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6/11/2012 In occasione della commemorazione dellanniversario della nascita del Prof.

. Ugo Gastaldi, avvenuta il 6/11/1910, pubblichiamo integralmente gli Appunti da lui predisposti in preparazione di una serie di conferenze bibliche.

Ugo Gastaldi

DOVE POSARE IL CAPO


APPUNTI PER UNA MEDITAZIONE BIBLICA

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I GES CRISTO IN CAMMINO


LA VENUTA DI GES
Non cera posto per loro nellalbergo (Lc 2:7). Forse perch il cosiddetto albergo (probabilmente un caravanserraglio) era pieno. Forse perch non avevano mezzi per trovarsi un ricovero migliore di una stalla. Levangelista coglie, dai tradizionali racconti della nascita di Ges, questo particolare significativo ed emblematico. Questa stata la storia di Ges in questo mondo, tra gli uomini: non c stato posto per lui, sotto tanti aspetti. Sia che questo non gli sia stato fatto: gli sia stato negato, come se fosse stato un estraneo. Sia che posto egli effettivamente non labbia trovato: nel senso che non ha mai potuto adattarsi alle condizioni normali di una esistenza umana, che di solito si radica in una condizione sociale e famigliare, in una situazione caratterizzata dalle circostanze spaziali e temporali. Quando si viene al mondo, normalmente lo si viene in qualche luogo e in certo tempo. Non ci fu posto, o non si trov posto: si tratta comunque di un medesimo aspetto della storia di Ges. Nacque in una famiglia: ma i suoi rapporti con la famiglia sono problematici. Gli evangeli non ce lo mostrano mai inserito in una vita famigliare. E nemmeno egli si fece una famiglia. Quando egli parla di vincoli famigliari (casa, fratelli, sorelle, madre) ne parla come di qualcosa che non deve mai costituire una limitazione, un impedimento: come qualcosa che deve essere, non negato, ma superato per dei legami pi ampli e pi forti. Ges luomo di Nazareth: Ges di Nazareth, Ges il Nazareno. Ma il suo rapporto con il villaggio natio ha ben scarsi riferimenti ed uno ne ha piuttosto negativo, che si pu cogliere nelle parole che Ges pronuncia, che non si pu essere profeta in patria. Anche il suo rapporto con la sinagoga lascia perplessi. Frequenta di sabato la sinagoga, come ogni ebreo, ma spesso causa di turbamento. Si pensa comunemente: un uomo del popolo, che vive in mezzo al popolo. Ma fino a che punto vero? Vi stato il cosiddetto idillio di Galilea, in cui le folle accorrevano ad ascoltarlo, ma alla fine della sua vita vediamo una folla che grida: crocifiggilo. E fino a che punto apparteneva al suo popolo, per il modo di pensare, di sentire, di comportarsi? Sia il suo messaggio che il suo modo di vivere, urlavano contro la tradizione accettata, il costume, la morale corrente e soprattutto le istituzioni sociali e religiose della societ ebraica del suo tempo. Soprattutto il suo messaggio il cosiddetto evangelo del Regno dei cieli qualcosa di lacerante e distruttivo. egli stesso a riconoscerlo, quando dice che non si pu apporre una pezza nuova su un abito vecchio senza provocare uno strappo peggiore, o non si pu mettere il vino nuovo in otri vecchi senza farli scoppiare. vero quello che dice levangelo di Giovanni: venuto a casa sua e i suoi non lhanno ricevuto (Gv 1:1011). Non lhanno riconosciuto i suoi come uno dei loro e lhanno respinto, rifiutato. Ma anchegli, da parte sua, non si adattato: a parlare, a vivere come tutti gli altri.

Ges e i famigliari La notizia che gli evangeli ci riportano dei rapporti di Ges con i suoi famigliari non ci fanno pensare che fossero tranquilli e che ci fosse comprensione nei suoi riguardi. Essi sembrano sconcertati dal fatto che intorno a lui si accalchino le folle. I suoi parenti, udito ci, vennero per prenderlo, perch dicevano: fuori di s (Mc 3:21). Marco ci narra anche come, mentre in una casa una folla gli stava seduta intorno, Giunsero sua madre e i suoi fratelli; e, fermatisi fuori, lo mandarono a chiamare. gli fu detto: Ecco tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle l fuori che ti cercano. Egli rispose loro: Chi mia madre e i miei fratelli. Girando lo sguardo su coloro che gli sedevano intorno, disse Ecco mia madre e i miei fratelli! Chiunque avr fatto la volont di Dio, mi fratello, sorella e madre (Mc 3:3135). In contraddizione con questo, secondo levangelo di Giovanni, sarebbero i fratelli a spingerlo a uscire platealmente in pubblico. Se tu fai queste cose, manifestati al mondo. Poich neppure i suoi fratelli credevano in lui (Gv 7:45).
Ges e sua madre

Anche nei confronti di sua madre Ges ha un atteggiamento che fuori della norma. Basti considerare due casi. In Luca si riporta che una donna della folla grid a Ges: Beato il grembo che ti port e le mammelle che ti allattarono! Ma egli disse: Beati piuttosto quelli che ascoltano la parola di Dio e la osservano (Lc 11:27ss.). Due volte nellevangelo di Giovanni Ges si rivolge alla madre con questo appellativo: donna. piuttosto strano che un figlio si rivolga cos alla madre. E pare che anche nel contesto linguistico semitico questo fosse piuttosto insolito. (Gv 2:4; 19:26). Ges a Nazareth I rapporti di Ges con quelli di Nazareth appaiono tuttaltro che buoni. Secondo levangelo di Luca, entrato nella sinagoga di sabato, lesse il passo del profeta Isaia, annunciando che quella profezia sera avverata, suscitando ammirazione e sorpresa, ma anche riserve per la sua origine modesta e ben nota: Non costui il figlio di Giuseppe? E poich nessuno gli chiede conto delle opere potenti fatte altrove, poich evidentemente non ci credevano, egli disse: In verit vi dico che nessun profeta ben accetto nella sua patria (o in casa sua) . Lincontro degener in diverbio, quando egli rinfacci loro che Elia ed Eliseo erano stati mandati a degli stranieri, piuttosto che a dei compatrioti: Udendo queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni dira. Si alzarono, lo cacciarono fuori dalla citt e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro citt, per precipitarlo gi (Lc 4:1630). Ges non si attendeva molto dal luogo natio. Anzi viene respinto ed egli non sembra farne una tragedia: gli sembra che tutto accada com era prevedibile. Egli quindi libero anche dal legame con il luogo di nascita. Il cui nome tuttavia resta legato al suo: egli Ges di Nazareth. Del resto i Giudei stretti avevano un certo disprezzo per Nazareth, in quanto era una citt di frontiera Nazareth? A Filippo che gli parla di Ges di Nazareth, Natanaele risponde: Pu forse venire qualcosa di buono da Nazareth? (Gv 1:46). Quanto incarnata la parola, in Ges di Nazareth? Ges la Parola che si fatta carne, cio che ha abitato nelluomo Ges di Nazareth. Fino a che punto? Linterrogativo lecito se si considera che Ges di Nazareth un ebreo vissuto in un luogo della Palestina in un certo periodo di tempo. Ed questa ben definita umanit che la parola dovrebbe aver assunto. Ma noi vediamo anche come Ges si discosti da un uomo normale del suo popolo
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in quellepoca: quanto non appaia del tutto condizionato dal modo di sentire e di pensare degli ebrei del suo tempo. Lumanit in cui la Parola si incarnata non poteva non influenzare lebreo Ges di Nazareth, altrimenti come si sarebbe espressa in lui la Parola che era nel principio in Dio? con questo non si vuol dire che Ges sia un incrocio fra il divino e lumano, fra Dio e luomo. Il pensiero cristiano della patristica si affannato ad assicurare che in Ges Cristo, Dio e luomo restano distinti, senza dar luogo cio ad un tertium. Il rapporto fra Dio e luomo in Ges Cristo dinamico: riguarda cio lazione, non la sostanza. Nelluomo Ges Dio che agisce, che parla in quanto una comunicazione che avviene. Lebreo Ges di Nazareth umile, docile e soprattutto obbediente. Questo uomo questo Ges di Nazareth che anche un uomo storico, cio di un certo tempo e di un certo luogo, regge bene la sua parte di uomo che deve parlare agli uomini di ogni tempo e di ogni luogo.

