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Intervista a Fawzi Ismail* e Giuseppe Pusceddu** *presidente Associazione amicizia Sardegna Palestina **direttore artistico Al Ard doc film

festival X edizione del Al Ard doc film festival di Cagliari Con ledizione in corso a marzo, il festival del cinema palestinese e arabo compie dieci anni. Ci pu raccontare come nato e quali sono state le motivazioni che lo hanno reso realizzabile?
Giuseppe Pusceddu: nato dallincontro con diverse registe storiche: le londinesi Antonia Caccia e Jenny Morgan e la tedesca Monica Maurer, documentariste che hanno raccontato la Palestina dalla guerra in Libano alla prima Intifada al recente massacro di Jenin del 2002. La motivazione ovviamente quella di mostrare immagini della situazione nei Territori occupati palestinesi e nei paesi della Diaspora palestinese altrimenti negate dai media europei e italiani soprattutto.

Questo festival era dedicato al cinema documentario della Palestina ma di recente avete ritenuto opportuno allargare il vostro sguardo al mondo arabo. Quali sono le ragioni di questa scelta? In che modo sono cambiate le prospettive?
Giuseppe Pusceddu: Non esatto. Ci siamo sempre occupati anche degli altri paesi dellarea, anche se prevalentemente i documentari erano incentrati sulla questione palestinese. Abbiamo ospitato ad esempio la regista irachena Maysoon Pachachi, autrice di diversi documentari sia sullIraq che sul Libano. Non abbiamo cambiato prospettiva dunque, ma solo allargato gli orizzonti, approfondendo alcuni temi.

Parliamo di cinema documentario e del suo grande potere di testimonianza. Come prima cosa mi interesserebbe capire quanto sia difficile oggi girare e produrre un film in Palestina, anche in considerazione del fatto che col digitale i costi si sono azzerati, e quanto sia facile o meno distribuirlo
Giuseppe Pusceddu: Ho citato prima Maysoon Pachachi non a caso. Diversi anni fa questa regista ha tenuto dei corsi di regia e editing (lei nasce come montatrice) nei Territori occupati. Da quei corsi nata una generazione nuova di documentaristi che ha prodotto lavori interessanti, due per tutti: Saed Andoni, regista e montatore, e Abed a-Salam Shehada. Altri giovani sono venuti fuori da questo contesto digitale, sino ad arrivare a Osama Qashoo, un giovane talento, una vera rivoluzione nel campo documentaristico. Molti dei documentari di questi nuovi registi sono stati presentati in vari festival internazionali e trasmessi da Al Jazeera. Ci sono attualmente molti corsi sullutilizzo della videocamera come forma di documentazione, sia nei territori occupati sia nei campi profughi di paesi come il Libano, la Siria, lIraq. Nella nostra rassegna inseriamo, quando possibile, sempre dei lavori fatti da questi giovani e giovanissimi.

vero che oggi i costi si sono azzerati, ma il problema pi grande per i palestinesi sempre la libert di movimento: in un paese dove c in corso una occupazione militare tutto sotto controllo, e generalmente i militari israeliani prendono dassedio centri di produzione video o server che comunicano con il mondo. Per documentari maggiormente impegnativi dal punto di vista della produzione, si cercano altri produttori, i pi disponibili sono quelli del Nord Europa. Si sono verificati diversi casi dove comunque vengono a mancare i fondi a met della lavorazione. Infine, bisogna dire che la maggior parte della produzione ovviamente indipendente. Aggiungo che senza lintervento dei documentaristi esterni si sarebbe saputo poco della situazione drammatica che vivono i palestinesi sotto occupazione. Ad esempio, durante la Prima Intifada le famose immagini dei militari israeliani che spezzano senza piet, e anzi compiaciuti, le braccia ai giovani che lanciano le pietre sono state riprese da Alajos Chrudinak per una Tv ungherese nel 1988.

