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Don Francesco Braschi Introduzione alla Spiritualit delle Chiese Orientali 2011-12
- Patriarchi con trinit dellAntico Testamento. - Crocifissione con Maria e Giovanni apostolo. - La dimensione escatologica: si celebra lanticipo presente del Regno di Dio. Noi che misticamente rappresentiamo i Cherubini e alla vivificante Trinit cantiamo linno Trisagio, deponiamo ogni cura di questa vita, poich accogliamo il re delluniverso, invisibilmente scortato dalle schiere angeliche (Inno Cherubico della Liturgia bizantina) - Icona e Parola: Ci che il vangelo ci dice con le parole licona lo annunzia con i colori e ce lo rende presente (Concilio Costantinopolitano IV - canone 3 [869-870]). - Lannuncio della fede avviene attraverso la Parola e attraverso la visione: sono due modi non opposti ma complementari di proclamare il kerigma, fin dallAntico Testamento (cfr. le spalle di Dio che Mos vede...), e proprio nel Nuovo esse trovano la loro pienezza, poich il Verbo della Vita si reso visibile (cf. 1Gv 1).
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Le icone sono parte della predicazione e della preghiera della Chiesa. Il vero iconografo si prepara alla fabbricazione di unicona con la preghiera, il digiuno e lo studio. La Chiesa deve poter possedere e venerare limmagine che liconografo produce. Questa immagine deve essere fedele. La produzione di unicona un modo di pregare; le icone vengono dalla preghiera per essere usate nella preghiera e nel culto. Le icone hanno un ruolo importante nella decorazione degli edifici sacri, nel culto della chiesa e nella devozione personale. Svolgono diverse funzioni: - Le icone insegnano: rappresentano persone sacre, eventi sacri, ci mostrano la realt del Regno divino. Insegnano storia, dottrina, morale e teologia. Ci ricordano cosa siamo e cosa dovremmo essere. Ci mostrano la trasfigurazione della materia sotto il potere dello Spirito Santo. - Le icone provocano: noi vediamo i santi, trasfigurati dalla Grazia di Dio e dalla loro libera risposta a Lui. Siamo cos provocati a seguire le loro orme. - Le icone testimoniano: licona di Cristo testimonia lIncarnazione. Il Verbo Divino discese nella nostra umanit: umano come noi siamo umani. Gli esseri umani possono essere raffigurati; raffigurando il Verbo incarnato, Ges Cristo, noi rendiamo testimonianza alla Sua vera umanit. - Le icone santificano: generazioni di giovani Ortodossi sono partiti per lunghi viaggi, andati alla guerra, emigrati, mentre i loro genitori li benedicevano con licona pi amata tra quelle di famiglia. La presenza di unicona in una casa benedice la casa e la rivendica con tutti coloro che la abitano a Cristo. La Torah comandava agli ebrei di porre i comandamenti che ti dar oggi sugli stipiti delle porte: per i Cristiani, la Legge stata un pedagogo per gli Israeliti dai giorni di Mos fino a quelli del Messia, ed ora ha concluso il suo compito. Noi appendiamo le sante icone per santificare le nostre case e dichiarare la nostra adesione a Cristo. - Le icone uniscono: fotografie, film, immagini delle persone che amiamo possono farcele sembrare molto vicine. Le icone possono farci sentire molto vicini a Cristo e ai Santi, e questo sentimento di vicinanza non unillusione: i santi sono vivi in Cristo, ed Egli dimora nellintimo del nostro essere, se Lo accogliamo. Licona la porta dingresso per la consapevolezza della presenza e dellamore di Cristo, dei suoi santi e dei suoi angeli. Cristo dimora in noi per mezzo della sua grazia, e i santi e gli angeli sono gi presenti con noi attraverso il loro amore e le loro preghiere; licona ce lo rammenta e ci rende consapevoli di questa presenza. Noi veneriamo le icone. Gli iconoclasti tentarono di abolire le icone dalla vita della Chiesa, ma fallirono. Costoro accusavano gli iconoduli di idolatria, e affermavano che la fabbricazione e il culto di immagini era proibito dalla Bibbia. La risposta della Chiesa ferma e chiara; la fabbricazione di immagini possibile: persino nellAntico Testamento Dio stesso comand la fabbricazione di certe immagini (ad es. i Cherubini sul coperchio dellArca [Es 25,19]), e se sono immagini di Cristo a dei suoi santi, allora devono essere trattate con reverenza e venerazione. Noi non adoriamo le immagini; ladorazione (latra) riservata solo a Dio, ma noi le veneriamo e le onoriamo. I santi, in quanto esseri umani deificati, sono pure venerati, e con un grado pi alto di venerazione delle loro immagini, ma nessun santo, nemmeno la stessa Madre di Dio, mai adorato. Le icone ci permettono di gettare uno sguardo sul Regno di Dio, ci consentono una visione della Parola di Dio in forma umana, dellumanit deificata nei santi, della materia trasformata dalla potenza dello Spirito. Le icone sono finestre aperte su aspetti della realt che non possiamo vedere in modo normale, e ci aiutano a risvegliare i nostri sensi spirituali, cos da renderci pi vivamente consapevoli delle Energie Divine che sono soffuse e sorreggono tutta la Creazione. Icone ed immaginazione La tradizione Ortodossa guarda con profondo sospetto ogni tentativo di dare allimmaginazione un ruolo importante nella vita spirituale. Questo pu sembrare molto strano e persino irragionevolmente restrittivo a Cristiani che hanno familiarit con le tecniche di preghiera mentale e di meditazione discorsiva proprie della tradizione romano-cattolica, che fanno un dettagliato e sistematico uso dellimmaginazione ad esempio per immaginare specifici eventi nella vita di Cristo, che cos provvedono loggetto materiale per la meditazione. La spiritualit Ortodossa evita ogni pratica di questo tipo. A noi richiesto di leggere i resoconti evangelici degli eventi della vita di Cristo, di studiare i commentari dei Padri sui testi evangelici, di riflettere su di essi ma non di tentare di immaginarli nella preghiera. Usare limmaginazione per pregare pu condurre ad errori della pi grave specie, quando le creazioni della nostra immaginazione sostituiscono la realt, e noi possiamo persino finire con il pregare le nostre fantasie mentali. La ragione principale per evitare lesercizio dellimmaginazione nella preghiera teologica. Dio presente ovunque. Cristo presente per mezzo del suo Spirito Santo nel profondo 32