IN GES CHE CAMMINA, CONTINUA IL MOVIMENTO DELLANTICO TESTAMENTO


Il Ges che sempre in cammino una grande metafora del messaggio che venuto a portare nel mondo. Ges venuto nel mondo e va oltre del continuo, lasciandosi alle spalle quello che vi ha trovato, senza pretendere di cambiarlo. venuto in casa sua, cio in mezzo a quel popolo che avrebbe dovuto riconoscerlo e accoglierlo, e passa oltre le tradizioni religiose e letica dIsraele. Prende difatti le distanze da quanto stato rivelato ai padri, perch ha qualcosa di pi elevato e conforme alla volont del Padre da rivelare: Voi avete udito che fu detto agli antichi ma io vi dico Vi dico una novit! In fondo egli non fa che rivivere il pi profondo spirito che ha animato lesperienza dei padri: il continuo movimento, landare oltre sotto la spinta di un movimento tanto potente quanto mirato, che forza le strutture storiche e consolidate di una esperienza che porta il suo frutto e resta viva in quanto muove verso qualcosa di migliore. Sotto questo aspetto Ges profondamente in linea con lesperienza del suo popolo: lincarnazione della sua tradizione. Ges passa oltre anche sulla concretezza del suo cammino esistenziale: va verso un dove che oltre. Passa per non restare: per lo meno per non restare nella forma assunta. Sono profonde di significato le parole che levangelo di Giovanni gli attribuisce: bene che io me ne vada, altrimenti lo Spirito non verr a voi. Se ne va, ma anche per tornare. Dopo Ges viene lo Spirito. Qualcosa cio che non si ferma e che refrattario ad ogni istituzionalizzazione. Lo Spirito difatti il vero vino nuovo del Regno, che spacca gli otri vecchi. Eppure il nuovo che viene, Ges, il vecchio che continua nellunica forma in cui pu continuare a restare vivo: diventando sempre nuovo. La continuit con lantico possibile solo nel trapasso al nuovo. La stalla di Betlemme Dice levangelista Luca che il neonato Ges fu posto in una mangiatoia. Siamo quindi in una stalla. Noi abbiamo un po idealizzato quella stalla. Levangelista stato molto pi sobrio. Ha parlato solo di una mangiatoia. Noi intorno a quella mangiatoia abbia costruito una stalla: e vi abbiamo aggiunto il fienile ancora caldo dei tepori estivi, ed il bue con il suo alito caldo, e il cammello, e lasino e le galline, e ne abbiamo fatto il nostro confortevole presepio natalizio. 4

un fatto che intorno a Ges non c nessuno, solo il padre e la madre. Nessuno si occupato di loro, tra la gente del luogo. Hanno ricevuto visite di estranei, venuti da altrove. Sono venuti i pastori. Sono venuti i magi doriente. E sono venute anche le guardie di Erode! La stalla, come stalla, non ci dice proprio niente. semplicemente invece dellalbergo, ove non cera posto per loro. semplicemente un segno dellaccoglienza che Ges trova in questo mondo. Un segno negativo. Ma questa nascita un po strana a Betlemme, ci fa vedere un Ges in movimento sin dalla nascita. Il luogo, per i primi ebrei cristiani, era importante, perch Ges avrebbe dovuto discendere dalla stirpe di Davide. Quello che qui importa che da neonato Ges in movimento. Ai pastori La prima notizia della nascita di Ges viene recata a dei pastori che pascolavano i loro greggi allaperto e dormivano sotto il cielo stellato. Gli angeli non vanno ai sacerdoti del tempio di Gerusalemme. Certamente questi racconti mitici fanno parte del bagaglio polemico della prima generazione cristiana, che si viene staccando sempre pi dalla religione istituzionale del popolo ebraico. Gerusalemme Da Gerusalemme non vengono i sacerdoti, ma i soldati di Erode per uccidere tutti i neonati di Betlemme. Per cui i genitori di Ges sono in fuga e debbono discendere in Egitto e rimanervi per un certo periodo. stato detto giustamente che Ges comincia la sua esistenza displaced people, come rifugiato. Ges sar in movimento per tutta la sua vita. Il suo ministero quello di recare un annuncio, e sar per questo un ministero itinerante. Non fa echeggiare la sua voce dal deserto, come fa Giovanni il Battista, ma va dove c la gente. La va a cercare. Lo chiamano con rispetto con il nome di Rabbi. Ma non il Rabbi tradizionale, che sta seduto, circondato dai suoi discepoli, in qualche localit un Rabbi itinerante, fuori dalla tradizione. A quanto pare (Mt 4:1213), dopo che il Battista fu messo in prigione, Ges lasci Nazareth e and ad abitare a Cafarnaum. Non era pi luomo di Nazareth?

Ges in cammino nello spazio e nel tempo Quando si consideri la figura di Ges in cammino, non si pu non vederla configurata nello spazio e nel tempo in cui egli si muove. Come del resto necessario fare per ogni personaggio di cui si deve descrivere il VIAGGIO come laspetto pi saliente, se non essenziale, nella sua biografia. Lo spazio Per quanto riguarda lo SPAZIO, vi sono subito due considerazioni da fare. 1) Non bisogna collocare Ges in uno spazio generico in funzione di un suo generico muoversi. Ogni essere umano durante la sua esistenza e a motivo della sua attivit, si muove di solito in un certo spazio geografico, che pu essere pi o meno esteso. Socrate, per esempio, per la sua attivit si muove esclusivamente nella sua citt di Atene, tra i suoi concittadini, ai quali si sente destinato per la sua attivit di filoso ed educatore. Tanto che quando viene processato, rifiuta la condanna allesilio e preferisce bere la mortale cicuta. 5

Ges, in quanto si sente mandato alle pecorelle smarrite d Israele, si muove entro uno spazio geografico che va, secondo la direzione nordsud, dalla Galilea alla giudea (praticamente non va oltre Gerusalemme, se si esclude la puntata che come neonato fece in Egitto, secondo una tradizione) e secondo la direzione estovest, uno sconfinamento oltre il Giordano, nella Decapoli (territori di Gadara e Gerasa) e nella Fenicia (Tiro e Sidone). Questo lo spazio in cui egli svolge il suo ministero itinerante, in quanto egli deve annunciare il regno di Dio ad Israele, il popolo che ne attende la venuta secondo la profezia. Considerato sotto questo aspetto, il muoversi di Ges non costituisce ancora un VIAGGIO. 2) Nella seconda parte del suo ministero, invece, Ges si muove in una direzione precisa: va verso Gerusalemme. Perch l che deve concludere la sua missione di profeta e la sua rivelazione di personaggio escatologico (colui che doveva venire). E questa conclusione doveva praticamente concludersi con la sua morte, con la croce. Per cui si pu dire che la vita di Ges, in quanto viaggio, un andare consapevolmente verso un destino che lo attendeva. Il tempo Per quanto riguarda il TEMPO, Ges si mostra altrettanto consapevole di muoversi in un tempo tutto suo, in un tempo che gli assegnato, in quanto sta andando verso una meta. Entro quanto tempo, che il breve tempo del suo ministero (non pi di tre anni), Ges sa che vi una sua ORA. Il vangelo di Giovanni, particolarmente, ci mostra un Ges estremamente consapevole che deve venire una sua ora e che egli gli sta andando in contro. Quando sar a Gerusalemme, egli dir: Ora lanima mia turbata; e che dir? Padre salvami da questora? Ma per questo che son venuto incontro a quest ora (Gv 12:27). Ges sin dal principio parla della sua ora. Alle nozze di Cana, rispondendo alla madre dir: Lora mia non ancora venuta (Gv 2:4). Ed i fratelli, che lo esortano ad andare in Giudea, risponde parimente: Il mio tempo non ancora venuto: il vostro tempo, invece, sempre pronto (Gv 7:6; cfr. anche 11:910). Accomiatandosi dai discepoli comincia la preghiera sacerdotale con le parole: Padre, lora venuta(Gv 17:1). Naturalmente queste sono solo le premesse di un discorso sul Viaggio di Ges e sulla sua ora che ci completi la figura di Ges in viaggio.

