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06/08/13 02.55
Anassimandro
Principio degli esseri l'infinito ... da dove infatti gli esseri hanno origine, l hanno anche la distruzione secondo necessit: poich essi pagano l'uno all'altro la pena e l'espiazione dell'ingiustizia secondo l'ordine del tempo (Anassimandro, in Simplicio, De physica, 24, 13)
Anassimandro (in greco !"#$%&#"'()*) (Mileto, 610 a.C. circa 546 a.C. circa) stato un filosofo greco antico presocratico e il primo cartografo.
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Cicerone, dal canto suo, afferma che i Lacedemoni furono avvertiti da Anassimandro, lo studioso della natura, a lasciare la citt e le case, vegliando in armi sui campi, perch era imminente un terremoto, dopo il quale evento la citt rimase del tutto distrutta e venne gi dal monte Taigeto una massa rocciosa della grandezza della poppa di una nave.
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respinge, preferendo la propria idea che la Terra resta al centro dell'universo perch questo il suo "luogo naturale". Il fatto che Anassimandro abbia compreso che la Terra galleggia libera nello spazio senza cadere e senza bisogno di essere sostenuta da qualcosa stato indicato da molti come la prima grande rivoluzione cosmologica, e una delle sorgenti del pensiero scientifico . Il filosofo della scienza Karl Popper ha chiamato questa idea "una delle pi coraggiose, pi rivoluzionarie, pi portentose idee nella storia del pensiero umano". Il modello di Anassimandro permette ai corpi celesti di passare sotto la Terra, e apre la via alla grande astronomia greca dei secoli successivi. Per Aezio Anassimandro avrebbe sostenuto che gli astri sono involucri d'aria a forma di ruota, pieni di fuoco, dalle cui aperture fuoriescono le fiamme; allo stesso modo il Sole una sfera ventotto volte maggiore della terra, molto simile alla ruota di un carro, che in una parte, attraverso un'apertura, mostra il fuoco, come attraverso la canna di un flauto e le eclissi si produrrebbero quando quell'apertura si chiude. Analogamente, anche la Luna una sfera diciannove volte la terra, simile a una ruota di carro, la cui circonferenza incavata e piena di fuoco come il Sole, e come il Sole posta in una posizione obliqua e munita di sfiatatoio, come la canna di un flauto la cui otturazione ne provoca l'eclissi. Anche dei fenomeni naturali fornisce interpretazioni: tutti questi fenomeni sono prodotti dal vento che quando, chiuso in una spessa nuvola, riesce, a causa della sottile leggerezza delle sue parti, a fuoriuscire con violenza, rompendo la nuvola e producendo il fragore del tuono, mentre la dilatazione della massa nera produce il chiarore del lampo. Il vento una corrente d'aria provocata dalle particelle pi leggere e umide in essa contenute che si muovono ed evaporano sotto l'azione del Sole. Seneca, precisa che pu anche tuonare a cielo sereno perch il vento s'abbatte sull'aria densa che si lacera. E perch altre volte non ci sono fulmini ma solo tuoni? Perch il vento, troppo debole, non riuscito a risolversi in fiamma ma solo in suono.
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Cos' allora il lampeggiare? Una scossa d'aria che si disperde e precipita mostrando un debole fuoco incapace di uscire e il fulmine una corrente d'aria pi violenta e densa. Secondo Favorino di Arles fu Anassimandro il primo ad inventare lo gnomone, conficcando un'asta al centro di un quadrante disegnato nell'agor di Sparta.
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periodi di grande caldo o anche in quelli estremamente piovosi Tanto Strabone che Agatemero, e anche Temistio, nei suoi Discorsi, citando Eratostene, ricordano altres, a testimonianza degli interessi geografici tipici di questi primi filosofi di Mileto, che Anassimandro avrebbe per primo disegnato e reso pubblica una carta della Terra, poi perfezionata da Ecateo di Mileto. In essa appare la sua concezione generale dell'universo, composto da quattro elementi fondamentali: la Terra al centro, tutta circondata dall'acqua, al di sopra della quale il vapore prodotto dal riscaldamento dell'acqua operato da un fuoco che originariamente abbracciava ogni cosa. L'evaporazione dell'acqua aument il volume del vapore d'acqua che fece esplodere l'involucro di fuoco, producendo le stelle, il Sole, e la Luna.
