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Universit Cattolica del Sacro Cuore - Formazione Permanente Col patrocinio dell'Ufficio Nazionale dei Beni Culturali Ecclesiastici

della Conferenza Episcopale Italiana

SEMINARIO DI STUDI IL BATTISTERO nella storia dell'arte, dell'architettura e della liturgia

Milano, 9-10 Maggio 2008


Direzione Scientifica: Prof.ssa Francesca Flores D'Arcais Mons. Giancarlo Santi

Sede: Museo Diocesano Fondazione S. Ambrogio Corso P.ta Ticinese, 95 - 20123 Milano

In memoria di Leonardo Miani, architetto

PROGRAMMA Venerd 9 Maggio 2008 ore 15 ore 15.15 Registrazione e iscrizione partecipanti Benvenuto del Dr. Paolo Biscottini (Direttore Museo Diocesano) Saluti e presentazione del seminario: Mons. Giancarlo Santi (Diocesi di Milano) Prof.ssa Francesca Flores D'Arcais (Universit Cattolica del Sacro Cuore) ore 15.30 Marco Sannazaro (Universit Cattolica del Sacro Cuore) Il Battistero nei primi secoli del Cristianesimo (testo non riesaminato dall'autore) Silvia Lusuardi Siena (Universit Cattolica del Sacro Cuore) Il Battistero in et longobarda e carolingia (testo non riesaminato dall'autore) Marco Rossi (Universit Cattolica del Sacro Cuore) Il Battistero di Galliano Antonio Lovato (Universit degli Studi di Padova) Signacula e Ordo ad penitentes reconciliandos secondo il Liber Ordinarius della Chiesa padovana (testo non riesaminato dall'autore) Sabato 10 Maggio 2008 ore 9.45 Andrea Longhi (Politecnico di Torino) Dal Battistero al fonte: spazi per il Battesimo nel tardo Medioevo Alessandro Rovetta (Universit Cattolica del Sacro Cuore) Le istruzioni di San Carlo in materia di Battesimo (testo non riesaminato dall'autore) Francesco Repishti (Politecnico di Milano) Battisteri e fonti battesimali in area lombarda tra Cinque e Seicento Andrea Nante (Museo Diocesano di Padova) Fonti battesimali tra Sei e Settecento nelle Diocesi del Triveneto (testo non riesaminato dall'autore) Al termine della mattinata, visita alle collezioni e mostre temporanee del Museo Diocesano ore 15 Guido Rosada (Universit degli Studi di Padova) Un Battistero ritrovato in Cappadocia Enrico Mazza (Universit Cattolica del Sacro Cuore) Le fonti letterarie del progetto iconografico del Battistero di Parma (testo non riesaminato dall'autore) Leonardo Miani (architetto - Commissione Diocesana Arte Sacra di Udine) L'adeguamento del Battistero della Cattedrale di Udine Conclusioni p. 47 p. 43 p. 39 p. 35 p. 31 p. 27 p. 19 p. 14 p. 12 p. 9 p. 5 p. 4 p. 5 p. 4

I giornata - 9 Maggio Dott. Paolo Biscottini (Direttore Museo Diocesano) Desidero porgere il mio saluto a tutti voi che siete intervenuti, purtroppo non numerosi poich la giornata di oggi una di quelle che richiedono sforzi non sempre superabili. Sono particolarmente grato alla Prof.ssa Flores D'Arcais e a Mons. Giancarlo Santi per aver voluto collocare all'interno di questo spazio, di questa sala e di questa sede, un convegno dedicato ad un tema che evidentemente centrale nella storia della cultura e dell'architettura religiosa, ma che importante anche nell'ambito dei rapporti che legano arte, architettura e liturgia. Questo argomento riacquista senso e forza soprattutto ai nostri giorni, e nella Commissione d'Arte Sacra di cui sono membro ho potuto constatare che il tema del battistero, del fonte battesimale, della collocazione di questo polo liturgico (come oggi viene definito) assolutamente ricorrente. Qualunque sia lo specifico caso preso in esame, fondamentale non solo ripercorrere la storia dell'edificio particolare, ma anche quella del battistero inteso come protagonista dello spazio liturgico, e questo alla scopo di non commettere errori, di non fraintendere o interpretare malamente la forma e il significato che l'opera pu e deve avere. Nel Museo Diocesano di Milano ci occupiamo naturalmente di moltissime cose, e sebbene quello che oggi tratteremo sia un argomento che rispetto ad altri risulta marginale, a noi interessa moltissimo, e anzi ci auguriamo possa giungere il giorno in cui saremo meno impegnati con altre attivit e queste tematiche potranno essere approfondite con l'ausilio di mostre permanenti, esposizioni temporanee o altre iniziative che diano visibilit alla storia di questo importante polo liturgico nel territorio della diocesi ambrosiana. Tutto questo non esiste ancora, poich il Museo di recente fondazione, ma ci che stato gi attivato nasce anche dalla collaborazione di persone che hanno messo a disposizione i loro studi e il loro contributo, e la nostra struttura sempre stata, e resta ancora oggi, aperta e disponibile od ogni forma di iniziativa. Quando gli argomenti proposti sono interessanti e in linea con la particolare identit del Museo, l'inserimento all'interno del palinsesto ordinario avviene facilmente e in tempi rapidi, e a tal proposito mi gradito considerare anche il convegno di oggi come una preziosa occasione di crescita. Mi fa piacere ricordare, infine, che questo convegno anche frutto del rapporto tra Museo Diocesano e Universit Cattolica, rapporto molto caro al sottoscritto, al Museo Diocesano e alla Fondazione S. Ambrogio. Le iniziative del Museo sono spesso collegate all'Universit Cattolica, e tale collaborazione non dipende soltanto dal fatto che le nostre sedi si collocano a pochi isolati di distanza, quanto piuttosto da una storia che testimonia legami duraturi e valori comuni. Questa giornata, sebbene sfavorita dallo sciopero in atto, dunque per noi particolarmente importante, e augurando a tutti buon lavoro voglio ringraziare ancora una volta la Prof.ssa Flores D'Arcais, Mons. Giancarlo Santi e tutti coloro che interverranno durante le due previste giornate di lavoro. Mons. Giancarlo Santi (Diocesi di Milano) Aggiungo solo due parole per precisare che siamo giunti, con questo seminario, al terzo appuntamento di questa natura. L'iniziativa organizzata grazie all'ospitalit, al sostegno e alla guida dell'Universit Cattolica e, in particolare, della Prof.ssa Francesca Flores D'Arcais. In questi anni, in occasione dei convegni internazionali di Bose, notoriamente dedicati alle tematiche dell'arte e dell'architettura per la liturgia, ci si resi conto di quanto fosse necessario un completamento dal punto di vista storico. A Bose si lavora molto in termini liturgico-teologici, in una prospettiva internazionale aperta soprattutto ai paesi dell'Europa, e in quel contesto difficile sviluppare un'analisi di tipo storico. Questa iniziativa nasce dunque allo scopo di integrare e arricchire quegli spunti di riflessione, e pur configurandosi come appuntamento autonomo trova nei convegni di Bose il suo naturale completamento. L'intenzione della Prof.ssa Flores , in questo caso, quella di aiutare studenti, studiosi, progettisti e artisti ad affrontare le tematiche riguardanti la progettazione dei battisteri o gli interventi di adeguamento, il tutto in una chiara prospettiva storica in cui le diverse componenti disciplinari siano ben presenti e ben contemperate. Le problematiche progettuali sono complesse, pressate sia da suggestioni di tipo pastorale che dalle istanze dell'ultima riforma liturgica, e molto spesso le specifiche questioni che in questa sede intendiamo trattare vengono accantonate. Siamo convinti, dunque, al di l dell'intrinseco valore scientifico degli interventi che seguiranno, che essi saranno molto preziosi per i progettisti e gli studiosi, ai quali potranno fornire orientamenti precisi e indicazioni di metodo. Mi riferisco anche agli studiosi poich, per converso, molto frequente che eminenti ricercatori appartenenti a diversi settori disciplinari abbiano difficolt a chiudere il proprio ragionamento proprio in conseguenza del fatto che non prendono in considerazione la dimensione celebrativa, comunitaria, liturgica, teologica. In sostanza, siamo alla ricerca di una lettura integrata e complessiva di queste realt. Sono molto felice del fatto che l'iniziativa si sia avviata, e voglio precisare che, per quanto mi risulta, 4

questa l'unica sede italiana in cui si sviluppi questo tipo di lavoro. Nonostante si tratti di un ambito di indagine assolutamente necessario, purtroppo riflessioni di questo genere non sono coltivate neppure nella maggior parte dei paesi europei, ed dunque un piacere essere consapevoli del fatto che le attivit abbiano preso avvio grazie all'impegno del Museo Diocesano e dell'Universit Cattolica. Sono certo che abbiamo davanti a noi molti anni di lavoro e importanti sviluppi, poich siamo impegnati nel tentativo di avvicinare discipline che sono di per s complementari, e siamo consapevoli del fatto che ci richieder tempo, fatica e grande impegno. Il coraggio dimostrato quest'oggi dai docenti e da tutti coloro che sono intervenuti, garantisce che questa battaglia sar combattuta con valore e che non ci arrenderemo. Prof.ssa Francesca Flores D'Arcais (Universit Cattolica del Sacro Cuore) Per il momento non aggiungo altro, se non il mio vivo ringraziamento agli amici e colleghi relatori che hanno accettato di intervenire. Probabilmente non sono stata molto chiara nel precisare ci di cui avevo bisogno in questa occasione, ma sono certa che lo comprenderanno strada facendo. Ringrazio molto anche coloro che sono intervenuti, nonostante lo sciopero e il fatto che questa volta si trattasse di due giornate di lavoro debbano aver scoraggiato molti. Credo che proporremo, in proposito, una sorta di referendum, in modo tale da capire se i destinatari della nostra iniziativa apprezzano che essa duri pi a lungo, o al contrario preferiscono che si concentri in una sola giornata, cos come accaduto nei due anni precedenti. Trovo bellissimo il fatto di trovarci riuniti in questa sede, perch il Museo Diocesano un posto meraviglioso e perch ci molto gradita la collaborazione e la convergenza di intenti con una struttura cos importante. Ringrazio dunque tutti coloro che hanno reso possibile questa iniziativa, e passo subito la parola al primo relatore, il Prof. Marco Sannazaro, che dando inizio alla carrellata di interventi ci parler del battistero nei primi secoli del cristianesimo. Prof. Marco Sannazaro (Universit Cattolica del Sacro Cuore) Il Battistero nei primi secoli del Cristianesimo (testo non riesaminato dall'autore) Innanzitutto voglio ringraziare la Prof.ssa Flores D'Arcais, Mons. Giancarlo Santi e l'amico Biscottini per averci offerto la possibilit di questo incontro. Il mio intervento riguarder le caratteristiche e le problematiche dell'edificio battesimale nei primi secoli del Cristianesimo, ovvero, teoricamente, dalle origini all'et paleocristiana. Partiremo proprio dagli inizi, perch la suggestione del battesimo di Cristo, del battesimo nel fiume, nel Giordano, nell'acqua corrente, si mantenuta intatta nel corso dei secoli, conservando tutta la sua valenza. Come ci racconta l'Itinerarium Antonini Piacentini, a Gerusalemme nel VI secolo i neofiti si gettavano nel Giordano, dopo il battesimo, per una benedizione finale. La semplicit originaria del battesimo di Cristo e del battesimo praticato dagli Apostoli, documentato negli Atti degli Apostoli, d avvio ad un lungo sviluppo, al graduale modificarsi di una cerimonia che viene influenzata da nuove implicazioni teologiche e nuove concezioni. Basti pensare che dal battesimo praticato sugli adulti si passa, a partire dal V secolo, ad un battesimo praticato sui bambini, il ch implica il passaggio dalla coscienza e consapevolezza del catecumeno all'inconsapevolezza del bambino, della quale si fa carico un'intera comunit che diventa responsabile di quel gesto. Inoltre si moltiplicano i rituali, e dopo l'et costantiniana si passa da un battesimo per poche persone ad un battesimo di massa. Nel corso del tempo muta anche il significato di questo primo sacramento, che oltre ad avere un valore iniziatico per la vita del cristiano introduce alla vita civile: Dante ci rammenta, ad esempio, come il battesimo nel bel San Giovanni testimoniasse l'appartenenza alla comunit fiorentina. Siamo dunque di fronte ad una realt che muta nel tempo, e che l'archeologia, l'indagine dei monumenti superstiti, ci aiuta in parte a decodificare nelle sue diverse valenze. Purtroppo, come facile immaginare, il periodo pi antico quello meno documentato, e solo in rari casi le testimonianze di cui disponiamo sono sufficienti a chiarire l'evoluzione iniziale di questo cerimoniale. Ci che appare con una certa evidenza che l'idea dell'acqua corrente e del battesimo nel fiume devono essersi conservate per un lungo periodo. Ad esempio abbiamo documenti del II secolo che ci parlano del battesimo nelle acque del Tevere praticato a Roma: si pensi al Pastore di Erma, o agli scritti di Tertulliano che testimoniano come questa pratica fosse gi diffusa, a Roma, all'epoca di San Pietro. Le prime testimonianze organiche sulla cerimonia del battesimo documentano la libert con cui questo rito era praticato nel II secolo: tutto era possibile, purch si avesse a disposizione dell'acqua. Se per ci affacciamo al terzo secolo, e prendiamo in considerazione fonti pi precise come la Traditio Apostolica di Ippolito (un documento romano che tuttavia influenza numerose fonti coeve, sia in area occidentale che in area orientale), possiamo facilmente notare come il cerimoniale cominci ad avere una precisa definizione: si struttura in modo organico la fase di preparazione al battesimo, e la stessa cerimonia battesimale si articola in momenti successivi. Il rito fondamentale della triplice immersione preceduto e seguito da benedizioni, esorcismi, unzioni e signazioni, 5

a definire una liturgia articolata che richiede anche una serie di specifiche infrastrutture. Come documentano fonti coeve e successive, il rito dell'unzione praticato sull'intero corpo del catecumeno, che di conseguenza deve essere denudato, accolto in un apposito ambiente e aiutato da qualcuno che lo unga completamente: una pratica che deriva da quella del bagno. Lo studio della liturgia battesimale segnala infatti molte di queste analogie: nel momento in cui il rito battesimale utilizza una struttura che quella propria del bagno (e il termine baptisterium, utilizzato anche in et tardo antica in senso non religioso, significa appunto sala da bagno), anche alcune pratiche tipiche delle terme, come ad esempio l'unzione che prepara al bagno, vengono recepite e dotate di nuovo significato nel contesto cristiano. Siamo dunque di fronte ad una ritualit che si fa pi complessa, si articola, necessita di diversi celebranti (nella Traditio Apostolica si menzionano il diacono che assiste durante la discesa nella vasca, il presbitero che pratica l'unzione e il vescovo) e presenta variazioni a seconda dello specifico contesto locale. La tabella che vedete compara testimonianze orientali del periodo compreso tra il II e il V secolo, ed sufficiente un'occhiata per rilevare come ogni chiesa affronti questa cerimonia sulla base di sue tradizioni consolidate. Quella dell'unzione totale una pratica quasi generalizzata, e le Costituzioni Apostoliche testimoniano anche l'intervento di diaconissae per consentire l'unzione di catecumeni di sesso femminile, procedura che implicava particolari attenzioni nella distribuzione degli spazi e al momento dell'ingresso nel battistero. L'archeologia cerca di trovare, attraverso le testimonianze superstiti, informazioni su almeno alcune di queste pratiche, con particolare attenzione a quelle che pi chiaramente possono lasciare una traccia materiale. Si indagano l'organizzazione degli spazi all'interno dell'edificio battesimale, il funzionamento della vasca battesimale o il tipo di rito che vi doveva essere praticato (immersione completa o aspersione), ma non sempre possibile questo genere di analisi, e le problematiche da affrontare sono numerose. Dal punto di vista archeologico, ci che sfugge completamente proprio la lenta evoluzione del rito battesimale: per quanto riguarda l'et precedente l'Editto di Costantino, siamo infatti in possesso di un'unica testimonianza concreta, ovvero il celeberrimo battistero di Dura Europos (fig. 1). Una testimonianza che giusto enfatizzare, ma che particolare proprio perch unica, e si colloca in un'area geografica agli estremi confini dell'Impero Romano (la localit di Dura Europos si inserisce nell'odierno Iraq), un territorio che spesso cambiava padrone e coincideva con le ultime propaggini dell'Impero Sassanide. Non sappiamo, di conseguenza, se almeno alcune delle caratteristiche di questo battistero possano essere paradigmatiche di una situazione pi generale, e anzi prevale l'impressione che si tratti di un contesto del tutto particolare. Questa testimonianza merita comunque la nostra attenzione, perch oltre ad essere l'unica in nostro possesso presenta alcune specifiche caratteristiche che possono probabilmente essere generalizzate: un elemento molto chiaro, ad esempio, l'importanza che il battesimo aveva presso questa comunit. Gli scavi relativi a questo importantissimo complesso archeologico si sono svolti negli anni Trenta (tra il 1930 e il 1934), e sebbene sia subito apparso chiaro lo straordinario valore di quelle testimonianze, la prima pubblicazione dettagliata sull'argomento apparsa solo nel 1967, cio oltre trent'anni dopo. Gli autori della pubblicazione non corrispondono, tra l'altro, agli archeologi che effettuarono gli scavi, e non improbabile che ci sia stata qualche svista o qualche imprecisione nell'interpretazione dei dati che si avevano a disposizione. Come molti sanno, andando a Dura Europos si vede oggi ben poca cosa, perch il battistero stato smontato, trasferito negli Stati Uniti e ricostruito presso l'Universit di Yale (fig. 2). La domus ecclesiae non era altro che una normale casa d'abitazione, articolata in una successione di ambienti distribuiti intorno ad un atrium; un edificio che in un certo momento della propria esistenza ha cessato di essere residenza ed diventato, a seguito di alcuni adattamenti, sede della comunit cristiana. Esso accoglieva dunque tutti gli ambienti necessari allo sviluppo della liturgia e all'incontro dei fedeli. Dal punto di vista cronologico, su Dura Europos siamo molto ben informati, poich un graffito chiarisce che nel 233 la casa era ancora abitata, mentre nell'anno 256, quando era gi stata trasformata in domus ecclesiae, fu distrutta: in quell'anno la citt fu infatti conquistata dai Sassanidi, e la domus, che sorgeva a poca distanza dalla cinta muraria, fu smantelllata per consentire la costruzione di nuove fortificazioni. L'edificio ha dunque una vita piuttosto breve, che si conclude certamente nell'anno 256. interessante notare che le modifiche apportate all'edificio per trasformarlo in domus ecclesiae sono piuttosto limitate. La sala adibita a luogo della celebrazione eucaristica ricavata con la semplice eliminazione di un tramezzo, unendo due spazi dapprima distinti nei quali viene rialzato il pavimento, ampliata una finestra e realizzata una piccola pedana per il celebrante. Si tratta dunque di interventi puramente strutturali, che non implicano alcun tipo di decorazione. In altri ambienti vengono operati dei rifacimenti pavimentali, mentre nel cortile e lungo il prospetto esterno sono inseriti dei pancali. L'investimento pi cospicuo riguarda tuttavia lo spazio destinato alla liturgia battesimale (fig. 3), ed a dir poco paradossale che una comunit abbia investito cos tante energie in un ambiente che tutto sommato era utilizzato una o due volte l'anno (a Pasqua ed eventualmente a Pentecoste). Questa abitudine era in realt piuttosto consolidata, e per lungo tempo si continu ad adornare riccamente proprio questo luogo cos poco frequentato, testimoniando senza ombra di dubbio quanto grande fosse la sua importanza. Nel caso di Dura Europos il vano destinato al battesimo sottoposto ad una serie di modifiche che lo 6

adattano al suo scopo: il soffitto originario ribassato per ottenere un ambiente pi raccolto; le finestre sono tamponate cos da ottenere uno spazio totalmente buio; sulla parete ovest addossata la vasca battesimale, sormontata da una sorta di baldacchino su colonne; e le quattro pareti vengono interamente affrescate. L'unico ambiente decorato dell'intera domus ecclesiae dunque il battistero. La decorazione pittorica ha certamente una valenza catechetica, ma l'impressione che essa servisse anche a indurre una certa suggestione, a colpire l'immaginazione di quei catecumeni che per la prima volta, e in un momento cos importante della loro vita, mettevano piede in questo luogo. Si tratta purtroppo di una decorazione piuttosto lacunosa, della quale tuttavia si comprendono chiaramente le linee essenziali. La parete sud era dotata di due ingressi: uno comunicava con un ambiente contiguo, dal quale probabilmente prendeva avvio la liturgia battesimale; l'altro conduceva invece alla corte, e doveva fungere da via d'uscita a celebrazione conclusa. Facendo ingresso nel battistero debolmente illuminato ci si trovava di fronte la parete nord, decorata da affreschi articolati in due registri sovrapposti. Nel registro inferiore si distinguono due scene: nella prima alcune donne, delle quali sono oggi visibili unicamente i piedi, si dirigono verso una porta socchiusa; nella scena seguente, invece, quelle stesse donne, che hanno ormai fatto ingresso nell'ambiente al quale quella porta introduceva, si trovano di fronte ad un grande sarcofago illuminato da due stelle (fig. 4). Si tratta dunque dell'episodio biblico delle pie donne al sepolcro, raffigurato nei suoi momenti principali: le donne che si avvicinano al sepolcro di Cristo, e la visione della tomba vuota, presso la quale gli angeli, rappresentati dalle due stelle, annunciano che il Signore non pi l. La sensazione che si vuole suscitare nel fedele dunque la stessa provata dalle pie donne: entrare nel luogo del battesimo equivale ad entrare nel sepolcro di Cristo, rivivere la sua morte e risurrezione. Nel registro superiore sono raffigurati una serie di episodi che fanno riferimento alla vita di Cristo e ad alcuni particolari miracoli da Lui compiuti, caratterizzati da una notevole valenza catechetica: vediamo, ad esempio, il miracolo dello storpio sanato, o quello in cui Cristo salva Pietro camminando e facendo camminare il suo discepolo sulle acque del Giordano (fig. 5). Gli affreschi affrontano dunque i temi della salvezza, del perdono, della remissione dei peccati e del male fisico, della fiducia in Dio: un vero e proprio ripasso degli argomenti che il catecumeno probabilmente assimilava durante la catechesi pre-battesimale, e al tempo stesso la promessa di ci che il battesimo pu garantire. Momento culminante del rito era naturalmente l'immersione nella vasca battesimale, presso la quale raffigurato il Buon Pastore con il suo gregge: non solo il Pastore che testimonia la salvezza offertaci da Cristo, cos come si vede nelle catacombe, ma anche il gregge, a significare l'ingresso nella comunit (fig. 6). Sulla parete meridionale, oltre alla figura della Samaritana compare un'immagine molto deteriorata, il cui senso tuttavia chiarito dall'iscrizione sovrastante: Davide che combatte Golia e lo abbatte. Al di sopra si colloca una nicchia entro la quale si pensa fosse conservato l'olio per l'unzione battesimale, ed dunque chiaro il riferimento a Davide inteso come unto del Signore. In generale, l'idea che vuole suscitare il battistero di Dura Europos quella di entrare nel sepolcro del Signore e rivivere con Lui la sua morte e risurrezione: un momento che nella vita del cristiano era molto atteso, lungamente preparato e finalmente celebrato nella notte di Pasqua. L'impegnativo investimento di energie prodigate nella realizzazione del battistero di Dura da ricondurre, cos almeno hanno concluso gli studiosi, all'attivit di una chiesa che era missionaria, di una comunit cristiana che era piccola ma in continua espansione, e nella quale dunque il momento dell'iniziazione aveva un'importanza fondamentale. Non ci dato di sapere quanto questo battistero sia simile ad altri della stessa epoca, poich non abbiamo altre testimonianze appartenenti al III secolo, e se prendiamo in considerazione il IV ci troviamo di fronte a un esemplare importantissimo, e ben diverso, come quello di San Giovanni in Laterano (fig. 7), l'unico a proposito del quale si possa ricostruire un discorso organico. Si tratta di un edificio del tutto peculiare, realizzato dall'Imperatore Costantino per il Vescovo di Roma, e dunque caratterizzato da quella ricchezza e sontuosit che solo un imperatore poteva garantire. Questo edificio testimonia che all'inizio del IV secolo l'architettura battesimale era gi in grado di esprimersi in termini di grande compiutezza formale: il balzo compiuto rispetto all'esempio di Dura dunque sorprendente, poich si passa da un piccolo ambiente riadattato ad altro uso ad un edificio complesso, articolato, con chiare valenze simboliche che avranno una lunga storia (pensiamo alla forma ottagonale) e con una decisa impronta monumentale. Qui entrano chiaramente in gioco l'architettura di potenza di epoca romana, la committenza imperiale e la lunga esperienza costruttiva maturata con la realizzazione di edifici a diversa destinazione d'uso, come ad esempio le terme, i mausolei, le residenze signorili. L'humus che genera questo manufatto dunque completamente diverso. La pubblicazione del Prof. Pelliccioni (Le nuove scoperte sulle origini del Battistero lateranense , LEV, 1973), illustra chiaramente la complessit dello scavo archeologico, la cui storia si presenta alquanto travagliata. L'attivit di scavo inizi negli anni 1923-1925, poi si prosegu negli anni 1962-1968, e come facile immaginare furono avanzati ripensamenti e dubbi circa le interpretazioni originarie. Uno dei principali 7

problemi riguardava la presenza di una fondazione circolare sulla quale si imposta un alzato ottagonale dallo spessore piuttosto esile, che per giunta sembra mal adattarsi alla fondazione medesima, al punto che gli spigoli dell'ottagono vengono recisi. Secondo Giovan Battista Giovenale la fondazione circolare sarebbe da ricondurre ad un precedente edificio battesimale costantiniano, mentre la scatola muraria ottagonale risalirebbe alla met del V secolo, e sarebbe stata eretta per volont di Papa Sisto III. Tale interpretazione in parte messa in discussione da Pelliccioni, secondo il quale le strutture interrate sarebbero appartenute a un edificio con diversa destinazione d'uso, e il primo battistero coinciderebbe con quello costantiniano a base ottagonale. Alla fine degli anni '90 lo studioso danese Olof Brandt ha sviluppato una capillare ricerca sugli alzati dell'edificio, e sintetizzando il parere di numerosi colleghi ha concluso che fondazioni e strutture in elevato testimoniano un'evoluzione unitaria, e appartengono entrambe all'et costantiniana. Il battistero lateranense sarebbe dunque nato ottagonale, caratterizzato all'interno da un anello di colonne angolari poste a sostegno della copertura e poggianti su basi di porfido ritrovate in occasione degli scavi. Attualmente tale ipotesi ricostruttiva la pi accreditata. L'edificio doveva configurarsi come si vede nell'immagine (fig. 8): una struttura molto ampia, ben illuminata, e che come narrano le fonti presentava al suo interno una strepitosa decorazione in metallo prezioso concessa dall'imperatore. Il Liber Pontificalis racconta di una notevole dotazione in oro e argento, i cui elementi pi interessanti erano alcune statue collocate lungo il bordo della vasca battesimale: due statue alte circa un metro e mezzo raffiguranti il Salvatore e Giovanni il Battista; un agnello d'oro dal quale sgorgava acqua, posizionato tra Cristo e Giovanni; e infine sette cervi d'argento, anch'essi aventi la funzione di immettere acqua nella vasca. Al centro dello specchio d'acqua emergeva una colonna sopra la quale si collocava una grande lampada, e nel complesso l'aspetto della struttura doveva essere piuttosto singolare, in qualche modo simile a quello di una fontana. Di grande interesse, ancora una volta, il recupero di tradizioni ornamentali e consuetudini costruttive tipiche delle terme, come ad esempio i complessi sistemi idraulici. Sulla base di quanto emerso dal Liber Pontificalis, dagli scavi archeologici e dall'analisi degli alzati, possiamo affermare che l'edificio risistemato, alla met del V secolo, da Papa Sisto III, che sposta le colonne di porfido intorno alla vasca e le fa sormontare da un'architrave contrassegnata da un'iscrizione dedicatoria recante il suo nome. Le colonne, l'architrave e l'iscrizione che ancora oggi possiamo ammirare risalgono appunto a quell'epoca. Ci che in sistesi afferma Brandt, e che gi era stato rilevato da Pelliccioni, che il Laterano dispone di un grande edificio battesimale a pianta ottagonale gi con Costantino. Che si voglia accettare o no l'ipotesi di un precedente edificio di forma circolare, l'analisi degli alzati dimostra che si tratta di strutture di epoca costantiniana. Questa certezza ci libera da alcune false convinzioni, come ad esempio il luogo comune, diffuso soprattutto qui a Milano, secondo il quale il primo a edificare un edificio a base ottagonale sarebbe stato Ambrogio. Un'altra considerazione interessante la constatazione di un fatto: l'edificio lateranense, nonostante la sua importanza, a Roma non fa scuola. Gli altri edifici o vasche battesimali rinvenuti nella citt, nel suburbio o nel territorio sottoposto alla giurisdizione del Papa, presentano infatti schemi organizzativi piuttosto differenziati, e dell'esperienza architettonica del Laterano recepiscono oggettivamente pochissimo. Quasi tutti corrispondono non ad edifici autonomi ma a strutture annesse alla chiesa, e le vasche battesimali hanno forme tra le pi disparate (circolari, dodecagonali, polilobate o persino a ventaglio). L'impressione che se ne trae che la momumentalit del Laterano rimane volutamente unica, e del resto la stessa iscrizione che prima abbiamo menzionato sembra avvalorare questa ipotesi: essa non fa riferimento alcuno all'ottagono, ma recita unus fons, unus spiritus, una fides, come se l'unicit del battistero del Laterano garantisse l'unicit del battesimo presso tutti i fedeli romani. Questo non avviene, invece, a Milano, dove Ambrogio realizza un edificio ottagonale, vi imprime un'iscrizione dedicatoria in cui si fa esplicito riferimento alla forma ottagonale dell'edificio e della vasca, e crea un precedente ampiamente utilizzato sia nell'ambito diocesano milanese che nella provincia metropolitica che a Milano faceva capo. Le testimonianze archeologiche mostrano una grande quantit di edifici e vasche che hanno evidentemente nell'idea dell'ottagono, in tutte le sue possibili varianti, il proprio modello ispiratore. L'esperimento milanese di Ambrogio sta dunque all'origine di una tradizione, che tuttavia si accompagna, in Lombardia e nelle regioni pi vicine a Milano, ad esperienze diverse e talvolta assai originali. A titolo di esempio voglio presentarvi quella che forse la vasca pi interessante rinvenuta in Lombardia negli ultimi anni, cio quella di Pontenove di Bedizzole, nel bresciano. Si tratta di una vasca esagonale, caratterizzata da una decorazione musiva che in Italia costituisce, almeno per il momento, un unicum. Questo tipo di ornamento applicato ad una vasca battesimale infatti abbastanza diffuso in Africa, ma nel nostro territorio costituisce indubbiamente una novit. Lo studio delle vasche battesimali consente spesso di risalire al graduale modificarsi dei rituali del battesimo. L'archeologia dispone ormai di metodologie alquanto raffinate, che rendono possibile individuare le modifiche apportate all'architettura per addattarla a nuovi ordinamenti liturgici o a nuovi fenomeni riguardanti l'amministrazione del battesimo, come ad esempio il battesimo impartito ai bambini. 8

