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La citt e i re
La prima citt prende dunque forma entro una rete di poteri fragile, fluida, ma ben delineata: il culto, le armi, il popolo, la propriet della terra. Al centro vi era una mentalit aristocratica. Intorno alle pratiche magico-religiose dei sacerdoti, e con le imprese dei condottieri a capo del popolo, prese forma la pi antica dimensione unitaria della citt. La socializzazione attraverso i legami di clan (e non tramite circuiti politici di un corpo civico) e la differenziazione aristocratica marcarono indelebilmente la citt nel suo sviluppo. La pi remota struttura di potere da identificare nella storia della citt una specie di meccanismo unico re-sacerdoti: la chiave di tutta let pre-etrusca di Roma. Oltre le figure del re e dei sacerdoti, la Roma pi arcaica aveva visto emergere, intorno ai legami tra il popolo, anche linizio di una trama istituzionale, che per dovette for marsi successivamente alla fondazione della citt. Si pu identificare i punti salienti in due elementi. Il primo in unassemblea di notabili, costituita dai padri a capo delle popolazioni pi importanti. Era il nucleo del successivo senato. Il secondo era invece rappresentato dalla presenza di una specie di reticolo distributivo che divideva lintera popolazione maschile della citt in tre trib (i RAMNES, i TITIES e i LUCERES), ognuna di esse, a sua volta, frazionata in dieci unit. Queste formavano le trenta curie, la cui convocazione congiunta dava vita a una riunione in seguito nominata comizio curiato, soprattutto con funzioni rituali. Nel sento secolo si assiste allemergere del primo cittadino: con il grande periodo etrusco. Il meccanismo unico re-sacerdoti comincia a perdere peso: il nuovo equilibrio si sposta ora sullasse non mistico ma propriamente politico fra re e d esercito.
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La riforma serviana
Tarquinio Prisco , succeduto ad Anco Marcio, elev il numero dei senatori portandolo da duecento a trecento. Lo scopo sembrava quello di creare un gruppo certamente favorevole al nuovo monarca. Sembra che Servio abbia deciso unulteriore suddivisione della cittadinanza ripartendola in trib territoriali, di cui quattro urbane e altre extra-urbane: dividere i cittadini in base alla localizzazione degli immobili di loro propriet. Queste trib dovevano funzionare come distretti di leva e curare lesazione dei tributi direttamente dai singoli cittadini. Avvenne la trasformazione delladunata dei militari per centurie in una vera e p ropria assemblea politica: non sarebbe stato possibile escludere a lungo dalla partecipazione dellesercizio del potere pubblico, quei cittadini che pur sostenevano le spese, le fatiche, i lutti di guerra.
Verso la Repubblica
Con i nuovi legami politici tra i cittadini-soldati dellesercito centuriato, il potere supremo non poteva non risultare modificato. La tradizione riferisce che fu il patriziato a scacciare Tarquinio il Superbo: il suo regno avrebbe assunto un carattere tirannico, avendo governato contro la volont del popolo e del senato. Tito Livio narra che, a seguito dello spostamento dellultimo monarca, la creazione dei primi consoli sarebbe avvenuta, nel comizio centuriato, in corrispondenza alle regole stabilite in certi commentari scritti dallo stesso Servio Tullio.
Charles-Louis de Secondat, teorico del costituzionalismo moderno, nel suo capolavoro, lo Spirito delle leggi (1748), sostiene ch, in Roma, il passaggio dal regno alla repubblica avrebbe cambiato la forma del governo, ma non il carattere della societ: lo spirito del popolo romano sarebbe rimasto integro e per questo il cambiamento avrebbe determinato un miglioramento e consentito a quella piccola comunit di sottomettere quasi tutto il mondo antico, almeno in base alla dimensione geografica. Montesquieu scrive: il governo di Roma fu straordinario, in quanto, sin dallorigine, sia per lo spirito del popolo che per la forza del senato o lautorit di certi magistrati, la sua costituzione rese sempre possibile leliminazione di ogni abuso di potere. Per lui la decadenza della repubblica romana sarebbe causata dalla rottura di questo equilibrio, quando, nel corso del primo secolo a.C., il potere non fu pi conferito, con distribuzione e successione regolare, a numerose magistrature, ma accentrato nelle mani di uno solo o di pochi. Inoltre dice che il popolo romano, fin quando vide sfilare tanti personaggi, non si abitu mai a nessuno di loro. In questa visione c la teoria della divisione dei poteri, che garantirebbe un governo libero, cio un governo moderato (nel quale non si abusa del potere) e quello in cui il potere arresta il potere.
Per quanto riguarda il racconto tradizionale, una delle ipotesi avanzate che, nel quadro generale della fine della potenza etrusca certamente registrata sul finire del sesto secolo a.C., al monarca si sia piuttosto sostituito un MAGISTER POPULI (dittatore), aiutato da un magistrato in sottordine, comandante della cavalleria. Da questa coppia, a collegialit diseguale, avrebbe poi avuto origine la coppia consolare a collegialit eguale. Altri hanno pensato alla denominazione dei PRAETORES (pretori), derivata dalla loro funzione di comandanti militari; ed ha collegato tale nominazione con la notizia dellesistenza di un PRAETOR MAXIMUS (dittatore), cos pervenendo a supporre che, prima della coppia consolare, vi sia stata una coppia di PRAETORES-CONSULES (pretori-consoli), a collegialit diseguale. E stato ipotizzato
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che i pretori potessero essere pi di due, altrimenti uno solo veniva dato il titolo di MAIOR, almeno tre. Unipotesi attendibile che si sostitu, per contrappasso, nella titolarit del potere gi del monarca etrusco, una coppia di magistrati temporanei, indicati dall oligarchia patrizia, e la cui nomina era poi approvata dal popolo inteso pi come esercito schierato che vera e propria assemblea.
territoriali. Con ci si toglieva ai patrizi la possibilit di manovrare, grazie al voto dei loro clienti, lelezione dei tribuni.
eletto al consolato Lucio Sestio (il primo console plebeo). La plebe minacci una nuova secessione se i patrizi non avessero riconosciuto la validit delle elezioni, e cos i due ordini si accordarono: i patrizi concessero che uno dei due consoli fosse plebeo, i plebei che fosse creato un nuovo magistrato preso dallordine patrizio, il pretore a cui fu data la funzione di amministrare la giustizia in citt. Il senato decise di celebrare laccordo con i grandi giochi: gli edili plebei si sarebbero rifiutati di assumersene lonere, e di fronte alla disponibilit manifestata dai giovani patrizi, il senato avrebbe disposto di due edili patrizi. Il pareggiamento tra patrizi e plebei si manifest, pi tardi, anche sul piano dei sacerdozi. Il numero dei pontefici fu portato da quattro a otto e da quattro a nove quello degli auguri, con un plebiscito del 300 a.C.
Le magistrature repubblicane
Ai magistrati era assegnata la titolarit, e lesercizio, del poter del popolo romano. a) I consoli. Erano i magistrati supremi della repubblica. Eletti dai comizi centuriati, duravano in carica un anno Secondo Pomponio competeva ai consoli di provvedere alla repubblica al massimo grado: il loro potere comprendeva ogni prerogativa necessaria al govern o della citt. Il console era titolare del potere, che gli assicurava una potest di comando indefinita, per con dei limiti: la titolarit assegnata a due consoli; lannalit; lappello al popolo; il veto tribunizio; la creazione di altri magistrati cui si davano singoli poteri che erano gi nel potere consolare. Il potere consolare si manifestava a pieno in funzione della guerra: ordinavano la leva militare, nominavano gli ufficiali, prelevavano dallerario, conducevano gli eserciti,punivano i subordinati. Il potere in funzione del governo cittadino, gli permetteva di riunire e presiedere le assemblee popolari e il senato, di far proposte a entrambi questi consessi, di curare
lesecuzione delle decisioni prese, di disporre il prelievo tributario. Inoltre s pettava al console di creare il dittatore. Il consolato era una magistratura collegiale: i consoli avevano ugualmente la titolarit del potere, che spettava a ciascuno dei due per intero e quindi poteva essere esercitato da ciascuno separatamente dallaltro, salvo il veto preventivo di questultimo. b) I censori. Si occupavano di tutti gli affari pubblici. Allinizio i consoli si occupavano anche del censimento, poi non furono pi in grado di farlo, e quindi vennero creati i censori. Essi erano eletti dai comizi centuriata ogni cinque anni e duravano in carica fino allesaurimento delle loro funzioni , comunque non oltre diciotto mesi, in base a una LEX AEMILIA DE CENSURA MINUENDA del 434 a.C. non erano titolari di potere; e dovevano quindi ricorrere ai consoli dove cra la necessit di imporre. Le operazioni del censimento erano disciplinate, nello svolgimento, dai censori stessi con la LEX CENSENDI; e si chiudevano con una cerimonia religiosa nominata LUSTRATIO (purificazione). I censori non si limitavano a registrare le dichiarazioni dei cittadini riguardo alla composizione delle famiglie e dei patrimoni, ma in base ai dati raccolti essi provvedevano a distribuire i padri delle famiglie nelle diverse centurie dellordinamento centuriato e nelle diverse trib dellordinamento tributo. Liscrizione del singolo cittadino alluna o laltra trib o centuria non era indifferente, ma incideva direttamente sui diritti politici dello stesso, misurandone la capacit di contribuire alla formazione dellindirizzo politico del governo della repubblica. In questa distribuzione della cittadinanza, in centurie e trib, i censori godevano di una certa discrezionalit. Essi potevano anche valutare di attribuire il cittadino a una centuria o a una trib meno qualificate: cos il voto di quel cittadino avrebbe contato meno, addirittura nulla ai fini della maggioranza e quindi lapprovazione di una certa deliberazione. Ai censori spettava anche la cura del settore economico-finanziario della repubblica, provvedendo in ordine alle entrate e alle spese. Disciplinavano, tramite capitolati, gli appalti per la riscossione delle imposte e per la costruzione e la manutenzione delle opere pubbliche. c) Il dittatore. Pomponio dice che la dittatura sarebbe stata creata nella prima met del quinto secolo a.C., per necessit di ordine militare, a causa delle numerose guerre che Roma dovette combattere. Al dittatore si conferiva il potere supremo, in quanto nei suoi confronti non era concesso di appellarsi al popolo. Questo potere on poteva durare pi di sei mesi. Accanto al dittatore cera il comandante della cavalleria: un magistrato nominato dal dittatore, al quale restava subordinato e la cui carica coincideva con quella del dittatore. Il dittatore non veniva eletto, ma nominato da uno dei consoli, di solito su autorizzazione senatoria. Tutti dovevano obbedire al potere supremo, anche gli stessi consoli. Nella dittatura si vede come lidea romana per la quale il supremo potere, nella repubblica come nella famiglia, on deve essere frazionato.
