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Il Regno che viene: il racconto dei Sinottici

Prof. don Roberto Carelli

IL TEMA DEL REGNO IN GES DI NAZARETH copre 7 capitoli del primo volume, per un totale di 250 pagine, e percorre linearmente linizio del ministero di Ges, il Battesimo al Giordano, le tentazioni nel deserto, il Discorso della montagna, la preghiera di Ges, la chiamata dei Dodici, il discorso in parabole. I TEMI PREDILETTI DI BENEDETTO XVI. Il testo si presenta come il frutto maturo di una vita e di una riflessione, un ultimo giro su temi che il Papa ha frequentato e dei quali si appassionato, per i quali ha studiato e ha lottato. Un paio di temi balzano allocchio: quello dellEsodo come dinamica fondamentale della storia della salvezza e dellesistenza di ogni uomo, e quello del dramma della secolarizzazione, che attraverso il dogma del relativismo emargina Dio dalla vita pubblica e lo rende insignificante nellesistenza delle persone IL CUORE DEL VANGELO E IL CUORE DEL FIGLIO. Benedetto XVI ha una straordinaria lucidit e facilit nel partire da qualunque tema e condurlo allessenziale. Tre cose sono notevoli e ricorrenti: 1. Il Vangelo va letto secondo la sua logica interna e non sotto la pressione delladattamento alla cultura epocale o alle esigenze del metodo scientifico: la Bibbia sempre anzitutto commentata con la Bibbia e con i Padri; 2. Continuo e magistrale il passaggio dallAntica alla Nuova Alleanza: la venuta del Regno compie le promesse profetiche e punta al loro compimento pasquale 3. Il centro di tutto il fatto cristiano Ges compreso come Figlio: vi una cristologia del Figlio che attraversa tutta la Scrittura: nei sinottici spesso implicita, in Giovanni si fa esplicita, nel resto del Nuovo Testamento raggiunge la sua pienezza, ma in ogni caso il Vangelo sprigiona tutta la sua verit e bellezza solo se si tiene conto che Ges il Figlio; Il suo tratto distintivo laccesso immediato a Dio, cos da poter comunicare la volont e la Parola di Dio di prima mano (25) Se si lascia da parte questo centro autentico, non si coglie lo specifico della figura di Ges, che diventa allora contraddittoria e in definitiva incomprensibile Linsegnamento di Ges non proviene da un apprendimento umano, qualunque possa essere. Viene dallimmediato contatto con il Padre, dal dialogo faccia a faccia, dalla visione di Colui che nel seno del Padre. la parola del Figlio Ges pu parlare del Padre, cos come fa, perch il Figlio e vive in comunione filiale con il Padre (26-28) Il tema pi profondo dellannuncio di Ges era il suo personale mistero, il mistero del Figlio: egli annuncia il regno di Dio come venturo e come venuto nella sua persona (224).

1. La centralit di Ges Figlio di Dio


LA NOVIT DEL REGNO NEL CONFRONTO FRA MOS E GES. Nel capitolo introduttivo (Primo sguardo sul mistero di Ges), Benedetto XVI istituisce un significativo confronto fra Ges e Mos, fra il primo esodo e il nuovo esodo. Lo fa sullo sfondo de i grandi interrogativi delluomo circa lorigine e il destino, la liberazione dal male e il compimento delle promesse. Non potendo trovare da solo le risposte, luomo sente che occorre un profeta, un mediatore fra Dio e luomo che sappia al tempo stesso mostrare il volto di Dio e indicare alluomo la strada. Ma c profeta e profeta. Mos ha comunicato con Dio faccia a faccia, ha parlato con