Prof.ssa Silvia Lusuardi Siena (Universit Cattolica del Sacro Cuore) Il Battistero in et Longobarda e Carolingia (testo non riesaminato dall'autore) Voglio innanzitutto illustrare il taglio con il quale ho cercato di rispondere al titolo, peraltro molto interessante, che mi stato assegnato dalla Prof.ssa Flores D'Arcais. Il mio punto di vista , necessariamente, quello archeologico. Come gi stato accennato, negli ultimi anni numerosi luoghi di culto sono stati sottoposti a campagne di scavo condotte, rispetto al passato, con molta acribia, e grazie all'analisi approfondita delle vasche battesimali e delle strutture architettoniche connesse stato possibile entrare in possesso di informazioni precise e interessanti sull'evoluzione di questo tipo di edifici e del rito che vi si svolgeva. Confesso che per mancanza di tempo non mi stato possibile approntare una rassegna delle specifiche fonti che trattano dei cambiamenti introdotti tra VI e IX secolo, ma quel che certo, e che le testimonianze archeologiche documentano senza ombra di dubbio, che si assiste ad una riduzione dimensionale della vasca battesimale. Questo dato tradizionalmente posto in relazione con il battesimo degli infanti, ma non escluso che abbia altre radici. Va anche ricordato che il battesimo dei pueri documentato sin dal VI secolo, ma al di l di questo interessante verificare, attraverso gli studi archeologici, cosa effettivamente successo nelle diverse diocesi. Non detto, infatti, che il fenomeno si espanda e si realizzi contestualmente nelle varie sedi, e sarebbe molto utile, ad esempio, indagare in modo analitico lo scarto che esiste tra testimonianze appartenenti a chiese diverse, o porre a confronto quanto avviene nei centri urbani e nei centri rurali. L'analisi delle fonti materia alquanto complessa. Mi limito a osservare, a titolo di esempio, che nel VII secolo Isidoro di Siviglia testimonia come la triplice immersione, sino ad allora la pratica pi diffusa e documentata, non fosse pi adottata in alcune regioni, e come in alcuni casi si parlasse esplicitamente di un'immersione unica. Nelle fonti scritte si recepiscono dunque dei segnali di cambiamento che occorrerebbe valutare con attenzione. Presentandovi questa rassegna di immagini relative a edifici dell'Italia settentrionale, mi limiter a proporvi alcune osservazioni che mi auguro non vi appaiano pedanti, il tutto proprio allo scopo di evidenziare come la conduzione accurata degli scavi consenta di recuperare elementi significativi che inevitabilmente stimolano la riflessione e pongono importanti interrogativi sull'evoluzione dei cerimoniali e della liturgia. Noi recuperiamo delle tracce che rinviano a possibili scenari, ma la frammentariet dei dati materiali spesso non consente una ricostruzione filmica o cinematografica dell'avvenimento in s. L'immagine introduttiva si riferisce ad un caso-studio molto conosciuto, cio quello della Cattedrale di Aosta, che a mio parere un esempio indispensabile e di grande valore non solo nel panorama italiano. Si tratta del primo complesso episcopale scavato in modo estensivo, grazie al quale stato possibile, almeno per quanto riguarda la vasca battesimale, ricostruire le diverse modifiche e fasi costruttive e persino ipotizzare, con buon margine di sicurezza, la loro datazione. Quello di Aosta sostanzialmente un cantiere perenne, che pu vantare anche acquisizioni molto recenti e pressoch inedite: nel criptoportico, in particolare, stata rinvenuta traccia di un invaso interpretato come vasca battesimale, una struttura cronologicamente anteriore a quella del battistero vero e proprio anteposto alla ecclesia. Nell'immagine potete vedere ci che lo scavo ha rivelato, e sono ben evidenti una serie di trasformazioni che il disegno sovrastante trascrive ed esplicita. La vasca, che inizialmente si presenta circolare all'esterno e ottagonale all'interno, nel corso del V secolo trasformata in un interessante impianto a croce greca; nel VI secolo, senza vedere alterata la propria capienza, subisce ulteriori modifiche che attraversano probabilmente anche il secolo successivo, ma il vero e proprio salto tipologico avviene tra VIII e IX secolo, in et carolingia, quando l'impianto ottagonale interrato viene eliminato e al suo posto edificata una piattaforma quadrangolare con sovrastante vasca, a definire un nuovo luogo del battesimo totalmente fuori terra. Non si tratta di un caso unico, ma senz'altro particolarmente interessante, poich oltre al battistero posto in facciata, che dall'esterno dobbiamo immaginare come edificio a s stante anteposto alla basilica, conosciamo appunto questo battistero secondario inserito in uno degli annessi settentrionali della cattedrale, una vasca che su base stratigrafica si valuta essere stata, nella prima fase risalente al V secolo, ottagonale sia all'esterno che all'interno, e che nella seconda fase, cio nel VI secolo, contraddistinta da un invaso ligneo inserito nell'impianto precedente. Non mi soffermo sull'insieme delle canalizzazioni per l'addizione e lo smaltimento dell'acqua, che per quanto riguarda il secondo battistero sono state ritrovate ed erano anch'esse interamente realizzate in legno. Le immagini che vedete si concentrano innanzitutto sul tema della vasca e delle sue canalizzazioni, e buona parte delle elaborazioni grafiche derivano da una tesi di laurea che un paio d'anni fa ho voluto dedicare proprio a questo argomento, sviluppata dalla Dottoressa Del Piano. Il sistema di approvvigionamento e smaltimento idrico solitamente piuttosto trascurato, ma a mio parere si tratta invece di una materia estremamente importante, non solo per la comprensione della liturgia e della ritualit battesimale ma anche, pi in generale, per mettere in relazione l'impianto architettonico della vasca con il tessuto urbano circostante, cio per ricavare indicazioni sui sistemi di alimentazione in rapporto alla rete 9

idrica della citt. In taluni casi, come ad esempio a Milano, alcuni cambiamenti nella direzione di approvvigionamento dell'acqua all'interno della vasca fanno pensare a modifiche pi generali nel tessuto circostante, e questo implica riflessioni di tipo urbanistico che bene non trascurare, soprattutto nel momento in cui si cerca di comprendere e ricostruire lo sviluppo dell'edificio. Come vedrete nelle immagini successive, non sono molti i casi in cui sono state rilevate modifiche risalenti all'et longobarda e carolingia, e credo che questa condizione sia legata a una non sufficiente riflessione, ad una scarsit di dati dovuta alla carenza di indagini archeologiche mirate. In molti casi i battisteri dell'Italia settentrionale, e in particolare dell'area lombarda, sono stati indagati in anni lontani, quando l'interesse scientifico e culturale sul battesimo e sugli esiti materiali di questo rituale non era ancora particolarmente acceso. Di conseguenza, possiamo affermare che il vuoto di informazioni corrisponde ad un vuoto di ricerca. Tuttavia, prendendo ad esempio in considerazione l'et longobarda, ed escludendo il caso di Lomello e forse pochi altri sui quali ancora ci sarebbe da riflettere, non abbiamo testimonianza di cambiamenti radicali che abbiano comportato sostanziali modifiche all'impianto paleocristiano o risalente al VI secolo. Per queste ragioni, vedrete che le modifiche sono generalmente numerose nel periodo compreso tra IV e VI secolo e talvolta anche tra VIII e IX secolo, mentre per quanto riguarda il VII secolo si riscontra una totale mancanza di informazioni. A proposito del battistero lateranense, devo dire di non essere molto convinta del fatto che in origine fosse ottagonale. Di questa lettura dubitano anche molti colleghi romani, dunque si tratta di opinioni scientifiche che nulla hanno a che fare con la volont di attribuire ad Ambrogio la diffusione di questa particolare tipologia. Sarebbe comunque molto interessante sviluppare un confronto tra il battistero lateranense e quello milanese di San Giovanni alle Fonti (IV-VI secolo), che di fondazione ambrosiana, in modo da poter eventualmente stabilire se e in che misura Ambrogio sia stato influenzato da ci che ebbe modo di vedere a Roma in epoca costantiniana. Tra la fine del V e l'inizio del VI secolo (et laurenziana), il battistero di San Giovanni alle Fonti si presentava come indicato nella ricostruzione grafica: nel rispetto delle fonti scritte, tre gradini consentivano la discesa nella vasca e altri tre permettevano la risalita. Si individua facilmente l'impianto di adduzione (contraddistinto dal colore giallo), e quello destinato allo smaltimento si presenta piuttosto interessante e articolato, tanto che in quest'area geografica pu essere paragonato solo a quello presente nel battistero di San Giovanni a Riva San Vitale. I dati rilevati suggeriscono che l'acqua entrasse nella vasca attraverso una serie di bocche alimentate da un impianto a pressione e collocate lungo il perimetro, un po' come succedeva a San Giovanni in Laterano. Il sistema di smaltimento, che come abbiamo detto piuttosto complesso e si articola su quote diverse, includeva un foro del troppo pieno (in alto) e un foro di scarico collocato alla base. Nel complesso si tratta di un impianto estremamente sofisticato e di notevole carattere scenografico. Questo rilievo illustra il battistero di San Giovanni a Riva San Vitale (fine V-inizio VI secolo). Va precisato che la qualit stessa del rilievo , in generale, un ottimo indicatore del livello di comprensione di ci che si scavato, e le immagini che vi mostro si riferiscono al miglior rilievo sino ad oggi realizzato, anche se sarebbe utile un'ulteriore elaborazione della grafica per poterne ottimizzare la fruizione. Come a Milano, qui abbiamo un condotto che si sviluppa intorno alla vasca, il canale di smaltimento (indicato in turchese) e quello di adduzione (indicato in verde). Si tratta dell'unico impianto individuato nell'Italia settentrionale, e per reperire altri esempi analoghi occorre spostarsi in Gallia. Del tutto eccezionale il ritrovamento di fistulae bronzee collegate tra loro, elementi che fanno pensare a un'immissione dell'acqua mediante meccanismo a pressione. Esattamente come a Milano in et laurenziana, la vasca subisce delle modifiche che ne variano la configurazione planimetrica, ma il cambiamento radicale subentra, come nel caso di Aosta, nell'alto medioevo, quando la vasca posta sotto il livello pavimentale viene obliterata mediante inserimento di una piattaforma sopra la quale si innesta una nuova vasca monolitica. Il pavimento in opus sectile che stato rinvenuto corrisponde tuttavia alla fase precedente, cio quella con vasca sottoposta al piano di calpestio. Non mi possibile fornirvi ragguagli circa le ragioni di questa sistemazione, ma quel che certo che la scelta di lasciare esposto il monolite della nuova vasca, che da un lato lascia intuire che al di sotto si inserisce la precedente vasca ad immersione, dall'altro non consente di capire come si configurasse l'interno del battistero nell'epoca in cui la vasca monolitica era utilizzata. Il battistero del complesso episcopale novarese rientra nel novero dei casi-studio tra i pi importanti e interessanti. Anche in questo caso si tratta di scavi condotti inizialmente dal Chierici, recentemente riaperti dalla Soprintendenza Archeologica del Piemonte e diretti dalla dottoressa Pejrani Baricco. La ripresa dei lavori ha consentito una serie di importanti accertamenti, che hanno innanzitutto confermato una strettissima imitazione della situazione milanese (in particolare del battistero di Santo Stefano) e rilevato significative modifiche planimetriche risalenti alla fine del V secolo. Se l'impianto paleocristiano, come sempre ottagonale e dotato di gradini, non presenta particolari differenziazioni, in un secondo momento (e lungo l'intera et longobarda) viene invece evidenziato il luogo in cui si posiziona il vescovo, cio il lato est della vasca. Riemengendo dalle acque il battezzando si dirigeva dunque verso est, e l poteva avvicinare il vescovo. Attraverso la restituzione grafica delle sezioni possibile valutare la profondit dell'invaso, e di conseguenza la sua capienza, la quantit d'acqua che era necessaria per lo svolgimento del rito e il tipo di immersione che 10

doveva costiture il fulcro della celebrazione. Per quanto riguarda il periodo successivo, sebbene sussistano alcuni dubbi, le modifiche significative datano all'XI secolo, dunque si deve supporre, ancora una volta, che durante l'alto medioevo la struttura abbia mantenuto le forme precedenti. Come evidenziato nella sezione, l'intervento di modifica comporta la sopraelevazione del pavimento della vasca mediante riutilizzo di una macina, mentre viene conservato il vecchio foro di smaltimento delle acque e la vasca viene dotata di un parapetto che emerge dal piano pavimentale. Ulteriori modifiche risalgono al pieno medioevo, cio a un'epoca successiva a quella oggetto del nostro interesse, ma trattandosi di un caso particolare, in cui possibile seguire passo dopo passo l'evoluzione della struttura, le illustro brevemente. Come gi visto a Riva San Vitale, un antico monumento funerario in forma di vasca circolare (monumento di Umbrena Polla) reimpiegato e collocato sull'antico fondo della vasca ottagonale, e viene inoltre realizzato un nuovo circuito di canalette. Il foro di smaltimento che si collocava al centro della macina non viene pi utilizzato, e ne viene inserito uno nuovo verso il quale convergono due canalette in cocciopesto. Il nuovo foro di smaltimento consente di far confluire l'acqua in una cisterna posta all'esterno del pozzo. Buona parte delle vasche battesimali ritrovate nei siti archeologici pi importanti meriterebbero, in sintesi, nuovi scavi e nuovi approfondimenti: la bont di questa tesi stata ampiamente dimostrata dal caso celeberrimo di Albenga, dove la conduzione di indagini mirate all'approfondimento delle diverse fasi costruttive della vasca battesimale ha portato a individuare, al di sotto della vasca di forma stellare restaurata nell'Ottocento, un impianto pi antico. I dati sono piuttosto recenti e necessitano di approfondimenti ulteriori, ma la prima fase costruttiva risale probabilmente al IV secolo, mentre la fase monumentale, corrispondente ad una vasca di forma ottagonale, daterebbe al V-VI secolo. Successivamente, alla met dell'VIII secolo, l'invaso della vasca fu ristretto mediante inserimento di una fodera muraria in laterizio. Sino ad ora ci siamo occupati di esempi monumentali e particolarmente significativi, riferiti a centri urbani di notevole importanza. Nel caso di S. Pietro in Castello, a Ragogna, abbiamo invece a che fare con una piccola chiesa battesimale poi diventata pieve, un edificio situato nella metropoli aquileiese e che oggi si inserisce nella provincia di Udine. La chiesa fu fondata nel V secolo all'interno di un castrum del quale parla anche Paolo Diacono nella sua Historia Longobardorum. Gli scavi furono realizzati in occasione dei restauri resi necessari dal terremoto del 1987, ma all'interno dell'area battesimale, situata a nord, erano purtroppo gi stati effettuati anche alcuni scavi clandestini. Nello sviluppo edilizio dell'edificio sono stati individuati tre momenti significativi: una fase paleocristiana, una fase altomedievale e una fase romanica, seguita poi da un ampliamento cinquecentesco. Il dato interessante che sin dalla sua fondazione questa chiesa dispone di un invaso battesimale rivestito in cocciopesto, una struttura oggi piuttosto malridotta della quale non stato possibile valutare, se non in modo approssimativo, la profondit rispetto al piano di calpestio. Si trattava dunque di una chiesa che sin dall'inizio della sua esistenza aveva la funzione di cura d'anime. Prendendo in considerazione il periodo altomedievale ci troviamo di fronte, ancora una volta, ad un punto interrogativo. Il dato materiale consiste in un invaso collocato al centro dell'ambiente, ma gli scavi clandestini gi accennati non consentono di ricavarne l'epoca di fondazione. A meno che non si conducano indagini archeometriche sul cocciopesto, risulta dunque impossibile valutare se, tra VII e IX secolo, quando la chiesa subisce certamente una ristrutturazione dell'area absidale e delle pareti laterali, il fonte battesimale paleocristiano era ancora utilizzato, o se invece era gi stato costruito un nuovo invaso diversamente posizionato. Tale eventualit avrebbe ricadute non secondarie sulla ricostruzione della cerimonia del battesimo, poich evidente che la collocazione della vasca in un angolo dell'ambiente consente una ritualit differente rispetto ad una vasca posta al centro. Questo spostamento, che non possiamo datare con sicurezza, evidenzia comunque cambiamenti avvenuti nell'arco temporale dell'alto medioevo, e che certamente non sono da ricondurre n al battesimo dei pueri (dal punto di vista della capienza la nuova vasca in realt poco pi piccola della precedente) n a questioni di approvvigionamento idrico (anche nella nuova collocazione la vasca dotata di approvvigionamento con foro di smaltimento), ma piuttosto ad un nuovo ruolo sociale del rito del battesimo, ad una nuova apertura nei confronti della comunit, ad una ritualit differente che era evidentemente diventato possibile esibire. La terza fase importante corrisponde all'et romanica. Voglio nuovamente sottolineare la grande utilit dell'analisi microstratigrafica applicata ai fonti battesimali: in questo caso, ad esempio, anche se non siamo in grado di datare con esattezza la seconda fase costruttiva, abbiamo riscontrato che nel lungo periodo in cui utilizzato questo fonte subisce diverse modifiche, ricapitolate in modo dettagliato nelle didascalie. Questo lungo periodo si estende appunto dall'epoca di fondazione (et altomedievale o romanica) sino all'inserimento della pila battesimale del Pilacorte. All'inizio abbiamo un impianto con foro di smaltimento, rivestimento in cocciopesto e condotto laterale per l'immissione di acqua. Purtroppo non sappiamo da dove l'acqua provenisse, poich l'area del fonte e il piano pavimentale della zona presbiteriale sono interessati da sventramenti e danneggiamenti successivi. In un secondo momento un nuovo gradino occlude il precedente condotto di immissione dell'acqua, ma il foro di scarico continua ad essere aperto: ci significa che la ritualit battesimale prevede ancora la necessit di uno smaltimento consistente. Nella terza fase un nuovo strato di cocciopesto rossastro oblitera il foro di 11

scarico, mentre nell'ultima l'invaso della vasca completamente riempito e sul piano d'appoggio cos ottenuto viene collocato il fonte rinascimentale. Quello di San Pietro in Castello un esempio molto interessante, e ci permette di testimoniare l'attenzione con la quale oggi vengono indagate questo genere di modifiche, che sono poi specchio o riflesso di cambiamenti di natura liturgica e sociale. Non un caso, del resto, che in presenza di scavi recenti iniziano ad essere meglio definiti anche gli ambiti cronologici delle modifiche riscontrate. Questa immagine si riferisce alla nota chiesa di Santa Eufemia, a Incino d'Erba, un luogo connesso ad un sistema viario di grande interesse. Qui, alla met del V secolo, abbiamo un vano quadrangolare dotato di vasca ottagonale all'esterno e esagonale all'interno. In et carolingia sono realizzate alcune modifiche, e in particolare lo spazio architettonico si arricchisce di un'abside, un elemento che si riscontra anche in et paleocristiana ed talvolta dotato di altare. Questo elemento innovativo denuncia un nuovo ruolo dello spazio battesimale, che diventa una vera e propria chiesa nella quale la celebrazione all'altare si connette al rito del battesimo. Abbiamo gi abbondantemente sottolineato quanto sia importante approfondire lo studio del sistema di approvvigionamento e smaltimento idrico, comunque anche in questo caso accade che al restringimento della vasca realizzato in et carolingia corrisponde una nuova canaletta e un nuovo sistema che raccoglie le acque in una cisterna. In et pi tarda, nell'alto medioevo, il fonte ad immersione viene rialzato al di sopra del livello pavimentale componendo in forma di pozzo alcune lastre marmoree. Del caso di Bedizzole, edificio di grandissimo interesse, ha gi fatto cenno il Prof. Sannazaro. Gli scavi sono stati molto ben condotti da Andrea Breda, e anche qui sono state individuate diverse fasi costruttive. Al periodo compreso tra la fine del V e l'inizio del VI secolo risale il bellissimo fonte con decorazione musiva che abbiamo gi visto, esemplare al momento unico in Italia. Nell'alto medioevo, il fonte che prima si trovava in un annesso settentrionale viene traslato davanti alla chiesa, al centro di un ambiente dotato di sistema per il riscaldamento dell'acqua e di canaletta che confluisce in una cisterna. Nel battistero di San Giovanni a Lomello non abbiamo pi il livello pavimentale connesso alla fase altomedievale. La struttura risale al V-VI secolo, e nel VII secolo fu arricchita da decorazioni pittoriche decisamente rare e particolari. Il fatto che tali decorazioni interessino anche l'invaso della vasca testimonia che in quel periodo essa non serviva pi a contenere l'acqua: probabilmente il rito non comportava pi l'immersione, e la vasca aveva pi che altro un valore simbolico. A Noli, in provincia di Savona, abbiamo un'altra testimonianza interessantissima. Qui si susseguono una fase tardoantica, una fase bizantina o altomedievale e una fase medievale. L'esempio di San Giovanni Battista a Varese conferma la medesima linea di tendenza, e questo nonostante si tratti di scavi datati, per lo pi condotti da architetti della Soprintendenza ai Monumenti, e sui quali purtroppo non abbiamo dati archeologici certi n rilievi fatti con gli strumenti critici necessari, almeno dal nostro punto di vista disciplinare. L'immagine mostra la sistemazione attuale, la profondit dell'invaso antico e la successiva sopraelevazione della piscina. Ignoro sulla base di quali criteri sia stata individuata quella quota, ma suppongo siano stati presi come riferimento piani pavimentali che non ci sono pi. Ogni tanto, nel ripristino delle quote pavimentali antiche si ottengono come risultato delle strutture galleggianti, che non sempre si rivelano efficaci. Vedete qui raffigurate le diverse fasi costruttive di questo fonte, che era rivestito di lastre di marmo ed stato progressivamente rialzato secondo quella tendenza che abbiamo visto pi volte riconfermata. La stessa cosa si riscontra anche a Mergozzo, ma credo non ci sia bisogno di altri esempi per chiarire il concetto che volevo esprimere. Grazie. Prof. Marco Rossi (Universit Cattolica del Sacro Cuore) Il Battistero di Galliano Il mio sar un intervento diverso da quelli precedenti, non solo perch si occupa di un solo edificio, ma anche per il taglio, essendo io non un archeologo ma uno storico dell'arte. Molti dei problemi che sottostanno all'edificio romanico sono stati studiati in collaborazione con il collega e amico Sannazaro. La motivazione della scelta dell'argomento variegata, e l'occasione offerta dal millenario della ristrutturazione della chiesa plebana di San Vincenzo a Galliano da parte di Ariberto da Intimiano, avvenimento che risale al 1007. In quell'occasione furono effettuati la traslazione del corpo ritrovato di un presunto santo di nome Adeodato (dico presunto perch in realt era stata sbagliata la lettura di un'iscrizione, per cui si riteneva si trattasse di un santo ma in realt non era cos), il riallestimento della cripta e del presbiterio della basilica da parte di Ariberto (che vediamo raffigurato nell'abside) e l'intervento decorativo che interess tutta la chiesa, partendo dall'abside e sviluppandosi poi lungo la navata centrale. A parte il motivo occasionale del millenario, c' da dire che il battistero di Galliano (all'interno dell'ampia casistica di battisteri romanici individuabili in area lombarda) presenta delle peculiarit assolutamente singolari, che recentemente ho cercato di spiegare attraverso alcuni tentativi di lettura architettonica, ma che 12

sarebbe opportuno indagare in profondit anche dal punto di vista liturgico. Il primo dato che ritengo opportuno osservare riguarda la monumentalit del battistero rispetto alla chiesa plebana cui si affianca (figg.1-2). Si tratta di una dimensione oggettivamente inconsueta per un edificio avente solo funzione battisteriale, ma occorre considerare che probabilmente fu fatto costruire da Ariberto quando ormai era diventato arcivescovo di Milano (1018), mentre all'epoca della ristrutturazione della chiesa era suddiacono del Capitolo della Cattedrale (sulla buona strada per l'episcopato, ma non ancora nominato). Il battistero di Galliano presenta anche alcuni elementi che nell'ambito dei battisteri romanici risultano assolutamente singolari: elementi che una ventina d'anni fa furono messi in evidenza da Beat Brenk, il quale per lasci aperti alcuni interrogativi. Innanzitutto la struttura presenta un matroneo (figg.3-4), elemento che nei battisteri tutt'altro che consueto, ben visibile nei rilievi che ho fatto eseguire per una recente pubblicazione su Ariberto da Intimiano. Oltre al matroneo, all'interno del battistero sono documentati tre altari (attestati nel Liber Notitiae del XIII secolo, ma probabilmente esistenti fin dalle origini), disposti uno al piano terreno, dove si trovava anche la vasca battesimale, e due al livello del matroneo, dei quali purtroppo restano solo pochi resti. I dati problematici sono appunto quelli che ho appena indicato, che credo dovrebbero essere interpretati all'interno della peculiarit dellintervento architettonico promosso da Ariberto e della qualit architettonica dell'edificio. Come ho potuto riscontrare confrontandolo con altri esempi di committenza episcopale d'inizio XI secolo (periodo genericamente ritenuto quale avvio del romanico lombardo), ritengo che il modo di operare di Ariberto possa essere ricondotto a un processo di emulazione dell'episcopato carolingio. La stessa operazione di traslazione del presunto santAdeodato che Ariberto attua in San Vincenzo a Galliano ripropone, in piccolo, quanto Angilberto II aveva compiuto nella basilica di Sant'Ambrogio, dove aveva avviato, con la traslazione dei corpi santi, il rinnovamento del presbiterio. Si tratta di un argomento complesso sul quale sarebbe utile soffermarsi ulteriormente, perch sottende, anche all'inizio del secolo XI, un recupero dell'importanza dell'episcopato come elemento coagulante delle forze eterogenee che in quel momento operavano a livello politico ed ecclesiastico. Questo fatto va di pari passo con un altro che da storico dell'arte mi preme sottolineare, soprattutto considerando la sfortuna critica, dal punto di vista stilistico, che il battistero di Galliano ha avuto: la singolare qualit nei rapporti tra la spazialit interna e il paramento murario esterno, che alternando concavit e convessit sembra quasi voler assecondare il respiro volumetrico dellinterno. Si tratta di un aspetto formale di estrema importanza, tanto che Adriano Peroni ritiene che uno dei caratteri specifici dell'architettura romanica sia proprio questa corrispondenza tra spazialit interna e struttura esterna, cio la concezione organica e unitaria che caratterizza gli edifici. Uno dei primi problemi che ci si posti ha riguardato lesistenza e la struttura di un precedente battistero: la chiesa di San Vincenzo, che non sappiamo esattamente quando assunse funzione plebana, era stata comunque fondata in et paleocristiana, rimaneggiata in epoca carolingia e poi ristrutturata da Ariberto. Prima di quello che conosciamo ci fu, probabilmente, un altro battistero. Inizialmente si ipotizzato che potesse collocarsi al posto di quello attuale, ma gli scavi recentemente condotti non hanno confermato tale supposizione. Invece, in relazione ai rilievi pubblicati da Carlo Annoni nel 1835, Marco Sannazaro ha ipotizzato che l'originale battistero, o meglio la vasca battesimale, potesse collocarsi di fronte all'atrio antistante la basilica. Quella di Ariberto fu dunque una costruzione ex novo, non basata su un impianto precedente, come ad esempio Santa Maria del Tiglio a Gravedona, e piuttosto problematica nel suo assetto strutturale. Purtroppo non abbiamo il tempo di soffermarci sui singoli dettagli, ma a titolo esemplificativo faccio notare la soluzione un po' disordinata adottata per innestare gli arconi che reggono il matroneo sui pilastri di rinforzo angolari. Inoltre, tra le nicchie ricavate nei muri e i pilastri c' uno spazio minimo e non percorribile, ma in alcuni casi era stata predisposta una strettissima monofora che i pilastri stessi nascondono del tutto, negandone sostanzialmente la funzione. Emergono dunque problemi costruttivi irrisolti, che potrebbero essere fatti risalire a una costruzione del matroneo successiva alla fabbrica originale, ma i rilievi e le analisi condotte documentano che il matroneo fu realizzato contestualmente al resto della struttura, e non aggiunto in un secondo momento. Le scale che portano al livello superiore si collocano infatti all'interno dello spessore murario (fig. 5), e la muratura si presenta omogenea anche in alzato. In questa immagine potete vedere la pianta dei diversi livelli e la sezione, che oltre a chiarire la relazione tra i diversi spazi (battistero, matroneo, cupola di coronamento), permette di comprendere un ulteriore elemento molto importante, cio il fatto che le scale proseguivano oltre il matroneo e finiscono ora in corrispondenza del tetto. L'assetto originario doveva dunque essere diverso, per cui la cupoletta, che se si datasse all'XI secolo dovremmo considerare del tutto straordinaria, probabilmente frutto di un riallestimento della copertura (fig. 6). L'assonometria ricostruita mediante rilievi a laser scanner mostra molto bene anche la gi citata corrispondenza tra la spazialit interna e l'assetto murario esterno. Dal punto di vista della simmetria e della precisione formale, la pianta del battistero quasi 13

preoccupante (fig. 7). La storiografia ha infatti spesso parlato di un'architettura piuttosto incerta, poco omogenea e caratterizzata da inesattezze planimetriche, non rilevando per il dato storico-artistico pi notevole, cio il tentativo di far corrispondere uno spazio interno polilobato a una muratura esterna che lo asseconda. Questa novit fu probabilmente realizzata in corso dopera, non sulla base di progetti particolari, ma riferendosi ad un modello che possiamo individuare nel sacello carolingio di San Satiro (prescindendo ovviamente dalla copertura bramantesca), che Ariberto aveva molto a cuore, come dimostra il fatto che lo riconsacrer tra gli anni '30 e '40 del secolo. Probabilmente egli lo propose come modello all'architetto del battistero, il quale lo realizz in progress, in cantiere. Rispetto al raffinatissimo modello carolingio l'impianto delle nicchie interne del battistero tenta di elaborare uno spazio pi avvolgente: se nel sacello si distingue ancora chiaramente l'innesto tra le figure geometriche che determinano le nicchie, a Galliano l'articolazione pi complessa, con piccole nicchie angolari che tentano di risolvere pi adeguatamente l'incrocio tra il quadrato e la croce inscritta. Il confronto volumetrico tra le due strutture non invece significativo per diversi motivi, comprese le modalit assolutamente diverse di restauro adottate nei due monumenti, pur essendo interessante notare secondo quanto gi osservato come a Galliano la muratura cerchi di assecondare il movimento dello spazio interno anche attraverso l'inserimento di piccole nicchie con archetti. Questo dettaglio architettonico e decorativo va visto anche in rapporto all'abside di San Vincenzo, databile intorno al 1007, della quale costituisce uno sviluppo: mentre nella basilica viene sovrapposta al piano di fondo una struttura geometricamente leggibile di alte arcatelle cieche, nel battistero la concezione diversa, poich non troviamo pi la sovrapposizione di due semplici ordini architettonici, ma un vero e proprio tentativo di animazione plastica del piano murario, sottolineato da archetti in cotto che potrebbero per risalire in parte a interventi di restauro (fig. 8). Ariberto molto attento al gioco volumetrico che in quegli anni la cultura architettonica milanese andava ricercando. Parlare delle relazioni del battistero di Galliano con alcuni aspetti del rinnovamento della basilica tardo antica di San Lorenzo sarebbe ora troppo complesso, ma non va trascurato, almeno, il riferimento al matroneo della cappella di SantAquilino. Inoltre non va dimenticato il contributo offerto dallarcivescovo alla costruzione della basilica del Santo Sepolcro, che presenta la struttura presbiteriale trilobata e in base a recenti ritrovamenti documentari possiamo datare all'et aribertiana. Per concludere, torniamo al problema del matroneo presente nel battistero di Galliano. Quella che vedete una foto della zona occidentale del matroneo, corrispondente alla nicchia che segna l'ingresso. Si intravede l'altare sulla sinistra, e si percepisce con chiarezza la notevole spazialit che questo vano assume. Tralasciando le questioni costruttive, ritengo che il battistero, che doveva essere utilizzato in quanto tale non molto frequentemente, fosse utilizzato non solo per i battesimi, ma ospitasse anche altre celebrazioni liturgiche, e che questa zona del matroneo occidentale svolgesse anche funzione di cappella privata. Penso che qui, in particolare, celebrassero Ariberto e i suoi successori, cio i custodi e i rettori della basilica. Vi sono anche delle nicchie, probabilmente utilizzate per la custodia di reliquie, e tracce decorative posteriori all'epoca di Ariberto (del XII e XIII secolo) che attestano una continuit di utilizzo come cappella privata. Vorrei anche suggerire un'altra ipotesi che negli ultimi anni stata avanzata nell'ambito degli studi sul romanico lombardo: e cio che la basilica e il battistero di Galliano, del quale abbiamo gi rilevato la singolare monumentalit, rientrassero tra quei complessi plebani particolarmente significativi che, in alcuni casi, fungevano da chiesa doppia, imitando il sistema liturgico adottato da numerosi complessi-cattedrale, come quello di Milano. A questo proposito si potrebbero formulare ipotesi ulteriori, ma propongo solo un altro riferimento che ben si presta a questo tipo di lettura: il complesso plebano di Gravedona, sul lago di Como. Qui, come abbiamo gi accennato, il battistero viene ricostruito in epoca romanica conservando l'impianto paleocristiano, ma riveste anche altre funzioni. Inoltre, in questo caso la struttura non era utilizzata come cappella privata, ma pi probabilmente come santuario (vi si trovava infatti un antico affresco venerato sin dall'et carolingia), oltre che come chiesa doppia. Tale ipotesi avvalorata dalla presenza della torre campanaria, che sembra non fosse presente nella pieve di San Vincenzo, ma si trova sopra Santa Maria del Tiglio.

