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La morte del re.

Rituali funerari e commemorazione dei sovrani nellalto medioevo


Piero Majocchi

Il problema storiograco della ne dellimpero romano dOccidente stato oggetto nellultimo trentennio di un rinnovato dibattito, che ha profondamente modicato il quadro tradizionale tuttora attestato in gran parte dei libri di testo universitari e scolastici. Tra i vari aspetti delle trasformazioni della societ europea in tale periodo, uno dei pi dibattuti quello relativo ai mutamenti dei riti funerari tra tardoantico e altomedioevo, a partire, ad esempio, dalla ricomparsa del corredo funerario: i modelli interpretativi, elaborati da storici e archeologi tra XIX e XX secolo, sono stati in questo caso decostruiti e nuove chiavi di lettura dei dati archeologici sono state proposte. In particolare, il dibattito si focalizzato sulle sepolture regie (o ritenute tali), dato che il modello interpretativo etnico-sociale, basato sul riconoscimento delletnia e del rango sociale dei defunti in base agli oggetti deposti nelle loro sepolture, era stato elaborato proprio sulla base di ritrovamenti con corredi qualitativamente e quantitativamente eccezionali, come quello di Childerico a Tournai o dellignoto leader anglosassone a Sutton Hoo. Dopo aver ricostruito il dibattito sul paradigma storico-archeologico dominante ancora pochi decenni fa e quello sui principali ritrovamenti archeologici di sepolture regie, questo contributo intende soffermarsi in particolare sulle pratiche funerarie e i metodi di perpetuazione della memoria dei sovrani in Italia a partire da Teodorico, allinizio del VI secolo, sino alla dinastia ottoniana nella seconda met del X: il lo che cercheremo di seguire sar quello del confronto costante tra dati archeologici e fonti scritte, allinterno di unanalisi che integri dibattito archeologico e discussione storiograca.

Storica, n. 49

Primo piano

1. Il dibattito sui rituali funerari tra et tardoantica e altomedievale La lettura tradizionale delle trasformazioni dellEuropa e del bacino del Mediterraneo tra IV e X secolo notissima: la caduta della parte occidentale dellimpero romano veniva addebitata a invasioni (o migrazioni) di popoli stranieri i quali, dopo aver conquistato militarmente porzioni di territori romani, vi si sarebbero insediati instaurando nuovi regimi. Tali regni sarebbero stati caratterizzati da una sorta di apartheid razziale che separava i nuovi conquistatori, di etnia germanica, e le popolazioni assoggettate, i romani. La durezza delloccupazione germanica dellEuropa occidentale sarebbe stata mitigata da un lento e secolare processo di acculturazione delle nuove lites barbare promosso dalla Chiesa cristiana (romana e orientale), che avrebbe dato luogo, tra VII e VIII secolo, alla fusione dei due gruppi etnici, sino ad allora culturalmente (e biologicamente) distinti. Secondo tale modello inoltre le invasioni barbariche del V e VI secolo avrebbero causato la crisi non solo delle strutture istituzionali e militari romane, ma anche dellintero sistema economico e sociale: in tale fase infatti la produzione economica e la popolazione diminuirono drasticamente, mentre i centri urbani scomparvero o furono radicalmente ridimensionati. Tale perdurante crisi economica e demograca si sarebbe protratta dal V al X secolo, caratterizzando dunque tutto lalto medioevo: solo a partire dallXI secolo popolazione produzione e scambi avrebbero infatti ripreso a crescere sino a imporre, in et moderna, il primato dellEuropa occidentale rispetto alle altre grandi civilt del pianeta1. Negli anni ottanta del XX secolo furono formulate le prime radicali revisioni di tale fosco quadro: lo studio-

1Tale interpretazione storiograca prese avvio dallopera di E. Gibbon, History of the decline and fall of the Roman empire, 3 voll., printed for W. Strahan and T. Cadell, London 1781; sullelaborazione storiograca in Italia tra XIX e XX secolo si veda E. Artifoni, Ideologia e memoria locale nella storiograa italiana sui Longobardi, in Il futuro dei Longobardi. LItalia e la costruzione dellEuropa di Carlo Magno. Saggi, a cura di C Bertelli e G.P. Brogiolo, Skira, Milano 2000, pp. 219-27; unefcace sintesi della versione tradizionale dellinsediamento longobardo in Italia in G.P. Bognetti, Santa Maria Foris Portas di Castelseprio e la storia religiosa dei Longobardi, in Idem, Let longobarda, II, Giuffr, Milano 1966, pp. 12-673.

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so canadese Walter Goffart ipotizz che linsediamento degli eserciti barbarici nel V secolo in Gallia e in Italia fosse avvenuto in modo concordato con le autorit romane, e non fosse lesito di espropriazioni violente. Goffart inoltre applic per primo i modelli interpretativi di tipo semiotico alle fonti altomedievali relative alle migrazioni barbariche: decostruendo le narrazioni di Giordane, Gregorio di Tours, Beda e Paolo Diacono, Goffart evidenzi il loro carattere letterario e romano, screditandone la validit come fonte di fatti storici realmente accaduti. Pi in generale veniva negata lesistenza di una cultura germanica diversa da quella romana, se non su un piano linguistico non percepito dai contemporanei, e addebitava la caduta della parte occidentale dellimpero non agli insediamenti concordati di piccoli eserciti federati, ma alla progressiva perdita da parte di Bisanzio del controllo sullesercito romano sempre pi barbarizzato nella parte occidentale dellimpero2. Le tesi di Goffart furono recepite e diffuse in Europa innanzitutto dalla scuola di Vienna, ovvero da Herwig Wolfram e dal suo allievo Walter Pohl, che svilupparono le teorie dello studioso tedesco Reinhard Wenskus sullidentit etnica, alla luce delle innovazioni introdotte da sociologi e antropologi nella seconda met del Novecento a proposito di migrazioni e di etnicit: lidentit dei popoli barbarici non sarebbe dipesa dalla discendenza biologica, dato che tali popoli non erano etnicamente omogenei e culturalmente coesi, ma dalla fedelt militare a un leader vincente (il rex), che con i propri successi militari negoziava lalleanza con il potere imperiale aumentando gli effettivi del suo esercito e rafforzandone la nuova identit etnica comune. Tale processo di creazione di nuove identit venne denito etnogenesi, intesa come un lento processo politico e culturale che nei casi di successo diede luogo a nuove istituzioni, i regni post-

2Sullinsediamento degli eserciti barbarici: W. Goffart, Barbarian tides. The Migration Age and the later Roman Empire, University of Pennsylvania Press, Philadelphia 2006; per una critica interpretativa dei testi storiograci Id., The Narrators of Barbarian History (A.D. 550-800). Jordanes, Gregory of Tours, Bede, and Paul the Deacon, Princeton U.P., Princeton 1988; sulla caduta dellimpero Id., Rome, Constantinople and the Barbarians, in Id., Romes Fall and after, Hambledon, London and Roncevert 1989, pp. 1-32.

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romani, caratterizzati da sistemi legislativi nazionali e dalla credenza in mitiche origini comuni3. Partendo da tali presupposti allinizio degli anni novanta fu avviato un progetto della European Science Foundation denominato signicativamente The Trasformation of the Roman World: il confronto tra le storiograe nazionali e le diverse ipotesi relative alla caduta dellimpero si concretizz in una serie di volumi dedicati alle maggiori tematiche politico-istituzionali e socio-economiche: la nascita dei nuovi regni, lidentit etnica, lurbanesimo, leconomia e i riti del potere nelle societ attraversate dalla trasformazione del mondo romano. Negli stessi anni, negli Stati Uniti, Patrick Geary ricostruiva luso strumentale e ideologico della storia dei regni altomedievali operato in Europa dai regimi nazionalisti e razzisti del XIX e XX secolo, i quali vedevano nei regni post-romani gli antenati delle nazioni e delle razze attuali proiettando sul passato le forme delle societ contemporanee4. Nellultimo decennio il dibattito stato scandito dalluscita di alcune sintesi sulla ne del mondo romano: studiosi come Peter Heather e Bryan Ward-Perkins hanno riproposto la tesi tradizionale, addebitando la caduta dellimpero dOccidente allimpatto militare e cultu3 La prima applicazione di tali teorie risale allopera di H. Wolfram, Storia dei Goti, Salerno, Roma 1985; sulletnogenesi W. Pohl, Le origini etniche dellEuropa. Romani e barbari tra antichit e medioevo, Viella, Roma 2000; Id., Aux origines dune Europe ethnique. Transformations didentits entre Antiquit et Moyen ge, in Annales HSS, 60, 2005, pp. 183-208; Id., Telling the Difference: Signs of Ethnic Identity, in Strategies of Distinction. The Construction of Ethnic Communities, 300-800, eds. W. Pohl, H. Reimitz, Brill, Leiden-New York-Kln 1998, pp. 17-69; si veda anche P. Amory, People and Identity in Ostrogothic Italy, 489-554, Cambridge U.P., Cambridge 1997; I. Wood, Ethnicity and the Ethnogenesis of the Burgundians, in Typen der Ethnogenese unter besonderer Bercksichtitung der Bayern, a cura di H. Wolfram, W. Pohl, Osterreichischen Akademie der Wissenschaften, Wien 1980, pp. 53-70. 4Si vedano ad esempio: Strategies of Distinction cit.; Rituals of Power from Late Antiquity to the Early Middle Ages, eds. F. Theuws, J. Nelson, Brill, Leiden-Boston-Kln 2000; Kingdoms of the Empire. The Integration of Barbarians in Late Antiquity, eds. W. Pohl, Brill, Leiden-New YorkKln 1997; The Idea and Ideal of the Town between Late Antiquity and the early Middle Ages, eds. G.P. Brogiolo, B. Ward-Perkins, Brill, LeidenBoston-Kln 1999; Topographies of Power in the Early Middle Ages, eds. M. De Jong, F. Theuws, C. Van Rhijn, Brill, Leiden-Boston-Kln 2001; sulla costruzione nazionalista della storia altomedievale in et contemporanea si veda P.J. Geary, The Myth of Nations. The medieval Origins of Europe, Princeton U.P., Princeton-Oxford 2002.

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rale delle invasioni barbariche, mentre altri, come Chris Wickham e Guy Halsall, hanno indicato la causa del crollo delle istituzioni statali romane nelle dinamiche politiche e socio-economiche interne allimpero, considerando dunque linsediamento di eserciti barbarici nei territori dellimpero non la causa, ma una delle conseguenze della scomparsa delle strutture amministrative statali nellimpero dOccidente5. La narrazione tradizionale basata sulle fonti scritte aveva costituito, dalla seconda met del XIX secolo, il punto di partenza anche dellarcheologia medievale, che iniziava allora a intraprendere i primi scavi in siti cimiteriali. I dati raccolti mostravano come nella fase tra IV e VIII secolo i riti funerari romani avessero subito sostanziali trasformazioni, tra le quali la ripresa delluso di deporre oggetti (il corredo funerario) allinterno di alcune sepolture, fenomeno che avrebbe dovuto rappresentare la prova tangibile dellinsediamento di immigrati germanici portatori di nuovi costumi. Cos i defunti sepolti con corredo venivano immediatamente attribuiti a unetnia germanica: tale pratica avrebbe dunque dimostrato la diversit culturale dei popoli immigrati e la loro volont di mantenersi separati, anche nella sepoltura, dalla popolazione autoctona, le cui sepolture sarebbero invece state sprovviste di corredo. Gli oggetti che lo componevano erano inoltre interpretati, in base a tipologie di tipo artistico, come caratteristici di determinate etnie barbariche, permettendo la ricostruzione delle migrazioni di popoli nelle diverse aree dellex impero come ondate progressive marcate territorialmente dalla comparsa del nuovo tipo di sepoltura. Lanalisi dei corredi funerari fu modellata per non solo sul parametro etnico, ma anche su quello sociale: la qualit e la quantit degli oggetti del corredo erano ritenuti cio un indicatore non solo delletnia del

5 Si veda da un lato P.J. Heather, Empire and Barbarians: the fall of Rome and the birth of Europe, Oxford U.P., Oxford 2010; B. Ward-Perkins, The fall of Rome and the end of civilization, Oxford U.P., Oxford 2005 (trad. it. La caduta di Roma e la ne della civilt, Laterza, Roma-Bari 2008); dallaltro G. Halsall, Barbarian migrations and the Roman west, 376-568, Cambridge U.P., Cambridge 2007; C. Wickham, Framing the Early Middle Ages. Europe and the Mediterranean, 400-800, Oxford U.P., Oxford 2005 (trad. it. Le societ dellalto medioevo. Europa e Mediterraneo, secoli V-VIII, Viella, Roma 2009); Id., The Inheritance of Rome. Illuminating the Dark Ages, 400-1000, Allen Lane, London 2010.

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defunto ma anche della sua classe sociale. Cos venivano riconosciuti i servi (senza corredo), i liberi (con corredi poveri), gli aristocratici (con corredi ricchi) e i re (con corredi eccezionalmente ricchi). Labbandono della pratica del corredo tra VII e VIII secolo era inne addebitata allinuenza civilizzatrice del cristianesimo, che avrebbe permesso lintegrazione degli immigrati germani con le popolazioni romane: nella documentazione privata le donazioni pro anima a enti ecclesiastici compaiono infatti nellVIII secolo, quando i cimiteri a righe, tipici di tale periodo e cos denominati per la disposizione delle sepolture, furono in molti casi abbandonati e scomparve la pratica di deporre oggetti preziosi nelle tombe6. Tali modelli interpretativi erano stati elaborati a partire dalla seconda met del XIX secolo in Germania, in un ambiente culturale e accademico fortemente nazionalista e caratterizzato dallo sviluppo del razzismo scientico: fu lo studioso Otto Brunner infatti a ipotizzare per primo che gli oggetti rinvenuti negli scavi delle necropoli germaniche fossero di propriet del defunto, che li avrebbe dunque utilizzati in vita, e rappresentassero pertanto un sicuro mezzo di riconoscimento della sua etnia (o meglio della razza) e della sua classe sociale7. In ambito archeologico il paradigma interpretativo etnico fu denitivamente elaborato e diffuso a cavallo della prima guerra mondiale da Gustav Kossinna, archeologo tedesco considerato il pioniere della cosiddetta archeologia degli insediamenti. A lui si deve infatti la tesi secondo la quale le aree caratterizzate da culture archeologiche omogenee corrispondono sempre a luoghi di insediamento di una particolare trib o popolo, il cui
6Una sintesi di tali impostazioni in S. Lusuardi Siena, Sulle tracce della presenza gota in Italia: il contributo delle fonti archeologiche, in Magistra Barbaritas. I Barbari in Italia, Scheiwiller, Milano 1984, pp. 509-58, per let gota, e, tra i numerosissimi esempi, La necropoli longobarda di Trezzo sullAdda, a cura di E Rofa, AllInsegna del Giglio, Firenze 1996, per let longobarda. 7Sul ruolo di Brunner nello sviluppo dellarcheologia H. Fehr, Volkstum as Paradigm: Germanic People and Gallo Romans in Early Medieval Archaeology since the 1930s, in On Barbarian Identity. Critical approaches to Ethnicity in the Early Middle Ages, a cura di A. Gillet, Brepols, Turnhout 2002, pp. 177-200, in particolare pp. 197-8; sullambiente culturale alla base dellarcheologia funeraria germanica F. Fetten, Archaeology and Anthropology in Germany before 1945, in Archaeology, Ideology and Society. The German Experience, a cura di H. Hrke, Lang, Frankfurt 2000, pp. 143-81, in particolare pp. 162-75.

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costume tipico nazionale, il Tracht, sarebbe per lappunto riscontrabile negli oggetti, tipici di una specica etnia, che compongono i corredi funerari. Tale impostazione rivela la commistione di criteri scientici e principi politici e ideologici di tipo nazionalistico e razzista: non a caso, nel 1919, egli invi un proprio contributo alla conferenza di Versailles riaffermando lantichit dellinsediamento germanico sulla Vistola e opponendosi alla cessione di tali territori alla Polonia8. Durante la dittatura hitleriana la storia e larcheologia del passato germanico diventarono dunque una potente arma ideologica. Al ne di utilizzare come strumento di rivendicazioni territoriali i ritrovamenti archeologici di insediamenti germanici al di fuori dei conni tedeschi, alcuni gerarchi e ideologi nazisti come Alfred Rosemberg e Heinrich Himmler mostrarono una attenzione continua nei confronti della disciplina: nel 1933 la Gesellschaft fr Deutsche Vorgeschichte fu signicativamente ridenominata Reichsbund fr Deutsche Vorgeschichte, mentre nel 1936 fu fondata la Ahnenerbe, lassociazione ufciale degli archeologi tedeschi, che fu strutturata come una sezione delle SS e posta sotto il diretto controllo di Himmler. Nel periodo compreso tra il 1928 e il 1954 il numero di professori di archeologia preistorica nelle universit tedesche si moltiplic sino a raggiungere il picco nel 1941, per poi diminuire nel dopoguerra: tali archeologi furono abbondantemente utilizzati dal regime nazista durante la guerra in numerosi scavi nellEst occupato, cos come in Danimarca, Norvegia, Olanda e Francia, al ne di dimostrare la legittimit delloccupazione militare tedesca in virt del precedente insediamento di popolazioni germaniche9.
8 Lopera principale di Kossinna Die Herkunft der Germanen. Zur Methode der Siedlungsarchologie, Kabitzsch, Wrzburg 1911; mentre il libro divulgativo Die Deutsche Vorgeschichte: eine hervorragend nationale Wissenschaft, Kabitzsch, Leipzig 1912 ebbe grande successo conoscendo ben otto edizioni dal 1912 al 1941 e divenendo uno dei best-seller della Germania nazista; sullopera e la biograa di Kossinna U. Veit, Gustaf Kossinna and his concept of a national archaeology, in Archaeology, Ideology and Society cit., pp. 41-66. 9Sullarcheologia nel Terzo Reich B. Arnold, The past as propaganda: totalitarian archeology in Nazi Germany, in Antiquity, 64, 1990, pp. 464-78; H. Hassmann, Archaeology in the Third Reich, in Archaeology, Ideology and Society cit., pp. 67-142.