NON AVERE DOVE POSARE IL CAPO


Del seguire Ges necessario distinguerne i suoi due aspetti: 1) C linvito di Ges ai suoi discepoli sul contesto storico di quellinvito. Voleva dire seguirlo sulla via della Palestina di quel tempo, come ebrei di quel tempo in mezzo al popolo ebraico di quel tempo: pezzo di mondo significativo, ma relativo, cio storia. 2) V linvito a seguirlo dopo che lora di Ges, la sua ora si compiuta, cio dopo la sua morte e la sua resurrezione. Il seguirlo cambia aspetto: ancora un camminare nel mondo e nella resurrezione, con la visione del Risorto che ci precede, nella morte, nella resurrezione, nellinnalzamento. Allora in questo seguirlo, se preso sul serio, con una fede in Cristo veramente aderente a questo Cristo, non si ha davvero una pietra su cui posare il capo. Se si cammina nella storia con la visione del Cristo crocifisso, risorto e innalzato, si cammina con i piedi sulla terra ed il capo dov Cristo. Con i piedi sulla terra: prudenti come serpenti. Con la testa dov il Cristo: puri come la colomba. Serpenti e colombe! Le due cose insieme.
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Niente allora pi stabile (anche perch effettivamente non c niente di stabile. La stabilit unaspirazione tipicamente umana! Non abbiamo qui una citt stabile. Tutto diventa provvisorio. Si vive nel come se di Paolo. Testo: Allora uno scriba, accostatosi, gli disse: Maestro, io ti seguir dovunque tu vada. E Ges gli disse: le volpi hanno delle tane e gli uccelli del cielo dei nidi, ma il Figlio dell uomo non ha dove posare il capo . (Mt 8:1820) = (Lc 9:5758). Contesto: Il contesto costituito da tre episodi di solito noti sotto il titolo: seguire Ges. Proposito dei quali c da rilevare che Ges respinge chi si offre di seguirlo (come nel nostro caso) e sollecita a seguirlo subito che vorrebbe adempiere certi doveri, come seppellire il padre o salutare quelli di casa. Il testo interessante perch trattandosi di seguire, senza riserve, LUI, il Maestro, Ges parli di s e del suo andare. La ragione per cui levangelista pone qui questi detti la si deve vedere nel fatto che Ges viene mostrato in movimento: siamo in Galilea ed egli passa in barca coi discepoli da una riva allaltra del lago. Comunque si deve tener presente che, secondo il testo, Ges non respinge lofferta dellentusiasta, ma gli ricorda cosa effettivamente significhi seguirlo. Le tane e i nidi Le volpi debbono fare vita randagia per potersi procurare il cibo. Ma hanno almeno una tana, ed una tana significa un luogo nascosto e consueto e poter riposare tranquillamente. Gli uccelli del cielo passano tutte le ore di luce svolazzando tra gli alberi ed il suolo perch ogni giorno debbono cercare quello che occorre al loro sostentamento. Ma hanno quel piccolo ricovero fatto per s e la propria nidiata. Quando scende la notte nel proprio nido che trovano riparo e riposo. La tana, il nido rispondono al bisogno di sicurezza, tranquillit, riposo, stabilit. E sono una cosa propria: la propria tana, il proprio nido. Inoltre gli animali che vivono nelle condizioni naturali, debbono pensare alla loro prole. Anche quando li costringe a provvedervi di un luogo protetto e preparato, che garantisce la sicurezza. Qui nelle tane devono nascere i piccoli delle volpi. Qui, nei nidi, le femmine degli uccelli devono deporre le loro uova e covarle, qui devono restare ed essere nutriti i loro piccoli finch giunga lora di prendere il volo. Tane e nidi significano protezione: condizioni sicure di vita. Nella femmina pi forte questo bisogno istintivo del luogo sicuro. Ma anche del maschio, sebbene sotto un altro aspetto. Nel maschio bisogno della casa propria, sicura, stabile. La tana, il nido significano anche quiete. Normalmente la vita si svolge nellirrequietezza, se non nel rischio e nella fatica. Trovare quiete, quando si vive nellirrequietezza, nel rischio: questo significa avere una tana, avere un nido! il Figlio delluomo

Pu vedersi un senso figurato, sul riferimento alle volpi e agli uccelli? Il biblista J.C. Fenton vede una relazione con le volpi, termine usato per Erode (Lc. 13:32) e gli erodiani, e con gli uccelli dellaria, termine usato per i Gentili (Mt. 13:32). Il detto avrebbe potuto aver avuto questo significato originario: Everyone else has his place in Israel, except the true King of Israel, the Son of man.

Ipotesi improbabile, Ges si rivolge ad uno scriba, forse un discepolo, dal momento che chiamato Maestro. Ma che Ges possa parlare come Figlio delluomo atteso, un suggerimento utile. Ges il Figlio delluomo atteso, ed ecco la sua condizione: non ha dove posare il capo. Secondo altri si pu azzardare lipotesi che lo scriba facesse la sua offerta in vista dei vantaggi che avrebbe ricavato nel caso che Ges fosse stato veramente il Messia, come del resto le potenti operazioni lasciavano pensare. Anche accettando questa interpretazione con un prudente forse si pu spiegare come Ges risponda in quanto Figlio delluomo. Come tale non lattendevano successo, onori, potere, ma esattamente il contrario. Maestro dove dimori? Che cercate? Ed essi gli dissero: rabbi dove abiti? Ed egli rispose loro: Venite e vedrete. Essi dunque andarono, videro dove abitava e stettero con lui quel giorno (Gv. 1:3839). Ges passava ed il Battista che lo addita ai suoi due discepoli. Ove dimorava Ges? in qualche grotta sulla riva del Giordano, o in un caravanserraglio, o in una casa amica? Lo ignoriamo. (F. Godat, Jean, 174). Si era in Betania al di l del Giordano, dove Giovanni stava battezzando (Gv. 1:2). Ma il testo non lascia capire che ci si trovano in luogo abitato: in Betania semplicemente un punto di riferimento per una zona che doveva essere desertica. Maestro dove dimori? La domanda ha tuttavia un senso primario, comprensibile sulla situazione in cui viene pronunciata. I due che seguono Ges vogliono diventare discepoli di questo rabbi, un rabbi nuovo, che ancora nessuno conosce. Forse anche perch per i due questa unoccasione: siamo lontani dalle zone pi popolose della Palestina, dalle citt, dove di solito si possono trovare dei rabbi. I rabbi, tradizionalmente, insegnavano nella loro casa: insegnavano liberamente e liberamente erano seguiti. Non erano al servizio di una istituzione. Accoglievano coloro che volevano ascoltarli, senza impegni e condizioni da una parte e dallaltra. Sedevano in terra, come era generale costume in quel tempo in Oriente. Il rabbi tradizionale era un sedentario. Posare il capo Posare il capo per dormire Come Giacobbe, ramingo, pos il capo su una pietra, ed ebbe allora la visione della scala famosa su cui scendevano e salivano gli angeli. Il sonno: il segno evidente dei limiti anche fisiologici degli messeri viventi sulla terra. La vita per una parte del giorno deve cessare, perch lorganismo recupera la sua forza. Avviene per la maggior parte degli esseri viventi in coincidenza con la notte. La vita ha i suoi ritmi, come tutto ci che su questa terra. Anche Ges ha bisogno di dormire, come tutti. E difatti dorme, anche se gli evangeli di rado mettono in evidenza questo aspetto della sua vita. detto che dorme in barca, quando i discepoli passano allaltra riva del lago di Galilea. Quando Ges dice che il Figlio delluomo non sa dove posare il capo, vuol dire innanzi tutto che non ha la garanzia del quotidiano riposo in luogo sicuro e consueto. Cammina ogni giorno e non sa dove la sera si fermer per la necessit del sonno. Ha quindi anche questa necessit, come quella del nutrirsi. Come quella di stancarsi. La sua umanit completa. quella nostra.
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Landare ramingo di Ges Non ha dove posare il capo in questo andare ramingo di Ges, senza avere dove posare il capo, la sua passione. il suo essere mandato sulla terra per unopera e con un messaggio. venuto ai suoi, venuto in casa sua, come dice il Prologo giovanneo. Deve picchiare alle porte: per essere ricevuto, per essere respinto. Anzi o per essere respinto e provarne tutta la tristezza, per essere ricevuto ed esserne consolato e rallegrato. Ed il suo non un andare vagabondo, senza una meta precisa ed un itinerario programmato, non curante del tempo che trascorre. Per un vagabondo ogni ora buona. Per Ges non cos. Senso del tempo impressionante, nel racconto di Giovanni, vedere quanto Ges tenga conto del tempo. Bisogna che io compia le opere di colui che mi ha mandato mentre giorno; la notte viene in cui nessuno pu operare (Gv 9:4). Si ha limpressione che Ges conti le ore: Non vi sono dodici ore nel giorno? e parla spesso della sua ora: lora sua che deve venire, per la quale venuto. Egli va verso quellora. un andare verso quellora in cui la sua opera sar compiuta: lora della croce. E non si d requie finch quellora non sia venuta. Anche il Risorto cammina ! Questo Ges Cristo anche dopo la morte sulla croce continua a camminare. Cammina, su una via, quando si accompagna ai discepoli di Emmaus. E continua a camminare! E si accompagna, con la sua misteriosa presenza, a chi cammina sullo sconforto, sulla sofferenza, ovunque vi sia un uomo che lotta contro la morte e si sforza di incarnare lamore, portando la sua croce. Io sar con voi sino alla fine del mondo. S, ma in un andare, in un essere per via, in un cammino, specie se doloroso. E se cos, in agonia sino alla fine del mondo. Ges: il viandante Il Ges che non sa dove posare il capo ci offre la sua coscienza di viandante e pellegrino che tale si propone ai suoi discepoli. E qui la profondit del suo insegnamento. Il Regno dei cieli che egli propone una META verso cui camminare. Una meta che non trova evidentemente riscontro in niente di mondano e di storico. Non si vede dove e come quel Regno possa realizzarsi. Lunica sua presenza data dalla fede e dallopera di chi lannuncia e da coloro che si fanno suoi discepoli. Nella generazione apostolica, fatta da sradicati dallebraismo e dal politeismo fortissimo il senso dellessere in transito e della provvisoriet e instabilit di tutto ci che mondano e storico. Si in viaggio verso la citt in cui abita giustizia e qui non c nulla di stabile. Anzi, levangelo per sua natura destabilizza. Il cristianesimo del NT, spogliato della sua mitologia, o meglio, giustamente interpretato nella sua simbologia, ci offre il senso profondo e misterioso del rapporto di Dio col mondo e del senso dellesperienza umana sulla terra. Anche lattesa imminente della parusia, della fine del mondo, del giudizio universale, della resurrezione dei morti, pu essere ripensata in funzione dellessere in transito, della provvisoriet di tutto, e di un Dio che cammina con noi, invisibile e reale, verso una meta che oltre. E Ges lincarnazione di questo uomo nuovo che sta tra il tempo e leternit, uomo unico e universale, perch incarnazione di una eterna parola creatrice. Linvito dellapostolo Paolo (altro nomade) al viaggio ed alla provvisoriet (al come se non) di chi si spinge oltre, allestremit del tempo che finisce. Ges il viandante che ci invita a diventare viandanti.
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Le radici Il Ges che non ha dove posare il capo anche luomo che non pu contare sulle proprie radici. Ogni uomo in quanto essere umano viene al mondo in una famiglia, in un gruppo etnico, in un paese, e qui normalmente trova sostegno, condizione e motivo per la propria normale esistenza. Questo significa avere radici, essere radicato. Ges e le sue radici Ges nasce in una famiglia. Ha avuto padre, madre, fratelli e sorelle. nato in un villaggio della Galilea. un ebreo del suo tempo. Ma in che rapporto con le sue radici ebraiche? Con le sue radici in senso generale? Certamente un rapporto problematico. Un rapporto problematico con la famiglia, con la gente di Nazareth, con i costumi, la morale, la religione del popolo ebraico. Normalmente luomo ha bisogno di essere radicato, di avere radici e di metterne di nuove, i cosiddetti radicati sono una eccezione. Il mettere radici un fenomeno biologico. Limmagine delle radici, del radicamento, preso dal mondo vegetale. Le radici significano sicurezza, stabilit, condizioni di sviluppo. Nella storia della natura si avuto alle origini una specie di brodo primordiale in cui tutto era in movimento, in cerca di vita. Finch non compare la pianta (che legata alla terra emersa!). Anche luomo conserva listinto della pianta, come tutti gli esseri viventi, e certamente molto pi di esse. Le sue prime radici sono il gruppo in cui nasce. Per migliaia di anni gli uomini sono stati nomadi, come cacciatori e allevatori. Poi hanno cercato stabilit sulla terra, come agricoltori e cittadini. Anche gli Ebrei furono un popolo nomade, finch non si stabilirono sulla terra di Canaan. Ma la loro esperienza abbastanza recente di nomadi era rimasta nella loro memoria storica. Il Dio dei padri quando erano nomadi Domanda della donna samaritana: sul monte Garizim che si deve adorare o a Gerusalemme? Forse per lei questo era un problema ma non per Ges, che le risponde: n qui n l si dovr adorare, perch i veri adoratori adoreranno Dio in spirito e verit. N sul Garizim, n su Gerusalemme non certo in qualche apposito edificio: tempio o santuario Nulla di esterno, di materiale, nulla che faccia appello ai sensi, deve mediare tra Dio e l uomo che si rivolge a lui. Non ci sar pi bisogno di luoghi sacri. Dalle belle pietre di cui era costruito il Tempio di Gerusalemme, Ges disse che non sarebbe rimasto pietra su pietra. Come mai questa novit? In Ges riaffiora lo spirito dellantico Israele nomade, che a motivo del suo peregrinare non aveva particolari luoghi di culto, e che solo diventando un popolo sedentario si dette dei re e si costru templi. La tradizione del periodo nomade resistette a lungo. Il Dio dIsraele pu dire a Davide, che voleva edificare il tempio di Gerusalemme: Io non ho mai abitato in una casa (2Sam. 7:6). vero che anche al Dio dei pastori sinnalzavano altari, ma sotto il cielo aperto. Il Dio dei pastori El, ed il cosiddetto scrittore eloista rappresenta la sua tradizione, accanto a quello di Jahveh. Jahveh il Dio rivelato da Mos. Egli volle che si preparasse una tenda di convegno. La tenda precorre il tempio.

