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LEspresso 28 dicembre 1969 Dire anarchici non basta

ROMA. La riunione era stata indetta per le tre ma era cominciata solo un'ora pi tardi. C'erano stati molti ritardi; a qualcuno, come Roberto Mander, si era dovuto telefonare perche si sbrigasse. I ragazzi affluivano nella piccola stanza di via del Governo Vecchio alla spicciolata: Emilio Bagnoli, Roberto Gargamelli, Angelo Fascetti, Umberto Macoraratti, Emilio Borghese, "Giacometto "... Quando era cominciata la discussione, riunite intorno al tavolo rettangolare della sede del gruppo "22 marzo" c'erano una ventina di persone. C'ra anche Antonio Serventi, detto il "Cobra", lunica faccia anziana in mezzo a tante facce quasi adolescenti, e prima d aprire i lavori qualcuno l'aveva presentato ai compagni. Era la prima volta che il "Cobra" partecipava alle riunioni del gruppo; una conversione improvvisa, fulminea: fino ad allora aveva preferito tenere comizi improvvisati di filosofia zen o di estetica d'avanguardia tra le fontane di piazza Navona, cercando d far dimenticare i tempi in cui dava l'assalto alle Botteghe Oscure con un pugno di ferro e manganello in compagnia di Stefano delle Chiaie e Franco Paladino detto, il "Bombardiere". E' anche con questi reclutamenti generosi che il gruppo cercava d'ingrossare le sue file e di darsi una struttura pi robusta. Quel pomeriggio di venerd 12 dicembre non si erano affrontati temi di grande impegno. Si era parlato pi che altro di riforme organizzative, della necessit di trovare un po' di soldi per le spese pi urgenti. La riunione era andata avanti stancamente fin verso le sette. La maggior parte dei ragazzi si era avviata verso S.Maria in Trastevere dove, in un bar della piazza, il "22 marzo" da tempo aveva stabilito la sua base serale; tre o quattro si erano diretti invece verso lo studio dell'avvocato Nicola Lombardi. Roberto Gargamelli e "Giacometto" volevano stendere una denuncia, per una serie di fatti avvenuti il mese precedente. Il pomeriggio del 19 novembre, il giorno dello sciopero generale, mentre con Pietro Valpreda camminavano lungo una strada di Trastevere si erano imbattuti in un gruppo di giovani che sembrava li aspettassero al varco. La radio ha appena annunciato la morte di Antonio Annarumma. I tre anarchici vengono prima insultati poi appoggiati contro un muro e picchiati scientificamente a sangue. Quando i picchiatori scompaiono, arrivano i poliziotti. Valpreda, Gargamelli, "Giacometto'' finiscono in questura con una denuncia per rissa aggravata. Passeranno

una settimana in carcere prima di ottenere la libert provvisoria. E' per questo che hanno preso contatto con un avvocato, perche dicono di essere stanchi di queste continue persecuzioni e ora si sono decisi: vogliono denunciare la polizia. La notizia della strage di Milano e delle bombe di Roma, Gargamelli e "Giacometto" la vengono a sapere proprio nello studio dell'avvocato Lombardi, mentre discutono con lui sull'opportunit o meno di questa iniziativa. Qualche ora pi tardi, casa per casa, quella stessa polizia che cercano di mettere sotto accusa comincer le retate e gli arresti. Ma nella storta del "22 marzo", cosi come labbiamo ricostruita in questi drammatici giorni attraverso le testimonianze di alcuni suoi appartenenti, questo attacco legale degli anarchici contro la questura, il giorno stesso in cui tutto il gruppo veniva collegato agli attentati di Milano e di Roma e tradotto in carcere, non rappresenta l'episodio pi strano ne quello pi paradossale. Lungo tutto il cammino del gruppo affiorano molti altri episodi del genere, vengono continuamente in luce strani contrasti, stranissimi equivoci, confusioni grossolane. Gli equivoci cominciano addirittura ancor prima del maggio dello scorso anno, che la data ufficiale di nascita del gruppo. E si accentrano subito intorno la figura di Mario Merlino detto "il mago", il suo fondatore. Nel maggio del 1968 infatti Mario Merlino si scopre una vocazione anarchica dopo un passato politico di colore ben diverso, divenuto ormai di dominio pubblico. Ma ci sono ancora dei particolari che vale la pena di mettere in rilievo. Politicamente i primi passi Merlino li muove nella "giovane Italia", l'organizzazione neofascista per le scuole medie; ha sedici anni ma una carica di ambizione gi ben precisa. Un anno dopo emigrato nelle file dell'"avanguardia nazionale giovanile", feudo di Stefano delle Chiaie e rifugio dellala irriducibile e pi dura dello schieramento di estrema destra. Merlino un ragazzo magrissimo, sottile, emaciato e quella banda di professionisti dello squadrismo non sembra il posto pi adatto per lui. Ma ha letto qualche libro, ha un grado d'istruzione superiore alla media della gente che lo circonda e ne approfitta per far carriera. Quando l' "avanguardia nazionale giovanile" si scioglie, nel 1965, ha gi un manipolo di fedelissimi pronti a seguirlo dappertutto. Per il momento devono solo seguirlo alla "giovane Italia" dove Merlino torna per un breve interregno con compiti direttivi, sempre al fianco di delle Chiaie. Altri elementi del gruppo emigrano invece a sinistra, come Mario Paluzzi che sar sospettato questanno per lattentato ai benzinai o come Serafino di Luja che passer al movimento studentesco. E il primo sintomo di una strana malattia che affligger da questo momento in poi certi settori dell'estrema destra: una sottile, inarrestabile emorragia che tenta di infiltrarsi tra le maglie della sinistra extraparlamentare. C' per da sottolineare un fatto curioso: anche se prendono strade diverse, gli ex componenti di "avanguardia giovanile rivoluzionaria" continuano a vedersi tra di loro e a concertare insieme piani di battaglia in una pizzeria di piazza Tuscolo. E' un fatto di cui spiegheremo tra poco l'importanza. La disfunzione che affligge l'estrema destra diventa cronica con l'esplosione del movimento studentesco. Le vecchie strutture saltano letteralmente per aria, e quando i pezzi sparsi tornano a terra e si tirano le somme c' tempo di accorgersi di molti cambiamenti. Mario Merlino, per esempio, ha fiutato l'occasione favorevole e ha deciso di giocare grosso: prende a prestito lo stendardo degli studenti di Nanterre, raccoglie i suoi dieci seguaci e fonda il "22 marzo". Con una tradizione squadrista cosi fresca il camuffamento talmente scoperto da sfiorare il ridicolo. L'unico affetto che il "mago" ottiene quello di rischiare un completo fallimento. Per uscirne batte due strade: viaggia molto all'estero, tentando in questo modo di aumentare il suo prestigio e di raccogliere nuovi seguaci. Stranamente, per, per un anarchico, i suoi

viaggi hanno come meta paesi quali la Grecia dei colonnelli e la Spagna franchista. Molti che lo conoscono bene dicono che Merlino batte anche una terza via. Ed proprio qui che la ragnatela di contatti che il "mago" conserva con l'ambiente neofascista diventa significativa. Un paio di volte infatti Merlino viene sorpreso in furtivi colloqui con agenti in borghese, e certe sue convocazioni in questura appaiono troppo ingiustificate per non dare nellocchio. Che la polizia recluti tra le file dellestrema destra buona parte dei suoi informatori, non una cosa nuova. Quando, agli inizi dello scorso aprile, Franco Papitto ed alcuni altri giovani del movimento nazi-maoista (nato anche questo dallimpatto della destra col movimento studentesco, e scioltosi di recente) escono dal carcere dopo essere stati sospettati a lungo per gli attentati contro i benzinai e per quelli al Palazzaccio, al ministero della pubblica istruzione e al senato, Mario Merlino sparisce prudentemente dalla circolazione. Almeno una ventina di persone lo accusano della soffiata allufficio politico di Buonaventura Provenza, e lo cercano per dargli una lezione. E a questa terza strada che Merlino dovrebbe, secondo altre testimonianze, il fatto di restare a galla sulla scena politica giovanile romana. Le cose cambiano verso la fine dello scorso anno. E la met di novembre e i quadri del 22 marzo subiscono un inatteso rinfoltimento con larrivo di una decina di nuovi elementi provenienti da altri movimenti anarcoidi. Poi ai primi dello scorso ottobre il terzo e ultimo battesimo. Lo prepara la crisi del circolo Bakunin, il gruppo anarchico nato nel maggio del 68. Fino ad allora il Bakunin aveva pressoch monopolizzato a Roma il panorama anarchico, era lunico ufficialmente riconosciuto dalla FAI, la