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Miracoli----> sono prove oggettive???A tali prove - e specialmente alle profezie e ai miracoli - Pascal riconosceva piena validit obiettiva.

Pure, non le ritenev a "assolutamente convincenti". Anzi, ne subordinava l'efficacia all'intima "ispi razione" del cuore: vale a dire, all'azione salutare della grazia. Non pu cercare Dio chi gi non lo abbia trovato. E le ragioni dell'intelletto e gli argomenti de lla storia, la saggezza e i segni, i miracoli e le profezie, a nulla valgono sen za la follia della croce. Nasce e si sviluppa di qui, nell'opera pascaliana, un misticismo che, pur alimentandosi alle fonti classiche della mistica cristiana, ha nondimeno toni e svolgimento personalissimi. Tale misticismo ha condotto Pasc al, da un lato, a rivendicare - in opposizione a qualsiasi forma di razionalismo teologico -, a celebrare, di contro e al di sopra delle ragioni dell'intelletto , le "ragioni del cuore" (per "cuore" egli intende un atto od organo di conoscen za, che conquisterebbe la verit in modo "tutto interiore e immediato"): "Non la r agione, ma il cuore sente Dio. Ecco che cos' la fede: Dio sensibile al cuore, non alla ragione"; e ad affermare la necessit per l'uomo di sottomettersi al mistero , all'incomprensibile, e, anzi, di ravvisare in esso l'unica soluzione delle sue irriducibili antinomie di pensiero e di vita. E lo ha spinto, d'altro lato, a c ontrapporre al "Dio dei filosofi e dei sapienti", se tutte le religioni affermano l'esistenza dei miracoli, ci non significa che i miracoli siano tutti falsi ma che, al contrario, almeno alcuni di essi siano ver i. "Dopo aver considerato la ragione per cui ci sono tanti falsi miracoli, tante false rivelazioni, sortilegi, ecc., m' parso che la vera causa sia l'esistenza d ei veri miracoli" (818). Ma come possibile capire se i veri miracoli siano propr io quelli cristiani? Abbinando la veridicit del miracolo alla veridicit della dott rina Col miracolo, infatti, Dio non contraddice, ma rivela una legge verit di carit e d i amore, perci il miracolo e la dottrina si autenticano a vicenda. Libert----->Nessuno ha amore pi grande di colui che sa rispettare la libert dell altr o, osserva ancora la Weil. La discrezione di Dio che non sfolgora maestoso sembr a un omaggio alla libert dell uomo, la salvaguardia suprema della facolt che gli dat a di scegliere il suo destino. Un Dio nascosto il solo che possa instaurare con gli uomini un rapporto di libert e non di necessit. Il diritto di cittadinanza che il cristianesimo d quindi all ateismo, questa accett azione del nascondimento divino, pu rivelare insospettate profondit. Il confronto con le altre concezioni religiose le mostra anche qui insufficienti, proprio per ch si ostinano a negare la realt del Dio nascosto. Guitton: Per i cristiani, Dio ne cessariamente discreto. Ha posto un apparenza di probabilit nei dubbi che investono la sua esistenza. Si avvolto di ombre per rendere la fede pi appassionata e, sen za dubbio, anche per aver il diritto di perdonare il nostro rifiuto. Occorre che la soluzione contraria alla fede conservi una sua verosimiglianza per lasciare completa libert di azione alla sua misericordia. Giansenismo ideologia del tempo---->Secondo i giansenisti, s'incontra Dio, dunque , non agendo, tramite le opere, ma per intervento della Grazia divina che concede tale dono: da qui la tesi della predestinazione alla salvezza, condannata dalla Chiesa cattolica.335 dei Pensieri: Gli uomini sono nelle tenebre e nella lontanan za da Dio, che nascosto alla loro coscienza... Egli non sar colto che da quelli ch e lo cercano anzitutto nel cuore. Il Dio di Pascal, come quello di Manzoni, un Di o "nascosto" che agisce in modi incomprensibili e che si pu trovare solo guardand o all'interno del proprio cuore, come accadr all'Innominato. In seno al cattolicesimo, nei secc. XVII e XVIII, si sviluppa il movimento del g iansenismo a partire dalle dottrine del vescovo di Ypres Giansenio (Ackoy, Oland a, 1585 - Ypres 1638), che cerca nella tradizione cattolica, a suo parere tutta raccolta in Agostino, i testi e le tesi che intendono la grazia come iniziativa

