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Costituzionalismo.

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FASCICOLO2|2013

16settembre2013

Fascinoeillusionidellademocraziadiretta
diAlbertoBurgio ProfessoreordinariodiStoriadellaFilosofia-UniversitdiBologna Abstract. Per comprendere la natura della crisi delle istituzioni democratiche che accompagnalacrisieconomicaesocialeesplosatrail2007eil2008apparesemprepi urgente definire un quadro analitico di lungo periodo. In queste pagine si abbozza un primo tentativo in questo senso, tracciando un parallelo storico con la grande trasformazioneverificatasiaseguitodellagrandecrisidelliberismotraglianniVentie Quaranta del secolo scorso. Particolare attenzione riservata, in questo quadro, alle responsabilitsoggettivedeigruppidirigentipoliticie,piprecisamente,allainadeguata resistenza funzionale e culturale da essi opposta, in difesa delle prerogative dei corpi sociali e dei loro diritti, alla erosione della sovranit democratica da parte dei poteri economici.Thisessayanalysesnatureandlongtermcausesofthecrisisofdemocracyin relationshipwiththeeconomicandsocialcrisisthatburstedin2007-2008.Thisreflection mooves from a relevant parallelism between the ongoing crisis and the great transformation (Polanyi) that was a consequence of the Great crisis of laissez-faire capitalismfrom1920sto1940s.Moreoverthepaperstressesthepersonalresponsibilityof thepoliticalgoverningboardswithparticularregardtotheirweakandinadequatedefense of social rights and interests, on the one hand, and democratic sovereignty and representation,ontheotherhand. Sommario. Tra liberismo e fascismo La controrivoluzione neoliberista Democrazia direttaeinvestimentocarismaticoEclissieresponsabilitdellasinistra Traliberismoefascismo In estrema sintesi, il senso di questo intervento consiste nellaffermare che possibile comprendere la crisi della politica, nellambito della quale si pongono fenomeni oggi particolarmente vistosi come lastensionismo di massa, la critica della democrazia rappresentativa e linvocazione della democrazia diretta, soltanto se la si inquadra in un

contestoampioedilungoperiodo. Ampio,nelsensochequestacrisisicollegaallacrisi socialeedeconomica(inveritancheaunacrisicheGramscidefinirebbeintellettualee morale); di lungo periodo, poich essa chiama in causa una grande trasformazione verificatasinelcorsodegliultimi50-60anni. Sitratta,insomma,diunfenomenoradicatonellastoria,chehacaratteristicheeprecedenti storici.Perquesto,alfinediintendereilnessochecollegalodiernacrisidellapoliticaalle sue radici economico-sociali (pi precisamente: alle conseguenze sociali della controrivoluzione neoliberista che inizia nella seconda met degli anni Settanta), sembra utilerisaliresubitoaunpassaggiostoricoanalogo(aunaltragrandetrasformazione),che haluogoacavallotraOttoeNovecento. Nello schema sotteso allopera maggiore di Karl Polanyi (The Great Transformation, 1944), let classica del liberismo (che trasforma il capitalismo industriale in un sistema sociale[1]) abbraccia poco meno di un secolo. Comincia nel 1834, con labolizione del regolazionismo paternalistico di Speenhamland e ladozione del Poor Law Reform Act (unanormativache,codificandolafinzionedellavorocomemerce,instaurailsistema delcosiddettomercatoautoregolantesi).EreggesinoalcrollodiWallStreetnel1929. In realt, lutopia (la distopia) del libero mercato (socialmente distruttiva: causa di disoccupazione e miseria di massa) entr in crisi gi dopo i primi quarantanni (con la grande depressione del 1873-96), innescando forti tensioni di classe e risposte collettivistichedistampoprotezionisticosulpianosocialeenazionale.Vannoannoverati inquestoquadrodaunapartelanascitadelsindacalismoeilprimoaffermarsidielementi di welfare; dallaltra, il nazionalismo, linterventismo economico, il consolidarsi di mercatimonopolisticieilrafforzarsiditensioniinterimperialistiche,tralecauseprimarie delprimoconflittomondiale. I successivi sessantanni segnano in sostanza la lunga agonia del liberismo, che approda (conilcrollodiWallStreet)allimplosionedellultimadellesueistituzioni,labaseaurea. Ilfascismoquesta,comnoto,lafondamentaletesipolanyianafulaconseguenzadi questa agonia. Pi precisamente, costitu una risposta alle conseguenze del drammatico cedimentodelsistemamonetariointernazionalecaratteristicodellafaseliberale. Cos si comprende, secondo Polanyi, la differenza tra mondo anglosassone e destino europeo.MentreStatiUnitieInghilterra,padronidellamoneta,abbandonanopertempola baseaurea(trail1931eil33),esautoranoilpoterepoliticodellafinanza[2]eoptanoper politicheespansionistiche(diwelfare)salvaguardandolademocrazia;lamaggiorpartedei paesieuropeipuntatuttosulladifesadeflazionisticadellamoneta(inquantoilorosistemi industriali dipendono dallacquisto delle materie prime sul mercato estero). Dinanzi allalternativa tra salvataggio del sistema economico (cio dellindustria nazionale) e risanamentodellamoneta(viadeflazione)daunlato,edifesadellavoro(occupazionee

