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I PASSI SUL SENTIERO

SCONOSCIUTO
- raccolta di poesie di Antonio Ragone -

PREFAZIONE
di Antonio Fiorito
“Alfine giunsi sulla spiaggia calma
di sole e di rumore, i piedi nudi agitar
facevano la sottile rena. Ecco la mia vela.
E io solo, gli ormeggi sciolsi e presi il largo”.
(La Luce Rosata Dell’Aurora)

Dopo il chiaroscuro della penultima raccolta di Antonio


Ragone (La Passione degli Apostoli) tornano in questa sua
ultima fatica i colori, le atmosfere e i paesaggi tipici della sua
poesia.
Torna la sua ”azzurra vita”.
E torna, immancabilmente, il “suo” archetipo: il viaggio.
Vivere è attraversare un “sentiero sconosciuto”.
Dietro, anzi “dentro” la metafora centrale della poesia di
Ragone, la vita come cammino, è sempre presente “la”
domanda, quella vera, quella sottesa a tutta la grande cultura
occidentale: “CHI SONO IO?”.
Il “sentiero” della vita è “sconosciuto”, siamo avvolti nel
mistero, e quindi “CHI SONO IO?” è la domanda vera, perché
il punto in cui il Mistero diventa veramente Mistero è l’IO:

“Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita,


la luna e le stelle che tu hai fissate,
CHE COSA È L’UOMO PERCHÈ te ne ricordi
e il figlio dell'uomo perché te ne curi?”.
(Salmo (8,4-5)

E se nei versi di Antonio Ragone torna insistentemente l’idea


del “viaggio” è perché l’uomo la risposta a questa domanda,
“CHI SONO IO?”, la scopre nell’esperienza, cioè in un
viaggio, nel rapporto con il reale.
Non è un caso che alle origini della nostra civiltà ci sono
sempre storie di viaggi.
Il viaggio di Abramo, con cui il dialogo tra Dio e l’uomo
(“…e Dio disse ad Abramo: Esci dalla tua terra e va verso il
paese che io ti indicherò, e io ti rivelerò chi sei”;
e nella civiltà ebraica c’è un altro viaggio, quello dall’Egitto
verso la Terra promessa;
il viaggio di Ulisse verso la “patria” perduta;
il viaggio di Enea verso una nuova “patria”, una vera e
propria Terra promessa;
il viaggio di Dante verso la “patria” vera, il Paradiso, il
compimento di sé.
La prima parola della Divina Commedia è proprio
“CAMMINO” e anche Dante dovrà percorrere un “sentiero
sconosciuto”.
Non è un caso.
La cosa più difficile da accettare è proprio questa: che la vita
è un cammino. Perché si vorrebbe capire subito, si vorrebbe
possedere subito, e invece si possiede solo nel tempo.
Infatti la parola “CAMMINO” è legata alla parola più difficile
(e più bella) che esista: SPERANZA.
E nella poesia di Ragone questa Speranza c’è sempre:

“È cheta la sera, pur se le luminarie


disorientano il mio cammino solitario”.
(Proseguendo il cammino)
Non c’è niente di più misterioso dell’IO.
Anche il Mistero di Dio interessa all’uomo perché gli
interessa il mistero dell’IO.
Il Mistero di Dio è implicato dal mistero dell’IO.
E questo Mistero di Dio nella poesia di Ragone ha un volto
preciso, che è quello di Cristo. Sempre implicitamente, e a
volte in modo esplicito (Buon Natale 2007, In una chiesa
romana, Attesa).
L’ultima poesia della raccolta, il “Finale” è “Venerdì Santo”,
attesa, “passaggio” verso la Pasqua di Resurrezione:

“Finito l’inverno
s’affaccia, timida,
un’inquieta primavera”.
(Venerdì Santo)

Ora noi diciamo tutti i giorni quello che non va e come


dovrebbero andare le cose e non partiamo mai
dall’affermazione che Cristo ha vinto. Che Cristo ha vinto, che
Cristo è risorto, significa che il senso della mia vita e del
mondo è presente, è già presente, e che il tempo, l’esperienza,
“i passi sul sentiero sconosciuto” della vita, sono l’operazione
profonda e misteriosa del suo manifestarsi.

Antonio Fiorito,
critico letterario,
docente di Lettere e Filosofia
presso il Liceo classico statale
“Claudio Eliano” di Palestrina (Roma)

www.liberidiscrivere.eu – luglio 2009

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