Dio come con un amico, tanto che non pi sorto un profeta come Mos, ma con Ges c qualcosa di pi grande: Mos ha parlato con Dio nella nube, Ges si ritirava sul monte in intimit col Padre; luno ha un accesso limitato, laltro ha un accesso immediato; Mos non pu vedere il volto di Dio, Ges egli stesso il volto di Dio; entrambi hanno autorit, ma in Mos imperfetta, in Ges vi un tratto di assoluta perfezione; Mos non entra nella terra promessa, Ges viene dal paradiso. Ci che con Ges fa la differenza, e una differenza abissale, lessere il Figlio: Dio nessuno lha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che nel seno del Padre, lui lo ha rivelato. In Ges si compiuta la promessa del nuovo profeta. In lui si ora realizzato pienamente quanto in Mos era solo imperfetto: Egli vive al cospetto di Dio, non solo come amico ma come Figlio; vive in profonda unit con il Padre (26). LA STORICIT E LUNIVERSALIT DEL REGNO FRA GES, DAVIDE E ADAMO. Il metodo di Benedetto XVI sempre lo stesso ed quello interno alla Scrittura: far risaltare la singolarit di Ges mediante il confronto con le sue prefigurazioni veterotestamentarie. Nel capitolo sulla genealogia di Ges viene proposto un doppio confronto: quello matteano fra Ges e Davide, e quello lucano fra Ges e Adamo: il primo dice storia della salvezza, itinerario storico, il secondo dice universalit, richiamo alle origini; luno manifesta Ges come Figlio delluomo, sottomesso ad una precisa genealogia umana, laltro lo manifesta come il Figlio di Dio, Colui che eternamente generato dal Padre. LINAUGURAZIONE BATTESIMALE E LA PREFIGURAZIONE PASQUALE DEL REGNO. Nella scena del Battesimo al Giordano la seriet del Figlio di Dio che si fa Figlio delluomo sottolineata nel confronto fra Giona e lAgnello: si tratta in entrambi i casi di unimmersione, di una morte, di uno sprofondamento, di un farsi personalmente carico a favore del popolo di Dio e di tutto il mondo, ma la densit della kenosi di Ges incomparabile: La discesa di Ges agli inferi di cui parla il Credo non si compiuta solo nella sua morte e dopo la sua morte, ma fa sempre parte del suo cammino: Egli deve riprendere tutta la storia a partire dai suoi inizi da Adamo percorrerla e soffrirla fino in fondo per poterla trasformare. Soprattutto la Lettera agli Ebrei ha posto laccento sul fatto che missione di Ges, la sua solidariet con tutti noi, prefigurata nel battesimo, implica che Egli si esponga alle minacce e ai pericoli dellessere uomo: perci doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e fedele nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo (48). LIDENTIT DEL REGNO E LA PERSONA DI GES NEL DISCORSO DELLA MONTAGNA. Benedetto XVI rende conto anzitutto dello slittamento teologico dal cristocentrismo allecclesiocentrismo al regnocentrismo: lapertura ecumenica e interreligiosa della teologia contemporanea rischia di perdere Ges, fino al paradosso di un cristianesimo senza Ges. Ora, con Ges il Regno non pi promesso, come con Abramo e con Mos, ma attuato, e in un modo umanamente non immaginabile, senza analogie con le forme del regno mondane: il Regno identico alla persona di Ges, ed entrare nel Regno fare comunione con Lui. Esemplari, nel Discorso della montagna, sono in questo senso le beatitudini, che da una parte instaurano un codice di vita nuova, ma che dlatra parte lo instaurano perch sono anzitutto un identikit di Ges. Si va cos dalle beatitudini come condizione delluomo che deve essere guardata nella prospettiva di Dio, alle beatitudini come capovolgimento della logica umana nella logica di Dio, quindi come passaggio dal mistero del male al mistero pasquale, e infine alle beatitudini come ritratto di Ges stesso:

Le singole affermazioni delle beatitudini nascono dallo sguardo verso i discepoli; descrivono per cos dire lo stato effettivo dei discepoli di Ges: sono poveri, affamati, piangenti, odiati e perseguitati Ma riferite alla comunit dei discepoli di Ges, le beatitudini rappresentano dei paradossi: i criteri mondani vengono capovolti non appena la realt guardata nella giusta prospettiva, ovvero dal punto di vista della scala dei valori di Dio (94.95)... Le beatitudini sono la trasposizione della croce e della risurrezione nellesistenza dei discepoli. Esse, per, hanno valore per il discepolo perch prima sono state realizzate prototipicamente in Cristo stesso Chi legge con attenzione il testo di Matteo si rende conto che le beatitudini sono come una nascosta biografia interiore di Ges, un ritratto della sua figura. Egli, che non ha dove posare il capo, il vero povero; Egli, che pu dire di s: venite a me perch sono mite e umile di cuore, il vero mite; il vero puro di cuore e per questo contempla senza interruzione Dio; loperatore di pace, Colui che soffre per amore di Dio: nelle beatitudini si manifesta il mistero di Cristo stesso, ed esse ci chiamano alla comunione con Lui (97.98) Nel resto del Discorso della montagna, Ges si esprime nei termini della dialettica fra legge antica e nuova legge, del passaggio dalla giustizia dei farisei alla giustizia pi grande del Regno, dalla logica dello sforzo alla logica della grazia, ma questo passaggio, ancora una volta, avviene per il fatto che Ges il Figlio, perch in Lui ci dischiusa lesperienza di Dio come Padre, e questo perch Ges parla dal luogo del Padre, e dunque entrare nel Regno partecipare dellesperienza del Figlio, diventare figli nel Figlio. In Ges, compreso come Figlio, c dunque una novit assoluta, una novit che per non squalifica il passato, ma al contrario lo riscatta e lo adempie: Il discorso della montagna la nuova Torah, portata da Ges. Mos aveva potuto portare la Torah solo dallimmersione nelloscurit di Dio sulla montagna; anche per la Torah di Ges vengono previamente richieste limmersione nella comunione con il Padre, le intime ascese della sua vita La montagna infatti il luogo della preghiera di Ges del suo faccia a faccia con il Padre; proprio per questo anche il luogo del suo insegnamento, che proviene da questo intimo scambio con il Padre (91.89) Nelle antitesi del Discorso della montagna Ges ci sta davanti non come un ribelle n come un liberale, ma come linterprete profetico della Torah che Egli non aboli sce, ma porta a compimento (155)