redditi) dallaltro, laffermarsi (a questo punto inevitabile) del primo corno del dilemma implica negli anni Trenta ladozione di politiche repressive (incentrate sulladozione di poteridemergenzaesullasospensionedellepubblichelibert). Il risultato scrive Polanyi squilibrato e politicamente tragico: lostinazione con la quale,nelcorsodiundecenniocritico,iliberalisostengonolinterventismoautoritarioai finidiunapoliticadeflazionisticasirisolvesemplicementeinunindebolimentodecisivo delle forze democratiche che avrebbero altrimenti potuto allontanare la catastrofe fascista:nelcorsodivanisforzideflazionisticiiliberimercati non vengonoricostituiti, ancheseiliberigoverni sono sacrificati[3].Inquestosenso,nullafumenosorprendente o casuale dellavvento al potere dei fascismi europei, che rispose alle necessit di una situazioneobiettiva,quelladiunasocietdimercatochesirifiutavadifunzionare[4]. Lamoraledellafavolachiara:averealungorifiutatodigovernareilprocessoeconomico (inomaggioallideologiadellasuanaturaleautonomia),averelasciatobrigliesciolteagli spiriti animali del capitalismo, distruttori della coesione sociale, costringe alla fine ad approdareallestremoopposto:nonsoltantoalgovernosociale-politicodelleconomia,ma alladozionedipolitichetotalitarie,liberticideecriminali. Nonmoltodiversonelleconclusioniappareloschematracciatounadecinadianniprima (da un punto di vista prevalentemente politico) da Harold Laski (Democracy in Crisis, 1933). Laski ritiene che la crisi democratica degli anni Trenta discenda dal rapido e profondo risentimento provocato nelle masse popolari dal fatto che la democrazia rappresentativanonhamantenutolepromessediriscattosociale[5].Aisuoiocchinon uncasoselasproporzionechesussistefrailpotereeconomico(detentorediungoverno invisibile) e il potere politico formale quasi fantastica[6]. La crisi democratica discende,asuogiudizio,daunacontraddizionefondamentale,allabasedellademocrazia borghese.Sescriveilproblemaconsistenelproporsidiimpiegarelericchezzeperil benetotaledellacomunit,ilpoteredidisporneedidirigerleperlutileprivatositrovaad essere protetto dalle salvaguardie costituzionali[7]. Le banche, lenergia, il petrolio, i trasporti, il carbone, tutti i servizi essenziali dai quali dipende il benessere pubblico son tuttiinteressiacquisitiinmanodeiprivati,eilproblemadiventaancorpiastrusoperil fatto che la lunga prosperit aveva convinto luomo medio che la costituzione fosse sacrosanta per quanto pu esserlo uno strumento simile[8]. In una battuta, quando il mercatocessdiespandersi,laclassedominantesirifiutsubitodiconsentireallemasse diraccoglierelebricioledallasuatavola:diqui,secondoLaski,unsensodidisillusione nei riguardi della democrazia, ancor pi diffuso, e uno scetticismo verso le istituzioni popolari ancor pi grande che in qualsiasi altro periodo della storia[9]. Di qui anche la delegittimazione delle istituzioni democratiche, la crisi di credibilit dei sistemi rappresentativi e delle grandi organizzazioni politiche e sindacali, e linvocazione di uominiprovvidenziali.

Lacontrorivoluzioneneoliberista Questo schema in entrambe le varianti ricordate calza a pennello con la vicenda di questultimo cinquantennio. Tra gli anni Sessanta e Settanta si registrano in tutto lOccidente capitalistico inediti avanzamenti sul terreno della democrazia sociale e politica, della mobilit sociale, della conquista di sovranit reale da parte della classe lavoratrice. Le Costituzioni post-belliche reagiscono allesperienza del fascismo predisponendo cornici istituzionali funzionali a questo sviluppo. E lesigenza della ricostruzione(deipaesidevastatidalconflittoediunsistemaeconomicomondiale)offre lopportunit di coinvolgere il lavoro in un compromesso progressivo che non solo propizia laccumulazione e la distribuzione di ricchezza, ma promuove la partecipazione democraticadelleclassisubalterne. Naturalmente questa una sintesi di parte, che pu essere contrastata considerando la stessastoriadaunadiversaprospettiva.Sedalpuntodivistadellavoroedellademocrazia iltrentennio1945-75puessereconsideratosenz'altrounafaseprogressiva,nellotticadel capitaleessofuinveceunincubo,caratterizzatodaricorrentifiammateinflazionistichee da unimponente quanto allarmante dinamica redistributiva. Nei paesi sviluppati la ricchezzasocialeaumentava(ilPilcrebbeinmediadel4%lannonegliUsa,del5%nei paesi della Comunit economica europea, dell11% in Giappone), ma contemporaneamente il saggio medio di profitto del capitale investito nelle attivit direttamente produttive diminuiva. Giunto (nel 1950) sino al 22%, cominci a ridursi, assestandosi tra il 7,5% (nel 1970) e il 10% (nel 1975)[10]. I mutamenti che si verificarono nel secondo dopoguerra e che andarono a regime negli anni Sessanta provocarono (o accentuarono) una riduzione del saggio di profitto del capitale privato e furono di fatto considerati da componenti significative delle classi dirigenti occidentali perniciosieminacciosiperlastabilitdeisistemieconomiciesociali. Laposizionedestinataadaffermarsinelsuccessivotrentenniovenneteorizzatanelfamoso convegno che la Commissione Trilaterale dedic nel 1975 proprio alla crisi della democrazia[11]. In che cosa consisteva tale crisi dal punto di vista dellestablishment capitalistico? In sostanza, in presunti eccessi di democrazia (in particolare nelleccessivo potere negoziale delle organizzazioni sindacali, forti del regime di piena occupazione), causa a loro volta di inflazione (cos pretendeva la vulgata, bench linflazione derivasse dallo shock petrolifero del 1973) e di una conflittualit sociale ritenutaintollerabileocomesicominciadirealloranoncompatibile. Che quel convegno sia stato un evento periodizzante, fondativo della nostra attuale

