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Sonderdruck

]rgen Trabant (Hrsg.)

Vico und die Zetchen Vico e i segni


Akten des von der Freien Universitat Berlin, der Volkswagenstiftung und dem Istituto per gli Studi Filosofici (Neapel) veranstalteten internationalen Kolloquiums (Berlin, 23. - 25. September 1993)

1995

Gunter Narr Verlag Tbingen

Stefano Gensini (Cagliari)

Ingenium e linguaggio
Note sul contesto storico-teorico di un nesso vichianol

1. Nel paragrafo 409 dell'edizione definitiva della Scienza nuoua, a condusione di una fitta serie di riflessioni sulla logica poetica, Vico scrive

guanto segue:
Per tutto ci si dimostro che tutti i tropi (che tutti si riducono a questi quattro [metafora, metonimia, sineddoche, ironia]), i quali si sono finora creduti ingegnosi ritruovati degli scrittori, sono stati necessari modi di spiegarsi [di] tutte le prime nazioni poetiche, e nella lor origine aver avuto tutta la loro natia propiet: ma, poi che, col pi spiegarsi la mente umana, si ritruovarono le voci che significano forme astratte, o generi comprendenti le loro spezie, o componenti le parti co' loro interi, tai parlari delle prime nazioni sono divenuti trasporti (OF: 488).

Questa celebre pagina illustra sinteticamente un passaggio teorico che, negli ultimi decenni, ha attirato l'attenzione di numerosi critici: il passaggio da una considerazione retorica dei tropi a una considerazione filosofico-linguistica.2 Nei tropi non va pi visto, pertanto, un ornamento del Iinguaggio, ma Ia cellula originaria e costitutiva di esso, derivante ( 456) "tutta da povert di lingua e necessit di spiegarsi".Infatti, come Vico ha mostrato fin dal 209 del suo capolavoro,

i caratteri poetici che sono generi o universali fantastici, da ridurvi come a certi modelli, o pure ritratti ideali, tutte le spezie particolari a ciascun suo genere simiglianti (OF: 4M).
necessit di fingersi

[...]

i primi

uomini, come fanciulli del genere umano, ebbero naturale

Il principio della primariet evolutiva

e pedagogica della topica, stabilito dal Vico fin dal 7708, trova cos un preciso correlato antropologico e storico nel paradigma lucreziano dell'inopia linguae e del carattere ferino

Desidero ringraziare Paolo Cristofolini, Tullio De Mauro, Donatella Di Cesare e Paola Zambelli per i preziosi suggerimenti datimi, intervenendo sulla presente relazione, nel corso del convegno berlinese. Nella molta letteratura critica disponibile, cIr. soprattutto Sorrentino (7927), Pagharo (1961), Apel (7975 11963D, De Mauro (1968), Grassi (1990), Mooney (1985).

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dell'umanit primitiva.3 La prima operazione della mente umana, non pi mero antecedente della critica e del giudizio, si rivela necessaria alLa formazione dei dati stessi sui quali l'esercizio critico pu essere scandito. La istituzione di nessi fra entit eterogenee latto attraverso il quale tali dati emergono e si rendono disponibili; e Ie torsioni 'tropiche' della liogoa sono la strutfura che consente e codeterrrina la loro fissazione. Questa deriva della retorica in filosofia del linguaggio porta a rivedere, come dimostra il menzionato 409, la nozione diingenium tipica delle scuole di ornato e, almeno fino a un certo punto, della trattatistica barocca, che il filosofo conosceva assai bene. Con alle spalle una ricerca quarantennale, il Vico dell'ultima Scienza nuoua fa dell'ingegno la capacit inventiva per eccellenza, cui si deve il 'ritruovamento' di "tutte le cose necessarie alla vita umana" (SNS 498): talch l'invenzione di un'arte e la germinazione di una metafora si riducono in ultima analisi a un medesimo procedimento di appropriazione creativa della realt. Proponendoci di illustrare le componenti teoriche di queste affermazioni vichiane, sembra dunque opportuno, oggl ridiscutere il giudizio di quei critici (fra i quali il Croce (791.0,1922) e il Pareyson (7947-49)) che, giustamente cogliendo e valorizzando una fonte det pensiero di Vico, hanno forse un po'unilateralmente sancito la derivazione del concetto di'ingegno"'dalle poetiche secentistiche" (Pareyson 7947-49: 83); sulla loro scorta, anche indagini recenti delle fonti barocche di Vico sembrano esser state indotte a una certa semplificazione della composita trama in cui matura la teoria vichiana. Un contributo ulteriore al nostro problema quello di chi insiste sulla filiazione umanistica di tale teoria: il caso di uno studioso sensibile a suggestioni ermeneutiche, Ernesto Grassi (fra i suoi molti lavori v. ad es. 7979,1990), secondo il quale l' ingenium, inteso come sinonimo dinatura, risulterebbe essere la facolt rivolta allloriginario, all"'arcaico". Infine il Verene (1981), su una linea vicina aI Grassi, ha messo a fuoco le quattro componenti (senso, memoria, fantasia e ingegno) operanti nell'ambito della prima operazione della mente umana e ne ha illustrato il sistema di rapporti e di reciproche determinazioni nel configurare una forma di conoscenza immaginativa, diversa da quella
analitica.a

Alla luce di tali contributi critici, il ruolo chel'ingeniurt svolge nel pensiero filosofico-linguistico di Vico sembra richiedere anzitutto una collocazione storica di questo concetto difficile e sfuggente, talvolta
intraducibile. Nella prima parte del nostro lavoro tenteremo pertanto una

3 4

La presenza di stimoli epicurei-lucreziani in Vico. suggerita da Cassirer (1961,179231, vol. I), stata ampiamente ragionata da Rossi (1979). Utili osservazioni anche nel sa8gio recentissimo di Trabant (1993).