Prof. Antonio Lovato (Universit degli Studi di Padova) Signacula e Ordo ad penitentes reconciliandos secondo il Liber ordinarius della Chiesa padovana (testo non riesaminato dall'autore) Il battistero presso la Cattedrale di Padova un celebre esempio di arte medievale. Lo ammiriamo per la bellezza architettonica e per gli affreschi che ne decorano l'interno, realizzati da Giusto de' Menabuoi (figg. 1-3). Se consideriamo questo edificio dal punto di vista della storia della liturgia, troviamo che estremamente interessante per capire come, durante il medioevo, nella chiesa padovana avveniva la celebrazione di numerosi riti, e non soltanto del battesimo. Il Liber ordinarius (attualmente manoscritto E 57 della Biblioteca Capitolare di Padova, che gli studi pi recenti datano intorno al 1270-1275) non un testo 14

liturgico, ma un testo che contiene le rubriche e gli ordinamenti sulla celebrazione dei riti. Questo testo normativo spiega che il battistero era continuamente utilizzato durante la liturgia, perch tutte le processioni domenicali prima della messa o prima dei vespri solenni, cos come le celebrazioni dei drammi liturgici e i riti della Settimana Santa, coinvolgevano sia lo spazio della Cattedrale che quello del battistero. Dal Liber ordinarius emerge anche che la liturgia padovana era fortemente drammatizzata: non solo erano frequenti i drammi liturgici veri e propri che rappresentavano il mistero, ma anche la liturgia domenicale era molto animata e partecipata, e pur essendo riservata al clero riusciva a coinvolgere i presenti grazie ad una continua mobilit all'interno dello spazio. L'utilizzo degli spazi era molto attento e programmato, sia nel presbiterio e nella navata principale che negli spazi esterni, cio il piazzale, il cortile antistante il Palazzo Episcopale e il battistero. Siamo abituati a pensare la liturgia in funzione di come oggi la viviamo, stando irregimentati entro file di banchi lignei, ma in realt nel medioevo i banchi non c'erano, e quando il clero officiante si spostava da un luogo all'altro della Cattedrale, oppure nel battistero e negli spazi esterni, i fedeli seguivano la processione e partecipavano direttamente a tutti gli spostamenti. Nell'immagine vedete raffigurato l'attuale complesso della Cattedrale (fig. 4), con il battistero addossato alla destra della facciata. La Cattedrale non per quella medievale, ma corrisponde all'edificio che si inizi a ricostruire a partire dal Cinquecento: il battistero era dunque funzionale ad una Cattedrale medievale oggi sostituita da quella rinascimentale, progressivamente costruita inglobando e demolendo quella precedente di epoca romanica. Di quest'ultima possiamo vagamente ricostruire le fattezze grazie ad uno degli affreschi realizzati da Giusto de' Menabuoi, ad una miniatura (che pur non essendo molto leggibile presenta chiaramente un edificio dotato di protiro e articolato in tre navate), e ad alcuni disegni che ci sono pervenuti. Una planimetria seicentesca mostra infatti la struttura della vecchia Cattedrale, separata dal battistero e dotata, in corrispondenza della navatella sinistra, di un vano di collegamento con il palazzo episcopale. In quest'altro disegno potete vedere invece la pianta della Cattedrale attuale posta in relazione con quella medievale, evidenziata in grassetto. Per comprendere lo svolgimento del rito di cui vi parler importante tenere ben presenti alcune informazioni: nel transetto sinistro si collocava l'altare di San Giovanni Evangelista, oggi corrispondente all'altare del Santissimo Sacramento; all'incrocio del transetto con la navata, cio ai piedi del presbiterio, si collocava l'altare della Santa Croce, centro della celebrazione del rito dei catecumeni; il battistero, che come gi detto era esterno, veniva raggiunto durante la celebrazione secondo le modalit che cercher di sintetizzare. Alle soglie del Trecento, il Liber Ordinarius della Cattedrale di Padova descrive in modo molto dettagliato le varie fasi del catecumenato. Quella che vedete la carta di apertura del Liber Ordinarius, una raccolta di rubriche e di spiegazioni sulla celebrazione dei riti. A proposito della Quaresima, una lunga rubrica spiega come doveva avvenire la preparazione al battesimo, ma per comprendere come alla fine del Duecento si svolgeva questo rito, occorre innanzitutto richiamarne la tradizione, cio ricordare come il rito del catecumenato si era strutturato, nel corso del tempo, nell'ambito della chiesa cristiana. Le prime informazioni di cui siamo in possesso risalgono al III secolo, ma dati di gran lunga pi precisi li abbiamo a partire dal V-VI secolo, quando il rito inizia ad essere stabilmente celebrato durante la quaresima e questo importante periodo dell'anno liturgico viene interamente dedicato alla preparazione al battesimo. Testi di grande importanza, le cui formule documentano la stabilizzazione e codificazione del rito di preparazione al battesimo, sono poi il Sacramentario Gelasiano e l'Ordo Romanus XI, le cui rubriche sono il risultato della lunga elaborazione di vari testi. Cos strutturato, il rito del catecumenato confluito nell' Ordo ad catechumenum faciendum, del XIII secolo, e nel successivo Rituale del XVI secolo, per poi rimanere sostanzialmente inalterato sino ai giorni nostri. Ma come si struttura questo rito stabilizzato nell'Ordo XI? Per capire la liturgia padovana dell'Ordo XI necessario sapere cosa erano gli scrutini: il rito di preparazione al battesimo si articolava in una serie di incontri, denominati scrutini non perch ci fosse l'intenzione di verificare il grado di preparazione del candidato, ma perch in occasione di questi raduni comunitari si intendeva scrutare il suo cuore, la sua disponibilit a ricevere la grazia del battesimo. Questi incontri preparatori erano dunque sostanzialmente caratterizzati da pratiche di esorcismo, formule pronunciate dal vescovo (e successivamente anche dai sacerdoti) che avevano lo scopo di allontanare il male dalle persone che avevano chiesto di poter accedere al battesimo (i cosiddetti competenti o eletti), cio da coloro che avevano fornito il proprio nome e che nella Pasqua successiva intendevano ricevere il sacramento dell'iniziazione cristiana. Dopo la registrazione del nome di ciascuno, i competenti venivano iniziati alla pratica del battesimo mediante alcuni esorcismi che avevano lo scopo di allontanare il maligno non tanto in senso fisico quanto in senso etico, avviando un processo di educazione religiosa e morale. L'Ordo XI si articola in una successione di sette adunanze prebattesimali (scrutini), delle quali alcune particolarmente importanti. Nella prima, celebrata il mercoled della terza settimana di quaresima, i bambini diventavano ufficialmente catecumeni, e occorre precisare che l'Ordo XI parla unicamente di infantes, testimoniando che il battesimo degli adulti era gi diventato piuttosto inconsueto o addirittura eccezionale. Nella terza, che avveniva nella quarta settimana di quaresima, si celebrava l'apertio aurium o effata, cio le orecchie del catecumeno erano aperte bagnandole con la saliva 15

per testimoniare che egli era ormai pronto a ricevere il messaggio della grazia divina. Il settimo scrutinio, anch'esso particolarmente importante, avveniva il Sabato Santo. Gli altri erano sostanzialmente degli esorcismi, durante i quali i catecumeni venivano radunati ed erano solennemente pronunciate alcune formule. Lo scrutinio del Sabato Santo, che era l'ultimo e serviva a catechizzare, comprendeva il rito dell'effata, cio l'insufflazione sul viso dopo la quale venivano bagnate le orecchie e veniva praticato il triplice segno di croce sugli occhi, sul naso e sulle orecchie. Seguivano poi l'unzione dei catecumeni con l'olio, la pronuncia delle rinunce a satana e la reditio simboli, cio la vera e propria professione delle verit di fede mediante il Credo. Cos, in sintesi, si era codificato e stabilizzato il rito del catecumenato in preparazione al battesimo. Ma cosa dice il Liber Ordinarius di Padova rispetto a questa tradizione? Come anticipato, siamo ormai giunti all'ultimo quarto del secolo XIII, e questo testo documenta il permanere di una tradizione che sopravvive alla riforma della curia romana mantenendo specificit proprie. Nello stesso periodo storico alcune antiche tradizioni convivevano dunque al fianco di novit e riforme che a partire dall'inizio del Duecento si erano progressivamente affermate, in tutta Europa, soprattutto ad opera dei Francescani, che diffusero in modo capillare quell'Ordo Romanus poi divenuto e rimasto rito universale sino al Concilio Vaticano II. Padova si dimostra dunque fedele e tenacemente legata alla propria tradizione: a tal proposito basti pensare che nel 1290, cio un secolo dopo la riforma romana francescana, viene copiato il manoscritto B 16*, ancora oggi custodito nella Biblioteca Capitolare, un testo che riporta tutti i repertori di troppi e sequenze cos come erano in epoca franco-romana. Ci significa che Padova continuava a custodire le proprie tradizioni nonostante ci fosse il Santo, o forse proprio in contrapposizione a Lui. Fu tra l'altro copiata l' Abbreviatio di Aimone di Pavesan, perch l'abbreviazione dell'ufficio della Messa e dell'Ufficio delle ore avvenuta proprio presso la Basilica del Santo, dove Aimone di Pavesan era, in quel periodo, lettore di filosofia. La sua Abbreviatio poi diventata quella universale, ma la Cattedrale di Padova accetter la riforma romanofrancescana solo progressivamente, a partire dal 1320, cio quando iniziano ad essere copiati i famosi graduali e antifonari del Trecento, estremamente importanti anche dal punto di vista delle miniature. Accanto a questi dati di per s molto significativi, c' da sottolineare che il Liber Ordinarius conserva la tradizione dei sette scrutini, descritti in modo analitico e ora chiamati signacula, a rammentare il signum indelebile impresso da Cristo sull'anima del neofita a lato della cerimonia di iniziazione alla fede. Il numero resta lo stesso: sette erano gli scrutini e sette sono i signacula, e sappiamo bene quali e quanti significati abbia il numero sette all'interno della liturgia cristiana. Per quanto riguarda la loro distribuzione, il primo avviene nella feria secunda (luned) della terza settimana di quaresima, dando inizio alla preparazione al catecumenato. Dopo l'ora di terza suona la campana della messa, e gli infantes non ancora battezzati vengono portati alla chiesa maior, cio alla cattedrale. Davanti alla porta rivolta ad est, cio la porta maggiore, seduto uno degli otto scolari della scuola della cattedrale, il quale riceve i nomi di coloro che chiedono di diventare catecumeni. Ciascun bambino ha il nome proposto dal proprio fideiussor, cio dal padrino, e l'insieme dei nominativi viene appuntato su una tavoletta di legno. Per ogni candidato dev'essere versato un obolo pari a un denaro. Cos avviene anche per i bambini che si presentano alle porte orientate ad meridiem, verso il Palazzo episcopale, dove ci sono altri due chierici che ricevono e registrano i nomi dei bambini. Nella feria quarta della terza settimana di quaresima, cio dopo due giorni, i bambini vengono nuovamente portati in chiesa al suono della campana. Si canta la Messa all'altare della Santa Croce, ovvero quello posto ai piedi del presbiterio, dopo di che il Liber Ordinarius riporta la frase et fiunt signacula: non precisa come vengono impartiti, ma dice solo che devono svolgersi cos come prescritto nel libro per il canto della Messa. Naturalmente il Messale contiene, in questo caso, gli esorcismi che devono essere pronunciati durante questa adunanza. Il rito ripetuto (terzo signaculum) durante la feria sesta della terza settimana di quaresima. Nella quarta settimana di quaresima si fanno i signacula nella quarta e nella sesta feria, e si tratta di riti analoghi a quelli della settimana precedente, cio recite di preghiere e formule di esorcismo per la preparazione al battesimo. Il sabato della quinta settimana di quaresima, invece, prevede gli ultimi due signacula, cio il sesto e il settimo. Il sesto riguarda i bambini della Cattedrale, cio i bambini della citt, e gli infantes de villis dipendenti dalla cattedrale, cio i bambini provenienti dalle cappelle del contado che erano liturgicamente gestite dai cappellani della cattedrale e che quindi dovevano essere battezzati nella chiesa-madre della diocesi. Naturalmente non era possibile che questi bambini fossero portati in citt dal villaggio per sei volte di seguito, per giunta accompagnati da genitori e padrini; di conseguenza, il sabato della quinta settimana, cio quello precedente la Domenica delle Palme, per loro erano celebrati cumulativamente sei signacula, rito che avveniva nel transetto sinistro presso l'altare di San Giovanni. I rispettivi cappellani dovevano essere presenti e assistere alla celebrazione, le mamme erano tenute a portare offerte per i propri bambini, e alla fine tutti i bambini, tam de villis quam de civitate, erano condotti presso l'altare della Santa Croce, collocato sull'asse centrale della chiesa, dove erano ricevuti dall'Arciprete gi pronto per la celebrazione della Messa. La Messa si svolgeva regolarmente sino alla lettura dell'epistola e del graduale, dopo di che il coro scendeva dal presbiterio per recarsi alla sacrestia inferiore, cio quella posta alla destra del presbiterio 16

(quella opposta era detta sacrestia maggiore o dei canonici). Da qui prendeva avvio una processione costituita da personaggi appartenenti al clero della cattedrale: quattro diaconi con i quattro libri dei Vangeli, due scolari con due ceri, due scolari con due croci e due accoliti con i turiboli. La processione arrivava all'altare della Santa Croce; qui i quattro libri erano disposti ai quattro angoli dell'altare, l'Arciprete si portava ai cancelli dell'altare medesimo, si rivolgeva ai bambini tam de villis quam de civitate, e diceva: aperituri vobis, filii charissimi. Non venivano aperti i cancelli; si trattava invece del rito della apertio aurium, che includeva l'insufflazione. I cappellani presenti dovevano accompagnare i bambini e soffiare sul loro volto, sui loro occhi e sulle orecchie per predisporre i loro sensi all'accettazione della grazia del battesimo. Il battesimo era impartito il Sabato Santo, durante la veglia pasquale. Dopo la benedizione del cero e la lettura delle dodici Lezioni, si dava inizio al canto del Sicut cervus, che adesso ascolteremo insieme. Canticum Sicut cervus desiderat ad fontes aquarum, ita desiderat anima mea ad te, Deus. V. Sitivit anima mea ad Deum vivum, quando veniam et apparebo ante faciem Dei mei? V. Fuerunt mihi lacrimae meae panes die ac nocte, dum dicitur mihi per singulos dies: Ubi est Deus tuus? (Ps. 41, 2-4) Il canto del solista molto elaborato e melismatico. La struttura del cantico di tipo responsoriale, quindi ci che avete sentito non del tutto rispettoso dell'ordine effettivo, poich dopo ogni versus si dovrebbe ripetere il sicut cervus, cio il responsum. Inoltre, qui sono stati riportati solo due versi, mentre in realt il canto molto pi esteso, perch col sottofondo di questo salmo i sacerdoti de villis et eciam de cappellis civitatis dovevano ungere gli infantes con l'olio benedetto sul petto e sulle spalle, recitando i relativi esorcismi. A seguire c'era il canto delle litanias septenas. Il coro della cattedrale era suddiviso in due semicori, disposti uno a destra e l'altro a sinistra, e ciascuno dei due era a sua volta suddiviso in tre gruppi di cantori, per un totale di sei gruppi che con il solista diventavano sette. Il solista intonava sette formule litaniche e i gruppi di cantori, uno per volta, le ripetevano tutte e sette. In questo modo ci si preparava alla lunga processione che li avrebbe portati al battistero, dove sarebbe avvenuta l'amministrazione del battesimo. La processione partiva dunque dall'altare della Santa Croce, si snodava attraverso la cattedrale e giungeva al battistero. Essa coinvolgeva tutto il clero, poich era richiesta la presenza del vescovo, di dodici sacerdoti, sette diaconi, sette suddiaconi, i chierici con le candele, la croce e il turibolo, il diacono che portava il grande cero benedetto e due accoliti che cantavano il versus Rex Sanctorum (una prosa ritmica). Durante il canto del solista tutti dovevano restare fermi ad ascoltare il versus, mentre quando il coro rispondeva ripetendo lo stesso verso, la processione ripartiva (omnes vadunt). Le modalit secondo cui fare uso dello spazio erano dunque precisamente programmate, proprio per dare il senso della sacra rappresentazione. Al battistero il Vescovo procede alla benedizione del fonte battesimale: due scolari recano le due ampolle del crisma e dell'olio; altri due reggono due asciugamani; quattro sacerdoti de villis et de cappellis civitatis, vestiti con il camice bianco, sono pronti per il battesimo. Il diacono con il cero grande si porta davanti al Vescovo, e a questo punto il cero viene immerso nell'acqua del fonte: prima per un terzo della sua lunghezza, poi per met, e infine per intero ( probabile, di conseguenza, che in questo periodo il battistero fosse ancora dotato della vasca battesimale). Dopo l'immersione del cero, che gi stato benedetto come portatore della luce, avviene finalmente la benedizione del fonte. Il Vescovo battezza duos vel tres pueros, mentre tutti gli altri sono battezzati dai sacerdoti. Di seguito i fanciulli sono unti sulla fronte con il crisma, e subito dopo, con una solenne processione, sono condotti in cattedrale per assistere alla celebrazione della Messa della Veglia Pasquale. A processione conclusa il coro si porta di nuovo sul presbiterio, presso l'altare maggiore, e qui vengono cantate le litanias ternas. In questo caso i cantori non si suddividono in sette gruppi ma solo nei due semicori che accompagnano il solista. Quindi viene intonato il Gloria e ha inizio la Messa della Resurrezione. Una celebrazione parallela a questa quella, molto simile, che avveniva il gioved, della quale per non abbiamo il tempo di parlare. Essa riguarda l'Ordo ad penitentes reconciliandos, e consiste in un rito ugualmente ricco di movimento, che coinvolge sia lo spazio interno alla cattedrale che quello esterno. Anche in questo caso era prevista la partecipazione del clero al completo e persino dei penitenti pubblici, che si posizionavano al centro del cortile antistante il Palazzo episcopale. Sul lato est, protetto da un baldacchino, 17

si posizionava il Vescovo; il clero si disponeva attorno alle porte laterali della chiesa; il coro si distribuiva sul lato opposto; nel mezzo, infine, stavano i penitenti, che erano ammoniti e ricevevano ciascuno, da parte del Vescovo, una penitenza proporzionale alla gravit della colpa commessa. Una volta accettata la penitenza, i penitentes dovevano vestirsi umilmente e mantenere un contegno dimesso. Il coro entra in chiesa dalla parte dell'altare di San Giovanni, dove ci sono le scolae, cio le aule della scuola della cattedrale che erano poste sopra la sacrestia maggiore. Fanno seguito i penitenti accompagnati dal canto dei salmi penitenziali, e una volta giunti davanti all'altare della Santa Croce si distendono per terra per ricevere la benedizione da parte del Vescovo, che subito dopo d inizio alla celebrazione della Messa. I penitenti sono cos riammessi a far parte della comunit. Non si trattava, dunque, di cerimonie riservate o private, e il battesimo non riguardava solo la famiglia ma coinvolgeva l'intera comunit. La riammissione dei penitenti non era una faccenda personale ma un avvenimento che riguardava tutta la societ, che a quel tempo si identificava pienamente nella comunit cristiana. Il coinvolgimento della comunit dei fedeli avveniva anche attraverso l'utilizzo degli spazi, che assumevano un preciso significato, erano funzionali all'economia dei diversi riti, e servivano a materializzare la celebrazione del mistero. Prof.ssa Francesca Flores D'Arcais: I pueri di cui abbiamo sentito parlare erano bambini di qualche anno d'et o solo di pochi mesi? E quando poi entravano in cattedrale per partecipare alla Messa facevano gi la comunione? Prof. Antonio Lovato No, non facevano la comunione, ma anche se l'et non specificata si trattava certamente di bambini in grado di entrare in cattedrale con le proprie gambe. Noi oggi siamo abituati a battezzare infantes veri e propri, ma questa prassi diventata sostanzialmente obbligatoria solo con il Concilio di Trento. Prima non era necessario amministrare il battesimo ai bambini appena nati. So che domani si parler degli ordinamenti del Cardinale Borromeo, e da questo punto di vista la sua azione stata particolarmente importante, perch la normativa da lui messa a punto diventata poi un modello per tutta la Chiesa cattolica post-tridentina. Prima non c'era un vincolo tassativo riferito all'et, ma si pensava pi che altro alla complessiva educazione delle famiglie. Abbiamo gi detto, ad esempio, che per coloro che abitavano nel contado sarebbe stata molto problematica la partecipazione a tutti i signacula: portarsi per sei giorni di seguito in cattedrale era impossibile. La realt del tempo era del tutto diversa dalla nostra. Ho avuto modo di studiare le visite pastorali del Quattrocento, quelle dei vescovi riformatori padovani, e da l emerge con chiarezza uno scenario drammatico. Tutto ci che abbiamo descritto avveniva in cattedrale, dove il clero era preparato, ma il clero delle campagne era del tutto diverso, e la situazione era decisamente complessa. A quel tempo, prima del concilio di Trento, i vescovi riformatori veneziani facevano le prime visite pastorali, e interrogandoli spesso scoprivano che i sacerdoti non conoscevano neppure le formule della Messa e dei sacramenti, o che questi ultimi non erano neppure amministrati. C'erano anche parrocchie abbandonate in cui mancava il sacerdote, perch i canonici le prendevano in carico e poi le sub-appaltavano. Mons. Giancarlo Santi Sono costretto ad interrompere, e ringrazio moltissimo il Prof. Lovato per questo intervento straordinariamente preciso e atteso, che speriamo sia possibile continuare a sviluppare in un'altra occasione.

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II giornata 10 Maggio I SESSIONE Mons. Giancarlo Santi Questa mattinata prevede quattro interventi. Inizier Andrea Longhi, la cui relazione si intitola Dal Battistero al fonte: spazi per il battesimo nel tardo Medioevo. Seguir il Professor Alessandro Rovetta, dell'Universit Cattolica del Sacro Cuore, che tratter delle Istruzioni di San Carlo in materia di Battesimo. Dopo di lui Francesco Repishti, del Politecnico di Milano, ci parler dei Battisteri e fonti battesimali in area lombarda tra Cinque e Seicento. E infine Andrea Nante, Direttore del Museo Diocesano di Padova, tratter dei Fonti battesimali fra Sei e Settecento nelle Diocesi del Triveneto. Dobbiamo come sempre procedere a tamburo battente, perch di tempo non ce n' mai abbastanza, ma al termine di ogni intervento ritaglieremo dieci minuti per dar spazio a domande e risposte, in modo da raccogliere puntuali reazioni da parte dei presenti. In ogni caso siamo tutti in contatto diretto, per cui sempre possibile scambiare opinioni, riflessioni e domande. Passo ora la parola al Professor Andrea Longhi, che ringrazio ancora per la sua cortesia. Andrea Longhi (Politecnico di Torino) Dal battistero al fonte: spazi per il Battesimo nel tardo Medioevo Il titolo assegnatomi include uno spettro ampio di temi e problemi, relativi al periodo che si apre con la ripresa demografica, insediativa ed architettonica dell'XI secolo, per estendersi sino ad alcune esperienze basso-medievali. Nella relazione intendo proporre alcune riflessioni solo su alcuni specifici argomenti, soffermandomi in particolare sul rapporto tra scelte spaziali e vita liturgica comunitaria. Nell'ampio ambito cronologico considerato sono gi sostanzialmente fissati i due tipi liturgico-spaziali dedicati al battesimo: da un lato il battistero inteso come architettura autonoma, connessa al resto del complesso episcopale o plebano mediante un percorso pi o meno strutturato; dall'altro l'esperienza assai pi capillare e pervasiva di uno spazio per il fonte ricavato all'interno dell'aula liturgica, assumendo non tanto la forma di una vera e propria cappella battesimale (tipo che a mio avviso si definisce a partire dalla fine del medioevo), quanto piuttosto quella di uno spazio funzionale non particolarmente connotato dal punto di vista architettonico. Il problema del passaggio dal battistero al fonte viene spesso sovrapposto, in modo un po' affrettato, a problemi di altro tipo, come ad esempio il passaggio dalla vasca battesimale al fonte a calice, o dal battesimo degli adulti a quello degli infanti, oppure ancora dall'immersione all'aspersione. In realt si tratta di quattro trasformazioni del rito e dell'architettura che si muovono su percorsi non sincroni, e ogni specificit locale si evolve, in relazione a ciascuno di questi binomi, secondo rapporti e peculiarit proprie. Ad esempio, si propongono ancora ampie vasche battesimali in un periodo tardo in cui ormai si battezzano normalmente gli infanti, i quali - del resto - possono essere battezzati mediante diversi tipi di infusione, aspersione o immersione pi o meno parziali. Possiamo dunque avanzare una prima considerazione, e cio che alla fine del medioevo con una periodizzazione articolata per aree non esiste una sola liturgia battesimale, ma esistono una molteplicit di esperienze rituali e spaziali che variano non solo a seconda della diocesi, ma anche da pieve a pieve, come dimostrano alcuni sacramentari plebani ancora oggi conservati. Nonostante diversi tentativi di riforma 'centralizzata', l'uniformazione avviene solo con l'attuazione del concilio tridentino. L'interesse per lo studio architettonico del battistero consiste nello scarto tra ci che essenziale teologicamente nel rito e ci che arricchisce culturalmente lo spazio. Nell'ambito della riflessione teologica scolastica bassomedievale gli aspetti fondamentali per il sacramento sono pochi, e consistono essenzialmente nell'abluzione e nell'invocazione trinitaria. Sebbene sia riconosciuto che tali elementi essenziali sono minimi, si sviluppano una pluralit di esperienze spaziali e figurative: ci probabilmente accade perch nel cuore del medioevo le scelte architettoniche e figurative sono condizionate soprattutto da aspetti socio-culturali e da preoccupazioni pastorali. Gli aspetti rituali ne costituiscono senz'altro la premessa, ma non ne condizionano tutte le manifestazioni. Un altro fenomeno facilmente rilevabile la contrazione, se non addirittura l'eliminazione, dei percorsi di preparazione legati al catecumenato e alle premesse immediate al rito. Da una sequenza di spazi organizzati, dislocati all'interno del complesso episcopale e destinati ad un rito che si sviluppava non lungo l'arco di poche ore ma attraverso settimane o persino mesi, si passa ad una drastica semplificazione: l'articolato tessuto spaziale che i complessi episcopali dedicavano al battesimo diventa uno spazio limitato, e dall'insieme dei riti del catecumenato la liturgia passa a un Ordo battesimale assai circoscritto, nel quale l'atto battesimale in quanto tale ad assumere valore identitario, a significare l'appartenenza e a condizionare l'unitariet dello spazio destinato all'iniziazione cristiana. 19

Fatte tali premesse, gli scenari che prenderemo in considerazione sono due: i battisteri monumentali urbani, afferenti a complessi episcopali; i battisteri afferenti alle chiese battesimali, alle pievi intese come luogo di esercizio dello ius baptismandi per l'evangelizzazione delle campagne. Concluder poi con alcune riflessioni sui fonti battesimali non autonomi (cio non collocati all'interno di battisteri) e sulla fine dell'esperienza del battistero isolato nel medioevo. Assumendo preliminarmente la questione a una scala ampia, territoriale e urbana, il problema del battistero come edificio autonomo si pone nel momento in cui, nei decenni iniziali e centrali dell'XI secolo, si arriva alla ricostruzione dei complessi episcopali e plebani. Si pone, cio, nel momento in cui lo sviluppo demografico, edilizio e urbano giunge a coinvolgere capillarmente la trama insediativa. Qui si decide la sorte del luogo del battesimo: ci sono intere regioni d'Europa in cui non si avverte affatto l'esigenza di riformulare un edificio battesimale autonomo, perseguendo la strada di uno spazio battesimale interno all'aula liturgica unica e abbandonando le preesistenze autonome paleocristiane; ci sono invece altre aree, soggette a diverse condizioni socio-culturali e politiche, nelle quali si giunge a rivitalizzare edifici paleocristiani (ci che accade a Novara, dove il ciclo degli affreschi apocalittici della nuova copertura nei secoli XI e XII restituisce un ruolo al battistero paleocristiano) o a riproporre ex-novo un'architettura battesimale autonoma. Come gi aveva osservato mons. Cattaneo negli anni Settanta, l'esperienza del battistero inteso come edificio autonomo resta specifica di quei contesti in cui all'identit religiosa si sovrappone un'identit civica forte. Essa coinvolge dunque le regioni dell'Italia comunale padana e toscana, alcune aree della Francia latina, e si arresta ad una latitudine compresa fra la Toscana ed Ascoli Piceno, nel centro Italia. Le condizioni importanti affinch si verifichi la possibilit di un battistero monumentale sono essenzialmente due: il ruolo forte del vescovo, che a livello diocesano mantiene il controllo della disciplina dei sacramenti, e la presenza di una committenza civica che attribuisce al battistero un valore identitario importante per l'intera cittadinanza. A tal proposito utile ricordare anche il fenomeno della moltiplicazione del numero dei padrini (che solo pi tardi saranno nuovamente ridotti al numero minimo) e il fatto che l'istituto del padrino, proprio in questo momento storico, assume una rilevanza talvolta persino pi forte del legame di sangue. E' dunque ampiamente documentata una pluralit di legami culturali e di relazioni sociali che trovano nel battesimo, e nell'edificio battesimale, un luogo in cui essere concretamente rappresentati. L'esito dunque non solo il semplice edificio battesimale, ma anche uno spazio urbano segnato dal battesimo; a differenza di quanto accade nei complessi episcopali del IV, V o VI secolo, in cui lo spazio battesimale, pur assai articolato, ha un ruolo pi introverso, scandito all'interno di una sequenza di spazi legati da riti e itinerari, nella fase comunale bassomedievale dell'architettura battesimale il volto esterno e monumentale dell'edificio assume un ruolo morfogenetico, ed valutato anche in termini di decoro e paesaggio urbano o di connotazione forte di uno spazio pubblico. Fenomeni diversi riguardano invece i battisteri di tipo rurale legati alle pievi. Anche per questi casi la rivitalizzazione dell'esperienza del battistero autonomo circoscritta ad alcune aree geografiche, tra cui spiccano quelle in cui evidente la persistenza del rito e la presenza diretta, istituzionale o culturale, della diocesi ambrosiana. Anche nei casi rurali pare restare la consuetudine celebrativa legata alla veglia pasquale o di Pentecoste. In alcuni casi si rinnovano esperienze paleocristiane, come nel caso di Marcellianum, nei pressi dell'attuale Certosa di Padula, edificio caratterizzato dall'edificazione direttamente sopra una sorgente naturale. In altri casi, si hanno invece strutture realizzate ex-novo. La committenza non necessariamente locale: si pensi al coinvolgimento di Ariberto per Galliano o all'iniziativa di Landolfo per Chieri. Nei casi direttamente connessi a strutture insediative consistenti e dinamiche, i battisteri di pieve assumono scala e collocazione che manifestano forti ambizioni urbane: la comunit rivela una prospettiva di promozione della pieve a sede diocesana, o la propria volont di consolidare un tessuto insediativo di matrice quasi urbana. Assumendo alcuni esempi subalpini, a Biella il battistero plebano mantiene il proprio ruolo simbolico sino a quando la citt riesce, in et moderna, ad acquisire la titolarit diocesana; lo stesso vale per l'autonomia raggiunta da Varese rispetto a Milano. Chieri, invece, rester sempre una quasi-citt (definizione che traggo dal lessico storiografico milanese), ossia non avr mai un ruolo diocesano, e questo nonostante il cantiere del Duomo trovi nel battistero, continuamente aggiornato e rifunzionalizzato, uno dei perni di una forte identit civica, che tuttavia non diverr mai pienamente urbana. In altri casi ancora i battisteri di pieve restano segnali fossili di una trama insediativa sparsa, mai aggregatasi, come accade nel caso di San Ponso Canavese. Posto ai margini di un insediamento a matrice stradale, il battistero un edificio di origini paleocristiane, restaurato e aggiornato nel corso dei secoli XI e XII, che tuttavia non riuscito ad innescare un processo di accentramento insediativo di forte rilevanza. Inquadrate le questioni urbanistico-insediative, possiamo tornare ai battisteri dei centri episcopali urbani per osservarne alcuni assetti architettonici. Come gi accennato, l'isolamento e la monumentalit dell'edificio sono da un lato l'esito della semplificazione del percorso del catecumenato, e dall'altro la conseguenza di una molteplicit di riti paraliturgici che hanno luogo nel battistero proprio in virt del valore sociale e culturale del sacramento del battesimo. Si passa da strutture articolate in una sequenza di spazi, a un volume unitario al cui interno si organizzano spazi differenziati per i diversi passaggi del rito o della ritualit sociale. I 20

battisteri diventano cos esternamente edifici riconoscibili, quasi stereometrici, che qualificano lo spazio urbano, ma al tempo stesso mostrano al loro interno numerose articolazioni e declinazioni spaziali, magari poco formalizzate in termini architettonici ma ben qualificate dall'apparato decorativo. In questi luoghi si svolgono, con regolarit, una serie di para-liturgie che rafforzano un ordo battesimale ormai condensatosi nella celebrazione del solo Sabato Santo. Analizziamo alcuni aspetti tipizzanti legati allo svolgimento del rito. La moltiplicazione degli ingressi fenomeno che lega la scala urbana a quella dell'articolazione edilizia interna. Nel battistero fiorentino di San Giovanni le tre porte paiono essere destinate rispettivamente all'ingresso dei catecumeni e della popolazione, all'ingresso del clero officiante e all'uscita processionale verso est, che conduce direttamente al portale principale della cattedrale. Tre porte si ritrovano anche nel battistero di Parma: la porta di ingresso dal cuore della citt per i fedeli, un'altra porta pare essere riservata ai catecumeni e infine, verso la cattedrale, la porta attraverso cui i catecumeni ormai divenuti neofiti il vescovo e il clero escono dal battistero per avviarsi processionalmente verso il prosieguo della celebrazione in cattedrale. Esempio pi semplice quello di Ascoli Piceno, dove sono ben riconoscibili la porta di ingresso dalla piazza e quella di uscita volta verso la vicina cattedrale (fig. 1). Per quanto riguarda l'articolazione interna dello spazio battesimale autonomo e il suo uso le fonti sono rare, ma interessante far riferimento alle approfondite ipotesi sviluppate da Vincenzo Gatti sul battistero di Parma. La particolare conformazione planimetrica, il complesso programma iconografico, le lunette dell'Antelami e i successivi interventi hanno fatto pensare alla volont di caratterizzare luoghi liturgici specifici all'interno dell'unico ampio vano: si possono avanzare ipotesi spaziali sulla traditio e redditio symboli et evangelii, sui diversi scrutini, sulla triplice rinuncia a Satana, sulla spoliazione e sul rivestimento della veste candida, sul signum crucis o sulla consegna del latte e miele. Tali ipotesi derivano dal confronto tra il rito consolidato, il programma iconografico e la lettura dell'edificio fatta in occasione dei restauri. Un altro tema quello delle diverse forme del fonte. Tra i casi pi interessanti, la conca doppia del fonte centrale di Parma (fig. 2), soluzione affine a quelle di Verona (fine XII-inizio XIII) e di Tarquinia (seconda met XII). All'interno della vasca si ponevano all'asciutto, probabilmente, quei sacerdoti che collaboravano con il vescovo per il rito di infusione sui bambini. In altri casi troviamo una grande vasca con funzione memoriale associata a pozzetti periferici, come ad esempio si pu vedere a Pisa (1245, Guido Bigarelli da Como) e a Pistoia (1226, Lanfranco da Como). Grazie alle interpretazioni del Canto XIX dell'Inferno (16-19) della Divina Commedia possiamo ricondurre anche il fonte di Firenze a tale tipo: noto, in particolare, l'episodio del bimbo che cadde in uno di questi pozzetti, probabilmente dotati di un otre estraibile, che fu frantumato per poterlo salvare. Se dunque nel basso medioevo si verifica uno scollamento tra l'immagine di un rito legato alla grande vasca e la prassi della moltiplicazione delle conche battesimali per gli infanti, tali soluzioni mediano aspetti memoriali e funzionali, facendoli coesistere all'interno del medesimo edificio. Interessante anche il caso dello sdoppiamento del fonte. A Firenze, sin dal XII, secolo documentata la presenza di un secondo fonte laterale, ancora oggi esistente (l'attuale del 1371), per la celebrazione ordinaria del battesimo. Anche a Parma troviamo, sin dai primi decenni del battistero, il doppio fonte: non solo la grande conca a due valve che abbiamo precedentemente commentato, ma anche un fonte a calice dai riferimenti antelamici, probabilmente traslato dalla cattedrale. Si verifica, in questo caso, un cortocircuito iconografico: la forma del fonte pi piccolo infatti adottata da un frescante per la raffigurazione del battesimo per immersione di Costantino (costretto a una posa piuttosto improbabile), accanto a cui trova posto una pi comprensibile e ragionevole scena di battesimo per immersione di un neonato (fig. 3). La convivenza tra i due tipi di fonte e tra diverse liturgie pertanto conduce, nel cuore del Trecento, ad una pluralit di esperienze non sempre perfettamente leggibili. Ad Ascoli, nel Trecento il fonte centrale che preesisteva all'edificio romanico riempito, coperto e obliterato, e nella grande nicchia posta alla destra dell'ingresso al battistero collocato un nuovo fonte a calice che sostituisce la vasca originaria. Nel quadro di una lettura del rapporto spaziale tra i diversi aspetti liturgici, molto interessante la presenza di spazi per l'eucarestia, documentati dalla presenza di altari (per la celebrazione: solo per il rito o anche per una officiatura ordinaria del battistero come ecclesia?) o di tabernacoli (per la conservazione). Se la convivenza di fonti e altari nei battisteri fenomeno variegato che non pu essere sintetizzato brevemente, merita un cenno il tema del fonte rinascimentale di Siena (1427-1435), che include un tabernacolo che potrebbe essere interpretato come custodia per gli oli, ma che alcune fonti precedenti alla Controriforma descrivono come tabernacolo eucaristico; il medesimo tema riproposto a Massa Marittima nel 1447 (su fonte duecentesco), cio solo pochi anni dopo, e nel 1459 emulato nella nuova cattedrale di Pienza (che riecheggia anche la collocazione absidale sotterranea del battistero), citt sottoposta alla giurisdizione senese (fig. 4). Frequente anche il caso del battistero con ambone monumentale in Toscana, fenomeno studiato da Thimoty Verdon; il caso pi emblematico quello di Pisa (Nicola Pisano, 1260), ma le fonti ricordano anche la commessa ad Andrea Pisano per Firenze nel 1321. Per il rapporto tra fonte e ambone si segnala anche l'esperienza normanna siciliana, di stretta integrazione tra i due arredi, valorizzata dalle ricerche di Crispino 21

