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Jean Leclercq il monaco che sapeva far rivivere i testi Citiamo anche un altro brano della stessa lettera che sta a indicare la stima di Gilson per Leclercq: Leggendo i suoi preziosi rilievi sui metodi di composizione letteraria del santo, ho creduto di capire una delle ragioni del ricordo entusiasta che i suoi alunni di Toronto hanno conservato del vostro insegnamento. Salvo errore da parte mia, oggi non c' se non lei a sapere quelle cose; grazie che ce le insegna: anche quando non fa altro che indicarci che le potrebbe insegnare, rende un egregio servizio. Il grande merito di Jean Leclercq nei confronti di san Bernardo certamente l'edizione critica delle opere (Sancti Bernardi Opera, I-IX, Roma, Editiones cistercienses, 1957-1998), dopo decenni di lavoro improbo, ma anche entusiasmante e non privo di imprevisti e di peripezie, da lui rievocate con humour nelle sue Memorie. I limiti che possa avere non scalfiscono minimamente il fatto che essa sia ora disponibile e sia l'indispensabile ed eccellente strumento per le multiformi ricerche sull'abate di Clairvaux, come lo tutta una splendida e preziosa serie di studi di vario genere dello stesso Leclercq, suscitati e stimolati dal lavoro dell'edizione e raccolti ora nei cinque bei volumi dal titolo: Recueil d'tudes sur saint Bernard et ses crits (Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1962-1992), nei quali, accompagnata da tutta un'ampia erudizione, ritroviamo la fisionomia spirituale, la storia, le vicissitudini, la teologia, il gusto estetico e artistico di uno dei santi e dei dottori pi geniali della Chiesa, e forse, io credo, il suo scrittore pi raffinato. L'opera e i meriti di questo illustre e notissimo monaco solesmense non si limitano, tuttavia, all'edizione degli scritti di Bernardo. Ho gi accennato che, grazie alle minute e infaticabili ricerche di testi e di vocabolario, alle intuizioni, alla genialit, al fine gusto letterario, al fiuto storico e spirituale di Jean Leclercq, tutta una popolazione monastica stata richiamata dalla dimenticanza e dalla polvere del medioevo e riportata alla luce a mostrare tutto il suo messaggio ancora valido e suggestivo, e a riprendere vita. Si applica certamente anche a lui, quello che egli dice di Gilson: Era il pensatore che, partendo (...dal) materiale documentario, faceva rivivere degli uomini; Aveva la capacit di leggere i testi con stupore. In particolare, Jean Leclercq va ricordato per avere, se non inventato, certo accreditato l'espressione teologia monastica, da taluni aspramente contestata, da altri acriticamente e superficialmente elogiata e applaudita; di fatto, credo, se ben intesa, valida e illuminante, anche se, come tale, l'espressione teologia monastica, secondo la stessa confessione di Leclercq, venne da lui stesso lasciata cadere: Espressione scrive in una sua lettera che non uso pi, mai. La lascio correre. Osservava Leclercq a proposito della Thologie mystique de saint Bernard: Prima di Gilson san Bernardo era ammirato, ma non veniva seriamente considerato dai teologi. Lo si riteneva un "autore devoto", nulla pi. Ora un grande universitario laico scopre e mostra che possiede una dottrina, e fa apparire il termine teologia nel titolo di un libro che lo riguarda (...) Ci si accorse allora che c' in san Bernardo un'autentica dogmatica. La scolastica ricorre alla speculazione. Essa procede per astrazione; la teologia monastica fondata sull'esperienza: essa essenzialmente concreta. Chi volesse seguire da principio e da vicino, minuziosamente, la vita movimentata di Jean Leclercq e seguire le peripezie di questo monaco che ci appariva insieme profondamente libero e intimamente obbediente, umile e tenace, accogliente e distaccato, claustrale e viandante dispone felicemente delle sue avvincenti Memorie, gi ricordate.
