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Cos Berlusconi smascherer i giudici


L'ex premier spiegher agli italiani tutte le falle del processo Mediaset e l'assurdit della condanna: ecco cosa dir
Paolo Guzzanti - Gio, 22/08/2013 - 10:00 commenta Che dir agli italiani Silvio Berlusconi all'inizio di settembre? Tutti si arrovellano, molti si chiedono, altri ipotizzano e quanto a me, ho formato il numero di telefono di Arcore e ho avuto fortuna: mi ha risposto dopo un paio di minuti. Quella che segue non un'intervista, ma quel che resta di una conversazione durata otto minuti e 43 secondi, tanti quanti ne ha contati il mio cellulare. Che cosa far dunque l'ex presidente del Consiglio? Se ho capito bene, sta preparando una vera lezione di storia.

Certo, sar la sua storia, ma nessuno pu negare che la sua storia coincida con una parte della storia collettiva del nostro Paese. Berlusconi traccer dunque la storia del suo processo e spiegher ci che a suo parere documenta la sua innocenza e l'ingiustizia subta. Spiegher che cosa avrebbero potuto dire i testimoni che la sua difesa aveva chiesto di udire, ma che sono stati rifiutati dalla Corte. Sosterr l'assurdit di una condanna penale per un reato fiscale su una vicenda ancora aperta in sede di ricorso per dire ai suoi ascoltatori ed elettori (prima o poi, si dovr pur andare a votare) di essere stato vittima di un'antica e ben oliata trappola giudiziaria per farlo fuori. Mi ha per particolarmente colpito quel che Berlusconi ha detto a proposito della magistratura. La sua tesi che il problema non tanto quello di un'entit astratta (potere? ordine?) come la

magistratura, ma di quella specifica parte dei magistrati che fa capo alla corrente politica chiamata Magistratura democratica. Cos, mentre ascoltavo mi venuto un flash: rivedevo me stesso negli anni Sessanta e Settanta, quando ero psiuppino (da Psiup, Partito socialista di unit proletaria) cio parecchio pi a sinistra del Pci, e cominciai a seguire le vicende e le parole dei primi magistrati di sinistra - chi ricorda pi i pretori d'assalto? - i loro congressi, le pubblicazioni, i dibattiti. Non ne mancavo uno e li trovavo straordinari: vi si diceva, su una vasta scala di tonalit, che in Italia c' un deficit di democrazia che sarebbe stato colmato soltanto quando la sinistra, allora comunista, sarebbe andata al potere. I magistrati di quella corrente che divent Emmed (Magistratura democratica, appunto) non facevano mistero della loro missione politica mentre indossavano la toga e dicevano tutti pi o meno cos: Noi, in quanto operatori della giustizia, dobbiamo fare tutto quanto in nostro potere per bloccare qualsiasi persona o partito che possa ostacolare l'avanzata della sinistra. A me, allora che avevo quarant'anni meno di oggi, sembravano propositi meravigliosi, rivoluzionari e in linea con la nostra linea di allora. Non ce ne fregava assolutamente niente - politicamente parlando - di che cosa fosse vero e che cosa fosse falso, di chi fosse buono e di chi fosse cattivo, purch la linea andasse avanti. Eravamo tutti, allora, sdraiati sulla linea. Non avevamo, noi giovani rivoluzionari e i giovani magistrati di allora, nulla di liberale: la parola libert la trovavamo utile per le lapidi e le canzoni partigiane che cantavamo a squarciagola, perch venivamo da una scuola di pensiero - comune a tutti i comunisti, ma anche a tutti i fascisti e nazionalsocialisti del secolo scorso - secondo cui l'unica cosa che importa la presa del potere, possibilmente per vie legali e democratiche (ma senza rinunciare ad altre opzioni che la Storia nella sua generosit pu metterti a disposizione) sapendo che questa presa del potere, come ogni parto difficile, ha bisogno di bravi ginecologi, talvolta del forcipe e anche della lama del bisturi. La rivoluzione non un pranzo di gala disse Lenin a Bertrand Russell orripilato per le esecuzioni di massa a Mosca, e neanche la giustizia deve essere tanto ossessionata dalle buone maniere, o semplicemente dall'idea borghese del giudice terzo, indipendente, sereno, che appende con il cappotto anche le sue idee sull'attaccapanni. Qualcosa di analogo avveniva in psichiatria. Ero molto amico di Franco Basaglia, padre della psichiatria democratica, che quando era a Roma veniva spesso a prendere un caff da me. Basaglia mi spiegava con entusiasmo rivoluzionario che non esiste la malattia mentale, ma soltanto la malattia generata dalla classe borghese che con le sue contraddizioni e violenze crea la malattia, schizofrenia e paranoia. Dunque, mi diceva, il disturbo andava trattato come una questione politica: Non si tratta soltanto di chiudere i manicomi - chiariva - ma di far esplodere il nucleo sorgente della borghesia stessa, ovvero la famiglia borghese. Ne segu una legge di riforma psichiatrica che ha seguito quelle direttive: i manicomi sono stati chiusi, ma la sofferenza psichiatrica stata spostata sulla famiglia incriminata con il bel risultato di far accatastare negli anni pi di diecimila morti per violenze psichiatriche, come document l'indimenticato psicanalista liberale e libertario Luigi De Marchi in un convegno che promovemmo insieme in Senato anni orsono. sintomatico come due cardini regolatori della stabilit sociale come la psichiatria e la giustizia siano stati mossi dallo stesso impulso ideologico e negli stessi anni. E che da allora seguitino a diffondere le conseguenze di quella distorsione ideologica.