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Linterpretazione etnica dei corredi funerari, basata sulla ricostruzione delle invasioni germaniche attestate nelle fonti scritte, ha per dato luogo a una serie di paradossi scientici e di insanabili contraddizioni, sia rispetto a quanto era stato rinvenuto negli scavi, sia rispetto a quanto testimoniato dalle stesse fonti scritte. Una delle contraddizioni pi note rappresentata dalla cosiddetta invisibilit archeologica degli ostrogoti in Italia e dei visigoti in Gallia, popoli barbarici il cui insediamento tra i pi attestati nelle fonti scritte, ma che risultano del tutto introvabili nelle necropoli di tali aree tra V e VI secolo, nelle quali sono state rinvenute pochissime sepolture dotate di corredi funerari; un secondo problema posto dai casi, numerossissimi in tutta Europa, di sepolture dotate di reperti non omogenei, cio classicabili come tipici di diverse etnie, come ad esempio in Italia la celebre dama di Ficarolo, una sepoltura femminile di et ostrogota dotata di oggetti tipici di altra etnie barbariche insediatesi in aree dEuropa lontanissime tra loro, o il ritrovamento, nelle poche sepolture in Italia con corredi ostrogoti del VI secolo, di oggetti tipicamente romani10. Unulteriore contraddizione rappresentata dai numerosi casi nei quali i mutamenti nella cultura materiale, documentati dagli scavi archeologici, non coincidono affatto con le migrazioni attestate nelle fonti scritte: ad esempio i cimiteri longobardi in Pannonia nel VI secolo sono caratterizzati da bule (spille) simili a quelle rinvenute nei cimiteri italiani coevi, ma da armi diverse da quelle italiane e simili invece a quelle rinvenute in necropoli a est del Danubio, dove vivevano i Gepidi; le ceramiche rinvenute risultano inoltre identiche a quelle rinvenute in altre aree balcaniche, dove per i longobardi non si sono mai insediati. Secondo il modello etnico

10Sui visigoti G. Ripoll, Materiales funerarios de la Hispania visigoda, in Gallo-Romains, Wisigoths et Francs en Aquitaine, Septimanie et Espagne, a cura di P. Prin, Association Fraaise dArchologie Mrovingienne, Rouen 1991, pp. 111-132; sugli ostrogoti in Italia V. Bierbrauer, Aspetti archeologici di goti, alamanni e longobardi, in Magistra Barbaritas cit., pp. 445-508; sulla dama di Ficarolo Id., Die Dame von Ficarolo, in Archeologia Medievale, 20, 1993, pp. 303-32; per una rassegna generale delle contraddizioni del modello etnico si veda B. Effros, Merovingian mortuary archaeology and the making of the Early Middle Ages, University of California Press, Berkeley-Los Angeles-London 2003, pp. 1-11.

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tali contraddizioni sarebbero risolvibili considerando come rappresentative dei longobardi solo le bule femminili; bule simili sono state rinvenute per anche in Germania e nella Gallia merovingia, dove i longobardi non sono mai arrivati: se dunque la distribuzione di oggetti dei corredi fosse davvero segno della migrazione di popoli culturalmente omogenei, i dati archeologici a nostra disposizione indicherebbero che dalla Pannonia alla met del VI secolo gli uomini longobardi sarebbero migrati a est, e le donne a ovest. Allo stesso modo il ritrovamento delle medesime tipologie di gioielli rinvenuti in sepolture femminili a cavallo delle Alpi tra VI e VII secolo testimonierebbe unaltra migrazione di massa di donne longobarde in Alamannia e Baviera o di bionde fanciulle bavaresi in pianura Padana, migrazioni per mai attestate da alcuna fonte scritta. Un ultimo problema inne dato dal fatto che in molti casi larea di produzione di oggetti considerati distintivi di una particolare etnia non corrisponde etnicamente con larea delle sepolture dove sono stati rinvenuti, come ha recentemente mostrato lo scavo della Crypta Balbi a Roma, dunque in territorio bizantino, che ha portato al ritrovamento di unofcina in cui erano prodotti accessori di vestiario, armi e gioielli ritrovati in gran numero nella necropoli longobarda di Nocera Umbra: tra essi le note crocette longobarde, sottili lamine in oro istoriato a forma di croce, che erano invece considerate da Giampiero Bognetti parte integrante della divisa nazionale dei guerrieri longobardi11. Lemergere di tali contraddizioni ha portato alla progressiva decostruzione del modello etnico e alla proposta di nuovi paradigmi interpretativi. Le prime critiche al metodo dellattribuzione automatica di un oggetto a un popolo risalgono agli anni sessanta del XX secolo, quando Lewis Binford avvi il dibattito che port allo sviluppo della New Archaeology, o archeologia processuale. Binford confutava la possibilit di individuare culture materiali omogenee e direttamente associabili a determinati
11 Su tale esempi: I. Barbiera, Memory of a Better Dead. Normative and exceptional grave-goods in 6th-7th centuries AD cemeteries in Central Europe, in Materializing Memory. Archaeological material culture and the semantics of the past, eds. I. Barbiera, A.M. Choyke, J. A. Rasson, British Archaeological Report, Oxford 2009, pp. 65-75, in particolare pp. 66-8.

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gruppi etnici: larcheologia poteva s individuare gruppi umani etnicamente coesi, ma alla vecchia interpretazione dei manufatti in senso etnico veniva opposta unanalisi in chiave di status sociale, per cui gli oggetti del corredo, ritenuti propriet personali del defunto, venivano valutati innanzitutto come marcatori della classe di appartenenza del defunto12. Negli anni ottanta il dibattito avviato dalle tesi processuali port alla proposta di nuovi modelli interpretativi, con i quali venne posto laccento sulla funzione ideologica che la cultura materiale svolge nelle societ e di come essa sia attivamente e spesso consapevolmente impiegata per strutturare i rapporti umani: gli stessi elementi della cultura materiale, dunque, possono assumere diversi signicati in diversi contesti. Larcheologia postprocessuale critic lapproccio storico-culturale (per cui una determinata cultura materiale creata e utilizzata da un solo popolo) ma anche lapproccio sociale (per cui la ricchezza del corredo funerario direttamente proporzionale allo status sociale del defunto), riettendo per la prima volta sulle relazioni tra interpretazioni e clima culturale in cui operano gli archeologi. La principale novit nellanalisi archeologica dei riti funerari fu quella di iniziare a proporre lanalisi del genere e dellet dei defunti per tentare di comprendere le reali motivazioni della deposizione di oggetti nelle sepolture, come fece Ellen Jane Pader nel 1982 in una pioneristica analisi di alcune necropoli anglosassoni altomedievali13. Nel decennio successivo alcuni storici e archeologi anglosassoni, come Guy Halsall e Bonnie Effros, e tede12 Sullarcheologia processuale L.R. Binford, Preistoria delluomo. La nuova archeologia, Rusconi, Milano 1990; Id., Mortuary practices: their studies and their potential, in Approaches to the Social Dimensions of Mortuary Practices, ed. J. Brown, Society for American Archaeology, Washington DC 1971, pp. 6-29; S. Jones, The Archaeology of Ethnicity. Constructing identities in the past and present, Routledge, London-New York 1997, pp. 106-27. 13 Sullarcheologia post-processuale si vedano: I. Hodder, Reading the Past. Current approaches to interpretation in archaeology, Cambridge U.P., Cambridge 1986; M.P. Leone, Symbolic, Structural and Critical Archaeology, in Reader in archaeological theory, Post processual and Cognitive approaches, Routledge, London-New York 1998, pp. 4968; M. Shanks, I. Hodder, Processual, post-processual and interpretative archaeologies, in Reader in archaeological theory cit., pp. 69-95; E.J. Pader, Symbolism, Social Relations and the Interpretation of Mortuary Remains, British Archaeological Reports, Oxford 1982.

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schi, come Sebastian Brather, iniziarono a sviluppare una critica strutturale al modello etnico, proponendo parallelamente nuove chiavi di lettura dei riti funerari mutuate dalle scienze sociali e antropologiche. Levoluzione di queste ultime nel corso del XX secolo consentiva di confutare meglio la spiegazione etnica, e la presunta omogeneit dei popoli germanici insediatisi nellimpero dOccidente; e dunque che la loro identit fosse legata a fattori biologici piuttosto che culturali o politici, che la loro specicit fosse dimostrabile culturalmente attraverso i corredi funerari e biologicamente attraverso lantropometria e la craniometria, e che i cambiamenti registrati archeologicamente fossero esclusivamente addebitabili allarrivo di nuovi immigrati e non a mutazioni socio-culturali locali. Una nuova analisi complessiva dei dati archeologi relativi alla comparsa dei corredi funerari nei territori dellimpero romano e il loro confronto con le attestazioni di migrazioni di eserciti nelle fonti scritte ha invece mostrato come il corredo funerario ricompaia nelle aree settentrionali e occidentali dellimpero a partire dalla seconda met del IV secolo quale pratica tipicamente romana, dato che i corredi utilizzati allinterno dellimpero prima della invasioni del V secolo non hanno niente in comune con contemporanei corredi attestati allesterno del limes romano: i corredi funerari attestati nel nord della Gallia nella seconda met del IV secolo contenevano infatti generalmente simboli del potere militare romano, armi e segni di ostentazione di ricchezza, e furono inizialmente utilizzati tra IV e V secolo da alcune famiglie per evidenziare la predominanza locale, mentre nuovi gruppi di potere si presentavano come competitori nelle ex province dellimpero. Dopo una progressiva riduzione a cavallo della met del V secolo, nel passaggio tra V e VI secolo luso del corredo torn in auge e si generalizz nelloccidente post-romano, ma mutato nei suoi caratteri: furono allora intere comunit e non poche famiglie a utilizzarlo, mentre le tipologie di oggetti deposti nella tomba aumentarono quantitativamente e qualitativamente. I cambiamenti culturali denotati dalla trasformazione dei riti funerari non appaiono dunque legati allinsediamento di eserciti germanici, che consistevano generalmente in gruppi disomogenei etnicamente al proprio interno e culturalmente non

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differenti dai romani, nella cui orbita culturale gravitavano da decenni (se non secoli)14. Del modello interpretativo sociale stato invece criticato lautomatismo dellassociazione tra sionomia del corredo e classe sociale, e in particolare il concetto di sepoltura privilegiata, riferito a sepolture dotate di corredi particolarmente ricchi, che si ritenevano di esclusiva propriet del defunto: lidentit funeraria del defunto invece costruita ritualmente stato osservato in primo luogo dai gruppi di parentela, e pertanto non rappresenta necessariamente la realt storica o il ruolo sociale del defunto. Il corredo era progettato e assemblato dai parenti principalmente al ne di perpetuare la memoria del defunto stesso e il suo ruolo nella societ: secondo Guy Halsall, luso del corredo funerario rather than being a passive mirror of social organization, it is an active strategy in the creation of social reality, and an act of social theatre. Il funerale rappresenterebbe dunque unoccasione per ostentare la capacit del nucleo parentale non solo di preparare un corredo appropriato, ma anche di distribuire doni e offrire cibo, cementando o innalzando il proprio status nella comunit. I corredi appaiono infatti normalmente distribuiti in base al genere e allet: le sepolture pi ricche sono quelle dei maschi adulti, con una posizione sociale da ereditare, probabilmente perch il loro funerale doveva mostrare il diritto degli eredi a succedere nella posizione sociale dei defunti; altrettanto ricchi di oggetti risultano
14 Sul razzismo scientico S.J. Gould, Intelligenza e pregiudizio. Contro i fondamenti scientici del razzismo, Il Saggiatore, Milano 1998; per una confutazione dellinterpretazione etnica dei corredi e per le diverse fasi della loro diffusione G. Halsall, Cemeteries and Society in Merovingian Gaul. Selected studies in History and Archaeology 1992-2009, Brill, LeidenBoston 2010, pp. 93-130; Id., Early Medieval Cemeteries. An Introduction to Burial Archaeology in the Post-Roman West, Cruithne, Glasgow 1995, pp. 56-61; Id., The merovingian period in North-East Gaul: transition or change?, in Europe between Late Antiquity and the Middle Ages. Recent archaeological and historical research in Western and Southern Europe, eds. J. Bintliff, H. Hamerow, British Archaeological Reports, Oxford 1995, pp. 38-57; S. Brather, Acculturation and Ethnogenesis along the Frontier: Rome and the Ancient Germans in an Archaeological Perspective, in Borders, Barriers, and Ethnogenesis. Frontiers in Late Antiquity and the Middle Ages, ed. F. Curta, Brepols, Turnhout 2005, pp. 139-72; Id., Ethnic Identities as Construction of Archaeology: the Case of the Alamanni, in On Barbarian Identity cit., pp. 149-76; S. Lucy, A. Reynolds, Burial in medieval England and Wales: past, present and future, in Burial in medieval England and Wales, eds. S. Lucy, A. Reynolds, Society for Medieval Archaeology, London 2002, pp. 1-23.

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le sepolture di donne in et feconda, la cui perdita costituiva un indebolimento del nucleo parentale e delle sue possibilit di stabilire relazioni con altri nuclei attraverso il matrimonio. La ripresa della pratica del corredo nei territori dellimpero va dunque analizzata nel suo contesto, assumendo il signicato di un rituale pubblico rivolto alla comunit locale che torn a diffondersi, in tempi e modalit diverse, nelle regioni dellimpero quando lo stato romano aveva gi cessato di funzionare dal punto di vista amministrativo e militare in tali aree15. 2. In Italia In Italia larcheologia medievale inizi a essere praticata nellultimo ventennio del XIX secolo sulla base dei medesimi modelli interpretativi elaborati negli stessi anni a nord delle Alpi: di conseguenza la maggior parte dei primi scavi furono di carattere quasi esclusivamente funerario e lassenza o la presenza di corredi funerari nelle sepolture era interpretata come la certicazione etnica del defunto. Le sensazionali scoperte delle necropoli di Castel Trosino e Nocera Umbra crearono un diffuso interesse dellopinione pubblica nei confronti delle sepolture barbariche, fenomeno che favor lidenticazione delle tracce del passato longobardo con il patrimonio storico e culturale locale. Un altro caso emblematico costituito dalla scoperta nel 1874 della cosiddetta tomba di Gisulfo
15 Sullinterpretazione sociale dei corredi funerari G. Halsall, Settlement and Social Organization. The Merovingian region of Metz, Cambridge U.P., Cambridge 1995; Id., Cemeteries and Society cit., pp. 289-314; Id., Social identities and social relationships in early Merovingian Gaul, in Franks and Alamanni in the Merovingian period. An ethnographic perspective, ed. I. Wood, Boydell, Woodbridge 1998, pp. 141-65; Id., Social Change around A.D. 600: an Austrasian perspective, in The Age of Sutton Hoo. The Seventh Century in North-Western Europe, ed. M.O.H. Carver, Boydell, Woodbridge 1992, pp. 265-78; Effros, Merovingian Mortuary Archaeology cit., pp. 97-171; P. von Rummel, Habitus barbarus. Kleidung und Reprsentation sptantiker Eliten, De Gruyter, Berlin-New York 2007; in particolare per una critica del concetto di sepoltura privilegiata si veda I. Cartron, D. Castex, Identit dun groupe du haut Moyen ge: le site de La Chapelle Jau-Dignac et Loirac (Gironde), in Inhumations de prestige ou prestige de linhumation? Expressions du pouvoir dans laudel (IVe-XVe sicle), a cura di A. Alduc-Le Bagousse, C.R.A.H.M., Caen 2009, pp. 151-73; M. Lauwers, C. Treffort, De linhumation privilgi la spulture de prestige. Conclusions de la table ronde, in Inhumations de prestige cit., pp. 439-50.

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a Cividale, dove lattribuzione del sarcofago al nipote di Alboino fu fortissimamente voluta dalle lites politiche locali al punto da far incidere ex novo il nome del duca sul sarcofago. Dopo la prima guerra mondiale linstaurazione della dittatura fascista, che vedeva come antenata della nazione italiana la sola civilt romana classica e considerava invece lalto medioevo come una fase di occupazione straniera e di miseria materiale, provoc il pressoch totale abbandono degli scavi di necropoli barbariche, come mostra la scomparsa dei ritrovamenti altomedievali nei bollettini delle soprintendenze archeologiche. Solo negli anni settanta del XX secolo furono ripresi gli scavi archeologici relativi a necropoli e insediamenti altomedievali, grazie soprattutto allinuenza di archeologi tedeschi come Otto von Hessen e Volker Bierbrauer, che mantennero per invariato il loro approccio etnico, basato dunque su una rigida separazione sociale e politica tra i migranti germanici (laristocrazia e i guerrieri, le cui sepolture sono dotate di corredo) e gli autoctoni romani (i servi e i contadini, sepolti senza corredo)16. Le tesi del maggior esponente in Italia dellorientamento tradizionale, Giampiero Bognetti, iniziarono a essere confutate, sul piano delle fonti scritte, a partire dagli anni settanta da Giovanni Tabacco che dimostr come il quadro interpretativo dellet longobarda ideato da Bognetti, basato su una rigida separazione etnico-religiosa mitigata tra VII e VIII secolo da missioni di ecclesiastici bizantini, non fosse attestato dalle fonti coeve; e da Aldo Settia, che in numerose ricerche dimostr linfondatezza
16 Sullarcheologia medievale italiana tra XIX e XX secolo: C. La Rocca, Larcheologia e i Longobardi in Italia. Orientamenti, metodi, linee di ricerca, in Il regno dei Longobardi in Italia. Archeologia, societ e istituzioni, a cura di S. Gasparri, C.I.S.A.M, Spoleto 2005, pp. 173-234, in particolare pp. 177-207; Ead., Uno specialismo mancato. Esordi e fallimento dellarcheologia medievale italiana alla ne dellOttocento, in Archeologia medievale, 20, 1993, pp. 13-43; sulluso politico dellarcheologia medievale in Italia I. Barbiera, The Valorous Barbarian, the Migrating Slav and the Indigenous Peoples of the Mountains. Archaeological Research and the Changing Faces of Italian Identity in the 20th Century, in Archaeologie der Identitt/Archaeology of Identuty, eds. W. Pohl, M. Mehofer, Forschungen zur Geschichte des Mittelalters 16, sterreichischen Akademie der Wissenschaften, Wien 2010, pp. 183-202; in generale sul contesto culturale di tale periodo S. Troilo, Sul patrimonio storico-artistico e la nazione nel XIX secolo, in Storica, 23, 2002, pp. 147-77; per il caso di Cividale I. Barbiera, E ai di remoti grande pur egli il Forogiulio appare. Longobardi, storiograa e miti delle origini a Cividale del Friuli, in Archeologia Medievale, 25, 1998, pp. 345-57.

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del metodo toponomastico inventato dal Bognetti per ricostruire linsediamento delle fare longobarde, poich la maggioranza di tali toponimi risale a fasi posteriori anche di secoli rispetto allinsediamento del VI secolo. A partire dal decennio successivo una nuova generazione di studiosi inizi a proporre nuove analisi della societ longobarda: gli studi di Stefano Gasparri e Chris Wickham hanno analizzato le mutevoli strutture istituzionali del regno e le trasformazioni socio-economiche dellaristocrazia, mostrando come le trasformazioni della societ dellItalia tra VI e VIII secolo non siano attribuibili alla dominazione di una minoranza di immigrati germanici, ma rappresentino invece il prodotto di dinamiche sociopolitiche interne alla societ di quel periodo; mentre Cristina La Rocca, dedicandosi specicamente ai fenomeni di cristianizzazione e alle strutture familiari, ha ridiscusso i modelli interpretativi relativi ai riti funerari17.