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Ges: una rinuncia totale, uno spogliamento Il figlio delluomo non ha dove posare il capo contrasto estremo tra le volpi e gli uccelli, che hanno tane e nidi in cui stare tranquilli e riposare, ed il Figlio dellUomo, il personaggio dellattesa dei secoli, che venuto da Dio, anche se la sua gloria ora nascosta. Ecco labbassamento, la spogliazione, la rinuncia spinta oltre ogni limite comunemente accettabile su questa terra. Ma ormai Ges ha il suo viso rivolto a Gerusalemme, ove il compimento della sua missione ed ove la Croce lo attende. Chi mai pu seguirlo su questa via? Il suo cammino unico: lopera che chiamato a compiere lo vuole solo. Ges sembra disilludere coloro che si offrono di seguirlo, di essere con lui qualsiasi cosa faccia o gli accade. La croce che lo attende solo per lui: e la sua croce. C una croce per ciascuno. Le volpi hanno tane, gli uccelli nidi tutto naturale. Cos anche per gli uomini avere una casa, un minimo di agio per il riposo: dove posare il capo. Qualche cosa dobbiamo pure alla natura. Correndo per il rischio di essere trattenuto, di essere tentato di ritardare. Ma Ges non si concede nulla. Si riserva tutto ed esclusivamente al compito che suo. Chi dunque pu illudersi di poterlo seguire? Ges in cammino: stanco, affamato, assetato Povero, stanco, affamato e assetato lo vediamo seduto presso il pozzo di Giacobbe nellepisodio della samaritana; Dammi da bere. E quando tornano i discepoli, che sono andati al villaggi a cercare cibo: lo pregavano, dicendo, Maestro mangia! Ma egli risponde che ha un altro cibo da mangiare, che essi non conoscono (Gv 4:31). Il suo cibo fare la volont di colui che lha mandato, di compiere lopera sua (Gv 4:54). Ges luomo che ha sempre lo sguardo oltre quello che fa, oltre quello che gli capita, oltre lora che scorre: che va vedendo davanti a s qualcosa che gli altri non vedono, che cammina con una visione che lo prende e lo soggioga, e da senso al suo andare. Ed ha anche lo sguardo oltre quel che le persone appaiono, per vedervi la creatura che Dio ama. E che al di l della morte vede la vita. Oltre: la categoria con la quale comprendeva questo Ges che si muove e va dove egli sa, che sa dove va, oltre. Stanchezza e riposo: Ges offre riposo Ges, stanco del cammino, stava cos a sedere presso il pozzo (Giov. 4:6) erano stanche e sfinite come pecore senza pastore (Mt. 9:36) Venite a me, tutti voi che siete stanchi e oppressi, ed io vi dar riposo (Mt. 11:28) Ed egli disse loro: venitevene ora in disparte, in un luogo solitario a riposarvi un poco (Mc 6:31). Luomo che non ha dove posare il capo offre riposo: riposo con lui! Lo offre ai suoi discepoli, invitandoli ad andare in disparte con lui. Lo offre a tutti coloro che fanno il viaggio della vita. Bisogna che io cammini: oggi, domani e postdomani In quello stesso momento vennero alcuni Farisei a dirgli: Parti, e vattene di qui, perch Erode ti vuol far morire. Ed egli disse loro: Andate a dire a quella volpe: Ecco, io caccio i demoni e compio guarigioni, oggi e domani, ed il terzo giorno giungo al mio termine . Daltronde, bisogna che io cammini oggi e domani e posdomani; perch non pu essere che un profeta muoia fuori di Gerusalemme (Lc 13:3133; = Mt. 23:3739).
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La vita di Ges insidiata e spesso costretto ad andarsene da un luogo. Daltra parte egli sa che deve andare a morire a Gerusalemme. Quindi egli ha un forte senso dei tempi in cui si svolge il suo ministero. Sa che c una sua ora. Ges in cammino si lascia distrarre Dice Miguel de Unamuno, a proposito delle avventure di Don Chisciotte, che, in questo, era discepolo di Ges Cristo: Se cosa pi urgente, quella che soprattutto importa, quella di ora e qui: in un istante del tempo che trascorre e nello spazio finito, limitato, che occupiamo, sono la nostra eternit e la nostra infinit. Soltanto che don Chisciotte andava alla ventura in cerca di gloria, lasciandosi guidare dal cavallo. (M. De Unamuno. Commento alla vita di don Chisciotte, dallOglio, Milano 1955, pag. 20). Ges difatti non era mai cos determinato al raggiungimento di una meta, da non accettare ci che gli si offriva lungo la strada; come quando, muovendo verso la casa di Jaivo per guarirne la figlia, si lascia distrarre dalla donna che perdeva sangue. (Ce ne sono altre di queste distrazioni?)