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Nel 217 a.C., mori entrambi i consoli, la regola della nomina consolare venne sovvertita: Quinto Fabio massimo fu eletto dittatore. Venne fuori un processo di snaturamento che port al non uso di questa magistratura. d) I tribuni della plebe. Eletti dai concili tributi della plebe, duravano in carica un anno. I loro poteri potevano esercitarsi solo a Roma: erano obbligati a non allontanarsi dalla citt. I tribuni mantennero integro la funzione di divieto dellazione pubb lica espressa negli atti di esercizio dei poteri della comunit cittadina e dei suoi rappresentanti. Cos attraverso il veto, il tribuno era in grado di proibire qualsiasi atto dei magistrati della repubblica. Potevano intercedere anche contro le deliberazioni del senato; e addirittura opporsi allesecuzione delle sentenze giudiziarie. Dallinviolabilit della loro persona e della loro attivit, deriv ai tribuni la cosiddetta il potere supremo di reprimere (SUMMA COERCENDI POTESTAS), cio di promuovere processi criminali; di eseguire le sentenze capitali, di sequestrare beni ecc. I tribuni cessarono di essere dei capi rivoluzionari dopo il pareggiamento tra patrizi e plebei, collocandosi a fianco della nobilt patrizio-plebea al governo della repubblica. Cos essi aggiunsero alla facolt di convocare e presiedere lassemblea della plebe, nel corso del terzo secolo a.C., quella in confronto dellassemblea senatoria. Il veto e la repressione divennero strumenti disponibili dalla nobilt, assicurando cos il pi efficace controllo del pubblico potere. e) Il pretore. La tradizione riferisce che il pretore urbano sarebbe stato creato per compensare i patrizi della perdita del monopolio in ordine alla titolarit della magistratura suprema. Ad esso gli venne data una funzione tecnica qual era la giurisdizione civile. Il pretore era un magistrato maggiore eletto dai comizi centuriati, ed era titolare di un potere non diverso da quello dei magistrati supremi, anche se egli era subordinato. Aveva pertanto liniziativa legislativa. Durava in carica un anno. Le principali funzioni giudiziarie dei pretori nelle questioni civili, consistevano nel dare un giudizio. Era solo nel caso delle interdizioni, che decidevano in maniera sommaria. I procedimenti davanti al pretore erano tecnicamente detti essere in iure. Accanto al pretore urbano, siccome non poteva occuparsi anche di tutti gli stranieri che arrivavano nella citt, si cre un altro pretore nominato peregrino perch esercitava la giurisdizione sugli stranieri. f) Gli edili. Dopo il 367 a.C., esistevano a Roma due coppie di edili, la curule, riservata ai patrizi, e quella plebea. Alla fine le funzioni era pressoch identiche: attenevano alla sorveglianza della citt, al controllo dellapprovvigionamento alimentare e dei prezzi , allorganizzazione dei giochi pubblici. I due edili inoltre erano titolari anche di una limitata giurisdizione in base alle controversie che si presentavano nei mercati. g) Magistrature minori. La pi importante la questura, come aiuto dei consoli per quanto riguardava allamministrazione del denaro pubblico. In la col tempo vennero istituiti
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specifici questori provinciali per aiutare i governatori, sempre nel settore economicofinanziario. Altri magistrati furono i quattuorviri per la cura delle vie, i triumviri, detti MONETALES, per il conio delle monete, i triumviri capitali addetti alla custodia del carcere pubblico e allesecuzione delle sentenze capitali.
Le assemblee popolari
Lidea di fondo era che il popolo, inteso come ordine a se stante, fos se in una situazione di minorit, e dovesse star soggetto allindirizzo e al controllo di altri organi e degli stessi cittadini pi abbienti. a) Comizi centuriati. Lassegnazione dei cittadini alle centurie continuava a esser operata in base allammontare dei patrimoni, che gi nel terzo secolo a.C., dovevano essere valutati in denaro. Secondo Livio, al vertice dellordinamento centuriato cerano le diciotto centurie di cavalieri, dove venivano distribuiti i cittadini pi ragguardevoli. Dopo venivano i centosessanta centurie di fanti. A queste i cittadini erano assegnati in vario numero a seconda della loro appartenenza a una o allaltra delle cinque classi di censo, nelle quali erano stati inseriti dai censori, in base alla loro ricchezza. Livio aggiunge che il suffragio non era dato comunemente a tutti con lo stesso valore, ma dipendeva dalla centuria del votante. Ogni voto del cittadino contribuiva a determinare la maggioranza della centuria di appartenenza. Lordine della chiamata alla votazione rispettava lordine del censo: i cavalieri, i cittadini di prima classe. Se cera subito laccordo non si chiamavano nemmeno quelli delle classi inferiori. I comizi centuriati potevano essere convocati solo da magistrati titolari di potere. Si convocavano per emanare una legge o una sentenza criminale o per nominare i magistrati maggiori. b) Comizi tributi. Nuova assemblea politica. Prima del 312, alle trib territoriali partecipavano solo gli assegnatari di un fondo. Comprendevano sia patrizi che plebei, distribuiti in trentacinque trib territorialmente, nelle quali tutti i cittadini romani venivano collocati per scopi elettorali e amministrativi. La vasta maggioranza della popolazione di Roma era distribuita tra quattro trib urbane, il che significava che i loro voti erano individualmente insignificanti; come per il Comitato delle Centurie, il voto era indiretto, con un voto assegnato ad ogni trib. Il voto era quindi pesantemente sbilanciato a favore delle trentuno trib rurali. I Comizi Tributi si riunivano alla sorgente Comizia, nel Foro Romano, ed eleggevano gli Edili (solo quelli curulis), i Questori e i tribuni dei soldati (tribuni militum). Conducevano gran parte dei processi, finch il dittatore Lucio Cornelio Silla stabil le corti permanenti (quaestiones).
c) Concili tributi della plebe. Erano presieduti da un tribuno o da un edile, potevano deliberare leggi o sentenze; eleggevano i magistrati. Ci furono molti plebisciti legislativi, soprattutto in materia privatistica.
Il senato repubblicano
Il senato approvava e consigliava. Lapprovazione si manifestava nellautorit dei padri che consisteva nellapprovazione delle deliberazioni, legislative ed elettorali, dei comizi centuriati: solo con laggiunta dellautorit la deliberazione comiziale poteva entrare in vigore. Polibio riferisce che al senato spettava il controllo di tutte le entrate e tutte le spese, ma anche di intervenire nellamministrazione della giustizia criminale, dove cerano reati politici, o comunque da scuotere lopinione pubblica. Esso disponeva con piena discrezionalit, e senza che il popolo potesse interferire, nelle questioni della politica estera. Nel governare la repubblica, il senato si serviva dei propri consigli, soprattutto a quei magistrati supremi che ne facevano richiesta. Addirittura, tramite lultimo consulto del senato (SENATUS CONSULTUM ULTIMUM), lassemblea poteva decretare, in un pericolo supremo per la sopravvivenza della repubblica, la sospensione delle massime garanzie costituzionali, dando ai consoli poteri che non erano titolari. Il senato decideva la presentazione si proposte ai comizi, la leva dei soldati e il loro congedo, la nomina del dittatore, lassegnazione delle province, lorganizzazione dei territori conquistati, la deduzione di colonie ecc. La prassi precedente prevedeva che si doveva scegliere i senatori guardando gli ex magistrati. Ma in teoria qualunque cittadino ottimo poteva esser chiamato a far part del senato. Si venne cos a formare una gerarchia di senatori: i censori, gli ex consoli, i pretori, i giudici, i tribuni, i questori. Il principe del senato, il pi anziano dei censori, era colui che aveva il diritto di esprimere il proprio parere per primo. Senatori si restava tutta la vita. Il senato poteva esser convocato da un magistrato che avesse il diritto di agire con i padri: un dittatore, un console, un pretore, e pi in la anche un tribuno plebeo. Il magistrato esponeva largomento sul quale i senatori sarebbero stati chiamati a deliberare. Aveva poi luogo la discussione: i senatori esprimevano la loro opinione in ordine di rango senza che vi fossero limiti di tempo allintervento, cosa che favoriva leventuale ostruzionismo. Alla fine si passava alla votazione, che avveniva di solito per la materiale separazione, da una parte e d allaltra dellaula, dei favorevoli e dei contrari alla proposta di senatoconsulto che era venuta fuori dalla discussione. Il testo del senatoconsulto era compilato per iscritto e depositato presso lerario di Saturno.
dimostrati, del pubblico riconoscimento, e con il ricordo di cercare di eguagliare la tradizione di famiglia. Inoltre erano le famiglie a impartire ai giovani destinati alle magistrature leducazione politica, in base a un modello di comportamento condiviso tra gli aristocratici e in grado di garantire le aspettative dei cittadini. La trasformazione di Roma in impero mondiale, dopo il vittorioso scontro con Cartagine, porta con s un cambiamento di mentalit nelle classi dirigenti: incomincia a non essere pi soddisfacente lesercizio del potere magistratuale ai fini della ricompensa della dignit pubblica e familiare. Il modello politico fondato sul senato come effettivo titolare dellazione di governo finir col divenire in breve inattuale: n laristocrazia aveva la forza per imporlo ai nuovi corpi sociali affermatisi dopo la guerra annibalica. Oramai la politica si faceva attraverso gli eserciti; e cominciava ad esserci un problema grave nellattribuire ai governatori delle province un potere cos ampio come il comando.
Tiberio. Con questa legge si capisce come Caio abbia inteso innanzi tutto restituire alla commissione la sua originaria competenza. Egli cerc di favorire il ceto pi povero, attraverso una LEX FRUMENTARIA che imponeva la vendita di partite di grano ad un prezzo fisso, inferiore a quello di mercato. Tra laltro Caio era il fautore dellestensione della cittadinanza romana ai latini. La nobilt senatoria era il ceto sacrificato dalla larga composizione perseguita da Caio: per questo essa, nel 121 a.C., avvalendosi dello strumento del dellultimo consulto del senato, decise di sopprimere Gracco e i suoi partigiani, e il programma riformatore fu cos messo di nuovo da parte. Dopo qualche decennio i popolari ripresero vigore appoggiandosi a Caio Mario. In quegli anni egli fu ripetuto console, sostenuto dai cavalieri e dai nullatenenti. Per questo gli si erano avvicinati i nuovi capi popolari, i tribuni Glaucia e Saturnino, la cui politica aveva ripreso qualche idea graccana ma con finalit faziose e talvolta violente: essi, a differenza di Gracco, ricercavano il sostegno nellesercito mariano. Anche nei confronti di questi la nobilt tramite lultimo consulto del senato soffoc il movimento nel sangue. Ma gli scontri tra le due fazioni erano destinati ad assumere gravit sempre maggiore a causa del progressivo venir meno del carattere non professionale dellesercito, nel quale proprio Caio M ario aveva cominciato ad arruolare anche i nullatenenti, formando cos eserciti mercenari e permanenti, disposti ad obbedire solo al loro comandante, in cambio del bollettino bellico, e di lotti di terra.
Silla si fece nominare dittatore delle leggi scritte e della costituzione repubblicana: era una magistratura differente dallantico dittatore, in quanto il dittatore, a tempo indeterminato, avrebbe dovuto provvedere, con poteri illimitati e senza essere soggetto allappello , alla riforma della costituzione repubblicana. Egli cerc di indebolire il ceto equestre. Cos rese di nuovo attuale, per la riscossione delle imposte nella provincia asiatica, il sistema precedente della Legge Sempronia della provincia dellAsia: i pubblicani venero esclusi e si assegn lesazione dei tributi al governatore. Ma lesclusione pi significativa riguard lalbo dei giudici dai processi criminali delle QUESTIONES PERPETUAE, nei quali Silla sostitu i cavalieri con i senatori. Inoltre elev il numero dei senatori portandoli a seicento, mettendovi anche esponenti del ceto equestre, sperando di attenuare la protesta. Nel contempo priv i censori del potere di escludere taluno dallassemblea perch indegno. Alter il tribunato plebeo togliendogli il suo potere di veto, e lasciandogli solo il compito di intervenire in favore del singolo cittadino minacciato da un atto magistratuale. In pi escluse che potessero gestire magistrature curuli gli ex tribuni, che diventavano cos magistrati di secondordine. Dando ai senatori lufficio di giudici nei processi criminali, aveva cos tolto la funzione giudiziaria ai comizi. Inoltre Silla ridusse il potere e il prestigio dei consoli: con la legge Cornelia dellordinamento provinciale trasform la tradizionale distinzione tra potere di governo civile e comando militare in una rigida ripartizione di competenza tra consoli e pro magistrati. Proibendo ai consoli di esercitare il comando militare in Italia e obbligandoli a non allontanarsi da Roma trasform i supremi magistrati della repubblica a semplici funzionari civili. Nel 79 a.C. Silla rinunci spontaneamente dalla dittatura sostituente, , perch era convinto che con quelle riforme la repubblica avrebbe ritrovato il suo equilibrio. Ma, nei fatti, il nuovo assetto costituzionale si rivel di breve durata, cercando di ripristinare lordine tradizionale.