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dellessere di ogni Cristiano che vive la realt del Battesimo nella morte di Cristo. Se noi viviamo il nostro Battesimo, segnati con il sigillo dello Spirito, allora il Cristo risorto vive in noi, in virt del suo Santo Spirito, e noi viviamo la vita risorta nello Spirito. Non abbiamo bisogno di immaginare Cristo presente: Egli presente, e noi dobbiamo ricordarci della sua presenza. Le icone possono essere efficaci nel richiamarci la presenza di Cristo: licona pu servire a ricordarci che Egli veramente qui. Ogni specifico tipo di icona racchiude in s il proprio messaggio su di Lui. Il Pantocrator ci ricorda che il Cristo che presente qui lOnnipotente, il Creatore e Sostentatore delluniverso, il Reggitore di tutto. Licona del Cristo Maestro ci ricorda che Lui ad insegnare attraverso i Vangeli, la proclamazione ecclesiale della Buona Notizia; attraverso la preghiera, se i nostri sensi spirituali sono svegli per ascoltarlo; attraverso le persone che incontriamo, le situazioni che affrontiamo. Licona del Panteleimon, il Tutto-misericordioso, ci ricorda che nulla di ci che abbiamo fatto al di fuori del suo perdono; il Cristo che presente a noi offre perdono e trasformazione, se laccetteremo. Licona del Crocifisso ci ricorda lillimitato amore del Figlio di Dio che assume la nostra umanit nella sua completezza, nelle nostre gioie e sofferenze, persino nella degradazione e nella morte; non c parte della nostra vita da cui Cristo assente. LAnastasis (resurrezione) ci ricorda che Cristo disceso nella morte per liberare lintera umanit dal potere catturante della morte, dalla paura della morte e dallinclinazione al peccato. Liconografo ha la grave responsabilit di garantire che le sue icone non sono semplicemente opere di immaginazione. Liconografo esercita un ministero ecclesiastico quando dipinge le icone. Licona deve emergere dalla mente e dallo spirito della Chiesa, e deve assicurare che le nuove icone rappresentano veramente la realt che la Chiesa conosce, non qualche fantasia individuale. Preghiera, studio della Bibbia, studio della tradizione iconografica della Chiesa e delle dottrine e dei canoni sulle icone sono altrettanto importanti, per prepararsi a dipingere icone, quanto lo studio tecnico dei procedimenti artistici che vi sono implicati.
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- non possibile firmare unicona, perch essa viene dallispirazione dello Spirito Santo e dalla Tradizione della Chiesa, che non appartengono al pittore. - C alla base delliconografia una concezione dellarte e dellartista che diametralmente opposta a quella corrente in Occidente: lartista pratica lentusiasmo, lo slancio, il raptus creativo, mentre lisografo accede al silenzio contemplativo.
La teologia dellicona testi di approfondimento Ad un primo sguardo, sembrerebbe che il linguaggio dellicona sia largamente presente allesperienza cristiana dellOccidente, dal momento che soprattutto negli ultimi anni queste immagini sacre sono entrate a far parte della dotazione abituale di molti tra i nostri luoghi sacri. Ma concludere da ci che i cristiani di tradizione latina abbiano appreso il linguaggio delle icone e siano divenuti capaci di farne una vera esperienza, sarebbe a mio avviso indice di grande superficialit: molti indizi, al contrario, fanno pensare che la nostra cultura stia tentando di digerire ed omologare anche questo aspetto della religiosit e della fede della Chiesa dOriente, facendo diventare la presenza dellicona non tanto il segno di un approfondimento spirituale, bens piuttosto lennesimo fenomeno di moda che solo apparentemente avrebbe un contenuto pi profondo e pi cristiano di quanto - qualche decennio fa - abbiano significato la scoperta delle mistiche orientali o la rilettura in chiave cristiana di libri come Siddharta di H. Hesse. A sostegno di questa mia affermazione un po provocatoria - e volutamente tale - posso portare qualche argomento: - Nel 1987, in occasione del XII centenario del Concilio Niceno II, che sanc la definizione della dottrina cattolica sulle sacre immagini, il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, Dimitrios I, scrisse unenciclica nella quale - tra laltro - si legge (nn. 30-32 passim, trad. dal francese in Il Regnodocumenti 5/1988, pp. 155-156): La presenza delle icone nelle chiese, con i presbiteri che celebrano e i fedeli che pregano, l'attuazione di quel momento in cui sar realizzato il mistero della comunione dei santi, adoranti il Dio trinitario; di tutti coloro che si sono resi graditi a Dio e costituiscono la chiesa orante di oggi e dei secoli che verranno Certo, l'icona anche oggetto della piet e della preghiera nelle case private e in tutta la vita personale dei cristiani, i quali nei momenti di raccoglimento possono alzare gli occhi e l'anima verso le sante immagini che santificano la loro vita particolare, sia nella loro camera che altrove. comprensibile e permesso. Tuttavia, ci non significa che la banalizzazione della funzione sacra delle icone sia permessa, e in modo particolare la loro riduzione a elementi decorativi lungo le strade, nelle case o nelle sale di esposizione, dove sono collocate da gente del mondo che le apprezza solamente come opere d'arte. E neppure permesso trattare le icone come un articolo commerciale o un oggetto da imprimere sulla carta o su altro materiale di poco valore, secondo i metodi attuali di riproduzione industriale per scopi commerciali. E meno ancora permesso moltiplicare illecitamente la loro circolazione nella societ secolarizzata attuale. Poich consideriamo questo modo di agire come sacrilego e empio, come un gravissimo affronto e un insulto al carattere sacro delle icone - questa immensa conquista spirituale della chiesa ortodossa - e poich consideriamo tutto questo come inammissibili abusi, noi condanniamo ogni sfruttamento delle sante immagini da parte di chiunque.