primaria di Dio e immeritata dall'uomo in vista della salvezza. In polemica con le tesi dei seguaci del domenicano Baez e del gesuita de Molina, i quali, seppur con motivazioni diverse, affermano che Dio concede a tutti gli uomini la grazia sufficiente per osservare i comandamenti e in definitiva per salvarsi, Giansenio sostiene che la grazia non pu essere n meritata n resa vana dal comportamento uman o e non viene concessa a tutti, il che manifesta la predestinazione, indipendent e da ogni considerazione di merito, di alcuni al paradiso e di altri all'inferno . Queste tesi vengono ripetutamente condannate dalle gerarchie. Nel corso di una sorda polemica con Roma, i giansenisti allargano la contestazione teologica all a conduzione della Chiesa, mettendo in discussione il primato del papa e la sua autorit assoluta nel dirimere questioni in materia di dottrina e morale. La batta glia antiromana viene condotta, cercando di non arrivare a rotture, dalla comuni t di laici ed ecclesiastici riuniti nel monastero cistercense di Port-Royal, vici no a Versailles. Il monastero guidato dall'abate Saint-Cyran (1581-1643), collab oratore di Giansenio, della cui dottrina sottolinea, pi che le implicazioni teolo giche, le conseguenze pratiche e morali sostenendo un cristianesimo molto auster o ed esigente. Nella comunit, che si dedica alla meditazione e all'insegnamento, spiccano Arnauld e Nicole (autori della famosa Logica di Port-Royal) e Pascal. Divertissement---->Perch quel che principalmente ci impedisce di pensare a noi stessi e che ci porta, senza che ce ne accorgiamo, a perderci. Senza il divertissement saremmo immersi nella noia, e la noia ci spingerebbe a cercare un qualche modo pi solido per tirarcene fuori; ma l a distrazione ci diverte e ci conduce, senza che ce ne accorgiamo, alla morte. La nostra condizione di creature mortali, la nostra infinita fragilit davanti all e forze della natura che ci minacciano, insostenibile senza il soccorso della grazia div ina. Ma l uomo preferisce non prendere atto della propria miseria per illudersi di esse re forte e autosufficiente . Inventa dunque mille pretesti atti a distogliere la su a mente dal pensiero della morte inevitabile .

348. Distrazione. Gli uomini, non avendo potuto guarire la morte, la miseria, l' ignoranza, hanno risolto, per viver felici, di non pensarci. 349. Condizione dell'uomo: incostanza, noia, inquietudine. 350. La nostra natura nel movimento; il riposo assoluto la morte. 351. Nonostante tutte queste miserie, l'uomo vuol essere felice, e vuole soltant o esser felice, e non pu non voler esser tale. Ma come fare? per riuscirci, dovre bbe rendersi immortale; siccome non lo pu, ha risolto di astenersi dal pensare al la morte. 352. Noia. Nulla cos insopportabile all'uomo come essere in un pieno riposo, senz a passioni, senza faccende, senza svaghi, senza occupazione. Egli sente allora l a sua nullit, il suo abbandono, la sua insufficienza, la sua dipendenza, la sua i mpotenza, il suo vuoto. E subito sorgeranno dal fondo della sua anima il tedio, l'umor nero, la tristezza, il cruccio, il dispetto, la disperazione. [...] 359. Distrazione. La dignit regale non forse di per s cos grande per se stessa da r ender felice chi la possiede con la sola visione di quel che ? Bisogner distrarlo da quel pensiero, come la gente comune? Vedo bene che, per render felice un uomo , basta distrarlo dalle sue miserie domestiche e riempire tutti i suoi pensieri della sollecitudine di ballar bene. Ma accadr il medesimo con un re, e sar egli pi felice attaccandosi a quei frivoli divertimenti anzich allo spettacolo della sua grandezza? E qual oggetto pi soddisfacente si potrebbe dare alla sua mente? Non s