Valenziano. Gli elementi cui sino ad ora abbiamo fatto cenno aiutano dunque a declinare la pluralit delle forme del rito all'interno del contenitore battistero. Gli aspetti che condizionano la vita del battistero sono tuttavia molti di pi, e sono espressione della sua polifunzionalit: la conservazione delle reliquie; la progressiva stratificazione di esigenze devozionali che gradualmente acquisiscono importanza (a Parma, a Varese, a Chieri, ad esempio, si verifica una proliferazione di affreschi votivi); l'uso sepolcrale (la dinastia carrarese fa uso del battistero di Padova sin dal 1378, e lo stesso accade a Venezia, poco prima, con il doge Andrea Dandolo); e infine esigenze di tipo civico (la conservazione del Carroccio a Cremona, la processione annuale dei centri sottomessi a Firenze il giorno di San Giovanni) ed etico (a Parma, sugli stipiti del portale di accesso dalla citt sono raffigurate le opere di misericordia, che ammoniscono i fedeli circa il ruolo identitario, operativo e morale dell'iniziazione cristiana). Un altro importante aspetto da considerare il fatto che i battisteri siano spesso gestiti da opere autonome, indipendenti sia dalla committenza episcopale sia dall'opera della cattedrale stessa: una caratteristica che consente sperimentazioni progettuali anche molto interessanti, e la valorizzazione del progettista (per esempio lo sculptor Benedictus a Parma, o Deotisalvi magister a Pisa). A questo proposito significativo anche segnalare l'esperienza della progettazione della facciata del battistero di Siena, solo in parte realizzata: il prezioso disegno che ci pervenuto, risalente agli anni 1339-1340 e analizzato in particolare da Valerio Ascani, rappresenta uno dei primi esempi noti di raffigurazione grafica e metrica del progetto, e dimostra appunto come il valore civico e urbano del battistero fungesse da stimolo per importanti elaborazioni (fig. 5). Come sopra accennato, i battisteri assolvono anche a una funzione di qualificazione dello spazio urbano e contribuiscono alla definizione del concetto di decoro urbano nel bassomedievo, grazie ai richiami al valore memoriale dell'edificio, ma anche al suo permanente carattere di edificio da aggiornare e adeguare. A proposito della collocazione urbana, della distribuzione degli spazi e del loro ruolo, la disposizione assiale informa di s casi esemplari, ma non pu essere definita come la soluzione pi ricorrente. Nel caso assiale di Pisa, ad esempio, gli scavi archeologici e le analisi urbane individuano in questo tipo di composizione una reinvenzione risalente al XII secolo: il battistero, diversamente collocato nell'alto medioevo, alla conclusione del cantiere della cattedrale di Buscheto e Rainaldo fu riposizionato in asse con la stessa. Ritroviamo la medesima impostazione anche a Pistoia (fig. 6), a Volterra, e soprattutto a Firenze ma sebbene questo tipo di impianto appaia come il pi convincente non si tratta affatto della soluzione pi spesso praticata. A Cremona e Parma abbiamo un battistero affiancato alla cattedrale e affacciato su un sagrato comune, e le frequenti anomalie morfologiche riscontrabili nei diversi casi testimoniano come la ricerca progettuale sia pi forte della supposta fissit del modello rituale. A Siena il battistero ricavato sotto l'ampliamento della cattedrale dal 1316, e il collegamento quasi diretto con la Piazza del Campo genera una seconda facciata rimasta incompiuta; particolare anche il caso di San Marco a Venezia, a definire l'angolo con il palazzo ducale (dal 1343-1354). Nel Quattrocento, a Udine, si sopraeleva la torre campanaria al di sopra del battistero (fig. 7). Ma soprattutto non bisogna dimenticare, come ben dimostra il caso della cattedrale di Orvieto, che la stragrande maggioranza dei complessi episcopali conserva il fonte all'interno dello spazio dell'aula. Passiamo sinteticamente ai battisteri rurali. La mappa proposta da Fiocchi Nicolai e Gelichi in occasione del congresso di archeologia cristiana del 1998 (tav. I) mostra la distribuzione dei battisteri paleocristiani sul territorio nazionale. La carta elaborata da Frati nel 2003 (tav. II) riguarda invece la dislocazione dei battisteri medievali di epoca romanica (edifici riconoscibili in elevato: si prescinde dunque da informazioni di tipo archeologico) e denuncia una particolare concentrazione di episodi architettonicamente riconoscibili nell'area fiorentina, nell'area milanese e, pi in generale, in area padana. Analizzando l'organizzazione complessiva delle pievi (quelle composte da aula e battistero), anche in questo caso il tema dell'assialit ha declinazioni diverse. Ad esempio, ad Arsago Seprio battistero e chiesa sono caratterizzate da una notevole prossimit, a definire un caso di assialit "forzata, quasi di immediata contiguit (fig. 8). A Settimo Vittone il battistero (la cui datazione alta ma incerta) si colloca invece lateralmente, e solo nel basso medioevo connesso all'aula liturgica mediante un breve corridoio murato. Numerosi, poi, gli altri caratteri plano-volumetrici analizzabili, in parte gi richiamati ieri dalla relazione di Rossi, come l'uso del matroneo, la funzionalit degli altari eucaristici, la presenza di una seconda vasca, o la configurazione spaziale complessiva di esterno e interno. Talvolta si rileva il ribassamento del piano pavimentale, che verosimilmente rievoca la simbologia dell'immersione e della risalita. La torre campanaria si erge spesso al di sopra della cupola che sormonta l'edificio battesimale, e tende a qualificarlo ulteriormente come architettura autonoma. Come nel caso dei complessi episcopali, anche le pievi, nella stragrande maggioranza dei casi, non hanno il battistero autonomo, sebbene molti edifici sorgano gi dotati di prerogative battesimali: la soluzionecomune adotta disposizioni interne allo spazio dell'aula. In tali circostanze l'analisi delle strutture in elevato solitamente non dirimente, mentre sono fondamentali le indagini archeologiche e documentarie. Come considerazione generale, nel medioevo non si riscontra ancora la presenza di una vera e propria "cappella battesimale" connessa alla navata e architettonicamente definita, espressione che diventa tipica 22

Tav. I - Battisteri rurali paleocristiani (Fiocchi Nicolai-Gelichi 2003) 23

Tav. II - Battisteri rurali medievali (Frati 2003) 24

nel periodo post-medievale; accade invece che il fonte si collochi all'interno dello spazio liturgico in posizioni molto variabili. Il fonte pu essere collocato alla base del campanile; al fondo della navatella sinistra, al di sotto di un'arcata pi o meno prossima all'ingresso; nella seconda navata, come dimostrato da alcuni esempi altomedievali portati alla luce dagli scavi archeologici (Lu Monferrato e Lenta); nella navata centrale, in uno spazio compreso tra l'ingresso e il centro dell'aula, non ancora ingombrata dai banchi lignei cui oggi siamo abituati. Molto significativi i casi in cui si verifica un'addizione del fonte all'interno di chiese che acquisiscono, nel basso medioevo, la dignit battesimale. E' questo il contesto in cui si realizza, gradualmente, il passaggio dalla rete pievana altomedievale a una capillarizzazione delle chiese con diritto di battesimo, che vanno a definire la trama parrocchiale moderna. noto il caso di Vicofertile, dove la dignit battesimale viene acquisita dalla chiesa nei primi decenni del Trecento: non ben chiaro, tuttavia, se il fonte presente all'interno dell'edificio sia stato realizzato per l'occasione, o se invece si tratti di un elemento preesistente traslato da altri luoghi. Il fonte di Vicofertile risulta degno di interesse anche per la particolare connotazione scultorea, evidentemente riferita al rito del battesimo (fig. 9). Un esempio ancor pi esplicito quello pi antico e assai noto di Chiavenna, dove vediamo ben raffigurati il padrino, le attivit lavorative della vita profana (come il fabbro, il soldato o il falconiere), il momento della processione liturgica con diaconi e accoliti recanti la croce, il cero e il turibolo. Un fonte simile, risalente al XII secolo e non ancora sufficientemente studiato, custodito nei Musei Civici di Torino, recentemente riaperti e riallestiti a Palazzo Madama: il fonte ottagonale, provieniente da Magliano Alfieri, presenta su ciascuno dei prospetti laterali una raffigurazione scultorea chiaramente orientata alla descrizione del rito (fig. 10). Il tipo del battistero autonomo si esaurisce nel cuore del Trecento, in concomitanza con una crisi civica e demografica che investe le istituzioni e le magistrature comunali. Il principio dell'identit civica viene gradualmente rimpiazzato con quello della territorialit del potere, con conseguente affermazione di signorie territoriali, principati, dinastie, rapporti di gerarchie tra citt dominanti e citt dominate. L'identit civica fortemente compromessa anche alla base dell'abbandono di progetti gi deliberati come, ad esempio, la realizzazione del battistero di Modena: il cantiere del Duomo, sviluppatosi nell'arco del XII secolo, non affronta il tema architettonico del luogo del battesimo, e gli statuti del 1327, che indicavano come imminente la realizzazione di un edificio battesimale autonomo, non ebbero in realt alcun esito materiale. A Siena, abbandonata l'ipotesi di edificare il nuovo Duomo, nel 1355 si suggerisce di riutilizzare il cantiere interrotto come enorme battistero, evidentemente commisurato non pi alla sola citt ma all'intero stato che gravitava attorno alle istituzioni senesi. Siamo tuttavia in una epocale crisi demografica, e anche questa ipotesi non sar mai concretamente sviluppata. In altri casi assistiamo ad una omissione delle operazioni di manutenzione, con conseguente deterioramento delle strutture e progressivo crollo. Noti, in particolare, gli esempi di Ivrea, Piacenza e Bologna. A Pavia, ancora, la sostituzione del complesso episcopale con la cattedrale bramantesca (dal 1488) procede senza la minima attenzione al tema del battistero. Va precisato, infine, che alla crisi istituzionale fa riscontro un cambiamento della spiritualit e della piet: al rapporto diretto con le strutture diocesane, con le istituzioni episcopali e con i sacramenti la devotio moderna e le correnti spirituali quattrocentesche sostituiscono una dimensione pi affettiva, personale e spirituale. Le confraternite, i terz'ordini e le corporazioni frammentano l'antica coesione intorno alla figura del vescovo. Da ultimo, si verifica una vera e propria destrutturazione del rito: si pensi allo scollamento tra il rito del battesimo, la Pasqua e la Pentecoste; alla diffusione della celebrazione quam primum (battesimo impartito "al pi presto"), dinamica che moltiplica le celebrazioni nel corso dell'anno; alla separazione dei tre sacramenti dell'iniziazione cristiana (gi il IV Concilio Lateranense, nel 1215, propone l'obbligatoriet dell'eucarestia solo a partire dall'et della discrezione, differendola di almeno sei o sette anni); e infine alla separazione spaziale della confermazione, che resta prerogativa del vescovo. Assistiamo, in sintesi, ad una prefigurazione di quello che saranno il rito e il volto spaziale del battesimo in et moderna, quando si abbandoneranno le grandi veglie comunitarie e i grandi eventi civici e prevarranno, al contrario, la dimensione privata e la sfera familiare, inquadrate in un ambito non diocesano n pievano, ma parrocchiale. Famiglia e parrocchia, gi nel cuore del Quattrocento, sono le due scale su cui si commisura la spazialit del rito: la risonanza diocesana della grande liturgia del Sabato Santo e l'ampia influenza territoriale della pieve decadono a favore di una globale frammentazione spaziale. In alcuni casi il battistero mantenuto in vita grazie all'interessamento della committenza privata: a Chieri, ad esempio, l'edificio battesimale diviene cappella gentilizia (fig. 11), mentre di quello di Castiglione Olona (fig. 12), adornato dagli affreschi di Masolino da Panicale, si prende cura il cardinal Branda Castiglioni (affreschi di Masolino da Panicale). Va infine ricordata la diffusione pervasiva dei fonti battesimali a calice considerati come arredo liturgico: si lavora, cio, su semplici oggetti scultorei inseriti in spazi parrocchiali sempre pi circoscritti. Nel cuore del Quattrocento vengono ad esempio realizzati, nel Delfinato subalpino (Val di Susa, val Chisone), una quantit 25

significativa di fonti dall'aspetto coerente, o devono essere citati i fonti degli scultori Zabreri nelle valli del marchesato di Saluzzo. La diffusione della prerogativa battesimale all'interno delle parrocchie porta all'addizione di elementi di arredo in spazi liturgici gi configurati, e l'intervento dell'artista si limita non di rado al solo manufatto del fonte, che assume spesso forme seriali. Si comincia ad associare la devozione al Battista con il luogo del battesimo, con l'affermazione anche dell'iconografia del Battesimo di Cristo. Solo in alcuni casi si verifica l'inserimento di una cappella battesimale nell'architettura della chiesa, da ricondurre non tanto all'elemento generatore del fonte, quanto piuttosto al tema tipologico della chiesa con sequenza di cappelle laterali, che nel corso del Trecento si afferma e si diffonde. Altrettanto significativo, in tal senso, il tema allegorico della ianua: il battesimo inteso non soltanto come percorso di iniziazione, ma anche come porta di ingresso nel Cristianesimo. L'associazione tra questi due autonomi percorsi definisce, nel complesso, quell'ipotesi di cappella battesimale moderna che sar poi ampiamente sviluppata nei secoli successivi. Riferimenti bibliografici - PERONI A. 1992, ad vocem Battistero. Romanico e Gotico, in Enciclopedia dell'Arte Medievale, vol. III, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Roma, pp. 227-241. - DUVAL N., GUYON J. 1993, Le baptistre en occident, in "La Maison Dieu" 193, pp. 53-70. - LONGHI A. (A CURA DI) 2003, L' architettura del battistero. Storia e progetto, Skira, Milano (in particolare, per il periodo qui considerato, gli interventi di Paolo Demeglio, Carlo Tosco, Marco Frati e Andrea Longhi). - LONGHI A. 2005, Battisteri e liturgia dell'iniziazione cristiana, in Sorella acqua: l'acqua nelle culture e nelle religioni dei popoli, atti del XIII Convegno Sacrense, Edizioni Rosminiane, Stresa, pp. 183-202. - TOSCO C. 2008, Il luogo del battesimo dal Medioevo all'epoca tridentina: architettura e liturgia, in G. Boselli (a cura di), Il Battistero, Atti del V Convegno Liturgico Internazionale di Bose, Qiqajon, Magnano, pp. 103-116. Mons. Giancarlo Santi Chi lo desidera pu ora proporre domande o spunti di riflessione. Abbiamo una decina di minuti da dedicare ad approfondimenti. Per parte mia chiederei al Professor Longhi qualche parola sul tema della connessione tra fonte battesimale e ambone, che Mons. Crispino Valenziano ha lungamente trattato e ha documentato come tipica della Sicilia e di altre aree del sud d'Italia. Si riscontrano analoghe associazioni in altre aree del nostro paese? Inoltre, a proposito del Duomo di Milano, l'ipotesi del fonte battesimale collocato nella navata centrale, ovvero in posizione eminente, ha forse qualche antecedente nel periodo che lei ha studiato? O dobbiamo invece ritenere che si tratti di un unicum conseguente alla demolizione del battistero precedente? Andrea Longhi A tal proposito non dispongo, purtroppo, di molte informazioni, ma posso provare a mettere in relazione quelle di cui sono in possesso. La relazione tra ambone e fonte, intesa non come connessione fisica bens funzionale, stata trattata da Verdon in alcuni suoi scritti riferiti all'ambito territoriale della Toscana. Particolarmente interessante il caso pisano: sebbene il pergamo del battistero sia stato traslato lateralmente e sia stato oggetto di varie ricomposizioni, certo che l'intero arredo sia il frutto di una formulazione risalente ai decenni centrali del Duecento, quando il cantiere passa nelle mani di maestranze comasche o comunque di origine lombarda. Esse realizzarono molti dei fonti battesimali di cui abbiamo parlato, e tra costoro si distinsero anche i vari Lanfranco da Como, Guido Bigarelli da Como o Giroldo da Como, che lavorarono molto in Toscana. Tracce di arredi probabilmente legati alla proclamazione della Parola sono tuttavia emerse da numerosi scavi archeologici: basti pensare a quelli di Aosta, localit geograficamente opposta all'area siciliana. Del caso di Aosta si parlato, proprio in questa sede, lo scorso anno: alcune testimonianze archeologiche sono appunto state riferite ad una sorta di ambone posto nelle immediate adiacenze di uno dei tanti fonti che la cattedrale ha avuto nel corso della sua storia. Altri scavi archeologici hanno interpretato le strutture solide rinvenute nei pressi della vera del fonte come probabili allestimenti di amboni. stato anche ipotizzato che tali apparecchiature fossero legate all'uso degli oli e di altri oggetti necessari al rito, ma il fatto che si tratti di strutture lapidee depone decisamente a favore della prima supposizione. Per quanto riguarda la collocazione del fonte nella navata centrale ci viene senz'altro in aiuto, ancora una volta, l'archeologia: non disponiamo di arredi liturgici rimasti composti nella loro veste medievale, mentre dagli scavi archeologici risultano numerose sistemazioni di questo tipo. Il bilancio fatto in occasione del congresso di Bordighera, riferito all'et paleocristiana ma in realt proiettato anche verso l'et medievale, conferma la diffusione di tale configurazione. Possiamo del resto immaginare che si trattasse della soluzione 26

pi immediata, poich la cappella battesimale intesa come appendice dell'aula oggettivamente poco presente, ed solo di poco pi ricorrente la casistica della seconda navata. La disposizione del fonte al di sotto delle arcate presenta comprensibili vantaggi di tipo distributivo e funzionale, ma numerose pievi presentano comunque traccia di fonti battesimali collocati sull'asse centrale della navata. Per quanto riguarda lo svolgimento del rito il caso pi studiato, approfondito anche sulla base delle fonti liturgiche, senz'altro quello di Parma, il cui fonte presenta una conca quadrilobata inclusa in una pi ampia vasca ottagonale in pietra di Verona, sopraelevata di due gradini. Le narrazioni danno notizia di una sorta di passerella che consentiva ai celebranti che somministravano l'infusione di entrare nella conca centrale senza bagnarsi, mentre l'acqua veniva versata nell'intercapedine compresa tra le due vasche. I padrini accompagnavano i bambini al fonte avvicinandosi processionalmente lungo le quattro direzioni, e successivamente dovevano confluire verso lo spazio adibito a consignatorium, dove il vescovo impartiva le ulteriori unzioni rituali. In questo caso la ricostruzione ben documentata, ma per estensione possiamo immaginare un rituale analogo in altri casi celebri, come quello di Verona o di alcune citt toscane. Mons. Giancarlo Santi In assenza di altre domande passerei all'intervento successivo. Se poi dovesse sbocciare qualche quesito avremo modo di recuperarlo successivamente. Il Professor Longhi sar con noi sino a stasera e pu essere liberamente tormentato. Invito ora al microfono il Professor Alessandro Rovetta, dell'Universit Cattolica del Sacro Cuore, che ci parler delle Istruzioni di San Carlo in materia di battesimo. Prof. Alessandro Rovetta (Universit Cattolica del Sacro Cuore) Il battistero nelle Instructiones Fabricae di Carlo Borromeo (testo non riesaminato dall'autore) L'argomento della mia relazione il tema del battistero all'interno delle Instructiones Fabricae di San Carlo Borromeo. Il mio intervento si collega con quello dell'amico Francesco Repishti, che dopo di me illustrer alcuni casi concreti e con il quale ho coordinato il taglio della mia relazione, che al contrario si limita all'ambito teorico-normativo. Le Instructiones sono state ufficialmente pubblicate nel 1577, e si collocano pertanto tra i due grandi cicli di visite pastorali che Carlo Borromeo realizz nella sua diocesi: quelle degli anni '60 e quelle degli anni '80. Il dato cronologico importante anche in relazione a quanto pi avanti osserveremo a proposito del battistero. Circa la connotazione e l'identit di questa particolare fonte si molto discusso: basti pensare agli studi di Paola Barocchi, di Maria Luisa Gatti Perer e di Aurora Scotti. Si tratta, infatti, di un testo che potrebbe rientrare nell'ambito della trattatistica architettonica, ma che di fatto pu essere cos definito solo in parte; d'altro canto non neanche un manuale liturgico, ma piuttosto una raccolta di indicazioni normative che Carlo fornisce alla sua diocesi sul tema dello spazio sacro e della sua funzionalit liturgica. Il dato per noi pi interessante consiste comunque nella concezione di edificio ecclesiastico che Carlo definisce: una concezione che al contempo unitaria e policentrica. All'interno del grande organismo che l'edificio ecclesiale, Carlo individua alcuni luoghi privilegiati aventi particolare funzione e significato. I due luoghi per eccellenza sono, da un lato, l'area presbiteriale che accoglie il sacrificio eucaristico, e dall'altro il battistero, al quale il cardinale dedica pagine numerose che risultano tra le pi interessanti dell'intero testo. Va anche ricordato che le Instructiones fanno seguito al Concilio di Trento, che a proposito del luogo del battesimo non aveva emanato indicazioni particolarmente dettagliate. Proprio per questo, probabilmente (e lo si avverte soprattutto nei capitoli dedicati al tema del battistero), Carlo ritiene suo compito quello di stabilire disposizioni chiare in grado di orientare la concreta realizzazione dello spazio liturgico, con particolare attenzione ai luoghi in esso pi rappresentativi. Anche a proposito del battistero, il secondo luogo in ordine di importanza dopo il presbiterio, Carlo deve far fronte ad una situazione di grande confusione e talvolta di grave carenza, resa ben chiara dai resoconti delle visite pastorali che in parte citer al termine del mio intervento. Particolarmente compromesse erano la funzionalit e il decoro delle chiese pi povere o periferiche, e un altro grave problema da gestire era quello della riforma protestante: nel Duomo di Zurigo, ad esempio, l'altare dotato di tabernacolo era stato sostituito con un battistero, come se il centro dello spazio sacro dovesse essere non pi l'altare del sacrificio eucaristico ma il luogo dell'iniziazione cristiana. I problemi da affrontare erano dunque molteplici, di carattere teologico, dottrinale, normativo. Volendo individuare un filo conduttore all'interno dello scritto di San Carlo, ritengo particolarmente indicativo quanto scritto da Mons. Marco Navoni nella sua introduzione alle Instructiones: ci che Carlo dice del battistero l'esempio pi chiaro di come concessioni e deroghe finiscano facilmente col divenire la norma. A fronte di problemi e difficolt economiche piuttosto diffusi Carlo propone, accanto a indicazioni ideali e quasi irrealizzabili, una serie di eccezioni che di fatto diventano, per chi deve operare, la vera norma. 27

Ho cercato di capire se la trattatistica architettonica del Quattrocento e Cinquecento, peraltro piuttosto abbondante, si fosse precedentemente occupata dell'argomento, ma in realt il tema del battistero risulta pressoch assente. Unica eccezione, anch'essa di ambito milanese, il Trattato di Architettura (1460-1464) di Antonio Averlino detto il Filarete, che nel progetto della citt ideale di Sforzinda include un duomo a pianta quadrata con croce inscritta (fig. 1), una possente struttura dotata di quattro torri angolari delle quali due, disposte in facciata, sono destinate ai battisteri. Le due torri opposte, fiancheggianti il presbiterio, ospitano invece le sacrestie. Il volume turriforme che Filarete propone una struttura a pi piani che sembra assommare tipologie di edifici centrici di piccola dimensione, spazi che la tradizione ha spesso utilizzato come battisteri: interessante, in particolare, il secondo livello a pianta ottagonale con sovrastante cupola. Filarete non rappresenta per gli arredi, dunque non ci dato di sapere quale sarebbe stata l'esatta posizione del fonte. Com' noto, il Trattato scritto in forma di dialogo, ed di particolare interesse il brano in cui il signore (probabilmente Galeazzo, figlio di Francesco Sforza) chiede a Filarete perch abbia concepito l'edificio in forma di tempio, lasciando emergere l'attenzione tipicamente quattrocentesca e rinascimentale nei confronti della forma della pianta e del suo valore simbolico; un'attenzione che si sarebbe gradualmente ridotta, tuttavia, nei due secoli successivi. Il signore ricorda che le chiese, i luoghi di culto cristiani, devono avere forma di croce, ma l'architetto risponde che il duomo da lui progettato dedicato ai quattro Evangelisti, testimoni ed eroi che meritano un edificio di carattere templare. Non abbiamo ora il tempo di approfondire ulteriormente l'opera del Filarete, ma senz'altro suggestivo il fatto che, nell'ambito della trattatistica precedente le Instructiones di San Carlo, l'unica citazione relativa al battistero sia di matrice lombarda e in particolare milanese. Milano era, probabilmente, una citt a vocazione battisteriale. Abbiamo gi visto, con il Professor Longhi, il disegno di Giuliano da Sangallo sul battistero di Pisa, mentre la planimetria che vi mostro ora, e che raffigura il battistero lateranense (fig. 2), opera di Francesco di Giorgio Martini, ed tratta dal suo Codice Torinese Saluzziano. In entrambi i casi si tratta comunque di semplici rilievi, fatti da architetti che cercavano modelli ed esempi da rielaborare tra le vestigia del passato. Tornando a quanto Carlo scrive sul tema del battistero, va ricordato che egli percepisce questo luogo come indispensabile, tanto da introdurre un capitolo specifico in cui si afferma che il battistero deve esserci nelle cattedrali, nelle parrocchie, nelle pievi e in tutti quei luoghi che hanno cura di anime. Egli desidera che il battistero sia realizzato ovunque, cos da ottenere che l'amministrazione del battesimo sia il pi possibile diffusa. Il battistero dunque un luogo fondamentale, ben distinto dagli altri luoghi della chiesa e in particolare dall'altare: la distinzione spaziale tra i due luoghi corrisponde al loro valore simbolico, poich il battistero e l'altare eucaristico rappresentano rispettivamente il punto di partenza e il punto di arrivo del cammino cristiano. Il posizionamento del primo rispetto al secondo tende sempre ad esplicitare, appunto, questo aspetto fondamentale. Un altro dato estremamente interessante il fatto che, pur mantenendo i due argomenti nettamente distinti, alcune caratteristiche del battistero ricordano elementi propri del tabernacolo: una similarit evidenziata, ad esempio, dall'uso del ciborio, dall'uso di coprire il ciborio stesso con il conopeo e da altre particolarit dell'arredo liturgico. Carlo distingue tra battistero esterno ed interno alla chiesa, e poich propone sempre un modello ideale dal quale poi derivare possibili deroghe che meglio si avvicinino alla concreta realt di ci che realizzabile, avvia il discorso occupandosi del battistero esterno. Nel prospetto che potete vedere ho evidenziato in corsivo le scelte che Carlo affida all'architetto, e questo ci aiuta a capire quale sia il ruolo che egli assegna a questa figura cos autorevole. In grassetto ho invece segnalato i riferimenti di natura simbolica, che come appare chiaro risultano essere pochissimi. Le indicazioni che Carlo fornisce sono le seguenti: collocazione in un sito scelto dall'architetto, distante dalla chiesa e posto a meridione; dedicazione a San Giovanni Battista; struttura insigne e coerente con la chiesa (criterio di conformit all'edificio principale che Carlo ribadisce spesso, e che l'architettura ecclesiastica milanese ha sempre rispettato); forma rotonda, esagonale o ottagonale, con particolare predilezione per quest'ultima; copertura voltata con tetto a cuspide e sovrastante lanterna che funga da principale se non unica fonte di luce; quota pavimentale rialzata ma mai superiore a quella del pavimento della chiesa; inserimento di un portico davanti all'ingresso, cos come prescritto per le chiese; altezza dell'edificio e forma e numero delle finestre a discrezione dell'architetto; l'altare eventualmente presente, infine, dovr recare l'immagine del Battesimo di Cristo. Il nesso tra altare e battistero era un problema particolarmente sentito, e quest'ultima raccomandazione va pertanto considerata con particolare interesse. In questo periodo mi sto occupando, ad esempio, del Battistero episcopale di Reggio Emilia, che il tipico prodotto di una stratificazione di interventi tra loro molto ravvicinati nel tempo. Anche qui, la compresenza di altare e battistero al centro della struttura piuttosto problematica e crea confusione. Nel caso del battistero esterno, in assenza cio di conflitto con l'altare maggiore, Carlo consente l'introduzione di un altare in prossimit del fonte, purch ben distinto e dotato 28

