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Temi politici ma anche lavoro precario, donne e temi etici nel discorso

Napolitano: primo messaggio da Presidente Pi dialogo, coesione ed equit per l'Italia


Le diversit non devono preoccupare, ma serve pi ascolto reciproco. Sviluppo: Nemmeno la parte pi dinamica pu crescere da sola. Guerre in Medio Oriente: minaccia comune ROMA - Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano pronuncia il suo primo discorso di fine anno agli italiani, in diretta tv su tutti i canali nazionali in chiaro e satellitari. Sulla sua scrivania la Costituzione, alle spalle tre bandiere, quella italiana, quella europea e quella presidenziale. Il discorso durato 18 minuti e nei primi commenti degli esponenti politici ha suscitato un coro di approvazione da entrambi i Poli. Un risultato sicuramente importante, perch proprio al dialogo politico Napolitano ha dedicato gran parte del suo intervento. Al termine del discorso Napolitano brinda al Nuovo Anno con i suoi consiglieri al Quirinale, poi ha lasciato il Palazzo per il cenone in famiglia. I TEMI - I temi affrontati sono molteplici: dal clima politico italiano alle tensioni internazionali, dai problemi del lavoro e sociali alle difficili decisioni su quelli etici. Esprime vicinanza alla Chiesa cattolica e cita la sua visita in vaticano, ma soprattutto invita tutti ad avere fiducia nell'Italia e richiama ad avere, per il prossimo anno, senso di responsabilit e del limita con i quali affrontare le sfide. Rivolgo il pi cordiale augurio a tutti gli italiani - dice Napolitano introducendo il proprio messaggio - . Sto verificando, dopo gli altri miei incarichi, quanto sia pi complessa la responsabilit attribuita al Capo dello Stato. Poi un nuovo invito agli italiani a non allontanarsi dalla politica, dopo aver ricordato come il frastuono che a volte si alza pu proprio ottenere questo effetto negativo. DIALOGO, NON ABBRACCI CONFUSI - La visione di Napolitano non certo quella di annullare le differenze politici, ma di mantenere un clima di confronto che non diventi rissa Le diversit anche decise non devono preoccupare. Ma importante che vi sia pi dialogo, pi ascolto reciproco, tra gli opposti schieramenti. Non abbracci confusi, ma nemmeno guerre come tra nemici piuttosto che polemiche fra avversari. Il rischio, aggiunge, quello di allontanare i cittadini dalla politica e di qui l'invito diretto agli italiani, soprattutto ai giovani, a non farlo. Il Capo dello Stato rinnova cos l'appello di questi mesi che intende testardamente continuare a ripetere ai protagonisti della vita politica a nome dei cittadini. possibile creare anche in Italia il clima che gi esiste in grandi paesi democratici in politica e nelle istituzioni. Ma perch il clima diventi pi sereno e confuso, il Presidente rinnova l'invito a una legge elettorale nuova. Si ricerchi pazientemente l'accordo su meccanismi elettorali che rendano pi lineare e sicura la formazione delle maggioranze chiamate a governare il Paese. LA STRADA DELLO SVILUPPO - Napolitano indica poi la strada dello sviluppo dell'insieme del Paese sottolineando. Ha sottolineato come nemmeno la parte pi dinamica e competitiva dell'Italia - che merita la massima attenzione per il ruolo trainante che svolge - pu crescere per proprio conto, con le sue sole forze. indispensabile una visione unitaria e solidale: non si pu fare a meno del grande potenziale rappresentato dal Mezzogiorno, occorre metterlo a frutto con politiche incisive e coraggiose. DONNE - C' poi un passaggio dedicato alle donne, dove Napolitano sottolinea l'esigenza di una maggiore valorizzazione. Voglio sottolineare come in Italia tra le riserve preziose su cui contare ci sia quella, ancora cos poco valorizzata, dei talenti e delle energie femminili. IRAQ E MEDIO ORIENTE - Ma non soltanto l'Italia l'oggetto dell'ampia disamina di Napolitano. Non poteva essere diversamente, sia per la situazione difficile in varie aree del mondo sia per i fatti recenti con l'impiccagione di Saddam In questo momento, tragici bagliori ci giungono ancora dall'Iraq. Sentiamo come minaccia comune - sottolinea - le guerre che sconvolgono il Medio Oriente, che insieme con la fame e le malattie attraversano e flagellano l'Africa, da ultimo ancora una volta in Somalia, e che toccano ancora altre regioni. Abbiamo costruito e consolidato la pace nel cuore dell'Europa - osserva Napolitano - ma non c' ancora pace oltre i suoi confini. Sempre sulla politica estera il Capo dello Stato d un giudizio fortemente positivo sull'intesa tra maggioranza e opposizione sulla missione in Libano. Ci sono state decisioni, come quella sull'ultima missione, prese in Parlamento a larghissima maggioranza: ecco un esempio positivo di intesa tra le opposte forze politiche.