Ingenium e linguaggio

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prima, prowisoria carrellata delle accezioni di tale termine nel lessico non solo retorico, ma filosofico del Cinque e del Seicento.s Nella seconda parte, cercheremo invece di illustrare come il nesso vichiano ingenium-linguaggio si sia inserito, negli anni che corrono fra la prima orazione inaugurale etlDe mtiquissima, nel dibattito che opponeva letterati italiani e francesi intorno al diverso 'genio' delle loro lingue, episodio legato ai nomi di Giovan Gioseffo Orsi e Dominique Bouhours. L'interesse della questione, rilevato a suo tempo da Sorrentino (1927:85 sgg.) e da Fubini (19t10 [1965: 135 sgg.l), stato anche di recente sottolineato dalla Di Cesare (1988b) e da Crif (1989:497 sgg.): qui se ne parla per evocare un contesto italiano di riflessione teorica sul linguaggio in cui la presa di posizione di Vico assume un ruolo pertinente e originale, che condizioner La successiva evoluzione del nostro pensiero linguistico.
2. La parcla ingenium si colloca allintersezione di almeno tre tradizioni di pensiero che, pur collegate da mille fili, conviene per chiarezza tenere

distinte.6
2.1 La prima tradizione, sovente evocata dal Vico, fa riferimento a una opposizione semantica consolidata nel latino dei classici e, di riflesso, nel lessico intellettuale degli umanisti, da Petrarca in poi: fondata sull'etimologia di ingenium dain + gignere, "getrerare", questa accezione identifica nel termine una capacit nativa, naturale, come distinta dal sapere e dalle capacit che si conseguono per via di studio ed esercizio, dall'ars insomma. Da questa opposizione discendono locuzioni quah aue ingenium, lubete ingenium, acutum ingmium, tardum ingenium e simili, nelle quali il

termine sineddochicamente usato per designare l'insieme delle facolt conoscitive di un individuo. Come un sia pur rapido spoglio di testi rappresentativi del latino umanistico potrebbe confermare,T anche queste loctrzioni sono standard almeno a partire dalleFamilinres del Petrarca sino a Poliziano e a Ficino. Il loro ambito di applicazione risulta pi ampio di quello della teoria letteraria e retorica, che faceva d ell'ingenium l'attitu-

prim diWeinrich
Per un

Imaginatio

Cfr., per una sommaria documentazione, Petrarca, Ep. fam.I 8, e i testi raccolti in Garin (a c. di) (7952: 48,50, 58, 60, 66, U, 92, 94, 96, Leonardo Bruni; 718, 730, 752, 758, n6, 782, 790, per Cristoforo Landino; 874, 904, per Agnolo Poliziano ecc.). Alhi dati in Gensini (1993a: cap. 1) e in id. (193 b).

pr

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dine creativa 'per cos dire divina' del poeta o del grande oratore.

le attestazioni in lingua italiana sembrano seguire un'identica Limitandoci agli spogli det Grande dizionario della lingua italinna del glia, gi nel Duecento troviamo diffusa l'accezione di ingegno sinonimo dell'insieme delle caratteristiche psichiche e intellettuali di
persona.s

2.2La seconda accezione (un po'trascurata, mi sembra, dagli di Vico) matura verso la met del Cinquecento in ambito medico e si collega strettamente a quella visione naturalistica dei umani che faceva discendere le inclinazioni o disposizioni degli indi dal gioco del'caldo', del 'freddo', dell"umido' e del 'secco': i q grandi princpi, insomma, della fisiologia ippocratica e galenica, arride in quesfepoca rinnovata forfuna. In questo quadro, diviene sinonimo di indole o disposizione naturale e si disloca in sorta di zona intermedia fra realt biologica e cultura. Nella
comune, beninteso, quest'accezione correva gi dal Trecento,e ma si assiste a una vera e propria tecnicizzazione. Intorno a essa fiorisce teoria pedagogica esemplificata, pi che dagli accenni di Ficino Theologin platonica, dalle importantissime opere di |uan Luis Vives e seguito di fuan Huarte. Come risulta chiaro gi nel De tradmdis di
(1531) e nel De anima et oita (7538) di Vives, l'assunzione del princi del 'mescolamento' degli umori e degli spiriti consente di spiegare legittimare da un punto di vista teorico laoariet e anche l'awersit ingegni.ro In ragione di ci, possibile sostenere che il pedagogo questi un individuo o la societ nel suo insieme) deve assecondare il da naturale, indicando a ciascuno la disciplina o larte che a questi

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Latini: "[...] non sarza grande afanno di spirito, che'l suo intendimento sia chiaro e lo'ngegno aprenditore[...1"; Dants "S. p"r questo cieco/ caroere vaiper altezza d'ingegno/ mio figlio or'?[...]" ecc. Cfr. GDLI, ail oocem. Cfr. ad es. Boccaccio: "Certissima cosa che gli ingegni degli uomini sono diversi, esser convengono diverse le maniere del dare la dotkina". Traggo anche questa c da GDLI, ad oocem. 'universam mentis noskae vim [...] ingenium nominari placuit. [... Sanguis & sequuntur quatuorprincipium qualitatum virn & nafuram, proutqueque in comn ne invaluit pituita humores gignit oassos, functionesque intelligentiae lentas: bilis subitas & celerrimas: sanguis, 116dsmras. In insanis et furiosis exaerdescunt liq omnes, in stupidis refrigerantur ac condensant. [...] Calores & humores contempera faciunt ad acumen et sanitatem inemii. ingmii. [...] t... Et hisce humoribus atque atoue spiritibus, soiritibus. nascit ingeniorum non varietas solum ac diversitas, sed adversitas quoque tanta, quanta inter hominum facies" (1538: 77-80, con r tagli). Di grande interesse sarebbe quali conseguenze abbia questa teoria sulle idee linguistiche del Vives, a, a< indagate dal Coseriu 0977a,7977b) e di recente oggetto di un importante
Si v. ad es. Brunetto

napoletano.