SI DIVENTA
Si diventa, che cosa resta di noi Non ci si muove solo nello spazio, ci si muove anche nel tempo. comune il detto che la vita un cammino. Dante dice: Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura. Che la diritta via era smarrita. Si mescolano le immagini del muoversi nel tempo con quelle di muoversi nello spazio. Si parla di una via della vita. Nellandare nel tempo ci si pu ritrovare dove non ce laspettiamo, ci attende limprevisto. La vita anche rischio. In questo andare nel tempo si diventa. Ma il diventare anche esso un enigma. Quando si diventa, siamo noi che diventiamo, nel senso che sviluppiamo delle sensibilit che erano in noi, e che nel diventare si resta se stessi? Restare se stessi, significa restare quelli che si era prima? Ma cosa si era prima, se non insieme si diventa possibilit? Eppure non possiamo negare che si ancora se stessi. Quel se stessi che eravamo da ragazzi, da giovani: quando si partiti per lavventura della vita. Eppure la domanda legittima: che cosa resta di noi? il che significa: che cosa resta di quello che eravamo? Ma se si guarda a fondo e con coraggio, bisogna prendere atto di questa realt: abbiamo cambiato continuamente e il nostro io cosciente sembra piuttosto pi che il principio e la condizione il derivato e la conseguenza di un flusso cangiante e ininterrotto di stati psicologici. Come voleva Hume quando profetizzava lIo e negava che fosse una sostanza. Eppure questa la sento come la mia storia. Cosa siamo diventati? Che cosa resta di noi? Vengono anche i momenti, e sono i momenti in cui stiamo un po fermi ed abbiamo agio di volgersi indietro, in cui ci mettiamo a considerare la nostra storia. Soppesiamo quello che ci accaduto e soppesiamo anche noi stessi. Chiede Edgar Morin nellultima pagina della sua Autocritica (n.222).
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Che cosa resta di voi? Siete diventati poveri, corrosi, squamosi, spugnosi? Vi siete induriti, corazzati, disgregati? Avete resistito alla lenta deriva dellet? Avete raggiunto i segreti della maturit senza perdere i segreti delladolescenza? Forse Movin aveva in mente il mito di Glauco, il pescatore della Beozia che era diventato un dio marino. Forse ha in mente certa specie in cui la necessit di proteggersi ha prodotto squame a corazza. Let una lenta deriva se nuovamente ci si allontana da una direzione. Ma una direzione? C un destino? (c una dicha, come dicono gli spagnoli ?) ladolescenza ha davvero dei segreti o non piuttosto il suo segreto di essere di fronte allincognita, al mistero della vita, che ladolescente sente fortemente, fino a soffrirne ? Forse pi che la maturit la vecchiaia che ha acquisito dei segreti. Perch qualcosa dellenigma della vita gli si svelato. Che cosa avete imparato? Che cosa sapete ora delluomo o della natura?, si chiede Movin. Non tutti, naturalmente, possono darsi la stessa risposta. E ci sono anche quelli, e sono i pi, che non sanno cosa rispondere. Che cosa abbiamo imparato dalle nostre storie e dalla storia? Che cosa ho imparato, che cosa abbiamo imparato, alla fine della nostra storia personale? Che cosa possiamo imparare, a questo punto della storia dellumanit? (che non poi una lunga storia). Che cosa sappiamo ora (a questo punto) della delluomo? E chi in grado di dare una risposta? Alla fine della sua giornata ciascuno di noi pu guardare indietro, per rendersi conto della strada fatta, per rintracciarvi un percorso, una via (una via a qualcosa, a un dove). Ognuno ha la sua via. Differente da quella degli altri (Vie per modi di dire, perch in genere tutti siamo erranti: o facciamo percorsi di vagabondaggio (quando lo si pu), o percorsi obbligati dalle circostanze della vita. A chi rivolgersi, per interrogare: a noi stessi? A quelluomo che sono io? Oppure alluomo. Che cosa posso dire delluomo? Posso fare solo affermazioni opposte, perch luomo sempre una contraddizione. Vi sono negazioni da fare, ed anche opposizioni positive. Ma si rivela qualcosa sulluomo? Mi si rivela solo la sua contraddizione. Ed gi molto se il nostro spirito riesca attraverso un lavoro sotterraneo, a minare certezze e sicurezza che ci provenivano da tutte le parti: da noi stessi ma soprattutto dalle fedi senza fondamento di coloro che pretendono di cambiare la vita (naturalmente degli altri). La vita come viaggio La vita come un viaggio nel tempo anche se non ce ne rendiamo conto. Perch ci inganna il fatto che di solito restiamo sempre nel medesimo spazio. Comunque la vita caratterizzata dal fatto che si viene e si va. Da dove? Verso dove? La vita un viaggio perch diventiamo. Il ragazzo cresce e non si sa ancora che cosa diventer. Luomo adulto e maturo diventato. Anche se non sempre diventato qualcuno nel senso di questa comune esperienza. Ma in ogni modo qualcuno diventato. Nel senso che ha finito di diventare? Talvolta pu anche darsi. Ma veramente un finire di questo genere? Si arriva davvero ad una fine? c una risposta, sincera e definitiva, a questa domanda: Chi sono? Quella di essere arrivati probabilmente unillusione. Come pu essere una delusione. Quando non si contenti di s, come spesso accade. Ed allora lidea di essere ancora in cammino pu essere confortante. questo difatti il conforto di chi ha una fede. Allora la riuscita, il successo, appaiono per quel che sono: un mito, una illusione, una sensazione.
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un inganno assai simile all inganno della ricchezza. Linganno sta nella stabilit. Il ricco stolto dice a se stesso (allanima sua): riposa, mangia, bevi, godi. Ecco un uomo che si fermato, che convinto di essere arrivato al punto che non rende pi necessario landare avanti. Fermata e sosta Lalternativa del viaggio, del cammino, il fermarsi, linsediarsi, lo stabilirsi. anchessa uninclinazione, opposta a quella che spinge ad andare, a camminare, ad essere pellegrino, col corpo e col pensiero. Delle due qual quella vincente? Ma soprattutto: delle due qual quella che va nel senso giusto e muove luomo verso il suo autentico destino? luomo si porta dentro e dietro questa contraddizione, che alla fine deve risolversi, ma non con la sintesi degli opposti, ma con leliminazione di uno dei due. Lopposto dellandare, dellessere pellegrini linsediamento. Che non deve essere confuso con la sosta. La sosta una fermata di breve momento. La sosta un momento del viaggio. Momento necessario e salutare. Necessario perch c il bisogno del riposo, ma anche perch si cammina di giorno, non di notte. Salutare, perch la sosta ritempra le forze del viandante col riposo. Ma anche perch la sosta a dare il senso dellandare verso qualcosa, del viaggio e del pellegrinaggio. Ges non rifiuta la sosta. Noi lo vediamo spesso sostare, mai fermarsi. Egli va, sempre. Dove vai? Gli chiedono i discepoli, quando Ges rivela che la sua ora vicino: lora della partenza. I discepoli devono aver avuto una vivida sensazione di questo atteggiamento caratteristico di Ges. Dove vai Ges? verso la fine del suo mandato, verso il ritorno al Padre. Noi siamo viandanti, ma siamo anche deboli. Alla sera siamo stanchi. Sentiamo il bisogno di posare il capo su qualcosa Anche il riposo una necessit. E c anche un discorso legittimo sul riposo. La tentazione di fermarsi: la trasfigurazione e la proposta di Pietro Il fermarsi, lo stabilirsi, una perenne tentazione. Anche per chi viaggia al seguito di Ges di Nazareth. Vedi il caso di Pietro, che nellepisodio della trasfigurazione, si rivolge al Maestro con queste parole: Maestro bene che stiamo qui. Facciamo tre tende: una per te, una per Mos, e una per Elia. Egli non sapeva quel che diceva (Lc 9:33). anche la tentazione di rendere costante la contemplazione. Il monte della trasfigurazione. In basso la pianura, con le sue strade: altre tentazioni, ostacoli allandare.

GES CRISTO E IL MONDO


NellEvangelo di Giovanni conflitto aperto tra Cristo e il mondo. Il leit motif di questo evangelo quanto viene affermato sin dal prologo: Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, ma il mondo non lha conosciuto. venuto in casa sua, e i suoi non lhanno ricevuto. (Gv. 1:1011) La ParolaLuce viene nel mondo che pure era stato fatto per suo mezzo e viene nel suo popolo, Israele, in quanto si incarna in Ges di Nazareth. Non si trattava dunque di un estraneo. Il mondo era suo, come era suo, il popolo di Israele per lelezione. dunque qui la tragedia della storia del mondo (perch questa anche una storia del mondo!).

