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L'AUGURIO FINALE AI BAMBINI - Buon anno dunque a voi tutti, alle vostre famiglie, e in modo particolarmente affettuoso, anche da nonno, se mi permettete, ai bambini che ci circondano. Ne incontro molti, al Quirinale e nelle citt: e sono sempre una fonte fresca di gioia e di speranza. pensando a loro che dobbiamo saper guardare lontano, saper guardare consapevolmente al futuro. Grazie, e ancora auguri. Con queste parole il presidente Napolitano ha concluso il messaggio di fine anno. Gi centinaia di iracheni si sono recati a rendere omaggio all'ex ras
Al Zawahiri, vice di Bin Laden, ai palestinesi: non fidatevi di Abu Mazen, un traditore
Il numero due di Al Qaeda esorta a continuare nella guerra santa contro Israele. La vittoria si ottiene solo con sangue e martirio BAGDAD (Iraq) - All'indomani dell'esecuzione di Saddam Hussein, un nuovo appello alla guerra santa in Palestina e in Iraq stato diffuso su Internet dal numero due di al Qaeda. Il medico egiziano Ayman al-Zawahiri, in un messaggio audio, ha esortato i palestinesi a serrare le file contro il presidente della Anp, Abu Mazen. Nello stesso messaggio Zawahiri ha esortato gli iracheni a sostenere lo sceicco Abu Omar al-Baghdadi, un sunnita che lo scorso ottobre si autoproclam leader dello Stato islamico iracheno. Zawahiri, rivolto ai fratelli mujahidin palestinesi , ha accusato Abu Mazen di essere un traditore secolarista. Non pu essere considerato vostro fratello, ha proseguito, non legittimatelo prendendo parte alle sue assemblee che sono contro i principi islamici. Nel messaggio Zawahiri, pur senza un riferimento esplicito, ha criticato anche Hamas per aver partecipato al processo politico palestinese. Una critica contenuta anche in un altro messaggio diffuso il 20 dicembre.
Per il numero due di Osama bin Laden, non esiste una via democratica all'affermazione dell'Islam. Zawahiri ha ricordato che la vittoria in Iraq e in Afghanistan non stata ottenuta con elezioni parlamentari ma con il sangue e il martirio. Benedetto XVI torna sul matrimonio, cellula fondamentale della societ
La pienezza della dimensione cristiana del tempo al centro dell'omelia del Papa per il Te Deum e i Primi Vespri della Madre di Dio
(31 dicembre 2006 - RV) E in serata, celebrando nella Basilica Vaticana il Te Deum e i Primi Vespri della Madre di Dio, Benedetto XVI ha posto laccento su due dimensioni del tempo: quello secolare, legato ai riti mondani dellultimo dellanno, e quello cristiano, ossia la venuta del Messia, momento culminante della storia universale. Al termine della celebrazione, il Santo Padre ha visitato il Presepe di Piazza San Pietro.
da Palazzo Victoria, sede del governo romeno, dove saranno ricevuti dal primo ministro, il liberale Calin Popescu Tariceanu, un evento per il quale il governo ha stanziato quasi 2 milioni di euro. BULGARIA - Luned la delegazione europea sar a Sofia per incontrare le autorit bulgare. Borrel e i commissari europei saranno nella grande piazza di Sofia - ha spiegato l'ambasciatore bulgaro in Italia Nicola Kaludov - e con loro ci saranno anche i pi grandi artisti bulgari per una giornata di festa, musica e gioi. Per noi bulgari - ha concluso l'ambasciatore - l'entrata nell'Unione Europea significa la realizzazione di un grande sogno nazionale al quale abbiamo lavorato per diciassette anni.
