l'atto volitivo E LE PASSIONI

La
sideri

e unit

Molteplicit molteplicit delle volizioni e la lotta per l'unit Le volizioni escluse, e le passioni o decome male e bene

Passioni

o desideri

come

volizioni possibili

La

volizione

come

lotta coatro le passioni

Critica

della libert di scelta

gnificato della cosi detta precedenza dei sentimenti sull'atto volitivo

Si

SOMMARIO
Polipatismo a apatismo
passioni e la volont.

XI
entrambe le opposte tesi signoreggiamento delle

Erroneit

di

Significati storici e contingenti di esse

Il

IV
GLI ABITI VOLITIVI E l'INDIVIDUALIT

Stato d'animo e passioni Le passioni intese come abiti volitivi Importanza e natura di questi Il signoreggiamento delle passioni in quanto abiti volitivi Gli abiti Difficolt e realt del dominarle volitivi e l'individualit Negazioni dell'individualit per l'unifor-

e carattere. IndiiFerenza del scoperta del proprio essere L' idea di vocazione Fraintendimenti del diritto dell'individualit L'individualit malvagia Le false dottrine circa il nesso di virt e vizi L'universale nell'individuale e l'educazione.

mit, e critica di

temperamento

La

esse Temperamento

LO SVOLGIMENTO E

IL

PROGRESSO

Molteplicit e unit: lo svolgimento


essere e

natura in quanto divenire. Sisoluzione di essa nello spirito Ottimismo e pessimismo: critica L'ottimismo dialettico Concetto del progresso cosmico Obiezioni e critica di esse Gli individui e la Storia Fato, Fortuna e Provvidenza L' infinit del progresso e il mistero Conferma dell' impossibilit di una Filosofia della storia Trasferimento illegittimo del concetto di mistero dalla storia alla filosofia.

non essere

La

Il divenire come sintesi

di

VI
DUE CUIARIHBNTI ALLA ISTORICA E ALl' ESTETICA

La relazione di desideri e azioni, e due problemi d'Istorica e di Estetica La storia e l'arte Il concetto di esistenzialit nella sto-

esso nella filosofia della pratica: l'azione e l'esistente, i desideri e l'inesistente La storia come distinzione tra azioni e desideri, e l'arte come indistinzione Il fantastico schietto L'arte in quanto lirica o rappresentazione di sene l'immaginario
ria
di

Origine

timenti
la

Identit tra realt ingenua e sentimento Gli artisti e L'arte come rappresentazione pura volont Le azioni e i miti

del divenire, e la

forma

artistica del pensiero.

XII

SOMMARIO
VII
ANNOTAZIONI STORICHE
I. Il

problema della libert

II.

concetto del Il pentimento e il rimorso V. La dottrina delle passioni dovere La dottrina dell'individualit: Schleiermacher TeoVirt e vizi VI. Il concetto dello svolrie romantiche e teorie modernissime gimento e del progresso.
bitrio e libert
Il

Coscienza

La

dottrina del male

e responsabilit

IV.

III. Ar-

SEZIONE TERZA
l'unit del teoretico e del pratico
risultamenti opposti: precedenza del teoretico sul pratico e Errore dei propugnatori dell'esclusiva preProblema dell'unit di questa duacedenza dell'ureo o dell'altro lit Non dualit di opposti Non dualit di finito e infinito Non paralAnalogia perfetta delle due forme teoretica e pratica
del pratico sul teoretico

Due

Il circolo della Realt: pensiero ed essere, soglelismo ma circolo getto e oggetto Critica delle teorie circa il primato della ragion

Nuovo prammatismo la Vita condizionante la Filosofia Conferma deduttiva delle due forme ed esclusione deduttiva della terza (sentimento).
teoretica o della ragion pratica
:

PARTE SECONDA
l'attivit PRATICA NELLE SUE FORME SPECIALI

SEZIONE PRIMA
LB DUE FORME PRATICHE:
I
l'

ECONOMICA E

L'

ETICA

DI8TINZIONK DKI.LE DUR FOUMB NKLI.A COSCIENZA rUATICA

fioienea,

Insufutilitaria o economica, o quella morale o etica La anche qui, della distinzione descrittiva e psicologica Le due forme deduElone, e necessit d' integrarla con l'induzione La forma etica come fatto di coscienza La forma economica Conferme vario di esse. Impossibilit di negarle

La forma

SOMMARIO
li
CRITICA DELLE NEOAZIONI DELLA FORMA ETICA

XIII

Esclusione delle critiche materialistiche e di quelle intellettualiLe due negazioni ancora possibili La tesi dell'utilitarismo contro la realt degli atti morali Difficolt nascenti dalla preTentativo di spiegarli come prodotti di senza effettiva di questi Tentativo di spiegarli distinzioni quantitative Critica di esso
stiche

come

fatti

o estranei alla pratica o irrazionali e stolti

L'associa-

zionismo e l'evoluzionismo. Critica rismo teologico e il mistero.

Tentativo

disperato: l'utilita-

UT
CRITICA DELLE NEGAZIONI DELLA FORMA ECONOMICA

La
L'utile

tesi

dell'astrattismo morale contro


il

il

come

mezzo, ossia come fatto teoretico

concetto dell'utile Gli imperativi

tecnici e ipotetici

Critica:

l'utile

fatto pratico

L'utile

come

l'egoistico o l'immorale

Critica:

gruppo

di fatti

etici

minimi

amorale L'utile come TenCritica: l'utile premorale


l'utile

tativo disperato: l'utile

come coscienza pratica

inferiore.

Conferma

dell'autonomia dell'utile.

IV
RELAZIONE TRA LE FORME ECONOMICA ED ETICA

Economia ed
teressate

etica

derivanti dal concepirle

Vana polemica, condotta sul supposto delle azioni disin Critica delle azioni moralmente indifferenti, obbligatorie, supererogatorie, ecc. Paragone col rapporto di arte e filosofia Altre concezioni erronee di modi d'azione Il piacere e l'attivit economica, la felicit e la virt Piacere e dolore, e sentimento Coincidenza del dovere col piacere Critica del rigorismo o ascetismo Belazione di felicit e virt Critica della subordinazione del piacere alla moralit Nessun imperio della moralit sulle forme dello spirito Inesistenza di altre forme prateressate, contro l'utilitarismo
il

come il doppio grado della pratica Errori come coordinate Critica delle azioni disin-

tiche e impossibilit di suddivisione delle

due

stabilite.

V
LA FILOSOFIA DELl'eCONOMIA
E LA cosi DETTA SCIENZA DELL'ECONOMIA

Problema delle relazioni tra Filosofia e Scienza dell'economia Irrealt delle leggi e dei concetti della Scienza economica La

XIV

SOMMARIO

Scienza economica, fondata su concetti empirici, ma non empirica o Assolutezza delle sue leggi Indole matematica di descrittiva essa Suoi principi, e carattere che essi hanno di postulati e deParagone dell'Economia finizioni arbitrarie. Utilit di tale scienza con la Meccanica; e perch si sogliano escludere da essa i fatti etici, Errori del filosofismo e dello storicismo nell'Ecoestetici e logici Le due perversioni l'astrattismo estremo e il disgreganomia mento empiristico Sguardo alla storia dei vari indirizzi dell' Economia Significato del giudizio di Hegel circa la Scienza economica.

VI
CKITICA DELLE CONFUSIONI

TRA SCIENZA ECONOMICA E FILOSOFIA DELL'ECONOMIA

losofia

Adozione del metodo e degli schemi economici da parte della Fil.o Negazione della filosofia per Errori che ne derivano

l'economia

Valore universale, attribuito a concetti empirici. 3 Trasformazione delle finzioni Es.: liberismo e protezionismo
preteso calcolo dei piaceri e dei dolori, e le dottrine dell'ottimismo e pessimismo.
del calcolo in realt

2.o

Il

VII
ANNOTAZIONI STORICHE
II. Importanza del CristiaI. L'Etica greca e la sua ingenuit I tre indirizzi risultanti: utilitarismo, rigorismo nesimo per l'Etica Filosofia ideaHobbes, Spinoza L'Etica inglese e psicologismo

listica

III. E. Kant, e sua affermazione del principio etico rigoconcetto dell'utile, della pruroso Contradizioni del Kant circa denza, della felicit, ecc. Errori che ne derivano nella sua Etica IV. Addentellati per una Filosofia dell'economia La facolt appemachiavellismo titiva inferiore Il problema della politica e concetto dell'utile Fichte La dottrina delle passioni Hegel e e l'elaborazione dell'Etica kantiana V. Il problema dell'utile e
il il

il

della moralit nei pensatori

del

secolo decimonono

VI.

Unione

estrinseca dell'Etica e della Scienza economica dall'antichit al seQuestioni filosofiche, sorte da una pi intima colo decimonono unione tra le due Le teorie del calcolo edonistico: dal Maupertuis

allo

Hartmann.

SOMMARIO

XV

SEZIONE SECONDA
IL PRINCIPIO BTICO

CHITICA dell' etica MATERIALE E DI QUELLA FORMALISTICA

Significato equivoco dei termini

formale

materiale

Il

principio etico

come formale

(universale) e

non materiale

(contin-

Eiduzione dell'Etica ma Esclusione di tutti principi materiali intesi in questo significato Benevolenza, amore, altruismo, ecc. Dimostrazione del carattere materiale e utilitario di questi concetti Medegente). Utilitarismo dell'etica materiale
teriale alla utilitaria
i

sima dimostrazione pei concetti


della specie, e simili

di

Principi

organismo sociale, Stato, interesse

materiali religiosi. Critica di essi

La

formalit

come

aflfermazione di

mera esigenza logica

Critica di

un'Etica formale in questo significato: tautologismo Principi tausommo bene, dovere, ecc.; e critica di essi Significato tautologico di alcune formole, materiali in apparenza Conversione dell'Etica tautologica in materiale e utilitaria In qual significato l'Etica debba essere formale, e in quale altro materiale.
tologici: ideale,

II

LA FORMA ETICA COME ATTUAZIONE DELLO SPIRITO

IN

UNIVERSALE

L' Etica tautologica, e sua connessione con la Filosofia o parziale Rigetto di entrambe queste concezioni o discontinua La forma etica come volizione dell'universale L'universale come lo spirito (la Realt, la Libert, eco ) Gli atti morali come volizioni dello Critica dell'antimoralismo Spirito Tendenza confusa delle formole tautologiche, materiali, religiose, ecc., verso l'Etica dello Spirito L' Etica dello Spirito e l' Etica religiosa.

Ili

ANNOTAZIONI STORICHE
1.

Merito

dell'

Etica kantiana

di

quell'Etica: l'agnosticismo
il

e ncetto della

I predecessori del Kant Difetto Critica dello Hegel e di altri Kant libert Fichte e Hegel II. L' Etica nel se-

colo decimonono.

XVI

SOMMARIO

PARTE TERZA
LE LEGGI
I

LE LEGGI COME PRODOTTO DELL'INDIVIDUO


Definizione della legge Concetto filosofico e concetto empirico Le leggi come prodotto individuale: i programmi della vita individuale Esclusione del carattere di costrizione, e critica di questo concetto Identici caratteri nelle leggi individuali e nelle sociali Le leggi individuali come, in ultima analisi, le sole reali Critica della divisione delle leggi in giuridiche e sociali e delle sottoclassi di queste. Empiricit di ogni divisione delle leggi Estensione del concetto di legge.
di societ

II
GLI ELEMENTI COSTITUITIVI DELLE LEGGI
CRITICA DELLE LEGGI PERMISSIVE E DPJL DIRITTO
Il carattere volitivo e
il

NATURALE
delle

carattere di classe

Distinzione

Implicazione delle seconde leggi dalle cosi dette leggi della natura Distinzione delle leggi dai principi pratici Le leggi nelle prime

mutamento Critica del Codice eterno o Diritto naturale Il diritto naturale come il diritto nuovo Il diritto naturale come Fidel

Identit delle leggi imperative, proibitive e pere gli atti singoli Carattere permissivo di ogni legge e impermissivo di ogni missive Concetti empirici circa i modi Mutevolezza delle leggi principio

losofia della pratica

Critica dei diritti naturali persistente nei giudizi e problemi giuridici.

Giusnaturalismo

III

IRREALT DELLA LEGGE E REALT DELL' ESECUZIONE


UFFICIO DELLA LEGGE NELLO SPIRrTO FRATICO

La legge come volizione antratta e irreale Inattuabilit delle Chiarimento esemplificaleggi e attuazione dei principi pratici

tivo

Ed

Le dottrine contro Putilit delle leggi. Loro insostenibilit Significati emerroneit delle confutazioni ohe se ne sono date Le leggi come Necessit dello leggi pirici di codeste controversie Analogia tra lo spirito pratico e il teoretico preparazione alPazlone

SOMMARIO
leggi pratiche e concetti empirici
realt e nella rappresentazione

XVII

Il promovimento dell'ordine nella Origine del concetto di piano o


IV

disegno.

CONFUSIONI TRA LEQOI E PRINCIPI PRATICI


CRITICA DEL LEGALISMO PRATICO E DELLA MORALE GESUITICA

Trasformazione dei principi in leggi pratiche


esso:
l'arbitrario

legalismo

Genesi
di

del concetto del praticamente lecito e indifferente

Conseguenze

Legalismo etico come semplice caso particolare di quello pratico Critica del praticamente indifferente Contese di rigoristi e lassisti, e loro comune errore La morale gesuitica come dottrina della frode alla legge morale Concetto della frode legale Assurdit della frode verso s stessi e verso la coscienza morale La morale gesuitica, non spiegabile col mero legalismo La
morale gesuitica, in quanto congiungimento del legalismo con
litarismo teologico
l'uti-

Distinzione

tra dottrina e pratica gesuitiche.

V
l'attivit oicbidica

COME attivit obnbricamentb pratica (economica)


L'attivit legislatrice

come genericamente

pratica

Vanit delle

dispute circa il carattere, economico o etico, degli istituti: pena, maL'attivit legislatrice come economica L'attrimonio, Stato, ecc.

tivit giuridica: carattere

con
e
il

economico di essa Anzi, identit di essa economica Il disconoscimento della forma economica, significato del problema circa la distinzione tra morale e diritto
l'attivit

Teorie della coazione e dell'esteriorit, come caratteri distintivi: critica di esse Teorie moralistiche del diritto: critica Dualit di diritto positivo e ideale, storico e naturale, ecc.; e assurdi tentativi di unificazione e coordinazione Pregi di tutte codeste teorie come confuso intravedimento del carattere amorale del diritto Conferme di questo carattere nella coscienza ingenua Il paragone tra diritto e linguaggio. Grammatiche e codici Logica e linguaggio; morale e diritto Storia del linguaggio, come storia letteraria ed artistica;

Storia del diritto,

come

storia politica e sociale.

VI
annotazioni storiche

Distinzione tra morale e diritto, e sua importanza per la storia economico Indistinzione fino al Tomasio II. Tomasio e seguaci Kant e Fichte Herbart e Schopenhauer Hegel
I.

del principio

XVIII

SOMMARIO

Bosmini e

altri III. Stahl, Ahrens, Trendelenburg Utilitaristi Contradizion stridenti. Stammler IV. Trattatisti recenti V. Il Nell'antichit valore della legge Diderot Eomanticismo Hegel Dottrine recenti Jacobi VI. Il diritto naturale e la sua dissoluzione. La scuola storica del diritto Il paragone tra diritto e linguaggio VII. Il concetto di legge e gli studi del diritto comparato e della Dottrina generale del diritto VIII. Il legalismo e la casistica morale Il probabilismo e la morale gesuitica La critica del concetto di lecito Fichte Schleiermacher Kosmini.

CONCLUSIONE

La

Filosofia dello spirito

come

il

tutto della Filosofia

Rispon-

denza tra Logica e Sistema Insoddisfazione alla fine di ogni sistema, e suo motivo irrazionale Motivo razionale: l'inesauribilit

della Vita e della Filosofia.

PARTE PRIMA

L'ATTIVIT PRATICA
IN

GENERALE

B. Croce, Filato fa della pratica.

SEZIONE PRIMA
L'ATTIVIT PRATICA NELLE SUE RELAZIONI

l'attivit pratica come forma dello spirito

u,no

sguardo alla vita che

ci

circonda sembrerebbe, senza


pi che bastevole
di
attivit
si

vita pratica

bisogno di

particolare dimostrazione,
la

*^"*
^^^J*^

ad attestare

realt

di

una cerchia

pratica

svolgentesi accanto a quella teoretica. Nella vita,

vedono

quasi materialmente distinti uomini di pensiero e uomini


d'azione, contemplatori e operatori; di qua, fronti ampie e

occhi tardi e sognanti

di l, fronti strette e occhi mobili

e vigili; poeti e filosofi da


l'altro,

un

lato; capitani e soldati dalpolitica, della

dell'industria, del

commercio, della

milizia, della

chiesa.

E,

come

gli

uomini, cosi appaiono

diverse le opere loro;

e mentre siamo intenti a


fisica,

una
o a

sco-

perta annunziata di chimica o di

una

filosofia

che

viene a scuotere vecchie credenze, a un

un romanzo che recano un nuovo sogno di artista; ecco che c'interrompono e chiamano a s spettacoli di tutt'altra qualit: una guerra tra due Stati a colpi di cannone o di tariffe doganali; uno sciopero colossale, in cui migliaia e
migliaia di lavoratori

dramma

fanno sentire

al

complesso sociale

quanto
l'opera

essi

valgano per numero e per forza, e quanto

loro pesi nell'opera

comune; un'associazione po-

tente, che raccoglie e stringe in fascio le forze della resi-

stenza conservatrice, adoperando interessi e passioni, spe-

l'attivit pratica nelle sue relazioni

ranze e timori, vizi e virt,


lori

come

il

pittore

adopera
al

co-

il

poeta

le

parole,

facendo talvolta
pratico.

pari di

questi

un capolavoro, sebbene

L'uomo d'azione

preso, di tanto in tanto, dalla nausea


di sforzi volitivi, e

di quella sua or^ia

guarda con invidia all'uomo

dell'arte

e della scienza;

al

modo
ai

stesso che

un tempo

le

persone

mondane guardavano
ch, di solito,
e se
si

monaci,

quali avevano saputo

scegliersi la parte pi bella e

riposata della vita: senon-

non va

oltre

questo fuggevole sentimento,


i

risolve a interrompere

suoi affari agl'idi, vi torna

alle calende.

Ma

anche l'uomo della contemplazione prova,

a volte, la stessa nausea e la stessa aspirazione; e gli par


d'essere ozioso dove tanti lavorano e sanguinano, e grida
ai

combattenti:

l'armi,
i

qua l'armi

e vorrebbe diveni

tare

minatore

tra

minatori, navigante tra


i

naviganti,

imperatore del carbone tra


tutto ci, di solito
libro.

re del carbone: senonch, di

non

fa poi altro
si

che una canzone o un


esce
dalla

Nessuno, per quanto

sforzi,

propria

Sembra che la natura fornisca uomini appositamente fatti per l'una o per l'altra forma di attivit, cosi come per la conservazione della specie fornisce maschi e
cerchia.

femmine,
insnfflcienza
iioni descrhtiTe.

Ma

questa esistenza quasi fisicamente delimitata con


si

^* Qi!! l'attivit pratica

mostra, nella vita, distaccata


e

da quella
pure,

teoretica,

non ha certezza alcuna;

non

nep-

come si crederebbe, un fatto che s'imponga da s6. I fatti non s'impongono mai da s, tranne che per metafora: soltanto il nostro pensiero se li impone, quando li
ha sottomessi alUi critica o ne ha riconosciuta
la realt.

quell'esistenza e distinzione, che par di toccare con


in

mano,

fondo non altro che

il

prodotto di una prima e superfi

cialc riflessione filosofica, la quale

pone come effettivamente

distinto ci
tale. Infatti,

che solo

in

grosso e alla prima apparenza

continuando a meditare col metodo e coi pre-

I.

l'attivit pratica come forma dello spirito


le distinzioni

supposti stessi di quella prima riflessione,

me-

desime, che essa aveva poste, vengono da essa medesima


cancellate.
teoretici:

Non

vero che vi siano uomini pratici e uomini

l'uomo teoretico anch'esso uomo pratico; vive,

vuole, opera,
pratico,

come

tutti

gli

altri:

l'uomo che

si

detto

anch'esso teoretico;

contempla, crede, pensa,


le altre arti.

legge, scrive,

ama

la

musica e

Le opere che

erano designate come prodotto del puro spirito pratico, viste un po' da vicino si svelano grandemente complesse
e ricche di elementi
teoretici:

meditazioni, ragionamenti,

indagini storiche, contemplazioni ideali;

eie

opere, che
spirito artidi volont,
si

si adducevano come manifestazioni del puro filosofico, si mostrano prodotto insieme stico

perch senza volont non


per anni e anni
al

si fa

nulla: n l'artista
il

prepara

suo capolavoro, n

pensatore

mena

termine
opera

il

suo sistema. La battaglia di Austerlitz non fu


di pensiero?
di

anche opera anche

E volont? Da

la

Divina commedia non fu


che
si

tali riflessioni,

potreb-

bero agevolmente moltiplicare, sorge sfiducia non solo nelraff'ermazione dapprima posta,
ziata;

ma

altres nella ricerca ini-

come

di

chi

si

veda

costretto,

con grande fatica una botte,

dopo avere riempito a vuotarla subito di nuovo


la

con eguale

fatica,

per ritrovarsi innanzi

botte qual'era

prima, vuota. Oppure

ci si appiglia, tutt'al pi, alla


il

concludi-

sione che non esiste n


stinti;

teoretico n

il

pratico

come

ma un

atto solo, che o l'uno o l'altro dei due, o


si

un terzo da determinare, e che


in infinite

manifesta concretamente
le quali

gradazioni e sfumature,

arbitrariamente
arbitraria-

vengono

ridotte a

due o pi

classi, e

non meno

mente distaccate e denominate come

se fossero distinte.
iiisufficiem
""*'*<|**''

Descrivendo questo procedere della comune riflessione


dinanzi alla realt, e mostrandone l'impotenza filosofica, ^
' '

"^^l

psicologico
iu filosofi.

si

insieme mostrata la natura e


si

l'impotenza

del

me-

todo psicologico, quando

applichi a problemi

filoso-

6
flci.

l'attivit pratica nelle sue relazioni


Infatti
la
filosofia

psicologica, sebbene

si

esplichi in

ponderosi trattati e in solenni lezioni. accademiche, non fa

n pi n meno non
finite

di ci

che fa quella comune

riflessione, e
rifles-

altro per l'appunto

che quella stessa comune


classi le

sione; e

dopo avere ridotto a

immagini

delle ines.,

manifestazioni dell'attivit umana, ponendo, per

in queste classi, accanto al pensiero e

all'immaginazione la

volont e l'azione, considera in ultimo queste classi


realt.

come
:

Ma

le classi

sono classi e non distinzioni

filosofiche

chi le prenda troppo sul serio e le intenda in questa se-

conda guisa,
corgere,
allora
si

si

trova poi inaspettatamente a doversi ac-

un

bel

momento, che non hanno nulla


si

di reale.

scopre e

grida l'inesistenza delle facolt del-

l'anima,
tale,

ossia l'esistenza loro

come

di

mero

artifizio
si

menil

privo di rispondenza nella realt;

ovvero

va pi

oltre e insieme

con quelle distinzioni


distinzione, e
si
si

false si

getta via

criterio

stesso, la

asserisce

che tutte

le

manifestazioni spirituali
unit.
delle

riducono a un'indistinguibile

E
i

a siffatta unit viene innalzata, infine, una o altra


classi rifiutate;

medesime
fatti

donde

il

tentativo di

morapnien-

strare

volitivi

come

nient'altro

che

fatti

di

presentazione, o
t'altro

quelli della rappresentazione

come
altri

che

fatti di

volizione, o

gli

uni e gli

come

nient'altro che fatti di


Necessit del

sentimento;

e via discorrendo.

Bisogna, dunque, rimanere del tutto indifferenti innanzi


^jjg affermazioni

metodo

filo-

negazioni di codesta

filosofia

psicolo-

gica; e se essa asserisce la realt dell'attivit pratica,


prestarvi fede se

non

non quando l'abbiamo riconosciuta anche noi merc il metodo filosofico; e se la nega, del pari. Il metodo filosofico richiede astrazione completa dai dati empirici

e dalle loro classi, e

un

ritrarsi nell'intimit della

coscienza per volgere ad essa sola l'occhio della mente.


stato detto

che a questo modo


tipo

la

coscienza dell'individuo
si

viene

fatta

misura della realt universale; e

I.

l'attivit pratica come forma dello spirito


il

proposto, per correggere tale ristrettezza e sventare


ricolo, di

pealtri

estendere l'osservazione alla psiche degli


del

individui, cosi

presente
civilt,

come
e

del

passato, cosi

della

nostra

come

di altre
il

integrare (secondo la forstorico

mola d'uso)
etnografico.

metodo psicologico con quello


il

ed

Ma

timore non ha luogo, perch la coscienza


dell'

che forma oggetto


dell'

indagine filosofica non gi quella

individuo in quanto individuo,

ma

la

coscienza univer-

sale che in ogni individuo, base della sua individuale e


di

quella degli altri

tutti.

11 filosofo,

che

si

ripiega su s

stesso,

non cerca
il

il

s stesso empirico; n Platone filosofo


di

cercava in s

figliuolo

Aristone e di Perictione, n

Baruch Spinoza, il povero giudeo malaticcio: essi cercavano quel Platone e quello Spinoza, che non sono pi Platone e Spinoza,
versale.
si

bene l'uomo,

lo spirito, l'essere in uni-

Onde

il

rimedio proposto apparir non solo inutile,

ma

addirittura nocivo, perch a un'indagine in cui bisos stesso,


stessi,
ofi're

gna superare perfino l'empirico


vole sussidio di altri

l'inganne-

molteplici s
la

accrescendo a

questo

modo

il

tumulto e

confusione dove deve farsi

in cambio dell'universale che domandava, peggio che un individuale, qualcosa di geli era le, che complesso arbitrario di mutilate indivi-

pace e silenzio, e porgendo


si

dualit.

Potrebbe sembrare, tutUivia, che


indagine circa
la

il

risultato di quella

L'osservaaio-

forma universale della coscienza serbasse


fatto,
il

"

"^

"'

zione.

pur sempre valore di mera osservazione di


versa da ogni altra osservazione, che oggi

non tempo

di-

sia

piovoso, o che Tizio abbia preso moglie. Se questi

ultimi

due fatti sono indubitabili perche bene osservati, similmente indubitabile sar, perch bene osservata, un'affermazione
che concerna
la

coscienza in universale.

di

certo, essendo vere l'una e le altre affermazioni,

non

c',

per questo rispetto, divario tra esse, ossia tra verit e ve-

l'attivit pratica nelle sue relazioni

rit considerate in

quanto
i

tali.

Ma

poich

fatti singoli e

contingenti,

come

contingenti per ci
loro

due recati in esempio, sono singoli e appunto che non hanno in s stessi la

ragione, e poich l'universale universale appunto

perch a s medesimo ragione sufficiente, risulta chiaro

che di

un aspetto universale
intesa insieme la
il

della coscienza

non potn\

stimarsi definitivamente stabilita la verit, se


se ne sar
l'aspetto

non quando ragione, ossia quando quel-

avr perduto

carattere di semplice enunciato e

asserzione. Affermare davvero l'esistenza della forma pratica


dell'attivit

accanto a quella teoretica, significa de-

durre l'una dall'altra ed entrambe dall'unit dello spirito


e del reale.

questa esigenza e dovere non


ci
le

intendiamo

punto sottrarci; e se qui in principio


asserire l'esistenza
e
a

restringiamo ad
ragioni addotte

mostrare che

contro di essa non sono fondate, ci facciamo per ragioni


di

ordine didascalico, confidando di togliere in sguito

al-

l'affermazione quel che essa ora serba di


torio e perci di provvisorio.
Teorie che
forina"pratN

meramente

asser-

Le

dottrine che

negano

la

forma pratica come forma


doppia possibilit
of-

Peculiare dello spirito sono, e non possono non essere, di

ca dello spi"^

due specie fondamentali, secondo


ferta

la

*"

dalla

proposizione stessa che esse mirano a negare.

La prima
spirituale,

dottrina afferma che la


la

forma pratica non

attivit spirituale;

seconda che, pur essendo attivit

non distinguibile in nulla dalla gi riconosciuta forma teoretica dello spirito. La seconda
le

nega, per cosi dire,


il

il

carattere specifico; la prima, ad-

dirittura

carattere generico.
i

La prtic eome Inco


Miente

Dicono
nel
di essa,

sostenitori della
in cui si
si

prima

tesi:
lo
si

Della
l'atto

volont,

momc^nto

vuole e durante

svolgimento reale
acquista soltanto
volitivo
si

non
si

ha coscienza. Questa
voluto,
si

dopo che
svolto.

cio

dopo che

coscienti

allora

non gi della volont

l'attivit pratica come forma dello spirito


stessa,

ma

della

nostra

rappresentazione
l'attivit

della

volont.
attivit

Perci la
dello

volont, ossia

pratica,

non

spirito;

come

incosciente,
soltanto

essa natura e non gi


teoretica,

spirito:

spirituale

l'attivit

che

le

succede.

Senonch, se

si

lasciasse passare questo argomento, la


attivit dello spi-

Critica,

conseguenza sarebbe che nessuna delle


rito

apparterrebbe allo spirito; che tutte sarebbero incoe tutte

scienti,
sta,

perci natura.
in

Infatti,

l'attivit

dell'arti-

nel
si

momento

cui veramente tale ossia in quello

che
s

chiama della creazione artistica, non cosciente di medesima: diventa cosciente solo nella mente del critico
si

o dell'artista che

faccia critico di s

medesimo.

E anche
che essa

dell'attivit dell'artista stato pi volte aflfermata

incosciente,

che forza naturale, o che mania, furore,

ispirazione divina. Est

Deus in

nobis; e del dio agitante e

riscaldante

si

diviene coscienti solo via via che l'agitazione


filoil

cessa e

il

raffreddamento comincia. Ma, e quella del


strano,

sofo? Sembrer

ma
in

nel

filosofo

accade proprio

medesimo. Nel momento


dell'opera sua;
riflette sul

in cui filosofa, egli


lui

non

cosciente

anche

Dio o

la

natura; egli non

suo pensiero,

ma

pensa; anzi la cosa pensa s


lioi,

stessa in lui,
prolifichi

come un

mici'obio che viva in


il

si

nutra,

muoia; tanto che anche


in

filosofo

apparso,
filosofia

talvolta, ossesso di

mania. La coscienza della sua

non
storico,

in

lui,

quel momento;
in lui stesso

ma
il

nel critico e nello


in

magari
e

un momento dopo,

quanto

storico

critico di s stesso.
egli cosciente?

critico o lo storico, alcri-

meno, sar
tica,
e,

Neppure; perch del lavoro


ne far a sua volta

tico-storico di lui cosciente chi


egli

la cri-

medesimo
si

in quanto fa la critica di s stesso,

oggettivandosi,

colloca nella storia della critica e della


si

storiografia.

Insomma, coscienza non


attivit spirituale.

avrebbe mai

in nes-

suna forma di

10

l'attivit pratica nelle sue relazioni

Ma
ossia

questa negazione

si

fonda sopra una falsa idea della

coscienza: confondendosi quella spontanea con la riflessa,


quella intrinseca a un'attivit con l'altra intrinseca

a un'altra attivit, che supera la prima e la rende suo


scienti della volont se

non si pu essere conon nella rappresentazione che la segue; come non si coscienti di una poesia se non nel momento in cui se ne fa la critica. Ma coscienza anche quella che nell'atto stesso di chi componga o legga una poesia, e ha coscienza (non si pu dire altrimenti) del
oggetto. In tale significato, di certo,
bello e del brutto, del

come

la poesia dev'essere e del


critica,

come
al-

non dev'essere: coscienza non

ma non

per questo

meno
l'atto

reale ed efficace, e senza la quale

mancherebbe

formativo del poeta

la

propria guida e freno.

cosi,

parimente, coscienza nell'atto volitivo e pratico, in quanto


tale: quell'atto
o, se

non

si si

conosce in

modo

riflesso

ma

si

sente,

piace meglio,
si

possiede, senza di che

non avrebbe
di be-

realt;

svolge perci in

momenti o alternative

nessere e di malessere, di contento e di scontento, di soddisfazione e di rimorso, di piacere e di dolore. Se codesta


incoscienza, bisogna dire che l'incoscienza la coscienza
stessa.
Natura e
at-

Natura,
gpyjjjQ
a^iijj

tuttavia, potr apparire l'attivit

pratica

ri-

tivit prati-

teoretica;

ma
si

spirito,

che a questo

non gi come qualcosa fuori dello contrapponga, si bene come forma

dello spirito,

che venga contrapposta ad altra forma. Allo


si

stesso
tica

modo, come

gi detto, la contemplazione esteil

sembrata una forza naturale che crei


il

mondo

delin-

l'intuizione,

quale poi

l'attivit

filosofica

dell'uomo

tenda e

ricrei

logicamente; onde l'arte potrebbe chiamarsi

(ed stata chiamata infatti) natura, e la filosofia, per converso, spiritualit. Ci d luogo all'ulteriore problema: se
sia corretto considerare

come natura

(e

opportuno denomi-

nare cosi) quel che stato riconosciuto, in sostanza, anche

I.

l'attivit pratica come forma dello spirito


il

11
di

attivit spirituale, o se piuttosto

concetto, e

il

nome,

natura non sia da riserbare a ci che davvero e

total-

mente

fuori

dello

spirito; e se poi ci sia

davvero questo

qualcosa, posto assolutamente fuori dello spirito. Tale pro-

blema, a questo punto, non


disposti

ci tocca; bench siamo assai ad ammettere che uno dei sostegni di quell'as-

surda concezione della natura come extraspiritualit


per l'appunto,
la

sia,

forma pratica o volitiva dello

spirito, cosi

spiccatamente diversa dalla forma teoretica e dalle sotto-

forme di questa; e che perci non sono completamente


nel torto quei filosofi che
la volont,

hanno

identificato la natura con

avendo
alla

essi scorto, a

questo modo, almeno un

aspetto del vero.

Passando

seconda
'

tesi,

la

quale non mette la vo- Riduaione


'**'"*.

lont fuori dello spirito, ma neffa nello spirito la distin^ " ^ zione tra forma pratica e forma teoretica ed afferma che
la volont pensiero,
tro,

^"*

pratica alla
teoretica,

non

e'

nulla

da

obiettarle con si

allorch,

come spesso accade,

pensiero
tal

adopera

quale sinonimo di

spirito >.

Perch in

caso,

come

in quello in cui si afferma

che

l'arte pensiero, resta solo

come

da ricercare quale forma di pensiero sia poi la volont, si ricerca quale forma di pensiero sia l'arte. Questa, per es., non pensiero logico o storico; e la volont non
pensiero n fantastico n logico n storico: se mai, sar

pensiero volitivo.

Ma

la

forma genuina

di

questa

tesi si

ha

nell'afiFerraa-

zione che la volont l'intelligenza stessa, che volere


conoscere, che l'azione praticamente ben
rit.

condotta ve

Tesi che non sorgerebbe

se

non trovasse appiglio

nella situazione reale delle cose (e quale quest'appiglio sia


si

vedr nello studiare


il

il

rapporto dell'attivit pratica con

la teoretica e

complicato processo della deliberazione);


si

ma

che qui, saggiata in s medesima,

prova

affatto in

sostenibile.

12
GriticH.

l'attivit pratica nelle sue relazioni

E non

bisogna opporle

mancata correlazione tra tuale e un grande svolgimento


che sono pessimi pratici,
natori di
e
simili;
stati,
i

comuni osservazioni un grande svolgimento


le

circa la
intellet1

volitivo, e circa

teorici

filosofi

che sono

cattivi gover-

dottissimi che non

sono uomini,

per la ragione gi detta, che un'osservazione,


filosofico,

nonch argomento
stesso

un

fatto

che dev'essere esso

spiegato

e,

spiegato che sia, potr ben servire da


filosofica,

riprova per virt della sua evidenza alla teoria

ma
alla

non mai

sostituirlesi.
il

Nondimeno giover

richiaraan;

memoria

carattere affatto peculiare che serba la vo-

lizione e l'attivit pratica rispetto alla conoscenza.


intellettuale

La

luce

fredda, la volont calda. Allorch dalla


si

contemplazione teoretica
si

passa all'azione e alla pratica,


i

ha quasi

il

sentimento del generare; e

figli

non

si

fanno con pensieri e con parole. Nella maggiore chiarezza


intellettiva si resta inerti, se

non interviene qualcosa che


fa
le

svegli l'azione e

sia

analogo all'ispirazione, la quale

correre un brivido di gioia e di volutt per


l'artista.

vene del
teoria, se
si

Ogni ragionamento, per plausibile che paia, ogni

situazione, per nitida che appaia, rimane


la volont

mera

non appetisce. L'educazione della volont

fa,

non gi

in

forza di teorie, di definizioni, di cultura este-

tica e di cultura storica,

ma merc

l'esercizio stesso della

volont: insegnando a volere

come s'insegna a pensare,


all'imitazione, con le
lo

fortificando cio ed intensificando le naturali disposizioni, e

perci con

l'esempio che

muove
si

difficolt

(problemi pratici) che

propongono, con
disciplinare
alla

sve-

gliare

l'energica iniziativa e col

jiersi-

stenza.
riesce

E quando una
a spegnerla,
al

volont sorta, nessun ragionamento

modo

stesso che

una malattia non

8;uarisce per ragionamenti,

ma

per virt organica. Ragio-

namenti e conoscenze potranno concorrere, anzi concorrono


di

eerto nel cangiamento volitivo,

ma non

no

costi-

I.

l'attivit pratica come forma dello spirito


il

13

tuiscono
sulla

momento determinante.
il

Solo la volont opera

volont;

che qui detto non gi nel significato


di

che sulla volont


di

un individuo possa operare


(la

la

volont

un mero

altro

individuo

quale
altri

gli

sta innanzi

come un

fatto, al

pari degli

fatti

da

lui percepiti),

ma

in

quello che la volont propria dell'individuo,


la

facendo

entrare in crisi
sostituisce con

volizione precedente, la dissolve e la


sintesi pratica,

una nuova

con una nuova

volizione.

L'evidente pai'adosso della

tesi

che identifica senz'altro La

pratica
p^"*

pensiero e volont, teoria e pratica, ha indotto a modificaria


e

^<>'"

a ripresentarla sott'altra forma, espressa con


il

la

tua.

Ricono-

definizione: che la volont

pensiero in quanto si tra'^ ^

'^""*'"* *^i-

r autonomia.

duce
tura,

in atto,

il

pensiero in quanto

s'imprime

nella na-

fermo innanzi alla il pensiero tenuto fermo, cosi mente da diventare azione; e via dicendo. Ora, quale sia il rapporto tra pensiero e volont da determinare; e nel determinarlo si vedr anche quanto sia di esatto e
d'inesatto nelle formole ricordate,
del

tradurre,

dell'im-

primere, del tener fermo, tutte logicamente vaghe sebbene


assai
col

immaginose. Ma quel che importa qui notare che, nuovo giro dato alla tesi negatrice della peculiarit
si

pratica,
liarit;

viene inconsapevolmente ad affermare tale pecu-

perch quel tradurre, queir imprimere, quel tener


si

fermo, del quale nel caso della mera teoria non

parlava,

nasconde appunto
mazione; e

la volont.

Per

tal

modo, l'ultima formola


a quella
l'attivit

della negazione viene a dare la inano


si

dell'affer-

pu ritenere incontrastata
spirito,
il

la realt di

una

forma particolare dello


passarne a esaminare

che

pratica, e

rapporto con l'altra forma, dalla


di-

quale stata da noi preliminarmente e genericamente


stinta.

II

NEGAZIONE

DELLA FORMA SPIRITUALE DEL SENTIMENTO

La

pratica

Vu

sembrare poco sicura o poco soddisfacente


della
realt della

l'affer-

e la pretesa

terza forma
spirituale:
il

jjjygone

forma pratica, fondata sulla

semplice distinzione di essa dalla forma teoretica dello spi^-^^^^

sentimento.

perch vi sono, o potrebbero esservi, altre forme, e

non teoretiche, nelle quali la pratica si potrebbe logicamente risolvere. E, per non menare il discorso in lun^o,
quella alla quale in questo dubbio
si

pensa

la

forma del

sentimento, ultima
in

o intermedia che sia delle tre forme

cui

si

suole dividere l'attivit spirituale: rappresenta-

zione, sentimento, tendenza; pensiero, sentimento, volont.

infatti

sono mancati tentativi di ridurre


al

la

tendenza
reazione

o volont

sentimento,
le

o,

come
i

si

dice,

alla

sentimentale verso

percezioni e

pensieri; e quasi
studi

non
nei

c' trattato di Filosofia della pratica che non


suoi preliminari
i

rapporti tra volont e sentimento.


al

Non

dato dunque sfuggire


sione in cui
si

dilemma, o di riconoscere l'omis caduti e affrettarsi a corregf^orla, ovvero


il

di rendere esplicito

supposto che pu essere implicito

in

quella omissione (la quale sarebbe per tal

nale e consapevole), della irrealt di

generale dello spirito, cio mento. E poich quest'ultimo partito

modo intenziouna terza forma della forma del senti


il

nostro, ci corre

II.

NEGAZIONE DEL SENTIMENTO

15

l'obbligo di esporre succintamente le ragioni per le quali

teniamo che

il

concetto di

sentimento debba

essere espunto

dal sistema delle forme o attivit spirituali.


Il

sentimento stato inteso in vari modi, alcuni dei


il

var
*'*"

siffnifl'

quali non concernono

problema qui proposto. Con quella


formata con metodo naturalistico
sono chiamate

*^"?|

parola stata denominata, in primo luogo, una particolare sentimento,

classe di

fatti psichici,

p*"^'

J'**"

e psicologico.
le

Epper

si

sentimenti

tutte

manifestazioni rudimentali, tenui e sfuggevoli dello spi-

rito: le piccole intuizioni (o sensazioni

che

si

dicano),

non

ancora trasformate
stituisce quasi

in

percezioni, le piccole percezioni, le

piccole tendenze e appetizioni; tutto ci,


il

fondo della vita dello

insomma, che cospirito. anche si

dato quel

nome a
si >

condizioni e processi psichici nei quali

intorno a una materia empiricamente delimitata varie forme


si

seguono e
della patria
>
.

alternano, e
o

si

parlato del sentimento

dell'amore

della natura

del

divino

Niente vieta di formare codeste classi e adope;

rare quella denominazione

ma

in

conseguenza degli schiaaccoglie

rimenti gi dati circa

il

metodo psicologico esse non posquale non solo non


le

sono servire alla


nei suoi quadri,

filosofia, la

ma non

entra con esse in relazione, altro


si

che per respingerle quando


psicologica

presentano come
.

filosofia

psicologia

filosofica
la
filosofia,

Classificare

non

pensare filosoficamente; e

da una parte, non

conosce criteri di piccolo e di grande, di debole e di forte,


pi e di meno, e un pensiero piccolo o piccolissimo, una tendenza piccola o piccolissima per lei pensiero e tendenza e non gi sentimento; e dall'altra non ammette processi complicati che non risolva nei loro componenti semplici: onde il sentimento dell'amore o della patria, e gli altri addotti in esempio, le si svelano come serie di
di
atti

di

pensiero e di volont, variamente intrecciati. Gli


classi, e le

psicologi serbino, dunque, le loro

loro sotto-

16

l'attivit pratica xklle sue relazioni

classi di sentimenti;

che noi non pensiamo a spossessarli

di tanto tesoro, anzi

continueremo ad attingervi anche noi,

quando
Il

ci occorra, la

moneta

spicciola che

adoperiamo

nel-

l'ordinaria conversazione.
sentimeli-

Un
neppure
a quel

altro
ci

significato

della

parola
si

sentimento
si

che

to

come

stato

dello spirito.

tocca almeno per ora,


lo

modo

stato dello

ha quando spirito o di una


il

designa
sue

delle

forme, o pi correttamente, gli stati, perch


cosi inteso si polarizza,
sti,

sentimento

com' noto, nei due termini oppo-

denominati di

solito

piacere
li

dolore. Questi due


psicologicamente;
gli

termini possono essere presi

anch'essi

onde accade che


estremi di una

gli

psicologi

concepiscano come
si

serie continua, nella quale

passi dall' un

termine all'altro per accrescimenti e gradazioni insensibili.

Ma

questa rappresentazione psicologica non


anzi non quella veramente reale, e
i

la sola pos-

sibile,

due termini

nella filosotia dello spirito,


si

appunto perch opposti, non


stesso che essi tengono di

differenziano

per un

pi e un meno, per un massimo

un minimo, ma per
opposti

l'ufficio

la

dottrina

dei

quali per altro

non cade
il

in

questo punto della nostra esposizione. Negando

senti-

mento, qui

si

nega non gi
la

la

dottrina degli opposti, n

quella psicologica degli stati dello spirito che sopra essa


si

fonda,

ma

dottrina del sentimento, considerato quale

forma
Ufficio
del
j^

peculiare di attivit.
del

La concezione

sentimento come attivit spirituale


filosofia,

concetto di

sentimento
nella storia
(leiia
fla:

nella storia della adempiuto, r


si

ricerca, che

flioio-

^.^^

l'indeter-

Q"

pu chiamare l'escogitazione provviso^j^j volta ci S trovati innanzi a una forma


si

70

a un bisogno

di

minato

o sottoforma di attivit spirituale, che non a eliminare n ad


si

riusciva n

assorbire nelle forme gi riconosciute,


il

contrassegnato

rola

sentimento
Il

che

problema da risolvere con quella paaltri poi ha scambiato per una

soluzione.

sentimento era l'indeterminato, o meglio

II.

NEGAZIONE DEL SENTIMENTO


il

17

il

non ancora pienamente determinato,

semideter-

minato.
Di qui la sua grande importanza come accenno a nuovi
territori

da conquistare e pungolo a non rimanere


insufficienti.

ostinadi qui

tamente chiusi in vecchie formolo

Ma

anche
biato

il

suo destino:
soluzione,

per

problema non pu essere scaml'indeterminato o semideterminato


il

dev'essere determinato.

Sempre che la determinazione delle forme o sottoforme dello spirito non data in modo comsi

pleto, risorger (e

prover, benefica) la categoria del sen-

timento;

ma

risorger

insieme

il

dovere d'indagarla e
e quale difficolt

intendere che cosa

le si celi dietro,

non

risoluta l'abbia fatta sorgere di nuovo.


Neil' investigare la filosofia dello spirito teoretico gi ci

siamo incontrati pi volte col

sentimento

>,

proposto

come

una forma
e,

spirituale

che soddisfi bisogni di conoscenza


no-

fuori e di sopra le

forme teoretiche ammesse d'ordinario;


ai

ogni volta, l'esame attento T ha dissipato dinanzi

stri occhi,

ma

insieme, nell'occasione di ciascuna di quelle

critiche, ci

accaduto o di scorgere qualche forma prima

ignota

di

determinare meglio quelle gi note.


il

Per esempio, quando una speciale forma estetica non


era ben riconosciuta, e
tentava di spiegare il fatto este^ " tico sia intellettualisticamente come nient'altroche forma
si

sentimen-

* '''*

annunzio della

^JV
-

forma

inferiore di filosofia, sia storicisticamente

del dato storico e naturale, sia

come riproduzione utilitariamente come sodfu

'*"^*-

disfazione di certi bisogni volitivi (teoria edonistica),

gran bene che

l'arte venisse considerata

come forma che

non era riducibile n all'intelletto n alla percezione n alla volont e conveniva rimandare al sentimento. Approfondendo questo punto,
teoretica
afiatto
si

fini

con

lo

scoprire
di

una forma
determinadell'intui-

semplice e ingenua, priva

zione cosi concettuale

come

storica:

la

forma

zione pura, che quella propria dell'attivit estetica e arB. Crock, Filosofia della pratica.
t

18
tistica.

l'attivit pratica nelle sue relazioni

Ma, scoperta T intuizione pura, chi torna a trattare


di sentimento, ricade dal determinato

l'arte

come prodotto

nel semideterminato o indeterminato.


Allo stesso modo, fu un progresso nella teoria della stoNeUa Istorica: preanpjoorrafia il chiaro riconoscimento che l'affermazione storica '^ nunzio dell'elemento non S possa dedurre da concetti, ma si fondi sovra l' immeintmtivo.

diato

sentimento
percezione.

del reale, cio sull'elemento intuitivo,

indispensabile a qualsiasi ricostruzione storica


siasi

come a

qual-

in "un significato affatto diverso (cio,

reagendosi contro la falsa idea di un'oggettivit storica

che sia da riporre nella mera riproduzione del dato) bene


si

mise in luce che nessuna narrazione storica possibile


il

senza la reazione del sentimento verso

dato, per-

ch

si

venne a riconoscere per mezzo


l'ufiicio

di questa curiosa ter-

minologia

dell'elemento soggettivo o intellettivo


storica. Chi ora,

nell'affermazione
dizio storico

dopo

la teoria del giu-

come

sintesi a priori, riparla del sentimento

come
Nella Logi*^*

fattore della storiografia, torna dal chiaro al confuso,

e dalla luce, se

non proprio
il

alle tenebre, al crepuscolo.

Importanza capitale
P''ogr<^sso della
S

concetto di sentimento ebbe nel


filosofia,

del

**nnun2h) concetto

Logica della

perch in qual modo


la filosofia

poteva cominciare a far intendere che

adopera

'"*'"'

turali e

metodo ben diverso da quello delle discipline esatte (namatematiche), so non negando a quelle discipline
apprendere
diceva
la verit

la capacit, di

vera e la piena realt,


affatto diversa dello

e assegnandola invece a
spirito,
Il

una potenza

che

si

sentimento

conoscere per sentimento

immediato? veniva distinto dal modo di


o sapere

conoscenza proprio delle discipline astrattive;

ma non
si

si

sapeva poi che cosa veramente esso fosse e


indetcrminato.
narlo,
diato,
si

lo

lasciava

E quando

alla

fine

si

venne a determigenuina e inconta-

scopri che non era sentimento o sapere immel'intelletto

ma

stesso

nella sua

minata natura, nella sua pura

e libera attivit, l'intelletto

II.

NEGAZIONE DEL SENTIMENTO


il

19

come ragione,
quel sapere

pensiero

come pensiero speculativo,

immediato
ora,

che intrinseca e perpetua


la

me-

diazione. Chi

dopo

scoperta del concetto puro o

speculativo, torna al sentimento e lo ripropone organo della


filosofia e della religione,

battagliando in forza di esso con-

tro le discipline naturali e

matematiche,

fa

come

colui che

volesse ai t^mpi nostri tornare al fucile a pietra, per la


bella ragione che questo fu
balestra. Gl'invocatori

un progresso sull'arco e

sulla

del sentimento nella filosofia sono


il

ora alquanto ridicoli:

che non toglie che una volta

fos-

sero seri, e che quel concetto abbia assai giovato in quanto

concetto provvisorio e quasi bozzolo della nuova idea della


filosofia.

La medesima vicenda
forma pratica dello
spirito,

ci

accadr di osservare nell'in- Analogo


i

uffi-

vestigazione che abbiamo iniziata circa

problemi della

l^^J^^ ^
pratica,

,j'^

dove

altres stato introdotto

quel concetto, derivandone alcune proposizioni di cui in-

dicheremo via via


cominciare anzi
fin

ai

loro

luoghi
(e

il

significato vero.

Per

da ora

restringendoci soltanto alla

questione gi delibata della realt di una forma peculiare


pratica), facile intendere perch sia stato tante volte so-

stenuto,

contro gli esclusivi intellettualisti o

teoreticisti,

che

la

volont non consiste nella conoscenza


il

ma

nel senti-

mento; che
tivo
fatti

principio dell'azione

non

principio intelleti

ma

emozione sentimentale; che

la ragione, le idee,

percepiti
si

non bastano a produrre un

atto di volont,
si

pel quale
in

richiede che tutte queste cose

trasformino
il

sentimenti e s'impossessino dell'animo; che

fondo
il

della vita vissuta, ossia dell'attivit pratica, siero

non

pen-

ma
si

il

sentimento; e via discorrendo. Con codeste forla peculiarit dell'attivit pra-

mole
tica.

veniva riconoscendo

La
il

teoria sentimentalistica della pratica rappresenta rispetto alla teoria intellettualistica, per-

un passo innanzi
ch

germinare dell'indeterminatezza progresso rispetto

20

l'attivit pratica nelle sue relazioni

alla cattiva

determinatezza e prepara una nuova e migliore

determinatezza.

Negaxione
dei
to.

Ma
j^^.^

In questa stessa nostra

maniera d'intendere

il

va-

concetto

di sentimeli-

formole si racchiude la risoluta negazione ^j quelle di ^ ^

esse,

ove tendano a persistere dopo aver adempiuto

l'ufficio

mantenere accanto alla conoscenza e all'azione una terza forma generale dello spirito: il sentimento. Nesloro, e a

sun

fatto dello spirito, ossia

nessuna manifestazione di

at-

tivit, si

pu addurre che, esaminata non superficialmente,

non

si

risolva in

un

atto di fantasia, d'intelletto e di per-

cezione, cio di teoria (quando

come
atti);

astrazione o classe

non si sveli addirittura meramente psicologica di codesti


di

ovvero a un atto
sia,

volizione

utilitaria

etica

(quando non
cio di

di

nuovo, classe psicologica designata


affetti e simili),

variamente come di aspirazioni, passioni,


provi a indicare un atto solo che
praindicati, qualcosa di

pratica. Cerchi chi vuole nel suo animo,


sia,

si

a differenza dei so-

nuovo

e originale,

non teoretico e
di

non
L'eaciusione
deduttiva di esso

pratico, e meriti la speciale

denominazione

sen-

timento

La quale osservazione

di fatto (ripetiamo l'avvertenza)

non se non l'avviamento alla dimostrazione, che una terza forma non solo non c', ma non ci pu essere.
Dimostrazione che sar chiara
pratica. Riconoscendo
pili

oltre e coincider col

chiarimento della necessit delle due forme, teoretica e

come

legittima l'esigenza di

duzione
messe,

filosofica delle

forme dello

spirito, e perci di

negazione deduttiva delle forme spurie e


ci

una deuna falsamente am-

sembra che anche questo modo

di negazione riu-

scir pi semplice e persuasivo, se sar alquanto ritardato.

Ili

relazione
dell'attivit pratica con la teoretica

opo esserci liberati dairequivoco terzo termine del sen- Precedema


della teoreti-

timento, nel passare all'enunciato problema della relazione


tra l'attivit teoretica e la pratica,
zitutto la tesi:

ca sulla pratica.

dobbiamo

stabilire an-

che l'attivit pratica

presuppone

quella

teoretica. Senza conoscenza non possibile volont; quale


la

conoscenza, tale la volont.


Neil 'affermare questa precedenza della conoscenza sulla
L'unit* dei" ^p'"*"' la compre-

volont non

si

vuol dire che sia concepibile ^

un

uomo

teoretico, e
'

nemmeno un istante temporale teorevolont. Sarebbe codesta un'astrafilosofa,

sensiaiit
'" p""**ca.

tico, privo affatto di '^

zione irreale, inammessibile nella

che opera

sol-

tanto con astrazioni reali, cio con universali concreti.

forme dello
lo spirito si

spirito

sono distinte e non separate; e

Le quando
bench

considera in una delle sue forme ossia esplile altre

cito in essa,

forme sono egualmente in


suole anche dire,

lui,

implicite

o,

come

si

concomitanti.
il

Se l'uomo conoscitivo non fosse insieme volitivo, non potrebbe neppure tenersi in piedi e guardare
cielo; e

non

potrebbe pensare, perch


vita e di volont, che
si

il

pensare insieme un atto di

chiama attenzione. Ogni cono-

scenza sorge sul tronco di una volizione.

La

volont non

certamente la teoria, come non


gliare
il

la

forza che fa germo-

grano o guida

il

corso dei fiumi;

ma come

pr-

22

l'attivit pratica nelle sue relazioni


Ih cultura del

muove

grano o infrena l'impeto distruttore


e infrena la forza della fantasia e

dei fiumi, cosi

promuove

del pensiero, facendo che essa operi nel miglior

modo, cio

che

sia

veramente quale dev'essere, fantasia e pensiero nella


impera; e non solo strappa
lo

pi pura attuazione. Anzi, guardando sotto questo aspetto,


l'attivit pratica

scienziato

dal suo gabinetto e l'artista dal suo studio se bisogni di-

fendere la patria o vegliare accanto al letto del padre ammalato,

ma

nella cerchia stessa della scienza e dell'arte

comanda
Rifiuto del

all'uno e all'altro, indirizzandoli e tenendoli saldi

al loro fine particolare

che

il

culto della scienza e dell'arte.

Tutti gli argomenti, che sono stati addotti in passato


^ ^^^^
^j

prammatisino.

^dducono

di presente per sostenere la r r

dipendenza
ir

dell'attivit teoretica dall'attivit pratica,

valgono (per quel

tanto di verit che recano con s) a dimostrare solamente

codesta unit delle forme spirituali e la necessit del volere

per la salute dello stesso spirito conoscitivo.


tro

il

Ma

nient'al-

che sofisma fondato sai doppio significato della parola

produzione

il

passaggio da questa

tesi

all'altra

che

vero sia produzione della volont, dovendo essere chiaro

che altro

promuovere merc
il

la

volont l'opera del

pensiero, e altro sostituire la volont all'opera del pensiero.

Pretendere di sostituire

pensiero con
si

la

volont

equivale a negare quella forza che


vere;

dovrebbe promuo-

ed

dunque,

la

pi aperta professione di scetti-

cismo,
lit di
li

la sfiducia

pi completa nel
si

vero e nella possibi-

conseguirlo. Tale pretesa

chiama ora

pram ma-

srao, o almeno uno dei significati di questa parola,

divenuta motto d'ordine della scuola pi confusionaria cha


Ria

mai sorta
i

in filosofia.

II

pramraatisrao, infatti, abbracla

cia

concetti

pi disparati:
il
i

virt

promotrice che la

volont ha sul pensiero;


col quale le percezioni e

procedere volitivo o arbitrario


dati storici sono ridotti a tipi

astratti nelle discipline naturali o si

enunciano

postulati

III.

l'attivit pratica e la teoretica


gli

23

per costruire

schemi delle matematiche;


utilit

il

pregiudizio

baconiano dell'esclusiva

delle discipline naturali e


il

matematiche pel bene della vita;


stico

pregiudizio positivi-

che altro non sia dato conoscere se non ci che artipi

bitrariamente comprimiamo nei


lismo e della

e schemi del natura-

matematica;
surroga
foggiarsi

l'esagerazione

romantica

del

principio della potenza creativa dell'uomo, onde allo spirito

universale
utilit

si

il

capriccio dell'individuo; l'ase

serita

di

illusioni

tenerle per vere; le

superstizioni

occultistiche e spiritistiche, e altre cose anil

cora che omettiamo. Se

prammatismo ha avuto o serba


di questi

qualche attrattiva, deve ci alla verit di alcuni

concetti (in particolare dei due primi); ma, quanto al resto


e al significato generale della dottrina, sar bene ripetere
coi vecchi filosofi che chi nel

pensare dice:

voglio cosi

perduto per la verit.

Meritano appena breve menzione alcune riserve che

si

Critica di:o-

fanno all'enunciata verit da quella maniera di filosofia ^ che si da noi denominata psicologica. Nei trattati di
Psicologia
si

^'eiom psicologiciie.

trova scritto che la conoscenza precede bens

l'atto pratico,

ma

soltanto nelle forme alte della volizione,


si

perch nelle forme basse


pulsi,

avrebbero semplicemente imciechi


affatto

tendenze,
si

appetizioni,

di

ogni cono-

scenza, talch

potrebbe parlare perfino di forme invopratica, di


la

lontarie dell'attivit

una volont che non

sa-

rebbe volont, posto che

volont vera stata definita

appetizione rischiarata da precedente conoscenza.


sto

Da

que-

un atto pratico senza intelligenza, sorta poi la cieca volont di alcuni metafisici, che, come accade, hanno dato valore di realt a un rozzo tipo di classe. Ma una volont cieca inconconcetto, foggiato dagli
psicologi, di
cepibile, e qualsiasi
sia di

forma per rudimentale e povera che


presuppone sempre qualche cono-

attivit

pratica

scenza, povera e rudimentale che sia.

Anche

negli ani-

24

l'aiti VITA PRATICA NELLE SUE RELAZIONI


si

mali?

domander. Anche negli animali, posto che questi


quanto sono, centri di
nell'ipotesi anzidetta.
vita,

siano, e in

epper di perce-

zione e di volont; e anche nei vegetali, e anche nei minerali,

sempre

Come abbiamo

allon-

tanato dall'Estetica e dalla Logica ogni forma di aristo-

craticismo, stimandola dannosissima all'intelligenza di quelle attivit, cosi dobbiamo allontanarla dalla Filosofia
della pratica. L'illusione
aristocratica strettamente im-

parentata con l'altra onde a noi,

rinchiusi

nell'egoismo

della nostra individualit empirica, vuol parere che noi


soli soli

intendiamo

la

verit, noi

soli

sentiamo

il

bello, noi

sappiamo amare.
Dal punto
di

Ma

la realt democratica.

vista

psicologico stata
(si

mossa anche

un'altra obiezione.

La conoscenza

osservato)

essere base indispensabile della volont, se

non pu vero, com'


buone

vero, che uomini ignoranti siano praticamente pi efficaci


di

molti dotti e

filosofi,

ricchi di conoscenze e di

intenzioni,

ma

incapaci di condursi nella vita reale.


il

Ma

evidente che in questi casi

cosiddetto ignorante ha le

cognizioni che fanno all'uopo e che


filosofo,
i

mancano

al dotto e al

quali sono da dire perci, proprio essi, veri ignodi

ranti:

come

fronte a Giovanni dalle

Bande nere era


gli

ignorante Niccol Machiavelli quando tenne

spettatori

per due ore al sole a bada per ordinare tremila fanti se-

condo quell'ordine che aveva scritto, e mai non gli venne fatto; e il signor Giovanni invece, in un batter d'occhio, con l'aiuto dei tamburini, li ordin in vari modi e forme,
e condusse seco raesser Niccol a desinare, che altrimenti

(conclude l'aneddotista) per quel giorno non


MfttarA
del

si

desinava*:

La conoscenza che
^
^a.

si

richiede per l'atto pratico non


e

precedente
teoretico del-

conoscenza
_

dell'artista

u pratica: la
oono)icenr.a
storica.

sofo, o, meglio,

anchc queste duo,

quella del filoneppure ^^ ma solo in quanto

Bamdrli.o, Novlle, I,

4, intr.

III.

l'attivit pratica e la teoretica

25

si

ritrovino

entrambe quali elementi cooperanti nella conola

scenza ultima e compiuta, che quella storica. Se la prima


si

chiama intuizione,
si

seconda concetto e
il

la terza percesi

zione, e

fa della terza

risultato delle
all'atto

due prime,

dir

che la conoscenza occorrente


scenza percettiva. Di qui
il

pratico la cononello

detto

comune che loda

l'uomo pratico
stretto

il

colpo d'occhio sicuro: di qui anche


si

legame che
di

pone

tra senso storico e senso pratico


la

politico;

qui,

infine,

giustificata

diffidenza verso

coloro che, impotenti ad affisare la realt eflFettuale, sperano


di raggiungerla a furia di meri sillogismi e di astrazioni, o

credono di averla raggiunta quando hanno costruito un


edificio fantastico,

mostrando chiaro a questo modo di non

poter diventare mai uomini pratici, almeno in quella sfera

d'azione cui mirano di presente.


Siffatta
tico.

conoscenza non di certo, per

s, l'atto

pra- Conooent
.' *^*

Lo

storico

come

tale

contemplatore,

non uomo f

^'

pratico e politico: se non scatta quella scintilla, che la


volizione,
il

materiale della conoscenza non s'infiamma e

non
il

si

converte in alimento della pratica.


la condizione, e

Ma

quella co-

noscenza

senza la condizione non nasce


significato

condizionato:

nel

qual ultimo

vero

che

azione conoscenza e volont sapienza, cio che volere


e operare,
pere.

in questo stesso significato, ossia

com' ben chiaro, suppongono conoscere quando si


la

e saconsi-

deri solamente lo stadio dell'indagine conoscitiva che


la

forma

premessa dell'azione,

deliberazione pu anche essere

detta,
le

per metafora, atto teoretico. Metafore sono anche

espressioni consuete di azioni

logiche

razionali

>

giudiziose ; perch

l'azione

potr

essere

energica

fiacca, coerente o incoerente,


dicati,

ma

non gi avere quei preche precedono


il

che sono propri degli

atti teoretici

le

azioni, e nei quali le metafore predette

hanno

loro fonda-

mento. Nondimeno, quali sono

gli atti teoretici, tale

nasce

26

l'attivit pratica nelle sue relazioni

l'atto pratico: tanto si


il

pu quanto

si sa.

La

volizione non

mondo

circostante, che lo spirito percepisce; un'inifatto

ziativa,

un

nuovo:

ma

questo fatto ha

le radici

nel

mondo
prima

circostante, questa iniziativa

iridata

dei

colori

delle cose che

l'uomo ha percepito come

spirito teoretico

di operare

come

spirito pratico.

Continua
"*f^*"'^ QClift D&S6
teoretica dell'aaione.

qui importa osservare (cosi per impedire un equivoco

in cui molti

cadono, come per

le

conseguenze che

ci

av-

verr di trame) che non bisogna concepire la cognizione


percettiva della realt che ci attornia, quale base ferma

su cui

si

operi

traducendo in atto

la

formata volizione,
il

Perch cosi
costante,

fosse,

converrebbe supporre che


si

mondo
con

cir-

percepito dallo spirito,


il

arrestasse

l'atto

percettivo;
l'atto

che non

ogni attimo, quel


il

mondo

cangia,
l'atto

percettivo percepisce

diverso e

il

nuovo, e

volitivo cangia secondo quel cangiamento reale e percepito.

Percezione e volizione

si

susseguono a ogni attimo;


la terra e
ri-

per volere bisogna, a ogni attimo, toccare


pigliare forza e direzione.
Nessun
altro

Percezione continua e continuamente cangiante: ecco


j^

precedente
teoretico, ol-

necessaria condizione .teoretica della volizione. Necese unica.


^

tre

quello saria
^gjjj

Altro

alto

teoretico

non occorre, perch


da quello nessun

storico.

^jj.j.^

incluso in

quello, e di l

altro pensabile.

Ma
tiene
la

se

ci vero, se

nessun altro atto teoretico fuori

di quello precede la volizione, nell'esposta dottrina si concritica di

una

serie di altre teorie

generalmente

ammesse

nei libri di Filosofia della pratica

non meno che


ser-

nel pensiero

comune, e

delle quali

nessuna pu da noi

barsi senza correzioni e interpetrazioni.


I

colf

detti

.onootti
fici.

Kludixl pra-

j^^

Per dir meglio, non si tratta di pi teorie da sotto diversi jIj ^^^ g^]^ ^^Y\e si presenta ^
la
si

criticare,

aspetti

e
di

prende nomi diversi, e secondo


cognizioni di cui

quale nel complesso

finora discorso (assomraantisi nel gi-

in.

l'attivit pratica e la teoretica

27

dizio storico)

non

si

avrebbe tutto quanto occorre per pro-

cedere alla volizione e azione, e dovrebbe sorgere ancora

una forma
dizi

speciale di concetti e di giudizi (concetti e giui

pratici),
storico

quali,

mediando

tra

il

precedente giudisoli

zio

e la volont, renderebbero essi

possibile

quest'ultima.

Non

sta di fatto forse

che noi possediamo con-

cetti pratici, ossia di classi di azioni e di direttive

supreme
che pro-

di azioni, concetti di

beni, d'ideali,

di fini, e

nunciamo giudizi
l'immagine
di

valutativi, applicando quei concetti al-

determinate azioni?
si

Non

cosa indubitabile

che quei giudizi e quei concetti


plice presente,

riferiscono

non

al

sem-

ma

al

se

non

si

sapesse

E come mai si potrebbe volere quel che bene volere, e che una
futuro?

certa azione possibile risponde a quel concetto di

bene?
Posteriorit
^^^

Ora, che

concetti e
si

giudizi di sopra indicati sussi-

stano di fatto, non


'

nega. "

Ma

ci

che

si

deve negare

reci-

f,^^^^V pratici alratto prati*^"

samente che
dagli altri
turo.
11

essi

differiscano

in

qualcosa dai restanti

concetti e giudizi teoretici, che meritino di essere distinti

come

pratici, e

che abbiano per oggetto


,

il

fu-

futuro,

ci

che non
si

non oggetto

di

cono-

scenza; la materia che


di pensieri,

giudica, consista essa di azioni o


carattere logico e teoretico del giudi azione

non muta

il

dizio;

concetti dei
quelli dei

modi

sono concetti n pi n

meno che
zione,
si

modi

di pensiero.

Con

la

quale nega-

viene insieme a negare che essi possano interporsi

tra conoscenza e volont.

Non che

anteriori alla volizione,

quei giudizi

le

sono posteriori.

secondo

Poniamo un caso semplicissimo, e vediamone l'analisi la teoria che abbiamo preso a confutare. inverno; sento freddo; ho vicino un bosco; so che col tagliare legna si pu accendere il fuoco, e che il fuoco d calore; mi risolvo, dunque, a tagliar legna. Ci sembra adeguatamente
espresso dalla seguente catena di proposizioni:
la

Conosco

situazione di fatto, cio che io sento freddo, che le le-

28

l'attivit pratica nelle sue relazioni

gna producono fuoco e il fuoco calore, e che vi sono legna tagliabili. Ho il concetto che bene garentire la salute del corpo. Giudico che, col calore, provvedere alla mia salute nell'inverno, e, per conseguenza, che il calore un bene, e il tagliare legna, senza le quali non posso procurarmelo, eziandio un bene. Onde, compiute tutte queste riflessioni, faccio scattare la molla della volont e voglio tagliar le legna. Pure questa anfilsi, che si direbbe
ovvia,

affatto
illusoria,

perch

il

giudizio pratico:

io,

tagliando le legna, operer bene, significa gi: io voglio

tagliare
se

le

legna
:

; e

questo un bene
io

>

non vuol

dir altro

non

questo

voglio

Canger volizione

un
ria:

istante dopo, surrogandola con altra diversa o contra-

non importa: nell'attimo in cui ho formato quel giumi son dovuto percepire nell'atteggiamento volitivo di uno che tagli legna, e dunque il volere ha dovuto precedere, altrimenti quel giudizio non sarebbe mai sorto.
dizio,

Posta la prima situazione di fatto ed esauritasi essa nel


giudizio, nessun
altro

giudizio pu formarsi, se la situa-

zione di fatto non cangia, se qualcosa di nuovo non soprag-

giunge. Questo qualcosa di nuovo sempre la mia volizione,


la quale,

cangiandola situazione (nell'esempio:

col

portarmi

dalla casa presso l'albero, o semplicemente, col protendere


in

modo quasi impercettibile il corpo verso l'azione voluta, come accade nel desiderio), aggiungendo dunque alla realt data qualcosa che prima non c'era, prepara materia a un nuovo giudizio. Giudizio che si chiama pratico, ma che teoretico come gli altri che lo precedono che si crede an;

teriore aliar volizione, laddove in realt susseguente; che


si

8caml)ia

come condizione
la

della volont di l da venire,


si

laddove gi
giudizio,

volont in atto che

mira

allo specchio:

insomma, non gi pratico,

ma
le

storico.

L'illusione che In cosa accada altrimenti generata dal


fatto

che noi possediamo giudizi circa

nostre passate ve-

III.

l'attivit pratica e la teoretica


in tipi e forinole generali,

29

il

lizioni, riassunti

come:

ta-

gliare legna bene


astratte a loro volta

Ma

quelle forinole e tipi sono state

da volizioni precedenti; e perci anche non hanno valore perentorio nella concreta e nuova situazione e possono essere modificate e sostituite da altre che

dicano l'opposto.
sia stato

Non

si

tratta di sapere se

il

tagliare legna

per me, di

solito,

un bene, e
si

sia stato

da

me

vo-

luto, di solito, nel passato:

tratta

di
il

volere la cosa in
tagliar legna in

questo momento, cio di considerare questo momento come un bene.


classe astratti

Al pari dei pretesi giudizi pratici e dei concetti di

Posteriorit
natici""*

da

essi,

anche

concetti che essi recano con

s di beni, di ideali, di fini, di

azioni degne di esser volute e via discorrendo, non precedono ma succedono


ri-

all'accaduta volizione. Questi concetti sono l'incipiente

flessione scientifica e filosofica sugli atti spontanei della volont, e

non

si
il

fa la scienza
fatto

si filosofa

se

non

sui fatti

accaduti: se

non precede, non sorge

la corrisponil

dente teoria. Di certo, la teoria non fa altro che ricreare

gi creato e dare in forma di principi pensati quelli che sono


i

principi reali delle azioni; allo stesso


i

modo che

la

Logica

scopre

principi che vivono e operano nel pensiero logico.


la

Ma come
pone, cosi

formola del principio di contradizioue non

necessaria al pensare senza contradizione e anzi lo presupi

concetti dei

fini,

dei beni, degli ideali

non sono
di

necessari alle volizioni, anzi le presuppongono.


Nell'errato

presupposto dei principi e giudizi pratici Origine

che precedano
della volont

conosce

il

le volizioni, ha uno dei suoi sostegni la tesi come conoscenza, e la proposizione che chi proprio bene lo vuole anche, e chi non lo vuole
il

ti!'[t"*,i'ri

che e senti""*'*'*'

non

lo

conosce. Tesi da invertire, perch conoscere


significa

pro-

prio bene
stesso

averlo voluto. E,
si

per altra via, allo

presupposto

riduce l'altra tesi dell'impossibilit


il

della volizione, se tra

conosciuto e la volont non s'in-

30
terponga

l'attivit pratica nelle sue relazioni


il

sentimento,
li

il

quale d come un valore par-

ticolare ai fatti e

fa sentire tali

che debbano essere protesi

mossi o contrastati e cangiati. Alla quale


noscere
il

da

ricodi

solito

merito delle teorie del

sentimento:

avere destato o ridestato la coscienza della peculiarit del


l'atto

pratico

combattuto

le

riduzioni e

identificazioni

intellettualistiche;

merito che non

manca
i

del

tutto

alla

stessa

teoria generale dei giudizi pratici,

quali,

bench

chiamati giudizi, erano considerati tuttavia come differenti


dagli altri giudizi, e differenti appunto perch pratici,
i concetti d fine e

Mostrato, per tal modo, non esser vero che l'uomo prima
(jQ^^g^a
jj

mezzo.

fl^e

e poi lo voglia,
sia
il

pu

stabilire pi esatIl fine in

tamente quel che


versale

da intendersi per fine.

uni-

dunque

concetto stesso di volont,

e consi-

derato nell'atto singolo


t'altro

come questo

o quel fine, nien-

che questa o quella volizione determinata. Donde


di

anche una migliore definizione del rapporto

esso col

mezzo, che
cepire quasi

si

suole empiricamente ed erroneamente con-

parte di volizione e di azione al servigio di

un'altra parte di esse.


e solo per

Un

atto volitivo unit inscindibile,


si

comodo

pratico

l'atto volitivo, tutto volizione, niente


fine.
Il

pu darlo come diviso. Nelmezzo e tutto


la situazione di fatto, dalla

mezzo non

altro

che
le

quale l'atto volitivo prende


si

mosse, e solo cos

il

mezzo
si

distingue davvero dal fine. Si distingue, cio, e

uni-

fica

insieme; perch

se,

come

si

notato, la volizione

non
l'as-

la situazione, d'altra parte

tale la volizione

quale

la si-

tuazione: l'una varia in


sardit della

funzione dell'altra. Di qui


il

massima che
si

fine giustifica

il

mozzo:

massima

di carattere empirico, sorta talora per giustificare

azioni che erroneamente

ritenevano ingiustificate, e pi

spesso per lasciar passare


ingiustificabili.
t

come

giuste quelle che erano

Tal mezzo,
di

tal fine:

ma
il

il

mezzo
il

il

dato

non ha bisogno

giustificazione,

fine

voluto e

deve

giustificarsi in s

medesimo.

III.

l'attivit pratica e la teoretica

31
Critica
fi"^

A
della

causa della continua mutevolezza del mezzo, ossia


situazione
di
fatto,
'

dei
di-

da

abbandonare l'idea che


si

si
il

come

segno

fisso.

suole avere della finalit, secondo la quale essa porrebbe


fine

come qualcosa
la

di fisso,

come un disegno che


si

vada

poi eseguendo. Nel che anche di recente


stere

fatta consi-

differenza tra la finalit dell'uomo e quella della

natura; la quale ultima sembrata che operi con un di-

segno che cangia, accomoda e


le
lei

rifa
il

a ogni istante secondo

contingenze, in

modo che

punto d'arrivo non per

predeterminato n predeterminabile.

Ma

il

medesimo

di

tutto
lit.

punto da dire della volont umana e della sua

fina-

Anch'essa cangia a ogni attimo; come cangia a ogni


il

attimo
il

movimento

del

nuotatore o dell'atleta, secondo

moto del mare o

dell'atleta avversario e

secondo

la va-

riante

misura o qualit delle proprie forze nel corso del

processo volitivo.
in istante,

L'uomo opera caso per caso


di
si

e d'istante

attuando la sua volont

ogni istante e non

gi quel concetto astratto, che

dice

disegno. Da

ci

anche

la

conferma, che non possibile fornire modelli o

tipi fissi di azioni: colui che cerca e aspetta codesti modelli e tipi

un individuo che non sa

volere, privo di quel-

r iniziativa,

di quella creativit, di quella


all'attivit

genialit, che
quanto
La

non meno indispensabile


sia all'arte o alla filosofia.

pratica di

Sembrer che per


zione dell'incognito e

tal
si

modo

la volizione diventi voli-

volizione

contrasti troppo paradossalmente

''"<'enito.

ai detti, fulgidi di tanta evidenza, della voluntas quce

non

fertur in incognitum e della ignoti nulla cupido.


detti

Ma

questi

sono veri solo in quanto confermano che senza la


dell'atto

precedenza

teoretico

Tatto

pratico

non nasce.

Fuori di questo significato, sarebbe da sostenere piuttosto

che noti nulla cupido e che voluntas non fertur in cognitum. Quel eh' noto esiste, e dell'esistente non si pu volere l'esistenza: il passato non materia di volizione. La

32

l'attivit pratica nelle sue relazioni

volont volont dell'incognito; vale a dire s medesima, la quale, in quanto vuole, non
sce solamente quando ha
effettuato
il

si

conosce, e

si

cono-

volere.

Una

sorta di

stupore ci colpisce talvolta, quando ci facciamo a inten-

dere

le

azioni da noi
fatto

compiute:

ci

accorgiamo allora di
ci

non aver

quel che prevedevamo, e di aver fatto, in-

vece, quel che non prevedevamo.


delle concezioni che presentano

Da

anche

la fallacia
cir-

l'uomo volitivo come

condato da cose che egli vuole o non vuole; laddove


cose, o meglio
i

le

.fatti,

sono mero oggetto di conoscenza e

non

si

possono volere o non volere; come impensabile

non volere che Alessandro Magno non sia esistito, o che Babilonia non sia stata distrutta. Ci che si vuole sono non gi le cose ma i cangiamenti delle cose, cio le volizioni stesse. Anche quella concezione fallace sorge
volere o
dallo scambiare la volont reale con gli astratti e con le
classi di volizione.
Critica del

E da
^Q^^g^ ^j

osservare in ultimo che l'errato concetto di una

concetto

scienze pra-

tiche e di mia tiioso-

scienze chiamate pratiche o normative ha fon^ daiucuto nella concezione del fine, del bene, dei concetti
g giudizi di valorc, come precedenti l'azione. Tolti di mezzo i concetti e giudizi pratici in quanto speciale cate-

goria di concetti e giudizi, tolta insieme l'idea


di

stessa

una scienza pratica e normativa. Perci la filosofia della pratica non pu essere filosofia pratica; e se parso che essa formasse un caso singolare tra le altre tilosofle e dovesse almeno lei serbare ufficio pratico e normativo, ci accaduto per un equivoco di parole molto

seducente sebbene molto ingenuo, che dal canto nostro

ci

siamo sforzati di dissipare perfino


nostra trattazione,
intitolata,

sul

frontespizio

della

contro

l'uso

corrente,

non

pratica

ma

della pratica.

IV
INSCINDIBILIT DELL'AZIONE DALLA SUA BASE REALE

K NATURA PRATICA DELL'ERRORE TEORETICO

\_7hiarito nel

modo che

si

detto
'

il

rapporto delia situa-

Coincidenia
^''>^''*ione

zione di fatto con la

volizione, del

mezzo

col

fine,

non

e volisione.

accettabile nessuna distinzione tra volizione

generale e

volizione concreta, tra volizione ideale e volizione reale,


tra

intenzione,

cio, e

volizione. L'intenzione e
e
la

la vo-

lizione

coincidono in ogni punto;


dal

loro

distinzione,

suggerita di solito anch'essa

bisogno di giustificare

l'ingiustificabile, si discopre affatto arbitraria in


le

entrambe
volizione in

forme

in cui si suole presentarla.

La prima
in astratto e

delle quali si vale


'

della contrapposizione di
si

astratto e concreto, e

afferma che

volere pu ^

il

bene

*"*''*
critica

in concreto:

non sapere poi volerlo


gi.

in concreto, e perci

che

si

pu avere buona intenzione e condursi male.

Ma

volere l'astratto (per la riduzione

dimostrata della cosa

voluta alla volizione) tanto vale quanto

astrattamente

volere.

volere astrattamente
la

tanto vale quanto

non

una situazione storicamente determinata, dalla quale essa sorga come atto parimente determinato e concreto. Onde dei due termini dell'asvolizione

volere; se

richiede

serita distinzione,

cade
il

il

primo, la volizione dell'astratto;

rimane solamente

secondo, la volizione concreta, che

la vera e reale intenzione- volizione.


B. Croce, Filosofa delta pratica.

34
VoUxione im-

l'attivit pratica nelle sue relazioni


Nella seconda forma
si

maginata
le: critica.

^pg^Q

j^g,

nello
:

stesso concreto

abbandona l'astratto pel consi pongono due atti volideterminata


si-

tivl dlversi

reale l'uno e nascente dalla

tuazione di fatto; l'altro solamente pensato o immaginato:


quello sarebbe la volizione, questo l'intenzione.
possibile,

secondo

siffatta teoria,

sempre dirigere l'intenzione,


cui la

ossia alla volizione reale congiungere l'atto volitivo

ginato, e produrre

un nesso

in

volizione in

immaun
la se-

modo

e l'intenzione in
la

un

altro: la
la

prima cattiva e

conda buona, o
pur desiderando
siderio

prima buona e
morte

seconda cattiva. Cosi


il

l'onest'uorao, approvato dal gesuita di cui narra


la

Pascal,

di colui dal

quale aspetta un'ereal

dit e rallegrandosene

quando essa accade, d

suo de-

al

suo compiacimento un'impronta

morale col

pensare che ci ch'egli intende raggiungere la prospe-

sua azienda e non la morte del suo simile. Ovmedesimo onest'uomo ammazza colui che gli ha dato uno schiaffo; ma, in questo atto, ferma il pensiero
rit della

vero

il

sulla difesa del suo onore e non sull'omicidio

non sapendo
l'intendi cui si

astenersi dall'azione, purifica


zione.
Il

almeno (com crede)


sola

male che

la situazione reale, la

possa tenere conto, la situazione storica e non quella im-

maginata; e nella conseguente volizione, presa nella sua


schiettezza,
z'altro,
si

tratta

non gi della propria prosperit sen-

ma

della

propria prosperit

congiunta con
congiunto con
il

la

morte

altrui, ossia della falsa prosperit;

non del proprio


la

onore senz'altro,

ma

del proprio onore

violazione della vita altrui, ossia del falso onore:


fa di quella asserita

che

innocente prosperit e di quell'asserito

legittimo
ci che

onore due cattive azioni qualificate, rendendo


era

onesto
il

nel

caso

immaginato, disonesto nel

caso reale, che

solo che importi.

Non giova
quale

fingere

una situazione diversa


all'altra
si

dalla reale, perch a questa e non

riferisce

l'

intenzione;

la

non

si

pu

IV. INSCINDIBILIT

DELL'AZIONE DALLA SUA BASE


se

35

dirigere,
fatto.

ossia cangiare,

non cangia

la

situazione di

Dai sofismi qui confutati sorta quell'antipatia che


pi volte
si

venuta
e di

manifestando contro
intenzioni,

gli

uomini
le

di

buon cuore

buone

e contro

dottrine

pratiche assumenti a loro principio l'intenzione


dell'intenzione, e altrettali).

(la

morale

Ma

poich per noi ormai

chiaro che quei pretesi uomini di buon cuore e di buone


intenzioni
intenzioni

non hanno
e sono

in

effetti

n buon cuore n buone


ipocriti,

nient'altro che

poich non

concepiamo distinzione alcuna tra intenzione e volizione, non avremo n timore n antipatia contro l'uso della parola intenzione, intesa
lizione
.

da noi come sinonimo

di

vo-

Senonch

(si

dir), qui si considerato


'

il

caso in cui,
di

critica

deiu

conoscendo la situazione
giustamente
cui non

ipocritamente reale, si finga ^ "


altrui o

^o''*"" ^o

fondamento
ignoto o mai
"*"""

non conoscerla per ingannare


si

anche s stesso; e

dichiarata inscindibile in tal casol'inten-

zione dalla volizione.


in
si

Ma pu

darsi un altro caso: quello

conosca

la situazione delle cose, e

pure

bi-

sogni, senz'altro, volere e operare. Qui,

da capo,
la

la voli-

zione
quella

concreta

si

scinde

dall'intenzione:
si

volizione

che
si

quale

pu essere; l'intenzione vorrebbe che fosse.


non
si

volge

all'azione

Ma

questo caso del pari, se non pi, inconcepibile

del precedente. Se

conosce
si

(e

questo punto stato

chiaramente fermato), non


di risolversi, cerca di

pu volere. L'uomo, prima


in s e

veder chiaro

intorno a s,

e fintanto che dura la ricerca, fintanto che


il

non

si

scioglie

dubbio, la sua volont rimane sospesa. Niente pu fare


si

ch'egli

risolva

dove mancano

gli

elementi per la riso

luzione; niente pu fare che egli dica a s stesso:

so ,
se

quando non
io sapessi
,

sa

niente gli pu

far

dire

sar

come

perch quel

come

se io

sapessi

introdur-

36

l'attivit pratica nelle sue relazioni


il

rebbe

metodo

dell'arbitrio in

tutta

la

conoscenza, e a

un dubbio particolare farebbe succedere il dubbio universale, il perturbamento della stessa potenza conoscitiva,
contro la quale
lUusioni nei casi che adducono
si

si

sarebbe commesso vero delitto

di fellonia.

Eccezioni a questa legge non ve ne sono, e quelle che


g-

^(j^mjono non possono essere se non apparenti.

in

Un uomo

esempio.

discende cautamente per la china pericolosa di una mon-

tagna coperta di ghiaccio: metter o no


crosta, di cui egli

il

piede su quella

non sa e non pu sapere la resistenza? Pure, non c' tempo da perdere: deve andare innanzi e arrischia. In un caso come questo, sembra evidente che si voglia e si operi senza conoscere compiutamente. Senonch
questo caso non singolo o di un ordine speciale: ogni
atto

della vita

importa
si

il

rischio dell'ignoto; e se
flosoii) la

non

ci

fosse in

noi (come

diceva dai vecchi

potestas

voluntatem nostrani extra limites intellectus nostri extendendi*, non


si

potrebbe n movere un passo n levare un

braccio n mettere in bocca un pezzetto di pane;

perch

omnia

incerta ac periculis sunt piena ! Ci che dev'es-

ser

noto per poter formare la volizione, non ci che


se

sapremmo

fossimo in situazione diversa da quella

in

cui siamo (e nella quale di conseguenza anche la volizione

sarebbe diversa);

ma

ci che possiamo sapere nella situaci

zione in cui realmente

troviamo. L'uomo del ghiacciaio


di saggiare la resistenza della

non ha n tempo n modo


crosta di ghiaccio;
oltre, egli

ma

poich deve di necessit, procedere

opera non gi arrischiatamente, anzi assai pruil

dentemente, col mettere fiducioso


cio,

piede su quel ghiacse,

che potr essergli infido. Sarebbe arrischiato


e tempo, non faces.se
l'

avendo
gi

modo

indagine sulla resistenza; cio,

86 fosse in altra e
In quella presente
le

immaginaria situazione, non


reale, in cui
si

trova. Se conoscessi

mio avversario, come le conosce il baro, giocherei diversamente; ma non perch, da onesto giocatore,
carte del

IV,

INSCINDIBILIT DELL'AZIONE DALLA SUA BASE


le

37

conosco soltanto
gioco

mie, pu dirsi che io giochi a casaccio:


le

come debbo, con

cognizioni che ho, ossia con

la

piena
trovo.

conoscenza della situazione reale nella quale


assai semplice osservazione
della

mi

Con questa

si

risolve

anche
ossia

un vecchio rompicapo

teoria della volizione,

come accada che l'uomo possa scegliere tra due cibi distanti e moventi di un modo, o tra due oggetti affatto identici, offerti

contemporaneamente
lo

in

vendita dallo stesso in-

dividuo per

stesso prezzo.

Anzitutto, da correggere

l'ipotesi, perch,

natura,

cosi

come non vi sono due cose identiche in due oggetti presupposti nell'esempio non
le

sono identici,
possibili azioni

n di conseguenza sono identiche


che ne derivano. Invero
il

due

conoscitore raf-

finato

scopre sempre qualche differenza tra due oggetti,


gli stessi al

che paiono

e frettoloso. Si tratta, dunque,


di tali

che non
di

si

non conoscitore e all'uomo distratto non di oggetti identici, ma ha n il tempo n il modo {maiora preo,

munt)

discriminare in una certa loro differenza; dalla


si

quale perci
zione non zione
in

prescinde

come

si

dice, essi

vengono

considerati sotto quel rispetto eguali.


si

Ma con

quell'astra-

prescinde poi da altre differenze della situae

reale

per

le

quali
fa

la

mia volizione

si

concreta

un movimento che mi
perch
io,

prendere l'oggetto collocato a

destra,

puta caso, ho l'abito di muovermi a

destra, o perch, per

una non meno abitudinaria

supersti-

zione, preferisco la destra alla sinistra, o perch per

una
of-

simpatia di dignit preferisco l'oggetto che mi viene


ferto

con

la

destra
il

a quello simile che

mi viene

offerto

con

la sinistra,

quale gi per questo solo, rigorosamente

parlando, non simile,

ma

dissimile; e via. Queste piccole

circostanze, non perch sfuggano di solito alla riflessione,

sono assenti dalla coscienza e lasciano di operare nella volizione.

se nell'analisi le trascuriamo

come

inesistenti, gli

38

l'attivit pratica nelle sue relazioni


alla situazione reale sostituiamo un'altra

sempre perch

irreale,

da noi immaginata.

prova dell'irrazionalit che


ci

sarebbe nelle nostre volizioni e che

spingerebbe a opesi

rare senza conoscenze precise, stato notato che non

pu addurre nessuna ragione, ossia nessun precedente


rico, del fatto

teo-

che nello stabilire

le

pene nei codici o nelquaranta anzich qualire

l'applicarle nelle sentenze fissiamo

rantuno giorni
cento e una:

di

carcere,

cento

di

multa anzich

ma

chiaro che, anche in questo caso, non

mancano
la

dati di fatto la cui conoscenza

determina a voler
facilit del

pena cosi o

cosi; e sono essi, per es., nella tradizione,


si

nella simpatia che

ha per

certi

numeri, nella

ricordo e del conteggio, e in altrettali cose.

Insomma,
tale

l'uomo forma

l'atto volitivo,

non perch abbia quella


il

portentosa facolt di estendere


dell'intelletto,

volere fuori dei limiti


l'altra di circo-

ma

al contrario,

perch ha
limiti

scriversi,

volta per volta,

nei

del

suo intelletto e
egli poi voglia,

volere su quella base e in quei limiti.

Che

conoscendo alcune cose e


bitabile
;

infinite altre

ignorando, indu-

ma

ci vuol dire che egli

essere finito

per volta, la

uomo e non Dio, che e non infinito, e che umana e finita , volta somma delle sue storiche cognizioni, come

umano

e finito , volta per volta, l'atto volitivo che sopra

esse egli forma. Gli psicologi direbbero che questo accade

per la strettezza della coscienza; ma il Goethe invece, con metafora pi opportuna e con pensiero pi profondo, diceva che il vero artista si mostra nel sapersi limitare.

E Dio
iiiipoNBibiiiiJi
(leiia voiiiio-

stesso,

per quel che sembra, non sa operare se non


finiti.

limitandosi negli esseri

Se l'intenzione non pu scindersi dalla volizione per^jj^

ne con baM
teoretica
or-

e dell' immaginario 6 del reale e non gi questa n d ^ altro, rimane, per sorge sul Hoto 6 nou mai sull'ignoto,

ronea.

aperta una terza possibilit; cio che la volizione esca di-

versa

dilli'

Intenzione a cagione di un errore teoretico:

IV.

INSCINDIBILIT DELL'AZIONE DALLA SUA BASE


si

3'J

([uando,

come

dice, si erra in
si

buona fede

circa la

si-

tuazione di fatto, ossia non

spaccia per noto l'ignoto

si

sostituisce al noto l'immaginario,


il

ma

si

sbaglia socoin-

lamente nell'enunciare a s stesso


vece un'altra.

giudizio storico:

sicch s'intende compiere un'azione, e se

ne compie

Ma

anche questa terza


tratta di

possibilit

un'impossibilit,
la quale,

perch contradice alla natura dell'errore teoretico,

appunto perch
tica:

si

errore e non di

verit,

non

pu essere a sua volta teoretica, e dev'essere, com', praconforme a una teoria dell'errore che molti grandi
pensatori hanno vista o intravista, e che conviene oramai

restaurare e approfondire.
Si

da noi altra volta mostrato come

gli errori teo-

Forme
"'"

dei***

retici provengano '^ ^

dall'indebito trasferimento di

teoretica in un'altra, o di
tro diverso. Cosi l'artista

una forma un prodotto teoretico in un alquale sostituisca alla rappreaffetti,

retico e pro-

biema eirc
'*

"'"

il

sentazione degli

affetti

il

ragionamento sugli

me-

scolando arte e

filosofa,

o che nel comporre la sua opera

riempia

vuoti, che la sua fantasia lascia nella composi-

zione, con motivi ripugnanti attinti


nell'errore
artistico,

ad

altre opere,
il

cade
che

nel

brutto.

Del pari

filosofo

risolva
artista,

un problema

filosofico

con metodo fantastico e da

ovvero con metodo storico, naturalistico e mate-

matico, in cambio di un filosofema d fuori un mito o un


fatto contingente universalizzato o un'astrazione

scambiata
errore
filo-

per concretezza, ossia un errore


sofico

filosofico.

Ed

un ordine e trattare l'arte filosofia all'altro, come se fosse o la morale come se fosse economia. Analogamente accade per lo
i

anche trasportare

concetti filosofici da

storico, pel naturalista


tutti se

pel

matematico,

quali

errano

intrecciano metodi estranei a quelli che sono loro


ai

propri, e
quelli di

concetti

schemi di un ordine mescolano


se in tal guisa

un

altro. Ma

nascono

gli errori

40

l'ati'ivit pratica

nelle sue relazioni


teoretici,

particolari e le

forme degli errori

come

poi nasce

l'errore teoretico in generale?


Distinzione
tra

L'errore non la mera ignoranza e non sapere, l'oscu^.j^^

ignoran-

za ed errore:

.j

^j^IjI^Jq.

^jj

errore, del
'

quale non ^

si

abbia nesinesau-

genesi suna coscienza, pratica di

non gi errore
spirituale viene

ma

quel

campo

pj^jjjg ^j^g l'attivit

formando e riempiendo
sa-

all'infinito. L'errore

vero e proprio l'affermazione di


col sostituire

pere quel che non


e

si sa,

una rappresentazione
pensiero stesso, la

un concetto estraneo

alla rappresentazione e al concetto


il

che mancano.
stessa verit:
cogitativo,
stesso,
il

Ma

l'affermazione

compiuta un'indagine, chiuso un processo


risultato l'affermazione che

l'uomo

fa a s

non con un

atto

nuovo

e sopraggiunto,

ma

con

l'atto stesso del

pensiero che pensa. Epper impossibile


l'er-

che nella cerchia del puro spirito teoretico sorga mai


rore.

L'uomo ha

in s la fonte della verit; se sul letto

di morte non si mente perch si trascende il finito e si comunica con l'infinito, l'uomo, in quanto pensa e pensa davvero, sempre sul letto di morte: della morte, cio,

del finito, e in cont&tto con l'infinito.


rare,

Pu saper d'igno
il

ma

questa coscienza
suo
fieri

d'

ignoranza

processo cogierrore.

tativo

nel

non gi (ripetiamo)
si

Perch

quest'ultimo nasca, perch

affermi

di

avere raggiunto

.un risultato che

il

testimonio della coscienza dice che non

stato raggiunto,

deve intervenire qualcosa


e che perci

di

estraneo
altro

allo spirito teoretico,

non pu esser

se

non un atto pratico, che simuli quello teoretico. E lo simuli non gi intrinsecamente (non si mente col profondo
s stesso, non
piglio al
si

mente

sul letto di morte),

ma

col

dar

di

mezzo pratico
in

della comunicazione, alla parola o


fatto fisico, e volgerlo

all'espressione

quanto suono e
in

a significare ci che,

quel caso, non pu significare.

J/affermazione erronea resa possibile, perch alla vera


affermazione, che puramente teoretica, succede qualcos'al-

IV.

INSCINDIBILIT DELL'AZIONE DALLA SUA BASE


si

41

tro

che impropriamente
laddove soltanto
ili

dice affermazione in senso prala

tico,

sostituirsi

misura pi

comunicazione, o meno larga alla

quale pu

verit e

tirne l'esistenza. Cosicch l'errore teoretico

in

mengenerale

nasce, al pari delle sue forme e manifestazioni particolari,

per lo scambio o per l'illegittimo connubio tra due forme


dello spirito;

teoretiche,

pratica
in

quali non possono essere qui entrambe devono ma essere la forma teoretica e quella appunto perch siamo qui nel campo dello spirito
le

genere e delle forme fondamentali della sua


per giungere al vero;
si

attivit.

S'ignora, dunque, perch ignorare bisogna e sentirsi ignoranti

ma

si

erra non per altro se

non perch

vuole errare.
che hanno per s
pratica
la verit,

Come
che
a

tutte le dottrine

an- conferme
'P'*''^*-

la dottrina

della natura

dell'errore teoretico,

prima

vista stranissima agli occhi dei professionali della

filosofia, si

ritrova perpetuamente confermata nel pensiero


tutti

comune. Giacch
che
le.

sanno, e

tutti

ripetono di continuo,

passioni

(smodate) o gl'interessi (illegittimi) sono

quelli

che

ci

traggono insidiosamente all'errore;


e concludere,
si

che

si

erra per far presto

ossia per procacciarsi

immeritato riposo; che


idee, cio per

erra per acquiescenza a vecchie

non

lasciarsi turbare nel riposo illecitamente

prolungato; e simili cose.


si

E non

parliamo dei casi

iu'

cui

tratta di

spiccata e solenne menzogna, manifestazione

sfacciata d' interessi apertamente illegittimi: teniamoci alle

forme pudiche dell'errore,


pi saranno
tali.

ai

peccati veniali;

perch se

queste sono riconosciute come prodotto di arbitrio, tanto


le altre, le

forme svergognate,
si

peccati moro noi

Si dice

anche che

erra

stordendo

gli altri

stessi

con

le parole,

col verso

che suona e non crea, col


le
il

pennello che alletta e non esprime, con

formolo che
vuoto; e
si

.sembrano chiudere un pensiero e chiudono


viene per
tal

modo a

riconoscere che l'arbitrio reso pos-

42

l'attivit pratica nelle sue relazioni

sibile dalla

natura pratica della comunicazione, della quale

possibile, cosi

merc un

atto volitivo, abusare. Del resto, se

non fosse, quale garanzia avrebbe mai la verit? Se una volta sola si potesse errare in pura e perfetta buona fede, e la mente potesse confondere vero e falso abbracciando il falso come vero, come si potrebbe pi distinguere l'uno dall'altro ?
Il

pensiero sarebbe radicalmente

corrotto, laddove esso , radicalmente, incorrotto e incorruttibile.

Vano
errori
di

dunque eccepire l'esistenza o la possibilit di buona fede, perch solo la verit di buona
grado maggiore o minore o

fede, e l'errore sempre, in

minimo,

di

mala fede; che

se

non fosse

cosi,
il

sarebbe

in-

correggibile, laddove esso per definizione

correggibile.
l'in-

Cade

di

conseguenza l'ultimo tentativo di differenziare

tenzione dalla volizione,


frustrata nella

ponendo un'intenzione che

sia

volizione per effetto di

un'intenzione buona che diventi,


lizione
tutto

un errore teoretico, per colpa non sua, vovolizione,

cattiva.

L'intenzione,
e,

essendo

investe

l'uomo volitivo,

rendendone
puro

l'intelletto

attento e

infaticabile alla ricerca del vero, l'animo

disposto ad ac-

coglierlo quale che esso sia e

di

ogni passione che

non

sia quella stessa del vero, toglie la possibilit dell'er-

rore o dell'errore assume la responsabilit.

Una
siti

riprova di ci

si

ha nel
che

fatto

che agli animi squi-

e delicati, alle coscienze dignitose e nette, sono


gli stessi loro errori
si

amaro
li

morso

dicono teoretici, e se
presenza degli
dubbio, se
stolti

imputano a colpa. D'altra parte,


dei malvagi,
stoltizia
si

in

resta

di frequente in

la

loro

malvagit venga dal cervello o dal cuore, se

sia follia piuttosto

che proposito; e

la

verit ,

che dal
sono fog-

cuore viene anche tutto quel male che sembra prodotto di


falso vedere,

perch quel falso vedere essi so


le

lo

giato coi loro sofismi, con

illegittime asserzioni o sug-

IV.

INSCINDIBILIT DELL'AZIONE DALLA SUA BASE

43

gestioni interne, per muoversi pi liberi verso le loro cattive inclinazioni, procacciando a s stessi e agli altri
illusorio alibi morale.
tarli

un

agli uni bisogna plaudire

ed esor-

a perseverare in quel loro scrupolo, che condizione

di sanit teoretica e pratica, agli altri, inculcare

che rien-

trino
stessi,

in

stessi,

togliendosi la maschera che verso s


gli altri, si

prima che verso

sono imposti.
Giustific-

Conseguenza dello
di

stabilito principio la giustificazione

misure pratiche che inducano coloro che errano teore^


d'altri

"'" ^"*
repressione
pratica deil'errore.

ticamente a correggersi, castigandoli quando questo giovi

ad ammonizione ed esempio. Mezzi


rarli;

tempi

(si

dice);

ora siamo in tempi di libert e non pi lecito adope-

ora

si

deve contare sulla sola forza persuasiva del

vero.

Ma

coloro che cosi dicono non hanno occhi per guars.

dare intorno a

e vive perci nella sua

era nient'altro
rica.

La Santa Inquisizione veramente santa, eterna idea: quella che morta, che una sua contingente incarnazione sto-

E anche

questa incarnazione contingente dovette es-

sere, per
interi la
la

un certo tempo, giustificata e benefica, se popoli


la ressero,
i

invocarono e difesero, se uomini di altissimo animo


roghi

fondarono e severamente e imparzialmente

e gli stessi avversari l'applicarono per uso loro, e

furono contrapposti
guit gli eretici cosi guitato
i

ai

roghi,

onde Roma cristiana persepersecattolici cosi

come Roma imperiale aveva


i

cristiani, e
i

protestanti bruciarono

come

cattolici

protestanti.