17Su Gian Piero Bognetti si veda G. Tabacco, Espedienti politici e persuasioni religiose nel medioevo di Gian Piero Bognetti, in Rivista di storia della chiesa in Italia, 24, 1970, pp. 504-23; A.A. Settia, Tracce di medioevo. Toponomastica, archeologia e antichi insediamenti nellItalia del nord, Gribaudo, Torino 1996; sullidentit etnica nel regno longobardo S. Gasparri, I germani immaginari e la realt del regno. Cinquantanni di studi sui longobardi, in I Longobardi dei ducati di Spoleto e Benevento, Atti del XVI congresso internazionale di studi sullalto medioevo (Spoleto 20-23 ottobre 2002/Benevento, 24-27 ottobre 2002), 2 voll., C.I.S.A.M., Spoleto 2003, pp. 3-28; Id., I Longobardi fra oblio e memoria, in Studi sul medioevo per Girolamo Arnaldi, a cura di G. Barone, L. Capo, S. Gasparri, Viella, Roma 2000, pp. 237-77; sulle le strutture dello Stato e la societ Id., Il regno longobardo in Italia. Struttura e funzionamento di uno stato altomedievale, in Il regno dei Longobardi in Italia cit., pp. 1-92; C. Wickham, LItalia nel primo medioevo. Potere centrale e societ locale (400-1000), Jaca Books, Milano 1982, pp. 43-66; sulle strutture della famiglia C. La Rocca, Mutamenti sociali e culturali tra VI e VIII secolo, in Storia dEuropa e del Mediterraneo, IV/7, Il medioevo (secoli V-XV). Popoli, poteri, dinamiche, a cura di S. Carocci, Salerno, Roma 2006, pp. 93-128; C. La Rocca, Multas amaritudines lius meus mihi fecit. Conitti intrafamiliari nellItalia Longobarda (secolo VIII), in Les transferts patrimoniaux en Europe Occidentale, VIII-X sicle, Actes de la table ronde (Rome, 6-8 mai 1999), in Mlanges de lcole Franaise de Rome - Moyen ge, 111, 1999, pp. 933-50; sullinterpretazione dei dati funerari Ead., Rituali di famiglia: pratiche funerarie nellItalia longobarda, in Sauver son me et se perpetuer. Transmission du patrimoine et mmoire au haut moyen ge, a cura di F. Bougard, C. La Rocca, R. Le Jan, cole Franaise de Rome, Roma 2005, pp. 431-57; C. La Rocca, Le necropoli altomedievali, continuit e discontinuit. Alcune riessioni, in Il territorio tra tardoantico e altomedioevo. Metodi di indagine e risultati, a cura di G.P. Brogiolo e L. Castelletti, AllInsegna del Giglio, Firenze 1992, pp. 21-9; C. La Rocca, Morte e societ. Studi recenti sulle necropoli altomedievali, in Quaderni medievali, 26, 1988, pp. 236-45.

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I dati archeologici, sempre pi abbondanti, mostrano come in Italia il corredo funerario, utilizzato ampiamente in et classica romana e parzialmente entrato in disuso tra il III e il V secolo, torni a diffondersi tra VI e VII secolo in intere necropoli con tipologie simili a quelle dei contemporanei cimiteri alamanni a cavallo delle Alpi e in Germania meridionale. Le ricerche di Irene Barbiera sulle necropoli longobarde in Pannonia e in Friuli hanno evidenziato, peraltro, la diversit delle pratiche funerarie nelle necropoli delle due zone nella seconda met del VI secolo: mentre in Pannonia la struttura delle necropoli e la deposizione di oggetti nelle sepolture appaiono legati al genere e allet dei defunti, in Italia settentrionale i cimiteri sembrano invece organizzati in gruppi parentali, con i defunti disposti progressivamente intorno a una sepoltura centrale generalmente dotata di ricco corredo. Le necropoli in entrambe le aree appaiono inoltre essere state utilizzate prima e dopo il 569 senza mutamenti sostanziali, mostrando pertanto lassenza di ununica, massiccia ondata migratoria18. Il rinvenimento di set di armi completi in tombe di bambini, come quello rinvenuto nella cattedrale di Colonia, o in sepolture di uomini adulti menomati sicamente dalla nascita e pertanto certamente inabili alle attivit belliche, come il noto caso di Collegno, ha permesso di formulare nuove ipotesi relative alla presenza di armi in numerose tombe maschili, fenomeno precedentemente interpretato come caratteristica peculiare dei neo-immigrati barbari; la loro presenza nelle sepolture potrebbe invece dipendere da cause diverse e pi complesse, dato che alle armi, che godevano di una valenza militare e sociale

18Sui corredi tardoantichi in Italia G. Gastaldo, I corredi funerari nelle tombe tardo romane in Italia settentrionale, in Sepolture tra IV e VIII secolo, a cura di G. P. Brogiolo e G. Cantino Wataghin, S.A.P., Mantova 1998, pp. 15-60; sulla ricomparsa del corredo tra VI e VII secolo Barbiera, Memory of a Better Dead cit.; Ead., La morte del guerriero e la rappresentazione delle identit funerarie in Friuli tra VI e VII sec. d.C., in Archeologia e societ tra tardo antico e alto medioevo, a cura di G. P. Brogiolo e A. Chavarria Arnau, S.A.P., Mantova 2007, pp. 345-62; per un confronto tra le necropoli pannoniche e quelle italiane Ead., Changing Lands in Changing Memories. Migration and Identity during the Lombard Invasions, AllInsegna del Giglio, Firenze 2005; Ead., Sixth-century cemeteries in Hungary and Italy: a comparative approach, in Die Langobarden. Herrschaft und Identitt, a cura di W. Pohl, P. Erhart, sterreichischen Akademie der Wissenschaften, Wien 2005, pp. 301-20.

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ancora in parte da chiarire, erano talvolta attribuite anche funzioni magiche e votive. La presenza di armi nei corredi maschili rinvenuti nelle necropoli dellItalia settentrionale stata inne posta in relazione con la coeva produzione epigraca funeraria, rivelando unoscillazione speculare tra i due fenomeni, che appaiono pertanto strettamente legati fra loro: i dati disponibili relativi a sepolture rinvenute in pianura padana e datate tra I secolo a.C. e X secolo d.C. hanno infatti mostrato come da un lato la produzione epigraca funeraria aumenti progressivamente sino a raggiungere il suo picco tra III e IV secolo, per poi diminuire progressivamente nellalto medioevo; mentre la presenza di armi nei corredi funerari parta da un picco a cavallo tra I secolo a.C e II d.C, per diminuire sensibilmente tra III e V secolo e ricomparire tra VI e VII, in misura per minore al periodo romano classico19. Il dibattito si inne rivolto al progressivo abbandono, tra VII e VIII secolo, della pratica di deporre oggetti allinterno delle sepolture. Nei cimiteri a righe le tombe con ricchi corredi sono spesso raggruppate o poste al centro di unarea cimiteriale familiare, indicando dunque come fosse la posizione nel cimitero a marcare la distinzione sociale: nel VII secolo le sepolture con corredo pi ricco infatti scomparvero prima, mentre aumentavano le attestazioni di marcatori delle tombe in supercie, mostrando come i riti funerari si trasformassero da ostentazioni temporanee rivolte alla comunit locale a monumenti permanenti. Tra VII e VIII secolo la fondazione di chiese cimiteriali da
19 Sul caso di Colonia O. Doppelfeld, Das frnkische Knabengrab unter dem Chor des Klner Domes, in Germania, 12, 1964, pp. 156-88; su quello di Collegno A.A. Settia, Una fara a Collegno, in Bollettino Storico Bibliograco Subalpino, 103, 2005, pp. 263-76; sul signicato simbolico delle armi R. Le Jan, Frankish giving of arms and rituals of power: continuity and change in the Carolingian period, in Rituals of Power cit., pp. 281-309; H. Hrke, The circulation of weapons in AngloSaxon society, in Rituals of Power cit., pp. 377-99; sullinterpretazione archeologica delle armi nei corredi Id., Changing Symbols in a Changing Society: the Anglo-Saxons weapon burial rite in the seventh century, in The Age of Sutton Hoo cit., pp. 149-66; F. Theuws, M. Alkemade, A kind of mirror for men: sword depositions in late antique northern Gaul, in Rituals of Power cit., pp. 401-76; sul rapporto tra produzione epigraca e corredi funerari in Italia tra I e X secolo I. Barbiera, Remembering the warriors: weapon burials and tombstones between antiquity and the early Middle Ages in Northern Italy, in Strategies of Identication - Early Medieval Perspectives, ed. W. Pohl, Gerda Heydemann, Brepols, Tunrhout, in press; sul dibattito su tali temi in Italia La Rocca, Larcheologia e i Longobardi cit., pp. 173-7, pp. 207-12.

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parte delle lites divenne il mezzo pi efcace di manifestare presso la comunit locale il ruolo sociale del defunto e di perpetuarne la memoria: la sepoltura in una chiesa permetteva infatti di unire lostentazione di ricchezza e la rivendicazione di status sociale alla salvezza dellanima, come indicato dalla contemporanea diffusione della pratica testamentaria nelle forme delle donazioni post obitum. In tale fase i rituali funerari mantennero il ruolo di cerimonia volta a negoziare lo status sociale del defunto e del suo gruppo familiare, ma come attestano le carte private di tale periodo gli oggetti del corredo erano per spezzati e donati ai partecipanti al rito e non pi deposti nella tomba, divenendo cos archeologicamente invisibili20. Il ricorso a testi epigraci per segnalare la sepoltura e perpetuare la memoria del defunto, sebbene mai del tutto abbandonato tra VI e VII secolo, presenta tra VII e VIII secolo un sensibile incremento, divenendo dallet carolingia uno dei principali mezzi di espressione dello status aristocratico: solo a partire da tale periodo, dunque, la Chiesa cristiana inizi a proporsi (in concorrenza con il gruppo parentale) come depositaria e curatrice della memoria dei defunti, e pertanto della trasmissione da una generazione allaltra del ruolo sociale e del patrimonio economico. Sebbene forme speciche di liturgie funerarie, principalmente dedicate al culto di santi e martiri, fossero elaborate gi nel V secolo, solo in et carolingia la commemorazione dei morti entr stabilmente nel canone liturgico. In tale periodo iniziarono inoltre a essere menzionati nel corso della liturgia i nomi dei defunti, cos come si diffuse la celebrazione di messe private in onore dei morti e dei loro familiari e la redazione da parte di chiese e monasteri di memory texts come libri memoriali, necrologi, obituari e annali necrologici. La
20Sullabbandono del corredo in Italia C. La Rocca, Donare, distribuire, spezzare. Pratiche della conservazione della memoria e dello status in Italia tra VIII e IX secolo, in Sepolture tra IV e VIII secolo cit., pp. 77-88; Ead., Segni di distinzione. Dai corredi funerari alle donazioni post obitum nel regno longobardo, in LItalia centro-settentrionale in et longobarda, Atti del convegno, (Ascoli Piceno, 6-7 ottobre 1995), a cura di L. Paroli, AllInsegna del Giglio, Firenze 1997, pp. 31-54; Ead., Larcheologia e i Longobardi cit., pp. 173-7 e pp. 200-12; sulla Gallia Y. Duval, Auprs des saints corps et mes. Linhumation ad sanctos dans la chrtient dOrient et dOccident du IIIe au VIIe sicle, tudes augustiniennes, Paris 1988, pp. 51-131; B. Effros, Caring for Body and Soul. Burial and the Afterlife in the Merovingian World, Pennsylvania U. P., University Park 2002, pp. 79-137.

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Chiesa cristiana, inne, riusc ad assumere il controllo dei rituali funerari a scapito del nucleo parentale solo a partire dallXI secolo, fenomeno testimoniato dalla lenta e progressiva strutturazione dei cimiteri parrocchiali nel basso medioevo: essa, dunque, non sembra svolgere alcun ruolo attivo nella scomparsa del corredo funerario, come dimostrano le numerose sepolture con corredo rinvenute allinterno di edici di culto e lassenza nella legislazione ecclesiastica di qualsiasi proibizione in tal senso. Anzi tale pratica fu utilizzata dalla Chiesa con continuit sino ai secoli nali del medioevo per le sepolture delle alte gerarchie ecclesiastiche, nelle quali era deposto un corredo di vesti e oggetti liturgici21. 3. Le sepolture regie nei regni post-romani: il dibattito storiograco Nellanalisi delle trasformazioni dei riti funerari tra tardoantico e alto medioevo il tema delle sepolture regie
21 Sulla nascita della liturgia funeraria M. McLaughlin, Consorting with Saints. Prayers for the Dead in Early Medieval France, Cornell U.P., Ithaca-London 1994; G. Constable, The Commemoration of the Dead in the Early Middle Ages, in Early Medieval Rome and the Christian West. Essays in Honour of Donald A. Bullough, ed. J. Smith, Brill, Leiden-BostonKln 2000, pp. 169-96; F.S. Paxton, Christianizing Death. The Creation of a Ritual Process in Early Medieval Europe, Cornell U.P., Ithaca-London 1990, pp. 92-126; D. Sicard, La liturgie de la mort dans lglise latine des origines la rforme carolingienne, Aschendorff, Mnster 1978; sulla formazione dei cimiteri H. Hrke, Cemeteries as places of power, in Topographies of Power cit., pp. 9-30; B. Effros, Beyond cemetery walls: eraly medieval funerary topography and Christian salvation, in Early Medieval Europe, 6, 1997, pp. 1-24; V. Fiocchi Nicolai, Elementi di trasformazione dello spazio funerario tra tarda antichit et altomedioevo, in Uomo e spazio nellalto medioevo, Settimana di Studio del Centro Italiano di Studi sullAlto Medioevo 50 (Spoleto, 4-8 aprile 2002), C.I.S.A.M., Spoleto 2003, pp. 92169; E. Rebillard, glise et spulture dans lAntiquit tardive (Occident latin, 3e-6e sicles), in Annales. Histoire, Sciences Sociales, 54, 1999, pp. 102746; M. Lauwers, Le cimitire dans le Moyen Age latin. Lieu sacr, saint et religieux, in Annales. Histoire, Sciences Sociales, 54, 1999, pp. 1047-72; sul ruolo del gruppo parentale nei rituali funerari M. Innes, Keeping it in the family: women and aristocratic memory, 700-1200, in Medieval Memories. Men, Women and the Past, 700-1300, a cura di E. Van Houts, Longman, Harlow 2001, pp. 17-35; R. Le Jan, Famille et pouvoir dans le monde franc (VIIe-Xe sicle). Essai danthropologie sociale, Publications de la Sorbonne, Paris 1995, pp. 31-58; sul ruolo passivo del cristianesimo nella scomparsa del corredo Halsall, Early Medieval Cemeteries cit., pp. 61-4; Effros, Caring for Body cit., pp. 204-12; C. Treffort, Lglise carolingienne et la mort. Christianisme, rites funeraires et praticques commmoratives, Presses universitaires de Lyon, Lyon 1996, pp. 179-83.

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divenuto centrale proprio perch le scoperte archeologiche di sepolture dotate di corredi funerari eccezionalmente ricchi, e pertanto considerate regie, hanno contribuito in maniera determinante alla formulazione del paradigma interpretativo etnico-sociale. La recente storiograa su riti funerari romani e su quelli dei regni post-romani e dellimpero bizantino ha evidenziato la continuit del modello imperiale. Dalla morte di Augusto a quella di Costantino, il rituale funebre imperiale prevedeva generalmente lesposizione del feretro del princeps al Foro e la processione solenne sino al Campo Marzio, dove avveniva la cremazione: i caratteri generali della cerimonia erano mutuati dalla tradizione aristocratica senatoria, dalla quale si differenziava per la dimensione pubblica e istituzionale del lutto per limperatore, e soprattutto la sua divinizzazione, o apoteosi. Il rito, apice della cerimonia funebre e utilizzato per la prima volta alla morte di Cesare, era ricalcato sulle divinizzazioni di Ercole e Romolo e verteva sul rogo della pira funebre, sulla quale erano deposte insegne militari e successivamente veri e propri corredi funerari. Anche nella scelta del monumento funerario, il modello della monarchia romana costituito dalla tomba di Augusto: i mausolei risultano generalmente utilizzati da una sola dinastia, come il tempio dei Flavi, il mausoleum Antoninorum, dove vennero sepolte le ceneri di tutti gli imperatori da Adriano a Caracalla (117-217), o nel III secolo quello dei Severi sulla via Appia. A partire dal II secolo, inoltre, i rituali imperiali iniziano ad assumere caratteri sempre pi militari: Traiano, ad esempio, fu deposto sotto la colonna eretta in suo onore in una camera funeraria decorata con insegne militari e trofei di guerra. Dallinizio del IV secolo, inne, Roma perde la prerogativa di ospitare le sepolture imperiali, dato che Diocleziano fu sepolto in un mausoleo nel suo palazzo a Spalato, Massimiano a Milano e Galerio a Tessalonica22.

22Sui funerali e il culto degli imperatori romani S. Price, From noble funerals to divine cult: the consecration of Roman Emperors, in Rituals of Royalty. Power and Cerimonials in Traditional Society, a cura di D. Cannadine, S. Price, Cambridge U.P., Cambridge 1987, pp. 56-105; sul rituale della divinizzazione imperiale S.G. MacCormack, Arte e cerimoniale nellantichit, Einaudi, Torino 1995, pp. 141-222; sulle sepolture degli imperatori dal I al III secolo J. Arce, Funus imperatorum. Los funerales de los Emperadores romanos, Alianza editorial, Madrid 1988, pp. 35-110.

