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1.000 euro a testa perch non sfruttiamo le nostre risorse.

Tasse importazione gas, riserve gas Italia


Dal blog Gocce di Verit. Tasse importazione gas, riserve gas Italia. Come reagireste se vi dicessero che una cospicua parte delle nostre tasse viene investita per importare materie prime di cui il territorio italiano dispone in abbondanza? Ambiente, territorio, sviluppo, energia.

Una domanda che mi sono posto quando ho scoperto che per riscaldare le nostre case e dissetare i nostri mezzi di trasporto, il bel Paese solo nel 2011 ha dovuto spendere di importazioni ben 62 miliardi di euro, vale a dire pi di 120 milioni di miliardi delle nostre mai dimenticate lire giusto per rendere meglio lidea (Fonte Strategia Energetica Nazionale, documento approvato e presentato lo scorso marzo dal Ministero dello Sviluppo Economico e dal Ministero dellAmbiente per indirizzare e programmare la politica energetica del Paese).

Qualcuno di certo obietter che lItalia rinomata per il turismo e le sue spiagge e che quindi questa cifra spropositata pari a quasi 2 finanziarie del Governo Monti sia lo scotto da pagare per non essere nati in Texas ma in riva al bagnasciuga dellimmacolato Mediterraneo. Purtroppo, come gi ho ricordato in alcuni dei miei post precedenti, non di dominio pubblico che, sotto i nostri piedi, il territorio italiano nasconde delle ingenti quantit di gas e di petrolio, un piccolo tesoretto tricolore che trasforma in un grave spreco economico la percentuale di riserve energetiche dallEstero: solo nel 2010, ad esempio, ben l84% del consumo energetico nazionale stato importato, contro una media europea del 53% (Fonte SEN). Secondo quanto rilevato da fonti autorevoli e indipendenti come il Ministero dello Sviluppo Economico e il Ministero dellAmbiente, le risorse potenziali totali presenti nel nostro Paese ammontano a 700 milioni di tonnellate di petrolio equivalenti (Mtep) di idrocarburi (cifra che, peraltro, considerati gli ultimi 10 anni in cui lattivit esplorativa si ridotta al minimo,

probabile sia stata definita largamente per difetto). Una stima che conferma ancora una volta come, fatta eccezione per i Paesi nordici, le riserve italiane siano le pi importanti dellEuropa continentale. Ma allora per quale motivo ogni anno decidiamo di pagare per qualcosa che gi possediamo in abbondanza, facendo prendere il volo a gran parte del nostro stipendio verso Paesi come Russia, Algeria e Libia? Qualcuno risponderebbe che lindustria petrolifera finirebbe per macchiare di nero la filiera turistica. Partendo dallinviolabile presupposto che lo sviluppo energetico di un territorio non deve trascurare la tutela dellambiente e del paesaggio, qualche tempo fa ho postato lo studio sulle potenzialit del settore italiano degli idrocarburi condotto dal R.I.E. (Ricerche Industriali ed Energetiche) che ha rilevato come le attivit petrolifere siano compatibili con quelle del settore turistico, sullesempio dellEmilia Romagna: qui, infatti, pur essendo quasi la met del territorio interessata da attivit di sviluppo degli idrocarburi con ben 210 pozzi produttivi (fonte Unmig) si riusciti a divenire un punto di riferimento importante per il flusso turistico straniero (quinta Regione in Italia), con un 6,2% del totale concentrato inoltre proprio nelle coste prospicienti lestrazione di gas naturale avviata oltre mezzo secolo fa. E a chi obietta che lo sfruttamento delle risorse di idrocarburi sia unattivit pericolosa per lambiente e per le persone, cosa si pu dire? La risposta a questi dubbi legittimi, forse, non risiede nella urla da comizio elettorale o negli allarmismi di piazza, bens nei dati scientifici emersi dagli studi pubblicati da organi seri e indipendenti: lo studio del R.I.E. ha rilevato che nel periodo 1970-1990, nonostante la forte intensificazione delle attivit E&P, in Italia non si registrato alcun impatto di grande rilievo sullambiente; inoltre, negli ultimi 10 anni, non sono stati riscontrati casi di blow-out (unuscita incontrollata di acqua, gas o petrolio) nei pozzi offshore dei mari italiani, contro una media europea e mondiale nellintorno di 1,8-1,3 per mille pozzi perforati. Infine, secondo lo studio di Confindustria Chieti il settore Industria del petrolio (che comprende anche il mid-stream e il downstream) risulta essere il comparto dellindustria manifatturiera caratterizzato dalla pi bassa percentuale di infortuni sul lavoro rispetto ai dipendenti (elaborazioni su dati INPS). Alla luce di queste evidenze, sono del parere che lItalia non possa pi permettersi di ascoltare sedicenti ambientalisti e rappresentanti politici alla caccia di qualche voto: nel bel mezzo di una delle crisi economiche pi lunghe e dure che i libri di storia ricordano, assieme ai comprensibili sforzi richiesti ai cittadini sotto forma di aumento di tasse e del taglio di alcuni servizi, non sarebbe giusto che lo Stato sfruttasse al meglio tutte le risorse di cui fortunatamente dispone? E io pago FONTE: www.goccediverita.it

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