Se

ai

giorni
(si

nostri

certi

espedienti feroci

si

sono messi da banda

sono abban-

donati definitivamente o non

persistono sotto diversa ap-

parenza?), non per ci


sui manipolatori di

si

cessa dal premere praticamente

errori. Di

codesta disciplina nessuna

societ

pu fare di meno, quantunque il modo di applicarla vada soggetto a sua volta alla deliberazione pratica
(utilitaria

o morale). Si comincia dall'uomo

bambino,

la

cui educazione mentale insieme e soprattutto educazione

44

l'attivit pratica nelle sue relazioni

pratica e morale, educazione al lavoro e alla sincerit (n

alcuno stato mai seriamente educato, che non abbia


orecchi); e si continua con le

ri-

cevuto, a dir poco, qualche provvida ceffata o tirata di

pene comminate nei codici


la

per
alla

le

negligenze e

le

ignoranze colpevoli, via via fino


quale l'artista
il

spontanea pedagogica sociale, per


il

che produca

brutto e lo scienziato che insegni

falso

sono redarguiti dagli intelligenti o cadono presso costoro in


discredito: al che povero e precario
e
il

compenso

il

plauso

credito illegittimo e passaggiero, che ottengono talora

dagli inintelligenti e dalle moltitudini.


e
artistica

La

critica letteraria
in-

ha sempre

di

necessit, e

quanto meglio
si

tenda TufiBcio suo, energia pratica e morale, che


cilia

con-

con la pi pura

esteticit e teoreticit nell'esame in-

trinseco delle opere.

Le
ni

distinzio-

Di ccrto, empiricamente,
gtjnguere tra errori di ^
evitabili
j.^2j

empiriche
filo-

degli errori,

ha buona ragione nel dimala fede ed errori di buona fede,


si
'

e quella
sofica.

e inevitabili, imperdonabili e e

perdonabili,

mordi-

^ veniali;

nessuno vuol negare che corra gran

vario tra una lieve distrazione conducente a una grossa

affermazione erronea, e una malvagit, origine di un lieve


e quasi impercettibile errore, di

una piccina menzogna,


quanto
si

la

quale giudicata quasi inoffensiva:

dev'essere

moralmente indulgenti per


esser severi per la

la

prima, altrettanto bisogna


si

seconda. Empiricamente,
certi
casi, la

pu anche

raccomandare, in

tolleranza e l'indulgenza

verso l'errore teoretico e considerarlo quasi ignoranza e

non colpa.
rezza del

bisogna altres tener conto di tutte quelle

affermazioni, che
vero,

pur non rappresentando

la

ferma sicudi

vengono offerte quasi luoghi

sosta o

affermazioni provvisorie; simili a quei tibicines, puntelli o


pali,

a quei cattivi versi, che Virgilio lasciava correie


col proposito di

nel-

'Eieide,

tornarvi sopra:

errori

propriadel-

mente questi non sono, perch non hanno l'intenzione

IV.

INSCINDIBILIT DELL'AZIONE DALLA SUA BASE

45

l'errore.

Ma

contro

le
le

illusioni

nascenti

dall'empirismo

importava ricordare

vere basi della teoria dell'errore;

tanto pi che la tendenza generale dei

tempi nostri (per

cause che non importa qui ricordare) ha menato a disconoscerle. Tali basi sono
nello
delle
spirito pratico; e la

teoria

pratica dell'errore

una

forme

giustificate di

pram-

matismo, bench, per avventura, sia proprio quella contro


cui
i

prammatisti odierni sogliono maggiormente peccare.

IDENTIT DI VOLIZIONE E AZIONE

E DISTINZIONE TRA VOLIZIONE E ACCADIMENTO

Volizione e
asione: intiu-

wuesti Q
^.j^^^

8ono
'^

rapporti dell'attivit pratica con la teore-

zione ed
spressione,

^^^ l^ precede 6 condiziona. Nel domandarci ora quali

e-

siano quelli della

medesima
fisi,

attivit verso ci

che sembra
altrimenti

susseguire a

lei

e operare fuori dello spirito, con la corpola

reit, la naturalit, la
si

materia

(o

come

denomini),

ci

troviamo innanzi un problema che gi ab-

biamo

trattato e risoluto per altra parte del sistema dello

spirito, e

che risolveremo in
si

modo analogo per

questa, Per-

ch quello che ora


tra

designa come problema del rapporto

volizione e azione, altra volta (nella filosofa teoretica) ci si present come problema del rapporto tra intuizione ed espressione. Sono, volizioni e azioni, due termini distinti, che possano apparire ora accompagnati ora
scompagnati?
verso?

E pu

la volizione
si

rimanere scissa dall'azione

laddove l'azione non

separa dalla volizione, e all'involta e nel caso analogo risponintui-

Ma come

l'altra
il

demmo negando

problema stesso e identificando


ci

zione ed espressione, talch l'intuizione effettiva

risult
in-

insieme espressione, e un'espressione la quale non sia


tuizione fa dichiarata inesistente

rispondiamo che volizione e che non concepibile n volizione senza azione n azione
senza volizione.

come espressione; cosi ora azione sono tutt'uno, e

V.

IDENTIT DI VOLIZIONE E AZIONE

47
Spirito e na-

Infatti, la

relazione tra spirito e natura (che quella


le

generale comprendente

altre

particolari tra

intuizione
in cui

*""

ed espressione, e tra volizione e azione), nel


soltanto tra due

modo

viene qui intesa relazione non gi tra due entit,

ma

una realt unica, la realt spirituale; ossia, non veramente una relazione. I due modi di elaborazione non sono neppure due modi coordinati di conoscenza, il che ricondurrebbe a una duamodi diversi
di elaborare
lit

di

oggetti;

ma

il

primo

elaborazione conoscitiva e
si

di scienza vera (filosofia), nella quale la realt


attivit e spiritualit, e l'altro
di

dimostra

elaborazione astrattiva e

comodo

pratico,

senza vero carattere conoscitivo. Ci

premesso, l'atto spirituale della volizione non ha di fronte

a s uu'altra realt con

la

quale

si

debba congiungere o
esso stesso piena
si

combinare per diventare concreto,


realt.

ma

Quel che dal punto

di

vista naturalistico

dice

materia,

movimento

modificazione materiale, gi insi

cluso nell'atto spirituale volitivo; del quale perci

possi

trebbe dire senza difficolt


disse, tra

nessuna (come una volta

grandi scandali, dell'Io), che pesante, rotondo,

quadrato, bianco, rosso, sonoro,


terminabile.
di

insomma fisicamente
movimenti
stessi;
i

de-

La

volizione

non seguita da un movimento


quei

gambe

o di braccia,
i)el

ma

quali

sono materiali

fisico,

spirituali

pel filosofo, estrinseci

pel primo, intrinseci

ed estrinseci insieme pel secondo; o

meglio n intrinseci n estrinseci (che scissione arbitraria).

Come
lori,

la poesia la

vive tutta nelle parole e la pittura nei co-

cosi

volizione vive nell'azione: non perch l'una

stia nell'altra

come

in

un involucro,
l'altra,

ma

perch l'una

l'al-

tra, e resterebbe,

senza

mutilata e inconcepibile.
ineaistenza
'^'

si pu aflfruna concezione metafisica dualistica, di uno spiritualismo astratto che ha per termine correlativo la materia come entit e sostanza: ma

La

distinzione tra volizione e azione non

mare

se

non

in forza e a

documento

di

oiisiom

sensH azione,
e all'inverso,

48

l'attivit pratica xNelle sue relazioni

tolta via dalla concezione idealistica, la quale non conosce se

non una sostanza unica,


sostanza,

e questa poi

non veramente
Senza

come

ma come

spiritualit e soggettivit.
tali

per altro fondarci ora su


in conformit dell'ordine

considerazioni, e attenendoci

della coscienza, affermiamo che


sol fatto volitivo
si

da noi seguito all'esame dei fatti non si potrebbe additare un


quali,

che non sia insieme un movimento, come


atti- volitivi
i

dice, fisico. Quegli


si

secondo alcuni
e si
travoli-

filosofi,

consumerebbero nell'interno della volont


tal

distinguerebbero per

modo da

quegli altri che

si

durrebbero in
e produce

fatti

esterni,

sono una chimera. Ogni

zione, piccola che sia, mette gi in


effetti cosiddetti esterni:

movimento Torganismo
il

proposito gi un'efil

un desiderare non
fettuazione,
posto,

inizio di

combattimento; perfino
effetti,

semplice

senza
si

se

possibile

struggersi

(come efficacemente

dice) in desideri.

Per

il

verso op-

non sarebbe possibile recare esempio di azioni senza volizioni. Si addurranno gli atti istintivi o quelli abitudinari, divenuti istintivi; ma anche questi non sono messi

movimento se non dalla volizione, non gi nei loro parcome una sola ticolari uno per uno, ma nel loro insieme mano mette in movimento una macchina complicatissima, che mille mani gi costruirono. N volizione, dunque, senza azione, n azione senza volizione: come n intuizione senza
in
;

espressione, n espressione senza intuizione.


iHugioni
cir-

Giover, a ogni modo,


^jgH^ parecchie
'^

al

nostro assunto indicare una


di

ea la dutinBlone ut queti

fonti

da cui deriva l'illusione

codesta

termini,

distinzione e separazione.
di

Un

atto volitivo, che processo


e

qualche durata, pu essere interrotto


atti

sostituito
il

da
suo

altri

volitivi, e

riaffacciarsi poi e ricominciare

lavorio (bench

sempre pi o meno modificato), per cedere

a nuove Interruzioni o avere nuove riprese. Sembra perci che da una parte stia la volizione come qualcosa di formato
e definitivo, e che per un altro verso l'esecuzione percorra

V.

IDENTIT DI VOLIZIONE E AZIONE


alle

49

la

sua strada e vada soggetta

pi varie vicende.

Ma
pari
ese-

realmente la volizione e l'esecuzione procedono di


passo, anzi di

un

sol passo, e tanto si

vuole quanto

si

gue; come cangia l'esecuzione, cangia insieme


per

la volizione.

Allo stesso modo, nel lavorare intomo a un'opera d'arte,


es.,

a un gran poema,

si

forma
il

l'illusione di

una con-

cezione o disegno astratto, che

poeta venga via via ese-

guendo col verseggiarlo. Ma ogni poeta sa che un poema non nasce da un disegno astratto che l' immagine poetica iniziale non priva di ritmo e di verso, e non ha bisogno
;

che ritmo e verso

le si

appiccichino di poi; e che l'attualit

poetica invece un'intuizione-espressione primitiva, in cui


tutto

determinato e niente determinato, e quel tanto

che intuito gi espresso, e quel che sar espresso in


sguito, sar, solo in sguito intuito. L'intuizione iniziale

non gi un disegno

astratto,

ma un germe

vivo e vitale;

e cosi, del pari, l'atto volitivo.

Quando dunque
'^

si

afferma che una volizione tale


effetti,
si

davvero solo se produce

o che una volizione

si

gi"
si

*'"''

Distimione "'*

dica dalle conseguenze, non

pu non assentire: come

successo, o accadimento.

deve assentire

a chi dica

che un'espressione inespressa o


n espressione n verso.

un verso non verseggiato non

Ma

nel predetto significato soltanto, e

non

in

un

altro

che
ri-

quelle proposizioni prendono talvolta e che conviene


gettare: nel significato nel quale
lizione-azione)
col
si

confonde l'azione (vo-

zione coincide con l'azione,

successo o accadimento. La volima non gi con l'accadiLa volizione l'a^oadi-

mento.

E non pu

coincidere: perch che cosa l'azione e che

cosa l'accadimento? L'azione l'opera del singolo, l'ac-

mento.

cadimento l'opera del Tutto:


sotto

la

volont

dell'uomo,

l'accadimento di Dio. O, per mettere questa proposizione

forma meno immaginosa,


il

la volizione dell'individuo
tutti gli

come

contributo ch'esso reca alle volizioni di

B. Croce, Filosofia della pratica.

50
altri enti

l'attivit pratica nelle sue relazioni


dell'universo; e l'accadimento
l'

insieme di tutte

le volizioni, la

risposta a tutte le proposte. Nella quale


la volizione stessa del sin-

risposta
golo, che
si

compresa e risoluta

avevamo

tolta

a contemplare da sola. Se dunque


l'a-

volesse far dipendere la volizione dall'accadimento,


si

zione dal successo,

verrebbe a far dipendere un fatto da


il

un
.

altro fatto di cui

primo un costituente, ponendo


che ne
il

tra

gli antecedenti dell'azione ci


le cose

conseguente, tra

date quelle da creare, nel conoscibile l'inconosciil

bile, nel passato Ationi


ni

futuro.
i

rin-

Sono perci
dello

inesatti

concetti delle azioni che riescono


si
si

scite, e azio-

non

azioni

che non riescono, delle azioni che

concon-

riusci-

te: critica,

cretano pienamente nel fatto e delle azioni che vi


cretano
solo
in

parte

o niente del tutto.


si

Nessun'azione

(neppure quelle che empiricamente

dicono riuscitissime,

neppure

le

pi ovvie e ordinarie) riesce pienamente nel

significato asserito,

come

se essa da sola costituisse

il

fatto:

ogni azione diverge, di necessit e per definizione, dal successo o accadimento. Se io torno a casa per la via consueta,

ogni giorno

il

mio ritorno a casa riesce nuovo e diverso da

quello che avrei potuto immaginare: diversit sovente di


particolari che diciamo miniiui,
reali. D'altro canto,

ma

che non per sono meno


per vana che
si

nessun'azione,

dica

(se

azione e

non gi

velleit d'azione e intrinseca con-

tradizione, o per quel tanto che azione e

non vuota im-

maginazione e contradizione), passa senza traccia e senza successo. Se un'azione potesse mai essere resa vana del
tutto,

questa medesima vanificazione invaderebbe tutte

le

altre azioni, e
L'operare e

nessun

fatto
la

accadrebbe.
si

Inesatta anche

proposizione corrente, che non

llm*!***'* criUe*.

possa operare senza


giusta, poich non
si

prevedere. Se questa esigenza

fosse

pu conoscerti un fatto so prima esso non tale cio non accaduto, la conseguenza da trarre Harebbe l' impossibilit di un qualsiasi operare. Ma il vero

V.

IDENTIT DI VOLIZIONE E AZIONE


si

51

che ci che

chiama prevedere
i

nient'altro che

un

vedere;

conoscere

fatti

dati e ragionarvi intorno, ossia

l'immancabile base
l'azione; e

teorica,

gi da noi illustrata, del-

quando noi vogliamo e operiamo, ci che vogliamo e facciamo la nostra azione stessa, non gi
l'altrui

quella di tutti gli altri e l'accadimento risul-

tante,

Voluntas fertur in incognitum]

ma

dell'incognito

che in quel caso un relativamente inconoscibile, e perci

un relativamente

inesistente, essa

non cura,

tutta in-

tenta a s medesima. L'individuo consapevole che, ope-

rando, egli non mira ad altro se non a porre nuovi

ele-

menti nella realt universale; e bada a che questi elementi


siano energici e vitali, senza pascersi della stolta illusione

che debbano essere astrattamente

soli,

o che da soli pro'

ducano

la realt.

Una

novellina popolare
agli

narra che Dio,

avendo dapprima concesso


poi loro, perch
li

uomini
fatto

la

conoscenza della

loro vita ulteriore e del giorno della loro morte, la ritolse


si

avvide col
inerti,

che quella conoscenza

rendeva pigri e
li

laddove

la

nuova ignoranza

su-

bito
fosse

ravviv e spinse a gara di attivit, quasi ogni cosa


libero a essi raggiungere e godere.

Come

dubitare

che

l'opera

nostra

energica e

buona possa mai essere


et

delusa dall'accadimento? Ci contradittorio, epper sag-

giamente

il

detto:

fat

iustiiia

pereat

dallo Hegel rettificato nell'altro: fat iustitia ne pereat

mundus venne mundi attiva bont


si

dus. Dal bene non nasce


l'inazione: ogni

il

male, dall'azione non nasce

uomo

volitivo, ogni

uomo
e,

contradice a quell'atteggiamento unilaterale onde

sop-

prime
fatto
si

la volont

per l'accadimento

immaginando come
piegano
le

diserta

un mondo non il campo.


il

fatto ancora, si

braccia o
si-

Ma

contradice insieme alla fatua

curezza che

mondo

futuro sar per essere conforme ai

Arch. p.

lo studio d. tradiz. popol.,

del PiTa, I (1882), pp. 70-2.

52
fini

l'attivit pratica nelle sue relazioni


delle

nostre azioni individuali, isolatamente prese; e

dice, col

buon senso del

politico

fiorentino,

che met o

poco meno delle nostre azioni governiamo noi e dell'altra


arbitra la Fortuna.

Da

ci la fiducia nelle proprie forze

e insieme la trepidazione continuamente risorgente e con-

tinuamente da vincere per gl'inganni che


il

la

Fortuna tende:

che costituisce

il

dramma

interiore degli
le

uomini d'azione,

dei geni politici

che hanno guidato

sorti

dove

l'inetto

ha

la sola trepidazione, anzi Io


il

umane, ladsmarrimento

e la depressione, e

fatuo, la sola fiducia, ossia l'aspet-

tazione dell' impossibile, perdendosi anche lui nello smar-

rimento, quando poi s'avvede che la realt non la sua

immaginazione.

Da

ci

anche

la

serenit del saggio,


ci sar

il

quale sa che, qualunque cosa accada,


teria

sempre ma-

per ben fare:

fractus illabatur orbis, ci sar


si

un
al

mondo

migliore da costruire. Speranza e timore


e

rife-

riscono all'azione stessa nel suo divenire,

non gi

risultamento e al successo.

Conferma
*^^!'*

Che nessuno pensi


il

sul serio a giudicare l'azione

secondo

vftbilit del

^Y'.

valore dell'asione dal

giudichino nel suo valore intrin" scco d'azione, pu csscre simboleggiato dall'esempio, che
successo,
'

ma

che

tutti la

accesso.

^^^

^j

al bersaglio

riconosce pregio alcuno all'azione di chi in un tiro ^ " colga nel segno sparando a occhi chiusi, ladchi,

dove se ne riconosce non poco a presa la mira, non colga nel segno
Certamente,
tici;
si

dopo avere ben


vi si approssimi.

ma

sbaglia di frequente nei nostri giudizi pravolte sono levati


gli

e molte

al

cielo

come uomini

di

grande capacit pratica


nati,

uomini semplicemente
fango come

fortu-

vengono
non
quelli

gettati
si

nel

inetti gli sfortu-

nati; ossia

sa distinguere esattamente l'azione dal


giudizi sulla vita presente,

successo.

soltanto nei

ma

anche
storie,

in

sulla vita del passato, nelle pagine delle

s'incontrano imbecilli eroizzati ed eroi calunniati;


si

e a capitani sciocchissimi

attribuisce l'onore delle vit-

V.

IDENTIT DI VOLIZIONE E AZIONE


il

53

torie,

a uomini di Stato ridicoli


contrario ai saggi
fa loro colpa di ci
si

vanto dell'accortezza,
le

come per
matti o
si

addebitano

colpe dei

che non colpa di alcuno,


i

perch l'accadimento.

invano

Perieli di tutti

tempi

chiederanno, come quell'antico al


g'

popolo di

Atene

che

imputava

le

impensate disgrazie della guerra pelopon-

compenso la lode di tutt'i accadevano anch'essi nag Xyov *. Tutto ci dipende, pi che da altro, da imperfetta conoscenza dei fatti donde la necessit della critica. Perch come l'opera del pittore e del poeta non
nesiaca, di

ottenere per equo

casi fortunati di quella guerra, che

materialmente afferrabile nel quadro o nel libro e richiede

una rievocazione spesso


inclusa
in

assai

difficile,

cosi

l'opera

del-

l'uomo d'azione, fusa in parte nell'accadimento e


esso solo

in parte

come germe che


degli

si

schiuder nel fu-

turo, richiede, per essere giudicata, occhio acuto e cautela

grandissima.
azioni
si

La

storia

uomini pratici e delle loro


di

contorna facilmente

leggende, non mai

del

tatto eliminabili, perch


il

non sono mai del tutto eliminabili


al-

fraintendimento e l'errore.

Al criterio stesso sembrano, invece, far contrasto


'

'***' es., che gli uomini si giudicano dal *** cuni detti comuni: per ^ " apparenza successo, e che importa poco ci che si voluto e si contraitaati.

Spiegatione '"

fatto,

quando

il

risultato

non

stato soddisfacente; e alcune

costumanze popolari che rendono responsabili gl'individui


di quel

che accade
storici

oltre la loro azione; o

anche

ben noti

esemp

di capitani sfortunati crocefissi a Cartagine

o ghigliottinati a Parigi, non per altra ragione in fondo che

per non avere riportata la vittoria;

e, perfino,

l'insistenza

di alcuni pensatori sulla necessit di


il

non disgiungere mai

giudizio dell'atto da quello del fatto.


altro

Ma

tale insistenza

non

che un nuovo aspetto di quella

lotta implaca*

Thuc,

II, 64.

54
bile

l'attivit pratica nelle sue relazioni

che

si

dovuta condurre contro la morale delle mere


i

intenzioni, e contro

sofismi e sotterfugi che essa

si

viene

foggiando: insistenza, che stata espressa in formole paradossali,


spiccioli

come

paradossali sono anche gli accennati detti


si

della vita ordinaria. Per quel che


alle

attiene alle

costumanze e
nei quali

condanne che

la storia

ci

narra, esse

erano, senza dubbio, espedienti straordinari in casi disperati,


si

era messi nella impossibilit o difficolt


le intenzioni e azioni e di distinsi
i

grandissima di accertare

guere

le

sventure dai tradimenti, onde

percoteva alla

cieca lasciando che Dio poi distinguesse


e,

buoni dai

rei;

come

tutti

gli

espedienti
il

nati

in simili situazioni, talla

volta raggiunsero
tal'altra,

segno reprimendo
di

mala volont, e
male che avreb-

non essendovi mala volont

reprimere e da coril

reggere, accrebbero con l'irrazionalit

bero voluto tagliare dalle radici.

VI
IL GIUDIZIO

PRATICO

LA STORIA E LA FILOSOFIA DELLA PRATICA

c on
denza
la

queste ultime considerazioni siamo gi condotti alla


giudizi
l'

teoria dei

pratici:

a quei giudizi di cui abbiamo


se

mostrato

impossibilit

quando

ne asserisca

la prece-

all'atto volitivo,

ma

dei quali, susseguenti, chiara

concepibilit, anzi la necessit, per la legge intrinseca

dello spirito che di serbare sempre, ossia di raggiungere

di continuo,

il

pieno possesso di s medesimo.


ii

non bisogna confondere il giudizio pratico con ci che stato detto il gusto pratico, o l'immediata coscienza del valore, o il sentimento del valore dell'atto
volitivo.

Ma

gusto pra''

*^'""

^1^^^^*

Che

tale gusto, coscienza

sentimento sia cosa

reale, nessun dubbio. L'atto pratico reca con s approva-

zione e disapprovazione, gioia e dolore, e simili moti di


coscienza, del tatto
irriflessi.

per essi

si

spiega l'imme-

diata simpatia che ci destano certe azioni, e gli entusiasmi

che spesso

si

propagano per larghi cerchi

sociali, e la forza
;

dell'esempio, validissima a suscitare conati imitativi


ch, in alcuni momenti, l'animo di molti

cosic-

sembra vibrare
si

all'unisono con quello di


porsi
ridire
e
in

un

solo,

o le azioni di molti com-

svolgersi

quasi in accordo,
precisi
si

senza che
si

sappia
si

termini

che cosa

voglia, che cosa

aborra, che cosa

ammiri. Senonch, quel gusto e co-

56

l'attivit pratica nelle sue relazioni

scienza e sentimento non distinto dall'atto volitivo, ed anzi l'atto volitivo stesso: l'interno controllo, di cui abbiamo gi discorso,
il

sentimento immediato

di s,

l'immediata co-

scienza, che fa della volont

un

atto spirituale, e senza di

se esso pu avere effetto non solo nell'individuo operante, ma anche in colui che contempla l'azione, ci accade perch l'individuo che con-

cui la volont stessa cadrebbe.

templa

si

unifica, in quegl' istanti,

con l'individuo che opera,

e vuole imitativamente con lui, con lui soffre e gode;


il

come
il
i

discobolo segue con

l'occhio e con tutta la persona

disco lanciato: ne segue la corsa rapida e diritta, e


ricoli di

pe-

volte e

tante e
scelta,

sembra stia per urtare, e le girale deviazioni, e sembra farsi esso stesso disco rocorrente. La denominazione gusto pratico bene
ostacoli in cui
l'attivit

perch fondata sulla reale analogia con

teoretica e col gusto estetico.

Ma come

il

gusto estetico non


dell'atto

il

giudizio estetico,

come

la

mera riproduzione

estetico

non ne ancora

la critica,

come

col critico, che

analizza e intende, non da confondere l'ascoltatore di un

poema che cauta


di

entro di s col poeta, o

il

contemplatore

una

pittura, di

una statua,

di un'architettura,
lo scultore

che

di-

pinge col pittore, scolpisce con

ed eleva ideal-

mente moli aeree con


il

l'architetto; cosi bisogna distinguere

gusto e la simpatia (o antipatia) pratica dal giudizio pra-

tico.

Senza gusto
(estetico

(estetico o pratico)

non

6 possibile giudiil

zio

pratico);

ma

il

gusto non
spirito.

giudizio,

il

quale richiede un atto ulteriore dello


Il

irindizio

II

giudizio pratico coincide col giudizio storico: giu-

Picare un atto pratico vale darne la storia, come giudicare ^adixto*T" rico una poesia, ossia eseguire una crtica letteraria e artistica
significa svolgere

un

tratto di storia letteraria e artistica.

In questo, cio nello stabilire se un atto spirituale acca-

duto e (juale sia

stato, consiste ogni

forma

di critica, teo-

retica o pratica, estetica o filosofica, diversificate bens dal

VI. IL

GIUDIZIO PRATICO, LA STORIA E LA FILOSOFIA


ciascuna,
tutte.

57

diverso contenuto di
logico,

ma non
Ogni

dal procedimento

che comune a

altra concezione del

giudizio che,

distinguendolo dalla conoscenza storica, lo


si

riponga in non

sa quale commisurazione a modelli tra-

scendenti, divisi dal


di cui la
di altro

mondo

reale, in

una commisurazione

misura

sia estranea al misurato, anzi (quasi cosa


al reale stesso,

mondo)
e rende

urta in contradizioni insugiudizio e vuota la storia,


il

perabili

arbitrario

il

che secondo questa dottrina avrebbe


s

suo valore non in

ma

fuori di s e

ne godrebbe per altrui prestito e con-

cessione graziosa. Contradizioni che anch'esse non possono

apparire in tutta la loro crudezza, n la teoria opposta


nella sua salda verit, se

non da quanto

si

andr dicendo
Logic ^""

nel sguito della trattazione.


All'analisi data altrove del giudizio singolare o storico
di

dobbiamo altres richiamarci per evitare ripetizioni, assumendo da essa come risultato, che quel giudizio il solo
in cui sia vera e propria distinzione tra soggetto e predi-

cato,

il

solo

che

sia

composto di un elemento intuitivo

un elemento intellettivo (predicato). Infatti, il giudizio pratico non possibile senza che si facciano chiari
(soggetto) e di
nell'atto
di

esso la rappresentazione della cosa da giudi-

care e
lit

il

concetto dell'attivit pratica nella sua universaIl

e nelle sue forme o sottoforme particolari.

giudizio

la compenetrazione dei due elementi, la sintesi storica

che pronunzia:

Pietro

ha compiuto un'azione
ha
fatto

utile col

dissodare, in queste e queste condizioni,


cosi

determinato;

Paolo
si

un terreno un'azione non


sul

cosi e
utile,

con l'aprire una nuova fabbrica


migliori
di

di scarpe, pi costose e

non

quelle che

hanno gi

mercato;

sag-

giamente papa Leone


della Chiesa di ricostituendo, per tal

III,

custode del carattere universale


il

Roma, consacr imperatore


si

franco Carlo,

modo, l'Impero d'Occidente;


risolse a

stolta-

mente Luigi

XVI non

una pronta e profonda

58

l'attivit pratica nelle sue relazioni

trarre nolente

mutazione della costituzione politica francese, e si lasci dove non seppe andare volente. E cosi via.
si

Perci contro l'esattezza del giudizio pratico

pecca in due

modi

o per non avere esatta notizia del contenuto dell'atto

volitivo
terio di

da giudicare e intendere, o per non avere esatto crigiudizio. Il primo errore pu essere semplificato dai
si

giudizi che

pronunziano cosi
i

di frequente

senza sapere

come

si

siano svolti

fatti,

o senza ricollocarsi nelle condi-

zioni particolari nelle quali

si

trov la persona da giudicare;

onde accade non meno spesso che, conosciuti pienamente


i

fatti,

sapute quelle condizioni particolari, udita la difesa


il

dell'incolpato,

giudizio debba cangiare. Causa del secondo

errore la sostituzione (anch'essa frequente) di


ria all'altra di giudizio;

una categoun'azione
pradi

come quando, per


abile, o di

es.,

morale

si

lodi e si
il

ammiri come

un uomo

tico si esalti

gesta e la parola ornata, quasi

si tratti

giudicare un istrione e un declamatore. Nelle cose dell'arte

come

in quelle della vita le discordie dei giudizi


sentire,

nascono
oscil-

non tanto da diversit nel

quando da codeste

lazioni e indebite trasposizioni di giudizi e di concetti.

per quel che s'attiene alle dispute circa l'assolutezza

o relativit del giudizio pratico possiamo astenerci dal parteciparvi,

perch sono state implicitamente superate col


per
categorie che
le

concetto del giudizio storico, che assoluto e relativo

insieme:
per
Importanza
del

assoluto

le

incarna, relativo

la

materia sempre nuova in cui

incarna.

L' importanza del giudizio

pratico

per la vita pratica

giudizio

^ grandissima, n viene diminuita dagli


noli indicare o del noli

ammonimenti

del

nimium

iiidicare, e simili, coi quali

non

si

hanno
di

di

mira veri

atti di giudizio,

ma

certo pardi

ticolari condizioni

psichiche

che sono indizio

scarsa

seriet

spinto.

quell'importanza grandissima ap6


la natui'a del giudizio, e la fatto)

punto perch storica

cono-

scenza storica (ossia delle situazioni di

forma, corno

VI. IL

GIUDIZIO PRATICO, LA STORIA E LA FILOSOFIA

59
for-

sappiamo, la base delle future azioni. Perci ogni

uomo

temente volitivo sottomette di continuo s stesso e


al giudizio;

gli altri

perci

si

prova

il

bisogno di parlare agli

altri

delle proprie azioni, per essere sorretti dall'intelligenza altrui nel


tuti

formarne

il

giudizio giusto; perci sono sorti

isti-

come la Divina giudizio finale, che si faccia nella valle di Giosafatte o altrove, non ha significato, perch a quale scopo darsi la pena di giudicare un mondo che si consideri
quello della confessione, o poemi
il

come

commedia. Solo

terminato? Si giudica per continuare a operare, cio a


vere;

vi-

e quando la vita universale finita, il giudizio vano (lode vana, o paradiso; crudelt vana, o inferno).

poich,

come

si

mostrato,
si
il

il

valore dell'atto volitivo Differensa


e derivarlo dal
^^^

nell'atto stesso e

non

deve aspettarlo

iudiiio

successo o accadimento,

giudizio pratico concerne semla

pre

l'atto

volitivo,

l'intenzione,
il

volont, l'azione (che

pratico dal giudico deir accadimento.

sono tutt'uno), e non mai

risultamento o accadimento.

Con questa

distinzione

si

dirime una delle pi dibattute e

intricate e difficili questioni: se, cio, si possa giudicare la


storia, o, come si dice, farle il processo. Alla quale domanda, ben sapendo noi che giudizio e racconto storico coincidono, dobbiamo genericamente rispondere, come abbiamo risposto, in modo aftermativo; e per conseguenza

negare tutte

le

assurde pretese di un'oggettivit che in-

conseguibile aspirazione all'astensione dal pensiero e dalla


storia stessa, e rifiutare

quelle
il

frivole

concessioni per le
tol-

quali allo storico

si

permesso di giudicare, quasi


serio e

lerando in
bile,
il

lui

un peccato originale o un
il

vizio incorreggiil

a patto che distingua bene tra


il

faceto, tra

racconto e

giudizio:

possibile.

Ma

la

mai repugnanza verso coloro che intentano il


se tale distinzione fosse
si

come

processo alla storia, pretendendo che

fosse
si

dovuta svol-

gere in guisa diversa da quella in cui

svolta e tracgiustifi-

ciandone

la correzione o

il

modello ideale, ben

60

l'attivit pratica nelle sue relazioni

cata; e chiunque sia fornito di senso storico, anzi di semplice

buon senso,
:

la risente in s.

Tale questione,

intatti, si

riduce all'altra

corretto applicare alla storia le categorie

di giudizio, che applichiamo a volizioni e azioni singole?

corretto giudicare utilitariamente o

moralmente

gli

avve-

nimenti storici e l'intero corso


cata, la

storico? E,

cosi rettifi-

domanda diventa chiara


Allorch
si

e richiede soluzione neartistica

gativa.

narra
noi
ci
e,

la

storia

o filosofica,

economica o
dell'attivit

etica,

mettiamo dal punto di vista


nell'esporne
i

specificata;
le

prodotti

estetici

filosofici,

azioni

utili

o morali,

li

giudichiamo via

via, esteticamente, filosoficamente,

economicamente, moral-

mente, e sappiamo, caso per caso, se l'opera o l'azione sia


stata quale

doveva

essere. Chi

pu dubitare della

legitti-

mit (almeno della legittimit in astratto, che qui c'importa) di affermar che l'Africa del Petrarca,

non

fu,

quale

voleva essere, opera poetica; o che Emanuele Kant non


riusci nel

suo proposito di stabilire l'esistenza del

Dio-

persona e l'immortalit dell'anima sui postulati pratici; o

che Temistocle presso Serse

si

comport da inconcludente,
le

non sapendo

risolversi

no a sacrificare

sue ambizioni alla

salute dell'Eliade, n a infliggere grave

danno

alla patria

per soddisfare

il

suo impulso di vendetta; o che

Napoleone
duca

manc
di

al diritto delle genti, e si

condusse da uomo privo


il

scrupoli

morali,

facendo arrestare e fucilare


ci

d'Enghien?

Ma

che costrutto

pu essere a domandare,

se fu bene o male l'arresto dell'espansione persiana in Eu-

ropa: se la creazione
se la Chiesa cattolica
ligiosit

dell'

Impero Romano merita biasimo;


torto di accentrare in s la rela

ebbe
se
la

dell'Occidente;
o

Rivoluzione inglese del se-

colo decimosottimo

ft'ancese del

decimottavo o

l'

ita-

liana del (lecimonono potevano essere risparmiate; se era


possibile che
fllosofla

Dante nascesse

ai giorni nostri e cantasse la

kantiana, anzich quella tomistica; e Michelangelo,

VI. IL

GIUDIZIO PRATICO, LA STORIA E LA FILOSOFIA


visioni

61
le

anzich

le

del

Giudizio universale, dipingesse

vittorie del

mondo

industriale

che

le mise in danza, non pi spiriti individuali,

moderno (come il Manzotti neV Ejccelslor)? Qui si hanno innanzi


di cui si

esamini l'opera in

cir-

costanze date,
dell'individuo,

ma ma

fatti

accaduti; e questi sono opera non


si
si

del Tutto. Sono (come gi

detto)
giudica,

l'opera di Dio; e Dio

non

si

giudica. 0, meglio,
si

ma non

gi dall'angolo visuale dal quale

giudicano opere
filosofo,

e azioni individuali.
politico o eroe,
la
*

Non

si

giudica come poeta o

come un

aspetto verso l'altro dello spirito;


lui

contemplazione dell'opera di
die
Weltgesciichte

insieme
storia

il

giudizio:

das Weltgericht

*: la

stessa del
il

mondo

il

giudizio del

mondo;

e,
il

nel raccontare

corso

della storia, pur

non applicando

giudizio delle categorie


si

sopra indicate, che sono inapplicabili,


altro

applica sempre per

un

giudizio, che quello della necessit e realt. Ci

che

stato,

doveva essere; e

ci

che veramente reale,


di queotte-

veramente razionale.

La
sto

giustificazione di questo
si

supremo giudizio,

giudizio mondiale, non

pu sistematicamente
ci basti

nere (ripetiamo la nostra avvertenza) se non in prosieguo.

Per ora, discorrendo noi del giudizio pratico,


le

averlo

circoscritto a tutta quella parte della storia, che

contempla
in-

azioni.

Qui esso spiega libera

la

sua energia, ma,

nanzi all'avvenimento, tace; e ogni storia

come un fiume
alla

impetuoso, che sboccando nel mare

adegua

calma

dell'azzurra distesa. L'impeto delle azioni e delle loro vi-

cende

di vittorie e di sconfitte, di

saggezza e di stoltezza,
dell'

di vita e di morte, si

ricompone nella pace solenne

av-

venimento storico

il

Come

si

distinto

giudizio pratico (storico-individuale)


(storico-cosmico), cosi biso^ '

ii

progresso
"

dal giudizio dell'accadimento

f"'*"^ il

progresso

gna distinguere
dell'atto

il

concetto di progresso nel progresso che


e
in

delia Realt,

volitivo,

quello che dell'accadimento.

62
11

l'attivit pratica nelle sue relazioni


concetto
di

progresso

(secondo

le

delucidazioni altra

volta date) coincide col concetto di attivit: c' progresso

ogni qual volta un'attivit

si

affermi; ogni qual volta (per


si

non uscire dalla cerchia della pratica)


dalla sospensione all'azione.
pili

passi dall'irriso-

lutezza alla risoluzione, dal contrasto alla sintesi volitiva,

Ma

l'accadimento che non

azione

ma
e
in

risultamento, ossia azione non dell'indi-

viduo

ma

del Tutto,

non
il

si

giudica con quel concetto di


fatto.

progresso;

esso

progresso coincide col

Ci

che segue cronologicamente, se veramente reale, rappresenta un progresso sul precedente. Anche la malattia

progresso, se era

crisi

latente

nella sanit, e

il

supe-

rarla d

luogo a pi vigorosa sanit: anche l'apparente


(l'

regresso

invasione dei barbari) progresso, se matu-

razione di pi ampia civilt. Quel che per l'individuo

morte, vita pel Tutto.

Di qui, l'insipidezza della que-

stione, proposta pi volte e

ancora discussa dai

trattatisti

se vi sia progresso pratico, o,

come

si

dice circoscrivendo,

progresso morale.

Dal punto di vista individuale, a ogni nuovo atto


tivo
si

voli-

rinnovano daccapo
e,

la passivit e la relativa
si

spinta di

progresso,

con quell'atto,
in

spengono, per risorgere in


e vicenda infinita.

uno nuovo; e cosi


perfino
si

circolo

Ma

la

realt cosmica essa


la
filosofia

medesima progresso (come conferma

positivistica col suo dire che la realt

evolve): progresso della realt, e perci senz'aggettivo

pratico e morale.
Precedei! IR n*
d*
'^'"ratr

L'elemento di pensiero, che costitutivo del giudizio


P'*'^^^^^

come

di

qualsiasi

altro
la

giudizio

storico,

si

pu
filo-

e sul giudi-

chiamare
g^jjjj

filosofico;

donde

conseguenza che una

io

pratico,

dell'attivit

pratica condizione necessaria del giu-

dizio pratico. Altra tesi di apparenza paradossale,

ma
il

che

non arduo rendere plausibile


Bcbiarimenti.

col soggiungere opportuni

Che cosa

infatti la filosofia se

non

pen-

VI. IL

GIUDIZIO PRATICO, LA STORIA E LA FILOSOFIA


e,

03

samento del concetto


pratico?
gli

in

questo caso, del concetto del

poicli

al

giudizio

necessario
gi,

il

concetto,
la

necessaria

una filosofia. Non


il

beninteso,
la

disputa di scuola,
tutte
le

trattato,

il

manuale,
quali

formola
falsa

altre

cose

particolari

alle

per

asso-

ciazione d'idee ricorre la mente all'udire la parola filosofia ;

ma

la filosofia iu tutta la

sua distesa e

in qualsiasi

delle sue forme, e

prima

di ogni altra, se cosi piace, quella

che

si

considera ingenua o insita allo spirito. Ogni

ha

la

sua

filosofia,

rudimentale o sviluppata, pi o

uomo meno

lacunosa, e nessuno

uomo
se

di

nessuna

filosofia. 11

pi po-

vero giudizio sull'attivit pratica guidato dal lume di un


concetto filosofico;
e se non
e,

non da un lume, da un lumicino,

fermo e sicuro, almeno ondeggiante e tremulo.


il

non perch manchino documenti e notizie di fatto, ma appunto per le oscurit e difficolt che sono nella filosofia di un tempo o di un individuo, e che indispensabile sgombrare per procedere ni giudizio richiesto. Non si pu rendere giustizia a un ribelle o rivoluzionario, ove non sia chiaro il valore relativo
Talvolta
giudizio
si

arresta perplesso,

di quel

che

si

dice ossequio all'ordine di cose esistente e

la correlativa legittimit della ribellione e rivoluzione. Sa-

rebbe semplicistico condannare come fedigrafi


sassoni che sul

reggimenti

campo

di battaglia di Lipsia

abbandonarono

Napoleone, o

il

maresciallo

Ney che da Luigi decimottavo


sia

ripass a Napoleone, senza prima indagare se la fedelt ai


trattati politici e al

giuramento militare

davvero incon-

dizionata in un
il

mondo

in cui niente incondizionato, salvo

mondo

stesso.
filosofia

Dalla riconosciuta antecedenza della


dizio pratico,
si

sul giu-

trae la

conferma

dell' impossibilit del

meca dei meto^ psicoiogi-

todo psicologico
pratica.

per la

fondazione di una Filosofia della


sui
;

La descrittiva psicologica sorge

fatti

pratici

storicamente accertati (sui giudizi pratici)

epper non solo

64

l'attivit pratica nellk sue relazioni

incapace, procedendo da singolo a singolo, di esaurire


l'infinito e di darci
il

vero universale,

ma

per eseguire la

scelta stessa dei singoli che dovrebbero essere

fondamento

della ricerca filosofica intorno al concetto del pratico, le fa

d'uopo un concetto dei pratico: sicch sbattuta da Scilla


a Cariddi, da un vizioso progressus in infinitum a un
colo non
cir-

meno

vizioso.
il

Deriva da quel modo di vedere

mal concepito propratica (utilitaria

blema

dell'origine

storica

dell'attivit

o morale). Perch se codeste attivit sono categorie, le quali

costituiscono

il

fatto pratico, e, riflesse nello spirito, lo giudifatti

cano, non possono avere avuto l'origine storica dei


tingenti:

con-

quando

di alcuna cosa si
il

prova l'origine

storica,

se ne distrugge con ci stesso

valore universale.

a torto

stato messo in

beflFa

il

timore di alcuni moralisti,


storica, si
la

ai quali

pareva che, con additarne l'origine


negare valore alla moralit.
formazioni storiche, anche

venisse a

certo che, se

moralit

avesse origine storica, avrebbe anche termine, come tutte


le
le

pi grandiose,

l'

Impero

d'Oriente o l'Impero d'Occidente, quello unno di Attila o


quello mongolico di Gengis-kan; e perci quel timore era
un'istintiva e giusta diffidenza contro
sotta psicologica, la
il

metodo della

filo-

quale a volta a volta presuppone e rin-

nega

le

categorie stesse, che vorrebbe fondare.

VII
LA DESCRITTIVA PRATICA, LE REGOLE

E LA CASISTICA

N.el

rifiutare ripetute volte (e


il

anche

alla fine del capitolo


stati

GiusUflcazio-

precedente)

metodo psicologico, siamo


le frasi

bene

attenti

"

"!*
]

ad aggiungere
che

di

cautela

metodo

fllosoflco-psi-

co e delie di-

cologico, metodo speculative-descrittivo e simili, persi

*""
^j^f^jj"^

avvertisse che la nostra ostilit era contro quel miscu-

scrttive.

glio, ossia contro l'intrusione di quel

metodo nella

filosofia,

ma
e

non contro

la Psicologia stessa, contro

la descrittiva;

la quale,

da che mondo mondo, stata sempre coltivata


di noi la coltiva a ogni istante,

ognuno
Se

n potrebbe

sul

serio proporsi di abolirla nel proprio spirito.


infatti dalla filosofia teoretica
si

abbiamo appreso che

la

vera e propria conoscenza

assolve nel circolo di arte

e filosofia (storia), e che, oltre la

conoscenza dell'universale
di conoscenza,

concreto dataci dalla storia e dell'individuale ingenuo datoci dall'arte,

non

vi

ha

altro

modo

abbiamo

appreso anche che


sificare in

lo spirito

ha bisogno

di ordinare e clas-

qualche

modo

le infinite intuizioni

e percezioni
il

che

gli ofl'rono l'arte e la storia, la fantasia e

pensiero,

e di ridurle a

schemi pel pi

facile possesso e

maneggio.

Sappiamo ancora che a tale bisogno adempie il metodo che si dice naturalistico o positivo; donde, le discipline o scienze naturali, le quali non si formano soltanto, secondo
B. Croce, Filotofia della pratica. 5

66

l'attivit pratica nelle sue relazioni

eh' pregiudizio volgare, sulla cosi detta realt inferiore

(minerali, vegetali e animali),


della realt,
spirituali.

ma

su tutte

le

manifestazioni
si

anche su quelle che pi strettamente


si

dicono

Anzi, in questo punto


retto

pu ridurre a

significato cor-

una esigenza, che

stata sostenuta dai trattatisti di

Pratica e di Etica dei tempi nostri: cio, che


della pratica e della

moralit debba essere

una scienza preparata da

larga indagine storica e avere per base un ricco materiale


di fatti. Intesa tale scienza

come

Filosofia della pratica e


il

come
e

Etica, quell'esigenza pretesa irrazionale, perch


l'

rapporto vero proprio

inverso : dalla filosofia la storia,


filosofia.

non gi

dalla

storia

la

Ma

se,

invece, quella

scienza intesa come disciplina naturalistica ed empirica,


l'esigenza razionale, perch non possibile costruire
disciplina di quella sorta se

una

non sopra un materiale

stori-

camente accertato.
La
Ih

descritti-

La
gj^^^
j

disciplina naturalistica, che riduce in gruppi e clasfj^^^-j

va pratica e
Slift

spirituali

ddl'uomo,

la

Psicologia.
e
il

IGvio*

Ma

psi-

ratura.

cologo non Solamente

lo scrittore
il

professore; psico-

logo l'uomo stesso: perfino

selvaggio costruisce, in
tipi

qualche modo,

la

sua psicologia di

e classi. E, per

restare nella cerchia nella quale ci aggiriamo ora, la Psi-

cologia o descrittiva tipica degli

atti

volitivi

si

fatta

sempre. Cospicua manifestazione se ne ebbe in Grecia con


la in

commedia nuova
forma
artistica

o menandrea, la quale in parte accolse


i

frutti

delle

osservazioni

dei

mora-

listi,

in parte forni materiali all'elaborazione


i

dei trattati;

tanto che

Caratteri di Teofrasto sono sembrati quasi re-

pertorio o riassunto di tipi scenici. Nella Rettorca di Aristotele


affetti,

un

intero libro consacrato alla descrizione degli

delle passioni e degli abiti. Molti secoli dipoi, Car-

tesio,

lamentando

l'

insufficienza

delle trattazioni
affatto

antiche
il

sull'argomento, present

come cosa

nuova

suo

VII.

LA DESCRITTIVA PRATICA
quale, distinte sei passioni

67

Tratte des passons, nel

pri-

mitive (ammirazione, amore, odio, desiderio, gioia e tristezza), svolge come da esse derivanti tutte le altre: stima,
disprezzo, generosit, orgoglio,

umilt, bassezza,

venera-

zione, sdegno, speranza, timore, gelosia, sicurezza, disperazione, irresolutezza, coraggio, ardimento, emulazione, vilt,

spavento, rimorso, scherno, piet, soddisfazione, pentimento,


favore,

riconoscenza, indignazione, collera, gloria, vergo-

gna, e via dicendo. Lo Spinoza, su questo esempio e cor-

reggendo alcune teorie cartesiane, dedic


passioni la

agli

affetti

parte terza
si

della sua Ethica,

considerandoli

pernde ac
esset.

quaestio

de lineis, planis aut de corporibus

Tra

le altre celebri trattazioni

dell'argomento giova

ricordare quella del Kant, nelV Antropologia.

Ma
tati

se possibile dare esemp cospicui di questi trat-

Estensione
della descrit-

generali sulle passioni, sarebbe impossibile esaurirne


si

tiva pratica.

l'enuraerazione, perch la descrittiva psicologica

esegue,

per cosi dire, con spaccati svariatissimi e


l'infinito.

si

specifica al-

Un'ampia
i

bibliografia

non riuscirebbe a
del
e,

catalo-

gare

tutti

libri di tale disciplina,

condotti ora con par-

tizioni cronologiche

(psicologia

Rinascimento, del
perfino,
dell'

se-

colo

decimottavo, del Medioevo,

Uomo
via

preistorico >), ora con divisioni geografiche (psicologia dell'inglese,


via,

del francese,

del

russo,

del giapponese, e
i

suddividendo per regioni), ora combinando

due me(psico-

todi (psicologia del

greco antico, del romano della decale

denza, ecc.), ora secondo

variet professionali

logia del prete, del militare, dell'uomo politico, del poeta,


dello

scienziato,

ecc.);

cosi

continuando.
titolo del

Catalogati

trattati

che portano in fronte un

genere dei so-

pradetti, bisognerebbe poi rintracciare ancora

una grande
mela

massa

di descrizioni psicologiche (e delle pi fini) nei libri

degli storici, dei romanzieri e dei drammaturgi, nelle

morie e confessioni, negli avvertimenti e massime per

68

l'attivit pratica nelle sue relazioni

vita, negli schizzi dei satirici e dei caricaturisti. E, cata-

logati

anche (ardua impresa)

tutti

questi,

bisognerebbe
si

tener conto di quell'altra psicologia,


spirito degli individui
rola, e

che
si

forma nello
nella pa-

non

scrittori e

effonde

che solo in piccola parte viene poi trascritta nelle


tutta quella

raccolte dei proverbi. Infine (impresa addirittura disperata)

non bisognerebbe trascurare


condo
le

che ciascuno di
difficile

noi fa e dimentica e sostituisce di continuo nella vita, se-

proprie esperienze e bisogni. Cosi

sarebbe

un ragguaglio completo, appunto perch

di

uso cosi comateria


le

mune
Leconoseenze normative
regole: loro natura.

la

costruzione psicologica

avente a

azioni operate e gli individui operanti.

Alla psicologia
^| formazioni
S

congiunge strettamente un'altra classe


precedenti

mentali, alla quale nei capitoli

anche negata giustificazione e negata nel campo filosofico soltanto: le norme o conoscenze e scienze

le

normative,
se

massime,
che
si

le

regole,

precetti.

Infatti,

una

filosofia

metta a comandare, a volere e a


il

giudicare, invece di assolvere

compito suo proprio che


e di rendere possi-

d'intendere
bile
il

il

volere e

il

comando

retto giudizio, se

siffatta

filosofia

rappresenta una
si

contradizione in termini, niente poi impedisce che

pren-

dano

le classi psicologiche, delle quali si indicata' la forsi

mazione, e

o no a certe altre classi, che

vengano discernendo secondo che conducano si chiamano fini e fini sono


Il

ma

astratti.
in

che ha luogo quando

si

trascelgono quelle

classi

vista dell'uso

da farne pi proficuo e prossimo

per l'azione pratica. Classi psicologiche e regole sono, dunque, una stessa cosa, salvo che nelle seconde messo in
rilievo
il

carattere che

le

cognizioni

hanno quale antece-

dente delle azioni, ossia in quanto tecniche. Ci provato dalla pronta convertibilit delle regole in osservazioni
psicologiche,
di queste in quelle, col togliere alle

prime

l'imperativo e aggiungerlo alle seconde. Fate ogni cosa

VII.

LA DESCRITTIVA PRATICA

69
le

per parere buoni, che serve a infinite cose; ma, perch

non durano, rere lungamente buoni, se


opinioni
false

difficilmente vi riuscir
in

il

pa-

verit

non sarete
dal

ecco

una regola
rativo
si

di

Francesco Guicciardini, anzi del padre del

Guicciardini, riferita

da

costui ^ Ora, se
si

modo impese

questa proposizione
il

trasporta all'indicativo,

si ottiene una mera osserbuono serve a infinite cose; ma, perch le opinioni false non durano, difficilmente riesce il parere lungamente buoni, se in verit non si tali. Ecco ancora, a proposito del parere e dell'essere, un'os-

toglie

tono di esortazione,
:

vazione psicologica

11 parer

servazione psicologica del Vico

Naturalmente avviene
in

che l'uomo non d'altro parla che di ci che affetta d'essere


e

non ^. La quale pu volgersi


col

massima:
;

Invicerto

gilate voi stessi, affinch

parlare troppo di un

pregio non diate a dividere di non possederlo

ovvero

mettendola in relazione con

la

morale
>
;

Cercate di essere

ci che vorreste parere agli altri

e cosi via.
il

Le regole non hanno valore assoluto;


de

che

si

trova

utilit delle

avvertito a capo di uno dei pi bei libri di regole:

Peu
per-

"''

maximes

soni vraies tous gards^, dice


*

il

Vauvenar,

gues, e avrebbe potuto dire addirittura

nessuna

ch se qualcuna assolutamente vera se ne arreca, per ci


solo si svela

massima impropria. Ma

la

critica

vale confiloso-

tro la distorsione delle regole


fici,

empiriche a principi

ossia

contro la notata confusione tra metodo psicose

logico e
fa,

metodo speculativo:

quella distorsione non

si

le

regole rimangono cosa innocua.

E non

solo innocua,

ma

indispensabile. Ciascuno di noi ne forma di

continuo

per uso della

propria vita: vivere senza regole non sa-

Ricordi

politici e civili, n.

xliv (in Opere inedite^^ Firenze, 1857,

p. 97).
-

Scritti inediti, ed.

Del Giudice, Napoli, 1862,

p. 12.

70

l'attivit pratica nelle sue relazioni

rebbe possibile. Di certo nessuna regola pratica fa l'uomo


d'azione e dtta
i

modi

in cui

si

deve volere e operare in

un caso determinato; come nessuna regola di poetica fa il Lo stesso Guicciardini, che abbiamo or ora citato e che ne formul di stupende, ammonisce: Questi ricordi
poeta.

sono regole che

si

possono scrivere in su

libri;
s'

ma

casi

particolari, che per avere diversa ragione

hanno a gover-

nare altrimenti,

si

possono male scrivere altrove che nel


*.

libro della discrezione

L'azione dipende dal colpo

d'occhio, dal percepire esattamente la situazione storica-

mente data, e che non

si

mai avuta identica del

tutto

per r innanzi e non sar mai un'altra volta allo stesso modo. Ma per aguzzare l'attenzione e orientarsi nel campo
in

cui

si

opera, per agevolare e disciplinare l'esame del

fatto concreto,

giova possedere codesti

tipi delle

azioni da

promuovere o da
pi o
petua.
La
ra
letteratu-

evitare. Perci, se le regole singole sono

meno

passaggiere, la formazione delle regole per-

quest'affrmazione parrebbe contrastare lo stato della

delle

re-

gole e la sua

letteratura negli ultimi secoli, nei quali -a

libri di

regole r>

si

decadenza mostraiio in progressiva decadenza a confronto della massa


apparente.

cospicua che

le

biblioteche serbano

vecchio passato.

Un tempo

si

come eredit del pi componevano codici di reai meriti

gole su tutto: cio non solo sulla vita morale col moltiplicare
i

trattati

intorno alle virt e ai vizi,


ai

ai peccati, ai

beni e

mali, ai doveri e ai

diritti,

col

frazionarli e specificarli nelle minuzie, e con isvariati

com-

pendi e catechismi e
parte della vita.

decaloghi

ma

sopra ogni altra

La

letteratura

del

Cinquecento presenta

perfino le regole per bene adempiere ai doveri di

e di meretrice, in elegantissimi libercoli che recano


del Piccolomini e dell'Aretino;

mezzana i nomi

come,

in

quello stesso se-

'

Jiicordi, n. col vii (op. oit., p. 159).

VII.

LA DESCRITTIVA PRATICA
le

71
e

colo, Ignazio di
la volont >

Loyola formolava
della
santit .

regole per
*

fasciare

per ridurre l'uomo docile

perinde oc ca-

daver

ai

fini

bisogna anche av-

vertire che tutte le e sulle arti,

regole, comprese quelle sulla poesia hanno sempre carattere pratico, rivolgendosi

alla volont se

non
i

altro

come a intermediaria; cosicch


sarebbe da tener

nell'enumerare

libri

di regole pratiche

conto degli innumerati e innumerevoli trattati di


tica, Rettorica, Poetica,

Grammail

Teorie delle arti figurative, della

musica, del ballo, e via dicendo. (Artes sunt, definiva


Vico, literaricB reipublicce leges,

nam

sunt omnium, docto-

rum virm
abierunt
*).

animadversiones, quce in regulas disciplinai'uin

Ma

sta in

fatto

che ora non

si

compongono
diventato
acqui-

quasi pi trattati di regole, n circa la morale n circa


la

politica

n circa

le

arti.

forse

il

mondo

esperto in materia per


site?

attitudini
si

ereditariamente

o non

piuttosto

resa chiara alfine

l'inutilit

delle regole?

N
ria:

l'una cosa n l'altra.

Le regole vivono ancora


forma

in

libri e trattati,

ma hanno

di solito cangiato

lettera-

hanno riassorbito quell'imperativo che prima rendevano non solo mentalmente, ma anche letterariamente esplicito.

La qual cosa

fatta

possibile

dalla

stabilita

con-

vertibilit delie classi psicologiche in regole e delle regole

in classi psicologiche.

Nei tempi moderni

si

preferisce la

forma letteraria dell'osservazione psicologica a quella della


regola, che riusciva, infatti, ridondante, pedantesca
e in-

sieme ingenua, e fu prediletta perci in secoli di cattivo


gusto, pedantesco e ingenuo insieme, quale fu, per es.,
il

Sei-

cento italiano.

difficile

astenersi da
si

gere

tanti

libri

di

quella che

un sorriso nel legchiamava ragion di

Stato, che gl'italiani di allora elaborarono, e spagnuoli


De

antiquiss. Ital. sapientia, e. 7.

72

l'attivit pratica nelle sue relazioni

e tedeschi e altri stranieri imitarono. Quegli arcana imperli,

quei

colpi

segreti

>

quelle furberie,

consigliate miste-

riosamente in pagine stampate, prendono l'aspetto di una

vera e propria contradizione


tavo venne abuandonando

estetica. Il

secolo decimotdi

siffatta

forma

trattazione, e

poich accade che


virt morale
gli scrittori di

gli

uomini volentieri attribuiscano a


progresso morale

ci

che virt o necessit d'altra natura,


il

quel secolo vantarono

onde

si

erano liberati dalle massime perniciose e invere

conde della
brezzo e
gli

ragion di Stato

>.

Si

vedano
nel

gli

atti

di ri-

scongiuri che esegue


lettori,

in proposito, per edifi-

cazione dei

l'abate

Galiani

suo trattato Dei

doveri dei prncipi neutrali (1782), quando, discorsa ampiamente la materia dal punto di vista morale, passa a

esaminarla sotto l'aspetto politico o della ragion


egli se

di Stato:

ne sbriga
degli

in

poche pagine, aborrendo, come


italiani

dice,

da quella insidiosa e malvagia scienza, che form le


delizie

ingegni

poi

di

quasi

tutti
,

gli

europei nei secoli decimosesto e decimosettimo


testando a

e pro-

ogni

passo

di

essere

stanco di ripetere e

sviluppare ammaestramenti di astuzia e di malvagit . Ma ci che al Galiani non piaceva era la trattazione togata e scolastica di una materia, che egli, denominato
dagli amici francesi

Machiavellino

che professava di
svolgeva

non ammettere

in politica se

non

le

machiavlisme pur,

sana mlange, cru,

veri, datis tonte san dpret **,

con ben altra finezza ed eleganza nei conversari dei salotti parigini e nelle briose lettere alla signora D'Epinay.

Le regole bisogna cercarle per quel tempo noi


saggi,

discorsi, roi

opuscoli

politici,
libri

tragedie,

drammi
e,

borghesi,

manzi, storie e

di

memorie;

se

gli
ai

Aretino e

Piccolomini provvedevano nel Cinquecento

bisogni delle

Lettera alla D'piDay, dui 5 settembre 1772.

VII.

LA DESCRITTIVA PRATICA

73
nel Sette-

cortigiane e delle mezzane,


cento, costruiva
il

Giacomo Casanova,

tipo

del perfetto avventuriero, cominil

ciando dalla regola di adottare a sistema di vita


laisser
alter

se

au gre du veni qui pousse

per passare a

quelle pi speciali,
farsi

ma

pur fondamentali, che non bisogna


et

scrupolo

de tromper des tourdis, des fripons


dflent l'esprit *
sot ;
e,

des

sots ,

perch

essi

oi

vevge l'esprit

quand on trompe un
mes,
ce

molto meno, d'ingannare


ce

nelle cose d'amore, perch,

*pour

qui regarde

les

fem-

soni des tromperies rciprques, qu'on ne mei pas


est

en ligne de compie; car, quand l'amour s'en mle, on


ordinairement dupe de part
lettore
il

et

d'autre
di

lasciamo

al
le

non

inutile esercizio
si

andare investigando
le

regole di vita, che


letterarie e

celano sotto
(se

pi moderne forme

sono guida continua

non sempre benefica)

delle societ odierne.

Altro fatto, che ha indotto nella credenza della disso- Relazione


luzione dei
libri,

libri

di

regole, l'essersi notato che


si

da quei

*'*

'^u^'d!
regole) e le

dalle

cosiddette Arti,

venuta sviluppando la
trattati,

filosofia degli oggetti in esse

che risolve in s
linguaggio,

^g!'^ ^''

quelle trattazioni. Cosi dalle Poetiche e Rettoriche sorta


l'Estetica, dalle

Grammatiche

la

Filosofia del

dall'Arte d'insegnare a ragionare la Logica e la Gnoseologia, dalle Arti storiche l'Istorica, dalle Arti del

governo

economico
naturale
la

la scienza

dell'Economia, dai trattati del Diritto


del diritto. Sorte,

Filosofa

dunque,

tali

filo-

sofe, le trattazioni delle arti

sembrano divenute superflue;


possa disconoscere
il

e in ci
rizione.

si

ripone la causa della loro diminuzione o spa-

Ma

sebbene non

si

descritto

processo storico dai

libri

di

arti ai libri di sistemi, bso

gna

stare attenti a interpetrarlo esattamente e a

biarlo con

un passaggio dall'empiria

alla filosofa.

non scamLa parte

'

Mnioires, ed. Paris, Garnier,

s.

a.,

I,

pp. 3-4.

74
che di

l'attivit pratica nelle sue relazioni


essi stata accolta e risoluta nella filosofia,
i

sono ap-

punto
regole
gli

tentativi

filosofici

frammisti a quelle raccolte di

precetti;

perch,

per uno

spontaneo processo,

scrittori

che

le

mettevano insieme,

avendo innanzi
principi

concetti circa quel

che era da fare e quel che era da


i

evitare, erano di frequente tratti a investigare

donde
sia

le

regole particolari scaturivano


le

col quale procedi-

mento, stimando rafforzarle, in realt

oltrepassavano, osall'altra di

passavano inconsapevolmente da una forma


dalla Psicologia alla Filosofia.

trattazione,

Neanche

qui,

dunque,

si

affinata l'empiria a filosofia (affinamento che,

per parlare con rigore, impossibile);

ma

a una filosofia

imperfetta
filosofia

succeduta un'altra filosofia pi.

perfetta.
di

Dissoluzione, dunque,

non gi

delle regole,

ma

quella

imperfetta;

processo chimico, che ha lasciato per

residuo le regole in ci che hanno di proprio:


loro persistenza, anzi l'impossibilit che

esse

donde la non persi-

stano, accanto alla pi pura e perfetta delle filosofie.

La Casistica:

^"uT*^"^

Le sorti delle regole ha seguite la Casistica: anch'essa, un tempo, rappresentata da copiosissima produzione letteraria, e

ora anch'essa coltivata in questa forma quasi soltanto


gesuiti, continuatori delle tradizioni degli

da pochi
che

Escobar

e dei Sanchez, e studiata quasi soltanto dai preti cattolici,


si

preparano

all'ufficio

di

confessori per lo pi su

vecchi

libri (per es., sulla

Theologia inorals del napoletano

sant'Alfonso de' Liguori). N, un tempo, la casistica era


ristretta

alia sola morale, ai casus conscienU'ce:


tutti

di casisti-

che se ne componevano per

gli

aspetti

della

vita,

per la politica, per la vita del cortigiano (il savio in


corte), per l'arte d'amare, e via discorrendo. Ma, screditata la

forma letteraria delle regole, stata screditata


Il

in-

sieme quella della Casistica.

che non vuol dire che sia


le

morta: vive e vivr, llntanto che vive saranno

regole.

Giacch la Casistica altro non se non

il

procedimento ra-

VII.

LA DESCRITTIVA PRATICA
le

75

ziocinativo

merc cui
si

regole vengono rese sempre pi

precise, passandosi dai casi pi generali a quelli pi particolari.


le

Se

pone,

come regola

di vita, questa: di evitare

polemiche scientifiche, perch fanno perdere tempo e


sapere;
in qual

fruttano poco pel progresso del

modo

bi-

una polemica tale che il tempo, che essa fa perdere per un verso, fa riguadagnare per un altro? Si manterr la regola generale, o vi si derogher, se non altro per variar lavoro? E se non solo si riguadagna il tempo perduto, ma si risparmia anche di
sogner,
poi,

regolarsi,

se

perderne uno maggiore in avvenire?


entrare in polemica?

si

vorr, senz'altro,

se l'avvenire

si

presume incerto
all'incerto gua-

per un individuo, ossia se egli sar inoltrato negli anni o


malato, non giover, piuttosto, rinunziare dagno del futuro pel certo del presente?
pio semplicissimo delle Casistiche, che
tore

Ecco un
critico

esem-

un

e scrit-

(supponiamo chi scrive queste pagine) costretto a

proporsi e risolvere. Naturalmente, nessuna Casistica fornir mai la risoluzione concreta (quella che sola importa),

perch nessuna regola, come


determinata,

si

detto, pu

mai

fornirla.

Regole e casistica non attingono l'individualit omnimode che


la

situazione

storica;

epper,

se

la

Casistica aiuta la

mia azione, questa per altro sar sempre difibrme da quella come il concreto dall'astratto, o
meglio, questa avr veramente la forma, cio la determinatezza, che quella non pu avere. Guai agli uomini pra-

tici,

cho fidano nelle raccolte di regole e nei raziocini delle

casistiche; e guai a chi fida in essi. Coloro che sulle cose

pratiche ragionano a lungo, distinguendo sottilmente, sono

da evitare nel mondo degli


se

afi'ari

e nel

mondo

dell'azione:

non hanno ancora provocato qualche


lo

disastro, probabile

che

stiano preparando.
la

codesta, per lo meno,


(la

una

buona regola; come


pi regola,

regola suprema

quale non

ma

verit

filosofica) ,

che bisogna uscire di

76

l'attivit, pratica

nelle sue relazioni

regola, cio affrontare

il

caso individuale, che come tale

sempre
Lagiurispru-

irregolare.
S

Ma
esse

SO

vuole ancora una riprova della necessit e


si

denza come
casistica

perpetuit delle regole e delle casistiche,


persistano
altres

osservi

come

in

forma

letteraria

dove questa

forma non

eliminabile:

diciamo, nel caso delle leggi.

Le

leggi, come vedremo, non sono semplici regole, appoggiano nondimeno sopra formolo di regole,

ma

si

e deb-

bono

di

necessit

venire

particolareggiando

le

determi-

nazioni del fare e del non fare e allargarsi a casistica.


Casistica delle leggi la Giurisprudenza, ossia tutto
il

la-

vorio
efiPetto

della

cosiddetta

interpetrazione,

che sempre

in

escogitazione di nuove regole. Tutti sanno che la

Giurisprudenza non solo non per s legislatrice, ma non pu neppure determinare l'atto volitivo dell'uomo di stato, n la sentenza ossia il provvedimento circa il caso particolare, provvedimento che il giudice crea volta per volta.

Ma

nessuno penserebbe sul serio a sopprimere


i

l'ufficio di

quei casisti, che sono

giurisperiti: ufficio che, se stato

sempre

esercitato,

deve senza dubbio rispondere a un'utiaugurare una forma


ora;
di

lit sociale.

Si potr

vita sociale

meno complicata e pesante, in cui nore campo e importanza che non


di
BiflFatto

quell'ufficio abbia mi-

ma, checch

sia

augurio, la casistica dei giurisperiti continuer


in

fintanto

che vi saranno leggi e regole; vale a dire,

perpetuo.

vili
CRITICA DELLE USURPAZIONI DELLA FILOSOFIA

SULLA DESCRITTIVA PRATICA E SUI DERIVATI

DI

ESSA

'imostrata Di

la

legittimit

necessit

della

Descrittiva

pratica e dei derivati di essa (Regolistica e Casistica), ci

tocca ancora difenderne l'integrit contro

le

usurpazioni
e mostrare

che su
che se

lei

tenta la filosofia, o piuttosto

filosofi,

gli

empirici e psicologi, goafiati a


tali

filosofi,

sono gua-

stamestieri,

sono anche coloro che prendono a risolvere

filosoficamente problemi empirici; e forse

meno

perdonabili,
e,

perch spetta alla


ci,
i

filosofia

conoscere s medesima,

con
Prima forma:
*"'*** ** generalizzare.

propri limiti.
efficacia
'

Prima

non buona che

la filosofia esercita nella

descrittiva pratica, la tendenza a cangiarla da descrizione '^ " o raccolta di descrizioni particolari in qualcosa che abbia

valore di generalit e comprcnsivit. Perch se la descrittiva pratica


e
ai

strettamente legata alle condizioni storiche


degli

bisogni

individui

e delle

societ,

tanto

essa
al

sar migliore quanto pi sar


concreto, e tanto

specificata

prossima

meno
tutte

utile

quanto pi andr vagando


filosofare fuori

nel generico. All'efficacia

non benefica del


quelle

luogo
classi

si

debbono

verbose

trattazioni
affetti,

delle

psicologiche (virt, doveri, beni,

passioni e
fre-

caratteri),

che a leggerle nutriscono meno dell'acqua

sca, la quale

almeno

rinfresca. Chi voglia persuadersene,

78

l'attivit pratica nelle sue relazioni


i

inetta a confronto

libri di

osservazioni e regole dovuti a


i

uomini

di

mondo

e di esperienza, per es.,

Ricordi del Guic-

ciardini, le il/oicmes del

Rochefoucauld e rOrrfcwZo rnanwaZ


Traile des passions di Cartesio,

di Baltasar Gracian

col

con

la sezione relativa dell'Ethica spinoziana,

con l'Antrori-

pologia e la Dottrina delle virt del

Kant (preferiamo
il

cordare grandi nomi); e veda da quale parte stia


taggio: vantaggio di originalit, d'importanza,
perfino di
latore.
stile,
il

van-

e,

diremmo,
rive-

quale in questi come in

altri casi

Quei

libri di filosofi

contengono in grandissima copia


intendono,

mere
e
le

definizioni

da vocabolario, e di vocaboli per giunta


tutti
li

che non c' bisogno di definire perch


definizioni,

li

piuttosto

che

chiarirli,

ottenebrano.

Chi pu resistere, per

es., alla filosofica trivialit degli

Afo-

rismi per

la

saggezza della vita di Arturo Schopenhauer?


i

Franca
beni
si

la

spesa di aprire un libro per apprendervi che

dividono in personali, di ricchezza e d'immagi-

nazione
o
il

o riputazione; e che i primi (la buona salute temperamento gaio) hanno preminenza sugli altri?
di

Non s'impara
cia,

pi,
sul

con
genere

maggiore rapidit ed
di

effica-

da proverbi

quello:
notare

Uomo

allegro,
libri,

Dio l'aiuta? Superfluo,

inoltre,

che quei

per quanto generalizzino,

non possono mai attingere


fondo, pi o

la

filosofia, e persistono, nel loro

meno

storici. Il

Elementi buon vino generoso degli psicologi e precettisti di razza

u'

ntl n*

^'^'^^^^ ^^

molta acqua;

ma

quell'acqua, per molta che sia,


tinta

generalizia*<"

non diventa mai pura e rimane sempre


vertito

disguste-

vele. Cosi, nelle classificazioni dell'Etica antica stato avil

prevalere del concetto di

virt

o di

bene

e in quelle dell'Etica cristiana, del concetto di


nell'Etica antica,
il

dovere

predominio della
individuale.

politica, e nella

modif-

derna, della
ferenziano
Aristotele,

libert
l'Etica,

Ed
di

elementi storici
vita
si

impregnata

sana
in cui

ellenica, di

da quella degli

Stoici,

scorge la de-

vili.

LA FILOSOFIA E LA DESCRITTIVA PRATICA


i

79
fu-

cadenza del mondo antico e s'intravvedono


turo (come
il

germi del

cosmopolitismo, che precorre l'idea cristiana

dell'unit del genere umano).

conservano

vecchi nomi,

ma

Le quattro virt platoniche si riempiono di nuovo concristiana;


in

tenuto nelle quattro virt cardinali dell'Etica


i

sette

peccati
,

mortali non s'intendono,


l'ideale

questa loro
i

settuplicit

senza
il

ascetico

medievale. Presso

vari trattatisti,

campo ora

tenuto dal concetto di sforzo

di dovere, ora
le
il

da quello di godimento e soddisfazione;


a volta a volta, quello della giu-

idee ora sono padrone dispotiche, ora amiche sorridenti;

concetto dominante
o
della

stizia

benevolenza o dell'entusiasmo o un altro


sistemi
dell'Etica cattolica
si

qualsiasi. Nei

rispecchiano

l'assolutismo politico e
dell'Etica protestante,
il

l'economia semifeudale; in quelli


costituzionalismo,
il

liberismo,

il

mondo
di

capitalistico e industriale,

con l'accompagnamento

una rigida probit non iscevra per altro di utilitarismo, e di una durezza di cuore, non priva di austerit. Nell'Etica moderna le tendenze o le ripugnanze del nostro tempo si mostrano nelle diverse soluzioni circa la propriet,
la lotta di classe,
rici tutti codesti,
il

proletariato e

il

cojnunismo. Fatti

sto-

come
le

tali rispettabili;

ma
una
li

che appunto

per ci giova guardare nella loro piena forza e valore, e

non gi attraverso
fica.

categorie scialbe di

filosofia

da

essi turbata e falsificata, e

che a sua volta

turba e

falsi-

Chi

si

far a
e

comporre
altre

trattati generali sulle passioni,

sulle
i

virt

sulle

classi

pratiche mostrer sempre

segni del proprio tempo nelle categorie che verr stabie


triviale

lendo, e riuscir empirico

ad una, ossia mala-

tamente empirico.

Ma

fin

qui

il

male

si

restringe quasi soltanto al peri-

seconda

for-

cole di scrivere libri inutili e insulsi. Comincia a diventare pi grave

*'

*^''\*
di

letteraria

quando

si

procura

il

ravvicinamento delle

filosofia
'"P'''*-

ed

teorie filosofiche e delle classificazioni empiriche, congiun-

80

l'attivit pratica nelle sue relazioni


stessa trattazione le

gendo nella

une

e le altre

come parte
condi-

generale

e parte

speciale, parte astratta

e parte
si

creta, parte teorica e parte storica. Non


sconoscere, tra
zioni,
i

vuole

motivi che inducono a queste congiun-

anche talora un giusto sentimento dell'intimo nesso prima delle quali sbocca nella
ne viene, a sua volta, ravvivata.
la filosofia,
se-

di filosofia e storia, la

conda e
la

la ravviva, e

Ma

storia,

a cui mette foce


che

tutta

la storia,

nella sua palpitante realt: la


tutte le storie
gli storici

storia

rappresentata da

e da quelle altres che non

mai. Invece la storia

hanno scritto e scriveranno, hanno scritto e non scriveranno S'erta da quelle descrittive empiri-

che solamente una parte piccolissima della storia e (quel


eh' peggio)
il

mutilata e astratta. Per altro, neppure qui


se l'incongruenza si arresi

danno sarebbe troppo grave,


all'inutilit

stasse alla disconvenienza letteraria; nel qual caso

aggiun-

gerebbe

la

bruttezza di ua'unione artificiale


afi'atto

e cervellotica bensi,

ma

estrinseca.
al

Senonch quel
tentativo
di

raccostamento estrinseco apre la via

un
tal

raccostamento intrinseco ossia di una Iasione, e per

modo

si

passa alla terza forma d'indebita combinazione

della filosofia

con

la

descrittiva
si

pratica,

dove

il

morbus

philosophico-empiricus
Terza forma:
tentativo
di

manifesta nel
fusione ha

modo

peggiore.

Questo tentativo

di

laogo col

mettere in

metterle

In

Intimo nesso,

relazione le classi empiriche filoe i concetti o categorie ^ " sofiche. Errore nel quale quasi tutti i filosofi sono caduti,

perch ben naturale che

essi

non volessero lasciare uno


quella speciale,
l'altra,

stacco tra la prima e la seconda parte dei loro libri di Filosofia della pratica, tra quella generale e

e che s'ingegnassero di connettere Tana con

pas-

sando logicamente dai concetti della prima a quelli della


seconda. Che l'errore fosse rafforzato dalla poca chiarezza
circa la natura logica

fondamentalmente diversa dei due


e

ordini di

concetti (concetti

pseudocoucotti), ovvio, e

vili.

LA FILOSOFIA E LA DESCRITTIVA PRATICA

81
Seiema

non v'insisteremo. Piuttosto da avvertire che, quando


si

dei-

richiesto che la Scienza della pratica o l'Etica ^

debba
p-

costruirsi

indipendentemente da ogni Metafisica,

si

'?'"<;> Metafisica: significati


^* ***'

tuto talvolta avere in

mente qualcosa
dell'

di ragionevole. In-

^f"rolftzio* st&
ne.

vero,
della

quel

programma

indipendenza

della

Scienza

pratica o

dell'Etica

dalla Metafisica ha preso vari

significati,

che giova enumerare in compendio. Primo: che


filosofia,

la

Scienza della pratica, in quanto

debba essere
(Metafi-

indipendente dall'insieme del sistema


sica): pretesa,

filosofico

come

si

vedr pi chiaramente nel sguito,

insostenibile perch contrastante


filosofia,

con

la

natura stessa della


la

che unit. Secondo: che, come scienza,

Pra-

tica

debba essere tenuta scevra da ogni forma


(il

di fede o di

sentimento o di fantasticheria

che

si

chiamato talvolta

Metafisica): proposizione inoppugnabile, sebbene possa

sembrare contestabile l'opportunit del significato


buito in questo caso alla parola
la
<

attri:

Metafisica

Terzo

che
qui

Scienza della pratica, in quanto descrittiva, debba stare


offrire

da s per
si

la

base all'induzione

filosofica;

adottava l'erroneo concetto, gi pi volte rigettato, della

filosofia

come

intensificazione

perci prosecuzione del


in

metodo psicologico.
si

Ma

quando,

un quarto

significato,

affermata l'esigenza di sottrarre la descrittiva pratica

alle disadatte

cure della

filosofia, si

affermata cosa assai

giusta.
Infatti, nel

suo affaccendarsi intorno alle classi empiri- conseguense


***"* ^f'" le usarpasioni

che, la filosofia o ne viene criticando le distinzioni col fon-

dere varie classi in una e


'

le classi ridotte

ridurre via via a

deUa

flio-

minor numero, fintanto che non se ne trova pi dinanzi ^ nessuna e resta in compagnia del solo principio universale
e filosofico, ossia sola con s stessa
;

fi ""'"
piria.

ovvero

procura di
e,

serbarle
tal

come
le

classi,

deducendole filosoficamente;

per

modo,

rende rigide e assolute, toglie loro

l'elasticit
utili

e la fluidit

che hanno dalla loro origine storica, e da

B. Croce, Filotofia della pratica.

82

l'attivit pratica nelle sue relazioni


con-

concetti empirici le converte in cattivi filosofemi, in


cetti
1. Dissoiuzionedeiconcetti
ci.

intrinsecamente contradittor.
la trattazione filosofica
'

Esempio del primo caso pu esser


(jg|]^

empiri-

dottrina delle virt, attraverso la quale, nearli sforzi i o


il

del distinguere

coraggio dalla prudenza, la giustizia dalla


si

benevolenza, l'egoismo dalla malvagit,

venuto invece

riconoscendo che

il

vero coraggio la prudenza e la vera

prudenza

il

coraggio, che la benevolenza giustizia e la

giustizia benevolenza, che l'egoismo malvagit e la mal-

vagit egoismo, e via dicendo; cosicch, alla


virt son diventate

fine, tutte le

una
si

sola, la virt di essere virtuosi, la

volont del bene,


filosofica
i

il

dovere. Del pari, col ridurre a forma

diritti

che

chiamano naturali

di vita, di libert,

di cultura, di propriet e via dicendo, si finiva col ricono-

scere che tutti


dell'esistenza;

diritti si

risolvono in un solo, che quello

il

quale poi non gi diritto

ma

fatto.

Le

passioni furono ridotte da sessanta o settanta classi a cin-

que

sei o sette

fondamentali

ma

le

cinque o

sei o sette

furono, a loro volta, ridotte a due sole, piacere e dolore,


e di queste

due

si

vide, in ultimo, che costituivano

una cosa
le virt,

sola, la vita
i

che piacere e dolore insieme.

Ma

diritti,

le

passioni in tanto

hanno valore

nella descrittiva

pratica in quanto sono molteplicit: plurale e


fica

il loro valore sempre non mai singolare. Ridurli a classe unica signiannullarli, come soffaresulla candela significa spegnerla

e restare nelle tenebre: tenebre, s'intende, in quanto prive


di luce empirica.
cetti empirici,

Ora

il

filosofo deve, si,

distruggere

con-

ma

solo in

quanto

si

presentino

come

distin-

zioni

filosofiche,

ossia

solamente quando siano empirico-

filosofici;

nel qual

caso gli basta mostrare che sono em-

pirici,

senza spingersi ad annullarli perfino nel loro proprio

dominio: debellare superbos,


tosto

ma

parcere subiects, o piut-

risparmiare

gli

estranei,

die lavorano tranquilli a

casa loro.

vili.

LA FILOSOFIA E LA DESCRITTIVA PRATICA

83

Potrebbe sembrare desiderabile una rassegna di tutte


codeste
distinzioni
di

Esempi:
*^""* p*" ce, propriet e comuni*0' esimili,

questioni ^

empiriche, che '^


'

filosofi

quando invece le oltrepassavano. Ma il tema inesauribile, e qui non possibile darne neppure una ricca raccolta, che comprenda i casi pi importanti e frequenti. Dobbiamo restringerci a
hanno creduto
bravamente
risolvere,

qualche accenno saltuario.


sia

Si discute
la

tuttod se la guerra

un male e se possa comunismo dei beni piuttosto che


il

abolirsi: se

sia

da ammettere
libert

il

propriet privata;
o

se

regime razionale

sia

quello

della

quello

dell'autorit, se la

democrazia o Taristocrazia, se l'anarlo

chismo o l'organizzazione statale; se


all'altra,

Stato debba es-

sere nella Chiesa o la Chiesa nello Stato, o l'uno accanto

indipendenti; se

si

debba concedere

libert

di

pensiero o infrenarla; se l'educazione debba essere libera


o di Stato; e via discorrendo.
fa a esaminare questi concetti,

Ed ecco che
e,

il

filosofo

si

dopo averli saggiati,

si

maraviglia che la gente possa considerarli come termini


cozzanti e farne materia di dispute. Infatti (egli dice), la

guerra intrinseca alla realt, e


in

la

pace in tanto pace

quanto, mettendo

termine a una guerra, ne prepara


nel punto in cui era stata pre-

un'altra;

come

gi

Socrate dimostrava nel Fedone, allor-

ch, grattandosi la

gamba
si

muta

dalla catena,

accorgeva che non avrebbe potuto

provare quel piacere se non avesse provato, prima, quel


dolore.
si

propriet diversa da comunismo: l'individuo

afferma come individuo in quanto s'impossessa delle cose

e diventa proprietario;

relazione e
suoi conti

ma, con ci stesso, egli entra in comunanza con gli altri individui e deve fare i con loro. E tanto meno la libert esclude la sudil

ditanza, perch sub lege libertas; n l'aristocrazia esclude


la

democrazia, perch

vero aristocratico portatore di

quei valori universali che sono la sostanza della democrazia;

onde pi

si

aristocratici

pi

si

democratici, e

84

l'attivit pratica nelle sue relazioni

air inverso.
tale,

N l'anarchismo

esclude la

costituzione

sta-

perch un'accolta di uomini, per libera che s'imma-

gini,

dovr pur sempre governarsi

secondo certe leggi,


ideale
poi, es-

e queste leggi formano lo Stato.

Lo Stato

sendo
stessa

il

migliore governo degli uomini pel loro perfezioe


spirituale

namento materiale
della

insieme, compie
sotto

l'opera

Chiesa; la

quale

non n

n sopra
la
li-

n accanto a quello, perch quello. Parimente,


bert del pensiero nessuno pu

toglierla o concederla, peril

ch

il

pensiero

per definizione libert, e


libert

freno dei

cosiddetti abusi
la libert

della

il

pensiero stesso, perch

coincide con la necessit. E, infine, un'educa-

zione di Stato non potr non rispondere alle esigenze razionali, e quella liberamente esercitata dai cittadini, se

veramente

tale e

non gi

arbitraria e capricciosa, sar la


si

medesima
Altri esemP''

di

quella di Stato, ossia

canger in educaquali

zione di Stato.

Passando ad

altri ordini di fatti

meno

politici,

sono anche materia di discussioni pratiche, accenneremo


ai cosiddetti conflitti di doveri o d'interessi, simboleggiati

nel leggendario Tito Manlio, messo nel bivio aut republicoe

aut sui suorumque obliviscendl\

alla

cosiddetta queil

stione delle due morali, la privata e la pubblica, onde

non leggendario Camillo


se egli facesse pel suo

di

Cavour diceva nel


galera

1860, che

interesse privato quel


;

che faceva

per

l'Italia,

sarebbe stato degno di

ovvero

alle questioni di classificazioni, se sia da


al

porre accanto

tipo

dell'uomo socialmente

inoffensivo

l'uomo delinse

quente;
pena
di

o a quelle famose nella Casistica intorno alla


il

morte, l'omicidio,

suicidio, la

menzogna,

e
il

quando siano da ammettere; e


fllosofo,

altrettali.
i

Anche qui

sorridendo, osserver che

doveri o

g' interessi

caso

non possono venir mai a conflitto, perch in ogni singolo solo, l'interesse sempre un il dovere sempre un

vili.

LA FILOSOFIA E LA DESCRITTIVA PRATICA


del

85

solo,

quello

caso

dato;

che

non c' una


il

morale
privato

privata e un'altra pubblica, perch nell'uomo


e
il

cittadino, le relazioni famigliari o d'amicizia e quelle

della

vita politica, sono

inseparabili e indistinguibili;

che ogni
e nel

uomo

buono
si

e cattivo, inoffensivo e delinquente,


il

cosiddetto delinquente ci dev'essere anche

non-

delinquente, se gli

d nome
fa

di

uomo;

che

ogni pena

pena di morte, cio

morire qualcosa, ed impossibile


il

trovare la distinzione netta tra


cere, sottraendogli
fisica,

chiudere l'uomo in cardi vita

un pezzo pi o meno grosso


delitto,

e l'impiccarlo o fucilarlo, col sottrargliela tutta;

che l'omicidio come omicidio tanto poco


guerra
la
si

che in

ha

il

dovere
il

di

compierlo

che,

parimente,

menzogna, ossia

tacere ci che
al

si sa,

tanto per s

innocente che nessuno


liere,

butta fuori tutto ci


si

mondo, salvo uno sciocco ciarche sa; e, ove si ammetta che si


nell'

possa e

debba
si

tacere, cio lasciare

inganno

gli altri

col silenzio (che pure eloquente),

non c' ragione

di

non

ammettere che
eloquente),
e
coi

possa ingannarli con la parola (spesso


si

meno
letto,

come

fa coi

bambini, per mandarli a

malati, per
il

confortarli;

si

che, infine,

il

suicidio

biasimevole non

fatto materiale del

simo della vita

fisica (cosa

che

privare s medeadempie senza biasimo,

anzi con lode e gloria, da coloro che sagrificano s stessi

ad

altri

nelle guerre, nelle epidemie, nei

pericoli

di

ogni

sorta, e

da chiunque consumi

la

propria forza vitale in

un'opera degna);
In
tutte

ma

l'uccidere in s la vita morale.

queste risposte risolutive non abbiamo fatto Fraintendi'

dire al nostro

anzi gli

immaginato filosofo nessuna sciocchezza, e Vf*P"" " tedeifilosoh. abbiamo messo in bocca cose che crediamo tutte
sti-

giuste e inoppugnabili e che professiamo noi stessi, e

miamo che
filosofo,

bisogni professare contro coloro che distorcono


quesiti

a significato filosofico

d'altra

natura. Senonch

il

che offre quelle soluzioni agli empirici disputanti,

86
fa

l'attivit pratica nelle sue relazioni

come quegli
che non
si

che, ascoltando

un discorso

in

una lingua

a lui poco nota, dia una risposta sennatissima per s stessa,

ma

lega col discorso del proponente. L'empi-

rico, guidato

dal

buon senso, potr

replicare,

come

nella

vecchia opera
gliato dalla

buflFa

dell'abate Casti,

re

Teodoro, trava-

povert, replica a chi gli ricorda le sventure

gi patite da Mario, da Temistocle e da Dario:


Figliuol mio, codeste istorie
le so ben, le

ho

lette anch'io;

ma

vorrei, nel caso mio,

non istorie, ma danar.


Significato Btonco delle
questioni anzidette.

Danaro; ossia moneta spicciola da spendere nelle situazioni


^j-

storicamente date, per orientarsi in esse: perch ^ ^ tutte quelle questioni non hanno significato universale, ma
f^^^^Q
'

'

sono surte da problemi

politici e individuali, ai quali ser-

vono

debbono

servire. Certamente, in astratto, esse sono


il

insolubili; e

questo

difetto,

o meglio la natura delle


soluzione

questioni empiriche, le quali, se comportassero


rigorosa,

non sarebbero pi empiriche

ma

speculative. Per-

ci stolta cosa

discuterle filosoficamente,

come

si

vede

nell'esempio cospicuo di certi quesiti casistici (l'omicidio


dell'ingiusto aggressore, la
trattati

menzogna,

l'incesto, ecc.), che,

da quasi

tutti

filosofi, si

sono trascinati per secoli


li

nelle discussioni

di Etica, e ogni secolo


si

ha

lasciati

al

punto stesso in cui


se

trovavano nel secolo precedente. Ma,

non

risolvere,

si

possono almeno proporre in termini

astratti,

come

astratta

l'esercitazione militare e

la finta

battaglia, che tuttavia serve in qualche

modo

alla

guerra
si

realmente combattuta.

E non

solo si

possono

ma

deb-

bono avere in mente, per risolvere pi facilmente i casi concreti, non identici certamente, perch non si danno casi identici, ma pi o mono simili o che comportano perci soluzioni pi o

meno

simili.

Si pu

abolire la guer-

vili.

LA FILOSOFIA E LA DESCRITTIVA PRATICA


si

87

ra? Questa domanda


categoria dialettica
di

riferisce
>,

non gi all'abolizione della


alla possibilit o

guerra

ma

meno
navi

evitare

nel

secolo ventesimo, e
si fa

nei

paesi

di

Europa,
le

quella empirica guerra, che

coi

cannoni e con
si

corazzate; che costa miliardi, quando non


di miliardi,

fa,

e decine

quando

si

fa; e

da cui

il

vincitoi'e stesso esce

spossato e vinto. S'intende bene che una qualche forma


di

guerra continuer sempre, perch

la

guerra insita alla


si-

vita.

Si

pu abolire
se
si

la

propriet privata? Ci non


all'

gnifica

domandare

possa impedire
il

individuo d' im-

possessarsi delle cose, di far suo


gli

cibo o le materie che

occorrono per vestirsi o per costruirsi una casa;

ma

se
la

sia possibile,

con vantaggio della civilt umana, variare

proporzione, che vige ora, tra produzione con capitale pri-

vato e produzione con capitale collettivo, col dare a questa la prevalenza su quella.

via discorrendo, perch sa-

rebbe fastidioso, sebbene non malagevole, andare frugando


tutti
i

problemi storici che giacciono sotto ciascuna delle

ricordate formule.

Ancora:

col

vietare

assolutamente la

menzogna come cosa indecorosa e degradante, come tale che recide il legame della comunanza umana e della reciproca fiducia, come il vizio (diceva lo Herbart) che ha la
speciale efficacia di ribellare contro di s tutte e cinque le

idee morali,
libert

giustizia,
si

benevolenza, equit, perfezione

e
si

interna,

vuol colpire ci che comunemente


,

chiama
pere e

menzogna

ma non

gi sostituire con quel detto


il

r indagine
il

di carattere speculativo circa

rapporto tra

il

sa-

far sapere, tra l'atto teoretico del pensiero e l'atto

pratico della comunicazione agli altri individui.

La

proibi-

zione del suicidio


la

si

riferisce ai suicidi per

egoismo, che sono

forma pi frequente; ed vano perci scambiarla col rapconserva merc

porto universale tra vita e morte, e con la proposi/ione che


la vita si

delinquente stata

La concezione dell'uomo benefica a scuotere i pregiudizi comuni


la

morte.

88

l'attivit pratica nelle sue relazioni


di

circa Tefficacia

certe

leggi

pene applicate a certe

classi d'individui, portati al

delitto

come da
o

incoercibile

tendenza naturale. Invero,


formati, con le loro virt e

la

saggezza della vita c'insegna

a prendere di solito gl'individui


i

come sono

come

si

sono

loro vizi, senza pretendere di

raddrizzarli violentemente e di rifarli da cima a fondo,

ma

adoperandoli nel miglior


ciet:
il

modo

pei fini

nostri o della so-

che non vuol poi dire che


se per opera

essi siano entit fisse,


alle

che ciascuna di quelle classi sia eterogenea rispetto


altre.

di

una

superficiale

e
si
il

positivistica
fa

filosofia ci

accade, e dell'uomo delinquente


,

un essere

naturale

come

si

suol dire confondendo

naturalistico

col naturale e ipostatando quel procedimento gnoseologico,


si
2.

ha ragione
Per
altro,

allora,

ma

solo allora, di reagire, negando.

La

fai-

quelle soluzioni di filosofi che

s'immaginano

questioni empiriche perch le annullano o ^ r r dell empirico dal filosofico, ne prescindono, non rappresentano ancora il peggio nel fatto
(

sa

ertuzione

^. j.igQiygi.e

jg

delle usurpazioni della filosofia sull'empiria.

Quel frainten-

dimento, quella durezza di orecchio pu essere indizio di

animo

cosi

energicamente rivolto agli universali da non


peggio, ossia la maggiore confusi

saper dare attenzione ad altro, e perci pu avere perfino

qualcosa di simpatico.
sione e stortura,
stioni empiriche,
si

Il

ha quando

entra in mezzo alle que-

Affermazioni
ontin
nt
In
fi-

non per annullarle, ma per risolverle filosoficamente, prendendo in esse partito. Questo proposito non S pu eseguire o tentare se non concetti empirici a concetti rigorosi e ^^ "appoggiare
i

mutate

filosofici,

e confondere gli uni

con

gli

altri

per virt di

loBofemi.

giuochi di pensieri e talora di parole, di sinonimi e di omonimi, e pronunziare in


trarie,
Il

nome

della filosofia soluzioni arbi-

che solamente

il

capriccio o l'interesse suggeriscono.


filosofia

che corruttela cosi dell'empiria come della

stessa.

Non paghi

di

l'ar

seguire ai concetti
si

filosolci della

pratica le classi pratiche,

cerca allora di dedurre queste

vili.

LA FILOSOFIA E LA DESCRITTIVA PRATICA


ed ecco che
si

89
i

da
le

quelli;

fanno derivare

le

virt e

do-

veri dal concetto universale di attivit pratica morale con


divisioni d'interno ed esterno, di parte e
tutto,

d'in-

dividuo e societ, che sono concetti

di relazione,

epper

non

divisibili e

non capaci
Ovvero,
la quale,

di servire

da fondamento a divi-

sioni empiriche.
titesi e sintesi,

si

ricorre alla triade di tesi, an-

costituendo unit, inadatta an-

ch'essa a servire da fondamento divisorio. Ovvero, secondo


le

tre

facolt, si

dedurranno

le

virt morali

come

virt
o,

della rappresentazione, del

sentimento e del pensiero;


e della

secondo

le

due

dell'intelletto

dianoetiche ed etiche:

come quasi che fondamento di una


volont,
il

virt
divi-

sione del pratico possano essere

teoretico e
per

il

pra-

tico insieme.
tutti falsi,

concetti empirici diventano


si

tal

modo

laddove, quando

serbi loro

il

genuino caratn
veri.

tere, tali

non sono, perch non sono n


e'

falsi

Non

tesi

assurda, che non

si

possa con
filosofi

siffatto

me-

todo difendere. Tutti sanno che vi ha


e democratici, libertari
sti,

aristocratici

e autoritari, anarchici e organicipacifisti,

socialisti e antisocialisti, bellicosi e

femminiil

sti

e antifemministi; e ve ne ha che
il

propugnano

diritto

a mentire,
il

diritto al suicidio,

il

diritto alla prostituzione,

diritto

all'incesto, o, facendosi provveditori del patibolo, di morte. Soluzioni

la

pena

che possono essere anche

in

casi determinati

e singoli giustificate

politicamente e mo-

ralmente, o per contrario razionalmente ingiustificabili nel

caso singolo e propugnate solo per passionalit, malvagit o


pregiudizio; ma, nell'una e nell'altra ipotesi, estranee alla
filosofia,

e in questa tanto false

da riuscire odiose, come

odioso ci che
ragione,

s'impone non gi con l'intrinseca sua


e fraudolento.
la ribellione

ma

in

modo subdolo

Questa odiosit giova a spiegare


manifestata molte volte contro
la
i

che

si

Ragioni
'*
'

dei-

concetti e le regole morali, "


i

"demone

contro le regole.

quale (insieme con quella contro

generi e

le

regole

let-

90

l'attivit pratica nelle sue relazioni

terarie e con altre della stessa sorta) rientra nel pi vasto

moto

di ribellione contro la filosofia empirica o empiriciz-

quando quei concetti e regole sono presi per s, ribellione non possibile, perch essi non esercitano alcuna pressione e si mostrano docili al cenno della mente che li ha foggiati; ma diversamente accade quando diventano rigidi e filosofici o, come si dice, assoluti, e come
zata. Infatti,
tali

pretendono
di giudizi.

sostituirsi

alla

filosofia

e valere da prin-

cipi

Senza dire che nella sforzata unione dei


regole ha trovato incentivo la falsa idea

filosofemi
di

con

le

un

filosofare circa la pratica


o,

che sia esso stesso pra(Etica normativa, ecc.).


filo-

tico,
Limiti tra
filosofia

come

si

dice,

normativo

Col prendere partito nelle questioni empiriche, la


sofia

ed

empiria.

perde queste e s medesima, perch perde


empiriche perdono s medesime e la
le loro classi

la

sere-

nit, la dignit e quella utilit


le discipline

che alci intrinseca; come


filosofia

quando
cetti,

si

arrogano di filosofare con

che non

sono categorie, coi loro pseudoconcetti che non sono concoi loro generalia

che non sono universalia. Anche


la salute,

qui nella distinzione

perch l'osservanza della

distinzione rende possibile, essa soltanto, la benefica coo-

perazione.

IX
ANNOTAZIONI STORICHE

u.na

storia

della

teoria

generale

della

Pratica

ansi

cora da scrivere, sebbene se ne abbiano parecchie che


riferiscono alla teoria particolare dell'Etica. Il

modo

in cui

quella esposizione storica dovrebbe essere condotta discende


dalle dilucidazioni teoriche che

abbiamo date disopra;


e,

ma
per

qui non possibile offrire di essa neppure un rapido compendio, onde


ci

restringeremo ad alcune avvertenze,

alcuni problemi della Pratica che sono stati investigati pro-

fondamente

almeno

assai dibattuti (non pochi altri sono

nuovi o quasi), aggiungeremo qualche ragguaglio storico

come per orientamento


I.

e ricordo.
i.

storia
si

Una prima avvertenza da non trascurare tocca la del vario riconoscimento o sconoscimento che
fatto della

Distinzio-

"^^'^ /'o""!*
del principio

dello spirito. *^

ragion pratica rispetto alle altre forme Non bisogna confondere, come talvolta ac"
'

pratico esto''""j''* ''|'-

caduto,

questa

storia,

che potrebbe

dirsi
il

del

principio
intri-

razione dal trascenden'*

pratico , con l'altra avente per soggetto

lungo e

cato dibattito che mosse dall'antitesi di sant'Agostino con

Pelagio (e forse addirittura dall'opposizione tra

il

mistici-

smo platonico

l'umanesimo

aristotelico) e, attraverso conil

trasti consimili rinascenti

lungo

Medioevo e

gli inizi dei

tempi moderni, culmin nella

lotta,

combattuta segnata-

92

l'attivit pratica nelle sue relazioni


la

mente nel secolo decimosettimo, per


Per
effetto di siffatta

indipendenza della

morale e della ragion pratica in genere dalla religione.


confusione
il

racconto delle varie

vi-

cende

di questa lotta

prende nelle storie speciali dell'Etica

spazio maggiore e posto diverso da quello che gli spetterebbe. Perch esso non concerne un problema propriamente
etico o pratico,

ma

quel generale movimento

filosofico

che

condusse

alla

progressiva eliminazione del trascendente e


:

fond la considerazione immanentistica del reale condizione


necessaria alla concepibilit stessa della
filosofia.

In ci fu
lo

l'importanza grande della


pratico e morale dell'uomo

tesi
si

(pelagiana)

che

spirito
alle

riveli costante in

mezzo

pi varie e opposte credenze religiose; cio, in ultima analisi,

che esso sia indipendente dalla religione e conoscibile


rivelazione e naufragare nel mistero. Si
il

naturalmente e umanamente senza bisogno di ricorrere


all'autorit

della

suol dire che nel secolo decimosettimo

libero pensiero

riport

definitivamente, su questo punto, la vittoria cosi


;

ardentemente contrastata
i

al

qual proposito

si

ricordano

nomi

dello

Charron, del Grozio, della Spinoza e di Pie-

tro Bayle, e, si

potrebbe aggiungere, del Vico, che con-

cep in

moralit

modo immanente la Provvidenza e consider la come nascente da un senso comune a tutti gli
,

fon, da un giudizio senz'alcuna riflessione damento del diritto naturale del genere umano. Ma qui veramente il caso di parlare di definitivo ? Sempre che

uomini

l'idea del

trascendente ricompare, sia pure nella timida


della

forma dell'agnosticismo, ^'autonomia


(e

ragion pratica

di

tutto

lo

spirito

umano)

negata o

almeno rimessa
soli,

in
cui.
il

questione. Di che bastino due esempi

ma

cospi-

Non essendo Emanuele Kant pervenuto


e

a superare

mistero

rimanendo perci
l'

il

principio della

ragion

pratica da lui formolato,

imperativo categorico, sospeso

nel vuoto, esso, in quel vuoto, richiam intorno a s la

XI.