lngenium e linguaggio

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si conf.1l I trattato di Juan Huarte, Examen de ingenios para la ciencias (7575), far di questa idea il suo punto diforza, e riscuoter un eccezionale successo nell'Europa colta, venendo subito tradotto in francese (1580), italiano (7582), inglese (1594), e successivamente in latino (7622), olandese (1.659) e infine, per opera di Lessing, anche in tedesco (7752).12 Come stato giustamente osservato, il naturalismo filosofico-medico di matrice potnponazziana e telesiana configura, a met Cinquecento, una regione teorica magmatica e feconda, in cui idee della medicina antica, idee aristoteliche (particolarmente l'Aristotele dei trattati dibiologia, dell'Hlstoria animalium ecc.), tradizioni cosmologiche e astronomiche e suggestioni del materialismo epicureo convivono e si intrecciano.l3 Dalla ammissione dellaoarietas naturale degl'ingegni al problema delle differenze linguistiche, il passo non lungo: dopo le suggestioni pionieristiche di Fernando de Oliveira (1536), gi nel De subtilitate (1551) di Girolamo Cardano se ne fa discendere una revisione critica de1 mito di Babele.la NelTrattato dell'ingegno dell'huomo (1576) di un allievo di Telesio, Antonio Persio,ls l'ingegno umano considerato il risultato di un processo di determinazione fisica che ne fa l'espressione diretta del principio igneo, derivante dall'influsso del Sole, che governa l'universo. Nell'ingegno risiede secondo Persio il nocciolo dell'inventivit umana: sollecitato dall'attrito colbisogno e quindi col desiderio aisolvere problemi di soprawivenza e crescita del singolo e della societ, l'ingegno Ia matrice delle arti e delle tecniche.r6 Esso proietta in tale sforzo adattivo ci che l'uomo sa della natura, degli animali, di s stesso; ed , grazie a questo intreccio di sapere e fare, il nucleo generativo del linguaggio.lT

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72 13

Ie parole dello stesso Vives: "ln unoquoque ad tradendam ei eruditionem spectandum est ingenium" (7537, De tradendis disciplinis). Per una storia della fortuna di Huarte vedi Iriarte (1948: 331-81). Una panoramica di questi problemi nei capitoli cinquecenteschi di Garin (1966) e in

Con

l4
r5

76
a

17

Schmitt-Skimer (eds.) (1988). Sugli aspetti linguistici, si vedano ora le osservazioni della Demonet (7992: 497 ss.). Cfr. Cardano (1551: l. 72, "De hominis natura et temperamento", spec. pp.454-55). I passo, segnalato ad altri fini anche dalla Demonet (1992: 510-11), ora discusso in Gensini (1993 b). Per un quadro dei problemi filosofici agitati in questo raro libretto, vedi Garin (1949). Le singolari analogie con la contemporanea trattazione di Huarte (che Persio non sembra, per, conoscere) sono toccate da Iriarte (1948: 348-50). Salvo errore, la stessa combinazione di elementi si ritrova nella dottrina vichiana dell'ingeilum: cfr. Ia descrizione sintetica ma esattissima che ne d Pagliaro (1967:347). Sull'onda della dialettica bisogno-imitazione della Natura, infatti, chi ha inventato la tessitura ha imitato il ragno; e chi ha inventato le navi lo ha fatto a imitazione degli uccelli, "per l'ali intendendo i remi, & per lo becco la prora, & pdl rimanente il corpo della nave, o galea. Et per appo gli scrittori il verbo proprio dell'uccello trasportossi alla nave, quando e' dicono volar la nave, & la nave alata si disse tal volta naus ypooteros: & all'incontro parlando de gli uccelli, se gli presta la voce propia della nave, & si dice remigium alarum" (1576:5'l).

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Questi cenni fanno intendere, mi pare, le potenzialit di una dell'ingenium cos articolata: le motivazioni del variare nello spazio e tempo delle lingue e della culture cominciavano ad assumere un senso laico e immanentista. Si apriva, di contro alle prospettive triche della filosofia tradizionale, 1o spazio per una concezione trica delle societ umane, delle nazioni, delle parlate, delle culture. stesso contatto semantico ingegnolingegnere, segnalato dal Vico, supporre questa sorta di 'mondanizzazione' del vocabolario dell'ani e come tale esso si rispecchia gi nella prima Crusca (1612, ad

Anche si spiega, in tale contesto, perch la pedagogia deVingeni


suscitasse dissensi in ambito dottrinale: basti dire dell'aspra accesa contro Huarte (all'indice nel 1581) e suoi seguaci dal gesuita Antonio Possevino nella Bibliotheca selecta del 1593, e poi, italiano, nella Coltura de gl'ingegni del 1598, opere intese a mostrare

la concezione dell'ingegno come indole naturale attentava al cattolico del libero arbitrio e dunque rischiava di impoverire gra la dignit dell'essere umano.
2.3 La terza e ultima zona di circolazione del concetto d'ingenium c'interessa riporta alle discussioni sulla metafora apertesi in margine Retorica e alla Poetica di Aristotele, oggetto, dal 1548 in poi, di un

lavoro di esegesi e commento.l8 Fin dalla prima Orazione i


(1,699),Vico si inserisce esplicitamente nel dibattito intorno alle cosi metafore 'del quarto fipo'," quelle per analogia. Di esse Aristotele fra l'altro, che hanno la virtu di 'mettere sotto gli occhii dell' un dato nuovo, inatteso, dal quale deriva un particolare tipo di a mento, e che ci awiene grazie alla fulmineit del processo conosci innescato dall'espressione linguistica. Aristotele afferma che