federazione anarchica italiana. I gruppi anarchici sono organizzati come ordini monastici, la disciplina rigida, la separazione fra i "simpatizzanti" ai primi approcci, con la vita di gruppo e i "militanti", gli iscritti anziani e di provata fede netta. Questi ultimi lasciano poco spazio ai pi giovani: alcuni di loro soffocati da questa situazione decidono allora di uscire dal "Bakunin" e di emigrare nel "22 marzo". Malgrado questo inserimento il "22 marzo" d ancora l'impressione di essere una banda eterogenea e improvvisata che per affittare lo scantinato di Via del Governo Vecchio ha bisogno delle 40 mila lire ricevute dal settimanale giovanile "Ciao 2001" in cambio di un'intervista. Il 22 novembre Angelo Fascetti viene fermato e si accorge che la polizia sa perfino ci che si erano detti lui ed Emilio Bagnoli la sera prima al tavolo di una pizzeria. D'altra parte, non che i componenti del "22 marzo" si sforzino di rendere le cose pi segrete: ad accompagnare l'intervista rilasciata a "Ciao 2001" ci sono almeno quattro fotografie dove sono riconoscibili tutti loro. Un attentato come quello di Milano e di Roma? Ci vogliono almeno tre mesi per prepararlo mi dice un altro ex fascista che conosce bene l'attivit del gruppo. Un mese per il materiale e l'organizzazione del piano, almeno due per scegliere le persone giuste. Come hanno fatto a sfuggire per tutto questo periodo dalla sorveglianza a cui erano sottoposti?.Ecco, nella storia del "22 marzo", il paradosso maggiore di tutti. A cura di Giuseppe Catalano, Paolo Mieli e Mario Scialoja

Dire anarchici non basta e infatti lEspresso and molto oltre nel confondere le acque Da LEspresso 28 dicembre 1969 di Enrico Di Cola Larticolo dellEspresso, che riportiamo per intero in altra pagina del Blog, dimostra come la stampa borghese, anche quella considerata democratica e liberal, contribu sin dai primi giorni - in modo vergognoso - a costruire limmagine degli anarchici del 22 marzo come ambigui e mostri, aiutando cos la magistratura a coprire le tracce dei veri colpevoli della strage di stato. Larticolo, a cura di Giuseppe Catalano, Paolo Mieli e Mario Scialoja, esemplare nel mostrare come la stampa dellepoca si fece complice del potere riportando solo le tesi colpevoliste e cassando invece ogni voce che venisse dallinterno del 22 marzo tendente a gettare luce sulla nostra breve esperienza politica. Faccio subito una premessa: la mia una testimonianza diretta dei fatti e non un sentito dire. Infatti il Giacometto di cui quei signori giornalisti parlano sono in realt io. Allepoca dellintervista ero gi attivamente cercato dalla polizia (il mandato di cattura arriver per sono nel gennaio del 70) e avevo assunto come nome convenzionale, da usare con gli estranei, di Giacomo (Giacomino o Giacometto). Gli autori dellarticolo sapevano solo che ero un militante del 22 marzo (i compagni che mi avevano portato li garantivano di questo) ma ignoravano la mia vera identit. Non ricordo se andai a casa di Mieli o di Scialoja per rilasciare quella lunga intervista. Ero accompagnato da un paio di compagni che conoscevano uno degli autori dalluniversit, di cui si fidavano abbastanza per la sua correttezza. Quello che posso dire con certezza che nulla di quanto io dissi venne poi pubblicato. Non affronter tutti i punti controversi o falsi dellarticolo, ma mi limiter a controbattere i pi grossolani. Come noto, non vero che Gargamelli partecip alla riunione che si tenne nel nostro circolo quel 12 dicembre. Il suo alibi di ferro era ben altro: si trovava a chilometri di distanza da noi. Scrivere, come fece lEspresso, che lui era presente significava mettere in discussione il suo alibi, ed era esattamente quello che i magistrati si sforzavano di fare. Va sottolineato che, a differenza di altri compagni del gruppo, io non potrei mai aver fatto confusione sulla presenza o meno di Gargamelli a quella conferenza. Infatti conoscevo Gargamelli da almeno tre anni, eravamo compagni di scuola, vivevamo a due passi luno dallaltro, eravamo molto amici e ci vedevamo o sentivamo tutti i giorni. E, quasi sempre, essendo vicini di casa ci incontravamo per andare al circolo assieme. Sapevo quindi che non sarebbe venuto al circolo quel