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Questo mondo, che era stato creato buono, diventato cattivo (e sotto questo aspetto il mondo di cui si parla il mondo degli uomini, ma anche il mondo nel suo insieme non innocente). Questo mondo ora retto dal Maligno principe di questo mondo (Gv. 16:11), che fin dal principio introduce nel mondo la menzogna, il peccato, lomicidio. (Gv 8:44; 1Gv 3:810). Per cui si pu giungere a questa finale e sconsolata constatazione: che tutto il mondo giace sotto il maligno. Nulla tolgono a questa visione pessimistica del mondo la ripetuta affermazione che Dio ha tanto amato il mondo (3:16), che ha mandato il suo Figlio nel mondo non per giudicarlo, ma perch il mondo sia salvato (3:17), il quale ha anche detto dar la mia carne per la vita del mondo, o infine io ho vinto il mondo (16:33). Resta il fatto che nellevangelo di Giovanni mai detto nella lettera e nello spirito, che questo mondo sia un mondo salvato. Anzi detto che gi avvenuto il giudizio di questo mondo (12:31). Ges ha visto Satana precipitare da cielo, ma a quanto pare sulla terra ancora forte e la tiene stretta. Per quanto questo mondo appartenga di diritto a Dio, che lha creato, anche se si cos guastato, Ges sempre respingeva ogni relazione con questo mondo. Egli dice di essere odiato da questo mondo (7:7) Egli pu fare questa grave affermazione io non sono di questo mondo (8:23) come non lo sono nemmeno i suoi discepoli (15:19). E nellaccommiatarsi da essi, nella cosiddetta preghiera sacerdotale, egli afferma: non prego per il mondo (17:9). Ed in quanto alla sua dignit di ReMessia, non pare che sia venuto in questo mondo per instaurare il regno di Dio. Messo a confronto con Pilato, rappresentante di Cesare, egli afferma il mio regno non di questo mondo. Si ha addirittura limpressione che il Cristo non lo degni neppure di un suo ritorno (in questo evangelo non si parla di parusia! contro 14:3) quando nel lasciare il mondo egli dice: il mondo non mi vedr pi (14:19,22). proprio il caso di dire, che Ges sia venuto proprio per salvare dal mondo, per quanto questa espressione possa irritare certi teologi che vorrebbero un concetto meno angusto o meno antimondano della salvezza e lascino con disprezzo agli evangelisti del tipo Billy Braham. E non pare che questo discorso lo facesse solo Giovanni. Negli Atti leggiamo che l apostolo Paolo con molte altre parole li scongiurava e li esortava dicendo: Salvatevi da questa perversa generazione (At. 2:40). Ges e i potenti di questo mondo Ges parla con molto distacco dei potenti di questo mondo, dei principi delle nazioni che le signoreggiano e le dominano, e raccomanda anzi ai discepoli che tra loro non sia cos. Re e governatori gli sono lontani. Troppo distacco, per poter fare del profeta di Galilea un ribelle, un rivoluzionario, o semplicemente un agitatore del popolo. Chi lha visto cos ha preso un abbaglio, un grosso abbaglio. Quando dopo la moltiplicazione dei pani coloro che ne avevano mangiato volevano rapirlo per farlo re (un nuovo potente contro i potenti), sembra che sia stato molto contrariato. Meglio si direbbe: deluso. Deluso come chi si accorge di non essere stato capito, nemmeno un poco. Mettersi contro Cesare? Eppure, come Messia, avrebbe dovuto farlo. Invece questo re dIsraele e Cesare si muovono su due rotte completamente diverse. Non c pericolo di collisione. Quando Pilato gli chiede: sei tu il re dei Giudei? Egli lo nega, perch si ritiene il Cristo, per precisa: Il mio regno non di questo mondo, se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori combatterebbero ; ma ora il mio regno non di qui. Di dove dunque ?

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Queste affermazioni, come laltra, a proposito della moneta, che bisogna dare a Cesare quello che di Cesare e a Dio quello che di Dio, disturba tutti coloro che ritengono che l evangelo non si pu separare dalla politica e che i cristiani debbano stare dalla parte dei rivoluzionari. Ma queste parole, allora? Ges non deve averle mai dette. E gli apostoli? Dei falsi testimoni . Non si adattato Il figlio delluomo non ha dove posare il capo Non ha perch non ci riesca, probabilmente. Non solo perch gli si rende la vita difficile. Ges non si adatta al mondo in cui si trova. sostanzialmente un disadattato. Come dovrebbe essere luomo dal momento che si rende conto di se e di questo mondo. Quando apre gli occhi sulle contraddizioni della vita e scopre in se stesso la pi grossa contraddizione con questa vita. Ges posto per segno a cui si contraddiva (Lc 2:34). Ma anchegli ha molto da contraddire. Ugo Gastaldi

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IN CAMMINO CON GES


APPUNTI PER UNA RIFLESSIONE

II

********* IL REGNO DI DIO DA CERCARE, A NON FINIRE!


Cercate prima di tutto il regno e la sua giustizia; tutto il resto vi sar dato in pi (Mt 6:33).

Il regno da cercare, e cercare implica che non si sta fermi, ma si vada, ci si muova. Il regno da cercare: quindi non da fare, n fatto. Si deve sentire come un bisogno, e quindi quello che si cerca la risposta a questo bisogno. Ma la risposta ad un simile bisogno il regno con la sua giustizia non pu venire da noi. Non pu venire che da fuori di noi, nel senso di oltre di noi. Come qualcosa che deve entrare. Per cui anche lo si deve attendere. Ma poich si tratta del regno e della sua giustizia, non lo si pu attendere stando fermi, rimanendo passivi: Esso un bisogno, come la fame e la sete. Perci detto che il regno lo si deve cercare. qualche cosa che deve venire ed anche qualche cosa verso cui bisogna andare. Per cui detto che bisogna cercare. Gli evangeli hanno anche un linguaggio del regno. E vi detto che nel regno si entra. Anche lentrare presuppone dandare incontro, il muoversi verso. ed cercare la vita eterna. in questo cercare cercare con fede e costanza la risposta ad un bisogno vitale che gi la vita eterna, la vita eterna sin da ora. La quale, quindi, non deve essere cercata per se stessa. La vita eterna sopraggiunge come data per giunta, per di pi. Non detto infatti: Cercate in primo luogo la vita eterna, ed il regno con la sua giustizia vi sar dato per sovrappi. La vita eterna trae senso e giustificazione dal fatto che si cerca innanzi tutto il regno con la sua giustizia. Il cercare la vita eterna per se stessa, come sovrappi della vita temporale, non che cupiditas vivendi. Questo cercare non conduce certamente alla vita eterna. Non conduce a nulla. Al pi ad una credenza, non ad una fede. La vita eterna ha una sua ragione, ed essa in quel cercare innanzi tutto come cosa che sta in cima a tutto la giustizia del regno. Anzi, in questo cercare, come abbiamo gi detto, gi la vita eterna. Che data perch quel cercare abbia senso e sostanza. E gi in quel cercare: un cercare che gi un entrare nel regno e quindi nella vita eterna. La sete disseta lassetato: lassetato si disseta della sua stessa sete!
Cercate dunque innanzi tutto il regno e la sua giustizia Cercate cio quello che non c ancora e di cui sentite la mancanza: che non dato in nessun modo, n definito, n indefinito, che ha preso corpo o aspetto Cercare quindi anche scrutare e investigare, con spirito critico. Chi in un atteggiamento di ricerca si distingue da chi ritiene e dice di avere trovato, affermando: Il regno di Dio eccolo qui, oppure eccolo l. 17