Anassimandro, contrariamente a Talete, che pone il fondamento delle cose naturali in un elemento che ha caratteristiche sensibili e naturali come l'acqua, sembra, pur essendo di quello pi giovane, tornare a una concezione prossima alla visione mitologica del cosmo. In realt, egli ne gi lontano; se la forma del suo linguaggio per quel che si pu giudicare dal poco ci
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rimasto mantiene evidenti assonanze con precedenti esposizioni cosmogoniche, la sua intuizione delle origine delle cose non si svolge, come nelle mitologie, nel racconto di una successione di creazioni, in una sequenza genealogica come si manifesta, per esempio, nella teogonia di Esiodo. Egli pone immediatamente, come Talete e come far successivamente Anassimene, il fondamento del Tutto dal quale tutte le cose nascono: e questo Tutto la phsis, la natura. La parola phsis ha gi in s, nella propria etimologia, il senso del divenire, collegandosi a phein generare e a phesthai crescere. Nel concetto di natura gi implicito il nascere e il crescere delle cose, il loro divenire, e pertanto non occorre ricorrere a successioni di esseri mitici dai quali dovrebbero derivare altri fino a giungere finalmente alle cose sensibili. E tuttavia, pur essendo l'origine delle cose, essa rimane eguale a s stessa, essa genera mantenendosi: i filosofi ionici colgono nella natura l'unit che si manifesta tanto nell'essere quanto nel divenire, tanto nel conservarsi che nel mutare delle cose. Come scrive il Cassirer, la "natura" del fondamento originario tale che essa si disperde in una molteplicit di configurazioni particolari dell'essere e si traduce in essa, ma non vi si distrugge: si conserva in essa come un nocciolo immutabile. Al contrario, la molteplicit, come deriva tutto il proprio essere dal fondamento originario, cos alla fine deve necessariamente ritornare a quest'ultimo. In tale processo del nascere e del perire del particolare si manifesta l'ordine eterno e l'eterna giustizia della natura come l'annunzia Anassimandro.
(IT) Anassimandro....ha detto.... che principio degli esseri l'infinito (peiron)....da dove infatti gli esseri hanno l'origine, l hanno
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E lo stesso Simplicio, commentando il passo e rifacendosi alle, per noi perdute, Opinioni dei fisici di Teofrasto, scrive che per Anassimandro principio ed elemento degli esseri l'infinito, avendo egli per primo introdotto questo nome di principio (arch). E dice che il principio non n l'acqua n un altro dei cosiddetti elementi, ma un'altra natura infinita, dalla quale provengono tutti i cieli e i mondi che in essi esistono [...] e l'ha espresso con parole alquanto poetiche. chiaro che avendo osservato il reciproco mutamento dei quattro elementi [acqua, aria, terra, fuoco], ritenne giusto di non porne nessuno come principio, ma qualcosa d'altro. Secondo lui la nascita delle cose non avviene per alterazione del principio elementare, ma avviene per il distacco da quello dei contrari a causa dell'eterno movimento. Per contrari, Simplicio intende il caldo e il freddo, il secco e l'umido e cos via; seguendo Aristotele, considera che Anassimandro appartenga di fatto ai seguaci di Anassagora: Aristotele, infatti, nella Fisica, gi consider che per Anassimandro dall'Uno che li contiene, si staccano i contrari e che quanti ammettono sia l'unit che la molteplicit dell'Essere, come per esempio Empedocle e Anassagora, fanno uscire dalla mistione le altre cose per divisione. Ma Aristotele, nella sua Fisica dice di pi: ogni cosa o principio o deriva da un principio: ma non c' principio dell'infinito, perch questo rappresenterebbe il suo limite. Inoltre ingenerato e incorruttibile, in quanto principio, perch necessariamente ogni cosa generata deve avere una fine e