Pompeo e Cesare
Negli anni successivi si affrontarono due altri personaggi, Gneo Pompeo e Caio Giulio Cesare. Il primo ottenne un comando straordinario per sconfiggere i pirati del Mediterraneo, che disturbavano i traffici dei cavalieri. Si trattava di un comando destinato ad essere esercitato su tutto il mediterraneo, per tre anni successivi. Un comando infinito, che suscit la protesta dellaristocrazia, perch avrebbe rappresentato un attentato alla libert repubblicana. Lanno successivo (66 a.C.), inoltre, venne conferito a Pompeo il comando proconsolare per la guerra in oriente con Mitridate e Tigrane. Ristabilito lordine in oriente torn in Italia e conged gli eserciti presentandosi al senato rispettoso della legalit repubblicana. Ma fin col ritrovarsi ostacolato dallaristocrazia i mpaurita dal prestigio acquisito. Per questo Pompeo prefer stringere unalleanza con Cesare, pretore nel 62 a.C., e con Licinio Crasso: si parla di primo triumvirato. Dopo questo patto Cesare divenne console nel 59 a.C., e fece votare una serie di provvedimenti favorevoli ai suoi due alleati e, in cambio, ottenne il comando sulla Gallia cisalpina e sullillirico per cinque anni, con tre legioni.
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Nel 55 a.C. fu rinnovata lalleanza tra i triumviri, e vennero eletti al consolato Pompeo e Crasso e, con una legge di Pompeo e Crasso della provincia di Caio Giulio Cesare, fu prorogato per altri cinque anni il comando di Cesare sulle Gallie. Nel 53 a.C. mor Crasso, e, scoppiati gravi disordini a Roma tra le opposte fazioni di Pulcro e Milone, Pompeo fu eletto, per volere del senato (timoroso del potere acquistato da Cesare) console senza collega. A questo punto ci furono i presupposti per una nuova guerra civile tra Pompeo e Cesare. Questultimo, sperando che la legge di Pompeo gli avesse p rorogato il proconsolato fino al tutto il 49, contava di presentarsi come candidato al consolato per il 48 senza aver prima deposto il comando degli eserciti, in modo da avere una maggiore influenza sullelettorato, e evitando di vedersi accusato dagli avversari. Allo scopo di indebolire questa posizione il console Pompeo fece approvare due leggi generali, ma che in realt volevano mettere in difficolt Cesare: la prima prevedeva che i candidati al consolato dovevano essere presenti a Roma; la seconda, doveva intercorrere almeno lintervallo quinquennale tra la gestione di una magistratura urbana e quella di una promagistratura. Inoltre si aera fatta nascere lincertezza sulla data di scadenza del proconsolato sulle Gallie, sostenendo dagli anticesariani che il quinquennio di proroga del comando decorresse dal 55 a.C., per cui sarebbe scaduto nel 50 a.C. In ogni caso il senato, in base al primo orientamento, dichiar Cesare decaduto dal proconsolato alla fine del 50 a.C. e poi gli chiese di congedare lesercito. Fu il segnale dellinizio della guerra civile: Cesare varc (49) il confine dellItalia alla testa di una legione e in breve si impadron di Roma. Dal Dicembre del 49 fu dittatore, e console nellanno successivo. Sconfisse Pompeo nellagosto del 48 a Farsalo. Cesare assunse subito una serie di magistrature, poteri, prerogative, titolazioni: dittatura decennale, consolato decennale, potere censorio, il potere dei tribuni a vita, potere di conferire il patriziato, di scegliere la met dei candidati alle magistrature, di emanare editti vincolanti per tutti, di prelevare dallerario, di far guerra e pace. Ai primi del 44 a.C. gli fu conferita dittatura a vita. Aument il numero dei magistrati e scelse figure nuove (legati, prefetti urbani, familiari) per una migliore azione amministrativa. Aument anche il numero dei senatori portandoli a novecento e lintroduzione di nuovi cittadini. Emersero nuove idee sociali nuove, che si possono cogliere dalle nuove leggi, come laiuto dei bisognosi, il freno del lusso. Eliminato Cesare, questa tensione civile e spirituale scomparve e si torn alla guerra civile, in cui si affrontarono il migliore dei cesariani, Marco Antonio, e il figlio adottivo di Cesare, Caio Giulio Cesare Ottaviano. Antonio aspirava, senza la mentalit di Cesare, al controllo della repubblica: si fece conferire il comando proconsolare sulle Gallie per cinque anni, intimando al proconsole in carica di lasciargli il posto. Anche per questo Antonio entr in contrasto con senato, che confer al giovanissimo Ottaviano un comando propretorio. Anche se Antonio fu sconfitto a Modena (43 a.C.), Ottaviano, anche lui in lite con il senato, decise di allearsi con il rivale: da ci sort il secondo triumvirato, vera e propria magistratura quinquennale, riconosciuta per legge, con poteri costituenti, con i quali i triumviri governarono limpero, dividendosi le provincie tra loro. Il triumvirato fu rinnovato per altri 5 anni nel 37 a.C.: con la nuova divisione delle provincie si posero le basi del conflitto finale, ad Antonio essendo stato affidato loriente e ad Ottaviano loccidente.
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E probabile che Antonio desiderasse, insieme a Cleopatra, regina dEgitto, la costituzione di una monarchia ellenistica indipendente da Roma: Ottaviano allora present mise sotto gli occhi Antonio come un traditore. Scaduti i poteri triumvirali nel 33 a.C., non essendosi riformata la repubblica, Ottaviano preparava il conflitto. Forte di un giuramento datogli da tutta lItalia e tutte le provincie occidentali, Ottaviano ottenne dal senato la revoca di Antonio dal comando delloriente e dichiar guerra a Cleopatra. Nel 31 a.C. Ottaviano sconfisse Antonio ad Azio. Sostenendo di essersi impadronito di tutto per universale consenso, egli fece il gesto di restituire la repubblica alla libera decisione del senato e del popolo romano. Tuttavia, nel 27 a.C. inaugur una nuova struttura costituzionale che, basata sul principe, verr nominata principato.
Ottaviano vuole mostrare come tutte queste vicende erano legali (es. il potere per la lotta contro Antonio viene fatto dipendere dallimpegno di fedelt conferito con il comando delle forze armate). Il gesto pi significativo fu la rinuncia a una parte dei poteri attuata in senato nel 27 a.C. Dichiarando di voler restituire la sovranit ai soggetti che ne erano titolari secondo la costituzione repubblicana. Ottaviano allontana da s limmagine del DICTATOR, del TYRANNUS, del DOMINUS, arrivando a cogliere ci che aveva sperato: la ratifica giuridico - politica della sua supremazia da parte di quegli organi, ai quali la sola enunciazione dei suoi rapporti era evidentemente riuscita a dare loro la sensazione di riprendere lesercizio legittimo delle loro funzioni. Infatti, tre giorni dopo, in riconoscimento della posizione conseguita nel nuovo assetto, egli viene definito AUGUSTUS. Ma 4 anni dopo, nel 23 a.C., che si ha una pi definita precisazione costituzionale. Siccome investito dagli organi sovrani del vecchio ordinamento di prerogative che gli danno una potest permettendogli di determinare diritti e obblighi, Augusto si colloca al di sopra dello schema costituzionale. Egli stesso ammette di sovrastare tutte le magistrature per AUCTORITAS (termine che non coincide con quello moderno, ma derivante dal patrimonio linguistico latino, dove si definisce la qualit dellAUCTOR: condizione di AUCTOR ESSE, lautorit con cui i PATRES e i senatori convalidavano le decisioni delle assemblee popolari. Abbandonato il consolato, gli viene conferita, a vita e separatamente dalla relativa magistratura, la TRIBUNICIA POTESTAS. Con ci egli non solo si distacca dallordine senatorio ergendosi a difensore della plebe, ma viene posta nelle sue mani liniziativa politica: lINTERCESSIO senza alternanza contro tutti gli atti dei magistrati cittadini ed il IUS AGENDI CUM PLEBE gli renderanno possibile il controllo della dinamica interna alle assemblee popolari. Con lassunzione della PERPETUA CURA LEGUM ET MORUM, PONTIFICATUS MAXIMUS, e dellIMPERIUM PROCONSOLARE MAIUS ET INFINITUM (titolarit del supremo comando militare), si delineano le caratteristiche della figura del PRINCEPS. Siccome Augusto aveva conseguito tribunato e IMPERIUM separatamente dalle cariche di tribuno e di proconsole, si comincia a notare la diversit del potere imperiale. Investito solo delle funzioni e non dalle cariche, il PRINCEPS dunque non un magistrato, n ordinario n straordinario, ma solo il titolare di un potere senza uguali, per la sua supremazia che gli deriva dallAUCTORITAS, e non per lINTERCESSIO o dalla molteplicit delle prerogative. Inoltre assumendo dopo il cognome di Augusto, il PRAENOMEN di IMPERATOR, il titolo cio di generale vittorioso, il principe mostra di volere assimilare i CIVES ai soldati. Ci fa capire che c un passo da una parte verso la disintegrazione del vecchio edificio istituzionale e dallaltra in direzione dellampliamento e trasformazione del termine IMPERIUM.
Evitando di ricevere i poteri dal predecessore, cercando invece di ricevere linvestitura dal senato e dal popolo, il principe sembra trarne giustificazione continua della propria collocazione, consentendo a questo termine di acquisire valore giuridico e insieme portata politica. Unaltra dei tratti caratteristici del nuova costituzione sono il conferimento Di una POTESTAS TRIBUNICIA e di un IMPERIUM PROCONSOLARE, nonch la subordinazione delle antiche istituzioni ad un organo nuovo. Principi da cui questo potere retto: La creazione di nove CORTES PRAETORIAE, a guardia della persona dellimperatore a sua disposizione, fa capire quanto il principe consideri determinante la forza delle armi per il mantenimento del nuovo assetto. Lintroduzione di un culto imperiale dimostra altres quanto limperatore ritenga utile collegare il suo potere anche su basi religiose. Inoltre, essendo proprietario di sconfinate ricchezze, limperatore fa del suo patrimonio uno strumento prezioso di conquista e di mantenimento del consenso. Senza dimenticare luso politico del matrimonio, il principe svol ge il suo potere con manifestazioni solidaristiche, riassunte nel cosiddetto evergetismo: nella amplificazione cio di quella generosit attuata dai ricchi quasi come adempimento di un obbligo sociale, servendo essa di fatto a garantire una distribuzione meno squilibrata delle risorse. Levergetismo praticato dal principe divenne pubblica beneficienza.
comiziali si conservano: non quella giurisdizionale criminale, ma quella legislativa, e quella relativa allelezione dei magistrati. Per quanto riguarda il senato, a causa del progressivo insterilirsi delle funzioni comiziali, lantico consesso repubblicano diventa il solo organo in cui si perpetua lo spirito del vecchio ordinamento. E cos la vigilanza sulla vita religiosa continua ad essere esercitata dai PATRES insieme con il principe, come pure lamministrazione delle provincie pi antiche e la giurisdizione criminale.
Le vicende del potere imperiale dalla fine di Augusto a quella dei Giulio-claudii; dallavvento dei Flavi alla scomparsa di Adriano; dallet degli Antonini a quella dei Severi.