Notizie sulLa tradizione della Poetica in Tigerstedt (1968). Per una analisi 'mirata' delle osservazioni sull,a metafora reperibili nei commenti cinquecenteschi, oltre a Della Volpe (1954), cfr. ora Gensini (7993 a). "Vis vero illa renrm imagines conformandi, quae dicitur "phantasia", dum novas formas gignit et procreat, divinitatem profecto originis asserit et confirmat [...]. Sed minora, quae de divina mentis humanae vi dici possunt. Etenim facultas illa percipiendi quam acris! illa componendi secernendique quam solers! ratiocinandi illa quam velox! Dum tralacionem, quam tantopere commendat Aristoteles, profero, et vini pateram 'tsacchi clypeum" appello, quot et quam celers motus in cuiusque vestrum dicto citius excitari. [...] Hinc extemplo transversum gradifur, et has quatuor formas deorssat et sinistrorsum prius Marti pateram, dextrorzum deinde Baccho clypeum appingit, ut postremo clypeum pateram Martis, pateram clypeum Bacchi esse cognoscat. O quam infra dignitatem de animi motibus hactenus edissertasti, Philosophia, quae hoc mentis
opus inter primas eius perceptiones accenses, cum tot in eo et tam variae compositiones et ratiocinationes inesse videantur! At etiam vis, qua mens humana res inter se compG nit aut a se invicem secernit, tanta est, ut, qua dexteritate et soleia praedita sit, a quovis eloquentissimo, nedum a me, explicari unqurm possif' (OF: 777-73).

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linguaggio

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che non si pu eccezioni, i commentatori, praticamente senza e imparare da altri,20


genere

di metafore segno di euphuia, dote naturale

traducono tale termine con ingenium. Nello scorrere del dibattito la nozione che ci preme assume un'importanza sempre maggiore: mentre nei primi commenti l'ingenium sembra rivolto a 'scoprire' relazioni effettivamente esistenti fra Ie cose, via via se ne enfatizza la funzione creativa. Gi per Alessandro Piccolomini (1575), non vi sono cose troppo distanti che l'ingegno non Possa trovare "qualche convenientia, o somiglianza, o affinit tra di loro, o maggiore, o minore" (7575:322). E per Lorenzo Giacomini (Del furore poetico,7587) l'ingegno si contamina con l'area semantica delfrrore,spazioper antonomasia degli spiriti'ignei' dell'uomo, dove, secondo l'antica lezione democriteo-platonica,2l farebbero caPo f inventivit poetica, Ia creativit,

l'eroismo mentale.
Siamo, come si vede, ormai inseriti in una corrente di pensiero prebarocca: il Trattato delle acutezze (1639) di Matteo Pellegrini, operetta che Vico chiamer'aurea' , ilTrattato dello stile 0,646) di Pietro Sforza Palla-

vicino, eiCannocchiale aistotelico ('1654) di Emanuele Tesauro approfondiranno, in modi diversi, la natura della conoscenza prodotta dall'ingegno con le sue metafore, le acutezze, i detti arguti. E si far strada l'idea che, grazre al suo operare in simbiosi col linguaggio, l'ingegno non semplicemente scopra, ma piuttosto faccit, crei bellezze suscettibili di darci emozioni e d'insegnarci qualcosa di originale e di irriducibile al 'vero' della scienza.23
3. Come si gi accennato, queste tre tradizioni sono in realt collegate da molti fili. Ad esempio, quando Robortello, Castelvetro e gli altri commentatori traducono con ingenium l'euphuia aristotelica,2a si muo-

20 Com' noto,la teoria aristotelica della metafora viene ampiamente esPosta nei citt. capp. 21,-22 della Poetica, e nel III libro, capp. 3-5, della Retorica. 2t Cfr. Ptat. Ion.533ss.,Phaedr.2Ad-245a,Apol.22c,Men.99c,Leg.lY,779c. A tale contesto di problemi rimanda significativamente Cicerone n De dfu.I,80. 22 Nel 37 delTe lnstitutbnes oratoriae: vedilo nell'ed. del Crif (= IO: 282 ss.). 23 Si v. Pellegrini: "Insomma l'artificio ha luogo solamente, o principalmente, non gi nel trovar cose belle; ma nel farle; e l'oggetto del plausibile a nostro ProPosto non s'appartiene all'intelletto; che solo cerca Ia verit, e scienza delle cose: ma si bene all'ingegno,

s1).

TaIe traduzione si riscontra del resto gi negli scritti critici del Ficino. Sul rappoo euphuit-ingenium v. il gi cit. Weinrich (1976).

2M

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vono in un terreno, per dfue cos, gi arato, a tacer d'altro, dai kattati di retorica di Cicerone e Quintiliano, in cui tale nozione ha uno spazio rilevante. D'altra parte, gi nel latino classico spesseggiavano usi di ingenium e del vicino Genius in cui affiorava una dottrina cosmologica e fisica di tipo naturalista. Vico stesso ne fa cenno in una delle 'correzioni' alla Scienza nuooa isalente al 1731.5 Lo schema adottato ci permette ora difocahzzare Ia concezione vichiana e di far meglio risaltare coincidenze e scarti.
3.1 Consideriamo anzitutto la questione dell'ingegno 'barocco'. Non ha bisogno di molti commenti il distacco del Vico (annunciato nel citato 409 dell ultrmaScimzanuooa) dalla riduzione intellettualistic dell'inge gno propria delle scuole di ornato. Si pu anche segnalare la distanza che Vico frappone fra s e una parte almeno della dottrina del Tesauro quando, nelTe Vindicine del1729 , distingue cos fermamente fra detti acuti e detti arguti e riduce questi ultimi a manifestazioni d'un ingegno salottiero e mondano: altra cosa, dunque, dal vigore fondativo di una facolt che 'ritrova', nelllattrito con le durezze della storia, le arti e i saperi umani.
Postremo philologia in rhetoricis docet ingenii acumen sine veritate stare non posse; quod res, quae distractae dissitaeque quam longissime vulgo videbanfur, in aliquam latentis veri communem rationem stringit et acuit, in qua complurium longarum ratiocinationum compendio facto, res illae concinno inter se nexu aptae colligataeque esse deteguntur. Unde Aristoteles rationem affert cur tantopere acuta dicta delectent: quia mens, suapte natura veri famelica, acuto dicto audito, in brevi summa temporis momen-

to complura discit. Contra arguta dicta, fingunfur ab infirma brevique phantasia, quae aut nuda nomina rerum confert, aut solias rerum superficies, neque totas, componit, aut aliqua sive absurda sive inepta menti neeopinanti obiicit, quae, expectans conveniens et aphrm sua expectatione deluditur et frustratur. t...] Quae omnia huc redeunt denique quod risus ex dolo venit, qui humano lngenio, veri avido, tenditur, eoque effusior venit, unde veri maior est simulatio (OF:355-h.