Anche chi pretende di fare queste affermazioni partito dallassunto che il regno, con la sua giustizia, un problema. partito ed anche arrivato, perch crede di averlo risolto e ce ne offre persino la formula: ecco il regno questo qui. Se questo fosse possibile, non avrebbe pi ragione il cercare. Il quale invece non deve mai finire, se veramente un cercare il regno di Dio. Il Regno di Dio: come verr? Vi quindi una ragione del fatto che Ges nei Sinottici ci metta in guardia contro coloro che verranno e diranno: il regno di Dio eccolo qui o eccolo l. Il regno non viene in modo che si possa vedere. E quindi nemmeno indicare. E allora che cosa pretendete di farci vedere? Che pretendete di mostrarci? Di tali ce ne saranno, che con altro linguaggio, magari, pretenderanno di indicarci lequivalente del regno e della sua giustizia. Il regno verr e sar come la luce improvvisa di un lampo. Sar dunque cercato e mai trovato? (Nel significato oggettivo che ha il verbo trovare). O non saremo noi piuttosto ad essere trovati ? Perch avverr che noi ci troveremo dentro di esso, allimprovviso. Come dire che non saremo noi a scoprirlo, come provenendo dallesterno: come si scopre un nuovo mondo. Il regno ci sar dato, non lo prenderemo. Ci sar rivelato, non lo scopriremo. Potremo vederlo con i nostri occhi, non ci sar indicato. In una luce improvvisa. In una luce che non ha luce normale del giorno. Non sar uno dei nostri giorni, quello che verr. Sar il giorno di un Altro. Gli antichi profeti, cui Ges si ricollegava, avevano visto di lontano un giorno del Signore e avevano cercato anche di descriverlo, sia pur sommariamente. E si trattava per lo pi di cose terrene, molto terrene. Ges molto pi sobrio. ben difficile infatti immaginare cosa sar quel giorno: il suo compimento cosa che riguarda Dio e la nostra immaginazione non potrebbe riempirlo che di cose umane, molto umane. dinnanzi a Pilato ad un governatore di questa terra che Ges dice: Il mio regno non di questo mondo. E lo dice due volte: ma ora il mio regno non di qui (Gv 18:36). Se fosse stato un regno di questo mondo, come sarebbe stato il regno di Dio? Ges aveva un concetto tanto pi alto del regno di Dio. E lo lasciava a Dio. Nellevangelo di Giovanni, Ges lascia questo mondo. E lo lasciava agli uomini: di fatto, ed uomini come Pilato, governatore per autorit di Cesare; come tanti di questa specie, come ce ne erano allora nel mondo e ce ne sarebbero stati sempre, di simili a loro. E il mondo sarebbe stato sempre loro e dei loro simili. triste e pu sinceramente dispiacere. Ma Ges ha detto cos. E difatti cos sempre stato, con ben rare varianti in meglio. Con questo non detto che questo mondo lo lasciamo al diavolo. E nemmeno Ges faceva cos. Il suo regno non era di questo mondo, non era di qui. Eppure diceva di essere re. Se non era di questo mondo, ce n dunque un altro di cui egli re? A sentir lui, s. se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori combatterebbero (Gv 18:36). Nemmeno per lui ?! Certo, se il suo regno non di questo mondo: che cosa mai potrebbero fargli gli uomini, anche mettendolo in croce? Questo mondo abbandonato alla contesa degli uomini. Come lui, i suoi non sono chiamati a combattere, a combattere contro Caifa o Pilato. Non a questo genere di combattimento che sono chiamati.

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Del regno non si pu parlare se non per similitudini Seguire questo Cristo, la Parola che si fatta carne nelluomo Ges, e che per cos breve tempo stato con noi. In questa breve apparizione piena di luce, inserirsi. Il che significa camminare, come egli ha camminato. Passando in questo mondo come egli vi passato: non essendo di questo mondo, e quindi andando. Andando sapendo dove, come egli lo sapeva, e lha detto a noi. Camminando in quella luce, mentre qui ancora notte, sempre notte. Camminando, conosceremo che egli cammina con noi, al nostro fianco, nostro compagno di viaggio. Egli il viandante sempre vivente. Ed camminando, che ci troveremo veramente uniti a lui. Del regno di Dio, dice Ges, che sapeva quel che diceva, si pu parlare solo per similitudini. Il regno simile a , il regno come E il simile, il come un parziale e piccolo aspetto, unombra e un frammento, preso come indicazione di un tutto che come tale non pu che restarci nascosto se il regno di Dio. Indefinibile, indicibile. Qualcosa che assomiglia soltanto. E non viene offerto alla vista. Qualcosa da ricostruire dentro, come si pu, con una specie dimmaginazione (cio ancora per immagini / o dintuizione, da intus ire), cio con un movimento creativo ed interiormente. Ognuno come pu: cio mai oggettivamente. Di che cosa parla dunque Ges, con le sue similitudini o parabole, se non di qualcosa che per sua natura a vasta trascendenza? Trascendente rispetto a questo mondo che passa e per cui passiamo: sempre contradditorio ed ambiguo. Trascendente rispetto a questa nostra natura umana, con la sua limitata capacit di intendere e realizzare. Tutto quello che se ne pu dire dunque similitudine, metafora, immagine, parabola ... Mai definizione, dimostrazione o mappa. E quel che se ne pu realizzare ancora non pi che un segno, un frammento che allude ad un tutto, ad una pienezza che sottratta alla vista ed oltre la portata della nostra mano. Una cosa parzialissima, modestissima. Come lumile bicchiere dacqua che si offre alla sete (altra immagine di cui Ges si serve ). Cercare e andare Bisogna dunque andare e cercare, sospinti non da altro che dalla fame e dalla sete. Cercare ci che risposta al bisogno e verso cui sospinge il bisogno. Cercare quello che dato per fede ed sempre infinitamente oltre quel che possiamo attendere. Per cui bisogna essere anche consapevoli della necessit della modestia, dellumilt, della prudenza. Il regno dei cieli non sar mai una ideologia. La fede come un istinto che ci muove verso ci di cui sentiamo il bisogno. Quindi partire, muoversi, andare: cercare. Se non ci si muove e non si va non c cercare. Il cercare altro. E quello che si cerca c. C, anche se non si vede, non si tocca, non si pu descrivere. Che c lo dice la fede. Questa la sua funzione.

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NOMADISMO E INSEDIAMENTO NELLEBRAISMO E NEL CRISTIANESIMO


Nellanima profonda dellebraismo e del popolo ebraico C una fondamentale contraddizione. Sotto un certo aspetto il popolo ebraico assillato dal bisogno di stabilit. Come tutti i gruppi semitici viene da mille anni di nomadismo e come questi cerca una terra in cui insediarsi in modo stabile e definitivo. Della terra promessa si fatto un mito ed un articolo di fede. Ma nella sua travagliata storia riemerge la memoria dellesperienza nomade dei padri, assume laspetto quanto mai interessante di unalternativa spirituale ad una religiosit fortemente stabilizzata ed istituzionalizzata, come quella delle leggi di purit e della liturgia, del tempio e del sacerdozio, della citt santa Gerusalemme! Questa alternativa stata la religiosit del profetismo, che si ricollega alla memoria storica delle esperienze del nomadismo. Il cristianesimo nato da un forte ritorno della spiritualit del profetismo, incarnato nellinsegnamento e sulla figura di Ges di Nazareth. Con questo di nuovo: che questo ritorno alle origini caratterizzato da uno sradicamento pi o meno sostanziale e compiuto dalle radici ebraiche. Con il fondatore ed i suoi apostoli si ripropone senza dubbio lideale del nomadismo: dellessere in transito, del pellegrinaggio. Cui resiste affermandosi purtroppo lideale della stabilit, della sicurezza, del radicamento nel mondo, attraverso listituzione, il tempio, il sacerdozio. Nella storia della chiesa cristiana riaffiora la vecchia contraddizione che distingueva la vita dellIsraele biblico. Andare errando Errare significa andare di luogo in luogo senza avere una meta. Cos fu per Israele. Il suo nomadismo non quindi un ideale di vita da idealizzare. Il nomadismo una servit. lasciare un luogo dietro di s perch non vi si pu pi stare, per varie ragioni. Per i nomadi allevatori di bestiame la ragione era quella di trovare nuovi pascoli. Ad un certo momento Israele sent di dover mutare vita. Cerc una terra in cui insediarsi. Il piede dIsraele non andr pi errando (Re 21:8) io vado errando come pecora smarrita (Sal. 119:176) perch ci fai errare lungi dalle tue vie (Isaia 63:17) le mie pecore vanno errando (Ezech. 34:6) essi andavano errando tra le nazioni (Osea 9:17) mio padre era un Arameo errante (Deut. 26:5) sempre erra il cuor loro (Sal. 95:10) noi eravamo erranti come pecore (Isaia 53:6) eravate erranti come pecore (1Pt. 2:25)