dell'immagine del Battesimo di Cristo. Subito dopo, preso atto della difficolt di realizzare un battistero esterno, afferma la possibilit di configurare il luogo del battesimo in forma di cappella interna alla chiesa, introducendo l'interessante distinzione tra rito ambrosiano (che per tradizione prevede l'immersione) e rito romano (che prevede invece l'infusione). Tale precisazione appare molto significativa, non solo perch le Instructiones borromeane sono in realt destinate alla diocesi ambrosiana, ma anche perch nello svolgere l'argomento Carlo sembra quasi voler mettere in evidenza le convergenze tra le due tradizioni, minimizzando invece gli elementi di distinzione. Durante le sue visite pastorali Carlo vision del resto anche chiese di rito romano, come quelle di Varenna e Bergamo, e non di rado era stato anche protagonista di visite apostoliche extra-diocesane, maturando un'esperienza indubbiamente ampia. Possiamo inoltre ipotizzare che egli avvertisse come proprio compito quello di fare chiarezza sull'argomento, non solo a vantaggio della propria diocesi ma anche per le chiese di rito romano. Del battistero di rito romano Carlo definisce innanzitutto la forma e l'ubicazione. Esso deve porsi al centro della cappella che lo ospita, e il pavimento deve essere ribassato di tre gradini, cos da imitare la tipologia del sepolcro (una delle poche indicazioni di carattere simbolico). Il Rationale divinorum officiorum di Durando de Mende non include riferimenti che potrebbero in qualche modo aver influenzato Carlo nella definizione delle sue norme, ma ribadisce che il battesimo equivale ad essere sepolti con Cristo per poi essere partecipi della sua risurrezione. La vasca battesimale dovr inoltre essere rotonda, ottagonale o di altra forma appropriata, realizzata in marmo o in pietra, scolpita all'esterno, possibilmente monolitica o composta da lastre ben connesse tra loro. Il Borromeo si preoccupa molto della ottimale realizzazione della vasca, raccomanda che le lastre impiegate non abbiano fessure n fori e suggerisce persino l'uso del bitume per migliorarne la coesione, esprimendo chiaramente la volont che l'acqua del battesimo non vada persa. Egli la considera infatti come sacra, e intende evitare che possa essere in alcun modo sprecata o sporcata. Procedendo con la sua descrizione, Carlo stabilisce che la vasca sia provvista di piccoli canali collegati ad un foro centrale comunicante con una cisterna sottostante (sistema che abbiamo gi potuto osservare ieri, quando ci stata descritta la struttura di alcune vasche battesimali di epoca paleocristiana), e che al centro della conca si collochi un vaso, di forma rotonda, ottagonale o similare, sostenuto da una colonnina. Per il battistero di rito ambrosiano restano validi la posizione centrale rispetto alla cappella e il pavimento ribassato di tre gradini, a imitazione del sepolcro. Prendendo in esame il problema della forma, Carlo si mostra nuovamente molto attento all'autorevolezza della tradizione, e invita a imitare i modelli del passato: la forma della vasca deve essere quella che, attraverso antichi resti dei battisteri, sappiamo essere assai vetusta. Poche righe pi avanti fornisce invece indicazioni pi precise, e suggerisce una forma rotonda, ottagonale o di altro tipo. La vasca dovr inoltre essere alta due cubiti e larga tre, possibilmente monolitica, digradante, scolpita all'esterno, dotata di un foro ben chiuso disposto ad oriente e di una sottostante cisterna-sacrario orientata. Nel rito ambrosiano, infatti, l'acqua sempre conservata nella vasca, e anche la cisterna dovr essere chiusa mediante sportelli ben connessi e dotati di chiavistello. In definitiva, l'unica grande distinzione tra i due riti sta nella conformazione della vasca, che nel rito romano include anche una conca minore sostenuta da un piedistallo. Sono numerosi, al contrario, gli elementi comuni: il ciborio, il conopeo, la mensa e l'armadio del sacro crisma. Il ciborio, posto a copertura della vasca, si compone di piedritti (colonnine o pilastrini) sormontati da una cornice disegnata dall'architetto e da un tetto lapideo sferico o piramidale con la statua del Battesimo di Cristo. Tra i singoli piedritti si dispongono sportelli rimovibili in bronzo, istoriati con qualche storia pia. Si tratta dunque di un oggetto monumentale in marmo e bronzo, che in realt sar realizzato anche in forme di gran lunga pi ridotte e con materiali pi modesti. Il conopeo una copertura in tessuto, preferibilmente in seta, che riveste interamente il ciborio. La mensa invece un piano di legno che copre la bocca della vasca, evitando che l'acqua in essa contenuta si sporchi e fungendo forse anche da piano di appoggio per tutti quegli oggetti che servivano al rito. L'armadio del sacro crisma, infine, destinato alla conservazione degli oli santi e separato dal ciborio, pu essere incastonato in una parete della cappella o ad essa appoggiato. Carlo prescrive che sia disegnato dall'architetto, che sia realizzato in marmo e foderato all'interno da tavole di pioppo rivestite di seta. Un altro elemento comune ai battisteri di rito romano e ambrosiano il cosiddetto sito, cio l'area circostante la vasca battesimale. Per questo spazio, che include anche i tre gradini digradanti, Carlo prescrive un colonnato, elevato sul gradino superiore e dunque impostato sul livello pavimentale della cappella. Le colonne, singole o doppie, dovranno essere sei o otto, a seconda della forma del battistero, e tra l'una e l'altra dovranno essere disposte delle inferriate. In cima alle colonne dovr correre una trabeazione, e la composizione dovr essere sormontata da una volta decorata con stucchi dorati. Si tratta dunque di una struttura dal carattere monumentale, ma Carlo aggiunge, subito dopo, che laddove non sia possibile ricavare un sacello e un battistero cos grandi, lecito rinunciare al colonnato conservando le inferriate, e realizzare un ciborio non marmoreo ma ligneo che includa anche l'armadio del crisma. Questa sezione schematica, che ho sviluppato con un mio collaboratore, ricostruisce la struttura di una cappella battisteriale di rito romano (fig. 3). Probabilmente sono errate le proporzioni della volta, poich il 29

vano che include il colonnato deve essere imaginato pi ampio, ma gli elementi fondamentali sono comunque riconoscibili: i tre gradini digradanti, il colonnato perimetrale, la vasca con la conca interna su piedistallo, il ciborio e la cisterna sottostante. Nel rito ambrosiano (fig. 4) la composizione si semplifica, poich manca il catino interno alla vasca e la cisterna non si colloca in posizione centrale ma orientata. La cappella solitamente prevista sul lato del Vangelo, cio sulla sinistra, ma oltre alla configurazione ideale e alle possibili modifiche gi esplicitate, Carlo propone una lunga serie di ulteriori deroghe, descrivendo una sorta di progressione ad minimum. Se non si hanno a disposizione le dimensioni previste, possibile ridurle sino ad ottenere i minimi requisiti di praticabilit; se non possibile elevare la cappella sul lato del Vangelo, essa pu essere ricavata incurvando la parete, o pu essere edificata sul lato opposto; se anche questa soluzione non si adatta al caso specifico, il battistero pu essere addossato alla parete sinistra, purch non entri in conflitto con la porta e sia ben protetto da inferriate; in tal caso, se la navata sufficientemente ampia, pu anche essere separato dalla parete e collocato in corrispondenza dell'angolo; se la chiesa a pi navate, il fonte pu essere collocato in corrispondenza del primo o del pi vicino intercolumnio rispetto al portale maggiore, purch sul lato del Vangelo; le recinzioni, qualora non di ferro, potranno essere realizzate in legno; infine, se il battistero viene collocato sul lato destro, dovr essere obbligatoriamente corredato dell'immagine del Battesimo di Cristo (una strana prescrizione di cui non si comprende il significato). Successivamente Carlo propone un'ultima serie di varianti riduttive, sia per il battistero romano che per quello ambrosiano. A proposito del primo afferma, ad esempio, la possibilit di rinunciare alla vasca, realizzando un fonte su colonna che abbia al suo interno, su di un piccolo basamento, una vasca pi piccola. Raccomanda, inoltre, la presenza del cucchiaio d'argento, tradizionalmente utilizzato nel battesimo per infusione. Per il battistero di rito ambrosiano propone una configurazione quasi analoga, sebbene priva del catino pi interno. Seguono poi indicazioni di dettaglio, alcune delle quali di particolare interesse. Nel caso in cui il battistero non si inserisca all'interno di una cappella, ma si disponga in una nicchia dalla quale fuoriesce parzialmente, dovr essere coperto da una volta su colonnine, o da un sistema ligneo intagliato e decorato con tavole o tele istoriate, a definire una sorta di baldacchino sospeso. Il ciborio potr essere in legno di noce, avere una semplice forma piramidale e contenere anche l'armadio per gli oli. L'apertura del ciborio dovr per essere orientata, poich il sacerdote che battezza deve essere rivolto a oriente: come nella descrizione dei fori della vasca e della sottostante cisterna, ancora una volta emerge l'idea di un orientamento privilegiato. Indagando sulle visite pastorali pubblicate, ho potuto istituire un confronto tra la situazione che il Borromeo rileva prima e dopo la pubblicazione delle sue Instructiones. Vi propongo il caso della visita pastorale del 1566 nella Valsassina, uno dei territori pi amati e frequentati da Carlo. Su ventisei chiese visitate, diciotto sono sprovviste di battistero, quattro ne hanno uno definito indecente, mentre non ben chiara la situazione nella chiesa di Taceno. Comprendiamo, di conseguenza, la preoccupazione del cardinale. Nella visita del 1582 la situazione non poi tanto migliorata, e i pi importanti progressi si registrano nelle grandi parrocchiali. Le disposizioni stabilite per le singole chiese, inoltre, rispecchiano perfettamente il dettato delle Instructiones: da costruire entro tre mesi, cappella e fonte; da costruire a nord, presso la porta, cappella e fonte; da costruire entro tre mesi in controfacciata; da costruire entro tre mesi, a nord; hanno fatto il battistero, abbastanza grande, e lo hanno fatto in una cappella che un tempo era di San Rocco; c' il battistero, in un angolo della navata grande; hanno fatto il battistero, a nord, con il ciborio; manca ancora il ciborio, oppure il ciborio molto ornato, ma manca il conopeo. Si ha dunque l'impressione che vengano di volta in volta apportate delle migliorie, e che ogni visita pastorale diventi l'occasione per segnalare ci che manca e va corretto. Un caso descritto in dettaglio, e molto interessante, quello di Varenna, ma ci che per concludere voglio proporvi sono alcune informazioni tratte da visite pastorali molto distanti sia dal punto di vista geografico che in termini cronologici. Federico Borromeo tra coloro che si mostrarono pi attenti e pi capaci di valutazioni meticolose, e nella visita pastorale a Lecco del 1608 descrive ci che osserva e ci che manca assumendo come chiaro riferimento le Instructiones di San Carlo. Un caso extradiocesano, ma analogo, quello delle visite pastorali di Feliciano Niguarda a Como, Sondrio e in Valtellina (1592-1593): Feliciano lavora su una tipologia romana, ma nella descrizione dello stato di fatto e delle attese adotta il medesimo schema di Carlo. Possiamo dunque concludere, almeno per quanto riguarda l'intenzione normativa, che l'intervento di Carlo Borromeo stato decisamente significativo. Mons. Giancarlo Santi Ringrazio molto il Professor Rovetta, il cui intervento esaustivo sar integrato dalla relazione successiva. Rinviamo pertanto le eventuali domande alla conclusione del prossimo intervento. 30

Il Professor Francesco Repishti, del Politecnico di Milano, ci parler dei battisteri e fonti battesimali di area lombarda tra Cinquecento e Seicento. Risulta evidente la connessione con l'intervento precedente, riferito alle Instructiones del Borromeo. A conclusione di questa relazione dedicheremo qualche minuto alle eventuali domande, mentre la mattinata si concluder con l'intervento di Andrea Nante, che ci parler dei fonti battesimali realizzati tra Seicento e Settecento nelle diocesi del Triveneto. Prof. Francesco Repishti (Politecnico di Milano) Battisteri e fonti battesimali in area lombarda tra Cinque e Seicento Innanzitutto voglio ringraziare chi mi ha invitato a tenere questa lezione, che mi ha permesso di riprendere alcune considerazioni avanzate anni fa in relazione agli interventi nel Duomo di Milano, e di appurare come, negli ultimi anni, gli studi abbiano mostrato una ben scarsa attenzione nel verificare gli effetti che le Instructiones del Borromeo hanno avuto nella concreta realizzazione dei battisteri. Conosciamo molto bene le disposizioni dellarcivescovo milanese, ma non abbiamo una campionatura degli interventi realizzati, n sappiamo per quanto tempo gli interventi sull'arredo liturgico siano stati influenzati dal suo testo. Premetto dunque di aver avuto una certa difficolt nel tentare di individuare alcuni esempi particolarmente significativi con i quali documentare il mio intervento di oggi. Abbiamo gi ascoltato molte cose circa l'importanza del testo di Borromeo, ma per meglio introdurre gli esempi che vi proporr dovr riprendere alcune delle osservazioni gi proposte da Alessandro Rovetta. Ci che nel periodo in esame si verifica , sostanzialmente, un cambiamento del ruolo del battistero, una metamorfosi definitiva e ampiamente documentata che rende del tutto sporadica, se non addirittura nulla, la realizzazione di battisteri intesi come edifici autonomi. Siamo dunque di fronte ad un orizzonte del tutto diverso da quello visto nella giornata di ieri. A partire dal Concilio di Trento (ma in realt il fenomeno era gi evidente nei decenni precedenti), il battistero non pi legato alle sole cattedrali e chiese plebane ma si diffonde in pi contesti. Il battesimo, amministrato prevalentemente agli infanti in presenza dei soli genitori e padrini, perde il tradizionale ruolo di rito civile di iniziazione, e le consuete celebrazioni collettive diventano pi intime, legate all'ambito ristretto della famiglia. Inoltre abbiamo gi potuto analizzare, a proposito delle modalit di realizzazione del battistero, l'ampia casistica prevista da Borromeo, che spazia dall'architettura isolata alla cappella interna alla chiesa per poi giungere a soluzioni ancor pi essenziali o addirittura minime. Una variet di soluzioni che vedremo ampiamente rispecchiata anche nelle chiese parrocchiali. Vi ripropongo cos alcune considerazioni su cui riflettere. In primo luogo di grande interesse il fatto che Carlo, nelle Instructiones del 1577, dedichi molto spazio al tema del battistero, descritto nelle due versioni romana e ambrosiana: nell'economia generale dei due libri, infatti, sono piuttosto numerose le pagine che affrontano questo argomento. Larcivescovo si accorge inoltre della notevole difformit delle situazioni esistenti, e nel tentativo di aderire alla realt non propone una soluzione definitiva ma contempla diverse alternative, senz'altro sviluppate sulla base di quanto osservato nelle visite pastorali degli anni Sessanta e nelle precedenti esperienze romane. Un terzo aspetto, gi rilevato da Rovetta, il riconoscimento del ruolo fondamentale dell'architetto nella valutazione della forma dello spazio battesimale e nella configurazione dei suoi diversi elementi. Evidente, allo stesso modo, il riferimento all'architettura paleocristiana intesa come modello cui tendere (la forma della vasca deve essere quella che, attraverso antichi resti dei battisteri, sappiamo essere assai vetusta). Negli ultimi anni questo aspetto del pensiero di Borromeo stato un po' travisato e interpretato come inclinazione a una forma di pauperismo, ma in realt probabile che egli prediligesse gli esempi esistenti o ritenuti di et costantiniana, cio quelli che nel corso del XVI secolo erano interpretati come edifici dell'architettura paleocristiana del IV secolo. Come gi stato osservato, l'intervento di Borromeo all'interno della chiesa si polarizza nei due ambiti del presbiterio e del battistero. La sua idea innanzitutto quella di avere una chiesa ampia, con una navata sgombra e libera, mentre il resto degli interventi riguarda pi che altro il riposizionamento degli altari laterali, opportunamente dislocati all'interno dello spazio liturgico. Per il battistero egli pensa non tanto a un edificio isolato quanto piuttosto a un luogo interno alla chiesa, collocato in prossimit dell'ingresso poich origine del percorso che conduce all'altare. Nella realt dei fatti, tra Cinque e Seicento la realizzazione di battisteri isolati minima se non nulla, e nella maggioranza degli interventi messi in atto essi sono indubbiamente pi vicini alla soluzione minima di tipo romano che non a quella di tipo ambrosiano. Borromeo dedica molta attenzione alle questioni funzionali, soffermandosi sull'importanza dell'accessibilit e della visibilit, sull'orientamento, sulla necessit di custodire con cura l'acqua benedetta e persino sulla qualit dei legni utilizzati per realizzare o rivestire alcuni elementi. Giunge addirittura a precisare quale debba essere l'essenza del legno con cui tornire il tappo che chiude la vasca battesimale. Sempre sul testo delle Istructiones occorre infine rilevare il riferimento al tema simbolico e liturgico della discesa, l'immersione nella vasca che prelude alla risalita verso una vita nuova: un suggerimento che solo in rarissimi casi trover concreta applicazione. Tuttavia, per ben comprendere cosa accade tra Cinque e Seicento necessario guardare alle 31

Instructiones in modo organico, evitando di interpretarle unicamente come raccolta di indicazioni architettonico-formali e inquadrandole piuttosto nell'ambito ben pi ampio e ricco di implicazioni del cosiddetto culto esterno. Una delle preoccupazioni di Borromeo quella di restituire dignit e decoro a ogni singolo elemento chiamato a far parte di quel luogo magnifico che la casa di Dio, poich il culto esterno una componente fondamentale del rito cattolico. Tale teorizzazione, parte integrante del Concilio di Trento, in realt era gi stata precedentemente esplicitata nell'ambito dello scontro titanico tra Riforma luterana e Controriforma cattolica, e le Instructiones di Carlo sono appunto da inquadrare in questo contesto. Ricordo che nella sessione del settembre 1562, il Concilio di Trento sottolinea, pur senza codificare alcunch, la necessit di un culto esterno: Poich la natura umana tale che senza aiuti esteriori non riesce a elevarsi alla contemplazione delle cose divine, la Santa Madre Chiesa ha pertanto istituito alcuni riti. La legittimazione del rito una chiara risposta a una delle principali contestazioni mosse dalla Riforma luterana. Questa ideologia del culto esterno concretamente definita nelle Instructiones del 1577, che al tempo di Borromeo saranno applicate solo in parte per comprensibili limiti di tempo. Nei decenni successivi, al contrario, esse saranno assimilate e perseguite con determinazione, e i pi significativi risultati si avranno con l'episcopato di Federico Borromeo, cugino di Carlo. Un altro elemento da evidenziare che le Instructiones hanno dei precedenti nei Concili provinciali; in quello indetto nel 1565, come anche nel terzo concilio del 1573, emersero infatti alcune indicazioni sul tema di cui ci stiamo occupando. Accanto alle riflessioni maturate durante le visite pastorali, le Instructiones raccolgono dunque osservazioni gi emerse durante i concili provinciali. Vorrei ora concentrare il mio intervento su due interrogativi che ritengo particolarmente importanti: quali modelli Borromeo aveva in mente nel descrivere le due tipologie di battistero che abbiamo potuto osservare grazie alla relazione di Rovetta?; e qual' stata la reale applicazione del suo scritto? Poich Carlo contempla quasi tutte le possibili configurazioni del battistero, la seconda domanda potrebbe apparire retorica, ma a questo proposito metteremo tra poco in evidenza alcune curiosit. Sul primo punto non ritengo che Borromeo avesse in mente alcuni specifici modelli osservati nella sua diocesi, nelle diocesi limitrofe o in occasione dei suoi numerosi viaggi: non pensa agli esempi di Galliano, di Agliate, di Arsago o Cremona, ma guarda piuttosto all'architettura paleocristiana classica, quella ritenuta dell'epoca di Costantino, non certo quella medioevale. Ad avvalorare questa ipotesi interviene la testimonianza che Ottaviano Forerio fornisce durante il processo di canonizzazione dello stesso Borromeo, svoltosi al principio del XVII secolo. Forerio afferma appunto che nel 1575, cio poco prima della redazione delle Instructiones, Borromeo fosse solito visitare numerose chiese antiche, dentro e fuori dalla citt, per osservarne gli amboni, i battisteri, i campanili e altri elementi, il tutto allo scopo di terminare il libro che fece poi stampare. Nelle sue Istruzioni, dunque, Borromeo codifica ci che aveva precedentemente osservato e meditato. Una seconda testimonianza la lettera che Cesare Speciano scrive nello stesso anno, probabilmente in risposta ad una precedente lettera del Borromeo, fornendo una dettagliata descrizione del battistero costantiniano di San Giovanni in Laterano, cio quello in cui, secondo tradizione, sarebbe stato battezzato lo stesso Costantino (fig. 1). In effetti, ripensando alla descrizione dei recinti concentrici, dei cibori, delle cancellate, delle griglie, delle colonne e di tutti gli altri elementi di cui Carlo suggerisce l'utilizzo per la realizzazione del battistero esterno, non pu che venire in mente il modello lateranense. Carlo fu del resto a Roma per alcuni anni in qualit di segretario di Pio IV, ebbe modo di visitare e osservare le basiliche pi antiche, ed lecito supporre che le conoscenze accumulate abbiano trovato applicazione in seguito. Detto questo, vi propongo l'analisi di quattro situazioni tra loro difformi. Innanzitutto il Duomo di Milano, esempio emblematico che esprime con chiarezza tutti i temi della Controriforma, il cantiere nel quale Carlo sperimenta molte delle sue prescrizioni. Ci avviene all'interno di uno spazio la cui costruzione, avviata alla fine del Quattrocento, prosegue autonomamente secondo le forme prestabilite, poich Carlo non interviene mai sulle questioni architettoniche: fornisce alcune indicazioni solo a proposito della facciata e del rivestimento interno, secondo modalit che pi avanti indicher. Di seguito il battistero di Oggiono, di et medievale (XI secolo), dove si verifica un importante cambiamento esattamente dopo il primo concilio provinciale. Il caso di Sant'Alessandro a Milano, la cui costruzione avviata tra il 1601 e il 1602, che rappresenta la situazione di una nuova chiesa affidata ai Chierici Regolari di San Paolo pur essendo una chiesa parrocchiale collocata all'interno della citt. Infine lesempio del Duomo di Monza, che costituisce una situazione anomala, poich si tratta di una chiesa della diocesi ambrosiana che riesce a difendere il proprio rito romano. Il nuovo Duomo milanese non aveva un battistero. Quello di San Giovanni alle Fonti, collocato a est della basilica di Santa Tecla (fig. 2), venne infatti demolito pochi anni dopo l'avvio del cantiere del Duomo. Di una eventuale ricostruzione del battistero non si parl mai, e pi in generale il tema del battistero non entra affatto nelle discussioni del Capitolo della Fabbrica, poich non avvertito come esigenza impellente. Due planimetrie, risalenti agli anni Cinquanta-Sessanta del Cinquecento e disegnate da Vincenzo Seregni, forniscono infatti la descrizione di un ideale progetto per il Duomo nel quale non figura alcun battistero. In uno solo dei due disegni (fig. 3), a est dell'abside e in asse con essa raffigurata una piccola costruzione a 32

pianta centrale, racchiusa da un recinto che la seconda rappresentazione indica come camposanto. Ancora oggi siamo in difficolt nello stabilire l'effettiva funzione di questo singolare edificio. Il sistema di colonne all'interno di uno spazio pseudo-ottagonale richiama indubbiamente San Giovanni alle Fonti, ma di fatto il disegno non riporta alcun fonte battesimale, e si distingue solo una cappella semicircolare ricavata entro lo spessore murario. Il recinto circostante pensato come camposanto, posto alle spalle della cattedrale, corrisponde agli spazi in origine abitati dall'arcivescovo di Milano, che successivamente si sposter nell'attuale arcivescovado. oggettivamente difficile, in ogni caso, pensare che il sistema descritto possa corrispondere al progetto di un battistero, sia per l'anomala collocazione, sia perch a tal proposito non ci pervenuto alcun documento. Lattuale battistero del Duomo di Milano viene realizzato a partire dagli anni 1565-1566, quando Borromeo a Milano e ha da poco presieduto il concilio provinciale (Pio IV de' Medici muore in dicembre, e subito dopo Carlo si stabilisce definitivamente a Milano). Nel 1567, pochi giorni dopo essere stato nominato architetto della Fabbrica, Pellegrino Tibaldi assiste alla stipulazione del contratto tra la Fabbrica e i fornitori delle quattro colonne che sostengono la struttura. Si tratta di colonne in marmo mischio provenienti dalle cave di Arzo, e che saranno lavorate dai famosi maestri Ferrari, originari della medesima citt. Sino a poco tempo fa si riteneva che la paternit del battistero milanese fosse da attribuire unicamente a Pellegrino Tibaldi. Dalle testimonianze del processo svoltosi negli anni Ottanta contro lo stesso Tibaldi si evince, invece, che il progetto fu avviato dal predecessore Vincenzo Seregni, al quale egli subentr solo in un secondo momento. Sappiamo, inoltre, che il battistero doveva addossarsi alla controfacciata, e che la facciata era ancora quella di Santa Maria Maggiore. L'attuale posizione del battistero dunque molto pi tarda, frutto di una traslazione avvenuta nel Seicento, quando furono completate le ultime campate e la facciata del Duomo. Si tratta di una collocazione non ideale, ma che a suo modo rispetta le indicazioni di Borromeo (fig. 4), poich la struttura si trova in prossimit dell'ingresso, in cornu evangeli e distante dalle porte quanto basta a non intralciare il flusso dei fedeli. Ci che lascia un po' perplessi, piuttosto, la forma inusuale del battistero: un sistema a pianta quadrata, impostato su quattro colonne legate da un architrave e sormontate da un timpano. Tibaldi, architetto di fiducia di Borromeo, disegna per lui un battistero la cui forma anomala si discosta decisamente dalle prescrizioni. Inoltre, il battistero oggi visibile non corrisponde esattamente a quello pensato: esso sarebbe dovuto sorgere al di sopra di un basamento reso accessibile da tre gradini, particolarit che lo avrebbe ulteriormente allontanato dalle raccomandazioni del Borromeo, notoriamente molto legato al tema simbolico della discesa nella vasca. Forse allo scopo di non interferire con un lavoro gi avviato, larcivescovo interviene solo marginalmente nelle fasi di realizzazione del battistero, mentre sar molto pi attento nella predisposizione di tutti gli altri luoghi della celebrazione eucaristica: l'area presbiterale con il sottostante scurolo, il nuovo altare disegnato da Pellegrino, i due pulpiti destinati alla lettura del Vangelo e delle scritture e il relativo apparato decorativo. Durante i lavori il battistero fortemente criticato da Martino Bassi mediante i noti Dispareri, pubblicati a Brescia nel 1572 e preceduti da molteplici contestazioni che egli stesso propose al Capitolo della Fabbrica sin dal 1569. Le osservazioni avanzate da Bassi, peraltro confermate da fonti autorevoli, non riguardano n la liturgia n la strana forma del ciborio, ma vertono principalmente su questioni architettonico-formali, come ad esempio lampiezza non canonica dellintercolunnio, il fatto che Pellegrino pensasse a un architrave disposto in modo tale da nascondere un sistema di catene in ferro necessarie a sostenere la corposa trabeazione, o ancora la forma poco elegante delle colonne, ritenute del tutto difformi dai sottostanti piedistalli. In queste occasioni Bassi non entra nel merito delle questioni liturgiche, e propone un disegno nel quale si inseriscono alcuni elementi poco consoni all'idea di battistero, come ad esempio gli obelischi, e nel quale mancano la raffigurazione di San Giovanni Battista, la mensa dell'altare, il riferimento alla discesa nella vasca e tutte quelle specifiche caratteristiche descritte da Rovetta. In generale, il linguaggio architettonico adottato da Tibaldi molto classico: il disegno di progetto che ci pervenuto mostra basi di colonne diverse da quelle realizzate, pi dotte e analoghe a quelle del Pantheon, ma in tutto il resto l'idea concepita sembra corrispondere esattamente a quanto costruito. La vasca battesimale ancora oggi esistente invece un labrum proveniente dalla basilica di San Dionigi: le spoglie del santo furono infatti traslate all'interno del Duomo e sistemate nello scurolo, e il labrum fu riutilizzato in questo modo. Un labrum si trova anche nel battistero di San Giovanni in Laterano, al quale il battistero milanese accomunato dall'impiego di pietre colorate, probabile riferimento ai porfidi del celebre edificio romano. Il battistero di Oggiono (fig. 5), risalente al 1080 e recentemente restaurato, presenta una strana forma pseudo-circolare, ma gli scavi archeologici hanno portato alla luce strutture fondali di epoca precedente che definiscono un perimetro quadrilatero. Nella visita pastorale del 1571, abbandonato l'uso della vasca, si documenta la presenza di un nuovo fonte introdotto nel 1566 (un anno dopo il Concilio Provinciale), per il quale previsto l'inserimento di un ciborio non ancora realizzato. A differenza degli esempi precedenti, in questo caso si verifica il riutilizzo e la conversione a un nuovo uso di uno spazio medievale: cessata la pratica del battesimo per immersione, nel corso del Quattrocento si opera cio una duplicazione del luogo del battesimo realizzando un nuovo fonte. 33