condizione, lo dimostra il fatto che a ben guardare vige tuttora la medesima logica e retorica,conlasoladifferenzacheipretesieccessi,dicuisiparladaventanniaquesta parte,riguardanolademocraziaeconomicapiuttostochequellasocialeepolitica.Lidea di un eccesso di democrazia economica (cio la convinzione che il lavoro percepisse troppo reddito sotto forma di retribuzioni e di servizi) ha ispirato la costruzione dellUnioneeuropea(basatasulvetoallimpiegoredistributivoedespansivodellafinanza pubblica)eoggicostituisce,percosdire,limplicitoconcettualedellagrandecrisi,che dalla stragrande maggioranza dei politici, dei banchieri e degli opinionisti viene rappresentata come crisi fiscale (dei debiti sovrani) mentre in realt soltanto leffetto recessivo (economicamente e socialmente devastante) di un gigantesco travaso di ricchezza dal lavoro al capitale (e dal pubblico al privato), operato per via finanziaria, monetariaefiscaleattraversolepolitichedeflattivedellacosiddettaausterit[12]. Ma torniamo agli anni Settanta. Dalla crisi di redditivit del capitale industriale e da un livello crescente di conflitto sociale prese avvio la svolta neoliberista, che avrebbe radicalmente trasformato la costituzione materiale dei paesi occidentali a partire dalla secondametdeglianniSettanta(inItalianefuronoavvisaglieprimalasvoltadellEur, conlateorizzazionedeivincolidicompatibilit,lideadellaresponsabilitnazionaledel movimento operaio, e il primato della governabilit; poi la marcia dei quarantamila diretta dalla Fiat, che con buona pace del sindacato sanc la criminalizzazione del conflittooperaio,dipintocomenemicodellinteressegenerale). Checosaccadutosulpianoeconomico-socialenegliultimiquarantannieinparticolare dopolafinedellaGuerrafredda,avalledell89-91?Ilneoliberismosifondasutrepilastri: sul piano industriale, la delocalizzazione produttiva (che di fatto, grazie alla rivoluzione informaticaedeitrasporti,haunificatoilmercatomondialedellavoroeoffertoalcapitale la possibilit di giocare su enormi differenze salariali); sul piano finanziario, la deregolazione (che ha permesso limpiego speculativo delle risorse in precedenza destinatealleconomiaproduttiva)elaliberalizzazionedeimovimentidicapitale(cheha unificato i mercati speculativi riducendo ai minimi termini la sovranit monetaria degli Stati); sul piano politico-istituzionale, laccentramento dei poteri negli esecutivi (sia in ambito nazionale che nel contesto continentale europeo), che ha permesso la direzione tecnocratica dei processi in simbiosi con le oligarchie economiche (avviando la crisi storicadelloStatopluriclasseelatendenzialeregressioneaformeautoritariedicomando). Un quarto pilastro (del quale in genere non si parla, come se non inerisse al terreno economico) riguarda i rapporti internazionali, affidati a un classico mix tra libera concorrenzaeconomico-finanziariatraimaggiorigruppitransnazionalieferreocontrollo militare (anche attraverso la guerra) delle aree strategiche sul piano geopolitico da parte dellegrandipotenze. Ilrisultatocomplessivodellinterazionediquestipilastridellacostituzioneneoliberista pu essere riassunto (per ci che attiene ai processi economici, sociali e politici) nella

triade:finanziarizzazionedelleconomia(principalmentepereffettodellenormesquilibrio direndimentodeicapitalispeculativirispettoalcapitaleindustriale);privatizzazione(non solo delle maggiori imprese e dei sistemi di welfare ma anche delle istituzioni, della giurisdizioneedellasovranit);precarizzazionestrutturaledellavorodipendente(salariato oeterodiretto),conlaconseguentecadutadeiredditidalavoroeproletarizzazionedeiceti medi. Nel giro di trentanni (a partire dagli anni Ottanta) le condizioni consolidatesi nel trentennio precedente (i Trenta gloriosi, che Eric Hobsbawm defin et doro del secolo breve e Paul Krugman designa come epoca della grande compressione, alludendoallamarcatadinamicaredistributivachevidedrasticamenteridursiilredditodei settori pi abbienti: negli Stati Uniti la quota della ricchezza nazionale posseduta dallo 0,1%piriccodellapopolazionesidimezz,passandodaoltreil20%al10%[13])sono state cancellate e ribaltate, come dimostrano i dati sulla distribuzione della ricchezza in tuttiipaesioccidentali. Ne bastino qui pochi inequivocabili. Nei quindici paesi Ocse pi ricchi, nel trentennio liberista(1976-2006)laquotasalari(lincidenzadeiredditidalavorosulPil)passatadal 68al58%.NegliStatiUniti(doveisalarirealisonofermidaiprimianniSettantaafronte diunaumentodellaproduttivitpariall83%,edoveladisoccupazioneeffettivacoinvolge oltreil15%dellaforza-lavoro)ilredditodel10%piriccodellapopolazioneharaggiunto il50%delredditonazionale(tornandoailivelliprecedentilasecondaguerramondiale);in questiannidicrisi,semprenegliStatiUniti,oltreil90%dellincrementodellaricchezza vaal10%piriccodellapopolazione(mentreil60%pipoverocontinuaaimpoverirsi). Stesse considerazioni valgono per lItalia, dove i salari reali, da tempo tra i pi bassi in Europa,ristagnanodaunaquindicinadannielaquotasalaricrollataal53%(ilche,in valori assoluti, equivale a una perdita di circa 240 miliardi di euro nel giro di trentanni)[14]. Si tratta di un colossale aumento delle disuguaglianze, che non compromette soltanto lequit e la coesione sociale, ma (come ha mostrato da ultimo JosephStiglitz)impedisceanchelafunzionalitdelsistemaeconomicoenepregiudicala capacit di riprodursi. In questo senso lepoca del neoliberismo ricalca quella del secolo liberista(1834-1929)ricostruitodaPolanyi. Democraziadirettaeinvestimentocarismatico Ma le analogie riguardano anche le conseguenze politiche delle trasformazioni