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La morte di Costantino a Costantinopoli segna una frattura nella prassi funeraria imperiale. Il suo funerale in parte ricalcava cerimonie precedenti, come dimostrerebbero lesposizione del corpo nel palazzo imperiale e il corteo funebre costituito dallesercito guidato dagli eredi. Per la prima volta per il feretro fu portato in una chiesa cristiana, quella degli Apostoli, dove fu celebrata una cerimonia liturgica; successivamente il corpo fu inumato in un mausoleo presso la chiesa e non cremato sulla pira. Godendo del diritto di sepoltura in una chiesa, il corpo di Costantino, che pure fu lultimo imperatore romano a essere ufcialmente divinizzato, veniva quindi equiparato alle reliquie dei santi: vennero cos poste le basi della prassi funeraria dei successivi imperatori romani e bizantini sia nelle modalit della cerimonia funebre, descritta e tramandata da Eusebio, sia nella scelta del luogo di sepoltura, ovvero la chiesa degli Apostoli. La chiesa, ricostruita nel VI secolo da Giustiniano, costituiva un vero e proprio complesso sepolcrale nel quale le sepolture furono distribuite in due mausolei afancati alla chiesa e nei due portici esterni alledicio. Il primo mausoleo, circolare e dominato dalla sepoltura di Costantino, fu utilizzato sino al 518 e, poi, tra IX e XI secolo dalla dinastia macedone; mentre il secondo, cruciforme e fondato da Giustiniano, rimase in uso dal 565 al 842. Nella prima met dellXI secolo, parallelamente allabbandono del Grande Palazzo per il Palazzo di Blacherne, la chiesa degli Apostoli fu denitivamente abbandonata dagli imperatori di Bisanzio, che scelsero da allora per la propria sepoltura altre chiese o monasteri23. Le scarse fonti disponibili sui funerali dei re barbari del V secolo mostrano anche in Occidente una sostanziale continuit del modello imperiale e militare romano: Javier Arce ha rilevato come le caratteristiche salienti del funerale di Attila descritto da Giordane, ovvero il taglio
23 Sui funerali e le tombe degli imperatori tardoantichi J. Arce, Imperial funerals in the later Roman empire: change and continuity, in Rituals of Power cit., pp. 115-29; Arce, Funus imperatorum cit., pp. 110123; sulle tombe e sui funerali degli imperatori a Bisanzio P. Grierson, The Tombs and Obits of the Byzantine Emperors (337-1042), in Dumbarton Oaks Papers, 16, 1962, pp. 1-63; J.P. Sodini, Rites funraires et tombeaux impriaux Bysance, in La mort du souverain entre Antiquit et haut Moyen Age, a cura di B. Boissavit-Camus, F. Chausson, H. Inglebert, Picard, Paris 2003, pp. 167-82.

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dei capelli e lauto-ferimento di guerrieri, il combattimento rituale dei cavalieri intorno al defunto (la decursio equitum), il banchetto funebre e la deposizione di insegne militari e trofei di guerra sul tumulo, siano caratteri tipici dei funerali imperiali romani tardoantichi. Peraltro, diversamente dallimpero romano tardoantico, che disponeva di ingenti risorse economiche, le monarchie post-romane poggiavano il loro potere sulle medesime risorse dellaristocrazia, ovvero la professione militare e il possesso terriero, differenziandosene solo per lentit dei possessi, dato che il re controllava i terreni scali, e per il primato militare, che garantiva al sovrano il potere esecutivo. Sino al colpo di stato pipinide del 751, nei regni post-romani mancano perci rituali dinaugurazione regia di carattere liturgico, che attribuiscano al monarca qualit sacrali negate allaristocrazia: se la politica dinastica e i legami di sangue soprattutto per via femminile mantengono un ruolo preponderante nella scelta del nuovo re, sino allet carolingia lintronizzazione, come per gli imperatori romani, continua a consistere nellacclamazione da parte dellesercito e nella consegna di simboli militari come lancia, scettro o spada24. Come i loro predecessori romani, a partire dal VI secolo i sovrani dei regni post-romani occidentali tendevano a differenziarsi dallaristocrazia, nellambito dei rituali funerari, attraverso la fondazione di chiese sepolcrali, che garantiva loro il privilegio della sepoltura ad sanctos, riservato in et tardoantica alle sole reliquie di santi. Il supporto fondamentale allo sviluppo dellideologia monarchica fu infatti fornito dal cristianesimo, che attribuiva al sovrano le funzioni giuridico-religiose del

24 Sul funerale di Attila Arce, Imperial funerals cit.; sui caratteri della regalit altomedievale e la trasmissione del potere I. Wood, Kings, Kingdoms and Consent, in Early Medieval Kingship, eds. P.H. Sawyer, I. Wood, University of Leeds, Leeds 1977, pp. 6-29; Id., Royal succession and legitimation in the Roman West, 419-536, in Staat in Frhen Mittelalters, a cura di S. Airlie, W. Pohl, H. Reimitz, sterreichischen Akademie der Wissenschaften, Wien 2006, pp. 59-72; su aristocrazia e regalit nei regni post-romani Wickham, Framing cit., pp. 80-124; sui riti dinaugurazione regia nel regno franco J. Nelson, Inauguration Rituals, in Ead., Politics and Ritual in Early Medieval Europe, Hambledon, London-Ronceverte 1986, pp. 283-308; Ead., Symbols in Context: Rulers Inauguration Rituals in Byzantium and the West in the Early Middle Ages, in Ead., Politics and Ritual cit., pp. 259-82; sul regno longobardo S. Gasparri, Kingship rituals and ideology in Lombard Italy, in Rituals of Power cit., pp. 95-114.

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legiferare e del giudicare: fu il regno franco inoltre a istituire per primo il principio della successione dinastica, indispensabile al successivo sviluppo della sacralizzazione religiosa del potere regio. Il successore di Childerico, Clodoveo, imitando deliberatamente Costantino, fond un mausoleo dedicato agli Apostoli presso la chiesa di St. Genevive a Parigi, nel quale fu sepolto in un sarcofago. I suoi successori merovingi non crearono un unico mausoleo dinastico, ma le loro sepolture in genere sorgevano nei principali centri urbani o monastici delle rispettive aree di inuenza: lunico corredo regio merovingio di VII secolo pervenutoci, quello della regina Baltilde nel monastero di Chelles, consiste, in un chiaro tentativo di imitatio imperii, in una ricca veste di seta di origine bizantina, successivamente inserita in un prezioso reliquiario decorato con simboli imperiali romani. Il modello sepolcrale regio fu adottato gi nel VII secolo dai maggiordomi di Neustria e Austrasia, come dimostra la vicenda di Gertrude, glia di Pipino di Landen, che fu sepolta nel monastero di Nivelles in abiti monacali. Tale episodio rivelatore di quanto signicasse la perpetuazione della memoria del defunto nelle pratiche funerarie della dinastia pipinide, che promosse il culto di Gertrude sino alla beaticazione attraverso la traslazione delle reliquie nella chiesa maggiore del monastero, lelaborazione di testi agiograci e lerezione di un monumento funebre in marmo dotato di epitafo25.
25Sulla sepoltura e il funerale di Clodoveo P. Prin, The Undiscovered Grave of King Clovis, in The Age of Sutton Hoo cit., pp. 255-64; sulle sepolture regie franche tra V e VII secolo E. James, Royal Burials among the Franks, in The Age of Sutton Hoo cit., pp. 243-54; P. Prin, SaintGermain-des-Prs, premire ncropole des rois de France, in Mdivales, 31, 1996, pp. 29-36; sulla sepoltura e il corredo di Baltilde K.H. Krger, Knigsgrabkirchen der Franken, Angelsachsen und Langobarden bis zur mitte des 8. jahrhunderts. Ein Historischer Katalog, Fink, Mnchen 1971, pp. 238-46; J. Nelson, Gendering courts in the early medieval west, in Gender in the Early Medieval world, eds. Brubaker, J. Smith, Cambridge U.P., Cambridge 2004, pp. 185-97, in particolare pp. 188-9; H. Vierck, La chemise de sainte Bathilde Chelles et linuence byzantine sul lart de cour mrovingien au VIIe sicle, in Centenaire de lAbb Cochet, III, La priode mrovingienne, Actes du Colloque international darchologie (Rouen, 3-5 juillet 1975), Muse dpartemental des Antiquit de SeineMaritime, Rouen 1978, pp. 521-70; sulla tomba di Gertrude a Nivelles e i pipinidi B. Effros, Symbolic expressions of sanctity: Gertrude of Nivelles in the context of Merovingian mortuary custom, in Viator, 27, 1996, pp. 1-10; B. Young, Exemple aristocratique et mode funraire dans la Gaule mrovingienne, in Annales conomies Socits Civilisations, 41, 1986,

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Il modello funerario costantiniano si afferm dunque nelloccidente delle monarchie post-romane: a partire dal VI secolo i sovrani dei regni occidentali furono sepolti in chiese fondate dal sovrano o scelte per devozione a santi locali e comunit monastiche. Per quanto riguarda il regno vandalo, recenti dati archeologici mostrano, inizialmente, la presenza di ricche sepolture con corredo in necropoli tardoantiche periurbane, progressivamente dotate di chiese nelle quali i defunti (aristocratici laici ed ecclesiastici) erano ricordati con lapidi. Anche nel regno visigoto le fonti non menzionano mai il luogo di sepoltura dei re, ma abbondano le attestazioni di chiese fondate da parte dei sovrani, soprattutto a Toledo, dove probabilmente erano sepolti. Dopo la caduta del regno sotto lurto espansionistico degli arabi, tra VIII e IX secolo furono fondati mausolei regi come S. Maria a Oviedo e S. Isidoro a Leon, riccamente dotati di oggetti liturgici, terreni e beni, al ne di garantire la trasmissione della memoria dei sovrani. Anche i re anglosassoni scelsero dal VII secolo per sepoltura chiese e monasteri: cos i sovrani di Mercia, che utilizzarono come sepolcro dinastico la cripta della chiesa di Repton, mentre i re del Kent promossero ledicazione di un mausoleo sepolcrale nel portico laterale della chiesa di Canterbury. Dal IX secolo, inoltre, le chiese sepolcrali dinastiche divennero il fulcro della memoria della monarchia e furono utilizzate per cerimonie di legittimazione del potere regio: sia Harold che Guglielmo il Conquistatore furono infatti consacrati nella chiesa dove era sepolto Edoardo in Confessore. Non casuale dunque che le fonti scritte tardoantiche e altomedievali menzionino in genere solo il mausoleo o lente ecclesiastico che custodisce la tomba di un sovrano, e non facciano cenno allostentazione di beni durante il funerale: la peculiarit delle sepolture regie non consisteva nella composizione del corredo funerario, ma nel luogo prescelto per la sepoltura e soprattutto nellinvestimento, ideologico e materiale, volto a perpetuare la memoria del sovrano defunto26.
pp. 379-408; A. Dierkens, La mort, les funrailles et la tombe du roi Ppin le Bref (768), in Mdivales, 31, 1996, pp. 37-51. 26Sulle sepolture delle lites nel regno vandalo von Rummel, Habitus barbarus cit., pp. 270-323; sul regno visigoto J. Arce, Reyes visidogos y arquitectura, in Hortus Artius Medievalium, 13/2, 2007, pp. 255-60;

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4. e i dati archeologici Larcheologia del XX secolo, in modo non troppo differente dai ritrovamenti casuali medievali e moderni, tendeva invece a ssare il carattere regio di una sepoltura sostanzialmente in base alla presenza e alle caratteristiche degli oggetti deposti nella tomba. Le tombe dei sovrani altomedievali, per, rappresentano scoperte archeologiche di carattere eccezionale, e non bisogna dimenticare che il loro ritrovamento e la loro identicazione hanno sempre assunto, nel corso dei secoli, un signicato politico. Un primo esempio costituito dal ritrovamento nella chiesa di S. Arnolfo di Metz nel 1239 di alcune sepolture, nelle quali erano stati deposti bastoni, anelli e corone: la presenza di tali oggetti indusse a identicare i defunti con alcuni sovrani carolingi come Ludovico il Pio e Ildegarda, moglie di Carlo Magno, i cui resti furono raccolti e ricollocati in un nuovo sepolcro dotato di epigrafe. Nel XIII secolo i sovrani francesi maturarono un forte interesse per la monarchia franca altomedievale: risale ad allora la seconda sistemazione del coro di St. Denis a Parigi, nel corso della quale furono riallestite e riposizionate le sepolture dei sovrani merovingi e carolingi. Se il ritrovamento di Metz appare principalmente unoperazione organizzata dalla chiesa di S. Arnolfo per ricavarne i beneci di prestigio e economici che tale scoperta poteva assicurare, la contemporanea istituzione ufciale del mausoleo dinastico della monarchia francese a St. Denis appare volta a simbolizzare in maniera tangibile (attraverso i sarcofagi scolpiti con lefgie del re) la continuit del potere regio e pertanto la legittimit della dinastia capetingia27.
sulla Spagna post-visigota R. Walker, Images of royal and aristocratic burial in northern Spain, c. 950-c. 1250, in Medieval Memories cit., pp. 150-71; per i regni anglosassoni Krger, Knigsgrabkirchen cit., pp. 251336; sui parametri di distinzione funeraria della regalit altomedievale Effros, Merovingian Mortuary Archaeology cit., pp. 120-4. 27Sul ritrovamento delle sepolture a Metz Le sepolture regie del regno italico (secoli VI-X), repertorio digitale a cura di P. Majocchi (http://sepolture.storia.unipd.it), s.v. Ludovico il Pio; Effros, Merovingian Mortuary Arcaheology, pp. 18-20; si veda anche R. Melzak, Antiquarianism in the time of Louis the Pious and its inuence on the art of Metz, in Charlemagnes Heirs. New Perspectives on the Reign of Louis the Pious (814-840), ed. P. Goodman, R. Collins, Clarendon, Oxford 1990, pp. 629-40; sulla strutturazione della memoria regia a St. Denis A. Erlande-Brandeburg, Le roi est mort. tude sur les funrailles, les spultures et les tombeaux des rois de France jusqu la n du XIIIe sicle, Droz, Genve-Paris 1975, pp. 121-9.

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La pi sensazionale scoperta di una sepoltura regia altomedievale risale per al 1653, quando presso la chiesa di St. Brice di Tournai fu rinvenuto uno straordinario corredo funerario composto da cintura e mantello di porpora, gioielli come bule e braccialetti, un set di armi completo comprendente spada, scramasax, ascia e lancia, vasi dargento e di cristallo, pi di 300 monete doro e un anellosigillo con busto maschile recante liscrizione Childerici regis. Tra il 1983 e il 1986 una nuova campagna di scavo nel sito ha portato alla scoperta di una necropoli romana tardoantica con sepolture anteriori, contemporanee e posteriori a quella ritenuta di Childerico: nel corso di tali scavi furono inoltre rinvenute alcune sepolture multiple di cavalli disposte intorno alla tomba, che era probabilmente sormontata da un tumulo funerario28. Leccezionale corredo funebre del defunto, identicato con il re franco Childerico, padre di Clodoveo, fu donato nel 1665 dallimperatore Leopoldo I dAsburgo a Luigi XIV per essere inne trafugato nel 1831: lo straordinario ritrovamento ha alimentato n dalla sua scoperta un vivace dibattito sulle origini della monarchia merovingia, della quale Childerico ritenuto il fondatore, favorendo lidenticazione della sepoltura come le plus ancient monument de la monarchie Franaise. Le riessioni storiograche riguardanti la sepoltura di Childerico sono tuttavia controverse, dato che il corredo stato interpretato alternativamente come lidealtipo della sepoltura germanica e pagana o una tipica tomba di un alto ufciale romano pienamente inserito nelle dinamiche del potere della

28 Sulla sepoltura di Childerico Halsall, Early Medieval Cemeteries cit., pp. 31-32; Effros, Merovingian Mortuary Archaeology cit., pp. 28-9; Krger, Knigsgrabkirchen cit., pp. 38-9; R. Brulet, La tombe de Childric et la topographie funraire de Tournai la n du Ve sicle, in Clovis. Histoire et mmoire, I, Le baptme de Clovis, lvnement, a cura di M. Rouche, Universit de Paris-Sorbonne, Paris 1997, pp. 5977; sulliscrizione dellanello Corpus Inscriptionum Latinarum, XIII, a cura di O. Bohn, apud Georgium Reimerus, Berolini 1901, n. 10024, 307, p. 645; sui recenti scavi della necropoli R. Brulet, La spulture du roi Childric I Tournai et son environnement, in La noblesse romaine et les chefs barbares du IIIe au VIIe sicle, a cura di F. Vallet, M. Kazanski, Association Franaise dArchologie Mrovingienne, Paris 1995, pp. 30926; Id., Le site de la ncropole, in Les fouilles du quartier Saint-Brice Tournai. Lenvironnement funraire de la spolture de Childric, II, a cura di R. Brulet, Universit Catholique, Louvain-la-Neuve 1991, pp. 9-13; J. Werner, Donnes nouvelles sur la spolture royale de Childric, in Les fouilles du quartier Saint-Brice cit., pp. 14-22.

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Gallia tardoantica. Guy Halsall, in un recente contributo, ha messo in evidenza come la composizione del corredo, oltre a rivelare evidenti inuenze danubiane (unne e gote) mescolate a simboli del potere militare romano, non presenti alcuna caratteristica distintiva di una particolare etnia o cultura germanica. La sua straordinaria ricchezza e opulenza pu invece essere interpretata come sintomo di insicurezza politica, dato che la successione di Clodoveo a Childerico fu aspramente contrastata da Siagrio, glio di Egidio, magister militum per Gallias e leader militare dei franchi: il fastoso funerale nel cuore del territorio franco potrebbe dunque essere stato organizzato al ne di legittimare la successione di Clodoveo. Una tale ostentazione di potere e ricchezza non appare pertanto manifestazione automatica dello status regale del defunto, ma sembra piuttosto strettamente legata alle dinamiche politico-militari del potere in Gallia settentrionale nellultimo quarto del V secolo29. A proposito poi della sepoltura dei ventuno cavalli intorno al tumulo, ritenuta allinizio manifestazione evidente di un rito odinico, lanalisi al carbonio 14 ha mostrato che i cavalli furono sepolti in periodi diversi (tra il 430 e il 560), mettendo in forse il legame diretto con la tomba di Childerico. Lo sviluppo della necropoli e la fondazione in essa di una chiesa, poi utilizzata per tutto il medioevo, testimonia invece la continuit delle pratiche funerarie attraverso la lunga fase della conversione al cristianesimo, consentendo di interpretare tali sepolture come tracce di un culto legato alla memoria del defunto e protrattosi dopo il suo funerale. Le sepolture di cavalli,
29 Sulle interpretazioni storiograche del corredo di Childerico Erlande-Brandeburg, Le roi est mort cit., pp. 32-3 (da cui la citazione), pp. 175-6; S. Lebecq, The two faces of king Childeric. History, archaeology, historiography, in Integration und Herrschaft. Etnische Identitten und soziale Organisation im Frhmittelalter, a cura di W. Pohl, M Diesenberger, sterreichische Akademie der Wissenschaften, Wien 2002, pp. 119-32; per una critica delle precedenti interpretazioni Halsall, Cemeteries and Society cit., pp. 169-87; James, Royal Burials cit., pp. 245-7; von Rummel, Habitus barbarus cit., pp. 368-75; sulla gura storica di Childerico S. Fanning, Clovis Augustus and Merovingian Imitatio Imperii, in The world of Gregory of Tours, a cura di K. Mitchell, I. Wood, Brill, Leiden-Boston-Kln 2002, pp. 321-35; The Prosopography of the Later Roman Empire, II, A.D. 395-527, a cura di J.R. Martindale, Cambridge U.P., Cambridge 1980, s.v. Childericus I, pp. 285-6; sulla valenza sociale dei tesori regi nellalto medioevo M. Hardt, Royal treasures and representation in the early Middle Ages, in Strategies of Distinction cit., pp. 255-80.