Ma torniamo alla chiacchierata con Berlusconi. Quando mi ha riportato alla memoria storica di Emmed per averne letto - mi ha detto - centinaia di documenti antichi e recentissimi - mi sono suonati parecchi campanelli. Ho ricordato che quando io stesso mi sentivo dalla loro parte mi rendevo conto che non avessero come primo scopo l'esercizio di una giustizia indipendente, tale da garantire ogni cittadino a prescindere dalle sue idee. Volevano, al contrario, garantire la vittoria di chi stava sul carro della presa del potere e procurare la sconfitta di chiunque fossa dalla parte opposta e ostacolasse la sinistra. La fedina penale di Berlusconi divent subito nerissima appena sfid la gioiosa macchina da guerra di Achille Occhetto e la ridusse in frantumi. Partirono subito raffiche di avvisi di garanzia che mi ricordavano i killer di Al Capone che, quando andavano a far fuori qualcuno, prima di tirare il grilletto ci tenevano a precisare: Nothing personal: it's just business. Nulla di personale, solo una questione di affari, e facevano fuoco. Anche con Berlusconi, e non soltanto con lui molti magistrati sembrano comportarsi come se fossero animati da quell'antico modo di intendere la giustizia. E cos quando il Cavaliere mi ha detto che si era messo a studiare i dossier di tutte le dichiarazioni politiche dei magistrati di Emmed raccolte negli ultimi anni, ho capito perfettamente a che cosa si riferiva. Spesso si leggono delle espressioni sarcastiche sulla questione delle toghe rosse, come se si trattasse di una tipica panzana berlusconiana, del tutto inventata. Penso che siano sarcasmi difensivi. Penso anche - calendario e fatti alla mano - che la magistratura avesse fin dal 1980, almeno, tutti gli elementi per scatenare una campagna moralizzatrice sulle ruberie della politica, sulla commistione tra affari e politica, come io documentai con la storica e fortunata intervista a Franco Evangelisti passata alla storia delle cronache come A' Fra' che te serve. La risposta della magistratura fu il silenzio di tomba. Il sistema di approvvigionamento dei partiti, Pci in testa, andava allora benissimo anche a quella parte della magistratura democratica che soltanto quando part la parola d'ordine di decapitare la prima Repubblica, scatt gridando allo scandalo, alla necessit di fare pulizia, di castigare e demolire. Prima, neanche un fiato. L'operazione Mani pulite annunci con le trombe e i tamburi la scoperta dell'acqua calda, annunciando che i partiti prendevano il pizzo dagli imprenditori e il Pci, in barba al codice penale e alla Costituzione, lo prendeva dall'Urss. Anzi, il reato commesso dal Pci, che importava capitali in nero su cui non pagava una lira di tasse - a proposito di evasione fiscale! - veniva usato come alibi: poich i comunisti prendono soldi dai russi, noi per pareggiare il conto li andiamo a prelevare dalle tasche degli imprenditori. La magistratura inquirente us senza risparmio la detenzione preventiva come forma di tortura che condusse molti al suicidio (penso a Gabriele Cagliari che si ficca in testa un sacchetto di plastica e muore in cella e a Raul Gardini che si ficca una pallottola nella tempia dopo essersi fatto una lunga doccia purificatrice) e tutte le suggestioni mediatiche che indussero gli italiani a credere davvero che la corruzione a favore dei partiti fosse nata con il Psi di Craxi e con la Dc di Andreotti e Forlani. Mentre la memoria mi riportava a quei vecchi fatti - ma come mai il libro The Italian Guillotine di Peter Burnett e Luca Mantovano non stato mai tradotto in italiano? - Berlusconi sosteneva che veramente un caso straordinario in Italia che un uomo sia condannato a una pena detentiva per una supposta evasione fiscale per una cifra ancora sottoposta a vari ricorsi. E riflettevo: vero. Ditemi voi, dica qualcuno pi informato di me, quanti imprenditori, evasori, uomini politici e no, sono finiti in galera per evasione. La memoria non mi soccorre. La Guardia di

finanza ha appena accertato che 5mila evasori totali, ora identificati, hanno sottratto al fisco ben 17 miliardi di euro a spese dei contribuenti onesti. Non ricordo di aver letto che una processione di cellulari li abbia trasferiti in galera. Eppure, 17 miliardi sottratti sono pi del doppio dei miliardi di ricchezza che le aziende di Berlusconi hanno versato nelle casse dello Stato. Ma Berlusconi stato condannato alla galera per una supposta evasione dell'1,2 per cento delle sue imposte. Bah, sar tutto vero, ma non c' qualcosa che non quadra? Per la cronaca, Berlusconi mi ha confermato che non chieder la grazia, non chieder i servizi sociali, non chieder i domiciliari, non chieder nulla: c' in ballo un enorme problema politico e a quello deve pensare chi ha gli strumenti per farlo, dice. Penso alluda al presidente della Repubblica, ma non l'ha detto. Ci siamo salutati e mi sembrava tutt'altro che depresso e rassegnato.

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