economico-sociali, e qui veniamo direttamente allodierna crisi della politica e della democrazia rappresentativa, che con ogni probabilit discende, almeno in parte, da processianaloghiaquellichenelNovecentospinserogranpartedellEuropacontinentale nellebracciadelfascismo(mainqualchemisuralasindromecarismaticacoinvolseanche gliStatiUnitidiRoosevelt). Come sappiamo, un secolo fa la crisi capitalistica sfoci appunto nellaffermazione di regimimonocratici,dispoticio,comesiritenutodidefinirli,totalitari.Aprimavistasi tratt quindi di una crisi delle istituzioni rappresentative del tutto diversa dallattuale o addirittura opposta, in quanto oggi la critica antipolitica della rappresentanza si vuole ispiratadallaradicalesfiducianeiconfrontidelleistituzionipoliticheoinunaversione menoestremisticadallarivendicazionediformedidemocraziadiretta.Inrealtvisono meno differenze di quanto non sembri, nel senso che tanto il rifiuto antipolitico delle istituzionicheoggisiesprimenellamassicciadiserzionedelleurne,quantolestremismo anarcosindacalistico e la deriva plebiscitaria alla base di quello che non per caso Emil Lederer chiam Stato delle masse[15] possono ben essere ricondotti a una domanda iperdemocraticadipartecipazionedirettaalcomandopolitico. Per quanto paradossale possa apparire (in effetti un paradosso, ma anche un dato di fatto), la delega totale al capo carismatico e lesercizio della sovranit in regimi di democraziadirettaappaionoantitetici,masonoinrealtgemellisiamesi.Inapparenzala democrazia diretta consiste nella riappropriazione del potere sovrano da parte della collettivit.Maqualichesianoiriferimentistoricichesivoglionoinvocarenonsolo non vi alcun esempio di esercizio della sovranit da parte di unintera popolazione (nemmeno nellAtene del quarto secolo, paradigma di democrazia diretta: lekklsia era compostadaisolicittadinimaschiadultiliberiecontribuivaallautogovernoinsiemea istituzionirappresentativeprimatratuttela boulincaricatedicorreggereglieccessi dellassemblearismoeforseanchediliberarelacittdauneccessodipolitica);nonsolo notochequantopisisvalutalarappresentanza,tantopiilconflittopoliticosiriducea negoziato diretto tra portatori di interessi costituiti (a detrimento dei ceti per i quali il numero costituisce la fondamentale risorsa politica)[16]; non solo la retorica antirappresentativache,apartiredalSessantotto,hapretesodicostituirelespressionepi radicale della critica stata sussunta in pieno dal nuovo spirito del capitalismo postfordista, che se ne avvalso per presentarsi come una rivolta libertaria contro lo Stato e contro le organizzazioni sociali oppressive del capitalismo corporativo e del socialismoreale[17];masoprattuttoevidentelincoercibilescivolamentodellapretesa partecipazionedirettaallasovranitversolaffidamentoalcapo. Inaltreparole,lacriticaradicaledellarappresentanzanonmuoveversolobiettivo,diper s condivisibile, dellintegrazione tra democrazia rappresentativa e democrazia partecipativaedeliberativa.Essainrealtcelauncuorenero(schmittiano)nellamisurain cui offre un argomento tra i pi efficaci ai governanti desiderosi di prendere in via definitivaillargodaigovernati[18].Perchquestinonseneaccorgono?Perch,inaltri termini, laffidamento al capo non vissuto come espropriazione e quindi come antitesi