giorno. Il Cobra non partecip mai a nessuna riunione del gruppo. Lui venne una sola volta al circolo per tenere una conferenza sulla storia delle religioni. Conferenza non da noi voluta o organizzata ma solamente ospitata per fare un favore a Roberto Mander, compagno del Bakunin (nella cui sede in un primo momento si sarebbe dovuto tenere lincontro). Di conseguenza evidentemente falso che in quelloccasione (in cui erano presenti diversi ospiti da noi non conosciuti venuti per la conferenza) si fosse potuto parlare di riforme organizzative o di altro che riguardasse il gruppo. Quanto sopra detto smentisce categoricamente la versione dei fatti da loro riportata che avrebbe visto Roberto Gargamelli e Giacometto (cio io) recarsi allo studio dellavv. Nicola Lombardi (in cui per altro non sono mai stato). Come i miei interrogatori dimostrano, fin dal 12 dicembre io affermai che finita la conferenza mi

ero recato alla LIDU (Lega italiana dei diritti umani) assieme ai compagni Emilio (Bagnoli) e Amerigo (Mattozzi). Neanche la ragione per cui ci recammo alla LIDU non corrisponde minimamente alla realt dei fatti. Vero che volevamo denunciare la polizia per le persecuzioni di cui eravamo da tempo oggetto, ma ovviamente ci nulla aveva a che fare con laggressione che subimmo io, Valpreda e Gargamelli a Trastevere e che si concluse con una settimana chiusi nel carcere di Regina Coeli. Lepisodio che volevamo denunciare avvenne la mattina del 19 novembre (stessa giornata ma prima della rissa), quando, assieme ad una decina di altri compagni, venimmo perquisiti e arrestati preventivamente dalla squadra politica dalla Questura romana. La ragione ufficiale di tale fermo sarebbe stata di impedirci di partecipare alle manifestazioni di piazza dove secondo le loro malate fantasie avremmo voluto provocare incidenti. Fummo rilasciati dopo molte ore, quando le manifestazioni erano ormai concluse. In questa occasione alcuni di noi (tra cui io) vennero anche minacciati pesantemente da commissario Improta. Larticolo, cos come impostato, sembra quindi puntare a distruggere lalibi di Gargamelli invece di raccontare la verit di come si svolsero i fatti. Fa pensare a qualche voce raccolta o suggerita in Questura che evidentemente era considerata pi attendibile di quanto noi dicevamo. arcinoto che il 22 marzo da noi anarchici fondato nel 69 nulla avesse a che fare con il XXII marzo fondato dai fascisti nel 68. Se vogliamo poi dirla tutta, altro fatto noto anche allepoca, il XXII marzo dei fascisti e di Merlino si rifaceva alle lotte del movimento studentesco francese di Nanterre, ma non si mai definito anarchico. Questi figuri volevano infatti infiltrarsi nel movimento studentesco e non tra gli anarchici (che peraltro allepoca neanche avevano un luogo fisico dove incontrarsi)! Non a caso prima di arrivare ad infiltrarsi tra agli anarchici, Merlino si era infiltrato senza alcuna difficolt in almeno due dei gruppuscoli di sinistra dellepoca. E quindi totalmente falso e depistatore parlare di travasi o passaggi tra il 22 marzo anarchico e il XXII marzo fascista. Noi non emigrammo dal Bakunin al 22 marzo, noi semplicemente abbandonammo il Bakunin (che faceva riferimento alla FAI, mentre noi non eravamo aderenti), per fondare un nostro gruppo che poi, in un secondo tempo, decidemmo di chiamare 22 marzo. Per questo motivo anche sbagliato parlare di scissione. In un primo momento infatti, a dispetto di tutta la storiografia imperante, non avevamo ancora deciso niente. Non ci andava di convivere con i compagni del Bakunin ma non avevamo ancora neanche deciso se strutturarci o meno in gruppo! Tra noi fuoriusciti vi erano infatti sia organizzatori che antiorganizzatori, individualisti e comunisti anarchici, chi tendeva verso la Fai e chi per i Gia e cos via. Detto ci evidente che non ci stava ne poteva esserci nessun altro ex fascista che conoscesse bene lattivit del nostro gruppo, come larticolo vuol far intendere. Lunica cosa che si pu ricavare da quellarticolo che vi era gi una verit di stato o meglio detto la menzogna di stato che doveva essere raccontata , e a questo anche molti onesti giornalisti si assoggettarono.

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