L'AUGURIO FINALE AI BAMBINI - Buon anno dunque a voi tutti, alle vostre famiglie, e in modo particolarmente affettuoso, anche da nonno, se mi permettete, ai bambini che ci circondano. Ne incontro molti, al Quirinale e nelle citt: e sono sempre una fonte fresca di gioia e di speranza. pensando a loro che dobbiamo saper guardare lontano, saper guardare consapevolmente al futuro. Grazie, e ancora auguri. Con queste parole il presidente Napolitano ha concluso il messaggio di fine anno. Gi centinaia di iracheni si sono recati a rendere omaggio all'ex ras

Saddam sepolto accanto ai figli nella sua citt


La salma dell'ex dittatore stata trasferita nel villaggio di Ajwa. Nel mausoleo anche i resti di Uday e Qusay, morti a Mosul nel 2003 BAGDAD (Iraq) - Saddam Hussein stato sepolto nella notte tra sabato e domenica (attorno alle 2, ora italiana) in un piccolo mausoleo nel suo villaggio natale di Ajwa, nei pressi della citt di Tikrit, dove erano stati inumati anche i due figli dell'ex ras, Uday e Qusay, uccisi dalle forze armate americane nel luglio del 2003 a Mosul. Si cos risolto il giallo della destinazione finale della salma dell'ex dittatore, dopo che nelle ore seguenti all'esecuzione per impiccagione si erano diffuse notizie contrastanti. Si era parlato di un possibile trasferimento nello Yemen e anche di una possibile collocazione a Ramadi, una delle roccaforti sunnite, etnia a cui apparteneva anche lo stesso Saddam. Alla fine, invece, le autorit irachene hanno dato il benestare alla sepoltura nella tomba di famiglia. Gi centinaia di iracheni, a quanto riferiscono le agenzie , hanno raggiunto Ajwa per rendere omaggio all'ex presidente. Saddam stato sepolto domenica alle 4 del mattino (ovvero le 2 in Italia, ndr) in un mausoleo costruito durante il suo governo, nel centro di Ajwa; gli americani volevano che venisse tumulato il pi presto possibile ha raccontato Moussa Faraj, un familiare del rais, che ha assistito al funerale dellex presidente iracheno. Il corpo era stato consegnato nella notte dalle autorit irachene ad una delegazione guidata da Ali al Nida, capoclan della trib degli Albou Nasser di cui faceva parte Saddam, e dal governatore della provincia di Salaheddin, Hamed al Shakti. Nessuna rivendicazione degli attentati nella capitale della Thailandia

Otto bombe a Bangkok: 2 morti, 25 feriti


Una prima serie di esplosioni nel giro di un'ora. Alcune ore dopo nuovi attacchi con altre due esplosioni e nuove vittime BANGKOK - Una serie di attentati ha sconvolto la fine anno di Bangkok, in Thailandia. Ben otto bombe sono esplose in varie zone della citt, particolarmente affollata in questo periodo da turisti, causando la morte di due persone il ferimento di altre 25. Una prima serie di esplosioni si verificata nel giro di un'ora Una in particolare, stata piazzata ad una fermata di un'autobus davanti ad uno shopping center e ha ferito 15 persone, di cui due in maniera grave. Secondo le prime informazioni si tratta di bombe di piccola portata. Dopo il primo attacco, con un intervallo di alcune ore, si sono verificate altre due esplosioni. In una di queste, secondo le prime notizie ci sarebero otto stranieri feriti. Sulla base delle prime verifiche effettuate dall'Unit di crisi della Farnesina, non dovrebbero esserci italiani tra i feriti stranieri di cui si ha notizia fino ad ora. Tuttavia da parte della Unit di crisi proseguono le verifiche e gli accertamenti su quanto accaduto oggi a Bangkok. Si tratta per ora di un'ondata di attentati che non ha spiegazioni: nessuna rivendicazione stata infatti avanzata. Messaggio diffuso su Internet all'indomani della morte di Saddam