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infatti, non alludono necessariamente a un rito pagano, dato che la deposizione nella tomba di oggetti relativi al cavallo o il cavallo stesso richiama innanzitutto lo statuto di cavaliere del defunto: simili sepolture sono attestate dal V/VI secolo sino al IX/X secolo in varie parti dItalia, in Europa centrale, in Scandinavia e nei regni anglosassoni, e non rappresentano pertanto una caratteristica funeraria peculiare di fantomatici popoli nomadi30. Nella scelta di identicare il defunto con Childerico appaiono preponderanti in realt cause di ordine politico e ideologico: la scoperta della sepoltura avvenne infatti nel corso del dibattito politico relativo alla legittima continuit della monarchia francese dai Merovingi ai Borboni, e provoc lintervento di Ferdinando III dAsburgo, che chiese e ottenne il tesoro dallarciduca Leopoldo Guglielmo, governatore dei Paesi bassi spagnoli, al ne di convalidare le rivendicazioni degli Asburgo al trono francese contro i Borboni. Su incarico diretto dellarciduca, lo storico Jean Jacques Chifet, le cui opere avallavano la rivendicazione del trono francese da parte del re di Spagna, pubblic nel 1655 la prima descrizione della scoperta in unopera intitolata Anastasis Childerici I, nella quale lidenticazione con il re merovingio fu addotta come prova della mancanza di legittimit dei Borboni alla corona francese. Il corredo nel 1665 fu inne donato da Leopoldo I dAsburgo a Luigi XIV e relegato nel Cabinet des stampes sino alla rivoluzione, dato che le testimonianze dellorigine germanica della monarchia di Francia erano fonte di un certo imbarazzo per il ramo francese dei Borboni31. La scoperta del tesoro di Childerico non costituisce daltronde in tale periodo lunico sintomo di un rinnovato interesse per la monarchia merovigia: nel 1632 fu miracolosamente scoperta nella chiesa di S. Martino di Autun la tomba della regina merovingia Brunilde, i cui resti furono da allora annoverati tra le reliquie della chiesa. Nel 1645 alcuni operai avrebbero inoltre rinvenuto
30Sullinterpretazione delle sepolture con cavalli Effros, Merovingian Mortuary Archaeology cit., pp. 30-1, 120-4; La Rocca, Mutamenti sociali cit., pp. 119-26; Ead., Larcheologia e i Longobardi cit., pp. 213-7. 31 Per una lettura storico-culturale della scoperta della tomba di Childerico Effros, Merovingian Mortuary Archaeology cit., pp. 13-5, 2835, 120-4.

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in St. Germain des Prs a Parigi due sarcofagi attribuiti a Childerico II e sua moglie Bililde: le sepolture furono solennemente riaperte nel 1656 e vi furono rinvenuti un ricco corredo, successivamente rubato e disperso, contenente una lamina con liscrizione Childr rex. Se gli oggetti deposti nei sarcofagi appaiono con ogni probabilit di origine bassomedievale, lapertura delle sepolture avvenne in un contesto di generale traslazione delle reliquie di St. Germain, durante la quale le tombe regie, equiparate a quelle dei santi, entrarono a far parte del patrimonio dellabbazia: negli anni successivi furono infatti eretti nel coro della chiesa i nuovi monumenti funerari di cinque re e quattro regine merovingie, tutti recanti ben visibile il giglio dei Borboni32. Il dibattito sulle sepolture regie merovingie fu riaperto dopo il ritrovamento, in una campagna condotta nel 1959 in St. Denis a Parigi, di una sepoltura dotata di un corredo composto da vestiti di seta, cintura e bule, vari gioielli, la placca di un balteo, un vaso di vetro e un anello, recante liscrizione Arnegundis. Grazie a tale anello, la defunta, il cui status regio appariva automaticamente dimostrato dalla ricchezza del corredo, fu identicata con Aregonda, moglie di Clotario I e morta, secondo la testimonianza di Gregorio di Tours, tra il 565 e il 570. Negli stessi anni furono rinvenute sotto il pavimento della cattedrale di Colonia due sepolture appartenenti a una donna e un bambino, entrambe risalenti al primo quarto del VI secolo e dotate anche esse di un ricco corredo (gioielli e oggetti preziosi per la donna, un set completo di armi da adulto per il bambino): la ricchezza del corredo e la presenza di un bastone di legno, interpretato come scettro, portarono

32Sul ritrovamento di Autun Krger, Knigsgrabkirchen cit., pp. 156-63; Effros, Merovingian Mortuary Archaeology cit., pp. 25-6; sui ritrovamenti di St. Germain des Prs Prin, Saint-Germain-des-Prs cit., pp. 32-5; ErlandeBrandeburg, Le roi est mort cit., pp. 34-5, 177-8; la fonte J. Bouillart, Histoire de labbaye royale de Saint Germain des Prez, chez Gregoire Dupuis, Paris 1724, pp. 251-3, in particolare p. 317; per una discussione critica di tali ritrovamenti J.M. Wallace-Hadrill, The graves of kings: an historical note on some archaeological evidence, in Studi Medievali, IIIs, I, 1960, pp. 177-94, in particolare pp. 184-5; James, Royal Burials cit., pp. 250-1; J. Nelson, Carolingian royal funerals, in Rituals of Power cit., pp. 131-84, in particolare p. 139; sul contesto culturale di tali scoperte Effros, Merovingian Mortuary Arcaheology, pp. 38-44.

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ad attribuire entrambe le sepolture a regnanti franchi residenti a Colonia nella seconda met del VI secolo33. Come nel caso di Childerico, lidenticazione della defunta con la regina Aregonda si basa esclusivamente sulla presenza nella sepoltura dellanello recante liscrizione Arnegundis e un monogramma: tali sepolture rappresentano per delle eccezioni, dato che nessun altro sovrano (eccetto, forse, Childerico) prima del secolo XI fu mai seppellito con lanello sigillare recante liscrizione del nome. Lattribuzione ad Aregonda appare particolarmente problematica, poich St. Denis divenne mausoleo regio solo dalla prima met del VII secolo (il marito di Aregonda, Clotario I, fu sepolto a St. Mdard a Soissons) e poich il corredo della sepoltura appare tipico del VII secolo e non attestato in Neustria nel VI secolo. Un recente contributo dellarcheologo francese Patrick Prin ha riproposto lidenticazione dei resti della defunta con la regina sulla base di nuove analisi chimiche dei resti ossei e delle stoffe del corredo: lipotesi poggia per principalmente sullo scioglimento del monogramma dellanello con la parola regina, mentre normalmente i monogrammi per tutto lalto medioevo rappresentano un nome proprio (nel nostro caso interpretabile dunque come Arnegundis). La critica attuale ritiene pertanto che la sepoltura non possa appartenere alla regina: la donna sepolta, forse Arnegonda, cio la proprietaria dellanello, venne tumulata intorno al 630/640 probabilmente nella fase dellallargamento di St. Denis per la sepoltura di Dagoberto I (639). Anche in tal caso lattribuzione dello status regio alle sepolture citate, per la ricchezza del corredo o la controversa interpretazione di oggetti simbolizzanti la regalit, appare favorita da suggestioni di carattere ideologico e politico: negli anni Cinquanta la chiesa parigina di St. Denis fu infatti oggetto per opera di Edouard Salin di prolungate campagne di scavo, che videro il reiterato tentativo (culminato inne
33Sulla scoperta della tomba di Arnegonda Erlande-Brandeburg, Le roi est mort cit., pp. 33, 138, 176-7; Halsall, Early Medieval Cemeteries cit., pp. 33-34; Krger, Knigsgrabkirchen cit., pp. 171-89; sulla gura storica della regina Aregonda The Prosopography of the Later Roman Empire, III, A.D. 527-641, ed. J.R. Martindale, Cambridge U.P., Cambridge 1992, III, s.v. Arnegundis, p. 122; sulle sepolture rinvenute a Colonia Doppelfeld, Das frnkische cit.; Krger, Knigsgrabkirchen cit., pp. 97-102; per una critica della loro identicazione regia James, Royal Burials cit., pp. 247-8.

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con la scoperta della regina Aregonda) di identicare alcune sepolture con sovrani merovingi, a causa probabilmente delle aspettative dei promotori degli scavi di scoprire una tomba regia nel mausoleo della monarchia francese34. Ma la pi sensazionale scoperta nellarcheologia funeraria altomedievale del XX secolo fu quella effettuata nel 1939 a Sutton Hoo, in Inghilterra, in unarea caratterizzata dalla presenza di tumuli: in uno di essi fu rinvenuta una nave contenente ben 263 oggetti, tra i quali gioielli e armi, un portainsegna, monete doro merovingie, cucchiai dargento bizantini, una lira, una tavola da gioco in avorio e alcuni strumenti da marinaio: uneccezionale ostentazione di ricchezza rispetto allo standard anglosassone contemporaneo, per la presenza di oggetti e stili tipici del Kent, della Svezia e della Gallia merovingia, e di contatti, seppur indiretti, con il mondo mediterraneo. Il tesoro fu trasportato al British Museum, dove fu ordinato e studiato da Rupert Bruce-Mitford, il quale tra il 1966 e il 1971 promosse nuovi scavi presso larea, rinvenendo una necropoli neolitica poi riutilizzata in et anglosassone. Indagini ulteriori furono poi effettuate dal 1986 al 1992 da Martin Carver, che confermarono la presenza di una necropoli di et anglosassone con tumuli del VI-VII secolo contenenti inumazioni in navi e cremazioni, successivamente circondati sino allVIII secolo da tombe satelliti, alcune delle quali con resti di cavalli. Il dibattito relativo alla datazione della sepoltura fu condotto principalmente in ambito numismatico, dato che le monete merovingie bench copie di zecche minori rappresentano lunica categoria di oggetti databili con un certo margine di

34Per una discussione critica dellidenticazione con Aregonda Halsall, Early Medieval Cemeteries cit., pp. 33-4; Effros, Merovingian Mortuary Archaeology cit., pp. 122-4; James, Royal Burials cit., pp. 248-50; La Rocca, Larcheologia e i Longobardi, pp. 230-1; a favore dellidenticazione con la regina Aregonda si nuovamente pronunciato V. Gallien, P. Prin, La tombe dArgonde Saint-Denis. Bilan de recherches mene sur les restes organiques humaines, animaux et vgtaux retrouvs en 2003, in Inhumations de prestige cit., pp. 203-26; sullinterpretazione del ritrovamento di anelli nelle sepolture La Rocca, Rituali di famiglia cit., pp. 450-7; Ead., Larcheologia e i Longobardi cit., pp. 217-33; Ead., Storia di genere e archeologia dellalto medioevo: note sul dibattito europeo, in Archeologia e societ cit., pp. 26578, in particolare pp. 271-2; sulle precedenti campagne di scavo di Salin a St. Denis Erlande-Brandeburg, Le roi est mort cit., pp. 33-4; Wallace-Hadrill, The graves of kings cit., pp. 183-4.

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sicurezza: dopo alterne vicende, la critica concorde nel ritenere la deposizione avvenuta intorno al 625. La ricchezza del corredo e il simbolismo di alcuni oggetti, come lo stendardo, hanno fatto ritenere inizialmente del tutto scontato lo status regio del defunto: il principale candidato, tra i molti possibili (re anglosassoni, sovrani svedesi, capi di immigrati germanici), rimane re Raedwald di East Anglia, deceduto proprio intorno al 62535. I primi dubbi furono formulati nel 1960 da WallaceHadrill, il quale mise in discussione linterpretazione di oggetti come il bastone e il portastendardo, che non risultano attestati nelle fonti scritte o in altre sepolture come simboli della regalit del VII secolo, evidenziando inoltre come la zona di Sutton Hoo non sia mai stata residenza dei re dellEast Anglia. Anche secondo Carver la sepoltura del tumulo 1 apparterrebbe non a un sovrano anglosassone ma a un aristocratico morto verso il 613, di probabili origini scandinave, del quale il corredo vuole enfatizzare il ruolo di guerriero (per la presenza di armi), di leader (per le insegne) e di marinaio (per gli attrezzi da carpentiere navale). In un recente contributo, Guy Halsall ha inoltre evidenziato come i caratteri salienti della sepoltura la pianicazione del cimitero, le tombe di cavalli e lutilizzazione di monumenti come il tumulo, lostentazione, con il corredo, della forza militare e dellopulenza (cibo e bevande da offrire) siano caratteri tipici del mondo franco contemporaneo, cos come il corredo richiami in molti aspetti quelli delle sepolture scandinave di Vendel e Valsgrde, anchesse caratterizzate dalla presenza di navi e resti di cavalli. Sutton Hoo potrebbe dunque rappresentare un tentativo di imitazione di tombe franche, mentre la composizione del corredo potrebbe essere interpretata come ostentazione di controllo e di potere nellambito del commercio e degli scambi oltremare, e non sarebbe

35Sugli scavi condotti a Sutton Hoo sino agli anni sino agli anni sessanta del XX secolo M. Carver, The Anglo-Saxon Cemetery at Sutton Hoo: an interim report, in The Age of Sutton Hoo cit., pp. 343-71; Id., Sutton Hoo. Burial ground of kings?, British Museum P., London 1998, pp. 2-51; sugli scavi condotti negli anni ottanta Id., Sutton Hoo in context, in Angli e Sassoni al di qua e al di l del mare, Settimane del Centro Italiano di Studi sullalto medioevo 32 (Spoleto, 26 aprile-1 maggio 1984), C.I.S.A.M., Spoleto 1986, pp. 77-117; Id., Sutton Hoo. Burial ground cit., pp. 52-92; sul dibattito storiograco Halsall, Early Medieval Cemeteries cit., pp. 67-8; Krger, Knigsgrabkirchen cit., pp. 260-3.

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un indicatore automatico dello status regale. Come molte necropoli della Gallia merovingia caratterizzate dalluso del corredo funebre, daltronde, tali localit in Svezia e Inghilterra sono molto distanti, quasi ai margini, rispetto ai centri e alle aree di potere e di maggiore insediamento: il corredo di Sutton Hoo mostrerebbe dunque dinamiche di competizione sociale per la preminenza locale, senza riettere una gerarchia sociale prestabilita36. Anche nel caso di Sutton Hoo, inne, il contesto culturale sembra avere notevolmente inuito nellidenticazione regia dellanonimo defunto: gli scavi, iniziati nel 1938 da unquipe del British Museum, risvegliarono alla vigilia della seconda guerra mondiale un grande interesse nellopinione pubblica inglese, dato che il contesto bellico favoriva forti richiami di fedelt e dedizione alla corona. Non a caso il candidato principale allidenticazione con il defunto del tumulo 1 stato Raedwald, primo re anglosassone a diventare High King of England, una sorta di Clodoveo inglese che nella testimonianza di Beda per primo unic i regni anglosassoni e si convert al cristianesimo. Successivamente, anche le ipotesi proposte da BruceMitford e altri studiosi hanno comunque voluto vedere nel tesoro di Sutton Hoo un monumento della monarchia anglosassone antenata dei sovrani attuali37. Ulteriore caso esemplare di uso politico e ideologico di sepolture regie altomedievali , inne quello rappresentato dal ritrovamento della tomba di Enrico I di Sassonia a Quedlimburg negli anni Trenta del XX secolo. Dopo linstaurazione della dittatura nazista il monastero sepolcrale ottoniano fu oggetto di scavi e restauri, durante i quali fu cercata e rinvenuta la sepoltura del fondatore della dinastia di Sassonia: su iniziativa di Himmler in persona il sepolcro di Enrico I lUccellatore, morto nel 936, divenne dal 1936 il fulcro di un mausoleo
36Per la critica dellinterpretazione regia di Sutton Hoo Wallace-Hadrill, The graves of kings cit.; M. Carver, Sutton Hoo: a seventh-century princely burial ground and its contest, British Museum P., London 2005; Id., Sutton Hoo. Burial ground cit., pp. 94-161; Halsall, Early Medieval Cemeteries cit., pp. 32-6; James, Royal Burials cit., pp. 252-4; sul predominio culturale e politico merovingio nei regni anglosassoni del VII secolo I. Wood, Frankish Hegemony in England, in The Age of Sutton Hoo cit., pp. 235-41; sul contesto religioso di Sutton Hoo Id., The Missionary Life. Saints and the Evangelisation of Europe 400-1050, Pearson Education, Harlow 2001, pp. 3-53. 37 Sul contesto culturale e politico degli scavi di Sutton Hoo Carver, Sutton Hoo. Burial ground cit., pp. 128-36.

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nazista volto a propagandare la continuit storica e ideologica tra il Primo e il Terzo Reich. Negli anni successivi la tomba di Enrico I, alla quale sino alla ne della seconda guerra mondiale fu riservato lonore di un picchetto di guardia di SS, fu oggetto di ulteriori indagini archeologiche, che provarono scienticamente la sicura identicazione dei resti umani ivi rinvenuti con il sovrano sassone: il valore politico attribuito alla sepoltura regia nella Germania nazista era tale da costringere nel 1948 il governo statunitense a inviare a Quedlinburg (nella zona di occupazione militare sovietica) una quipe di archeologi, che dimostrarono in modo altrettanto scientico come invece la sepoltura attribuita a Enrico I non contenesse affatto i resti del re sassone38. 5. Rituali funerari e commemorazione dei sovrani nel regno italico (secoli VI-X) Contrariamente a Paesi come Francia, Inghilterra e Germania, in et moderna e contemporanea non furono mai scoperte in Italia sepolture regie altomedievali. Le attestazioni a nostra disposizione nelle fonti scritte indicano inoltre come alcune sepolture regie fossero gi state aperte nellarco di un paio di secoli: in base alla testimonianza di Agnello di Ravenna, il mausoleo di Teodorico nel IX secolo era gi stato profanato e il sarcofago di pordo trasportato allingresso del vicino monastero di S. Maria, mentre Paolo Diacono narra come il duca di Verona verso la met dellVIII secolo abbia ordinato di aprire la tomba di Alboino, situata in un sottoscala del palazzo ducale, dalla quale furono estratti una spada e altri oggetti preziosi. Anche laneddoto riportato da Paolo sul tentativo di profanazione della tomba di Rotari a cavallo della met del VII secolo, bench tale passo sia inserito in un contesto narrativo di tipo agiograco, indicherebbe come

38Sullo tomba di Enrico I U. Halle, 936 Begrbnis Heinrichs I. - 1936 die archologische Suche nach den Gebeinen in Quedlinburg und die NSPropaganda, in Mitteilungen der Deutschen Gesellschaft fr Archologie des Mittelalters und der Neuzeit, 16, 2005, pp. 15-21; sullarcheologia tedesca in tale periodo Fehr, Volkstum cit., pp. 193-200; Hassmann, Archaeology cit.