arebbe far torto alla sua gioia occupare il suo animo a cercare di adattare i su oi passi al ritmo d'una musica o di mettere a segno una palla, invece di lasciar lo godere tranquillo la contemplazione della gloria maestosa che lo circonda? Se ne faccia la prova: si lasci un re completamente solo, senza nessuna soddisfazi one dei sensi, senza nessuna occupazione della mente, senza compagnia, libero di pensare a s a suo agio; e si vedr che un re privo di distrazioni un uomo pieno di miserie. Cos si evita con cura un tal caso, ed esso ha sempre intorno a s un gran numero di persone che badano a far seguire agli affari di Stato gli svaghi e ch e predispongono piaceri e giuochi per riempire tutto il tempo in cui resterebbe altrimenti in ozio, dimodoch non resti mai un vuoto. Ossia, i re son circondati d a persone che si prendono una cura singolare di evitare che restino soli e in co ndizione di pensare a loro stessi, ben sapendo che, se ci pensassero, sarebbero infelici, nonostante che siano re. In tutto questo discorso, parlo dei re cristiani non in quanto cristiani, ma sol o in quanto re. Uomo\Cristo---> Perch l uomo possa vivere pienamente, egli deve conoscere Cristo (G iovanni 17:3). Senza Dio l uomo non realizzato, neanche nella vita mortale. L uomo non in pace con il prossimo perch non in pace con se stesso. L uomo irrequieto perch non ha pace con Dio. La ricerca del piacere per amore del piacere un segno di una irrequietezza interiore. Nella storia coloro che hanno ricercato il piacere hanno trovato vol ta dopo volta che le distrazioni temporanee della vita non producono altro che u na disperazione ancora pi profonda. Il sentimento innegabile che c qualcosa che non v a difficile da ignorare.

Paradosso--->Il paradosso, che l'elemento privilegiato della dialettica di Pasca l, non una semplice tecnica stilistica, un gioco di antitesi letterarie: esso pr opone i termini della realt umana stessa. Il paradosso consiste nella coesistenza e perfino nell'alleanza degli opposti; amplia gli opposti senza tuttavia risolv erli. Il contrasto che caratterizza lo scrivere pascaliano, che oppone tra loro i temi miseria-grandezza, finito-infinito, tempo-eternit, carne-spirito, appartie ne a Pascal come appartiene al vangelo e a S. Paolo e descrive il movimento stes so dell esistenza umana: Sappiate dunque, superbo, quale paradosso siete per voi st esso (B434 C438). L'uomo ritrova il paradosso del finito-infinito nell'abisso della miseria-grande zza che riguarda il suo essere. Egli cerca la verit, la giustizia, la felicit, ma in realt conosce solo l'incertezza o l'errore, l'ingiustizia o la forza, la disil lusione o il miraggio della felicit che lo svago. Il tutto chiuso dalla morte. E tuttavia l'uomo grande: Attraverso lo spazio l'universo mi comprende e mi inghiot te come un punto: con il pensiero sono io a comprenderlo (B348 C265). L'uomo solo un giunco ... ma un giunco pensante (B347 C264). Questo spirito fatto per l'infin ito. La miseria dell'uomo risulta da una capacit beante, aperta sull'infinito, ma i soddisfatta, e da uno slancio che non raggiunge mai il suo fine. L'uomo supera infinitamente l'uomo (B434 C438), poich vi nell uomo pi che l'uomo stesso. Ma allora che cos' l'uomo? Che novit, che mostro, che caos, che soggetto di contraddizioni, c he prodigio! Giudice di tutte le cose, imbecille verme di terra, depositario del vero, cloaca di incertezza e di errore, gloria e rifiuto dell'universo. Chi sbr oglier questo imbroglio?

Cristo--->. CRISTO, TOTALIT DI SENSO - L'illustrazione definitiva della condizion e umana avviene solo in Ges Cristo: In Ges Cristo tutte le contraddizioni si accord ano (B684 C558). Egli il punto di riconciliazione di tutti i nostri paradossi, no n con equilibrio o simmetria (peccato-grazia, grandezza-miseria), ma con un camb