La chiesa parrocchiale di S. Alessandro (fig. 6), situata nel centro di Milano, affidata ai Chierici Regolari di San Paolo. Il disegno che vi mostro, realizzato nei primi anni del Seicento, probabilmente ascrivibile al Padre barnabita Lorenzo Binago, autore del progetto dell'edificio insieme ad altri collaboratori. La struttura a croce greca inscritta coronata da cinque cupole, e trattandosi di un intervento successivo alla pubblicazione delle Instructiones di Carlo Borromeo, il fonte battesimale canonicamente posizionato sulla controfacciata, all'interno di una cappella. Una cappella speculare contiene invece una scala che conduce al sottotetto. La cappella, completata tra la fine del Seicento e i primi anni del Settecento, include un fonte coperto da ciborio ligneo e un apparato iconografico tradizionalmente ispirato al sacramento del battesimo. A proposito del Duomo di Monza (fig. 7), citt che continuava ad osservare il rito romano, occorre ricordare che le prime visite pastorali non fanno menzione alcuna di un fonte battesimale. Quello che ancora oggi possiamo ammirare si colloca nella prima cappella a sinistra (fig. 8), spazio preesistente convertito a questo uso, e fu realizzato su disegno di Ercole Turati, che svilupp due progetti fortunatamente ancora ben conservati. La costruzione, piuttosto complicata, si svolse nell'arco di circa venticinque anni: le prime direttive risalgono infatti agli anni Novanta del Cinquecento, il primo contratto del 1611, mentre il completamento della cupola, dotata di singolari aperture che fungono da lanterne, avviene nel 1623. Anche in questo caso si riscontra una fedele adesione alle indicazioni di Borromeo, ma l'iconografia risponde anche al titolo della chiesa, dedicata appunto a San Giovanni Battista. All'interno di questo spazio, il fonte battesimale si presenta ribassato di un gradino rispetto al piano di calpestio, particolarit che tuttavia dovrebbe essere ulteriormente indagata verificando l'andamento e la storia delle quote pavimentali interne. Mons. Giancarlo Santi Diamo ora spazio alle domande e alle richieste di precisazioni e approfondimenti da rivolgere ai due ultimi relatori, i cui interventi, come avete potuto ascoltare, sono strettamente collegati. A me, ad esempio, non chiaro il motivo della particolarit del Battistero del Duomo di Milano: avrebbe dovuto essere esemplificativo, in qualche modo, della Controriforma e delle volont di San Carlo Borromeo, ma in realt risulta essere forse il pi lontano da quello spirito. Mi piacerebbe dunque sapere se gli studiosi hanno avanzato, a questo proposito, un'ipotesi plausibile. stata fortemente sottolineata la novit di questo intervento, ma qual' la sua ragion d'essere? Il riutilizzo di una vasca antica ormai considerata una reliquia del tutto comprensibile, ma cosa si pu dire di tutto il resto? Pensiamo anche solo al principio della discesa nella vasca: nel battistero milanese, al contrario, si sale, e si possono riscontrare numerose altre incongruenze. Prof. Francesco Repishti S, ho provato a ipotizzare una spiegazione. Leggendo da una parte le indicazioni di Carlo Borromeo e osservando dallaltra il battistero milanese si resta un po' stupiti, poich si tratta di un modello oggettivamente anomalo. La ragione di questa incongruenza potrebbe risiedere nella cronologia dei lavori, che furono avviati prima dell'arrivo di Pellegrino Tibaldi. Si tratta di una mera ipotesi, ma l'unica che io ritenga soddisfacente. In sintesi, possibile che la Fabbrica del Duomo avesse autonomamente pensato alla struttura poi realizzata. Il binomio Carlo Borromeo-Pellegrino Tibaldi, lo stretto rapporto tra l'Arcivescovo e il suo architetto, cui affidata la concezione architettonica dell'intervento, sopraggiunse forse in un secondo momento. Tale ipotesi peraltro avvalorata dal fatto che nel processo avviato nel 1583 si contesta a Pellegrino Tibaldi il fatto di aver buttato via alcuni materiali, tra cui pavimentazioni e blocchi marmorei gi scolpiti. Nel tentativo di difendersi dalle accuse, Tibaldi precisa che al momento del suo arrivo in cantiere (4-5 Luglio 1567) il battistero era gi stato disegnato sulla controfacciata, cio si stava gi procedendo al tracciamento delle sagome per poi affidare il modello delle modanature ai vari lapicidi. Inoltre afferma che era stata gi avviata la posa in opera della pavimentazione, nella cui trama non era previsto l'inserimento di alcuna vasca, e rammentando il contratto per la fornitura delle quattro colonne si vanta di essere riuscito ad ottenere un prezzo pi basso rispetto al suo predecessore. Sulla base di queste poche notizie possiamo dunque concludere che il cantiere era gi stato avviato da qualcuno non dotato della cultura di Pellegrino, qualcuno che di certo non aveva alcuna familiarit col Borromeo, n aveva compreso quale salto epocale egli stesse cercando di operare anche all'interno del cantiere milanese. Qualcuno che probabilmente possiamo identificare in Vincenzo Seregni, architetto della Fabbrica sino al 3 Luglio del 1567. Ci che risulta incomprensibile, casomai, unaltra circostanza. Pellegrino in Lombardia gi dall'estate del 1563, impegnato a Pavia nella costruzione del Collegio Borromeo. Dal 1566-67 dimora stabilmente a Milano, sia pur continuando a viaggiare tra Roma, Ancona e Milano, ed dunque piuttosto strano che l'arcivescovo Carlo Borromeo non abbia voluto consultarlo subito per la realizzazione di un'opera cos importante come il Battistero del Duomo. Sappiamo, del resto, che ogni intervento effettuato all'interno 34

dell'edificio era puntualmente descritto nelle lettere di Nicol Ormaneto, che con estrema precisione relazionava tutto ci che accadeva nella diocesi. Quanto all'idea di architettura coltivata da Carlo, ripeto, sono comunque fermamente convinto che i modelli architettonici che egli aveva in mente fossero quelli ritenuti di et costantiniana: non solo il grande Battistero Lateranense, ma anche le grandi basiliche romane con la loro ricchezza e magnificenza. Tutto ci che era ritenuto, soprattutto a Roma, del IV secolo, fa parte dell'ideale architettonico di Carlo, che come gi abbiamo ricordato a lungo a Roma in qualit di segretario di Pio IV. A questo periodo risalgono anche molte delle sue lettere, le relazioni inviate a Speciano o quelle scritte in occasione dei lavori in Santa Maria Maggiore, dove Carlo segue personalmente alcuni interventi di ricostruzione. La documentazione di questo aspetto del pensiero di Carlo appare significativa soprattutto per confutare la teoria secondo cui sarebbe stato pi incline alle forme paleocristiane-medievali, cio tendenzialmente pauperistiche. Al contrario, egli ambiva alla sontuosit e alla magnificenza, caratteristiche fondanti di quel culto esterno di cui abbiamo parlato, concreta risposta della Controriforma alle contestazioni dei Riformati. Mons. Giancarlo Santi Chiamerei ora Andrea Nante, ultimo relatore della mattinata e Direttore del Museo Diocesano di Padova. Il suo intervento si intitola: Fonti battesimali tra Sei e Settecento nelle diocesi del Triveneto. Nel ringraziarlo, ricordo che anche al termine di questo intervento dedicheremo qualche minuto ad uno scambio di opinioni. Andrea Nante (Museo Diocesano di Padova) Fonti battesimali tra Sei e Settecento nelle diocesi del Triveneto (testo non riesaminato dall'autore) Il tema che avevo proposto si presentava piuttosto ambizioso, perch avrebbe voluto fornire un'idea generale di quanto accade, nei due secoli che seguono il Concilio di Trento, nelle regioni a nord-est dell'Italia settentrionale. In particolare, l'intenzione era quella di individuare delle ricorrenze all'interno di una ricerca che stata resa possibile grazie all'uso dell'inventario promosso dall'Ufficio Nazionale Beni Culturali della CEI. Gli obiettivi avrebbero dovuto essere i seguenti: l'analisi dello sviluppo di alcune specifiche tipologie di fonti battesimali realizzate tra XVIII e XIX secolo; la verifica del loro posizionamento all'interno dello spazio liturgico; la registrazione dei cambiamenti avvenuti nel corso degli ultimi due secoli, con particolare attenzione alle trasformazioni operate dopo il Concilio Vaticano II o ancora oggi in atto. Come ben sappiamo, in molte aree di queste regioni gli edifici ecclesiastici sono stati ripetutamente trasformati: risultano meno alterati quelli delle aree pedemontane e montane, cio appartenenti alle diocesi pi prossime all'arco alpino, mentre gli edifici di culto delle citt principali e dei maggiori centri hanno generalmente subito varie modifiche. Nella diocesi che conosco meglio, cio quella di Padova, risultano particolarmente frequenti e radicali le modifiche apportate tra Otto e Novecento. Grazie alla collaborazione dei responsabili del progetto di inventariazione avviato in tutte le diocesi della regione ecclesiastica del Triveneto, stata possibile una prima rapida ricerca di dati su fonti battesimali e battisteri, questi ultimi in realt decisamente rari. Si tratta tuttavia di una ricerca ancora incompleta, perch ad oggi sono ancora poche le diocesi che hanno ultimato e consegnato l'inventario: in particolare, quelle di Verona, Vicenza e Padova. Le altre hanno gi sviluppato buona parte del lavoro, ma non disponiamo ancora di una banca dati esaustiva, e di conseguenza risulta difficile dare risposta agli indirizzi di ricerca prima delineati. Su questi argomenti, del resto, non esistono studi approfonditi, e quando l'inventario sar completo e sar riunificato a cura dell'Ufficio Nazionale Beni Culturali, avremo finalmente la possibilit di confrontare i dati raccolti e di trarre qualche conclusione a proposito di quanto accaduto in Italia nei diversi periodi storici. Sulla base dei dati disponibili, e con riferimento al Seicento e Settecento, ho cercato di stabilire se esistono ricorrenze nel posizionamento e nella forma dei fonti battesimali, che in questo periodo risultano essere quasi sempre della tipologia a calice, cio con conca sostenuta da un fusto sottostante. A proposito dei materiali, risulta evidente che quelli pi diffusamente utilizzati coincidono con quelli tipici di queste aree: il rosso di Verona (che nell'immagine vedete rappresentato dal fonte battesimale della chiesa di Santa Eufemia a Verona fig. 1) largamente impiegato in area veneta, ma nelle regioni friulane e montane pi frequente il ricorso alla pietra locale. Le immagini che vedete si riferiscono ad alcune piccole pievi della Diocesi di Concordia-Pordenone: qui il fonte battesimale spesso conservato nella sua posizione originale, in prossimit dell'ingresso, ed generalmente ricavato da povere pietre locali. In un solo caso (chiesa di San Silvestro a Lorenzaga, provincia di Treviso fig. 2) esso risulta invece realizzato in un marmo rosato simile al rosso di Verona. di grande interesse una visita pastorale relativa alla Diocesi di Padova, datata 28 aprile 1744 e effettuata dal vescovo Carlo Rezzonico, futuro Papa Clemente XIII. Visitando nuovamente la chiesa dei Santi Felice e Fortunato, il vescovo osserva lo stato del baptisterium (lo si definiva con questo termine anche 35

nel caso di configurazioni molto semplici ed essenziali), e dispone che il fonte sia ricostruito, che sia dotato di due vasche sormontate da ciborio dotato di chiave e coperto da conopeo nero, e che al suo interno vi sia un panno. Le dettagliate indicazioni fornite, peraltro molto ricorrenti nei resoconti delle visite, rimandano alle Costituzioni Sinodali pubblicate a Padova nel 1579 (si legga la formula ad formam Sinodalium Constitutionum), che sebbene non rispecchino alla lettera le Instructiones del Borromeo, precedenti di due anni, senz'altro ne traggono ispirazione. Pur in mancanza di un testo di riferimento che fornisca disposizioni dettagliate come quelle di San Carlo, le aree venete risentono molto del suo pensiero, e soprattutto nei dintorni di Verona, Vicenza e Padova l'influsso certamente da attribuire all'insegnamento di Matteo Giberti, vescovo di Verona alla met del Cinquecento. Si seguono dunque orientamenti assimilati dall'area lombarda, ma anche dalle diocesi vicine. Oltre a preoccuparsi del ciborio di copertura, il vescovo Rezzonico chiede che il fonte sia bipartito e che gli oli siano posti in luogo sicuro e sotto chiave: indicazioni che rimandano al Borromeo ma non sempre sono univoche, e che si confrontano con una realt alquanto eterogenea all'interno della quale abbiamo cercato di porre ordine individuando una casistica generale. Una prima diffusa tipologia quella dei fonti battesimali disposti a sinistra all'ingresso della chiesa. Eccezionalmente il fonte si colloca sulla destra, e nel caso in cui la visita pastorale abbia riscontrato un cattivo stato di conservazione per problemi di umidit o altri fenomeni di degrado, lo stesso vescovo a disporne lo spostamento in altro luogo. Questi ulteriori esempi si riferiscono alla diocesi di Pordenone, e come potete vedere si tratta di realizzazioni molto semplici (fig. 3) inserite in piccole pievi. La pratica pi diffusa quella di ricavare una nicchia entro lo spessore della parete, e disposto al suo interno il sacello con coprifonte, ciborio e sovrastante icona di San Giovanni Battista, il luogo viene protetto con un piccolo cancello. Condino e Torbole sul Garda (fig. 4) sono invece due localit del Trentino. A Condino, nella chiesa di Santa Maria Assunta, abbiamo uno dei pochi esempi conservati di fonte battesimale con copertura cuspidata, tipologia diffusasi dalla fine del Cinquecento in sostituzione di apparecchiature pi antiche, generalmente pi opulente e costose. In molti casi si tratta di realizzazioni minime, ricavate con difficolt all'interno della gi ridotta economia spaziale dell'edificio, e che comunque tentano di rispondere alle indicazioni fornite in occasione delle visite pastorali. Nella chiesa della Annunciazione della Beata Vergine Maria ad Arzergrande, in provincia di Padova, abbiamo un modello pi complesso (fig. 5), con ciborio marmoreo intarsiato e due sportelli ornati da un rilievo raffigurante il Battesimo di Cristo. In questo caso stata ricavata una nicchia angolare, allo scopo di rendere il luogo del battesimo maggiormente autonomo e definito. La seconda tipologia presa in esame, che meglio sottolinea e individua la presenza di questo luogo, riguarda i pochi fonti battesimali che tra Sei e Settecento vengono inseriti all'interno di edicole in pietra o in marmo. I due esempi che vi mostro si riferiscono alla chiesa della Annunciazione della Beata Vergine Maria a Moniego di Noale (VE) e alla chiesa di San Giovanni Battista a Meolo (TV). Nel primo caso l'edicola definita da una coppia di semicolonne lapidee poste a sostegno di un timpano spezzato, e al suo interno si inserisce un ulteriore impaginato architettonico; nel secondo il coprinfonte si arricchisce di intarsi marmorei, mentre la struttura dell'edicola appare semplificata. A Trento, nella chiesa di Santa Maria Maggiore, il particolare sviluppo dell'apparato decorativo marmoreo evoca l'idea della cappella. Interessante la presenza del rilievo con la colomba dello Spirito Santo, che conferisce maggiore ricchezza alla struttura e sottolinea il riferimento al Battesimo di Cristo. Nella chiesa di Sant'Ambrogio a Sant'Ambrogio di Valpolicella (fig. 6), nella diocesi di Verona, l'apparato scultoreo molto pi semplice sia dal punto di vista plastico che dal punto di vista cromatico, e include anche lo sportello per gli oli santi. A coronare il coprifonte si inserisce la figura di San Giovanni Battista, di poco pi tarda. Nella chiesa di Santa Maria e San Prosdocimo a Camponogara (VE) il battistero collegato al pulpito (fig. 7), e si tratta di un esempio che in area veneziana e padovana non ha eguali. Il fonte settecentesco si inserisce in una nicchia impreziosita da rivestimenti marmorei, che collocandosi al di sotto del pulpito configura un episodio plastico unitario e omogeneo. Nella chiesa di San Marco Evangelista a Cassola (VI), situata nella provincia di Vicenza ma appartenente alla diocesi di Padova, il fonte si colloca non sulla controfacciata ma sulla parete sinistra della navata, ed sormontato da un ciborio marmoreo simile a un armadio-sacrario. A Rossano Veneto (VI), dove abbiamo un esempio analogo nella chiesa dedicata al medesimo evangelista, la presenza di sportelli di epoca pi tarda testimonia una continuit d'uso. In molti altri casi, al contrario, mutati gli usi liturgici il fonte posto in prossimit dell'ingresso stato abbandonato e sostituito con un fonte mobile in rame, portato all'occorrenza nei pressi dell'altar maggiore. A Crespano del Grappa (TV) la chiesa dei Santi Marco e Pancrazio stata realizzata su progetto dell'architetto Giorgio Massari, cui si deve anche il disegno di tutto l'arredo liturgico, e il fonte battesimale presenta un interessante rivestimento in legno di noce. Nella chiesa della Santa Croce a Padova, il fonte si presenta con doppia vasca (fig. 8), e mostra quel 36

piccolo catino centrale cui ha gi fatto cenno il Prof. Longhi e del quale si ha notizia sin dal Quattrocento. Il sacello mostra una forma architettonicamente ben definita, e la semplice decorazione, che riporta l'iscrizione lavacrum regenerationis, connota il luogo in modo inequivocabile. Gli inserimenti decorativi, tuttavia, sono in genere piuttosto rari. Ancor pi rara la terza tipologia presa in esame, cio quella dei fonti battesimali collocati entro cappelle in forma di battistero. Occorre del resto considerare che i casi osservati riguardano piccole pievi, e non edifici monumentali importanti come le cattedrali. A Tiarno di Sotto (TN), nella chiesa di San Bartolomeo, il battistero realizzato in prossimit dell'ingresso, in corrispondenza della prima campata. Questo ambiente, privo di decorazioni, oggi utilizzato come ripostiglio, e si tratta purtroppo di un caso non isolato, poich spesso manca la volont di tornare a valorizzare questi spazi. A Borghetto di Adige (TN), nella chiesa di San Biagio, il fonte opera di maestranze lombarde, e si colloca all'interno di uno spazio anonimo ma caratterizzato da una maggiore apertura rispetto ad altri. Nella chiesa della Santa Croce a Campese (VI), vicino a Bassano del Grappa, la struttura decisamente pi articolata, e la cappella si presenta pi ampia. Come dimostrato dai rivestimenti pavimentali, evidentemente non omogenei, i due gradini che consentono di discendere ad un livello inferiore sono di epoca successiva. Gli sportelli in legno dipinto imitano il pi pregiato marmo rosa, e in cima alla composizione si colloca la figura di Cristo. Esempi pi complessi sono molto pi rari. Nella cattedrale di Chioggia (edificio che diviene cattedrale a seguito del trasferimento della sede episcopale da Pellestrina), in mancanza di un battistero antico si connota lo spazio liturgico inserendovi una struttura che appaia dignitosa. Il battistero (fig. 9) una macchina scenografica maestosa che occupa tutta la porzione terminale della parete sinistra della navata, sino alla quota del cornicione. L'intervento ha inizio nei primissimi anni del XVIII secolo, e come recita un'iscrizione si conclude nel 1708. La decorazione scultorea, che descrive le virt teologali (riconoscibile, in alto, la Fede, e sui lati la Carit e la Speranza), completata dalla scena del Battesimo di Cristo. All'intorno si inserisce un'ornamentazione vegetale che impreziosisce la struttura rendendola consona alla nuova architettura della cattedrale. A distanza di ottant'anni, un intervento analogo realizzato nella chiesa di Sant'Agostino a Bovolenta, un piccolo centro del territorio padovano. Autore del progetto l'architetto e scultore Pietro Danieletti, che di certo ha ben presente il modello di Chioggia. La struttura arricchita dal prezioso coperchio in alabastro del fonte, e la presenza di un robusto recinto mistilineo sottolinea fortemente l'individualit e l'autonomia dello spazio battesimale. Danieletti si forma alla scuola dei Bonazza, scultori veneziani molto attivi nelle chiese del territorio veneto, e la qualit del prodotto artistico decisamente notevole. Nell'ambito delle piccole chiese, si tratta di un esempio pi unico che raro. Il battistero della chiesa di San Lorenzo a Conselve (PD), ricavato all'interno della prima cappella a sinistra, ha una storia piuttosto singolare, poich fu realizzato in fasi successive. Il fonte risale al 1798; il dipinto del Battesimo di Cristo, di Teodoro Matteini, del 1803; tra il 1823 e il 1826 fu inserito l'altare. Le varie trasformazioni furono operate in risposta alle indicazioni fornite dal vescovo in occasione delle successive visite pastorali. La visita pastorale del 19 Luglio 1744 nella chiesa di Santa Maria del Carmine a Campolongo sul Brenta, localit situata nella lunga vallata che conduce a Trento, racconta di una disposizione del vescovo Rezzonico che rest purtroppo inascoltata: Il battistero, che si trova in un angolo della chiesa, sia immediatamente liberato dall'ingombro delle scale che portano all'organo, o meglio ancora si provveda di trasferirlo ricavando una piccola cappella prospiciente la porta della chiesa, protetta da cancello e con chiusura a chiave. Il sacro fonte dovr essere completamente riparato con un coperto di legno. Il ciborio sopra il sacro fonte sia ben fissato, e sulla sommit di esso sia posta l'immagine di San Giovanni Battista che battezza Cristo. Il tutto sia ricoperto da un nuovo conopeo. Si acquisti poi un nuovo vasetto per conservare il sale per il battesimo. Come si pu notare si tratta di osservazioni molto dettagliate, e il vescovo non manca di fornire puntuali suggerimenti anche per ripristinare il decoro nell'assetto dello spazio battesimale. Aggiungo che la vecchia chiesa era stata costruita nel 1637, mentre la nuova, cio quella attuale, fu ultimata nel 1795. Oggi, pur essendo mutata la struttura della chiesa, il fonte ancora conservato a ridosso della scala che conduce all'organo, mentre il bellissimo coprifonte (probabilmente integrato della parte inferiore a seguito delle indicazioni del vescovo Rezzonico) si configura come raffinato ciborio con riferimenti iconografici al peccato originale e al battesimo di Cristo (fig. 10). I rilievi che lo arricchiscono raffigurano anche i santi Pietro, Paolo, Antonio Abate e Antonio da Padova, e risalgono al terzo quarto del XVII secolo. Come accennato, il coprifonte esisteva gi al momento della visita, ma ne fu richiesto il completamento poich non era adeguatamente fissato alla base. Molto spesso, del resto, i coprifonti furono sostituiti, accantonati o modificati nel corso dei secoli. Nell'armadio della canonica di San Martino a Vedelago (TV) ne custodito un bellissimo esemplare ligneo del secondo quarto del Seicento, i cui pannelli sono adornati con la raffigurazione pittorica del battesimo di Cristo. 37

Una particolare produzione, legata alla presenza di botteghe di intagliatori, caratterizza le regioni del Friuli: si tratta di manufatti elaborati, che esprimono una notevole abilit artigianale, e la maggior parte di questi coprifonti possono ancora essere apprezzati nella loro collocazione originale. Nella chiesa dell'Immacolata a Tenno, nella diocesi di Trento, da segnalare un singolare caso di assemblaggio: la copertura con cupolino sormontato da statua di San Giovanni Battista risale al Settecento, mentre la base del fonte, diversa anche dal punto di vista materico, certamente di epoca precedente. A Cavalcaselle di Castelnuovo del Garda (VR), nella chiesa dei Santi Filippo e Giacomo, troviamo invece un raffinato coprifonte realizzato nella seconda met del Settecento, sovrapposto ad un fonte dalla particolare forma ellittica ornato da un bordo baccellato. In molti casi, come accennato precedentemente, il fonte risulta invece privo della copertura, conservata in soffitta o in sacrestia o talvolta sostituita da un elemento pi funzionale. La scena del Battesimo che corona il ciborio deriva dalle prescrizioni cui abbiamo gi fatto riferimento. Un merito dell'inventariazione anche quello di consentire una verifica dello stato di fatto: nella chiesa di San Giacomo Apostolo a Ronchi di Campanile (PD), ad esempio, il fonte stato traslato accanto all'altare di S. Antonio, collocazione che potrebbe essere definitiva o temporanea, in attesa che un intervento di adeguamento liturgico dedichi al rito del battesimo un'apposita cappella. A questo proposito dobbiamo rilevare che sono piuttosto numerosi i fonti trasferiti in una nuova collocazione all'interno dello stesso edificio sacro. La tendenza degli ultimi decenni, in particolare, stata quella di trasferirli in prossimit dell'altare e dell'arco santo, posizionandoli sui gradini del presbiterio, in corrispondenza della pi vicina cappella o del pi vicino altare. A questa operazione si associa generalmente la sostituzione dell'antico ciborio con un pi semplice coperchio in rame, bronzo o legno. In altri casi il vecchio fonte conservato come elemento ornamentale ma non pi utilizzato, e al suo posto si adopera un semplice catino, pi leggero e maneggevole, assecondando una tendenza che tra i parroci di oggi sembra essere molto diffusa. Nella Cattedrale di San Vigilio, a Trento, il fonte opera dello scultore Francesco Oradini, che lo realizza nel secondo quarto del Settecento. La forma prescelta riecheggia tipologie piuttosto arcaiche, ma va ricordato che le zone montane mostrano tendenzialmente una maggore resistenza ai rinnovamenti stilistici. Le fonti settecentesche descrivono un fonte collocato alla sinistra dell'ingresso e dotato di coprifonte piuttosto elaborato; in seguito la struttura fu traslata al centro del braccio sinistro del transetto, adornato da affreschi quattrocenteschi. A Riva del Garda (TN), analogamente, nella chiesa di Santa Maria Assunta, il fonte stato traslato dall'ingresso al centro dell'arcata che d accesso alla terza cappella di destra. Molto spesso questi interventi sono operati in modo improvvisato, senza alcuno studio preliminare. A Zoppola (PN), ad esempio, nella chiesa di San Martino, il fonte semplicemente traslato sui gradini del presbiterio in posizione laterale, disposizione che fornisce la pi immediata risposta alle esigenze di una liturgia battesimale inserita all'interno della messa. Un'analoga trasformazione si verifica a Santa Giustina in Colle (PD) nella chiesa di Santa Giustina (fig. 11), dove il fonte settecentesco, rielaborato nella parte inferiore, stato traslato in un vano appositamente adattato. L'intervento scarpiano dell'architetto appare in evidente contrasto con il linguaggio proprio dell'edificio, che pur essendo frutto di una ricostruzione mostra una notevole uniformit architettonica e decorativa. Nella piccola pieve di San Clemente a Granze di Camin (PD) lo spazio battesimale stato ricostruito, e l'acquasantiera seicentesca della chiesa precedente stata riutilizzata come fonte. In molti casi, inoltre, non avendo pi un ruolo liturgico gli altari laterali, il fonte viene dotato di un semplice coperchio e trasferito in una cappella sommariamente riadattata, il cui titolo ha spesso ben poco a che vedere con il rito del battesimo. Nella chiesa di Santa Caterina a Santa Caterina di Lusiana (VI), nell'altopiano di Asiago, il coprifonte stato realizzato nel 1687 dall'orafo Silvio Pivotto, che la banca dati ha rivelato essere stato piuttosto richiesto, sin dagli anni Sessanta, per la realizzazione di opere di questo tipo. Esistono inoltre coprifonti realizzati con materiali tra i pi diversi, a dimostrazione del fatto che l'esistenza di norme di riferimento non frena in alcun modo la fantasia. Nella chiesa di San Leonardo a Vas (BL), il fonte originario, deteriorato e gi rimaneggiato, stato trasferito nel giardino adiacente la chiesa (fig. 12), e al suo posto stato inserito un bizzarro assemblaggio di elementi. Accade anche che il fonte sia smantellato e custodito in ambienti attigui, e che sia sostituito da un nuovo fonte posticcio o realizzato con materiali pi nobili, generalmente collocato in prossimit del presbiterio. Spesso tale operazione si inserisce all'interno di un pi ampio intervento di adeguamento liturgico, e dal punto di vista materico-formale il fonte si lega, evidentemente, al nuovo ambone e al nuovo altare. Mons. Giancarlo Santi Diamo ora spazio a domande, chiarimenti, approfondimenti o richieste, ma ricordo che abbiamo poco tempo a disposizione. 38

Prof.ssa Francesca Flores D'Arcais Vorrei proporre una considerazione. I fonti veneti che abbiamo appena osservato denunciano una notevole ricchezza formale, del resto riscontrabile anche in altre aree geografiche. La relazione del Dr. Nante, in particolare, aiuta a comprendere le ragioni che ci hanno spinto a organizzare queste giornate di studio, cio la volont di affiancare all'analisi teologica proposta nei convegni di Bose un approfondimento di carattere prettamente storico, unitamente alla presentazione di alcune realizzazioni contemporanee di particolare interesse. Personalmente avverto come molto pericoloso il fatto che un antico fonte battesimale possa essere trasformato in una fioriera, e trovo preoccupante l'abuso di brocche e catini, sintomo di una semplificazione funzionalistica che ha ormai privato il rito della sua bellezza e ricchezza semantica. La documentazione raccolta dovrebbe essere lungamente meditata da parte dei vescovi e dei sacerdoti, e liturgisti e operatori del settore beni culturali dovrebbero impegnarsi con determinazione nella custodia di tutte le testimonianze del passato, intervenendo con ricomposizioni e ricostruzioni, musealizzando ci che non pu pi essere utilizzato n adeguatamente conservato in loco e tentando di evitare ogni forma di alienazione, commercio o impropria trasformazione. In secondo luogo, dovrebbero continuare a promuovere un'opera di sensibilizzazione, che ancora oggi appare prioritaria. II SESSIONE Prof.ssa Silvia Lusuardi Siena Riprendiamo i lavori pomeridiani tornando nuovamente all'archeologia. Cedo volentieri la parola al Prof. Guido Rosada dell'Universit di Padova, che da molti anni sta sviluppando alcune ricerche in Cappadocia e ci parler proprio di un antico battistero recentemente portato alla luce in questa regione. Prof. Guido Rosada (Universit degli studi di Padova) Un Battistero ritrovato in Cappadocia Sono abituato a parlare in piedi, e se non vi dispiace lo far anche oggi, secondo consuetudine. Mi scuso innanzitutto per non essere stato presente ieri, ma lo sciopero in atto mi ha impedito di raggiungere in tempo questa sede. Vorrei anche ringraziare per l'invito gli organizzatori del seminario e l'amica Francesca Flores D'Arcais; tanto pi che un invito rivolto a un archeologo classico, anzi per meglio dire un topografo, che pertanto forse un poco distante, per tradizione di studi, dagli argomenti che qui vengono trattati. Dal 2001 dirigo una missione archeologica in Turchia, finanziata in parte dal Ministero per gli Affari Esteri e in parte da altre Istituzioni per lo pi pubbliche (Provincia di Padova e Comune di Borgoricco, che hanno attivato con gli omologhi turchi un patto di fratellanza; Regione Veneto e Centro Veneto Studi e Ricerche sulle Civilt Classiche e Orientali di Venezia, ora sciolto). I fondi disponibili sono tuttavia oggettivamente pochi, e la volont pervicace di continuare il lavoro intrapreso e la gestione delle attivit richiedono sforzi sempre pi pesanti da parte di tutti i soggetti coinvolti. Operiamo nel lembo sud-orientale della Cappadocia, in una localit di diecimila anime, dagli anni Venti del secolo scorso chiamata Kemerhisar (fig. 1), che, letteralmente, significa villaggio dell'arco, nome che le fu dato per la presenza di un acquedotto romano su arcate (fig. 2) che arriva con le sue strutture sino all'area del nostro scavo (l'acquedotto, per met della sua lunghezza sotterraneo e per met subaereo, attinge acqua da una bella e monumentale piscina posta a 5 km di distanza, e raggiunge a settentrione la citt nel punto altimetricamente pi elevato, in modo che l'acqua possa poi meglio distribuirsi per differenza di quota). L'antico nome di questo centro era per Tyana, e nel primo secolo dopo Cristo esso diede i natali a Apollonio, sapiente, taumaturgo e filosofo che fece poi la sua fortuna. Nell'arco della sua storia la citt visse infatti due periodi particolarmente felici: l'epoca ittita, nel II millennio a.C., e l'et di Caracalla e di sua madre Giulia Domna. Questultima si era invaghita proprio della figura di Apollonio, e aveva affidato al retore greco Filostrato l'incarico di scrivere la sua biografia. L'amore di Giulia Domna per questo sapiente derivava dal fatto che limperatrice era figlia di un sacerdote siriaco, e dunque avvezza ad un ambiente colto e permeato da influenze soprattutto orientali che si mescolavano a quelle occidentali. Tutto ci spinse Caracalla a investire economicamente per lo sviluppo urbano della cittadina. Tyana trovava per la ragione primaria della sua importanza nel fatto che essa si collocava lungo la fondamentale arteria che conduceva da Burdigala (attuale Bordeaux) a Gerusalemme attraverso lItalia Settentrionale, la Pannonia Inferior, Sirmium, Costantinopoli e numerose altre tappe dislocate nella penisola anatolica. Lo sviluppo di questo percorso dettagliatamente descritto nell' Itinerarium Burdigalense, databile agli anni 333-334 d.C., dal quale si evince che a poco pi di un secolo di distanza da Caracalla lo sviluppo 39

urbano di Tyana doveva essere gi ampiamente in atto (la citt detta infatti civitas, rimandando a una consistenza ben maggiore di una semplice tappa di viaggio o mansio); inoltre gli anonimi pellegrini autori dello scritto aggiungono, non a caso, un riferimento preciso: inde fuit Apollonius magus. Kemerhisar/Tyana si caratterizza oggi come un centro a continuit di vita, e come sempre accade in questi casi nella Turchia moderna, vi si riscontra, in parallelo alla rapida evoluzione sociale ed economica, un'espansione edilizia in continuo incremento e spesso poco rispettosa della memoria dellantico (forse fin troppo ricca di testimonianze per essere sempre tutelata). In questo antico centro avevamo condotto, sino al 2004, nell'area a sud e altimetricamente meno elevata dellhyk (come sono chiamate le collinette che sono lesito secolare del deposito stratigrafico di un insediamento) lo scavo delledificio delle terme, che utilizzava per il suo funzionamento l'acqua proveniente dall'acquedotto. Ora, tra i tanti problemi aperti, uno era dato dallindividuazione del castellum aquae, ovvero quella grande conserva d'acqua che solitamente si trovava alla fine di un acquedotto e dalla quale si dipartivano le diramazioni che distribuivano l'acqua a tutta la citt. Un castellum aquae particolarmente noto in ambito archeologico , ad esempio, quello di Nmes, oltre a quello pompeiano presso Porta Vesuvio. Come si sa, di acquedotti romani se ne conoscono tantissimi: in area anatolica molto importanti sono quelli subaeri su arcate di Costantinopoli e di Aspendos, ma questa tipologia non molto attestata in ambito cappadocico; e proprio una tale caratteristica, come gi accennato, dovette suggerire ladozione del toponimo di Kemerhisar al tempo di quel grande personaggio che fu il Turco Padre, Atatrk. Precedentemente la citt era infatti chiamata Kilisehisar, cio villaggio della chiesa (o delle chiese), e in realt, a partire dal VII-VIII secolo, l'intera Cappadocia fu interessata dalla presenza di numerosissime chiese in relazione al diffuso fenomeno del monachesimo: pi avanti nel tempo, e sino ad Atatrk, al numero gi cospicuo di queste pi note chiese rupestri si aggiunsero poi gli edifici del culto greco-ortodosso. Per individuare il castellum aquae abbiamo dunque avviato gli scavi nella parte settentrionale della citt, seguendo la direzione degli ultimi archi dellacquedotto che raggiungeva la base dell hyk; ma si trovato qualcosa di ben diverso da ci che si cercava. Daltra parte, si sa che gli scavi archeologici hanno spesso come punti di partenza un programma di lavoro e un'ipotesi storica che i concreti risultati dellindagine sul campo possono poi modificare o variare, fornendo talora responsi diversi da quelli che in origine ci si aspettava. Ed proprio questo, in fondo, nonostante le difficolt che anche per tali imprevisti si devono affrontare, a rendere l'archeologia una disciplina piena di un fascino incerto. In effetti si scopr che l'acquedotto non terminava laddove si interrompevano le arcate, ma proseguiva oltre, con piloni non pi visibili perch decapati per creare una spianata su cui si edific, senza soluzione di continuit, dal tardo antico fino ai giorni nostri. Il procedere dei lavori in questarea port comunque alla luce qualcosa che attrasse la nostra attenzione: in particolare, un basamento poligonale in marmo bianco che inizialmente si pens appartenere a una trbe (tomba monumentale islamica), sebbene questo genere di strutture fossero solitamente realizzate con pietre tufacee scure. Qualche indizio per la comprensione delledificio che veniva progressivamente alla luce cominciarono a fornirlo alcuni manufatti scoperti nel corso dello scavo. Oltre a un peso da stadera raffigurante il busto di una principessa bizantina, si trovarono un anello-chiave con croce e soprattutto una lastra di marmo, che osservata con attenzione in controluce rivel un graffito in greco (come noto, in tutta lAnatolia si parlavano sia il greco che il latino, ma con netta prevalenza del primo, sebbene i riscontri epigrafici rivelino che non sempre fosse corretto), con linvocazione di un fedele rivolta a Dio affinch proteggesse il suo servo, il cui nome non risulta ben leggibile. Successivamente si rinvennero altri oggetti ugualmente significativi, tra cui una croce con due occhielli sui bracci lunghi e alcuni elementi bronzei che dopo una attenta serie di confronti si sono potuti riconoscere come frammenti di polykandelon, un lampadario circolare costituito da una teoria di ampolle di vetro sorrette da una struttura metallica (fig. 3); inoltre si trovarono anche reliquiari cruciformi in bronzo, molto diffusi in ambito cappadocico, recanti l'effigie della Madonna con Bambino in braccio e la scritta Meter Theou, Madre di Dio (fig. 4). Ora, la concentrazione di oggetti databili tra V e VI secolo (pi probabilmente il V), e soprattutto i riferimenti esplicitamente cristiani ebbero leffetto di accrescere ulteriormente il nostro interesse per un sito che sappiamo essere diventato, a partire dal 325, la diocesi della Cappadocia Seconda, e dal 371 essere elevato a diocesi metropolita (la diocesi della Cappadocia Prima era Caesarea, oggi Kayseri). Tutto il contesto ci portava quindi a riconoscere, in quanto pian piano emergeva dalla terra, un luogo di culto che tuttavia non era ancora ben leggibile nella sua funzionalit. La risposta a tutti i nostri interrogativi venne infine, in modo chiaro, dal rinvenimento di una vasca battesimale tetraconcale in marmo (fig. 5), ornata sui quattro lati da croci a bracci espansi: una tipologia ben nota, caratterizzata da una vasca a immersione o a seduta, con pianta a croce greca, in cui si inseriscono quattro lobi disposti attorno alla conca vera e propria. Era monolitica, ma dovette essere restaurata con grappe metalliche lungo una fessurazione trasversale che si dovette creare sin dallantichit. E possibile che tale rottura possa essere stata causata dal trasporto stesso, o anche da uno spazio vuoto individuato al di sotto di essa, e che non si potuto esplorare per non mettere in ulteriore pericolo il manufatto. Per ora ci si limitati a riempire il vacuo con sabbia, al fine di evitare il collasso della vasca. 40