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c' una fine di ogni distruzione. Perci, l'infinito non ha principio ma sembra esso stesso essere principio di ogni cosa e ogni cosa abbracciare e governare, come dicono quanti non ammettono altre cause, a parte l'infinito [...] Inoltre esso divino perch immortale e indistruttibile, come vuole Anassimandro e la maggior parte dei fisiologi. Fanno fede dell'esistenza dell'infinito, a guardar bene, cinque ragioni: il tempo perch infinito; la divisione delle grandezze perch anche i matematici usano l'infinito; e ancora: solo se la fonte, da cui deriva ogni cosa generata, infinita, allora esistono sempre la generazione e la distruzione; poi, ogni cosa, che sia limitata, ha sempre il suo limite rispetto a un'altra cosa, cosicch non ci sar un limite se una cosa trover sempre un limite in un'altra cosa. Ma soprattutto, il motivo pi importante e pi difficile per tutti, che pare che siano infiniti tanto il numero e le grandezze matematiche quanto tutto quello che c' oltre i cieli; ma siccome quel che c' oltre i cieli infinito, sembra che vi debba essere un corpo infinito e dei mondi infiniti. evidente che qui Aristotele sviluppa un personale ragionamento che non pu essere fatto risalire ad Anassimandro, tanto che Aezio, che segue Teofrasto, sostiene che Anassimandro sbaglierebbe, in quanto non dice che cos' l'infinito, se l'aria o l'acqua o terra o qualsiasi altro corpo. E sbaglia perch ammette la materia e sopprime la causa efficiente. In effetti l'infinito non altro che materia e la materia non pu essere in atto se non c' causa efficiente. Aristotele e gli aristotelici non ammettono l'infinito-materia se non come "causa materiale", come materia costituente gli oggetti, i quali devono essere il risultato di un'altra causa la "causa efficiente" a loro avviso necessariamente diversa dalla materia. Si pone allora il problema di come le cose provengano dall'peiron. Se peiron (letteralmente, "senza perimetro") viene tradotto comunemente in "infinito" o illimitato, esso va anche inteso come "non definito", "indeterminato". Essendo indeterminato, non identificandosi con nessun
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specifico elemento (stoichion) - acqua, aria, terra o fuoco resta determinato dall'unica qualit che gli appartenga derivante dalla sua stessa definizione, ossia una materia indifferenziata, della quale nulla possa dirsi se non infinita e irriducibile a ogni determinazione.
[...] da dove infatti gli esseri hanno l'origine, l hanno anche la distruzione [...]
I filosofi naturalisti della Ionia, impressionati dal fenomeno del nascere, del mutare e del morire di tutte le cose, ne ricercano la causa: come Talete vedeva nell'acqua, considerata ovunque presente come elemento liquido, solido e gassoso, l'origine delle cose, cos per le medesime ragioni, Anassimene ne vedr l'origine nell'aria, ovunque presente, mentre Anassimandro vede che i fenomeni si producono ovunque e l' ovunque per sua stessa natura indefinito proprio perch, essendo il Tutto, privo di individuazione al di fuori di s stesso, non spiegabile attraverso la determinazione di qualcosa di altro, dal momento che questo qualcosa rientrerebbe gi nel Tutto. Allo stesso modo, se nell'peiron sembrerebbe che vi debba essere una forza l'"eterno movimento" di cui parla Simplicio che faccia nascere, trasformare e morire le cose, questa forza, proprio in virt dell' indefinibilit del Tutto, resa definibile solo come essa stessa peiron, indissolubilmente legata, non scindibile e non distinguibile da esso, altrimenti il Tutto, nuovamente, non sarebbe pi tale, avendo altro da s, e come le cose nascono dall'peiron, cos l devono trasformarsi e morire, perch non c' un altrove dove trasformarsi e morire.
[...] l hanno anche la distruzione secondo necessit, poich essi pagano l'uno all'altro (!""#"$%&) la pena e l'espiazione dell'ingiustizia secondo l'ordine (1N$7)) del tempo
Ogni cosa che nasce si manifesta nella sua individualit, si dimostra diversa da ogni altra. Vi chi, come Nietzsche, ha interpretato il passo come se per Anassimandro ogni divenire sia un'emancipazione, meritevole di castigo, dall'eterno essere, come un'ingiustizia da espiare con la distruzione [...]