rispetto alla democrazia diretta? Per il fatto che, come not Freud in tempi non sospetti (1921) sulla scia di Le Bon e McDougall, con il capo ci si identifica (sulla scorta di dinamiche narcisistiche), ragion per cui le sue decisioni vengono vissute (almeno dapprincipio, finch persiste linfatuazione carismatica) come fossero le proprie, i suoi gestivengonoammiraticomefosseroipropri,ilsuopotereaccoltoesubitonellillusione diesercitarloinproprio.DaquandoFreudsvolsequesteclassicheanalisitrascorsoquasi unsecolo,manonsisaprebbecertosostenerecheipericolicheeglisegnalasianovenuti meno.Gliattualisistemidicomunicazionesembranopiuttostoaccrescerli,nellamisurain cuitendonoaspettacolarizzareogninarrazioneascapitodelvagliocritico.Linformazione dimassacosstrutturatadaaumentarelimpattosimbolico,favorendolatrasfigurazione dei personaggi posti sulla scena mediatica e alimentando la relazione narcisistica (lidentificazione inconsapevole tra le figure pubbliche e lideale dellIo proprio degli spettatori). Dimodoch effettivamente informazione e accecamento ideologico sembrano dinormacorrerediparipasso. Democrazia diretta ed euforia plebiscitaria mobilitano passioni, soddisfano pulsioni, fornisconogratificazionichelarelazionepoliticadisciplinatanelquadrodellademocrazia rappresentativa non in grado di offrire. La rappresentanza vive nella mediazione, cio nella distanza e nellalterit. Come sottolineava John Stuart Mill, consente (almeno in lineadiprincipio)ilcontrollodelpotere[19]efavoriscelacriticadelledecisioniassunte da parlamento e governo, ma per ci stesso mantiene bassa la temperatura nel sistema delle relazioni politiche. Il rappresentante non il rappresentato, che non dimentica nemmeno per un momento questa alterit, in base alla quale avanza rivendicazioni ed elaboracritiche. Ma quando le prestazioni della politica appaiono troppo insoddisfacenti (o quando le strutture valoriali, simboliche e organizzative dellidentit collettiva a cominciare dai partiti politici diventano troppo fragili e indistinte per alimentare in forme virtuose la relazione di simpatia e comunicazione ideologica in cui il processo rappresentativo si sostanzia[20]), una reazione spontanea tende a travolgere non soltanto linsieme dei rappresentanti,mailsistemastessodellarappresentanza.Latemperaturasialza.Ilcorpo socialeentrainfibrillazione,febbricita,rigettalamediazioneedesigedientrareingioco inprimapersona.Senonch,laribellionedellegrandimassepucondurreamoltiesiti (a cominciare dallinsorgenza rivoluzionaria) ma non certo al loro protagonismo immediatoinunquadroistituzionale,impossibileanchetecnicamente(comerachiaroallo stesso Rousseau) se non nella forma paradossale, e di norma passiva, dellassenza (la diserzionemassicciadalleurne).LarivendicazioneiperdemocraticaperdirlaconOrtega sirisolvedinormanelloroeuforico,dionisiacoidentificarsinelprotagonismodelcapo. Cheleseducepromettendograndirisultatie,nondirado,totaleimpunit,elesoggioga, persuadendole di incarnarne la soggettivit. Naturalmente si tratta di una suggestione. Come laffidamento al capo implica la delega totale, quindi non il protagonismo della massamalasuaespropriazione,coslirruzionedelcapononcostituiscelapoteosidella

democraziamalasuanegazioneradicale.Lamassasiilludediesserefinalmenteinsella, avendocacciatogliusurpatorichepretendevanodirappresentarla.Siritrovainrealtdel tuttospossessataecostrettaalruolodiancellaadorante.Maancheinquestocasoilfatto chelesperienzastoricaabbiacomportatodolorieluttinonsembrapreservarcidalrischio direplichetragicheogrottesche. Eclissieresponsabilitdellasinistra Quiveniamoaunultimosnododelragionamento.Perchlesperienzanonbasta,eperch dovrebbebastare?Tuttoomoltodipendedallideachecisifattadicomesicostituiscee funzionalaragionepubblicaolintellettogenerale. Perchinonsiaccontentadischemispontaneisticieproblematizzailprocessodisviluppo della coscienza collettiva, la politica (intesa come azione di soggetti organizzati, variamentevoltaaparteciparealleserciziodellasovranit)ha,traglialtri,ilcompitodi diffondereconsapevolezzaediprodurresoggettivitattraversolacostruzionepartecipata del discorso analitico e critico. In fondo questo uno dei compiti essenziali che la Costituzionerepubblicanaassegnaaipartitipolitici,edanchelaragionepercuiKelsen (come gi Weber) ritiene che non possa esservi democrazia senza partiti. Di certo il cuoredellateoriagramscianadelmodernoprincipe,organismoradicalmentedemocratico nonsoloperchvincolatoalrispettodiclausolepartecipativenellacostruzionedeigruppi dirigentienelladeterminazionedegliobiettividelconflittosocialeepolitico,maanche(in primoluogo)perchfinalizzatoaquellochei Quaderni chiamanoprogressointellettuale dimassa[21](quelprogressocheGramsciconvintodiaverecontribuitoarealizzarecon particolarevigorenelcorsodellesperienzaordinovista). Posta la questione in questi termini, si pu sostenere con buone ragioni che i maggiori partiti politici abbiano effettivamente assolto il compito dellalfabetizzazione civile e politica di massa nel corso del primo trentennio postbellico (non per caso, il periodo coincidente con let doro della democrazia europea). Per quanto riguarda lItalia, ci si pu riferire ai grandi partiti al plurale, attribuendo questo merito storico anche alla Democraziacristianainquantopartitopopolare,maindubbiocheessovadaascrittoin particolarealPartitocomunistaitaliano,qualechesiailgiudizioretrospettivosullescelte politichedifondodaessoassuntealtempodellacosiddettaprimaRepubblica. Fu il Pci, per ragioni per dir cos ontologiche, ad assumersi lonere principale di