2. La rivelazione e la rimozione di Dio


IL NUOVO ESODO DEL NUOVO MOS NEL RACCONTO DELLE TENTAZIONI. Litinerario dei 40 giorni nel deserto il modo con cui Ges riprende e porta a compimento il cammino di 40 anni di Israele nel deserto: in entrambi i casi Dio allopera, ma in entrambi i casi la fede richiesta ed messa alla prova. Le tre tentazioni sono la stilizzazione delle prove a cui la fede sempre sottoposta: alla fede si obietta di essere poco realista, di guardare Dio e dimenticare luomo (Dio secondario!), di pregare un Dio che non interviene (Dio deve dimostrare di essere Dio!), di appellarsi a un Dio che non sa salvare, non ha metodo e non ragionevole (cosa ha fatto di buono Dio?), ma il comune denominatore squalificare Dio, rimuoverlo dal mondo e dal cuore delluomo: Appare chiaro il nocciolo di ogni tentazione: rimuovere Dio, che di fronte a tutto ci che nella nostra vita appare pi urgente sembra secondario, se non superfluo e fastidioso. Mettere ordine da soli nel mondo, senza Dio, contare soltanto sulle proprie capacit, riconoscere come vere solo le realt politiche e materiali e lasciare da parte Dio come illusione, la tentazione che ci minaccia in molteplici forme (50) Il diavolo ci propone soltanto di deciderci per ci che razionale, per la priorit di un mondo pianificato e organizzato, in cui Dio, come questione privata, pu avere un suo posto, ma non deve interferire nei nostri propositi essenziali (64).