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lapertura e il riuso di sepolcri in et longobarda fosse pratica comune e diffusa39. Le sole indagini archeologiche a nostra disposizione di sepolture regie in Italia consistono nellapertura dei sepolcri di Teodolinda in S. Giovanni a Monza e di Liutprando in S. Pietro in Ciel dOro di Pavia, ma tali scavi sono stati condotti su monumenti funerari bassomedievali o di et moderna, che non hanno conservato alcun corredo di et longobarda. Non esistono in realt attestazioni della sepoltura di Teodolinda a Monza antecedenti alla met del XIII secolo, quando la tomba in terra della regina menzionata dal cerimoniale monzese presso la cappella di S. Vincenzo nella chiesa di S. Giovanni. Allinizio del XIV secolo, nellambito della ricostruzione della cappella stessa, fu allestito un sarcofago attribuito a Teodolinda, che dopo essere stato trasferito nel transetto fu inne ricollocato nel 1889 nella cappella di S. Vincenzo. Nel 1941 il sarcofago fu aperto e in esso furono rinvenuti un tubo ttile, alcuni chiodi, la guarnizione di un fodero di coltello, dei resti di un tessuto di broccato e una punta di lancia in ferro: i promotori dello ricognizione, la cui relazione fu pubblicata da Gnther Haseloff nel 1952, identicarono immediatamente i reperti con il corredo di Teodolinda, e grazie al ritrovamento di un dente umano maschile ritennero sepolto nel medesimo sarcofago anche Adaloaldo. Una tale interpretazione d per certa in modo aprioristico, in assenza di prove documentarie o archeologiche, la continuit della sepoltura di Teodolinda nella basilica tra VII e XIV secolo, forzando la datazione di oggetti non tipici di corredi femminili di inizio VII secolo. Non esiste infatti alcuna relazione accertata tra un ipotetico corredo funerario deposto nella sepoltura di Teodolinda e gli oggetti ritrovati nel 1941, cos come altri oggetti attualmente conservati nel tesoro, e tradizionalmente considerati parte del corredo della regina (il gruppo scultoreo della chioccia coi pulcini, il ventaglio, il pettine e la corona detta di Teodolinda),

39Sulla sepoltura di Teodorico si veda Le sepolture regie cit., s.v. Teodorico; sullapertura della tomba di Alboino Paolo Diacono, Storia dei Longobardi, a cura di L. Capo, Fondazione Lorenzo Valla, Milano 1992, II 28; sulla tomba di Rotari ivi, IV 47.

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compaiono in realt nella documentazione relativa al tesoro monzese solo a partire dal XIII secolo40. La seconda sepoltura regia in questione quella di Liutprando, che fu sepolto nel 744 a Pavia nella chiesa di S. Adriano presso S. Maria in Pertica, e poi traslato insieme al padre Ansprando nella chiesa romanica di S. Pietro in Ciel dOro: in tale occasione fu eretto un monumento funerario composto da un sarcofago marmoreo sopraelevato su colonnine, sul quale era scolpita lefgie del re e un epitafo metrico in versi leonini. Nel XVI secolo, a causa delle prescrizioni del concilio di Trento, il monumento fu smantellato e la sepoltura trasferita in terra presso un pilastro della navata, dove rimase sino al 1895 quando, in occasione del radicale restauro nalizzato alla riapertura al culto della chiesa, si oper uno sterro nellarea indicata come la tomba di Liutprando da alcuni eruditi pavesi dei secoli XVI-XVII: qui fu rinvenuta una cassetta di legno contenente delle ossa di maschio adulto, anche in tal caso prontamente identicate come quelle del re e risepolte in loco nei primi anni del XX secolo con un nuovo epitafo lapideo (Hic iacent ossa regis Liutprandi)41. Lallestimento denitivo di entrambe le sepolture risale non a caso alla ne del XIX secolo, in un clima culturale di riscoperta (e invenzione) delle glorie patrie locali: va per evidenziata lassenza in Italia di un uso strumentale di monumenti della monarchia altomedievale in quanto antenata della monarchia nazionale di et moderna e contemporanea. Le particolari contingenze politiche e ideologiche dellunicazione italiana impedirono ai sovrani sabaudi di celebrare cerimonie liturgiche di intronizzazione per lo scontro ancora aperto con la Chiesa cattolica,

40 Sulle vicende della sepoltura di Teodolinda L. Beltrami, La tomba della regina Teodolinda nella basilica di S. Giovanni in Monza, in Archivio Storico Lombardo, 16, 1889, pp. 665-78; Krger, Knigsgrabkirchen cit., pp. 356-8; sulla apertura del sarcofago nel 1941 G. Haseloff, Die Funde aus dem Sarkophag der Knigin Theodelinda in Monza, in Germania, 30, 1952, pp. 368-77; per una discussione critica dei dati P. Majocchi, The treasure of Theodelinda: ideological claims and political contingencies in the construction of a myth, in Archaeologie der Identitt cit., pp. 245-67. 41Sulla sepoltura di Liutprando Le sepolture regie cit., s.v. Liutprando; sulla traslazione a S. Pietro in Ciel dOro P. Majocchi, Pavia citt regia. Storia e memoria di un capitale medievale, Viella, Roma 2008, pp. 98-115; sul ritrovamento nel XIX secolo R. Maiocchi, Le ossa di re Liutprando scoperte a S. Pietro in Ciel dOro in Pavia, in Archivio Storico Lombardo, 22, 1896, pp. 5-80.

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e rendevano estremamente inopportuno rivendicare, per le perduranti tensioni con limpero asburgico, le origini della monarchia italiana nei regni germanici di longobardi e franchi42. Nel corso del XX secolo lunico episodio rilevante di forte interesse pubblico nei confronti di una sepoltura regia longobarda rappresentato dalla gi citata apertura del sarcofago di Teodolinda nel 1941, probabilmente nellambito delle celebrazioni del centenario di Ambrogio da parte dellarcidiocesi milanese: la cerimonia, che intendeva probabilmente stabilire una continuit ideale tra Ambrogio e Teodolinda, tendeva a riaffermare il nesso tra Teodolinda, la regalit medievale e la chiesa monzese di S. Giovanni. Lapertura del sarcofago avvenne infatti il 23 gennaio in pompa magna alla presenza del cardinale Schuster e del podest di Monza, e il 22 maggio successivo ebbe solennemente luogo la rideposizione dei resti nel sarcofago: le ceneri, raccolte in tre distinte cassette, a simboleggiare le sepolture di Teodolinda, Agilulfo e Adaloaldo, furono esposte nella cappella di Teodolinda e portate in processione per la citt, da autorit, clero cittadino, associazioni civili, politiche e militari, le confraternite, gli oratori e con scorta di carabinieri in alta uniforme e cavalieri del S. Sepolcro43. Se le sepolture regie altomedievali non forniscono molti dati utili alla ricostruzione della prassi funeraria della monarchia italica, lanalisi dei dati disponibili nelle fonti scritte ed epigrache mostra tra VI e VIII secolo evidenti aspetti di continuit con la prassi funeraria imperiale, evidenziata dalla scelta di Teodorico di erigere un mausoleo sepolcrale dotato di un sarcofago di pordo purpureo, ponendosi in tal modo nella tradizione imperiale romana inaugurata da Augusto e sviluppata in et tardoantica. Le modalit di sepoltura dei successivi re ostrogoti appaiono

42Si vedano La Rocca, Larcheologia e i Longobardi cit.; Ead., Uno specialismo mancato cit. 43Sullapertura della tomba di Teodolinda La ricognizione dei resti di Agilulfo e della regina Teodolinda, in Il Cittadino, 43/5, 30/01/1941, p. 1; Per la traslazione delle ceneri della regina Teodolinda e della sua famiglia, in Il Cittadino, 43/21, 22/05/1941, p. 1; La traslazione dei resti della regina Teodolinda e di re Agilulfo e di Adaloaldo, in Il Cittadino, 43/22, 29/05/1941, pp. 1-2; sui reperti rinvenuti Haseloff, Die Funde cit.; G.P. Bognetti, Le corone del tesoro e i ritrovamenti nel sarcofago di Teodolinda a Monza, in Id., Let longobarda, III, Giuffr, Milano 1967, pp. 519-33.

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strettamente legate alle dinamiche politiche del regno: in generale per essi non fu eretto alcun monumento funebre, n laico n ecclesiastico, destinato a perpetuarne la memoria. Non sappiamo se la sepoltura di Teodorico fosse dotata di corredo funerario, bench alcuni dati permettano di formulare ipotesi in tal senso: allinizio del VI secolo la diffusione in Italia della consuetudine di deporre oggetti nelle sepolture testimoniata da due lettere di Cassiodoro, nella prima delle quali si proibisce di prelevare ricchezze dai sepolcri prescrivendo punizioni per i profanatori di tombe, mentre nella seconda si afferma il diritto del re a servirsi degli oggetti preziosi prelevati dalle necropoli per rimpinguare le casse dello stato. Inoltre il mausoleo di Teodorico a Ravenna era probabilmente al centro di una necropoli: bench larea non sia mai stata scavata organicamente, nel 1854 fu scoperta nei suoi pressi una tomba di et ostrogota con ricco e articolato corredo44. Lunica fonte narrativa sui luoghi di sepoltura dei sovrani longobardi consiste nella Historia Langobardorum di Paolo Diacono, recentemente interpretata da Rosamond McKitterick come una operazione culturale di et carolingia, volta a reinterpretare la storia longobarda in un quadro di legittimo passaggio dinastico alla monarchia franca. La narrazione di Paolo fornisce infatti informazioni sulle sepolture di Alboino, Rotari e Gundiperga, dei sovrani della dinastia bavara della seconda met del VII secolo, e di Ansprando e Liutprando, mentre non menziona il luogo di sepoltura degli altri sovrani. Tali silenzi potrebbero derivare da una mancanza di dati a disposizione dellautore, o pi probabilmente da una sua scelta consapevole: eccettuati i casi di Gundiperga e Rodelinda, generalmente mancano le attestazioni del luogo di sepoltura delle regine, le quali una volta vedove potevano risposarsi modicando la successione al trono e generando lotte dinastiche intestine. Va inoltre sottolineato il silenzio sulle sepolture di Agilulfo e di Teodolinda, della quale non vie-

44 Sulle fonti relative alle sepolture regie ostrogote, come per le successive, si veda Le sepolture regie cit., sub voce; la fonte citata Cassiodori Variae, a cura di Th. Mommsen, Weidmannsche Buchhandlung, Berlino 1894 (Monumenta Germaniae Historica, Auctores Antiquissimi XII), IV 18, p. 122, e IV 34, p. 129; sul mausoleo di Teodorico Lusuardi Siena, Sulle tracce cit., pp. 536-7; sulla tomba nei pressi del mausoleo Bierbrauer, Aspetti archeologici cit., p. 468.

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ne nemmeno indicato lanno di morte, frutto forse della volont carolingia di non preservare in Italia troppi luoghi di culto legati alla memoria delle dinastie precedenti45. Con linterruzione della narrazione di Paolo, alla met circa dellVIII secolo, si interrompono anche le nostre informazioni sulle sepolture regie longobarde: secondo fonti posteriori e tutte di origine cassinese Ratchis sarebbe morto a Montecassino, dove ne fu preservata la memoria, mentre nulla sappiamo della morte del suo successore Astolfo, se non una versione moralizzante tramandata dal Liber ponticalis e poi affermatasi nelle fonti successive. I sovrani longobardi successivi a Liutprando furono infatti vittime di una damnatio memoriae, operata dalla Chiesa romana e dal nuovo potere carolingio al ne di delegittimare gli ultimi esponenti della monarchia longobarda a favore dei sovrani franchi. Principale oggetto di tale operazione furono infatti Desiderio e Ansa, sulla morte dei quali non si sa praticamente nulla: solo gli Annales Sangallenses Maiores accennano al monastero di Corbie come luogo di custodia dellultimo re longobardo in esilio nel regno franco, mentre di Ansa rimane lepitafo metrico conservato in un manoscritto insieme ai Carmina di Paolo Diacono senza alcun riferimento allubicazione della sepoltura46. Le pratiche funerarie della monarchia longobarda appaiono caratterizzate dalla progressiva adozione del mo45Su Paolo Diacono R. McKitterick, Paul the Deacon and the Franks, in Early Medieval Europe, 8. 1999, pp. 319-40; sui dati relative alle sepolture regie di et longobarda si veda Le sepolture regie cit., sub voce; sul dibattito storiograco recente relativo alle fonti di et longobarda, W. Pohl, Geschichte und Identitt im Langobardenreich, in Die Langobarden. Herrschaft und Identitt, a cura di W. Pohl, P. Erhart, sterreichischen Akademie der Wissenschaften, Wien 2005, pp. 555-66. 46 Sui dati relativi alle sepolture degli ultimi re longobardi si veda Le sepolture regie cit., sub voce; sulloperazione papale e carolingia di cancellazione della memoria longobarda S. Gasparri, Roma e i Longobardi, in Roma nellalto medioevo, Settimane del Centro italiano di studio sullalto medioevo 48 (Spoleto, 27 aprile-1 maggio 2000), 2 voll., C.I.S.A.M., Spoleto 2001, pp. 219-47; W. Pohl, Paolo Diacono e la costruzione dellidentit longobarda, in Paolo Diacono. Uno scrittore fra tradizione longobarda e rinnovamento carolingio, Atti del convegno internazionale di studi (Cividale del Friuli-Udine, 6-9 maggio 1999), a cura di P. Chiesa, Forum, Udine 2000, pp. 413-26; J. Nelson, Making a difference in Eighth-Century Politics: the Daughters of Desiderius, in After Romes Fall. Narrators and Sources of Early Medieval History. Essays presented to Walter Goffart, University of Toronto Press, Toronto 1998, pp. 171-90.

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dello costantiniano e merovingio attraverso la fondazione di enti ecclesiastici destinati a ospitare la sepoltura del fondatore e (eventualmente) dei suoi discendenti. Se nella seconda met del VI secolo la sepoltura di Alboino appare ancora modellata sulle pratiche funerarie imperiali classiche, che prevedevano la tumulazione presso i centri del potere laico, allinizio del secolo successivo la reggenza di Agilulfo e Teodolinda inaugura nel regno longobardo la consuetudine di fondare chiese sepolcrali, destinate nelle intenzioni del fondatore a perpetuarne la memoria. Secondo Guy Halsall display, however, usually took the form of founding churches in wich to be buried, rather than in the grave itself: lerezione di una chiesa, generalmente deputata alla sepoltura del fondatore, divenne infatti latto principale con cui la monarchia longobarda propagandava la propria adesione al mondo cristiano47. A partire dalla prima met del VII secolo, i sovrani longobardi furono sepolti a Pavia, in quanto capitale stabile del regno, in chiese da loro fondate: il carattere elettivo della monarchia longobarda, che non permise laffermazione di ununica dinastia regnante, si riette anche nelle numerose fondazioni di chiese sepolcrali, che erano generalmente utilizzate da un singolo sovrano. Lunica eccezione costituita dalla chiesa di S. Salvatore, fondata da Ariperto I alla met del VII secolo, la quale grazie alla continuit della dinastia bavara per un cinquantennio circa divenne il primo mausoleo sepolcrale stabile del regno italico. La fondazione di enti ecclesiastici da parte dei sovrani appare volta alla perpetuazione della memoria del sovrano defunto: un caso esemplare costituito dalla chiesa di S. Giovanni Domnarum, desti-

47Sulla la fondazione regia di enti ecclesiastici Majocchi, Pavia citt regia cit., pp. 29-34; Krger, Knigsgrabkirchen cit., pp. 446-59; sulla politica religiosa della monarchia longobarda W. Pohl, Deliberate Ambiguity: the Lombards and Christianity, in Christianizing Peoples and Converting Individuals, eds. G. Armstrong, I. Wood, Brepols, Turnhout 2000, pp. 47-58; Halsall, Early Medieval Cemeteries cit., p. 25, da cui la citazione; sulledilizia religiosa a Pavia in et longobarda B. Ward-Perkins, From Classical Antiquity to the Middle Ages. Urban public building in Northern and Central Italy, ad 300-850, Oxford U.P., Oxford 1984, pp. 79-80, 2445; P. Hudson, Archeologia urbana e programmazione della ricerca: lesempio di Pavia, AllInsegna del Giglio, Firenze 1981; G.P. Brogiolo, Capitali e residenze regie nellItalia longobarda, in Sedes regiae (ann. 400-800), a cura di G. Ripoll e J.M. Gurt, Reial Academia des Bones Lletres, Barcellona 2000, pp. 135-62, in particolare pp. 149-59.