civilizzare le classi subalterne, di fornire loro strumenti di lettura della realt, di decifrazione critica, quindi di autocomprensione e di oggettivazione della propria esperienza e condizione. Lapparato del partito, di cui si sarebbe poi lamentata la pesantezza, obbediva in buona misura a questa esigenza, la quale informava di s un articolato e radicato complesso di strutture e attivit, dalla stampa dinformazione alle scuole di partito, dallorganizzazione dellintellettualit organica nei diversi settori della formazionepubblicaallaproduzionedisaperi,dallapromozionediiniziativeculturalialla creazionediistituzioni,alladirezionedellacosiddettabattagliadelleidee. Tuttoquestoimplodeapartiredall89-91,dopoessereentratogradualmenteincrisiginel corsodeglianniSettanta.Lacrisicoinvolge,beninteso,tuttiipartitidellacosiddettaprima Repubblica,checomstatoosservatoancoradirecentedaGianniFerraranonsoltanto si degradano in ragione del loro convertirsi alla funzione servente della cosiddetta governabilit, ma, per ci stesso, finiscono anche con labiurare i propri compiti costitutivi, primi fra tutti lestrazione di domande sociali coordinate in programmi credibilieillorocollegamentoaunqualcheprogettoalmenodignitosodisocietedi Stato[22].MalaregressioneinvesteconparticolareviolenzailPcinonfossecheperla sua specifica vocazione a promuovere lemancipazione anche culturale e politica delle classisubalterne. Inbreve(maicomeinquestocasovalelosservazionecheitempidellacostruzionesono lenti e quelli della distruzione fulminei) si smantellato un potente complesso di casematte e si sradicato il discorso che esso aveva contribuito a consolidare e a trasformare in senso comune. Quando si riflette sul ruolo del gruppo dirigente post-berlingueriano (ma forse molte responsabilit gravano sullo stesso Berlinguer, che quelgruppodirigenteavevaselezionatoepromossonelcorsodellaprimalungafasedella sua segreteria), troppo raramente si considera questo elemento specifico: lavere non soltanto assunto e interiorizzato le categorie dellavversario (legittimando la trasformazione neoliberista come neutrale modernizzazione e per ci stesso razionalizzando le sperequazioni come effetti collaterali e transitori dello sviluppo), ma lavere quindi anche disarmato culturalmente (oltre che scomposto politicamente) un bloccostoricodiforzesociali,deprivatedicriteriintellettualiemoralidiorientamentoe giudizio,sradicatedaquadridiriferimentoliquidaticomeideologici.Ragionpercuinon cormaievidenzachetengapureafrontediunacrescenteiniquitdelmodellosociale esistenteperchpossaessereingaggiataunacoerentebattagliaculturaleepoliticacontro la primazia del capitale privato nel tentativo di contrastare efficacemente le tesi della destra,dipersinsostenibili. la grande questione della crisi della politicizzazione di massa, che invece di essere riconosciutascomeunportatodeitempiedeinuovimodellidivita,maanchecomeun problema (dunque come un compito che imponeva una ricerca di nuovi strumenti di direzione della politica emancipativa), stata invece subita e avallata, spesso senza

nemmenoaccorgersichedallageneraledisgregazionesociale,politicaeculturalederivava la passivit delle masse e la loro subalternit allegemonia intellettuale e morale del capitaleedelladestra[23]. stato scritto di recente a questo riguardo che in tutta Europa la maggior parte delle sinistre ha rassegnato le dimissioni dalla propria funzione critica[24] e che gli avvocaticherappresentavanolapartepivulnerabileemenoprotettadellasocietnon solo si sono mostrati incapaci di giocare danticipo rispetto alloffensiva neoliberista, ma hanno altres deciso di smantellare gli impegnativi apparati di mobilitazione (i grandi partiti socialisti e comunisti) al fine di rafforzare la divisione del lavoro tra rappresentantierappresentatiediriservareas(gliaddettiailavoridellamediazionetra interessi) il monopolio della politica (lasciando al popolo la cura degli affari e dei piaceri privati)[25]. Pensiamo, per fare solo un esempio, al New Labour di Blair e Brown,lacuiazionedigovernorecisiilegamicolmondodellavoroeleTradeUnionse confluitaversoilcosiddettocentroriformista(uneffettoclassicodelnuovobipolarismo politico, che spinge alla ricerca del cosiddetto voto fluttuante post-ideologico) si dichiaratamente ispirata al modello thatcheriano. Rimodellando il laburismo in base ai cardini economico-sociali del turbocapitalismo[26] e aderendo senza scarti allassetto politico-istituzionale post-democratico, conseguenza e al tempo stesso causa dellindebolimentodelleformetradizionalidiespressionedellasovranitpopolare[27]. Adognimodo,veroofalsochesiaquestoseveroresoconto,stadifattocheoggiinItalia ci ritroviamo in un frangente della vita del paese non soltanto avvilente ma anche assai rischioso.Dinanziachinonoptiperildiniegodellarealt(comesembrafaretalvoltaun cetopoliticoossessionatodagliimperatividellautoconservazioneeforseancheperquesto intenzionato a varare ambiziose riforme costituzionali, la cui portata urterebbe con una fragile legittimazione) si stende uno scenario allarmante, limmagine di un paese allo sbando,chesadinonpotersifermaremaignoraladirezionedaintraprendere.Interminidi classe,ildiscorsopubblicotuttoraovviamentemonopolizzatodalleforzedominanti, nonostante i disastri provocati dal liberismo. E indiscutibilmente pesano, in questo scenario, anche le gravi responsabilit di uninformazione che pressoch unanimemente rappresentalacrisisottounangolaturacheneimpediscequalsiasiletturacritica. Ancheaquestoriguardoilcasoitalianosembraparadigmatico.SeintuttolOccidentela crisimordeconparticolareviolenzanellecondizionidivitaedilavorodeisettorisociali subalterni(ilmondodellavorosalariatooeterodiretto;ilprecariato;ipensionati;igiovani in cerca di prima occupazione e lesercito di disoccupati e inoccupati); in Italia sussiste una specifica anomalia, che conferisce alla crisi un segno di classe spiccatamente regressivo.Siamoilpaesecontrerecorddavveropocoinvidiabili:lamaggiorepressione fiscalesuiredditidalavoro(pariormaial54%);ilpialtotassodievasioneedelusione fiscale(alqualefariscontrouneconomiasommersacapacediprodurresecondostime recenti oltre 270 miliardi di euro lanno, pari al 17,4% del Pil); e com abbondantemente risaputo il debito pubblico proporzionalmente pi elevato (circa il 130%delPil)nonsolodelleurozona,madituttalUe.Masiamoanche,comesidiceva,il