iamento di ordine. Cristo questa immagine dell'uomo nuovo che poteva essere post a solo da Dio: un'immagine che il mondo non poteva n esigere, n sospettare, n inven tare. Adamo diventa Ges Cristo, ogni uomo diventa figlio di Dio in Ges Cristo. Per Pascal, Cristo il centro di tutto, la ragione e il senso di tutto, il tutto del l'uomo e di Dio (B556 C602). Cristo non dipende da alcuna immagine, poich in lui l 'immagine stata fatta sulla verit (B673 C572). Di conseguenza la verit dell'uomo si trova solo in lui. Solo Cristo chiarisce il paradosso della grandezza-miseria d ell'uomo. Da una parte, infatti, l'incarnazione mostra all'uomo la grandezza del la sua miseria con la grandezza del rimedio che ci voluto (B526 C677); dall'altra, la croce svela la grandezza dell'anima umana (Memoriale), chiamata dalla miserico rdia a condividere la stessa vita di Dio. Cristo non solo chiarisce la condizione umana nella sua globalit, ma svela l'uomo a se stesso nel suo mistero personale. Non solo conosciamo Dio solo in Ges Cristo , ma conosciamo noi stessi solo in Ges Cristo. Conosciamo la morte e la vita solo per mezzo di Ges Cristo. Al di fuori di Ges Cristo non sappiamo n che cos' la vita, n la morte, n Dio, n noi stessi (B548 C729). Cristo ha fatto capire agli uomini com e fossero egoisti, induriti, asserviti alle loro passioni, ciechi riguardo a Dio e al loro destino (B545 C689). Ma dal momento in cui essi si volgono a lui, i l oro occhi si aprono e imparano chi sono e a chi si affidano. Dunque Cristo media tore in un duplice senso: sul piano oggettivo poich rivela all'uomo l'immagine de l Dio vivente e l'immagine dell'uomo secondo Dio; sul piano soggettivo, poich d al l'uomo, che si apre a Dio, il solido punto d'appoggio della sua esistenza; gli c onferisce l'atteggiamento amante e filiale che lo salva. Cristo veramente la totalit del senso dell'uomo: egli decifra e salva. edio, verit e vita. L'uomo non si scopre e non si realizza n nella figura io, n in quella dell'eroe, ma in Ges Cristo crocifisso. In lui il peccato ma espiato e superato nell'amore; la nostra colpa riconosciuta, perdonata rata dalla grazia. luce e rim del sagg assunto e supe

Per Pascal esiste quindi una sola spiegazione dell'uomo: quella della fede crist iana. Ed quando la verit cristiana si proietta sull'abisso dell uomo, quando egli s i rende conto del suo decadimento e della sua grandezza, che il non credente ha la migliore possibilit di essere tentato dalla soluzione cristiana. Vi continuit tra la descrizione della condizione umana e le prove storiche; ancor pi, la descrizi one della condizione umana si articola nelle prove storiche. Pascal tuttavia con sapevole che non sufficiente conferire rispetto alla religione: bisogna stabilir ne la plausibilit, la credibilit, poich Dio non vuole la fede senza ragione. La sua autorit sar fondata su solidi argomenti costituiti dal messaggio stesso, dalle pr ofezie, dai miracoli, dalla santit. Ecco ci che basta agli occhi di Pascal per col oro che cercano sinceramente la verit e sono disposti ad accoglierla nell'umilt di un cuore docile alla grazia. Coloro che non sono conquistati dovranno prenderse la con la propria resistenza, cio con il loro poco interesse per le cose superior i. Il filo conduttore dei Pensieri il cristocentrismo di Pascal. A questo proposito vi un'armonia profonda tra il Memoriale, il Mistero di Ges, i tre Ordini e i Pen sieri. Nei Pensieri Pascal, almeno in apparenza, non parte da Ges per tornare poi all'uo mo come fa nel Memoriale e nel Mistero di Ges. Egli, al contrario, pone a lungo l o sguardo sull'uomo per poi condurlo a Cristo. In realt il cammino di Pascal nell 'Apologia molto pi vicino ai Pensieri che a quello degli altri due testi. Infatti Pascal non un moralista o un analista che si compiace dell analisi dell'uomo e de lle sue contraddizioni interiori: ci che egli vuole, pi di tutto, portare gli uomi ni a Cristo. Pascal, come Agostino, un convertito e la sua Apologia un progetto da convertito. Pascal ha scrutato, come Paolo e Agostino nella luce di Cristo, la miseria e la grandezza dell'uomo ed questo che conferisce alla sua analisi un'ac utezza sorprendente. Pascal guarda l'uomo, ma attraverso l'Uomo nuovo. In realt i