Dopo alcuni tentativi di successioni per legittimit, pian piano si afferm il principio di successione naturale: criterio differente rispetto a quello della scelta del migliore o combinandolo con il medesimo a mezzo del ricorso alla pratica adottiva, cui il governante in carica veniva a volte indotto al fine di non interrompere la catena delle soluzioni dinastiche. A determinare luno o laltro criterio era il senato. Le crisi del 37 d.C., nel 41 e nel 68-69 mettono in chiara evidenza che uno dei problemi centrali del nuovo ordinamento costituzionale fosse quello del meccanismo successorio. Nel 37 sera posto il problema della successione di Tiberio, mancato a Miseno.
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Il 41 invece era stato lanno delleliminazione di Caligola, succeduto al suo predecessore non in virt di meriti acquisiti nella carriera politico-militare, ma solo in esecuzione del testamento di Tiberio, il quale aveva cos mandato in pezzi le basi su cui Augusto aveva cercato di costruire la successione al principato. E lanno anche della salita al trono di Claudio, zio paterno di Caligola, imposto dai pretoriani e con il quale la GENS claudia viene annessa alla famiglia imperiale. Con lui avviene il ritorno dallesilio del filosofo Seneca: venne richiamato a Roma per educare il figlio di Agrippina, moglie dellimperatore. Nel 54, dopo la scomparsa di Claudio, il figlio allevato dal filosofo, verr acclamato imperatore, ancora dai pretoriani, col nome di Nerone. Ma il suo principato, e con esso la dinastia giulioclaudia, si conclude tragicamente nel 68, anche se stato caratterizzato da un periodo di buona amministrazione durato oltre un quinquennio, quello del cosiddetto governo di Seneca. Proprio nel 68 si affaccia il criterio adottivo. Lanno (68 -69) caratterizzato, non solo dalla successione di quattro imperatori, ma anche dal fatto che non si conclude con lascesa di Pisone Liciniano, scelto da Galba, ma con Flavio Vespasiano. Famoso per la LEX DE IMPERIO, e noto pure per quella sua politica di integrazione dei provinciali nella cittadinanza oltre che per le opere di rafforzamento delle linee difensive dellimpero, non da escludere che il fondatore della dinastia dei Flavi si sia imposto per via della prospettiva che i figli, Tito e Domiziano, potevano offrire di una gi preordinata successione dinastica. Per una migliore sistemazione della medesima e ad evitare di richiamare i fantasmi delle sanguinose lotte per il potere, Vespasiano, il quale morir nel 79, giunse poi addirittura ad ideare la doppia successione. Stabil infatti che Domiziano dovesse succedere a Tito. Con Domiziano, succeduto al fratello nel 81, si estingue la dinastia dei Flavi: limperatore infatti cade ucciso nel 96 in una congiura di palazzo provocata dalle sue concezioni autocratiche rivelatrici dei suoi propositi di annientamento degli oppositori, dopo quindici anni di governo. Dal momento che sale al potere un senatore anziano di nome Nerva, il principato adottivo comincia a trovare molte applicazioni. Infatti Traiano, Adriano e Antonino Pio provvidero ad adottare il migliore dei loro collaboratori designandolo loro successore. Essi, venendo dalla provincia, furono i primi tra i provinciali a salire al trono. Con Traiano (98 - 117) vennero estesi i territori dellimpero. Adriano, al potere fino al 138, fu conosciuto per la svolta impressa allamministrazione dellimpero con una serie di riforme da cui prende forma una vera e propria idea di stato accentratore. Pio govern per oltre ventanni, e con lui si comincia a vedere i l imiti del governo di fronte ad alcuni mutamenti che diventano sempre pi repentini. Il problema della sua successione lo risolve anticipatamente ripristinando il criterio dinastico: nel 147, infatti, egli si associa nelle funzioni di governo il figlio adottivo, imperatore poi nel 161 col nome di Marco Aurelio. Anchesso non seppe sottrarsi alla tentazione di associarsi , nello svolgimento dei compiti di governo, prima il fratello adottivo Lucio vero, poi nel 177 il proprio figlio Commodo.
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Cos, quando Marco Aurelio, nel 180, muore di peste, il figlio diventer imperatore a soli diciotto anni, ristabilendo la continuit dinastica. Verr ucciso in una congiura nel 192, dopo dodici anni di esercizio del potere contraddistinti da unevidente connotazione antisen atoria, di intrighi e repressione, oltre che da gesti di megalomania, volendo cambiare il nome di Roma in Commodiana. Dopo il breve periodo di Pertinace e Didio Giuliano, nel 193 Settimio Severo sal al trono con il motivo dellautoadozione. Presentandosi come figlio di Marco Aurelio e fratello di Commodo, tese non solo a legittimare lacquisizione di un patrimonio, ma anche a ribadirne una continuit dinastica. Lultimo dei Severi, Ulpiano, viene eliminato nel 235. In definitiva i romani danno limpressione che erano a favore della successione naturale. Tacito ci fa notare che, lassenza di una previsione normativa delle modalit, attraverso le quali attuare la successione nel principato, contribu a determinare le armate ad esprimere un loro candidato sempre pi di frequente: lo storico ammette che non pi a Roma, ma sui campi di battaglia, che si fanno gli imperatori. E soprattutto nel terzo secolo, per sua larga parte, che si fa larbitro per scegliere il candidato al potere: le sue armate, anche se ai confini dellimpero, si resero protagoniste, di vere e proprie guerre civili dato il loro interesse a promuovere alla suprema carica i loro comandanti. Molti imperatori furono nominati per un gesto che aveva visto come protagonista Augusto: un gesto di rifiuto. Inoltre alcune cariche avvenivano per usurpazione.
determinate pratiche amministrative; quello A RATIONIBUS la cui funzione di sovrintendere allamministrazione finanziaria. Mentre sotto Augusto e i suoi successori immediati, coloro che venivano affiancati al principe erano considerati dei dipendenti privati dellimperatore, da Adriano in poi, si considerano dei protagonisti con il loro carattere pubblico. I funzionari imperiali furono divisi in quattro classi gerarchiche, caratterizzate da stipendi diversi, dando luogo a una carriera parallela a quella magistratuale, pur se con profonde differenziazioni. Mentre il magistrato, eletto dal popolo, incontrava i limiti della temporaneit e della collegialit della carica e non riceveva nulla per il suo servizio, il funzionario, di norma pagato, non conosceva nessuna limitazione nellesercizio delle sue attribuzioni, al di fuori di quelle stabilite dallimperatore da cui dipendeva direttamente. I funzionari di grado pi elevato prendono il nome di PROCURATORES; sopra di loro si trovano le grandi PRAEFECTURAE. Insieme con il PRAEFECTUS ANNONAE, sono importanti i funzionari con compiti di mantenimento dellordine pubblico come il PRAEFECTUS URBIS, lunico di rango senatorio e di origine antichissima, e il PRAEFECTUS, VIGILUM, titolari rispettivamente delle funzioni di polizia dentro Roma e per cento miglia intorno e di quelle di presidio stradale notturno. Ma il PRAEFECTUS PRAETORIO il primo dignitario della corte imperiale. Preposto, insieme a un collega per evitare che acquisisse pi potere, egli agiva spesso come sostituto del principe, soprattutto nel presiedere i CONSILIA, nellesercizio della funzione giurisdizionale che costui si attribuiva, quale giudice di ultima istanza, ogni volta che ricorreva in appello davanti a lui contro le sentenze provenienti dallORDO IUDICORUM.
I CONSILIA PRINCIPUM
Siccome la sfera delle funzioni dei principi si andava sempre pi allargandosi, ci fu bisogno di una collaborazione da parte di persone esperte nei singoli settori di intervento. Questo il motivo per cui ci furono nellambiente di corte spesso dei giuristi: non solo si affidavano poteri nellamministrazione delle regioni periferiche, ma si chiedeva anche di ascoltare lopinione nello svolgimento sia delle funzioni di governo che delle altre attribuzioni legislative e giudiziarie. Lo sviluppo dellusanza della consultazione da parte degli imperatori con i propri collaborat ori pi intimi accompagn cos lintera fase di transizione dallo stato augusteo a quello costantiniano. Fino allet di Costantino, i CONSILIA PRINCIPUM sono allora tanti quanti sono i casi per la cui soluzione vengono costituiti: variano perci continuamente tanto nella composizione, di volta in volta adattata alla specificit della questione oggetto di discussione, quanto nelle procedure che non sono mai le medesime. Tenuto conto della specifica competenza dei soggetti cui di regola ci si rivolgeva, era la volont dellimperatore a determinare numero e composizione delle eventuali riunioni di consiglieri in uno con le modalit da seguire nelle stesse.
Lamministrazione dellItalia
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Il territorio dellimpero continua ad essere amministrato prevalentemente secondo le forme della citt-stato, nel pieno riconoscimento, delle autonomie cittadine e delle loro domande di autogoverno. Esse infatti trovavano un loro fondamento nella precisa e sperimentata attribuzione di poteri ai magistrati cittadini, DUOVIRI o QUATTUOVIRI, esecutori dei DECRETA ORDINIS, cio dei deliberati dellORDO DECURIONUM. Sorta di senato delle singole citt, questo era formato, almeno nei primi secoli dellimpero, ad opera dei magistrati locali supremi, i quali lo costituivano, ogni cinque anni, scegliendo le persone da nominare tra quelle in possesso dei requisiti richiesti per la nomina a magistrato e che erano lINGENUITAS, il censo, let minima e ovviamente il rispetto del CURSUS HONORUM. Ma la divisione dellItalia in undici regioni, attuata da Augusto probabilmente per migliorare i livelli defficienza finanziaria e dei beni propri, fu il veicolo attraverso il quale cominci a manifestarsi, in maniera sempre pi pronunciata col passare dei decenni, la tendenza del principe a deprimere le autonomie locali. La competenza per la giurisdizione criminale passa al PRAEFECTUS URBI e PRAEFECTUS PRAETORIO. La funzione giurisdizionale civile viene trasferita, in Italia, a quattro CONSULARES, anche con compiti amministrativi. Si moltiplicano anche le attribuzioni dei CURATORES VIARUM (sorveglianza delle arterie stradali) ai quali venne assegnata pure lamministrazione di quelle fondazioni alimentari istituite in epoca traianea in favore dei bisognosi con denaro della cassa imperiale. Altri aspetti dellistanza accentratrice vanno visti nei CURATORES REI PUBBLICAE (commissari straordinari inviati presso enti locali finanziariamente dissestati) e dei CORRECTORES. Figure occasionali e saltuarie, che diventeranno sotto Diocleziano funzionari stabilmente preposti al controllo amministrativo dellintero territorio italico.
Le finanze imperiali
Lamministrazione finanziaria durante il principato, viene progressivamente sottr atta ai rispettivi governatori e legati per essere direttamente gestita dallautorit centrale tramite i PROCURATORES FISCI. La riscossione dei TRIBUTA, nelle provincie imperiali, avveniva ad opera dellamministrazione del fisco; in quelle senatorie, ritenute, al contrario, nella pi piena disponibilit del popolo romano, si procedeva invece alla riscossione degli STIPENDIA attribuendo lonere dellesazione al le amministrazioni locali. Mentre il gettito che derivava dal pagamento delle imposte delle provincie imperiali alimentava la cassa del principe, quello che nelle senatorie proveniva dalla esazione dei tributi andava ad incrementare lAERARIUM POPULI ROMANI, interamente gestito dal massimo consesso durante la repubblica e chiamato AERARIUM SATURNI in quanto collocato presso il tempio omonimo. Contrapponendosi a questo, sia lAERARIUM MILITARE, che il FISCUS, il PATRIMONIUM e la RES PRIVATA, la sua presenza si allontana sempre pi dai nostri occhi fino a dissolversi completamente confondendosi con queste altre istituzioni fiscali. N risulta pi chiaro il criterio di differenziazione delle due contabilit del PATRIMONIUM PRINICPIS e della RE PRIVATA, entrambe affidate a dei PROCURATORES. Alcuni punti essenziali dellamministrazione finanziaria del principato. In primo luogo, si vede come ad u patrimonio sterminato sembri sovrintendere unorganizzazione burocratica capillare, impersonata prima da schiavi e liberti, poi da funzionari. Questi PROCURATORES ebbero non solo funzioni amministrative, ma anche giudiziarie, in materia di IUS FISCUS. Sotto Nerva assume poi consistenza la visibilit del PRAETOR FISCALIS, e pi avanti, dellADVOCATUS FISCI. Fu infine Adriano a dare una struttura pi definita allufficio A RATIONIBUS di istituzione tiberiana: da allora vennero ad esso affidati compiti di coordinamento dellattivit dei PROCURATORES, dei PRAETORES, e degli ADVOCATI FISCI.