Jean Leclercq il monaco che sapeva far rivivere i testi Non senza riluttanza Jean Leclercq aveva ceduto alle amichevoli insistenze di chi e fu il sottoscritto lo invitava a stendere le sue memorie. D'altra parte, con la conoscenza della biografia degli autori, anche le loro opere ricevono maggior comprensione, ritrovano pi evidentemente la loro paternit, il luogo concreto della loro nascita e della loro elaborazione, e in certo modo la loro identit e il loro volto. Cos, lette le memorie di Jean Leclercq, ci dato di conoscere le occasioni, gli stimoli, le necessit da cui sono sorti, e le vicissitudini che hanno accompagnato i suoi scritti, e quindi pi immediatamente se ne avvertir lo spirito. Non si tratta di una biografia, o del racconto di altri su di lui, ma appunto di memorie, che d'altronde non sono n un diario n un'autobiografia con la precisione cronologica che questi generi letterari esigono, ma una raccolta di ricordi, di avvenimenti e di figure, via via impressi nell'anima di Leclercq, riaffiorati a comporre un florilegio di grazie, secondo il titolo delle Memorie: Di grazia in grazia (Milano, Jaca Book, 1993). Veramente l'ansia per la pubblicazione di quei ricordi non fu mai del tutto allontanata. Ancora qualche settimana prima che apparissero in edizione italiana che la loro prima e originale edizione confidava a chi aveva insistito perch le continuasse e le portasse a termine: A misura che si avvicina la pubblicazione delle mie Memorie, sento un'apprensione (e) confusione, all'idea di parlare di me. Senz'altro Leclercq parla di s, ma non per soffermarsi a s. Ha chiamato la sua vita appunto una successione di grazie: fatte a lui, certamente, ma per suo tramite noi possiamo ammirare le grazie fatte alla Chiesa: Ci che ha segnato la memoria sono state soprattutto le fasi della vita della Chiesa che mi stato dato di attraversare. Il percorso incomincia dalle gioie di un inizio a Clervaux. Sullo sfondo di una natura ricca di doni e di un'adolescenza gi coltivata e raffinata, capace di gioire e di godere, appare il giovane Jean Leclercq nel suo affacciarsi alla vita monastica: vi si inizia con passione e con vivacit; con impegno, non discompagnato dall'arguzia e dalla capacit di divertirsi, e di divertire; con l'ascolto di maestri, che sempre distinguer dai professori; e con i primi e fondamentali contatti con i grandi testi della tradizione cristiana assimilati intimamente insieme alle pi educative espressioni della spiritualit contemporanea. L'intento di questi studi non era il raggiungimento del traguardo di un monachesimo intellettuale: Desideravo essere monaco, e nulla di pi (...) Non volevo fare degli studi n diventare prete (...) Lo sono diventato, senza vocazione, per un gioco delle istituzioni. Non sarebbe mai stato un erudito puro, con un codice al posto del cuore, e nel senso che avrebbe letto velocemente Dio mi ha fatto veloce e di tutto, soddisfacendo l'esuberanza e la curiosit, nel bel senso del termine, della sua natura, in ogni caso inclinata al sapere, ma non a quello che si esaurisce nell'astratto. La predisposizione di Leclercq all'estetica e la coltivazione della musica estetica e musica che ben distingueva in liturgia dallo sfarzo lo faranno guida ineguagliabile nell'illustrare e nel far percepire la bellezza delle opere di san Bernardo; non solo, ma lo renderanno scrittore di pagine e di interi libri raffinati e luminosi, ed esalteranno la sua mirabile prerogativa di far rivivere con rapidit e rara finezza, e con redazioni nelle condizioni pi impensabili, gli autori ritrovati grazie a un fiuto tutto suo. 3