l mistero di Cristo che permette a Pascal di penetrare gli abissi dell uomo. Senza la croce di Cristo, non avremmo mai sospettato la profondit di questi abissi. Il nocciolo dei Pensieri di Pascal Ges Cristo. E in Ges Cristo la croce e l'amore da questa rivelato sono l'essenziale. Paradosso----> VIII SEZIONE(Paolo) Per una parte, Paolo concorda. Cristo crocifi sso stoltezza, debolezza. I criteri delle "cose visibili" pesano effettivamente (cf 2Co 4,18). Ma sta qui l impatto luminoso della croce: ci che indiscutibilmente stoltezza e debolezza, si trova ad essere "potenza di Dio e sapienza di Dio" (1C o 1,24). Il paradosso insito al fatto; e l Apostolo ne svela la profondit con una f ormulazione ardita: nell essere umanissima, quella che dimostrata nella croce di C risto una "stoltezza di Dio", una "debolezza di Dio" (v. 25). Il genitivo, chiar o e netto, intende suggerire quanto Dio vi sia coinvolto: divina quella stoltezz a e debolezza, nel senso che voluta da Dio, presente alla mente di Dio, la sede di un proposito di Dio, opera di Dio degna della sapienza e della potenza di Dio stesso. Dove mai il sottile ragionatore di questo mondo? (v. 20). Il paradosso adorabilmen te divino. Soltanto Dio pu fare s che la debolezza sia potenza e la stoltezza sia sapienza; e di tale prerogativa trascendente il Cristo crocifisso l epifania supre ma. Ci che il ragionare mondano dichiara assurdo, la croce rivela degno di Dio. S ono pertanto sconvolti gli schemi umani; ed ogni pretesa di controllare l operare di Dio dimostrata essa stessa pura follia (vv. 19-20; 2,16; cf Rm 11,33-34). Cre dere nella croce davvero dare gloria a Dio come a Dio; ed un atto d adorazione che s i compie come un rinunciare ad ogni vanto umano e mondano (1Co 1,29; cf Ga 6,14) . Io ritenni di non sapere altro in mezzo a voi se non Ges Cristo, e questi crocifis so (1Co 2,2). Il fallimento subito ad Atene convince Paolo di evitare i paludamen ti della sapienza greca e del ragionamento mondano e d imprimere al suo annunzio u na schiettezza evangelica che sia come una celebrazione della trascendenza divin a. un preciso metodo missionario quello che l Apostolo dichiara di avere deciso di adottare. O si annunzia il vangelo della salvezza come la divina "parola della croce" (1Co 1,18), o non lo si annunzia affatto. Attenuare il paradosso, rendere meno urtante lo scandalo, coprire con il manto di una eleganza mondana la stolt ezza-debolezza divina del Calvario, pensando di avvicinare in tale modo il vange lo alla societ umana, finisce soltanto per rendere vana la croce di Cristo (v. 17): ci si ritrova a trasmettere come vangelo di Dio quella che invece una semplice parola umana, una parola quindi priva di vigore salvante e perfettamente inutile .

Paolo faccia riferimento a una sua esperienza concreta, esistenziale. Evoca una situazione di debolezza fisica o psicologica, quale una infermit o uno stato d anim o provato, depresso. Egli non si vergogna di ricordare ai Corinti la situazione di debolezza, umanamente parlando sfavorevole, che ha caratterizzato la sua oper a di evangelizzazione in mezzo a loro. Ma riflettendo su tale situazione egli vi coglie qualcosa di sorprendente: l energia del Risorto. L Apostolo ritiene di esser e forte nella sua debolezza in quanto coinvolto nella dinamica vittoriosa del Croc ifisso risorto. La debolezza che diviene occasione fortezza d'animo non del tutto estranea all'e sperienza umana. Ci sono numerose testimonianze di uomini e donne (anche non cre denti) per le quali situazioni disperate e di deriva umana sono diventate moment o di grande cambiamento, hanno ricuperato grandi valori che avevano smarrito. In altre parole, attraverso la debolezza queste persone sono diventate pi uomini e pi donne. Nel leggere queste storie il credente non si sconcerta, ma vi legge la ma no della Provvidenza.Dio stesso nel suo appassionato amore per l umanit si avventur a nel paradosso pi sconcertante che quello dell Incarnazione. Nella lettera ai Fili

ppesi Paolo presenta un Dio che si abbassa e si svuota di ogni pretesa divina pe r farsi in tutto simile all uomo, anzi si abbassa fino alla terrificante morte di croce per amore della sua creatura. San Paolo parla del Dio che ha sperimentato personalmente come amore: Mi ha amato e ha consegnato se stesso per me (Galati 2,20); del Dio che l'ha reso forte nell 'amore, niente e nessuno potr mai separarci dal'amore di Dio che in Cristo Ges, nos tro Signore (Romani 8, 39). In questo sta la fortezza di San Paolo che gli permet te di uscire da ogni debolezza. un Dio che salva sacrificando se stesso, non gli altri; il Dio che vince con l'a more: l'unica potenza che trasforma l'umanit se viene accolta pienamente nella Ch iesa e nella societ.

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