Meno owio il limite che distingue il professore napoletano dalla tradizione 'moderato-barocca' (secondo Ia formula di Franco Croce) di Pellegrini. Se si rileggono con attenzione i commenti a\a Poetica e rl Trattato delle acutezze, ci si awede che la vera e propria esaltazione delle virt conoscitive della metafora da essi rcalizzata si fonda su un progressivo slittamento logico: si dice infatti che la metafora, conmezzi diversi da quelli

25

Si hatta della variante numerata come 1248 dal Nicolini. Vedila citata infra, alla nota
35.

I
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iI
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linguaggio

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del discorso storico e scientifico, attinge una forma di conoscenza pari alTa terzn operazione della mente umana. La metafora garantirebbe dunque un 'ragionamento' di tipo non analitico che, per cos dire, pesca nel gran mare del verosimile. Non difficile capire perch Pellegrini e gli altri adottino questa strategia: dinanzi agli aspetti pi appariscenti e frivoli della moda dei points d'esprit occorreva, infatti, ribadire la seriet della pratica metaforica, e ci poteva farsi illustrandone la capacit di suggerire una conoscenza (il bello) differente dalla conoscenza oeta ma
a essa complementare, non accessoria o subordinata. Vico stesso si schiera su questa linea nel 7699 e, come vedremo pi avanti, lo stesso fa, quattro

anni dopo, Giovan Gioseffo Orsi, nelle sue Considerazioni, per difendere la poesia italiana dall'accusa di risolversi in graziosi concettini per dame. Almeno a partire dal 7708, owero dal De nostri temporis studiorum ratione in poi, Vico si corregge su questo punto essenziale: la topica pertiene a17a prima operazione della mente umana ed riscattata dalla sua tradizionale posizione di livello inferiore della conoscenza per andare a designare una modalit di accesso all'esperienza e al reale diversa, e perfino concorrenziale, rispetto a quella propria dell'intelletto. Comincia qui, come si sa, quel percorso teorico al termine del quale stanno l'universale fantastico e l'idea che la prima operazione della mente sia la cornice e/ per dir cos, la condizione di possibilit, del giudizio e del ragionamento; che la sensibilit, la fantasia e l'ingegno siano il tessuto entro cui solo possono aver luogo l'astrazione e l'analisi.26
3.2 Questione delicata appurare i rapporti del Vico con la seconda accezione diingenium sopra discussa. Com' noto, essendo andato perduto il trattato De aequilibrio corporis animantis (forse del 7713),27 manca agli studiosi l'anello essenziale per intendere le persuasioni naturalistiche e

mediche del filosofo. Tuttavia le ricerche sulla formazione napoletana del Vico hanno consentito di definire con sufficiente chiarezza la portata del suo antimentalismo. Per dirla con Badaloni, "Ia mente per Vico inserita in una realt naturale; essa parte (o se si preferisce modo) di una universale mente etere, concetto che gli investiganti hanno tratto dalla tradizione epicureo-gassendiana nonch da quella platonica" (1961: 382). In questo senso, crediamo, va tenuto presente ai nostri fini l'awertimento dato nel 819 della Scienza Nuozta 7744, che le quattro facolt costituenti la prima operazione della mente umana "appartengono, egli vero, alla mente, ma mettono le loro radici nel cory)o e prendon vigore

26 Si rimanda su ci ai pi volte citt. contributi di Grassi e Verene. Cfr. inoltre, stesso volume, gli scritti di Eugenio Coseriu e di Donatella Di Cesare. 27 Vedi quanto il filosofo ne scrive nelTa Vita, tn OF: 27.

in questo

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dal corpo".28 questo il punto d'approdo di una riflessione sui menti fisici e corporei della mente che muove almeno dalla
fua animus e anima del De antiquissima (I 5, 1) e si ripresenta nelle

fasi di elaborazione del capolavoro. La nozione vichiana di ingegno sembra, in questo contesto, come il punto di snodo fra le basi biologiche dell'uomo, nelle riversano le determinazioni ambientafi e climatiche e la dinamica 'spiriti', vitali e animali, e l'operare culturale dell'uomo e della Non a caso, Vico insiste tanto sull'identit semantica diingenium e nell'antica filosofia italica. E, non a caso, proprio al livello della operativit dell'ingegno, cio aI livello della inoentioit, che gi nel
antiquissimn segnato lo stacco fra

gli uomini e i bruti.2e

Quel che pi importa, il gioco delle determinazioni fisiche e del operare fa s che nell'ingegno sia attivo un principio di spontanea

renziazione. Non si vuole qui, beninteso, semplicemente rivend contro il Nicolini, che Vico ammetta "un qualche influsso del clima" corso delle nazioni e delle lingue, e cos riawicinare il nostro al Montesquieu.s Si vuole piuttosto suggerire che, per Vico, il tramite il quale il 'ritruovamento' (del linguaggio, delle arti ecc.) ha consiste in una combinazione di molteplici fattoli, naturali e cul retta da un meccanismo di tipo adattivo. Un esempio di ci offerto una fulminea sequenza di paragrafi nel citato cap. XII del De
(6-8): [6] Ingenii virtus est invenire, ut est rationis perficere. [7] Nemo est qui negaverit esse caeli temperaturas quae gentes alias i ingeniosores alant, ut sub crasso frigidoque aere obtusi, sub magis thereo et aestuoso acuti ingenii nascantur homines. [8] "Necessitate ingenia acui", tritum apud omnes proverbium (OG:

Lo stesso processo si riscontra nel fondamentale tt45 della Scimza dove Vico offre la sua pi chiara spiegazione della diversit delle 'grandissima difficult'dawero, una volta che si abbandoni, com'

28 Cito da

OF: 625. Su questo fondamento corporeo della dotkina dell'ingegno con validi argomenti, Pennisi (19t37,798).

