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America ed Europa senza fabbriche. Troppi resterebbero fuori. di Carlo Rossi http://chiarodiluna-karl.blogspot.it/2013/08/america-ed-europa-senza-fabbriche.

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Su La Stampa del 5 agosto 2013 Enrico Moretti delinea un quadro della produzione e dell' occupazione nell' et della globalizzazione tecnologica soltanto in parte condivisibile. Scrive Moretti: " In tutti i Paesi occidentali, loccupazione nellindustria manifatturiera sta calando ormai da trentanni. Come si vede dalla figura, questo trend accomuna un po tutte le societ avanzate, dagli Stati Uniti al Giappone, dalla Gran Bretagna allItalia e persino la Germania". "Questo declino non solo leffetto di fenomeni a breve termine, come le recessioni: lindustria perde posti di lavoro anche durante le fasi di espansione. Le ragioni sono due forze economiche profonde: progresso tecnologico e globalizzazione. Grazie agli investimenti in sofisticati macchinari di nuova concezione, le fabbriche occidentali sono molto pi efficienti che in passato e per produrre la stessa quantit di beni impiegano sempre meno manodopera". "La seconda forza che sta decimando loccupazione manifatturiera dei paesi occidentali la globalizzazione. Le produzioni pi tradizionali sono state le prime a essere delocalizzate". "A differenza della maggior parte dei Paesi Europei, e dellItalia in particolare, negli ultimi cinquantanni, gli Stati Uniti si sono reinventati, passando da uneconomia fondata sulla produzione di beni materiali a uneconomia basata su innovazione e conoscenza. Loccupazione nel settore dellinnovazione cresciuta a ritmi travolgenti. Lingrediente chiave di questo settore il capitale umano, e dunque istruzione, creativit e inventiva. Il fattore produttivo essenziale sono insomma le persone: sono loro a sfornare nuove idee. Le due forze che hanno decimato le industrie manifatturiere tradizionali la globalizzazione e il progresso tecnologico stanno ora determinando lespansione dei posti di lavoro nel campo dellinnovazione. La globalizzazione e il progresso tecnologico hanno trasformato molti beni materiali in prodotti a buon mercato, ma hanno anche innalzato il ritorno economico del capitale umano e dellinnovazione. Per la prima volta nella storia, il fattore economico pi prezioso non il capitale fisico, o qualche materia prima, ma la creativit". "Nei prossimi decenni la competizione globale sar incentrata sulla capacit di attrarre capitale umano e imprese innovative. Il numero e la forza degli hub dellinnovazione di un Paese ne decreteranno la fortuna o il declino. I luoghi in cui si fabbricano fisicamente le cose seguiteranno a perdere importanza, mentre le citt popolate da lavoratori interconnessi e creativi diventeranno le nuove fabbriche del futuro". In realt nulla esclude che i luoghi della fabbricazione e della concezione innovativa possano essere gli stessi e che l' offerta di ingegneri e di lavoro creativo a minor costo determini lo spostamento in Asia anche della fase di progettazione. Si tratta di un processo in larga misura prevedibile. Del resto bisogna essere ben consapevoli che l' occupazione nel settore dell' innovazione non pu per sua natura soddisfare adeguatamente la richiesta di inclusione economico-sociale. Quanti non possiedono le doti necessarie per un contributo significativamente creativo? Baster il

supporto di un efficiente sistema formativo/educativo, peraltro spesso ancora da realizzare? Emerge in Europa e in America una tendenza a radunare ai due estremi le occasioni di impiego. Da una parte il lavoro ad alta o altissima qualificazione, dall' altra un' ampia offerta di occupazione poco qualificata e mal retribuita nei settori della grande distribuzione, della grande ristorazione, del servizio sanitario e dell' assistenza agli anziani. Quanti non potranno o non vorranno essere parte attiva di un mercato del lavoro siffatto? L' espulsione dai paesi occidentali della manifattura ad alto valore aggiunto non pare inevitabile. Una profonda ristrutturazione della legislazione del lavoro e dell' impresa, del welfare, del fisco e del sistema educativo/formativo pu rendere decisivi i legami con le tradizioni produttive e il territorio, il taglio dei costi di trasporto, la capacit di adattare elasticamente la produzione alle esigenze particolari del consumatore. Si consideri che le nuove economie orientali non sono prive di tensioni e contraddizioni. Il futuro resta aperto.

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