ANNOTAZIONI, STORICHE
in

93
vita fu-

fede in
tura,
vita

un Dio personale e
la

una trascendente
felicit,

che concili

virt

la

dissidenti

nella

terrenamente vissuta. Bast insomma


il

la particella di

mistero, che

Kant

lasci sussistere

nel suo sistema, a

offuscare quell'autonomia della ragion pratica e quel concetto

della

produttivit

spirituale,

che egli aveva


e
forse

affer-

mato con tanta energia. Altro esempio,


pi significante,
dato
dall'etica

anche

che

prevalse per tre

secoli nella scuola inglese,

etica utilitaria e perci impo-

tente a fondare davvero la

ragion

morale;

dalla quale

impotenza, sentita come

tale,

consegui la

rinnovata in-

troduzione del mistero, ossia la spiegazione dell'obbligazione etica per mezzo dell'idea di un Dio personale,
il

che non ripugn a teorizzarsi nella forma del cosiddetto

utilitarismo teologico

In codesta teoria,

le azioni

morali

che nella vita terrena non ricevono adeguato compenso e

sembrano utilitariamente ingiustificate e gono compensate da Dio in un'altra; e in

irrazionali,

ven-

ci trovano l'eco-

nomico motivo
Nella
parte
ci

della

loro

esecuzione

nella vita

terrena.

pi propriamente teorica del presente libro


si

non

siamo occupati della controversia, che

affaccia

gi niV Eutifrone, se la santit sia amata


santit, o se sia santit

dagli di perch

perch amata dagli di*; la quale

nel Medioevo

si

trasform nell'altra, variamente risoluta


la
in-

da Abelardo, Tommaso d'Aquino e Duns Scotus: se X^g^Q morale sia posta dall'arbitrio divino, o se non
legge morale.
di pratica e

vece l'idea di Dio coincida di necessit con l'idea della

Non
non

ce ne siamo occupati, perch trattiamo


antiteologia, e

di teologia o di

conside-

riamo

il

contrasto tra filosofia e teologia gi risoluto e

superato nella teoria della conoscenza.

per la medesima

Euiipkr.^ 10.

94

l'attivit pratica nelle sue relazioni

ragione ci sembra che la storia di essa non spetti in particolare alla Storia della Filosofia della praticai
II.

La

distia

II.
'^

La

Storia vera e propria del principio pratico con-

zione della
pratiea dalla
teoria.

(jgpj^Q nella
tit

sua autonomia, e del problema circa l'iden^ o la distinzione della pratica dalla teoria, mostra diversa
Socrate, che la virt conoscenza e la
alle correzioni
essi,

linea di svolgimento. Si suole far risalire questo problema


ai celebri detti di

malvagit ignoranza, e
accettandoli, propose in

che Aristotele, pur


la

notando

parte che spetta

all'elemento non conoscitivo. Ma,


altri casi,

come

accaduto

anche in

quei detti e quelle correzioni sono stati resi forse

pi profondi di quanto genuinamente fossero e potessero


essere; la qual cosa, se

terpetrazione storica,
siero.

non ha giovato all'esattezza dell' inha pure stimolato e fecondato il peni

Leggendo senza preconcetti

luoghi relativi dei Me-

morabili., dei dialoghi platonici,

eW Etica
il

nicomachea e dei
essi
lo

Magna
si

moralia, appare evidente, che


affatto

problema che in

agita quello

empirico dell'importanza che

svolgimento mentale ha per la vita pratica, e se per la pratica basti


il

sapere o non occorrano altres certe disposizioni

naturali e la disciplina degli affetti.

a Socrate, che aveva

dato risalto all'elemento del sapere concependo la virt

come conoscenza (Xyog), Aristotele rispondeva, temperando, che la virt non gi. semplicemente conoscenza, ma
con conoscenza (nera
siderazioni
certo
si

^you). In

queste assai ingenue con-

pu trovare
il

tutt'al pi implicito,

ma non

di

esplicito,

problema della unit e distinzione che


e sarebbe perci assai arri-

fa posto soltanto pi tardi;

schiato far di Socrate un intellettualista e di Aristotele un


volontarista. Certo che la filosofa aristotelica, d'accordo

La

storia dell'affrancamento dell'Etica dalla Beligione fatta


dal Joi>l,

con speciale cura

Oeach. d. Ethik ala philoa.

Wissenach,,

voi. I* (Stoccarda-Berlino, 1906).

XI.

ANNOTAZIONI STORICHE
la distinzione tra le

95

col

buon senso, serb

due forme
la

dello
:

spirito, la teoretica e la pratica, la

conoscenza e

volont

distinzione passata anche nella filosofia scolastica [ratio cognoscibiUs, ratio appetihilis) e in quella della Rinascenza,
ina

che ebbe nei tempi moderni varia vicenda, talvolta


tal'altra

rafforzata,

invece attenuata e quasi

abolita.
i

Si

attenu e quasi dilegu in coloro che concepirono


cipi

prinalle

della

pratica

come qualcosa
si

di simile o

analogo

verit matematiche
e
si

(Cudworth, Clarke, Wollaston,

ecc.);

riaff'erm

sempre che

dette importanza agli affetti

e alle

passioni,

come accadde presso

molti pensatori del

secolo decimosettimo (Bacone, Cartesio, Spinoza, Vico), e


altres

nelle dottrine dei sentimentalisti (scuola scozzese).

A
la

questa tradizione, piuttosto che a quella intellettuali-

stica, si

congiungc

in certo

modo Emanuele Kant,

col quale
di-

ragion pratica ottenne un dominio proprio, affatto

stinto e quasi antitetico rispetto al

dominio della teoretica.


si

successori del

Kant furono, come


solo
il

suole presentarli,

obliosi della ragion pratica e risolventi ogni atto spirituale

nell'atto teoretico.

Non

Fichte,

ma

anche

lo

Hegel ebbe
solito
il

fortissima coscienza della peculiarit dell'attivit pratica,

sebbene con concordia pari all'ingiustizia venga di


accusato e screditato come freddo intellettualista;

che

quanto

sia

falso

si

pu vedere,

tra l'altro, dalla

ferma e
asse-

insistente opposizione che egli fece alla dottrina di Platone

e di altri pensatori (per es. del Campanella) onde

si

gnava il governo degli Stati ai filosofi: dottrina nella quale sembrava concretarsi la risoluzione dello spirito pratico nel
teoretico, della volont nella conoscenza.

Per

lo

Hegel, in-,

vece,

il

terreno

della

storia diverso da quello della

filosofia; la storia
in

, si, l'idea,

ma

l'idea che

si

manifesta

modo naturale

il

non

inconsapevole: il genio filosofico genio politico. N va dimenticata l'importanza


e
si

che egli dava alla passione, al costume, a ci che

chiama

96
il e

l'attivit pratica nelle sue relazioni

cuore
lui,

si

suole opporre al cervello e ai ragionamenti.


il

Per

la

volont non
il

pensiero,
si

ma un modo

spe-

ciale del pensiero:

pensiero che

traduce nell'esistenza,

l'impulso a darsi esistenza. Laddove nel procedere teoretico


lo

spirito

s'impossessa dell'oggetto e

lo

fa

suo pensi

sandolo, cio universalizzandolo, nel procedere pratico

determina e pone anche una differenza, che consiste per


altro

nelle

sue stesse determinazioni e

fini.

Il

teoretico

contenuto nel pratico, non potendosi dare volont senza


intelligenza,
tico,

ma,

d'altro canto,

il

teoretico contiene

il

pra-

perch pensare anche operare. Lo Hegel, insomma,


il

procura
carli

distinguere

il

pratico dal teoretico

di unifigli

serbando la distinzione ^ Non del tutto chiaro


il

forse (nonostante

suo concetto che la storia sia


il

l'

idea in

modo

naturale e inconsapevole)

carattere irriflesso del

volere, e

avere dato risalto a questo carattere, sia pure

nella forma esagerata e inaccettabile della volont cica e

inconsapevole, pregio dello Schopenhauer;


^

il

quale, per

altro,

non che essere per questa parte un


al

solitario, si riat-

tacca a tutta la filosofia kantiana e post-kantiana, e segna-

tamente

Fichte e allo Schelling, che riconobbero alla

volont un ufficio eminente.

m.

I miscu-

in.
pirici e

Il

miscuglio dei concetti


le regole vizio

filosofici coi

concetti

em-

fl''d'n*'**r

con
di

comune a quasi
altamente

tutte le trat-

ticaediDe- tazioui
crittiva.

Filosofia della pratica, a cominciare dall' JS^ica


filosofica

nicomachea, la quale, pur


punti, nella sua

in

alcuni
storia

maggior parte piuttosto che della

dell'Etica potrebbe mettersi a capo di quella dei libri dei


moralisti e precettisti. Questo carattere empirico riconobbe
l'autore stesso, scrivendo n? 6
xai o(ni dxQiP); q>eXei XveoOai
jteol xdiv
*.

nQaxx&v

A-yo?

xvnq^
il

in essa

anche apparo

Phil. d. Recda, % 4, Zu.\ Oeach. d. Philos., Il, pp. 66, 169.

EUi. Nicom., 1108.

IX.

ANNOTAZIONI STORICHE

97

pregiudizio che la filosofia pratica debba essere rivolta alla


pratica:
ejtel

oijv

r\

;T;aQoi5oa

jtQaYjAateia

ov QeioQiaq evexd anv


f|

oomQ al aXKav ov yg iva etS^tev


XX'iv'aYaOol
yivcf-ieOa, jtel
i

ti ativ
fjv

peTT) oxenT|XE6a,
*.

ovv &v

otpzkoq avTfjg, ecc.

Dal-

rempirisrao neppure

maggiori pensatori dei tempi moderni


Il

vanno

al

tutto

esenti.

Kant,

il

quale riconobbe che la

partizione e la
alla Critica della

trattazione

dei doveri

non appartengono

Scienza

(e

con ci avrebbe dovuto esclu-

derle dalla filosofia, che sempre critica), le

rimand a

quel che chiama

il

Sistema

(e

che

in

verit, l'Asi-

stema)*; e scrisse la Metafisica dei costumi, divisa nella


dottrine del Diritto e delle Virt.
Il

Fichte, nel suo Sistema

d Elica, fece seguire alla parte teorica la parte applicata.

Lo Hegel
della

svolse

la dottrina

dei doveri nella terza parte

sua Filosofia del

diritto,

che s'intitola dall'Eticit

(Sittlichkeit).

L'Etica dello Herbart intrinsecamente de-

scrittiva,

professando l'autore medesimo di voler sempli

cemente
le

descrivere

l'

ideale della virt

e in

fondo

cinque idee pratiche, ch'egli assume come principi, non


classi di virt assottigliate a idee. I trattati

sono se non

odierni sono riboccanti di elementi empirici,


dersi

come pu ve-

da quelli

inglesi del Seth e del

Ladd, e dai tedeschi

del Paulsen, del

Wundt

e del Cathrein. Talvolta alla clas-

sificazione empirica dei tipi e degli istituti pratici si unisce, in

questi

trattati,

un elemento

storico pi concreto:

per

es., il

Cathrein, gesuita ammodernato, espone a lungo le

concezioni e istituzioni morali non solo dei popoli civili antichi


e moderni,

ma

anche dei selvaggi dell'Oceania, dell'Asia,


degli ottentotti e

della Cocincina,

boschimani, dei boto-

cudi, e via dicendo. Sopravvivono, inoltre, in codesti trat-

Ivi.

2
3

Kritik. d. prakt.

Vem., ed. Kirchmann, pp.


Hartenstein,
p. 107.

7-8.

Allg. prakt. Phil., ed.

B. Crocr, Filosofia della pratica.

98
tati
le
si

l'attivit pratica nelle sue relazioni


questioni casistiche;

come

quella

se

in

quale

caso

possa mentire, la quale ha rappresentanti insigni


dei Memorbili fino al
alle varie

nella storia delle idee, dal Socrate

Kant

e allo
della

Schopenhauer
scoli
al

*.

11

Kant aggiungeva

sezioni

sua Metafisica dei costumi

le questioni casi-

stiche, quasi
si

sistema ed esempi del

modo

in cui
*.

deve cercare

la verit delle questioni particolari

Vani tentatiri di defi-

Ma ben
gnapirici ^

pi che questa inclusione indebita di concetti

destano interesse gli sforzi dei filosofi antichi e ^ licione dei concetti em- moderni a definirli rigorosamente, o a modificarli e sempirici.

plificarli,

ovvero, infine, a dedurli razionalmente. Grande-

mente
tonici,

istruttivi,
il

per questo rispetto, sono


il

dialoghi planei quali


si

Carmide,
definire
la

Lachete,

il

Protagora,

cerca

di

sofrosine, l'andreia

e le altre virt,

si pervenga ad alcun risultato preciso, o, piutgiungendo a questo, contradittorio, che ciascuna di esse virt tutta la virt, laddove dovrebbe esserne

senza che
tosto,

una parte

sola.

Nella

Repubblica,

s'indaga

il

rapporto

delle quattro virt, o pi esattamente di tre di esse, pru-

denza, temperanza e fortezza, con la giustizia, che ne costituirebbe

come

il

fondamento e
virt
tra

l'unit.

Da

tali dibattiti

nacque

l'aff'ermazione, che si trova

anche

in Cicerone, della

inseparabilit delle

loro: < virtutes ita copulata}


sint, nec alia

connexcBque sunt, ut om.ne8

omnium participes
i

ab alia possit separavi


nica
altri
si

*^. Il

tormento dell'indagine platodefinitori delle virt e degli

rinnova presso
empirici,

tutti

concetti

perch,

fermata

dopo molte
si

fa-

tiche
poi

una definizione che sembra soddisfacente, sempre che quella definizione o troppo stretta o
scopre

Memor., IV,
d.

Grundl.

e. 2, g 14-16. Ancora a lungo, lo Schopknmaukk, Moral, in Werke, ed. Grisebach, 111, pp. 603-7.

Melaph}/H. der Sitlen, ed.

Kirohmann,

p. 248.

De

finibua,

V,

e. 28.

IX.

ANNOTAZIONI STORICHE
definizione data dal

99

troppo larga. Per


(Fichte,
essi, nel

es., la

Kant

da

altri

Schopenhauer) dell'egoismo, consistente, secondo


considerare gli
altri

individui

come mezzo e non

come

fine,

non definizione dell'egoismo


la

ma
Lo

di qualsiasi

forma dell'immoralit,
delle

quale abbassa a mezzo delle prostesso


si

prie voglie lo Spirito, che dev'essere fine.


definizioni

dica

che

il

Fichte porge dei doveri inerenti


i

a questa o quella condizione e stato:

doveri, che egli as-

amare la verit, comunicarla agli altri, rettificare gli errori, promuovere la cultura e via dicendo ^ incombono non al solo dotto, ma a ogni uomo. N fortuna
segna
al dotto,

di

migliore tocca ai semplificatori nei loro tentativi di ridurre


il

esclusi

numero dei hanno


che

concetti empirici, perch


diritto
al

concetti da essi

riconoscimento n pi n
lo

meno
^,

degli altri

essi

accolgono. Per esempio,

Schopen-

hauer, allorch rigetta la classe dei doveri verso s stesso

dovrebbe rigettare anche quella dei doveri verso


gli
altri

gli altri
si

stesso

sono termini correlativi, n


e malevolo a s stesso,
e, se

pu

esser benevolo agli altri

giusto

verso gli
dire che
si

altri e
il

ingiusto verso s stesso;


stesso

poi si vuol

empirico non oggetto di dovere,


gli

deve rispondere che neppure

empirici

altri

sono

oggetti di dovere,

ma

tale

solamente quello Spirito, che

Reagendo contro i semplificatori e gli come lo Herbart, hanno mantenuto r indeducibilit delle virt o dei doveri da un principio unico; vale a dire, hanno accolto quei concetti atomisticamente, lasciandoli nelle loro filosofie come qualcosa
in tutti e crea tutti.
unificatori,
altri
filosofi,

di

non

digerito

d'indigeribile,

come

corpi estranei. Se
la conse-

ci avessero

apertamente riconosciuto, traendone

guenza legittima, ed escluso quindi quei concetti dalla

System der Sittenlehre, 29, in Werke, IV, pp. 346-7.

Grundl. d. Moral, ed.

cit. Ili,

pp. 506-8.

100
filosofia,

l'attivit pratica nelle sue relazioni

avrebbero contribuito davvero a semplificarla e


merito di aver dichiarato che la Filosofia
in

a unificarla, rendendola omogenea. Pure, allo Herbart spetta


in questa parte della pratica
il

non

grado

di risolvere tutti

casi che

si

presentano nella vita, e che bisogna fare sempre assegna-

mento

sul responso del cuore e sulla delicatezza del tatto

personale;

onde, se

il

Kant serbava ancora nell'Etica

le

questioni casistiche, con la pretesa di risolverle razional-

mente,

lo

Herbart mostrava che in esse mancano

le deter-

minazioni che veramente importano nei casi

reali,

e che

perci sono di solito questioni o senza significato o insolubili in

generale {entweder gar keine Fragen, oder im Allge*.

menen unaufloslich)
Tentativi
di

Dello sforzo di connettere la parte empirica dei trattati

dedazione.

con

la parte filosofica e

dedurnela

offre

esempio gi

la par-

tizione aristotelica delle virt in dianoetiche


la

ed

etiche,

con
il

conseguente determinazione di ciascuna virt merc


(\ieaTr\g)

concetto di mediet

tra

due estremi.

Ma

la

siste-

matica aristotelica, che


br ad
di virt
si

si

prolung nella Scolastica, sem-

altri (allo
>
,

Schleiermacher) nient'altro che

mucchio
onde non
rispetto

senza regola alcuna e senza certezza

cess dal tentare nuove classificazioni e nuove deduzioni.

Il

Kant riconosceva che


ai

l'obbligazione etica, cio

il

verso la legge, qualcosa di unico e indivisibile, e che per

giungere da essa
plici,

doveri o ethica
la

officia,

che sono molte'^.

fa

d'uopo introdurre
si

considerazione degli oggetti

qui egli

sarebbe dovuto arrestare, perch sono


infiniti
;

gli oggetti

hanno

infinite determinazioni, ossia

onde l'enu-

merazione, divisione e deduzione dei doveri era da dire


senz'altro, in forza dei suoi
possibile. Invece,

medesimi enunciati, cosa im-

con un salto non sappiamo quanto logico,

Allg. praU. Philos., ed. Hartenstein, pp. 29-80.

Metaphy. d. SiUen, pp. 247-8.

IX.

ANNOTAZIONI STORICHE

101

egli pass dalla generale obbligazione etica alla partizione

dei

doveri in due grandi classi: dell'uomo verso l'uomo,

e dell'uomo verso esseri non-umani; la prima delle quali

suddivise nelle sottoclassi dei doveri verso s stesso e verso


gli altri

uomini, la seconda dei doveri verso


gli

gli esseri di

sotto

all'uomo (animali) e verso

esseri di sopra a lui

^ La stranezza di codeste divisioni, che talvolta sfiorano la comicit, pu gi osservarsi in compendio nella prima classe dei doveri verso s stesso suddivisi alla loro volta in doveri verso s stesso come animale o essere fisico, e verso s stesso come essere morale: quasi che 1 doveri umani non si riferiscano sempre alla spiritualit e possano mai concernere la fisicit e l'animalit. Sotto il primo aspetto, essi si tripartiscono nel dovere della propria
(Dio)
,

conservazione,

il

quale

si

viola col

suicidio, col lasciarsi

castrare (per cantare

da soprano, come

allora

si

faceva, al

San Carlo

di

Napoli o all'Opera di Berlino!), col lasciarsi


la po-

cavare un dente sano per venderlo (come fece dipoi

vera Fantine, nel romanzo dei Misrablesl)',


di

nel

dovere

conservare

la specie (violazione:

uso innaturale dell'im-

pulso sessuale!);

nel dovere di conservare l'uso delle pro:

prie forze (violazione ghiottoneria


si

!).

Sotto

il

secondo aspetto,

ha

il

dovere di conservare

la

dignit di

uomo
Il

(viola-

zioni:

menzogna, cupidigia, abiettezza,

ecc.)*.

vero

che

il

dovere di conservare la dignit di uomo comprende

in s

non

solo la classe, che stata posta

come prima,
doveri
tutti

dei

doveri verso s stesso,

ma

anche
la

gli altri
Il

verso

uomini, animali o di che siano.


difficolt,

Fichte ha sentore della

perch nota che


ci

coscienza quella che deter-

mina volta per volta

eh'

doveroso;

ma

soggiunge:

Metaphys,

d. Sitten, p. 251.

Op.

cit., p.

2hb sgg.

102

l'attivit pratica nklle sue relazioni


la scienza ci

Per

non basta: o noi dobbiamo poter dela

terminare a priori ci che

coscienza affermer in uni-

versale, ovvero confessare che un'Etica,

come pura scienza


di-

applicabile,

non

possibile

Il

secondo corno del

lemma
dizione,

era, per l'appunto, quello della verit;

ma

il

Fichte,
tra-

soggiacendo non meno del Kant alla prepotenza della


si

appiglia al primo, e divide

doveri in mediati

e condizionati (verso s stesso) e immediati e incondizionati (verso gli altri), e in generali e speciali (quelli delle

varie condizioni e

stati):

donde come

risultato di questo in-

crocio la quadripartizione dei doveri in generali condizionati, particolari condizionati, generali incondizionati e particolari

incondizionati.

Lo Hegel,
Vitxi

il

quale gi nei suoi

scritti giovanili

(come nella

di Gesii, di recente venuta

a luce), aveva negato valore assoluto alle


di conseguenza
la

virt , e negata

possibilit di collisioni tra esse, defini

bene

il

carattere affatto empirico di quella trattazione chia-

mandola, a cagione dell'elemento naturale e delle considerazioni quantitative su cui


si

fonda,

una

storia naturale del

mondo
cetto
di

spirituale

{eine geistige Naturgeschichte);

ma non
filoso-

avvedendosi della identit tra concetto di dovere e convirt, credette

ancora possibile una teoria


da lui svolta,

fica dei

doveri

^.

La quale

come
il

si

detto,

nella sezione dell'Eticit, con l'applicarle


tico

ritmo dialete col distin-

che proprio dell'universale

filosofico,

guerla in tre momenti: dello spirito naturale immediato,

che

la

famiglia; del dissidio, onde nasce la societ

ci-

vile; e della conciliazione,

che

lo

Stato.

Ma, nonostante
propriamente

l'esteriore

forma
si

dialettica, in ogni parte di codesta sezione

dell'Eticit

ritrova non

tanto

il

filosofo

Sy$Um cUr StUnUhre,


Philot. cUt

p. 208.

ReehU, %%

148, 150.

IX.

ANNOTAZIONI STORICHE
psicologo e
il

103

detto,

quanto

lo storico e lo

profondo e saggio

politico e moralista. Anzi, proprio nell'aborrimento contro


le

vacuit di una finta filosofia sta

il

valore di quella trat-

tazione, la quale, con piccole modificazioni di


raria, potrebbe essere presentata
lenti saggi storico-politici.

forma

lette-

come una

serie di eccel-

sul

Alcune proposizioni dello scritto Diritto naturale (1802 3) proverebbero che lo Hegel
*

inclinava a considerare la trattazione dei doveri e degli


istituti

di

come nient'altro che schematizzazione provvisoria un materiale storico e mutevole: pensiero che, a ogni modo, viene suggerito da tutto il sistema di lui. Tra i filoquel tempo, forse pi tenacemente di ogni altro
si

sofi di

travagli sulle classi empiriche per ridurle a forma filosofica


lo
soli,

Schleiermacher;

ma
con

con

effetti infelici

e scoprenti

da

dopo
delle

tanti sforzi,

le loro

contradizioni, l'impos-

sibilit

dell'assunto.
tre

Lo Schleiermacher vide

non vide
mise

l'unit

sfere dei beni, dei

doveri e delle virt;

onde

gli

parvero

tre aspetti dello stesso oggetto, e le

stranamente in rapporto di analogia con

le tre sfere del

mondo
titesi,

naturale, la meccanica, la chimica e l'organica.

anch'esso, partendo da

una doppia divisione

e doppia an-

di ideale e temporale e di

conoscenza ed esposizione
delle virt,

(Darstellen), giunse a

una quadruplice divisione


le

in

sapienza e amore, discrezione e perseveranza, che gli


quattro virt platoniche, della
e ygeia,

parvero coincidere con


(pQVTioig, ixaioavvT],

otoqjQOOvrri

o con le quattro

virt cardinali che ne derivavano; alle quali corrisponde-

rebbero

quattro doveri, del diritto, della vocazione, del'.

l'amore e della coscienza

Dopo

di che,

sarebbe superfluo

andare ricordando

sistemi etici della filosofia contempo-

Werke, voi.

I,
e.

pp. 323-423.
Syst. d. Sittenlehre {in

^i&VEntwurf

Werke, sez. Ili, voi. V); e

cfr. gli scritti raccolti in

Werke, III,

i.

104

l'attivit pratica nelle sue relazioni

ranea, non ragguardevoli neppure per l'ingegnosit delle


artificiose
IV. Questio-

deduzioni o per

la

grandiosit dei paradossi


i

*.

IV,

Il

copiosissimo elemento empirico e

tentativi di

varie.

filosofarlo,

che aduggiano
distratto
le

libri di Filosofa della pratica,

hanno

altres

menti dall'approfondire

pro-

blemi di vera e propria

filosofia ai

quali l'attivit pratica


storia di quei

d luogo. Cosicch quanto sarebbe ricca una


rebbe povera
Il

vani sforzi e di quelle errate costruzioni, tanto invece riuscil'altra delle speculazioni

intorno alla volont.


nell'atto voli-

problema dell'elemento teoretico che entra

tivo, ossia dello stadio teoretico della deliberazione,

non ha

ottenuto quello svolgimento che meritava, e che le importanti

pagine del terzo e settimo libro


la

dell' JS^ica

ncomachea

sembravano inaugurare. Anche


dizi
pratici, a

questione circa la prio-

rit del volere sui concetti dell'utile e del

bene e

sui giufilosofo;

mala pena toccata da alcun raro


Il

n la teoria herbartiana dei giudizi pratici suscit fervore


di

esame, di critica e di opposizione.

concetto del buon

volere e della buona intenzione, messo in forte rilievo dal

Kant, non discusso profondamente se non dallo Hegel,


del
diritto,

il

quale, nell' introduzione e nella seconda sezione della Filosofia


difficili

forse

il

solo

che s'interni in questi

problemi dell'intenzione astratta e concreta. L'altro

problema, della possibilit o meno di volere senza piena


conoscenza, non
pratica delTerrore.

fu,

dopo Cartesio e
si

lo

Spinoza, ripigliato
le

L natura mai in modo degno. In Cartesio


^^.^jg

trovano anche

pi

dell'errore. osservazioni intorno alla natura pratica ^


rifiutato

Dopo avere
si

come impossibile che Dio abbia dato


est-ce

all'uomo facolt alcuna nel suo genere non perfetta, egli

domanda:

D'o

donc que naissent mes erreursf


que la volont, etani beaucoup
la con-

Cest savoir, de
plus ampie
et

cela aeul

plus Hcndue que l'entendement, je ne

>

Per

es.,

F. Paulskn, System der Ethik^, Lipsia, 1906.

IX.

ANNOTAZIONI STORICHE
limites,

105

tiens

pas dans

les

mmes

mais que je l'tends aussi

aux
le

choses que je n'entends pas; auxquelles tant de soi in-

differente, elle s'gare fort aisment, et choisit le fatue

pour

vrai

et le .

mal pour
Gli errori

le

bien

ce

qui fait que

je

me trompe
due cause:

et

je pche

nascono pel concorso

di
;

la facolt di conoscere e la facolt d'elezione

car pour

V entendement

seul je n'assure ni ne nie aucune chose,


les ides

mais
vo-

je congois seulement

des choses que je puis assurer


Cartesio,
lui
il

ou nler*^. L'affermazione
lont; nel che forse lo

era, per

atto

di

sbaglio di

e di coloro che

l'hanno seguito in questa teoria (come


l'avere, cio, scambiato

Rosmini): nel teoretica,

l'affermazione, che

con

comunicazione, che pratica, e nell'avere considerate come appartenenti allo stesso grado la volont gela

nerica che nell'affermazione in forza dell'unit dello spirito,

e quella particolare,
alla

che nell'errore. Lo Spinoza


deterministica, volge

si

oppone

teoria

di

Cartesio sull'errore; ma, conforme


la

all'indole

della

sua

filosofia

sua

critica al solo
l'errore,

punto se

la volont

possa essere causa del-

laddove essa non altro che mera astrazione o


gli

ens rationis, sicch

errori o le particulares volitiones

non possono essere determinati dalla volont e

dalla libert,

ma

solamente a causis externis-. Oltre che dal Rosmini',


della

l'interferenza

volont
si

nello

spirito

teoretico

come

produttrice

dell'errore

trova affermata dallo Schleier

macher,
gli

il

quale scrive che


stessi,

il

il

volere quello che cela

uomini a s
volge
lo

perch

giudizio

non pu
*;

errare,

se

sguardo realmente a s stesso

e dal Baa-

Medit,,

IV;
i

e Rponses

aux 3mes

aux 5mes

object.

Epit., in Opera, ed. Gfrrer, p. 523.

3 Cfr.,

tra

vari luoghi, Logica, %% 278 sgg.

^7. d. diritto (Napoli,

1844), I, p. 50.
*

Monologen, in Werke,

I,

pp. 363.

106

l'attivit pratica nelle sue relazioni

der, che riduce francamente T incredulit a cattiva volont


Il

gusto pra-

e a corruttela morale ^ Circa

il

concetto di una forma im-

tico.

mediata di discriminazione pratica, indipendente dal giudizio intellettuale, da ricordare che pratica piuttosto che
estetica fu l'origine della dottrina del

gusto
^
;

nel Gracian
e che e
i

e in altri pensatori del secolo deciraosettimo


timentalisti

sen-

dell'Etica

(Shaftesbury,

Hutcheson,

altri)

erano portati a postulare un tatto o senso morale. Prima

che

lo

Herbart parlasse di un gusto


^),
il
i

morale
di

{sittUcher

Geschmack

Jacobi,

il

quale, meglio

altri,

scorse
scritto:

l'analogia tra

fatti pratici e quelli estetici,


,

aveva

La

scienza del bene

come
il

la scienza del
il

bello, sotto-

messa

alla condizione del

gusto, senza

quale non pu
Il

concludere nulla e oltre

quale non pu essere portata.


quello pel bello,

gusto pel bene viene formato, come

per

mezzo

di modelli di eccellenza
il

e gli atti originali sono semgenio, la natura

pre opera del genio. Merc


all'arte, sia all'arte

la regola

del bene e sia a quella del bello.

Ed

entrambe sono arti sare a meccaniche e porre a servigio


V. Le dottri-

liberali, che non

si

lasciano abbas-

dell' industria >*.

V. Che la parte rappresentata dalla parola

sentimento
si

ne 8ul senti mento.

nella storia della filosofia sia stata quella che

esposta

disopra, verr facilmente confermato dal ricordo di qualche


fatto e di

qualche nome. Si gi detto come con


coscienza
venisse
asserita,

la

parola

sentimento o con denominazioni analoghe (senso morale ,

simili)

partico-

larmente dalla scuola scozzese, la peculiarit della forma


pratica contro le negazioni o riduzioni pi o
lettualistiche.

meno

intel-

Al sentimento del dovere {Oeflhl der

Pflichi),

Ofr. JoDL, Oeich. d. Eth., II, pp. 181-2.

s
3
*

EttUica\

p. 209.

Ally. prakt. Phil., pp. 9-22.

Woldemar

(1779, 1794-6), in

Werke, V, p.

78.

IX.

ANNOTAZIONI STORICHE
il

107

o coscienza,
eticlie.

si

richiamava
ai

Jacobi nelle sue discussioni

Anche
si

giorni nostri contro le morali astratte e


fatto

imperative

valere (Simmel

e altri)
si

che la de-

terminazione pratica
teorica,

non

cosa che

ottenga per via

ma

prodotto di sentimento.

Il

motivo principale

dell'importanza data al sentimento nel secolo decimottavo


fu,

per altro,

il

problema

estetico,

come

si

vede dal libro


inglesi

del Dubos, dalle dottrine

dei sentimentalisti

(che

raccostano l'idea della virt a quella della bellezza, trat-

tando del senso morale e del

bello), e, infine della filosofia

del Leibniz e della scuola wolflana sulla

cognizione con-

fusa, che misero capo alla jEsthetica del Baumgarten.

woifiani.

questi ultimi e agli altri pensatori tedeschi che risentirono


l'influsso wolflano (Mendelssohn, Tetens, Sulzer, Riedel) si

deve principalmente
concetto di

l'uso, in

filosofia,

della parola e del

sentimento
il

{Gefiihl, e talvolta

anche Empfn-

dung). D'altra parte,


piere l'ufficio
di

sentimento era chiamato ad adem-

vero e proprio organo metafisico nella


il

speculazione del Jacobi;

quale,

avendo dimostrato

in

modo inoppugnabile che


effetti,

la

forma delle scienze empiriche

j a cobi e ^'^^^ """*'

o dell'intelletto astratto, procedente per nessi di cause ed


impotente a raggiungere l'Infinito,

rimandava
,
il

la

rivelazione di

Dio
,

al al
<

senso del soprasensibile

al sa-

pere immediato

sentimento

Dopo

Jacobi,

la

medesima posizione fu tenuta stenne non poterai per mezzo


oggetto:
si

dallo Schleiermacher, che sodell' intelletto

conoscere Dio,

che indifl'erenza di pensiero e di essere, e trattarlo come

pu conoscerlo soltanto merc


le

il

sentimento,

che indifferenza di tutte

determinazioni, dell'ideale e

del reale, del pensiero e dell'essere. Seguaci spesso inconsapevoli, e al certo poco coerenti, del Jacobi e dello Schle-

iermacher, sono

gli odierni neocritici e agnostici,

con quel

Einleitung in die Morcdwissenachaft, Berlino, 1892-3.

108
loro
Kant,

l'attivit pratica nelle sue relazioni


appellarsi
al

sentimento sempre che

si

trovano alle

prese coi problemi pi ardui della speculazione. Pu dirsi

che dal concorso dei due bisogni insoddisfatti, cio di quello


richiedente un concetto dell'attivit estetica e di quello
ri-

chiedente una forma mentis o una logica che sia propria


della filosofia, attinga forza
filosofia
il

concetto del sentimento nella


infatti, la Cri-

kantiana. Al sentimento corrisponde,

tica del Giudizio, la cui

prima parte indaga

la

natura del

bello e dell'arte, e la

seconda

(critica del giudizio teleolo-

gico) anticipa

il

concetto concreto
anche
il

ossia quell'organo del

pensare speculativo che la Critica della ragion pura non

aveva

ritrovato. Perci

sentimento non pot non


hegeliana, la quale del-

iscemare di autorit nella


l'arte fa

filosofia

una forma

di conoscenza, e del giudizio teleologico

la

logica dell'Idea o logica filosofica, sciogliendo in essa


il

l'esigenza del Jacobi,

cui sentimento o sapere immediato

era in effetto, sebbene in


logica e

modo
Il

involuto, alta conoscenza


lo

somma

mediazione.

sentimento per

Hegel non

altro che la classe infima di fatti spirituali, quella in cui


teoria

pratica sono ancora indistinte, e ha valore piut-

tosto psicologico che filosofico e reale; epper quella forma,

che dava

il

sapere assoluto

al

Jacobi e allo Schleiermacher,

non neppure

da lui collocata nella sfera dello spirito assoluto, e


nello
spirito

oggettivo o pratico,

ma

confinata

nello spirito soggettivo, nella Psicologia.


tre facolt

La

dottrina delle

{Dreivermgenslehre),
al

elaborata dal Mendelssohn


filosofia

come ebbe nome quella Kant e divulgata merc la


al

kantiana, non rimase del resto, nel corso del secolo


Fichte

decimonono, senza oppositori: dal Krug (1823)


iuniore
e,

in

tempi pi recenti,

al

Brentano (1874). La con-

futazione del Krug, che stata a torto combattuta dallo

Hamilton e spregiata dal Brentano, procede con perfetta


correttezza e
si

fonda sul giusto principio

filosofico:

che
di-

altre attivit dello spirito

non siano concepibili se non

IX.

ANNOTAZIONI STORICHE

109
teo-

rette o verso l'interno o verso l'esterno

(immanenti o

retiche, e trascendenti

o pratiche),
il

che perci non vi

abbia posto pel sentimento,

quale sarebbe un misto delle

due

attivit,

una mancanza
e

di direzione, un'inattivit,

un
Brentano,

conoscere o un volere povero e rudimentale, una classe


psicologica,

insomma,

non una categoria

filosofica. 11

Bren-

tano, risalendo in certo

modo

a Cartesio, costruisce diver-

samente

la dottrina delle tre facolt,

determinandole come

rappresentazione (alla quale fa corrispondere l'attivit estetica e l'arte), giudizio (cui corrisponde la scienza), e

amore

e odio (cui corrisponde la pratica):

ci

che
si

si

suole chia-

mare

sentimento

sottomesso ad analisi,

scopre sempre,
e odio. Nella

a volta a volta, o rappresentazione o

amore
al

dimostrazione dell'inconcepibilit di questa forma dello spirito,


il

Brentano resta forse inferiore


sentimento

Krug;

ma

ha

il

merito di avere sostituito alcune determinazioni positive


alla

vaga parola

sebbene

l'ufficio

che questo

vocabolo ha esercitato ed esercita nello svolgimento del


pensiero filosofico
sia,

a nostro parere, pi ricco e impor-

tante di quanto al filosofo austriaco, a cagione del suo indirizzo empirico, riesca di vedere
^.

Per

la storia della dottrina del seatimento, si coasultiuo princid. Paychol.^


1.

palmente VoLKMANN, Lehrb.


(ivi, 1889),

(Cothen, 1885), II, pp. 301-311;

F. Brentano, Psychol. (Lipsia, 1874),

II, e. 5;

Ursprung

sittl.

Erkennt.

pp. 51-55; A. Palmk, Sulzer's Paychol. u. d. Anfnge d. Drei-

vermOgenalehre (Berlino, 1905). Cfr. anche Estetica^, pp. 213-15.

SEZIONE SECONDA
L'ATTIVIT PRATICA NELLA SUA DIALETTICA

NECESSIT E LIBERT NELL'ATTO VOLITIVO

I ndagate

le

relazioni
spirito, ci

della

forma pratica con

le

altre

ii

problema
''*""

forme dello

bisogna ora, per cosi dire, rien-

dell *'*"*
tk.

trare nell'interno dell'attivit volitiva e rinchiuderci in essa

per considerarne

il

ritmo e la dialettica. Le nostre dopi so all'attivit pratica preceda o

mande non saranno


segua
la

conoscenza, e quale conoscenza propriamente presia

ceda e quale segua, e che cosa


all'accadimento, e che cosa
zio, e simili;
il

la

volizione rispetto
il

concetto pratico o
il i

giudile

ma

che cosa siano

bene e

il

male,

pas:

sioni e la forza che le


e in

domina,

desideri e le aspirazioni
la

primo luogo (perch questa


d
la

domanda che apre

la

serie e

chiave per

la

soluzione delle altre), che cosa

siano libert e necessit nell'atto volitivo.

Questo problema del volere necessitato o libero sembrato, ed sotto


e difficile
si
;

le

un certo aspetto, sommamente complesso debba sembrar tale o tale sia realmente, vedr tra breve. Ma al punto a cui siamo pervenuti, per premesse gi chiarite nelle altre parti della filosofia da
e perch
trattata

noi

e nelle sezioni gi svolte di questa Filosofia


si

della pratica,

pu

risolverlo con relativa speditezza.

112
Libert del volere ehberta dell'axione: oriti-

l'attivit pratica nella sua dialettica

E
^j^^
g-

anzitutto

ci

flato

toglier

di

mezzo

la distinzione

^^^^ ^^^^ ^^^ libert di Volizione e libert di azione, '

il

duplicc problema che ne consegue; perch gi sap'^

ca di questa
distinzione.

che volizione e azione coincidono, e che non si pu pj^mo ^ concepire n una volizione, la quale non sia insieme azione, n un'azione, la quale non sia insieme volizione, e per conseguenza non, da una parte, libert del volere, e dall'altra, libert dell'azione. Tutti i casi che si adducono
dell'una

si

riconducono
si

all'altra;

sempre che
affatto

la

parola

libert

non

adoperi in
(si

modo

improprio o me;

taforico.

Un

paralitico

dice) vuol levarsi e correre

il

suo

spirito libero,

ma

la

sua azione costretta; ha


dell'azione.

la libert
il

del volere,
tico

non quella

Ma

in realt

parali-

non vuole

sul serio levarsi e correre; cio,

non vuole

niente affatto. Se realmente e sul serio volesse, gli potrebbe

accadere quel che accadde a un gentiluomo paralitico, nella


rivolta napoletana del 1547
;

il

quale, fattosi portare a bracil

cia dai servitori in

piazza, fu, dopo


tutti,

tumulto, ritrovato,
del

con grande stupore di


S.

sulla
le

cima

campanile di

Lorenzo, dov'era giunto con

proprie

gambe: tanta
e la
paralitico

era stata in lui la paura, e con la paui'a l'impeto

volont

di salvarsi*.

Per

solito,

invece,

il

non

vuole perch sente di non potere; tutt'al pi


ossia desidera di trovarsi in condizioni
in cui si

vorrebbe,

diverse da quelle

trova per poter altrimenti volere da quel che ora


fa,

vuole e fare altrimenti da quel che ora


tranquillo. Ci

che di starsene
Cosi, chi viene

conferma l'identit

di volizione e azione, e
sola.

che

le

supposte due libert sono una

minacciato e soggiace alla minaccia detto privo di libert d'azione; ma che questo detto non sia giusto gi avvertito

nella formola: coacti

tamen volunt. Azioni coatte non

SuMMOWTii, Htoria di Napoli, ed. 1675, IV, 205: Miracolo cau-

sato dalla paura.

I.

NECESSIT E LIBERT NELL'ATTO VOLITIVO


dato incontrarle nel

113

solo

non

mondo

ordinario dell'espe-

rienza,
sta di

ma non

sono

nemmeno

concepibili in idea.

La

richie-

maggiore libert d'azione (come, per

es., di

nuove

libert politiche)

non

altro che la richiesta di certe

condizioni di fatto per future


tratta di condizioni

volizioni e

nuove azioni. Ma si

pi o

meno

favorevoli secondo punti


di

di vista empirici o storici, e

non gi

condizioni deter-

minanti; perch, com' noto, nessun volto di minaccioso


tiranno pu spegnere la libert negli animi; nessun dominatore, forte e violento che sia, pu impedire
o,

una

ribellione,

una bella morte che insomma, come diceva Dante, volont, se non vuol, non s'ammorza. La questione che ci conviene trattare dunque una
altra via sia chiusa,

quando ogni

affermi all'esterno l'interna libert; e

L'atto voiiti-

"*"" sola, e concerne solamente la volont, che in quanto tale V' ^ rio e libero porta sempre con s l'azione. Ma nel prendere a trattarla insieme,
'

'

non

si

pu nemmeno accettare

il

dilemma: se
la

l'atto voli-

tivo sia necessitato o libero, appigliandosi poi a

una

delle

due istanze; anzi occorre negare

forma stessa della do-

manda, e rispondere con l'aflFermazione che l'atto volitivo necessitato e libero insieme. In effetti, la volizione nasce, come sappiamo, non gi nel vuoto ma in una situazione determinata, con dati storici
e ineliminabili, sopra

un accadimento o complesso

di ac-

cadimenti,

quali, poich

sono accaduti, sono necessari.

quella situazione la volizione correlativa, e staccamela

sarebbe impresa vana: variando la situazione, varia la volizione; tale la situazione, tale la volizione.

ci importa

che essa necessitata, ossia condizionata sempre da una


situazione, e

da

quella, per l'appunto, sopra cui sorge.


la volizione

Ma
in

ci

importa insieme che

libera. Per-

ch, se la situazione di fatto la condizione, la volizione

quanto
si

tale

non

sta

non la condizione, ma il condizionato; e ferma alla situazione di fatto, n la ripete col


8

B. Croce, Ftloso/la della pratica.

114

l'attivit pratica nella sua dialettica

formarne un duplicato, cosa superflua, epper impossibile


nello svolgimento effettivo del reale, che

non conosce cose

superflue.

La

volizione produce alcunch di diverso, cio di

nuovo, che prima non esisteva e ora viene all'esistenza; ed


iniziativa, creazione, atto di libert. Se cosi non fosse,

non sarebbe volizione; e la realt non cangenon diverrebbe, non crescerebbe sopra s stessa. Come senza necessit non si ha libert, perch senza situazione di fatto non si d volizione, del pari senza libert non si d necessit, ossia non si formano le situazioni di fatto, sempre nuove e necessarie rispetto alle nuove
la volizione

rebbe,

volizioni; perch le situazioni di fatto sono nient' altro che


gli

accadimenti, e questi nient'altro che

il

risultato delle

volizioni singole. I
tolto l'uno, tolto

due termini non si possono separare: l'altro; ma non si possono neppure coni

siderare identici, a mo' di sinonimi. Sono


distinti

due momenti,

uniti, dell'atto volitivo,

che l'unit dei due,

necessitato e libero insieme.

Questa coscienza
dibile
si

di necessit e libert in unit inscin-

osserva
i

in

grado eminente in
politici,

tutti

gli

uomini

d'azione, in tutti

geni

che non sono mai n inerti


si

n avventati:

si

sentono, tutt' insieme, legati e sciolti;


alla realt di fatto,

conformano sempre

ma sempre

per susi-

perarla. I fatui, invece, oscillano tra la passivit della

tuazione data e lo sterile conato di saltarvi sopra, ossia di


saltare sulla propria

ombra, e sono ora supinamente

inerti

ora pazzamente avventati; e perci non stringono nulla,

non concludono

nulla,

non operano. Che se operano, ope-

rano sempre per quel tanto di situazione di fatto che hanno


conosciuto, e per quel tanto d' iniziativa che hanno saputo
spiegare.
Paraicone
con
l'attivi

II

paragone migliore
estetica.

oflFerto

anche questa volta


il

dal-

t estetica

l'attivit

Nessun poeta crea

suo poema fuori

di

determinate condizioni di luogo e di tempo; e anche

I.

NECESSIT E LIBERT NELL'ATTO VOLITIVO


egli

115
d'altri
gli

quando
data

sembra
al

viene

chiamato

anima

tempi, appartiene
;

suo tempo. La situazione storica


:

il

mondo

delle sue percezioni quello

con quegli

uomini, quei

costumi, quei pensieri, quelle opere d'arte

precedenti. Ma,

quando

il

nuovo poema

sorto, c' nel

mondo

della realt (nella contemplazione della realt) quale' era,

cosa che prima non

corrispettivo alla situazione data,

ma non

una nuova forma, e perci un nuovo contenuto, rivelazione di una verit prima non conosciuta. Tanto che, a sua volta, quella nuova poesia condiziona un moto spirituale e pratico, ed entra a comporre la situaidentico:

zione che sar data per le future azioni e le future poesie.

vero poeta chi

si

sente tutt' insieme legato ai suoi prece-

denti e libero, conservatore e rivoluzionario

come Omero,
aggiungono a
poeta, invece,

come Dante, come Shakespeare,


secoli di storia, di pensiero

quali

accolgono in s

e
il

di

poesia, e

quei secoli qualcosa, che


chargs

presente e sar l'avvenire:


11

du

passe, gros de l'avenir.

falso

ora cieco tradizionalista e imitatore, ora ciarlatanesco

innovatore; e se nella vacuit in cui


talvolta

si

dibatte raggiunge

un frammento
gli

di

poesia, ci

accade solamente
di

quando

vien fatto di cogliere qualche lampo


sorge.

un

mondo che

Ma
:

il

paragone

istituito

pi che

paragone, analogia

ci che accade nella sfera pratica, acspiri-

cade nella sfera della poesia, e in ogni altra attivit


tuale,

perch

lo

Spirito

libert,

e,

per esser tale non

astrattamente

ma

in concreto, dev'essere insieme necessit.


Critica dei
'^*''HTp"'rhi

Questo nesso indiesolubile di necessit e libert confuta

ambedue
si

le teorie parziali,
il

che nel problema della libert

disputano
libero

campo:
I

la

teoria

deterministica
vedono
i

e quella
nell'atto

trarismo.

del

arbitrio.

deterministi non
di
fatto;

volitivo altro che la

situazione

seguaci
il

della

teoria del libero


della libert,
(irli

arbitrio

non vedono

se

non

momento

uni concepiscono una volizione che sia

116 quasi

l'attivit pratica nella sua dialettica


duplicazione, triplicazione, quadruplicazione, e

via

all'infinito, del fatto dato; gli altri,

fuori

dal nulla o piova dall'alto, inserendosi poi,

una volizione che scoppi non si


gli

sa ben come, nel corso del reale.

uni e gli

altri esa-

gerano unilateralmente,
falso.

e,

perch unilaterali, cadono nel

Ma

perch, d'altra parte, proprio degli errori op-

posti identificarsi e passare l'uno nell'altro, dato osservare


i

deterministi convertirsi in arbitraristi e gli arbitraristi in


I

deterministi.

primi, passando di causa in causa, abbanil

donano

alla fine della catena

concetto di causa,

come

se

(per dirla con lo Schopenhauer) congedassero, al


della giornata, la carrozza da nolo di cui
si

termine

sono serviti

durante

la giornata

per tutte

le loro

faccende; e ricorrono

all'arbitrio. Gli altri,

non potendo

giustificare l'arbitrio nel

mondo

della realt e della esperienza, lo giustificano in

modo

trascendente,

come
lo

effetto di

una causa divina che esclude


lo

l'arbitrio, e l'esclude

anche quando
lo

concede, perch, pel

fatto stesso

che

concede,

determina, limita e produce.


tesi e delle

Forma
qnesta

gnodi

Ma
^^^j

con qucsta dilucidazione della nostra

due

seoiogica

anti-

^yy^ps^rie siamo trasportati nel cuore di uno dei mag'^ '^

nomia:

ma-

giori problemi della gnoseologia:

problema tanto grave che


i

terialismo

misticismo

sembrato chiudesse in s tutti

problemi della Filosofia.

Quella che nella

filosofia della pratica si

chiama

del deter-

minismo e
gnoseologia

libero arbitrio, la stossa antinomia che nella


si

chiama del materialismo e misticismo;

e la dottrina che opponiamo alle due unilaterali,


di quella libert

come

teoria

che insieme necessit,

si

chiama, nella

gnoseologia, idealismo. Quell'antinomia e quella sintesi


si

riscontrano in tutti
la

problemi particolari della


in

filosofia,

perch concernono

forma logica

univc^rsale; e questa
il

un'altra ragione che rende complesso e grave

problema
e

della libert del volere e lo fa parere quasi insolubile: per


risolverlo,

bisognava costruire una Logica della


tutt'

filosofia

rinnovare

intera la sistemaziono filosofica. Saggiamente

I.

NECESSIT E LIBERT NELL'ATTO VOLITIVO

117

Io

Herbart consigliava di non metter mai in discussione la


del
* :

libert

volere innanzi ai laici per evitare di


se
il

venire

fraintesi

consiglio fosse stato seguito,

non

si

sarebbe

visto fare strazio e del determinismo e del

libero arbitrio

dagli avvocati, nelle aule delle corti d'assise, tirando l'una


e l'altra dottrina ai loro intenti e ingiuriando assai spesso
il

buon senso, che dovrebbe essere


si

solo a regnare in quei


si

luoghi. Della libert del volere


in sede filosofica, dove
realt del

dubita, ossia
si

disputa,

del pari

dubita e disputa della

cosiddetto

mondo

esterno, senza che s'intenda

perci mettere in dubbio l'esistenza delle scarpe del signor


tale e del soprabito del signor tal altro.

Chi desidera una


il

riprova che
rale

il

problema della
e

libert del volere


si

gene-

problema gnoseologico o metafisico che

detto, osaf-

servi

come

deterministi

gli

arbitraristi

neghino o

fermino la libert non in quel campo soltanto,


i

ma

in tutti

campi insieme.

Infatti, chi

ammettesse, peres.,
la

la libert

spirituale per la conoscenza e

negasse pel volere, non


e
intellettualista

sarebbe determinista,
panlogista, che con
senz'altro
la

ma
di

estetizzante

quella negazione
un'attivit

verrebbe a negare

realt

pratica distinta dalla

teoretica, perch la libert l'essenza stessa di ogni

forma

spirituale e, negata la libert di

una forma,

negata quella

forma medesima. Determinismo, arbitrarismo, libertarismo


corrispondono dunque, nel campo della pratica,
seologie del naturalismo, del misticismo
e
alle

gno-

dell'idealismo.
i

Come
che
il

il

materialismo o meccanicismo in genere, antrasferi-

sofismi

ma-

determinismo del volere conseguenza del


della

^*''^\''***j|

mento
pratici

forma

che propria delle discipline

fisiche
i

uismo.

alla speculazione filosofica.

furia di schematizzare

fatti

condensandoli in concetti empirici con meri


efi'etto,
si

le-

gami
i

di causa ed

dimentica che quegli schemi

Einleit.

i.

d.

PhiL, % 128, trad. Vidossich,

p. 169.

118

l'attivit pratica nella sua dialettica


il

non sono pensieri e che


reale; le cause o
i

loro contenuto

non

la

realt
e si-

motivi (elaborazione astrattiva delle

tuazioni di fatto ) vengono scambiati per agenti del volere,


ossia
si

abbandona l'agente per

la causa, la

forma per

l'a-

stratta materia.

Donde sentenze paurose


il

che, a bene os illusi

servarle, sono o tautologiche o errate.


sione, prevale

sempre
il

motivo pi

La libert forte. Ma se

do-

manda

poi quale sia

motivo pi

forte, si

ode rispondere

(n infatti altra risposta possibile), che

quello che

prevale.
dire

Il

che, ritradotto nel nostro linguaggio, torna a

che

la

situazione di fatto la
la

situazione di fatto e

condiziona la volizione,
essere altra
naturale,

quale quella che e non pu


.

da quella che
il

La

virt

il

mero prodotto
vetriolo
,

come

vetriolo.

Certamente;

come la virt; e se lecito falsificare il vetriolo trattandolo come qualcosa di materiale e di meccanico, niente vieta che il medesimo si faccia della virt. Anche la virt pu essere prodotta, per l'appunto come il vetriolo, mettendo in moto le spontanee
suo modo, manifestazione dello spirito,
forze dello spirito e della cosiddetta natura, che anch'essa
spirito
;

si

liberi di dare agli educatori

nome

di chimici

e farmacisti della virt.

Ma
il

le

metafore non sono argomenti.

La
stanze
stesso
fatti e

Statistica

prova

determinismo delle azioni umane,


si

le quali,

sempre che persistano o


fatto, si

rinnovino certe circostessi

di

presentano

negli

modi

e nello

numero.

Ma

la Statistica, se raccoglie e semplifica

costruisce prospetti e tabelle pi o

meno
i

utili,

non

per questo

prova

cosa alcuna; perch n

casi

che essa

d come eguali, sono veramente eguali, n


enuncia tra certe
classi di fatti,

il

rapporto, che

rapporto reale. Tornando

dagli artificiosi schemi statistici alla

immediata osservazione
ad
atti vo-

del reale, ci troviamo innanzi a nient'altro che


litivi

individuati, risultanti

da necessit e

libert.

L'in-

dividuo ha un carattere costante, di cui l'aziono conse-

I.

NECESSIT E LIBERT NELL'ATTO VOLITIVO


esse.

119

guenza: operar l sequitur

Ma

il

carattere costante

nient'altro che un'astrazione delle singole azioni, compiute

dall'individuo; ed naturale perci che le azioni sembrino


riferibili al

carattere, che

ricavato

da

esse,

quantunque

non
si

sia poi esatta l'asserita equivalenza,

perch l'astrazione

non adegua mai

la

concretezza.

L'individuo, anche se

potesse concepire libero rispetto alle condizioni esterne,

sarebbe sempre soggetto alla legge della propria natura.

Ma

la

legge della propria natura


libert; ed ovvio che

la

legge stessa

dello Spirito, la

la libert

libera di

non essere

libera. L'organismo

sociale

non ha le
sog-

sue leggi
giace.

naturali, alle

quali

l'individuo

operante

Ma
molti

l'organismo sociale anch'esso qualcosa di

astratto, a cui solo la falsa interpetrazione

d'una metafora

pu conferire
altri

entit.
si

In

tutti

codesti

esemp, e negli
il

che
si

potrebbero recare, l'errore sempre

medesimo che
listica

detto:

scambiare la costruzione naturala Fisica

con quella speculativa,

con

la Metafisica.

poich la costruzione tsica o naturalistica non


i

ha altra

materia se non

fatti storici, le

dottrine sopradette,

quando

non sono false, sono tautologiche, mettendo capo all'affermazione che il fatto volitivo un fatto, ossia che vi ha
in esso
il

momento

della necessit.

D'altra parte l'arbitrarismo, al modo stesso del misti- ii misticismo dell'arbitraj ,, ^ , j cismo, nasce dalla sfiducia nel pensiero, onde, non sapen- ^.^^^ dosi dominare il fatto che si dovrebbe spiegare, si ricorre
.

all'inconcepibile, all'assurdo, al miracolo, e

si

ipoutata la

soggettiva e individuale ignoranza facendone


metafisica.

una
ha

realt
il

Come

il

misticismo, l'arbitrarismo
il

suo

motivo

di vero in

quanto nega

determinismo, riconosce

l'impotenza del metodo naturalistico e afferma che la verit di l


libert.

da quel metodo, nel concetto


la libert, disgiunta dal
si

di creazione e di

Ma

suo momento logico e

necessario,

converte in arbitrio: cosi come nel mistici-

120

l'attivit pratica nella sua dialettica


in
g-enere Dio
i

smo
falso

si

atteggia

come

mistero, pronto

ad

accogliere tatti

capricci individuali e a

conferire loro

sembiante di verit.
si

La dottrina
della neces8it*-libert,

All'una e all'altra dottrina

oppone

il

concetto della

che scientifico libe^t^ (necessit-libert), ' ^


canico, e Supera le categorie della Fisica,
della

d'idealismo,

ma non mecma non quelle


in

Metafisica;

come
filosofia
si

la

filosofia

idealistica
il

genere
la

tende
realt

a conciliare
piena, la

l'ideale

col

fatto,

pensiero con

con

l'esperienza

integrale. Col

concetto della libert

tolgono a un colpo l'inerzia del

determinismo e

il

saltellare

incomposto

dell' arbitrarisrao;

sparisce la pesante concezione materiale della realt, per-

ch quel che appare materia svelato come

spirito,

il

fatto

come

creazione, la necessit
il

come prodotto
stesso; e

di libert.

Ma

sparisce insieme

miracolo, perch miracolo eterno, onlo

nipresente, continuo,

Spirito

un miracolo

continuo, onnipresente ed eterno non poi miracolo,


la

ma

semplice e ordinaria realt, che ognuno di noi concorre


rigoroso determinismo e
j

a creare e ognuno pu pensare e pensa.


La dottrina
della doppia oausalit,
Il

II

il

rigoroso arbitrarismo non

^^^^

g^jj

avversari del concetto della libert-necessit,


il

dualismo
agnostici-

come
^^j-

il

materialismo e

misticismo rigorosi non sono

smo.

avversari

dell' idealismo.

Ce n' un

altro,

'

che

da
il

dire

peggiore

(se

l'equivoco

peggiore

dell'errore),
i

quale,

come
si

nella filosofia in genere

assume

nomi

di dua-

lismo, di spiritualismo, di neocriticismo, cosi nel

problema

pratico

potrebbe chiamare della

doppia causalit pradue


serie distinte
l'altra

tica.

I sostenitori di

questa dottrina, pur tra molte variet

individuali, sono tutti concordi nel porre


di fatti:

una che ubbidisce

alla causalit
si

meccanica,

che iniziativa e creazione o (come


causalit per la libert:
si

dice) ubbidisce alla


si

due

serie,

che

compenetrano o

alternano in ogni istante o interferiscono l'una nell'altra,


nell'atto volitivo ci sarebbe

onde

dell'una e dell'altra,

il

I.

NECESSIT E LIBERT NELL'ATTO VOLITIVO

121

motivo pi forte e

la libera scelta. Siffatta soluzione, seb-

bene presenti qualche estrinseca simiglianza con quella da noi sostenuta, sostanzialmente ne diversissima, perch la
nostra

fusione
la
al

posizione,
zione; e

giustapnostra, conciliazione, e questa, transadi necessit e libert, e questa

pari di

ogni giustapposizione e transazione


le

scontenta entrambe

parti

contendenti o cade in brac-

cio ora all'una ora all'altra.


sta scuola si

Quando

nelle teorie di code-

afferma che ia libert c',

ma

che

ci

sono

anche cause tendenti a diminuirla, che


sono
si

gli

atti

volontari

reali,

ma

reali

sono

altres gli

atti

involontari,

non

riesce a intendere

come mai una


la

serie di fatti,

che ha in

s la sua

legge

(la libert,

volont), possa soggiacere

fatti

che seguono altra legge (diminuzione di libert,


atti):

involontariet di
volte,

se ci accade qualche volta o molte

da sospettare che accada sempre e che quella sulibert


si

perstite

sia

larva

di

libert, illusione.

Del

pari,

quando

ode affermare che


effetti

accanto alla causalit

con equi-

valenza di cause ed

o con la prevedibilit dell'effetto


l'effetto

mediante

la

causa operi un'altra causalit, in cui

non equivalga alla causa, e non solo non sia prevedibile, ma solo dopo accaduto lasci scorgere la sua causa, nasce il dubbio che una di quelle due asserite causalit non sussista,

perch o

l'effetto

equivalente alla causa, e tale de-

v'essere sempre, o non equivalente, e tale

non sar mai;

prevedibile mediante la causa, e


si

si

potr prevederlo

sempre, o non prevedibile, e non


1

potr prevederlo mai.

deterministi

gli arbitraristi

radicali

hanno

la

lealt
;

dell'errore, e sono rari, perch rari sono gli spiriti energici

ma
riti

la dottrina della

doppia causalit

si

tingo di

un

belletto
gli spi-

di verit, col quale


irresoluti

seduce molti e particolarmente

fiacchi

(cattiva seduzione che appartiene

altres al dualismo, allo spiritualismo, all'agnosticismo, al

neocriticismo, in cui quella dottrina rientra

come caso

par-

122

l'attivit, pratica

nella sua dialettica

ticolare).

Riconosciuta l'assurdit del determinismo e dell'ar-

bitrarismo (e la loro presenza medesima, quell'energica presenza, un'autocritica), bisogna soddisfare l'esigenza che
essi

rappresentano con un nuovo concetto unitario, e non

gi con la
Caratteie
.

somma
'

di

due errori.

di

La
in

dottrina della doppia causalit ha avuto la sua im-

/ transazione e
transizione,

portanza storica, non in quanto transazione ma piuttosto ^ i^ ^ quanto transizione e graduale approssimazione al concetto vero, pel suo introdurre nella concezione naturalistica

un elemento di fermento e di dissolvimento una causalit mediante la libert, cio di una


:

il

concetto di

causalit che
tol-

tale di solo

nome.

Ma

logicamente la libert non pu


delle

lerare accanto a s la causalit, e

due

serie poste

una
e

delle

due non reale


concezione,
stessa
si

in

s,

ma

semplice prodotto

particolare dell'altra: la causalit meccanica

non un

fatto,

nemmeno una
fini

ma

strumento
spirituale.

foggiato ai
soltanto
in

propri

dalla

libert

questo significato

pu concedere che
;

la libert si

giovi

della causalit per effettuarsi


lo

cio

si

deve ammettere che

schematizzamento delle percezioni in serie di cause ed


diventi anch'esso presupposto di volont e di azione.
storica che

effetti

La conoscenza

precede

la volizione,

come

in-

clude in s di necessit universali

filosofici, cosi

pu inclugli

dere anche universali empirici, concetti e pseudoconcetti,


la

coscienza della produttivit dello spirito e


nei

schemi
e pei
di-

mnemonici
quali essa

quali questa produttivit

fissata,

appare bens meccanica, ina soltanto a chi

mentichi che

meccanici sono

gli

schemi

stessi.

II

LA LIBERT E IL SUO OPPOSTO


IL

BENE E

IL

MALE

ciche l'atto volitivo libert,


si

la

domauda

se in

un dato
(azione),

La
'^"'^

libert

caso

sia stati o

no

liberi,

vale esattamente quest'altra: ^


effetto

ione come realt


dell'azione

se in quel caso

si sia

avuta in
si

una volizione

Domanda che
altre:

a sua volta

distingue e determina in due


ricerca sia
sia o

prima, se ci di cui
e di

si

azione o acca-

dimento,

conseguenza se
es.:

no da considerare atto

individuale (per

del giacobinismo la colpa, o la gloria,

fa del Voltaire e del Rousseau? della disfatta di Waterloo


la

colpa fu del maresciallo Grouchy?); e seconda, se

si

tratta

veramente

di

azione, quale

sia stata

propriamente
spirito rivolu-

quell'azione (per es.: quale fu la parte rispettiva del Voltaire e del

Rousseau nella divulgazione dello

zionario e del
e volle

modo
il

di pensare giacobino?

Che cosa seppe


generali e mar-

veramente
all'

maresciallo Grouchy, quando, invece


e

di dare ascolto

Exelmans
il
il

ad
si

altri suoi

ciare dove tonava

cannone,

attenne letteralmente agli

ordini ricevuti e assali

corpo prussiano del Thielmann?).


cio in

Un
sia

terbio significato, se

un

istante del

tempo

si

inconcepbi-

avuta un'azione qualsiasi o non piuttosto vuoto e totale ^ -^

'"*

deii'as-

senza assoluta di azione,

assenza di azione, da porre da banda. La sola possibilit

che l'individuo veramente non operi, ch'egli sia morto


totalmente o parzialmente, di morte,

come

si

dice, fisiolo-

124
gica

l'attivit pratica nella sua dialettica


di

morte spirituale: che

sia

cadavere o

folle.

il

vanto di parificare

poveri

folli

coi colpevoli e coi delin-

quenti da lasciare, se mai, ai pensatori della

Nuova

scuola del diritto penale. In ogni altro caso, l'uomo opera

sempre, vuole sempre, ed sempre libero e responsabile,

perch

la vita, fintanto

che dura, non altro che tessuto


atti liberi.

continuo di volizioni,
bili

epper di

Si

responsa-

anche degli

atti

che conferiscono a mettere s mede-

simi in condizioni di follia pi o


sponsabilit:

meno

transitoria e d'irre-

come
vita,

il

caso dell'ubbriachezza, dei pericoli

morali imprudentemente suscitati, e via dicendo. In nessun

punto della

per quanto

si

cerchi,

si

trova

il

pratica-

mente indifferente.
Anche
libere;
le

azioni che sembrano non volute e non libere


istintive,

perch abitudinarie, meccanizzate,

sono volute e

n gi per

la considerazione (del resto in s veris-

sima) che
di volont,

gli atti di

abitudine pur furono una

volta
fatti

atti

ma

perch, sebbene siano diventati

quasi

esterni all'individuo

volente, sempre la volont quella

che

li

lascia operare, ed essa

sempre pu

arrestarli: quelle

abitudini sono da considerare

come

condizioni di fatto, che


le

ogni nuova volizione modifica, anche quando par che


accetti.

Una macchina

l'opera

non gi

del braccio che

la
si

muove,

ma

di cento e mille braccia che

precedentemente
sia,

mossero a costruirla; pure, costruita che

quel che la
di
il

mette in moto sempre l'opera di un braccio, un atto


volont, cosi

come un

atto

di

volont pu arrestarne
la

movimento
struzione.
Lanon-iibor*"ttei"""

promoverne

altres

disgregazione

di-

Esclusa comc impensabile l'assenza assoluta di libert


"<^l^'*zione (e nell'esistenza in

quanto azione), ed esclusa

tru-ieu.

gi prima la presenza nella libert di qualcosa diverso da


essa (la cosi detta causalit),
bile

che nella libert c'

il

non rimane meno indubitamomento della non-libert.

II.

LA LIBERT E IL SUO OPPOSTO


nel

125

Ma

e'

come momento,

seno suo stesso, e non come


fuori.

elemento che vi s'introduca di


insieme nolizione,

Perch ogni volizione


negazione;

come ogni affermazione


sa, odio, e

ogni amore, come

si

pi

si

ama

pi

si

odia:

Antigone, nata a intensamente amare, appunto per questo


era nata a profondamente odiare. Ora, ci che
l'amare, ci che
si
si

odia nel-

aborre nel volere, codesto interno nemico

che non semplice assenza di volont o presenza di cosa


estranea e indifferente, nient'altro che l'opposto o con-

trario della

libert,

il

momento

della contradizione nel pro-

cesso volitivo e formante tutt'uno con questo processo.

La

libert nesso

indissolubile di necessit
' '

e libert;

Arbitrariet

e la forza che tende

ad annullarla,

l'antilibert, la scis-

"
,

"*'

della non-liberta.

sione di quel nesso, l'analisi di quella sintesi.

Da una
il

parte

essa mira a far piombare la libert nel nulla, tirandola

verso l'inerzia;

e,

dall'altra,

a farle spiccare

salto nel

vuoto, spingendola all'arbitrio, che conato sterile: due

movimenti opposti

ma

del

pari
il

disperati

che,

per

le

considerazioni gi fatte circa

determinismo e l'arbitra-

rismo, passano l'uno nell'altro e s'identificano. Epper l'op-

posto della libert viene qualificato, indifferentemente, o

come
fatto

il

passivo per

preso che

si

oppone

all'attivo,
l'attivo,

il

che resiste alla nuova creazione; o come

per

s preso e astratilo,

che

si

oppone

al passivo,
il

l'arbitrio
fatto

che

si

oppone

alla libert. L'antilibert o


il

bruto

o l'arbitrio;
e
il

ma

primo

si

risolve a sua volta in arbitrio,

secondo in

fatto bruto. Solo per

un

atto d'arbitrio, ci
fissato

che deve proseguire nello svolgimento pu essere

come
si

fatto e apparire

fatto
si

bruto; e solo per una persi-

stenza in quel fatto che

vorrebbe oltrepassare, l'arbitrio


di

pu riempire della parvenza


i

in entrambi
bert, che
il

casi contradittorio; e

un contenuto. L'assunto la mancanza di li-

comune

tentativo di risolvere quell'assunto,

anch'essa contradizione.

126
Il

l'attivit pratica nella sua dialettica

bene

co-

La

libert e

il

suo opposto,

la libert e la

sua interna
si

me

''berta e

(jontradizione, la libert e l'arbitrio, ci che


coi termini di

designa
si

male come
l'opposto.

bene

male:

termini ai quali da noi

^^

significato

del tutto generico, togliendoli a rappresensi

tare tutte le altre coppie di opposti che

sogliono discer-

nere nel campo dell'attivit pratica: giovevole e dannoso,


utile e disutile, onesto e disonesto, meritorio

e colpevole,

pio ed empio, lecito e peccaminoso, e via dicendo. Formole


codeste, che o rispondono,

come

si

vedr pi

oltre,

sotdi-

todistinzioni dell'attivit pratica, o sono

una medesima

stinzione,

variamente formolata con riferimento a

classi

psicologiche.

Ma

al
si

fine

di

venir considerando l'attivit


tutte a quella del

pratica in genere
del male, senza

pu ridurle

bene e
altra

ulteriore specificazione in

bene morale o
vario materiale

bene

utilitario, in

male morale o male

utilitario, o
al

che possa darsene, e senza riguardo


empirico onde
Critica del
si

riempiono.
il

Che
^^

il

bene o
e

male pratico siano da concepire come


'

monismo
dualismo
valori.

a-

stratto e del
di

volont
l'

l'autivolont,

il

bene come
la soluzione
le

la

realt

il

male
tivo,

irrealt

del volere,

il

bene come qualcosa

di posi-

il

male

di negativo,

che nasce sponaltre,

tanea dalla impossibilit di pensare

due

diverse

da essa: quella,
e male
l'altra

cio,

che considera

la distinzione tra

bene

come

insussistente
il

(monismo

astratto

di valori); e

che considera

bene come trascendente rispetto

alla realt, la quale sarebbe

sempre male e

il

bene

si

de-

gnerebbe
di valori).
fa

di tanto in
il

tanto o di volta in volta di discen-

dervi a introdurvi

suo raggio luminoso (dualismo astratto


dottrina monistica astratta

Per

la critica della
lo

d'uopo distinguere tra


di

scuole che negano

non

solo

la distinzione

bene e male,

ma

anche

tutte

le distin-

zioni analoghe in ogni altro

campo

dell'attivit,

compreso
pratico.

quello del pensiero; e le scuole che lasciano sussistere la


distinzione in altri campi, e la negano nel

campo

II.

LA LIBERT E

IL

SUO OPPOSTO

127

Le primo, negando
ducono a una sorta

la distinzione stessa di

vero e falso, con-

di suicidio della Filosofia; le seconde,

negando soltanto quella

tra

bene e male, e con ci


il

il

ca-

rattere attivistico della pratica, sono


sofia della pratica: vale a dire, le

suicidio della Filoe le altre si

une

fondano

sopra errori gi da noi confutati e superati e nella critica dei


quali sarebbe ozioso insistere. Quanto alla dottrina dualistica (che quella

comune
i

tra
i

professori di filosofia ben

pensanti, ossia tra

pigri e

pigerrimi), sar da prenderla

sul serio e ridiscuterla

scir a spiegare in

quando dai suoi sostenitori si riuqual modo, secondo essi, la Realt possa
lei

sottomettersi al giogo a

straniero del Valore

della

Bont,

quali, nell'ipotesi, le sarebbero inferiori per ci

stesso che

sarebbero irreali: quella viva, questi morti;


i

quella

come
si;

quattro indiavolati

>

del

Giusti, intenti

far di

questi

poeta, a dir di

come i dugento citrulli dello stesso no. Che se poi Valore e Bont sono reali,

saranno
tal

essi la

vera Realt; e quella designata prima con

nome

sar finta realt, del tutto identica a ci che da

noi stato designato

come

il

momento
la tesi del

della contradizione

e dell'arbitrio, operante nel seno stesso dell'attivit pratica.

Certamente, anche contro

male come qual- Le


affer-

obiezioni

cosa di negativo e d'irreale, e del bene come esso solo positivo e reale, stata

all'irrealt del male.

mossa un'istanza formidabile,


contro
il

mandosi che essa


irreale? un

urti

buon senso. Come?


e

Il

male

niente? Irrealt

niente

per

es., la

bricconata d'un malvagio che lancia una calunnia la quale


accolta
e

creduta

danneggia

un onest'uomo;

irrealt

niente (per togliere l'altro esempio dal


la
lia

mondo economico)
fol-

passione che trascina


o ad

il

giocatore alla miseria, alla


il

ammazzarsi? Dunque
i

mondo
e
le

tutto

buono,
le stol-

tutto roseo, tutto dolce; e


tezze, e
le

delitti,

vilt, e

turpitudini
il

sono illusione; e non c' ragione

di piangere, anzi

sentimento della vita dovrebbe espri-

128

l'attivit pratica nella sua dialettica

mersi in un perpetuo sorriso, come quello che sulle labbra dei


feriti

guerrieri nei

marmi

di

Egina?

Ma
il

il

buon

senso e gli avvocati di esso stiano tranquilli. Se

male

un

niente, ci

non vuol dire che

sia niente; se la vanit,

che par persona, vanit e non persona, ci non vuol


dire che

non abbia realmente l'apparenza

di persona e
I

non
i

debba essere realmente contrastata e


quali, per

dissipata.

saggi

avere trovato la definizione del male, negano


di

poi

il

mal

denti
li

o,

come

lo

stoico Posidonio, smenti-

scono la gotta che

trafigge, meritano

che Giambattista
e

Vico irrda

ai loro

tumori di parole

arguzie di arfilo-

gomenti
pei

li

ammonisca solennemente che nessuna


le

sofia salva

dall'ambascia per

mogli che infantano

e
,

figliuoli

che nei morbi languiscono

Il

mondo

per l'appunto, quel miscuglio di male e di bene, che dice


il

aliquid; e

buon senso; non

il

dolce vi temperato sempre dall'amar/

si

pu adeguatamente esprimerlo n nel

solo

pianto n nel solo riso.

La

dottrina da noi sostenuta non

vuole gi abolire la coscienza del male,


la falsa

ma

semplicemente
;

credenza che esso sia qualcosa

di sostanziale
l'altro,

e con

ci impedire che si accresca

un male con

il

male

con
II

l'errore,
II

il

turbamento morale con l'oscurit mentale.


in questo caso vuol
'

male nella
ntes e
uo-

male o avvertito come male, e


bene.
Il

8 ri

^.j,^

della sin-

^^^ ^^^^ ^^^^ viene realmente attuato,


il

ma

si

attua in
in

tesi.

saa vece

giuocatore dell'esempio, nel

momento
(in

cui sa di danneggiarsi economicamente, non gioca: la sua

mano

fermata, ed fermata perch

sapere
il

senso

pratico) equivale a
significa saperlo
la

volere,
dati o

e sapere

danno

del giuoco

come danno,
i

cio ripugnare al giuoco. Se


carte, ci

mano

riprende

le

accade perch

in

lui si oblitera

quel sapere, vale a dire p.;rch egli cangia


il

volere; e in questo caso

giuoco non pi avvertito come


in

danno, ossia voluto, ossia,


per
lui

quell'istante,
11

ridiventa

bene perch soddisfa un suo bisogno.

calunnia-

II.

LA LIBERT E IL SUO OPPOSTO

129

tore, se

avverte l'idea, o meglio, l'impulso da cui preso,


ci stesso vi ripugna e

come calunnia, per

quelle parole maligne; e in tal caso

non pronunzia non calunniatore

ma

onest'uomo, che resiste a una tentazione (altra definisi

zione non

pu dare

dell' onest'uomo se

non questa: che

resiste alle tentazioni).

Ma

se invece le pronunzia, ci vuol

dire che la ripugnanza opposta


e

che quelle parole non sono pi per

non c'era o non c' pi, lui atto malvagio di


fatto; cio,

calunnia,

ma

semplice sfogo del suo bisogno di divertirsi o


il

di respingere

male che

gli

stato
il

sono un

bene. Parimente, chi asserisce


vole
di

falso, chi si

rende colpe-

errore, se

avvertisse veramente s

quell'atto

come
lui o

leggiero o ciarlatano o sleale,

medesimo in ammutirebbe;

e se

parla e scrive e stampa spropositando, ci accade

perch in

non

e'

si

temporaneamente soppressa o
il

infinitamente attenuata la volont del vero,

proposito di
si

ricercarlo e di diffonderlo, e a quella volont


l'altra di sottrarsi

sostituita

a un lavoro penoso o di procacciarsi

facile lode e lucro:

a un bene sottentrato, dunque, un

altro bene.

Di
il

solito si

e facciamo
il

male

ammette che noi vogliamo non faccio il bene che voglio,


(ov

il

bene

e faccio
o-

male che non voglio

yg 6

6A.co

noU vaBv, kk o
*.

Per illusione una serie di momenti ed alternanze viene semplificata in un sol atto, insussistente perch contradittorio. Cosicch il male, quando reale, non esiste se non nel i giudia afi'"'"*'^''' *** bene che gli contrasta e lo vince, epper non esiste come male come ^^ fatto positivo; quando invece esiste come fatto positivo, giudiiineganon gi male ma bene (recando, a sua volta, come om- *'^** bra un male, contro cui lotta e vince). I giudizi che diamo
0A,co

xaxv touto nQaaao), diceva san Paolo

psicologica,

nel giudicare malvagia o

stolta

un'azione, falsa un'affertutti metaforici


:

mazione, brutta un'opera d'arte, sono

con

Uovi., VII, 19.

B. Crock, Filotofia della pratica.

130
essi
si

l'attivit pratica nella sua dialettica

intendiamo dire non

gi,

che vi sia un'esistenza che

chiama male, errore, bruttezza, stoltizia, ma che c' una particolare esistenza e ne manca un'altra. Chi ha lanciato una calunnia, dissipato il proprio patrimonio, imbrattato una tela, stampato un libraccio non merita, a rigor
di

termini,

denominazioni negative:

giudicare

significa

porsi nelle condizioni della persona giudicata,

e, in

quelle

condizioni, non c'era n


stoltizia,

male n bruttezza n errore n


atti

perch, se

ci fossero stati, gli

che sono og-

getto del giudizio non sarebbero

stati

compiuti, e in quanto

sono

stati

compiuti, meritano giudizio positivo.


di quei giudizi
si

Ma

con

la

forma negativa

vuol ben fermare che un

particolare atto quello e

non

altro: atto utilitario e

non

gi morale, fatto commerciale e non gi letterario o scientifico,

e via dicendo.
tutti
il

Conferme
della dottri
na.

Osservazioue antichissima che

cercano

il

proprio

bene e nessuno vuole deliberatamente

proprio male, e
il

perci che so l'uomo praticamente buono

sapiente,

il malvagio non pu essere altro che l'ignorante. Ora, togliendo alla tesi la patina intellettualistica che le rimane

attaccata e traducendo sapienza e ignoranza in termini pratici,


si

vede che anche qui

la

malvagit considerata come

limite,

come

la

la volizione di

risce altres

il

mancata tendenza a un bene e non come un male. La dottrina da noi esposta chiaquesito se pecchi maggiormente chi ha copunto.

scienza del male, o colui che non l'ha

certa-

mente colui che del tutto privo di coscienza morale da giudicare moralmente innocente, laddove chi ne pili
o

meno

fornito

perci stesso pi o
lui

meno

peccatore, e
(ttjv

tale lo

rende

la

legge stossa da

conosciuta

fiaottav
').

odx ywayy

el ni\ fila

vnov, diceva altres san Paolo

Ma

a
in

questo

modo non
7.

si

mette

il

moralmente inconsapevole

Rom., VII,

II.

LA LIBERT E IL SUO OPPOSTO


di lode e di superiorit rispetto al

131

una condizione
e peccatore:

consapevole
la

perch quella dichiarazione d'innocenza


nell'

pi grave delle condanne, riconoscendo


giudicato perfino
gli
l'

individuo cosi

impotenza a peccare, e perci negandoil

insieme la potenza di fare

bene, posto che la possibi


il

lit di

peccare tutt'una con quella di fare

bene.

Il

poeta

desta ammirazione;

ma

chi

non sapesse esser

altro

che

poeta, e fosse incapace di ragionare e operare, sarebbe un


deficiente. L'uomo accorto viene lodato; ma chi soltanto uomo accorto, non pu essere lodato. L'animale creatura degna di ogni riguardo; ma dare dell'animale a un uomo, cio dirgli che egli non sia altro che animale,

suona ingiuria grande. In

altri trmini,

considerando come
fa,

bene
vit
e

tutto ci che

l'uomo effettivamente

non s'intende
utilitario
la

cancellare la distinzione tra una forma e l'altra dell'atti-

umana,

e tra

un

atto
la

e l'altro: tra

l'uomo

l'uomo morale, tra

produzione fantastica e
(in

pro-

duzione logica, tra l'animale

senso ideale) e l'uomo.

E nemmeno
clamo ogni

si

vuole intendere che bisogni astenersi da


negativo, che distessi, e

quelle enfatiche espressioni di carattere


istante
agli
altri

noi

in forza

delle quali esortiamo e sferziamo noi stessi e gli altri a

non

indugiare nel gi raggiunto, e a salire a modi sempre pi


alti di esistenza.

qui ci dato riattaccare un

filo

che avevamo lasciato


distinzione del sene del

cadere nel trattare del sentimento:


timento
nei

la

i poli dei sentimento

(piacere e dolore),

due

poli

del

piacere

dolore,

intesi

e loro

non come distinzione psicologica di pi e di meno e come f ti f gradazioni di stati misti, ma come distinzione filosofica di stati puri, di termini veramente opposti. Quando il vago e indeterminato concetto di sentimento > s'indirizza
ai fatti teorici e dalla filosofia teoretica

''^^"''^

gli

^ opposti

pratici,

viene determinato

come

attivit estetica o pensiero speculativo o in altro


i

modo

siffatto,

termini di piacere e dolore, per parlare con esat-

132
tezza,
si

l'attivit pratica nella sua dialettica

non

gli

appartengono. L'attivit teoretica pura, come


s,

veduto, considerata per

ossia astrattamente,
il

non
vero.

pu polarizzarsi: coglier sempre


Solo in quanto l'attivit teoretica

bello,

sempre

il

insieme, per la legge

dell'unit dello spirito, attivit pratica,

anche per

essa, se

non proprio

in essa,

ha luogo

la polarizzazione di

bene e

di male, che in quel caso si

chiamano vero e
il

falso, bello

e brutto. Indirizzato invece

concetto di

sentimento

verso
tica

fatti pratici e

determinato dalla Filosofia della praquale


il

come sinonimo

dell'attivit pratica (della


si

sen-

timento formerebbe, come


distintivo), chiaro

dice,

il

carattere spiccante e

che a esso spetta immediatamente, e


di

non pi

solo

mediatamente, quella polarit

bene e
i

di

male. Bene e male diventano in quel caso ci che


del sentimento
tici

teorici

chiamano piacere
il

dolore: termini idengenericamente con-

coi

precedenti, perch

sentimento, in quel caso,

stato reso identico con l'attivit pratica


siderata.
Dottrine
cir-

Questa cousiderazione del piacere e del dolore come

si-

**i"/i?T.l! nonimi del positivo e del negativo pratici giova a metter fine a una lunga serie di dubbi mossi intorno a tali concritica.
cetti.

Apparir, di conseguenza, vuota la disputa se

il

pia-

cere sia positivo o negativo, e se sia positivo o negativo


il

dolore, e se l'uno e l'altro siano entrambi negativi: vuota,

posto che
e

piacere

significa

nient'altro

che

positivo
si

doloro

nient'altro che negativo. Tutt'al pi

po-

tr concedere che al dolore spetti

anche una

positivit, la

positivit del negativo, la logica e reale esistenza del polo

negativo.
tare

di verit altrettanto

lampante, e da non merisforzi di dimostrazione, apsi


il

enunciazione

molto

meno

parir ormai l'aflFermazione, che l'uomo

propone sempre
piacere non sia

a suo
altro

fine

il

piacere; giacch, posto che

che

l'attivit,

ben naturale che l'uomo non ubbia

altro fine

che

il

piacere, cio l'attivit, la vita stessa.

la

II.

LA LIBERT E IL SUO OPPOSTO


altri,

133
il

correzione proposta da
cere,

che l'uomo voglia non


il

pia-

ma

l'attivit alla

mento, poco giusta,


distinguibili, e
il

come risultaperch quei due termini non sono


quale
piacere segue

il

risultamento non separabile dall'attivit:

piacere del viaggiare non separabile dal viaggiare. Tutt'al

pi, quella

polemica ritiene efficacia contro l'empirismo che


piacere a un gruppo arbitrariamente determipiacevoli, l'attivit

restringe

il

nato di

fatti

ad alcune manifestazioni

particolari dell'attivit raccolte in

gruppo o classe e scam-

biate pel concetto universale di essa. Infine,


tificazione del piacere e del dolore col
tico in

merc

l'

iden-

bene e col male pra-

genere cadono tutte


sia

le

dispute sul concetto di feli-

cit: se

no da quello dell'azione buona (praticamente coerente), e se l'uomo si proponga come fine


distinto

la felicit.

Felicit

eguale a

piacere

>

piacere

eguale ad

attivit

Volere

il

bene (cio bene ed energisono


il

camente

volere),

ed essere

felici,

medesimo. Chi poi

ha obiettato che l'uomo non vuole


terminata
felicit,

la felicit,

ma una

de-

non

il

bene,

ma

non il piacere, ma un determinato piacere, un determinato bene, ha avuto ragione, ma


che distinguere tra l'uomo volente in atto che
il

non ha

fatto altro

e l teoria della volont

filosofo costruisce.
letto
il

Se Tizio
fare

vuole in questo

momento andare a

e Caio

una

passeggiata sotto l'imminente luna,

letto e la

luna riguar-

ma

dano Tizio e Caio: pel filosofo, non c' n Tizio n Caio, l'uomo in universale; non c' n letto n luna, ma il
il

piacere e

bene.

L'attivit pratica o volont, lotta di

bene e male, pu

concetti
"

essere, secondo le occorrenze del discorso e secondo le varle situazioni della vita,

'"p''*<'J

torno al be-

lumeggiata ora da uno ora da altro

ne e ai male.

aspetto di quella sua unit indissolubile. Si ottengono per


tal

modo

concetti unilaterali, che in quanto tali sono empifilosofici solo

rici e

ridiventano

nel

pensamento dell'unit

di

cui fanno parte.

Accade come

della spazialit, che

pu

es-

134

l'attivit pratica nella sua dialettica

sere in geometria analizzata e scissa in

una prima, seconda


sicch
si

e terza dimensione, e

ma

che in quanto spazialit un unicum


tre

non ha n una n due n

dimensioni

quando
passa a

dal misurare o dal costruire tipi di misurazione

pensare una di quelle dimensioni,


terla

ci si

accorge di non po-

pensare se non con


e tre,

le

altre

due insieme, cio non

come una, due

ma come
si

unit organica.

Ma

poich

quei concetti pratici, che


e dialettica della volont,

fondano sulla natura antitetica


pi frequenti.

hanno avuta molta importanza,


i

giova ricordarne e chiarire alcuni tra


Dover essere,

Se l'attenzione

si affissa
'

principalmente alla lotta contro

ideale,
impera-

potere inibtivo,

y {t^^yzs e
S

l'arbitrio, la

lotta e divenire volont in questa ^

^"'

ponc comc qualcosa che non ma deve essere, che non reale ma ideale. Se nella stessa lotta si d risalto
alla bellezza di quest'ideale, esso

appare dolce e sorridente,

quasi visione letificante e beatificante; e se invece


si

risalto allo sforzo del

suo divenire, l'ideale pu esa volont, volont

sere metaforizzato

come volont opposta


di

legittima contro quella ribelle, e prende allora cipiglio bru-

sco e duro, e

nomi

che vieta
Male, rimor*'
*'^^^',

l'arbitrio e

potere inibitivo o d'imperativo, comanda la libert.


negativo
concetti

Lumeggiando
o del male,
si

la sintesi pratica sotto l'aspetto


i

f*i

zione, ecc.

wdXo {cor

dell'accecamento ostiinduratum), dell'inquietezza e dello scrupolo,


ottengono
vigili e

che rendono

guardinghi, dell'umilt, che non


sia facile scivolare nel

la-

scia dimenticare

quanto

male.

Ed

degno

di nota

che assai meno ricca


si

la serie di vocaboli

e concetti empirici che


del bene, alla

riferiscono alla

soddisfazione
stessi, alla

vittoria riportata sopra s

tran-

quillit della coscienza; forse appunto perch a celebrare


il

piacere della vittoria c' minore interesse pratico che


la necessit

non a inculcare
male.

della lotta e l'aborrimento dal


ri-

che richiamare l'attenzione sulla gioia e sul


gli

poso quando

uomini sono

fin

troppo inclini a concedersi

II.

LA LIBERT E IL SUO OPPOSTO


li

135

runa

e l'altro: e la Vita, essa, non se

concede, e a una

soluzione fa succedere nuovi problemi, a un pericolo superato nuovi pericoli e la necessit di

nuove
si

lotte?

Importa

perci volgere la maggiore


aspetti

somma
ci

di attenzione a quegli
svia. Infine, questi

dai

quali
si

pi volentieri

vari aspetti

possono mettere in relazione con la frequenza


di essi

maggiore o minore onde ciascuno


dividui, venendosi per tal
cetti della

appare negli

in-

modo

a costruire gli ulteriori con-

virt e del vizio, e i concetti-tipi dell'uomo virtuoso, dell'uomo onesto, dell'uomo ponderato, dell'uomo abile, e del vizioso, del disonesto, dell'irriflessivo, dell'incapace, e via dicendo.

Anche

questi concetti

empirici della pratica sono


il

tal-

incapacit
^- *g**j^*
\^^^

volta, per soddisfare frettolosamente


irrigiditi in concetti filosofici.

bisogno speculativo,
indagini inal-

perci, nelle
si
il

cipi pratici,

torno al fondamento della pratica,

ode sostenere da

cuni che

il

principio pratico sia

dovere
la

o l'impera-

tivi; da

altri,

l'idea o l'ideale; da

altri, la

gioia del
ha occhio

bene, o l'aborrimento dal dolore, o tusiasmo; e ciascuno di quei diversi


acuto nello scorgere
pei
difetti
i

virt, o l'en-

teorici

difetti delle teorie

avverse,

ma miope
sati-

della

propria. I

propugnatori dell'ideale
e

reggiano

la

forma poliziesca
di

sbirresca
t;

dell'imperativo

categorico; quelli dell'imperativo


la

del

dovere deridono

forma quietistica e

beato rapimento, che propria

della

contemplazione degli ideali; quelli della fuga dal


;

dolore non risparmiano sarcasmi agli assertori della gioia


quelli della gioia

chiamano

ipocriti

piagnoni del dolore,


la

che
vita,

si
si.

procurano anch'essi godimenti e amano anch'essi non


caste, caute.

La

verit che tutti del pari, in

quanto

filosofi,

sono nel

torto,

perch

tutti

colgono

il

prin-

cipio della volont

lont stessa,

ma

aspetto astratto

non gi in s stesso, cio come la voin un concetto empirico che ne d un e mutilato. E, d'altro canto, tutti hanno

136

l'attivit pratica nella sua dialettica


tutti reali,

anche ragione, perch quegli aspetti sono


ciascuno
si

e in

possono mostrare impliciti

gli altri.

L'impera-

tivo categorico, per es., chiude in s e la volont (che

vera volont in quanto comanda s medesima), e la gioia


di essere quel che
sere, e
si

vuol essere, e

il

dolore del non es-

ideale, e la sua necessit di attuarsi e perci di

entrare in lotta contro l'irrealt, facendosi, per tal modo,

imperativo
Loro carattere

e via discorrendo.

Se nessuna di queste formole, a cagione del suo carattere empirico, atta a designare

con esattezza

il

principio

della Filosofia della pratica, e tutte ne sono

sineddochi

meno comode, nessuno di trattato come concetto rigoroso,


pi o

questi concetti deve essere

perch, trattato cosi, non


il

c' nessuno di essi, per giustificato che paia,

quale non
All'

possa suscitare e non abbia suscitato ribellioni.


del dovere

uomo
ri-

stato rimproverato che, attenendosi egli

gidamente

al

dovere, non adempia veramente


lo slancio del

il

dover suo,
virtuoso
,

perch dimentica
professione;

cuore;

all'

uomo

che cessi quasi di esser


fa
all'

tale pel solo fatto


,

che della virt

onest'uomo

canaglia della gente onesta; al


piet egoismo;
e, in

che non v'ha peggior *pius^neas*, che la sua


si

genere, in tutti questi casi

ricor-

dato che un po' di vizio indispensabile alla virt come


la

lega

ai

metalli.

cotanto raccomandati

Anche al pentimento come procedimenti di

al

rimorso,

purificazione,

non sono mancati gli obiettanti: e non basta (si dotto) che si sia commesso un male? bisogna anche aggravarlo col perdervi tempo intorno, quasich col pianto e col dolore si rimedi a quel danno? Ma altri ha risposto che, considerata l'umana nequizia, meglio eccedere nel rimorso che

passarvi sopra leggermente. All'umilt stato contrapposto,

come pi virilo, il sume superblam, e pi nobile, la laudwni immensa cupido; all'abito del tormentar s stessi, il servite Domino in la'Mtia: come, per contrario, colui ciie troppo

II.

LA LIBERT E IL SUO OPPOSTO

137

fiducioso in s stato
biblico, del beatus

ammonito con homo qui semper


si

l'altro detto,
est

non meno

pavidus. Obiezioni

e risposte, che possono tutte serbar valore e verit per le situazioni empiriche cui
riferiscono,

ma

che non serbano

n valore n verit nella


false,

filosofia,

per la quale tutte sono


filosofiche. Il ri-

perch

si

fondano su distinzioni non

non ha valore per s, ma come passaggio all'attivit, che senz'esso non si effettuerebbe e che anzi quel rimorso stesso: l'abito virtuoso non ha valore per
morso, per
es.,

s,

ma

solo in

quanto
il

si

viene facendo e

si

conserva con

continui sforzi;

dovere non pu essere diverso dallo


insieme trepidazione
l'umilt fa tutt'uno

slancio dell'animo, n entrambi differiscono dall'atto volitivo


;

la fiducia la

con

superbia del merito. Pel


della

filosofo,

insomma,

la dia-

lettica

volont

si

assolve tutta quanta nel concetto

della volont, intesa nella

sua attualit e concretezza, e


il

perci
il

come

il

farsi del

bene contro

male e attraverso

male.

Ili

l'atto volitivo e le passioni

La

raoitepii-

ioe

le volizioni

si
'

seguissero l'una l'altra, per cosi dire


s,
?

cita delle vo-

lizioni e la
lotta per l'u'*^*

monadisticamente, ciascuna chiusa in

semplice, imper r
j

netrabile, irrelativa, sarebbe impossibile rendersi conto del

momento
da

eh' in esse della contradizione, dell'arbitrio, del

male. Ma, in verit, l'individuo sollecitato a un tempo


molteplici, o, per parlare pi esattamente,
in

da

infinite
si

volizioni;

ogni istante, egli microcosmo, e in lui


il

riflette tutto

cosmo

e a tutto

il

cosmo

egli reagisce, vo-

lendo in tutte

le direzioni.

Questa
essere

infinit di volizioni,

che

comprovata da quanto pu accade nell'apprendere le opere della poesia, dove si vede


di ogni individuo,

che ano stesso individuo capace di rifare in s

le

piti

varie e opposte disposizioni psicologiche, e sentirsi a volta

a volta mite e sanguinario, goditore e austero, Achille e


Tersite:
volitivi
il

che non potrebbe se di

tutti

quegli atteggiamenti

non avesse in s

stesso in

qualche modo l'espealla situazione


sia,

rienza.

Ma

anche se

si

voglia restringersi a quelle volisi

zioni che pi direttamente

congiungono

storica determinata (sebbene ogni situazione storica


in
realt, situazione

cosmica), a quelle che


si

si

chiamano

volizioni del

momento,

ha sempre, se non un caos, certo

una

molteplicit, o per lo

meno una

dualit di volizioni.

III.

l'atto volitivo e le passioni

139
l'in-

Se a quel caos, a quella molteplicit, a quella dualit


dividuo
si

abbandonasse, sarebbe in sull'istante dilacerato,

frantumato, distrutto.

Ma

egli

non

vi

si

abbandona, anzi
ri-

individuo, cio volitivo e operante,

appunto perch

nunzia alla falsa ricchezza dell'infinito o a quella angosciosa della molteplicit e dualit, attenendosi di volta in volta a

una

volizione sola, che la volizione corrispettiva

alla situazione data.

La volizione
lizioni.

dunque risultamento

di

una

lotta nella

Molteplicit

quale l'individuo ricaccia indietro tutte ^

le altre infinite

vosi

"o'^*

co

male e bene.

E quando,
si

in questa lotta, la volizione unica

non

afferma a pieno,

rimane

in balia

della

molteplicit;

o
si

l'arbitrio si volge

a una volizione che non quella che


si

dovrebbe volere e che


qualche modo; e
la

sente di volere e che

si

vuole in

volont scissa in varie direzioni e con-

tradittoria, l'azione

non

positiva

ma

negativa,

non vera-

mente azione,
volizioni

ma

piuttosto passivit.
il

La

molteplicit delle

genera dunque

momento

dell'arbitrio, della con-

tradizione, del male nell'attivit pratica.


definire: la

La quale

si

potrebbe

volizione che vince le volizioni; come il contrario di essa, l'arbitrio, il contrasto delle volizioni alla, volizione. Le volizioni, che volta per volta vengono ricacciate indietro ed escluse per far luogo all'atto volitivo, sono va*^ '^ '

Le voUiioni
**''"**'

'

passioni o
desideri.

riamente designate nel linguaggio comune e in quello degli


psicologi

come appetiti, tendenze, impulsi, affetti,


a noi, secondo
il

voglie, velleit, aspirazioni, desideri, passioni, e


simili.

Ma
e

nostro solilo, non importa an-

dare formando o difendendo simili classi in senso naturalistico

psicologico; n,

per conseguenza, distinguere

l'appetito dal desiderio o l'affetto dalla passione, miti di necessit malcerti o arbitrari.

con

li-

Quel che

ci

preme

solamente la distinzione netta, e

il

limite

non arbitrario

ma

reale, tra la volizione e le volizioni, o,

come

ora pos-

140

l'attivit pratica nella sua dialettica


dire,
il

siamo
e le

rapporto tra la volizione vera e propria,


o

Passioni

passioni Le passioni

desideri.

o desideri sono e

non sono

volizioni:

non
confor-

desideri co-

me

g^^^^

volizioni rispetto alla sintesi volitiva, che

escludensi

volizioni

possibili.

dole le annulla

come

tali;

sono invece volizioni, se

siderano in

s,

perch possono, in condizioni mutate,

mare il centro di nuove sintesi. Si suol dire clje non si pu volere l'impossibile, ma che ben si pu desiderarlo. E il detto non esatto, perch l'impossibile, il contradittorio, non oggetto nemmeno di desiderio. Nessuno desidera trovarsi contemporaneamente in due luoghi dicostruire un triangolo che sia insieme quadrato; versi,
e se anche
surdi,
le
si

manifestano a parole di

siffatti

desideri as-

non saranno quelli che si asseriscono o non sussisteranno nemmeno come desideri. Bisogna dire, invece, che sotto un certo aspetto tutti i desideri (e non alcuni soltanto) sono desideri dell'impossibile (se cio si considerano come voparole sono assurde,
i

ma

desideri o

lizioni inattuali

e in quel

momento

inattuabili);

ma

sotto

un

altro aspetto tutti sono possibili, anzi

debbono

definirsi

per l'appunto: volizioni possibili. Ci provato dal


loro diventare via via attuali, secondo che muti la situa-

zione di fatto. Se (per recare un esempio

semplicissimo)

un individuo, occupato
la

in

un
il

lavoro, ricaccia indietro con

sua volizione e azione

desiderio del cibo o del sonno,


at-

quel desiderio nullo in quel punto, come volizione


tuale;

ma non

per ci perde

il

suo intrinseco carattere

volitivo,

tanto che,

scoccata l'ora del pasto o del sonno,

esso dalla possibilit passa all'attualit e diventa volont


di cibo e di

sonno.

Il

sofisma precedentemente criticato,


(tale cio

merc cui un'azione sbagliata e cattiva


giaccia alla passione e
al capriccio)

che sog-

viene giustificata col

mostrare che ha avuto legittimo motivo e risponde a una

baona intenzione,

si

appella n questo carattere di possibi-

III.

l'atto volitivo e le passioni


tutti
i

141

lit,

che di

desideri, e

artifiziosamente lo conalla situazione

verte in carattere di attualit, sostituendo

data la situazione immaginata.


li

rapporto che abbiamo definito tra volizione e passioni La

voiiiione

o desideri, spiega perch la volont sia apparsa molte volte


nient'altro che lotta contro le passioni, e la vita
lizia

co^*(,i
sioni,

una miche

(vivere

militare

est);

e,

altre

volte,

nient'altro

passione essa stessa.


sioni, e

la
si

omogenea con le pasoppone gi alla natura della passione, che sua natura medesima, ma alla loro molteplicit. E ben

La volont

non

si

detto

che solo
si

la passione

opera sulle passioni

e, cosi

dicendo, nulla

detratto alla forza della volont, perch


il

la volont passione tra le passioni. Persino


si

poeta che

libera dalle passioni oggettivandole nella contemplazione,


il

filosofo

che se ne libera facendole oggetto d'indagine

speculativa, riesce a ci soltanto perch


passioni
filosofia.

pu affermare

sulle

la

passione:

la

passione per la poesia o per la

porto in forma falsa,

Nondimeno bisogna guardarsi dall'enunciare questo rapcome accade nella cosiddetta teoria

Critica deli

'*''*'**

^'

della libert di scelta, nella quale la volont viene con-

cepita

come

facolt che sceglie

e la fa sua.

La volont non

isceglie

una volizione tra le altre una volizione (fuorch


stessa,

per metafora),
ossia
si

ma

sceglie, per cosi dire, la scelta

fa volont

tra

desideri, che

non sono volont.


restano escluse,
il

N bisogna concepire le possibili azioni che come una graduatoria innanzi allo spirito,
per
es., a,

quale voglia,

e non voglia

b,

e,

d,

e,

e cosi via, pure attri-

buendo a esse vario valore, simboleggiato da una serie di numeri decrescenti, che dalla volont trionfante (a), segnata
(poniamo) con 10, via via discendono a
rispettivamente con
(6, e, d, e,)

6,

e, d,

e,

segnate

9, 8, 7, 6.