Laccorata denuncia di Dimitrios non pu lasciarci indifferenti, e deve spingerci ad una serena riconsiderazione delleffettiva capacit dimostrata dallOccidente nellaccogliere le icone ed il loro messaggio. Sono largamente diffuse tra di noi, infatti, immagini che continuiamo a chiamare icone, ma che difficilmente un cristiano ortodosso considererebbe tali. Senza alcuna polemica, ma con il solo scopo di aiutare a comprendere, mi permetto di citare le anomalie pi vistose: - licona della Sacra Famiglia - le icone nel movimento neocatecumenale - le icone di carta - i luoghi di esposizione (cfr. le collezioni delle banche) Sembra pertanto non azzardato affermare che latteggiamento dellOccidente di fronte alle icone fortemente ambiguo: da un lato non possiamo dubitare del sincero desiderio, da parte di molti, di accogliere un patrimonio che per tutta la Chiesa; nello stesso tempo, per la tendenza tipica della no34
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stra mentalit ad avere e ad avere in fretta rischia davvero di banalizzare il ruolo dellicona, che non sopporta di essere trattata quasi fosse un oggetto qualunque o un semplice oggetto darte. Si ha quasi limpressione che per molti licona sia innanzitutto qualcosa da possedere, e che il tratto dominante sia la premura, che rende incapaci di affrontare il lungo cammino di ascesi che solo permette allicona di rivelarsi. La domanda decisiva, allora appare quella che ci possa ricondurre alle radici della superficialit, per riprendere da l un cammino non ingenuo alla scoperta delle coordinate necessarie per accogliere unicona. Ecco perch ci soffermeremo innanzitutto sul momento genetico dellautocoscienza cristiana riguardo alle immagini sacre: la controversia iconoclasta, che sconvolse la Chiesa per pi di un secolo (717-843) e segn indelebilmente la fisionomia dellOriente cristiano. A questa controversia vengono normalmente dedicati pochi cenni negli insegnamenti e nei manuali di storia ecclesiastica, e probabilmente essa quasi del tutto assente dalla cultura storica del cristiano medio. Ci non frutto del caso, ma deriva dalla radicale incomprensione che fin dallepoca carolingia la cultura occidentale visse a proposito di un avvenimento la cui portata fu invece ben compresa dai papi del tempo. Tracciare in pochi minuti le coordinate essenziali della crisi iconoclasta (717-843) non certo unimpresa facile: questa controversia durata pi di un secolo - e paragonabile per importanza alla controversia ariana del IV secolo - vede infatti il complicato intrecciarsi di elementi dottrinali, politici e culturali, in unepoca nella quale si consumano vere e proprie svolte capaci di determinare un volto di Chiesa (meglio sarebbe dire: delle Chiese) che nessuna delle parti in campo avrebbe immaginato e tanto meno voluto. Ci muoveremo - con la piena consapevolezza della frammentariet e dellopinabilit delle nostre scelte - in tre direzioni: innanzitutto enunciando i dati storico-cronologici del periodo; in un secondo momento cercando di fornire le linee essenziali della riflessione teologica; da ultimo, evidenziando il ruolo delloccidente cristiano e cercando di indicare le linee di tendenza che ancora oggi fanno sentire il loro peso.
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nella Siria settentrionale, allora sotto il dominio musulmano, negli anni 723-724 il califfo Yazid diede ordine di distruggere non solo le immagini sacre dei cristiani, ma anche tutte le rappresentazioni di esseri viventi. In questo contesto tuttaltro che univoco si colloca il primo atto ufficiale della controversia iconoclasta: nel 726 Leone pubblic un editto che esortava il popolo a non venerare pi le icone, bens ad allontanarle da s, e diede egli stesso lesempio ordinando la rimozione di una famosa icona di Cristo dal portone del palazzo imperiale. Ne segu una sommossa che port alluccisione di alcuni ufficiali incaricati di eseguire lordine del sovrano ma che non fu seguita da unazione repressiva sistematica, tranne che per la punizione dei diretti responsabili dei disordini, mentre lo stesso patriarca Germano, in disaccordo con limperatore, pot restare al suo posto fino al 730. I tentativi dellimperatore di guadagnare Germano alla propria causa non sortirono effetti positivi, e cos si giunse - nel gennaio 730 - alla promulgazione del primo vero editto che proibiva il culto delle immagini: al rifiuto di sottoscriverlo, il patriarca fu deposto e sostituito con Anastasio, cappellano di corte, che per non ricevette da papa Gregorio II - gi avvertito di ci che si stava vivendo a Costantinopoli - il riconoscimento richiesto. Inizi cos la fase acuta della controversia: Leone ordin la distruzione sistematica delle immagini sacre - si tollerava solo la nuda croce - e le fonti contemporanee, la cui attendibilit per discussa, parlano di persecuzioni e uccisioni perpetrate contro gli iconofili. Nel frattempo - morto Gregorio II il nuovo papa, Gregorio III, convoc a Roma un sinodo (731) che scomunic i seguaci della dottrina iconoclasta: si giunse cos ad una grave frattura tra oriente e occidente, che segn unaccelerazione nel progressivo allontanamento (gi in atto per altri motivi) tra Costantinopoli e Roma e nel conseguente avvicinamento di questultima al regno dei Franchi. La reazione di Leone contro il papato fu assai dura: aumento delle tasse e confisca dei possedimenti pontifici in Calabria e Sicilia (allora territori appartenenti a Bisanzio) oltre alla sottrazione alla giurisdizione papale, dal punto di vista ecclesiastico, di tali regioni oltre a Sardegna e Illirico. Fu persino tentata una spedizione navale contro Roma, ma la flotta naufrag nellAdriatico. I successivi dieci anni di regno di Leone furono dedicati al proseguimento della politica iconoclasta. Alla sua morte (740), dopo leffimero regno iconofilo dellusurpatore Artavasde, nel 741 sal al trono il figlio di Leone, Costantino V, che inaspr ulteriormente la contesa: promosse alle sedi vescovili unicamente sacerdoti di fede iconoclasta, scrisse e fece scrivere numerosi trattati contro il culto delle immagini, proib anche le reliquie e le icone della Theotokos e dei santi, ma soprattutto si preoccup di sanzionare la propria dottrina facendo celebrare un concilio a Hieria (quartiere nella parte asiatica di Costantinopoli) nel 754. Questo sinodo vide la partecipazione di 338 vescovi di orientamento filoimperiale, ma non dei legati papali e degli altri patriarchi; si autoproclam santo ed ecumenico e accolse liconoclastia come dottrina dogmatica della chiesa orientale. Cardine della decisione conciliare fu largomentazione secondo cui Cristo non pu essere rappresentato in una immagine senza che si cada nel monofisismo o nel nestorianesimo, e che lunica raffigurazione adeguata del Salvatore lEucaristia. Ottenuta lapprovazione conciliare, Costantino V si dedic a proseguire con rinnovato zelo la sua lotta. Questa fase si distingue per un particolare accanimento contro i monaci, che delliconoclastia erano rimasti - dopo lacquiescenza dei vescovi - i principali oppositori: in un crescendo di crudelt limperatore obblig tutti i sudditi ad un giuramento contro le immagini (761); chi si rifiutava - e furono soprattutto i monaci a farlo - veniva perseguitato, messo alla berlina e persino ucciso. Costantino, forte