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Cos dunque cominci ad attuarsi il passaggio dalla costituzione del principato a quella della monarchia assoluta. La concessione della cittadinanza diede innanzi tutto incremento alla costituzione di centri locali di autogoverno: molteplici invero furono le organizzazioni e autonomie amministrative cui si diede luogo ad opera di quelle aggregazioni formatesi intorno agli accampamenti dei militari sparsi lungo tutto limpero e diventati poi nuclei di un discreto numero di moderne citt europee. Gli appellativi di DOMINUS ET DEUS, i quali si da Domiziano avevano documentato la devozione dei cittadini per i loro imperatori, cominciano ad assumere, con la conclusione dellet severiana, piena valenza. Essi avvicinano realmente la figura dellimperatore a quella del DOMINUS, se non a volte addirittura a quella di un tiranno: da un lato per il crescere della forza militare, la quale veniva utilizzata dai singoli comandanti come mezzo per un rapido conseguimento dello scettro imperiale; dallaltro lato per lo sforzo, che diventa sempre pi diffuso, di fondare il potere, oltre che sulla forza delle armi, su una vocazione trascendente in grado di darne una nuova legittimazione.
citt il vecchio IUS pontificale, che fino ad allora si manifestava attraverso la pronuncia dei RESPONSA. Dietro questa novit vi era la pressione plebea. Il disegno era chiaro. Si voleva spezzare lesclusivit patrizia nella creazione del IUS cittadino, nella statuizione del disciplinamento civil e della collettivit. si voleva fissare quelle che erano pronunce individuali di sacerdoti in un insieme di regole, conoscibili da tutti con certezza. Ora, sarebbe stata la citt con le sue leggi a porre se stessa a garanzia del comportamento dei propri cittadini, senza pi dover riferirsi a consuetudini del passato, affidate alla memoria di una cerchia di sacerdoti. In un primo momento la pressione plebea sembr avere successo. La legislazione fu emanata, e fu imposta come regolamento supremo della vita cittadina. Le XII tavole non contenevano norme che si riferivano agli assetti istituzionali della citt: non erano simili a una carta costituzionale. Riguardavano piuttosto i rapporti familiari e patrimoniali tra i cittadini. Sostituivano cio le pronunce pontificali. Le leggi fissavano e rendevano certo e conoscibile un diritto non condizionato da una preliminare discriminazione allinterno del corpo civico. Il testo raccoglieva linsieme delle formule inventate dai pontefici per ritualizzare la vi ta sociale della comunit (il IUS) e nominava gli atti solenni collegati ai meccanismi di scambio e di reciprocit delle famiglie; le forme di appartenenza e di trasferimento dei beni; lelenco dei crimini capitali. Uno spazio era poi riservato alla descrizione dei rituali delle ACTIONES, cio della pi antica tutela processuale conosciuta nella citt, che una volta si svolgeva davanti al REX in persona, e non dinanzi alla magistratura suprema della repubblica.
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quotidiana. Con il secondo ci si riferiva allassistenza nella fase del diritto nel processo civile, prima in quello per LEGIS ACTIONES, poi in quello cosiddetto formulare.
Popolo e leggi
Con laffermarsi del modello giurisprudenziale non cancell tuttavia la LEX. La sua importanza s i rafforz nel corso della repubblica, quando si consolid il rapporto fra legge e comizio, centuriato o tributo. Di regola un testo di una legge si apriva con la prescrizione, nome e carica del magistrato proponente, e il tempo e luogo della votazione. Seguiva poi la (ROGATIO) domanda di approvazione del magistrato al comizio, con il vero e proprio dispositivo della legge, talvolta diviso in capitoli. Infine la sanzione, il complesso delle disposizioni a garanzia della validit della norma. Ma lattivit legislativa dei comizi non riguard quasi mai i temi che rientravano nel campo del diritto civile. Questa separazione port a un dualismo fra IUS e LEX. Il primo esprimeva il nucleo elitario e aristocratico del disciplinamento civile romano; il secondo rappresentava la presenza regolatrice di una volont popolare ritenuta essenziale e irrinunciabile negli equilibri costituzionali repubblicani. Questa funzione normativa si occupava solo dello spazio pubblico della vita comunitaria, lasciando i rapporti personali e patrimoniali fra i singoli ai giuristi privati.
Pretori ed editti
Con lo stabilizzarsi dellordinamento repubblicano fra quarto e terzo secolo a.C., la funzione giurisprudenziale si concentr nella figura dei pretori (magistrati maggiori dotati di IMPERIUM). Essi avrebbero dovuto amministrare la giustizia civile unicamente sulla base del LEGE AGERE, dellagire secondo quanto stabilito dalla LEX. I caratteri del processo: si svolgeva in due parti distinte. Nella prima, detta IN IURE, i litiganti raffiguravano i loro comportamenti secondo le prescrizioni rituali. Nella seconda parte, detta APUD IUDICEM, il magistrato spariva, e al suo posto entrava in scena un cittadino privato in funzione di giudice o arbitro. Toccava a lui stabilire chi avesse torto o ragione. I magistrati dotati di IMPERIUM avevano la facolt di emettere ordini, cui tutti dovevano obbedire. Era il cosiddetto IUS EDICENDI, il poter di emanare dichiarazioni della propria volont che impegnavano lintera cittadinanza. Sfruttando ci, i pretori iniziarono a dichiarare che, per i litiganti disponibili a farne richiesta, non avrebbero amministrato la giustizia secondo le regole del ELGE AGERE, ma attraverso un nuovo tipo di procedura, fondato su parole concordate e messe insieme caso per caso dalle parti e dal pretore, insieme scelti nella formula pi adatta a esprimere le opposte pretese in gioco nella controversia. Il processo rimaneva sempre diviso in due parti e si conservava loriginaria frattura tra funzione del magistrato e accertamento concreto della questione. Ogni valutazione restava rimessa al giudizio di un privato cittadino.
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Adesso si realizzava una specie di accordo flessibile fra il magistrato e le parti, uniti dalla comune ricerca di una formulazione che consentisse di dare qualificazione giuridica alle pretese in campo. Gli anni che vanno dal 120-110 al 20-10 a.C. possono essere considerati come il grande secolo delleditto: il solo in cui si incrociarono spinta creativa e tensione stabilizzante, determinando una combinazione e un equilibrio destinati a non ripetersi pi. Il IUS CIVILE era un diritto che spettava solamente ai cittadini romani. Lattenzione da parte dei pretori alla protezione delle nuove realt economiche della societ schiavistico-mercantile mediterranea, port alla formazione di un diritto commerciale romano. Esso si articolava in quattro contratti fondamentali: di compravendita, di locazione, di societ e di mandato, e intorno a tre principi guida: il consensualismo; la buona fede; la reciprocit.
La rivoluzione scientifica
Il prestigioso sapere politico verso la fine del secondo secolo a.C. si stava avviando verso un cambiamento, per poi diventare il modello millenario del diritto romano. I punti intorno ai quali si concentr la trasformazione devono essere individuati intorno a tre serie di eventi. Innanzitutto il definitivo passaggio dalloralit alla scrittura, e la nascita di una autentica letteratura giuridica. Poi, linvenzione di concetti giuridici astratti, cui si colleg luso di tecniche classificatorie di origine platonico-aristotelica ed ellenistica. Infine, la rottura di un legame diretto fra conoscenza giuridica e primato politico, simbolo di tutta la giurisprudenza aristocratica. Il sapere giuridico si proponeva adesso come scienza autonoma, in grado di auto legittimarsi senza pi ricorrere al sostegno della superiorit aristocratica. Poteva prendere corpo cos per la prima volta nella storia un diritto razionale e formale ( cio fondato suluguaglianza della posizione dei soggetti innanzi alla norma), elaborato in forme astratte, nei termini di una vera e propria ontologia giuridica. A questo risultato viene dato il nome di rivoluzione scientifica. La rivoluzione intellettuale si caratterizza sulla biografia di alcune figure della giurisprudenza tardo repubblicana, in quattro generazioni: Publio Mucio Scevola, console nel 133; suo figlio Quinto Mucio, console nel 95; Servio Sulpicio Rufo, console nel 51; Marco Antistio Labeone, pretore.
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Del pensiero di Publio Mucio, il materiale utilizzato era rappresentato dalla registrazione dei propri RESPONSA. Due aspetti colpiscono nellinsieme dei pareri di Publio: la notevole presenza di dispute dottrinali e la presenza di una vera e propria definizione: quella di AMBITUS AEDIUM. Quinto Mucio il primo a pensare per concetti il proprio sapere e a scrivere unopera che possiamo considerare lautentico esordio della letteratura giuridica romana. Primo problema che dovette affrontare riguard lordine degli argomenti trattati: sistem lintera materia in CAPITA, imponendo al IUS CIVILE di trasformarsi in un autentico principio ordinatore. Il lavoro di Sestio Rufo rifiut ogni orientamento sistematico. Nella sua produzione sviluppa la trama delle ricerche logiche di Mucio, le libera da ogni ipoteca arcaizzante e le spinge ancor pi lontano da ogni ipotesi di normalizzazione ellenistica. Let della rivoluzione scientifica si conclude con la riflessine di Antistio Labeone.
La scuola sabiniana incluse: Ateio Capitone, Masurio Sabino, Cassio Longino, Celio Sabino, Giavoleno Prisco, Aburnio Valente. Capitone scrisse i LIBRI IURE PONTIFICIO, sul diritto pontificio, e i LIBRI CONIECTANEORUM, in cui si raccolsero pareri e congetture su vari problemi di diritto privato e diritto pubblico. Masurio Sabino, ammesso solo in avanzata et allordine equestre, scrisse i famosi LIBRI TRES IURIS CIVILIS e anche opere di diritto pubblico e sacro. Cassio Longino , raggiunte cariche elevate, compose lopera LIBRI IURIS CIVILIS, che gli diede grande fama. Celio Sabino compose unopera sulleditto degli edili curuli (sedile simbolo della Roma giudiziaria), e libri di diritto civile. Giavoleno Prisco, fu console e governatore provinciale; scrisse libri di EPISTULAE, raccolta di QUAESTIONES e RESPONSA su argomenti di diritto civile. Aburnio Valente compose unopera sui fedecommessi in 7 libri. La scuola proculiana ebbe trai suoi principali esponenti: Nerva padre, Proculo, Nerva figlio, Pegaso, Celso padre, Celso figlio, Nerazio. Nerva padre fu giurista di grande cultura ma non si conoscono le opere. Proculo scrisse libri di EPISTULAE e fu autore anche di alcuni RESPONSA. Nerva figlio si occup dellistituto dellusucapione, scrivendo i LIBRI DE USUCAPIONIBUS e trasmise molti RESPONSA. Pegaso scrisse il SC. PEGASIANUM, promulgato dal senato in tema di diritto ereditario. Celso padre non si conoscono le opere. Celso figlio, giurista di grande valore, scrisse i famosi 39 LIBRI DIGESTORUM, dedicati al IUS HONORARIUM, con integrazioni tratte dal IUS CIVILE, e alle principali leggi dalle XII tavole alla LEX CINCIA, a quella IULIA ET PAPIA. Nerazio Prisco scrisse i libri di REGULAE e quelli di RESPONSA.