paeseconildebitoprivatopicontenuto,ilpaesechehaprivatizzatodipinelcorsodegli ultimi ventanni e quello nel quale limpresa privata, soprattutto media e piccola (che tuttaviarappresentapocomenodel90%deltessutoproduttivonazionale),investemenoin ricercaeinnovazionetecnologica. Posti in un quadro unitario e letti alla luce delle politiche di risanamento e rigore adottatedaigovernisusseguitisiallaguidadelpaesenellultimoquinquennio,questidati rivelerebbero la coerenza e lefficienza della dinamica critica, il suo operare come un possente dispositivo di redistribuzione della ricchezza verso lalto. La crisi della finanza pubblicaconsegueinlargaparteallagigantescasottrazionedirisorseprivatedovutealla fiscalit generale; nella misura in cui ad essa si fa fronte colpendo sempre pi pesantemente i redditi da lavoro (per un verso tramite riduzioni della spesa pubblica e della base occupata, per laltro con laumento della pressione fiscale) e premiando la rendita (attraverso la vendita a interesse del debito pubblico), il meccanismo della crisi non solo non viene minimamente contrastato (con ci compremettendo le prospettive di sviluppo del paese), ma viene anzi alimentato quale fattore di ristrutturazione oligopolisticadelleconomianazionale(e,acascata,diregressioneoligarchicadellassetto deipoteridicontrollosocialeedigovernopolitico). Mai,tuttavia,linformazionedimassaoffreunquadroorganicoditalestatodicose,che nerappresentilaportatasistemica,econsentadicogliernelefficientecoerenzanelsegno dellatradizionaleindifferenzadibuonapartedellaborghesiaitaliana(sipensi,ancorauna volta, alle severe diagnosi gramsciane) rispetto agli interessi generali del paese. E se anche,perunverso,lapresaegemonicadellenarrazionicorrentivienegradualmentemeno (ilsegnoantisocialedelmodellopost-reaganianoognigiornopievidenteagliocchidi chinonhalavoro,versainpovertenonvedevieduscitadallemarginazione);seanche insettorisocialisemprepivastisidiffondeunostilediffidenzaneiconfrontideimezzi dinformazioneedellastessapolitica,consideratacomeunarmapuntatasulpidebole non per questo sorge e si rafforza una coscienza critica di massa. Per il fatto stesso di avere abdicato alla direzione politica di un processo critico dopo averne smantellato i fondamentiideologici,nonsioraincondizionediimpedirecheildisagiosiriversinel risentimento o nella depressione, che il malessere, sapientemente stimolato (colgono nel segno le analisi che riconducono lexploit di Grillo alla martellante campagna anti-casta delCorrieredellasera)confluiscanellaprotestaqualunquisticaeplebea.Peggio:nonsi nemmeno in grado di decifrare le ragioni obiettive della protesta e di ricondurle al quadrostoricodilungoche,solo,permetterebbedicomprenderleeforsediprevedernee contrastarneglieffetti. Se le cose stanno cos, allora impossibile concludere queste nostre considerazioni con unanotadiottimismo,dellaquale,pure,avvertiamoilbisogno.Equesto,sibadi,nongi perchcisitrovidifronteauncapitalismotrionfante,cheimponeallavoroladuralegge deirapportidiforzainterminidisfruttamento,diriduzionedeisalariediintensificazione dellapressionecoercitiva.Ma,paradossalmente,proprioperilcontrario:perchsiamonel mezzo di una crisi sistemica gravissima (Gramsci direbbe organica) che genera

contraddizioni estreme (da un lato gigantesche masse di capitale prive di sbocchi, dallaltra masse immense di lavoratori senza occupazione n reddito, pur a fronte di enormiecrescentibisognisocialiinsoddisfatti);eperchnuovamente,comeunsecolofa, listanzanichilisticadeldominioprecludeogniviaduscitaversosoluzionirazionali,che implicherebberotrasformazioniradicalidelsistema.verochelastorianonsiripetemai ugualeasestessa,maaltresragionevoleritenereche,incostanzadicontestistrutturali,i processipresentinoanalogieerischinodireplicaredinamicheessenziali. [1] La grande trasformazione. Le origini economiche e politiche della nostra epoca,Einaudi,Torino1974,p.107. [2]Cheilprotezionismosocialenonrisultasseinquestocasounpuntomorto,era dovuto al fatto che gli Stati Uniti abbandonarono loro per tempo. Infatti anche se i vantaggi tecnici di questa mossa erano esili [], il risultato [] fu lo spodestamento politicodiWallStreet.Ilmercatofinanziariogovernapermezzodelpanico.Leclissidi Wall Street negli anni trenta salv gli Stati Uniti da una catastrofe di tipo continentale (ivi,p.289). [3]Ivi,p.294. [4]Ivi,pp.297,300. [5]Democraziaincrisi,Laterza,Bari1935,p.18. [6]Ivi,p.35. [7]Ibidem. [8]Ivi,pp.35-6. [9]Ivi,pp.54,36.[10]Cfr.GuglielmoCarchedi,BehindtheCrisis.Marx's Dialectics of Value and Knowledge, Brill, Leiden 2011, pp. 85 ss.; Id., Dalla crisi di plusvalore alla crisi delleuro, in http://www.sinistrainrete.info/crisi-mondiale/1830-guglielmo-carchedi-dalla-crisi-di-plusv alore-alla-crisi-delleuro.html. Dati in sostanza concordanti sullandamento negativo del saggio di profitto lordo nelleconomia di Stati Uniti, Giappone, Francia, Regno Unito, GermaniaeItalia,fornisce,inrelazioneagliultimicinquedecenni,StefanoPerri,Backto the Future? The Tendency of the (Maximum) Rate of Profit to Fall. Empirical Evidence andTheory,inEmilianoBrancaccioeGiuseppeFontana(acuradi),TheGlobalEconomic Crisis. New Perspectives on the Critique of Economic Theory and Policy, Routledge,