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nataria tra IX e X secolo di una serie di diplomi imperiali dove sempre ricordata la fondazione da parte della regina longobarda Gundiperga, per la quale ancora nel XII secolo erano celebrate quotidiane messe pro anima. Il ruolo delle donne nella perpetuazione della memoria del defunto ancora riscontrabile nella pratica, inaugurata a Pavia in et longobarda, di afdare la conduzione dei monasteri regi a glie o mogli del sovrano: lepigrafe della badessa Teodota, conservata nel monastero di S. Maria Teodote fondato probabilmente da Cuniperto, afferma come il monastero fosse retto da badesse di regali linea. Cataloghi di reliquie pavesi bassomedievali inoltre perpetuavano o inventavano il ricordo di altre badesse longobarde di stirpe regia, le cui reliquie erano equiparate a quelle dei santi48. Linvestimento dei sovrani longobardi nei rituali funerari e di commemorazione non sembra pertanto consistere nella composizione del corredo, ma piuttosto nellerezione di un monumento sepolcrale dotato di epigrafe. La capitale divenne infatti tra VII e VIII secolo il principale centro di produzione epigraco del regno: le epigra pavesi, nelle quali generalmente posto in risalto il ruolo sociale del defunto, comprendono sovrani, vescovi e aristocratici laici gravitanti intorno al palatium regio, mostrando dunque come la ripresa della prassi di dotare la sepoltura di epigrafe in et longobarda sia stata promossa in primo luogo dalla monarchia. Labbondanza di epigra funerarie nella capitale contrasta daltronde con la grande scarsit a Pavia di sepolture di VI-VII secolo dotate di corredi funerari, bench tale fenomeno possa essere addebitato anche alla perdita delle straticazioni altomedievali
48Sulla trasmissione della memoria della regalit longobarda W. Pohl, Memory, identity and power in Lombard Italy, in The Uses of the Past in the Early Middle Ages, a cura di Y. Hen, M. Innes, Cambridge U.P., Cambridge 2000, pp. 9-28; sulla regina Gundiperga Krger, Knigsgrabkirchen cit., pp. 373-82; sulla pratica di afdare i monasteri regi alle regine, C. La Rocca, Monachesimo femminile e poteri delle regine tra VIII e IX secolo, in Il monachesimo italiano dallet longobarda allet ottoniana (secc. VIII-X), Atti del VII convegno di studi storici sullItalia benedettina (Nonantola, 10-13 settembre 2003), Centro Storico Benedettino Italiano, Cesena 2006, pp. 119-43; Ead., La reine et ses liens avec les monastres dans le royaume dItalie, in La royaut et les lites dans lEurope carolingienne (dbut IXe sicle aux environs de 920), a cura di R. Le Jan, C.H.E.N.O., Lille 1998, pp. 269-84; Ead., Les cadeaux nuptiaux de la famille royale en Italie, in Dots et douaires dans le Haut Moyen ge, a cura di F. Bougard, L. Feller, R. Le Jan, cole Franaise de Rome, Roma 2002, pp. 499-526.

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a causa della occupazione continua del sito. Come ha evidenziato Guy Halsall per larea di Metz in et merovingia, anche a Pavia la competizione sociale della monarchia e dellaristocrazia in ambito funerario si manifestava attraverso ledicazione di edici religiosi e lallestimento di epitaf sepolcrali, e non mediante lostentazione di corredi durante i funerali. I dati relativi alle sepolture regie longobarde confermano inoltre che la gerarchia ecclesiastica non gioc un ruolo attivo nellabbandono della pratica del corredo: il passo di Paolo Diacono relativo alla profanazione della tomba di Rotari proprio perch caratterizzato da patterns narrativi di tipo chiaramente agiograco mostrerebbe come il corredo funerario fosse utilizzato verso la met del VII secolo anche in sepolture in chiese cristiane. Lautore, inoltre, evidenziando la specicit regia della sepoltura di Rotari, non pone laccento della narrazione sulla composizione del corredo funerario, che non viene nemmeno descritto, ma evidenzia piuttosto la protezione del santo nei confronti del re per aver scelto una chiesa in suo onore come sepoltura49. Le caratteristiche salienti dei riti funerari regi longobardi fondazione di enti ecclesiastici sepolcrali, investimento nellallestimento del monumento funerario, perpetuazione delle memoria attraverso epitaf e donazioni destinate alla celebrazioni di liturgie memoriali, ruolo della componente femminile del nucleo parentale nella gestione dei riti funerari furono riprese e sviluppate nei secoli IX e X dalle dinastie carolingia e ottoniana con alcuni signicativi mutamenti. Le pratiche funerarie dei sovrani franchi furono infatti caratterizzate da una grande dispersione nel territorio dellimpero, e oscillarono tra
49Sulle epigra longobarde pavesi Majocchi, Pavia citt regia cit., pp. 32-4; F. De Rubeis, La tradizione epigraca in Paolo Diacono, in Paolo Diacono cit., pp. 139-62, in particolare pp. 147-50, citazione da p. 147; Ead., Le iscrizioni dei re longobardi, in Poesia dellalto medioevo europeo: manoscritti, lingua e musica dei ritmi latini, Atti delle conferenze (Arezzo, 6-7 novembre 1998, Ravello, 9-12 settembre 1999), a cura di F. Stella, SISMEL, Firenze 2000, pp. 223-40; sulle sepolture con corredo a Pavia A. Peroni, Orecerie e metalli lavorati tardoantichi e altomedievali del territorio di Pavia. Catalogo, C.I.S.A.M., Spoleto 1967; sullassenza di corredi funerari nei centri urbani G. Halsall, Towns, Societies and Ideas: the Notso-strange Case of Late Roman and Early Merovingian Metz, in Towns in Transition. Urban Evolution in Late Antiquity and the Early Middle Ages, a cura di N. Christie, S. T. Loseby, Ashgate, Aldershot 1996, pp. 235-60; i passi citati sono in Paolo Diacono, Storia dei Longobardi cit., II 28 (Alboino), IV 47 (Rotari).

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diverse opzioni: innanzitutto la fondazione di nuovi enti ecclesiastici sepolcrali, come la cappella palatina di Aquisgrana; in secondo luogo la scelta della sepoltura in chiese gi utilizzate da parenti o predecessori, bench in et carolingia (come in quella merovingia) tali enti ecclesiastici non si affermino ancora come mausolei dinastici stabili; inne, la scelta di monasteri regi di grande prestigio e ricchezza, come Reichenau e Lorsch50. Rispetto ai secoli precedenti tale fase appare per caratterizzata da un pi forte investimento economico e materiale volto alla perpetuazione della memoria del sovrano defunto e da una maggiore distinzione rispetto allaristocrazia. Lo strumento principale di commemorazione diventava, per gli imperatori carolingi, quello delle donazioni pro anima, che nel corso del IX secolo infatti conobbero un forte incremento in tutta larea dellimpero: nelle donationes i sovrani concedevano beni e terreni a enti ecclesiastici in cambio della celebrazione di liturgie memoriali per s o per i propri parenti. Gli imperatori franchi in alcuni casi resero esplicita nei loro diplomi imperiali la volont di riposare in eterno in un determinato ente ecclesiastico, sintomo di una sempre pi cosciente programmazione dei rituali funerari: Lotario, ad esempio, nellultimo dei numerosi diplomi concessi al monastero di Prm dichiara di volere esservi sepolto, mentre Carlo il Calvo dispone in pi occasioni e nei minimi particolari la propria sepoltura nella chiesa parigina di St. Denis, lasciando offerte per celebrare ogni anno una cena nellanniversario della propria morte, rito ancora celebrato nel XII secolo. Lanalisi delle numerose donazioni pro anima, concesse dai sovrani agli enti ecclesiastici prescelti per la propria sepoltura o presso i quali riposavano i parenti pi stretti, permette inoltre di ricostruire il progressivo emergere della legittimazione dinastica, rintracciabile nel corso del IX secolo nelle sempre pi numerose donazioni degli imperatori ai diversi enti ecclesiastici che conservavano i corpi dei loro predecessori51.
50Sui dati relativi alle singole sepolture regie carolingie si veda Le sepolture regie cit., sub voce. 51 Sulle donazioni pro anima dei sovrani carolingi Le sepolture regie cit., sub voce; si veda in generale B.H. Rosenwein, Negotiating Space. Power, Restraint and Privileges of Immunity in Early Medieval Europe, Manchester U.P., Manchester 1999; A. Angenendt, Donationes pro anima:

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La conquista franca provoc rilevanti novit nella geograa degli enti ecclesiastici sepolcrali del regno italico: la sede principale delle sepolture regie pass infatti da Pavia a Milano, prediletta da Carlo Magno e citata nel suo testamento, al posto della capitale longobarda, tra le principali sedi episcopali dellimpero. Il monastero milanese di S. Ambrogio, fondato durante la reggenza di Carlo, si propose nel corso del IX secolo come principale mausoleo sepolcrale dei carolingi italici: qui in anni anteriori all835 fu inumato Ugo, fratello infante di Ermengarda, moglie di Lotario, e nella seconda met del secolo vi trov riposo Ludovico II, che mor presso Brescia il 12 agosto 875 e fu per traslato a Milano nella basilica ambrosiana. Le modalit della sepoltura di Ludovico mostrano la centralit attribuita dalla chiesa milanese alle sepolture regie nel contesto del conitto politico relativo alla successione al trono imperiale, che contrapponeva larcivescovo di Milano, partigiano di Carlo il Calvo, a Angelberga e al vescovo di Brescia, sostenitori di Ludovico il Germanico: limperatore fu infatti inizialmente sepolto a Brescia, ma il suo corpo fu insistentemente richiesto dallarcivescovo milanese e inne traslato a Milano52. La monarchia carolingia in Italia mostra inoltre una preferenza per la fondazione di monasteri rispetto allerezione di chiese secolari, caratteristica invece della precedente fase longobarda. In et carolingia, infatti, aument la concorrenza funeraria degli enti monastici, che svilupparono una specializzazione liturgica destinata al culto dei defunti e testimoniata dalla redazione di obituari, libri memoriali e necrologi. In tale fenomeno appare di rilievo il ruolo svolto dalla componente femminile del nucleo parentale imperiale, a cui era afdata la perpetuazione della memoria degli imperatori in due diversi modi. Mentre limperatore era in vita, la prassi
Gift and Countergift in the Early Medieval Liturgy, in The Long Morning of Medieval Europe. New Directions in Early Medieval Studies, eds. J.R. Davis, M. McCormick, Ashgate, Aldershot-Burlington 2008, pp. 131-54. 52 Sul trasferimento della residenza regia a Milano A.A. Settia, Pavia carolingia e postcarolingia, in Storia di Pavia, II, Lalto medioevo, Banca del Monte di Lombardia, Pavia 1987, pp. 69-158, in particolare pp. 70-6; sulla fondazione di S. Ambrogio R. Balzaretti, The monastery of SantAmbrogio and dispute settlement in early medieval Milan, in Early Medieval Europe, 3, 1994, pp. 1-18; sulle sepolture dei carolingi italici si veda Le sepolture regie cit., sub voce; sulla sepoltura di Ludovico II Nelson, Carolingian royal funerals cit., pp. 160-1.

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del ramo carolingio italico prevedeva lafdamento alle imperatrici di enti monastici regi, come quello pavese di S. Felice, che tra IX e X secolo fu signicativamente denominato monasterium regine, o quello di S. Salvatore di Brescia, fondato dagli ultimi sovrani longobardi, Desiderio e Ansa, che secondo Giampietro Brogiolo vi avrebbero voluto istituire il loro mausoleo sepolcrale: a partire dalla reggenza di Ludovico il Pio sino allinizio del X secolo il monastero bresciano fu afdato con continuit a imperatrici o principesse, per le quali fu creata la nuova carica di rectrix, come attestano il Liber memorialis di S. Salvatore, con i nomi delle rettrici e degli imperatori che avevano donato beni al cenobio, e anche numerosi diplomi imperiali. Una volta vedove, invece, le imperatrici fondavano monasteri destinati ad accogliere la propria sepoltura e a fungere da mausolei memoriali degli imperatori, come mostrano i casi di S. Alessandro, fondato a Parma nell835 da Cunegonda, moglie di Pipino, e di S. Sisto, fondato a Piacenza nella seconda met del IX secolo da Engelberga, la quale istitu una serie di lasciti per celebrazioni liturgiche pro anima e per elemosine da distribuire in occasione dellanniversario della morte di Ludovico II53. Nella prima met del X secolo le sepolture dei sovrani italici conobbero una grande dispersione a causa delle contingenze politiche e militari: imperatori come Berengario del Friuli e Guido di Spoleto furono sepolti nelle rispettive aree di provenienza e non a Pavia o Milano, mentre Ludovico di Provenza, Rodolfo di Borgogna e Ugo di Provenza morirono fuori dai conni del regnum. I sovrani post-carolingi furono inoltre vit53 Sui monasteri regi pavesi e i loro rapporti con la corte Majocchi, Pavia citt regia cit., pp. 44-56; Settia, Pavia carolingia cit., pp. 78-84; sul monachesimo carolingio in Italia M. De Jong, P. Erhart, Monachesimo tra i Longobardi e i Carolingi, in Il futuro dei Longobardi cit., pp. 105-28; sul ruolo dei monasteri nelle pratiche funerarie di et carolingia Treffort, Lglise carolingienne cit., pp. 172-84; Nelson, Carolingian royal funerals cit., pp. 161-9; sulla pratica carolingia di afdare i monasteri regi alle regine La Rocca, Monachesimo cit.; S. Maclean, Queenship, Nunneries and Royal Widowhood in Carolingian Europe, in Past & Present, 178, 2003, pp. 3-38; sul monastero di S. Salvatore G.P. Brogiolo, Desiderio e Ansa a Brescia: dalla fondazione del monastero al mito, in Il futuro dei Longobardi cit., pp. 143-56; La Rocca, La reine et ses liens cit., pp. 279-81; sul libro memoriale di S. Salvatore H. Becher, Das Knigliche Frauenkloster S. Salvatore / S. Giulia in Brescia in Spiegel seiner Memorialberlieferung, in Frhmittelalterliche Studien, 17, 1983, pp. 299-392; La Rocca, Les cadeaux cit., p. 522.

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time della damnatio memoriae sviluppata dalla successiva storiograa ottoniana, il cui ne era di screditare i successori dei carolingi e legittimare invece i nuovi re di Sassonia. Un caso esemplare offerto da Liutprando da Cremona, unico autore in Italia settentrionale nel X secolo di unopera storiograca relativa al regno italico e fedele consigliere di Ottone I, il quale non menziona mai il luogo di sepoltura dei re italici, suggerendo con tale omissione la volont ottoniana di delegittimare i loro immediati predecessori. Tale fase vede inne una forte continuit della consuetudine carolingia di afdare la conduzione dei principali monasteri regi a componenti femminili del nucleo famigliare: le regine, una volta vedove, continuarono a perpetuare la memoria del marito attraverso lasciti e donazioni a enti ecclesiastici, come emerge dal testamento di Ageltrude, moglie di Guido di Spoleto, la quale destin parte dei suoi beni alla chiesa cattedrale di Parma, dove riposava il marito, al ne di commemorare con funzioni liturgiche e distribuzioni di elemosine limperatore defunto54. La prassi funeraria della dinastia di Sassonia, nella seconda met del X secolo, appare ricalcare le politiche dei predecessori carolingi, sia nella fondazione da parte dei sovrani maschi di mausolei sepolcrali, come Magdeburgo o Quedlinburg, sia nella fondazione e nella gestione di monasteri femminili da parte delle imperatrici. La duratura affermazione della dinastia ai vertici dei regni tedesco e italico permise inoltre agli Ottoni di accentuare il carattere di legittimazione dinastica dei rituali funerari imperiali: in et ottoniana si moltiplicano infatti le donazioni imperiali pro anima agli enti ecclesiastici che custodivano le sepolture di antenati dinastici, la cui memoria legata alle sepolture fu utilizzata dai successori per legittimare la dinastia sassone55.
54 Sulle sepolture regie dei sovrani del X secolo Le sepolture regie cit., sub voce; sul testamento di Ageltrude e le regine nel X secolo La Rocca, Les cadeaux cit., pp. 519-24; sulle nalit politiche dellopera di Liutprando da Cremona Ead., Liutprando da Cremona e il paradigma femminile di dissoluzione dei Carolingi, in Agire da donna. Modelli e pratiche di rappresentazione (secoli VI-X), a cura di C. La Rocca, Brepols, Turnhout 2007, pp. 291-308. 55 Sui dati relativi alle sepolture regie ottoniane si veda Le sepolture regie cit., sub voce; sul ruolo delle regine in tale fase P. Stafford, Queens, Concubines and Dowagers. The Kings Wife in the Early Middle Ages, Leicester U.P., London and Washington 1998, pp. 134-42.

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In tale ottica gli Ottoni elaborarono per primi un duraturo e articolato recupero della memoria di Carlo Magno, il fondatore del nuovo impero occidentale, il quale non era invece stato oggetto di particolari attenzioni da parte dei suoi immediati successori: solo Lotario nel IX secolo aveva fatto alcune donazioni, pro anima del nonno Carlo, alla cappella palatina di Aquisgrana, che nella seconda met del secolo fu saccheggiata dai vichinghi cadendo successivamente in stato di abbandono. Lanalisi dei diplomi imperiali di et ottoniana mostra invece una crescente devozione per la sepoltura di Carlo: se Ottone I fece restaurare il palazzo di Aquisgrana e don nuovi beni alla cappella palatina, Ottone III nel corso della sua reggenza le rilasci vari diplomi e, dopo la sua morte avvenuta in Italia, vi venne traslato e seppellito, per simboleggiare attraverso la prossimit alle sepolture imperiali la legittima continuit tra limpero carolingio e quello ottoniano. Il pianicato recupero operato da Ottone III della memoria di Carlo inne testimoniato dallapertura, nel passaggio tra X e XI secolo, della sua arca marmorea posta in terra sotto il pavimento della cappella palatina, nella quale sarebbero stati rinvenuti, in base alla testimonianza dellunica fonte coeva, Thietmaro di Mersburg, ricche vesti, una croce aurea e altri oggetti non meglio specicati. Il signicato simbolico e materiale dellappropriazione da parte di Ottone degli insignia imperialia per eccellenza, ovvero il corredo funerario di Carlo Magno, confermato dalla versione dei fatti fornita dalle altre due fonti dellXI secolo che riportano lepisodio, ovvero Ademaro di Chabannes e la cronaca della Novalesa: limperatore sarebbe stato infatti trovato, adorno di tutti gli emblemi imperiali, seduto su un trono e, nonostante il suo noto analfabetismo, intento a leggere la bibbia. Il nuovo impero tedesco vide dunque nella restaurazione imperiale di Carlo Magno levento fondante dellordine vigente: le successive dinastie di Franconia e Svevia proseguirono infatti la ripresa ottoniana della memoria del primo imperatore carolingio, culminata nella beaticazione di Carlo Magno promossa da Federico I di Svevia nella seconda met del XII secolo56.
56 Sulla tomba di Carlo a Aquisgrana: Nelson, Carolingian royal funerals cit., pp. 170-1; J.P. Caillet, Que sait-on aujourdhui du tombeau de Charlemagne Aix?, in La mort du souverain entre Antiquit et haut Moyen Age, a cura di B. Boissavit-Camus, F. Chausson, H. Inglebert,

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6. Conclusioni Il modello etnico-sociale di interpretazione dei corredi funerari barbarici non appare dunque utile alla spiegazione delle trasformazioni dei rituali funebri in Europa occidentale tra tardoantico e alto medioevo: in tale periodo lidentit etnica non si manifestava attraverso il possesso di particolari oggetti, n le trasformazioni nella cultura materiale documentate archeologicamente coincidono con le invasioni descritte dalle fonte scritte; e ancora la deposizione di particolari categorie di oggetti nella sepoltura non pu essere interpretata come indicatore automatico della classe sociale, dato che gli oggetti che costituiscono il corredo funerario sono assemblati per il funerale dal gruppo parentale e non appartengono necessariamente al defunto. Tale modello interpretativo mostra i suoi limiti in modo particolare nellidenticazione delle sepolture considerate regie in quanto caratterizzate da corredi funerari eccezionalmente ricchi, poich se da un lato le fonti narrative mostrano una sostanziale continuit della prassi funeraria imperiale romana nelle monarchie post-romane dellEuropa occidentale, dallaltro la composizione di tali corredi non appare un indicatore automatico dello status regio, ma pu essere spiegato in relazione al contesto politico e sociale della celebrazione dei funerali: le scoperte di sepolture
Picard, Paris 2003, pp. 183-91; A. Dierkens, Quelques rexions sur la prsentation des sarcophages dans les gliese du haut Moyen ge, in Inhumations de prestige cit., pp. 265-302, in particolare pp. 279-87; Id., Autour de la tombe de Charlemagne. Considrations sur les spoltures et les funrailles des souverains carolingiens et des membres de leur famille, in Le souverain Bysance et en Occident du VIIIe au Xe sicle, a cura di A. Dierkens, J.M. Sansterre, in Byzantion, 61, 1991, pp. 156-80; sulle donazioni ottoniane ad Aquisgrana si veda Le sepolture regie cit., s.v. Ottone I, Ottone III; sullapertura della tomba di Carlo, le fonti sono Thietmari Chronicon, a cura di R. Holtzmann, Weidmannsche Buchhandlung, Berlin 1935 (Monumenta Germaniae Historica, Scriptores rerum Germanicarum nova series IX), IV 47, pp. 184-6; Cronaca di Novalesa, a cura di G.C. Alessio, Einaudi, Torino 1982, III 32, p. 182; Ademari Cabannensis Chronicon, a cura di P. Bourgain, Brepols, Turnhout 1999 (Corpus Christianorum, Continuatio Medievalis 129), II 25, III 30; si veda K. Grich, Otto III. ffnet das Karlgrab in Aachen. berlegungen zur Heiligenverehrung, Heiligsprechung und Traditionsbildung, in Herrschaftreprsentation im Ottonischen Sachsen, a cura di G. Althoff, E. Schubert, Thorbecke, Sigmaringen 1998, pp. 381-430; James, Royal Burials cit., pp. 244-5; sulla memoria e il culto di Carlo R. Folz, Le souvenir et la legende de Charlemagne dans lempire germanique medieval, Les Belles Lettres, Paris 1950.