Nellet degli Antonini vive il giurista Gaio, ma di lui non si sa nulla, a parte la sua opera pi nota le ISTITUTIONES, formato da quattro libri, diretto allinsegnamento nelle scuole, che tratta, in successione di argomenti, persone, cose e azioni. A lui sono attribuite anche le RES COTTIDIANAE, un manuale per uso degli operatori del diritto. Durante gli Antonini un altro giurista fu Florentino, che scrisse un manuale delle ISTITUTIONES, ma diverso da quello gaiano, diviso in 12 libri, trattando prima i contratti, poi le persone, infine il diritto ereditario. Giurista molto acuto fu poi Ulpio Marcello, che in alcuni suoi scritti, soprattutto nei LIBRI DIGESTORUM, riesamina criticamente il pensiero dei suoi predecessori. Nel consiglio di Marco Aurelio presente Cervidio Scevola, autore di LIBRI DIGESTORUM, libri di RESPONSA, di QUAESTIONES, di REGULAE. Infine figura singolare fu quella di Papirinio Giusto, autore di 20 LIBRI COSTITUTIONUM,dove sono presenti costituzioni di Marco Aurelio e Lucio Vero.
Giuristi e principe
Allinizio del principato, Labeone lunico che si distacca da questo nuovo corso politico. Era un uomo invaso da unidea folle e smisurata di libert. Il suo modello di sapere giuridico chiude quella che stata definita rivoluzione scientifica del pensiero giuridico romano, e pone le basi di una nuova grande scienza con la quale gli imperatori dovranno fare i conti. Per una parte della giurisprudenza andava maturando. Con le posizioni di Sabino che, prendendo le distanze da Labeone, negava che le regole introdotte dai giuristi potessero di per s avere un diretto valore normativo. Inoltre insiste sul fatto che la regola debba anche fondarsi sulla BREVITAS, rendendo cio il pi chiaro e certo possibile quello stesso diritto. E nellet degli Antonini che la giurisprudenza pi illuminata compie un passo verso unopera di intervento col potere imperiale: se essa riconosce alla costituzione del principe tutta la sua importanza come fonte di produzione normativa di un impero universale e comincia a utilizzarla nelle sue opere, limperatore a sua volta riconosce alla scienza giuridica la sua funzione di consigliare e orientare a tal punto da essere decisiva nelle stesso processo di formazione della LEX; i giuristi diventano cos gli autentici custodi della legittimit del potere, di una legalit che tutela ogni popolo dellimpero. Questo intervento non sarebbe stato possibile senza laiuto decisivo dei funzionari della cancelleria imperiale. I funzionari di tali uffici dovevano avere una profonda conoscenza delle opere dei giuristi: nella redazione dei provvedimenti imperiali, essi erano tenuti a valutare le differenti correnti scientifiche, estrarre i principii, adattare le soluzioni prospettate dalla dottrina ai fatti concreti sottoposti allattenzione del principe. Giuristi, principe, funzionari della cancelleria rappresentano i tre soggetti protagonisti della nascita di un diritto che ha il compito di rielaborare parametri giuridici universali, accettabili o condivisibili, sul piano della ragione sia delletica, da un numero di uomini sempre pi ampio.
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IL DIRITTO PRODOTTO DAI COMIZI , DAL SENATO, DAI MAGISTRATI, DAL PRINCIPE
Lultima produzione legislativa dei comizi
Osservando le ultime leggi comiziali, del periodo augusteo, si capisce che il principe cerc di realizzare la sua volont riformatrice attraverso questi strumenti. si pu ricordare la legge IULIA ET PAPIA o le leggi FUFIA CANINIA, AELIA SENTIA e IUNIA NORBANA, tutte tre votate negli anni compresi tra il 2 e il 4 d.C., con lintento di limitare le manomissioni. Lo scopo era anche quello di puntualizzare la condizione dei liberti, al fine di contenere gli effetti che poteva avere un acquisto generalizzato della libert e della cittadinanza: attraverso questi mezzi che Augusto port avanti il suo programma di difesa e di incremento della popolazione italica. Inoltre attraverso le leggi IULIAE DE AMBITU, DE VI PUBLICA ET PRIVATA, SAMPTUARIA, DE COLLEGIIS, che il principe mostra attenzione verso i problemi di ordine pubblico, comprendendo tra questi anche la legge IULIA DE ADULTERIIS COERCENDIS: questi interventi normativi confermano come fu proprio la repressione dei comportamenti criminali nel loro complesso ad essere al vertice delle preoccupazioni di Augusto. Infine con le due leggi IULIAE IUDICIARIE, IUDICIORUM PRIVATORUM e IUDICIORUM PUBLICORUM, che fu ordinato nel 17 d.C. il processo criminale che si svolgeva davanti alle QUAESTIONES PERPETUAE, mentre per il processo civile fu eliminato quello per legis actiones e reso obbligatorio quello formulare.
Il diritto cos prodotto in sede giurisdizionale viene descritto come un complesso di regole di cui si evidenzia la funzione pratica di volta in volta sviluppata, che ora daiuto come nel caso in cui un singolo mezzo venga applicato al fine potenziare la tutela prevista; altre volte correttiva come quando si tende ad una parziale modifica o ad una totale disapplicazione della disciplina esistente; infine integrativa, come nellipotesi in cui si tenti di colmare eventuali lacune. Al pretore si riconobbe la facolt e la capacit di modificare lassetto civilistico che era stato chiamato ad applicare: non mettendo formalmente in discussione la supremazia dei quellordinamento, ma di volta in volta regolando in secondo piano, fino a farla scomparire, la previsione normativa esistente. La giurisdizione del pretore fin col dar luogo ad un diritto sostanziale completamente nuovo. Questo diritto si definiva per la sua flessibilit. Prodotto della giurisdizione magistratuale, il diritto pretorio dunque nasce e si consolida per stratificazioni successive attraverso la normativizzazione che conseguono le singole decisioni, nei limiti in cui, astrattizzate, vengono richiamate nelleditto di coloro che si susseguono nella carica. Ad indirizzare sempre pi i magistrati giusdicenti verso il compimento di questa funzione creatrice del diritto, proprio la natura stessa delleditto giurisdizionale.
Il potere normativo imperiale: a) il fondamento; b) le forme della sua manifestazione; c) la durata delle norme
a) Con il termine (Gaio) CONSTITUTIO che si indicano i vari atti normativi del principe, assai diversi luno dallaltro per quanto riguarda la loro efficacia nel tempo e nello spazio. I segni dellattivit normativa imperiale sono da rintracciarsi negli editti, nei decreti, nelle Lettere, nei riscritti, negli incarichi. Il fondamento della costituzionalit di questi atti viene identificato ricollegando il potere normativo del principe ad una legge dellimpero con cui si effettu da popolo e senato un totale trasferimento di funzioni. b) Le forme con cui si manifesta lattivit imperiale. Con gli editti si pu cogliere una somiglianza con la forma legislativa comiziale. Essi contengono norme di carattere generale fondate sullo IUS EDICENDI, attributo del potere. Non tutti potevano avere conoscenza degli editti imperiali, prima di tutto perch gli editti magistratuali contengono solo un programma di giurisdizione; secondo, perch la loro durata limitata dal tempo della carica chi lo ha emanato; infine perch i confini del territorio italico rappresentano il limite oltre il quale non si pu estendere lefficaci. Invece egli editti imperiali disciplinano questioni generali ed astratte rivolgendosi a tutti cittadini, la loro durata va oltre il tempo in carica del preponente; la loro efficacia si estende a tutto il territorio imperiale.
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Il decreto e la lettera definiscono delle decisioni giurisdizionali imperiali su singoli rapporti controversi sottoposti alla cognizione civile o criminale del principe. Il decreto contiene la sentenza che conclude un procedimento svoltosi davanti al tribunale imperiale, a volte in un'unica domanda, pi di frequente in sede di appello, contro un precedente provvedimento di primo grado. Il decreto presuppone unattivit completa da parte del principe, dovendo anche occuparsi dei fatti concreti, regolando ragioni e torti in base alle norme vigenti. Rispetto a questi i decreti hanno perci una funzione ricognitiva e confermativa. LEPISTULA contiene la decisione di una controversia di cui investito un tribunale diverso da quello imperiale. Essa viene trasmessa dallimperatore al magistrato, risolvendo solo la questione di diritto, chiama il giudice a riscontrare la concordanza della decisione dei fatti. Il RESCRIPTUM la risposta che si scrive in calce alla richiesta di parere avanzata da un privato. Queste domande sono prodotte attraverso LIBELLI, PRECES, e SUPPLICATIONES, rivolte allautorit imperiale per conoscerne il giudizio, mirano a mettere fine a una controversia che si svolge davanti a un tribunale che non quello imperiale: anche in questo ca so lapplicabilit della decisione subordinata allattivit del giudice che valuta la possibilit di risolverla. N la lettera n il rescritto estendono per immediatamente la loro efficacia al di l del caso concreto. Lattivit rescribente comincia a farsi pi viva a partire dallet degli Antonini per diventare poi il principale strumento di manifestazione della volont normativa imperiale. I MANDATA erano istruzioni generali in materia processuale, amministrativa, e finanziaria, consegnate o trasmesse dal principe ai propri funzionari e ai governatori delle provincie senatorie. Solo con Marciano che vengono richiamate le norme che attraverso i MANDATA sarebbero state introdotte. c) Lefficacia nel tempo. Per quanto riguarda gli editti, contenendo un GENERALE PRAECEPTUM, viene riconosciuta una efficacia duratura. Per quanto riguarda, invece, le decisioni adottate dal principe in sede giurisprudenziale (DECRETA, EPISTULAE, RESCRIPTA) la loro efficacia si estende nel tempo solo quando si riesce a sollevarle dal piano dei provvedimenti giurisprudenziali a quello delle manifestazioni normative attraverso lopera mediatrice dellinterprete, che ne rivela i principi normativi dopo aver eliminato sia le decisioni aventi ad oggetto fatti particolarissimi, sia quelle non suscettibili di applicazione analogica perch animate solo dallintento di favorire persone o comunit determinate.
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LETA TARDOANTICA
Il quadro generale
Lunica fonte viva del diritto riconosciuta dallassolutismo imperiale nellimperatore. Il termine LEX, riservato in precedenza alle sole disposizioni normative provenienti dal popolo, viene ora a indicare direttamente la costituzione imperiale. Si assiste anzi a una sorta di identificazione dellimperatore con la legge: egli viene definito LEX ANIMATA, legge vivente. Per altri aspetti della produzione del diritto si ha invece una evidente frattura tra principato e impero tardo antico. Mentre nel principato i giuristi svolgono uninsostituibile e pienamente riconosciuta funzione di guida nello sviluppo e nella creazione del diritto, a partire da Diocleziano essi perdono in gran parte tale ruolo. Il giurista tardo antico , per lo pi, un anonimo burocrate che lavora nelle cancellerie imperiali alla preparazione di testi normativi del principe, oppure un professore di diritto che nelle scuole, esercita un insegnamento non disgiunto, talora, da una riflessione originale, ma teorizzante. Al lavoro del giurista non pi riconosciuto alcun rilievo nella creazione del diritto; si comprende cos come scompaia il IUS RESPONDENDI EX AUCTORITATE PRINCIPIS.