Jean Leclercq il monaco che sapeva far rivivere i testi Ha scritto: La filosofia non saziava la mia fame. Questa sar saziata da altre sorgenti, dalle altre cose belle che sono al mondo (Valry), compresa la letteratura, la poesia, il teatro, cos che non sorprender il senso di completezza e di variet che si avvertono in lui e nei suoi scritti. La formazione di Leclercq consistita in un processo di liberazione interiore, di discernimento tra l'essenziale e il contingente, da cui sono venuti la seriet e la giovialit, la condivisione e il sorriso, l'assenza di acredine, il disincanto e il gioco che lo distinguevano. Egli ha passato gran tempo dei suoi lunghi anni tra i libri, ma non nella rinuncia alla vita e ai suoi avvenimenti, a cui ha partecipato intensamente, muovendosi in essi con disinvoltura, e talora non senza divertita estrosit. Non saranno i manuali a formarlo, ma la lettura di grandi opere, come quelle di Newman, e un geniale benedettino come Stolz, che non ripeteva la teologia, ma la riattingeva alle sue fonti. Saranno decisivi per lui gli anni fervidi della preparazione scientifica, della conoscenza diretta dei manoscritti alla Biblioteca Nazionale, dei primi saggi e della tesi. A Parisius-paradisus avr la possibilit e l'agio di infinite relazioni e occasioni alla cole des Hautes Etudes, allInstitut Catholique, al Collge de France ; incontrer Bloch, Lavelle, Valry, Le Bras, Lebreton, De Lubac, De Montcheuil, Maritain e specialmente Gilson, che a partire dal materiale documentario faceva risuscitare degli uomini, come a sua volta sapr fare Leclercq. Merita grande riconoscenza Gilson per quella indicazione data al giovane studioso: abbiamo, cos, potuto riavere e ammirare un mondo per lo pi ignoto o emarginato, lasciatoci dall'unione appunto dell'amore delle lettere e del desiderio di Dio, e gustare una quantit innumerevole di saggi e di opere che in Italia troviamo soprattutto edite presso Jaca Book. Entrato a far parte dell'ordo octogenariorum e tornato a Clervaux, non pot pi viaggiare, ma non stette per questo in ozio, se per ozio si intende uno sterile e inconcludente sperpero di tempo. Infatti, non cess di lavorare, di coltivare l'amicizia, che gli stata sempre a cuore, come ai monaci medievali, alimentandola con una sempre premurosa corrispondenza; conservo come un prezioso tesoro un centinaio di sue lettere. Una copiosa scelta del suo immenso epistolario gi apparsa, accuratamente commentata Lettere di Dom Jean Leclercq (1911-1993) (Cesena, Badia di Santa Maria del Monte, 2000) e la si legge con vero godimento. Vi troviamo la descrizione spesso minuta dei suoi viaggi di ricerca o di insegnamento, delle sue peripezie e avventure, inattese talvolta e buffe, dei suoi incontri, gradevoli o spiacevoli, delle sue reazioni e giudizi, qua e l taglienti, dei suoi interessi e dei frutti dei suoi studi, dei suoi entusiasmi e delle sue delusioni, dei suoi gusti, dei paesaggi che lo incantavano, dei costumi che stimolavano la sua curiosit e simpatia. Vi si incontra il narratore di razza e l'osservatore penetrante, che ci offre pagine segnate dai tratti dell'eleganza, della franchezza, della cordialit, non raramente dell'arguzia, piene di vivacit e di colore, di humour e di accenti lirici che sembrano degli acquarelli e che meriterebbero di figurare tra i classici racconti di viaggio. Nel febbraio del 1990 era morto padre Chenu; il 21 marzo seguente Leclercq mi scriveva: Adesso padre Chenu vede. Penso che non potr ancora viaggiare mi diceva in lettera qualche tempo prima di morire , se non per il grande Viaggio verso Dio che avvenne il 27 ottobre 1993. Che il Signore mi dia la forza mentre aspetto la Fine (...) tempo di andare a vedere, a vederLo. 4