In realt, le volizioni escluse

non ritengono,

pel fatto stesso che sono escluse,

valore alcuno attuale. Potranno acquistarlo,

ma

in

altre

142

l'attivit pratica nella sua dialettica

situazioni, diverse
lecito rendere
sive, e

da quella che

si

ha dinanzi; e non
le

compresenti in una sola

situazioni succes-

meno determinarle quantitativamente e numericamente, fuorch in modo simbolico. Metaforiche e


molto
simboliche sono anche
le

proposizioni, che presentano la

volont talora come la volizione pi forte rispetto alle


passioni o desideri, e tal'altra

come
o
il

la

pi debole

rispetto
si

a queste, che sembrano le pi forti (secondo, cio, che

consideri

il

momento

attivo

momento passivo
quantitative,

della

volont, la sua vittoria o la sua sconfitta):


lezza, intese

forza e debo-

come determinazioni

non hanno

alcun luogo nel concetto dello


Significato

spirito.

della cosi
detta
prece-

denza
sull'atto
litivo.

dei
vo-

sentimenti

Lo stabilito rapporto chiarisce altres la teoria generalmente ammessa della necessaria precedenza dei sentimenti come condizioni per l'atto volitivo. L'atto volitivo preceduto, infatti, da una molteplicit cozzante di volizioni, da un brulichio di passioni e desideri, al quale esso sormonta, e perci pu sembrare che segua non a volizioni,

ma

a qualcosa di diverso dalla volizione, che sia da

chiamare sentimento.

diverso veramente,

ma

solo

perch plurale di quel singolare. La relazione rimasta


oscura delle passioni e desideri con Tatto volitivo un'altra tra le cagioni, che

hanno

fatto

sorgere e serbare la
.
si

confusionaria categoria del


Poiipntismo e apatiamo,

sentimento

Finalmente, sempre in forza del rapporto che


i^hhq^ restano confutate le

sta-

due opposte
:

teorie che

hanno
l'effi-

avuto corso circa


passioni,

le passioni

quella che fa consistere

cace esplicazione della vita pratica nel lasciar libero sfogo


alle

reputandolo tutte

sacre

in

quanto

tali,

che perci potrebbe denominarsi del polipatismo;


tra,

l'al-

che predica

lo

sradicamento e
il

la

distruzione di tutte

lo

passioni per fondare

dominio assoluto della ragiono


denomi-

della volont razionale, e che perci potrebbe

narsi dell'apatismo.

II

polipatismo non tiene conto, tra

III.

l'atto volitivo e le passioni

143

le

passioni, di quella per l'appunto che la passione per

eccellenza,
la volont.

oche

sola diventa attuale ricacciando le altre:

L'apatismo, cadendo nell'errore opposto, tiene

conto della sola (astratta) volont, e perci

neppure

di

questa, che da sola, da astrattamente sola, tanto impotente

quanto, nell'altro caso,

il

caos delle passioni cozzanti.

Le due enunciate

teorie,

che stanno ambedue in cosi

Erroneit di

stridente contrasto verso la realt, solo di rado e fugace-

^'"g
\^J^

mente ardiscono affermarsi, nel corso della storia, in forma rigorosa e pura. Al qual proposito da avvertire che non
bisogna scambiare
le

formolo teoriche, date di sopra, coi

programmi

di certi gruppi, stte, associazioni o individui,


il

che a parole propugnavano


e

polipatismo e l'apatismo, ladessere, tutt'altra

dove in realt erano, e non potevano non

meno

impossibile cosa. L'assoluto polipatismo o l'assosi

luto apatisrao

otterrebbe dall'individuo solamente nella

disgregazione e nell'annientamento; e perci quelle stte,


gruppi, societ e individui, nel conformarsi alle ricordate

formolo filosofiche,

intendevano esprimere semplici teno,

denze pratiche;

anche, quelle formolo sono state loro

applicate per iperbole, nell'atto di condannare quelle ten-

denze. Di certo, vi ha individui cosi fiacchi da suggerire

l'immagine dell'assenza
difeso l'animo loro sta

di volont: essi corrono in

qua e
devail

in l dietro a ogni loro desiderio, o lasciano aperto e inall'

impeto delle passioni che

lo

come

il

vento e la gragnuola fa dei campi. Diceva

Magnifico Lorenzo (con la consueta finezza e adombrando

un pensiero profondamente
glia alcuna, che
luto, del

etico)

a Piero suo

figliuolo, de-

dito a ogni piacere e capriccio:

E' non mi vien mai vo*.

tu non te

la cavi
la

il

giovane disso-

quale

il

De Musset narr

tragedia,

pu valere

L. DoMENiCHi, Della scelta de motti, burle

et

faceti^-{FTenze , 1566),

p. 14.

144

l'attivit pratica nella sua dialettica


della stessa disgregazione per opera di pas-

come esempio

sioni pi violente:

Ce

n'tat pas Rolla qui gouvernait sa vie:


il

C'taient ses passions;

les laissait aller,

Gomme un

ptre assoupi regarde l'eau couler...


tipici

Ma

anche

in

codesti casi estremi e

la

volont e

il

dominio delle passioni non mancano mai del tutto:


menti sarebbe impossibile vivere, non che un
vita,

altri-

tratto

di

un giorno, un'ora, un minuto. Per l'altro verso, un individuo, per apata e asceta che sia, non si libera mai
del tutto dalle passioni e dai desideri. Nella biografia di

non ricordo pi qual santo o beato,


cibo mettesse in bocca

si

legge che colui

era pervenuto a tal punto di perfezione, che qualunque

non sentiva

altro

sapore se non
l'

come
circa

di arida paglia. Lasciando ai competenti


il

indagine

modo

in cui

potevano adempiere

al loro ufficio

un

palato e uno stomaco cosi poco distinguenti, e circa le con-

seguenze che ne derivavano per


ciale di

l'utilit e

produttivit so-

un individuo

cosi stranamente perfezionato, certo

che, per nutrirsi e vivere, quel santo

doveva

sentire, se

non

altro, la periodica appetizione o desiderio della paglia

come

cibo. Spesso, poi, l'apatia nient'altro che violentissima e

tenace, per quanto disordinata passionalit, rivolta all'ozio.


L'attivit, a ogni

modo,

si

riafferma con lo scotimento del-

l'apatia (stato d'inerzia prossimo alla morte), col dissolversi


di quel ghiaccio, grata vice veris et favoni,

merc
quei

il

ricom-

parire dei desideri, di quei


di

moti soavi

, di

palpiti ,

quelle contrazioni di dolore ed espansioni di piacere,


,

che Giacomo Leopardi ritraeva nel suo Risorgimento preso

da stupore come innanzi


Bigniflcati

al

mistero stesso della vita.

Alle

formolo opposte del polipatismo e dell'apatismo


altri significati, 7 e>

torioiecontingenti di

^^^^ toccati

eu.

viene accennare per impedire

contingenti e storici, che cono passaginavveduto solito il

III.

l'atto volitivo e le passioni


tesi

145
alle
tesi

gio,

causa di tanti errori, dalle


II

filosofiche

empiriche.

ritorno al

mondo

e alla natura, che

uno

dei tratti pi spiccanti del Rinascimento e della stessa Ri-

forma;

il

diritto

delle passioni,
il

affermato dal Romantici-

smo

nel suo periodo iniziale;

neopaganesimo, che ha
che benefiche

dato all'Italia dei tempi nostri la poesia di Giosu Carducci;

furono a volta a volta nient'altro

reazioni contro l'oziosa vita monastica del Medioevo, contro la pedanteria

protestante,

contro

il

degenere roman-

ticismo, sprezzatore del


contradittor.

mondo

reale e sognatore d'ideali

reazioni benefiche furono, in tempi e conla

dizioni

diverse, l'ascesi cristiana,

povert francescana

o la rigidezza puritana. Tanto che noi sogliamo congiun-

gere nella nostra ammirazione eroi dell'astinenza ed eroi


della passione, assertori dello spirito e assertori della carne
i
;

quali,

in

forme diverse perch in situazioni storiche


tutti

diverse,

vollero
di quelle

sempre l'elevamento dell'uomo.


stata,

Ognuna

forme storiche pu essere, com'

oggetto di biasimo e di satira;

ma

solo se

venga clta nel


il

periodo di decadenza, quando ha gi assoluto

proprio

compito e non pi veramente s stessa,


inanime.
pi
i

ma

la

sua spoglia

frati

delle
di

novelle cinquecentesche non sono


cosi

compagni

san Francesco,

come

gli
gli

scostu-

mati italiani della tarda Rinascenza non sono

operosi

mercanti

e filologi e artisti,

che

la

promossero; e sarebbe
i

grave mancanza
partigiani.

di senso storico trasportare agli uni

ca-

ratteri degli altri,

come si usa Un medesimo fatto

dagli spiriti superficiali o


storico
(fu

detto

argutala

mente) suole presentarsi due volte nel tempo,

ma

prima
signore^-

come tragedia, la seconda come commedia. Le forme storiche che abbiamo ricordate, e che sono parse casi tipici di sfrenata o di repressa passione, hanno
*^

ii

^**^"'<*
delle

'^

'

pag-

veramente valore positivo, perch rappresentano la sintesi pratica, che variamente vince e contiene a volta a volta
B. Croce, Filosofia della pratica.
10

sioni, e la
^<''*^-

146
le

l'attivit pratica nella sua dialettica

<

passioni divergenti e rovinose.

con ci
Si

si

data

ri-

sposta alla
sioni,

domanda:
l'uomo

se

si

possano o no dominare
o schiavo.

le pas-

se

sia

libero

dominano,
fa

nel dominarle la vita;

non

si

dominano, e

si

un passo
i

verso la morte: dominarle e non dominarle sono


stessi,

poli

positivo e negativo, della volont; n l'uno


l'altro.

si

pu
la

pensare abolito senza pensare abolito anche

Ma

il

lavoro del dominarle aspro,

come aspra

vita tutta, la dolce vita>.

Le
le

passioni, cacciate indietro

e raffrenate dalla volont,

fremono in noi tumultuando,


piante

sebbene

vinte.

Si

strappano
e
i

ingombranti,
si

ma

non

le

loro

radici

germi. L'uomo, che

considera

indurato a ogni sorta di prove, pur sempre sensibile e


sofferente:

l'uomo, che pare calmo, ha tuttavia nel fondo

del suo essere l'agitazione.

Come

il

lavoro che
cosi,

si

dice fisico

depone veleni
l'anima,
il

in

fondo all'organismo,
si

in

fondo

al-

lavoro che

dice spirituale.

Di qui l'amae molto

rezza, che negli uomini che

hanno molto voluto


il

operato, e

il

loro cupio dissolvi, la loro aspirazione a quella

riva dove tutto ha pace. Sublimemente


il

poeta immagina

vecchio Lutero, dopo

le

sue tante

lotte,

dopo

le

sue

fa-

ticate vittorie,

che nel mezzo del popolo da

lui svegliato

nuova

vita,

guardandosi a dietro

sospira:

Signor, chiamami a te! Stanco son io;

pregar non posso, senza maledire.

IV
GLI ABITI VOLITIVI E l'INDIVIDUALIT

ppunto perch le passioni sono volizioni possibili e hanno sempre contenuto particolare, ion esatto considerare come passioni la gioia e il dolore, l'entusiasmo e la
depressione, la contentezza e la scontentezza, la tranquillit

stati
^]
*

d'ani-

paawo-

il

rimorso, e altrettali coppie di contrari. Queste


concetti
libert
i

coppie

sono

empirici
e

costruiti

sulla

distinzione

dialettica

della

dell'antilibert, del

bene e del
volitiva

male; laddove
fondarsi sulla

concetti

empirici delle passioni debbono


dell'attivit

varia determinazione
es.:

secondo
per

gli

oggetti, per
la

passione per la celebrit,


il

l'arte,

per la politica, per

lusso, per la vita

campevia

stre o cittadina, per

caccia, per la

pesca,

e cosi

dividendo o riunendo come meglio accomoda.


Giustificata,

sebbene pur sempre di carattere empirico, Le

passioni

anche

la distinzione
i

che

si

gl'impulsi,

desideri da

un

lato, e

suole ^ porre tra gli afifetti, le passioni dall'altro,


'

,*:'"f '"|f.^ abiti volitivi.

considerando queste non gi come


desiderio o impulso che spinge a

il

singolo e istantaneo

come inclinazione o
indirizzo. In questo
cetto

abito di

una singola azione, ma desiderare e volere in un certo

significato la passione sarebbe poi con-

generico (sempre empirico), che potrebbe dividersi


vizi,

(empiricamente) nelle varie classi della virt e dei

perch

la virt
il

non

altro che passione o abito ad azioni


il

razionali, e

vizio

contrario.

148
importansa
di e e natura nata

l'attivit pratica nella sua dialettica

Codeste passioni o abiti volitivi non sono rigidi e


p^j-^jj^^

fissi,

questi.

niente di rigido e di fisso v'ha nel


letto del

campo

del reale.

Come

il

fiume regola

il

corso del fiume e ne viene

insieme di continuo modificato, cosi accade delle passioni


e degli abiti volitivi che la realt viene

formando e modiha sempre nel

ficando, e nel modificare forma da capo e nel formare

modifica. Perci qualcosa di arbitrario vi


definire gli abiti

come

se rispondessero a

una

realt ferma

ben delimitata. Gli

abiti

non sono categorie n sono pen-

sabili

come

concetti distinti,

ma

sono

il

simile nel dissimile,


in certo

dissimile anch'esso in s stesso, e

nondimeno
dissimili.

modo
im-

discernibile da altri gruppi di fatti

La

loro

portanza grande, perch costituiscono come l'ossatura del

corpo della realt.


lit, intesa

signa altro
e coerenti.
Il sigrnoreg-

E in essi ha fondamento l'individuacome concetto empirico, nel qual caso non deche un complesso di abiti pi o meno duraturi
come
abiti volitivi, di essere

Il

Carattere delle passioni

g lamento
delle passio-

ijjgjgjjje flgge

^ mobili, ossia solo relativamente fisse e solo


il

ni in quanto
abiti Toiiu-

relativamente mobili,

principio che

vale a risolvere

njgQjji quesiti assai dibattuti, e

Filosofia, della

pratica.
abiti, la

in

certamente assai gravi, di primo luogo, intendendo le


se le passioni possano dolimiti,

passioni

come

domanda

minarsi o no, e nell'affermativa in quali


gnificato alquanto diverso, che spiega
l'

riceve

si-

interessamento che
ci

essa ha sempre suscitato. Nulla, infatti,

toglie cosi bruci

talmente la coscienza della libert e della personalit, e


fa sentire in
la nostra

modo cosi sconfortante la nostra impotenza, umana miseria, quanto il trovarci con la buona
o

intenzione

l'appena iniziata azione

dinanzi alle

forze

scatenate delle nostre passioni e degli abiti a quella contrari,

che col loro frastuono assordante coprono


timida
della

la

voce

debole e

incipiente aziono,

la

soverchiano

con

la

loro prepotenza e ci rapiscono per vie note e aboi-

IV,

GLI ABITI VOLITIVI E l'INDIVIDUALIT

149
ci

rite.

Si

cade allora nella sfiducia e nell'avvilimento;


la libert

reputiamo perduti per sempre:

e la
i

volont

ci

sembrano favole da adornarne


ralisti.
Il

le

prediche e

libri dei

mo-

saggio che ricorda all'uomo l'assoluto imperio


lo esorta

ch'egli

ha sulle passioni, e
le venti

a non turbarsi mai e a

rimeraorare

o ventiquattro lettere dell'alfabeto affinle forze

ch

lo spirito

abbia tempo di raccogliere

e di resi-

stere e vincere, ci appare gonfio e credulo recitatore di for-

molo

uomo

frigido che

non ha mai amato e odiato davvero,

e che misura gli animi pieni e riboccanti degli altri sul sao,

vuoto o quasi.

si

ride volentieri delle corte


;

gambe che
non

hanno

ideali e

buone intenzioni e
la sagesse

si

rilegge con gusto

iscevro di amarezza qualche novelletta del genere di quella volteriana :


la

Memnon ou

humaine, recante in fronte

bene appropriata epigrafe: Nous tromper dans nos entreprises, C'est quei nous sommes sujets: Le matin, je fais dea projets, Et le long du jour, des sottises;

o, tutt'al pi, si

conclude che di una passione cattiva non

c'

modo

di liberarsi se

non con un'altra parimente


vizio,

cat-

tiva, di

un

vizio con
.
si

un

come

d'asse

si

trae chiodo

con chiodo

Eppure, chi

strazia e

si

sdegna, chi ride e conclude

a quel modo, non ha ragione. Cio, ha ragione di ridere


degli ingenui saggi e

Difficolt e realt del do-

minarle.

degli

esosi

predicatori e moralisti,

perch

le loro

sono, di certo, teorie semplicistiche e false;

ma ha
anche

torto
la sua,

di

non scorgere che semplicistica e


ingenui? che
reciso,
le passioni
il

falsa

che corre all'estremo opposto. Che cosa pregli

tenderebbero
colpo, al

sgombrassero di

primo cenno
superficie

nostro

forse che siano tenere erbette o fiorellini, che

animo? Credono un bimbo ha


tentativo di

attaccato alla

delle

zolle? E, nel

150

l'attivit pratica nella sua dialettica


si

strapparle, giusto allora che

avvedano che esse sono

invece piante rigogliose e tenaci, profondanti le loro intricate e ramificate radici assai addentro nel terreno. Se lenta stata la formazione delle passioni, ossia degli abiti, lento

sar

il

processo di dissoluzione. Lento, e nondimeno guisi

dato dalla volont: una malattia non


atto temerario di volont,

guarisce con un
indirizza e sor-

ma

la volont

regge

il

processo della guarigione, e apre (come pu chiu-

derlo) l'adito alle forze medicatrici della natura. E, appunto

come per
ciano
il

le malattie,

si

deve lasciare che


invigilando che

le passioni fac-

loro corso, solo

il

corso coincida

con

la

cura.

saggi

che spacciano ricette d cure

rapide e radicali, meritano di essere considerati

come

Dulcamara dei malanni morali: ma,


sono
I
i

oltre

Dulcamara,

ci

medici, e

ci

siamo noi

stessi,

medici di noi
e
illusorio

stessi.

quali poi

adopereremmo un pessimo

metodo
vizio,

di cura, se accettassimo la pratica, spesso


di distrarre passione

raccomandata,

con passione, ossia vizio con

aggiungendo, per

tal

modo, vizio a

vizio;

come
gli

coloro che
eccitanti

curano

mali del corpo coi narcotici o con

aggiungono sovente malattia a malattia.


GII abiti vo-

Gli abiti, dunque,

VIlLtiul" divldnsUt.

onde furono e sono

costituiti,

singoli atti volitivi non meno che in quanto si oppongono alle


i

nuove

sintesi volitive

possono essere, e sono di continuo,


riconferma
la teoria

vinti e modificati. Ci

che

si

esposta

nel criticare le protese del polipatismo che sconoscevano la

volizione per le
dello
ziosi.

volizioni, e

la

estonde alla confutazione


gli

sconoscimento dell'abito virtuoso per

abiti

vi-

Ma

in questo
;

campo hanno

riscontro altres lo prel'effi-

tese dell'apatismo

e contro di esse bisogna asserire

cacia peculiare o grande degli abiti volitivi a dare forma

concreta alla virt. Questa seconda posizione critica quella

che afferma
nel

il

valore della particolarit o individualit

campo

pratico.

IV.

GLI ABITI VOLITIVI E l'INDIVIDDALIT


le

151
le

Ogni individuo, secondo


abiti determinati; e altri

circostanze
si

tra

quali

Negazioni
/ai\"^'L^
l'uniformit& 6 critioft ^j'^^g^
*

viene al mondo, fornito, come

dice,

da natura

di certi
la vita,

ancora ne acquista lungo

per effetto delle vicende ed esperienze attraverso cui passa


e delle operazioni

che compie. Quegli

abiti,

che ha

fin dal
si

nascere, sono le attitudini, disposizioni e tendenze che

chiamano naturali; e
quisite.

gli altri,

quelle che

si

chiamano

ac-

L'individuo non in realt, come


di abiti, e
(le

si

avvertito,
di essi.

se

non questi gruppi

muta

col

mutare

Ora, razionale e possibile

due domande ne formano


si

qui una sola), che l'individuo nel suo volere e operare


disfaccia di
di valore? Si
tali

abiti?

possibile considerarli cose prive

pu

stabilire

un'antinomia tra individualit e

azione razionale,

come

tra

male e bene?

livellatori,

che a
poeta

tutti

gl'individui pretendono

imporre un medesimo

compito; che della femmina vogliono fare un maschio, del

un ragionatore, dello scienziato un guerriero, del santo un industriale, cio dare a ciascuno, in tutto o in i sognatori di una societ futura parte, il compito altrui; in cui questa immaginazione diventerebbe realt, e un poeta vacherebbe al suo poema dopo aver fatto ogni giorno per dovere sociale quattro ore il sarto e altre due il cuoco o

il

cameriere di trattoria
quali
la
ci

tutti

pedanti dell'astratta re-

golarit, nei
vita;
1

scontriamo con gran fastidio nella


degli

ecco
come

nuova manifestazione

apatisti,

quali,

nella teoria dell'atto volitivo

propugnavano

un'astratta azione condotta dalla

mera volont razionale


un modello

nel vuoto delle passioni, cosi ora, nella teoria degli abiti
volitivi,

propugnano un
attivit, al

astratto abito razionale,


tutti

di

umana

quale

gl'individui dovrebbero

conformarsi.

confutarli basterebbe forse qualche osserva:

zione di buon senso, come questa del Vauvenargues Il ne faut pas beaucoup de rflexlon pour f'aire culre un poulet; et, cependant, nous voyons des hommes qui sont tonte

152
leur vie
les

l'attivit pratica nella sua dialettica

mauvais rUisseurs; tant il est ncessaire, dans tous mtiers, d'y ire appell par un instinct particulier et
*
.

corame indpendant de la raison


dire che vogliamo risolvere
barzelletta, ricorderemo

Ma

poich

si

potrebbe

una questione grave con una


l'atto

che

volitivo

e le passioni,
stoffa

la volizione e le volizioni,

sono tagliate nella stessa

(bench l'una

sia attuale e le altre soltanto possibili, l'una

positiva, le altre negative), e che la natura del volere im-

porta situazioni di fatto determinate; onde non

si

vuole
stesso

mai

in universale,

ma

sempre

in

particolare. Allo

modo
sioni;

la virt, l'abito virtuoso della volont,

non

di na-

tura diversa dagli abiti della volont in genere, dalle pas-

ed sempre particolare e individuale come

quelli.

Coloro che imprendono la guerra contro gli abiti individuali non riescono mai a sostituirli con un abito universale, che inconcepibile; ma, tutt'al pi, con altri abiti,

similmente

particolari

individuali.
il

Il

poeta, che
il

nella

ideata societ futura far

sarto,
il

il

cuoco e

cameriere,

far tutte codeste cose da poeta:

che potr essere, forse,


il

un vantaggio, ma pi probabilmente sar

contrario, se

condo che giudicheranno i futuri consumatori di vesti e di desinari. E, del resto, non vediamo anche ora le donne volgersi agli studi severi della filologia, della filosofia e delle

pre: la loro opera scientifica, priva di originalit,

matematiche? Ma, salvo casi rarissimi, donne restano semnon


quella dell'uomo, adempiuta con la completa dedizione
il

come

di tutto

proprio essere alla ricerca della verit, o al conartistica; e se, nel

seguimento della perfezione


pel capo

meglio della
passa

pi astrusa indagine, a quelle scienziate e

scrittrici

l'immagine della sposa e della madre, lasciano


schemi di flessione e
gli

in asso le categorie filosofiche, gli

spazi rigati o tangenti, e sospirano pei figli

non

nati e pel

marito
abiti

non incontrato. E utile codesta distorsione degli naturali? Parlando in genere, un faro e disfare;

IV.

GLI ABITI VOLITIVI

fi

L' INDIVIDUALIT

153
e ca-

uno spreco della ricchezza sapientemente accumulata


pitalizzata dalla Realt nel corso della sua storia.

Certamente,
la virt; e
il

la disposizione naturale o acquisita

non

Tempera j*"

temperamento
il

(poich temperamento non ^*"^


il

altro

che complesso di abiti e attitudini) non

carat'

differensa
temperamento.
*^^

tere.

Ma

la virt e

passioni, carattere richiedono abiti e ^

delle quali
la

porgono

la sintesi volitiva

e razionale, e sono
la

forma

di quella materia.

E,

come

materia astrattagli

mente considerata non n male n bene, cosi


e le passioni

abiti

(come

stato benissimo osservato)


fatti.

non sono

per s stessi n virt n vizi: sono

dei fatti bisosi

gna tener conto, perch,


D'altro
canto,
abiti

della trascuranza,

vendicano.

passioni
si

mutano certamente, ma
bene a poco a poco, e
preesistenti.
efficace'

non gi a
Il

salti e

a capriccio,

sempre sul fondamento degli


primo dovere

abiti e passioni

di ogni individuo

che voglia
s

La

scoperta

nel cercare mente operare consiste perci ^ ^

medesimo,

essere,

P'op'o

neir indagare
attitudini

le

proprie
lui

disposizioni, nello

stabilire

quali

abbia in

deposte

il

corso della realt cosi


il
i

nel

momento
o

della sua nascita

come durante
conoscere,
cio,

lavorio

della sua vita


abiti

individuale:

nel

propri

passioni,

non per discacciarli


si

ma

per adoprarli.

La

ricerca
il

non agevole, e in essa


preparatorio
della

viene di solito spenvita, la

dendo

periodo
i

giovinezza.
e

Pochi sono
e trovano

fortunati che abbiano per

tempo netta
:

ferma

coscienza dell'esser loro e del loro dovere

pi cercano

dopo moki erramenti; e

se

talora codesti erra-

menti

(com' scritto nella

dedica della
,

Scienza

nuova)
re-

sembrano traversie e sono opportunit altre volte stano un poco fecondo provare e tentennare donde g'
;

in-

concludenti per intere vite, gli


ranti

eterni

giovani, gli

aspi-

a molti

tutti

gl'indirizzi
il

dell'attivit

umana,
si

incapaci a
svela,

tutti.

Ma quando

nostro proprio essere ci

quando vediamo chiara

la nostra via, all'agitazione

154

l'attivit, pratica
la

nella sua dialettica

incomposta succede

con

vittorie

calma del lavoro regolare e sicuro, e sconfitte, con gioie e amarezze, ma con la

vista

costante dello scopo, cio della generale direzione

da
gli

seguire.

Invano chi disposto e preparato a guidare

uomini nelle

chiara delle
e di ci che

ha percezione viva e forze e debolezze umane, di ci che si pu


lotte

politiche, e

non

si

pu

fare,

ed provvisto, come

si

dice,

di senso pratico
ture), tenter

(del

senso delle complicazioni e sfuma-

poi (salvo, ripetiamo, casi rarissimi ed ec-

cezionali, e

tale

riserva da sottintendere in

tutto
i

ci

che andiamo qui dicendo) di prender posto tra


dell'astratto

cultori

dell'universale, operazioni

che richiedono

attitudini quasi contrarie;


si

invano chi nato per cantare,


dissidi in tutto
il

prover a calcolare; invano chi ha mente e animo cai

paci e alacri a percepire e svolgere

il

loro

duro contrasto,
il

si

piegher a fare invece

conciliatore e
sul

paciere. Peggio che superfluo,

stupido piangere

proprio temperamento collerico o flemmatico. Vi sono stati


santi collerici, che

adoperavano perfino

il

bastone, e santi

flemmatici, che riuscivano eccellenti nella paziente persuasione:


il

mite Francesco, tutto

serafico

in

ardore, e

r impetuoso Domenico, che

negli sterpi eretici percosse

La
L'idea
di

realt diversit, e

ha bisogno degli uni e degli


o

altri;

e ciascuno bravo se fa
vocazione.

bene ci a cui chiamato.

Qucsto concetto della chiamata


origine religiosa e ne serba la forma
le
;

vocazione ha

ma, enunciato dopo


presenta svestito di
L' individuo

considerazioni che

si

sono svolte,

si

quella forma e ridotto a concetto scientifico.

non una monade o un reale, non un' anima, creata di un sol getto e impronta da un Dio: l'individuo
la situazione storica dello spirito universale in ogni istante del tempo, e perci

l'insieme degli
si

abiti

che per

effetto

delle situazioni storiche

sono prodotti.

bisogna accu-

ratamente scansare corno erronei quei modi di concepire

IV.

GLI ABITI VOLITIVI E l'INDIVIDDALIT

155

onde

si

parla di
di

un medesimo individuo
due individui diversi

in

diverse, o

in

due situazioni una situazione

medesima; perch

individuo e situazione sono tutt'uno.

Ma, definito cosi V individuo, non resta men vero che ciascuno deve indirizzare
preesistenti,
la

propria vita secondo

gli
si

abiti

secondo
il

le

disposizioni personali; e

ritrova

a questo

modo

significato giusto delle ricordate idee mi-

stiche e religiose; e le lotte per la ricerca del proprio


pito possono essere espresse
ci

commisnella

nelle
:

parole che la religione

ha

apprese da bambini

della

vocazione

sione

particolare, che a ciascuno di noi

affidata

vita, fino alla resa di conti finale e alle parole del

congedo

e del riposo:

Nunc

dimitte servum tuum, Domine. Servi


;

noi siamo della Realt, che ci genera e ne sa pi di noi


di quella Realt,

che

le religioni

intravedevano chiaman-

dola Dio, padre e sapienza infinita.

L'affermazione del diritto che spetta all'individualit Fraintendinel

campo

pratico ha preso pi volto (e ai

tempi nostri,

'"'"^f'\

?'*

per effetto del materialismo e naturalismo, pi ancora che


nel passato) ^ '

dividuaiit. "'i^'<i"!;'

una forma, non gi simbolica e "^


'

mistica,
'

ma
in-

lit

malva-

errata

e irrazionale, che

conviene qui notare, sempre a

gi.

fine di antivenire possibili equivoci. Infatti,

non pochi
il

tendono

il

rispetto pel proprio essere

come
il

rispetto pel

capriccio, cio
l'essere:
il

per quello che invece la negazione del-

diritto dell'individualit

come

diritto di far

cattive azioni o corbellerie, ossia dell'individualit disgre-

gata. L'affermata necessit del

temperamento pel carattere

viene scambiata con l'ammirazione pel temperamento considerato in s stesso, che, in quanto tale,

non

n ammi-

revole n biasimevole,
tere, si

e,

restando poi disgiunto dal carat-

converte in istoltezza e vizio. Di qui l'ammirazione,

divenuta ora persino

moda

letteraria, verso

dissoluti,

violenti, gli omicidi, gl'inquilini dei

bagni penali, che piace

spacciare per anime coraggiose ed energiche, laddove sono

156
Le
false dotil

l'attivit pratica nella sua dialettica

di solito torbide, deboli e vili.


^^^^^ j^ Varie

Errate
si

si

dimostrano

alil

trine circa

teorie nelle quali

procurato stabilire

nesso di
t.e vizi.

vir-

rapporto tra passioni e volont, temperamento e carattere,

intendendo passioni e temperamento nel significato di passioni viziose e

temperamento malvagio; ossia consideranstessi,

doli

non puramente in s
di

ma gi
i

nel loro contrasto

verso la volont razionale: donde


tativi

vani e paradossali tenvirt che


os., nella

congiungere, armonizzando, vizi e virt. Cosi

stato asserito
si

che

in certi vizi

sono adombrate
essi;

le

svolgeranno o potranno svolgersi da


il

per

ferocia
striale;

valore militare, nella cupidigia la capacit induil

laddove

vero che

ferocia

cupidigia sono

nent'altro che

arbitri

e contradizioni, impotenti a
si

gene-

rare

virt alcuna,

come

vede dalla codardia consueta

dei feroci
volta,
il

e dalla inettezza degli ingordi e cupidi. Altra

nesso di vizi e virt stato presentato quasi mio contemperamento; e


si

scuglio

affermato che

vizi

entrino nella composizione delle virt,

come
le

tossici nelle

medicine. Altra volta, infine, sono

stati

messi in rapporto

causale vizio e virt, facendosi dei vizi


progresso.

cause del civile

Ma

vizi,

come non sono

antecedenti, cosi
:

non

sono n componenti n cause delle virt

queste sono la

forza, quelli la deficienza di forza. Si suole affermare

comusono

nemente che in ogni individuo le virt a accompagnate dai vizi correlativi; ma, se
valore approssimativo di
lore alcuno

lui proprie

pu ritenere osservazione empirica, non ha vaci


fatto,

quando
in

si

voglia pensare con esattezza; e sono

possibili, e si

trovano nel

uomini

la cui virt,

non che

dare in eccessi e

vizi, si

svolge euritmica e temperata.


altro,

forse quel detto


:

comune mira ad
il

che non riesce a


la

bene esprimere

al fatto

che ogni potenza ha


il

sua impo-

tenza, ogni individuo

suo limite;

che non importa tran-

sazione col vizio e col male,

ma

riaffermazione doUu verit,

che la parte non

il

tutto e l'individuo

non

l'universale.

IV. GLI ABITI VOLITIVI

E l'INDIVIDUALIT

157
L'universale
'i'*'*'''*-

Pure, se l'individuo non esaurisce l'universale, l'universale vive negli "


dividualit
individui, la Realt
'

in

ciascuna delle
diritto

duale, e leducazione.

sue forme particolari. L'afiFermazione

del

dell'in-

non nega

il

diritto dell'universalit; o lo

nega

soltanto in quel carattere astratto, in cui esso, a dir vero,


si

nega da s medesimo. L'individuo ha l'obbligo di cer-

care s stesso; ma, per fare ci, ha l'obbligo insieme di


coltivarsi

come uomo

in universale.

Una

scuola che fosse

semplice cultura delle attitudini individuali, sarebbe adde-

stramento e non educazione, fabbrica di utensili, non vivaio


di attivit spirituali e creatrici.
Il

vero specialismo l'unilo

versalismo, e
sale

il

vero universalismo

specialismo: l'univer-

non opera se non specilicandosi, ma la specificazione non davvero tale se non contiene in s l'universalit. Scissi i due termini, che sono per natura indissolubili, si
ha o
lo sterile

generalizzare o lo stupido particolareggiare

hanno peccato i tempi nostri, come altri tempi nel verso opposto. Tra i due peccati e i due squilibri, equilibrato colui che conosce e adempie la sua propria e individuale missione cosi perfettamente, da ademe in quest'ultimo verso

piere insieme, con essa e per essa, la missione universale

dell'uomo.

V
LO SVOLGIMENTO E IL PROGRESSO

Molteplicit
e

Lia dimostrazione Ija

fin

qui svolta che

il

male

negativit

^ contradizione, e che questa contradizione si attegfffia come ^ ""^ svolgimenmolteplicit di desideri rispetto al carattere to. unitario dell'atto voliti voj
si

unit:

lo

d campo all'ulteriore domanda: perch mai


la lotta

abbia quella molteplicit,, e insieme quell'esigenza di

unit,

che ingenerano

e la

contradizione.

qui

converrebbe osservare che deve essere stata cosa ben vana


essersi riempita la bocca, per pi di

un mezzo

secolo, della

parola

evoluzione
si

>

se poi

si

rinnova una domanda come

questa, o

resta innanzi a essa smarriti e imbarazzati.

Perch
pensieri

la

ragione di quel fatto che sembra immotivato,


di

appunto nel concetto


assai

evoluzione,
s

che, rannodandosi a

antichi,

venuto sostituendo, nei tempi

moderni, a quello di una Realt immobile, di un Dio che


esista perfetto e soddisfatto in s, e crei

svago passaggiero, o
siano eternamente
renti.
Il

all'altro di

un mondo per suo un complesso di entit che

le

medesime, con variazioni solo appanelle ossa degli


i

concetto dell'evoluzione entrato cosi profonda-

mente nel sangue e


lo

uomini moderni, che


acuti di tutti,
filosofi

ripetono persino coloro


lo

quali non saprebbero renderne


i

conto;

han

fatto proprio persino

meno

filo-

sofi positivisti,

che

si

dicono volentieri

dell'evolu-

V.

LO SVOLGIMENTO E IL PROGRESSO

159
e conii

zione

Ma, prima che esso acquistasse, come vaga


'

divenire
sintesi

cosi larga che da dire addirit- ^? fasa formola, divulgazione ts o ,j, essere e tura popolarit, un filosofo geniale lo aveva analizzato e sin- non essere,
tetizzato, indotto e dedotto, nella

formola speculativa della


sintesi dell'essere e del

realt

come divenire:

cio,

come

non
loro

essere, impensabili

separatamente e solo pensabili nel


il

nesso vivente, che

divenire o

lo

svolgimento

(evoluzione).

La

realt

svolgimento, infinita possibilit

che trapassa in
molteplice e

infinita attualit, e dal molteplice, in ogni

istante, si raccoglie nell'uno, per

dirompersi daccapo nel


unit.

produrre la

nuova

L'indagine della
male,

dialettica dell'atto volitivo introduce nel cuore stesso della


realt.
il

Per negare la molteplicit,


bene, l'essere.

la

contradizione,

il

non

essere, bisognerebbe negare insieme l'unit, la coeil

renza,

Ma

se con la ricordata teoria

rimane spiegata

la

ne-

La natura,
'"

cesslt del

male pel bene,

la necessit del

non necessario

*i""to

di-

venire. Riso-

pel necessario nell'atto volitivo, potrebbe

sembrare troppo
'

luzione di es-

ardita la sottintesa identificazione dell'atto volitivo, che

*f

"''" ^^^'

rito.

dell'uomo, con la realt, che dell'universo tutto. Perch


(si

dir)

il

complesso degli

altri esseri,

che

si

suole distac-

care dal complesso degli esseri umani e a questo contrap-

porre

come

natura, o immobile e non

si

svolge, o

si

svolge senza coscienza alcuna di bene e male, di piacere


e dolore, di

valore e disvalore,
e
si

l'una e l'altra
la

tesi

stata assenta,

rappresentata

natura ora priva


o

di storia, ora svolgentesi in

modo inconsapevole
si

meccanico. Ma dell'una
le

e dell'altra

sono insieme scorte

contradizioni e

le

assurdit.

Esseri immobili

pasi

rola vuota di significato; tanto che la scienza empirica

scontrata

anch'essa,

dappertutto,

con

la

storia,

ha
di

dovuto parlare di evoluzione degli animali e vegetali,


evoluzione degli elementi chimici,
della luce o del calore.
e,

perfino, di

una

storia

N meno vuota

l'altra espres-

160
sione:

l'attivit pratica nella sua dialettica


esseri inconsapevoli ;

perch l'essere e
se

l'attivit

non sono altrimenti concepibili

non nel modo

in

cui

conosciamo l'essere nostro, che coscienza; e la stessa scienza empirica ci addita, si, negli esseri forme sempre
pi rudimentali e tenui di coscienza, coscienze sempre di-

versamente individuate,
cepibile.

ma non ha
natura
, si

potuto mai dimostrare

l'assolutamente inconsapevole, che assolutamente incon-

Se

la cosiddetta

svolge, e, se
;

si

svolge,

non

si

pu svolgere senza alcuna coscienza

e codesta

non

gi una pi o meno plausibile congettura, ma conseguenza logica e irrepugnabile di concetti evidenti. Che cosa, dunque, forma ostacolo negli animi all'accettazione di codesta conseguenza, che poi concorda anch'essa con la

profonda persuasione umana della comunanza degli esseri


tutti tra loro lilosofie

e col Tutto, persuasione manifestatasi nelle


nelle religioni, nelle speculazioni

non meno che

dei sapienti
lari?

non meno che nelle ingenue credenze popoFa ostacolo un pregiudizio scolastico, un idolo delquel concetto di natura, che la
il

l'intelletto, l'ipostasi di

Logica

ci

ha insegnato essere nient'altro che

processo

astrattivo, meccanizzante, classificatorio dello spirito


si

umano:
la

scambia

il

procedere naturalistico dell'intelletto con

realt concreta, e,

mitologizzando un
la realt e la si

modo

del fare spirisi

tuale per cui

si

spezza

rende materiale,

viene

a favoleggiarlo

come
i

reale esistenza di

una sequela

di enti

materiali. Dell'errore di tale ipostasi furono schiavi

anche

quegli idealisti
dello spirito,
si

quali,

pur pensando tutto come

attivit

arrestarono dinanzi alla

Natura

e ne fe-

cero un gradino inferiore dello Spirito o uno spirito alienato

e per essa crearono

una coscienza inconsapevole, un pensiero petrifcato; una speciale filosofia (quasi che tutta l'altra non bastasse), che vollero intitolare Filosofia della natura. Ma il pensiero moderno sa ormai come l'uomo si foggi per suo uso il fantoccio o mannequin di una natura
da
s,

V.

LO SVOLGIMENTO E IL PROGRESSO
gli

161

immobile, esterna, meccanica; n

pi lecito ricadere

nell'equivoco e credere puerilmente che quello schema sia

un ente

una

realt concreta.

N deve

trovare difficolt

alcuna a scorgere dappertutto

l'attivit, lo

svolgimento, la

coscienza, con le sue antitesi di bene e di male, di gioia


e di dolore. Certamente n le stelle sorridono n la luna

pallida di tristezza:

codeste sono immagini da poeti.


gli

Certamente
pomorfismo.

gli

animali e

alberi

non ragionano come

uomini; codesto, quando non poesia, grossolano antro-

Ma

la natura, nel
stilla tutta

suo intimo, anela al bene e


di

aborre dal male;


gioia:
la lotta

lagrime e freme tutta di

e la

vittoria

in ogni

punto e in ogni
ottimismo e
^^^^tll'*""'

attimo della vita universa.

Questa concezione della


lubile

realt,

che riconosce V indisso-

legame del bene e del male, di l dal bene e dal male, superando tutt' insieme le immaginazioni dell'ottimismo e del pessimismo: dell'ottimismo, che non
vede nella vita
il

male e

lo

considera illusione o tutt'al

pi accidente trascurabile, ovvero spera in una vita futura


(sulla terra o nel cielo), in cui
il

male verr soppresso;


altro

si

e del pessimismo, che

non vede

che

il

male, e del

mondo

fa

un

infinito

ed eterno spasimo doloroso che


il

convelle in s stesso e nulla genera. Contro


fa valere

primo, essa

che

il

male veramente
che

il

peccato originale della

realt, ineliminabile fintanto

la realt , e perci,
il

come

categoria, assolutamente ineliminabile; contro

secondo,

che altrettanto ineliminabile la categoria del bene, senza


la

quale l'altra non sarebbe.


si

Ed
La

agevole mostrare
il

come

l'ottimista

chiarisca pessimista, e

pessimista ottimista,

nelle stesse loro asserzioni.


lit e dalla

liberazione dall'individua-

volont, che
il

il

pessimista propone
la realt, in
si

come rimedio

radicale,

rimedio che

ogni attimo, adopera

essa stessa per s stessa, perch

libera dalla contradi-

zione dell'individualit e della volont arbitraria merc


B. Crocb, Filosofia delta pratica.
11

162

l'attivit pratica nella sua dialettica

l'affermazione della volont razionale; della quale neanche


il

pessimista pu far di
di

meno

nel proporre

suoi ideali di

ascesi
ciosi

suicidio,

che sono poi

affatto vuoti

o capric-

destituiti

di

validit universale.

Veramente, non
all'elogio

fa

d'uopo opporre un elogio della Morte


l'elogio

della

Vita:

della
si

Vita

insieme elogio
si

della

Morte,

perch,
istante?
L'ottimismo
dialettico,

come mai

vivrebbe se non

morisse a ogni

Che
e

se poi piacesse

chiamare ottimistica

la

concezione

dialettica della realt

come svolgimento

o sintesi di essere
in significato

non

essere, si potrebbe certamente,

ma

ben
l'es-

diverso da quello dell'astratto ottimismo.


tesi arricchita della

La
il

sintesi la

sua antitesi; e
il

la tesi

bene,

sere,

non gi

il

male,

non

essere.
sul

Ma

anche a questa
repugnare? Non

conseguenza logica, chi vorr


sta di fatto

serio
i

che

gli

uomini, pur tra

loro dolori, sperano

e vivono?

Non

sta di fatto

che

il

mondo non
del bene
il

ancor morto,

n sembra abbia pensiero alcuno di morire?


sarebbe possibile, se
lente e terminativo,
il

E come

ci

momento

non

fosse preva-

appunto perch

positivo prevale in

perpetuo sul negativo e la Vita trionfa di continuo sulla

Morte?
Concetto del pro(i;reB80 cosmico.

Questo Continuo trionfare della Vita sulla Morte

il

progresso cosmico.

Sotto l'aspetto nel quale l'abbiamo


(dell'attivit individualizzata),
il

precedentemente guardato
sta sulla passivit.
tico,

progresso s'identifica con l'attivit ed lo spiegarsi di que-

Ogni atto da considerare in s

volitivo,

come ogni

atto teore-

stesso, cio nel solo rapporto


si-

con

la situazione dalla

quale esso prorompe; e in ogni

tuazione nuova l'individuo ricomincia da capo la sua vita,


e progredisce appunto perch la situazione nuova.

Ma ben

pi chiaramente nella contemplazione cosmica, che quella

che ora facciamo,

la

realt

si

dimostra come continuo

crescere su s stessa, nel quale non concepibile regresso

V,

LO SVOLGIMENTO E IL PROGRESSO
il

163
irreale, e

reale, perch

male, essendo ci che non

sempre e solo bene. Il reale sempre razionale, e il razionale sempre reale. Il progresso cosmico, dunque, anch'esso oggetto di affermazione non
ci che realmente,

problematica

ma

apodittica.

Le
questa

difficolt tesi

che

si

possono opporre e

si

oppongono a
il

Obieiioni

nascono tutte dalla confusione tra


si

razionale
reale vero
cio,

"'"<=* ^'

vero e quello che falsamente


e

dice tale, tra

il

quello che impropriamente prende questo


il

nome:

tra

reale e

l'irreale.

Cosi

si

ricorder

il

caso, senza
fine della

adeguato riscontro nella storia universale, della

grande

civilt

greco-romana, cui segui


o
il

la ritornata barbarie

del Medioevo;

frequente esempio del naufragare di

nobilissime imprese; o (per tenerci in

un campo che pi
onde
all'idea-

da vicino c'interessa)

la

decadenza

filosofica

lismo della prima met del secolo decimonono pot seguire

un meschino positivismo, che sta a quello come all'eloquenza di attico oratore il balbettio di scolaretto ignorante. Fu, dunque, progresso il Medioevo su quella Koma, il cui
ricordo, durante la stessa et di mezzo, rimase nelle fantasie
la

come immagine

di

perduta dignit?

Fu
la

progresso
bor-

vittoria della

reazione europea contro


e,

civilt

ghese della Rivoluzione e dell'Impero?


la

in
al

Lombardia,

nuova dominazione austriaca succeduta


il

Regno

ita-

lico,

o nelle provincie napoletane la restaurazione borbo-

nica dopo la Repubblica del 1799 e

Decennio francese?

Fu

progresso

il

Comte

sul

Kant, Erberto Spencer sullo Hepunti di vista diversi


e perci
si

gel? Ma, in codeste domande,


alternano e oscillano sotto un
si

nome medesimo;

non

riesce a fare rientrare di colpo quei fatti nel principio

stabilito.

Bisogna, dunque, particolareggiare.

si

vedr sureale,

bito che la civilt antica, in quel che

ebbe di veramente
pensiero,

non mori, ma

si

trasmise

come

istituzioni

persino attitudini acquisite, onde via via ricomparve nei

164
secoli

l'attivit pratica nella sua dialettica


e

ancora va ricomparendo;
d'irreale, cio

mori solo in quel

che ebbe

nelle

sue

contradizioni, per es.

nella sua incapacit a trovare forme politiche ed economi-

che rispondenti

alle

mutate condizioni degli


in

spiriti.

Pari-

mente

il

Medioevo, che

parte fu

indubbio progresso
e che furono riso-

perch risolse problemi dalla civilt precedente lasciati


insoluti,
luti

ne pose

altri

che non

risolse,

nei secoli seguenti;


se,

ma

la posizione di

questi

nuovi

problemi,

col

distruggere

l'antico

senza

sostituirvi

provvisoriamente o in apparenza nulla, parve regresso, fu


in realt inizio di

dei

nuovo progresso. precursori, vinti nel loro tempo e

Il

medesimo
tali di

si

dica

vincitori nella storia;

e delle reazioni e restaurazioni, che sono

solo

nome,

perch contengono in s ci a cui contrastano, non fosse


altro pel fatto stesso
ziatori,

che vi contrastano:

gli eroi

e gl'ini-

che furono vinti e martiri, sapevano di trionfare,


il

e trionfarono morendo; la croce e

rogo diventarono simil

boli di vittoria: in hoc signo vinces. E, infine, se

posi-

tivismo della seconda met del secolo passato apparve, in

complesso, di

tanto

inferiore

all'idealismo,
filosofia,

ci

accadde

perch era non propriamente

ma

ibrido guazza-

buglio di scienze naturali e metafisica, ossia la forma acuta

ed estrema di un errore che persisteva


lismo
(si

altres

nell'ideail

rammenti quel che

si

detto sopra circa

pre-

giudizio dell'astratta natura


di

come

reale, e della razionalit

una Filosofia della natura); sicch anch'esso fecond il problema per una migliore soluzione. Molti filosofi vivono oggi, che sono inferiori a Socrate, perch non si sono alzati

nemmeno

al

riconoscimento del concetto;


ai

ma
di
lui,

coloro che

hanno raggiunto

tempi nostri
il

il

livello

Socrate, gli

sono superiori, perch, oltre


s qualcosa, ch'egli

pensiero di

chiudono in
che stanno

non aveva; e

quelli stessi,

logicamente a paro di Protagora, superano costui, api5unto

perch sono

Protagora del secolo ventesimo. Regresso

V.

LO SVOLGIMENTO E IL PROGRESSO
si

165

reale,

dunque, non
le

ha mai nella storia;


alle soluzioni

ma

solamente

contradlzioni,

che succedono

date e prepa-

rano

nuove.
soluzioni,
i

Le
o,

una volta raggiunte, sono acquisite per


risorgono in
si

gii indiyidai
' ^'o''-

sempre;
che

problemi, una volta risoluti, non risorgono pi,

lo stesso,

modo

diverso dal passato.

Con questo indefesso lavoro


della Storia, alla

viene componendo la trama


collaborano,

quale

tutti gl'individui

ma

che non opera, n pu essere nelle intenzioni, di nessuno di essi in particolare, perch ciascuno intento al suo
lavoro particolare e soltanto nel rem

suam

agere gestisce in-

sieme

gli affari del


si

come

visto,
i

Mondo. La Storia l'accadimento, il quale, non si giudica praticamente, perch trasoli

scende sempre

punti di vista particolari, che


11

rendono

possibile l'applicazione del giudizio pratico.

giudizio della
la razionalit

Storia

il

fatto stesso della

sua esistenza:

sua la sua realt.

Questa trama

slorica, la quale e

non l'opera degli

Fato, Forta-

individui, l'opera dello Spirito universale, del quale gl'in-

Prowi-

dividui sono manifestazioni e strumenti.

per

tal

modo
il

sono state escluse tacitamente


al

le dottrine

che riportano

corso delle cose o al Fato o al Caso e alla Fortuna, ossia

e unilaterali,

meccanismo o al capriccio: le une e le altre insufficienti come il determinismo e l'arbitrarismo, e ciain

scuna richiamante
la propria

qualche

modo

l'altra,

perch avverte

impotenza. L'idea, meccanistica nel suo riposto

motivo, di una evoluzione che accada per aggiunta di ele-

menti minimi, viene sempre pi generalmente abbandonata anche in quella regione o frammento di oscura storia che si chiama Storia della natura (e che la vera e sola
possibile Filosofia della natura), nella quale comincia a in-

trodursi

la

teoria

delle

rivoluzioni e crisi

successive, e

r idea

delle libere creazioni

che non

si

lasciano n com-

misurare n regolare matematicamente.

Ma

la

somma

166

l'attivit pratica nella sua dialettica

razionalit, che

guida

il

corso storico, non dev'essere, d'aldi

tra parte, concepita

come opera

una

Intelligenza o Prov-

videnza trascendente, secondo accade nel pensiero religioso


e semifantastco, al

quale non spetta altro valore che di


la

confuso presentimento del vero. Se

storia razionalit,

una Provvidenza

la

conduce

di certo,

ma

tale

che

si

attua

negli individui e opera

non sopra o

fuori di loro,

ma

in loro.

quest'affermazione della Provvidenza anch'essa non gi

congettura o fede,

ma

evidenza di ragione. Senza codesta


conreli-

intima persuasione, chi troverebbe in s la forza per vi-

vere? Donde trarrebbe la rassegnazione nei dolori,


forto a resistere e

il

persistere?

Ci che l'uomo della


:

gione dice a s stesso con

Lasciamo fare a Dio della ragione con le altre: detto egualmente dall'uomo
le parole

Coraggio, e avanti

L'infinit
e progres-

Lo

Spirito,
'

infinita

possibilit

trapassante in infinita
5

80 e
stero.

il

mi-

a ogni istante, il cosmo dal o caos, ha raccolto la vita diffusa nella vita concentrata delattualit,

ha

tratto, '

e trae

l'organo, ha effettuato

il

passaggio dalla vita animale a

umana, ha creato e crea modi di vita sempre pi alti. L'opera dello Spirito non terminata, n terminer mai; e il nostro anelare a qualcosa di superiore non vano. L'anelito medesimo, l'infinit del nostro desiderio, prova dell'infinit di quel progresso. La pianta sogna l'animale, l'animale l'uomo, e l'uomo il pi che uomo: realt anche questo, se vero che, a ogni moto della storia, l'uomo supera s medesimo. Verr tempo in cui le grandi
quella

geste e le grandi opere, che sono ora nella nostra


ria e nel nostro vanto,

memo-

saranno dimenticate; come noi ab-

l)iamo dimenticate le geste e le opere non

meno grandi
chiamiamo
perch
il

degli esseri genialissimi che crearono quella che


vita

umana,

e che ci

appaiono ora selvaggi d'infimo grado

quaKi uomini-scimmie. Saranno dimenticate,

segno dell'accaduto progresso

la

dimenticanza;

cio

V.

LO SVOLGIMENTO E IL PROGRESSO
fatto nel

167

la

compiuta risoluzione del

nuovo

fatto, nel quale,

non per
stati

s,

serba valore.

Ma

quali saranno per essere

nella loro flsonomia


gli

particolare

nella loro successione

futuri

della

Realt

non
e

possiamo

conoscere,

per la

dignit

stabilita

nella Filosofia della pratica, del


fatto

che la conoscenza
precede l'azione e
l'infinit

dell'azione

segue e non

il fatto. Il mistero , per l'appunto, dell'evoluzione: se questa non fosse, quel concetto non sorgerebbe nella mente dell'uomo, e non sarebbe neppure possibile sforzarlo, come stato sforzato quando si voluto farlo valere dove non ha luogo, vale a

dire nella coscienza che l'attivit spirituale deve avere, e

ha pienissima, di s medesima, cio delle sue eterne categorie.

La trascuranza
la quale

del

momento
il

del mistero l'intima ca-

conferm
yi'/,^^***^
Filosofia dei*" * ***"

gione dell'errore della cosiddetta Filosofia della storia,

assume

di ritrarre

piano della Provvidenza e

determinare la formola del progresso. In codesto tentativo

(quando non afferma, come assai spesso accaduto, meri


filosofemi) essa
finito
si

prova

al

vano sforzo

di costringere l'inlei

nel finito, e di decretare chiusa nel punto che a

piace immaginare quell'evoluzione, che


rito

nemmeno

lo

Spi-

universale pu chiudere perch dovrebbe rinnegare s

stesso. Nella Logica, tale errore stato definito gnoseolo-

gicaraente

come

la

pretesa di trattare l'individuale quasi

fosse l'universale,

rendendo individuale l'universale; qui,

con
il

altre parole,

da definire come
rendendo

la pretesa di trattare

finito

come

infinito,

finito l'infinito.
Traafermen* ''legittimo

L'indebito trasferimento del concetto del mistero dalla


storia,

dove designa

il

futuro che

il

e non passato rprepara r


ir

jgl

concetto

conosce, alla

filosofia,

induce a porre come misteri,


>

quali

di

mistero
filosofia.

diano luogo a probabilit e congetture, problemi che cono r


Stano invece di chiari termini
si

dalla storia ^. ^
j^jji^

filosofici e

che filosoficamente
se l'infinito pr-

debbono considerare e

risolvere.

Che

168

l'attivit pratica nella sua dialettica

gresso e l'infinita perfettibilit dell'uomo sono da* porre

come
il

indubitati,

pur ignorando

le
si

forme concrete nelle quali


attueranno (ignorandole,

progresso e la perfettibilit
ci

perch ora

tocca non gi

ha poi significato

conoscerle ma farle), non porre come mistero l'immortalit del-

l'anima individuale o l'esistenza di Dio; perch questi non


sono fatti che potranno o no accadere pi presto o pi
tardi,

ma

concetti, che bisogna dimostrare

in s

mede-

simi pensabili e non contradittori, o determinare in quale

bilit

forma siano pensabili e non contradittori. La loro pensasar bene un mistero, ma di quelli che si ha l'obbligo
di schiarire, perch sinonimi di oscurit o confusione
tale.

men-

Per intanto,

ci che dimostrato la loro impensabilit

nella forma tradizionale.

vero che essi rispondano a

esigenze profonde dell'animo umano.

L'uomo non cerca un


lo

Dio a

lui

estraneo e quasi despota che gli comandi e

benefichi a capriccio, n aspira a un' immortalit che sarebbe


insipido ozio;

ma

cerca quel Dio, che ha in

s,

e aspira

a quell'attivit, che Vita e Morte insieme.

VI

DUE CHIARIMENTI

ALLA ISTORIOA E ALL'ESTETICA

XJalla considerazione

dell'attivit pratica nella- sua dialetil

i.a

reiasione

tica, e in particolare dalla teoria circa

desiderio e l'azione,

^y*
^^ionj!*^*

viene luce su alcuni punti capitali


tica, dei quali, stretti

dell' Istorica e dell' Este-

problemi

d'i-

trattando queste discipline, oravamo stati co-

""^*

* ^'

a toccare appena o a lumeggiarli in

modo

inevita-

bilmente inadeguato. Ragione di ci era che uno svolgimento

adeguato e persuasivo richiedeva come espresso fondamento


la dottrina circa la qualit e le relazioni dell'attivit pratica,

che rimaneva col un sottinteso.


storia o racconto storico ha,

La

come

si

visto, a dif-

storia

ferenza delle scienze astratte, stretta parentela con l'arte,

'"**"

perch cosi l'arte come


di classe,

la storia

non costruiscono concetti

ma offrono rappresentazioni concrete e individuate.


la

Senonch

rappresentazione artistica della storia di conil

tinuo rischiarata dalla distinzione critica tra


possibile, l'accaduto e l'immaginato,
stente,

reale e

il

l'esistente e l'inesisi

con
il

le

conseguenti determinazioni che vi


il

connet-

tono circa

tale e

tal altro

modo

particolare di realt e di

accadimento e di esistenza che abbiano avuto luogo. In


ogni racconto storico
le
si

trovano sempre, esplicite o implicite,


;

affermazioni : che quel racconto reale

che un diverso

racconto sarebbe immaginario; che la realt di quel caso

170

l'attivit pratica nella sua dialettica

rientra, propriamente, nel tale o tal altro concetto di politica,

di diritto, di guerra, di diplomazia, di

economia, e
la quale ,

via dicendo. Tutto ci


di

manca

affatto all'arte,

sua natura, ingenua e scevra di discernimento critico;


le

tantoch non appena


oggetto di

rappresentazioni di essa diventano


si

riflessione,

dissolvono

come

arte,

ricomvirile

paiono con mutato sembiante (non pi giovanile,


o senile),
Il

ma

come

storia.

concetto

Ora

se,

gnoseologicamente considerando, questa distinsi

di eaistenzialit nella storia.

^one tra arte e storia affatto determinata quando ^


detto che nella storia
alla

mera rappresentazione

si

con-

giunge
altri

il

predicato di esistenzialit (e con esso tutti gli


le

che designano

varie forme dell'esistenza), e che per

questa ragione^ la forma rappresentativa e artistica della


storia inchiude in s,

come precedente,

il

procedere razio-

nale e filosofico;

rimane sempre

l'ulteriore

problema:

quale l'origine di quel predicato di realt o esistenzialit

su cui
strato

tutti

gli

altri

si

appoggiano? Gi fu da noi dimo-

che derivarlo da una misteriosa facolt chiamata

Fede, o considerarlo come apprensione di cosa estranea allo spirito in universale, come un dato o una posizione, era del tutto inammessibile. E accennammo anche che lo
Spirito, se riconosce l'esistenza,
terio altronde

non pu attingerne

il

cri-

che in s medesimo, e che quel criterio non

era poi altro se non la prima riflessione sull'attivit pratica


stessa dello spirito, la quale
di realt

dava luogo

alla discriminazione
(o abor-

accaduta e realt solamente desiderata


ripresenta ora

rita, ecc.),

di realt e irrealt, di esistente e inesistente.


8

Ori8:ino di

Tutto ci

MioneiiaHprane:
l'a-

^^j chiarito rapporto tra


noscltivo,
P^^*'
'^*

come semplice conseguenza desiderio e azione. Lo spirito corifa

quando apprende e

idealmente codesto rap-

*t"t Vde*!dert e l'Ineiitnte.

nell'enunciarlo enunciato insieme, per la prima

volta, le dualit di

termini gi da noi menzionate e che


il

esprimono variamente

criterio dell'esistenza. Distinguere

VI.

DUE CHIARIMENTI ALLA ISTORICA E ALL'ESTETICA


l'

171

desideri dalle azioni tanto vale quanto discernere

irreale

dal reale, l'inesistente dall'esistente; e pensare l'atto pratico tanto vale

quanto pensare

il

concetto di esistenza e di

realt effettuale.

Per

la

determinazione del rapporto tra

desiderio e azione, e soltanto per essa,


criterio dell'esistenza,

non necessario
,

il

perch quel rapporto


questo

esso stesso,
significa:

quel criterio. Dire:


un desiderio

ci

non

esiste ; dire:

questa un'azione

significa:

ci esiste . I desideri sono la possibilit;

l'atto risolu-

tivo e volitivo,
.

azione, l'attualit.

Ed

chiaro altres

che esistente e inesistente non sono separabili, come se


l'inesistente fosse eterogeneo all'esistente; l'inesistente esiste

a suo modo,
esiste

come

la

possibilit realt possibile:


il

il

fantasma
sieme

nella fantasia, e
la

desiderio nello spirito

che desidera. Cosicch

posizione dell' un termine in-

la posizione dell'altro correlativo.

Ci che repudell'

gnante e contradittorio l'introduzione


nell'altro;
il

un termine
la storia, si

che ha luogo quando, nel narrare

mescolano confondendole in uno, realt accaduta e realt desiderata o vagheggiata, e la storia


Si
si

deforma

in

leggenda.
le azioni.
i

pu dire che

la storia

rappresenti sempre

La

storia co-

e in ci implicito che rappresenti insieme


Sideri,

anche

de:

""^ distinaione tra asioni

ma

solamente in quanto

li

distingue dalle azioni


di

e desideri, e

la storia

dunque percezione e ricordo


le fantasie

*^"* percezione, e 1'"*


ne.

in essa

anche

e immaginazioni sono percepite

in quanto tali e collocate al loro posto.

si

potrebbe an-

che dire che


o
il

l'arte

tutta fantasia e

rappresenti solo i desideri, epper sia non mai percezione, tutta realt possibile

non mai

realt effettuale.

Senonch, mancando all'arte


desideri

criterio distintivo tra desideri e azioni, essa rappresenta,

in verit, le azioni
il

come

desideri e
il

come
;

azioni,

possibile

come
si

reale e

reale

come

possibile

onde pi
possibile

correttamente

deve dire che

l'arte di

qua dal

e dal reale, pura di queste distinzioni, ed perci pura

172

l'attivit pratica nella sua dialettica

immaginazione o pura
sono,

intuizione.

Desideri

azioni

come sappiamo,

della

medesima

stoffa; e l'arte

prende

quella stoffa nella sua medesimezza, incurante della nuova

elaborazione che sar per ricevere in un grado ulteriore


dello spirito e che del resto

non

possibile senza quella

prima elaborazione meramente fantastica. Anche quando l'arte s' impadronisce di una materia storica, le toglie
per ci
la

stesso

il

carattere

storico,

gli

elementi

critici

fa

strumento di un suo desiderio o di un suo sogno,

e cos la riduce daccapo a


11

mera

intuizione.

fantastico

da
jj

avvertire, per altro, che non bisogna confondere


schietto, che rappresentazione di
'

Bchietto, e
1

immagina-

fantastico
con
si

rio.

derio,
gini,

la

combinazione meccanica o
ozio, per

un desipratica delle immaaltri fini.

che

pu fare per

divertimento o per

Questa operazione (analoga

all'altra

che l'intelletto compie

sai concetti puri e sulle rappresentazioni, combinandoli ar-

bitrariamente negli pseudoconcetti) secondaria e derivata, e

presuppone
alla

la

prima, la quale

le offre

il

materiale che essa

tagliuzza e combina. Niente pi estraneo e ripugnante

poesia

quanto questo

immaginare

artilzioso,

ap-

punto perch esso


e per capriccio

estraneo e

ripugnante alla realt. Onde

sarebbe vana obiezione quella di chi, accostando a freddo


le

pi diverse immagini, domandasse di

spiegare tutto ci col proposto fondamento del desiderio e

dell'aborrimento (della tendenza e della repugnanza).


fatte

Sil-

combinazioni, come non appartengono

alla

poesia,

cosi sono prive di quel fondamento.

L'arte

In

Ma
^|ti^JQ

86

il

rapporto tra desiderio e azione


distinzione
tra

il

motivo

quanto liri ca o rappre entftxione diientimen-

(jglla

arte

storia,

e questa diil

utinziouc la fonuola
^.Qncetto dell'arte

teorica di

quel rapporto reale,


di
fatti

come rappresentazione come azione

volitivi,

presi nella loro natura affatto generica e indeterminata e

nei quali

il

desiderio

e l'azione

come

desi-

derio, spiega perch l'arte

venga considerata rappresenta-

VI.

DUE CHIARIMENTI ALLA ISTORICA E ALL'ESTETICA

173

trice di

sentimenti, e un'opera d'arte non sembri avere, non abbia valore, se non pel suo carattere lirico e per
la

l'impronta che

personalit dell'artista

le

ha conferita.
fatti
il

L'opera d'arte, che ragioni o istruisca su

accaduti,

e nei ragionamenti e nei nessi storici cerchi dei nessi intimi e


lirici,

surrogato

universalmente e giustamente
All'artista
fatto

condannata come fredda e meccanica.

non

si

domanda n sistema
di questo

filosofico

n notizie di

(se cose

genere

si

trovano nella sua opera, vi sono per

accidens),

ma

il

suo proprio sogno: nient'altro che l'espresaborrito,

sione di

un mondo desiderato o

variamente
ci

contessuto di desideri e aborrimenti. Che egli


in questo sogno, nel

trasporti

rapimento della gioia o

nell'

incubo

del terrore, nella solennit o nell'umilt, nella tragedia o

nel riso, e

non

gli

chiederemo

altro:

concetti e

fatti,

come
si

la realt sia

metafisicamente costituita, e come essa

sia svolta

nel tempo, sono tutte cose

che attingeremo

altronde.

Potr sembrare che a questo modo il campo dell'arte venga assai ristretto, e che da esso si escluda l'ingenua ^ "
'

identit tra *'*^ *"iiua e

senti-

rappresentazione del reale.

Ma

codesta ingenua rappreseli-

mento,

tazione appunto la rappresentazione della realt

come
non

sogno.

Perch

la

realt

(ormai

ci

noto)

altro

che divenire, possibilit che passa che


si

all'attualit,

desiderio

fa azione, dalla

quale

il

desiderio ripullula insaziato.

L'artista,

che

la

rappresenta ingenuamente, ne d per ci

stesso la lirica.
fuori,

Non ha bisogno
come

di aggiungervela, lui, di

quasi nuovo elemento: se fa ci, cattivo artista,


cacciatore di commozioni, enfatico,

e viene biasimato

convulso, fastidiosamente sentimentale, sforzatamente giocoso, ossia introduttore del proprio capriccio nella coerenza dell'opera, confonditore della propria empirica personalit

con quella
si

artistica,

che nell'individuo empirico


Il

ma non

adegua a questo.

sentimento che l'artista vero ritrae

174

l'attivit pratica nella sua dialettica

quello delle cose, lacrymce

rerum

e,

per la gi dimo-

strata identit di sentimento e volizione nell'atto pratico

e di volizione e realt, quel sentimento sono le cose stesse.


Il

carattere, che lo Schelling e lo

Schopenhauer riconoble

bero alla musica, di riprodurre non

idee

ma

il

ritmo

ideale dell'unive'so e oggettivare la volont stessa, appartiene

con

pari

diritto

ogni

forma

d'arte,

perch

l'essenza stessa dell'Arte, ossia dell'intuizione pura.


Gli artisti e
la volont.

Conferma ovvia

di questa teoria l'osservazione

empisi

rica e psicologica, molte volte fatta, che gli uomini che

perdono in desideri sono poeti piuttosto che uomini d'azione,


fantasticanti piuttosto che agenti; e, rispettivamente, che
poeti
i i

quali sembrano avere l'animo riboccante di energici

propositi, di

amori magnanimi e di odi

feroci,

sono

pi

inetti sul terreno dell'azione e pessimi capitani nelle lotte

pratiche; perch quei propositi, quegli amori e odi, sono

non volont ma perch non pi

desideri, e desideri gi fiaccati


in processo di sintesi volitiva,

come

tali

ma

gi di-

venuti o prossimi a divenire oggetti di altra sintesi, di

contemplazione e
pre

di

sogno. Chi legga biografie di

artisti

o pratichi con artisti nella vita quotidiana ha quasi semle loro burrasche passionali non siano poesia la quale sta per prorompere, come verde germe che si schiuda rompendo la bruna zolla. E se
il

sentimento che

altro che

quel processo doloroso, ci accade perch doloroso ogni


travaglio di
finisca, in

parto.

Si veda,

infatti,

come

tutto

di

solito

quegli smanianti, par des chansons.


il

Una

bella

poesia, e
Le ationi
miti.

sofferente rasserenato.

Da questo viene anche chiarito


individuali e
i

per quale ragione

le azioni

movimenti

pratici collettivi siano

accompa-

gnati da speranze, credenze e miti, che non hanno nes-

suna verit logica o

storica,

ma
stato

che, d'altra parte, im-

possibile sottomettere a critica:

si tratta,

invero, di semplici

proiezioni fantastiche dello

d'animo degli individui

VI.

DUE CHIARIMENTI ALLA ISTORICA E ALL'ESTETICA


le

175

e gruppi d'individui operanti,


stenza di desideri
azione.
pratici;

quali testimoniano l'esi-

prossimi

trasformarsi in volont e
di poesia e

Le utopie hanno natura

non gi

di atti

ma

sotto quella poesia c'

sempre

la realt di
i

un

desiderio, fattore della storia futura.

accade che

poeti

siano spesso considerati


si

veggenti, perch

l'utopia dell'oggi

converte nella realt del domani. L'utopico e semipoetico


dei
patrioti italiani al Direttorio del

Indirizzo

18 giugno

1799 S o il non meno utopico Proclama di Rimini del 1815, Lio il canto del Manzoni dove risonava il fatidico verso
:

beri

non sarem,

se

non slam uni

diventarono, per gl'ita-

liani del 1860, azione effettiva e

avvenimento

storico.
L'arte come ' *??**"*** zioiie pura
dei divenire,
'.*,/'"T^ artistica del

Pura

intuizione, rappresentazione ingenua della realt,


'

rappresentazione del sentimento, liricit e intonazione per ^^ ^ sonale sono dunque tutte formolo equivalenti e definizioni
tutte dell'attivit estetica e
dell'arte.

E sarebbe
in

superfluo ^

ripetere che l'arte, cosi definita,

permane

quanto forma

pensiero,

concreta dei superiori gradi teoretici dello spirito. Infatti,


il

pensiero logico o concetto, in forza dell'unit dello spi insieme volizione; e la rappresentazione di siffatta
il

rito,

volizione

logo che

si

fa carne,

il

concetto che s'incordel suo farsi.


il

pora nel linguaggio, palpitante del

dramma

Quale parola dell'uomo, o che comunichi

vero della

scienza o che narri gl'incidenti della vita, non personal-

mente e liricamente colorita?


posto, tra
ritrae,
i

E come si potrebbe negare drammi che agitano la vita umana e che l'arte a quel dramma dei drammi che il dramma del

pensiero e della storica comprensione del reale?

B. Croce,

La

rivoluzione napoletana del 1799 (3 ediz., Bari, 1912),

pp. 329-42.

VII
ANNOTAZIONI STORICHE

Il

problema

I.

Per

le

ragioni che ho gi avuto occasione di dire,

della libert.

^^,^ storia alquanto particolareggiata del concetto di libert

finirebbe con l'abbracciare la maggior parte della storia


della
filosofia.

Negato variamente

nelle concezioni

mecca-

nistiche

deterministiche (dagli Stoici allo Spinoza) e in

quelle teologiche e arbitraristiche (da Epicuro a sant'Agostino e


ai

mistici),

quel concetto venne poi assumendo,

nei tempi pi a noi vicini,

forma conciliativa, indizio della


in

necessit di
si

porre

il

problema

modo

diverso da

come

era usato

fin allora.

nella teoria kantiana la libert,


sottratta
alla

difesa contro gli

psicologisti, era

causalit

naturale e affermata a priori


della libert;

come
si

causalit per

mezzo

ma
il

insieme non
di quella

riusciva a

giustificarla

pienamente a causa
tinomie, che

mancata soluzione
filosofia

delle an-

difetto della

kantiana, la quale

perci non

si

configur mai davvero in sistema. Gl'imanti-

barazzi e gli assurdi, che produsse la non risoluta

nomia di libert e causalit, sono comprovati a sufficienza da una proposizione che si legge nella Critica della ragion
pratica',

si potrebbe, se

si

possedessero tutti

dati,

pre-

vedere ci che l'uomo far in futuro, e nondimeno egli


sarebbe perfettamente libero

^ Ma, nonostante codeste

Kr.

d. prakt.

Verri.,

p. 119.

VII.

ANNOTAZIONI STORICHE

177

eontradizioni e imbarazzi, l'energica afiFermazione del principio della libert (che aveva, presso
il

Kant, certezza tutta

propria e superiore a quella degli altri due postulati della

ragion pratica, Dio e l'immortalit, dai quali per questo


rispetto

veniva distinto) giov a stabilire


si

il

convincimento

che non
rarlo, e

poteva n distruggere quel concetto n aggisi

che sopr'esso

combatteva

la
il

battaglia onde

si
li-

decidevano
quelle

le sorti della filosofia.

Ma

problema della

bert veramente risoluto o prossimo alla soluzione in


filosofie

che non vi

si

affaticano pi intorno

come
qual-

a problema particolare,
cosa che
s'

ma

trattano la libert

come

intende da
si

s,

senza bisogno di speciali difese


la

sempre che

sia

abbandonata

concezione meccanica o
il

materialistica della realt.

questo
il

caso non solo dei


lo Schleier-

sentimentalisti e dei mistici (come

Jacobi e

macher),

ma

anche, e soprattutto, della

filosofia

hegeliana.

Nessun

filosofo forse

ha dissertato intorno
la libert
si

alla libert

meno
li-

dello Hegel,

appunto perch

la sostanza stessa
il

del suo pensiero. Egli

contenta di dire che

volere

bero e la libert la sua determinazione fondamentale come


la gravit della materia, e

che anzi, come

il

la gravit la

materia stessa, cosi


giusto

la

libert

volere.

perci vede
ri-

nel contrasto
al

tra
il

determinismo e arbitrarismo,
il

conoscendo
tenuto,
il

primo
e

merito di aver fatto valere

con-

dato, di fronte alla certezza

dell'autodetermina-

zione astratta,

considerando illusoria la libert intesa


il

come

arbitrio,

perch
*.

volere libero insieme determipoi lo Hegel potesse conciliare

nato e indeterminato

Come

codesta sua teoria della libert col concetto meecanistico in


lui persistente della

natura, un'altra

questione;

non
egli

esser giunto

a quella conciliazione contribu forse a far


la

parere gioco di vane parole

profonda soluzione che

Philoa. d. Bechtea, %% 4, 15.

B. Croce, Filosofia della pratica.

13

178

l'attivit pratica nella sua dialettica


tra

aveva data del contrasto


smo. Dopo
lo

determinismo e Indetermini-

Hegel,

si

ricadde nella dottrina kantiana, va-

riamente modificata, con una duplice causalit che ora veniva concepita come composizione di forze divergenti, ora
duplice punto di vista, ora due mondi l'uno incluso nell'altro e

dominato l'uno dal principio della conservazione

dell'energia, l'altro

da quello dell'accrescimento. Dottrine


si

eclettiche e contradittorie che


altri,

possono vedere, tra

gli

nel Lotze e nel

Wundt,

al

quale ultimo appartiene la


spiegazione

formola che
causale,
alla

ai fatti spirituali si applichi, si, la

ma

a parte post e non a parte ante^.


idealistica,

Un
dirsi
'.

ritorno
il

sana veduta
di

che dichiara oltrepassato

disi

lemma
La
dottrina

determinismo e indetenninismo, pu

che

abbia in certo

modo

nella filosofia del Bergson


di fronte

IL Bene

male come realt

a realt, con-

del male.

cezione mitologica e religiosa (parsismo, manicheismo, dottrina giudaico- cristiana del diavolo, ecc.);
flessione filosofica

ma

gi alla

ri-

degli antichi

il

male
si

si

venne svelando

come
tica

l'irreale,

il

non ente, secondo


intendere

osserva nel neopla-

tonismo. Senonch, senza una generale concezione dialet-

non

possibile

l'ufficio dell' irrealt

o del

male, e questo rischia di diventare una mera illusione,


ossia

non pi un momento
filosofa.

del reale,
lo

ma un

equivoco delle leggi

l'uomo che
afferma che

Onde

Spinoza, opponendo

piene della realt alle leggi anguste della natura umana,

quicquid nobis in natura ridiculum, absurvidetur, id inde venit quod res tantum ex
et

dum

aut

malum

parte novimus, totiusque naturai ordinem

coha^rentam

maxima

ex parte ignoi'amuH,

et

quod omnia ex usu nostrm


id,

rationi dirigi volumus,

cum tamen

quod malum

esse

LoTSK, OrundzUge der

jB</iiA:

(Lipsia, 1884), pp. 26, 80-1;

Wundt,

JEthilfi

(Stoccarda, 1892), pp. 468-1.

Et$ai aur U$ d.onne ivimdiatet de la con$cience^ (Parigi, 1898).

VII.

ANNOTAZIONI STORICHE
slt

179

dictat,

naturcB, sed

non malum tantum


il

respectu ordinis

et

legum universce
*

solius nostrce naturce

legum respectu

Che

se

male

(egli continua), l'errore, la scelleratezza fos-

sero qualcosa avente essenza. Dio, che causa di tutte le

cose le quali hanno essenza, sarebbe causa altres del male,


dell'errore, della scelleratezza;

ma

ci

non per

la

ragione

che

il

male non nulla

di

reale.

Neronis matricidium

quatenus aliquid positivum. comprehendebat, scelus non erat:

nam

facinus externum

fecit,

smulque intentionem ad tru-

cldandam matrem, Orestes hbuit, et tamen, saltem ita uti Nero, non accusatur. Quodnam ergo Neronis scelus? Non
aliud

quam quod

hoc facinore ostenderet se ingratum, immiesse.

sericordem ac

inobedientem

Certuni autem
et

est,

nhil

lorum aliquid essentice exprimere,

idcirco
et

Deum, eonim
realmente
il

non fuisse causam,


fuerit
*
*.

licei

causa actus

intentionis Neronis
fosse
si

Ma

in

qual significato Nerone


e

ingrato, spietato

inobbediente,

come

giustifichi

giudizio di biasimo che lo colpisce, lo Spinoza non poteva

ben

dire, per colpa del concetto

che egli aveva della Sostanza,

che non era

in lui soggetto, spirito e attivit, la

ma
;

causa.

Al Kant rimase impenetrabile

natura del male, e bene e

male gli parvero le due categorie della libert * sicch da considerare progresso sulla sua la dottrina del Fichte, che fa del male radicale la vis inertia;, la pigrizia {Trfigheit)
operante nella natura e nell'uomo come natura
la
^.

Solo con

dialettica

hegeliana
al

il

male, inteso come negazione,


;

insieme collocato
dizione non pi

suo posto

e la sua irrealt o contrail

un errore

in cui incorre
si

pensiero,

ma

sta nelle cose stesse,

che tutte

contradicono nel loro in-

Tract. theol.-poL, VI, e. 6; ^^tco, P. iv, intr.; Epiat., SS {Opera,

pp. 208, 378, 597).


2

Kr.

d. prakt.

Verri., p. 79.

System der Sittenlehre, in Werke, IV, pp. 198-205.

180

l'attivit, pratica

nella sua dialettica

timo: se la contradizione macchia, sarebbe da dire la

macchia della realt


Arbitrio e
li-

*.

^'**'

non pi considerato nella filosofia Anche hegeliana come pregio e carattere della perfetta libert, ma anzi come la sua negazione, come la volont in quanto contradizione: nel che lo Hegel ebbe precursore non solo
III.

l'arbitrio

il

Kant,
:

ma

Cartesio.

Il

quale scrisse dell'arbitrio d'indif-

ferenza

Cette indffrence

que je sens lorsque

je

ne suis
le

point porte vers

un

cot plutt
le

que vers un autre par

poids d'aucune raison, est


et fati

plus bas degr de

ma

lihert,

plutt paratre

un dfaut dans
et ce

la connaissance

qu'une

perfection dans la volante: car, si je connaissais toujours

clairement ce qui est vrai

qui

est hon,

je ne serais jaquel choix je

mais en peine de
devrais fairej
et

dlibrer quel

jugement

et

ainsi je serais entirement libre, sans ja ^.

mais

tre

indiffrent

Come
libert

esempio delle
si

false

for-

molo della libert di scelta


Rosmini, che
la

pu recare quella del


ossia del fare

chiama

bilaterale,
totale

o non fare una determinata azione^. Ora, poich lo spirito

non pu esser mai stremato a


farne
un'altra

passivit,
e,

fare un'azione vale

diversa;

se

non nem-

meno
di

quest'altra voluta, sar un'altra ancora, e cosi via.


si

Dunque,
tesi di
Coscienza e

tratta

non

di

bilateralit,

ma

di

molteplicit

tendenze; non di scelta tra due volizioni,

ma

di

sin-

molte tendenze in una, che la volont o libert.


(o

Circa la maggiore responsabilit di chi pi sa


y^^jg^
^jj

pi

rponabiiit.

fronte a chi sa
le

meno

(o

vuole meno), sono da

mentovare

dispute serbateci nei Memorabili: se pi in-

giusto sia colui che operi volontariamente, o colui che operi

Si

veda

il

mio studio

Ci che vivo e ct che i morto della

filo-

tofia di
2

Hegel (1906, seo. ediz. nel voi. Studio

sullo Hegel, eoo., Bari, IBIB).

Mtdil., IV.

Per

es.,

Compendio di Etica (Boma,

1907), p. 56.

VII.

ANNOTAZIONI STORICHE
f\

181
si

involontariamente
di

(6 xcv

fixcov).

Dove

osserva che

certo pi

grammatico colui che volontariamente non


e pi

legga e non scriva bene, di fronte a chi legga e scriva

male per ignoranza


sto,

giusto chi, conoscendo


colui

il

giu-

commetta
lo

ingiustizie, di
;

che

le

commette peril

ch non
il
il

conosce

migliore chi, conoscendo


il

vero, dica

falso,

che non colui

quale dica

il

falso

non conoscendo

La disputa mette capo a una celebrazione del conoscere s stesso o, come noi diremmo, del conoscere e possedersi *. Questi pensieri sono agitati di nuovo ueVIpvero.

pia minore, ove se ne mettono in luce


colt,

le molteplici

diffi-

si

perviene a una conclusione che sembra non

soddisfare

nemmeno

coloro che la propongono

*.

chiaro

ormai per noi che

la questione

da risolvere nel senso, che

chi ha coscienza di peccare

certamente peccatore, lad;

dove chi non


poter

l'

ha non pecca punto


siffatta

ma

che codesto non

nemmeno
si

peccare per s stesso peccato, e pone


condizione, un gradino pi
il

l'uomo, che

trova in

basso del peccatore.

I gesuiti

che, contro

Pascal, difende-

vano che per darsi peccato era necessaria


della guarigione e quello di

la

coscienza della

propria infermit e del rimedio occorrente,

domandarla a Dio,

desiderio erano teoil

ricamente dalla parte della ragione.


parole (obiettava
l'avarice,
il

Croira-t-on sur votre

Pascal), que ceux qui sorit plongs dans


les

dans V impudicit, dans


la

hlasphmes, dans

le

duel,

dans

vengeance, dans
le

les vols,

dans

les sacrilges,
l'

aient vritablement
lite et les

de s ir d'embrasser la cJiastet,
*
.

fiumi-

autres vertus chrtieniies ?

Pure inevitabile
pose lo

che sia
(e se

cosi, se

quei loro
vizi.

atti

deVono essere considerati


si

realmente sono)
il

fianco del Pascal


il

Hegel,

quale ne riferisce e accoglie

seguente argomento

Memor., IV,

e. 2,

19 sgg.

Hippia minor,

375.

182

l'attivit pratica nella sua dialettica


<Ils seront tous

di riduzione all'assurdo:

damns
et

ces

demi-

pcheurs qui ont quelqiie amour pour la vertu. Mais pour


ces francs-pcheurs,

sans mlange, pleins


ont tromp
le

achevs, l'enfer

ne les tient pas:

ils

diable

force

de s'y
tale,

bandonner*
perch

*.

Riduzione all'assurdo, che non poi


che
si

la forinola

d per assurda esprime, in fondo,

una verit semplicissima; la quale anche lo Hegel affermava a suo modo, allorch diceva che bisogna preferire l'arbitrio, il male, lo Spirito che erra, all'innocenza delle
piante e degli animali, ossia della natura^.
Il

concetto

IV.

Un

chiaro esempio delle difficolt circa

il

principio

del dovere.

^q\\q. Filosofia della pratica,

che nascono dall'assumere queKant, intorno

sto principio nelle sue

forme empiriche, fornito dalla poil

lemica dello Herbart contro

al

dovere.
idee
pra-

Lo Herbart dimostra che


nario

il

dovere non concetto origi-

ma

derivato, e sorge solamente

quando

tra le

pratiche e la

volont

vi

sia dissidio'-^.

Ma

col
le

medesimo
idee
la

metodo
tiche

si

potrebbe dimostrare

che anche

sono concetti derivati,

perch

suppongono

vo-

lont morale, sulle cui manifestazioni sono state costruite

per opera di astrazione. Lo Herbart aveva ragione contro


il

Kant,

ma

si

feriva con la

sua stessa arma.

gi la

dura formola dell'imperativo proposta dal Kant era stata


combattuta dallo Schiller, che aveva dato
operare
II

risalto

nel ben

al

momento

del piacere, della simpatia e dell'en-

pentimenil

tusiasmo. Degli

altri concetti empirici,

che hanno formato


il

to e

rimor-

mf^jgi-ia di dispute,

sar

il

caso di ricordare

rimorso o pennecessario

timento.

Il

ctii

valore

come momento negativo


*

non vide

lo

Spinoza giudicando che

poenitenta vrtus

non

Pascal., Provine,

1,

IV; Hkokl,

Phil. d. Rechtea, g 140.

>

Enc,

% 248.

Alla, prakt. Phil.^ pp. 121-2;

EinL

i.

d. Phil. (trad. ital.), pp. IIK,

171, 224.

VII.

ANNOTAZIONI STORICHE

183

est,

sive ex ratione

non oritur; sed


est.

is

qui facli pcenitet bis


cupiditate, dein

miser seu impotens

Nam
;

primo prava

tristitia vinci se patitur

e tutt'al pi gli assegn valore

empirico, percli,

come

dice, gli
il

uomini di rado vivono ex


altri affetti della
e,

dictamine rationis^ e perci

pentimento e

stessa sorta giovano pi che

non nocciano,

se bisogna

peccare,
nisi
si

in isim
*.

partem potius peccandum,:


il

terret vulgus,

metuat

Contro

concetto di penitenza e rimorso

dimostr assai acerbo


si

lo

Hegel in alcuni luoghi


in questa

delle sue

opere, dove per altro

vede chiaro che

polemica

aveva l'occhio a casi particolari e a talune formazioni storiche. Vige nel mondo cristiano in genere (egli scrive) un
ideale di

uomo

perfetto,

che non pu esistere come moltitusiffatto ideale si

dine in un popolo; e se

trova attuato nei

monaci, nei quacqueri e in altrettale gente pia, bisogna avvertire che

un ammasso

di codeste tristi creature


le

non

costi-

tuisce popolo,

come

pidocchi o

piante parassite non pos-

sono esistere per

s,

ma

solo sopra

un corpo organico. Per

poterne formare un popolo converrebbe sgombrar via anzitutto quella loro dolcezza
si

da agnelli, quella loro vanit che occupa soltanto della propria persona e la tien cara e la
l'

cura, e ha sempre dinanzi

immagine
la

e la coscienza della

propria

eccellenza.

Perch

vita

nell'universale e per
fiacca e vile,

l'universale richiede

non quella dolcezza


;

ma

una dolcezza energica non


cati,

il

pensare a s e

ai propri pec-

ma

all'universale e a ci che per esso bisogna


chi nutre quel falso ideale gli

com-

piere.

uomini debbono

apparire sempre
brargli al

affetti da debolezza e corruttela, e semtempo stesso che quell'ideale sia cosi alto da non potersi mai tradurre in realt. Essi danno importanza

a miserie, delle quali nessuna persona ragionevole fa caso


e

credono

che

tali

debolezze

difetti

esistano

anche

Elhica, IV, prop. 54, p. 480.

184

l'attivit, pratica
vi si badi.

nella sua dialettica


e'

quando non

luogo

ad ammirare

la loro

grandezza d'animo,

ma

piuttosto a notare che la loro pro-

pria corruttela consiste per l'appunto nello starsene a guar-

dare ci che chiamano debolezze ed errori, e nel fare del


niente qualcosa di esistente. L'uomo, che ha di codeste de-

bolezze e

difetti, ne gi immediatamente assolto, quando non d loro importanza > Specialmente curiosi su questo
.

proposito sono

giudizi che lo Hegel manifesta neWEstetica

intorno al tipo della Maddalena nell'arte italiana.

La

Maddalena
il

della pittura italiana appare nel suo interiore

e nel suo esteriore

come

la

bella peccatrice, nella quale

peccato seducente al pari della conversione.


fu perdonato, perch molto
il

Ma n

peccato n santit sono da prendere qui troppo sul serio.

A
si

lei

aveva amato, perch err


sta in ci,

per amore e bellezza; e


fa

commovente

che ella

scrupolo del suo amore, e bella e sensibile qual'

d'animo, versa torrenti di lagrime.


di avere

Ma

il

suo errore non

amato tanto

il

suo bello e commovente errore

invece nel credersi peccatrice, laddove la sua sensitiva


bellezza d l'impressione che ella, nel suo amore,

non ha

potuto non esser nobile e di


La
dottrina
e

alti

sensi

>

V.

Il

rapporto tra passioni o desideri e volont stato

pass 0-

ni.

considerato piuttosto nel


passioni, che

momento

di

lotta tra volont e

non per

medesimo; quantunque Aristotele


o nooaiQeois, ossersi

avesse gi iniziato un'analisi circa la diversit dell'appetizione o PovXiioig rispetto al proposito

vando che

il

proposito soltanto di ci che

pu
-.

fare,

laddove l'appetizione anche delle cose impossibili


considerare principalmente
la
il

col

contrasto delle passioni verso


le

volont razionale sorsero

scuole opposte dei cinici e

cirenaici, stoici ed epicurei e altrettali;

ma

le dottrine

di

Ge$ch. d. r/iil., II, pp. 240-1;

Vorlea. ab JStth., II, pp. 162-8.

Eti.

Nsom.,

1,

III, ce. 2-8, 1111-1118.

VII.

ANNOTAZIONI STORICHE

185

tutte

codeste scuole, se serbano qualche valore empirico


precetti di vita pi o

come
classi

meno

convenienti a individui,

e tempi determinati, non

ne presentano alcuno o

scarsissimo, esaminate in quanto concetti filosofici; e cinici


e cirenaici, stoici ed epicurei piuttosto che filosofi

sembrano
problema
e
dello

monaci, seguaci di questa o quella regola. Carattere preci-

puamente empirico ha
circa
il

altres, di

conseguenza,

il

modo
trascin

di

liberarsi dalle passioni o di dominarle,


alle

che

si

fino

trattazioni
le

di

Cartesio

Spinoza. Contro entrambe


gli

perversioni opposte di quedei

indirizzi

pratici,

V * ammortamento
combatt
il

sensi

>

il

far

regola di essi

Vico, che condann del

pari stoici ed epicurei


e

come
>

filosofi

monastici e solitari,

da

filosofo

politico

sostenne

che bisogni non gi

convellere all'uomo la propria natura n abbandonarlo

nella sua corruzione ,

e farne

umane

viriti

*.

ma E

moderare
rado

le

umane

passioni

di

la difesa delle passioni


solito,

ha avuta enunciazione dottrinale cosi limpida, e di


perfino nello
tro certe
fiche.
e

HegeP, quella
confusione tra

difesa rivolta piuttosto confiloso-

tendenze sociali che non contro dottrine


i

La
,

vari significati

della parola

passione

intesa ora quale appetizione o passione con-

creta e attuale, ora quale stato d'animo (gioia e dolore), ora

quale abito volitivo,

si

nota nelle varie trattazioni dell'ardi

gomento, che gi abbiamo avuto occasione

ricordare.

Ed

naturale che, intese

come

abiti, sia stato

spesso avverin-

tita l'indifferenza
fatti
elles

morale delle passioni: per Cartesio

soni toutes bonnes de leur nature et nous n'avons

rien eviter que leurs

mauvais nsages ou leur

excs

'.

Scienza nuova seconda, degn.

5.

Phan.

d. Geistes^, pp. 484-6;

EncycL, % 474; PhU. d. Bechtes, 124;

Phil. d. Gesch., pp. 39-41.


3

Tratte dea passiona, III, 211.

186
Virt e
vizi.

l'attivit pratica nella sua dialettica


D'altra parte, l'errata difesa delle passioni, che fa di

esse la preparazione o la causa delle virt,


filosofi inglesi del Sei e

si

ritrova nei

Settecento (More, Shaftesbury, ecc.)

e ottiene la sua forma estrema e paradossale nella Favola delle api del Mandeville, dove la moralit presentata

come

inefficace, anzi

dannosa, e

tori e fattori di progresso. Il

i vizi come promoLa Rochefoucauld aveva gi

scritto:

Les vices entrent dans la composition des vertus


poisons dans la composition des remdes
o grossolane "^
della
la

La

dottri-

comme
lit,

les

^ Forme
diritto

na dell'individualit:

^.Q(jggte

false

dottrina

dell'

individuail

Schieierma^'*

perpetuo pericolo che

minaccia.

Ma
nel

dell' individualit,

dopo qualche accenno un po' vago del


sua pi
forte

Jacobi

*,

ebbe

la

asserzione

periodo

preromantico e romantico soprattutto col pensiero dello


Schleiermacher.
anch'

Per alcun tempo

( detto nei

Monologhi),
;

io fui soddisfatto di

avere trovato la Ragione

e,

ve-

nerando

la costanza dell'

Unico Essere come


una
esser in
lutti
il

ci che vi

ha

di pi alto, credevo che vi fosse

sola misura per ogni

caso, che l'operare dovesse

medesimo, e

che ciascono
nit

si

distinguesse dall'altro solamente in quanto

occupa un proprio posto nello spazio. Credevo che l'umasi

manifestasse diversamente solo nella variet dei

fatti

esterni,

ma

che l'uomo interno,

il

singolo,

non

fosse

un

essere peculiarmente {eigenthUmlich) costituito, e che cia-

scuno dappertutto fosse eguale


poi

all'altro .

Ma mi

si

svel

una cosa che da quel tempo sempre pi mi

esalta:

mi

diventato chiaro che ogni

uomo deve

rappresentare a suo
affatto singolare desi

modo

l'umanit, in

una combinazione

gli elementi dell'umanit, perch essa

manifesti in ogni

guisa, e tutto ci che di

pi diverso pu uscire dal suo

grembo

diventi eCTettuale nella pienezza del

tempo

e dello

MaoBimu,

n. 182 (ed.

Garnier,

p. B).

>

Per

es.,

Woldeniar, pp. 112-8.

VII,

ANNOTAZIONI STORICHE
di

187

spazio...

Per

virt,

questo pensiero io mi sento opera

singolarmente voluta e perci eletta della divinit, e tale

che deve godere di particolare forma e cultura


atto, al

il

libero

quale questo pensiero appartiene, ha raccolti e infusi in un'esistenza peculiare gli

timamente
natura
la fo

elementi della
io

umana. Mentre
il

ora,
il

qualunque cosa

faccia,

secondo

mio

spirito e

mio senso,

la fantasia

mi

mette innanzi, a chiarissima prova dell'interna determinazione, mille altri modi ancora in cui, senza offendere le
leggi dell'umanit,
si

potrebbe operare:

io

mi ripenso

in

mille forme varie per ravvisare con

denza quella eh'


rit

la

tanto maggiore evimia propria*. Ma codesta peculia-

(EigenthUmlichkeU), lumeggiata dallo Schleiermacher,


demissiine.

che fu pensiero prediletto dei romantici (Herder, Jacobi,


si

G. Humboldt, gli Schlegel, ecc.),

perverti sovente, ansi

che a quei tempi, in capriccio individuale; come

pu

os-

servare in quella sorta di caricatura che Federico Schlegel


fece dell'Io fichtiano, diventato per lui l'Io individuale, e
in quella famigerata Lwc/nrfe, per la quale lo stesso Schleier-

macher scrisse improvvidamente una serie di lettere di cemento e difesa. Ultime propaggini dei romantici sono da considerare Max Stirner e Federico Nietzsche, nel primo
dei quali
il

valore dell'individualit

si

converte in un'afsi

fermazione di spasmodico egoismo, e nel secondo


continuo miscuglio di vero e
vidualit,
falso, di

ha un
indiscrit-

come

del resto

buona e mala da aspettare da quello

tore la cui EigenthUmlchkeit fu piuttosto di poeta che di

pensatore.
VI. Del concetto di svolgimento, che appartiene essenii

concetto

s^oigihegeliana e che stato superficial- '^"*' " mento e promente trattato e adoperato da altre scuole filosofiche, e gresso.

zialmente alla

filosofia

'^

del

suo pensamento

come
I,

sintesi

degli opposti,

si

gi

Monologen, in Werke,

pp. 366-8, 372.

188

l'attivit pratica nella sua dialettica


e qui

discorso altrove;
la

non
da

il

caso n di compendiarne
lo

storia

di

mostrare in quali errori cadesse


la verit
lui

Hegel
gli

per avere sforzato

messa

in chiaro.
si

Tra

errori di quella filosofia, e delle altre che


fino ai giorni nostri,

sono seguite

da porre

la persistenza dell'idea di
al

Natura come di un modo della realt opposto


Spirito;
se

modo

dello

donde un dualismo, che non non in apparenza. Qui si procura

si

riusciva a superare

di serbare la dottrina

hegeliana dalla dialettica,

ma

sceverandola da quanto an-

cora vi permaneva di trascendente e di teologico e correg-

gendo quell'erronea idea della natura. Il concetto della Provvidenza, che non n Fato n Fortuna n opera di un Dio trascendente, risale, nella sua forma moderna, alla Scienza nuova del Vico e non da confondere con le per;

sonali credenze religiose che

il

Vico ebbe, e che


filosofica della

egli stesso

tenne distinte dalla sua dottrina

Provvidenza

immanente. La stessa dottrina ricompare nella filosofia hegeliana sotto la forma dell'Idea o dell'astuzia della Ra-

gione, che
fti

si

vale degli uomini


*.

come

di suoi strumenti e

gestori di negozi

Il

concetto, infine, del progresso cosmico


orientale, al

estraneo al

mondo

greco-romano e
cicli

al cri-

stiano, prevalendo, a volta a volta, quello dei

e del

ritorno, o

l'altro della

decadenza da uno stato originario

di perfezione. Nella sua

forma moderna, prende origine da


rie-

pensatori liberi da codeste concezioni religiose, e che

scono in vario

modo a

filosofie del

divenire e dell'evoluzione.
il

Ma

in parecchie di tali filosofie razionalistiche

concetto

del progresso distrugge s stesso, perch accoglie la dottrina


dell'

evanescenza del male

(Spencer), e pone
trasferito

uno stato
Realt

definitivo di perfezione (bench


futuro): cio

dal

passato nel

una Realt che sarebbe

Realt, anzi

perfetta, cessando di essere svolgimento, ossia s

medesima.

Si veda lo studio citato sullo Hegel.

SEZIONE TERZA
L'UNIT DEL TEORETICO E DEL PRATICO

indagine dell'attivit pratica nelle sue relazioni ha tolto Due


tesi,

risuiu-

ogni dubbio circa la

che

l'attivit pratica

presuppone
il

"^*' o^^o-

quella teoretica, ossia che la

conoscenza
e

precesua

dente necessario della volizione


r indagine che
dialettica,
l'

azione*. Ma

ha seguita

dell'attivit pratica nella


al

avendo condotto
si

risultamento che l'attivit

pratica la realt stessa nella sua immediatezza e che altra


realt (o,

della

natura) non concepibile fuori volont-azione, costringe ad affermare insieme la tesi


dica pure, altra
:

inversa

che

l'attivit teoretica

presuppone quella pratica,

e che la

volont

precedente necessario della


spirito,

conoscenza^.
messo
lont
fin

precedente non gi nel significato, am-

da principio in forza dell'unit dello


di conoscere
^

della necessaria implicanza in ogni atto teoretico della vo-

come volont
non

(perch questa volont

sussidiaria e

costitutiva, anzi, se diventa costitutiva,


*);

ingenera l'arbitrio e l'errore teoretico

ma

nel significato

Sez.

1.

2 3

Sez. II.

Sez. Sez.

I, e. 3. I, e. 4.

190

l'unit del teoretico e del pratico

per l'appunto di una volont costitutiva, senza la quale

nessuna conoscenza sarebbe pensabile.


Infatti, la

conoscenza conoscenza di qualcosa,


fatto, ricreazione ideale di

ri-

facimento di un
reale.

una creazione

Se non c' un desiderio, un'aspirazione, una no-

stalgia,

non

si

pu avere poesia;

se

non

c'
il

un
sole

atto o

un

impeto eroico, non pu sorgere l'epos; se


sole sul paesaggio,

non

illu-

mina un paesaggio, o un'anima non invoca un raggio di non si ha la pittura di un paesaggio luminoso. E se non c' un mondo di realt che generi un mondo di rappresentazioni, non concepibile la ricerca
dell'universale, la Filosofia, n l'intelligenza dell'indivi-

duale, la Storia.
Errore dei
propugnatori uOii esclusi*

Qucst'afiFermazione,

che

nessuna industria di

sofista

va precedei!

^^^ distruggere, rende fallaci entrambe le opposte tesi, pi volte variamente propugnate: l'una circa l'esclusiva
priorit del teoretico, l'altra circa l'esclusiva priorit del

d^uMt"""

pratico.
I

propugnatori di esse entrano con

la

realt in

lotta

cosi disperata che, per uscirne senza troppo disonore, sono


costretti a richiedere, alla fine, l'aiuto di
il

un

terzo termine,

quale poi, a volta a volta, o un pensiero che non

pensiero, o

una volont che non


l'altro,

volont, o

un qualcosa

d'ibrido e confuso

contenente in s pensiero e volont n l'unit di quella duasi postula un Logo, un Pensiero in s come possa mai pensare ed essere pen-

senza essere n l'uno n


lit.

Da una
a

parte,

(che non s'intende


siero), e
lui
si

fa adottare la risoluzione (che

non

si

sa

come mai
nazione,

egli possa adottare) di uscire

da

s,

creando una

natura, per potere finalmente, per mezzo di questa alie-

tornare in s ed essere ormai per s, cio in

grado

di pensare e di volere.