Tuttavia la rimozione di Dio non coincide con laffermazione delluomo, ma con una pi pesante soggezione alla potenza e alle potenze del male: Laddove Dio considerato una grandezza secondaria, che si pu temporaneamente o stabilmente mettere da parte in nome di cose pi importanti, allora falliscono proprio queste presunte cose pi importanti credevano di poter trasformare le pietre in pane, ma hanno dato pietre al posto del pane. in gioco il primato di Dio. Si tratta di riconoscerlo come realt, una realt senza la quale nientaltro pu essere buono (56): Oggi la Bibbia viene assoggettata da molti al criterio della cosiddetta visione moderna del mondo, il cui dogma fondamentale che Dio non pu affatto agire nella storia, che dunque tutto ci che riguarda Dio deve essere collocato nellambito del soggettivo (58) Ci siamo formati un concetto di realt che esclude la trasparenza del reale in direzione di Dio. Vale come reale solo ci che dimostrabile mediante esperimento. Ma Dio non si lascia costringere dalla sperimentazione (230); Per la prima volta in assoluto nella storia sorge lo stato secolare, che abbandona e mette da parte la garanzia e la legittimazione divina dellelemento politico, considerandole come una visione mitologica del mondo, e dichiara Dio come questione privata, che non fa parte della vita pubblica e della formazione democratica della volont pubblica. La vita pubblica viene ora vista solamente come il terreno della ragione, per la quale Dio non appare chiaramente conoscibile: religione e fede in Dio appartengono allambito del sentimento, non a quello della ragione. Dio e la sua volont cessano di essere rilevanti nella vita pubblica (Senza radici, 56-57) Il fatto che, come osservava B. Russel, esiste una sfida drammatica rappresentata dal divario fra le nostre conquiste scientifiche, le quali corrono velocemente, e i nostri standard morali, i quali vanno a un passo pi lento (Senza radici, 9495). Emerge coerentemente linterrogativo: di fronte alla presenza perdurante del male, del peccato e dellingiustizia, che cosa ha fatto Dio? cosa ha portato Ges? qual la differenza del cristianesimo rispetto alle altre proposte messianiche che si sono succedute nella storia? Benedetto XVI vi riflette a partire dalla testimonianza del rabbino Neusner, il quale coglie con molta lucidit la novit del Vangelo rispetto alla sua radice ebraica: Nel libro del rabbino Neusner, dopo il resoconto del fatto che Ges riassume il meglio della Legge antica, c il seguente dialogo: cos dice il maestro questo che il saggio Ges aveva da dire?. Io: non precisamente, ma quasi. Egli: che cosa ha tralasciato?. Io: nulla. Egli: che cosa ha aggiunto allora?. Io: se stesso. Questo il punto centrale dello spavento dellebreo osservante Neusner di fronte al messaggio di Ges la perfezione, lessere santi come Dio santo, richiesta dalla Torah, adesso consiste nel seguire Ges (131) Ecco messo a nudo il vero nocciolo del conflitto. Ges intende se stesso come la Torah, la Parola di Dio in persona (137) Ma che cosa ha portato Ges veramente, se non ha portato la pace nel mondo, il benessere per tutti, un mondo migliore? Che cosa ha portato? La risposta molto semplice: Dio. Ha portato Dio Ora noi conosciamo il suo volto, ora noi possiamo invocarlo. Ora conosciamo la strada che, come uomini, dobbiamo prendere in questo mondo. Ges ha portato Dio e con Lui la verit sul nostro destino e la nostra provenienza; la fede, la speranza e lamore. Solo la nostra durezza di cuore ci fa ritenere che ci sia poco (67) Solo a partire da Dio si pu comprendere luomo e solo se egli vive in relazione con Dio, la sua vita diventa giusta (157) Solo la fede nellunico Dio libera e razionalizza veramente il mondo. Dove essa scompare, il mondo diventa solo apparentemente pi razionale (208) Laddove luomo perde di vista Dio, anche la pace decade e la violenza prende il sopravvento con forme di crudelt prima inimmaginabili: lo vediamo oggi in modo fin troppo chiaro (110)

3. Dove c la preghiera fiorisce la carit


Benedetto XVI ha pagine mirabili per descrivere la grande legge della vita cristiana come vita filiale: come in Dio la missione del Figlio principia dalla relazione con il Padre e ad essa ritorna, cos ogni la fecondit nasce dallintimit e la arricchisce, la preghiera porta alla carit e questa la rende pi intensa, le opere sono il frutto della fede e la fanno maturare. Tutto sgorga dalla preghiera, ossia dalla comunione di vita e di amore filiale con il Padre: Linsieme delloperare di Ges scaturisce dalla sua preghiera, da essa sostenuto anche il Padre nostro proviene dalla preghiera personale, dal dialogo del Figlio con il Padre La chiamata dei discepoli un evento di preghiera; essi vengono, per cos dire, generati nella preghiera, nella dimestichezza col Padre I Dodici devono stare con Lui per conoscere Ges nel suo essere uno con il Padre e poter cos diventare testimoni del suo mistero Lessere con Ges porta per natura in s la dinamica della missione, poich lintero essere di Ges , in effetti, missione (162.163.204.206.207). Raggiungiamo il massimo grado di attenzione quando chiediamo qualcosa a Dio spinti da unintima pena o quando Lo ringraziamo con il cuore colmo di gioia per un bene ricevuto. La cosa pi importante al di l di tali situazioni momentanee per che la relazione con Dio sia presente sul fondo della nostra anima. Perch ci accada, necessario tener sempre desta questa relazione e ricondurvi in continuazione gli avvenimenti quotidiani. Pregheremo tanto meglio quanto pi nel profondo della nostra anima presente lorientamento verso Dio. Quanto pi esso diventa la base portante di tutta la nostra esistenza, tanto pi saremo uomini di pace. Tanto pi saremo in grado di sopportare il dolore, di capire gli altri e di aprirci a loro. Questo orientamento che segna totalmente la nostra coscienza, la silenziosa presenza di Dio sul fondo del nostro pensare, meditare ed essere, noi lo chiamiamo preghiera continua. Ed anche questo, in fondo, che intendiamo quando parliamo di amore di Dio: allo stesso tempo la condizione pi intima e la forza trainante dellamore del prossimo (159-160).

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