dellassoluta fedelt dellesercito e di una diffusa indifferenza della popolazione, abol nel 762 labito monastico, confisc i monasteri ed i loro possedimenti, fece bruciare barba e capelli e tagliare il naso ai monaci e giunse persino a proibire le preghiere ai santi. Con la morte di Costantino V (775) la persecuzione degli iconofili (detti anche iconoduli) cominci a diminuire. Suo figlio Leone IV (775-780) adott una politica di maggior moderazione, ma fu solo alla sua morte che con la vedova Irene, divenuta reggente in nome del figlio minorenne Costantino VI dopo aver eliminato il cognato che aspirava al trono, il potere imperiale si orientava di nuovo verso laperto sostegno al culto delle immagini. Limpresa non era per semplice: i successi contro gli invasori barbari e islamici conseguiti da Leone III e Costantino V avevano reso la loro figura molto popolare, legandola alla difesa dellImpero e della sua identit cristiana. Unintera generazione era poi cresciuta nelliconoclastia, e la vita ecclesiastica non si era spenta a motivo dellallontanamento delle immagini dai luoghi di culto. Lazione restauratrice di Irene, pertanto, poteva svolgersi solo con molta cautela e senza infangare la memoria dei predecessori. Cos ella dovette innanzitutto cercare un accordo (che avrebbe dovuto essere sancito 36
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dal matrimonio del figlio Costantino con Rotruda, figlia di Carlo Magno) con i Franchi per fermare lerosione del potere bizantino in Occidente; si dedic poi a favorire la ripresa della vita monastica duramente osteggiata nei decenni precedenti - e intavol trattative con papa Adriano per preparare la celebrazione di un futuro concilio, assolutamente necessario per abolire le risoluzioni del sinodo di Hieria, che si era preteso e da molti era stato accettato come ecumenico. Sempre in vista della convocazione di un nuovo concilio era assolutamente necessario un patriarca che non avesse votato le conclusioni iconoclaste nel 754, come aveva fatto l'arcivescovo Paolo allora in carica. Costui, per, era egli stesso desideroso di favorire una piena riconciliazione allinterno della chiesa e probabilmente era stato il primo a suggerire a Irene lidea di un nuovo sinodo. Fatto sta che nel 784 abdic per ritirarsi in un monastero, lasciando cos allimperatrice campo libero per avviare la successione di Tarasio, un laico che ricopriva un altro incarico a corte e che era stato intelligentemente scelto da Irene, pienamente avvertita di quanto sarebbe stato inopportuno porre sul trono patriarcale un esponente dellancora avversato partito monastico. Superando alcune perplessit legate allordinazione di Tarasio, papa Adriano manifest la sua approvazione per il prossimo concilio nominando due legati che lavrebbero col rappresentato e riservandosi esplicitamente il diritto di confermarne le deliberazioni. Dopo un primo tentativo di convocazione a Costantinopoli - fallito per lopposizione delle truppe fedeli alla memoria degli imperatori iconoclasti - Irene riusc finalmente, trasferendolo con abile mossa a Nicea e circondandosi di truppe a lei fedeli, ad aprire ufficialmente il concilio Niceno II il 28 settembre 787. Al sinodo partecip un ampio numero di vescovi (da circa 250 a pi di 330), affiancato da una folta rappresentanza di monaci e abati, e venne presieduto da Tarasio. Costui seppe condurre i lavori con grande diplomazia, smussando la richiesta del partito monastico di deporre tutti i vescovi che in qualche modo avevano assecondato la politica iconoclasta, e si limit a condannare i prelati che avessero partecipato attivamente alla persecuzione degli iconofili. Il dibattito teologico non fu di un livello particolarmente alto, ed alcuni studiosi definiscono quasi un miracolo il fatto che lhoros, cio la definizione conciliare, sia invece teologicamente ben congegnato e dottrinalmente sicuro. In esso si distingue chiaramente tra la latria (adorazione), che da riservarsi solo alla natura divina, e la timetik proskynesis (devota adorazione) che viene legittimamente tributata alle immagini, intendendola rivolta alla persona sacra che in esse rappresentata. Si dichiara quindi dottrina ortodossa il culto delle immagini e si condanna come eresia liconoclastia, ordinando la distruzione degli scritti che la professano. Le conclusioni del concilio Niceno II ristabilirono dunque la legittimit del culto delle immagini e posero fine ad una lotta durata pi di sessantanni. Non riuscirono per a spegnere del tutto leresia iconoclasta - che covava sotto la cenere, in attesa di tempi migliori - n a pacificare gli animi: particolarmente erano gli ambienti monastici a coltivare un forte scontento motivato dalla moderazione, per loro inaccettabile, di Tarasio nei confronti dei chierici in qualche modo compromessi con lepoca precedente.
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dellimpero dagli attacchi sempre pi insidiosi di Arabi, Slavi e Bulgari; nello stesso tempo emergeva una nuova religiosit, nelle classi umili e negli ambienti legati al monachesimo, che sapeva vivere la devozione alle icone avendo ormai chiari i termini dogmatici del problema ed evitando gli eccessi che avevano preoccupato gli iconoclasti. Da ultimo, gli imperatori della seconda fase della lotta contro le immagini non avevano saputo ripetere i successi militari dei loro predecessori: si arriv cos a convincersi che la fede popolare, ormai chiaramente iconofila, avrebbe rappresentato un elemento di salvezza di fronte al pericolo barbaro. Dopo altri due imperatori iconoclasti, finalmente, nell843 la reggente Teodora permise la deposizione del patriarca Giovanni, attivo contro gli iconofili, e la sua sostituzione con il siciliano Metodio. Costui, in un sinodo costantinopolitano dello stesso anno, restaur definitivamente il culto delle immagini e proclam la prima domenica di Quaresima Domenica dellOrtodossia, solennit che ancora oggi viene celebrata dalla Chiesa dOriente.
Il cristianesimo ha rifiutato la totalit del paganesimo, e quindi non soltanto i sacrifici pagani, ma anche il culto pagano delle immagini. I santi, sebbene siano morti, vivono in eterno con Dio. Se qualcuno tenta di richiamarli in vita con un'arte morta, scoperta dai pagani, si rende colpevole di bestemmia. Chi oserebbe tentare di rappresentare con l'arte pagana la Madre di Dio, che esaltata sopra tutti i cieli e tutti i santi? Ai cristiani, che hanno la speranza della risurrezione, non permesso imitare le usanze degli adoratori di demoni, e recare ingiuria ai santi che risplendono di grandissima gloria, con una vile materia inerte.
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La risposta degli iconofili, definitivamente canonizzata a Nicea nel 787, fu dottrinalmente preparata dal grande teologo delle immagini: San Giovanni Damasceno (675-749). Nato da una importante famiglia cristiana di Damasco, e quindi suddito del califfato musulmano, si dedic al ministero della predicazione dopo essere entrato nel monastero di S. Saba. Importante teologo, ha lasciato molti scritti di grande importanza spirituale e dottrinale. Tra il 726 e il 730 scrisse tre Apologie in difesa delle immagini sacre, che restano i testi fondamentali e insuperati circa la teologia delle immagini. Ne vediamo alcuni passi significativi.