Lallargamento dellarea di scavo (fig. 6) ci permise di verificare che le strutture murarie, superstiti solo allaltezza della zoccolatura di base e fino al livello un tempo pavimentale, individuavano un ampio vano rettangolare di quasi 22x9,5 m (probabilmente tripartito), dotato di unabside poiligonale a cinque lati orientata a NE e aggettante di circa 5 m. Si trattava, con tutta evidenza, di un battistero cristiano che si impostava su un piano terrazzato e su un basamento in marmo bianco modanato corrente su tutto il versante volto a NE (e in parte, senza modanature, sul lato SE). Ledificio, per la cui costruzione si erano utilizzati anche materiali di spolio, appariva sistematicamente eraso al tempo della sua defunzionalizzazione per far posto a povere strutture abitative che invasero, con forni di cottura e dolia/silos, tutta la superficie pavimentale, un tempo decorata, nella sua porzione centrale, da un superbo opus sectile policromo in cui si possono ancora riconoscere motivi e trame geometriche con croci, cerchi, rombi, poligoni (di tutto questo rimasta solo qualche labile traccia, ma una fedele ricostruzione dei decori stata possibile grazie alle impronte lasciate sul sottofondo di malta). Nel vano pi meridionale, la pavimentazione, superstite per un tratto ben leggibile, era costituita invece da lastre in marmo bianco che definivano campi di ottagoni e rombi di scaglia scura, un disegno che trova numerosi confronti in ambito anatolico. Tutto, quindi, indicava un complesso importante, qualificato dalla particolare ricchezza ornamentale e dalla presenza di un gocciolatoio di gronda molto ben costruito. bene anche sottolineare, a questo punto, che uno dei maggiori problemi evidenziati dal sito di Tyana certamente la complessit e il continuo rimaneggiamento della stratigrafia, su cui nei secoli si intervenne costantemente con rasature, decapature, scavi per il recupero di materiali e quantaltro. Ci rende particolarmente difficile, e in molti casi impossibile, associare strutture e marcatori datanti. Si potuto riscontrare, tuttavia, che i materiali in qualche modo associabili alla vita delledificio coprono un arco temporale compreso tra il V-VI secolo e il X-XI secolo, periodo che sembra corrispondere a quello della vitalit cristiana di Tyana. Questa, in realt, dovette superare il sopraggiungere degli Arabi nell'VIII secolo, ed esaurirsi pressoch definitivamente solo al tempo delle prime avvisaglie dellarrivo dei Selgiucidi, tra 1100 e 1200. In particolare, la conferma della datazione del battistero al V-VI secolo ci venuta da un fortunato ritrovamento: in un angolo esterno delledificio, dove, a livello della zoccolatura modanata, era posto il gocciolatoio di sgrondo, emerso ci che in termini tecnici si definisce un butto di materiali di risulta della spianatura delle strutture. Tra questi si evidenziavano alcune tarsie marmoree che dovevano far parte della decorazione parietale, e che componevano raffigurazioni di animali (cervi) e di racemi vegetali, e soprattutto alcuni frammenti di un balteo con iscrizioni rivelatesi determinanti. Ricomponendo alcuni frammenti, si potuto infatti leggere, da una parte: -]n Patrik[io]u aghiotatou archiepisko[pou- e -]on Paulo[u-, ovvero luogo (o sepoltura?) di Patrikios santissimo arcivescovo e di Paolo. Ora, limportanza di tali attestazioni sta nel fatto che esse ricordano esplicitamente due vescovi tyanensi, i cui nomi si possono rintracciare negli Atti dei Concilia a cui parteciparono: il primo nei concili di Efeso (449 d.C. ) e di Calcedonia (451d.C.), il secondo in quelli di Costantinopoli e di Gerusalemme, nel 536 d.C. Sia pur lacunose, le iscrizioni sono dunque interpretabili in modo chiaro e univoco, e confortano in termini cronologicamente precisi i dati che sembrano emergere dai materiali fittili e metallici. Tutto ci assume rilievo non trascurabile se si pensa che in ambito cappadocico non risultano essere presenti, ad oggi, chiese riferibili al V secolo, e che tale datazione ci avvicina a quel IV secolo che proprio in quella regione vide nascere e operare, in un raggio di distanza da Tyana di 100/180 km, quei Padri della Chiesa cos importanti per il radicamento sociale della religione del Cristo: mi riferisco a Basilio di Cesarea (330-379 d.C.), a Gregorio di Nazianzo (329-390 d.C.), e a Gregorio di Nyssa (335-394 d.C.). Come gi abbiamo avuto modo di dire, questa terra allapparenza isolata dal resto del mondo era nei fatti attraversata da un'arteria viaria che univa Oriente e Occidente, e che dunque poteva diffondere credi e culture. Ed proprio nella regione cappadocica dei Padri della Chiesa, non lontano dallodierno paese di iftlik e dalla valli di Ihlara, che si conserva ancora abbastanza bene in alzato, nel contesto di una deserta prateria unicamente popolata da sporadici pastori, la Kizil Kilise, la Chiesa Rossa, cosiddetta per la pietra rossastra con cui stata costruita; un edificio che forse, per datazione e per struttura, potrebbe essere in parte messo in relazione con il battistero di Tyana. Ritornando a questultimo, non vi dubbio che quanto resta ancora visibile o in qualche modo leggibile testimonia la ricchezza dellarchitettura (si veda la zoccolatura in marmo ornata da modanature) e dei suoi ornati interni (dalla pavimentazione organizzata in campi o specchiature con differenziati decori geometrici e alveolari alle pareti coperte di variegate tarsie marmoree), nonch degli stessi arredi (la vasca tetraconcale, i frammenti di balteo con iscrizione) e dei materiali mobili (polykandelon, croci reliquaria, medagliette votive etc.): inequivocabili segni di opulenza da porre in relazione con l'importanza della diocesi, posta a controllo di un territorio attraversato da una viabilit altrettanto significativa. Una curiosit data dalla particolare posizione della vasca battesimale, che si discosta significativamente dall'asse della conca poligonale dellabside. Una tale collocazione appare in effetti assai strana, e potrebbe derivare da alcune possibili cause: la trasformazione in chiesa, nel corso dei secoli, del primitivo battistero; la possibilit che ledificio fosse, gi in origine, anche una chiesa, seppur di non grandi 41

dimensioni; la probabile relazione tra leccentricit della vasca e lassialit con labside mantenuta dai gradini che sul lungo e potente muro sud occidentale consentivano laccesso al battistero da un livello pavimentale superiore, che in un primo momento si era pensato appartenere a una costruzione contigua. Era stato anche ipotizzato, in realt, che le strutture portate alla luce appartenessero alla cattedrale sede del Vescovo: in quell'area, in posizione compatibile con una possibile navata, era stato infatti ritrovato un lacerto musivo con decorazioni a trecce, rosoni e onde correnti, e con un episodio figurativo in cui compaiono un albero frondoso, un leone che rincorre una gazzella, un gallo e una gallina affrontati, tre pulcini e parte della coda di un uccello (fig. 7). Si tratta di un tessellato, ben collocabile cronologicamente tra V e VI sec. d.C., dalla vivace policromia, resa attraverso limpiego di tessere in pasta vitrea, ceramica, calcare, marmo e ossidiana, e caratterizzato da un particolare gusto naf nella realizzazione delle figure a scala diversa. L'importanza di tale ritrovamento sta anche nel fatto che non risultano, in tutta la Cappadocia, testimonianze di analoghi mosaici figurati, poich le chiese sino ad oggi note mostrano al massimo tessellati a motivi geometrici; simili iconografie trovano invece confronti numerosi in chiese di ambito siriano (come pure le citate tarsie parietali), riproponendo, come per alcune classi di materiali fittili rinvenute, un rapporto privilegiato con la non lontana regione orientale (ove si poteva arrivare percorrendo la grande strada su cui Tyana sorgeva). Anche alla luce di queste considerazioni, si era ipotizzata la presenza di una chiesa che in una ricostruzione ideale avrebbe potuto affiancarsi, secondo uno schema che non raro trovare, da una parte al battistero e dallaltra, in simmetria, a un altro edificio sacro come, ad esempio, un martyrium. Gli scavi successivi non hanno tuttavia confermato le nostre ipotesi: quello che sembrava una possibile navata laterale si infatti rivelato come un probabile porticato lastricato con lastre rettangolari di marmo bianco, delimitato alla sua estremit meridionale da una struttura muraria di non grande potenza che tagliava il mosaico, indicando pertanto per il lastricato una cronologia successiva. Non si pu escludere che il porticato rinvenuto fosse parte, in origine, di un quadriportico: un esempio suggestivo, in tal senso, si trova a Mileto, dove la chiesa diocesana era preceduta da un quadriportico a lato del quale si collocava il battistero, come ancora oggi possibile vedere. Gli scavi pi recenti (2008) non hanno portato a individuare nei pressi del battistero un edificio riconoscibile come luogo di culto, ma hanno fornito altri dati confermanti il fatto che nellarea doveva insistere un importante complesso religioso cristiano. Si tratta del ritrovamento, poco distante, di alcune sepolture ben conservate e rigorosamente orientate che testimoniano la presenza di un luogo di tumulazione, gi suggerito in precedenza da ritrovamenti di ossa sporadiche, e soprattutto di uno stampo eucaristico che superiormente, presso la presa, reca graffite in greco probabili invocazioni a Dio (una, ben leggibile, dice eboethe ton doulon, ovvero soccorri il tuo servo) e inferiormente un fitto disegno a rombi e triangoli, funzionali a spezzare in piccole porzioni il pane per la comunione (fig. 8). Le caratteristiche di questo stampo sembrerebbero confermare, tra l'altro, i rapporti con una tradizione orientale e segnatamente siriaca che, come abbiamo visto, costituiscono una delle pi evidenti fisionomie culturali di Tyana. C ancora da dire, in conclusione di queste brevi considerazioni sulle nostre indagini archeologiche a Kemerhisar, che molti dei ricchissimi decori marmorei che dovevano arredare il battistero e le sue eventuali dipendenze furono riutilizzati in epoca medioevale per trasformarli in calce, come sta a indicare la scoperta di una grande calcara che si install nel sito. Il resto delle distruzioni di quello che al momento sembra essere il pi antico edificio cristiano in Cappadocia, fu operato sin dai secoli XI-XII, da quando cio cominciarono a sovrapporsi povere case, pi avanti nel tempo riconoscibili non tanto attraverso la traccia del perimetro murario, quanto piuttosto per la presenza di piccoli forni (peraltro molto simili a quelli ancora oggi utilizzati dalle donne del luogo), dolia e cisterne d'acqua a fiasca. Come avrete gi compreso, i problemi ancora aperti restano numerosi; daltra parte il mestiere dell'archeologo quello di scoprire lantico, confrontare quanto emerso, magari risolvere parte dei quesiti posti in gioco, ma spesso anche rilanciare a un supplemento di indagine tutto ci che non trova momentaneamente una logica soluzione. Il futuro degli scavi, tuttavia, dipender dai finanziamenti che riusciremo ad ottenere per continuare a capire il passato cristiano di Tyana. Vi ringrazio per l'attenzione. Bibliografia essenziale di riferimento: - BERGES D., NOLL J.H. 2000, Tyana, I-II, Inschriften griechischer Stdte aus Kleinasien, 55, Bonn. - ROSADA G. 2003, Alla scoperta di Tyana, lo scavo di una citt di frontiera, in Histria Antiqua, 11, pp. 341-359. - ROSADA G. 2008, Gli scavi di Tyana/Kemerhisar 2006, in 29. Kaz sonular toplantisi 3.Cilt (Kocaeli, 28 Mayis-01 Haziran 2007), Ankara e reports precedenti.

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Prof.ssa Silvia Lusuardi Siena Ringraziamo il Prof. Rosada per la sua interessantissima relazione. La possibilit di proporre alcune ipotesi in relazione al caso da lui illustrato equivale per me ad un invito a nozze, ma troveremo eventualmente pi tardi il tempo per farlo. Lavorando in Italia, e chi del mestiere lo sa bene, non accade di trovarsi di fronte a evidenze di quella portata: da questo punto di vista l'Anatolia un altro mondo, e comprendo bene l'entusiasmo dei colleghi che hanno la fortuna di confrontarsi con simili esperienze, sebbene particolarmente faticose. Qualunque sia la storia di quella vasca battesimale, indubbiamente si tratta di un reperto di grandissimo interesse. Il nostro pomeriggio proseguir ora con il Prof. Enrico Mazza, che ci parler delle fonti letterarie del progetto iconografico del Battistero di Parma. Facciamo dunque un bel salto cronologico-geografico e ci trasferiamo in terra nostrana. Prof. Enrico Mazza (Universit cattolica del Sacro Cuore) Le fonti letterarie del progetto iconografico del Battistero di Parma (testo non riesaminato dall'autore) Il Battistero di Parma gi stato studiato in mille modi. Il mio contributo ha per la pretesa di fornire qualche nuovo elemento a proposito delle fonti letterarie utilizzate dalla committenza, o dallo stesso Antelami, per il programma iconografico dei portali e delle lunette. Il Battistero parmense non , da questo punto di vista, una novit assoluta: i portali di Modena, Verona e Ferrara presentano infatti alcune analogie, ma quello di Parma si configura come insieme coerente, basato sui commenti alla liturgia utilizzati all'epoca della sua realizzazione. Mi riferisco, in particolare, al Mitrale (oggi diremmo Pastorale) di Siccardo da Cremona, che fu vescovo della stessa citt a partire dal 1185. In alcuni elementi del Battistero, infatti, la fedelt al testo biblico arricchita da alcune stranezze, le stesse che possiamo facilmente riscontrare anche nel Mitrale di Siccardo. Siccardo trae abbondante materiale da due fonti: il Gemma animae di Onorio di Autun e la Summa de Officiis di Giovanni Belet. Il programma iconografico del Battistero, tuttavia, direttamente ascrivibile al Mitrale, e questo nonostante alcuni elementi non possano risultare comprensibili senza una adeguata conoscenza della citata opera di Onorio. La committenza si affid dunque a un'opera principale, ma probabilmente si preoccup anche di far conoscere i testi che l'avevano preceduta. Il Mitrale fu del resto composto durante l'episcopato cremonese di Siccardo (1185-1195), e appena un anno dopo ebbe inizio la realizzazione del Battistero di Parma: l'architrave orientata a nord riporta infatti sia la data che il nome dell'architetto, Benedetto Antelami. Per inventariare i manoscritti e fare l'edizione critica del testo siccardiano ci vorrebbero due vite, e infatti si tratta di un lavoro che per il momento non stato svolto. Sappiamo per che il Mitrale portato a compimento uno o pochissimi anni prima dell'inizio dei lavori per il Battistero, e che l'autore compone questo scritto con finalit pastorale, affinch il suo clero possa spiegare ai fedeli la celebrazione della liturgia ed essi possano essere meno inclini a qualunque forma di distrazione. Le spiegazioni fornite non derivano, dunque, dalla volont di chiarire il senso dei riti, ma hanno piuttosto l'obiettivo di proporre diverse possibili letture del rito, affinch ciascun fedele sia portato a pensare ci che pi lo fa sentire a proprio agio evitando, comunque, di distrarsi. Naturalmente, l'interpretazione del testo allegorica. A 36-40 km da Parma ha dunque origine la grande operazione pastorale del vescovo Siccardo, che raccogliendo insieme moltissime fonti scrive un testo in grado di incidere sulla pastorale della sua diocesi. Dieci-quindici anni prima del Battistero di Parma nasce inoltre il battistero di Cremona, la cui sagoma ottagonale turriforme funge probabilmente da modello. Rispetto al Battistero di Pisa, radicalmente diverso, i parmigiani vollero realizzare qualcosa di meglio, e a mio parere, cio sulla base di considerazioni estetiche del tutto personali, possiamo affermare che ci sono riusciti. Il Portale della Vergine cos chiamato per due motivi: la Vergine che campeggia al centro della lunetta (fig. 1) e la Madonna che compare in alto, sullo stipite di destra (per chi guarda), una figura in marmo bianco che spicca rispetto al marmo rosso di Verona che incornicia l'ingresso. Prima del restauro la composizione era ricoperta da una patina nerastra uniforme, ma oggi la differenza cromatica tra il bianco della figura mariana e la pietra circostante perfettamente apprezzabile. Se osserviamo l'insieme alla luce delle fonti letterarie, questo portale dovrebbe tuttavia essere quello dell'Epifania. C' infatti da definire un primo criterio di riferimento: nei commenti dell'epoca la liturgia distribuita lungo l'anno liturgico, e ciascun rito o oggetto commentato non per s stesso ma in funzione della sua collocazione temporale. Il battesimo, ad esempio, si celebra a Pasqua e a Pentecoste, ma nel libro liturgico i testi battesimali si collocano in corrispondenza dell'epifania, poich il battesimo cui si vuol fare riferimento non quello celebrato per accogliere nuovi fedeli bens il suo prototipo, cio il Battesimo di Cristo. 43

Comprendere tutto questo risulta oggi piuttosto difficile, poich la nostra vita di cittadini non pi regolata dall'anno liturgico, e assumono un'importanza di gran lunga maggiore elementi quali l'ora legale, gli orari dei treni, le ferie estive o la settimana bianca. Facciamo molta fatica a collocare la vita religiosa nei giorni dell'anno liturgico, mentre secoli fa questa abitudine costituiva un forte strumento di coesione sociale. Nel Battistero di Parma il Battesimo di Cristo raffigurato sull'architrave superiore del Portale della Vergine (fig. 2), mentre quello inferiore reca un'iscrizione con la data. L'architrave superiore si divide in due parti: sulla sinistra compare appunto il Battesimo di Cristo, mentre sulla destra abbiamo la narrazione della vicenda di Giovanni Battista, cui i battisteri sono sempre dedicati. Proprio stamani abbiamo sentito parlare delle indicazioni del vescovo Rezzonico, secondo il quale il coperchio del fonte battesimale doveva essere sormontato dalla statua del Battista. Protagonista dei battisteri dunque Giovanni Battista che battezza Cristo. Nel caso specifico del portale in esame, il Cristo raffigurato si riferisce alla narrazione matteana, e si rivolge al Battista che gli sta di fronte. Sono poi raffigurati tre angeli che stringono in mano dei teli, con i quali asciugheranno Ges quando sar uscito dall'acqua. Sulla destra raffigurata un'altra scena tratta dal Vangelo, cio la cena del re Erode con Erodiade(fig. 3). Alla sinistra di Erode raffigurato il consiliarius, un individuo che si occupa dell'organizzazione e che sta impartendo alcune istruzioni al servitore posizionato quasi al centro dell'architrave. Sul lato opposto della tavola imbandita c' la puella, la figlia di Erodiade, immortalata mentre danza: sar proprio lei, ispirata da Satana (raffigurato alla sua destra e con le braccia tese verso la fanciulla) a chiedere la testa del Battista. Sull'estrema destra scolpita invece la Decollazione del Battista: Giovanni si affaccia da un edificio turrito che forse rappresenta un carcere, e un angelo con il turibolo lo incensa mentre il boia con la spada lo decapita. Il tema del battistero dunque la vicenda del Battista. Pi in basso, sugli stipiti, sono raffigurate storie tratte dall'Antico Testamento, molto importanti per la comprensione della fonte letteraria, mentre in alto, nella lunetta, compaiono episodi relativi ai Magi, cio tratti dal Nuovo Testamento. Nell'ambito della struttura architettonica globale, il Battista dunque compreso tra Nuovo e Vecchio Testamento, e se sfogliamo il Mitrale di Siccardo laddove parla del Battista (a Parma molto venerato, tanto che proprio nel giorno a lui dedicato si raccolgono le noci con cui produrre il nocino, consuetudine fondamentale per quella che riconosciuta come Citt del Gusto), scopriamo che la sua officiatura per met dell'Antico e per met del Nuovo Testamento. L'ufficio Divino del giorno del Battista cos articolato proprio per rispettare la sua collocazione tra i due Testamenti, e l'orditura architettonica del portale rispecchia fedelmente questo principio. Passiamo ora all'analisi degli stipiti. Quello di destra ha alla base Jesse, l'albero genealogico di Cristo che include, sviluppandosi in modo ascendente, tutti i personaggi dell'Antico Testamento implicati nella generazione del Figlio di Dio. Queste figure si collocano sui rami laterali, e ciascuna di esse contrassegnata dal proprio nome, secondo una dotta usanza dell'arte occidentale stabilita da Carlo Magno: egli volle infatti che l'arte occidentale, diversamente da quella d'Oriente, rispondesse ad una funzione didattica, e proprio per questo i personaggi raffigurati dovevano essere facilmente individuabili. Nello stipite destro, dicevamo, i vari personaggi si collocano sui rami laterali, mentre al centro corre una robusta radice che si sviluppa verticalmente sino a raggiungere una fronda su cui troviamo Maria. In realt dovrebbe trattarsi di una inesattezza, poich nel Nuovo Testamento la genealogia di Cristo termina con Giuseppe, sposo di Maria che diede alla luce Ges: la Vergine allora fuori dalla genealogia, poich il Cristo figlio di Davide attraverso Giuseppe, non attraverso di lei. Nello stipite sinistro illustrata la storia dei patriarchi, e anche qui rappresentato un albero, sebbene in forma diversa dal precedente. Tutto comincia con Abramo, e procedendo verso l'alto si dispongono le varie figure, ciascuna collocata su una piccola semiluna e contrassegnata dal proprio nome. In questo caso, la fronda posta sulla cima dell'albero regge Mos, che tuttavia non ha relazione alcuna con i patriarchi. Le stranezze da comprendere sono pertanto due: la presenza di Maria sullo stipite destro e quella di Mos sullo stipite sinistro. All'inizio del Mitrale, Siccardo fornisce una spiegazione del metodo da lui utilizzato, cio quello del quadruplice senso delle Sacre Scritture (senso storico, allegorico, morale e anagogico). In particolare, illustrando il senso allegorico, fa riferimento a due tipi di allegoria: l'allegoria verbis e l'allegoria factis (allegoria di parole e allegoria negli eventi). Un esempio di allegoria di parole il seguente: da Jesse nasce un albero che la genealogia di Ges. Nella citazione latina di Isaia 11 si parla per della virga di Jesse, e poich virga in forte assonanza con Virgo, Siccardo stabilisce che gli antenati di Ges terminino direttamente con Maria, escludendo Giuseppe. Illustrando l'allegoria factis, Siccardo afferma che l'Esodo, l'episodio del Mar Rosso, allegoria della Chiesa. Noi sappiamo, inoltre, che il Mar Rosso richiama il Battesimo, cos come confermatoci da Paolo nella prima Lettera ai Corinzi. Sulla base della concezione siccardiana dell'allegoria verbis, sullo stipite destro la virga termina dunque direttamente sulla Virgo, mentre l'elenco dei patriarchi sullo stipite opposto si conclude, inspiegabilmente, con Mos. Egli infatti protagonista dell'Esodo, episodio che fa seguito alle vicende dei patriarchi. La 44

compresenza di queste due stranezze, che possibile ritrovare solo nell'opera di Siccardo, suggeriscono dunque che la principale fonte d'ispirazione per la realizzazione degli apparati scultorei del battistero sia proprio siccardiana. Al centro della lunetta troviamo Maria, mentre sull'architrave sottostante si colloca, come abbiamo visto, la raffigurazione del Battesimo di Ges con i tre angeli, corredata da una scritta perfettamente leggibile che illustra l'episodio. Pi in basso, sulla destra, il marmo rosso di Verona dello stipite perfettamente intagliato per alloggiare la bianca figura della Vergine che ha in mano un fiore, esattamente come quella raffigurata nella lunetta. La virga di Jesse fiorisce nella Virgo, cos come previsto dall'allegoria verbis. Sull'architrave, accanto alla scena del Battesimo di Cristo, abbiamo Erode che poggia la sua mano sulla spalla di Erodiade, Salom che danza e Satana che le ispira la richiesta della testa del Battista. Alla sinistra di Erode, come gi detto, si colloca il consiliarius che sovrintende allo svolgimento della cena. Su buona parte delle figure si possono apprezzare gli splendidi panneggi delle vesti, che gli esperti sanno essere una precisa caratteristica della scultura di Antelami. Nella scena della decollatio, infine, accanto all'esecutore della condanna a morte troviamo la figura dell'arcangelo Michele, che con il turibolo incensa il Battista martire. Sullo stipite sinistro abbiamo descritto le figure dei patriarchi, mentre pi in alto, sul medesimo lato ma in corrispondenza della lunetta, accanto al trono su cui siede Maria con il Bambino, compaiono le figure dei tre Re Magi, ciascuno individuato dal proprio nome. Il Battistero di Parma conobbe un rito molto particolare: nel giorno dell'Epifania si facevano arrivare al Battistero i tre re Magi, portati da un cammello finto o forse vero. Si trattava di una vera e propria rappresentazione teatrale, e anche all'interno del Duomo, nel giorno dell'Annunciazione, accadeva qualcosa di simile: si tendeva un grosso cavo tra l'ambone e una finestra posta in alto alla destra dell'altare, e attraverso il movimento di una carrucola si faceva lentamente discendere l'angelo dell'annuncio sino al luogo della Parola, dove il diacono iniziava a cantare il Vangelo dell'Annunciazione. Tutto questo ci ben descritto nell'Ordo Ecclesiae Parmensis. Sul lato opposto della lunetta, rivolto verso lo spazio interno, raffigurata la Fuga in Egitto (fig. 4): l'angelo suggerisce in sogno a Giuseppe di non prendere la strada del rientro e di recarsi in Egitto. La lunetta realizzata con un unico blocco di marmo scolpito su entrambi i lati, e questo suggerisce che il progetto iconografico sia stato concepito in modo organico e unitario sin dall'inizio. Se ritorniamo all'esterno, vediamo che la lunetta circondata da una ghiera, ornata da un festone nel quale le figure degli apostoli compaiono all'interno di dodici tondi sorretti dai dodici profeti. Il tema dell'adorazione dei Magi collocato sul lato sinistro della lunetta si estende dunque ai dodici apostoli e ai dodici profeti: dodici pi dodici fa ventiquattro, che esattamente il numero degli adoratori descritti nel libro dell'Apocalisse, che ispirer anche gli affreschi realizzati all'interno del Battistero sessant'anni pi tardi. Per comodit, nella descrizione del portale ovest partir dalla lunetta, ma l'elemento principale consiste in realt negli stipiti. Al centro della lunetta c' il Cristo Giudice benedicente (fig. 5), mentre alla sua destra raffigurata la Croce in forma di Albero della Vita, sorretta da una coppia di angeli e incoronata da un terzo angelo. Sono ben delineati anche alcuni spuntoni di rami appena tagliati. Non si tratta di una croce della passione, ma di una croce vittoriosa interpretata come Albero della Vita. Alla sinistra di Cristo troviamo invece altri angeli recanti gli strumenti della Passione. Il giudizio di Ges arriver alla fine del mondo, ben illustrata sull'architrave: qui possiamo infatti facilmente riconoscere i due angeli con le trombe (analoghi a quelli di Ferrara), che invitano i morti a uscire dalle loro sepolture. Alcuni sepolcri sono ben raffigurati, ma a Ferrara la scena molto pi riuscita, poich il verismo quasi impressionante e si riesce quasi a percepire lo sforzo dei defunti intenti a scavalcare il bordo della loro tomba. Nel caso di Parma, invece, le figure sono molto pi stilizzate, e uno dei defunti esce dal suo sepolcro persino a mani giunte, senza la bench minima fatica. In alto, all'interno della ghiera che circonda la lunetta, ritornano le figure degli Apostoli, che curiosamente non corrispondono a nessuno degli elenchi presenti nel Nuovo Testamento: gli apostoli compaiono infatti per ordine di chiamata, usando il testo matteano per i primi tre, il Vangelo di Giovanni per i sette successivi, e introducendo infine gli altri due. inoltre raffigurato l'Apostolo Paolo, che pur non facendo parte dei Dodici stato direttamente chiamato dal Risorto. I recenti restauri hanno reso leggibile la scritta presente sul cartiglio retto dall'apostolo, che riporta appunto il nome Paulus. Accanto a Paolo raffigurato Pietro, poich nel culto i due santi sono sempre associati: secondo la concezione sinodale dell'episcopato romano, anche il Vescovo di Roma Pietro e Paolo. In quest'immagine ravvicinata potete vedere il dettaglio della Croce-Albero della Vita con gli spuntoni dei rami appena tagliati, mentre quelle successive mostrano gli stipiti del portale ovest. Sulla destra raffigurata la Parabola della Vite, che racconta di un agricoltore in cerca di operai da inviare nella sua vigna. Nel complesso l'episodio narrato focalizzandone sei momenti, che l'autore pone a diretto confronto con le sei et della vita dell'uomo. L'ultima scena descrive il momento della retribuzione degli operai, che avviene secondo l'ordine di chiamata (tema che ritorna ancora una volta). Sulla sinistra (fig. 6) sono narrate invece le Opere di Misericordia (dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati, 45

vestire gli ignudi, alloggiare i pellegrini, visitare gli infermi ecc.). Dobbiamo chiederci, a questo punto, se esista una spiegazione liturgica in grado di motivare questo tipo di configurazione, e la risposta s, certamente. Quello che stiamo esaminando potrebbe essere definito Portale di Settuagesima: a Settuagesima, infatti, si legge la parabola della vite. Siccardo dipende per da Onorio di Autun e soprattutto da Giovanni Belet, e dovendo commentare Settuagesima adopera tutto lo spazio che ha a disposizione per parlare di un'altra cosa: egli commenta il fatto che in questo periodo, cio circa settanta giorni prima di Pasqua, ha inizio il digiuno segno di vedovanza, e che di conseguenza non si pu pi cantare. A quest'ultimo dato, in particolare, dedica molta attenzione. Del passo del Vangelo che abbiamo menzionato fa invece solo un rapido cenno, mentre ne fornisce una spiegazione pi dettagliata la domenica successiva, quella di Sessagesima. In questo commento precisa che il tempo di Sessagesima termina il mercoled dopo Pasqua, quando nel Vangelo si leggono le Opere di Misericordia. Il commento di Sessagesima, dunque, oltre ad unire Sessagesima e Settuagesima include anche il mercoled dopo Pasqua, e il progetto iconografico dei due stipiti nasce proprio dal commento unitario di questi tre giorni dell'anno liturgico, che rappresentano il progetto di vita dei neobattezzati. A proposito delle Opere di Misericordia, importante notare l'abito che veste coloro che le compiono, poich si tratta del tipico abbigliamento del buon borghese del XII secolo: il cittadino che intenda contribuire al buon funzionamento della citt, deve dunque comportarsi in questo modo. Non si tratta di un'idea nuova, poich gi Carlo Magno aveva affermato l'equivalenza tra buon suddito e buon battezzato. Nei Monumenta Germaniae Historica, quando egli emana un editto si rivolge ai battezzati, e non semplicemente ai sudditi, poich sul battesimo che si fonda il rapporto che egli ha con il suo popolo. Carlo Magno, del resto, il prototipo del re cristiano. I due stipiti rappresentano, in sintesi, il programma di vita del battezzato, mentre nel portale precedente, come abbiamo visto, il tema del Battesimo inaugurato dalla figura di Giovanni e si sviluppa con l'illustrazione della festa dell'Epifania, quando si commemorano la venuta dei Magi, il Battesimo di Cristo e le Nozze di Cana. Nel portale ovest abbiamo insieme Settuagesima e Sessagesima, che terminano con il mercoled di Pasqua. Nella chiesa patristica (primi sette secoli), la settimana dopo Pasqua era dedicata alla Mistagogia, cio un particolare commento dei riti battesimali. In epoca medievale non pi cos, e ciascun giorno della settimana dopo Pasqua dedicato a una delle Opere di Misericordia. A tal proposito esiste a Parma una vera e propria tradizione, e in ciascuna giornata liturgica si praticano le opere in essa previste: una volta, ad esempio, nel giorno di San Giuseppe tutte le famiglie di umili origini realizzavano nella propria casa qualche opera di falegnameria, applicandosi magari anche solo alla riparazione di un vecchio sgabello o di una sedia. I giorni dell'anno liturgico guidavano dunque gli stessi comportamenti domestici. I miei nonni non erano molto religiosi, e anzi probabilmente non frequentavano la chiesa quasi mai, ma nel giorno di San Giuseppe erano sempre in giardino a piantar chiodi da qualche parte. Tutte queste tradizioni appartengono alla drammatizzazione dell'anno liturgico. Sei sono le et della vita, sei le ore in cui si chiamati a lavorare nella vigna del Signore, sei le Opere di Misericordia proposte nella settimana dopo Pasqua, ben riconoscibili sul lato sinistro del portale ovest. A proposito di San Paolo abbiamo gi fornito qualche spiegazione: egli chiamato direttamente dal Signore, e l'ordine degli Apostoli appunto quello dei chiamati. Abbiamo anche detto dell'importanza di Sessagesima, quando si commenta anche il Vangelo di Settuagesima, ma c' ancora qualcosa da evidenziare. La stazione quaresimale di Sessagesima nella Basilica di San Paolo a Roma, e la ragione di ci che nell'epistola di Sessagesima San Paolo presentato come colui che ha lungamente faticato nell'annuncio del Regno di Dio. Inoltre la colletta, cio la prima preghiera dellla Messa, commemora San Paolo dicendo: E noi chiediamo a Dio di essere analoghi a San Paolo. Si tratta dell'unica colletta domenicale di questo genere, poich non ce ne sono altre che menzionino il nome di un santo. A questo punto, come si dice nei polizieschi: un solo elemento puramente occasionale, due sono un indizio, dal terzo in poi il poliziotto ha motivo di scatenarsi e seguire la pista; e nel nostro caso siamo appunto in possesso di ben pi di tre elementi, che individuano in modo inequivocabile una precisa radice liturgica. Ora occupiamoci, rapidamente, delle lunette interne. Nel portale nord, come gi osservato, all'esterno, sulla destra, abbiamo il sogno di Giuseppe, mentre all'interno abbiamo l'attuazione del sogno, cio l'obbedienza di Giuseppe e la fuga in Egitto. All'interno del Battistero ci sono catecumeni che vengono battezzati, e ci che si vuol trasmettere loro che alla chiamata si risponde con l'obbedienza. Quest'altra lunetta appartiene ad un portale che non abbiamo commentato e tratta della Presentazione al Tempio, una delle immagini che fanno parte della tipologia battesimale. Si tratta, in particolare, della lunetta interna del portale sud (fig. 7), dal quale i battezzandi fanno ingresso nello spazio battesimale. Sull'architrave del portale sud c' il Battista che con il dito indica Ges, mentre all'interno c' la Presentazione al Tempio. Abbiamo detto che a Settuagesima Siccardo non fa il commento delle letture ma illustra il regime dei 46