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Giustiniano, con una famosa costituzione che rappresenta una specie di manifesto dellassolutismo imperiale, giunger a riservare allimperatore non soltanto la creazione del diritto, ma anche la stessa interpretazione. Ai sudditi non resta che la fedele applicazione delle leggi. Lopera della giurisprudenza del principato non dimenticata. Gli scritti dei giuristi precedenti vengono infatti utilizzati come diritto vigente, a fianco delle costituzioni imperiali. In contrapposizione alle leggi (costituzioni imperiali), linsieme degli scritti giurisprudenziali del principato di solito denominato diritti, con terminologia efficace per evidenziare la bipartizione delle fonti del diritto di questo periodo tra fonti vive e fonti che sono ereditate dalla grande tradizione del passato, ma costituiscono ormai un organismo in s chiuso e compiuto. Legge e diritti, unitariamente considerati, formano il diritto scritto (ius ex scripto), che distinto dal diritto consuetudinario (ius ex non scripto). La consuetudine ha tuttavia una posizione marginale nel sistema normativo. Nel diritto giustinianeo ammessa soltanto la consuetudine c.d. SECUNDUM LEGEM, cio quella espressamente chiamata dalla legge, mentre non trovano spazio n la consuetudine PRAETEM LEGEM, che va a colmare le lacune legislative, n quella contraria alla legge (CONTRA LEGEM). La divisione dellimpero in due parti, lOccidente e lOriente, comprende un dualismo legislativo. Limpero sempre sentito come unentit polit ico-costituzionale unitaria e indivisa. I provvedimenti legislativi sono emanati formalmente nel nome di tutti gli imperatori regnanti, ma ciascun imperatore legifera esclusivamente per la parte di sua spettanza e le costituzioni sono di conseguenza applicate solo in essa. Let tardo antica, anche per le fonti del diritto, unepoca di incertezza e di crisi. La concentrazione nelle mani dellimperatore del potere normativo non risolve i problemi, ma pare aggravarli. Prima di tutto si vuole una maggiore certezza, che proviene dal disordine e dalloccasionalit della legislazione imperiale. I testi delle costituzioni sono scritti spesso in un linguaggio esagerato e oscuro, che aumenta le ambiguit normative. Si sente lassenza di una giurisprudenza guida che, come nel passato, con linterpretazione, faccia da filtro tra labbondante produzione normativa imperiale e la sua concreta applicazione. Problemi in parte simili presenta limpiego degli scritti giurisp rudenziali del passato come diritto vigente.
Le costituzioni imperiali
Nel tardo impero sono due le categorie principali di costituzioni, le leggi generali e i rescritti. I MANDATA (istruzioni che limperatore d ai suoi funzionari) scompaiono, mentre i DECRETA (decisioni giurisdizionali) si confondono con i rescritti. Le LEGES GENERALES, sono le costituzioni aventi carattere generale e si contrappongono ai rescritti, che sono invece misure particolari. Ci sono due nuovi tipi di costituzione. La PRAGMATICA SANCTIO (sanzione pragmatica) e lADNOTATIO (notazione). La prima appare nel corso del quinto secolo. Sembra che sia un provvedimento avente carattere particolare, utilizzato a vari scopi, soprattutto per rispondere a domande di province, citt o corporazioni. LADNOTATIO una
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risposta a domande presentate allimperatore scritta a margine della richiesta, e non in calce. Tramite essa si concedevano privilegi o esenzioni di vario genere. A poco a poco emerge la necessit di avere dei criteri oggettivi per poter distinguere le leggi generali dai rescritti. Ci potevano essere delle situazioni marginali dove la distinzione non era chiara. ne conseguiva un rischio che si consolidasse nella prassi come soluzione generale quella che era stata prevista invece per un caso particolare. Per evitare ci bisognava fare chiarezza sul grado di valore normativo da attribuirsi alle costituzioni imperiali. Il riferimento al solo contenuto delle stesse non era sufficiente. La soluzione infine, fu perci quella di indicare dei criteri formali, cui ricorrere per stabilire se una costituzione fosse da considerare o meno dapplicazione generale. Nel 426 la cancelleria imperiale occidentale di Valentiniano III affront il problema con unimportante costituzione che i compilatori teodosiani e giustinianei hanno diviso in vari frammenti. Con questo provvedimento viene per prima cosa ribadita la distinzione tra rescritti e leggi generali, riconfermando lefficacia limitata dei primi. Per le leggi generali, si dispone che siano considerate tali le costituzioni che, anche quando sono prese da un caso particolare, rispondo ad almeno uno di questi requisiti: siano trasmesse al senato sotto forma di orazione imperiale, abbiamo lespressa denominazione di editto o legge generale, siano re se note presso tutte le popolazioni dellimpero tramite avvisi dei governatori affissi in pubblico, avvertano in maniera chiara che quanto stabilito per certi casi debba essere applicato anche per i casi simili, contengano lordine che debbano concernere tutti.
costituzioni inoltre erano collocate in un quadro sistematico e distribuite, sotto vari titoli a seconda del contenuto. Le prime compilazioni di costituzioni imperiali risalgono alla fine del terzo secolo, inizio quarto. Sono il CODEX GREGORIANUS e il CODEX HERMOGENIANUS. Entrambi i codici raccoglievano rescritti imperiali, il cui testo era ridotto alla sola parte contenente disposizioni normative, con lomissione di tutto ci che fungeva da introduzione o contorno alla norma vera e propria. Il codice gregoriano includeva rescritti a partire dallimperatore Adriano sino a Diocleziano, distribuiti in libri (almeno 15), che, a loro volta, si dividevano in titoli piuttosto numerosi. Il codice ermogeniano (forse opera del giurista Ermogeniano) era composto da rescritti di Diocleziano degli anni 293-294 d.C., distribuiti in un solo libro diviso in titoli. Sembra che si trattasse di un completamento del codice gregoriano. In entrambi si tratt del lavoro compilatorio scaturito dalliniziativa privata di singoli giuristi. Per solo personaggi ben inseriti a corte e con agevole accesso agli archivi delle cancellerie avrebbero potuto avere lopportunit e la capacit di compilare simili raccolte.
Il codice teodosiano
Siccome i tentativi di aggiornamento dei due codici non furono sufficienti a dar conto della produzione legislativa che si stava accumulando, riapparve cos ben presto il problema della certezza del diritto, legato al disordine legislativo e alla stessa conoscibilit delle costituzioni imperiali. A questa diffusa esigenza di dar finalmente una risoluzione in oriente, nel 439, sotto il regno di Teodosio II, con la pubblicazione della prima compilazione ufficiale di costituzioni imperiali: il Codice teodosiano (CODEX THEODOSIANUS). Il codice fu costituito tramite due processi, di cui il primo non andato in porto. Con una costituzione del 429 venne nominata una commissione con un doppio compito: realizzare una raccolta, per gli studiosi, di tutte le costituzioni emanate da Costantino in avanti, anche quelle non pi in vigore, ordinandole secondo il sistema dei due codici privati precedenti; compilare una seconda raccolta, a carattere pratico, in cui ci fossero solo le costituzioni vigenti, prendendole dai codici gregoriano ed ermogeniano e dal terzo codice appena composto; il testo delle costituzioni doveva essere accompagnato da brani scelti dalle opere della giurisprudenza del principato. Questo progetto non fu realizzato. Non viene per abbandonata lidea di attuare una compilazione. Nel 435 si ritirano su un processo meno ambizioso: si rinuncia di inserire nella raccolta anche passi tratti dai diritti e si nomina una seconda commissione con lincarico di raccogliere tutte le leggi generali emanate da Costantino in poi, anche quelle abrogate, con la facolt di modificarne i testi per eliminare ambiguit, parti ridondanti e cos via. Il nuovo codice si sarebbe affiancato a quelli gregoriano ed ermogeniano. La commissione concluse in poco pi di due anni i suoi lavori; il Codice teodosiano fu pubblicato in Oriente il 15 febbraio del 438, ed entr in vigore il 1 gennaio del 439. Contestualmente venne inviato a Valentiniano III, che regnava in Occidente, dove fu pubblicato con la sua presentazione al senato di Roma, che lo accolse con grande favore.
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Il Codice teodosiano composto di sedici libri, divisi in titoli. Allinterno di ciascun titolo le costituzioni si susseguono in ordine cronologico; per ognuna di esse indicato il nome dellimperatore o degli imperatori che le avevano emanate; il destinatario e la data. Lo schema seguito grosso modo quello dei DIGESTA del principato. Per c una forte prevalenza di materie di diritto pubblico, rispetto ad argomenti privatistici, il che forma una delle pi importanti caratteristiche. Unaltra novit la presenza di un intero libro dedicato soltanto alla legislazione in materia ecclesiastica e religiosa. Ci fa capire la grande importanza che il cristianesimo aveva ormai assunto nellordinamento giuridico dellimpero. In Oriente il Codice teodosiano rimase in vigore sino al 529, anno in cui fu emanato il primo Codice di Giustiniano, che lo sostitu. In Occidente la sua influenza si fece sentire pi a lungo: nelle zone in cui la compilazione giustinianea non fu introdotta (perch non riconquistate dagli eserciti di Giustiniano) il destino del diritto romano sino allalto medioevo fu anche legato allutilizzo dei testi del teodosiano, tramite lintervento delle c.d. leggi romano-barbariche che li avevano inclusi. La compilazione del Codice teodosiano non fu solo un tentativo di avere una migliore certezza del diritto tramite una pi agevole rintracciabilit delle costituzioni, ma con esso cambi anche il modo di porsi del legislatore imperiale di fronte alla produzione e allinterpretazione del diritto.
I giuristi prestarono la propria attivit anche nelle cancellerie imperiali, come consulenti degli imperatori. La loro opera si svolse nellanonimato: i testi delle costituzioni redatti come riferentesi direttamente alla volont del sovrano, senza lasciar nulla intendere sul lavoro preparatorio che stava alla base della loro emanazione. E discusso il valore dellinsegnamento e della cultura giuridica tardo antica. Nelle scuole, soprattutto quelle orientali, si mantennero intatti lo studio e la riflessione sulle opere dei giuristi del passato. Ci contribu alla conservazione della tradizione giuridica romana, e rese possibile la compilazione del Digesto, tramite il quale il pensiero giurisprudenziale antico influ in modo determinante sulla storia del diritto dal Medioevo ad oggi. Nel tardo impero linsegnamento si svolgeva sui testi dei giuristi. I giuristi non si dedicavano soltanto allinsegnamento. Alcune opere giunte sino a noi al di fuori della compilazione giustinianea, mostrano come nellet tardo antica vi fosse una varia produzione di scritti che avevano levidente scopo di rendere pi facilmente accessibili i testi della giurisprudenza del principato e delle stesse costituzioni imperiali. Lattivit della giurisprudenza non ebbe solo a oggetto gli scritti dei giuristi. Essa si rivolse anche alle costituzioni imperiali, approntando compilazioni private di sole costituzioni, quali i codici gregoriano ed ermogeniano, o affiancando nelle antologie i testi di leggi imperiali a quelli giurisprudenziali. La fine della giurisprudenza del principato e della sua funzione di guida nello sviluppo del diritto contribu, assieme ad altri fattori, al prevalere di impostazioni presenti nella prassi, che condussero in et tardoantica alla trasformazione di alcune peculiari caratteristiche del diritto privato romano. Come: labbandono dellimpostazione processualistica del di scorso giuridico, il declino della distinzione tra propriet e possesso, laffermarsi del principio che il semplice consenso fosse idoneo a trasferire la propriet senza necessit alcuna di ricorrere ai negozi traslativi tipici, ecc.
diversi testi giuridici romani riportati in successione luno dopo laltro; essa contiene: una parte consistente del Codice teodosiano e delle Novelle post-teodosiane, con le relative interpretazioni, lEPITOME GAI, gran parte delle sentenze di Paolo, alcune costituzioni tratt e dai codici gregoriano ed ermogeniano, un brano dei RESPONSA di Papiniano. La legge romana dei visigoti ebbe un ruolo significativo nella Francia meridionale, fungendo da tramite del diritto romano sino al tredicesimo secolo, allorch si afferm in una sostituzione la compilazione giustinianea nel frattempo riscoperta in Italia. Ci fu anche un editto di Teodorico. Si tratta infatti di una compilazione emanata in Italia intorno al 500 da Teodorico il Grande, re degli ostrogoti, il quale riconosceva la sovr anit dellimperatore dOriente, considerandosi suo governatore dItalia. Per questo motivo prende il nome di editto e non legge, ed destinata a valere per tutti i suoi sudditi, sia romani, sia barbari. Comprende 154 brevi articoli, senza nessuna indicazione delle fonti da cui sono tratte le norme.