De imaginibus orationes, I,8 ( ... ) perci noi non stiamo pi sotto il pedagogo, ma abbiamo ricevuto da Dio la facolt del discernimento e ben sappiamo che cosa viene raffigurato da un'immagine e che cosa invece non circoscritto da essa. Infatti, dice, non avete visto il suo volto (Gv 5,37). chiaro che, quando tu abbia visto che colui che incorporeo diventato uomo a causa tua, allora farai l'immagine della sua forma umana; quando l'invisibile sia diventato visibile per la carne, allora raffigurerai l'immagine di lui che stato visto; quando colui che nella sovrabbondanza della sua natura senza corpo e senza figura, incommensurabile ed intemporale, quando colui che immenso e sussistente nella forma di Dio, si sia invece ristretto alla misura ed alla grandezza, dopo aver preso la forma di schiavo, e si sia cinto della figura del corpo, allora riproduci la sua forma su di un quadro, ed esponi alla vista colui che ha accettato di essere visto. Di lui riproduci l'inesprimibile condiscendenza, la nascita dalla Vergine, il battesimo nel Giordano, la trasfigurazione sul Tabor, le sofferenze generatrici di immortalit, i miracoli-segni della sua divina natura che furono compiuti con virt divina attraverso la virt del corpo, la croce salvatrice, la sepoltura, la risurrezione, l'ascesa al cielo. Tutte queste cose descrivi con la parola e con i colori. De imag. or., I,16-17 Nei tempi antichi Dio, incorporeo e senza forma, non poteva essere raffigurato sotto nessun aspetto; ma ora, poich Dio stato visto mediante la carne ed vissuto in comunanza di vita con gli uomini, io raffiguro ci che di Dio stato visto. Io non venero la materia, ma il Creatore della materia, che diventato materia a causa mia, nella materia ha accettato di abitare e attraverso la materia ha operato la mia salvezza. Io non la onoro come Dio Ed anche, io dico, noi esponiamo dovunque con mezzi sensibili la figura proprio di lui, l'incarnato Verbo di Dio, e santifichiamo il primo dei nostri sensi (giacch la vista il primo dei sensi) cos come santifichiamo anche l'udito con le parole: l'immagine infatti una memoria. Ci che il libro per coloro che conoscono la scrittura, questo l'immagine per gli illetterati, e ci che la parola per l'udito, questo anche l'immagine per la vista: e a lui noi pensiamo mentalmente. De imag. or., I,21 Noi raffiguriamo Cristo, Re e Signore, senza privarlo delle sue milizie: infatti esercito del Signore sono i santi. Se gli amici di Cristo sono destinati ad essere eredi con Dio, coeredi di Cristo e partecipi della gloria e del Regno di Dio, come essi possono non essere compartecipi della sua gloria sulla terra? Io venero l'immagine di Cristo in quanto Dio incarnato, l'immagine della Madre di Dio, Signora di tutti, quale madre dei Figlio di Dio, e l'immagine dei santi in quanto amici di Dio, i quali fino al sangue hanno combattuto il peccato, hanno imitato Cristo con il versamento del loro sangue per lui, che ha effuso il suo sangue per loro, e sono vissuti seguendo le orme di lui. Di questi io faccio in modo che siano dipinte le nobili azioni e le sofferenze, poich per mezzo di esse io sono condotto alla santit e sono spinto all'ardente desiderio di imitarli. E queste cose io faccio attraverso il rispetto e la venerazione: Infatti l'onore dell'immagine passa al prototipo dice il divino Basilio.
Contemporaneamente agli scritti del Damasceno, anche papa Gregorio II scrisse a Leone III per condannare la sua politica iconoclasta. Ecco un brano della sua lettera (cfr. Denzinger 581):
E dici che noi adoriamo le pietre, le pareti e le tavole di legno. Non affatto cos come tu dici, o imperatore; ma affinch la nostra memoria sia aiutata e la nostra fedelt e la nostra mente inesperta e debole sia guidata ed elevata verso l'alto mediante coloro che questi nomi e queste invocazioni e queste immagini riproducono; e non come se fossero di, come tu dici; questo ben lontano da noi! Infatti non riponiamo la nostra speranza in essi. E se poi un'immagine del Signore, diciamo: Signore Ges Cristo Figlio di Dio, soccorrici e salvaci! E se l'immagine della sua santa madre, diciamo: Santa genitrice di Dio, madre del Signore, intercedi presso il Fi39
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glio tuo, vero Dio nostro affinch faccia salve le nostre anime! Ma se l'immagine del martire diciamo: 0 Santo Stefano, che hai versato il tuo sangue per il Cristo, tu che come protomartire hai la capacit di parlare con franchezza e fiducia, intercedi per noi! E di qualunque martire che ha sofferto il martirio, diciamo cos, innalziamo simili preghiere per mezzo loro. E non , come tu dici, o imperatore, che noi chiamiamo di i martiri.
Da ultimo, riportiamo alcuni brani della definizione (Horos) del Concilio Niceno II, promulgata nellanno 787:
noi intendiamo custodire gelosamente intatte tutte le tradizioni della chiesa, sia scritte che orali. Una di queste riguarda la raffigurazione del modello mediante una immagine, in quanto si accordi con la lettera del messaggio evangelico, in quanto serva a confermare la vera e non fantomatica incarnazione del Verbo di Dio e procuri a noi analogo vantaggio, perch le cose rinviano l'una all'altra in ci che raffigurano come in ci che senza ambiguit esse significano. In tal modo, procedendo sulla via regia, seguendo la dottrina divinamente ispirata dei nostri santi padri e la tradizione della chiesa cattolica - riconosciamo, infatti, che lo Spirito santo abita in essa - noi definiamo con ogni rigore e cura che, a somiglianza della raffigurazione della croce preziosa e vivificante, cos le venerande e sante immagini, sia dipinte che in mosaico o in qualsiasi altro materiale adatto, debbono essere esposte nelle sante chiese di Dio, sulle sacre suppellettili, sui sacri paramenti, sulle pareti e sulle tavole, nelle case e nelle vie; siano esse l'immagine del signore Dio e salvatore nostro Ges Cristo, o quella dell'immacolata signora nostra, la santa Madre di Dio, dei santi angeli, di tutti i santi e giusti. Infatti, quanto pi frequentemente queste immagini vengono contemplate, tanto pi quelli che le contemplano sono portati al ricordo e al desiderio dei modelli originali e a tributare loro, baciandole, rispetto e venerazione. Non si tratta, certo, di una vera adorazione [latria] riservata dalla nostra fede solo alla natura divina, ma di un culto simile a quello che si rende alla immagine della croce preziosa e vivificante, ai santi evangeli e agli altri oggetti sacri, onorandoli con l'offerta di incenso e di lumi secondo il pio uso degli antichi. L'onore reso all'immagine, in realt, appartiene a colui che vi rappresentato e chi venera l'immagine, venera la realt di chi in essa riprodotto Anatemi riguardo alle sacre immagini 1. Se qualcuno non ammette che Cristo, nostro Dio, limitato secondo lumanit, sia anatema. 2. Se qualcuno non ammette che i racconti evangelici siano tradotti in immagini, sia anatema. 3. Se qualcuno non onora queste immagini, [fatte] nel nome del Signore e dei suoi santi, sia anatema. 4. Se qualcuno rigetta ogni tradizione ecclesiastica scritta o non scritta, sia anatema.