canti, e spiega che in Quaresima non dato cantare. Alla vigilia di Pasqua, per, cio nel Sabato Santo, si pu ricominciare a cantare e anzi si raddoppia l'alleluia, particolare su cui Siccardo insiste molto. Nel portale di Settuagesima la lunetta interna mostra allora il re Davide che suona la cetra, circondato da altri musici. Fondamentale anche l'iscrizione in latino, che recita: il Re Davide, salmeggiando con la cetra, invita i suoi amici a cantare come ben insegnano anche queste pietre scolpite. Il messaggio della lunetta dunque molto preciso: cessato l'obbligo di astenersi dal canto, il re Davide una sorta di manifesto che invita a cantare. Sulla lunetta di fronte (fig. 8) scolpita una mandorla che racchiude la figura di Ges, attorniato dai simboli dei quattro Vangeli. Ges nella mandorla una majestas, e la mandorla segno di Incarnazione. Nel rito del Battesimo si illustrano i quattro simboli battesimali, poich ancora in uso un'omelia rituale del sacramentario gelasiano nella quale si spiega il significato del bue, dell'aquila, del leone e dell'uomo. Spiegando questi quattro simboli, e sulla base di un'ingenua semplificazione, si cerca di sintetizzare il contenuto dei Vangeli, come se il singolo evangelista potesse essere riassunto dal suo simbolo. Ci sono anche due angeli vestiti da diaconi, che cantando l'incipit dei quattro Vangeli fanno la catechesi ai battezzandi. Ges poggia una mano sul Libro aperto (Io sono l'alfa e l'omega...), e ha le dita protese nel segno romano della allocutio, che significa: Sto parlando. Egli parla, cio, attraverso i quattro Vangeli letti dai due diaconi che durante il rito stanno in piedi sulla predella, al di sotto dell'immagine: la voce del diacono fa giungere alle nostre orecchie la Parola di Ges. La spiegazione del progetto iconografico nasce dunque dalla liturgia del Battesimo, e in particolare da quella specifica liturgia spiegata nel commento che Siccardo scrive due o tre anni prima dell'avvio dei lavori per la realizzazione del Battistero parmense. Il fatto che sia stato scelto il commento pi moderno, dimostra il ruolo determinante della committenza e la sua profonda dottrina. Vi ringrazio. Prof.ssa Silvia Lusuardi Siena Ringraziamo il Prof. Mazza per questa splendida decodifica del ciclo scultoreo del Battistero di Parma. Purtroppo molto tardi, quindi passo subito la parola all'ultimo relatore del pomeriggio, l'arch. Leonardo Miani, che ci parler dell'adeguamento del Battistero della Cattedrale di Udine. Leonardo Miani (architetto - Commissione Diocesana Arte Sacra di Udine) Cercher di essere il pi possibile sintetico, e anzi approfitto subito dell'aiuto dell'amico Massimiliano Valdinoci per far scorrere pi velocemente le immagini. Anche nel caso di Udine ci troviamo di fronte ad un committente importante, Bertrando, e il periodo di riferimento quello compreso tra il 1334 e il 1350, quando egli Patriarca di Aquileia. Bertrando sar ucciso da una congiura di nobili friulani, e poco prima della sua morte, nel 1350, committente di tre opere particolarmente importanti: l'Arca intitolata ai due santi aquileiesi Ermancora e Fortunato, molto probabilmente ubicata ad Aquileia e diventata, un anno pi tardi, la tomba dello stesso Bertrando; gli affreschi del presbiterio del Duomo, realizzati da Vitale da Bologna, che gi da un anno lavorava in Friuli per conto della Confraternita dei Fabbri; e infine il Battistero, che vi gi stato mostrato dal Prof. Longhi ed caratterizzato dalla presenza del sovrastante campanile, inserito circa un secolo dopo. Quello che vedete (figg. 1-2) il Duomo nella sua attuale configurazione, con il Battistero ottagonale addossato in prossimit dell'angolo nord-orientale. Nel 1348 l'edificio fu quasi completamente distrutto da un terremoto che rese necessaria la ricostruzione dell'intera navata centrale, mentre il battistero fu eretto successivamente, e Bertrando non ebbe pertanto la possibilit di vederlo. Nello stesso anno Vitale da Bologna avvi la realizzazione degli affreschi dedicati a San Nicol. Come gi accennato il Battistero si configura come architettura autonoma collocata alla sinistra del Duomo, ed certo che conserv la sua struttura originaria per circa cento anni; successivamente, forse a causa dei danni subiti dalla torre campanaria durante il terremoto, fu sopraelevato innestandovi il nuovo campanile. Il complesso lavoro fu affidato al capomastro Cristoforo da Milano, che giunto ad una certa quota della costruzione decise saggiamente di fermarsi ritenendo non sufficientemente robuste le fondazioni. Le vicende trecentesche che ho provato a sintetizzare si collegano a quanto accaduto negli ultimi dieci anni: dapprima, essendo Vescovo Mons. Alfredo Battisti, mi fu richiesto un progetto per un allestimento museale del Battistero; trascorsi alcuni anni, e subentrato Mons. Pietro Brollo, furono finalmente ottenuti i finanziamenti con cui sottofondare il campanile, e poich questa operazione rendeva necessari il trasferimento dell'Arca e la rimozione della pavimentazione realizzata negli anni Sessanta, si decise di approfittarne per restituire al Battistero la sua originaria funzione. Confrontando la ricostruzione planimetrica riferita al XIV secolo con quella attuale possiamo notare che le due cappelle poste alla sinistra dell'altare sono le uniche ad aver conservato la configurazione trecentesca, e 47

questo dato ci confermato dagli affreschi che sono stati ritrovati. Un altro dato significativo riguarda le radicali trasformazioni operate tra il 1711 e il 1718, quando il Duomo fu completamente rimaneggiato secondo il gusto barocco. Purtroppo non disponiamo di immagini che documentino dettagliatamente questi interventi, ma sappiamo che subito dopo la morte di Bertrando l'Arca era sistemata sul presbiterio, e che nel 1568 fu traslata nella prima cappella alla destra del presbiterio, anteponendovi un altare. Tale configurazione rest presumibilmente intatta sino al 1711. La stampa che vedete (fig. 3), che documenta appunto lo stato dei luoghi prima delle trasformazioni settecentesche, mostra l'Arca nella prima cappella alla destra dell'altare maggiore: la cassa sostenuta da cinque statue (sebbene decisamente reinterpretate rispetto alla realt), e al di sotto si collocano le spoglie del patriarca. Le vicende dei due protomartiri aquileiesi Ermancora e Fortunato sono dunque direttamente legate alla storia di Bertrando, Patriarca amatissimo poi divenuto beato. Nel 1718 Giuseppe Torretti riprogetta integralmente il presbiterio, di cui vedete raffigurato l'altar maggiore visto dal retro. Al di sopra dell'altare si colloca la figura del patriarca che si solleva dalla tomba, mentre alla base, al di sopra della predella, si inserisce l'Arca. Le cinque figure scolpite che sorreggevano l'Arca vengono ricomposte all'interno dell'altare barocco. Come testimoniato da una foto risalente agli anni Sessanta, quest'ultima configurazione resta immutata sino al 1965, ma gi negli anni '30 era stato sviluppato un progetto (fig. 4), redatto dall'Arch. Miani, che prevedeva la ricomposizione dell'Arca e la sua traslazione in uno spazio in cui non era mai stata collocata, cio nel Battistero, indicato come Cappella di San Giovanni Evangelista. Per il Battistero, che dalla fine del Settecento fungeva solo da base del campanile e da deposito, il progetto prevedeva inoltre il ripristino della funzione originaria: l'intenzione del progettista era infatti quella di reinserire in questo spazio il fonte battesimale quattrocentesco che alla fine del Settecento era stato traslato nella vicina Chiesa della Purit. Questa tavola di progetto mostra appunto l'Arca collocata davanti al grande finestrone del battistero, mentre alla sua sinistra, in asse con uno dei lati dell'ottagono della pianta, si inserisce il fonte quattrocentesco. La coraggiosa iniziativa viene purtroppo abbandonata poco tempo dopo, e se ne perde memoria sino a pochi anni fa, quando il sottoscritto chiamato a redigere un nuovo progetto. La proposta sviluppata negli anni Trenta si arena per il mancato supporto del Capitolo del Duomo, che non approva lo spostamento della salma del beato Bertrando dal Duomo al Battistero, considerato esterno alla chiesa. L'Arca viene dunque ricomposta dietro l'altar maggiore, cio nel coro, e dietro alcuni degli stalli lignei saranno poi ritrovati parte degli affreschi di Vitale da Bologna. Questa fotografia mostra lo stato del Battistero negli anni Cinquanta, quando sulle pareti erano ben visibili lacerti di affreschi ancora bisognosi di interventi di restauro. Eseguiti al suo interno alcuni lavori, tra i quali la sostituzione delle finestrature, la struttura inaugurata con una mostra sulla scultura lignea, e lo spazio dunque convertito ad usi espositivi. La foto successiva mostra appunto l'allestimento museale negli anni Settanta, a cavallo del terribile evento sismico che colp duramente quest'area geografica. Sulle pareti sono ordinatamente disposti alcuni pannelli con gli affreschi di Vitale da Bologna ritrovati nel presbiterio dietro gli stalli del coro, ma l'elemento di maggior interesse la presenza dell'Arca: nel 1965, essendo sorta la necessit di realizzare un nuovo organo dietro l'altar maggiore, le spoglie del beato vengono trasferite all'interno di un altare, mentre l'Arca, che pur non essendo pi oggetto di devozione conserva intatto il proprio valore storico-artistico, traslata nel Battistero insieme a parte dei paramenti. Il Battistero cos sottoposto a nuovi lavori di allestimento, le pavimentazioni sono realizzate ex novo in rosso di Verzegnis e infine, come gi fatto nel Settecento, sono riattivati gli studi per una eventuale sopraelevazione del campanile, fortunatamente senza esito alcuno. Un decina di anni fa, con l'aiuto della curatrice del Museo Diocesano, avevo inoltrato alcune richieste di finanziamento allo scopo di procedere con il restauro dei paramenti del beato Bertrando, ritrovati in occasione della traslazione delle sue spoglie. L'intenzione era quella di usare il Battistero come museo, e il grande elemento ottagonale che in questa planimetria vedete sistemato al centro dello spazio doveva essere appunto una grande teca in cui esporre i paramenti del beato. Poco tempo dopo, in modo del tutto casuale, giunto alla diocesi un finanziamento statale derivato dal gioco del Lotto, ma la cifra elargita era destinata alla sottofondazione della torre campanaria. Essendo gi stato incassato un altro finanziamento concesso dalla Provincia e destinato al restauro dei paramenti e alla loro esposizione, si reso dunque necessario un totale ripensamento del progetto, e il museo stato traslato nelle due cappelle del Duomo che ancora conservano il loro aspetto medievale. In quest'altra planimetria vedete appunto raffigurato il nuovo allestimento e la posizione delle singole teche, illustrate anche dalle foto successive. proprio a questo punto che il vescovo Battisti avanza al sottoscritto la richiesta di un nuovo battistero, proposta che viene subito discussa convocando varie riunioni con la Commissione Arte Sacra e la Soprintendenza. Pochi giorni dopo, tra l'altro, ho avuto il piacere di frequentare, a Firenze, l'edizione 2002 del Corso di formazione sull'Architettura Sacra organizzato da Mons. Giancarlo Santi, all'epoca Direttore dell'Ufficio Nazionale Beni Culturali della CEI. La volont della committenza era quella di realizzare una vasca che potesse consentire il battesimo per 48

immersione, ma tale opzione non era facilmente praticabile: al di sotto del piano di calpestio del Battistero si colloca infatti un vano nel quale erano state sistemate, nel Settecento, tutte le spoglie estratte dalle tombe medievali rinvenute durante i lavori di trasformazione del Duomo. Per sviluppare il mio lavoro ho potuto avvalermi di supporti di grande importanza, come ad esempio le precise indicazioni liturgiche fornitemi dal Presidente della Commissione Arte Sacra Mons. Guido Genero, e soprattutto ho potuto attingere suggerimenti dalla vicina Basilica di Aquileia, vero e proprio modello di riferimento. Quelle che vedete sono appunto immagini riferite all'antica Basilica aquileiese: nella prima localizzato il fonte battesimale teodoriano, ben noto agli archeologi; in quella successiva potete vedere il secondo, diversamente collocato e caratterizzato da una pianta stellare; segue una schematica rappresentazione della pianta del complesso con il terzo battistero di epoca cromaziana (ultimo trentennio del IV secolo), a proposito del quale gli studiosi non hanno ancora appurato se la forma originaria fosse esagonale o piuttosto ottagonale; e infine l'ultima ricostruzione medievale e un disegno tratto dalla documentazione degli scavi effettuati all'inizio del Novecento. L'incertezza circa la forma del terzo battistero deriva dal fatto che sono stati rinvenuti due basamenti sovrapposti, rispettivamente di forma dodecagonale e ottagonale. Questa curiosit, che all'interno della diocesi ha dato origine a discussioni non ancora sopite, mi stata molto utile per avviare la riflessione progettuale, che partita appunto dalle figure simboliche dell'esagono e dell'ottagono. Nei primi schizzi (fig. 5) ho infatti cercato di racchiudere un ottagono in una pi ampia forma esagonale. Nel progettare la vasca battesimale ho naturalmente dovuto tenere ben presenti i diversi protagonisti dello spazio in cui sarei intervenuto, primi tra tutti gli affreschi di Vitale da Bologna e l'antica Arca, che nel frattempo era stata nuovamente spostata: essa infatti non pi posizionata al termine dell'asse che collega la porta al grande finestrone, ma stata traslata sulla direttrice ortogonale, cio sull'asse visivo che collega il battistero all'altar maggiore e al presbiterio. Pian piano maturata l'idea di unire alla vasca battesimale il luogo della presidenza e il luogo della Parola, cio una sede e un ambone, e mi stato anche suggerito di modellare la vasca in modo tale da sottolineare l'asse dell'attraversamento, del passaggio, cio il percorso che fa il battezzando lasciandosi alle spalle la vita precedente e procedendo fiducioso verso il vescovo pronto ad accoglierlo. I disegni che vedete in questo momento saranno probabilmente noti a qualcuno, poich sono gi stati pubblicati nel volume sulle Cattedrali del Triveneto curato da Giorgio Della Longa, Antonio Marchesi e Massimiliano Valdinoci. Essi mostrano una vasca non ancora definita nella sua struttura ma di forma decisamente ottagonale. La medesima soluzione descritta anche in alcune viste prospettiche che ipotizzano l'uso museale dello spazio (fig. 6) o la condizione di grande affollamento in occasione della celebrazione del rito del battesimo per adulti o per bambini. Questa immagine di dettaglio (fig. 7) mostra uno dei rilievi che adornano l'Arca, raffigurante Ermancoro che battezza una famiglia romana: una scena che per noi stata di grande aiuto, poich ci ha fornito un riferimento sulla base del quale iniziare a stabilire quanto dovesse essere profonda una vasca destinata al battesimo per immersione. Nonostante le difficolt pratiche, era infatti nostro desiderio che i segni non perdessero il proprio senso, e che l'acqua fosse dunque alta abbastanza da non perdere efficacia comunicativa. Ho gradualmente affinato le valutazioni sull'altezza ottimale dell'acqua all'interno della vasca, e realizzati disegni pi dettagliati stato sviluppato un modello al vero (fig. 8). Un altro problema da considerare stata la necessit di associare alla vasca per l'immersione (battesimo degli adulti) una conca utile al rito di infusione (battesimo dei bambini), e cos maturata l'idea di un catino dal quale scendesse l'acqua all'interno della vasca, ipotesi che consentiva anche di recuperare l'elemento fondamentale dell'acqua corrente, l'acqua viva. Il modello al vero ci ha permesso di calibrare le dimensioni del progetto definitivo, e dopo numerose e attente prove il livello massimo dell'acqua stato fissato in 57 cm. In fase di realizzazione, comunque, abbiamo inserito un secondo troppo pieno, cos da poter utilizzare l'acqua anche ad un livello inferiore (fig. 9). Sono state effettuate anche numerose verifiche per accertarsi che il celebrante riuscisse effettivamente, dall'esterno della vasca, a versare comodamente l'acqua all'interno. I disegni successivi mostrano, come potete vedere, la planimetria definitiva e il progetto del portacero, della cattedra e dell'ambone. I gradini esterni in pietra che consentono l'accesso alla vasca rimarcano l'asse principale della composizione che intercetta anche la cattedra, mentre alla sinistra e alla destra di quest'ultima si collocano appunto l'ambone e il candelabro per il cero pasquale. Questa struttura, secondo le indicazioni ricevute da Don Guido Genero, include anche una mensola su cui possono essere appoggiati gli oli santi, ed concepita in modo tale da poter alloggiare anche un cesto di fiori, riferimento al giardino dellEden. I modelli al vero dei singoli elementi, realizzati in compensato, sono rimasti in loco a lungo, per circa due anni. Nel frattempo giunto in diocesi un nuovo vescovo e ci sono stati avvicendamenti anche nell'organico diocesano e negli uffici della Soprintendenza. 49

Il progetto stato poi approvato dalla Commissione Arte Sacra, mentre il superamento del vaglio della Soprintendenza stato molto pi laborioso, poich in un primo momento mi era stato imposto di realizzare tutto in legno e vetro, e solo successivamente sono state finalmente prese in considerazione ipotesi diverse. Il materiale utilizzato per realizzare le strutture il marmo clauzetto, e in questa scelta mi sono stati di grande aiuto il Dr. Andrea Nante e un importante saggio storico del Prof. Goi, che illustra l'ampio uso che stato fatto di questo materiale sin dalla met del Quattrocento. Molti dei fonti battesimali che il Dr. Nante ci ha mostrato suppongo siano stati realizzati proprio con questo materiale, utilizzato in quel periodo dai lapicidi comacini che lavoravano sia nella Basilica di Aquileia che nel Duomo di Udine. stato dunque scelto un materiale sul quale erano disponibili molte testimonianze locali e numerosissimi riferimenti storici. In questo disegno vedete la sagoma dell'elemento di rivestimento che abbiamo fatto realizzare dai marmisti e che stato posizionato sul modello ligneo del fonte per poter meglio valutare gli spessori pi opportuni e le finiture di superficie, ed proprio dopo questo passaggio ulteriore che abbiamo ottenuto, sia pur faticosamente, l'approvazione della Soprintendenza, concessaci dall'allora Soprintendente e Direttore Regionale architetto Soragni. Negli ultimi mesi di lavoro abbiamo affrontato alcuni problemi pratici. Per la realizzazione dei manufatti stata scelta una ditta di Verona, la Marmi Santa Margherita, che credo abbia anche effettuato importanti lavori nel Duomo di Verona. Per ragioni di peso stata esclusa l'ipotesi della vasca monolitica (ho gi rammentato il fatto che al di sotto del piano pavimentale si colloca un vano contenente testimonianze storiche), e con la stessa ditta sono stati discussi il problema della impermeabilizzazione delle superfici, le modalit di adduzione e scarico dell'acqua e la conformazione del piccolo canale che avrebbe consentito la caduta dell'acqua dalla conca sino alla vasca sottostante. I primi assemblaggi sono stati realizzati in stabilimento a Verona, e successivamente si provveduto al trasporto e montaggio in situ (vedete appunto alcune immagini che mostrano gli operai impegnati in queste delicate operazioni). A proposito del colore della pietra, aggiungo che la scelta del clauzetto non stata facile, perch il riferimento per noi pi chiaro e immediato era l'Arca (fig. 10), realizzata con marmi di spolio di Aquileia ma di provenienza greca. Questo materiale, peraltro molto bello e caratterizzato da lunghe venature grigie, costituisce la materia prima delle cariatidi che sostengono l'Arca e anche del bassorilievo superiore, dove la presenza di una patinatura rende per meno leggibile questa omogeneit materica. Il pavimento, in accordo con il parere della Soprintendenza e per omogeneit con le lesene e i pilastri all'interno dell'edificio, stato realizzato in pietra piasentina. Per gli elementi cromaticamente diversi stata scelta una tonalit di grigio pi chiara, ma la stessa pietra a generare due colorazioni diverse a seconda che sia battuta o levigata. Questo dettaglio dei gradini che danno accesso alla vasca (fig. 11) mostra proprio il particolare trattamento della superficie, che mima una sorta di effetto tappeto. Purtroppo la situazione documentata dagli scatti non ottimale, poich nel momento in cui abbiamo realizzato queste fotografie, cio circa un anno dopo la fine dei lavori, non era ancora stata effettuata una approfondita pulizia degli oggetti. Di seguito vedete la sede, l'ambone e il candelabro per il cero pasquale, che include anche un piccolo foro in cui inserire la croce astile, mentre la foto successiva mostra una veduta prospettica dal battistero verso il presbiterio del Duomo, a dimostrazione del fatto che, a distanza di circa sette secoli, questi due luoghi sono stati finalmente riuniti. Una delle immagini, in particolare, raccoglie un frammento di affresco di Vitale da Bologna raffigurante Cristo, l'Arca collocata esattamente al di sotto e il nuovo fonte posizionato al centro dello spazio, e sintetizza efficacemente come, in un certo senso, il beato Bertrando abbia finalmente potuto vedere radunate le tre opere cui aveva dedicato cos tante energie. Le ultime slides raccontano il tema dell'acqua e della luce, due elementi che sono stati pensati e voluti ma anche, in qualche modo, trovati, scoperti a realizzazione conclusa. La luce proviene prevalentemente dalla grande finestra aperta sul lato opposto all'ingresso (fig. 12), e battendo sulla conca per il battesimo dei bambini produce un effetto molto suggestivo. Tornando alle caratteristiche del materiale, c' da dire che le conchiglie che compongono il clauzetto risalgono a circa due milioni di anni fa, e questo particolare aiuta probabilmente a far memoria di quell'acqua che per lunghi secoli stata versata, in questo battistero, sul capo dei nuovi cristiani. Chiudo con un'immagine che si riferisce al momento in cui abbiamo finalmente inserito l'acqua all'interno della vasca: avvertire il rumore dell'acqua in quello spazio stata un'esperienza davvero molto emozionante. Prof.ssa Silvia Lusuardi Siena Sarebbe davvero molto interessante approfondire il rapporto con le preesistenze, e riflettere su ci che opportuno fare in situazioni complesse come quella che ci stata appena illustrata, ma purtroppo non disponiamo di tempo sufficiente. Ringrazio dunque tutti coloro che sono intervenuti e passo subito la parola a Mons. Giancarlo Santi per le conclusioni. 50

Mons. Giancarlo Santi (Diocesi di Milano) L'ultimo intervento ha ribadito uno dei motivi per cui abbiamo voluto organizzare questa iniziativa. Le diocesi italiane, e non solo, sono tutte chiamate a rispondere concretamente al rinnovato rito del battesimo, e in tal senso lo studio della storia di importanza primaria. Nonostante i testi conciliari affermassero con chiarezza la necessit di anteporre a qualunque intervento accurate ricerche storiche, in realt si proceduto per decenni affidandosi alla sola genialit di pastori, progettisti e artisti; una genialit generalmente sprovveduta e non sostenuta dal prezioso contributo degli storici. I risultati, di conseguenza, sono stati per lo pi molto discutibili. Proprio per questa ragione, cio per fornire il necessario supporto al lavoro dei progettisti e dei pastori, abbiamo pensato ad un'iniziativa che fosse particolarmente impegnata sul versante della storia, prendendo in esame le diverse discipline in cui essa si articola. Chiaramente non pu essere sufficiente occuparsi solo di questo, poich ci sono anche i problemi pastorali o teologici, ma in questo caso abbiamo voluto indagare soprattutto l'ambito della progettazione. L'esperienza presentata dall'arch. Miani in tal senso particolarmente ricca e significativa, e al di l dei consueti alti e bassi dell'iter progettuale, oserei dire che si tratta di un'esperienza esemplare, soprattutto per la seriet con cui il tema stato affrontato. Purtroppo, nel 98% dei casi non avviene nulla di simile, e per poter raggiungere migliori risultati dovremo lavorare ancora per molti anni, o forse decenni. Per questo nostra intenzione proseguire con questo genere di appuntamenti formativi, ma prolungandone eventualmente la durata e informando il maggior numero possibile di persone, cos da offrire a chiunque sia interessato l'opportunit di partecipare. Cercheremo di trascrivere gli atti di questo convegno, di contattare i relatori per la revisione dei testi e di provvedere alla loro pubblicazione, perch si tratta di materiale di grande utilit che deve essere divulgato presso tutti coloro che sono interessati a questo genere di argomenti. Ringrazio tutti voi per la presenza e per la calorosa e interessata partecipazione, che ci senz'altro di grande sostegno, e prossimamente inizieremo ad occuparci delle tematiche da affrontare nelle prossime edizioni del convegno. A tal proposito, siete liberi di farci pervenire le vostre idee e suggestioni, che saranno molto ben accolte. Le ipotesi per gli anni futuri sono numerosissime, ma le vaglieremo tenendo conto soprattutto dello stato degli studi in Italia, che non in tutti gli ambiti sono egualmente avanzati. Come forse ricorderete ci siamo gi occupati del tema dell'altare, dell'ambone e, con questa terza edizione, del battistero, e potrebbe essere interessante tornare a occuparsi dei luoghi della celebrazione dell'eucarestia, o magari passare a un tema diverso come quello delle sedi penitenziali, delicatissimo e assai poco praticato. Vi ringraziamo ancora per il vostro sostegno e la vostra cordialit e ringraziamo soprattutto, a nome del Museo Diocesano di Milano e dell'Universit Cattolica, i docenti intervenuti.

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Tavole fuori testo

1 - Battistero di Dura Europos

2 - Yale Art Gallery, Ricostruzione del Battistero di Dura Europos

3 - Dura Europos, Domus ecclesiae, Aula battesimale

4 - Dura Europos, Aula battesimale, Le donne al sepolcro

5 - Dura Europos, Aula battesimale, Guarigione del Paralitico, Ges che cammina sulle acque

6 - Dura Europos, Aula Battesimale, Il Buon Pastore, Adamo ed Eva

7 - Il Battistero del Laterano in et costantiniana

8 - Il Battistero del Laterano all'epoca di Sisto III

1 - Veduta aerea della pieve di Galliano

2 - Esterno del Battistero

3 - Interno del Battistero

4 - Matroneo

5 - Scala interna

6 - La cupola ottagonale

7 - Pianta in corrispondenza del piano terra

8 - Particolare della muratura esterna

1 - Battistero della Cattedrale di Padova

2 - L'interno del Battistero con gli affreschi di Giusto de' Menabuoi

3 - Il fonte battesimale e gli affreschi di Giusto de' Menabuoi

4 - Padova, Cattedrale e Battistero

1 - Ascoli Piceno, Battistero, pianta

2 - Parma, Battistero, fonte battesimale

3 - Parma, Battistero, Battesimo di Costantino

4 - Pienza, Battistero

5 - Siena, Battistero, disegno della facciata, 133940

6 - Pistoia, Battistero del Duomo

7 - Udine, Battistero del Duomo

8 - Arsago Seprio, chiesa e battistero

9 - Vicofertile, fonte battesimale

10 - Musei civici di Torino, fonte battesimale, sec. XII

11 - Chieri, Battistero

12 - Castiglione Olona, Battistero

1 - Duomo di Sforzinda, fronte e sezione trasversale

2 - Francesco di Giorgio Martini, Battistero Lateranense, pianta

3 - Cappella del Battistero di rito romano, ricostruzione

4 - Cappella del Battistero di rito ambrosiano, ricostruzione

1 - Battistero lateranense, Roma

2 - Milano, Basilica di S. Tecla e Battistero di San Giovanni ad fontes

3 - Vincenzo Seregni, progetto per il Duomo di Milano, sec. XVI

4 - Duomo di Milano, Battistero e copia del progetto di Pellegrino Tibaldi

5 - Oggiono, Battistero, interno

6 - Giovanni Ambrogio Mazenta e Lorenzo Binago, progetto per la Chiesa di S. Alessandro a Milano, sec. XVII

7 - Duomo di Monza, pianta

8 - Duomo di Monza, Battistero, 1611-1623

1 - Verona, Chiesa di S. Eufemia, fonte battesimale

2 - Lorenzaga (TV), Chiesa di S. Silvestro, fonte battesimale

3 - Basedo (PN), Chiesa di S. Bartolomeo, fonte battesimale

4 - Torbole sul Garda (TN), Chiesa di S. Andrea, fonte battesimale

5 - Arzergrande (PD), Chiesa dell'Annunciazione della B.V.M., fonte battesimale

6 - S. Ambrogio in Valpolicella (VR), Chiesa di S. Ambrogio, fonte battesimale con edicola

7 - Camponogara (VE), Chiesa di S. Maria e S. Prosdocimo, battistero e pulpito

8 - Padova, Chiesa della S. Croce, Battistero

9 - Chioggia (VE), Cattedrale, Battistero

10 - Campolongo sul Brenta (TN), Chiesa di S. M. del Carmine, coprifonte, particolare

11 - S. Giustina in Colle, Chiesa di S. Giustina, fonte battesimale

12 - Vas (BL), Chiesa di S. Leonardo, antico fonte battesimale

1 - Tyana - Kemerhisar, inquadramento geografico

2 - Veduta dello scavo e delle arcate dell' acquedotto romano

3 - Polykandelon

4 - Croce-reliquiario

5 - Vasca battesimale

6 - Planimetria dello scavo

7 - Lacerto di mosaico pavimentale

8 - Stampo eucaristico

1 - Battistero di Parma, Portale della Vergine

2 - Il Battesimo Cristo

3 - Banchetto di Erode e decollazione di S. Giovanni Battista

4 - Lunetta interna, Fuga in Egitto

5 - Portale ovest, lunetta esterna

6 - Portale ovest, Opere di Misericordia, particolare

7 - Lunetta interna, Presentazione al Tempio

8 - Lunetta interna, Cristo in mandorla e simboli degli Evangelisti

1 - Duomo di Udine, esterno

2 - Duomo di Udine, planimetria

3 - Il Duomo di Udine prima delle trasformazioni settecentesche

4 - Progetto dell'arch. C. Miani, 1933

5 - Schizzo di progetto dell'arch. L. Miani

6 - Vista prospettica del progetto preliminare

7 - Ermancoro battezza una famiglia romana

8 - Modello al vero del progetto definitivo

9 - La conca per il rito di infusione e i due troppo pieno

10 - L'Arca e la nuova vasca battesimale

11 - Particolare dei gradini di accesso alla vasca

12 - Veduta complessiva

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