Ho visto nei programmi delle precedenti edizioni che avete proposto molte opere. Ci che suscita la mia curiosit sono le tematiche che vengono privilegiate e il linguaggio ad esse connesso. Di cosa parlano e in che modo i documentari affrontano la situazione politica, sociale ed economica della Palestina e dei Paesi arabofoni in genere? Mi rendo conto che rispetto al documentario il discorso diventa ampio, tuttavia sappiamo bene quanto anche il documentarismo abbia i suoi codici linguistici e formali e spesso sono dissimili a seconda delle aree geografiche di provenienza (sto pensando al cinema documentario statunitense che risente comunque di una cultura influenzata dagli Studio System).
Giuseppe Pusceddu: La questione del documentarismo in Palestina alquanto complessa. Si deve parlare quasi esclusivamente di documentazione sociale e politica. In Palestina quindi, considerando la difficilissima situazione, le tematiche vengono affrontate quasi sempre con una visione sociale dove la Palestina nella sua complessit, storica, sociale, antropologica, culturale, il soggetto principale. Faccio un esempio: si pu parlare di educazione tralasciando il fatto che loccupazione impedisce agli studenti di partecipare alla vita educativa? E questo esempio vale per tutta le sfera della vita associata: dallo sport alleconomia, dalla cultura alla politica, dalla religione allarte. In Palestina si sperimentano diversi codici e si tentano nuove strade, ma tutti gli sforzi sono orientati alla difesa, coraggiosa oltre ogni limite, della propria identit. Se posso dare una prima lettura di questo modo di fare documentarismo, devo fare riferimento al cinema diretto di Joris Ivens.

Quale spazio dedicherete in questa edizione alla cosiddetta primavera araba? E quante opere avete selezionato che affrontano non solo questo tema ma ci che avvenuto (e ancora avviene) tra la Libia, lo Yemen e la Siria? Quanto difficile esportare queste testimonianze e quanto, far venire i registi a Cagliari in questo periodo di tumulti e di grande difficolt per molti?
Giuseppe Pusceddu:

Lanno scorso il regista egiziano Samir Abdallah arrivato direttamente dal Cairo a Cagliari per presentare il suo documentario Gaza Strophe. Ha raccontanto al pubblico gli avvenimenti di piazzaTahrir, quindi gi da marzo 2011 noi ci siamo occupati delle rivolte nei paesi arabi. Non facile comunque avere dei prodotti finiti in breve tempo: il documentario non un servizio televisivo, un lavoro pi complesso che richiede, se fatto bene, molto tempo per lindagine, le interviste, avere riscontri su quello che si racconta. In Libia, ad esempio, la situazione non ancora pacificata. Quale documentarista mostrerebbe solo un lato della vicenda nascondendo magari le terribili azioni che stanno compiendo gli stessi rivoltosi nelle carceri del Consiglio Nazionale? In Siria e nello Yemen ancora peggio. Che sta veramente succedendo in quei paesi? Per avere dei buoni documentari che raccontano le vicende bisogna aspettare. Non si pu rischiare di presentare dei lavori poco corretti e devianti dal punto di vista politico e sociale. In dieci anni di rassegne abbiamo sempre mostrato la cruda realt della Palestina, le testimonianze di una occupazione militare e coloniale spietata, mai nessuno ha messo in dubbio un solo frame di questi documentari che hanno fatto il giro del mondo, eccetto gli israeliani naturalmente, che hanno messo al bando diversi documentari o che fanno in modo che non vengano proiettati con una sorta di embargo preventivo ( il caso di After Jenin di Jenny Morgan: nella colonna sonora gli israeliani hanno ravvisato una sorta di plagio e per questo motivo hanno tentato di bloccare il filmato che denuncia, cos come Jenin Jenin di Mohammed Bakri, lassassinio avvenuto nel 2002 di migliaia di persone nel campo profughi della citt Palestinese). Il pericolo di avere tra le mani lavori che mistificano la realt sempre attuale. A questo proposito questanno presentiamo proprio un documentario che parla di falsificazione della realt fatta da documentaristi australiani in cerca di effetti mediatici (un presunto fenomeno di schiavismo nel popolo Saharawi). Questanno parliamo molto di piazza Tahrir come posto simbolico. Abbiamo alcuni film dove si vedono i volti dei rivoltosi, e poi abbiamo, in via sperimentale, alcuni audio documentari che raccontano con le voci di chi stava in piazza la rivoluzione. Testimonianze indubbiamente preziose Fawzi Ismail:

Affiancate alla rassegna cinematografica una serie di eventi culturali di grande interesse. Mi pu ricordare qualche appuntamento passato che ha lasciato un segno nel pubblico dei partecipanti?
Uno degli obbiettivi del festival quello di presentare al pubblico sardo un aspetto diverso della quotidianit politica, sociale e culturale della societ palestinese, sotto loccupazione militare israeliana e nei campi profughi nei paesi arabi limitrofi, la produzione artistica e letteraria fa parte integrante della vita dei palestinesi. In Palestina e nei campi profughi, nonostante le restrizioni e le sofferenze, si produce una buona letteratura, musica, teatro e cinema che documenta da diverse prospettive gli eventi ampliando i punti di vista e la conoscenza, per questo abbiamo sempre inserito eventi culturali importanti come la presentazione di libri di scrittori e poeti rappresentativi della letteratura arabo-palestinese, ospitando gli autori, fra i quali Ibrahim Nasrallah, Salman Natur, e favorendo la divulgazione dellopera di Ghassan Kanafani, assassinato dagli israeliani 40 anni fa (8-07-1972). Uno degli eventi culturali che ha suscitato maggiore successo lo spettacolo teatrale dellattore palestinese Mohamed Al Bakr Il pessottimista , tratto dall omonimo romanzo dello scrittore palestinese Emil Habibi,. Abbiamo ospitato anche la mostra Lo sguardo di Handala , del disegnatore palestinese Naji AlAli, assassinato dagli israeliani a Londra nell estate del 1987. Nell edizione del festival di questanno sono previsti diversi eventi culturali: una mostra storica sul conflitto arabo-israeliano, intermezzi letterari, accompagnati dalla musica, di brani scelti della

letteratura arabo-palestinese, un seminario La ritmica e le origini arabe della musica medievale a cura di Antonio Gramsci. A seguire il concerto di Antonio Gramsci e Franco Fois e, per il pubblico giovane, un concerto di Hip Hop del gruppo Wlad Elhara di Nazareth Palestina,

Anni fa ho organizzato per il festival di cortometraggi pi antico dItalia ( contemporaneo al festival di Venezia) una rassegna di cinema israelo-palestinese. Purtroppo ho dovuto affrontare una serie di problemi non indifferenti, parlo soprattutto di questioni di ordine pubblico. Naturalmente tutto andato benissimo e ancora una volta, da che mi occupo di cinema, ho potuto constatare quanto lo stesso, come la musica e la poesia, rappresenti una zona franca dove il dialogo e il confronto sempre possibile. Immagino che sia daccordo con me
Naturalmente s, la poesia, la letteratura, la musica, larte in generale, sono espressioni nobili dellanimo umano, portano un messaggio universale, un eccellente strumento di dialogo fra diverse culture.

Quali sono i nuovi progetti che avete in cantiere ? Pu darci qualche anticipazione in merito?
Certo, stiamo preparando un evento culturale per ricordare il 40 anniversario dellassassino di Ghassan Kanafani, come ho ricordato prima, presenteremo, come associazione amicizia Sardegna Palestina, la sua opera, molti dei suoi libri sono stati tradotti in italiano, per la ricorrenza pubblichiamo una raccolta di racconti brevi, inediti in italiano, La terra dellarance tristi.

Grazie infinite.
Giulia Zoppi Direttore della rivista di critica letteraria e filosofica TYSM www.tysm.org Vice direttore della rivista di cultura cinematografica Carte di Cinema

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