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concilio - a carattere locale - di Francoforte (794), riunito per condannare il risorgere delleresia adozionista in Spagna; il secondo canone di tale concilio, tuttavia, ribad la condanna del culto delle immagini:
Il problema stato introdotto al recente sinodo dei Greci sul culto delle immagini, che si tenuto a Costantinopoli. L stato stabilito che quelli che rifiutano di rendere onore e venerazione alle immagini come alla divina Trinit, dovrebbero essere colpiti da anatema. Ma i nostri santissimi Padri, rifiutando fermamente quel culto, le hanno disprezzate e condannate unanimemente.
Si nota qui come lidea che i vescovi franchi si erano fatti delle decisioni di Nicea - complice anche la pessima traduzione degli atti di cui erano in possesso - era tuttaltro che chiara. Circa trentanni dopo si progett - nel quadro delle trattative condotte da Ludovico il Pio e Michele II per ristabilire buoni rapporto tra Franchi e Bizantini - di convocare un nuovo concilio per risolvere la questione, ma la cosa non ebbe seguito. Resta quindi valida, per loccidente, la chiara presa di posizione dei papi Adriano e, successivamente, Eugenio II a conferma della validit ecumenica del Niceno II, mentre non si pu non constatare come la sempre maggiore distanza politica, culturale e teologica tra oriente e occidente abbia impedito un reale approfondimento della teologia delle immagini che portasse alla convergenza delle diverse prospettive esistenti. Loccidente, pur nellaccettazione formale del Niceno II, non seppe pertanto recepire in termini autonomi la ricchezza cristologica e dottrinale cui il dibattito svoltosi in oriente era pervenuto, e ci ha senzaltro influito sulla mancata elaborazione di una teologia delle immagini inculturata nellambito latino. Resta da richiamare come anche il Concilio di Trento, nel Decreto sullinvocazione, la venerazione e le reliquie dei santi e sulle sacre immagini (1563) si rifaccia esplicitamente al Niceno II: nella formulazione tridentina si riconosce - nei termini gi espressi a Nicea - la legittimit della venerazione per le immagini, ma linsistenza soprattutto - ancora una volta - sul loro carattere didattico:
Inoltre le immagini del Cristo, della Vergine madre di Dio e degli, altri santi devono trovarsi e essere conservate soprattutto nelle chiese; ad esse si deve attribuire il dovuto onore e la venerazione, non certo perch si crede che vi sia in esse qualche divinit o potere che giustifichi questo culto o perch si debba chiedere qualche cosa a queste immagini o riporre fiducia in loro, come un tempo facevano i pagani, che riponevano la loro speranza negli idoli, ma perch l'onore loro attribuito si riferisce ai prototipi che esse rappresentano. Dunque attraverso le immagini che noi baciamo e dinanzi alle quali ci scopriamo e ci prostriamo, noi adoriamo Cristo e veneriamo i santi, Tutto questo gi stato sancito dai decreti e dai concili, specie dal secondo concilio di Nicea, contro gli avversari delle sacre immagini. I vescovi insegneranno con molto impegno che attraverso la storia dei misteri della nostra redenzione, espressa con i dipinti e in altri modi, il popolo viene istruito e confermato nella fede, ricevendo i mezzi per ricordare e meditare assiduamente gli articoli di fede; inoltre spiegheranno che da tutte le sacre immagini si trae grande frutto, non solo perch vengono ricordati al popolo i benefici e i doni che gli sono stati fatti da Cristo, ma anche perch attraverso i santi gli occhi dei fedeli possono vedere le meraviglie e gli esempi salutari di Dio, cos da ringraziarlo, da modellare la vita e i costumi a imitazione dei santi, da adorare e amare Dio e esercitare la piet. Se qualcuno insegner o creder cose contrarie a questi decreti, sia anatema. Se in queste pratiche sante e salutari fossero invalsi degli abusi, il santo sinodo desidera ardentemente eliminarli. Pertanto non sar esposta nessuna immagine che favorisca false dottrine e sia per i semplici occasione di pericolosi errori. Se qualche volta verranno raffigurate le storie e i racconti della sacra scrittura, cosa utile per il popolo poco istruito, bisogner spiegare che non si pretende con questo di raffigurare la divinit, come se potesse essere vista dagli occhi del corpo o essere espressa con colori e immagini.
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A. Il fine della vita cristiana: la partecipazione alla natura divina mediante la comunione al mistero della santa Trinit. La monarchia del Padre e la concezione della salvezza secondo leconomia. La Chiesa diffusa in tutta la terra fino alle sue estreme contrade, dagli Apostoli e dai loro discepoli ricevette questa fede: un solo Dio Padre onnipotente creatore del cielo, della terra, del mare e di tutto ci che in essi; un unico Ges Cristo Figlio di Dio incarnatosi per nostra salvezza; lo Spirito Santo che per mezzo dei profeti predisse l'economia di Dio, l'avvento, la generazione verginale, la passione, resurrezione dai morti e ascensione al cielo nella carne del dilettissimo Signor nostro Ges Cristo e la sua venuta dal cielo nella gloria del Padre a ricapitolare ogni cosa e resuscitare ogni membro del genere umano affinch a Ges Cristo Signore nostro, Dio, Salvatore e Re, secondo il beneplacito del Padre invisibile, si pieghi ogni ginocchio dei celesti, dei terrestri e degli inferi e ogni lingua confessi lui (Cf. Fil 2,10s); egli verr a compiere il giusto giudizio di tutti: mander al fuoco eterno gli spiriti iniqui e gli angeli prevaricatori e apostati, gli uomini empi, ingiusti, iniqui e blasfemi; ai giusti invece che osservarono i suoi precetti perseverando nell'amore dall'inizio o dal momento della conversione, doner la vita eterna e l'incorruttibilit circondandoli di luce intramontabile. (Ireneo di Lione, Adversus Haereses I,10,1)