29 Ctr.Deantiquksima,lT,4(OF:117).MasivedaanchequantoVicoscrivenelcap.

del De constantia jurisprudaiis: "[5] Nos heic loqui de humanitatis princlpr ingeniosae gentes facilius induunt. Etenim haec inquirimus ut ius gentium illu quod iurisconsultus definit quo "gentes humanae (non ferinae, non barbarae, quae ferinae ac barbarae, quia obtusis sunt ingeniis) utuntur"" (OG:451-53). Fra l'alho, affermazioni del genere Vico assumeva una sua posizione alllinterno del dibattito sei-settecentesco circa l'anima delle bestie. (Per un awiamento, cfr.
t19821).

30

Vedi Nicolini (1978: I 181): il commento al 445 della Scienza nuooa.

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ha fatto nel capoverso precedente, la dottrina dell'aristotelismo secondo

cui le lingue significherebbero 'a placito'.


La quale tdiificuftl per isciogliere, qui da stabilirsi questa gran verit: che, come certamente i popoli per la diversit de' climi han sortito varie

diverse nature, onde sono usciti tanti costumi diversi; cos dalle loro diverse nature e costumi sono nate altrettante diverse lingue: talch, per la medesima diversit delle loro nafure, siccome han guardato le stesse utilit o necessit della vita umana con aspetti diversi, onde sono uscite tante per lo pi diverse ed alle volte tra lor contrarie costumanze di nazioni; cos e non altrimente sono uscite in tante lingue, quant'esse sono, diverse (OF: 501-2).

Il passo tiene mirabilmente uniti i diversi fattori, fisico-ambientali, ingeniosi e culturali attivi nel rendere storicamente varie le lingue umane. Abbiamo cos una vera e propria teoria 'naturale' della differenza linguistica che pu prescindere sia dalle illusioni razionalistiche dello Scaligero e di Sanchez, sia dall'azione del peccato babelico. A mia conoscenza/ solo Gottfried Wilhelm Leibniz, nella Epistolica de historia
etymologica Dissertatio de11772, che Vico non poteva certamente conosce-

re, aveva saputo battere, in quella fase storica, una pista altrettanto
rigorosa teoricamente.3l Concludendo questa parte della nostra esposizione, osserviamo che con la sua analisi dell'ingenium Vico si foggiato un dispositivo filosofico-linguistico di grande efficacia. Esso infatti gli consente di cominciare a giustificare dalf interno il meccanismo variazionale delle lingue: alla Iegge della necessit dettata dal paradigma epicureo-lucreziano risponde infatti la capacit di creativit e adattamento antropico del linguaggio, fondato sulla 'indiffinita natura' della mente umana. Gli consente di spiegare il legame originario, precedente a ogni possibile patto, fra nazione e lingua. Gli consente pertanto di non sottostare al ricatto del nazionalismo linguistico (boria di nazioni e boria di dotti assieme) che si era imposto nella cultura europea nel Seicento e che, soprattutto per impulso francese, dominava la scena proprio negli anni in cui la dottrina vichiana dell'ingenium giunge a maturazione.

31

"Medium itaque tenendum est, quae et PLatonis mens fuit, habere verba fundamenhm

in natura, etsi concurrant plurima ex accidenti. Dversi enim nominum impositores,


suos quisque respectus, suos affecfus, suas occasiones, suam etiam commoditatem secuti diversa iisdem rebus a diversis qualitatibus, interdum et casibus, vocabula dedere" (1772, S 14: il testo in Gensini [1991: 21,!16]). Una linea analoga, appena pi cauta, Leibniz aveva tenuto nella Brnis duignatio de originibus gentium, ductis potissimum ex indicio linguarum, apparsa nei Miscellanea Berolinensia del 1710: un testo che, almeno in teoria, Vico potrebbe aver tenuto presente.

248 4.

Stefano Gensini

Un eccellente osservatorio per valutare questo aspetto del linguistico del Vico la famosa polemica Orsi-Bouhours che a partire dall703,buona parte dellambiente arcadico cen le, quanto a dire buona parte della cultura letteraria italiana. Gli ti della vicenda sono stati pi volte riassunti. Esponente di quella aggressiva civilt francese che ambiva a fare della propria il simbolo stesso della modernit e la veniva teorizzando come I universale dell'Europa colta, Bouhours aveva a due riprese stigma l'italiano: anzitutto, neghEntretims d'Ariste et d'Eugne (7671), dove messo alla berlina le parlate dei tedeschi, che "ragliano", degli che "fischiano", e degli italiani, che "sospirano" malinconici versi d' re, a tutti opponendo i francesi, i soli che propriamente parlano. vamente, nella Manire de biefi penser dans les ouorages d' espit (1687 ,21 aveva delineato un modello di gusto letterario cartesiano e an e a questo aveva opposto la recente tradizione italiana delle acu d'ingegno, rivolta a mascherare il reale d'inutili orpelli e a la lingua di inversioni sintaftiche innaturali e culturalmente L'intervento di Bouhours, mentre inseriva autorevolmente una sione linguistica nella Querelle des anciermes et moilernes, delineava mente alcuni motivi poi divenuti classici del dibattito sul 'genio lingue': la presunta superiorit del francese come idioma della dell'ordre naturel del pensiero, come idioma destinato, per motivi naturali sia politici, all'universalit; la polemica sulle 'inversioni',
torner a interessare Batteux, Condillac, Diderot, Cesarotti; l' ne da darsi delle figure retoriche e in particolare della metafora; il cato dell'esprit, parola con cui si traduceva, e in realt si adattava a ben diverso clima intellettuale, il latino ingenium.