Di questa artifiziosa costrula

zione pu dirsi gi svelata la magagna, ossia

prove-

nienza mitologica e religiosa, col paragone adoperato a

l'unit del teoretico e del pratico


proposito di essa dall'autore che la espose

191

(Hegel), cio

che

il

Logo

Dio

prima

della creazione del inondo:

un

Dio, dunque,

affatto

irreale

assurdo. D'altro canto, fa

pieno riscontro a quel Pensiero che non pensa perch non

ha prima voluto, l'escogitazione


(Schelling, Schopenhauer), che

di

una Volont cieca

non ha prima pensato,


stessa
in

che,

non vuole davvero perch tutt'a un tratto, si foggia


s,

l'istrumento della conoscenza per giungere a superare s

questa alienazione da

merc
che

la

liberazione
idee e nel-

dal volere ottenuta nella contemplazione delle


Tascetisrao.

Anche qui
si

da ripetere

l'uri

errore tra-

passa e

si

converte nell'altro; e questa incoercibile con-

versione fa

che abbiano poco interesse


eclettiche,

le

altre

teorie,

secondarie

che

pongono

la

priorit,

della

fantasia o del sentimento o dell'incosciente o dell'indifferenziato, e simili, e che tutte sono sforzi inani per soppri-

mere una
ignorano.

delle

due forme fondamentali dello

spirito,

per derivarle da una terza che l'autocoscienza e la critica

L'esigenza, che
erronei, di concepire ^
'

si
il

manifesta in -tutti codesti tentativi


nesso di quella dualit, ossia l'unit n

Problema
'^^^ "***'*
,^'

questa dualit.

del teoretico e del pratico, certamente legittima;

ma

per

soddisfarla adeguatamente bisogna anzitutto insistere sulla


realt della dualit, della quale
si

ricerca

il

nesso e l'unit.
Non
'

Questo nesso non pu essere semplicemente e imraediatamente


tico
il

dualit

la

relazione o sintesi degli opposti.


pratico, n
il

N
il

il

teore-

oppo-

mero opposto del

pratico l'opposto
falso, cosi
il

del teoretico: l'opposto del teoretico l'errore o

come
male.

l'opposto del pratico la contradizione volitiva o


Il

teoretico,

non che negativo,

positivo,

non meno

del pratico; e all'inverso.

Non

si

pu, dunque, in nessun


delle

modo, abbassare l'una o


in

l'altra

forine

a semplice
si

opposto. L'opposizione intrinseca allo spirito e

ritrova

ciascuna delle

sue forme:

donde

il

valore

generale

192

l'unit del teoretico e del pratico

dello spirito (attivit contro passivit, razionalit e realt

contro irrazionalit e irrealt, essere contro non essere),


e quello delle sue forme speciali (bello contro brutto, vero

contro falso, utile contro inutile, bene contro male). Ma appunto perci non pu designare il carattere di una forma rispetto all'altra: n quello del vero contro il bene, n
quello del bene contro l'utile, e via dicendo.

Non
finito.

dualit

Parimente

il

nesso

di finito e in

pensano
sale, di

le suddivisioni della

non pu essere pensato come si forma teoretica e di quella


primo dei quali termini condi-

pratica, ossia secondo le relazioni d'individuale a univerfinito

infinito,

il

ziona

il

secondo e ne condizionato solo in modo impli-

cito. Delle

due forme teoretiche


le

(e

vedremo pi

oltre

che
la

due sono anche

forme

pratiche),, l'estetica

precede

logica, e rispetto a questa sta

da

s:

un canto, una

strofa,

una statua non esprimono alcun concetto; ma la filosofia, che pensa il concetto, a un tempo fantasia, espressione,
parola: la prosa del filosofo
tica la
il

suo canto;
la

la

forma

este-

conoscenza dell'individuale,

forma logica quella

dell'universale, individualizzata anch'essa.


lazione, che propria della

Ma

questa re-

forma teoretica, non meno che


per s, non pu essere

di quella pratica, presa ciascuna

trasferita senza incoerenza logica alla relazione delle

due

forme:

la

suddivisione (per esprimerci coi vocaboli

della
finito finito

logica empirica)

non

la divisione.
l'

il

pensiero
il

il
il

rispetto al volere,

che sarebbe

infinito,

volere

rispetto al pensiero che sarebbe l'infinito. Pensiero e volere

sono ciascuno, insieme,

finito e infinito,

individuale e uni-

versale. Chi dall'azione passa al pensiero,

non restringe
si

il

suo essere, flnizzandosi, n

lo restringe,

passando dal penfa

siero all'azione; o piuttosto, noli' un caso e nell'altro


finito

per raggiungere l'infinito: poeta, per aprirsi la via


off'rire

al

pensamento del Vero eterno; uomo d'azione, per

l'opera sua individua al

Bene eterno.

l'unit del teoretico e del pratico

193
posi-

Le due forme,
tive, '

la teoretica e la pratica,
finito e infinito, si
'

entrambe

Analogia
p*'^^"^ *'' le due forme: teoretica p""*'*-

ciascuna nesso di

corrispondono in ^
ci

tutto:

come
il

gi

si

visto finora nella nostra esposizione

in cui

richiamo dell'una pei problemi dell'altra


soluzione. Cosi nell'una

ha
nel-

aiutato sempre a penetrare meglio la natura di quei pro-

blemi e a trovarne
l'altra c' creazione

la

come

genialit (geni dell'arte e del pen-

siero, e

geni dell'azione); cosi nell'una come nell'altra la


il

riproduzione e

giudizio accadono allo stesso

modo

(gusto

estetico, gusto pratico; storia dell'arte e della filosofia, storia

delle azioni); cosi sull'una

come

sull'altra dato costruire

concetti

rappresentativi e regole empiriche.

l'analogia

sar lumeggiata anche ulteriormente, quando

verr mo-

strata la rispondenza tra arte ed economia, pensiero logico

ed

eticit,

discriminazione storica e discriminazione etica,

concetti empirici e leggi dell'azione; e via discorrendo.

Ma

siffatta

analogia, se esclude che le due forme siano


d'altro lato traviarci

Non

parai*

disparate, non deve

a concepirle
e che assai

^j^'^*'

***

come parallele, con espediente


e corpo. Parallele esse
l'altra in

assai facile

piacerebbe forse ai parallelisti di spirito e natura, di anima

non sono,

ma

anzi legate l'uua al-

modo che

dall'una nasce l'altra. Dall'apprensione


dalla
riflessione
filosofica
il

estetica
essa,

della

realt,

sopra di

dalla ricostruzione storica che ne


si

risultamento

concreto

ottiene

quella conoscenza della situazione di


si

pu formare e si forma la nuova azione. E questa nuova azione, , a sua volta, la materia della nuova figurazione estetica, della nuova riflessione filosofica, della nuova ricofatto, sulla

quale soltanto

sintesi volitiva e pratica, la

struzione storica. Conoscenza e volont, teoria e pratica,

insomma, non sono due


il

parallele,
alla

ma due
coda

linee

tali

che

capo dell'una

si

congiunge
circolo.

dell'altra; o, se

si

desidera ancora un simbolo geometrico, esse formano

non parallelismo
fi.

ma

Croce, Filotofia della pratica.

13

194
Il

l'unit del teoretico e del pratico

circolo
Realt:

Formano,
getto, In tal

cio,

il

circolo

della

realt
'

della

vita,

(Iella

pensiero ed
isserc, Bog-

^^^ ^ daalit-unit

di pensiero '^

ed essere, di
il

sofiTffetto *'

oar^5
il

modo che pensare


un soggetto. In
circa

soggetto vale pensare

*^" ^ *

soggetto di un oggetto, e pensare l'oggetto vale pensare


l'oggetto di
verit,

sembra

talvolta strano

e quasi impossibile che sia potuta sorgere cosi aspra e

lunga

lotta

l'oggettivit

della
il

conoscenza, e se
pensiero
ci

il

pensiero attinga l'essere o se oltre


essere, e simili.
Il

sia

un

pensiero tale appunto perch afferma

l'essere; e l'essere tale,

appunto perch generato da un


si

pensiero. Solamente

quando

ricordi che in

quella lotta

confluivano altre intorno alla trascendenza divina, al contenuto del concetto di natura (questioni gnoseologiche, che
gloria della fllosofla
soluzione),

moderna aver mosse e avviate alla solamente allora non si giudicher cosa strana
pensiero e dell'essere, del conoscere e

che

la relazione del

del volere sia apparsa cosi intricata e oscura. Per

non aver
ens,
il

vinto del tutto la trascendenza n compiutamente superato


la falsa concezione della natura dei naturalisti

come
il

Kant dov
gli si svel

arrestarsi innanzi al mistero della realt,

quale
di-

non come

circolo,

ma come

insieme di linee

vergenti

congiungibili all'infinito.

A causa della

sua insuf-

ficiente teoria gnoseologica circa le scienze naturali, lo

He-

gel sdoppi volorit e natura, e fu tratto a porre, di fronte


alla Filosofia dello
spirito,

una

Filosofia della natura, la-

sciando sussistere, dopo averne distrutte tante, una forma


di

dualismo non mediato o mediandolo nel modo


si

artificioso

che

accennato. Dissipate le
il

ombre

di quella gnoseo-

logia,
bI

rapporto fra teoria e pratica, soggetto e oggetto,


in

mostra

piena luce; e alla

domanda come mai, dove

tutto 6 rapporto

non

invertibile di condizione a condizio-

nato,

il

pensiero e l'essere siano reciprocamente condizione

e condizionato, e

come mai

si

eviti

il

circolo vizioso, la

risposta diventa assai semplice.

La

critica stessa dei cir-

l'unit del teoretico e del pratico


troll

195

viziosi include in s ed afferma l'idea di una circolarit non viziosa; pensiero ed essere non sono succesfiniti,

sione di due
stesso.

ma

relazione assoluta, cio l'Assoluto

Se,

per esprimerci

con

le
il

immagini della mitopassaggio dal caos al

logia, la creazione del

mondo

cosmo, dal non essere all'essere, questo passaggio non comincia n dal teoretico n dal pratico, n dal soggetto n
dall'oggetto,

ma

due termini.
l'Atto;

ma il bene avvertire
il

dall'Assoluto, che assoluta relazione dei In principio non era n il Verbo n Verbo dell'Atto e l'Atto del Verbo.
altres

che in conseguenza della


tutte le

sta-

Critica delie

bilita

relazione e correlazione cadono

circa

questioni ^ primato del pensiero o della volont, della vita cone,

*f" il primato
delia

^''^*

ragion

templativa o della vita attiva,

parlando pi empirica-

^''**'^*

mente, del pensatore o dell'uomo d'azione. Porre ancora


siffatti

pratica,

problemi tanto varrebbe quanto domandare a quale

dei due semicircoli di un circolo spetti il primato; e se un tempo furono posti e non si pot risolverli o vennero malamente risoluti, la colpa era dell'oscurit intorno alla corre

lazione fondamentale. Allorch l'uomo giunto al vertice


della conoscenza (vertice, eh'

non gi

l'Arte e
la

nemmeno,

a parlare propriamente, la Filosofia,


reale

ma

conoscenza del
della filosofia),

concreto, la Storia,

cio l'attualit

allorch ha penetrato compiutamente la situazione di fatto,

pu

egli forse arrestarsi

in

essa e dire:

hic

manebimus

optme? Pu arrestare la vita, che freme e chiede di essere

continuata? E
derla?

se,

per un istante, giunge a sospenderla nel


1'

pensiero, per quale ragione

ha sospesa se non per ripren-

La conoscenza non

fine

ma

strumento di vita:

una conoscenza che non servisse alla vita, sarebbe superflua e, come ogni cosa superflua, dannosa. AH' inverso, allorch l'uomo ha voluto e si immerso nell'azione, allorch ha prodotto, per cosi dire, un altro pezzo di vita, pu
egli, in quella

produzione, continuare ciecamente

all' infi-

196
nito?

l'unit del teoretico e del pratico

La

cecit

non impedirebbe
il

la

produzione stessa? Dunvuole


affi-

que

egli

deve

risalire dalla vita al conoscere, se

sare bene in volto

prodotto che ha vissuto, e superarlo col

pensiero, al quale ora la vita

mezzo

e strumento.

La

co-

noscenza serve

alla vita e la vita alla

conoscenza: la vita

contemplativa, se non vuole diventare oziosit insulsa, deve

metter cupo nell'attiva; quell'attiva, se non vuole diventare tumulto irrazionale e sterile, deve

metter capo nella

contemplativa.

La

Realt, specificando le attitudini,

ha

fog-

giato uomini di pensiero e uomini d'azione, ossia di do-

minante pensiero e di dominante azione; e

gli

uni non su-

periori agli altri, perch cooperatori gli uni degli altri.

Vani anche riescono, per


gresso del genere

tal

modo,

dibattiti se

il

pro-

umano

sia

morale o intellettuale, se la

forza propulsiva ne sia l'attivit pratica ed


la filosofia o la religione, e simili (Buckle,

economica o
ecc.).

Kidd,

da questo legame fra '^o"" P^""'' f" ' prammatismo . di nuova ?.t::;.^ ionante la sorta, al quale i prammatisti non hanno mai pensato o alNuovo pram-

Piuttosto da Considerare che

"

il

FiioBofia.

meno non l'hanno saputo


lere.

discernere dagli altri e farlo vaPensiero,


si

Se

la

Vita condiziona

ha in ci

la di-

mostrazione apodittica della forma sempre storicamente


condizionata di ogni pensiero:

n solo dell'Arte, che

sempre arte di un tempo, di un'anima, di un momento, ma anche della Filosofia, la quale non pu risolvere se non i problemi che la Vita le propone. Ogni filosofia rinon pu non riflettere, le preoccupazioni, come si un momento storico determinato; la qual cosa non da intendere che accada nella qualit delle sue
flette,

suol chiamarle, di

soluzioni (perch
filosofia

in questo caso sarebbe cattiva filosofia,

passionale o partigiana),
il

ma

nella qualit dei suoi


e la soluzione

problemi. E poich

problema storico

eterna, la filosofia insieme contingente ed eterna, mortale

e immortale, temporaria ed extratemporaria.

l'unit del teoretico e del pratico

197
conferma de-

Finalmente, con la dimostrata dualit-unit del teoretico e del pratico si

^*"* dimostrato quel che a principio della ^""'^*

nostra esposizione era stato in qualche


serito e presupposto: '^ '^^
ste

modo

soltanto assussi-

ed esclusione

che oltre

alla

forma teoretica
*,

^d'ittiva
della tersa
(sentimento),

realmente una forma pratica dello spirito

che oltre

queste due forme non ve n'ha una terza (si chiami sentimento come altro si voglia)^. La forma teoretica postula la pratica, perch
lo spirito
il

soggetto postula l'oggetto;


tra le

ma
due

non postula una terza forma media

o unit delle due, perch esso stesso per l'appunto


diatore e unit di s stesso,

me-

soggetto-oggetto.

Sez.
Sez.

I, e. 1.
I, e. 2.

PARTE SECONDA

L'ATTIVIT PRATICA
NELLE SUE FORME SPECIALI

SEZIONE PRIMA
LE DUE FORME PRATICHE: L'ECONOMICA E
L'

ETICA

DISTINZIONE DELLE DUE FORME

NELLA COSCIENZA PRATICA

l&

prima parte

di questo libro
'

ha

trattato dell'attivit

pratica in generale, prescindendo dalle distinzioni delle ^ ^ ^ conomica, e forme pratiche, come se nessuna distinzione fosse da fare, la morale o

La forma '***"*

uti"

o accennandovi soltanto

come a qualcosa

di problematico,

''*^*'

ricorrendo, negli esemp che ha recati, indififerentemente


all'una o all'altra delle forme speciali che
si

possono o

si

sogliono distinguere, senza entrare in disputa sulla legittimit di esse.

Ora passiamo ad affermare


si

in

modo

esplicito

che
in

lo

spirito (che

abbiamo veduto distinguersi anzitutto


sottodistingue

in teoretico e pratico)

due forme,

delle quali la

prima

si

come spirito pratico pu chiamare utilidobbiamo rinunsi

taria o

economica,

e la seconda morale o etica.


inBufficien-

Nell'afiFermare codesta sottodistinzione

ziare (come gi per quella del pratico rispetto al teoretico)

**'d*ud*
stiniione de-

a dimostrarla col metodo psicologico, che


vizioso.

gi svelato
in

metodo psicologico avesse uso ^ campo, sarebbe agevole almeno per un istante
Se
il

questo ^

'^'|'^J^** psicologica.

far accet-

202
tare

LE DUE FORME PRATICHE

L'

ECONOMICA E

l'

ETICA

come

evidenti le due forme economica ed etica con


spettacolo della vita, che
offre

l'additare lo

da un

lato

agricoltori, industriali, commercianti, speculatori,


statori di

conqui-

uomini e di

territori,

maneggiatori della parola


educatori,

o della spada a scopo di dominio, e dall'altro


benefattori,
eroi:

uomini del disinteresse


lato, istituzioni

e del sacrilcio, martiri,

da un

economiche (fabbriche, miniere,


dall'altro, istituzioni

borse, societ di esplorazione);

mo-

rali (educatori e scuole, associazioni di beneficenza, ordini

di suore della carit o comitati della Croce rossa, bianca,

azzurra, e via dicendo).

Non
il

una distinzione che

si

tocca

con mano? Senonch (come gi nel caso della distinzione


generica fra
il

teoretico e
si

pratico), quel che si tocca

con
di

mano non
anzi,

perci

afferra

con l'intelligenza; e sfugge


stessa che

dopo un

po', alla

mano

aveva creduto

esserne padrona. E, osservando meglio, gl'individui che

parevano meramente economici,


e all'inverso;
il

si

dimostrano anche morali,


il

benefattore calcola e vuol raggiungere

suo oggetto con la medesima cupiditas del contadino tutto


dedito al guadagno, e
il

contadino, a sua volta, nobilitato


dignit che gli conferisce
lo

nella sua caccia al lucro dalla


il

suo aspro lavoro e dagl'impulsi morali che


istituzioni di beneficenza
le

sorreggono;

le

sono insieme imprese econotirando


conti,

miche, e
dalle

imprese economiche non possono andar esenti


morali; cosicch,
i

leggi

non

si

sa

pi dove sia andata a finire quella materiale distinzione


tra attivit

economica e

attivit etica.

Anche qui

la verit

non si pu partire dai fatti singoli e dalle loro classi empiricamente delimitate per raggiungere le distinzioni filo che
sofiche;

ma

che, al contrario, bisogna partire


i

da queste

di-

stinzioni per interpetrare

fatti

singoli
classi

per intendere aggira in un

anche, alla
si

fine,

in

qual
il

modo

le

empiriche stesse
si

formino. Perci

metodo psicologico

circolo,

che effettivamente vizioso.

I.

DISTINZIONE DELLE

DUE FORME

203

E nemmeno
si

qui possibile sbrigarsela col metodo che La deduiio'

dice deduttivo; cio coi ricavare la necessit delle

due
la

"'

8it d'inte-

?^*'"

forme pratiche dalla natura stessa dell'attivit pratica,


quale, essendo l'ogfgetto
del

graria con
i'

soggetto conoscitivo e

con-

*"*"''<>'

forme perci del tutto

all'attivit del conoscere,

deve avere

una geminazione

di

forme rispondenti alla geminazione

dell'attivit teoretica

come

estetica

e logica, e
l'

non pu

porre l'universale pratico senza prima porre

individuale,

che ne sar
sia,

il

portatore. Questa deduzione, per giusta che


riuscire

non pu

convincente, se non quando faccia

tutt'uno con l'osservazione di fatto, che non poi altro

che
sia

la certezza della coscienza;

quando

cio la deduzione

insieme iuduzione.

Rimandando

perci anche questa volta alla totalit dello


'

Le due forme

svolgimento la chiarezza deduttiva, cominceremo dal fare " appello all'autosservazione, aftinch ognuno verifichi in s
l'operare delle due diverse forme di atti

^"? *"
coscienza.

chiamate economica ed

etica.

Attivit

volitivi, da noi economica quella

che vuole ed attua ci che corrispettivo soltanto


dizioni di fatto in cui l'individuo
si

alle

con-

trova; attivit

etica,

quella che vuole e attua ci che, pur essendo corrispettivo

a quelle condizioni,

si

riferisce insieme a qualcosa


si

che

le

trascende. Alla prima corrispondono quelli che


fini

dicono
si

individuali; alla seconda,


il

fini

universali: sull'una

fonda

giudizio circa la maggiore o minore coerenza del-

l'azione per s presa; sull'altra, quello circa la

maggiore o
che

minore coerenza dell'azione rispetto


trascende l'individuo.

al fine universale,

Se vogliamo riconoscere
tica, ci

la sola

forma morale della pra- La


l'altra,

forma

e-

accorgiamo presto che essa porta con s


;

che

conoinica.

volevamo respingere

perch

la nostra azione,

sebbene unimette

versale nel suo significato, dev'essere sempre in concreto

qualcosa d' individualmente determinato. Quel che


in

si

pratica non la

moralit in

universale,

ma sempre

204

LE DUE FORME PRATICHE:

l'

ECONOMICA E

L'

ETICA

una determinata volizione morale; come ad altro proposito diceva lo Hegel che non si mangiano frutta in generale,

ma

ciliege, pere, susine, anzi


si

queste ciliege, queste

pere, queste susine:


sto
tali

corre a confortare in questo e quesi

modo un
o

individuo cosi e cosi fatto, che


condizioni di sventura;
del
si

trova nelle

tali altre

rende giustizia,

in

un dato punto
determinata,

tempo e

dello spazio, su

teria

a esseri individuati.
sia

una maQuantunque una

buona azione non


cere, tale essa

unicamente

il

nostro individuale pia-

deve diventare: altrimenti, come potremmo


si fa,

noi tradurla in atto? Fare compiacersi di quel che


nell'atto

che

si

fa.

Anzi, esaminando meglio,

ci

accorgiamo

che

la nostra azione ubbidisce

sempre a una legge razio-

nale,

anche quando

si

pensi soppressa la sua legge morale;

cosicch, allontanata ogni tendenza che trascenda l'indivi-

duo, non per questo


al capriccio.

si
il

cade in inerzia o
nostro mero
libito,

si

va in preda

Vorremo

seguiremo sem-

plicemente la nostra inclinazione individuale;


libito e

ma

questo

questa inclinazione bisogner, tuttavia, volerli coe-

rentemente e non ondeggiare tra due o pi volizioni insieme. E se riusciamo a raggiungere davvero il nostro
libito; se,

sospesa in noi per un istante la coscienza mo-

diamo a perseguire, a mo' d'esempio, un fine di vendetta, e lo raggiungiamo attraverso molti ostacoli, eseguendo per tal modo un capolavoro di abilit, un capolaanche quando in questo caso populus non voro pratico plaudaty per nostro conto nos nobs ptaudmus: ne rimarale,
ci
;

niamo

soddisfattissimi,

almeno fintanto che quella sospen-

sione di coscienza morale dura, perch abbiamo fatto ci

che volevamo
degli di.
libito,

fare,

gustando, sia pure per poco, la volutt


se,

Laddove
altri libiti

essendoci proposto

il

nostro solo

facciamo cosa da esso diversa, o sul primo lasciamo

rampollare

che tra loro

si

ostacolino a vicenda; se,


di

avendo

stabilito, a

mo' d'esempio,

non bere vino per

I.

DISTINZIONE DELLE DUE FORME

205

attenerci al consiglio del

medico e serbarci

in

buona

salute,

cediamo

alla voglia del bere, quel piacere ci avvelenato,

come

si

dice, dalla preoccupazione, quel gusto

insieme

non riusciamo per qualche istante a medico, o non ci confortiamo pensando che costui assai probabilmente non sa quel che si dica. Col medesimo criterio giudichiamo di continuo i casi della vita; e azioni e individui, che moralmente non potremmo approvare, ci strappano talvolta gridi d'ammidisgusto: salvo che
il

dimenticare

consiglio del

razione per l'abilit con cui quelle sono state condotte, e

per la fermezza, degna (come

si

suol dire) di miglior causa,


si

che costoro spiegano. L'epicuraico Farinata, che


diritto sul

erge

suo letto rovente, o l'empio Capaneo, che be-

stemmia Giove sotto la pioggia di fuoco punitrice, ottengono da noi quella stima che neghiamo alle anime tristi di
coloro che visser senza infamia e senza lode. L'arte ha cele-

brato

forti caratteri

dei grandi
beffa, nelle

scellerati

in
i

tragedie e
piccoli scelfatti

poemi
lerati,

ma
i

ha volto in

commedie,

violenti a parole
si

che

si

palesano timidi nei

e gli astuti che

lasciano corbellare.

E come
individuale,

si

costretti ad

ammettere questa forma


economica

affatto

La forma eti^*'

edonistica,
il

utilitaria,

dell'attivit

pratica, e a riconoscere

pregio che essa ritiene, congiunta

o disgiunta che sia dalla morale, e a consentire negli speciali giudizi pratici

che da essa prendono origine


utilitario o

(il

giu-

dizio di

convenienza o

economico che

si

chiami),

cosi sarebbe impossibile


Si,

l'atto volitivo,

non ammettere la forma morale. in quanto economico, ci appaga come

individui in un determinato punto del tempo e dello spazio;

ma

se esso
il

denti

non ci appagher insieme come esseri trascentempo e lo spazio, la nostra soddisfazione sar efimuter presto nella insoddisfazione.
libito,

mera

si

A un

libito

succede un altro

a questo un altro, e cosi all'infinito;


il

ma

l'uno diverso dall'altro, e

nuovo o condanna

il

vec-

206

LE DUE FORME PRATICHE

L'

ECONOMICA E

l'

ETICA
i

chic o ne condannato. Se ordiniamo in serie e classi


nostri piaceri, e
fatto di certo
il li

connettiamo o subordiniamo, avremo


;

qualche guadagno ma, neanche questa volta, guadagno vero. Saremo in grado, tutt'al pi, di guidare

la nostra vita

secondo qualche disegno e per qualche tratto

che non pi la puntualit dell'attimo, e invece dell'istantaneo volere, a cui succede un volere diverso, avremo
fini

generali, ai quali lavoreremo; ci proporremo, per esempio,


di fare certi lavori

astenerci

da

certi

altri,

al

fine

di

sposare una donna amata, di conquistare un seggio al Par-

lamento o
anch'essi,
sali,

di ottenere fama letteraria. Ma questi fini sono, meramente contingenti, generali e non univerla
li

non possono soddisfare


la nostra sete.
le

nostra brama, spegnere

davvero

Quando

avremo raggiunti, proil

veremo

dboire che lascia sempre, secondo

detto del
cueilli: la

poeta, la cuelleison d'un rve

au

cosur qui

Va

compagnia

della

donna amata stancher,

l'attuata ambi-

zione politica far sentire vuoto l'animo, la fama letteraria

parr ombra di vanit. Forse ancora, mutando lato come


l'infermo che non trova posa sulle piume,
inseguire altri
fini: ci

metteremo a
si

l'amante, deluso dal matrimonio,


;

volger ad
tica,

altri

amori

l'ambizioso, stufo della vita poli-

penser a nuove ambizioni, o a quella di non averne


;

alcuna, chiudendosi nella cosiddetta pace domestica


catore di
l'oblio.

il

cer-

fama

letteraria

vaghegger

l'ozio,

il

silenzio e

Ma

invano: l'insoddisfazione perdura.


si

perdurer

sempre, e la pallida Cura


Bulla
al

assider sempre dietro di noi.

groppa del nostro cavallo, se non sapremo strappare


il

contingente

suo carattere di contingente rompendone


in-

la

malia e arrestandoci di colpo in quel progressus ad

/Initum, di cosa in

cosa, di piacere in piacere, al quale

esso ci spinge; se non sapremo, nel

contingente, inserire
il

l'eterno, nell' individuale l'universale, nel libito

dovere.

Allora soltanto

si

acquista l'interna pace, la quale non

I.

DISTINZIONE DELLE DUE FORME

207

dell'avvenire
nit,

ma

del presente, perch nell'istante l'eter-

per chi sappia riporvela. Le nostre azioni


ci

saranno
mette in-

sempre nuove, perch problemi sempre nuovi


nanzi la realt;
alto,

ma

in esse, se le

compiremo con animo


le

con purit di cuore, cercandovi quel che


il

innalza

sopra s medesime, possederemo ogni volta

il

Tutto. Tale

carattere dell'azione morale, che ci

appaga non come

individui

ma come

uomini, e come individui solamente in

quanto uomini, e in quanto uomini solamente col mezzo


della soddisfazione individuale.

Gli uomini, nei quali la coscienza morale

manca
le

impossibili"*'

confusa e intermittente,

ci

fanno paura: paura per noi,


insidie e
quali, se

"*>"-

|*

che dovremo starne in guardia e respingerne


le offese;

paura per loro

stessi,

non sono gi
li

caduti, cadranno per fermo nel castigo che


ribile.

attende ter-

Sono come gente che danza inconsapevole sopra un suolo minato lo spettatore consapevole ne trema, essi no ma
: ;

anche

se per fortuna
si

scampano

al pericolo,

guardando poi

indietro

spaventeranno nell'immaginazione. L'ebbrezza


i

svapora, e

contorni netti della realt ricompaiono;


il

ma
con-

quel che rida forma a quei contorn, l'eterno, non


tingente; la moralit, non
in
il

libito.

Ci

si

vede accadere
seguite

modo

intensivo nelle cosiddette


il

conversioni,
di

dal proposito di lasciare


ritrarsi in

mondo

e le sue false gioie e di

un eremo;

ossia, fuori

metafora, di rigeneideali.

rarsi, di far vita


le

nuova, sopra nuove premesse

Ma

conversioni intensive sono catastrofi, le quali,

rivoluzioni nei popoli, accadono

come le quando l'evoluzione con-

tinua impedita. Pur senza questa solennit di conversione,

l'uomo saggio

si

converte e rinnova a ogni istante, e col


si

memorare novissima
ture,

tiene

nel

contingente a contatto
le

con l'eterno. Egli sa che deve amare

cose e

le

crea-

una per una, nella loro individualit, perch chi non ama cosi non n buono n cattivo, non essendo nemmeno

208

LE DDE FORME PRATICHE: L'ECONOMICA E


le

l'

ETICA
le

uomo. Vorr, secondo


dizioni particolari
in

sue attitudini personali e


si

conil

cui

trova,

la

fama

letteraria,

dominio

politico,

il

matrimonio;

ma

vorr tutte queste cose

non volendole;

le

vorr non per s stesse,


le

ma

per quel
in Dio:

che contengono di universale e costante;


pronto ad abbandonarle non appena
le
il

amer

loro contenuto ideale

avr abbandonate. Ossia

le

vorr sul serio, con ogni

ardore, per s stesse;


sar, insieme,

ma

solo

l'altro

da s stesso

quando il loro s stesso . Nessuna cosa, nesil

suna creatura ha valore incondizionato,

quale spetta sola-

mente a

ci che

non n cosa n creatura. Condizionato,


il

per ciascuno di noi,


duale, la quale
colo

valore della nostra vita indiviveivia,

dobbiamo garantire e difendere come dell'universale, e dobbiamo essere pronti a gettar


fine o

quando a questo
tile

perniciosa.

Ma

non serva o si ribelli, come cosa inunon meno condizionato il valore di

ogni essere a noi pi caro; e a ragione Ges, accingendosi


alla
gli

sua divina missione, diceva di esser venuto a staccare


figli,

uomini dalle mogli, dai

dagli amici, dal paese na-

tivo.

Quel distacco nell'unione, e quell'unione nel distacco,


accade che
l'arte, la
abili,
le

l'attivit morale, individuale e universale in una.

Conferme
varie di es-

Pei'ci

quale ha celebrato

carat-

teri forti, gli

uomini

azioni ben condotto,


i

ha

ce-

lebrato anche, e pi vivacemente,

forti

che

la loro forza
li

hanno messo
eterna. Perci

a servigio di quella

forza che

supera ed
scettico
di

non

vi

ha animo amareggiato, non

e pessimista, che persista a lungo

nelle sue negazioni

ogni luce morale; quelle negazioni sono anzi di solito vere

amantium

irce. 11

cantore di Bruto minore,

il

quale aveva

pur ferocemente imprecato:


Stolta Virt, le cave nebbie,
i

campi

dell'inquiete larve

son
il

lo

tuo scole, o

ti

si

volgo a tergo

Pentimento

I.

DISTINZIONE DELLE DUE FORME


alla vista di

209

il

medesimo che,

un

picciol atto generoso,

balza commosso:
Bella Virt, qualor di te s'avvede

come per
lo spirto

lieto

avvenimento esulta

mio
si

filosofi

pi freddi e metodici, quando parlano di essa,


al

sentono trasportati

tono poetico; e Aristotele dir della

Giustizia, che cosa

pi mirabile di Espero o della Stella

del mattino
al

' ;

ed Emanuele Kant comporr un'apostrofe

Dovere, e scriver nella conclusione della Critica della

ragion pratica:

Due cose riempiono l'animo

di

ammira-

zione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto pi


si rivolge ad esse: il legge morale in me. E perfino la tanta rettorica che ha per oggetto la virtm o la legge morale, un omaggio reso a questa che la suprema forza della vita e la realt della Realt.

spesso e pi a lungo la riflessione

cielo stellato sopra di me,

la

L'impossibilit di
la
il

sopprimere
la

nella

nostra

coscienza
;

forma economica o

forma morale dell'operosit pratica


fa all'altra
;

richiamo continuo che ciascuna di esse


il

l'ag-

girarsi

nostro giudizio pratico intorno ai due aspetti,


dell'utile

entrambi necessari,

dell'onesto, dell'energia e

della bont, del gradevole e del doveroso, spiegano perch


la psicologia e la descrittiva della vita pratica siano state

portate a formare gli ordini

o classi degli uomini utili-

tari e degli uomini morali, delle istituzioni


e delle istituzioni

economiche
intellettualialtri casi,

etiche. Queste distinzioni


loro, in

stiche

hanno nel fondo


reale,

questo come in

una distinzione
sali

che ciascuno trover

in s evidente,

nel ripiegarsi su s stesso per discernere le forme univer-

onde

lo Spirito

opera in

lui.

Eth. Nicom.,

1.

V,

e.

1,

1129

b.

B. Croce, Filosofia della pratica.

II

CRITICA DELLE NEGAZIONI DELLA FORMA ETICA

Esciuaione
delle criti-

Jja I
le

distinzione delle due forme, cosi evidente alla nostra

che materianatiche e di

j^jj^^^ coscienza, spiccher pi netta

quando
'

si

esaminino
negare ora

ragioni con le quali


'siltrSi

si

fatta

la

prova

di

queUe
che.

Intel-

lettualisti-

y^^^ ^^^

delle duC.
l'altra,

Diciamo l'una o

perch ormai

ci

siamo spacciati
generali

dall'obbligo di confutare le tesi che

muovono da

presupposti sia materialistici sia intellettualistici, e che ne-

gano
il

l'attivit

morale e l'economica, o perch non ammettono

concetto stesso di attivit spirituale, o perch

non ammet-

tono quello pi speciale di attivit pratica. La maggior


parte dei negatori della moralit non sono altro che meccanisti, empiristi, materialisti e positivisti, ai

cervelli

dei

quali riesce inconcepibile non solo l'economica o la morale,

ma

altres

e l'arte e la

scienza,

e,

insomma, ogni valore


questo principio
a

dello spirito. Essi

domandano:

Dov'

sintesi

morale che asserire nelle vostre parole? Mostratecelo


dito. rie

il

Ma domandano

insieme:
la

Dove sono

le

catego-

concetto puro? dove

estetica e la

pura

intuizione? dove l'apriori della percezione e della storia?

dove

tutte codeste belle cose, di cui

parlate

come

se

esi-

stessero e

che noi non vediamo n tocchiamo?


Signore che

dal

canto nostro possiamo ormai lasciarli dire: solo pregando


in

cuor nostro

il

li

illumini e faccia loro scoril

gere (almeno quando saranno presso a morte e

denso

II.

CRITICA DELLE NEGAZIONI DELLA FORMA ETICA


sottile),

211
gli

velo del loro corpo sar diventato pi


universali fossero

che se

cose e si potesse percepirli come si fa delle cose singole, non sarebbero universali. Quando non sia pi in disputa il concetto dell'attivit Ledueneg*'<"" ""o'" spirituale e della forma pratica di essa, altra negazione non
possibile se non o della forma morale per quella econo-

mica o della forma economica per quella morale. Quel che potrebbe sembrare un terzo partito, cio negare tutt'e due
le

forme,

si

riduce al primo;

perch, soppressa la distin-

zione dei termini, non rimane altro che l'attivit pratica

genericamente considerata,

la

quale coincide con l'attivit

individuale ed economica. Cominceremo, dunque, l'esame


dalla negazione della morale a favore dell'economia, eh'
la
tesi

dell'utilitarismo.
gli

All'utilitarismo

si

rivolgono
offrire
;

infatti

stessi

materialisti,

quando pensano

un
con
e

qualche loro sistema di Filosofia della pratica

ma

quanto poco
gi detto:

diritto si giovino del

suo aiuto, chiaro dal


il

l'utile

pur sempre valore e teleologia;


le

materialismo, in tutte

sue varie forme, inetto a giu-

stificare qualsiasi concetto di valore e di finalit.

L'utilitarismo afferma che

che risponde non quella * ^


duale,
o,

alla

non vi ha altra volizione se mera determinazione individell'

La
^

tesi

dei-

'"*'!'**"

amo contro la
realt degli

come anche

si

esprime, al piacere
il

individuo,

intendendo per piacere non

piacere generico che accom- ""'

'"O"'

pagna
l'altro,

nell'

individuo anche la soddisfazione morale,

ma
me-

esclusivamente individuale. Perci in quella dottrina


le azioni e

importano, come dice,


glio
il

non

loro motivi, o

motivo individuale

dell'atto,

astrattamente concevi si concretato;

pito, e

onde, per

non gi quello dello spirito che es., il non uccidere per paura

della pena, e

il

non

uccidere perch ci ripugna alla propria coscienza, diven-

tano

la stessa

cosa: conseguenze di condizioni diverse, ma,

nell'uno e nell'altro caso, del

medesimo motivo, che

sem-

pre

il

proprio comodo.

E come non v'ha

piacere che non

212

LE DUE FORME PRATICHE

l'

ECONOMICA E L 'ETICA

da un diverso piacere, possa essere e non sa sostituito morale che si asseveri, la quale cosi non v'ha azione, per dove altre condizioni non possa essere interrotta e mutata, ha il suo prezzo: uomo ogni azione,
si

presentino. Ogni

tutto
le

sue

sembra porre sopra tutte sta a coglierlo giusto. Chi anche sia chiuso aspirazioni la gloria della patria, se

alle

o della volutt, seduzioni del danaro o della vanit punto debole, che avr pur sempre nel suo essere qualche grado di scoprire; e, un pi esperto seduttore sar in
fatta la scoperta e proposto ria
il

mercato correlativo,
le

la glo-

perch ben compensata della patria verr abbandonata,


altro.

da

Questo

modo

di

considerare

azioni

umane

epper la teoria utilitaparso concreto, esatto, razionale; edonistica, e chiamata stata ristica, se di frequente
talora perfino
letto

estetica (intendendo per


etico o pratico, di

esteticit

il

di-

individuale), suol essere decorata

altres del

nome

di
Difficolt nascenti dal-

razionalismo

morale razionale.

^ questo modo
principio, se
istante

pratica sarebbe Tutto andrebbe benissimo, e l'attivit ridotta a unico e spiegata compiutamentc
poi
nella

Iffeutr"
i"'-

vita
tra

reale

non

si

urtasse a ogni
e

nella distinzione

mero piacere

dovere, tra

nella coscienza nostra azione utile e azione onesta; e se tra le cose che distinzione non sorgesse incoercibile la alcuno, e un hanno hanno prezzo e quelle che non ne

abisso

apparentemente simorale e quelle che l'hanno mili, quelle che hanno motivo (che sebbene mesolamente utilitario. Anche gli utilitaristi nel fondo portano tali diocri filosofi sono uomini, e come

non

differenziasse, nelle azioni

dell'altra professati! dell'animo una filosofia assai migliore

non possono cancollarr nei loro libri e nelle loro scuole) distinzione e negare ogni ricoin s stessi tale profonda
quale in quanto noscimento alla forma della moralit, alla modo, dunqual In uomini Bi sottomettono a ogni istante.
que, uscir d'impaccio?

Come

spiegare la genesi di una

II.

CRITICA DELLE NEGAZIONI DELLA

FORMA ETICA

213

distinzione, che,
altro se

poste le loro premesse, non pu essere


di
effettivo,

non illusione? Che cosa c'

che d

luogo alla fallace categoria della moralit, accanto a quella

verace dell'utilit?
Gli espedienti tentati dall'utilitarismo per risolvere que- Tentativo
sto
di

termine duro e resistente ch' la moralit, sono

stati

^p*^"" me prodotti
di distinzioni

parecchi.

il

primo che doveva logicamente presentarsi


i

era di considerare

fatti,

che

si

chiamano morali, come


uti-

i*""'"^-

nient'altro che gruppi empiricamente formati di fatti


litari,

spiegare la falsa categoria


di

che ne

sorge

come
si

un'ipostasi

quei gruppi empirici, arbitrariamente in-

nalzati a concetto rigoroso e filosofico. Empiricamente,

distinguono la banca e l'usura e


stria
fatti

il

l'agricoltura

il

lavoro;
si

commercio e l'indunondimeno sono tutti


il

economici. Empiricamente
la

distinguono
la

coraggio,
il

la

prudenza,

temperanza, la castit,
tutti
fatti

giustizia,

pudore;

nondimeno sono
e,

morali.

Perch non
altri

accostare le due serie,


e tipi, ristabilirne
la

inserendo tra esse

termini

continuit e l'unit di natura?

La

ma utilit del maggior numero; interesse, ma interesse ben inteso; piacere, ma piacere di maggior durata e quantit, che
moralit, dunque, anch'essa utilit,
si

preferisce a

un

altro

meno

intenso o pi fuggevole; egoi-

smo,

ma

egoismo

di famiglia, di popolo, di

genere umano,

egoismo di specie, altruismo; eudemonismo,

ma

eude-

monismo sociale; godimento, ma godimento di simpatia; utilit, ma utilit di conformarsi non al proprio giudizio individuale, si bene a quello della pubblica opinione. Per tal modo i fatti morali rientrano tra quelli utilitari; cosi come il numero centomila numero non meno del
tre o del

due e degli

altri

a esso inferiori, perch di tre


esso minori composto. Cesare

e di

due e degli

altri di

Borgia

ammazza

il

fratello e si sbarazza di
il

un

rivale nel-

l'amore e nella politica, cio persegue

suo utile;

ma

il

214
SUO

LE DUE FORME PRATICHE: L'ECONOMICA E


Utile, e
si

l'

ETICA

non

altro,

persegue anche Giordano Brano,


filosofia,

che

fa bruciare

per asserire la sua

ove

si

con-

sideri che, cosi com'egli era fatto,

con quel suo indiavoil

lato furore per la verit filosofica,

rogo

gli

doveva pa-

rere cosa ben lieve e trascurabile, n pi n

meno che a
del-

Cesare Borgia

il

sangue fraterno. Si chiami l'azione


dia alla complessit 100

l'uno utilit di complessit 10, e quella dell'altro, di complessit 100; o


ralit,
si
il

nome

di

moe

d'interesse ben inteso, di

simpatia, di altruismo

via dicendo, e alla complessit 10 quello di utilit, d'interesse individuale,


di

egoismo:

non per questo


esse

le

due

azioni saranno diventate di qualit diversa.


Critica
esso.

di

E, nondimeno, di

diversa qualit

sono state
infatti,

gi definite

dagli

utilitaristi

medesimi. Nessuno,

vorr lasciarsi trarre in inganno dall'ingegnosa fraseologia


di sopra ricordata;
il

perch l'interesse
di

mero

interesse, l'egoismo

piacere

durevole non

il

ben inteso non pi specie non egoismo, il mero piacere. Tra l'un termine
anche dove
si

e l'altro la differenza

non

quantitativa; e

parla di

maggiore
si

quantit,

maggiore

durata,

maggior

numero,
di
tative.

tratta di determinazioni aritmetiche apparenti,


aritmetici,"

meri simboli

che celano differenze quali-

Tra l'azione di Cesare Borgia e quella di Giordano Bruno c' divario non di complessit, ma di qualit: tra la bassezza e l'elevazione morale non c' comune misura, come c' tra le ondulate pianure e le montagne. Le
due
serie, dei concetti empirici utilitari e dei concetti

em-

pirici morali,

non che

riducibili a serie unica, restano osti-

natamente
codesto

irriducibili

distinte.

Tutto quel che

si

pu

fare e che stato fatto, di unificarle verbalmente; e in


gli utilitaristi si
si

sono dimostrati, a dir vero, tanto

bravi quanto
la

poteva in un'impresa cosi meschina.


la

Ma

medesimezza o

simiglianza delle parole non basta a

cancellare la profonda distinzione delle cose.

II.

CRITICA DELLE NEGAZIONI DELLA FORMA ETICA

215
Tentativo di
"P'^k'"' /'

Dalla coscienza circa la fragilit di tale identificazione

verbale

si

sarebbe dovuto passare senz'altro ^

al

riconosci-

me

fatti

o
''

una forma etica reale; se il proposito e il pregiudizio non avessero fatto ancora resistenza e indotto a ^
mento
di

estranei ali
p'*'/*'* "

razionali
stolti,

cercare nuovi espedienti per liberarsi, in teoria, dal fan-

tasma fastidioso e risorgente della moralit. Tali espedienti

non potevano essere anche questa volta se non due: dichiarare, cio, la moralit o concetto addirittura estra-

neo

alla pratica, o concetto intrinseco bens a questa,

ma

contrario. Il primo stato tentato, ma fiaccamente, quando si discorso della moralit come di fantasticheria da poeti, come del sogno o della rosea illusione che piace
di carezzare nelle soste della

dura vita reale: senza ba-

dare che ci che

il

poeta fantastica non pu essere con-

tradittorio e assurdo,

ma

dev'essere pur fondato nella realt

ri-

della vita e nella

natura delle cose; e che la moralit


estetica, nella quale essa
si

non gi

la

forma

pu venire

prodotta e rappresentata,

bene forma pratica o azione.


di

Ma
tivo,

assai

evidente era l'insostenibilit

codesto tenta-

perch potesse aver sguito.


l'altro

Molta fortuna invece

ha avuto, e ha tuttora,
cosa di pratico,

espediente, che

cangia

la

moralit in un concetto pratico contrario, ossia in

qual-

ma

immotivato, incoerente e in contradisi

zione al sano svolgimento della pratica. Vero che

suole

enunciarlo con parole assai diverse da quelle da noi adoperate e che troppo apertamente ne mostrerebbero
rore.
l'er-

Epper
atti

si

dice che ci che


altro se

si

chiama azione buona


di

e virtuosa
tra certi

non

non prodotto

che sono per noi

mezzi

associazione un piacere, e
atti

quel piacere stesso; onde accadrebbe a poco a poco


che, anche dove
si
il

piacere primitivo manchi, quegli

cerchino e
Il

si

ripetano per s stessi, quasi per s stessi


si

piacevoli.

selvaggio

batteva contro

gli assalitori della

sua trib per non essere ridotto schiavo o sacrificato

al-

216

LE DUE FORME PRATICHE: L'ECONOMICA E


cio^. la

L'

ETICA

ridolo dell'altra trib, per difendere


personale o la propria vita;

propria libert

ma

l'uomo dei tempi posteriori,


erano semdifende per loro
la

dimenticando che la trib o


plici
stessi, e

la citt o lo Stato
i

mezzi a salvare la vita e


si

beni,

li

lascia

spogliare e

ammazzare per
il

patria.

Allo stesso
classico) si

modo

(per usare l'esempio in

questa materia
di

comincia col cercare

danaro come mezzo


raccoglitore di

godimento, e come provvista per procacciarsi vita comoda


e sicura;

ma, a poco a poco,


il

il

danaro

converte nel suo animo


cio

mezzo

in fine, e diventa avaro,

pone

la

gioia
le

nel

possesso

del danaro,

a quella
agiata,

sacrifica
il

tutte
la
il

altre
il

sue gioie, perfino la


sonno, che
il

vita

cibo,

casa e

danaro aveva primi-

tivamente
tutta

fine di procacciargli.

da

sifl'atto
il

processo di

La moralit sarebbe nata associazione tra mezzo e

fine; e

caso dell'avaro spiegherebbe, per analogia, ogni

atto di virt

che non

si

possa immediatamente risolvere


parla non quella
' '

nel semplice piacere e utile individuale.


L'associalionismo o
l'evoluzio-

Ora l'associazionc
'

di

cui qui

si

nismo. Critioa.

logica o estetica, ossia l'associazione valida, la sintesi, ma o un'associazione che da stimare irrazionale e fallace.
Qjj^ soltanto per effetto di

una cattiva associazione d'idee,

soltanto

per istoltezza e stupidit possibile scambiare

mezzo

e fine; e stupido e stolto l'avaro recato in esempio,

e anzi appunto per questo


di biasimo

chiamato con qualificativo

avaro
,

(che tutt'altra cosa da


di
lode).

previdente

qualificativo

economo Perci dicevamo

H ragione che la moralit in questa teoria viene considerata

come

c|uello

che praticamente irrazionale,


ossia

stolto,
il

stupido, prodotto di confusione e illusione:

come

contrario
zionalit,
distrutta.

dell'attivit pratica,

che chiaroveggenza, raessa

sapienza.

E, cosi definita,
l'irrazionalit
alla

viene insieme
a
sog-

Perch

condannata
e
il

giacere

perpetuamente

razionalit;

cosi

detto

II.

CRITICA DELLE NEGAZIONI DELLA


se
fosse

FORMA ETICA
falso

217

uomo

morale,

nient'altro

che

associatore
di buon commet-

d'idee, sarebbe di continuo confutato


senso, dall'utilitario,
il

dall'uomo
di

quale

g'

impedirebbe
figli,

tere la stupidit di sacrificarsi ai

alla

patria

alla

scienza, e, nel caso che


stolido, lo

si

ostinasse

nel

suo operare da

coprirebbe di disprezzo e di beffe.

perfetta-

mente
non
si

giustificato
la

sarebbe in questo caso

il

timore, che
e
la

ritrovare

genesi

valga

dissipare

la moralit;

anzi

tratterebbe di
in

un

timore,

ma

di

un

fatto:

mo-

rale sarebbe

progressivo annullamento, nell'individuo


eff'etto

e nella societ, per

del

crescente rischiaramento

operato dall'istruzione:

uomo

istruito

uomo senza

su-

perstizioni, e in questo caso

senza ubbie morali, che sa-

rebbero superstizioni. Si risposto che questo timore o


questo fatto non ha luogo,
zione indissolubile,

perch

quella
di

falsa

associa-

eredit (utilitarismo evoluzionistico); ossia, per tradurre anche qui la teoria con parole popolari ma proprie, come stupidit ereditata. Ma, ereditata o acquisita, tanto dissolubile che viene
dissolta nella teoria proposta: Itix facta e8t, e niente riesce

come prodotto

pi a oscurarla. Se, nonostante questa luce,


si

la

moralit non

dissipa

se

si

costretti a ricorrere al miserabile sotter-

fugio dell'eredit insuperabile (che poi superata nel

mo-

mento

stesso in cui ne viene chiarita la genesi), ci vuol

dire che, per lo stesso utilitarista, la moralit


l'irrazionale,

non punto
rie-

ma

qualcosa di ben razionale. Egli non

mero utile individuale, ma nemmeno grado di rigettarla come il puro e semplice negativo in dell'utile individuale. E, non volendo abbandonare a niun patto l'ipotesi utilitaristica, altra via non gli resta ancora da tentare se non quella di ricorrere al mistero.
sce a identificarla col

Ci per l'appunto accade nell'ultima forma dell'utilitarismo, che sembrata capricciosa o stravagante ed in. .

1,1,

Tentativo di
sperato: l'uti li

tariamo
ii

vece profondamente autocritica e svela

l'

intima essenza e

teologico e
mistero.

218

LE DUE FORME PRATICHE: L'ECONOMICA E


il

l'

ETICA

difetto della dottrina:

cosiddetto

utilitarismo teolodi

gico. Le azioni umane sono sempre ispirate


individuale; e se

un

certo

numero

esse

al mero utile sembra diver-

gere da questo criterio,

gli che non si tiene conto di una condizione, per virt della quale anche le azioni che sembrano divergenti vengono ricondotte alla comune

misura. Questa condizione la vita oltremondana, nella

quale Dio premia o castiga chi ha ubbidito o disubbidito


alla

sua volont nella vita mondana. Onde colui che, in

sembra resistere all'impulso dell'utile personale compiendo sacriflc di ogni sorta, perfino della propria vita,
questa,

ubbidisce in realt anche lui al suo

utile

personale; e,

avendo fede
e nella

in Dio, nell'immortalit dell'anima e nel


lo aspettano,

premio

pena che

regola la sua azione secondo

queste credenze, che entrano come dati di fatto nel suo


calcolo economico.

L'Etica intuizionistica, che pone


al

un dovere morale accanto


questo indeducibile,
viduale e
litaria,
si
si

piacere individuale e da
in

deduce

realt dal piacere indi-

converte anch'essa in Etica

razionale

o uti-

per siffatta considerazione di utilit trascendente.


la soluzione utilitaristica
l'

Cosi

naufraga nel mistero, se


il

vero che Dio,

immortalit, l'altra vita,

comando

di-

vino, le pene e

premi non

si

possono definire e

giustifi-

care nel pensiero e nel concetto. L'utilitarismo, facendosi


.teologico,
la
si

trae fuori dal

campo

della filosofia o confessa

sconfitta toccatagli

su questo terreno.
i

alla

conside-

razione filosofica, dopo


l'utilitarismo, rifulge

reiterati

e pur vani assalti deldistinzione


tra
l'utile

pi

netta

la

individuale e quello che insieme superindividuale, la verit

della

forma
e

morale come

unita

distinta

insieme

dall'utilitaria, ossia

utilitarismo

l'autonomia dell'Etica ogni Etica eteronoma.

contro ogni

Ili

CRITICA DELLE NEGAZIONI DELLA

FORMA ECONOMICA

s.e

la teoria dell'utilit
'

ha nel corso della

storia filosofica
'

La

tesi

dei-

fauci, cercato di fare sparire, ineroiandolo nelle sue larghe ^ o o morale conl'altro termine pratico, che la moralit, non bisogna ere- tro ii conoet-

**^'"*"*

dere che questo, dal suo canto, sia stato pi modesto e


discreto, e

""

*'

non abbia tentato

di divorare

a sua volta

il

compagno.
e

un'esagerazione se ne contrapposta un'altra;


quell'orrore

all'utilitarismo

che

si

potrebbe

chiamare

l'astrattismo morale,
utile
il

pel quale si rifiuta al concetto di

posto che necessariamente gli spetta nell'organismo

dello spirito.

Questo

rifiuto,

in

modo conforme

all'analisi gi fatta

della teoria utilitaria,

non pu determinarsi
positivo, o

se

non

in tre

modi:
cetto

in quanto, cio, all'utile si neghi valore

o di con-

pratico, o

di concetto

di concetto filotesi

sofico. Anche qui lasciamo d'indugiarci sulle


materialisti

dei

o degli intellettualisti, che (specie

quelle dei
pari

primi) hanno fatto capolino nell'Economica al


nell'Etica, e
cipi della
si

che

sono provate a spiegare


le

l'utile

coi prin-

meccanica o con

contingenze dell'evoluzione

storica.

L'utile ( stato detto)

non
Per

altro che
es., se allo

il

mezzo

a rag-

giungere un qualche
in

fine.

scopo di serbarmi
la quo-

come "' s8ift com i&t~


L'utile
'*.

buona salute

faccio ogni giorno

una passeggiata,

to

teoretico.

220

LE DUE FORME PRATICHE


il

l'

ECONOMICA E

l'

ETICA
utile
se

tdiana passeggiata

mezzo adatto e perci

scoprissi che essa invece di giovarmi mi fa male, vale a

dire che
tile

non mezzo adatto, sarebbe,

e la dichiarerei, inu-

o dannosa. Ma, per la dimostrazione data di sopra,

noto che nell'atto pratico mezzo e fine sono indistinguibili,

perch ci che

si

chiama mezzo non

altro* che la

situazione di fatto (e la
l'atto pratico, e alla

conoscenza di essa) da cui sorge

quale quell'atto corrispettivo.


il

Onde

ben possibile staccare


sto distacco si
tico e
si

mezzo dal

fine,

ma

con que-

abbandona

la considerazione del fatto pra-

passa a quella del suo antecedente teoretico; e


teoretico viene nel

se

il

mero antecedente

comune

discorso

chiamato
tico,

utile >

si

pratico

(pel ricordo dell'atto pra-

adopera una metafora circa

presume possa essere congiunto), si la quale non c' nulla da ridire. Coloro, dunque, i quali definiscono l'utile come il mezzo, debbono una buona volta rendersi conto he, con tale
a cui stato o
definizione, tolgono quel concetto dall'ambito della Filosofia della

pratica e lo trasportano nella Logica

dove poi

il

rapporto di mezzo e fine quello stesso di causa ed

efifetto

e rientra nella teoria dei concetti empirici, nei quali causa

ed

effetto

si

concepibili.

riconosciuto

come termini separatamente meno consapevolmente questo stato quando si definito l'utile come il tecnico;
sogliono porre

pi o

perch

la tecnica

non

altro se

non conoscenza, metafosi

rizzata a quel

modo

pel

rapporto che ha, o


si

presume
si

possa avere, con un'azione che

compiuta o che

sta

OH

Impera

per compiere. Per contro,


stato oscurato
il

il

carattere teoretico della tecnica

e ^Ipotetici"

quando le conoscenze di ossa hanno ricevuto nome d'imperativi ipotetici, distinti e collocati accanto a quelli categorici. L'imperativo volont, ed
perci, sempre, categorico e ipotetico

insieme:

si

vuole

a (categoricamente),

ma

<i

non

si

vorrebbe, se non fosse la


si

condizione di fatto o situazione b (cio,

vuole sempre

III.

NEGAZIONI DELLA FORMA ECONOMICA

221

sotto ipotesi, ipoteticamente).


tetico la

L'imperativo meramente ipo-

l'atto pratico o dalla volont;


tivo,

conoscenza che rimane, quando si astrae dale perci non pi imperac'

ma

affermazione teoretica. Insomma, dove non

volont effettiva, non da parlare d'imperativi. Chiarito che definire l'utile come mezzo vale negare l'utile in quanto pratico e ridurlo a una gi nota categoria
teoretica,

Critica:

l'u-

*
^^^^^^^

dobbiamo contrastare
il

la concepibilit di

questa

riduzione, perch nell'utile


del volere, incancellabile.

carattere pratico,

l'effettivit,

Mi

utile fare

una passeg
;

giata
tratta
di

significa

mi piace

farla

voglio farla

si

dunque non di contemplazione o raziocinio, ma movimento volitivo. "Altro la conoscenza che precede
quest'atto per s stesso.
Il

l'atto utilitario, altro

vecchio

ha
pi

le
(si

stesse conoscenze del giovane, anzi ne

jeunesse savait, si vieillesse


il

ha assai di pouvait!)^ ma non vuole

quel che vuole

giovane: sa che, percorrendo tanti chi-

lometri, egli giungerebbe a

un

certo punto designato;

ma

non
di

gli utile

giungervi, perch non gli utile percorrere

quei chilometri, ossia sobbarcarsi a quella fatica col rischio

un malanno. La volont
ipotetici,

utilitaria

si

esprime, non in

meri imperativi
rici,

ma

in quegli

imperativi catego:

che sono insieme


ipotetici.

La sua formola generale


,

Vegli!

Vogli ci che vuoi!

Sii

coerente nel

tuo volere! ; e del pari le forraole individuate sono quelle

che continuamente diciamo a noi

stessi:

Ors, a letto

Ors, leviamoci, e
tano:

simili;

le quali, ;

sviluppate, impor

Va

a letto (se vuoi riposarti)

Levati (se vuoi

lavorare) , e cosi via.

La

distinzione tra l'ipotesi cono-

scitiva e la tesi volitiva resa qui evidente.

Poich, dunque, non possibile, per virt dell' incandell'atto utilitario, insistere sulla cellabile carattere pratico ^

L'utile
|

come

';8^*"*''''"

r immorale.

riduzione

di

esso

alla

tecnica,

non

si

vuole,

d'altra

parte, riconoscerlo

come

speciale categoria pratica accanto

222

LE DUE FORME PRATICHE:

L'

ECONOMICA E

L'

ETICA
pen-

alla categoria pratica della moralit, si cercato di

sarlo

come qualcosa che

pratico,

si,

ma

insieme pratica-

mente poco pregevole, da guardarsene, da combattere, da


liberarsene.
Utile > diventato in questa accezione sino-

nimo

di arbitrio, di capriccio individuale, di volont pi o

meno perversa
dividuo che
si

e (considerandosi l'immoralit

come

l'io in-

chiude in s e

si

ribella all'universale) di

egoismo. Questa

teoria riceve appoggio


si

da alcuni modi

di
in-

dire comuni, nei quali

contrappone all'uomo che

tento all'utile, l'uomo morale, alla vita economica la vita

Ma si tratta di modi di dire, veri forse ficato, ma inesatti quando vengano intesi
etica.

in certo signi-

o interpetrati

come affermazioni
Critica: l'utile

di

un contrasto
sia

tra moralit e utilit.

Che questo contrasto


che
si

inesistente, si scorge subito, sol


la

amorale.

ripensi al caso gi accennato dell'uomo in cui


si

coscienza morale non


nel

sia svolta o sia stata soppressa, e

momento

in

cui

non

svolta o stata abolita; o al


si

caso-limite, che si dice

dell'innocenza. Ci che

fa nel-

r innocenza, risponde senza dubbio


dizioni date: se cosi

al piacere individuale,

cio all'utile dell' individuo, quale egli lo sente nelle con-

non

fosse, quel

che

si

fa

non

si

fa-

rebbe.

Ma non

per questo

l'atto dell'innocente

immorale:
del

sar tutt'al pi
duale, priva del

amorale, perch mera


lume

volizione indiviservirci

dell'eterno. Cosi (per

paragone e dell'analogia con


gini che
il

l'attivit teoretica) le
filosofia,
tali,

imma-

poeta crea saranno prive di

ma non

per ci sono antitlosofiche. Perch fossero

dovrebbero

essere parzialmente filosofiche, cio entrare in lotta con la


filosofia;

ma

questa lotta in esse manca, e perci quelle

immagini, sebbene filosoficamente non vere, non sono nem-

meno

filosoficamente false, e

rimangono

atti

teoretici
la

non
sua

filosofici.

L' innocenza filosofica del poeta

non muta non

conoscenza intuitiva in cattiva conoscenza


negativo della
filosofia.

filosofica, in

C'

di pi: l'utile

solo

un non

III.

NEGAZIONI DELLA FORMA ECONOMICA

223
cosa

il

negativo della morale,


la

ma

anzi,

come sappiamo,
la

che con
si

morale assai bene


senza parola,

si

congiunge: come

parola

congiunge

col pensiero e lo

rende concreto e palpabile,

tanto che,

pensiero
di

non

possibile.

Qaal

uomo

onesto sopporterebbe

essere

giudicato disutile?

Qaale azione morale sarebbe veramente morale, se non


fosse insieme utile? L'azione

buona

buona, perch
si effettua,
il

non
cat-

cattiva, cio esclude, nel punto in cui


tivo;

ma

non

certamente tale perch sia disutile: anzi,

nell'esser
in s, nel

buona

insieme

utile,
si

perch chiude e risolve

punto in cui essa

effettua, l'utile.

L'accordo
il

della moralit con l'utilit basta cetto dell'utile


Il

dunque a confutare

con-

terzo

come alcunch modo di eliminare


il

di negativo.

dalla filosofia, o dalla Filoutile

L'utile

come
**.'

sofia

della pratica, ^

concetto di

quello ^

che

lo

f.\^yf.. tatti etici ini-

considera come concetto di descrittiva etica, che serve a

nimi.

designare

il

gruppo

o alcuni

gruppi di piccoli

fatti etici,

la coscienza etica rudimentale.

E da

ci anzi

nascerebbe

r illusione

di atti volitivi indifferenti rispetto alla morale,

e che sono, in realt, atti indifferenziati rispetto alla

mente

non cura per allora di esaminarli in particolare, salvo poi, quando a tale esame si accinga, a differenziarli pur sempre in buoni e cattivi. Cosi si suol dire che il mangiare e il dormire, il giocare alle carte o al biindagatrice, la quale
gliardo, sono cose
di

pertinenza dell'utile individuale, e

che in esse ciascuno pu condursi a suo arbitrio;


l'arbitrio individuale
ai

ma

che

escluso

quando bisogni adempiere


si

propri obblighi di lavoro sociale o rispettare la vita del

prossimo. Nondimeno,

scrutando con attenzione,

deve

poi concludere che anche nel mangiare o nel dormire, nel

giocare alle

carte o al bigliardo, si opera moralmente bene o male; perch immorale rovinarsi la salute col mangiare troppo o col dormire troppo poco, e corrom-

pere l'animo e l'intelligenza col giocare a carte e ind-

224

LE DDK FORME PRATICHE

l'

ECONOMICA E

L'

ETICA

giare nelle sale da bigliardo,


Gritica: l'utile

cosa di meglio.
^j^.

si

Senonch

l'utile

quando c' da fare qualnon niente di tutto


etici,

premo-

^^^

jj

complesso di microrganismi
i

nei

quali
vita

col microscopio sia dato scorgere


e di

medesimi

fatti di

morte che

osservano, a occhio nudo, nei macrorle

ganismi. Nessun microscopio vi discerner mai


zioni del

opposi-

bene e del male morale, perch

in

realt

non

queste opposizioni sussistono nel suo caso, sibbene soltanto


quelle del bene e del male utilitario o economico. L'utile

non
di

il

esso

dalla morale

minimo morale, ma il premorale; non quantitativa ma

la differenza

qualitativa,

non psicologica
Tentetivodisperato:
tlle
1

ma

speculativa.
di

Infine,
j-igQiygpg

non da considerare come un nuovo modo


di

u-

come

co-

scienza pratica
re.

piuttosto
"^

n concetto dell'utile in quello ^ comc confcssionc dcU'autonomia


'

moralit,

ma

di quel

momento

infeno-

Conferma
deu'nti-

gpjrit^ale,

il

tentativo di presentare la coscienza utilitaria


,

deii'autono-

mia

comc coscicnza morale diversa e inferiore rispetto a ^^^ coscicnza morale superiore. Nel qual caso essa sarebbe
nient'altro che coscienza morale, perch

non

vi

si

trova
;

contradizione alcuna che possa farla giudicare immorale

ma

viene giudicata immorale solo perch e in quanto

guardata dal punto di vista della coscienza superiore, ossia


perch erroneamente
si

trasporta nella coscienza inferiore

quella superiore. Senonch ci torna a confermare, contra-

riamente

al

parere degli obiettanti, che quella di cui


il

si

parla non coscienza morale o immorale, e che

pregio

che

le si

riconosce bensi spirituale,

ma non

propriamente

morale e costituisce un peculiare valore spirituale, diverso

da quello
volont
,

etico.

Meglio una volont qualsiasi che nessuna


il

un detto comune,

quale vuol significare che,


e

prima della moralit, c'


spirituale.

altra

pi

semplice esigenza
si

La

distinzione delle due coscienze, che

vor-

rebbe riduiTe' a distinzione di pi e di meno, di gradi


empirici,

dunque

distinzione di gradi

non empirici

ma

III.

NEGAZIONI DELLA FORMA ECONOMICA


il

225

reali. Cosi,

per ripigliare
;

consueto paragone, la figurafalsa solamente

zione poetica vera

pu esser giudicata

da chi

la

guardi da un punto di vista


alterandone

filosofico, ossia la

falsifichi

lui,

la schietta realt estetica in

un

cattivo filosofema.
filosofica, e

Ma

la verit di quella figurazione

non

rimane puramente e semplicemente verit poeche nella volizione


utilitaria implicita la
si

tica. Si dir
ralit,

moallo

perch, ponendosi l'utile individuale,


l'universale, che lo
in cui
si

viene a pro;

muovere
stesso

dominer e corregger

modo
si

detto che nell'intuizione estetica


l'

implicita la filosofia, perch, ponendosi

immagine
la

indivi-

duale,
inveri.

pone l'esigenza dell'universale, che


appunto perch ci che
in questa

superi e

Ma come

la coscienza estetica si distingue

da quella

filosofica

esplicito, nella

prima soltanto implicito,


coscienza utilitaria
si

ci che in quella era unit in-

differenziata diventa unit differenziata; cosi parimente la

distingue dalla coscienza morale, per-

ch nella prima soltanto implicita e indifferenziata, ossia


attualmente inesistente, quella moralit,
la

quale nella se-

conda diventa
enunciare
tiche, di

esplicita, differenziata

ed

effettiva.

La

diffe-

renza tra implicito ed esplicito un'altra maniera di


la distinzione tra le

due coscienze o forme prasi

ciascuna delle quali


l'ufficio

viene per

tal

modo

ri-

conoscere

che compie, e perci l'autonomia.

B. Croce, Filosofia delta pratica.

15

IV
RELAZIONE TRA LE FORME ECONOMICA ED ETICA

Economia ed etica come n


doppio grado
deiia pratica,

JJa L

distinzione e autonomia rispettiva delle due 'forme,


etica, quale
'

economica ed
dola e

siamo venuti

fin

qui presentanr ^

come

espressa anche nelle parole

inferiore

superiore

che abbiamo usate, quella di due gradi


tali

distinti e uniti insieme:

cio che

il

primo possa con-

cepirsi in certo senso indipendente dal secondo,

ma

il

se-

condo non
pibilit di

sia concepibile senza

il

primo. In quella conceil

esistenza indipendente del primo


nell'inconcepibilit
il

momento
indi-

della

distinzione:

dell'esistenza

pendente del secondo

momento

dell'unit. Se

runa determinazione,
l'altra, si

si

avrebbe identit;

se

mancasse mancasse

avrebbe distinzione astratta o separazione. Persul punto,

ci

abbiamo battuto
prive
di

che sono concepibili bens


e

azioni

valore

morale

tuttavia

perfettamente

economiche,

ma

non gi azioni morali, che non siano inutili

sieme pienamente
nel contingente.

o economiche.

La moralit vive
che negava

in

concreto nell'utilit, l'universale nell'individuale, l'eterno

perci anche

la

tesi

la di-

stinzione delle due forme pratiche stata considerata da

noi
la

come affermazione
l'altra.

dell'unica forma economica, che


dire, generica, e

forma pratica, per cosi

avvolge di so

medesima

IV.

RELAZIONE TRA LE FORME ECONOMICA ED ETICA


le
'

227

Ma anche quando vengano ammesse entrambe


'

forme

Errori
cepirle

deri-

pratiche, l'economica e l'etica, l'utilit e la moralit, sfravi to


'

^*''*'^*>con-

come

errori

nascono dal non intendere


stringe in una, e

il

nesso di unit-distinzione

coordinate,

che

le

dal concepire quelle due forme


e
i

come giustapposite o parallele, come semplicemente coordinati.


Infatti, se utilit e

loro concetti rispettivi

moralit fossero concetti coordinati,

critica delie
^'^'""

sottoposti

entrambi, a mo' di due specie, al concetto g- *"'

nerale di attivit pratica, la prima conseguenza che da


ci
si

potrebbe trarre (ed stata tratta) che

la

moralit
al

sia concepibile

senza

l'utilit. Il

che ha dato origine

con-

cetto assurdo delle azioni

disinteressate, cio
terrebbero guardinghe

di azioni

morali che, come


siasi

tali,

si

da qual-

commercio con

l'utilit,

pure di quel contatto im-

puro.
sia

Ma

azioni disinteressate sarebbero azioni stolte, os-

arbitri, capricci, non-azioni.

Ogni azione e dev'es-

sere interessata, e quanto pi profondamente interessata,

tanto migliore. Quale interesse pi forte e pi per-

sonale di quello che spinge lo scienziato alla ricerca della


verit,
ralit

che la sua stessa ragion di vivere? La morichiede

che l'individuo faccia suo interesse


;

in-

dividuale quello dell'universale

e rimprovera coloro che


le

non riescono a comporre nel loro animo


tra

contradizioni

r interesse individuale dell'universale e l' interesse meramente individuale, o, in ci tormentandosi e affannanquasi


si

dosi,

adagiano
voler mai

in

quel

tormento

ed affanno.
per-

Ma non pu
ch
sima,
tanto
e,

l'abolizione

dell' interesse,

varrebbe

tendere

all'abolizione

di

mede-

come sappiamo, l'atto volitivo domina bens le ma non potrebbe sradicarle senza sradicare s stesso. E come l'atto volitivo trionfa delle passioni sol perch suprema passione, cosi la moralit trionfa degl'interessi sol perch ella medesima supremo intepassioni,

resse.

228
vanapoiemica condotta, 8Ul supposto delle azioni
disinteressate,

LE DUE FORME PRATICHE


Per

l'

ECONOMICA E

l'

ETICA

effetto della fsima delle azioni disinteressate, alla

eteronoma delpolemica dell'Etica autonoma contro quella ^ ^


l'

Utilitarismo

si

dato avviamento fallace e sterile. Perch,


'

contro

l'u-

pensandosi di vincere e stravincere, ^


personale; e cosi
si

si

tolto a dimostrare

tiiitarismo.

che vi soiio azioni che l'uomo compie fuori di ogni utile


preparata invece
effetti,

facile

vittoria al-

l'avversaria. L'utilitarismo, in

ha potuto condurre

sempre vittoriosamente la controdimostrazione, che non v'ha azione, per alta che si pensi, la quale non risponda
a un utile personale; perch l'eroe ha pur
il

suo utile nel

pr patria mori, e
pre
il

il

santo, che

si
il

sforza di piegare sem-

suo animo a umilt, trova


ingiuriare, bastonare

proprio tornaconto nel

lasciarsi

e inzaccherare (in questo

perfetta letizia >,

come diceva Francesco


di

d'Assisi a frate

Leone). Ora, la polemica corretta non deve assumere l'insostenibile

impegno

negare questa evidenza,


si

ma
non

deve
v'

anzi concedere (come di sopra

concesso) che

ha

azione alcuna la quale non risponda a un libito individuale, perch individuo colui che la compie
e
di indi-

vidui l'universale costretto sempre a valersi. E, concesso


e

ammesso

ci,

verr poi a dimostrare (come di sopra

si

dimostrato) che l'azione utile

pu o restare meramente

personale o progredire ad azione universale-pei'sonale, eticoutile;

e che per l'appunto l'azione etico-utile la

nuova

categoria spirituale, che l'utilitarista non giunto a scorgere.


Critica delle
azioni inorai-

Una seconda erronea ma


nati, che,

ineluttabile

conseguenza della
eti-

tnente indifferenti,
ob-

cQ^cezione dell'utile e del morale come concetti coordi-

potendo darsi, secondo questa teoria, azioni


indiff^renti, si

biijfatorio,
torie, ecc.

^^^
far

economicameiito disinteressate o
posto
altres
tali

deve

a quelle

utili,

moralmente indiffeindifferenti

renti.

azioni

moralmente

non sarebbero

gi lo azioni

amorali), che

meramente economiche (n morali n immorali, abbiamo distinto come momento necessario

IV.

RELAZIONE TRA LE FORME ECONOMICA ED ETICA


si

229
torni

deirazione morale e che ricompaiono sempre che


allo stato

d'innocenza, ossia sempre che la coscienza mo-

rale

venga abolita o sospesa;

ma

sarebbero invece azioni


tali,

economiche, che persisterebbero in quanto

cio inge-

nue e amorali, quando la coscienza morale si gi accesa, e per conseguenza nell'ambito stesso di questa coscienza. Ma concepirle cosi vale n pi n meno che annullare la moralit:

come sarebbe annullamento


ai sudditi
il

della so-

vranit riconoscere

diritto di ribellarsi

sempre

che loro piaccia, o contratto per burla quello che contenesse


patto che ciascuna delle due parti possa, a suo piacere, non osservare gli altri patti stabiliti. Azioni indifferenti non sussistono n per l'economia n per la morale; e quelle
il

alle

quali

si

suole attribuire siffatto carattere sono,

come

sappiamo, non gi indifferenti


differenziabili

ma

indifferenziate, e

sempre

quando

si

esaminino pi da presso. Solo chi


accanto

all'altro, separati e

collochi utile e morale l'uno

reciprocamente impenetrabili,

portato

di

necessit ad

ammettere azioni

utili

moralmente

indifferenti e,

come
le

tali,

lecite e permissive. Donde accade altres che

azioni

morali, a paragone delle prime, prendano aspetto di obbli-

gatorie; e per fare equilibrio


permissive,
si

nell'altro

estremo

alle azioni

soglia aggiungere a quelle obbligatorie (che


le

tengono
che
si

il

mezzo)

azioni ultramorali o pi che morali,

chiamano meritorie o supererogatorie.

Ma

la

moralit non accorda permessi di

non fare, n

largisce

premi per
fare
cosi

lo

sempre

il

strafare; comanda semplicemente il fai*e: bene morale, attuare sempre l'universale,

nella vita ordinaria


si

come

nella straordinaria,

nelle

occasioni che
nuto,

offrono ogni giorno, ogni ora, ogni mi-

come

in

quelle che capitano ogni anno,

ogni de-

cennio, ogni secolo. Niente indifferente all'economia nel

suo Ambito, e niente alla morale nel suo: in


sistono azioni

lei

non per-

economiche col loro carattere premorale,

ma

230

LE DDE FORME PRATICHE: L'ECONOMICA E

l'

ETICA
si,

sussistono solamente azioni morali. L'economicit d,

la

forma concreta
Paragone col rapporto di
arte e filosofi.

alla moralit,

ma non

mai elemento che

possa farsi valere per s nella vita morale.


II
gj^ig^j-a^

paragone con

l'attivit teoretica

varr a rendere pi

critica del lecito o del moralmente indiffeQuesta ^

rente.
fiche,

Le

intuizioni

o espressioni artistiche sono aflloso-

n vere n
filosofia,

false, irrefrenabili nella loro

spontaneit

dalla nella

la

quale a sua volta

si

concreta sempre

parola viva,
e
si

nella forma estetica, nella intuizione-

espressione,

pone come intuizione

tra

le

intuizioni

(sebbene intuizione portans mysieria, chiudente in s l'universale).

Ma

il

sorgere di una filosofia riopera sulle prece-

denti intuizioni pure, ossia sulla rappresentazione poetica

del mondo, nella quale realt e irrealt erano indistinte;

il

mondo

dell'intuizione

si

trasfigura nel

mondo

delle

percezioni, nel quale quelle che furono gi immagini poetiche,

sono ora tutte immagini critiche o

riflesse,

compe-

netrate di concetti, discriminate in immagini di esistenze


e immagini di
possibilit.

Nel mondo della percezione o


poetico

della storia nessun elemento

pu persistere pi
dell'arte era af-

come

tale:

quella che nel puro


verit,
si

campo

fascinante

introdotta

nella

storia

darebbe luogo

a disarmonie e

cangerebbe in ripugnante menzogna,


storie

come
ci

si

vede nelle

miste d'invenzioni e di favole;

e sebbene anche la storia

assuma forma

artistica,

pu mai

tollerare nel suo seno

l'arte

non percome elemento

per s stante. In

modo

perfettamente analogo procedono le


(le

volizioni utilitarie e

economiche

intuizioni del pratico),

e le volizioni morali-economiche (l'universale e le percezioni o rappresentazioni storiche del pratico): l'indifferenza

morale spetta

alle

prime, quando sono di qua dalla coil

scienza morale;

ma, dentro questa coscienza, perdono

diritto all'innocenza,

come

le

puro intuizioni, diventate


il

i)er-

cozioni,

perdono nella

storicit

diritto

che avevano di pure

IV.

RELAZIONE TRA LE FORME ECONOMICA ED ETICA

231

intuizioni.

La descriminazione
si

etica delle
della

volizioni econo-

miche, che

compie per opera


che

coscienza morale,

trova dunque piena rispondenza nella discriminazione storica delle intuizioni estetiche,
si

compie per opera della


Altre conce-

coscienza logica.

debbono non due concetti-mostricciattoli delle azioni disiateressate e di quelle moralmente indifferenti, lecite o permissive, ma anche altri che, con casistica alquanto
All'astratto concepire per coordinazione si
i

solo

!j""\^If^f* di modi d aione,

diversa,

si

deducono dalla medesima


l'utile e
il

ipotesi generale. Nel

caso test esaminato


paralleli,

morale, posti

come

staccati e

erano mantenuti l'uno estraneo

all'altro e in
si

pace
attri-

tra loro.

Ma

niente vieta che a quelle due entit

buiscano, per cosi dire, umori guerreschi; al

modo medesi

simo che, concepite due specie animali coordinate,


supporre o che gl'individui
di

pu
la-

ciascuna badino a s e

scino vivere quietamente e prosperare gl'individui dell'altra,

ovvero che

gli
li

uni

si

diano a perseguitare quelli daltal'altra

l'altra,

e talvolta

danneggino o distruggano,

ne

siano danneggiati e distrutti.


o

meno

celati

si

perviene ai

antieconomiche e di azioni di azioni immorali economiche e di azioni economiche immorali: quattro concetti che sono da respingere
tutti

Con questi presupposti pi concetti di azioni morali antieconomiche morali,

e quattro. L'azione morale


la

a perdita:

moralit per l'uomo morale

non pu mai esser fatta il supremo


si

vantaggio nella situazione particolare in cui egli


e

trova;

sarebbe erroneo misurarla alla stregua d ci che in

quella situazione particolare farebbe un individuo privo di

coscienza morale, perch,

come

gi ci noto, individuo

situazione sono tutt'uno, onde quel paragone assurdo.

Similmente un'azione antieconomica non pu mai essere


morale:
porr
tutt'al pi,

non sar nemmeno amorale, cio non


prima e generica della mora-

nemmeno

la condizione

232
lt,

LE DDE FORME PRATICHE


ossia

L'

ECONOMICA E

l'

ETICA

non sar azione, ma inerte contemplazione. Un'azione immorale non pu essere mai economica, perch immoralit importa interno dissidio e contrasto tra una
volizione che
al
si

volge all'universale e altre che

si

volgono

meramente individuale,

e perci inconcludenza e infecon-

dit pratica, insoddisfazione e rimorso; vale a dire, proprio

l'opposto della utilit ed economicit. Similmente un'azione

economica non pu essere mai immorale, e


si
Il

tutt'al

pi (se

pensi
II

come mera azione economica) sar da

dire amorale.
il

piacere e

nesso d Unit e distinzione, che congiunge

concetto

attivit economica, la
felicit

(bell'utile e

quello del morale, e la conseguente negazione ^ o

e la

virt.

Il

piacere e dolore, e il sentimento.

Schema di coordinazione, giovano altres a risolvere adeguatamente le intricate questioni circa il rapporto di piacere e moralit, di felicit e virt. E anzitutto, 8 qui in grado di dare ancora un altro
dello
significato

all'indeterminata
di

categoria

del

sentimento

coi suoi

poli
il

piacere e dolore;

perch chiaro che,

quando
messo

sentimento viene distinto dall'attivit morale e


contrasto con questa,
si

in

ha

di

mira nient'altro

che la pura attivit economica.


prevale sulle altre, talch
ferire
tivit

forse di tutte le tendenze

incluse in quell'abbozzato concetto, questa dell'economicit


si

potrebbe esser disposti a con


il

ormai

alla parola

sentimento

significato di

at-

economica. Pel sottinteso riferimento a questo signi-

ficato si sostenuto

a ragione che piacere e dolore siano

propri
rituali, e

del sentimento ed

estranei
se
le

alle

altre

forme

spi-

che nelle altre operino bens,


la loro dialettica

ma

solamente come

concomitanti. Giacch
svolgono
spirito

forme teoretiche in tanto


e
falso

del vero

in

quanto

lo

pratico

interferisce

in esse, piacere

o dolore

pro-

vengono a quelle forme dallo spirito pratico, col quale lo spirito teoretico sempre in concreta unit. E nello spirito pratico medesimo l'attivit morale si gemina in piacere
e doloro solo in quanto nella sua concretezza essa insieme

IV.

RELAZIONE TRA LE FORME ECONOMICA ED ETICA


le

233
stret-

economica; e perci piacere e dolore

competono,

tamente parlando, in quanto economica e non in quanto


morale. Piacere e dolore appartengono solo
al

sentimento,
all'at-

perch appartengono alla sola attivit economica, cio


tivit pratica nella

sua forma generale, che avvolge di s


sentimento o attivit Coincidenu
in contrasto
^^} do^ere
col piacere,

tutte le altre

forme cosi particolari pratiche come teoretiche.


il

Ci fermato,

piacere, ossia

il

economica come
col

positivit, '^

non pu esser mai ^


morale nella

dovere o con

l'attivit

sua

positivit:

non pu, perch quei due termini coincidono. La divergenza si ha solo quando sono concepiti non, come si deve,
in unit-distinzione,

ma, come non

si

deve, in coordina-

zione.

E quando
si

si

parla di un'azione

buona accompagnata
si

da dolore,
pera un
lettera.

dice cosa contradittoria, o, piuttosto,


di espressione

adoalla

modo

che non bisogna intendere


tale,

Perch l'azione buona, in quanto


;

reca sem-

pre soddisfazione e piacere

ci vuol dire che o l'azione

e se vi s'accompagna dolore, buona non ancora del tutto

buona, perch non voluta con pieno accordo interiore, o


che, oltre all'azione morale (e piacevole), c'

un nuovo pro-

blema pratico ancora

insoluto,
'^

epper doloroso.
nasce

dallo Critica

dei

schema
flitto

di
i

coordinazione, per effetto del lumeggiato con""


termini
coordinati,
l'altra

''f"'!'""

ascetismo,

fra

falsa

idea

dell'Elica rigoristica o ascetica, la quale indice guerra


al

piacere in quanto piacere.

Ma

se legittimo combat-

tere
l'atto

questo

o quel
si

piacere

che entra in contrasto con


la

morale, non

pu abolire

categoria stessa del


della

piacere senza abolire la categoria stessa

moralit,

che ha nel piacere (nell'economicit) la sua realt e concretezza: codesto sarebbe tentativo altrettanto folle quanto

quello di voler pensare abolendo la parola o qualsiasi altra

forma

di espressione, e

serbando

il

di codesti miscugli sensuali, e cosi

pensiero schivo e puro producendo un pensiero

inespresso e inesprimibile. Quest'ultimo conato stato fatto

234
dal

LE DUE FORME PRATICHE

L'

ECONOMICA E

L'

ETICA
o,

misticismo,

il

quale o non d punto pensieri,


li

con-

tradicendo a s stesso,

d espressi

e logici

come sono

quelli di tutte le altre dottrine.

al

misticismo forma pieno

riscontro nel

campo pratico l'ascetismo, che si potrebbe chiamare misticismo del pratico, come a quello non disdirebbe il nome di ascetismo del teoretico.
Ci che
S

Reiaiione
tu.

di

detto del rapporto tra piacere e moralit


all'altro

leUcitevK-

^^ estendere

tra

felicit e virt, '

che identico

al precedente, dal

quale differisce solo per essere espresso


di classe.

merc concetti empirici


(come
della
il

La

felicit

non virt
si

piacere non per s morale), tantoch

parla

felicit

degli esseri privi di coscienza morale

(come
Si

del piacere che

mera

sensualit animale);
la

ma

la virt

sempre
dice che

felicit

(come

moralit sempre piacere).


essere infelice, perch

un uomo virtuoso pu
di

pu
non

soffrire atroci

spasimi corporali o dibattersi in travagliate


fortuna,
e che perci

condizioni

virt e

felicit

coincidono.

Ma

codesto triviale sofisma, perch l'uomo


felice,

virtuoso, che sia insieme

dev'essere davvero e to-

talmente virtuoso: cio o con la sua energia curare, se


pu, e vincere
i

mali

fisici

di

fortuna, ovvero,
i i

quando
da
essi

vincerli impossibile, rassegnarsi facendo


essi

suoi conti con


limiti

svolgendo

la

propria attivit tra


e

posti.

Ogni individuo,

non

solo lo sventurato dell'esem-

pio,

ha

suoi limiti;
i

e ciascuno,
in dolori,
i

con l'incontentabilit,

pu trasformare

limiti

come ciascuno, con


i

la

rassegnazione, pu trasformare

dolori in limiti e condi-

zioni di attivit. Si dir che talvolta

mali che assalgono

ruorao virtuoso non solo sono incurabili,


a
tal

ma

intollerabili

segno da rendere ogni rassegnazione impossibile.

Ma

chi effettivamente e assolutamente


si

non

si

rassegna, cio non


dell'in-

accomoda

alla vita,

muore; e l'avvenuta morte

dividuo non n felicit n infelicit, perch un fatto


o accadimento.

IV.

RELAZIONE TRA LE FORME ECONOMICA ED ETICA

235
il

In ultimo, da rigettare la teoria che


' '

subordina

critica delia

piacere o la felicit, l'utilit o l'economia, al dovere, alla ^ virt, all'attivit morale. Di qua dalla morale, la subordi-

^"^o'*^!'zione del pia-

cere aliamo'*
''^"

nazione dell'un termine all'altro non possibile, perch


in presenza di

si

uno

solo dei

due termini
i

e parimente im-

possibile nella cerchia morale,

due,

ma

due

in uno,

dove non uno sopra

termini sono bens

un

altro sotto.

La

moralit ha imperio assoluto sulla vita, e non c' atto di


vita, piccolo

che

si

pensi, che essa

non

regoli o

non debba

regolare.

forme

Ma la moralit non ha imperio alcuno sulle categorie dello spirito; e come non pu dimodificare s medesima, cosi non pu distrugle altre

struggere

gere o modificare

forme

spirituali,

che

le

sono ne-

cessario sostegno e presupposto.

Da
lare

ci l'insigne fatuit di coloro che pretendono regodell'arte, della scienza o dell'eco-

Nessun im^o'^^jt^^gu*

moralmente l'opera

nomia, e professano teorie moralistiche dell'arte e della


filosofia

leformedei"* *p

o una scienza economica

moralizzata.

11

poeta,

lo scienziato, l'industriale

uomini onesti,

debbono (ben s'intende) essere come ogni altro uomo; ma non loro dato,
follia d'onest,

per una sorta di

convellere la natura della

poesia, della scienza e dell'industria.

Che

anzi, ove ci fail

cessero o tentassero, e per malintesa moralit

poeta inil

troducesse elementi estranei nella sua


alterasse

poesia,

filosofo

velasse

la

purezza del vero, e l'industriale


la

conducesse stoltamente

propria industria alla rovina;

allora, e allora soltanto, essi

sarebbero veramente disonesti.


di vita,

Scambiare

gli atti

singoli

che sono di pertinenza

della moralit, con le

forme universali dello spirito,


si

e predicare di queste ci che


di
quelli,

deve predicare solamente


equivoco da non
delle
l'abito

cosi evidente e grossolano

perdonarsi a
filosofiche.

chi

dovrebbe aver

distinzioni
i

Ma

quale equivoco tanto evidente, che

dis-

sertatori oziosi e gli eleganti letterati

non sappiano cospar-

236

LE DUE FORME PRATICHE


fiori

L'

ECONOMICA E
e
artistici,

L'

ETICA

gere dei loro


nel bel

raziocinativi

e introdurre

Inesistenza
di altre
for-

me

pratiche;

e impossibilit di suddi-

visione delle

due

stabilite,

mondo, o nel mondo accademico, come verit o almeno come dottrine degne di rispetto e di esame? Tali sono, dunque, le due forme dell'attivit pratica, e ^^^q i\ loro rapporto. E come non si pu ridurle a una sola, COSI uon S pu moltiplicarle, perch esse due esauriscono affatto il rapporto di finito e infinito. N si pu suddividerle, perch il finito e l'infinito non comportano suddivisioni.

allo stesso

modo
e

e per la stessa ragione che

si

negato diritto speculativo alle classi dell'espressione (categorie della rettorica)


formalistica),
etiche, e
alle

classi

del

concetto (logica

bisogna

negarlo alle classi

economiche ed

non riconoscere

altre categorie della pratica fuor-

ch

l'utilit (volizione

dell'individuale) e la moralit (vo-

lizione dell'universale).

LA FILOSOFIA DELL* ECONOMIA

E LA COSf DETTA SCIENZA DELL'ECONOMIA

Li osservazione, confermando di tutto punto


razionale,
'

la

necessit,

Problema
"^eiie

ha reso evidente

il

forma reale operare di quella *^ ^


utilitaria

reiano-

IH tra Filoso-

pratica che

abbiamo chiamata
il

economica, e

provato legittimo

concetto di una correlativa

Econo-

scienia bell'econoima.
fia e

mica

o Filosofia dell'economia. Ma,

per irrefutabile che

possa sembrare la nostra dimostrazione, essa non riuscir

a pieno soddisfacente finch


delineata Filosofia

si lasci

senza esame un punto


intercede tra la

assai importante: la relazione, cio, che

dell'economia

e la

Scienza del-

l'economia.
Questa scienza, che prende forme e denominazioni varie
e
si

presenta a volta a volta

come

politica

o nazionale o

pura o matematica, sebbene non manchi di precedenti nell'antichit, si


secoli,

venuta costituendo soprattutto negli ultimi

ed ora nella sua maggiore vigoria.


quale gi
fa
ai suoi

spesso gli

economisti hanno ricordato con compiacimento un detto


dello Hegel,
il

tempi lodava l'Economia


al

come
trova
il

scienza, che
di

molto onore

pensiero,

*.

perch

le leggi

una massa
della

di accidentalit

Ha

essa

medesimo oggetto

nostra Filosofia dell'economia?

Phil. d. Rechts, 189, Zhs.

238
e,

LE DUE FORME PRATICHE


si,

L'

ECONOMICA E

L'

ETICA

se

come mai perviene a

concetti affatto diversi dai


e,

concetti da noi lumeggiati? Ovvero scienza empirica?


in questo caso,

donde procede quel suo rigore che


le

la innalza

sull'empirismo e

permette di

offrire verit

di carattere

non empirico? Due scienze rigorose, aventi l'oggetto medesimo, non sono concepibili: e nondimeno due, per l'appunto, sembra che qui ce ne siano; e questa duplicit, che giusta
cagione di perplessit e di disorientamento, conseguirebbe
dall'affermazione da noi fatta di

una Filosofia dell'eco-

nomia
Irrealt delle leggi e dei

o di

un'Economica, che non ia Scienza ecoeconomiche con mente

nomica.
Or
se S Considerano le azioni

ggomi^pa di pregiudizi, seguendole e cogliendole nella loro

la Scienza e-

incontaminata e indiminuta realt, torna impossibile stabij-^.^

conomica.

nemmeno uno solo

dei concetti e delle leggi che la

scienza economica pone e fa accettare. Ogni individuo di-

verso in ogni istante della sua vita, e vuole e opera in

modo
di

sempre nuovo e diverso, incomparabile con


volere e operare suoi propri o degli
altri.

gli altri

modi

Se

ieri l'indivi-

duo

un pane e oggi ne spende ancora sette per lo stesso acquisto, non per questo i sette soldi di oggi sono quelli di ieri, o il pane il mespese sette soldi per comperare
di quello di ieri, o
il

desimo
gli

bisogno che

soddisfa oggi

lo stesso di quello di ieri, o lo sforzo che la sua azione

costa

identico a quello di
lui,

ieri.

Se l'individuo

sponde, anche,
diversa

sette soldi

per un pane, l'azione di

B B

da quella di A, come quella dell'A di oggi era diversa da quella dell'A di ieri. Si conduca l'economista
sopra questo terreno di realt (o piuttosto innanzi a questo

fiume eracliteo, nel quale non possibile bagnare due

volte le stesse

mani

nella stessa acqua); e l'economista

si

sentir impotente, perch


di
II

non vi scoprir mai alcun punto appoggio per costruire una qualsiasi delle sue teorie. valore di una merce (dice un teorema dell'Economia)

V.

LA cosi DETTA SCIENZA DELL'ECONOMIA

239

in dipendenza della quantit di essa e di tutte le altre,

esistenti sul

mercato.
es.,

Ma
il

che cosa s'intende per

merce
sono
il

>?

il

pane, per
il

vino? Nella realt, non vi

pane e

vino

astratti,

ma un

particolare pezzo

di pane,

un

particolare bicchiere di vino, con

un

partico-

lare individuo che per

mangiare l'uno o bere


si

l'altro da-

rebbe, secondo le condizioni in cui


nulla.

trova,

un tesoro o

Un

godimento qualsiasi, protraendosi, decresce

e finisce per estinguersi.

la legge del

Gossen, uno dei

capisaldi delle teorie


desti godimenti,

economiche.

Ma

che cosa sono cosi

che

si

protraggono, decrescono e

estin-

guono? Nella
attimo
si

realt, si

hanno solamente

azioni, che a ogni

atteggiano in

modo

diverso pel cangiare dell'am-

biente e dell'individuo che vi opera.


qualitativa,

quella diversit

non quantitativa: se l'individuo A mangia il pane che ha comprato per sette soldi, nell' ingoiare il seil decimo o l'ultimo boccone condo ha un piacere non gi minore di quello che aveva nell' ingoiare il primo, ma diverso l'ultimo gli era, a modo suo, necessario non meno
:

del primo, perch senza quello sarebbe rimasto


sfatto

insoddi-

nel

suo bisogno normale, nel suo abito o nel suo

capriccio.

L'uomo
si

economico cerca
il

la

massima

soddisfa-

zione col minimo

sforzo.

principio stesso dell'Eco-

nomia;

ma nemmeno

questo principio generalissimo e semla

plicissimo

accorda con

realt. L'individuo

litiga

un'ora per risparmiare due soldi nell'acquisto di un oggetto


pel quale gli

sono state chieste dieci


la

lire,

raggiungendo
col

per

tal

modo

massima sua soddisfazione


il

minimo

mezzo che

in quel caso a

sua disposizione. L'individuo

per vanteria di magnificenza accende

suo sigaro con

una carta da cento lire, raggiungendo anche lui a quel modo la massima soddisfazione alla quale aspirava, col minimo mezzo che egli possedeva, ch'era l'allegro bruciamento del biglietto di banca. E se le cose stanno cosi,

240

LE DDE FORME PRATICHE: L'ECONOMICA E


si

L'

ETICA

non

tratta di

massimi e minimi,

ma

di fini individuali

e di relativi mezzi adatti, cio (per la nota unit di mezzo


e fine) di azioni individualmente diverse.

Scienia

Certamente, nel considerare


^^^ ^j

le

azioni infinitamente va-

economica, fondata su concetti em^^

astrazione in misura pi o meno lara-a '^ r o dalle loro differenze, e costruire una serie di tipi o concetti

^^

1^^^^ ^-^^.^

^'ru%

^^ classe

e di leggi empiriche, rendendo


il

in

certi

limiti

uniforme
dosi di

difforme.

concetto del pane e

pane e delle
si

Con questo procedere si ottiene il del consumo del pane e delle varie dosi di altri oggetti con le quali una
si

dose di pane

scambia, e via dicendo: ossia

abban-

dona
tali.

la realt concreta, e la concreta

conoscenza, a vanfini

taggio di una realt finta, foggiata per determinati

menche

se la scienza

economica consistesse

in nient'altro

nello stabilimento di

una

serie di tipi e leggi nel significato

anzidetto, rientrerebbe nel novero delle discipline descrittive empiriche, e a noi basterebbe, nel

problema che
i

ci oc-

cupa, rinviare a quel che abbiamo detto circa

rapporti

della Filosofia della pratica con la Descrittiva pratica, con


le classi, le

regole e la casistica.

Ma
si

la

Scienza economica

non
I

semplice descrittiva e

non

esaurisce nello

schema
1

beni
si

si

dividono nelle classi

a, b, e, d, e, ecc.; e la clas-

se a

scambia con

la classe b nella

proporzione di

3, la

classe con la classe e nella proporzione di 1 a 5, ecc.

si sottintendono sempre il su per gi, per lo pi e il press'a poco: le classi sono su per gi le anzidette; gli scambi avvengono per lo pi nelle

Nel quale schema


il

proporzioni anzidette; se
Assoiutflz-

le

cose oggi stanno press'a


in

poco

cosi,

domani staranno press'a poco


le

modo

diverso. In-

**

* *"*

vece
varia

proposizioni della Scienza economica


Posti

sono rigoterreni
di

rose e necessario.
fertilit,
i

che siano coltivati

possessori di essi, oltre la rendita asso-

luta, otterranno tutti,


fertile di

tranne

il

possessore della terra

mono

ogni altra, una rendita difieronzialo

(leggo del

V.

LA cosi DETTA SCIENZA DELL'ECONOMIA

241

Ricardo).

Greshain). In effetto,
terreni di

La moneta cattiva scaccia la buona (legge del non concepbile in nessun caso che varia fertilit, tutti coltivati, non gettino una ren

dita differenziale. Si dir che lo Stato


dita differenziale, o
il

pu confiscare

la ren-

possessore col suo coltivar male o male

amministrare pu perderla;
resta

ma

con ci

la proposizione

non

meno

salda.

concepibile che, circolando


circolino

una carta-

moneta mente e montare


gliore.
la

incontrovertibile,
alla pari

con essa indifferenteil il

monete d'oro, quando

complessivo amvalore dell'unit

della

moneta circolante deprima

monetaria

al disotto del valore metallico della

moneta mi-

Un

pazzo, che sia in possesso, al tempo in cui circola


disaggio), di

moneta scadente (che faccia


inferiore;

monete d'oro, potr darle indifferentemente

in

un gruzzolo di cambio della

moneta
e

ma

il

savio

le

serber nel suo forziere:

e la proposizione economica esprime la necessit razionale,

non gi

l'irrazionalit della pazzia. Quelle proposizioni,

come tutte le altre della scienza economica, sono dunque, non gi descrizioni, ma teoremi. La parola teorema fa subito volgere il pensiero alle discipline matematiche. E che cos'altro pu essere se non matematica la Scienza economica, le cui proposizioni, come si visto, non sono n filosofiche n storiche, e nemmeno
semplicemente naturalistiche? Impronta matematica essa

indole mate*'"^* ^' *"'

ha

infatti:

non gi

di

matematica pura, aritmetica, algequali


ri-

bra o calcolo,

ma

di

matematica applicata, che pone a foni

damento
spetto
al

del calcolo concetti attinti alla realt,

formalismo numerico

si

considerano materiali.

La Scienza economica
indaga
la

nient'altro

che una matematica

applicata al concetto di volizione o azione;

epper non

natura della volizione o azione, ma, poste certe


le

determinazioni di azioni umane,


per riconoscerne prontamente
e conseguenze.
B. Croce, Filonofia della pratica.

sottomette al calcolo

le necessarie configurazioni

16

242
Suoi principi:

LE DDE FORME PRATICHE

L'

ECONOMICA E

l'

ETICA
i

E non
teQpgmj q
tutti

da stupire che, esaminati secondo verit,


jq
lefifffi '^^

e carat-

della

Scienza

tere, che essi hanno, dipo-

economica

si

mostrino

per un verso tautologici e per l'altro arbitrari. La


del Ricardo circa la rendita dei
terreni di

stuiati e de-

logore

finizioni arbitrarie. uti-

varia

fertilit

non

altro che la definizione dei terreni di varia

iit

di tale

fertilit; la

scienza.

legge del

se non la

Gresham circa la moneta cattiva non definizione della moneta cattiva; la legge che
di ricchezza, o l'al-

ogni dazio protettore distruzione


tra che

domanda
di

di prodotti

non domanda
di

di lavoro

sono semplici definizioni del dazio protettore, della do-

manda

merce

della

domanda

lavoro.

di

esse

tutte si potrebbe altres dimostrare che sono arbitrarie, per-

ch arbitrari sono

concetti di terreni, dazi, merci,

mola

neta e altrettali; e che necessarie diventano solo quando


si

siano ammessi, a mo' di postulati, quegli arbitri.

Ma

medesima dimostrazione si potrebbe fare per qualsiasi teorema della geometria, perch non meno arbitrario e tautologico che la misura di un quadrilatero sia uguale alla
base moltiplicata per l'altezza, o che la
drati dei cateti sia uguale
al

somma

dei qua-

quadrato dell'ipotenusa; e
la

nondimeno
sua
virt, di

la

geometria resta

geometria, con tutta la


si

geometria, senza la quale non

sarebbe po-

tuto n costruire la casa in cui abitiamo, n misurare quest'astro su cui viviamo, n gli altri che ci rotano intorno

o intorno ai quali noi rotiamo. Del pari, senza quegli schemi

economici sarebbe impossibile orientarsi nella realt empirica, e

accadrebbe tuttora quel che accadeva quando


si

la

scienza economica era ancora bambina; cio, che

prenal

dessero

provvedimenti di governo

efficaci
si

portare

pi alto grado quei mali che con essi

pensava rimuo-

vere: disavventura della quale esempi amenissimi, e nel


loro genere classici, offre la storia del governo spagnuolo

della

Lombardia o del Napoletano nel secolo decimosottimo, con le suo gride e le sue prammatiche in materia econo-

V.