Da Avvenire DOPO LESECUZIONE DI SADDAM/1 Quel passato che pesa quel futuro da decifrare Vittorio E. Parsi Saddam Hussein dunque uscito di scena: impiccato alle prime luci dellalba come uno spietato dittatore, come quello che era. Sarebbe stato preferibile chiuderlo in una cella dove consumasse quel che gli restava da vivere, nelloblio di una societ finalmente libera anche "psicanaliticamente" dalla sua nefasta presenza. Le circostanze dellIraq odierno probabilmente non lavrebbero consentito. La stragrande maggioranza degli iracheni non lavrebbe capito. In questo senso si applicata a Saddam una giustizia "politica", coerentemente con quel destino che il despota di Tikrit si era scelto. Raramente nella storia i tiranni sono usciti di scena salvandosi la vita. La sua morte non porr fine alle violenze che dilaniano lIraq. E qualcuno la celebrer dedicandogli uno dei tanti sacrifici umani che insanguinano la vita quotidiana a Bagdad. La sua vita, daltronde, non avrebbe in alcun modo aiutato quella "pacificazione nazionale" che in molti auspichiamo ma che appare ancora molto, molto lontana. E infatti le ragioni che potevano indurre a un atto di clemenza erano esclusivamente dettate dal fatto che la vita di un uomo resta comunque un bene inalienabile: e in quanto tali restano ovviamente valide. Certo che ora che Saddam morto non potr pi fuggire. E nessuno tenter di liberarlo, magari sottoponendo le autorit irachene a odiosi ricatti, fatti di rapimenti di ostaggi e bombe nelle scuole. Da morto come da vivo, Saddam divide i suoi ex sudditi: quelli che lo piangeranno come martire (probabilmente una minoranza) da un lato; quelli che ne festeggeranno la morte, in maniera pi o meno composta, dallaltro. Saddam muore per le sue responsabilit, per aver ridotto il suo Paese, quel Paese che a lui aveva dato tutto e che lui aveva depredato di tutto, nelle miserabili condizioni in cui versa. Centinaia di migliaia di iracheni sono morti a causa di Saddam Hussein quando questi era il ras, decine e decine di migliaia sono morti per causa di Saddam Hussein da quando il suo astro tramontato. Lauspicio che un giorno non lontano anche lIraq possa essere nelle condizioni che hanno consentito allEuropa di poter scegliere di abolire la pena capitale (conquista relativamente recente, val la pena ricordarlo). Soprattutto speriamo che lIraq possa essere prima o poi un Paese democratico dove regni la pace: cos che gli iracheni stessi siano in grado di decidere quali pene ritengono di emendare dal loro codice penale. Tra qualche giorno, tra poche ore, saremo tutti di nuovo costretti a concentrarci sul futuro dellIraq e non sul suo passato, cui Saddam Hussein ormai definitivamente appartiene. E questo futuro tuttaltro che roseo. Lintera regione, dalla Palestina allAfghanistan, sta definitivamente consumando quellordine "provvisorio" e instabile che in qualche modo era resistito quasi ottantanni da quando era stato creato, dopo la dissoluzione dellimpero ottomano, ma che era entrato in crisi irreversibile ben prima dell11 settembre e della guerra in Iraq. La quale, comunque, per le motivazioni e le modalit con cui stata combattuta, non riuscita a rimpiazzarlo con un ordine diverso e migliore. Sul futuro dellIraq, ben pi dellesecuzione di
Saddam Hussein, peseranno le decisioni che verranno prese a Washington e a Teheran, e per le quali il "Paese tra i due fiumi" rappresenta comunque una variabile importante, ma non lobiettivo del gioco. Questo rappresentato dal futuro dellordine mediorientale e da chi ne sar legemone. E meglio che lEuropa inizi a pensare in che modo intende concorrere a realizzare quello pi confacente alla sua sicurezza e ai suoi interessi: con lungimiranza e generosit. DOPO L'ESECUZIONE DI SADDAM/2 Su quanti patiboli iracheni c' stato solo silenzio Marina Corradi Vittorio E. Parsi Quell uomo forte, ma con la barba ormai grigia, impassibile eppure mortalmente pallido mentre il boia con un gesto quasi gentile gli tende il cappio davanti, ha impietosito il mondo. No, "giustizia non fatta". Non di unoncia pi giusta Baghdad, stamattina, dopo che il rumore secco di un osso spezzato ha posto fine allepopea di Saddam. Ma, ci vien da dire immaginando la proliferazione di sdegno mediatico-umanitario che gi si leva in queste ore, anche nella piet, che un sentimento, va esercitata la ragione, e la memoria; senza di cui la piet stessa pu scadere nellimprovvisazione se non anche nel sentimentalismo. Memoria, circa la fine di Saddam Hussein, vuol dire tornare in questa conclusione del 2006, ammutoliti da quei cinque boia incappucciati danzanti attorno a un uomo solo ad altre immagini. Halabjja, nordest dellIraq, 16 marzo 1988. Erano le due del pomeriggio. Le donne curde cuocevano il riso sui focolari, davanti alle case. Si stupirono, i bambini nei cortili, di quelle strane bombe buttate gi dagli elicotteri, che non facevano alcun rumore. Nasreen Abdel Qudir, che allora aveva 15 anni, raccont poi a un osservatore straniero di aver guardato fuori da una finestrella del rifugio sotterraneo in cui con altri trenta sera nascosta. Tutto pareva tranquillo. Solo, la chioccia e i pulcini nel cortile erano come addormentati a terra. Il gas, ora arrivava col vento. Nella cantina i bambini cominciavano a tossire, e a piangere. Tutti corsero fuori, ma il veleno toglieva il respiro. Per primi cadevano i vecchi e i bambini piccoli. Le foto dei pochi osservatori passati in tempo da Halabja mostrano i morti come addormentati, le bambine con le bambole in braccio, ma sulla faccia ancora gli spasmi atroci di chi soffocato. Morirono in 5000 a Halabja - morirono come a Auschwitz. In 10 mila rimasero ciechi, o invalidi. Fu solo uno degli episodi della "operazione Anfal", ovvero dello sterminio dei curdi iracheni, che secondo Human Rights Watch dovev a portare allincriminazione di Saddam per genocidio. Quante vittime? 100 mila, 150 mila. Difficile dirlo con precisione, quando i cadaveri vengono gettati a macerare nelle fosse comuni. E il massacro della trib curda di Barzani, 8000 vittime, e la repressione degli sciiti del Sud? E tutti i cittadini iracheni spariti e mai tornati, dei quali, caduto Saddam, i parenti andavano a implorare almeno le ossa? Grandi cifre comunque, ma ogni cifra formata da tante singole unit, ogni unit una persona, ogni unit una vittima. Viene da domandarsi, dopo questo minimo esercizio di memoria, se tutti gli umanitaristi che ora si stracciano le vesti per lesecuzione di Saddam ritengano degni della loro piet anche questi sconosciuti duecento o, chiss, trecentomila massacrati, torturati, desaparecidos, bambini stramazzati con la bambola in mano, in un posto dimenticato dagli uomini dove un dittatore un po pi feroce degli altri per troppo tempo ha fatto impunemente tutto ci che ha creduto. Giustizia, allora? No. Le madri e le mogli di quei trecentomila straziati non saranno, da quellesecuzione, risarcite. A Baghdad, come a Loreto sessantanni fa, la storia degli uomini, "bestiali come sempre", direbbe Eliot, ha fatto di nuovo i suoi conti. Piet per quel morto, ma senza farci emotivamente distrarre dal clamore di quella condanna, e dal fatto che labbiamo vista in tv anche per tutti gli altri. Gli oscuri, i senza volto, polvere nei deserti, di cui solo Dio ricorda il nome.
