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14 febbraio 2014

ATTUaLIT
No allaccanimento, no allabbandono, no alleutanasia

Vita Nuova

Convegno ad Udine a cinque anni dalla morte di Eluana Englaro

Non dimenticare la morte di Eluana per costruire la cultura della vita


abato 8 febbraio, nel Salone del Consiglio provinciale di Udine si tenuto un convegno per fare memoria del quinto anniversario della morte di Eluana Englaro. Hanno portato la loro testimonianza il Presidente della Provincia Pietro Fontanini, Gian Luigi Gigli, padre Cristiano Cavedon ex priore della Basilica delle Grazie, Claudio Simeoni direttore sanitario Villa san Giusto di Gorizia, Giancarlo Pivetta presidente dellAssociazione Amici di Ale, Paolo Pascoli dellassociazione Amici dei traumatizzati cronici e don Alessio Geretti delegato episcopale per la cultura dellArcidiocesi di Udine. In apertura stato letto il messaggio di saluto, di vicinanza e di appoggio alliniziativa da parte dellArcivescovo mons. Andrea Bruno Mazzocato. Lon.le Gian Luigi Gligli ha detto che necessario interrogarci, alla luce di nuove scoperte della scienza, su chi sono le persone che si trovano in stato vegetativo, perch non si tratta di malati terminali, ma in molti casi di una situazione di disabilit stabilizzata. In questa societ dellefficienza, quale spazio siamo disposti a concedere a persone che non producono, che non possono esprimere i loro bisogni, ma tuttavia fanno parte del consesso umano? Da questa risposta dipende il livello di civilt della nostra convivenza. Gigli ha proposto di ripartire da un triplice no: no allaccanimento terapeutico nei casi in cui la morte si produce naturalmente, no

Da sinistra: Pivetta, Gigli, Fontanini, Cavedon, Geretti.

allabbandono terapeutico lasciando sole le persone e le famiglie, no alleutanasia che in nome dellautodeterminazione prevede la possibilit di somministrarla anche ai bambini. Il medico Claudio Simeoni, Giancarlo Pivetta e Paolo Pascoli hanno portato la loro viva testimonianza

su come con questi pazienti sia possibile una vita di relazione che arricchisce chi li accudisce, pur nella fatica. Gigli ha anche ricordato laccordo Stato-Regioni del 2011 che definisce e qualifica i livelli di assistenza alle persone affette da disabilit gravissima e stabile e delibera un

percorso preciso che unisce alle cure appropriate anche una continuit della cura. Padre Cristiano Cavedon ha ricordato la sua esperienza di priore della Basilica delle Grazie, che si trova a pochi metri dalla Casa di Cura La Quiete dove era stata trasportata Eluana. Alle Grazie egli aveva orga-

nizzato incontri continui di preghiera e di vicinanza spirituale. Don Alessio Geretti ha portato il sostegno della Chiesa di Udine a quanti si trovano in stato di grave disabilit. Ha affermato che la Chiesa ha il diritto e il dovere di esprimere le proprie riflessioni senza esitazioni e senza equivoci in una stagione in cui un malinteso senso di democrazia e unimpoverita idea di laicit generano contraddizioni gigantesche sulla morte. Solo lesercizio corretto ed onesto della ragione pu permettere di riconoscere la realt anche a chi non crede. Don Geretti ha posto linterrogativo su come possiamo capire che cosa sta vivendo una persona in stato di minima coscienza. Che valore pu avere la preliminare presunzione di fronte a ci che ci totalmente ignoto? A questo proposito necessario darsi dei criteri minimi di ragione: il diritto si deve fondare sul principio che non esistono essere umani che non siano persone. Dobbiamo saper distinguere fra le dinamiche di un organismo nel quale in atto irreversibilmente la morte e le dinamiche di un organismo in cui sono in atto tutte le dinamiche della vita anche se con pesanti limiti di autosufficienza. Don Geretti ha anche ricordato che nellordinamento giuridico italiano il principio di indisponibilit della vita chiaro. Non c bisogno di un supplemento di leggi scritte. necessario solo un supplemento di scienza, di coscienza e di amore. Daniela Vidoni

Riessione in margine al Convegno

Ununica ragione di senso collega tra loro nascita e morte

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siste uno stretto legame tra il momento in cui una persona viene al mondo e il momento della sua scomparsa: la vita e la morte sono strettamente uniti fra loro, poich non si tratta di una scelta, ma di una realt a cui non si pu sfuggire. A cinque anni dalla morte di Eluana Englaro, si devono affrontare questioni decisive, come i limiti da porre alla scienza nella manipolazione della natura o le istanze etiche che discendono da concezioni della vita e della morte. Al convegno Non dimenticare per costruire la cultura della vita tenutosi a Udine, il parlamentare e neurologo Gian Luigi Gigli ha detto: A distanza di cinque anni dalla morte di Eluana, mentre restano le lacerazioni vissute, le forzature del diritto e della corretta amministrazione che sono state operate e le vicende giudiziarie con cui hanno tentato di intimidirci, necessario soprattutto interrogarci sulle domande che queste persone in stato vegetativo ci pongono, anche alla luce di ci che la scienza ci ha ormai abbondantemente dimostrato e cio che almeno in alcuni possibile rilevare una coscienza sommersa e addirittura una capacit di comunicazione nascosta. Non si tratta di malati terminali, n di vegetali, ma di persone umane affette da una disabilit gravissima e stabili nella loro condizione se non le si lascia morire privandole di ci di cui ogni uomo ha bisogno. Nessuna disabilit pu scalfire la dignit della persona. In chiusura, lo stesso Gigli ha riassunto il senso della giornata, affermando che la scienza, prima che letica o la fede, ad indicare che ai pazienti con gravi disturbi di coscienza occorre riconoscere la piena dignit di persone umane. Contra-

riamente a quanto sostenuto dalla disinformazione corrente, esse superata la fase acuta richiedono livelli di assistenza molto bassi ed diritto e dovere delle associazioni dei familiari chiedere che la societ assicuri loro rispetto e aiuto. Esse, come tutti i disabili, ci interrogano sul valore della nostra natura, sul senso della vita e sulla qualit della nostra convivenza. Esse ci educano a essere migliori, a relazionarci in modo diverso e a rispettarci reciprocamente, a fondare una societ pi umana. Costituiscono pertanto un valore per la comunit intera. per questo che lautodeterminazione non pu essere pi sacra della vita stessa. La vita di ognuno, infatti, anche per chi non crede che sia il dono di Dio, un bene di tutta la comunit e la stessa Costituzione ne riconosce il valore sociale. Si sta affermando lidea che la natura, anche quella umana, sia qualcosa di manipolabile a piacere. Il venir

meno della naturalit mette in pericolo quel principio di uguaglianza per cui tutti gli uomini nascono uguali e hanno tutti il diritto nellambito del fine della vita ad essere curati e ad essere accompagnati soffrendo il meno possibile. Sia per quanto riguarda linizio che la fine della vita, pur con tante differenze, vale in entrambi i casi il criterio fondamentale che ogni essere umano un fine in se stesso, qualsiasi sia la sua condizione, e come tale va trattato e rispettato. Il principio a cui si vuole far riferimento quello dellautonomia; ma se passa la possibilit di scegliere come morire per i motivi pi vari (non perdere la propria dignit, non soffrire, decidere in anticipo come concludere la propria esistenza), allo stesso modo si potr decidere se chi nasce corrisponde alle nostre aspettative. Pierandrea Vinci e Irene Giurovich foto de La Vita Cattolica

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