2011,pp.164-183. [11] Alberto Burgio, Senza democrazia. Unanalisi della crisi, DeriveApprodi, Roma2009,pp.56-7. [12]LastoriadeldebitopubblicoitalianotraipialtiinEuropainproposito paradigmatica.Lasuacrescitaabnormenonconseguesoloallusodellafinanzapubblica persalvare/rifinanziareimpreseprivate(inpart.lebanche)inquestiannidicrisin,tanto meno, a un presunto eccesso di spesa pubblica. in primo luogo figlia dellorigine del debito stesso (sulla quale si veda ora Lautonomia della politica monetaria. Il divorzio Tesoro-BancadItaliatrentannidopo,conscrittidiAndreatta,Ciampi,Draghi,Montie altri,ilMulino,Bologna2012).ApartiredaglianniOttantailfiscostatoimpiegatoper favorireilcapitaleprivato,esentandolodallobbligodicontribuireinmisuraadeguataalla spesa pubblica (il che ne avrebbe di fatto decretato la progressiva socializzazione) e trasformandolo in prestatore (garantendone cio sovranit e vincoli proprietari). Il fatto cheildebitopubblicoitalianosisia picheraddoppiatotrail1981eil95 (passandodal 58 al 121% del Pil) deriva precisamente dalla decisione (di governi e Banca dItalia) di ricorrere al meccanismo dellindebitamento per finanziare la spesa e, al tempo stesso, remunerare il capitale privato: lenorme crescita del debito pubblico effetto dellesplosionedellaspesaperinteressi,cheovviamente,conquestosistema,crescesuse stessa(ilTesorocalcolaperes.chetrail2011eil2015essaaumenterdioltre27miliardi di euro, superando la soglia psicologica dei 100 miliardi). In trentanni questo perverso meccanismo redistributivo ha spostato dal pubblico al privato (per il servizio del debito pubblico)oltre2100miliardidieuro,unacifrachediperssuperalinteroammontaredel debito.IlchespiegaperchinItalia,afrontediunoStatosuper-indebitato,siregistriilpi bassotassodiindebitamentoprivato(il42%delPil,controil51%dellaFrancia,il63% dellaGermaniaeil103%delRegnoUnito). [13]GiuseppeBerta,Leclissedellasocialdemocrazia,ilMulino,Bologna2009,p. 42. [14]LucianoGallino,Lalottadiclassedopolalottadiclasse,Laterza,Roma-Bari 2012, pp. 49, 104-5, 108; Bruno Cartosio, La grande frattura. Concentrazione della ricchezzaedisuguaglianzenegliStatiUniti,ombrecorte,Verona2013. [15]TheStateoftheMasses.TheThreatoftheClasslessSociety,Norton,New York1940. [16]AlfioMastropaolo, Lademocraziaunacausapersa?,BollatiBoringhieri, Torino2011,pp.309-10. [17]LauraBazzicalupo, Larappresentanzapoliticadopolasuadecostruzione,in Marco Baldassari Diego Melegari (a cura di), Populismo e democrazia radicale, ombrecorte,Verona2012,p.104.

[18]Mastropaolo,Lademocraziaunacausapersa?,cit.,p.318. [19]ConsiderationsonRepresentativeGovernment(1861);trad.it.,Considerazioni sulgovernorappresentativo,Bompiani,Milano1946,pp.82ss. [20]NadiaUrbinati,Lademocraziarappresentativaeisuoicritici,inCarloAltini (acuradi), Democrazia.Storiaeteoriadiunesperienzafilosoficaepolitica,ilMulino, Bologna2011,pp.252-3. [21] Quaderni del carcere. Ed. critica a cura di Valentino Gerratana, Einaudi, Torino1975,p.1385(quad.11,12). [22]Lacrisidelneoliberismoedellagovernabilitcoatta,Costituzionalismo.it, I,2013. [23]MicheleCiliberto, Lademocraziadispotica,Laterza,Roma-Bari2011,pp. 140-3. [24]Gallino,Lalottadiclassedopolalottadiclasse,cit.,p.57. [25]Mastropaolo,Lademocraziaunacausapersa?,cit.,pp.342-4. [26]Berta,Leclissedellasocialdemocrazia,cit.,pp.24,92. [27]ColinCrouch,Postdemocrazia,Laterza,Roma-Bari2003.

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