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Scorgendo nella molteplicit delle cose giunte alla nascita una somma di ingiustizie da espiare, con piglio audace, primo tra i Greci, ha afferrato il nodo del pi profondo problema etico. Come pu perire qualcosa che ha diritto d'essere? Da cosa nasce quell'incessante divenire e generare, quell'espressione di spasimo sul volto della natura, quel funereo, interminabile lamento in tutti i regni dell'esistenza? [...]. Che l'esistenza sia una colpa concezione estranea al pensiero greco e del resto nel testo noto a Nietzsche manca il "l'uno all'altro" (!""#"$%&), che rende chiaro come l'ingiustizia sia commessa da una cosa nei confronti di un'altra, non gi nei confronti dell'peiron.[Una simile affermazione fortemente
discutibile e dovrebbe essere supportata da fonti]
Cos lo Jaeger pu interpretare che Anassimandro immagina concretamente che le cose contendano fra loro, come gli uomini in tribunale. Ci troviamo di fronte a una polis ionica. Vediamo il mercato, dove si rende giustizia, e il giudice, seduto sul suo seggio, che stabilisce il castigo (tttei). Egli ha nome Tempo. Lo conosciamo dal pensiero politico di Solone: al suo braccio non si sfugge. Quanto l'uno dei contendenti abbia preso di troppo all'altro, gli sar immediatamente ritolto e ridato a colui che ebbe troppo poco [...] Anassimandro va assai pi oltre. Egli vede verificarsi questo eterno compenso non solo nella vita umana, ma nell'universo intero, in tutti gli esseri. L'immanenza della sua effettuazione, che si palesa nella sfera umana, gli suggerisce che le cose della natura, le loro forze e contrasti, siano sottoposti a una giustizia immanente, come gli uomini, e che secondo questa se ne compia l'ascesa e il tramonto. Essendo l'peiron l'unit dei contrari, contenendo nel suo seno gli opposti, ognuno di questi, nascendo, contrasta con un altro, cos come la notte, opponendosi al giorno alla sua nascita, lo distrugge e da questo sar dissolta a sua volta: ogni nascita un'ingiustizia commessa contro altri, la pretesa di ogni cosa di sostituirsi alla sua contrastante, di sussistere in assenza di quella. In questo incessante contrastare sta il movimento delle cose, il loro
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eterno divenire. Come esiste un'immanenza di giustizia nella realt dell'ordinamento umano, a maggior motivo nel Tutto esiste un ordinamento giuridico attraverso il quale le cose vengono governate: la giustizia umana ne soltanto un riflesso, una delle manifestazioni della legge universale, nella quale risiede la necessit del nascere e del perire manifestata dal comando, dall'ordine (+,$-*) - da non intendere in senso di consequenzialit temporale, cronologica del Tempo che svolge la funzione di giudice, il quale applica la legge universale che governa ogni cosa. Un'interpretazione molto diversa dell'peiron difesa dagli autori che danno una lettura pi naturalistica della concezione del mondo di Anassimandro. Per esempio Marc Cohen e Carlo Rovelli interpretano l'peiron come la prima "entit teorica" nella storia della scienza: una entit naturale non direttamente osservabile, ma la cui esistenza postulata per organizzare rendere conto in maniera naturalistica della complessit fenomeni osservabili. Isolata, ma consistente con questa lettura, l'opinione del filologo Giovanni Semerano (L'infinito: un equivoco millenario) secondo il quale peiron, che deriverebbe dal semitico apar, (polvere, terra), accadico eperu equivalente del biblico 'afar, sarebbe stato utilizzato da Anassimandro nel significato di terra e non di infinito, ci, fra le tante sue conseguenze citate da Semerano, ricondurrebbe la filosofia presocratica essenzialmente ad una fisica corpuscolare, che accomunerebbe Anassimandro, Talete e Democrito. La relazione fra l'peiron di Anassimandro e gli atomi di Leucippo e Democrito corroborata dall'attributo che comunemente accompagna gli atomi nei frammenti degli atomisti: "peira", plurale di peiron, usualmente tradotto con "innumerevoli".
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24.
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2011 (EN) Internet Encyclopedia of Philosophy Anassimandro (EN) Bibliografia esauriente su Anassimandro (EN) Biografia in MacTutor Controllo di autorit VIAF: 42631369 LCCN: n85142191
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