Anchio ti invoco, o Signore Dio di Abramo, di Isacco e Dio di Giacobbe e dIsraele, che sei il Padre del Signor nostro Ges Cristo; o Dio che nellabbondanza della tua misericordia ti compiacesti che noi ti conosciamo, che creasti il cielo e la terra, che tutto domini, unico verso Dio sopra il quale non v altro Dio, concedici mediante il Signor nostro Ges Cristo il regno ancora dello Spirito Santo (Ireneo di Lione, Adversus Haereses III,6,4) Quest'uomo, dunque, fu posto da Dio nel paradiso (qualunque fosse allora il paradiso), e Dio lo onor donandogli il libero arbitrio, affinch il bene fosse appannaggio di colui che lo aveva voluto non meno che di Colui che gli aveva concesso i germi del farlo; lo fece coltivatore di alberi immortali (che sono forse i pensieri di Dio, sia quelli pi semplici sia quelli pi perfetti); l'uomo era nudo a causa della sua semplicit e del suo modo di vivere totalmente privo di ogni artificio, spoglio di ogni rivestimento e di ogni copertura. Cos, infatti, bisognava che fosse colui che era all'inizio. E gli d poi la legge, che la materia su cui doveva esercitare il suo libero arbitrio. La legge era l'ordine di toccare alcuni alberi e di astenersi da altri. Quello da cui doveva astenersi era l'albero della conoscenza: Dio glielo aveva proibito non perch fosse invidioso (non volgano la loro lingua a questo argomento i nemici di Dio, e non imitino in questo il serpente!), ma perch quel frutto sarebbe stato buono se fosse stato colto a tempo debito - l'albero rappresentava la contemplazione di Dio, secondo il mio ragionamento, perch alla contemplazione possono assurgere senza pericolo solamente quelli che sono pi perfetti nella loro condizione di spirito; al contrario, essa non cosa buona per coloro che sono troppo semplici e troppo avidi nei loro desideri, cos come un cibo completo non utile a coloro che sono troppo semplici e si nutrono ancora di latte. Ma poich in seguito all'invidia del diavolo e all'offesa della donna, che da un lato essa sub perch era pi fiacca dell'uomo e dall'altro, gli inflisse, perch pi suasiva di lui ahi, quale debolezza la mia! Mia, infatti, la debolezza del mio progenitore! l'uomo si dimentic dell'ordine che aveva ricevuto da Dio e non pot trattenersi dal gustare quell'amaro cibo, allora fu cacciato contemporaneamente dall'albero della vita e dal paradiso e da Dio a causa della sua malvagit. Si rivest di tuniche di pelle, che sono forse questa carne pi spessa che portiamo, che mortale e resistente, e conobbe come prima cosa la propria vergogna e si nascose agli occhi di Dio. Eppure egli guadagn qualcosa anche in questa occasione, vale a dire la morte e il trovare un termine al suo peccato, affinch il male non fosse immortale: cos la punizione di Dio divenne un beneficio per l'uomo. Io sono convinto, infatti, che questo il modo in cui Dio punisce. E sebbene l'uomo fosse stato ammonito in molti modi, a causa dei suoi molti peccati, che erano cresciuti dalla radice del male con differenti cause e in differenti circostanze; sebbene fosse stato ammonito dalla parola d Dio, dalla legge, dai profeti, dai benefici, dalle minacce, dalle percosse, dal diluvio, dagli incendi, dalle guerre, dalle vittorie, dalle sconfitte, dai segni mandati dal cielo, dai segni mandati dall'aria, dalla terra, dal mare, inattesi sconvolgimenti degli uomini, delle citt, dei popoli - tutti segni, questi, che avevano lo scopo di estirpare il male dall'umanit - alla fine l'uomo ebbe bisogno di una medicina pi efficace per le sue malattie che si facevano sempre pi gravi, e cio gli omicidi, gli adultri, gli spergiuri, la pederastia, l'idolatria, che era il peggiore e il primo di tutti quanti i mali, e l'adorare non il Creatore ma le creature. E poich questi vizi avevano bisogno di un maggior rimedio, ecco che l'ottennero. Questo rimedio fu costituito 42
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dal Logos stesso di Dio: Colui che era prima dei secoli, invisibile, incomprensibile, incorporeo, l'inizio che proviene dall'inizio, la luce che deriva dalla luce, la fonte della vita e della immortalit, l'impronta della bellezza dell'archetipo, l'immobile sigillo, l'immagine immutabile, il termine e la parola del Padre. Questi si muove verso la sua immagine e porta su di S la carne a causa della mia carne e si unisce ad un'anima dotata di ragione a causa della mia anima, purificando la sostanza simile con quella simile. Egli si fa in tutte le cose uomo, tranne che nel peccato; partorito dalla Vergine, che prima era stata purificata dallo Spirito nell'anima e nella carne (bisognava, infatti, che fosse onorata anche la generazione dell'uomo e che un maggior onore ricevesse la verginit): si present come Dio insieme con la carne da Lui assunta, un solo essere formato da due sostanze contrarie, dalla carne e dallo Spirito, l'una delle quali fu fatta divina, l'altra la rese lui stesso divina. Oh inconcepibile mescolanza! Oh inaudita unione! Colui che , nasce, e Colui che non creato, viene creato; Colui che incomprensibile viene compreso, per mezzo dell'anima razionale che fa da intermediaria tra la sua natura divina e la pesantezza della carne. E Colui che arricchisce gli altri diventa mendico; Egli mendica infatti la mia carne, affinch io possa arricchire la sua divinit. E Colui che ripieno di ogni cosa diviene vuoto: si svuota, infatti, per un breve tempo della sua gloria, affinch io possa partecipare alla sua pienezza. Qual questa ricchezza della sua bont? Qual questo mistero che ha me come oggetto? Io ebbi parte all'immagine di Dio, e pure non la conservai: Egli allora prende parte alla mia carne sia per salvare l'immagine sia per rendere immortale la carne. Egli si mette una seconda volta in comunione con l'uomo, e in una comunione molto pi straordinaria della prima, in quanto la prima volta Egli mi fece partecipare alla natura migliore, ora invece Lui che partecipa all'elemento peggiore. Questo fatto pi divino del primo; questo pi sublime dell'altro, per coloro che hanno senno. Cosa replicano a queste considerazioni i malvagi, i rigorosi contabili della natura divina, gli accusatori di fatti cos splendidi, quelli che sono pieni di tenebre quando parlano della luce, che sono ignoranti quando parlano della Sapienza, quelli per i quali Cristo morto inutilmente, le creature ingrate, gli esseri plasmati dal Malvagio? Questo tu rimproveri a Dio, i suoi benefici? Per questo Egli sarebbe meschino, perch si fatto umile per causa tua? Perch il buon pastore, il pastore che d la vita per le sue pecore, andato dalla pecora smarrita sui monti e sui colli sui quali tu sacrificavi e l'ha trovata che andava errando? E dopo che l'ebbe trovata se la pose sulle spalle, su quelle spalle su cui pose anche la croce, la prese e la port in alto verso la vita superna e, dopo averla portata, la un a quelle pecore che non si erano allontanate dal gregge? Perch accese la lucerna, cio la sua carne, e spazz la sua casa, purificando il mondo dal peccato, e si mise a cercare la dracma, cio l'immagine regale che era