La compilazione giustinianea
Lopera di compilazione dovuta allimperatore Giustiniano (527 -565), denominata anche, nel suo insieme, CORPUS IURIS CIVILIS (corpo del diritto civile), segna allo stesso tempo la fine e linizio di unepoca per la storia giuridica. Essa si colloca al termine della lunga vicenda del diritto romano, chiudendo la fase antica della sua storia. Il CORPUS IURIS CIVILIS d inizio a una nuova vicenda del diritto romano, separata e diversa rispetto a quella antica. In essa contenuta unopera, il Digesto, che consiste in unantologia ragionata (seguendo un impianto sistematico) di frammenti tratti da scritti dei giuristi del passato. Il Digesto ci consente di avere unidea incompleta e in parte distorta, ma preziosissima, del pensiero dei giuristi antichi, del contenuto delle loro opere, delle loro tecniche argomentative, del loro modo di affrontare i problemi giuridici e di risolverli. Il Digesto e il altre opere (Codice, Istituzioni e Novelle) sono il risultato di una felice combinazione tra un rinnovato interesse per la cultura giuridica antica (il c.d. classicismo di Giustiniano) e la ricerca di maggiore efficienza dellordinamento giuridico. Giustiniano afferma a ogni passo che e gli persegue certezza del diritto e rapidit nei processi. La novit rispetto al passato costituita proprio dal fatto che si realizza anche una compilazione di scritti giurisprudenziali, abbandonando cos la soluzione meccanica e un po semplicistica della legge delle citazioni. Lo scopo pratico avuto di mira da Giustiniano si traduce anche in una pi approfondita riflessione sul contenuto del potere imperiale e sulluso degli strumenti legislativi che gli sono propri. La dimensione assolutistica dellimpero tardoantico trova cos alcune delle sue pi lucide e consapevoli formulazioni. In una famosa costituzione emanata nel 529, Giustiniano afferma solennemente che limperatore lunico creatore e interprete del diritto . Ai sudditi lasciato solo il compito di applicare le leggi imperiali. Se c in esse qualcosa di oscuro e se si avverte qualche lacuna bisogna rivolgersi al sovrano, perch vi provveda. E significativo che proprio nella TANTA, al termine della compilazione pi difficile, quella dei diritti, sia contenuto il divieto di ogni interpretazione dei testi normativi. Le norme sono ormai chiare e comprensibili; esse si devono perci applicare e non gi interpretare. Si consente soltanto,
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a scopi didattici, la loro traduzione letterale in greco, la composizione di indici e il richiamo di passi paralleli. Qualsiasi altra riflessione su di esse vietata. Lassolutismo imperiale esige programmaticamente il monopolio sia sulla produzione che sullinterpretazione del diritto. Il 13 febbraio 528 limperatore Giustiniano, alito al trono da meno di un anno, con la costituzione HAEC QUAE NECESSARIO nomin una commissione per la compilazione di una nuova raccolta di costituzioni imperiali. Ai compilatori vennero date istruzioni di modificare i testi legislativi in modo da renderli pi chiari, di eliminarne le parti superflue, di raggruppare le costituzioni riguardanti lo stesso argomento, di tralasciare quelle abrogate, di eliminare ogni contraddizione. Lobiettivo era di arrivare alla compilazione di un codice in cui confluisse il materiale contenuto nei tre codici precedenti (gregoriano, ermogeniano e teodosiano) e le costituzioni successivamente emanate. Lo scopo era soprattutto pratico: sostituire con ununica opera i tre codici i n vigore e le numerose costituzioni che si erano venute accumulando dopo lemanazione del teodosiano. Il lavoro della commissione dur poco pi di un anno e il 7 aprile 529, con la costituzione SUMMA REI PUBBLICAE, venne pubblicato il nuovo codice. Dopo la compilazione del nuovo codice si considera lidea di procedere a una compilazione di diritti. Il merito maggiore per aver proposto tale progetto e per esserne stato la guida, va dato a Triboniano, che gi presente nella commissione di compilazione del primo codice, divenne ben presto QUAESTOR SACRI PALTII (il questore del palazzo sacro), cio una specie di ministro della giustizia. Il 15 dicembre 530, con la costituzione DEO AUCTORE, diretta a Triboniano, si d inizio ufficialmente allopera di compilazione. A Triboniano viene affidato anche il compito di scegliersi i collaboratori per formare la commissione che dovr procedere al lavoro. Il materiale da raccogliere doveva essere tratto da scritti di giuristi muniti del diritto di rispondere (IUS RESPONDENDI), senza tener conto dei limiti contenuti nella c.d. legge delle citazioni. I commissari dovevano evitare contraddizioni e ripetizioni. I testi dovevano essere opportunamente modificati, per renderli pi chiari e idonei al diritto vigente. I brani cos selezionati e adattati erano da distribuirsi in cinquanta libri, ciascuno dei quali diviso in titoli, seguendo lordine del Codice, e delleditto perpetuo. Una volta inseriti nel Digesto i brani giurisprudenziali erano da considerarsi assimilati a costituzioni imperiali. Il lavoro venne svolto assai rapidamente, in circa tre anni, e il 16 dicembre 533, con la costituzione bilingue TANTA-, Giustiniano pubblicava il digesto, preparando lentrata in vigore al 30 dicembre dello stesso anno. La costituzione prevede, inoltre, il divieto di far uso di testi normativi che non siano tratti dallo stesso Digesto e dalle altre compilazioni ufficiali (Codice e Istituzioni), e ricorda che il grande rispetto nei confronti degli antichi aveva indotto a non tacere il nome dei giuristi, indicando lautore di ogni frammento. Il Digesto (abbreviato con D.) diviso in cinquanta libri, ciascuno dei quali diviso a sua volta in titoli, muniti di una rubrica che indica largomento trattato nel titolo. Allinterno dei titoli seguono i frammenti, tutti preceduti da un breve iscrizione, che indica lopera da cui il frammento tratto e il giurista che ne lautore. I frammenti pi lunghi sono divisi in un principio e in pi paragrafi.
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La costituzione TANTA a scopi soprattutto didattici, divide il Digesto in sette parti: 1) comprende i libri 1-4 riguardo ai principi generali e alla giurisdizione; 2) la PARS DE IUDICIIS 8libri 5-11), dedicata al processo; 3) la PARS DE REBUS (12-19), che tratta di obbligazioni e contratti; 4) lUMBLICUS (20-27) che si occupa di obbligazioni e diritto di famiglia; 5) DDE TESTAMENTIS (2836), relativa alla successione testamentaria; 6) libri 37-44 dedicati ad altri istituti successori e ad argomenti eterogenei; 7) ultima parte che comprende gli ultimi cinque libri, riguardo a vari argomenti tra cui la STIPULATIO, il diritto criminale, lappello, il diritto municipale. Giustiniano dichiara in modo esplicito che i brani dei giuristi raccolti nel digesto hanno lo stesso valore delle costituzioni imperiali e che pertanto debbono trovare applicazione in tutti i processi, sia futuri, sia ancora precedenti. Metodo seguito dai compilatori nel compiere il Digesto: due principali spiegazioni; teoria delle masse e lesistenza di compilazioni a catena, i c.d. Predigesti. Il 21 novembre 533 Giustiniano con la costituzione IMPERATORIAM pubblic un nuovo manuale istituzionale: le ISTITUTIONES (Istituzioni). Esse sono costruite sul modello di Gaio, rispettandone la divisione in quattro libri e la distribuzione della materia in tre parti (PERSONAE, RES, ACTIONES). A differenza del manuale gaiano, i libri sono per divisi in titoli e inoltre vi alla fine un breve titolo dedicato al diritto e al processo penale, che non c in Gaio. Non si tratta solo di un manuale scolastico: le Istituzioni giustinianee hanno infatti anche un valore normativo, tanto che in alcuni casi introducono delle riforme. Pochi giorni prima della pubblicazione delle Istituzioni, con la costituzione OMNEM (533), Giustiniano riform gli studi giuridici. Gli studenti dovevano utilizzare, come tesi di studio, le opere comprese nella compilazione. Non si poteva far pi uso degli scritti degli antichi giuristi. Cera per il problema della lingua: i testi del CORPUS IURIS erano scritti in latino, lingua che nno era compresa dagli studenti orientali, i quali conoscevano solo il greco. I professori di diritto apprestarono perci una serie di opere didattiche, in greco, per rendere accessibili Istituzioni, Digesto e Codice ai loro studenti. Dalla data di pubblicazione del primo Codice (7 aprile 529) alla costituzione DEO AUCTORE (15 dicembre 530) Giustiniano eman varie costituzioni, che limperatore stesso denomina nel loro insieme cinquanta decisioni (QUINQUAGINTA DECISIONES), tramite le quali vennero affrontate varie questioni controverse. Subito dopo la compilazione del Digesto, limperatore diede incarico a Triboniano, posto a capo di una commissione ristretta, di procedere alla necessaria revisione e integrazione del Codice, facendo tutte le modifiche, i tagli e le correzioni che si rendessero necessari. Lopera procedette velocemente e con la costituzione CORDI del 534 venne pubblicato il secondo Codice, il CODEX REPETITAE PRAELECTIONIS che sostituiva integralmente il primo. Il codice diviso in dodici libri suddivisi in titoli. Allinterno di ciascun titolo i frammenti delle costituzioni si susseguono in ordine cronologico. Ogni frammento preceduto da una prescrizione che contiene il nome dellimperatore o degli imperatori che emanarono il provvedimento ed completato da un sottoscrizione con la data di emanazione.
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Dopo la pubblicazione del CODEX REPETITIAE PRAELECTIONIS Giustiniano prosegu la sua attivit legislativa, emanando numerose costituzioni nominate Novelle (NOVELLAE). Esse non si unirono mai in un a compilazione ufficiale, ma circolarono in raccolte private, che finirono per comprendere anche costituzioni emanate dai suoi immediati successori. Molte novelle affrontano problemi di diritto amministrativo o di diritto pubblico in genere, ma non mancano i provvedimenti a tematiche privatistiche, soprattutto di diritto successorio e di famiglia. Le Novelle sono scritte in greco, perch in <oriente era la lingua prevalente. Alla fine del nono secolo ci si ricollega nuovamente al CORPUS IURIS; cos limperatore Leone il Filosofo realizza una nuova grande compilazione con lo scopo di sostituire definitivamente quella giustinianea. Si tratta dei Basilici, o LIBRI BASILICORUM, che raggruppano in sessanta libri tutto il contenuto del CORPUS IURIS, seguendo lordine del Codice. Nei secoli successivi il testo dei Basilici fu terminato da numerosi commenti, detti scoli, tratti anchessi in parte dalle opere dei giuristi giustinianei e in parte da scritti pi recenti. I Basilici sono una raccolta di brani tratti da opere di giuristi antichi (giuristi del sesto secolo). Lultima opera di questo genere un manuale in sei libri (Hexab iblos) di Costantino Armenopulo, scritto intorno al 1345. Per quanto riguarda lOccidente basta ricordare che la compilazione giustinianea venne introdotta in Italia, dopo la sua riconquista, con la c.d. PRAGMATICA SANCTIO PRO PETITIONE VIGILII, una costituzione inviata da Giustiniano al papa Vigilio nel 554.
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