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Gendun Rinpoche
Spesso si crede che meditare significhi imporre uno stato di vuoto alla mente, uno
stato senza pensiero né movimento mentale: quest’idea è sbagliata, perché se la
meditazione fosse uno stato senza pensiero, questo tavolo davanti a noi starebbe
meditando! La meditazione non ha nulla a che vedere con il fatto di creare un
vuoto volontario nella mente: meditare non significa bloccare il movimento dei
pensieri, ma restare in uno stato in cui questi pensieri non fanno presa. Se non ci
fossero pensieri o movimento concettuale nella mente, chi mediterebbe?
È importante non giudicare la propria meditazione, non pensare che il tale stato
sia “buono”, e che quell’altro sia “cattivo”, che quando la mente è calma la nostra
sia una “buona meditazione”, mentre quando la mente è agitata la nostra sia una
“cattiva meditazione”. Quando sorgono idee di questo genere nel corso della
meditazione, bisogna dirigere la propria attenzione verso colui che sta giudicando
in tal modo, verso la coscienza che sta valutando la meditazione; con
l’introspezione questa coscienza scopre di essere priva di forma o di colore;
l’osservatore è privo di qualsiasi specificità che potrebbe provare la sua esistenza.
Come avevamo fatto per l’oggetto percepito, ritroviamo la dimensione vuota della
mente percepente, l’essenza di realtà del soggetto. Dunque, quali che siano i
fenomeni mentali che sorgono nella mente, vanno trattati in questo modo: non si
tenta di prevenire il loro apparire o di farli cessare una volta che sono presenti;
non vanno seguiti, ma contemplati per ciò che sono. Ogni volta che si riconosce
l’essenza attraverso lo sguardo diretto, ritroviamo la dimensione della mente non
ostruita, libera da ogni ostacolo.