Al Zawahiri, vice di Bin Laden, ai palestinesi: non fidatevi di Abu Mazen, un traditore
Il numero due di Al Qaeda esorta a continuare nella guerra santa contro Israele. La vittoria si ottiene solo con sangue e martirio BAGDAD (Iraq) - All'indomani dell'esecuzione di Saddam Hussein, un nuovo appello alla guerra santa in Palestina e in Iraq stato diffuso su Internet dal numero due di al Qaeda. Il medico egiziano Ayman al-Zawahiri, in un messaggio audio, ha esortato i palestinesi a serrare le file contro il presidente della Anp, Abu Mazen. Nello stesso messaggio Zawahiri ha esortato gli iracheni a sostenere lo sceicco Abu Omar al-Baghdadi, un sunnita che lo scorso ottobre si autoproclam leader dello Stato islamico iracheno. Zawahiri, rivolto ai fratelli mujahidin palestinesi , ha accusato Abu Mazen di essere un traditore secolarista. Non pu essere considerato vostro fratello, ha proseguito, non legittimatelo prendendo parte alle sue assemblee che sono contro i principi islamici. Nel messaggio Zawahiri, pur senza un riferimento esplicito, ha criticato anche Hamas per aver partecipato al processo politico palestinese. Una critica contenuta anche in un altro messaggio diffuso il 20 dicembre.

Per il numero due di Osama bin Laden, non esiste una via democratica all'affermazione dell'Islam. Zawahiri ha ricordato che la vittoria in Iraq e in Afghanistan non stata ottenuta con elezioni parlamentari ma con il sangue e il martirio. Benedetto XVI torna sul matrimonio, cellula fondamentale della societ

Famiglia, resistere a forme disgregatrici


Appello del Papa nel'ultimo Angelus del 2006: Diffidare di certa cultura contemporanea che mina le basi dell'istituto famigliare ROMA - Nel giorno dedicato alla famiglia di Nazareth, papa Benedetto XVI ha lanciato durante l'Angelus da piazza San Pietro un monito a diffidare di una certa cultura contemporanea che mina le basi stesse dellistituto familiare e a resistere alle spinte disgregatrici verso la cellula fondamentale della societ. Nellultimo Angelus del 2006, Benedetto XVI condanna tutte le altre forme diverse dalla famiglia cristiana: Invochiamo la protezione di Maria Santissima e di San Giuseppe per ogni famiglia, specialmente per quelle in difficolt. Le sostengano - ha detto il pontefice dalla finestra del Palazzo Apostolico davanti a migliaia di fedeli - perch sappiano resistere alle spinte disgregatrici di una certa cultura contemporanea, che mina le basi stesse dellistituto familiare. Lultimo giorno dellanno la Chiesa celebra la festa della Santa Famiglia di Nazaret che veramente il prototipo di ogni famiglia cristiana, chiamata a realizzare la stupenda vocazione e missione di essere cellula viva non solo della societ, ma della Chiesa, segno e strumento di unit per tutto il genere umano. Con gioia rivolgo un saluto a tutte le famiglie del mondo - ha proseguito Papa Ratzinger - augurando loro la pace e lamore che Ges ci ha donato. Dio ha voluto nascere e crescere in una famiglia umana. In questo modo - ha aggiunto - lha consacrata come prima e ordinaria via del suo incontro con lumanit. Il Papa poi ha sottolineato il valore primario della famiglia nelleducazione della persona e la sua profonda vocazione: quella cio di accompagnare ogni suo componente nel cammino di scoperta di Dio.

La pienezza della dimensione cristiana del tempo al centro dell'omelia del Papa per il Te Deum e i Primi Vespri della Madre di Dio
(31 dicembre 2006 - RV) E in serata, celebrando nella Basilica Vaticana il Te Deum e i Primi Vespri della Madre di Dio, Benedetto XVI ha posto laccento su due dimensioni del tempo: quello secolare, legato ai riti mondani dellultimo dellanno, e quello cristiano, ossia la venuta del Messia, momento culminante della storia universale. Al termine della celebrazione, il Santo Padre ha visitato il Presepe di Piazza San Pietro.