Per intendere realmente l'apporto dato dal Vico a tale dibatti


occorre tener presente che, per un lungo periodo, la cultura italiana

reag alla provocazione bouhoursiana. Oggi sappiamo che uomini altissimo livello discussero a lungo, senza farne di nulla, la di rispondere in modo adeguato. Sappiamo, ad esempio, delle insi di Lorenzo Panciatichi, fiorentino e accademico della Crusca, l'amico Magalotti, affinch intervenisse mettendo a frutto la sua za internazionale. Sappiamo che lo stesso fece Eustachio Manfredi, no al7694,nei rispetti di quella straordinaria'promessa' che era al tem Ludovico Antonio Muratori.Il lungo silenzio degli italiani si a mio giudizio, sia per ragioni teoriche, sia per ragioni politiche. Pesa e gravemente, la consapevolezza del ritardo, culturale e dell'Italia rispetto ai paesi che un tempo si chiamavano "barbari":

32

Su

di

esso, Folena (7983: ad indicem), Accorsi-Graziosi (1989), Gensini (1993a: cap.

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249

altri Italiani siamo al di sotto in quasi tutti i generi di letteratura", scrive amaramente il citato Panciatichi; e Magalotti rincalza osservando che "il toscano che scrivono i nostri letterati pi tosto una lingua morta che viva".s Pesava, anche, la mancanza di un'elaborazione teorica spregiudicata del problema linguistico: alla critica dell'esperienza linguistica barocca promossa dagli arcadi a partire dal 1690 non aveva ancora corrisposto una rigiustificazione della fisionomia storica e dell'identit dell'italiano che non fosse quella, troppo titubante e compromessa da preoccupazioni puristiche, delll'ambiente fiorentino. Quando finalmente una risposta venne, con le Considerazioni sopra un famoso libro franzese intitolato La manire de bien peflser dans les ouorages d'esprit (1703) di Giovan Gioseffo Orsi,la strategia difensiva fu all'ingrosso la seguente: piena accettazione della critica agli aspetti pi futili e spettacolari della poetica e della prassi letteraria barocca, ivi compresa un'opera come II cnnnocchiale aristotelico; rivendicazione di tutto un patrimonio di figure e situazioni poetiche (gi stigmatizzate da Bouhours) tramite la dottrina delY"ariorizzarnetrto"; distinzione fra il piano delle soluzioni stilistiche e quello della fisionomia interna della lingua italiana, di cui viene ribadita la sanit e la solidit. L'ultimo passaggio concettuale per noi il pi interessante. Esso viene diversamente sviluppato nell'Orsi e, tre anni dopo, nel trattato Della perfetta poesin italiana del Muratori, che rappresenta forse la pi compiuta discussione delle tesi bouhoursiane. Orsi si attesta su una linea di compromesso tra il razionalismo arcadico e le suggestioni della critica moderato-barocca. Sostiene che le acutezze non si riducono a un tradimento della verit ma che, giusta la ben nota lettura dei passi aristotelici, formano un tipo peculiare di accesso alla conoscenza. Esse coinvolgono pertanto la terza operazione dell'intelletto in grazia dell'ingegno, Ia cui attivit "pu quasi dirsi una produzione pi tosto" (1703 [7735: I47l). Ancor pi 'costosa' in termini teorici la replica muratoriana. Sensibile anch'egli ai dardi critici del francese, Muratori difende l'italiano separando nettamente la dimensione della lingua da quella dello stile, sulla quale pu scaricarsi il peso di un modo formalistico e perverso di fare letteratura: "Lo spacciar sofismi difetto de gl'Ingegni, non delle Lingue" (1706:11648). Senonch, su questa via gli idiomi perdono quel legame interno con Ia conoscenza e il pensiero che in qualche modo si conservava nell'Orsi: "Sono le Lingue Ministre affatto indifferenti dell'uomo, affich esso per mezzo loro spieghi gl'interni suoi concettl" (ibidem). Le lingue si riducono insomma a strumento di un pensare che esisterebbe indipendentemente da loro, e aspetti delicati della discussione, come ad esempio quello

33

Per questi rimandi cfr. Dardi (1980).

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Stefano Gensini

relativo alla costruzione inversa, sono risolti in termini di artificio stilistico. Con ci, insomma, Muratori finisce con l'arnmettere l'esistenza di un livello naturale e universale del linguaggio, che pu essere meglio o peggio servito dalLa bravura del retore: trattasi in fin de' conti di nien/al-

tro che di elocuzione.


In che misura conobbe il Vico questo dibattito? Conobbe certo direttamente la prima edizione delle Considerazioni orsiane, uscite anonime nel
1703;Y solo indirettamente, a quanto dato capire drlL gi ricordata variante alla Scienza nuuoa,'u uno dei due scritti del Bouhours. E tuttavia quanto ne scrive a pi riprese mostra com'egli ne intendesse pi profondamente dei suoi contemporanei il nocciolo e come meglio sapesse introdurvi elementi di chiarificazione teorica. Ci limiteremo qui alla famosa pagina detDe ratiotu in ori Vico, inquadrata nei termini noti la sua opposizione fra un modello pedagogico 'topico' e un modello 'critico', allarga la visuale a un disteo confronto fra la cultura e la lingua d'Italia e di Francia.s Que[i che Bouhours (e con lui tutta Ia cultura classicistica francese) considerava pregi della propria hgo", ossia l'aderenza alle cose, la tinearit antiretorica dello stile pi diffuso, la costruzione diretta, la diffidenza per iperboli e metafore, si convertono, nella prospettiva di Vico, in alffitante limitazioni. Una volta che si assuma come centrale I *ttso comune del pubblico,3T occorre che la lingua sia flessibilg adatta alle amplificazioni, pronta a racchiudere una metafora in una parola sola. E tale lingua non pu che essere l'italiano: Nos vero lingua praediti, quae imagines semper er<citaq unde uni Itali pictura, sculptura, architectura, musica omnibus orbis terrarum nationibus praestiterunt quae, actuosa semper, auditorum mentes in res longe dissitas et remotas vi similitudinum transferq unde ltali post Hispanos acutissimi nationum (OF: 815).