LESSERE NOMADI
*(Il termine nomadi non qui utilizzato dallautore col significato di nomadismo zingaro, rom o sinti, che rappresenta, viceversa, una precisa identit culturale e sociale di grande ricchezza e quindi meglio sarebbe utilizzare vita itinerante ma si riferisce a quel nomadismo che egli definisce anonimo, cio un vagabondare senza identit, senza radici, senza legami e senza motivazioni spirituali o culturali Ndr) Nomadi, oggi, si o ci si sente.
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Si nomadi quando non c aderenza ad una terra di sostegno, abitata e strutturata in citt, da cui si ricevono norme e mezzi di vita, e soprattutto senso del proprio essere ed esistere (un ubi consistam). In questo nostro mondo soprattutto in questo nostro mondo occidentale il nomadismo fenomeno ormai di massa. C gente che di fatto, il pi delle volte in perfetta coscienza, s lasciata alle spalle famiglia, patria, tradizioni, con tutto quello che ne proviene di buono e di cattivo, e procede nella vita a casaccio, senza norme, senza meta, senza senso. un nomadismo che non ha alcuna qualificazione, cui non si saddice alcun nome, un nomadismo anonimo. un nomadismo caratterizzato dalla mancanza completa di motivazioni. Anzi questa a costituirne il carattere. Landare per puro e semplice andare, senza alcun perch, senza alcun motivo. Se pu a rigore chiamarsi un andare, questo andare a casaccio, dove capita, sotto la spinta di circostanze propriamente carnali e spesso sospinti dalla folla anonima che si muove alla cieca. Questo genere di nomadismo fa di colui che vi si trova trascinato un essere senza identit. Lidentit consiste nellavere nome e cognome, abitare in un dato luogo, essere nato in e da, avere oltre che un sesso un rapporto con gli altri che dato dallessere coniugato o celibe, dallavere una professione ed una nazionalit, oltre che unet. Quando tutto questo non significa niente, perch non ha rilevanza alcuna, non si pu parlare di identit. Lidentit perduta. Ma non ci sono solo quelli che di fatto sono nomadi: ci sono anche quelli che si sentono nomadi, che avvertono di trovarsi in una situazione di nomadismo: che molto spesso, addirittura, hanno scelto di essere nomadi. Costoro si muovono semplicemente perch sono partiti: per non voler pi stare, per fuggire da dove ci si trovati senza sapere perch e ci si scoperti estranei. E cos si sono rotti i naturali e ricevuti legami con una famiglia, una patria, una tradizione, un tessuto etico e giuridico. In questo caso, non essendoci identificazione, non c nemmeno identit. Anzi, c rifiuto didentit: negazione, abolizione, ripudio e maledizione! Partire... per andare dove? Il dove non importa, il dove non c. Quello che importa il partire, il lasciare, il muovere da... Certo per la voglia o il bisogno di un altro genere di identit: un identit in cui sia nuovamente espresso il se stesso, unidentit autentica, purch effettivamente dica chi si . O semplicemente per una voglia confusa ed oscura di essere altro. Non si sa cosa, ma altro. In questo caso non si ha solo la fuga dalla casa paterna: c la fuga da s, da un certo s che ci ritroviamo ad essere, non scopriamo perch, e non riusciamo ad accettare. Il sentirsi nomadi laver scelto di essere nomadi qualcosa di pi pu conciliare con il restare dove ci si trova. Restare nella famiglia, tra la gente in mezzo a cui si nati. Restare nel proprio paese, nella propria citt, nella propria patria. Ma sentendo che nulla ci proprio. Sentendoci estranei a tutto. Restando per forza maggiore. O per vilt? Si pu essere nomadi anche in questo modo. Nomadi perch si partiti col sentimento, la testa, limmaginazione. Ma restati, come estranei. Del nomade c solo lestraneit ad un luogo. un modo di essere nomadi molto penoso. Potremmo dire miserabile. Quando invece nomadi non ci si sente, ma lo si nel senso che abbiamo visto cio senza motivo, senza bisogno, senza coscienza, anonimamente e in mucchio allora ci si trova non solo ad andare randagi, ma ad un andare in terra arida ed ingrata. Un andare nel deserto. C un rapporto tra nomadismo e deserto, che va indagato, perch appare piuttosto problematico. I primissimi gruppi umani forse diventano nomadi. Perch non lavorano ancora la terra, ma vivendo di frutta e di caccia, ben presto rendendo inabitabile la terra in cui sono vissuti per un tempo e sono sospinti a cercarne altre da sfruttare. Luomo rende la terra un deserto e diventa
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nomade. Ma a sua volta il nomadismo, specialmente quando compare, per necessit, la pastorizia, crea il deserto. Questo va riconosciuto. Per capire il senso di nomadismo di cui stiamo parlando, a sua volta si muova in un deserto che esso stesso crea. Il nomade incosciente di esserlo e senza vocazione, ha pur bisogno di vivere. Ma di quel che gli d da vivere nelle sue continue soste, egli fa terra bruciata, egli consuma e distrugge la fertilit. Non solo rende tutto arido. Distrugge. Dove passa non nasce pi niente. Spegne la vita. Luomo che oggi viene al mondo in questo nostro mondo si trova ad avere in mano una vita che gli appare come unarruffata matassa, che non riesce a districare perch non gli riesce di trovarne il bandolo. Cos vede la propria vita il singolo: perch si ritrova iniziato in relazioni che gli appaiono confuse e di cui non vede la ragione. E cos vede oltre di s la societ in cui si ritrova ad esistere: una societ complessa, dalla struttura mastodontica, perennemente oscillante tra disordine ed imposizioni di ordine, tra problemi e soluzioni che producono altri problemi, tra arbitrio e necessit, anarchia e tirannide. La societ complessa una societ che come tale malata, come patologico il termitaio. una societ in cui la pianta uomo degenera e muore per soffocamento. La societ in cui nasciamo, con questa sua complessit, anche la societ in cui come uomini siamo destinati a morire? Diventando cio qualcosa di altro dalluomo, se pur avr possibile una sopravvivenza?

GES HA UN LUOGO ?! FORSE UNA CHIESA?


In tempi in cui il vero Ges Cristo era stato perduto di vista, i cristiani hanno voluto dargli un luogo. Nella chiesa. Nella chiesa istituzionale e sacramentale, naturalmente. Equivocando la promessa fatta da Ges ai discepoli che egli sarebbe stato sempre con loro. Con loro, certamente, ma come compagno del loro cammino e davanti a loro. Anche prendendo la chiesa nel suo significato pi generale, c da dubitare che Ges ci si trovi bene. Quante volte in mezzo ai cristiani Ges non c e non ci pu essere. E c anche chi dice che non c affatto. Figuriamoci se quel luogo che volevamo dargli poteva essere il tempio, con quello che egli pensava del tempio. Tutto Ges pu aver lasciato pensare di s, meno che lo si sarebbe trovato in un luogo simile. Hanno tentato di rinchiudervelo, in tanti modi, sotto tanti aspetti. Ne sempre scappato, facendosi trovare altrove. Ovunque, meno che l dentro. In un sacramento dellaltare. In realt non c mai stato. La sua presenza stata sempre una finzione. Tutto quello che si fatto per chiuderlo in un luogo, a disposizione di un sacerdozio, pu solo costituire un esempio di come anche un insegnamento come quello di Ges possa, nelle manipolazioni degli uomini, diventare il contrario. Si avuta una degenerazione anche del cristianesimo. Che cosa non si corrompe in questo mondo? Maestro dove dimori? Maestro, dove vai? Il ministero di Ges comincia con la domanda che i primi discepoli gli rivolgono: Maestro dove dimori?. E finisce in quella che i discepoli, nel commiato di fronte alla morte, gli fanno (Gv. 13:3b): Simon Pietro gli domand: Signore, dove vai? E Ges vorrebbe che tutti avessero il coraggio di chiedergli; Dove vai? (16:5) Ges andava verso la morte e oltre la morte. Andava al Padre. Anzi: tornava al Padre, secondo le parole di Giovanni. Era venuto come luce in questo mondo. E portava luce anche in questa tenebra delle tenebre che la morte.
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Ges quindi passava. Ed rimasto come limmagine delluomo che passa. Passa attraverso questo spazio (n tanto, n poco), passa attraverso questo tempo (n tanto, n poco). luomo che passa e sa dove va. Questo il punto. Non come Abramo, che ubbidisce alla parola di Dio che gli ordina di lasciare Ur dei Caldei, ma non sa dove andr (verso quale dove). Cos chi lo segue: un uomo che si alzato e si messo a camminare, perch ha deciso di andare. Ma non che non sappia dove, come Abramo. Quel Ges Cristo che va verso un dove ormai un punto di riferimento. Dove sar io sarete anche voi Non essere di questo mondo Per cui se un Ges pu dire io non sono di questo mondo chi lo segue pu fargli eco: Nemmeno io Non siamo di questo mondo. Ma c chi se ne accorge e chi no. Chi lo scopre, perch guarda a questo Ges Cristo. Accettarlo, accoglierlo, significa sentirsi straniero (non di questo mondo) e in cammino verso quellaltrove di Cristo (pellegrino). Significa mettersi fuori. Usciamo fuori dal campo, portando il vituperio di Cristo. Chi cammina lentamente, chi arriva dopo e dietro gli altri, a distanza, pi cautamente dice: Sono di questo mondo, ma non solo di questo mondo. Dentro e fuori. Ma c anche chi dice, e lo vuole dire: E io voglio restare in questo mondo, finch posso. Sono figlio di questa Madre Terra: non voglio essere bastardo. Voi andate pure: io resto. Bastardo? Ma chi non si sente pi figlio della terra, sente cos perch ha trovato un Padre. Purtroppo non abbiamo anche una Madre. Non sarebbe che un idolo. Maestro, dove dimori? Venite e vedete (Gv. 1:3839). Un invito promettente. Ma la domanda finale, Dove vai? una domanda matura, frutto dellesperienza, che non poteva essere posta al principio.

Ugo Gastaldi

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