Nelle capitali spettacoli e festeggiamenti per la data storica

Romania e Bulgaria entrano nella Ue


Dal 1 gennaio 2007 l'Unione sale a 27 paesi membri. A Bucarest e a Sofia una delegazione di autorit di Strasburgo ROMA - I cittadini romeni, dopo cinque decenni di comunismo e 17 anni di transizione, festeggiano unl Capodanno speciale, quello dell'integrazione nell'Unione Europea. Quelli bulgari fanno altrettanto. Nelle citt e soprattutto nelle capitali le autorit hanno organizzato spettacoli e festeggiamenti per la data storica: Romania e Bulgaria, dal 1 gennaio 2007 diventano a pieno titolo paesi europei: l'Europa si allarga cos a 27 Stati membri. ROMANIA - E' previsto che in tutti i capoluoghi della Romania e nelle sedi delle istituzioni, sar issata la bandiera dell'Unione Europea. Alle manifestazioni di festeggiamento in programma a Bucarest saranno presenti, oltre alle autorit romene, anche funzionari europei e altri invitati speciali che scenderanno nella piazza della Rivoluzione per dare il benvenuto al nuovo anno. Nella capitale romena ci saranno il presidente del Parlamento europeo, Josep Borell, il commissario per l'Allargamento, Olli Rehn, il commissario per la Comunicazione, Margot Wallstrom, la baronessa Emma Nicholson, il ministro degli Esteri tedesco, Frank Walter Steinmeier, il ministro degli Esteri bulgaro, Ivailo Kalfin, e molti altri. Prima di festeggiare, Josep Borell, Olli Rehn e il capo della diplomazia tedesca passeranno

da Palazzo Victoria, sede del governo romeno, dove saranno ricevuti dal primo ministro, il liberale Calin Popescu Tariceanu, un evento per il quale il governo ha stanziato quasi 2 milioni di euro. BULGARIA - Luned la delegazione europea sar a Sofia per incontrare le autorit bulgare. Borrel e i commissari europei saranno nella grande piazza di Sofia - ha spiegato l'ambasciatore bulgaro in Italia Nicola Kaludov - e con loro ci saranno anche i pi grandi artisti bulgari per una giornata di festa, musica e gioi. Per noi bulgari - ha concluso l'ambasciatore - l'entrata nell'Unione Europea significa la realizzazione di un grande sogno nazionale al quale abbiamo lavorato per diciassette anni.

Da Avvenire DOPO LESECUZIONE DI SADDAM/1 Quel passato che pesa quel futuro da decifrare Vittorio E. Parsi Saddam Hussein dunque uscito di scena: impiccato alle prime luci dellalba come uno spietato dittatore, come quello che era. Sarebbe stato preferibile chiuderlo in una cella dove consumasse quel che gli restava da vivere, nelloblio di una societ finalmente libera anche "psicanaliticamente" dalla sua nefasta presenza. Le circostanze dellIraq odierno probabilmente non lavrebbero consentito. La stragrande maggioranza degli iracheni non lavrebbe capito. In questo senso si applicata a Saddam una giustizia "politica", coerentemente con quel destino che il despota di Tikrit si era scelto. Raramente nella storia i tiranni sono usciti di scena salvandosi la vita. La sua morte non porr fine alle violenze che dilaniano lIraq. E qualcuno la celebrer dedicandogli uno dei tanti sacrifici umani che insanguinano la vita quotidiana a Bagdad. La sua vita, daltronde, non avrebbe in alcun modo aiutato quella "pacificazione nazionale" che in molti auspichiamo ma che appare ancora molto, molto lontana. E infatti le ragioni che potevano indurre a un atto di clemenza erano esclusivamente dettate dal fatto che la vita di un uomo resta comunque un bene inalienabile: e in quanto tali restano ovviamente valide. Certo che ora che Saddam morto non potr pi fuggire. E nessuno tenter di liberarlo, magari sottoponendo le autorit irachene a odiosi ricatti, fatti di rapimenti di ostaggi e bombe nelle scuole. Da morto come da vivo, Saddam divide i suoi ex sudditi: quelli che lo piangeranno come martire (probabilmente una minoranza) da un lato; quelli che ne festeggeranno la morte, in maniera pi o meno composta, dallaltro. Saddam muore per le sue responsabilit, per aver ridotto il suo Paese, quel Paese che a lui aveva dato tutto e che lui aveva depredato di tutto, nelle miserabili condizioni in cui versa. Centinaia di migliaia di iracheni sono morti a causa di Saddam Hussein quando questi era il ras, decine e decine di migliaia sono morti per causa di Saddam Hussein da quando il suo astro tramontato. Lauspicio che un giorno non lontano anche lIraq possa essere nelle condizioni che hanno consentito allEuropa di poter scegliere di abolire la pena capitale (conquista relativamente recente, val la pena ricordarlo). Soprattutto speriamo che lIraq possa essere prima o poi un Paese democratico dove regni la pace: cos che gli iracheni stessi siano in grado di decidere quali pene ritengono di emendare dal loro codice penale. Tra qualche giorno, tra poche ore, saremo tutti di nuovo costretti a concentrarci sul futuro dellIraq e non sul suo passato, cui Saddam Hussein ormai definitivamente appartiene. E questo futuro tuttaltro che roseo. Lintera regione, dalla Palestina allAfghanistan, sta definitivamente consumando quellordine "provvisorio" e instabile che in qualche modo era resistito quasi ottantanni da quando era stato creato, dopo la dissoluzione dellimpero ottomano, ma che era entrato in crisi irreversibile ben prima dell11 settembre e della guerra in Iraq. La quale, comunque, per le motivazioni e le modalit con cui stata combattuta, non riuscita a rimpiazzarlo con un ordine diverso e migliore. Sul futuro dellIraq, ben pi dellesecuzione di