LA cosi DETTA SCIENZA DELL'ECONOMIA

243

mica
il

e finanziaria. 0, anche, ci che accade tuttora


profitta,

quando
propone
ragioni

subdolo interesse, che dell'ignoranza

e fa adottare sotto parvenza di salute pubblica misure ro-

vinose, ragionandole

come buone

come buone per

diverse da quelle per cui potrebbero essere propugnate:

come

sarebbe, per

es.,

nella depressione

economica
la

di

un

paese la proposta di nuove spese per lavori pubblici non


urgenti,
i

quali, invece di alleviare,


o, nella

aggravano

generale

depressione;

lentezza del progresso industriale, l'ausi

mento

dei dazi protettori, che

vantano incoraggiamenti

all'industria e invece suscitano industrie artificiali e spurie

a danno di quelle spontanee e legittime.

La
che
si

speciale forma
fa nella

di

applicazione delle matematiche,


'

Paragone
'"'Economia con la
Meccanica;
p"'*'^ '* "" gli ano esclu-

Scienza economica, stata accostata pi '^

volte a quella che ha luogo nella Meccanica; e

ruomo

economico
materiale

>
>

della

prima parso del


'^
'^

tutto simile al
stata

punto r

della seconda, e

l'Economia

definita

dere da essa
'

una

sorta di Meccanica, o

tutto ci

Meccanica senz'altro. E ben naturale, perch anche la Meccanica non

*"!

t'ci,

estetici e logici.

consiste di altro che di schemi pel calcolo, costruiti sulla


realt, la quale spirito e divenire in filosofia, e si cangia

in forza o sistema di forze per

comodo

del calcolo. L'Ecoatti

nomia, dal suo canto, ritaglia dagli

volitivi

alcuni

gruppi che semplifica e irrigidisce nello schema

dell'

uomo

economico,

nelle

leggi

del

minimo mezzo,

simili.

In ragione di questo suo procedere meccanizzante, una

poco acuta domanda quella che stata mossa pi volte sul


perch non vengano considerati in essa
o estetici, e sul
trare nella
i

fatti

morali, logici
farli

modo che
col

si

dovrebbe tenere per


o
i

en-

cerchia delle sue considerazioni.


concetto di volont

La Scienza
azione,
fatti

economica opera

che

rende astratto e quantitativo.


distinzioni qualitative, e

poich

morali

sono volont e azione, e poich quella scienza tralascia


le

non indaga nemmeno quella

244

LE DUE FORME PRATICHE

L'

ECONOMICA E

L'

ETICA

deiratto economico che prende a sua materia, chiaro

che non pu dare alcun


guerli dagli economici e

risalto ai fatti
trattarli

morali col distintale distinzione:


fatti,
il

con

suo assunto l'indistinto dei due ordini di


l'indistinto sono gi,
estetici

e in quel-

a lor modo,

tutti belli e inclusi. I fatti

logici poi, intesi


al calcolo

come rappresentazioni
si

e pensieri,

sfuggono
spirito

economico; ma,

intesi nell'unit dello

come
gli

anch'essi prodotti volitivi,


altri,

ritrovano, insie-

me
Errori del
fi-

con

nell'indistinto della Scienza economica.


, la

Intrinsecamente quantitativa qual'essa

Scienza
possibile

losofismo

dello storici

economica resta
di segni

tale

anche quando adoperi

il

meno

smo nell'E
conomia.

numerici e algebrici, cio anche quando non sia


in senso stretto.

Economia matematica
da condannare
i

sono perci

tentativi cosi

del filosofismo

come

dello

storicismo che, prendendo a criticare l'astrattezza e l'arbitrio di essa scienza, la

spingono a correggersi e a
dicono,

farsi

storica e filosofica o,

come

psicologica. Se l'Econ
la ve-

nomia non d
ria

la verit universale della Filosofia

rit particolare della

Storia, a
di

loro
il

volta Filosofia e Sto-

non sono capaci

compiere

pi piccolo calcolo;
la Filosofia
le

se l'Economia non ha occhio pel vero,

la

Storia
dei

non hanno braccia per rompere e dominare


i

onde

fatti,

quali,

con

la loro ressa,

opprimerebbero l'uomo

g'

impedirebbero perfino di stare a guardare.

Ed

una

sana tendenza quella che l'Economia mostra a

costituirsi

come Economia pura,


L due
Tersioni;
perl'a-

ossia libera di questioni

pratiche,

che sono anch'esse questioni storiche.

Ma

altri

nemici l'Economia ha in s stessa, in quanto

trattitmo

disciplina che

matematica bensi,

e-

ma

di

matematica ap-

tremo e il plicata cio assumente alcuni dati materiali. Questi dati disgregasi possono moltiplicare all'infinito, onde nascono infinite mento empirUtioo.

proposizioni economiche, l'una distinta dall'altra; e

pos-

sono, d'altra parte, essere aggruppati, semplificati e unificati fino a

raggiunger l'x indistinto. Se prevale la prima

V.

LA cosi DETTA SCIENZA DELL'ECONOMIA


si

245

tendenza,

ha quel che
di

si

chiama l'empirismo economico,


talvolta

massa ingombrante
la seconda, si

proposizioni disgregate; se prevale

ha uno schema generalissimo, che


si

non serba

il

pi piccolo vestigio di quel concetto di azione

umana da
gli

cui aveva preso le mosse, e

confonde con
del-

schemi della meccanica, o addirittura con quelli


e del calcolo.
in

l'aritmetica, dell'algebra

La sana Scienza
essere

economica deve,
care
le

conformit della sua natura,

astratta e empirica insieme, e connettere tra loro e unifi-

proposizioni disgregate;

ma

non deve

lasciar per-

dere nell'unit la distinzione, che


l'altra.

le

necessaria quanto

calcolare le conseguenze economiche di

un

fatto

sono

inetti del pari,

bench diversamente,
le

cosi coloro

che
gli

non conoscono
altri

se

non

la generalit della scienza,

come

che ne conoscono soltanto


tutti
i

particolarit. I primi
i

vedono
fatti

fatti

come un

fatto

solo;

secondi, tutti

come
e

diversi,

senza nessun

ordinamento per simi-

glianze
e
le

gerarchie.

particolarit

Ma in quale misura le generalit debbano essere esposte nei trattati,

questione che, sebbene sia stata assai discussa, ha impor-

tanza solo didascalica e pedagogica, e perci non


risolvere se
trattatista

si pu non caso per caso, secondo i fini che ciascun ha di mira. Sostenere che l'Economia si debba

fermare a questo o quel grado di astrazione, e restringersi,

per

es.,

ai

cosi detti beni


i

materiali
capitale

o ricchezze,

escludendo da s

servigi, o

al

come concetto
la

distinto dalla terra e dal lavoro

umano, frenando

sua

spinta a unificare questi tre concetti,


capriccioso.

sarebbe

del tutto

Ogni unificazione, come ogni specificazione,


utile, e gli

pu essere

odiatori

dell'astrattismo

sono poi
Sguardo alla

anch'essi astrattisti, quantunque a mezzo.


Tutti coloro che hanno pratica degli studi economici,
storia dei va.

avranno riconosciuto nei concetti ora

chiariti

motivi

lo-

"

indirizzi

dell'

Econo-

gici della Storia dell'Economia: della divisione in iscuole,

mia.

246

LE DDE FORME PRATICHE

L.'

ECONOMICA E

L'

ETICA

delle polemiche, delle sconfitte

e vittorie, e dei progressi

di

quest'ordine

di

studi.
si

Il

carattere

quantitativo

della

Scienza economica

mostra gi negli incunaboli di essa,

nelle indagini di Aristotele (Politica ed Etica nicomachea)

circa

prezzi e

il

valore; ed dato scorgerlo persino nei


e

rari accenni degli scrittori medievali

della Rinascenza.

matematici,

nei

loro

intimi

procedimenti,

sono

stati

gli economisti, anche quando non parlavano di Economia matematica: matematici, i nostri scrittori di economia del Settecento, il Galiani, il Genovesi, il Verri;

sempre

matematico,

il

maggiore economista italiano dell'Ottocento,


Il

Francesco Ferrara.

principio economico, che tutt'uno

con l'escogitazione dell'uomo economico, fu formolato dal

capo della scuola

fisiocratica,

il

Economia

politica, proposto per


fini

Quesnay; e se il nome di la nuova disciplina nel


anche quello di
i

1615 dal Montchrtien,

col prevalere,

Aritmetica sociale
Il

fece
si

sentire

talvolta

suoi diritti.
solo

progresso della scienza

manifestato

non

nella

scoperta di nuovi teoremi economici,

ma

anche nella connes-

sione e unificazione di quelli che erano stati posti

dapprima

isolatamente
sto di

dei beni materiali e degli immateriali, del co-

produzione e della rarit, del prodotto lordo e del prole altre

dotto netto, delle rendite agricole e di tutte

non

agricole, della produzione, distribuzione e circolazione delhi

ricchezza, delle leggi economiche e di quelle finanziarie, del-

l'economia sociale e dell'economia


lit e

isolata, del valore di uti-

del valore di scambio. Col corpo delle dottrine econosi

miche tradizionali od ortodosse


tres

sono potute connettore

al-

quelle, che parvero rivoluzionarie, del Marx, e che sono

nient'altro che schemi di


sul

una particolare

casistica, fondata
'.

paragone

fra tipi diversi di

ordinamenti economici

SI

veda B. Orook, Materialismo

storico

ed economia marxiatica, saggi

critici (1900, 4 ed., Bari,

Laterza, 1921).

V.

LA COSf DETTA SCIENZA DELL'ECONOMIA

247

La
le

scienza economica

l'empirismo per comporsi a scienza,

non dove superare solamente ma anche sventare


la quale riastratti,

minacce della cosiddetta Scuola storica,


gli

cusava di riconoscere

schemi

obiettando l'in-

finita variet dei fatti storici;

e contro lo storicismo essa


si

condusse un'aspra polemica, nella quale


il

resero insigni

Henger

e gli altri della scuola austriaca.


il

di

un'altra

lotta, di

quella contro

deviamento

politico della scienza

economica, fu risultaraento la costituzione dell'Economia

come scienza pura


si

(Cairnes). Confondendosi poi l'astratto

col concreto, e nel concreto stesso

l'Economia con l'Etica,


dagli
i

vagheggi pi volte,

segnatamente

economisti
paesi,
:

tedeschi (scuola etica), e dai cattolici di tutti

Scienza economica che avesse a fondamento


il

l'

Etica

una donde

sorgere di una reazione in senso opposto, la quale nel

suo estremo condusse a dedurre l'Economia dall'ipotesi

egoistica (per
che sono
stati la
altri

es.,

nel trattato del

Pantaleoni). Minori
i

pericoli le sono venuti dalla filosofia, perch

tempi ultimi,

grande et degli studi economici, hanno

peccato in

modi,

ma non

veramente

in questo.

Ora, per opera del Jevous e di

altri inglesi, del

Gos-

sen, degli italiani della scuola ferrariana e degli austriaci,

l'Economia
le

si

fatta complessa insieme semplice, estensioni, le riduzioni, che

merc
di-

applicazioni, le

venuta

compiendo.

Ma

se,

continuando a questo modo, potr

pi ordinata e perspicua, non per ci diventer mai organica: la sua natura di disciplina quan-

ventare sempre

titativa, di

matematica applicata, in cui l'atomismo dei

postulati e delle definizioni insuperabile,

non

le

consente
proSignificato

l'organico svolgimento da

un unico

principio, che

prio delle discipline filosofiche. ^

Al qual proposito, e come a suggello


della gnoseologia

di

quanto siamo

dei giudizio
d

venuti discorrendo, giova notare che solo per l'ignoranza


e
della terminologia hegeliana

Hegel

cir-

ca la Scienza

acca- economica.

248

LE DUE FORME PRATICHE


le

L'

ECONOMICA E

l'

ETICA

dato d' interpetrare


cipio,

parole dello Hegel, riferite in prin-

come

giudizio di ammirazione pel grado di verit


:

raggiunto dall' Economia

quasi lo Hegel intendesse che la

scienza dell' Economia faccia molto onore alla ragione speculativa.

Lo Hegel, invece, diceva che l'Economia


pensiero che pone leggi ai
fatti,

fa

molto

onore

al

cio all'intel-

letto, a quell'intelletto che in quanto astrattivo e arbitrario egli perseguita

in tutta la sua filosofia;

e veniva
filosofica,

cosi a confermare che essa

non scienza vera e

ma

semplice disciplina descrittiva e quantitativa, trattata

con molta esattezza ed eleganza. Lode, che conteneva dunque l'esigenza di una delimitazione, la quale noi appunto
ci

siamo industriati a chiarire e


di

giustificare,

esponendo

il

modo

formazione di questa scienza ed ergendole di

fronte, a

complemento

e contrasto,

un'Economica o

Filo-

sofia dell'economia.

VI
CRITICA DELLE CONFUSIONI

TRA SCIENZA ECONOMICA E FILOSOFIA DELL'ECONOMIA

ra T,

la

Filosofia

dell'economia delineata di sopra, e la Adoiionedei

Scienza o Calcolo economico, di cui


natura, non c',

abbiamo definito la dunque, disaccordo, non potendo esseraffatto eterogenee, delle quali l'una
le

^*
'"f**"[ gli schemi e-

conomici da

vene
si

tra

due formazioni
guidata

^"',*fif*"* Filosofia.

muove dentro
esse,

categorie della verit e l'altra fuori


intenti

di

da

d'ordine

pratico.

Quest'as-

senza di discordia, questa


essere turbata se non
dalla

reciproca
Filosofia,

tolleranza

non pu

quando, compiendo

un sopruso, invada
faccia suoi in

il

campo

della Scienza
il

misura pi o meno larga

economica o metodo e gli


si

schemi, che a quella sono propri. Del primo caso gi


fatto cenno,
tativi

quando
altro.

s'

notata l'inammessibilit dei ten-

economici del filosofismo e dello storicismo; sicch

non ne diremo

Solamente sar opportuno avvertire


si
e

che da codesti tentativi bisogna distinguere quelli che


sogliono incontrare in molti trattati di Economia, sia
litica sia *

po-

pura

, e di
i

Scienza delle finanze (segnatamente


si

nei loro prologhi),

quali

travagliano nel ricercare che

cosa sia l'azione economica e in che differisca da quella

morale; che cosa

il

piacere e

il

dolore, e l'utilit e

il

va-

lore; e se lo Stato sia volont razionale,

che prelevi parte

delle ricchezze dei

cittadini

pei

fini

della civilt, ovvero

250

LE DUE FORME PRATICHE: L'ECONOMICA E


che obbedisca esclusivamente
;

L'

ETICA

istituto

alle

generali leggi

economiche e simili. In codesti bisogni e sforzi dei trattatisti si ha esempio di quel graduale passaggio dall'empiria alla filosofia, che si osserva in tutti gli altri campi del sapere; e sebbene solamente
all'

incirca sia lecito dire che la

Filosofia dell'economia nasca dalla Scienza economica, non


si

pu negare, per

altro,

che essa trovi non piccolo incen-

tivo nei dubbi e nelle discussioni filosofiche, alle quali la

Scienza economica d appiglio.


mostrato, sterile di buoni
Errori che ne

Ma

la pretesa di risolvere
,

nella filosofia la Scienza o Calcolo economico


efi'etti

come

si

perch contraditto ria.


di sopra, cio dal
filosofici,

Dal secondo dei due casi ricordati

derivano.

miscuglio dei metodi economici con quelli

ha

ori-

gine una serie di errori assai comuni e altrettanto gravi,

che passeremo brevemente in rassegna, ripartendoli in


gruppi.
Il

tre

primo dei quali consiste

nel

considerare

la

Scienza o Calcolo economico come metodo che escluda ogni


altro e sia esso solo
rit

capace di dare all'uomo tutta la ve;

che si pu mai conseguire intorno alle azioni umane il secondo, nell'attribuire valore di pensamento universale ai concetti empirici sui quali il calcolo economico si fonda;
e
il

terzo, nel

mutare

in realt le finzioni escogitate per lo

stabilimento del calcolo.


Negazione della lito1

Meno dannoso
rore pi radicale:
le posizioni

il

primo dei
leali

tre

che rappresenta

l'er-

per la ragione altra volta detta, che

sofia per l'e-

conomia.

erronee nette e

sono

le

pi agevoli a sucultori

perare.

Parecchi

rigorosissimi

matematici
lotta

della

Scienza economica impegnano questa


la
e,

disperata con

filosofia, che essi sbefifeggiano come vuota chiacchiera non che sottomettere, vorrebbero addirittura distruggere per sostituirle i metodi dell'osservazione empirica e della

costruzione matematica; nel qual atto vengono poi a caldeggiare (checch protestino in contrario)
e

una

loro particolare

poco consapevole

filosofia

empiristica e matematicistica.

VI.

CONFUSIONI TRA ECONOMIA E FILOSOFIA


quelle pretese
si

251

Ma

la stortura di
i

scorge dalle contradi-

zioni in cui

loro propugnatori s'impigliano, e dallo stesso

furore che

li

anima, che in fondo stizza del non potersi

distrigare dalle contradizioni che

hanno

essi

medesimi

fatto

sorgere col loro procedere mal accorto. Per nostra parte, a


quegli egregi economisti, purissimi e matematicissimi, vor-

remmo

dire, se

con ci non
:

si

venisse a versare olio sul


la

fuoco del loro furore


fare. Calcolate, e
Il

Risparmiatevi

pena

di

filoso-

non pensate!
-.

secondo gruppo rappresenta un caso dell'errore emcriticato;

valore

piristico pi volte

proposizioni che
rio, e

si

e ne fanno parte parecchie odono affermare nel discorso ordinail

^jt^ibuiro*
concetti

em-

contro

le

quali ha gi protestato sovente


es.:

semplice

buon senso. Per


gruppi di
fa
si

l'empirica

determinazione di certi
e
felicit

fibrUm^* e protezioni-

atti

umani come

costituenti ricchezza

che vengano considerati come ricchi e

felici indivi-

dui e popoli, che posseggono beni di quella sorta;

ma

il

buon senso ha pi volte risposto che ciascuno felice a suo modo, e che le condizioni esterne non sono prova dell'interna soddisfazione, la sola che sia ricchezza effettiva e
reale.

Anche

la

grande disputa del liberismo

si

riduce allo

stesso equivoco, perch,

quando

si

prende a dimostrare che


che
asserisce di-

col protezionismo si distrugge ricchezza, si fa dimostrazione

efficace solo nel caso

che

la ricchezza,

si

strutta, sia quella per l'appunto della

quale col protezio-

nismo

si

voleva promuovere l'accrescimento;

ma non

si

dimostrato poi nulla, se (come accade) in questione una


diversa qualit di ricchezza, che pu giovar di acquistare

anche con

la

perdita o distruzione dell'altra.


politico

Un

popolo

pu avere interesse
suo territorio
delle navi,
gli

militare a mantenere nel

la

coltivazione del grano o la costruzione

anche se ci venga a costargli pi di quel che


e

costerebbe provvedersi di grani e navi dall'estero;


rigore,

in questo caso, a

non

si

deve parlare

di

distru-

252
zione,

LE DUE FORME PRATICHE

L'

ECONOMICA E

l'

ETICA
(la

ma

piuttosto

di

acquisto di ricchezza
si

bramata

sicurezza nazionale), che


costruzioni navali.

paga
i

col caro del

grano o delle
ebbe

Quando

concetti empirici del liberismo

furono innalzati a leggi di

natura
di

(di ragione),

si

una
lute
gli

ribellione

contro gli economisti;

onde fu messo in

chiaro

che quelle

leggi

natura

non erano assocontingenti; e che

ma

empiriche, ossia
le

fatti storici e

economisti che

ravano non da scienziati


in

nome

e col

propugnavano in modo assoluto, opema da politici, e facevano valere pretesto della scienza (se non per propoo, se si

sito,

almeno per suggestione inconsapevole,


popoli.

vuole,

per mero caso) gl'interessi particolari di certe classi o di


certi

la

ribellione coglieva giusto;

bench poi

cadesse

nella

inconcludenza dello storicismo, e negasse


le leggi

addirittura, per odio contro quelle false applicazioni pratiche, gli

schemi e

dell'Economia, che sono natu-

rali in ben altro senso, ossia

come

definizioni nominali,
dell'

epper inconfutabili. Gli schemi astratti


sufficienti

Economia,

in-

sempre a chiudere la ricchezza del reale, por-

gono
egli

nient' altro che

uno strumento a
altri

chi

si

accinga alla

concreta osservazione storica e sociologica, per la quale


poi deve giovarsi di molti

strumenti

insieme.

Donde l'importanza, per


crete,

es., della scuola del

teneva conto, nello studiare


della
religione,

le

Le Play, che condizioni economiche confamiliari

dei

sentimenti

e politici

e di tutte le altre cose connesse con quelle; e di qui an-

che
al

la riconosciuta necessit di far seguire

(come

si

dice)
si

metodo

analitico

il

sintetico, ossia
le

(come meglio

dii

rebbe) di lasciare da banda

astrazioni nell'affrontare

problemi della
8.

vita, e percepire

direttamente la vita stessa.

Trasfordel-

Ma

caratteristico di
jj^

una

filosofia,
'

che entri in ibrido conil

mMione

le finzioni
di calcolo in
realt.

j^^^jj^ ^.^j^

Scienza economica,

tramutare in realt
si

effettiva quegli

schemi quantitativi, dei quali

veduta

l'origine

artlftziosn.

Non

avvertita o

dimenticata nel so-

VI.

CONFUSIONI TRA ECONOMIA E FILOSOFIA

253

guito codesta origine, accade che dei teoremi del Gossen,

per

es.,

circa la decrescenza dei piaceri

si

oda discorrere

come

di

leggi fondamentali della

sensibilit

umana

>

che quel tale homo ceconomicus, costruttore di diagrammi


e calcolatore di gradi
zioni, sia creduto di
utilit

e di

curve di soddisfaesistente. Dall' in-

un animale realmente

debito trasferimento degli schemi economici nella Filosofia


della pratica derivano alcune false concezioni, gi
rifiutate,

come quella

di

da noi una scala di valori, che l'uomo


l'alsi

volitivo
tra,

avrebbe dinanzi in ogni sua deliberazione, e


tra

dell'imbarazzo in cui quell'uomo

troverebbe per la
e,

scelta

da compiere

due beni eguali;

infine,

il

pregiudizio che l'uomo


effettivamente egli

voglia le cose, laddove ci che vuole non sono gi cose, ma azioni. I


tratti

paragoni, metafore e simboli,

dall'Economia e adoprocedimenti del

perati nel discorso ordinario, conferiscono alla fallace cre-

denza, che

le

costruzioni matematiche e
i

calcolo economico siano

procedimenti reali della psiche

o dello Spirito.

La quantificazione
di

degli

atti

volitivi,

scambiata per
all'

ii

preteso

fatto reale e introdotta in filosofia,

ha dato origine

idea

^^^'^^

^|
e
le

piaceri e dei
dolori;
^'*

un calcolo dei piaceri e dei dolori, e di un bilancio della vita da impiantare con le partite del prpiaceri e della perdita in dolori.

f"!'"f

fitto in

si

vaneggiato pessimismo.

altres di

una doppia misurazione

dei piaceri

da condurre

secondo l'intensit e secondo la durata.


reale, nel

Ma
il il

l'uomo
proprio
proprio

momento
e,

in cui gode,

ha innanzi solo
soffre,

godimento,
dolore;
il

nel

momento

in cui

solo
si

passato passato, e la vita non

configura

come
ciale.

le partite del

dare e dell'avere di un'azienda commer-

L'uomo economico
fra'

quel che

reale dice veramente a s stesso Jaco pone cantava in una sua laude:

Tant' mio,
quanto
io

godo

do per Dio!

254

LE DUE FORME PRATICHE


sofismi che

L'

ECONOMICA E

L*

ETICA

da quella
;

falsa

concezione prendono con-

sistenza, sono stranissimi

e valga per tutti quello del Leo-

pardi nel suo dialoghetto col venditore di almanacchi. Nes-

suno vorrebbe ripercorrere


quel dialogo suggerisce)
i

non perch (come dolori superino sempre i piaceri,


la

sua

vita,

ma

piuttosto perch l'uomo

non

secondo falsamente
creatore di vita
;

si

crede, consumatore di piaceri,

ma

e gli
il

ripugna l'idea di rifare


percorso, di rivivere
si
il

il

gi fatto, di ripercorrere

gi

passato, ancorch questo fosse (come

suol dire) tutto contesto di piaceri, perch egli aspira

sempre e solamente all'avvenire. L'ottimismo e il pessimismo, non riuscendo rispettivamente a negare del tutto
il

dolore e

il

piacere, sono costretti, per difendere le loro

preconcette conclusioni, a ricorrere a codesti calcoli e bilanci; e, ci facendo,

cadono di

Scilla

in Cariddi, e

sve-

lano, entrambi a

un modo,

la loro indole sofistica.


filosofia

Invero una

filosofia,

che calcola, una


e,

che

bamboleggia o rimbambisce;
sare, ai
sate, e
filosofi

se

gi agli economisti e

matematici abbiamo raccomandato di calcolare e non peninvece bisogna che ora diciamo:

Pen-

non

calcolate!

Qui

incipit

numerare, incipit errare.

VII
ANNOTAZIONI STORICHE

concetti

dell'utile

del

morale, e

gli

sforzi

che

si

tentarono o per annullare l'uno nell'altro o per distinguerli

riconoscendo

il

carattere proprio di ciascuno e le reciproil

che relazioni, formano


Etica.

problema intorno

al

quale

si

tra-

vagliata la Filosofia della pratica in quanto Economica ed

stato mai, questo problema, risoluto, nel suo tutto,

in

modo

soddisfacente ? Sar lecito dubitarne quando

si

os-

mancato fino ai giorni nostri, e che, di conseguenza, anche quello della moralit doveva mancare, cio non poteva essere determiservi che
filosofico dell'utile

un concetto

nato con sufficiente chiarezza, perch oscuro restava

il

ter-

mine dal quale esso si distingue e col quale si congiunge. I. Che l'Etica greca sia etica utilitaria stato affer mato assai di frequente; ma non si avverte qualcosa di ^ ^ eccessivo, e come una sorta di prepotenza o di rozzezza, nell'applicare quella definizione ai documenti che ci rimangono del pensiero antico ? Vero che Socrate poneva a supremo concetto etico l'utile e identificava la vita buona
'

L'Etica gre?^ * '*.*"* ingenuit.

con l'eudemonia;
dal

ma

quell'utile era per lui

cosa diversa

mero piacevole o

utile individuale: era l'utile

dell'uomo
assai alla

in quanto uomo, e la sua

eudemonia somigliava

tranquilla coscienza di colui che adempie ai propri doveri.

256

LE DUE FORME PRATICHE: L'ECONOMICA E

L'

ETICA

Vero che Platone espone (nel Protagora e altrove) la dottrina che le cose buone non sono altre che le piacevoli, e
le cattive quelle dolorose;

ma

questa dottrina

gli

serve a

comprovare l'affermazione che l'uomo non fa il male se non per ignoranza e perch il male gli appare bene: senza
dire che in
altri

dialoghi

lo

stesso

filosofo
il

riconosce la

distinzione tra piacere e bene.


dei pensatori greci

Neanche

pi sistematico

potrebbe essere, a cagione della sua

dottrina della felicit, considerato senz'altro

come

edonista,

eudemouista o
fine

utilitario:

la

felicit

il

sommo

bene,

a s stessa;

ma

nella felicit gi inclusa, per Ari-

stotele, la virt, nella

quale l'altra non sta come aggiunta


i

ma come
necessari,

intrinseca, e alla quale

beni esteriori sono bens


dev'es-

ma

solo

come strumenti. L'uomo virtuoso

sere

amante

di s (qiXaajTog);

ma

per ci appunto dev'essere


proprio, pronto a cedere
s stesso nel
si-

giusto, temperante, liberale del


agli amici onori e uffici, ossia

gnificato alto

della

amante di parola (atnante non

dell'io empirico,

ma

del

metempirico): diversamente dal malvagio, che


stesso.

nemico di s
Epicuro
quale
si

persino a collocare tra gli edonisti


si

prova qualche ritegno, quando


fine,

ricordi che

il

piacere epicureo non

ma mezzo

per la calma, la

il vero bene; e la calma tranquillit di spirito, un bene che solo l'uomo virtuoso pu godere. Sembra dunque pi conforme alla verit storica considerare l'Etica greca, nel suo carattere generale, non gi come eudemonistica e utilitaria, ma anche qui, nel nuovo

problema che
di sopra

si

ha dinanzi

(al

modo

stesso che

si

fatto

proposito
il
il

dell' intellettualismo

pratico),

come

ingenua; perch
moralit non fu
dispute,

problema del rapporto

tra utilit e

punto centrale delle indagini e delle


nei tempi moderni, n su di esso
si

come accadde
le

divisero

diverse scuole.

Lo

quali

(e

gi

si
si

notato nel

discorrere circa la dottrina delle passioni)

divisero piut-

VII.

ANNOTAZIONI STORICHE

257

tosto nelle regole di vita che ciascuna di esse prese a rac-

comandare
naici,

di preferenza. I contrasti dei cinici e dei cire-

degli epicurei

degli

stoici

hanno riscontro

solo

apparente con quelli dei rigoristi e degli edonisti, dei moralisti e degli utilitari, sorti dalla distinzione

che fu posta

esplicitamente nei tempi moderni

tra

dovere e piacere.
utilita-

Per ritrovare nella cultura greca l'atteggiamento


ristico

bisogna ricorrere, tutt'al pi, a qualche retore, in-

differente sostenitore dei pi opposti paradossi

(Cameade),

o a quei Callidi e Trasimachi, stupendamente effigiati nei

dialoghi platonici.

quali poi

non erano

filosofi,

ma

uo-

mini di mondo, recanti l'impressione immediata e violenta


delle lotte della vita, e
conflitto

per questo appunto entravano in

con Socrate

filosofo,

che

essi

trattavano quasi burfanciullo,

lone e

dicitore di paradossi o

compassionavano
i

anzi lattante, e gli opponevano (come


i

politici di tutti

tempi hanno opposto e opporranno

ai filosofi),
si

che non

intendeva nulla di politica. Nondimeno

riconosca pure,

se cosi piace, nei sofisti, negli edonisti o negli epicurei

un

barlume del posteriore utilitarismo; o negli


loro concezione della vita

stoici

e nella

come guerra contro

le passioni

un accenno

dei futuro rigorismo e asceticismo; o in certe

discussioni, rimaste pi o

meno

inconcluse, dei dialoghi di

Platone circa

il

rapporto di bene e piacere, mia prima idea

delle discussioni diventate

tormentosissime nei tempi modimentichi che

derni sui medesimi argomenti: ma, in ogni caso, in questi

ravvicinamenti e riconoscimenti non


tratta di

si

si

barlume e non
e non,

di luce viva, di contrasti


i

vagadise-

mente accennati
II.

come

nostri moderni,

ben

gnati e spiccanti.

La

posizione recisa e quasi violenta del contrasto importanza


il

del Cristianesimo, fu opera ^

a questo quale -i T.

modo

conce-

*ii

C""^"*-

nesimo per
I'EHc.

pendo come insociabili piacere e dovere, natura e moralit, rese gran servigio non solo al progresso generale della ciB. Croce, Filosofia della pratica.
17

258
vilt,

LE DUE FORME PRATICHE: L'ECONOMICA E

L'

ETICA

ma

anche

in particolare a quello dell'Etica.


l'et

su quepoi

sto punto giova insistere, perch

moderna dov

reagire contro quella scissione, e

le

piacque di conseguenza

considerarsi e denominarsi anticristiana e pagana; e la sua

poesia e la sua arte espressero sovente


l'odio contro
il

l'aborrimento e

tenebroso Medioevo e

il

triste Cristianesimo,

e sospirarono e rimpiansero la Grecia

perduto,

la

risalutarono giubilando
le

come un paradiso come un paradiso

riacquistato.

Ma
la

reazioni sono reazioni e la poesia

poesia:

il

genere

umano non
del

torna mai sui propri passi,

quantunque
dai
cuori

sua fantasia soglia spesso adornare l'avpassato.

venire coi ricordi

Anche

la

Grecia amata Hegel,


fu

moderni,

dal

Goethe o dallo

una

Grecia nuova, pi ricca e pi intensa che non quella di


Aristotele o di Sofocle, perch profondamente

modificata

dal Cristianesimo. E, al pari della vita, non torna indietro


il

pensiero; e se alla conciliazione teorica tra piacere

e dovere, tra utile e moralit bisogner giungere alla perfine,

questa conciliazione sar assai diversa dalla unificasi

zione ingenua o unit indistinta dei due termini, che

loda nell'Etica greca,


itroindirim
r.suiuntiru]'

Del contrasto Cristiano dei due termini tutta fremente


j^jj^.^

moderna
vicini.

dalla Rinascenza

ai

principi del

secolo

rigorismo

e
-

decimonono, e anche (salvo qualche eccezione) nei tempi


^
-^ ^ jj^j

picoioK
amo.

perci ^

si

discernono in essa due indil'altro

rizzi,

secondo che prevalga l'uno o


o
si

termine del conrisolvendola


piacere pel

trasto, e

neghi la moralit per neghi


l'utile

l'utile,
il

nell'utile, o si

per la moralit,

dovere. Quest'ultima l'Etica rigoristica, nata per diretta


filiazione del Cristianesimo e degli

elementi ascetici
figlio

orientali che vi confluirono; l'altra

l'utilitarismo,

anch'esso, sebbene spurio, della distinzione o dilacerazione


introdotta dal Cristianesimo nell'antica unit di dovere e
piacere, virt o felicit. Altre volte

sembra che

il

contrasto

VII.

ANNOTAZIONI STORICHE
si
i

259

sia Stato

composto, e

vede allora

la filosofia della pratica

accogliere entrambi

termini dissidenti;

ma

a questa dot-

trina di conciliazione,

quando addirittura non si sveli all'attento osservatore come larvato utilitarismo o come rigorismo attenuato nell'espressione, non resta altro pregio che
di semplice descrittiva empirica dei cosiddetti principi della

pratica, posti l'uno accanto all'altro senza profonda defini-

zione e deduzione di alcuno dei due.


quello che
dello
si

tale

indirizzo

chiamato di solito

dell'intuizionismo o
manifestazione Hobbes.
il

psicologismo.
ha
la

L'utilitarismo

sua pi cospicua

Spi-

nella filosofia inglese, la quale

pu vantare

maggiore e

'*'

pi conseguente di

tutti gli utilitari,

THobbes, autore della

'.

formola
vera)
simili

in statu naturcB (che quanto dire nella realt


iuris esse utilitatem

mensuram
si

E
lo

poich dottrine

leggono nello Spinoza, anche

Spinoza stato

considerato e criticato
si

come

schietto utilitario;

quantunque
pi risoluto
di costruire

dovrebbe

forse piuttosto dire,


si

con una punta di parail

dosso, che costui


tra
i

sarebbe afiermato come

rigoristi etici, se fosse

mai

stato in

grado

un'Etica. Al che trov ostacolo insormontabile nel suo de-

terminismo, che non permette distinzioni di valori e consi-

dera

il

bene come

l'essere, l'essere nella


il

sua astrattezza, op;

per l'essere di ciascuno,

suum

esse conservare

donde

la

parvenza
Dall'

di utilitarismo

che avvolge l'Etica spinoziana.


L'Etica
^'^^'
in-

Adarao Smith,

Hobbes discendono il Locke, l'Hartley, l'Hume, il Warburton, il Paley, e molti altri, tutti meno coraggiosi ossia meno coerenti di lui. Che se l' Hobbes medesimo coerente al tutto non pot essere, e dallo stato di natura o di guerra fece nascere prima il bisogno e poi lo stato di pace, onde s' introduce una fonte di
azioni intrinsecamente diversa da quella utilitaria, asserita

De

cive, e. I, 10.

260

LE DUE FORME PRATICHE: L'ECONOMICA E


i

L'

ETICA

unica;

suoi seguaci e successori dettero pietoso spettacolo

di sforzi sofistici e meschini per dimostrare questa unit


utilitaria.

Ed

essi chiesero soccorso


il

all'associazionismo ed
si

escogitarono
volta nel
*)

famoso esempio (che

trova per la prima


del reverendo

1731, in

una dissertazione

John

Gay come mezzo


il

dell'avaro che comincia col far provvista di danaro


di
il

godimento, e finisce con

mezzo per

fine;

ed

essi

lo scambiare ammisero surrettiziamente il

principio della simpatia e lo collocarono accanto a quello

dell'egoismo; ed essi, con arte da giocatori di bussolotti,


lo fecero

daccapo sparire, riassorbendolo nell'egoismo, dal

quale lo avevano distinto. L'utilitarismo, che gi nell'Hob-

bes accennava a sconfessare s stesso col riconoscere come

vere leggi non quelle della natura,


{in Scripturis sacris
latce)^,

ma

le rivelate

e che nel

da Dio Locke serbava le

leggi divine accanto alle civili e di pubblica opinione^,


fece

del

palese la sua inanit nell'utilitarismo teologico


e
il

Warburton
l'Hutcheson,
gisti,

del

Paley.

D'altra parte,
altri

lo

Shaftesbury,
e
psicoloo,

Butler,

e gli

intuizionisti

o lasciavano persistere un dualismo insoluto


si

pur
pi

avendo (come
con vario
sottili,

vede particolarmente nel Batler)


si

la

delicata coscienza della moralit,

provavano a dedurla

artifizio dal principio egoistico e utilitario.

Meno

ma

pi conseguenti

si

dimostrarono

materialisti

francesi del secolo decimottavo, l'Helvtius e

il

D'Holbach,

che per questa stessa loro rozza consequenzialit meritano


di esser tenuti in conto.
1

iioBona

i-

All'utilitarismo antietico e allo psicologismo antifilosofico l'Etica rigoristica fece

(lealUtica.

vigorosa opposizione, non solo

con la scolastica tradizionale,

ma

anche con

la

nuova po-

E. Albrr,

hittoryof engliah ntiUtarianiamy Londra, 1902, pp. 26-7.

*
*

Dt

dve,

o. Ili,

g 88.
,

Etiay on human underalaiiding

1.

II, o. 28, 7

sgg.

VII.

ANNOTAZIONI STORICHE

261

lemica del Cudwort, del Cumberland, del Clarke, del Price,


suscitata dalle
si

nuove dottrine

utilitarie.

Al rigorismo etico
(e,

legano

grandi sistematici del Seicento, Cartesio


si

nel

senso che
e poi
testa
il

determinato, lo Spinoza),
la filosofia della

il

Malebranche,
secolo

Leibniz e
i

sua scuola; e una profu mossa, nel

contro

materialisti

francesi

seguente, dallo spirito entusiastico del Rousseau.


l'utilitarismo
si

Ma come
prin-

contradiceva

con l'introdurre un
o
col

cipio
stero,

non
cosi

meramente
il

utilitario

perdersi nel

mi-

rigorismo, unilaterale anch'esso,


nello

finiva col
il

contradirsi,

perch

svolgere

razionalmente

suo

principio
in

si

valeva del principio


utilitariamente
in
s,
il

utilitario

e giustificava

certo

modo

rigorismo,

o altres la-

sciava penetrare
s, l'utilitarismo

relegandolo in un cantuccio di

senz'alcuna mediazione, nella forma del


quel moralmente indifl'erente,

moralmente
che
si

indifiterente: di

era dapprima presentato negli SidqpoQa dello stoi-

cismo, e

perdurava

nelle

molte

eccezioni alla rigorosa

legge morale, che l'ascetismo cristiano era stato costretto

ad ammettere per accomodarsi con


terrena.
III.

le

necessit della vita

La

forza e la debolezza del rigorismo


al

si

scorgono e. Kant,

chiaramente nel maggior sistema etico

quale esso mise

^"^iff^T*!
principio
e*'co rigoroso,

capo: nella dottrina del Kant. Era senza dubbio benefico,

dopo
stica,

oltre

un

secolo di ebbrezza materialistica e utilitari-

di equivoci tentativi per avvicinare e


si
il

congiungere

e contaminare utilit e moralit, che

riaflfermasse alta-

mente
che

il

principio dell'Etica cristiana,


piacere, e gli
si

dovere nettamente

distinto dal
gli

desse quel vigoroso risalto

era mancato nei sistemi di Cartesio e del Leibniz.


di risalto, e
e, in

Perch

non

di

in questo caso;
rigettare
il

verit,

il

nuova invenzione, si trattava Kant non pot radicalmente

leibnizianismo volfiano, n, per vuoto che gli


il

paresse e indeterminato

concetto etico della perfectio, gli

262

LE DUE FORME PRATICHE

l'

ECONOMICA E

L'

ETICA

riasci di

provar mai che quello fosse concetto eudemoni-

stico e utilitario*.

Ma,

di certo, quel concetto

non possedeva

l'energia del dovere e dell' imperativo categorico kantiano,

vero cartello di sfida contro ogni forma di morale eierono-

ma. E, dopo la polemica condotta dal Kant, nessun filosofo serio pu non essere in Etica kantiano , come dopo il
Cristianesimo a nessuno, che non fosse stravagante o parolaio, fu lecito essere

non

cristiano. L'azione

morale non ha
la

altro

motivo che
(diceva
il

la

morale stessa: promuovere


ancor meno
fornire

propria

felicit

Kant) non pu essere mai


e
il

immediaprincipio
di

tamente
tutti
Contradizioni del
i

dovere,

doveri.
difetto
^^

Il

del

Kant nasce
del

dal non
'

aver indagato a
e dell'utile,
'

Kant
con-

circa

f^^^^

natura

il

piacere, ^

della

felicit

cetto dell' u'

Stimando di essersi reso libero da questi oscuri e sgradevoli concetti col rigettarli che egli in una categoria ^ o e chiam d'imperativi ipotetici e contrappose ai categorici. Ora noi sappiamo che l'imperativo di quei concetti

*'

prudenza,
della
felici-

t, ecc.

non

meno

categorico dell'imperativo morale, ed un


le co-

vero e proprio imperativo da non confondere con

noscenze di esperienza che, in vista della pratica assu-

mendo
rativi

aspetto di tecniche,
tecnici.

si

dicono per metafora

impeal

ci

in

certo

modo non

isfuggiva

medesimo Kant, perch egli sottodistinse gl'imperativi ipotetici in problematici e assertori, i primi dei quali
sarebbero tecnici e darebbero luogo alle regole dell'abilit (Geschicklichkeit),
tici e
si si

ma

secondi sono invece

pramma-

esprimono nelle regole della prudenza. E qui


quali
il

notino gl'imbarazzi nei


il

non volere riconoscere


degli

carattere

Kant s'impiglia per autonomo di codesti

imperativi a paragone dei morali, e la categoricit cosi

uni

come

degli

altri.

Gl'imperativi della prudenza

Orund.

d, Metaphy. d. Sitlen, p. 70.

VII.

ANNOTAZIONI STORICHE

263
si

e della felicit (egli dice) concernono

uno scopo che

pu supporre come reale presso


(in

tutti gli esseri

ragionevoli

quanto a

essi, in qualit di esseri

dipendenti, conven-

gono gl'imperativi); e quindi un'intenzione, che essi non solo poss.ono avere, ma da supporre con sicurezza che

abbiano secondo una


l'intenzione
della

necessit

di

natura,

vale a
(si

diro

felicit.
fine

Concernono dunque
di

do-

vrebbe concludere) un

non meno reale

quello etico.

Ma

Kant avverte subito il pericolo dell'argomento, e cerca soli storcerli di nuovo a imperativi che concernerebbero
il
i

mezzi.

L'abilit (egli continua) nella scelta dei mezzi pel


si

proprio benessere
perativo, che
si

pu chiamare prudenza; epper l'immezzi per la proprecetto della prudenza, sempre ipo-

riferisce alla scelta dei


il

pria felicit, cio


tetico;

l'azione

non viene comandata assolutamente,


altro

ma

solo

come mezzo ad

intento

chiaro che poter

chiamare

prudenza
felicit
si

quell'abilit o

conoscenza non basta

(poich questione di uso di parole) a cangiare l'imperativo della


di codesto in

avvede

il

mera abilit e conoscenza. E anche Kant e aggiunge: Se fosse facile


felicit,

dare un concetto determinato della


della

gli

imperativi
quelli

prudenza coinciderebbero del tutto con


e

del-

l'abilit

sarebbero altres analitici. Giacch


chi vuole
lo

qui

come
al-

col

si

direbbe:

scopo vuole anche (necessai

riamente, in conformit della ragione)


l'uopo
cetto
si

soli

mezzi che
il

trovino in suo
felicit

potere. Disgraziatamente,

con-

di

cosi

indeterminato che, sebbene ogni

uomo desideri raggiungerla, non pu tuttavia dir mai, in modo determinato e d'accordo con s stesso, quel che propriamente e' desideri e voglia. La ragione , che gli elementi appartenenti
empirici, cio
al

concetto

della

felicit,

sono

tutti

insiememente per l'idea della

debbono essere presi dall'esperienza; e che felicit si richiede un tutto assoluto, un massimo di benessere nel mio stato presente

264

LE DUE FORME PRATICHE: L'ECONOMICA E

L'

ETICA
si

e in ogni stato fataro>. E, per vero, in che mai


la felicit: nella ricchezza? nella

riporr

conoscenza? nella lunga

vita? nella buona salute? Nessuna di queste cose scevra


di pericoli.

Insomma, non

possibile determinare, secondo

un

qualsiasi principio, con piena sicurezza, ci che rendesi

rebbe l'uomo veramente felice; opper non

pu operare

per questa parte secondo un principio determinato,

ma

solo

secondo consigli empirici,

e,

per la medesima

considera-

zione, gl'imperativi della prudenza, a

parlar con rigore,

Come si vede, il solo ed effettivo non comandano nulla. argomento del Kant contro l'ammissione degl'imperativi
categorici del benessere,
dell'utilit,

della

felicit

il

che

non non

si

sa precisamente che cosa queste cose siano:

che

lo facultava

a escludere quegli imperativi o a ridurli a

pseudoimperativi, a imperativi ipotetici e a regole empiriche. In altri luoghi delle sue opere,
il

Kant tende

all'altra

soluzione, di escludere dalla ragion pratica pura le


della prudenza,

massime

perch

sono massime dell'amor proprio


ragion pratica empiricamente, anzi
posto che per lui ogni
e indipendente da

(Selbstlieb), ossia della

patologicamente determinata;

piacere, precedente alla legge morale

questa, patologico, ossia appartiene al senso e alla facolt appetitiva inferiore,

non
il

alla

ragione e alla facolt

superiore.

pi riprese

Kant torna su questo punto,


argomenti, ai quali

e sempre con gli stessi imbarazzi e contradizioni, docu-

mentate

altres dalla molteplicit degli


'.

fa ricorso
Errori ohe ne

Ma

la discouosciuta
si

autonomia
al

dell'utile, della felicit,

derivano nella sua Etica.

del benessere

vendica
si

suo

solito,

perch, introdotta
indebito.
il

surrettiziamente,

fa poi valere in

modo

Onde

accade che

il

Kant, da una parte, foggi

mostro delle

Grundl.

cit., p.

86 sgg.; Kr. d. praht.

Vern., pp. 16, 21-8, 43, 145;

cfr.

Melaph.

d. Sitt., pp. 208-9.

VII.

ANNOTAZIONI STORICHE
dall'altra

265
tutto

azioni disinteressate, e
il

non escluda del

concetto del

permissivo

o delle azioni

moralmente

sidio

indifferenti^ Parimente accade che, serbato da lui il distra virt e felicit, e considerata vana la pretesa
stoici

degli

e degli epicurei di comporlo in questa vita,

egli sia tratto

a postulare l'esistenza

di

Dio e dell'immor-

talit dell'anima, e

a fare della virt un mezzo per renfelicit


>

dere l'individuo

degno, in un altro mondo, della


gli

che nella vita terrena


kantiano (scrisse
elle

sfugge.

Il

freddo

dovere

lo

Hegel) l'ultimo troncone indigesto


> 2.

la

rivelazione ha lasciato alla ragione e che pesa a

questa sullo stomaco


cosi profondamente

Per conseguenza l'Etica del Kant,

diversa dall'utilitarismo nella ispira-

zione e nelle tendenze, pur dava in ultimo la


litarismo (per lo

mano

all'uti-

meno a

quello teologico), perch tornava

anch'essa a dichiarare inconcepibile l'obbligazione morale

senza l'idea di un Dio che premi e punisca in un'altra


vita,

stimava insieme

Dio e l'immortalit dell'anima


se

come non altrimenti affermabili preme esigenze morali. Al pari


rismo morale astratto
IV.
si

non in forza

delle suil

dell'utilitarismo,

rigo-

perdeva, dunque, nel mistero.

dir vero, nel pensiero anteriore Addentellati opportunit a svolgere un concetto filosofico ^" "* ^^' " losofia deldell'utile; ma il Kant le lasci cadere tutte. Notando l'economia,
al

Non mancavano, a
le

Kant

solo di passaggio, e senza dar loro soverchia importanza o

valore suggestivo, alcune classi di virt, dall'Etica greca


passate nella cristiana,

come

la

fortezza o

la

prudenza,

che erano virt genericamente economiche e non particolarmente morali; e altres certi acuti aforismi di psicologi
e moralisti (per es.

Il y a des hros en vial corame en bien Ce n'est pas assez d'avoir de grandes qualits, il en faut
: ;

Metaph. d. SUL, pp. 22, 23, 246.


Gesch. d. PhL, III, p. 535.

266
La
facolt

LE DUE FORME PRATICHE: L'ECONOMICA E


;

L'

ETICA

avor l'conomie
connaUi'e
le

La souveraine

habilit consiste

bien

appetitiva

prix des choses, ecc.

*);

una

prima oppor-

tanit era offerta da quella

facolt inferiore di appe-

tizione, che la

filosofia

volfiana accolse dalla tradizione

platonica, aristotelica e scolastica-. Facolt parallela alla


facolt inferiore di conoscenza, che
la

medesima

filosofia

aveva col Baumgarten tentato


far volgere
il

di

di scienza indipendente, l'^sthetca',

conformare ad oggetto il che avrebbe dovuto

pensiero a un'analoga conformazione della


ori-

corrispondente facolt pratica, la quale avrebbe dato

gine a una (Economica o Ethica inferior (come l'Estetica


era stata definita Gnoseologia inferior).
perfino l'Estetica
di

Ma

il

Kant

rifiut

nuovamente trovata, in quanto scienza una speciale forma teoretica, scienza dell'intuizione o della fantasia, ponendo invece da una parte un'Estetica
l'altra

trascendentale o dottrina dello spazio e del tempo, e dal-

una

Critica del giudizio o dottrina della

finalit

(;

moralit, simboleggiate

nella

natura^;

cosicch entr in

grandi impacci quando volle poi stabilire un'analogia tra


le

forme della ragion pratica e quelle della teoretica*. E,


la partizione della facolt

pur serbando
di quella

di

appetizione in

inferiore e superiore (untere

und
si

obere BegehrungsvermOgen),

inferiore, come
filosofico.

detto, egli

non colse mai

il

vero concetto
Il

problema
il

Una seconda
poi,

opportunit sarebbe potuta sorgere dalle

dell politi-

trattazioni dottrinali che,

segnatamente dal Machiavelli in


alla
politica

ca e
""'*

mii-

chiavelli-

erano

state

rivolte

come

attivit

indi-

pendente

dalla

morale

che

statuivano quei precetti,


empirici,
della

che

abbiamo gi

qualificati

come

ra-

La AoctiBFOUCAULD, Maxime
Chuck,
Estetica'',

(ed. Garnier),

nn. 159, 185, 224.

5.S4,

Wot-K, Piych. emp., Francof. et Lipsise,


pp. 802-U.

17;1S,

880.

3
<

Kr.

d. prakt.

Vern., pp. 79, 108.

VII.

ANNOTAZIONI STORICHE

267

jjion di Stato ;

perch, per empirici che questi fossero, proil

ponevano nondimeno
e politica, cio se

problema dei rapporti

tra

morale
te-

codesti due termini

potessero mai

nersi

immediatamente
si

identici. Il pensiero del Machiavelli


tutti si

in particolare

presentava come un enimma, che

provarono a interpetrare nelle pi varie guise, per


vituperando,
talvolta

lo

piti

difendendo con

sottili

ragioni

(tra

codesti difensori
frutto,

si annovera lo Spinoza*), ma con iscarso non essendosi inteso il valore spirituale della vo-

lont

utilitaria,

considerata per s e

senza interferenza
concetto (De

della ulteriore

determinazione morale. Solamente quando

s'intravvide in qualche

modo

quel

difficile

Sanctis), cominci la vera critica e giustificazione

insieme

del Machiavelli;
larsi, l'opera del

come

tutte le volte

che esso torn a ce-

segretario fiorentino
del

non

si

sottrasse alla
(Villari)
^.

pi o

meno severa condanna


lui

moralismo

Il

Kant anche
tra le

nello

scritto

sulla

Pace perpetua

tratt

della morale in relazione con la politica, e gli

parve che

due non

fosse

possibile

dissidio,

tranne che non

s'intendesse per politica una dottrina di

prudenza, una

teoria delle

massime per
gli

la scelta

dei

mezzi pi adatti
,

a conseguire
si

scopi del proprio vantaggio

ossia
^:
il

non

negasse del tutto l'esistenza di una morale

che era
diffcile

una maniera troppo


problema.

facile di porre e di risolvere

Una

terza opportunit, finalmente, era contenuta nella


filosofi

La dottrioa
p^s'''f"^

difesa delle passioni, iniziata dai

del

secolo

deci-

mosettimo e particolarmente dal Vico. Perch


1

le passioni,

Tract. theol., e. IV, 7.


Cfr. Croce, in

Db

Sanctis, Scritti vari (Napoli, 1898),

I,

pp. xiv-

XVI, pref. (e ora nel voi.

Una

famiglia di patrioti, ecc., Bari, 1919,

pp. 178-80).
3 Ztiin

ewigen Friede, in Werke, ed. oseukrauz-Schubert, VII, P.

I,

p. 370.

268

LE DUE FORME PRATICHE

L*

ECONOMICA E

L*

ETICA

se in genere sono l'attivit stessa volitiva considerata nella

sua dialettica, rappresentano


o
Ci

poi,

rispetto

all'universale

che la moralit persegue, l'animo rivolto


all'utile.
si

al solo particolare

vede appunto nel Vico, e meglio ancora nello Hegel, che pone il momento della particolarit
o della passione necessario per la concretezza dell'universale.

E come

pel Vico le passioni

compongono l'uomo, che


dirsi

la moralit dirige

ma

del quale essa non pu n deve conutilit

vellere la natura,

e le

non possono

per s

prese n buone n cattive ( utilitates ex se neque turpes

neque honestce, sed earum ncequalitas


litas

est turpitudo, cequa-

autem honestas

*);

cosi

del

pari per

lo

Hegel

la

passione, a cagione del suo

carattere formale,

non

buona n

cattiva, ed esprime soltanto che

un soggetto ha

collocato in

un determinato contenuto

tutto l'interesse vi-

vente del suo spirito, dell'ingegno, del carattere, del godimento. Nulla di grande pu essere compiuto, n stato

compiuto mai, senza passione; e solamente una moralit


morta, e troppo spesso ipocrita, pu infierire contro questa

forma

spirituale. L'universalit del contenuto etico


il

ha

nel soggetto
l'eticit nel

suo elemento attivo; e l'immanenza dele, col

soggetto produce l'interessamento


la

domi-

nare tutta intera


Herei
rnn''*
e
II

soggettivit efficiente, la passione -.

Anche osservava

in altro

luogo:

La

morale non deve

**^'

^*^ '* disdegnosa verso l'utilit, perch ogni

buona azione
qualcosa di

nel fatto utile, ossia ha realt ed

eflFettua

buono: una buona azione, che non fosse


l'irrealt del bene.

utile,

non sarebbe
deve avere

azione e non avrebbe realt; e l'inutilit l'astrattezza e

Non

soltanto
il

si

pu,
utile
si

ma

si

la coscienza dell'utilit:
lit

non

significa altro se

buono non che

a sapere, e l'uti-

ha coscienza della

De uno

unti), iurta

principio, g 46.

Ene.f % 474, e cfr. altri luoghi oit. di sopra, p. 196.

VII.

ANNOTAZIONI STORICHE

269

propria azione. Se questa coscienza fosse biasimevole, sa-

rebbe biasimevole
azione

altres

conoscere la bont della propria


la rivendicazione delle
l'ufficio dell'utile.

^ Per

tal

modo, attraverso
ditto,

passioni, lo

Hegel veniva rivendicando

Se

il

Kant non aveva

importanza

al

problema delle

Fichte e

l'e-

passioni n inteso le suggestioni teoretiche che ne prove-

i*^f,*'f*
kantiana,

nivano,
espose

il

Fichte invece, rielaborando la filosofia kantiana,

il

rapporto tra piacere e dovere in

modo

assai pros-

simo

al vero.

All'uomo morale

egli faceva precedere l'uo-

mo empirico,
grado empirico

che corrisponde
Fichte

per l'appunto a quello


o economico.

che noi diciamo meramente


(il

utilitario
si

nel
la

domandava), quale sar

massima da seguire nell'azione? Non operando nella coscienza empirica altro impulso se non il naturale, che si volge solo al godimento e ha a proprio motivo il piacere, quella massima non potr essere se non di scegliere ci che promette il piacere maggiore per intensit ed estensione: che la massima della propria individuale felicit. La quale, per virt degli impulsi simpatetici, potr essere
cercata anche
l'azione rester
e
il

nella

felicit

altrui;

ma

fine

ultimo del-

sempre

la soddisfazione di quegli impulsi,

piacere che ne nasce, ossia la felicit propria. L'uomo,

in quel

primo grado, nient'altro che un animale intel.

ligente
cadrebbe

Ma

se in quel
il

primo grado l'uomo


lo

si

soffermasse,

in colpa;

dovere

spinge a salire a un grado

nel quale sar libero


rialiter, al

non solo formaliter, ma anche mategrado della moralit^. L'importanza di questa


il

dottrina fichtiana sta nel considerare

primo grado non

come condizione patologica dello spirito o come quella mera conoscenza tecnica di cui parlava il Kant, ma come libert formale. Ma il Fichte non sembra consapi
i

Gesch. d. PhiL, II, pp. 405-6.

System der Sittenlehre,

p.

180 sgg.

cfr. p.

15.

270

LE DDE FORME PRATICHE

L'

ECONOMICA E

l'

ETICA

pevole della fecondit di questo suo pensiero, n certo

seppe farlo fruttare.


Il

problema

V. Coi

filosofi

ora ricordati

si

esaurisce la genialit in-

deii'utiie e
t nei pan-

yg^tiva dell'Etica moderna, perch quelli che seguirono


riprodussero su per gi
le

vecchie dottrine.
'

alcuni,

pur

aaton del
nono.

se-

colo decimo-

accettando la morale kantiana, vollero temperarla e correg'^

geme

le

esagerazioni: la qual cosa era dato conseguire solo

merc una pi profonda visione speculativa del rapporto


tra piacere e bene, utile e morale,

ma

essi

credettero di

ottenerla per le spicce col trattare nei loro libri

anche

del
lei

piacere e della

felicit, e col

porre accanto all'Etica o a


(in

subordinata un'Eudemonologia
smini). Gi ai tempi stessi del

Italia:

Galluppi e Ro-

Kant

lo Schiller si era accorto

dell'unilateralit kantiana, e l'aveva fatta oggetto di critica

e di

epigramma; il che non vuol dir che ne avesse veramente e propriamente corretto l'errore. Altri tornarono alle
enumerazioni e giustapposizioni dei principi pratici
;

e lo

Schopenhauer colloc accanto all'egoismo


bart,

la

compassione,
lo

geminantesi a sua volta in benevolenza e giustizia; e

Her

pur

escludendo

l'utile,

perch,
*,

come

diceva,

ha

un punto

di riferimento

esterno

distinse

cinque idee
altro,

pratiche, che

non

tutte sono

propriamente morali. Per

come inconsapevole affermazione

della necessit del princi-

pio economico lo studio delle idee pratiche herbartiane

non

sarebbe privo di qualche insegnamento;


di quelle idee, la
^

e, infatti, la

prima

libert interiore, consiste nel potere


le

che ha l'uomo di adeguare con


che
si

proprie forze

il

modello

propone, ed libert,

ma non

ancora libert morale.


(dice lo Herbart)

Potersi determinare

secondo motivi

gi
i

un segno di salute psichica: determinarsi secondo migliori motivi condizione della moraljt". La

Einleitung, Q 82 (trad. ital., p. 102).

Op.

oit.,

128 (trad.

ite!.,

p. 172).

VII.

ANNOTAZIONI STORICHE

271

seconda delle idee pratiche, quella della perfezione,


la

volont per s considerata (quasi combinazione delle


fortezza e della
og"getti;

virt elleniche della

temperanza) e
vari voleri se
si
il

in-

dipendente dai

suoi
altra

nella

quale considerazione
i

non pu esservi
la loro forza, e

differenza tra

pi questa grande, e pi
il

non ammira: al
anche

giudizio pratico spiace

debole e piace

forte,

quando

sia ingiusto, iniquo e


11

malvagio, cio a dispetto di

questi demeriti ^

Lotze, seguendo lo Herbart, afferm

nella sua Etica che le azioni

debbono essere per un verso


per
le

possibili, energiche, coscienziose, e

l'altro conseguenti,

abituali, individuali, e avverti


si

che

due

serie di predicati

applicano indifferentemente alle azioni morali e alle im^.

morali

Degli utilitari e intuizionisti postkantiani ino tedeschi non


al

glesi e dei loro imitatori francesi, italiani

mette conto parlare, perch quanto notevole


l'apparizione di un

suo tempo

sbury o
fuori

di

Hobbes o di un Hume, di uno Shafteun Hutcheson, tanto scarsa d'interesse quella


di

tempo
e con

un Bentham

e di

uno Spencer, baloccantisi


si

con l'utile e l'interesse beninteso, e con l'associa-

zione

l'evoluzione (che
la

trasformerebbe in utile

sociale), e

col

doppio principio dell'egoismo e dell'altruisconclusionatezza

smo. Lo Stuart Mill (con


lui

mentale a

consueta e che a molti sembrata acume ed equilibrio)


i

osserva che

piaceri morali differiscono dai sensuali

non
utili,

solo in grado,

ma anche

in

genere e qualit
di

(iti

kind); e

che

la giustizia

una

classe

azioni

socialmente

che suscitano sentimenti diversi anch'essi da quelli delle


altre

e qualit.

utili, non solo in grado, ma anche in genere Insomma, la Filosofa della pratica nel corso del secolo passato non seppe progredire, e neppure tenersi

azioni

Allg. prakl. Fhil., p. 35.

Grundzge der

Ethilc,

%% 12, 14.

272

LE DUE FORME PRATICHE:

l'

ECONOMICA E

l'

ETICA

all'altezza delle dottrine del Fichte e dello Hegel, nelle quali

era per lo

meno intraveduto
si

il

rapporto di primo e se-

condo grado pratico e


eticit.

tendeva a conciliare passione ed


del suo carattere

Unione

e-

VI.

La Scienza economica, a cagione

strinsecadei-

empirico-quantitativo, non era atta certamente a riempire


la

la Scienza

lacuna e a fornire un pi positivo e limpido concetto del-

economica,
dall'antichit
al secolo de-

pm;iie_

L^ congiunzione

tra

Economia e

Filosofa rimase per ^

un pezzo
rico,

estrinseca, e la

Scienza economica entr nelle

cimonono.

trattazioni di Filosofia della pratica

come materiale empi-

insieme con
si

l'altro

materiale giuridico e sociologico

che in quelle
estrinseco
si

soleva includere. Di siffatto accostamento

potrebbe trovare esempio persino in Aristotele,

che

nell'idrica

nicomachea somministra, com' noto, talune


di

nozioni

sui

concetti

prezzo e di valore.
si

Abbondanti
quali trat-

considerazioni sul medesimo argomento


scolastici (particolarmente

leggono negli
i

in

san Tommaso),

tano sempre nelle loro etiche della CEconomica come dottrina del
tres si

governo della famiglia; e


.

di essa largaaiente al-

discorre in quei

libri

del Sei

e Settecento,

che

presero titolo dal Diritto naturale. Questo raccostamento

per motivi didascalici e di ordinamento accademico porse


occasione
ai

moralisti inglesi
dell'

del

Settecento

di

metter

bocca nelle cose


trascurare
i

Economia, e

agli economisti di

non

problemi dell'Etica.
Saggi

l'Hutcheson svolse la
filo-

scienza economica nella sua Breve introduzme alla


sofia

morale (1747); e

dell'

Hame

si

aggirarono a

volta a volta su argomenti morali e su argomenti econo-

mici; e

delle nazioni,

Adamo Smith fu autore non solo della Ricchezza ma anche della Teoria dei sentimenti morali,
si

quasi due parti di un sistema compiuto di Filosofia della


pratica.

L'importanza degli studi economici


il

era, in

quel
in-

tempo, resa cosi evidente, che


cluderli (crediamo
pel

Buhle no fu mosso a

primo) nella storia della

filosofia,

VII.

ANNOTAZIONI STORICHE
le

273
dello

esponendo a lungo
dello

dottrine

dell'

Hume,
e

Smith,

Stewart,

facendo merito agli scrittori inglesi di


filosofa

avere ridotto a

quella

materia

adoperato

metodo

di

trattazione,

del quale (egli

diceva)

un non c'era

esempio nei secoli precedenti ^ Buon conoscitore degli economisti inglesi,


lo

Hegel rivolse alcuni importanti paragrafi


sistema dei bisogni, ossia all'Ecodibattuto problema sociale (capita-

della sua Filosofia del diritto, e della sezione concernente


la societ civile-, al

nomia.
lismo

Il

non diminuito, anzi accresciuto culto dell'Econoil

mia, e specialmente
e

socialismo),

non

rimasero senza

efficacia

sulle
(se

trattazioni di Etica del secolo

decimonono, nelle quali,

di rado

si

trovano intramesse rigorosamente economiche),


si

assai di frequente

discute o

si

disserta sull'ordinamento

della propriet e della produzione, e sulle relazioni tra la

classe operaia e quella capitalistica.

Ma un legame pi intimo tra non poteva ritrovarsi se non quando ' ^


propriamente detta
a
lei
si

due ordini

di nozioni

Questioni
*i'<'sfiche,

nella Scienza

economica

fosse introdotto, o meglio fosse stato

surrogato,

il

concetto

speculativo

dell'attivit econo-

da una intima ""*" *'*


sorte

pi

mica, inquadrata nel sistema dello spirito. Poich quella


scienza prende a trattare delle azioni

umane

sembra dare
si

norme

sul

modo

di condursi, in

qual rapporto

trova essa

mai con

l'Etica,

che tratta a sua volta delle azioni e d

a sua volta norme?

Codesto

problema

era,

in

certo

modo, gi implicito nell'idea medievale di un iustum pretium da porre accanto al prezzo eflFettivo che si realizza
secondo la conoscenza e convenienza di ciascuno
altres
il
;

forma
e

fondo del dibattito tra

il

concetto

soggettivo

quello

oggettivo

del valore, ossia tra la

considerazione

Oesch. d. neueren Philos. (1796-1804), sez. IV, cap. 18 (trad. frane,

Paris, 1816, V, pp. 432-753).


2

Phil. d. Bechts, 139 sgg.

B. Croce, Filosofa della pratica.

18

274

LE DUE FORME PRATICHE: L'ECONOMICA E

L'

ETICA

puramente economica
morali; tra
il

e un'altra che sia ispirata

da esigenze

valore

che

e quello che, in certo

modo,

deve essere. E cominci


mossa
ai

a farsi pi sensibile nell'accusa

grandi economisti inglesi, agli Smith e ai Rii

cardo, di essere

teorici

dell'egoismo: accusa che,

race ac-

colta e modificata da altri,


cettata

venne cangiata in vanto


dell'ufficio
le azioni

come designazione
e

vero e proprio del-

l'Economia, che sarebbe quello di studiare


nel loro esclusivo
l'astrazione
astratto

umane
poich

aspetto egoistico.

Ma

non

la realt piena, quel falso ufficio, asse-

gnato all'Economia, richiamava l'opera pietosa dei medici


e degli infermieri
;

come

infermieri e medici

si

oifersero

gli economisti francesi (Blanqui e altri), animati dalla

buona
;

intenzione d' insegnare la generosit ai freddi britanni


altro

e,

in

modo,

quelli tedeschi, che vollero indurre


lei la

l'

Economia
alti

a contrizione e risvegliare in
doveri verso
il

coscienza dei suoi

genere

umano

(Knies); per

economisti cristiani e cattolici,

non dire degli che, frammischiando con-

siderazioni etiche alle economiche, credettero purificare o

esorcizzare quella diabolica scienza cresciuta nel

mondo
non

moderno.

di rado, tra fautori e avversari, si


gli
atti

ebbe qualtali,

che sospetto che

economici, in quanto

sono n egoistici n

altruistici,

n immorali n morali; e
la

taluno che volle filosofarvi intorno, se

cav con l'enu-

merare cinque gruppi di motivi delle azioni umane, quattro egoistici e uno solo morale, che sarebbe la ricerca della
soddisfazione della propria coscienza con l'annesso timore
del biasimo (Wagner). Dalle

mani

dei

matematici

il

pro-

blema economico venne


degli
dififerenze

(soprattutto in Austria) in quelle

psicologi, che presero


tra

a ricercare

le

simiglianze e

valori economici e valori etici.


si

Ma
il

sul ter-

reno psicologico (come gi

notato discorrendo delle

soluzioni intuizionistiche), piuttosto che risolvere

proble-

ma,

si

dissolve la filosofia. D'altra parte,

matematici, ossia

VII.

ANNOTAZIONI STORICHE

275
affa-

gli

economisti che procedono col metodo quantitativo,

scinati dall'evidenza dei loro procedimenti e

non accorgendi restringersi


la

dosi che quella evidenza vuota, scambio


alla costruzione

dei

loro

utilissimi

schemi accrescono

confusione col mettersi a filosofare in

modo
i

stravagante;

come

si

pu vedere nel caso

di

uno

tra

pi acuti e dotti

economisti contemporanei,
recente scritto, espone
il

con una
compite,

filza di

il Pareto. Il quale, in un suo metodo della Scienza economica proposizioni come queste Il faut faire
:

une opration de sparation


....

Cette premire opraton ac-

par abstraction au moins rlativement, aux objets rels extrmement complexes Mais la science n'est rellemeni lie une abstraction plutt qu' une autre.... Pour peu qu'on y trouve un avantage.... Cela ne sufflt pas enil

est

ncessaire de substituer

des conceptions simples,

. . . .

core:

il

faut continuer sparer

et

abstraire.... .
i

E dopo
senza

avere a questo
piet,

modo raccomandato
stritolandoli,

di trattare

fatti

mutilandoli,
il

sostituendovi

astrazioni

ossia nomi,

Pareto,

come

se niente fosse, prosegue im-

au moins, que nous les concevons, se sparent des anciennes en ce qu'elles s'attachent aux faits et non aux motsl^. Ma se i < fatti > sono questi, quali dunque saranno mai le vuote parole? VII. Tanto pi urge ben intendere il divario tra la Scienza economica e la Filosofia dell'Economia, tra il prperturbato: codeste teorie,
telles,
'

Le

teorie dei

'=*'*^'^^'^

^']^'

'^

niatico: dal

cedere quantitativo e quello qualitativo, in quanto, parti- Maupertuis


colarraente dopo
la

voga presa dagli studi economici,


il

si

*"'* Hart-

sono introdotti nei


piaceri e
il

libri dei filosofi

cosiddetto calcolo dei

cosiddetto bilancio della vita.


il

Grande

efficacia

ebbe gi per questa parte

libro del Maupertuis, Essai


si

de philosophie morale (1749), in cui

forma un bilancio

L'Economie

et

la Sociologie

au point de vue

scientifique,

nella Rimata

di scienza, I (1907), pp. 293-312.

276

LE DUE FORME PRATICHE


deficit nella
sififatti

L'

ECONOMICA E

L'

ETICA
e intorno
filosofi-

che conclude col

colonna dei piaceri

a calcoli e bilanci
italiani

lavorarono non pochi

medesimo periodo (Ortes, Verri, economisti Briganti, ecc.), giungendo a risultati ora ottimistici ora pessimistici ^ Anche il Galluppi accettava come buono quel metodo - e non meraviglia che lo facesse suo il poeta Leopardi, cosi imbevuto della filosofia sensistica del
del
;

secolo decimottavo.

Ma

sopra di esso

si

fondano ancora

bene anche molti ragionamenti pessimistici cosi dello Schopenhauer come dello Hartmann: affatto inconsapevole quesolo
i

non

triviali sofismi ottimistici degli utilitari, si

st'ultimo

(che

tuttavia,

per tanti

rispetti,

si

sentiva

le-

gato alla tradizione idealistica) di accogliere nel suo sistema

un elemento

di

origine

meccanistica e materialistica, in-

conciliabile col suo professato idealismo.

Per tutte queste ragioni importa contrapporre


cetto (che
l'utile,

al con-

non veramente concetto ma astrazione)

delil

nel

modo

eh' elaborato dalla Scienza economica,

concetto filosofico di esso.

ci

si

qui tentato con la

teoria dell'Economia, distinta e insieme unita con l'Etica.

Nella quale teoria abbiamo procurato di annodare gli sparsi


fili

degli aforismi e delle osservazioni sul pregio che da

riconoscere alla volont

come mera

volont, delle dottrine


facolt appeti-

sulla felicit e sul piacere, di quelle sulla

tiva inferiore, delle altre sulla politica e sulle arti di pru-

denza, e sulle passioni intese come lo spirito nella sua particolarit;

di

congiungervi l'idea

filosofica,

che in

fondo alla Scienza economica, di una forma di valore


diverso dai valori intellettuali, estetici ed
etici,

e
e,

da non
infine.

confondere col disvalore etico

egoismo;

81

veda M. Losacuo,

[jH

doUrine edonistiche italiane del secolo

X Vili

(Napoli, 1902).
2

Gallcppi, Ettnienti di

filosofia

(Napoli, 184G), II, pp. 265-6, 106 sgg.

VII.

ANNOTAZIONI STORICHE
fili

277
il

di formare,

con questi vari

intrecciati,

legame che
Il

finora

il

rigorismo etico non era riuscito a porre tra s stesso


pre-

e la realt, tra l'universale e l'individuale pratico.

sente schizzo storico sar giovato,

come speriamo, a dimo-

strare ulteriormente la necessit della nostra teoria, o al-

meno
non

del nostro tentativo di risolvere alcune difficolt finora

risolute, e

che sono parse, in ogni tempo, tra

le

pi

ardue della Filosofia morale.

SEZIONE SECONDA
IL PRINCIPIO ETICO

CRITICA dell' etica MATERIALE E DI QUELLA FORMALISTICA

un punto assai dibattuto, se il principio formale o materiale: punto difficile per


fatto pi difficile

dell'Etica sia
s
stesso,

significato
j^'^.'^T"^"

ma

f^"

ancora dell'essere quei termini presi,

come

spesso suole, in due diversi significati. Sicch coloro che

maie>ema*"*"*

ottengono l'assenso circa


se
lit

la

formalit del principio etico,


in

ne valgono poi per


un'altra
tesi,

proporre

nome

della

forma-

non ha nulla da vedere con la prima, ed tanto fallace quanto quella vera. E poich il medesimo fanno anche i propugnatori del principio materiale, gli uni come gli altri a volta a volta scoprono il
che
fianco alle reciproche offese. Nel procedere a mettere or-

dine in questa matassa alquanto arruffata, daremo in primo

luogo a quelle due parole


di
solito

il

significato che loro tocca pi


filosofica,

nella

terminologia
l'universale,

cio

intenderemo
il

per formale

per

materiale

con-

tingente; e in questo solo e

ciamo che

il

non in principio dell'Etica non

altro significato di-

materiale,

ma

formale.

280
Il

IL PRINCIPIO ETICO

principio

In verit, se questo princpio fosse materiale, la moj-^jj^^

etico come
formale (uni-

sarebbe definita da una determinata azione o da un

versaie),

determinato gruppo di azioni singole.

Ma

l'atto

morale sutali

"e (Tonu'n

gente). Utili-

P^* ^^ siugolo o i gruppi di singoli, che in quanto appartengono alla forma meramente economica. Chi
^^ *^^^

ama
le

micTmattfiale.

^^^

^^^^ (siano quali e quante

si

vogliano

cose che egli ama, di tale o tale altra specie, una, molte,
infinite),

non ama ancora l'universale, che dappertutto esaurisce in nessuna cosa particolare e in nessun Riduzione numcro di esse, immenso che sia. Col porro dunque un
e

non

si

n^t'ri^V^*^*
la utilitaria

principio materiale dell'Etica e


Sale

col

determinare l'univer-

come uu singolo o (che fa il medesimo) come un finto universale, un concetto semplicemente generale, di serie o
di gruppo,
si

ricade nell'utilitarismo, dal quale

si

cre-

deva

di essersi liberati.

Vicenda che

si

ripete in ogni sfera


il

della filosofia, perch sempre,

quando

principio formale
si

e universale di quella sfera viene materializzato,


alla sfera

torna

immediatamente inferiore; e, per esempio, un'Estetica che ponga a suo principio certe particolari
che
le

forme di

arte, e per tal

modo

sostituisca alla

forma

la

ma-

teria, ricade dall'arte nella vita vissuta,

che
si

la condizione

che precede l'arte e sulla quale l'arte


intuirla e dominarla.

era sollevata per

A buona

ragione, dunque, l'Etica mae utilitaria,

teriale stata screditata

come eteronoma

pur

non essendo
si

tale direttamente nO. tale

professandosi. Essa

professa anzi antiutilitaria,

se

e, per s6 considerata, non fa non additare un determinato oggetto come vero conte-

nuto della moralit;

ma

l'oggetto cosi determinato, essendo

qualcosa di singolo, porta seco una volizione meramente


utilitaria, e

l'Etica materiale, checch tenti e dica, torna

Kiciiisione
di tutti iprln-

logicamente all'utilitarismo.
Rigettato
f^jfj
^.g^.^ti
il

cipi
11

materiaIntesi In

carattere materiale del principio etico, siamo

inetto ilgnliioato.

dall'obbligo di esaminare comparativamente " ^ una lunga sequela di concetti finora proposti a volta a

I.

CRITICA dell'etica MATERIALE E FORMALISTICA


principio, e che

281

volta

come quel

favore nei trattati scientiflc


inficiati di materialit, e
bili.

hanno goduto e godono tutti e nel pensiero comune


:

perci tutti del

pari inaramessi-

Ma

giova, a ogni modo, enumerarli e ricordarli per

additare in

ciascuno

il

vizio

della

materialit,

perci

dell'utilitarismo pi o

meno

latente.
si

Un

primo gruppo di

essi

raccoglie intorno al con- Benevolenza,


""<"'*"'"'

generale di un'azione che sia indirizzata al bene di in- smo, ecc. Dicetto dividui diversi dall'individuo operante. La moralit, come mostraione

variamente

ma
'

concordamente

si

dice,
'

sacrificio di s,
'

'*<''

carattere

materiale e
utilitario di

benevolenza, amore, altruismo, compassione, urnanitarisrao, o addirittura naturalismo alla francescana, che comanda di rispettare, proteggere e amare anche gli
animali, creature anch'essi di Dio (frate Lupo, suora Volpe).

i"***'
cetti.

*^*"'*

Formolo che tutte, e segnatamente quelle della benevolenza e dell'altruismo, hanno avuto e hanno tanta fortuna, che quasi non par lecito dubitare che determinino
nel

modo

pi compiuto e soddisfacente

il

principio proprio

della morale. Ma, in verit, gli altri in quanto individui

non lianno nessun

diritto

che non abbia anch'io, in quanto

individuo: io sono un altro per l'altro e l'altro


s; e se ciascuno provvedesse al

un

io

per

bene degli
il

altri

trascu-

rando e conculcando

il

proprio,

risultato sarebbe

per-

fettamente identico a quello che

si

avrebbe nel caso in cui


altri.

ciascuno provvedesse a s senza curarsi degli

La

morale richiede
di di

il sacrificio di me al fine universale; ma me nei miei fini meramente individuali, e perci cosi me come degli altri: essa non ha nessuna particolare

inimicizia contro di me,

da volermi

sacrificare

a vantag-

gio

degli

altri.

Bisogna essere
gli altri;

severi

non

solo

con s

stessi,

ma

anche con
gli

esigenti

non

solo verso s,

ma
non

anche verso

altri; e,

per contrario, benevoli non


stessi;

solo con gli altri,

ma

anche con s

compassionevoli

solo per gli altri,

ma

anche per questo strumento di

282

IL PRINCIPIO ETICO

lavoro che portiamo in giro con noi, e dal quale talvolta

pretendiamo troppo,
lit.

la

nostra povera empirica individuaaristocratica,


il

La Tana e

realt

non n democratica n
insieme
;

ma

l'altra cosa
altri,

e aborre cosi

privilegio di

alcuni sugli

come l'eguaglianza per


servi:

cui ciascuno, in

ogni momento, debba valere quanto


volta a volta, padroni e

l'altro.

Tutti sono, a

degni di rispetto perch


ri-

rappresentanti e portatori del bene, degni di castigo e

prensione perch ostacoli e contrasti al bene. La morale


considera
g'

individui

non mai per

s stessi,

ma sempre
non

nella loro relazione con l'universale: nel qual aspetto

c'

uomo che non

meriti a volta a volta e di essere salvato

e di essere soppresso; non c' animale, o altra creatura qualsiasi,

che non debba essere ora favorita nella sua esistenza,

come fine, ma come mezzi per l'universale morale, dal quale solamente ricevono dignit di fini. Si scritto pr e centra i diritti degli animali, ma un agnello ha, secondo i casi, il dovere di lasciarsi ammazzare e il diritto di esser lasciato vivere in pace; allo stesso modo che un uomo ha ora il
ora annullata. Nessun individuo va trattato
tutti

diritto di

andare a passeggio con


le finestre delle belle,
i

gli

amici e cantare sereil

nate sotto

ora

dovere d'indossare
cittadella,

un'uniforme e recarsi sotto


l'egoismo, e

muri d'una

dove

sar squarciato dalla mitraglia. L'altruismo insulso quanto


si

riduce, in fondo, a egoismo;


il

press'a poco

come

nel caso dell'amore sensuale,

quale giustamente
per quale ragione

stato detto

egoismo in due

Infatti,

noi potremmo, in ogni caso e nonostante tutto, sacrificarci


agli altri e

promuoverne

desideri? per quale ragione se

non

pel cieco e irrazionale attaccamento a essi, che ci fa

gettare la vita o cadere nell'abiezione per

una donna mal-

vagia e furiosamente amata,

soffrire

ogni tormento e ver-

gogna per un

figliuolo

indegno, cedere agi' impulsi della

simpatia che una qualsiasi altra creatura c'ispira? Questo

I.

CRITICA dell' etica MATERIALE E FORMALISTICA


,

283

cieco e irrazionale attaccamento agli altri

in fondo, at-

taccamento a noi
tasie, ai nostri

stessi,

ai

nostri

nervi, alle

nostre fanutilit,

comodi,

alle nostre abitudini.

non

moralit; perch la moralit ci vuole pronti a staccarci,

quando
che

sia

il

caso, cosi dagli altri


figli

come da
trascende.

noi stessi; a
il

lasciare e moglie e
tutti
li

fratelli
li

per seguire

dovere,
solo, o

comprende

e tutti

Tu

ideal, sei vero... ; o, pi esattamente,

per mezzo dell'uni-

versale e dell'ideale, tutte le cose sono vere; senza l'ideale,

non ve n'ha alcuna che non diventi falsa, come non v'ha organismo che, abbandonato dalla vita, non si muti in vile
argilla.

Un

altro

gruppo

di principi materiali

sembra che

oltre-

Medesima
Te*iconce^
ti

passi gl'individui, perch

fa consistere la moralit nell'os-

servare le cosiddette leggi della

natura

o le cosiddette

di organi-

istituzioni; e
nel
servire

tali

son quelli che ripongono la moralit

all'organismo sociale e allo Stato, ovvero all'interesse della Specie e alla Vita intesa come
vita animale o prossima all'animalit.

g7ato*Tn"to' resse delia


^
*'"

^^^f'

Ma, se

in tal

modo

non se ne esce punto. Perch ciascuno dei mentovati concetti non esprime l'universalit del reale, ma questo o quel gruppo
par che
si

esca dalle cose contingenti, in

effetti

di manifestazioni particolari: la vita


politica, la tale o tal'altra specie

che

si

dice sociale o
tal'al-

animale, la tale o

tra

manifestazione vitale.

nessuno di questi
sacrifica

fatti

pu
casi

essere moralmente
zioni ed eccezioni.
lo Stato alla

voluto senza determinazioni e restri-

L'uomo morale

secondo

Chiesa o la Chiesa allo Stato; atrofizza certi


fini

organi e sopprime certi abiti di vita pei

universali, o,

come

si

dice, della civilt; difende, serba e accresce certe

umana, ma altre lascia cadere o modifica, piegando sempre l'interesse della specie a quello
attitudini

della specie

dell'ideale.
l'utilit

Se

altrimenti

facesse,

sostituirebbe da capo

alla

moralit:

l'affetto

immediato per certe cose,

284
ossia

IL PRINCIPIO ETICO

per
si

per esse

certe determinazioni singole, all'affetto che deve avere sempre mediato, cio mediato dal-

l'universale.
Principi

ma-

N intrinsecamente
-^
^
lit
'

diverso
t

un

terzo

gruppo

di prin-

teriaii reiigiosi. Critica

materiali, chiamati religiosi, che ripongono la o r n

mora-

di essi.

nel conformarsi alla volont di Dio o degli di.


si

Dove
e nel

s'introduce l'ombra del trascendente,

fa

il

buio;

buio

si
il

pu introdurre
buio stesso; e

di
si

tutto. E, in

prima, nient'altro

che

ha
e

in

questo caso per soluzione

l'agnosticismo, la consapevole ignoranza:


nell'utilitarismo

come

si

visto

teologico

nell'astratto

rigidismo etico,

che mettono capo, per

effetto

delle loro contradizioni, alvi si

l'idea di Dio e al mistero.


il

Ma

pu introdurre

altres

proprio arbitrio, capriccio e interesse individuale;


la religiosit

nel

qnal caso

diventa attaccamento a un essere o

a un ordine di esseri, individui immaginari


e l'attaccamento che loro
si

ma

individui;

porta amore o timore, sim-

patia o paura del male che possono recare, o tendenza a


evitarlo col propiziarseli
servigi,
culto.
I

principi
si

merc proghiere, adulazioni, doni, religiosi adunque, intesi come


utilitari,

principi materiali,

convertono anch'essi in
fin

co-

me

tutti

sanno, e sanno, diremmo,

troppo; perch, fer-

mando
pi

lo

sguardo su questo aspetto della religione, obliano


altri

sovente di guardarne
nobili.

non meno importanti e

assai

La formalit II principio etico nou espresso adeguatamente n dal come a erconcetto altruistico, n da qucUo delle form Rzioui na^ mazlono di mera eaigi^n turali e delle Istituzioni, n da quello degli di; perch
'

xa

ogica.
^^j^jj

codesti sono concetti

generali, e

talvolta

addirittura

rappresentazioni individuali,
sali.

ma

non mai concetti univer-

poich

il

carattere di
di

universalit gli indispen-

sabile, e quello

generalit gli insufficiente, bisogna

ripetere che

il

principio etico dev'essere


(e

formale

non

materiale. Senonch

qui

si

entra nell'altro significato

I.

CRITICA dell'etica MATERIALE E FORMALISTICA

285
prin-

di questa parola e nel

nuovo

dibattito annunziato),

il

cipio etico, dichiarato formale, stato poi ristretto a questo enunciato di

vuota universalit

e la formola di esso

sembrata non altra che quella di una legge universale,


a cui
tutti gli

uomini
del

nia tra loro;

si possano conformare in piena armorispetto verso gli esseri nel grado

che a ciascuno compete; di ci che soddisfa

le

esigenze

della ragione

della coscienza; e via dicendo.

Ma

la formalit, di cui queste e altrettali formole

sembrano ap-

pagarsi, troppo poca cosa in confronto delia formalit che

spiega la sua forza nella polemica contro l'etica materiale


onde, come nel dibattito precedente
gli
ci

siamo schierati tra


materiale,

assertori

dell'Etica formale contro la

qui

siamo portati

prendere
o,

la

difesa dell'Etica

materiale

contro la formale;

per dir meglio, di un'Etica, che non

materiale, contro un'Etica, che

non

davvero formale,
critica di

salvo che nelle parole di coloro che cosi le battezzano.

Che cosa

significa la formalit dell' Etica pei formalisti

""'^^ti^a forche ora combattiamo? Nient'altro che questo: che non bi^ male in quesogni indagare quale sia il principio etico, ma star- sto significa-

sene paghi a dire che esso, quale ^


'^
'

che

sia,
'

dovr essere

*"=

'*"'o'o8'-

amo.

universale. Ma che esso debba essere universale proposizione che appartiene non gi all'Etica, ma alla Logica: carattere di universalit debbono avere i principi di tutte le scienze filosofiche, il principio estetico non meno di quello logico, il principio dell'Economia non meno di
quello dell'Etica, l'imperativo categorico utilitario al pari
dell'

imperativo categorico morale. Di guisa che la

tesi della

formalit, in quest'altro significato, finisce col porre a capo

dell'Elica

non il principio etico, ma la semplice esigenza logica del principio etico: come se a capo dell'Este-

per esempio, si ponesse non il principio estetico formale della Intuizione-espressione, ma un principio estetico
tica,

formale dell'esigenza di una legge cosi fatta che nessuna

286

IL PRINCIPIO ETICO
di bellezza

forma

ne possa restare mai esclusa.

a questo
della

modo, invece

di procedere alla costruzione effettiva

scienza, si ripete all'infinito l'affermazione della necessit


logica, alla quale quella costruzione

dovr ubbidire

cosic-

ch l'Etica, intesa come in


piuttosto
Principi tauil

tal

guisa formale, meriterebbe

nome

di Etica

tautologica.

toiogici:

i-

deale, som-

mo

bene, do-

abbiamo accennato dell' imuniversale, del ridella legge categorico, perativo ^ spetto all'csserc, del razionale e della coscienza, rienOltre le formole alle quali
^^.q^^^q

Tere, ecc.; e
critica di essi,

i^sL

quelle

del

tautologismo

le

altre

del

sommo

bene, del dovere (o del diritto), dell'ideale, del piacere vero, del piacere costante, del piacere spirituale, della dignit personale, della stima di s, del

giusto mezzo, dell'armonia,

della

proporzione,

della

giustizia, della perfezione, e simili. Domandare quale sia quel modo di volont, che produce piacei'e costante,

spirituale, vero; che rende perfetti, ci d la stima di noi stessi, soddisfa la nostra coscienza; che coglie
il

giusto mezzo,

fa

ci

che

si

deve

fare,

raggiunge

il

sommo bene, e via dicendo, vai quanto domandare sia il modo etico; n la risposta al quesito pu
Significato tautologico
di

quale
essere

alcuna di quelle formole, cio la

domanda

stessa.

qui
e

alcune formole, materiaiiinapparensa.

conviene notare che anche parecchie di quelle


riferite

riferibili

da noi all'Etica materiale, sono

state

adoperate
e

talvolta

como formole

tautologiche, cio
etica

come simboli

metafore della verit

da determinare. Gli altri, di


fisicamente distinti da
vale a dire
il

cui parla l'altruismo, sono, per chi intende quel concetto


in

modo

profondo, non gi gli

altri

me,

ma

gli altri in significato ideale,

dovere

che supera
ligiosa,

l'io

empirico;

Dio, di

cui parla l'Etica relo-

quell'indeterminato concetto, quell'esigenza


si

gica, che

chiama anche imperativo categorico; - lo Stato o la Vita, cui si fa obbligo di servire, non tal altro Stato, e tale o tal'altra forma particolare tale

I.

CRITICA dell' etica MATERIALE E FORMALISTICA

287

di vita,

ma

il

simbolo dell'ideale;

la

natura da

seguire

quella natura, cio quel principio etico che in noi, e che la ragione speculativa deve determinare. Anzi per questa via accade molte volte

che

principi materiali facciano

progresso, cessando di esser

tali

per diventare tautologici

abbandonando, cio, un'indebita determinazione, per acquistare la coscienza di


di

una mancanza una lacuna da riempire.


Il

di determinazione,

male che

il

tautologismo torna poi inevitabilmente

Conversione

a quell'indebita determinazione, perch,

immaginando

di

avere ritrovato

il

principio etico, che non ha ritrovato, e

t^toio_i* in materiale
"^'i'**'"!-

di avere finalmente costruito l'Etica, della

quale non ha
i

nemmeno
fatti

gettate le

fondamenta,

si

accinge a spiegare

morali concreti per mezzo di una forma vuota, e nel


si

vuoto

condensano di nuovo, secondo il solito, i motivi utilitari. Per quale ragione non dobbiamo violare un deposito affidatoci? Forse perch, come si dice, la legge morale

legge universale?
si

Non

basta.

Da

questa proposizione non

deduce

il

rispetto pel deposito, perch parimente penla

sabile

una legge universale secondo


deposito, e in certi
restituire

quale in certi casi


no. Anzi, questo

si rispetti il
il

altri

vero:

un deposito
la

affidatoci

potrebbe essere
l'arma,

alle volte cattiva azione,

come sarebbe

restituire

che

ci stata affidata, a chi

richieda per ammazzarsi


in virt del

o per assassinare.

Ed ecco come, non sapendo

principio etico vero dirimere la controversia, e volendo

pur dare qualche significato a quella formola vuota, accade di riempirla col solo principio che si possegga, e che

il

principio utilitario, e

si

assegni la ragione del rispetto

pel deposito nella convenienza, per esempio, che l'indivi-

duo ha

di

osservare, pel suo stesso vantaggio,


(si

il

rispetto
si

agl'impegni, senza del quale

soggiunge) non
il

con-

cluderebbe pi nessun negozio e


guirebbe.

mondo

degli affari lan-

288
In quai sigmficatoiEtica debba
essereformale; e in quale altro, materiaie.

IL PRINCIPIO ETICO

Per codesto suo ricadere nell'Etica materiale, etero^jQ^g^ ^ utilitaria, l'Etica che si chiama formale nel nuovo significato, e che noi abbiamo chiamata disopra tautolo'

orica, Sar detta pi Convenientemente formai istica: perr^ o ^ ch il formalismo (come si vede anche nell'Estetica e
'
'

nella Logica) la caricatura della formalit, e quasi sorta di materialit.

Ma

una l'Etica formale, genuinamente


propugniamo, non

formale,

quella che noi accettiamo e

vuol essere formalistica, cio malamente materiale ed


effettivamente utilitaria; e sar anzi insiememente

mate-

riale, nel significato alto della parola, perch intende dare

non

la

mera condizione logica

del principio etico,

ma que-

sto principio etico stesso, definendo che cosa sia nella

sua particolarit e concretezza la volizione morale.

II

LA FORMA ETICA

COME ATTUAZIONE DELLO SPIRITO

IN

UNIVERSALE

pensiero,

strano

primo

aspetto,

etico

che sia formale nel significato "

un principio che non si sappia ^^


di
si giustifichi,
'

L'Etica tau''<>8"'*'

sua connessione eoa la

che cosa precisamente esso sia e come


il

trova

in due concezioni filosofiche, Tuna delle suo sostegno " quali si potrebbe chiamare della filosofia parziale, e l'ai-

^''osofla o
parziale o di-

scontinaa.

tra della filosofia

discontinua. Per

la

prima, l'uomo in

grado

di

conoscere della realt certamente qualcosa,


:

ma
i

non

tutto

per mezzo delle categorie percepisce e ordina

dati dell'esperienza,

ma

si

rende conto del limite del suo


giungere in qualche modo,
tor-

pensiero e dell'impossibilit di pervenire al cuore del reale,


al

quale potr,

si,

alla perfine

ma

appunto col cuore e non col pensiero. Ci posto, e


al

nando
che

caso dell'Etica, l'uomo ascolta in s la voce della


il

coscienza,

comando

della legge morale;

nessun sofisma

egli escogiti vale a farla tacere;

ma

che cosa sia pregli si af-

cisamente quella legge, non pu dire: l'idea che


faccia allo spirito, di

un ordinamento divino
si

del

mondo,

potr essere anch'essa affermata col cuore, non mai col


pensiero.

La seconda concezione

confonde con la prima

presso alcuni espositori che la trattano


sofia parziale o agnosticismo
;

come semplice

filo-

pure, a guardare sottilmente,

non

del tutto identica. Infatti, essa

non dice propriamente


19

B. Croce, Filosofa della pratica.

290

IL PRINCIPIO ETICO

che la ragione della morale sia inconoscibile;


inconoscibile
nella

ma

la

reputa

cerchia

dell'Etica,

ossia

aflFerma

che

quella conoscenza esca fuori da questa cerchia. L'Etica


stabilisce la legge morale,

deduce e ordina

sotto di essa

precetti etici, e giudica in forza di essa le singole azioni.

Se quella legge poi

sia

realmente, o quale ne sia propria-

mente il contenuto universale, l'Etica ignora; e rinvia problema alla Metafisica, ossia alla Filosofia generale, che a suo modo lo risolve o si presume possa risolverlo o almeno si prover e riprover in perpetuo a risolverlo. In questa concezione, dunque, si fa questione di competenza
il

e gerarchia tra pensiero e pensiero, tra filosofia particolare

e filosofia generale; laddove, nella prima,


tro
Rigetto

si

pone senz'al-

l'incompetenza assoluta del pensiero.

di Ma per noi non sussiste il rischio di urtare nella reto entrambe ^j perch in tutta la nostra queste due dottrine filosofiche, ^ ^

queste conceEioni.

esposizione della Filosofia dello spirito

le

abbiamo costanla falsit. Filoil

temente rigettate entrambe e dimostratane


sofia parziale concetto contradittorio
:

pensiero pensa

o tutto o nulla; se avesse


sato, e perci

un
e

limite, l'avrebbe

come superato

non pi

limite.

come penChi ammette

qualcosa d'inconoscibile, finisce logicamente col dichiarare


tutto inconoscibile, e scivola

inevitabilmente nello scettifilo-

cismo
tutto

totale.

N meno

inconcepibile l'idea di una

sofia discontinua, divisa in

un

tutto e nelle sue parti, col


lo

fuori

delle parti e

con

parti fuori del


il

tutto;

in

guisa che, studiando una parte (l'Etica),


della Filosofia) appaia problematico, e
in
si

tutto (l'insieme

possa conoscere
il

qualche modo la parte (l'Etica) senza conoscere gi

tutto (l'insieme della Filosofia). Codesto

un

falso vedere,

proveniente in fondo dalle scienze empiriche, nelle quali


possibile apprendere

un ordine
i

di

fenomeni indipenden-

temente dagli
in

altri, e

apprendere

fenomeni senza proporsi


il

modo

esplicito, o

rinviando ad altra istanza,

problema

II.

LA FORMA ETICA COME ATTUAZIONE DELLO SPIRITO

291

filosofico circa la loro realt e verit.

La

filosofia

circolo

e unit, e ogni punto di essa intelligibile solamente in

relazione con tutti gli altri.

La convenienza
filosofici

didascalica di

esporre un gruppo di problemi


altri

separandoli dagli

gruppi,

o anche, se piace ad alcuno quel che a noi

non

piaciuto, di dividere l'esposizione in scienze filosoFilosofia generale

fiche particolari e in

(chiamata anche

Metafisica),
si

non

ci

deve trarre in inganno, quasi che

dividesse realmente l'indivisibile.


si

Con

la

prima propo-

sizione filosofica che


la

enuncia,

si

enunciata insieme tutta

Filosofia;

le

altre,

che verranno dopo, saranno tutte

nient'altro che schiarimenti o svolgimenti della prima.

poich noi non abbiamo mai negato fede al pensiero n La forma eti<5*''y"ione dell' universaie.

l'unit della Filosofia, non abbiamo a questo punto spezzata '^

alcun segreto da rivelare:

nemmeno un povero
discontinua,
i

7-11Il

segreto,

come

gli espositori della filosofia

quali fanno

sapere in ultimo, solennemente, quello che avevano pre-

supposto

fin

nelle loro

prime parole.

nostro principio
sola-

etico formale

non forma vuota, che debba essere


di contenuto;

mente ora riempita

ma

forma piena, forma

in senso filosofico e universale, che insieme contenuto,

cio contenuto universale.


finita

La forma

etica

non stata de-

da

noi, tautologicamente,

forma universale,

ma

voli-

zione dell'universale, con una definizione che era insieme distinzione dalla forma economica, semplice volizione
dell'individuale.
versale,

se ora ci

si

domanda che cosa

sia l'uni-

dobbiamo rispondere che la risposta stata gi data, e che chi non l'ha intesa finora, anzi chi non l'ha intesa da un pezzo, non la intender pi mai. L'universale stato l'oggetto di tutta la nostra Filosofia dello spirito,

ed esso abbiamo dovuto tenere sempre dinanzi nello

studiare
vit

non

solo l'attivit pratica,


cosi

ma
si

qualsiasi altra atti-

dello

spirito;

come non

un ramo

di albero senza l'idea del tronco,

pu aver l'idea di da cui quello

292
si

IL PRINCIPIO ETICO

diparte e senza del quale

Quel concetto non , debba intervenire inatteso sul


derlo frettolosamente;

non sarebbe ramo d'albero. dunque, un deus ex machina, che


finire del

dramma

a chiu-

ma

la forza che lo

ha animato

dalla prima all'ultima scena.


L'universale

Che cosa
|j^

l'universale?

Ma

lo Spirito; la Realt,

come
t, la

lo Spi-

rito (la

Keal-

Liber-

quanto veramente reale come unit di ^ pensiero e vo^ Icre; la Vita, clta nella sua profondit come quell'unit
stessa; la Libert, se

t, ecc.)-

una

realt cosi concepita perpe-

tuo svolgimento, creazione, progresso. Fuori dello Spirito,

niente pensabile sotto forma veramente universale; l'Estetica, la

Logica, questa stessa Filosofa della pratica, sono

tutte dimostrazione e

conferma

di questa impossibilit.
si

Ogni

altro concetto che si

proponga,

svela

(e si

svelato alla

nostra analisi) o finto universale, qualcosa di contingente

che stato astratto e generalizzato, o ipostasi di certi


nostri particolari prodotti spirituali, gli

schemi della mate-

matica, o nient' altro che


si

il

negativo dello Spirito, al quale

conferisce (dapprima per metafora e poi per metafisica)

valore di positivit.

E l'uomo
lo

morale, nel voler l'universale, ossia quel che


si

trascende in quanto individuo,


alla Vita vera,

volge

allo

Spirito,

alla Realt reale,

alla Libert.

Nella sua
e

concretezza l'universale

universale

individualizzato,

l'individuo in tanto reale in quanto insieme universale;

onde

(sotto

pena

di restare a

mezzo, dimidiatus

vir,
di s
l'al-

cio di perdersi nel nulla)

senza asserire

l'altra,

ma

non pu asserire una forma deve porre l'una esplicita e


anche

tra implicita, per passare a rendere esplicita

l'altra.
si

Come
pu

individuo economico, nel primo attimo, se cosi

dire, in cui si affaccia alla vita e all'esistenza, egli

non

pu volere se non individualmente: volere la sua propria esistenza individuale. Non vi ha uomo, per morale che si
dica, che

non cominci

cosi:

come mai potrebbe superare

II,

LA FORMA ETICA COME ATTUAZIONE DELLO SPIRITO

293

e perfino negare la propria vita individuale, se

prima non
dell' indiviil

l'avesse affermata, e se a ogni istante

non

la riaffermasse ?