Lo si desume (come gi osserv il Fubini) dal passo delle Institutiona oratoriae in cui si accenna a un "doctissimus Anonymus Italus in observationibus ad Galli item Anonymi librum inscriptum L'arte di ben pensard' (IO:294). 'Da s grave ragionamento, che tratta di ricorso di nazioni, fuori dogni nostro proposito esce di fianco la risposta al libro del francese, il quale con tanta sicurezza porta questo problema in fronte: Se l'altre naziani d'Eurory abbiano pregio il'ingegno. Forse ci awiene perch gl'i"g.S"i delle nazioni sono come quelli de' terreni i quali, lunga et incolti, poi coltivati, danno frutti maravigliosi per grandezza, buono succo e sapore, e poi con la lunga e molta coltivazione gli rendono piccioli, poco sostanziosi e sciapiti? e che perci da'latini la facolt ritruovatrice della mente umana fu detta "ingenium", quasi "ingenitum", che di "natura", come dissero "ingenium caeli", "ingenium soli"; e tanto non si acquista e migliora che s'infievolisce e si disperde" (7942:11208). 36 Per una interpretazione complessiva del De ratione, cfr. De Giovanni (1968). 37 Sulla posizione strategica del concetto di 'senso comune' nel pensiero di Vico, si v. Giarrizzo (1981).

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251

per notevole che Vico non faccia discendere da queste considerazioni

un inverso atto di imperialismo linguistico. Senza per nulla cedere, lui, pure cos intriso di educazione umanistica, alla tentazione di attribuire all'italiano una posizione privilegiata nel mondo linguistico neolatino (si badi che sar questo un motivo frequente, in Italia, fino al primo Ottocento), il filosofo connette le diversit strutturali delle due lingue confrontate a pi generali differenze di ordine culturale, radicate nella storia e nei costumi dei popoli che le parlano. Certo, il francese inadatto allo stile oratorio, ma funziona ottimamente per quello didascalico, e maneggia senza sforzo le astrazioni pi sottili. L'italiano eccelle nelle opposte virfu. Al francese compete pertanto Y esprit, facolt che consente "tenuitatem cogitationum"; all'italiano l' ingenium, "hanc mentis virtutem distracta celeriter, apte et feliciter uniendi": diversamente dai francesi, e diversamente anche dall'Orsi, che tendeva a considerare i due termini come sinonimi, Vico collega l'esprit alla conoscenza sottile, analitica, esemplificata dal sorite, mentre l'ingenium, inteso come organo della topica, "facolt ritruovatrice" che "fa il vero" anzich andare "tentone trovandolo", si collega alla conoscenza sintetica, corposa, analogica e induttiva. Due differenti indoli linguistiche, insomma, omologhe a due diverse mentalit sociali, lentamente costruitesi nel tempo. E a questo punto Vico pu arditamente concludere: se lingue cos diverse favoriscono processi conoscitivi cos diversi, se vero che, come pare ai sommi filosofi, "linguis ingenia, non linguas ingeniis formari", vorr dire che solo i francesi potevano introdurre nel mondo civile la cultura analitica e sottile che oggi la loro bandiera, e solo gli italiani dislocare corpulente macchine retoriche all'intersezione dei canali comunicativi. La variet degli ingegni cos teoricamente sancita in una con le variet sincroniche delle lingue; si fa strada per la prima volta nella cultura italiana l'idea che le lingue, anzich seguire convenzionalmente, strumentalmente il pensiero, ne condizionino la genesi e lo svolgimento. Si fissava, cos, anche una precisa 'immagine' dell'italiano come lingua, un'immagine piuttosto mitografica, se vogliamo, che per esprimeva assai b enelo status della circolazione culturale in un paese tradizionalmente segnato da un fortissimo distacco fra intellettuali e popolo. L'italiano come idioma la cui identit storica e strutturale si rawisa in un'indole sensuosa, fantastica, immaginativa, vocata ai percorsi metaforici e all'evidenza icastica delle immagini. L'italiano come luogo topico della 'indiffinita natura' della mente umana, come espressione antonomastica del fondale primitivo e corporeo della conoscenza. Intesa alla luce dei dibattiti e del lessico critico del tempo, era, questa, una risposta forte alla provocazione bouhoursiana, e non a caso doveva essere ripresa dalle voci pi alte del pensiero linguistico italiano fra Sette e Ottocento ed essere sviluppata nel suo notevolissimo potenziale etico-politico: Genovesi,

252

Stefano Gensini

Beccaria, ftes, Foscolo, Leopardi avrebbero concordato su ci.38 La sensibilit alle differenze e alle fratture, pi che all'uniformit, nella realt linguistica, sarebbe del resto rimasta una caratteristica permanente di questa tradizione di studi, fino a distinguerla da altre, anzitutto da quella enciclopedico-ideologica francese, centrata sul problema, teorico e programmatico , della grammaire genrale. Nella teoria vichiana dell'ingenium, considerata nei suoi valori insieme gnoseologici e linguistici, forse lecito rawisare una radice profonda di questo atteggiamento di pensiero.3e

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