Saddam Hussein, peseranno le decisioni che verranno prese a Washington e a Teheran, e per le quali il "Paese tra i due fiumi" rappresenta comunque una variabile importante, ma non lobiettivo del gioco. Questo rappresentato dal futuro dellordine mediorientale e da chi ne sar legemone. E meglio che lEuropa inizi a pensare in che modo intende concorrere a realizzare quello pi confacente alla sua sicurezza e ai suoi interessi: con lungimiranza e generosit. DOPO L'ESECUZIONE DI SADDAM/2 Su quanti patiboli iracheni c' stato solo silenzio Marina Corradi Vittorio E. Parsi Quell uomo forte, ma con la barba ormai grigia, impassibile eppure mortalmente pallido mentre il boia con un gesto quasi gentile gli tende il cappio davanti, ha impietosito il mondo. No, "giustizia non fatta". Non di unoncia pi giusta Baghdad, stamattina, dopo che il rumore secco di un osso spezzato ha posto fine allepopea di Saddam. Ma, ci vien da dire immaginando la proliferazione di sdegno mediatico-umanitario che gi si leva in queste ore, anche nella piet, che un sentimento, va esercitata la ragione, e la memoria; senza di cui la piet stessa pu scadere nellimprovvisazione se non anche nel sentimentalismo. Memoria, circa la fine di Saddam Hussein, vuol dire tornare in questa conclusione del 2006, ammutoliti da quei cinque boia incappucciati danzanti attorno a un uomo solo ad altre immagini. Halabjja, nordest dellIraq, 16 marzo 1988. Erano le due del pomeriggio. Le donne curde cuocevano il riso sui focolari, davanti alle case. Si stupirono, i bambini nei cortili, di quelle strane bombe buttate gi dagli elicotteri, che non facevano alcun rumore. Nasreen Abdel Qudir, che allora aveva 15 anni, raccont poi a un osservatore straniero di aver guardato fuori da una finestrella del rifugio sotterraneo in cui con altri trenta sera nascosta. Tutto pareva tranquillo. Solo, la chioccia e i pulcini nel cortile erano come addormentati a terra. Il gas, ora arrivava col vento. Nella cantina i bambini cominciavano a tossire, e a piangere. Tutti corsero fuori, ma il veleno toglieva il respiro. Per primi cadevano i vecchi e i bambini piccoli. Le foto dei pochi osservatori passati in tempo da Halabja mostrano i morti come addormentati, le bambine con le bambole in braccio, ma sulla faccia ancora gli spasmi atroci di chi soffocato. Morirono in 5000 a Halabja - morirono come a Auschwitz. In 10 mila rimasero ciechi, o invalidi. Fu solo uno degli episodi della "operazione Anfal", ovvero dello sterminio dei curdi iracheni, che secondo Human Rights Watch dovev a portare allincriminazione di Saddam per genocidio. Quante vittime? 100 mila, 150 mila. Difficile dirlo con precisione, quando i cadaveri vengono gettati a macerare nelle fosse comuni. E il massacro della trib curda di Barzani, 8000 vittime, e la repressione degli sciiti del Sud? E tutti i cittadini iracheni spariti e mai tornati, dei quali, caduto Saddam, i parenti andavano a implorare almeno le ossa? Grandi cifre comunque, ma ogni cifra formata da tante singole unit, ogni unit una persona, ogni unit una vittima. Viene da domandarsi, dopo questo minimo esercizio di memoria, se tutti gli umanitaristi che ora si stracciano le vesti per lesecuzione di Saddam ritengano degni della loro piet anche questi sconosciuti duecento o, chiss, trecentomila massacrati, torturati, desaparecidos, bambini stramazzati con la bambola in mano, in un posto dimenticato dagli uomini dove un dittatore un po pi feroce degli altri per troppo tempo ha fatto impunemente tutto ci che ha creduto. Giustizia, allora? No. Le madri e le mogli di quei trecentomila straziati non saranno, da quellesecuzione, risarcite. A Baghdad, come a Loreto sessantanni fa, la storia degli uomini, "bestiali come sempre", direbbe Eliot, ha fatto di nuovo i suoi conti. Piet per quel morto, ma senza farci emotivamente distrarre dal clamore di quella condanna, e dal fatto che labbiamo vista in tv anche per tutti gli altri. Gli oscuri, i senza volto, polvere nei deserti, di cui solo Dio ricorda il nome.