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regie rappresentano daltronde dei casi eccezionali e appaiono generalmente motivate da precise istanze politiche e ideologiche contingenti. Lanalisi dei dati archeologici e storiograci relativi alle pratiche di commemorazione dei sovrani del regno italico nellalto medioevo conferma tale quadro: se da un lato lItalia caratterizzata dallassenza di dati archeologici diretti, dato che nessuna sepoltura regia altomedievale stata conservata sino ai nostri tempi, dallaltro le fonti scritte, sempre pi abbondanti a partire dallVIII secolo, pongono laccento non tanto sulla celebrazione dei funerali e la composizione di eventuali corredi funerari, ma piuttosto sullinvestimento materiale ed economico, a ni di perpetuazione della memoria del defunto, attraverso la fondazione di enti ecclesiastici e lallestimento di monumenti sepolcrali dotati di epigra. La prassi funeraria delle diverse monarchie succedutesi in Italia centro-settentrionale tra il VI e il X secolo muta per nei suoi caratteri in relazione alle contingenze politiche e alle trasformazioni del contesto culturale e socio-economico: se le sepolture dei re goti e longobardi del VI secolo sembrano indicare la continuit della pratica imperiale militare tardoantica, a partire dal VII secolo i sovrani longobardi ripresero con continuit il modello sepolcrale costantiniano, utilizzato sin dal secolo precedente dalla dinastia merovingia nel regno franco. Le caratteristiche salienti dei riti funerari regi longobardi fondazione di enti ecclesiastici sepolcrali, investimento nellallestimento del monumento funerario, perpetuazione delle memoria attraverso epitaf e donazioni destinate alla celebrazioni di liturgie memoriali, ruolo della componente femminile del nucleo parentale nella gestione dei riti funerari furono riprese e sviluppate nei secoli IX e X dalle dinastie carolingia e ottoniana con alcuni signicativi mutamenti, come il forte incremento da parte della monarchia dellinvestimento economico e materiale volto alla perpetuazione della memoria del sovrano defunto attraverso le donazioni pro anima e la fondazione di monasteri femminili memoriali. Tra X e XI secolo la pratica funeraria della dinastia ottoniana assunse dunque alcune caratteristiche salienti, che costituiranno nei secoli successivi il modello funerario imperiale e regio adottato dalle monarchie europee bassomedievali: se da un lato la programmazione della

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sepoltura mediante le donazioni a enti ecclesiastici e la commemorazione del defunto con monumenti funebri e liturgie memoriali costituiscono la prosecuzione della prassi funeraria carolingia, dallaltro il consolidamento della legittimit dinastica con donazioni alle chiese sepolcrali degli antenati, luso ideologico delle sepolture regie dei predecessori, e inne limbalsamazione del corpo del sovrano defunto, rappresentano invece delle innovazioni ottoniane. Ottone I fu infatti il primo sovrano il cui corpo fu imbalsamato e sepolto nel luogo designato, a Magdeburgo, mentre le sue interiora furono sepolte nel monastero di Memleben, dove limperatore era morto; le vicende legate alla sepoltura di Ottone III, che mor in Italia, costrinsero invece lentourage imperiale a imbalsamare il corpo dellimperatore per poterlo trasportare al di l delle Alpi per seppellirlo a Aquisgrana, vicino al sepolcro di Carlo: anche in questo caso le interiora furono deposte altrove, a Augusta. Tali precedenti divennero nei secoli successivi un elemento distintivo dei riti funerari imperiali, evidenziandone la crescente aura di sacralit religiosa: la prassi dello smembramento del corpo appare infatti ricalcata sulle pratiche funerarie tardoantiche e altomedievali riservate ai santi, i cui corpi erano imbalsamati o smembrati in diversi pezzi in quanto reliquie. La doppia sepoltura di corpo e viscere fu successivamente utilizzata dalla dinastia imperiale francone, che fond il proprio mausoleo nella cattedrale di Spira, destinata a custodire i corpi degli imperatori, mentre le interiora venivano sepolte nelle localit presso le quali morivano. La pratica poi si diffuse nel corso del XII secolo presso le altre monarchie europee, come testimoniano i casi di Baldovino I re di Gerusalemme, di Enrico I di Inghilterra e dei sovrani normanni dellItalia meridionale, per essere inne adottata nel XIII secolo anche dai sovrani francesi e dai papi57.
57 Sui modelli funerari dellimpero e delle monarchie bassomedievali tra XI e XIII secolo E. Hallam, Royal burial and the cult of kingship in France and England, 1060-1330, in Journal of Medieval History, 8, 1982, pp. 359-80; Erlande-Brandeburg, Le roi est mort cit., pp. 38-46; P. Metcalf, R. Huntington, Celebrations of Death. The Anthropology of Mortual Ritual, Cambridge U.P., Cambridge 1991, pp. 168-81; per i secoli XIVXV si veda T. Meier, Die archologie des mittelalterlichen Knigsgrabes im christlichen Europa, Mittelalter Forschungen 8, Thorbecke, Stuttgart 2002; R.J. Meyer, Knigs- und Kaiserbegrbnisse im Sptmittelalter. Von

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Va inne evidenziato come alcuni aspetti dei rituali funerari regi bassomedievali compaiano nel modello funerario imperiale solo a partire dallXI secolo, e non costituiscano pertanto una caratteristica della regalit altomedievale: larticolazione dei funerali regi in una serie di fasi standardizzate e nalizzate alla sacralizzazione del potere regio e allostentazione di ricchezza (preparazione del corpo e vestizione con stoffe preziose, esposizione del defunto a volto scoperto, corteo funebre con insegne regie, celebrazioni liturgiche nella chiesa sepolcrale, deposizione nella tomba, banchetto funebre), bench ricalchi pedissequamente le diverse fasi del funerale di Costantino descritto nel IV secolo da Eusebio di Cesarea, inizia a essere nuovamente attestata nelle fonti narrative nella seconda met del X secolo per i funerali dei re di Francia e nel successivo per le esequie degli imperatori della dinastia francone, rivelando probabilmente un sempre maggiore investimento da parte della monarchia nellostentazione del proprio status e delle proprie prerogative nei rituali funerari. Nellalto medioevo infatti le fonti non descrivono mai i funerali dei re longobardi e franchi: le uniche testimonianze a nostra disposizione, relative ai funerali di Carlo Magno e Carlo il Calvo nel IX secolo, rivelano lassenza di un cerimoniale funerario e liturgico regio consolidato, che verr invece sviluppato e denitivamente standardizzato dalle monarchie bassomedievali solo a partire dai secoli XIII e XIV58.

Rudolf von Habsburg bis zu Friedrich III, Forschungen zur Kaiser- und Papstgeschichte des Mittelalters 19, Bohlau, Kln-Weimar-Wien 2000; E.A.R. Brown, The Cerimonial of Royal Succession in Capetian France, in Speculum, 55, 1980, pp. 266-93; R.E. Giesey, The Royal Funeral Ceremony in Renaissance France, Droz, Geneva 1960; J. Engels, Funerum sepolchrorumque magnicentia. Begrbnis und Grabluxusgesetze in der Grieschisch-Rmischen Welt mit einigen Ausblicken auf Einschrnkungen des Funeralen und Sepolkralen Luxus im Mittelalter und in der Neuzeit, Steiner, Stuttgart 1998, pp. 211-27; sulla prassi regia dellimbalsamazione G. Ricci, Il principe e la morte, il Mulino, Bologna 1998, pp. 87-118; Hallam, Royal burial cit., pp. 363-6. 58Sui funerali di Costantino Eusebio di Cesarea, Sulla vita di Costantino, a cura di L. Tartaglia, DAuria, Napoli 2001, IV, pp. 64-71; sullassenza di un cerimoniale funerario regio stabile in et carolingia Nelson, Carolingian royal funerals cit.; A. Dierkens, Les funrailles royales carolingiennes, in La sacralisation du pouvoir. Images et mise en scne, a cura di A. Dierkens, J. Marx, Universit de Bruxelles, Bruxelles 2003, pp. 45-58; sullarticolazione dei funerali regi in Europa nel basso medioevo Meier, Die Archologie cit., pp. 345-68; Meyer, Knigs- und Kaiserbegrbnisse

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Anche la prassi di deporre nella sepoltura un corredo funerario comprendente oggetti simbolizzanti il potere regio inizia ad affermarsi tra X e XI secolo: luso ideologico di oggetti distintivi del potere imperiale, e la loro codicazione nella storiograa coeva e nel cerimoniale di corte, fu infatti anchesso una innovazione della dinastia ottoniana, che inizi ad utilizzare oggetti come la sacra lancia, la corona, il globo e lo scettro in alcune cerimonie, a partire dallincoronazione. Non sappiamo se gli Ottoni (e i loro predecessori carolingi e post-carolingi) fossero deposti nelle loro sepolture con oggetti di tale tipo, ma laneddoto dellapertura della tomba di Carlo Magno da parte di Ottone III, riportato da varie fonti, pone fortemente laccento sugli oggetti trovati nella tomba (che cambiano nella varie versioni) e asportati legittimamente da Ottone III per essere utilizzati nei rituali di corte ottoniani. Il possesso degli insignia regalia diverr infatti nei secoli successivi la condizione indispensabile allesercizio del potere imperiale, la cui trasmissione attraverso la designazione dinastica avveniva con la loro consegna materiale. La deposizione di oggetti simbolizzanti i regalia nelle sepolture dei sovrani entr dunque a far parte del modello funerario imperiale solo a partire dallXI secolo, quando gli imperatori della casata di Franconia furono seppelliti nel mausoleo dinastico di Spira con corredi funerari composti da corone, globo, scettro, croci, spade, speroni e anelli. Tale composizione standard dei corredi funerari regi fu successivamente adottata dalla dinastia sveva e, tra XII e XII secolo, inizi a essere attestata con continuit anche presso le monarchie francese e inglese (per le quali non vi sono attestazioni archeologiche precedenti di corredi con regalia), per poi diffondersi nei secoli nali del medioevo in tutti i Paesi del mediterraneo e dellEuropa centrale59.

cit., pp. 198-202, 214-36; sul papato A. Paravicini Bagliani, Il corpo del papa, Einaudi, Torino 1994, pp. 155-69. 59 Sulla pratica del corredo funerario presso le monarchie europee bassomedievali Meier, Die archologie cit., pp. 37-163, pp. 287-344; sulla dinastia francone e sveva P. E. Schramm, F. Mterich, Denkmale der Deutchen Knige und Kaiser. Ein Beitrage zur Herrschergeschichte vom Karl dem Grossen bis Friedrich II, I, 768-1250, Prestel, Mnchen 1962, I, pp. 171-86; Effros, Merovingian Mortuary Archaeology cit., pp. 19-20; sul corredo con regalia nelle sepolture regie francesi Erlande-Brandeburg, Le roi est mort cit., pp. 40-6.

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Tornando al regno italico altomedievale, dunque, possiamo spiegarci perch non furono istituiti mausolei dinastici per la mancata instaurazione di dinastie durature e perch non si svilupp un rituale funerario consolidato per il mutare delle circostanze politiche della morte del re: la menzione del sepolcro regio da parte delle fonti storiograche avviene infatti solitamente in una fase contemporanea o di poco successiva alla morte del sovrano, mentre il tramonto di una dinastia provoca invariabilmente la cancellazione della memoria dei sovrani precedenti, come dimostra il completo oblio nelle fonti carolingie, con la parziale eccezione di Paolo Diacono, delle sepolture regie longobarde e la damnatio memoriae dei sovrani italici post-carolingi nella storiograa ottoniana. I funerali regi svolgevano infatti un ruolo fondamentale nella designazione del successore al trono: secondo Philippe Buc royal funeral are a ritualized crisis. Their ultimate function is the restoration of order: their meaning is to express the continuity of power despite mortality60. La periodica ripresa della memoria di un sovrano di una dinastia precedente appare dunque legata principalmente a ni di legittimazione politica, come mostra la ripresa della memoria di Carlo Magno operata dagli Ottoni: la riscoperta o linvenzione di sepolture regie altomedievali, grazie alla legittimazione ideologica che esse fornivano, divenne infatti una pratica ampiamente diffusa in Italia settentrionale nel basso medioevo. Il moltiplicarsi di attestazioni di sepolture regie altomedievali nelle fonti scritte italiane del basso medioevo rappresenta cos un caso emblematico di invenzione della tradizione: a partire dal secolo XI, con la ne della residenza stabile dei sovrani in Italia, alcune prerogative della capitale del regno, come la dotazione di sepolture regie e la celebrazione delle incoronazioni, divennero parte integrante dellideologia civica elaborata dalle nascenti istituzioni comunali e, pertanto, oggetto di contesa tra le citt. Tale fenomeno emerge chiaramente nelle fonti della
60 Per uninterpretazione sociale dei riti funerari P. Buc, The Dangers of Ritual. Between Early Medieval Texts and Social Scientic Theory, Princeton U.P., Princeton-Oxford 2001, pp. 79-87, cit. da p. 83; R. Hertz, Contribution a une tude sur la reprsentation collective de la mort, in Idem, Sociologie religieuse et folklore, Presses Universitaires de France, Paris 1970, pp. 1-83, pp. 69-83.

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seconda met del XII, quando il lungo regno di Federico di Svevia segn una forte ripresa della memoria della regalit altomedievale al ne di legittimare un potere monarchico e imperiale che molti sudditi erano alquanto restii ad accettare. Il Barbarossa celebr infatti diverse incoronazioni a Pavia, Monza e Milano, ovvero le tre citt lombarde che maggiormente erano dotate di memorie regie altomedievali; a partire proprio dalla seconda met del XII secolo, in esse cresce pure per linteresse verso le chiese fondate da re longobardi e carolingi e, soprattutto, nei confronti delle sepolture in esse conservate. Tra XII e XIII scolo, infatti, in tutta Europa i resti corporei dei sovrani altomedievali iniziarono a essere equiparati alle reliquie dei santi, orgoglio e baluardo spirituale della citt, comparendo per la prima volta negli inventari di reliquie: le rivendicazioni di sepolture regie pertanto si moltiplicarono sensibilmente per i beneci simbolici e pratici che garantivano alla citt e al singolo ente ecclesiastico, concretizzandosi spesso nellallestimento di nuovi monumenti funerari, come nel caso della nuova sistemazione delle sepolture regie nel coro di St. Denis di Parigi61. Laffermazione del potere visconteo sulla Lombardia nel XIV secolo avrebbe segnato un ulteriore fase di ripresa della memoria dei re longobardi e delle loro sepolture per ni di legittimazione politica. I Visconti, che nellabbondante produzione storiograca milanese del Trecento erano proclamati discendenti diretti, e pertanto legittimi eredi, degli ultimi re longobardi, promossero infatti il recupero a Monza della memoria di Teodolinda, che divenne il fulcro della ricostruzione, pianicata e nanziata dai nuovi signori di Milano, della chiesa di S. Giovanni. Il recupero della memoria delle sepolture regie nellItalia settentrionale del basso medioevo fu dunque attuato in diverse fasi e per motivazioni politiche
61Sul concetto di invenzione della tradizione si veda E.J. Hobsbawm, Introduzione: come si inventa una tradizione, in Linvenzione della tradizione, a cura di E.J. Hobsbawm e T. Ranger, Einaudi, Torino 1987, pp. 3-17; sulla ripresa della memoria regia altomedievale nellet del Barbarossa Majocchi, Pavia citt regia cit., pp. 98-115; sulle attestazioni di sepolture regie nelle fonti pavesi di et comunale ivi, pp. 117-50, pp. 233-306; sulla storiograa di tale fase C. Wickham, Lawyers time: history and memory in tenth and eleventh-century Italy, in Id., Land and Power. Studies in Italian and European Social History, 400-1200, British School at Rome, London 1994, pp. 275-94; Id., The sense of the past in Italian Communal narratives, in Id., Land and Power cit., pp. 295-312.

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contingenti: anche le fonti bassomedievali vanno pertanto analizzate in base al contesto storico e politico in cui furono redatte, e le notizie di tombe di sovrani goti, longobardi e carolingi che esse contengono non possono essere considerate come riferimenti immediatamente attendibili alla loro origine altomedievale62.

62Sulle rivendicazioni regie dei Visconti Majocchi, Pavia citt regia cit., pp. 166-80; sul recupero della memoria di Teodolinda a Monza Id., The treasure of Theodelinda cit.

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