QUEST'ANNO VENTIQUATTRO MISSIONARI MARTIRI Militi ignoti della fede testimoni fino al sangue Gerolamo Fazzini Proprio mentre tv e pubblicit non parlano che di cenoni, botti e feste di fine anno, lagenzia vaticana Fides ha diffuso lelenco dei missionari (religiosi, suore, preti e laici) caduti nel corso del 2006. Il contrasto non potrebbe essere pi stridente: da un lato lidolatria delleffimero, dallaltro la memoria di chi ha dato la vita per un Tesoro che non passa. La lista di Fides comprende 24 nomi; sale cos a 215 (ma la cifra certo per difetto) il numero dei "testimoni della fede" uccisi dal 1 gennaio 2000 ad oggi, ossia dallinizio del Giubileo, nel corso del quale Giovanni Paolo II avvert che "la Chiesa tornata nuovamente ad essere Chiesa di martiri". Ancora una volta abbiamo conferma della "globalizzazione del martirio" in atto. Tutti i continenti, seppur in misura diversa, sono toccati dal fenomeno, a cominciare dalle cosiddette "terre di missione", il cui protagonismo nellannuncio "ad gentes" , anzi, un fatto nuovo da sottolineare con interesse. Ma val la pena ricordare che una religiosa sessantenne, suor Karen Klimczak, stata uccisa a Buffalo, negli Usa. Era il 14 aprile, venerd santo. Anche per lei c stato un tradimento: a ucciderla, infatti, stato un ospite della casa di accoglienza per ex detenuti in cui lavorava. Circostanze e luoghi dei "martiri" del 2006 non fanno che confermare alcune costanti. Da un lato lestremismo musulmano semina morte anche tra persone che la gente e spesso anche i musulmani moderati considerano amiche. il caso di don Andrea Santoro, il sacerdote romano ucciso in Turchia a febbraio, cos come di suor Leonella Sgorbati, la missionaria della Consolata trucidata insieme alla sua guardia del corpo (musulmana), in Somalia nel settembre scorso. Che se n andata offrendo il perdono ai suoi uccisori. Va preso atto tuttavia che in terre ufficialmente cristiane che si registra il pi alto numero di "martiri". A riprova del fatto che vale ad ogni latitudine quanto diceva padre James Walsh, missionario americ ano e vescovo in Cina: "Il cristianesimo una specie di dinamite e quando i missionari sono inviati ad annunciarlo si devono aspettare delle esplosioni". Cristiani si dichiarano il 78% dei 35 milioni di abitanti del Kenya, Paese che questanno registra tre sacerdoti uccisi. Cattolico il Brasile che ogni anno vede cadere laici, suore (come Dorothy Stang) o preti (due questanno, uno dei quali italiano, monsignor Bruno Baldacci) sotto i colpi di quanti giudicano scomodi i credenti che si battono per la giustizia. Lo stesso vale per la cattolicissima Colombia, dove testimoniare la passione per la riconciliazione chiede sempre un alto prezzo. Molti dei "militi ignoti della fede" sono stati uccisi in circostanze allapparenza fortuite. Un esempio fra i tanti: fratel Augustine Taiwa, dei Fatebenefratelli, stato colpito a morte la sera del 28 agosto nei pressi di Port Moresby, capitale della Papua Nuova Guinea, da unasta in acciaio lanciata da tre giovani ubriachi. Eppure sbaglieremmo associando lidea del martirio al caso o, peggio, al fallimento. Il martirio non un incidente di percorso, tuttaltro: dallinizio della storia cristiana la "testimonianza alta" della fede sempre stata esposta al rischio del sangue. I "missionari martiri" del 2006 non sono che lultimo anello di questa infinita e mirabile catena.