Ma

colui

che

si

arrestasse

all'affermazione

duale, considerando

come luogo

di riposo quello che

primo passo di uno svolgimento, entrerebbe in contradizione col profondo s stesso. Egli deve volere non solo in
s stesso individualizzato,

ma

insieme quel s stesso che,


il

essendo in
tal

tutti

s stessi,
il

loro

comune Padre. Per

modo, promuove
il

realizzarsi del Reale, vive la vita

piena e fa battere
cor cordium.

suo cuore col cuore dell'universo:

L' individuo morale ha questa coscienza di lavorare pel

Tutto. Ogni pi diversa azione conforme al dovere etico

conforme

alla Vita; e

sarebbe contraria

al

dovere e im-

morale, se invece di promuovere la Vita, la deprimesse e


mortificasse.

Dove pare che


una
si

fatti

mostrino

il

contrario,

l'interpetrazione dei fatti sbagliata, perch toglie a criterio di giudizio

vita che

quale,

com'

noto,

non quella vita vera alla serve anche morendo; morendo sia
classe sociale o popolo.
atti

come

individuo, sia
pi umile che

come gruppo,
si

E
si

il

possa immaginare degli

morali

risolve in questa volizione:

l'anima di un

uomo sem-

plice

ignorante, tutto dedito al suo modesto dovere, e

quella del filosofo la cui mente accoglie in s lo Spirito


universale, vibrano all'unisono;
quell'istante, l'altro
fa,

ci

che questi pensa in


lui

giungendo, anche

per la sua

strada, a quella piena soddisfazione, a quell'atto di vita,

a quel fecondo congiungimento col Reale, a cui


venuto per diversa via indirizzando.
Si

l'altro si

potrebbe dire
e
il

che

l'uomo

morale

filosofo

pratico,

filosofo

operatore teorico.
Questo criterio dello Spirito, del Progresso, della Realt gh
atti

mo-

nella coscienza morale l'intrinseca misura dei nostri atti, ffV*^'"lT" ' lizioni dello

come

il

fondamento pi o meno consapevole

di tutti

no-

sprito.

294
Stri

IL PRINCIPIO ETICO

giudizi morali. Perch celebriamo noi Giordano Bruno,


si

che

lasci

condannare

al

rogo per asserire


il

la

sua filosofia?

Forse per la calma con la quale affront

supplizio?

Ma

questa calma di molti fanatici e altres di malfattori, e

pu essere perfino

talvolta

semplice brama sensuale di

autostruggimento, come se ne hanno esemp nella storia, e come un poeta moderno d' Italia ha test cantato, laudando la bellezza della fiamma e la volutt del rogo. Il Bruno,

non rinnegare la sua filosofia, concorse a creare pi larghe forme di civilt; e perci egli non solo vittima, ma anche martire, nel signifinell'accogliere la morte per

cato etimologico della parola: testimone e attore di

una

esigenza dello spirito in universale.

Perch

approviamo
alla

l'uomo caritatevole? Forse perch egli cede

commo-

zione destatagli dallo spettacolo di una sofferenza?

Ma

la

commozione, presa per


rale,

s stessa,

non

n morale n

immo-

il

cedere al suo impulso, cosi, materialmente,

debolezza, cio immoralit.

L'uomo

caritatevole, togliendo

via o mitigando una sofferenza, riaccende una vita e riconquista

come
Critica dell'antimorali-

smo

in

una forza per l'opera comune, alla quale cosi egli beneficato debbono servire. Niente sembrer dunque pi stolto dell'antimoralismo voga ai giorni nostri, triste risonanza di malsane condiil

zioni sociali e di dottrine unilaterali e malintese (marxismo,

nietzschianismo).

L'antimoralismo pu essere giustificato


l'ipocrisia

come polemica contro

morale e in favore della

moralit effettiva contro quella parolaia;


significato e giustificazione

ma
si

perde ogni
frasi

quando, gonfiando

vuote
di

o combinando proposizioni contradittorie,

argomenta

predicare contro la moralit stessa. Credo esso di celebrare


in tal guisa la forza, la salute, la libert; e vanta invece la servit alle passioni sbrigliate, l'apparente floridezza del

malato e

la forza

apparente del maniaco. La moralit (non

dispaccia agli antimoralisti letterari), non che fisima da

II.

LA FORMA ETICA COME ATTUAZIONE DELLO SPIRITO


il

295

pedante o consolazione da impotente,


contro
il

sangue buono
il

sangue guasto.
prin-

Giover altres avvertire che questa verit circa


cipio etico inteso *^
sale
lo Spirito,

Tendenza
|^"*"^*
^*'

fine l'univercome volont avente per ^ in qualche modo confermata da pareo'

le

formo le
"**,**
,

tautoiogi".
f.' nali, religio-

chie delle formole da noi criticate, che erravano solo nel

determinarla in particolare; onde poi o confondevano dac-

se, tue
j**!,'

ver-

capo universale e contingente, o cadevano nel tautologismo.


Coloro che pongono a fine della morale la Vita o l'interesse della Specie o la Societ o lo Stato,

g^j'/jto*

hanno

l'occhio,

sebbene non riescano a discernerla esattamente, a quella


Vita, a
ideale,

quella Specie, a quella Societ e a quello Stato

che

lo Spirito

in universale.

Il

medesimo

si

dica

di altre formole, la cui intenzione iniziale sovente assai

migliore di quella che


tive dottrine, o
il

si

attua nello svolgimento delle rela-

cui svolgimento , all'inverso, migliore


iniziale.
'

della cattiva
di simbolo

intenzione

Soprattutto quest'ufficio L'Etica


l'atto
si
1

dei-

etico

idealistico,

quest'affermazione che ^

l'Etica
giosa.

f.^"""" ,?

reli-

morale amore e volizione dello Spirito in universale,

osserva nell'Etica religiosa e cristiana, nell'Etica dell'amore


e della ricerca ansiosa della presenza divina: cosi misco-

nosciuta e bistrattata oggi, per angusta passione di parte

o per

manco

di finezza

mentale, dai volgari razionalisti e


liberi

intellettualisti,

dai cosiddetti

pensatori e da simile

genia frequentatrice di logge massoniche. Non c' quasi


verit dell'Etica (e
altri

abbiamo avuto gi occasione


si

di fare

accenni in proposito), che non

possa esprimere con

le parole,

che abbiamo apprese da bambini, della religione

tradizionale, e che spontanee ci salgono alle labbra


le

come

pi alte, le pi appropriate,
di mitologia,

le

pi belle: parole, di certo,


gravi insieme di un con-

ombrate ancora
tenuto

ma

profondamente

filosofico.

Tra
si

il

filosofo

idealista

e l'uomo religioso c', senza dubbio, contrasto assai forte;

ma non

diverso da quello che

avverte in noi stessi,

296
nella

IL PRINCIPIO ETICO

imminenza

di

una
alla

crisi,

quando siamo

divisi d'animo,

e pur vicinissimi

unit e conciliazione interiore. Se


filosofo
il

l'uomo religioso non pu non vedere nel


avversario, anzi
nell'altro
il
il

suo

suo nemico mortale, questi invece vede


il

suo s stesso di un momento prima. Onde si sentir sempre con pi stretta affinit legato a una austera, commossa e torbida di fantasmi Etica religiosa, che non a un'Etica superficialmente razio-

suo fratello minore,

nalistica; la quale solo in


tra, (sia
il

apparenza pi
il

filosofica dell'al-

perch se da una parte ha

pregio di riconoscere

pure a parole o con psittacismo, come avrebbe detto


i

Leibniz)

supremi

diritti

della ragione,
il

li

esercita poi

assai

malamente, tentando

di strappare

pensiero dal terlinfa vitale.

reno su cui germinato, e di privarlo della sua

Ili

ANNOTAZIONI STORICHE

M.erito
finita

singolarissimo di
offni

Emanuele Kant
Etica materiale,

di averla fatta

Merito dei|'.^'"^*

con

sorta di

dimostrandone

^^^'

l'intimo carattere utilitario: merito che

non cancellato

dalle incertezze che restano in altre parti della sua dottrina e che lo fanno impigliare pi volte in quel materia-

lismo ed utilitarismo, che aveva sostanzialmente superati.

Sarebbe antistorico giudicare un pensatore dalle contradizioni in cui cade, e su questo

fondamento dichiarare

fallita

e nulla l'opera sua. Errori sono in tutte le opere

umane,

ed errore sempre contradizione;


storico scorge

ma

chi ha occhio di

dove

sia la forza

vera di un pensiero, e non


di

nega

la

luce perch

accompagnata, com'
che,

necessit,

dalle ombre.

Prima

del Kant, vigeva un'Etica o aperta-

mente utilitaria o forme ingannevoli

tale

pure presentandosi sotto


simpatia o di Etica
Il

le

di Etica della

reli-

giosa, all'utilitarismo metteva capo in ultima analisi.

Kant
forme

condusse una polemica implacabile non solo contro


utilitarie confessate,

le

vate, che

anche contro quelle spurie e lardenomin Etica materiale. Anche per questa

ma

predecesso^^^ ^"^*"**

parte

predecessori di lui sono da cercare nella filosofia "

tradizionale e di origine cristiana, o, se piace meglio, pla-

tonica (un'opposizione dell' Etica materiale contro la for-

298

IL PRINCIPIO ETICO

male

si

pu gi scorgere nell'atteggiamento di Aristotele


i

contro Platone). Se
visi circa
il

Padri e

gli

scolastici

erano

stati di-

rapporto tra leggi morali e arbitrio divino,


i

e molti di essi, particolarmente

mistici,

avevano
di

fatto di-

pendere senz'altro quelle leggi da quell'arbitrio, non erano

mancate dottrine che negavano a Dio


a suo
senza,
libito le leggi morali, cio di

la

potenza
la

cangiare
es-

negare

sua stessa

non potendo

sta dottrina,

giammai essere supra se. E con queadottata poi da quasi tutti i filosofi religiosi del
egli

Sei e Settecento (Cudworth, Malebranche, Leibniz), l'Etica


cristiana
si

veniva purificando di ogni residuo di arbitra-

rismo e di utilitarismo.

bisogna, d'altro canto, ripetere

che parecchie delle formolo

materiali

che avevano corso


ideale, o,

nelle scuole, s'intendevano sovente in

modo

come

abbiamo
quale
il

detto, simbolico:

l'eudemonia aristotelica, verso la

Kant

si

mostra troppo severo, era ben diversa dal


proposta

piacere e dalla felicit degli edonisti e utilitaristi; la mediet


virt,
(\iEaoxr\q),

come

carattere

distintivo

della

sebbene suonasse spesso a vuoto, poteva gi quasi


;

come tentativo di principio formale e si dica medesimo del principio stoico del seguir la natura. Venendo ai predecessori immediati di lui, la perfectio, di
considerarsi
il

cui

si

gi toccato, e che

il

Kant, dopo qualche

esita-

zione, riduceva alla felicit e rigettava di conseguenza, era,

pi che altro, com'egli stesso avvertiva, un

concetto inde-

terminato

Ma, checch

si

giudichi di codeste anticipa-

zioni e precorrimenti, sta di fatto che col

acquisito che la legge morale

nessuna formola nella

Kant fu un punto non si possa esprimere in quale rimangano tracce di elementi


il

rappresentativi e contingenti.
Difetto
(Il

II difetto dell'

Etica kantiana

medesimo

di tutta la

'iT'nou*ciino.

fll^'^o^* ^^ ^^^' l'agnosticismo,

che

g'

impedisce di superare
s, e lo tira

davvero cosi

il

fenomeno come

la

cosa in

per

un verso all'empirismo,

e per l'altro a quella metafisica

III.

ANNOTAZIONI STORICHE

299

trascendente, che nessuno con ma^g-ior vigore di lui aveva


scossa dalle fondamenta.
Egli combatteva
il

concetto del

bene o del

sommo
e

bene,

come come

principio di Etica; e aveva

ragione certamente in quanto intendeva di un


qualsiasi , di

oggetto
ci

un bene

di

una cosa
il

Ma

non

lo liberava dalla necessit di

determinare

sommo bene
la

che non

si

esaurisce in nessun oggetto particolare, ossia di

determinare l'universale: quell'universale, che


fa,

sua

filoso-

impedita dal professato agnosticismo, era impotente a


il

raggiungere. Di qui

suo involontario ritorno

all'utilitil

Critica dei}.,""*^'
altri.

rismo, che fu mostrato in

modo

perentorio dallo Hegel,

^^

quale, gi nel suo scritto giovanile sul Diritto naturale,

notava che

il

principio pratico del

Kant non

un vero
il

proprio assoluto,
della moralit
ralit,
si

ma un

assoluto negativo; onde


lui in quello

principio

converte presso di

dell'immo-

perch, potendo ogni fatto essere pensato nella for-

ma

dell'universalit,

non

si Il

sere accolto nella legge.

sa mai quale fatto debba esKant avev^a detto, nel famoso


al deposito,

esempio del deposito, che bisogna serbar fede


altrimenti non
ci

sarebbero pi depositi*.

se

non

ci fos-

sero pi depositi, in che

contradizione alla

modo un simile caso importerebbe forma della legge? Sarebbe forse con;

tradizione e assurdo per ragioni materiali

ma
Il

queste

gi convenuto che non

si

debbano invocare.
riesce se

Kant vuol
alla tauto-

giustificare la propriet;
logia,

ma non
che
si

non

che

la propriet, se propriet, dev'essere propriet,


fa

aprendo
cio

la via all'arbitrio,

a concepire a capric-

come doverose queste

o quelle determinazioni contin-

genti della propriet. Del pari le

massime morali kantiane,


assumono,
si

nelle determinazioni empiriche che

contradilo

cono non solo tra

loro,

itia

in s stesse;

onde

Hegel

defini codesta logica e inevitabile

degenerazione dell'etica

Krit.

il.

prakt Vern., pp. dO-l.

300

IL PRINCIPIO ETICO

kantiana tautologia e

formalismo*. Ma anche

altri

pensatori ebbero ad avvertire l'utilitarismo dell'Etica kantiana; e lo

risolvendosi nel concetto di reciprocit,

Schopenhauer diceva perfino che quella dottrina, non ha altro fone protestava contro la teoria

damento che l'egoismo,


tiana, che bisogni aver
citarsi

kan-

compassione degli animali per esercompassione, stimandola aperto


il Kant Le quali osservazioni hanno alcun-

nella

virt

della

indizio dei sentimenti giudaico-cristiani, dai quali


si

lasciava dominare

-,

ch di vero, sebbene, per quel che concerne l'atteggia-

mento verso

gli

animali, bisogna notare che

si

trova gh

nello Spinoza e in altri pensatori, ed conseguenza del-

l'Etica materiale e utilitaria;


assai

ma

che, pel resto, sarebbe

ingiusto vedere nell'imperativo categorico del

Kant

nient'altro che l'egoismo, pericolo senza dubbio di quella


dottrina,

ma non

punto suo carattere essenziale.


con-

Kant

il

Nondimeno
cetto,

nello stesso Kant, in questo pensatore cosi


il

concetto della libert.

ricco di con tradizioni e di suggestioni, era additato

che, elaborato, doveva dare


e formalistico,

all'Etica

il

suo principio

non pi tautologico
il

ma

concreto e formale:
il

concetto della libert. In virt di questo concetto

Kant entra
il

nel cuore del reale, e tocca quella regione, che


e,

misticismo e la religione avevano intravista

solo n

tratti, toccata.

Come

dell'austera concezione etica kantiana,

e del suo aborrimento pel materiale e pel

mondano,

la sor-

gente nel Cristianesimo


l'origine della sua idea

(e

nel platonismo), cosi anche


in

morale concreta da ricercare

sant' Agostino, anzi in san Paolo, nei mistici del medioevo,

nei grandi cristiani francesi del Seicento, in quella virt,


di cui
il

Pascal scriveva che

plus haute que

celle

des

Ueb. d. uissciich. Belunndliui guari e.n d. Nalurrechts, in Geich. d. Phil., Ili, p.

Werke,

I,

p. 858; cfr.

rm

scrp-.

Orundl. d. Morale in Werke, ed.

cit.. Ili,

pp. 588, 642-8.

III.

ANNOTAZIONI STORICHE

301
e che sola rende

pharisiens

et

des plus sages

du paganisme

possibile di
trer

dgager l'dme de l'amour

du monde,
et

la re-

de ce qu'elle a de plus cher, la faire mourir sai


la porter et l'attacher

*.

mme,
Dieu

uniquement

invariablement
il

successori del Kant, e in particolare


il

Fichte Fichte ed
^*"

e lo Hegel, chiusero

circolo

da

lui lasciato

aperto, ed

escludendo affatto

la

trascendenza, fecero di Dio la Libert,


Il

e della Libert la Realt.


retica

Fichte, che dalla filosofia teos,

sgombrava

il

fantasma della cosa in


rischiarava

toglieva

altres, nella filosofia della pratica,

all'imperativo categorico
le

l'aspetto di

qualitas occulta,

tenebre di

quella regione, atte ad accogliere ogni sorta di superstizioni e immaginazioni, e perci

anche

la

credenza
-.

in

una

legge morale posta arbitrariamente dalla divinit

Lo Hegel

non parla pi
quello
in

di

imperativo categorico e di dovere,


lo spirito

ma

solamente di libert; e
cui

libero (com'egli dice)

soggetto e

oggetto

coincidono e

si

vuole

liberamente la libert.

IL Giunta
moderna,
'

al

suo termine l'et classica della

filosofia
'

L'Etica nei
^*'^
**

accaduto anche nell'Etica un relativo regresso, "

^'

inonono.

il

concetto della concretezza e universalit del principio

pratico and smarrito. Senza riparlare degli utilitaristi, dei


quali qui

non
per

si

disputa pi, basti ricordare

come

si

tornasse ai principi formalistici che lo Hegel criticava nel

Kant

(tale,

es.,' il

principio dell'Etica rosminiana, del

rispetto all'essere, combattuto dal Gioberti), o addirittura a quei principi materiali, che
il

Kant aveva
nello

gi esclusi,

come

il

caso della

compassione

Schopenhauer,

delle cinque

idee pratiche nello Herbart, dell'amore nel

Feuerbach, della benevolenza, idea etica suprema nel

Lettres prov.,

1.

5.

Sy stenle

d. Sittenlehre, pp. 49-51.

302
Lotze, della

IL PRINCIPIO ETICO

morale teologica nel Baader, della vita

nel Nietzsche, e simili.


I principi della

prima specie trovavano

il

loro compi-

mento
non
si

in

una concezione
il

religiosa (della quale altres

pu

dare esempio

Rosmini); e quelli della seconda, quando


utilitari o tautologici,

scoprivano

mostravano un'oil

scura tendenza verso l'Etica della libert:

che non da
pensiero del

sconoscere dell'Etica nietzschiana, antiedonistica e antiutilitaria

(pur tra la
trascina

melma
seco),

sassi che

il

Nietzsche

tutta

piena

del

senso

della

Vita intesa come attivit e potenza. Anche l'evoluzioni-

smo
trate

positivistico talora inconsapevole idealismo; e le sue

azioni morali, utili all'evoluzione, possono essere interpe-

come

quelle che rispondono alla logica dello Spirito

in universale.
listica,

Pi

restii degli altri all'interpetrazione idea-

ma non

affatto irriducibili,

sono

concetti dei pessi-

misti (per es., dello Schopenhauer); e stranamente contradittorio

poi

quello

del

semidealista

semipessimista

Eduardo Hartmann, movimento della civilt, onde


diale
si sia q

che fa consistere la morale nel prosi

possa giungere a

si alta

condizione di spirito, che per mezzo di una votazione mon-

La questione proposta

grado di decretare il suicidio universale. dal Kant, e da lui lasciata aperta


,

se r Etica

stata

debba concepirsi formale o materiale > che da noi determinata nell'altra: se l'Etica debba conceo concreta, vuota o piena, tautologica o espresse l'Etica
si

pirsi- astratta

siva

cio (determinando anche meglio),


prima
e fuori

possa

stabilire

del sistema filosofico

e conciliare

persino con l'asistematica dell'agnosticistuo,

non

stata

pi intesa nella sua vera natura


o neokantiani.
I

nemmeno

dai neocritici

quali, o

hanno stimato

di risolverla

con

un temperato

utilitarismo,

uscendo dall'etica kantiana e

negando il risultato pi sicuro della critica che questa aveva faticosamente compiata; ovvero l'hanno agitata fasti-

III.

ANNOTAZIONI STORICHE

303

diosainente,
il

senza mai avanzare di un passo. In verit,


si

progresso era possibile solo a patto che


filosofico, e

costruisse

un

sistema

un sistema non inferiore a quello degli


sarebbe stato
il

idealisti postkantiani; e ci

medesimo che
che

chiedere la morte

del neokantismo o neocriticismo,


di

non pure non tentava

superare

sistemi idealistici,
e,

ma

disperava della possibilit stessa di un sistema


sistema. Possono perci

in questa

disperazione, consigliava e professava un filosofare senza


i

neokantiani essere chiamati, come

desiderano, seguaci e discendenti del Kant; ma, diremmo,

modo stesso in cui l'ultimo degli Absburgo di Spagna, n imperatore n re n soldato n uomo, poteva essere
al

riconosciuto discendente di Carlo V,

imperatore, perch aveva anche


antenato,
il

lui,

uomo soldato re e come il suo grande


I

deforme labbro pendente degli Absburgo.

neokantiani, cio, serbano del Kant non la virt,


il

ma

solo

difetto della sua

filosofia.

PARTE TERZA
LE LEGGI

B. Croce, Filotofta della pratica.

LE LEGGI COME PRODOTTI DELL'INDIVIDUO

I Ja legge

un

atto

volitivo che ha per contenuto una

Definiiio-

serie o classe di azioni.

ne deiiaieg-

Questa definizione

esclude

anzitutto

dal concetto di

legge un carattere che di solito considerato essenziale,


la

socialit; ossia estende

il

concetto di legge al caso

Concetto
*''^<''''^

dell'individuo isolato.
in

Ma

perch non accadano equivoci ' ^

concetto empirico di so-

un punto, com'

questo, importante, sar bene avvertire

che la parola

societ ha due significati, uno empirico e

^''^"-

l'altro filosofico, e che,

escludendo dal concetto di legge


si

il

primo, non s'intende, e non

potrebbe, escludere l'altro.

La

realt unit e molteplicit insieme, e

un individuo
il

concepibile solo in quanto ha di fronte altri individui, e

processo del reale


in relazione.

eflTettivo

in

qianto gl'individui sono


si

Senza molteplicit non

avrebbe n conoutilit

scenza n azione n arte n pensiero n

n moralit

un individuo
di assurdo.

isolato, cio avulso dalla realt

che lo costitui-

sce e che egli costituisce, sarebbe qualcosa di astratto, epper

Ma

assurdo quel concetto non

quando

si

adol'

pera con intento polemico contro un concetto

falso, e

in-

dividuo viene inteso come isolato non gi assolutamente,

ma
si

relativamente a certe condizioni contingenti, che a torto


essenziali; e qui invece astratto e irreale

ponevano come

308

LE LEGGI
so-

sarebbe da dire l'adoperato concetto di societ. Perch


ciet

significa altres

una

molteplicit di esseri della

mede-

sima specie, dove, com' chiaro, s'introduce subito un carattere arbitrario, che
il

concetto naturalistico di medesimezza

Ma, se anche mancasse questa empirica medesimezza, non per ci la societ, la reale societ, mancherebbe. Un uomo potr non ritrovare tra una moltitudine di uomini
di specie.
i

suoi simili, e
e

esistessero;

societ

si condurr come se quegli altri uomini non nondimeno anche in questo caso vivr in con gli esseri che si chiamano naturali o sopran-

naturali, col suo cane, col suo cavallo,


la terra, coi morti e

con

le piante,

con

con Dio. Cacciato in solitudine, cio

distaccato dagli altri esseri della sua


altre

forme di societ, ossia

persisteranno sempre e gli

medesima specie, quelle comunione con la realt, daranno modo di proseguire la


la

sua vita di contemplazione, di pensiero, di azione e di


moralit. Per intendere lo spirito nella sua universalit,
necessario prescindere dalle contingenze; e
in
significato
la
il

societ,

empirico,

contingenza, che
essa e non

concetto
realt,
ci

d'individuo isolato (isolato da


dalla societas

dalla

aiuta

superare.

hominum e non dalla Donde i grandi


la

societas

entiura)

servigi

che

questo

concetto ha resi alla Logica, all'Estetica, e segnatamente

all'Economica,
filosofia
tali

quale
h'a

si

cominciata a svolgere
i

solo

quando

trattato

fatti

come economici come

che avvengano, prima che nelle cosi dette societ,


il

nell'individuo, formando
lata.

concetto di un'economia isole

Per converso, Economica, Estetica, Etica, tutte


i

scienze e tutti

problemi
si

filosofici,

hanno smarrito
il

la

loro vera indole e

sono imbastarditi, quando


ritutfato

grosso-

lano

sociologismo ha

nelle contingenze sociali


i

quegli universali, che a gran fatica

filosofi

avevano

sciolti

Dunque, col definire da le leggi come formazioni che hanno luogo non solo nelle
esse per pensarli nella loro purit.

I.

LE LEGGI COME PRODOTTI DELL'INDIVIDUO

309

societ,

ma

anche nell'individuo
lo

isolato, s'intende sempli-

cemente guidare

sguardo a fermarsi sul concetto della

vera

societ, che la realt tutta, e non lasciarlo vaper escogitare casi d'in- Le

gare e confondere in cose accidentali.

Non occorrono grandi


e le cangino, e
si

artifici

legrsi co-

dividui che pongano leggi a s medesimi, e le eseguano

"^^^('^[jy"!^'!
i

assegnino premi e infliggano punizioni;


fine
il

programmi
*"

n fa d'uopo chiamare a questo

buon Robinson, tante volte incomodato dagli economisti. Senza dover compiere lo sforzo d'immaginarsi gettati sopra un isolotto deserto
di

^|'"i*Jie

con solo un sacco


la vita quotidiana,

grano e una Bibbia, basta osservare


gli

perch

esempi

di legislazione indi-

viduale

si

presentino in folla nei cosiddetti

programmi

di vita. Chi pu vivere senza programmi? Chi non ferma


entro s che egli vorr
e tali
tali

e tali azioni, e ne eviter tali


si

altre? Fin dall'adolescenza

comincia a legiferare
le

entro noi stessi a questo modo, e per tutte


della vita

altre et

prosegue questa interiore produzione di leggi,

che spezzata solamente dalla morte.


pio:

si

dir per eseme ogni anno,

Io dedicher la mia vita all'agricoltura,


al febbraio torner in citt e dal

dal giugno al novembre, dimorer in

decembre

campagna; ma dal marzo al maggio


si

viagger per diletto e istruzione.

Programma che
di

deter-

miner e specificher secondo


bilit

le

varie condizioni e possile

che

si

prenderanno a considerare, stabilendosi


il

pro-

prie individuali leggi circa

modo

comportarsi rispetto

alla religione, alla famiglia, al

matrimonio, agli amici, allo


al tale o tal altro indi-

Stato, alla Chiesa, o

anche rispetto

viduo; perch (com' noto dalle spiegazioni date nella Logica) l'individuo, concepito che sia

quasi entit

fissa,

di-

venta anch'esso concetto, ossia astrazione, gruppo, serie e


classe.

chi

ne avesse vaghezza potrebbe agevolmente


i

isti-

tuire

il

raffronto tra
si

programmi o
sociali
;

leggi individuali, e le

leggi che

chiamano

e ritroverebbe nell'individuo

310

LE LEGGI

Statuti fondamentali, leggi, regolamenti, ordinanze, dispo-

sizioni transitorie, contratti, leggi singolari, e tutte le altre

formazioni legali, che

si

osservano nella societ. In che

Esclusione
dei carattere
di

costrizio-

ne; e critica

*^onc'tto**

programmi dell'individuo differiscono dalle leggi della societ? Quelle leggi non sono forse programmi, e quei programmi non sono leggi? A questa interrogazione, che formoliamo non per esprijj^g^g ^jj dubbio che sia in noi, ma per affermare un fatto che ci seuibra irrefragabile e da resistere a qualsiasi contradizione, si pu tuttavia rispondere obiettando (ed obiezione comune) che tra le leggi individuali e le leggi della societ e dello Stato intercede una grande differenza:
mai
i
'

"^

queste sono costrittive, quelle no; e perci queste sono

veramente

leggi, quelle

restano meri programmi.


ragionata,

Ma

di

codesta obiezione,

come qui

non

possiamo
tutta la

fare caso alcuno; perch,


Filosofia della

avendo oramai percorso


e
speciale,

pratica, generale

non abbiamo

incontrato mai, nell'ambito del volere e dell'operare, ci

che
tivo,

si

chiama

costrizione

(salvo che in significato nega-

come

deficienza di volont e di azione). Nessun'azione


costretta; ogni azione

libera,

pu essere mai
varsi
l'azione

perch

lo

Spirito libert: potr, in

un determinato

caso,

non

ritro-

che

si

era immaginata,

ma
i

un'azione co-

stretta cosa

che non s'intende, perch


fatto smentisce la
il

ripugnanti,

11

due termini sono nostra affermazione? Guaruna

diamo dunque
e,

fatto direttamente e spregiudicatamente,

per esser sicuri di non sbagliare, prendiamolo in

forma estrema: per esempio, in quella della legge di un terribilissimo despota, il quale, circondato da sgherri, co-

mandi a una torma


niti

di
al

uomini di recargli
dio, nel quale

loro primoge-

per sacrificarli

egli fida e

che

essi

discredono. Gli uomini, che ascoltano questa manifestazione


di

volont,

sono costretti da ossa? Quale minaccia pu


vuol dir no? Quella torma di uomini
si

far dir si a chi

I.

LE LEGGI COME PRODOTTI DELL'INDIVIDUO


prender
le

311

ribeller,

armi, sbaraglier

le

schiere del de-

spota, lo

uccider o lo ridurr all'impotenza di nuocere;

e la legge non eserciter, in questa ipotesi, nessun'efficacia


costrittiva.

Ma

anche

nell'altra ipotesi,
la vita o
si

che

essi

non

si ri-

bellino e che, per


il

non rischiare

perch differiscano

ribellarsi a

momento pi
sofferto

propizio,

pieghino per intanto


i

al volere del despota e

consegnino alla morte

loro figliuoli,

essi

non avranno

nessuna costrizione,

ma

avranno

liberamente voluto: volato serbare la propria vita a spesa di


(juella dei figliuoli, o sacrificare alcuni di questi

per acqui-

star

tempo

e mettersi in grado di ribellarsi


si

con isperanza

di vittoria. Cosicch nelle leggi sociali

ha ora l'osservanza

ora l'inosservanza della legge;

ma

l'una e l'altra, liberasi

mente. L'inosservanza potr esser seguita da ci che

chiama pena: cio

il

legislatore,

che ha imposto una certa

classe di azioni, prender contro chi

non

le

esegua certi

determinati provvedimenti e vorr un'altra classe di azioni,

designata ad agevolare la prima (perch la pena una nuova

condizione di cose, che

si

pone all'individuo e secondo


il

la

quale

si

cerca d' indurlo a cangiare

suo precedente

modo

pena trova sempre di fronte a s la libert dell'individuo. Per evitare la pena o il rinnovarsi dalla pena questi potr, liberamente, osservare la legge;
di azione);
la

ma

ma

ci

non

toglie

che potr anche liberamente

ribellarlesi,

come

nel caso che

abbiamo

descritto.
identici ca'*'**;"
"^_^^^

la coazione, questa parimente manca sempre nelle leggi sociali; e, per contrario, quel che davvero nelle leggi sociali del pari nelle

Se nelle leggi individuali manca

duali e nelle
**''^'""'

osservanze e nelle ribellioni, nei premi e nelle pene delle


leggi individuali. Per tornare all'esempio recato di sopra,

l'individuo,

il

quale

si

prefisso

fare l'agricoltore,

pu essere
darsi

preso

come programma di a un tratto da un

gran desiderio di
che prima
gli

alla pittura o alla musica, e ci

era piaciuto, pu ormai dispiacergli: quella

312

LE LEGGI
le

dimestichezza con la terra madre, con

messi e le venlui,

demmie, che

gli

sorrideva

come condizione adatta a

come suo vero

ideale di vita, gli pu tornare fastidiosa e


se
egli

ripugnante. Ma,

uomo

serio,

se

non vuole

disvuole a ogni attimo, se non presenta nella sua cerchia


individuale
il

pieno riscontro di quei popoli che cangiano


le

a mezzo novembre
di

leggi

poste nell'ottobre e passano

riforma in riforma, di rivoluzione in rivoluzione, egli


la situazione nella
il

esaminer
leit

quale posto, e riconoscer,


sortogli nell'animo,
vel-

per esempio, che

desiderio,

che non risponde alla sua vera vocazione, e determiil

ner che

s'impegner in

primo programma deve rimanere intatto onde lui una lotta tra quel programma e la
;

nuova e

ribelle volizione.

Potr accadere, in questo caso,


il

che l'individuo dell'esempio trascuri talvolta


tismo pittorico o musicale

programma

tracciato per abbandonarsi alle tentazioni del suo dilettan;

ma

poich ci accadr contro

la sua legge individuale, e forza

deve restare

alla

legge,

l'inosservanza sar seguita da particolari provvedimenti,

come
prima
In

di gettare

via pennelli e violino, o


di e

d'inibirsi

per-

fQO quei
si

momenti

svago

in simili
gli

dilettazioni che egli

concedeva

che ora

sono diventati pericolosi.


della

altri

termini, in caso d'inosservanza


s'infligge
titolo,

sua logge

l'individuo
dirsi,

fatiche e

astinenze,

che

debbono

a pieno

autocastighi.
si

per passare all'altra

ipotesi,
sociali,

analoga a quella che


se l'individuo

contemplata per le leggi

si sentir invaso da tal furore pitda venire nella persuasione che il primitivo programma, la primitiva sua legge individuale, non rispondeva o non risponde pi alle sue vere e profonde

torico o musicale

tendenze, egli

si

ribeller contro la legge


allo stesso

la

distrug-

ger in so: proprio

modo che

il

popolo, nell'al-

tro esemplo, distruggeva la legge del despota, combattendo,

imprigionando o ammazzando costui.

I.

LE LEGGI COME PRODOTTI DELL'INDIVIDUO


leggi individuali sono
si

313
leggi in^o-

programmi o
alla societ,

dunque

leggi; e Le
me,

questo concetto poich ^ ^

estende cosi all'individuo isolato

'"'^*^"*"'
In

ultima

come

il

carattere della socialit

non essenindividuali;
porsi

analisi, le so' '^*''"

ziale al concetto di legge. Anzi, per


le sole leggi,

meglio determinare,
le

che realmente esistano, sono


sociali

onde leggi individuali e leggi

non possono

come due forme


ficato

del concetto generale di legge, tranne che

individuo e societ non vengano presi entrambi in signi-

empirico e

si

esca

dalla

considerazione
filosofico,

filosofica.

Intendendo l'individuo nel significato


cosi dette leggi sociali

come

lo
le

Spirito concreto e individualizzato, chiaro


si

che anche

riducono

alle individuali,

perch

per osservare una legge bisogna farla propria, cio individualizzarla, e per ribellarlesi bisogna espellerla dalla pro-

pria personalit, nella quale essa indebitamente tentava di


restare o d' introdursi.

L'esclusione del carattere di socialit dal concetto di Critic

dei-

legge sgombra

problemi e cor- i*',"*'?"' relative teorie, che avevano a loro presupposto quel preteso giuridiche e
la filosofia

da una sequela

di

carattere. Principale

tra essi, la distinzione delle leggi in

8"*'''

politiche e giuridiche da

un canto,

e in

meramente
.e

sociali

si

di queste.

dall'altro: e poi delle leggi

giuridiche in leggi

di diritto

'5'.'"'"''^''*

]iubblico e privato, civile e penale, nazionale

internazio-

sioue delie
*^*'"

naie,
via.

in

leggi
il

propriamente dette e regolamenti, e cosi

Se

concetto stesso di leggi sociali empirico, em-

piriche saranno altres tutte le distinzioni e suddistinzioni

che ne vengono proposte, e non possibile difendere una


distinzione contro un'altra o correggere quelle finora date
e

proporne di nuove. Chi tolga


Cosi

in
il

quelle distinzioni, avverte subito


sofico.
le

esame una qualsiasi di loro mancamento filo-

leggi giuridiche o politiche sono state disociali,

stinte dalle

meramente

dicendosi che quelle sono

coattive e queste convenzionali; laddove la coazione, per


le ragioni gi esposte, inconcepibile nelle

une non meno

314

LE LEGGI

che nelle altre: che se poi per coazione s'intende la minaccia di una pena, questa
sociali
si

trova nelle leggi meramente


legge, che
si

non meno che nelle giuridiche. chiamare giuridica, che non bisogni
blica

suole

falsificare la

pub-

moneta: chi

la falsifica, corre

il

rischio di buscarsi
si

alcuni anni di reclusione.

legge, che

suole chiamare
col saluto: chi

sociale, che bisogni rispondere

al saluto

non risponde, corre

il

rischio di essere giudicato


circoli della

uomo ma-

lamente educato ed escluso dai

gente per bene.

C
fatto

differenza essenziale tra le


il

due sorta di leggi ?

stato

tentativo di differenziarle, affermando che le

prime

sono promulgate da un potere

supremo, che ne

invigila

l'osservanza, e le seconde da circoli particolari d'individui.

Ma

quel potere supremo non ha certamente sede in un

superindividuo, che domini gl'individui, sibbene negli individui stessi;


e,

se cosi, tanto esso vale e pu,


lo

quanto

valgono e possono gl'individui che

formano. Vale a dire,

quelle leggi giuridiche sono leggi di

una cerchia che viene

bens empiricamente considerata pi stretta e pi forte,


nella quale esse in tanto
si

ma

attuano in quanto gl'individui

spontaneamente
niente
tissimi,
i

vi

si

conformano, reputando loro convesi

il

conformar visi. Monarchi, che


sono
stati

tenevano poten-

spesso disingannati dagli avvenimenti,

quali

hanno

loro

praticamente e spiacevolmente dimoquale

strato,

che la forza non era gi delle loro persone o del

loro titolo,
la loro

ma

di

un consenso universale, mancato


si

il

potenza stessa mancava, o

contraeva in un gesto
al ridicolo.

d'impotente comando, assai prossimo

Leggi, che

sembrano ottime, restano


dono
ai

inapplicabili, perch incontrano

la tacita resistenza generale, o,

come

si

dice,

costumi:

il

che basterebbe a illuminare

non risponlo menti

circa l'unit inscindibile del cosi detto Stato e della cosi

detta societ. Lo Stato non ontitA,


di svariate

ma

complesso mobile

relazioni

tra

individui.

Potr essere comodo

I.

LE LEGGI COME PRODOTTI DELL'INDIVIDUO

315

delimitare alla meglio questo complesso ed entifiearlo per

contrapporlo agli

altri

complessi: su ci non cade dubbio,

e noi lasciamo ai giuristi l'escogitazione di queste e di altrettali distinzioni, opportune sebbene fittizie, n pensiamo minimamente a condannare come irrazionale l'opera loro. Diciamo soltanto che bisogna non dimenticare che il fittizio fittizio, e rinunziare a ragionarlo come reale, e

astenersi dal riempire volumi e volumi di faticose disquisizioni filosofiche, vuote di efi'etto,

laddove vuote non sono,


pratiche, da
cui

nella cerchia loro, le distinzioni

quelle
filo-

prendono
sofi,

le

mosse. Noi che non siamo giuristi

ma

e ai

quali perci vietato formare e adoperare dio

stinzioni pratiche

empiriche, dobbiamo concepire

come

leggi, e tutte agguagliare nell'unica categoria della legge,

cosi la

Magna
di

charta inglese,

come

lo statuto della

Mafia

siciliana o della

Camorra

napoletana; cosi la Regula mo

nachorum

san Benedetto, come quella della

brigata

spendereccia, che

Folgore
in
il

della Chitarra cantarono


cosi
il

da San Gemignano e Cene sonetti e che Dante ricorda;

diritto

canonico e

codice militare,

come quel

droit

parisien, che

un

certo personaggio del Balzac aveva stu-

diato per tre anni nel salottino celeste di


in quello

roseo di

un'altra,

che,
il

ne parli mai, forma (diceva


tique,

una signora e quantunque nessuno gran romanziere) une


et

haute jurisprudence sociale, qui, bien apprise


'.

bien pra-

mne tout* Che pi? Sono leggi persino quelle leggi letterarie e artistiche, in cui si manifesta la voo
tal

lont di promuovere la produzione di opere le quali abbiano


tale

altro

genere di argomenti e di ordinamento:


i

come sarebbe, per esempio, che


divisi

drammi debbano

essere
i

in

cinque

atti

in

tre
le

giornate, e che

ro-

manzi non debbano passare


Balzac, Le pre Goriot

quattro o cinquecento

pa-

(ed.

Paris,

Calman Lvy,

1891), p. 85.

316

LE LEGGI

gine in sedicesimo, e che una statua monumentale debba


essere

nuda
le

o vestita all'eroica.

evidente che, se qual-

pu essere escluso (come infatti o era escluso) dalle accademie del buon gusto ; il che non impedir che per ci stesso venga accolto nelle antiaccademie degli scapigliati: proprio come l'essere incorso nelle punizioni che il codice penale commina, titolo di ammiscuno
viola,

sione in talune societ di delinquenti.


Estensione
del concetto
di legge.

Questi esempi, che abbiamo scelti tra

pi strani e

meglio

atti

a fare scandalo, giovano a mettere bene in


il

chiaro che

concetto di legge, quando


tutta la

si

voglia filosofarvi

sopra, dev'essere preso in

sua estensione logica.

Una

curiosa sorta di falso pudore stima contrario alla di-

gnit filosofica l'immischiarsi di certi argomenti, e inclina


perci a restringere arbitrariamente, e di conseguenza a
falsare, taluni concetti filosofici.
ticolare, avvolto

quello di Legge, in pardi

da una tradizione
che

solennit

e reca

con

associazioni,

occorre rimuovere.

Altrimenti,

non dato intendere neppure che cosa intrinsecamente


siano e
e

come esercitino la loro efficacia quelle non scritto ferme leggi degli di, che Antigone opponeva ai decreti
i

degli uomini; o

detti di

Lacedemone,

per obbedire

ai

quali caddero

trecento alle Termopili; o le leggi della


irresistibile

patria, che con


agevolava

autorit imposero a Socrate


altri gli

di restare in carcere sul


la fuga.

punto che
si

consigliava e

La

vita

compone

di azioni piccine e

di azioni grandi, di
fitto

minimi e

di massimi, o meglio di

un

tessuto di azioni

sempre varie; e non pensiero troppo


pezzi, e

accorto tagliare quel tessuto in

scartarne alcuni
soli

come meno

belli,

per contemplare poi nei


il

pezzi

pre-

scelti, e cosi ritagliati e aconnessi,

tessuto,

che non c' pi.

II

GLI ELEMENTI COSTITUTIVI DELLE LEGGI

CRITICA DELLE LEGGI PERMISSIVE E DEL DIRITTO NATURALE

s
ha

e,

dopo aver

tolto via le indebite restrizioni e divisioni


si

carattere
e
il

empiriche del concetto di legge,


carattere che
il

riporta l'attenzione sul


definirlo, si

volitivo

carattere
classe,

di

si

enunciato

come proprio a
leggi
dalle
altre

modo

di distinguere le
le ([uali

formazioni

spirituali,

con

sovente vanno confuse per effetto


solite nel discorso
atti

delle metafore e
leggi,

omonimie
detto,

comune. Le
o
l'ele-

come

si

sono

volitivi, concernenti

classi di azioni. Per conseguenza, dove

manca

mento
Per

volitivo o quello di classe,

non pu aversi legge:


Distinjsione
^^^''j

tranne che di
la

nome

e per metafora.

le cosi dette

mancanza dell'elemento volitivo non sono leggi leggi della natura o leggi naturalisti-

'^*^!

che, semplici enunciati di relazioni tra concetti empirici,

dette icRgi
"

regole. Si chiama, per esempio, legge naturale, e pi precisamente legge chimica, questa: che il platino si fonde a 1780"; o legge grammaticale quest'altra
ossia semplici
:

* **"'

che nella lingua greca


clinazione
sto caso

nomi maschili

della seconda de-

hanno il genitivo in ou (salvo eccezioni, in quecome nell'altro). Ma esse sono leggi press'a poco a quel modo che il re di coppe re; ed noto, del resto,
dalla storia delle idee, che la denominazione di

legge

fu metaforicamente, per opera degli stoici, trasportata al

318

LE LEGGI
politico, nel quale era

dominio della natura dal dominio


sorta e del quale era propria.

E sappiamo

gi che

concetti

empirici e le regole possono rivestire forma letteraria imperativa; onde


si

dir:

Se vuoi fondere

il

platino, riscali

dalo a 17800

>;

Se vuoi parlare
alla

greco, declina

nomi
forma
e quefalsi

maschili della seconda con ov al genitivo


letteraria
gli

Ma

la
;

non cangia nulla

natura della cosa

imperativi

sono

imperativi ipotetici

cio

imperativi,

leggi

improprie. Fintanto che qualcuno non

m'imporr, o
la legge

io stesso

non m'imporr,

di parlare
si

greco

o di aprire un laboratorio chimico dove

fonda

il

platino,

grammaticale e quella chimica rimarranno meri


Il

schemi, strumenti di cognizione e non ancora di azione.


giurisperito, ohe elabora tipi e regole,

e quest'ultimo solamente (che


la spada)
Implicazione deiie secon-

ha

in

non una

il

legislatore;

delle

sue mani

d carattere
che

di leggi alle escogitazioni di quello.


re-

Vero
di

per formare concetti empirici, schemi e

me.

un atto di volont, e una volont che non quella implicita in ogni atto di pensiero, ma una volont particolare, che delle rappresentazioni e dei concetti foggia un misto, il quale non n rappresentazione n concetto, e che, quantunque irrazionale nel puro aspetto teoretico, pur adempie a un suo ufifcio nel^^j^ occorre (comc altres sappiamo)

l'economia dello

spirito.

Ma

la legge, nel significato proprio,


l'atto

un atto volitivo che


litivo

suppone gi compiuto

vodi

onde

si

foggiano gli pseudoconcetti o

concetti

classe:

appunto perch essa volizione, che ha a suo


di oggetti.

oggetto una classe


di

Non

possibile imporre

parlare secondo le regole della lingua greca o di fonil

dere

platino secondo la regola chimica, prima che que-

ste regole siano state poste.

qui risalta nettissimo

il

di-

vario tra quei due ordini di formazioni spirituali, che la

forma letteraria

imperativa, che

si

alle

relazioni di

classi facendole regole, ottenebra e confonde. Il

quale

di-

II.

GLI ELEMENTI COSTITUTIVI DELLE LEGGI

319

vario

si

riconosce nei casi concreti a questo segno semsi

plicissimo: che la regola (come gi

ebbe occasione di

provare) convertibile in enunciato di classe, e la legge


inconvertibile.
1780

Se vuoi fondere

il

platino, riscaldalo a
di

una proposizione che vale n pi n meno


Il

quest'altra:

platino
si

si

fonde a 1780.

Ma
si

la

legge:
si

In ogni citt
il

apra un laboratorio chimico in cui

fonda

platino ,

non

si

pu, per isforzi che

facciano,

convertire dalla forma imperativa all'indicativa.

Se

alle leggi naturalistiche


'

manca l'elemento
anche sono

volitivo,

Distinzione
^*!*" !'*.*' dai principt
pratici,

in altre formazioni spirituali, che ^

di solito de-

nominate e considerate

leggi, c' bens l'elemento volitivo,

ma non
leggi.

quello di classe, e perci neanch'esse sono vere

il

Tale

caso
e,

della

legge

economica

della

legge morale
di

indirettamente, della

legge logica
dice
il
:

quella

estetica

La legge morale
il

Vegli
il

l'universale; e cio: Vegli

buono,

l'utile,

vero,

bello.

Dunque

essa (considerata nella sua realt, e

non
con-

nella sua teoria scientifica nella quale appare


cetto di se stessa)
tivo

come

il

un
lo

atto

volitivo.
stesso,

Ma

quest'atto voli-

ha per oggetto

spirito

che in tanto ed

esiste in

quanto vuole e afferma s medesimo; ha per ogle

getto

dunque una forma o un universale, laddove

leggi propriamente definite volgono sempre su qualcosa di

materiale e insieme di non meramente individuale, su qual-

cosa di generale: su una classe e non gi su un'idea.

Le

leggi universali (che meglio si direbbero


il

principi) sono

lo Spirito

produttore, le leggi vere e proprie sono un

prodotto speciale dello Spirito;


leggi a titolo diverso dalle altre.

opper

le

une

si

dicono

classe,

mancanza dell'elemento di generalit o di Le pu chiamare, e nessuno chiama, legge un ^" atto volitivo individuato e sngolo. La risoluzione e azione, per la quale io non mi levo in questo momento dalla sedia,
per
la

leggi e
*"'
*'""

non

si

320
e

LE LEGGI

non vado incontro premuroso all'amico che in mal punto mi viene a interrompere in questo mio lavoro, atto voquale sarebbe invece quell'atto volitivo, e non gi legge
;

litivo,

che formassi entro di me, consistente nel proposito


di

programma

accogliere seduto e in

modo
atto
e che

tepido gli

amici sempre che vengano a visitarmi nelle ore antimeridiane, per lasciar loro intendere, col mio
sorta,

di

quella

che

essi

mi disturbano nel lavoro,


loro visite

dovranno

astenersi

dalle

inopportune, se

non vogliono

soffrirne la pena, ricevendo dal loro amico un'accoglienza

poco premurosa.
Identit delle

Dal carattere non universale


^j^ggji;^
*="

ma

generale,

non

di ne-

leggi imperative,
proi-

oj^ ^[ contingenza, che da riconoscere al contesi

bitive e per-

nuto delle leggi,

Ottiene la soluzione di

alcune celebri

missive.

controversie, nelle quali

non

si

era ancora giunti a condimostrata.


concepibili
l'antica

clusione

soddisfacente

debitamente
siano

E
o

in

prima da ricordare
leggi

quella se
sia

no

permissive,

accettabile

formola:

che la legge aut iubet aut vetat aut permittit. Solitamente


si

ammette che
un

la legge aut iubet aut vetat, e


la

che

il

suo

permettere non sia altro in questo caso che


di

rimozione

divieto anteriore, ossia l'abrogazione totale o par

ziale di un'altra legge.


volitivo, iubet soltanto:

Ma, in
il

realtA, la legge, essendo atto

comando

un volere;

comandare

che in ogni

citt si
si

volere che

apra un laboratorio chimico, significa apra. E poich ogni volere insieme non

volere (come ogni affermazione insieme negazione), ogni

comando deve iueo come un


Car attere
permissivo
di Offni
jfe,

considerarsi

come insieme un
verbalmente
si

divieto, e ogni

veto (che poi

esprima

il

vo-

Icre in
,jq,j
Jjj^

lag.

hnper
0-

attiene ^ alle leggi permissive, esse sono inconcepibili accanto alle


si

forma positiva o negativa, di comando o q^J importanza alcuna). Per quel che
^
;
.

di divieto,

.....

missivo di
Knl
pio

imperative o proibitive, non gi perch nessuna legge mai


permetta,

prlncl-

ma

perch, pel fatto stesso che quelle sono im-

,,

II.

GLI ELEMENTI COSTITUTIVI DELLE LEGGI

321

perative o proibitive, sono insieme permissive: ogni iubeo

un permitto. I principi, come volizioni universali, non permettono mai, perch niente sfugge al loro comando; ma un singolo atto volitivo, affermando s stesso, non
o veto

esclude

la

possibilit
atti,

che
il

si

afifrmino

altri

atti volitivi,
il

anzi infiniti

giacch

singolo

non esaurisce mai


pi o

suo universale.

le

leggi

sono volizione di classe, ossia


serie
;

prescrivono serie di

atti singoli,

meno

ricche,

ma
di

sempre invincibilmente limitate


(cio,

onde una legge lascia


n proibite),
volont.
si

sempre non volute


di

n comandate
le

conseguenza permesse, tutte


azioni che possano essere
si

altre azioni e

classi

mai oggetto
tutte
le

di

anche se

prendono insieme

leggi che

sono

formolate fino a un dato momento, esse, tutte insieme, non

esauriscono l'universale; e se
le

une

sulle

altre e si

accumulano nuove leggi frazionano e sminuzzano con lena


si
il

affannosa per raggiungere

totale esaurimento,

si

otterr

bens un progressus in infinitum,

ma non mai
il

l'esauri-

mento, che inconseguibile. Vale a dire, fuori della legge


o delle leggi permane sempre
il

permissivo,

lecito,
si

l'indifferente,
chiami
il

la

facolt,

il

diritto, o come altro

concetto correlativo a quello di comando, divieto

o dovere: dualit di termini che esprime la


legge, onde, annullata

finit della

da una nuova legge una determiindifferente, risorgono


lecito, indif-

nata facolt, un determinato lecito, un determinato diritto,


reso differenziato

un qualcosa prima

sempre, dal seno della nuova legge, facolt,


ferente, diritto.

Un

altro carattere

che deriva dal contenuto contingente Matevoiez

delle leggi la loro

mutabilit. Le leggi sono mutevoli,

*^*

*^"

laddove

principi (leggi di contenuto universale) sono im-

mutevoli, disposti sempre a dare forma a tutte le pi varie

materie storiche. Cangiando di continuo


fatto,

le

condizioni di

necessario aggiungere nuove leggi alle antiche, e


SI

6. Croce, Filoofia della pratica.

322

LE LEGGI
si

correggere e modificare queste o addirittura abolirle. Ci

Concetti

em
*

vede cosi nei programmi della vita individuale, come nei programmi che si chiamano leggi sociali o politiche. Ma in
quanti modi le leggi cangino, questione anch'essa che non ci tocca, perch sotto l'aspetto filosofico di modi non ce n' mai altro che uno solo: la libera volont, che produce nelle nuove condizioni di fatto la nuova legge. Il cangiamento che si dice involontario non pu essere se non una forraola per indicare certi cangiamenti pur sempre volontari, che avvengono in modo meno solenne di certi altri, ma nei quali non pu mai mancare la solennit dell'umano
filosofo

^"di'/'i'^*

tamento.

volere,

che celebra s medesimo.

il

potrebbe decidere se nel campo pratico sia da porre


la

come concetto fondamentale

conservazione o la rivolu,

zione; perch ogni conservatore

per

lui.

insieme

effet-

tivo rivoluzionario in quanto adatta di continuo la legge,

che vuol conservare,


certe leggi,

ai

nuovi

fatti,

ogni rivoluziona-

rio insieme conservatore,

perch costretto a muovere da

che conserva

almeno provvisoriamente, per


in-

cangiarne altre e sostituir loro nuove leggi, che egli

tende a sua volta conservare. La rivoluzione per la rivoluzione,


il

culto della

Dea Rivoluzione,

cosa insana, che

non cessa
e finisce,

di esser tale, perch sia stata tentata nella storia,

come

tutti

tentativi insani, col suicidio: la rivosi

luzione rivoluziona s medesima e

cangia

in

reazione.

Cosicch, quando. si distinguono e contrappongono rivolu'

zionar e conservatori,
il

si forma una distinzione empirica, da cercare nelle circostanze storiche determinate che l'hanno fatta formare. Il conte di Cavour

cui significato

era conservatore rispetto a certi problemi e rivoluzionario


rispetto a certi altri
;

tanto che conservatore sembr ai mazai

ziniani e rivoluzionario

legittimisti

clericali. Il

Ro-

bespierre, se era rivoluzionario pei girondini e perfino in

ultimo pel ncomoderato Danton, appariva conservatore, ne-

II.

GLI ELEMENTI COSTITUTIVI

DELLE LEGGI
dell'uomo
,

323
agli

mico del

libero

svolgimento dei

diritti

occhi dello Hbert o dello Chaumette.


Contradittorio altres il concetto di un codice eterno, o modello, di un diritto legislazione-limite una di " universale, razionale o naturale, o come altro lo si
'

Critica
^*^"^^

del

no

*!f'" Diritto

naturale.

venuto variamente intitolando.

Il

diritto naturale, la le-

gislazione universale,
il

il

codice eterno, clie pretende fissare


il

transeunte,
leggi,

urta

contro

principio della

mutevolezza
del carattere

delle

che conseguenza

necessaria

contingente e storico del loro contenuto. Se al Diritto naturale


si

lasciasse fare quel che esso annunzia, se Dio per-

mettesse che gli affari della Realt fossero amministrati

secondo

le astratte

idee

degli scrittori e dei professori,


del

si

vedrebbe, con

la

formazione e applicazione
di

Codice

eterno, arrestarsi

colpo lo Svolgimento, concludersi la

Storia, morire la Vita, disfarsi la Realt.

Ma

questo finimondo non succede, perch, se possicontradizione, impossibile renderla *^


'

ii

diritto na-

bile dibattersi nella

!"If'f
il

diritto

^"^* nuo-

concreta e attuale: Dio, cio

la

Realt,

non permette.
fatti,

vo.

concretamente e attualmente nel cosi detto Diritto naturale


si

sono avuti a volta a volta due diversi ordini di

che

non hanno nulla da vedere con l'annunziato programma.


In primo luogo, sotto specie di diritto naturale o razionale
si

sono presentate talvolta proposte di nuove leggi, che


delle antiche

sembravano migliori

buone

di fronte

alle

antiche ormai giudicate pi o

meno
i

cattive; e queste pren-

devano aspetto d'innaturali e irrazionali, e le nuove di razionali e naturali. Come temperamenti erotici e passionali, a ogni loro nuovo innamoramento, non punto ammaestrati dall'esperienza del passato, giurano con piena
seriet che
il

eterno;

cosi

nuovo amore sar definitivo, costante, l'uomo nel creare le nuove leggi si abbanall'illusione,

dona facilmente

che quelle non muteranno


le

come

le

vecchie; e dimentica che

vecchie furono giovani

324
anch'esse, e al loro bel

LE LEGGI

tempo contentarono parecchi,

per dirla con l'antico canto carnascialesco. Quelle leggi

naturali

sono storiche; quelle leggi


altre.

eterne

>, transitorie,

come

tutte le

Leggi naturali ed eterne sono state


la tolleranza religiosa,

proclamate in certi tempi e luoghi


in

la libert del commercio, la propriet privata, la monarchia

costituzionale;

e,
il

altri

tempi e luoghi, l'estirpazione


il

degli infedeli,
la
Il diritto

protezionismo commerciale,

comunismo,
di diritto

repubblica e l'anarchia.
Il

na-

sccondo Ordine di
rappresenta
il

fatti,

decorato col

nome
il

F-r'^fi'^Tr
la pratica.

i^aturale,

tentativo di superare
giuridici

contingente
i

e transitorio dei concetti

e raggiungere

prin-

cipi della filosofia della pratica, eterni bensi e iramutevoli,

ma
tro

non pi leggi, perch puramente formali.

I cosiddetti

trattati di Diritto naturale sono, in questo caso, nient'al-

che trattazioni (talvolta anche pregevoli) di Etica. Che

se poi alla trattazione dottrinale dell' Etica viene congiunta

in quei trattati

una

descrittiva pratica, che mette capo


si

a
ot-

proposte di riforme sociali, giuridiche e politiche,


tiene

un miscuglio dei due ordini


filosofia
si

di

fatti

da noi

di-

stinti, della

e della casistica.

Ma un

diritto na-

turale

non

trova in nessuna parte, perch logicamente

e realmente contradittorio.
Critica dei
diritti naturali.

Ai tempi nostri, per l'accresciuto senso storico,


gj^uzioni del Diritto naturale e del Codice eterno, e
stessi
i

le

co-

nomi

di

queste costrazioni, hanno perduto quasi affatto


prestigio.

l'antico

Ma

persistono problemi illegittimi, che

mettono radice in quel concetto contradittorio, o


legittimi nella trattazione di problemi, che

modi

il-

pur sono

legit-

timi
della

quando vengano
prima
di

intesi nei loro veri termini.

Esempio

queste

teoria dei diritti

presume

stabilire

due specie di sopravvivenze la naturali dell'uomo, con la quale si quali diritti competano all'uomo per nasi

tura e quali per contigenze storiche, e

annoverano, per

II.

GLI ELEMENTI COSTITUTIVI

DELLE LEGGI

325

esempio, tra

primi

il

diritto alla vita, alla libert, al la-

voro, alla famiglia e via dicendo, e

tra

secondi quelli

che derivano dalla costituzione di questo o di quel paese


o da particolari contratti.

Ma

all'uomo fuori della societ

(che vuol dire, in questo caso, fuori della storia), consi-

derato

come
salvo

spirito

in

astratto,

non

ispetta
spirito;

diritto

al-

cuno,

quello

di

essere

come

cata-

loghi dei diritti naturali


le

si

dimostrano tautologie, con


in

quali

si
il

ripete

vanamente che l'uomo


insieme
si
il

quanto
se

spi-

rito

ha
(e

diritto (e

dovere) di svolgersi come


di

tale

come

tale

svolge

necessit,

vive

ed

uomo); ovvero sono

razionalizzaraenti arbitrari di conil

tingenze
la

storiche,

come

diritto

al

lavoro, che fu

formola quarantottesca degli operai degli ateliers natiodegli insorti di Lione, e


il

naux

diritto alla libera


i

propriet, formola dali, e di nuovo ora

della borghesia contro

legami feuil

della stessa borghesia contro

movi-

mento socialistico. Esemp della seconda specie


dispute circa

di errore

si

ravvisano nelle

istituti sociali e politici,

che, invece di esser*'


cir-

combattuti come irrazionali o difesi come razionali in

costanze storiche date, vengono difesi o combattuti perch

iusnaturap^'"'stcntt noi giudU e pro^'""*


'""o

^!'!"'

conformi o difformi dalla vera idea del diritto o dalla


vera idea di quei singoli
corso (come benissimo
si

istituti,

insomma
donne

col fare ri-

suol dire) a ragioni astratte.


il

Un

riformatore propugner

diritto delle

al

voto am-

ministrativo o politico, sillogizzando che le donne

fanno

parte dello Stato

hanno

interessi generali e particolari

da garentire direttamente e non per le interposte persone dei maschi, che talvolta si trovano con esse in contradizione d'interessi; e un conservatore negher di sana pianta

questo ragionamento, dissertando sull'ufficio proprio della

donna,

la

quale per legge di natura sarebbe chiusa nel-

l'ambito della famiglia.

Un

riformatore proporr

il

divor-

326
zio

LE LEGGI

come necessario complemento


spiriti,

del matrimonio, perch,

dove cessa l'accordo degli


legame; e un conservatore
concubinato o
rendo.

deve cessare o^ni

altro

lo

combatter come contrario

all'essenza stessa del matrimonio, e parificante questo al


al

cosiddetto libero amore.


si

via discor-

Allorch

odono
si

di

siffatte

argomentazioni e
il

controargomentazioni,

dica pure che

Diritto naturale

non morto. Giacch


donne pu essere
ghi; e
il

la

questione del voto politico alle

seria o ridicola,

secondo

tempi e

luo-

divorzio, altamente morale o profondamente imi

morale, secondo

tempi e

luoghi; e solamente l'angustia

mentale o l'ignoranza pu credere fuori dell'umanit, o


viventi e persistenti nell'immoralit, popoli che praticano
il

divorzio e una o altra delle forme di coniugi che


ai

non

rispondono

nostri

costumi, e

popoli odierni che nelo

gano

il

voto alle donne, e quelli futuri che loro

conce-

deranno, se lo

concederanno.

Ma

immorale, irrazionale e
il

innaturale non neppure la poligamia o


bito, se

libero

concu-

venne considerato istituzione legittima in certi tempi e luoghi e neppure, staremmo per dire (quantunque la cosa ripugni al nostro cuore e al nostro stomaco di europei in;

civiliti),

l'antropofagia,

perch anche tra

gli
si

antropofagi

(speriamo che, facendo uno sforzo mentale,


venirne) erano uomini che
si

vorr con-

sentivano nella pi limpida co-

scienza di s medesimi onestissimi, e che ci non ostante

mangiavano
noi

il

loro simile con la stessa tranquillit con cai


pollo arrosto, senza odio pel
pollo,

mangiamo un

ma

sapendo di non poter fare, almeno per ora, altrimenti. Gli accusatori, che inconsapevolmente ragionano in nome di

un immaginario diritto razionale, debbono aver dimenticato una paginetta di Cornelio Nepote, che pure avranno tradotta nei loro primi anni di ginnasio, nella quale (giova
rileggerla)
si

dice:

Expertes literarim Orocarnm

niiil

rectuH

iiisi

quod

ipsorum

morihus

conveniat

putabiint.

II.

GLI ELEMENTI COSTITUTIVI DELLE LEGGI

327

TU, si didicerint non eadem omnibus esse Twnesta atque turpia,

SED OMNIA MAIORDM iNSTiTUTis lUDiCARi, uou admrabuntur


iios

in Graioruni virtutibus exponendis mores

eorum

secutos.

Neque enim Cimoni fuit turpe, Athetiiensium summo viro, sorom gerermanam habere in matrimonio: quippe quum, eius cives eodem uterentur instiiuto: at id quidem nostris
moribus nefas habetur. Laudi in GrcBcia ducitur adolescentulis

quam plurimos
est
;

habere amatoi'es. Nulla

Lacedemoni
coii-

tam

nobilis vidua qtue non ad scenam eat mercede

ducta

e via esemplilcando

*.

Tanto l'irragionevole

scandalizzarsi, e la ragionevole difesa, fatta dal


della variet dei costumi, sono cose vecchie.

buon senso,

ViUe

excell.

iniper., pref.

Ili

IRREALT DELLA LEGGE E REALT DELL'ESECUZIONE


UFFICIO DELLA LEGGE NELLO SPIRITO PRATICO

La me

legge covo izione


ir-

Jja

legge,

come

volizione

di

una

classe

di

azioni,

astratta e
reale.

yQijgione di un astratto. Senonch (e ci richiamiamo alle ^

dimostrazioni gi date) volere un astratto tanto vale quanto

astrattamente volere; e volere astrattamente non vera-

mente volere, perch si vuole in una situazione determinata


diatamente in azione, cio che

soltanto in concreto, ossia


e con

una
si

sintesi volitiva

corrispettiva a quella situazione, e tale che


sia

traduca imme-

insieme azione effettiva.

Per conseguenza quella volizione, che la legge, sembra che si debba dire una pretesa volizione: contradittoria,
perch priva di situazione unica e detcrminata;
tiva,
ineffet-

perch sorgente sul terreno malsicuro di un concetto

astratto; volizione,
reale,
laattttabiutii

insomma, non voluta;

atto volitivo

non

ma

irreale,

E
si

tale essa
^^^

realmente. Ci che realmente


naa l'atto singolo che
si

si

vuole

^^^ ^ ^^^ uu*io'no


lei

^*^SS^^t

compie, come

principi
*

dice,

sotto

la leggo, cio

l'esecuzione
si

della legge.

La
si

'*^*'

"

volizione singola la sola che

effettui: l'esecuzione della


si

legge la sola, che veramente e realmente


operi.

voglia e

Formolata
i

la

legge, la vita continua a proporsi in-

cessantemente

suoi

sempre nuovi problemi;

e questi o

III.

IRREALT DELLA LEGGE


e
si

329
risolvono con
o vi

non rientrano nel preveduto dalla legge


gli universali

principi pratici (economico ed etico);

rientrano, e allora bisogna

eseguire

la legge, tranne che,

beninteso, non
larlesi

si

reputi pi conveniente cangiarla o ribel-

contro violandola o cercar di operare contro di essa

tacitamente, a poco a poco invalidandola.

Ma
esegua
tafore,

anche quando
si

ci si trovi nelle situazioni

prevedute
si

dalla legge e
o
si

operi secondo essa, e,


la legge, la

come

dice,

si

applichi

legge irreale. Biso-

gna anche qui


e
diretta

stare in guardia contro le parole e le

me-

considerare

direttamente la cosa.
si

in

questa
singole

considerazione

vedr che

le

situazioni

in cui si vuole e si opera,

non possono esser mai prevenon


II
si

dute
essa,

dalla

legge, e perci

pu operare secondo

ed eseguirla o applicarla.

caso reale sempre una

nosciuto, cosi com', solamente


fatto

sorpresa, qualcosa che accade una volta sola, e viene coin quanto accade; e pel

nuovo occorre nuova misura,

pel

nuovo corpo abito


e

nuovo. La misura della legge invece, per essere astratta,


oscilla tra l'universale e l'individuale;

non ha

la virt

n dell'uno n dell'altro. Attuare


il
il

la

legge?

Ma

solamente

pedante della vita forma di


pedante dell'arte
Il si

siffatti

propositi,

come
le

solo

propone di

applicare

regole

d'arte.

vero artista segue docile la guida della sua co-

scienza estetica,

come l'uomo
si

pratico l'iniziativa del suo

genio pratico. Ci che

ed osservanza della

chiama atto singolo, esecuzione legge, non osserva in realt la legge,


la

ma
da
fa

il

principio pratico ed etico; e l'osserva individualizzan-

dolo.

L'uomo, che ha

memoria piena

di leggi

foggiate

lui o da lui accolte, pervenuto al punto una grande riverenza alle signore Leggi,

dell'operare,
e
si

conduce

di suo capo.

legge in Italia "''

come
al

in altri
e

paesi che a vent'anni ciuanmento ^ esemplifica-

bisogna presentarsi

distretto,

prestare per

un certo

tivo.

330

LE LEGGI
il

tempo
bile

servizio militare.
i

Lasciamo da parte
si

il

caso possi-

che

cliiamati a quel servizio

ribellino e,

impadro-

nitisi del

potere governativo, aboliscano la legge di coscri-

zione e ristabiliscano quella dell' arrolamento volontario.

lasciamo anche l'altro caso, non


cui
i

al

tutto

immaginario, in

coscritti violino la legge, disertando all'estero o na-

scondendosi in un sotterraneo come un eroe del padre Bresciani, o,

come un buon tolstoiano che applichi il precetto non resistenza al male, facendosi imprigionare, pur di non toccare armi. E prendiamo invece il caso consueto del pacifico borghese, che si fa guerriero per non andare prigione, o del buon cittadino, che riconosce suo dovere serdella

vire la patria. Per le ragioni gi dette, chiaro che costui,

nel presentarsi al distretto e al reggimento, ubbidisce

non

gi alla voce (che

mera

voce, flatus vocis) della Legge,

ma

alla

sua coscienza morale, o semplicemente alla sua

coscienza economica. Senonch, come far egli a osservare


la legge,

che impone di prestare un servizio militare precifatto ?

samente cosi e cosi


peramento,
il

Ciascun individuo ha
le

il

suo tem-

suo ingegno,

sue particolari forze fisiche;


in modo tutto proprio, N gi solamente pi o meno meno la legge; ma, proprio,

e ciascuno prester quel servizio

diverso da quello di

un

altro.

bene, ossia osservando pi o


in

anche quando tutti l'osservino con pari diligenza e scrupolo. Pu sembrare che in un'esercitazione militare tutti compiano lo stesso movimento; ma la
diverso,
realt che ciascuno
si

modo

muove

in

modo

diverso dall'altro:
allo stesso

che in una marcia di parata

tutti

camminino

modo;
siano)

ma

effettivamente tutti (perfino nell'esercito prusin

camminano
si

modo
ci

diverso.
sia

e da lontano, par che


presso,

Guardando all'ingrosso uniformit; guardando da


si

scorgo la difformit. Se

potesse fare l'esperi-

mento
t'anni

di mettere

a confronto un reggimento di ciiiquan-

prima con

uno

di

cinquant'anni dopo, lasciando

III.

IRREALT DELLA LEGGE

331

immutati nell'intervallo ordinamenti


dell'apparente unifoi*mit:
ziata dagli accaduti

militari, armi, vesti e

ogni altra cosa, balzerebbe subito agli occhi la diFormitc\


difformit,

che sarebbe potenvita,

mutamenti nel complesso della

nella cultura, nell'educazione morale,


litica,

nella coscienza po-

nel

modo

di nutrirsi e di abitare, e via dicendo.

Ma

l'esperimento possibile, se non nel tempo, nello spazio,


cio confrontando l'applicazione dei
militari

medesimi regolamenti

presso

due popoli diversi. Sembra allora avere


ci

innanzi un libro medesimo, scritto in due lingue diverse,

che letterariamente (come


pi lo stesso libro,
in milanese e
il

ammonisce

l'Estetica)

non

ma due ma due

libri diversi: il Giusti tradotto

Porta tradotto in fiorentino non sono pi

n Porta n Giusti,
rarla nei fatti, e

nuovi poeti.
la

Questa impossibilit di applicare


la

legge e d' incorpo-

Le dottrine
j?"^'*j' "j"']
g.

necessit di operare
, in

caso per caso,

secondo
le

le

esigenze storiche,

fondo, ci che ha colpito


li

Loro

in*

menti di taluni in vari tempi e luoghi e

ha mossi a

^^'^''''

concludere n pi n

meno che

le

leggi sono inutili e a

richiederne l'abolizione. Se all'azione singola bisogna alla


perfine venire, e all'azione del singolo da rimettere la

deliberazione ed esecuzione, a qual pr stringere intorno


agli uomini,

che debbono operare, bende e legami, che


?

bi-

sogna poi strappare e rompere per operare


pratico bisogna gettar via per valersi
delle

a qual pr

foggiare con grandi ansie e fatiche strumenti, che all'atto

Per

siffatti

raziocini

si

vagheggiata talvolta

nude mani? una societ


l'at-

senza leggi, in cui


trattiva stessa del

tutti

facciano la parte propria per

Fourier e in
rato
il

Armonici del molte utopie anarchiche. Ovvero si sospilavoro,


gli

come presso

governo assoluto e paterno del buon tempo antico

e la genialit di
gl'

un despota
sia in
il

di

buon cuore, che, privo dedi fare volta


il

impacci delle leggi,

grado

per volta
detta. 0,

e caso per caso tutto

meglio che

cuore

gli

332

LE LEGGI
attuali, si pro-

per discendere a esemp meno strani e pi


posto che
il
il

giudice crei volta per volta la legge, secondo


:

caso che ha dinanzi

cio,

che cessi di esser giudice

(non avendo una legge da applicare e non potendo pronunziare,

propriamente, sentenze) per diventare libero


di
litigi

def-

nitore

correttore di costumi; o, per lo meno,


e giudichi

che sgombri
Ed
erroneit

le

finzioni giuridiche

secondo

la realt
jjj|jj|;

singola dei casi. Teorie, senza dubbio, insostecsclusa l'ultima che ha sembiante temperato;

deiie conhi-

tazioni che se ne sono


*^**'

jjqjj

perch la cosiddetta
alla legge,
sia,

finzione

giuridica
si

intrinseca

e sussiste

anche quando

crede che non vi

essendo sempre finzione fare rientrare un caso con-

una categoria astratta. Ma a codeste errate dottrine malamente si opposto dai difensori dell'utilit delle leggi, che la legge non ammetta le soluzioni individuali e richieda la rigida osservanza; perch il momento delcreto in
l'individualit, e dell'inosservanza e violazione, per cosi
dire, legittime, sussiste nel fatto
Significati
einpirici di
^^^j.^^

ed intrinseco alla natura

della legge. Avversari e difensori


quelli

hanno dunque
questi

torto del

asserendo

l'inutilit,

un'impossibile

troversie.

utilit.

E
e

certamente qui, come sotto molte altre dispute


filosofica, si

di

apparenza

celano sovente dispute d'indole


quali
si

pratica

politica,

nelle

oltre

il

torto

c' la ra-

gione, e ragione e torto vi


in

ripartiscono e s'intrecciano

modo

assai vario. Gli avversari delle leggi sono spesso

nient'altro che avversar! delle

troppe leggi, o richiedono

legittimamente pel giudice

ufficio

meno pedantesco
i

mec-

canico di quel che spesso ora abbia; laddove


(ielle

sostenitori

leggi

contrastano

rivoluzionari,
(luali

che

vorrebbero
il

abolire determinate leggi, sulle


civile,

poggia

progresso

mettere

in

discredito tutte le leggi, fac(Mido en-

trare la societ in

un

caotico agitamento senza regola e

guida.

Ma

tutto ci estraneo al

problema

filosofico,

che

solo ora considorhuno.

III.

IRREALT DELLA LEGGE


dell'utilit

333
avessero volato Necessit
*^^" ^^^^^'

Se

difensori

delie

leggi

adoperare contro
di quelli
la

gli

avversari un argomento di buon senso,

che impongono la conclusione anche quando non

dimostrino a rigore,

avrebbero

potuto semplicemente

far notare la richiesta delle leggi, dell'ordine, della

giu-

stizia, dello Stato, che s'innalza da ogni punto della


storia

umana.

Meglio un cattivo governo, che nessun

governo; meglio leggi mediocri


cia frenetica a leggi
bilit

ma

stabili,

che non la cac-

sempre

migliori, con la

penosa insta-

che

ne

consegue!

E,

d'altra

parte:
ispirati,

Dio

ci

scampi dai despoti geniali, dai giudici


nali che profondono tesori di equit!

dai tribule

Queste sono
si

voci

che risuonano nella Storia. Per la legalit gue; per


delle
liti,

sono combat-

tute centinaia e centinaia di battaglie e versati fiumi di sanla legalit


si

aflfrontano

quotidianamente

le

noie

si

spiega un'azione energica, che solo agl'intel-

letti superficiali lecito

considerare

come spreco

di

tempo
si

e di fatiche:

laddove nessuna fatica superflua quando


offesa

tutela

il

proprio diritto, e nessuna pi santa, perch tutela


della

insieme la maest

legge,

il

diritto

di

tutti.

Coloro che raziocinano contro

le leggi,
li

possono ben farlo a


li

cuor leggiero, perch


e
li

le leggi

circondano,
le

proteggono

conservano in vita; per poco che

leggi accennastratto la voglia

sero a cadere tutte, passerebbe loro a


di raziocinare e ciarlare:

un

da

in quella guisa che talor, veduto


la

lupa noi bosco,


spirito e senso

il

pastor suole

come

abbia perduto,
le

gli mvxoion

ne

la

lingua

parole

e correrebbero

affannati

al

rimedio, a ricostituire leggi


sicurezza,
ri-

quali che siano, per potere riacquistare la

trovare la pace e riprendere la calma: quella calma, che

334

LE LEGGI
il

rende possibile perfino


contro di esse.
Le
legffi co-

raziocinio e l'accademica ciarla

Passando dalla considerazione


jiiogofiga,

di

buon senso a quella


l'utilit della

me

prepara-

zione all'azione,

da dire pi direttamente che


l'atto

legge

non gi nella sua


perch s'attua solo

attuabilit, la quale cosa impossibile,

singolo del singolo,

ma

in ci,

che per volere ed eseguire l'atto singolo giova di solito

cominciar dal rivolgersi

al generico, di cui

quel singolo

caso singolo: rivolgersi, cio, alla classe di cui quel singolo componente. Allo stesso modo, per prendere
si
il

la
si

mira,

comincia di
punto su cui

solito

col mirare la regione


si

dove

trova

la

mira

fisser.

La legge non

volizione

reale ed effettuale, anzi fuor di dubbio volizione imperfetta e contradittorla


;

ma

appunto perci preparatoria

alla

volizione sintetica e perfetta.

La legge insomma,
volizione reale,

in quanto

volizione di

un

astratto,

non

ma aiuto

alla volizione reale;


i

come

(per valerci del solito paragone)

ponti e castelletti di legno sono aiuti alla costruzione

della casa, e

non perch, costrutta


lavoro che
si

la casa,

vengano rimossi,

sono
Analogia tra
lo

stati inutili al
ci S

compiuto.

E qui
iQo-ia,
="

mostra ancora una volta esattissima l'ana-

spirito
il

tra la costituzione dello spirito pratico e quella dello

pratico e
leKifi

teoretico:
prati-

spirito teoretico.

Anche

in

quest'ultimo s'incontrano fortali

che e concetti

magioni teoretiche, che non sono

e che

si

contradicono

empirici,

in loro stesse, ponendo rappresentazioni che fungono da

universali, e universali che sono rappresentativi: formazioni arbitrarie, nelle

quali la volont

si

fa a

comandare

a ci a cui impossibile comandare, cio a rappresentazioni e concetti, 1 quali non seguono ma precedono l'atto
volitivo e pratico.

Ma

noi

sappiamo che quei

finti

concetti,
fal-

quegli schemi, quelle leggi che non sono leggi, quelle


sit

confessate e perci non false sorreggono la


il

memoria
al

agevolano

pensiero

orientarsi

dinanzi

multis.

forme spettacolo del mondo, che esso penetra

di

Non

III.

IRREALT DELLA LEGGE


aiutano a pensare; non
il
li

335

li

pensiamo,

ma

ci

immaginia-

mo,

ma
la

ci

aiutano a immaginare. Cosi

filosofo

ferma di
di l

solito

mente sugli pseudoconcetti, per ascendere

agli universali; e l'artista anch'esso vi rivolge l'attenzione,

per ritrovare sotto di quelli l'individuale e l'intuizione

ingenua e viva, ch'egli cerca.


fatti

medesimi pseudoconcetti,
spirito pratico,
in

oggetto

di

volizione

mutati da schemi in leggi,

adempiono analogo
possibile
alla

ufficio nello

rendendo
indirizzo,

volont

di

volere

un

certo

dove poi s'incontrer l'azione viduata.

utile,

che sempre indipromovi-

Non meno importante


Gli pseudoconcetti '
offrisse

accanto

al

un altro aspetto dell'analogia, se la realt non non sarebbero possibili, ^ il quale dissimile il simile; non l'uni' '

ii

!"*".*" ^^\'
l'ordine nel-

la realt e

versale e necessario,
cosi dire)

meno

(per generale, un contingente vr r> " contingente di altri, un variabile relativail


'

ma

"^"

'""Pi"'-

geiitatlone.

mente costante. E gli pseudoconcetti sono arbitrari non perch pongono il simile dov' il dissimile, ma perch
irrigidiscono quel variabile, che costante solo relativa-

mente,

facendone
il

qualcosa di assolutamente costante, e

mutano

simile nell'identico.

Ora

lo spirito pratico,
il

che

crea la realt, ha bisogno di creare non solo

dissimile,

ma

anche

il

simile;

non

solo ci che

dura un attimo,

ma

tinche ci che dura, press'a poco invariato,

un millennio o un millennio di ma anche la specie; non solo il grand'uomo, ma anche il popolo; non solo le azioni che non ritornano, ma anche quelle che ritornano periodicamente, simili bench non identiche. A questo ufficio adempiono le leggi, le quali costituiscono ci che si chiama l'ordine sociale, anzi l'ordine cosmico. Ordine, per altro, sempre relasecolo o
l'individuo,
tivo, e
tilinea,

un anno o un millenni; non solo

che include in s l'instabilit; configurazione


la

ret-

quale in realt, esaminata da vicino,

si

svela

anch'essa curvilinea. Perci necessario foggiare

le leggi,

836

LE LEGGI
violarle,

ed insieme necessario
pu, nell'esecuzione.
Origine del concetto di piano disegno .
>>

pur osservandole come

si

Quest'uftcio che

descritto della legge

come

voli-

2ione irreale e

nondimeno aiuto

e preparazione della vo-

lizione reale, sparge luce intorno a

un concetto
o

che, nel-

l'esporre

il

modo

di essere e di operare dell'atto volitivo,


il

abbiamo
che
si

rifiutato:

concetto di

piano

disegno

mopre-

dello, come proprio dell'attivit pratica, la quale, per quel


suol dire,
si

attuerebbe eseguendo un
il

disegno

stabilito.

noi abbiamo mostrato che

disegno e l'esecu-

zione del disegno fanno in realt tutt'uno; e che l'uomo

opera mutando a ogni

istante

disegno,

perch muta

la

realt, che la base della sua azione.

E come

nella Filo-

sofia della pratica in genere, cosi nell'Etica in particolare


il

concetto di disegno prestabilito non ha luogo, perch se


si

vero che nell'eticit

distingue l'universale dalla

mera
esi-

azione individuale, altres vero che l'universale non


ste in concreto se

non incorporato

e individuato

come

la

tale o tal'altra singola azione


cit

buona. L'universale

dell'etis, fuori

non un disegno, e non pu esser voluto per

di ogni individuazione; al

modo
e

stesso che innamorarsi

innamorarsi di
astratto.

un individuo,

non gi dell'amore

in

Ma

quel concetto del disegno proposto all'azione

ed eseguito per mezzo dell'azione, sebbene anzi appunto


perch erroneamente adoperato nell'Economica e nell'Etica,

deve avere
fatti,

il

suo significato legittimo in qualche altro

ordine di

dal quale deve essere stato attinto: altri-

menti non potrebbe


possibile

nemmeno

venire in pensiero, n sarebbe

fame
si

poi uso erroneo.

Ora questo
si

significato,
le

come

s' veduto,

ritrova nel caso delle leggi:


i

leggi per

l'appunto sono
tosto clie

piani o disegni, che

attuano, o piut-

non

si

attuano, dall'individuo operante.

IV
CONFUSIONE TRA LEGGI E PRINCIPI PRATICI
CRITICA DEL LEGALISMO PRATICO E DELLA

MORALE GESUITICA

Niiente
leffffi ""^

forse vale a

rischiarare la

meglio dell'esame degli errori gravissimi, che "

introdotti nella Filosofia della pratica per


vertito
il

noi
non
circondati
e
in
;

schietta natura delle


si

Trasfonna-

sono ^'f* .*^' principi in


av- leggi
"***'

essersi

prati-

carattere di

mero aiuto che

* proprio di quelle ^ *^
le leggi coi

^^s*"'

smo.

formazioni mentali, e per essere state confuse


principi
pratici,

concependo questi come leggi e quelle


sorretti

come
leggi, "*'
'

principi.

Noi
di

viviamo costantemente

da

Genesi dei
'^"'=^"

che sono innumerevoli, quantunque ^ 1


il

ogni istante 3

^^^ e

praticamento

numero

usare

madre

finito. Il Decalogo ancora ci comanda: Non nome di Dio invano; Onora tuo padre e tua Non rubare Non ammazzare Non de;

lecito

'"'''''"'

siderare n la

casa n la donna del tuo prossimo, n


il

il

servo, n la serva, n

bue, n l'asino, n cosa alcuna


Il

che sia del tuo prossimo; eccetera.


contro
troppi

decalogo o ecato

logo della prudenza c'inculca a sua volta:


tarti

Non

susci
;

nemici

Bada
te;

alle

tue faccende

Carezza chi pi potente


offenderti ; eccetera.

di

Offendi chi sta per


e

quelle leggi, tante

cosi

parti-

colareggiate, inducono facilmente nella falsa credenza, che


il

loro complesso
la

basti a regolare la nostra azione econo;

mica e

nostra vita morale

e che

principi pratici posf2

B. Ckock, Filosofia della pratico..

338

LE LEGGI
sostituiti

sano essere

pienamente rappresentati
i

da un

Decalogo o da un Codice,
regolatori della vita

quali sarebbero

veri e propri

umana.
il

Ma

il

Decalogo,

Codice,
si

il

Corpus

ticolari e

minuti che
di

facciano,

luris, ampi e parnon sono mai in grado,

come sappiamo,
legge reca con

esaurire l'infinit delle azioni che le

infinitamente varie situazioni di fatto condizionano. Ogni


s,

come necessario
il

correlativo,
il

come ombra
facolt di

della sua luce, le azioni


differente,
il

indifferenziate,
il

legalmente in-

lecito,

permissivo,

diritto, la

fare

o non fare. Cosicch, per incoercibile


i

conseguenza,
di

concepiti
leggi,

principi pratici

come sequela
altres
il

o complesso

bisogna passare a porre

concetto del pra-

ticamente indifferente, mutando


in pratico.
Conseguenze
di esso: l'ar

il

lecito da legale

Ora ccco chc cosa accadc.


troviamo dinanzi situazioni di

ogni attimo della vita


fatto alle (luali o le
si

ci

leggi

bitrarlsmo.

che possediamo non


nel

si

applicano punto, o
si

applicano solo
a ogni attimo

modo approssimativo che

veduto:

della vita ci troviamo senza la guida della legge, dinanzi


all'indifferenziato e indifferente.

L'uomo

pratico sa o sente

bene che

le leggi

sono semplice aiuto ed esercitazione prove sente che egli deve,


fatto,

visoria, che

non danno l'azione; e sa

caso per caso, affrontare la situazione di

percepirla

nella sua originalit, e originalmente produrre l'azione sua

propria.

Ma

l'uomo, che ha accolto la concezione legalie

taria dell'attivit pratica


tici

ha abbandonato

principi pra-

come

inutili o

li

ha

giudicati

inesistenti, ora

che

si

trova abbandonato anche dalle leggi in cui aveva troppo


fidato,

non ha
di

altra guida alla quale rivolgersi se


l'arbitrio,

non

il

proprio arbitrio:

che non guida,

ma man-

guida; non azione ma inazione, ossia azione contradittoria non attivit, ma passivit; non prudenza bene, ma imprudenza e male.

canza

IV.

CONFUSIONE TRA LEGGI E PRINCIPI PRATICI

339

Cosi la concezione legalitaria dei principi pratici tende

a produrre n pi n

meno che

la

morte della pratica,


passivit, al luogo

con l'insediare
del bene
il

al

luogo
e,

deH'attivit.'i la

male;
il

proponendosi di fissare e determinare

con esattezza
prio
il

vero concetto della libert, raggiunge prol'arbitrio.


il

suo contrario:

solo

opportuno avvertire qui che

legalismo morale,

il

Legalismo
*'''

che abbia finora richiamato l'attenzione dei


se

'''""

critici,

semplice caso particola'"''

non

pratico;

non un caso particolare del generale legalismo dell'essersi veduto il caso particolare e non
riporre
della

*^"^
f/c

quello generale, la cagione da

nel disconosci-

mento, consueto presso


nella sua autonomia.
si

filosofi,

forma economica

Ma

gi negli esempi

da noi

prescelti

fa palese che

il

legalismo errore che


l'Etica,

abbraccia cosi

r Economica come

perch introduce nell'una come

nell'altra l'assurdo filosofico del

praticamente indiffemorale, o che

rente. Anche un uomo privo

di coscienza

per un momento ne sia privo, se concepisce la guida del

suo operare utilitario in forma di leggi, perde


della sua

la bussola

del suo utilitarismo e cade nell'arbitrio, che la rovina


stessa

individualit. Se (per ripigliare

il

solito

esempio) mi prefiggo come legge igienica di non bere vino,


e mi accade poi di trovarmi in un dato
condizioni fisiologiche che
celerare
i

momento
di vino

in

tali

un bicchiere

pu

riac-

battiti del
io,

cuore e ridarmi la forza di cui ho

bisogno; ed
tico

per fede cieca nella legge stabilita, dimen-

che quella legge condizionata e non gi assoluta, e


il

che sola legge assoluta


in quel

fare, nel

momento

dato, ci che

momento

utile;

il il

chiaro che, cosi ragionando

e operando, sostituisco alla prudenza la superstizione, ep-

per

l'arbitrio, e
il

cagiono

mio danno.
praticamente
indiflFerente biCritica dei

Contro

moralmente e
Economica,
e,

sogna tener saldo che esso concetto

affatto estraneo al-

P"f'*"t
indifferente.

r Etica

all'

sempre che penetra in

esse.

340
sottilmente
corruttore.

LE LEGGI

Nell'Economica e nell'Etica,

nel

campo

non c' facolt che non non obbligo, c' diritto che non sia insia insieme sieme dovere, non c' lecito che non sia vietato, n permesso che non si muti in comando, ndvta lleanv,
pratico vero e proprio,
XX'a

ndvta

<ru|X{p(}ei,

diceva con oscure e suggestive pa arzigogolato, san Paolo

role,
ci

su cui tanto

si

lecito,

ma

niente

tutto ci facciamo lecito >, dobbiamo dire


* :

noi, chiarendo; tutto

pu e dev'essere spiritualmente elabo-

rato dalla volont e ricevere la forma della libert. Ma, per

distruggere nelle sue radici quel concetto parassitario, biso-

gna attingere quel punto del legalismo pratico;


Contese di rigoristieJassisti,

in

cui

si

trova l'altro concetto

e dimostrare,

come

si

fatto, la

genesi di esso nella confusione tra principi e leggi.

Invuno

rigoristi, avvedendosi del pericolo e della

loro
erro-

tal p^yj^j^ verso cui scivola per ^


S

modo
del

la teoria dell'Etica,

comune
'^'

sono dibattuti contro

teorici

moralmente

indifife-

rente o lassisti. Fintanto che gli uni e gli altri non

la-

sciavano

il

terreno legalitario, gli uni avevano ragione con-

tro gli altri; e tutti poi, alla pari,

avevano

torto, farisei e
si

sadducei, giansenisti e

molinisti, 1 rigoristi

aggrappa-

vano disperatamente
essa potesse essere
indifferente:

alla legge, e

dubbia

dare luogo

non ammettevano che al moralmente

la legge era certa. Ma, in verit, la legge non mai n dubbia n certa: aggirandosi su concetti empirici, essa non delimita mai nulla con esattezza, opper non certa; avendo per oggetto non gi l'azione concreta,

ma

solo

limitare l'indelimitabile, opper

una preparazione a questa, non si propone di denon neanche incerta o


di l

dubbia: sta di qua o


rigoristi si

da

siffatte categorie.
il

Cosicch

ritrovavano anch'essi dinanzi

moralmente

in-

differente, e

non avevano modo

di vincerlo.

Potevano con-

Cor., I, 10, 28.

IV.

CONFUSIONE TRA LEGGI E PRINCIPI PRATICI

341

sigliare di risolversi per l'azione pi

penosa e ripugnante,
codesta era una
i

di contrariarsi, di tormentarsi;

ma anche
il

maniera

di arbitrio e di male. D'altro canto,

lassisti

poin-

tevano allargare a lor piacere


diflferente,

campo

del

moralmente
poich non

mettendo

in luce le

dubbiezze della legge, cio

la

sua impotenza come principio pratico;


questa dovevano in qualche

ma

ri-

conoscevano alcun principio pratico fuori della forma della


^^SS^i ^

modo

ricorrere per

ottenere un punto di orientamento nella guida della vita.

E, non potendo trovarlo nella legge per s stessa, riconosciuta

dubbia, dovevano riporlo nell'autorit degli inter-

petri; e,

delle

quando queste autorit discordavano, nel calcolo autorit (per l'appunto come nella legge di citazione
si

di Teodosio II
tre
o-

usava pei

giuristi romani);

e poich

due
fine,

quattro o cento autorit, quando sono incerte, non


alla

valgono pi di una parimente incerta, doveva,


ne.

bastare a essi un'autorit qualsiasi per giustificare un'azioIl

probabilismo, non che contradizione


si sia

del legalismo,

ne logica conseguenza. Ridotti che gara quelle di persone stimabili


lalobos d'avviso che

all'autorit, per-

ch runa dovrebbe valere pi dell'altra quando sono in


e

fededegne? Perch dare la


il

precedenza a Papiniano su Paolo o su Ul piano? Se

Vil-

un

prete,

il

quale abbia commesso

peccato mortale, non possa in quello stesso giorno dir messa,


il il

Sanchez, invece, opina che pu: perch dunque un prete,


quale
il

si

trovi nel caso,

dovrebbe seguire
d
in

il

Villalobos anil

zich

Sanchez? vero che, risolvendosi


e
il

alla cieca tra

Sanchez

Villalobos, egli

si

preda

all'arbitrio;
si

ma

arbitrio e legalismo sono indissolubili, e, pi egli

sforza

di liberarsi dal laccio, pi questo gli si stringe addosso.


Il

legalismo pratico porge appicco altres a una teoria

^''^

morale

gesuitica co-

di

pessima fama, che denomineremo della morale gesui- me

tica, non perch sia propria del gesuitismo o del cattoli-

dottrina '*"* ^^'^^^

cesimo,

ma

per doveroso omaggio verso la

pm

alla legge
morale.

cospicua,

342
e

LE LEGGI

anche letterariamente pi celebre manifestazione storica che se ne sia avuta finora. La teoria della morale gesuitica quella che

ammette che

si

possa, razionalmente,

Concetto della frode lega-

frodare la legge Che S frodi o


^^ p^j, g^

etica.
si

eluda

la

legge cosa di

tutti

giorni
espe-

presa, n morale n immorale, essendo


altro
di lotta sociale e, di pi,

un

diente
casi, di

come un

in certi

buona guerra

e frode soltanto di

nome. Una legge,

che

si

reputi iniqua, dev'essere combattuta a viso aperto;


della legge

ma

se Timpositore

iniqua, o colui che vuol

profittarne,

ha commesso un errore nella formolazione pei modo da diventare buona o, almeno, scemare d'iniquit, ben naturale che l'avversario profitti di quell'errore: non foss'altro per iscreditare la legge come vaga ed equivoca, e costringere
quale la legge pu venire interpetrata in
la societ a rimetterla in discussione.

Quando
si

si tratta

di

salvare la vita del nobile Antonio, e

ha innanzi uno

Shylock, chi non plaude alla frode di Porzia?

se

il

ferox

animus

di

Shylock ha pur trovato

lodatori,
il

come simbolo
proprio diritto
lei,

della tenacia

onde bisogna
gentile

far rispettare

quale che
i

sia,

Porzia ne trover sempre anche

e tra

migliori,

come

immagine simbolica

della ribellione

ingegnosa
Assurdit
della frode
verso se 8 tea
si

alla legge ingiusta.

Ma
stessi,

ci che affatto irrazionale, e

^mmesso
p^odare

dalla

morale

gesuitica,
"^

nondimeno sembra la frode verso s

e verso la

e, in

questo caso, verso la propria coscienza morale.


'

coscienza
morale.

la proru'ia coscienza, ribellarlesi contro con la ^ * violenza o con l'artifizio, invero contradizione, arbitrio,

male. Accade di certo che talora


cere,

ci

sforziamo di far
il

ta-

come

si

dice, l'interna

voce ammonitrice,
accade nel campo

demone

socratico o l'angelo custode.

utilitario

non meno che in quello morale; quando, per es., ci abbandoniamo a un dilotto che sappiamo nocivo, e che conio
tale ci

siamo proposti di schivare,

che

poi, a furia d'ar-

IV.

CONFUSIONE TRA LEGGI E PRINCIPt PRATICI

343

zigogoli, tentiamo di persuadere a

noi stessi che sia di-

verso da quello che abbiamo riconosciuto nocivo. Tentia-

mo,

ma non

vi riusciamo

mai per davvero; possiamo

offu-

scare per
tutto e

un

istante la nostra coscienza,

ma

abbuiarla del

durevolmente non gi: quello stesso sforzo rianima


che
si

la luce,

voleva spegnere.

N, d'altro canto, queUa tendenza della morale geyui- La momie


tica

galismo genera
raostra,

pu derivare dal mero legalismo etico, perch il le contradizioni che abbiamo gi messe
suscita
e,
il

le-

^o^u^'"bile coi
"^o

in

me-

sopprime,

moralmente indifferente e insieme lo quando l' ha soppresso, lo suscita da capo per

'K*'"ino.

sopprimerlo di nuovo, e cosi via all'infinito, in affannoso


e sterile tare e disfare.

non mai
cio
si

in

t'orza

fngere a s stessi,

Ma non mai esso faculta la frode; mero legalismo sar giustificato di quando si vuole una determinata azione,
del
di

ha una determinata intenzione,

volere invece

un'altra azione e di avere altra intenzione, o,


di

come

si

dice,

dirigere l'intenzione: l'intenzione quella che , e non si lascia dirigere a libito. Non mai sar giustificato
attenersi alla

parola della eggvt morale, col consapevole

proposito di violarne lo spirito.

La tendenza

della morale gesuitica

si

rischiara e
si

trasparente innanzi all'intelletto solamente ouando *^

a un congiungimento tra
"=

il legalismo pratico e l'utilitarismo teologico; ossia quando non solo si concepisca ^ ^ la morale come sequela o complesso di determinazioni
'

ir
tali,

si

fa

La morale
'

pensi ^*^""Z^* (juaiito coniungimento


''^^

***,,'
l' ii-

sino con tiii

tarismo

legislative,

ma

anche

si

reputino codeste leggi nient'altro

'^"'"fico.

che prodotto dell'arbitrio di un Dio.


necessit razionale,

Come
come
il

esse

non

sono per s morali e non vengono osservate per intrinseca

ma
e

solamente

minor male,

pel timore del peggio o per la speranza di

un vantaggio

futuro.

Tra l'uomo

Dio legislatore c', in quel caso,


nell'ingegnosit, la sua tat-

lotta sorda: lotta tra

un debole e un prepotente, nella quale

la forza del debole riposta

344
tica nella

LE LEGGI
frode.
:

rale gesuitica

Di qui il concetto dominante guadagnare quanto pi si pu


il

della

mo-

sulle leggi

morali o divine, fare

meno

possibile

di

quel che esso

comandano;

e,

chiamati poi a rendere conto della propria

azione al tribunale della confessione o nel giudizio universale, sottilizzare sulla legge interpetrandola in
ci che si fatto risulti appartenere al

permissivo. Dio vieta all'uomo di

modo che campo del lecito e ammazzare l'uomo; mu


motivo della uccisione

intende vietare ci anche quando


sia la gloria stessa di

il

Dio? quando colui che uccide operi

come

la

mano
il

stessa di

Dio? Senza dubbio, no; onde


o far
della

sarfi

lecito al gesuita

ammazzare

giansenista,

quale,

ammazzare scoprendo le magagne


sulla
,

l'avversario

santa

Compagnia che
gl'interessi

esercito di Dio quell'uccisione


si

terra,

danneggia

divini:
se poi

non

solo lecita,

ma

doverosa.

per zelo di gloria


teressi personali e

ammazzare l'avversario non divina, ma pel danno che reca agli inimmorali del gesuita? Anche codesto
volesse

permesso,

purch,
si

nell'ammazzarlo,

sebbene animati da
divina,

odio personale,
si

distolga lo sguardo dal motivo reale e


alla

diriga l'intenzione
il

gloria

col

fine

si

giustifichi
Distinzione
tra

dottrina

e pratica
attiche.

g"
Tale
il

mezzo.

mostruoso prodotto logico nato dal connubio tra

la dottrina legali tarla e 1' Utilitarismo teologico; tale o l'essenza della morale gesuitica horrendi carmins, oggetto

di universale orrore e ribrezzo.

lo

chiamiamo prodotto
alle

logico
bene

(o

illogico),

perch anche qui vogliamo mettere

in chiaro che ci atteniamo

unicamente

teorie e

solo di esse facciamo la critica.

Nell'atto pratico, la

mosi

rale gesuitica era sovente migliore di

quel che suonasse

nella

teoria:

perfino

il

padre Caramucl
il

il

colui

che

propoHC la questione circa

diritto

che

gesuita avesse
in

ad ammazzare

giansenisti,

doveva
col

essere,

fondo,

un brav'uomo; perch, giunto

frodare la legge

mo-

IV.

CONFUSIONE TRA LEGGI E PRINCIPI PRATICI


alla conclusione

345

rale presso

affermativa del suo quesito,

fu vinto da piet e frod la sua frode, concludendo ne-

gativamente, che
nocere

giansenisti

occidi

non possunt quia

non potuerunt

perch
il

(egli

diceva) sono poveri

diavoli, incapaci di offuscare

glorioso fulgore della


la luce del sole*.

Comri-

pagnia,

come

il

gufo non vela


il

sant'Al-

fonso dei Liguori,

quale ai nostri giorni suole essere

cordato in esempio di quella lurida morale, nell'accingersi

a rimescolare

le

brutture della casistica intorno al sesto e


la

nono comandamento provava tutta lantuomo e del gentiluomo ch'egli


compito che
il

ripugnanza del gadi

era,

fronte a quel

modo
si

tradizionale di esporre l'Etica g' im-

poneva: come

scorge dalle sue proteste, esclamazioni

ed esortazioni:
cit.

Nane

cegre

materiam illam tractandam


in/i-

aggredimur, cnhis

nomen hominum mentes Det mihi veniam, quanso, castus lector Utinam
vel soluni

bre-

vius aut obscurius explcare


SOS
et

me potutssemf

Oro studioelevent

ut

eo tempore scepius

mentem ad Deum

Virgini immaculatce se commendent, ne student acquirere, ipsi

dum

aliorum anipa-

mas Deo
tiantur
tanto
si

suarum detrimentum

^.