QUEST'ANNO VENTIQUATTRO MISSIONARI MARTIRI Militi ignoti della fede testimoni fino al sangue Gerolamo Fazzini Proprio mentre tv e pubblicit non parlano che di cenoni, botti e feste di fine anno, lagenzia vaticana Fides ha diffuso lelenco dei missionari (religiosi, suore, preti e laici) caduti nel corso del 2006. Il contrasto non potrebbe essere pi stridente: da un lato lidolatria delleffimero, dallaltro la memoria di chi ha dato la vita per un Tesoro che non passa. La lista di Fides comprende 24 nomi; sale cos a 215 (ma la cifra certo per difetto) il numero dei "testimoni della fede" uccisi dal 1 gennaio 2000 ad oggi, ossia dallinizio del Giubileo, nel corso del quale Giovanni Paolo II avvert che "la Chiesa tornata nuovamente ad essere Chiesa di martiri". Ancora una volta abbiamo conferma della "globalizzazione del martirio" in atto. Tutti i continenti, seppur in misura diversa, sono toccati dal fenomeno, a cominciare dalle cosiddette "terre di missione", il cui protagonismo nellannuncio "ad gentes" , anzi, un fatto nuovo da sottolineare con interesse. Ma val la pena ricordare che una religiosa sessantenne, suor Karen Klimczak, stata uccisa a Buffalo, negli Usa. Era il 14 aprile, venerd santo. Anche per lei c stato un tradimento: a ucciderla, infatti, stato un ospite della casa di accoglienza per ex detenuti in cui lavorava. Circostanze e luoghi dei "martiri" del 2006 non fanno che confermare alcune costanti. Da un lato lestremismo musulmano semina morte anche tra persone che la gente e spesso anche i musulmani moderati considerano amiche. il caso di don Andrea Santoro, il sacerdote romano ucciso in Turchia a febbraio, cos come di suor Leonella Sgorbati, la missionaria della Consolata trucidata insieme alla sua guardia del corpo (musulmana), in Somalia nel settembre scorso. Che se n andata offrendo il perdono ai suoi uccisori. Va preso atto tuttavia che in terre ufficialmente cristiane che si registra il pi alto numero di "martiri". A riprova del fatto che vale ad ogni latitudine quanto diceva padre James Walsh, missionario americ ano e vescovo in Cina: "Il cristianesimo una specie di dinamite e quando i missionari sono inviati ad annunciarlo si devono aspettare delle esplosioni". Cristiani si dichiarano il 78% dei 35 milioni di abitanti del Kenya, Paese che questanno registra tre sacerdoti uccisi. Cattolico il Brasile che ogni anno vede cadere laici, suore (come Dorothy Stang) o preti (due questanno, uno dei quali italiano, monsignor Bruno Baldacci) sotto i colpi di quanti giudicano scomodi i credenti che si battono per la giustizia. Lo stesso vale per la cattolicissima Colombia, dove testimoniare la passione per la riconciliazione chiede sempre un alto prezzo. Molti dei "militi ignoti della fede" sono stati uccisi in circostanze allapparenza fortuite. Un esempio fra i tanti: fratel Augustine Taiwa, dei Fatebenefratelli, stato colpito a morte la sera del 28 agosto nei pressi di Port Moresby, capitale della Papua Nuova Guinea, da unasta in acciaio lanciata da tre giovani ubriachi. Eppure sbaglieremmo associando lidea del martirio al caso o, peggio, al fallimento. Il martirio non un incidente di percorso, tuttaltro: dallinizio della storia cristiana la "testimonianza alta" della fede sempre stata esposta al rischio del sangue. I "missionari martiri" del 2006 non sono che lultimo anello di questa infinita e mirabile catena.

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