stata sepolta insieme alle passioni, e chiam attorno a S tutte le potenze sue amiche perch aveva trovato la dracma e le fece partecipi della sua allegrezza, quelle che aveva iniziato alla sua economia? Per il fatto che come luce splendidissima segue la luce che lo precede, e Lui che Logos vien dietro alla voce, e Lui che lo sposo vien dietro al pronubo, il quale prepara per il Signore un popolo eletto e per mezzo dell'acqua purifica preliminarmente per condurre poi allo Spirito? Questo tu rimproveri a Dio? Per questo motivo tu immagini che sia inferiore, perch si cinge di un asciugamano e lava i piedi dei suoi discepoli e mostra che l'umilt la strada migliore per giungere alla sublimit? Perch si fa umile a causa dell'anima che era piegata a terra, in modo da poter portare in alto con S quell'essere che si volgeva verso il basso a causa del peccato? E allora perch non lo rimproveri del fatto che mangia insieme con i pubblicani e a casa dei pubblicani e insegna ai pubblicani, per poter guadagnare qualcosa anche Lui? E che cosa precisamente? La salvezza del peccatore: a meno che non si accusi anche il medico per il fatto che si piega sulle malattie e sopporta il fetore per ridare la salute ai malati e non si accusi colui che, per i suoi sentimenti di bont verso gli uomini, si piega sulla fossa per salvare, come prescrive la legge, la bestia da soma che vi caduta dentro. (Gregorio di Nazianzo, Orazione 38 sul Natale, 12-14) Creato a immagine di Dio, destinato a essere deificato realizzando la somiglianza in se stesso, l'uomo si allontanato da questa via. Ma colui che ha dato la sua immagine si fatto uomo, nascendo dallo Spirito Santo e dalla Vergine Maria, passando oltre il concepimento carnale nel peccato: egli riunisce cos le nature divina e umana nella sua ipostasi. divenuto l'uomo Ges, con la sua individualit propria, ma ha assunto tutta l'umanit attraverso questa natura, essendo il nuovo Adamo, l'uomo integrale, e le sue opere valgono per la condizione umana tutta intera. Nel corso della sua vita terrestre, egli ha manifestato l'uomo vero e perfetto, avendo fino alla fine, fino alla morte di Croce, obbedito alla volont di Dio, alla quale ha reso conforme la sua volont umana; egli ha cos elevato la sua umanit alla dignit superiore dell'immortalit e della spiritualit. Attraverso le sue sofferenze spirituali (Getsemani) e corporali (la Croce) ha portato tutto il peso del peccato umano e dell'abbandono da parte di Dio, ha recato al Dio della giustizia il sacrificio di misericordia, ha riscattato il nostro peccato e ci ha riconciliato con Dio... 43
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Cos, la salvezza universale consiste nella deificazione della natura umana, e la salvezza personale nell'assimilazione di questo dono attraversano l'ascesi personale, perch la deificazione non un'azione fisica o magica esercitata sull'uomo: essa un'opera di grazia interiore all'uomo, effettuata con la partecipazione della sua libert e non al di fuori di lui. la vita in Cristo realizzata dallo Spirito Santo. Lo sforzo dell'uomo vi concorre misteriosamente con il dono della filiazione divina, con la potenza di deificazione. Questo sforzo deve mobilitare tutto l'uomo e non alcune delle sue parti soltanto: si compie attraverso l'evento elevato della fede, che certifica all'uomo la sua redenzione nel sangue di Cristo e la sua riconciliazione con Dio; si compie anche attraverso le opere, attraverso la vita, che il frutto naturale della fede ed anche la sua via, la via della fede: "La fede senza le opere morta". La fede e le opere rappresentano la parte che prende l'uomo alla sua propria edificazione per la potenza di Cristo; esse realizzano la somiglianza di Dio con la virt della sua immagine di Dio restaurata, la quale Cristo (S. Bulgakov [1871-1944], LOrtodoxie. Essai sur la doctrine de lglise, Lausanne 1980, 121-122) Il passo dei credenti verso il terzo millennio non risente affatto della stanchezza che il peso di duemila anni di storia potrebbe portare con s; i cristiani si sentono piuttosto rinfrancati a motivo della consapevolezza di recare al mondo la luce vera, Cristo Signore. La Chiesa annunciando Ges di Nazareth, vero Dio e Uomo perfetto, apre davanti ad ogni essere umano la prospettiva di essere divinizzato e cos diventare pi uomo. E' questa l'unica via mediante la quale il mondo pu scoprire l'alta vocazione a cui chiamato e realizzarla nella salvezza operata da Dio. (Giovanni Paolo II, Incarnationis mysterium 2 29/11/1998) Ges l'uomo nuovo (Ef 4,24; cfr Col 3,10) che chiama a partecipare alla sua vita divina l'umanit redenta. Nel mistero dell'Incarnazione sono poste le basi per un'antropologia che pu andare oltre i propri limiti e le proprie contraddizioni, muovendosi verso Dio stesso, anzi, verso il traguardo della divinizzazione, attraverso l'inserimento in Cristo dell'uomo redento, ammesso all'intimit della vita trinitaria. Su questa dimensione soteriologica del mistero dell'Incarnazione i Padri hanno tanto insistito: solo perch il Figlio di Dio diventato veramente uomo, l'uomo pu, in lui e attraverso di lui, divenire realmente figlio di Dio. (Giovanni Paolo II, Novo millennio ineunte 23 6/1/2001) Natus est nobis hodie Salvator; et ideo hodie omni mundo sol verus exortus est. Deus homo factus est, ut homo Deus fieret: et ut servus in dominum verteretur, formam servi Dominus accepit. Habitavit in terris habitator caelorum, ut homo habitator terrae habitaret in coelis. (S. Agostino, Sermo 371 de nativitate domini) E nato oggi per noi il Salvatore. E sorto pertanto oggi su tutto il mondo il vero sole. Dio si fatto uomo perch l'uomo si facesse Dio. Perch il servo si cambiasse in padrone Dio prese la condizione di servo. Abit sulla terra l'abitatore dei cieli perch l'uomo abitatore della terra potesse trovar dimora nei cieli.
...Per questo Egli volle essere un bambinello, per questo volle essere un fanciulletto, affinch tu potessi diventare un uomo perfetto; egli fu stretto in fasce, affinch tu fossi sciolto dai lacci della morte; egli nella stalla, per porre te sugli altari; egli in terra, affinch tu raggiungessi le stelle; egli non trov posto in quell'albergo, affinch tu avessi nei cieli molte dimore. Da ricco che era, sta scritto, si fatto povero per voi, affinch voi diventaste ricchi della sua povert. (Ambrogio, Expositio evangelii secundum Lucam II, 41 passim)
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