Se

il

gesuitismo fu corruttela morale, ci non

deve

alle

sue teorie quanto piuttosto alla educa-

zione che praticava, deprimente, servile, diretta a mortificare le forze della volont e dell'intelligenza per ridurre

l'uomo come senis baculus, strumento docile e passivo in

"mano

altrui;

e alla confusione che


i

non

solo serbava

ma

accresceva nelle coscienze circa

motivi reali delle azioni,

con l'assopire

la forza volitiva etica

merc sofismi
le

e alletsi

tamenti di devozioni aises pratiquer, con

quali

dis-

chiudevano

le

porte del Paradiso, e di chmins ds velours,


si

onde, con ogni soavit,

saliva al Cielo. I rigoristi e

Pascal, Frov.,
Theo. moralis-i,

1.

7. I,

Bassano, 1778,

p. 168.

346

LE LEGGI
valgono;

lassisti, filosoficamente, si

ma

sta nel fatto

che

rigoristi

furono di solito animi energici

ed austeri, che

ebbero forte sentimento del carattere genuino della morale;

nel che per contro

lassisti

sovente mancarono e
tutti,

peccarono. D'altra parte, e per rendere giustizia a

anche

lassisti

ebbero qualche merito, e anch'essi intrav-

videro una verit, col volgere lo sguardo alle complicazioni


della realt e del vivere

umano

e con l'asserire inconsail

pevolmente nelle loro storte dottrine


che
si

bisogno

di

un'Etica

comportasse in

modo meno

astratto e riuscisse
vita.

meno

disarmonica verso la realt della

l'attivit giuridica

come attivit genericamente pratica (economica)

Jja volont che vuole


leggi, e

classi di azioni, l'attivit

che pone L'attivit


'>*i*'''^^

che ormai possiamo denominare, senza dar laogo

a equivoci, attivit legislatrice, o

morale o meradialettizza

camentepratiea.

mente economica,

di

conseguenza

si

come
,

morale o immorale, economica o antieconomica. Vero

come

si

avvertito, che quella volont volont astratta

e indeterminata;

ma

ci

non

toglie

che essa possa e debba


cio, astratta-

essere o morale o

meramente economica:

mente morale e astrattamente economica, e astrattamente immorale e antieconomica. Un programma di azione sar concepito, come si suol dire, saggiamente o stoltamente, a

buon
e,

fine o

cattivo

fine,

per mere ragioni di utilit o


11

per vivo desiderio di bene.

legislatore

uomo

volitivo

come

tale,

giudicabile cosi utilitariamente

mente;
utili

le leggi,

che sono

il

come moralsuo prodotto volitivo, come


il

dannose, buone o cattive. Giudizio, senza dubbio,


legislatore

anch'esso astratto; perch bisogner cogliere


all'atto pratico, allorch applica la

sua legge, per riconoo

scere quel ch'egli possa e sia. Molti conosciamo (altri

noi stessi?), che fanno propositi di bellissima vita, legife-

rando ottimamente verso s

stessi e

verso gli

altri,

si

348

LE LEGGI

svelano nell'azione meschini e cattivi:

come non
o,

infre-

quente
stessi, e
i

il

caso inverso,

di

uomini che
i

calunniano

dopo aver annunziato

pi disonesti
si

almeno,
la

pi amoralistici propositi, quando

vedono dinanzi

malvagia azione da compiere, brutta della bruttezza del


peccato, dicono,

come

il

vecchio della favola alla Morte:

Vanit delle
dispute circa
il carattere economico o eticodegh i-

Non

ti

ho chiamata!

Da
^.g^yg^

Sembra considerazione ben ovvia, si riche al tutto vano disser^q^ ovvia conseffucnza: "
qucsta, chc

tare sul carattere utilitario o morale delle leggi, o di que^^^ ^ quelle leggi, e

domandarsi, per esempio, se


se
il

fine della

matrimonio,
stato, ecc.

pena
^-^^

sia

la

deterritio o Vemendatlo',

matrimonio

scambio di servigi o sacramento, unione d'interessi o

societ per fini morali; se lo


tratto

Stato

sia

prodotto di con-

d'idea morale; e via enumerando. Questioni, che

e che, pur essendo

hanno una letteratura immensa, accumulantesi da secoli, vane per noi, non possono essere vane
le

per chi non sia ancora venuto in chiaro circa


speciali dell'attivit pratica e circa la natura

forme

della legge.

Alla mente di costui esse simboleggiano

il

grave complesso

dei problemi filosofici intorno alla pratica, quantunque, per


difetto di principi,

debbano
altri

riescire di necessit insolubili.

La pena pu
litaria,

essere concepita e voluta


dal
fare

per distogliere

azioni di
la

come minaccia utiuna certa


morale
sol-

classe,

ancorch moralmente ottime; o con

lecitudine di migliorare la societ e l'individuo stesso che

ha errato, costringendolo a rientrare in s e a ravvedersi. Perfino la pena di morte pu essere diretta a questo scopo; e si pu reputare non vana la morte, se ha dato o ridato
al colpevole

un giorno, un'ora o un istante di


con
l'infinito,

(|uelln vita

umana,
dato.
Il

di luel contatto

che
cosi

egli

aveva por-

matrimonio pu essere

stretto

per la soddi-

sfazione pi regolare dell' istinto sessuale e per altri consimili interessi di vita utilitaria,

come per

attuare quella

V. l'attivit giuridica

349

compenetrazione e cooperazione di due anime, che valido


aiuto di vita morale.
tratto,

Lo Stato pu sorgere da un conisolati e


li

che ravvicini individui e gruppi

riunisca

per difesa e offesa; cosaa. altpesi della profonda aspirazione

morale degli individui, che riconoscono


l'universale e
si

in

S(>

medesimi

volgono ad attuarlo in modo pi fecondo.


tutte
le
si

Tutti gli

istituti,

leggi,

possono ricevere questa


utilita-

doppia forma; e 'bench


rie,

diano leggi meramente

quelle morali,

com' chiaro, sono insieme

utilitarie

o economiche, cio non inutili


rale stabilir a s

ma

utili.

medesimo
altro tra

leggi amorali

Un uomo amoe tra un uomo


;

una donna amorali se non d'interessi; e


e
altro Stato se

matrimonio non sar possibile cento individui amorali nessun


altra
obiet-

pena non
ter che

si

non per contratto; e, in quello Stato, applicher se non di mera deterritio. Si

non esistono

in realt individui e moltitudini asso-

lutamente amorali;
e questo,

ma ben

vi sono

momenti

di amoralit,

come sappiamo, basta

a giustificare, ossia a renla

dere necessaria per l'intelligenza, Cosicch alla


gislatrice sia
'^

nostra teoria.
le-

domanda che

si

faccia, se l'attivit
'

L'attivit
'"**'* *"^
'^^

morale o meramente economica, altra rispo^

come economica,

sta

non

possibile se
cio,

non che essa pu essere e l'una e


e,
si

l'altra cosa;

che essa non di necessit morale


o

definendola in tutta la sua estensione,

deve dire gene-

ricamente pratica
Ora

meramente economica.
passando a quella di chi L'attivit
siu"dica:ca>

dall'attivit legislatrice

attua ed esegue la legge (attivit che chiameremo, r per non " oii \ ratiere ecoconfonderla con l'altra, giuridica), e domandando se l'at- nomicodiestivit giuridica

sia

morale o distinta dalla morale,


sia
il

e,

se

^*

distinta, quale
al

ne

carattere distintivo, la

risposta,

punto in cui siamo giunti, per noi semplice: tanto


che sarebbe quasi superfluo dirla
dell'eseguire la

semplice,

con parole.

Non

solo l'attivit

legge non pu essere


del
legiferare,

intrinsecamente

diversa

dall'attivit

ma,

350

LE LEGGI
si

come

gi visto, essa ubbidisce esclusivamente ai prin-

cipi pratici,

economico ed

etico, e l'attivit giuridica

pu

essere perci

meramente economica
l'attivit giuridica

pu essere morale.

E
di

poich l'economicit la forma generale che involge


s
l'altra,

genericamente pratica,

ossia

economica,

come

tale, e in

quanto

tale,

distinta

e unita insieme alla


Anzi, identi-

forma morale.

Ma
-^
'^

l'attivit giuridica,

non che rientrare soltanto nella


sino-

tdiessacon
l'attiTit e-

larfifa "

attivit

economica, addirittura identica con

conomica.

essa:

attivit

giuridica e attivit economica sono

nimi.

L'attivit legislatrice, rientrando nella cerchia delsi

l'economica, vi

distingue tuttavia

come
non
si

volizione del-

l'astratto, volizione

indeterminata; quella giuridica, invece,


l'altra,

concreta e determinata coin


l'altra

distingue dal-

per alcun carattere secondario. Si potrebbe pen-

sare,

ammettendo

l'identificazione generica, di sottodistin-

guere attivit economica e attivit giuridica, e considerare


questa come tale che, sebbene segua
si
il

principio economico,

svolga sotto le leggi; laddove la prima avrebbe luogo


le

anche dove

leggi sono assenti.

Ma

la distinzione ri-

terrebbe limiti ondeggianti, ossia sarebbe empirica; perch, a parlare con rigore, in ogni azione l'uomo circon-

dato da leggi, ed egli opera sempre sotto tutte

le leggi,

insieme effettivamente sotto nessuna, che non sia quella


della saa stessa coscienza pratica.

Se del

diritto, inteso

concretamente come atto giuridico,


il

rimasta inavvertita l'identit e

sinonimismo con
pratica

l'eco-

nomia, anche ci proviene dalla mancanza di riconosci-

mento da parte
taria,

dei

filosofi

della categoria

utili-

dal

considerarla ch'essi sogliono, a torto,

come

quella dell'egoismo e dell'immoralit, o

come

partizione

del tutto empirica, fondata sopra un concetto altrettanto

empirico dell'attivit giuridica stessa, che viene ristretta


alle cosi dette leggi

emanate dallo

Stato, con l'aggiunta per

V.

l'attivit giuridica

351

grazia talvolta di quelle sociali, o con la costante ignoranza


della

forma fondamentale, quella delle leggi individuali.


alii

Questo disconoscimento non ha potuto impedire per


"^
*^

dsceno-

tro che sorgesse e persistesse il problema della unit e "^ distinzione insieme del diritto e della morale: che

cimentodeila

forma eco-

nomica, e

stato

il

onde mente

si

involuto, pi frequente, sebbene il pi ^ ^ ^ 'del problema affermata l'esigenza di una speciale Filosofia circa la di'

modo

'p"'f'c**o

deir economia.
sul

Non appena *^^

si

cominci a meditare seria-

*"''""<'

morale e
ritto.

*f*
di-

diritto, si

ebbe sentore di qualcosa, che non


tra diritto e morale, e

era dato risolvere nei concetti dell'Etica. Onde la distinzione generalmente


teplici

ammessa

mol-

tentativi
il

per determinare in che propriamente sia

da riporre

carattere originale del primo.


si fece ricorso anzitutto e con maggiore due determinazioni della coazione e della
si

Al qual uopo
insistenza alle

Teorie delia

coasione

dell esterio-

esteriorit.

disse

che

il

diritto

si

distingue dalla nt, come


*^*'""".'
^!'

morale, perch nel


la
si

campo
delle

giuridico possibile esercitare


il

coazione e in quello morale no; ovvero che


aggira nel

diritto

tica di esse,

campo

relazioni esterne, e la morale

in quello delle interne;

tro

il

zione,

oche l'uno il lato fisico e l'alpsichico dell'azione. Ma la prima determinacome abbiamo gi mostrato, non ha luogo sempre
lato

che

si

consideri la realt dell'attivit spirituale, dove niente

costretto e tutto
vit giuridica, se

necessario e libero insieme:


attivit,
si

l'atti-

attua anch'essa, sempre,


fuori

per libero consenso.

Non meno

luogo

la

deter-

minazione

dell'esteriorit,

perch non

dato
la

staccare

l'esterno dall'interno, che fanno tutt'uno:

n
sono

parola dal

suo significato, n
esteriorit,

il

corpo dal suo


di

spirito.

Coazione ed

prese

rigori

concetti,

dunque,

in

questo caso, formole contradittorie e vuote. Per riempirle

qualche modo di un pensiero bisogna intendere come coazione certe maniere di azione a differenza di certe alin
tre; e coazione sar, per esempio, l'azione

per cui un ac-

352

LE LEGGI

casato venga trascinato in carcere da due carabinieri, e

non-coazione quella di chi sia indotto dalla persuasione


altrui

ad andare spontaneamente a

costituirsi;

e,

come
i

esteriorit, certe classi di azioni contrapposte

a certe altre;
di-

onde

alla vita esterna apparterrebbero, esempigrazia,

portamenti di un individuo come consigliere comunale o


provinciale, e alla vita interna le relazioni di lui col suo

confessore o col suo Esculapio.


rit,

Ma

la coazione e l'esteriO'

ridotte a questi significati, diventano determinazioni


si

approssimative e grossolane, delle quali non

pu

fare uso

alcuno in
morale.

filosofa,

che perci non


il

possono valere in
distinguerlo dalla

niun modo a qualificare

diritto e a

Parimente

desima distinzione,
lecito

non da attribuire validit alla mequando si configura come quella del


comandato,
diritti

dal comandato, dei diritti dai doveri, della facolt


e doveri,

dall'obbligo; perch lecito e


facolt

obbligo sono concetti correlativi, cio formano

nessi
Teorie moradiritto: critii'.'ii'^''*
f.^'

indissolubili, e
difficolt di

non dato scinderli e contrapporli.

La

fermare in modo conveniente coi concetti

ora ricordati la distinzione di diritto e morale ha fatto

ca,

pensare a un altro tentativo, pel quale


distinto dall'eticit,
di essa, sibbene
la

il

diritto

verrebbe

ma non
la

gi collocato accanto o sopra


sfera

dentro

medesima
morale,

della morale,

come
tutto.

specie rispetto al genere o la

parte rispetto al

L'azione giuridica

sarebbe

ma

apparter-

rebbe agli

strati inferiori della

moralit; baderebbe ad at-

tuare la semplice giustizia, u stabilire l'ordine, la proporzione, l'uguaglianza; laddove la morale


si

presenterebbe

come pi che giustizia,


diritto

romperebbe
la
si

l'equilibrio del
il

con
11

la

benevolenza,
(si

generosit,

sacrifizio,

l'eroismo.

diritto
si

dice anche)
al

restringe al
il

minimo
concerne

etico, la morale
i

spinge

massimo;
la

diritto

diritti stretti

o doveri perfetti,
i

morale

le azioni

me-

ritorie e sopraerogatorie,

doveri imperfetti.

Ma

anche

V.

l'attivit giuridica
si

353

codeste determinazioni
bile,

sforzano di scindere l'inscindi-

tirando un'arbitraria linea divisoria tra azioni piccole

e azioni grandi, tra


cetti

minimi e massimi;

operano con con-

affatto

empirici,

come

quelli

della giustizia distnta

dalla benevolenza, dello strettamente obbligatorio distinto

dal meritorio e dal sopraerogatoro

e,

peggio ancora, con


geometrica.
D'altro
in

metafore e simboli, quali l'eguaglianza, l'ordine, la regolarit,

la

proporzione aritmetica

e
si

canto, all'Etica pura e semplice

fa

ritorno,

modo

consapevole o inconsapevole, con


l'attivit

le

teorie

che ripongono
altri

giuridica
nel

persone, o
che negli che non
la

praindividuale).

come perseguimento dell'utilit generale (soQuando si opera mirando alla persona


nel

riconoscimento

degli

altri individui (o in s l'utile

medesimo), o
quello
si

all'utile,

dell'individuo,

ma

che

lo

com-

prende sotto di s e

lo trascende,
si

gi oltrepassata

mera coscienza

giuridica,
si

riempita questa di un
pratica la

contenuto morale,

data all'attivit

forma

etica, e col fatto stata

negata quella dualit di termini,


Dualit
*i'""o

che

si

serba nelle parole.


didi
po-

Questa dualit contenuta anche nella pi vecchia


stinzione
tra
diritto

Storico
anche
si

e diritto

positivo e diritto ideale, diritto ^ naturale, legge e giustizia, o, come


'

tivo e ideale,

storico e na*'>'f*i'ecc.;e

detto con parole pi recenti, tra le '^ '^


la realistica e l'idealistica,
Il diritto

due

di-

assurdi

ten-

verse giustizie,
nimi ora
riferiti,

feconde solo
i

fativi di uni-

nel loro congiungimento.


oltre
i

naturale, e

suoi

omo-

'^<^**|"
ne.

significati

genericamente pratici

che abbiamo esaminati, ha avuto talvolta quello pi stretto


di ideale etico o moralit;

ed sembrato perci ora con-

giunto ora disgiunto dal diritto positivo.

Ma

in qual
le

modo
due

congiunto e
gresso, onde
sia diritto e

in

qual

modo

disgiunto?

Per noi,

forme, positive ambedue, sono in rapporto di gradi o di proil

diritto ideale o

morale che

si

dica (posto che


astratta o

non gi semplice escogitazione

vano
2J

B. Gboce, Filosofia della pratica.

354

LE LEGGI
liIa

desiderio) insieme positivo e storico.

coloro che enun-

ciavano la distinzione senza


narla, erano
tratti

saper determinarla e domi-

concepire o l'ano o l'altro termine

come
lare

negativo, e perci anche

come
il

tra loro negativi, o

positivi e reali solo in


la

un

terzo:

che significava riannul-

distinzione,

riducendola

ad astratta contrariet.
il

Concepito come negativo uno dei due, o

diritto ideale

(cio la seriet della forza morale) era negato e deriso, o


il

diritto

positivo (cio la seriet della forza volitiva) era

presentato

come qualcosa

di

torbido e d'impuro,
alla

tutt'al

pi come imperfezione

umana

quale conveniva ras-

segnarsi, e che sarebbe sparita in


perfetti o in

una

societ, di

uomini
giu-

una futura

vita di perfezione.

La forma

ridica diventava, a questo


tale.

modo, cosa contingente e morsi

peggio ancora, se non


fantasie
religiose,

riusciva a liberarsene con


e

simiglianti

apocalittiche

millenarie.

Perch in questo caso l'elemento negativo veniva trattato

come
donde

positivo e coordinato al positivo, restando negativo;


le

stravaganti partizioni del diritto in due forme


diritto

o specie, di

morale

diritto

immorale,

diritto

giusto

e diritto

ingiusto,

nelle quali,

con nuova logica,

la specie

funge da negazione del genere, press'a poco


si

come
valli

se

dividesse

il

genere cavalli in due specie: ca-

vivi e cavalli morti!


diritto,

Un

diritto ingiusto o
;

immo-

rale

volta

non ma chiamiamo a questo modo un


col

coiitradizione del diritto

e so tal-

atto giuridico reale ed


tale de-

effettivo (un atto economico),

bisogna badare che

nominazione viene data


PrORi 11 tutte codeste teorie come confuio intrave-

guardare dal punto

di vista di
'

dimenio
carattere
diritto.

del
a-

per s, il diritto di attivit: guardato una forma superiore r o ^ soltanto amorale, come diritto non mai immorale, ma Tatti Codesti errori, tutti codesti conati infecondi hanno origine, come si detto, dalla viva coscienza di una reaU;
digtinzione tra diritto e morale, e insieme dall' impotenza
tt

morale del

determinare rettamente la distinzione

per

difetto

di

V. l'attivit giuridica

355

principi, cio per l'oscurit o la poca chiarezza che regna

intorno alla forma puramente economica dell'attivit pratica.

Identificata

ora l'attivit giuridica con l'economica,


l'attivit giuridica

e concepita di

conseguenza

(economica)

come
un
o

distinta e unita insieme

con

la

morale, possiamo ren-

der loro giustizia, e riconoscere che hanno adempiuto a


utile ufficio,

con l'asserire cio e difendere in modo pi


il

meno energico

concetto di un carattere distintivo tra

diritto e morale, e

con l'aguzzare
i

le

menti a determinarlo,

Epper, nonostante

loro

errori,

sono assai superiori a

quella confusa concezione etica che accoglie indistinti nel

suo grembo diritto e morale, o alla concezione


stica,

utilitari-

che perviene, per diversa

via, alla

medesima

indi-

stinzione. Siffatto merito spetta

dunque

alle teorie del

mi-

nimo morale
contrasto
tra

e della giustizia, e delle


diritto

due giustizie

e del

positivo e ideale, e, in grado

anche

maggiore,
cito.

alle altre della coazione, dell'esteriorit, del le-

Con le quali ultime, si affermava quasi involontariamente che il diritto obbedisce a una legge diversa da quella etica, e che, a paragone di questa, pu dirsi coatta e non libera, percli non si fonda sulla necessit
dell'universale; che

teriorit dell'Etica,

esteriore,

e,

paragone della suprema inpu considerare come qualcosa di a paragone dell'imperativo etico, come qualil

diritto, a

si

cosa d'indifferenziato o di lecito. Simboli, tautologie, frasi

vaghe

e imprecise,

sveglia l'attenzione e a

non v'ha dubbio, ma movere il dubbio

efficaci

a tenere

e la ricerca.

Ma
il

r impossibilit

di risolvere del tutto e

senza residui Conferme


filosofi

di

diritto nell'Etica, oltre

che dalle teorie dei


;

di-

"to carattere nella co-

chiarata o confessata dal pensiero ingenuo


dalla ferma persuasione che
dall'astratta moralit,
il

particolarmente

scienza inge""*"

mondo reale governato non ma, come si dice, dalla forza, ossia

dalla volont in atto. I profeti disarmati

saranno am-

mirevoli nella poesia,

ma

sono ridicoli nella realt pratica:


356
la force

LE LEGGI

prime
diritto
si

le droit,

lo antecede, e vale

sempre meglio

che un
toria,

un'aspirazione etica irreale e contradit-

che

risolve nel vuoto e nell'arbitrio.


facile,

Non addurtesi,

remo, come sarebbe


proverbi,

a conforto della nostra

massime ed esemp storici; ma non sappiamo teuna volta una vecchia e assai significante novellina di Franco Sacchetti quella del bel
nerci dal ricordare ancora
:

detto

>

di

messer Ridolfo da Camerino.

Un

nipote del quale


e,

era stato a Bologna ad apparar legge ben dieci anni;

tornando a Camerino, essendo diventato valentissimo


sta,

legi-

and a vicitare messer Ridolfo. Fatta


messer Ridolfo
:

la vicitazione,

disse

che hai fatto a

Bologna?

Quelli rispose:

messer
Rispose

Signor mio, ho apparato Ridolfo disse: Mal ci hai speso


il

ragione. E il tempo tuo.

giovane, che gli parve


signor

il

detto molto strano:

Perch,
ch
due.
ci

mio? E messer Ridolfo disse: Perdovei apparare la forza, che valea l'un
giovane cominci a sorridere:
gli
altri
e,

11

pensando e

ripensando, egli e

che l'udirono, vidono esser


*.

vero ci che messer Ridolfo avea detto


Il

paragone

In ultimo, possiamo anche qui stabilire un parallelo e


7

un'analogia tra l'attivit pratica e la teoretica, tra i pro^ r" Urammati- blemi della Filosofia del diritto e quelli della Logica e dellinguaggio.

tra diritto e

che e codi
l'

Estetica.

ci

stato pi volte accennato dai teorici del giure


il

un paragone tra il diritto e buono ma con esecuzione


concepire
il

linguaggio, con intento assai

difettosa,

perch
il

si

soleva poi
in

linguaggio del pari che

diritto

modo

astratto ed empirico. Chi volesse riprendere quell'abbozzo


di paragone, farebbe cosa assai utile, se insistesse sul fatto

com' stato impossibile intendere quel che sia veramente il linguaggio fintanto che sono state scambiate per la realt di esso le grammatiche e i vocabolari, cosi non
che,
i

NovelU,

XL.

V. l'attivit giuridica

357
si

sar possibile nulla intendere del diritto fintanto che

abbia l'occhio alle leggi e


conienti
dei
giuristi;

ai codici, o,

peggio ancora, ai
volizione

ossia

talvolta

alla

mera-

mente

astratta, tal'altra

a ci che non per niun conto

atto volitivo,

ma

semplice elaborazione di schemi e di con-

cetti generali.

Solamente quando

il

diritto

appaia come opera indivi-

Logica e Unfr^*^"d"ri^
to.

duale e continuamente nuova, solamente quando l'attenzione sia rivolta allo spettacolo pieno della vita reale e

non esclusivamente
bile proporsi
il

alle
:

astrazioni dei legislatori, possiin che

coincida e in
qui
il

mai quest'opera giuridica che cosa diverga da quella morale. E anche


problema
si

paragone col linguaggio


il

prova calzante; perch,


il

come
logico

linguaggio non logicit, e nondimeno


si

pensiero

non
in

fa concreto se

morale non pu vivere se


tuti

non col parlare, cosi l'attivit non traducendosi in leggi e istiistituti,

attuazione di leggi e

cio nell'attivit

giuridica ed economica.
Infine, al

modo

stesso

che

la

storia

sempre arbitraria e astratta fintanto che ^


s, fuori

delle

opere in cui la lingua

si

una lingua storia del """"sr' consideri per ^ come storia incarnata, ep- letteraria e
di
si

per

la

vera storia di una lingua quella della sua poesia */ '/

^i

\*^J'

e letteratura, cosi la

vera storia del diritto


'

di

un p-

ritto,

come

polo *
pi

(del ^

diritto

realmente eseguito, solo e non di quello -i o

**"'"* p"'"''
(.;,

e sociale.

forinolato nelle leggi e nei codici, e che spesso rimasto


lettera morta), non pu non essere tutt'uno storia sociale e politica di quel popolo: stotutta giuridica ossia economica, storia di bisogni e
la

meno

con
ria

di

lavoro.

VI
ANNOTAZIONI STORICHE

Distinzione tea morale e

iJa L
(.j^j,2a

Storia della distinzione di

morale e

diritto

ha imporappunto
spi^

che supera questo problema particolare,


si

importanza perch nel corso di essa


per

affaccia a pi riprese l'esigenza

a storia

^.

del principio

^^^
si

filosofia della

forma aetica o premorale dello ^

economico,

rito pratico, e anzi di tale

esigenza quei tentativi di distingli

zione
altri

possono considerare come l'indizio pi forte tra

gi da noi passati in rassegna (teorie della politica,


*.

della facolt appetitiva inferiore, delle passioni, ecc.)

Ma,

d'altra parte, per l'ostinatezza a voler risolvere quel pro-

blema
tra

coi mezzi offerti dalle idee ti'adizionali, e

il

rapporto

diritto

morale, tante volte vanamente definito, ha

preso l'aspetto di un rompicapo, argomento inesauribile di


dissertazioni inconcludenti.

Emanuele Kant, quando


i

volle

porgere un esempio caratteristico della


nizioni,
si

ditcolt delle defi-

restrinse per l'appunto a ricordare: che

giuristi

cercavano sempre,

ma non

erano
-.

riusciti

ancora a trovare,

una definizione
filosofo
(il

del diritto

ai giorni nostri

un giurista

Jhering) ha chiamato la definizione del diritto e

Si

veda sopra pp.

265-74.
p. 572.

* Krit. d. r0in.

Fm., ed. Kirohmann,

VI.

ANNOTAZIONI STORICHE
il

359

il

della sua differenza dalla morale

Capo Horn

Capo
iniiistiniio-

delle tempeste (o dei naufragi?) della scienza {giuridica.


Il

problema dottrinale
del
diritto

di quella distinzione per altro


la

relativamente recente; e non a torto


sofia
si

storia della Filo-

ne fino I Tomaso.

fatta

risalire

a Cristiano Tomasio,

ossia

non pi

in su della fine
si

del secolo
si

decimosettimo

'.

Fino a quel tempo, non

pu dire che
diritto.
I

possedesse una
sul diritto

vera e propria Filosofia del


e sulla legge e sullo Stato,

trattati

per quel tanto che contene-

vano
libri,

di filosofico,
le

appartenevano all'Etica; e non solamente


concetti di esse due fluivano l'uno neldell'antichit mostrano
di

perch

due scienze erano di solito riunite negli stessi


perch
i

ma

l'altro.
il

Le speculazioni medesimo carattere


altri

anche qui
si

pensiero ingenuo, che


;

gi

notato in

casi analoghi

e sarebbe

perci poco cor-

retto ricostruire, per esempio,


diritto in

Platone sul
la

una filosofia moralistica del fondamento della teoria esposta noi


di scontare la

Gorgui circa

brama
-.

pena che dovreb'es-

sere nel reo, simile a quella del malato pel farmaco che lo
liberer dal

male

Anche

le

ricerche di Aristotele sulla


il

giustizia (che forse ([uanto di meglio

mondo
^,

classico

abbia trasmesso
in senso
stretto

sull'argomento) considerano la giustizia

come

virt

tra

le

virt

la

quale non
di distin-

avrebbe perci intrinsecamente maggiore ragione


stinguersi
tra
loro.

guersi dalle altre virt di quel che queste abbiano di di-

Le pompose

definizioni

dei

giuristi

romani, che formano ancora


risprudenza e
tutt'al

le delizie delle

scuole di giu-

della

eloquenza da tribunali, confermano


si

pi l'identificazione che
e
talvolta con

soleva fare del diritto


scibile e
fattibile.

con

l'eticit

l'universo

2 3

Lasson, Si/stem der Rechtsphilosophie (Berlin. 1882), p. Gorgia, 47t>-8.


Eth. Nicom.,
1.

2.

V,

ce. 1-2.

360

LE LEGGI
della

Appena un barlume
nelle dispute se
il

distinzione

si

pu rintracciare
;

diritto sia per

natura o per convenzione

e nel concetto di

un

dwtXcg 8ixaiov,

contrapposto a quello di

un

jtoXiTixv Sixaiov,

che

s'

incontra in Platone e pi esplici-

tamente in Aristotele ^ e che Cicerone rese popolare, parlando della recta ratio, naturm congruens, diffusa in omnes,
constans, sempiterna di
,

un

diritto,

che non

si

attinge allo

XII Tavole

o all'Editto pretorio,

ma

ex intima philosophia,
et

e delle leggi che sono, invece, varie

ad tempus descriptm
mags quam re-.
relativo, questo
al

populis, onde

hanno nome
un

di leggi favore
diritto

Questa rozza distinzione tra un


ritto

naturale e un di-

positivo, tra

diritto assoluto e

uno

concetto di un diritto ideale collocato di fronte

reale,

o di cui quello reale sia imperfetta e parziale traduzione,

ricompare anche in
stici.
sti

Tommaso d'Aquino
si

e in altri scola-

niente di pi

rinviene nei
il

filosofi

o pubblici-

(Grozio e seguaci), che fondarono

cosiddetto Diritto

naturale.
di avere

Vero

che
il

si

suol dare

il

vanto a questa scuola

distinto

diritto dalla

morale

e dalla relicosi dicendo


le

gione; ma appena necessario spiegare che

s'intende riferirsi alle grosse questioni sociali e politiche,

quali in Europa nei secoli decimosesto e decimosettimo pre-

sero aspetto di guerre di religione: onde quella cosiddetta


distinzione, bench fosse risultato di lunghe lotte e ritenesse

gran valore pratico come segno


sociale,

di

accaduta trasformazione
L' idea

non ha valore
universale,

dottrinale.

dell'autonomia

dell'attivit giuridica

manca
in

nel profondo trattato del Vico

sul Diritto
affatto

cui

soltanto

empirica tra virtns e

iustitia, delle

una distinzione quali la prima cum

cupiditate pignat e la seconda lUilitates dirigit et exmquat,

e nascono entrambe dalla vis veri ossia dalla ratio

humana,

l'jtU.

Nicovi., V, co. 7, 9;

Manna

moralia,

I,

e. 84.

De

rcpuOl., Ili, o. 22;

De

legibus, li, e. 5.

VI.

ANNOTAZIONI STORICHE
si

361

e,

poich tutte

le

virt

congiungono

tra loro e

nessuna

persiste

da sola (nulla virtus

solitaria), cosi in

fondo virt

e iustitia fanno tutt'uno ^

L'opera del Vico, recante una


e
storia,

nuova concezione

del rapporto tra ideale

e ori-

ginalissime applicazioni alla storia specialmente romana,

quando poi viene considerata


del diritto, rimane un'Etica
della
-.

sotto aspetto della Filosofia

N, d'altro canto,

il

problema

natura del diritto poteva formare davvero oggetto


utilitari

d'indagine da parte degli


quali, se

(Hobbes, ecc.); presso

non

si

ebbe

il

disperdimento del diritto nella

morale, ci accadde non perch l'uno venisse distinto dall'altra,

ma

perch

la

morale stessa veniva negata


il

in quel

che aveva di proprio, e


perch ne cadevano
II.
i

problema della distinzione cadeva,


offerse

termini.
il

Cristiano
si

Tomasio

pomo

della discordia, o,

Tomasio
"usuaci,

come anche
ritto
il

potrebbe dire, gett nella trattazione del di-

lievito del progresso,


il

quando
il

distinse tre forme del

rectum:
il

iustam, V honestum,
il

decorum, contrapponendo
all'

primo
^.

agli altri due,

forum externum
il

intemum,

assegnando
cibilit

al diritto e alla giustizia

carattere della coer-

La formola ebbe fortuna


il

inaspettata e rapida, e
es.,

divent corrente nella scuola:


il

Gundling, per

definiva
*.

diritto
si

come

l'ordinamento delle relazioni esterne

E
il

trova poi svolta compiutamente e ragionata con tutto KanteFich*^'

rigore consentito dalla sua erroneit nelle dottrine del

De uno

univ. tur. princ, 41, 43, 86.

[Che un avviamento di distinzione tra diritto e morale sia nel Vico e debba cercarsi nel suo oscuro concetto del certo, contrap~

posto a quello del

vero

del diritto,

mi

accaduto

di

scorgere poi,

studiando pi accuratamente la Scienza nuova; e questa interpetrazione ho svolta nella mia Filosofia di Giambattista Vico (1911, 2 ed. 1922),
cap. Vili].
2
*

Fundamenta

iuris nat. et

gentium (1705).

VViNDELBAND, Gcschiclite d. Fhil.^, p. 424.

362

LE LEGGI
e del Fichte, che per questa parte son
Il

Kant
i

maggiori scolari del Tomasio.


e

da tenere come Kant contrappone legasi

lit a moralit; l'imperativo giuridico

esprime per

lui

nella formola dell'


lich),

agisci

esteriormente

{handle aiisserdi

il

diritto

congiunto
le

con

la

facolt

costrin-

gere (zwingen). Donde


circa
i

sue dottrine spesso amoralistiche

singoli istituti giuridici,

come

si

vede segnatamente
e della

in quel che dice dello Stato, del

matrimonio

pena;

seguite dal Fichte,

il

quale pel solo

matrimonio faceva
istituto

qualche riserva, considerandolo come

che societ

non solamente giuridica, ma altres naturale e morale *. E nondimeno il diritto era pel Kant qualcosa che sorpassava
.

la

volont e

utilit

individuale:

il

complesso delle conl'arbi-.

dizioni
trio

onde

l'arbitrio dell'uno

pu essere riunito con


diritto

dell'altro,
il

secondo una legge universale di libert


il

Similmente

Fichte concepiva
di

come

affatto libero

da ogni miscuglio
s

morale, come un ordine oggettivo,


il

che sorge dall'individuo,


stesso

quale, affermando con coerenza

e la

propria

libert,
^.

afferma insieme
i

gli

altri

individui e la loro libert


a questo
il

Entrambi

filosofi

serbavano
:

modo

il

concetto moralistico del legale e del iustum

diritto,

per armato che sia di forza costrittiva, non mai

per essi la sola forza,


libert, la giustizia.
Il

ma

l'ordinamento

esterno della
la forza

in

quanto

costitutrice

Kant esclude esplicitamente del diritto, e parla di una

forza

senza diritto; e tanto

gare
tiva,

la coercibilit

ma

lui quanto il Fichte fanno sgornon dalla natura stessa della forza volidalla violazione dell'ordine. giusto (dice il Kant)
si

respingere con la forza la forza che


libert;
il

vorrebbe fare alla


il

diritto di coercizione (ripete

Fichte) fondato

* 3

Orundl. d. Naturr. (1796), append., sez. 1. Metaphyn. d. SitUn, 1797, ed. Kirchmaun, pp. 31-5. Grandi, d. Naturr., P.
I,

sez. I.

VI.

ANNOTAZIONI STORICHE

363

soltanto sulla violazione del diritto originario.


sia codesta

Ma

che cosa

pura legalit e giustizia e codesta coesistenza

e
e

armonia

di arbitri,
si

rimane oscuro; che cosa

sia la forza,

perch e come

congiunga con l'ordine morale, non


annunciata e proclamata cosi alta-

forma oggetto d'indagine. La distinzione della sfera giuridica dalla morale

mente come

forse n

prima n poi fu mai


e,

fatto;
il

ma annundiritto in

ciare e proclamare

non eseguire,
si

mutato

un

ordinamento pi o meno razionale da identificare col concetto di giustizia,

non

vede come esso possa

dirsi

davvero

indipendente dalla morale.

concepire l'attivit giuridica,


il

pura
il

di ogni concetto di moralit o immoralit,

Kant

Fichte erano impediti dall'ufficio che assegnavano alla


diritto), la

coazione (simbolo del

quale veniva da essi sot-

toposta alle esigenze etiche. In questa incertezza non pu

mancare
sia

non manca nemmeno


s

il

pensiero, che
lo

il

diritto

qualcosa di storico e transitorio; e come gi


cura

Spinoza

diceva che
ut

homines

id,

humana natura ita comparatum esset quod maxime utile est, maxime cupereni,
et fidem, , cosi il

nulla esset opus arte ad concordiam

Fichte

teneva

lo

Stato giuridico

sit, opposto allo

come semplice Stato di necesStato di ragione, e, nel caso della


tutti

perfezione ossia del completo accordo di

nel fine co-

mune, lo Stato
Il

(egli diceva),
*.

come

forza legislatrice e di

costrizione, sparisce

Fichte,

nella

fase

ulteriore

del

suo pensiro, fece

Hegel,

altri passi

verso una pi stretta comunione del diritto con

la morale.
si

Ma

la

piena risoluzione del primo nella seconda

osserva nel sistema dello Hegel, bench a questo filosofo


soglia fare l'opposta censura, che egli risolva la morale

si

nel diritto.

Lo Hegel,

anzitutto,

non vuol sapere del con-

Spinoza, Traci, poi.,

e. 6,

3; Fichte, System d. Sitlenlehre,^ 18

q fine.

364

LE LEGGI
i

cetto di forza nel diritto:


il

fatti di

forza e violenza,

come
una

rapporto

di

schiavo a

padrone, appartengono

cerchia che di qua da quella del diritto, allo spirito soggettivo, a


diritto.

un mondo nel quale il torto pu essere ancora Che nel diritto positivo s'incontri la violenza e
cosa accidentale al diritto e
lo

la tirannia,
la

non ne

altera

vera natura. Per

Hegel

la

coazione nasce,

come

pei

suoi predecessori, solamente quale reazione alla violazione


del giusto, ed perci violenza conservatrice della libertfi,

soppressione

della

prima violenza.

Definire

il

diritto

astratto e rigoroso
significa
(egli

come

diritto

a cui

si

possa costringere,
la
.

scrive)

guardarlo in una conseguenza,

quale ha luogo solamente per la via traversa del torto

Ma
si

c' di pi:

il

diritto astratto,

che forma

il

primo moanch'essa
ancora

mento

nella filosofia hegeliana della pratica, irreale; gli


il

contrappone
e

secondo momento,

la moralit,
si

astratta

irreale,

buona intenzione che non


nel

incorporata nell'azione e nella vita: cosicch la realt concreta


il

si

effettua

solo

terzo

momento, che congiunge

diritto astratto e l'astratta moralit dell'intenzione, uni-

ficandoli nella vita sociale o ethos K


il

Da

ci

si

mostra che
auto-

momento puramente
spirituale
;

giuridico

non ha

effettiva

nomia

tanto che messo sullo stosso piano della

moralit astratta e irreale. In conseguenza di questa sua


identificazione del diritto con l'eticit. Io Hegel
al
si

oppone
istituti,

Kant

al

Fichte nelle definizioni dei singoli


teoria

respinge

la

coattiva

contrattuale

dello

Stato

e quella (kantiana) del matrimonio

come
tale

contratto stretto

dagli individui circa l'uso reciproco dei loro corpi*; e la


teoria coattiva della
sta a

pena

gli

parve

che riducesse que-

mero

fatto

economico, onde

lo Stato,

come potere

Phil. d. RechU, passim, circa la forza e la violenza, g

8, 57, (4.

Op.

clt.,

g 168 sgg., 161, 258.

VI.

ANNOTAZIONI STORICHE

365

giudicante, aprirebbe
litti,

un mercato con merci chiamate deil

che sarebbero scambiabili con altre merci, e


il

codice

darebbe

listino dei prezzi


lo

*.

Anche

Herbart nega originalit

al carattere di eoa-

iierbart e

zione nell'idea del diritto, che una delle sue cinque idee
pratiche, e propriamente
sato

^''''"p*"-

l'accordo di pi volont penil

come regola che


non
si

tolga

contrasto . Nondimeno, in

questa superficiale riduzione moralistica ricompare, tutt'a

un
si

tratto,

sa come,

il

concetto di forza: la societ

per sussistere ha bisogno di un legame esterno, e perci le

aggiunge la forza o potenza (Macht) e sorge lo Stato ^. Le medesime contradizioni si vedono nello Schopenhauer, il quale, poste le due virt della giustizia e della benevolenza, fa della pura dottrina del diritto

un capitolo
il

della

morale, in cui la scienza specifica del diritto studia


scio della morale, e tutti
i

rove-

limiti,

che questa dichiara insoril

montabili ove non


limiti, di cui

si

voglia operare

torto,

considera

come

non

si
si

pu
ha

tollerare la violazione

da parte

degli altri e
le

da cui

diritto di repellere gli altri. Sotto


>

denominazioni

di diritto

rovescio

si

reintroduce

anche qui
forza, ossia

la distinzione tra interno


il

ed esterno.

Ma

il

punto

pericoloso sempre

congiungimento del
offerire

diritto

con

la

con l'elemento estraneo alla morale; e a questo


altro di pi e di

proposito lo Schopenhauer non sa

meglio che un paragone.


dice)

Come

certe sostanze chimiche (egli

non

si

trovano mai pure e isolate,

ma

sempre

in alcun

miscuglio con altro elemento che d loro la necessaria sodezza, cosi


il

diritto,

reale e dominarvi,

quando deve mettere piede nel mondo ha bisogno di una piccola aggiunta di
renda possibile (nonostante
la

arbitrio e di forza che gli

sua natura, che propriamente ideale e perci eterea) di

1 2

Werke,

I, p. 371.

Allg. prakt. Phil., pp. 48, 126-8.

366

'

LE LEGGI

operare e persistere in questo

mondo

reale e materiale senza

svaporare e volare
Rosmini
tri

al cielo,

come accade presso Esiodo


il

e al-

Il

Rosmini, che non risolve la dualit dell'eudemonodiritto

logia e dell'etica, considera

non gi come mero


onde
la scienza

eudemonismo,

ma come

fatto

eudemonistico che vien pro-

dotto e riceve forma dalla legge morale;


del diritto, a suo dire,
sta in

mezzo all'Eudemonologia e all'Etica per guisa tale che con un suo estremo essa si attiene all'una e con l'altro all'altra . Che cosa sia questa scienza media questo misto composto di Eudemonologia e di Etica, non sarebbe agevole spiegare e molto meno s'intende come codesta scienza debba dirsi rispetto alle
,

sue componenti
chiaro che, se
il

pienamente distinta
forse

perch invece
*

diritto

ha forma morale, da questa

morale e non
il

eudemonologico.
spinto a cercare

difficolt

Rosmini fu
facolt per-

un diverso

criterio di differenziazione nel


il

concetto del lecito e a definire

diritto

una

sonale e podest di godere, operando e potendo, un bene


lecito,
il

che da altre persone non deve essere guastato -:


e,

che, inteso giuridicamente, tautologico,

inteso eticaaltri

mente, improprio. Con maggiore coerenza


cattolici

autori

(per es.,

il

Taparelli) lamentano la

separazione

dell'ethos dal us, opera, a lor dire, del protestantesimo, e


la

restrizione del diritto a ci che

un uomo pu esigere

dagli altri esternamente o secondo la legge, onde accade di

porre talora

nel novero dei diritti azioni che nell'agente


; e

sono vere colpe morali

mantengono per contrario

la

necessit di unificare morale e diritto, che parte della

prima, allo stesso

modo che

parte delle teorie geometriche

sono

la

trigonometria e

le sezioni

coniche

^.

Werke,

I,

pp. 441-6; cfr. V, pp. 259-60.

FU.

d. diritto (Napoli, 1844), I, pp. 20-1, 88-9, 94-97.


Sai/i/io teor. d. dir.

Taparklli,

nat.

(Palermo,

1867), in princ.

VI,

ANNOTAZIONI STORICHE

367
staui, Ah"^1^';^^'^"!

III.

Assai divulgate furono nelle scuole le dottrine dello


Il

Stahl, dell' Ahrens e del Trendelenburg.

primo dei quali

divide l'operare etico dell'uomo in due sfere, diverse per

contenuto e carattere, in
zione dell'esistenza

modo conforme alla doppia relaumana individuale e sociale, e con due

forme d'imperativi, quello della volont individuale, della


religione e della morale, e l'altro che tende a plasmare la
vita sociale,

l'imperativo del diritto.

Ma

agevole rico-

noscere sotto questa terminologia la teoria dell'esteriorit


(socialit, diritto) e dell'interiorit (individualit, morale).

Poco diversamente,
ca,

l'

Ahrens

fa rientrare

il

diritto nell'Eti-

scienza fondamentale;

e,

considerando che la buona

intenzione, la virt, non basta ad assicurare all'uomo quel

complesso di beni materiali e spirituali dei quali ha


sogno, deduce da ci un secondo

bi-

modo

di attuazione,

che

porta al conseguimento del bene e alla sua reale esistenza


nella
vita.
Il

Trendelenburg (che rimpiange

lo

smarrito

concetto classico dell'identit di Etica e Diritto e giudica


inizio di

decadenza
le

il

tempo

in cui

si

cominci a distintre aspetti,


si
il

guere tra

due forme) scopre nel


il

diritto

logico, l'etico e

fisico (coazione)*, ma, come

vede,

non punto
Per
le

l'aspetto che gli proprio, quello


si

economico o

giuridico che

chiami.
il

ragioni gi dette non

caso di soffermarsi

utilitaristi.

sulle teorie degli utilitaristi del Sette e dell'Ottocento, dei

quali ultimi rappresentanti celebri furono in Inghilterra

il

Bentham, l'Austin e lo Spencer. Nella scuola utilitaria da annoverare anche il tedesco Kirchraann, che risolve la morale nel rispetto non della legge, ma della persona
del legislatore: rispetto che
si

converte in quello verso la

Stahl, Rechts-u. <Stoa<s^e^re2 (Heidelberg, 1845),


ital.,

1.

II, e. 1;

Ahkens,

Dr. natur. (trad.


turrecht

Napoli, 1860),

I, p.

219 sgg.; Tbkmdelkmbubg, A"o-

auf

d.

Gh'unde d. Ethik (Lipsia, 1860).

368

LE LEGGI

^^S^

per una peculiarit della natura umana, in consedi lungo esercizio e abitudine
di

guenza

Il

diritto

sarebbe
il

un collegamento
la

piacere e moralit, o che


la

primo

prenda in aiuto
suflSciente :

seconda o

seconda
e

il

primo, nei casi


si

in cui l'efficacia isolata dell'uno e dell'altra

mostri in-

un miscuglio, insomma,

non un principio
vivace ingegno)
il

originale.

N
il

dall'utilitarismo seppe uscire (nonostante le


il

sue profonde conoscenze giuridiche e


Jhering,

quale

si

sforz per altro di dare alla sua teoria

consuete teorie

una propria impronta, dicendola oggettiva rispetto alle utilitarie, ma rimanendo sempre debitore nell'impegno che prese di dimostrare come da simile concezione venga fortiflcata la pi pura idealit dell'Etica.
le distinzioni

Vacillando la base stessa,

poste dal Jhering

tra ricompensa, coazione, dovere e

amore, vacillano an-

ch'esse e restano prive di vera giustificazione ^


Truttatisti
recenti.

IV. Percorrendo
dato

gli altri recenti filosofi del diritto,

non

incontrarvi concetti originali, che gareggino con

quelli del

Kant, del Fichte e dello Hegel. Per


costume, la

il

Lasson, la

Filosofia del diritto parte dell'Etica, coordinata


tre parti, la filosofia del
filosofia

ad

altre

morale o dot-

trina delle virt, e la dottrina dell'ethos o della personalit etica.


Il

diritto

il

primo

di questi

([uattro

momenti

etici,

si

riferisce al volere
;

dell'uomo come volere essenla ragione vi si

zialmente ancora naturale

forza determinatrice e limitatrice, che

aggiunge come dapprima soltanto


gli

esterna; fine del diritto garantire le condizioni della vita

comune,

in

quanto condizioni per

tutti

scopi umani.

Lo Steinthal riconosce che il diritto ha indubbiamente un carattere di esteriorit, che affatto opposto all'interiorit dell'Etica; onde quando non viene appreso nella

KiKCUMANN, Orundb. d. BechUs

u.

d.

Maral

(Berlino, 1878),
3,

i)p.

107-114; V. JiiKHiNo,

Der Zweck

lecht (12, 1888; II

1886).

VI.

ANNOTAZIONI STORICHE

369
al

sua profonda natura, c' in esso qualcosa che ripugna


sentimento

morale; nondimeno,

il

diritto

nient'altro

che

il

sistema dei modi di coazione merce cui debbono

venire assicurati gli scopi etici sociali

Lo
il

Steinthal dice
diritto

ancora che
letto del

l'etica

come un fiume,
si

come

il

fiume

paragone che
i

pu variamente
ci
si

inter-

petrare

come
il

tutti

paragoni, e che per nostro conto sa-

remmo
sempre

disposti

a trovare eccellente, se

concedesse

che come

letto del fiume,

quando

resta a secco,
il

pur

letto

d'un possibile fiume, cosi

diritto

pu con-

cepirsi privo di moralit

ed essere pur sempre

diritto.

Ma

il

significato in cui lo Steinthal

adopera quel paragone, sem-

plicemente

il

medesimo

della dualit d' interno ed esterno,

cio della distinzione dell'indistinguibile; sicch gioverebbe


piuttosto controsservare che
il

letto

del fiume e

il

fiume

non sono due cose,


letto

ma una

sola,

perch un fiume senza

non pu esistere, e un letto senza fiume non letto di Lo Schuppe nega che il diritto e lo Stato comandino mai ci che immorale ma afferma pure che, nondimeno,
fiume.
;

essi restano inferiori alle esigenze della morale,

perch diritto

e Stato

si

riferiscono agli io individuali nella loro concre-

tezza spaziale-temporale,
fondit che la
etico del diritto

ma non

penetrano in quella pro>.


Il

coscienza in universale

concetto

prepondera nel Wundt, che non sa pensare

altro oggetto del diritto soggettivo e dell'oggettivo, se


la moralit
;

e parimente

del diritto altra

non Cohen non riconosce alla scienza indipendenza se non quella di scrivere in
il

concetti, e organizzare

come sistema

di concetti,

il

diritto

eternamente non

scritto, la

legge morale K

Lasson, op.

cit.;

Steinthal, Allg. Ethik (Berlino, 1885), pp. 135-8;


(Breslau, 1881), pp. 283-4;

Schuppe, Ethik

u. Rechtsphil.

Wundt, Elhik^

(Stuttgart, 1892), p. 565 sgg.; Cohen, Etkik d. reinen Willens (Berlino,


1904), p. 567.

B. Croce, Filosofa della pratica.

370

LE LEGGI

Come

si

vede,

se

nomi

degli

autori,
i

e talvolta la
si

terminolog-ia che essi adoperano, variano,

pensieri che

alternano o
i

si Il

combinano

in queste dottrine

sono sempre

medesimi.

Riimelin, che prese a criticare una lunga

serie di definizioni del diritto,

da quella del Kant in gi,


il

rimprovera

al

Kant

di

avere troppo distinto

diritto dalla

morale, e ad

altri

(Ahrens, Stahl, Trendelenburg) di avere

distinto troppo poco; e alla fine

propone a mo' di saggio


l'as-

questa sua definizione:

L'ordinamento giuridico ha

sunto di assicurare a un popolo quella parte del bene, che


adatta a venire attuata

da una forza sociale secondo


distingue
le

norme
diritto

universali

Il

Jellinek

norme

del

da quelle della religione,

dell'eticit e del

costume,

per mezzo di tre caratteri: a) perch sono norme per la condotta esterna degli uomini tra loro;
6)

perch proven-

gono da una riconosciuta autorit esterna; e) perch la loro obbligatoriet garantita da poteri esterni. Lo Stammler
attribuisce ufficio secondario alla coazione,
tificare
e,

senza iden-

apertamente giustizia e moralit, stima che abbiano


territorio sul quale
il

un medesimo
versi,

operano con metodi

di-

perch

perfezionamento dell'animo, del carattere


oggetti della moralit, sono cose distinte

e del pensiero,

dal retto comportarsi, che della giustizia. E, imitando


il

giro di

frasi

di

una famosa proposizione


conclude
col

della
il

Critica

della

ragion
<

pura,

forniolare

seguente

rapporto:

La
il

giustizia

senza l'amore vuota, la com-

passione senza una

retta

norma

cieca

Pi
il

franca-

mente pone

centro del diritto nella morale


il

francese

Duguit, pel quale

diritto

affatto
il

diverso dalla forza,


la co-

e non la politica,

ma

limite della forza,


deboli
e

scienza della solidariet umana, alla cui regola


sottoposti,

tutti

sono

individui
1

e Stato,

forti,
si

governati o

governanti.

filosofi

francesi del diritto

oppongono por
il

tradizione alla scuola tedesca, nella quale preminente

VI.

ANNOTAZIONI STORICHE

371

carattere

della

forza,

cosicch la filosofia giuridica fran-

cese prende talvolta (per esempio, nel Fouille) verso la

scuola tedesca un atteggiamento analogo a quello, che

la

generosa

scuola
gli

economica francose prendeva, corno


egoistici

sappiamo, verso

economisti inglesi. E, tanto


recenti
il

perch a questa rassegna


ripete la vecchia

di scrittori

non manchi
il

qualche nome italiano, ricorderemo


pi empirica:

Miraglia,

quale

partizione kantiana, rendendola ancora

perch
dei

La morale e il diritto sono parti dell'Etica, pu svolgere principalmente nell'intimit rapporti della coscienza, o pu invece esplicarsi a pre
il

bene

si

ferenza nelle esterne relazioni tra


e cosa
;

uomo

uomo

e tra

uomo

il

Vanni, che in codesto empirismo infonde


afiPermando che, in

un

po' di evoluzionismo positivistico,


il

origine,

diritto
si

non era

distinto

dalla morale,

ma

che
par-

poi via via

venne

diflFerenziando, e ora

il

ha

ufficio

ticolare di tutela e di garanzia:


si

limitato a garantire,

del
al

direttamente necessario

minimo etico (egli dice) campo etico, quel che piii mantenimento della vita in
il

comune, lasciando ad

altre

forze

compito di regolare
.

quel che c' di pi individuale nella vita

via dicendo,

perch sembra che ora basti


Tale la contradizione,
si

*.

in cui

ancora
Il

ai nostri

giorni

contradixio";"'<;""

dibatte la

Filosofia del

diritto.

diritto

giudinon "
di-

Stamniler.

cato identico all'eticit,

ma nemmeno
non
si

semplicemente

verso; considerato identico e diverso insieme,


sia l'elemento di diversit

ma

quale
i

riesce a fermare

merc

ROmelin",

Reden

u. Aufsatze,

nuova

serie (Freiburg

i.

B., 1881',

p. 342; Jbllinkk, Allgemeine. Staatslehre (Berlino,

1900), p. 302 sgg.;


le

Stammler, Lehre
droit objectif
et

v. richtig.

Bechte (Berlino, 1902); Duguit, L'tat,

la loi positive (Paris, 1901); Fodille, L'ide

moderne

du

droit en Alleni., en Angl. et en

France (Paris, 1876)


fil.

Miuaglia, Fit.

d. dir. (Napoli, 1903), p. 80; Vanni, Lez. d.

d. dir.

(Bologna, 1904j,

pp. 113-114.

372

LE LEGGI

concetti dei quali si fa uso, di esteriorit, di coazione e


altrettali
:

il

pensiero di una differenza tra

le

due forme non

viene rigettato,

ma nemmeno
si

determinato.

codesta

condizione illogica, che


delle

manifesta aperta nel contrasto


diritti. Il

due

giustizie o dei

due

Riimelin parla di una

giustizia ideale, pura, che prescinde dal dato e giudica sulle

immediate impressioni del sentimento; e


realistica,

di

una

giustizia

razionale,

empirica,

disciplinata e

sviluppata:

due
di

giustizie,
*.

che debbono, a suo parere, operare con-

giunte

Altri,

indagando

rapporti tra quei

due
e

concetti

un unico

fatto e

ideale del diritto, o (come diceva il Vanni) tra concetto logico e concetto delle esigenze razionali del diritto: quasi un concetto possa essere veramente logico se non derivi da esigenze razionali, e queste possano avere validit se non siano il concetto stesso della cosa. Peggio ancora lo Stammler afsforzano la logica,

non riuscendo a vincere la distinguendo tra concetto

difficolt,

ferma l'identit del

diritto col diritto morale, e del diritto

mero

col diritto immorale,

giungendo

alla gi criticata di diritto

visione del diritto effettivo [gesetzes) in due classi di


retto {richtiges Rechi) e di diritto retto (egli dice)

non
il

retto ; e

diritto

un

diritto

effettivo,

cui contenuto di

volont possiede la propriet dell'essere retto.


ritto retto sta al diritto effettivo

nere

^.

Onde il dicome una specie al geMeditare questo schema divisorio la via pi


si

breve per giungere alla persuasione del fallimento della


Filosofia del diritto, quale essa

svolta e

si

poteva svolrisultato

gere sui presupposti logici finora ammessi.


del

Come

movimento

di
il

studi dal

Tomasio
stesso,

ai

recentissimi

non

resta altro che

problema

originato dalle defini-

BOmklin, op.

cit.,

pp. 176-202. Cfr. Lasson, p. 215 sgg.

Op.

cit., p. 22.

Cfr. Bkkuboiim, Juriaprudenz u. Rechtsphiloaophie

(Lipsia, 1892), I, pp. 141-147 n.

VI.

ANNOTAZIONI STORICHE

37."

zioni del

Tomasio,

e diventato, di certo, per le posteriori

dispute e indagini assai pi ricco e pi acato e tormentoso,

ma non

gi superato e risoluto.
al

V. Minore attenzione stata rivolta


sul quale

concetto di

egge

ii

valore dei-

che

si

non era possibile recare piena luce se non dopo fosse, da una parte, saldamente stabilita la teoria

'* 'f'^-

dei concetti astratti (rappresentativi o di classe) nella loro

differenza dai concetti universali, e, dall'altra, criticato e


dissipato
il

confusionario carattere sociale e politico

attriNefi-antiohi'*'

buito alle leggi. Per altro, le difficolt, che quel concetto

recava seco, furono notate pi volte


Memorabili,
agita la questione:

fln dall'antichit, per-

che in un dialogo di Alcibiade con Pericle, serbatoci nei


si
si

se leggi siano tutte le


toglie a dimostrare

leggi o solamente quelle giuste , e

che

non basta che una legge sia legge perch debba essere osservata
*.

Ma
es.,

codesti,

come

altri

dibattiti

della filosofia
Il

greca, non sono condotti a una vera conclusione.


tone,

Cri-

per

piuttosto che tesi filosofica,


al

una stupenda
dava
alle leggi

opera d'arte, la quale rappresenta

vivo la condizione

d'animo

di

Socrate e

il

pregio
la

sommo

ch'egli

e all'ordine sociale;

ma

ragione che vi

si

trova addotta

dell'ubbidienza dovuta alle leggi, e che riposta nell'avere


l'individuo espressamente o tacitamente accettato di rima-

nere nell'ambito di un determinato Stato, tien del

sofistico.

Anche
la
jcieixg,

nell'antichit fu avvertita l'esigenza di temperare


delle

rigidezza

leggi

merc

il

concetto dell'equo, x
correzione

che

Aristotele

definiva

della

legge

dove pecca pel suo carattere di generalit


vnou
x[

(navpOwna

XXemzi 8i t xaGXov)

-.

Ma, col concetto dell'equo,

non

si

usciva

dall'empirismo: la legge pecca di astrat-

tezza non qualche volta,

ma

sempre, o piuttosto non pecca

Mem,,

I, 2,

40 sgg.
1.

Elh. Nicom.,

V,

e. 11.

374
mai, perch
Diderot.
il

LE LEGGI
suo ufficio proprio in quell'astrattezza.
conflitti interiori,

Nei tempi moderni la gravit dei

che
la

nascono cosi dalFosservare come dal non osservare

legge, fu sentita ed espressa dal Diderot nel suo Entretien

d'un pre avec


dessus des
lois.

ses enfants

sur

le

danger de

se mettre

au-

Mori pre (dice alla fine di quel dialogo


e' est

uno
lois

dei figliuoli),

qu' la rigueur,

il

n'y a point de

Parlez plus bas paur le suge sujettes des exceptions, c'est lui qu'

il

Toutes tant

appartieni de

juger des cas

oi

il

faut s'y soumettre ou s'en affranchir.


il

y
>'.

Je ne serais pas trop fch (conclude


eUt dans la ville

padre), qu'

il

un ou deux
s' ils

citoyens,

camme

toi;

viais

je n'y habiterais pas,


Romanticiamo.

pensa ient tous de


le leggi si

mme

L'atteggiamento di ribellione contro


jjgj

manifest

pensiero e nella letteratura

tedesca col preromanties.,

cismo dello Sturm und Drang (per


Schiller), e col

nei

Rduber dello
Stato,
delle

romanticismo propriamente detto, quando


teorie di

sorsero,

tra

l'altro,

limitative

dello
teorie

come
libere

quelle di Guglielmo
relazioni
sessuali,

Humboldt, e
quelle
della

come

Lucinde di Federico
pei co-

Schlegel. Nella Lucinde regna

un grande orrore

stumi borghesi e per ogni maniera di costrizione, propu-

gnandosi in cambio relazioni sessuali con donna,


jcobi.

figli,

amore

e fedelt,

ma

senza matrimonio. Con grande nobilt


il

d'animo rappresenta quest'atteggiamento


recchi suoi scritti, e segnatamente nel

Jacobi in pa(177U,

Woldemar
si

1794-G), che forse la pi vivace protesta che

sia

mai

levata in

nome

dell'iniziativa dell'individuo

contro Top-

pressura della legge: contro

la costrizione e la violenza

che

usi,

costami, abitudini esercitano, o contro coloro che


di quelle leggi, o le con-

non pensano se non per mezzo

(EuvTM, edia. Asszat e

Tourneux,

(Paria, Garnier, 1875),

pp. yo7-.

VI.

ANNOTAZIONI STORICHE
risoluto e

375

siderano

come sacre con animo

mente inerte

celebrandosi in sua vece


si

quell'ardito spirito eroico, che


e
la

solleva

di

sopra

le

leggi
di

morale

comune, per
suo

produrre un nuovo ordine

cose. Ci che bene, dice


il

all'uomo immediatamente e solo


cuore, solo
e
il

suo cuore; solo

il

suo istinto pu dirglielo immediatamente;

amarlo

la

sua vita. Ci che conduce

al

bene, glielo

apprende a conoscere e a praticare


Codesta iniziativa individuale
glio a fraintendimenti e
il

la riflessione, e l'abito

poi gli rende propria e gli rassoda l'acquistata saggezza >.


(si

obbietta)

pu dare appi-

ad abusi. Senza dubbio, risponde

Jacobi;

ma

ci che

non pu essere frainteso ha scarso


si

significato, e ci

che non pu essere abusato ha poca forza


ripartiscono in due classi:
il

per l'uso. Gli uomini

gli

uni esagerano la paura, gli altri


quelli,
rit,
lit,
i

coraggio e la speranza;

sempre dubbiosi, temono la veperch pu essere fraintesa, temono le grandi qual'alta virt, a cagione delle deviazioni alle quali pu
circospetti, sono

dar luogo, e hanno sempre innanzi agli occhi solamente


il

male;

questi,

gli

arditi

(che
si

si

potrebbero

chiamare
pi

irriflessivi nel

senso platonico),
altrettanti

comportano con minore


si

esattezza,

non sono

perplessi,

affidano

alla parola del loro

cuore che ad alcuna parola esterna;

edificano pi su virt che sulla virt, la quale d'ordinario


si

fa troppo a

lungo aspettare. Essi

si

domandano

talora

con l'Young:
le passioni

che, forse, la virt sola battezzata e

sono pagane?. Se io (dice ancora il Jacobi) debbo attenermi a una di queste classi, prescelgo la se

conda.

Si
si,

(esclama
io

altrove,

contrastando

l'astrattezza
il

kantiana),

sono l'ateo e l'empio che, contro

volere

che niente vuole, voglio mentire, come Desdemona menti

morendo; voglio mentire


si

spacci per Oreste; voglio uccidere,

rompere leggi e

come Pilade, quando come Timoleone; giuramenti, come Epaminonda, come Gioe frodare,

376

LE LEGGI

vanni de Witt; commettere suicidio, come Ottone; predare


il

Tempio, come David;

si,

cogliere spighe

il

giorno di sa-

bato, anche solo per questo che io ho fame, e la legge


fatta per l'uomo,

non l'uomo per

la legge; per la sacroil

santa coscienza che io ho in me, so che

privilegmm ag-

gratiandi per

tali delitti

contro la pura lettera della legge


il

razionale, assoluta e universale

proprio diritto sovrano

dell'uomo,

il

suggello della sua dignit, della sua natura

divina

*.

Sono parole che sgorgano sincerissime, come

Hegel,

sempre quelle del Jacobi, ma piuttosto espressioni di stato d'animo che teorie difendibili; e a ragione lo Hegel, circa notava: Alla bellezza morale le ultime ora riferite,

non pu mancare nessuno dei due


vezza come individualit, per
la

lati,

la

sua vi-

quale non ubbidisce al


e

morto concetto, n

la

forma del concetto

della legge,

l'universalit e oggettivit, che l'aspetto esclusivamente

considerato dal Kant merc l'assoluta astrazione e a cui


sottopose la vivezza, soffocandola. Le parole
del

Jacobi

circa la vivezza e la libert della vita morale non esclu-

dono

l'oggettivit,

ma nemmeno

la

affermano

Donde

il

pericolo dell'atteggiamento romantico, che


verit,

non aveva, in
all'operare

bisogno di esortazioni come quelle del Jacobi, e


l'operare

troppo gi preferiva

magnanimo

onesto, l'operare nobile a quello morale,


rarsi dalla

e troppo era

proclive a liberarsi dalla legge stessa sotto pretesto di libe-

lettera di

essa.

Contrapponendo osservazioni

empiriche ad osservazioni (empiriche, lo Hegel notava che


gli

esempi di violazione delle leggi in forza della divina maest dell'uomo, recati dal Jacobi, erano condizionati dal

temperamento naturale, da circostanze di fatto, e propriamente da casi di somma sventura e di somma e rara necessit, nei quali rari individui si trovano. Sarebbe assai
Woldeniar, passim.

>

VI.

ANNOTAZIONI STORICHE

377

triste

per la libert, se essa non potesse provare la sua


di crudele

maest e attuarsi se non in casi straordinari

dilacerazione della vita morale e naturale, e in individui


straordinari. Gli antichi, per contro, trovavano la

somma
.
e la

moralit

nella

vita

di

uno Stato bene ordinato


l'affermazione del Jacobi,
,

Lo Hegel ammetteva che


una grande
verit,

legge fatta per l'uomo e non all'inverso

importasse
quel

quando

s'intendeva alludere in
;

modo

alla legge positiva o statutaria

ma

notava che anche

l'inverso era vero,

quando s'intendeva
se

della legge morale

considerata in universale, fuori della quale, separando da


lei

l'individuo,

non restano

non

appetiti e impulsi sen-

sibili,

che possono essere solamente mezzi per la legge*.


fatta

Per altro questa giusta distinzione non


nella filosofia dello Hegel, nella quale
il

ben valere

motivo dominante

il

rispetto alle leggi e la tendenza a polemizzare contro

l'iniziativa individuale.

Lo Hegel

ripete moltissime volte con


il

compiacimento
di retto

il

detto del pitagorico: che

miglior

modo

educare un giovane sia di farlo cittadino di uno Stato

da buone leggi

e osserva

che

gli

Ercoli sono dei

tempi primitivi e barbarici, e che alla virt individuale

poco campo rimane in tempi

civili*. Egli fu

avversissimo

alla critica e alla ribellione contro

l'autorit dello Stato,

cose che non gli sembravano rispondenti alla realt dello


Spirito, perch, in fondo, tutti

hanno caro

l'ordine, e

bi-

sogna distinguere
gli

il

sentimento politico apparente da ci che


essi vogliono intisi

uomini veracemente vogliono, perch


la

mamente

cosa,

ma

s'indugiano sulle particolarit e

compiacciono nella vanit del censurare. Gli uomini hanno


fiducia che lo Stato sussista e che soltanto in esso
gli interessi particolari
;

si

attuino

ma
XVI,

l'abitudine rende poi loro invi-

1 -

Werke,

I, p.

52 sgg.;

p. 21 sgg.

Phil. d. Rechts, sez. II; passim; cfr. pp. 150, 153.

378
sibile quello

LE LEGGI
sopra cui riposa l'intera nostra esistenza^.
il

C' nello Hegel, oltre

filosofo,

un

politico e

un moralista,

pensoso degli eccessi rivoluzionari e del disfrenamento ro-

mantico; ma, insomma, anche in

lui si

desidera la deter-

minazione esatta
Dottrine
*^"*'"

dell'ufifcio e

dei limiti della legge positiva.

re-

Manifestazioni dottrinali, che derivano dal concetto, o

meglio dall'incerto concetto, di codesto


limiti, si

ufiieio e di codesti

sono avute anche in tempi recenti e assai varie;


le

e si

andrebbe per

lunghe a enumerarle e

illustrarle tutte.

Ne ricorderemo
trina

tre, assai

lontane tra loro e disparate. La


la dot-

prima, che appartiene al campo politico e sociale,

anarchica, avversa
si
^.

alle

leggi di qualsiasi sorta, e

che

argomenta

di

fondare fllosoficainente quell'avver-

sione

Le

altre due,

che appartengono

al

campo pi

pro-

priamente giuridico, sono, da una parte, l'asserzione dell'importanza delle leggi e la deduzione del dovere che si ha a difenderne l'esistenza, anche dove le violazioni altrui non
siano contrarie ai nostri interessi individuali o
ci costi sacrifizi
il

difenderle
di

individuali

(il

che fu argomento

roso libriccino del Jhering^);


pensieri, la richiesta di

e, in

una

libera

un vigoun diverso ordine di creazione della legge da

parte del giudice {die freie Rechts/indung), che ha dato ori-

gine a discussioni ancora ardenti, provocate pi diretta-

mente da un
u
diritto na-

libercolo del

Kantorowicz (Gnajus Fiavius) \

si , dunque, molto guadagnato nella chiarezza dei concetti fondamentali, un iii"^ 8ua dl880lUzio ne. La dubbio progrcsso si avuto per contrario nell'acquistata

VL

Se per questa parte non

turaie e

'

""^'*
to.

*j''jj'

coscienza circa

la

mutabilit o storicit delle leggi e la

Op.

cit.,

268 ZuH.

Ampia
La La

esposizione italiana di tale dottrina in E. Zoccoli, L'anaV'


pel dirillo, trad.

chia,
3
'

Torino, 1907.
lolla lolla
ita).,

Milano, 1875.

per la scienza del

dirillo (trad. ital.,


I, 215-8.

Palermo, 1908):

cfr.

Converiazioni critiche (Bari, 1918),

VI,

ANNOTAZIONI STORICHE

379
Diritto natu-

cousegaeute contradittoriet dell'idea di un


rale >. Qaesto, col suo

complemento che era

il

catalogo dei

diritti innati, naturali e inalienabili dell'uomo, ebbe,

per

motivi politici e sociali, molta fortuna nel secolo decimosettimo, cresciuta al

sommo

nel seguente.

Ma

si

pu dire che

la

dottrina dei diritti innati, proprio nel

momento

in cui rice-

veva

la pi

solenne affermazione pratica nella Dichiarazione

dei diritti dell'uomo, venisse confutata dal Kant,

quando

nella Metafisica dei costumi scriveva la proposizione che la


libert l'unico diritto originario e innato, spettante all'uomo

in forza della sua


diritto naturale

medesima umanit*. Le costruzioni

del

vennero perdendo poi nel sistema delio Hegel


perch diventarono categorie storiche della
spiriti

la loro rigidezza,

Eticit o Sittlichkeit, determinazioni degli

dei vari

popoli (Volksgeisier),

quali sono a loro volta determina-

zioni dell'Assoluto o dell'Idea. Per questa parte (e prescin-

dendo dal suo errore

di voler filosofare e dialettizzare ci


lo

che storico o empirico),

Hegel

si

congiunge strettamente
ecc.).

con la scuola storica del

diritto

(Hugo, Savigny,

La

quale ultima, nonostante l'esagerazione onde parve negar


valore alle esigenze ideali del diritto, ebbe
il

non piccolo
scuola per

inerito di scrollare la vecchia concezione del diritto naturale.

Concezione che rimasta dipoi nei

libri di

forza d'inerzia,
stata serbata

ma
da

pi o

meno

corrosa e pencolante; ovvero

scrittori

cattolici

(non solo dal padre


scarsi
di

Taparelli,

ma anche

dal Rosmini),

sentimento

storico; o riapparsa in altri ingegni antistorici

sebbene

evoluzionistici, nei positivisti (Spencer e Ardig).


diritto naturale sia nient' altro

che

il

diritto

Ma che il storico nuovo


ormai
altres
si

nella lotta del suo divenire, persuasione formatasi

nella coscienza generale. Alla scuola storica


il

deve

n paragone
diritto e
|!^'*

paragone tra

la vita del diritto e la vita del linguaggio,

Metaphys. d. SiU., p. 40.

380

LE LEGGI

preparato gi dalle scoperte della Linguistica comparata, e


sostanzialmente giusto, bench, come
alla
si

notato, si attenga

forma

grammaticale

dell'una e dell'altra attivit.


altri Intenti, e
il

allo stesso

paragone ricorreva per

con pi

esatta enunciazione dei suoi termini,

Jacobi, nei luoghi

gi ricordati del Woldemar, dove, insistendo sulle infrazioni

morali delle leggi, scriveva:

Per queste

eccezioni, per

queste licenze di alta poesia, la Grammatica della virt

non ha regole determinate, e perci non ne fa motto. Nessuna Grammatica, e meno di tutte quella generale e filosofica, potrebbe chiudere in s tutto quanto appartiene a un linguaggio vivente, e insegnare come in ogni tempo ogni dialetto si debba formare. Ma sarebbe dissennato affermare
per questo, che ciascuno possa parlare nel
talenta.

ancora:

La

virt arte libera, e

modo che gli come il


il

genio artistico d leggi all'arte col suo fare, cosi

genio

morale d leggi
lente esercita,
rattere;

al

procedere umano: giusto, buono, nobile,


conformit del suo ca-

eccellente quel che l'uomo giusto, buono, nobile ed eccel-

compie e produce
la

in

l'uomo inventa

virt, procaccia alla dignit


*.

umana
Il

l'espressione adeguata e la genera


Il

concetto di

VII.
^^^'^^

concetto di legge

si

venuto nel pensiero

mori-

8tud*^'d^i Di'
ritto

ampliando

oltre la cerchia delle cosi dette leggi giu-

conipa-

ridiche e delle legislazioni e dei codici in cui era prima


^*'^^''

Dottri^na^'^'e*

Diolti

pregiudizi sono stati altres dissipati dagli

neraiodci
ritto.

di-

stud sul diritto dei popoli primitivi e delle trib selvagge e

barbare, dalla

Etnografia giuridica o

Diritto

comparato
so-

come

si

suol chiamare; e in genere, e per varie cagioni,


i

negli ultimi tempi

fatti

sociali

hanno richiamato
si

pra di s maggiore interessamento che non quelli pi particolarmente


in
politici .

Una

scuola, che
simili

manifestata

modi indipendenti e pur


Woldemar, pp.
Ili, 418, o

in Inghilterra (Austin,

passim.

VI.

ANNOTAZIONI STORICHE

381

Samner Maine,
di scuola della

ecc.) e in

Germania, dove ha preso nome


{Allgela

Dottrina generale del diritto

melne Rechtslehre, secondo


Adolfo Merkel), elabora con
di legge nelle sue

denominazione foggiata da
diligenza
il

somma

concetto

classi e sottoclassi; e l'affinamento

che

essa compie dei concetti giuridici deve destare

buone spepassag-

ranze,

quando

si

ricordi che dall'analogo affinamento delsi

l'Economia politica in Economia pura

fatto

gio prima alla Psicologia e poi alla Filosofia dell'economia.

Per intanto, la letteratura della scuola, dominata com'


dai bisogni della giurisprudenza, serba carattere empirico

o intellettualistico; e sono giuristi e non propriamente


filosofi
i

suoi principali cultori: alla sottigliezza delle sue


e

distinzioni

sottodistinzioni delle

leggi

non corrisponde

l'esattezza e fecondit del concetto

fondamentale, perch

incerto e arbitrario rimane in essa quel che sia propria-

mente

la legge.

Il

Bierling, per esempio, che tra

codesti

autori forse l'ingegno pi filosofico, esclude preliminar-

mente dal concetto


di ci

di legge

modi

di

comportamento
gli

del-

l'uomo verso Dio, verso s stesso e verso

animali;

ma

non arreca nessuna soda ragione, e solo per atto di arbitrio riesce dunque a restringere quel concetto al modo
nel quale gli
diritto in

uomini

si

comportano tra

loro,

definendo

il

senso giuridico

com'egli lo chiama,

tutto

che uomini, viventi tra loro in una qualcomunanza, riconoscono reciprocamente quale norma e regola di questa convivenza . E senza alcuna deduzione e con nuovo atto di arbitrio introduce poi nel concetto
ci in generale
siasi

cosi

definito

quello

di

esteriorit

soggiungendo

che

scopo del diritto un determinato procedere esterno


*.

dell'uomo verso l'uomo


flusso della

In queste dottrine chiaro l'in-

giurisprudenza e dei suoi empirici intendimenti.

BiEKLiNG, Juristiche Prinzipienlehre {Freiburg

i.

B., 1894-8, 2 voli.).

382
Il

LE LEGGI
Vili.
Il

legalismo
j^^j

legalismo etico divent grave ed aspro problema

e la casisti-

ca morale.

Cristianesimo per effetto del contrasto tra la sublime ^

la forma legalitaria che massima parte eredit del giudaismo. Nel mondo antico, di quel problema quasi non traccia, appunto perch quel contrasto non fu mai acuto *. Di

morale cristiana, tutta interiore, e

essa rivesti e che era in

qui

le difficolt

dibattute nella patristica e nella scolastica

sulla derogabilit

delle leggi divine, e le conseguenti di

stinzioni che

si

tentarono tra una vita morale

perfetta
consigli

e un'altra
e

imperfetta

tra

precetti
si

come

nell'

interpetrazione giuridica
,

suol ricorrere ai
si

precedenti

cosi in quei problemi etici

ricorreva agli

esempi della Bibbia (che ne


sulle

offriva, a dir vero, di


^.

non
I

belli)

eccezioni fatte da Dio alla legge morale

bisogni

pratici della confessione dettero poi origine a libri di casistica, dei

quali

si

posseggono raccolte, Stimmulce casuum

conscientice, gi dei secoli

decimoquarto e decimoquinto. La
:

Riforma
ceva che

si
i

mostr avversa a queste trattazioni


teologisti morali
il

Lutero

di-

avevano innanzi

tutto spento

negli uomini
le

timore di Dio, e poi avevano posto loro sotto


il

mani e
la

piedi soffici cuscini; e

Molantone lamentava

che

Repubblica cristiana fosse onerata

theologastrorum
,

sententiis

de conscienticR casibus nestricabillbus


li

ubi nun-

<juam non ex qucBStione quaestio nascitvrT, e


Il

chiamava

probabili-

conscientiarum cawteWa

> ^.

Ma

l'insipidezza del legalismo

sino e Ialinoe.

^^ manipolata in veleno insidioso dai gesuiti col loro

pr

babilismo,
dioevo,

del

quale non mancarono precursori nel Me-

ma

che aveva ricevuto forma precisa dal domep. Ili

SiDowicK, Hiator/ of Ethics, Londra, 1892,

Bgg.

A. BoNDCCi, La

deroffabilit del diritto naturale nella Scolastica,


cit.,

Pe-

rugia, 1906: cfr. C'onue'azton critiche


3

I, 250-1.

Not. stor. nella dissertaz.

De

caauialicdi Iheologioi originihua, loci


cit.,

alque prasitantia (unita col


i,xxvi).

Db

Liqorio, Theol. mor., ed.

pp. xxiv-

VI.

ANNOTAZIONI STORICHE

o8?>

nicano Bartolomeo Medina nel 1577.

Da

quel tempo

il

pro-

babilismo cominci ad attorniarsi di copiosa letteratura,


la quale
si

accrebbe di continuo nel corso del secolo


poi e

se-

fluente,

scemando

decadendo nel decimottavo. E del


mossa dai giansenisti,
di cui

secolo decimosettimo, cio del periodo di maggior vigore


della dottrina, l'opposizione

rimangono, insigne monumento


Pascal (1656).

letterario, le Provinciali del


si riaf-

Ma

se noi giansenisti e nel Pascal

fermava una coscienza morale pi pura e pi


se in quella polemica
si

cristiana, e

resero evidenti le assurde conse-

guenze
ci

alle quali

il

probabilismo metteva capo, non perci

l'errore di questo

venne superato nel suo principio. Affinch


(il

accadesse, era necessario da una parte togliere ogni

residuo di utilitarismo teologico

che tornava arduo o

impossibile in un'Etica religiosa e trascendente, che serba

sempre carattere mistico e


abbandonare
il

irrazionalistico);
lo stesso

e,

dall'altra,
si

legalismo.

Ma

Pascal (che

appella
le-

a sant'Agostino) rimase sempre avvolto nella concezione


gislativa della morale; onde parlava della legge del
<

non

uccidere
casi
egli

>,

che bisogna osservare rigorosamente, salvo nei

stabiliti

da Dio e nei particolari comandamenti che

d perch siano messi a morte taluni individui. La Chiesa cattolica, sempre accortamente politica, condann
senz'altro
i

rigoris'ti estremi,
la legge, e
i

quali vogliono che

si

se-

gua sempre

lassisti estremi, che a non os-

servare la legge credono bastare una ragione qualsiasi,

ancorch leggiera e improbabile; lasciando che discutessero tra loro a perdifiato


risti
i

partiti

intermedi, cio

rigo-

moderati, i probabilioristi o tuzioristi, gli probabilisti. A questi ultimi, i equiprobabilisti e quali avvisano che si possa usare libert sempre che vi siano ragioni probabili, quantunque meno probabili di
i

quelle che militano a favore della legge,

si

accost sant'Al-

fonso dei Liguori,

il

quale nella sua Dissertano de usu mo-

384

LE LEGGI

derato opinionis probabilis ^ esponeva a questo modo l'argomento principale a sussidio della sua tesi: Peto ah adversariis, ut indicent (si possunt) ubinam legem hanc esse scriptam inven-erint, quod teneamur Inter opiniones probabiles probabillores sequi?

Hcec lex quidem, prout universalis,

deheret

omnibus

esse nota et certa: at

quomodo

ista lex certa

dici potest,

cum communis

sententia doctorum, saltem longe

inaiar illorum pars, post

tantum discrimen absolute asserant,

hanc

legem.

non adesse f Usque

dum

igitur de tali lege du-

bitatum, opimo quod adsit ha}c lex sequendi probabiliora,

quamvis
libili

alieni videatur probabilior,

nunquam tamen
liabet,

lex

dici potest, sed

appelanda

erit

mera

opinio, utpote ex fal-

motivo deducta, qucB vim nequaquam

ut lex, obll-

gandi*. Codesta dottrina ha ancora


gnatori fermissimi tra
i

ai nostri giorni

propuecc.).

gesuiti (Cathrein^,

LehmkuhP,

La critica
^"
df
lecito

Ma

se

l'

Utilitarismo teologico vinto dalla critica della

trascendenza e dall'Etica idealistica, la liberazione dal legalismo, del quale esponente


il

lecito o

permissivo o moral-

mente indifferente, si fece strada nel Fichte e nello Schleiermacher; che, per quanto riguarda il Kant, egli non tratt
esplicitamente la questione, e da qualche sua parola

argomentare, come
Fichte.

si

gi notato, che
*.

pu non abbandonasse
si
il

del tutto

il

concetto del lecito

Bene, invece,

Fichte in
evi-

una nota

al

suo Diritto naturale scriveva:


di cui

Un diritto

dentemente qualcosa

uno si pu valere o no, e segue perci da una legge meramente permissiva.... Il permesso non dato espressamente dalla legge, e viene dedotto per
interpetrazione dalla sua limitatezza.

la limitatezza

di

una legge

si

mostra nel

fatto

che essa qualcosa di con-

In Theol. mor.,
MoralphiloHophie

I,
*,

pp. 10-24.
I,

* 8
*

pp. 428-87.
i.

Frobabili$mut vindicatu$ (Freib.


Si

B., 1906).
Krit. d. rein

veda aopra

p. 266. Cfr.

anche

Vm., pp. 10-11

n.

VI.

ANNOTAZIONI STORICHE

385

dizionato.

Non

si

vede, dunque, assolutamente

come

dalla

legge morale, che


perci
si

comanda

in

modo

incondizionato e che

estende a tutto, possa mai venire dedotta una

legge permissiva

ci

che nel Fichte era semplice

Schieierma'""
"^

accenno

si

svolse in

ampia dimostrazione nella memoria


il

dello Schleiermacher Sul concetto del lecito (1826), che di-

scacciava risolutamente

lecito dal

campo
:

dell' Etica,

metorigi-

tendone a nudo la natura


nel quale non
del diritto
e

affatto giuridica
il

La sede
al

naria di questo concetto non pu essere

dominio dell'Etica^ dominio

ammissibile: esso appartiene

della legge

positiva; e nella vita civile c'

originariamente qualcosa di lecito appunto in questo senso

che c' qualcosa di medio tra


oggetto proprio della legge
.

il

comandato

il

vietato,

Per avere ignorato codesta gi chiarita derivazione


del lecito,
il

Rosmini,

Rosmini seguit per suo conto a ripartire


in quattro classi: proibite, lecite,
:

le

azioni
e

umane

comandate

sopraerogatorie

le

ultime tutte e tre innocenti,


le

ma

le

lecite

semplicemente innocenti,
e

comandate e

le

sopraeroerrori

gatorie fornite altres di pregio morale.


nella sua Etica

Donde gravi

nella sua Filosofia del diritto, e defini-

zioni inafferrabili,
torie:

come
ci

questa delle azioni sopraeroga-

Ci che

obbligatorio consiste nel conservare l'or-

dine morale;

ma

che sopraerogatorio consiste nel

conservare
fetto,

il

detto ordine in
della volont

un modo pi

eccellente e per-

con

atti

pi pieni, pi frequenti, pi

accesi. Questi secondi

non

solo

conservano l'ordine morale,


essi stessi,

ma

lo

aumentano, ne creano quasi

con

la loro

attivit,

ma
1

una parte: si fanno non solo seguaci del bene, autori del bene stesso . Il Rosmini considerava anche

Grandi, d. Naturr., introd., III,

n.

Werke, sez. Ili, voi. II, pp. 418-445. Cfr. G. Maykh, Die Lehre
in der Gesch. d. Ethik seit Schleiermacher, Lipsia, 1899.

vom Erlauhten

B. Croce, Filosofia della pratica.

25

386

LE LEGGI
dell'Etica la questione mossa dal prosi

come avaDzamento
babilismo; cio

del che cosa debba l'uomo fare, s'egli

trova in dubbio di esser obbligato o no a fare o ad omettere un'azione >.


al

Ma

la soluzione

che

il

Rosmini poi dava

quesito conduceva (sia detto a suo onore) all'annulla-

mento del legalismo, perch per lui la legge dubbia non obbliga, quando legge positiva, ma obbliga quando legge morale, ossia quando c' timore di offendere la legge suprema e necessaria, che vuole essere sempre assolutamente adempiuta *. In altri termini, la vera legge pratica non mai (neppure quando sembra che tale sia) la legge positiva; e il concetto di legge, che ha sempre significato positivo, estraneo dunque alla coscienza morale effettiva:
conseguenza
o almeno
alla quale, per altro,
il

Eosmini non perviene

non

consapevole di pervenire.

Compendio di Etica, pp.

48, 96, 284-5.

CONCLUSIONE

c
ci

on

la Filosofa della pratica

ha termine resposizione che La


; ?

Filosofi

eravamo proposti ^ ^
il

di dare della Filosofia dello Spirito I-

'^*"

come
**'

?P"*f '
il

tutto

termina insieme l'esposizione dell'intera Filosofia, perch


lo Spirito tutto

delia Filoso-

Reale.
in
fine

Questa proposizione non ha bisogno qui


riprova o controllo, come
si

di
il

usa nel calcolo.

Perch

controllo della Filosofia le intrinseco e consiste nel re-

ciproco confronto tra lo svolgimento del pensiero e le esi-

genze

di

esso, tra

il

Sistema e la Logica.
il

la Logica,

come sappiamo,
parte tra
fronto tra
il

se in certo senso

tutto della filosofia

(la filosofia in iscorcio o in


le
il

idea o in potenza), insieme


il

parti

del sistema filosofico; cosicch


la Logica, tra
il il
il

con-

Sistema e

pensiero in atto e pensiero del pen-

pensiero in idea, tra

pensiero e

siero, stato di

continuo presente e attivo nel corso delsi

l'esposizione; e chiara
i

dimostrata la concordanza tra

due processi
di

il

loro efiettivo confluire in

un

solo.
l'

La Logica afferma la pensabilit del reale e


pibilit

inconce-

Rispondenza
j*.^"*^*^* "

ogni limite che

si

ponga

al pensiero, di

ogni

escogitazione

d'Inconoscibile.

la

Filosofia,

indagando

ogni parte del reale, non ha trovato nel pensiero nessun


posto in cui allogare l'inconoscibile.

La Logica pone come

388

CONCLUSIONE

vero concetto del concetto, che questo sia universale e non


generale, concreto e non astratto; che sia puro d'intuizioni

come

quello delle matematiche,

e,

diversamente da esso,

necessario e non convenzionale; fecondo d'intuizioni


quello delle
di

come

scienze empiriche,

ma

diversamente da esso

una

infinita fecondit, tale cio

da padroneggiare ogni

manifestazione del reale.

il

sistema ha mostrato col fatto

che questo desiderato della Logica non chimera, e che


lo

Spirito per l'appunto quel concetto che risponde al-

l'idea

del concetto: niente v'ha che


(e

non

sia

manifestao

zione

manifestazione reale, non

gi

convenzionale

metaforica) dello Spirito.

La Logica, ripugnando a ogni


il

dualismo e pluralismo, vuole che


concetto unico o
dell'

concetto filosofico sia

Uno, e non

lasci sussistere a s d'ac-.

canto concetti eterogenei.


il

il

sistema ha confermato, che


le

solo concetto dello Spirito

adempie

condizioni logiche

del concetto, e che

quello della natura, anzich concetto

di qualcosa reale, l'ipostasi di

una maniera non

filosofica

ma
di

pratica di elaborare la realt; cosicch in ci che ha


reale esso
stesso nient'altro che opera dello Spirito.

D'altro canto, la Logica dall'idea del concetto deduce

che

il

concetto dev'essere sintesi di s e del suo opposto,

perch l'opposto, non che essere eterogeneo e disparato,


carne della carne e sangue del sangue del concetto stesso,

come
che

la

negazione dell'affermazione.

il

sistema

ci

ha

condotti innanzi allo Spirito o Realt in quanto svolgimento,


la

vera realt del reale ed sintesi


il

di opposti.

La

Logica deduce che

concetto sintesi di se e del distinto

da

s, dell'universale e dell'individuale, e

che per
l'

la Fiintelli-

losofia

deve sboccare nella storia e mediarne

genza.

il

sistema mostra la capacit dei suoi principi a


la

interpetrare

complessa

realt

storica,
1

anzitutto

la

storia stessa della filosofia, risolvendone

problemi.

La Lose

gica non ammetto altre distinzioni del concetto

non

CONCLUSIONK
quelle che nascono dalla sua natura,

389

come

le relazioni di
il

soggetto-oggetto e di individuale-universale; e
ci

sistema
dialetti-

ha confermato queste
in Filosofia della

distinzioni,

geminandosi

camente

conoscenza e Filosofia dell'azione,

della teoria e della pratica, e suddividendosi altres dialet-

ticamente nella prima come Estetica e Logica, nella seconda

come Economica ed
sioni, l'esigenza

Etica.

poich, esaurite queste divi-

del concetto interamente appagata, noi

non abbiamo trovato nelle forme particolari dello Spirito la possibilit di nuove suddivisioni, per esempio di varie categorie estetiche o di varie categorie etiche.

Parecchi, giunti alla fine del sistema filosofico e alla con- insoddiaf"" "" ; clusione che altro reale non v'ha se non lo Spirito e altra *^
Filosofia se

ne di ogni
e

non

la Filosofia dello Spirito,

sono presi come da sistema;


"<>
'

un senso d'insoddisfazione e di delusione: e, pure premuti ^ dalla necessit logica, non vogliono rassegnarsi ad accettare che questa, e non altra, la Realt. Sembra loro ben povero un mondo, oltre il quale non vi ha un altro; uno
'^

motivo

irrazionale.

Spirito
di

immanente, ben inferiore e impacciato a paragone


di un Dio onnipotente fuori una Realt penetrabile dal pensiero, meno poeil

uno Spirito trascendente,

del

mondo

tico di un'altra, cinta di mistero; e

nato, pi bello del preciso e determinato.

vago e l'indetermiMa noi sappiamo

che costoro sono in balia di una illusione psicologica, pari a quella di chi sogni un'arte cosi sublime che, a paragone
di essa, ogni opera d'arte realmente esistente appaia cosa

spregevole,

e,

sognando questo torbido sogno, non riesca


solo.

a comporre un verso

Questi raflnatissimi poeti sono


filosofi insaziabili.

impotenti, e impotenti sono quei

Ma

nosciamo

appunto perch della loro illusione psicologica co- Motivo la genesi, sappiamo anche che in essa c' Cn "'"*'= ^
pensiero dell'individuo, la Realt stessa,
;

ra^'*'

nesauribilit
'^*''* *^''^"*

potrebbe non esservi) un motivo di vero. L'infinito, inesauribile dal

delia vita e

che crea sempre nuove forme

la Vita, che

il

vero mi-

390
Stero,

CONCLUSIONE

non perch impenetrabile dal pensiero,


ogni attimo, per bello che
sia,

ma

perch

il

pensiero la penetra, con potenza pari alla sua, all'infinito.

E come
se
si

diventerebbe brutto

arrestasse,

brutta diventerebbe la Vita, se mai in-

dugiasse in una delle sue forme contingenti.


Filosofia

perch

la

non meno
il

dell'Arte,

condizionata

dalla Vita,
in

nessun particolare sistema


s tutto
filosofabile:

filosofico

pu mai chiudere
filosofico

nessun sistema

defini-

tivo, perch la Vita, essa, non mai definitiva.

Un

sistema filosofico risolve un gruppo di problemi storica-

mente
altri

dati,

e prepara le condizioni per la posizione di

problemi, cio di nuovi sistemi. Cosi sempre stato,

e cosi sar sempre.

In questo significato la Verit sempre cinta di mistero, ossia

un'ascensione
il

ad altezze sempre crescenti,


loro culmine,

che non hanno giammai


la Vita.

come non l'ha


ricerca, intraegli

Ogni

filosofo,

alla fine di

una sua
che

vede

le

prime incerte linee


lui,

di un'altra,

medesimo,

o chi verr dopo di

eseguir.

E con

questa

modestia,

che delle cose stesse e non gi del mio sentimento personale, con questa modestia che insieme fiducia di

aver pensato indarno,


gendolo
ai

io

ben disposti

non mio lavoro, porcome strumento di lavoro.


metto termine
al

INDICE DEI NOMI

91, 176, 300, 383. Ahrens E., 367, 370. Aquino (cV) T., 93, 272, 360. Ardir E., 379. Aretino P., 70, 72. Aristotele, 66, 78, 94, 96, 104, 184, 209, 246, 256, 258, 272, 295, 359-60, 373. Austin G., 367, 380.
s.,

Abelardo Agostino

P., 93.

Cohen

E., 369.
262,

Cornelio JS'epote, 326-7. Cristianesimo: Etica 257-8,


265, 298, 389. Cristo, 283. Cudworth E., 95, 261, 298. Cumberland E., 261.

F., 105, 199, 802. di Verulamio F., 95. Balzac (de) O., 315. Baumgarten A. A., 107, 266. Bayle P., 92. Bentham G., 271, 367. Bergbohm C, 372. Bergson E., 178. Bierling E. E., 381. Blanqui A. G., 274. Brentano F., 108-9. Briganti F., 276. Bruno G., 214, 294. Buckle E. T., 196. Buhle G. A., 272. Butler G., 260.

Baader Bacone

66-7, 78, 95, 104-5, 109, 180, 185, 261. Diderot D., 374, Dubos G. 107. Duguit L., 371. Duns Scotus, 93.

Descartes E.,

Epicurei, 184, 257. Epicuro, 176, 256.

Escobar

p,, 74.

Etica greca, 256-8, 265.


Farisei, 340.
101-2, 179, 187, 269, 272, 301, 361-4, 368. E., 108. Fouille A., 371. Fourier C, 331. Francesco s., 228.

Ferrara F., 246. Fichte G. A., 95-9,

E.

Callide, 257.

Camerino (da) E., 356. Campanella T., 95, Caramuel p., 344. Cameade, 257. Casanova G., 73.
Cathrein V.,

Galiani F., 72, 246. Galluppi P., 270, 276.

Gay

J., 260.

Genovesi A.,

246.

Charron P.,

97, 384. 92.

Cicerone M. T.,

98, 360.

Cinici, 184, 257. Cirenaici, 184, 257. Clarke G., 95, 261.

Gesuiti: morale, 343. Giansenisti, 340, 345. Gioberti V., 801. Giureconsvilti romani, 359. Gnaeus Flavius. v. Kantorowicz, Goethe G. V., 38, 258. Gossen E. E., 239, 247, 253.

392
78, 106. T., 241-2. Grozio U., 92, 360. Guicciardini Fr., 69, 78.

INDICE DEI NOMI

Gracian B.,

Manzoni

A., 175.
246.

Gresham

Marx C,
275.

Maupertuis (Moreau de) P.


Medlci"(de') L., 143.

L.,

G., 108. Hartley D., 259. Hartmann (di) E., 276, 302. Hegel G. G. F., 95-7, 102-4, 108,
163, 177-8, 180, 183-5, 188, 191, 194, 237, 248, 258, 265, 268-9, 272-3, 299, 301, 305-7, 368, 376-7. Helvtius G. A., 260. Herbart G. F., 87, 97,99-100, 106, 117, 182, 270, 301, 365-6. Herder G. G., 187. Hobbes T. 259-60, 271. Holbach (d'), 260. Hugo G., 379. Humboldt (di) G., 187, 374. D., 259, 271-2. Hutcheson F., 106, 260, 271-2.

Hamilton

Medina B., 382. Melantone F., 3S2. Mendelssohn M., 107.

Menger C,
Merkel A.,

247. 381. Miraglia L., 371. Molinisti, 340.

Montchrtien A.,

246.

E., 186. Musset (de) A., 143-4.

More

Nietzsche F.,

187, 302.

Neocritici o neokantiani, 302-3.

Ortes G. M., 276.

Hume

Paley

G., 259-60.
,

Jacobi F.

E.,
(fra'),

106-8,

177,

186-7,

374-7, 380.

Jacopone

253.

Pantaleoni M., 247. Paolo s 129, 130, 300, 340. Pareto V., 275. Pascal B., 34, 181, 300-1, 383. Paulsen F., 97, 103.
Pelagio, 91.
Pericle, 53.

Jellinek G., 370.

Jevons G. S., 247. Jhering (di) E., 358,

368, 378.

Piccolomini A., 70, Platone, 7, 93, 95,

72. 98,

181,

256,

Kant

60, 67, 78, 92-3, 97-8, 100, 102, 104, 107-8, 163, 177-80, 182, 194, 209, 261-67, 269-70, 297-303, 358, 361-4, 368, 370, 379, 384.

E.,

257, 296, 359-60, 373. Price R., 261. Protagora, 164.

Quesnay

F., 246.
241, 242, 274.
105,

Kantorowicz E. U.,

878.

Kidd B., 196. Kirchmann (di)


Knies C,

Eicardo D.,
G., 367-8.

Krug G.

274. T., 106-9.

Eiedol F. G., 107. Eosmini-Serbati A.,

180, 270,

Eousseau G.

Ladd G. T., 97. La Eochefoucauld,


Lasson A.,

302, 366, 379, 385-6. G., 261. Eiimelin G., 370, 872.

78, 186, 266.

Lehmkuhl
Le Play

369, 372. p 884.


,

Sacchetti F., 356. Sadducei, 340.

Leibniz G. G., 107, 261, 298. Leopardi G., 208-9, 254, 276.
F., 252.
74, 345, 383. 259-60. Lotze E., 178, 271, 302. Loyola (di) I., 71. Lutero M., 382.

Sanchez

F,, 74, 341.

Sanctis (de) F., 267.

Savigny

C. F., 379.

Liguori (de) A.,

Schelling F., 96, 191.


Schiller F., 182, 270, 374. Schlegel A. G., 187.

Locke G.,

F., 187, 874.

Machiavelli N.,

24, 266.

Malebranche N.,

261, 298.

Mande ville

B., 186.

F., 100, 103, 107-8, 177, 186-7, 385. Schopenauer A., 78, 96, 98-9, 116, 191, 270, 276, 300-2, 365. Schuppe G., 869.

Schleiermacher

INDICE DEI NOMI


Scolastici, 100. Seth G., 97.

393

Tetens G. N.,

Shaftesbury

(di)

A., 186, 260, 271,


274.

Simmel G., 107. Smith A., 259, 272,

107. 359, 361, 373. Trasimaco, 257. Trendelenburg A., 367, 370.

Tomasio C,

Socrate, 94, 98, 164, 180, 255, 257,


316, 373. Sofocle, 258. Spencer E., 163, 188, 271, 367, 379. Spinoza B., 7, 67, 78, 92, 95, 104-5, 182, 185, 259-61, 176, 178-9, 267, 300, 363. Stahl F. G., 367-370. Stammler E., 370-72. Steinthal H., 369. Stewart G., 273. Stirner M., 187. Stoici, 78, 176, 257, 261, 317. Stuart-Mill G., 271. Sulzer G. G., 107, Sumuer Maine E., 381.

Vanni I., 371-2. Vauvenargues (de)

L., 69, 151.

Verri P., 246, 276. Vico G. B., 69, 92-3, 95, 128,
185, 188, 267-8, 360-1.

Villalobos

p., 341. Villari P., 267. Voltaire (Arouet de) F., 149.

Wagner

A., 274.
259-60.
95.

Warburton G., Wolf C, 266.


Wollaston G.,

Wundt
Young

G., 97, 178, 369.


E., 375.

Tapareili p., 366, 379. Teofrasto, 66.

INDICE

Avvertenza

pag.

v
vii
1

Sommario
Parte
I.

L'attivit pratica in generale


I.

Sez.

L'attivit pratica nelle sue relazioni

3
111

Sez. II. L'attivit pratica nella sua dialettica

Sez. III. L'unit del teoretico e del pratico

...
.

189
199
201

Parte

II. L'attivit
1.

pratica nelle sue forme speciali


e

Sez.

Le due forme pratiche : l'Kcononica


principio etico
leggi

l'Etica

>

Sez.

II. Il

279

Parte

III.

Le

305
387
391

Conclusione

Indice dei nomi

'o l

^v

B 3614

.C7

1920 v.2-3 SMC

Croce, Benedetto, 1866-1952. Logica come scienza del concetto puro. AWV-5140 (mcsk)

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